The One...

di Vale__91
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The one... where you were born (part 1) ***
Capitolo 2: *** The one... where you were born (part 2) ***
Capitolo 3: *** The one... with the tears of a young proud Saiyan ***



Capitolo 1
*** The one... where you were born (part 1) ***


Premessa - Questa raccolta nasce dopo aver fantasticato a lungo tra un missing moment e un altro. Quale miglior modo di combinare tutte le idee in un unico posto? Non faró grandi premesse iniziali tra un capitolo e l'altro per non togliervi il piacere della lettura (a meno che non sia strettamente necessario), ma indicheró di certo il rating della storia (per ora é giallo di base, ma potrebbe cambiare in seguito), i personaggi presenti ed eventuali pairing/avvertimenti e così via. Le varie one shot (ecc) non seguiranno necessariamente un ordine cronologico, ma é molto possibile che le prime lo siano in quanto ho giá pronta una bella lista :) .
So bene che lo scopo delle one shot é di raccontare una storia in un unico capitolo, ma per questioni stilistiche per alcuni casi é possibile che preferisca dividere il lavoro in massimo due parti.
L'idea del titolo della raccolta e dei vari capitoli é gentilmente ispirata alla sit-com Friends, la cui versione originale prevede che il titolo di ogni episodio inizi con la frase "The one with/where..." ecc.
Credo non ci sia altro da aggiungere, se non che chiaramente i personaggi di DB delle mie storie sono e rimangono di proprietá del criptico Sensei Toriyama e della Toei Animation.
Buona lettura e chiaramente ogni recensione é ben accetta :) 






1. The one... where you were born (part 1) 
Characters: Goku, Chichi (+ altri)
Pairing: GokuxChichi
Time period: salto temporale in seguito al 23º Torneo Tenkaichi
Rating: Verde




Lavare, cucinare, stendere, cucinare, stirare, cucinare ancora.
Ma quanto mangia Goku?!
Di quel passo l’ereditá del padre sarebbe finita nel giro di pochi anni solo per i viveri. Doveva darsi una regolata, mandarlo a caccia piú spesso.
E cosí fece un giorno di Luglio, per la veritá chiedendogli di andare a pesca, attivitá che Goku apprezzava particolarmente, pur non avendo piú la coda ad aiutarlo nell’impresa. Tanto meglio! Si sarebbe allenato in acqua per testare la sua velocitá in un ambiente diverso. Ogni scusa era buona pur di non lasciar intorpidire i muscoli, senza contare l’assenza di certezze che Piccolo sarebbe rimasto nell’ombra in maniera definitiva. Non poteva di certo farsi trovare impreparato.
Chichi rimase sulla soglia di casa ad osservare il marito spiccare il volo a pochi metri dall’uscio, con uno strano fiatone in corpo e la fronte imperlata di sudore. Non era da lei sentirsi cosí esausta di prima mattina, ma occuparsi della casa in piena estate avrebbe potuto svilire anche le energie di un’eccellente donna di casa. Si autoconvinse che quello fosse il motivo dell’inaspettata stanchezza e una volta richiusa la porta alle sue spalle, fece mente locale alla lista di faccende che avrebbe dovuto terminare quel giorno.

L’ancora ignaro Saiyan, accolta di buon grado la richiesta della sua dolce metá, tornó un paio d’ore piú tardi, trascinando con sé un enorme pesce di fiume ed altri piú piccoli, raccolti in una grande rete portata sulle spalle.
«Chichi! Sono tornato!»
Attese un minuto buono, ma non udendo la solita voce squillante della moglie andarlo ad accogliere alla porta, ora che era diventata una loro abitudine, lasció cadere le povere bestie ai suoi piedi e si avvicinó all’ingresso spingendo piano la porta. I fornelli spenti, quando mancava ormai poco a mezzogiorno, furono il primo segnale che qualcosa fosse diverso dal solito.
«G-goku.»
La vide apparire dal salone, vacillando con gli occhi spenti, i capelli disordinati e decisamente non un’ottima cera.
«C-che ore sono?! Mi sono seduta un attimo sul divano per riposare e...»
«Ti senti bene?»
«Oh mio Dio, ma é tardissimo!» disse notando l’orologio a muro sopra di loro.
«Non ho ancora niente di pronto. Che disatro, Goku mi dispiace, sono imperdonabile!» aggiunse cercando di arrancare verso la cucina, tendando di mostrare piú forze di quante ne sentisse in corpo.
«Chichi, non c’é problema, pranzeremo un po’ piú tardi.» tentó di rincuorarla lui che a fatica domava la sua testardaggine.
Tra tutti e due in fondo, era una bella gara a chi fosse il piú cocciuto.
«Vieni a vedere cos’ho pescato.»
La prese per mano trascinandola all’ingresso, ma una volta aperta la porta il volto di Chichi cambió di mille sfumature in pochi secondi.
«Allora? Che ne pensi?» chiese lui orgoglioso portandosi le nocche delle mani sui fianchi per gonfiarsi il petto.
L’odore dei pesci sul prato e, ora che se ne rendeva conto, dallo stesso Goku al suo fianco, fecero venire un immediato conato di vomito alla povera Chichi, che si portó entrambe le mani alla bocca e corse svelta verso il piccolo bagno che avevano al piano terra.
Stranito da quell’insolita reazione, Goku la seguí dapprima con lo sguardo e poi a passi veloci fin dentro casa.
«Tesoro, sei sicura di stare bene?» chiese ben consapevole della domanda retorica, trovandola accasciata e con il viso affacciatto alla lucidissima toilette di ceramica bianca.
La sentí rimettere un paio di volte e poi finalmente riprendere fiato.
«C-credo... C-credo di essermi presa qualche malanno, un virus forse.» disse concludendo con un nuovo conato.
«Aspetta, ti dó una mano con i capelli.»
Chichi lo fermó prontamente con la mano.
«G-goku, per favore non avvicinarti.... Ho b-bisogno che sposti quei pesci che hai pescato altrove, e che ti faccia una doccia.»
«Non capisco.»
«L’odore del fiume... N-non riesco a sopportarlo in queste condizioni.»
«Va bene, va bene, faró in un attimo.» disse senza chiedere ulteriori spiegazioni «Riesci ad alzarti?»
Chichi annuí lievemente con la nuca e l’osservó sparire ad una velocitá tale da farla sorridere per quanto serio ed impacciato fosse diventato all’improvviso. Passata una buona mezz’ora e lavatosi per bene dalla testa ai piedi, Goku si sedette sul divano di fianco alla moglie, che seduta con un panno bagnato poggiato sugli occhi, cercava di riprendersi dalla nausea.
«Ho cercato ovunque, ma non ho trovato le medicine che mi hai elencato.»
«Devo averle lasciate da mio padre.» disse con un filo di voce.
«Perché non provi un Senzu? Ne tengo uno di scorta, per le emergenze.»
«E vorresti sprecare un Senzu per un banale virus?»
«Beh sí, se ti fa stare cosí male, e poi posso sempre prenderne altri da Karin all’Obelisco nei prossimi giorni.»
Forse Goku non era un campione di romanticismo o frasi dolci, ma sapeva certo come farla sentire protetta e amata a modo suo. Quei gesti valevano piú di un milione di parole che chiunque altro le potesse pronunciare.
Chichi sorrise cercando a tastoni la mano del marito, che trovó calda e pronta ad accoglierla.
«Ti ringrazio tesoro, ma solo l’idea di m-mangiare qualcosa...» rispose concentrandosi il piú possibile per non cedere nuovamente all’impellente bisogno di correre in bagno.
«Ma sono praticamente insapori, devi sol-»
«G-goku... C-chiama mio padre, ci porterá le medicine e anche un termometro. F-fatti anche preparare qualcosa, si sente il tuo stomaco brontolare fino in cittá.»
Gli scappó una risata imbarazzata, consapevole della fame atroce che lo stava attanagliando, quando finalmente, all’arrivo del suocero e a debita distanza dalla moglie, poté mettere qualcosa sotto i denti.
«Chichi cara, non hai mezza linea di febbre. Sicura che non sia colpa di qualcosa che hai mang-.»
«P-papá! N-non p-provare a dire quella cosa.» gli disse sollevando un dito in aria per bloccargli le parole di bocca.
«Vuoi fare un salto dal medico? Lí possono dirci che cosa ti serve?»
«Non se ne parla, sará solo un po’ di s-stanchezza, sono cose che capitano. T-ti chiedo solo se puoi occuparti tu della cena e di lasciare qualcosa per domani. Io proprio non me la sento e l’ultima volta che Goku si é offerto di aiutarmi stava per andare a fuoco la cucina.»
Gyumao si lasció andare ad una fragorosa risata.
«Con i faló ci sa fare peró. Va bene figliola, non preoccuparti, ci penso io.»


