Le Mirabolanti avventure di Zoe

di Rainbow_unicorn
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ritorno dalle vacanze ***
Capitolo 2: *** La proposta ***
Capitolo 3: *** Peter Parker ***
Capitolo 4: *** Lo strano caso del senzatetto incontrato per strada ***
Capitolo 5: *** una polverina strana ***
Capitolo 6: *** Doveva essere una cena di famiglia! ***
Capitolo 7: *** Non siamo poi così diversi ***
Capitolo 8: *** Incubi ***
Capitolo 9: *** le storie di Kalila e Dimna ***
Capitolo 10: *** È il giorno fatidico! ***
Capitolo 11: *** una riunione segreta tra amiche ***
Capitolo 12: *** Stasera Pizza! ***
Capitolo 13: *** Mi hanno incastrato! ***
Capitolo 14: *** È successo di nuovo ***
Capitolo 15: *** il primo giorno di scuola ***
Capitolo 16: *** le amiche di Ann ***
Capitolo 17: *** Finalmente a scuola! ***
Capitolo 18: *** La mensa ***
Capitolo 19: *** Dobbiamo parlare! ***



Capitolo 1
*** Ritorno dalle vacanze ***


Anche se non sembrava quel giorno Il dottore più strano e più conosciuto da tutte le dimensioni era abbastanza in ansia: un nuovo nemico si era presentato alle porte del Sancta Sanctorum? Era stato chiamato per salvare qualche dimensione? Per mantenere in vita quella umana? No, niente di tutto ciò: oggi sarebbe tornata dalle vacanze sua nipote.

Nipote? E da quando aveva una nipote?

Esattamente da quindici anni.

Era già passato così tanto tempo? Sembrava ieri che aveva imparato a camminare: è proprio vero quando si dice che il tempo passa velocemente, forse anche troppo; e più cresceva più sentiva il bisogno di averla accanto e sapere che stesse bene e fosse al sicuro.

Guardò l'orologio: erano già le quattro e di Zoe neanche l'ombra.

«Arriverà, non preoccuparti.» disse Wong mentre passava per il salone con in mano dei libri che stava riordinando.

«Non mi sto preoccupando, so perfettamente che arriverà leggermente in ritardo.» gli rispose guardando la porta con insistenza.

Il suo assistente alzò gli occhi al cielo per poi riporre i libri nello scaffale facendo attenzione a non rovinarli; sapeva benissimo che lo stregone non avrebbe mai ammesso di essere agitato per l'arrivo della giovane, ma non tanto perché stava ritardando, piuttosto per l'accesa discussione che aveva avuto con Noemi Greco, la zia di Zoe.

La donna era stata chiara: la nipote aveva ormai quindici anni ed era ancora che uscisse dal Sancta Sanctorum e frequentasse i suoi coetanei e soprattutto andasse a scuola come ogni ragazza alla sua età.

Aveva minacciato Strange di togliergli l'affidamento e lo aveva accusato di non preoccuparsi per la sua felicità. Lo stregone aveva risposto che non era vero e che per ora, finchè non avesse saputo controllare bene le arti magiche, era fuori discussione farla uscire, anche perché Zoe non era una ragazza normale: era imparentata con lui, il Mago Supremo, ed era un bersaglio a cui i suoi nemici avrebbero potuto e avrebbero sicuramente puntato.

Alla fine erano giunti alla conclusione che sarebbe stata la ragazza a scegliere.

La porta si spalancò e sulla soglia apparve una ragazza alta dal fisco asciutto coperto da una camiciola a maniche corte con una fantasia a fiori e dei pantaloni morbidi beige; i lunghi capelli castano scuro erano legati in uno chignon ormai disfatto, due occhi vispi di un azzurro acceso osservarono con attenzione l'immenso salone per poi incastrarsi in altri di un azzurro tendente al grigio, il suo sguardo si illuminò «Zio!» esclamò contenta per poi correre verso di lui trascinando con sé il trolley.

Lo abbracciò, il mago la lasciò fare per poi ricambiare con un sorriso nemmeno troppo velato sulle labbra; il mantello li circondò entrambi facendoli fluttuare, la giovane rise: «Ovvio che mi sei mancato anche tu» disse riferendosi all'indumento magico che li riportò a terra e si staccò dal suo padrone per farsi indossare da lei che non smise di sorridere, Strange scosse la testa con aria divertita.

«Zoe, eccoti finalmente.» disse Wong che si era avvicinato sentendo il trambusto.

«Ciao Wong!» lo salutò.

Una voce impedì l'inizio della conversazione: sua zia la stava chiamando per prendere il resto dei bagagli.

«Arrivo!» gridò la nipote che uscì immediatamente.

Al sentire parlare la signora Greco il dottore si irrigidì: aveva sperato invano che se fosse già andata e invece era ancora lì.

Si riscosse dai suoi pensieri e si diresse verso l'ingresso «Wong, vado ad aiutarla.» disse al suo assistente che sembrava già in procinto di andare al suo posto.

Strange uscì dal Sancta Sonctorum «Avete bisogno di una mano?» chiese arrivato davanti alla macchina.

«No, no, ce la faccio, zio non preoccuparti.» gli rispose la giovane mentre cercava invano di tirare giù dal bagagliaio la valigia.

«Sì grazie signor Strange.» esclamò la vice stizzita della donna.

«Dottor Strange.» la corresse lanciandole uno sguardo mentre aiutava la nipote, l'altra alzò gli occhi al cielo borbottando qualcosa che egli ignorò.

Finalmente riuscirono a liberare la valigia e a posarla a terra.

«Arrivederci e grazie di tutto» si congedò l'uomo prima di voltarsi e tornare alla sua dimora seguito dalla giovane.

«Aspetti un attimo!» gridò la zia Noemi, Stephen alzò gli occhi al cielo: cosa voleva ancora.

«Non ci offre nemmeno un tè?»

«La vostra macchina non può parcheggiare qui, non vorrei che le facessero una multa per colpa mia.»

«Fermati un attimo, Strange! Sto parlando con te, gradirei se ti girassi.»

«Sono un uomo occupato. La mia casa non ha nulla da offrirle ed è meglio se va a casa e si riposi: avrà fatto un lungo viaggio.»

«Avevi promesso che gliene avresti parlato.»

Si girò «Lo farò. Ora se vuoi scusarmi ho da fare.»

«Devo esserci anche io.»

«Non è necessario.»

«Sì che lo è, voglio essere sicura che tu mantenga la parola, Strange.»

La ragazza che era rimasta in silenzio fino a quel momento chiese con aria confusa: «Di cosa state parlando?»

L'espressione tesa di Noemi si addolcì: «Ti ricordi quello che ti ho accennato prima di tornare a casa?»

Il viso dello stregone si rabbuiò: lo sapeva quella donna non aveva mica perso tempo.

«Entriamo» disse con un tono gelido, Zoe rabbrividì: suo zio era arrabbiato, non si prospettava nulla di buono.

La donna invece sembrava soddisfatta, fece segno a suo marito di andare pure lo avrebbe raggiunto finito il discorso con sua nipote e il Dottore.

 

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Capitolo 2
*** La proposta ***


Entrarono in silenzio, la giovane era abbastanza a disagio e aveva la testa bassa, il suo sorriso aveva ceduto a uno sguardo ansioso.

Wong li vide arrivare, capì immediatamente che c'era qualcosa che non andava soprattutto dall'atmosfera tesa che si era creata.

«Gradite che vi prepari qualcosa?» chiese educatamente.

«No, la signora Greco rimane solo un momento per parlare.» rispose il padrone di casa, poi si rivolse a sua nipote: «Zoe, intanto che io parlo con tua zia, tu inizia a disfare le valige.»

«Vieni, ti aiuto io.» disse l'assistente accompagnandola verso il piano superiore.

Stephen fissò i suoi occhi ghiaccio in quelli nocciola della donna: «Non erano questi gli accordi.»

«L'ho solo introdotta all'argomento.»

«Dovevo farlo io e prima che tu faccia una domanda idiota: perché sono il suo tutore e in quanto tale mi occupo io della sua crescita, gradirei se la smettessi di intrometterti.»

«Non iniziare Strange, questo discorso l'abbiamo già fatto...»

La interruppe: «Sì, ma a quanto pare non riesci a fartelo entrare in testa, eppure non mi sembra un concetto difficile da capire: stanne fuori.»

«È mia nipote, non posso lasciar perdere.»

«La sua educazione è qualcosa che non ti riguarda.»

«Come puoi a dire una cosa del genere!» disse inviperita

«Sono il suo tutore: le decisioni le faccio io che a te piaccia o no!» ripeté alzando la voce: era stufo del suo comportamento, come se ella avesse potere su di lui e sulla ragazza.

«Basta litigare.» li interruppe improvvisamente una voce femminile «Sono appena tornata e la prima cosa che fate è gridarvi addosso?»

I due adulti si girarono verso di lei.

«Non stavamo litigando.» rispose Stephen per poi lanciare uno sguardo a Wong che alzò le mani come a dire che non era colpa sua se era venuta lì.

«Stavamo solo discutendo» continuò Noemi con un'espressione in apparenza serena.

«Siediti con noi, cara, tuo zio ti deve dire una cosa importante.»

La giovane guardò lo stregone con aria confusa, il quale le fece segno di accomodarsi.

«È da un po' di tempo che tua zia vorrebbe che tu ti iscrivessi a una scuola.»

Zoe rimase in silenzio, il suo sguardo si fece ancora di più stranito.

«Tu cosa ne pensi?» chiese riferendosi a lui.

L'uomo sospirò, era chiaramente contrario, ma sotto sotto capiva il punto di vista della signora Greco: quella ragazza aveva bisogno di un confronto con dei suoi coetanei e doveva aver un assaggio della vita da normale adolescente come aveva fatto lui prima di scegliere di diventare Stregone Supremo.

«Io penso che debba decidere tu, sei tu che andrai a scuola non io.»

«Ma se deciderò di andarci, potrò comunque continuare a imparare le arti magiche?»

Sorrise, lo sapeva, le piaceva quello che stava studiando con lui, la affascinava quella realtà celata alla vista altrui: voleva vedere cosa c'era dietro il velo di Maya; era stata curiosa sin da piccola e non poteva che essere contento di questo.

«Sì, ma non sarà facile, se sceglierai di andare a scuola dovremo intensificare il tuo allenamento perché ci sarà meno tempo e dovrai saper portare avanti entrambe le attività con uguale impegno.»

Annuì pensierosa.

«Non devi scegliere adesso se non te la senti» la rassicurò zia Noemi mettendole una mano sulla spalla «La nostra era una proposta, prendi tutto il tempo che ti serve, non importa cosa deciderai noi ti sosterremo sempre.»

«Io credo... di voler provare» disse con un tono incerto.

«Ne sei sicura?» chiese lo stregone.

«Stephen, non pressarla.» lo ammonì la donna; l'aveva chiamato per nome, accadeva raramente e solamente quando voleva mostrare agli altri che in realtà erano in buoni rapporti, ma la verità era che non lo sopportava e, se avesse potuto, gli avrebbe tolto la custodia della nipote.

Ma non era stato sempre così: c'era stato un tempo in cui erano buoni amici, in cui riuscivano a parlare senza bisticciare... poi era successa la tragedia e da quel giorno gli aveva giurato guerra.

«Sì. Ne sono sicura.» affermò questa volta convinta.

«Bene allora è deciso: andrai alla Midtown School of Science and Technology»

«E cosa sarebbe?»

«È una scuola abbastanza rinomata che ti darà delle basi per scegliere una buona università in caso tu poi voglia andare avanti con gli studi.» spiegò il Mago Supremo.

La scelta era ricaduta sulla Midtown in particolare perché, oltre ad essere una buona scuola, sapeva che lì c'era qualcuno che poteva tenerla d'occhio e proteggerla in caso di pericolo: Peter Parker, conosciuto come Spiderman, inoltre Tony Stark aveva deciso da poco di collaborare con la scuola per un progetto legato alle nuove tecnologie e alle nuove scoperte.

«Non credi che debba decidere lei dove andare, Strange?» chiese la donna con un sopracciglio alzato.

«Io credo che tu-»

«Aspetta, ma quella non è la scuola di Shannon?» li interruppe nuovamente.

L'uomo annuì.

Shannon era una sua cara amica, conosciuta qualche anno prima tramite sua zia, il cugino era il suo allenatore di arti marziali; erano molto legate, infatti spesso andava a casa sua nei weekend, a volte anche durante la settimana per gli impegni di Stephen, solitamente legati a salvare qualche dimensione o per le riunioni tra eroi, insomma cose di routine.

Spalancò gli occhi, come se avesse appena realizzato qualcosa.

«Ma come farò ad entrare, Ann mi ha detto che ci vuole la borsa di studio.
In che modo passeró direttamente al secondo anno?

A meno che non entri al primo, ma non sarò nella sua stessa classe...
Poi sono materie scientifiche, non le ho mai studiate.

Ok, quello che ho imparato fino ad ora mi ha aiutato, insomma, so molte cose che le persone della mia età non hanno mai studiato e che probabilmente non studieranno mai!

Non voglio tirarmi indietro, ma-»

Il mago interruppe quel flusso di parole richiamandola: «Zoe, fermati un momento.

Fai un bel respiro e non arrivare a conclusioni affrettate.

So perfettamente che non è una scuola facile, l'ho scelta anche per questo motivo.

Per la borsa di studio non devi preoccuparti, non è necessaria: dovrai fare solamente un test di ingresso per accedere direttamente al secondo anno.

Prima che tu possa impanicarti nuovamente, ascoltami, conosco un ragazzo che è disposto a prepararti per quel test.»

La giovane sembrò calmarsi, era addirittura contenta, avrebbe finalmente provato la brezza di andare a scuola; fino ad ora era stato lo zio a insegnarle tutto.

Era anche un modo anche per conoscere altri adolescenti, infatti, oltre all'estate, durante la quale partiva per il mare e incontrava la sua compagnia, non aveva mai avuto l'opportunità di incontrare dei suoi coetanei.

«Come si chiama questo ragazzo?» chiese Noemi ancora non molto convinta della situazione.

Strange nascondeva sicuramente qualcosa e lo avrebbe scoperto: stava cedendo troppo facilmente alla sua proposta; inoltre il fatto che si fosse già organizzato la faceva sospettare ancora di più.

«Peter Parker.»  rispose sorridendo.
 

 

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Capitolo 3
*** Peter Parker ***


«May, io vado» gridò il giovane prendendo lo zaino e la giacca per poi uscire dall'appartamento.

«Ok, non fare troppo tardi e manda un messaggio quando stai per tornare.» gli rispose dalla camera da letto.

Peter scese le scale mentre si infilava la giacca, guardò il cellulare: era in ritardo, ma con un po' di fortuna sarebbe arrivato a Greenwich village in tempo.

Si precipitò in metrò.

Sospirò, era molto nervoso: doveva fare ripetizioni a una ragazza più piccola di lui che avrebbe iniziato il secondo alla Midtown school of Science and Tecnology, ma non era quello a mandarlo in agitazione: era sempre stato disposto a dare una mano; il problema era a chi doveva darle: alla nipote del signor Strange, o meglio di Doctor Strange; era stato lo stregone stesso a chiedergli questo favore.

In realtà conosceva già Zoe, l'aveva vista una volta al Sancta Sanctorum quando era però nelle vesti dell'amichevole Spiderman di quartiere.

Sorrise divertito al ricordo di quell'incontro.

Quel giorno tutti gli eroi della grande mela, o meglio quelli che erano rimasti: Iron man, War Machine e lui, si erano ritrovati a casa del mago per una questione importante: un possibile attacco da parte di creature venute da un'altra dimensione che stavano migrando verso la loro.

Durante questa riunione all'improvviso si era sentito un forte tonfo provenire dalle scale, il padrone di casa si era precipitato subito a vedere e gli altri lo avevano seguito a ruota; ma invece di trovarsi davanti un nemico c'era una ragazzina, un anno più piccola di lui, che si accarezzava la schiena per la botta appena subita.

Appena ella riuscì ad alzarsi la prima cosa che chiese fu: dove fosse il gelato, il dottore si toccò le meningi stanco e le rispose che non sarebbe dovuta uscire dalla sua stanza finchè non avessero finito.

Solo a quel punto ella si era accorta che nel salone non c'erano solo loro due, ma che era circondata da supereroi, abbastanza confusi da quello che stava succedendo.

Il signor Stark disse scherzando di non sapere che Mr. Strange avesse una figlia, l'altro gli lanciò un'occhiata di ammonimento: sembrava parecchio irritato; poi, visto che orami non c'era nulla da fare, la presentò ai suoi ospiti: si chiamava Zoe ed era sua nipote.

La giovane invece sembrò concentrare il suo sguardo su di lui, un grande sorriso le illuminò il volto e iniziò a parlare molto velocemente: non riusciva a credere di avere davanti a sé Spiderman, era il suo eroe preferito, lo seguiva dai tempi in cui aveva ancora la tuta fatta da lui, guardava i suoi video ogni volta che andava a casa della zia Noemi con la cugina. Non poteva credere di averlo incontrato al Sancta Sanctorum.

Tony guardò divertito la scena e gli diede una pacca amichevole, facendolo spostare in avanti vero di lei che sembrò ancora più contenta quando il ragazzo le tese la mano, ancora leggermente imbarazzato: non si aspettava di avere dei fan.

Dopo di lui anche Tony e Rodney si presentarono.

Infine la nipote chiese allo zio se poteva rimanere, visto che orami si erano presentati tutti, ma le fu proibito e dovette tornare in stanza con però, come consolazione, una vaschetta di gelato.

Peter scosse la testa tornando alla realtà.

La voce meccanica annunciò la fermata.

La gente iniziò a scendere, altre persone salirono e riempirono il vagone e fu proprio in quel momento che si accorse che era lì che doveva scendere e che tra poco si sarebbero chiuse le porte.

«Mi scusi, permesso devo passare» iniziò a dire facendosi spazio tra la folla.

 

Intanto al Sancta Sanctorum la giovane apprendista stava preparando le ultime cose per la lezione con il ragazzo che avrebbe dovuto darle una mano.

Sbadigliò.

 Era stanca, erano passati tre giorni dal suo ritorno ed era ancora in jet lag.

Aveva  addosso la stanchezza per il viaggio in aereo, ma doveva assolutamente rimanere sveglia: si era ripromessa che si sarebbe impegnata al massimo per entrare nella stessa scuola di Ann e così sarebbe stato.

«Zio, inizio ad andare» lo avvisò mentre scendeva le scale con lo zaino sulle spalle.

