Miss Vegas

di Milly_Sunshine
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** [Oliver] ***
Capitolo 2: *** [Tina] ***
Capitolo 3: *** [Oliver] ***
Capitolo 4: *** [Tina] ***
Capitolo 5: *** [Oliver] ***
Capitolo 6: *** [Tina] ***
Capitolo 7: *** [Oliver] ***
Capitolo 8: *** [Tina] ***
Capitolo 9: *** [Oliver] ***
Capitolo 10: *** [Tina] ***
Capitolo 11: *** [Oliver] ***
Capitolo 12: *** [Tina] ***
Capitolo 13: *** [Oliver] ***
Capitolo 14: *** [Tina] ***
Capitolo 15: *** [Oliver] ***
Capitolo 16: *** [Tina] ***
Capitolo 17: *** [Oliver] ***



Capitolo 1
*** [Oliver] ***


Carissimi lettori, pensavo che avrei aspettato un po' prima di pubblicare questo racconto, ma alla fine ho deciso di non attendere. I capitoli saranno un po' più lunghi di quanto io abbia per abitudine, quindi mi sono posta come obiettivo quello di pubblicare un capitolo alla settimana. Lo farò nel fine settimana (o di sabato o di domenica) e spero di potere proseguire con questo ritmo. Qualora la presenza di un weekend lungo verso fine dicembre e le mie probabili ferie a gennaio dovessero permettermi di scrivere di più rispetto al solito, non escludo che la frequenza di pubblicazione possa variare. I capitoli non hanno titolo, al posto del nome del capitolo trovate il POV (in terza persona) predominante.

In questo racconto faranno la propria comparsa due personaggi già apparsi in altri miei lavori, ma si tratta di una vicenda a sé stante. Oliver Fischer era uno dei protagonisti de "Il Sussurro della Farfalla", di cui appariranno, qui in veste secondaria, alcuni personaggi già comparsi in quel racconto, ma i punti di continuità sono pochi se non del tutto inesistenti (inoltre questo sarà molto di più un giallo a enigma). Tina Menezes era una dei personaggi de "Il Paradosso del 27" (e in precedenza di miei racconti e fan fiction non presente su EFP), che però è un universo alternativo.

Buona lettura e non preoccupatevi per l'assenza del morto nel primo capitolo, arriverà presto.
Nessun cantante trap è stato maltrattato durante la stesura di questo racconto. I bro e le sis stanno tutti bene!




Oliver stava facendo roteare distrattamente il bicchiere su se stesso, quando l'atmosfera cambiò all'improvviso, lasciandolo spiazzato. In seguito Dalila avrebbe detto di no, che non era stata colta di sorpresa e che non vi aveva nemmeno fatto caso, all'inizio, ma proprio in quel momento stava aprendo la pochette e, con un'espressione spiazzata sul volto, finì per rovesciarla e spargere il contenuto sul tavolino. Rimase immobile per qualche istante, con lo stupore stampato in viso, finché Oliver non le domandò: «Va tutto bene?»
La fotografa annuì con un cenno, con poca convinzione, alzando lo sguardo verso di lui e raccattando al contempo un borsellino per le monete, un mascara e un portachiavi fucsia con il logo della Pink Venus appeso al quale non vi era alcuna chiave.
«Sì, sì, va tutto bene» confermò, accennando ad alzarsi. «Andiamo a ballare?»
«Prima devo finire la mia bibita» osservò Oliver, indicando il bicchiere con l'acqua tonica. Non prendere niente gli era sembrato fuori luogo, mentre Dalila beveva, ma più avesse rimandato e meno tempo sarebbe passato tra il momento in cui la bocca gli si sarebbe riempita di zucchero e quello in cui, una volta a casa, avrebbe potuto lavarsi i denti per togliersene il sapore. «E poi», gli sfuggì una risatina, «Proprio con questa canzone di merda?»
Dalila si lasciò andare, appoggiandosi allo schienale della sedia.
«Oh, scusa, non ci avevo fatto caso.»
«A me, invece» ribatté Oliver, «Pare proprio di sì.»
Fino a poco prima l'atmosfera della sala era resa vivibile da un brano vintage che a suo tempo aveva scalato le classifiche, rimanendovi per mesi e mesi, nonostante si trattasse di una semplice canzone da discoteca. Non era stato l'unico, di quel periodo a dir poco ottimo per quel genere musicale, ma era arrivato dopo una lunga serie di brani dello stesso decennio. La melodia travolgente dell'eurodance, tuttavia, aveva dovuto lasciare spazio a qualcosa che non solo vi si avvicinava minimamente, ma che l'unica classifica di cui poteva essere degna era quella del cassonetto dei rifiuti indifferenziati - neanche per la raccolta porta a porta, andava bene, poteva solo rimanere a ristagnare per ore e ore, forse giorni, all'interno dei vecchi bidoni.
Era una sorta di gracchiare e, dal fatto che quella parte di clientela composta da ragazzini si fosse diretta a passo spedito verso la pista, se non già lì presente, doveva esserci chi la identificava come un dignitoso esempio di canto. Di per sé, la musica di sottofondo, probabilmente scopiazzata da qualche parte, avrebbe addirittura potuto essere orecchiabile, ma le parole avevano un che di indecente.
Dalila osservò: «Ai bimbiminchia piace, vedo.»
Oliver sospirò.
«Non vedo l'ora che arrivi settembre, così almeno i bimbiminchia torneranno a scuola e non potranno più andare in discoteca il venerdì sera.»
«Ci andranno al sabato» puntualizzò Dalila.
Oliver alzò le spalle.
«L'idea di saperli a scuola per sei giorni su sette, comunque, è molto rilassante. Sì, lo confermo, spero che settembre arrivi presto.»
Dalila gli strizzò un occhio.
«Devono succedere ancora tante cose, prima che arrivi settembre. Non mi hai ancora detto se accetti la mia proposta o, per meglio dire, la proposta di Mirko.»
Oliver le ricordò: «Me l'hai appena fatta.»
«Te l'avrei fatta molto tempo fa» chiarì Dalila, «Se tu non mi avessi bloccata dappertutto e non avessi dovuto presentarmi sotto casa tua per essere presa in considerazione.»
«Non ti avrei bloccata se non fosse capitato quel casino. Comunque devo pensarci, te l'ho già detto. L'idea di tornare a lavorare con te e con Mirko non mi fa impazzire.»
«Fare il freelance, invece, sì?»
Oliver abbassò lo sguardo.
«Credimi, Dalila, ti darei una risposta subito, se ce l'avessi pronta, ma non ce l'ho... l'atmosfera non è delle migliori. Sai, sono concentrato ad ascoltare il testo, bro.»
Dalila rise.
«Sis.»
«Bro, sis, è uguale» ribatté Oliver, alzando lo sguardo, per poi essere subito costretto a darle ragione, quando quell'appellativo riecheggiò tra i versi. «Giusto, sis.»
Le casse diffondevano ancora la stessa voce femminile contraffatta dall'Autotune, che come una scheggia impazzita si lasciava andare a un lungo monologo trap:

Immagino te chi mi dai un kiss
Invece sono qui con la mia sis,
Tu sul dark web cerchi le clips
Di una cessa che pare una miss,
Bro ti amo, Menny è una troia
Che apre le gambe per noia,
Non sopporto questi tuoi trip,
Guardi la clip e ti fai una pip-,
Menny sbatteva perdendo grip,
Poi spegni la luce, switch,
Un giorno sarò la tua bad bitch,
Ti odio ma ti amo el mismo,
Basta con l'autoerotismo
E le manie di protagonismo
Di quella zoccola in calore
Mentre io ti penso per ore,
Voglio sentire il tuo odore
Stare qui a fare l'amore,
Ma la mia sister dice di no,
Mi dice: non cambierà il bro,
Sul dark web cerca gli show
E poi torna a dirti di no...

Anche Dalila sembrava avere prestato attenzione al testo, tanto da affermare: «Mi sembravano tanto stupide le canzoni di quando ero ragazzina io, ma devo dire di appartenere a una generazione fortunata. Questo schifo è indecente.»
«Penso di potere concordare» rispose Oliver, «Anche se non sono madrelingua e potrei essermi perso qualche sfumatura del testo. Hai idea di cosa significhi questa roba?»
«Tirando a indovinare, la cantante - e mi pare molto azzardato definirla tale - si trova insieme a un'amica, quando invece vorrebbe essere insieme al ragazzo dei suoi sogni» ipotizzò Dalila. «Questo ragazzo sta guardando video erotici di una certa Menny, che si trovano nel dark web, masturbandosi nel frattempo e scatenando la gelosia della presunta cantante, la quale riceve dall'amica il consiglio di lasciar perdere il ragazzo dei suoi sogni, o per meglio dire, il bro. Mi viene da chiedermi se questa Menny che "fa la troia sul dark web" sia consapevole che ci siano suoi video erotici che girano sul dark web. Così, a occhio e croce, potrebbe esserne del tutto inconsapevole. Anche perché, se fosse una pornostar professionista, al massimo sarebbe su siti vietati ai minori di diciotto anni.»
«Giusta osservazione» convenne Oliver. «Non ci avevo pensato.»
Per Dalila, il discorso sembrava già finito.
«Dai, andiamo a ballare, anche se la musica fa cagare, adesso!» Si alzò in piedi. «Finisci quella limonata.»
Oliver stava per precisare che non si trattava di limonata, ma quel pensiero si perse. Portò il bicchiere alla bocca, con una certa rassegnazione, mentre il pezzo della trapper si apprestava a terminare:

Brillava nella città del peccato
Sotto al cielo illuminato,
Lasciava tutti senza fiato,
Sulla TV tu hai sborrato,
Ma un giorno sarà morta
E la tua mente contorta
Si libererà di quella whore,
I luv you bro, luv me more,
Questo pezzo alza il mio score,
Ti piacciono le bimbe famose
Anche se non sono formose,
Le bitch saranno invidiose
Di me e di te, te lo spiego,
Menny puttana, hasta luego!

La canzone, se così la si poteva definire, terminò lasciando spazio a un pezzo commerciale, fortunatamente pensato per essere un tormentone estivo che potesse essere suonato in ogni dove, in primo luogo sui canali radio ascoltati dalle persone adulte, anziché ai soli raduni di quindicenni perdigiorno. L'acqua tonica di Oliver, tuttavia, non era ancora terminata, quindi Dalila lo esortò: «Dai, cosa aspetti? Ti stai facendo qualche paranoia sul testo diseducativo? Tanto lo sai che la maggior parte dei ragazzini ha una capacità di attenzione che non supera i venti secondi. Dopo "hasta luego" si saranno già dimenticati tutto quello che hanno ascoltato, figurarsi se si augurano la morte di questa Menny, chiunque sia, accusandola di essere una troia che cattura l'attenzione del "bro" che non presta attenzione alla "sis" in quanto troppo impegnato a farsi le seghe davanti a filmati di dubbia provenienza che probabilmente ledono la privacy della stessa Menny.»
«Città del peccato, cielo illuminato, TV, bimbe famose» borbottò Oliver. «Non so perché, ma ho una brutta sensazione. Sbatteva perdendo grip. Un giorno sarà morta, quindi è esposta al pericolo. Ho una brutta sensazione, Dalila.»
Dalila spalancò gli occhi.
«Cosa vuoi dire?»
Oliver buttò giù tutto quello che restava della sua bibita, prima di seguire Dalila sulla pista da ballo.
«Tina Menezes» le urlò in un orecchio, per sovrastare la musica ad alto volume proveniente dalla cassa vicina. «Menny è lei.»
Dalila iniziò a muoversi sulla pista da ballo, con la lunga coda di capelli biondo platino che saettava nell'aria circostante, assumendo per brevi istanti i riflessi delle luci colorate. Non chiese di ripetere, né diede segno in alcun modo di non avere capito. Semplicemente archiviò quanto Oliver aveva appena detto, come se fosse un problema che non la riguardava.
«Mi hai sentita?» ribadì Oliver. «Menny è Tina Menezes.»
Finalmente Dalila gli diede la soddisfazione di prenderlo in considerazione, ma fu una soddisfazione da poco.
«Stai ancora pensando a quella canzone da cornacchia? Lasciala gracchiare.»
Non aveva tutti i torti, effettivamente il testo di quella perla di musica contemporanea non era affare suo, così come non lo era la vita di Tina Menezes, ma non voleva arrendersi.
«Vieni con me» supplicò, rivolgendosi a Dalila.
«Dove?» sbottò la fotografa. «Siamo qui per ballare o per parlate della spazzatura del panorama musicale odierno?»
Oliver si allontanò dalla pista, sperando che Dalila lo seguisse. Era certo che l'avrebbe fatto. Con la coda dell'occhio la intravide dietro di sé. Non si fermò al tavolo al quale erano stati seduti fino a poco prima, ma si diresse verso la zona più isolata della sala. Molte poltroncine erano libere, quindi ne scelse una a caso. Dalila si accomodò alla sua destra.
«Allora, maledettissimo Oliver Fischer, vuoi spiegarmi cosa ti passa per la testa?»
Oliver prese fuori lo smartphone dalla tasca dei jeans.
«Ricordi qualche parola della canzone?»
«A parte bro, sis e clip?»
«A parte quelle.»
«Mi pare qualcosa tipo "tu nel dark web cerchi le clip di una cessa o di una miss". Non so se...» Dalila si interruppe. «Cosa cerchi sul cellulare?»
Oliver digitò sul motore di ricerca le parole ripetute dalla fotografa. Non erano proprio quelle esatte della canzone, ma la trovò senza difficoltà.
«Baby Dumbaby, il titolo è "Miss Vegas".. e inizia testualmente con le parole "pensi alla miss di Las Vegas, intanto ti fai una sega". Pura poesia, non trovi? Questo, però, aumenta la mia convinzione che la canzone parli della Menezes.»
«E, sentiamo, Oliver, perché mai questa Baby Dumbaby - un nome che è una garanzia - dovrebbe borbottare una non-canzone in cui fa slut shaming contro Tina Menezes e menzionare il fatto che il suo oggetto d'amore preferisca masturbarsi piuttosto che prenderla in considerazione?»
«Se non parlasse di Tina Menezes, ma di un'altra persona, vera o immaginaria che fosse, ci sarebbe qualche motivo sensato a giustificare l'esistenza di questa non-canzone? Termine azzeccato, devo dire. Comunque non era questo il punto. Baby Dumbaby mi interessa relativamente. Quello che mi incuriosisce è l'accenno ai video erotici di questa "Menny" che girano sul dark web.»
«Sarebbe più grave se fosse Tina Menezes, piuttosto che una perfetta sconosciuta?»
«Sarebbe grave ugualmente, ma il fatto che sia un personaggio noto la rende facilmente identificabile. Una perfetta sconosciuta avrebbe molte più probabilità di rimanere un perfetta sconosciuta, per quanto sia ugualmente disgustoso.»
«Mhm.»
«Cosa non ti convince?»
«Non mi convince nulla. Dai, torniamo a ballare, siamo venuti qui per questo. Puoi pensare domani alla Menezes.»
Oliver puntualizzò: «In realtà non siamo venuti qui per ballare. Mi hai invitato a uscire con te per farmi una proposta di lavoro, se non ricordo male. »
Dalila confermò: «Una proposta di lavoro che non hai ancora accettato. Però non l'hai nemmeno rifiutata, quindi posso attendere fiduciosa. Eravamo una bella squadra, ai vecchi tempi.»
«Prima che Mirko mi cacciasse.»
«È passato tanto tempo. Le vecchie incomprensioni, ormai, sono state chiarite.»
«Le vostre, forse. Io con Mirko non ho più avuto a che fare da allora.» Oliver cercò di cambiare discorso e si mise a cercare informazioni sulla trapper di "Miss Vegas", ritrovandosi davanti a ben pochi dettagli. «Senti qui. "Non si sa molto a proposito del nuovo fenomeno generazionale già numero uno tra i giovani. Baby Dumbaby non ha mai rivelato il proprio nome e ci sono ben poche foto e filmati che la ritraggono, al di là del videoclip della sua travolgente hit e delle immagini del backstage". Fenomeno generazionale? Travolgente hit? Questa canzone è famosa? E allora come mai non l'ho mai sentita alla radio?»
Dalila osservò: «L'hai presa proprio a cuore, eh? Non è che, sotto sotto, questa "hit" ti piace?»
Oliver le mise lo smartphone davanti agli occhi.
«Baby Dumbaby è questa ragazzetta tamarra qui.»
«Bel ciuffo rosso fuoco. I capelli sembrano una parrucca. E quel top striminzito sopra i pantaloni... temo si sia dimenticata di indossare la maglia. Per non parlare di quelle scarpe indecenti. Cosa sono, sneakers con la zeppa?»
«Attenta che i suoi fanboy potrebbero accusarti di body shaming.»
«Se sono analfabeti funzionali, sicuramente. Mi hai sentito dire qualcosa sul corpo di Baby Dumbaby? Ho solo detto che è vestita di merda... e neanche con questi termini.» Dalila si alzò in piedi. «Andiamo a ballare, adesso? Ormai il tuo dovere l'hai fatto. Non penso che, se cercassi il nome di Baby Dumbaby associato a quello di Tina Menezes, troveresti qualcosa di utile.»
Oliver annuì.
«Grazie, Dalila, mi hai dato un'idea meravigliosa.»
«Idea inutile.»
«Magari sarà inutile, ma è comunque meravigliosa.» Digitò i due nomi. «Niente da fare, hai ragione tu: sembra non esserci nulla che colleghi Tina Menezes a questa tizia.»
«Posso dire che non mi stupisce?»
Oliver si alzò in piedi, rassegnato.
«Puoi dirlo.»
«E posso anche ordinarti di mettere il telefono in tasca e di non cercare più nulla fino alla fine della serata?»
«Di base non accetto ordini da te, ma potrei prendere in considerazione questa proposta, specie se tornassero a suonare musica di un certo livello.»
«Non siamo ai livelli della dance anni Novanta di prima, ma mi sembra che la parentesi trash sia stata abbontantemente superata.»
Oliver mise via il cellulare. Seguì Dalila sulla pista da ballo e, almeno per il momento, accantonò Baby Dumbaby e i suoi pensieri su Tina Menezes. Ballò per tre quarti d'ora buoni insieme alla fotografa, mentre la musica tornava a spaziare a poco a poco sempre più verso i vecchi tempi. Il ritmo era di nuovo travolgente, i ragazzini a poco a poco andavano a sedersi, oppure giravano per la sala con i bicchieri in mano, segno evidente che l'eurodance non faceva al caso loro.
Oliver e Dalila tornarono al tavolo al quale avevano bevuto insieme quasi un'ora prima solo quando fu annunciata una breve parentesi dedicata ai lenti. Coppie avvinghiate si davano la lingua in bocca, nella probabile convinzione che ciò rientrasse nel concetto di ballo.
Stranamente fu Dalila a tornare sull'argomento di poco prima: «Perché Baby Dumbaby dovrebbe sapere chi è Tina Menezes? Ai ragazzini, di solito, interessano più che altro le cose da ragazzini.»
Oliver, che si era rassegnato alla propria impotenza e all'impossibilità di vederci chiaro, osservò: «Adesso sei tu che ne stai facendo una questione di vitale importanza.»
Dalila convenne: «Hai ragione, dovremmo dimenticarci di questa storia. Non abbiamo alcuna prova che ci siano video erotici di Tina Menezes che vengono scambiati in qualche gruppo di dubbia legalità, ma soprattutto non abbiamo alcuna certezza che la storia narrata in "Miss Vegas" sia vera. Ci siamo lasciati sommergere dal testo, come se non fosse solo il gracchiare di una cornacchia... senza offesa per le cornacchie. Crow Dumbaby, avrebbe dovuto chiamarsi, anche se il suono non sarebbe stato altrettanto poetico. Non che ci sia molto di poetico nel suo nome d'arte... dove vedo di tutto, tranne che arte.»
Il ragionamento iniziale di Dalila aveva senso, tanto che Oliver si arrese: «Hai ragione, la cosa più probabile è che sia una distesa di parole messe lì alla cazzum. Mi sono lasciato condizionare. Ho un certo radar quando si tratta di misteri, ma a volte si accende anche quando non ve ne sarebbe ragione.»
Dalila ridacchiò.
«Conosco bene i tuoi trascorsi.»
«Non bene come credi, ho nascosto i miei segreti peggiori.»
«Meglio non indagare, allora. Ci sono altre questioni che sarebbe meglio approfondire, forse.»
«Di cosa parli?»
«Del fatto che si stia facendo tardi e che sarebbe meglio andare via, ma che all'improvviso, quando ce ne saremo andati, non ci sembrerà più così tardi.»
Oliver azzardò: «Se ti conosco bene, mi sembra che tu mi stia proponendo di venire a letto con te.»
Dalila gli strizzò un occhio.
«Non è necessario un letto.»
«Preferisco declinare l'invito.»
«Come vuoi, ma lascia almeno che ti accompagni a casa. Dubito che troverai un taxi che ti accompagni fino al tuo paesello. A proposito, non mi hai ancora detto che cosa ci fa uno come te in un paesino sperduto del nord Italia.»
«Vivo lontano dai riflettori, finalmente.»
«E non è triste?»
«Affatto.»
«Di cosa ti occupi adesso?»
«Scrivo.»
«Freelance?»
«Pensavo che questo l'avessimo già appurato.»
«Su cosa scrivi? E in che lingua scrivi? Non ho letto niente di tuo, di recente.»
Oliver tagliò corto: «Diciamo che faccio il ghostwriter. Ho dato troppo nell'occhio, negli scorsi anni. Non posso permettermi di firmare i miei articoli. O meglio, potrei permettermelo, ma ne ho abbastanza di vivere in mezzo agli scandali, senza peraltro avere mai fatto alcunché di scandaloso.»
Dalila ribatté: «Non sai quante cose scandalose vorrei fare con te. Però, se non vuoi, me ne starò buona e mi limiterò a portarti a casa.»

***

Non importava che le due di notte fossero passate da poco e che fosse comunemente ritenuto inaccettabile fare telefonate a quell'ora. Dalila non era una persona da messaggi. Le applicazioni moderne permettevano di verificare le letture da parte del destinatario, ma era comunque una procedura fin troppo lunga e macchinosa, più adatta a gente che non aveva nulla di importante da fare - o che non dava importanza a ciò che faceva - se non stare a controllare l'evolversi della situazione e l'apparizione di una spunta. Quando Dalila aveva qualcosa di fondamentale di cui discutere, non si appigliava ai messaggi come usava durante la sua adolescenza, quando non vi erano piani tariffari mensili, ma tutto andava profumatamente pagato. La neanche troppo modica cifra di dieci o quindici centesimi a SMS risultava più bassa di uno scatto alla risposta, quindi era tutto uno scriversi, con abbreviazioni insensate e talora raccapriccianti per fare stare tutto in centosessanta caratteri, altrimenti il costo era doppio.
Quei tempi erano molto lontani e, se da un lato era trascorso molto tempo da quando Dalila era stata dipendente dai soldi ricevuti dai genitori per le ricariche telefoniche, dall'altro la progressiva eliminazione degli apparecchi fissi aveva sdoganato il chiamare a orari un tempo considerati poco proponibili. Chi non voleva essere raggiunto aveva la facoltà di spegnere il cellulare... anche se ciò non toglieva che le due e dieci non fossero un orario in cui ci fosse l'abitudine di fare telefonate.
Dalila non se ne curò. Poco dopo avere accompagnato Oliver a casa, accostò sul bordo della strada, all'estrema periferia del paese nel quale il giornalista risiedeva. Chiuse le portiere con la sicura, perché nella zona negli ultimi tempi non si erano mai verificati né furti né aggressioni, ma non voleva essere l'unica vittima conosciuta di eventuali malintenzionati che fossero in giro a quell'ora.
Appoggiata al sedile, senza nemmeno essersi slacciata la cintura di sicurezza, aprì la pochette, prese fuori lo smartphone e fece subito partire la chiamata per Mirko. Si immaginava maledizioni, invece fu piuttosto fortunata, dato che il collega si limitò a domandare: «Che ore sono?»
Dalila fu molto diretta.
«Sono stata in discoteca con Fischer.»
«E...?»
«E gli ho fatto la proposta.»
«L'ha accettata?»
«Non ancora.»
«Fammi capire, mi chiami adesso senza avere neanche una risposta?» Mirko sembrava seccato. «Non ho gli occhiali indosso, quindi non riesco a vedere molto bene la sveglia, ma così, a occhio e croce, sono le due e qualcosa. Stavo dormendo.»
Dalila ribatté: «Chi dorme non piglia pesci.»
«E chi cazzo me ne frega, non sono mica un pescatore!» ribatté Mirko. «Posso tornare a dormire, adesso, o devi dirmi altro?»
«Ho escogitato un piano perfetto» lo informò Dalila. «Te l'avevo detto, no?»
«Che cosa mi avevi detto, esattamente? Tu dici un sacco di cose, ma neanche te ne rendi conto. È difficile stare dietro a tutto. Sii più chiara, per favore.»
«Sarò chiarissima. Te l'ho detto, conosco DJ Perla.»
«DJ chi?»
«Sono stata in discoteca con Fischer, ti ho detto» ripeté Dalila. «Su questo, mi pare, non c'è molto da aggiungere.»
«No, questo l'ho capito benissimo» confermò Mirko. «Quello che non capisco è perché mi stai parlando di DJ non-so-chi.»
«DJ non-so-chi si chiama Perla. O meglio, si chiama Priscilla, ma il suo stage name è Perla. La conosco. Le ho chiesto un piccolo favore personale. Ha suonato quel pezzo, ed è pure riuscita a non farlo sembrare troppo sguaiato in mezzo alla scaletta di stasera. Certo, è venuto dopo "Baby baby" di Corona e, piazzato lì, faceva molto cagare. Però ha colto nel segno. Non c'è nemmeno stato bisogno che fossi io a farlo notare a Fischer. Si è accorto da solo di quanto "Miss Vegas" non avesse niente da dire con quel momento.»
«E...?»
«E... cosa?»
«Ci sarà dell'altro, immagino. Dubito che tu mi stia telefonando a quest'ora della notte per informarmi che Oliver Fischer ha ascoltato una canzone trap sconosciuta e gli è sembrata brutta.»
Dalila lo rassicurò: «Quella canzone l'ha colpito e non poco. Ha pensato subito a Tina Menezes. Ha anche fatto qualche ricerca in internet, proprio mentre eravamo in discoteca. Non è poi così sconosciuta, pare che sia molto in voga tra i ragazzini. Devi spiegarmi per filo e per segno come hai fatto a stanarla.»
Mirko ribatté: «Non ha alcuna importanza. Quello che conta è che riesci a convincere Fischer a tornare a lavorare per me.»
«La prospettiva non lo fa impazzire.»
«Lo immaginavo.»
«Non avresti dovuto affidarti completamente a me.»
«Cosa vuoi dire?»
«Che dovresti metterti in contatto con lui in prima persona.»
Mirko non parve molto allettato da quella prospettiva.
«L'ultima volta in cui ho parlato con Oliver abbiamo litigato di brutto e gli ho detto che non volevo più saperne di lui.»
«L'uomo saggio è colui che torna sui propri passi» sentenziò Dalila. «Anch'io avevo litigato con Oliver, eppure stasera ci sono uscita. Sai cosa ti dico? Che non sono morta. Anzi, sono qui, viva e vegeta.»
«Ed è un vero peccato» ribatté Mirko. «Se tu fossi morta, non sarei stato svegliato dopo neanche due ore di sonno. Dovevi proprio chiamarmi alle due? E per dirmi che, in realtà, i ragazzini conoscono perfettamente la canzone di quella Dumbaby come-si-chiama?»
Dalila gli ricordò: «Non ti ho detto solo che i ragazzini la conoscono. Ti ho detto anche che Oliver l'ha collegata immediatamente con Tina Menezes.»
Mirko osservò: «Evidentemente Fischer è molto sveglio, oppure ha una fantasia smodata. Ti assicuro che ho fatto ascoltare quella Dumbaby ad altri e tutto ciò che hanno saputo dire è che quella canzone è una schifezza e che per colpa della musica trap le nuove generazioni sono rovinate.»
Dalila gli assicurò: «Non ti ho chiamato per parlarti dei presunti danni della musica trap. Conosco il dibattito, c'è chi dice che esorta al consumo di droghe e alla violenza. Però, da che io ricordi, è stato detto di tanti altri generi. Quando ero più giovane, c'era chi diceva che i ragazzini facessero uso di droghe a causa della musica techno e house. La verità è che i ragazzini consumano droghe o commettono reati perché hanno una testa - seppure malfunzionante - con la quale ragionano e decidono di farlo. Non è che siano anime pure e candide che vengono corrotte magicamente dall'avere ascoltato una canzone brutta. Quindi no, Baby Dumbaby, che peraltro non istiga ad ammazzare nessuno, non scatenerà un'improvvisa esplosione della delinquenza giovanile. Gli stessi giovani che la ascoltano oggi, tra poche settimane neanche si ricorderanno della sua esistenza.»
«Non mi hai chiamato per parlarmi dei danni della musica trap, ma stai comunque facendo un monologo che alle due di notte passate non ho alcuna voglia di stare a sentire» chiarì Mirko. «Non me ne potrebbe fregare di meno di quella tizia, se non fosse che la sua canzone serviva come esca. Hai detto che Fischer ne è rimasto colpito. Però, ciò nonostante, non ha accettato di tornare a lavorare con me.»
«Cosa volevi che facessi?» replicò Dalila. «C'era assoluto bisogno che non capisse che la mia proposta era collegata a quella canzone. Non preoccuparti, me lo lavorerò bene, quando sarà il momento.»
«Non possiamo aspettare settimane» le ricordò Mirko. «Dobbiamo agire in fretta. Presto potrebbe essere troppo tardi.»
Dalila sbuffò.
«Sei sempre il solito catastrofista.»
«Meglio catastrofista che non prendere le cose troppo alla leggera, come invece fai tu.»
«Io non prendo le cose alla leggera.»
«Ti avevo chiesto una cosa, una sola...»
Dalila tagliò corto: «Ogni cosa a suo tempo. Te l'ho detto, dobbiamo andarci cauti, se vogliamo che Fischer lavori insieme a noi. Ci siamo lasciati malissimo. Non ha alcuna ragione per darci una mano.»
Mirko osservò: «Allora bisogna passare al piano B.»
«No» obiettò Dalila. «Tutto procede regolarmente. Mi basta una settimana.»
«Non possiamo aspettare così tanto.»
«Una sola settimana, Mirko. Devi pazientare un attimo. Non puoi pretendere che faccia i miracoli. Non potevo menzionargli la Menezes, non fuori dal discorso sulla canzone, almeno.»
«Lo ribadisco, Dalila, non possiamo aspettare. Trova un modo per convincere Oliver a lavorare con noi, in meno di una settimana.»
«Piano C.»
«Cosa vuoi dire?»
«Il tuo piano B consiste sicuramente nel mettere in mezzo altre persone, nel favorire un certo incontro. Nel mio caso, il piano C è semplice e di facile attuazione: chiamalo. Ti consiglio di farlo da un numero che non conosce, perché probabilmente ha bloccato il tuo. Parlagli.»
«Per dirgli cosa?»
«Ma che cazzo ne so, usa un po' la fantasia. Digli che gli vuoi bene e che lo considererai sempre un amico, che ti dispiace esserti allontanato da lui e...»
Mirko la interruppe: «Vacci piano, non siamo in una trasmissione televisiva per casalinghe annoiate. La mia vita potrebbe continuare benissimo anche senza Oliver Fischer. Tutto quello che mi serve è la sua collaborazione. Non sarei capace di espormi in prima persona. Oliver, invece, lo farebbe senza grossi problemi. Si è cacciato in casini peggiori. Ha perfino rischiato di farsi ammazzare, anni fa. È la persona giusta per noi.»
Dalila gli suggerì: «Allora chiamagli e digli proprio questo. Non così esplicito, ovviamente, non deve capire cosa bolle in pentola. Digli che è un valido giornalista e che, da quando non lavora più insieme a te, il prodotto che hai da vendere è di gran lunga inferiore. Fagli una proposta di collaborazione, senza usare me come intermediaria. Ce la puoi fare, ne sono certa. Io ho già fatto quello che potevo.»

