Le Lacrime di Mezzanotte

di Milly_Sunshine
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Incontro nella notte ***
Capitolo 2: *** Tua per sempre ***
Capitolo 3: *** Una terribile proposta ***
Capitolo 4: *** Rick e Diane ***
Capitolo 5: *** Il ritorno di Dominick ***
Capitolo 6: *** Carnevale ***
Capitolo 7: *** Dipendenza ***
Capitolo 8: *** L'aggressione nel parcheggio ***
Capitolo 9: *** Sotto una cappa di vetro ***
Capitolo 10: *** La visita di Diane ***
Capitolo 11: *** Buco nell'acqua ***
Capitolo 12: *** Derek ***
Capitolo 13: *** Mezzanotte ***
Capitolo 14: *** Rivelazioni e confusione ***
Capitolo 15: *** Punto di non ritorno ***
Capitolo 16: *** Una scomoda verità ***
Capitolo 17: *** L'incidente di Alek ***
Capitolo 18: *** Il signor Storm ***
Capitolo 19: *** Una vecchia leggenda ***
Capitolo 20: *** Uscita a quattro ***
Capitolo 21: *** Occhi rossi e occhi rosa ***
Capitolo 22: *** Motivi di lavoro ***
Capitolo 23: *** Annabelle ***
Capitolo 24: *** Allison James ***
Capitolo 25: *** Il piano di Eddie ***
Capitolo 26: *** La falena e la lente ***
Capitolo 27: *** Il sotterraneo ***
Capitolo 28: *** Sul pianerottolo ***
Capitolo 29: *** Proposte ***
Capitolo 30: *** L'abito della vetrina ***
Capitolo 31: *** Ali e fiamme ***
Capitolo 32: *** Cenere ***
Capitolo 33: *** Quattro mesi dopo ***



Capitolo 1
*** Incontro nella notte ***


Era l’ennesima notte senza fine, lungo le strade ancora troppo vive di Acid Corn: le luci artificiali brillavano rischiarando il cuore della città, sulla quale svettavano gli imponenti grattacieli in penombra. Era lo stesso spettacolo ogni volta, quando Meredith risaliva i gradini che la conducevano in superficie, e aveva l’impressione che le luci della città volessero risucchiarla e trascinarla fuori dalla frenetica calma dei vagoni della metro.
Fasciata nel suo cappotto nero, il suo più elegante capo di abbigliamento, un regalo risalente all’inverno precedente, le sembrava di confondersi con le ombre della notte, alle quali restava poco spazio, nelle strade illuminate a giorno.
Il Rifugio del Drago si trovava a due isolati di distanza. Ogni sera Meredith percorreva quella strada sperando di apparire invisibile agli occhi di chi le stava intorno. Detestava i commenti volgari e le capitava di sentirne parecchi.
Era già tardi, quella notte, e tutto andò per il meglio.
“Se non altro” pensò, “Finora sono stata ripagata per quello che dovrò sopportare adesso.”
Guardò l’orologio, strada facendo. Era in ritardo di almeno due ore e, ne era sicura, qualcuno avrebbe preteso delle giustificazioni.
Aprì la porta e s’infilò dentro al locale. La musica ad alto volume la travolse. Nessuno fece caso a lei, mentre si avviava verso la porta dello spogliatoio; nessuno, a parte Derek, che le riservò una lunga occhiata indecifrabile.
Meredith si chiuse dentro, si sfilò il cappotto e si avvicinò al proprio armadietto.
La porta, alle sue spalle, si aprì.
Meredith si voltò, appena in tempo per vedere Derek mentre la richiudeva.
«Cosa vuoi?»
Il collega le lanciò un’occhiata gelida.
«Dove sei stata?»
Meredith lo fulminò a sua volta.
«Non sono affari che ti riguardano.»
«Mi riguardano eccome» replicò Derek, avvicinandosi, «Dal momento che sono sempre io quello che deve inventarsi scuse per coprirti. Non farmi pentire di averti trovato questo lavoro.»
Meredith sospirò.
«Non mi dire che stai ricominciando a rinfacciarmi tutto quello che “mi hai dato”. Immagino che tu sappia che avrei potuto prendermelo anche senza il tuo prezioso aiuto.»
«E tu non dirmi che stai ricominciando a fare la stronza» ribatté Derek. «È inutile che ti nascondi. Sai perfettamente di avere bisogno di me. In certi momenti, senza di me, sei stata completamente perduta.»
Meredith scosse la testa.
«Sono tutte tue fantasie.»
«Può darsi» ammise Derek, «Ma adesso dovresti darti una mossa. Kay è dovuta scendere ad aiutarmi.»
Meredith ridacchiò.
«Immagino quanto la cosa ti dispiaccia.»
«In effetti il suo top di eco-pelle e la minigonna che lascia intravedere i peli inguinali hanno il loro fascino» ammise Derek, «Ma c’è il rischio che faccia venire un infarto ai clienti troppo eleganti per spingersi nel regno della perdizione.»
Meredith sogghignò.
«Stai insinuando che Kay faccia girare la testa più di me?»
«Tu sei costretta a portare un’uniforme più sobria» le ricordò Derek, «Purtroppo.»
Meredith gli strizzò un occhio.
«Potrei sempre chiedere di essere trasferita al piano di sopra.»
Derek rise.
«Non ci provare.»
«Perché?»
«Non ti permetterò di abbandonarmi.»
Meredith sibilò: «Sai bene che non posso, quasi quanto tu non puoi abbandonare me. Ci abbiamo provato, ma quel filo sottile che ci lega non potrà mai essere spezzato.»
Incurante del suo tono, Derek sorrise, con un certo compiacimento.
«È bello sentirtelo dire.»
«Sarebbe molto più bello se tu te ne andassi e mi permettessi di cambiarmi» replicò Meredith. «Ti ricordo che sono in ritardo.»
«Non mi dire che ti vergogni a spogliarti davanti a me! Ho visto, toccato e leccato ogni singolo centimetro del tuo corpo, Mer. Cerca di non dimenticarmelo.»
«Non sono mai stata legata al passato» gli ricordò Meredith. «Qualunque cosa sia successa tra di noi, ormai è passato.»
Derek si avvicinò di qualche passo.
«A proposito, Meredith, odori di dopobarba.»
Meredith rise.
«Di dopobarba?»
«Sì» confermò Derek, «E questo mi fa capire quale sia la ragione del tuo ritardo. Ti sei strusciata contro qualcuno di quei rammolliti che di tanto in tanto ti porti a letto, vero?»
Meredith s’irrigidì.
«Nessun rammollito.»
Derek ridacchiò.
«Lascia che sia io a giudicarlo. Chi era stavolta?»
«Non sono affari tuoi.»
«Lo sono eccome» insisté Derek. «Dimentichi che sono il tuo unico confidente? L’unico che ti capisce fino in fondo?»
«Tu non capisci un cazzo di me» replicò Meredith, «Altrimenti non lo chiameresti rammollito. Sale nettamente in cima alla classifica dei miei preferiti, ancora di più di quell’Harley che ho conosciuto fuori da Acid Corn.»
«Chi è?» insisté Derek. «È di nuovo Stefan Craven?»
Meredith strabuzzò gli occhi, ripensando al loro ultimo incontro.
«Stefan Craven? E perché mai?»
«Tra voi c’è sempre stato un certo feeling... ed è noto che tu non vuoi passare tutta la vita a fare la cameriera in un discopub.»
Meredith si lasciò andare a una risata.
«Tutta la vita, esatto...»
Derek dedusse: «È lui.»
Meredith scosse la testa.
«Sei dannatamente fuori strada, Derek. Questo, almeno, non è sposato.»
«Questi dettagli non m’interessano.»
«A me pare, invece, che ti interessino eccome. Sei peggio di una vecchia zitella pettegola. Anche a Kay fai domande del genere?»
«No. Se le chiedessi chi c’è in cima alla lista dei suoi uomini preferiti, risponderebbe che ci sono io... e forse sarebbe sincera.»
Meredith sorrise.
«Io, se ti dicessi la stessa cosa, non lo sarei. Credo di avere conosciuto la mia anima gemella. A letto, almeno, lo è.»
«Non è Craven, hai detto» insisté Derek. «Quindi è uno di noi?»
«Perché mai dovrei puntare a uno di voi, quando là fuori c’è un mondo pieno di alternative?»
«Perché sarebbe dannatamente più semplice. Tra l’altro mi hai detto tu stessa che Eddie ha delle mire su di te.»
Meredith sbuffò.
«Dobbiamo proprio parlare di Eddie?!» Iniziò a trafficare con la zip sulla parte posteriore del vestito. «Dannazione, perché questa cerniera non si apre?»
«Stai calma, Mer» la esortò Derek. «Posso aiutarti?»
«Puoi aiutarmi andando a farti fottere! Ce la faccio anche da sola a...» Il cursore smise di scorrere. «Oh, no, maledizione! Perfino il vestito sta congiurando contro di me.» Meredith sbuffò. «È inutile. Vuole che tu mi aiuti.»
Lasciò andare la zip e si girò.
«Sai, Mer» osservò Derek, «Potresti metterti abiti più comodi da togliere. Quel tizio con cui sei stata prima di venire al lavoro deve essersi impegnato parecchio. La cerniera è incastrata.»
«Quel tipo non è imbranato come te» sbottò Meredith, mentre Derek finalmente riusciva ad abbassare la zip.
Si allontanò e si tolse il vestito, rimanendo in biancheria intima e calze autoreggenti.
Derek le domandò: «Non hai freddo con solo quello?»
«Dovresti sapere che ho una certa resistenza al freddo» gli ricordò Meredith, prendendo fuori l’uniforme - camicia bianca e gonna nera lunga fino al ginocchio - dal proprio armadietto. «E poi nemmeno Kay ha freddo...»
«No.» Derek rise. «Credo che non sia venuta al mondo per indossare vestiti.»
«Infatti si sente più a proprio agio senza.»
Meredith si vestì in fretta. Derek rimase accanto a lei tutto il tempo, quasi come per controllare che non perdesse altro tempo.
«Ho finito» puntualizzò Meredith, quando fu pronta. «Non ti farò pentire di avermi coperta ancora una volta. Non si ripeterà più.»
«Almeno finché non ti infilerai in un altro letto. Anche quando stavi insieme al vedovo inconsolabile dicevi sempre così!»
Meredith raggelò.
“Possibile che lo sappia?”
No, non era possibile. Derek non sapeva nulla, a parte ciò che lei stessa gli raccontava.
Gli indicò la porta.
«Andiamo o vogliamo lasciare tutto tra le mani di Kay?»
«Aspetta» la pregò Derek. «Non mi hai ancora spiegato come hai conosciuto quel tipo.»
«Se te lo raccontassi» replicò Meredith, «Mi accuseresti di essermelo inventata.»
«Per niente, Meredith» le assicurò Derek, «A meno che non sia una storia troppo inverosimile.»
«Il problema è che, essendo tu il mio unico ascoltatore, saresti tu a stabilire che cosa sia verosimile e che cosa non lo sia.»
Derek sbuffò.
«Finiscila di perdere tempo, Meredith, e raccontami come sono andate le cose. Il tuo nuovo amante è più sexy di me?»
Meredith si prese la testa tra le mani.
«Tu saresti sexy?»
Derek ridacchiò.
«Modestamente credo di avere il mio fascino. Kay trascorre le proprie serate a pensare a me. Temo che, se continuerà a rompere bicchieri perché è troppo impegnata a sognarmi a occhi aperti, perderà il lavoro. Mi dispiacerebbe per lei.»
«Datti meno arie» lo ammonì Meredith. «Alle donne piace il fascino dell’esotico.»
«Il fatto è che non ho niente di esotico» ribatté Derek, «Nemmeno l’accento.»
«Ma sei diverso.»
«Kay non lo sa.»
«Forse lo intuisce.»
Derek scosse la testa.
«No, Meredith, nessuno può intuire nulla. Non dopo tutto l’impegno che ci abbiamo messo per nascondere la verità.»
«Lo so» ammise Meredith, «Ma in realtà non mi sento troppo sicura. Ci sono persone che sanno e...»
«Il tuo amante non lo sa» le assicurò Derek. «Pensa che tu sia solo una ragazza stupenda.» Fece una breve pausa. «Senti, Mer, non ti va proprio di dirmi come l’hai conosciuto?»
Meredith sospirò.
«L’ho salvato da un tentativo di rapina.»
«Wow.»
Derek non parve molto impressionato.
Meredith insisté: «È tutto quello che hai da dire?»
Il collega non le diede molta soddisfazione, borbottando un "sì", ma era comprensibile, aggiungere altro avrebbe significato mettere in pericolo la parte di verità che avrebbe dovuto restare celata.
Meredith non era comunque decisa a desistere: «Dopo che ho messo in fuga un uomo armato?»
Derek puntualizzò: «Non deve essere stato così difficile per te.»
Meredith scosse la testa.
«Non è stato nemmeno così facile.»
«Va bene, te lo concedo» ammise Derek, «Ma voglio sapere come l’ha presa lui. Non è da tutti i giorni essere difesi da una supermodella sbucata fuori dal nulla.»
«Era abbastanza scosso» precisò Meredith, senza commentare il non troppo velato complimento che Derek le aveva appena rivolto, «Ma non ha fatto domande. A quel punto gli ho proposto di accompagnarlo a casa.»
«E non ti ha detto di no.» Derek rise. «Ti confesso che nemmeno io l’avrei fatto.»
Ancora una volta Meredith preferì non fare commenti e, dal momento che non riteneva opportuno dire null’altro, rimase in silenzio.
Nuovamente venne esortata da Derek: «Non hai altro da raccontarmi?»
«No.»
«Eppure pensavo...»
Meredith si affrettò a interromperlo: «Qualunque cosa pensassi, pensavi male... e a me non interessa.»
«Ma almeno fammi capire» la pregò Derek. «Vi rivedrete?»
Meredith abbassò lo sguardo.
«No, se possibile.»
«Perché non dovrebbe esserlo?»
Meredith si alzò in piedi e calciò via le scarpe che calzava.
«Suo fratello e sua nipote abitano sul mio stesso pianerottolo. Brian viene spesso a casa loro.»
«Quindi» dedusse Derek, «Lo conoscevi già.»
«No. Mi era capitato di vederlo, dalla finestra, ma credo che lui non abbia mai avuto occasione di vedere me.»
Era una speranza, almeno. Non voleva che Brian tornasse a cercarla. La sintonia che aveva percepito tra loro era troppo elevata: era un indicatore del fatto che sarebbe finita male, considerate le circostanze da cui Meredith partiva.
“Devo farmene una ragione” ricordò per l’ennesima volta a se stessa, “Non posso permettermi relazioni stabili.”
L’unica volta in cui era accaduto aveva dovuto mettere in discussione tutto ciò a cui aveva sempre creduto, e non era stata la sola. Non poteva rischiare che succedesse un’altra volta e non poteva permettersi di coinvolgere anche Brian.
Derek le si avvicinò.
«Mi sembri preoccupata, Meredith.» Allungò una mano e le sfiorò una lunga ciocca di capelli scuri. «È successo qualcosa che ti ha turbata?»
Meredith abbassò lo sguardo.
«Sì, Derek, è successo qualcosa che mi ha turbata: era da molto tempo che qualcuno non mi faceva sentire come mi sono sentita con Brian. Però è tardi e non voglio parlarne, devo mettermi a lavorare.»
Derek non insisté, lasciando che finisse di prepararsi e si dirigesse verso la sala. Non le ronzò intorno, anche perché c'era troppo da fare, nessuno dei due poteva permettersi distrazioni. O almeno, Meredith avrebbe tanto desiderato non permettersene. Era giunta al lavoro da poco più di un'ora, quando una voce alle sue spalle la fece sussultare.
«Storm, mi senti?! Hai lasciato le orecchie a casa? Del resto a cosa ti servono, a te basta la figa!»
Non si era accorta di qualcuno alle sue spalle.
Si voltò e vide Alek. L’addetto alla sicurezza le sorrise con aria subdola, come accadeva di consueto quando aveva appena finito di pronunciare un termine volgare ed era sul punto di tirarne fuori un altro.
Stranamente, nella frase che abbozzò subito dopo, si mantenne entro i limiti della civiltà.
«Scusami se ti disturbo, Storm...»
Meredith lo interruppe: «Esatto, mi disturbi. Nel caso tu non te ne sia accorto, devo portare da bere a quel tizio brizzolato che non ha nessuna voglia di alzarsi dal tavolo.»
Alek obiettò: «Ci penserà Derek. Devi andare al piano di sopra. C’è Kay che ormai è disperata. C’è un tale che non fa altro che ripeterle che ha bisogno di vederti. Pare sia un tuo amico. Dato che le sta rompendo oltremodo le palle...»
«Se rompe le palle, accompagnalo verso l’uscita» gli suggerì Meredith. «Non sono l’ancora di salvezza di tutti i casi disperati che passano da questa parte.»
Alek insisté: «Kay dice che quel tipo vuole assolutamente vederti. È una questione di vita o di morte, secondo lui.»
Meredith sbuffò.
«E va bene, arrivo.»
Alek sorrise, compiaciuto.
«Grazie, Storm, sei molto comprensiva, per essere una succhiacazzi da quattro soldi. Kay sarà molto felice del tuo aiuto.» Ridacchiò. «Chissà, quando saprà che sono coinvolto anch’io, può darsi che, per ringraziarmi, sia più gentile del solito con me...»
Desiderosa di togliersi Alek di torno, ignorò l'ennesimo insulto e puntualizzò: «Vado subito. Dì a Derek di non dimenticarsi di quel tipo che aspetta da bere.»
Senza aggiungere altro si diresse verso le scale e salì al piano superiore.
Entrata nella sala in cui lavorava Kay, si sentì come sempre un pesce fuor d’acqua. Il pubblico era molto diverso e anche il personale aveva un aspetto diverso. La sua uniforme distinta ed elegante era palesemente inadatta. Nessuno, comunque, parve fare caso a lei.
Kay era al bancone del bar, sul quale stava appoggiato un uomo che, seppure vedendolo soltanto da dietro, Meredith non tardò a riconoscere.
“Oh, no, che cos'è venuto a fare?”
Stefan Craven, di solito, non si faceva vedere al Rifugio del Drago.
A peggiorare la situazione, Stefan Craven, di solito, non ronzava intorno a una come Kay. La conclusione immediata era che Stefan avesse uno scopo e, se chiedeva insistentemente di vederla, Meredith poteva immaginare quale fosse.
Richiamò la sua attenzione posandogli una mano su una spalla, mentre Kay le lanciava un’occhiata carica di gratitudine.
Stefan si voltò.
«Finalmente.»
«Cosa vuoi?» replicò Meredith, con durezza. «Come ti permetti di venirmi a disturbare mentre lavoro?»
«Dovresti venire qui insieme a Kay» osservò Stefan, «Anziché rimanere giù a lavorare insieme a quel damerino che ti scopavi una volta. Mi piaceresti di più con top, minigonna e anfibi.»
«Pensavo che le donne ti piacessero solo nude.»
«Mi piacciono soprattutto nude, ma anche vestite come Kay...»
Meredith lo interruppe: «Cosa sei venuto a fare?»
«Vorrei parlarti, come avrai già capito.»
«E allora dimmi tutto quello che devi dirmi, senza farmi perdere tempo.»
Stefan scosse la testa.
«Non qui.»
«E dove, allora?»
«In un posto più isolato, dove nessuno possa sentirci.»
Meredith sbuffò.
«Dobbiamo già quasi urlare per sentirci...»
Stefan insisté: «Vieni con me.»
Si avviò e Meredith non poté fare altro che seguirlo, lasciandosi condurre verso l’uscita d’emergenza. Non si stupì di sentirlo fare subito il nome di Lilibeth, nonostante avessero già fatto quel discorso e Meredith fosse stata irremovibile in proposito.
Il discorso fu lungo e ripetitivo. Non c'erano molti modi in cui poteva concludersi.
«Io non farò niente per tua figlia. Mi dispiace, ma non c’è niente che possa fare per lei.»
«Per favore, Meredith.» Il tono di Stefan era più supplichevole che mai. «Per favore, Meredith, Lily ha solo dieci anni. È per lei che ho rinunciato alla vita di un tempo, a quella di cui facevi parte anche tu, e ho scelto di rimanere accanto a sua madre. Non posso perderla.»
Stefan rimase in silenzio a lungo, prima di tornare alla carica.
«So cosa desideri più di tutto il resto. Ti farò tornare su un palcoscenico. Realizzerò i tuoi sogni, in cambio di un piccolo favore. Tu sei l'unica che possa salvare Lily.»
«Solo i medici possono salvarla» replicò Meredith. «Oppure, se sei religioso, puoi provare ad affidarti alla preghiera. Io, di certo, non posso fare nulla.»
Non seppe dire come riuscì a liberarsene, si ritrovò soltanto, passo dopo passo, verso le scale che portavano al piano di sotto. Trovò Alek ad attenderla, un po' come se non avesse altro da fare. Aveva intuito che Craven fosse un produttore teatrale con cui Meredith aveva avuto a che fare in passato, tanto che le chiese subito: «Allora, piccola succhiacazzi, pensi di andartene e tornare a recitare?»
Quella domanda capitava a pennello. Meredith si limitò a fargli credere che Stefan l'avesse cercata per questioni di lavoro.
«Non vado da nessuna parte» gli assicurò. «Mi ha fatto una proposta, ma non è stata per niente allettante.»
«Bene, Storm» concluse Alek. «Mi fa piacere sapere che lavoreremo insieme ancora molto a lungo.»
Nessuno dei due poteva saperlo, ma Alek si sbagliava di grosso.

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Capitolo 2
*** Tua per sempre ***


Forse era stato un sogno e Meredith non esisteva.
Forse i suoi meravigliosi occhi turchesi erano soltanto frutto della sua fantasia.
Quel biglietto rosa, invece, era reale. Quando Brian lo vide, tra le lenzuola, comprese che la realtà superava di gran lunga l’immaginazione.

Caro Brian,
Credo che il nostro incontro fortuito sia stato il modo migliore per finire una serata che, almeno per me, era iniziata male.
Il giorno che mi aspetta forse sarà addirittura peggiore, ma non ha importanza, perché tra un giorno e l’altro ho potuto trascorrere qualche ora piacevole insieme a te.
Sono felice di averti conosciuto.
Spero di rivederti presto.
tua per sempre,
Meredith.

Non c’era nulla che Brian temesse più di un “per sempre”, ma per la prima volta da quando aveva memoria quelle parole gli trasmisero un senso di sicurezza.
Meredith.
Meredith e le sue labbra vellutate.
Meredith e i suoi occhi turchesi.
Immagini incantevoli si susseguirono nella mente di Brian. L’idea di non potersi mai liberare di lei - una semplice eventualità, in cui iniziava a sperare ardentemente - lo allettava sempre di più, istante dopo istante.
“Nulla potrebbe farmi smettere di pensare a lei.”
Dove sarebbe andato senza di lei?
Cosa sarebbe accaduto senza di lei?
Quale futuro avrebbe avuto senza di lei?
Si domandò se stesse correndo un po’ troppo, se si stesse lasciando trascinare dalla fantasia. Non voleva credere che Meredith fosse destinata a non fare davvero parte del suo futuro. Gli sembrava di vivere un incanto, che però crollò in fretta.
Fu un suono inatteso a cancellare tutto: il telefono squillava.
Brian si alzò, ripiegò con cura il biglietto, uscì dalla stanza e andò a rispondere, infastidito dall’essere stato strappato da un sogno per tornare in una realtà di cui Meredith non faceva parte.
La voce di Jonathan lo scosse.
«Per caso sei morto?»
«No, perché dovrei?»
«Mhm... ricordi che hai un lavoro?»
«Sì.»
Jonathan rise.
«È già un passo avanti.»
«Sì, ma... perché me l’hai chiesto?»
«Dovevamo vederci più o meno tra quarti d’ora fa.»
Tutto iniziava ad assumere un senso.
«Credo... mhm...» Brian esitò. «Credo di non avere puntato la sveglia, ieri sera.»
«Oltre che ritardatario» ribatté Jonathan, «A quanto pare sei anche smemorato. Se volevi sorprendermi, ci stai riuscendo alla grande.»
«Non ho ancora iniziato a perdere la memoria» gli assicurò Brian. «È capitato un piccolo contrattempo, tutto qui.»
«Che genere di contrattempo?»
Brian sospirò.
«Ero in dolce compagnia e mi è passato di mente.»
Jonathan rise.
«Non mi dire che è rientrato in scena il playboy più sexy di Acid Corn.»
«Grazie per l’apprezzamento, ma...»
Jonathan lo interruppe: «Cerca di ricordarti di puntare la sveglia, in queste situazioni. E poi sbrigati: ti sto aspettando.»
«Cercherò di prepararmi in fretta» gli assicurò Brian. «Ci vediamo tra un po’.»
«Lo spero. Non ho intenzione di...» Jonathan s’interruppe. «Scusa un attimo.»
Brian udì il rumore del ricevitore che veniva sbattuto sulla scrivania.
Doveva essere entrato qualcuno.
La voce di Jonathan gli arrivò abbastanza definita.
«Cosa posso fare per lei, signorina?»
Una donna rispose, ma Brian udì soltanto parole confuse. Qualche istante più tardi Jonathan tornò al ricevitore.
«Scusa, Brian. C’è stato un piccolo cambio di programma.»
«Un... cambio di programma?»
Jonathan lo ignorò e riprese: «Sai cosa ti dico? Puoi metterci tutto il tempo che vuoi, perché ho una cosa importante di cui occuparmi.»
Senza aggiungere altro riattaccò.
Brian lo conosceva abbastanza bene da sapere che non era solito comportarsi a quella maniera. Chiunque fosse la ragazza con cui Jonathan aveva a che fare, gli dava l’impressione di avere qualcosa da nascondere.
Nonostante l’evento insolito, Brian decise di non preoccuparsene particolarmente, riprendendo a pensare a Meredith. Si domandò ancora una volta cosa sarebbe accaduto senza di lei e preferì non trovare una risposta. Si erano incontrati ed era questo che contava.

***

«Non dovrebbe andarsene in giro da solo per i quartieri malfamati di questa città» gli sussurrò Meredith, che per lui ancora non aveva un nome, avvicinandosi. «Acid Corn è una città pericolosa.»
Brian scosse la testa.
«È stato un caso.»
«È stato un caso, ma se io non fossi arrivata» replicò la sconosciuta, «Lei potrebbe essere morto. Se ne rende conto?»
«Vorrà dire, allora» ribatté Brian, «Che il mio angelo custode vegliava su di me e ha deciso di intervenire prima che fosse troppo tardi.» Nonostante la poca luce del vicolo, riuscì a intravedere il bel sorriso della ragazza. «Ha ragione, le devo la vita. Cosa posso fare per sdebitarmi?»
«Niente» gli assicurò la sua salvatrice. «Anzi, forse sono io che posso fare qualcos’altro. Forse è il caso che io la accompagni a casa, prima che incontri qualche altro malintenzionato.»
Brian scosse la testa.
«Non c’è bisogno di...»
La donna lo interruppe: «Lasci che sia io a stabilirlo. Non mi costa nulla trasformarmi nella sua body-guard per questa sera.»
Brian sospirò.
«Come vuole. Però ho la mia macchina parcheggiata poco lontana, andremo con quella.»
Fu a bordo della macchina che Meredith gli comunicò il proprio nome, ma non si dissero molto altro, almeno finché non giunsero a destinazione e la bella sconosciuta osservò: «Bel posto. Non ha nulla da spartire con quel postaccio in cui ci siamo incontrati. A proposito, non mi ha ancora detto che cosa ci facesse da quelle parti.»
Scesero entrambi e, nel chiudere la portiera, Brian rispose, cercando di essere vago: «Questioni di lavoro.»
Meredith ridacchiò.
«Se lo dice così» puntualizzò, «Potrei pensare che lei sia uno spacciatore.»
«È libera di pensarlo» ribatté Brian. «Inoltre non è certo un luogo adatto a una donna sola, a quest’ora.».
«Basta con questi stereotipi in cui le donne sono principesse indifese che aspettano che il loro principe azzurro corra a salvarle.»
«In effetti, è capitato l’esatto contrario.»
Meredith parve divertita.
«Mi sta dicendo che lei è un principe indifeso?»
«No. Sto dicendo che lei è una principessa... e non le permetto di mettere in discussione la mia affermazione, così come non le permetto di rifiutare la mia proposta.»
«Quale proposta? Non mi sembra che me ne abbia fatta una.»
«Sto per fargliela ora» puntualizzò Brian. «Salga da me. Le offro qualcosa da bere. Sento di dovermi sdebitare.»
Meredith rimase in silenzio.
Brian si affrettò a precisare: «Ho detto che voglio solo offrirle da bere. Quando avrà accettato, potrà andarsene e dimenticarsi di me, se preferisce. Lo so, potrebbe non fidarsi, ma...»
«Basta» lo zittì Meredith. «Non mi piacciono i tipi logorroici. In ogni caso accetto... anche se non è mia abitudine accettare inviti da uomini di cui non conosco il nome. Io mi sono presentata, ma non mi sembra che lei l'abbia fatto.»
«Brian Adesso lo sa.»
«E se fosse troppo poco?»
«Brian Connor, nato ad Acid Corn ventinove anni fa. Non sono troppo giovane per invitarla a bere qualcosa, vero?»
«Sono più giovane io. E comunque, dato che è stato così gentile da dirmi il suo nome, penso di poter ricambiare. Mi chiamo Meredith, ma questo gliel'ho già detto. Il mio cognome è Storm.»
«Interessante» osservò Brian. «Si direbbe che lei è una vera tempesta vivente, signorina Storm.»
«È il primo a definirmi in questi termini» osservò Meredith. «Non so se interpretarlo come un complimento o come un insulto.»
«Lo interpreti come vuole.»
«Allora lo interpreto come un complimento: se così non fosse, mi sentirei costretta a rifiutare la sua proposta... e non ne ho alcuna intenzione.»
Brian sorrise.
«Vedo che iniziamo ad andare d’accordo.»

***

Brian chiuse il rubinetto e uscì dalla doccia. Aveva deciso che Meredith non era stata un sogno. I sogni, per quanto belli, non potevano uguagliare lei.
Un quarto d’ora più tardi, quando uscì dal bagno e tornò nella propria stanza da letto, ne trovò la conferma. Si sedette sul bordo del letto e lesse nuovamente il messaggio che Meredith gli aveva lasciato.
Sorrise, ripensando a lei.
Desiderava rivederla e, nel guardare la sua grafia ordinata, l’eventualità che accadesse davvero gli sembrò più probabile, anche se gli indizi non portavano certo in quella direzione. Meredith gli aveva scritto che ci sperava, ma non gli aveva lasciato un recapito al quale rintracciarla. Doveva affidarsi totalmente a lei... come del resto era accaduto fin dal primo momento in cui era salita nel suo appartamento.

***

«Scusi per il disordine.» Brian si guardò intorno, sperando almeno che in giro non ci fosse nulla di particolarmente imbarazzante. «Non credevo che avrei avuto ospiti stasera.»
Se anche ci fosse stato qualcosa di fuori posto, Meredith non lo diede a vedere.
«Va benissimo.»
Brian sorrise, compiaciuto.
«Sono felice che abbia accettato il mio invito, signorina Storm.»
Meredith scosse la testa.
«Così non va bene.»
Brian aggrottò le sopracciglia.
«Di cosa parla?»
«Signorina Storm» ripeté lei. «Preferirei essere chiamata Meredith. Non mi piacciono le formalità, specie da parte di uomini più vecchi di me.»
Brian avvampò.
«Non sono così decrepito.»
«Certo che no. Se lo fossi, non credo che saresti così desiderabile.»
Brian rabbrividì.
Aveva sentito bene?
Meredith parve accorgersi della sua reazione e lo rassicurò: «Non volevo metterti in imbarazzo, Brian.»
Si avvicinò a lui e lo spinse contro la parete. Si avvicinò ancora e, confinato tra lei e il muro, Brian si rese conto che non avrebbe desiderato trovarsi in nessun altro posto all’infuori che lì.
Le labbra di Meredith premettero contro le sue. In quel momento Brian comprese che, in un modo o nell’altro, quella misteriosa sconosciuta avrebbe sempre fatto parte della sua vita.
Non fece nulla per rifiutarla, lasciò che tutto facesse il proprio corso.
«Allora?» gli chiese Meredith, allontanandosi. «Ti ho messo in imbarazzo, adesso?»
Brian sorrise.
«No.»
«Perfetto.» Anche Meredith sorrise. «Era proprio il genere di risposta che volevo sentire e inizio ad essere felice del fatto che mi sia capitato proprio tu. A volte il caso ci viene incontro.»

***

Brian si chiese se il caso gli avrebbe permesso di rivederla.
 “Riuscirò a ritrovarla” decretò, “Dovessero passare mesi... o anche anni.”
Era una promessa che faceva a se stesso e, ne era certo, si sarebbe impegnato al massimo per mantenerla.
Rilesse il biglietto.
“Sì, la troverò, perché non posso farne a meno. Adesso, però, devo togliermela dalla testa e prepararmi sul serio per andare a lavorare.”
Messo da parte il messaggio di Meredith, riuscì a ritrovare la concentrazione perduta. Non gli volle molto, prima di uscire di casa, né per fare il tragitto che lo separava dal posto di lavoro. Il peggio arrivò dopo: al sabato mattina, nel centro di Acid Corn, era più difficile del solito trovare parcheggio, e quel sabato mattina non faceva eccezione. Brian fu costretto a lasciare la macchina più lontano di quanto non facesse di solito.
S’incamminò lentamente verso l’agenzia, soffermandosi a guardare, con la coda dell’occhio, le vetrine dei negozi.
Si fermò nel notare un elegante abito nero indossato da un manichino. Non poté fare a meno di immaginarlo su Meredith. Le sarebbe stato molto bene.
Doveva avere lo sguardo sognante, dal momento che una voce alle sue spalle gli chiese: «Come mai un uomo contempla a occhi sgranati un vestito femminile?»
Brian sussultò. Si girò lentamente, notando una ragazza dall’aria allegra. Doveva avere al massimo una ventina d’anni e il suo volto radioso era circondato da lunghi riccioli biondi.
«Stavo pensando che quel vestito fosse perfetto per la donna della mia vita» le spiegò. «Sto andando al lavoro, ma mi sono fermato un attimo e...»
S’interruppe.
“L’ho fatto davvero?!”
Aveva definito Meredith la donna che della sua vita? C’era da domandarsi se, nella rara eventualità che lo venisse a sapere, ne sarebbe stata contenta oppure no.
«Potresti regalarglielo» gli suggerì la sua interlocutrice. «Dovresti...»
«Forse lo farò» tagliò corto Brian, anche se non aveva mai formulato davvero quel pensiero. Non era convinto che Meredith avrebbe apprezzato un regalo da parte sua. «Credo, comunque, che qualunque vestito sarebbe perfetto per lei. È stupenda.»
La bionda ridacchiò.
«Ovvio.»
Brian s’irrigidì.
«Non mi credi?»
«Certo che ti credo... o almeno credo che tu ne sia convinto. Voi uomini, quando siete ossessionati da una donna, non vi accorgete di nulla.»
«Di che cosa dovrei accorgermi?» replicò Brian. «Forse che Meredith, quando è nuda, è ancora più bella? Lo so perfettamente.»
«Meredith» ripeté la ragazza. «Dunque la donna per cui ti struggi si chiama Meredith. A maggior ragione faresti meglio a stare attento.»
Brian aggrottò la fronte.
«Cosa vuoi dire?»
«Niente» gli assicurò la giovane. «Riflettevo ad alta voce.»
«Allora cerca di riflettere su qualcun altro» la pregò Brian. «Non è piacevole che tu faccia certi commenti sulla mia ragazza.» L’aveva fatto di nuovo. «Non...»
La sua interlocutrice lo interruppe: «Dai molto peso alle mie parole, a quanto pare. Scusa, non volevo infastidirti. Fai finta che non abbia detto nulla.»
Brian annuì.
«Va bene, non c'è problema.»
Stava per augurarle una buona giornata e andarsene, ma la bionda, all'improvviso, osservò: «Si dice che le migliori siano le amiche d’infanzia che da un giorno all’altro smettono di essere soltanto amiche. Molto tempo fa non c’era proprio nessuna che occupasse questo ruolo, per te? Prima di Meredith, intendo.»
Brian raggelò.
«Cosa ne sai?»
«Facevo ipotesi.»
«Non mi piace l’idea che tu faccia delle ipotesi sulla mia vita privata.»
«Guarda che, per par condicio, puoi fare lo stesso sulla mia. Anzi, ti invito a farlo.»
Brian indietreggiò.
«Niente affatto. Forse è meglio che io me ne vada.»
«Se proprio devi» ribatté la ragazza. «Ricorda, però, che non possiamo sempre sfuggire alle situazioni che non ci allettano.»
Brian si ritrovò a domandarsi se sapesse qualcosa del suo passato, se quelle parole fossero un'allusione, ma non osò chiederle nulla di simile. L’unico altro desiderio che aveva era quello di andarsene.
«Scusa, ma vado di fretta.»
«Aspetta un attimo.»
«No» replicò Brian, secco. «Devo andare al lavoro, ti ho detto, e sono già in ritardo.»
Non aggiunse altro e si affrettò a raggiungere Jonathan.
Quando aprì la porta, il suo datore di lavoro alzò immediatamente lo sguardo dalla scrivania e lo accolse con un’aria meno melanconica del solito.
«Ehi, vedo che sei sopravvissuto alla tua notte bollente!»
Brian ridacchiò.
«Pare di sì.»
«A proposito, credo che tu abbia qualcosa da raccontarmi» ribatté Jonathan. «Chi era?»
«Si chiama Meredith.»
Jonathan abbassò lo sguardo.
«Meredith... Non conosco nessuna Meredith.»
«Perché dovresti conoscerla?»
«Lascia stare, è una lunga storia. È di Acid Corn? Come vi siete incontrati?»
«È una lunga storia» lo informò Brian. «Riguarda un tentativo di rapina e un criminale messo in fuga.»
«Molto romantico» osservò Jonathan. «Non mi avevi detto di avere l’abitudine di andartene in giro per i vicoli di Acid Corn a soccorrere graziose donzelle assalite da malviventi.»
Brian evitò di riferirgli che era accaduto l’esatto contrario.
«Non mi ero mai ritrovato in una situazione del genere, prima d’ora.»
«Almeno sei capitato nel posto giusto al momento giusto» ribatté Jonathan. «Dovresti esserne soddisfatto.»
«Lo sono» gli assicurò Brian, «Ma non mi va di parlare di quello che è successo nel vicolo. È un fatto senza importanza.»
Jonathan annuì.
«Come vuoi. Piuttosto, cosa fa nella vita?»
Per fortuna Meredith aveva accennato all’argomento.
«Recita in commedie teatrali di scarso livello, ma spera di poter sfondare. Questo, almeno, è uno dei due lavori che fa. Dal momento che il teatro non le dà abbastanza per vivere, fa anche la cameriera in un discopub. Lavora là da poco, comunque.»
Jonathan assunse un’espressione schifata.
«L’ultima volta che ho portato Claire in un posto del genere, non le è piaciuto. Claire non ama i posti caotici.»
«Claire, appunto, non tu.»
«Quello che piace a Claire, piace anche a me. Viceversa, quello che non piace a lei...»
Brian lo interruppe: «Basta così, ho già sentito abbastanza. Dovresti metterci una pietra sopra una volta per tutte.»
«E come faccio?» replicò Jonathan. «Claire è tutta la mia vita.»
Brian sospirò.
«Lasciamo perdere, è meglio.»
«Già, è meglio» convenne Jonathan. «Non siamo venuti qui soltanto per chiacchierare, mi pare. Oggi, tra l’altro, deve venire quella vecchia rompiscatole che si era casualmente dimenticata il libretto degli assegni l’altro giorno...»
«Lo so.»
«Non ho finito» puntualizzò Jonathan. «Sarebbe opportuno se fossi tu ad occuparti di lei.»
«Io?»
«Penso che tu ne sia in grado. Io ho una persona da incontrare.»
«Una donna?» azzardò Brian. «Magari potresti...»
Jonathan lo interruppe: «Devo incontrare una ragazza, un’amica di quella che è venuta qui stamattina, ma per motivi puramente professionali. È qualcosa di molto importante.»
«Addirittura?»
«Lo so, può sembrare sconvolgente, a prima vista, ma ti assicuro che...»
Brian non gli lasciò il tempo di finire.
«Di cosa si tratta? Non tenermi sulle spine.»
«Che cosa ti fa pensare che voglia parlartene?» obiettò Jonathan. «Credo, anzi, che sia meglio che tu non ne sappia nulla.»
Si alzò in piedi e si diresse verso l’attaccapanni dove aveva appeso il cappotto.
Brian spalancò gli occhi.
«Vuoi davvero andartene senza darmi spiegazioni?»
«Non ho tempo per le spiegazioni» precisò Jonathan. «E poi Alicia non è una persona a cui piace aspettare.»
Prese il cappotto e se lo infilò avviandosi verso la porta.
Brian si tolse il giubbotto e andò a sedersi alla scrivania di Jonathan, riordinando almeno in parte le carte che, come al solito, aveva gettato alla rinfusa anziché riporle nel cassetto in cui, in linea teorica, era solito conservarle. Lo aprì per infilarvele e, con poca sorpresa, vi ritrovò all’interno un intero repertorio di fotografie di Claire Stevens, che lo spinse a trascorrere i minuti che seguirono a maledire il momento in cui, un paio d’anni prima, li aveva spinti a uscire insieme.
Le sue riflessioni vennero interrotte dallo squillo del telefono, che giunse inaspettato. Per un attimo pensò che, per qualche motivo, si trattasse della “vecchia rompiscatole”, che contattava l’agenzia per comunicare che, per motivo, non sarebbe riuscita a presentarsi per effettuare il pagamento dovuto.
Alzò il ricevitore.
«Pronto?»
Dall’altro capo del telefono si udì un rumore indistinto.
«Chi parla?» domandò Brian.
«Jonathan White?» gli chiese una voce maschile.
Indubbiamente non era la “vecchia rompiscatole”.
«No, io...»
La voce lo interruppe: «Stammi a sentire, Jonathan White, so benissimo che sei tu. C’è solo una cosa che posso dirti: non ti impicciare.»
Brian aggrottò le sopracciglia, stupito. Non era solito rispondere a telefonate di quel genere.
«Chi parla?»
«Questo non ti riguarda» lo informò suo interlocutore. «Anzi, non ti conviene cercare di scoprire chi sono, perché posso essere molto pericoloso.»
«Oh» mormorò Brian. «A quanto pare sei un megalomane convinto di avere tra le mani il controllo del mondo. Ho conosciuto un paio di soggetti del genere in passato e non mi sembra che abbiano fatto una bella fine.»
«Pensa alla tua, di fine» gli suggerì l’altro. «Non sto scherzando, Jonathan White, e se non badi agli affari tuoi potresti pentirtene amaramente.»
Brian si chiese di che cosa si stesse occupando Jonathan precisamente, da comportare telefonate del genere. In pochi secondi passò in rassegna tutti i suoi clienti, uno dopo l’altro. Nessuna di quelle indagini di poco conto - generalmente finanziate da vedove ultrasettantenni convinte di essere state truffate dal sensitivo di turno - sembrava giustificare chiamate minatorie, perciò doveva essere uno scherzo. A meno che, ovviamente, non avesse a che vedere con il nuovo caso su cui Jonathan era stato poco espansivo.
«Sono molto impegnato» cercò di concludere Brian, continuando a spacciarsi per Jonathan. «La mia professione è, in un certo senso, impicciarmi nei fatti degli altri, e non certo parlare al telefono con uno sconosciuto.»
«Come ti pare» ribadì il suo interlocutore, «Ma cerca di stare bene attento alle conseguenze. Gli scandali sepolti non devono essere riportati alla luce. Se mai ti troverai di fronte a una certa signorina James, sappi che andrai incontro a una morte sicura.»
«James?»
L’altro riattaccò.
«Dannazione!» esclamò Brian. «Chi cazzo è questa signorina James?»
Nessuno dei clienti di Jonathan aveva mai menzionato una donna che rispondesse a quel nome, eppure provò una strana sensazione di déjà-vu.
«Signorina James. James.» Che fosse una sensitiva? «No... di solito quelli hanno nomi d’arte stravaganti.»
Mentre rifletteva ad alta voce, il telefono squillò di nuovo.
Convinto che si trattasse nuovamente del pazzo, per un attimo prese in considerazione l’idea di non rispondere, ma finì per alzare di nuovo il ricevitore.
Non ebbe nemmeno il tempo di pronunciare una sola sillaba. La voce che aveva già udito, lo informò: «Dimenticavo, detective del paranormale: la vita della signorina James è terminata già da tempo, ma nessuno riuscirà mai a dimostrarlo.»
Brian non riuscì a trattenersi.
«Non conosco nessuna signorina James. Se è morta, è un affare suo!»
Una risata inquietante lo fece raggelare.
«Non scherzare con il fuoco, Jonathan White: potresti scottarti.»
Furono le ultime parole che il suo interlocutore pronunciò prima di riattaccare di nuovo.

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Capitolo 3
*** Una terribile proposta ***


Nascosta dietro a un cespuglio nel cortile della clinica, Meredith si asciugò una lacrima. Non vedeva nulla di giusto in ciò che aveva di fronte, ma era totalmente impotente. Di colpo tutto sembrava perdere il proprio senso, lasciandole intendere che non sarebbe mai riuscita a trovare una spiegazione a tutto, per quanto potesse sforzarsi.
Quando udì un fruscio alle proprie spalle, si girò e si ritrovò davanti Derek.
«Cosa ci fai qui?»
L'altro non rispose.
«Pensavo» riprese Meredith, «Che odiassi questo posto.»
«Infatti è proprio così. C’è qualcosa di profondamente ingiusto nel fatto che la maggior parte di questi bambini non possano mai diventare adulti.»
Meredith abbassò lo sguardo.
«Ne ho parlato con Stefan, ieri sera. Mi ha chiesto di nuovo di fare qualcosa per sua figlia.»
Derek dedusse: «E vuoi aiutarlo.»
«Non posso.»
«Potresti.»
Meredith alzò lo sguardo e spalancò gli occhi.
«Come ti viene in mente?»
«È un’alternativa.»
Meredith sospirò.
«Lilibeth ha dieci anni.»
«Appunto.»
«Sarebbe molto scomodo, per lei, fare il tipo di vita che facciamo noi.»
Derek ammise: «Anche questo è vero. Cerca di farlo capire a Stefan.»
Meredith scosse la testa.
«È una causa persa. Pensi che non ci abbia provato?»
Derek alzò gli occhi al cielo.
«Il classico idiota spaventato dall’idea di non essere immortale, mi pare di capire. Digli che deve rassegnarsi.»
«È solo spaventato dall’idea di perdere sia figlia» replicò Meredith. «Non ha mai voluto che Lilibeth fosse immortale, solo che non fosse vicina al capolinea a dieci anni.»
Derek abbassò lo sguardo.
«In effetti non deve essere facile vivere con la consapevolezza di vedere i propri figli morire. Se ci pensi, non è giusto.»
«Non è giusto, hai ragione» obiettò Meredith, «Ma è così che andranno le cose, e Stefan non può prendersela con me se Lilibeth deve morire.»
Derek le suggerì: «E se sapesse che potresti farlo davvero, se lo volessi? Può essere che ti stia tormentando proprio per questo.»
Meredith negò.
«Lo escludo.»
«Non puoi escluderlo.»
«Nessuno può averglielo detto.»
«Se fossi al tuo posto non ne sarei così sicuro» insisté Derek. «Rifletti, Mer.»
«Hai ragione» ammise Meredith. «Non tutti sono dotati di riservatezza... purtroppo. Eddie...»
Derek scosse la testa.
«Ti sbagli.»
«Ieri sera avevamo pensato che...»
Derek la interruppe: «Io non ho mai pensato che Eddie gli abbia riferito cose che doveva tenere per sé. Potrebbe averlo scoperto da qualcun altro. Lo so, ieri sera mi sembrava impossibile anche questo, ma ci ho riflettuto. Potrebbe essere caduto nella rete di qualcuna di noi, una di quelle mangia-uomini che abbiamo incontrato di tanto in tanto. Le amiche di Eddie, quelle che ogni tanto vengono a trovarlo in città, non so se hai presente...»
«Vagamente, ma non vedo che cos’abbiano a che fare con Stefan.»
«Rifletti, Meredith» la pregò Derek. «Eddie e Stefan sono amici. Può darsi che Eddie abbia cercato di alleviare le sue sofferenze convincendo una di quelle ragazze a infilarsi nel suo letto.»
Meredith s’irrigidì.
«Se qualche stronza gli ha rivelato la verità, farà una brutta fine.»
Derek sospirò.
«È così grave, in fondo? Se anche Stefan lo raccontasse in giro, sarebbero in pochi a credergli.»
«Sarà come dici tu, ma incontrarlo, ieri sera, mi ha rovinato la serata» replicò Meredith. «E dire che era iniziato tutto così bene, con il mio incontro con Brian...»
«A proposito, vedo che la notte non ha cancellato il tuo interesse per lui» osservò Derek. «Posso iniziare a preoccuparmi?»
«Non c’è niente di cui tu debba preoccuparti.»
«Invece...»
Meredith interruppe le sue proteste sul nascere.
«Ti prego, Derek, non iniziare con questa storia. Sono grande abbastanza per capire quello che faccio, non credi?»
«Non puoi permetterti distrazioni» ribadì Derek. «Potrebbero avere conseguenze fin troppo devastanti.»
“E io vorrei ricordarti” pensò Meredith, scegliendo di restare in silenzio, “Che non posso sempre scegliere di ignorare i miei desideri.”
Desiderava Brian. Lo desiderava con tutta se stessa. Aveva capito fin troppo in fretta che non avrebbe fatto a meno di lui. Socchiuse gli occhi e rievocò il momento in cui aveva compreso di non avere alternative e di non potergli sfuggire.
Brian dormiva, sdraiato su un fianco. Era normale che dormisse.
Meredith aveva trascorso l’ultima mezz’ora a osservarlo e ad ascoltare il suo respiro. Forse era un pensiero avventato, ma aveva realizzato che le sarebbe piaciuto svegliarsi ogni giorno accanto a lui, fingendo di non essere davvero diversa da lui.
I sogni impossibili, però, andavano smantellati pezzo dopo pezzo e archiviati una volta per tutte, non l'aveva dimenticato. Si era alzata, aveva raccolto l'abito, la biancheria e le scarpe, poi si era rassegnata: la serata era ancora lunga e l'avrebbe terminata al Rifugio del Drago, nella sala con le pareti dipinte di grigio e la sagoma di un drago rosso dipinto sopra uno dei muri.
Stava rivivendo il momento in cui aveva scritto il biglietto per Brian, quando Derek la distolse da quei pensieri.
«Stai ancora rievocando il tuo incontro con lui, adesso, per caso?»
Meredith s’irrigidì.
«Non sono affari tuoi.»
«A me sembra di sì, invece» replicò Derek. «Sembri non volerti ricordare che non hai speranze con lui.»
Meredith lo fulminò con lo sguardo.
«E tu cosa ne sai?»
Derek la guardò senza proferire parola e indietreggiò. Solo superato quello che doveva essere lo stordimento iniziale le chiese: «Tu... tu stai pensando di...»
Meredith lo interruppe, prima che potesse pronunciare qualche assurdità: «Come ti vengono certe idee?»
«Prima o poi le mode cambiano» ribatté Derek, secco. «Mi stavo chiedendo se non avessi ipotizzato di tenere la tua preda con te più a lungo del previsto.»
«Brian non è una preda.»
«Non ti credo.»
Meredith sbuffò.
«La tua è tutta invidia. Non riesci ad accettare l’idea che io possa avere un futuro senza essere succube di nessuno.»
Derek scosse la testa.
«Nemmeno io sono succube di qualcuno.»
«Non dire cazzate» replicò Meredith. «Ti conosco.»
«Non abbastanza.»
«Ti conosco talmente bene che ero sicura che mi avresti risposto a questo modo.»
«E io ti ripeto che non mi conosci abbastanza» insisté Derek. «Se così non fosse, non negheresti il nostro legame.»
«Sapevo che saresti andato a parare proprio lì.»
Derek sorrise.
«Credo di essere venuto al mondo per ricordarti che, qualunque cosa accada, l’uomo della tua vita sono io.»
A Meredith sfuggì una risatina, nonostante la desolazione da cui era circondata.
«Sei sempre il solito idiota.»
«Se non lo fossi» sentenziò Derek. «Le nostre strade si sarebbero già separate, e non nel migliore dei modi.»
Meredith sospirò.
«Lo sai quanto detesto questo genere di allusioni.»
«Lo so, ma non riesco a trattenermi. È necessario.»
«È necessario, infatti. È necessario se vuoi farmi andare fuori di testa.»
«No» replicò Derek. «Mi serve per ricordarmi quello che potresti fare, ma che hai scelto di non fare... per ora.»
Meredith fissò i suoi occhi azzurri.
«A volte mi sembra quasi che sia quello che desideri.»
Derek scosse la testa.
«L’ignoto mi spaventa, senza di te.»
«Vuoi dire che, se io potessi seguirti, lo vorresti?»
Derek abbassò lo sguardo.
«A lungo andare, mi sono reso conto di non avere molte alternative. Mi ritrovo sempre a inseguirti, quando tu vorresti sbarazzarti di me.»
Meredith negò.
«Io non lo desidero affatto.»
Non l’aveva mai desiderato, anzi, aveva voluto l'esatto opposto. Secondo Dominick era stato un errore, ma Dominick aveva una strana idea di che cosa fosse uno sbaglio. In ogni caso Dominick non aveva più importanza, anche se era difficile lasciarselo alle spalle una volta per tutte, così come era difficile allontanarsi da tutto il resto.
«Meredith?»
La voce esitante di Derek la scosse.
«Cosa vuoi?»
«Ce ne andiamo?» le propose lui. «Non ti fa bene stare qui.»
Aveva ragione.
«Va bene.»
«Fantastico» lo sentì borbottare. «Non hai fatto nulla per opporre resistenza. Non è da te, Meredith. Sei sicura che sia tutto a posto?»
«Sono sicura che stia andando tutto a rotoli» replicò Meredith, secca, «Ed è così già da parecchio tempo.»
«Ce la farai» le assicurò Derek. «Supererai i momenti di sconforto, presto o tardi. Puoi ancora ottenere tutto ciò che vuoi.»
Meredith non rispose. Voleva Brian Connor e voleva vivere una vita normale insieme a lui. Erano desideri assurdi, che fino a poco tempo prima avrebbe considerato fuori dal mondo con cui era abituata a confrontarsi.
«Accompagnami a casa» lo pregò. «Non ti chiedo altro.»
«Va bene» acconsentì Derek, con una certa prontezza.
Gliene fu grata, durante il tragitto che la separava da casa. Gliene fu grata, mentre si salutarono. Gliene fu grata nel momento in cui si avviò verso il palazzo, oltrepassò il portone socchiuso ed entrò.
Salì le scale e, quando giunse sul pianerottolo, non poté non notare la presenza di una busta infilata sotto la porta.
Rabbrividì, nel distinguere il suo nome scritto sulla carta. Si chinò a raccoglierla, mentre cercava le chiavi nella borsa.
Le trovò e aprì la porta.
La richiuse alle proprie spalle.
Aprì la busta e si sentì mancare.

Sorellina cara, ti do una buona notizia: sono tornato e non ho intenzione di andarmene finché non avrò ristabilito l’ordine di un tempo. Preparati, perché presto sarò molto più vicino a te di quanto tu possa immaginare. Avrei potuto attenderti qui, invece di lasciarti un biglietto, ma ho aspettato che tu te ne andassi (a proposito, un giorno dovrai spiegarmi perché te ne vai in giro con quel rammollito) e annunciarti la mia presenza con un biglietto. Sono cambiato, rispetto ai vecchi tempi. Una volta non l’avrei mai fatto. So già quando ci rincontreremo e so che per te sarà una grande sorpresa. Sì, mia cara sorellina, stavolta ti stupirò davvero.

Meredith avvertì un brivido che la trafiggeva.
Sul biglietto non c’era alcuna firma, ma la grafia e il tono con cui si rivolgeva a lei non lasciavano spazio ai dubbi: Dominick aveva ancora molta importanza, dato che aveva l’intenzione di sconvolgere la sua vita ancora una volta.
Non ebbe comunque il tempo di pensarci troppo. Era appena rientrata in casa, quando il telefono squillò. Era Eddie, che la invitava a raggiungerlo con urgenza nel solito posto, perché a quanto pareva le disgrazie non venivano mai una per volta.
Meredith si rassegnò. Uscì, prese la metropolitana e vollero poco più di venti minuti per arrivare a destinazione. Eddie la stava aspettando. La sua voce era piatta nel momento in cui mormorò: «Benvenuta nel nostro umile rifugio, pupa.»
Meredith si strinse nel cappotto.
«Non potevamo trovarci in un posto migliore? E soprattutto non potresti chiamarmi con il mio nome?»
«Incontrare una bella donna in un sotterraneo, isolato dal resto del mondo, è sempre stato il mio massimo desiderio.» Eddie la squadrò con attenzione. «Certo, se tu avessi un po’ meno stoffa indosso...»
«La prossima volta invitami in piena estate, se il mio abbigliamento attuale non ti piace» replicò Meredith. «E poi non mi hai convocata d’urgenza per parlarmi di questo.»
Eddie annuì.
«Sei piuttosto perspicace, per essere una donna.»
«Se noi donne siamo così inutili, secondo il tuo gusto, perché non fai altro che correrci dietro?»
«Perché per me scopare con una donna è più piacevole che farlo con un uomo. Non dovresti perdere tempo facendomi domande dalla risposta così ovvia.»
«Sei tu quello che vuole perdere tempo, a quanto pare.» Meredith si appoggiò a una parete gelida. «Sono qui per quello che è successo ieri, non è vero?»
«Brava, Meredith. Hai centrato il punto.»
«È andato tutto bene» gli assicurò Meredith. «Non ha sospettato di niente, proprio come tutti gli altri.»
Eddie scosse la testa.
«Sei troppo ottimista.»
«È mio dovere esserlo. Io ho agito in prima persona, mi sono assicurata di fare colpo sulle persone giuste e hai raggiunto il tuo scopo.»
«Non mi pare che finora si sia visto qualche progresso. Quel tizio che dovevi convincere a tornare ad Acid Corn...»
«Quel tipo non sa nulla dei tuoi intrighi» replicò Meredith. «Sta bene là dov’è.»
«Quindi non ti raggiungerà qui. È una conferma, questa?»
Meredith sospirò.
«Perché dovrebbe?»
«Già, perché dovrebbe? Di belle donne disposte ad aprire le gambe ce ne sono anche là, dopotutto. Meno male che dovevi essere persuasiva!»
«Lo sono stata» ripeté Meredith. «Mi sono fatta raccontare molte cose del suo passato... e lui non sa nulla di quello che è successo.»
«Il tuo ottimismo non mi piace» replicò Eddie. «Non avrei mai dovuto fidarmi di te. Per non parlare di quello che hai combinato ieri sera. Non era necessario che ti spingessi così oltre.»
Meredith s’irrigidì.
«Questo lascialo decidere a me.»
«No, non lo lascio decidere a te, perché sei la prima a ritenere che il modo migliore per finire una serata sia scaldare il letto di un uomo giovane e piacente. È l’unica cosa che sai fare e questo dimostra che non sei cambiata affatto, nel corso degli anni.»
«Nemmeno tu sei cambiato» replicò Meredith. «Dovresti imparare a provare qualche emozione. La tua vita migliorerebbe, inoltre nessuno si chiederebbe come mai sei sempre così inespressivo.»
Eddie le lanciò un’occhiata di fuoco.
«Fottiti, Meredith.»
Sarebbe stato stupendo se quella conversazione fosse terminata in quel momento, ma non vi era alcuna possibilità. Anzi, le cose peggiorarono di gran lunga, dal momento che, con una certa insistenza, Eddie iniziò a chiederle di Brian Connor.
Meredith sbuffò.
«Non sono cazzi tuoi.»
«Invece, pupa, sono cazzi miei, dato che avevamo una sorta di accordo. Io devo tenere lontano da te qualcuno, tu devi permettermi di avere certe persone sotto controllo. Per caso vuoi che dica a tu-sai-chi dove sei?»
Meredith lo informò: «Tu-sai-chi sa già dove sono.»
«È colpa tua» replicò Eddie. «Non sei capace di nasconderti bene. In ogni caso andrà tutto per il meglio, se non farai niente per mandare tutto a monte.»
«Da parte mia non farò niente, lo sai» confermò Meredith, chiedendosi perché fosse diventata di colpo così arrendevole. «Mi aspetto lo stesso da te.»
«È ovvio che farò lo stesso» replicò Eddie, secco. «Ti sono mai sembrato inaffidabile?»
«Non lo so» ammise Meredith. «Non so cosa aspettarmi da te... e da lui.»
«Tutto sommato non sarebbe poi così terribile se ti trovasse» osservò Eddie. «Almeno finché c’era tuo fratello in giro, non sprecavi il tuo tempo insieme a quel tizio che lavora con te.»
«Cosa c’entra Derek?»
«Ho l’impressione che tu lo conosca da molto tempo.»
Meredith scosse la testa.
«Ti sbagli.»
«Non posso crederti. Derek è come...»
Meredith lo interruppe: «Che cosa te ne importa di com’è Derek? È un mio amico, punto e basta. Me lo sono portata a letto, tempo fa, ma è tutto qui. Non c’è altro che debba interessarti.»
«Non avevo dubbi sul fatto che foste stati insieme» puntualizzò Eddie, «Ma quello che non mi torna è quando. Tempo fa, hai detto. E se io ti chiedessi quanto tempo è passato?»
«Non ti risponderei.»
«Faresti male. Lo sai che non puoi fare altro che fidarti di me.»
«Invece non so niente» ammise Meredith. «Per quanto ne so, hai sempre badato ai tuoi interessi e mai a quelli degli altri.»
«È quello che fanno tutti.»
«Lo so. Il problema è che non so fino a che punto i nostri interessi coincidano.»
«Non è di me che dovresti dubitare.»
«E di chi, allora? Di Derek?»
Senza aspettare la risposta di Eddie, Meredith gli voltò le spalle, decisa ad andarsene. Era stato un errore presentarsi all’appuntamento.
Fece in tempo a fare appena due passi, prima di perdere l’equilibrio e di cadere. Era bastato un leggero calcio contro un tacco.
Si alzò in piedi, imprecando dopo aver visto una lunga smagliatura nelle calze.
«Che ti prende?»
Eddie la afferrò per un braccio.
«Sono io che decido quando te ne devi andare, pupa, e si dà il caso che non ti abbia ancora detto tutto quello che dovevo dirti.»
«Credo invece che faresti meglio a lasciarmi andare subito» replicò Meredith, cercando di mantenere il controllo. «Potrei essere molto più pericolosa di quanto tu sia disposto a credere. Non ti conviene metterti contro di me.»
«Ma non dire cazzate! Tuo fratello, a suo tempo, mi ha raccontato qualcosa. Tu hai abbandonato la tua vecchia vita per amore.» Eddie rise. «Ha detto proprio così: amore. Che concetto ridicolo, non trovi? O forse tu non lo trovi tanto ridicolo, se...»
Meredith indietreggiò, cercando di liberarsi dalla sua stretta, ma senza successo. Eddie la strinse ancora più forte.
«Vuoi raccontarmelo tu?» le propose Eddie. «Mi piacerebbe sapere come...»
Fu interrotto da una voce estranea.
«Cosa sta succedendo lì?»
Si girarono entrambi, nella direzione da cui proveniva.
Meredith in un primo momento spalancò gli occhi nel vedere Derek. Superato lo stordimento iniziale, approfittò della situazione per liberarsi dalla stretta di Eddie e allontanarsi.
«Vedo che il tuo amico non si è lasciato sfuggire l’ennesima occasione di starti intorno» osservò quest’ultimo. «Non sapevo che l’avessi ingaggiato come guardia del corpo.»
Derek lo ignorò.
«Va tutto bene, Meredith?»
«Sì» gli assicurò. «È tutto sotto controllo.»
Derek si avvicinò, lanciando un’occhiataccia a Eddie.
«Non ne sono così convinto.»
Meredith si sforzò di sorridere.
«Davvero, va tutto bene. Non ho bisogno di te, posso cavarmela anche da sola.»
«Segui il suo consiglio, Derek» ribadì Eddie. «Ci sono questioni in cui gli estranei non dovrebbero intromettersi. Vedo che anche Meredith, in un momento di lucidità, se n’è accorta. Siamo nel 1990: è normale che una donna vada in giro per un sotterraneo senza avere una guardia del corpo al suo seguito.»
Meredith ribadì: «Derek non è la mia guardia del corpo.»
«Però si comporta come tale.»
«Meglio dare questa impressione» replicò Derek, «Piuttosto che sembrare uno squilibrato incapace di parlare con una donna senza darle ordini. Forse sei tu quello che ha una visione antiquata delle donne. E oltretutto è solo uno dei problemi. Meredith mi ha lasciato capire che ti stai impegnando per renderle la vita impossibile. Diciamo che sono capitato qui per caso, ma sono ben lieto di mettere fine a questo vostro incontro.» Si rivolse a Meredith. «Ora ce ne andiamo. Se lo vorrai, quando saremo soli mi spiegherai per filo e per segno cos’è successo.»
«Tu non vai da nessuna parte, pupa» s’intromise Eddie, parlando a Meredith. «Ci sono alcune cose che ti devo ancora spiegare, a proposito di quel Parker che secondo te non sa di noi.»
Derek replicò: «Vorrà dire che gliele spiegherai un’altra volta.»
Meredith decise di seguirlo, di allontanarsi insieme a lui. Ignorò Eddie, che borbottava: «Chi è che ti rende la vita impossibile, pupa? E chi è che dà ordini?»

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Capitolo 4
*** Rick e Diane ***


Quando al lunedì mattina Brian arrivò al lavoro, seduto alla propria scrivania, Jonathan alzò gli occhi verso di lui.
«Sei in orario.»
Brian strabuzzò gli occhi.
«Non dovrei.»
Jonathan rise.
«Non capita molto spesso, ultimamente.»
«Non dire cazzate» replicò Brian. «È successo solo sabato mattina.»
Ripensò alla telefonata ricevuta in assenza di Jonathan, il quale aveva liquidato la questione come uno scherzo.
Non sembrava preoccupato e, anzi, non smetteva di ridere.
«Devo pensare che tu sia improvvisamente tornato in te e che ti sia dimenticato della tua bella attrice che, in attesa di una parte, tira avanti facendo la cameriera?»
Brian s’irrigidì. Per un attimo ebbe l’impressione che Jonathan avesse accuratamente evitato di pronunciarne il nome.
Si tolse il cappotto e lo appese all’attaccapanni.
«In realtà» mentì, «l’attrice l’ho vista proprio ieri sera.» Non aveva molto senso inventarsi di averla incontrata, ma preferiva che Jonathan lo pensasse. «È venuta di nuovo a trovarmi.»
«Buon per te.» Jonathan parlava con voce piatta. «Ed è stato un incontro positivo?»
Brian annuì.
«Molto positivo.»
«Molto positivo» ripeté Jonathan. «Bene.»
Per la prima volta da quando lo conosceva, Brian fu assalito da un senso di disagio e desiderò cambiare discorso.
«Chi dobbiamo vedere oggi?»
Jonathan scosse la testa.
«Non lo vuoi sapere davvero.»
Brian aggrottò le sopracciglia.
«Mhm... qualche questione di vita o di morte?»
«Come sempre.»
«Di cosa si tratta?»
«Un’anziana signora ha il sospetto di essere vittima di una truffa da parte di una presunta medium secondo la quale la sua defunta e adorata sorella sta cercando di mettersi in contatto con lei. Io mi rifiuto di credere che esistano morti così masochisti. Io, se fossi ormai giunto nell’altro mondo, mi guarderei bene dall’andare a cercare quella rompipalle di mia sorella. Non so se dovremmo accettare questo caso. Non mi sembra una buona idea.»
Brian gli ricordò: «Dato che il titolare sei tu, la decisione è tua. Io, però, non capisco perché dovremmo rifiutare.»
«Credo che la medium sia una cugina della madre di Claire.»
Brian sbuffò.
«Perché tutto deve sempre ruotare intorno a Claire?»
«Perché la amo?»
Giusto, doveva aspettarsi una risposta del genere, da parte di Jonathan. Brian si chiese se si sarebbe mai rassegnato.
“Deve farlo.”
Claire gli aveva telefonato proprio la sera precedente.
Come se avesse potuto intercettare i suoi pensieri, Jonathan volle sapere: «È da molto che non si è fatta sentire?»
Brian finse di non capire.
«La medium?»
Jonathan sospirò.
«Claire!»
«Sì.»
Fu la prima risposta che a Brian viene spontaneo fornire. A Jonathan non avrebbe fatto piacere scoprire ciò che l’amica gli aveva riferito durante la loro conversazione telefonica. Mentre il suo ex fidanzato ancora pensava a lei, Claire era convinta di avere incontrato quello che aveva definito come "amore con la 'A' maiuscola".
«Se dovessi sentirla» domandò Jonathan, «Potresti farmi la cortesia di riferirle che vorrei parlarle, non appena ha tempo?»
Brian avvampò.
«Certo, se dovessi sentirla.»
Jonathan sorrise.
«Grazie. Sapevo che avrei potuto contare su di te. Così come so che Claire, prima o poi, si renderà conto di quello che abbiamo perso.»
Brian non rispose.
“Speriamo che abbia ragione.”
Rimasero in silenzio a lungo, poi Jonathan osservò: «Certo che Claire è cambiata molto, rispetto a un tempo. È una cosa quasi inspiegabile.»
Brian si sforzò di non replicare.
"Claire si è stancata di te" avrebbe dovuto dirgli, "e prima ti rassegni, meglio è."
Non poteva. La vita di Jonathan era sempre stata fatta di illusioni. Non poteva permettersi di farle crollare.
«Mia nonna l'avrebbe definita un'Anima Nera» riprese l'altro. «Diceva che nessuno cambia profondamente, a parte loro, quando giunge il momento del risveglio.»
«Come ricorderai perfettamente, tua nonna aveva una fantasia smisurata.»
«Lo so.»
«Perfetto, allora» ribatté Brian. «Quindi possiamo archiviare le Anime Nere e lasciarle perdere una volta per tutte.»
«Non possiamo.»
Brian aggrottò le sopracciglia.
«E perché no?»
Jonathan rise, ma non sembrava una risata convinta.
«Siamo detective del paranormale o sbaglio?»
«Siamo detective "del paranormale", se proprio così ci vogliamo definire» convenne Brian, «Ma non diamo la caccia a creature che non esistono. Diamo piuttosto la caccia a truffatori, e solo perché non ci vengono affidati altri casi.»
Le Anime Nere, secondo le leggende che l'ormai defunta nonna di Jonathan si divertiva a raccontare in molte varianti, non avevano nulla a che vedere con i finti medium, ma tenevano tra le mani la vita e la morte degli umani. Nessuno moriva senza di loro e nessuno continuava a vivere senza di loro, qualunque cosa questa affermazione significasse. Si narrava che un tempo fossero stati semplici umani e che la loro vera natura fosse fuoriuscita nel corso del tempo, trasformandoli in creature sovrannaturali.
«Lo so, Brian, non diamo la caccia a creature immaginarie, ma soltanto a sedicenti medium che spillano soldi alla gente. Forse definirci detective del paranormale va un po' oltre il nostro effettivo ruolo.»
Brian annuì.
«Temo che tu abbia ragione.»
«Peccato, però. Almeno, se Claire non fosse altro che un'Anima Nera, la fine della nostra relazione avrebbe avuto un senso.»
«Tutto ha un senso» replicò Brian, seccato. «Forse non eravate fatti per stare insieme.»
Jonathan gli lanciò un'occhiataccia.
«Io e Claire eravamo una coppia perfetta. Non permetterò a nessuno di insinuare che non fossimo fatti per stare insieme.»
«Purtroppo per te, pare che Claire non la pensi così.»
Inaspettatamente Jonathan sorrise.
«Per ora! Lo sai, sono ottimista, quando si tratta del mio futuro con lei.»
Brian avrebbe desiderato mettere fine a quella conversazione, ma non ne ebbe modo. Jonathan vaneggiò a proposito di Claire ancora a lungo, quel giorno, così come in quelli successivi. Mise da parte perfino l'argomento Meredith, quando Brian inventò che si sarebbero rivisti nel fine settimana.
Giorno dopo giorno, purtroppo, il fine settimana era più vicino, senza che avesse idea di come fare a rintracciarla. Presto le domande di Jonathan sarebbero tornate, mentre non era ancora svanito il desiderio di scoprire chi fosse e da dove venisse.
Quando venne il venerdì sera, Brian avrebbe preferito continuare a occuparsi di quella questione, piuttosto che presentarsi a casa di suo fratello, che l’aveva invitato a cena, ma d’altronde come poteva? Quel giorno, che segnava una settimana da quando aveva conosciuto Meredith, era il compleanno di sua nipote Patricia e, come se non bastasse, aveva già confermato la sua presenza.
“Se tornerò a casa presto, magari, potrò comunque continuare la mia ricerca.”
Aveva passato le sere precedenti a cercare Meredith nei più disparati locali di Acid Corn e, non avendo ancora realizzato il proprio scopo, era intenzionato a proseguire. Sperava di non doversi interrompere proprio quella sera.
Si mise in macchina e, strada facendo, si fermò in un negozio di alimentari, guadagnandosi un’occhiataccia da parte della titolare, una signora sulla cinquantina che sicuramente non vedeva l’ora di chiudere e di andarsene a casa.
«Ha visto che ore sono?» sbottò la donna, indicandogli un grande orologio appeso alla parete. «È tardi, ormai!»
«Sono le diciotto e cinquantasette» replicò Brian, con un sorriso. «Il negozio chiude alle diciannove e quindici, o almeno così sta scritto sulla porta.»
La donna lo fulminò nuovamente con lo sguardo, mentre Brian la informava che gli serviva un dolce confezionato con il quale fare una figura quantomeno discreta quando si fosse recato alla cena.
L’anima della commerciante riaffiorò, sovrastando quella di donna annoiata: finì per illustrargli tutto l’assortimento.
Dopo avere finto di ascoltare le sue “preziose” informazioni, Brian acquistò il prodotto più costoso, nella speranza di guadagnarsi la sua stima. Purtroppo la conquista del suo apprezzamento lo mise di fronte a un risvolto negativo che non aveva considerato: fu infatti costretto a sorbirsi un lungo monologo sulla scomparsa, risalente a parecchi anni prima, della figlia di una conoscente di quella donna, che da tempo aveva lasciato Acid Corn per trasferirsi altrove e che, quando viveva ancora ad Acid Corn, si faceva chiamare AJ o qualcosa del genere, e di cui poi si erano perse le tracce.
Si erano fatte le sette e un quarto e, non appena Brian notò quel significativo particolare sull’orologio a muro, fece notare alla titolare: «È ora di chiudere.»
«Se vuole può fermarsi ancora qualche minuto» gli propose la signora. «Probabilmente anche lei si ricorda di quel caso ormai dimenticato dalla cronaca...»
«Mi dispiace, ma non ricordo nulla» rispose Brian, conscio di darle una delusione. «Inoltre mio fratello mi sta aspettando per cena. Non vorrà certo che un quarantenne vedovo e completamente solo trascorra la serata contemplando in totale solitudine il lampadario della cucina.»
Aveva chiaramente esagerato: Rick era rimasto vedovo diversi anni prima, questo era vero, ma aveva una figlia di diciotto anni e, oltre a lei, una donna alla quale era sempre più legato. A proposito di quest’ultima, Brian non aveva mai incontrato Diane Evans prima di quella sera e proprio in quell’occasione avrebbe avuto modo di conoscerla.
Una volta uscito dal negozio, tornò alla propria automobile, che aveva parcheggiato venti minuti prima dall’altra parte della strada. Attraversò le ultime vie che lo separavano da quella in cui Rick abitava, lasciò la macchina nelle vicinanze e si avviò verso l’ingresso, tornando però indietro quando si rese conto di avere dimenticato il dolce sul sedile posteriore.
Finalmente riuscì a raggiungere il portone senza ulteriori contrattempi e cercò il nome di suo fratello sul citofono. Sul pulsante vi era scritto “RICHARD CONNOR, 2° piano” e, contrariamente a quanto Brian si aspettava, su quello dell’altro appartamento situato al secondo piano, sulla quale l’ultima volta non c’era nulla, stavolta c’era un’etichetta con la scritta “STORM”.
Brian sussultò.
Proprio in quel momento il portone si aprì.
Brian rimase immobile, con la bocca spalancata. Meredith era la creatura più simile a una sirena che avesse mai avuto modo di vedere. Se il paragone era troppo avventato, lo era soltanto perché, non avendo mai avuto modo di vedere una creatura acquatica catalogabile sotto quel nome, non poteva fare confronti.
«T-tu... tu...» balbettò, «Tu sei qui...»
Meredith sorrise.
«È un piacere rivederti, Brian.»
«Il piacere è tutto mio.»
Tra tutte le sorprese che avrebbe potuto arrivare a immaginare, quella non era minimamente contemplata.
«Abiti qui?»
«Sì.»
«Devi esserti trasferita da poco vicino a mio fratello e a mia nipote, allora.»
Meredith annuì.
«Sapevo che si chiamavano Connor, ma non avrei mai pensato che fossero parenti tuoi.»
«Invece sì, il mondo è piccolo.»
«Sono felice che sia piccolo» rispose Meredith. «Almeno sono riuscita a rincontrarti molto prima di quanto potessi pensare.»
«Avresti potuto venire a trovarmi» replicò Brian, un po’ infastidito. «Sai perfettamente dove abito.»
«Avevo paura di disturbare.»
«Stai scherzando? Tu non disturberesti mai.»
Meredith scosse la testa.
«Queste sono solo frasi fatte. Vorrei vederti, messo di fronte al fatto compiuto.»
«Puoi mettermi di fronte a tutto quello che vuoi» insisté Brian. «Io sarò sempre profondamente felice di vederti.»
«Lo spero.»
«Io, invece, spero che per te sia lo stesso.»
Meredith sorrise, annuendo.
«Certo, Brian.»
«Allora quando ci rivediamo?»
«Non lo so.»
«Potresti sforzarti di trovare un po’ di tempo per me» ribadì Brian. «L’idea di essere il solo a desiderarlo...»
Meredith lo interruppe: «Non ho mai detto di non essere interessata a rivederti.»
Brian la accusò: «Mi hai dato questa impressione.»
La voce di Meredith si fece tagliente.
«Sai, Brian, a volte le impressioni potrebbero anche essere sbagliate. Ora scusami, però: devo andare, altrimenti farò tardi al lavoro. Buona serata.»
«Grazie, anche a te.»
Meredith fece per avviarsi, ma si fermò.
«Lavoro al Rifugio del Drago» lo informò. «Mi piacerebbe se venissi a fare un giro alla festa di carnevale, martedì sera.»
«Questo martedì?»
«Sì. Di ultimo martedì di carnevale ce n'è solo uno.»
Brian la interruppe: «Certo che posso. Grazie per avermelo detto. Verrò sicuramente.»
Meredith lo salutò con un sorriso e stavolta se ne andò.
Brian la guardò attraversare la strada e allontanarsi. Avrebbe pagato qualsiasi cifra per poter andare con lei. La sua unica alternativa, però, era restare dov’era e suonare il campanello.
La voce di Patricia, al citofono, arrivò chiara e decisa.
«Chi è?»
«Sono Brian. Spero di non essere in ritardo.»
Sua nipote aprì il portone, così salì fino al secondo piano. Patricia lo accolse con gioia e, forse, anche con un pizzico di disappunto.
«Sì, sei un po’ in ritardo, in effetti.»
«Lo so» ammise Brian, mettendole davanti agli occhi il dolce confezionato. «Ci ho messo del tempo a comprare questo.»
Patricia esaminò con aria perplessa la scatola.
«Beh, mettilo pure in cucina» lo esortò, infine.
Gli fece strada e Brian si trovò davanti Rick e una donna sui trentacinque anni, con lunghi capelli castani ondulati e un abito dai colori scuri.
Erano seduti, ma la fidanzata di Rick scattò immediatamente in piedi. Era di media statura, piuttosto slanciata.
«Tu dovresti essere Brian.»
«Proprio così.»
«Io sono Diane» si presentò. «È un piacere conoscerti.»
Per un attimo Brian si sentì spiazzato dal suo sguardo penetrante.
«L’avevo intuito» le disse, infine. «Rick mi ha parlato molto di te.»
Diane sorrise.
«Bene o male?»
«Benissimo» la rassicurò Brian. Allungò a Rick il dolce. «Questo dove posso appoggiarlo?»
Prima che Rick gli rispondesse, Patricia glielo tolse di mano.
«Ci penso io.»
Dopo essersi liberato della scatola, Brian domandò al fratello, fingendo un’aria del tutto indifferente: «Si è trasferito qualcuno nell’appartamento di fronte?»
All’improvviso calò il silenzio.
Rick e Diane si scambiarono un’occhiata.
«Allora?» insisté Brian. «C’è qualcuno di nuovo?»
Rick annuì.
«Mhm, in realtà sì.»
«Una donna, vero?»
Rick lo fissò con occhi indagatori.
«Come fai a saperlo? Sul campanello c’è scritto soltanto il cognome.»
«Ho incrociato una donna stupenda, prima di salire» lo informò Brian, omettendo il dettaglio non trascurabile che lui e quella donna erano stati a letto insieme, una settimana prima. «Non l’avevo mai vista prima, da queste parti, quindi ho pensato che potesse essere una tua nuova vicina.»
«È da qualche settimana che abita qui, in effetti» gli spiegò Rick. «Soltanto di recente, però, ha messo il nome sul campanello.»
«Capisco. Sai per caso da dove viene?»
«No. So solo che, come ti ho detto, si è trasferita qui poco tempo fa.»
Brian avrebbe dovuto tenere a freno la lingua, ma non ne fu capace.
«Che cosa fa nella vita?»
«Vedo che sei molto curioso» intervenne Diane.
«Non farci caso» la pregò Rick. Si rivolse poi a Brian: «Per quanto ne so Meredith - questo è il suo nome - sogna di fare l’attrice e, in effetti, è riuscita ad avere qualche parte secondaria in teatro. Il suo lavoro principale, comunque, è un altro: fa la cameriera in un locale del centro. Sei soddisfatto della mia risposta?»
Brian annuì, anche se avrebbe desiderato spingersi oltre e domandargli altre informazioni su Meredith.
Si rassegnò.
“Per stasera abbiamo già parlato anche troppo di lei.”
Sperò di poter accennare nuovamente all’argomento dopo cena, ma non fu così. Sia durante sia dopo, Diane si rivelò una vera maestra nel monopolizzare ogni conversazione. Brian non sapeva se sentirsi disturbato o sollevato da quella sua attitudine.
Rimasero soli appena per qualche istante, prima che Brian se ne andasse. Diane lo raggiunse mentre si allacciava il cappotto. Gli disse che era felice di aveo conosciuto, specie considerando che prevedeva di far parte della vita di Rick molto a lungo.
Gli confidò: «È l’unica persona di cui mi fido. Ogni mattina, quando mi sveglio, mi chiedo se non sia stato solo un sogno. Invece mi rendo conto che è reale, ed è la consapevolezza migliore che io abbia mai avuto.»
«Mi fa piacere per voi.»
Diane sorrise alle parole di Brian.
«Anche a me. Non credevo che l'amore esistesse davvero, questo tipo di amore, almeno. Va bene, basta così, ti sto sommergendo di vaneggiamenti melensi. Parliamo piuttosto del tuo lavoro. Sei un detective, su cosa hai lavorato negli ultimi tempi?»
«Se ti raccontassi di che cosa mi sono occupato di recente» ribatté Brian, «Mi chiedesti perché non mollo tutto e non mi trasferisco nelle campagne fuori Acid Corn per dedicarmi all'allevamento di animali da fattoria.»
Diane ridacchiò.
«Vedremo.»
«Vedremo» convenne Brian, «Quando te ne racconterò.» Guardò l’orologio. «Non adesso, perché è veramente tardi. Torno in sala da pranzo a salutare Rick e Patricia, poi me ne vado.»
Diane lo seguì e tornò a sedersi accanto a Rick.
Quando Brian annunciò che stava per andare via, Patricia scattò in piedi.
«Ti accompagno alla porta.»
Brian aggrottò le sopracciglia.
«Come hai detto?»
Patricia ripeté: «Ti accompagno alla porta.»
«So dov'è.»
«Non importa. Ti accompagno più che volentieri.»
Si avviarono insieme e, proprio mentre Brian apriva la porta, sua nipote osservò, abbassando la voce: «Stai già iniziando a perdere qualche colpo. C'è un motivo preciso se ti ho accompagnato fin qui.» Patricia si guardò intorno, come a controllare che suo padre o Diane non fossero nei dintorni. Erano ancora in sala da pranzo, a giudicare dalla provenienza delle loro voci. «Cosa ne pensi di lei?»
«Di Diane?» Brian fu di poche parole. «È una bella donna.»
Patricia sbuffò.
«Non intendevo questo!»
«Oh... Mi sembra...» Brian esitò. «Mi sembra una persona a posto.»
«Mhm...»
«A te no?»
«Non ho detto questo» assicurò Patricia, «Ma ho l'impressione che abbia qualcosa da nascondere.»
Brian ridacchiò.
«Tu sei come tutte le donne: sei sospettosa per natura.»
Patricia scosse la testa.
«Non è colpa mia se vengo istigata dalle circostanze. Ti confesso che Diane non mi ha mai convinta fino in fondo.»
«Sono sicuro, allora» la rassicurò Brian, «Che un giorno ti stupirà.»
«Spero non in negativo!»
«Lo spero anch'io. Rick merita un po' di felicità.»
Patricia lo guardò con aria di approvazione.
«Sono d'accordo con te. Speriamo che vada tutto bene.»