Trascorse una settimana, ma le condizioni di Chichi non migliorarono di molto. C’erano mattine in cui si alzava sentendosi in gran forma e pronta a tornare alle sue solite mansioni, ma bastava la colazione per riportarla a fare compagnia alla tazza del water. Per quanto Goku tentasse di darle una mano, aveva ancora molta strada da fare prima di potersi considerare capace di badare alla casa senza di lei.
«Chichi, é passata una settimana. Proviamo con il Senzu.»
«Ho detto di no!»
«Va bene, ma non possiamo stare qui a far nulla. Lascia almeno che ti accompagni in ospedale come ha suggerito tuo padre.»
«Una donna non puo essere un po’ stan-».
L’ennesimo conato la interruppe, ormai sembrava non riuscisse piú a comporre frasi senza che succedesse.
Lo sguardo preoccupato di Goku accanto a lei che le reggeva la chioma scura, la intenerí al punto da cedere alle sue suppliche.
«E va bene, andiamo a vedere un medico.»
«Perfetto, non appena ti sarai ripresa ti ci porto in un attimo.»
«Non avrai intenzione di volare?»
«Beh... ecco.»
«O di usare Kinto-un!»
«F-forse?»
«Ti sembra che possa reggere un viaggio in volo?! Abbiamo bisogno di una macchina.»
«Ma io non so guidare.»
«E sará meglio che... Faremo piú avanti questa discussione.» disse rialzandosi dal pavimento «Senti mio padre, ci porterá lui.»
Qualsiasi replica sarebbe stata inutile, senza poter volare e senza nessuna nozione su come maneggiare una macchina non c’era verso che si sarebbero mossi di lí. Sentendosi un po’ sconfitto, Goku chiamó in aiuto il suocero per la seconda volta in soli sette giorni.
Non c’erano studi medici in cui registrarsi nei territori montuosi dei monti Paoz, e quelli dei villaggi accanto, trattandosi di una Domenica, sarebbero comunque stati chiusi. L’unica opzione fu recarsi all’ospedale della cittá piú vicina, fare le analisi necessarie per capire cosa avesse Chichi e attendere pazientemente il loro turno. Per loro fortuna, le vacanze estive resereo l’attesa meno lunga e snervante, avendo fatto allontanare molti dalle zone urbane per raggiungere localitá piú invitanti.
Dopo solo due ore, i Son vennero chiamati nello studio del Dottor Kamura, un omone simpatico e barbuto che li fece accomodare davanti a sé.
Goku si rese conto di essersi sentito cosí a disagio ben poche volte in vita sua. I muri bianchi, l’odore forte di disinfettante e una strana sensazione che faticava a spiegarsi, lo fecero sentire un pesce fuor d’acqua. Lui con quel posto non c’entrava proprio nulla, tutto quello che c’era da sapere su come guarire le ferite glielo aveva insegnato suo nonno Gohan, grazie ad efficaci metodi naturali. Ora poi che aveva i Senzu a disposizione, ancor meno sentiva di aver bisogno di un ospedale se mai gli fosse capitato qualcosa. Chichi peró non era Goku e se davvero lí qualcuno aveva i mezzi per aiutarla a stare meglio, di certo lui non si sarebbe opposto. Si sedette di fronte alla scrivania con la sola speranza che ci fossero buone notizie.
«Signor Son, non c’é bisogno di fare quella faccia corrucciata. Sa, succedono anche tante cose positive negli ospedali.» sorrise amichevole il dottore mettendosi a sedere.
Il suo sguardo fece presagire che le condizioni di Chichi non dovessero essere cosí preoccupanti.
«Quindi Dottor Kamura, ho solo bisogno di un po’ di riposo, non é cosí?» chiese lei guardando di sottecchi il marito non aspettando altro che la soddisfazione di dimostrargli che stesse benissimo.
«Beh, i suoi esami del sangue sono decisamente un po’ sottosopra, ma non c’é da stupirsi che sia cosí quando si aspetta un bambino.»
Caló il silenzio, interrotto solo dalle lancette dell’orologio da polso del medico, rumoroso e fastidioso.
«U-un c-cosa? Un b-bambino?» chiese Chichi balbettando e sbattendo le palpebre un centinaio di volte, cercando di tornare in sé.
«Sí, un bambino. Mi scusi, non era al corrente di essere incinta?»
«Le sembra la reazione di una persona che sa di aspettare figlio?!» sbraitó lei, che ancora non riusciva a credere alle sue orecchie, né a contenere le miriadi di emozioni esplose dal momento in cui aveva sentito pronunciare quella frase.
Aveva sempre desiderato diventare mamma, ma riuscire ad immaginare come avrebbe reagito nel ricevere quella notizia era un altro paio di maniche, tanto piú che non si aspettava sarebbe accaduto a cosí poco tempo dalle sue nozze, avvenute solo due mesi prima.
«Oh mio Dio! Goku, hai sentito? Aspettiamo un bambino!» si voltó verso di lui, con gli occhi lucidi dall'emozione, ma ad attenderla c'era solo un’espressione del tutto inebetita.
«Perché fai quella faccia?»
«I-io... Non capisco. Bambino? Quando dovrebbe arrivare questo bambino? E da dove? È questo che ti sta facendo stare cosí male?»
Il dottore inizió a guardarlo stranito, ma prima ancora che potesse pronunciare mezza parola o ridere della sua ignoranza, Chichi gli chiese se potesse lasciarli soli qualche minuto.
«Si rende conto che questo é il mio studio?» chiese indispettito il medico, ricevendo come risposta lo sguardo piú glaciale che avesse mai visto prima.
«V-vi lascio soli un momento.» aggiunse alzandosi senza battere ciglio e richiudendo la porta della stanza alle sue spalle.
Chichi, che in quei pochi minuti sembrava aver riacquisito tutto il suo colorito naturale, cercó di sfruttare quelle forze per spiegare al compagno che cosa stesse succendo, in quanto ben consapevole di parlare con un ragazzo che non aveva mai avuto accesso ad un’educazione o nozioni di alcun genere sull’argomento.
Si voltó nuovamente verso di lui e gli prese le mani.
«Goku, sono io che aspetto un bambino.»
«E che vuole da te?» chiese guardandosi intorno, aspettandosi di veder un marmocchio sbucare fuori da un momento all’altro.
«N-no tesoro.» disse lei trattenendo una risata «Siamo stati noi due a crearlo.»
«Ma cos-»
«Aspetta, fammi finire. Quando io e te... Quando noi...» prese fiato, consapevole che sarebbe arrossita al solo pronunciare quelle parole, ancora cosí nuove per entrambi «Quando facciamo l’amore, i nostri corpi si uniscono e... C’é la possibilitá che quest’unione generi una nuova vita. Questa vita ora sta crescendo dentro di me. Mi sono sentita cosí debole perché il corpo attraversa dei cambiamenti importanti, ma non c’é nulla da temere. Aspetto... Aspettiamo un figlio Goku, proprio ora, sta crescendo qui dentro.» disse portandosi una mano sul ventre.
«Un figlio... Noi due avremo un figlio.»
«Sí.» annuí lei «Diventerai papá.»  
«P-papá!»
Lo sguardo di Goku si perse nel vuoto. Forse ne sapeva meno di un principiante in materia, ma di certo conosceva il significato di cosa fossero una mamma e un papá. D;improvviso l’idea che ne sarebbe stato uno gli rilasció una scarica di adrenalina che gli percorse l’intera schiena dall'alto al asso. Si alzó di scatto, facendo cadere la sedia alle sue spalle e provocando un sussulto in Chichi, che non si aspettava di vederlo reagire con tanto entusiasmo.
«Diventeró un papá!» strilló sollevandola di peso per stringerla a sé, tentando sempre di non metterci troppa forza.
Chichi si lasció andare alla felicitá e senza piú trattenere le lacrime di gioia, sorridente come non mai, avvinghió le braccia intorno al collo del marito.
Sentite le urla indefinite provenire dalla stanza, e con il medico fuori dai paraggi, Gyumao si precipitó di corsa nello studio, inconsapevole di cosa stesse succedendo.
«Va tutto bene qui?! Chichi, perché stai piangendo?»
«Papá... Non ci crederai mai ma, preparati a diventare nonno.»