***

C'erano poche certezze nella vita, ma una di queste era l'insistenza di Dalila Colombari. Quando aveva qualcosa in mente, era difficile convincerla a demordere, pertanto Oliver si era aspettato di essere tartassato di telefonate fin dalle prime ore del mattino. Quando queste non erano arrivate, aveva dedotto che Dalila fosse ancora troppo stanca dalla serata precedente, oppure che avesse qualche impegno di lavoro, nonostante gli avesse anticipato di essere libera tutto il fine settimana.
Aveva continuato ad attendere, pur senza essere desideroso che quel momento arrivasse, una telefonata della sua ex collaboratrice, ma anche nel corso del pomeriggio il telefono era stranamente muto. Da parte sua, Oliver aveva messo un po' da parte il lavoro. Aveva da fare, come al solito, ma non aveva scadenze ravvicinate: era il vantaggio di occuparsi di vicende passate invece che presenti. Per quella ragione si era dedicato, forse per più del dovuto, a fare ricerche a proposito di Baby Dumbaby, la trapper della canzone udita in discoteca.
Non ne uscì fuori molto, sembrava che, effettivamente, fosse comparsa dal nulla nel panorama musicale e il suo unico singolo pubblicato avesse riscosso molto successo tra gli adolescenti. Oliver si costrinse ad ascoltare quella canzone più volte, tanto che iniziò quasi ad apparirgli orecchiabile, nonostante la poca finezza del testo.
Se lo chiese, chi fosse Baby Dumbaby, realizzando che, con tutta probabilità, fosse solo una giovane ragazza che aveva prestato la propria voce e il proprio volto a un progetto musicale destinato a fare successo tra una ristretta cerchia di pubblico che non aveva l'abitudine di considerarsi una nicchia.
Cercò delucidazioni su chi potesse avere scritto il testo e su chi fosse il produttore di "Miss Vegas", ma Baby Dumbaby era un progetto musicale di cui, a quanto pareva, nessuno interessava scrivere. Tutto ciò che contava era una voce da cornacchia che potesse innalzarsi dai dispositivi degli adolescenti.
Dopo quell'ultimo tentativo ben poco producente, Oliver decise che, per quel giorno, aveva già visto abbastanza. Andò ad affacciarsi alla finestra, guardando la palazzina di fronte. Come spesso accadeva, alla sua stessa altezza c'era una donna che girava davanti alla finestra spalancata con pochi indumenti indosso. Almeno era ancora presto, non aveva la luce elettica accesa che facesse risaltare ancora meglio il suo corpo. Non dava l'impressione di farlo per esibizionismo. Perfino quando girava in biancheria intima, doveva essere semplice sbadataggine, come se non pensasse che qualcuno potesse vederla. O, meglio ancora, pensando: "sono a casa mia, sta agli altri distogliere lo sguardo e non impicciarsi".
Come a rispettare un'implicita volontà, Oliver distolse appunto lo sguardo da quella sconosciuta. Poteva avere tra i trenta e i quarant'anni, aveva un fisico atletico e lunghi capelli neri, spesso raccolti in una coda. Portava spesso completi sportivi, forse era una runner. Non aveva idea di chi fosse, ma abitava in dell'appartamento solo da poche settimane.
Mise da parte anche lei, come aveva messo da parte le ricerche su Baby Dumbaby, e proprio in quel momento il suo cellulare prese a squillare.
Non conosceva il numero e subito si domandò se gli operatori di telemarketing lavorassero anche di sabato. Nessuno voleva vendergli nulla, era Mirko.
«Cosa vuoi?» gli chiese, con freddezza. «Perché mi hai chiamato?»
«Lavoro» rispose Mirko. «Pensavo fossi interessato ad ascoltare la mia proposta.»
«Non saprei. Ho già parlato con Dalila.»
«Hai parlato con Dalila, appunto. Dato che l'idea viene da me, faresti bene ad ascoltarmi.»
«Non sono così sicuro che sia una buona idea» replicò Oliver, «E la vostra insistenza non gioca alla vostra causa.»
«Insistenza?» obiettò Mirko. «Non sono uno stalker, è la prima volta che ti cerco. Inoltre sei stato tu che hai accettato di uscire con Dalila, ieri sera.»
«Vedo che ti ha raccontato tutti i dettagli.»
«Forse non proprio tutti.»
«Non so a cosa tu ti riferisca.»
«Ti è sempre piaciuta» mise in chiaro Mirko. «Non mi stupirebbe di scoprire che ci sia stato qualcos'altro, tra di voi, oltre a una serata in discoteca.»
«In effetti c'è stato altro» puntualizzò Oliver. «Nello specifico, abbiamo fatto qualche ricerca a proposito di una canzone che ci è capitato di ascoltare.»
«Non prendermi per il culo, Fischer. Accetti di lavorare con noi o no?»
«Come ho già detto alla tua collega, ci devo pensare. Mi era sembrato di capire che non dovessi rispondervi in questo fine settimana stesso.»
«Prima ci rispondi e meglio è. Per quanto tu possa trovare difficile crederlo, il mondo non ruota intorno a te, e nemmeno la nostra esistenza.»
«Mi stai dicendo che potresti trovare qualcun altro al posto mio da un momento all'altro, quindi» dedusse Oliver. «Bene, mi fa piacere. Però non devi esserne così convinto, se sei venuto a cercare proprio me, mandando avanti Dalila prima di intervenire tu stesso.»
«Mi piacciono le tue considerazioni» osservò Mirko. «Per quanto tu abbia fatto spesso il possibile per atteggiarsi a coglione, ho sempre saputo che in realtà sei più sveglio di come sembri. Del resto hai una reputazione che ti precede.»
«Se ti riferisci al mio passato» ammise Oliver, «Non lo considero esattamente un successo. Per me era tutto molto più facile prima di avere a che fare con dei morti ammazzati.»
«Posso immaginarlo, anche se all'epoca ancora non ti conoscevo. Comprendo comunque come non sia stato facile per te. C'è chi ti accusa di esserti immischiato in storie che non ti riguardavano... nonostante tu abbia cercato di fare il minimo sindacale, un po' come se proteggere la reputazione delle persone a cui eri legato fosse più importante che far venire alla luce tutta la verità.»
Oliver si irrigidì.
«Non ho mai taciuto niente che fosse rilevante.»
«Io non ne sono tanto convinto, ma farò finta di niente» ribatté Mirko. «Del resto chi sono io per intromettermi negli affari dalla bambolina dai riccioli dorati?»
«Che cazzo vuoi da lei?» sibilò Oliver. «La "bambolina" non c'entrava niente con quella storia, lasciala fuori.»
«Nel tuo libro non l'hai mai citata come l'ultima fidanzata di Patrick Herrmann.»
«Nel mio libro ho parlato degli aspetti sportivi e illegali della vicenda. La vita amorosa dei personaggi coinvolti non aveva la benché minima rilevanza.»
«Non hai parlato nemmeno del fatto che, in precedenza, Herrmann avesse avuto una relazione proprio con la madre della "bambolina", che aveva anche sponsorizzato gli ultimi anni della sua carriera.»
«Lo ribadisco, Mirko, questo non c'entrava con il suo incidente. In più, mi pare stiamo divagando. Non mi hai chiamato per parlare di lei e di Herrmann.»
«No, non ti ho chiamato per questo, ma mi sembra una buona occasione per ricordarti che, se ti fossi fidato di me e avessi accettato la mia visione del mondo, non solo saremmo ancora colleghi, ma il tuo libro sarebbe stato un successo invece che essere un prodotto di nicchia.»
«Non preoccuparti, non vivo di stenti. Pazienza se ho guadagnato meno soldi di quelli che mi sarebbero venuti in mano se avessi scelto di dedicarmi al gossip di bassa qualità.»
Mirko precisò: «Se non avessi fatto di testa tua, probabilmente avremmo sempre lavorato insieme, in questi anni. Invece ti immagino, a cercare di piazzare i tuoi articoli senza che nessuno voglia mettere in bella vista il tuo nome... che vita triste.»
Oliver sbottò: «Fottiti, Mirko. Se non hai altro da dire, ti salut-...»
Mirko lo interruppe: «Mi dispiace deluderti, Fischer, ma di cose da dirti ne ho ancora parecchie. Ho sempre pensato che fossi un collaboratore valido, anche se spesso non eravamo d'accordo su nulla, e non sarei mai arrivato a metterti alla porta se tu avessi accettato di confrontarti in modo costruttivo. Eravamo una grande squadra, io e te, e Dalila ci completava. Per quanto mi riguarda, ho sempre sperato che un giorno le cose potessero sistemarsi, che tu potessi tornare sui tuoi passi... invece non l'hai mai fatto.»
Oliver sbuffò.
«Forse perché per me la vita continua? Credimi, non ruota tutto intorno a te, né la mia vita professionale, né tutto il resto.»
«Sei così disfattista...»
«Cosa dovrei fare? Dire che sei la mia ragione di vita e che, senza lavorare insieme a te, niente ha più senso? Mi dispiace deluderti, ma per me non funziona così. È vero, abbiamo avuto i nostri successi in passato, ma non eravamo una cosa sola.»
Mirko rise.
«Tranquillo, Oliver, non sono innamorato di te. Mi dispiace solo per come è finita. Se tu non mi avessi interrotto, ti avrei detto proprio questo. Abbiamo fatto entrambi degli errori e, se tu non sei mai tornato indietro, è giusto che sia io a farlo. Torna con noi. Abbiamo bisogno di te. Non devi dirmelo adesso, devi solo pensarci. E sbloccami, che mi sono dovuto far prestare un telefono, per contattarti.»
Seguirono ore di calma piatta, ma la telefonata con Mirko era destinata a lasciare Oliver ben più spiazzato di quanto avrebbe gradito ammettere. Aveva ricostruito se stesso per l'ennesima volta, dandosi dei nuovi obiettivi, eppure tutto sembrava destinato a ribaltarsi. Avrebbe potuto ignorare la proposta, ma non per molto. Se Mirko si era messo in testa di contattare proprio lui, doveva avere un obiettivo ben chiaro e, Oliver ne era certo, avrebbe fatto di tutto per ottenerlo. Poteva sottrarsi, ne aveva certamente il diritto, ma era certo che l'altro, con l'aiuto di Dalila, sarebbe stato in grado di incuriosirlo al punto tale da impedirgli di dire di no, fosse anche solo per venire a conoscenza di dettagli scabrosi di cui non era al corrente.
La curiosità uccideva, Oliver lo sapeva, ma aveva superato giorni peggiori, ai tempi in cui si era messo in testa di scoprire la verità sull'incidente nel quale era morto Patrick Herrmann. Avrebbe potuto dire di avervi fatto l'abitudine, alle situazioni che potevano davvero essere pericolose: il rischio, con Mirko, era che tutto andasse a monte un'altra volta a causa delle loro divergenze, un pericolo di gran lunga tollerabile.
Cercò di mettere da parte quei pensieri, addirittura qualche ora più tardi tornò a cercare notizie su "Miss Vegas" di Baby Dumbaby, ritrovandosi a fare due considerazioni su aspetti che non aveva notato in precedenza: in primo luogo, a descrivere quella canzone come un grande successo erano solo siti di nicchia, in secondo, anche il numero di ascolti e visualizzazioni sembrava di gran lunga inferiore alla musica quantomeno più mainstream.
Avrebbe dovuto stupirsi che un brano di così poco calibro fosse stato suonato in una discoteca che dava spazio sicuramente anche a brani scadenti, ma a condizione che fossero successi insindacabili, specie in serate il cui pubblico era composto per la maggior parte da persone che avevano superato i trent'anni, ma non riuscì a dare una spiegazione a quel fatto.
Lo mise da parte, casomai gli fosse venuta un'intuizione, ma riuscì davvero a non pensarvi più, se non altro fino a quella sera sul tardi quando, uscito per una passeggiata - e colto per un attimo da una spiacevole sensazione che non ebbe il tempo di spiegarsi - si ritrovò a incrociare un gruppo di ragazzini, in questo caso troppo giovani per trascorrere la serata in discoteca, che ascoltavano su un cellulare una canzone in apparenza simile a "Miss Vegas".
Ugualmente era un gracchiare di Autotune, ma la voce era maschile. Oliver si chiese se, vent'anni prima, avesse ascoltato a propria volta simili porcherie. Rievocò boyband e girlband dei vecchi tempi che non davano esattamente prova di grande talento, ma tutti i nomi che gli passarono per la mente gli parvero di gran lunga superiori a quel trapper gracchiante, chiunque fosse.
I ragazzini passarono oltre, uno di essi declamando ad alta voce una frase contenente un numero spropositato di termini volgari. Oliver fu costretto a fare un grosso sforzo per non lasciarsi andare a un'invettiva mentale contro le nuove generazioni. Un tempo aveva odiato quel modo di pensare, ma era lampante che avesse raggiunto ormai un'età che non consentiva più la tolleranza alla quale era stato aperto fino a pochi anni prima. In più, quando aveva l'età di quei ragazzini, a quell'ora della sera era già a casa da un pezzo, non certo in giro per strada a disturbare la quiete pubblica. L'allontanamento progressivo del telefono tramite il quale un sedicente cantante stava riuscendo malamente nel tentativo di imitare il verso di un corvo, così come quello del suo proprietario e del resto della combriccola, contribuì a riportarlo in pace con il mondo, almeno per pochi istanti, prima di avere di nuovo una sgradevole sensazione, che identificò finalmente in quella di essere tenuto d'occhio.
Si fermò e si guardò intorno e non vide nessuno, o quantomeno nessuno a cui non mancasse ancora quasi un lustro prima di raggiungere la maggiore età. Avrebbe dovuto sentirsi sollevato, ma non vi riuscì. Fu comunque invaso dalla chiara impressione di essere seguito e, visti i suoi trascorsi, pur cercando di convincersi fosse solo immaginazione, non voleva sottovalutare i segnali d'allarme. Da tempo si guardava bene dal pestare i piedi a qualcuno e teneva sempre gli occhi aperti, nonostante considerasse relativamente improbabile riavere a che fare con gente che l'aveva messo al primo posto nella propria lista nera, ma non poteva essere certo che vivere lontano dai riflettori fosse una garanzia inequivocabile.
Riprese a camminare, sfilando per un attimo il cellulare dalla tasca dei jeans, non per mettersi ad ascoltare musica trap, quanto piuttosto per controllare l'ora. Decise che la sua passeggiata era già durata abbastanza a lungo e prese la direzione che conduceva verso casa. Poco dopo la terribile sensazione di essere pedinato tornò ad affacciarsi alla sua mente. Si guardò intorno e ancora non vide nessuno.
"I casi sono due" rifletté, "o sto diventando paranoico, oppure ho a che fare con un tipo piuttosto scaltro."
Proseguì, imboccando una strada secondaria. L'avrebbe allontanato da casa sua, invece di avvicinarlo, ma voleva avere una conferma che, dentro di sé lo sapeva, sarebbe stato meglio evitare di cercare. Non era saggio allontanarsi dalla strada principale, con il rischio di ritrovarsi da solo in compagnia di un malintenzionato. Per quanto Oliver riuscisse a immaginarsi intento a stenderlo con un calcio laddove non batteva il sole, era perfettamente consapevole dell'improbabilità del realizzarsi di quello scenario.
Continuò ad avanzare, cercando di non girarsi indietro, non ancora, almeno. Aveva ancora il cellulare in mano, quindi lo infilò in tasca. Era tentato di voltarsi, ma non lo fece. Percorse ancora qualche passo lungo la strada poco illuminata, poi qualcuno gli fu addosso.
Oliver si allontanò di scatto, nel sentirsi afferrare per un braccio, poi si girò. Il primo assurdo pensiero fu l'impossibilità di sferrare un calcio nei testicoli al suo aggressore, in quanto dall'apparenza era molto improbabile che possedesse un paio di testicoli.
«Chi sei?» chiese alla donna dai lunghi capelli bruni che aveva di fronte, senza nascondere una certa freddezza.
«È tutto quello che sai dire, Fischer?» sibilò costei, parlando con un accento di difficile identificazione. «Non mi chiedi, piuttosto, come ho fatto a trovarti e che cosa voglio da te?»
«Mi piacerebbe farti molte domande, ma in effetti alcune hanno la priorità, rispetto alle altre» replicò Oliver. «Posso sapere perché mi stavi inseguendo lungo questo vicolo?»
«Se tu non ti fossi infilato in questa strada - che non è affatto un vicolo - non ti avrei inseguito fino qui» ribatté la donna. «Stavi scappando da me?»
«Sì. Non fraintendermi, non mi sembri pericolosa, ma non mi sentivo molto sicuro. Mi sembrava che qualcuno mi stesse tenendo d'occhio e...»
Non ebbe la possibilità di finire la frase, dato che la sconosciuta lo interruppe: «È esattamente quello che stavo facendo.»
Oliver rise, sprezzante.
«Grazie per la considerazione. Posso sapere a cosa devo questo onore?»
«Spero di non averti spaventato... e soprattutto di non spaventarti quando ti dirò che non è la prima volta che ti seguo. Era da tanto che ti cercavo e, quando finalmente ti ho trovato, non mi è sembrato il caso di avvicinarmi subito a te. Temevo di fare una brutta impressione.»
«Invece adesso stai facendo un'impressione positiva...»
«Sapevo che mi avresti fraintesa. Lo so, è un po' strano che mi sia trasferita di fronte a casa tua proprio per te, e...»
Oliver la interruppe, strabuzzando gli occhi.
«Ti sei trasferita di fronte a me... per la mia presenza?! Sei una stalker ossessionata da me?»
La donna parve divertita, nel replicare: «No, come ti viene in mente? E poi lo so che non avrei speranze con te. A te piacciono le bionde con una passione spropositata per gli abiti a fiori e i tacchi vertiginosi.»
Oliver raggelò.
«Che cosa sai della "bionda con l'abito a fiori"?»
«Che sei stato insieme a lei, diversi anni fa, per un breve periodo. Sui social c'è stata una campagna di shaming nei suoi confronti, dopo che ti aveva tradito.»
«Non mi ha tradito.»
«Però ti ha lasciato per mettersi insieme a un altro.»
Oliver puntualizzò: «Gli hater che fanno online shaming accusando personaggi noti di tradimento, in genere, li accusano di avere avuto una relazione mentre erano ancora fidanzati con il partner precedente, invece di lasciarlo e poi iniziare un'altra relazione. Selena ha fatto esattamente quest'ultima cosa», si morse la lingua, rendendosi conto di avere chiamato per nome la "bionda con l'abito a fiori", ma realizzò che non era grave, la persona con cui stava parlando doveva già conoscerlo, «Che era quella che gli hater si aspettavano da lei. Perché non lasciarla in pace? E soprattutto, che cosa vuoi da me? Ti servono i dettagli della nostra relazione per infamarla pubblicamente?»
La sconosciuta scosse la testa.
«Oh, no, affatto. Li odio come te, quelli che fanno caciara sui social media impicciandosi nei fatti privati della gente. Io stessa ho a che fare con loro. Sono il male, vogliono solo rovinarci la vita. Non so se sia perché ci invidiano, oppure perché ci vogliono controllare, ma ti assicuro che è terrificante. Sono loro gli stalker, non le persone come me.»
«Ciò non toglie che tu abbia appena detto di esserti trasferita vicino a casa mia perché mi stavi cercando» le ricordò Oliver. La squadrò con attenzione e, seppure la luce fosse piuttosto fioca, gli parve di identificarla. In circostanze normali non si sarebbe mai permesso di pronunciare certe parole ad alta voce, ma decise che quella tizia non si meritava niente e osservò: «Ora che ci penso, sei la runner per poco non sbatte le tette sulla finestra mentre sono seduto al tavolo a lavorare.»
«Sei un guardone?»
«No, sei tu che metti in bella mostra le tue grazie, oltre che le tue extension fucsia.» Oliver la scrutò. «A proposito, che fine hanno fatto le tue extension fucsia?»
«Non ho la coda, adesso.»
«E quindi?»
«Quindi non sono extension, è un fermaglio. Immagino, comunque, che tu non ne capisca niente di queste cose. Selena di certo non si sarebbe mai messa ciocche fucsia finte tra i capelli.»
Oliver ammise: «Ne dubito fortemente, ma non ho ancora capito che cosa c'entri lei. Per tua informazione, si è sposata, ma immagino che tu lo sappia già, visto che ti tieni aggiornata su quello che la gente scrive di lei.»
«Non mi importa niente di Selena» mise in chiaro la sua interlocutrice, «Sto solo cercando di trovare argomenti che possano interessarti, prima che tu mi mandi definitivamente a quel paese, e di venire al dunque.»
«Ne sarei molto tentato, ma se sei arrivata a trasferirti di fronte a casa mia forse vale la pena di ascoltarti» ribatté Oliver. «Spiegami chi sei e cosa vuoi da me, senza convenevoli.»
La donna si arrese: «Come vuoi, Fischer. Ti facevo più sveglio, però. Va bene, non ci siamo mai incontrati finora, ma pensavo fossi in grado di riconoscermi.»

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Capitolo 2
*** [Tina] ***


È di nuovo sabato ed è il momento di pubblicare il secondo capitolo - è stata dura aspettare la scadenza che mi ero imposta, ma l'unico modo che ho al momento per potere pubblicare a scadenze regolari. Ribadisco tuttavia che, se weekend lunghi (23/24/25/26 dicembre) e ferie (la prima settimana di gennaio) dovessero consentirmi di produrre capitoli con maggiore frequenza non escluderei di pubblicare almeno occasionalmente due volte alla settimana. Per il momento, tuttavia, vi posso annunciare che il prossimo capitolo uscirà sabato/ domenica della prossima settimana.
Ringrazio Swan Song che come al solito è l'unica che mi prende in considerazione! È davvero un piacere essere seguita da te e leggere le tue recensioni. Grazie anche a tutti i bro e alle sis che hanno letto nell'ombra il capitolo precedente, spero che qualcuno di voi sia invogliato a farsi vivo prima o poi, specie adesso che in finale di capitolo ci scapperà il morto!