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Capitolo 5
*** Il ritorno di Dominick ***


Incontrare Brian era stato l’inizio e la fine dei sogni: l’inizio, perché metteva Meredith di fronte alla prospettiva di poterlo rivedere, la fine, perché era sicura che, se così fosse accaduto, la situazione sarebbe precipitata.
Si sedette a terra, contro la parete dello spogliatoio, chiedendosi se ci fosse una via d’uscita.
“Forse, se riuscissi a convincere Alicia a...”
Il suo pensiero s’interruppe sul nascere. Alicia era succube di Dominick ed era perfino stata costretta a raccontare il proprio segreto a un’amica, per avere qualcuno che le impedisse di trasformarsi in una pedina tra le mani di quel pazzo. Di conseguenza Alicia, da sola, non avrebbe mai potuto fare niente per aiutarla.
“E sono di nuovo al punto di partenza.”
La porta si spalancò.
Meredith sussultò. Quando riuscì a calmarsi, alzò gli occhi e vide Derek.
«Ancora tu.»
«Scusa, Meredith, non volevo spaventarti.»
Meredith non accennò minimamente ad alzarsi in piedi.
«Non l’avresti fatto, in circostanze normali.»
Derek si avvicinò.
«Tu entri nello spogliatoio e non esci più. Io vengo a vedere che fine hai fatto. Che cosa c’è di più normale di tutto questo?»
Meredith sospirò.
«In un certo senso hai ragione.»
«Vedendo le cose da un altro punto di vista, però, c’è qualcosa di più» osservò Derek. «Si direbbe che tu sia già al corrente della novità.»
Meredith aggrottò le sopracciglia.
«Quale novità?»
Derek spalancò gli occhi.
«Vuoi dire che non sai niente?!»
Meredith continuò a non capire.
«Cosa dovrei sapere?»
Derek le si avvicinò e si sedette accanto a lei.
«Pensavo che, se sei arrivata così presto...»
Meredith lo interruppe: «Non sono arrivata presto, ma le altre volte arrivo tardi.» Sorrise. «Dopotutto dovresti saperlo, viste le prediche che sono costretta a sorbirmi ogni volta in cui mi pari il culo.»
«Appunto» ribatté Derek. «Mi sembrava strano che tu fossi arrivata in perfetto orario senza che ci fosse un motivo.»
«Forse non avevo motivo di fare tardi.»
«Forse non hai incontrato uomini avvenenti sulla tua strada, questa sera.»
«In realtà» ammise Meredith, «Ho rivisto Brian.»
«Oh.»
Derek sembrava sinceramente stupito.
Meredith gli domandò: «Ti sembra una cosa così strana? In fondo le persone normali non fanno altro che incontrare altre persone.»
«Sì, ma tu...»
«Aspetta, Derek, non so se...»
«Non interrompermi.»
Meredith sbuffò.
«Anche tu mi stai interrompendo.»
Derek la ignorò.
«Tu, di solito, cerchi di evitare le relazioni stabili.»
«E chi ha parlato di relazioni?» ribatté Meredith. «Io e Brian ci siamo incontrati mentre andava a casa di suo fratello e di sua nipote che, tra parentesi, abitano di fronte a me.»
«Quindi vuoi dire che...?» Derek non terminò la frase. «Meredith, ti rendi conto che tutta questa storia è assurda?»
«Io non la trovo per niente assurda» replicò Meredith, perfettamente consapevole di ciò che Derek non aveva esplicitamente pronunciato. «Le cose sono andate in un certo modo e io non posso farci niente.»
Era solo una parte di verità. In ogni caso, non era stata lei a decidere quale dovesse essere il rapporto di parentela tra Rick Connor e l’uomo che sognava.
«Va bene, le cose sono andate così» accettò Derek, «Ma avevi sicuramente un’idea, anche solo vaga, del casino in cui ti stavi cacciando.»
Meredith sospirò.
«Il vedovo inconsolabile non mi metterà i bastoni tra le ruote.»
«Almeno lui.»
Meredith si girò a guardare Derek, lanciandogli un’occhiata gelida.
«Mi stai dicendo che hai intenzione di impicciarti nella mia vita privata?»
«Sai che non lo farei mai.»
«Eppure...»
«Eppure» la interruppe Derek, «Penso che tu stia facendo una cazzata colossale. Come pensi che reagirebbe tuo fratello, se sapesse che...» Esitò. «Insomma, se sapesse che cosa c’è tra te e quel tipo.»
Meredith s’irrigidì.
«Perché dobbiamo parlare di lui?»
«Quello che non capisco» replicò Derek, «È perché non dovremmo. Tra te e Dominick c’è pur sempre un legame di sangue.»
«Non lo vedo da molto tempo.»
«Ma un giorno potresti rivederlo.»
Meredith rabbrividì, ripensando al biglietto che le aveva lasciato.
«Lo so.»
«E quel giorno» insisté Derek, «Potrebbe arrivare molto prima di quanto tu creda. Anzi, sono sicuro che le cose andranno così.»
«Sembra quasi che tu sappia...»
Meredith s’interruppe, realizzando che, effettivamente, sapeva. Doveva essere stata Alicia a informarlo.
Derek si mise subito sulla difensiva.
«Di qualunque cosa tu mi stia accusando, sappi che le cose non sono andate così.»
«Non dico che tu l’abbia incontrato ad Acid Corn» precisò Meredith, «Ma potresti avere ricevuto delle informazioni.»
«Mi è chiaro di che cosa tu stia parlando» puntualizzò Derek, «Ma la realtà è molto peggiore di quanto tu stia ipotizzando.»
«Quindi» dedusse Meredith, «Mi stai confermando che Dominick è tornato ad Acid Corn e che tu lo sai.»
«Sì. Lo so per certo.»
Meredith annuì.
«Alicia...»
«No» si affrettò a interromperla Derek, «Alicia non c’entra niente, né ha a che vedere con il suo ritorno, che io sappia.»
«Allora chi è stato a dirti che Dom è qui?»
«Sono stati i miei occhi» la informò Derek, finalmente, «Stasera, quando l’ho visto.»
Meredith raggelò.
«Mio fratello è ad Acid Corn e tu l’hai incontrato stasera stessa?»
«Esatto.»
«Dove?»
Derek si lasciò andare a una risata inquietante.
«È proprio questo il nostro cazzo di problema!»
«Mi stai dicendo che è più vicino di quanto io creda?»
«In un certo senso. È da quando sono entrato che cerco di dirtelo. In realtà pensavo che tu lo sapessi già.»
«Io non so niente» gli ricordò Meredith, «E ti sarei molto grata se la smettessi di raccontarmi le cose solo a metà.»
«E va bene» si arrese Derek. «Dominick Storm è tornato ed è qui, in questo locale. Sei contenta, ora che lo sai?»
Meredith si sentì spiazzata.
Dominick era a pochi passi da lei. Era al Rifugio del Drago. L’incubo era ricominciato.
«Mi ha trovata» mormorò. «Mi ha trovata, e stavolta non me ne libererò tanto facilmente.»
«No, non te ne puoi liberare» confermò Derek.
«Allora me ne vado» dichiarò Meredith. «Esco dal retro e ti inventerai una scusa. Dì che non sto bene. Domani cercherò di...»
Derek la interruppe: «Il problema non è solo oggi. Dominick lavora qui.»
Meredith sussultò.
«Cosa?!»
«Dominick» ripeté Derek, molto lentamente, «Lavora qui. È il sostituto di Alek.»
«Oh, maledizione! Ma certo, avrei dovuto pensarci. L'incidente di Alek è capitato proprio al caso suo.»
Derek si alzò in piedi.
«Purtroppo Dominick ha avuto una certa fortuna.»
Meredith si alzò a propria volta, scuotendo la testa.
«Temo che non sia questione di fortuna.»
«Non c'è altra spiegazione.»
«Invece sì» insisté Meredith. «Conosco mio fratello. Quando vuole qualcosa, se lo prende, a tutti i costi.»
«Adesso non vorrai insinuare che c'entri qualcosa con l'incidente.»
«Mi sembra evidente. Cos'è successo esattamente ad Alek?»
«Non ha frenato in una curva ed è cappottato in un fosso.»
Meredith si mordicchiò un labbro.
«Mhm... questo la dice lunga.»
«Adesso non vorrai insinuare che Dominick gli abbia manomesso i freni della macchina!»
Meredith sospirò.
«Ma no, come potrei sospettare una cosa del genere da parte di un ragazzo innocente come Dom?»
«Scherzi, vero?»
«Dovresti capirlo anche da solo. Dom è pronto a tutto. È opera sua, quello che è successo ad Alek!»
Derek scosse la testa.
«Non aveva motivo per...»
«Ce l'aveva eccome» replicò Meredith. «Era sulle mie tracce già da tempo. Vuole avermi sotto controllo. Stavolta non si arrenderà tanto facilmente.»
«Se vuoi posso provare a parlargli.»
«Parlargli? Con mio fratello? È tempo sprecato, lo sai.»
La porta dello spogliatoio, lasciata accostata da Derek, si spalancò.
Meredith trattenne a stento un sussulto, nel rivedere Dominick.
Si sforzò di sorridere.
«Ecco, cosa ti dicevo?»
Dominick le lanciò un'occhiataccia.
«Meredith, non ci credo. Sono tornato e nemmeno mi saluti?»
Meredith fece un profondo respiro.
«Ciao, Dom. Bentornato. Ti basta?»
Suo fratello rise.
«Forse.»
«Fattelo bastare.»
«Non parlarmi con questo tono, Meredith» replicò Dominick. «Ti ricordo che siamo fratello e sorella.»
«Già, purtroppo.»
Dominick le si avvicinò.
«Dovresti smetterla di recriminare, e soprattutto dovresti smetterla di farlo davanti a un estraneo.» Si rivolse a Derek. «Lasciami solo con mia sorella.»
Derek obiettò: «Non sono del tutto sicuro che lei lo desideri.»
«Quello che desidera lei» obiettò Dominick, «Non ha molta importanza. Io sono qui e deve accettarlo.»
Meredith si girò a guardare Derek.
«Ti prego, lasciaci soli.»
Avvertì un moto di disgusto nei confronti di se stessa. Non le piaceva essere così arrendevole. Dominick non doveva avere un potere del genere su di lei.
«Se non lo vuoi davvero» le ricordò Derek, «Non devi chiederlo.»
Dominick gli ordinò: «Vattene subito.»
Derek non si mosse.
«Solo quando sarà Meredith a pregarmi di farlo.»
«L'ha già fatto.»
«Non era convinta.»
Prima che Dominick potesse replicare, Meredith ribadì: «Lasciaci soli, Derek. È la cosa migliore da fare.»
Senza obiettare, Derek si avviò verso la porta e se ne andò.
Dominick sorrise.
«Brava, Meredith. Hai capito come vanno le cose, finalmente. Sono fiero di avere una sorella come te.»
Meredith lo guardò negli occhi.
«La cosa non è reciproca.»
Dominick ricambiò lo sguardo.
«Sai cosa ti dico, Meredith? Da un'ingrata come te non mi aspettavo altro che questo.»
«Cosa vuoi?»
«Niente, solo mettere in chiaro alcune cose. Per esempio, mi dispiace che ci siano stati dei dissapori tra noi, in passato. Non volevo che la situazione precipitasse.»
Meredith scosse la testa.
«Ti senti? Quello che dici è ridicolo.»
Dominick obiettò: «Il passato è passato, ormai. Ci siamo solo noi, non importa più quello che è successo con Alicia.»
«Sa che sei qui?»
Dominick fulminò Meredith con lo sguardo.
«Questi non sono affari tuoi.»

***

Sul campanello non vi era alcun accenno alla presenza di Alicia tra i residenti dell'appartamento, ma Meredith era bene informata sul fatto che vi abitasse. Aprì la porta una ragazza con lunghi capelli neri. Portava gli occhiali, con lenti fotocromatiche rimaste ancora un po’ giallastre dopo una recente esposizione al sole.
«Amberlee Ferguson?» domandò Meredith.
L'altra annuì.
«In persona.»
«C'è Alicia?»
Amberlee le lanciò un'occhiata interrogativa.
«Cosa ti fa pensare che io lasci entrare una perfetta sconosciuta?»
«Alicia mi conosce, e anche piuttosto bene.»
«Ma io no.»
«Mi chiamo Meredith.»
L'espressione perplessa di Amberlee non mutò.
«Non conosco alcuna Meredith.»
«E se ti dicessi che il mio cognome è Storm?»
Amberlee spalancò gli occhi.
«Oh.» Si rivolse, a voce alta, ad Alicia, che evidentemente era in casa. «Ehi, c'è la sorella della tempesta vivente ti cerca.»
Dall'interno dell'appartamento provenne la voce di Alicia.
«Cosa vuole?»
Meredith osservò: «Direi che posso entrare.»
Amberlee scosse la testa.
«Non mi pare che tu sia stata invitata a farlo.»
Meredith la spinse da parte.
«A volte bisogna prendersele da soli, certe libertà.»
Entrò nell'appartamento a passo spedito.
«Ehi» la chiamò Amberlee, «Non permetterti di...»
«Troppo tardi» la interruppe Meredith. «Ormai sono già dentro e non tornerò indietro.» Alzò la voce. «Alicia, dove sei?»
L'altra emerse da una stanza da letto. Meredith fu piacevolmente sorpresa nel non provare più alcuna emozione, in sua presenza, nonostante tutto quello che era successo in passato.
«Sono qui.» Alicia indossava una vestaglia bordeaux, in tinta con le ciabatte di panno. «Come ti permetti di disturbarmi senza motivo?»
«Naturalmente non sono qui senza motivo» puntualizzò Meredith. «Possiamo parlare?»
«Veramente stavo finendo di piegare la biancheria» replicò Alicia. «Anche quella delle coinquiline mie e di Amber, che se ne sono andate fuori città lasciando qui tutta la roba da lavare. Quelle due sono...»
Amberlee, che le aveva raggiunte, le ricordò: «Non è necessario che tu racconti a Meredith la storia della loro vita. Anzi, credo che sia meglio.»
«La cosa migliore sarebbe che Meredith non fosse mai venuta qui» obiettò Alicia. «Accompagnala alla porta.»
Rientrò nella stanza, ma Meredith la seguì e mise in chiaro: «Non sono venuta qui per andarmene.»
«Ma lo farai.»
«No» insisté Meredith. «Stammi a sentire, Alicia, non sono venuta qui per farti perdere tempo. C’è una cosa che devo dirti.»
«Devo piegare i panni» le ricordò Alicia, indicandole un cumulo di biancheria appoggiata dall’altro lato del letto.
«Questo» replicò Meredith, «Non ti impedisce di ascoltarmi.»
Alicia sbuffò.
«Okay, hai vinto tu. L’importante è che tu abbia davvero qualcosa di importante da dirmi, altrimenti ti caccerò fuori a calci nel culo.»
«Ovvio che ho qualcosa di importante da dirti. Si tratta di Dominick.»
Alicia sospirò, sedendosi sul bordo del letto.
«Wow, che gioia. Speravo almeno che l'argomento di cui volevi parlarmi fosse un altro.»
«Purtroppo» la informò Meredith, «Mio fratello è tornato ad Acid Corn. Non sono convinta che abbia buone intenzioni.»
Alicia puntualizzò: «Dominick non ha mai buone intenzioni.»
«Stavolta è peggio delle altre volte.»
Amberlee, che evidentemente le aveva seguite, s’intromise: «Essere un'Anima Bianca a volte non è esattamente una passeggiata.»
Alicia si girò verso di lei e le lanciò un'occhiataccia.
«Lascia perdere» le suggerì Meredith. «Anche se sta al tuo seguito non si rende davvero conto di che cosa significhi.»
«No, nemmeno un po'.»
Amberlee parve offesa, mentre obiettava: «So come funziona. Nessun contatto con le persone della vita precedente. Non deve essere piacevole, anche se nel mio caso forse lo sarebbe.»
Meredith la ignorò e si sedette sul letto accanto alla sua amica di un tempo.
«Alzati» le ordinò Alicia. «Non ti ho detto che puoi piazzarti qui a tuo piacimento.»
«Non me ne frega niente di quello che dici tu» replicò Meredith. «Non ho bisogno della tua autorizzazione.»
«Peccato che l’affitto di questo appartamento non lo paghi tu.» Si rivolse alla coinquilina: «A proposito, Amber, quando hai intenzione di darmi la tua quota?»
Amberlee non rispose alla sua domanda e annunciò: «Io devo uscire.»
In effetti, a differenza di Alicia, indossava una camicia bianca abbinata a pantaloni scuri e decolleté nere.
«Caso strano, devi uscire proprio adesso.» Alicia rise. «Non cambierai mai.»
«D’altronde perché dovrei?» ribatté Amberlee. «La gente mi apprezza per quella che sono.»
Meredith intervenne: «Dovete continuare ancora per molto? Sembra che non ve ne importi niente del fatto che mio fratello sia in città.»
«Infatti ad Alicia non importa niente» le assicurò Amberlee.
Meredith guardò Alicia. Non le parve molto convinta, ma non disse nulla.
Amberlee proseguì: «Dominick Storm è stato solo un capitolo spiacevole della sua vita.»
«Dominick non è stato solo un capitolo spiacevole» precisò Meredith. «È stata la sua rovina.»
Alicia continuava a tacere.
«Ehi» la esortò Amberlee, appoggiata allo stipite della porta. «Dì qualcosa. Dille che deve andarsene e tenere le sue chiacchiere lontane da casa nostra.»
«L’unica cosa che dico» replicò Alicia, infine, «È che ho il bisogno impellente di fumare una sigaretta. Me ne porti una?»
Amberlee le ricordò: «Le hai finite. E le ho finite anch’io. Stavo andando a comprarle.»
Meredith la guardò.
«Vestita così?»
Amberlee sbuffò.
«Ovvio che no. Ho anche qualcos’altro da fare.»
«Spero che non sia incontrare qualche pazzo come mio fratello convincendoti che sia solo un capitolo della tua vita. Fare la fine di Alicia non è bello, te lo assicuro.»
Amberlee si avvicinò.
«Bada ai cazzi tuoi, Meredith Storm.»
«Io bado ai cazzi miei, fintanto che tu non ti intrometti in affari che non ti riguardano. Vai a comprare le sigarette e lasciaci sole.»
Inaspettatamente Alicia la pregò: «Non farlo, Amber.»
Il suo tono appariva esitante, come se fosse davvero preoccupata.
«Vedo che alla fine sei pronta ad ammettere come stanno le cose e non vuoi rimanere sola con me a sentirti dire la verità» osservò Meredith. «L’idea che Dominick possa farti ancora del male ti spaventa.»
Alicia non rispose.
Meredith insisté: «Credo che sia proprio quello che vuole fare, o meglio, che sia uno dei suoi due obiettivi.»
«Tanto per curiosità» intervenne Amberlee, «L’altro quale sarebbe?»
«L’altro è fare del male a me» le spiegò Meredith, «E alle persone che mi stanno intorno. Questo, però, è un problema mio.»
Pronunciare quelle parole ad alta voce le ricordò ancora una volta che non poteva esporre Brian a un pericolo così grande.
“Quando verrà al locale, martedì sera, Dom capirà che cosa provo per lui.”
Non avrebbe potuto permettersi di andare al lavoro, la sera in cui Brian si sarebbe presentato al Rifugio del Drago. Per fortuna c’era Derek, che l’avrebbe coperta ancora una volta, senza chiederle nulla in cambio, se non di far parte della sua vita.

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Capitolo 6
*** Carnevale ***


Dopo giorni d’attesa era arrivato il martedì sera. Sebbene un po’ terrorizzato dall’idea di ritrovarsi di fronte a individui mascherati in modo improbabile, Brian non avrebbe rinunciato per nulla al mondo alla serata al Rifugio del Drago.
Fortunatamente Rick non aveva sollevato obiezioni quando gli aveva nominato il locale in cui lavorava Meredith e l’aveva pregato di accompagnarlo.
“Così, almeno, raggiungerò un doppio scopo.”
Aveva sentito Patricia, due sere prima, che gli aveva rivelato di essere piuttosto preoccupata. Non era stato semplice farsi confidare che cosa le passasse per la testa, ma alla fine c’era riuscito. C’entrava una donna, con la quale sembrava che Rick avesse avuto una storia prima di iniziare a frequentare Diane anche fuori dal lavoro. Al Rifugio del Drago, lontano dalle orecchie indiscrete di Patricia, Brian avrebbe provato a chiedergli di lei.
Scese le scale in fretta, salì in macchina e si diresse verso il locale. Parcheggiò poco lontano e, quando arrivò davanti all’entrata, si accorse che Rick lo stava aspettando.
Aveva un’aria perplessa.
«Sei sicuro che questo posto faccia per noi?»
«Avresti potuto dirmelo prima, se non ti andava di venire» obiettò Brian. «Mi avevi detto che andava bene.»
«Non sapevo che fosse così... mhm... così...» Rick si guardò intorno. «Non credo che là dentro ci sia gente come me.»
Brian alzò gli occhi al cielo.
«Che cosa te ne frega dell’altra gente?»
Rick non rispose. Per fortuna lo seguì senza esitazioni all’interno del locale, dal quale proveniva musica ad alto volume.
Brian notò che suo fratello si guardava intorno.
«Non sei convinto, vero?»
Rick rise.
«No, per niente. Specie dopo avere visto quella gente là in fondo...» Indicò alcune persone abbigliate come i personaggi di un cartone animato che Brian non riuscì a identificare. «Credo di essere troppo vecchio per queste cose.»
«C’è anche tanta gente non mascherata» puntualizzò Brian. «Non siamo gli unici.»
Rick continuò a ridere.
«Dovrei trovarlo consolatorio?»
«Al posto tuo, direi di sì.»
«Allora ci proverò, ma solo per fare un piacere a te.»
Si sedettero a un tavolo e si avvicinò subito un cameriere. Brian lo scrutò con attenzione. Aveva capelli scuri e vistosi occhi azzurri, era alto circa un metro e ottanta e la sua età doveva aggirarsi tra i venticinque e i trent’anni.
«Tu cosa prendi?» gli chiese Rick.
Brian chiese al cameriere di portargli il primo analcolico che gli venne in mente, dal momento che aveva intenzione di rimanere lucido il più possibile. Rick ordinò a sua volta, dopodiché il collega di Meredith si allontanò.
Brian si guardò intorno, sperando di vederla, ma si accorse che non era da nessuna parte. Probabilmente quella sera non era di turno.
«Si può sapere che cos’hai?» gli chiese Rick. «Per caso stai cercando qualcuno?»
«No» rispose Brian, secco. Per evitare di soffermarsi sull’argomento, decise di cambiare totalmente discorso. «Come sta Diane?»
«Che cosa c’entra Diane?» replicò Rick. «Non...»
Brian lo interruppe: «Tu e Diane mi sembrate parecchio affiatati, quindi direi che c’entra eccome. Mi sembra che le cose vadano bene tra di voi.»
Gli occhi di Rick brillarono per un attimo.
«In effetti sì.»
«A quando la proposta di matrimonio?»
Rick abbassò lo sguardo.
«Adesso non esageriamo.»
«Non mi pare esagerato» obiettò Brian. «State bene insieme, che cosa manca prima del grande passo?»
Rick scosse la testa.
«Niente. Dannazione, non c’è niente che manca, solo che...»
Brian ebbe un’illuminazione: forse aveva colpito nel segno e le preoccupazioni di Patricia erano più reali di quanto avesse creduto.
«Non sei convinto?» si affrettò a chiedergli. «Mi sembra così strano: è l’unica donna a cui tu ti sia legato dopo la morte di Sheila.»
«Sheila è ancora troppo presente nella mia vita» gli spiegò Rick. «Non me la sento di impegnarmi fino a quel punto con un’altra donna.»
Brian era ormai sicuro che ci fosse dell’altro.
«Però non hai mai avuto altre relazioni, oltre a quella con Diane. Per quale motivo non dovresti interpretarlo come un segnale?»
Rick gli sembrò spaesato.
«Ecco, forse il motivo è un altro. Non fraintendermi, non ti ho mentito dicendo che si tratta di Sheila, però...»
Brian si finse sconvolto.
«Hai avuto altre donne oltre a Diane?!»
Rick sospirò.
«Una storia poco importante, ormai finita da tempo. Tra l’altro mi ero già accorto che Diane era interessata a me, perciò mi sono affrettato a chiudere.»
Brian si finse offeso.
«Non me ne avevi mai parlato.»
«Era qualcosa di poco importante» insisté Rick. «Nessuno ne ha mai saputo niente, a parte me e lei, almeno credo.»
«Credi?»
«Beh, mi ha assicurato di non averne fatto parola con nessuno, ma non mi fido: è una persona della quale è impossibile fidarsi.»
«Ma tu non frequenti questo genere di persone!» obiettò Brian. «Chi non è affidabile, l’hai sempre tenuto a distanza.»
Rick scosse la testa.
«Stavolta non ci sono riuscito, proprio io, che ho sempre saputo tenere le situazioni sotto controllo. Ancora oggi mi chiedo come sia stato possibile.»
Brian ripensò al proprio incontro con Meredith.
«Qualche volta ci sono donne che ci fanno perdere la lucidità e diventa troppo difficile agire in modo razionale.»
Rick gli lanciò un’occhiata interrogativa.
«Ti riferisci a qualche caso in particolare?»
«No» mentì Brian, mentre il cameriere tornava, mettendo sul tavolo due bicchieri colmi.
Brian avrebbe voluto chiedergli di Meredith, ma non gli parve il caso di farlo davanti a Rick. Quando il ragazzo si allontanò, si alzò con una scusa e, mentre si apprestava a portare un vassoio carico ad un altro tavolo, lo fermò.
«Non c’è Meredith, stasera?» gli chiesi, finalmente.
«Meredith?» ripeté il cameriere.
«Meredith Storm» precisò Brian.
Il cameriere non rispose.
«È una ragazza bruna e alta, con gli occhi turchesi...»
L’altro lo interruppe: «So benissimo di chi stai parlando.»
«Non c’è, stasera?» ribadì Brian.
«No, stasera non c’è.»
«Quando posso trovarla? Domani ci sarà?»
Il cameriere accennò al vassoio pieno.
«C’è gente che mi aspetta.»
Fece per andarsene, ma Brian gli sbarrò la strada.
«Ti ho fatto una domanda. Quando posso trovare Meredith?»
«Non è a me che devi chiederlo» obiettò il cameriere, senza apparirgli particolarmente credibile. «Non sono molto informato sugli orari di lavoro delle mie colleghe, nemmeno di quelle carine come Meredith.»
Brian fece per replicare: «Non...»
«Ti ho detto che non so niente» insisté il cameriere. «Vuoi lasciarmi lavorare in pace o no?»
«Come vuoi.»
L’altro lo guardò con aria di approvazione.
«Ecco, hai avuto una buona intuizione.»
Brian si allontanò e tornò a sedersi, seccato dal fatto di non essere riuscito ad avere una risposta. Fingendo di ascoltare Rick che parlava di argomenti di dubbia importanza, tenne lo sguardo fisso sul cameriere.
Lo vide mentre serviva a dei tavoli e a quel punto notò una figura dall’aria familiare appoggiata a una parete. Spalancò gli occhi per lo stupore: seppure la vedesse soltanto a distanza gli ricordava la ragazza con la quale aveva parlato davanti a una vetrina dieci giorni prima.
Brian la vide fare un cenno al cameriere e allontanarsi lungo a un corridoio che conduceva ai bagni. Il ragazzo si guardò intorno e, tenendo il vassoio in mano, la seguì a distanza.
«Scusa un attimo» disse a Rick, alzandomi in piedi. «Arrivo subito.»
«Dove stai andando?»
«Ho visto una persona che mi sembra di conoscere.»
Senza aggiungere altro, attraversò il locale e imboccò il corridoio attraverso il quale se n’erano andati il cameriere e la ragazza e si avvicinò con cautela alle toilette con uno strano presentimento.
La porta del WC degli uomini era accostata e dall’interno proveniva una voce femminile.
«Credo che ci sia qualche intoppo.»
Somigliava davvero tanto a quella della ragazza che Brian incontrato davanti al negozio. Se dall’aspetto poteva avere ancora qualche dubbio, aspetto e voce considerati insieme gli garantivano una certezza.
«Secondo me dovresti stare tranquilla» obiettò il cameriere. «Nessuno può metterci i bastoni tra le ruote, ce la faremo.»
«La fai facile, tu» replicò la sua interlocutrice, con tono accusatorio. «Ti ricordo che stiamo parlando di gente pericolosa.»
«Lo so anch’io, non c’è bisogno che me lo ricordi.»
«Sì, Derek, ce n’è bisogno eccome: tu non hai visto con i tuoi occhi di cosa sono capaci.»
«Me lo posso immaginare» ribatté il cameriere, che evidentemente rispondeva al nome di Derek. «Sono passato attraverso una situazione del genere molto prima di te, non c’è ombra di dubbio su questo.»
«Non erano loro» obiettò la ragazza.
«Non erano loro, è vero, ma erano come loro.»
«Okay, lasciamo perdere quest’argomento, tanto non potresti capire. Il fatto è che inizio a sentirmi in pericolo: la tua collega, quella che sa cosa mi è successo, mi ha parlato di tu-sai-chi. Tra l’altro anche la mia amica, l’altra che sa cosa mi è successo, è piuttosto preoccupata.»
Derek la interruppe: «Sei sicura di poterti fidare di lei? Mettere un’estranea a conoscenza di questi segreti non è stata certo una mossa molto intelligente.»
«Ovvio che posso fidarmi di lei, e poi avevo bisogno di una persona che mi coprisse. Ci sarai passato anche tu: nella nostra situazione non è facile trovare gente che non fa domande.»
«Quindi è meglio mettere su un piatto d’argento tutte le risposte così, a priori, senza preoccuparsi delle conseguenze?»
«Dipende da come la vedi: puoi scegliere se svelarti poco con tante persone o se svelarti molto con una sola persona.»
«Capisco. O almeno, posso provarci. Ci tieni molto a questa tua amica, posso immaginare.»
La ragazza obiettò: «Quello che c'è tra noi non ti riguarda. Piuttosto, sia io sia la mia amica siamo convinte che qualcuno mi stia cercando e, no, non sto parlando di Dominick. So che è tornato, ma non vuole niente da me.»
Derek ribatté: «Sei ottimista.»
«Anche tu» puntualizzò la ragazza, «Se continui a ronzare intorno a sua sorella e a fidarti di lei. È una doppiogiochista, lo è sempre stata.»
Il cameriere la interruppe: «Prima di accusare qualcuno di fare il doppio gioco, bisognerebbe avere delle prove concrete. Poi, te lo ricordo, sei tu che le hai voltato le spalle, Meredith ti considerava un'amica.»
«Sei troppo sicuro di te stesso e, come al solito, dimostri che ti basta che una donna abbia una bella scollatura per abbandonare ogni sospetto» replicò la ragazza. «Se mi sono comportata in un certo modo, con lei, è perché se lo meritava. È come tutti loro.»
«Ti dimostrerò che ti sbagli» concluse Derek. «Ora scusami, ma qualcuno potrebbe chiedersi che fine ho fatto. Devo tornare di là, e anche tu, ovviamente. Qualcuno potrebbe pensare cose sconce su di te, se ti vedessero nel bagno degli uomini.»
«Non me ne importa un cazzo della reputazione.»
«Credo invece che dovresti preoccupartene, anche se all’epoca in cui frequentavi Dominick e i suoi amici hai perso parecchi punti.»
La ragazza tacque.
Derek non disse nulla, almeno per un po’.
«Dai, non prendertela» la esortò infine. «Guarda al lato positivo delle cose: gli amici di Dominick sono spariti dalla circolazione e lo stesso Dominick non ha ancora fatto disastri, in questi ultimi giorni.»
La conversazione sembrava terminata. Brian capì che doveva andarsene. Restare dov'era avrebbe significato farsi scoprire.
Si guardò intorno. Il corridoio dal quale era venuto era troppo lungo, non avrebbe fatto in tempo ad allontanarsi prima che quei due potessero vederlo.
Messo alle strette, si infilò nella toilette femminile, che era immersa nel buio più assoluto. Ciò nonostante gli parve che il cameriere, una volta in corridoio, si fosse girato a guardare proprio nella sua direzione.
Rimase in attesa, cercando di convincersi che fosse solo suggestione, sbirciando attraverso la porta accostata.
L’attesa prese a diventare snervante, ma per fortuna non eterna.
Brian aspettò, per essere ragionevolmente sicuro che ci fosse via libera. Finalmente anche la ragazza passò nel corridoio. A quel punto finalmente poté uscire dal bagno e tornare a raggiungere suo fratello.
Rick gli lanciò un’occhiata indagatrice.
«Si può sapere dove ti eri cacciato?»
Con aria indifferente, Brian non rispose.
«Pensavo» aggiunse Rick, «Che fossi sparito nel nulla.»
Brian scosse la testa.
«Te l’ho detto, avevo visto una persona che mi sembrava di conoscere, ma non era così. Parliamo piuttosto di cose serie. Non mi hai ancora raccontato niente della donna che frequentavi prima di Diane.»
Rick rimase spiazzato e Brian comprese di avere fatto centro. L'argomento di conversazione precedente era ormai dimenticato.
Decise di incalzarlo: «Non capisco la tua riservatezza a tale proposito, se tu te la fai in gran segreto con una delle donne più belle di Acid Corn, allora è normale che venga spontaneo fare domande.»
Rick spalancò gli occhi.
«Come lo sai?»
Brian aggrottò le sopracciglia.
«Come so che cosa?»
«È una bellissima donna» rispose Rick. «Tu, però, non l’hai mai vista, o meglio, non sai di chi si tratta.»
A Brian non sfuggirono le sue parole.
«È un’ammissione?»
«No.»
«Hai appena detto che non so chi sia, ma mi hai lasciato intendere che io l’abbia già vista» precisò Brian. «Per caso è quella del negozio di ferramenta?»
«No.»
«Non è una brutta donna. Suo marito è stato un vero stronzo, quando è scappato con la donna delle pulizie.»
Rick sospirò.
«Dobbiamo per forza dedicarci al gossip locale?»
«Non è necessario, se preferisci evitarlo.»
«Meglio così.» Forse per la prima volta in tutta la serata, Rick lo guardò con aria di approvazione. «Non mi hai ancora spiegato, però, come puoi avere descritto per filo e per segno l’aspetto fisico della ragazza con cui stavo insieme.»
«Io non ho descritto un bel nulla» puntualizzò Brian. «Mi sono limitato a sperare che tu avessi buon gusto in fatto di donne.»
«Il fatto che io stia insieme a Diane non ti basta? Non mi pare che sia brutta. Non...» Rick s’interruppe. «Oh, guarda, la biondina che hai seguito in bagno se ne sta andando.»
Brian mentì: «Non l'ho seguita.»
La ragazza si era soltanto alzata in piedi, ma non sembrava diretta verso la porta.
Brian la vide avvicinarsi a Derek.
“Se solo potessi ancora ascoltare quello che hanno da dirsi.”
Era un vero peccato che non avessero deciso, poco prima, di concludere il loro discorso all’interno della toilette.
Rick lo richiamò alla realtà.
«Chi è, perché la stai fissando? È una tizia che ti piace?»
Brian scosse la testa.
«È solo curiosità.»
Rick sentenziò: «Questo non è un buon segno: finora sei sempre stato incuriosito da tutto ciò che, inevitabilmente, ha finito per metterti nei casini.»
«Oh, no» si affrettò a replicare Brian, «Non è così, sei tu che hai una bassa opinione di me.»
«In effetti qualche pregiudizio nei tuoi confronti l’ho sempre avuto: si stava così bene, prima che arrivassi tu! Poi tutto è cambiato. Ogni volta che portavo una delle mie amiche a casa, stavi sempre tra le palle e pretendevi che giocassimo con te.»
Brian annuì.
«Hai ragione. Uno dei miei primi ricordi d’infanzia sono le tue amiche che, piuttosto che trascorrere il loro tempo con te, preferivano stare con me e giocare con il camion dei pompieri.»
«Non posso farci niente se le mie amiche dell’epoca avevano un debole per i bambini rompiscatole.»
Brian azzardò: «Forse non avevi abbastanza sex appeal.»
«Forse non avevo il coraggio di chiudermi a chiave con loro nella mia stanza» ribatté Rick, «E di lasciarti fuori.»
«Sì, in effetti potrebbe...»
Brian s’interruppe nel momento in cui avvertì un brivido.
Si girò indietro e notò che la porta d’ingresso era stata aperta, facendo entrare uno sbruffo d’aria gelida.
Cercò di mettere a fuoco ciò che vedeva. Di colpo la persona che aveva spinto avanti al porta indietreggiò, senza penetrare nel locale. Attraverso la porta di vetro gli parve di intravedere una figura conosciuta.
Brian si alzò in piedi.
«Arrivo subito.»
Rick gli lanciò un’occhiata dubbiosa.
«Dove stai andando?»
Brian non rispose e fece per avviarsi.
«Ehi, aspetta!» lo trattenne Rick. «Dove vai, Brian?»
«Sono maggiorenne da un pezzo. Non c’è più bisogno che tu tenga d’occhio tutti i miei spostamenti.»
Prima che Rick potesse replicare, si precipitò fuori dal locale.
Mentre l’aria fredda dell’inverno lo faceva pentire di essere uscito senza prima infilarsi la giacca a vento che aveva lasciato al tavolo, vide una ragazza dai lunghi capelli scuri che si allontanava in gran fretta.
«Meredith?!»
Non ottenne risposta.
Stava per tornare indietro, ma decise di fare un altro tentativo.
Si avviò, intenzionato a raggiungerla.
«Meredith, sei tu?»
La ragazza non si voltò.
Brian dedusse che non si trattava di Meredith. L’unica possibilità era desistere e lasciare che andasse per la propria strada. Rientrò quindi al Rifugio del Drago e la serata proseguì tra le lamentele di Rick, che prese a criticare la maggior parte dei clienti in maschera e dedusse che, alla sua età, sarebbe stato meglio evitare di trascorrere le proprie serate in un locale di quel tipo.
Se ne andarono relativamente presto e, dopo avere raggiunto la propria auto, Brian si diresse l’appartamento che, dall’altra parte di Acid Corn, lo stava aspettando.
Era rincasato da almeno venti minuti quando udì squillare il telefono. Se ne sorprese: mancava ormai un quarto all’una.
Andò a rispondere e, quando alzò il ricevitore, una voce confusa gli intimò: «Non giocare con il fuoco.» Nonostante non fosse particolarmente udibile, gli sembrò che fosse la voce di un uomo. Quella sensazione si rivelò corretta quando più chiaramente lo sentì aggiungere: «Potresti bruciarti.»
Brian spalancò gli occhi.
“Che razza di sogno è questo?!”
Aveva sempre creduto che non fosse possibile, nella realtà, ricevere telefonate così prive di senso.
«Chi parla?» domandò, seccato.
Non udì null’altro che silenzio.
«Chi parla?» ripeté, ancora più infastidito di quanto non fosse qualche istante prima.
Come risposta il suo interlocutore sbatté giù il telefono.
A quel punto Brian si allontanò e si diresse in bagno. Si spogliò, gettò i vestiti sul pavimento e s’infilò sotto la doccia. Gli parve di sentire il campanello suonare, ma ipotizzò che si trattasse di uno strano scherzo della sua mente.
“A quest’ora è impossibile.”
Rimase in bagno piuttosto a lungo, interrogandosi su quelle che erano sempre state le sue certezze. Gli sembrava che, negli ultimi tempi, tutto si fosse capovolto.
Quando udì qualcuno che bussava alla porta, comprese che il tempo delle riflessioni era finito.
Si infilò la biancheria, uscì dalla toilette e si avvicinò silenziosamente alla porta, con l’intento di guardare dallo spioncino.
Il pianerottolo era buio, ma dall’esterno provenne una voce soave.
«Brian?»
Brian non replicò.
«Brian?» riprese. «So che sei lì.»
La riconobbe.
«Meredith?»
«Sono io» confermò. «Mi apri?»
Brian s’irrigidì.
«Cosa ci fai qui?»
La sentì sospirare.
«Quello che conta è che sono qui, non credi? Per cortesia, potresti aprire questa porta?»
«Aspetta un minuto» la pregò Brian. «Vado a vestirmi.»
Meredith ridacchiò.
«Non è necessario.»
Brian rise a sua volta.
«E che figura ci farei se ti aprissi la porta in mutande, mentre tu sei sempre elegantissima? Non sarebbe una grande accoglienza.»
«Tu aprimi e basta» gli ordinò Meredith. «È quello che aspetto da almeno un quarto d’ora. Non è carino farmi aspettare.»
In effetti non aveva tutti i torti. Brian spalancò la porta e, quando la luce dell’ingresso rischiarò lievemente il pianerottolo buio, osservò: «La corrente elettrica è già stata scoperta da un po’.»
Meredith sorrise.
«Sarebbe stato uno spreco di energia.»
«E per evitarlo eri disposta ad attendermi nell’oscurità?»
«Perché no?»
Parlava come se fosse una cosa normale.
«Dovresti fare attenzione» ribatté Brian. «Nell’oscurità si nascondono molti malintenzionati. Non hai paura?»
«Se ci sono dei malintenzionati in giro, so come allontanarli. Te l’ho già dimostrato la sera in cui ci siamo incontrati nel vicolo.»
«Già.»
Meredith varcò la soglia e richiuse la porta. Brian sorrise nel notare che la parte superiore del suo volto, in tema con la serata, era coperta da una maschera color argento.
«Piuttosto, non mi hai ancora detto che cosa ci facevi da quelle parti.»
«Nemmeno tu mi hai detto come mai sei passata di là proprio nel momento opportuno per mettere in fuga quel rapinatore» le ricordò Brian, «E non mi hai spiegato nemmeno come hai fatto. Le ragazze belle ed eleganti di solito non hanno l’aria così minacciosa da convincere un uomo armato ad andarsene in gran fretta.»
«Sul perché sia scappato, dovresti chiederlo a lui.»
«Allora spero che non accada. Non ho il desiderio di rivederlo.»
«Meglio così.»
«Comunque, se proprio lo vuoi sapere, ero da quelle parti per motivi di lavoro. Non te l’avevo forse già detto?»
Meredith annuì.
«Certo, ma non sei stato molto specifico.»
«Avrei dovuto?»
Meredith abbassò lo sguardo.
«Hai ragione. Non sono tua moglie, non ho il diritto di avere delle spiegazioni.»
Brian sussultò.
Si immaginò come sarebbe stato essere sposato con Meredith Storm e subito dopo cercò di togliersi dalla testa quell’idea. Era sicuro che, se ci avesse pensato ancora un po’, il giorno dopo avrebbe potuto fare qualche pazzia, come ad esempio regalarle un anello di fidanzamento. Non era sicuro che Meredith avrebbe gradito, e soprattutto era sicuro che un uomo sano di mente non l’avrebbe fatto.
«Se vuoi posso raccontarti tutto» le suggerì, invece, «Ma non penso che saresti molto interessata. Molte persone credono che il mio lavoro sia interessante, ma lo è molto meno di quanto possa sembrare.»
Meredith alzò lo sguardo.
«Sei un detective e ti occupi di paranormale, giusto?»
Brian annuì.
«Proprio così.»
«È una professione un po’ inconsueta.»
Brian ridacchiò.
«Sì. Evidentemente a me piacciono le cose inconsuete: anche rimanere qui, a parlare davanti alla porta, io in mutande e tu con il cappotto indosso, non è tanto normale.»
«Hai ragione» convenne Meredith. «Me lo tolgo subito. Tu, intanto, potresti spiegarmi che cosa fa un detective che si occupa paranormale?»
Brian la guardò sfilarsi il cappotto e andarlo ad appendere all’attaccapanni poco distante. Gli sembrò lo stesso che portava la donna che, quella sera, aveva scambiato per lei.
«Essenzialmente aiuto persone truffate da finti veggenti a dimostrare di essere state truffate. Non c'è niente di paranormale, e non è neanche molto intrigante, vero?»
«Dipende» ribatté Meredith. «Anche servire cocktail a gente mezza ubriaca non è particolarmente intrigante.»
«E recitare?»
«Quello è solo un sogno.»
«Non dovresti arrenderti» replicò Brian, mentre Meredith lo raggiungeva, dopo essersi sfilata le scarpe. «Sono sicuro che hai talento.»
«Non mi hai mai vista sul palcoscenico» gli ricordò Meredith, premendo l’interruttore e facendo precipitare l’appartamento nell’oscurità. «E poi non penso che tu abbia le competenze necessarie per fare valutazioni di questo tipo.»
«No» ammise Brian. «Perché hai spento la luce?»
«Mi sento più a mio agio.»
Brian si sforzò di ricordare.
“Anche l’altra volta ha spento tutte le luci?”
Doveva essere stato così, anche se si sentiva molto confuso in proposito.
«Io no» si limitò a confessarle. «Preferirei continuare a guardarti negli occhi. Hai due occhi stupendi.»
Meredith non replicò. Quando Brian percepì un fruscio, realizzò che si era tolta il vestito scuro e l’aveva lasciato cadere a terra.
Allungò una mano, sfiorandole un fianco. Avvertì la presenza di quella che sembrava essere una sottoveste di pizzo.
«Posso accendere la luce solo per un attimo?» le chiese.
Il tono di Meredith gli apparve quasi freddo quando la sentì replicare: «Non vedo che bisogno ci sia.»
«Mi piacerebbe vederti. Sarebbe eccitante.»
«Anche immaginare è eccitante» replicò Meredith, con distacco. «Potrebbe esserlo molto di più che vedere.»
Brian fu costretto ad ammettere che aveva ragione. Inoltre iniziava a temere che si allontanasse e che, addirittura, decidesse di andarsene.
Meredith lo lasciò spiazzato. Se la sua voce era fredda, di certo non lo erano le sue labbra, nel momento in cui scattò verso di lui e gli sfiorò il collo, poi lo avvolse in un caldo abbraccio, stringendosi a lui più che poteva. Questo era molto più eccitante della sola immaginazione.
Dal collo, Meredith salì verso un orecchio, dove gli sussurrò: «Pensi davvero di potermi resistere?»
«No» rispose Brian, «E non ho nemmeno mai pensato di farlo.»
«Era proprio quello che volevo sentire.»
La freddezza di poco prima non era che un lontano ricordo. Meredith tornò a scendere, sfiorandogli il collo con la lingua.
«Mi sei mancata» ammise Brian. «Ogni giorno mi sono chiesto se saresti tornata da me.»
Si chiese se Meredith ne fosse stata consapevole fin dal principio e se avesse usato quel metodo per farsi desiderare ancora di più.
Le mani di Meredith gli si posarono sui fianchi.
«Mi sei mancato anche tu. Mi sei mancato più di quanto tu possa immaginare.»
C’era qualcosa di malinconico, nella sua voce, o era soltanto una fantasia?
«Ora non ha più importanza» le assicurò Brian. «Quello che conta è che tu sia qui, insieme a me.»
Meredith non rispose e lo strinse ancora più forte.
La pressione del corpo di lei contro il suo portò Brian a chiedersi se quello fosse un inizio oppure una fine.

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Capitolo 7
*** Dipendenza ***


Meredith si sedette sul bordo del letto, nella stanza buia. La biancheria doveva essere da qualche parte, sul pavimento.
Sussultò, quando la luce si accese.
Si girò di scatto verso Brian.
«Pensavo che ti fossi addormentato!»
«Beh, allora mi dispiace deluderti» lo sentì ribattere. «Stavolta non te ne andrai senza salutarmi, per quanto i tuoi biglietti possano essere intriganti.»
«Non lo farò» gli assicurò Meredith.
Guardò il lampadario. L’idea di trovarsi insieme a Brian in una stanza illuminata non la allettava. Sapeva che avrebbe fatto domande.
“Deve essersene accorto.”
Ci aveva visto giusto, dal momento che lui le chiese: «Potresti girarti un attimo?»
Meredith scosse la testa.
«Perché dovrei?»
Brian ridacchiò.
«Voglio vedere il tuo tatuaggio.»
Meredith sospirò.
«Non pensavo che ti piacessero i tatuaggi.»
«Mi sono totalmente indifferenti» ammise Brian, «A meno che non si trovino sul corpo di una bella ragazza.»
«Grazie per il complimento» borbottò Meredith.
Brian aggrottò la fronte.
«Che ti prende?»
Meredith s’infilò di nuovo sotto al piumone.
«Niente.»
«Prima non eri così» insisté Brian. «Anche prima che ti chiedessi del tatuaggio non lo eri. Cosa significa per te?»
Meredith sbuffò.
«A volte un tatuaggio è solo un tatuaggio.»
«Ma qualcosa ti avrà spinta a fartelo.»
Meredith annuì.
«Beh, sì.»
«È da molto che ce l’hai?»
Meredith annuì di nuovo.
«Sì, abbastanza.»
«Pensavo di chiederti di raccontarmi la storia che c’è dietro» ammise Brian, «Ma ho l’impressione che tu preferisca non parlarne, in questo momento.»
Brian aveva ragione, più o meno. In realtà non era una questione di momenti: avrebbe preferito che l’argomento non tornasse fuori mai più, ma era impossibile.
«Va bene» concesse Brian. «Non te lo chiedo.» Ridacchiò. «Per ora.»
«Meglio così.»
«Però me lo fai vedere?»
«Mi sono appena sdraiata» puntualizzò Meredith. «Quando avrò voglia di tirarmi su.»
«Il fatto che tu non ne abbia voglia promette bene.»
«Dipende.»
«Cosa vuoi dire?»
Meredith rise.
«Pensavo di farti io qualche domanda.»
«Basta che non mi chiedi niente sulle mie clienti rompiscatole.»
Meredith sospirò.
«Possibile che tu non abbia in mente nient’altro che il lavoro? Perché non mi parli un po’ della tua famiglia?»
«Come vuoi.» Brian fece una breve pausa, come se stesse valutando che cosa raccontarle. Alla fine si decise. «Mio fratello abita ad Acid Corn. Fa il fotografo, ha quarantadue anni e ha una figlia che ne ha diciotto. Sua moglie è morta di cancro.»
«Mi dispiace.»
«Anche a me. Sheila era una donna fantastica. Non meritava di morire.»
Un brivido gelido scosse Meredith.
“Anche Lilibeth farà quella fine.” Lilibeth sarebbe morta, ed era solo una bambina. Stefan non aveva tutti i torti a pensare che avrebbe dovuto fare qualcosa per lei. “Anch’io, al suo posto, non crederei che nessuno possa fare niente. Mi aggrapperei a qualunque possibilità.”
Ignorando il suo stato d’animo, Brian riprese: «Adesso Rick frequenta una donna che lavora con lui allo studio fotografico. Sembra che le cose vadano bene.»
Meredith si sforzò di mantenere la calma.
Conosceva Richard Connor. Lo conosceva molto meglio di quanto Brian credesse. Lo conosceva e, in certi momenti, avrebbe preferito non averlo mai conosciuto.
Stava ancora cercando qualcosa di interessante da dire, quando Brian le chiese: «Tu, invece? Ti va di raccontarmi qualcosa della tua famiglia?»
Era l’ultima domanda a cui Meredith volesse rispondere, perciò si affrettò a replicare: «Non mi hai ancora detto tutto. I tuoi genitori...»
Brian la interruppe: «I miei genitori sono morti parecchi anni fa, in un incidente stradale. Preferirei non parlare di loro.»
«Come vuoi» concesse Meredith. «Per quanto riguarda me, invece, preferirei non parlarne per niente, della mia famiglia.»
«Non sei in buoni rapporti con loro?»
Meredith sorrise.
«Cosa ti ho appena detto?»
«Che non vuoi parlarne?»
«Esatto. Se non ti scoccia, potresti evitare le domande in proposito?»
«Come vuoi» rispose Brian, con prontezza. «Anzi, mi dispiace se sono stato invadente.»
«Non preoccuparti» lo rassicurò Meredith. «Sono stata la prima a farti delle domande a proposito della tua famiglia, quindi era plausibile che tu ti ritenessi autorizzato a fare lo stesso. In verità saresti libero di farmi tutte le domande che vuoi, ma preferirei che tu non me ne facessi.»
«E infatti non te ne farò.»
«Grazie.»
«Se vuoi sapere qualcos’altro di me, chiedi pure.»
Meredith rifletté. Erano tante le domande che le sarebbe piaciuto porre a Brian, talmente tante che non sapeva da dove iniziare.
«Dunque, fammi pensare, che tipo di donne ti piacciono?»
«La mia donna ideale è alta e bruna» rispose Brian, serissimo. «Ha gli occhi chiari. Si veste di colori scuri. È elegante. Poi... mhm... ah, sì: ha un paio di ali tatuate sulla schiena.»
Meredith sbottò: «Io parlavo sul serio!»
Brian puntualizzò: «Anch’io.»
Meredith sospirò.
«Allora che ne dici di parlarmi della tua prima ragazza?»
«È stato molto tempo fa, se la i può definire tale» precisò Brian. «Ormai il fatto di avere avuto una specie di storia con lei mi sembra quasi impossibile.»
«Se ti va, raccontami lo stesso qualcosa su di lei.»
«Eravamo amici fin da quando eravamo bambini. Lo siamo rimasti anche dopo, insomma, dopo che tra noi è finita.»
«Quindi vi vedete ancora?»
«Sì.»
«Senza imbarazzo?»
Brian rise.
«Nessun imbarazzo, tra me e Claire. Però devo specificare che, anche se è la ragazza a cui ho dato il mio primo bacio, la nostra è stata una relazione platonica, quando avevamo tredici anni.»
Meredith sorrise.
«Sono felice per voi.»
«Tu invece?» volle sapere Brian. «Non sei mai rimasta in buoni rapporti con un tuo ex?»
Meredith ci pensò.
«Con uno di loro» realizzò, «Potrei quasi dire di sì.»
«È una storia recente?»
«No. È stata la mia prima storia.»
«Proprio com’è capitato a me e a Claire.»
«Solo che non avevamo tredici anni e la storia è stata tutt'altro che platonica. Però stiamo divagando, gli ex vanno lasciati nel passato.»
«Hai ragione» ammise Brian. «Forse dovremmo trascorrere meglio il nostro tempo.» Si avvicinò a lei. «Cosa ne dici?»
«Dico che si è fatto tardi» ribatté Meredith, «E che farei meglio ad andare a casa.»
«Non c’è nessuno che ti aspetta, quindi non hai motivo di avere fretta» replicò Brian. «Potresti rimanere con me ancora un po’.»
Meredith confermò: «Potrei.»
«Eppure non hai intenzione di farlo.»
«Dipende tutto da te.»
Brian si girò verso di lei.
«Dimmi cosa devo fare per convincerti.»
«Innanzi tutto dovresti spegnere la luce.»
Brian sospirò.
«Sei proprio fissata, eh?»
«Non mi piacciono le luci accese» replicò Meredith, cercando di apparirgli convincente. «Non mi piace l’idea di essere scrutata.»
«Non ti piace l’idea che veda il tuo tatuaggio, vero?» ipotizzò Brian. «Ti sei pentita di averlo fatto?»
Meredith rifletté.
«In un certo senso, possiamo dire di sì.»
«Immagino che sia stata una pazzia fatta quando eri più giovane.»
Meredith s’irrigidì. Non le piacevano tutte quelle congetture. Era un argomento troppo scottante, quello del tatuaggio.
Si girò verso Brian, precisando: «Non la definirei proprio pazzia, ma risale a molto tempo fa, come ti ho già detto. È il ricordo di un passato che mi piacerebbe dimenticare.»
Brian si fece ancora più vicino.
«Non c’è niente che non si possa dimenticare.»
«Non ne sei davvero convinto.»
Brian non replicò all’affermazione di Meredith.
“Sa che ho ragione. Sa che certi ricordi non potranno mai svanire davvero, anche se non sa niente del mio passato.”
Rimasero in silenzio e Meredith decise di passare all’azione. Le sue labbra andarono a incontrare quelle di Brian. Per un attimo le parve che tutto fosse di nuovo perfetto come prima.
Poi una sua mano le sfiorò le scapole.
Meredith si allontanò di scatto. Una sensazione di fastidio la invadeva.
«Scusami, Brian, ma è veramente tardi. Domani mattina ho un sacco di commissioni da svolgere e...» Non finì la frase. Qualcosa di ben più agghiacciante era alle porte. «Aspetta, Brian, devo andare in bagno un attimo!»
«È...» iniziò Brian.
«Me lo ricordo, me lo ricordo dov'è» si affrettò ad assicurargli, senza lasciargli il tempo di finire. «In fondo al corridoio, a sinistra.»
Si alzò di scatto e corse verso la toilette.
Entrò e chiuse la porta alle proprie spalle. Fu assalita da un forte odore di detersivo. Evidentemente Brian doveva avere fatto le pulizie, quella sera, prima di uscire, e aveva esagerato con le quantità di prodotto.
Non era un problema. Il vero problema era un altro. Non aveva idea di cosa fosse accaduto esattamente, non si era accorta di avere preso contro qualcosa, ma aveva sentito nettamente una lente muoversi dentro un occhio.
Adesso che era sola, all’interno del bagno, non vi erano problemi insormontabili, che non si potessero risolvere.
Tornò da Brian un paio di minuti più tardi.
«Tutto bene?» le chiese, al suo ritorno.
«Sì, avevo solo un po’ di bruciore a un occhio.» Meredith sorrise, dandosi un'aria rassicurante. «Niente di insopportabile, però: sarà comunque una notte meravigliosa, ora che ho la consapevolezza di avere passato momenti stupendi insieme a te.»
«Sarebbe una notte ancora migliore se tu ti fermassi ancora un po’» ribatté Brian. «Ti prego, dimmi che lo farai.»
Meredith scosse la testa.
«Non posso.»
Si accorse che Brian la guardava con aria interrogativa.
«Perché no?»
«Domani mattina ho tante commissioni da svolgere e...»
Brian la interruppe: «Non ti chiedo tanto. Soltanto un po’. Spegnerò la luce, se preferisci.»
«Non importa.» Meredith si avvicinò all’interruttore. «Posso farlo io.» Tornò a infilarsi sotto le lenzuola. «Hai ragione, Brian, non c’è nessuna fretta.»
Perché quel sogno non poteva durare per tutta la vita? Se lo chiese, mentre Brian la stringeva a sé. Perché le loro vite erano destinate ad essere troppo diverse per potersi fondere e fare di loro una cosa sola?
Perché le coppie normali non si rendevano contro di tutti i privilegi che avevano, nei confronti di quelli come loro?
Sentì le mani di Brian sfiorarle i fianchi con dolcezza.
«Grazie di essere qui» le sussurrò, ormai sopra di lei. «Grazie di esistere.»
«Grazie a te» mormorò Meredith. «Ero senza speranze e hai reso la mia vita almeno un po’ più serena.» La lingua di Brian le sfiorò il collo. «Sì» ribadì. «Ero senza speranze e tu mi hai salvata.»
Di lì a un paio d'ore avrebbe ripreso a sentirsi senza speranze, perché Dominick si era installato a casa sua e temeva che fosse appostato ad attenderla e a riempirla di domande.
Non fu così, andò tutto molto bene. Soltanto l'indomani mattina, quando Meredith si preparò per uscire, Dominick si mise a girarle intorno, cogliendola di sorpresa.
«Non ti avevo sentito» lo ammonì. «Mi hai spaventata.»
Dominick rise del suo rimprovero.
«Io sono sempre dove sei tu, questo non devi dimenticartelo.»
«Dom, le tue battute non sono divertenti» replicò Meredith. «Non credi che sia ora di cambiare repertorio?»
Suo fratello le lanciò un’occhiataccia.
«Non era una battuta.»
«Sì, lo era. Non...»
Dominick la interruppe: «Non spetta a te decidere che cosa sia una battuta e che cosa non lo sia. Ho certe responsabilità nei tuoi confronti e devo tenerti d’occhio senza mai perderti di vista, lo sai bene.»
Meredith scosse la testa.
«Non hai alcuna responsabilità.»
«Sì, Mer.»
«No.»
Dominick scosse la testa.
«Sei la mia dolce sorellina indifesa. Non potrei mai abbandonarti.»
«Ho ventisei anni» gli ricordò Meredith. «Sono grande abbastanza per badare a me stessa, non credi?»
Dominick rise.
«Ventisei anni, eh?»
«Così pare.»
«Puoi dirlo forte: così pare. Se qualcuno dei tuoi amici sapesse...»
Meredith lo interruppe: «I miei amici sanno.»
Dominick continuò a ridere.
«Anche quel tizio che ti sei portata a letto stanotte?»
Si riferiva a Brian. Non poteva riferirsi che a lui.
«Che cosa ne sai?»
«Scusa, mi sono sbagliato, forse non è stato solo stanotte» si corresse Dominick. «Magari vi vedete abitualmente?»
«Dom, ti ho chiesto cosa ne sai» ribadì Meredith. «Non credevo che avessi l’abitudine di occuparti anche di questo.»
«Io so tutto.» Sul volto di suo fratello non c’era nemmeno la lieve traccia di un sorriso. «Ti conviene stargli lontana, o finirà male per tutti.»
«Stai esagerando.»
«No. L’idea di saperti innamorata di qualcuno mi disgusta.»
«Brian è solo uno dei tanti» mentì Meredith, convinta che fosse l’unica alternativa possibile per evitare intromissioni. «Avrò pure il diritto di divertirmi?»
«Se l’idea di saperti innamorata mi disgusta» replicò Dominick, «L’idea di avere una sorella che si fa togliere le mutande da chiunque non mi alletta.»
Meredith sospirò.
«Vorrà dire che dovrai farci l’abitudine. E poi chi ti assicura che io porti le mutande?»
«Tornando a Brian», Dominick le lanciò un’occhiataccia, «Sbaglio o è un investigatore privato o qualcosa del genere?»
Meredith alzò le spalle, fingendosi indifferente.
«Non abbiamo parlato molto di lavoro. Se vuoi qualche informazione su di lui, posso limitarmi a parlarti del gusto del suo sperma.»
«Non è necessario.»
«Allora non parliamone più.»
Meredith fece per voltargli le spalle, ma Dominick la trattenne.
«Dove pensi di andare?»
«Magari a mettermi il cappotto?»
«Io, invece, dico che non ci andrai.»
«Stavo uscendo» gli ricordò Meredith, «Qualora tu te ne fossi già dimenticato.»
«Stai uscendo, sì» confermò Dominick. «Ti accompagno io. Non mi piace l’idea che tu vada in giro da sola.»
Meredith sostenne il suo sguardo.
«Dovrai abituarti anche a questo.»
Si allontanò di qualche passo, ma non riuscì a fare molta strada. Dominick la afferrò saldamente per il polso sinistro.
«Sei tu che dovrai abituarti al fatto che sono tornato.»
«Niente affatto» replicò Meredith. «Lasciami andare.»
«E se io non volessi?»
«Lasciami subito» gli ordinò Meredith, allontanandosi con uno strattone.
Dominick la liberò dalla sua stretta.
«Non ho problemi, se proprio vuoi illuderti di essere tu a dettare le regole.»
«Questa è casa mia» gli ricordò Meredith, fissandolo con freddezza. «È normale che sia io a dettare le regole.»
Dominick sostenne il suo sguardo.
«Ne sei proprio sicura?»
Meredith annuì.
«Sai bene qual è l’alternativa.»
«Sei tu, forse, che non ti rendi conto di quale sia la vera alternativa.» Gli occhi di Dominick parvero infiammarsi dietro le lenti a contatto color nocciola. «Io e te siamo sempre stati insieme, senza mai separarci, fin da quando siamo arrivati qui. Questo, almeno, è successo prima che tu decidessi di voltarmi le spalle.»
«Non ti ho voltato le spalle.»
«È come se l’avessi fatto.»
«Se proprio non puoi fare a meno di esserne convinto, pensalo pure. Chi sono io, dopotutto, per mettermi a discutere delle tue manie di persecuzione?»
Dominick scosse la testa.
«Non sono manie di persecuzione, ma fatti.»
«E va bene» concesse Meredith. «Sono fatti, se preferisci.»
«E i fatti dicono anche che non ti permetterò di mettere tutto in discussione solo perché preferisci la vita della puttana a quella della brava ragazza» replicò Dominick. «Tutti gli uomini che ti sei scopata in questi anni ti hanno dato qualche soddisfazione?»
«La mia soddisfazione personale non è affare tuo» gli ricordò Meredith. «Ti ho dato un letto su cui dormire finché non avrai la bella idea di sloggiare, ma non avrai altro. Te l’ho detto: sai qual è l’alternativa. Non mi costa niente andare da certi nostri "amici" e riferire loro che sei un problema. Sai come la prenderebbero.»
«Quelli non sono tuoi veri amici» obiettò Dominick. «Quante porte ti hanno sbattuto in faccia?»
«Se io li informassi che non hai alcuna intenzione di stare buono e di non dare problemi, non reagirebbero molto bene» puntualizzò Meredith, «Sono sicura che non sarebbero per niente felici di scoprirlo.»
Dominick le ricordò: «Ti hanno sempre trattata come un problema di cui sbarazzarsi.»
Meredith non poteva negare le parole di suo fratello. Non era stato tutto rose e fiori, nei primi tempi in cui aveva avuto a che fare con Eddie e con la gente che gli stava intorno.
“Nemmeno adesso le cose vanno molto bene.”
Tutto sommato, nonostante avesse iniziato a non considerarla più troppo diversa da lui, dentro di sé continuava a detestarla. In ogni caso avere a che fare con Eddie, o con gente come lui, non era mai stato terribile tanto quanto arrendersi a suo fratello.
«Il passato è passato» lo informò. «Sul mio futuro, credo di avere anch’io voce in capitolo.»
Dominick le lanciò un’occhiata gelida.
«Mi stai dando una ragione in più per controllarti a vista.»
Meredith rabbrividì. Dominick faceva sul serio, lo sapeva bene.
Tentò di dissuaderlo: «Non essere ridicolo. Non ci guadagneresti niente.»
«Ne sei proprio sicura?» ribatté Dominick. «Che sia perché non ti ho ancora detto per filo e per segno in che cosa consiste la vera alternativa a cui accennavo poco fa?»
«Qualunque cosa faccia parte delle tue fantasie non mi riguarda.»
«Non si tratta di fantasie. Io so esattamente di cos’hai paura.»
Meredith sospirò.
«E allora?»
«Posso fare anche di peggio.»
Ancora una volta, Dominick stava parlando sul serio.
Meredith tentò di non lasciarsi sopraffare dalla disperazione.
«Ora esco» ribadì. «Tu non ti muovi da qui.»
Dominick la sfidò: «Questo è da vedere.»
«Rifletti, Dom» insisté Meredith. «Tu stesso mi hai raccontato di essere cambiato. Lo so, ora mi dirai che pur di farti ospitare in casa mia eri disposto a tutto, ma non ci credo. Un tempo non avresti mai iniziato una relazione con una ragazza senza l’intento di farle del male.»
Dominick annuì.
«Su questo hai ragione, Mer.»
«L’amore trasforma le persone, a quanto pare.»
«Oppure sono le persone che, dopo essere cambiate, trovano la forza di amare.»
Meredith gli lanciò un’occhiata dubbiosa. Il Dominick-pazzo-furioso si era tramutato in un Dominick-poeta?
Stava per chiedergli che cosa gli fosse accaduto, ma decise di non sprecare quell’opportunità.
Il Dominick-poeta, infatti, le concesse: «Vai.»
Meredith prese borsa e cappotto e uscì. Scese le scale in fretta, prima che suo fratello potesse cambiare idea.
“Per fortuna la fermata della metro è vicina.”
Non lo era tanto quanto quella dell’autobus, ma la strada da percorrere era comunque poca. Esisteva la concreta possibilità che Dominick decidesse di non seguirla subito.
“In tal caso dovrei farcela.”
Stefan le aveva chiesto di incontrarsi in teatro.
“Oggi pomeriggio non sarà esattamente una passeggiata.”
Non lo fu. Stefan tornò a insistere con la questione Lilibeth. Meredith era, a sentirlo, l’unica persona al mondo che potesse aiutare sua figlia.
Per una attimo le balenò perfino in testa l’idea di convincere Dominick a sbarazzarsi di Alicia per salvare la piccola Craven. Si rese conto ben presto di quanto fosse un pensiero insensato. Per Lilibeth sarebbe stata meglio la morte, piuttosto che la dipendenza da uno come suo fratello.
Tutto si concluse, ancora una volta, con un nulla di fatto.
Quando uscì si ritrovò davanti Eddie. Spalancò gli occhi nel vederlo, sperando che la lasciasse andare senza farle perdere tempo.
Non fu così.
«È strano vederti da queste parti» osservò lui. «Stefan mi aveva detto di avere chiuso con te. Come mai sei venuta?»
Meredith scelse di mentire.
«Questioni di lavoro.»
Eddie rise, sprezzante.
«Certo, come no.»
Meredith sbuffò.
«Avresti potuto fare a meno di mettere il tuo amico a conoscenza di certi dettagli.»
«È giusto che sappia» replicò Eddie. «Tu puoi salvare sua figlia. Devi solo rinunciare a una persona a cui fingi di tenere.»
Meredith non obiettò.
«Devo andare» si limitò a informarlo. «È stato un piacere rivederti. Anzi, forse è meglio definirlo un dispiacere.»
Gli voltò le spalle e si allontanò in gran fretta, diretta alla fermata della metropolitana.
Aveva l’impressione che qualcuno la stesse tenendo d’occhio e quel qualcuno doveva essere Dominick.
Era lì, in quel momento. Era lì, da qualche parte, pronto a manifestarsi nel momento più opportuno. Era lì, e sarebbe rimasto lì più a lungo di quanto Meredith potesse desiderare.
“Se solo avessi permesso a qualcuno di aiutarmi.”
Era un pensiero assurdo, ma non poteva fare a meno di ricordare tutti gli anni trascorsi lontano da suo fratello.
Bastò un istante per infrangere un ricordo. Dominick la stava aspettando davanti al cartello che indicava la fermata della metropolitana. Sorrideva, e Meredith sapeva per esperienza che non era un buon segno.
«Hai già finito?»
Meredith gli lanciò un’occhiataccia.
«Che fine ha fatto la tua fidanzata?» Dominick le aveva rivelato, quella mattina, di avere recentemente iniziato una relazione con una ragazza di Acid Corn. «Potresti andare da lei, di tanto in tanto, invece di continuare a tormentarmi.»
«Io non ti sto tormentando» puntualizzò Dominick. «E poi la mia ragazza è ancora al lavoro. Ci vedremo più tardi.»
«Dopo inizierai a perseguitarla, anziché farlo con me?»
«Io non ti sto perseguitando.»
«Perché mi hai seguita?»
Dominick si avvicinò di un passo.
«Sei tu che mi perseguiti, Mer. Ogni volta in cui mi vedi non fai altro che chiedermi il perché di tutto ciò che faccio.»
«Viviamo in un paese libero» gli ricordò Meredith. «Ho il diritto di andare dove voglio senza che tu debba tenermi sotto controllo.»
«E hai anche il diritto di mentirmi?»
«Questo cosa c’entra?»
Dominick l’accusò: «Sei uscita con la scusa del lavoro in teatro, e invece dovevi soltanto incontrare uno dei tuoi tanti amanti.»
«Io non...»
«Non negare» la interruppe Dominick. «Pensi che sia cieco?»
«No.»
«E allora perché ti sforzi di fingere che non sia successo niente? La verità è una sola: ti sei scopata anche il tizio del teatro.»
«È vero, l’ho fatto» ammise Meredith, «Ma è stato molto tempo fa. Tu hai una ragazza e anch’io ho le mie frequentazioni.»
«Tipo quel Brian Connor?»
Meredith sospirò.
«Sì.»
Dominick puntualizzò: «Sono due cose diverse.»
«Non ci vedo niente di diverso» obiettò Meredith.
Dominick la afferrò per un braccio e le ordinò: «Non devi più vederlo.»
Meredith stava per replicare, ma ciò che lesse nei suoi occhi la convinse a desistere. In fondo non le costava nulla: sapeva già di non dovere incontrare più Brian, per il bene di tutti.
«Non lo vedrò più» si arrese.
«E ti dimenticherai qual è il sapore del suo sperma.»
Meredith avvampò. Davvero aveva menzionato quel dettaglio con Dominick? Era accaduto da poche ore, ma le sembrava che fosse già passata una vita.
Abbassò lo sguardo.
«Dimenticherò tutto.»
«Bene.»
Il tono di Dominick era compiaciuto. Un attimo dopo lasciò il suo braccio. Meredith interpretò quel gesto come una conferma.
«Ti prego di avere pazienza, Dom» lo pregò. «Mi sono abituata a una vita diversa, in tutti questi anni, ma sono sicura che tutto tornerà come un tempo.»
Era la verità? Dentro di sé, sperava di non essere davvero così arrendevole.
Dominick - una versione di Dominick che somigliava al “poeta” con cui aveva già avuto a che fare - la guardò con occhi carichi di soddisfazione.
«Sarebbe bello se tu tornassi a comportarti da brava bambina.»
Meredith annuì.
«Lo farò.»
«Okay. Ora andiamo a casa.»
«Sì.»
Lo sguardo accomodante di Dominick si fece torvo.
«Era un ordine, non una domanda. Vorrei che tu ti mettessi in testa che, adesso che sono tornato, prendere decisioni non spetta più a te.»
Per quanto quelle parole fossero inquietanti, sorrise al solo scopo di compiacerlo.
«Farò come vuoi, Dom.»
Suo fratello la guardò con aria di approvazione.
«Allora vieni con me e non farmi perdere altro tempo.»

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Capitolo 8
*** L'aggressione nel parcheggio ***


Brian guardò l’orologio.
«Va beh, vado.»
Si alzò in piedi e andò a prendere il cappotto.
Jonathan, ancora seduto alla propria scrivania, gli domandò: «Per caso devi vederti con Meredith, stasera?»
Brian rise.
«Vedo che la gente che si fa i cazzi suoi diminuisce costantemente, giorno dopo giorno.» Rifletté. «A proposito di impiccioni, stamattina, nel parcheggio, c’era un perfetto sconosciuto che stava lì a guardarmi. Mi ha addirittura seguito per un tratto di strada. Ho dovuto resistere alla tentazione di fermarmi e chiedergli che cosa volesse.»
Jonathan spalancò gli occhi.
«Non mi dire che hai iniziato con le manie di persecuzione.»
«Non ho manie di persecuzione.»
«Magari era un semplice passante che doveva andare nello stesso posto» obiettò Jonathan. «Capisco che lo facciamo per lavoro, ma non dobbiamo sempre vedere del marcio in tutto quello che succede.»
«In effetti» convenne Brian, infilandosi il cappotto, «Temo che tu abbia ragione.»
Jonathan annuì.
«È un piacere sentirtelo dire. Non mi hai ancora risposto, però: devi vedere Meredith questa sera?»
«Alla sera lavora» lo informò Brian. «Già ieri non c’è andata, non può permettersi di mancare anche oggi.»
«Intendevo adesso.»
«In realtà» ammise Brian, «Credo che dovrei andare a fare la spesa. È da una settimana che rimando, ormai.»
«Posso dedurre che tu detesti fare la spesa.»
«Già, specie nei piccoli negozi in cui lavorano donne che hanno l’abitudine di mettersi a parlare di gente scomparsa da anni e anni.»
Jonathan rise.
«Allora convinci Meredith a sposarti, in qualche modo.»
«Perché un suggerimento del genere?»
«Meredith lavora alla sera. Ha tutto il tempo per andare a dare la spesa di giorno.»
Brian si diresse verso la porta, salutando Jonathan, che da parte sua aggiunse qualcos’altro, ma la sua voce fu sopraffatta dal rumore del traffico cittadino che a quell’ora infestava le vie di Acid Corn. Brian non si fermò per chiedergli di ripetere.
Aveva parcheggiato la macchina nel solito posto, verso il quale si avviò lentamente. D'istinto, si soffermò a guardare le vetrine e gli venne da ripensare all'abito che aveva visto qualche tempo prima, a suo vedere perfetto per Meredith.
Si pentì di non averle mai lasciato il proprio numero di telefono. In realtà nemmeno Meredith l’aveva fatto. Aveva provato a cercarla sull’elenco telefonico, quel pomeriggio, ma non l’aveva trovata.
Seppure l’avesse vista meno di ventiquattro ore prima, il fatto di non possedere un suo recapito iniziava a non essere l’ideale: lo faceva sentire ben lontano dall’avere un minimo di controllo su quello che gli stava succedendo.
“Tutto questo non ha senso” protestò mentalmente contro se stesso. “Un tempo non esistevano i telefoni, eppure non per questo la gente perdeva il controllo di ciò che aveva!”
Era l’ennesima occasione per constatare che per lui era stata una fortuna nascere all’inizio degli anni Sessanta, oppure era una dimostrazione della sua incapacità di rapportarsi con gli altri, perfino con la donna che credeva di amare?
Si rifiutava di pensare che la relazione con Meredith non fosse destinata a durare, seppure fosse passato ben poco tempo da quel venerdì sera in cui tra loro era sbocciata la passione. Non sapeva se fosse stata Meredith a catturarlo fin da subito o se il suo biglietto avesse colpito nel segno dando un contributo maggiore, ma non importava: Meredith c’era, era una certezza e la tempesta interiore che Brian provava, seppure spiazzante, era pur sempre molto piacevole.
“Meredith Storm, tu sei la donna della mia vita” pensò, mentre era ormai a pochi metri di distanza dalla macchina.
Non aveva mai provato quello che sentiva per lei, nemmeno quando stava insieme ad Amber, la sua ex fidanzata. Non c'erano mai state sensazioni forti, non c'era mai stato quel senso di dipendenza che Meredith evocava in lui.
Ormai era arrivato al parcheggio, a pochi passi dalla propria auto. Cercò le chiavi in tasca, continuando a camminare, finché non andò a sbattere contro un passante che procedeva nella direzione opposta.
«Mi scusi» mormorò, senza nemmeno alzare lo sguardo.
Fece un passo verso la macchina, poi si fermò quando una voce sibilò: «Fottiti.»
Aveva sentito bene?
Si girò. Davanti a lui c’era un uomo sulla trentina che, da quel poco che poteva vedere nel buio della sera, gli sembrava di avere già visto. Il cappotto grigio e i capelli castani scompigliati ad arte avevano un’aria familiare.
«Guarda dove vai, coglione» insisté lo sconosciuto. «Il mondo non ha bisogno di gente come te!»
Sì, Brian ne era sicuro: aveva sentito bene.
«E tu datti una calmata» gli suggerì.
Quel tizio spalancò gli occhi.
«Io dovrei calmarmi?! Parli sul serio?»
Ovvio che avrebbe dovuto calmarsi, la sua reazione era alquanto esagerata.
Brian decise di non rispondergli.
“Devo andare al supermercato. Non ho tempo da perdere, non posso rimanere qui a discutere con un pazzo isterico.”
Si voltò e fece qualche passo in direzione della propria automobile. Non riuscì ad arrivare a destinazione; o meglio, ci arrivò, ma senza volerlo: si sentì afferrare per il collo e si ritrovò scaraventato contro il lunotto posteriore.
Brian avvertì un forte senso di stordimento, per un istante. Avvertì in bocca il sapore del sangue.
“Questo è completamente pazzo” pensò, mentre sentiva il rumore di qualcosa che si spezzava: un frammento del tergicristallo si staccò e cadde a terra prima che Brian potesse muoversi di un solo centimetro; cosa che dubitava che il suo assalitore gli avrebbe permesso di fare.
«Che cazzo vuoi?» gli chiese, cercando di liberarsi dalla sua stretta.
«Non voglio niente» replicò quel tale, «Se non farti capire che dovresti fare più attenzione quando vai in giro per la strada.»
«Tu sei pazzo» lo accusò Brian.
«Può darsi» convenne "il pazzo". «Però non tollero gli stronzi che si mettono contro di me, e ti assicuro che quello che hai fatto è stata una cazzata colossale da parte tua, la peggior cazzata che tu potessi fare.»
Addirittura lo accusava di essersi messo contro di lui?! Per un attimo Brian fu tentato di rispondere ai suoi insulti - anche se, lo sospettava, non sarebbe stata una mossa molto intelligente - ma non ne ebbe il tempo.
«La prossima volta che ti incontro» lo minacciò l’aggressore, «Sei morto.»
Brian non riuscì a trattenersi.
«Spero che, prima di incontrare me, tu possa incontrare uno strizzacervelli che ti faccia rinchiudere in una clinica psichiatrica!»
«Forse un giorno accadrà, ma spero di avere prima liberato il mondo dalla feccia come te!»
Allentò la presa per un attimo e Brian poté sollevarsi, convinto che si sarebbe liberato di lui. Non fu così, dal momento che un istante più tardi l’altro lo afferrò per le spalle e, senza nemmeno avere il tempo per impedirglielo, Brian si ritrovò gettato a terra. Di nuovo provò una sensazione di stordimento e, quando finalmente riuscì ad alzarsi, si accorse che quel tizio era già sparito.
Poco meno di mezz'ora più tardi, senza essere stato al supermercato, Brian parcheggiò nel cortile, chiedendosi se lo sconosciuto che lo fissava quella mattina, al quale non aveva prestato abbastanza attenzione, potesse avere a che fare con lo strano episodio appena capitato. Non si sarebbe stupito, se avesse scoperto che quel tale e l'assalitore del parcheggio erano la stessa persona. Cercò di ricordare la sua voce, chiedendosi se l’avesse mai udita da qualche parte, prima di quel giorno. Questa, però, si confuse con quella di un uomo che si avvicinava, mentre scendeva dall’auto.
«Brian?»
Brian si ritrovò ad alzare lo sguardo e spalancò gli occhi per lo stupore.
«Harley?!»
Era più magro e aveva i capelli più lunghi, ma non poteva essere che lui.
Brian attese una risposta, ma non ottenne altro che silenzio. Poi, dopo quella che gli parve un’eternità, Harley finalmente sorrise e gli domandò: «Dì la verità, sei sorpreso di vedermi?»
Per una volta Brian non si sentì fuori luogo nel dire la verità.
«Eccome se lo sono!»
«In effetti tornare ad Acid Corn non era nei miei progetti. Poi a volte capitano delle cose, e a quel punto dobbiamo adeguarci di conseguenza.»
«Spero niente di grave.»
Brian si morse la lingua subito dopo. Per quanto ne sapeva, l’ultima occasione in cui Harley era tornato in città era stata il funerale di suo padre. Sperò ardentemente che non fosse capitata alcuna disgrazia e che, in caso contrario, la reazione di Harley fosse più pacifica di quella del tizio del parcheggio.
«Nel mio appartamento sono in corso dei lavori di ristrutturazione, quindi mi sono trasferito per un po' a casa di mia madre.»
«È da molto che sei qui?»
«No, da un paio di giorni.»
Lo sguardo di Harley si abbassò.
Istintivamente anche Brian guardò in basso.
«Oh, dannazione!» esclamò.
In corrispondenza del ginocchio destro - che peraltro gli doleva in maniera alquanto fastidiosa - c’era uno strappo a cui, nella foga di salire in macchina e di chiudersi dentro a chiave prima che il pazzo isterico potesse ripensarci e tornare indietro, non aveva fatto caso.
«Che cos’hai fatto?» volle sapere Harley.
«Niente» rispose Brian. «Sono soltanto stato aggredito da uno sconosciuto.»
Harley osservò: «A quanto pare hai ancora la propensione innata a metterti nei casini. È proprio vero che le persone non cambiano.»
«Invece sono cambiato eccome» replicò Brian. «Se fossi ancora quello di un tempo, per una simile insinuazione ti saresti guadagnato un cazzotto sui denti!»
Harley rise.
«Non puoi negare quello che sei.»
«Beh, ti assicuro che quello che è capitato non è colpa mia.»
Harley sospirò.
«Va bene, se proprio è quello che desideri faccio finta di crederti.»
Desideroso di cambiare argomento, Brian gli suggerì: «Vieni su, ti offro qualcosa da bere.»
Harley gli parve pensieroso.
«Cosa pensi di offrirmi?»
«Mhm... considerando che è da una vita che non faccio la spesa, penso che dovrai accontentarti di un bicchiere d’acqua presa dal rubinetto.»
«Ottima cosa» ribatté Harley. «Davvero molto invitante.»
«Immagino che tu sia venuto qui per qualcosa» replicò Brian. «Ti aspettavi che non ti facessi salire in casa?»
«Conoscendoti, mi aspettavo che mi rovesciassi in testa un pacchetto di farina.»
Brian rise.
«Allora non mi conosci abbastanza. Pensi davvero, in casa mia, di poter trovare della farina?»
«Non si sa mai. Magari ti è venuto l’hobby di cucinare dolci.»
«Se mi dovesse venire un simile hobby, spero che subito dopo mi capiti di essere investito da un tir mentre attraverso la strada sulle strisce pedonali.»
Harley annuì.
«Considerando che spesso attraversi la strada senza guardare, le probabilità potrebbero essere più elevate di quanto tu creda.»
«Può darsi» ammise Brian. «Piuttosto, non mi hai ancora spiegato che cosa sei venuto a fare.»
Harley gli indicò la macchina.
«Ad avvertirti che è bene chiudere la portiera.»
«Già.»
Brian si avvicinò all’auto e fece ciò che Harley gli aveva suggerito.
«E oltre a questo?»
Harley ridacchiò.
«Davvero servono altri motivi?»
«Come hai fatto a trovarmi?» volle sapere Brian. «Chi ti ha dato il mio indirizzo?»
Harley gli ricordò: «Esistono gli elenchi telefonici, nel caso in cui non lo sapessi.»
«Giusto. Deve essere accaduto proprio qualcosa di memorabile se ti sei spinto a consultarne uno per scoprire dove abito.»
Harley sospirò.
«Ho come l’impressione che la mia presenza non ti faccia piacere.»
«Ti sbagli» replicò Brian. «Non ti ho ancora cacciato via a calci nel culo, quindi fai male a pensarlo.»
«Sì» confermò Harley. «La mia presenza non ti fa piacere. Mi sembri piuttosto freddo nei miei confronti.»
«Non dovrei?» azzardò Brian. «Hai passato l’ultimo decennio a evitarmi.»
«Ho passato l’ultimo decennio lontano da Acid Corn» gli ricordò Harley. «Pretendevi di essere al centro della mia vita?»
«Certo che no, ma fare una telefonata ogni tanto...»
«Se vogliamo metterla su questo piano potrei chiederti quante volte mi hai cercato.»
Brian avvampò, imbarazzato.
«Mhm...»
Harley rise.
«Non importa che stai a inventarti risposte che non stanno né in cielo né in terra. Se vuoi invitarmi a entrare in casa tua mi fa piacere, ma se non ti va non ho problemi ad andarmene e a evitarti per il prossimo decennio.»
«Va bene» si arrese Brian. «Ti accompagno nella mia sontuosa dimora.»
«Conoscendoti immagino che regnerà il disordine.»
Brian negò.
«Da quando ho trovato una ragazza non ci tengo a fare figuracce.»
Harley osservò: «Mia madre non mi ha detto che hai una ragazza.»
«Non vedo perché tua madre dovrebbe saperlo» replicò Brian. «E poi, per quale motivo dovrebbe venire a parlarti di me?»
«È stata lei a suggerirmi di venire a trovarti. Io non volevo nemmeno...»
Brian lo interruppe, seccato: «Fai sempre in tempo ad andartene. Nessuno ti ha obbligato.»
«Ehi, non c'è bisogno che ti offendi. Ha solo insistito affinché io cerchi di riallacciare i rapporti con i miei amici di un tempo, tutto qui. A me sembra di essere di troppo.»
«Figurati. Comunque non capisco perché tua madre dovrebbe essere al corrente dei miei fatti privati.»
«Mia madre sa tutto della vita privata di tutti.»
«Di quelli che mettono la loro vita privata in piazza, magari» lo corresse Brian. «Io sono una persona riservata.»
Harley alzò gli occhi al cielo.
«Bene, è successo un miracolo.»
«Tu credi nei miracoli?»
«Quando avrò le prove che sei diventato improvvisamente riservato, inizierò a crederci.»
Brian cercò le chiavi di casa in tasca e, quando le trovò, aprì il portone d’ingresso.
Harley gli domandò: «È da qui che si entra?»
«Se preferisci entrare dalla finestra arrampicandoti su per la grondaia» ribatté Brian, «Fai pure.»
«Mhm, no, credo che sia molto meglio prendere l’ascensore.»
«Spiacente di deluderti, ma non c’è» replicò Brian. «O sali le scale a piedi, oppure rivedi la possibilità di arrampicarti.»
«Posso tranquillamente fare le scale.» Harley gli indicò la sua gamba destra. «Tu piuttosto sei sicuro di non avere problemi?»
«Ho solo i pantaloni strappati» obiettò Brian. «Che poi, maledizione! li avevo anche pagati una cifra non indifferente!»
«Fammi capire, ti si sono strappati i jeans ma il tuo ginocchio non ha riportato conseguenze?»
«Mhm... non credo.»
Brian si avviò lungo le scale, seguito da Harley che quando, poco più tardi, gli mostrò l’appartamento in cui viveva, dovette ricredersi.
«Hai ragione, Brian. Sei diventato piuttosto ordinato, in confronto a una volta.»
«Non è colpa mia se tu non riponi abbastanza fiducia nei miei confronti.»
Harley rise ancora una volta e ribatté: «Cerca di capirmi. L’hai detto tu stesso: è da molti anni che ti evito. Quando avevi dieci anni di meno eri un’autentica frana, non avevo ragione di credere che le cose si fossero evolute in positivo.»
«Non sono più una frana» lo rassicurò Brian.
«Hai solo il difetto di spingere gli sconosciuti ad aggredirti.»
«Questo era un pazzo» obiettò Brian. «L’ha fatto senza motivo.»
«Mi è molto difficile crederti.»
Brian sospirò.
«Se vuoi ti racconto com’è andata.»
«Molto volentieri. Però nel frattempo non è che potresti offrirmi quel bicchiere d’acqua di cui mi avevi parlato?»
«Sì, certo.»
Fece sedere Harley al tavolo della cucina e, dopo avere riempito un bicchiere sotto al rubinetto del lavello, glielo diede.
«Grazie mille.» Harley portò il bicchiere alla bocca e ne bevve un sorso. «Ma è bollente!»
«In effetti temo di avere aperto l’acqua calda e, per fortuna, la caldaia condominiale funziona perfettamente. Comunque non è il caso che ti lamenti troppo. Sei stato tu a chiedermi di offrirti da bere.»
«Giusto. Ora, però, raccontami cos’è successo.»
Brian si tirò su i pantaloni per vedere in che condizioni fosse il ginocchio destro e si rese conto che lo strappo sui jeans non era stata l’unica conseguenza. Era gonfio, la pelle era scorticata e perdeva ancora sangue.
Harley osservò: «Avevi detto che non ti eri fatto niente.»
«Mentivo» ammise Brian, prima di raccontargli cos’era accaduto e i sospetti a proposito dell’uomo che aveva visto quella mattina.
«Così questo sconosciuto l’avresti già visto» concluse Harley, ricapitolando quanto gli aveva riferito. «Ne sei proprio sicuro?»
«Beh, più o meno» rispose Brian, «Sempre tenendo conto che nella vita non ci sono mai certezze, eccetto la morte.»
Harley sospirò.
«Odio il tuo lato filosofico, anche perché, quando ti metti a filosofeggiare, parli sempre di cose deprimenti.»
«La morte non è deprimente» decretò Brian. «Fa parte della vita.»
«Sì, ma mette anche fine alla vita.»
«È la fine di tutte le sofferenze.»
Harley azzardò: «Non sarai desideroso di morire?»
«In effetti no» ammise Brian. «Non nei prossimi anni, almeno.»
«Se continui così, accadrà molto presto» replicò Harley. «Il fatto che gente che non conosci ti aggredisca mentre stai per salire in macchina è l’evidenza.»
«Tu dici?»
«Sì, qualcuno ti vuole morto.»
«Se così fosse, quel tizio avrebbe potuto ammazzarmi oggi stesso» replicò Brian. «Comunque è chiaro, non può averlo fatto soltanto perché l’ho urtato.»
«Anche perché stamattina non sapeva che sarebbe successo, eppure era là a tenerti d’occhio» convenne Harley. «Oggi, invece, era addirittura a tre passi dalla tua macchina. Sembra che tu ti sia limitato a servirgli un pretesto su un piatto d’argento.»
Brian annuì.
«È proprio così.»
«Dunque, Brian, non ti resta che riflettere» gli suggerì Harley. «C’è qualcuno che ce l’ha con te al punto tale da...»
«No» lo interruppe Brian, sapendo dove volesse andare a parare. «Non c’è nessuno che mi odia.» Gli lanciò un’occhiata di fuoco. «Nessuno a parte te, forse.»
Harley, in un primo momento, spalancò gli occhi. Poi, un attimo dopo, scoppiò in una fragorosa risata.
«Dai, non dire cazzate! È vero, quando eravamo ragazzini ho detto cose sgradevoli su di te, ma ero giovane e mi sono comportato da idiota» ribatté. «Quando ho lasciato Acid Corn volevo staccare e dimenticarmi di tutto e di tutti, quindi non ti ho più cercato.»
Mentre Harley parlava, Brian si sedette e, quando sfiorò per errore il tavolo con il ginocchio ferito, trattenne a stento un’imprecazione.
«Dovresti medicarti quella ferita» gli suggerì Harley, «Invece di pensare alle cazzate che sono successe più di dieci anni fa. Va bene, a volte mi è capitato di prenderti in giro, insieme agli altri ragazzi, ma devi capirci, eravamo tutti invidiosi di te, dato che Claire non ci prendeva in considerazione e ti stava sempre intorno. Non so cosa tu abbia pensato di me per tutti questi anni, ma ti assicuro che nessuno ti odiava. Eravamo solo tutti pazzi di lei.»
«A proposito di Claire, ti è capitato di vederla, da quando sei tornato ad Acid Corn?» gli chiese Brian a quel punto, desideroso di cambiare discorso, dal momento che non era certo stato positivo rivangare fatti accaduti anni e anni prima, che per Harley non avevano alcuna importanza. «Abita qua vicino.»
Harley annuì.
«Sì, certo che l’ho vista.»
«Sei andato anche da lei?»
«No, non lo farei mai, non vorrei disturbarla.»
Brian azzardò: «Quindi ti limiti a disturbare me?»
«Diciamo di sì.» Harley rise. «Comunque l’ho incontrata in ospedale. Ho accompagnato mia madre a una visita, ieri, e ho visto un'infermiera piuttosto piacente. In un primo momento, non l'avevo neanche riconosciuta. A proposito, cosa c'è tra di voi?»
Brian strabuzzò gli occhi.
«In che senso?»
«Hai capito benissimo» ribatté Harley. «Quando me ne sono andato, se non ricordo male, c’era un certo feeling tra di voi. E poi era la tua fidanzatina, quando eravate bambini, o sbaglio?»
«Sono passati tanti anni» gli ricordò Brian. «E poi ho già una ragazza stupenda, come puoi pensare che io abbia qualche interesse nei confronti di Claire?»
«Anche Claire è stupenda e, con quei capelli biondo miele, è ancora più uno schianto di quanto fosse prima» precisò Harley. «Sei proprio sicuro che non ci sia niente tra di voi?»
«Niente, se non una meravigliosa amicizia» confermò Brian. «Come puoi immaginare, non mi ha mai abbandonato.»
«Perfetto.»
«Che cosa? Il fatto che non mi abbia abbandonato?»
«Questo è secondario» ribatté Harley. «Stavo considerando che, se tra te e Claire non c’è niente, probabilmente non avrai niente in contrario se le chiedo di uscire con me!»
«Non sono sicuro che accetterebbe» puntualizzò Brian. «Ha già un ragazzo.»
Scorse un velo di delusione sul volto di Harley.
«Avrei dovuto immaginarlo, una come Claire deve essere molto ambita. Lo conosci?»
«Non ancora. Claire è uscita da poco da una relazione durata abbastanza a lungo e ha preso a frequentarlo di recente.»
Harley continuò a sembrargli piuttosto scosso.
«Con chi stava insieme prima? Mia madre non me ne ha parlato, e la cosa mi sorprende molto, vista la sua propensione a ficcare il naso nei fatti degli altri!»
«Aveva una storia con Jonathan White, ce l'hai presente, no?» lo informò Brian. «Attualmente lavoro con lui, e ti assicuro trascorre ancora buona parte del suo tempo pensando a Claire.»
«Allora digli che può anche mettersi il cuore in pace!» ribatté Harley. «Ora ad Acid Corn ci sono io e...»
«E faresti la figura dell’idiota se ci provassi con Claire» concluse Brian. «Per non parlare del fatto che Jonathan è ancora fissato con lei. Anzi, è convinto che tutto ruoti intorno a lui e a Claire. Più di una volta, tempo fa, mi ha pregato di parlare con lei e di spingerla a tornare insieme a lui.» Brian non sapeva perché stesse raccontando a Harley quei dettagli dopo anni che non lo vedeva, ma non era il caso di preoccuparsi: si sarebbe allarmato soltanto nel caso in cui avesse iniziato a raccontare quei fatti a chiunque, proprio come faceva la signora Parker. «Naturalmente mi sono rifiutato, ma nonostante questo continua a chiedermi informazioni su di lei.»
«Come l’ha presa quando ha scoperto che si è messa insieme a un altro?» volle sapere Harley, con un sorriso stampato sulle labbra. «Ha minacciato di licenziarti? A proposito, me mia madre mi aveva già detto che lavori per lui, strano non abbia menzionato che White e Claire stavano insieme.»
«Jonathan non sa ancora che Claire non è più single e che, molto probabilmente, non tornerà mai insieme a lui» gli fece presente Brian. «Non ho idea di come reagirebbe se lo scoprisse. Penso che potrebbe fare qualsiasi cosa, anche andare a buttarsi giù da un ponte. In tal caso perderei ugualmente il lavoro.»
Harley annuì.
«Mi sembra di capire che White è diventato uno squilibrato.»
«Niente affatto» replicò Brian. «Jonathan è tutt’altro che uno squilibrato. Credi che, se fosse un folle, Claire ci sarebbe stata insieme?»
«Non si sa mai» ribatté Harley. «Dal momento che un tempo stava insieme a te, probabilmente Claire ha strani gusti in fatto di uomini! Va bene che avevate al massimo tredici anni, ma potrebbe avere iniziato presto ad avere gusti discutibili. Comunque, a quanto ho capito, sei un detective privato. Per caso hai sedotto la tua ragazza spacciandoti per uno di quei detective che si vedono nei film?»
«Impicciarsi nella vita sentimentale altrui non è corretto, anche se dubito che, con l’esempio che ti ha dato tua madre, tu riesca a capirlo» replicò Brian. «Comunque no, non ho sedotto Meredith spacciandomi per un investigatore “da film”. Anzi, non ho proprio fatto niente per sedurla: ha pensato lei a tutto.»
«Siamo di fronte al caso di una donna che ha fatto il primo passo, quindi» osservò Harley. «Non mi avevi mai detto che ti piacessero le donne così determinate.»
«Considerando che non ci vediamo da anni, non avrei avuto modo di dirtelo» replicò Brian. «Se ti può consolare, comunque, le donne mi piacciono, a qualsiasi categoria appartengano. Meredith, però, mi piace molto di più delle altre.»
«Dovresti presentarmela» gli propose Harley. «Non voglio ritrovarmi a conoscerla il giorno del matrimonio.»
Brian chiarì: «Stiamo insieme da dodici giorni. Mi sembra un po’ prematuro parlare di matrimonio.»
«Direi di sì» convenne Harley, «Ma, conoscendo i tuoi standard, anche dodici giorni potrebbero essere un record!»
«Non è vero, con la mia ex, Amber, è durata ben di più di docici giorni» ribatté Brian. «In ogni caso, non è detto che tu la conosca, il giorno del mio ipotetico matrimonio. Sai, non ho ancora deciso se voglio averti tra gli invitati.»
«Oppure potresti addirittura non sposarti mai» osservò Harley. «Ci sono tante strade che le persone potrebbero prendere. Per esempio potresti scoprire di essere un’Anima Nera e...»
Brian lo interruppe: «Che cosa c’entrano adesso le Anime Nere?»
«Tu e Jonathan indagate sul paranormale, se ho ben capito» gli ricordò Harley. «Vi occupate anche di loro, immagino. Cercate di individuare le potenziali Anime Nere prima che si risveglino?»
Brian scosse la testa.
«Niente affatto. Io e Jonathan siamo due detective, non due svitati.»
«O forse» osservò Harley, «Ho una strana idea delle Anime Nere. Sarà che...»
S’interruppe all’improvviso, come se si fosse accorto di avere parlato troppo.
Brian lo esortò: «Sarà che...?»
«Niente, lascia stare» concluse Harley. «Non era niente di importante.»
Brian ebbe l’impressione che tutto in realtà lo fosse, ma preferì non replicare. Per quanto lo riguardava, Acid Corn poteva anche essere popolata da un’intera distesa di Anime Nere pronte a risvegliarsi, a condizione che la sua vita e il suo legame con Meredith non ne venissero condizionati.