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Capitolo 2
*** The one... where you were born (part 2) ***


2. The one... where you were born (part 2)
Characters: Goku, Chichi (+ altri)
Pairing: GokuxChichi
Time period: salto temporale in seguito al 23º Torneo Tenkaichi
Rating: Giallo




Sulla via del ritorno dall’ospedale, Goku non fece altro che fissare l’addome di Chichi per tutta la durata del viaggio. Lei intanto, gli sedeva accanto sui sedili posteriori dell’auto di Gyumao, con la testa poggiata sulla sua spalla e tutta l’intenzione di recuperare le forze, ora che le nausee erano tornate piú prepotenti di prima.
«Perché mi fissi?» chiese Chichi ad occhi chiusi, percependo chiaramente l’attenzione del marito su di sé.
Non ricevette risposta, ma a giudicare dagli sguardi incuriositi ed incerti comparsi durante le loro precedenti conversazioni, ebbe ben pochi dubbi su cosa gli stesse frullando per la testa.
«Ti ho spiegato che é un percorso lungo nove mesi Goku, e come ha confermato il medico, sono solo passate quattro settimane. Non vedrai nessun cambiamento per un bel po’.»
Le parole di Chichi avevano affondato in pieno il bersaglio.
Nonostante gli fosse stato spiegato come si sarebbe formato il loro bambino fino al momento del parto, Goku faceva non poca fatica a immaginarsi visivamente quello che sarebbe dovuto accadere. Continuava a chiedersi come fosse possibile che un essere umano potesse crescere in uno spazio tanto piccolo, e l’idea che a lui fosse accaduta la medesima cosa diciannove anni prima, gli creó non pochi pensieri.
Salutato il suocero e rientrati in casa, Goku accompagnó Chichi nella loro stanza reggendola per un fianco, cosí che potesse farsi una sana dormita.
Una volta adagiata sul letto le si sedette accanto, con lo sguardo pensieroso.
«Non ti devi preoccupare, staró bene.» gli disse tentando di rincuorarlo.
Goku osservó i suoi occhi spenti, ma che nonostante la fatica, lasciavano trasparire un senso di immensa gioia. Per Chichi il solo pensiero che da lí a poco sarebbe diventata madre e avrebbe coronato il desiderio di mettere su famiglia con l’uomo dei suoi sogni, era sufficiente a farle sopportare qualunque stanchezza.
«Chichi... Pensi che l’abbia avuta anche io una mamma?»
Lo sguardo di lei si aprí in un’espressione di immensa sorpresa, colpita da una domanda che forse non si sarebbe mai aspettata di sentirgli pronunciare.
Era abbastanza certa di avere risposte per lo piú a qualsiasi sua curiositá, ma non poteva fare granché se invece si trattava di dare conferme sul suo passato, di cui ancora sapeva troppo poco.
Terminato il breve attimo di stupore, lasció che a guidarla fosse il suo profondo istinto materno. Nonostante avesse sposato l’uomo piú forte del pianeta, sapeva bene che anche lui, da qualche parte dentro di sé, avvertiva il bisogno di sentirsi al sicuro. Guardó Goku con dolcezza e gli prese la mano.
«Certo che l’hai avuta, amore. Non sempre abbiamo il piacere di essere cresciuti dalle nostre mamme… Io lo so bene.» disse concludendo con un nodo alla gola e gli occhi lucidi.
Chichi non poteva lontanamente immaginare il perché suo marito non fosse stato cresciuto dai suoi genitori, ma ció che davvero aveva importanza, era chi fosse diventato, una persona di cui lei era certa che dovesse andare fiero.
Goku si rese conto di avere molte piú cose in comune con la sua metá di quanto si aspettasse. Non aveva mai dato troppo peso al suo passato, e nemmeno ora sentí l’impulso di indagare oltre, ben felice di essere stato allevato dal suo adorato nonno, ma ora che aveva assorbito appieno la notizia della futura paternitá, gli importava di una cosa sola: che quella nuova vita avesse accanto la sua famiglia al completo.
«Hai ragione, per noi é stato cosí, ma non permetteró che accada di nuovo.» disse con tono serio e rassicurante «Faró qualunque cosa per proteggerti. Voglio che il nostro bambino abbia una mamma forte come te al suo fianco.»
Il cuore di lei perse un battito, e le lacrime iniziarono a scenderle copiose sulle guance.
Goku allungó un braccio verso l’addome di Chichi, e accarezzandolo piano, chiuse gli occhi respirando profondamente.
«C-cosa fai?» chiese lei dopo qualche secondo, asciugandosi il viso con le dita.
«Senti.» rispose lui invitandola a poggiare la mano sulla sua stessa pancia.
Un forte torpore pervase i palmi di entrambi, provocandogli un brivido dietro la schiena.
«C-che cos’é questo calore?».
«Ho concentrato la sua forza vitale. Riesci a sentirla? É davvero tantissima.» le disse con occhi felici.
«Non é possibile.» aggiunse lei esterrefatta, paralizzata dall’emozione.
«Con due genitori come noi, non c’é da sorprendersi.»
A Chichi sembró di vivere un sogno ad occhi aperti, e con il cuore colmo di gratitudine rivolse lo sguardo verso le iridi scure di Goku, che non credeva di aver mai amato tanto.
«Ora é meglio se ti riposi.» le disse alzandosi e lasciandole un tenero bacio sulla fronte.
Il conto alla rovescia era ormai iniziato. In poco piú di otto mesi avrebbero conosciuto il loro primo figlio.
 
*********

 
Secondo mese

«Non ci riesco!»
«Prova di nuovo.»
«No, non ce la faccio!»
La voce insolitamente piagniucolosa di Chichi risuonó per la stanza. Lei che difficilmente conosceva la parola “resa”, sembrava ora cedere ad ogni minimo ostacolo, tanto piú che ogni scusa era buona per accoccolarsi tra le braccia del suo compagno, in cerca di conforto.
Di fronte allo specchio del bagno, con un pettine ed un elastico giallo in mano, tentó una decina di volte di sistemarsi i capelli in uno chignon perfetto, senza peró ottenere i risultati sperati.
Al suo fianco Goku, che era rimasto sollevato nel vedere come le nausee le fossero finalmente passate nel corso dell’ultima settimana, doveva ora fare i conti con i suoi continui e repentini sbalzi d’umore.
Era al corrente che sua moglie avesse un caratterino piuttosto vivace, ma che con la gravidanza questo sarebbe esploso in un milione di altre sfumature, di certo non lo aveva previsto.
“Vedrai é una situazione passeggera, te la caverai.” gli aveva detto Gyumao tra una risata e l’altra, provocata dalle disavventure che il genero stava passando a causa dei capricci della figlia.
«Perché allora non li lasci sciolti, ti stanno bene anche cosí.» tentó passando al vaglio tutti i consigli che gli aveva dato il suocero per telefono, chiamato durante l’ennesima crisi di pianto che Chichi aveva avuto qualche sera prima. Causa: essersi dimenticata di comprare la salsa di soia per preparare il ramen.
«D-dici sul serio?» chiese Chichi commossa dal complimento del marito, che ad ogni frase pronunciata sentiva di trovarsi sul filo del rasoio.
«Ma certo.» la rincuoró abbozzando un sorriso e vedendola scagliarsi contro il suo petto tra un singhiozzo e l’altro.
«Perché non vai a coricarti un po’, io vado ad allenarmi e torno.» disse dandole delle piccole pacche sulle spalle tentando di farla sentire meglio.
Con uno scatto, Chichi si sollevó dal suo torace.
«Cos’hai detto?»
«C-che vado ad allenarmi, ti ricordi? Te l’ho detto ieri sera e hai risposto che non ci sarebbero stati problemi.»
«Ho detto cosí?»
Goku annuí con il capo deglutendo forte, osservando gli occhi di lei infiammarsi come due tizzoni ardenti.
«E chi se ne frega di cos’ho detto ieri! Hai intenzione di lasciarmi qui da sola in un momento come questo!» sbraitó con gli occhi lucidi di rabbia.
«Ma amore, sto via solo poche ore.»
Il mento ed il labbro inferiore di Chichi iniziarono a tremare, sfociando di nuovo in un pianto interminabile.
«Va bene vattene, se proprio vuoi lasciarmi qui da sola!» strilló piú forte di prima con il viso affondato tra le mani.
Goku la riprese tra le braccia, sudando freddo e tentando come poté di consolarla. Esasperato e con gli occhi rivolti verso l’alto, imploró che quella “situazione passeggera” passasse il piú in fretta possibile.
 