Oliver Fischer appariva totalmente spiazzato, ma non c'era da sorprendersene troppo. In fondo quella situazione era fin troppo improbabile, in più erano in una viuzza poco illuminata. Lo vide strizzare gli occhi e poi spalancarli di colpo. Passò qualche istante, prima che potesse proferire parola.
«Tina Menezes?!»
«In persona. Sorpreso di vedermi?»
Ancora una volta, Oliver non fu proprio reattivo nel rispondere.
«Diciamo che non eri prima persona che mi aspettassi di incontrare stasera» ammise, infine. «In realtà non mi aspettavo di incontrarti, in generale. Figuriamoci che mi hai appena detto di abitare di fronte a me proprio perché eri attirata dalla mia presenza.»
Tina ribatté: «Detto così, suona incredibilmente male.»
«Avresti dovuto pensarci prima» replicò Oliver, con una certa freddezza. «Cosa vuoi da me?»
«Se ti rispondessi che mi serve aiuto per scrivere la mia autobiografia, mi crederesti?»
«Di solito le persone che vogliono collaborare con me mi contattano sulle mie pagine social ufficiali, oppure tramite conoscenze comuni, non si trasferiscono di fronte a casa mia girando seminudi davanti alle finestre.»
«Non era mia intenzione turbarti.»
«Neanche cercarmi per motivi di lavoro, immagino.»
Tina sospirò.
«Sei troppo perspicace. Hai ragione, se avessi voluto aiuto per scrivere un'autobiografia avrei trovato altri modi per mettermi in contatto con te. Però, in un certo senso, voglio proporti una specie di lavoro.»
«Una specie?»
«Saresti pagato profumatamente.»
«Per fare cosa?»
«È un po' lunga da spiegare.»
Oliver puntualizzò: «Non importa che sia lunga e che io abbia altro da fare, almeno potenzialmente. Dopo quello che mi hai detto, voglio sapere per filo e per segno che cosa ti sei messa in testa. Che cosa vuoi da me? E che cosa sarebbe "una specie" di lavoro? Ho già ricevuto una proposta professionale, proprio ieri, e per quanto non fossi del tutto convinto di accettarla è pur sempre una prospettiva migliore dei tuoi misteri.»
Tina si guardò intorno.
«Non qui.»
«In che senso non qui? Vorresti invitarmi a casa tua?»
Tina ridacchiò.
«Stai calmo, Fischer. Non sono né una criminale né una maniaca sessuale, quindi a casa mia saresti in una botte di ferro. Mi rendo conto, tuttavia, che sarebbe l'ultimo posto in cui vorresti entrare stasera. Per fortuna in queste settimane passate qui in paese ho accumulato una certa conoscenza del territorio. Quindi, se vuoi seguirmi, ti porterò in un posto appartato.»
Oliver obiettò: «Non mi pare ci sia qualcuno, lungo questa strada.»
«In strada non c'è nessuno» replicò Tina, indicandogli le finestre aperte dei palazzi quasi affacciati alla careggiata. «Vieni con me.»
Lasciò che il giornalista la seguisse in silenzio e lo condusse in un piccolo parco, poco illuminato e quindi non preso in considerazione da nessuno, nelle ore serali. C'erano vecchi tavoli di legno rovinato dal tempo ai quali erano accostate panchine altrettanto rovinate. Senza dire nulla, Tina andò a sedersi. Continuò a non proferire parola, aspettandosi che Oliver si accomodasse a propria volta.
Fischer non la deluse.
«Allora?» le chiese, sedendosi di fronte a lei. «Mi spieghi che cosa sta succedendo? Mi hai detto che ti sei trasferita qui, in questo paesello in cul-...» Oliver si interruppe, probabilmente cercando un'alternativa all'espressione volgare che stava per pronunciare. «Qui, in questo paesello tranquillo e ben lontano dal mondo con cui abbiamo a che fare. Ti ci sei trasferita solo per me, hai detto. Devo ammettere - scusami se lo ribadisco - che è un'azione molto curiosa. Nessuno si è mai scomodato di installarsi in un appartamento di fronte a casa mia. A cosa devo questo onore?»
Tina convenne: «Ammetto che può sembrare strano. Io stessa, se qualcuno avesse deciso di affittare un appartamento di fronte a casa mia solo per me, mi preoccuperei un po'. Devo sembrarti una pazza squilibrata.»
«Sono sicuro che ci sia una spiegazione» ribatté Oliver, «Così come sono sicuro che difficilmente mi piacerà.»
Tina annuì.
«Hai perfettamente ragione, dubito che ti piacerà. Vedi, il fatto è che mi sono informata sui tuoi trascorsi. Ci sei tu, dietro alla scoperta degli scandali della Diamond Formula. Con le tue indagini, sei riuscito a far precipitare nel caos uno dei campionati di automobilismo più importanti al mondo, fino a farlo naufragare. Ne sei stato capace semplicemente partendo dall'intenzione di scrivere un libro sulla carriera di Patrick Herrmann... e tra una cosa e l'altra sei anche riuscito ad avere una storia con la sua ultima fidanzata.»
Oliver fu molto secco, nel domandarle: «Pensi di parlare di Selena altre volte, stasera, oppure hai intenzione di smetterla?» Fece per alzarsi. «Attenta a quello che dici, Menezes, perché obiettivamente non me ne importa tanto della ragione per cui, quando mi affaccio alla finestra, mi tocca vederti in mutande e top striminziti. Anzi, sai cosa ti dico? Domani vado a comprare delle tende, così non sono più costretto a vederti.»
«Aspetta» lo trattenne Tina. «Hai ragione, non avrei dovuto tirare fuori questo argomento. Parliamo di te, di Herrmann, del libro che poi è uscito, del fatto che hai scritto solo quello che non infamava la gente che hai intorno, ma soprattutto del fatto che, anche a causa tua, un'intera categoria automobilistica è stata messa in discussione. Ne sei fiero oppure ti sei pentito?»
«Ho fatto solo il mio lavoro» rispose Oliver. «Ho contribuito a riportare alla luce vicende che erano state insabbiate. Mi dispiace che qualcuno ci abbia rimesso, ma non è mia responsabilità. Io stesso ho rischiato grosso per questa storia e una mia collega è stata uccisa. A volte mi dico che devo essere felice di non avere fatto la sua stessa fine e che ho fatto scelte non troppo intelligenti.»
«Del tipo?»
«Del tipo dire testualmente a colui che l'aveva uccisa di essere perfettamente al corrente di quello che aveva fatto nel corso degli anni. Come potrai immaginare, non l'ha presa molto bene. Per fortuna non era armato. Me la sono cavata con una frattura al setto nasale, altrimenti avrei potuto essere morto.»
«Conosco questi retroscena. Se fossi stata al posto della tua cara Selena, sarei corsa immediatamente tra le tue braccia.»
«La vita continua, anche se Selena non è caduta tra le mie braccia. Sono passati sei anni. Ormai non penso più a quello che poteva essere se avesse scelto di stare insieme a me. Forse non sarebbe soddisfatta della sua vita e potrei non esserlo anch'io. Comunque, ti vorrei ricordare, si era detto niente più discorsi su Selena. Dove vuoi arrivare?»
«Voglio arrivare al fatto che ho bisogno d'aiuto e tu sei la persona più adatta ad aiutarmi.»
«Aiuto?»
«Assolutamente. Come ti ho detto, non voglio essere aiutata gratis. Ti pagherei profumatamente e ti farò correre meno rischi rispetto a quelli di qualche anno fa.»
Oliver obiettò: «Non sono tanto desideroso di cacciarmi nuovamente nei casini. Ne ho già avuto abbastanza in passato, non voglio rischiare di morire prima del tempo.»
Tina ribadì: «Non intendo affatto mandarti incontro a morte certa... e nemmeno a morte potenziale, in realtà. Ti assicuro che non correrai alcun pericolo serio.»
Oliver si alzò.
«Grazie per il pensiero, ma non mi interessa.»
«Non andare via» lo pregò Tina. «Non sai nemmeno di cosa si tratta.»
«Non lo voglio sapere.»
Era intenzionato ad andare via, ma non poteva assolutamente permetterglielo.
«Aspetta, Oliver, lasciami almeno spiegare.»
Il giornalista scosse la testa.
«Non ho bisogno di spiegazioni.»
Le voltò le spalle, lasciandole solo un'alternativa per fermarlo.
«Cosa farai? Correrai ad accettare la proposta di lavoro che ti ha fatto Mirko De Rossi, adesso?»
Accadde tutto molto in fretta, seppure Oliver si stesse girando verso di lei molto lentamente.
«Come hai detto?»
«Hai capito benissimo.»
«Vorrei che me lo ripetessi. Sai, non sono di madrelingua italiana, magari ho inteso male.»
«Anch'io non sono di madrelingua italiana, anche se sono cresciuta in Italia» puntualizzò Tina, «E sono sicura che ci siamo capiti benissimo.»
Oliver si avvicinò.
«Cosa sai di De Rossi?»
«So che lavoravi insieme a lui, ma che avete litigato molto tempo fa.»
«Non sai solo questo. Come sai che mi ha fatto una proposta di lavoro?»
Tina non gli diede spiegazioni, non era nella posizione di poterlo fare.
«Rifiuta e accetta la mia.»
«Cosa devo fare?»
Tina gli strizzò un occhio.
«Lo vedi, allora? Ti interessa.»
Oliver tornò a sedersi.
«C'è Mirko De Rossi dietro alla tua proposta, vero? Oppure ci sei tu dietro la sua?»
«Non intendo parlare di Mirko De Rossi, stasera» replicò Tina. «C'è qualcuno che ce l'ha con me e temo voglia farmi del male.»
«Quindi? Hai bisogno di un bodyguard? In tal caso, sappi che faccio tutt'altro mestiere.»
«Non ho bisogno di un bodyguard, nessuno vuole ammazzarmi.»
«Vuole farti del male, l'hai detto tu.»
«Siamo nell'era dei clickbait e delle campagne di online shaming» gli ricordò Tina. «Basta giocare le carte giuste per rovinare - a torto o a ragione - la carriera di qualcuno, oltre che la sua vita. È questo che mi succederà, se non scopro chi ce l'ha con me fino a questo punto.»
Oliver rimase a fissarla, in apparenza pensieroso, per un tempo che a Tina parve infinito. Quel silenzio era insopportabile, perciò riprese a parlare, raccontandogli dettagli che, in linea teorica, avrebbe fatto meglio a tenere per sé, nel caso Oliver si fosse tirato indietro. Si aspettava che, dopo quel resoconto, Fischer parlasse, ma ancora una volta il giornalista rimase zitto, con fare pensieroso.
«Allora?» lo esortò Tina. «Opinioni?»
Oliver la stroncò subito: «Nessuna.»
«Non ci credo.»
«Sei libera di non crederci.»
Tina sospirò.
«Lo so, la cosa non pare molto interessante, ma...»
Oliver la interruppe: «Invece lo è, e non poco. E potrebbe addirittura essere più pericolosa di quanto tu possa pensare.»
Tina scosse la testa.
«No, non...»
Ancora una volta, Oliver non la lasciò finire.
«Se ho ben capito, hai detto che, qualche mese fa, un account dal nome fittizio, su un social network, ti ha contattata spacciandosi per un tuo fan e chiedendoti se avesse potuto mandarti via direct la scansione di una lettera scritta a mano che aveva scritto per te. Tu hai accettato, ma invece della lettera ti ha mandato un messaggio che recitava, testualmente: "so cos'hai fatto". A seguire ti ha inviato degli screenshot e delle gif tratte da un video, di cui ignoravi l'esistenza, in cui sei in atteggiamenti intimi con un uomo non ben riconoscibile, ma che mi hai confidato essere un tuo collega.»
Fece una breve pausa, quindi Tina si affrettò a puntualizzare: «È sposato. Era in profonda crisi con sua moglie. Tra noi è stata solo un'avventura. Quando è tornato insieme alla sua consorte, non c'è stato più niente tra me e lui.»
Oliver chiarì: «Non sono qui per giudicare le relazioni sentimentali e sessuali altrui. Veniamo al punto che ci interessa: questo profilo, poco prima di cancellarsi, ti ha minacciata di divulgare il video, il che avrebbe rischiato di avere conseguenze notevoli. Sappiamo quanto il grande pubblico voglia idoli perfetti e uno scandalo potrebbe avere spiacevoli effetti sul tuo futuro.»
«Appunto.»
«Tu hai idea di chi sia l'autore?»
«No.»
«Hai sporto qualche denuncia?»
«No, non avevo nulla in mano.»
«A me pare avessi parecchio.»
Tina obiettò: «Quel messaggio potrebbe essere partito da ovunque nel mondo. Se anche mi fossi rivolta alla polizia postale italiana, perché in Italia ci vivo e ci passo gran parte del mio tempo, probabilmente non avrei risolto nulla. Tanto più che il profilo è stato cancellato e non si è più fatto vivo, se non in futuro, con altri account occasionali che sono stati cancellati altrettanto velocemente.»
Oliver puntualizzò: «E senza mai divulgare nulla.»
«Già.»
«Ma anche senza chiederti soldi per non divulgarlo.»
«No, mai ricevuto simili richieste.»
«E non ti sembra strano?»
Tina rifletté.
«Non ci ho mai pensato.»
«E hai fatto malissimo» ribatté Oliver. «Siamo di fronte a qualcuno che ha qualcosa di scottante su di te in mano. Potrebbe infamarti pubblicamente, oppure ricattarti... e non ha fatto né una cosa né l'altra. Così come non ha avuto un atteggiamento persecutorio nei tuoi confronti. Voglio dire, hai detto che ti contattava di tanto in tanto. Non si è più fatto vivo, di recente?»
«L'ultima volta circa un mese fa. Però ha lasciato passare più tempo, tra un account fittizio e l'altro, in passato. Potrebbe ricomparire da un momento all'altro. È per questo che, dopo l'ultimo suo messaggio, ho deciso di mettermi in contatto con qualcuno che potesse aiutarmi. E ho scelto te.»
«Ne sono lusingato, ma permettimi, appunto, di farti notare che il suo modo di agire è quantomeno sospetto. Ha in mano un video che potrebbe metterti in difficoltà, ma per il momento non lo usa. Ti sei chiesta perché?»
«No.»
«È possibile che questo video venga divulgato nel dark web?»
Tina fu scossa da un brivido, ma cercò di mostrarsi impassibile.
«Perché farmi sapere della sua esistenza, se circola su siti e community poco affidabili?»
«Esatto, domanda legittima.»
«E come risponderesti a questa domanda?»
Oliver ridacchiò.
«Hai proprio bisogno di me, vero, Menezes?»
«È quello che ti ripeto da quando ci siamo seduti.»
«Eppure è tutto molto semplice, almeno in linea teorica: se non ha fatto niente, per ora, è perché ha intenzione di colpirti, ma vuole aspettare il momento più opportuno. Che mosse hai in mente per il tuo futuro?»
Tina alzò le spalle.
«Nulla di concreto, per ora.»
Oliver osservò: «È probabile che stia aspettando un tuo ingaggio, oppure una collaborazione televisiva, per denigrarti pubblicamente quando avresti qualcosa da perdere. So come funzionano le campagne di odio social. Rischieresti di perdere tutto quello che ti sei appena conquistata.»
«Mhm...» borbottò Tina. «Rimane pur sempre molto imprevedibile.»
«Appunto per questo dobbiam-...» Oliver esitò. «Deve essere smascherato e fermato, anche se non sarà facile. Hai idea dei sospetti su chi possa essere?»
«No.»
«Ne sei proprio certa?»
«Sì. Perché me lo chiedi con quel tono?»
Oliver si difese: «Non te lo sto chiedendo con un particolare tono. Te lo sto chiedendo solo perché capita fin troppo spesso che chi sospetta di qualcuno non parli, perché ritiene assurdi i propri sospetti, oppure perché inconsciamente non vuole crederci.»
Tina precisò: «Non mi sembra di conoscere qualcuno che possa essere riuscito a riprendermi mentre andavo a letto con un mio collega sposato.»
Oliver azzardò: «Può essere stato proprio il tuo collega sposato?»
Tina si irrigidì.
«Non ti permetto di...»
Oliver la interruppe: «Okay, va bene, non volevo mettere in dubbio l'integrità degli uomini che frequenti. Solo, c'eravate voi due, in quel momento. Qualcuno sapeva che vi sareste visti?»
«Noi non l'abbiamo detto a nessuno» rispose Tina, «Ma non sarebbe così sorprendente se qualcuno l'avesse scoperto. Siamo due personaggi noti, in fondo. Nella nostra posizione, capita spesso ci sia un interesse smodato per quello che facciamo, anche nella nostra vita privata.»
Oliver fu costretto ad ammettere che aveva ragione.
Tina proseguì: «So perfettamente dove e quando è stato girato quel video, ma non ho idea di chi possa averlo fatto.»
«Partiamo dal dove al quando.»
«Lo scorso anno, qualche giorno prima che si svolgesse il Gran Premio d'Italia. Questo aprirebbe a due diversi scenari.»
«La gente con cui hai a che fare dal punto di vista professionale, ma anche chi ti conosce per altri motivi.»
«Esatto. Non escludo che qualcuno possa farsi cento o duecento chilometri per intromettersi nei miei affari privati, se pensa che ne valga la pena.»
«A cosa pensi, nello specifico?»
«Cosa vuoi dire?»
Oliver chiarì: «Non so niente della tua vita privata. Non ho idea di chi siano le persone con cui hai qualche contatto, se ci sia qualcuno che ce l'ha con te.»
Tina ammise: «Me lo sono chiesta tante volte e sono arrivata alla conclusione che sia molto improbabile. Ritengo più probabile che ci qualcos'altro, dietro... e prima che tu mi interrompa per insinuare che qualcuno tolleri male il fatto che io abbia avuto successo in un ambiente prevalentemente maschile pur essendo donna, ti assicuro che mi sembra un'ipotesi ridicola.»
«Veramente non stavo per suggerire nulla di simile» obiettò Oliver. «Hai detto tutto da sola, quindi non indignarti per cose che non ho detto. E poi, già che ci sei, spiegami perché questa ipotesi ti è venuta in mente prima di ogni altra cosa e perché hai messo subito le mani avanti.»
Tina sospirò.
«Non li leggi gli articoli contro di me?»
«No.»
«Cosa leggi, allora?»
«Di sicuro non spazzatura clickbait. Sai, Menezes, ho di meglio da fare piuttosto che perdere tempo dietro a certe porcherie.»
«Bene» concluse Tina. «Allora sappi che c'è chi tollera poco il mio modo di comportarmi. Certe svalvolate sostengono che non faccio niente per dimostrare di non prendere ordini dagli uomini e vorrebbero definire per filo e per segno ogni mia azione. Alcune di queste si sono offese quando ho detto che, oltre a non prendere ordini dagli uomini, non prendo ordini nemmeno dalle altre donne, specie se usano la causa femminista come scusa per esercitare il proprio controllo su altre. Da allora, è tutto un susseguirsi di articoli che mi descrivono come il male assoluto per le donne nel motorsport. I miei risultati vengono puntualmente sminuiti, mentre certe performance nulle di alcune loro protette vengono elogiate in tutte le salse. Pensavo ne fossi al corrente.»
Oliver replicò: «Mi dispiace deluderti, ma mi occupo di giornalismo serio, il moralismo da rotocalco proprio non mi interessa. Adesso che parli di un certo tipo di "fonti di informazione" tuttavia, mi sento in dovere di chiedertelo: sei proprio sicura che, dietro quel video, non possano esserci persone di quel calibro?»
Tina rimase ferma sulla propria posizione.
«Quelle persone vivono di clickbait. Sparlano di me perché attirano consensi, quindi like, condivisioni e, indirettamente, sponsor e soldi. Se avessero qualcosa che mi compromette, non farebbero altro che utilizzarlo a loro comodo.»
«Perché, cosa pensi che ne voglia fare chi ha quel video tra le mani?»
«Non capisci. Quelli che mi denigrano nei loro articoli vogliono tutto subito, non hanno pazienza di aspettare. In più, non vogliono colpire me nello specifico, io sono solo un mezzo che hanno a disposizione per apparire. Qui abbiamo a che fare con qualcuno che non vuole usarmi per il successo, ma che proprio vuole distruggermi.»
Oliver rimase in silenzio, in apparenza pensieroso. Tina si chiese se fosse stata una buona idea parlargli di quella fetta di opinione pubblica che aveva la possibilità di darle contro solo per il gusto di farlo. In fondo quelle persone non c'entravano niente con il filmato che la ritraeva in dolce compagnia del collega; esisteva la possibilità che Fischer la accusasse di piangersi addosso e di non fregarsene abbastanza di ciò che persone desiderose di pubblicità scrivevano su social network e sulle pagine web.
Il giornalista le dimostrò che correva troppo e viaggiava di fantasia, limitandosi a domandarle: «Chi pensi ci sia dietro? Devo chiedertelo di nuovo.»
Tina abbassò lo sguardo.
«Non lo so.»
«Se stai cercando di coprire qualcuno...»
Tina interruppe quelle parole sul nascere: «Ti assicuro che non sto coprendo nessuno. Questa tua insinuazione, anzi, mi offende.»
Oliver sbuffò.
«Non è un'insinuazione, Menezes. Mi stavo limitando a farti notare che coprire la persona che ti sta perseguitando mi porterebbe fuori strada. Se vuoi il mio aiuto, devi essere sincera con me, anche se si tratta di mettere in cattiva luce persone alle quali sei affezionata e che non credi fino in fondo possano avere fatto quello che mi hai raccontato.»
Tina chiarì: «Non ho sospetti. Non sono convinta che qualcuno possa avercela con me fino a questo punto. Certo, sono in tanti quelli che non nutrono grande simpatia nei miei confronti, ma in genere si tratta di qualcosa di reciproco.»
«Capisco.»
«Non so se puoi capire.»
Oliver ridacchiò.
«Credimi, Menezes, ti comprendo perfettamente. Io stesso non sono esattamente in cima alle simpatie di molte persone, ma non per questo agiscono contro di me. Qui siamo di fronte a qualcuno che ha deciso di spiarti e di riprenderti in un momento intimo. Chi lo farebbe? Di certo non una persona che prova una lieve antipatia nei tuoi confronti, ma alla quale basterebbe starti lontana per non avere niente a che fare con te.»
«Bene, vedo che ci intendiamo, almeno su questo.» Tina alzò lo sguardo. «Lo sapevo. Hai fatto di tutto per convincermi del contrario, ma sei quello giusto per me. Solo tu puoi aiutarmi a scoprire chi c'è dietro.»
Oliver la guardò negli occhi.
«Lo ammetto, sto iniziando a pensare che non sia una cattiva idea.»
«Così, senza parlare di soldi?»
«Senza parlare di soldi. Hai detto che mi pagherai e lo do per scontato.»
«Quindi accetteresti così, a scatola chiusa?»
«Non ho detto questo» mise in chiaro Oliver. «Semplicemente il denaro non è l'aspetto che voglio approfondire per primo. Io e te non ci conosciamo. Come facevi a sapere che avrei potuto aiutarti? E soprattutto, che cosa c'entra Mirko De Rossi? Perché, ormai non ho più dubbi, sei stata tu a metterlo in mezzo e a chiedergli di farmi una proposta di lavoro. Solo, non capisco esattamente come si incastrino questi aspetti. In che modo una proposta di lavoro da parte di Mirko avrebbe potuto portarmi a te e a tutto questo?»
Tina sospirò.
«Devo davvero raccontarti tutto?»
«Certo che devi raccontarmi tutto» ribatté Oliver. «Altrimenti mi prendo su e me ne torno a casa, lasciandoti da sola con il tuo video e i tuoi dubbi irrisolti.»
Tina si arrese: «E va bene. Immagino che tu sappia che, poco meno di quattro anni fa, sono stata ingaggiata dal team Pink Venus, per venire a gareggiare in Europa - seppure in un campionato mondiale - dopo tanti anni passati in Nord- e Sudamerica.»
Oliver confermò: «Conosco i tuoi trascorsi. So che hai gareggiato in Indycar e Stock Car Brazil, che già in passato varie squadre della Diamond Formula si erano interessate a te, ma avevi sempre rifiutato. Poi, quando la categoria è collassata e c'è stata la fusione tra i due principali campionati mondiali, improvvisamente hai cambiato idea.»
Tina scosse la testa.
«Non è andata proprio così. Non è stato un cambiamento improvviso. Avevo già conosciuto Veronica Young, ai suoi tempi, e c'era già stata qualche trattativa. Poi, la squadra di Scott Young ha chiuso i battenti. Quando la Pink Venus ha ingaggiato Veronica come team principal, ciò che non si era mai concretizzato è diventato realtà. Sono state tre stagioni meravigliose e siamo stati l'unica squadra della Diamond Formula ad avere risultati degni di nota.»
Oliver puntualizzò: «Sono al corrente dei vostri risultati, come del fatto che siano al giorno d'oggi soltanto due le squadre residue della Diamond Formula. Quello che non comprendo è cos'abbia a che fare io con tutto ciò.»
«Molto semplice» ribatté Tina. «Ho sentito parlare tanto di te da Veronica Young. Diceva che hai scatenato un vespaio, che sei andato a scavare in vicende che non ti riguardavano e che hai riportato alla luce uno scandalo sepolto. Ho fatto un po' di ricerche e ho scoperto che anche Edward Roberts e la sua signora pensano la stessa cosa di te. Allora mi sono convinta che tu sia la persona giusta.»
«Aspetta, non capisco. I messaggi sono iniziati lo scorso inverno, o sbaglio?»
«Non sbagli.»
«Lo scorso inverno, però, non gareggiavi più per la Pink Venus.»
«Il fatto che al momento io non abbia un volante non significa che non abbia occasione di parlare con Veronica Young o Edward Roberts.»
«Hai ancora contatti con la Young, quindi?»
«Eccome se ne ho. La squadra mi ha tagliata fuori per faccende legate agli sponsor, dopotutto ho trentotto anni, ormai, sono considerata troppo vecchia per il più importante campionato automobilistico a ruote scoperte del mondo. Facevo comodo perché una donna di successo attira l'attenzione, ma non ero l'unica donna esistente. Quindi ecco che hanno messo Amber Thompson al mio posto, hanno ringiovanito la loro immagine... e c'è molta gente che dice che è più attraente di me, quindi hanno raggiunto tutti gli obiettivi.»
«Tu, però, eri più veloce.»
«Il cash conta di più della velocità.»
«Quindi la Thompson è più sponsorizzata di te?»
«Se avessi meno di trent'anni, anch'io avrei gli stessi sponsor della Thompson. Non mi posso lamentare, tuttavia. Ho avuto una carriera di successo e, ne sono sicura, la prossima stagione non sarò a piedi.»
«Nella stessa serie o in un'altra?»
«Al novantanove per cento altrove. Certo, se qualche squadra storica e importante mi offrisse un ingaggio, non me lo farei sfuggire. Però dubito fortemente che succederà.» Tina rise. «Ormai ho fatto il mio tempo.»
Oliver precisò: «E stai anche divagando parecchio.»
«Sto divagando» convenne Tina, «Ma la sintesi è questa: Veronica mi ha parlato di te, Edward anche, qualcosa l'ha detto anche Selena. Ho avuto modo di conoscere, indirettamente, la tua determinazione, e mi ha fatto un'ottima impressione. Di conseguenza, mi sono informata su di te, negli scorsi mesi. Sono riuscita a scoprire che abiti qui e che, in linea teorica, non vuoi più avere a che fare con certe situazioni problematiche.»
«Eppure sei qui e mi hai offerto una "situazione problematica" su un piatto d'argento.»
«Non problematica come quelle a cui sei abituato.»
«Questo devo riconoscerlo. Almeno qui non ci saranno morti ammazzati, o almeno così mi auguro.»
«Me lo auguro anch'io... comunque è estremamente improbabile.»
«Così come, di questo passo, è improbabile che tu voglia raccontarmi che cosa c'entra Mirko De Rossi.»
«Invece te lo racconto subito. Come ti ho detto, non sono in cattivi rapporti con la Pink Venus e con Veronica Young. Ho accettato la loro decisione e a volte mi invitano come loro ospite, nei fine settimana di gara. Ho pensato che, se tu lavorassi per De Rossi, riusciresti a farti accreditare come giornalista.»
«Quindi, fammi capire, dovrei accompagnarti?»
«Una specie. Ufficialmente non saresti con me, ma potremmo incontrarci liberamente.»
«Quanto hai pagato De Rossi per convincerlo a farmi una proposta di lavoro?»
«Gli ho garantito che avrei pagato io il tuo stipendio e tutte le spese.»
«Oh, ora mi è tutto chiaro.»
Tina puntualizzò: «Mirko De Rossi ti considera un ottimo professionista. Pensa solo che tu sia troppo focalizzato sulla verità e troppo poco sull'interesse personale.»
Oliver obiettò: «Questo sarebbe un male?»
«Mirko dice che dovresti essere più egoista. Hai rischiato di farti ammazzare, con le tue ricerche su Herrmann, e nel tuo libro hai taciuto aspetti che avrebbero potuto renderlo un successo planetario.»
«Ho taciuto solo ciò che doveva rimanere privato.»
«Non ti sto giudicando. Anzi, mi fa piacere che tu non voglia vendere gossip squallidi. Mi fa sentire sicura. Adesso, però, ho bisogno di sapere se pensi di accettare di lavorare per Mirko.»
«Che alternative ho?»
«Puoi sempre seguirmi spacciandoti per il mio fidanzato. Ovviamente sarebbe tutto a spese mie. Veronica Young mi dice sempre che dovrei trovarmi un uomo.»
«Quindi dovrei seguirti in capo al mondo?»
«Non in capo al mondo. La prossima volta sarò ospite della Pink Venus al Gran Premio d'Austria, tra due settimane. Sbaglio o è casa tua?»
Oliver obiettò: «Non ho una casa nel bel mezzo del circuito.»
«Non era questo che intendevo» ribatté Tina. «Sei austriaco, giusto? Un giorno dovrai spiegarmi come sei finito in Italia e, nello specifico, in questo paesino in mezzo al nulla.»
«Tu sei brasiliana» replicò Oliver. «Hai un intero oceano tra te e l'Italia. Come ci sei finita tu, in questo paesino, piuttosto?»
«Naturalizzata italiana» chiarì Tina. «Mia madre ha sposato un italiano quando ero bambina, ho passato più tempo qua che in Brasile.»
«Però hai sempre gareggiato con licenza brasiliana.»
«Era più facile farmi prendere in considerazione dagli sponsor, specie gareggiando in Sudamerica. Non so se tu sappia qualcosa dei miei anni nelle serie minori.»
«Oh, sì» convenne Oliver. «So molte cose di te. So che eri la compagna di squadra di Serrano, nella Formula 3 Brasiliana. Deve essere stato quindici anni fa o giù di lì.»
Tina si sentì trafitta da una lama gelida. Tutto poteva aspettarsi, ma non che Oliver Fischer facesse il nome di Manuel, un nome che avrebbe avuto la capacità di ferirla fino alla fine dei suoi giorni.