«Va bene, io sarò a Kamar-Tay nel pomeriggio, se hai bisogno chiama la zia, va bene?» le rispose Stephen seduto sul divano mentre leggeva uno dei numerosi libri scritti in aramaico sulle arti magiche.

Annuì prima di dargli un bacio sulla guancia e uscire.

Si mise le cuffie e fece partire la musica, ed ecco che il mondo intorno a lei divenne molto più interessante.

Chiuse gli occhi e si lasciò trasportare: i suoi piedi e le sue mani seguirono la melodia che rimbombava nella sua testa.

Mosse il bacino a ritmo: «Hail»

«What's the matter with your head? Yeah» canticchiò mentre girava su sé stessa.

Poi tamburellò le dita nell'aria.

«Hail»

Saltellò per la strada continuando a ballare come se fosse da sola nella sua stanza.

«What's the matter with your mind»

All'esterno poteva sembrare una persona abbastanza particolare, ma Zoe era fatta così: se aveva voglia di fare qualcosa la faceva senza farsi troppi problemi, non si interessava a cosa gli altri avrebbero potuto pensare di lei.

Sicuramente camminando ci avrebbe messo molto meno, ma tanto era in anticipo ed era da un po' che non ascoltava musica dalla sua play list.

Arrivò davanti a un incrocio, aprì gli occhi e si fermó: c'era qualcosa che non andava.

Quello che sembrava essere un senzatetto, dato il suo aspetto trasandato, gridava alzando un cartellone su cui c'era scritto con un pennarello nero: THE END IS NEAR.

Era all'ordine del giorno per uno newyorkese vedere queste scene, infatti i passanti non sembravano prestargli troppa attenzione, ma il problema non era l'uomo, erano i suoi occhi: erano vitrei e avevano una luce molto strana.

Spense la musica e tolse le cuffie per concentrare la sua attenzione su di lui.

Lo stregone le aveva ripetuto svariate volte di non usare il terzo occhio per vedere ciò che oltrepassa il velo, perché avrebbe potuto generare situazioni pericolose, ma quello sguardo era troppo strano per non indagare.

Appena guardò la dimensione dell'anima, rimase stranita, era la prima volta che le capitava di vedere una cosa del genere, non era esperta come il suo mentore, ma quella... quella cosa era veramente strana.

 

 

 

 

P.s. la canzone è Come and get your love they Red Bone

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Capitolo 4
*** Lo strano caso del senzatetto incontrato per strada ***


L'uomo sembrò accorgersi che c'era qualcuno che lo stava osservando, la vide e si diresse verso di lei.

Lo sguardo allucinato divenne disperato appena le fu davanti, le prese una mano e iniziò a dire frasi insensate, come per darle qualcosa.

Zoe chiuse il terzo occhio per lo spavento, la sfilò e fece un passo indietro per allontanarsi, ma l'uomo non si diede per vinto, «Il mondo sta per finire» continuò a dirle agitando le braccia.

Era ancora troppo scossa da quello che aveva visto per allontanarsi completamente da lui, avrebbe dovuto ascoltare suo zio invece di fare di testa sua.

L'altro vedendo la sua reazione mise le mani avanti come a dire che non aveva intenzione di farle nulla.

«Ti prego aiutami» implorò tremante come se faticasse a parlare.

La giovane si riprese: quel tipo non sembrava avere brutte intenzioni, ma cosa voleva da lei?

«Non penso di essere la persona più adatta, ma forse conosco qualcuno che può aiutarti per quel problema che ti infesta» rispose.

Quel dialogo le sembrava così surreale.

«No. No. No.» si agitò l'uomo

Zoe si allontanò nuovamente impaurita per la reazione del suo strano interlocutore: come avrebbe dovuto gestire la situazione?

il signore vedendola allontanarsi andò in crisi.

Prima che potesse provare ad approcciarla nuovamente venne fermato da due poliziotti: qualcuno a quanto pare li aveva chiamati o avevano visto la scena ed avevano deciso di intervenire.

Questo lo portò solamente ad agitarsi di più e a schiamazzare, ma lo misero alle strette portandolo in macchina.

Uno dei due agenti le chiese se andava tutto bene.

Annuì ancora stranita da quello che era appena accaduto.

«Se vuoi, mentre la mia collega si occupa di lui, posso accompagnarti dai tuoi.» le propose vedendola non molto convinta.

«Oh no, non si preoccupi, dovevo solo andare al bar dietro l'angolo per incontrarmi con il ragazzo di ripetizioni.»

«Ok, allora non è molta strada, possiamo andarci insieme se ti senti più sicura.»

Ci pensò un attimo su.

«Va bene, grazie mille!»

L'altro fece un cenno con il capo.

«Non gli succederà nulla, vero? Non aveva cattive intenzioni.»

«Non preoccuparti, lo porteremo solo in centrale.»

«Oh ok, perché credo volesse il mio aiuto»

«Non sai il motivo?»

Poteva immaginarlo, ma il suo accompagnatore non l'avrebbe capito, dopotutto non aveva mica il terzo occhio come lei.

«Non so, è successo tutto troppo velocemente» cosa in parte vera, non sapeva dire bugie, meglio una mezza verità.

«Non ci rimuginare troppo su, ti prometto che faremo il possibile per dargli una mano» le rispose per tranquillizzarla.

Erano ormai arrivati davanti al bar.

L'agente la fece entrare e le chiese se preferiva che stesse con lei intanto che aspettava il suo amico, ma Zoe non volle rubargli ulteriormente tempo: non voleva far attendere ulteriormente la sua collega.

Lo salutò e si sedette a uno dei tanti tavolini.

Si accorse però di una cosa: per tutto quel tempo aveva stretto la mano in un pugno, nella quale c'era qualcosa dalla consistenza farinosa, come aveva fatto a non accorgersene prima? La aprì e quello che vide la turbò ulteriormente: un mucchio di polvere che appena fu esposto all'aria si alzò come trasportato dal vento e sparì nell'atmosfera.

Chiuse nuovamente la mano per poi lasciare cadere ciò che rimaneva nella tasca dei pantaloni: doveva farlo vedere suo zio.

Peter correva, era in ritardo: aveva perso l'autobus per un pochissimo.

Arrivò nella caffetteria con il fiatone.

Entrò.

Si guardò in giro.

Eccola seduta di spalle.

 Si avvicinò «Ciao, scusami il ritardo, c'era traffico.»

La giovane si girò «Non fa niente, capita, anche io sono qui da poco.»

Fece un sospiro di sollievo: almeno non l'aveva fatta aspettare troppo.

«Piacere sono Peter Parker.»

«Piacere mio, Zoe Strange.»

Il ragazzo le si sedette di fronte, prese lo zaino e tirò fuori dei libri di matematica e fisica.

«Tuo zio mi ha detto che vuoi accedere al secondo anno»

«Sì mi piacerebbe, però mi hanno detto che ho bisogno di fare un test.»

La guardò sorridendo: «Per questo sono qui, non preoccuparti vedrai che insieme riusciamo a farti entrare.»

Arrivò una giovane cameriera: «Volete ordinare qualcosa?»

«Oh giusto» sussurrò togliendo i libri dal tavolo.

«Ordina quello che vuoi, offro io!» gli disse la ragazza

«Oh no, non devi.»

«Insisto, sei così gentile ad aiutarmi, mi sembra il minimo offrirti qualcosa.»

Si grattò la testa imbarazzato: forse il signor Strange non le aveva detto che era stato pagato per darle ripetizioni.

«No, no veramente non c'è bisogno.»

«Per favore, lo faccio volentieri, dopotutto ti ho invitato io qui.»

La donna che stava aspettando le loro ordinazioni fece un colpo di tosse per ridestare la loro attenzione.

Si voltarono verso di lei.

«Un frappè alla banana per me» disse Zoe

«Un'aranciata» rispose Peter impacciato e leggermente rosso per aver ignorato la cameriera, la quale non se ne accorse nemmeno e segnò tutto su un taccuino e poi si congedò lasciandoli soli.

Appena quest'ultima se ne andò si riprese dall'imbarazzo.

«Allora stavo dicendo: tuo zio mi ha già detto circa il tuo livello, io direi di concentraci su fisica e matematica che sono le materie un po' più complicate.»

Le spiegò come aveva intenzione di dividere il programma, le diede dei consigli per il test.

«Non credo che qui ci permetteranno di studiare, che ne dici se dopo ci spostiamo in biblioteca?» aggiunse il giovane

«Sì hai ragione, non ci avevo pensato»

«Non preoccuparti, se vuoi le prossime volte possiamo fare a casa, così saremo più tranquilli»

Non era una brutta idea se non fosse che non poteva invitare nessuno lì: perché? Perché era il Sancta Sanctorum, Stephen non faceva certo entrare persone a caso per delle semplici ripetizioni.

L'unica  che era entrata lì con il permesso del mago, anche se ma non aveva bisogno di una consulenza, era Noemi Greco.

«Sì, ecco... a proposito di questo, non so se posso-»

« Possiamo fare anche a casa mia, così abbiamo tutto a portata di mano e non rischio di dimenticarmi qualcosa.» venne interrotta da Peter: sapeva benissimo dove viveva la ragazza e immaginava che il signor Strange non accettava ospiti: si era già esposto presentandole sua nipote che aveva tenuta nascosta per anni.

«Va bene, se per te non è un problema.» 

Scosse la testa: «Nessun problema.»

Le bibite non si fecero attendere troppo e i due iniziarono ad organizzarsi con gli orari: Zoe doveva fare in modo che lo studio delle arti magiche non si sovrapponesse con quello per la scuola.

Quel pomeriggio passò velocemente: i due si trovarono subito in sintonia.

Il giovane eroe fu contento di avere un' "allieva" così sveglia e curiosa. L'unica pecca? Si distraeva facilmente, ma sembrava molto decisa a voler imparare e a superare l'esame che avrebbe fatto ad agosto.

Ormai nel tardo pomeriggio i due si salutarono, si sarebbero visti il giorno dopo a casa Parker.

Peter avvisò zia May che stava tornando mentre Zoe decise di tornare al Sancta Sanctorum: doveva parlare con lo stregone di cosa era accaduto con quel senzatetto, forse egli avrebbe saputo cosa fare.

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Capitolo 5
*** una polverina strana ***


Zoe arrivò finalmente a casa, salì le scale titubante: non sapeva se fosse da sola in casa o suo zio fosse già arrivato.

Sentiva come una presenza, un qualcosa o un qualcuno oltre a lei lì.

Ok, quel posto era già strano di suo, pieno di aggeggi magici, ma per lei che ci abitava da anni era normale, eppure questa volta percepiva un estraneo.

«Zio, sei tu?»

Nessuna risposta.

Con la coda dell'occhio vide un'ombra passare.

Si girò di scatto.

Fece un respiro profondo e cercò nelle tasche il suo sling ring, poi, con tutto il coraggio che aveva in corpo, si diresse verso dove era andata l'ombra.

Il cuore batteva forte nel petto.

«C'è nessuno?»

Continuò a camminare di soppiatto ormai decisa ad andare a fondo.

«Zoe, che stai facendo?»

Fece un salto dallo spavento.

Si voltò: dietro di lei era apparso Stephen che la guardava stranito.

«Mi hai spaventato!» lo rimproverò.

«Si può sapere che stavi facendo?» chiese nuovamente.

«Mi sembrava di aver visto un'ombra andare di là» indicò il corridoio.

L'uomo guardò dove stava puntando il dito: «siamo solo io e te qua, non c'è nessuno oltre a noi.»

«Non lo so, eh che mi sembrava di aver percepito un'aura strana» continuò la giovane «forse è solo la stanchezza.».

La guardò attentamente e poi le arruffò i capelli con dolcezza «non ti preoccupare, qui sei al sicuro.»

Zoe annuì, solitamente le avrebbe dato fastidio quel gesto: non le piaceva che le si toccassero i capelli; ma in un momento come quello aveva bisogno di rassicurazione, forse quel senza tetto l'aveva scossa più del previsto.

Spalancò gli occhi: giusto il senzatetto, come aveva potuto dimenticarsene!

Si voltò verso lo stregone.

«Zio, ti devo dire una cosa!»

«Dimmi.»

«Promettimi che non ti arrabbierai!»

La guardò allarmato: «Che hai fatto?»

«Tu promettimelo!»

«Va bene, te lo prometto» sospirò sconfitto.

«Ecco, vedi... oggi, mentre stavo andando dal ragazzo di ripetizioni, ho incontrato una persona...»

«Chi?» chiese allarmato.

«Un senzatetto... aveva uno sguardo strano, non so come spiegarlo, uno sguardo vuoto, non vivo... e così ho deciso di indagare e»

«non avrai aperto il terzo occhio, vero?»

La nipote girò il viso per evitare il suo sguardo.

«Zoe! Quante volte ti ho detto di non farlo!»

«Avevi promesso che non ti arrabbiavi!»

Le lanciò uno sguardo di rimproverò.

La ragazza abbassò la testa

Stephen sospirò «Quel che è fatto è fatto ormai, poi cosa è successo?»

«Ha iniziato a blaterare cose sulla fine del mondo e poi mi ha dato qualcosa» si mise la mano in tasca e tirò fuori la polvere con il pugno chiuso per non farla uscire.

Il dottore si avvicinò e gliela aprì : la polverina iniziò a volare via e scomparire.

Le chiuse la mano, la sua espressione si fece grave.

Sospirò.

Non voleva che Zoe entrasse in questa vicenda e l'idea che andando a scuola potesse succedere di nuovo lo fece incupire: non era pronta per tutto questo, era ancora troppo giovane, avrebbe tanto voluto che rimanesse al Sancta Sanctorum, sarebbe stata al sicuro da tutto questo.

«Sai cos'è questa polvere strana?» la giovane interruppe il filo di pensieri.

Ovvio che adesso avrebbe voluto delle risposte, avrebbe voluto sapere, dopotutto la curiosità l'aveva ereditata proprio da lui.

«Zoe ti avevo detto di non usare il terzo occhio in giro da sola: è pericoloso!»

«Ma quel signore aveva bisogno di aiuto e tu non eri lì, cosa avrei dovuto fare!»

«Lasciar perdere.»

«Ma come potev-»

«Zoe non sei ancora pronta! Se fosse stata attaccata da uno dei mostri interdimensionali? Cosa avresti fatto!»

«Per te non sono mai pronta in niente!» gli rispose arrabbiata, aveva gli occhi leggermente lucidi.

Stephen la guardò, la sua espressione si fece più preoccupata.

«Hey, lo sai che queste cose le dico per te, non voglio che ti trovi in delle situazioni in cui non posso proteggerti.

Mi prometti che non lo farai più?» addolcì il tono di voce e le accarezzò delicatamente la guancia.

La giovane annuì.

Stephen con delicatezza prese la polverina nelle sue mani.

«Ora a questo ci penso io, tu concentrati sullo studio e a passare il test.»

Si alzò.

«Posso studiare qui?»

Lo stregone annuì, fece un segno al mantello che si tolse dalle sue spalle per mettersi su quelle della nipote.

«Devo andare adesso» annunciò «ho una riunione importante.»

«Ancora! Ma io volevo stare un po' con te» disse Zoe abbassando lo sguardo delusa.

Stephen sorrise «Non starò via molto, se vuoi sta sera andiamo a mangiare al ristorante che mi dicevi l'altra volta»

Gli occhi della giovane si illuminarono e annuì contenta.

Il dottore tornò a Kamar taj con ancora la polvera in mano, lo accolse Wong perplesso: ma non se ne era appena andato?

«Che è successo?» chiese il monaco guerriero.

«C'è stato un altro caso.»

«Lo ha scoperto Zoe?»

«Come hai fatto a capirlo?»

«Lo si vede dalla tua espressione. Quanto sa adesso?»

«Non sa nulla, non deve sapere nulla.»

Wong annuì comprensivo.

«Vado a chiamare gli altri maestri, che la riunione inizi!» annunciò.

Si ritrovarono tutti nella stanza con il grande mappamondo.

«Vi ho riuniti qui per avvisarvi che i casi stanno aumentando di giorno in giorno» dichiarò Strange posando la polvere sul tavolo.

«Stiamo cercando la causa di tutto questo senza però trovare alcun risultato.

Di questo passo metà della popolazione mondiale diventerà polvere.» continuò Wong.

«E se fosse una interferenza interdimensionale?» chiese uno dei maestri delle arti mistiche.

«Ho provato a controllare, ma al momento non sembra questa la causa.» rispose il dottore «non sembra esserci alcuna presenza di altre dimensioni»

«Il libro cosa dice?» chiese un'altra persona.

Tutti si girarono verso Wong che scosse la testa afflitto «non ho trovato nulla, sembra che questi eventi non siano contemplati dal libro; ed è questo che mi preoccupa maggiormente» disse con tono grave.

«Non possiamo stare con le mani in mano, dobbiamo risolvere la situazione al più presto, prima che anche il resto dell'umanità se ne accorga!» concluse Stephen.

Non doveva avvertire solo Kamar taj ma anche gli Avengers, o almeno quelli rimanenti; ma non era questo il momento: aveva promesso a Zoe di portarla a mangiare al ristorante messicano che aveva aperto vicino al Sancta Sanctorum e almeno per questa volta non voleva deluderla. 

 

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Capitolo 6
*** Doveva essere una cena di famiglia! ***


Zoe si sedette a gambe incrociate sul divano con il quaderno degli appunti in mano, il mantello la fece fluttuare.

Si mise a ridere, ma lo lasciò fare: con lei tendeva a essere più giocoso rispetto che con lo stregone e anche molto più affettuoso.

Iniziò a rileggersi gli appunti concentrata.

Improvvisamente sentì qualcosa vibrare in tasca: il suo cellulare.

Lo tirò fuori: era Shannon.

«Pronto!»

«Zoe! Come stai? Come è stato il viaggio?»

«Bene tu? Sì il viaggio è andato bene. Ho ancora un po' di jet lag.»

«Io sto bene! Ma tu, non mi dici nulla?»

Zoe fu inizialmente confusa, poi capì.

«Oggi ho incontrato tua zia e mi ha detto» fece un momento di pausa «che verrai alla mia stessa scuola! Tuo zio finalmente te lo ha lasciato fare!»

«Sì! Sono super contenta, spero di essere nella tua stessa classe, così possiamo andare a scuola insieme!»

«Ma sì, basta che lo scrivi nel modulo che vuoi stare nella stessa classe, sono sicura che ci avrà già pensato il signor Strange.

Se hai bisogno di consigli per il test chiedi pure!»

«Grazie! Ho trovato anche un ragazzo che mi fa ripetizioni.»