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Capitolo 9
*** Sotto una cappa di vetro ***


«La vita è una lunga attesa» declamò Stefan, guardandosi intorno. «Nel mio caso attendo che tutti i sogni finiscano.»
Appoggiandosi al tavolo a cui era seduto - uno dei pochi tavoli occupati quel lunedì sera - Meredith gli domandò: «Sei venuto qui solo per questo?»
«Sì.»
«E tua moglie che cosa ne pensa del fatto che sei in un pub a quest’ora, anziché essere a casa insieme a lei?»
Stefan abbassò lo sguardo.
«Pensi che gliene importi qualcosa?»
«Non lo so.»
«Te lo dico io: non le interessa null’altro che Lily.»
«E se non fosse così?» replicò Meredith. «Se ti volesse accanto a lei, stasera?»
«È improbabile.»
«O sei tu che vuoi evitarla?»
Stefan alzò gli occhi, ma il suo sguardo era perso e assente.
«No.»
«Lo prendo come un sì» ribatté Meredith. «Tua moglie ti ricorda Lily e, di conseguenza, vuoi evitare la sua presenza.»
«Fottiti.»
«È difficile accettare la realtà, vero?»
Stefan buttò indietro la sedia e si alzò di scatto.
«A quanto pare è meno difficile sfruttare le disgrazie altrui per sentirsi invulnerabili. È quello che fai sempre.»
Meredith sorrise.
«Hai uno strano modo di interpretare le cose.»
«Fottiti, Meredith.»
«E tu non essere ripetitivo.»
Stefan le scoccò un’occhiata gelida.
«Ti avverto, Meredith, che il tuo futuro dipende da quello che farai.»
Meredith sospirò.
«Quante volte ancora sarò costretta ad ascoltare le stesse inutili richieste?»
«Finché non capirai che non puoi rifiutare per sempre.»
Meredith scosse la testa.
«Sei tu che non puoi insistere per sempre.»
«Lo so» ammise Stefan. «Il tempo di Lilibeth sta per scadere.»
«Non è detto» replicò Meredith. «Potrebbe salvarsi.»
Fece per voltargli le spalle e allontanarsi, ma Stefan la afferrò per un braccio.
«Se non sbaglio ti ho già detto almeno un migliaio di volte che non dovresti nemmeno nominarla.»
Meredith vide Kay avvicinarsi, con indosso la succinta divisa che portavano le ragazze che lavoravano al piano di sopra.
Nel notarla, anche Stefan s’interruppe.
«Va tutto bene?» domandò Kay, ad alta voce, per farsi sentire nonostante la musica.
Meredith confermò: «Sì.»
«Non direi» ribatté Kay. «Quest’uomo ti sta infastidendo. Vuoi che chiami il nuovo buttafuori e che lo faccia cacciare via a calci nel culo?»
«No.»
Kay sorrise, compiaciuta.
«Vuoi che lo cacci via io stesso?»
«No.»
L’altra s’incupì.
«Ma...»
Meredith si liberò dalla stretta di Stefan e assicurò alla collega: «È tutto sotto controllo. Non c’era nemmeno bisogno che tu intervenissi.»
Kay sembrò poco convinta.
«Ha l’aria del maniaco.»
Meredith scosse la testa.
«Kay, tu sei fissata con i maniaci.»
«Sono un male della società.» Kay gettò indietro una ciocca di capelli scuri che le ricadeva davanti al volto, poi si rivolse a Stefan. «Hai capito? Tu sei un male, per la società.»
«Il male, per la società» replicò Stefan, con freddezza, «Sono le puttane.»
«Amen. Qui di puttane non ce ne sono.»
«Prova a guardarti allo specchio» le suggerì Stefan, «E porta con te anche Meredith.»
Kay ridacchiò, sprezzante.
«Dopo averti tagliato le palle e averle date in pasto al rottweiler dei miei vicini, lo farò molto volentieri.»
Meredith la pregò: «Stai zitta, Kay, e ricordati che dobbiamo sempre essere cortesi con i nostri clienti.»
Kay sbuffò.
«Che si fottano, i nostri clienti! Tra di loro c’è tanta gente di merda.»
«Si vede» replicò Stefan, sprezzante, «Che somigliano al personale.»
«Basta» li pregò Meredith. «Stefan se ne stava andando... vero, Stef?»
Stefan la ignorò.
«A casa» proseguì Meredith, «Ha una moglie che lo sta aspettando.»
Kay aggrottò le sopracciglia.
«È sposato?»
«Sì.»
«Non lo avrei mai detto.»
«E ho anche una figlia» aggiunse Stefan, «Che amo più di chiunque altro. Meredith lo sa. Magari potresti farti raccontare qualcosa su di lei.»
Meredith sospirò. Ne aveva abbastanza delle sue provocazioni. Sembrava quasi che si divertisse, quando cercava di risvegliare i suoi sensi di colpa.
«So quanto ami tua figlia» gli assicurò, «E mi auguro con tutto il cuore che possa stare meglio al più presto.»
Kay la guardò con aria interrogativa.
«Cosa...»
Meredith le lanciò un’occhiataccia che la fece desistere.
«La medicina ha fatto passi da gigante, Stef, ed è l’unica speranza che abbiamo, in certe circostanze.»
Kay la guardò ancora una volta con aria incuriosita, mentre Stefan si limitò ad andarsene senza aggiungere altro.
«Di cosa parlavate?» volle sapere Kay.
Meredith abbassò lo sguardo.
«Di niente.»
«Mi è molto difficile crederlo.»
«Allora non crederci» ribatté Meredith. «Andrò avanti anche con questa triste consapevolezza, se è questo che ti preoccupa.»
«Non è questo che mi preoccupa. Sei tu.»
«Io?!»
«A volte sei strana» ammise Kay, con tutta la spontaneità di cui era capace. «Secondo me tu hai tante cose da nascondere.»
Meredith si finse indifferente a quella velata accusa.
«Qualcosa da nascondere? Figuriamoci!»
Kay le fece l’occhiolino.
«Intanto mi hai sempre tenuto nascosto il fatto che conosci dei maniaci.» Sorrise. «A proposito, quel tizio non era niente male, per essere un maniaco.»
Meredith spalancò gli occhi.
«Parli di Stefan?!»
«Parlo di... mhm... com’è che si chiama il tuo amico?»
Meredith scosse la testa.
«Non se ne parla. Non ti permetto di definirlo mio amico.»
Kay rise.
«In realtà sembravate due amanti che litigavano, niente di più. Tu vuoi stare con lui alla luce del sole, mentre lui non può, perché è sposato. È così, vero?»
Meredith sospirò.
“Possibile che per lei sia sempre tutto così semplice?”
Kay faceva parte di un mondo in cui i segreti inconfessabili non erano altro che quelli.
«Non...»
Esitò un attimo e l’esitazione le fu fatale: Kay si ritenne autorizzata a proseguire con le proprie congetture a proposito di relazioni extraconiugali.
«Anche mio padre si è ritrovato nella sua stessa situazione, con la sua terza moglie.» Ridacchiò. «Sì, ci scommetto che ti stai dicendo che, se stava per mandare a puttane il suo terzo matrimonio, in lui deve esserci qualcosa di patologico. In effetti anche mia madre lo dice sempre. Per la cronaca, è stata la seconda moglie.»
«Io e Stefan non abbiamo una relazione» puntualizzò Meredith.
Kay non le parve convinta.
«Mi sembra davvero strano che...»
Meredith la interruppe: «Te l’ho già detto.» Scandì bene ogni parola. «Io. E. Stefan. Non. Abbiamo. Una. Relazione. Hai capito?»
Kay annuì.
«Ho capito. È un vero peccato, però. Quel tipo ha charme.»
«Allora sei libera di portartelo a letto, se proprio ci tieni. Una leggenda metropolitana, a cui sono pronta a dare credito, narra che faccia molto in fretta a dimenticarsi di avere una moglie a cui è tanto legato.»
«Oh, no» ribatté Kay. «È troppo vecchio per me.»
Meredith s’irrigidì.
«Perché, ti sembro vecchia, io, se pensi che ci stia insieme?»
«Non ho detto che sei vecchia» la rassicurò Kay, «Né che lo sembri.»
«Quanti anni mi dai?»
«Né più né meno dei tuoi ventisei. Il maniaco... ehm... volevo dire il tuo amico... Stefan, insomma, ne ha almeno dieci, se non quindici, in più in più di te.»
Meredith confermò: «Più o meno quindici.»
«Sarebbero venti in più dei miei» le ricordò Kay, «E sarebbero veramente troppi. Non sopporterei mai di...»
S’interruppe, mentre Derek si avvicinava a loro.
Meredith abbassò lo sguardo.
“Adesso, come al solito, inizierà a fare domande.”
Odiava quelle situazioni ma per fortuna Derek non le parve intenzionato a rendersi invadente, almeno in quel momento.
Chiese, rivolgendosi a entrambe: «Come mai non sono stato invitato alla vostra riunione?»
Kay replicò: «Non ci sono riunioni.»
«Però state qui a parlare dei fatti vostri anziché lavorare» rimarcò Derek. «Se il titolare non fosse in vacanza su un’isola piena di palme e con il mare cristallino, non sarebbe molto soddisfatto di voi.»
Kay gli indicò il vuoto intorno a loro.
«Ho l’impressione che siano tutti a casa. Ti sarai accorto anche tu che sono in pochi a reclamare la nostra presenza. Anche di sopra le cose non vanno diversamente. O secondo te dovrei starmene a guardare le pareti rosso acceso e a parlare con il drago grigio argento che c'è dipinto sopra, nella speranza che mi risponda?»
«Ehi, non ti scaldare. Stavo scherzando.» Derek le strizzò un occhio. «Questo significa che stasera possiamo chiudere prima e proseguire la nottata facendo qualcosa di più interessante.» Lanciò un’occhiata anche a Meredith. «Tu che cosa ne dici?»
«Dico che quello che farò dopo non sono affari vostri.» Si rese conto solo troppo tardi che la sua voce era stata più tagliente di quanto avrebbe desiderato e cercò di migliorare la situazione. «Credo, comunque, che non farò altro che dormire.»
Kay annuì.
«È una buona idea, per quelle di una certa età.»
«Guarda che il tempo passa in fretta» le ricordò. «Presto anche tu raggiungerai la veneranda età di ventisei anni.»
«Non deve essere così terribile» intervenne Derek. «Non credo che tra appena un anno avrò motivo di sentirmi troppo vecchio. La cosa peggiore potrebbe essere arrivare a quell’età senza capire che cosa si desidera fare della propria vita.»
Meredith lo fissò, divertita.
«Tu che cosa ne sai?»
Kay guardò prima lei e poi Derek.
«Di cosa state parlando?»
«Di niente» si affrettò a replicare Meredith. «Sono sicura che Derek ha capito.»
Kay sospirò.
«Va beh, io invece non mi sforzo di capire, con voi due.» Alzò gli occhi, oltre loro due. «Là in fondo c’è qualcuno che si sta sbracciando. Mentre voi continuate con i vostri discorsi incomprensibili, credo proprio che andrò a fare il mio dovere, nonostante questo piano non sia di mia competenza.»
Kay allontanò in gran fretta e, non appena fu lontana abbastanza per non sentirli, Derek ricordò a Meredith: «Non dovremmo fare certi discorsi di fronte agli estranei.»
«Estranei?» ripeté Meredith. «La tua ragazza è un’estranea?»
«Kayla detta Kay non è la mia ragazza.»
«Quasi.»
Derek scosse la testa, con fermezza.
«Non lo è.»
Meredith rise.
«E lo sa?»
Derek sbuffò.
«Certo che lo sa, è solo una con cui scopo, e idem io sono solo questo per lei. Per quanto riguarda te, in ogni caso, non provarci mai più. Non vorrei essere costretto a uccidere qualcuno per proteggere i nostri segreti.»
Meredith rabbrividì. Derek scherzava, ovviamente, ma le sue parole le aprirono gli occhi, ancora una volta, su quanto fosse opportuno essere cauti.
Attese qualche istante prima di assicurargli: «Non c’è pericolo. È come se fossimo sotto una cappa di vetro.»
Derek scosse la testa.
«Non mi fido.»
«Di me?»
«Del padre modello.»
Meredith si sedette sul bordo del tavolo.
«Ah, Stefan.»
«Tienilo sotto controllo» la pregò Derek, «E soprattutto cerca di tenere lontani da noi i tuoi amanti... quelli che non sanno niente, intendo.»
«Detto così» replicò Meredith, «Sembra quasi che io abbia un harem intorno a me.»
«E non è così?»
«Certo che no.»
«Ma è stato così.»
Meredith si prese la testa tra le mani.
«Per quanto tempo ancora hai intenzione di farmi pesare quanto in passato la mia vita sentimentale sia stata molto movimentata? E soprattutto, per quanto tempo pensi che mi farai scontare il fatto che io non abbia detto a Stefan che quelle che gli aveva raccontato Eddie erano tutte fantasie, quando ancora pensavo di potermi fidare di lui?»
«Io non voglio farti pesare niente» precisò Derek. «Ti sto solo ricordando che, se qualcuno volesse ridurci in cenere, ci proverebbe finché non otterrà il risultato sperato.»
Meredith riuscì a sorridere.
«Non è un mio problema, stasera.»
Derek aggrottò le sopracciglia.
«Ah, no?»
«No» confermò Meredith. «Ho qualcosa di più interessante di cui preoccuparmi. Dato che c’è poca gente pensavo di uscire in anticipo, senza dire niente a Dom, e di andare a casa di Brian.»
Derek le parve spiazzato.
«Pensavo non vi vedeste più.»
Meredith scosse la testa.
«Ci siamo visti meno di una settimana fa. E poi ho bisogno di scoprire che cosa ne è stato di lui, ultimamente.»
Fu un meraviglioso finale, per quella serata, ma Meredith era consapevole che non potesse ripetersi in tempi brevi. Tornò a sparire nel nulla, come faceva di solito, sperando che la dimenticasse, ma sapeva che non sarebbe andata così.
Per qualche verso, anche a lei stava succedendo la stessa cosa, nonostante prima del loro incontro le venisse facile abbandonare l'amante di turno. L'aveva fatto anche con Stefan, nonostante fosse l'unico, nel mondo di fuori, che conosceva il suo segreto. Purtroppo, tra loro, le cose erano cambiate molto in fretta. L’unico che non le negava mai la propria comprensione era Derek. Anche quando le speranze erano infrante, in un modo o nell’altro, era sempre capace di farle vedere la situazione da una prospettiva più rosea. Forse, addirittura, aveva uno straordinario talento nel comprendere quali fossero i momenti in cui aveva maggiore bisogno di lui.
Qualche sera dopo la visita di Craven, la avvicinò nello spogliatoio del Rifugio del Drago, prima dell’inizio dell’orario di lavoro.
«Possiamo parlare?»
Meredith, che in quel momento stava tenendo d’occhio la lancetta dei secondi che scorreva sul quadrante del suo orologio da polso, alzò lo sguardo.
«Di cosa?»
Sebbene lavorassero insieme, dopo la visita di Stefan, non si erano quasi rivolti la parola. Per fortuna c’era stata parecchia clientela, in quelle ultime sere. Se così non fosse stato, il clima avrebbe finito per appesantirsi parecchio.
«Di Dominick.»
Meredith avvertì il solito, classico e prevedibile brivido gelido.
«Quello che ti ho detto l’ultima volta in cui abbiamo parlato di lui è ancora valido» si affrettò a puntualizzare. «È mio fratello, ma lo considero come un estraneo.»
«Lo so.»
Meredith si chiese se Derek la stesse rassicurando perché le credeva oppure perché, non credendole affatto, sperava che si tradisse.
“Non ha importanza” decretò. “Non ho più niente da nascondergli e, di conseguenza, non ho nemmeno nulla di cui preoccuparmi.”
Rimase in silenzio, sperando che Derek non aggiungesse altro, ma non accadde.
«Lo so, Mer» ribadì, infatti. «Anch’io, se fossi al posto tuo, non vorrei più avere niente a che fare con uno come lui.»
Meredith non poté nascondere un lieve sorriso.
«In effetti non è poi così difficile scegliere di stare lontana da chi, già da sé, fa di tutto per spingerti a scappare.»
Derek annuì.
«Hai fatto la scelta giusta.»
Meredith s’irrigidì.
«Per chi? Per me o per te?»
Derek rise, ma le parve imbarazzato.
«Forse per tutti.»
«Già» non poté fare a meno di confermare Meredith. «Se tutti fossero come Dominick, questo pianeta correrebbe seri pericoli.»
«Li corre già. E poi quasi tutti, quelli come voi, somigliano a lui.»
Meredith scosse la testa.
«Ci sono mele marce, questo è vero, ma non tutti lo sono.»
«La maggioranza.»
Meredith sbuffò.
«E va bene» concesse. «La maggioranza sono mele marce. Sei soddisfatto, adesso che l’ho ammesso?»
«Sarei più soddisfatto se tu mi raccontassi tutti gli ultimi sviluppi» replicò Derek. «È da un po’ di tempo che non scambiamo quattro chiacchiere come si deve. Per essere precisi è da quando uno dei tuoi tanti ex si è presentato qui. Anzi, devo ammettere che non è accaduto nemmeno allora: sei finita a parlare di Kay, se non ricordo male.»
Meredith lo fulminò con lo sguardo. Il suo modo di rigirare la frittata non le piaceva affatto.
«Ho parlato di Kay perché era un argomento che mi interessava, quella sera» gli ricordò, «E tu eri d’accordo.»
«Dire che ero d’accordo non è corretto» obiettò Derek. «Diciamo che ho valutato le alternative possibili e ho scelto la migliore.»
«Per me o per te?»
Derek sospirò.
«Possibile che tu debba fare sempre le stesse domande?»
«Ti conosco bene, ormai» gli ricordò Meredith.
Era vero. L’aveva conosciuto meglio di chiunque altro.
Derek parve non cogliere il nesso.
«E allora?»
«Tu eri spaventato da quello che avrei potuto dirti, se ti avessi parlato di Stefan» lo accusò Meredith. «So che, per pararti il culo, faresti il possibile.»
Derek sorrise.
«Non ho paura di te, Meredith.»
«Ma hai paura che Stefan possa condizionarmi e mettermi contro di te.»
«Perché dovrebbe succedere?»
«Perché è quello che capita a chiunque non sia nelle grazie di quello stronzo di Stefan Craven. È chiaro, quindi, che qualunque cazzata esca dalla sua bocca è legge. Quello che non capisco è perché tu pensi che io sia succube di lui.»
Derek scosse la testa.
«Non è così.»
«Se solo tu avessi la decenza di ammettere come stanno le cose...»
«Lasciamo stare» tagliò corto Derek. «L’unica cosa che voglio sapere è cos’ha in mente quel bastardo di Dominick.»
«Non ne ho idea» ribadì Meredith. Quante altre volte avrebbe dovuto ripeterlo? «Come ben sai, io e Dom...»
«Sì, non ne vuoi sapere da anni, questo lo so» la interruppe Derek. «Il problema è che ha trovato lavoro in questo locale e, anche se qui non vi parlate quasi mai, ci sono voci di corridoio che raccontano chi si sia installato in casa sua.»
Meredith s’irrigidì.
«Posso mettere una cosa in chiaro, Derek? Quando tu e quella pettegola di "Kayla detta Kay" vi incontrate fuori da qui, limitati a sculacciarla fino a farle le chiappe bordeaux e a scoparla così forte da far sentire le sue urla di piacere dall’altra parte di Acid Corn. Non stare a sentire tutto quello che dice.»
«E tu» le suggerì Derek, «Cerca di non essere così volgare. Non è conforme all’immagine che dai di te.»
Meredith sbuffò.
«Me ne frego dell’immagine!»
«Ma non te ne freghi di Dominick» la accusò Derek, «O almeno non come dovresti. Mi spieghi perché hai accettato di ospitarlo in casa tua?»
«Questi» puntualizzò Meredith, «Non sono cazzi tuoi.»
«Non saranno cazzi miei» replicò Derek, «Ma mi infastidisce il fatto che tu neghi, quando ti chiedo conferma di qualcosa di cui sono già informato.»
Meredith chiarì: «Quello che succede tra le mura di casa mia, non è un problema tuo.»
Derek scosse la testa.
«Non mentire, Meredith.»
«Non sto mentendo.»
«Sai bene» insisté Derek, «Che quello che ti riguarda, in un certo senso riguarda anche me. So che tuo fratello ti ha fatto del male, in passato.»
«E allora?» obiettò Meredith. «Non sono stata l’unica "privilegiata". Non farti troppi problemi per me. Me la so cavare da sola.»
«Non ne dubito.»
Finalmente Meredith riuscì a guardarlo con aria di approvazione, mentre lo esortava: «Allora lascia che tutto vada come deve andare.»
«Il punto è che nulla sta andando come dovrebbe andare» replicò Derek. «Tuo fratello sta di nuovo condizionando la tua vita.»
«Dovresti esserne felice» ribatté Meredith. «Mi impedisce di vedere Brian, almeno alla luce del sole. Mi pare di capire che tu non abbia mai approvato la nostra relazione.»
«E allora? Il fatto che io sia perplesso sulla vostra unione non significa che tuo fratello debba decidere al posto tuo.»
Meredith abbassò lo sguardo.
«È sempre stato così.»
«Ma sei riuscita a liberartene, in passato» le ricordò Derek. «Hai passato giorni stupendi senza di lui.»
«Peccato che non siano durati.»
«Già. Peccato che non siano durati.» Derek si avvicinò. «Sai, Mer, a volte mi chiedo perché tutto non possa tornare come prima. Il passato mi manca. Anzi, tu mi manchi.»
«Non dire cazzate: ci vediamo ogni sera.»
«Non è la stessa cosa.»
Meredith gli ricordò: «Adesso hai Kay.»
«Lo so, ho Kay, ma non posso nemmeno farle il culo bordeaux, come mi hai suggerito tu. Visto il modo in cui si veste, si noterebbe.» Derek ridacchiò. «Adesso, però, basta parlare di me e Kay. Con quanti uomini hai scopato, di recente? A letto nessuna raggiunge le tue performance. Più te ne sei fatta e più saranno quelli che hanno dato un senso alle loro giornate.»
«Smettila!» lo pregò Meredith. «Ormai sono cambiata. Adesso so cos’è l’amore.»
«Sì, certo, lo sai bene. Il problema è che non capisci mai chi ami davvero. Nel dubbio, te li fai tutti, anche se adesso sei entrata in fissa con quel rincoglionito che è venuto qui a cercarti proprio l’unica sera in cui non c’eri.»
Meredith sospirò.
«Nel dubbio me li faccio tutti, e tu vorresti essere al loro posto.»
«No, preferisco essere informato in anteprima dei dettagli» ribatté Derek. «Quando stavi insieme al vedovo con la figlia a carico c’era da divertirsi.»
Meredith raggelò.
«Quello stronzo deve andare a farsi fottere.»
L’aveva amato, ne era stata certa, nel periodo della loro frequentazione. L’aveva amato con tutto il cuore, ma non era bastato: era stato il primo, dopo tanti anni, a rifiutarla, quando ne aveva avuto abbastanza di lei.
«Dovresti prenderla con più filosofia» le ricordò Derek. «A chi non è mai capitato di essere lasciato?»
Meredith abbassò lo sguardo.
«È stata la prima volta in cui mi sono illusa di essere normale.»
Derek le si avvicinò.
«Lo sei.»
«No» replicò Meredith. «Nessuno di noi lo è.»
«Noi siamo normali nel nostro contesto» puntualizzò Derek. «Che cosa importa se, là fuori, molti non possono capirlo?»
«Importa, perché io non riesco a capire loro. Non riesco a spiegarmi perché cadano tutti ai miei piedi. Non c’è ragione.»
«Quello che sei li affascina. Anch’io, molto tempo fa, sono caduto nella tua rete.»
Meredith scosse la testa.
«È diverso.»
«Avevo una fidanzata» le ricordò Derek. «Era una bella ragazza e con lei stavo bene. Quando ho incontrato te, però, nel confronto mi è parsa insignificante.»
«Che importanza ha?» replicò Meredith. «È passato un sacco di tempo.»
Questo non poteva sminuire quello che era successo tra loro, ma convincersi che fosse proprio così le alleggeriva la coscienza.
«Sarà anche passato un sacco di tempo» obiettò Derek, «Ma sei ancora magnetica, anche per quelli là fuori. A volte, però, c’è qualcuno che, a lungo andare, inizia ad avere paura. Se il vedovo ti ha lasciata, è stato per questo, non perché fosse uno stronzo o perché volesse farti stare male.»
Come al solito l’analisi di Derek era corretta e le metteva nero su bianco la mancanza di qualsiasi possibilità di miglioramento: quello che era successo una volta sarebbe successo con chiunque altro fosse riuscito a fare aumentare il battito del suo cuore. Il problema era che stava già capitando: Brian Connor era tutt’altro che un capitolo chiuso e, qualunque fosse l’opinione di Derek, era tutt’altro che un diversivo.
«Hai ragione» fu costretta ad ammettere. «Per il resto, sbaglio o mi hai appena detto che sono magnetica?»
Derek annuì.
«Hai capito benissimo.»
Meredith gli lanciò un’occhiata penetrante.
«Non provarci con me, Derek. Per stasera sei già stato abbastanza esplicito.»
«Non ci proverei mai con te in modo così subdolo e spudorato» ribatté Derek. «Forse avrei qualche speranza, lo ammetto, ma è umiliante essere considerato l’ultima scelta, specie quando in classifica ci sono uomini molto meno magnetici di me!»
«Anche Kay è meno magnetica di me» gli ricordò Meredith, «Però te la porti a letto lo stesso.»
Derek le si avvicinò e la spinse contro al muro.
«A volte, quando sto con lei, penso a te.»
Meredith rabbrividì. La piega che aveva preso la loro conversazione non le piaceva affatto.
Derek scattò verso di lei e posò le proprie labbra sulle sue. Per un attimo Meredith lo lasciò fare, poi si scansò.
«Non illuderti» lo ammonì. «Io e te non torneremo mai insieme.»

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Capitolo 10
*** La visita di Diane ***


Brian aveva smesso, a fatica, di contare i giorni che lo separavano dal suo ultimo incontro con Meredith. Ogni sera, quando tornava a casa dal lavoro, si augurava di trovarla ad attenderlo davanti al portoni, ma non c'era mai nessuno. Quando venne l'eccezione, non era Meredith, ma Diane, seduta sui pochi gradini che conducevano all'ingresso della palazzina.
«Diane!» esclamò Brian, affrettandosi per non farla aspettare. «Che cosa ti porta da queste parti?»
Diane gli lanciò un’occhiata indagatrice, passandosi una mano tra i lunghi capelli castani dalle onde naturali.
«Hai passato una buona giornata, Brian?»
«Beh, sì» le rispose. «Una giornata normale, tutto sommato.»
Era vero, non era accaduto nulla di anomalo, se non che, come tutti le sere dopo l’aggressione, si era scoperto piuttosto paranoico nel momento di lasciare l’agenzia e di raggiungere il parcheggio in cui generalmente lasciava la propria automobile. Qualunque sconosciuto gli suscitava sospetti privi di fondamento.
Diane osservò, con una certa perspicacia: «Non ne sembri molto convinto.»
Brian non disse nulla. Era davvero così evidente?
Diane si sentì autorizzata a proseguire: «È difficile andare avanti così come se niente fosse quando si ha qualche segreto, non è vero?»
Brian spalancò gli occhi.
«Come, scusa?»
Diane si alzò di scatto.
«Hai capito benissimo, non c’è bisogno di ripetere.»
«Sì, ho sentito quello che hai detto» ammise Brian. «Quello che non riesco a comprendere, però, è a che cosa tu ti riferisca.»
«Avanti, Brian.» Diane sorrise. «Non vorrai farmi credere di essere pieno di segreti?»
«Non lo sono, infatti.»
«Allora l’unico che hai dovresti conoscerlo.»
Chiedendosi se si riferisse alla sua relazione con Meredith, Brian rovistò in tasca alla ricerca delle chiavi.
«Posso offrirti qualcosa da bere?» le chiese, quando le trovò. «Sali da me.»
Diane gliele strappò di mano.
«Te lo scordi.»
Brian alzò gli occhi al cielo.
«Si può sapere che ti prende, Diane? Mi sembri una zitella di provincia con la crisi di mezza età.»
«Ho solo trentacinque anni» sbottò Diane. «Non ho alcuna crisi di mezza età. Quella ce l’ha Richard, piuttosto.»
Brian la guardò con aria interrogativa.
«Hai litigato con Rick, per caso?»
«Non proprio. Con uno come lui non vale nemmeno la pena di litigare.»
Brian sospirò.
«Okay, è successo qualcosa tra te e lui, di cui non sono informato. Non vedo, però, perché tu te la debba prendere con me.»
«Perché sei suo fratello.»
«Questa è una motivazione più che sensata. Complimenti, Diane.»
«Grazie.»
Brian puntualizzò: «Ero sarcastico, nel caso ti sia sfuggito.»
«Lo so.»
«Bene. Allora che cosa vuoi?»
Finalmente Diane arrivò al punto: «Tu sei l’unica persona con cui Rick si confida.»
«Di conseguenza» realizzò Brian, «Vuoi chiedere a me quello che non sei riuscita a farti dire da lui.»
Diane annuì.
«Esatto. Sei molto intuitivo.»
Brian sorrise.
«L’intuito è una caratteristica necessaria a chi lavora nel mio campo.»
«Già.» Diane gli strizzò un occhio. «Chi non ha intuito non può compilare né fatture né libri contabili e nemmeno rispondere al telefono, perché sbaglio o sono queste le tue mansioni?»
«Non faccio solo quello. In tutto il resto serve intuito.»
«Io, invece, non ne ho affatto, per questo faccio la fotografa.»
«Suppongo, quindi, che anche Rick non abbia intuito.»
«È un sillogismo che non fa una piega. Ora, però, passiamo alle cose serie.»
Brian annuì.
«È proprio quello che aspetto con ansia.»
«Bene» convenne Diane. «Allora dimmi subito chi è l’altra donna di Rick.»
Brian strabuzzò gli occhi.
«L'altra... cosa?»
«Hai capito perfettamente quello che ho detto.»
«Non ho detto il contrario, solo che la tua mi sembra un’accusa talmente assurda che...»
«Le mie accuse non sono mai assurde. Non ti permetto di insinuarlo. Sono una donna e so come si comportano gli uomini.»
«Ah sì? E, sentiamo, come si comporterebbero gli uomini?»
«È ovvio, Brian» replicò Diane. «Gli uomini pretendono sempre di frequentare più donne contemporaneamente. Non ti è mai successo?»
«Non sono affari che ti riguardano.»
«Hai ragione. Ma mi riguarda quello che fa Rick.»
«Appunto.» Brian non riusciva a credere che Diane si fosse messa in testa quell’idea talmente distorta e lontana dalla realtà. «Secondo te Rick frequenta così tante donne?»
«Non ho detto che ne frequenta tante» puntualizzò Diane. «Quello che so per certo è che ne frequenta un’altra oltre a me, ed è già troppo, per i miei gusti!»
«Suvvia, non esagerare!»
«Non sto esagerando. Rick convive con il ricordo di sua moglie e su questo non ho niente da dire. So benissimo che, se la povera Sheila non si fosse ammalata, non si sarebbe mai interessato a me. È il fatto che io non gli basti che mi infastidisce. So perfettamente che Rick ama me, ma non tollero l’idea di non bastargli.»
«Tu gli basti» insisté Brian. «Rick non ha altre donne oltre a te. E poi, parliamo seriamente, credi davvero che qualcuna possa interessarsi a lui?» Gli sembrava una prospettiva davvero molto improbabile. «Non ha tutto questo fascino.»
«Ha molto più fascino di te» ribatté Diane, secca. «E poi ne ho le prove.»
«Prove?» balbettò Brian. «Spero qualcosa di più consistente di una camicia macchiata di rossetto.»
«Non siamo in un film banale e pieno di stereotipi» precisò Diane. «Sono prove di natura molto diversa.»
«Non posso immaginarmelo, però, se non mi dici di cosa si tratta.»
Diane annuì.
«Hai ragione. Si tratta di una telefonata che ho ricevuto.»
Brian fu scosso da un brivido.
«Una telefonata?»
«Un uomo» specificò Diane. «Mi ha chiamata, mi ha informata che una sua amica e Rick hanno una relazione e che la sua amica non è disposta a dividerlo con me. Ha aggiunto addirittura che la sua fantomatica amica voleva che io lasciassi lo studio fotografico! Cose da pazzi. Voleva che io lasciassi il mio lavoro?! È una follia!»
Brian obiettò: «Non mi sembra molto sensato dover credere alle accuse di uno sconosciuto che ti telefona senza un motivo ben preciso.»
«Se non fosse vero, non si sarebbe scomodato di chiamarmi. Quindi gli credo.»
Brian scosse la testa.
«Fai male.»
«Stai solo difendendo Rick» obiettò Diane. «Tu sai chi è quella donna. Voglio che confessi subito. Chi è?»
Brian sospirò.
«Stammi a sentire, Diane...»
Diane lo fermò: «Non m’importa niente del fatto che si tratti di confidenze riservate, io ho il diritto di sapere!»
«Non ho idea di chi sia quella donna» replicò Brian. Si sorprese dal non essere stato interrotto nuovamente dalla sua voce, e si sentì autorizzato a proseguire: «So chi sono le ragazze che frequento io, non so niente a proposito di quelle che, eventualmente, hanno a che fare con mio fratello.»
«Non parlare di eventualità!» sbottò Diane, agitando le chiavi che gli aveva strappato di mano poco prima. «Io ho il diritto di sapere!»
Brian ne approfittò per riprenderle.
«Puoi chiedere a Rick» le suggerì.
«Non me l’ha detto finora e non credo che me lo dirà mai» replicò Diane. «Quella telefonata l’ho ricevuta mesi fa.»
«E te ne preoccupi ora?»
«Me ne sono sempre preoccupata, ma credevo che Rick si confidasse con me e che, se quella storia era finita, mi mettesse a conoscenza dei dettagli.»
«A quanto pare» concluse Brian, «Se non ti ha detto niente, è perché non c’era niente da dire. Per Rick, con tutta probabilità, quella donna non conta più nulla.»
Inserì nella toppa la chiave della porta d’ingresso, aprì e s’infilò dentro, sperando di liberarsi di Diane.
Così non fu. La fidanzata di suo fratello s’insinuò all’interno a sua volta, mentre stava per raggiungere le scale.
«Ho il diritto di sapere!» ripeté.
«Chiedi a Rick» ribadì Brian, fermandosi. «Se davvero ha ancora un’altra donna, finirà per confessartelo!»
«Non lo farà» replicò Diane. «È per questo che ho bisogno di te.»
Brian le si avvicinò.
«No, non posso.»
«Devi scoprire di chi si tratta» insisté Diane. «Devi scoprirlo. Io devo tutelarmi.»
Brian scosse la testa.
«Non hai bisogno di tutela.»
«Sì, invece! Ho trentacinque anni, Brian, tra pochi mesi ne compirò trentasei. Non sono mai stata sposata e non ho alternative a Richard!»
Brian spalancò gli occhi.
«Intendete sposarvi, quindi?»
«No» rispose Diane. «O meglio, io lo vorrei, ma tuo fratello sembra non pensarci. Credevo che fosse per rispetto alla memoria di Sheila, ma ho capito che non è così. È per l’altra, quella che continua a insinuarsi tra noi...»
Brian la fermò: «Credo che Rick sia semplicemente convinto che sia troppo presto per sposarsi. Insomma, non è da tanto che...»
«Non è da tanto che ci frequentiamo? Questo vuoi dire? Ti sbagli. Rick mi ha assunta nel suo studio due anni fa. Allora non stavamo insieme, lo so. Non c’era niente tra di noi perché per lui non c’era nessuna oltre a sua moglie, anche e non c'era più. Adesso, però, le cose sono cambiate, sono molto cambiate, ma Rick non riesce ad accettarlo!»
«Parlane con Rick» le suggerì Brian, ancora una volta. «Se hai il sospetto che ti tradisca con un’altra, dovresti chiarirti con lui a questo proposito.»
«Oppure potrei lasciar perdere Rick» obiettò Diane.
Brian azzardò: «E i tuoi trentacinque - quasi trentasei - anni? Non sono forse un traguardo al di là del quale, secondo te, è difficile trovare marito?»
«L’ho sempre vista così» ammise Diane, «Ma se fosse proprio questo il mio destino?»
«Non capisco dove tu voglia andare a parare.»
«Lo capirai.»
Diane gli si avventò addosso e, di fatto, lo sbatté contro il muro.
Brian spalancò gli occhi.
«Che ti prende?»
«Devi aiutarmi.» Il suo sguardo sembrava disperato. «Se rimanere zitella è il mio destino, voglio almeno lottare con tutte le mie forze per evitarlo, finché ne sarò in grado.»
«Lo eviterai» la rassicurò Brian, cercando una via di fuga. Quando finalmente si sentì abbastanza sicuro di averne trovato una, le indicò il corridoio che conduceva ai garage e alle cantine. «Ora, se per te non è un problema, andrei in garage a prendere un paio di bottiglie d’acqua.»
Senza aspettare che aggiungesse altro, Brian si avviò. Si sentì sollevato, nel momento in cui pensò di essersi liberato di lei. Entrò nel garage e si appoggiò contro la parete, per concedersi un momento di calma.
Durò soltanto un istante. Un rumore di passi nel corridoio accese in lui un campanello d’allarme e, quando Diane entrò a sua volta, comprese che non era finita, almeno per il momento.
«Ti credo» gli disse la fidanzata di suo fratello. «Tu non sai chi sia l’altra donna di Rick.»
Brian confermò: «È proprio così.»
«Però puoi scoprirlo.» Diane sorrise. «Sono sicuro che, se fai a tuo fratello le domande giuste, ti risponderà.»
«Può darsi.»
Brian sapeva che Rick gli avrebbe detto di non avere altre relazioni in corso. Gli avrebbe creduto e, chissà, magari se ne sarebbe convinta anche Diane, che da parte sua insisteva: «Ne sono certa. So anche che non posso chiederti di farlo gratis.» Si avvicinò. «Era questo il problema, non è vero?»
«Niente affatto» replicò Brian. «Non crederai davvero che io voglia estorcere dei soldi alla mia futura cognata?»
Diane sembrò estasiata dalle parole con cui l’aveva definita.
«Grazie a te tutto si risolverà» confermò, avvicinandosi. «È ovvio che meriti un compenso.»
«Ti ho detto che...»
«Che non vuoi soldi, lo so» lo interruppe Diane. «Ho mai parlato di denaro?» Si fece ancora più vicina, tanto che Brian si ritrovò quasi schiacciato tra lei e la parete. «Lo so bene che voi uomini non usate i soldi come moneta di scambio.»
Brian obiettò: «Non so che cosa tu abbia intenzione di...»
Le parole gli morirono in bocca nel momento in cui Diane, con uno strano sorriso sulle labbra, prese a sbottonargli i pantaloni.
«Taci» gli ordinò. «Adesso si fa come dico io!»

***

Brian guardò l’orologio. Mancavano poco più di trenta minuti e poi sarebbe andato a casa, sempre che Jonathan si fosse deciso a tornare. Era uscito per andare a incontrare, per l’ennesima volta, colei che chiamava “la sua informatrice” e non era ancora tornato.
Brian non gli aveva fatto domande, prima che se ne andasse. Ultimamente non ne faceva mai. Sapeva che non gli piaceva parlarne. Sperava che la ragione non fosse di natura professionale: forse Jonathan, nonostante lo negasse, aveva davvero conosciuto qualcuna che gli potesse far dimenticare Claire una volta per tutte, allo stesso modo in cui Brian sentiva di dovere dimenticare i fatti della sera precedente, che per tutto il giorno gli erano andati avanti e indietro per la mente.
Jonathan rientrò pochi minuti più tardi. Lo salutò distrattamente e, quando Brian non aggiunse altro, si avvicinò alla sua scrivania.
«Ehi, va tutto bene?»
Brian alzò gli occhi.
«Certo che sì.»
«Beh, non mi sembra» obiettò Jonathan. Prese una sedia e gli si piazzò davanti. «Che cos’è successo?»
«N-niente» balbettò Brian. «Perché dovrebbe essere successo qualcosa?»
«Sei strano» decretò Jonathan.
Aveva dannatamente ragione, realizzò Brian, ma forse poteva ancora cavarsela.
Sorrise, scherzando: «Io sono sempre stato strano.»
«Su questo non ho dubbi» ribatté Jonathan, «Ma non lo sei mai stato così tanto.»
«Credo non sia la prima volta che ti sento dire queste parole.»
«Forse no.»
Brian cercò di tornare ad essere quello di sempre almeno per un attimo, domandando: «Com’è andata con la tua amica?»
«La mia amica?»
«Beh, sì, la tua informatrice.»
«Tutto bene.»
«Non vuoi dirmi di più?»
«No.» Jonathan lo fissò intensamente. «E vuoi sapere perché non ti dico nient’altro?»
«Perché non sono fatti miei?» azzardò Brian.
Jonathan lo corresse: «Perché non t’interessa davvero. Inoltre è da stamattina che ti comporti in modo strano. Non sarebbe un problema, se ti limitassi a non intrometterti nei miei affari, il punto è che quando parli al telefono fai una strana impressione ai clienti. Per non parlare di tutto il resto: spero che tu non abbia fatto casini.»
«Io non faccio mai casini» obiettò Brian, pur non essendone sicuro. «Dal punto di vista professionale sono competente, lo sai.»
«Quando non dormi in piedi, non posso negarlo» ribatté Jonathan. «È proprio questo che mi spaventa, vedi.»
«Non sto dormendo in piedi» puntualizzò Brian, con un sorriso. «Come hai modo di notare, sono seduto.»
Jonathan sospirò.
«Lasciamo stare.»
«Esatto, lasciamo stare» convenne Brian. «Ho alcune cose da finire prima di andare a casa.»
«Hai anche qualcosa da raccontarmi, prima di andare a casa» ribatté Jonathan. «Ho l’impressione che il tuo stato d’animo sia strettamente collegato a qualche presenza femminile.»
Brian abbassò gli occhi.
«Sì.»
«Magari a una presenza specifica.»
«Proprio così.»
«La tua misteriosa ragazza?»
Brian sospirò.
«Vorrei tanto dirti di sì.»
Jonathan si avvicinò più che poteva, facendo strisciare la sedia sul pavimento.
«Sei stato con un’altra?»
«Tutto dipende da cosa intendi con queste parole» ammise Brian. «La mia risposta potrebbe essere sì.»
«Lo sapevo!» ribatté Jonathan. «A quanto pare tutti i tuoi discorsi sono andati in fumo in un nanosecondo. Dicevi che avevi conosciuto la donna della tua vita e che non saresti tornato indietro!»
«Non voglio tornare indietro!» replicò Brian, con più decisione di quanto non avesse mostrato nelle ultime ventiquattro ore. «La donna della mia vita è Meredith!»
Jonathan aggrottò la fronte.
«Già. Meredith...»
«Sì, la mia ragazza misteriosa si chiama Meredith» confermò Brian. «Che cosa c’è di strano?»
«Niente, non ha importanza» rispose Jonathan. «Quello che è successo con l’altra, invece, potrebbe averne.»
Brian scosse la testa.
«No. Per me c’è solo Meredith.»
«Eppure l’hai tradita dopo un mese.»
«In un certo senso...»
Jonathan lo interruppe: «Non mi sembra che ci siano molte possibili interpretazioni. Sei stato con un’altra, l’hai ammesso tu stesso.»
«Lo so.»
«Forse quell’altra conta più di Meredith, allora.»
«No» insisté Brian, «Diane non conta niente per me. È stata solo un errore che vorrei non avere mai commesso.»
Jonathan ripeté: «Diane?»
Brian confermò: «Sì, l’altra si chiama Diane.»
«Mi sembra di avere già sentito questo nome.»
«Sì, l’hai già sentito» confermò Brian, sentendosi stordito.
Jonathan osservò: «Non si chiama Diane anche la fidanzata di tuo fratello?»
Brian avvampò.
«Beh, sì.»
«Come mai questa reazione?» ribatté Jonathan. «Mi fa pensare che ci sia qualcosa sotto. Non sarà la stessa Diane?» Brian non trovò la forza di negare, quindi Jonathan dedusse: «È la stessa Diane. Che cosa ne pensa Meredith di tutto questo?»
«Non sono così idiota da andarglielo a riferire! Non voglio perderla!»
«È un po’ in contraddizione con quello che hai fatto, non ti pare?»
«Beh, sì, lo ammetto.»
«Ti converrebbe pensarci bene» gli suggerì Jonathan. «Se davvero ti interessa così tanto di Meredith, come ti è venuto in mente di...?»
S’interruppe, ma dal momento che aveva intuito la domanda che voleva porgli, Brian gli spiegò ugualmente com’erano andate le cose.
«Molto interessante» commentò Jonathan, quando ebbe finito. «Davvero molto interessante, più di quanto pensassi.»
Brian sbottò: «Io non ci vedo niente di interessante!»
«Come no? Sembra una scena da film.»
Brian si alzò in piedi.
«Non penso proprio.»
Jonathan rise.
«Sì, invece. Quante donne, quando ti chiedono di scoprire con chi se la fa il loro fidanzato, come ricompensa te lo succhiano?»
«Non sono necessari i dettagli» replicò Brian. «Vorrei tanto non esserci mai entrato, ieri sera, in quel dannato garage!»
«È facile dirlo dopo che è già successo» ribatté Jonathan. «Passiamo alle cose serie, però. Ti sei mai chiesto, se Diane è attratta da te, perché le interessi così tanto salvaguardare la sua relazione con tuo fratello?»
«Non penso che sia così tanto attratta da me.»
«Se non le piacessi...»
Brian lo interruppe: «Va bene, ammettiamo che io le piaccia. Diane vuole sicurezza e stabilità e soprattutto vuole un uomo disposto a sposarla il prima possibile!»
«Potrebbe essere un’idea» osservò Jonathan.
«Che cosa?»
«Il suo futuro matrimonio con tuo fratello.»
«Un’idea per che cosa?»
Jonathan scoppiò a ridere ancora una volta e gli spiegò: «Non sarà difficile, quando sarete parenti, avere a che fare con lei. Diane si ritroverà l’amante praticamente in casa!»
Brian si prese la testa tra le mani, pentendosi di essersi confidato con Jonathan. Era giunto il momento di accantonare l'argomento, quindi si ricordò dell'informatrice: «Com'è andato il tuo incontro? Seriamente parlando, la mia impressione è che ci sia qualcosa di grosso che bolle in pentola.»
Jonathan si fece serio di colpo.
«Non ti sbagli. Temo che l'intera storia del genere umano stia per cambiare.»
Brian azzardò: «Mi sembra un po' esagerato.»
Jonathan scosse la testa.
«No, Brian, non sto esagerando, ma è inutile parlarne adesso. I tempi non sono ancora maturi.»

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Capitolo 11
*** Buco nell'acqua ***


Ormai le prime ore del mattino erano passate, ma a quanto pareva Dominick dormiva ancora. I suoi orari erano diversi da quelli della maggior parte delle persone che aveva intorno e non sembrava far nulla per nascondere le proprie strane abitudini. In ogni caso Meredith non se ne curò: era nei momenti come quelli che aveva la forza di sentirsi ancora libera e viva. Per il resto, nonostante fosse trascorso poco tempo da quando aveva rivisto suo fratello, si sentiva già irreparabilmente in trappola. Lo era davvero, e non aveva vie d’uscita.
Avrebbe potuto scappare: andarsene in un'altra città e non tornare mai più ad Acid Corn, o qualcosa del genere. Dominick non l’avrebbe trovata, con un po' di fortuna. Eppure, non era tornato ad Acid Corn per caso. Dominick non faceva niente per caso.
“Vuole me, o qualcos’altro.”
Il suo spirito di sacrificio le impose di sperare di essere l’obiettivo che l’aveva condotto in città. Era impensabile che Dominick potesse distruggere anche la vita di qualcun altro, come aveva già rovinato la sua.
“Anzi, no.”
Era tutt’altro che impensabile. Alicia non era che una ragazzina, quando Dominick non le aveva lasciato scelta. Prima ce n’erano state altre, che avevano fatto una fine ben peggiore, ma Meredith non riusciva a preoccuparsi tanto per loro. Almeno, in quei casi, non aveva assistito con i propri occhi alle squallide azioni del fratello.
Era certa che Alicia la detestasse per non avere fatto abbastanza, che fosse quella la ragione per cui, quando contava davvero, si era schierata proprio a sostegno del proprio aguzzino, mettendosi contro di lei.
“Avrei potuto salvarla.”
Chiuse gli occhi e rievocò i fatti di quella notte. Rivivere quell’incubo era insostenibile. Ricordò, poi, il giorno in cui aveva conosciuto Eddie. Era un’Anima Bianca, che da sempre si batteva per la salvaguardia delle Anime Bianche.
Per quanto i loro rapporti fossero sempre stati pessimi, sapeva di avere ancora bisogno di lui. Facendo attenzione a non essere troppo rumorosa, si diresse in cucina. La sua abitudine a nascondere tutto ciò che non avrebbe voluto mostrare a occhi indiscreti iniziava a rivelarsi utile: Dominick non avrebbe mai potuto immaginare che, in un mobile pieno di tovaglie e strofinacci, fosse possibile trovare una piccola agenda sulla quale aveva appuntato i numeri che non poteva permettersi né di perdere.
Si infilò l’agenda in tasca. Adesso non restava altro da fare che uscire e convincere qualcuno a farle utilizzare un telefono.
“Sei magnetica”, le aveva detto Derek, qualche giorno prima.
Se davvero era così, non avrebbe avuto troppi problemi.
Uscì dall’appartamento senza fare rumore e rimase in attesa. Sapeva che il piccolo studio fotografico di Richard Connor apriva più tardi. Con tutta probabilità l’avrebbe trovato ancora in casa.
Ebbe un colpo di fortuna: Rick stava uscendo proprio in quel momento. Non la notò. Aveva già richiuso la porta con due giri di chiave e stava già scendendo i primi gradini, quando Meredith lo fermò.
«Ehi, Rick» sibilò, «Aspetta.»
Connor si voltò.
Il suo volto disteso divenne ben presto cupo.
«Cosa vuoi?»
«Parla piano» lo pregò Meredith. «Ti ruberò solo pochi minuti.»
Rick scosse la testa.
«Non ho tempo da perdere. Se è per quella vecchia storia...»
Meredith si affrettò a replicare: «Non c’entra niente, quello. Ti prego, è una questione di vita o di morte.»
Rick sospirò.
«Va bene. Cosa vuoi?»
Era già un passo avanti.
«Stavi scendendo» gli ricordò Meredith. «Cosa ne dici se ti accompagno nell’atrio?»
Rick non le parve molto convinto.
«Non credo sia necessario.»
«Ti farò perdere meno tempo» puntualizzò Meredith. «Non è un vantaggio?»
Inoltre, più si allontanava da Dominick e più si sentiva sicura. Non le avrebbe detto nulla se l’avesse sorpresa mentre era ancora sulle scale - poteva sempre inventarsi di essere stata in cantina a cercare qualcosa - ma avrebbe potuto reagire male se avesse sentito che cosa si stavano dicendo lei e il loro vicino.
Rick la guardò a lungo.
«Come vuoi» concesse, infine.
Meredith gli regalò un radioso sorriso.
«Grazie, Rick. Tu sì che sei un uomo da sposare!»
Lo vide irrigidirsi.
«Scherzavo, ovviamente.» Meredith ridacchiò. «Non dovresti spaventarti per così poco. Al massimo mi riferivo alla tua dipendente. Si chiama Diane, vero?»
«Non mi sono spaventato» replicò Rick, torvo. «Ovviamente sei l’ultima persona che potrei mai sposare.» Furono le ultime parole che pronunciò prima di iniziare a scendere. Soltanto quando arrivarono nell’atrio osservò: «Credevo dovessi dirmi qualcosa.»
«Infatti» replicò Meredith, «È proprio così.»
«Eppure, strada facendo, sei stata muta come una tomba.»
«Devo fare una telefonata» gli spiegò Meredith, finalmente. «È una questione piuttosto urgente e delicata. Posso salire in casa tua e farla da là?»
Rick aggrottò le sopracciglia.
«Credevo che avessi un telefono.»
Meredith annuì.
«Sì.»
«E adesso?»
«Diciamo che non funziona.»
Rick le lanciò un’occhiataccia.
«Non dovrai fare qualcosa di illecito? Qualcosa come chiamate minatorie, insomma. Non vorrei che tu me l’avessi chiesto affinché nessuno possa risalire a te.»
Meredith si sforzò di sorridere.
«Mi spieghi come ti viene in mente una cosa del genere?»
«A volte la spiegazione più ovvia è quella corretta» ribatté Rick. «Non penso si possa negare che sei strana.»
Era una definizione che, in un momento di minore tensione, l’avrebbe senz’altro fatta sorridere. Non era un caso se appariva strana. Tutti quelli come lei dovevano sembrarlo. Molti, tra l’altro, erano anche pericolosi.
«Sarò anche strana» concesse, «Ma non ho l’abitudine di fare telefonate minatorie, né di fare qualcosa per cui qualcuno dovrebbe volermi rintracciare per forza.» Ridacchiò. «A parte quando vado in piscina, naturalmente: chiunque mi abbia vista in costume, in genere, è disposto a cercarmi in capo al mondo.»
Rick sorrise.
«Non hanno tutti i torti.»
Meredith spalancò gli occhi. Anche Rick, per caso, soffriva di sdoppiamenti di personalità, proprio come Dominick?
“No, non è affatto come Dom. Il peggio che possa fare Rick è rispondere male. Se Dom fosse come lui, non ci sarebbe niente di cui preoccuparsi.”
«Sei troppo gentile» si affrettò a rispondergli. «Comunque stavo scherzando.»
Il sorriso di Rick si fece ancora più radioso.
«Sono sicuro, invece, che molti uomini ti desiderino.»
Derek aveva ragione, realizzò Meredith. Quello era un effetto del magnetismo, elevato alla massima potenza. Era giunto, quindi, il momento di rinnovare la richiesta.
«Allora posso fare una chiamata?»
Rick non si sforzò nemmeno di rispondere. Si limitò a porgerle le chiavi di casa.
«Puoi andare. Ti lascio tre minuti contati, poi vengo a cercarti.»
«Tu non sali?»
«Non ho l’abitudine di ascoltare le telefonate altrui.»
Meredith sorrise.
«Grazie.»
Salì in fretta, entrò a casa di Rick e compose il numero di Eddie, che fu sorpreso di sentirla, ma accettò di incontrarla quel pomeriggio sul tardi. Meredith lo ringraziò più di quanto avesse mai fatto da quando lo conosceva, poi riattaccò e si affrettò ad uscire dall’appartamento di Rick. Chiuse la porta a chiave e corse giù a restituire il mazzo al legittimo proprietario.
Era ancora nell’atrio quando Dominick la raggiunse.
Meredith sussultò.
«Cosa ci fai qui?»
«Non sapevo che fossi uscita» osservò suo fratello, senza darle una risposta.
Dominick era silenzioso. A volte se lo ritrovava accanto nei momenti più inaspettati. Da quando era tornato, la privacy non esisteva più.
«Sono scesa solo per fare due passi» mentì Meredith, mentre lui la guardava con gli occhi del poeta incompreso.
“È un incantatore. Non devo fidarmi.”
Dominick si limitò a obiettare: «Avresti potuto avvertirmi.»
«Avrei potuto» ammise Meredith, «Ma, dato che dormivi, non mi è sembrato il caso di svegliarti senza motivo. In fondo ero qui sotto.»
Lo sguardo di Dominick si fece penetrante.
«Già, in fondo tu non hai niente da nascondere, a parte quando vai a cercare il nostro vicino di casa.»
Meredith raggelò.
Dominick sapeva che aveva parlato con Rick. Forse sapeva addirittura per qual motivo si fosse rivolta a lui. Non c’era più privacy, non c’era più tranquillità, non c’era più nemmeno una possibilità di mantenere un segreto.
Gli occhi gelidi di Dominick tornarono a fissarla con dolcezza.
«C’è molto freddo fuori?»
«Per essere l’inizio di marzo, direi di no.»
«Allora cosa ne dici se più tardi andiamo a fare un giro?»
«Non...»
Dominick la interruppe: «Non hai mai dubitato di volermi dire di sì, lo so.»
«Veramente...»
«Veramente era il tuo sogno segreto, lo so, non c’è bisogno che tu me lo dica.»
Meredith sospirò.
Niente privacy, niente segreti e, a quanto pareva, nemmeno la possibilità di dire di no a Dominick. Non era certo quello che, fino a poco tempo prima, sperava per il proprio futuro.
«Va bene» si arrese. «Me li dai dieci minuti per cambiarmi?»
«Anche venti.» Dominick sorrise. «Lo sai che per te sarei disposto a fare qualsiasi cosa.»
Meredith non ne era affatto convinta, ma preferì non sollevare obiezioni e si avviò per le scale.
Dominick non salì insieme a lei. In un’altra circostanza Meredith avrebbe interpretato quel segnale come un campanello d’allarme, ma stavolta, se non altro, aveva la certezza di non essersi lasciata alle spalle alcun indizio.
“O almeno credo.”
Non esistevano dati di fatto indiscutibili, quando si aveva a che fare con Dominick Storm.
La porta era socchiusa. Meredith entrò, venendo assalita dal senso di panico e oppressione con cui negli ultimi giorni aveva imparato a convivere. Quella era casa sua. Dominick avrebbe dovuto essere altrove.
“Non avrei dovuto ospitarlo.”
Si sentiva colpevole, almeno in parte. Non aveva alternative, certo, ma solo perché, in un primo momento, aveva rifiutato di vederne.
Meredith lasciò la porta accostata e si diresse in gran fretta verso il mobile in cui teneva l’agenda. Si affrettò ad aprire l’anta e a collocarla al suo posto.
Alle sue spalle udì la voce di Dominick: «Cosa stai facendo?»
Meredith sussultò.
Com’era possibile che Dominick comparisse sempre e solo nei momenti meno opportuni?
“Forse perché, in realtà, ogni momento è inopportuno.”
Suo fratello ripeté: «Cosa stai facendo?»
Voleva una risposta. L’avrebbe avuta.
«Stavo controllando una cosa.»
Ovviamente non fu soddisfatto.
«Va bene, ma cosa stavi controllando, nello specifico?»
Nemmeno le mosse in apparenza più innocenti sembravano sfuggirgli. Doveva inventarsi una scusa, doveva inventarsela subito e doveva essere convincente.
«L’anta non era ben chiusa, stavo guardando se c’era qualcosa fuori posto.»
«Adesso?»
«Sì, adesso, perché?»
«Sei venuta a cambiarti.»
Meredith annuì.
«Questo, però, non significa che non posso vedere se ci sono cose fuori posto.»
«No, certo» convenne Dominick, «E sono sicuro che non ci sia niente fuori posto.»
Sembrava un’allusione, non poco marcata, al fatto che Meredith usasse quel mobile per nascondere qualcosa. Che fosse più sicuro mettere l’agenda da un’altra parte, se ne avesse avuto la possibilità?
«Intanto che ti prepari» la avvertì suo fratello, cambiando completamente discorso, «Vado a guardare un po’ di televisione.»
«Come vuoi.»
Lo vide uscire dalla cucina.
“Il telegiornale del mattino non è interessante al punto tale da fargli perdere ogni contatto con la realtà” valutò. “Per oggi non posso più permettermi di fare qualcosa a sua insaputa.”
Doveva comunque trovare un modo per spostare la rubrica telefonica prima che venisse l’ora di andare al lavoro. Forse avrebbe dovuto portarla al Rifugio del Drago. Almeno là, Dominick non riusciva a tenerla sotto controllo continuamente.
Sebbene si trovassero, in quel momento, in due stanze diverse, avvertiva la sua presenza soffocante. Aveva l’impressione di essere in trappola. Si domandò se qualcosa potesse cambiare e si rese conto di non avere una risposta.
“Eppure, in un modo o nell’altro, devo farcela.”
Stava ancora riflettendo, quando Dominick rientrò in cucina.
«Ti prepari, allora?»
«Sì, scusa. Arrivo.»
Meredith uscì dalla stanza, chiedendosi ancora una volta se l’intervento di Eddie potesse esserle d’aiuto. Avrebbe preso sul serio le sue preoccupazioni? Avrebbe capito che Dominick era un problema che andava eliminato una volta per tutte?
Meredith si sforzò di frenare i propri pensieri. Tramare alle spalle di suo fratello era squallido. Una parte di lei ne era già profondamente pentita. Cosa avrebbero pensato i loro amici di un tempo? Forse svolgevano ancora il proprio dovere, o forse non erano stati forti abbastanza da continuare a seminare distruzione, ruolo per cui erano venuti al mondo.
Meredith non era nemmeno sicura di ricordare i loro nomi.
“Chissà, forse non si chiamano nemmeno più allo stesso modo.”
Dopo la condanna, perdevano anche il nome. Non che a qualcuno interessasse: un nome più comune era auspicabile per tutti.
La voce di Dominick la fece sussultare.
«Meredith?»
Perfino lui, realizzò, si era abituato senza troppi problemi a chiamarla Meredith.
Si girò lentamente.
«Dimmi.»
«Mettiti il vestito nero.»
«Okay, come vuoi.»
Era lo stesso abito che portava l’ultima volta in cui aveva visto Brian.
Istintivamente Meredith sorrise, nel pensare a Brian, l’uomo della sua vita. Chissà, forse un giorno si sarebbe sistemato tutto. Magari avrebbe potuto rivederlo presto, anche se era meglio non sognare troppo.
«Con quel vestito» la informò Dominick, «Sei uno schianto.»
Meredith non rispose. Era troppo impegnata a sognare Brian a occhi aperti. Voleva sentirle da lui, quelle parole.
Come a intuire che cosa avesse in mente, Dominick s’incupì.
«Siamo rimasti d’accordo che il tuo amico non fa più parte della tua vita» le ricordò. «Se stai pensando a lui, abbi la decenza di smetterla.»
Meredith fece per negare.
«Non...»
Dominick la afferrò per un braccio.
«Non pensare di potermi prendere in giro, Meredith, perché te ne pentiresti amaramente. Dovresti limitarti a ringraziarmi.»
Meredith obiettò: «Ringraziarti? E per che cosa?»
«Il tuo amico è ancora vivo» puntualizzò Dominick. «Dovrebbe essere questo l’importante, per te. Mi sarebbe costato veramente pochissimo sbarazzarmi di lui.»
«Non l’avresti fatto.»
«E perché?»
«Perché non ce n’era motivo.»
Dominick rise.
«Tu non hai capito come funzionino le cose, Meredith. Chiunque si metta tra noi deve essere eliminato. Cerca di non dimenticartelo.»
Meredith annuì.
«Come vuoi.»
Dominick sorrise con aria compiaciuta, facendole salire la nausea. Aveva davvero pronunciato quelle parole?
“Devo essere un caso disperato, ormai. È per questo che devo vedere Eddie.”
Le cose andarono meglio del previsto: Dominick uscì nel primo pomeriggio, lasciandole il tempo di prendere l’agenda e di nasconderla in una delle tasche meno visibili della borsa che portava con sé quando andava al lavoro. Proprio in quel momento il trillo del campanello la fece trasalire.
“Chi può essere?”
Dominick aveva preteso, fin dal primo giorno, di avere un mazzo di chiavi, in modo da poter entrare e uscire a proprio piacimento. Non poteva averle dimenticate, perché per lui erano fondamentali e, Meredith lo sapeva bene, Dominick non dimenticava mai niente che ritenesse fondamentale.
Si diresse verso la porta.
Afferrò il citofono, con il cuore che le rimbalzava nel petto.
«Chi è?»
La risposta la sorprese. Premette il pulsante per aprire il portone e attese. Eddie se la prese comoda: apparve davanti ai suoi occhi soltanto un paio di minuti più tardi, guardandosi intorno come se le vecchie pareti di quella vecchia palazzina avessero un aspetto interessante.
Varcò la soglia, richiudendo l’uscio alle proprie spalle.
«È un piacere rivederti, pupa.»
Meredith lo guardò senza replicare.
Eddie la esortò: «Avanti, puttanella da quattro soldi, perché non mi inviti a entrare nella tua lussuosa e attrezzata dimora? So che dovevamo vederci più tardi, ma ho preferito anticipare i tempi.»
Si sfilò gli occhiali da sole, mentre Meredith obiettava: «Non posso più invitarti a entrare, ormai. L’hai già fatto da solo.»
«A volte» ribatté Eddie, «Bisogna prendersi certe libertà.» Continuò a guardarsi intorno. «Visto da dentro, è meglio che da fuori.»
«Sono felice che casa mia ti piaccia. Quello che non capisco, però, è la ragione di questa tua visita di cortesia. Ti avevo detto di venire alle sei e mezza al Rifugio del Drago. Cosa speri di ottenere presentandoti qui?»
«Se tu fossi una donna normale, spererei di ottenere una notte di fuoco.»
Meredith si affrettò a ricordargli: «Io non sono una donna normale e la notte è ancora lontana.»
«È già buio, ormai» puntualizzò Eddie. «Per me la notte inizia quando tramonta il sole.»
«Capisco. Anzi, non capisco, ma non me ne importa niente di capire. Dato che io non sono una donna normale e tu lo sai, perché sei venuto?»
«Perché sentivo la tua mancanza. Da quando c’è tuo fratello, ti fai vedere di meno in giro. Hai mai sentito parlare di emancipazione femminile?»
«E tu hai mai sentito parlare del fatto che, se una persona ti invita a vederla in un luogo pubblico, forse non ti vuole in casa?» replicò Meredith. «Potrei appellarmi a quello e chiederti di andartene.»
«Saresti poco ospitale, se lo facessi» ribatté Eddie. «Anzi, sei comunque poco ospitale: non mi hai ancora offerto niente da bere.»
«Non sono obbligata.»
«Un caffè non lo si nega a nessuno.»
«Non bevo caffè, in casa mia non ne troverai mai.»
«Dimenticavo. Hai ancora le tue abitudini di un tempo.»
Meredith scosse la testa.
«Non c’entra niente con le mie abitudini di un tempo.»
Eddie la ignorò.
«Eppure, durante quei giorni - troppo pochi, a mio parere - che hai trascorso sotto il mio controllo, non hai fatto altro che ripetermi che volevi iniziare a comportarti come tutti, per non destare sospetti, e che avremmo dovuto farlo anche noi.»
Meredith rabbrividì.
«Questo non c’entra niente con il caffè. Non mi piacciono le bevande calde. Il fatto che molte persone le bevano non mi riguarda: nessuno sospetterà che sono quello che sono solo perché non bevo il caffè.»
Eddie annuì con aria soddisfatta.
«Adesso iniziamo a ragionare.»
«Tu non hai mai iniziato a ragionare» replicò Meredith, «E purtroppo non inizierai mai. L’unico scopo della tua vita è quello di ritenerti uno scalino al di sopra di tutti.»
Eddie rise.
«Io sono davvero uno scalino al di sopra di tutti.»
Meredith gli lanciò un’occhiataccia.
«Solo perché tu sapevi a che cosa andavi incontro, quando hai chiesto alla tua amante di un tempo di renderti diverso?»
«Io non...»
«Non negare» lo pregò Meredith. «Non era al corrente del fatto che tu sapessi, quindi si è lasciata, per qualche verso, incastrare, e tu, non appena ne hai avuto la possibilità, l’hai ammazzata.»
«Piano con le accuse. Vuoi che ti elenchi tutto quello che hai fatto?»
Meredith scosse la testa.
«Non è necessario. Inoltre mi sono sempre limitata a portarmi a letto chi doveva essere tenuto sotto controllo. Non ho mai ucciso nessuno, io.»
«Nemmeno io» replicò Eddie. «Quella pazza sarebbe stata soltanto un pericolo per la nostra società, avrebbe potuto trasformarsi nel pericolo pubblico di Acid Corn, proprio come tuo fratello. È perché vuoi che ti aiuti a liberarti di lui che mi hai chiamato, vero?» I suoi occhi, di un colore rossastro pallido, fissavano Meredith con freddezza. «Perché dovrei? Io e Dominick abbiamo collaborato, un tempo. Ci siamo sempre cordialmente disprezzati, ma non è mai venuto a mancare il rispetto reciproco... a parte quando non controllava i propri istinti. Non fraintendermi, avrei mille ragioni per volerlo distruggere, ma non inizio una guerra senza essere stato provocato. Fintanto che Dominick mantiene un certo contegno, te la dovrai sbrigare da sola. Non ho alcuna intenzione di infilarmi in uno scontro senza senso per salvaguardare il presente e il futuro di un'ex prostituta del Rifugio delle Anime.»
Meredith gli ricordò: «Un tempo mi sono schierata dalla tua parte, anche se eri uno dei miei aguzzini, in quel maledetto sotterraneo. Tra te e Dominick, ho scelto di stare dalla tua parte.»
«Non sei mai stata una vera alleata» replicò Eddie. «Mi sono servito di te per rendere Dominick meno potente. E comunque ho capito il vostro gioco molto tempo fa. Tu e Storm siete amanti, vero? Vi siete sempre finti fratello e sorella, ma in realtà andate a letto insieme. Tu, adesso, ti sei presa una sbandata per un detective da quattro soldi, quindi vuoi che te lo levi di torno.»
A quel punto, Meredith ritenne opportuno lasciarglielo credere, in fondo almeno una piccolissima parte di verità c'era.
«Quando inizi a recitare una parte, non puoi più smettere» dichiarò. «Io sono la sorella di Dominick Storm, secondo tutti. Non mi resta che continuare a fingere che sia proprio così.»
Eddie le domandò: «Ci vai ancora a letto insieme?»
«Sto insieme a Brian, adesso» ripeté Meredith. «Nella mia vita non c’è più spazio né per Dominick né per nessun altro.»
Inaspettatamente Eddie scoppiò a ridere.
Meredith sibilò, tra i denti: «Si può sapere cos’ho detto di così tanto divertente?»
«Niente. Pensavo a Derek. Gli sei sempre piaciuta.» Eddie sogghignò. «Chissà come la prenderà, quando scoprirà che hai un ragazzo. Sono sicuro che, se lo mettessi di fronte alla scelta di mettersi contro di me o contro di te, la sua decisione sarebbe inequivocabile, adesso.»
«Intendi dire che, secondo te, Derek si schiererebbe dalla tua parte?»
«Mi sembra ovvio.»
«Mi spiace deluderti, allora» replicò Meredith. «Derek sa che io e Brian stiamo insieme. Non per questo ha cambiato opinione su di me.»
«Gli piaci, te l’ho detto. Non credo che l’idea di essere rifiutato per uno che non è nessuno lo riempia di gioia.»
«Che lo riempia di gioia o no, Derek non mi volterà mai le spalle.»
Eddie rise.
«Se ne sei convinta. Io, invece, dico che potrei convincerlo ad ammazzarti. Dopo sarebbe libero, come me.»
Senza aggiungere altro le voltò le spalle, aprì la porta e se ne andò sbattendola. Era stato un enorme buco nell'acqua. Meredith realizzò di essere ancora al punto di partenza, in una situazione senza via d'uscita.