Un lampo squarciò in due il cielo, seguito da un tuono che spaccava i timpani. Tina si strinse nella giacca a vento che aveva portato per ogni evenienza e si tirò il cappuccio sui capelli già bagnati. Era lontana quasi un chilometro dalla pitlane e malediceva il momento in cui aveva iniziato quella track walk in solitaria, senza nemmeno portare un ombrello. Non che un ombrello potesse fare molto, in mezzo a quel violento temporale; forse il vento non le avrebbe nemmeno permesso di tenerlo aperto, allo stesso modo in cui cercava di strapparle il cappuccio via dalla testa.
Conosceva Interlagos, conosceva bene le condizioni mutevoli spesso incontrare su quel circuito. Non avrebbe dovuto fidarsi di quel cielo grigio, ma ormai era tardi per tornare indietro. Poteva solo andare avanti, cercando di fare più in fretta che poteva per andare a ripararsi e, all'occorrenza, indossare indumenti asciutti.
Il fragore del vento e dell'acquazzone era talmente forte che non si accorse di qualcuno alle proprie spalle finché non vide un ombrello enorme stagliarsi sopra di lei. Era solido e, per quanto fosse messo a dura prova dal maltempo, reggeva bene in quella situazione.
Alla destra di Tina comparve un giovanissimo asiatico dai capelli decolorati, che indossava una T-shirt dello stesso colore dell'ombrello.
«Bel posto soleggiato, il Brasile» borbottò Shin Jung. «Ci avevo creduto, invece era una truffa!»
Tina si girò verso di lui e gli strizzò un occhio.
«Allora tornatene in Giappone!»
Scoppiarono entrambi in una fragorosa risata, vista l'allusione al "suggerimento" che Jung aveva ricevuto dai detrattori statunitensi nel breve periodo in cui aveva gareggiato in una delle categorie di contorno del campionato di Indycar.
«Posto probabilmente più aperto di vedute rispetto agli States» ribatté Shin. «Se non altro, almeno i giapponesi sono consapevoli che non tutti gli asiatici con gli occhi a mandorla sono loro connazionali. Se spiegassi loro che mia madre è di Singapore e che mio padre ha origini coreane ma è cresciuto a Macao, di sicuro mi capirebbero. Così come saprebbero che Macao è stata una colonia portoghese, proprio come il Brasile.»
Tina, che conosceva a memoria le origini di Shin, puntualizzò: «Ti sei dimenticato di aggiungere che sei cresciuto in Australia.»
«Dettagli.»
«Non proprio.»
«Nemmeno tu hai specificato di essere cresciuta in Italia.»
«Cosa c'entra? Non stiamo parlando di me!»
Presero a camminare verso la pitlane, riparati dall'ombrello di Shin che, dopo pochi istanti di silenzio, volle sapere: «Come ci sei finita in Italia?»
Tina non aveva una storia interessante da raccontargli, quindi non ritenne opportuno perdere tempo, quando la cosa migliore da fare era correre verso il loro obiettivo.
«Ehi, vai piano!» la pregò Shin, dato che aveva accelerato il passo. «Così non riesco a tenerti sotto l'ombrello.»
«C'è solo una cosa da fare, allora: sbrigati!»
Shin tenne la sua andatura, ma lamentandosi.
«E meno male che sei giovane!» sbottò Tina. «Sei un ragazzino a cui deve ancora spuntare la barba e già hai questi problemi! Neanche ti stessi facendo correre sotto la pioggia.»
«Non ci provare» ribatté Shin. «Comunque ce la faccio ad andare più veloce, è solo che non vorrei né sbatterti in testa l'ombrello, né farti bagnare.»
Tina rise.
«Tutte scuse.»
«Non prenderti troppe libertà con me» ribatté Shin. «Ricordati che ho deciso di mia spontanea volontà di prenderti sotto all'ombrello.»
«Non prenderti tu la libertà di chiudermelo o di togliermelo dalla testa.» Tina abbassò lo sguardo, a osservare le lunghe ciocche che le sporgevano dal cappuccio, ancora grondanti di pioggia. «Mi ha spiazzata, questo temporale di merda.»
«Eppure dovresti conoscere il tempo che fa a casa tua.»
«Non è casa mia. Comunque smetterà a breve.»
«Con questo cielo? No, non è possibile.»
«Credimi» insisté Tina. «Tempo mezz'ora al massimo, poi smetterà di piovere.»
Shin rimase fermo sulla propria posizione.
«È più facile che tu vada a baciare appassionatamente Manuel Serrano che la fine di questo diluvio.»
«Eh?!» Un tuono aveva riecheggiato proprio in quel momento, quindi Tina pensò di avere capito male. «In che senso dovrei baciare Serrano?»
«Lo ritengo più probabile rispetto al bel tempo.»
«Non essere ridicolo.»
Shin gli ricordò: «Sarete compagni di squadra, il prossimo anno, e non mi sembra che tu sia molto soddisfatta.»
Tina alzò gli occhi al cielo, o meglio, all'ombrello che le svettava sopra la testa, replicando: «Non ho mai detto niente contro Manuel.»
«Pubblicamente no, ma ti conosco» ribatté Shin. «Sei preoccupata, vero?»
«Non ho ragione di esserlo.»
«È il favorito degli sponsor.»
«Se fosse così tanto favorito dagli sponsor, forse a questo punto sarebbe già in Europa o negli Stati Uniti» minimizzò Tina. «Non ho niente di cui preoccuparmi. È tutto a posto.»
Non parlarono, lungo il resto della strada che li separava dalla pitlane. La pioggia, nel frattempo, diminuì di intensità e i tuoni si fecero più radi.
Quando arrivarono, i primi raggi di sole iniziarono a farsi largo tra le nuvole. Tina indicò il cielo a Shin.
«Che peccato, non dovrò più baciare Manuel!»
Shin sospirò.
«Peccato! Qualcosa mi dice che sareste una bellissima coppia!»
Tina scosse la testa.
«Non ci penso nemmeno!»
«Perché? Cos'ha che non va?»
«La vita di coppia non fa per me.»
«Non dire assurdità.»
Tina insisté: «Invece lo ribadisco. Non ho intenzione di trovarmi un fidanzato, ho altro a cui pensare.»
«Dimenticavo, per te esiste solo la carriera.»
«Dovresti focalizzarti sulla carriera anche tu. Innanzi tutto non mi sembra che tu venga molto preso in considerazione, in più dovresti cercare di far capire agli americani che quello che pensano dei piloti giapponesi non è vero.»
Shin le ricordò: «Non sono giapponese. Che cosa me ne frega se pensano che gli amici nipponici siano degli sfasciacarrozze?»
Tina precisò: «Non si ricorderanno mai la tua vera nazionalità, quindi tanto vale accettarlo. In più, di te si dice che sei veloce, ma troppo caotico. A lungo andare, non è un grande biglietto da visita.»
Shin obiettò: «Non sei la persona migliore per giudicare cosa sia o non sia un buon biglietto da visita. Anche per te vale lo stesso discorso che hai fatto per Serrano: dovresti essere in Europa o negli Stati Uniti, adesso.»
Tina non aveva voglia di approfondire quel discorso. Si limitò a sgusciare fuori dal raggio di protezione dell'ombrello e ad affermare: «Dobbiamo salutarci, Shin. Il mio team mi aspetta, si chiederanno tutti dove sono finita.»
«Puoi riferire che un principe azzurro ti ha riparata con l'ombrello impedendo che ti bagnassi.»
«Non mi crederebbero, ho i capelli fradici. E poi... principe azzurro? Torna quando ti sarà spuntata la barba. Sei troppo giovane, per me.»
«Questo significa che, se avessi la tua età, mi prenderesti in considerazione?»
«Taci, cretino! Non farmi perdere tempo!»
Si allontanò, mentre Shin sentenziava a gran voce: «Sta tornando il sole, quindi non ti resta che baciare Serrano!»
Tina si mise le mani tra i capelli bagnati. Jung non avrebbe mai imparato a usare un po' di discrezione, non le restava altro da fare che sperare che le sue parole, ben udibili, fossero passate inosservate. Non era, purtroppo, la prospettiva più probabile, e ne avrebbe avuto conferma solo qualche ora dopo.
Perfino il diretto interessato le chiese spiegazioni, alla fine di quella giornata. Tina cercò di sviare l'attenzione dalle assurde parole del "coreano di Singapore e di Macao trapiantato in Australia", addirittura spingendosi a ricordare a Serrano che avrebbe fatto meglio a pensare ai propri risultati, vista la sua deludente posizione di qualifica.
Manuel commentò, con un tono più sprezzante del solito: «I risultati arriveranno. Non tutti, come te, hanno la fortuna di esordire nella migliore squadra.»
Tina gli ricordò: «Questo è un campionato monomarca.»
«Però ci sono squadre che hanno un sacco di soldi da spendere e altre meno» puntualizzò Manuel. «È innegabile che tu sia in una delle migliori.»
«Se ci schifi così tanto, perché non te ne sei rimasto ben lontano?»
«Voglio vincere il campionato. E lo vincerò, dimostrando che a volte vincono anche i migliori.» Le strizzò un occhio. «Anzi, tendenzialmente vincono solo i migliori. Chi va avanti solo per gli sponsor, difficilmente diventa qualcuno.»
Tina sospirò.
«Questo discorso è un po' come un cane che si morde la coda, non trovi?»
«Illuminami, perché non capisco cosa vuoi dire.»
«Nessuno di noi sarebbe qui senza sponsor. Eppure tutti accusiamo i nostri avversari di essere sponsorizzati.»
«Non faccio discorsi filosofici con te, Menezes.» Manuel ridacchiò. «E non certo perché preferisca baciarti.»
Quelle parole strapparono un sorriso a Tina.
«Non preoccuparti, nemmeno io lo desidero.»
«Allora cosa diceva Jung?»
«Fantasie. Nello specifico fantasie sue.»
«Dovremmo dimostrarglielo.»
«Cosa?»
«Che sono sue fantasie.»
Tina azzardò: «In che modo?»
Manuel suggerì: «Ceniamo insieme, stasera. Non succederà niente tra di noi e lo riferiremo a Shin. Ci stai?»
Quella proposta non faceva impazzire Tina di felicità.
«Non mi pare il caso.»
«Perché no?» ribatté Manuel. «Tanto ci toccherà passare parecchio tempo insieme, durante la prossima stagione.»
«Sì, ma è ancora lontana» replicò Tina. «Perché anticipare i tempi?»
Manuel insisté: «Perché abbiamo molto da dimostrare a Shin.»
Tina si arrese: «Va bene, come vuoi. Forse non è una cattiva idea.»
Nei mesi a venire, non avrebbe mai saputo dire con certezza se avesse ragione oppure torto. Esattamente un anno più tardi, tuttavia, avrebbe identificato quella loro cena insieme come l'inizio di tutte le disgrazie.

«Tutto bene?»
La voce di Oliver Fischer arrivò di colpo, facendo sussultare Tina. Gli aveva sentito menzionare Manuel Serrano e a quel punto la sua mente si era rifiutata di farle formulare una risposta.
Tina annuì.
«Sì, sì, va tutto bene.» Si alzò. «Si sta facendo tardi. Credo sia meglio tornare a casa. Tanto ormai siamo d'accordo, no?»
«Non proprio» ribatté Oliver. «Ci sarebbero ancora un sacco di cose da definire», si alzò in piedi a propria volta, «ma hai ragione, si sta facendo tardi. Come vuoi, torniamo a casa.»
«Facciamo la strada insieme?»
«Per me va bene.»
Si avviarono. Erano ormai fuori dal non-vicolo, quando Tina confermò: «Sì, hai ragione, ero la compagna di squadra di Manuel Serrano in Formula 3 Brasiliana.»
«Eri veloce.»
«Prima che arrivasse lui?»
«Cosa vuoi dire?»
«Di solito è così che tutti completano la frase» chiarì Tina. «O meglio, quei pochi che se ne ricordano.»
Oliver replicò: «Non la penso come loro, se è di questo che mi stai accusando. Anzi, non mi sembra di ricordare dei tuoi cali di performance. Si dice che la squadra non vi mettesse nelle stesse condizioni e io ci credo.»
Tina sospirò.
«Sai proprio tutta la storia del motorsport, eh? Credevo fossi un esperto della Diamond Formula, non delle serie minori meno conosciute al grande pubblico.»
«Io non sono il grande pubblico» puntualizzò Oliver. «Scrivere di motori è il mio lavoro. Mi è sempre sembrato opportuno essere informato a proposito di quello di cui scrivo.»
«Una rarità.»
«In che senso?»
«C'è sempre più gente che non si informa e non sa nulla, ma scrive e spara sentenze.»
«È il male della nostra epoca.»
«Nessuno di voi, però, si impone.»
«E in che modo potrei impormi? Posso impegnarmi per quello che faccio io, ma non posso influire sugli altri. Non è in mio potere.»
Tina alzò gli occhi al cielo.
«Quindi lasciamo che dei gran cretini facciano quello che gli pare e non battiamo ciglio?»
Oliver replicò: «Non abbiamo i mezzi per contrastare certi soggetti. Anzi, più la sparano grossa e più hanno consensi. Quelli che fanno rumore piacciono, quelli che si sforzano di dire la verità non hanno possibilità di emergere. Purtroppo non posso fare niente in prima persona. Posso solo sperare che ci sia un cambiamento di mentalità collettiva, ma ne dubito.»
Tina scelse di non ribattere. Percorsero centinaia di metri in silenzio, camminando uno accanto all'altra. Non c'era molto che potessero fare, su questo Oliver aveva ragione, ma non capiva perché fosse così arrendevole. Aveva rischiato di farsi ammazzare, in passato, eppure preferiva rimanere dietro le quinte. Per fortuna presto l'avrebbe schiodato da quel suo stato catatonico.
Fu il giornalista a rompere il silenzio, poco più tardi.
«Come sta Veronica Young?»
«Perché questa domanda?»
«Perché non la sento da anni e mi piacerebbe sapere se sta bene.»
«Diciamo di sì.»
«Mi fa piacere.»
«Presto vi rivedrete, se tutto va bene.»
Oliver ridacchiò.
«Non sono sicuro che sarà molto contenta di rivedermi, ma lo accetterà, in tal caso.»
«Dovrai raccontarmi un sacco di cose sul vostro passato» ribatté Tina. «Mi piacerebbe saperne di più.»
Oliver chiarì: «Non c'è niente da dire. Abbiamo avuto a che fare l'uno con l'altra ai tempi della mia "indagine", se così vogliamo chiamarla, sulla vicenda di Patrick Herrmann. Diciamo che, se io non mi fossi messo in mezzo, la sua posizione sarebbe stata un po' più tutelata.»
«Diciamo pure che, senza la tua indagine, forse la Diamond Formula esisterebbe ancora.»
«Non ne sono sicuro. Io ho aperto il vaso di Pandora, ma quel vaso esisteva già e prima o poi il caos sarebbe esploso comunque.»
«Se lo dici tu...»
«Non ho fatto miracoli, Menezes. Smettila di vedermi come il salvatore dell'umanità o come colui che l'ha distrutta.»
«Umanità... non esageriamo. Il destino del genere umano non dipende minimamente dalla Diamond Formula. Non ho mai insinuato che la gente comune potesse avere qualcosa da guadagnarci o da perderci.»
Ancora una volta, seguì silenzio. Ormai erano vicini a casa, non mancava più tanto. Erano già vicini al portone del palazzo nel quale abitava Oliver, quando Tina gli fece una proposta.
«Vuoi venire a vedere casa mia?»
Oliver la fissò con gli occhi spalancati.
«Cosa...»
Tina si mise a ridere.
«Non ti sto proponendo di fare sesso.»
«Vorrei sperarlo.»
«No, davvero. Ti voglio solo fare vedere l'appartamento in cui mi sono trasferita per avvicinarmi a te.»
«Va bene, ci sto» ribatté Oliver, «Ma sappi che conto di uscirne vivo. Qualunque cosa tu ti sia messa in mente, mi auguro che lo sarò ancora, tra poco.»
«Stanne certo, ne uscirai vivo» rispose Tina. «Nessuno morirà stasera.»
«Speriamo.»
«In che senso?»
«Spero che non muoia nessuno. Non sarebb-...»
Oliver si interruppe di scatto.
«Tutto a posto?» volle sapere Tina. «C'è qualcosa che non va?»
«È tutto a posto» confermò Oliver. «Mi sta solo squillando il cellulare... o, per meglio dire, vibrando.» Lo prese fuori e guardò lo schermo. «Ancora lui?»
Tina azzardò: «Qualche problema?»
Oliver la informò: «È il tuo amico Mirko De Rossi, quindi oserei dire che il problema non è la telefonata, ma proprio chi chiama.»
«Rispondigli.»
«Gli ho già parlato oggi.»
«Avrà bisogno.»
«Ti assicuro che non ho alcun bisogno, io, di sentirlo. Voglio dire, non abbiamo ancora delineato nulla, è inutile che...»
Tina lo interruppe: «Rispondigli. Potrebbe essere importante. Se hai dei dubbi, puoi sempre parlarne anche con lui.»
Oliver accettò la chiamata e portò il telefono all'orecchio. Tina si fece da parte, per non dare segno di volersi intromettersi negli affari altrui.
La conversazione durò pochissimo. Tina se ne stupì: «Più rapido di quanto mi aspettassi, Fischer.»
«Mirko ha detto che deve andare a controllare una cosa al volo, poi mi richiama» la informò Oliver. «Non so cosa sia successo, comunque senza dubbio un imprevisto. Fino a poco prima era desideroso di parlare.»
«E tu?»
«Non tanto, ma abbiamo avuto una conversazione cordiale, come non succedeva ormai da anni.»
«Mi fa piacere, dato che dovrai lavorare per lui.»
Oliver le ricordò: «Se mi è tutto chiaro, dovrò lavorare per te.»
Tina convenne: «Dovrai lavorare per me, ma il fatto che tu riesca ad andare d'accordo con De Rossi è molto rilevante per la buona riuscita dell'incarico.»
«Non te lo garantisco, ma ti assicuro che ci proverò, se la cosa va in porto.»
Tina scoccò a Oliver un'occhiataccia.
«Basta dire "se". Hai già accettato e, se ancora non l'hai fatto, sei sul punto di accettare.»
«Tu non ti arrendi mai, vero?»
«Non quando so che, se insisto, le cose andranno come voglio. Anzi, andranno come devono. Voglio scoprire chi c'è dietro quei messaggi e quel video, non solo per me, ma anche per tutelare l'uomo con cui mi trovavo. Non posso permettere che ci vada di mezzo, la sua vita potrebbe uscirne distrutta.»
«E la tua?»
«Anche, ma io sono coinvolta in prima persona e so di correre un rischio. Non posso permettere che a rischiare sia anche qualcun altro, oltre a me, e senza averne la minima idea.»
«Gliene parlerai mai?»
«No, a meno che non sia strettamente necessario. Abbiamo raggiunto a fatica un equilibrio, non voglio sconvolgere tutto.» Tina non amava parlare di quell'aspetto, quindi si affrettò a cambiare discorso. «Ci vieni adesso, da me, o preferisci aspettare la telefonata di Mirko?»
«Possiamo salire, se vuoi.»
«Quindi non hai più paura?»
«Non ho mai avuto paura.» Oliver rise. «Da che parte si entra? Qual è il tuo portone?»
«Quindi mi guardi da settimane mentre mi spoglio e non sai nemmeno da dove si entra in casa mia?» ribatté Tina. «Non so più cosa pensare di te.»
«Mhm... magari che, nonostante tu ti spogli mettendoti in bella mostra, non sono diventato né un impiccione né uno stalker? E, te lo ricordo, non mi apposto alla finestra per fare il guardone, sei tu che non hai la benché minima discrezione.»
«Il cancello è quello laggiù.» Tina si avviò e Oliver la seguì. «Sarò felice di accoglierti nella mia modesta dimora.»
Lo era davvero, una dimora modesta. La palazzina era vecchia, esattamente come quella in cui abitava Oliver, e l'appartamento era un bilocale. Fischer se ne rese conto subito, non appena varcò la soglia.
«Pensavo potessi permetterti di meglio, Menezes.»
Tina richiuse la porta alle loro spalle.
«Infatti potrei permettermi di meglio, ma non devo dare nell'occhio. I vicini non sanno chi sono. Non so se ci hai fatto caso, ma non ho nemmeno...»
Oliver la interruppe, azzardando: «Non hai messo il nome sul campanello, lo so, me ne sono accorto. Discrezione al massimo, per quanto riguarda la tua identità. Non viene sbattuta in piazza come il tuo seno.»
Tina sospirò.
«Cercherò di tenere chiuse le tende. Tu, però, cerca di non affacciarti troppo alla finestra.»
Oliver le ricordò: «È la finestra dell'appartamento in cui abito. Il mondo non ruota intorno a te e alle tue esigenze. Anzi, dovresti ringraziarmi per averti fatto notare le tue pessime abitudini, invece di lamentarti. Tutto quello che hai fatto in cambio è stato propormi strani lavori.»
«A proposito» osservò Tina, «Mirko De Rossi non ti ha ancora richiamato. Perché non provi a contattarlo tu?»
Oliver cercò di far cadere quella proposta sul nascere.
«Se ha messo giù, doveva avere altro di cui occuparsi.»
«Aspetta un po'» gli suggerì Tina. «Magari tra dieci minuti...»
Oliver non sembrava molto convinto, ma dopo quell'arco di tempo, poco prima di andare via, la accontentò, pur senza riuscire a contattare l'ex collega.
«Ha staccato il telefono.»
«Strano» borbottò Tina. «Va beh, vorrà dire che, se non ti chiama, riproverai domani.»
In quel momento non poteva saperlo, ma Mirko non avrebbe mai più risposto al telefono: era morto.

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Capitolo 3
*** [Oliver] ***


Carissimi lettori - e in particolare carissima Swan,che ringrazio per avere recensito i due capitoli precedenti - oggi è solo venerdì, ma ho deciso di pubblicare ugualmente e, se tutto va come spero, pubblicare ben due capitoli alla settimana nelle prossime due settimane (indicativamente martedì e venerdì/sabato).
Nei giorni scorsi ho avuto un infortunio a un occhio, a causa del quale ho dovuto abbandonare per qualche giorno la scrittura, ma a partire da ieri ho ripreso a lavorare su questo racconto. Avendo già alcuni capitoli scritti, penso di potermelo permettere, per il momento. In seguito vedrò se tornare a un capitolo alla settimana o come gestirla, che perché ammetto di non sapere quanti capitoli saranno in totale.
Vi prego di segnalare eventuali errori, ho l'occhio sinistro che vede ancora leggermente offuscato (seppure le cose siano molto migliorate rispetto ai primi giorni), quindi qualcosa potrebbe essermi sfuggito.



Elena era consapevole di avere trascorso fin troppi minuti con lo smartphone in mano, impegnata nelle proprie ricerche. Avrebbe avuto ancora il tempo di infilare il telefono dentro il marsupio e di andare a chiudere il marsupio nell'armadietto, per poi arrivare puntuale al cospetto del gruppetto dei bambini urlanti e scatenati con i quali avrebbe dovuto trascorrere la giornata. In altri momenti, non aveva difficoltà, ma quel lunedì mattina tutto era diverso. Aveva sentito la notizia addirittura al telegiornale, il giorno precedente, e non riusciva a capacitarsene.
Digitò "Mirko De Rossi omicidio" nella speranza di trovare qualcosa di nuovo, ma senza risultati. O meglio, trovò articoli dai titoli clickbait che sostenevano di contenere grandi rivelazioni, così come qualche post di complottisti convinti che il delitto fosse tutta "una montatura dei poteri forti per distrarre le masse". Chiaramente non vi era alcun tentativo di spiegare da cosa dovessero essere distratte le fantomatiche masse, né che cosa si intendesse esattamente per poteri forti, ma soprattutto perché la morte di un tizio qualsiasi avrebbe dovuto essere usata come arma di distrazione.
Tentata di mettere via il cellulare, Elena esitò. Era davvero fare finta di niente la strada giusta?
Ci pensò, mentre entrava e si avviava verso la stanza nella quale, come gli altri animatori volontari, aveva l'abitudine di lasciare i propri effetti personali. Lo fece con il telefono in mano, invece di infilarlo nel marsupio. Aprì un articolo, per curiosità, senza trovarvi nulla di nuovo, soltanto le solite indiscrezioni ormai trite e ritrite.
Non c'era anima viva, mentre accendeva la luce e andava ad aprire l'armadietto. Slacciò il marsupio legato in vita e lo ripose. Attese un attimo prima di fare lo stesso con lo smartphone. Registrò un audio.
"Ehi, Nicky, ho saputo di quello che è successo a quel tale che abbiamo incontrato qualche settimana fa. Ti prego, dimmi che non ci siamo cacciati in un casino, che davvero non succederà niente come mi avevi garantito. Mi avevi assicurato che sarebbe andato tutto bene... e invece già vado in giro con il terrore che qualcuno mi riconosca, poi adesso questo. Ti prego, rispondimi, dimmi se c'è qualcosa che posso fare. Non potrò leggere il tuo messaggio fino all'ora di pranzo, credo, ma è importante che tu mi risponda."
Non lo riascoltò, sapeva che le sarebbe apparso patetico. Lo inviò a suo cugino Nicholas, sperando di non essere ignorata. Aveva bisogno di rassicurazioni, della certezza di non essere finita dentro a una storia più grande di lei e dei suoi vent'anni.
Mise via il telefono, chiuse l'armadietto, fece un profondo respiro e si disse che ce la poteva fare, che quella ciurma di bambini caotici con cui aveva a che fare da quando le scuole erano terminate ed erano iniziati i campi estivi l'avrebbe distratta dai brutti pensieri.
Uscì dalla stanza e imboccò il corridoio, per poi sussultare nell'udire una voce.
«Elena!»
Si girò lentamente, ritrovandosi faccia a faccia con Suor Giuliana.
«Buongiorno, mi scusi per il ritardo, ma...» Cercò una giustificazione, ma non gliene venne in mente nessuna e rimase a borbottare monosillabi. «Ma non...»
«Non sei in ritardo» la rassicurò la suora. «Piuttosto, hai lasciato accesa la luce!»
Elena fece quella che avrebbe dovuto essere una mezza risata, ma che venne fuori piuttosto malriuscita.
«Oh, che sbadata che sono!»
Sorrise forzatamente, pur sapendo che rischiava di sembrare un'ebete. Andò a spegnere l'interruttore, pronta ad andare a raggiungere i bambini. Suor Giuliana era già sparita in fondo al corridoio, era completamente sola.
Si appoggiò alla parete, ripensando a Mirko De Rossi. Cercò di ricordare se si fossero detti qualcosa di importante, se quel giornalista avesse mai avuto tra le mani qualcosa che potesse condurre alla sua vera identità. Le dispiaceva che quell'uomo fosse morto, ma aveva fatto parte della sua vita soltanto per pochi minuti. Non si sentì colpevole, se il suo pensiero andava alla tutela di se stessa. Nicholas le aveva promesso soldi che avrebbero potuto consentirle di coprire sia l'affitto di una stanza per l'intero anno accademico a venire, sia le principali spese che avrebbe avuto come studentessa fuori sede. Mancavano ancora tre mesi alla ripresa dei corsi, ma aveva già messo da parte una somma discreta, anche se, quando ci ripensava, provava vergogna per la sceneggiata alla quale si era prestata.
Senza sapere cosa ne sarebbe stato di lei, si decise. Si avviò finalmente lungo il corridoio, cercò di fare mente locale e di ricordare quali fossero le attività previste per quel giorno, poi si sforzò di mettere da parte le cattive sensazioni.