Terzo mese

Quarto villaggio, decima pasticceria da visitare.
Goku fece un enorme sospiro, congiungendo le mani come in preghiera, ed entró velocemente, puntando subito gli occhi sulle vetrinette colme di dolci di ogni tipo che si trovavano di fronte a lui.
“Ti prego, ti prego, ti prego” bisbiglió ad alta voce spostando gli occhi velocemente da una parte all’altra.
«Posso esserle utile?» chiese la voce gentile di una ragazza dalla folta chioma bionda dietro il bancone.
Non riuscendo a notare ció che cercava assiduamente da piú di due ore, accolse volentieri la richiesta di aiuto.
«Sí ecco, io starei cercando delle praline al latte, fondenti e al cioccolato bianco tutte ripiene di cocco e menta, ricoperte di caramello salato, scaglie di mandorle, nocciole e... cos’era? Ah sí, crema al pistacchio. Le avete?»
La donna lo fissó sbattendo le palpebre diverse volte.
«Mi dispiace, non le abbiamo.»
Lo sguardo di Goku cadde nello sconforto piú totale.
«Non le troveró mai.» fece sconsolato voltandosi.
«Ma se vuole gliele possiamo preparare al momento.»
«Dice sul serio?!»
«Certo, possiamo fargliele come desidera. É sicuro che sia l’elenco di una singola pralina? Sembra una combinazione di sapori un po’ particolare.»
«Oh non si preoccupi, anzi, me ne faccia almeno venti per favore.»
«V-venti?».
«Sí, e potrebbe aggiungere una vaschetta di gelato per ogni gusto che avete?»
«L-li vuole tutti?!»
Quaranta minuti piú tardi, sulla porta di casa, si ritrovó Chichi ad aspettarlo con le braccia conserte ed un viso corrucciato che lasciava ben poco all’immaginazione.
Scendendo in volo verso l’ingresso, Goku sventoló il sacchetto di dolci che si era conquistato con fatica, reggendo a malapena con l’altro braccio ulteriori dieci contenitori. Gli occhi di lei si illuminarono all’istante, facendole cambiare visibilmente umore.
«Li hai trovati!» cinguettò correndogli incontro afferrando la busta con uno scatto. Neanche il tempo di rientrare in casa che si era giá divorata almeno tre dei venti dolcetti, come se fossero acqua fresca.
«Mmmm, sono una meraviglia! Grazie tesoro. Metti il gelato in freezer o si scioglierá.»
Goku la osservó allontanarsi con sguardo soddisfatto. Non poteva negare di sentirsi contento nel farla felice, solo non aveva idea che sarebbe stato cosí complicato. Almeno per quel gorno, sembró avere salva la pelle.
«Altro che preoccuparmi per Piccolo. Queste voglie mi uccideranno.»
 
Quarto mese

Con la schiena leggermente sollevata e poggiata alla spalliera del letto, Chichi seguí con lo sguardo i passi del marito avvicinarsi al suo lato del letto, pronto a coricarsi e con indosso solo un paio di boxer. Aveva fatto attenzione a non perdersi ogni singolo movimento.
Ormai nel pieno del quarto mese, le si poteva facilmente notare il piccolo pancino prendere forma, ma con sua somma sorpresa, constatò che non solo il suo fisico stava attraversando importanti cambiamenti.
«Buonanotte Chichi.» sbadiglió Goku, stirando le braccia all’indietro.
Lei non rispose, ma si morse il labbro inferiore, osservando il suo petto marmoreo sollevarsi in profondi respiri che contemplavano il sonno.
Era arrivato il momento di agire, e subito.
Avvicinó sinuosamente una gamba nuda lungo il fianco scoperto di lui, provocazione che gli causó un piccolo brivido.
«Ehi, mi fai il solletico cosí.»
«Il solletico, eh?» chiese maliziosamente sporgendo il corpo verso il suo «Che ne dici di questo, allora?»
Con la schiena protesa in avanti, lasció che le dita scivolassero sul suo sterno immacolato e con i denti inizió a mordicchiarli dolcemente il lobo dell’oreccho destro. Goku, nonostante in penombra non fosse visibile, arrossí vistosamente e si sentí avvampare.
«C-chichi?»
«Che c’é, non ti piace?»
Che le sensazioni fossero piacevoli non c’erano dubbi, ma di certo non era abituato a vederla farsi avanti in maniera cosí sfacciata. Intrigato ed intimidito allo stesso tempo, si voltó verso di lei bloccandole il braccio con dolcezza.
«Non credi potremmo... Beh...»
«Cosa?»
«Fare male al bambino, ora la tua pancia sta visibilmente crescendo.»
«Non ti devi preoccupare, non c’é nessun rischio.»
«Sei sicura?»
Chichi sbuffó sonoramente, ma in balia dei suoi ormoni sclapitanti non avrebbe sentito ragione che l’avrebbe fatta desistere. Il desiderio di essere sua era ormai troppo imponente per essere interrotto e il calore che sentiva estendersi tra le sue gambe era diventato incontrollabile.
«Sicurissima.» disse affondando la testa nell’incavo della sua spalla, questa volta mordicchiandogli il collo.
Goku la fermó di nuovo.
«Ti ho detto che-.»
Senza lasciarle il tempo di parlare, le afferró il viso con entrambe le mani e affondó le labbra sulle sue, lasciandosi abbandonare ad un lungo bacio.
Staccatosi da lei la girò su un fianco, posizionandole la schiena contro il suo petto e scostandole i capelli dietro l’orecchio.
«Se é questo che vuoi.» le sussurró con un tono che Goku avrebbe riservato sempre e solo unicamente a lei.
Prima le passò una mano sul seno, che con piacevole stupore sembrava essere persino piú formoso di prima, per poi scendere lungo il fianco e sfilarle la biancheria intima.
Chichi gemette il suo nome, ormai abbandonata alla sua libido, completamente fuori controllo e sua, solamente sua.
“Finalmente questi ormoni combinano qualcosa di buono.”
 
Quinto mese

«Dicono che dovrebbe iniziare a muoversi.»
«Muoversi?»
«Sí, dei piccoli calci o cose simili, ma non sento nulla. E se ci fosse qualcosa che non va?»
Nonostante le visite mediche andassero a meraviglia e avesse ricevuto un milione di rassicurazioni, erano ormai giorni che Chichi si massaggiava la pancia insistentemente, sperando di provocare qualunque reazione al suo interno. Goku, non trovando una risposta adeguata alle sue preoccupazioni, inclinó la testa di lato poggiandosi la mano sul mento, posizione che assumeva quando cercava di farsi venire in mente qualche idea brillante.
Dopo un paio di minuti in silenziosa meditazione, si inginocchiò sul pavimento e raggiunse l’altezza del pancione di Chichi, che seduta sul divano del loro salotto, spazientita dalla sua quiete, si decise a parlare.
«Si puó sapere cos-.»
«In guardia!»
La voce di Goku risuonó per la stanza, talmente forte e piena da provocare in lei un piccolo brivido. Lo vide allungare un dito su un punto imprecisato del suo addome, e applicare una leggera pressione, che gli permise di scaricare parte della sua energia. Chichi, colta alla sprovvista, non riuscì minimamente a muoversi, ma fu sorpresa nel sentire la piacevole sensazione che le aveva trasferito.
Non dovettero aspettare nemmeno dieci secondi per distinguere il movimento inconfondibile di un piccolo pugno colpire nello stesso punto in cui Goku aveva poggiato il suo indice.
«Ecco fatto.»
«M-ma come ci sei riuscito? Si muove, finalmente si muove!» esultò Chichi entusiasta.
«Non vedo l’ora di insegnargli le arti marziali.» disse Goku continuando a toccare la pancia in diversi punti ed ottenendo in cambio continui colpi provenire dall’interno.
«Cosa ti assicura che sia un maschio, e soprattutto, cosa ti fa pensare che imparerá a combattere?»
«Puó imparare anche se é una femmina.»
«É piú importante che abbia un’educazione.»
«Non potrebbe avere entrambe le cose? Anche tu in fondo sai combattere.»
Come negare l’evidenza? Ma i traumi in seguito agli eventi dell’ultimo Torneo Tenkaichi avevano reso Chichi piú suscettibile a tutto ció che riguardava lotte e scontri pericolosi. Non aveva mai avuto il coraggio di confessargli con quanta forza cercasse di lasciarsi alle spalle la paura che aveva provato per la sua incolumitá durante lo scontro contro Piccolo. Ancora ricordava bene il puro terrore provato nel vedergli il petto trafitto da parte a parte, colpito da un ki-blast inaspettato, e mai avrebbe voluto ripetere l’esperienza.
Nonostante sapesse bene quanto le arti marziali fossero importanti per Goku, avrebbe evitato volentieri che quello diventasse un marchio di famiglia.
Tentata dal controbattere a gran voce le sue ragioni, ebbe un attimo di esitazione. Aveva aspettato di sentire il suo bambino scalciare da giorni, e ora che grazie a lui erano giunti a godersi quel momento, sentí che non aveva senso rovinare l’atmosfera continuando inutili discussioni.
«Forse... Forse potrá imparare a difendersi.» disse incerta mettendo l’indice accanto al suo.
«Nulla in contrario.»
Il tono tranquillo di Goku riuscí a contagiarla. Arrivò persino a pensare che in fondo non sarebbe stato poi così male avere tutti i membri della famiglia esperti nel combattimento, pronti a proteggersi da qualsiasi malaugurata sorte. Ahimè, fu la tipica riflessione fatta in un momento di estasi e con vita estremamente breve. In meno di ventiquattr’ore, tornó decisa sui suoi passi.
 