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Capitolo 12
*** Derek ***


I pensieri di Brian s’interruppero nel momento in cui la porta si spalancò. Era solo e, come accadeva di consueto, Jonathan era fuori, per incontrare la sua informatrice. La settimana era iniziata così: fin dal lunedì Jonathan l’aveva vista e, dopo averla incontrata al mattino per due giorni consecutivi, al mercoledì aveva optato per il pomeriggio.
Perso nei propri pensieri, Brian stava contemplando, senza vederle davvero, delle carte piazzate alla rinfusa sulla scrivania. Rifletteva, chiedendosi il senso di tutto ciò che stava accadendo.
La porta si aprì.
Non fece nemmeno in tempo ad alzare gli occhi, prima che una voce si rivolgesse a lui: «Jonathan White è qui?»
Finalmente Brian abbandonò le carte.
«No.» Guardò il suo interlocutore e faticò a rimanere impassibile. «Ci siamo già visti da qualche parte.»
L’altro annuì.
«Così pare.»
Era il collega di Meredith, quello che era sparito in bagno insieme alla ragazza con cui Brian aveva parlato davanti alla vetrina di un negozio qualche tempo prima, e da lei aveva indirettamente appreso, la sera del carnevale al Rifugio del Drago, che si chiamava Derek.
«Sono qui per parlare con Jonathan» lo informò Derek, mentre Brian si domandava se fosse un caso. «Dov’è?»
Brian gli indicò lo spazio circostante, in cui non c’era nessuno oltre a loro.
«Ora non c’è.»
«Lo vedo» ribatté Derek. «Inoltre me l’hai già detto. Non so se tu sia abituato a doverti sentire ripetere le cose mille volte per capirle, ma ti assicuro che con me non funziona così.»
Derek lo fissava con aria di sufficienza, e lo infastidiva parecchio.
«Non volevo insultare la tua intelligenza» replicò Brian, sprezzante. «Sei libero di continuare a ritenerti superiore.»
«Non mi ritengo superiore, su questo ti sbagli» obiettò Derek. «È vero, non sono come voi comuni mortali che sbavate non appena vedete Meredith Storm, ma non per questo mi abbasso a criticare le vostre debolezze.»
Brian si alzò in piedi, si avvicinò a lui e si appoggiò al bordo della scrivania.
«Che cos’hai detto di Meredith?»
«Soltanto la verità» rispose Derek. «Siete tutti lì a sbavarle dietro, come se fosse così eccezionale.»
«Stai insinuando che non lo sia?»
Derek rise.
«Non insinuo niente.»
«A me pare che tu lo stia facendo, ma penso di non avere bisogno dei tuoi avvertimenti» obiettò Brian. «Per quanto ti possa sembrare improbabile, so badare a me stesso.»
«Non lo metto in dubbio, ma in certe circostanze non è così facile tenere gli occhi sempre ben aperti.»
«Jonathan non arriverà a momenti» gli comunicò Brian, a quel punto, piuttosto desideroso di liberarsi di lui. «Dovresti prendere in seria considerazione l’idea di tornare più tardi.»
«Più tardi è troppo generico» replicò Derek. «Per che ora intendi?»
«Verso le cinque e mezza» gli suggerì Brian. «Aveva un appuntamento di lavoro. È uscito quasi un’ora fa.»
«I suoi impegni non m’interessano» obiettò Derek. «Sai dirmi, piuttosto, a che ora lo potrei trovare da solo?»
«Mai» rispose Brian, avvertendo un brivido di soddisfazione. «Me ne andrò allo stesso orario in cui se ne andrà lui.»
«Jonathan ha un recapito telefonico, vero?»
«Suppongo di sì.»
«Allora che cosa aspetti a darmelo?»
Brian prese un foglio e trascrisse il numero di Jonathan, poi lo porse a Derek, che se lo infilò in tasca, si girò e fece per uscire.
Si fermò all’improvviso, tornò a voltarsi e venne verso di lui.
«Fai attenzione, Brian» gli suggerì. «Il mondo è più pericoloso di quanto tu creda.»
Brian strabuzzò gli occhi.
«Come sai il mio nome?»
Derek ridacchiò.
«Lavorare a stretto contatto con Meredith comporta certi vantaggi.»
«Non sapevo che si confidasse con te.»
«Non sempre lo fa, infatti.»
«Devo pensare che sia solita confidarsi con altri vostri colleghi e che tu ti diverta a origliare i loro discorsi?»
Derek replicò: «Di solito non mi abbasso a questi livelli.»
Brian avvampò, ripensando a quando era stato lui stesso a dedicarsi a quell’attività, ma cercò di non mostrare alcuna emozione.
«Mi ha accennato a te» riprese Derek. «Si vede che è talmente soddisfatta dalla vostra frequentazione che ha deciso di parlarmene. Da parte mia ti suggerisco di fare attenzione: Meredith stessa potrebbe essere pericolosa per te.»
«Sì, può darsi, ma sono pronto ad affrontare qualunque pericolo, per lei» ammise Brian, «E la mia impressione è che tu sia soltanto invidioso.»
Derek riprese a ridere.
«Di che cosa? Del fatto che ci sia qualcosa tra te e lei?»
Brian azzardò: «Forse.»
Derek scosse la testa.
«Sei fuori strada.»
«Sarò anche fuori strada, ma mi sembri il tipico innamorato rifiutato che cerca di vendicarsi nei confronti della donna che non ne ha voluto sapere di lui» obiettò Brian. «Dopotutto sono in tanti quelli che Meredith è costretta a rifiutare ogni giorno.»
Derek ignorò le sue considerazioni a proposito di Meredith.
«Sai, Brian, penso che tu ti stia sbagliando di grosso? Un tempo le donne cadevano ai miei piedi.»
Brian aggrottò le sopracciglia.
«Un tempo, hai detto?»
Derek annuì.
«A quanto pare non sei sordo.»
«Non sono sordo e, appunto, ritengo che tu sia ancora più ridicolo di quanto pensassi.»
Derek sospirò.
«Tu non sai fare altro che criticare quelli che temi possano rivelarsi migliori di te.»
«E tu, a quanto pare» ribatté Brian. «Ti fai tanti viaggi mentali... troppi, secondo il mio punto di vista.»
«No, non mi faccio tanti viaggi mentali. Un tempo le donne cadevano davvero ai miei piedi. Puoi chiedere conferma a Meredith, se non credi a me.»
«Non mi sembri tanto vecchio» replicò Brian. «Un tempo, come dici tu, probabilmente portavi il pannolino e frequentavi la scuola materna.»
«Sì, è vero» ammise Derek. «Ho solo venticinque anni, ma il mio momento di gloria è passato. Adesso faccio colpo solo sulle ragazze che lavorano al piano di sopra, al Rifugio del Drago, o meglio, su una di esse. Si chiama Kayla, non so se la conosci.»
Brian annuì.
«Per fama. Meredith dice che è una di maniaca sessuale. Non so che cosa possa spingere una donna a provare attrazione per un tipo come te, ma evidentemente con quella Kayla ti sei giocato bene le tue carte.»
«Ho il mio charme» ribatté Derek. «E comunque anch’io mi chiedo perché Meredith impazzisca proprio per te. Ne ha avuti talmente tanti che è strano che si sia fissata con uno come te, che non ha niente da offrirle.»
Brian gli chiese, secco: «Cosa vuoi dire?»
«A Meredith piace recitare» gli spiegò Derek. «Da un uomo si aspetta che possa offrirle il lavoro dei suoi sogni. Prima stava con un produttore. È rimasta con lui finché ne ha ricavato un tornaconto personale. In passato ha avuto relazioni con uomini ricchi, che le facevano fare una vita da gran signora.»
Brian lo interruppe: «Jonathan non tornerà a breve, quindi ti conviene andartene. Stai solo perdendo tempo qui.»
Derek rise.
«Immagino che non ti piaccia sentirti dire la verità.»
«Non mi piace sentirti parlare, perché non fai che ripetere un cumulo di cazzate.»
«Chiedilo a Meredith.»
Brian gli lanciò un’occhiata gelida.
«Non ho bisogno di chiederglielo.»
«O magari non puoi farlo» ribatté Derek. «Dov’era, in questi giorni? Vi siete mai incontrati?»
Brian raggelò. Per la prima volta ebbe l’impressione che Derek conoscesse Meredith molto meglio di lui. Replicò, in ogni caso: «Forse Meredith non ti riferisce tutti i nostri appuntamenti. Mi sembra abbastanza normale che...»
Derek lo interruppe: «Non dire cazzate. Io so tutto. So che non vi vedete da parecchio tempo e che Meredith non fa niente per cercarti. Il problema è che tu non fai altrettanto. La mia impressione è che la cosa che più ti piace di lei è il fatto che sia l’unica donna disponibile.»
Brian avvertì, dentro di sé, la tentazione di parlargli di Diane.
“Non fare l’idiota” si ammonì. “Parlare di lei con un collega di Meredith, che non sembra particolarmente riservato, potrebbe essere una pessima idea.”
Si limitò a considerare: «Meredith non è l’unica donna disponibile. È semplicemente l’unica che mi interessi davvero.»
Derek ridacchiò.
«Allora continua a illuderti che per lei valga la stessa cosa.»
«Non mi sto illudendo» replicò Brian, «E poi, se non ricordo male, ti avevo già pregato di andartene.»
Derek non perse il sorriso.
«Sì, hai ragione, in effetti dovrei andarmene. Ti lascio solo a nuotare nel tuo brodo e a chiederti che cosa ne sarà di te e di Meredith. Chissà, forse finirai per arrivare a una risposta che potrebbe non piacerti.»
«Ne dubito.»
Derek ignorò la sua replica.
«Dì a Jonathan che sono passato e che ho bisogno di parlare con lui.»
Brian annuì.
«Riferirò e, quando verrai di nuovo, cercherò di non esserci.»
«Bene» osservò Derek. «A quanto pare ti sei reso conto che tu non c’entri niente.»
Brian scosse la testa.
«No, semplicemente preferisco non rivederti più.»
Quando Derek uscì, Brian rimase in paziente attesa che Jonathan rientrasse. Quandk finalmente accadde, gli domandò come fosse andata e ne ricavò una risposta ben poco soddisfacente: «Come sempre.»
In altri momenti avrebbe lasciato perdere, ma non quel pomeriggio.
«Di cosa parlate tu e la tua informatrice quando vi vedete?»
Jonathan sospirò.
«È sempre per quella solita vecchia storia.»
«Quella di cui non mi hai detto nulla» osservò Brian, «Sostenendo che un giorno capirò, ma che forse sarà troppo tardi e che la storia del genere umano allora sarà già cambiata.»
Jonathan scosse la testa.
«Queste sono conclusioni tutte tue.»
«Può darsi... A proposito, ti hanno cercato.»
«Chi?»
«Un certo Derek.»
«Cosa voleva?»
«Non ne ho idea, perché in tua assenza ne ha approfittato per dire falsità su Meredith. A suo dire, penso che cercasse di mettermi in guardia.»
Inaspettatamente Jonathan rise.
«Magari è davvero così.»
Brian scosse la testa.
«No, si è solo inventato delle stronzate.»
Jonathan non indagò in merito, ma gli domandò, piuttosto: «Cosa voleva da me?»
«Ovviamente» ribatté Brian, «Non si è degnato di dirmelo.»
Jonathan sospirò.
«Come al solito...»
Brian lo guardò con aria interrogativa.
«Cosa vuoi dire?»
«Ally mi aveva anticipato che...»
S’interruppe, come se avesse avuto l’impressione di avere parlato troppo.
Brian ripeté: «Ally?»
Jonathan non disse nulla.
«È l’informatrice, vero?» volle sapere Brian. «La ragazza che incontri ogni giorno si chiama Ally?»
«Non impicciarti» ribadì Jonathan. «Lascia che me la sbrighi io, con lei e con Derek. Mi dispiace per le sue intromissioni nella tua vita privata, ma purtroppo pare che sia fatto così. Tu, comunque, non c’entri niente.»
Come al solito non aggiunse altro, forse consapevole di essersi già svelato troppo, almeno per quel giorno. Brian si rassegnò, almeno per il momento, ma passò le ore che seguirono a riflettere su Derek e Ally. Quei due facevano parte di uno stesso disegno, che non poteva e non voleva più ignorare. Dentro di sé sentiva il bisogno di risposte.
Ripensò alle telefonate minatorie ricevute.
“Una è stata il giorno del primo incontro - o almeno, è probabile che lo fosse - tra Jonathan e Ally. L’altra è avvenuta la sera in cui ho incontrato Derek per la prima volta. E se fosse stato proprio lui?”
Il suo numero compariva nell’elenco telefonico di Acid Corn, così come quello dell’agenzia investigativa. Quella spiegazione lo convinceva, nonostante gli innegabili buchi. La prima telefonata, infatti, non era rivolta a lui: il suo interlocutore l’aveva chiamato esplicitamente Jonathan White.
“Forse sapeva benissimo che non ero Jonathan, ma ha preferito fingere di avermi scambiato per lui.”
L’oggetto della prima chiamata era stata una certa signorina James. Brian non si era più chiesto di chi si trattasse. Gli servì un attimo per prendere una decisione: doveva parlare con Derek e doveva farlo il prima possibile. Gli istanti successivi gli servirono per realizzare che avrebbe potuto essere un’azione avventata. Non poteva certo presentarsi al locale dove lavorava e chiedergli spiegazioni a proposito di quelle telefonate.
“Inoltre ci sarebbe Meredith” aggiunse. “Potrebbe non essere soddisfatta se mi recassi là per vedere un suo collega e non per lei. Devo aspettarlo fuori dal locale.”
Fortunatamente il Rifugio del Drago si trovava lungo una strada secondaria, accanto a un palazzo intorno al quale una piccola aiuola con numerosi cespugli permetteva il riparo da eventuali sguardi indiscreti.
Una volta giunto sul posto, attese a lungo: Derek uscì soltanto alle due e non era solo, ma c’era una ragazza insieme a lui. Accucciato a terra, sbirciando tra le foglie, Brian si accorse, nel momento in cui i due furono illuminati da un lampione, che si trattava di una cameriera che gli sembrava di avere intravisto la sera di carnevale.
I due si trovavano a meno di quattro metri di distanza dal cespuglio dietro al quale si nascondeva e, dal momento che la strada era semideserta, non si curavano di abbassare la voce. Da quanto Brian ebbe modo di comprendere, la ragazza doveva essere Kayla - o Kay, o comunque si chiamasse - e, dal momento che non aveva ancora voglia di andare a dormire, sperava di poter passare un po’ di tempo insieme a Derek. Soltanto in un secondo momento iniziò a fargli avance piuttosto spinte.
Finalmente Derek si allontanò di scatto.
«Ne abbiamo già parlato. Tu mi piaci, ma...»
«Ma non ti piaccio abbastanza» lo interruppe Kay. «Una come me la puoi scopare qualche volta, quando non hai niente di meglio da fare, mentre trascorri il resto del tuo tempo a guardare con la bava alla bocca quella puttana di Meredith Storm!»
Brian avvampò.
“Non ti permettere, ragazzina. Meredith non è una puttana.”
«Non essere ridicola» replicò Derek. «Sai bene che per me non è così semplice.»
Brian s’irrigidì. Il fatto che Derek non facesse nulla per difendere Meredith dalle accuse di Kay lo lasciava spiazzato.
«Che cosa non è semplice?» obiettò Kay. «Non mi sembra che tu sia impotente, non deve essere così complicato.»
Derek puntualizzò: «Se qualcuno ci stesse ascoltando, non ho idea di cosa potrebbe pensare di noi.»
«Nessuno ci sta ascoltando» ribatté Kay. «E poi non mi sembra così importante quello che la gente può pensare.»
Brian avrebbe desiderato uscire dal proprio nascondiglio per specificare che aveva sentito tutto, e magari puntualizzare sul fatto che non avrebbe permesso a nessuno di insultare la sua ragazza così come se niente fosse, ma si trattenne: palesarsi in quel momento avrebbe potuto costringerlo a rinunciare ai propri propositi.
Finalmente Derek riuscì a convincere Kay che avrebbero potuto incontrarsi in altre occasioni. La cameriera si allontanò e, quando Brian fu sicuro che fosse salita a bordo di una macchina scura, finalmente si alzò in piedi e superò il breve tratto di aiuola che lo separava dalla strada.
Derek stava per aprire la portiera della propria automobile quando, intravedendolo con la coda dell’occhio, si girò verso di lui.
«Cosa ci fai qui?»
Brian lo fissò con occhi indagatori, ma non gli rispose.
«Allora?» insisté Derek. «Se cerchi la tua ragazza, potrebbe essere già andata a casa.»
Brian lo guardò con aria interrogativa.
«Cosa ne sai?»
Derek alzò gli occhi al cielo.
«Io e Meredith lavoriamo insieme.»
«Però eri qui, a parlare con l’altra tua collega.»
«Allora, se cerchi Meredith e pensi che sia ancora da queste parti» gli suggerì Derek, «Perché non vai dentro a cercarla?»
«Non cerco Meredith» puntualizzò Brian. «Cerco te.»
Derek alzò gli occhi al cielo.
«Possibile che la gente debba sempre uscire dal nulla nei momenti meno opportuni?»
«Non sono uscito dal nulla» replicò Brian. «Ti stavo aspettando.»
Gli parve di scorgere un’espressione imbarazzata sul volto di Derek.
«Quindi tu eri qui mentre...»
«Mentre la tua collega ci provava con te? Proprio così.»
«Lasciala perdere» lo pregò Derek. «È una ninfomane, proprio come ti ha detto Meredith.»
«Me ne sono accorto, ma non mi riguarda.»
«Che cosa vuoi?»
«Davvero non te lo immagini?»
«No, neanche lontanamente.»
Derek gli sembrava quasi sincero, ma Brian preferì non fidarsi troppo.
«Ti sei procurato il mio numero di telefono, in qualche modo? Per caso hai sfogliato un’agenda di Meredith?»
«L’agenda di Meredith?» ripeté Derek, con un tono piuttosto piatto. «Di che parli?»
«Di una specie di libretto su cui si appuntano indirizzi, numeri di telefono.»
«So benissimo di cosa stai parlando. Quello che non capisco è perché avrei dovuto consultare quella di Meredith per procurarmi il tuo numero?»
«Non saprei.»
«Bene. Allora piantala di rompere le palle con queste cazzate.»
«Non sono cazzate» obiettò Brian. «Meredith si sta comportando in modo strano, ultimamente. Tutti vi comportate in modo strano. Ho bisogno di sapere che cosa sta succedendo.»
«Strano che tu conosca così bene Meredith, per dire che si comporta in modo strano» osservò Derek. «Pensavo che vi frequentaste da poco tempo.»
«Non sono affari che ti riguardano.»
Derek annuì.
«Su questo hai ragione.»
«Strano che tu lo ammetta.»
«Non ci vedo niente di strano, almeno in questo.»
Derek fece per aprire la portiera, ma Brian lo afferrò per un braccio e lo bloccò.
«Non penserai di andartene.»
«Invece è proprio quello che ho intenzione di fare.» Derek indietreggiò, liberandosi dalla sua stretta. «Ho già a che fare di continuo con Meredith e ti assicuro che basta e avanza, senza che ti ci metta anche tu!»
«Anche Meredith ti ha accusato di esserti procurato il mio numero?»
«No. Perché dovrebbe?»
Brian lo informò: «Ho ricevuto alcune chiamate anomale da parte di qualcuno che mi ricorda che, giocando con il fuoco, ci si può bruciare.»
«Molto interessante» ribatté Derek. «Quello che non capisco è perché tu ne stia parlando con me.»
«Perché a fare quelle telefonate sei stato tu» lo accusò Brian. «Ne ho le prove.»
Derek rise, sprezzante.
«Ah, ne hai addirittura le prove? Credimi, tu sei pazzo.»
«Niente affatto» replicò Brian. «Quello che non capisco è che cosa tu voglia da Jonathan e chi sia quella dannata signorina James!»
Derek spalancò gli occhi.
Brian rimase in attesa di una risposta che non arrivò.
«Che cosa vuoi da lui?» riprese, quindi. «Chi è quella tizia?»
Derek si guardò intorno.
«Stammi a sentire, Brian, tu devi farti i cazzi tuoi, lo dico per il tuo bene.» Il suo tono era cambiato: se prima si poteva scorgere una nota di derisione nella sua voce, adesso questa era sparita. «Se il tuo datore di lavoro vuole dirti che cosa bolle sul fuoco è libero di farlo, ma non sarò certo io a metterti al corrente di cose che è meglio rimangano riservate.»
«Per esempio l’identità di questa fantomatica signorina James?»
«È strano che tu non sappia chi sia» obiettò Derek. «Non ti sarai inventato la storia delle telefonate per estorcermi informazioni?»
I suoi occhi azzurri lo scrutavano, penetranti. Brian si rese conto che in un istante il suo ruolo di accusatore si era tramutato in quello di accusato, quindi replicò: «Non ho idea di chi sia, né tantomeno so perché tu abbia minacciato Jonathan di morte se continuerà a occuparsi di lei.»
«Sei ridicolo» ribatté Derek. «Io non spreco il mio tempo minacciando di morte la gente.» Ridacchiò, strizzandogli l’occhio. «Se voglio uccidere qualcuno, mi limito ad agire.»
Sicuramente scherzava, ma chi poteva dirlo con assoluta certezza? Brian si limitò a replicare: «Buono a sapersi, ma questo non spiega chi abbia fatto le telefonate che ho ricevuto.»
«Per quanto possa sembrarti strano, non sono al corrente di quello che succede ad altri quando non ci sono. Chiunque sia stato, non l'ha fatto in mia presenza.»
«Però tu sai chi è una certa James.»
«Sì, la conosco.»
«Per quanto ne so» gli comunicò Brian, «è morta.»
«Per quanto ne so io, invece» ribatté Derek, «è viva e vegeta. Questa potrebbe essere l'ennesima dimostrazione che in realtà non sai un cazzo. Quindi come puoi accusarmi di avere fatto delle telefonate che in realtà non ho mai fatto? Non ho il tuo numero di telefono e non m'interessa averlo, dato che tutto quello che avevo da dirti te l'ho già detto. Adesso, se permetti, me ne andrei.»
«Aspetta un attimo» lo pregò Derek. «Hai detto che sai di chi stava parlando quel tizio. Chi è quella ragazza?»
«Non vedo perché dovrei dirtelo.»
«Perché qualcuno mi ha minacciato di morte se mi intrometterò in affari che la riguardano.»
«Allora» puntualizzò Derek, «Per te sarebbe peggio sapere, piuttosto che non sapere.»
Brian obiettò: «Lo so, ma devo...»
Derek lo interruppe: «Non ho nessuna ragione valida per parlartene. Se vuoi sapere chi è, scoprilo da solo. D'altronde è il tuo lavoro, no?»
Brian stava per replicare, ma ciò che vide lo lasciò senza parole.
«Meredith!» esclamò, spalancando gli occhi.

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Capitolo 13
*** Mezzanotte ***


Brian sembrava ammaliato.
«Meredith!»
La sua espressione di cieco stupore la infastidì. La guardava quasi come se non facesse parte del suo mondo.
«Brian» lo pregò, «Vieni con me.»
Dovevano andarsene. Dovevano andarsene subito. Non poteva correre il rischio che Dominick uscisse e la vedesse con lui.
Fortunatamente Brian non oppose resistenza.
«Va bene.»
Il suo tono di voce era sfuggente, come se credesse di essere precipitato all'interno di un sogno.
Derek le sorrise.
«Ti ringrazio, Mer. Era ora che un’anima pura e incontaminata decidesse di levarmi questo stronzo dalle scatole.»
Brian gli lanciò un’occhiataccia.
«Ti ho solo fatto delle domande lecite.»
«Per te» ribatté Derek, «È tutto lecito. Il fatto che tu abbia una storia con una mia collega non ti autorizza a bloccarmi per strada in piena notte al solo scopo di farmi domande a cui non ho voglia di rispondere.»
Meredith si girò verso di lui e gli chiese: «Di cosa stavate parlando?»
«Di niente che ti riguardi» rispose Derek, secco, «Quindi non intrometterti.»
«Se permetti, dal momento che stavi insultando il mio ragazzo, preferirei che tu mi dessi una spiegazione sensata.»
Brian sorrise, con un certo compiacimento. Evidentemente il modo in cui l’aveva definito non gli era sfuggito.
Meredith lo ignorò.
«Allora, Derek?» insisté. «Mi spieghi che cosa sta succedendo?»
«Non sta succedendo niente, se non che ho una gran voglia di andarmene a casa, di buttarmi sul letto e di dormire per almeno dieci ore consecutive.»
«Non dire cazzate» ribatté Meredith. «Quando mai tu dormi dieci ore di seguito?»
«Bada ai cazzi tuoi.»
Meredith sbuffò.
«Come sei volgare.»
«Quando ho a che fare con persone più eleganti di te, cerco di dare il meglio di me stesso» le assicurò Derek. «E poi non devo più sforzarmi di fare bella figura con nessuno, a meno che Kay non decida di presentarmi i suoi genitori.»
«Wow» replicò Meredith. «Non hai aspettative migliori nella vita?»
Derek rise.
«Quella che Kay si sposi con un miliardario che abita dall’altra parte del mondo e che non si faccia più vedere.»
«E i suoi genitori?»
Derek le fece l’occhiolino.
«Magari ha una madre carina.»
Brian lanciò a Meredith un’occhiata penetrante. Sembrava impaziente.
Meredith gli propose: «Andiamo?»
«Me l’avevi già chiesto» le ricordò Brian. «Dove dobbiamo andare?»
«Conoscendoti» osservò Derek, «È strano che tu glielo chieda davanti a me. Potrebbe ipotizzare che io voglia seguirvi e magari scattarvi delle foto di nascosto per poi ricattarvi.»
Brian obiettò: «Credo che tu abbia troppa fantasia. La cosa non mi sorprende particolarmente: tutti quelli che hanno una vita sessuale scadente sono molto fantasiosi.»
Derek rise, sprezzante, replicando: «Allora non oso immaginare la fantasia di Meredith. Se sta insieme a uno come te, non può sfogarsi in altro modo!»
Senza aggiungere altro aprì la portiera, salì in macchina e se ne andò.
Brian si girò verso l’automobile che se ne andava.
«Come fai a sopportarlo?»
«Dopo tanti anni» rispose Meredith, «Ci ho fatto l’abitudine.»
Brian si voltò.
«Tanti anni?»
Meredith trasalì.
“Come ho potuto essere così imprudente?”
Era stato un errore madornale. Brian era a un passo dallo smascherarla.
Cercò di rimediare allo sbaglio commesso: «Non così tanti...»
«Ma tu abiti ad Acid Corn da pochi mesi» obiettò Brian. «Come fai a conoscerlo da così tanto tempo, se prima non lavoravi qui al Rifugio del Drago?»
Meredith fece un profondo respiro.
«L’ho conosciuto prima.»
«Non me l’avevi detto.»
«Infatti» puntualizzò Meredith, «Non abbiamo mai parlato più di tanto di lui, solo qualche accenno, così come abbiamo fatto con Kay.»
Brian fu costretto ad ammettere che aveva ragione.
«Questo non spiega, però» aggiunse, «Il fatto che tu lo conosca da molti anni.»
«Ho detto non molti.»
«Il succo del discorso non cambia.»
Meredith avrebbe desiderato lasciarsi andare a una risata isterica.
Tutto cambiava, e non certo di poco.
«Io e Derek ci siamo conosciuti un po’ di tempo fa» gli comunicò, cercando una scusa credibile. Quando realizzò che avevano più o meno la stessa età, tutto divenne molto più semplice. «Frequentavamo la stessa scuola. Non era uno studente molto brillante e io cercavo di aiutarlo con lo studio. Quando ci siamo ritrovati ad Acid Corn, la ragazza che c’era prima di me si era appena licenziata e Derek ha pensato di ricambiare il favore che gli avevo fatto mettendoci una buona parola con il gestore del locale.»
Tutto filava liscio.
“Nemmeno se fosse la verità avrebbe potuto essere più perfetta.”
Brian parve crederle.
«È stato gentile, da parte sua.»
«In realtà» ribatté Meredith, «Derek è molto meglio di quanto si ostina a farsi credere. In fondo è un bravo ragazzo.»
Brian abbassò lo sguardo.
«Molto in fondo.»
«Non mi hai spiegato, però» gli ricordò Meredith, «Perché stavate parlando qui davanti a quest’ora.»
Diede un’occhiata all’orologio e raggelò, pensando al fatto che presto anche Dominick sarebbe uscito.
«A proposito» riprese, «Non c’è nessun motivo per rimanere qui. Dove hai parcheggiato?»
Brian le indicò la direzione e, senza aspettarlo, Meredith si avviò. Impiegarono pochi minuti per arrivare a destinazione.
Salirono in macchina e, quando Meredith richiuse la portiera, con la sicura, si sentì molto più sollevata.
“Abbiamo corso un bel rischio.”
Aveva sottovalutato le ipotetiche conseguenze della loro conversazione fuori dal Rifugio del Drago.
“Dovrei smetterla di credere di poter vivere una vita normale.”
Brian non accennò ad accendere il motore.
«Oggi pomeriggio ho incontrato Derek per questioni di lavoro» la informò. «È venuto in agenzia.»
Meredith trattenne a stento un sussulto.
«Cosa voleva?»
«Non lo so.»
«Te l’avrà detto, no?» Meredith si rese conto di quanto avesse parlato con tono gelido e tentò di addolcirsi. «Insomma, non sarà venuto senza motivo.»
«Non cercava me» rispose Brian. «Voleva parlare con Jonathan.»
Meredith strinse i denti.
“Che cosa vuole, adesso?”
Aveva le idee abbastanza chiare in proposito. Doveva fermarlo. Anzi, no, doveva permettergli di portare a termine il proprio intento. Derek voleva fermare Dominick.
Derek voleva impedire a una ragazza di diciotto anni di diventare un’Anima Bianca.
Se Brian ne fosse stato a conoscenza, avrebbe avuto un’opinione molto migliore di Derek.
Cercò di non apparire troppo insistente, mentre gli domandava: «Sai per caso di che cosa si sta occupando?»
«Jonathan?»
«Sì.»
«Non ne abbiamo parlato più di tanto» ammise Brian. «Mi ha fatto capire che quello è il suo caso. Ha a che fare con una certa Ally.»
Il cuore di Meredith perse un battito.
Brian era così vicino alla verità.
«La conosci» gli chiese, «questa Ally?»
«No.»
Meredith si sentì sollevata.
«Magari» propose, «Sarà una cartomante che ha truffato qualcuno.»
Inaspettatamente Brian rise.
«Ne dubito.»
«Perché no?» insisté. «Di solito è proprio di fatti del genere che vi ho occupate, stando a quanto ho capito.»
Brian scosse la testa.
«Le cartomanti truffatrici cercano di stare alla larga da Jonathan. Di Ally non si può dire la stessa cosa: si vedono piuttosto spesso.»
«E Ally è da sola, quando si incontrano?»
Brian ridacchiò.
«Ti stai chiedendo se tra di loro c’è del tenero?»
Meredith glielo lasciò credere.
Brian confermò: «Di solito si vedono loro due, da soli, o almeno è quanto mi dice Jonathan, che è abbastanza riservato in proposito.»
«Questo» osservò Meredith, «Confermerebbe la tua teoria.»
«Sì, anche perché si vedono da soli soprattutto negli ultimi tempi» aggiunse Brian. «La prima volta era coinvolta anche un’amica di Ally, a quanto ho capito.»
Meredith rise.
«Magari è stata quell'amica a farli conoscere.»
Fuori rideva, ma dentro urlava. Sapeva chi era Ally. Sapeva chi era la sua amica.
“Ma soprattutto so che Ally ha molto più a che vedere con Brian che con Jonathan. Se non si è rivolta direttamente a lui è solo perché non le avrebbe creduto, se gli avesse raccontato la verità sui suoi genitori.”
Brian, completamente ignaro dei suoi pensieri e delle sue preoccupazioni, osservò: «C’è solo una cosa che mi lascia perplesso. Jonathan ha avuto una relazione piuttosto importante con una mia cara amica d’infanzia.»
Meredith azzardò: «Quella con cui anche tu hai avuto una storia, molto tempo fa?»
Brian si girò a guardarla.
«Te ne ricordi ancora?»
Meredith replicò: «Non dimentico niente di quello che mi riferisci.»
Brian sorrise.
«È un piacere.»
«Comunque» lo esortò Meredith, «Si tratta della tua amica?»
Brian annuì.
«Sì, si tratta proprio di Claire.»
Meredith sapeva anche chi era Claire.
Cercò ancora una volta di apparirgli indifferente.
«Che cosa ti lascia dei dubbi, a proposito di Claire?»
«Jonathan» le riferì Brian, «Ne parla ancora. Non fa altro che ripetermi che vuole tornare insieme a lei.»
«Magari Claire ha qualcosa in più, rispetto ad Ally.»
«Forse.»
«Anche se frequenta Ally, Jonathan non l’ha ancora dimenticata.»
«Questo è poco ma sicuro» ribatté Brian. «Vuole che lo aiuti a riconquistarla.»
Quello avrebbe potuto essere un problema.
«E tu» gli chiese Meredith, «Che intenzioni hai?»
Lui aggrottò le sopracciglia.
«A proposito di che cosa?»
«Lo stai aiutando?»
Brian scosse la testa.
«No, anche perché non è l’unico ad avermi fatto una richiesta del genere. Anche un altro mio amico mi ha lungamente espresso il suo apprezzamento nei confronti di Claire. Anche lui vorrebbe che lo aiutassi a conquistarla.»
Meredith rabbrividì. Conosceva anche lui, e lo conosceva molto meglio di Claire, ma si finse indifferente.
«Per favore, potresti accompagnarmi a casa?»
«Speravo che non volessi andartene così in fretta» osservò Brian. «In fondo non ci vedevamo da tempo.»
«Lo so, ma so anche come rimediare.» Meredith sorrise. «Domani sera non lavorerò.» Era sicura che Derek l’avrebbe coperta un’altra volta. «Verrò a trovarti a casa tua.»
Brian parve illuminarsi.
«Ti prego, dimmi che lo farai davvero.»
«Non metterlo in dubbio» ribatté Meredith. «Sarei venuta prima, se non avessi avuto qualche problema di troppo.»
Brian aggrottò le sopracciglia.
«Problemi? Spero niente di grave.»
«Solo qualche piccola grana familiare» gli assicurò Meredith. «Non mi va di parlarne. Come ti ho già detto, preferisco evitare di parlare della mia famiglia.»
Brian fu comprensivo e non fece domande. La accompagnò a casa, probabilmente già focalizzato sull'indomani. Non che per Meredith funzionasse in modo diverso. Più tardi lo salutò, ma già proiettata all'indomani.
Vissero una bella serata insieme, che purtroppo finì molto presto, con Meredith costretta a rincasare per non destare sospetti.  Per quanto ne sapeva, Dominick era ancora al Rifugio del Drago. Se non altro il fatto che avesse un lavoro non era così negativo, in momenti come quelli.
Prima o poi sarebbe tornato e l’avrebbe riempita di domande. Per il momento non importava. Era stata una bella serata, quella trascorsa insieme a Brian, anche se aveva scelto di tornare a casa presto per non rendere la situazione ancora più complessa di quanto già non fosse. Forse sarebbe riuscita a inventarsi una scusa, al momento dell’arrivo di Dominick, ma aveva preferito non rischiare.
Seppure non conoscendo la sua situazione, Brian l’aveva esortata a parlare di lui, chiedendole dei suoi problemi familiari, ai quali aveva accennato il giorno precedente. Brian non poteva neanche lontanamente immaginare chi fosse veramente Dominick Storm. Aveva pensato che i loro fossero comuni screzi tra fratello e sorella.
“Meglio così.”
Avevano continuato la loro conversazione parlando d’altro. Brian le aveva raccontato di Claire e di Harley, di come in passato, fossero stati i suoi migliori amici quando era adolescente. Poi Harley si era allontanato da tutti loro e se n’era andato. Aveva frequentato l’università in un’altra città e non era più tornato.
Meredith, per certi versi, invidiava Brian, che non aveva mai avuto niente a che fare - non in prima persona, almeno - con certa gente. Non poteva immaginare quanto Meredith fosse simile a certi soggetti, con tutte le conseguenze del caso. Continuava a credere che la loro fosse una relazione normale.
Purtroppo non era così. Brian si stava illudendo, giorno dopo giorno. La stessa Meredith si stava lasciando travolgere dalle illusioni, seppure consapevole che l’avrebbero rovinata alla fine, quando sarebbe stato impossibile proseguire la sua frequentazione con l’uomo che si era accorta di amare.
Non poteva pensare che potesse durare per tutta la vita e, forse, nemmeno per più di qualche misero mese.
“Prima o poi Brian si accorgerà che sono diversa.”
Avrebbe perso tutto. Brian le avrebbe sbattuto la porta in faccia, se avesse scoperto chi era davvero. Sarebbe rimasta sola, o meglio, le sarebbe rimasto solo Derek, come sempre. Era assurdo che la amasse ancora, pur non essendo disposto ad ammetterlo, che facesse di tutto per renderla felice e che le mostrasse, giorno dopo giorno, la sua comprensione. Meredith sapeva che non era soltanto una questione di dipendenza.
“Se solo fossi riuscita a dimenticare il passato, avrei avuto la soluzione più semplice a portata di mano.”
Ci aveva provato.
“Domani è un altro giorno” si ripeteva spesso, guardando le lancette del suo orologio da polso, calcolando quanto tempo mancasse alla mezzanotte.
Istintivamente fu portata a rifarlo.
Erano le 23,42.
«Ancora diciotto minuti» mormorò, dirigendosi in bagno, «E poi tutto cambierà una volta per tutte.»
Le illusioni, in fondo, le piacevano. Quella era una menzogna della quale aveva bisogno, almeno per poco più di un quarto d’ora, almeno finché quel giorno di marzo non fosse terminato per sempre, lasciandole addosso la certezza che tutto fosse ancora come prima.
Si appoggiò al bordo del lavandino e fissò la propria immagine riflessa nello specchio. Un paio di occhi turchesi, che continuavano a sembrarle estranei, la fissavano quasi con aria di disapprovazione.
Tutti gli altri uomini con cui aveva avuto a che fare avevano amato quegli occhi. Lo stesso Brian li amava pazzamente. Gliel’aveva fatto capire anche quella sera stessa, senza sapere di essere sul punto di risvegliare un inarrestabile ciclone. Aveva cercato di minimizzare e c'era riuscita. Gli occhi turchesi piacevano, ma si era resa conto da molto tempo che passavano in secondo piano, quando mostrava il suo corpo nudo.
Meredith si sfilò il vestito e lo lasciò cadere a terra. Non lo raccolse. Dopo il vestito, anche il reggiseno di pizzo cadde. Nel frattempo si erano fatte le 23.47.
“Penso troppo” si disse Meredith, staccando gli occhi dal quadrante e tornando a guardare se stessa allo specchio.
L’oscurità poteva proteggerla da Brian, ma non da se stessa. Le venne spontaneo pensare alle parole che avevano pronunciato neanche due ore prima. 

*** 

«Perché ti piace così tanto il buio?»
«Perché quando è buio nessuno si sforza di indossare una maschera.»
Brian indietreggiò.
«Io e te non abbiamo bisogno di indossare maschere.»
Meredith temette che volesse respingerla.
«No...»
Brian si avvicinò all’interruttore e spense la luce.
«Se è solo questo che vuoi, non mi costa niente accontentarti.»
«E il discorso delle maschere?»
«Io non indosso maschere, né con la luce né con il buio. Questo mi basta e spero che possa bastare anche a te.» 

*** 

Le bastava. Le bastava, e le costava moltissimo non poter fare altrettanto. La sua esistenza era un cumulo di segreti inviolabili, di cui Brian non avrebbe mai potuto venire a conoscenza.
“Anche perché, se scoprisse chi sono e chi è Dominick, potrebbe davvero essere in pericolo.”
Forse lo era già.
Se gli fosse accaduto qualcosa, Meredith sapeva che non se lo sarebbe mai perdonato.
“Eppure non riesco a rinunciare a lui proprio adesso.”
Meredith posò gli occhi sull’orologio.
Erano le 23,52.
Raccolse i capelli in uno chignon.
Subito dopo anche il tanga nero finì a terra, insieme al vestito e al reggiseno.
S’infilò sotto la doccia, senza togliersi l’orologio. Era resistente all’acqua. Quella non sarebbe stata la prima volta.
Aprì il rubinetto.
Lasciò che l’acqua le scrosciasse addosso, fissando l’orologio con il vetro bagnato, proprio come lo aveva fissato tante altre volte, nell’attesa che arrivasse la mezzanotte.
Chiuse il rubinetto alle 23,57.
Si avvolse un asciugamano intorno alla vita, ma non uscì dalla doccia.
Asciugò l’orologio.
Guardò i secondi scorrere.
Le 23,57 si trasformarono nelle 23,58, per poi tramutarsi, un minuto più tardi, in 23,59. Mancava soltanto un minuto al giorno imminente.
La lancetta dei secondi percorse un altro giro.
Era mezzanotte.
«E niente è cambiato.»
Quella consapevolezza le faceva male.
Le invisibili lame che la trafiggevano le facevano male.
Le lacrime che le scorrevano lungo le guance le facevano male.
Erano le stesse lacrime che erano scese tante volte, quando giungeva il momento di guardare in faccia la realtà.
Uscì dalla doccia strofinandosi gli occhi.
Meredith si guardò allo specchio  e si sfilò una lente. Rimase a osservare lo strano contrasto tra l’occhio sinistro, in apparenza ancora turchese, e quello destro, che mostrava il proprio colore naturale. Cos’avrebbe provato Brian se l’avesse vista così? Cos'avrebbe pensato? E cosa pensava lei stessa, di fronte all'impossibilità di essere chi avrebbe voluto?
Le lacrime continuarono a scendere dai suoi occhi, mentre per l'ennesima volta si scontrava con l'impossibilità di vivere una vita normale.

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Capitolo 14
*** Rivelazioni e confusione ***


Brian sapeva di non potere evitare Diane per il resto dei propri giorni, nonostante fosse ciò che più desiderava. Riappese il ricevitore, realizzando che quella donna, che dentro di sé sentiva di iniziare a detestare profondamente, sapeva essere dannatamente convincente.
«Devo vederti» gli aveva detto, «Con una certa urgenza.»
Brian era stato tentato di rifiutare, ma non c’era stato verso di convincerla.
“In realtà” si disse, “Sarebbe stato molto semplice. Mi sarebbe bastato ignorare la sua richiesta, tutto qui.”
Non l’aveva fatto - per qualche ragione non aveva avuto la forza di farlo - e avrebbe dovuto pagarne le conseguenze.
Uscì di casa cinque minuti più tardi, con la viva impressione che tutto stesse andando a rotoli. Scese le scale in fretta, attraversò l’atrio e uscì, diretto verso la propria automobile. Salì a bordo e partì, diretto verso l’indirizzo che la sua ipotetica futura cognata gli aveva dato.
Diane abitava all’estrema periferia della città e gli aveva dato appuntamento nelle vicinanze della propria residenza, lungo un viale alberato dalla scarsa illuminazione.
“Se non altro non mi ha pregato di raggiungerla a casa sua, magari con l'intento di trascorrere il proprio tempo insieme a me nella sua stanza buia.”
Brian non aveva idea di che cosa aspettarsi, ma sperava che Diane fosse consapevole che ciò che tra loro non potesse esserci nulla.
Quando arrivò, lasciò l’automobile in un parcheggio. Scese, chiuse a chiave le portiere e si avviò verso il viale.
A quanto pareva Diane aveva la pessima abitudine di farsi attendere. Giunse con almeno venti minuti di ritardo.
«Stavo per andarmene» la informò Brian, gelido.
La fidanzata di Rick parve quasi compiaciuta del suo disappunto.
«Sarebbe stato un gravissimo errore.»
«Il gravissimo errore è stato un altro» replicò Brian, «E immagino che tu sappia di che cosa sto parlando.»
Diane sorrise.
«Invece io credo che sia stato un inizio.»
Brian scosse la testa.
«Io ho già una ragazza. Voglio stare con lei.»
«Vuoi stare con Meredith Storm, lo so.»
Brian non si aspettava una simile osservazione, da parte di Diane, quindi le domandò: «Come lo sai? Come fai a conoscerla?»
«Non ha importanza» replicò Diane. «Quello che conta è che potresti avere di meglio. Evidentemente non devi essere un uomo molto ambizioso.»
Brian si chiese se per caso ci avesse visto giusto. Dopo la sera in cui era andata a trovarlo, Meredith non si era più fatta viva, ormai non si vedevano da una settimana. Non volle comunque mostrarsi dubbioso nei confronti dell'amata e si limitò a un banale: «Non sono affari tuoi.»
«Visto quello che è successo tra noi» ribatté Diane, «Pensavo che, tutto sommato, avresti potuto mettermi al corrente della vostra relazione. Va bene, lo sapevo già, ma sarebbe stato meglio se fossi stato tu a informarmi..»
Brian chiese, secco: «Cosa vuoi dire?»
«Niente.» Diane sistemò, tirandolo su, il colletto del cappotto viola che indossava; o almeno, sotto la luce fioca dei lampioni, a Brian appariva di quel colore. «Io e te siamo legati per sempre, ormai. Devi rassegnarti.»
Brian spalancò gli occhi, chiedendosi in che razza di casino si fosse cacciato.
«Tu sei pazza» puntualizzò. «Devi dimenticarti di quello che è successo.»
Diane rise.
«Dimenticare? Dopo che non abbiamo nemmeno finito quello che abbiamo iniziato?»
«Lo ripeto» insisté Brian. «Hai qualche rotella fuori posto.»
Diane sembrava sempre più compiaciuta.
«Io valgo molto di più di tutte le nullità che ti sei portato a letto.»
Brian si irrigidì.
«Non spetta a te giudicare.»
«Ci vuole poco a capire che razza di gentaglia frequenti» ribatté Diane. «È un vero spreco.»
«L’unico spreco è il tempo che sto passando qui, ad ascoltare te.»
«Eppure sei venuto.»
«Non avrei dovuto.»
«Sono tante le cose che, nella tua vita, non avresti dovuto fare, ma che invece hai fatto. Quella volta, nel tuo garage, è stato bello. Mi aspettavo che mi cercassi. Non sono io l’errore, nella tua vita.»
Brian aggrottò la fronte.
«Errore? Per caso ti riferisci a qualcosa di specifico?»
Diane scosse la testa.
«Dicevo per dire.»
«Lo vedi, allora, che è tempo sprecato?»
Diane ridacchiò.
«È una questione di punti di vista. »
«Appunto... e, dal momento che il mio e il tuo sono diversi, non ha molto senso trascorrere del tempo insieme.»
«Non ha senso trascorrere il tempo così» ribatté Diane. «Potremmo impegnarlo in modo migliore... come abbiamo fatto quella volta...»
Era un’allusione che non lasciava spazio ad altre interpretazioni. Le idee di Diane sembravano essere definite con molta chiarezza.
«Pensavo che volessi solo parlare di quello che è successo» osservò Brian, «E magari scusarti per avere fatto precipitare le cose.»
Diane gli ricordò: «Non ero sola.»
«Lo so.»
«E allora perché dai tutta la colpa a me?»
Brian scosse la testa.
«Non do la colpa solo a te, ma mi urta il fatto che tu creda che non ci sia niente di sbagliato in quello che è capitato.»
Diane sospirò.
«Guardati intorno, Brian. Il mondo è pieno di coppie che si lasciano.»
«Sei libera di lasciare Rick» replicò Brian, «Se pensi che le cose, tra di voi, non possano più sistemarsi.»
«È un piacere sentirtelo dire.»
«Allora sarà un piacere, per te, sentirti dire anche che, qualunque cosa tu abbia intenzione di fare, non ho intenzione di lasciarmi coinvolgere.»
«È troppo tardi» gli ricordò Diane. «Ormai sei già coinvolto.»
Brian scosse la testa.
«Non deve esserci un seguito.»
Diane obiettò: «Tu non hai capito niente di me, vero, Brian?»
«Forse sei tu» replicò Brian, «Che non hai capito niente di me. Se tu sei pronta a gettare al vento tutta la tua vita, non puoi pretendere che anch’io abbia il desiderio incontrollabile di fare la stessa cosa!»
Diane sbuffò.
«Ora, per caso, vuoi tirare fuori la storia che una delle tue numerose amanti è in realtà l’unica donna della tua vita?»
«Non ho numerose amanti» chiarì Brian, «Ma sì, ho trovato una donna con cui sto bene, e di certo non sei tu. Non so dirti quanto tempo staremo insieme io e Meredith, ma so che adesso vorrei essere con lei.»
«Lo so, lo so...» Diane ridacchiò. «Anche Rick è convinto che tu abbia perso la testa per una certa attrice teatrale dalle modeste prospettive di carriera.»
Brian sussultò.
«Cosa ne sai delle sue prospettive di carriera? E soprattutto, che cosa ne sa di quello che provo per Meredith?»
«Ci vuole poco a capire che non farà carriera» rispose Diane, col massimo della calma. «Non per niente se vuole pagare le bollette deve lavorare in un discopub... o chissà, magari fare qualcosa di ancora meno edificante.»
Brian le lanciò un’occhiata gelida.
«Mi hai chiamato qui al freddo e al buio per fare allusioni poco piacevoli su di lei?»
«Non è così importante da meritare questo genere di considerazione, vero?» Diane riprese a ridere. «Sono d’accordo con te, e non puoi nemmeno immaginare quanto.»
Brian ignorò la sua provocazione.
«Non capisco perché dobbiamo parlare di lei, specie se non mi vuoi nemmeno spiegare come faccia Rick a sapere che la frequento.»
«Dobbiamo parlare di lei perché c’è molto da dire» replicò Diane. «Non ho ancora parlato, infatti, di tutti gli uomini che si è portata a letto prima di conoscere te.»
«Non ci sarebbe niente di strano» ribatté Brian. «Non mi interessa con chi sia stata in passato.»
«Allora» insisté Diane, «Forse dovrei parlare di quelli che si è scopata dopo avere conosciuto te. La questione cambia, vero?»
Brian obiettò: «Immagino che tu non ne sia informata.»
«E magari neanche tu.»
Brian sbuffò.
«Quello che succede tra me e Meredith non è affare tuo.»
«Invece lo è» insisté Diane, «Tenendo conto di quello che c’è stato tra me e te.»
«Ti ho già detto come la penso.»
«E io ti ho già detto come la penso io.»
Brian alzò gli occhi al cielo.
«Pensi davvero di potermi fare cambiare idea sull’enorme stronzata che abbiamo fatto, Diane? In tal caso sappi che non ci riuscirai.»
«Penso solo che non sia una stronzata. Potresti...» Diane parve esitare, ma Brian era sicuro che fosse tutto calcolato. «Potresti venire a casa mia. Che ne dici?»
«Neanche morto.»
Diane gli lanciò un’occhiata intensa.
«E se ti proponessi un accordo?»
Brian aggrottò la fronte.
«Che tipo di accordo?»
Diane sorrise.
«So cosa ti è successo qualche tempo fa.»
Brian rabbrividì. Quell’allusione non gli piaceva affatto, anche se non era certo di che cosa intendesse dire Diane.
«A cosa ti riferisci?»
Lo sguardo di Diane si fece più insistente, ma non replicò.
«Allora?» insisté Brian, «Vuoi dirmelo o no?»
«Mi riferivo soltanto» lo informò Diane, «A un incontro che hai fatto.»
«Sii più specifica» la pregò Brian. «Di cosa parli?»
«Parlo di qualcosa capitato un po' di tempo fa.»
«Non ho incontrato nessuno, "un po' di tempo fa", a parte Harley.»
Diane aggrottò le sopracciglia.
«Harley?»
«Un mio amico d’infanzia che non vedevo da tempo.»
«Harley» insisté Diane, «Hai detto?»
«Harley. Harley Parker.»
Diane abbassò lo sguardo.
«Harley Parker...»
All’improvviso sembrava avere perso parte della sua sicurezza.
Brian azzardò: «Per caso hai già sentito quel nome?»
Passò qualche istante prima che Diane tornasse ad alzare la testa.
«Certo che no. Che cosa te lo fa pensare?»
«La tua reazione.»
«Non ho avuto nessuna reazione particolare» obiettò Diane. «Comunque no, non mi riferivo al tuo incontro con il tuo amico. Non sapevo nemmeno della sua esistenza, come potevo ipotizzare che di recente fosse tornato ad Acid Corn?»
«Come lo sai?»
«Cosa?»
«Che è tornato ad Acid Corn di recente?»
«Mi hai appena detto che l’hai rivisto» puntualizzò Diane. «L’ho dedotto da questo.»
«Ci sono tanti motivi per cui due persone potrebbero non vedersi» ribatté Brian, «E il fatto che Harley abitasse in un'altra città è soltanto una possibilità.»
«Credi che queste tue teorie del complotto ti rendano più interessante e appetibile?»
«No.»
«Allora perché insisti?»
Brian la guardò dritto negli occhi.
«Perché la prospettiva di rendermi interessante e appetibile per te non è la mia massima aspirazione nella vita.»
«Okay» concluse Diane, «Ma ora smettiamola di parlare del tuo amico. Non me ne importa proprio niente di lui. Io mi riferivo a tutt’altro incontro, prima.»
Brian non aveva fatto altri incontri.
A meno che... “Deve riferirsi all’aggressione nel parcheggio.” Quella questione poteva essere importante, per cui le domandò, sforzandosi di essere il più gentile possibile: «Potresti essere più chiara?»
Diane gli strizzò un occhio.
«Perché dovrei? Sai già di cosa parlo.»
Brian sospirò.
«Va bene, lo so, ma non ho idea di che accordo tu voglia propormi. Sei stata tu a dirmi che avevi una proposta da farmi, vero?»
Diane annuì.
«Ancora non te ne ho parlato.»
«Allora fai pochi giri di parole» la pregò Brian, «E dimmi quello che mi devi dire.»
Diane gli rivelò, a bruciapelo: «So chi è quell’uomo e perché ce l’aveva con te. So anche che cosa vuole davvero.»
«Anch’io so chi è» mentì Brian. «Ho avuto l’occasione di avere a che fare con lui molto più da vicino.» Scrutò con attenzione il volto di Diane, la cui espressione permaneva impassibile. «Forse non lo sai.»
«Invece di fare congetture ascoltami» replicò Diane. «Quell’uomo è il fratello di Meredith e ha un conto in sospeso con lei. Pur di arrivare a lei è disposto a fare del male a tutti quelli che le stanno intorno.»
Brian sussultò. Non si aspettava che Diane gli sbattesse su un piatto d'argento ciò che in realtà ancora non sapeva.
Cercò di non mostrarsi turbato, mentre le domandava: «E l’accordo quale sarebbe?»
«Io ci tengo a te» rispose Diane, «E non voglio che ti accada qualcosa di male. Da adesso in poi ti lascerò stare, ma la mia condizione è che tu chiuda definitivamente con Meredith Storm.»
Brian spalancò gli occhi.
«Che cosa?!»
«Vedo che sei ancora accecato dal desiderio. Quell’attrice da quattro soldi deve proprio averti fatto il lavaggio del cervello.»
«Io non rinuncerò a Meredith solo perché tu me lo chiedi.»
«Fai come ti pare, allora» ribatté Diane, «Ma poi non venire a lamentarti con me che suo fratello è un tipo pericoloso.»
«Come puoi vedere sono ancora vivo e vegeto» replicò Brian. «Inoltre Meredith non mi ha mai detto di essere in cattivi rapporti con il fratello.»
Certo, aveva accennato a problemi familiari, ma non aveva voluto entrare nello specifico.
Diane sogghignò, mentre osservava: «Vedo che stai iniziando a fare due più due.»
Brian obiettò: «No, non capisco nemmeno dove vuoi arrivare, in realtà.»
«Voglio arrivare al fatto che non possiamo provare che quei due siano in realtà fratello e sorella» rispose Diane. «La mia opinione è che in realtà vadano a letto insieme.»
«Non dire assurdità!» sbottò Brian. «Non avrebbero motivo, se così fosse, per spacciarsi per fratello e sorella. Viviamo in una società libera. Nessuno si opporrebbe alla loro relazione, se ne avessero una.»
«A meno che non siano davvero fratello e sorella.» L’espressione divertita di Diane non mutò. «E se fosse proprio questa la realtà? I due, fratello e sorella, che vanno a letto insieme e che...»
Brian la interruppe: «Smettila! Hai già parlato abbastanza.»
«Va bene, io la smetto» concesse Diane, «Ma non mi farai cambiare idea.»
«Non ho intenzione di farti cambiare idea» le assicurò Brian, «Ma faresti meglio a lasciarmi in pace, Diane.»
«Tanto sarai proprio tu il primo a cambiare idea...»
Brian non si preoccupò di smentirla.
Le voltò le spalle e si allontanò, diretto verso il parcheggio, chiedendosi come si potessero pronunciare così tante assurdità tutte in una volta, come aveva fatto la fidanzata di Rick. Si girò indietro a controllare che Diane non lo stesse seguendo. Per fortuna gli parve che si stesse avviando proprio nella direzione opposta.
Diane era stata un errore, fin dal primo momento, questo lo sapeva. Il suo errore più grande, però, era stato non valutarne l’entità.
Salì in macchina, con il desiderio folle di rivedere Meredith. Non era certo che gradisse che si presentasse al Rifugio del Drago, ma doveva fare un tentativo.
Non si aspettava di vedere Amber che usciva dal locale. Anche la sua ex, da come strabuzzava gli occhi, doveva essere abbastanza stupita dalla sua presenza. Attraversò la strada e lo raggiunse.
«Cosa ci fai qui? Non...» Esitò, poi fu più chiara. «Voglio dire, è tardi e, per quanto ne so, domani devi andare al lavoro.»
«Perché, tu no?» obiettò Brian, senza perdere d’occhio l’ingresso del Rifugio del Drago. «Non sapevo che ti fossi messa a frequentare locali notturni.»
«Sì, domani devo andare al lavoro» confermò Amber, «Ma non è l’unica cosa che mi interessa nella vita. Non so se Jonathan ti ha detto che ci siamo visti, ieri.»
Il collega gliene aveva accennato, quindi Brian rispose: «Sì, a grandi linee.»
Amber azzardò: «Quindi ti ha riferito tutto? Gli hai fatto domande?»
«No, non gli ho fatto domande» ammise Brian. «E poi, lo ammetto, l'ho sempre sospettato, anche se cercavi di nasconderlo. Per quanto possa sembrarti strano, il mio interesse per la tua vita privata è inferiore a quanto tu possa credere.»
«Quindi il fatto che io abbia trovato una persona con cui sto bene non ti turba? Non so se sentirmi sollevata o spaventata da questa prospettiva.»
«Perché? Temi che non mi importi più niente di te?»
Amber scosse la testa.
«So che, in fondo al cuore, ti importa ancora qualcosa di me. Mi dispiace per com’è andata, ma non posso farci niente. Non posso cambiare quella che sono.»
«Avresti potuto parlarmene» replicò Brian. «Avresti potuto dirmelo chiaro e tondo che gli uomini non ti attraggono, invece di sparire dalla mia vita da un giorno all’altro senza darmi nemmeno una spiegazione. Ho passato settimane a chiedermi dove avessi sbagliato.»
«Poi, però, deve essere cambiato qualcosa» ribatté Amber. «Mi è giunta voce che tu abbia una nuova ragazza.»
«Sì.»
Amber sorrise.
«Ottima scelta. È molto carina.»
«La conosci?»
«Diciamo che le ho parlato.»
«Stasera?»
«No, stasera non l’ho vista. E poi mi sono fidanzata anch'io. So che Alicia conosce Meredith, ma che non sono in buoni rapporti.»
«Oh...» Quella rischiava di diventare una grossa delusione. «Vuoi dire che stasera non c’è?» volle sapere Brian. «Sono venuto qui proprio nella speranza di incontrarla.»
«Non ho detto che non c’è» puntualizzò Amber, «Ma solo che non l’ho vista. Non ci ho proprio fatto caso. Sono venuta perché mi interessava scoprirne di più a proposito di qualcun altro. Forse dovresti sapere di chi si tratta.»
Brian azzardò: «No, non ne ho idea, e non ti sto seguendo affatto. Dovrei sapere perché sei qui perché Jonathan mi ha parlato di te, sei fidanzata con una certa Alicia con cui Jonathan ha avuto a che fare... immagino si tratti del caso speciale di Jonathan. Mi dispiace doverti dire che ne so poco e niente.»
«Cerco Dominick Storm, il fratello della tua ragazza» lo informò Amber. «Una deliziosa brunetta che di giorno frequenta la facoltà di lettere classiche mi ha spiegato che, da qualche tempo, lavora qui come membro della security, al posto di...»
Brian la interruppe: «Dominick Storm lavora qui?»
«Sì» confermò Amber. «L’ho visto. È un bell’uomo, tutto sommato.»
Brian volle sapere: «E i suoi rapporti con la sorella come sono?»
«La sorella è la tua fidanzata» gli ricordò Amber. «Perché non chiedi a lei?»
«Perché non è un argomento di cui le piaccia parlare.»
«Non mi sorprende.»
«La cameriera ti ha detto qualcosa su di loro?» insisté Brian. «Dentro al locale come si comportano l’uno nei confronti dell’altra?»
«Secondo Kay, Dominick è molto invadente nei confronti di Meredith, quasi ossessivo» gli spiegò Amber. «Kay è convinta che in realtà non siano fratello e sorella.»
Brian spalancò gli occhi.
«Come sarebbe a dire?»
«Secondo Kay, Dominick si comporta nei confronti di Meredith esattamente come un compagno possessivo e paranoico. È convinta che portino lo stesso cognome non perché sono fratello e sorella, ma perché sono marito e moglie.»
Brian spalancò gli occhi.
«Non ha senso!»
«Lo immagino anch'io, che non ne abbia.» Amber guardò l'orologio. «Meglio che vada, si sta facendo tardi.»
Più confuso di prima, Brian tornò a salire in macchina. Era tentato di andare a casa, ma andò a zonzo per le strade di Acid Corn per un paio d'ore. Tornò al Rifugio del Drago più tardi, nella speranza di incontrare Meredith quando era pronta per andare a casa.
Non c'era più nessuno. La porta d’ingresso era stata lasciata spalancata, ma dentro la musica era spenta, nonostante la luce ancora fioca.
C’erano un uomo e una donna abbracciati.
La donna gli voltava le spalle.
«Non qui, per favore» disse una voce maschile, mentre la donna scioglieva l’abbraccio, che Brian riconobbe come quella di Derek. «Non con la porta aperta, almeno.»
Gli occhi di Brian si soffermarono su di lei.
La vedeva da dietro, ma i capelli neri e l’uniforme non lasciavano spazio a molti dubbi.
In quel momento stava sbottonando i pantaloni di Derek. Brian voltò le spalle al locale. Dall’altra parte della strada la sua macchina lo attendeva. Forse Dominick Storm era davvero il fratello di Meredith, ma era chiaro che quest'ultima avesse ben altro da nascondere.

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Capitolo 15
*** Punto di non ritorno ***


Quando il campanello suonò, Meredith ebbe un immediato sentore di disgrazia imminente: nessuno faceva visita a lei e a suo fratello. Dominick non avrebbe aperto la porta, o almeno così credeva, tanto che si ritrovò a spalancare gli occhi per lo stupore, quando lo sentì parlare al citofono.
Un attimo più tardi la chiamò.
«Meredith?»
«Sì?»
«C’è una signora che vuole vederti.»
Una signora? Una signora che voleva vedere proprio lei? C’era qualcosa che non tornava.
«Chi?» volle sapere Meredith.
«Non la conosco. Si chiama Evans.»
Il cuore di Meredith perse un battito.
«Evans?»
«Sì. La conosci?»
«Diciamo di sì.»
«Allora» la esortò Dominick, «Scendi e non farle perdere tempo.»
Meredith rimase spiazzata. Era incapace di replicare, perché non riusciva a comprendere su quale logica si basasse l’invito di suo fratello.
“Non posso vedere nessuno nemmeno in presenza di Dominick, mentre mi è consentito andare già a parlare con una donna che nemmeno conosce?”
Meredith stava ancora riflettendo, quando Dominick ribadì: «Vai. Non vorrai farla aspettare ancora a lungo.»
«No.»
«Allora scendi.»
Meredith annuì.
«Sì, un minuto e sono pronta.»
Poco dopo scese le scale, raggiunse la Evans nell'atrio.
Diane sorrideva, con aria sprezzante, mentre Meredith le faceva segno di seguirla.
«Pensavo che mi accogliessi nel tuo sontuoso appartamento, per farmi notare che è più bello e spazioso del mio.» Si guardò intorno. «Qui dentro, comunque, non è poi così male. Non so come sia l’appartamento, ma il non è male, molto meglio del mio.»
Meredith ignorò quei commenti.
«Cosa vuoi?»
Diane non le diede una risposta diretta, ma parlò comunque, distraendola mentre ascoltava i rumori provenienti dalle scale. Le era parso che qualcuno stesse scendendo i gradini.
«Tuo fratello sembra un tipo piuttosto cordiale.»
Meredith si sforzò di non scoppiare a riderle in faccia.
«Si vede» osservò soltanto, «Che non lo conosci.»
«Hai solo quel fratello» domandò Diane, all’improvviso, invece di fare qualcuna delle sue stupide battute, «O ne hai anche altri? Sorelle, magari?»
Meredith sussultò.
Perché quella domanda? Perché da parte di una persona che somigliava vagamente a sua sorella Bethany? Non era la prima volta che Meredith lo notava: nonostante i suoi trentacinque anni, o forse di più, Diane Evans le ricordava la sua sorella minore, il che era curioso considerando che l’aveva vista soltanto per come era da bambina.
«Avevo anche una sorella» le riferì, «Ma è morta molto tempo fa.»
«Oh» mormorò Diane, «Mi dispiace tanto.»
Era solo una frase fatta. In realtà non doveva importargliene proprio nulla.
«Non preoccuparti.»
«Com’è morta?»
Meredith le lanciò un’occhiataccia.
«Non sei venuta qui per parlare di lei, suppongo.»
«No.»
«Allora» la esortò Meredith, «Vieni al dunque.»
Diane sogghignò.
«Hai fretta?»
«Sì.»
«Se fossi al posto tuo non sarei così impaziente.»
Meredith obiettò: «Lo scopo della mia vita non è perdere tempo restando in attesa.»
Diane si appoggiò alla parete alle sue spalle.
«Lo so. Tu ti occupi di altre cose, di solito.»
«Stai attenta» le suggerì Meredith. «Se ti appoggi a quel muro, potrebbe rimanerti uno strato di polvere bianca su quella bella giacca rossa.»
Diane la fissò.
«Ti piace la mia giacca?»
«Non è male» replicò Meredith, «Ma se fosse nera sarebbe molto più bella.»
«Ce n’erano anche nere, al negozio» ribatté Diane, «Ma i prezzi sono abbastanza alti e dubito che tu te ne possa permettere una.»
«Penso di potere sopravvivere anche senza.»
«Oppure potresti dedicarti all’arte che conosci meglio.»
«La recitazione?»
Diane annuì con un cenno del capo.
«Esatto, Meredith, è proprio di recitazione che parlo. Potresti riprendere a recitare la parte della ragazza follemente innamorata di chiunque abbia un po’ di soldi da spendere. Una volta facevi così, giusto? Ricordo che stavi insieme a Stefan Craven.»
«Stefan Craven è stato un errore e non stavo con lui per i soldi, che per onore di cronaca preferiva sperperare giocando a poker» puntualizzò Meredith. «Ai tempi lo credevo tale, ma la verità è che non era l’uomo che faceva per me.»
«La cosa non mi sorprende. È da una vita che non fai altro che infilarti nel letto di ogni uomo sbagliato che ti capiti davanti.»
«Tu cosa ne sai?»
«Le tue avventure sono sulla bocca di tutti.»
«Allora perché ne parli solo tu?»
«Sei davvero convinta che nessun altro parli di te, Meredith? Strano, pensavo che ti piacesse stare al centro dell’attenzione.»
«Non particolarmente» assicurò Meredith, «E comunque quello che faccio nella mia vita privata non ti riguarda. Non spetta a te giudicare che cosa è stato un errore e che cosa non lo è stato.»
Incurante del suo parere in proposito, Diane insisté: «Credere che Rick potesse essere felice insieme a te è stato un errore. Basta solo a pensare a come sia finita tra te e lui.»
Per un attimo quelle parole la lasciarono spiazzata.
«Rick» ripeté Meredith, guardando Diane negli occhi. «Certo, avrei dovuto aspettarmelo da te. Non ti basta averlo, vuoi anche vantartene.»
«No, non mi basta.» Diane sorrise, sprezzante. «Se mi fosse bastato Rick, non mi sarei presa anche Brian.»
Meredith spalancò la bocca. Fissò l’altra donna per qualche istante, prima di scoppiare a ridere.
«Inventatene una migliore!»
Diane sospirò.
«Lo sapevo. Sapevo che non mi avresti creduta. Eppure, te lo assicuro, è caduto subito nella mia rete. Poi, quando sono tornata alla carica, si è tirato indietro perché, a quanto pare, per lui la situazione è troppo difficile da gestire, ma è chiaro che ormai faccio parte della sua vita.»
Meredith scosse la testa.
«Sono tutte cazzate.»
«Chiedilo a lui.» Diane sembrava piuttosto divertita da quella prospettiva. Meredith fece per replicare, ma l’altra la mise a tacere, suggerendole: «Anzi, non farlo. Tornare a cercarlo dopo essere sparita nel nulla come fai di solito solo per mettere in dubbio la sua fedeltà potrebbe essere una pessima idea. Ne sei convinta anche tu, vero?»
«In realtà» replicò Meredith, «Io non metto un dubbio proprio nulla: sono certa che te lo stai inventando e non prendo nemmeno in considerazione l’ipotesi che tu mi stia dicendo la verità.»
Diane ribadì: «Fai male.»
«Forse un giorno aprirò gli occhi» ammise Meredith, «Ma posso assicurarti che quel giorno non è oggi.»
Aveva bisogno di fidarsi di Brian. Aveva bisogno di credere che quel poco di positivo che aveva combinato negli ultimi tempi non fosse già svanito nel nulla.
Nonostante la sua replica, Diane rimase ferma sulla propria posizione.
«Sto solo cercando di spiegarti com’è andata a finire tra te e lui.»
«Tra me e Brian non è affatto finita.»
«Questo lo credi tu.»
Per Meredith il discorso poteva anche chiudersi lì.
«Hai altro da aggiungere?»
«No.»
«Allora, per cortesia, potresti lasciarmi da sola?»
Diane acconsentì senza protestare.
«Come vuoi.»
«Grazie.»
«Di nulla.»
Meredith propose: «Ti accompagno fuori.»
«Oh, non importa, davvero.» Diane scosse la testa. «Mi ricordo bene la strada.»
Ormai giunta nell’atrio, Meredith sussultò nell’udire una voce dietro di lei.
«Salve signorina Storm.»
Le volle qualche istante prima di riconoscere la voce. Si trattava della figlia di Rick.
Si girò lentamente ed esclamò: «Oh, Patricia. Niente scuola oggi?»
La ragazza scosse la testa.
«Non sto molto bene.»
«Spero niente di grave.»
«Solo qualche linea di febbre.»
Patricia fece un cenno di saluto, poi si diresse verso le scale che conducevano ai piani superiori.
Meredith realizzò di essere rimasta sola.
“Sola, con gli stupidi sospetti che Diane ha insinuato nella mia mente.”
Non poteva nemmeno prendere in considerazione l’idea che Brian l’avesse tradita proprio con lei, era una prospettiva che non riusciva a concepire: Brian era troppo puro e innocente per una come Diane, che aveva il solo obiettivo di distruggere tutto ciò che aveva intorno.
Non c’era da stupirsi che Dominick le avesse concesso di scendere a parlare con la Evans, in fondo: in un modo o nell’altro doveva avere intuito che si trattava di una persona del suo stesso stampo, quindi degna del suo rispetto e della sua ammirazione.
“A proposito di Dom, adesso mi chiederà cosa voleva da me.”
Meredith non poteva dirgli la verità.
Si fermò per qualche minuto a riflettere: doveva inventarsi una scusa convincente.
Non le venne in mente niente e, quando pochi minuti dopo suo fratello le chiese per quale ragione Diane fosse passata da lei, si limitò a borbottare che avevano scambiato qualche parola.
Dominick, fissandola con fermezza, la incalzò: «Di cosa parlavate esattamente?»
Meredith ricambiò altrettanto intensamente la sua occhiata.
«Di vestiti.»
«Di vestiti?»
«Sì, di un negozio di abbigliamento per donne.»
«Oh. Fate shopping insieme, di solito?»
«No.»
«Allora» obiettò Dominick, «Perché ti cercava per questo?»
«Perché le piace come mi vesto» rispose Meredith. «I nostri gusti sono più o meno simili.»
«Capisco. Deve somigliarti.»
Meredith scosse la testa.
«No. Somiglia a...»
S'interruppe e Dominick la guardò con aria interrogativa.
«Somiglia a...?» la esortò.
«Niente, lascia perdere» rispose Meredith. «In realtà non lo so nemmeno io a chi somiglia. Stavamo parlando di indumenti e forse mi sono lasciata condizionare un po’ troppo da come si veste.»
Miracolosamente la conversazione finì. Anzi, fu molto gentile nei suoi confronti e non sollevò obiezioni quando Meredith lo informò che quella sera sarebbe andata regolarmente al lavoro. La sera precedente era rimasta a casa, perché Dominick le aveva scaricato addosso qualche stupida accusa, ma non intendeva dargliela vinta ancora una volta.
Qualche ora più tardi, Meredith guardava la propria immagine riflessa nello specchio. Le faceva una strana impressione vedersi avvolta in un abito bordeaux, ma aveva deciso di indossare quel vestito per andare al Rifugio del Drago. Un tempo, molti anni prima, era solita indossare anche abiti colorati, dopotutto.
Le sue riflessioni vennero interrotte dalla voce di Dominick.
«Posso entrare?»
Era affacciato sullo stipite. Meredith si domandò da quanto tempo fosse lì e preferì non essere al corrente della risposta.
«Se proprio devi.»
«Certo che devo.»
Il tono di Dominick era fin troppo mieloso e sdolcinato. Dopo la visita di Diane, stava indossando la sua maschera da poeta romantico.
Meredith si era fidata di lui, in passato, ogni volta che si poneva in quella maniera.
Sapeva che essersi fidata era sempre stato un errore e non intendeva ripeterlo. Doveva andare molto cauta con Dominick e ricordarsi di mostrarsi arrendevole.
“Come se ce ne fosse davvero bisogno.”
Si era promessa e ripromessa, negli ultimi giorni, di limitarsi a recitare la parte della ragazza senza un futuro pronta a gettarsi ai suoi piedi, ma si rendeva conto che non aveva bisogno di fingere. Quando si trattava di Dominick e di tutto ciò che lo riguardava era maledettamente incapace di reagire. Sperava almeno che, in futuro, quel suo atteggiamento potesse venirle utile.
Lo guardò entrare nella stanza e raggiungerla.
«Sei molto carina con quel vestito.»
«Grazie.»
«Sono certo di non essere il solo a pensarlo.»
«Può darsi.»
Sembrava un normale scambio di battute tra fratello e sorella, ma Meredith era certa che la situazione sarebbe cambiata di lì a poco.
Non si sorprese quando Dominick, piuttosto piccato, osservò: «Sono certo che qualcuno vorrebbe togliertelo.»
Meredith finse di non essersi accorta del mutamento del suo tono di voce.
«Può darsi anche quello.»
«Ne sono certo» insisté Dominick, «E sono altrettanto certo che tu saresti ben disposta a lasciartelo togliere.»
Meredith si girò, guardandolo negli occhi, e rispose: «Dipende di chi si tratta.»
«Non ho dubbi» replicò Dominick. «Pur di contrariarmi, saresti disposta a tollerare la presenza di chiunque, nonostante la bassezza di tutti gli uomini che vivono in questa città.»
«Tu saresti superiore a loro?»
«Certo.»
«Se fossi al posto tuo, non ne sarei così sicura.»
«Parli sul serio, Meredith?» Dominick ridacchiò. «Pensavo che l’avessi capito, in tutti questi anni. Noi abbiamo qualcosa in più e possiamo schiacciare il resto del mondo ai nostri piedi. L’idea di potere sovrastare chiunque non ti alletta?»
«No.»
«A volte mi chiedo come sia possibile che io e te siamo fratello e sorella.»
«A volte» ribatté Meredith, «Me lo chiedo anch’io. Sono sicura che mi capiti molto più spesso che a te, di interrogarmi in proposito.»
«Non ho dubbi nemmeno su questo» replicò Dominick. «Tu, ormai, ti sei lasciata condizionare da loro. Vuoi vivere come loro. Vuoi essere come loro.»
«E se anche fosse? Cosa ci sarebbe di male?»
«Non lo sarai mai.»
«Gli altri, però, non lo sanno.»
«Quindi il tuo piano per il futuro è fingere.»
Meredith gli ricordò: «Siamo condannati a farlo, fin dal giorno in cui quello che siamo si è risvegliato dentro di noi.»
Dominick puntualizzò: «Quel giorno ci è stato impossibile nasconderlo. Io ti ho vista. Io ero con gli altri, quando urlavano che eri maledetta. Ho sempre creduto che tu lo fossi davvero.»
«Perché, non è forse una maledizione, la nostra?» rimarcò Meredith. «Non potremo mai, e dico mai, vivere una vita normale.»
«Per ora.» Dominick sorrise, e il suo sorriso era uno di quelli che facevano raggelare. «Non sono tornato per guardare Acid Corn mentre va allo sfascio. Se sono qui è per imprimere finalmente il nostro nome nella storia.»
Meredith raggelò. Quei discorsi la spaventavano, quindi cercò di farlo ragionare: «Per cortesia, Dom...»
Suo fratello scosse la testa, interrompendola: «Non costringermi a mettermi contro di te, Meredith. Non mi fermerai. Non hai il potere di fermarmi. Sono stanco di lasciarmi trattare come un problema da risolvere, come un male da estirpare. C'è chi ci ha provato e ogni giorno deve ringraziare la sua buona stella per non avere pagato con il sangue quell'affronto.»
«Hai mai pensato che, se c'è chi ti considera un male da estirpare, sia per quello che hai fatto in passato? Alicia...»
Dominick non la lasciò finire: «Quello che ho fatto io ad Alicia non è diverso da quello che hai fatto tu a Derek.»
Meredith strabuzzò gli occhi.
«Che cosa?! Io l'ho salvato!»
«Non scherzare! Tu l'hai condannato a essere succube di te.»
«Sei l'ultima persona che può permettersi di giudicare.»
Fu questione di un attimo. Bastò poco prr fare tornare alla luce il vero Dominick. La afferrò per i capelli, raccolti in una coda, e la strattonò mandandola a sbattere contro lo specchio.
«Non osare dirmi quello che devo o non devo fare, Meredith» le ordinò, «Se vuoi rivedere vivi i tuoi cari. Ovviamente il primo con cui mi divertirei sarebbe il tuo amato Brian Connor. L’idea di vederlo bruciare vivo è molto divertente, e anche romantica, non credi?» Seguì un secondo strattone per i capelli, poi una spinta che la mandò a terra. «Non metterti contro di me, puttana da quattro soldi.»
Non aggiunse altro.,Se ne andò.
Meredith si stava alzando in piedi, quando lo udì sbattere la porta.
Non poteva permettere che Dominick facesse del male a Brian o a qualcun altro.
La sua non era solo una minaccia pronunciata per spaventarla, ma un’azione che sarebbe stato pronto a commettere perfino in quel momento stesso.
Non doveva contrariarlo. Doveva permettergli di controllare la sua vita. Non poteva più impedirgli niente, se non voleva che accadesse qualcosa di devastante, al di fuori del suo controllo.
Meredith chiuse gli occhi e sperò che un giorno tutto potesse cambiare, ma ricordò subito che formulava quel pensiero fin troppo spesso e senza mai assistere a dei cambiamenti concreti, tutt'altro che possibili quando si aveva a che fare con una persona come Dominick.
Non poteva sperare che le cose andassero meglio, ma neanche voleva rassegnarsi al fatto che sarebbero andate peggio. Non voleva pensare al danno che probabilmente aveva fatto, contraddicendolo e mettendolo di fronte agli orrori di cui si era macchiato in passato.
Non voleva, ma non spettava a lei decidere cosa dovesse e cosa non dovesse accadere. Per quanto Dominick si fosse allontanato sbattendo la porta, non aveva alcuna intenzione di rimanere lontano. La riaprì, facendola sobbalzare.
Si accorse del suo turbamento e la derise: «Hai paura di me, puttanella?»
Meredith abbassò lo sguardo, senza trovare la forza di replicare. Sperò fosse sufficiente per convincere Dominick a lasciarla in pace, ma non lo era.
«Tu non vieni più al Rifugio del Drago» sentenziò, «Né esci di casa senza di me, finché non avrai imparato a comportarti con rispetto.»
«Non puoi impedirmi di uscire» replicò Meredith. «Non puoi controllarmi fino a quel punto.»
«Sì che posso» mise in chiaro Dominick. «Mi basta chiuderti a chiave dentro questa stanza. Se oserai chiamare aiuto o parlare con qualcuno di quello che sta succedendo, il tuo Brian potrebbe fare una brutta fine.» Sorrise, lanciandole un'occhiata inquietante. «Oppure potrei portare sua nipote in un vecchio casolare e farle provare le emozioni che a suo tempp provò Alicia. Era terrorizzata, eppure così desiderosa di scoprire cosa sarebbe venuto dopo.»
«No» lo supplicò Meredith. «Lascia in pace Patricia Connor. È solo una ragazzina innocente.»
«È una ragazzina innocente che mi spoglia con gli occhi ogni volta che mi vede» le ricordò Dominick. «Comportati bene e non le torcerò un capello. Se non farai quello che ti dico, però, potrei non rispondere delle mie azioni.» Si avvicinò e le accarezzò una guancia. «Adesso si sta facendo tardi. Purtroppo non posso metterti alla prova e vedere se sei ancora in grado di far godere un vero uomo, ma preparati. Stanotte, quando tornerò dal lavoro, mi dovrai dimostrare quello che sai fare.»

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Capitolo 16
*** Una scomoda verità ***


Il telefono squillò nel mezzo di uno strano sabato pomeriggio in cui Jonathan era passato a casa di Brian proprio quando quest'ultimo, su insistenza di Harley, l'aveva invitato da lui. L'arrivo di Jonathan aveva interrotto una conversazione a proposito di Claire, e Brian ne era stato piuttosto sollevato. Si riteneva incapace di gestire la propria vita sentimentale e non poteva certo mettersi dei problemi anche per quella della sua amica, che peraltro si guardava bene dall'affermare di avere problemi. Anzi, per quanto ne sapeva Brian, la sua nuova relazione procedeva a gonfie vele.
Jonathan e Harley si conoscevano di vista, così quest'ultimo aveva ritenuto opportuno fare domande sul lavoro che Jonathan e Brian svolgevano, chiedendo addirittura se avessero mai avuto a che fare con una donna che si faceva chiamare Alicia. Fu proprio in quel momento che il telefono squillò, cogliendo Brian di sorpresa.
Rimase seduto per un istante - sentire cosa Jonathan avesse da dire su Alicia sarebbe stato di gran lunga interessante - e subito Harley lo esortò: «Vai a rispondere.»
Consapevole di non potere rimandare, Brian si alzò e uscì lentamente dalla cucina, diretto verso il telefono nel corridoio attiguo.
Prima di alzare il ricevitore, fece in tempo a udire Harley e Jonathan che parlavano sottovoce.
«A proposito di quella Alicia... È un’Anima Bianca, vero?»
«Come lo sai?»
«Beh, un’Anima Grigia non può essere, se è chi penso io.»
«È semplicemente...»
«Lo so, è Alicia James.»
Quel cognome riecheggiò come un campanello d’allarme nella mente di Brian. Anima Bianca? Che razza di discorso era quello? Era sicuro che Jonathan e Harley avessero - entrambi - qualcosa di molto importante da nascondere.
Il telefono continuò a squillare e Brian non ebbe altra scelta, se non rispondere.
«Finalmente!» sbottò una voce femminile. «Che fine avevi fatto?»
«Scusami, Patricia» rispose Brian, che l’aveva riconosciuta. «Non sono da solo in casa.»
«Oh, spero di non disturbare allora. Non credevo che avessi invitato qualcuna delle tue donne da te, oggi pomeriggio.»
Brian la rassicurò: «Non ci sono donne, oggi pomeriggio.»
«Buono a sapersi. Avrei potuto chiedere a Diane...» Patricia s’interruppe. «Lascia stare. A proposito, la sai la novità?»
«Se mi dici quale novità...»
Il fatto che sua nipote avesse menzionato Diane non lasciava ben sperare.
Patricia rispose prontamente: «Te lo dico subito. Papà e Diane si sono lasciati. Immagino che anche tu sia spiazzato tanto quanto me.»
All’improvviso l’allusione di poco prima, lasciata in sospeso, si riempiva di significati fino a quel momento oscuri.
“No, non può saperlo.”
Era possibile che Patricia sospettasse qualcosa?
In tal caso, più tempo avesse lasciato passare prima di replicare e più tali sospetti sarebbero stati confermati.
Pensò a qualcosa da dire, ma non ne ebbe il tempo.
«Dobbiamo parlare, Brian» lo informò sua nipote, «Ed è una cosa piuttosto urgente. Dobbiamo parlare da soli.»
«Okay. Quando vuoi.»
«Adesso.»
La determinazione di Patricia lo spiazzò.
«Mi sembrava di averti detto» obiettò Brian, «Che non sono da solo. Ci sono due miei amici a casa mia, in questo momento.»
«Non ha importanza» insisté Patricia. «Inventati una scusa - o dì la verità, se preferisci - e vieni subito da me.»
«Vieni tu» le propose Brian, «Se hai così fretta.»
«No» ribadì Patricia, con fermezza. «Non posso venire in questo momento. Ti prego di raggiungermi appena puoi.»
Senza dargli il tempo di replicare, lo salutò in fretta e riattaccò.
Brian rimase a guardare per qualche istante il ricevitore, poi riappese. Tornò in soggiorno. Jonathan e Harley, che stavano ancora parlando sottovoce come se avessero un argomento in comune, dal quale Brian doveva restare escluso, smisero subito.
Harley gli domandò: «Tutto bene?»
«Più o meno.»
«Sembri un po’ sconvolto.»
«In effetti lo sono» ammise Brian. «Mia nipote vuole vedermi al più presto.»
Jonathan intervenne: «Ti ha detto il motivo?»
«No, ma me l’ha lasciato intendere.»
«Dalla tua espressione» osservò Jonathan, «Si direbbe che è qualcosa di poco positivo.»
«È qualcosa di poco positivo, infatti» confermò Brian. «Patricia non mi ha detto esattamente quale sia il problema, ma si tratta di Diane.»
Jonathan rise.
«Oh, la nostra cara famosa Diane sedotta e abbandonata! Cos’altro ha combinato?»
«Non lo so» rispose Brian, «Ma credo che non sia niente di particolarmente gestibile. Ovunque vada, lascia dietro di sé un ciclone... e comunque non l’ho sedotta e abbandonata. Al massimo è stata lei a sedurre me.»
Harley, nel frattempo, teneva lo sguardo fisso sul tavolo.
Ad un tratto alzò gli occhi.
«Diane» mormorò. «Ora capisco.»
Brian lo guardò a lungo prima di domandargli: «Capisci... che cosa?»
«Niente, Brian» gli assicurò Harley, «Se non che questo dannato casino forse ha un filo logico, da qualche parte!» Si alzò in piedi. «Dato che hai da fare, me ne vado.»
«Esco anch'io» gli fece eco Jonathan, scambiandosi un'occhiata eloquente con Harvey. Poi si rivolse a Brian: «Qualunque cosa sia successa, ti auguro buona fortuna.»
Poco più tardi, Patricia aprì la porta e lo fece entrare guardando il proprio orologio da polso.
«Alla fine sei venuto e non mi hai neanche fatto aspettare tanto.»
Brian precisò: «Sei stata così insistente...»
Patricia sorrise, ma non era un sorriso che potesse ispirare fiducia.
«L’ho fatto per una giusta causa.» Richiuse la porta e vi si appoggiò contro. «Sentivo il bisogno di parlare con te, dopo quello che è successo.»
Brian replicò: «Sinceramente non capisco a che cosa tu ti stia riferendo.»
«Parlo di Diane.»
«Oh. Mi dispiace che lei e Rick si siano lasciati, anche se...» Brian esitò. «Anche se, tutto sommato ho l’impressione che potesse non essere la donna giusta per lui.»
Patricia annuì.
«Vedo che siamo sulla stessa lunghezza d’onda, da questo punto di vista.»
«Quello che non capisco» ammise Brian, «È perché tu mi abbia chiamato qui con urgenza per parlarne e perché dobbiamo farlo qui, davanti alla porta.»
Patricia sbuffò.
«Adesso non iniziare a lamentarti.»
«Non mi lamento» la rassicurò Brian. «In fondo ho sempre avuto la convinzione che le ragazze della tua età siano strane. Faccio fatica a capire le nuove generazioni.»
«Immagino che tu non ne conosca tante» obiettò Patricia, «A meno che non facciano parte del tuo curriculum sentimentale, cosa che mi farebbe un po’ inorridire.»
«Non preoccuparti. Non frequento ragazze della tua età.»
«Questo confermerebbe» osservò Patricia, «Quello che Diane ha riferito a mio padre e a me, e che io stessa ho avuto modo di scoprire qualche giorno fa. Hai una relazione con Meredith Storm?»
Brian spalancò gli occhi.
«Come...»
S’interruppe.
Patricia gli aveva rivelato senza troppi giri di parole quale fonte l’avesse informata - avesse informato lei e Rick - della sua frequentazione con Meredith.
Patricia gli ricordò: «Meredith ha quasi ventisette anni. Se anche ti senti smascherato, non c’è niente che tu debba nascondere.»
Brian volle sapere: «Tu e Meredith vi conoscete bene?»
«No.»
«Allora chi ti ha detto la sua età?»
Patricia gli scoccò un’occhiataccia.
«Questi non sono affari tuoi.»
«Va bene» si arrese Brian, «Ma non capisco dove vuoi andare a parare. Diane ti ha detto che ho una storia con Meredith. E allora?»
«Hai ragione» ammise Patricia. «In apparenza non c’è proprio niente di cui dovremmo continuare a discutere. Ho solo un dubbio: ci tieni a Meredith?»
Brian avrebbe voluto dirle che Meredith era letteralmente sparita nel nulla, magari senza accennare alla scena a cui aveva assistito al Rifugio del Drago, ma ritenne inopportuno farlo in quel momento. Confermò, quindi: «Sì, ci tengo a Meredith.»
«C’è qualcosa per cui saresti disposto a rinunciare a lei?»
«No.»
«Eppure non hai mai avuto una relazione stabile e duratura, a parte quella con Amber, anche se hai superato benissimo la vostra rottura.»
Brian confermò: «Lo so. I legami mi hanno sempre spaventato, in un certo senso. Conoscere Meredith ha dato una svolta alla mia vita.»
Patricia obiettò: «È molto strano. Vuoi dire che conoscere una donna in particolare ti ha fatto cambiare idea così radicalmente?»
«I legami mi spaventano ancora, credo» rispose Brian. «È il legame con Meredith che, invece di spaventarmi, mi affascina. A volte mi chiedo come sarebbe la mia vita senza di lei e preferisco non darmi una risposta.»
«Invece dovresti farlo.»
«Non ne vedo la ragione.»
«La ragione c’è e non devi spingerti molto in là per vederla» precisò Patricia, giocherellando con una ciocca di capelli che teneva tra le dita. «Anzi, dovresti capire da solo a che cosa mi sto riferendo.»
Brian fece un passo indietro.
«Possiamo andare a sederci, Pat?»
Patricia scosse la testa.
«Preferisco restare qui.»
«È assurdo!» obiettò Brian. «Per quale dannata ragione dovremmo rimanercene qui a parlare davanti alla porta?»
Patricia sorrise.
«Perché ho deciso così.»
Brian sbuffò.
«E poi neghi ancora di essere strana?»
«Se c’è qualcuno di strano, qui» replicò Patricia, con voce inaspettatamente tagliente, «Quello sei tu.»
Brian aggrottò le sopracciglia.
«Ah, sì? E perché?»
«Per quello che hai detto a proposito di Meredith.»
«Fattene una ragione» ribatté Brian. «Per quanto la cosa possa sembrarti improbabile, ci tengo a lei.»
Patricia annuì, con un sorriso che non prometteva niente di buono.
«Certo, ci tieni talmente tanto da distruggere la vita di mio padre» lo accusò. «So che cosa c’è tra te e Diane.»
Diane aveva violato il loro segreto e aveva, con tutta probabilità, dato il via a una catena di eventi senza via di ritorno.
Visto il suo silenzio - gli era venuto spontaneo perdersi in quelle riflessioni - Patricia insisté: «A quanto pare non hai nemmeno il coraggio di negare.»
Brian sospirò.
«Perché dovrei, a questo punto?»
«Perché esiste la remota possibilità che Diane si sia inventata tutto.»
Brian scosse la testa.
«Invece non si è inventata niente, a parte il fatto che tra me e lei ci sia ancora qualcosa.»
«Il fatto che tra te e lei sia finita, a cui peraltro non sono sicura di credere, per me non ha importanza» puntualizzò Patricia. «Tu hai distrutto tutto.»
«E Diane?» obiettò Brian. «Per caso devo credere anch'io che sia stata solo una vittima?»
Patricia abbassò lo sguardo.
«Non m'importa niente delle colpe di Diane.»
«Solo delle mie?»
«Eri tu quello in cui credevo» replicò Patricia. «Era di te che mi fidavo. Diane mi ha sempre dato l'impressione di avere qualche scheletro nell'armadio.»
Brian sospirò.
«Evidentemente ne ho anch'io.»
«E questo» replicò Patricia, «Dovrebbe bastarmi? O dovrebbe bastare a mio padre?»
«Non ho mai detto questo.»
Il tono di Patricia si fece ancora più pungente.
«E dovrebbe bastare a Meredith?»
«Meredith» puntualizzò Brian, «Non lo sa e non lo deve sapere.»
«Certo.» Patricia rise, sprezzante. «Naturalmente non lo deve sapere. Questo perché la ami profondamente.»
«Esatto, la amo» confermò Brian. «Non ho intenzione di buttare via tutto per colpa di Diane.»
«Ecco... Ancora una volta dai tutta la colpa a lei.»
Brian sbuffò.
«Non ti capisco, Pat. Vuoi dimostrarmi che ho più colpe io di lei? Può darsi, ma...»
Patricia lo interruppe: «Ti ho già spiegato come la penso. Ti ho già spiegato che, comunque la pensi tu, la realtà è che hai distrutto tutto. Solo tra te e Meredith sarà tutto come prima, e solo perché sai recitare bene tanto quanto lei.»
Brian si domandò se Patricia si riferisse alle capacità professionali di Meredith o a qualcosa di diverso. Sembrava conoscere molte cose di lei, forse più di quante ne conoscesse lo stesso Brian.
Si sforzò di rimanere impassibile, mentre pregava Patricia: «Lascia fuori Meredith da questa storia, per cortesia.»
«Mi sembra giusto» ribatté Patricia. «Dopotutto questi sono affari tuoi... e di Diane. Dato che è colpa di Diane, chiedi a lei che cosa devi fare.» Ridacchiò. «D'altronde che alternative hai? Se non sei riuscito a resistere al suo fascino piuttosto dubbio... Davvero, non so come si possano avere dei dubbi su chi sia meglio tra Diane e Meredith.»
Brian puntualizzò, seppure non fosse fondamentale: «Tra me e Meredith, le cose sono sempre state un po' complicate e lo sono tuttora.»
«Quindi» dedusse Patricia, «Tu l'hai rimpiazzata con la prima che ti è capitata a tiro. Se questa è la logica maschile, mi ritengo felice di essere single.»
«Non è questione né di logica né di genere. È successo, semplicemente.»
«Senza che tu ti sia mai fermato a riflettere» lo accusò Patricia, «E senza che ti sia mai venuto il minimo dubbio che quello che stavi facendo avesse poco senso.»
Brian precisò: «Non sempre quello che facciamo ha un senso.»
«Nel tuo caso l'aveva» lo accusò Patricia. «Volevi distruggere Diane. Volevi distruggere Rick. Volevi distruggere tutti noi.»
«Il tuo ragionamento non sta né in cielo né in terra» la contraddisse Brian. «Diane è una donna mediamente attraente. Io ne sono stato più che mediamente attratto.»
«E in quel momento niente contava?»
Brian abbassò lo sguardo.
«Temo di no.»
«Povera Meredith» mormorò Patricia. «Nemmeno lei se lo meritava.»
«Sembra che tu la conosca meglio di quanto dovresti.»
Patricia rise.
«O forse sei tu che non la conosci abbastanza. Né la conoscerai: quando scoprirà cosa c'è stato tra te e Diane, non ne vorrà più sapere niente di te. In più, Diane è convinta di essere la donna della tua vita.»
«Non lo è.»
«Spiegalo a lei.»
«Non ce n'è bisogno.»
«Io invece credo che sia necessario» obiettò Patricia. «Stai illudendo anche lei.»
«Io non ho mai illuso nessuno» ribadì Brian. «Diane è grande abbastanza per capire come stanno le cose tra di noi.»
«Anch'io.»
«Ah, sì? E cosa capisci?»
Patricia fece un passo verso la parete.
«Capisco che sei uno stronzo. Sei tutto il contrario di come ti avevo sempre creduto.»
«Grazie per la considerazione che hai di me.»
«Non mi hai lasciato altra scelta.»
«Invece ti sbagli su di me» replicò Brian. «Io non volevo rovinare niente.»
«Eppure l'hai fatto.»
«Non sempre otteniamo lo scopo che vogliamo, no?»
Patricia annuì.
«Hai ragione, non sempre tutto va a buon fine. L'importante è salvare il salvabile.»
Brian aggrottò le sopracciglia.
«A cosa ti riferisci?»
«Alla tua storia con Meredith. Spero che, almeno tra voi, non cambi niente.»
«Non cambierà niente» le assicurò Brian, e d'altronde era vero - Meredith sembrava averlo già tagliato fuori dalla propria quotidianità, anche se Patricia non poteva saperlo. «Quello che è successo tra me e Diane mi ha fatto capire quanto ci tengo a lei.»
Patricia abbassò lo sguardo.
«Hai ragione. In fondo non verrà mai a sapere nulla.»
«Diane non gliel'ha detto, vero?»
«Non devi preoccuparti per Diane. Meredith non le crederebbe, è una sconosciuta per lei.»
«Non ne sembri molto convinta» ribatté Brian.
Anzi, il problema era l'esatto contrario: lo era troppo.
Patricia lo rassicurò: «Andrà tutto bene. Non cambierà niente per te, a parte che né io né mio padre ti perdoneremo mai per avere distrutto la nostra stabilità. Volevano sposarsi.»
Brian puntualizzò: «Che Rick volesse sposare Diane, posso anche non metterlo in dubbio, ma non credo che Diane condividesse lo stesso desiderio.»
«Diane stessa» replicò Patricia, «Gli avrebbe fatto una proposta di matrimonio se tu non l'avessi sedotta.»
Brian scosse la testa.
«Non direi.»
«Fidati, è così.»
«Te l'ha detto lei?»
«Sì... e io le credo.»
«Lasciatelo dire, non vedo perché dovresti.»
Patricia lo fissò con freddezza.
«So riconoscere una donna distrutta dai rimorsi.»
«La cosa strana» obiettò Brian, «è che tu la riconosca in Diane.»
«Fidati, ho parlato con lei.»
«Fidati tu di me: Diane è talmente subdola che può ingannare chiunque. Anch'io sono caduto nella sua rete.»
Patricia annuì.
«Certo, Brian, non lo metto in dubbio. Ora, però, ci siamo già detti tutto. Vattene. Non capisco che cosa ci fai ancora qui.»
«Come vuoi» replicò Brian, «Ma ti ricordo che sei stata tu a chiamarmi.»
«Ti ho già detto tutto quello che dovevo dirti» ribadì Patricia. «Ora, per cortesia, vattene.»
Brian non oppose resistenza. Se ne andò, chiedendosi come avesse potuto lasciarsi trascinare da Diane e fino a che punto quello che era successo avrebbe avuto delle conseguenze.
Al momento non poteva sapere che Patricia, tramite un vecchio registratore, aveva impresso su una cassetta la loro conversazione, ma soprattutto non poteva immaginare che quel nastro fosse destinato a finire tra le mani di Dominick Storm.
Tutto ciò che poteva intuire era che la vita per come la conosceva era destinata a cambiare irreparabilmente e a rimpiangere un passato che stava svanendo sempre più. I suoi rimpianti sarebbero aumentati quella sera, quando deciso a spiegare a Meredith la sgradevole situazione prima che ne venisse a conoscenza da altri, una ragazza dai lunghi capelli neri, nella sala al pianoterra del discopub, vestita con la stessa uniforme di Meredith, gli avrebbe detto che la collega non si presentava al Rifugio del Drago da tempo. Si chiamava Kayla Joyce e Brian avrebbe riconosciuto in lei, e non più in Meredith, la donna che aveva visto in atteggiamenti intimi con Derek.