«Chi è? Magari lo conosco»

«Si chiama Peter, Peter Parker.»

«Ah, so chi è! È del terzo anno, è molto bravo a scuola.»

«È simpatico, per ora mi sto trovando bene.»

«Sembra un tipo a posto, sono contenta tu ti stia trovando bene.»

Sentì il mantello picchiettarle la guancia.

Si girò e notò che suo zio era arrivato.

«Ann ora devo andare, mio zio è appena tornato dal lavoro, ci sentiamo domani!»

Stephen sorrise inconsapevolmente vedendola felice.

Zoe gli si avvicinò: «Io sono pronta!» saltellò sul posto.

Lui rise divertito, «va bene allora andiamo» disse guardando l'orario.

Il mantello tornò al suo proprietario originario e si trasformo in una sciarpa, anche l'abito da stregone divenne una giacca blu e dei pantaloni di jeans scuri: in qualche modo doveva confondersi con la massa.

Scesero le scale insieme.

La ragazzina era molto contenta, non capitava spesso che uscissero a mangiare: Stephen era un mago molto impegnato, tra salvare l'umanità, riunioni con i suoi colleghi di Kamar taj ed eroi, era veramente difficile trovare del tempo per uscire; il suo lavoro era stancante e quindi spesso la sera preferiva stare al Sancta Sanctorum piuttosto che mangiare fuori.

Però lui e Zoe si erano promessi che almeno un'uscita al mese era da fare.

Il fatto che quella di questo mese fosse arrivata appena tornata a casa rendeva la ragazza molto felice: era quasi due mesi che non vedeva suo zio, perché durante il periodo delle vacanze, essendo in un altro continente, era difficile vedersi, certo sarebbe bastato aprire un portale, ma, da quanto Zoe aveva capito, c'era stato un accordo tra Stephen e sua zia che almeno durante le vacanze la nipote avrebbe dovuto vivere come una ragazza normale, quindi non era ammessa nessuna magia, potevano solo sentirsi per telefono.

Stephen la chiamava giornalmente di solito, ma non era la stessa cosa che vedersi di persona.

Arrivarono finalmente al ristorante messicano, lei lo trascinò praticamente dentro, lui si lasciò trasportare con un lieve sorriso sulle labbra.

«Un tavolo per due» disse alla cameriera.

Non aspettarono molto e vennero portati presto a uno dei tavoli vicino alla finestra.

Zoe iniziò a guardare il menù: c'erano tantissime cose che avrebbe voluto provare ed era difficile sceglierne solo una.

Il dottore la guardò divertito: sua nipote era una persona così espressiva e genuina avrebbe voluto che rimanesse sempre così, il contrario di lui che spesso tendeva a non mostrare i suoi veri sentimenti. Era schivo e con un carattere difficile e questo lo aveva portato ad allontanarsi da chi gli era caro e rinchiudersi in sé stesso; Zoe invece era una persona solare e gentile, avrebbe tanto voluto che a differenza sua avesse un'adolescenza normale, ma sapeva meglio di chiunque altro quanto questo fosse impossibile per via della loro parentela.

La ragazza alzò il capo e lo guardò confusa.

«Che c'è, non ti posso guardare?» scherzò lui.

Lei gonfiò le guance e gli lanciò un'occhiata di disapprovazione.

Stephen si mise a ridere.

«Sei indecisa su cosa prendere?»

La giovane annuì: «Ci sono tanti piatti che vorrei provare...»

«Beh ci possiamo sempre tornarci»

«Ti consiglio il burrito tradizionale, io che ci sono stato altre volte qui devo dire che non è niente male» si intromise improvvisamente una voce a lui familiare.

Zoe si girò: «Salve signor Stark anche lei è qui a cena?»

Il volto di Stephen si indurì e mostrò la sua solita espressione seria.

«Oh sì, sono qui con Happy!» indicò l'assistente che fece un cenno con la mano per salutare.

«Salve anche a te Strange non ti facevo tipo da messicano.»

«Dottor Strange.» puntualizzò lo stregone: perché tra tutte le persone proprio Stark doveva incontrare? Non che gli stesse antipatico, ma almeno nel tempo libero avrebbe preferito non trovarsi davanti colleghi supereroi.

Tony mosse il braccio come a dire che era uguale.

Dal bagno uscì un Peter Parker agitato e si diresse al tavolo di Iron man.

Zoe se ne accorse: «Ciao Peter! Non sapevo fossi amico del signor Stark»

Strange si mise una mano sulle tempie e sussurrò tra sé e sé: «Oh mio Dio...»

Cos'era questo uno scherzo: non solo Iron man ma anche Spiderman! Era una congiura contro di lui per caso?

In più Zoe non era stupida, non ci sarebbe voluto molto prima che capisse l'identità segreta del ragazzo.

Peter sbiancò all'improvviso e rimase immobile per qualche secondo cercando di articolare qualcosa: già era molto nervoso perché era stato invitato da Stark a cenare insieme, ora si aggiungeva Dottor Strange e sua nipote, non sapeva se sarebbe riuscito a reggere tutto questo.

«Il ragazzo è con me per un progetto scolastico, ho deciso di finanziare la sua scuola e ho visto in lui del potenziale.» Tony salvò la situazione.

«Wow» disse Zoe estasiata.

«Andrai anche tu nella stessa scuola di Peter giusto?» continuò l'uomo.

Il giovane sembrò tranquillizzarsi e ringraziò mentalmente il signor Stark per averlo tirato fuori da quell'imbarazzo.

La ragazza annuì: «Sì, devo fare il test di ingresso, Peter mi sta facendo ripetizioni.»

Tony diede una pacca sulla spalla al diretto interessato come a incoraggiarlo e l'altro sorrise timidamente grattandosi la nuca.

«Che ne dite se uniamo i tavoli, già che siamo tutti qui?» continuò il miliardario.

 

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Capitolo 7
*** Non siamo poi così diversi ***


Stephen avrebbe voluto rispondere: che ne dite se anche no; voleva passar del tempo da solo con sua nipote, possibile che fosse tanto difficile capirlo!?

Appena guardò l'espressione della ragazza però non poté dire nulla: Zoe era contenta e questo gli bastava.

Happy aiutò ad unire i tavoli.

Peter finì per sedersi vicino alla giovane, si misero a guardare il menù insieme e il ragazzo iniziò a sciogliersi, le diede consigli su cosa prendere, dato che lui c'era già stato prima con Ned.

Tony sembrò soddisfatto a vederli confabulare tra loro, era stata una bella idea la sua: sapeva perfettamente che uno come Peter si sarebbe tranquillizzato se si fosse trovato vicino a una coetanea che conosceva già.

Si voltò verso lo stregone: aveva già capito di non essere gradito in quella situazione, ma in qualche modo aveva dovuto salvarla, prima che Zoe facesse altre domande sul perché lui e il bimboragno si conoscessero.

La cameriera non si fece attendere molto, inizialmente sembrò confusa: si ricordava che lì ci fossero due tavoli non uno, ma non ci diede molto peso.

Zoe, dopo aver consigliato a suo zio cosa prendere, fece il suo ordine.

«Allora Strange come mai qui al messicano?»

«Potrei farti la stessa domanda.»

«Io sono qui per il progetto con Peter»

Il mago li guardò male: sì come no? A chi voleva darla a bere!

«Perché volevo provarlo io» si intromise Zoe.

Tony si voltò verso di lei incuriosito.

«Questo mese volevo provare qui»

«Questo mese?» chiese confuso Peter.

«Sì almeno una volta al mese decidiamo di andare a mangiare da qualche parte la sera»

«Esci solo una volta al mese?» continuò stupito il giovane, Stephen gli lanciò un'occhiata di ammonimento che lo fece irrigidire.

«Oh no, io vado anche con mia zia o con Ann, però mio zio è un persona molto impegnata: sai è un ex neurochirurgo e viene spesso chiamato per delle conferenze importanti in giro per il mondo!» spiegò Zoe che non sembrava essersi accorta di quello appena successo.

Il ragazzino annuì: era ovviamente una copertura, sapeva benissimo che il signor Strange era un eroe come lui.

«Intanto che aspettiamo, andiamo a prendere un po' d'aria» disse Tony mettendo una mano sulla spalla di Stephen.

«Che ne dici?» fece un sorriso caparbio.

L'altro sospirò: lo sapeva che Stark voleva chiedergli qualcosa; tolse la mano e si alzò sospirando sconfitto.

«Zoe aspettami qui un attimo, ok? Arriviamo subito.»

La nipote annuì.

Uscirono dal ristorante.

«Allora cosa vuoi Stark?»

«So che non ci hai detto tutto all'ultima riunione» iniziò il miliardario «Non ci contatteresti se non fosse per qualcosa di grave.»

«Non mi sembra questo né il momento né il luogo adatto per parlarne, Stark» gli rispose guardando dentro il locale Zoe e Peter che scherzavano tra loro.

«Lo so. Ma la prossima volta non chiamare anche il ragazzo, lui deve stare fuori da queste cose.»

«Pensavo che lo avessi reclutato nella tua squadra durante il battibecco fra voi eroi» disse tagliente il dottore riferendosi a qualche anno prima alla battaglia tra lui e Capitan America.

«Pensavi male, Peter è ancora troppo giovane per tutto questo.»

Stephen annuì: riusciva a capire benissimo la preoccupazione di Stark visto che era la sua stessa nei confronti della nipote.

«E tu, come mai hai deciso di farla andare a scuola?»

«Sua zia vuole che abbia una vita normale da adolescente.» spiegò continuando a guardare sua nipote.

«E tu, cosa vuoi?»

Si voltò verso il suo interlocutore, i suoi occhi giacchio si incastrarono in quelli nocciola dell'altro: «Voglio che sia al sicuro.»

«Ma allo stesso tempo senti non poterla lasciare rinchiusa per sempre nella vostra casa stregata.»

«Non è una casa stregata.»

«Dovrai accettare il fatto che prima o poi si faccia una vita al di fuori»

«Zoe non è come gli altri, non potrà mai vivere una vita da persona normale, esattamente come Parker, tu lo sai meglio di me.»

«Quindi anche Zoe è come te, fa quelle strane cose con le mani?»

Alzò gli occhi al cielo per il commento di Stark, ma non controbatté.

«Pensi che se avessi potuto non le avrei fatto vivere una vita normale?»

Tony lo guardò: erano più simili di quanto poteva sembrare, per questo, anche se quel dottore strambo era molto schivo con lui, sentiva che poteva capirlo più di chiunque altro; perciò dovevano sostenersi a vicenda.

«Andrò spesso alla E.S.U. dato che sto finanziando i loro laboratori, darò un occhio a lei per te.» disse infine «Ora è meglio rientrare, sono arrivate le ordinazioni.»

Mentre entravano nel ristorante sentì un flebile grazie da parte di Strange, sorrise.

 

 

«Come fai a non aver mai visto Star Wars!» esclamò stupito Peter guardandola «Devi assolutamente recuperartelo!»

Tirò fuori il suo cellulare e iniziò a farle vedere dei pezzi dei film.

«Wow! E quelle cose fluorescenti sarebbero spade?» chiese incuriosita

«Sì, sono spade laser! Sapevi che nel primo film hanno dovuto disegnarle sulla pellicola frame per frame perché il primo prototipo a ogni minimo scontro si frantumava e poi-»

«Ecco a voi i piatti» venne interrotto dalla cameriera.

La giovane spostò la sua attenzione sul burrito fumante: aveva una fame!

I due eroi adulti arrivarono al tavolo.

«Vuoi prendere una metà del mio e io del tuo, così assaggi tutte e due?» chiese Stephen.

Zoe annuì felice.

Il resto della serata andò liscio, i due adolescenti parlarono per tutta la sera e Peter, con il permesso dello stregone, la invitò a casa sua a vedere la saga di Star Wars.

Finito di mangiare Tony si offrì di pagare pet tutti anche se Peter e Strange provarono a voler dividere, ma fallirono miseramente, perché con la scusa di dover assentarsi un attimo in bagno lui aveva già fatto.

Si salutarono e tornarono a casa, durante la strada Zoe iniziò a raccontare a suo zio tutte le cose che le aveva detto Peter.

«... E mi ha detto che se voglio posso aiutarlo a costruire uno dei droni LEGO che sua zia gli ha regalato al compleanno!»

Erano finalmente arrivati al Sancta Sanctorum.

«Sono contento che Peter ti abbia fatto una bella impressione» le disse scompigliandole i capelli.

Lei si mise a ridere per poi sbadigliare.

«Ora però è meglio che vai a letto, domani si riinizia con l'allenamento e ti voglio in forze.» le disse per poi accompagnarla in camera sua.

Quando lei finì di prepararsi andò a rimboccarle le coperte.

Le diede un bacio sulla fronte.

«Buona notte.» le disse per poi dirigersi verso la porta per uscire.

«Zio...»

Si voltò verso di lei

«Ti voglio tanto bene»

«Io di più» le rispose prima di chiudersi la porta alle spalle.

Zoe sorrise per poi chiudere gli occhi.

 

 

|| Spazio Autrice ||

Volevo solo avvertire, perché mi sono dimenticata di farlo che questa storia, per ora, gli eventi di Infinity war e Endgame non sono contemplati

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Capitolo 8
*** Incubi ***


Era ormai notte fonda quando Zoe sentì un fruscio seguito da un vento freddo provenire dalla finestra, eppure si ricordava di averla chiusa.

Si rannicchiò nelle coperte.

Preferì non alzarsi.

Silenzio.

Improvvisamente sentì un rumore forte: i libri sulla mensola erano caduti.

Non si alzò ancora, poteva sembrare una cosa stupida, ma aveva paura, paura che alzandosi avrebbe trovato qualcuno in stanza oltre a lei.

Un altro fruscio: erano probabilmente le tende.

Doveva calmarsi, era tutto nella sua testa, non c'era nessuno oltre a lei, tutti quei rumori erano solo ingigantiti dalla sua paura.

Rimase immobile nel letto: qualsiasi movimento avrebbe potuto far capire che era sveglia.

Un altro frastuono: erano caduti altri libri.

Sentì un respiro gelido sul collo.

Era terrorizzata.

«Zoe...» una voce melliflua sconosciuta.

Spalancò gli occhi: vide un'ombra guardarla a pochi centimetri dal viso.

Provò ad urlare, ma solo in quel momento si accorse che non un suono proveniva dalla sua bocca.

Tentò di alzarsi, ma il suo corpo era immobile, come paralizzato, non si arrese e continuò a provare, ma quando le sembrava di aver con fatica attraversato la porta, in realtà si ritrovava immobilizzata a letto.

Più provava a scappare, più si trovava immobilizzata: era un incubo!

Percepì una mano fredda sul suo collo: la figura stava tentando di strozzarla: «Non fare la difficile, più ti opponi, peggio è!»

Chi era quella figura? Ma soprattutto come aveva fatto ad entrare!?

Il suo cuore batteva all'impazzata: voleva fuggire da lì!

Agitarsi però non avrebbe risolto nulla: suo zio le diceva sempre che era sempre meglio rimanere razionali anche se la situazione era pericolosa; dopotutto lui era un esperto di queste cose, visto che si trovava a doverle affrontare ogni giorno.

Zoe decise di seguire quel consiglio: chiuse gli occhi e fece dei respiri profondi per calmarsi, pian piano non percepì più la mano fredda sul collo che tentava di strozzarla.

Una volta tranquillizzatasi prese controllo del suo corpo: era sveglia,  si accorse solo in quel momento di essere entrata nella dimensione astrale e di aver aperto il terzo occhio; questo spiegava il motivo per cui non riusciva a muoversi e anche perché era stata in grado di vedere quell'ombra.

Lo chiuse e tornò in sé.

Si alzò velocemente e corse fuori dalla stanza, non si guardò indietro: aveva ancora troppa paura di farlo; e senza bussare sgattaiolo in una delle camere, quella di Stephen.

«Zio» sussurrò.

«Hmm che c'è, Zoe? Sono le due di notte» le rispose una voce assonnata.

«Ho paura»

«Hmm?»

«Credo ci sia qualcuno in camera mia» disse tremante.

Stephen ci mise un po' a registrare quello che la nipote stava dicendo, dopotutto era ancora mezzo addormentato: «Qualcuno in camera- Qualcuno in camera tua!»

Si alzò a sedere: ok, ora era completamente sveglio.

Con un movimento delle mani accese la lampada, finalmente vide la giovane davanti alla sponda del letto: era scioccata.

Appena Zoe incontrò lo sguardo di Stephen iniziò a singhiozzare, e corse ad abbracciarlo.

Le accarezzò delicatamente i capelli: «Va tutto bene, ora ci sono io qui, nessuno ti farà del male.»

Rimasero così finché la ragazzina non si calmò.

«Vuoi dormire qui sta notte?»

Lei annuì asciugandosi le lacrime.

Lo stregone chiamò a sé il mantello e gli disse di rimanere con lei.

«Vado a controllare» continuò alzandosi dal letto.

Zoe gli prese la manica: «Voglio venire anche io»

Si voltò verso di lei, era ancora impaurita e probabilmente si sentiva molto più sicura al suo fianco.

Annuì e le prese la mano «Però stammi dietro.»

Uscirono dalla sua stanza e passarono il corridoio.

Arrivarono davanti alla cameretta di lei.

Stephen aprì la porta: era tutto in ordine, i libri sui loro scaffali, l'unica cosa era la finestra aperta.

«No... no... no! Non è possibile c'erano i libri per terra e poi c'era una sagoma... ti giuro, non sono pazza io -» iniziò a balbettare.

Stephen le mise le mani sulle spalle: «Zoe, fai dei respiri profondi» le disse aiutandola a inspirare ed espirare.

Quando la vide un po' più calma continuò: «Non sei pazza, ci credo a quello che mi hai detto.

Io sono qui con te.

Ora entrerò, ma tu non seguirmi, Ok?»

Sentirono una porta aprirsi, la giovane si irrigidì al rumore, uscì dalla porta Wong con in mano quello che sembrava una lanterna magica.

«Cosa è successo?» chiese.

Lo stregone guardò il suo amico e fece un sospiro di sollievo: ora Zoe poteva stare con l'ex guardiano della biblioteca, mentre lui controllava la cameretta.

 Sì, aveva avvertito qualcosa di strano, ma non voleva fare agitare la nipote maggiormente.

«Wong ti affido Zoe, devo controllare che sia tutto a posto, iniziate ad andare in salotto, vi raggiungo appena capsico cosa è successo.»

L'uomo annuì e si avvicinò alla giovane.

«Ti va una tisana, mentre aspettiamo?» le chiese gentilmente, lei annuì ancora spaventata.