Sesto mese

«Qui abbiamo finito. Tutto procede come previsto.»
«Grazie dottoressa.»
Rialzatasi dal lettino, si sistemò i vestiti e si rimise le scarpe.
Goku al suo fianco, lasciò vagare il suo sguardo. Gli sembrava impossibile evitare di nascondere un certo imbarazzo durante le visite dall’ostetrica di Chichi, ma lei gli aveva detto che la sua presenza era importantissima in quei momenti, e di buon grado non aveva mancato di accompagnarla mese dopo mese.
«Mi dispiace di non avervi potuto far vedere il vostro bambino oggi, ma il monitor dell’ecografia è fuori uso da questa mattina.»
«Ci basta sapere che stia bene.»
«Se siete interessati però, posso dirvi se si tratta di un maschio o una femmina. L’ultima volta avete detto di voler aspettare. Avete cambiato idea?»
«No, non vogliamo saperlo.» disse Chichi raccogliendo dalla scrivania i suoi referti medici.
«Non vogliamo saperlo?»
«Eravamo d’accordo di aspettare. Hai cambiato idea, Goku?»
«No, però… L’attesa è ancora lunga. Sono curioso.»
«Lo sono anche io, ma non sarà meglio scoprirlo quando nascerà?»
Poco convinto, Goku si mise a pensare ad un pretesto per farle cambiare idea, quando dei passi pesanti e veloci si affrettarono verso la stanza, seguiti da tre colpi ritmici dati alla porta.
«C-Chiedo scusa. Chichi sei ancora qui? Meno male. Hai già finito?»
Gyumao apparve all’improvviso, spalancando la porta dello studio e con addosso un pesante fiatone.
«Papà! Ti ha dato di volta il cervello? Sai che non voglio che ti presenti alle visite.» disse arrossendo lievemente.
«E perché no?»
«Te lo devo davvero spiegare? Ci scusi dottoressa, ora ce ne andiamo.»
«E che altre occasioni avrei di vedere il mio nipotino?»
«Quando avremo le foto delle ecog-… Cos’hai detto? Nipotino? Dicevi cosí per dire, non è vero?»
«No, Baba mi ha detto che é un maschietto.»
«Baba?!» chiesero all’unisono Goku e Chichi, mentre la dottoressa appariva sempre piú perplessa da quel quadretto familiare.
«Non capisco perché me lo abbiate tenuto segreto tanto a lungo, voi lo saprete ormai da un po’, no?»
«Ecco, veramente i signori Son stavano appunto discutendo la decisione di attendere la nascita per scoprirlo.»
«Oh… Allora in questo caso, mi rimangio tutto. Chissá, magari Baba si é sbagliata.» rispose l’omone a disagio, camminando all'indietro verso la porta, consapevole della furia omicida che sarebbe esplosa in sua figlia.
«È un maschio.» disse lei con voce vacua guardando in direzione dell’ostetrica, che con un piccolo cenno del capo, annuí.
«Mi dispiace Chichi, sono sicura che tuo padre non volev-»
«È un maschio, Goku!»
Con un balzo gli saltò al collo. Il sesso del bambino in realtà importava poco a entrambi, se non per pura curiosità, ma ora che Chichi aveva scoperto cosa l’avrebbe attesa, non era riuscita a trattenersi dal pensare a come sarebbe stato stringere il suo piccolino tra le braccia, tentando di immaginarsi il suo viso.
I due si guardarono felici, ma qualcuno non sembrava ancora essere sazio.
La voce di Gyumao risuonó nella stanza.
«Bene allora, come lo chiamiamo?»
 
Settimo mese

Stava diventando sempre piú difficile assumere posizioni comode per dormire con quel pancione, ma la cosa risultava praticamente impossibile se a peggiorare la situazione si aggiungevano ore di movimenti incontrollabili che le impedivano di chiudere occhio.
Chichi tentò in tutti i modi di accarezzarsi il ventre nella speranza che il suo bambino si calmasse, ma i calci e pugni che riceveva non facevano altro che rendere insonni entrambi.
«Ti prego… Dormi un po’ piccolino, la mamma è esausta.»
Si voltò verso il comodino. Le due del mattino.
Al suo fianco Goku, che fino a quel momento aveva dormito in completa beatitudine, si ridestò dal sonno, accorgendosi che Chichi era ben piú sollevata di lui dal letto, praticamente seduta contro la testata.
«C-che fai?» chiese con la voce rauca impastata di sonno.
«Non riesco a calmarlo, sono ore che si muove da una parte all’altra come una trottola.» disse al culmine del pianto.
Goku si tiró su stropicciandosi un occhio.
«Perché non mi hai svegliato?»
«Che differenza avrebbe fatto? Almeno tu avresti dormito, anzi, torna a letto. Prima o poi si calmerà.»
Con sua sorpresa lo vide avvicinarsi con il viso all’altezza della pancia, da cui erano facilmente distinguibili i diversi colpi che avevano tenuto Chichi sveglia, dopodiché lo sentì schiarirsi la gola.

«Nen-nen yo okororiyo
suya-suya to oyasuminasai
nen-nen yo okororiyo yasashi
hito ni sodachimasu you ni
Kami-sama arigatou, enjeru
mo arigatou
nen-nen yo okororiyo mama*
»

Con voce inaspettatamente armoniosa e dolce, Goku intonò una ninna nanna che fece venire a Chichi la pelle d’oca e gli occhi lucidi. Gli sentì ripetere le strofe un paio di volte, finché si accorse che il piccolo si era finalmente calmato, probabilmente caduto in un sonno profondo.
«G-Goku, come… Come conosci questa canzone?»
«Quando ero piccolo e il nonno insisteva nel farmi andare a letto presto nelle notti di luna piena, per via del mostro che si aggirava nel bosco, questo era l’unico modo che aveva per farmi addormentare.»
Le rimase accoccolato sul ventre, cercando di assicurarsi che il piccolo si fosse effettivamente addormentato.
Chichi era rimasta senza parole. Mai si sarebbe aspettata di vedere il suo Goku cantare una ninna nanna al suo pancione, mai. In quel momento ebbe la piena certezza di che padre premuroso e straordinario sarebbe stato per il loro bambino.
«Non è neanche un anno che viviamo insieme Goku-sa, ma mi sembra di averti avuto accanto tutta la vita.»
Nel vederlo rialzarsi, nonostante la completa penombra, Chichi riuscì chiaramente a distinguere un suo sorriso.
«Vuoi che la canti anche a te, per farti addormentare?» chiese invitandola finalmente a sdraiarsi.
Data la stanchezza, le sarebbero bastati dieci secondi per chiudere occhio, ma mai si sarebbe persa un regalo simile.
«Certo, come faceva?»
 