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Capitolo 17
*** L'incidente di Alek ***


Da quando Patricia Connor aveva consegnato a Dominick una cassetta sulla quale era registrato un dialogo nel quale Brian ammetteva che c'era stato qualcosa, Dominick si era leggermente allentato nei confronti di Meredith. La sera, quando andava al lavoro, continuava a rinchiuderla nella stanza da letto, ma nel resto della giornata era più accomodante, forse perché temeva che qualcuno potesse insospettirsi, nel non vederla mai se non in sua compagnia.
Forse era talmente convinto che Brian fosse l'unica persona con cui Meredith cercasse di mettersi in contatto, da ritenere che non si sarebbe spinta a cercare altri. Si sbagliava, aveva deciso di osare, anche se avrebbe fatto credere al fratello di avere passato la mattinata a,fare acquisti.
Tenere tra le mani una busta colorata contenente un elegante abito da sera, comprato a prezzo scontato, non aveva il potere di rendere quel giorno di aprile migliore di tutti gli altri, ma presto non sarebbe più stata sola.
«Ehi, Mer.»
Nell’udire la voce di Derek, alle sue spalle, Meredith si girò.
«Alla fine mi sono decisa.» Alzò il braccio destro, mostrandogli l’acquisto. «Ogni volta che passavo di qua non facevo altro che ripetermi che questo vestito sembrava essere fatto per me.»
«Però nessuno dei tuoi amanti te l’ha comprato» ribatté Derek, «Quindi hai dovuto aspettare che il prezzo scendesse.»
Meredith scosse la testa.
«Non ho più amanti, ormai.»
Brian azzardò: «Nemmeno quello che lavora qui vicino?»
«Sono capitate tante cose, in questi ultimi tempi, te l'ho anticipato l'altro giorno, al telefono» gli ricordò Meredith, «Sto ancora aspettando che si faccia vivo e mi spieghi, in qualche modo, che cosa sia accaduto tra lui e Diane Evans.»
«In effetti sarà un’impresa ardua per lui» ribatté Derek. «Il problema, però, è un altro, forse. Brian sa che tu lo sai?»
Meredith confermò: «Su questo hai ragione, ma non vedo perché dovrebbe cambiare le cose.»
Aveva cercato di comprendere la ragione per cui Patricia Connor ci avesse tenuto a metterla al corrente della verità tramite la cassetta che le aveva fornito, ma non vi era alcun motivo logico per cui quella ragazza dovesse prendere una simile iniziativa. Doveva esserci dietro Rick, anche se Meredith non aveva idea di che cosa volesse da lei.
Derek la distolse da quella riflessione, affermando: «Hai ragione, questo non cambia le cose. Brian Connor non ti merita e non c’è motivo per cui tu dovresti continuare a corrergli dietro.»
Era una di quelle frasi fatte che più d’uno avevano pronunciato, di tanto in tanto. Se non altro, detta da Derek, non era fastidiosa quanto in altri casi.
«O magari» si limitò a obiettare, «Sono io che non merito lui.»
«Non dire sciocchezze» ribatté Derek. «Tu sei molto migliore di lui. Tutti gli uomini dovrebbero strisciare ai tuoi piedi e non certo tradirti con la prima venuta non appena tu non ti fai vedere per pochi giorni.»
«Diane non era la prima venuta» gli ricordò Meredith, «Anzi, si conoscevano piuttosto bene, oserei dire. In più, mi ha dato l’impressione di essere una donna molto diretta. Se non lo fosse, non sarebbe riuscita a sedurre Brian.»
«O forse» suggerì Derek, «In realtà è Brian quello che non conosci. Rifletti, Meredith: con il lavoro che fa...»
Meredith lo interruppe: «Ti assicuro che Brian non sa niente. Non ha mai avuto il benché minimo sospetto che...»
Derek scosse la testa, interrompendo la sua osservazione sul nascere: «Questo lo dici tu! Magari Jonathan gli ha riferito qualcosa.»
Meredith lo contraddisse: «Non lo ritengo possibile.»
Derek rise.
«Dimenticavo. Conosci molto bene anche Jonathan.»
«No, non lo conosco bene» obiettò Meredith. «Ci siamo frequentati per pochissimo tempo.»
«Poi ha capito chi sei.»
«Non credo.»
Derek obiettò: «Mi sembri troppo ottimista, ultimamente. Non ti rendi conto che intorno a noi», indicò le strade oltre il parcheggio, «C’è fin troppa gente che potrebbe smascherarci. C’è chi sa che le vecchie leggende non sono solo vecchie leggende.»
Meredith sospirò.
«Sono la minoranza.»
«Visto il lavoro che fa» puntualizzò Derek, «Brian potrebbe essere benissimo uno di loro. Dovresti prendere in considerazione l’ipotesi che...»
Meredith non lo lasciò finire.
«Non prendo in considerazione ipotesi che non siano quella di andare a casa, se sarai così gentile da accompagnarmi. Lasciami vicina alla fermata della metropolitana, non voglio che Dominick mi veda con te.»
Senza attendere la risposta di Derek, si avviò verso la sua automobile.
«Ehi, aspetta, sei così sicura di volere raggiungere quello stronzo di tuo fratello?»
Meredith s’irrigidì.
«In realtà non c'è. Oggi è il giorno libero della sua fidanzata, è uscito con lei. La mia è solo una precauzione, nel caso remoto sia a casa.»
«Molto interessante» osservò Derek, raggiungendola. «Credi sia preso da questa donna?.»
Meredith scosse la testa.
«La sua ragazza è solo un passatempo. La sua ipotetica preda, a mio parere, è un’altra.»
«Ne abbiamo già parlato» confermò Derek, «E ti ho detto che, secondo me, Patricia Connor non corre alcun pericolo.»
«La fai facile, tu!»
«Per niente. Non abbiamo le prove che Dominick voglia davvero una nuova Anima Bianca al proprio seguito.»
Meredith spalancò gli occhi, voltandosi a guardarlo.
«Scusa, questa idea come ti è venuta in mente?»
«Mi chiedo piuttosto come mai siate tutti convinti del contrario» obiettò Derek. «Dominick è tornato ad Acid Corn. Eddie, che fino all’altro ieri lo voleva morto, all’improvviso è in combutta con lui.»
Meredith rispose: «Eddie fa presto a cambiare bandiera.»
Derek scosse la testa.
«No, Eddie odia le Anime Grigie più di ogni altra cosa. Eppure si è alleato con tuo fratello, li ho visti più volte andare insieme nel sotterraneo. Qui c’è qualcosa che non torna.» Rovistò in tasca, finché non trovò le chiavi della macchina. «Dobbiamo partire da qui, con le ipotesi.»
Aprì la portiera e salì a bordo, invitando Meredith a fare lo stesso.
«Avevo capito che c’era qualcosa che non tornava» gli confidò, mettendosi nel posto del passeggero e appoggiando sul cruscotto la busta con il vestito, «Ma non pensavo che Eddie e Dominick si frequentassero.»
«Eddie è il punto di partenza.»
«Non Dominick?»
«Mi dispiace deluderti, ma quel bastardo può passare in secondo piano, almeno per un istante.» Derek richiuse la portiera e anche Meredith fece lo stesso. «Mi sono chiesto perché Eddie, che a suo dire che l’ha a morte con le Anime Grigie, non facesse niente per fermare Dominick e ho capito che non lo voleva fare.»
«A questo, però, ci sono arrivata anch’io» obiettò Meredith. «Lo stesso Eddie me l’ha confermato, l’ultima volta in cui ci siamo visti.»
Derek riprese: «Adesso tralasciamo un attimo Eddie...»
«Aspetta» lo pregò Meredith. «Quello di Eddie non è un discorso che si possa sottovalutare. Perché mai dovrebbe voler aiutare Dom?»
«Su questo ci torneremo in un altro momento» replicò Derek. «Un sospetto ce l’ho, ma non sono così sicuro che sia fondato. È da un po’ di tempo, infatti, che cerco di capire che fine abbia fatto la sua Anima Grigia.»
«È morta» gli ricordò Meredith. «L’ha eliminata lui.»
Derek scosse la testa.
«Non è possibile.»
«È possibile» insisté Meredith. «So che può succedere. Dopotutto bastano un po’ di fiamme per sbarazzarsene.»
«Certo, su questo sono d’accordo» convenne Derek, «Ma ti pare possibile che nessuno abbia mai sentito parlare di lei?»
«Potrebbe essere accaduto molto tempo fa.»
«Pare che Eddie non sia in giro da così tanto tempo.»
Meredith sospirò.
«Questo ha davvero così tanta importanza?»
«Potrebbe averne» confermò Derek, «Anche se ritengo più opportuno rimandare questo argomento di conversazione a quando avrò qualche prova concreta. Direi piuttosto di occuparci di tuo fratello e della sua presunta volontà di sbarazzarsi di Alicia, non appena si sarà procurato un’altra preda. Che prove abbiamo?»
«Non mi è difficile capire quali possano essere le sue intenzioni» gli ricordò Meredith. «Non dovremmo avere molti dubbi, ormai.»
«Invece i miei dubbi non fanno che aumentare giorno dopo giorno» obiettò Derek. «Da una parte abbiamo Dominick che, in linea teorica, viene qui ad Acid Corn per spargere devastazione, ma che in realtà non fa nient’altro che controllarti, minacciarti di fare del male ai tuoi cari e verosimilmente sedurre ragazze dai diciotto ai trent’anni. Dall’altro abbiamo Alicia che, pur essendo perfettamente consapevole della minaccia che Dominick rappresenta, viene qui in città, trova lavoro in un negozio di biancheria intima di lusso e passa le proprie giornate a convincere donne piene di soldi a comprare la merce esposta. Dominick potrebbe raggiungerla in qualsiasi momento. Ti pare una cosa normale?»
Meredith sbuffò, appoggiandosi al sedile.
«Non c’è niente di normale, da quando è tornato Dom. Perché dovrei stupirmi proprio del comportamento di Alicia?»
«Perché si comporta come se non le importasse nulla di essere ammazzata.»
«Magari è davvero così. Molte Anime Bianche detestano la loro vita.»
«Non al punto tale da mettersi tra le mani dei loro carnefici. Sembra quasi che Alicia sia convinta che Dominick non le farà del male.»
Meredith aggrottò le sopracciglia.
«Perché dovrebbe pensarlo?»
«Non lo so ancora» ammise Derek, allacciandosi la cintura di sicurezza, «Ma dentro di me sta iniziando a sorgere un certo sospetto.» Avviò il motore. «Dì un po’, Meredith, tu c'eri quando è diventata un'Anima Bianca?»
«C'ero prima, quando era incatenata nel fienile del vecchio casolare e cercava di tenerglo testa.»
«Però non hai visto cosa sia successo dopo.»
Meredith non amava rievocare quei momenti, ma si sforzò di rispondergli: «No, ma era intuitivo.»
«Molto bene» osservò Derek, mentre uscivano dal parcheggio. «Questa conferma era proprio quello che cercavo.»
Anziché immettersi sulla via che li avrebbe condotti a casa di Meredith, ne scelse un’altra.
«Dove stiamo andando?»
«Aspetta e vedrai.»
Meredith sbuffò.
«Come ti pare...»
Derek esclamò: «Parole sante! Perché non provi a pronunciarle più spesso?»
«Perché di solito non sono così arrendevole» rispose Meredith. Rifletté su quello che succedeva tra lei e Dominick, quindi si corresse: «Con te, almeno.»
Derek non fece commenti. Guidò in silenzio, per più di dieci minuti. Si fermò in un quartiere popolare e finalmente Meredith poté domandargli: «Dove siamo?»
Derek le indicò un palazzo vecchio, ma ben tenuto.
«Ho sentito Alek, l’altro giorno. Mi ha chiesto perché non siamo ancora venuti a trovarlo.»
Meredith rabbrividì.
«Oh, Alek...»
Derek si girò a guardarla.
«Non te la senti?»
Meredith si sforzò di rimanere impassibile, apprestandosi a scendere dalla macchina.
«Perché dovrei?»
«Perché tuo fratello...» Derek esitò. «Sei sempre dello stesso parere?»
Meredith abbassò lo sguardo. Era dello stesso parere. L’incidente di Alek doveva essere stato provocato da un intervento esterno e, con tutta probabilità, l’intervento esterno era stato attuato proprio da Dominick.
«Non ha importanza come la penso» concluse. «Alek voleva vederci e adesso siamo qui. Non dobbiamo preoccuparci né di Dominick, né di Alicia, né di quello che potrebbe accadere stasera o stanotte.»
Guardò Derek, che sorrise, esclamando: «Brava, Mer. Finalmente inizi a ragionare.»
Scesero dall’automobile e si avviarono verso il palazzo. Fu Derek a suonare il campanello.
Attesero e Meredith tornò a perdersi nei propri pensieri. Davvero non importava nulla di Dominick? Davvero non importava nulla di Alicia? Davvero non importava quello che sarebbe accaduto quella sera o quella notte?
Non c'era il citofono, ma qualcuno dall'interno aprì il portone.
Prima di salire, Derek chiese: «C’è qualcos’altro che ti turba?»
Meredith si abbandonò a un lieve sorriso.
«Non ti sfugge mai niente, vero?»
«Non quando si tratta di te. Cosa c’è che non va?»
Meredith abbassò lo sguardo.
«Non sono convinta che quello che accadrà nelle prossime ore non abbia importanza. Credo che non dovremmo sottovalutare nulla.»
«Infatti non sottovaluteremo nulla» le assicurò Derek, «Ma ci penseremo al momento più opportuno. Adesso Alek ci aspetta. Non lasciamolo attendere troppo a lungo. Altrimenti impazzirà nell’attesa!»
Salirono le scale. Alek li accolse scherzando sul fatto che non gli era servito rischiare di farsi uccidere, affinché lo andassero a trovare.
Meredith si limitò a borbottare, entrando: «Devi ringraziare Derek, se sono qui.»
«Infatti, come ti dicevo» ribadì Alek, «Sei un'insensibile. Per fortuna ogni tanto c’è qualcuno che ti costringe a ravvederti.» Richiuse la porta alle spalle di Derek e li invitò a seguirlo. «Devo assolutamente mostrarvi il mio splendido balcone con vista su una distesa di cemento. È la ragione principale per cui ho scelto proprio di trasferirmi qui.»
«Si vede, allora» ribatté Derek, «Che non hai molto buon gusto.»
«O forse» replicò Alek, «Se ci fosse stata una vista migliore l’affitto sarebbe stato troppo costoso per i miei gusti.»
«Potresti trovarti una donna» gli suggerì Meredith. «Con due stipendi, potreste pagare un affitto più alto.»
Alek scosse la testa.
«Nemmeno per sogno. Le donne non sanno fare altro che lamentarsi perché fumo troppo o perché rimango coinvolto in strani incidenti stradali. Le uniche che non fanno domande sono quelle come te!»
Meredith s’irrigidì.
«Può succedere a tutti di avere un incidente.»
Alek non disse nulla finché non li ebbe condotti sul balcone, che era piuttosto ampio.
C’era un tavolino quadrato, sul quale era appoggiato un posacenere pieno di mozziconi di sigaretta, e attorno al quale erano posizionate quattro sedie di plastica.
Meredith ne scostò una e si sedette, mentre Alek osservava: «Può capitare a tutti, ma quello che mi è successo è molto strano.»
Derek finse di non capire.
«Cosa vuoi dire?»
Alek lo invitò: «Siediti.» Aspettò che Derek si accomodasse, poi riprese a parlare. «Quando sono salito in macchina per andare a casa, mi sono accorto che c’era qualcosa che non andava.» Si piazzò di fronte a Meredith e la guardò. «Non ho capito che cosa. Se ci avessi mai capito qualcosa di macchine, probabilmente sarei diventato un meccanico, invece che il buttafuori del Rifugio del Drago - che possa un giorno essere raso al suolo, quel locale di merda! Quella sera, mentre venivo al lavoro, era tutto a posto. Quando invece me ne sono andato, come vi dicevo, mi sono accorto subito che c’era qualcosa che non quadrava. Infatti, a un certo punto, i freni mi hanno abbandonato.»
«Potrebbe trattarsi di un guasto» propose Derek. «Dopotutto sarebbe la cosa più probabile.»
«Sarebbe la cosa più probabile» ammise Alek, prendendo fuori un pacchetto di sigarette dalla tasca dei pantaloni, «Ma le cose troppo probabili mi sono sempre sembrate una discreta presa per il culo.»
«Quindi preferisci le soluzioni improbabili.»
Alek annuì.
«Sì, specie quando fanno comodo a qualcuno.»
Meredith trasalì.
«Cosa vuoi dire?»
«È un discorso che preferirei fare in un altro momento» obiettò Alek. «Potresti non gradirlo.»
«Se vuoi parlare di quello stronzo di suo fratello» chiarì Derek, «Puoi farlo senza problemi. I rapporti tra di loro non sono esattamente idilliaci.»
Alek spalancò gli occhi.
«Come sai che voglio parlare proprio di lui?»
Derek abbassò lo sguardo e non rispose.
«Non fa niente» proseguì Alek, accendendosi una sigaretta. «Ho avuto l’impressione che Dominick Storm c’entri qualcosa, in quello che mi è successo.» Si rivolse a Meredith. «Come si trova tuo fratello al mio posto?»
Meredith avvampò.
«Mhm... bene, credo.»
«Ne sono lieto» ribatté Alek, «Specie dopo avere sentito dire - la fonte è una meravigliosa brunetta che sfida il gelo dell’inverno indossando soltanto indumenti che le lasciano le gambe scoperte - che quel coglione si aggirava dalle parti del parcheggio del locale, nelle serate immediatamente precedenti al mio incidente. Kay non ha saputo dirmi se l’aveva visto la sera stessa. Quel giorno, a suo dire, era particolarmente incazzata perché l’uomo dei suoi sogni - così l’ha definito - stava sempre attaccato a un’altra donna che, a suo dire, è troppo seria ed elegante per essere considerata una strafiga, quindi non ci ha fatto caso.»
Derek finse di non capire che Kay, in quei termini, aveva definito proprio lui e Meredith - non poteva non avere compreso l'allusione - e osservò: «Le tue accuse sono piuttosto gravi.»
Alek aspirò una boccata di fumo, puntualizzando: «Non sono accuse mie, ma di Kay.»
«E quindi» volle sapere Derek, «Che intenzioni hai?»
«Per ora nessuna» ammise Alek. «Purtroppo servono delle prove, prima di accusare qualcuno, e non ne ho. A meno che...» Si girò a guardare Meredith. «Tuo fratello ti ha detto niente?»
Prima che Meredith potesse rispondere, Derek gli ricordò: «Ti ho già detto che i rapporti tra loro sono pessimi. Ovviamente Dominick non si confida con Meredith, specie su argomenti di una certa entità.»
Alek gli lanciò un’occhiataccia, obiettando: «Se permetti, preferirei sentirmelo dire da Meredith.»
«È così» confermò Meredith. «Io e Dom parliamo molto poco, ma...» Esitò, chiedendosi se dovesse difenderlo. «.Non credo che possa aver fatto una cosa del genere. Ammetto che non è esattamente un santo, ma...» Derek le allungò un calcio sotto al tavolo e Meredith lo fulminò con lo sguardo. «Il problema di Kay è che ce l’ha con me perché, a suo dire, Derek mi preferisce a lei, il che non è vero, dato che vanno a letto insieme un giorno sì e un giorno no.»
Derek s’intromise: «Non lo facciamo così spesso come dici tu.»
Meredith lo ignorò.
«Finché non conosceva Dominick, Kay si limitava a screditare me» proseguì. «Adesso che c’è anche mio fratello, al Drago d'Argento, crede che screditare Dom sia un buon modo per colpire me. Naturalmente non me ne frega un accidente della sua reputazione, ma mi dà un po’ fastidio che arrivi a inventarsi tali assurdità.»
«Molto interessante» borbottò Alek. «Kay dice una cosa, tu ne dici un'altra...»
«Kay, però, dice quello che ha visto» gli ricordò Derek. «Meredith, invece, si basa soltanto sulle proprie convinzioni. Le piacerebbe, se suo fratello fosse un bravo ragazzo, e vive di illusioni. Non è vero, Mer?»
Meredith non cambiò la propria posizione. Temeva che Derek insistesse, almeno finché non scesero le scale. Si fermarono nell'atrio e Meredith comprese, da come la fissava con insistenza, che Derek si aspettava una spiegazione.
«Perché l'hai difeso?»
Meredith non rispose.
«Voglio sapere perché» insisté Derek. «Devi dirmelo.»
Meredith si sforzò di mantenere la calma, mentre affermava: «Non ci sono prove. Sai anche tu che Kay è un po' troppo fantasiosa, a volte. Inoltre, se succede qualche casino per colpa dei suoi pettegolezzi, rischio di andarci di mezzo anch'io.»
«Mandalo via. Digli di andarsene.»
«Non posso.»
«Perché non puoi? È la tua vita! Sei sempre stata capace di farti rispettare.» Derek la guardò dritto negli occhi. «Deciditi, Meredith: o glielo spieghi tu, o glielo spiego io.»
«Non essere ridicolo» replicò Meredith, «Dominick non è una persona con cui si possa ragionare. Sai benissimo che...»
Derek la interruppe: «So che se andassi da Dominick, di lì a poco uno di noi sarebbe morto? Lo so, ma almeno qualche speranza di sopravvivenza ce l'ho.» 
Meredith lo guardò negli occhi, supplichevole.
«Ti prego, non fare niente di tutto ciò.»
Derek sorrise.
«Hai paura che di me non rimanga che un cadavere? Che donna di poca fede!»
«Non ho paura» replicò Meredith. «Vorrei solo che non t’immischiassi e che non ti mettessi nei casini per causa mia.»
«Sarei molto felice di rischiare la vita per una giusta causa» ribatté Derek. «Dopotutto lo sai che, anche se una parte di me sa che sarebbe meglio scappare a gambe levate, l’altra ti ama ancora follemente.»
Scattò verso di lei. Le loro labbra si sfiorarono. Per un attimo Meredith pensò di tirarsi indietro, poi realizzò che non ce n’era motivo. Ormai cos’aveva da perdere? Permise a Derek di baciarla. Gli permise di stringerla tra le braccia. Gli permise, ancora una volta, di farsi illusioni.

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Capitolo 18
*** Il signor Storm ***


Brian riattaccò, dopo una chiamata inattesa.  Era curioso che Claire gli telefonasse per chiedergli se avesse intenzione di organizzare una serata imsieme, per presentarsi i rispettivi nuovi partner.
«Non sei ancora riuscito a convincere la tua ragazza?» gli aveva chiesto.
Brian non aveva avuto la forza di dirle che forse lui e Meredith non stavano più insieme. In realtà ne era tutt’altro che sicuro: non si vedevano né si sentivano da tempo, non se l'era sentita di cercarla dopo che era venuta a conoscenza di quanto successo tra lui e Diane. Quest’ultima, invece, in un primo momento aveva continuato a farsi viva, dichiarandosi completamente pazza di lui. Brian non le aveva dato molto peso. Per fortuna nell’ultima settimana non si era messa in contatto con lui nemmeno una volta.
Tutto si sarebbe aspettato, tranne che Patricia, su incarico di Rick, registrasse la loro conversazione, in cui ammetteva di avere ceduto alle avance di Diane, e facesse ascoltare il nastro a Meredith. Era innaturale, dal momento che Patricia e Meredith si conoscevano a malapena. Tra Meredith e Rick, invece, la situazione era molto diversa.
Brian aveva conservato la cassetta che Rick - o era stata Patricia, su suo incarico? - gli aveva infilato, dentro a una busta, nella buchetta della posta qualche tempo prima.
Meredith e Rick parlavano e, dai loro discorsi, sembravano molto più intimi di quanto si fossero sempre sforzati di apparire.
Brian andò a inserirla, ancora una volta, nel registratore. Il lavoro realizzato da Rick era stato mediocre, le loro voci erano molto disturbate, ma si udivano ugualmente.
Brian premette “play”.
«...detto che vuoi vedermi.»
Quella era Meredith, e le prime parole che pronunciava non si udivano.
«Sì, volevo vederti» ammise Rick, «Ma non mi aspettavo che Patricia te lo comunicasse così in fretta.»
Si sentì il rumore di una porta che si chiudeva.
«In realtà» replicò Meredith, «Sapevi già che sarei venuta. Non potevo restare indifferente, dopo lo scherzo che mi avete combinato tu e tua figlia.»
«A cosa ti riferisci?»
«Lo sai. È stata Patricia a registrare quello che si sono detti lei e Brian e a farmi ascoltare tutto. Sei stato tu a convincerla, immagino.»
«Sì, ed è stato più semplice di quanto mi aspettassi. Non mi è chiara la ragione, ma non è stato un problema, per lei.»
«Nemmeno io riesco a capacitarmi del fatto che una ragazza come tua figlia si sia piegata ai tuoi giochetti.»
Si udì una risata, quella di Rick.
«Adesso non prendertela con me. Ho solo cercato di aprirti gli occhi.»
«Se Brian non si fosse messo tra te e Diane» obiettò Meredith, «Ma fosse stato con una donna che non c’entrava niente con te, non l’avresti fatto.»
«È stata Diane a dirmi che avete una storia» la informò Rick, «Quindi, se non me l’avesse detto, non avrei potuto fare nulla.»
«Diane sa troppe cose.»
«E allora?»
«Non ti sfiora nemmeno lontanamente l’idea che non sia così naturale, informarsi su tutto e su tutti?»
«Evidentemente» replicò Rick, «Diane si informa soltanto sulla vita privata degli uomini che le interessano. Non lo vedo così innaturale.»
«Hai ragione» ammise Meredith. «Certe cose non le potrai mai capire.»
«No. Non capisco che cos’abbia Brian in più di me, da convincere Diane a cadere tra le sue braccia, lasciarmi e mollare il lavoro di punto in bianco.»
«Anch’io non capisco che cos’abbia Diane in più di me, dato che Brian non è stato l’unico a preferirla a me.»
«Suvvia, Meredith, non ricominciare con questa storia.»
«Non ricomincio proprio niente. Mi sto solo limitando a osservare le cose da un punto di vista neutro.»
«Punto di vista neutro?» obiettò Rick. «Scusami tanto, ma mi è difficile crederlo.»
«Ti sarà anche difficile crederlo...» Meredith s’interruppe. «A proposito, Rick, che ne pensi di farmi sedere da qualche parte?»
«Dovrei?»
«Non è gentile tenere un’ospite in piedi davanti alla porta... specie se quest’ospite è una tua ex ragazza.»
«Adesso non esagerare» la ammonì Rick. «In ogni caso, se proprio ci tieni così tanto a sederti, vieni con me.»
La prima volta che aveva ascoltato la registrazione, Brian si era sentito scioccato. Tutto si sarebbe aspettato, tranne una passata relazione tra Rick e Meredith. Non potevano esserci due persone più diverse di loro, e soprattutto Meredith doveva essere la famosa donna che Rick aveva frequentato prima di Diane.
“Chissà” si chiese Brian, per l’ennesima volta, “Se Patricia lo sa e se gliene importa qualcosa.”
Aveva seri dubbi sull’effettivo interesse di Patricia per la vita privata del padre, nonostante il suo coinvolgimento nella prima registrazione.
Sul nastro, intanto, le voci di Meredith e Rick si fecero lievemente più confuse - doveva essere stata quella la ragione per cui Patricia l’aveva fatto rimanere davanti alla porta per tutto il tempo della loro conversazione: allontanandosi dal registratore, temeva che la sua opera non riuscisse nel migliore dei modi.
«Grazie, Rick.»
«Di nulla. Avrei fatto sedere chiunque.»
«Sei sempre il solito. Perché rinneghi quello che c’è stato tra noi?»
«Perché è stata una svista. Tu ti sei convinta che io ti amassi, invece...»
Meredith lo interruppe: «Io mi sono convinta che tu mi amassi, perché tu me l’hai fatto credere. In ogni caso non ha più importanza. Brian vale mille volte più di te.»
«Eppure ti ha tradita con Diane» le ricordò Rick. «Io, almeno, prima di mettermi con lei ho chiuso con te.»
«Quello che ha fatto Brian non sono affari tuoi.»
«Lo sono, dato che ha mandato a puttane la mia vita.»
«Se non sei capace di vivere senza Diane...»
«Non è questo il problema» chiarì Rick. «Non voglio più avere niente a che fare con quella stronza.»
«E non vuoi che io abbia più niente a che fare con Brian» osservò Meredith, «Altrimenti non mi avresti riferito quello che avevi scoperto.»
«Fai in fretta a saltare alle conclusioni.»
«In certi casi è molto facile. Volevi vendicarti di lui, non pensavi certo a me. Se hai deciso di aprirmi gli occhi, è stato perché non potevi fare altrimenti.»
«E se anche fosse?»
«Se anche fosse, hai deciso che, se sentivi la tua vita rovinata, dovevi rovinare anche la mia. Io credevo nella mia storia con Brian... e forse ci credo ancora.»
Come nelle altre occasioni in cui aveva ascoltato il nastro, Brian si domandò fino a che punto, dato che Meredith non l’aveva più cercato, dopo quel giorno.
Rick osservò: «Questa è l’ennesima dimostrazione che voi donne siete incapaci di vivere senza un uomo al vostro fianco. Spero che Patricia non diventi mai come te.»
«Forse» replicò Meredith, secca, «Lo è già diventata.»
«Cosa vuoi dire?»
«Niente.»
«Non ti credo» replicò Rick. «Era una delle tue tante falsità. Patricia ha diciotto anni. È normale che si prenda una sbandata per qualche suo compagno di scuola o per qualche studente universitario. Questo non significa che, quando avrà la tua età, dipenderà da un uomo allo stesso modo in cui ci dipendi tu.»
«Io non dipendo da Brian» precisò Meredith. «Mi hai conosciuta quando non sapevo ancora chi fosse e, come ricorderai, vivevo benissimo anche prima.»
«Allora puoi farlo di nuovo.»
«Tu non capisci.»
«No, Meredith, sei tu che non capisci. Le tue illusioni non erano altro che illusioni. Hai creduto che, allontanandoti da me, avresti trovato qualcuno che ti amasse. La realtà è che nessuno può amare una come te. Hai qualcosa di marcio, dentro di te.»
Brian s’irrigidì.Detestava il fatto che Rick si permettesse di giudicare Meredith.L’aveva usata a proprio piacimento, poi si era sbarazzato di lei, pretendendo che anche per lei funzionasse allo stesso modo.
La prima volta in cui aveva udito la replica di Meredith era rimasto sinceramente stupito.
«Forse hai ragione, dentro di me sono marcia» la sentì dire, per l’ennesima volta, «Ma ti sei mai chiesto perché quelli come me debbano essere considerati contro natura, se è stata la natura stessa a farci così come siamo?»
Erano parole che senz’altro avevano un significato, ma non era stato in grado di comprenderlo né in occasione del suo primo ascolto né in un secondo momento. Rick, invece, sembrava avere tutto chiaro.
«Hai ragione, forse è stata la natura a farti così come sei. Allora perché cerchi di mescolarti con noi? Perché non ti basta quello che sei?»
«Perché non sono stata io a scegliere.»
«Ma potresti essere tu a scegliere tutto il resto. Ci hai mai pensato?»
«Ti riferisci a Brian?»
«Anche.»
«Allora ti dirò una cosa, prima di andarmene e di chiudere per sempre questo discorso» concluse Meredith. «Brian non mi è stato imposto da nessuno. Sono stata io che ho scelto di stare con lui. Il fatto che sia andata a finire male, non dipende da me.» La sua voce si fece più chiara, forse perché si era alzata e, avvicinandosi alla porta d’ingresso, si era avvicinata al registratore. «È stato un piacere rivederti, ma sarei stata più felice di non averti incontrato.»
«Dovresti dirlo a Brian, tutto questo» ribatté Rick. «Era lui quello che amavi, ed è lui quello che ha infranto definitivamente le tue illusioni. Quelle come te non possono essere amate.»
«Lo so, Brian ha infranto le mie illusioni, e lo maledico per questo.»
La registrazione s’interruppe, con un suono metallico.
Le parole di Meredith erano cariche di determinazione, eppure gli era sempre sembrato che ci fosse qualcosa di più.
Brian fermò il nastro e premette “rewind”.
Riascoltò le ultime parole.
«...e lo maledico per questo. N-...»
Gli parve lampante, per la prima volta, che ci fosse anche qualcos’altro, qualcosa che Rick doveva avere cancellato perché non voleva che lo sentisse. Si chiese che cosa avesse voluto dire Meredith. Magari qualcosa come “nonostante tutto, non potrò mai fare a meno di lui”.
Aveva atteso troppo tempo. Se Meredith non si era fatta viva, forse doveva pensarci lui stesso. Non poteva permettere che tutto svanisse; non senza avere provato, almeno per l’ultima volta, di riaggiustare le cose.
Si preparò in fretta.
Prese le chiavi dell’auto, uscì e corse giù dalle scale.
Ogni secondo era prezioso.
Attraversò l’atrio, andò fuori e si diresse verso la macchina parcheggiata in cortile.
Salì.
Guardò l’orologio.
“È tardi.”
Non sapeva a che ora iniziasse a lavorare Meredith, sempre ammesso che fosse tornata al Rifugio del Drago e che non continuasse a fingersi malata.
Sperò che non fosse già troppo tardi e che la fortuna fosse dalla sua parte. Guidò per dieci minuti lungo le strade di Acid Corn e, quando giunse a destinazione, fu costretto a lasciare la macchina in divieto di sosta.
“Non posso permettermi di perdere tempo.”
Scese, chiuse la portiera e attraversò la strada senza nemmeno preoccuparsi delle auto in transito. Una lo schivò con una brusca frenata. Il guidatore abbassò il finestrino e gridò una serie di insulti a cui Brian non fece caso.
Corse verso il portone, che era aperto.
Fino a quel momento, realizzò, il bilancio era positivo.
Salì le scale di corsa, fino al secondo piano.
Si sentì carico di sollievo, non appena si ritrovò di fronte alla porta di casa Storm.
Suonò il campanello e attese.
Nessuno rispose.
Bussò alla porta e attese.
Nessuno rispose.
«Meredith!» chiamò, a gran voce. «Meredith, apri!»
Attese, ma la situazione non cambiò.
Brian non si arrese.
«Meredith!» urlò. «Meredith, ti prego, apri la porta!»
Una porta si aprì, ma non quella di Meredith.
Brian si girò lentamente.
«È sempre un piacere rivederti» osservò Rick, comparso sulla soglia del proprio appartamento, «Anche se credo che la tua ragazza - o ex? - non la pensi allo stesso modo.»
Brian gli lanciò un’occhiata di fuoco.
«Questi, se permetti, non sono affari tuoi.»
«Dal momento che urli come un pazzo sul mio pianerottolo» replicò Rick, «Sono anche affari miei. In ogni caso puoi risparmiare la voce: se Meredith non ti apre, vuole dire che non è in casa.»
Meredith non c’era.
Quella prospettiva non gli sembrava possibile.
«Non sono venuto qui per niente» chiarì Brian. «Devo parlare con Meredith e non mi muoverò da qui finché non mi aprirà la porta. Ti sarei grato se non ti intromettessi.»
«Io, invece, ti sarei grato se te ne andassi e non ti facessi più vedere da queste parti» replicò Rick. «Inoltre Meredith è uscita un’ora fa insieme a suo fratello. Sei arrivato troppo tardi. Forse eri troppo impegnato a spassartela con qualche puttana.»
«Non mi piacciono le puttane» replicò Brian. «O almeno non mi piacciono quanto Meredith. Non avresti dovuto permetterti di intromettermi tra me e lei.»
Rick sospirò.
«Adesso non vorrai dare la colpa a me, se le cose tra voi sono finite male.»
«E a chi dovrei darla?»
«A te stesso, forse?»
Brian scosse la testa.
«Io e Meredith non avremmo smesso di frequentarci, se tu non avessi avuto la magnifica idea di coinvolgere Patricia in quella pagliacciata.»
«Non l’avrei fatto, se tu non avessi distrutto quello che c’era tra me e Diane» gli ricordò Rick. «Sei stato tu la causa di tutto quello che è successo.»
«Non avresti dovuto coinvolgere Meredith» ribadì Brian. «Non c’entrava niente. Non ha mai avuto niente a che vedere né con Diane né con te e Patricia.»
«In realtà ha avuto a che fare con me più di quanto tu abbia mai potuto immaginare» replicò Rick, «E credo che sia stato tutto tempo sprecato. Se permetti un consiglio...»
Brian lo interruppe: «No, non ti permetto di darmi consigli.»
Rick lo ignorò.
«Se permetti un consiglio, al mondo ci sono donne molto più normali.»
Brian era tentato di andarsene, ma rinunciò, dal momento che il modo in cui suo fratello descriveva Meredith gli appariva assurdo.
«Non ha niente che non va.»
«Questo lo dici tu.»
«Esatto, lo dico io che la conosco meglio di te.»
«Potrai anche conoscerla» insisté Rick, «Ma finché continuerai a considerarla una delle sette meraviglie del mondo non capirai mai che cosa voglio dire.»
Brian sbuffò.
«L’idea che non mi interessi capirlo ti ha mai sfiorato?»
«Purtroppo sì.»
«Allora rassegnati.»
«Posso anche rassegnarmi, ma non posso fare a meno di metterti in guardia» replicò Rick. «A volte frequentare la persona sbagliata può portarti a fare una brutta fine. Cerca di non dimenticartelo, almeno tu.»
Brian aggrottò le sopracciglia.
«Di cosa parli?»
«Di quello che non hai mai visto, perché eri troppo cieco per vedere.»
«Se continui a parlare a enigmi» obiettò Brian, «Continuerò a non capire.»
Rick alzò le spalle.
«Peggio per te.»
Fece per rientrare in casa, ma Brian lo afferrò per un braccio.
«Aspetta.»
Rick si liberò dalla sua stretta.
«Cos’altro vuoi?»
«Voglio che mi dici quello che sai di Meredith e che mi fai la cortesia di parlare chiaro, almeno stavolta.»
Rick scosse la testa.
«Chiedi troppo.»
«Non mi pare, dato che hai l’hobby di fare allusioni poco sensate e di non spiegare quello che c’è dietro.»
«Non ho motivi per farlo, tanto tu continui ad andare avanti per la tua strada. Tutto sommato, se un giorno dovessi fare una brutta fine, non sarebbe nient’altro che quello che ti sei scelto.»
«Hai parlato di Meredith» insisté Brian. «Sostieni che abbia qualcosa che non va. Io, in lei, non ho mai notato niente.»
Rick gli parve divertito.
«Ah, no?»
«No» confermò Brian. «È una ragazza come tutte le altre.»
«Con le altre ti è mai capitato di sentirti ammaliato al punto tale da non potere fare a meno di lei, già dopo il primo incontro?» volle sapere Rick. «Ti pare una cosa normale?»
«Che cosa ne sai?»
«Ne so abbastanza per dire quello che sto dicendo.»
Brian scosse la testa.
«Non ho mi è capitato nulla di simile» mentì, «E, se anche fosse, non vedo come Meredith potrebbe averlo fatto di proposito.»
«Ci sono persone» gli ricordò Rick, «Che possono ammaliarci, per natura, più delle altre. Nostra madre ce lo ripeteva sempre.»
Brian obiettò, con fermezza: «Erano leggende.»
«A volte le leggende contengono un fondamento di verità» replicò Rick. «In quel caso non erano solo fantasie.»
«Perché non me lo dimostri?»
Rick rise, sprezzante.
«Non ci sarebbe bisogno di dimostrazioni, in questo caso.»
Senza aggiungere altro, e senza che Brian riuscisse a trattenerlo ancora una volta, rientrò nel proprio appartamento richiudendo la porta alle proprie spalle.
«Ehi, aspetta» insisté Brian. «Non abbiamo finito il nostro discorso.»
«Io non ho più niente da dirti» replicò Rick, «Quindi rimani lì ad aspettare la tua principessa dalle calze a rete e lasciami in pace. Anzi, no, ti do un suggerimento: vattene, prima che sia troppo tardi. Il fratello di Meredith potrebbe rientrare - non si sa mai - e, di solito, non è molto soddisfatto se sua sorella riceve visite.»
«Del parere di suo fratello me ne importa meno di niente.»
«E a me non importa niente del tuo» concluse Rick, «Perciò vattene a tormentarti con i tuoi dubbi irrisolti da un’altra parte, perché ne ho abbastanza di te, almeno per stasera.»
Brian udì i suoi passi oltre la porta, sempre più lontani.
Si sedette sui gradini e attese, senza essere consapevole di che cosa stesse aspettando.
Chiuse gli occhi e, all'improvviso, un vecchio ricordo lo assalì. 

*** 

Il telefono squillò. Brian si avvicinò al ricevitore. Stava per sollevarlo, quando sua madre si avvicinò.
«Ci penso io.»
Sembrava sicura che la telefonata fosse per lei.
Portò il ricevitore all’orecchio.
«Sì, chi parla?»
Aggrottò le sopracciglia, mentre il suo interlocutore rispondeva.
«Sto-...» ripeté, con una certa perplessità. «Come ha detto?» All’improvviso le parve tutto chiaro e il suo volto si illuminò. «Il signor Storm, certo! Sì, non avevo riconosciuto la sua voce.» Ascoltò ciò che il suo interlocutore aveva da dirle. «Sì, certo, possiamo vederci al più presto. Sono sicura che saranno novità molto interessanti.»
Quando riattaccò era più allegra e solare di quanto Brian se la ricordasse.
Prese il cappotto e la borsa, poi gli disse: «Devo uscire. È per una questione di lavoro. Non ci metterò tanto.» Guardò l’orologio. «Sono le cinque e un quarto... diciamo che per le sette dovrei essere a casa. Mi raccomando, comportati bene e dì a tuo padre che arriverò presto.»
«Sì, certo. È per la casa fuori Acid Corn?»
Sua madre annuì.
«Sì. Devo correre in agenzia, era il potenziale acquirente e vuole vedermi. Questo potrebbe essere l’affare del secolo.» 

*** 

Non era tornata per le diciannove. Non era tornata nemmeno poco dopo. Ad un tratto era squillato il telefono e Brian era andato a rispondere. Era una donna che si era presentata come Bethany aveva chiesto notizie del signor Storm.
Brian le aveva detto che quell'uomo aveva un appuntamento con sua madre all'agenzia immobiliare.
Patty Connor si era fatta viva alle otto e un quarto, scusandosi per il ritardo. Sarebbe tornata in tarda serata, Brian e suo padre non dovevano aspettarla.
Non era la prima volta che capitava, da quando lavorava all’agenzia immobiliare.
Gli affari più importanti richiedevano tempo, non faceva altro che ripeterlo, anche se in realtà i vicini di casa pettegoli affermavano che i coniugi Connor erano in crisi da tempo e che, di conseguenza, Patty trascorresse tanto tempo al lavoro per evitare il marito.
Che fossero in crisi era vero - quando avevano avuto l'incidente fatale si stavano recando dall'avvocato che doveva assisterli nella separazione consensuale - ma Brian non si era mai posto troppe domande. Aveva quindici anni, ai tempi, non faceva caso al mondo che lo circondava, nemmeno a quella parte di mondo che aveva direttamente a che fare con lui.
Per anni e anni aveva messo da parte la telefonata del signor Storm e il modo in cui sua madre si era precipitata a raggiungerlo. Quella sera gli venne naturale chiedersi se fosse un parente di Meredith e chi fosse quella Bethany che aveva chiamato per chiedere di lui.

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Capitolo 19
*** Una vecchia leggenda ***


Nonostante per la prima sera dopo tanto tempo Dominick le avesse concesso di tornare al lavoro, Meredith sapeva che si trattava di una situazione soltanto temporanea. Il titolare doveva avere capito chi ci fosse dietro la sua lunga assenza e, dal momento che anche Kay mancava, in quei giorni, aveva minacciato Dominick di licenziarlo qualora Meredith non si fosse presentato.
Le venne spontaneo pensare alla proposta che Derek le aveva fatto quella mattina. Dopo averla baciata, le aveva chiesto di lasciare Acid Corn insieme a lui. Le erano bastate appena poche ore per rendersi conto che la proposta di Derek era tutt’altro che insensata.
“Lontano da Acid Corn sarebbe tutto più semplice.”
Poteva abbandonare Dominick e i suoi casini, poteva smetterla di preoccuparsi per l’ennesima Anima Bianca la cui vita dipendeva da lui. Alicia non sembrava molto disposta a prendere in seria considerazione il pericolo, perciò non aveva alcun obbligo nei suoi confronti. Soltanto l’idea di lasciarsi andare e rivivere il suo vecchio amore con Derek la lasciava perplessa.
“Abbiamo già fallito una volta ed è un miracolo se ne siamo usciti. Perché dovremmo volerci fare del male di nuovo?”
Le sue riflessioni vennero interrotte quando vide una sagoma avvicinarsi al bar.
Le luci colorate le impedirono, in un primo momento, di riconoscerlo. Solo quando lui le fu vicino, si accorse che era Brian.
Tutto crollò. Tutto s’infranse in un attimo. Tutto finì e iniziò nello stesso momento, ancora una volta.
Gli corse incontro e gli chiese: «Come mai sei qui?»
Come sempre era costretta ad urlare per farsi sentire, in quella sala ben più caotica di quella al pianterreno.
«Perché sei qui tu?» replicò Brian, indicando lo spazio circostante e le pareti dipinte di rosso, con la sagoma del drago d'argento. «L’ultima volta che sono venuto non lavoravi qua su.»
Meredith annuì.
«Nemmeno ora. Non in pianta stabile, almeno.»
Brian la squadrò con attenzione.
«Peccato.»
«Perché?»
Brian sorrise.
«Perché questa divisa ti dona ancora di più di quell’altra.»
Meredith avvampò.
«Non penso proprio.»
«È solo perché non ci sei abituata.»
«Esatto» confermò Meredith, «E non intendo abituarmi. L’idea che chiunque cerchi di guardarmi il culo non appena mi muovo non mi alletta.»
«Non essere così drastica» ribatté Brian. «Non sei circondata di gente così tanto volgare.»
«Se lo dici tu.»
Brian si guardò intorno.
«In realtà mi sembra che tutti ti stiano ignorando.»
Meredith annuì.
«Se non è una fortuna questa...»
«Forse preferiresti che ti ignorassi anch’io» azzardò Brian, «Ma ho sentito il bisogno di venire da te. Forse la mia visita non ti fa piacere...»
Meredith lo interruppe: «Non è così spiacevole vederti, anche se non capisco cosa ci fai qui e chi ti abbia detto dove trovarmi.»
«Me l'ha detto Derek, anche se non sembrava molto soddisfatto di dovermi dare una risposta. Comunque, mi fa piacere sentirti dire che non ti dispiace vedermi, nonostante tutto.»
Meredith ripeté: «Già, nonostante tutto.»
Brian abbassò lo sguardo.
«Mi dispiace per quello che è successo con Diane e per il modo in cui lo sei venuta a sapere.»
Meredith si sforzò di sorridere.
«D’altronde avevo altri modi per venirlo a sapere?»
Brian non rispose.
Meredith abbassò lo sguardo a propria volta.
«Tu non me l’avresti detto, vero?»
«No.»
«Questo mi era chiaro.»
«Cos’avrei risolto se te l’avessi detto?» obiettò Brian. «Avrei solo rovinato quello che c’era tra di noi. L’unico modo per salvare tutto quello che abbiamo costruito sarebbe stato dimenticarmi di quello che era successo con Diane.»
Meredith alzò gli occhi e anche Brian fece lo stesso.
«Sai» gli disse, «Dopotutto possiamo provarci lo stesso.»
«A dimenticarci di Diane?»
Meredith annuì.
«A dimenticarci di Diane e anche di tutto il resto. Stavamo bene insieme. È vero, ci sono stati dei problemi, ma possiamo sempre riprovarci.»
«Mi stai dicendo che è tutto così semplice?»
«Che cosa ci guadagniamo a complicarci le cose?»
«Non lo so. Di solito non è così immediato che...»
«Non m’interessa che cosa sia immediato per gli altri e che cosa non lo sia» replicò Meredith. «La mia unica certezza è che mi manchi.»
«Anche tu.»
«E allora non è abbastanza chiaro quello che dovremmo fare?»
«E Diane?» obiettò Brian. «Non ti interessa più quello che è successo tra me e lei?»
Come poteva essere una priorità? Meredith stessa aveva segreti da nascondere, che pesavano come un macigno. Non poteva fare la moralista quando Brian si era "solo" lasciato andare a pulsioni umane.
«Quello che è successo tra voi mi ha ferita» ammise, «Ma non voglio che mi ferisca più di quanto abbia già fatto.» Notò un cliente che si sbracciava. «Scusa un attimo. Torno tra un minuto.»
Fortunatamente tutto si risolse in fretta.
Tornò da Brian molto prima del previsto.
«Sei stata rapida.»
«Già» convenne Meredith. «Voleva soltanto sapere che fine avesse fatto Kay.»
«A proposito...» Brian si guardò intorno. «Non mi sembra di averla vista.»
«Infatti non c’è» lo informò Meredith. «È per questo che le alte cariche di questo locale hanno pensato di spostarmi qui per qualche serata.»
«È in ferie?»
Meredith scosse la testa.
«Non sta bene, o almeno così mi è stato riferito.»
Brian aggrottò le sopracciglia.
«Cosa le è successo?»
«Niente che valga la pena di ricordare.» Meredith si sforzò di sorridere. «Dopotutto non è così male prendere il suo posto per un po’!»
Brian annuì.
«Specie considerando che ti levi di torno Derek...»
Meredith sospirò.
«Cos’altro ha combinato?»
«Niente di che, ma ho dovuto insistere parecchio» le confidò Brian. «Voleva che me ne tornassi a casa, facendomi credere che non ci fossi. Io, però, non gli ho creduto e ho insistito. Alla fine mi ha detto una cosa strana.»
«Ovvero?»
«Ovvero che, se dovesse capitarmi qualcosa di sgradevole, poi sono cazzi miei, di non lamentarmi, perché lui mi ha avvertito del pericolo.»
«Wow» mormorò Meredith. «È esattamente nel suo stile.»
«Quello che non capisco è perché avrebbe dovuto farlo.»
«Non preoccuparti, appena mi capiterà l’occasione gliene dirò quattro.»
«Vedo che anche tu lo ritieni particolarmente stressante.»
«A volte sì, ma non è poi così male.»
Un altro cliente attirò l'attenzione di Meredith.
«Scusa, ma ho da fare.»
«Sì, certo.» Brian sorrise. «Magari ci vediamo più tardi, quando hai finito.»
Meredith annuì.
«Direi che è perfetto. Passo io da te.»
«Per me non c'è problema nemmeno ad aspettarti» puntualizzò Brian. «Lo sai che per te sono disposto a questo e altro.»
Meredith si sentì sollevata dalla prospettiva di potere andare via insieme a lui evitando Dominick che, dopo la fine della serata doveva vedersi con il titolare per discutere di qualcosa che aveva a che vedere con Kay.
«Se non è un problema per te.»
«Ti assicuro che non lo è.»
«Anche se dovesse farsi molto tardi?»
«Per te non è mai tardi.»
Meredith si lasciò andare a un radioso sorriso.
«Grazie, allora. Grazie di tutto.»
Uscirono dal retro a notte inoltrata. Meredith non passava mai da quella parte, sperava che a Dominick, se fosse stato in giro, sfuggisse la sua "fuga".
«E ora?» chiese Brian, quando furono fuori, «Cosa facciamo?»
«Andare a casa tua potrebbe essere troppo rischioso» ammise Meredith, «Dato che ho a che fare con ogni giorno con qualcuno che non si fa mai i cazzi suoi.»
«Tuo fratello?»
Meredith annuì.
«Purtroppo non si rassegna all'idea che io abbia quasi ventisette anni.»
«Fregatene.»
«Mi piacerebbe.»
«Comunque non c'è problema, se non vuoi venire da me» la rassicurò Brian. «Ho la macchina qui a tre passi. Possiamo andare a fare un giro.»
Meredith non replicò e si limitò a seguirlo.
Salirono in macchina e si allontanarono dal centro di Acid Corn.
Meredith rabbrividì nel notare da che parte la stava condicendo Brian.
Ci volle oltre mezz'ora prima che si fermassero.
«Perché» volle sapere, «Mi hai portata qui?»
«Perché per te non ho segreti» rispose Brian, con semplicità e chiarezza. «Questo posto ha una certa importanza per me.» Le indicò una vecchia casa in rovina. «Lo vedi quell'edificio?»
Meredith si sentì perduta.
Fu assalita dai ricordi.
Erano pessimi ricordi.
Brian si accorse che qualcosa non andava.
«Tutto okay?»
«Sì, certo» mentì Meredith, sorprendendosi di quanto poco complicato fosse.
«Meglio così.»
«Che cosa ne sai di quella casa?» si spinse a chiedergli. «Perché è importante per te?»
«Si tratta di mia madre.»
Meredith chiuse gli occhi.
Non era possibile, non era possibile che Brian sapesse. La informò: «Lavorava come agente immobiliare.»
«Quindi ha avuto a che fare con questa casa.»
«Sì, ha cercato di venderla, poco prima di morire.»
«Capisco.»
«Beata te.» Brian fece una risata nervosa. «Io non ci ho capito niente.»
«In effetti» ammise Meredith, «Sembra abbandonata.»
«Nulla pare essere cambiato» aggiunse Brian, «Dal 1976 a oggi.»
«E l'acquirente?»
«Ho sentito mia madre che gli parlava al telefono.»
«Poi la casa è stata venduta?»
«Non lo so» le spiegò Brian. «Poco tempo dopo i miei genitori sono morti in un incidente stradale. Stavano andando da un avvocato, volevano divorziare.» Fece una pausa. «C'è chi dice che mia madre, nel frattempo, avesse allacciato una relazione con il tizio che voleva comprare la casa. Si chiamava signor Storm.»
Meredith si sforzò di sorridere.
«Non sapevo di avere un parente che voleva comprare questa casa?»
«Quindi» volle sapere Brian, «Non lo conosci?»
«Suppongo di no.»
«Ma siete davvero parenti?»
«Non ne ho idea, non so chi sia.»
Brian rimase in silenzio.
Meredith fece lo stesso.
"È un casino. Sa più di quanto dovrebbe."
Infine Brian riprese: «Mi piacerebbe sapere qualcosa della tua famiglia, anche se so che non ti piace parlarne. Per esempio, come si chiamavano i tuoi genitori?»
«Mia madre è morta quando ero ancora troppo piccola per ricordarmi di lei» gli ricordò Meredith. «Che importanza ha il suo nome?»
«Dimmelo» la pregò Brian. «Credo di avere bisogno di saperlo.»
Meredith sorrise. Glielo poteva dire.
«Mia madre si chiamava Meredith, esattamente come me.»
«Oh...»
Brian parve spiazzato.
Meredith ammise: «Lo so, è molto curioso.»
«Scusa.»
Meredith ridacchiò.
«E di che cosa?»
«Sono stato invadente» ammise Brian. «Ti ho fatto domande su un argomento del quale non vuoi parlare.»
«Non fa niente» replicò Meredith, ma decise di metterlo alla prova. «C'è una storia che ti voglio raccontare, per vedere fino a che punto hai una visione romantica del mondo.»
«Non credo di essere molto romantico» obiettò Brian. «Per intenderci, non sono il tipo che regala rose rosse a ogni ricorrenza.»
Meredith ribatté: «Finiamola di considerare le rose rosse come il centro dell’universo! Ci sono tanti altri modi di essere romantici. Anzi, ci sono modi molto più spontanei di essere romantici. Infine il romanticismo non è solo la galanteria attraverso la quale si spera di arrivare a un rapporto sessuale. Tutto può essere visto con un’accezione romantica, perfino un campo spoglio.»
Brian si guardò intorno.
«Devo ammettere che non ci vedo nulla di romantico. Magari quest’estate, quando ci sarà una coltivazione...»
«No, il meglio è adesso» replicò Meredith. «Certo, non si può vedere, ma si può immaginare. Chiudi gli occhi.»
Brian ubbidì.
«Adesso che cosa devo fare?»
«Devi immaginare» gli ordinò Meredith. «Devi immaginare una ragazza di qualcosa come cent’anni fa. Ormai si è rassegnata: nessuno la sposerà mai, perché tutti sono sconvolti da lei e sostengono che porti sfortuna. Le altre, a vent’anni, avevano tutte un marito. Per lei quel termine è già passato e non da poco. È sola. O meglio, vive insieme al padre, a una zia e alla sorellina, ma si sente più sola di un eremita. La caccia alle streghe è finita da un pezzo, ma tutti la accusano di stregoneria. Un giorno viene istigata a buttarsi tra le fiamme. Il fuoco la purificherà, le dicono la zia e la sorella - una bambina. La ragazza si butta, andando incontro alla morte.»
«A quel punto» proseguì Brian, «Proprio mentre iniziava a bruciare, sulle spalle le spuntano due ali nere e spicca il volo.»
«Vedo che conosci la leggenda» osservò Meredith. «Adesso, comunque, puoi aprire gli occhi.»
«Sì, conosco la leggenda» confermò Brian. «L’ho sentita raccontare parecchio tempo fa e ricordo di averla trovata affascinante.»
«E adesso?» volle sapere Meredith. «Erano soltanto parole, le mie, ho la tua mente le ha tradotte in immagini?»
«Mi è sembrato di immaginare la scena, sì» confermò Brian. «È una storia molto triste, ma mi ha colpito molto.»
«Prova superata. Sei molto più romantico tu di chi regala rose rosse per ogni ricorrenza.»
«Mi fa piacere, ma perché me ne hai parlato qui e adesso?»
Meredith gli indicò il vecchio rudere.
«Secondo la leggenda, quella era la casa in cui abitava.»
«Oh.» Brian appariva sinceramente spiazzato. «Non l'avrei mai pensato.»
Era chiaro che, per lui, si trattava soltanto di una vecchia leggenda, mentre quella casa diroccata era collegata a sua madre. Non ne parlarono più, né di un argomento né dell'altro, lasciando alle loro spalle anche l'argomento "signor Storm".
Passarono dei bei momenti, insieme, ma venne l'ora di tornare a casa e soprattutto di sperare che Dominick non facesse domande sulla sua assenza. Non fu fortunata. Suo fratello non era per niente soddisfatto del suo ritardo ed eludere il suo interrogatorio mostrandogli il proprio lato più passionale non fu sufficiente a calmarlo.
«Ho fatto male a fidarmi di te» decretò. «Comunque ho sistemato la questione con quella troia di Kay, quindi al Rifugio del Drago non c'è più bisogno di te. Da domani - anzi, da oggi, vista l'ora - farai solo ed esclusivamente quello che dico io. Ti do anche una buona notizia.» Il suo tono si fece subdolo. «Voglio che tu riveda Brian Connor. Non sarete soli, ma è giunto il momento di sistemare una certa situazione.»

***

Harley spense il mozzicone di sigaretta schiacciandolo sul posacenere.
«Cosa sai di Meredith Storm?»
«A parte che ieri sera Brian l'ha rivista, ha trascorso con lei buona parte della notte e oggi era stravolto? Qualcosa lo so.» Jonathan si guardò intorno, con la solita cautela. «Sei sicuro che sia il caso di parlarne qui?»
Harley annuì.
«Non c’è nessun pericolo.»
Si trovavano all’interno di un poco elegante bar fuori città, in cui gran parte dei clienti erano radunati, ben lontani dal loro tavolo, intorno al vecchio televisore in bianco e nero sintonizzato su un evento sportivo.
«L’ho conosciuta circa tre o quattro mesi fa» gli rivelò Jonathan, che evidentemente si era convinto di non correre rischi. «Io e Claire ci eravamo appena lasciati e mi capitava spesso di andare al Rifugio del Drago. Non so dire perché lo facessi...»
Harley lo interruppe: «Scusa per la schiettezza, ma del perché tu andassi al Rifugio delle Drago non me ne importa proprio niente! Poi, certo, Meredith Storm mi pare un motivo più che sufficiente per andare nel locale dove lavora.»
Jonathan ignorò quel commento.
«Andavo al Rifugio del Drago, ti dicevo. Una sera in cui c’era poca gente io e Meredith ci siamo messi a parlare.»
«E poi?»
«Poi quella conversazione ha avuto un seguito. Immagino che tu possa capire anche da solo a che tipo di seguito mi riferisco.»
«Penso di sì» convenne Harley. «Per caso hai notato qualcosa di strano?»
«No.»
«Nemmeno tatuaggi?»
Jonathan azzardò: «Ti riferisci a un paio di ali tatuate dietro la schiena? Non pensavo che fosse qualcosa di importante.»
«Ti sbagliavi» replicò Harley, «Dato che quelle ali sembrano essere il marchio di fabbrica di quelli come lei.»
«Quindi» dedusse Jonathan, «Brian potrebbe essere in pericolo.»
«Non è detto.»
«Mi pare chiaro che...»
Harley scosse la testa con fermezza e non gli permise di finire.
«Non sono tutti pericolosi. La maggior parte sono individui un po’ fuori dagli schemi, ma del tutto pacifici e innocui.»
«E Meredith?» volle sapere Jonathan. «A quale categoria appartiene?»
«Non spetta a me dirlo.»
«Mi hai detto tu stesso che erano tutti un pericolo.»
Harley annuì.
«Ne ero convinto, ma alla fine me ne sono reso conto: se davvero volessero tutti farci del male, l’avrebbero già fatto.»
«Quindi» osservò Jonathan, «Il fatto che non tutti siano pericolosi è soltanto una deduzione tua.»
«Esatto» confermò Harley, «Ma considerando che il mio lavoro consiste nello studiare le loro abitudini, penso di potere esprimere un giudizio senza che nessuno si stupisca. Se un’economista facesse deduzioni sull’andamento del prodotto interno lordo nei prossimi anni nessuno si scomoderebbe di fargli notare qualcosa come: “ehi, tu, guarda che quello che dici è soltanto una tua idea”.»
«Sono due cose completamente diverse.»
«Sì, non hai tutti i torti. Gli economisti hanno una vita molto più noiosa e meno movimentata della mia.»
«Magari ne sono felici.»
«Può darsi, non lo escludo. Tornando a Meredith e alla sua potenziale pericolosità...»
«Ecco, esatto, è di questo che dovremmo parlare» puntualizzò Jonathan. «Che cosa ne pensi di lei? Non mi risulta che tu ti sia ancora pronunciato in proposito.»
«Se Meredith è pericolosa, lo saprai senz’altro meglio tu di me» ribatté Harley. «Quando l’hai conosciuta, hai avuto l’impressione di avere a che fare con una criminale?»
Jonathan rispose: «Ovviamente no.»
«Allora» gli suggerì Harley, «Non dare per scontato che lo sia.»
«Dovrei avvertire Brian, secondo te?»
«Assolutamente no. Non ti crederebbe. Molto probabilmente sarà la stessa Meredith ad allontanarsi da lui, senza che nulla sia accaduto, quando si stancherà. L'unico pericolo è che Brian sia talmente ammaliato da lei da faticare a riprendersi, quando si lasceranno definitivamente.»

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Capitolo 20
*** Uscita a quattro ***


L'incontro tanto agognato da Claire era stato fissato, Meredith aveva non solo acconsentito a prendervi parte, ma addirittura ricordato a Brian quell'intenzione, fino a quel momento caduta nel dimenticatoio. L'appuntamento fu fissato la domenica pomeriggio in un bar e Brian si presentò in anticipo, trovando una spiacevole sorpresa ad attenderlo: davanti all'entrata c'era Meredith in compagnia di Derek, il cameriere del Rifugio del Drago. Non aveva idea di cosa ci facesse lì, ma il solo vederlo lo fece innervosire.
Si avvicinò a passo spedito a Meredith e salutò con freddezza, per poi aggiungere, seccato: «Per caso ho interrotto qualcosa?»
«Brian! È un piacere rivederti» esclamò Meredith, con un radioso sorriso. «Interrompere qualcosa? Perché avresti dovuto?»
«Vedo che sei in buona compagnia.» Brian accennò a Derek. «Cosa ci fa qui il tuo amico?»
«Passavo» puntualizzò Derek. «Ho visto Meredith qui e mi sono detto "aspetta che mi fermo a salutarla, dato che è da sola". Non sapevo che fosse destinata a una pessima compagnia.»
Brian si rivolse a Meredith: «È un piacere anche per me rivederti. Per quanto riguarda il tuo amico, invece, non posso dire altrettanto.»
Meredith sentì la risata sprezzante di Derek.
«Come siete sdolcinati. Sembra che non vi vediate da una vita.»
«Bada ai fatti tuoi» ribatté Meredith. «Non hai niente da fare?»
«Sì, qualcosa da fare ce l'avrei» ammise Derek, «Ma impicciarmi negli affari tuoi è infinitamente più interessante. Hai detto che devi vedere altre persone. Chi sono i vostri amici?»
Meredith si affrettò a rispondere: «Non li conosco.» Abbassò lo sguardo, come se avesse qualcosa da nascondere. «Per favore, Derek, vai via e lasciaci in pace.»
«Ne sei così sicura?» ribatté Derek. «Tu sei abituata a dei veri uomini, non capisco perché vuoi trascorrere il pomeriggio in compagnia di questo rammollito.»
Prima che Brian potesse rispondere a quell'evidente provocazione, Meredith gli ordinò: «Stai zitto e vattene.»
Il suo tono era talmente tagliente che Derek si arrese: «Va bene, come vuoi, me ne vado.»
Brian annuì.
«Ottima idea.»
Derek fece per voltarsi, ma Meredith lo trattene.
«Chiedi scusa a Brian.»
«Neanche morto.»
Meredith gli scoccò un'occhiata di fuoco.
«Chiedi. Scusa. A. Brian.»
Derek sbuffò.
«Basta, Mer, non insistere.»
«Basta un cazzo!» sbottò Meredith. «Io e Brian stiamo insieme, che ti piaccia o no, e pretendo rispetto nei suoi confronti. E adesso vattene, prima di farmi incazzare sul serio.»
Brian non si aspettava che Derek fosse di nuovo arrendevole come poco prima, ma il collega di Meredith se ne andò senza aggiungere altro.
Rimasti da soli, entrarono nel bar. Brian avrebbe voluto porle tante domande su quanto appena accaduto, ma non ne ebbe il tempo. La porta si aprì.
Meredith gli indicò una donna dai capelli biondo miele.
«Quella è Claire?»
«Sì, è lei.»
Andò a raggiungerli, salutando Brian e rivolgendosi a Meredith in tono cordiale. Si sedette accanto a loro e osservò: «Dominick è un po' in ritardo, ma spero arrivi presto.»
Dominick.
Quel nome fece sussultare Brian.
Sapeva che era il nome del fratello di Meredith, ma ovviamente sperava si trattasse di un semplice caso di omoninia.
Poco dopo, rimase doppiamente spiazzato. L'uomo che si presentò nel bar diede segno di non conoscerla e, anzi, si presentò, soltanto con il nome.
«Io sono Dominick.»
«Piacere di conoscerti, Meredith.»
«Il piacere è tutto mio.» Dominick accennò un sorriso. «Mi sembra si averti già vista da qualche parte.»
Brian fissò Meredith. Era palesemente a disagio. Non ci volle molto per comprendere che il fidanzato di Claire fosse davvero suo fratello, ma capì anche di dovere fingere.
«Io sono un amico d’infanzia di Claire. Frequentavamo la stessa scuola, in passato, e i suoi risultati erano decisamente migliori dei miei.»
Dominick annuì.
«Posso immaginarlo. Comunque è un piacere conoscere anche te.»
«Anche per me è un piacere.»
Quella sera Meredith parlò meno del solito. Non che Brian l'avesse mai sentita parlare più di tanto, viste le poche occasioni in cui avevano avuto modo di interagire con altre persone, ma gli sembrava che, all'improvviso, fosse diventata molto più taciturna.
Fortunatamente ci pensava Claire a riempire il silenzio: era sempre stata molto espansiva e chiacchierona, ma per fortuna non aveva l'abitudine di fare domande imbarazzanti alle persone con cui aveva poca confidenza o con cui non ne aveva affatto.
Per quanto riguardava Dominick, lanciava strane occhiate a Meredith, convincendo Brian sempre di più del proprio pensiero.
A un tratto lo vide alzarsi in piedi.
«Scusate, arrivo subito.»
Claire lo guardò con gli occhi spalancati.
«Dove vai?»
«Non sono cazzi tuoi.»
Dominick le voltò le spalle e si allontanò.
Meredith intervenne, rivolgendosi a Claire: «Perché gli permetti di parlarti con quel tono? Non pensavo che ti facessi trattare come uno zerbino. Tu non sei quel genere di donna!»
Claire abbassò lo sguardo, prendendo a fissare con una certa insistenza il tavolo intorno al quale si erano seduti.
«Lascia perdere.»
«Non è normale» insisté Meredith. «Io, se il mio ragazzo si comportasse così, mi incazzerei parecchio.»
«Magari» osservò Brian, «Se tu lo conoscessi meglio Dominick, potresti fare un'idea migliore di lui. Oppure peggiore, perché no?»
Si pentì immediatamente di quelle parole, dato che Claire abbandonò la contemplazione del tavolo, alla quale si era dedicata negli ultimi istanti, e lo guardò con aria interrogativa.
«C'è qualcosa che dovrei sapere?»
«No, perché?»
«Ho avuto l’impressione» ammise Claire, «Che tu volessi dirmi qualcosa.»
Brian scosse la testa.
«Niente affatto.»
Anche Meredith si aggiunse al coro.
«Ne sei sicuro?»
Aveva già mentito una volta, poteva farlo di nuovo senza che né Meredith né Claire se ne accorgessero.
«Ovviamente sì.» Cercò di cambiare discorso e gliene venne in mente uno. «Harley mi ha detto di averti vista tempo fa in ospedale.»
«Già.»
«Resti tra noi, ma è rimasto impressionato da te.»
Claire accennò un sorriso.
«Mi ha detto che sto bene con i capelli biondo miele e che è il suo colore di capelli preferito. Mi ha stupito, perché una volta diceva sempre che gli piacevano soprattutto le ragazze con i capelli scuri.»
Brian rievocò un ricordo vago.
«Ricordo che gli piaceva un sacco una ragazza bionda, che doveva avere qualche anno più di noi.»
«AJ.»
«Come dici?»
«AJ, me la ricordo anch'io. Si faceva chiamare così.»
«Questo non me lo ricordo» ammise Brian, avvertendo tuttavia un campanello di allarme. Aveva già sentito quell'acronimo, anche se non ricordava dove. «È passato tanto tempo.»
«Il suo vero nome mi pare fosse Allison» continuò Claire. «Fece una brutta fine, qualche tempo dopo.»
A quelle parole, Meredith scostò indietro la sedia.
«Scusate un attimo.» Si alzò in piedi, proprio come aveva fatto Dominick pochi minuti prima. «Vado fuori a prendere una boccata d'aria.»
«Vuoi che ti accompagni?» le propose Brian.
Meredith rispose, con fermezzs: «No, preferisco andare da sola.»
Non aggiunse altro e se ne andò. Rimasta sola con Brian, Claire gli domandò: «Quei due hanno qualcosa in comune, vero?.»
«Qualcosa in comune?» ripeté Brian. «Cosa intendi dire?»
«Quei due si conoscono» rispose Claire, «Non ho dubbi.»
Brian preferì non condividere le proprie impressioni e, piuttosto, volle sapere: «Da quanto tempo frequenti quel tipo?»
«Dalla fine di gennaio.»
«E, scusami se sono indiscreto, che cosa ci trovi in lui?»
Claire obiettò: «Perché lo vuoi sapere?»
Brian si sforzò di sembrarle indifferente, mentre rispondeva: «Per curiosità.»
«È un tipo magnetico» gli spiegò Claire. «Penso di essere stata come calamitata verso di lui fin dal primo momento in cui l'ho conosciuto.»
Era più o meno la stessa sensazione che Brian aveva provato nei confronti di Meredith, quindi la rassicurò: «In un certo senso posso capirti.»
Claire lo accusò; «Eppure non sembri soddisfatto dall'idea che io ci stia insieme.»
Brian si affrettò a negare.
«È solo una tua impressione.»
«Va bene» convenne Claire, poco convinta, «È una mia impressione. Tu non hai mai incontrato Dominick prima di stasera, vero?»
Brian sorrise, sforzandosi di sembrare sincero.
«Proprio così.» Si alzò in piedi. «Vado un attimo in bagno.»
La toilette aveva un ampio antibagno sul quale si affacciavano sia quella maschile sia quella femminile. Brian rimase spiazzato nel riconoscere la voce di Derek. Non se n'era forse andato? Doveva essere entrato dalla porta che dava sul retro, senza farsi vedere. Brian sbirciò dentro e lo intravide, insieme a Dominick, davanti ai lavandini del bagno degli uomini.
Dalla posizione in cui si trovava, Brian poteva udire la sua voce: «Quello che stai facendo è assurdo. Coinvolgere anche una persona innocente in...»
Dominick lo interruppe: «Piano con le accuse: io non ho coinvolto Claire, è stata lei ad attaccarsi a me senza un motivo logico.»
Derek puntualizzò: «Ma tu non hai fatto niente per allontanarla.»
«Non ne avevo motivo. Sei tu che sei convinto che, qualunque cosa io faccia, abbia più importanza di quanta ne ha veramente.»
«Qualunque sia la ragione, qualunque cosa tu abbia in mente, dovresti lasciare in pace quella tizia... e anche tutte le altre! 
Si dice che tu abbia fatto delle avance molto spinte a Kay e che tu l'abbia spaventata. Lasciale perdere, quelle che non fanno parte del nostro mondo... e già che ci sei lascia vivere tua sorella. Devi smetterla di perseguitarla e, anzi, faresti bene a lasciare Acid Corn una volta per tutte. Meredith te ne sarebbe infinitamente grata.»
Quindi la supposizione di Brian sulla loro parentela era esatta.
«Non ho intenzione di andarmene proprio adesso che inizia il bello.» Dominick sembrava piuttosto divertito. «Quel Brian Connor...»
Derek lo ammonì: «Lascia in pace anche lui. Per sicurezza...»
Brian non poté udire altro.
«Cosa ci fai qui?» chiese una voce, alle sue spalle.
Era una voce che conosceva. Si girò e vide Harley.
«Cosa ci fai tu, piuttosto?»
«A quanto pare sono venuto nel posto sbagliato. Mi hai scoperto subito, nonostante cercassi di non farmi vedere da nessuno. Non sapevo che anche tu stessi per andare in bagno.»
Brian gli intimò di abbassare la voce e Harley lo guardò con aria interrogativa.
«Che succede?»
Brian gli indicò la toilette delle donne.
«Entra» sussurrò, «E te lo spiego.»
Harley accennò al bagno maschile.
«Forse sarebbe meglio andare da quella parte.»
Brian scosse la testa.
«Non in questo momento.»
S'infilò in gran fretta nel bagno delle donne, seguito dall'amico che, per fortuna, non sollevò ulteriori obiezioni.
«Stavo ascoltando un discorso tra due persone che non dovevano accorgersi di me» spiegò finalmente a Harley. «Uno di loro è un cameriere amico di Meredith, l'altro è il ragazzo della nostra Claire.»
«L'ho intravisto, prima.» Harley rise. «Ti confesso che sono venuto qui per questo.»
«Potevi risparmiartelo» replicò Brian. «Comunque la colpa è mia: sono stato io a dirti che ci avresti trovati qui.»
«E io sono venuto, rinunciando a un appuntamento galante» gli confidò Harley. «Spero che sia stata la scelta migliore.»
Brian spalancò gli occhi.
«Un appuntamento?»
Harley annuì.
«Una donna piuttosto carina che ho conosciuto ieri. È stata lei a venire a cercarmi, dopo avermi incrociato per strada.»
«Francamente mi sembra una storia molto strana.»
«Non dirlo a me.»
«Potevi incontrare lei, piuttosto che continuare a correre dietro a Claire» ammise Brian. «Non mi sembra molto felice con il suo attuale ragazzo, ma non credo che tu abbia speranze.»
«Tu ci hai parlato, con quel tipo» insisté Harley. «Com'è?»
Brian rispose, senza mezzi termini: «È uno stronzo.»
«Wow. Se te ne sei reso conto dopo nemmeno mezz'ora...»
Brian scosse la testa.
«Non è servita un'ora, mi è bastato vederlo: Dominick è il figlio di puttana che mi ha aggredito nel parcheggio.»
Harley azzardò: «Se è così, dovresti rivelare a Claire che...»
Brian, intuendo quale fosse il suggerimento di Harley, decise di interrompere quella proposta sul nascere.
«Nemmeno per sogno.»
«Ma Claire ha il diritto di sapere.»
«Se a Claire piace Dominick, io non posso farci niente» puntualizzò Brian. «Faccio già abbastanza fatica a gestire la mia vita sentimentale, figuriamoci se posso anche solo pensare di dare consigli agli altri.»
Harley sospirò.
«Quindi sei del parere che Claire possa trascorrere la propria vita insieme a un pazzo, se non sa che lo è.»
«Non è così semplice» replicò Brian. «Claire non apprezza chi si intromette. Non vedo perché dovrei farlo.»
«Perché merita un uomo migliore al suo fianco.»
«Lo so.»
«Non mi dire che stai pensando a Jonathan.»
«Se Claire stesse ancora insieme a Jonathan...»
Harley lo interruppe: «Sai bene che è inutile rivangare su storie vecchie che ormai sono concluse. Il futuro di Claire potrebbe essere con me.»
Brian sbuffò.
«Peccato che ancora non lo sappia.»
«Presto lo saprà.»
«Allora vai da lei» gli propose Brian, «E dimostrale che, anche se ha passato ventinove anni senza sentire il bisogno di averti intorno, il suo destino è stare con te.»
«Sarebbe una buona idea quella di trascorrere un po’ di tempo con voi, in effetti. Dici che qualcuno si offende, se mi siedo al vostro tavolo?»
Brian gli scoccò un'occhiataccia.
«Non ci pensare nemmeno.»
Harley replicò: «Cos’hai da perdere? Non mi sembra che la vostra uscita stia andando come te l’eri immaginata, se passi il tuo tempo in bagno a spiare il ragazzo di Claire.»
«Ho dovuto farlo.»
«Nessuno ti ha obbligato, è stata una tua scelta personale. Qualcosa deve avere fatto scattare una molla che ti ha portato qui.»
Brian annuì.
«Esatto. Sono venuto verso il bagno proprio perché non pensavo che ti avrei incontrato. Se l’avessi saputo, me ne sarei tenuto alla larga.»
Harley ammise:  «In effetti per colpa mia non hai sentito la parte più interessante della loro conversazione.»
«Che cosa ne sai che era proprio la più importante?»
«Intuito.»
«Se lo dici tu. Comunque è il caso che io torni al tavolo, prima che mi diano per disperso.»
«È una buona idea» convenne Harley. «Ci vediamo più tardi.»
«O magari» azzardò Brian, «Ci vediamo un’altra volta.»
Harley scosse la testa.
«Claire non si libererà di me tanto facilmente.»
«Ti prego, Harley, non...»
«Ti ho già detto che ho non intenzione di fare finta di nulla e di andarmene. Non tornerò sui miei passi, te lo assicuro.»
«Allora fai come ti pare» concluse Brian, voltandogli le spalle, «Ma poi non venirmi a dire che non ti avevo avvertito.»
Si sentì soddisfatto quando Harley non lo seguì. Passando davanti al bagno degli uomini, inoltre, notò che Derek e Dominick erano andati via.
Ritrovò quest'ultimo seduto al tavolo con Claire, mentre di Meredith non vi era traccia.
Claire lo accolse con un sorriso divertito.
«Ehi, Brian, credevo che fossi finito giù per il cesso!»
All’improvviso, anche Dominick si rivolse a lui: «Non mi hai ancora detto di cosa ti occupi. Cosa fai nella vita?»
Sicuro che lo sapesse benissimo, Brian preferì non dargli una risposta diretta: «Non sono il solo che non ha parlato di sé. Anche tu non ci hai parlato della professione che svolgi.»
Dominick stava per replicare, sotto lo sguardo attento di Claire, quando Harley comparve accanto al tavolo.
Brian gli lanciò un’occhiataccia, come a chiedergli: “Che cazzo vuoi, adesso?”
«Scusate il disturbo» disse Harley. «Vi ho visti qui e ho pensato di venire a salutarvi.»
Claire parve illuminarsi.
«Che piacere, Harley! A proposito, ti presento il mio ragazzo.»
Brian si sforzò di non ascoltare, mentre Claire descriveva Dominick Storm come una sorta di uomo perfetto.
Guardò verso la porta, attendendo invano che si aprisse.
“Che fine ha fatto Meredith?”
Infine la porta si aprì. Brian provò una profonda delusione nel vedere entrare un gruppo di perfetti sconosciuti. Di Meredith, purtroppo, sembrava non esserci traccia, proprio mentre Claire parlava di lei.
«Insieme a noi ci sarebbe anche la ragazza di Brian» stava comunicando a Harley, «Ma è uscita un attimo a fare quattro passi.»
«Probabilmente non tornerà» aggiunse Dominick. «Si sa come sono fatte le donne.»
«Vedo che stai generalizzando» osservò Harley, strappando a Brian un lieve sorriso. «È il tipico comportamento di chi con le donne non ci sa fare.»
Dominick parve spiazzato, ma durò soltanto un istante.
«Fino a prova contraria sei l’unico che è qui senza una donna.»
«Perché aspetto di trovare quella che fa per me.»
«Buona fortuna, allora.» Dominick si alzò in piedi. «Vado a vedere se Meredith è fuori. Magari vado ad avvertirla che ti sei aggiunto a noi. Sono curioso di vedere se anche tu la fai annoiare al punto tale da spingerla ad andarsene.»
Brian ripensò alle parole di Derek, che accusava Dominick di perseguitare Meredith. Quell’uomo era un pazzo. Non poteva permettergli di rimanere da solo con lei.
Si alzò a sua volta.
«Ci vado io, non disturbarti.»
Scattò verso la porta, facendo appena in tempo a notare gli occhi di Derek fissi su di lui. Gli sembrò che il suo sguardo fosse carico di approvazione.
Brian uscì e si guardò intorno, ma non vide Meredith. Soltanto dopo in un secondo momento riuscì finalmente a scorgerla, seduta su una panchina, dall’altro lato della strada.
Attraversò la via più in fretta che poté e la raggiunse.
«Ehi!»
Meredith, che sembrava non essersi accorta della sua presenza, alzò lo sguardo.
«Sei qui...»
Brian le si avvicinò.
«Ho visto che non tornavi.»
Meredith abbassò gli occhi.
«Mi dispiace. Temo di averti rovinato la giornata.»
Brian la rassicurò: «No. Questa giornata è rovinata, ma non certo per colpa tua.»
«Cosa vuoi dire?»
«Dominick, il ragazzo di Claire, non mi piace. Ho già...»
S’interruppe.
“Non ho alcun motivo per raccontarle dell’aggressione.”
Meredith guardò l’orologio.
«So che è presto, ma non mi sento molto bene. Preferirei andare a casa. Mi accompagneresti alla fermata della metropolitana?»
«Stai scherzando, spero.»
«No. Mi gira un po’ la testa e...»
«Non mi riferivo a questo» puntualizzò Brian. «Mi dispiace molto che tu non ti senta bene, ma, a maggior ragione, non mi permetterei mai di limitarmi a portarti alla fermata. Ti porto a casa io in macchina. Vado dentro a salutare Claire, poi andiamo.»
«No» lo pregò Meredith. «Se non hai lasciato niente dentro al bar, portami alla fermata della metro, poi torna indietro. Dì che sono andata via senza dire niente, mi inventerò qualcosa.»
«Con Dominick?»
«Con Dominick.»
«È tuo fratello, vero?»
«Complimenti per l'intuizione.»
«Perché hai fatto finta di non conoscerlo?»
Meredith sospirò.
«Quando sono con Dominick, devo fare quello che dice Dominick. Gli dirò che non stiamo più insieme. È meglio così.»
«Non capisco» replicò Brian. «Quando ci rivedremo?»
«Ti cerco io» gli assicurò Meredith. «Farò il possibile per rivederti presto.»
«E poi?»
«Poi un giorno andrà tutto come deve andare, o almeno così mi auguro.»

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Capitolo 21
*** Occhi rossi e occhi rosa ***


AJ tremava per il freddo, ma non per il terrore. Aveva fatto l’errore di fidarsi, ma adesso sapeva chi aveva davanti. Se ne parlava soltanto sottovoce, e non tutti lo facevano, ma il colore rosa fluorescente degli occhi non lasciava spazio ai dubbi.
«Te l’avevo detto di fare attenzione, ragazzina.» La donna dagli occhi rosa sorrideva, con aria compiaciuta. «Sei tu l’artefice del tuo destino. Vederti qui, totalmente inerme, è la cosa migliore che mi sia mai accaduta.»
AJ non rispose.
«Ti sei divertita, vero?» insisté quindi la donna. «Adesso sarò io a divertirmi... e naturalmente non sarò la sola.»
«No...» mormorò AJ, fingendosi spaventata.
Quelle creature non uccidevano, a meno che non si rivelasse necessario. AJ sapeva che la sua vita sarebbe continuata, ne aveva la certezza. Avere amato uno di loro l’avrebbe salvata.
«Già, non sarai la sola.»
Non era stata la voce della donna.
AJ avvertì un brivido più intenso. Anche il metallo delle catene che le bloccavano i polsi adesso sembrava gelido.
Colui che aveva amato era accanto alla donna, in quello scantinato.
«Sei solo una ragazzina» sibilò. «Ti sei messa tra di noi e adesso pagherai per quello che hai fatto.»
«Sii gentile con lei, mi raccomando» lo pregò la donna, ironica. «La piccola Allison ti ama, così mi ha ripetuto mentre la trascinavo quaggiù.»
«I suoi sentimenti non m’interessano» ribatté l'uomo. «Non posso certo commuovermi per ogni liceale che non riesce a resistere al mio fascino.»
La donna dagli occhi rosa fosforescenti gli si avvicinò.
«Che ne dici, accendiamo la luce?»
«Perché dovremmo?» si sorprese l’uomo.
«Ma come? Non pensi che sia il caso di mostrare a questa scolaretta che io e te siamo una cosa sola?»
«Non è necessario.»
Aveva ragione, non era necessario.
AJ si sentiva ingannata. La loro relazione, che le era apparsa impossibile in apparenza, ma stupenda alla luce di ciò che li legava, era stata soltanto finzione. Si era detta che l’avrebbe salvata, che avrebbe impedito alla sua simile di farle del male... ma non era così, non poteva essere così.
Sentì la risata della donna, che subito dopo si rivolse a lei.
«Per caso inizi finalmente ad avere paura, ragazzina?»
AJ non proferì parola. Sapeva che, se avesse risposto, tentando di mentire, si sarebbe tradita da sola. Si limitò a sperare che, nel cumulo di falsità che era stata costretta a sentire nelle ultime settimane, si nascondesse almeno una verità, quella più importante.
Ne aveva sentito i segnali, sapeva di fare parte del loro mondo. Non doveva avere paura, si disse. Erano quei due, piuttosto, che dovevano temerla.
«Hai ragione» disse la donna, «Ma forse dovremmo spiegarle chi siamo. Non credo che le scolarette conoscano la nostra natura.»
AJ si fece coraggio e replicò: «So benissimo chi siete. Siete angeli della morte, anche se non vi piace questo nome.»
«Risposta sbagliata» ribatté la donna, «Ma del resto non vi è ragione per cui una sprovveduta come te debba sapere. È pur vero che le Anime Nere vengono associate, nell'immaginario collettivo, al concetto di angeli della morte, ma noi non siamo Anime Nere. Tu non potresti vedere le Anime Nere, che non fanno parte del mondo umano, ma lo sorvegliano con attenzione, per portarsi via coloro che giungono alla fine dei loro giorni.»
Gli occhi rossi dell'uomo scintillarono, mentre puntualizzava: «La piccola Ally non ha bisogno di queste spiegazioni. Non se ne farà più niente, quando sarà morta.» Le si avvicinò, allungando una mano per sfiorarle i capelli. «Mi dispiace, piccola, ma hai visto troppe cose. Se ti fossi limitata ad aprire le gambe e a preoccuparti dei soli aspetti carnali, non mi avresti costretta ad arrivare a questo punto. È destino che i miei nemici non vivano a lungo.»
AJ avvertì dentro di sé una sensazione forte, che faticava a descrivere. Era come una scossa elettrica, forse, anche se non era mai stata folgorata, per potere fare quel confronto.
«Sei un'Anima Grigia» dichiarò. «Hai salvato una persona dalla morte rendendola un'Anima Bianca e sei entrato a far parte del mondo umano. La tua Anima Bianca sarà totalmente soggetta ai tuoi ordini e potrà pagare con la vita ogni tentativo di ribellione. Ci sono Anime Grigie che uccidono le loro Anime Bianche soltanto per diletto, possono farlo, restando ciò che sono a condizione di avere una nuova Anima Bianca prima che scocchi la mezzanotte. Per averla, feriscono a morte la loro vittima e poi la salvano rendendola a sua volta un'Anima Bianca. Come vedi, so molte più cose di quanto tu possa immaginare e non sono la sola. Qualcuno verrà a cercarmi. I vostri sporchi segreti non dureranno più a lungo.»
L'uomo dagli occhi rossi e la donna dagli occhi rosa - la sua Anima Bianca? - rimasero interdetti. Dovevano chiedersi perché fosse così sicura di sé, senza avere una risposta.
AJ sentiva di averla. Distinse chiaramente la lama, pronta a trafiggerla. Fu l'ennesimo segnale, iniziava già a vedere nel buio. Arrivò un'altra scossa, molto più forte della precedente.
Nel momento stesso in cui spiegava le ali, la porta dello scantinato si aprì. AJ spalancò gli occhi e lanciò un grido di stupore. Non si aspettava che Eddie facesse irruzione in quella cantina. Non se lo aspettava nemmeno l'uomo con gli occhi rossi, che però teneva in mano il suo coltello.
La lama trafisse il petto del nuovo venuto, una ferita da morte istantanea. AJ comprese immediatamente ciò che doveva fare. A seguire, in quello scantinato, due Anime Grigie e due Anime Bianche definivano il loro accordo per una convivenza pacifica tra le Anime di Acid Corn. 