Le mise una mano sulla spalla e l'accompagnò al salotto, diede un ultimo sguardo a Strange prima di scendere le scale.

Andarono insieme in cucina, lei si sedette su della sedia vicino alla finestra che dava sulla Grande mela.

Il mago si mise a scaldare dell'acqua.

Rimasero in silenzio per un po', poi lui decise di parlare: «Ti va di parlarne?»

Annuì.

Fece un respiro profondo e iniziò a spiegare tutto quello che era successo.

Lui sospirò dispiaciuto: «Quindi sono tornati?» 

 

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Capitolo 9
*** le storie di Kalila e Dimna ***


Zoe non rispose alla domanda di Wong, si limitò a guardare il vuoto: non si era ancora ripresa.

L'uomo non domandò oltre, le mise la tazza fumante nelle mani.

«Ecco fatto, ora torniamo in salotto, ti va?»

Lei annuì.

Si sedettero sul divano, Wong iniziò a rovistare tra i libri appoggiati sul tavolino , ne prese uno. Era molto diverso dagli altri: piccolo con le pagine ingiallite e con una copertina stampata non una di quelle antiche di pelle che erano solite coprire i tomi della biblioteca di Kamar taj.

«Che ne dici di questo?» le chiese mostrandole il titolo: Kalila e Dimna.

La ragazzina lo guardò stupita: «Quello è il libro che mi hai regalato quando ero piccola!»

«Esatto»

Zoe era entrata a Kamar Taj quando era molto piccola, un anno circa, e in quel tempo lui era da poco stato scelto come protettore della biblioteca.

Gli era capitato numerose volte di vederla scorrazzare tra quei scaffali pieni di tomi polverosi accompagnata o da suo zio, che la usava per distrarre Wong e prendersi dei libri senza la sua autorizzazione, o molto spesso con l'Antico che la teneva durante gli allenamenti.

Era da sempre stata una bambina curiosa e vedere tutte quelle persone studiare su quei libroni le aveva fatto venire voglia di farlo anche lei, solo che a differenza loro era ancora troppo piccola per capire le arti magiche, quindi Wong per il suo quinto compleanno aveva deciso di regalarle un libro di favole: Kaila e Dimna; era un'opera antica che si rifaceva ad alcune fiabe indiane. Lui l'aveva comprata a uno dei baracchini per strada che vendono libri vecchi, ma, per non infrangere i sogni della bambina, le aveva detto che era dalla biblioteca.

La piccola era felicissima e aveva fatto vedere il libro a tutti quanti, anche all'Antico.

Sorrise a quel ricordo.

«Pensavo fosse in camera mia.»

«A tuo zio piace rileggerselo quando sei via,» le rispose «ma non dirgli che te lo ho detto io.»

La ragazzina ridacchiò.

«Wong?» lo chiamò improvvisamente.

Si voltò.

«Me lo leggeresti tu, come facevamo quando ero piccola, per favore.» gli disse con un lieve imbarazzo; era esausta e ancora scioccata: non aveva la forza mentale di leggere in quel momento.

Le accarezzò i capelli e aprì il libro.

«Con molto piacere!»

«Un giorno un mercante di Distawand partì per un viaggio...» cominciò a leggere.

Zoe si appoggiò alla sua spalla e rimase ad ascoltare mentre sorseggiava la tisana.

Non era la prima volta che succedeva: quando era ancora una bambina le era capitato di avere incubi e di non riuscire per nulla a dormire, così Wong o Stephen erano soliti prepararle una camomilla e leggerle uno di quei racconti; avevano tentato a di cambiare libro, magari uno con favole più moderne, ma lei non ne voleva sapere perché quello rimaneva il suo preferito.

Aveva iniziato a far fatica ad addormentarsi dopo la morte dell'Antico, Wong aveva creduto fosse un modo per buttar fuori quello che una bambina di sei anni non sarebbe riuscita a realizzare: la perdita di una persona cara; anche Stephen l'aveva pensato all'inizio, ma poi aveva capito che probabilmente era legato anche ad altro, l'ex bibliotecario aveva provato a cavargli qualcosa, ma come al solito Strange era una di quelle persone che si teneva tutto dentro e voleva fare di testa propria.

Continuò a leggere finché non si accorse che si era addormentata, il mantello ora sembrava aver preso il posto di una coperta.

Vide Strange scendere dalle scale: sembrava a posto, nessun segno di lotta, aveva solo un'espressione preoccupata sul volto.

«Mi è sfuggito di nuovo.» si limitò a dire il dottore.

«Quindi è veramente entrato qualcosa, ma come ha fatto?»

«Sì» sospirò «Le uniche spiegazioni sono che o è più forte degli incantesimi che ho creato o il Sancta Sanctorum non la vede come una minaccia, oppure era già qui...»

«Stai dicendo che potrebbe averla portata la stessa Zoe qui dentro?»

«Ci ho pensato, ma no, se fosse così si sarebbe mostrato ben prima, ma solo con la morte dell'Antico ha iniziato ad agire» strinse i pugni, non era ancora al livello del suo predecessore a quanto pare: se no quella cosa non avrebbe dato fastidio a sua nipote!

«Stephen» lo richiamò all'attenzione Wong «non è colpa tua, vedrai che riusciremo a capire di cosa si tratta e ad allontanarlo da qui.»

Il dottore si avvicinò a loro e prese in braccio la ragazzina.

«Non stare a scervellarti troppo, Zoe è al sicuro con noi, Kamar Taj saprà proteggerla!» continuò l'amico.

Stephen guardò la giovane addormentata tra le sue braccia: il problema non era Kamar Taj, il problema era la vita al di fuori, se le fosse successo qualcosa non se lo sarebbe mai perdonato, aveva già perso troppe persone e lei era la sua unica famiglia che gli rimaneva.

«Cosa le dirai?»

«Nulla, non deve venirne a conoscenza soprattutto ora che sa usare le arti magiche!»

«Ma Stephen non è più una bambina, vorrà sapere.»

«Glielo dirò quando sarà pronta, adesso è troppo presto! Non voglio che si senta responsabile di qualcosa più grande di lei, è ancora troppo giovane per tutto questo» gli rispose.

Wong annuì: lo capiva perfettamente, ma sapevano entrambi che Zoe era come suo zio e avrebbe fatto di tutto per scoprire la verità.

Lo stregone salì le scale e andò nella sua stanza, la posò sul letto e le rimboccò le coperte, le diede un bacio in fronte e poi le si sdraiò accanto.

«Sei l'unica cosa che conta, ti proteggerò e non lascerò che nessuno ti faccia del male te lo prometto» le accarezzò i capelli.

Nel sonno Zoe prese la mano tremante del dottore e se la portò vicina.

L'uomo sorrise a quel piccolo gesto.


|| Spazio Autrice ||
Volevo solo avvisare che da ora in poi pubblicherò con minor frequenza, probabilmente ogni cinque giorni
 

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Capitolo 10
*** È il giorno fatidico! ***


Erano passate alcune settimane da quell’incubo e quella figura non si era più presentata né nei suoi sogni né al Sancta Sanctorum, suo zio non era più voluto tornare sull’argomento e lei era troppo impegnata a prepararsi per l’esame per rimuginarci sopra.
L’orologio della sua camera segnava le sei del mattino e lei era già sveglia. Perché? Che domande oggi era il giorno!
Tra esattamente tre ore avrebbe avuto l’esame per entrare all’E.S.U. ed era molto agitata.
Ora si trovava nel letto a fissare con insistenza l’orologio nel muro di fronte a lei.
Trattenne il respiro.
Ok, non riusciva più a riaddormentarsi, si era rigirata più volte sotto le coperte senza successo.
Il cuore le batteva all’impazzata!
Si alzò improvvisamente e prese gli appunti che le aveva passato Peter per riguardarseli di nuovo, nel caso si fosse dimenticata qualcosa.
«Zoe» la chiamò improvvisamente una voce «posso entrare?»
Gli rispose affermativamente, Stephen aprì la porta e si sedette al suo fianco.
«Immaginavo fossi sveglia, cosa stai facendo?»
«Ripasso» gli ripose con la testa abbassata sui fogli.
Lo stregone glieli prese: «No, no, se ti metti a ripassare è peggio, ti sale solo di più l’agitazione. Te lo dice un esperto!»
Si voltò verso di lui: «Anche tu eri così prima di un esame?»
«certo che lo ero!
È normale, l’importante è non farsi prendere dall’ansia.
Ricordati quello che fatto è fatto, quindi non starci a pensare troppo, ok?
Ti sei impegnata tanto e comunque andrà, tu hai fatto il possibile!»
Zoe si appoggiò alla sua spalla: «Non puoi sbirciare nel futuro e dirmi se lo passerò?»
Stephen scosse la testa divertito: «No perché poi se te lo dico non si avvera.»
«E se poi non lo passo?» domandò improvvisamente la ragazzina.
«Perché non dovresti? Mi hai detto che con Peter avete pure fatto le prove degli anni scorsi e sono andate bene.»  
«Sì ma-»
«Niente ma! Vedrai che andrà tutto bene, ora piuttosto andiamo a fare colazione.»
Scesero le scale e si diressero verso il tavolo in cucina.
«Cosa vuoi mangiare?» chiese Stephen
«Non so, non ho tanta fame…»
«È meglio che mangi comunque qualcosa: del tè con dei biscotti secchi?»
Decise di seguire il suo consiglio e iniziò a scaldare l’acqua: di solito si occupava lei o Wong di preparare da mangiare, perché, anche dopo l’operazione, le mani dell’ex neurochirurgo tremavano, soprattutto di prima mattina.
L’ex bibliotecario non si fece molto attendere e si presentò in cucina.
«Ah avete già iniziato a preparare.» sorrise.
«Allora Zoe, come ti senti?»
«Agitata.»
«Non preoccuparti sono sicuro che ce la farai sicuramente, ora siediti e lascia preparare a me.» le intimò indicandole la sedia vicino a Stephen.
Finita la colazione, iniziò a prepararsi per uscire.
Suo zio l’aiutò a preparare lo zaino e le mise dentro anche qualcosa da mangiare, nel caso avesse avuto ancora fame, visto che alla fine aveva lasciato praticamente tutti i biscotti.
Mentre metteva le ultime cose in cartella sentì il cellulare vibrare, guardò le notifiche: era Peter che le augurava buona fortuna per l’esame.
Sorrise e gli rispose ringraziandolo: era carino da parte sua preoccuparsi per lei.
«Zoe è ora di andare» le grido Stephen dal salotto.
«Sì, arrivo!»
Lo raggiunse e lo trovò nei suoi abiti civili.
«Come mai quell’espressione? Andiamo su!» le rispose
«Non pensavo che mi volessi accompagnare.»
«Vuole essere sicuro che tu sia tranquilla» si introdusse improvvisamente Wong, lo stregone lo fulminò con lo sguardo, ma ottenne solo una risata divertita.
Era un giorno importante per Zoe: il suo primo esame e in quanto suo zio voleva starle vicino, in più vedendola così preoccupata anche lui non riusciva a rimanere calmo come lo era di solito.
Finalmente uscirono di casa e dopo aver preso la metro arrivarono davanti all’E.S.U.
«Manca ancora mezz’ora all’esame» le disse Stephen.
La nipote annuì, ma non spiccicò parola: era strano perché lei era una di quelle persone a cui piaceva conversare di qualsiasi cosa, trovava sempre un argomento, anche quelli più strambi.
Il dottore si girò verso di lei: «Hey, vedrai che andrà tutto bene»
Non gli rispose, rimase con la testa abbassata.
Strange iniziò a preoccuparsi si inginocchiò in modo da poter vedere il suo viso: aveva gli occhi lucidi, probabilmente era un modo per sfogare tutta quell’ansia che le stringeva lo stomaco.
«Guardami» le intimò dolcemente il mago «Questo non è niente in confronto a tutte le sfide che abbiamo affrontato fino ad ora.» le asciugò le lacrime con le dita tremolanti «Andrà bene, perché ti sei impegnata, sei brava e so che ne sei perfettamente in grado, ok?»
La giovane lo guardò e poi lo abbracciò singhiozzando.
Ricambiò l’abbraccio.
«Crediamo tutti in te!»
A loro si avvicinò una ragazzina alta dai lunghi capelli color ebano e con due occhi vispi di un verde smeraldo.
«Scusate non volevo interrompervi» si intromise nel discorso.
Zoe si girò, il sorriso tornò a risplendere sul suo viso.
«Ann, ciao!» le corse incontro per poi stritolarla in un abbraccio.
Shannon ridacchiò divertita: «Hai visto? Sono qui, come avevo promesso.»
Stephen le guardò: conosceva abbastanza bene l’amica di Zoe per sapere che sua nipote era in buone mani.
La mora guardò l’uomo e fece un cenno con il capo «Signor Strange.»
«Visto che ora c’è Shannon, io vado.» annunciò «Ricordati di chiamarmi una volta finito e se non rispondo-»
«Chiamo Wong.» la giovane finì la frase per lui.
«Arrivederci signor Strange» lo salutò l’amica.
Il super eroe fece un cenno con la mano prima di tornare al Sancta Sanctorum.
Le due ragazze si avvicinarono all’entrata.
«Allora io ti aspetto fuori» disse Shannon accompagnandola fino all’aula dove si sarebbe svolto l’esame.
L’altra annuì rigidamente.
Ann le sorrise: «Vai lì e spacca tutto!» alzò un pugno al cielo.
Zoe si mise a ridere.
Suonò la campanella: era ora di entrare in aula.
Si salutarono.
La giovane superò la porta: si trovo in un’aula piena di banchi e sedie, le pareti erano ricoperte di cartelloni con vari progetti scientifici, tranne quella al centro che aveva appesa una lavagna e una lim.
Si sedette davanti a uno dei banchi e tirò fuori una penna.
Arrivò un’insegnate che portava una grossa pila di fogli, dopo aver fatto l’appello, li distribuì.
«Da adesso avete tre ore, buon lavoro.» disse prima di sedersi dietro la scrivania.




|| Spazio Autrice ||
perdonate il ritardo della pubblicazione, ho avuto vari contrattempi e in questi due mesi in generale sarò sempre più impegnata, spero comunque di riuscire di tenere il ritmo di pubblicazione ogni 5-7 giorni

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Capitolo 11
*** una riunione segreta tra amiche ***


Zoe uscì da quell’aula con un mal di testa, probabilmenre dovuto all’ansia, ma anche perchè non aveva praticamente mangiato.
Una volta uscita dalla scuola trovò seduta su una delle panchine Ann intenta a leggere un grosso libro appoggiato sulle sue ginocchia.
Il tomo sembrava antico, se avesse dovuto fare un paragone, le ricordava molto quelli custoditi a Kamar taj.
Si avvicinò all’amica.
«Cosa leggi?» chiese incuriosita.
Shannon alzò gli occhi dalle pagine ingiallite e li spostò sulla ragazza in piedi di fronte a lei.
«Hai finito il test, come l’hai trovato?» chiese mentre rimetteva in cartella il tomo.
«Non so, speriamo in bene!» le rispose non staccando gli occhi dal libro che veniva messo via.
La mora si alzò, si guardò in torno e poi sussurrò «Andiamo in un altro posto, qui potremmo attirare l’attenzione»
Lo sguardo di Zoe si fece serio e annuì decisa: era qualcosa di segreto.
«Seguimi, andiamo da mio zio» disse Ann.
Lo zio di Ann era un cuoco e aveva un ristorante lì vicino, era molto simpatico e di solito, quando andavano a mangiare da lui, lasciava loro la saletta sotto il ristornate che veniva aperta solo la sera: era un luogo perfetto per le riunioni segrete.
Entrarono nel ristorante.
«Ecco la mia nipote preferita!» disse il signor Miller abbracciando Ann.
«Oh Zoe ci sei anche tu!»
«Zio!» lo rimproverò scherzosamente la mora, mentre l’altra ricambiò il saluto.
«Siete venute qui per pranzare, immagino.»
Annuirono.
«Prego accomodatevi pure nella saletta.» fece loro strada.
Si sedettero a uno dei vari tavoli e guardarono il menù.
Poco dopo passò un cameriere a prendere gli ordini.
Quando furono di nuovo sole Shannon tirò fuori il libro.
«Dove lo hai preso?»
«L’ho trovato quest’estate nascosto tra gli scaffali della biblioteca di mio nonno» disse sottovoce.
«Sembra molto antico…» constatò Zoe guardandolo «ma allo stesso tempo nuovo» di solito un libro del genere non era in così buone condizioni: sembrava un manoscritto medievale, eppure a toccarlo dava come la sensazione che fosse stato appena rilegato.
Le pagine erano ingiallite, ma non deteriorate, il cuoio sembrava stato applicato di recente e anche le cinghie di metallo erano lucide non arrugginite.
«E non hai visto ancora il pezzo forte!» disse Ann con un sorriso soddisfatto stampato sul volto «è scritto in latino!»
Zoe rimase estasiata, era proprio come un codice medievale, con tanto di miniature: era stupendo!
«Non ho mai visto un libro del genere nella biblioteca di Wong» disse sfogliando le pagine.
Arrivarono le ordinazioni.
Ann chiuse il libro e lo poggiò sulla sedia di fianco per mangiare.
L’altra ragazza si ricordò solo in quel momento che doveva chiamare Stephen, tirò fuori il cellulare e digitò il numero.
«Zoe! Eccoti finalmente, pensavo non mi avresti più chiamato.»
«Scusa, siamo andate a mangiare dal signor Miller e mi è passato di mente.»
«Immaginavo… allora? Come è andato l’esame?»
«Non so, ho riposto a tutto, speriamo in bene…»
«Sono sicuro che andrà tutto bene. Sai già quando torni a casa?»
Zoe guardò l’amica che le indicò il libro: dovevano prima studiarselo.
«Non ne ho idea, volevo passare un po’ di tempo con Ann visto che non ci siamo viste tanto ultimamente.»
«Va bene, ma avvertimi quando stai per tornare a casa e mi raccomando prima che faccia buio!»
«Ok, allora a dopo, ciao ciao!» Zoe chiuse la chiamata.
Ann la guardò «per un attimo ho pensato che gli avresti parlato del libro!»
«No, non preoccuparti, la mia bocca è cucita.» disse facendo il segno con le dita.
«Però forse lui poteva aiutarci con la traduzione…» constatò Shannon.
«Beh ma possiamo farcela anche da sole, poi abbiamo Google traduttore! Lui faceva sempre così le prime volte.»  
Finirono di mangiare e iniziarono a ispezionare attentamente il libro.
«Sembra narrare una storia: un racconto di un avventuriero in una terra nuova» spiegò Zoe «conosci la leggenda dei vichinghi? Si dice che Erik il rosso fu in realtà il primo a scoprire l’America e non Colombo…»
Shannon annuì: «Potrebbe essere! Guarda questo disegno mostra dei guerrieri che parlano con un altro popolo, magari è il primo incontro con dei nativi Americani!»
«È questa sembra una nave vichinga!» indicò la miniatura «Non sapevo tuo nonno fosse uno studioso di manoscritti!»
«Infatti non lo è, questa è la cosa strana…» sospirò pensierosa
«Ann, guarda: una mappa del tesoro!»
A metà del manoscritto si trovava una grossa mappa con percorso da seguire, però era strano, perché, a differenza delle altre pagine, qui c’erano delle rune invece del latino, anche la geografia era moderna, non seguiva di certo i canoni medievali.
«Che libro strano!»  costatò Zoe «Non sai dove tuo nonno lo abbia preso?»
L’amica scosse la testa «No, ma non gli ho chiesto nulla, non sa neanche che ce l’ho.»
Era comprensibile, il nonno di Shannon era una persona parecchio strana, raccontava sempre storie avvincenti di battaglie e viaggi in modo talmente dettagliato che sembrava averle vissute in prima persona. In casa sua si trovavano sempre oggetti di antiquariato strani e ogni volta che gli si chiedeva da dove venissero rispondeva che aveva molte conoscenze, ma non approfondiva.
Ann non era la prima volta che tornava dalle vacanze con qualcosa di particolare da mostrarle, certo una come Zoe era abituata alle cose strane, anzi erano proprio all’ordine del giorno; ma un conto era lei che era cresciuta al Sancta Sanctorum un conto era la sua amica che viveva in una casa normale in cui non c’erano oggetti strani o posseduti!
Da una parte sapeva che forse avrebbe dovuto avvertire suo zio, dall’altra: c’era una mappa del tesoro e questo significava solo una cosa che da qualche parte c’era un tesoro e lei voleva trovarlo! Se l’avesse detto a suo zio probabilmente non glielo avrebbe mai permesso, ma se lui non lo sapeva, non avrebbe potuto impedirglielo, giusto?
Guardò l’amica che ricambiò lo sguardo: l’avrebbero cercato.
La loro riunione segreta venne interrotta dallo zio di Ann.
«Vi va un dolce?» chiese.
Gli occhi di Zoe si illuminarono.
Il signor Miller ridacchiò a quell’improvviso cambio di espressione: «Ho una New York cheesecake», mostrò quello che aveva sopra il carrellino dei dolci.
«Posso una fetta?» chiese la giovane speranzosa.
«Certo! Ann?»
«Ma sì, la prendo anche io.»
Il ristoratore tagliò due fette.
Dopo aver mangiato la torta tornarono a guardare la mappa.
«Secondo te che luogo potrebbe indicare la mappa?» chiese Zoe guardandola con molta attenzione.
«Non saprei, ma sembra fatta troppo bene per essere falsa…»
Prima che potessero continuare le loro speculazione il cellulare di Shannon iniziò a suonare: era suo padre che la intimava di tornare a casa perché la sera avrebbero avuto ospiti.
L’amica sbuffò contrariata: «Devo andare, c’è una delle solite noiosissime cene con i suoi ex compagni.»
Suo padre era un ex studioso che aveva deciso di togliersi dalla ricerca e insegnare all’università: era un professore di lingue nordiche.
Si salutarono e Zoe accompagnò l’amica all’uscita del ristorante.
Rimasta sola, dopo aver ringraziato il signor Miller per l’ospitalità e per non aver fatto loro pagare il conto, si diresse fuori dal ristorante.
Tirò fuori il cellulare indecisa su cosa fare: avrebbe potuto chiamare Stephen e farsi venire a prendere, oppure-
I suoi pensieri vennero interrotti quando qualcuno le andò addosso.
 