***

Dalila sembrava attendere da tempo, rigirandosi tra le dita una ciocca di capelli. Con l'altra mano fece un cenno, come a indicare a Oliver di avvicinarsi più in fretta che poteva. Non c'era bisogno di fargli pesare un ritardo inesistente, ma non era nemmeno opportuno farle notare che era arrivata in anticipo. Oliver si limitò a sedersi, sperando che Dalila arrivasse subito al sodo. La fotografa, invece, ritenne più opportuno lamentarsi del posto in cui le aveva suggerito di incontrarsi.
«Perché proprio qui?»
«Non hai fatto fatica a trovarlo, mi pare.»
«C'è un caldo micidiale» puntualizzò Dalila. «Ci saranno due alberi e...»
Oliver la interruppe: «Sabato sera sono venuto qui a parlare con Tina Menezes. Mi ha seguito per strada. Secondo lei era un posto riservato e ho pensato di proportelo.»
«Oh.» Dalila parve stupita. «Quindi tu e la Menezes...»
Si interruppe.
Oliver confermò, alla stessa maniera: «Io e Tina Menezes.»
«Prima che...»
«Prima che.»
«Penso che tu mi abbia capito. Non...»
Oliver annuì.
«Sì, Dalila, ho capito, ma ti sarei grato se completassi le frasi. Io e Tina Menezes ci siamo incontrati, prima che Mirko venisse ucciso. Era questo che intendevi, giusto?»
Dalila osservò: «Non puoi sapere con esattezza che non era ancora morto, a quell'ora. Per quanto sono certa che chi si occupa delle indagini sia al corrente dell'orario in cui è avvenuto il delitto, non mi risulta che sia stata in qualche modo divulgata.»
Oliver le confidò: «Mentre ero con Tina, Mirko mi ha telefonato dallo stesso numero con cui mi aveva chiamato qualche ora prima.»
«Oh.»
«Non ricominciare con le esclamazioni e con le frasi tagliate a metà. Quel telefono non era suo e, probabilmente, non è stato ritrovato sul luogo del delitto, è tutto quello che riesco a pensare.»
«Come fai a saperlo?»
«Nessuno ha parlato di una telefonata fatta poco prima della morte. Va bene, non possiamo sapere tutto, questo è poco ma sicuro, ma nessuno è venuto a suonare alla mia porta per chiedermi di rilasciare una deposizione a proposito della mia telefonata con Mirko. Questo significa che non sono stato collegato a lui, non ancora, quantomeno.»
«E temi che succeda?»
«Diciamo che, in ogni caso, mi sento abbastanza sicuro, abitando a quasi trecento chilometri di distanza dal luogo del delitto.»
Dalila azzardò: «Però la cosa non ti fa stare tranquillo. Dico bene?»
Oliver puntualizzò: «Ci sono tante cose che non mi fanno stare tranquillo, il fatto stesso che Mirko sia stato ammazzato. Poi tu, che sembri così impassibile e preoccupata soltanto dalle questioni pratiche...»
Dalila scosse la testa.
«Non è come dici. Va bene, ammetto di potere sembrare impassibile, ma non ho l'abitudine di sbandierare ai quattro venti le mie emozioni. Il fatto che io non ti sembri sconvolta, non significa che io non lo sia. Sto solo guardando avanti... e davanti vedo una grande distesa di merda.»
«Anch'io vedo più o meno la stessa cosa» la rassicurò Oliver. «Per quanto sia abbastanza chiaro che alcuni effetti personali sono spariti e tutto lasci pensare a una rapina, non mi fido molto di questa ricostruzione.»
«Perché?»
«Semplicemente perché, per derubare un uomo disarmato, difficilmente hai bisogno di ammazzarlo. In più, a causa del suo lavoro, Mirko potrebbe essersi intromesso in faccende che non lo riguardavano.»
Dalila obiettò: «Mirko non seguiva nulla di scomodo. Si occupava di competizioni motoristiche, tutto qui.»
«Anch'io» ribatté Oliver, «Ma ho rischiato comunque la vita, qualche anno fa. Basta un attimo per finire invischiati in qualcosa di troppo grande e ingestibile. Mirko potrebbe avere semplicemente incontrato una persona che avrebbe fatto meglio a non incontrare, tutto qui. E poi, so che mi ha contattato facendo da tramite alla Menezes.»
Dalila azzardò: «Non stai tacciando la Menezes di essere pericolosa, vero?»
Oliver puntualizzò: «Non ne ho mai avuto l'intenzione. Non so cosa tu sappia di lei, ma...»
Dalila tagliò corto: «So che c'è un presunto video intimo che la riguarda, o almeno così dice. Immagino ci sia di mezzo un ricatto, o qualcosa del genere.»
«Quindi ci allontaniamo dalle piste e ci ritroviamo ad avere a che fare con un reato» mise in chiaro Oliver. «È questo che ti dicevo: finire in mezzo a una brutta faccenda è un attimo, e temo sia quello che è successo a Mirko.»
«Capisco il tuo punto di vista.»
«Questo significa che anche io e te potremmo essere in pericolo.»
Dalila osservò: «Quindi abbandonerai la Menezes a se stessa. Mi sembra comprensibile, dopotutto. Adesso non c'è più Mirko che possa fare qualcosa per te.»
Oliver chiarì: «Sono profondamente dispiaciuto per quello che è successo a Mirko, credimi. Però non significa che, senza di lui, io non possa fare più nulla. Tina Menezes ha chiesto il mio aiuto e ho intenzione di aiutarla a scoprire chi ci sia dietro quel video. Lo farò, in ogni caso.»
«Come?»
«Troveremo un modo. Ne abbiamo già discusso, sabato sera.»
Con l'accenno al presunto filmato che immortalava Tina Menezes in atteggiamenti intimi con un collega, Oliver e Dalila si salutarono, dandosi appuntamento a quella sera per discutere di eventuali sviluppi.
«Va bene alle dieci a casa tua?» chiese Dalila. Oliver non ebbe nemmeno il tempo di pensarci. Fu la fotografa a decretare: «Passo da te per le dieci. Mi raccomando, se stai lavorando a qualcosa, per quell'ora metti via tutto.»
Pronunciate quelle parole gli diede un fugace bacio su una guancia, prima di andarsene.
In generale, non aveva tutti i torti: Oliver avrebbe dovuto lavorare, aveva già diverso articoli arretrati, che sarebbero dovuti uscire di lì a pochi giorni. Al di là del fatto che, alle dieci di quella sera, sarebbe stato meglio essere ancora davanti al computer, invece di incontrarsi con la Colombari, avrebbe dovuto darsi una mossa e non scontentare chi lo pagava per pubblicare pezzi senza la sua firma.
Andò dritto verso casa, senza fermarsi e cercando di non pensare troppo alla vicenda di Mirko De Rossi e alle sue implicazioni. Non riusciva ancora a capacitarsi del fatto che fosse morto, né tantomeno si spiegava come qualcuno potesse essersi spinto così tanto in là da ammazzarlo.
Entrato nello stabile, salì le scale in fretta, senza aspettarsi di trovare Tina Menezes in tenuta da jogging seduta davanti alla sua porta. Non sembrava né affaticata né accaldata, quindi era poco probabile che fosse stata a correre. I suoi lunghi capelli neri erano legati nuovamente dal fermaglio con le finte ciocche fucsia che davano l'idea di extension.
Avrebbe dovuto accoglierla meglio, ma gli uscì soltanto uno spiazzato: «Cosa ci fai qui?»
Tina si alzò lentamente.
«Mi fai entrare?»
«Ti faccio entrare» accettò Oliver, «A condizione che ti sposti e mi lasci aprire la porta.»
Tina si fece da parte.
«Scusa se sono piombata qui all'improvviso.»
«Non fa niente. Ormai sono abituato alle cose improvvise. Anzi, mi ha stupito che tu non sia venuta a cercarmi ieri.» Oliver inserì la chiave nella toppa e la fece girare. Abbassando la voce, le domandò: «Hai saputo di quello che è successo a Mirko?»
«Come potrei non saperlo?»
«Appunto per questo mi immaginavo che passassi.»
«Avrei dovuto, ma avevo altro per la testa.»
Entrarono. Oliver richiuse la porta alle loro spalle e la invitò a seguirlo in cucina, stanza che utilizzava anche per lavorare.
«Non c'è molto da vedere» puntualizzò. «Non pensavo di dovere invitare gente, quindi ho scelto un appartamento piccolo, quando ho deciso di venire qua.»
«È la stessa scelta che ho fatto io.» Tina si affacciò alla finestra. «È da qui che mi guardi mentre mi spoglio?»
«Detto così suona malissimo. Mi fai passare per uno stalker.» Oliver si sedette e poco dopo Tina fece la stessa cosa. «Ti ascolto. Sei venuta da me per dirmi qualcosa, posso immaginare.»
Tina annuì.
«Non saprei da dove iniziare.»
«Se posso darti un suggerimento, dall'inizio» rispose Oliver. «Cosa ne dici?»
Tina abbassò lo sguardo.
«Sabato sera, mentre ero con te, il mio "amico" del video ha deciso di rifarsi vivo.»
«Questa sì che è una notizia!» esclamò Oliver. «Fammi indovinare, ha creato un altro account fasullo e ti ha scritto di nuovo. Poi ha cancellato l'account.»
«È proprio così» confermò Tina. «Mi sono salvata gli screenshot. Puoi vedere anche la data.» Alzò lo sguardo. «Mi devi credere, Fischer, non mi potrei mai inventare una storia simile.»
Oliver obiettò: «Non mi sembra di averti mai accusata di esserti inventata nulla. Ti credo.»
«Non metto in dubbio che tu mi abbia creduta prima, ma adesso è diverso. Il tizio con il profilo fasullo mi ha rivelato la propria identità.»
Oliver spalancò gli occhi.
«Che cosa?!»
Tina gli confidò: «È lo stesso tipo di reazione che ho avuto io.»
«Chi ti ha detto di essere?»
«Ovviamente chi non è.»
«Anch'io posso immaginare che non abbia detto la verità in proposito. A chi ha dato la colpa?»
Tina sospirò.
«Vedi, è proprio questa la cosa agghiacciante. Mi ha scritto, testualmente...» Si interruppe, prendendo fuori il cellulare. «Ti faccio vedere, perché questa storia ha dell'incredibile. Mi ha scritto "mi chiamo Mirko e mi conosci bene". Si è spacciato per De Rossi... e l'ha fatto la stessa sera in cui De Rossi è stato ammazzato!»
Oliver raggelò, nonostante le alte temperature di quel giorno d'estate e il fatto che in casa sua non ci fosse un condizionatore.
«Ma che cazz-...»
«Anch'io ho avuto la stessa reazione, quando ho scoperto che Mirko è morto» lo informò Tina, mettendogli davanti agli occhi uno screenshot del messaggio ricevuto. «Sto iniziando ad avere paura sul serio.»
«Paura che il video esca fuori?»
Tina scosse la testa.
«No, non può essere un caso se qualcuno ha finto di essere De Rossi proprio il giorno in cui l'hanno ucciso. Prendimi pure per una pazza, ma credo che le due cose siano correlate. Non vedo perché la persona che mi ha ripresa in quel filmato avesse qualche ragione per uccidere Mirko, oppure perché ne avesse qualcuno che conosce la storia di quel video, se non è stato l'autore stesso, ma non può essere tutto frutto del caso. Ci deve essere qualcosa di più di quello che credevo. Ero convinta si trattasse di qualcuno che ce l'aveva con me per qualche motivo banale - non so, magari uno di quei tipi fuori di testa che si ossessionano con persone famose - ma qui stiamo di gran lunga andando oltre.»
«Cosa pensi di fare?»
«Non lo so.»
«Non credi sia ora di denunciare?»
Tina scosse la testa.
«No, ne so troppo poco e potrebbe essere una faccenda troppo pericolosa. Se sporgessi denuncia, mi direbbero che si tratta di un mitomane e che ci sono questioni più importanti di cui occuparsi. Non servirebbe a molto, se non a rischiare di mettermi in pericolo da sola.»
«Quindi» obiettò Oliver, «Ritieni sia giusto fare finta di niente?»
Tina replicò: «Non è che sia giusto o sbagliato. È che non ho alternative e non voglio ritrovarmi nella merda. Per questo ho bisogno di te. Devi venire con me, questo fine settimana. Sarò ospite della Pink Venus al Redbullring e tu ci sarai, spacciandoti per il mio fidanzato.»
Quell'ipotesi era già stata paventata, ma Oliver non ci aveva riflettuto seriamente. Tanti dubbi si affacciarono alla sua mente, uno dei quali degno di essere condiviso per primo: «Come potremmo essere credibili?»
Tina alzò le spalle, con indifferenza.
«Perché non dovremmo risultare credibili?»
«Non abbiamo niente a che vedere l'uno con l'altra.»
«Su questo hai ragione» convenne Tina, «Ma credo ci sia un modo in cui possiamo uscirne.»
«Illuminami.»
«Dobbiamo seguirci su tutti i social.»
«E questo dovrebbe bastare?» Oliver trattenne una risata. «Va bene, ci sono degli impiccioni che si fanno delle fantasie immense a proposito di chi segue chi sui social, immaginandosi cose che non stanno né in cielo né in terra, per non farsi mancare niente, ma non sarà...»
Tina interruppe le sue proteste: «Dobbiamo anche condividere delle foto insieme.»
Oliver la informò: «Non uso attivamente i social da quando ho deciso di farmi da parte e di non stare più al centro dell'attenzione.»
«È arrivato il momento giusto per tornare a usarli: annunciare il nostro fidanzamento.»
«Non sono sicuro che...»
«Non con questi termini. Basta una foto in cui siamo avvinghiati l'uno all'altra, che non faccia dubitare di noi. Avvicinati, che iniziamo con un selfie insieme.»
«Qui? In casa?»
Tina gli indicò una parete piuttosto spoglia.
«Lì davanti. Mi sembra uno sfondo abbastanza anonimo, nessuno capirà che siamo a casa tua, anche perché non sanno nemmeno dove abiti.»
Oliver non era molto convinto, ma Tina si era già alzata in piedi e lo stava esortando a fare altrettanto. Controvoglia, la raggiunse.
«Forza, sorridi» lo esortò Tina, con lo smartphone già attivo sulla fotocamera. «Non vorrai che la gente pensi che la nostra sia una relazione infelice.»
Oliver si sforzò di sorridere. Attese che Tina facesse alcuni scatti, poi osservò: «Rimango sempre della stessa idea, è una pazzia enorme.»
«Una pazzia che farai» ribatté Tina. «Ho bisogno di te, lo sai. Sono davvero convinta che, con te, riuscirò ad arrivare in fondo a questa storia.»
«Io non ne sono affatto convinto» ammise Oliver, «Ma i soldi e il senso di giustizia prevalgono entrambi su tutto. Sarò lieto di incontrare di nuovo Veronica Young, tra una cosa e l'altra.»
Tina tornò a sedersi, guardando le foto sullo schermo.
«Cosa ne pensi di "voglio ricominciare da zero e voglio ricominciare con te"?»
«Come didascalia?»
«Mi pare bella.»
«A me pare pessima» replicò Oliver. «Ricominciare da zero proprio adesso che Mirko è morto? Qualcuno potrebbe vederci significati nascosti che potrebbero ritorcersi contro di noi.»
«Hai ragione, non ci avevo pensato» ammise Tina. «Cosa ne dici, invece, di "esattamente due mesi fa ci siamo incontrati e la mia vita è cambiata per sempre, grazie per avermi fatto riscoprire l'amore"?»
Oliver annuì.
«Questo ha già più senso. Solo, dovremmo inventarci il nostro primo incontro.»
«Non preoccuparti, non sarà difficile» lo rassicurò Tina. «Anzi, sarà la parte più facile in assoluto. La maggior parte delle coppie si conoscono in modo assolutamente banale.»

***

Gli animatori volontari del campo solare parrocchiale avevano l'abitudine di approfittare dei minuti liberi per andare a controllare i rispettivi telefoni cellulari, dentro l'armadietto dello stanzino in cui depositavano i propri effetti personali. Elena aveva l'abitudine di fare la stessa cosa, di solito, ma quello non era un giorno normale. Sperava che suo cugino Nicholas le avesse risposto al messaggio vocale, ma non avrebbe potuto ascoltare un'eventuale risposta audio davanti ai ragazzi che lavoravano insieme a lei.
Era abbastanza convinta che nessuno le avrebbe fatto domande, se si fosse recata a pranzo in ritardo, quindi doveva attendere pazientemente che tutti avessero abbandonato quella stanza. La soluzione migliore era recarsi in bagno mentre tutti gli altri smanettavano sui propri smartphone.
Rimase alla toilette per un periodo di tempo che le parve infinito, infine si diresse verso il proprio telefono. Sentiva il cuore rimbalzarle nel petto, un po' come se stesse spingendo per scappare fuori dalla cassa toracica. Per l'ennesima volta - in fondo, nonostante fosse impegnata nelle attività per i bambini, non aveva potuto fare a meno di tornare con la mente alla terribile notizia del delitto - si ritrovò a pensare a Mirko De Rossi, immaginandolo mentre apriva la porta e veniva colpito alla testa con una violenza tale da morire quasi all'istante.
Tirò fuori il cellulare dall'armadio. Nicholas aveva risposto con un breve testo: "è tutto a posto, non preoccuparti".
Elena non si fidava, non si fidava affatto. L'idea di potere frequentare un intero anno accademico senza doversi trovare un lavoro nel frattempo le era apparsa allettante, qualche tempo prima, ma se ne stava pentendo amaramente ogni singolo giorno. Si diceva che avrebbe fatto meglio a rimanere indietro con gli esami, piuttosto, o a rischiare di dovere chiedere ai genitori denaro che avrebbero faticato a mettere insieme, piuttosto che prestarsi alle richieste di suo cugino.
Fu tentata di mandargli un altro messaggio, magari di testo e non vocale, ma si rese conto che non avrebbe avuto molto senso: o Nicholas non era affatto preoccupato, oppure era molto bravo a nascondere le proprie preoccupazioni. In ogni caso, non sarebbe riuscita a ottenere una risposta diversa da quella già ricevuta.
Tornò a mettere il telefono dentro l'armadio e confezionò ad arte una scusa da propinare agli altri animatori o alle suore se le avessero chiesto che fine avesse fatto: era stata alla toilette, perché non si sentiva molto bene. Del resto aveva lo stomaco chiuso e dubitava di essere in grado di toccare cibo, non sarebbe stato difficile fingere un'indisposizione fisica.

***

Oliver faticava a tenere gli occhi sul monitor del computer. Stava guardando un video di highlights di una delle prime edizioni del Gran Premio di Singapore, sul quale avrebbe dovuto scrivere un articolo per una pagina web con la quale collaborava occasionalmente, ma non riusciva a prestarvi attenzione. Inutile dire che quel pezzo, che avrebbe dovuto terminare proprio in quei giorni, non esisteva ancora. Aveva lo schermo diviso in due parti, un lato occupato dal filmato e l'altro da un programma di videoscrittura, ma quest'ultimo era nient'altro che una pagina bianca, sulla quale non aveva scritto nemmeno poche parole.
Non poteva fare a meno di pensare a Tina e alla fretta che aveva avuto nel pubblicare post in cui fingeva di avere una relazione con lui. Non aveva idea di quanto quella decisione potesse avere o non avere successo, ma era meglio mettere le cose in chiaro - o confonderle maggiormente? - con una persona che avrebbe avuto modo di incontrare di nuovo di lì a pochi giorni. Accantonò, purtroppo, l'idea di lavorare sulla gara di Marina Bay, andò a prendere il cellulare e si mise a cercare un numero che avrebbe potuto essergli utile.
La team principal del team Pink Venus accettò la chiamata, invece di sbattergli il telefono in faccia come per un attimo Oliver aveva temuto.
«Fischer, cosa vuoi?»
Il suo tono non era molto gentile, ma non si aspettava altro.
«Hai il mio numero salvato in rubrica, quindi.»
«Non farmi perdere tempo, Fischer. Comunque, se ti può consolare, sì, ho il tuo numero in rubrica, ti ho memorizzato come "grandissima rottura di coglioni". Preferisco sapere cosa mi aspetta, quando mi suona il telefono.»
«Adesso sei tu che stai perdendo tempo, Veronica.»
«Meglio mettere le cose in chiaro» replicò la Young. «Pensi di spiegarmi che cosa vuoi?»
«Hai ragione, Veronica» convenne Oliver. «È giusto che tu sappia che cosa voglio da te. Ti ho cercata per una questione piuttosto seria. Conosci bene Tina Menezes, vero?»
«Da quello che ho sentito dire, la conosci anche tu.»
«Come fai a saperlo?»
«Devi stare al passo con i tempi, Fischer. Se qualcuno pubblica qualcosa sui social, questo diviene di dominio pubblico.»
«Perdonami, ma non riesco a immaginarti mentre fai continui refresh delle pagine social per non perderti gli ultimi gossip.»
«Infatti non lo faccio» mise in chiaro Veronica, «Ho visto per caso la foto pubblicata da Tina.»
Oliver insisté: «La conosci bene?»
«Non capisco la domanda.»
«Allora te la ripeto: la conosci bene?»
Dall'altro capo del telefono, ci fu soltanto silenzio. Invece di insistere, Oliver attese ancora. Non aveva dubbi che, prima o poi, Veronica Young avrebbe detto qualcosa.
Non si sbagliava. La team principal, infatti, gli ricordò: «Ci ho avuto a che fare, con Tina Menezes, la conosco molto bene.»
«E quindi?»
«Quindi cosa? Sei tu che devi spiegarmi qualcosa di più. Cosa vuoi sapere da me, sulla Menezes? Se non ho capito male, state insieme e oggi festeggiate i vostri primi due mesi insieme.»
«E cosa dovrei spiegarti? Sentiamo.»
«Il senso della tua domanda.»
«Ti ho chiesto se conosci bene Tina Menezes, tutto qui. Non mi pare una domanda molto difficile.»
«Perché non parli direttamente con lei?»
«Cosa dovrei chiederle? "Cosa ne pensi di te stessa?"»
«Quindi» dedusse la Young, «Vuoi sapere da me cosa penso di lei.»
«Complimenti, Veronica, sei molto perspicace. Non avrei mai creduto che potessi arrivarci da sola. Dunque, che cosa ne pensi di Tina Menezes?»
«La Menezes è stata la storia a lieto fine di cui il campionato aveva bisogno, anche se il campionato per come lo conoscevamo non esisteva più. Era veloce e sapeva cogliere le occasioni. Purtroppo in certi momenti era una testa calda e aveva la pessima abitudine di credere che tutto ciò che non andava in suo favore fosse fatto contro di lei. Però, lo ripeto, era molto veloce, e questo faceva sì che le si perdonasse tutto.»
Oliver chiarì: «Non ti sto chiedendo il tuo giudizio su di lei come pilota. Quello conta relativamente, anzi, non conta affatto.»
«Conta eccome, invece» replicò la Young. «O vogliamo continuare con la stupida teoria secondo cui, se nasci con una vagina, allora devi essere valutata sulla base della tua vagina e non delle tue capacità?»
Oliver sbuffò.
«Dai, Veronica, questi discorsi vai a farli a quelli che scrivono sulle community degli incel. Ti ho chiamata per una faccenda seria. Non devo scrivere un articolo sul talento di Tina Menezes come pilota. O meglio, può darsi che in futuro mi capiti di dovere fare anche quello, ma al momento la mia priorità è un'altra. Mi ha chiesto aiuto per una vicenda piuttosto spinosa e delicata. Vorrei capire fino a che punto posso fidarmi di lei e delle sue intuizioni.»
«Ma non state insieme? Mi sembra abbastanza scorretto che tu venga a farmi queste domande.»
«Ti assicuro che lo sto facendo per una giusta causa. Non tutto quello che viene scritto sui social è necessariamente vero.»
«Quindi non state insieme?»
«Preferisco non rispondere.»
«È una copertura!» dedusse Veronica. «Wow, non sei cambiato affatto, rispetto ai vecchi tempi! Va bene, mi hai convinto, posso dirti qualcosa. Come ti ho già accennato, Tina mi è sempre sembrata convinta che tutto ciò che non va a suo favore sia stato fatto contro di lei. Questo ha rovinato i suoi rapporti con persone anche importanti, o quantomeno ha contribuito a far sì che fosse messa da parte. La Menezes ha significato tanto per l'automobilismo a ruote scoperte, dopo la riunificazione dei due principali campionati, è assurdo che nessuno le abbia offerto un volante per questa stagione. Non parlo delle squadre di prima fascia, chiaramente non è al livello dei pluricampioni del mondo o di quelli che sperano di diventarlo, ma ci sarebbe sicuramente uno spazio per lei, sulla griglia.»
«Tu, però, hai scelto la Thompson, quando ti è stato imposto di continuare ad avere una donna al volante per ragioni di marketing. Anzi, la Thompson è più giovane, ha un sorriso che spacca lo schermo, i fan si sono affezionati alla sua love story con il suo manager Ryan Harvey...» Oliver fece una breve pausa, prima di decidere se infierire o meno, poi optò per farlo senza usare mezzi termini. «Amber Thompson è stata valutata per i suoi risultati o solo perché possiede una vagina?»
Veronica Young precisò: «Quando sei al comando di una squadra piccola che nuota in un mare di squali, sono gli sponsor a decidere chi devono essere i tuoi piloti, non certo una team principal che potrebbe essere destituita da un giorno all'altro. Sai benissimo che, se il nostro main sponsor ci abbandonasse, sarebbe la fine per noi. Anche se a lasciarci fosse uno sponsor tutto sommato minore, rischieremmo di passarcela male. Alla squadra è stato imposto l'ingaggio di Amber Thompson, per questa stagione, non quello di Tina Menezes. Ho dovuto adeguarmi. D'altronde, il fatto che non sia la Menezes non significa che sia la peggiore dei piloti. È valida anche lei, altrimenti non sarebbe arrivata così in alto, quindi abbi almeno la decenza di non fare insinuazioni sgradevoli. Lascia che io faccia il mio lavoro e pensa al tuo, possibilmente senza combinare guai e senza fingerti il fidanzato della Menezes.»
C'era un che di accusatorio, nella voce di Veronica, quindi Oliver preferì mettere in chiaro: «Non sono stato io a convincere Tina a fingere di avere una relazione con me.»
Veronica ribatté: «Questo è molto curioso. Se posso riconoscere a Tina un vero e proprio difetto, è quello di essere sincera e spontanea. Sarà difficile per lei fingere molto a lungo.»
Oliver ignorò quell'ultima osservazione, ma piuttosto chiese a Veronica: «Essere sinceri e spontanei è forse un male?»
«Mai detto che sia un male, ma bisognerebbe dosare la propria sincerità, specie quando si nota in una fossa di squali, come facciamo noi ogni giorno. Non sto dicendo che si debba essere falsi, quanto piuttosto che sia meglio evitare di dire tutto quello che si pensa. Per esempio, se penso che tu sia uno scocciatore estremamente irritante e che dovresti andare a cagare, te lo posso dire liberamente. Però con te ho abbastanza confidenza per farlo, con altri sarebbe meglio evitare. La Menezes non sapeva esattamente quando fermarsi e questo ha finito spesso per ritorcersi contro di lei.»
Oliver rifletté un attimo. Non c'era da stupirsi che una persona disposta ad apparire come una stalker pur di ottenere il proprio scopo non avesse mezze misure nemmeno con le parole.
«Credo che tu me la stia descrivendo proprio come mi è sembrata fin dal primo momento» confidò, quindi, a Veronica Young. «Ne verrebbe fuori che sì, ci si può fidare di lei e della sua buonafede, ma che, occasionalmente, potrebbe arrivare a farsi dei film.»
«A te la scelta, Fischer, non spetta a me decidere fino a che punto devi dare credito a Tina» ribatté la Young. «Io non voglio essere coinvolta nei tuoi loschi affari. Mi è bastato avere a che fare con te una volta ed è stato un autentico disastro.»
Oliver obiettò: «Non è certo stato un disastro per colpa mia. Gli scandali sepolti della Diamond Formula sarebbero venuti alla luce, prima o poi, anche se non mi fossi messo in mezzo io. Anzi, forse sarebbe stato peggio, se fossero stati scoperti dopo. Più il tempo passa e più la gente comune vuole giudicare questioni in cui non c'entra un cazzo e pretende a tutti i costi e dettare legge. Devi ritenerti fortunata se hai ancora un lavoro.»
«Anche tu.»
Quelle due parole trafissero Oliver come una lama.
«Hai ragione» concesse. «Non ce la siamo cavata proprio a buon mercato, nessuno dei due.»
«Va bene, Fischer» tagliò corto la Young, «Se non hai più bisogno di me, direi che possiamo salutarci. È stato un piacere.»
«Anche per me.»
«Buona fortuna, Fischer.»
«Buona fortuna anche a te, Veronica.»
La Young ridacchiò.
«Fortuna? E per cosa?»
«La fortuna può sempre servire» ribatté Oliver. «Grazie, Veronica, è stato un piacere parlare con te. Adesso so cosa fare.»