*** 

Dopo avere salutato Brian, Meredith aveva preso la metropolitana, ma non per recarsi a casa. Aveva approfittato del fatto che Dominick non potesse controllarla, in quel momento, per dirigersi verso la zona della città nella quale risiedeva Alicia. La ragazza bionda che lavorava in un negozio di biancheria intima, le aveva rivelato una vicina di casa intenta a spazzare il cortile, non si faceva vedere ormai da alcuni giorni.
«Non sa dirmi dove posso trovarla?» l’aveva implorata Meredith.
L’altra aveva continuato, imperterrita, a trafficare con la scopa, senza degnarla di una risposta.
«E Amberlee Ferguson?» aveva chiesto Meredith, a quel punto. «Dov’è adesso?»
Amberlee, era venuta a sapere, era impegnata a riordinare il garage, quindi le sarebbe bastato recarsi sul retro della palazzina per vederla, sempre ammesso che non avesse già chiuso il portone.
Il portone era chiuso e Meredith aveva atteso a lungo, riflettendo sul da farsi. Si stava ancora interrogando su come fosse opportuno comportarsi, quando questo si aprì. Allora si avvicinò.
Amberlee non si accorse della sua presenza, almeno per qualche istante, poi alzò gli occhi e domandò, secca: «Cosa vuoi?»
«Cercavo Alicia.»
«E la cerchi qui? In garage?»
«In realtà no.»
«Prova a suonare il campanello. Magari è tornata.»
Meredith scosse la testa.
«Prima non c’era.»
«Oh.»
Amberlee sembrava di poche parole, quel pomeriggio.
Meredith le domandò: «Hai un’idea, anche solo vaga, di che fine possa avere fatto? La vostra vicina non lo sa.»
«Immagino che tu stia parlando del gazzettino ufficiale di Acid Corn» ribatté Amberlee, sorprendendola per l’approfondita risposta. «Quella donna sta tutto il giorno in cortile a spazzare o a spostare vasi di fiori, ma è solo una scusa per stare in mezzo alla gente e intromettersi negli affari di tutti.»
«Peccato che non sappia niente di Alicia, allora.»
Amberlee puntualizzò: «Nessuno sa dove sia Alicia.»
Meredith azzardò: «E non la state cercando?»
Amberlee abbassò lo sguardo.
«Non hai mai pensato che non voglia essere trovata?»
«Pensavo che foste amiche» obiettò Meredith. «È capitato altre volte che sia sparita nel nulla senza avvertire nemmeno te?»
«Non è mai successo, anche se la conosco solo da pochi mesi» ammise Amberlee, «Comunque non siamo - o forse dovrei dire eravamo - solo amiche.»
Meredith spalancò gli occhi.
«Pochi mesi e ti ha già rivelato la verità su se stessa?»
«Come lo sai?»
«So tante cose. Sono la sorella di Dominick Storm che, molto stranamente, non sembra preoccuparsi del fatto che Alicia non faccia mistero di essere un'Anima Bianca.»
Amberlee annuì.
«Lo so, infatti io stessa le ho sempre raccomandato di sforzarsi di essere un po’ più attenta, sulle questioni delicate.»
«Questo ti fa onore.»
«Beh, il mio sogno d’infanzia è sempre stato quello di aiutare una creatura soprannaturale a nascondersi!»
Meredith spalancò gli occhi.
«Dici sul serio?»
Amber replicò, sprezzante: «Certo che no! Avrei preferito mille volte avere una ragazza normale.»
«Alicia si comporta come tale o come Anima Bianca? Ti fa pesare le vostre differenze?»
«Questo no, ma mi ha catapultata in un mondo strano. Quando cammino per strada non posso più fare a meno di chiedermi se gli sconosciuti che passano abbiano qualcosa da nascondere anche loro: se tra loro ci sia qualche Anima Grigia, qualche Anima Bianca...»
«Ti capisco perfettamente» le assicurò Meredith. «Cerca di capire, però, che per Alicia deve essere molto peggio.»
«Non direi» obiettò Amberlee, secca, «Dato che viene sempre a casa - veniva sempre a casa, prima di sparire nel nulla - portando con sé dei regali fatti da qualcuno della sua specie che cerca di sedurla: abiti firmati, gioielli... tutto quello che io ho sempre desiderato e non mi sono mai potuta permettere.»
Quel dettaglio era molto interessante.
«Non tutti quelli della sua specie» confidò ad Amberlee, «Si possono permettere di regalare a una ragazza oggetti di lusso.»
«Meglio così, allora» ribatté l’altra. «Se non altro mi sentirò un po’ meno a disagio, nei prossimi giorni. Mi limiterò a pensare che Alicia sia stata fortunata e che sia riuscita a sedurre un uomo ricco, nonostante le sue chiacchiere a proposito del fatto che gli uomini non le interessano.»
«A proposito» volle sapere Meredith, «Chi è?»
«Chi?»
«Quello che le fa i regali.»
«Non lo so.»
Meredith sbuffò.
«Non me la bevo.»
Amberlee la guardò con aria innocente.
«Perché non dovresti?»
«Sei la sua confidente» le ricordò Meredith. «Sei una delle poche persone a cui racconta veramente tutto.»
Amberlee la corresse: «Mi racconta quello che le fa comodo.»
«E io sono convinta» insisté Meredith, «Che le faccia comodo anche raccontarti di questo misterioso individuo.»
Amberlee sospirò.
«Come vuoi. È un certo Eddie Woods, ma non so altro.»
Eddie. Alicia. Eddie e Alicia. Era una strana combinazione, tanto che Meredith non riuscì a trattenersi: «Molto interessante.»
«Perché?» replicò l’altra. «Lo conosci?»
«Può darsi.»
Amberlee rise.
«Adesso sei tu quella che si lascia avvolgere da un alone di mistero.»
«Io e te non siamo amiche, ci siamo viste due volte in totale» le ricordò Meredith. «Non ci sono motivi per cui dovrei raccontare a una perfetta sconosciuta perché ho a che fare con lui.»
«Se ti può consolare, nemmeno Alicia me lo racconta.»
«Sono due Anime Bianche. Hanno qualcosa di importante in comune, non credi?»
Amberlee scosse la testa.
«Una volta, Alicia mi ha detto che hanno in comune qualcosa di ancora più importante.»
«Cosa?»
«Non ne ho idea.»
Amberlee sembrava davvero non conoscere alcun retroscena, ma Meredith decise di insistere: «Davvero Alicia non ti ha mai spiegato, nemmeno a grandi linee, che tipo di legame ci sia tra Eddie e Alicia?»
Amberlee rimase ferma sulla propria posizione.
«Non mi ha mai voluto dire nulla.»
«E non te ne sei sorpresa?»
«Sinceramente no.»
Non era una risposta così inattesa.
«Tu non ci capisci nulla di queste cose, no?» dedusse Meredith. «In realtà avresti preferito anche non sapere mai la verità su Alicia?»
«Vedo che riesci a comprendere il mio punto di vista.»
«Meglio di quanto tu creda.»
«Stare dalla parte dove state voi non deve essere semplice» osservò Amberlee. «Prima o poi dovete iniziare a sentirvi in pericolo.»
«Spesso» confermò Meredith. «E poi, non appena ci leghiamo a qualcuno, dobbiamo andarcene.»
«Non deve essere bello.»
«Per niente.»
«Alicia, però, non ha mai avuto eccessivi problemi ad accettare la sua situazione» osservò Amberlee, «Quasi come se essere un'Anima Bianca fosse appagante.»
Meredith s'irrigidì.
«Non lo credo possibile.»
«Credimi, è così.»
«Allora deve essere cambiata molto, rispetto a un tempo.»
Alicia si era alleata con Dominick, contro di Meredith, perché le aveva promesso di lasciarla libera. Era stata Alicia a suggerirgli la terribile proposta - Meredith sotto il suo completo controllo per tanti lunghi anni, in cambio della libertà di Alicia e della promessa di non uccidere - e l'aveva fatto senza rimorsi.
«Può darsi» concesse Amberlee. «In fondo io la conosco da poco.»
Meredith rifletté.
«Non credo che il tempo possa rimarginare le ferite interiori di un'Anima Bianca.»
Amberlee aggrottò la fronte.
«E quindi?»
«Quindi Alicia è cambiata davvero» ammise Meredith, «E deve esserci un motivo se, diversamente da chi è come lei, non vive con costante rimpianto.»
«Vuoi dire che tutti vorrebbero tornare ad essere quelli che erano?»
Meredith annuì.
«Le Anime Grigie nascono per diventare Anime Grigie. Le Anime Bianche vengono costrette a diventarlo, indipendentemente dalla loro volontà.»
«Tutte?»
«Un buon novanta per cento» rispose Meredith. «Deve esserci anche qualche pazzo che, in cambio delle belle prospettive, accetta di sottostare alle volontà di un'Anima Grigia, un'Anima Grigia delle peggiori, tra l'altro.»
Amberlee azzardò: «Quelle che uccidono?»
«Sì.»
«Che poi, in realtà, non uccidono...»
«Sì che lo fanno» replicò Meredith. «Dovranno pur liberarsi dell'Anima Bianca precedente!»
«Non c'è altro modo in cui potrebbero perderla?»
Meredith scosse la testa.
«Nel novanta per cento dei casi, assolutamente no.»
«E nel restante dieci per cento?»
«Nei casi rimanenti» la informò Meredith, «c'è sempre e comunque una morte violenta.»
«Però potrebbe averla causata qualcun altro» puntualizzò Amberlee. «Non ho mai sentito Alicia parlare male della sua Anima Grigia.»
«Ne sei sicura?»
«Sì.»
«Nemmeno qualche accenno?»
«Cerca di non parlarne quasi mai, ma è raro che dica qualcosa di negativo su di lui.»
«Davvero interessante. Mi stai aprendo la mente, Amberlee.»
L'altra sorrise, senza dire nulla. Meredith ebbe l'impressione che non riuscisse a capire.
«Ti ringrazio tanto, davvero» le disse. «Forse un giorno potrai comprendere quanto mi sei stata d'aiuto.»
Amberlee abbassò lo sguardo.
«Non credo.»
Si sentiva esclusa, era evidente. Sentiva di non avere mai conosciuto davvero Alicia. Meredith realizzò che era davvero così. Guardò l'orologio e finse di avere da fare, quindi si congedò: «Credo che, a questo punto, sia meglio se me ne vado.»
Amberlee le domandò: «Devo riferire qualcosa ad Alicia, se torna?»
«No.» Meredith si apprestò a uscire, ma si fermò un istante. «Anzi, sì, se non ti dispiace. Salutala da parte mia e dille che ogni tanto ripenso ai bei giorni che abbiamo trascorso insieme, molto tempo fa.»
Amberlee appariva spiazzata, ma Meredith non se ne curò. Aveva ben altro di cui occuparsi, figurarsi se aveva tempo da dedicare alle turbe interiori di chi aveva commesso l'errore di innamorarsi di Alicia. Quest'ultima, da parte sua, non doveva avere mai ricambiato i suoi sentimenti. Era sempre stata pronta a tutto e non vi erano dubbi sul fatto che avesse scelto Amberlee per una ragione ben precisa. Meredith faticava a intuire perché le avesse confidato la propria vera natura, ma al contempo iniziava proprio a dubitare della sua natura stessa. Alicia era sempre ststa considerata chi aveva detto di essere, ma nessuno poteva provare altre verità.
Si diresse alla fermata della metropolitana pensando e ripensando a ciò che Amberlee le aveva riferito: qualcuno le faceva regali di un certo livello e non doveva essere Eddie. Meredith non ce lo vedeva proprio a fare regali a una donna, specie a una che lo prendeva a malapena in considerazione. Era solo la versione dei fatti di Alicia, dopotutto, ancora una volta non vi erano prove che quanto da lei affermato corrispondesse a verità. Inoltre non era detto che non potesse esserci un semplice umano dietro a quei regali costosi.
Meredith rifletté sul da farsi mentre era seduta in metropolitana e quando giunse a casa scelse l'unica alternativa che aveva.
Dominick era già rientrato e, quando aprì la porta, lo trovò ad attenderla con un'espressione torva.
«Dov'eri, puttanella da quattro soldi? Speravo che permetterti di incontrare quel sacco di merda di Connor ti avrebbe spinta, almeno per oggi, a non fare la ribelle a tutti i costi. Invece niente, fai quello che ti pare, senza alcun rispetto nei miei confronti. Dimmi dov'eri, voglio la verità!»
Meredith richiuse la porta. Non si curò delle accuse del fratello e replicò: «Sono io che voglio la verità. Parlami del rapimento di quella "piccola sprovveduta", come la chiamavi. La versione ufficiale è che tu ti sia sbarazzato della tua Anima Bianca precedente per sostituirla con lei. Però non è così e avete preso per il culo tutti per anni e anni. Sbaglio?»
«Non sei nella posizione di fare domande, Meredith. Smettila, altrimenti Brian Connor potrebbe fare una brutta fine» le intimò Dominick, «Il tutto senza mai venire a sapere chi sei veramente... perché è proprio un coglione, non ha la più pallida idea di chi tu sia veramente.»
«Forse non mi hai capita, sei tu che rischi di fare una brutta fine, ed è giusto che tu lo sappia» puntualizzò Meredith. «Ho parlato con una persona che ha conosciuto bene Alicia e mi ha detto alcune cose molto interessanti, per esempio che qualcuno la sta riempiendo di regali e forse anche di soldi. Se Alicia fosse la tua Anima Bianca, però, non avrebbe senso cercare di corromperla, perché non fare niente. Tu sai chi è Alicia davvero, e immagino tu sappia cosa potrebbe fare per Stefan Craven. È lui che le fa regali.»
Dominick scattò verso di lei e la afferrò per il collo, sbattendola violentemente contro la porta.
«Stai fuori da questa storia!» sibilò. «Bada ai cazzi tuoi, è stato un errore permetterti di uscire, oggi.» Si guardò intorno, afferrò un vaso di porcellana e glielo lanciò addosso. «Non osare metterti in mezzo.»
Meredith si ritrovò sommersa di cocci, con diverse ferite sanguinanti che bruciavano. Si sarebbero rimarginate in fretta, ma le ferite interiori sarebbero rimaste.
Avrebbe voluto ribattere, ma non ne ebbe la forza.
«Da stasera tornerai a rimanertene al tuo posto, chiusa in camera mentre sono al lavoro» la informò. «Devi stare lontana da Alicia, lontana da tutti e fare quello che ti dico. Poi devi ringraziare la tua natura, altrimenti ti avrei già tagliato la gola da molto tempo, se servisse a qualcosa. Sarei già ricorso alle fiamme, se non fosse più bello vederti soffrire. Però prima o poi farai quella fine, dopo che avrò ammazzato tutti quelli che ti stanno intorno. È tutto quello che ti meriti.» La afferrò per un braccio e, strattonandola, le ordinò: «Vieni con me. Sei feccia e non meriti di vivere, ma voglio farti capire che, comunque sia, ci tengo a te. Io to ho sempre amata, anche quando eri una stupida ragazzina spaventata da quello che c'era tra noi, quando mi dicevi che era sbagliato. Sei tu che sei sbagliata, ho sempre avuto ragione io.»
Meredith si maledisse per non essere in grado di opporgli resistenza.
Dominick le abbassò le spalline del vestito e le mise le mani sui fianchi, mentre l’abito scivolava a terra. Come sempre, Meredith non ebbe il coraggio di fermarlo. Poi Dominick la sollevò, entrò in cucina e la fece sedere sul tavolo.
«Comportati bene» le ordinò, alzandole la sottoveste fino a scoprirle le cosce. «Se lo farai, non accadrà nulla di male alle persone a cui tieni.»
Sapeva che cosa volesse dire Dominick.
Si comportò bene. Simulò gemiti di piacere, durante il rapporto, e Dominick ne fu compiaciuto, incrementando la sua sensazione di disgusto e di disprezzo per se stessa.
Più tardi, la rinchiuse nella sua stanza, senza telefono e senza alcun mezzo per mettersi in contatto con qualcuno. Sapeva di non potere vincere, in uno scontro diretto contro Dominick. Si affacciò alla finestra, guardando le luci artificiali della città, e si convinse: doveva combattere in maniera subdola, senza dare nell'occhio. Quella sera, per la prima volta dopo tanti anni, sarebbe andata contro i propri principi. Aveva solo un modo per eludere la sorveglianza di Dominick e doveva farlo, era la sua ultima carta da giocare.

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Capitolo 22
*** Motivi di lavoro ***


Per quanto Brian faticasse a comprendere cosa stesse accadendo intorno a lui, non rinunciò alla proposta di Harley di vedersi quella sera, adducendo alla necessità di mettere al corrente sia lui sia un'altra persona delle vere ragioni del proprio ritorno ad Acid Corn.
Il locale dove avrebbero trascorso la serata, scelto dal suo amico d'infanzia era una malriuscita imitazione del Rifugio del Drago - a parte le minori dimensioni, la musica a volume più contenuto e la mancanza di pareti grigie su cui svettavano immagini di dragoni rossi come quelle del pianoterra o di muri rossi con dragoni argentati come nella sala in cui lavorava Kayla Joyce - e si trovava all'estrema periferia della città.
Quando Brian entrò, trovò la prima vera sorpresa ad attenderlo: Harley era seduto a un tavolo in compagnia di Jonathan.
Si affrettò a raggiungerli e, senza dilungarsi troppo nei saluti, domandò: «A che cosa devo l'onore di questo invito?»
Harley sorrise.
«C'è una novità che voglio condividere con voi.» Indicò Jonathan. «White la sapeva già. Forse ti chiederai perché, ma è giusto che tu sia messo al corrente: noi due eravamo in contatto, prima del mio ritorno.»
Brian si sedette di fronte a Harley, alla sinistra di Jonathan, guardando prima uno e poi l’altro con aria interrogativa.
«Di cosa si tratta? In che senso eravate in contatto?»
«Questioni di lavoro, che hanno anche contribuito al mio ritorno» rispose Harley. «Mi hanno trasferito ad Acid Corn. Non dovrò più tornare nella triste cittadina in cui ho trascorso gli ultimi anni.»
«A proposito di lavoro» osservò Brian, «Non mi hai mai spiegato cosa fai esattamente.»
Harley confermò: «Non te l'ho spiegato, è vero, ma c'è un motivo. Ho preferito non coinvolgerti, perché tu sei sempre rimasto un po' distaccato da certe cose.»
Brian aggrottò le sopracciglia.
«Cosa vuoi dire?»
«Tu hai a che fare con truffatori di basso calibro» gli spiegò Harley, «E non hai mai avuto davvero a che fare con gente davvero pericolosa.»
«Perché, tu sì? Per quanto ne sapevo eri finito in uno studio commerciale e...»
«Sì, ci sono stato per un paio di mesi» ammise Harley. «Mia madre aveva tanto insistito perché mi trovassi un mestiere poco rischioso. Alla fine non ne potevo più e ho seguito la mia vera vocazione. Dopo avere superato brillantemente un concorso del EIFP, ho trascorso gli anni a dare la caccia a un certo tipo di soggetti.»
«EIFP?» ripeté Brian. «Non capisco.»
«Ente per le Indagini sui Fenomeni Paranormali» chiarì Jonathan. «Come vedi, Harley occupa una posizione piuttosto alta, nella scala sociale.»
Brian ridacchiò.
«Non sapevo che i cacciatori di mostri che non esistono fossero importanti.»
«I "mostri" esistono» replicò Harley, «E talvolta sono anche piuttosto graziosi.»
«Ah, sì?»
«Mai quanto le ragazze umane» ammise Harley. «A proposito, ne deve arrivare una.»
Jonathan si voltò di scatto verso di lui.
«Chi hai chiamato?»
«Aspetta e vedrai.»
«Avevi detto che avresti invitato solo noi» gli ricordò Jonathan. «A cosa è dovuto questo cambio di programma?»
«Al fatto che l'altra invitata è un'amica» rispose Harley, con naturalezza. «Scoprirai presto di chi si tratta.»
Jonathan annuì.
«Va bene, come vuoi.»
Brian gli domandò: «Anche la tua amica sa chi sei davvero?»
«In un certo senso.»
«Quindi» dedusse Jonathan, «Abbiamo un'altra che ha a che fare con i mostri di cui parlavi poco fa.»
Harley rise.
«Molto più di noi.»
«Possiamo ordinare da bere, intanto» volle sapere Jonathan, «O dobbiamo aspettarla?»
«Ovviamente è meglio aspettarla» rispose Harley, prontamente. «Si sa che le donne amano arrivare in ritardo.»
Brian obiettò: «Non sono tutte così.»
«Parlavo in generale» chiarì Harley.
«Non dovresti. Nessuna donna è identica alle altre.»
«Chi meglio di te può dirlo?»
Brian non capì cosa volesse dire.
Jonathan intervenne: «Lascialo perdere, era soltanto una battuta, la sua. Purtroppo ha sempre avuto l’abitudine di fare battute che non fanno ridere.»
Seppure convinto che ci fosse qualcosa di più e che Jonathan ne fosse al corrente, Brian lasciò perdere. Domandò a Harley: «Cosa fate esattamente, voi dell’EIFP?»
«Te l’ho detto» ribatté il suo amico. «Io sono in una sezione particolare. Noi andiamo a caccia di mostri.»
«E quando li trovate?»
«Cerchiamo di fermarli.»
Brian obiettò: «Le tue spiegazioni sono ridicole. So che hai il vincolo della segretezza, ma faresti meglio a dirci che non puoi parlarne.»
«E chi lo dice che ho il vincolo della segretezza?» replicò Harley. «Tu non conosci l’EIFP e hai delle idee tutte tue.»
«Il fatto che non ne avessi mai sentito parlare finora» gli ricordò Brian, «Potrebbe essere un indicatore sufficiente a farmelo pensare.»
«Non funziona così» lo informò Harley. «In realtà noi dell’EIFP non abbiamo grandi restrizioni. Il problema è che, se parlassimo del nostro lavoro, molta gente proverebbe a intralciarci.»
«Hai parlato di creature pericolose che volete fermare. Perché qualcuno dovrebbe ostacolarvi, anziché considerarvi, ammesso che quelle creature esistano, dei benefattori della società?»
«Harley ce l’ha già spiegato» intervenne Jonathan. «Quelli che lui chiama “mostri”, che in realtà non possono essere considerati veri e propri mostri, stando all’accezione più diffusa del termine, possono avere un aspetto piacente, apparirci simpatici o fare colpo su noi comuni mortali. Se tu fossi innamorato di una donna stupenda, che in realtà appartiene a un’altra specie, permetteresti all’EIFP di farle del male?»
«Io sono già innamorato di una donna stupenda» si affrettò a replicare Brian, «Che è tutt’altro che un mostro.»
«Ma se lo fosse?» azzardò Harley.
Brian chiarì: «Ovviamente starei dalla parte sua, piuttosto che da quella di un ente sconosciuto che si preoccupa del presunto bene comune ammazzando quelli come lei.»
«Non essere esagerato» lo pregò Harley. «Non ho mai ucciso nessuno.»
Brian gli lanciò un’occhiata gelida.
«Vorrei sperarlo.»
«Prima o poi, però, forse accadrà. Sto dando la caccia a un’Anima Grigia.»
Brian sospirò.
«Non dirmi che credi alle leggende.»
Harley replicò, con fermezza: «Non sono leggende. Ne ho vista una mentre bruciava.»
«Quindi» dedusse Brian, «Le Anime Grigie vengono messe al rogo. In che epoca siamo? Mi sembra che la caccia alle streghe sia già finita da un pezzo e che la Santa Inquisizione sia già passata di moda da parecchio tempo. Per caso è stata rifondata con il nome di Ente per le Indagini sui Fenomeni Paranormali?»
«No.»
«Strano. Da quello che dici...»
Harley lo interruppe: «Noi non uccidiamo nessuno. Spesso sono le Anime Grigie che, per impedirci la loro cattura, optano per la fine. Preferiscono bruciare per mano loro piuttosto che per mano nostra. E poi, per loro, bruciare significa ricominciare.»
«Non sono sicuro di capire» obiettò Brian. «Quali sono le caratteristiche di queste Anime Grigie? Che cosa fanno?»
Prima che Harley potesse replicare, Brian udì una voce alle sue spalle.
«Buonasera a tutti.»
Jonathan si girò di scatto verso la persona che aveva parlato.
Anche Brian, più lentamente, fece lo stesso.
Jonathan scattò in piedi.
«Claire!»
Quest'ultima non parve altrettanto entusiasta di ritrovarsi faccia a faccia con lui.
«Cosa ci fai qui?» gli chiese. «Non mi aspettavo di trovarti.»
«L’ho invitato io» chiarì Harley, «Così come ho invitato te. Mi sembrava una buona idea quella di vederci tutti e quattro insieme, per parlare di una questione piuttosto rilevante. Dopotutto voi due, una volta...»
«Una volta» lo interruppe Claire, «Le cose erano molto diverse da adesso.»
«Questo non mi spaventa.»
«Forse spaventa Claire» azzardò Brian, girandosi verso Harley. «Non ci avevi detto che avresti invitato proprio lei.»
«Ho preferito evitarlo» ammise Harley. «Da quando si è trovata un altro ragazzo potrebbe non essere più benvista da queste parti.»
Jonathan si girò lentamente.
«Queste sono congetture tutte tue.»
«Io osservo la realtà e mi annoto nella mente i fatti» replicò Harley. «Se tu non riesci ad accettare la realtà e...»
Claire lo interruppe: «Non ci sono realtà difficili da accettare. Io e Jonathan ci siamo lasciati di comune accordo e tra di noi non è rimasto niente in sospeso.» Andò a sedersi sull’unica sedia disponibile, alla destra di Harley. «Il tuo discorso, di conseguenza, non ha molto senso. Sono sicuro che, molto presto, anche Jonathan troverà la donna che fa al caso suo.»
Jonathan tornò a sedersi, mentre anche Brian faceva lo stesso.
«Sei molto ottimista.»
Claire sorrise.
«Non perdere le speranze, Jonathan. Tutti, prima o poi, andiamo incontro al nostro destino.»
«Il tuo» intervenne Harley, «È per caso perdere tempo con un tizio arrogante e maleducato come quel Dominick?»
Brian guardò Jonathan con la coda dell’occhio. Sembrava compiaciuto delle parole che Harley aveva riservato al ragazzo di Claire che, da parte sua, tentò di difenderlo.
«Dominick è completamente diverso da come lo descrivi.»
Jonathan aggrottò le sopracciglia.
«Davvero? Allora perché mi ha fatto quell’impressione?»
«Forse perché ci hai parlato soltanto per pochi minuti» azzardò Claire. «In realtà è un uomo molto passionale, che sa farmi sentire viva.»
Jonathan abbassò lo sguardo.
«Io non ti facevo sentire viva?»
Claire avvampò.
«Non ho detto questo.»
«Allora» propose Jonathan, «Non ero abbastanza passionale?»
«Non...» Claire esitò. «Non...» Abbassò lo sguardo a sua volta. «Che senso ha parlarne? In fondo ci siamo lasciati di comune accordo, e lo sai anche tu!»
«L’unico modo che avevo per non farti andare via era trattenerti con la forza» replicò Jonathan, scattando in piedi. «Mi spieghi come puoi dire che ero d’accordo? Non...» S’interruppe. «Anzi, non spiegarmelo, perché non ho tempo da perdere.» Si rivolse a Harley: «Grazie per l’invito, ma credo che dovrai festeggiare da solo il tuo trasferimento ad Acid Corn.»
Uscì, mentre Harley iniziava a vaneggiare a proposito di questioni lavorative anche con Claire.
Brian trovò Jonathan seduto su una panchina fuori dal locale. Mentre si sedeva accanto a lui, Jonathan gli chiese: «Dove ho sbagliato?»
Brian obiettò: «Non hai sbagliato. Se non volevi restare, hai fatto bene ad andartene. L’unica cosa che non capisco, in realtà, è perché sei ancora qui.»
«Come se non volessi andarmene davvero?»
«Già.»
«Speravo che Claire ci ripensasse e venisse a chiedermi scusa per come si è comportata» ammise Jonathan, «Ma mi rendo conto che non succederà mai.»
«Non perdere le speranze» gli suggerì Brian. «Magari un giorno si accorgerà che...»
Jonathan lo interruppe: «Non credo. Mi sembra che abbia le idee piuttosto chiare. Comunque non ti stavo chiedendo dove ho sbagliato stasera, ma dove ho sbagliato con lei in passato. Se siamo arrivati a questo punto, deve esserci qualcosa che non va in me.»
Brian scosse la testa.
«È Claire quella che ha qualcosa che non va.»
«No» insisté Jonathan. «Claire è perfetta così com’è.»
«Ne dubito.»
«Se tra me e lei è finita...»
«Se tra te e lei è finita» mise in chiaro Brian, «È perché si è messa in testa di avere conosciuto il grande amore della sua vita.»
«Quel Dominick di cui parlavate prima?»
Brian annuì.
«Esatto, proprio lui. Non so come Claire possa impazzire per un tipo del genere. Dominick Storm, il grande amore di Claire, e il tizio che mi ha aggredito nel parcheggio un paio di mesi fa sono la stessa persona.»
Jonathan strabuzzò gli occhi.
«Dominick Storm?!»
«Ah, già, non ti avevo ancora detto che è il fratello di Meredith.»
Jonathan parve poco interessato a quel dettaglio.
«Cosa ci fa Claire insieme a uno come lui?»
«È quello che mi sono chiesto anch’io» ammise Brian, «Senza riuscire a darmi una risposta. Tra l’altro Claire è molto diversa dal solito, quando parla di lui.»
«Certe cose ti cambiano.»
«Non a questo punto.»
«In pratica» dedusse Jonathan, «Mi stai dicendo che Claire non è più Claire.»
Brian confermò: «Proprio così.»
«Forse la cosa ha una spiegazione.»
«Quale?»
Jonathan scosse la testa, alzandosi in piedi.
«Lascia perdere.»
Brian sospirò.
«Perché tutti mi dite tutto ma soltanto a metà?»
Jonathan distolse lo sguardo.
«Non c’è bisogno di sapere tutto, non ti pare?»
«In certi casi sì.» Anche Brian si alzò in piedi. «Non ti pare che io abbia il diritto di saperlo? Sono un amico di Claire e forse sono l’unico che può convincerla ad allontanarsi da quel tizio.»
Jonathan gli indicò l’ingresso del locale.
«C’è anche Harley.»
Brian alzò gli occhi al cielo.
«Se fossi al posto tuo, non conterei su di lui.»
«Perché? Sembra avere un certo ascendente su Claire.»
Brian annuì.
«Troppo.»
«Suvvia, Brian, non starai pensando che Harley stia cercando di portarsela a letto!» Jonathan scosse la testa. «I tuoi sospetti sono totalmente infondati.»
«E se fossero più che sospetti?» azzardò Brian. «Ho parlato con Harley e...»
Jonathan lo interruppe: «Hai parlato con Harley, quindi dovresti credere all'esatto contrario di quello che ti ha detto. Non fidarti di lui.»
Brian aggrottò le sopracciglia.
«Per quale motivo dovrebbe mentire proprio a me?»
«Perché tu non sai nulla del suo lavoro.»
«So quello che mi ha detto.»
«Cioè poco.»
«A te, quindi» dedusse Brian, «Ha detto molto di più. Immaginavo ti avesse contattato per qualcosa che ha a che vedere con il nostro lavoro, invece...»
Jonathan lo interruppe: «Mi ha detto tanto, perché ha dovuto farlo.»
«Devo iniziare a pensare che abbiate entrambi qualcosa da nascondermi? Che quel discorso non l'abbia fatto per caso?»
Jonathan precisò: «Solo questioni di lavoro, nelle quali non c'entri tu.»
«Quelle creature a cui Harley dà la caccia...»
Jonathan non lo lasciò finire.
«Lascia perdere.»
Brian non si diede per vinto.
«Le Anime Grigie...»
«Lascia che le Anime Grigie nuotino nel loro brodo» gli suggerì Jonathan, «E vivi la tua vita.»
Brian puntualizzò: «È esattamente quello che faccio da sempre.»
«Lo spero.»
«Hai qualche dubbio?»
«Sì, molti.»
«Allora smettila di struggerti» ribatté Brian. «È tutto sotto controllo. L’unica cosa che so delle Anime Grigie è che ho sentito parlare di loro, qualche volta.»
«C’è chi ne parla tuttora» lo informò Jonathan, «E temo che abbiano ragione.»
Jonathan si avviò verso la macchina.
«Fermati» lo pregò Brian. «Non abbiamo finito il nostro discorso.»
Jonathan si girò.
«A me pare di sì.»
«Voglio sapere qualcosa in più» insisté Brian. «Chi sono davvero queste Anime Grigie? Ho sempre sentito solo qualche cazzata sulle loro ali bruciate.»
Jonathan annuì.
«Infatti è la verità: succede proprio questo.»
«Immagino, però, che non brucino da soli.»
«Esattamente come ha detto Harley, anche se a volte, sempre per citare le sue parole, scelgono di farlo.»
Brian domandò: «È il loro modo di suicidarsi?»
Jonathan scosse la testa.
«È il loro modo di rinascere, anche se non sanno in quale forma.»
Brian ribatté: «Cosa risponderesti, se ti dicessi che mi sembrano un cumulo di assurdità?»
«Direi che è normale» rispose Jonathan. Soltanto dopo una lunga pausa aggiunse: «È normale che tu la veda così, ma un giorno l’evidenza dei fatti ti costringerà a cambiare idea.»
Con quelle sibilline parole se ne andò, lasciandolo solo. Rientrato nel locale, Brian vide Claire immersa con Harley in una fitta conversazione. Diviso tra l'interromperli e il non disturbare, scelse la seconda ipotesi. Non era nella posizione di potersi impicciare di ciò che facessero quei due e, per quanto l'idea che Harley fosse attratto dalla sua amica non gli andava giù, per via della potenziale reazione di Jonathan, preferiva di gran lunga che al fianco di Claire ci fosse un giorno uno come Harley, piuttosto che uno squilibrato come Dominick Storm.
Andò via, salì in macchina e si diresse verso casa. Quando parcheggiò in cortile, intravide una donna vestita di nero.
Scese dall'auto e richiuse la portiera, senza degnarla di uno sguardo. Infine udì la sua voce.
«Brian?»
Si girò e spalancò gli occhi.
«Meredith?!»
Doveva apparirle molto sorpreso, dal momento che la sentì replicare: «Devo iniziare a pensare che tu ti aspettassi di non rivedermi mai più?»
«Oh, no» si affrettò a ribattere Brian, «Diciamo solo che non ti avevo riconosciuta. Non è così che ti vesti di solito e tra l’altro penso che tu stia correndo il rischio di morire di freddo.» Portava una felpa con la cerniera aperta, dalla quale si intravedeva un top nero, pantaloni attillati dello stesso colore e scarpe di tela. Inoltre aveva i capelli legati in una coda in cima alla testa. «Anche la pettinatura è un po’ cambiata. Vuoi forse imitare lo stile della tua collega Kayla?»
Meredith ignorò quella domanda.
«Dov'eri? È da tanto che ti aspetto.»
«In un locale con due miei amici.»
«Sei andato al Rifugio del Drago?»
«No, perché?» Brian la fissò con fermezza. «Hai paura che abbia incontrato tuo fratello?»
Meredith abbassò lo sguardo.
«Credimi, Brian, sarebbe meglio se non accadesse.»
Brian azzardò: «Ora che ci siamo conosciuti ufficialmente, continua a opporsi alla nostra relazione?»
Meredith alzò gli occhi.
«È meglio che tu lo sappia di preciso, Brian. Dominick non vuole che ti veda, così come non vuole più che vada a lavorare al Rifugio del Drago. Tutto quello che posso darti è incontrarti quando mio fratello è al discopub, sperando che non se ne accorga.»
Quella giustificazione diceva tutto e niente. Brian volle sapere: «Perché lo fa? Cos’ha contro di me e contro al tuo lavoro?»
«Non sentirti preso di mira» lo pregò Meredith. «Dominick odia chiunque. È questo il motivo per cui mi impedisce di vederti.»
«Non capisco..»
«Non puoi capire, davvero.»
«No, non posso capire» convenne Brian. «Non so più cosa pensare. Già tante volte ti sei allontanata. Era per lui, immagino. E adesso? Dici che vuoi continuare a vedermi, ma devi farlo di nascosto. È un altro modo per dirmi che non vuoi incontrarmi più?»
«Non, non lo è» replicò Meredith, «A meno che non sia tu a volerlo.»
«Mi è difficile comprendere che cosa voglio, se non so nemmeno che cosa vuoi tu.»
Meredith lo guardò negli occhi.
«Io non desidero altro che fare la stessa vita che avrei fatto se mio fratello non fosse mai tornato in città, ma per il momento la cosa non mi è possibile. Sta a te decidere. Ci tieni a me abbastanza da accettare che non possa incontrarti o telefonarti ogni volta in cui lo desidero? Ci tieni abbastanza da non pensare che io sia la donna sbagliata per te?»
Quelle parole lasciarono Brian interdetto. Non sapeva nemmeno da dove iniziare, per darle una risposta.
«Allora?» insisté Meredith. «Devo restare o devo andarmene? Non posso leggerti nella mente e sono arrivata al punto di non sapere più se sei stato felice di rivedermi oppure no.»
«Pensavo che si capisse.»
«Da che cosa? Dal fatto che la prima cosa che noti è quanto sia difficile riconoscermi vestita a questo modo? Dal fatto che ti preoccupi perché potrei avere freddo, ma non mi chiedi nemmeno come sto, com'è per me sopportare tutto questo?»
Brian cercò di rimediare.
«Come stai?»
«Bene» rispose Meredith, «A parte che la mia vita sta andando a rotoli, che non posso vedere nessuno, che mio fratello mi ha praticamente costretta a lasciare il mio lavoro e che le uniche cose di cui il mio ragazzo si preoccupa sono il mio modo di vestire e il fatto che non ci potremmo vedere sempre e comunque senza nemmeno prendere in considerazione l’idea di quanto mi sia pesato. Hai le idee più chiare, adesso?»

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Capitolo 23
*** Annabelle ***


Le scuse di Brian sembravano sincere, anche se c’era qualcosa di esitante, in lui, come se avesse qualcosa che lo tormentava e non volesse parlare. Anche Meredith preferiva il silenzio e, soprattutto, realizzò che preferiva non sprecare il proprio tempo a recriminare senza nemmeno avere un'idea precisa della ragione per cui lo faceva.
«Andiamo da qualche parte?» propose.
«Pensavo che volessi salire da me» osservò Brian, «Dato che sei qui.»
Le sarebbe piaciuto, ma non era un luogo in cui potesse sentirsi sicura al cento per cento. Poteva sempre capitare un intoppo di qualche genere, Dominick poteva rincasare prima del previsto e, scoprendo la sua assenza, quello sarebbe stato il primo luogo in cui andare a cercarla.
Confidò a Brian: «Lo volevo anch’io, ma ritengo che non sia un posto completamente sicuro, per me.»
«Per tuo fratello?»
«Sì.»
«Non mi dire che pensi che ti abbia seguita!»
«No.» Meredith scosse la testa. «Non credo, almeno. Sono convinta che sia al lavoro, ma non si sa mai, è meglio stare sicuri.»
Brian le indicò la macchina.
«Spero che quella sia sicura.»
«Temo che la conosca» ammise Meredith, «Ma in ogni caso non gli sarà facile rintracciarla, se saremo lontani da qui.»
«Dove vuoi andare?»
«Non saprei.» Meredith ci pensò un attimo. «Che ne dici di andare a rivedere il luogo in cui quella povera sprovveduta dell’Ottocento si buttò nel fuoco, istigata da sua zia e dalla sua sorellina?»
Brian si fece interessato.
«Potrebbe essere una buona idea!»
Meredith si sentì soddisfatta.
«Mi fa piacere.»
«Quella storia» osservò Brian, «Deve piacerti parecchio.»
«Sì» rispose Meredith. «La trovo intrigante. È una delle leggende più intriganti che io abbia mai sentito.»
Si avviarono verso la macchina. Salirono a bordo e richiusero le portiere.
Brian fece per allacciarsi la cintura di sicurezza, ma si fermò, tenendola stretta con la mano.
«Forse ho capito.»
Meredith aggrottò la fronte.
«Che cosa?»
«Alla ragazza della leggenda, mentre bruciava, spuntarono le ali. Erano due ali nere, hai detto. È per questo che ti sei fatta quel tatuaggio.»
Era una spiegazione perfetta, realizzò Meredith.
«Che cosa ne penseresti di me, se fosse davvero così?»
«Penserei che ami qualcosa al punto tale dal volerlo portare sempre con te, in questo caso quella leggenda, o forse quella ragazza. Ciascuno di noi, in un modo o nell’altro, ammira qualcuno o qualcosa.»
«Capisco il tuo punto di vista.»
Brian volle sapere: «È proprio quella leggenda il motivo del tuo tatuaggio?»
Meredith non poté fare altro che confermare.
«Sì.»
Rimasero in silenzio per qualche istante, poi Brian riprese a parlare.
«So che forse sono indiscreto, ma mi piacerebbe saperne di più.»
«Su cosa?»
«Sulla leggenda. Perché ti affascina così tanto? Ci sarà pure un motivo.»
«Sì.»
La ragione c’era, ma Meredith avrebbe dovuto inventarsene un’altra, per lui, che non avrebbe mai saputo la verità.
Iniziò a pensarci e prese tempo.
«Sei sicuro di volerlo sapere?»
«Te l’ho chiesto io...»
«È qualcosa di molto banale.»
Proprio come Meredith prevedeva, Brian replicò: «Non importa.»
Era arrivata al punto di non potere prolungare l’attesa, ma ormai sapeva cosa dire.
«Da bambina, non mi piacevano molto le fiabe tradizionali. Le consideravo banali, per il loro essere, in un modo o nell’altro, tutte uguali: principesse, castelli, draghi, principi e genitori che farebbero rabbrividire gli assistenti sociali. Non ci trovavo molto di allettante. Quella leggenda, invece, mi attraeva tanto: non c’erano principi o castelli, c’era soltanto una ragazza che cercava disperatamente di essere se stessa. Le accadevano fatti strani. Le accadevano da sempre e lei non ne capiva la ragione. Alla fine, quando ormai credeva fosse troppo tardi, riusciva a liberare la propria vera essenza. Non è qualcosa di stupendo? Crescendo ho capito quanto quella leggenda fosse meravigliosa.»
«È una bella storia, mi pare di avertelo già detto.»
Brian avviò finalmente il motore. Era tutto quello che contava, quella sera, ritornare a dove tutto era iniziato. 

*** 

Mentre la calma e fresca brezza della primavera salutava una nuova giornata, a oriente il colore del cielo mutava. Era un rosso fatto di dubbi, era un rosso in cui non ci sarebbero state risposte.
Una piccola folla si era già radunata nell’attesa.
“Cose del genere” ricordò Annabelle a sé stessa, “Sono sempre state rare, da queste parti.”
Era l’eccezione che confermava la regola. Era l’eccezione che sfidava gli angeli della morte, che reclamavano il suo silenzio. A testa alta, senza mai abbassare lo sguardo, posò gli occhi sulla ragazzina che, a pochi metri di distanza, la fissava.
“Lo sai, Bethany. Lo sai che, se siamo arrivati a questo punto, la responsabilità è solo tua.”
A parte Bethany - la bambina nata dal secondo matrimonio del loro padre con la zia Mary Beth - tutti avevano chiuso gli occhi per non vedere. Avevano finto che non fosse diversa. Se nessun uomo voleva sposarla, non importava. Per Annabelle ci sarebbe comunque stato un futuro: avrebbe assistito sua zia Mary Beth nella vecchiaia, poi avrebbe accudito i figli della sua sorella minore, una volta che fosse andata incontro al destino che le era stato cucito addosso al momento della nascita.
Invece non sarebbe accaduto.
Nessuno avrebbe mai dimenticato e il promesso sposo di Bethany l’avrebbe ripudiata ancora prima che la loro unione fosse stata legittimata. Annabelle si domandò se sua zia avesse valutato quel lato della questione, quando aveva preso sul serio le parole della ragazzina, quando aveva proposto di sottoporla a quel vecchio rito.
Non c’erano risposte, mentre le stelle tramontavano. Non c’erano nemmeno domande che valesse la pena di porsi.
Gli angeli della morte, da qualche parte, la stavano fissando, Annabelle ne era certa. Forse le stelle altro non erano che i loro occhi.
Fissò con durezza le piccole luci sempre più vacue.
“Forse non sarò mai come voi, ma farò qualunque cosa per impedirvi di guardarmi morire.”
Sapeva che sarebbe morta, non aveva alternative. Era stata sfidata, non poteva sottrarsi. All'accensione del fuoco, si sarebbe dovuta gettare tra le fiamme, dimostrare di non avere paura di bruciare. L'avrebbe fatto. La fine, dopotutto, non era altro che un nuovo inizio. Suo fratello gliel’aveva spiegato tante volte, nei loro incontri notturni, quando tutti pensavano che ormai non sarebbe mai più tornato. Le aveva parlato delle Anime Nere e le aveva assicurato che sarebbe stata forte abbastanza da spezzare qualunque catena.
Era tutta colpa di Bethany, se era arrivata a trovarsi in quella situazione. Non avrebbe dovuto essere altro che una ragazzina innocente, ma le avevano impresso nella mente troppe stupide idee a proposito del fatto di seguire tutte le convenzioni e le consuetudini. Chi non era capace di adeguarsi, doveva essere estirpato dalla società, perché era pericoloso.
Il suo sguardo s’incontrò ancora con quello di Bethany. La vide abbassare gli occhi mentre la zia, nel suo mantello nero da vedova, le imponeva di continuare a guardare.
La vampa fu improvvisa, il calore avvolse Annabelle.
Le fiamme iniziarono a salire.
La scossa interiore fu più forte di quanto avrebbe mai potuto immaginare, mentre si gettava nel fuoco.
Fu in quel momento che si rese conto di essere indistruttibile, proprio come un angelo della morte.
Era tutto ciò che Bethany non sarebbe mai stata.
Era tutto ciò che nessun altro lì presente sarebbe mai stato.
Sentì qualcosa che le perforava la pelle, sulle scapole.
Due enormi ali si spiegarono, lambite dalle fiamme.
Tra la folla, qualcuno urlò. Ad Annabelle parve che tra loro ci fosse anche Bethany. Sì, c’era anche Bethany, che fissava la scena con gli occhi strabuzzati. La zia Mary Beth, invece, se li copriva con le mani, pur di non vedere, in una strana inversione di ruoli con la figlia.
Annabelle spiccò il volo, mentre le urla disperate erano sempre più forti, ma allo stesso tempo più lontane.
Era finita.
Dopo la fine, proprio come le aveva spiegato suo fratello, che da molto tempo aveva lasciato il villaggio e sapeva un sacco di cose sulle Anime Nere, c’era davvero un nuovo inizio.
Presto nessuno avrebbe più potuto vederla e, per molti decenni a venire, la gente del posto avrebbe narrato del giorno in cui la stregoneria aveva sconfitto le fiamme di un rogo. 

*** 

Erano arrivati. Brian parcheggiò sul ciglio della strada. Scesero dalla macchina e Meredith spezzò il silenzio: «Grazie per avermi portata qui.»
«Non che si veda molto, al buio» ribatté Brian. «Forse avremmo dovuto venirci di giorno.»
«Non ha importanza» obiettò Meredith. «Anche se è buio, mi sento comunque in uno dei pochi posti in cui c’è una parte di me. Grazie ancora, Brian.»
«Te lo dovevo.»
«Oh, no, per niente. Non hai obblighi nei miei confronti. Quello che fai, lo fai perché lo scegli, non certo perché qualcuno ti costringe.»
«Lo faccio perché per me non ci sono più alternative valide, da quando ho conosciuto te. Mi sento a mio agio con te, come non credo di essermi mai sentito con nessun’altra.» Brian tacque per qualche istante e, quando riprese a parlare, cambiò completamente argomento. «Sei proprio sicura di non avere freddo?»
Meredith non si sorprese della domanda.
L’aveva infastidita il fatto che Brian avesse parlato di quello come prima cosa, senza preoccuparsi di null’altro, ma a quel punto era normale che si mettesse dei problemi anche di quelle banalità. In fin dei conti la maggior parte degli indumenti che Meredith indossava quella sera erano completamente fuori stagione.
«È tutto a posto, te lo assicuro.»
«Beata te. Io, al posto tuo, mi congelerei.» Brian rise. «È un po’ come se tu avessi le fiamme dentro.»
Meredith raggelò, e non certo per la temperatura, dal momento che reggeva molto bene il freddo, talvolta molto di più di quelle innocenti allusioni.
«Nessuna fiamma» gli assicurò. «Non mi piace il fuoco.»
«Proprio come a quella ragazza della leggenda» osservò Brian. «Sarebbe un motivo sufficiente per farsi spuntare le ali e volare via.»
Doveva essere un’idea romantica, per lui. Era normale che vedesse la ragazza della leggenda come un’eroina idealizzata, una sorta di principessa delle fiabe. Meredith si sforzò di sorridere, anche se nell’oscurità Brian non poteva rendersene conto fino in fondo.
«Noi siamo più forti delle fiamme.»
«Tu dici?»
«Possiamo pur sempre spegnerle.»
«Loro, però, possono bruciarci.»
«Possono bruciarci solo se ci gettiamo nel fuoco. Noi, invece, il fuoco lo possiamo spegnere senza che le fiamme vengano a cercarci.»
Meredith si sentì lo sguardo di Brian addosso, ne momento in cui le chiedeva: «Cosa rappresentano per te le fiamme?»
Nonostante la domanda posta a bruciapelo, non ebbe bisogno di pensarci molto a lungo.
«La condanna.»
«Quale condanna?»
«La maledizione che ho dentro.»
Era certa che Brian non potesse comprenderla, ma non importava. Anzi, era molto meglio così.
Brian non le chiese nulla: comprendeva che non c’era altro che volesse aggiungere, il che era un pregio di pochi.
Meredith era sempre più certa: raggiungerlo, quella sera, era stata la scelta migliore.
Non importava che tutto fosse contro di loro. Non importava che Dominick le impedisse di vederlo. Non importava nemmeno che Brian lavorasse insieme a Jonathan White e avesse buone probabilità di venire a contatto con argomenti fin troppo scottanti.
Brian voleva avvicinarsi al vecchio rudere, ma Meredith lo fermò. Quello era un luogo fatto delle sofferenze di chi vi aveva vissuto e di chi vi era semplicemente passato.
C'era un solo modo per fermarlo, Meredith lo sapeva bene. L'arte della seduzione aveva fatto parte di lei fin dal giorno di tanti anni prima in cui lei e Dominick si erano ritrovati, non si era mai tirata indietro quando il sesso serviva per conquistare la fiducia di qualcuno.
Quando aveva contrattato con suo fratello per la "liberazione" di Alicia, l'aveva trasformato addirittura in un mestiere e per anni aveva venduto il proprio corpo, per conto di Dominick e di Eddie, nel sotterraneo del Rifugio delle Anime, lo stesso locale, opportunamente ribattezzato dal nuovo proprietario in Rifugio del Drago, in cui in epoca molto più recente aveva lavorato come cameriera.
Aveva sedotto Harley Parker, per convincerlo a tornare ad Acid Corn, per un accordo tra Eddie e qualche Anima Grigia della città nella quale il vecchio amico di Brian lavorava ai tempi, dimostrandosi troppo pericoloso per l'incolumità della loro specie. Aveva sedotto Rick Connor, per accertarsi che non fosse al corrente della verità sull'incidente nel quale erano morti i suoi genitori. Aveva sedotto anche Jonathan White, nel tentativo di tenere sotto controllo la sua attività investigativa.
Nessuno di loro l'aveva mai coinvolta a pieno, a parte Rick. Meredith era giunta alla conclusione che fosse stata, a suo tempo, la somiglianza con Brian - il suo vero amore - ad affascinarla così tanto.
Anche Brian, all'inizio, era stato solo un incarico che le aveva appioppato Eddie. Era l'altro figlio dei Connor e il suo inconsueto mestiere lo rendeva ben più pericoloso del fratello maggiore, almeno sulla carta. Era stato Eddie a pianificare una rapina - una finta rapina - dalla quale Meredith avrebbe dovuto salvarlo. Era quello che aveva fatto, aveva convinto Brian di essere la sua salvatrice e poi se l'era portato a letto.
Avrebbe dovuto essere un semplice "lavoro" di routine, ma fin dal primo momento in cui Brian aveva sfiorato il suo corpo aveva sentito di non poterne fare a meno. A distanza di un paio di mesi da allora provava sensazioni molto simili, uno strano contrasto con la torbida relazione - anche se la disgustava usare quel termine - che Dominick le aveva imposto.
Il pensiero di quello che suo fratello le aveva fatto solo poche ore prima, invece di allontanarla da Brian, la spingeva ad avvicinarsi sempre più. Non fu solo per non spiegargli quale fosse la sua "condanna", se lo strinse a sé e andò a cercarne le labbra.
La lingua di Brian si infilò con forza tra le sue, mentre le sue mani le si infilavano sotto la felpa. L'abbigliamento insolito di quella sera, oltre al dimostarsi pratico in altre circostanze, si stava rivelando nuovamente utile. Meredith si lasciò andare alla piacevole sensazione del contatto direttamente sulla pelle nuda. Anche Brian doveva trovarla un'esperienza piacevole, ma soprattutto sembrava molto soddisfatto della facilità con cui la sua mano poteva entrarle dentro ai pantaloni e, di conseguenza, dentro la biancheria intima.
Senza interrompere quel contatto eccitante, Brian la condusse verso la macchina, dove il tempo smise di avere importanza, almeno finché non si fece troppo tardi.
«Devo andare» comunicò Meredith, seppure controvoglia, quando si accorse di che ora fosse.
«Non c’è problema» rispose Brian. «Ti accompagno a casa subito.»
La proposta sarebbe stata allettante in circostanze normali, ma quella non somigliava nemmeno lontanamente a una circostanza normale.
«È meglio di no» azzardò.
«Tuo fratello sarà ancora al lavoro, a quest’ora.»
«È meglio non fidarsi troppo.»
«Va bene» accettò Brian. «Allora, anziché portarti proprio fino sotto casa, mi fermo un po’ prima, così magari Dominick penserà che tu sia rientrata prendendo la metropolitana.»
«Ho detto di no» insisté Meredith. «Non fraintendermi, mi piacerebbe accettare il tuo passaggio, ma non posso.»
«E io non posso lasciarti qui, a quest’ora e al buio!» ribatté Brian. «Non chiedermelo, perché non ho intenzione di farlo.»
«Non te l’ho chiesto. Possiamo andare verso casa tua. C’è una fermata della metro là vicina. Portami là.»
Di fronte a quella proposta, Brian si arrese.
«Come vuoi.»
«Grazie mille.»
Brian sospirò.
«Non c'è bisogno di ringraziarmi.»
Meredith ridacchiò.
«Ci proverò, ma non posso assicurarmi nulla.»
«Basta solo che tu non ti metta anche a ringraziarmi solo perché esisto!»
«Ora che me l’hai suggerito, potrei prendere in considerazione l’idea di farlo.» Meredith rise. «Anzi, lo farò senz’altro, se non ti deciderai ad avviare quel dannato motore e a portarmi via da qui. Mi piacerebbe rimanere qui tutta la notte, ma non posso. Non è il caso di correre troppi rischi.»
«Hai ragione» confermò Brian. «È meglio se andiamo via.»
Mentre partiva, Meredith cercò di infondersi fiducia. Brian l’avrebbe lasciata davanti alla fermata della metropolitana. Anziché salire su un mezzo che potesse portarla a casa, ne avrebbe preso uno che la conducesse fuori città.
Trovare un luogo buio non sarebbe stato difficile. Allo stesso modo in cui aveva lasciato il proprio appartamento, ci sarebbe tornata. Le ali - che le erano spuntate quando ancora si chiamava Annabelle e si era gettata tra le fiamme e che le erano rimaste quando da Anima Nera era diventata Anima Grigia rifiutandosi di traghettare verso la morte un ragazzo di venticinque anni rimasto gravemente ferito in un incidente motociclistico - sarebbero state il suo mezzo di trasporto.

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Capitolo 24
*** Allison James ***


L’appartamento in cui Kayla Joyce - che preferiva essere chiamata Kay, come ritenne opportuno precisare - abitava era piccolo, ma sembrava tenuto in ordine con cura. L’unica nota stonata era l’odore di fumo.
«È carino qui» osservò Brian, giunto dopo che la ragazza gli aveva telefonato in ufficio informandolo di avere qualcosa di importante da dirgli.
Kay, che quel pomeriggio indossava una felpa dai colori vivaci, un paio di pantaloni da tuta e calzini antiscivolo multicolori, mormorò: «Grazie. Non è merito mio.»
«Vivi insieme a qualcuno?»
Kay annuì.
«Più o meno. C’è anche mia sorella, ma lavora fuori città e torna a casa soltanto nel weekend.» Entrò nella prima stanza sulla destra. «Puoi venire qua.»
Era una cucina poco spaziosa, con un tavolo a quattro posti sul quale erano appoggiati due libri aperti e un blocco di appunti.
«Stavi studiando?»
«Già.»
«Mi dispiace di averti disturbata. Avremmo potuto vederci più tardi.»
Mentre si sedeva, Kay scosse la testa.
«Nessun disturbo, figurati, sono stata io s volerti vedere. Era da un po’ che cercavo qualcuno con cui potere parlare liberamente di quello che penso, senza essere guardata come una pazza e alla fine ho pensato che tu fossi la persona giusta.»
«Quello che non capisco» replicò Brian, «È perché tu abbia deciso di fidarti di me.»
«Perché hai l’aria un po’ da pesce lesso e si capisce lontano un miglio che sei innocuo, oltre che per il tuo lavoro.»
«È un insulto o un complimento?»
Anziché rispondergli, Kay gli ordinò: «Siediti.»
Ignorando i libri, Brian prese posto di fronte a lei.
«Dici di potere parlare liberamente di quello che pensi, con me. Da parte mia, non posso fare altro che esortarti a parlare.»
«Bene.» Kay lo guardò negli occhi. «Sono convinta che la maggior parte delle persone del Rifugio del Drago nascondano un segreto. In particolare sono in quattro a lasciarmi molto perplessa.»
«Uno di loro immagino che sia Dominick.»
«Esatto.»
«E gli altri?»
«Oltre a Dominick, ovviamente anche sua sorella mi fa questo effetto.»
Brian spalancò gli occhi.
«Credi che Meredith abbia qualcosa da nascondere?»
Kay ridacchiò.
«Perché, tu no? Non viene al lavoro da una vita e nessuno sa che fine abbia fatto»
Brian sospirò.
«L’ho vista ieri sera. Ci vediamo ogni sera, da un po'. Mi ha spiegato che ha dei problemi, da quando suo fratello è tornato ad Acid Corn.»
«Non mi sorprende, dato che Dominick Storm è il peggiore psicopatico che abbia mai conosciuto» ribatté Kay, senza troppo giri di parole. «Immagino che, se tu e Meredith vi siete visti, abbiate passato la serata a tubare come due piccioni in calore, e allo stesso modo quelle precedenti. Di conseguenza tutto ciò che potrei dire su di lei non sarebbe preso in considerazione.»
«Dipende da cosa dici.»
«Dico che Meredith è succube del fratello e che, se quel bastardo commettesse una strage, sarebbe pronta a tutto pur di difenderlo.»
«Temo che sia molto più legata a lui di quanto vorrebbe far credere.»
«Vedo che hai fatto centro. Più che legata, comunque, temo che ne sia dipendente.»
«Forse.»
Kay lo guardò con aria di approvazione.
«Vedo che io e te ci intendiamo al volo.»
«Provo a fare del mio meglio per comprendere le altre persone» la informò Brian. «Qualche volta mi capita di riuscirci.»
«Ottimo.»
«Quello che non capisco, però...»
Kay lo interruppe: «È che cosa potrebbe nascondere Meredith? Se ti può consolare me lo chiedo anch’io. Sono tutti bravissimi a non lasciarsi sfuggire nulla.»
«Tutti?»
«Ho detto che sono quattro, quelli di cui sospetto.»
«Dominick, Meredith... e chi altro?»
«Eddie Woods» dichiarò Kay. «Se devo essere sincera, ho l’impressione che quel tizio sia proprio quello più degno dei miei sospetti. Insomma, voglio dire, Dominick è un coglione a cui piace tormentare le persone, mentre Meredith mi pare un po’ un’oca svampita. Se fossero membri di un’organizzazione criminale, nessuno dei due sarebbe il boss.»
«Quell’Eddie Woods invece?»
«Vedrei la cosa molto più probabile. Viene spesso al Rifugio, ultimamente.»
«È un cliente?»
«Non te lo so dire.»
«In che senso?»
«Nel senso che non si comporta come il cliente medio» spiegò Kay, «Ma spesso arriva a orari strani, magari quando il locale sta già chiudendo. A volte lo vedo addirittura entrare dal retro dopo che anche noi ce ne siamo già andati, non sempre da solo.»
«Sospetti che il Rifugio del Drago sia un luogo importante per lo svolgimento delle sue attività criminali, quindi?» volle sapere Brian.
«Vedo che fai presto a fare due più due» osservò Kay, «E anche a dare per scontato che il povero Eddie sia un delinquente.»
«Sei tu che lo sospetti.»
«Lo sospetto, ma non ne sono certa.»
«Così come sospetti che Meredith e Dominick siano membri della sua organizzazione criminale, immagino. Sembra la trama di un serial televisivo.»
Kay sbuffò.
«Non mi prendi proprio sul serio, eh?»
«Non quando accusi la mia ragazza di essere una criminale.»
«L’ho accusata di avere qualcosa da nascondere» puntualizzò Kay, «Il che è ben diverso. In realtà non riesco nemmeno a immaginarmi Eddie come un delinquente classico. Deve esserci qualcosa di più, qualcosa di cui non si può nemmeno parlare.»
«Qualcosa di che tipo?»
«Una setta, forse.»
«Che tipo di setta?»
«Non saprei. Magari si ritrovano al Rifugio quando non c’è nessuno per organizzare festini a base di droghe pesanti o orge.»
Brian azzardò: «O per ridere alle spalle delle ragazze particolarmente fantasiose.»
Kay sospirò, palesemente rassegnata.
«Lo so, più parlo e più metto in pericolo la mia credibilità.»
«No, non dico questo» la rassicurò Brian. «Sono convinto anch’io che ci sia qualcosa di poco chiaro, da quelle parti...»
«Finalmente!» esclamò Kay. «Mi stavo convincendo di avere sprecato il mio tempo, ma a quanto pare siamo davvero sulla stessa lunghezza d’onda! A questo punto credo di poterti svelare il nome del quarto. È Derek.»
Brian cercò di non mostrarsi troppo stupito, nell’osservare: «Derek, l’amico di Meredith?! Il tuo ragazzo, intendi?»
«Non è propriamente il mio ragazzo» chiarì Kay, «Ma ti chiederei di evitare prediche, per cortesia. Ne ho abbastanza di mia sorella che mi ricorda ogni volta in cui ci vediamo che avere una storia con uno che non sarà mai il mio fidanzato ufficiale possa intaccare la mia reputazione. Non vuole proprio sentire ragioni, nemmeno quando le faccio notare che la gente che mi sta intorno non sa che cosa faccio con Derek quando siamo da soli.»
«Non preoccuparti» le assicurò Brian, «Non sono qui per farti la predica.»
«Almeno tu!»
«Per quanto riguarda Derek, che cosa non ti convince?»
Kay non rispose. Lo fissò a lungo, prima di domandargli: «Come mai all’improvviso la questione non ti pare più così ridicola?»
«Non mi è mai sembrata ridicola.»
«Ora che ho nominato Derek, però, ti sembra tutto decisamente più normale. Per caso sai qualcosa che io non so?»
«Temo di no, solo che l'ho visto davvero comportarsi in modo strano.»
«Allora» lo esortò Kay, «Parla.»
«Va bene» accettò Brian. «Per qualche assurdo motivo, sembra detestarmi. Una volta è arrivato a insultarmi davanti a Meredith, salvo poi calmarsi di punto in bianco e andarsene senza dare altri problemi, quando gli ha detto di smetterla.»
«Non ne sono tanto sorpresa» ribatté Kay. «Quando Meredith conosce un ragazzo che le piace sul serio, Derek cerca sempre di mettersi in mezzo.»
«Quindi mi stai dicendo che è soltanto uno spasimante respinto geloso della nostra relazione?»
«Qualcosa del genere. Sono altri i motivi per cui lo trovo strano. È capitato più volte che lo vedessi parlare con una ragazza di nome Alicia, che ha qualcosa a che fare con gli altri due.» Kay ridacchiò. «Mi prenderai per pazza, ma quella tizia è identica ad Allison James! Non so se ce l'hai presente, AJ, la ragazza che scomparve nel 1976.»
Brian fu scosso da un fremito. Ricordò la conversazione con la signora del negozio di alimentari, la sera in cui era stato a cena a casa di Rick e Patricia... e quella ragazza scomparsa, di cognome faceva James.
Kay proseguì: «Si fa chiamare Ally, dagli amici. Per chi usa un nome falso, penso che la cosa più difficile sia voltarsi verso chi lo chiama. Se passi da Allison ad Alicia, puoi continuare a farti chiamare Ally senza destare sospetti. Peccato che quella AJ dovrebbe avere trentaquattro o trentacinque anni, mentre Alicia ne dimostra al massimo una ventina, quindi non è neanche giovane abbastanza per essere una figlia segreta.»
«Come sai che Alicia e AJ sono identiche?»
«Allison James era una compagna di scuola di mia zia, ho una sua foto.» Si sporse indietro, aprendo un cassetto del mobile che aveva alle spalle. «Eccola qui.»
La fotografia era un po' ingiallita e raffigurava una ragazza abbigliata secondo la moda di quindici anni prima. Brian non ebbe dubbi: AJ era la ragazza che aveva incontrato per la prima volta davanti alla vetrina, quella che, se ben ricordava, aveva fatto strane allusioni su lui e Meredith.
«Grazie per avermela mostrata, Kay.» Si alzò in piedi. «Grazie anche per tutto quello che mi hai riferito. Devo assolutamente parlare della questione di Alicia con il mio collega.»
Kay parve delusa.
«Vai già via?»
«Devo.»
«Va bene. Io quello che dovevo fare l'ho fatto.»
Venti minuti più tardi, di nuovo in ufficio insieme a Jonathan, Brian fece un breve resoconto dei fatti, dal quale non poté omettere la parte relativa a Meredith.
Jonathan parve rabbuiarsi.
«Quindi tu e quella donna vi vedete ancora?»
«Sì.»
«Non me l’avevi detto. È dalla sera in cui siamo usciti insieme a Harley che non parli di lei.»
«Ci siamo rincontrati subito dopo e ci siamo rivisti praticamente ogni sera da allora.»
«Oh, fantastico» borbottò Jonathan. «Immagino che non ci sia nemmeno stavolta la possibilità che tu apra gli occhi.»
«Su cosa?»
«Sparire nel nulla come faceva in passato non è normale.»
«Infatti» gli ricordò Brian, «Meredith non è più sparita nel nulla. Erano capitati dei casini, io ho avuto i miei problemi con Diane e a un certo punto ho creduto perfino che Meredith stesse insieme a Derek, quando in realtà Derek sta con Kay, anche se gli piace Meredith.»
«Oh.» Jonathan rimase in silenzio per un attimo, come pensieroso. «Forse dovrei dire che adesso mi è tutto chiaro, ma in realtà a ogni cosa che dici tutto mi sembra più oscuro.»
«Non ha importanza» replicò Brian. «Lo so, la situazione può sembrare contorta, ma ti assicuro che è molto meno complicata di quanto possa apparire.»
«Se lo dici tu.»
«Certo che lo dico io. Tornando a Kay...»
«Ah, già, Kayla» lo interruppe Jonathan. «Effettivamente ci stavamo occupando di un argomento ben più interessante, prima che tu approfittassi dell’occasione per metterti a parlare di Meredith come al solito.»
«Non trascorro tutto il mio tempo a parlare di Meredith» puntualizzò Brian, «Inoltre, ti ricordo, sei stato tu a farmi domande.»
«Va bene, va bene, come vuoi. Cosa mi dici di Kay? Di cosa parlavate quando ha tirato fuori la fotografia di Allison James?»
«Kay ha iniziato a farmi un discorso a proposito di quante persone al Rifugio del Drago si comportino in un modo che lei ritiene quantomeno bizzarro.» Brian decise di omettere dalla lista il nome di Meredith. «Eddie Woods, un tizio che si fa vedere spesso a orari strani, le sembra uno che ha qualcosa di grosso da nascondere. Poi c’è Dominick, il fratello di Meredith: anche lui le sembra un tipo losco. Infine Derek...»
«Il suo ragazzo?»
«Una specie.»
«Pensa che sia un delinquente e ci sta insieme?»
Brian scosse la testa.
«Non pensa che sia un delinquente, è solo convinta che abbia qualcosa da nascondere. Non ha tutti i torti a crederlo. Potrebbe conoscere la verità su Alicia.»
«Alicia?»
«Allison.»
«Spiegati meglio, Alicia o Allison?»
«Alicia - mi viene da pensare che sia la tua fantomatica informatrice - e Allison sono la stessa persona.»
Si aspettava sorpresa, da parte di Jonathan, ma lo vide restare impassibile.
«Lo sapevi già?» azzardò.
Jonathan rispose, ancora impassibile: «Sì.»
«Ma non è possibile!» esclamò Brian. «Dimostra la stessa età che aveva al momento della scomparsa!»
Jonathan puntualizzò: «Hai già sentito parlare delle Anime Nere, da Harley. Qualcuno le chiama erroneamente angeli della morte, quando in realtà non hanno nulla di angelico. Secondo le tante leggende che li riguardano, hanno occhi rossi che brillano nel buio.»
«Ma sono leggende!»
«In un certo senso lo sono. Tecnicamente dovrebbero essere invisibili, a meno che non compiano la grande trasformazione in Anime Grigie. Qualcuno le chiama erroneamente angeli caduti, perché non hanno compiuto il loro compito, ma è una definizione errata.»
Brian azzardò, colpito da un particopare: «Anche loro hanno gli occhi rossi?»
Jonathan confermò: «Pare di sì e pare anche che vadano in giro tra noi, come comuni mortali. Ovviamente a me non è mai capitato di incontrare qualcuno che avesse gli occhi rossi. Nemmeno a te, immagino.»
«Certo che no.»
«Infatti li nascondono, così come le Anime Bianche nascondono i loro occhi rosa.»
«Come?»
«Con lenti a contatto colorate.»
Brian osservò: «Molto interessante, ma ci stiamo allontanando da Allison James. Sarebbe un'Anima... di che colore?»
«Bianca.»
«Ovvero una persona salvata dalla morte?»
Jonathan scosse la testa.
«Una persona uccisa e salvata dalla morte, o almeno così dice lei. Ne ho parlato con Harley in questi giorni...»
Brian lo interruppe: «Ehi, aspetta. Tu e Harley vi vedete?! Pensavo che, dopo quello che è successo quella sera...»
Jonathan non lo lasciò finire.
«Harley ci stava provando con la mia ex fidanzata, in apparenza. Lo ammetto, la cosa non mi fa impazzire, ma ci sono cause più importanti alle quali pensare. Abbiamo la certezza che le Anime Grigie di Acid Corn abbiano in mente qualcosa di poco gradevole. Non ci sono prove che vogliano essere pericolosi per i nostri concittadini, ma non bisogna mai abbassare la guardia. Di recente, alcune Anime si sono messe in contatto con noi. Alicia dice di essere un'Anima Bianca, che nel 1976 un uomo l'ha sedotta, segregata in un edificio diroccato e resa quello che è.»
«Perché avrebbe dovuto parlarne con te?»
«Appunto.»
«Vuoi dire che anche tu lo trovi strano?»
«Eccome se lo trovo strano» confermò Jonathan, «Ma sono giunto a una conclusione: per quanto sia appurato che Alicia, o AJ, se preferisci, abbia a che vedere con quel mondo e che la sua età apparente dimostri chiaramente che non ha più natura umana, il suo comportamento è quantomeno sospetto. Chi è davvero? Che cosa vuole da noi? Harley ha maturato la convinzione che le sue presunte informazioni siano di facciata, che il suo scopo sia quello di tenerci buoni e, nel frattempo, tramare con personaggi dello stesso rango per raggiungere qualche scopo che a noi non è chiaro.»
«Perché coinvolgervi?»
«Per depistare, immagino.»
Brian rifletté per qualche istante, infine osservò: «Quindi, se questa assurda non avesse alcuna spiegazione razionale, Kay avrebbe ragione. Il Rifugio del Drago potrebbe nascondere davvero qualcosa di grosso.»
Jonathan ribatté: «Un tempo si chiamava Rifugio delle Anime, non penso sia un caso.» S'interruppe, ma Brian non trovò la forza di fare alcun commento. «Restane fuori» lo pregò Jonathan, a quel punto. «Non volevo che ci avessi a che fare anche tu.»
«Se sono intorno a noi, è giusto che lo sappia.»
«Non sono intorno a noi. Li puoi evitare, se lo vuoi. Devi solo smetterla di frequentare il Rifugio del Drago o le persone che vi hanno a che vedere.»
Naturalmente non era possibile, Jonathan lo sapeva talmente bene che Brian non tentò nemmeno di spiegarglielo. Decise semplicemente di sviare l'attenzione, mettendosi a parlare di qualcuno di quei presunti medium che di solito tenevano d'occhio. Funzionò: Jonathan non era focalizzato solo ed esclusivamente sulle Anime dei loro molteplici "colori".
Dopo il lavoro, Brian attese che si facesse un orario decente per recarsi al Rifugio del Drago all'orario di apertura, quando non vi erano ancora i clienti, ma soltanto il personale. Non sapeva ancora cosa fare esattamente, ma sapeva con chi doveva parlare. Derek Taylor, l'amico di Meredith che tempo prima si era presentato in ufficio a cercare Jonathan, poteva essere la persona relativamente più ragionevole.
Fu fortunato, non ebbe nemmeno bisogno di entrare. Trovò Derek che si stava dirigendo verso l'ingresso e lo fermò. Lo vide girarsi e poi alzare gli occhi al cielo.
«Oh, no, ancora tu!» esclamò. «Che cazzo vuoi, Connor? Se cerchi Meredith, ormai non lavora più qui. Inoltre, se vuoi il mio spassionato parere, ti converrebbe togliertela dalla testa.»
Brian non era già più molto convinto che quella conversazione potesse avere un senso, ma replicò: «E tu chi saresti per stabilirlo?»
«Sono uno che conosce bene Meredith e Dominick. Ti basta?»
«Mi basta per capire che non la conosci fino in fondo. Meredith è felice con me. Se davvero sei un suo amico, dovresti desiderare la sua felicità.»
Derek sogghignò.
«Per caso il tuo hobby è recitare frasi fatte?»
«E il tuo» ribatté Brian, «È intrometterti nei fatti degli altri?»
«Mi sto solo preoccupando per Meredith» puntualizzò Derek. «Da quando sta insieme a te...»
Brian non gli permise di finire la frase.
«Non dare la colpa a me, se suo fratello controlla la sua vita.»
«Vedo che fai presto a dare la colpa agli altri.»
Brian spalancò gli occhi.
«Vuoi dire che per te Dominick ha ragione?»
«Non voglio dire niente» replicò Derek. «Ti sto solo facendo notando che Meredith non avrà mai il coraggio di chiudere con te, faresti meglio a pensarci tu.»
«E se io non volessi?»
«In tal caso, dovresti affrontarne le conseguenze. Dominick non sarà affatto soddisfatto della vostra frequentazione.»
«Me ne sbatto di quello che pensa Dominick Storm! Non ha alcun diritto di impicciarsi di quello che faccio. Io non mi intrometto negli affari suoi e mi aspetto che anche lui faccia la stessa cosa, invece di...» S'interruppe. All’improvviso un sospetto iniziava ad affiorare. «Aspetta, non è che fingi di essere amico di Meredith, ma in realtà stai solo aiutando suo fratello a controllarla?»
«No, sono solo uno che si è ritrovato nella tua stessa situazione, molto tempo fa. Meredith è succube di Dominick, non riuscirà mai a staccarsi definitivamente da lui. È questo che ha rovinato la nostra relazione, quando stavamo insieme.»
«Questo spiega molte cose.»
«Oh, certo. Adesso penserai che il mio scopo sia mettermi tra di voi. Non ne ho bisogno. Prima o poi Meredith ti lascerà e verrà a farsi consolare da me. Mi basta solo essere paziente.»
Brian replicò: «Non credo che Meredith si abbasserebbe mai a questo livello.»
«Pensala come vuoi, non è affare mio.»
Derek fece per voltargli le spalle, ma Brian lo fermò afferrandolo per un braccio.
«Non ho finit-...»
Le parole gli morirono in bocca. Con uno strattone, Derek si liberò dalla sua stretta e lo spinse a terra, puntualizzando: «Tu non hai finito, io sì. Abbiamo già parlato abbastanza. E comunque no, non sono in combutta con Dominick. A me fa schifo la feccia come lui.» Mentre Derek parlava, Brian fece per rialzarsi. Con suo stupore, l'amico di Meredith lo aiutò. «Scusami, non pensavo bastasse una semplice spintarella per farti ribaltare.» Accennò un vago sorriso. «Stai bene?»
Brian non rispose e, piuttosto, gli chiese: «Cosa sai di Allison James? O Alicia, così si fa chiamare adesso. C'entra qualcosa con te o con Dominick?»
«La questione non ti riguarda.»
«Quella Alicia stava insieme a una persona a cui tengo.»
«Sì, a una tizia dall'aria scialba, che un tempo stava insieme a un tipo scialbo prima di confessargli di essere lesbica e di non essere mai stata attratta da lui.»
Brian chiarì: «Quel tipo scialbo ero io. Cosa sai di Alicia?»
«So che è attratta solo dal potere» rispose Derek. «Sfrutta gli uomini per i propri comodi e lo stesso, a quanto pare, ha iniziato a fare con le donne. Però non sono affari tuoi, devi lasciarla perdere. Peraltro se n'è andata, o almeno così pare.»
Brian volle sapere: «Quando tornerà?»
«Per quanto possa sembrarti strano, non possiedo doti di chiaroveggenza» replicò Derek. «Quando tornerà la vedremo, ma prima di allora sarà impossibile fare previsioni. Ora, però, vattene. A breve arriverà Dominick. Non sono sicuro che ti convenga farti trovare qui.»

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Capitolo 25
*** Il piano di Eddie ***


Quando Dominick le aveva dato l'incarico di andare a fare la spesa - dopotutto ci teneva alle apparenze sapeva che, se Meredith non fosse mai stata vista in giro, qualcuno avrebbe potuto insospettirsi - ne aveva approfittato per recarsi a una cabina telefonica a fare una telefonata a Derek, che le aveva riferito di come Brian fosse andato al Rifugio delle Anime. Gli aveva intimato di non presentarsi più da quelle parti, per il bene di tutti, ma non era sicuro che il concetto fosse passato. Meredith l'aveva rassicurato: la sera precedente non aveva ritenuto opportuno andarsene nel modo in cui le Anime Grigie potevano fare, perché nel cortile accanto al suo c'era un gruppo di persone che non si levava mai di mezzo, ma la cosa non si sarebbe ripetuta.
Non vedeva l'ora che suo fratello uscisse per andare al lavoro, rinchiudendola nella stanza. Solo allora, infatti, il suo incontro con Brian avrebbe iniziato a divenire possibile. Con quei pensieri in testa, doveva apparire sognante a Rick che, comparendo all’improvviso alle sue spalle mentre Meredith infilava la chiave nella toppa, osservò: «Immagino che nella tua vita sia capitato qualcosa di positivo, ultimamente.»
Meredith si girò lentamente.
«Sì, certo.»
«Ne sono lieto.»
Meredith gli strizzò un occhio.
«Se fossi in te, non lo sarei fino in fondo. La cosa positiva che mi è appena capitata è che il mio vicino di casa preferito sta per aiutarmi a portare su la spesa.»
Inaspettatamente Rick sorrise.
«Te lo scordi.»
Meredith finse un’espressione implorante.
«Perché? Non lo faresti per me?»
«Nemmeno per sogno.»
«Nemmeno se ti ricordassi che, un giorno lontano, potremmo diventare parenti?» ribatté Meredith. «Ti assicuro che, in tal caso, potrei spingere Brian ad essere generoso nei tuoi confronti, nel suo testamento.»
«Non vedo mio fratello da tempo.»
«Però sempre parenti rimanete, e di conseguenza potremmo diventarlo io e te. Pensaci, sia a questo, sia al testamento di Brian.»
«Brian è più giovane di me di diversi anni» le ricordò Rick. «Non c’è motivo per cui dovrebbe essere il primo a morire.»
«Eccetto la sua propensione a mettersi nei guai.»
Rick aggrottò le sopracciglia.
«Cosa vuoi dire?»
«Niente di particolare. Diciamo solo che la sua vita è più caotica e disordinata della tua, però anche molto più eccitante.»
«Quello che dici è corretto a metà. Non credo che la sua vita sia così eccitante.»
Meredith sbuffò.
«La tua è tutta invidia.»
«Non vedo perché dovrei invidiarlo» replicò Rick. «Trascorrere il resto della vita insieme a te - cosa che senz’altro Brian desidera - per me non sarebbe altro che una maledizione.»
«Lo so, infatti non è a questo che mi riferivo.»
«A che cosa, allora?»
«Brian è stato capace di guardare oltre le nostre diversità» gli spiegò Meredith. «Tu non ne sei stato in grado.»
Rick scosse la testa.
«Il solo problema è, a mio parere, che Brian preferisce non vedere quello che a chiunque altro è evidente.»
«Potrebbe essere meno evidente di quanto credi» azzardò Meredith. «Tu sei pieno di pregiudizi nei miei confronti. Lo sei sempre stato.»
«Non mi hai mai aiutato a superarli.»
«Può darsi che non m’interessasse.»
Rick sospirò.
«E va bene, te lo concedo.»
Meredith sorrise.
«È un piacere, Rick. Mi concedi anche le tue braccia per qualche istante? Giusto il tempo di arrivare al secondo piano...»
Rick si lasciò andare a una lieve risata.
«Sei fantastica quando cerchi di apparirmi implorante.»
«Non cerco di apparirlo» ribatté Meredith. «Lo sono.»
«Eppure non dovrebbe essere faticoso, per te.»
«Non è faticoso, ma essere aiutata da te è molto appagante» ammise Meredith. «Mi porterebbe a pensare che, tutto sommato, le nostre diversità sono meno evidenti di quanto sei propenso a pensare.»
«Non starai cercando di sedurmi, spero» replicò Rick, «Perché con me non attacca. Tra le mie parentele, è un altro quello che pende dalle tue labbra.»
«Il che» gli ricordò Meredith, «È la chiara dimostrazione che non ho bisogno di sedurre anche te. Per quanto possa sembrarti strano o innaturale, io sono felice con Brian e Brian è felice con me.»
«Per quanto tempo?»
«Finché nessuno ci farà pesare le differenze di cui mi hai parlato poco fa, credo. Sono sicura che sia proprio la risposta che ti aspettavi.»
Rick non replicò.
«Che cosa ne dici di entrare?» le suggerì, invece.
«Vuoi aiutarmi?»
«Sì.»
«È molto gentile da parte tua.»
«Sai, portare su la tua spesa potrebbe essere meglio che sorbirmi certi discorsi» ribatté Rick. «Ci hai mai pensato?»
«Sì, ci ho pensato, e ho pensato che anche che devi essere stato tu a mettere delle strane idee in testa a Brian» replicò Meredith, secca. Dal momento che era la prima volta dopo tanto tempo che si trovava sola con il maggiore dei fratelli Connor ne approfittò per chiedergli, anche se quell'argomento non era mai più uscito, con Brian: «Gli hai parlato tu di un certo signor Storm?»
Rick aggrottò la fronte.
«Di chi?»
«Non fare il cretino» lo pregò Meredith. «Sai bene tanto quanto me che...»
«Va bene, va bene» la interruppe Rick. «Può darsi che Brian si ricordi del suo nome. Era un tizio che voleva comprare una casa, credo.»
«No, non lo credi. Ne sei sicuro.»
«Cosa cambia?»
«Cambia molto, dato che sono due cose diverse.»
Rick sospirò.
«Vuoi tenere una lezione di linguistica, per caso?»
«No.»
Rick sorrise, sprezzante.
«È un sollievo.»
«L’unico sollievo, per me, sarà mettere fine alla nostra conversazione» ribatté Meredith, «Non prima di averti suggerito di evitare di menzionare certa gente a tuo fratello.»
Rick fece per obiettare: «Ti ho detto che non vedo e non parlo con mio fratello da settimane. Inoltre non vedo perché dovrei...»
«Non m’importa se l’hai fatto o no» chiarì Meredith. «Quello che conta è che nessuno parli più di quell’individuo.»
«È un tuo parente, immagino.»
Meredith gli ricordò: «L’hai sempre immaginato.»
«È tuo padre, vero?» le domandò Rick. «Per qualche motivo ci tieni a nasconderlo.»
Meredith scosse la testa.
«Non hai capito un cazzo, Rick. Hai sempre detto che sono diversa, no?»
Rick puntualizzò: «Tu sei diversa, e non c’è alcun bisogno che sia io a ricordartelo. Non capisco cosa c’entri ora.»
«Dovrebbe esserti chiaro» replicò Meredith, con fermezza, «Che a quei tempi non ce l'avevo più, un padre.»
«Potrebbe essere tuo fratello, allora.» Rick le lanciò un’occhiata penetrante. «Magari potrei averlo sempre saputo e avere finto di credere che fosse tuo padre proprio per incastrarti.»
Meredith sussultò.
«Poi, ovviamente, esiste la possibilità che io non sia chi tu credi.»
«Possibilità molto remota.»
«Non hai prove» gli ricordò Meredith. «Prima di fare accuse senza senso...»
«Hai un paio d’ali tatuate sulle scapole» precisò Rick, «Questo dovrà pure significare qualcosa, non trovi?»
Meredith annuì.
«Sì, significa che, parecchio tempo fa, ho preso la decisione di farmi fare un tatuaggio. Non penso di essere l’unica al mondo.»
«No» ammise Rick, «Ma dovresti spiegarmi perché proprio quel particolare tatuaggio.»
«Questi» obiettò Meredith, «Non sono affari tuoi.»
Rick annuì.
«Proprio come pensavo.»
Senza aggiungere altro, Meredith si girò e aprì la porta d’ingresso.
Tornò a voltarsi per guardare Rick, dopodiché gli indicò i sacchetti posati a terra.
«Prego.»
Senza dire una parola, Rick si chinò a raccoglierli.
«Te li lascio davanti alla porta.»
«Va bene.»
«E cerca di ringraziarmi.»
Meredith sbuffò.
«Grazie, Rick. Grazie, se non puoi farne a meno.»
Rick si alzò e attraversò l’atrio.
Meredith sentì i suoi passi lungo le scale mentre varcava la soglia.
Udì poi delle voci, provenienti dalle cantine.
«Aspetta» stava dicendo una voce maschile, che le sembrava di conoscere. «Non prendere decisioni avventate.»
«Nessuna decisione è avventata.» Il tono del suo interlocutore era deciso e Meredith non stentò a riconoscerlo: si trattava di Dominick. «Mia sorella si sta concedendo troppi strappi alle regole. Te l'ho già detto, ha capito tutto di Alicia e, ne sono certo, in un modo o nell'altro è ancora in contatto con quell'investigatore da quattro soldi. Quel tizio è la causa di tutto. È normale che sia opportuno eliminarlo.»
Meredith s’irrigidì. Desiderava intervenire, andare da Dominick e intimargli di andarsene e di lasciarle vivere la propria vita senza intromissioni, ma sapeva che era impossibile.
«Calmati, Storm» gli suggerì Eddie. «Ho una soluzione perfetta.»
Meredith raggelò.
Le soluzioni perfette di Eddie, ne era certa, difficilmente le sarebbero piaciute.
«La soluzione perfetta sarebbe tagliare la gola a quello stronzo di Brian Connor e darlo in pasto al tuo pitbull» fu la secca replica di Dominick. «Se non è quello che stai per propormi.»
«Ho seri dubbi sul fatto che il mio pitbull approverebbe» ribatté Eddie. «L’altro giorno l’ho sorpreso a mangiare l’erba.»
«I gusti alimentari del tuo cane non mi riguardano.»
«Brian Connor, invece, ti riguarda eccome.»
«Almeno finché non sarà morto, come merita.»
Eddie rise.
«Non sai proprio pazientare, vero?»
«Non quando si tratta di Meredith e dei suoi amici» ammise Dominick. «Mia sorella non dovrebbe permettersi di...»
«La predica falla a lei» lo interruppe Eddie. «Quello che pensi delle sue frequentazioni non mi tocca. L’unico problema è che Brian sa troppe cose, anche se forse non se n’è ancora reso conto. L’accordo che volevo proporti...»
«Niente accordi» replicò Dominick. «Sono già sceso a patti con te troppe volte. Non è il massimo, dato che non mi pare che siamo mai stati grandi amici.»
«È un eufemismo, immagino» ribatté Eddie. «Non dimentico che hai tentato di uccidermi.»
«Anche tu hai fatto lo stesso, quando il tuo intento era quello di diventare l’incontrastato signore e padrone dei bassifondi di Acid Corn.»
«Mi pare che concordassimo sulla necessità di lasciarci il passato alle spalle. Abbiamo commesso degli errori, Storm. Abbiamo commesso dei gravi errori, dato che non ci siamo mai accorti, finché non è stato troppo tardi, che facendoci la guerra aiutavamo soltanto i nostri avversari ad allearsi tra loro contro di noi.»
«Sì, lo so, l’unica soluzione era una nostra alleanza contro tutta quella feccia» convenne Dominick, «Ma non mi è chiaro che cosa c’entri Brian Connor in tutto questo.»
«È molto semplice» replicò Eddie. «Abbiamo già parlato di Stefan Craven.»
«Sì, lo so, è un comune mortale che si ritiene una sorta di dio, solo perché ha i soldi.»
«Si riteneva tale, almeno finché la sua cara bambina non si è gravemente ammalata. È rinchiusa in un istituto per bambini che non ne usciranno mai. Una graziosa mammina che le faceva le trecce ogni mattina è disperata, guardando la sua testa calva. A Stefan non importa altro che riaverla.»
«E questo ti preoccupa, immagino.»
«No, affatto.»
«Invece credo che dovrebbe preoccuparti. Quel tipo sta riempendo la tua amica Alicia di regali. Potrebbe convincerla a fare scelte avventate.»
«Non sono qui per parlare di questo.»
Dominick insisté: «La tua cara Alicia è una serpe velenosa, è molto peggio di tutti noi messi insieme. Come fai a non preoccuparti? Sta prendendo in seria considerazione l'idea di farti fuori per vendersi a Stefan Craven.»
«Ho fatto una scoperta» gli rivelò Eddie, «Avendo cura di frequentare per un paio di giorni una graziosa donna delle pulizie. Lavora alla clinica per bambini malati di cancro. Non è molto discreta e sembra ignorare il concetto di segreto professionale. Sembra sapere dei pazienti più di quanto non ne sappiano i medici... e mi ha riferito che Lilibeth Craven di tanto in tanto ha dato segni di apparente squilibrio mentale.»
Dominick replicò: «Tutto qui? Quella bambina è gravemente malata. Probabilmente è un normale delirio dovuto alla degenerazione del tumore.»
«Guarda caso, però, Lilibeth non sta affatto peggiorando» replicò Eddie. «Lentamente i capelli hanno ripreso a crescerle, nonostante sia sottoposta a chemioterapia. I sintomi della malattia sono sempre meno frequenti e la sua situazione pare sempre meno disperata. Ha perfino ripreso peso.» Meredith trasalì, mentre Eddie proseguiva il proprio racconto. «Momenti di squilibrio mentale. Guarigione miracolosa da una grave malattia. Ti dice niente tutto questo?»
Anche Dominick parve spiazzato: «Lilibeth Craven è una possibile Anima Nera?!»
«Ebbene sì» rispose Eddie. «La bambina non avrà bisogno di qualcuno che la trasformi in un'Anima Bianca, per sopravvivere. Di conseguenza, non corro più alcun pericolo.»
«Mi fa piacere per te. Dovresti raccontare tutto ad Alicia, come se fosse un'allusione casuale.»
Eddie tagliò corto: «Adesso ho altro di cui preoccuparmi. Eravamo qui per parlare di Brian Connor e di tua sorella.»
Dominick confermò: «Sì, ti stavo dicendo che bisognerebbe ammazzare quel bastardo, allora sarà tutto più semplice.»
«Ti sbagli» replicò Eddie. «Bisogna ammazzare Derek Taylor.»
«E perché mai? Non ha mai creato grossi problemi.»
«Abbiamo le prove del legame che c'è tra Derek e Meredith. Dovremmo sbarazzarci di lui, far credere a Meredith che stiamo per portarle Lilibeth Craven... e poi non portargliela, aspettare che venga la mezzanotte.»
«Che cosa?!»
«Rifletti, Storm. Meredith scomparirebbe per sempre e Brian Connor non sarebbe più un ostacolo per noi. Cosa credi, che vada avanti e indietro per il Rifugio del Drago per puro interesse investigativo, o perché l'unico scopo della sua vita è continuare a scopare con tua sorella?»
Meredith raggelò. Se in un primo momento aveva sperato di avere capito male, all'improvviso ogni tassello stava andando a collocarsi nella giusta posizione.
«A proposito di mia sorella» concluse Dominick, «È andata a fare la spesa e tornerà molto presto. Ho l’impressione che dovremmo continuare questo discorso in un’altra occasione. Sai, questa cantina, diversamente da un’altra, non può nasconderci da ascoltatori indesiderati.»
«Sono sicuro» ribatté Eddie, «Che Meredith non origlierebbe mai i nostri discorsi.»
«Io invece sono sicuro che, se solo immaginasse cos’abbiamo in mente, ci metterebbe i bastoni tra le ruote» puntualizzò Dominick. «Dobbiamo andarci cauti, se non vogliamo mandare a puttane tutto quanto.»
«Cos'abbiamo in mente? Significa che ci stai?»
«Significa che ci penserò.»
«Vedi di non pensarci troppo. Dobbiamo sbarazzarci di Brian Connor ed eliminare Meredith è l'unico modo per riuscirci.»
«Vedi, Woods, non è così semplice. Per quanto ti sembri difficile credere, ho una coscienza. Eliminare Meredith in maniera così subdola non si addice al mio stile.»
Eddie rise.
«Ti dispiace per il fatto che, in realtà, non sia tua sorella ma la tua amante?»
«Meredith è mia sorella» replicò Dominick, con freddezza. «Non ti permettere di insinuare il contrario.»
«Quindi non te la scopi?»
«Chi mi scopo, non sono affari tuoi.»
«Oh, è tua sorella, ma te la scopi» concluse Eddie. «Ho sempre saputo che eri un pervertito, per me non cambia nulla. Quello che conta è che ti fai passare i dubbi. Dopotutto, se proprio ritieni opportuno scopare con tua sorella, c'è sempre quell'altra.»
Il cuore di Meredith perse un battito.
Quell'altra?
Bethany non era morta?
Dominick sibilò: «Questi non sono affari che ti riguardano.»
Quindi Eddie lo sapeva? E Bethany, davvero, non era morta? Un sospetto terribile iniziò a infiltrarsi tra i pensieri di Meredith. Per quanto sapesse che abbandonare i due in cantina a complottare non fosse la decisione più saggia da prendere, sentiva la necessità di allontanarsi e verificare qualcosa di fondamentale.
Salì le scale in gran fretta, sperando di trovare ancora Rick Connor. Con una certa sorpresa, vide che era ancora lì, che la aspettava accanto alle buste della spesa.
«Allora?» le chiese. «Che fine avevi fatto?»
Meredith lo guardò negli occhi con fermezza.
«Ho bisogno che tu mi dica una cosa, Rick.»
«Tutto quello che vuoi, basta che poi mi lasci andare.»
«Da quanto tempo conosci Diane Evans?»
Rick scrollò le spalle, con indifferenza.
«Diane Evans - che si fotta! - appartiene al passato.»
«Non m'importa se appartenga al passato o al presente» chiarì Meredith. «Da quanto tempo la conosci?»
«Qualche anno.»
«È cambiata, nel corso degli anni?»
«Cosa vuoi dire?»
«La trovavi invecchiata? Si lamentava di qualche capello bianco che le spuntava?»
Rick obiettò: «Non è mai successo niente di tutto ciò, ma non vedo perché dovremmo parlarne. Non so che genere di competizione ci sia tra te e lei, ma la cosa non mi riguarda.»
Meredith ribadì: «Diane non si lamentava di niente di tutto ciò, ma tu? Ti è mai sembrato che fosse invecchiata?»
«No» ammise finalmente Rick. «Mi sembrava sempre bellissima e, te lo devo confessare, c'era qualcosa in lei che la faceva apparire irresistibile. Non pensavo di essere pronto per mettermi insieme a un'altra donna, dopo mia moglie, quando invece con Diane è successo. Mi è capitata la stessa cosa che è successa quando siamo stati insieme io e te, sentirmi come se non potessi sfuggire, in alcun modo.»
Meredith abbassò lo sguardo.
«Ma certo, come ho fatto a non pensarci?»
«A cosa?»
«A Diane e Brian.»
Rick sbuffò.
«Basta con questa storia, non voglio più sentire parlare di quello che è successo tra di loro.»
Meredith lo ignorò.
«Brian ha sempre detto di amarmi e di non avere alcun dubbio su questo. Eppure è caduto nella rete di Diane, come se non avesse scampo. Non ci ho mai riflettuto abbastanza, eppure è così ovvio.»
Rick replicò: «Non capisco cosa sia ovvio.»
«Non importa che tu capisca» lo rassicurò Meredith, infilando la chiave nella toppa. «Quello che conta è che abbia capito io.»
Tutto aveva una spiegazione: Diane Evans somigliava a Bethany, era affascinante come un'Anima e non lasciava via di fuga alle proprie prede. Fare due più due, all'improvviso, era molto facile: quando era stata rapita, AJ non era stata trasformata in un'Anima Bianca, quanto piuttosto si era risvegliata la sua natura di Anima Nera, Eddie non aveva mai ucciso la propria Anima Grigia, ma l'Anima Grigia in questione era AJ, infine Dominick, da qualche parte, doveva avere un'Anima Bianca. Quell'Anima Bianca era la loro sorella minore, Bethany, ovvero Diane.