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Capitolo 12
*** Stasera Pizza! ***


Si trovò con il sedere a terra, per fortuna era riuscita a salvare il cellulare.

«Oh mamma, scusami! Non ti avevo visto!» disse una voce femminile.

Alzò lo sguardo, sbatté due volte le palpebre per essere sicura di averla riconosciuta: «Signora May?»

La donna sorrise: «Zoe sei tu! Peter guarda chi ho incontrato!»

Dalle dietro le spalle spuntò il viso del ragazzino: «Oh ehm… ciao!»

May le porse la mano per alzarsi: «Riesci ad alzarti? Ti sei fatta tanto male?»

La giovane accettò l’aiuto e scosse la testa «No, sto bene, non preoccuparti.»

«Che ci fai qui tutta sola?»

«Ero fuori a mangiare con una mia amica.»

«A proposito, Peter mi ha detto che oggi avevi l’esame di ingresso, come è andato?

Gli ho detto di chiamarti, anche per essere più tranquillo, visto che è da stamattina che è in ansia; ma lui ha risposto che aveva paura di disturbarti!»
Il diretto interessato le scoccò un’occhiata come a dire che poteva evitare di parlarne.

«Non so, ho risposto a tutte le domande, spero sia andato bene» le rispose.

Notò solo in quel momento che il giovane era pieno di sacchetti in mano; chissà perché? Si domandò pensierosa
«Noi siamo andati a fare un po' di shopping» spiegò la donna intuendo l’espressione confusa della ragazza.
«E tu invece? Torni a casa ora, vuoi che ti accompagniamo?» continuò.

«Oh no, non c’è bisogno, veramente, stavo per chiamare mio zio per farmi venire a prendere.»
Non poteva farsi accompagnare fino al Sancta Sanctorum, era fuori discussione, anche perché una volta arrivato come minimo, per ricambiare il favore, avrebbe dovuto invitarli ad entrare!
«Ma no, non stare a scomodare tuo zio, ti portiamo noi.»
Peter aveva intuito immediatamente i pensieri di Zoe, poi poteva immaginarsi come l’avrebbe presa il signor Strange, non sembrava il tipo di persona che li avrebbe invitati a prendere un tè nella sua dimora.
«May non penso che-»

Venne interrotto da sua zia che sembrò improvvisamente cambiare idea: «Zoe che ne dici di venire a cenare da noi, invece?»
La giovane si trovò completamente impreparata, non si aspettava un invito a casa Parker, certo c’era già stata numerose volte per le ripetizioni, ma ora non era la stessa cosa.

«Ehm devo però prima chiedere a mio zio»
Il suo sguardo tornò al cellulare.
Digitò il numero e attese.
«Oh Zoe, stavo proprio per chiamarti!
Ascolta sta sera ho avuto un contrattempo ed è meglio se rimani dalla zia a cenare.» le spiegò Stephen.

La giovane sembrò aver perso tutta l’energia che aveva fino a quel momento, non perché non le piacesse dormire dalla zia Noemi, ma perché era preoccupata per lui e in più sapeva che, una volta tornata, non le sarebbe stato detto nulla di quello che era successo in sua assenza. Perché non poteva mai dare una mano anche lei? Dopotutto era perfettamente capace di utilizzare le arti mistiche!

«La signorina May mi ha invitato a mangiare sta sera da loro.» gli rispose semplicemente.

Ci fu silenzio per un momento, come se lo stregone stesse pensando se lasciarla andare o meno: forse era meglio che stesse a casa Parker perché con lei c’era un supereroe e poi, se fosse andata da Noemi Greco, sicuramente quella donna avrebbe parlato male di lui, come suo solito, e avrebbe cercato di mettere in testa a Zoe idee strane; aveva minacciato più volte di togliergli l’affidamento e Stephen sapeva benissimo che ne sarebbe stata capace!

«Ok, se per la signora Parker non è un problema puoi rimanere a casa loro.» accettò alla fine sconfitto.

«Ha detto di sì.» disse la ragazzina rivolta ai due davanti a lei.

«Zoe, prima di mettere giù ricordati di chiamarmi se hai bisogno, hai l’amuleto con te?»

«Sì, al collo.»

«Bene, non toglierlo per nessun motivo!»

Per il suo undicesimo compleanno i maestri di Kamar taj le avevano regalato un amuleto di protezione, le faceva da scudo contro i nemici degli stregoni nel caso fosse stata attaccata.
Lei non se lo toglieva mai, era facilmente scambiabile con una semplice collanina che aveva appesa una medaglietta d’oro dove sopra c’erano incise delle frasi in aramaico.
La giovane fece un’espressione stranita: perché suo zio le ricordava l’amuleto? Che fosse successo qualcosa? Ok, non era la prima volta che glielo diceva, ma era il tono apprensivo che le faceva intuire che c’era qualcosa di strano.

«Ti verrò a prendere sta sera, dopo cena, sul tardi, mi raccomando fai la brava!»

«Va bene… Ciao ciao.» lo salutò prima di chiudere la telefonata.

«Ha detto che mi viene a prendere sta sera sul tardi.»

«Va benissimo, se vuoi anche fermarti a dormire non è un problema!» rispose May entusiasta.

«Bene ragazzi, visto che è tutto risolto, andiamo a casa!»

Zoe si avvicinò a Peter: «Vuoi una mano?»

«Ehm no non preoccuparti, ce la faccio.»

«Sembra scomodo portare tutte quelle borse, però…» replicò la ragazza con fare pensieroso.

Alla fine lui cedette e si fece aiutare.

Arrivarono a casa.

«Che ne dite: sta sera pizza?» chiese la donna.
La ragazzina annuì contenta: ci voleva proprio una pizza.
Il supereroe fece un sospiro di sollievo: sua zia non era proprio la persona più adatta a cucinare quindi era meglio prendere qualcosa d’asporto visto che c’era un’ospite.
Una volta entrati, lasciate le borse, Peter invitò timidamente l’amica in camera sua.

«Wow, quanti modellini!» disse Zoe una volta dentro la stanza «sono tutti di Star Wars?»
«Sì, alcuni non sono miei sono di Ned, li ha lasciati qui l’ultima volta.»

«Che figata!» si avvicinò alle varie navicelle spaziali sulla mensola.

«Posso?» chiese indicandone una.

«Ehm sì certo, però fai attenzione.» disse lui avvicinandosi.

Lei prese una delle navicelle della flotta imperiale e iniziò a muoverla in aria facendo anche i vari rumori.
Peter scoppiò a ridere: non si aspettava minimamente che avrebbe iniziato a giocarci.
La ragazza si avvicinò sempre più a lui e finse che il tie fighter elite iniziasse ad attaccarlo.
Peter decise di stare al gioco e prese anche lui un altro modellino e si aggiunse alla battaglia.
Si arrampicò sul letto per attaccare con la sua astronave quella nemica dall’alto.
Zoe finse di far schivare alla sua i colpi.
Il combattimento continuò per un po’ finché il tie figher non fu messo alle strette dall’avversario.
La ragazza poggiò il modellino sul pavimento e con le braccia mimò un’esplosione.
Il giovane tornò a terra e si mise a ridere.

«Era da quando ero piccolo che non giocavo così.»

Lo guardò stranita: «Perché non si usano così?»

«Volendo, ma sono più oggetti da collezione.»

«Ah, io e miei cugini di solito giochiamo in questo modo con i LEGO! Però in effetti loro sono più piccoli…»

Peter sorrise intenerito.

Vennero interrotti dalla zia del ragazzo che si affacciò alla porta: «Che pizze volete?»



|| Spazio autrice||
Perdonate il ritardo, queste sono settimane abbastanza impegnative e faccio fatica a trovare del tempo per scrivere.
Non so se riuscirò a mantenere il ritmo di pubblicazione di un capitolo a settimana, purtroppo, cercherò di aggiornare quando riesco.
Ringrazio tutte le persone che stanno legendo questa storia, spero vi stia piacendo!
Inoltre ho un'altra notizia da darvi, forse e dico forse, inizierò a scrivere anche una nuova fanfiction, non sulla Marvel questa volta, ma su Death note quindi sappiate che ho questo progetto in mente!
Detto questo vi saluti e ci si vede al prossimo capitolo!

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Capitolo 13
*** Mi hanno incastrato! ***


Stephen sarebbe volentieri tornato al Sancta Sanctorum invece di trovarsi lì!

Ok forse è meglio iniziare dall’inizio.

Una volta accompagnata Zoe a scuola si era allontanato dalla folla per creare un portale e tornare a casa senza che nessuno se ne accorgesse, peccato che era stato fermato da qualcuno che lui conosceva bene!

Tony Stark era appena uscito da un bar con un sacchetto pieno di ciambelle, appena l’aveva visto si era approcciato a lui.
Avevano iniziato a parlare e poi lo aveva invitato al quartier generale degli Avengers, o meglio di quelli che erano rimasti, per poter discutere di una cosa importante.

Ed ora ecco che invece di trovarsi davanti a War Machine e il bimboragno c’era nientepopodimeno che Nick Fury: il capo dello S.H.I.E.L.D.
Lo squadrò dalla testa ai piedi.
«Dottor Stephen Vincent Strange finalmente ho modo di conoscerti»

Strange lanciò un’occhiata a Stark che fece spallucce come a dire: non guardare me, io non c’entro nulla.

«Arriviamo al sodo: cosa volete da me?»

«Sappiamo cosa state cercando di nascondere tu e la tua setta di maghi.»

Lo stregone alzò gli occhi al cielo «non siamo una setta»

«Questo è quello che direbbe un membro di una setta» si intromise Tony scherzando.

Stephen lo guardò malissimo: se iniziava anche lui non ne sarebbe mai uscito.

«In tutta New York sono iniziate a scomparire delle persone» continuò il capo dello S.H.I.E.L.D «la cosa strana è che una volta sparite nessuno si è più ricordato la loro esistenza, come se non fossero mai nate.»

Sullo schermo della sala riunione apparvero delle foto.

«E non solo a New York, ma in tutto il mondo.»

Lo stregone sapeva che quel momento sarebbe arrivato: quando ormai i casi erano troppi e non sarebbe più passato inosservato. Nick Fury era una persona intelligente e non sembrava il tipo che avrebbe creduto a un: «e questo cosa avrebbe a che fare con me?»

Sospirò.

Il capo delle spie continuò attivando un video: mostrava un ragazzo giovane con un’espressione sconvolta, aveva una divisa di poliziotto e a guardarlo bene sembrava uguale alla descrizione che Zoe aveva fatto del giovane agente che l’aveva aiutata con il senzatetto. Davanti a lui si sedette uno dei subordinati di Fury che gli chiese: «Allora può ripete ancora quello che ha visto esattamente?»
«Vede quell’uomo è… è sparito, come se si fosse disintegrato davanti ai miei occhi, non sono pazzo, l’ho visto, ma…ma gli altri non mi vogliono credere.
Continuano a dirmi che avrò visto male, che non c’era nessuno in quella cella!»
«Può spiegare meglio cosa intende per “disintegrato”» chiese impassibile la spia
«Un minuto prima c’era e un minuto dopo di lui era rimasta solo della polvere…» si mise le mani sul viso appoggiando i gomiti sul tavolo.
Era disperato.
«So quello che ho visto, non sono pazzo.» continuò a ripetere.
Iniziò a dondolare sulla sedia tenendosi le mani sul viso premendosi il cranio.
Improvvisamente si alzò, il suo viso era deformato in un sorriso orribile e le sue iridi orano erano di un verde acceso, si voltò verso la telecamera e rise.
Poggiò le mani sul vetro, le dita iniziarono a colorarsi di nero: «Non potrai proteggerla per sempre, Stephen, la troverò, anzi sarà lei stessa a venire da me e quando succederà, sarà la sua fine.»
Il corpo dell’uomo iniziò ad avere delle convulsioni per poi cadere a terra e diventare polvere, come era successo al povero senza tetto.

Il capo dello S.H.I.E.L.D. sembrò sorpreso: l’ultima parte del video non era mai stata così, cosa era successo?

Tony rimase di pietra: gli venivano ancora i brividi a pensare a quel viso sfigurato.

Il viso dello stregone si incupì, lo sapeva, sapeva che tutto quello era legato alla figura che tormentava le notti di Zoe: questo era il vero motivo per cui non voleva mandarla a scuola, il solo pensiero che le sarebbe potuto succedere qualcosa gli faceva venire voglia di mollare tutto, andare in quel preciso momento all’E.S.U. e togliere la richiesta di ammissione per farla rimanere al Sancta Sanctorum con lui.

«Roberts controlla la cella del testimone, vedi come sta» ordinò immediatamente Fury attivando il suo auricolare.
«Come quale testimone?!» iniziò a irritarsi, ma poi capì.
Si voltò verso lo stregone: «Esigo delle spiegazioni Strange: a cosa si riferiva?»

«Dottor Strange per lei.»

Stark sembrò riprendersi e guardò l’altro eroe dispiaciuto: era questo che intendeva quando diceva che avrebbe preferito non far andare sua nipote a scuola.

«Non sono affari suoi, Fury.»

«Certo che è compito dello S.H.I.E.L.D proteggere i civili!»

«Ma è mio compito proteggere la nostra dimensione! Se è venuto qui per chiedermi di far parte del vostro progetto supereroi si sbaglia di grosso.
Non ho intenzione di essere un suo subordinato.»

«E anche Zoe Strange fa parte di questo suo progetto di difendere la dimensione, Strange?»

«Non metta in mezzo mia nipote, lei non c’entra nulla con questa situazione!»

«Sua nipote? Per quanto ancora crede che questa cosa rimarrà segreta.»

Lo sguardo di Stephen si incupì.

«Non sa contro chi si sta mettendo contro, Fury.»

L’atmosfera si stava scaldando di parecchio, era il momento che un Iroman diplomatico entrasse in scena.

«Hey, hey. Siamo venuti qua per parlare di quella cosa che fa sparire le persone non per litigare.
Nessuno sta obbligando nessuno a fare nulla, vero Fury?
Nessuno è qui per minacciarti, Stephen.
Si pensava a una collaborazione tra voi maghi strani e noi eroi.»

Il dottore sembrò calmarsi e riprendere la sua solita compostezza: non era una persona che si arrabbiava facilmente, però quando qualcuno toccava Zoe scattava subito.
 Sospirò: «Va bene, accetto la vostra collaborazione, ma non mettete più in mezzo Zoe.
E se sa qualcosa, Fury, se lo tenga per sé, grazie.»

Sentì qualcosa vibrare nelle sue tasche: era il cellulare, sua nipote lo stava chiamando.

Uscì dalla stanza e rispose immediatamente alla chiamata: «Zoe! Eccoti finalmente, pensavo non mi avresti più chiamato.»