Ottavo mese

«E quella è la sua mano destra… Quella la pancia… E quella… Quella cos’è?»
L’ostetrica passò piú e piú volte la sonda dell’ecografo sul basso ventre di Chichi, cercando di distinguere quello che sul monitor appariva come una folta…
«Coda?! N-no, non è possibile!»
«Ah, ce l’ha anche lui allora!» esordì Goku cercando di leggere lo schermo come poteva.
«Come dice, scusi?»
«Sì vede, avevo anche io una coda quando ero piccolo. A quanto vedo devo esserci nato.»
«M-ma le persone non hanno c-code.» disse con voce tremante, passando lo sguardo sul viso di Chichi, che con calma eterea stringeva la mano di suo marito e osservava il suo bambino dormire tranquillo dentro di sé.
«S-signora, non dice nulla?»
«Sì, penso proprio che questo bambino assomiglierà tanto al suo papà.»


Nono mese

Mancava ormai poco, ma non abbastanza. Chichi instancabile, passava le giornate a decorare e ridecorare la stanza del loro primogenito, incurante del pancione che ormai a stento la lasciava camminare liberamente.
«Continuo a pensare che manchi qualcosa.»
«Non ti starai stancando troppo?»
«Se mi siedo, è la fine.»
Come darle torto? Aveva piú forze ora di quante ne avesse avute a inizio gravidanza, e non avrebbe certo sprecato il suo tempo stando a poltrire leggendo riviste.
«Tesoro, andresti a prendermi le scatole accanto al divano? Credo di aver lasciato lì delle coperte.»
«Subito!»
Scese e risalì in meno di un minuto, con due grandi pacchi davanti agli occhi a coprigli in parte la visuale.
«Senti Chichi, visto che ti senti così bene oggi, non è che potrei andar ad allen-»
Con un tonfo che fece quasi tremare il pavimento, Goku cadde all’indietro portandosi dietro tutto ciò che stava reggendo tra le braccia.
«Ahi-ahi-ahi, che botta.» disse massaggiandosi il fondoschiena e notando una pozza d’acqua per terra.
«Chichi, cos’hai rovesciato?»
«N-niente.»
La voce tremante di Chichi fece sussultare Goku, che si rialzò in meno di un secondo.
«Ti senti bene? Perché hai quella faccia?»
«C-credo… Credo mi si siano rotte le acque.»
«Eh?!»
Goku guardò di nuovo perplesso il pavimento, notando come la pozzanghera su cui era scivolato, si trovasse esattamente sotto i piedi di Chichi.
«Che ti succede?»
«Il bambino… Sta per nascere.» disse tentando di mantenere la calma con respiri profondi e regolari. Per sua fortuna, le contrazioni non erano ancora iniziate.
«Cosa?! Adesso? N-non può nascere qui. Dobbiamo andare subito in ospedale!»
«C-chiama mio padre, ci porterà lui.»
«Non possiamo aspettare Gyumao, dobbiamo andare adesso.»
«Rilassati Goku, potrebbero anche volerci ore.»
«E se invece non fosse così? Dove hai messo la borsa di cui mi hai parlato?»
«N-non vorrai andarci volando?»
«Abbiamo altre alternative?»
L’idea di andare in ospedale in quello stato era folle, ma il rischio che Gyumao non fosse reperibile o che tardasse ad arrivare era altrettanto rischioso.
«Sono in travaglio, come puoi portarmici lì in volo. Non se ne parla.»
«Chichi, per favore. Non ti metterei mai in pericolo. Ti fidi di me?»
Dirgli di no equivaleva a mentire, ma la paura che qualcosa potesse andare storto durante il viaggio non riusciva a farla sentire tranquilla.
Si rese conto di non aver tempo da perdere tra i suoi dubbi. Prese coraggio e annuì con la testa.
«La borsa è in camera, accanto al letto.»
Usciti di casa, Goku chiamò a gran voce Kinto-un e vi adagiò su Chichi di modo che fosse il piú comoda possibile, dopodiché si sedette dietro di lei, così che potesse poggiare la testa sul suo petto.
«Kinto-un, siamo nelle tue mani.»
La nuvola, seguendo come sempre i pensieri di Goku, partì senza scossoni o sfrecciando a tutta velocità, al contrario si sollevò piano da terra e attraversò il cielo ad un’andatura moderata, che persino Chichi trovò particolarmente piacevole. Ci avrebbero messo qualche minuto in piú del previsto, ma sempre meno che con qualunque altro mezzo.
Una volta arrivati e fatti accomodare in una camera, non ci volle molto perché le contrazioni si facessero vive, e in appena tre ore, tra mugugni di dolore sempre piú intensi, Chichi era ora pronta per dare alla luce il loro bambino.
«Tesoro, ho provato a chiamare tuo padre, ma non risponde nessuno.»
Un urlo prolungato fu l’unica cosa che riuscì a rispondere.
«Chichi, che ti succede?»
«Signor Son, dobbiamo portare sua moglie in sala parto, si metta questo.»
Goku si vide lanciare addosso un camice azzurro da un’infermiera, poco sicuro che avesse sentito e capito bene ciò che le aveva appena detto.
«D-devo venire anche io?»
«Non vuole veder nascere suo figlio?»
«Certo, però non credevo che…»
Un altro urlo interruppe il flusso dei suoi pensieri, mentre il letto su cui Chichi era sdraiata veniva spinto fuori dalla camera in direzione di un’altra area.
«C-cosa aaaahh… c-cosa a-aspetti?» chiese lei vedendo Goku rimanere indietro.
Infilato il camice, seguì il gruppo verso la sala operatoria.
«Bene signora Son, ora quando sente arrivare la prossima contrazione deve spingere, va bene?»
Il viso di Chichi inondato di sudore fece un breve cenno di assenso, mentre Goku al suo fianco, si sentí nient'altro che un pesce fuor d'acqua.
«Chichi, cosa devo fare?» chiese incerto.
«D-dammi la mano.» gli disse lei, con un filo di voce.
«Cosa?»
«DAMMI LA MANO HO DETTO! AAAAAAHHH
Chichi cacciò un urlo ancora piú forte dei precedenti, riuscendo ad afferrare le dita di Goku e stringendole talmente forte da farlo lacrimare.
«Così me le spezzi.»
La contrazione finì e lei allentò la presa.
«Allora esci, ESCI DI QUI SE NON VUOI AIUTARMI!.»
«C-Chichi?»
«FUORI! AAAAHH
Goku non l’aveva mai vista in quello stato, e non aveva idea che veder nascere suo figlio sarebbe stato così doloroso per lei e difficoltoso per lui. Si sentì impreparato, imbranato, non aveva la minima idea di cosa dovesse fare. Restare e ignorare la furia di Chichi in preda ai dolori, o lasciarle spazio cosí che la sua goffaggine non fosse d'intralcio?
Non fece in tempo a darsi una risposta e fare due passi indietro che...
«GOKUUU-SAAAA!!»
Si sentì afferrare per il camice.
«D-dove stai andando?» chiese Chichi con le lacrime agli occhi e il fiato corto.
«Signor Son, sua moglie sta soffrendo molto, le stia accanto.» sussurró un'infermiera alle sue spalle.
Quando anche la dottoressa lo squadrò da capo a piedi, sistemandosi la mascherina sul naso, capí che Chichi andava solo assecondata, e di certo aveva bisogno di lui.
«Non vado da nessuna parte.»
Afferró la mano di Chichi, questa volta permettendo che la presa fosse piú salda di prima.
«Signora Son, spinga, ora!»
Le grida di Chichi sembravano raggiungere vette sempre piú alte.
«Ancora una!»
«N-no, n-o basta! Non riesco.» piagnucolò esausta.
«Manca poco signora Son, deve spingere.»
«Avanti Chichi! Ce la puoi fare.»
Incoraggiata da Goku, spinse ancora all’arrivo delle ormai vicinissime contrazioni.
«Non basta, deve sforzarsi di piú.»
«Ho detto che non riesco!» disse piegando la testa all’indietro.
«Amore, so che puoi riuscirci. Sei la donna piú forte che conosca.»
«È troppo difficile Goku, t-troppo!»
«Lo faremo insieme allora.»
«Adesso signora Son, adesso!»
Goku strinse piú forte la sua mano, lasciando che parte del suo Ki la attraversasse. Investita di una nuova energia, Chichi riuscì a trovare una tale forza dentro di sé da farle compiere uno sforzo che non credeva possibile.
Con un ultimo lancinante urlo, il piccolo Son venne al mondo.
«Eccolo, il vostro bambino, è qui.»
La dottoressa si alzò per portarlo immediatamente sul petto di lei.
Sconvolti, sia Goku che Chichi osservarono quel piccolo scricciolo con la coda piangere all’impazzata con il viso paonazzo, per poi affondare le piccole labbra sul seno di Chichi, trovando conforto.
«I-il nostro b-bambino.» pianse Chichi guardandolo con un profondo amore viscerale.
Goku rimase senza parole, investito di emozioni che forse nemmeno avevano un nome, finché una piccola lacrima fece capolino dal suo occhio destro.
«Amore, hai visto? Ce l’abbiamo fatta.» continuó Chichi piangendo, senza riuscire a distogliere lo sguardo dal suo neonato.
Con gli occhi semi chiusi, il piccolo si staccò dal seno materno, e guidato dall'istinto, tentó di afferare l'indice di Goku con l'intera manina.
«M-mio figlio.»
Sembró aver realizzato solo in quel momento di aver permesso ad una nuova vita di venire al mondo. Rapito dalla sua tenerezza, si perse ad osservare ogni centimetro del suo corpo. Dalla testolina coperta di ciuffetti neri come la pece, alla piccola coda che gli volteggiava accanto, ai piedini che non smettevano di muoversi.
Goku tratteneva a stento il turbinio di emozioni che gli si erano scatenate dentro.
«Com’è vivace questo piccolino. Lo laviamo e lo riportiamo subito da voi.» esordí la dottoressa prendendolo delicatamente in braccio.
Rimasti momentaneamente soli, Chichi e Goku si guardarono colmi di una gioia che avrebbero fatto fatica a descrivere.
«Sei stata bravissima.» le disse baciandole la fronte bagnata.
«È anche merito tuo, non ce l’avrei mai fatta senza di te.» rispose esausta allungando il viso in cerca delle sue labbra, che sfioró appena.
«Sai Chichi, non credo di essermi mai sentito così felice come ora. Non avrei mai immaginato che tutto questo fosse minimamente possibile, che potesse capitare a me. Sposarti é stata la cosa migliore che abbia mai fatto in vita mia.»
«G-Goku-sa.»
«Ma ci pensi? Sono un papà, siamo genitori!»
Ogni linea del viso puntava verso l'alto, felice. Gli occhi erano traboccanti di lacrime.
«Siete la mia famiglia, Chichi.»
«E voi la mia, per sempre.»