 

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Capitolo 26
*** La falena e la lente ***


Kay comparve all’improvviso, proprio all’orario in cui la sala del pianoterra iniziava a riempirsi. Da quando Meredith se n’era andata, toccava a lei sostituirla, ma Derek era rimasto piacevolmente sorpreso nel rendersi conto che non era più invadente come un tempo. Per un attimo gli venne il dubbio che volesse chiedergli di trascorrere insieme la notte, dopo il lavoro, ma venne ben presto smentito.
«Ti vogliono al telefono.»
Derek spalancò gli occhi, convinto di non avere capito bene.
«Al telefono?!»
«Sai, quella cosa con cui una persona che è lontana da qui può parlare con te, mentre tu la ascolti nella cornetta...»
«Fai poco la spiritosa, so benissimo cos’è un telefono» replicò Derek. «Chi è?»
«E che cosa ne so? Non ho risposto io. Mi è stato detto di riferirti che è una cosa urgente e che devi assolutamente andare a rispondere.»
Derek sospirò.
«Proprio adesso? Non sono qui a grattarmi il culo.»
Kay accennò un sorriso.
«Magari è davvero una cosa importante. Non so, potrebbe essere addirittura tua madre, a cercarti, per dirti che non si sente bene.»
«Non è possibile» replicò Derek. «Mia madre è...»
Kay lo interruppe: «Morta? Scusami, non lo sapevo. Avete perso tutti i genitori molto presto, qui dentro. Siete tutti senza famiglia. Magari un giorno salterà fuori che siete vampiri e che i vostri genitori sono morti tutti secoli fa.»
«Non dire cazzate, Kay, i vampiri non esistono» ribatté Derek.
«Altre creature, però, magari sì» puntualizzò Kay. «Si dice che ci sia chi vi dà la caccia.»
«Forse ti converrebbe smetterla di pensare a gente che dà la caccia a creature soprannaturali e a concentrarti sul lavoro» le suggerì Derek. «Per quanto mi riguarda, io vado a rispondere al telefono, che è meglio.»
Kay ridacchiò.
«Lo fai solo per liberarti di me, vero?»
«Chissà...»
Si allontanò, notando Dominick. Sembrava avesse messo gli occhi su Kay e per un attimo Derek fu tentato di rimanere. Storm aveva fatto un casino, con lei, poco tempo prima, e il titolare era dovuto intervenire affinché non si ripetesse. Nonostante ciò, Kay non sembrava molto tranquilla quando il fratello di Meredith le ronzava intorno. Per fortuna, spesso le bastava un’occhiata torva per farlo desistere da ogni intento malsano.
Kay non gli chiese di fermarsi, né diede segno evidente di sentirsi a disagio. Derek passò oltre, ormai concentrato sulla chiamata. Non appena portò il ricevitore all’orecchio e diede un segno di vita, dall’altro capo del telefono udì una voce che conosceva bene.
«Sono io.»
«Mer, dove sei? Perché mi stai chiamando qui?»
«C’è mio fratello, in giro?»
«Sì.»
«Qualunque cosa ti dica, non fidarti di lui» lo pregò Meredith. «È importante.»
«Mi hai chiamato solo per questo?» obiettò Derek. «Non preoccuparti, non mi fido minimamente di lui. Non c’è alcun pericolo.»
«Lo so che non ti fidi, ma stai attento e non farti ingannare. Se mai dovesse chiederti di andare con lui da qualche parte...»
Derek ribadì: «Non vado da nessuna parte con quel pezzo di merda, puoi stare sicura. E sai cosa ti dico? Non dovresti dargli corda neanche tu. Faresti meglio a dirgli di andarsene da casa tua una volta per tutte.»
«Non è così facile» replicò Meredith. «Ti prego di non giudicarmi.»
«Infatti non ti giudico.»
«Me l’hai detto anche oggi, però, che dovrei metterlo da parte.»
«Infatti è proprio quello che dovresti fare. Da quando è tornato, te lo ripeto, non sei più libera di fare nulla. Ti ha costretto perfino a lasciare il lavoro... e mi piacerebbe sapere come mai non puoi neanche uscire di casa, alla sera, quando lui non c’è.»
«Esco, te l’ho detto.»
«Esci, ma lo fai di nascosto. Altrimenti, posso immaginare, mi saresti già venuta a trovare, invece di passare tutto il tempo a farti leccare la figa da quel coglione di Brian Connor.»
«Non ti permetto di parlare di lui in questi termini.»
Derek ridacchiò.
«Quando si tratta di lui, mi lascio sempre un po’ andare. Lo sai, ti sto aspettando. Spero comunque, visto l’argomento di cui stiamo parlando, che se la cavi bene con la lingua.»
Meredith precisò: «Non siamo noi che ne stiamo parlando, sei tu che l’hai tirato fuori dal nulla. Ti chiedo la cortesia di badare ai fatti tuoi. Che cosa facciamo io e Brian quando siamo insieme non ti riguarda. E, se proprio lo vuoi sapere, di solito vado con lui nei pressi della mia vecchia casa.»
«Perché?»
«Perché dubito che a Dominick verrebbe mai in mente di andarmi a cercare là.»
Derek ribadì: «Ecco, da quando c’è Dominick non puoi neanche più frequentare chi ti pare. Prima ti scopavi chiunque desiderassi, adesso non puoi neanche vedere il tuo ragazzo fisso, altrimenti tuo fratello fa casini. Questa non è vita!»
«Questa non è vita, va bene, ma non ti ho chiamato per parlare di questo» replicò Meredith. «Dobbiamo vederci.»
«Quando?»
«Più tardi. Dopo che avrò visto Brian, ma prima che mio fratello torni a casa dal lavoro. Non può e non deve venire a scoprire che ci siamo incontrati.»
Derek sbuffò.
«Fantastico, adesso non puoi più vedere neanche me! Credo sia arrivato il momento di scambiare due chiacchiere con quel figlio di...» S’interruppe di colpo. «Scusami, dato che siete figli della stessa madre. Comunque sia, la deve piantare di tenerti sotto controllo. Dopo gli dico quello che penso di lui.»
«Tu non farai niente.»
«Invece sì. Si merita che qualcuno gli dica che è uno stronzo. E magari anche che qualcuno gli rompa il setto nasale.»
«Ti capisco, ma è necessario che non sappia che io e te siamo in contatto, né che ti preoccupi per me» replicò Meredith. «Credimi, Dominick e Eddie hanno in mente qualcosa di davvero spiacevole e te ne devo parlare. Ho bisogno che tu esca prima. Quando puoi liberarti?»
«Con una scusa, potrei liberarmi anche adesso. Ti raggiungo a casa.»
«Non sono a casa.»
«Questo spiega il perché di questo brusio di sottofondo. Toglimi una curiosità, perché mi chiami da un telefono pubblico, quando ne hai uno in casa? Te l’hanno staccato perché non hai pagato la bolletta?»
Meredith lo ignorò.
«Ho dato appuntamento a Brian, adesso. Non l’ho visto ieri sera, non posso dargli buca anche oggi.»
«Non sia mai» borbottò Derek. «Ti sei accorta, vero, che da quando hai iniziato a frequentare lui la situazione è diventata insostenibile? Magari, se tu lo lasciassi, le cose con tuo fratello potrebbero migliorare, se proprio ci tieni tanto.»
Meredith chiarì: «Le cose con mio fratello stanno per precipitare, indipendentemente da Brian. Ti prego, Derek, ho bisogno di vederti.»

***

Brian rimase immobile, con la lettera sollevata a mezz’aria, quasi calcolando il tempo che lo separava dall’incontro con Meredith. Era ancora fermo davanti alla cassetta della posta quando, alle sue spalle, udì una voce soave e vellutata.
«Brian.»
Conosceva quella voce, conosceva quel tono e lo detestava con tutte le proprie forze.
Si girò e chiese: «Cosa vuoi?»
La guardò.
Indossava un abito nero, fin troppo simile a quelli di Meredith. L’unica differenza era che tra le due vi era un abisso incolmabile.
«È questa l’accoglienza?» fu la secca replica di Diane. «Sono venuta qui, da te, invece di rimanere sul mio balcone a godermi il tepore di una meravigliosa sera di inizio maggio.»
«Vattene, Diane» la pregò Brian. «Non c’è niente che tu possa fare qui.»
Abbassò la lettera, la ripiegò e se la infilò in tasca.
Diane gli domandò, con aria indifferente: «Hai ricevuto belle notizie?»
Brian abbassò lo sguardo.
«Non ti riguarda.»
Diane rise.
«Pessime notizie, vero? Guarda un po’, lo sospettavo...»
«No, non sono pessime notizie, solo notizie che non ti riguardano» replicò Brian, «L’unica cosa che conta è che tu te ne vada.» Alzò gli occhi. «Parlo sul serio, Diane. Mi sono scocciato di te.»
Diane gli ricordò: «Non ci vediamo da tanto, ormai.»
«È ancora troppo poco» ribatté Brian. «Quando saranno passati almeno dieci anni dal nostro ultimo incontro, forse - e lo ripeto, forse - potrei iniziare a sentire la tua mancanza, se non altro in onore dei bei vecchi tempi.»
Diane sorrise.
«È un piacere sapere che quelli in cui ci frequentavamo erano bei tempi per te.»
«Stai attenta a quello che dici e misura bene le parole» la pregò Brian. «Mi sembra un po’ avventato dire che io e te ci frequentavamo.»
«Beh, più o meno...»
Brian scosse la testa.
«Non essere ridicola.»
«Allora mettiamola così: tra noi c’è stato un momento molto piacevole.»
«E non me ne sono mai pentito abbastanza.»
«Hai fatto male» replicò Diane, «Io sono la sola che ti ha regalato una vita migliore. Meredith Storm è soltanto una bambolina senza valore.»
Brian replicò: «Non spetta a te giudicare.»
«Forse no... ma...» Riprese a sorridere. «A proposito, Brian, quella lettera era sua?»
Brian s’irrigidì.
«Cosa te lo fa pensare?»
«Carta rosa.»
«Non è un dettaglio sufficiente.»
«Grafia femminile.»
Brian sbuffò.
«Devo pensare che tu sia rimasta dietro di me abbastanza tempo per potere analizzare che cosa avevo in mano?»
«Mi è capitato di dare un’occhiata, tutto qui» rispose Diane. «Mi stavo chiedendo che cosa ti avesse preso a tal punto da farti sembrare una statua, mentre lo leggevi. Ho notato quei dettagli e ho dedotto che si trattasse di Meredith.»
«In ogni caso» puntualizzò Brian, «Non sono affari tuoi.»
Diane annuì.
«Sapevo che l’avresti detto.»
«E allora perché hai deciso di intrometterti ugualmente?»
«Perché io e te siamo una cosa sola.»
Brian alzò gli occhi al cielo.
«Posso ridere?»
«Se vuoi» ribatté Diane. «Anzi, vederti ridere in questo momento sarebbe un’ennesima prova che la tua donna ideale sono io.»
Brian aggrottò le sopracciglia.
«E questa nuova teoria da dove esce?»
«Dal fatto che un uomo disperato per essere stato lasciato dall’amata non ride.»
Brian sospirò.
«Non sono stato lasciato.»
Diane replicò: «È un vero peccato. In ogni caso, non credo che tra voi durerà per tutta la vita. Non hai ancora capito che, un giorno o l'altro, finirà per lasciarti?»
«E se anche fosse?» obiettò Brian. «Bada ai cazzi tuoi. È la cosa migliore.»
«No. Devo aprirti gli occhi.»
«E io devo tornare in casa.» Fece per avviarsi verso il portone. «È stato un piacere, ma non posso più fermarmi qui.»
«Vengo con te» gli suggerì Diane. «Il tuo garage è piuttosto accogliente, se non ricordo male. O era la cantina?»
Brian le lanciò un’occhiata di fuoco.
«Vattene subito, Diane.»
«Altrimenti cosa fai? Sei totalmente in mio potere, ormai. Hai bisogno di una donna speciale al tuo fianco, non di una come Meredith.»
«E tu saresti speciale?»
Diane gli parve compiaciuta, mentre replicava: «Vedo che, anche stavolta, non hai fatto nulla per smentirmi, quando ti detto che Meredith non è speciale. Devo dedurre che tutto stia iniziando a starti stretto, con lei?»
«La mia vita sentimentale non mi riguarda» replicò Brian. «Non ho niente né da confermare né da smentire.»
Diane annuì.
«Per ora.»
Brian non rispose.
Si allontanò, prendendo la chiave. La infilò nel portone, attendendo che Diane lo trattenesse.
“Non può non farlo.”
L'ex fidanzata di Rick lo stupì, permettendogli di infilare la chiave nella toppa e di aprire la porta. Soltanto a quel punto, mentre oltrepassava la soglia, scattò verso di lui. Quando Brian udì il portone richiudersi ebbe la consapevolezza che nell’atrio ci fosse anche Diane.
Si girò verso di lei.
«A quanto pare io e te non parliamo la stessa lingua.»
«E va bene» sbottò Diane, «Non vuoi ammettere che c’è un legame profondo tra di noi. Ammetterai, però, che io non sono una donna comune.»
«Veramente» ribatté Brian, sforzandosi di non perdere la calma per non peggiorare ancora di più la situazione, «A me sembri come tutte le altre. So che sentirselo dire è spiacevole, ma non noto niente di diverso in te.»
Diane sogghignò.
«Evidentemente Rick, quando mi raccontava delle storie di poco tempo che avevi avuto, definendoti come uno che non era in grado di avere una relazione stabile, ti sopravvalutava. Per caso le donne comuni pretendono che tutte le luci siano spente, prima di spogliarsi?»
Brian s’irrigidì.
«Cosa vuoi dire?»
«Meredith ti ha mai chiesto di fare sesso al buio?»
«Non sono cazzi tuoi.»
«Dimmelo, Brian.»
«Vattene.»
«Non prendo ordini da te.»
Brian le ricordò: «Tu non abiti in questo palazzo. Tecnicamente stai commettendo una violazione di domicilio.»
Diane scosse la testa.
«Neanche per sogno. Tu abiti qui, e sei stato tu a farmi entrare.»
«Non volontariamente.»
«È la tua parola contro la mia. Se vuoi denunciarmi e portarmi in tribunale...»
«Non voglio né denunciarti né farti causa» puntualizzò Brian. «Vorrei solo che capissi che non puoi rimanere qui in eterno.»
«Infatti» replicò Diane, «Non voglio assolutamente stare qui in eterno. Cosa credi, che non abbia nessuno che mi aspetta, da qualche parte?»
«Onestamente mi è difficile crederlo.»
«Questo non mi riguarda. Se sono venuta qui è perché voglio aprirti gli occhi. Stavamo parlando del fatto che a me piace il buio.»
«Non è un discorso che mi interessa approfondire» replicò Brian, comunque sollevato nel rendersi conto che quella di Diane non era un'allusione a fatti veramente accaduti nel suo intimo.
«Fai male» la sentì sibilare. «Fai davvero molto male. Sottovaluti quello che ti succede intorno. Ci scommetto che anche Meredith rifiutava di spogliarsi al buio.»
A quanto pareva, tuttavia, le allusioni nei confronti di Meredith non erano molto lontane. Ci tenne a precisare, come se potesse contare quaalcosa: «Questi non sono affari tuoi.»
Diane rispose: «Lo so, ma potrebbe essere molto importante.»
Brian sbuffò.
«Io e Meredith abbiamo fatto sesso anche con la luce accesa. Sei soddisfatta, adesso? O vuoi sapere anche se la eccitava di più il buio o la luce?»
«Quelle come lei trovano eccitanti le loro prede, sia al buio, sia alla luce» replicò Diane. «L’unica differenza è che hanno bisogno del buio per proteggersi.»
Brian scosse la testa.
«Meredith non ha mai avuto bisogno di proteggersi da me.»
Diane rise.
«Credo di sì, invece. Gli unici da cui non deve nascondersi sono quelli che sanno tutto di lei... quelli tipo Dominick, per intenderci.»
Brian raggelò.
«Che cazzo stai dicendo?»
«Sto dicendo che quando Meredith va a letto con Dominick Storm le luci possono rimanere tranquillamente accese.»
«Non essere ridicola» la ammonì Brian. «Meredith non...»
Diane continuò a ridere.
«Che bella l’illusione di avere una fidanzata fedele... non è vero, Brian?»
«Non sto parlando di illusioni o di nient’altro» precisò Brian. «Dominick Storm è suo fratello.»
«Appunto» convenne Diane. «Chissà quanto tempo possono passare insieme, quei due, senza che nessuno abbia sospetti.»
Brian scosse la testa.
«È assurdo. Meredith non mi ha mentito sull’identità di Dominick.»
«Certo che no» confermò Diane. «Dominick è davvero suo fratello. Il problema è che Meredith non è una puttana comune, ma è una depravata. Fin da quando erano ragazzini ha sempre cercato di sedurre Dom. È ovvio che Dom ha cercato di dissuaderla, ma Meredith l’ha sempre minacciato. Gli diceva che voleva uccidersi e che l’avrebbe fatto, se non l’avesse assecondata.»
«Vattene!» sbottò Brian. «Sono stanca di ascoltare le tue assurdità. La Meredith che conosco io non farebbe mai una cosa del genere. Tra l’altro mi ha lasciato intendere che lei e suo fratello non siano mai andati molto d’accordo.»
«Per forza. Dom è sempre stato totalmente dipendente da lei.»
Brian spalancò gli occhi.
«Dom?»
«Sì, Dominick.»
«Ho capito di chi stai parlando» replicò Brian. «Quello che non capisco è perché dovresti usare un diminutivo per parlare di un perfetto sconosciuto. Forse perché non è uno sconosciuto?»
«No, non lo è» ammise Diane. «È stato lui a raccontarmi di quanto sia malata sua sorella. Vorrebbe farla curare, ma...»
Brian la interruppe: «Se c’è qualcuno che ha bisogno di cure psichiche, non è certo Meredith, ma piuttosto quello psicopatico di suo fratello!»
Diane sospirò.
«Non mi dire che ce l’hai ancora con lui per quella faccenda di poco conto di qualche tempo fa. Quella del parcheggio, intendo.»
«Quel fatto è l’ennesimo esempio di quanto sia squilibrato» replicò Brian. «Una persona normale non andrebbe in giro ad aggredire il primo che passa senza una ragione valida.» 
Diane obiettò: «Tu non eri il primo che passa, ma eri un amico di sua sorella. La ragione valida ce l’aveva: lui odia gli amici di sua sorella, a priori. Meredith è una depravata e Dom è convinto che anche i suoi amici lo siano e che approvino il suo comportamento.»
«La tua teoria mi sembra completamente campata in aria. Se tra Meredith e suo fratello c’è un pazzo, quello è sicuramente lui.»
«Va beh, pensala pure come ti pare» si arrese Diane. «Per adesso io me ne vado. Il discorso sulle donne speciali lo faremo un'altra volta, okay?»
Brian chiarì: «Potremmo anche non farlo mai, per quanto mi riguarda.»
Diane sorrise.
«In fondo lo so che lo vorresti. Sono sicura che ti stai chiedendo se ho qualcosa in comune con Meredith.»
«Veramente» replicò Brian, «È l’ultimo dei miei pensieri. In ogni caso, se vuoi andartene, non sarò certo io a trattenerti.»
Diane non aggiunse altro e aprì il portone.
Brian la guardò uscire e richiudere l’uscio alle proprie spalle. Rimase nell’atrio per qualche istante, a valutare se in quanto gli aveva riferito Diane potesse esserci qualche fondamento di verità. La risposta fu lampante.
“No, non c’è niente di vero.”
Per fortuna, dopo quel brutto incontro, giunse anche l’ora di quello ben più piacevole con Meredith. Si trovarono sotto casa, quando ormai Diane era già andata via.
Era in ritardo, ma non importava. Se fosse arrivata prima, magari avrebbe fatto brutti incontri.
«Scusami» gli disse Meredith, dopo averlo salutato, «Ma ho avuto un contrattempo.»
«Anch’io, in realtà. Anch'io ho avuto un contrattempo.» Come spesso accadeva durante quelle serate, Brian fece subito dopo un commento sul suo vestiario. «Anche oggi stai cercando di morire di freddo?»
Meredith rise.
«Non accadrà. E poi non fa più freddo come qualche tempo fa.»
«Lo spero.»
«Fidati.»
«Tu, però» replicò Brian, «Toglimi una curiosità: che fine hanno fatto tutti quei tuoi meravigliosi abiti eleganti?»
«Ti faccio così schifo vestita così?»
«Certo che no! Credo che saresti splendida anche infilata dentro un sacchetto della spazzatura!»
«Adesso non esagerare.» Meredith ridacchiò. «Comunque, per quanto riguarda i vestiti, attendono insieme a me che arrivi l’occasione giusta per indossarli di nuovo.»
«Capisco.» Brian rimase in silenzio per qualche istante, prima di domandarle: «Dove andiamo stasera?»
Meredith lo guardò, implorante.
«Che cosa ne dici del solito posto?»
«Va bene» rispose Brian, accompagnandola alla macchina.
Non parlarono molto a lungo, durante il tragitto. Quando lo fecero non fu mai nulla di molto importnate.
Arrivati a destinazione si fermarono, parcheggiarono sulla stessa strada, poi scesero dall’automobile.
Guardando la casa diroccata, Brian fu colto da una domanda improvvisa, che pronunciò ad alta voce: «Cosa pensi che sia successo dopo il volo?»
Meredith parve non capire.
«In che senso?»
«Parlo della ragazza della leggenda.»
«Oh.»
«Come potrebbero avere reagito» volle sapere Brian, «Quelli che le volevano bene?»
Meredith obiettò: «Quelli che avrebbero dovuto volerle bene, in realtà volevano vederla morta.»
«La famiglia?»
«Sì.»
«E gli altri?»
Meredith sospirò.
«Quali altri?»
Brian non fece in tempo a rispondere. Qualcosa di grosso gli passò davanti agli occhi, forse una falena. L'insetto, poi, andò a colpire Meredith in un occhio. Lo scacciò con la mano, strofinandosi l'occhio.
Accadde tutto all'improvviso. Brian vide un'espressione terrorizzata, sul suo volto. La udì imprecare, menzionare una lente.
Doveva esserle caduta. Non sapeva che portasse le lenti a contatto. Si chiese se avesse problemi di vista, o se i suoi occhi turchesi non fossero in realtà turchesi.
La risposta arrivò subito dopo.
L'occhio destro, sul quale era stata colpita dalla falena, era rosso e fosforescente.
La fissò con la bocca spalancata, mentre Meredith cercava di rassicurarlo: «È tutto a posto.»
«Non è a posto proprio un cazzo!» esclamò Brian. «Meredith, che cosa sei?»

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Capitolo 27
*** Il sotterraneo ***


Harley e Jonathan entrarono al Rifugio del Drago, dove Harley aveva saputo - dalla diretta interessata - che Claire si sarebbe presentata quella sera.
«Sei sicuro che non si tratti di un errore colossale?» L’investigatore sembrava tutt’altro che convinto. «Se veramente Claire ha intenzione di venire...»
Per Harley fu necessario un grosso sforzo per non replicare. Le paranoie di Jonathan a proposito dell’ex fidanzata gli sembravano giorno dopo giorno più ridicole. Avevano fatto coppia fissa per anni, com’era possibile che fosse terrorizzato dalla sola idea di incontrarla?
Si sedette al tavolo più vicino all’ingresso e invitò Jonathan a fare lo stesso.
Non sentì proteste, il che era già un notevole passo avanti.
Non appena si furono accomodati, l’efficientissimo cameriere amico di Meredith Storm si diresse verso di loro per prendere le ordinazioni.
Harley pronunciò il nome del primo cocktail che gli venne in mente. Non capì cos’avesse chiesto Jonathan, ma con tutta probabilità la scelta era stata ugualmente dettata dal caso.
Il cameriere si allontanò e Harley prese a guardarsi intorno.
«Meredith non c’è.»
«A quanto pare» confermò Jonathan, «Non lavora più qua. Mhm...»
«C’è qualcosa che non ti convince?» gli domandò Harley, al quale non era sfuggita quell'esitazione.
«Niente di che. In realtà stavo riflettendo su quello che ho detto un attimo fa, che Meredith non lavora più qua, intendo.»
«Sì, capisco quello che vuoi dire. Con tutta probabilità lavora ancora in questo locale, anche se lo fa nascondendosi. Probabilmente è da qualche parte ad adescare altri uomini da sedurre, gente alla quale cercare di estorcere informazioni.»
«Un po' come ha fatto con noi.»
«Siamo qui per scoprirlo» osservò Harley. «Non possiamo fare altro che...»
Si interruppe, nel notare gli occhi sbarrati di Jonathan. Stava per chiedergli cosa fosse successo, ma non fu necessario: lo comprese nel momento in cui sentì una mano che gli si posava su una spalla: era semplicemente arrivata Claire.
«Cosa ci fai qui?» gli chiese, secca. «Non mi pare che ci fossimo dati appuntamento. E soprattutto, che cosa ci fa lui?» Gli indicò Jonathan. «Per caso vi siete messi in testa di seguirmi?»
Harley sospirò. Non si aspettava una simile reazione.
«Allora?» insisté Claire, evidentemente infastidita dall’assenza di una risposta. «Se non vuoi dirmelo, allora me lo dirà Jonathan.» Si rivolse al suo ex fidanzato. «Sono sicura che avrai una spiegazione pronta.»
«Sì, ho una spiegazione pronta» replicò Jonathan, facendo spalancare gli occhi a tutti e due. «Sai perché io e Harley siamo qui? Perché siamo convinti che la sorella del tuo nuovo fidanzato sia un'Anima Grigia che adesca uomini in questo locale e altrove con lo scopo di controllarli. Vogliamo scoprire fino a che punto il tuo amato - quello che tu descrivi come un santo, nonostante ti tratti peggio di una merda - sia invischiato in questa storia. Sei soddisfatta, adesso che lo sai?»
Gli occhi di Claire erano ancora sbarrati. Per quanto Harley potesse arrivare ad apprezzare la presa di posizione di Jonathan, in un’altra occasione, iniziò a sospettare che fosse stata una pessima idea.
«Non devi permetterti di giudicare Dom» replicò Claire, con un tono che non ammetteva repliche. «La mia vita privata me la gestisco da sola.»
«Ehi, calmati, Claire» la esortò Harley. «Sono sicuro che Jonathan abbia esagerato, ma siamo solo preoccupati per te. In fondo tu hai a che fare direttamente con uno di loro.»
«Dominick è un uomo normalissimo» lo difese Claire, «E ora, se non ti disturba, vado a cercarlo.»
Si allontanò senza dare né a Harley né a Jonathan il tempo di fare alcunché per trattenerla.
L'investigatore si prese la testa tra le mani.
«Non riesco a credere che mi abbia lasciato per Dominick Storm.»
«E poco dopo, tu ti sei fatto sua sorella.»
Nell'udire le parole di Harley, Jonathan gli scoccò un'occhiata di fuoco.
«Meredith Storm sarà anche un'Anima Bianca come suo fratello, ma ha un modo totalmente diverso di presentarsi... In ogni caso non vedo perché debba spiegartelo: sai benissimo com'è Meredith.»
Harley annuì.
«Eccome se lo so.»
«Dominick, invece» obiettò Jonathan. «È un vero stronzo e non fa nulla per nasconderlo.»
«Quella gente riesce ad affascinare facilmente. Ci sono passato con Meredith e, più di recente, sono riuscito a svegliarmi in tempo quando un'altra di loro ha cercato di avvicinarmi.»
«Tutte le Anime di Acid Corn sanno chi sei?»
«Questa nello specifico» puntualizzò Harley. «Si era presentata come Bethany, ma ho scoperto che è quella Diane che avuto a che fare con Brian qualche tempo fa.»
Poco dopo Claire ritornò al tavolo, annunciando: «Ho cercato Dominick per tutto il locale, ma non riesco a trovarlo. Al piano di sopra, una cameriera con una minigonna talmente corta da lasciarle il culo scoperto l’ha visto, non più tardi di venti minuti fa, ma non sa dove sia andato a finire.» Si guardò intorno, come se sperasse di vederlo sbucare magicamente fuori dal nulla. «Voi l’avete visto?»
«No.» Harley evitò di aggiungere di essere piuttosto soddisfatto dalla sua assenza. «Che cosa ne dici di tornare a sederti, adesso che hai appurato che non c'è?»
Claire obbedì, visibilmente controvoglia.
«Va bene, ma non permettetevi mai più di insinuare che Dominick sia un delinquente o qualcosa del genere.» Diede un’occhiata a Jonathan. «Hai capito?»
«Ho capito, ho capito» replicò Jonathan. «Evidentemente sei talmente presa da quel tizio da non essere nemmeno in grado di distinguere la realtà.»
Claire scosse la testa.
«No, non ti permetto di...»
Harley la interruppe: «Per cortesia, Claire, smettila di difenderlo, almeno davanti a me! Non fai altro che parlarmi di quanto la vostra relazione vi faccia soffrire. Non sei nemmeno capace di lasciarti spogliare da lui senza metterti a tremare o senza provare disgusto per quello che stai facendo.»
«Ho bisogno di tempo» replicò Claire, avvampando, ma senza lamentarsi per la sua palese intrusione. «Sono sicura che presto riuscirò a fare l’amore con lui.»
Jonathan parve sollevato, nello scoprire che non era ancora successo.
«Io sono sicuro, invece» ribatté Harley, «Che se davvero stessi bene insieme a lui sarebbe già capitato molto tempo fa.»
«Sì, può darsi, ma sto cercando di rimettere in piedi la mia vita e non viene tutto in automatico.»
«Rimettere in piedi la tua vita, eh?» mormorò Jonathan. «Adesso non dare la colpa a me. Non dirmi che sono stato io a rovinartela!»
«Ah, no? E chi allora? Ti sei chiesto perché io stia insieme a Dominick?»
«Perché non vuoi stare con me» dedusse Jonathan, «Perché nessun altro ti ha fatto delle avance e perché ti sottovaluti talmente tanto da pensare che la tua vita non valga niente senza un uomo al tuo fianco.» La guardò con aria di sfida. «Ora, per cortesia, dimmi che mi sbaglio, se è davvero così.»
Harley fece per alzarsi in piedi.
«Magari è meglio se vi lascio soli...»
«Non pensarci nemmeno» obiettò Jonathan, tirandosi su di scatto. «Tolgo il disturbo.»
Claire si alzò e lo afferrò per un braccio.
«Non farlo, ti prego!»
«Perché no?» replicò Jonathan. «Se per te sono solo un visionario e Dominick non ha niente da nascondere, non abbiamo più niente da dirci.»
Claire abbassò lo sguardo.
«Può darsi che Dom abbia davvero qualcosa da nascondere. In tal caso sono io che non voglio che venga alla luce. Tutti hanno diritto a una seconda possibilità.»
«Già, tutti hanno diritto a una seconda possibilità» confermò Jonathan, «Tutti tranne me e te insieme, a quanto pare.» 

*** 

Meredith udiva dei passi, in lontananza. Sporgendosi tanto quanto le catene che le trattenevano i polsi e le caviglie le permettevano, appoggiò il volto alle sbarre, nel tentativo di intravedere qualcuno.
Il corridoio era buio, ma già da oltre un secolo i suoi occhi erano in grado di vedere attraverso le tenebre. Si guardò intorno, non vedendo null’altro che polvere.
Vedeva polvere.
Respirava polvere.
Desiderava che il tempo la uccidesse e la trasformasse in polvere, come avrebbe dovuto accadere il secolo precedente.
L’aveva desiderato quando, all’età di quattordici anni, si era accorta del modo in cui Dominick la fissava.
Suo fratello le si era avvicinato, nella vecchia soffitta impolverata.
L’aveva spinta contro la parete.
La pressione dei loro corpi, uno contro l’altro, l’aveva fatto eccitare.
Chissà cosa sarebbe accaduto se la zia Mary Beth non fosse entrata in soffitta e non li avesse sorpresi.
Li aveva definiti i figli del male.
“Tutto sommato non si sbagliava di molto.”
Immersa com’era nei propri pensieri, Meredith vide e non udì nulla, finché una voce non si rivolse a lei.
«Che piacere rivederti.»
Meredith sussultò.
Dominick era a un passo da lei, appoggiato contro le sbarre.
Meredith indietreggiò.
«Che cosa vuoi?»
«Ti ho vista piuttosto assorta» osservò Dominick. «A cosa pensi?»
«Vuoi proprio saperlo?»
«Perché no?»
«Pensavo a un giorno di tanti anni fa» lo informò Meredith. «Io avevo quattordici anni e tu ne avevi diciassette. Zia Mary Beth ci sorprese in quelli che le sembrarono atteggiamenti intimi. Ci fece spogliare, ci legò a una trave e ci prese a bastonate fino a farci svenire, poi...»
Dominick la interruppe: «Eri così carina, nuda. Mentre mi lasciavo scorticare dal bastone, non pensavo ad altro che a te.»
Meredith lo ignorò.
«Poi decise che dovevi essere allontanato, prima che fosse troppo tardi. Ne parlò con nostro padre...»
«Che ritenendo che le bastonate che avevo ricevuto da lei non fossero sufficienti raddoppiò la dose, purtroppo senza che ci fossi tu davanti a me a rendere quel momento meno doloroso.»
Ancora un volta Meredith non lo prese in considerazione.
«Ne parlò con nostro padre, che decise che mandarti a lavorare lontano da casa era la cosa migliore da fare.»
«Hanno deciso loro per noi» replicò Dominick, «Io e te avremmo dovuto essere felici insieme. Era scritto nel nostro destino.»
«No, Dom, non...»
«Taci, Meredith. Taci, perché non sai quanto il nostro amore avrebbe potuto essere puro e incontrollabile. Avvicinati, ti prego.»
Meredith indietreggiò ancora.
«No.»
«Avvicinati» insisté Dominick. «Voglio toccarti. Non chiedo tanto: solo toccarti, mi può bastare, per adesso.»
«Ho detto di no.»
Dominick sospirò.
«Vuoi davvero che uccida Brian Connor?»
Sentire pronunciare quel nome fu un duro colpo, ma Meredith sapeva di avere limitato i danni. Era stato terribile quando Brian aveva scoperto il vero colore dei suoi occhi, quando le aveva chiesto cosa fosse, quando era indietreggiato, come se fosse spaventato da lei. Per fortuna era andato via, quando l'aveva pregato di lasciarla sola e di dimenticarsi di lei. Poteva immaginare che avrebbe raccontato tutto a Jonathan White, ma Jonathan White non era pericoloso.
Derek era arrivato poco dopo e Meredith gli aveva rivelato le tremende intenzioni di Eddie. Non avevano avuto molto tempo per discuterne: Dominick aveva seguito Derek, raggiungendola accanto alla dimora cadente.
Le aveva ordinato di seguirla. L'aveva portata al Rifugio del Drago, dove le aveva chiesto di tirarsi su il cappuccio della felpa, per non dare nell'occhio. Gli indumenti scelti per il volo avevano il pregio - o il difetto? - di darle un aspetto ben diverso da quello al quale tutti erano abituati ad associare a lei.
Meredith aveva ritenuto che la scelta più saggia fosse quella di obbedire agli ordini di Dominick, specie considerato che, per il momento, non aveva accennato minimamente alla sua fuga. Prima o poi sarebbe accaduto.
Erano giunti alla porta di uno sgabuzzino polveroso, nel quale non vi era nemmeno la luce elettrica. Vi era un'altra porta, che tramite una scala a chiocciola conduceva al sotterraneo. Dominick aveva la chiave di quella porta. L'aveva aperta e aveva invitato Meredith a seguirlo. In qualità di Anime Grigie, entrambi vedevano al buio, più o meno allo stesso modo in cui gli occhi umani vedevano in caso di luce fioca.
La scala era lunga e conduceva a una sorta di cancello, non era cambiato nulla rispetto ai vecchi tempi, quando Meredith - in cambio della presupposta libertà di Alicia - vendeva il proprio corpo nel sotterraneo del locale che ai tempi si chiamava Rifugio delle Anime.
Dominick aveva anche la chiave del cancello, perciò non aveva avuto problemi a infilarsi dentro. Meredith non si era sorpresa di trovare un corridoio, né una rampa di scale che conduceva a un ulteriore piano sotterraneo. Era il corridoio con le celle. Dominick l'aveva portata in quella in cui, ai vecchi tempi, era solito rinchiuderla.
L'aveva incatenata, poi aveva chiuso tutto a chiave, informandola che più tardi sarebbe tornato. Eccolo, lì davanti che la minacciava di fare del male a Brian, con quella sua espressione dura, ma al contempo beffarda.
«Allora?» sibilò. «Non hai niente da dire?»
«Ho solo una cosa da dire» rispose Meredith, «Ed è che non dovrei essere qui. Dici che siamo fatti per stare insieme, eppure non fai altro che smentirti da solo.»
Dominick obiettò: «Sei tu che smentisci, che distruggi tutto quello che c'è tra noi. Quel Brian Connor...»
Meredith puntualizzò: «Non ero insieme a Brian, stasera. Non ci vediamo più.» Almeno la seconda parte di quell'affermazione era vera. «C'era Derek con me, questa sera.»
Dominick le ricordò: «Hai cercato di nascondermi che Derek fosse la tua Anima Bianca.»
«È stato molto tempo fa. E poi è uno di noi.»
«Mi stai dicendo che, per averti, devo essere disposto ad accettare una tua relazione di facciata con Derek?»
«Perché no?»
Dominick rimase in silenzio per quello che a Meredith parve un tempo infinito. Non doveva essere passato più di mezzo minuto, tuttavia, quando le domandò: «A che gioco stai giocando, Mer?»
Non lo sapeva nemmeno lei, a dire il vero, e non aveva idea di quanto potesse essere giusto o sbagliato il suo tentativo di convincere il fratello di qualcosa che non esisteva.
«Non sto giocando» rispose, sforzandosi di apparire credibile. «Brian Connor mi ha stancato. Nessuno può accettare facilmente quello che siamo io e te, ma sai bene che non riesco a rimanere da sola. Derek è una buona copertura.»
Dominick fece una risata.
«Se lo dici tu.»
«Devi credermi.»
«Mai detto di non crederti.»
«Allora liberami» lo supplicò Meredith. «Liberami e farò quello che vorrai.»
Dominick inserì la chiave nella toppa. Aprì la porta della cella, facendola illudere per un attimo che volesse toglierle anche le catene.
Suo fratello, tuttavia, sentenziò: «Non metto in dubbio la tua buon volontà, ma non posso passare sopra a tutto quello che hai fatto. Ti avevo vietato di uscire di casa. Tu non solo mi hai disobbedito, ma l'hai anche fatto nel peggiore dei modi. Sei scappata. Sei scappata in volo. Quello che hai fatto è inaccettabile.»
Entrò e le si avvicinò. Meredith fu scossa da un brivido, e non certo per il freddo, anche se, prima di incatenarla, Dominick le aveva fatto togliere la felpa, lasciandola con un top che la copriva ben poco.
«Cosa fuoi fare?» trovò il coraggio di chiedergli.
Dominick ridacchiò.
«Cosa farebbe zia Mary Beth, se fosse qui?»
Dette quelle parole, si allontanò.
«Dove vai?» chiese Meredith, senza ricevere risposta.
Suo fratello tornò poco dopo.
«Guarda cos'ho portato.» Teneva in mano un bastone di bambù. «È proprio quello di zia Mary Beth. E credo sia la giusta punizione per quello che hai fatto.» Senza darle il tempo di replicare, tornò ad avvicinarsi, dopo avere appoggiato il bastone alla parete. «Non muoverti e non provare a opporre resistenza.»
Come se avesse potuto, incatenata com'era. Avrebbe voluto farglielo notare, ma ritenne più saggio tacere.
«È una vera fortuna che tu sia senza felpa, sarà tutto molto più pratico» proseguì Dominick. Le tirò su il top, per denudarle una maggiore porzione di schiena, dopodiché le sbottonò i pantaloni, calandoglieli giù fino quasi alle ginocchia. «Belle mutandine» osservò. «Le hai messe per Derek?» Le tirò giù anche quelle, commentando: «Sarebbe un vero peccato rovinarle.» Con una mano le fece una carezza sulla parte bassa della schiena, per poi scendere fino alle natiche. «Anche il tuo culo è molto bello e sarà un peccato rovinarlo, ma guarirà molto presto. Sei pronta?»
C'era un solo modo per sperare di uscire da quella cella, Meredith lo sapeva.
«Sì, sono pronta» mormorò, consapevole di ciò che la aspettava.
Zia Mary Beth l'aveva punita in innumerevoli occasioni con quel bastone, sia prima sia dopo il fattaccio della soffitta. A parte quella volta, si era sempre data un limite; il limite che certo Dominick non avrebbe avuto. Il suo corpo di Anima Grigia aveva molta più resistenza di quello di ragazzina umana e avrebbe rimarginato rapidamente le ferite, ma la forza di Dominick era di gran lunga maggiore di quella della zia, il che, unito alla consapevolezza di potere prolungare quel supplizio potenzialmente all'infinito e al suo sadismo, le avrebbe fatto rimpiangere le già dolorose punizioni della zia.
Dominick iniziò dall'alto, il primo colpo inferto fu appena al di sotto del top. Meredith strinse i denti, soffocando un gemito.
Poi arrivò il secondo, quasi nello stesso punto. E poi, uno dietro l'altro, il terzo, il quarto e il quinto. Fu allora che Meredith gemette.
«Così presto?» le chiese Dominick, sprezzante. «Abbiamo appena iniziato. E per ora sono stato molto delicato. Resisti, Mer, questo è il prezzo da pagare per tornare a casa.»
Le bastonate che seguirono furono decine, in rapida successione, scendendo lentamente fino alle natiche. Era chiaro come Dominick volesse dimostrarle che era totalmente in suo potere. Quel potere, tuttavia, non sarebbe durato all'infinito. Meredith era più certa che mai che prima o poi sarebbe stata libera, a qualunque costo.

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Capitolo 28
*** Sul pianerottolo ***


«Ieri...»
Brian esitò. Quella che era accaduto la sera precedente era una faccenda che poteva avere una portata enorme, dovevs fare attenzione a parlarne con Jonathan.
L’altro alzò gli occhi su di lui.
«Ieri...?»
«Niente.»
Jonathan si diresse verso la sua scrivania e vi si sedette sul bordo.
«Un giorno dovrai spiegarmi cosa ti sta succedendo.» Ridacchiò. «Secondo me è una crisi di mezza età in anticipo.»
Brian scosse la testa.
«Non c’è niente che non va in me.»
In realtà tutto non andava, ma non era il caso di riferire a Jonathan cosa fosse accaduto con Meredith.
Jonathan sembrò intuire che cosa fosse accaduto.
«È Meredith il problema, non è vero? Ha deciso di allontanarsi di nuovo?»
Brian abbassò lo sguardo.
«Sì.»
In fondo non era completamente falso.
«Lo sapevo. So che cosa significa amare una donna che non ne vuole più sapere di te. Purtroppo Claire...»
Brian lo interruppe: «Un giorno tu e Claire tornerete insieme. Siete fatti l’uno per l’altra, l’hai sempre detto anche tu.»
Jonathan scosse la testa.
«No, Brian, non è così. Ormai la sua vita è accanto a Dominick Storm, che mi piaccia o no. Non mi resta che sperare che tu abbia ragione su Harley Parker e sperare che riesca almeno lui a conquistare Claire. Preferirei saperla accanto a una persona perbene, invece che a un pazzoide. Vedo la cosa molto improbabile, comunque: ho incontrato Harley proprio ieri sera e...»
«Hai incontrato Harley?»
«Questioni di lavoro» rispose Jonathan, senza entrare nello specifico. «Per quanto riguarda le cose serie, invece...»
«Il lavoro non è serio?»
«Mi riferivo a Claire.»
Brian sospirò.
«Non starà diventando un’ossessione?»
«Sei tu che sei ossessionato» replicò Jonathan, «Da una donna che, per giunta, si comporta in modo strano.»
«In modo strano?»
«Beh, sì. Non...»
Jonathan s’interruppe e non diede segno di voler proseguire. Brian decise di lasciar perdere: meno insisteva e meno avrebbero dovuto parlare di lei, che sembrava così tanto intenzionata a rimanere fuori dalla sua vita, dopo avergli accidentalmente mostrato occhi rossi fluorescenti, come quelli delle Anime Grigie.
«Tornando a Claire» riprese Jonathan, «Mi viene il dubbio che sappia più cose di quanto dovrebbe, a proposito di quello che fa Harley. Non intendo dire che sappia come lavora l'EIPF, quanto piuttosto che sappia di avere avuto a che fare con creature non propriamente umane.»
Brian non riuscì a spiccicare parola, si limitò a mormorare: «Oh.»
«È tutto quello che sai dire?»
«Non mi viene altro.»
«Fino a poco tempo fa» puntualizzò Jonathan, «Avresti affermato che certe creature sono solo leggenda. È forse cambiato qualcosa, di recente?»
Brian mentì: «Semplicemente ho considerato che l'apertura mentale non guasta. Se fossero tutte cazzate, tu non ci lavoreresti, così come non lo farebbe Harley. Inoltre c'è la vicenda di AJ. Ho visto io stesso la sua foto e l'ho riconosciuta.»
Jonathan obiettò: «Qualcosa mi dice che non sia semplicemente questo. Cos'è successo esattamente con Meredith?»
Brian si sentì combattuto come non mai. Da un lato riteneva di dovere mantenere il segreto, dall'altro sentiva di potersi fidare di Jonathan.
«È un'Anima Grigia.»
«Come lo sai?»
«Ho visto i suoi occhi, ne sono certo al di là di ogni ragionevole dubbio.» Lanciò un'occhiata all'amico, ancora seduto sul bordo della scrivania. «Tu, però, non mi sembri molto sorpreso.»
Jonathan ammise: «No, non ne sono per niente sorpreso. Lo sapevo già molto tempo fa, quando ancora non la conoscevi.»
Brian azzardò: «Lo sa anche Harley?»
«Da prima che io stesso la conoscessi.»
«E vuole farle del male?»
«No.»
«Come posso crederti? L'ha raccontato lui stesso, il suo lavoro consiste nell'eliminare le Anime Grigie.»
«Il suo scopo consiste nel selezionare quelle pericolose e, in caso si renda necessario, intervenire a tutela della gente» lo corresse Jonathan. «Non uccide per sfizio. Meredith Storm è relativamente innocua, pare solo che sia succube del fratello.»
«Quindi non è per me che devi preoccuparti, ma per Claire.»
«Anche perché tu non vedi più Meredith... o sbaglio?»
«Non sbagli» rispose Brian, anche se non ne era poi così sicuro.
Era già accaduto varie volte che la sua strada si separasse da quella di Meredith e, per quanto ci fossero delle ragioni assolutamente comprensibili, non era certo di volere chiudere una relazione senza nemmeno un ultimo chiarimento finale.
Nel corso del pomeriggio maturò la decisione di andare a parlarle. Non pronunciò più il suo nome, per tutto il resto del tempo che passò con Jonathan, né diede segno di avere intenzione di vederla. Attese pazientemente che finisse l'orario di lavoro. Mezz’ora più tardi era sotto casa sua.
Guardò in alto, scoprendo che le tapparelle dell’appartamento di suo fratello erano tutte chiuse. L’idea che qualcuno venisse a conoscenza del fatto che si fosse recato a casa di Meredith continuava a non lasciarlo del tutto tranquillo, quindi era un sollievo, per lui, che né Rick né Patricia ci fossero.
Si avvicinò al portone, scoprendo che era accostato.
Entrò.
Salì le scale lentamente, con la consapevolezza di essere, gradino dopo gradino, sempre più vicino a Meredith.
Udì una porta che si richiudeva. Non se ne curò, almeno fino al momento in cui, quando gli mancava soltanto una rampa di scale per raggiungere il pianerottolo sul quale abitava Meredith, si ritrovò faccia a faccia con Dominick Storm.
Si fissarono per qualche istante.
Lo sguardo di Dominick era più penetrante che mai.
«Immagino che tu sia qui per mia sorella.»
Il suo tono era tagliente e accusatorio.
«Perché sono qui» replicò Brian, «Non sono affari che ti riguardano.»
«Invece mi riguardano eccome. Se non sbaglio l’ho detto anche a te, che scherzare con il fuoco non è mai la cosa migliore da fare.»
Brian raggelò.
Non scherzare con il fuoco.
L’autore delle telefonate minatorie, rivolte a Jonathan e a lui stesso, non era Derek. Ce l’aveva davanti.
Avrebbe dovuto capirlo subito.
Lo accusò: «Immagino che tu ti diverta a tormentare la gente.»
Sul volto di Dominick comparve un sorrisetto che non preannunciava nulla di positivo.
«Io non faccio nulla per puro divertimento. Valuto che cosa sia vantaggioso e poi agisco.»
«La tua filosofia di vita è molto interessante» replicò Brian, «Ma non ho intenzione di discuterne con te proprio in questo momento. Se non sbaglio te ne stavi andando.»
«Sei tu che dovresti andartene.»
«Non spetta a te prendere decisioni al posto mio.»
«Mi basta decidere al posto di Meredith.» Il tono di Dominick era più che deciso. «Tu e mia sorella non dovete più vedervi.»
«Non spetta a te nemmeno prendere decisioni al posto di Meredith» puntualizzò Brian. «Se non vorrà vedermi, sarà lei a dovermelo dire.»
«Te l’ha già detto.»
Brian sbuffò.
«Vorrà dire che me lo dirà di nuovo.»
Cercò di passare, ma Dominick gli sbarrò la strada.
«A quanto pare non hai capito. Te ne devi andare... e devi farlo subito.»
Brian non si mosse.
«Te lo scordi. Sono qui per un motivo e non me ne andrò finché non avrò ottenuto ciò che voglio.»
Con sua sorpresa Dominick si fece da parte.
Brian si affrettò a passare.
Comprese di avere commesso un errore soltanto quando Dominick lo afferrò da dietro.
«Ti avevo detto che saresti morto, se ci fossimo incontrati di nuovo» gli ricordò, passandogli un braccio intorno al collo. «Adesso, a quanto pare, è arrivato il momento.»
Passò un lungo, interminabile istante.
Una voce estranea, a quel punto, replicò: «Io non ne sarei tanto convinto.»
Brian riconobbe subito Derek.
Si rese conto che Dominick era rimasto spiazzato nel momento in cui quest’ultimo allentò appena la stretta sul collo.
«Ti consiglio di andartene, Dom» riprese Derek, «Altrimenti potrebbe finire molto male.»
«Per questo stronzo, sicuramente.»
Brian si rese conto che Dominick aveva ritrovato la propria decisione. Un attimo più tardi avvertì una lama gelida sfiorargli la gola.
«Veramente parlavo di te. C’è gente che ti sta cercando.»
«Me ne sbatto di quella gentaglia.»
Derek puntualizzò: «Non parlo solo dell'amico della tua ragazza. Quelli come te, di solito, hanno molti nemici. La maggior parte sono là fuori che non aspettano altro che tu faccia un passo falso. Hai idea di come reagirebbero, se scoprissero che...»
«Non m’importa della loro reazione» replicò Dominick. «Comunque ti sei spiegato, anche se non ho idea di cosa ci fai qui. Mia sorella non c'è.»
Senza aggiungere altro lasciò andare Brian e iniziò a scendere le scale.
Derek si avvicinò.
«A quanto pare non sei capace di tenerti fuori da tutto ciò che può metterti in pericolo» osservò. «Meredith me l’aveva detto, ma non credevo che arrivassi a questi livelli.»
«Non è certo colpa mia se suo fratello è un pazzo.»
Derek annuì.
«Sì, ammetto che può apparirti fuori di testa.»
Brian lo guardò mentre gli passava accanto, diretto verso il pianerottolo.
«Meno male che sei arrivato tu... e soprattutto grazie.»
Derek scosse la testa.
«Non c’è niente di cui tu debba ringraziarmi.»
«Dominick avrebbe potuto ammazzarmi» obiettò Brian. «Grazie a te sono ancora vivo e presto potrò rivedere Meredith.»
«Ti avevo detto che non avevi niente di cui ringraziarmi» ribadì Derek. «Meredith non vuole più vederti.»
«Sono sicuro che...»
«Non hai capito» lo interruppe Derek. «Io sono intervenuto perché volevo impedire che Dominick ti facesse del male, ma non certo per permetterti di rivedere Meredith!»
Per un attimo Brian si chiese se Meredith fosse dietro la porta di casa ad ascoltare - Dominick aveva detto che non c'era, ma non poteva essere considerato affidabile - e se sarebbe intervenuta. Se la immaginò mentre faceva il proprio ingresso trionfale sul pianerottolo, pronta a lamentarsi con Derek per quell'intromissione.
Non accadde, Brian fu costretto a cavarsrla da solo, così puntualizzò: «Non spetta a Dominick decidere se io e Meredith dobbiamo vederci o no, ma soprattutto non spetta a te! Tu non sei nessuno per me.»
Derek ribatté: «Forse non per te, ma per Meredith sì. È stata lei a chiedermi di mandarti via.»
Brian ribatté: «E, sentiamo, quando te l’avrebbe chiesto, se non sa nemmeno che sono qui?»
«Per quanto possa sembrarti strano», il tono di Derek sembrava divertito, «Io e Mer parliamo spesso. So come devo comportarmi in certe situazioni.»
«Il buonsenso, però, dovrebbe dirti che non hai motivo per farlo» obiettò Brian. «Non so cosa tu sia venuto a fare, ma ti chiedo soltanto di lasciarci qualche minuto. Ho bisogno di parlare con lei, da solo.»
Cercò di salire gli ultimi gradini che lo separavano dalla porta dell'appartamento di Meredith, ma Derek gli sbarrò la strada, proprio come aveva fatto Dominick poco prima.
«Levati di torno» gli intimò Brian. «Subito.»
Derek rimase fermo sul proprio intento.
«Non ci penso nemmeno.»
«Che cosa ci guadagni?»
«Niente.»
Brian obiettò: «Nessuno fa niente per niente.»
«Io sì» replicò Derek. «Un’amica mi ha chiesto un favore e io sono intenzionato ad andare fino in fondo.»
«Se pensi di potermi impedire il passaggio in eterno...»
Derek lo interruppe: «Credi forse di potere rimanere lì in eterno? Non credo che accadrà. Rispetta le scelte di Meredith e non te ne pentirai.»
«Sei tu quello che dovrebbe rispettare le sue scelte.»
«Le ho sempre rispettate.»
«Ne dubito.»
«Allora permettimi di dubitare di te a mia volta. Sbaglio o ti ha detto che non dovete vedervi più, proprio ieri sera?»
Brian s'irrigidì.
«Cosa ne sai?»
«Molto di più di quanto tu possa immaginare.»
«E se ti dicessi che Meredith non è chi dice di essere?»
Derek rise, sprezzante.
«L'ho scoperto molto tempo fa.»
Brian spalancò gli occhi.
«Vuoi dire che, quando stavate insieme, ti ha rivelato di...»
Derek lo interruppe: «C'è stato un tempo in cui avevo una vita normalissima, come la tua. Voglio dire, forse era più eccitante della tua, ma non sono nessuno per sindacare sul tuo presente privo di emozioni - che non riguardino Meredith, almeno.» Si sedette sui gradini, un po' come se non temesse più che Brian ne approfittasse per fiondarsi a bussare alla porta di casa Storm. «Avevo una vita interessante e pure una fidanzata che intendevo sposare.»
«Che non era Meredith?»
«Che non era Meredith.»
«E poi?» Improvvisamente interessato a quella storia, Brian si sedette a propria volta sulle scale. «Cos'è successo dopo?»
Derek gli riferì: «Ero giovane e troppo sicuro di me. Presi una curva a velocità troppo alta. Persi l'equilibrio. Un attimo prima ero in sella alla mia moto, un attimo dopo stavo facendo un volo micidiale a terra.»
«Come andò a finire?»
«Non come doveva. Se Meredith non si fosse messa in mezzo, sarei morto. Invece in quelli che dovevano essere i miei ultimi istanti di vita, vidi una creatura meravigliosa, una donna con gli occhi rossi e un abito nero. Quella sorta di principessa dark mi diede un bacio sulle labbra... ed eccomi qui, trent'anni dopo, venticinquenne come allora, ma legato a lei per tutto il resto dei miei giorni - ovvero l'eternità, a meno che qualcuno non mi uccida.»
«Parli di quelli dell'EIFP?»
Derek si voltò di scatto.
«Cosa sai di loro?»
«Meno di quanto vorrei.»
Derek si alzò in piedi.
«Meglio così.»
Fece per avviarsi giù dalle scale, ma Brian lo fermò.
«Ehi, aspetta, dove vai? Non puoi dirmi le cose a metà!»
«Sì che posso» ribatté Derek, «E comunque ti assicuro che non corro pericoli: l'EIFP non ha niente contro le Anime Bianche. Siamo innocui, diversamente da chi ci ha resi tali. E, prima che tu mi fraintenda, i membri dell'EIFP hanno una certa rispettabilità, non uccidono Anime Grigie solo per il gusto di farlo. Alcune di loro sanno essere davvero pericolose.»
Brian azzardò: «Dominick Storm è una di quelle Anime Grigie pericolose?»
«In un certo senso.»
«Cosa vuoi dire?»
«Voglio dire che tu non sai un cazzo delle Anime Grigie ed è meglio che continui a saperne il meno possibile. O vuoi fare la fine che hanno fatto altri? Essere fatto fuori da un giorno all'altro, senza che nessuno si renda conto che si è trattato di omicidio? Certe Anime Grigie fanno anche questo.»
Brian si alzò in piedi a propria volta.
«Stai dicendo che Dominick...»
Derek lo interruppe: «Non sto dicendo niente su Dominick. Hai detto tutto da solo.»
Brian puntualizzò: «Sei tu che hai confermato che è pericoloso.»
«Infatti non nego che lo sia. Non è il tipo da inscenare incidenti, tuttavia. Se vuole uccidere, lo fa in modo cruento e lampante. O almeno è quello che fa credere.»
«Allora cosa intendevi, quando hai parlato di incidenti innescati ad arte?»
«Niente.»
Ancora una volta, Derek accennò ad andarsene, ma Brian lo fermò afferrandolo per un braccio.
«Mia madre conosceva un uomo che si faceva chiamare Storm. È stato nel 1976. È morta insieme a mio padre in un incidente stradale.»
«Mi dispiace per loro, ma non so cosa farci.»
«Non prendermi in giro. Tu sai chi li ha uccisi?»
Derek indietreggiò, per sottrarsi alla stretta di Brian, intanto replicò: «Nel 1976 non abitavo ad Acid Corn. È vero che ho avuto una relazione con Meredith, dopo essere diventato un'Anima Bianca, ma poi è finita, qualche anno dopo. Prima che tu mi chieda cosa sia successo tra di noi, ti assicuro che non è facile stare accanto a una persona solo perché ritieni sia la tua unica strada possibile. Mi sono ritrovato nella condizione di non invecchiare, di dovere nascondere quello che ero. Ho dovuto rinunciare al mio matrimonio con la ragazza che amavo - prima di Meredith e di diventare quello che sono - e a tutta la mia vita. Non è stato facile. Comunque sia, sono venuto a cercare Meredith soltanto più tardi, il 1976 era già finito da parecchio tempo. Non posso dirti niente, perché al massimo sarebbero mie teorie. E non credo potrebbe dirti nulla nemmeno Meredith, se fosse qui.»
«Dov'è?»
«Non è a casa.»
«Come lo sai?»
«Dominick ci avrebbe impedito di vederla. Non se ne sarebbe mai andato con noi due qui.»
«Dov'è allora?»
«Non posso saperlo per certo.»
Brian azzardò: «Però hai un'idea, almeno vaga, di dove possa essere.»
«Hai detto tutto da solo, ancora una volta» replicò Derek. «Il tuo problema è che sei convinto di cose di cui, in realtà, non hai la benché minima idea. Ti consiglio di fare attenzione, perché la cosa potrebbe portarti ad avere dei problemi seri.»
«Con Dominick Storm oppure con te?»
«Fattelo spiegare dai tuoi amici: noi Anime Bianche siamo innocue, te l'ho già detto.»
«Dipende.»
«Cosa vuoi dire?»
«Che anche noi umani siamo innocui, ma anche gli assassini seriali fanno parte della nostra specie.»
«Ottima osservazione, Connor. Questo dimostra che sei meno rincoglionito di quanto potresti sembrare. Proprio per questa ragione faresti meglio a badare ai cazzi tuoi: non sei certo un idiota, quindi dovresti avere almeno un minimo di istinto di conservazione. Cerca di fare in modo che il tuo desiderio di sapere non prenda il sopravvento, potrebbe essere pericoloso.»
«È tutto quello che sai dire?» ribatté Brian. «È pericoloso, è pericoloso, è pericoloso... non preoccuparti, non ho alcuna intenzione di diventare uno di voi.»
«Cosa vuoi dire?»
«Se hai paura che Meredith ti ammazzi per rimpiazzati con me, puoi starne certo: non succederà.»
Derek rise, sprezzante.
«Non è così che funziona. Quando un'Anima Grigia si innamora non rende il suo amato un'Anima Bianca per rimanerci insieme. Si limita a lasciarlo da un giorno all'altro, continuando la propria esistenza come se niente fosse. È quello che succederà anche a te, o che ti sta già succedendo.»
Furono le ultime parole che pronunciò prima di andarsene. Brian lo guardò scendere le scale finché non scomparve dalla sua vista. Rimase lì dov'era per un tempo pressoché infinito, finché una voce non lo scosse.
«Cosa ci fai qui?»
Brian alzò gli occhi. Non si era accorto dell'arrivo di Rick.
Non fece in tempo a formulare una risposta, dal momento che suo fratello riprese a parlare.
«Sei qui per Meredith Storm?»
«Sì.»
«Non ti ha aperto la porta?»
«Non c'è.»
«Credimi, è meglio così.»
«Cosa vuoi dire?»
«È meglio che tu non lo sappia.»
Brian sbuffò.
«La vuoi sapere una cosa, Rick? Mi sono rotto i coglioni di tutti voi che dite le cose a metà. Quindi mi fai la cortesia di spiegarmi che cosa sta succecendo.»

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Capitolo 29
*** Proposte ***


Derek si guardò intorno. Nessuno sembrava fare caso a lui, si era premunito perfino di telefonare a Kay al Rifugio del Drago per essere certo che Dominick fosse presente sul posto di lavoro. Diede un'occhiata all'orologio che portava al polso. Era arrivato in anticipo, non era Eddie a essere in ritardo.
Rimase in attesa, nel buio della strada di periferia in cui si erano dati appuntamento. Sapeva che ciò che stava per fare poteva esporlo a dei pericoli, ma sarebbe stato un rischio molto maggiore non fare nulla.
Una voce alle sue spalle lo fece sobbalzare.
«Non dovresti essere a lavorare?»
Derek si girò lentamente, senza avere il tempo di spiccicare parola.
Eddie rise, sprezzante.
«Per caso ti ho spaventato?»
«No, per quanto possa sembrarti strano, non ho paura dei pezzi di merda come te e Dominick Storm» replicò Derek. «Credo che tu sappia perché siamo qui.»
«No, affatto» ribatté Eddie, «E ti assicuro che non sono per niente contento di essere qui. Ho cose più importanti da fare che non starti a sentire.»
«Eppure sei venuto qui.»
«Sono stato molto magnanimo.»
Derek ignorò quella ridicola osservazione e venne subito al punto: «Io e Meredith sappiamo che cos'avete in mente tu e Dominick. O forse dovrei dire cos'hai in mente tu?»
Ancora una volta, Eddie si lasciò andare a una risata carica di sdegno e disprezzo.
«A proposito, sai per caso come sta Meredith?»
Derek gli scoccò un'occhiata di fuoco.
«So che è ancora viva, me lo sento.»
«Sì, hai ragione. Quando la tua Anima Grigia muore, ti senti diverso. L'ho scoperto molto tempo fa, quando me ne sono sbarazzato.»
«Cazzate» replicò Derek. «O, per meglio dire, sono convintissimo che tu abbia ucciso la tua Anima Grigia, ma non l'hai fatto molto tempo fa. L'hai fatto di recente, esattamente da quando Alicia è scomparsa. Non so come tu ci sia riuscito, è sempre stata troppo scaltra e non ha mai lasciato le ali in bella mostra, ma di sicuro ce l'hai fatta.»
«Stai delirando» lo accusò Eddie. «Alicia è l'Anima Bianca di Dominick, non è un'Anima Grigia.»
Derek sbuffò.
«Ne ho abbastanza di queste stronzate. Dato che conosciamo entrambi la verità, perché non possiamo parlare chiaro una volta per tutte?»
Inaspettatamente, Eddie sembrò farsi più elastico.
«Sentiamo, quale sarebbe la verità di cui sei al corrente?»
«Non è vero che Dominick uccideva le proprie Anime Bianche per sfizio, passando dall'una all'altra. Ha un'Anima Bianca storica. Facendo qualche supposizione, quell'Anima Bianca è una delle sue sorelle, Bethany. Deve averla salvata quando era in punto di morte, il secolo scorso. Bethany poteva avere tra i trenta e i trentacinque anni, al momento in cui è avvenuta la trasformazione. Da allora, Dominick l'ha sempre tenuta nell'ombra, per potere esercitare al meglio il proprio potere; non perché Bethany gli sia d'intralcio, ma per non destare sospetti. Quella donna si fa chiamare Diane Evans e da molto tempo tiene d'occhio la famiglia Connor. Ha lavorato insieme al figlio maggiore di Patty Connor e ha anche avuto una relazione con lui.»
«Stai divagando, Taylor. Io e Alicia cosa c'entriamo in tutto questo?»
«Sebbene Dominick non abbia mai ucciso le proprie Anime Bianche, non si può dire lo stesso del suo rapporto con la gente comune. Quando qualcuno si metteva sulla sua strada, non dubito che se ne sia sbarazzato. Inoltre è sempre stato un sadico. Non so come sia venuto ad avere a che fare con Allison James - Alicia, se preferisci - ma deve davvero esserci andato vicino, ad ammazzarla. Alicia, però, era un'Anima Nera in attesa del risveglio. Si è risvegliata prima che fosse troppo tardi. Visto il tuo disprezzo mai nascosto nei confronti di Storm, penso che abbia tentato di ucciderti, quando eri ancora umano, e ci sarebbe riuscito se AJ non fosse stata presente al momento dei fatti. Ti ha salvato la vita, diventando un'Anima Grigia. Non so cosa sia successo dopo e quanto foste perversi tutti quanti per fare affari insieme, ma è questo che è accaduto. Tutti avevate trovato il modo per non dare nell'occhio. Mentre Diane stava nell'ombra, Alicia si fingeva l'Anima Bianca di Dominick, una copertura per entrambi. Tu, come copertura, ti sei inventato l'Anima Grigia uccisa proprio da te stesso.»
«Posso farti notare che non hai uno straccio di prova?»
«Le prove si usano nei tribunali. Noi Anime dobbiamo vedercela da sole. Forse ti eri rotto le palle di Alicia, oppure si stava spingendo troppo in là. Non so chi di voi abbia ucciso Patty Connor e che cosa sapesse esattamente, ma Alicia ha iniziato a girare intorno all'ex fidanzata di uno dei figli di quella donna. Si chiama Amberlee, saprai sicuramente chi è. Si era presa una cotta per Alicia e Alicia ha finto di ricambiarla. Oltre a quella tizia, si è anche messa in contatto con Jonathan White, un detective "del paranormale", così si fa chiamare, che di fatto, fino a pochi mesi fa, si occupava di smascherare truffatori che sostenevano di essere in contatto con l'Aldilà o che vendevano filtri contro il malocchio a dei rimbambiti. Tu hai sempre pensato che la soluzione migliore fosse non dare nell'occhio, non risvegliare i cani che dormono. Alicia stava facendo l'esatto contrario e questo avrebbe potuto essere deleterio per le tue manie di grandezza. È così?»
Servire quella storia su un piatto d'argento a Eddie fu sufficiente a fargli abbassare la guardia.
«Complimenti, Taylor, sei molto perspicace.»
«Più di quanto tu creda» replicò Derek. «Torniamo al momento in cui ho detto che forse ti eri rotto le palle di Alicia. Nessuno uccide una persona per un motivo così vago e banale. Dato che mi hai confermato di averla uccisa, adesso ti dirò perché l'hai fatto: un uomo di nome Stefan Craven, che ha tanti soldi, con i quali, tuttavia, non può fare niente per curare la figlioletta malata terminale, ha cercato di comprarla. Voleva che ti uccidesse e trasformasse la bambina nella sua Anima Bianca. Tu ti sei visto condannato, quindi hai ammazzato Alicia prima che fosse lei a riservarti lo stesso trattamento. Nel frattempo, la piccola Craven sta dando segni di essere un'Anima Nera. Non ha più bisogno di qualcuno che la salvi, perché sta guarendo spontaneamente, nell'incredulità dei suoi medici.»
«Perspicace, ma fantasioso.»
«Non prendermi per il culo. Tu e Dominick vi eravate messi in testa di far credere a Meredith che Lilibeth Craven avesse ancora bisogno di aiuto. Volete convincerla a lasciarmi morire, per vostra mano, fingendo di volere portare da lei la figlia di Craven affinché la trasformi in un'Anima Bianca. Non è questo, però, il vostro vero piano: immagino che abbiate rinchiuso Meredith da qualche parte dove non potrà trasformare nessuno in Anima Bianca, quando mi avrete eliminato. A quel punto non ci saremmo più né io né Meredith sulla vostra strada. È così?»
Quelle parole parvero far divertire Eddie.
«Pensi che voglia ucciderti, eppure mi hai chiesto di vederci?»
«Penso che tu abbia manie di grandezza, come ho detto poco fa - mi sono inventato un mucchio di cazzate per estorcerti la tua ammissione su Alicia, ma quello è vero» replicò Derek. «So che hai proposto a Dominick di sbarazzarvi di me e di Meredith. Immagino sia un po' titubante, in fondo Meredith è sua sorella. Stai aspettando di convincerlo. Invece di aspettare i suoi comodi, posso offrirti un'altra soluzione.»
«Ovvero?»
«Ovvero liberarti di Dominick, tramite Diane.»
«Come vorresti fare?»
«Non sono affari tuoi. Non lo farei gratis, comunque, questo deve esserti chiaro.»
«Fammi capire, tu mi stai dicendo di volere ammazzare quei due?»
Derek confermò: «È esattamente quello che ti ho detto.»
«E, sentiamo, cosa vorresti in cambio?» gli chiese Eddie. «Ho manie di grandezza, l'hai detto tu stesso. Tu, invece, sei destinato a rimanere nell'ombra.»
«Sono disposto a rimanere nell'ombra, anzi, non me ne frega proprio niente degli sporchi giochi di potere a cui sei abituato tu» mise in chiaro Derek. «So che Dominick deve avere sequestrato Meredith, averla rinchiusa nel sotterraneo del Rifugio. Immagino che tu sappia perfettamente dove si trova. Io ti tolgo di mezzo Dominick e tu mi consegni Meredith.»
«Sei ridicolo, Taylor. Pensi davvero che, in quel modo, possa iniziare a ricambiarti? Si è sempre infilata nel primo letto caldo che trovava, non ti sarà sufficiente a legarla a te.»
Derek mise in chiaro: «Non voglio legare Meredith a me. Voglio solo che venga lasciata in pace per sempre.» 

*** 

Ciò che Meredith rimpiangeva più di tutto il resto era l'epocain cui poteva non vedere al buio. I giorni della sua vita umana erano lontani, ma di quei pochi anni malvissuti ricordava con gioia le tenebre capaci di celare agli occhi suoi e degli altri almeno una parte di ciò che avrebbero preferito non vedere.
Eddie si palesò ai suoi occhi, al di là delle sbarre, e ancora una volta Meredith si chiese se la fine fosse vicina. L'aveva pensato qualche ora prima, quando Dominick aveva permesso a quell'individuo disgustoso di divertirsi con lei.
Aveva portato con sé un accendino, un monito per ricordarle che avrebbe potuto ucciderla, se l'avesse desiderato, anche se tutto il resto non poteva mettere fine alla sua esistenza. Oltre all'accendino, aveva con sé anche un coltello, con il quale le aveva inferto vari colpi, talmente intensi da farle quasi perdere i sensi.
Non aveva abusato sessualmente di lei, ma l'aveva messa in condizione di credere che sarebbe accaduto. Quando era andato via, aveva messo in chiaro che sarebbe tornato... e infine era successo.
Meredith lo fissò con durezza, senza parlare. Eddie, invece, non sembrava avere alcun desiderio di rimanere in silenzio.
«Sono tornato, lurida troia imbrattata di sangue» sibilò. «Non ti libererai mai di me, finché mi potrò divertire. Ti farò tutto quello che avrei voluto fare alla mia Anima Grigia, se solo non avessi voluto sbarazzarmi di lei in fretta. È stato comunque bello vederla ridursi in cenere, anche se purtroppo non ho potuto vederla soffrire, non ho potuto sentirla mentre mi implorava di non farle del male. Per fortuna ci sei tu  e per fortuna tuo fratello ha accettato di condividerti con me, fintanto che ci sarà ancora una traccia di te.»
Meredith non replicò. Tutto ciò che sperava era che Eddie si limitasse a tenere le corde vocali in movimento.
L'altro, almeno per il momento, sembrava intenzionato a proseguire alla stessa maniera.
«Sono ancora combattuto su che destino riservarti. Vorrei tanto sbarazzarmi anche di quel fesso della tua Anima Bianca, ma sarebbe molto più difficile con lui. E poi Derek è solo un figlio di puttana come tanti, mentre tu sei la feccia più totale. Dominick disse che ti convinsero a gettarti nel fuoco ed era proprio la fine che meritavi: bruciare a fuoco lento, sentire le fiamme che ardevano le tue luride carni. Eppure quel coglione di Derek Taylor farebbe qualsiasi cosa pur di riaverti. Pensa, si offerto di fare qualcosa che potrebbe essere molto importante per me, se gli promettessi di liberarti, in cambio. Ero quasi tentato di accettare, ma la verità è che ti consegnerei a lui solo se accettasse di decapitarti, per vedere se la testa si riattacca o se riesce a sfidare la Natura. Nessuna Anima Grigia è mai morta se non dandole alle fiamme le ali. Chissà, magari la tua testa resterebbe senziente, staccata dal corpo, a supplicarmi di rimetterla sul collo. Potrei lasciarla lì, a guardarla mentre mi scopo il tuo corpo decapitato.» Eddie ridacchiò. «Solo a pensarci, sento di essere sul punto di avere un erezione.»
Quelle parole furono la goccia che fece traboccare il vaso.
«Basta!» gli intimò Meredith. «Se odi così tanto le Anime Grigie, come dici, perché ti sei alleato con mio fratello? Dominick ti detesta, si è schierato dalla tua parte solo perché, per il momento, gli lasci fare quello che vuole.»
«Vedi, vacca da quattro soldi» replicò Eddie, «Io e Dominick abbiamo una sola cosa in comune: entrambi vogliamo vedere i nostri nemici morire, ma soprattutto farli soffrire prima della morte. Siamo arrivati a una sorta di sopportazione reciproca proprio per questo. Ovviamente, essendo tornato ad Acid Corn da pochi mesi, non gli permetterei mai di mettere in discussione la mia posizione. Tutte le Anime della città lo temevano, prima che se ne andasse, ma poi hanno iniziato a vedermi come un punto di riferimento. Questo non cambierà. Potremmo dire che è Dominick che si è alleato con me, non il contrario. Io, in cambio della sua collaborazione, non potevo negargli il piccolo favore di aiutarlo a cancellare il mondo dalla tua presenza.»
«Sei stato tu a dargli l'idea.»
«All'inizio non voleva, perché per lui eri ancora la sua sorellina pura e adorabile. Poi ha capito quanto schifo fai. Ha capito che sei marcia dentro e non meriti l'aria che respiri.»
Di colpo si udirono dei passi in lontananza. Meredith sapeva che annunciavano la venuta di Dominick, pur non avendo idea di cosa volesse suo fratello in un momento come quello.
Non ci volle molto a scoprirlo, bastarono pochi istanti per vederlo comparire e rivolgersi a Eddie: «Vattene.»
«Che cosa?!» sbottò l'altro. «Non ho fatto niente che tu non mi abbia permesso di fare. Te lo scordi che me ne vado.»
«Invece ti levi dal cazzo, e anche subito» replicò Dominick. «Puoi fare quello che ti pare, ma nei momenti in cui Meredith non è chiamata a qualcosa di superiore.»
«Di cosa parli?»
«Stefan Craven ha pagato per scoparsela» chiarì Dominick. «Dato che sa tutto di noi e non ha alcun problema ad aprire il portafoglio, non mi sembrava il caso di dire di no.» Si rivolse a Meredith. «Arriverà tra un'ora. Lo aspetterai nella cella più confortevole del sotterraneo, quella dove lavoravi un tempo. Sei contenta, puttanella?»
Meredith non rispose. Per quanto Dominick non contemplasse quell'ipotesi, non ne era affatto infelice. Avrebbe potuto stare senza catene, lavarsi, togliersi di dosso le tracce del proprio sangue e indossare abiti puliti. Inoltre Stefan l'avrebbe trattata come una normale prostituta in servizio, non come una vittima da seviziare.
Eddie obiettò: «Questa troia di merda non merita di uscire da questa topaia.»
«Stefan Craven paga profumatamente e non è opportuno contraddirlo.»
«Hai paura che chiami l'EIFP?»
«Non ho paura di quei pagliacci dell'EIFP, però i soldi di Craven fanno comodo a entrambi, quindi fammi la cortesia di levarti di mezzo e di lasciare che Meredith si prepari per l'occasione.»
«Secondo me stai sbagliando, ma chi sono io per mettermi in mezzo?» Eddie sospirò, allontanandosi. «Fai come ti pare, ma non venire a lamentarti con me.»
Dominick gli ricordò: «Sei stato tu quello che ha messo al corrente Craven di chi siamo e di cosa possiamo fare. Quando eri tu quello a cui facevano comodo i suoi soldi, non avevi tutti questi problemi, mi pare.»
Eddie non rispose e sparì dalla vista di Meredith che, da parte sua, chiese al fratello: «Cos'hai in mente?»
«Ho in mente esattamente quello che ti ho detto» mise in chiaro Dominick. «Craven paga e tu farai quello che ti ho detto. Dopodiché, quando tutto sarà finito, ti riporterò qui, che è il posto dove meriti di stare.»
«E poi?» domandò Meredith. «Come andrà a finire?»
«Dipenderà tutto da quanto puoi fruttare e da quanto quel coglione di Derek accetterà di badare ai cazzi suoi.»
«Derek non c'entra niente con noi, lascialo in pace.»
«Dovrebbe essere lo stesso Derek a rendersi conto di non c'entrare niente con  noi, ma dubito che succederà» puntualizzò Dominick. «Credo che, tra tutti gli uomini che ti ronzano intorno, se la giochi con Brian Connor, in quanto a presenza più intralciante. A proposito, immagino che tu senta la mancanza di quel fallito. Non preoccuparti, è ancora vivo.» Ridacchiò. «Non so per quanto, dipende tutto da lui. Anche Richard e sua figlia Patricia sono vivi e stanno bene. Lo ammetto, qualche volta ho guardato quella ragazzina con interesse, perché mi ricorda la sua omonima Patty Connor, ma sono subito tornato in me.»
Meredith mentì: «Non mi manca Brian. Mi sono solo divertita con lui.»
«Lo spero per te» concluse Dominick. «Adesso, però, non farmi perdere altro tempo. Devi prepararti per accogliere Stefan Craven nel modo in cui una volta accoglievi i clienti più facoltosi. Non farmi fare brutta figura.» 