«Scusa, siamo andate a mangiare dal signor Miller e mi è passato di mente.»

 Sorrise: «Immaginavo… allora? Come è andato l’esame?».

«Non so, ho riposto a tutto, speriamo in bene…»

«Sono sicuro che andrà tutto bene. Sai già quando torni a casa?»

Ci fu un attimo di silenzio: probabilmente stava concordando con Shannon l’orario.
«Non ne ho idea, volevo passare un po’ di tempo con Ann visto che non ci siamo viste tanto.»

Gli sembrava una scusa, ma conosceva entrambe e probabilmente era uno delle loro solite riunioni “segrete” in cui parlavano semplicemente delle vacanze estive, nulla di cui preoccuparsi.

«Va bene, ma avvertimi quando stai per tornare a casa e mi raccomando prima che faccia buio!»

«Ok, allora a dopo, ciao ciao!» Zoe chiuse la chiamata.

 Avrebbe voluto tenerla più al telefono, ma era con la sua amica in quel momento, era giusto che la lasciasse divertire.

Improvvisamente apparve davanti a lui un portale dal quale uscì Wong.

«Strange abbiamo un problema!»

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Capitolo 14
*** È successo di nuovo ***


Vennero interrotti dalla zia del ragazzo che si affacciò alla porta: «Che pizze volete?»

«Io una margherita» rispose Zoe, preferiva andare sul semplice, sapeva benissimo che la pizza americana era molto diversa da quella tradizionale italiana quindi era meglio non chiedere cose troppo complicate; dopotutto lei era italiana da parte di mamma e passando l’estate in Italia aveva avuto modo di conoscere questo piatto simbolo della sua patria.

«Io prendo quella con le patatine fritte» disse Peter.

«Perfetto! Allora vado a ordinarle e già che ci sono faccio un salto al market qui vicino, mi sono accorta che ci manca il caffè e dei detersivi.
Peter se intanto vuoi apparecchiare così quando arrivo è tutto pronto!»
Il ragazzo annuì.

Quando May se ne fu andata il ragazzo si alzò e si diresse verso la porta.

«Vuoi che ti porto qualcosa da bere nel mentre che aspettiamo?»

«Ok!»

«Allora aspettami qui, io intanto vado a vedere che bibite abbiamo di là.»

Zoe annuì mentre metteva i modellini al loro posto.

L’adolescente si diresse in cucina e aprì il frigorifero: «Allora vediamo un po’…»
 


La ragazza rimase in piedi a guardare la stanza: era la prima volta che entrava nella camera del suo amico, quando facevano ripetizioni di solito rimanevano in salotto perché il tavolo era più grande rispetto alla scrivania e in più avevano la dispensa vicina, nel caso avessero avuto voglia di uno spuntino.
Notò i poster di star wars: wow era proprio fan di quella saga!
Sulla scrivania c’erano alcune foto: una era con May, una con un ragazzo hawaiano, probabilmente era Ned di cui parlava tanto, una era con… Tony Stark! Wow dovevano conoscersi proprio bene quei due!
Sorrise divertita nel notare che il giovane teneva con sé un diploma, probabilmente legato alla borsa di studio, al contrario, chissà quando si era accorto di averlo nel verso sbagliato come aveva reagito!

Il suo filo di pensieri venne improvvisamente interrotto da un venticello freddo.

Si girò: la finestra era aperta, eppure era sicura che quando erano entrati fosse chiusa.

Sentì un leggero fruscio.

Era meglio chiuderla.

Si avvicinò alla finestra.

«Zoe» disse una voce melliflua.

«Ancora tu!» esclamò la diretta interessata.

Si guardò intorno: non c’era nessun altro oltre a lei nella stanza.

Percepì come una forza invisibile venirle addossò.
La girava terribilmente la testa.
Le orecchie le fischiavano.
Le gambe tremavano.
Si attaccò al calorifero vicino alla finestra per non cadere.

Non seppe esattamente come, ma si trovò a terra.
 


Peter guardò con attenzione il frigorifero e disse ad alta voce: «Allora abbiamo la Coca Cola, Fanta, Ace o anche della semplice acqua se vuoi.»

Non ottenne nessuna risposta, forse non lo aveva sentito.

Sentì un tonfo provenire da camera sua, come se qualcuno fosse caduto.

«Zoe!» la chiamò correndo dove si trova l’amica.

La trovò per terra.

«Hey, tutto bene?» si maledisse mentalmente, ovvio che non stava bene: era pallida come un cencio.

«Credo di aver avuto un calo di zuccheri» gli rispose frastornata.

Peter le si avvicinò: perché la finestra era aperta, ma soprattutto perché aveva la brutta sensazione che non fossero soli in casa!?
La chiuse.
«Riesci ad alzarti?» le porse la mano.

Scosse la testa: «Sento ancora le orecchie fischiare»

Peter le si sedette accanto «Allora aspettiamo un po’, se non ti senti meglio prendo qualcosa di zuccherato, May dice sempre che è la soluzione migliore nel caso di un calo zuccheri.»
Sarebbe andato immediatamente, ma sentiva che se l’avesse lasciata da sola sarebbe stato peggio.

«Ti capita spesso?» chiese improvvisamente.

«No è la prima volta» gli rispose «magari è perché sta mattina non ho mangiato tanto, ero in ansia per l’esame…»

«Può essere… anche a me capita di avere lo stomaco chiuso prima di una prova.»
Lui sapeva perfettamente che non era un semplice giramento di testa, ma che era legato a quella brutta sensazione che aveva sentito prima, l’aveva percepito con il suo senso di ragno o come lo chiamava sua zia, per prenderlo in giro, il Peter prurito.

«Riesci ad alzarti adesso?»

Scosse la testa.

«Ho un’idea» disse, si mise di schiena davanti a lei «aggrappati!»

Zoe iniziò a ridere.

Lui si girò: «Ti porto in salotto» continuò convinto.

La giovane decise di accettare l’offerta dell’amico e si appoggiò a lui che si alzò e partì verso la cucina.

Per tutto il tragitto risero come due bambini.

«Ding: fermata divano, ripeto fermata divano» Peter imitò l’autobus.

Lei non riuscì a smettere di ridere e si lasciò cadere sul sofà.

«Vado a versarti un po’ di ACE, torno subito!»

Le passò il bicchiere, Zoe lo bevve pian piano.

Iniziò a sentirsi meglio.

«Ti va di vedere qualcosa intanto che preparo la tavola?» chiese lui.

«Ok, cosa guardiamo?» non era una di quelle persone che stava ora davanti alla tv, anche perché semplicemente al Sancta Sanctorum una televisione non c’era.

«Se vuoi posso farti vedere Star Wars!» propose prendendo il telecomando.

Mise il primo film della saga.

«Non sono sicuro riusciremo a vederli tutti, ma si può almeno iniziare» continuò.

La giovane strinse a sé il cuscino leggendo con aria curiosa la spiegazione che c’era ogni volta a inizio di tutti i film di Star Wars.

Peter invece si mise a preparare la tavola.

May arrivò poco dopo con le pizze, la serata continuò tranquillamente tra risate e chiacchere.

Alla fine la donna decise di lasciare ai due ragazzi la sala per vedere il film, mentre lei si rintanò in camera sua.
 


Era ormai tardi quando il campanello suonò.

May andò a vedere chi era.

«Salve sono Stephen Strange, lo zio di Zoe, sono venuta a prenderla» si presentò l’uomo alla soglia.

«Piacere sono May, la zia di Peter, prego entra pure.» gli fece spazio.

«Vuoi un caffè?»

«No, no non scomodarti.»

«Ma figurati, non è un problema» gli rispose con un sorriso.

Stephen scrutò con attenzione la casa e suoi occhi si soffermarono sulla nipote appisolata sul divano che utilizzava uno dei braccioli come cuscino mentre abbracciava un pupazzo di Chewbecca, probabilmente preso dalla stanza del ragazzo che  era seduto vicino a lei con le gambe sul puff: aveva appoggiato sullo stomaco un sacchetto di patatine che era intento a sgranocchiare mentre guardava il film.

May notò dove andava l’attenzione dello stregone e sorrise: «Non si è addormentata da tanto» sussurrò.

Il dottore si avvicinò ai due ragazzi.

«Grazie per esservi presa cura di Zoe sta sera.»

«Oh nessun problema, ci ha fatto molto piacere, è una ragazza dolcissima, siamo solo che contenti di averla in casa con noi.» rispose la donna guardando la scena.

Stephen prese in braccio la ragazza addormentata e si diresse alla porta.

«Grazie ancora per l’ospitalità, purtroppo non posso accettare l’offerta del caffè perché domani devo alzarmi presto ed è già tardi» spiegò lui prima di congedarsi.

Peter si alzò e andò a salutarlo.

«Allora sarà per la prossima volta!» esclamò la donna «Ora andate via in macchina?»

«Sì c’è un taxi che ci aspetta giù» mentì Strange, mica poteva dire che avrebbe utilizzato un portale per trovarsi direttamente nella cameretta di Zoe.

«Allora buona notte!» augurò ai due prima di uscire dalla porta e dirigersi verso le scale.

«Mandate un messaggio quando siete a casa.»

«Scriverò a suo nipote.» fece uno sguardo di intesa a Peter, in poche parole gli stava dicendo di sbrigarsela lui.
Peter annuì e si rivolse alla zia, preoccupato che cercasse di tenerli ancora sulla soglia della porta «May andiamo a letto anche noi, domani dobbiamo svegliarci prestissimo.»
Se non fosse intervenuto probabilmente la donna li avrebbe ancora tenuti con le sue chiacchere e il signor Strange non sembrava il tipo di persona a cui piaceva perdere tempo.

Finalmente solo con sua nipote tra le braccia poté scendere le scale e aprire il portale diretto al Sancta Sanctorum.

Con un semplice movimento delle mani i vestiti della ragazza divennero un comodo pigiama, la poggiò con delicatezza sul letto e le spostò una ciocca di capelli dal viso.

Zoe aprì leggermente gli occhi assonnata: «Dove siamo?»

«Siamo a casa, ora torna a dormire» le disse dolcemente Stephen accarezzandole i capelli.

La giovane gli prese un lembo della sua veste da poco tornata nella sua forma originale, visto che prima si era presentato in abiti civili.

«Zio, ti devo dire una cosa» sbadigliò stanca «importante»

Lui si risedette sul letto: «Dimmi pure»

«Ho risentito la presenza di quella figura strana che mi aveva provocato la paralisi nel sonno, però sta volta ero sveglia e mi è girata la testa» sussurrò mentre con fatica cercava di tenere gli occhi aperti.

«Ora pensa a riposarti, ne riparliamo domani mattina» le disse prima di darle un bacio sulla fronte.

Zoe annuì prima di tornare nel mondo dei sogni.

Stephen non se ne andò subito, rimase ad osservarla per un po’, sentì un peso sul petto: avrebbe fatto di tutto per proteggerla da quella cosa, non voleva perdere anche lei come era stato per sua sorella, per sua madre, per suo fratello e per la mamma di Zoe.
Avrebbe risolto la questione in fretta.

Si alzò.

Era tempo che quell’essere capisse chi si stava mettendo contro!

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Capitolo 15
*** il primo giorno di scuola ***


Era passato qualche giorno da quando era stata a casa di Peter: aveva avuto i risultati del test ed era passata; suo zio aveva evitato l’argomento della figura strana liquidando la faccenda con un semplice: ora non è il caso di parlarne.
Era riuscita a rubare un po’ di informazioni dagli apprendisti di quello che era successo a Kamar taj mentre lei non era lì, a quanto pare dei demoni interdimensionali, ma di basso livello, avevano tentato di attaccare il tempio senza successo.

Ora era lì trepidante seduta in cucina mentre mangiava i pancake guarniti con la crema al cioccolato per colazione.

«Come ti senti?» chiese Wong ridacchiando.

«Non vedo l’ora di entrare a scuola! Ann mi ha detto che vuole presentarmi delle sue amiche!» esclamò facendo dondolare le gambe.

«E Peter mi ha detto che probabilmente è riuscito a convincere i prof a fare in modo che sia lui a mostrarmi la scuola!»

«Quindi avete già organizzato tutto!»

«Certo, bisogna portarsi avanti!»

Stephen scese in quel momento dalle scale.

«Hai controllato se hai tutto nello zaino?» le chiese

La nipote sospirò divertita: «Sì, me lo hai già chiesto tre volte.»

«È sempre meglio ricontrollare!»

Tirò fuori qualcosa dalla tasca della tunica si avvicinò a Zoe: era un braccialettino dorato.
«Dammi il polso.»
La giovane glielo porse e Stephen con le mani tremanti le mise la catenella decorata con una targhetta rotonda con inciso qualcosa in aramaico.
«Non toglierlo per nessun motivo» le intimò alzando lo sguardo verso di lei.

«A cosa serve?» chiese incuriosita, anche se già lo immaginava.

«È un amuleto di protezione come la collana, te lo avevano regalato quando eri appena nata, ora sei abbastanza grande per metterlo.» le spiegò.

Se lo ricordava ancora quel giorno, era stata l’Antico a darglielo e gli aveva anche detto: «Finché Zoe non saprà la verità sarà al sicuro da ciò che la insegue.» e Stephen aveva seguito il suo consiglio, era stata forse l’unica volta che aveva obbedito alla maestra, di solito, soprattutto agli inizi, faceva di testa sua, ma quando aveva visto con i suoi occhi la fine di Gaia Greco, aveva capito che era l’unico modo per proteggere quel che un tempo era un fagottino tra le braccia e che ora era una adolescente sveglia e piena di energie.

«Ma non ho già la collana» chiese sospettosa Zoe: c’era qualcosa che le puzzava.

«Si ma ora passerai molto tempo fuori dal Sancta Sanctorum ed è giusto prendere precauzioni.»

«Sì ma io so anche dif-»

«A proposito dammi il tuo sling-ring» aprì la mano «so che ce lo hai in tasca.»

«Ma uffa! Non è giusto tu te lo porti sempre dietro» sbuffò porgendoglielo.

«Niente storie, io sono lo Stregone Supremo, quando lo sarai tu potrai portartelo, ma finchè ci sono io, tu in giro con lo sling-ring non ci vai.»

La nipote gonfiò le guance arrabbiata.

Wong ridacchiò alla scena.

Finita di far colazione la nuova studentessa corse in camera a prendere le cose che le mancavano.

«Zoe, scendi, non vorrai fare tardi!»

«Arrivo!» scese velocemente le scale.

Arrivata nel salone principale si precipitò alla porta.

«Allora io vado!» disse prima di uscire.

Stephen si avvicinò a lei «Mi raccomando stai attenta e per qualsiasi cosa chiamami ok!»

Zoe annuì prima di abbracciarlo e correre poi verso la fermata dell’autobus.

Non fece tante fermate prima di scendere.
Si mise gli auricolari e iniziò ad ascoltare la musica.
«I can stop this feeling» iniziò a cantare «deep inside of me»
Chiuse gli occhi godendosi la musica «Girl, you just don’t realize»
Il semaforo segnò verde.
«What you do to me»
Aprì gli occhi e attraversò la strada.


 
Peter Parker sapeva che non mancava tanto all’inizio delle lezioni, ma non era colpa sua se, nel mentre che andava a prendere la metrò, aveva trovato una banda che stava svaligiando un supermercato, dopotutto gli eroi non vanno mai in vacanza.
In quel momento era lì nelle vesti dell’amichevole Spiderman di quartiere non più dell’impacciato Peter; per fortuna era riuscito a occuparsi di loro in poco tempo.
Ora invece stava attraversando New York saltando da un palazzo a un altro per arrivare a scuola in tempo.
Mentre lanciava una ragnatela notò sotto di sé, tra le persone che attraversavano la strada, Zoe, probabilmente anche lei stava andando all’E.S.U.

Improvvisamente una delle macchine fece un movimento strano, a differenza delle altre che erano ferme ad aspettare che il semaforo diventasse verde iniziò ad accelerare sempre di più, era proprio diretta contro la ragazzina che ignara stava camminando con gli altri pedoni.
Il super eroe lanciò una ragnatela verso uno dei lampioni e si protese verso la ragazza.
 

Zoe era quasi arrivata all’altro marciapiede quando si accorse che qualcosa le stava andando addosso e non aveva alcuna intenzione di fermarsi: una macchina.
Lei e il guidatore si guardarono per un breve istante negli occhi: le iridi di quell’uomo non erano di un colore normale ma di un verde accesso e le sue dita erano nere come sporche di pece.
Il tempo sembrò fermarsi, la musica le sembrò sempre più lontana, tutto intorno iniziò a diventare sfuocato e percepì una brezza gelida arrivarle sulla schiena.
Cosa stava succedendo?

 
Spiderman la prese in tempo portandola in salvo sul marciapiede, la macchina sbandò e andò addosso a uno dei lampioni il quale le cadde addosso distruggendo il tettuccio.
Il giovane eroe si voltò verso la povera giovane: «Tutto bene?»
Zoe indicò tremante il veicolo «È sparito, il guidatore non c’è più…»
Lui si voltò verso la macchina e in effetti aveva ragione, non c’era nessuno alla guida, ma come era possibile lo aveva visto con i suoi occhi!
La ragazza sentì il bisogno di sedersi, era come se le sue gambe non avessero più alcuna forza, sentì le orecchie fischiare.
Intorno a loro iniziò a crearsi un gruppo di gente.
Si sentì soffocata da tutti quegli sguardi curiosi che la osservavano come se fosse una creatura strana, faceva fatica a respirare, possibile che il suo primo giorno di scuola fosse già iniziato così male! E non ci aveva ancora messo piede!








|| Angolo autrice||
Ringrazio tutte le persone che stanno leggendo questa storia! 
Volevo solo spiegare una cosa: sto notando che questa storia sta andando abbastanza lenta, ma in realtà il motivo principale è che c'è tanta carne sul fuoco, quindi non preoccupatevi l'azione arriverà, se no non sarebbe una storia sui super eroi, ma tengo tantissimo a mostrare anche le prime esperienze di Zoe da normale adolescente e in generale la sua crescita come persona, dato che comunque l'adolescenza è un punto importante della vita di ognuno, soprattutto in rapporto con la famiglia, in questo caso specifico con Stephen e Noemi Greco e con gli amici.
Detto ciò vi saluto e ci vediamo al prossimo capitolo

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Capitolo 16
*** le amiche di Ann ***


Si trovò seduta sul marciapiede, probabilmente l’eroe l’aveva aiutata.

«Spostatevi sono un medico» disse una donna dagli occhi castani e capelli rossicci legati in una coda di cavallo.

Le persone la fecero passare.