***

A Veronica non servì più di qualche istante per valutare il da farsi. Vi avrebbe messo ancora meno, se suo marito non avesse fatto irruzione nel suo studio, attirato da un'improvvisa curiosità, per sapere chi l'avesse cercata al telefono. Nonostante il tempismo di Scott fosse tutt'altro che perfetto, non poté fare a meno di lasciarsi andare a un lieve sorriso.
«Oliver Fischer.»
Scott sospirò.
«Ancora lui! Cosa voleva?»
Il sorriso di Veronica si fece più ampio.
«Non preoccuparti, è tutto sotto controllo. Anzi, ormai conosco i miei polli. Ti posso confermare che avevo ragione: non sta affatto insieme a Tina Menezes. Sarà interessante scoprire che cosa si siano messi in testa quei due.»
«Non mi dire» sbottò Scott, «Che vuoi ancora avere a che fare con quel tipo dopo tutti i casini che ha combinato, che il tuo invito rivolto a Tina e a un fantomatico fidanzato è ancora valido!»
«Fischer è sempre stato animato da ottime intenzioni» puntualizzò Veronica, «E stavolta non farà eccezione. Non so esattamente cos'abbiano in testa, ma non vedo l'ora di saperne di più.»
«Ma...»
Veronica interruppe sul nascere suo marito e le obiezioni che uscivano dalla sua bocca.
«Scott, ti ricordo che non hai più niente a che fare con queste faccende. Te ne sei tirato fuori tu, di tua spontanea volontà, dopo che la Diamond Formula è naufragata. Già prima, di fatto, gestivo tutto da sola. Ce la posso fare anche senza le tue preoccupazioni.»
Scott replicò, secco: «Ci hai messo tanto per tornare a farti prendere sul serio. C'è ancora chi storce il naso quando viene pronunciato il tuo nome. Ti sto solo pregando di essere accorta.»
Veronica riprese a sorridere, ma con sufficienza.
«È tutto sotto controllo, non c'è bisogno che ti preoccupi ogni volta in cui senti il nome di Oliver Fischer.»
Scott le voltò le spalle, preparandosi a uscire dalla stanza.
«Va bene, come vuoi tu. Io me ne torno di là a seguire la partita con una bottiglia di birra in mano, come secondo i tuoi standard dovrebbero fare tutti i mariti.»
Veronica ridacchiò, ma fu questione di un attimo. Aveva già deciso come comportarsi e non le restava che riprendere in mano il telefono che aveva posato poco prima sulla scrivania. Cercò in rubrica il numero della Menezes e sperò che le rispondesse.
Tina non le negò quella soddisfazione.
«Chi parla?»
La domanda era d'obbligo, Veronica aveva il telefono impostato a chiamare con numero anonimo.
«Young.»
«Oh, Veronica, sei tu. C'è qualche problema?»
«Non so, dimmelo tu» ribatté Veronica, in tono conciliante. «Ho appena ricevuto una telefonata dal tuo nuovo fidanzato Oliver Fischer.»
«Ti ha chiamata?!»
«Esattamente.»
«E ti ha detto tutto?»
«Non mi ha certo annunciato la vostra relazione» mise in chiaro Veronica. «Se ho ben capito vuoi portarlo con te in Austria, di qui a pochi giorni.»
«Sarebbe un problema, per te?»
«No, affatto.»
«Allora perché mi hai cercata?»
«Per informarti che Fischer mi ha chiesto se sei una persona affidabile, o se ti lasci trasportare troppo dalla fantasia» le spiegò Veronica. «Pur non sapendo esattamente che cosa tu abbia intenzione di fare, mi sembra che quel giornalista impiccione stia dubitando delle tue intenzioni. Mi ha accennato al fatto che sia stata tu a chiedergli di fingersi il tuo fidanzato.»
«Decisione forse azzardata, ma non avevo altre possibilità per portarlo con me senza destare sospetti.»
«Senza destare i sospetti di chi?»
«Stanne fuori, Veronica. Non faremo casini che ti riguardino.»
«Cerca di non farne nemmeno tu. Non so che cosa tu abbia raccontato a Fischer, ma devi averlo messo in allarme.»
Tina chiarì: «È successa una cosa abbastanza sconvolgente, negli ultimi giorni, e Oliver pensa che abbia lavorato un po' troppo d'immaginazione. Certo, non mi aspettavo che venisse a chiamarti per chiederti se sono una visionaria, ma lo accetto, è un rischio che dovevo permettermi di correre.»
Veronica le assicurò: «Non ha detto solo cose negative di te. Mi ha addirittura velatamente accusata di averti messa da parte senza ragione, preferendo Amber Thompson a te.»
«Oh.» Tina sembrava spiazzata. «Davvero ha detto che non avresti dovuto mettermi da parte?»
«Sì, ma ho messo in chiaro che non ho alcun potere decisionale su certe questioni e che gli sponsor facevano pressione per avere lei. Penso che abbia capito che anche il mio posto non è mai assicurato al cento per cento e che la Pink Butterfly, di fatto, ha il potere di mettermi alla porta quando vuole, a condizione di mettere mano al portafoglio.»
«Non pensavo che potesse parlare apertamente con te del fatto di ritenermi migliore della Thompson.»
«Non essere sciocca, Tina, tutti sanno benissimo che sei migliore di Amber e non si fanno problemi ad affermarlo.»
«Eppure ricevo un sacco di critiche, sui social media...»
Veronica non la lasciò finire.
«Sai cosa dovresti fare? Smetterla di fare caso a quello che scrivono su di te sui social media. Quei posti sono pieni di ciarpame, gente che sta lì solo ed esclusivamente per screditare altri. Più parlano di te e più significa che sei importante. Solo, alcuni avranno sempre paura della tua importanza e diranno tutto il male possibile di te. È la legge non scritta della nostra epoca.»
«Anche Oliver la pensa come te.»
«Non avevo dubbi. Tutto sommato non dovresti fartelo scappare. Così almeno anche tu avrai un partner accanto e potrai essere all'altezza di Amber e della sua grande storia d'amore.»
Tina minimizzò: «Amber sta con Harvey solo perché le conviene.»
Veronica azzardò: «Tu dici?»
«È il suo manager.»
«Non è un brutto uomo e ha anche una discreta eleganza.»
«Non è un brutto uomo, a condizione che ti piacciano quelli con l'aria da hipster» ribatté Tina. «Non pensavo fosse il tuo genere di uomo ideale. Credevo li preferissi rozzi, con la pancia e l'aria da camionisti.»
Veronica non fece una piega. Sapeva perfettamente che la Menezes stava descrivendo Scott, ma la cosa non le faceva né caldo né freddo. Per quanto avesse con suo marito un matrimonio relativamente felice, entrambi si erano sposati più perché fosse la scelta migliore per entrambi che per altro. Nessuno dei due inseguiva quel tipo di passione che veniva spesso narrata in toni altisonanti nei romanzi e nei film.
Fece finta di non avere compreso l'allusione e precisò: «Ryan Harvey sarebbe troppo giovane per me, ma è perfetto per Amber. Il fatto che sia anche il suo manager l'ha sicuramente aiutata, nel corso degli anni, ma non se l'è scelto male.»
«Sarà» borbottò Tina, «Ma a me non piace. Quelli come lui hanno segreti da nascondere.»
«E cantine piene di cadaveri?» la prese in giro Veronica. «Lo vedi, Tina? È vero che voli in alto con la fantasia. Al posto tuo, preferirei tenere i piedi per terra. Scopati Oliver Fischer e dimentica le tue assurde congetture!»

***

Dalila accese la luce all'improvviso e iniziò a raccattare gli indumenti sparsi sul pavimento.
«Dunque» borbottò in tono freddo e distaccato, «In teoria siamo qui per parlare di quello che è successo a Mirko.»
Mentre la fotografa si rivestiva, Oliver iniziò a fare lo stesso.
«Non sembrava proprio questa la tua intenzione, quando sei arrivata qui.»
Dalila gli strizzò un occhio.
«Volevo accertarmi che sapessi resistere al mio fascino, come mi hai fatto credere venerdì sera. Tentativo fallito, Fischer, mi dispiace, nonostante giri voce che stai insieme a Tina Menezes.»
Oliver chiarì: «È una copertura.»
Dalila ribatté: «Non c'era dubbio che lo fosse. Non ho mai pensato neanche per un attimo che tu potessi provare attrazione per lei. E poi ha scritto che state insieme da due mesi, non da due giorni. Vi siete conosciuti qualche giorno fa, questo lo so. E poi si tratta di lavoro, per te. Pensi davvero di potere arrivare a scoprire chi ci sia dietro a quel video?»
«Non lo so» ammise Oliver, «Però vedere la gente che le sta intorno, parlare con tutti loro, potrebbe essermi d'aiuto per capire qualcosa di lei. Sai, sto facendo un po' di ricerche, ma non c'è molto che io possa fare, senza ritrovarmi sul campo.»
«Che tipo di ricerche?»
«Sto verificando un po', sui social e sui siti web, che cosa pensa la gente di lei.»
Dalila obiettò: «Non ha molta importanza, temo. Alla fine per la gente comune è solo una tizia che vedono in TV o sui giornali, o più frequentemente sui social, appunto. Non hanno niente a che fare con lei, Tina non fa parte della loro realtà.»
Oliver chiarì: «Parto da un presupposto, ed è quello che sia Tina, sia i suoi tifosi, sia i suoi hater sono tutte persone in carne e ossa. Il confine tra parlare di lei online e il tormentarla nella realtà è molto labile, non perché chiunque possa riprenderla mentre fa sesso con un collega, ma perché chiunque l'abbia filmata in quel momento può fingersi un tifoso o un hater qualsiasi sui social media.»
«Mhm, interessante» borbottò Dalila, uscendo dalla camera da letto. «Andiamo a parlarne di là.»
Oliver la seguì, trovando Dalila già seduta al tavolo.
«Che cosa trovi interessante, nello specifico?»
«Le tue ricerche sulla Menezes e sul modo in cui è vista. Cos'hai scoperto?»
«Dire che ho scoperto qualcosa è una parola molto grossa» ammise Oliver, sedendosi di fronte a lei, «Ma mi sto schiarendo un po' le idee. Innanzi tutto, mi sembra sia un personaggio piuttosto divisivo.»
«Divisivo? E per cosa?»
«Davvero non lo sai?»
Dalila mise in chiaro: «Per lavoro, imprimo alla memoria collettiva immagini di auto da corsa che passano a tutta velocità davanti all'obiettivo della macchina fotografica. Non mi pongo enormi problemi su chi le guida, sui titolari delle squadre, su chi sta intorno a loro e quant'altro.»
«C'è chi vede Tina Menezes come un'eroina e chi la considera troppo importante» puntualizzò Oliver. «Ci sono poche donne che gareggiano nei campionati a ruote scoperte e la Menezes è spesso tacciata di distogliere l'attenzione dalle altre, con conseguenze negative sulle loro carriere. In più, c'è la questione della nazionalità: è nata in Brasile, cresciuta in Italia, ha cittadinanza italiana, ma gareggia con licenza brasiliana. In Brasile c'è chi la considera una sorta di traditrice della patria perché ha dichiarato di sentirsi più italiana che brasiliana, in Italia c'è chi la scredita perché gareggia come brasiliana.»
«Non sono tipicamente ragioni per cui qualcuno dovrebbe girare un filmato di lei mentre sta facendo sesso» replicò Dalila. «Senza contare quello che è successo a Mirko proprio dopo essersi messo in contatto con te per via di questa vicenda. Sei così sicuro che le tue ricerche servano a qualcosa?»
«No.»
«Eppure ti sei calato bene nella parte.»
«Non ho alternative.»
«Avresti quella di lasciare perdere» azzardò Dalila. «Va bene, anch'io mi sono prestata, quando Mirko mi ha chiesto di contattarti e di proporti di lavorare con noi, ma non immaginavo potesse essere un simile casino. Se ti vuoi tirare indietro, ti capisco. Io stessa non c'entro niente con questa storia, non saprei in che modo essere utile. Dovevo fare da punto di contatto tra te e Mirko, tutto qui.»
«Quindi» osservò Oliver, «Mi stai suggerendo di fregarmene di Tina e di quello che è successo a Mirko? Perdonami, ma non mi sembra un grande suggerimento.»
Dalila chiarì: «Non ti sto dicendo che dovresti sbattertene, ma semplicemente che esistono autorità competenti, per occuparsi sia di omicidi, sia di pornografia senza consenso. La Menezes dovrebbe sporgere denuncia e, se la sua vicenda personale ha a che vedere con il delitto, qualcosa verrà fuori. Non ha molto senso restare nell'ombra adesso.»
«Capisco il tuo punto di vista, ma non è quello di Tina» replicò Oliver. «Anch'io le ho chiesto di valutare altre possibilità. Al momento, però, crede che sia io la sua unica opzione.»
«E cosa potresti fare? Essenzialmente solo parlare con una ristretta cerchia di persone che le stanno intorno. Però tu stesso stai facendo delle ricerche, convinto che ci sia ben altro, che nulla ha a che vedere con le persone che le stanno intorno.»
«Ti sbagli, sono convinto che le persone che le stanno intorno siano un importante punto di partenza. L'informarmi su cosa pensi l'opinione pubblica di lei è solo una piccola parte del tutto. Le idee non nascono per caso, potrebbe esserci qualcuno che le traina. In fondo bastano solo pochi account molto popolari per dare vita a campagne mediatiche di un certo impatto. Quando si parla molto di qualcosa, c'è sempre qualcuno che ha iniziato il discorso.»
«Però gli unici discorsi che hai trovato riguardano o la sua nazionalità, o il fatto che i suoi risultati mettano in cattiva luce le sue colleghe con meno talento, perché adesso saranno paragonate a lei e criticate perché non altrettanto veloci. Torniamo allo stesso punto: mi sembrano perfette motivazioni per intavolare discussioni da bar, ma non certo per andare a piazzare una telecamera in una stanza in cui la Menezes deve trovarsi insieme a un uomo famoso del suo stesso ambiente. A proposito, ti ha detto chi è?»
«No, e anche se me l'avesse detto mi guarderei bene dal confidartelo.»
«Può esserci lui dietro al video?»
«Tina lo esclude.»
«Perché ne è convinta o perché è ancora innamorata di quel tale?»
Oliver puntualizzò: «Quel tipo è tornato insieme alla moglie, da cui era stato brevemente separato nel periodo della sua relazione con la Menezes. Dopo essersi rimesso insieme alla consorte, non credo abbia interesse a diffondere video in cui sta facendo sesso con un'altra persona. Su questo mi sento di condividere il parere di Tina.»
«Mhm.»
«Qualcosa non ti convince?»
«Che non abbiamo altro.»
«In realtà sì» ammise Oliver, «Anche se è una questione difficile da approfondire. Ho trovato un vecchio forum brasiliano, ormai non più frequentato, in cui ho letto cose abbastanza interessanti. O quantomeno ci ho provato, dovendo usare un traduttore.»
Dalila ridacchiò.
«Sono talmente abituata al fatto che parli quattro lingue, da non pensare a tutte quelle che non parli.»
«Già, il portoghese non è una di queste» confermò Oliver. «Comunque sia, quello è un forum in cui si discuteva delle future stelle del motorsport...»
Dalila lo interruppe: «Aspetta. Future stelle. Che cosa c'entra la Menezes con il futuro?»
Oliver sbuffò.
«Mi stai ascoltando? Ti ho detto che è un forum attivo in passato. Gli ultimi post risalgono a quasi dieci anni fa, ma il periodo di massima affluenza era precedente di parecchi anni. Sembra che Tina si sia conquistata l'odio di molti brasiliani che seguivano la Formula 3 del loro paese, ai tempi.»
Dalila azzardò: «Sui forum c'erano un sacco di ragazzini, posso immaginare. Immagino che tutta questa gente sia cresciuta, si sia trovata un lavoro, magari si sia sposata e abbia messo al mondo dei figli. Ciascuna di queste cose, presa di per sé, tende a farti dimenticare abbastanza in fretta il tuo odio adolescenziale per gli sportivi che sono stati avversari dei tuoi idoli.»
«Capisco il tuo discorso, ma ho letto commenti piuttosto forti nei suoi confronti.»
«Tina Menezes è una donna di successo in un ambiente prevalentemente maschile. Gli sfigati convinti che le donne siano esseri crudeli, solo perché non hanno una partner, potrebbero averla presa di mira.»
«No, non hai capito. Non parlo di commenti misogini. Anzi, c'erano molti utenti che dicevano di essere stati compiaciuti, in passato, che la Menezes tenesse alto il nome delle donne nell'automobilismo, salvo poi ricredersi su di lei come persona. Tina deve avere fatto qualcosa, a un certo punto, che le ha scatenato addosso il disprezzo di appassionati che in precedenza erano suoi sostenitori.»
«Appassionati di automobilismo.» Dalila rise, sprezzante. «Non so, magari sarà finita in aquaplaning durante una gara bagnata, quando i suoi fan avevano appena affermato che avrebbe portato a casa un grande risultato? O, peggio ancora, sarà stata coinvolta in un incidente con qualche pilota apprezzato più di lei? Non credo che tu stia seguendo la strada giusta. Stai perdendo tempo.»
Oliver annuì.
«Lo so. Dovrei lavorare, dato che non scrivo da giorni, invece sto pensando solo a questa storia. Poi, più avanti nella settimana, dovrò partire per l'Austria.»
«Insieme a Tina Menezes» dedusse Dalila. «Mi raccomando, non dimenticarti di me, se Tina dovesse farti delle avance.»
Oliver ribatté: «Tina non mi farà delle avance. E poi ce lo siamo sempre detti, anche una volta. Se uno di noi si fosse innamorato seriamente, l'altro si sarebbe fatto da parte senza ostacolarlo.»
Dalila puntualizzò: «Questo discorso non mi piace. Parli di innamorarti della Menezes come se fosse un'opzione plausibile.»
Oliver la rassicurò: «Stai tranquilla, non ho intenzione di farlo accadere... e nemmeno Tina, posso immaginare.»

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Capitolo 4
*** [Tina] ***


Buongiorno! Come al solito provvedo a ringraziare Swan Song per avere letto e recensito tutti i capitoli finora pubblicati (anche i tuoi commenti mi hanno invogliata a scrivere) ed estendo il ringraziamento anche a Nerve, che ha letto e recensito il primo (spero continuerai a seguirmi).
Ora che finalmente ci vedo abbastanza bene, ho approfittato di questi ultimi giorni per andare avanti nella scrittura, tanto che è in corso il decimo capitolo! *-* Non so, sto valutando di pubblicare addirittura tre capitoli questa settimana.
Al momento attuale non so con esattezza quanti capitoli saranno (tra i 15 e i 20), perché ho avuto un po' di idee e prevedo anche il ritorno occasionale di personaggi quali Baby Dumbaby e addirittura una comparsa di Suor Giuliana. Intanto, però, rimaniamo sul quarto, perché qui fanno la propria comparsa alcuni soggetti che ci seguiranno fino alla fine.

Buona lettura a tutti! <3



In un mondo che si affidava sempre di più agli schermi dei cellulari per verificare che ora fosse, Tina aveva ancora l'abitudine di indossare l'orologio. Mancavano pochi minuti alle 21.00, orario in cui avrebbe avuto appuntamento con Veronica Young, e non sarebbe stata da sola.
«Allora, Fischer?» chiese a Oliver. «Sei pronto per raccontare a Veronica come ci siamo messi insieme?»
Oliver ribatté: «Non penso che la Young ci farà una domanda di questo genere.»
«Già, perché tu le hai detto che non stiamo davvero insieme.»
«Come se non fosse in grado di capirlo anche da sola...»
Tina puntualizzò: «Bisogna che ci credano gli altri, non Veronica. Quello che conta è che la copertura non salti. Stasera dovremmo essere a posto.»
Oliver volle sapere: «Chi ci sarà?»
«Veronica e qualcuno dei suoi collaboratori, credo» rispose Tina. «Nessuno che possa avere a che fare con il video, o almeno credo.»
«Se fosse per te, non ci sarebbe alcun colpevole, dietro al video.»
«Lo ammetto, la maggior parte delle persone che ho intorno solo del tutto insospettabili...»
Oliver la interruppe: «Va bene, come dici tu. Adesso, però, sbrighiamoci. Non voglio fare tardi. È la nostra prima serata insieme, deve iniziare tutto nel migliore dei modi.» Le strizzò un occhio. «Sei d'accordo, amore mio?»
Tina rise.
«Chiamavi "amore mio" Selena Roberts, quando stavate insieme?»
«Certo che no!» replicò Oliver. «E comunque preferisco non parlare del passato.»
«Hai ragione, scusami. Cercherò di non essere troppo pesante.»
Oliver borbottò, tra i denti: «Vorrei sperarlo. Devi interpretare la parte della mia fidanzata da due mesi, non di una coniuge divenuta insopportabile dopo quarant'anni di matrimonio!»
Tina sospirò.
«Sei sempre il solito esagerato! Non farmi pentire di averti ingaggiato.»
Oliver le ricordò: «Non mi hai ingaggiato. Ci siamo sentiti via social qualche mese fa, quando tu mi hai contattato perché ti facessi da ghost writer in un'ipotetica biografia. Poi, lo scorso maggio, quando ci siamo incontrati dal vivo è scattato qualcosa, tra di noi. Così ci siamo messi insieme, decidendo inizialmente di non rendere pubblica la nostra relazione.»
«Bravo, Fischer, hai imparato tutto alla perfezione!» si complimentò Tina.
Oliver le ricordò: «Veramente sono io, quello che si è inventato questa storia. Sei tu quella che deve impararla.»
Tina non replicò. Era ora di entrare nel pub - tipologia di locale che di per sé detestava: come la maggior parte dei miopi, la mancanza di luce incrementava i propri problemi di visione, pertanto riteneva del tutto inopportuna l'esistenza di luoghi in cui ci si ritrovava per bere al buio.
Aprì la porta, seguita da Oliver. Era presto, ma era solo mercoledì sera, non era inconsueto che la maggior parte della clientela fosse presente a quell'ora e non piuttosto più tardi. Si guardò intorno, cercando il tavolo di Veronica. Non avendo idea di quante persone cercare, né di chi fosse presente esattamente, il compito era più difficile, così come il non avere portato gli occhiali con sé. Le mancavano poco meno di due diottrie, quindi non aveva problemi a distinguere le persone a una certa distanza, ma vederci un po' di più le sarebbe senz'altro stato d'aiuto in quella circostanza.
Finalmente la identificò. Era seduta con un gruppo di persone ben più ampio di quanto avesse ipotizzato inizialmente: c'erano tre uomini e due donne con lei e, in quanto all'identità di una di queste ultime, non era certa che Oliver sarebbe stato molto soddisfatto di presenziare a quell'incontro tra membri della Pink Venus o presunti tali.
Indicò a Fischer il tavolo: «Dobbiamo andare da quella parte.»
Lo vide scrutare Veronica e le persone che la circondava. Temeva dicesse qualcosa, ma non accadde. Tina si diresse, quindi, verso la Young e i suoi invitati. Era seduta a un capo del tavolo rettangolare - molto probabilmente due tavoli più piccoli sistemati uno attaccato all'altro - con alla destra Amber Thompson e alla sinistra Edward Roberts.
Veronica Young, nata Veronica Vincent, era una donna italo-francese che aveva superato da pochi anni la soglia dei cinquanta. Figlia del titolare di una squadra della Diamond Formula delle origini, quando il padre era stato costretto a vendere il team era stata tacciata da molti da avere contratto un matrimonio d'interesse con Scott Young, il nuovo proprietario, che le aveva affidato quel ruolo dirigenziale al quale in gioventù aveva ambito. Dopo che l'intero campionato era caduto in disgrazia, Scott si era allontanato definitivamente dal mondo delle competizioni automobilistiche e Tina non aveva avuto modo di conoscerlo bene. Accanto a Veronica le faceva uno strano effetto: la sua aria da mancato agricoltore non lo faceva apparire adeguato a una donna fine ed elegante. Se il suo anno di nascita non fosse stato piazzato in bella vista sulle biografie ufficiali, Veronica avrebbe potuto sembrare più giovane dell'età che aveva, mentre il suo modo di vestire era sempre impeccabile. Le piaceva il blu elettrico e quella sera portava una camicia bianca a maniche corte con ricami proprio di quel colore. Nonostante la luce fioca, a Tina parve che anche il fermacapelli che legava la sua chioma nero corvino fosse dello stesso colore.
Scott era tutto il contrario di lei, ma c'era qualcosa, in loro come coppia, che li faceva apparire, per qualche verso, ben assortiti agli occhi di Tina, una coppia di gran lunga migliore della Thompson e di Harvey, il quale sedeva immancabilmente accanto alla futura moglie. Amber era indubbiamente una ragazza molto affascinante, non c'era da stupirsi che fossero in tanti a trovarla incantevole. Nonostante Tina desiderasse vederla come scialba e poco interessante, anche esteticamente aveva un'ottima presenza. Aveva capelli tinti di rosso acceso tagliati a caschetto e tendenzialmente vestiva di scuro - stesso colore che, per ironia della sorte, Tina prediligeva quando non si trattava di capi sportivi - quindi non c'era da stupirsi che anche quella sera il suo range passasse da nero al grigio scuro. Si faceva notare senza essere troppo appariscente, altra caratteristica che Tina apprezzava, e di fatto non c'era nulla che non andasse in lei.
"Nulla, a parte il suo futuro consorte."
Tina aveva avuto modo di conoscere Ryan - inglese esattamente come Amber - molti anni prima, quando entrambe gareggiavano negli Stati Uniti. Era stata una parentesi breve e all'epoca Harvey aveva poco meno di trent'anni. Non lavorava per Amber, ai tempi, ma era il giovane addetto stampa di una squadra che prendeva parte al campionato. Con Amber sembrava essere stato un colpo di fulmine. Tina, invece, per lui aveva iniziato a provare, a pelle, una profonda antipatia che non riusciva a spiegarsi. C'era qualcosa di lui, in apparenza tanto distinto e a modo, che glielo faceva apparire viscido e inaffidabile. Veronica se n'era accorta, negli ultimi tempi, e la tacciava di essere invidiosa del rapporto in apparenza meraviglioso tra i due componenti di quella coppia.
Non era così. Tina non provava né invidia né repulsione nei confronti delle coppie felici, e non aveva bisogno di sforzarsi per convincersene, le bastava alzare gli occhi su Edward Roberts - il suo compagno di squadra tre anni prima, quando aveva esordito alla Pink Venus - e sua moglie Selena, seduti dall'altra parte del tavolo. La signora Roberts, che doveva avere quarant'anni o poco più, ben portati - aveva meno l'aria da bambola di porcellana rispetto al solito, tutto merito dei capelli, lasciati al naturale invece che con i soliti riccioli artificiali. Portava un abito grigio, sul quale svettavano alcune sagome di strass, raffiguranti dei fiori.
Per un istante Tina si domandò come si sentisse Oliver nel rivedere la sua ex amata, ma Fischer le parve abbastanza impassibile, forse più preoccupato di apparire credibile, dato che il numero di persone che lo conoscevano presenti a quel tavolo erano di gran lunga superiori alle aspettative. Quel pensiero ebbe breve durata. A primo impatto non aveva fatto caso all'altro presente, un uomo con i capelli grigi, di almeno dieci, quindici o vent'anni più vecchio rispetto a tutti gli altri membri della tavolata.
Tina scostò la sedia a capotavola, di fronte a Veronica e alla sinistra di costui.
«Buonasera a tutti» esordì. «Non pensavo di essere in ritardo. Anzi, credo di essere arrivata all'orario giusto, quindi mi auguro che siate qui da poco.» Si rivolse alla Young. «Grazie per avermi invitata e grazie per avermi permesso di portare con me il mio fidanzato.» Avvampò, nel sentirsi addosso gli occhi di tutti. «Ebbene, ci sono cascata anch'io.» Ridacchiò, una risata più dovuta alla tensione che ad altro. «Veronica lo conosce già, così come alcuni di voi, per chi non avesse avuto questo onore ve lo presento: questo è Oliver e alcuni anni fa presentava servizi sulla Diamond Formula alla televisione.»
Tina prese posto e Fischer fece lo stesso, posizionandosi accanto alla sinistra di Tina, accanto a Ryan Harvey.
L'uomo con i capelli grigi osservò: «L'autore del libro su Patrick Herrmann uscito qualche anno fa.»
Oliver annuì.
«Esatto, sono proprio io.»
«Quello che poi lavorava insieme a Mirko De Rossi. Sentivo proprio ieri al telegiornale che è morto. All'inizio avevo pensato a un omonimo, poi hanno mostrato le foto e l'ho riconosciuto.»
Tina sospirò.
«Non sei proprio cambiato, eh?»
«Temo di no.»
«Di solito la gente si presenta, quantomeno prima di parlare di morti ammazzati, non ti pare?»
«Mi chiamo Donato Franzoni» lo sentì annunciare, a quelle parole. «Ho conosciuto Tina molto tempo fa, in Brasile. Ci vivevo, ai tempi. Io e Tina facevamo un sacco di battute in proposito.»
Oliver non capì.
«Su cosa?»
«Tina era brasiliana, ma viveva in Italia. Io sono italiano, ma vivevo in Brasile. Ero finito a Sao Paulo per amore, a un certo punto, e ci ho vissuto per vent'anni.»
A proposito di coppie felici, una di quelle che Tina non avrebbe invidiato, ma soltanto stimato, era quella composta da Donato e sua moglie Luz. Se li ricordava molto affiatati, almeno finché era durata, e aveva l'idea che lo sarebbero stati ancora, se la signora non fosse morta di cancro in giovane età.
«Non sapevo fossi tornato in Europa» ammise Tina. «Mi sorprende molto trovarti qui. I tuoi argomenti di conversazione, invece, non mi sorprendono affatto. Non cambierai mai!»
Donato accennò un sorriso.
«Tanto lo so che ti sto simpatico così come sono! Comunque no, non sono tornato stabilmente in Europa, però mi trovavo poco lontano e ho pensato di trascorrere un po' di tempo insieme a Veronica.» Si rivolse alla Young. «Non gliel'avevi detto, che ci conosciamo?»
Veronica non diede grosse spiegazioni, o per meglio dire non ne diede affatto. Era impegnata in una conversazione con Edward Roberts e dava segno di avere sentito a malapena le parole di Donato. Tina non se ne preoccupò particolarmente: doveva esserci di mezzo qualche faccenda legata agli sponsor, che sarebbe stato di una noia mortale approfondire.
Scambiò qualche battuta con la sua vecchia conoscenza, senza che venisse fuori alcun discorso degno di nota, poi si alzò con una scusa e di allontanò, sostenendo di dovere andare in bagno. Si augurava che Oliver avesse compreso come agire e il giornalista non la smentì. L'antibagno era unico, davanti alle due porte che conducevano alla toilette maschile e a quella femminile.
«Allora?» gli chiese Tina. «Cosa te ne pare?»
«Non mi aspettavo ci fosse così tanta gente, stasera» ammise Oliver. «Mi avevi detto che avremmo visto Veronica.»
Tina gli strizzò un occhio.
«Ammettilo, è stato un trauma rivedere Selena Roberts?»
Oliver scosse la testa.
«No, affatto.»
Tina obiettò: «Non ci credo che tu non abbia provato la benché minima sorpresa.»
«Mi hai chiesto se è stato un trauma» puntualizzò Oliver, «Non se ho provato almeno un minimo di stupore.»
«E l'hai provato?»
«Se non ho capito male, siamo qui perché avevi qualcosa da dirmi.»
Tina annuì.
«Lo so, hai ragione.»
«E quindi? Dimmi tutto.»
«Vorrei che ti mostrassi curioso nei loro confronti. È tutta gente che non conosci, a parte Veronica, Edward e sua moglie. Cerca di fare delle domande.»
Oliver le assicurò: «Era proprio mia intenzione, ma devo aspettare che venga il momento. Siamo arrivati da poco, non posso mettermi a fare interrogatori.»
Tina replicò: «Non ti ho chiesto di fare interrogatori. Mi piacerebbe semplicemente che togliessi qualche parola dalla bocca di Ryan Harvey e Amber Thompson.»
«Credi c'entrino loro?»
Tina abbassò lo sguardo.
«No.»
Oliver dedusse: «Sì, credi che c'entrino loro.»
Tina alzò gli occhi di scatto.
«L'hai detto tu, non io.»
«Non l'ho detto per caso» ribatté Oliver. «Se tu ti degnassi di essere esplicita fino in fondo...»
Tina mise in chiaro: «Non ho intenzione di metterti al corrente di vicende che non riguardano la storia del filmato, quindi è meglio che tu non insista. O almeno, è meglio che tu non lo faccia se vuoi avere delle risposte. È del video e dei messaggi che ti devi occupare, non di altro. Quindi fai delle domande e...»
Oliver lo interruppe: «Non siamo in un enigma della camera chiusa. Non posso mettermi a chiedere a tutti dove si trovavano lo scorso settembre e se caso ti hanno ripresa mentre facevi sesso con... con... con il tuo collega senza nome e senza identità.»
«Ti ho affidato un incarico.»
«E allora lascia che lo svolga come mi sembra opportuno.»
Tina gli ricordò: «Lavori per me, cerca di non dimenticarlo.»
Oliver la rassicurò: «Non lo dimentico. Adesso, però, lasciami tornare di là. Magari aspetta un attimo, prima di tornare. Cercherò di concludere qualcosa di utile, in tua assenza.»
Tina fece per replicare, ma non ne ebbe il tempo: Oliver se n'era già andato, senza lasciarle la possibilità di ribattere.