NDA
*Nen-nen yo okororiyo[...] = si tratta di una vera ninna nanna giapponese, da cui ho tratto ispirazione per descrivere il momento in cui Goku canta al piccolino nella pancia di Chichi. Se siete curiosi, potete ascoltarla qui https://www.youtube.com/watch?v=68xu7uxsAgY 
Nel caso in cui qualcuno se lo fosse chiesto, come riportato nell'anime, il nome di Gohan non viene scelto fino a che non non si trova a casa giá da qualche giorno, per questo motivo non ho inserito nessun riferimento al suo futuro nome.
Si conclude qui questa one shot divisa in due parti, spero davvero vi sia piaciuta :) Ovviamente non considero minimamente nessun evento accaduto in Super, in cui vengono dette cose totalmente nonsense su Goku e la nascita dei suoi figli, facendolo apparire come l'insensibile che di certo in Z non é mai stato.
Molto altro ancora da scrivere e per chi stesse aspettando il proseguimento di The Stranger, non temete, arriva presto!! Baci, a presto!! xxxx Vale

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Capitolo 3
*** The one... with the tears of a young proud Saiyan ***


Characters: Vegeta, Radish, Nappa
Pairing: None
Time period: Anno 737, successivamente alla distruzione del pianeta Vegeta per mano di Freezer

Rating: Giallo

Anno 737
Del pianeta Vegeta, ne era ormai rimasto solo il ricordo.


«Ha solo… Ha solo cinque anni.»
«Che importa, hai idea di chi stiamo parlando?»
«É pur sempre un bambino.»
«Manderebbero un bambino a conquistare pianeti? Su, chiamalo.»
«Ma-»
«Preferisci che Lord Freezer ci faccia finire all’altro mondo? Fa questa maledetta chiamata!»
Riluttante, il soldato dalla pelle a squame blu guardó negli occhi il suo compare, di tonalitá arancioni e riflessi verde brillante. Nonostante provenissero da posti completamente diversi, il loro destino sembrava avere ben poche differenze.
Il primo posó due dita sul suo scouter, premendo piú volte finché non raggiunse le coordinate e il contatto corretto.
Dei suoni informatici ben scanditi fecero da fondo al silenzio e al sospiro pesante dei due, ben consapevoli della notizia che da lí a poco avrebbero dovuto comunicare.
«Che c’é?»
Il tono scorbutico di quello che sembrava un ragazzino di dodici anni risuono nelle orecchie di entrambi.
«P-principe Vegeta?»
«Sei sordo? Ho detto, che c’é? Mi avete interrotto nel bel mezzo della cena.»
«C-ci dispiace disturbarla, ma vede, abbiamo delle notizie da riferirle. Lord Freezer in persona ci ha chiesto di chiamarla.»
«Ah sí? Giusto in tempo, abbiamo appena fatto piazza pulita sull’ultimo pianeta in cui ci ha mandato. Quali sono le nuove coordinate?»
«V-vede, non si tratta d-di questo.»
«La vuoi smettere di balbettare? Mi sto innervosendo.»
Il secondo soldato rivolse un’occhiataccia al primo, intimandogli di darsi un tono.
«Perché non glielo dici tu se hai il coraggio?!» rispose lui stizzitó coprendo il microfono con il guanto bianco a tre dita che indossava.
«Principe Vegeta, c’é stato un grave incidente.» riprese il secondo senza far trasparire nessun tipo di emozione o timore nelle parole pronunciate.
«Huh?»
«Suo padre, Re Vegeta III, é venuto a mancare qualche ora fa, insieme all’intero pianeta.»
«Ne sei sicuro?»
«Sí, signore. Pare che un enorme meteorite abbia raggiunto a grande velocitá il pianeta Vegeta, riducendolo in mille pezzi.»
«Non é sopravvissuto nessuno?»
«Nessuno, signore. Lord Freezer le manda le sue piú sentite condoglianze.»
«Capisco.»
Il tono di Vegeta non cambió, lasciando perplessi i due alieni, che non riuscirono a capire se il Principe dei Saiyan si trovasse in stato di shock o fosse rimasto impassibile alla notizia.
«Freezer ha richiesto il nostro rientro alla base?»
«Non ora signore, potete prendervi tutto il tempo che vi serve per affrontare questa dolorosa notizia.»
«E dovremmo starcene qui con le mani in mano? Non me ne frega niente se il pianeta é saltato in aria.»
«Ma, signore-»
«Ditegli di mandarci delle nuove coordinate. Se non lo farete voi, lo faró io.»
Un’ombra di terrore fece impallidire i loro volti. La fredezza della sua reazione e le imminenti minacce fecero venire la pelle d’oca ad entrambi.
«Ai suoi ordini, Principe Vegeta.»
«Bene, ora lasciatemi in pace.»
«Ci sarebbe un’ultima cosa, signore. Vede, gli scouter di Nappa e Radish, lí con lei, non sono di ultima generazione come il suo, e non saremo in grado di contattarli per riferirgli quanto appena detto sul conto del vostro pianeta. Lord Freezer ha chiesto che sia lei a comunicarglielo.»
Nonostante vi fossero migliaia di chilometri di distanza tra loro, i due alieni riuscirono a percepire perfettamente i denti di Vegeta digrignare e ad immaginarsi la sua espressione di disgusto. La cosa che detestava di piú al mondo, era ricevere ordini.
«Dovremmo riferirle un ultimo particolare.»