«Allontanatevi ha bisogno di respirare» continuò.

«Avete sentito la signora» la aiutò Spiderman cercando di far spostare la gente.

«Ciao sono Christine Palmer» disse la dottoressa inginocchiandosi verso la giovane «Ora facciamo un esercizio insieme per respirare, ok?
Allora inspira gonfiando anche la pancia, ok brava così ed espira ritirandola dentro» iniziò a guidarla.
Quello era uno degli esercizi che le faceva fare suo zio quando era parecchio agitata e non riusciva a tranquillizzarsi.
Lo fecero un po’ di volte finché Christine non le chiese: «va un po’ meglio adesso?»

«Sì, però mi gira ancora un po’ la testa e sento fischiare le orecchie» spiegò la giovane.

La donna si rivolse a una delle ragazzine che erano ancora lì vicino.
«Qualcuno di voi potrebbe andare a prendermi un po’ di acqua e delle bustine di zucchero per favore?»

Le due studentesse si guardarono con uno sguardo complice e una di loro disse: «Oh nessun problema dovrei avere un po’ di bustine nello zaino»

«E io ho la mia borraccia se vuole!» aggiunse l’altra porgendogliela.

La donna sembrò stranita, ma accettò di buon grado: perché qualcuno dovrebbe andare in giro con dello zucchero?
«Avete anche un bicchiere?»

«Se apre la borraccia il coperchio può essere usato come bicchiere» spiegò una delle due.

Christine versò un po’ di acqua nel coperchio e ci aggiunse dello zucchero, poi lo porse a Zoe.
«Tieni, ti farà sentire meglio»
Zoe bevve pian piano e dopo il secondo bicchiere iniziò a sentirsi meglio.

L’infermiera rimase ad osservarla e iniziò a notare delle somiglianze con qualcuno di sua conoscenza: gli occhi azzurri e i capelli castano scuro tendente al nero, la forma del viso leggermente allungata, sembrava la versione giovane e spensierata di «…Stephen…» sussurrò senza accorgersene.

«Conosce mio zio?» chiese improvvisamente Zoe sentendo nominare il nome dello stregone.

«Tuo zio?»

Allora era veramente imparentata con l’ex neurochirurgo! Aveva visto bene, eppure le pareva strano quei due a livello fisico erano molto simili tanto che in un primo momento aveva pensato fosse la figlia, però in effetti Stephen non aveva avuto altre relazioni oltre alla loro che lei sapesse.

«Sì Stephen Strange! Era un neurochirurgo una volta, magari lo conosce perché lavoravate nello stesso ospedale.»

Christine si riprese dalla sua nube di pensieri: «Oh sì, abbiamo fatto pure l’università insieme.»

«Wow, allora devi essere sua amica da tanto tempo!»

«Ma non mi ha mai detto che aveva una nipote.»

«Forse perché io era appena nata quando ha smesso la carriera da dottore» ipotizzò pensierosa.

 A pensarci bene lei e Strange non si erano più visti una volta che lui era diventato uno stregone, però c’era qualcosa che le puzzava: Stephen era il tipo di persona che stava molto sulle sue e tendava a chiudersi in sé stesso, ma si ricordava che si era aperto con lei riguardo i suoi fratelli più piccoli: Donna era morta a soli sette anni invece l’altro fratello Victor… ma Victor non era… perché non si ricordava nulla, forse non era importante... perché si era messa a pensare ai fratelli di Stephen?

«Comunque io mi chiamo Zoe!» si presentò all’improvviso la ragazza «Grazie mille ancora per l’aiuto! Ora mi sento molto meglio» si alzò.

«Nessun problema, ti capita spesso di avere di sentirti così?»

«No, assolutamente di solito sto bene, è la prima volta» mentì: mica poteva dirle che le capitava ogni volta che sentiva quella presenza strana!

«Capisco, potrebbe essere stato lo shock, comunque conviene farsi vedere da un dottore per stare più tranquilli.» spiegò Christine.

La ragazzina annuì per poi spostare lo sguardo verso la macchina: notò solo in quel momento che era arrivata la polizia e che Spiderman stava parlando con loro, probabilmente stava spiegando l’accaduto.

Uno dei poliziotti aprì la portiera dell’automobile e l’unica cosa che uscì fu una polverina sottile che si mischiò con l’atmosfera, in quel momento Zoe capì; i puntini iniziavano a collegarsi e il tutto iniziava a prendere una piega piuttosto inquietante: quel senzatetto agitato che stava cercando di dirle qualcosa aveva probabilmente anche lui fatto la stessa fine dell'automobilista; le due polveri combaciavano e quella cosa che si presentava ogni volta e che le provocava dei giramenti di testa era collegata a tutto questo, ora bastava scoprire in che modo, ma soprattutto perché ce l’aveva tanto con lei!

Si voltò verso Spiderman, lui doveva sapere qualcosa, probabilmente quando lo aveva visto a quell’incontro nel Sancta Sanctorum parlavano di quello e forse era l’unico da cui avrebbe avuto qualche informazione in più, dato che da suo zio non avrebbe cavato nulla di utile.
Doveva parlargli, ma non ora, ora c’era troppa gente.
 

Peter si grattò la nuca imbarazzato quando i poliziotti gli fecero i complimenti: «Ehm nessun problema, gli eroi servono a questo no?
Beh il mio lavoro è finito qui, devo proprio andare, il dovere mi chiama, allora arrivederci!» si congedò lanciando una ragnatela.

«Non trovate strano che si stia proprio dirigendo verso la nostra scuola» sussurrò una giovane dietro alle due ragazze che prima avevano aiutato Christine.

Zoe si voltò verso di loro ora poteva osservarle meglio: erano tre giovani probabilmente della sua età.

Le due davanti erano afroamericane: una aveva i capelli neri ricci sciolti e portava un semplice cerchietto blu, indossava una gonna dello stesso colore e una semplice camicetta bianca con due taschine sul petto; l’atra ragazza invece aveva i capelli castano scuro chiusi in una coda a cavallo, portava dei pantaloni di jeans, una maglietta bianca con dei disegni stampati e alla vita una felpa verde.

La loro amica dietro invece era di origine latina: aveva i capelli castani che le arrivavano fino alle spalle, indossava una maglietta verde militare con sopra disegnato un piccolo dinosauro in pixel art e con sotto la scritta “you are offline. Try: interacting with other humans”, dei jeans neri strappati sulle ginocchia e delle Allstar nere ai piedi.
Tutte tre avevano uno zaino, quindi probabilmente, come lei, stavano andando a scuola.

La ragazza dietro si approcciò a Zoe: «Tu sei l’amica di Shannon giusto?»

«Come-»

«Perché anche noi siamo sue amiche, io sono Victoria Torres, chiamami pure Vic, loro sono Abigail, per gli amici Gail– indicò la ragazza con il cerchietto- e Annah,- indicò l’altra sorella – le gemelle Mwangi»

«Oh wow! Io sono Zoe Strange! Sono contenta di conoscervi!»
Le tre sorrisero.

«Anche noi! Mi dispiace che il tuo primo giorno di scuola sia iniziato in modo così turbulento» disse Gail

«Come stai ora?» chiese la sorella

«Sono ancora un po’ frastornata, ma sto bene non preoccuparti, piuttosto forse è il caso che ci muoviamo, mi sa che lezioni stanno per iniziare!»

Zoe aveva ragione mancava pochissimo al suono della campanella e quindi era il caso di muoversi, non potevano arrivare in ritardo già il primo giorno di scuola!



|| Angolo autrice||
Spero la storia vi stia piacendo, più si va vanti più si creano altri misteri!
Ho deciso di mettere un nuovo capitolo adesso perchè la prossima settimana non ci sono e non volevo lasciarvi senza.
Ringrazio tutte le persone che hanno messo la storia nei preferiti e chi sta continuando a leggerla!
Detto ciò ci vediamo al prossimo capitolo!

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Capitolo 17
*** Finalmente a scuola! ***


Arrivato dietro la scuola si tolse la maschera, prese il cellulare e digitò il numero del suo migliore amico.

«Oh amico dove ti eri cacciato! I professori stanno iniziando a spazientirsi l’unica cosa buona è che anche la tua amica non è ancora arrivata.»
«Ci sono, ci sono, hai il mio zaino con te?»
«Sì ce l’ho!»
«Allora vediamoci nel bagno quello vicino all’aula di scienze!» disse per poi chiudere la chiamata.

Riuscì ad entrare da una delle finestre del bagno senza essere beccato e poi si chiuse dentro a una delle porte.

Non ci volle molto prima che anche Ned arrivasse: «Peter sei qui?» sussurrò
«Sì, sono nel secondo bagno a destra, lanciami i vestiti!»
«Subito!» disse l’altro aprendo lo zaino e buttando gli indumenti dall’altra parte della porta.

Poco dopo il ragazzo uscì con i suoi vestiti normali.

«Allora come sto?»
«Bene!»
«Menomale non voglio che la professoressa si lamenti, mi ha fatto una testa tanto su come bisogna dare una buona impressione ai nuovi arrivati!» sospirò tirandosi i capelli indietro.

Uscirono dalla porta.

«Allora sei riuscito a sventare la rapina?»
Peter annuì: «Sì, ma il ritardo è stato per colpa di un guidatore impazzito che ha cercato di investire la nuova arrivata»
«Cosa!»
«Shhh abbassa la voce Ned»
«Oh scusa! Non deve essere stato un bel inizio come primo giorno di scuola»
«Già…»

Raggiunsero finalmente i professori.
«Peter Parker sei un bravo studente, ma bisogna rispettare gli orari! Per tua fortuna la ragazza non è ancora arrivata, magari è una ritardataria come te» lo rimproverò la professoressa di inglese: era una donna molto esigente con i suoi studenti, ma in realtà sapeva essere anche molto gentile ed era sempre pronta a dare una mano a chi faceva più fatica.

«Mi scusi, non succederà più.»

Vennero interrotti da quattro studentesse che correvano nella loro direzione.

«Mi dispiace molto per il ritardo, c’è stato un incidente e la polizia ci ha fermato per farci delle domande» disse Victoria mentre apriva lo zaino
«Però abbiamo la giustifica!» mostrò un foglio.
La donna lo prese e lo esaminò «Capisco… Bene allora filate in classe e mostratelo al vostro professore prima che cambi idea»
Vic annuì e si voltò verso Zoe: «Noi andiamo, ci si vede dopo, se riusciamo ti teniamo il posto»
Lei annuì per poi rimanere da sola davanti alla professoressa e ai due ragazzi.
«Leeds, tu cosa ci fai ancora qui?» disse la donna rivolta a Ned
«Ehm sì mi scusi, vado anche io- poi si rivolse al suo amico – Peter ci vediamo direttamente in classe!»
«Bene, piacere io sono Nora Johnson la vice direttrice e professoressa di inglese, immagino che la giustificazione valga anche per te, Zoe Strange?»
«Oh sì, vale anche per me, purtroppo sono stata io la vittima dell’incidente, stavano per investirmi, ma non si preoccupi sto bene, i poliziotti mi hanno trattenuto per farmi qualche domanda- aprì il suo zaino e tirò fuori un foglio – ecco a lei» glielo porse.

La Johnson rimase esterrefatta, come poteva dire una cosa del genere in modo così naturale, prese il foglio e iniziò a leggerlo e in effetti c’era il timbro della polizia con scritto il motivo del ritardo.

«Spero di non avervi fatto perdere troppo tempo con il mio ritardo» continuò aspettando che le fosse data una risposta.
Peter avrebbe voluto scoppiare a ridere: non era mai successo che qualcuno fosse riuscito a far azzittire così velocemente la Johnson, Zoe lo sorprendeva ogni giorno di più.

«Sì, possiamo pure iniziare, seguitemi» disse rivolta si due studenti.

Dopo una lunga spiegazione sulle regole della scuola e questioni burocratiche la donna lasciò a Peter il compito di far fare il giro della scuola alla nuova studentessa.

Appena se ne fu andata il giovane si girò verso Zoe: «Mi dispiace per l’incidente!»
«Oh non preoccuparti, Spiderman mi ha salvato prima che la macchina potesse anche solo sfiorarmi!»
«Wow! Spiderman!»
«Sì, è stato fighissimo, lui è il mio eroe preferito!» sorrise.
Il ragazzo si mise una mano dietro la testa imbarazzato: «Veramente?»
«Beh sì certo, mi piace il suo modo di fare e poi mi sembra una brava persona sempre pronto ad aiutare il prossimo, non importa di cosa si tratti!»
«Cosa intendi?»
«Beh hai presente gli Avengers no? Loro vengono fuori solo quando c’è un super cattivo che vuole distruggere la terra o conquistarla, invece Spiderman aiuta tutti anche se si tratta di una semplice rapina lui è lì ad aiutare la polizia e a dar speranza a chi è in difficoltà. La trovo una cosa che gli fa molto onore!»

Il giovane rimase lusingato da quelle parole, era la prima volta che le sentiva, certo anche il suo amico Ned lo supportava sempre, ma guardava l’esperienza da eroe in modo diverso rispetto alla ragazza: era più una cosa figa che non sarebbe mai potuta capitare a uno della sua età, mentre Zoe la vedeva da un punto di vista più maturo, forse perché aveva già un eroe in famiglia.

«Sono convinto che se glielo dicessi lo renderesti molto felice!»
«Cosa! No, non avrei mai il coraggio di dirgli una cosa del genere!» disse imbarazzata, poi ci ragionò sulle parole di Peter «Aspetta, tu, lo conosci?» lo guardò negli occhi con un’espressione seria.
Fu preso in contropiede: «Ehm… Sì diciamo di sì, mi è capitato di parlarci»
Gli prese le spalle: «Ascolta, Peter, allora ho bisogno di un super favore, se ti capiterà di incontrarlo, puoi dirgli che Zoe Strange, la ragazza che ha salvato dall’incidente, deve parlargli!
È importante e credo sia l’unico che mi può aiutare.»
«In che senso?»

Forse anche lei aveva notato qualcosa di strano in quell’incidente, era curioso di sapere cosa aveva da dirgli e poi aveva detto lei stessa che aveva bisogno di Spiderman.
«Non posso spiegartelo per adesso, voglio prima parlarne con lui per esserne sicura.»
«Va bene allora proverò a parlargli.»
«Grazie mille, Peter!»

I due poi continuarono il giro della scuola.

Alla fine della seconda ora avevano finito la presentazione e poterono andare nelle loro rispettive classi.

Una volta entrata in aula la giovane dovette presentarsi ai suoi nuovi compagni.

«Prima di iniziare la lezione diamo il benvenuto alla vostra nuova compagna di classe» disse il professore di scienze.
La diretta interessata si mise davanti alla lavagna.
«Ciao a tutti sono Zoe Strange, sono contenta di aver l’opportunità di venire in questa scuola, è la mia prima esperienza in una scuola, non vedo l’ora di conoscere tutti voi e di fare amicizia.» si presentò.

I compagni sembrarono contenti di averla in classe con loro e finalmente Zoe si poté sedere vicino ad Ann.
Il resto della mattinata andò liscio, la nipote dello stregone fu contenta di partecipare alle sue prime lezioni e prendere appunti.
Era bello andare a scuola, vivere una vita da adolescente normale.







||Spazio dell’autrice||
Salve, quanto tempo!
Sono finalmente tornata, questi mesi sono stati pieni di impegni, soprattutto questo e ad Agosto non ho avuto wi-fi per un mese quindi non ho potuto aggiornare.
I prossimi mesi saranno comunque impegnati e non so se riuscirò ad essere attiva come prima, sto partecipando a più progetti quindi spero di aver tempo anche per scrivere.
Spero qualcuno sia ancora rimast* a leggere la mia storia perchè ci tengo tanto; tra i vari progetti ho iniziato anche una ff di Death Note per chi fosse interessat*!
Detto ciò vi saluto e ci si vede al prossimo aggiornamento, giuro che sta volta non ci metterò due mesi!

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Capitolo 18
*** La mensa ***


Era arrivata l’ora di pranzo, la campanella suonò e gli studenti iniziarono a muoversi velocemente verso l’uscita.

«Vieni Zoe, da questa parte» disse Annah.

La ragazzina si alzò e iniziò a seguire la massa di persone che usciva.

«Dove stiamo andando?»

«In mensa, potrai finalmente degustare i piatti della nostra scuola e fidati rimpiangerai quelli di casa» spiegò con fare teatrale Vic.

«Non sono buoni?»

«No per nulla» rispose Shannon

«Beh il budino è buono» affermò Annah.

«Sì, ma lo fanno ogni morte di Papa» ripose Vic.

«Però oggi è il primo giorno di scuola, magari ci hanno preparato qualcosa di vagamente mangiabile; tendenzialmente fanno così: i primi giorni di scuola preparano cose decenti facendoti credere che la cucina sia migliorata, poi già dalla seconda settimana torna tutto di sempre.» concluse Ann.

Arrivarono finalmente alla mensa.

«Allora facciamo come al solito?» domandò Victoria

«Sì, tu e le gemelle iniziate a mettervi in fila, io e Zoe andiamo ad occupare i posti» ripose Ann «Vieni, seguimi» disse all’amica andando verso i tavoli.

Si sedettero.

«Abigail mi ha detto che cosa è successo mentre stavi andando a scuola, mi dispiace tanto, come stai ora?»

«Sto bene, non preoccuparti Ann, non mi sono fatta niente, solo un po’ spaventata e poi mi ha salvato Spiderman! È stato fighissimo, vorrei anche io poter lanciare ragnatele!»

Ann si mise a ridere.

Le due iniziarono a parlare del più e del meno finché a loro non si avvicinarono due ragazzi.

«Ciao Zoe»

«Ciao Peter!» gli sorrise

«Possiamo sederci qui con voi?»

«Sì certo, nessun problema»

«Grazie mille!» rispose l’altro ragazzo sedendosi e appoggiando il vassoio appena preso «Comunque piacere io sono Ned! Tu invece devi essere Zoe giusto?»

La ragazza annuì.

«Ci mettiamo qui perché Flash e il suo gruppetto si sono messi al nostro solito posto» spiegò l’hawaiano «e Peter voleva vedere come te la stavi cavando!»

«Chi è Flash?» chiese confusa

«Un moccioso viziato a cui piace mettere in mostra la ricchezza di suo padre per riempire il vuoto di solitudine che sente dentro» rispose tranquillamente Shannon
.
Peter per poco non si strozzò con l’acqua, non si aspettava da una ragazza tranquilla come Shannon Miller una riposta tagliente come quella.

Ned invece scoppiò ridere: «Tu sì che sei forte Miller!»