***

A Veronica non era sfuggito come Tina e Oliver si fossero allontanati letteralmente a mezzo minuto di distanza l'una dall'altro. Vide Fischer tornare da solo e farsi di colpo più loquace, quasi come se non avesse avuto altro desiderio di intrattenere un discorso con i futuri coniugi Harvey.
«Se ho capito bene» disse, rivolgendosi a Ryan, «Tu e Tina vi conoscete già da tempo.»
«Assolutamente sì» confermò Ryan. «Sono passati... non ricordo nemmeno quanti anni.» Era difficile distinguere con chiarezza le voci, nel locale affollato, ma Veronica si sforzò. Per fortuna, accanto a lei, Edward non le rivolse la parola in quei frangenti. «Voglio dire, io e Tina non siamo mai stati amici intimi, ma ci ho avuto parecchio a che fare. All'epoca lavoravo con...»
Oliver lo interruppe: «Jung, eri spesso accanto a Jung. Eri il suo addetto stampa o qualcosa del genere?»
Ryan accennò una risata.
«Jung, chi se lo dimentica più! In realtà ero l'addetto stampa della squadra, ma finivo sempre per stare dietro a Shin. Era un tipo simpatico, ma parlava sempre senza filtri.»
«Che fine ha fatto?»
«Si è ritirato dalle competizioni molto tempo fa.»
«Questo lo sospettavo fortemente, saranno almeno dieci anni che non sento parlare di lui. Ti chiedevo se sai cosa ne è stato di lui dopo.»
«L'ultima volta che ho sentito parlare di Jung, mi è stato riferito che è tornato in Australia e che fa l'agente immobiliare. Non ce lo vedo a vendere case, ma evidentemente aveva qualche talento nascosto. Non so se...»
Veronica non capì il resto della frase, ma udì perfettamente Amber mentre interveniva nella conversazione.
«Era divertente, Shin. Chissà, magari è proprio per quello che riesce a vendere.»
Oliver osservò: «Questo Shin Jung doveva essere un tipo memorabile. Purtroppo Tina non mi ha mai parlato di lui... ma del resto parliamo di altri argomenti.» Si rivolse ad Amber: «Tu e Tina, invece, vi conoscete da molto?»
«Qualche anno» rispose la Thompson. «In realtà non abbiamo mai avuto molto a che fare l'una con l'altra, anche se certa stampa di cattivo gusto ha voluto a tutti i costi inventarsi rivalità immaginarie tra di noi. Ma...» Si interruppe di colpo, un po' come se temesse di avere detto la cosa sbagliata. «Scusami, non intendo offendere l'intera categoria dei giornalisti.»
Oliver parve tutt'altro che infastidito.
«Non preoccuparti, sono d'accordo con te. Certi miei colleghi non hanno il senso della misura. Cavalcano il vento, sperando che possa trascinare le loro fantasie...» Abbassò lo sguardo. «Purtroppo, per il momento, sembrano avere ragione loro. Non c'è molto da fare, la tendenza è quella. Sembra di avere fare con una platea a cui non interessa più distinguere il vero dal falso, quello che conta è vendere storie a ogni costo.»
Amber spiazzò Veronica quando gli domandò, a bruciapelo: «Tu non vendi storie, invece?»
Passò qualche istante, prima che Oliver le desse una risposta.
«Penso che non sia giusto tarpare le ali a chi, essendo bravo con le parole, sceglie di utilizzare le proprie doti per dare sfogo alla propria fantasia. Tuttavia per questo esistono la fiabe, le novelle, i romanzi... Scrivere di fantasia è giusto, ma è altrettanto opportuno chiarire che si sta scrivendo di fantasia. Per chi sceglie di scrivere della realtà, valgono altre regole, che io cerco di seguire. Poi è legittimo esprimere pareri o fare speculazioni, ma senza nascondere la natura di pareri e speculazioni.»
«In pratica» dedusse Amber, «Stai affermando che, se sospettassi che tra me e Tina Menezes ci fosse quel disprezzo reciproco che in tanti dicono, non avresti problemi a parlarne apertamente, pur chiarendo che si tratta di un parere tuo.»
Oliver annuì.
«Sì, qualcosa del genere, direi.»
Veronica si alzò e andò a sedersi nel posto lasciato libero da Tina. Quando fu certa di avere l'attenzione di Oliver, gli domandò: «Non pensi che sia ora di smettere di ammorbare Amber e Ryan con le tue domande?»
Oliver guardò Veronica negli occhi.
«È stata Amber a farmi una domanda. Io le ho risposto.»
«Il giornalista ha ragione» convenne Donato. «Non mi aspettavo che Tina potesse frequentare una persona così interessante.»
Veronica scrutò Oliver con attenzione, ma non le parve di notare la benché minima esitazione in lui. Si limitò a chiedere: «Come mai questo pensiero? Tina aveva per caso l'abitudine di circondarsi di persone poco interessanti?»
Donato alzò le spalle, con indifferenza.
«Diciamo.»
Quel discorso suscitò l'interesse di Veronica, che ritenne opportuno intervenire.
«Per caso Tina ha degli scheletri nell'armadio? Non l'ho mai sentita parlare di partner passati o presenti.»
Donato chiarì: «Ha sempre detto che le relazioni non le interessavano, che aveva altro a cui pensare. Ai tempi, comunque, ha avuto una storia con Manuel Serrano.» Sembrava rivolgersi a Oliver nello specifico, mentre spiegava: «Era un pilota di Formula 3 brasiliana, il compagno di squadra ai tempi in cui...»
Annuendo, Oliver lo interruppe: «Sì, so chi era.»
Donato azzardò: «Tina le ha parlato di lui?»
Oliver puntualizzò: «Ciò di cui parliamo io e Tina non è un affare che riguarda nessuno, mi dispiace. Comunque ero già al corrente dell'esistenza di Serrano, quando ho conosciuto Tina, e anche da parecchio tempo. Era molto apprezzato, in Brasile.» Fece una breve pausa, infine aggiunse: «Tanto quanto Tina, se non di più.»
Donato convenne: «Era un pilota molto promettente e sapeva farsi amare. Purtroppo le cose sono finite male. A volte mi chiedo come sarebbe andata, ma è inutile piangere sul latte versato. Furono commessi degli errori, non si può tornare indietro.»
L'assenza di Tina, nel frattempo, proseguiva senza che qualcuno si facesse domande su dove fosse andata a finire. Amber e Ryan non stavano più prestando attenzione alle parole di Oliver, né davano segno di ascoltare Donato. La Thompson parlava con Edward e Selena, mentre Ryan restava in silenzio.
Incredibilmente fu proprio la "signora Roberts" la prima a porsi dei dubbi: «Dov'è la Menezes?» Si alzò. «Vado in bagno anch'io, magari ci incontriamo là.»
Veronica la guardò allontanarsi, poi tornò al proprio posto. Si sarebbe recata volentieri alla toilette, per convincere Tina a raccontarle cos'avesse in mente, ma già sarebbe stato difficile riuscire in quell'ardua impresa, figurarsi se avrebbe potuto parlarle in presenza di Selena Bernard.
Senza rivolgersi a nessuno nello specifico, borbottò: «Tina sarà andata a finire giù per il cesso.»
Edward si girò verso di lei.
«Sai com'è fatta.»
«Purtroppo.»
«Dai, non esagerare» disse Edward, in tono accomodante. «È un po' fuori dagli schemi, ma è proprio questo che amiamo di lei.»
Veronica abbassò la voce.
«Mi dispiace che abbia portato qui l'ex di tua moglie.»
Edward obiettò: «Perché dovrebbe dispiacerti? Hai detto per anni che Tina avrebbe dovuto trovarsi un fidanzato, adesso a quanto pare c'è riuscita.»
Veronica convenne: «Hai ragione. Mi sto mettendo troppi problemi.»

***

Tina sapeva di non potere più attendere oltre. Ormai, al tavolo, qualcuno doveva essersi insospettito per la sua prolungata assenza, il che di per sé era esilarante, considerando che non aveva nulla da nascondere, ma era semplicemente da sola nell'antibagno. Non rimase da sola molto a lungo, aveva appena formulato quel pensiero quando la porta si aprì e ne entrò una donna bionda, che indossava tacchi alti a sufficienza da essere quasi allo stesso livello di Tina, nonostante dovesse arrivare a malapena al metro e sessanta.
Non si era aspettata di trovarsi faccia a faccia con la moglie di Edward Roberts, ma ancora meno si aspettava che Selena non fosse lì - in apparenza - per recarsi in bagno, ma proprio perché la stava cercando. Quando Tina si fece da parte, perché si trovava esattamente a mezza via tra la porta d'ingresso e quella della toilette femminile, infatti, l'altra non accennò minimamente a recarsi in quella direzione, né tantomeno si avvicinò al lavandino o allo specchio dell'antibagno. Da un momento all'altro avrebbe detto qualcosa e Tina doveva ricordarsi di essere cauta, anche se Selena Bernard coniugata Roberts non era sicuramente un pericolo.
«È un piacere rivederti.»
Furono quelle parole, piuttosto banali, che Selena le rivolse, forse semplicemente l'inizio di una conversazione.
Tina fu molto neutra: «Nemmeno io mi aspettavo di vedere te. Non sapevo che, non solo avresti accompagnato Edward questo fine settimana, ma che addirittura saresti venuta qui con qualche giorno d'anticipo.»
Selena sorrise.
«Ne ho approfittato. Ella è in vacanza con la madre di Edward e grossi appuntamenti di lavoro non ne avevo, in questo periodo, quindi ho deciso di prendermi un paio di settimane di stop.»
«Oh, andrete da qualche parte, la prossima settimana, tu ed Edward?» le domandò Tina. «Dove, se posso chiedere?»
Selena scosse la testa.
«No, l'altra settimana di pausa è quella appena passata. Sono stata a Milano a trovare degli amici insieme a Edward.»
Milano? Ironia della sorte, Mirko De Rossi era stato assassinato proprio nell'hinterland milanese. Tina cercò di non scoppiare a ridere: il fatto che, tra i presenti quella sera, i coniugi Roberts fossero proprio i più vicini alla scena del crimine era davvero tragicomico. Doveva assolutamente cambiare discorso, altrimenti non sarebbe riuscita a mantenersi seria. In più, per quanto Selena le sembrasse una persona a modo, l'idea di accennare alla persona che avevano in comune la allettava moltissimo.
Decise di lasciarsi andare e affermò: «Se avessi saputo che ci saresti stata anche tu, non avrei portato Oliver Fischer.»
«Come mai?» si limitò a chiedere Selena.
«So che siete stati insieme, qualche anno fa.»
«È una storia che appartiene al passato, ormai. Sono felicemente sposata e, per quanto ne so, anche Oliver ha avuto altre relazioni, dopo di me - prima di te, intendo. A proposito, perché ti sei riferita a lui chiamandolo per nome e cognome? Non è esattamente quello che mi aspetto da una persona che parla del proprio compagno.»
Tina sussultò. Aveva commesso un piccolo errore, che quanto pareva non era passato inosservato a Selena. Cercò di correggere il tiro: «Mi è venuto spontaneo. È solo da pochi giorni che abbiamo ufficializzato di essere una coppia, prima quando parlavo di lui dovevo farlo in tono più formale e mi è venuto spontaneo continuare a farlo.»
«Quando dovevi parlare di lui» ripeté Selena. «Vuoi dire che ti capitava spesso? Magari in ambito professionale? Oliver scrive ancora? È da un sacco di tempo che non ho avuto modo di leggere qualche suo articolo.»
Tina le scoccò un'occhiataccia.
«Leggi gli articoli di Oliver?»
«Perché no?»
«Mi sembrava di avere capito che fosse una storia passata.»
«Oliver scrive molto bene e ha un'ottima capacità di analisi» replicò Selena. «Il fatto che sia il mio ex non significa che io non possa leggere i suoi articoli, ti pare?»
Tina le strizzò un occhio.
«Tuo marito cosa ne pensa?»
«Anche a lui piacciono gli articoli di Oliver» rispose Selena, in tono piatto e privo di emozioni.
Tina l'aveva sottovalutata: aveva di fronte una persona che non si lasciava intimidire e che non dava alcun segno di turbamento, anche di fronte a domande apparentemente invasive. Per quanto non provasse alcun interesse per il contenuto delle risposte - Selena Bernard poteva leggere quello che le pareva, per quanto la riguardava - queste si stavano rivelando molto interessanti per comprendere meglio la sua personalità.
Decise di continuare su quello stampo e osservò: «Quindi, se leggevi gli articoli di Oliver, le corse automobilistiche ti interessano davvero.»
«Mhm... sì» ribatté Selena, aggrottando la fronte. Era palese che non comprendesse la ragione per cui le venivano rivolte quelle parole. «È così sorprendente?»
«No, ma...»
«Ma ti sembra assurdo che possano interessarmi.»
«Beh, in realtà sì. Sembri più una wag che una vera appassionata di motori. Dopotutto da giovane stavi insieme a Patrick Herrmann.»
Selena osservò: «Lo trovi proprio interessante, il mio passato. Voglio dire, anche quello che non riguarda il tuo attuale fidanzato.»
Tina accennò una risata.
«Sono un po' impicciona, puoi dirlo.»
Fissandola con fermezza, Selena affermò: «Sì.»
«Io sono impicciona» ammise Tina, «Ma tu proprio non hai peli sulla lingua, eh?»
Selena affermò: «Di solito non sono così diretta. Però non sei il tipo di persona che si scandalizza per una risposta diretta.»
«Io non mi scandalizzo per le tue risposte e tu non ti scandalizzi se sono seduta al tuo stesso tavolo insieme al tuo ex» concluse Tina. «Mi sembra una situazione vantaggiosa per entrambe.» Fece per avviarsi verso la porta. «Credo sia meglio tornarci, al tavolo, altrimenti si chiederanno se sono stata rapita. Ci vediamo tra poco.»
Aveva già messo una mano sulla maniglia, quando Selena la trattenne.
«Aspetta un attimo.»
Tina si girò verso di lei.
«Ti ascolto.»
«Non so che cosa ti tu sia messa in testa» mise in chiaro Selena, «Ma sono felicemente sposata e ho una bambina meravigliosa di quattro anni. Non intendo mettere in discussione in alcun modo il mio presente, se capisci cosa intendo. Voglio bene a Oliver, ma per lui non provo altro che affetto e amicizia.»
«Mi stai dicendo che non intendi metterti tra noi?»
«Esatto.»
«Non te l'ho chiesto.»
«No, e non mi hai nemmeno accusata direttamente di volerlo fare» confermò Selena, «Ma il tuo modo di porti è stato ambiguo abbastanza da farmi pensare che fosse opportuna questa precisazione.»
Tina annuì.
«Hai ragione, lo ammetto, sono stata molto intrusiva.»
«Non importa» concluse Selena. «L'importante è che tu sappia come stanno le cose, per me.»
«Non c'è niente che devo sapere» la rassicurò Tina. «Per te Oliver appartiene al passato e per lui è la stessa cosa.»
«Meglio così, per tutti quanti. A proposito...» Selena parve esitare. «Vedendo a quello che ci siamo dette prima...»
Tina la interruppe: «Non ce n'è bisogno, davvero.»
Selena chiarì: «Quello che abbiamo detto sulla mia passione per l'automobilismo.»
«Oh.»
«Mi dispiace che tu sia stata tagliata fuori. Sei stata fondamentale per la storia della Pink Venus e, per quanto Nakamura e la Thompson siano due buoni piloti, tu avevi qualcosa di più.»
Tina obiettò: «Nakamura ha avuto una carriera molto più ricca di successi rispetto alla mia.»
«Sì, ma al giorno d'oggi è l'ombra di quello che era un tempo» obiettò Selena. «Vive dei suoi successi passati, invece tu eri il presente.»
«Ho trentotto anni» replicò Tina, «Ormai ho fatto il mio tempo. È giusto così.»
«È giusto per chi?»
«Per tutti, immagino.»
«Ma non per te» insisté Selena. «Non credo a chi si inventa dei film su di te e sulla Thompson, ma posso immaginare che non sia proprio soddisfacente, per te, essere stata rimpiazzata da lei.»
Tina replicò, con freddezza: «Non fa mai piacere essere rimpiazzati, ma non c'erano alternative possibili. Il fatto che mi abbiano sostituito con un'altra donna, tuttavia, non mi fa né caldo né freddo. Ho sempre saputo che il mio genere avrebbe focalizzato l'attenzione su di me e la Pink Venus ne avrebbe guadagnato in visibilità. Adesso succede la stessa cosa, ma con Amber al posto mio. Il tempo passa e le vecchie generazioni vengono messe da parte. È normale che succeda.»
«Tu, però, hai dato alla Pink Venus il suo primo punto, dopo la fusione tra i due campionati, ed è stata la prima volta non solo per la Pink Venus, ma anche, in generale, la prima tra le squadre arrivate dalla Diamond Formula.» Selena Roberts era un'autentica sorpresa. Tina non si aspettava di avere di fronte un'analista di campionati di automobilismo, e nemmeno la stessa Selena doveva avere pianificato di tenere quel discorso, da come fece un passo indietro. «Scusa, ho parlato troppo. Non spetta a me giudicare situazioni che non mi riguardano.»
«No, figurati, non preoccuparti, hai fatto delle considerazioni legittime.» Tina si sforzò di sorridere, mentre affermava: «Il mio primo punto per la Pink Venus è stato forse uno dei momenti migliori della mia carriera, anche di quelli che sono venuti dopo. Lo porterò sempre nel cuore.»

All’inizio fu come avere uno strato di nebbia davanti agli occhi. In un primo momento le parve una sensazione normale, poi si rese conto che di solito non vedeva così tanto male. Aveva una confusione micidiale nella mente, ma a poco a poco ogni tassello iniziò a tornare al proprio posto. Ricordò il proprio nome e ricordò la propria identità, ma non dove si trovava.
Ci volle qualche istante, ma finalmente Tina riuscì a vedere. Tutto il resto non cambiò. Aveva lo stomaco rivoltato, la testa le scoppiava e non c’era un solo centimetro del suo corpo che fosse in grado di muovere senza provare dolore.
Ne era sicura, doveva avere esagerato con l’alcool, anche se non le accadeva tanto spesso e non si era mai ritrovata in quello stato, sdraiata su un letto che non ricordava di avere mai raggiunto, sotto un lenzuolo che non ricordava di avere mai scostato.
Non era astemia, ma non beveva mai troppo, nemmeno nelle occasioni speciali. Per caso quella volta, perché era la più speciale di una vasta gamma di occasioni speciali, aveva deciso di fare un’eccezione?
A proposito, quello che era successo era la realtà, oppure era soltanto un sogno che, per la sua poca lucidità, le sembrava più verosimile di quanto non fosse?
Cercò di rammentare.
Cercò di trattenere i conati di vomito.
Una serie di immagini iniziarono ad affacciarsi nella sua mente: la Singapore Flyer - una delle ruote panoramiche più grandi del mondo - che svettava nel cielo, l'enorme incidente alla partenza schivato per un soffio, i micidiali muretti che avevano tratto in inganno molti piloti, le bandiere gialle, gli ingressi della safety car... e poi la fine, il traguardo, il suo ingegnere di gara che urlava via radio, mentre i colori dei fuochi d’artificio squarciavano il cielo notturno.
Era reale?
Era davvero stata una dei pochi che non si erano lasciati ingannare dai muretti? C’erano davvero soltanto nove vetture davanti a lei, nel momento in cui aveva tagliato il traguardo? Aveva davvero portato sul tetto del mondo i colori di una squadretta arrivata dalla Diamond Formula - campionato ottimo, a suo tempo, ma economicamente più povero - non aveva mai conquistato punti e che si accontentava della quindicesima posizione quando le cose andavano bene?
Sì, era accaduto, Tina lo sapeva.
Quella decima posizione significava tutto e, almeno in linea teorica, avrebbe dovuto trasformare quel giorno in uno dei momenti più importanti della sua vita.
Eppure c’era qualcosa che non andava.
C’era qualcosa che non andava, dentro di lei.
C’era qualcosa che non andava, dentro e fuori di lei.
Sentiva di essere arrivata troppo vicina allo stato di incoscienza, quella notte, e che poteva essere accaduto qualcosa di cui non aveva memoria.
Trattenne il vomito ancora una volta.
Doveva tirarsi fuori da quel letto e doveva raggiungere il bagno.
Doveva tirarsi fuori da quel letto, lo sapeva. Tutto sarebbe andato molto meglio, se solo ci fosse riuscita.
Scostò il lenzuolo e rabbrividì.
Abbassò lo sguardo sul vestito, strappato in più punti.
Gliel'aveva prestato la sua personal trainer e l'aveva pregata di restituirglielo in perfette condizioni, cosa che a quanto pareva non sarebbe accaduta. Gliene avrebbe comprato un altro, magari più costoso, almeno quello era un problema arginabile.
Cercò di tirarsi su, ma un violento capogiro la costrinse a desistere.
Fu in quel momento che udì una voce maschile.
«Stai bene?»
Non era sola.
Non era sola e, se fosse stata più lucida, si sarebbe accorta molto prima di una presenza in un angolo della stanza.
Avvampò.
Nessuno avrebbe dovuto vederla in quelle condizioni.
«Cos’è successo?»
«Niente» rispose l'uomo, con naturalezza. «Ieri notte mi sono avvicinato a te, perché ti dovevo parlare. Avevi bevuto troppo e ti sei sentita male, prima ancora che riuscissimo a scambiare due parole. Non ho potuto fare altro che portarti nella tua stanza, dove sei finalmente collassata su quel letto.»
Tina raggelò.
Non poteva essere accaduto davvero.
Non poteva avere bevuto fino a stare male.
«Perché mi hai portata qui proprio tu?» domandò. «E come mai sei ancora qui?»
«Sono tornato poco fa» fu la risposta che ricevette. «Ero preoccupato, specie dopo avere realizzato che, se eri crollata sul letto, allora non dovevi avere chiuso la porta a chiave. Volevo accertarmi che stessi bene e ti stessi riprendendo.»
«Grazie» mormorò Tina.
Lo vide avvicinarsi e finalmente riuscì ad abbinare un nome a quella presenza.
Ryan Harvey le chiese: «Hai bisogno d’aiuto?»
Tina scosse la testa.
«No, davvero. Non vorrei correre il rischio di vomitarti addosso.»
Ryan accennò un sorriso.
«Come vuoi. Comunque Jung non me l'aveva mai detto, che bevessi così tanto.»
Tina si sforzò di alzarsi in piedi, ricordando che aveva trascorso almeno l'inizio della serata insieme a Shin. Si trovava a Singapore, in quel periodo, e l'aveva chiamata tempo prima chiedendole di incontrarsi, durante il fine settimana di Marina Bay.
Aveva lasciato la festa organizzata dalla Pink Venus in onore del primo arrivo a punti e aveva incontrato il vecchio amico, ormai lontano dal mondo del motorsport. Non avevano trascorso insieme molto tempo, perché era ormai piena notte. Era sobria, quando era tornata insieme alla sua squadra, ne era certa.
Era sobria e lucida, ne era sicura così come lo era del fatto che tirarsi su dal letto, in quel momento, sarebbe stato molto difficile.
Non si sbagliava.
Fu difficile e devastante.
Ryan si avvicinò, sentenziando: «Ti serve aiuto.»
Tina trovò la forza di scuotere la testa e, quando lui fece un altro passo verso di lei, di urlare.
«Lasciami sola! Vattene!»
Non riuscì a capire se Ryan fosse scioccato o se se lo aspettasse. Si accorse solo che la fissava in un modo in cui non l’aveva mai guardata.
«Te lo ricordi, vero? Te lo ricordi quello che mi hai detto ieri sera?» le rammentò, senza abbassare gli occhi. «Ti sei messa a vaneggiare a proposito di Manuel Serrano, mi hai detto che...»
Pochi frammenti, a poco a poco, iniziarono ad essere leggermente più chiari.
Aveva bevuto pochissimo, alla festa, ma qualcuno doveva averle messo qualcosa nel bicchiere.
«Che cosa mi hai fatto?» sibilò, rivolgendosi a Ryan. «Che cos'è successo dopo?»
«Non ti ho fatto nulla» replicò Ryan, in tono sprezzante. «Non so che cosa tu abbia preso ieri sera, non ne ho la minima idea, ma ti assicuro che sembravi ubriaca fradicia. Non spettava certo a me portarti qui, ma l'ho fatto lo stesso. Adesso sono tornato per vedere come stai e tutto ciò che mi chiedi è che cosa ti ho fatto. La prossima volta ti lascerò da sola e me ne fregherò di te e dei tuoi discorsi su Serrano. Mi hai detto, letteralmente, che sentivi la sua presenza, che era vicino e che voleva vendicarsi.»
Non poteva averlo detto.
Ne era sicura al cento per cento, non l'aveva detto davvero.
Ciò di cui dubitava era il ruolo di Ryan, non credeva minimamente alla sua storiella.
Gli indicò l'abito strappato.
«Sei stato tu, vero? Hai tentato di violentarmi?»
Ryan la fissò con gli occhi strabuzzati, come se non riuscisse a capacitarsi delle parole che Tina stava pronunciando.
«Tu sei completamente fuori di testa!» la accusò infine. «Come puoi anche solo pensare che...» Non finì la frase. «Non riesco nemmeno a dirlo. Le tue accuse sono disgustose.»
«No, sei tu quello disgustoso... tu e quello che hai fatto.»
«Sei ancora sotto l'effetto di chissà quale schifezza hai preso» decretò Ryan. «Sai cosa ti dico? Non è un affare mio. Non me ne frega proprio niente di come stai, di come ti riprendi. È stato un errore venire qui, così come è stato un errore aiutarti ieri notte.»
Le voltò le spalle e se ne andò, senza aggiungere altro.
«Pagherai per quello che mi hai fatto» mormorò Tina, tra i denti, pur sapendo di non avere prove.
Giurò a se stessa che avrebbe fatto qualsiasi cosa per distruggere Ryan, pur sapendo di non avere niente contro di lui. Era anche certa che, oltre a drogarla e a strapparle il vestito in più punti, Harvey non avesse fatto altro. Del resto, il fatto che, sotto all'abito rotto, la biancheria fosse intatta e pulita lasciava pensare che non si fosse spinto più in là. E poi non ne avrebbe avuto il coraggio, non perché non fosse un essere disgustoso, ma perché doveva appartenere a quella categoria di individui così subdola da non osare mai troppo, per avere la ragionevole certezza di poterne uscire impunita.
Quello che non poteva sapere, quel giorno, era che non sarebbe riuscita a raccogliere alcuna prova contro di lui, e nemmeno qualche indizio. Nel corso degli anni avrebbe finto che quello fosse un incidente concluso, per lei. Si sarebbe comportata con Ryan come se nulla fosse accaduto, come se anche le accuse che gli aveva rivolto fossero state il frutto della mancanza di lucidità.
Solo un unico dubbio, ogni tanto, si sarebbe affacciato nella sua mente, e sarebbe stato legato all'allusione di Ryan a Manuel Serrano. Perché aveva parlato di vendetta? Non poteva sapere cosa fosse accaduto tra di loro tanti anni prima. Non poteva sapere che Manuel avesse qualcosa di cui vendicarsi.