 
*********
 
Circondati da carcasse di alieni e pozze di sangue fresco, Nappa e Radish ridevano sguaiatamente attorno ad un faló, addentando l’ennesimo pezzo di carne abbrustolita. L’eco delle loro voci si poteva sentire a metri di distanza. Intorno a loro, non vi era piú anima viva.
«Certo che questi cosí fanno veramente schifo.»
«Ci é andata male, su questo pianeta ci si cibava solo di erbe e porcherie varie.» disse Nappa dando un vorace morso alla preda «Tuttavia, é pur sempre cibo.»
«Vegeta, ti unisci a noi?» chiese Radish intravedendo il Principe dei Saiyan uscire da una radura.
Nonostante Vegeta fosse il piú piccolo dei tre, gli altri due erano mossi da un senso di totale venerazione nei suoi confronti. La sua tenera etá non era niente in confronto alla sua posizione sociale e il suo giá immenso potere. Lui era quello che si poteva definite un guerriero di altissimo livello, un combattente di  primordine, il piú temibile e forte della loro razza. I dati anagrafici tra Saiyan, contavano ben poco.
«Alzatevi, devo dirvi una cosa.»
Il tono freddo della sua voce non lasció trasparire nulla di buono, ma era pur vero che Vegeta non usava mai modi entusiastici per rivolgersi ad altri, neanche ai suoi compagni.
«Va tutto bene?»
«Dobbiamo rientrare alla base?»
«Volete farmi parlare?! Mi hanno appena chiamato dalla navicella di Freezer. Sembra che il pianeta Vegeta sia esploso.»
La calma della voce di Vegeta si mise in contrasto con la portata di quella notizia.
Guardó i due negli occhi, notando le loro pupille dilatarsi a dismisura.
Lo scoppiettio del fuoco dietro di loro fu l’unica cosa che si riuscí a sentire per diversi secondi.
«Ho chiesto di farmi mandare delle nuove coordinate quanto prima, qui abbiamo finito.»
«C-cosa?» la voce tremante di Nappa fu la prima a farsi sentire.
«Cosa non hai capito?»
«I-il nostro pianeta, non esiste piú? Com’é possibile?»
«Un meteorite lo ha preso in pieno.»
«Un meteorite? No, non é vero. Le nostre tecnologie riescono a prevedere cose del genere con facilitá, non é vero!»
Sconvolto, Nappa si mise le mani sulla testa calva senza riuscire a capacitarsi di quella notizia. Malgrado fosse il piú adulto, e avesse almeno quindici anni in piú di Vegeta, si mostró profondamente scosso in confronto a quello che sulla carta, era un marmocchio di cinque anni.
«C-che ne é stato dei Saiyan?» chiese Radish con un filo di voce e la bocca completamente arida.
«Non é sopravvissuto nessuno. Anche mio padre, il re, é morto nell’esplosione. Adesso, se avete finito di cenare, ripulite questo casino e riposate qualche ora. Domattina ripartiremo quanto prima possibile.»
«S-stai dicendo che, i miei genitori...»
«Insomma, si puó sapere cosa vi prende?!»
Vegeta ruggí cosí forte che i due si tirarono sulle schiene come se fossero stati colpiti da una frusta.
«Sí, il nostro pianeta non esiste piú, come altro devo dirvelo?! E se proprio vuoi saperlo, Radish, tuo padre ha tentato da solo di deviare la rotta del meteorite, evidentemente con poco successo.» concluse con una smorfia di dissenso.
Il Saiyan dalla folta e lunga chioma sentí gli occhi pungergli e un nodo attraversargli la gola.
«Mio padre?» chiese tentando di mantenere il tono piú fermo e calmo che avesse.
«Sí, Bardock, tuo padre. Quel guerriero di infimo livello ha tentato di respingere un immenso meteorite che neanche mio padre é riuscito ad evitare. Che si credeva di fare?» chiese retoricamente con un ghigno.
Radish strinse i pugni e tentó il piú possibile di trattenere le lacrime.
Era un Saiyan, in presenza del suo Principe, non gli era permesso di piangere per sé stesso, o per nessuno, nemmeno per la sua famiglia.
«Per lo meno, ci ha provato.» sussuró Nappa poggiando l’enorme palmo della mano sulla spalla del suo compare, un ragazzino di dodici anni o poco piú, che si era conquistato le prime linee con determinazione e forza, nonostante provenisse da genitori che venivano considerati guerrieri di basso livello.
«No, ha ragione Vegeta. Mio padre é stato un’idiota.»
«Ma cosa dici?»
«Lo hai sentito Nappa? Radish sa bene quello che dico. Avrebbe fatto bene a rimanere al suo posto invece di tentare di fare l’eroe. Ora avete finito col terzo grado? Ripulite questo casino.»
Rimasti soli, i due non fiatarono per diversi minuti, intenti a polverizzare ognuno degli alieni che avevano eliminato, cosí da rendere il pianeta conquistato intonso e perfetto per essere rivenduto.
«Ti confesso che a volte non riesco proprio a capire Vegeta. Forse é ancora troppo giovane.»
«Possibile che tu non abbia ancora capito? A lui interessa solo essere il migliore dei Saiyan, il piú forte di qualunque altro guerriero nell'intera galasia. Se tutta la nostra stirpe é stata eliminata da un banale meteorite, per Vegeta significa che non si trattava di guerrieri degni di far parte della nostra razza.»
«Ed é quello che pensi anche tu? Tua madre, tuo padre. Per fortuna tuo fratello é stato spedito da qualche parte prima che saltasse tutto in aria.»
«Chi? Quell’impiastro piagnucolone con un valore di combattimento quasi pari a zero? Non ho bisogno di essere associato ad un elemento del genere.»
«Sai bene che crescendo sará in grado di conquistare il pianeta di incapaci su cui é stato spedito. É pur sempre un Saiyan.»
Radish si mise a fissare la polvere davanti a sé, quasi come se potesse suggerirgli qualcosa di sensato per rispondere.
«Non ha importanza. Forza, finiamo qui, ho bisogno di farmi una dormita come si deve.»
Terminato di fare piazza pulita, si separarono per tornare alle loro navicelle e riposare qualche ora. Di Vegeta, non videro piú neanche l’ombra.
Seduto nella sua capsula, Radish sentí la tensione tornargli in corpo. Le mani si strinsero in pugni tremanti, pieni di una rabbia che fino a quel momento aveva cercato di far assopire in ogni modo.
Nonostante fosse diventato da poco un vagabondo dello spazio, sapere che della sua casa, dei suoi compagni e della sua famiglia non era rimasto altro che cenere, gli provocó un tuffo al cuore.
“No, no, non posso! Non devo! Sono un Saiyan, un orgoglioso Saiyan! I Saiyan non piangono, i Saiyan non sentono le emozioni. Cosa direbbe il Principe Vegeta? Cosa direbbe mio padre?”
Suo padre, Bardock.
Ripensó a ció che gli era stato riferito sul suo conto. Lui fu l’unico a tentare di deviare la rotta del meteorite, l’unico che si era fatto avanti per il suo popolo e aveva provato a salvare il pianeta con valore e dignitá. Una punta di orgoglio si fece strada nel petto di Radish, stroncata dal ricordo delle parole del giovane Principe dei Saiyan, per niente intenzionato a riconoscere il coraggio di un guerriero di basso rango.
Se solo avessero potuto vedere con quanta fierezza ed immensa forza, Bardock si era scagliato contro i tirapiedi di Freezer. Se avessero potuto sentire i loro scouter andare in tilt nel percepire un livello di combattimento mai visto prima. Se solo Radish avesse visto il suo ghigno soddisfatto, prima di soccombere davanti all’immensa Supernova, consapevole che almeno i suoi figli si trovavano in salvo, lontano da lí. Eppure, non poteva sapere e non avrebbe mai saputo.
Aprí i palmi tremanti, incapace di calmarsi, e con la vista annebbiata dalle lacrime. Tutto quello che sapeva sulla vita, glielo aveva raccontato sua madre, e tutto ció che sapeva sul combattimento, glielo aveva insegnato il padre. Mai piú avrebbe avuto l’occasione di sfidarlo, di allenarsi con lui, di sentire il suo timbro profondo dirsi fiero di aver visto suo figlio superarlo.

I Saiyan non piangono, non supplicano, non mostrano emozioni, ma quella notte, su un pianeta lontano, Radish diede sfogo a tutto il dolore che si teneva dentro. Quella notte un guerriero fiero della sua stirpe, sentí il peso della sua etá e del suo sanguinoso passato. Quella notte, e quella notte soltanto, Radish desideró essere abbracciato da sua madre e suo padre. Quella notte, e mai piú.



 


NDA
Tutto pensavo, ma non che avrei proseguito queste oneshot con quella che avete appena letto. Che posso dirvi, la fantasia non ha limiti, e in questi ultimi giorni ho riflettuto molto sul personaggio di Radish ed é cosí che mi sono immaginata la sua reazione alla fine del suo pianeta e della sua famiglia. Gli spunti sono milioni, spero che questo vi sia sembrato interessante! Ci tengo a precisare che la prima parte, in cui viene data la notizia a Vegeta, é ispirata allo speciale su Bardock, creato un po' di anni fa. A presto :) .

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