«Ci sei andata giù pesante, Ann- ridacchiò Victoria che era appena tornata con il vassoio- Parker come mai qui?» lo osservò attentamente.

«Rilassati, Torres, siamo venuti in pace.» disse l’amico di Spiderman.

Zoe sembrò molto confusa: «Perché, cosa è successo?»

«semplicemente Vic ha partecipato al concorso per fare lo stage con la Stark industries, ma hanno preso Peter dicendole che lei era ancora troppo piccola.» spiegò Abigail sedendosi di fianco a Shannon.

«Ma quest’anno sono sicura che daranno a me lo stage! - disse convinta l’altra ragazza- ti batterò Parker!»

«Lo vedremo!» rispose il ragazzo hawaiano, Peter invece sembrava abbastanza a disagio: la verità era che si sentiva in colpa, perché sapeva benissimo che era tutta una copertura, non c’era alcuno stage, era solo un modo per nascondere la sua identità da super eroe.

«E non potete farlo entrambi?» chiese la nipote dello stregone.

«Dipende dai posti, l’anno scorso ce ne era solo uno, non so quest’anno» spiegò Gail.

Ann prese il braccio di Zoe: «Mentre voi discutete su chi sia il migliore tra voi due – disse riferendosi a Vic e Peter- noi andiamo a prendere da mangiare che ora c’è poca fila.»

Zoe seguì l’amica che, appena si furono allontanate dal gruppo, le sussurrò: «Avrei voluto avere un po’ più di tempo da sole, volevo dirti che la mappa è cambiata…»

La Strange non capì inizialmente a cosa si riferiva, ma poi le venne in mente il libro che le avevav mostrato il giorno dell’esame: «COSA!? Ma come è possibile!»

Quel libro era strano, ma non pensava quel tipo di strano che poteva trovarsi anche al Sancta Sanctorum, la cosa migliore sarebbe stato portarlo da suo zio… ma anche lei conosceva le arti mistiche e poi era un segreto tra amiche, poteva cavarsela, dopotutto era solo un libro, cosa sarebbe potuto andare storto?

«È stata la mia stessa reazione- disse a bassa voce- ho sempre detto che mio nonno nascondeva qualcosa»

«Dici che possa averlo rubato?» chiese Zoe: magari anche il nonno di Ann era stato a Kamar Taj e durante quel periodo aveva rubato un libro dalla biblioteca.

Shannon sembrò rifletterci un attimo prima di rispondere: «Dici? Non penso mio nonno sia quel tipo di persona.»

«Non voglio accusarlo di nulla, Ann.
Magari l’ha comprato da qualcuno che l’ha rubato, neanche a me sembra un ladro.»

«Beh in effetti lui è un collezionista di antiquariato, quindi potrebbe essere…
Ma non è questo il punto, il punto è che avevamo ragione, quella mappa non era antica, quindi se capiamo a cosa si riferisce capiamo anche quale tesoro potrebbe nascondere.»

La nipote di Stephen annuì: Ann aveva ragione, dovevano capire che posto fosse quello della mappa per capire che cosa nascondeva e se fosse stato pericoloso lo avrebbe detto allo stregone.

«Ti ricordi il nome del manoscritto?»

Shannon ci pensò un attimo: «Sì era: Diarium Viatoris»

Perfetto ora che conosceva il nome poteva andare negli archivi della biblioteca e vedere se Kamar taj lo avesse mai custodito e magari capire qualcosa di più su che libro fosse e se soprattutto fosse pericoloso.

«Ah un’altra cosa.» disse Ann prima che fossero davanti al banco per prendere il pranzo «È da quando siamo entrati che ho notato che un tizio fuori ti fissa… ha un’aura parecchio inquietante.»

Zoe si girò verso la finestra e notò proprio in quel momento quello che le aveva detto la sua amica: un uomo davanti al cancello della scuola che guardava nella loro direzione, come se fosse imbambolato e la cosa più strana erano le iridi di un verde fosforescente e le mani con le dita nero pece.

I loro sguardi si incrociarono e l’uomo fece un sorriso inquietante poggiando le mani sulle sbarre del cancello.

La giovane spostò immediatamente lo sguardo: che diamine stava succedendo!

Ann la guardò preoccupata: non era stupida sapeva che stava accadendo qualcosa.

«Zoe, se ne vuoi parlare, sappi che io sono qui.» le disse semplicemente.

Presero il pranzo e tornarono al tavolo, la giovane apprendista lanciò un ultimo sguardo alla finestra: l’uomo era sparito.

«Eccovi finalmente! Come mai ci avete messo così tanto» disse Ned

«Ho spiegato a Zoe come funziona la mensa» spiegò tranquillamente Ann mentre apriva il sacchettino con dentro le posate.

«Nella scuola di prima non avevano una mensa?» chiese ingenuamente il ragazzo che prese una gomitata da Peter che lo guardò male.

«Ahia, che c’è!?» sussurrò confuso all’amico.

«Oh no, non sono mai stata in una scuola prima, studiavo da casa» rispose semplicemente Zoe copiando quello che stava facendo Shannon.

«Ah, capito e come mai ora hai cambiato idea?»

«Beh, diciamo che mio zio si è convinto a farmi venire qui» rispose semplicemente iniziando a mangiare le patate che erano sul piatto.

«Vedrai ti troverai bene e nel caso puoi chiedere a noi, siamo dei veterani della scuola» disse fiero.

Il loro discorso venne interrotto da una giovane appena arrivata.

«Parker, posso sedermi qui con voi?» chiese con tono monotono.

Peter la guardò e arrossì, iniziò a balbettare «S-s-s-sì c-c-certo, nessun pr-problema, c’è se vuoi, non v-»

Ned sospirò: «siediti pure, se per gli altri non è un problema» fece uno sguardo di sfida a Vic che si limitò ad annuire: anche lei come Peter era completamente rossa.

Zoe guardò la situazione confusa e sussurrò ad Ann che stava mangiando come se niente fosse: «Cosa sta succedendo? Perché si comportano così?»

L’amica le rispose: «te lo spiego dopo.»

La ragazza appena arrivata li squadrò tutti e poi soffermò la sua attenzione su Zoe: «Non sei di queste parti.»

«Oh io sono appena arrivata, mi chiamo Zoe Strange, piacere» le porse la mano.

L’altra ragazza strinse la mano: «Piacere io sono MJ, sono una compagna di classe di Parker e Leeds»

Si sedette e iniziò a mangiare.

«Come mai hai deciso di mangiare con noi?» chiese Ned

«Hanno rubato il solito posto dove mangio io» ripose

«Anche a noi» spiegò l’hawaiano guardando male il tavolo in cui era seduto Flash.

«Perché rubano i vostri tavoli?» domandò improvvisamente Zoe confusa

«Beh tecnicamente non sono nostri, sono i posti dove ci sediamo di solito… probabilmente lo fanno per darci fastidio.»

«E perché lo fanno?»

«Perché non corre buon sangue tra noi e loro e Flash è un idiota.»

Zoe fece un: oh con la bocca.

«Stavi parlando di me Steel» disse improvvisamente una voce maschile, Zoe si girò e vide un ragazzo dai capelli neri ricci tirati all’indietro e vestito con abiti di marca.

«Gira alla larga, Thompson» ripose Victoria che sembrava essersi ripresa.

«Che scortese Torres e pensare che volevo invitarvi tutti alla mia festa per l’inizio della scuola.»

«Per cosa? Vantarti di quanto tuo padre sia ricco?»

Per poco Ned non si strozzò con l’acqua che stava bevendo.

«Perché, ti brucia?»

Vic alzò un sopracciglio: «Assolutamente no.»

Il giovane spostò l’attenzione su Zoe: «Tu devi essere la nuova arrivata che hanno assegnato a Parker»

Lei annuì: «Sì, mi chiamo Zoe Strange, piacere» gli porse la mano.

Flash sembrò stupito da quel gesto, ma subito sorrise sicuro di sé: «Piacere mio, io sono Eugenie Thomposon, per gli amici Flash» fece un occhiolino, poi guardò le persone al tavolo: «Visto che la vostra amica è stata gentile e io mi sento buono siete tutti invitati alla mia festa e- si rivolse di nuovo alla ragazza non lasciandole la mano- se hai bisogno di aiuto non farti problemi a chiedere» sorrise porgendole gli inviti e un fogliettino con scritto un numero di telefono, infine tornò al suo tavolo con fare spavaldo.

Zoe diede gli inviti agli altri del tavolo e poi guardò il foglietto ancora più confusa: «Che me ne faccio?»

Ann sospirò: «È il suo numero di telefono.»

«Beh, ma non penso di aver bisogno del suo aiuto c’è già Peter che mi sta dando una mano» spostò l’attenzione sul diretto interessato.

«Credo che fosse un modo per provarci con te, Zoe» spiegò Annah

«Perché? Non ci conosciamo nemmeno.»

«Beh non devi per forza conoscere qualcuno per provarci.» continuò una delle gemelle, mentre finiva il suo budino.

La nipote dello stregone sembrò ancora più confusa.

«Magari ti ha trovato carina e ha voluto provarci» disse Gail

«Oppure semplicemente ci ha provato perché è nuova, ci prova con chiunque, non darci troppo peso e lascialo perdere.» disse Vic.

Zoe annuì non sicura di aver capito la situazione, ma non potè fare altre domande perchè di lì a poco suonò la campanella e tutti insieme tornarono nelle rispettive classi.

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Capitolo 19
*** Dobbiamo parlare! ***


Erano finite le lezioni, Zoe dopo aver salutato le sue amiche all’ingresso della stazione metropolitana scese le scale e aspettò l’arrivo della metrò.

Si guardò intorno per essere sicura non ci fosse nessun soggetto strano che la fissava: non c’era nessuno di sospetto.

Fece un sospiro di sollievo e poi entrò nel mezzo con gli altri passeggeri.

Una volta arrivata a casa, la prima cosa che fece fu aprire lentamente la porta e guardarsi intorno se ci fosse suo zio, per fortuna non era ancora arrivato.

Corse in camera e prese lo sling-ring e con un semplice movimento di mani si cambiò nel suo vestito da apprendista, corse verso il portale per Kamar-taj per poi entrarci.

Si guardò intorno guardinga e poi, non vedendo né Wong né Strange, si diresse di soppiatto verso la biblioteca.

Arrivò davanti al bancone e fece un colpo di tosse, il giovane bibliotecario si girò e le sorrise: «Zoe, quanto tempo che non ci si vede, dimmi pure di che hai bisogno»

La giovane ricambiò il sorriso e rispose: «Hai per caso una lista di tutti i libri in latino che sono stati a Kamar-taj?»

«Sì certo, ma perché ti serve?»

«Mio zio, cioè volevo dire lo Stregone Supremo, mi ha detto che deve controllare se un libro facesse già parte della biblioteca di Kamr-taj o se fosse già parte dei libri del Sancta Sanctorum» spiegò la giovane.

Il bibliotecario sembrò abboccare e le diede un registro: «Tieni, questo è della sezione dei libri in latino e dovrebbe contenerli tutti, basta che metti una mano sul libro e pensi al titolo e lui dovrebbe mostrartelo o ,se non c’è, quelli con un titolo simile» spiegò.

«Grazie mille Naran!»

«Figurati, per qualsiasi cosa, sai dove trovarmi» le ripose per poi salutarla quando la vide uscire dalla biblioteca.

Zoe aprì un portale e tornò in camera sua dove nascose il libro in uno degli armadi.

Con un movimento delle mani torno con i suoi abiti civili, si tolse lo sling-ring e si sedette per terra iniziando a tirare fuori i libri che aveva usato durante l’orario di lezione.

Poco dopo sentì qualcuno bussare alla porta, alzò lo sguardo e vide Stephen sulla soglia che la osservava con un leggero sorriso sulle labbra.

«Posso entrare?»

La nipote annuì.

«Allora come è andato il primo giorno di scuola, ti sei trovata bene?» chiese

Lei gli fece segno di sedersi al suo fianco sul tappeto.

Le si sedette accanto.

«È andato bene! Ho conosciuto le amiche di Ann, sono simpaticissime, mi hanno invitato a pranzare con loro e anche l’amico di Peter, si chiama Ned! Anche lui è molto divertente e mi ha detto che se ho bisogno di non farmi problemi a parlarne con loro, poi ho conosciuto MJ, una loro compagna di classe, sembra una tipa a posto, ha voluto mangiare con noi perché le hanno rubato il suo solito posto a quanto pare a scuola-»

Stephen si appoggiò con la schiena al letto e la lasciò parlare, era rilassante sentirla parlare e vederla felice, a volte intervenne pure con dei commenti. Era bello osservarla crescere, anche se un po’ gli sarebbe mancato il periodo quando era ancora piccolina e aveva bisogno di lui, non che adesso non ne avesse, ma era diverso, ora stava crescendo.

La sua bambina era diventata una ragazza in un batter d’occhio e presto sarebbe diventata una donna capace, ne era convinto.

«E poi è successa una cosa che non ho capito, in pratica è arrivato un compagno di classe di Peter, ci ha invitato alla sua festa e poi mi ha dato il suo numero-»

Aspetta aspetta, frena cosa! Erano già arrivati a quel punto, si voleva rimangiare tutto: molto meglio se fosse rimasta bambina.

«Ann mi ha detto che lo ha fatto per provarci con me, ma che significa? Perché ci voleva provare con me, non ci conosciamo neanche. Non capisco» disse confusa.

«Chi è sto compagno di classe?»

«Mi sembra si chiami Flash Thompson.
Ma non è quello il punto, non capisco perché ci voglia provare con me.»

Fece mentalmente un sospiro di sollievo, Zoe non sembrava per nulla interessata a questo ragazzo, non era ancora arrivato quel momento in cui avrebbe dovuto spiegarle alcune cose importanti sulle relazioni.

«Beh probabilmente perché è interessato a te.»

«Ma non ci conosciamo nemmeno, come può esserlo.»

«Beh ma non per forza devi conoscere una persona per essere interessato.»

Zoe non sembrò convinta.

«Ci sono alcune persone che si interessano agli altri senza per forza conoscerli prima» tentò di spiegarlo meglio.

«Quindi… non sono strana io, perché a me non è mai successo»

Stephen la guardò: quindi era questo il problema
.
«Hey, guardami» le prese con delicatezza il viso tra le mani «tu non sei strana, ok?
Ognuno vive le esperienze in modo diverso e non significa che perché tu non le sperimenti come gli altri allora sei strana.»

«È che agli altri sembrava così ovvio e quindi non riuscivo a capire perché per me non fosse così.» abbassò lo sguardo.

«Ti ha messo a disagio questo suo comportamento?»

La ragazza annuì.

«Allora la prossima volta diglielo, non c’è niente di male a dirlo, Zoe, anzi è giusto che se una cosa non ti fa sentire bene, tu lo dica e poi se ti risponde male, non ti preoccupare ci penso io e vedrai che non ti darà più fastidio.»

La nipote ridacchio: «Va bene, farò così.
Ah zio devo dirti un’altra cosa…»

«Sì, dimmi pure.»

«Mentre stavo andando a scuola, hanno tentato di investirmi» sussurrò.

Lo sguardo di Strange cambiò improvvisamente si fece molto preoccupato: «Cosa!?»

«Però non mi sono fatta niente, Spiderman mi ha salvato in tempo!» si affrettò ad aggiungere la ragazza.

«E ho notato una cosa strana, il guidatore non era in sé era come se fosse controllato: aveva le dita macchiate come da una pece nera, i suoi occhi erano verdi fosforescenti e una volta che si è schiantato contro un lampione è diventato polvere.»

Lo stregone si incupì: era un chiaro messaggio per dirgli che nessuna magia avrebbe impedito a quell’essere di tentare alla vita di sua nipote, se Stephen usava un amuleto per difenderla dagli incantesimi, nessun problema, quella cosa avrebbe provato a farle del male in altri modi.

Era anche un modo per dirgli che Zoe non sarebbe mai stata al sicuro.

La ragazza lo guardò dritto negli occhi con un’espressione seria: «So che quella cosa è la stessa che ha provato ad attaccarmi a casa di Peter e quella notte. Voglio sapere di cosa si tratta.»

«No, non è il momento.»

«Ha tentato di investirmi! Come fa a non essere il momento!» alzò la voce arrabbiata

«Non sei ancora pronta per questo, Zoe»

«Lo sarò mai? Per te non sono mai pronta a fare nulla!»

«Abbassa i toni signorinella, non parlare in questo modo a tuo zio.»

Zoe e sbuffò e poi disse con frustrazione: «Dimmi cosa sta succedendo, ti prego!»

«Assolutamente no, non adesso, è troppo presto.» continuò imperterrito lo stregone

«Perché non adesso! Ho quindici anni sono abbastanza grande per sapere queste cose.»

«No, non lo sei.
Sei ancora una ragazzina.»

Vide negli occhi della nipote quanto quella frase l’aveva ferita: aveva gli occhi lucidi e lui sapeva benissimo quanto si stava trattenendo dal non piangere.

«Quindi cosa vuoi fare, aspettare che tenti di nuovo di farmi del male per dirmelo o quando sarà troppo tardi!» gli ripose tagliente

«Pensi che a me questa situazione piaccia!
Sto facendo il possibile per proteggerti e questo sarebbe il ringraziamento?!»

«Magari, se mi dicessi di cosa si tratta, potrei essere pronta e aiutarti.»

«Toglitelo dalla testa, sei solo una ragazzina, non posso permettere che tu faccia una cosa del genere»

«Allora perché sto imparando le arti magiche, per sport!? Prima o poi dovrò usarle.»

«Preferirei che tu non le usassi mai, Zoe»

«Perché?!»

«Perché è pericoloso!»

«Tu lo fai!
Perché non posso farlo anche io, Spiderman ha solo un anno in più di me e-»

«Ah ah ah non ci provare, Spiderman non vive qui, finché vivrai sotto questo tetto starai alle mie regole, sono stato chiaro!»
Stephen sospirò: «Per favore Zoe cerca di capire, lo sto facendo per proteggerti, è per il tuo bene.»

La nipote girò la testa di lato in silenzio cercando di non piangere.

«Ti prometto che risolverò la situazione e che tu non dovrai preoccuparti di nulla, ok?»

La giovane tirò su il naso e si limitò ad annuire.

«Mi dispiace aver alzato la voce- continuò Strange- possiamo fare pace adesso?» aprì le braccia, Zoe ci si fiondò dentro e iniziò a singhiozzare, lui le accarezzò dolcemente i capelli.

«Ti voglio tanto bene.» le disse stringendola a sé poggiando il mento sulla sua testa.

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