*** 

Harley Parker non accettò di aprire la porta a Derek, ma si offrì di scendere e di incontrarlo sotto casa. Non era un problema, anzi, sarebbe stato tutto molto più semplice e sbrigativo. Impiegò pochi istanti a raggiungerlo e non parve molto soddisfatto della sua presenza.
«Spero che tu abbia una buona ragione per avermi convocato qui.»
«Ottima.»
«Ti ascolto.»
«Immagino che tu abbia una vaga idea di chi sono... voglio dire, di cosa sono» iniziò Derek. «Non...»
Harley annuì.
«Sì, lo so, sei l'Anima Bianca di Meredith Storm. Se sei venuto qui per chiedermi di eliminarla, non posso accettare la tua proposta. Do la caccia alle Anime Grigie pericolose e Meredith è solo una donna indecisa che finisce per gettarsi in situazioni che le converrebbe evitare, per il bene suo e di chi le sta intorno.»
«Hai descritto perfettamente la Meredith che conosco anch'io» ribatté Derek, «E ti fa onore il fatto di non volere fare del male alle Anime come lei.»
«Quindi non vuoi vederla finire in cenere, mi pare di capire.»
«È un pensiero che non mi ha mai sfiorato e che non potrebbe sfiorarmi nemmeno tra un milione di anni.»
«Allora cosa vuoi da me?»
«Dobbiamo parlare di una certa Diane Evans.»
Harley Parker scosse la testa.
«Mi dispiace, ma non intendo parlare di Diane Evans con te.»
Senza dare il tempo a Derek di aggiungere una sola parola, gli voltò le spalle e rientrò in casa.

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Capitolo 30
*** L'abito della vetrina ***


Brian varcò la soglia del Rifugio del Drago con la convinzione che sarebbe stata l'ultima volta. Aveva parlato con Rick, qualche ora prima, suo fratello l'aveva messo al corrente di quella parte di verità dalla quale era sempre stati protetto. Rick sapeva di come la loro madre si fosse invaghita di un uomo sulla trentina che sosteneva di volere comprare la casa malmessa della "leggenda". Sospettava anche che costui fosse un'Anima Grigia e che avesse a che fare in prima persona, oppure che vi avessero a che fare altri come lui, con l'incidente in cui entrambi i loro genitori erano morti.
Aveva capito quasi subito a che specie appartenesse Meredith, anche se non era stato altrettanto sveglio da rendersene conto anche nel caso di Diane. Perché, alla fine, anche Diane era una di loro, anche se non esattamente come loro.
Rick si era stupito di come non apparisse molto sorpreso, tanto che Brian aveva preferito non confidargli di come Meredith gli si fosse palesata con gli occhi rossi fosforescenti, di come senza alcuna ombra di dubbio avesse la certezza che non fosse umana.
Rick gli aveva consigliato di smettere di cercarla una volta per tutte e di stare lontano da chiunque le stesse intorno, ma Brian aveva solo finto di seguire quel suggerimento. L'aveva rassicurato, gli aveva garantito che non si sarebbe cacciato in qualche casino più grande di lui, e invece, quella sera stessa, si era recato al Rifugio del Drago, anche se sapeva che le possibilità di incontrare Meredith erano piuttosto basse.
A sorpresa, vide invece Harley, seduto a un tavolo del piano di sotto insieme ad Amber. Non aveva idea di cosa ci facessero insieme, ma il suo amico d'infanzia si accorse di lui e si alzò, per raggiungerlo. Amber, da parte sua, si allontanò senza dare segno né di averlo notato, né di attendere il ritorno di Harley.
Quest'ultimo non si scomodò nemmeno di salutare, si limitò a chiedere: «Che cosa ci fai ancora qui? Non è meglio che torni a casa?»
Brian sospirò.
«Non vedo per quale motivo dovrei andarmene.»
Harley sospirò.
«Tu non hai niente a che fare con questo posto. Ti basta? Qui c’è anche gente pericolosa.»
«Amber, per esempio?» azzardò Brian. «Potrebbe minare i tuoi sentimenti nei confronti di Claire, non pensi? E resteresti molto deluso, nello scoprire di non avere speranze con lei. Gli uomini non le interessano.»
Harley replicò: «Sei fuori strada.»
«Quando si tratta di donne, nessuno è mai fuori strada ipotizzando che tu abbia certe mire.»
«Sono cambiato.»
«Nessuno cambia mai fino in fondo.»
Harley lo fulminò con lo sguardo.
«Vogliamo parlare di te, allora? Sei caduto come un fesso ai piedi di una doppiogiochista che nemmeno parla chiaramente!»
Brian s’irrigidì.
«Meredith non è una doppiogiochista.»
«Ti ho detto che c’è gente pericolosa, qui» ribadì Harley. «Hai mai pensato che Meredith potrebbe essere una di loro Non...»
Brian lo interruppe: «So cos'è Meredith.»
«E la cosa non ti tocca?»
«Certo che mi tocca.»
«Però la cerchi lo stesso, come Amber fa con Alicia. Sai, è un vero peccato che la tua ex sia lesbica. Vi somigliate talmente tanto che, altrimenti, sareste stati fatti esattamente l'uno per l'altra, altro che la principessa dark che ti ostini a inseguire! Non...»
Harley s'interruppe. Teneva gli occhi fissi su qualcosa, o molto più probabilmente su qualcuno, che si trovava alle spalle di Brian, che si voltò a guardare.
Spalancò la bocca e passò qualche istante, prima che riuscisse a commentare: «Non è possibile!»
«Io, invece, credo che sia possibile» ribatté Harley. «A quanto pare la tua bambola dagli occhi di ghiaccio ha deciso di raggiungerti.»
Brian stava per replicare - non gli piaceva affatto il modo in cui Harley l’aveva definita - ma l’arrivo imminente di Meredith, che si trovava accanto a un quarantenne vestito elegantenente, abbigliata a sua volta con un abito che le stava d'incanto, glielo impedì.
Si fermò a pochi passi da loro e, per un lungo istante, li fissò in silenzio. Soltanto dopo, con un filo di voce, gli domandò: «Come stai?»
Brian abbassò lo sguardo, nonostante gli costasse distogliere gli occhi dal vestito di Meredith, proprio quello che aveva visto tanto tempo prima in vetrina.
«Tutto bene, se non fosse che ho recentemente rimediato una spiacevole delusione sentimentale.»
Meredith si mostrò impassibile.
«Mi dispiace.»
Brian restò in silenzio.
I secondi si susseguirono, uno dopo l’altro, senza che una sola parola venisse pronunciata.
Fu la voce di Harley a sconvolgere quella calma apparente.
«Credo che sia meglio che io me ne vada» osservò, «Perché in questo momento siamo veramente in troppi, qui.»
«Non è necessario» replicò Meredith. «Se è la mia presenza che ti disturba...»
«La tua presenza non mi disturba» puntualizzò Harley, «Ma credo che tu e Brian abbiate il diritto di restare da soli, specie tenendo conto di tutte le cose che hai da spiegargli. Potresti approfittare di questa occasione. Non credo che sia positivo continuare a rimandare.»
«Non rimanderò» gli assicurò Meredith. «Se sono qui, è anche per raccontargli qualcosa di più. A questo proposito, forse, è davvero meglio che tu te ne vada.»
Harley annuì.
«Certo, ma non dimenticarti che poi chiederò a Brian fino a che punto ti sei spinta.»
«Non dovresti» replicò Meredith. «È una questione tra me e lui.»
«C’è molto di più di te e di lui.»
«Forse» ammise Meredith, «Ma il mondo esterno non mi riguarda. Posso sopravvivere anche senza la vostra approvazione.»
Harley precisò: «Non ti disapprovo. Non è colpa tua se sei quello che sei.»
«Vedo che hai già compiuto un passo avanti notevole. Un giorno, forse, riuscirai a non sorprenderti che anche noi possiamo sembrare così simili a voi.»
Harley scosse la testa.
«Non credo che possiate davvero somigliarci così tanto.»
Senza aggiungere altro, le voltò le spalle e si allontanò.
Brian non attese nemmeno un istante, prima di chiedere a Meredith: «Cosa sa di te?»
Meredith alzò le spalle, con apparente noncuranza.
«Non è importante.»
«Quando vi siete conosciuti?»
«Tempo fa.»
«Tempo fa Harley non era ad Acid Corn.»
Meredith gli ricordò: «Nemmeno io.»
«Eppure» osservò Brian, «Entrambi vi siete ritrovati qui.»
«Che cosa c’è di così improbabile?» replicò lei. «Il mondo è fatto di gente che si sposta da un luogo all’altro.»
«È curioso, però, che la tua strada si sia incrociata proprio con la mia.»
«Il mondo è piccolo.»
«Troppo piccolo, a volte, per pensare col cuore leggero che si tratti sempre e soltanto di innocue coincidenze.»
Meredith sbuffò.
«Se non mi credi...»
Brian la interruppe: «Non ho detto che non ti credo.»
Meredith ammise: «Era probabile che ci incontrassimo. Però questo non cambia ciò che provo per te. Mi sei piaciuto fin dal primo momento, su questo sono sempre stata sincera. È per questo che sono venuta da te, lasciando da parte un attimo l'uomo con cui sto passando la serata.»
«Chi è?»
«Un produttore teatrale.»
«Questioni di lavoro?»
Meredith scosse la testa.
«È complicato.»
Brian sbuffò.
«Con te è tutto complicato.»
Meredith chiarì: «Proprio per questo ho suggerito di non vederci più.»
«Dopo avermi mostrato i tuoi occhi rossi.»
«Non era previsto.»
«Quando pensavi di dirmelo?»
«Che cosa? Che sono una creatura soprannaturale e che tra noi non ci sarà mai un futuro? Cerca di capirmi, Brian, non è così facile.»
«A volte non ci si può limitare solo a ciò che è facile.»
«Lo so, ma era quello che pensavo allora.»
«E adesso non lo pensi più?»
«Lo penso ancora.»
Meredith gli voltò le spalle e si allontanò.
Brian continuò a fissarla finché non scomparve in mezzo alla folla insieme al produttore teatrale, per poi rintanarsi, con tutta probabilità, in un angolo buio del salone.
Passò qualche minuto prima che Harley facesse il proprio ritorno. Insisté nuovamente con il suggerimento di andarsene.
In un primo momento Brian esitò, ma Harley fu molto persuasivo. Senza nemmeno rendersene conto, si ritrovò di fronte all’uscita.
“In fondo” realizzò, “Non ho più alcun motivo per rimanere qui.”
Meredith non si vedeva più, mentre c'era Derek che lanciava strane occhiate a Harley.
«Andiamo?» lo esortò di nuovo quest'ultimo.
Era quella la scelta migliore, ma Brian lo disse controvoglia: «Sì, andiamo.»
«Molto bene» osservò Harley. «A quanto pare hai capito che continuare a correre dietro alla tua principessa dark non ha senso.»
«Ti sarei grato se la smettessi di chiamarla con quei nomignoli assurdi.»
Harley convenne: «Hai ragione. Forse dovrei chiamarla come meritano di essere chiamate quelle come lei, ma temo che ti offenderesti.»
Brian strinse i denti e non replicò. Per fortuna Harley non aggiunse altro, mentre apriva la porta.
«Aspetta.»
«Che problema hai?»
«Ho visto che Derek ti fissava.»
«E allora?»
«Immagino che tu sappia perfettamente chi è.»
«È il principe dark di Meredith, credo faresti meglio a rassegnarti.»
Brian insisté: «Cos'è successo tra voi?»
Harley rispose: «È venuto a cercarmi, qualcosa come due ore fa.»
«Cosa voleva?»
«Non ti riguarda.»
«Cose da EIFP?»
«Non intrometterti nel mio lavoro» gli intimò Harley. «Non sono affari tuoi.»
Brian replicò: «Ci sono coinvolto in prima persona. Sono affari miei, non puoi più negarlo. E poi non mi hai nemmeno spiegato cosa ci facevi qui insieme ad Amber.»
Harley puntualizzò: «Non siamo venuti insieme, ci siamo incontrati per caso.»
Brian insisté: «Come la conosci?»
«La conosco e basta» rispose Harley. «Diciamo che è una persona con cui ho avuto a che fare per questioni di lavoro.»
«È una cacciatrice come te?»
Harley ridacchiò.
«Bella definizione.»
«È una cacciatrice?» insisté Brian. «Anche Amber è qui per eliminare alla radice il presunto problema delle creature soprannaturali?»
Harley scosse la testa.
«Anche Amber ha un certo feeling con le creature soprannaturali.»
Brian s’irrigidì.
«Intendi con Allison James?»
Harley finse di non capire.
«Allison James?»
«Alicia.»
«Non sai un cazzo di queste cose, eppure vuoi metterti in mezzo. Jonathan non ti ha detto di starne fuori?»
«Ovviamente.» Brian accennò una lieve sorriso. «Nessuno mi racconta le cose come stanno, né voi, né Rick. Solo oggi, finalmente, si è svelato un po' di più, e solo perché non poteva farne a meno.»
Harley obiettò: «Anche tuo fratello dovrebbe starne fuori. Per caso si è messo a dare la caccia a chi non dovrebbe?»
Brian aggrottò le sopracciglia.
«Perché tu dovresti e Rick no?»
«Perché Rick ha un altro genere di responsabilità. Ha una figlia. Farebbe meglio a stare lontano da certa gente pericolosa.»
«Voi cacciatori siete tutti senza famiglia?»
«Non ci chiamiamo cacciatori.» Harley sembrava desideroso di mettere da parte quel discorso. Non rimandò ulteriormente e uscì dal locale, con Brian che si ritrovò a seguirlo. «Ho parcheggiato da quella parte.»
«Anch'io.»
Si allontanarono insieme e raggiunsero prima la macchina di Harley, che salutò,  aprendo la portiera, poi si sedette a bordo. Aveva già acceso il motore, quando ebbe un improvviso ripensamento. Lo spense e scese dall'automobile.
Brian lo guardò senza rendersi conto di cos’avesse in mente.
«Cosa succede?»
Chiudendo la portiera, Harley gli indicò due persone che, nell’oscurità, si erano appartate a parlare tra i cespugli che costeggiavano il Rifugio del Drago.
«Credo che quelli» rispose, «Siano Eddie Woods e Amber.»
Brian aggrottò le sopracciglia.
«E allora?»
«Allora le cose potrebbero essere precipitate» ammise Harley. «Vado a dare un'occhiata. Per quanto ne sapevo, si erano visti prima, ma Eddie se n'era già andato.»
«Mi dispiace dirtelo, ma non ci sto capendo niente, se non che vuoi impicciarti nei fatti privati di Amber.»
«A volte è necessario.»
«Non capisco.»
«Vai a casa, Brian.»
«Te l'ho detto, mi sono scocciato di tutti voi che non fate altro che dirmi di andare a casa o di badare agli affari miei.»
Harley replicò, secco: «Il fatto di essere stato insieme a un'Anima Grigia non significa che puoi pretendere di sapere tutto. Te lo ripeto, ho a che fare con gente pericolosa. Smettila di vedere tutto come un gioco.»
«Non vedo niente come un gioco» obiettò Brian. «I miei genitori sono morti, a causa delle Anime.»
Harley alzò gli occhi al cielo.
«Tuo fratello doveva proprio riprendere a parlarti dopo settimane per raccontarti cose che era meglio non fossi mai venuto a sapere?»
Brian sbuffò.
«Quante volte pensi di ripetermelo, che non devo intromettermi, che questi sono fatti che non mi riguardano e che dovrei badare a me stesso? Ti sbagli, sono fatti che mi riguardano eccome. Mia madre, pare, si era innamorata di un'Anima Grigia.»
Harley annuì.
«Esatto, ed è stata una pessima scelta.»
«Inizio a pensare che non sia una scelta.»
«Capisco il tuo punto di vista, ma ti assicuro che resistere è possibile, o almeno lo è allontanarsi.»
«Per te che sai, forse.»
«Non è detto che tua madre non sapesse. Tu stesso sai chi è Meredith, ma non dai segno di volerti allontanare da lei.»
Brian obiettò: «Non è la stessa cosa. Meredith non è pericolosa.»
Harley ribatté: «Non ti viene il dubbio che tua madre, se anche sapeva chi fosse il bel tenebroso con cui aveva a che fare, non sapesse se era pericoloso o meno?» 

*** 

Nulla aveva un senso.
Nulla aveva un senso, se il senso si era perduto nei meandri della notte.
Dominick Storm se n’era andato.
L'aveva affascinata, al punto da legarla a sé, oltre che aprirle gli occhi sul fatto che il suo matrimonio stesse già da tempo andando a rotoli.
Patty aveva visto i sogni crollare e sgretolarsi.
«A presto» le aveva detto, «Ho da fare.»
Nell’oscurità della notte, molte donne erano disposte ad attenderlo. Sognavano più di lei e per Dominick non avrebbero fatto le stesse rinunce.
«Ti prego» aveva cercato di trattenerlo Patty, «Resta con me ancora un po’.»
Dominick era scoppiato a ridere.
«Torna da tuo marito. Torna dai tuoi figli. La tua vita è con loro.»
Quando se n'era andato, l'aveva seguito e non aveva idea del perché l'avesse fatto.
Si era sentita ridicola, nel vederlo entrare, insieme a una donna, in ciò che rimaneva di quella casa che, stando a quanto affermava, avrebbe desiderato comprare.
Sentiva strani rumori, provenire da là dentro; risate, ma con un'aura macabra.
Sapeva che non avrebbe dovuto farlo, che non avrebbe dovuto affacciarsi a quella fessura che un tempo doveva essere stata una finestra, eppure lo fece.
Vide dei puntini rossi brillare.
Erano gli occhi di Dominick o quelli della donna che si trovava insieme a lui?
Li fissò, come ipnotizzata. Sapeva cosa fossero le Anime Grigie, o almeno ne sapeva abbastanza da avere intuito già da tempo che Dominick Storm era una di loro, ma averne le prove era un aspetto al quale non era preparata.
Avrebbe dovuto andarsene, ma non riusciva a muoversi.
Lo fece solo, sussultando, quando udì dei passi alle proprie spalle.
Vide una ragazza giovane, forse neanche ventenne, con folti capelli biondi. Si fissarono per un istante, poi l'altra si diresse verso lo stabile.
Patty si allontanò, sforzandosi di pensare che la sua vita fosse altrove.
Non era così: la sua vita non era da nessuna parte, perché ormai i suoi giorni stavano per finire. 

*** 

Andare a casa non era un'opzione, seguire Harley dentro al Rifugio del Drago, invece, lo era eccome, ma stando a distanza, quel tanto che bastava per non essere fermato. Brian lo seguì con lo sguardo, almeno finché la voce di qualcuno alle sue spalle non lo distolse da ciò che stava facendo.
«Cosa ci fai qui?»
Il tono era secco e tagliente.
Brian si girò lentamente.
«Che cosa ci fai tu?»
La presenza di Rick nel locale era l’ultima cosa che avrebbe potuto aspettarsi.
Suo fratello replicò: «Non credo che questi siano affari tuoi.»
«Allora» obiettò Brian, «Non vedo perché dovresti impicciarti in quello che faccio io. Diciamo che avevo i miei buoni motivi per venire qui e ho deciso, appunto, di venirci.»
«E hai fatto male.»
Brian sospirò.
«Ti prego, non iniziare a rompere le palle. Ti ho promesso che non mi sarei messo nei casini e, infatti, non mi sono messo nei casini. Fai finta che io non ci sia. Vai altrove, magari dall'altro lato della sala. C’è talmente poca luce che non mi noteresti nemmeno.»
«Qualcun altro, però, potrebbe notarti» replicò Rick, «E potrebbe essere tutt’altro che positivo.»
«Qualcun altro, dici. A chi ti riferisci?»
«Lascia perdere.»
Brian scosse la testa.
«No, non lascio perdere. Quando inizi un discorso, è opportuno finirlo.»
«Certi discorsi» obiettò Rick, «È molto meglio non farli, specie con chi non vuole capire. Credimi, Brian: non potresti fare niente di più sensato che andartene e magari incontrare Meredith in un’altra occasione, se proprio non puoi farne a meno. Tanto stasera è in dolce compagnia.»
«L'hai vista?»
«No.»
«Allora cosa ne sai?»
«Me l'ha detto Diane.»
Brian spalancò gli occhi.
«Diane è qui?!»
Rick confermò: «Diane è qui.»
«Allora» osservò Brian, «Forse ho un buon motivo per andarmene.»
Rick s'incupì.
«Sì, di motivi per andartene ne avresti molti anche se fossimo in una situazione normale. Quello che conta, comunque, è che...» S’interruppe. Brian lo vide spostare lo sguardo e fare un cenno verso qualcuno che veniva. «Oh, Diane!»
Brian si girò lentamente. Ritrovarsi faccia a faccia con Diane era tutt’altro che piacevole, e doveva essere così anche per lei, che gli lanciò un’occhiata torva e gli domandò: «Cosa sei venuto a fare?»
Rick la rassicurò: «Non è qui per noi.»
«Dato che non è qui nemmeno per te» lo esortò Diane, «Vieni via.»
Rick confermò: «Ancora due minuti, poi ti raggiungo.»
Brian tornò a voltarsi verso il fratello. Non capiva. Pensava che non vi fosse più alcun rapporto tra lui e quella donna.
«Ho detto adesso» puntualizzò Diane, «Non tra due minuti.»
Il suo tono era più tagliente di quanto Brian ricordasse.
Lo sguardo di Rick si fece di fuoco mentre replicava, con la massima tranquillità: «Ancora un momento, poi sono da te.»
Diane non aggiunse altro. Con la coda dell’occhio, Brian la vide mentre tornava da dove era venuta.
«Non sembravi molto felice di averla tra i piedi» osservò. «Eppure tutto lascia pensare che vi siate dati appuntamento qui di proposito, o che addirittura siate venuti insieme.»
Rick abbassò lo sguardo.
«Certo che no.»
«Se pensi che io ti creda, te lo scordi.»
«Non m’interessa che tu mi creda.»
«Allora non hai bisogno di sforzarti a mentire» obiettò Brian. «Qualunque cosa tu abbia in mente, non...»
Rick lo interruppe, alzando gli occhi di scatto.
«Io non provo nulla per Diane, se non disgusto. Mi ha solo usato per i suoi scopi più squallidi, come ha fatto con te, solo che tu te la sei tolto di torno molto prima.»
«E allora» replicò Brian, «Perché siete usciti insieme?»
«Questo» precisò Rick, «Non c'entra con l'attrazione nei suoi confronti. Diciamo che, al momento, non vedevo altre soluzioni.»
Brian non capì.
«Altre soluzioni per che cosa? Vuoi spiegarmi cosa ti sei messo in testa?»
«Avrei preferito non dirti nulla» ammise Rick, «Ma dal momento che vuoi saperlo a tutti i costi, stammi a sentire, perché non lo ripeterò una seconda volta. Stasera l'EIFP ha intenzione di sbarazzarsi per sempre di un'Anima Grigia.»
«Dominick Storm?»
«Eddie Woods.»
«In che modo?»
«Una collaboratrice ha accettato un piano rischioso. Cercherà di sedurlo e di spogliarlo quel tanto che basta per bruciargli le ali.»
«Come lo sai?»
«Ho i miei agganci. Che sarebbero gli stessi che hai tu, ma evidentemente non si fidano abbastanza di te.» Rick ridacchiò. «Non posso biasimarli.»
Brian precisò: «Harley Parker dice che, siccome hai famiglia, dovresti pensare a tua figlia invece che andare a caccia di Anime.»
Rick replicò: «Non sono a caccia. Sono in compagnia di una bella donna - la stessa che ha denunciato Eddie Woods come individuo pericoloso all'EIFP.»
Brian borbottò: «Inquisitori moderni.»
«Non dire cazzate» lo mise a tacere Rick, prima di allontanarsi. «Le "povere vittime" per cui ti commuovi sono degli assassini squallidi e disposti a tutto. Non sono tutti come la tua Meredith, che pensa solo ad aprire le gambe e a succhiare cazzi.»

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Capitolo 31
*** Ali e fiamme ***


Meredith si guardò intorno per l’ennesima volta, senza vedere Brian. Immaginò che se ne fosse andato. Diane doveva, invece, essere da qualche parte, magari a intrattenersi con qualche poco di buono con l’abitudine di frequentare il Rifugio del Drago.
Rick era solo, in un angolo della sala. Lo affiancò e attese che si accorgesse della sua presenza.
Non accadde.
«Ehi...» mormorò Meredith, sfiorandogli il braccio sinistro.
Rick le domandò, secco: «Cosa vuoi?»
«Parlare.»
«Non mi pare il caso» obiettò Rick. «Non ho certo intenzione di rimanere qui accanto a te.»
«Guarda che non sono armata» ribatté Meredith. «Puoi fidarti.»
«No, non posso» replicò Rick. «Voi siete sempre armati, anche se le vostre armi sono molto diverse dalle nostre.»
A Meredith sfuggì una risatina.
«Voi, invece, siete sempre sospettosi.»
«Facciamo bene ad esserlo» puntualizzò Rick, «Dato che basta uno di voi a rendere il mondo un posto peggiore.»
Meredith sospirò.
«Questa l'ho già sentita.»
«Non mi sorprende.»
«Oltre che sospettosi» aggiunse Meredith, «Siete anche ripetitivi fino allo sfinimento.»
«Dobbiamo difenderci con i mezzi che abbiamo a disposizione.»
«Ripetere le stesse cose come pappagalli è forse un mezzo di difesa?»
«Credo di no» fu costretto ad ammettere Rick, «Ma mandarti via lo è senz'altro.»
«Ma tu non hai intenzione di farlo» ribatté Meredith. «Se sono venuta a cercarti, non è certo per sprecare il mio tempo in chiacchiere inutili.»
«È quello che stai facendo» puntualizzò Rick, «E, dato che anch'io sto perdendo tempo, a maggior ragione è meglio se te ne vai subito.»
«Quello che volevo dire» precisò Meredith, senza scoraggiarsi, «è che c’è un motivo, se mi sono spinta a disturbarti mentre eri qui da solo a chiederti perché, se eri stato così intelligente da escludere Diane Evans dalla tua vita, poi sia stato necessario fare un passo indietro. Non me ne andrò finché non avrò ottenuto quello che voglio.»
«Se quello che vuoi è convincermi di essere una ragazza perbene, te lo puoi scordare. Non m'importa se sei la ragazza di Brian, che ti vede come una sorta di angelo pronto a salvare il mondo dal male. Io non la penso allo stesso modo e non voglio farmi vedere insieme a te.»
«Posso chiederti perché?»
«Perché stasera deve succedere qualcosa che ti riguarda e preferirei rimanerne fuori.»
«Sei molto perspicace» ribatté Meredith. «È davvero curioso che qualche mese fa uno come te sia finito nel mio letto.»
Rick ribatté, secco: «A volte anch’io ho commesso azioni indegne.»
Meredith ridacchiò.
«Non è stato così male, devi ammetterlo.»
«Non sei il tipo di donna che sognavo per il mio futuro.»
«Nemmeno io sogno te, se la cosa ti può consolare.»
«Non so fino a che punto mi consoli» replicò Rick. «L’idea di poter diventare tuo cognato, in futuro, non mi alletta.»
Meredith sospirò.
«Non lo diventerai.»
«Lo spero.»
«Io e Brian non abbiamo futuro insieme e prima o poi se ne renderà conto anche lui.»
«Lo spero.»
«Ti ho visto parlare con lui, prima.»
«Io, invece, ti ho vista con Stefan Craven» puntualizzò Rick. «So che ha pagato per venire a letto con te, stasera.»
Meredith scosse la testa.
«Sbagliato. Ha pagato per tirarmi fuori dal sotterraneo... tanto vale parlare chiaro, no? Tu sai dell'esistenza del sotterraneo, vero?»
Rick replicò: «Ne so qualcosa e so che cosa fai là sotto.»
Meredith ribatté: «Hai già deciso, ovviamente, che la colpevole sono io. L'idea che qualcuno mi ci abbia chiusa,là sotto, non ti sfiora?»
«Quel fenomeno di tuo fratello Dominick.»
«Appunto.»
«Sei sua sorella. Non puoi essere tanto diversa da lui.»
«Tu sei forse responsabile delle azioni di Brian?»
«No.»
«Ed è un peccato che tu non ti senta tale» mise in chiaro Meredith. «Dovresti accertarti di dove sia, chiedergli di andarsene a casa.»
«Non posso fare miracoli.» Rick fece per voltare le spalle. «È stato un piacere, Meredith.»
Decise di trattenerlo: «Aspetta. Quando Brian si ritroverà all’obitorio con la gola tagliata, sono sicura che ti pentirai di non avermi ascoltata.»
Rick si arrese: «Dimmi tutto.»
«Io posso provare a tenere Brian lontano da me, ma ho bisogno d’aiuto. Quell’aiuto puoi darmelo tu.»
Rick spalancò gli occhi.
«Ah, sì? Credo che tu sia ubriaca, Meredith!»
«L’alcool non fa effetto, su di me.»
«Ah, già.»
Meredith decise di insistere.
«Credo che, se fossi tu a convincerlo a non vedermi e a non cercarti più, potrebbe addirittura starti a sentire. Inventati quello che vuoi su di me, ma...»
Rick la interruppe: «Se fosse per me, gliel’avrei consigliato il giorno stesso in cui ho scoperto della vostra relazione. Purtroppo Brian non mi dà mai ascolto, e qualunque cosa io possa inventarmi su di te, non mi ascolterà. Sa cosa sei e non è bastato questo. Per lui esiste solo il potere dell’attrazione e, purtroppo, le belle donne gli piacciono.»
«Dovrei sentirmi compiaciuta per il tuo complimento?»
«Dovresti sentirti compiaciuta perché Brian ti considera qualcosa di più che un semplice oggetto con cui divertirsi.»
«Infatti io mi sento compiaciuta al punto tale da sentire di non potere fare a meno di lui. Se ho cercato più volte di chiudere, è stato solo per Dominick... e, prima che tu possa ripetermi per l’ennesima volta che non è un affare tuo, ti assicuro che mio fratello sarebbe disposto a uccidere Brian, così come chiunque altro non gli andasse a genio.»
Rick abbassò lo sguardo.
«Brian ha ventinove anni. Non pensi che se la possa cavare da solo?»
«No.»
«Vedo che la pensiamo allo stesso modo. Questo non cambia, però, un bel nulla. Non posso controllare le sue azioni, né cercare di portarlo sulla retta via, specie dopo il casino che ha combinato con Diane.»
Meredith s’irrigidì.
«Tu lo lasceresti morire senza rimpianti per via di Diane?»
«Non ho detto questo.»
Meredith sbuffò.
«Guardami quando ti parlo, Richard.»
Rick alzò lo sguardo.
«A volte cerco di non guardarti perché mi dai la nausea.»
Meredith sorrise, sprezzante.
«Lo so. Ti fa schifo l’idea che io ti sia piaciuta, un giorno. Ti fa schifo l’idea che io possa capire la tua situazione e...»
Rick non la lasciò finire.
«Non c’è nessuna situazione da capire.»
«Invece c'è...»
Meredith s’interruppe, quando Rick le indicò qualcuno dietro di lei.
«Il tuo amico ti cerca.»
Meredith si girò e vide Derek che le andava incontro. Rick annunciò: «Vi lascio soli.»
Meredith cercò di trattenerlo: «Non...»
Rick ignorò le sue proteste e si allontanò senza aggiungere altro.
Derek osservò: «Qualunque cosa tu avessi in mente, non hai certo fatto colpo su di lui. A quanto pare non è sensibile al tuo fascino tanto quanto quel fesso di suo fratello.»
Meredith s’irrigidì.
«Non offendere Brian.»
Derek rise.
«Non mi dire che ti stai a preoccupare del modo in cui lo definisco in un momento come questo. Ti volevo comunicare che dieci minuti fa una certa Amberlee Ferguson, nota per essere stata l'amante di Alicia, si è chiusa dentro un bagno con Eddie, standogli avvinghiata. Ne è uscita dopo due o tre minuti. Sono andato a curiosare. In quel bagno non c'era più anima viva.»
Meredith fu scossa da un brivido.
«L'ha eliminato?»
Derek confermò: «Credo di sì.»
«E adesso?»
«Adesso c'è ancora in giro gente legata all'EIFP. Temo che non sia il solo.»
Meredith annuì.
«Lo temo anch'io. Stefan, però, non mi aveva detto di avere altre mire.»
Derek puntualizzò: «Stefan Craven ha capito perfettamente cosa diventerà sua figlia, un giorno. Ci sta che voglia sbarazzarsi delle Anime pericolose di Acid Corn.»
Meredith azzardò: «Forse dovrei avvertire Dominick.»
Derek la afferrò per un braccio e sbottò: «Non ci pensare nemmeno! Devo ricordarti che tuo fratello aspetta che scada il tempo che Stefan ha pagato per stare insieme a te - profumatamente abbastanza da convincerlo a mandarti di sopra con lui - per rinchiuderti in una cella spoglia nel sotterraneo? Quel pazzo ti vede come un oggetto di sua proprietà e non fa altro che minacciare di ammazzare te o la gente che ti sta intorno!»
Quelle parole scossero Meredith, che tuttavia non riusciva ad accettare facilmente quella realtà.
«Forse sarebbe meglio morire, non credi?»
«Perché lo dici?»
«Perché poi tutto ricomincerebbe e sarei libera.»
«Come lo sai? Non sai cosa verrebbe dopo.»
«Nessuno può saperlo.»
«E l’idea di non saperlo» domandò Derek, «Non ti spaventa?»
«Non più di quanto spaventi te.»
«È diverso.»
Meredith scosse la testa, con fermezza.
«No, Derek. Di fronte all’ignoto siamo tutti uguali. Non possiamo sapere se saremo felici, nella prossima vita, o se rimpiangeremo quello che abbiamo perduto. L’unica realtà è che forse non lo rimpiangeremo mai, perché non ce ne ricorderemo.»
«È questa la cosa più triste, credo.»
«Vorresti davvero ricordare, se tutto ricominciasse?»
«Sì. Sarebbe terribile non avere più alcun ricordo di te. In un modo o nell’altro, anche se a volte mi è sembrata una maledizione, sei stata una parte fondamentale della mia vita. Tutto, in un modo o nell’altro, mi è sembrato che dipendesse da te.»
Meredith accennò un lieve sorriso.
«Alla fine sei caduto nella mia rete. Hai fatto la fine di ogni Anima Bianca.»
«Non direi» replicò Derek. «Se non fosse stato per te, a quest’ora sarei morto da almeno decenni. A volte penso a come stata la mia vita con Eva, ma non ci sarebbe più stata, in ogni caso, una vita con Eva.»
«Ti manca?»
«Mi manca, come mi manca tutto quello che ho perduto... ma avrei perduto tutto comunque e non avrei avuto una chance. Per questo ti sarò sempre immensamente grato. Essere un’Anima Bianca non è stato poi così terribile, nel corso degli anni. Non...»
Meredith non udì la fine della frase, presa com'era dal tenere gli occhi su due persone che aveva appena visto.
Derek si accorse che qualcosa non andava.
«Che succede, Mer?»
«Jonathan White è qui» rispose Meredith, «E c'è anche Claire.»
«La ragazza di Dominick?»
«Proprio lei. Deve avere qualche legame con l'EIFP.»
Derek osservò: «Tuo fratello, allora, è spacciato.»
«E pure Bethany» mormorò Meredith. «È tutto così fuori controllo. Come vorrei che tutto tornasse come una volta.»
«Per la tua sanità mentale, mi auguro che tu ti riferisca al periodo in cui tutto ciò a cui avevi da pensare era fare sesso con Brian Connor» ribatté Derek. «Sarei molto preoccupato se rimpiangessi qualcos'altro: Dominick che ti tiene rinchiusa nel...»
Una voce estranea alle loro lo interruppe: «Vedo che parlate di me.»
Meredith e Derek sussultarono. Dominick si concentrò su di lei.
«Il tempo pagato da Stefan Craven è scaduto. Seguimi.»
«Ma non...»
«Ma non avete scopato? Lo posso immaginare. Così come posso immaginare che la storiella secondo cui farsi vedere con te era importante fosse stata confezionata per l'occasione. Ho detto a Stefan di andarsene. Credo che l'abbia fatto, senza concludere nulla. Del resto quei figli di puttana che girano per il Rifugio del Drago avevano un obiettivo e non ero io.» Dominick ridacchiò. «Eddie è morto, senza neanche avere bisogno di pensarci in prima persona. Sarà una cosa da festeggiare insieme.»
Meredith trasalì. Sapeva cosa significavano quelle parole, così come lo sapeva Derek, il quale fece l'errore di intervenire in sua difesa.
«Non ti permetterò di trascinare Meredith nel sotterraneo.»
«Non prendo ordini da te» mise in chiaro Dominick, «E soprattutto non mi piace ascoltare ordini. Se solo tu imparassi a stare al posto tuo, non hai idea di quante belle cose potrebbero accaderti.» Allungò una mano, accarezzando una guancia a Meredith, che rabbrividì. «Potresti averla senza pagare un centesimo, se ti schierassi dalla mia parte.»
Derek ribatté: «Preferirei non andare mai più a letto con una donna per tutto il resto della mia quasi immortale esistenza piuttosto che schierarmi dalla tua parte.»
«La scelta è tua» concluse Dominick. «Forza, Meredith, vieni con me, è fai capire a questo coglione che non deve mettersi in mezzo.»
Meredith scoccò un'occhiata gelida a Derek. Sapeva che, se fosse stato per lui, avrebbe cercato di fermarli a costo di farsi ammazzare. Tuttavia, in qualità di sua Anima Bianca, doveva essere votato all'obbedienza.
«Resta qui, Derek» gli intimò. «Va tutto bene.»
Seguì Dominick fino al sotterraneo. Lo vide aprire il cancello, invitandola a entrare. Meredith acconsentì, sempre seguita dal fratello. Non si rese conto che non erano soli finché non udì delle voci. Dall'altro lato del cancello - dovevano averli seguiti - c'erano Brian e una donna che Meredith riconobbe come Amberlee Ferguson.
Dominick tornò dall'altro lato, accostando il cancello e chiudendolo a chiave.
Si rivolse ai nuovi arrivati: «A quanto pare certa gente non è proprio capace di stare fuori dalle questioni che non la riguardano. Benvenuto nel sotterraneo, Connor. Benvenuta anche a te, Amber, dico bene? Si dice che, nonostante ti sia unita solo da poche settimane all'EIFP, tu ti sia data molto da fare.»
Amberlee mise subito in chiaro: «So tutto di te.»
Dominick rise, domandandole: «Lo credi davvero?»
Amber fu secca, nel replicare: «Sì, ne sono certa.»
Dominick la affiancò.
«Sai, Amber, la tua amica AJ - Alicia, se preferisci - era molto subdola. Tu hai una pessima idea di noi solo perché hai conosciuto lei. Se solo fosse stata una semplice umana, l'avrei ammazzata molto tempo fa. Invece no, me la sono dovuta accollare per anni e anni, e per lei ho perfino corso dei grossi rischi. Sarebbe stato molto più facile uccidere lei, piuttosto che dovere sabotare in fretta e furia la macchina di quella donna che sapeva troppo.» Si rivolse a Brian. «Immagino che tu sappia di cosa sto parlando. Tua madre era in fissa con me proprio come tu lo sei con mia sorella. È davvero curioso che, nonostante ciò, poi sia morta accanto all'uomo che voleva lasciare.»
Brian rimase immobile, come se stesse cercando di metabolizzare quanto aveva appena sentito.
Amber, invece, scattò verso Dominick, lo afferrò per il collo e lo spinse contro il cancello.
«Pagherai per tutto quello che hai fatto! Ti assicuro che pagherai.»
Lasciando cadere la grossa chiave a terra, Dominick accolse le sue minacce con una risata.
«Ne sei davvero sicura? Io credo piuttosto che non uscirai viva da qui... né tu né il tuo amico, che non sa fare altro che rimanere imbambolato come una statua. Questa è l’unica verità che conosco e che accetto.»
Per un istante tutto parve fermarsi. Poco dopo, però, Meredith fissò Dominick con gli occhi sbarrati, lasciandosi andare a un grido.
«No!»
Suo fratello aveva afferrato Amber per i capelli e non sembrava avere buone intenzioni. Se solo Brian avesse fatto qualcosa per mettersi in salvo prima che fosse troppo tardi...
Tornato in sé, però, Brian non sembrava intenzionato a lasciare Amber in balia di quel pazzo. Meredith lo vide chinarsi per raccogliere qualcosa da terra.
Era la chiave che apriva il cancello.
«Sì» mormorò. «Liberami, Brian.»
Non accadde nulla del genere. Brandendo la chiave, Brian colpì Dominick alla nuca. Colto di sorpresa, seppure uno sfregio così lieve per lui non avesse grosse conseguenze, Dominick lasciò andare Amber.
I due si fissarono per qualche istante, prima di riprendere a scambiarsi accuse.
«Sei un disgustoso assassino.»
«E tu non sei migliore di me. Ti è bastata una delusione d'amore per metterti al servizio di quei macellai che ci danno la caccia.»
Era scontato che non capisse.
Meredith agitò un braccio per attirare l'attenzione di Brian. Gli indicò prima la chiave e poi la porta che avrebbe potuto aprire.
Brian fu rapido.
Mise la chiave nella toppa.
La girò.
Meredith era libera, almeno per il momento.
Diede un'occhiata a Dominick, che era ancora impegnato con Amber.
«Però, dopotutto, mi hai liberato di quel pezzo di merda di Eddie, un altro che avrebbe dovuto morire molto tempo fa. Voglio darti una possibilità.»
«Pensi che io possa fidarmi?» replicò Amber. «Pensi che possa fidarmi dopo tutto questo?»
Solo a quel punto Dominick parve ricordarsi di Brian.
«Tu» lo accusò, «Tu hai deciso di metterti in mezzo. È un vero peccato che quel giorno di tanti anni fa tu non fossi in macchina con i tuoi genitori!»
Brian parve di nuovo spiazzato, incapace di proferire parola.
«Sì» insisté Dominick, «Sarebbe stato molto meglio per tutti.»
Meredith vide Brian scagliarsi contro di lui.
Non era così che doveva finire.
Dominick lo spinse da parte.
Meredith lo trattenne, per impedirgli di cadere.
A quel punto accadde tutto molto in fretta. Come se avesse eluso la sorveglianza di Jonathan White, Claire Stevens e Harley Parker, che dovevano fare tutti parte dello stesso piano, ecco apparire Diane Evans - la piccola Bethany.
«Devono morire tutti» sibilò, «Questa simpatica signora per prima.» Accennava ad Amber. Dominick non rispose, ma il suo sguardo parve compiaciuto. Mai quanto quello di Diane, comunque, che insisteva: «È la cosa migliore da fare. Ricordatelo, Dominick, io potrei vivere senza di te, ma non tu senza di me. Ti prego, fai quello che ti dico.»
Solo in quel momento, Meredith capì quale fosse il rischio che forse Dominick doveva costantemente temere. Si rivolse quindi a lei: «Tu non vuoi che Brian muoia. Tu non vuoi che Amber muoia. Sei tu a volere morire, perché ormai sei già morta dentro.»
Diane si tolse la giacca.
«Te lo dimostrerò, chi deve morire.»
Indossava un abito aperto sulle spalle.
Spiegò le sue piccole ali da Anima Bianca e Amber urlò, colta di sorpresa.
«Tira fuori le ali, strega» suggerì Diane, rivolgendosi a Meredith. «Tira fuori le ali e vediamo come va a finire.» Guardò Dominick. «Mi dai il tuo accendino?»
Meredith volse il proprio sguardo sul fratello.
Passò qualche istante, prima della sua risposta.
«No.»
Diane spalancò gli occhi.
«Cosa significa?»
«Significa che non è la morte dell'una per la vita dell'altra.»
«Pensavo fossimo d'accordo entrambi.»
«Tutto può continuare come prima» insisté Dominick, «Basta solo volerlo.»
Brian si intromise: «Questo significa che vuoi continuare a uccidere indisturbato?»
Meredith si sarebbe volentieri messa a imprecare. Brian non era proprio in grado di tacere? Doveva continuare a sfidare Dominick senza ragione?
“In realtà un motivo ce l'avrebbe, ma non è comunque il caso.”
Dominick sbuffò, prima di replicare: «Certo, per te non esiste nulla che non sia estremo.»
«Da uno che ha delle vite sulla coscienza» puntualizzò Brian, «Non mi posso aspettare nulla di diverso.»
«Ormai avrai capito che per me l'omicidio è l'eccezione e non la regola» ribatté Dominick. «Se non ci fossero alternative, a quest'ora tu saresti già morto.»
Diane intervenne: «Infatti dovrebbe. Ho visto tutto. Ti ha aggredito, ha liberato quella stronza di nostra sorella...»
«Lo so, Brian non merita tutta questa comprensione» ammise Dominick, «Ma potrebbe essermi d'aiuto.»
Brian scopre la testa.
«Aiutare te? Stai delirando.»
Dominick rise.
«Voi umani siete talmente idioti. Ti stavo offrendo la chance di vivere, vedere Meredith con una certa frequenza e non dovere più temere per la tua incolumità. Pensavo che in cambio di tutto questo tu fossi disposto a superare i nostri dissapori.»
Brian parve esitante.
«Io...»
«No» lo implorò Meredith, a bassa voce.
Non seppe dire se Brian l'avesse udita oppure no, ma lo sentì più deciso, mentre replicava: «Hai ucciso i miei genitori, hai sequestrato la mia fidanzata...»
«Non ti sto chiedendo di perdonarmi per avere distrutto la tua inutile vita, né tantomeno di diventare mio amico» chiarì Dominick. «È solo un accordo: vantaggi per ne e vantaggi per te. A condizione che stia zitta, anche la tua cara amica Amber potrebbe andarsene.»
Meredith era sicura che la salvezza di Amberlee allettasse Brian, ma non poteva permettere che accettasse proposte da parte di Dominick.
Prima che Brian potesse replicare, Diane intervenne: «Stiamo solo perdendo tempo. Vuoi tirare fuori quelle ali, Meredith? Io e Dom oppure tu. Al mondo non c'è abbastanza posto per tutti.»
Era una soluzione. Meredith spiegò le ali. Non era difficile, con il vestito che era stata costretta a indossare al fine di soddisfare Stefan Craven - il grande Craven, che per una volta si era schierato dalla parte giusta, anche se non bisognava dimenticare il fatto che coincidesse con il suo interesse.
«Ci sto» rispose, mentre Brian distoglieva lo sguardo dalle sue ali nere.
«Non farlo» la pregò Dominick. «Non è necessario sacrificare che tu rischi la vita. Se ne può sacrificare un'altra: io ti tolgo di mezzo Derek, tu ti prendi Brian al posto suo, convinci i suoi amici a lasciarci in pace, poi te ne vai da Acid Corn. Non ti cercherò più, sarai finalmente libera, come hai sempre voluto. In cambio, voglio solo che né tu né Brian vi impicciate più di quello che facciamo io e Diane.»
Diane non ascoltò la richiesta di Dominick, ma Meredith non si era illusa in proposito. Le venne spontaneo rinchiudere le ali.
Diane rise, sprezzante.
«Pensi davvero che ti serva a qualcosa?»
Non sarebbe servito, se le fiamme dell’accendino fossero venute a contatto con quello che agli occhi umani poteva sembrare un semplice tatuaggio, ma l’apparente assenza di quelle ali così grandi le avrebbe permesso di muoversi meglio.
Diane era convinta che volesse fuggire, quindi si apprestava a sbarrarle la strada.
Meredith non aveva quell’intenzione, ma preferiva lasciarglielo credere.
«Vedo che non hai dubbi» osservò l’altra, evidentemente divertita. «Ti importava tanto di Brian, ma adesso pur di metterti in salvo sei disposta ad abbandonarlo.»
Fece per fermarla. Meredith finse di arretrare, ma scattò all’ultimo momento. La afferrò per l’ala sinistra e la trascinò a terra, perdendo a propria volta l’equilibrio.
Attenuò la caduta incrociando le braccia sotto di lei.
Iniziava a rendersi conto di avere fallito, quando Diane cadde su di lei. Voleva sottrarle l’accendino, ma in quel momento la sua avversaria ce l’aveva ancora in mano e avrebbe potuto bruciarle le ali da un momento all’altro.
Udì la voce di Derek, che doveva essere arrivato in quei frangenti.
«Fermati, Diane!»
Quel grido fu sufficiente a distrarla per pochi secondi, quelli che servirono a Meredith per liberarsi e rimettersi in piedi.

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Capitolo 32
*** Cenere ***


Derek si affrettò ad appoggiare il vassoio, osservando quel variegato gruppo di persone.
C'era Jonathan White, il detective per cui Brian Connor lavorava.
C'era Claire Stevens, la donna che frequentava Dominick Storm.
C'era un tizio coi capelli lunghi, facilmente riconoscibile come Harley Parker.
Meredith era sparita insieme a Dominick, ma allo stesso tempo c'erano altre due persone che aveva visto in precedenza, ma che non c'erano più.
Una di loro era Amberlee Ferguson, la donna che qualche tempo prima era caduta nella rete di Alicia. L'altro era, neanche a dirlo, quel maledetto Connor che, da quando era comparso nella vita di Meredith, aveva indirettamente complicato una situazione già di per sé poco sostenibile.
Per un attimo fu tentato di chiedere a Kay se li avesse visti, ma era meglio non coinvolgere la collega in quella storia. Inoltre stava finalmente riuscendo ad allontanarsi da lei, non voleva dare segno di volersi avvicinare di nuovo. Se non ci fosse stata Meredith al centro dei suoi pensieri, non gli sarebbe dispiaciuto terminare la nottata insieme a lei, ma c'era Meredith, e soprattutto non era il momento di pensare al sesso.
L'unico desiderio che animava Derek era quello di scoprire cosa stesse succedendo con esattezza. Dominick era l'unico che poteva spiegargli cosa stesse accadendo, ma era certo che non l'avrebbe fatto, quindi doveva scoprirlo da solo.
Sapeva dove fosse il sotterraneo e, anche se non possedeva una copia delle chiavi del cancello dal quale vi si accedeva, in quel momento non lo vedeva come un ostacolo insormontabile. Più si avvicinava, più aveva la sensazione di percorrere la strada giusta.
Come a confermare la sua sensazione, la porta dell'archivio che conduceva al sotterraneo non era chiusa, ma solo accostata. Anche la seconda porta, quella chr portava alle scale, non era chiusa.
Derek non pensò alle conseguenze del gesto che stata per compiere.
Doveva scendere. Doveva arrivare almeno al cancello, sperando di udire qualcosa dall'interno.
Sentì delle voci ancora prima di raggiungerlo: Meredith, Dominick, Brian Connor. Poi ecco comparire anche Diane, infine una voce di donna che Derek non riconobbe, ma che poteva appartenere alla Ferguson.
“Sembra un raduno. In circostanze normali, potrei perfino sentirmi offeso per non essere stato invitato.”
Era certo che raggiungerli non fosse una scelta molto intelligente. Ne avrebbe fatto volentieri a meno se la donna che amava e che avrebbe sempre amato non fosse stata coinvolta e se, allo stesso modo, non fossero state presenti anche due persone che con le Anime non avevano legami e che, di conseguenza, avrebbero dovuto essere protette e tutelate.
Sentì perfettamente Dominick proporre a Meredith di prendersi Brian come Anima Bianca. C’era solo una cosa su cui quel maledetto potesse fare leva con Meredith. Intendeva comprare la sorella, sicuro che, in cambio di Brian, gli avrebbe concesso qualunque cosa.
Se secondo i piani di Dominick, uno tra lui e Brian doveva morire, Derek aveva ben chiaro che non doveva arrendersi, ma soprattutto che era bene intervenire subito, prima che Meredith potesse lasciarsi trascinare. C'era un'unica alternativa possibile, Derek lo sapeva: non doveva morire, così come non doveva morire Connor. Gli unici che meritavano la fine erano Dominick e quella maledetta Diane, che ad ali spiegare derideva Meredith, tacciandola di non tenerci abbastanza a Brian, se tentennava di fronte alla proposta del fratello.
Brian, da parte sua, sembrava imbambolato in quella situazione, così come del resto la Ferguson. Non che ci fosse da sorprendersi più di tanto: era pur sempre un umano messo di fronte al soprannaturale e, pur avendo già conferma della sua esistenza, non doveva essere facile, per lui, ritrovarsi a tu per tu con creature alate.
«Fermati, Diane!» urlò Derek, palesandosi, quando vide le ali di Meredith a rischio, con Diane che la bloccava a terra e brandiva un accendino.
Per fortuna ne portava uno con sé - un'arma impropria che poteva sempre rivelarsi utile - e, mentre Meredith approfittava della distrazione della sua avversaria per alzarsi in piedi, lo prese fuori dalla tasca dei pantaloni.
Fissò Diane, che doveva essersi accorta dell’accendino che teneva in mano. La vide rivolgergli un lieve sorriso, prima di decidere da che parte andare. Bastò poco, perché Meredith si trovasse accerchiata: Dominick da un lato, Diane dall’altro.
“Adesso tocca a me.”
La guardò.
Meredith non ricambiò il suo sguardo.
«Mer!» la chiamò.
Finalmente Meredith si accorse di lui, mentre Diane e Dominick sembravano certi di potere ottenere ciò che desideravano.
Derek le lanciò l’accendino.
Meredith saltò in avanti, pronta ad afferrarlo.
Lo mancò di poco.
«Complimenti per il lancio» ironizzò Dominick, che adesso teneva l’accendino tra le mani.
Era finita, Derek se ne rendeva conto, se non per lui, almeno per Meredith. 
Diane sogghignava, compiaciuta. Derek ne era certo: sarebbero passati pochi istanti prima che quei due squilibrati dessero alle fiamme le sue ali.
«A te l'onore, Dom» declamò Diane. «Dimostrami che io sono tutto per te, che questa puttana non conta niente per te.»
Derek sentì i conati di vomito. Non riusciva a capacitarsi del fatto che la sorella minore di Meredith desse segno di essere in competizione con lei per le attenzioni malate di Dominick Storm.
Quest'ultimo replicò: «No.»
«Fallo» gli ordinò Diane, «Oppure mi perderai per sempre.»
«Non dire idiozie» replicò Dominick, ma fu tutto inutile.
Derek avvertì uno sfrigolio di fiamme, poi un grido soffocato.
Spalancò gli occhi. Fu questione di un attimo: Diane spiegò le ali, ormai avvolte dalle fiamme, appiccate da se stessa.
Fissava Dominick.
Anche Meredith rivolse lo sguardo verso di lui.
Poi si udì un grido: prima di finire in cenere, Diane afferrò Amberlee Ferguson per un braccio e la scaraventò violentemente contro il cancello.
Meredith fu la prima a parlare, in quella situazione: «Perché? Che cosa significa tutto questo?»
«Tutto questo significa che puoi dire tutto quello che vuoi di me. Ti ho fatto del male, lo ammetto. Ti ho fatto del male, ma ti amo più di quanto abbia mai amato chiunque altra, anche se l’intero mondo è coalizzato contro di noi. Diane ti voleva morta, io no. Non...»
Abbassò lo sguardo.
Fissava la Ferguson.
Anche Derek la guardò.
Era a terra, priva di sensi, con un’ampia ferita sanguinante sulla testa.
Brian si chinò su di lei, quasi risvegliandosi dal suo torpore.
«Amber? Amber, mi senti?»
«Non credo che ti risponderà» puntualizzò Derek. «È troppo tardi, ormai.»
Improvvisamente rivitalizzato, Brian le afferrò un polso.
«Il suo cuore batte ancora.»
Derek sapeva di non potersi fare illusioni.
«Non batterà per molto.»
Era sicuro che quell'assurda situazione sarebbe terminata con la morte di quella poveretta. Le sue sicurezze, tuttavia, crollarono di colpo, quando Dominick si chinò su di lei. 

*** 

Era una notte calma, quella di Acid Corn.
Era una notte calma, che non lasciava trapelare nulla di quello che era accaduto nel sotterraneo del Rifugio del Drago.
Non era difficile comprendere perché Anime Grigie e Anime Bianche fossero da sempre in grado di celare la loro vera natura. Erano tutti professionisti nel far credere che la realtà illusoria che gli umani conoscevano fosse reale.
Amber era diventata una di loro, ma Brian doveva fingere che nulla fosse accaduto.
«Allora?» volle sapere Jonathan, rompendo il silenzio. «Ci vuoi spiegare chi è veramente la tua ragazza?»
Brian mentì: «Non lo so.»
«L'hai vista?»
«Sì.»
«È Meredith» intervenne Harley, «il miglior pezzo della collezione di Dominick Storm? O è l'unica, là sotto?»
Brian scosse la testa.
«Non ci sono collezioni.»
«Diane non è rinchiusa nel sotterraneo?»
«No.»
«E lei, l'hai vista?»
Brian mentì di nuovo: «No, non l'ho vista. Non so dove sia.»
Era meglio per tutti fingere che nulla fosse accaduto. Diane Evans non c'era più. Un problema che avrebbe potuto diventare insormontabile era stato risolto. Almeno in parte, Dominick era stato dipendente da lei. Brian non si illudeva che da solo potesse improvvisamente trasformarsi in una persona migliore, ma solo che l'assenza di una pessima influenza potesse spingerlo a mantenere un certo contegno.
«Per cortesia, Brian» lo pregò Jonathan, «Cerca di ricordare che ci sono anche questioni di lavoro, in mezzo, sia per me sia per Harley.»
Erano quelli i momenti in cui Brian riusciva a capire come mai Claire l'avesse lasciato: Jonathan metteva il proprio lavoro prima di tutto. Quello avrebbe anche potuto essere accettabile, il vero problema era che non riuscita a rendersi conto che per le persone che aveva intorno non era sempre l'aspetto più importante della vita.
Claire, da parte sua, non diceva nulla. Non sapeva, ma sospettava. Aveva sempre sospettato. Doveva avere creduto in prima persona alle menzogne che lei stessa aveva inventato per difendere il proprio amore illusorio.
Ne sarebbe uscita distrutta. Tutti ne sarebbero usciti distrutti, a parte Jonathan e Harley: per loro si trattava solo di interessi professionali, non c'era da stupirsi che guardassero la situazione con un distacco che Brian non avrebbe mai avuto.
Si allontanò. Aveva bisogno di stare da solo.
Non vi riuscì, perché Claire lo raggiunse.
«A me» lo avvertì, «Puoi dire tutto.»
Che cosa avrebbe potuto dirle, se non che avrebbe fatto meglio a stare a debita distanza di Dominick Storm?
Glielo riferì e Claire sorrise.
«Tutto qui?»
«Sì.»
«Sei sicuro di non avere altro da aggiungere?»
Brian confermò: «Non c'è altro.»
«Allora» concluse Claire, «Non stai dicendo altro che qualcosa che sapevo già da molto tempo.»
«Non l'hai mai dimostrato.»
«L'ho dimostrato a me stessa. Credo che sia sufficiente.»
Brian annuì.
«Penso di sì. Quello che conta è la tua opinione. Gli altri non ti capiranno mai fino in fondo.»
Più che a Claire si riferiva a se stesso, ma aveva la convinzione di fondo che tutti condividessero, almeno in parte, gli stessi problemi.
Inorridì al pensiero che in quel momento anche Dominick potesse sentirsi un incompreso. 

*** 

Amber aprì gli occhi e fu uno shock. Vedeva perfino meglio di quando metteva gli occhiali per guidare, peraltro nella penombra.
«Come stai?» domandò una voce accanto a lei.
Amber si mise a sedere, contro un cancello.
Ricordò. Era scesa nel sotterraneo insieme a Brian. Dominick aveva manifestato l'intenzione di ucciderli. Il successivo intervento di Diane aveva complicato le cose.
Amber era caduta, stando a quanto ricordava. Aveva battuto la testa. Tutto era diventato buio all'improvviso. Poi...
“Poi non ricordo.”
Si girò e guardò alla propria destra.
«Tu...»
Le parole le morirono in bocca, quando si accorse che Dominick era seduto accanto a lei.
«È normale che tu ti senta frastornata» le confidò. «Ti abituerai, prima che ti spuntino le ali.»
«Le... ali?»
Non bastava avere una vista micidiale?
Non bastava chiacchierare amabilmente con un pazzo assassino?
Dominick sospirò.
«Ci sono state un po' di complicazioni.»
«Complicazioni?»
Le sembrava un termine troppo riduttivo per tutto quel casino.
«Ci farai l'abitudine» ribadì Dominick. «Essere un'Anima Bianca è un po' diverso che essere una semplice e inutile umana.»
Amber sbuffò.
«Semplice e inutile chi?»
Dominick rise.
«Non offenderti, ormai non lo sei più.»
Amber scosse la testa.
«No, ti sbagli, io non sono un'Anima Bianca.»
«Credi di saperlo meglio di me?»
«Sì, è ovvio, conosco la mia identità.»
«Mi aspettavo una simile risposta.»
«È l'unica risposta ovvia.»
«Evidentemente non ti ricordi di essere stata in punto di morte» concluse Dominick. «Immagino che anche questo possa essere considerato normale.»
«Sono solo caduta» obiettò Amber. «Tra cadere e morire c'è una bella differenza.»
«Non quando batti la testa a quel modo.»
«In tal caso» volle sapere Amber, «Perché sono ancora viva?»
Dominick puntualizzò: «Eri un'occasione troppo buona per non essere sfruttata. Non sapevo che ora fosse, se la mezzanotte fosse già passata o meno.»
Amber non sapeva se sentirsi offesa o meno.
«Un'... un'occasione?»
«Senza Diane» le confidò Dominick, «Sarei morto anch'io.»
Amber aggrottò la fronte.
«D-Diane è morta?»
«Sì.»
«Come?»
«Nell'unico modo in cui un'Anima Bianca può morire.»
Non fu difficile fare due più due, perciò Amber ipotizzò: «Bruciata?»
Dominick non le diede una risposta diretta.
«Non sentiremo la sua mancanza, ora ci sei tu» fu il suo unico commento. «Non sono uno che si lascia scappare le buone occasioni. Poi sei anche carina. Sarà un piacere portarti con me.»
Amber mise in chiaro: «Non mi piacciono gli uomini.»
«Ho detto che puoi venire via con me, non che devi diventare la mia amante.»
«Venire dove?»
«Non lo so» ammise Dominick, «Lontano da qui, dove a nessuno possa venire in mente di ammazzarci.»
«Oh, dimenticavo.» Amber sospirò. «Da adesso in poi sarà uccidere o essere uccisi.»
Dominick scosse la testa.
«È proprio vero, una volta che ti costruisci una reputazione, non c'è verso di far cambiare idea a chi ti sta intorno.»
Amber spalancò gli occhi
«Cambiare idea? No, non ci penso nemmeno. Tu sei un criminale pericoloso.»
«Evidentemente sono nato per essere odiato.»
«Non senza ragione.»
«Non ha importanza. Non mi pento di niente.»
«Nemmeno di avere lasciato in vita Meredith?»
Ci volle un po’, prima che Dominick le rispondesse. Alla fine le confidò: «Soprattutto di quello, non me ne pentirò mai.»
Era difficile comprendere le dinamiche del rapporto che lo legava a sua sorella.
No, non era solo difficile. Era impossibile. Amber ne era ancora più che certa: quello doveva essere un sogno, un semplice sogno senza né capo né coda. 

*** 

Brian aprì il portone cercando di recuperare un po’ della positività che l’aveva contraddistinto in quelli che riteneva tempi ormai remoti.
I bei giorni in cui non sapeva niente di Anime Grigie e di Anime Bianche erano finiti, ma la sua vita avrebbe comunque ritrovato un senso.
Claire avrebbe smesso di parlare di Dominick. Jonathan avrebbe continuato a parlare sempre e solo di lavoro. Harley forse sarebbe rimasto e, con un po’ di fortuna, avrebbe smesso di fare il cacciatore di Anime e avrebbe trovato un'altra occupazione.
Accese la luce, mentre il portone si richiudeva.
Iniziò a salire le scale.
A ogni gradino gli sembrava di essere più lontano dal Rifugio del Drago, locale in cui, con tutta probabilità, non sarebbe davvero mai più entrato.
La sensazione di distacco e di lontananza svanì nel momento stesso in cui vide Meredith e Derek seduti sui gradini accanto alla porta d’ingresso del suo appartamento.
«Cosa ci fate qui?»
Meredith si limitò ad alzare lo sguardo, mentre Derek lo informò: «Meredith voleva parlarti.»
«Di cosa, se non sono indiscreto?»
«È giusto che tu sappia.»
«Preferirei sapere da lei, se proprio è necessario.»
Meredith si rivolse a Derek: «Per cortesia, potresti lasciarci da soli?»
Derek fece per alzarsi, ma Brian lo trattenne.
«No, non ha importanza. Non dobbiamo parlare di nulla di segreto, almeno credo... altrimenti non saresti qui.»
Meredith si alzò in piedi.
Si guardarono negli occhi per qualche istante.
Quelle iridi turchesi apparivano ancora dannatamente stupende, nonostante Brian sapesse che era soltanto l’effetto di un paio di lenti a contatto.
«Dimmi» la esortò.
Meredith mormorò soltanto: «Mi dispiace.»
«Per che cosa?»
«Per non averti detto fin da subito chi ero.»
«Non ti avrei creduta» replicò Brian. «All’inizio non sapevo nemmeno cosa fosse un’Anima Nera... e forse non lo so nemmeno ora, fino in fondo.»
«No, non lo sai nemmeno ora, non del tutto, almeno» confermò Meredith. «Chissà, forse un giorno, quando me ne sarò andata, ti scriverò una lunga lettera in cui ti racconterò tutto per filo e per segno.»
Brian aggrottò le sopracciglia.
«Vuoi andartene?»
Meredith annuì.
«Credo di non avere più niente da fare qui.»
«Andrai via insieme a tuo fratello?»
Gli sembrava una prospettiva assurda, ma nelle ultime ore aveva imparato che comprendere la logica con cui le Anime agivano era fin troppo complicato.
«No, ma comunque Dominick mi ha confermato che se ne andrà» rispose Meredith. «Verrà Derek con me. Ha insistito tanto a lungo, perché ce ne andassimo.»
«Come al solito» intervenne Derek, «Ha capito che avevo ragione io. E poi, te l'avevo detto, tra voi non sarebbe durata.»
Brian si avvicinò alla porta.
«Buona fortuna.» Infilò la chiave nella toppa. «A entrambi.»
Entrare in casa e richiudersi la porta alle spalle fu più facile di quanto avesse immaginato fino a pochi secondi prima.
Udì i passi di Meredith e di Derek che scendevano le scale.
Udì il portone che si apriva e che poi si richiudeva.
Pensò che erano passati solo pochi mesi da quando aveva conosciuto Meredith, ma che, tuttavia, erano stati più che sufficienti per stravolgere completamente la sua vita.
Pensò che, se tutto era destinato a finire, quella era forse l’unica fine possibile.
Poi si appoggiò alla porta e si costrinse a smettere di pensare. Sapeva che non avrebbe visto Meredith mai più, ma che avrebbe conservato per tutta la vita il ricordo che aveva di lei.

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Capitolo 33
*** Quattro mesi dopo ***


Caro Brian,
c'è una ragione ben precisa, se stai leggendo questa lettera, ed è perché sono ormai molto lontana e ho deciso, finalmente, di mantenere la mia promessa. Nelle ultime settimane ho cercato informazioni su di te e sulle persone che ti stanno intorno. Sembra che stiate tutti bene, da quello che ho sentito dire su di voi, e che almeno in apparenza la vita di tutti voi sia tornata molto simile a com'era quando io non c'ero ancora. Sono certa, tuttavia, che ciascuno di voi porti dentro i segni che vi abbiamo lasciato, io e gli altri, e che tu debba sapere tutto. Del resto, te l'avevo detto, ti avrei spiegato tutto, ero stata abbastanza chiara, la sera del nostro addio, quando non avevamo più nemmeno la forza di dirci addio.
Adesso sono qui, dopo avere finalmente trovato della carta da lettere rosa, rosa come il biglietto che ti ho lasciato dopo la prima notte che abbiamo trascorso insieme, per raccontarti la mia storia e, in minima parte, anche quella di mio fratello Dominick e di mia sorella Bethany.
Nella mia prima vita mi chiamavo Annabelle. Ho scelto, in seguito, di prendere il nome di Meredith, che è lo stesso che portava mia madre. Nella mia prima vita ero umana, ma non mi sentivo tale, e solo molto tempo dopo ho scoperto che è una sensazione comune a tutti quelli che sono destinati a diventare Anime Nere e che, finché sono umani, vivono in una condizione di continua infelicità.
Hai già visto il luogo in cui vivevo: abitavo nelle campagne che costeggiano quella che al giorno d’oggi è diventata Acid Corn come la conosciamo. Ero la secondogenita, nata tre anni più tardi rispetto a mio fratello Dominick. Fu un parto difficile, per mia madre. Sopravvisse, ma non a lungo. Ricordo poco di lei, se non che era l’unica persona che nei miei confronti dimostrasse vero affetto. È per questo che ho scelto di omaggiarla, volevo chiamarmi con il nome che portava lei, non con quello con cui ero stata abituata a sentirmi chiamare da chi non mostrava alcun sentimento positivo nei miei confronti.
Io e mio fratello non eravamo molto legati, da bambini. C’era più indifferenza che altro, tra di noi. Dominick era un bambino strano. Era profondamente infelice, come me. Ripensandoci a posteriori ho avuto l’impressione che fosse, almeno in parte, ossessionato dalla morte. Più tardi si aggiunse Bethany, quando mio padre si risposò con zia Mary Bell, la sorella di mia madre, una donna acida che sembrava sopportare a malapena la presenza mia e di Dominick.
Mio fratello, nel frattempo, iniziò a manifestare attrazione nei miei confronti. Non so dire quando, esattamente, Dominick si mise in testa che un simile amore fosse normale. Avevo quattordici anni quando iniziò a importunarmi. Tentò di abusare di me, ma fu fermato prima che fosse troppo tardi. Nostro padre lo mandò a lavorare lontano da casa, in modo da impedire che accadesse qualcosa di irreparabile.
Io, tuttavia, ero considerata colpevole alla stessa maniera, ma non saprei dire se mi sentissi tale. Ero stata quasi sempre abbandonata a me stessa, nessuno mi aveva mai spiegato alcunché di come dovessero funzionare i rapporti tra le persone. In ogni caso, quello che era successo con Dominick cambiava di poco quello che era la mia vita.
Mio padre e zia Mary Beth avevano già deciso che non avrei mai vissuto una vita normale. Convinti che nessun uomo avrebbe mai voluto sposarmi, perché a loro dire c’era qualcosa di troppo anormale in me, lasciarono credere che fossi gravemente malata e che fosse quella la ragione per cui non potevo avere interazioni sociali con nessuno: la realtà dei fatti era che, se nessuno poteva liberarli di me tramite un matrimonio, allora tutto quello che potevano fare era nascondermi.
Non volevano, inoltre, che la mia reputazione potesse infangare il nome di Bethany, nonostante fosse ancora una bambina. Accadde lo stesso. Non so dire come, forse soltanto perché le mie condizioni mentali peggiorarono. Sentivo che in me c’era qualcosa che stava tentando di risvegliarsi.
Nel frattempo, Dominick era riuscito ad avvicinarsi a me. Iniziammo una relazione malata e perversa di nascosto da tutti. Poi, temendo di essere scoperto, sparì di nuovo. Dopo la morte di mio padre, la situazione peggiorò. Zia Mary Beth e mia sorella Bethany iniziarono a vessarmi e arrivarono a istigarmi al suicidio. Avevo ventisei anni e credevo che non ci fossero più ragioni di vita, per me.
Dicevano che ero una strega e che, come tutte le streghe, dovevo bruciare. Approfittarono della mia fragilità e dei miei problemi psichici per convincermi a gettarmi nel fuoco. Mi buttai. Mi buttai e scoprii che dentro di me c’era un’Anima Nera che aveva atteso per troppi anni di risvegliarsi.
Mi spuntarono un paio di ali ricoperte di piume nere e mi scrollai di dosso le fiamme. I miei occhi diventarono rossi e luminosi, ma quello lo scoprii soltanto più tardi. Zia Mary Beth e Bethany mi fissarono con gli occhi sbarrati per un istante, poi credo di essere sparita alla loro vista.
Ti chiederai, a questo punto, che cosa sia - esattamente - un’Anima Nera. Forse te l'hanno già spiegato, ma vorrei che leggessi anche una spiegazione mia, a costo di essere ripetitiva. L’Anima Nera è una creatura eterea che accompagna gli esseri umani verso la morte. Quando giunge il loro momento, li esorta ad arrendersi al loro destino, sussurrando loro parole di conforto.
Credo che tutte le Anime Nere siano state umane, alcune molto tempo fa, altre in periodi molto più recenti. La vita umana delle Anime Nere può differire, ma alcuni sintomi sono comuni: sensazione di disagio, comportamenti ritenuti anomali dalla massa e, in certi momenti, una vera e propria ossessione per la morte.
Le Anime Nere ricordano la loro vita umana, ma la vedono come un periodo di stallo, nell’attesa che la loro vera natura emerga. Non ho mai saputo con esattezza come Dominick sia diventato a sua volta un'Anima Nera. Le Anime non amano parlare del proprio passato. Doveva avere superato da poco i trent’anni e, per quanto ne so, la sua vera natura emerse dopo che era stato ferito mortalmente.
Le Anime Nere perdono la cognizione del tempo. Accompagnano gli umani verso la morte, lo fanno ogni giorno e ogni giorno per loro è la prosecuzione di quello precedente. Non ci sono date, non ci sono mesi, non ci sono anni. Da Anima Grigia mi ritrovai a vivere nella seconda metà del ventesimo secolo.
Un’Anima Grigia è un’Anima Nera che non è stata capace di portare a termine il proprio compito. Di solito lo fa perché ritiene che la persona che ha davanti non debba morire. Può salvargli la vita, anche se non sarà più la stessa vita. Il meccanismo è molto semplice: l’Anima Nera bacia il morente e, se non è sufficiente, gli lacera la pelle con i denti e vi infila una piuma strappata dalle proprie ali. È questo il modo in cui la natura di chi è nato per rimanere umano cambia.
L’Anima Nera che viola le regole non è più un’Anima Nera. Diviene visibile agli umani e, di fatto, ha apparenza umana. Non invecchia e non muore (se non in un modo), ma nessuno può saperlo. Gli occhi rossi vengono nascosti con lenti a contatto e le ali, quando sono ripiegate, sembrano un semplice tatuaggio sulle spalle.
Il sopravvissuto diviene un’Anima Bianca, legato all’Anima Grigia da un rapporto di sudditanza. In un primo momento sembrerà soltanto che abbia avuto una miracolosa guarigione, non solo dalla malattia o dalla ferita che stava per provocarne la morte, ma anche da qualunque altro disagio. Successivamente i suoi occhi cambieranno colore, diventando di un rosa scuro, solo in alcuni casi luminescente, e le spunteranno ali più piccole di quelle delle Anime Grigie.
Anime Grigie e Anime Bianche possono morire solo in un modo: quando le loro ali bruciano. Dopo si reincarneranno, non si sa in che cosa, forse in un normale umano, forse in un umano destinato a diventare un’Anima Nera.
Se un'Anima Grigia muore, l'Anima Bianca rimane indipendente. La morte dell’Anima Bianca, invece, provoca la morte dell’Anima Grigia che, entro la mezzanotte, non è riuscita a tramutare qualcun altro in Anima Bianca. A volte, per necessità, le Anime Grigie che tentano di sfuggire alla morte feriscono mortalmente un umano per poterlo tramutare e, in quella maniera, salvarsi.
A volte, per sfizio, certe Anime Grigie dalla mente bacata uccidono le loro Anime Bianche al solo scopo di poter ferire mortalmente un umano per renderlo la loro Anima Bianca, legata a loro da un rapporto di sudditanza. Credevo che mio fratello appartenesse a questa specie, invece non lo era.
Diventai Anima Grigia quando salvai la vita a un ragazzo di venticinque anni rimasto gravemente ferito in un incidente in moto. Quel ragazzo si chiamava Derek Taylor e divenne la mia Anima Bianca. Mi amava e mi odiava allo stesso tempo: mi amava perché era vivo grazie a me e mi odiava perché a causa mia non era morto, come a ciascun umano prima o poi dovrebbe accadere.
Non avevo mai avuto una relazione con un uomo che non fosse mio fratello, nella mia vita umana. Non credevo che fosse qualcosa che faceva per me, e invece lo fu. Io e Derek ci spostammo da una città all’altra. Ruppe ogni legame con la sua famiglia: quando non invecchi, sei costretto a farlo. Io e Derek fummo felici insieme per diversi anni, poi ci lasciammo. Mi amava come Anima Grigia e io non riuscivo a sopportare l’idea che nessuno mi amasse per come apparivo. È assurdo, vero? All’improvviso volevo sentirmi umana e credevo che ce l’avrei fatta soltanto se un uomo mi avesse accettata come tale.
Poi ricomparve Dominick. Mi fece credere che la sua Anima Bianca fosse una certa Allison James, una ragazza di vent’anni legalmente scomparsa. Mi disse che, per abitudine, uccideva le proprie Anime Bianche ogni volta in cui voleva procurarsene un'altra e non potei fare altro che credergli. Ho soltanto recentemente scoperto che Allison James - con il nome di Alicia - si spacciava per Anima Bianca quando in realtà era un’Anima Grigia. Perché? A questo ci arriveremo tra poco.
Tornando a noi, chiusi definitivamente i contatti con Derek e seguii Dominick. Fu un errore, sia perché finalmente mi aveva in suo potere e non mi risparmiava nulla, costringendomi ad assecondare la sua perversione, sia perché dopo pochi mesi, quando Allison - Alicia, così si faceva chiamare - mi voltò le spalle nonostante avessi cercato di esserle amica, venni rinchiusa nel sotterraneo e costretta a prostituirmi, mentre mio fratello faceva affari con Eddie Woods, un'Anima Bianca che in teoria odiava le Anime Grigie, ma che non disdegnava averci a che fare, se c'era la possibilità di arricchirsi.
Non ero la sola, là sotto. Rinchiudendo occasionalmente Anime che avevano con loro qualche genere di debito, Eddie e Dominick avevano a disposizione individui piacenti, dell’uno e dell’altro sesso, che non correvano il rischio di trasmettere malattie o di concepire figli. Io ero fin troppo malleabile, quindi ero materiale adatto al quello scopo. Dovevo soddisfare i desideri sessuali di uomini e donne disposti a pagare cifre elevate per me.
Avevo un accordo con Dominick. Quando gli avevo chiesto di lasciare in pace Alicia, credendo fosse la sua Anima Bianca, aveva voluto in cambio un certo numero di anni di servizio. Anche le altre Anime che si trovavano nel sotterraneo avevano stretto accordi di questo tipo.
A poco a poco tutto saltò, compresa la "società" tra Eddie e Dominick. Mio fratello se ne andò, le strade di tutti noi si separarono e le poche Anime rimaste rinchiuse nel sotterraneo finirono per essere liberate.
Quando tornai, lo scorso inverno, riallacciai i rapporti con Eddie, ma soprattutto con Derek, che si era trasferito ad Acid Corn nella speranza di ritrovarmi. Pensavo che Eddie potesse proteggermi da Dominick, ma in realtà deve essere stato proprio lui a richiamarlo in città. O lui, oppure Diane Evans.
Allora non lo sapevo, ma si trattava di Bethany, mia sorella, che Dominick aveva salvato dalla morte (era sempre stata di salute piuttosto cagionevole) all’età di trentacinque anni e che aveva nascosto fino ad allora. Quando ero divenuta Anima Nera, Bethany era soltanto una bambina, non avrei avuto modo per riconoscerla, specie senza essere al corrente dei suoi legami con Dominick.
Diane mi rendeva la vita impossibile, distruggendo ogni mio legame: prima Rick, poi te. Mi chiedevo perché ce l’avesse con me. Solo troppo tardi ho capito chi era e che lo faceva per un motivo specifico. Mi odiava, e la cosa assurda è che era invidiosa del mio rapporto “esclusivo” con nostro fratello. Credo che avessero una relazione (sì, evidentemente siamo tutti un po’ perversi, nella mia famiglia), ma che Dominick continuasse a farle capire che preferiva me: è quello che è emerso alla fine, nonostante mi abbia fatto del male a parole sostenesse di volermi uccidere.
Ha mostrato chiaramente di non volerlo fare e di quanto Bethany avesse avuto potere su di lui, fino a quel momento. Lo so, dovrei dirti che Dominick era il peggiore, tra di noi, ma non lo penso. Era succube di Bethany. Con questo non intendo in alcun modo giustificarlo, ma solo farti notare che, se perfino una persona come lui poteva essere tenuta sotto scacco da qualcun altro, allora l'altra persona doveva essere molto più abile di lui a giocare le proprie carte, quando si trattava di controllo. Mia sorella era questo. Si è bruciata le ali, condannandosi a una morte immediata, solo perché sapeva che sarebbero stati accomunati dallo stesso destino. Sono sicura che Dominick sarebbe morto, se "Diane" non avesse ferito Amberlee, spingendolo a renderla un’Anima Bianca per salvarle la vita. Credo che, in un certo senso, non ci fosse un altro possibile finale a tutta questa storia. Una parte di me è felice che Dominick sia ancora vivo, anche se spero di non doverlo incontrare mai più.
Nemmeno io e te ci rivedremo mai più. Dopo avere finito questa lettera, la imbucherò in un’altra città, lontana da qui, in modo che il timbro postale non ti fornisca indicazioni sul luogo in cui sono ora. Credo di averti amato davvero e di essermi sentita amata da te, ma ormai sono stanca di cercare di tenere in vita relazioni impossibili.
Vivo con Derek, adesso, e non voglio nascondertelo: siamo di nuovo una coppia, amarci tra di noi è l'unica possibilità che noi Anime abbiamo per avere un rapporto equilibrato.
Questo non significa che io abbia dimenticato che cosa c’è stato tra me e te, né che voglia dimenticarmene. Significa solo che la maledizione delle Anime non avrà mai fine: forse non avremo mai una possibilità di essere veramente felici, ma possiamo cercare di coglierla, se esiste, soltanto stando accanto alle persone che sanno chi siamo davvero: indossare un paio di lenti a contatto è accettabile, dover sempre indossare una maschera è quasi ingestibile. Ci ho provato, a recitare, sia per professione sia nella vita. Sul palcoscenico sono stata un fallimento e sono stanca di recitare con le persone che ho vicine.
Sono sicura che sarai in grado di vivere bene anche senza di me e di riuscire a dimenticarmi, ora che non ti starò accanto e non potrò più esercitare il mio potere su di te. È questo l'effetto che finiamo per fare, quando ci avviciniamo a voi con lo scopo di sedurvi: non riuscite a sottrarvi, il fascino che esercitiamo su di voi è troppo grande. È questa la ragione per cui sono passata sopra così facilmente a quello che era successo tra te e Diane. So che avevi ben poche possibilità di resisterle e, anzi, il fatto che poi tu l'abbia respinta per tornare da me mi ha fatto capire che non eri soltanto vittima di un "incantesimo".
Se non altro, posso dire di non essere mai stata animata da cattive intenzioni, quando mi sono avvicinata a te. È pur vero che il tentativo di rapina da cui ti ho salvato era una montatura concordata con Eddie - a questo ci arriverò - ma non ho mai voluto farti del male. Sono convinta che, in fondo, nemmeno Dominick volesse fare del male a Claire. L'ha trattata male, come ha sempre fatto con tutti, ma non penso avrebbe mai preso in considerazione l'idea di ucciderla. Era innocua, per lui, anche se i suoi legami, seppure vaghi, con l'E.I.F.P. l'hanno portata a intromettersi in questioni dalle quali avrebbe fatto meglio a rimanere fuori.
Quando mi sono avvicinata a te - esattamente come avevo fatto in precedenza con Rick - il mio scopo era quello di scoprire che cosa sapeste, a proposito della morte dei vostri genitori. Mi sono resa conto fin da subito che tu non ne sapevi niente, che eri convintissimo si fosse trattato di un normale incidente stradale. Eddie non mi aveva detto tutto, anzi, c'erano molte cose di lui che non sapevo. Una di queste è che era al corrente di cos'avesse fatto Dominick. Tua madre sapeva troppe cose, su di lui, per questo ha deciso di eliminarla. Tuo padre c'è finito in mezzo perché si trovava sull'auto manomessa, non perché fosse programmata anche la sua morte. Sono profondamente dispiaciuta per loro, anche se non li ho mai conosciuti. Temo che, purtroppo, anche tua madre sia stata una vittima del fascino di noi Anime, che fosse quello il motivo per cui si era innamorata di Dominick.
Concludo con l'E.I.F.P. e il mio parere su di loro: molti di loro sono sicuramente animati da buone intenzioni, ma le mettono in atto nel peggiore dei modi. Come tu stesso hai avuto modo di appurare, non siamo un'orda di pazzi assassini. È pur vero che una parte di noi non ha alcun freno inibitorio, ma in fondo i più efferati criminali sono umani e non per questo vi ritenete tutti alla loro stessa stregua. Ci sono Anime pericolose e altre che si camuffano in mezzo agli umani cercando di vivere come loro. Trovo ingiusto che alcuni di questi debbano pagare con la vita i crimini commessi dai propri simili, così come trovo ingiusto il fatto che spesso noi Anime non ci sentiamo sicure nello spogliarci senza la protezione del buio davanti alle persone che amiamo, timorose che ne approfittino per bruciarci le ali.
Spero che Harley Parker possa rendersene conto e tornare sui propri passi e che, se non può farlo lui, possano riuscirci almeno Jonathan, Claire e pure tuo fratello, che con l'E.I.F.P. ci hanno avuto a che fare almeno la sera in cui Eddie e "Diane" sono morti. Basta pensare che Amber ha fatto affari con l'E.I.F.P. e ha eliminato un'Anima Bianca, per poi diventare Anima Bianca lei stessa. Non credo che questo sia bastato per renderla di punto in bianco una cattiva persona.

Questo è quanto, non credo di avere altro da aggiungere. È arrivato il momento di dirti definitivamente addio, consapevole che tu hai la tua vita di detective del paranormale, mentre io ho la mia. Adesso sono una modella che guadagna soldi posando nuda in un'accademia d'arte e vivo accanto a un uomo che fa il mio stesso mestiere. Forse penserai che sia un'esistenza squallida, ma sappi che lo è molto meno rispetto ad altre mie vite passate. Quei ragazzi e quelle ragazze che copiano le mie forme sui loro schizzi mi guardano con gli stessi occhi con cui guarderebbero una statua. Il mio corpo, che un tempo scatenava solo fantasie erotiche, adesso stimola l'estro degli artisti. In fondo, è una bella sensazione.

Addio per sempre,
Meredith.






Erano i primi di ottobre del 2002 quando concepii il personaggio di Meredith. Avevo da poco iniziato la prima superiore e, quando avevo scritto in una presentazione che amavo la scrittura, la professoressa di italiano aveva commentato esortandomi a continuare a scrivere e, se lo volevo, a farle leggere i miei scritti. Quindi, dopo numerosi racconti che trovavo infantili, decisi che avrei scritto un racconto più "adulto".
Poi successero varie cose, non necessariamente in ordine di importanza: 1) mi resi conto che far leggere a un'insegnante quello che doveva essere un thriller pieno di omicidi poteva non essere l'ideale, 2) decisi che quella professoressa mi stava ben poco simpatica e che non avrebbe letto alcunché di mio a parte i compiti di scuola, 3) iniziai a lavorare su un altro racconto (poi divenuto a distanza di vent'anni "Le Lettere dell'Innocenza" pubblicato su EFP un anno fa.
La trama che avevo in mente non aveva nulla di soprannaturale, era un thriller e Meredith era un'assassina che uccideva a mezzanotte in punto, per poi suicidarsi dopo l'ultimo delitto. Quel progetto fu accantonato, ma come altre cose concepite nel 2002/2003 mi è sempre rimasto un po' il desiderio di tirarne fuori qualcosa. Così, circa dieci anni dopo, grazie a forum di scrittura, mi misi a lavorarci su e ne pubblicai pure qualche capitolo su EFP (avevo un altro account, da cui diversi anni dopo rimossi tutti i racconti), con una trama molto diversa, nuovi personaggi ispirati a quelli che erano solo accennati, e con le varie rielaborazioni finii per rendere Meredith un personaggio pieno di misteri e segreti, ma al contempo dolce e passionale.
Posso dire senza nascondermi che questo è il racconto più dark che abbia mai scritto, e lo è stato in tutte le versioni che sono esistite dal 2012/13 in poi. Un paio le ho anche completate, ma non mi convincevano, nessuna. O per meglio dire, mi sembravano un collage di scene e capitoli interessanti, ma senza un vero e proprio filo conduttore. Il mio lavoro di revisione e in parte riscrittura è stato incentrato in prevalenza sul mettere in ordine diverso certi accadimenti e andare a riprendere parti scartate delle versioni precedenti, per arrivare a una vicenda che apparisse ai miei occhi più lineare. Ci ho messo circa un mese e mi ritengo abbastanza soddisfatta del mio lavoro.

Al momento non ho progetti per il futuro immediato, non so se ci sarà un prossimo racconto lungo e quando. Tuttavia avendo un vasto "repertorio" passato non escludo di pubblicare altri miei scritti passati, tra cui uno discendente dalla triade dei racconti del 2002/03. Se avete apprezzato questo racconto, non mi resta da fare altro che pubblicizzare altri miei racconti presenti su EFP.
Suggerisco "Le Lettere dell'Innocenza" a chi fosse interessato a un thriller pieno di mistero, "Il Bacio della Pantera" a chi fosse più attirato dal giallo enigmatico e "Il Sussurro della Farfalla" a chi volesse un thriller/mystery con un po' di soprannaturale in mezzo e non fosse spaventato dai capitoli lunghi. C'è anche altro nel mio profilo, ma mi sento di citare questi in quanto nascono tutti da idee uscite o durante la mia adolescenza, o quando avevo superato da poco la soglia dei vent'anni e forse sono i più affini al mio modo di scrivere conosciuto in questa vicenda.

GRAZIE A TUTTI I MIEI LETTORI! <3
In particolare grazie a SwanXSong, che ha letto, commentato e congetturato!
Grazie a chi leggerà in futuro e a chi, in passato, sul forum Scrittori della Notte, mi ha dato suggerimenti ai tempi delle vecchie versioni.


Una piccola dedica, infine, a tutti i draghi color argento che svettano su uno sfondo rosso. ☆☆ ☆☆☆☆☆

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