Quando Tina tornò a sedersi al tavolo, Oliver accanto a lei bisbigliò: «Dov'eri finita?»
Tra i vantaggi del fingersi una coppia, oltre al fungere da lasciapassare per chi faceva da accompagnatore, c'era sicuramente quello di potere borbottare o comunicare a bassa voce senza destare sospetti. Tina rispose: «Poi ti spiego.»
«Avrai molte cose da spiegarmi» borbottò Oliver.
«Anche tu a me» puntualizzò Tina.
Aveva parlato a voce troppo alta, anche se nel caos era difficile che qualcuno dei presenti potesse avere compreso le sue parole. Donato si mise a ridacchiare e commentò: «Alla fine sei diventata tutto quello che odiavi!»
Tina lo guardò storto.
«Cosa vuoi dire?»
«Un tempo detestavi le coppiette che, in pubblico, si mettevano a pomiciare fregandosene del fatto di essere in mezzo agli altri.»
«Infatti io e Oliver non stiamo pomiciando» puntualizzò Tina, «Stavamo solo parlando e, come vedi, adesso sto parlando con te. Per caso anche noi stiamo pomiciando?»
«No, per carità! Potresti essere mia figlia!»
Tina gli strizzò un occhio.
«Ma per fortuna non lo sono!»
«Per fortuna mia» ribatté Donato. «Ho lavorato con te, Tina, e ne ho avuto abbastanza.»
«Non ero così terribile.»
«Sì che lo eri, e Dalma Hernandez non sapeva imporsi, ai tempi.»
Tina aggrottò le sopracciglia.
«Dalma non sa imporsi?»
«Non ho detto che non sappia imporsi adesso» precisò Donato. «Allora, però, è stata presa alla sprovvista. Suo zio ha avuto un infarto poche settimane prima dell'inizio della stagione e, invece di dovergli fare da assistente, si è ritrovata a dovere gestire la squadra da sola. Non è stata una passeggiata, per lei. Per fortuna c'ero io, accanto a lei. Altri ne avrebbero approfittato per cercare di prendere più potere, ma io ho sempre creduto in lei. Tutto è andato come doveva andare, sempre.»
Tina abbassò lo sguardo.
«No, non sempre.»
«Come dici?»
«No, niente, lascia perdere.»
Per fortuna, Donato non fece domande. Rimase in silenzio per diversi minuti e, a quel punto, annunciò che sarebbe uscito per fumare una sigaretta.
Tina lo rimproverò: «Non mi dire che fumi ancora!»
«Meno di una volta» precisò Donato, alzandosi.
Tina attese che sparisse dalla sua vista, prima di andare fuori a raggiungerlo. Franzoni non stava fumando, ma andava avanti e indietro come un'anima in pena. Non si accorse di lei, fintanto che non gli si parò davanti, cogliendolo di sorpresa.
«T-Tina?»
«Perché sei venuto fuori?»
Donato sembrò essere tornato in sé, mentre puntualizzava: «Potrei farti la stessa domanda.»
«Tu, però, hai parlato di venire a fumare un sigaretta. Non vedo sigarette.»
«E allora mettila diversamente: sono venuto a prendere una boccata d'aria. Ne avevo bisogno.»
«Bisogno di cosa? Di cancellarti dai ricordi quella grande cazzata che hai detto?»
«Quale cazzata?»
«Che è andato tutto bene.»
«Tra me, te e Dalma è...»
Tina interruppe quel discorso sul nascere: «Basta, dobbiamo smetterla di mentire a noi stessi. Quello che è successo non...»
Fu il turno di Donato Franzoni, nell'interromperla. Lo fece affermando: «È stato un incidente, solo un fottutissimo incidente. L'ho sempre saputo, che ti sei costruita una realtà alternativa, ma la verità è che è successo quello che doveva succedere.»
Tina sbottò: «Quello che doveva succedere? Ma le senti, le cazzate che dici?»
Donato sentenziò, dando un tono fin troppo fatalista a quel discorso, ma rendendolo di gran lunga più condivisibile: «Chi siamo noi, per andare contro al nostro destino? Non è possibile. Non possiamo controllare tutto, non c'era nulla che potessimo fare per impedirlo. Quando sei cappottata durante quel test di Indycar, dieci anni fa, per caso ti sei convinta che qualcuno avesse sbagliato?»
L'incidente di un decennio prima era un argomento di cui Tina parlava poco e che le persone intorno a lei tendevano a non menzionare quasi mai. Ciò che succedeva nei test era in genere considerato un accadimento di entità minore, nonostante quel botto fosse stato un autentico disastro.
Alla fine Tina ne era uscita senza invalidità permamenti, ma aveva sempre sentito che, dopo lo schianto e dopo l'intervento d'urgenza per salvarle la vita, qualcosa in lei era cambiato per sempre.
«Ero coinvolta solo io, quando mi sono ribaltata. Per quanto non sia mai stato chiarito cosa abbia provocato l'incidente e non sono mai stata convinta che si sia trattato di un errore mio, non me la sento di dare la colpa ad altri.»
«Anche Manuel era coinvolto da solo.»
«Manuel è uscito di strada per un guasto.»
«Sapeva che l'auto aveva dei problemi, che avrebbe dovuto rallentare e gestire, ma non l'ha fatto.»
Tina insisté: «Sai benissimo perché Manuel ha ha deciso di non rallentare. Aveva qualcosa da dimostrare.»
Donato obiettò: «Anche tu avevi qualcosa da dimostrare, quando hai avuto quell'incidente a Indianapolis. Però, alla fine, è successo e basta.»
«È successo, ma sono viva» replicò Tina. «Ho seriamente rischiato di non esserlo, ma sono ancora qui. Sono passati dieci anni.» Si passò una mano tra i capelli. «Tutto è ricominciato, per me.»
Donato allungò una mano e le sfiorò una ciocca.
«Non li hai più tagliati, dopo?»
«Non li avrei più tagliati, se fosse stato per me, ma ho dovuto fare dei ritocchi, perché le punte si spezzano e diventano indecenti» rispose Tina, «Ma mi è costato. Quando mi sono svegliata e ho scoperto che avevano dovuto rasarmi i capelli per operarmi, mi sono posta due obiettivi: il primo era quello di rimettermi in pista, non importava in quale categoria, il secondo quello di tornare come prima, anche dal punto di vista dell'aspetto. Ti confesso, nel periodo in cui erano cresciuti a sufficienza per portarli pettinati a cresta, ho pensato seriamente di continuare a portarli così, ma ho resistito alla tentazione. Forse ti sembrerà una cosa stupida...»
«No, non lo è, e devi smetterla di pensare che quello che fai sia stupido o sbagliato. Vivi la tua vita senza rimpianti, Tina, perché non si può tornare indietro, comunque sia andata. Sono passati tantissimi anni.»
«Dal mio incidente a Indianapolis?»
«Anche da Interlagos.»
«Ci provo ogni giorno, ad andare avanti, ma non posso dimenticare. Quello che è successo rimarrà sempre dentro di me, continuerò sempre a chiedermi che cosa abbia sbagliato.»
«Non hai sbagliato.»
«Sì, Tina, più di quanto tu creda.»
«Io ho detto a Dalma che avrei...»
Donato tagliò corto: «Ti sei comportata esattamente come mi sarei aspettato da te. Sei sempre stata decisa e determinata, non ti sei mai lasciata intimidire. Non l'hai fatto nemmeno quella volta, hai agito nel tuo interesse.»
«In modo squallido.»
«Non penso avessi altre possibilità di farla ragionare.»
Tina obiettò: «Avrei potuto farmi da parte, come mi veniva chiesto. Sarebbe stata la soluzione migliore per tutti. Se avessi saputo che non impormi avrebbe salvato la vita di Manuel, l'avrei fatto.»
Donato replicò: «È inutile piangere sul latte versato. Alla fine Dalma ha capito il tuo punto di vista e ha ammesso di essere d'accordo con te. Io, invece, non ho avuto bisogno di capire. Lo sapevo già, sapevo che saresti diventata qualcuno. Piacevi anche a Luz. Mi dispiace solo che non abbia potuto vederti tornare al volante dopo l'incidente, dieci anni fa, né che abbia visto quello che sei riuscita a ottenere con la Pink Venus.»
«Non devi dispiacerti per questo» mise in chiaro Tina. «Luz si è persa molto di più del vedermi arrivare decima in quel Gran Premio di Singapore.»
«Si è persa la gara di Las Vegas dell'anno scorso.»
Tina scosse la testa.
«Era solo una gara. Luz si è persa la possibilità di vivere una vita lunga e serena, di rimanere accanto a te...»
Donato abbassò lo sguardo.
«Ci hai idealizzati.»
«Eravate una bellissima coppia.»
«Eravamo una coppia in crisi, prima che Luz si ammalasse» ammise Donato. «Se non fosse accaduto nulla, forse avremmo finito o per lasciarci o per vivere infelici insieme per tutto il resto dei nostri giorni.»
«Vi volevate bene» insisté Tina. «A volte due persone che sono state felici insieme possono lasciarsi, ma questo non significa che tutto debba essere dimenticato.»
Donato alzò gli occhi.
«Ti riferisci a Fischer?»
Tina sussultò.
«Cosa vuoi dire?»
«Niente, so solo che è stato insieme a quella donna, la moglie di Edward.»
«La conosci?»
«No, l'ho incontrata stasera per la prima volta.»
«Io, stasera, per la prima volta, ci ho parlato a lungo.» Notando l'espressione interrogativa di Donato, Tina chiarì: «È successo prima, in bagno.»
Donato accennò un sorriso.
«Non so se chiederti cosa vi siete dette, o se averne paura.»
«Paura? E perché mai?»
«Senti ancora la sua presenza nella vita di Fischer?»
«In realtà no, non stavo parlando di qualcuno nello specifico, prima» rispose Tina. «E poi non è da me avere paura semplicemente perché una ex esiste. Se fosse una ex che ronza con insistenza intorno al mio fidanzato, magari qualche preoccupazione me la metterei, ma Selena ha un marito con il quale ha avuto una figlia e non pensa minimamente all'idea di tornare insieme a Fi-...» Stava per commettere lo stesso errore già fatto in precedenza, proprio in presenza della signora Roberts, ma si interruppe in tempo per correggersi: «A Oliver.» Dal momento che Donato non replicò, lo invitò, a quel punto: «Forza, torniamo dentro. Il tempo della sigaretta che non ti sei mai acceso è scaduto da un pezzo.»

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Capitolo 5
*** [Oliver] ***


Avevo ipotizzato la pubblicazione di questo capitolo per venerdì, in realtà sta uscendo adesso, a mezzanotte e mezza (che di per sé è venerdì, ma sto per andare a dormire adesso, quindi lo considero ancora come giovedì sera).
Confermo che questa settimana dovrei pubblicare tre volte, conto di far uscire il prossimo capitolo domenica (sarebbe il 6 e al momento ho completato il 10 e sto lavorando sull'11, quindi penso abbia senso pubblicare tre volte questa settimana).

Buona lettura a tutti, in particolare a Swan Song, che mi legge e recensisce sempre. <3 Grazie mille!



Tra le tante precauzioni che Dalila Colombari considerava necessarie, una era l'utilizzo di telefoni non intestati né a lei né a Oliver per le conversazioni legate al mistero che circondava Mirko De Rossi e, più o meno direttamente, si estendeva a Tina Menezes.
Oliver non aveva idea di chi fosse il cellulare che Dalila gli aveva fornito, gli era sembrato che la fotografa avesse menzionato un vecchio zio passato a miglior vita qualche mese prima, ma del resto avrebbe potuto esserselo inventata per dargli una spiegazione frettolosa che non comportasse troppe domande.
Ciò che davvero importava, era che quel telefono squillasse il meno possibile. Per un po' era andata così, ma la sera del venerdì ci fu una brusca inversione di tendenza. Il numero che lo stava chiamando non era memorizzato nella rubrica, ma Oliver lo riconobbe dalle cifre finali. Del resto, a quell'ora, a cercarlo poteva essere solo Dalila: i presunti operatori di luce e gas, di solito, non telefonavano alle dieci e venti della sera.
«Sei tu?» rispose, comunque, nonostante l'ovvietà di quelle parole.
«Ovvio che sono io» ribatté Dalila, «A meno che tu non abbia dato questo numero a Tina.»
«Tina ha il mio numero effettivo» puntualizzò Oliver, «E si trova nella stanza accanto. Siamo in due camere comunicanti. Se ha bisogno di me, le basta solo bussare alla mia porta o manifestarsi in qualche modo.»
Dalila azzardò: «Nessuno si è insospettito?»
Oliver puntualizzò: «La gente non viene a chiederci dove dormiamo. Nessuno si pone il problema. Immagino diano tutti per scontato che io e Tina condividiamo una camera e un letto, ma non verranno mai ad accertarsene.»
«Mi raccomando, ci conto.»
«Sul fatto che nessuno indaghi in proposito?»
«Sul fatto che tu e Tina Menezes non dormiate nello stesso letto... o peggio. Ricordati, principe azzurro, che a casa hai la tua principessa che ti attende.»
«A casa mia nessuno mi attende, nemmeno un pesce rosso.»
«Dicevo per dire. Ricordati, comunque, che prima o poi dovrai tornare da me.»
«Poi, poi. Meglio il più tardi possibile.»
Dalila si arrese: «Va bene, la smetto, meglio venire subito al dunque. Come sta andando lì in Austria?»
Credendo parlasse del campionato, Oliver rispose: «Più o meno come al solito.»
Dalila non comprese cosa intendesse.
«Sii più chiaro per cortesia.»
«Non è come la Diamond Formula, quel campionato era davvero aperto, c'erano diverse squadre che potevano puntare a vincere, almeno a livello di singole gare. Adesso non funziona più così. I team che hanno più soldi e che azzeccano il progetto possono dominare quasi del tutto incontrastati. Esiste la probabilità che solo due piloti possano conquistare delle vittorie, in questo campionato. Per la Pink Venus è sempre il solito disastro. Non si può permettere, proprio economicamente, di competere con la concorrenza, spesso nemmeno per pochi punti. Nakamura e la Thompson si qualificheranno in ultima fila, o se le cose vanno bene in penultima, e le cose non miglioreranno sicuramente nel corso del fine settiman-...»
Dalila lo interruppe, piuttosto bruscamente: «Fischer, non ti ho chiamato perché volessi parlare con un analista di automobilismo. Con tutto il rispetto, chi vincerà domenica non mi cambia la vita, anche se, devo ammetterlo, il risultato potrebbe essere molto scontato. Ti ho chiamato per parlare delle nostre questioni. Come sta andando con la Menezes?»
«Bene.»
«Novità?»
«Nessuna in particolare, se non che sembra un po' preoccupata per la sua personal trainer. È da un po' di tempo che non la sente.»
Dalila obiettò: «E a me cosa me ne frega, della personal trainer della Menezes?»
«Sei tu che mi hai chiesto se ci siano delle novità» mise in chiaro Oliver. «Io mi sono limitato a risponderti, e nemmeno a me importa se la cosa sia di tuo interesse o meno. Comunque sia, non c'è niente di cui preoccuparsi: Claudia è partita una decina di giorni fa, affermando che sarebbe andata al mare e che avrebbe tenuto il cellulare staccato per tutto il tempo. Tina dice che non è normale, come cosa, ma le ho fatto notare che Claudia potrebbe avere un telefono che usa solo per il privato.»
«Immagino che, a quel punto, Tina si sia profondamente offesa per la tua insinuazione secondo cui la sua preparatrice atletica abbia una vita privata che non la riguarda» ribatté Dalila. «Le ho viste insieme, qualche volta, e Claudia Leonardo non si staccava mai da Tina Menezes. Ho scattato loro alcune foto, al Gran Premio d'Italia di due anni fa. Mirko doveva uscire con un articolo su di loro e...»
Oliver non la lasciò finire.
«Ti sbagli. Tina non ha niente a che fare con la vita privata di Claudia Leonardo, che non le ha mai raccontato molto di sé. Diciamo piuttosto che è Tina a confidarle tutto quello che le passa per la testa. Secondo la Leonardo, le è utile per liberare la mente e trovare il proprio focus.»
«Interessante.»
«Dici sul serio?»
«No.»
«Allora perché mi hai chiamato, se non hai interesse per l'argomento?»
Dalila precisò: «Sono molto interessata all'argomento Tina Menezes, lo sono di meno se mi vieni a parlare di una personal trainer che ha deciso di passare dieci giorni - o più - in vacanza senza che nessuno le rompa i coglioni. Senza offesa per le preoccupazioni di Tina, mi sembra che il comportamento di quella donna sia assolutamente normale. Voglio che mi racconti qualche vero retroscena. Chi hai incontrato? Con chi hai parlato? Gente che ha a che fare con la Menezes, intendo, naturalmente. Sono assolutamente certa che, tra una cosa e l'altra, tu ne abbia approfittato per avvicinarti anche a personaggi di un certo livello, che non hanno niente a che vedere con questa storia.»
«Sono spiacente di deluderti, allora» replicò Oliver. «Si era detto profilo basso e ho mantenuto un profilo basso: non mi sono allontanato minimamente dai membri della Pink Venus, da Veronica Young, dalla gente che le sta intorno, ma soprattutto da Tina Menezes. Il momento più interessante, per ora, è stato la sera del giorno in cui siamo arrivati. Veronica ha voluto offrire qualcosa da bere a un po' di gente e ne ho approfittato per fare qualche discorso interessante, o quantomeno per iniziare qualcosa di cui, poi, io e i diretti interessati abbiamo discusso nei giorni successivi.»
«Chi c'era?»
«Amber Thompson e il suo compagno Ryan Harvey...»
«Gli inseparabili» borbottò Dalila. «Non riesco a capire se siano una di quelle coppie tutta zucchero oppure se fingano di stare insieme per questioni di immagine. Sono irritanti come sembrano?»
Oliver rispose: «Non mi sono sembrati irritanti. Amber è una tizia interessante e, devo ammetterla, è anche molto bella.»
«Molto bella? Ha un collo che sembra un tronco d'albero!»
«Ha un collo che deve sottoporre a brutali allenamenti per resistere alla forza G, come tutti i piloti.»
«E il suo manager, Harvey? Com'è?»
«Sembra una persona perbene e rispettabile, ma non ho ancora capito se lo sia davvero o se sia un potenziale serial killer.»
«Mi ricorda un po' te.»
«Non mi somiglia minimamente.»
«Solo perché tu sei biondo e Harvry ha i capelli scuri? O perché porta gli occhiali sempre, mentre tu li metti solo per leggere e lavorare al computer? Ci sono altre somiglianze, che vanno ben oltre.»
«Veramente non ho parlato dei capelli di Ryan, né dei suoi occhiali da vista. Hai detto tutto da sola.»
«Non ho detto la cosa più importante: entrambi avete un'aria da intellettuale devastante.»
«In che senso devastante?»
«Mi ispirate sesso.»
«Grazie per il complimento. Prima che la nostra conversazione degeneri, c'è una cosa che devo aggiungere.»
«Ovvero?»
«Ovvero che Tina lo evita, ma non ho capito il perché.»
«Avresti potuto chiederglielo.»
«Lo farò se e quando i tempi saranno maturi. Adesso non lo sono. Mi sembra che Tina si fidi di me, ma non intenda aprirsi su un certo tipo di faccende.»
«E poi?» volle sapere Dalila. «Chi altro c'era?»
«Edward Roberts» rispose Oliver, sperando che la fotografa gli risparmiasse certi sgraditi commenti. «Era con sua moglie.»
«Selena Bernard?»
«Non mi risulta sia poligamo.»
Dalila ridacchiò.
«È tutto così esilarante.»
«A me non lo sembra affatto» obiettò Oliver. «Ti ricordo che devo scoprire chi ha girato un video pornografico con Tina Menezes a insaputa sua e dell'uomo che si trovava con lei e che, a fare da contorno, abbiamo un morto ammazzato, con il quale entrambi abbiamo lavorato. Ti chiedo, quindi, di evitare certi commenti fuori luogo.»
«Scusami, è più forte di me» ribatté Dalila. «Tu non riesci a inquadrare Ryan Harvey, io ho lo stesso problema con Selena Roberts. Non capisco se sia una puritana, oppure una masochista che ti calpesta l'apparato genitale con i suoi tacchi a spillo. Forse tu puoi illuminarmi.»
«Quando stavamo insieme, non ha mai calpestato il mio apparato genitale con i tacchi a spillo» le assicurò Oliver. «Ci ha fatto altro ed è stato molto piacevole. Questo, però, non ha nulla a che vedere con Tina Menezes, e nemmeno con Mirko.»
«Quindi» dedusse Dalila, «Mi stai dicendo che non è possibile che la sadomasochista puritana abbia filmato la Menezes.»
«Lo ritengo altamente improbabile.»
«E Roberts?»
«Vale la stessa cosa per lui.»
«Ma ci hai parlato? Con Selena, oppure con il marito?»
«Eccome se ci ho parlato. È da giorni che finisco per ritrovarmeli intorno.»
«E ti hanno detto qualcosa di interessante?»
«Forse sì.»

***

A distanza di quasi ventiquattro ore dalla serata con Veronica, Oliver e Tina avevano pianificato - la Menezes aveva pianificato - di concedersi quello che definiva un "momento di relax". Per lei, consisteva nel discutere degli ultimi accadimenti in un luogo in cui avessero la certezza di non incontrare nessuna delle persone con cui avevano avuto a che fare durante il corso della serata precedente e della giornata appena passata.
Il luogo da lei scelto era una trattoria di cui chissà come era al corrente dell'esistenza e in cui gli aveva proposto di cenare. Durante il pasto era stata abbastanza tranquilla, ma Oliver già sapeva che cosa lo stesse aspettando. Del resto, se non avesse voluto avere a che fare con certe vicende, si sarebbe rifiutato di accettare l'incarico di Tina, era consapevole di doverla stare a sentire.
«Dobbiamo parlare di Harvey» esordì la Menezes.
Gli aveva già accennato il proprio disprezzo per quell'uomo, rimanendo sempre sul vago, perciò Oliver ritenne opportuno ricordarle: «Solo perché non è in cima alle tue simpatie, non significa che sia più sospetto di tutti gli altri.»
Tina obiettò: «Quindi non mi credi, quando ti dico che...»
Oliver interruppe le sue proteste: «Le tue accuse sono fuori luogo. Ti ho chiesto se ci fosse qualcuno che, secondo te, poteva essere il colpevole, nella faccenda del video. Non mi hai fatto il nome di Ryan Harvey, anzi, hai affermato di non sapere chi potesse essere il responsabile. Adesso sembra che tu ti stia scandalizzando perché non mi concentro su di lui. Se hai qualcosa da dire, ti prego di parlare chiaro. Se vuoi che faccia qualcosa di specifico, per dei motivi specifici, ti chiedo di non lasciarmi qui a tirare a indovinare. E, se proprio devo essere io a indovinare perché tu preferisci non dire nulla, abbi almeno la decenza di non farmene una colpa, se non mi viene naturale seguire la pista che vorresti.»
Tina abbassò lo sguardo.
«Non ho mai detto che Harvey mi abbia ripresa tu-sai-quando, né che mi abbia mandato quei messaggi, né che abbia qualcosa a che vedere con la morte di tu-sai-chi. Semplicemente non è l'uomo perfetto che appare, sono sicura che abbia grossi segreti.»
Oliver chiarì: «Mi hai ingaggiato per scoprire la verità su quel video - e ci è piovuto dal cielo l'omicidio di De Rossi. Non mi hai dato l'incarico di scoprire i segreti generici delle persone che non ti vanno a genio. Per quanto mi riguarda, quello che fa Harvey nella propria vita privata e che non ha a che vedere con te non è un affare mio.»
Tina sospirò.
«Va bene, va bene, scusa se ho parlato e ho cercato di darti delle dritte, mentre tu palesemente non sai come muoverti.»
«Non so come muovermi? Finora ho fatto tutto quello che mi hai chiesto, ho incontrato le persone che mi hai messo davanti, ho parlato con loro e...»
Tina, che aveva appena alzato lo sguardo, aveva una strana espressione stampata sul volto. Fissava davanti a sé con gli occhi strizzati, come se stesse cercando di mettere a fuoco.
Oliver sbuffò.
«Cos'ho detto di male? Perché mi guardi a quel modo?»
«Non sto guardando te» replicò Tina. «Laggiù ci i coniugi Roberts. Evidentemente anche loro conoscono questo posto.» Oliver fece per girarsi, ma la Menezes lo trattenne. «Non guardare! Li tengo d'occhio io, ti dico io quando è il momento giusto per chiedere il conto.»
Oliver non comprese.
«Cosa c'entra il conto con Edward e Selena?»
«Molto semplice. Dobbiamo uscire dal ristorante nello stesso momento in cui escono loro, o quantomeno prima. Ci penso, poi vediamo.»
Oliver spalancò gli occhi.
«Vorresti pedinarli?»
Tina ridacchiò.
«Ma no, come ti viene in mente? Se usciamo nello stesso momento, però, sono costretti a fermarsi a salutarci, se noi gli mostriamo la stessa intenzione. O anche se ci trovano qui davanti.»
«E...?»
«E poi sarà un piacere scambiare qualche parola con loro, cercare di scoprirne qualcosa di più su dove fossero esattamente quei due la settimana scorsa. Selena mi ha detto di essere stata a Milano con Edward.»
«Edward e Selena erano a Milano?»
«Proprio così. Interessante, non credi?»
«Dipende dai punti di vista.»
«E il tuo, immagino, sia quello di chi li assolve di default» azzardò Tina. «Mi rendo conto che immaginarsi Selena in abito a fiori e tacchi vertiginosi che colpisce alla testa De Rossi con un'arma impropria fino a farlo morire richieda un grosso sforzo, ma magari è andata proprio così.»
Oliver ribatté, sprezzante: «E magari è anche stata lei a riprenderti mentre facevi sesso con il tuo amante?»
«Perché no?» obiettò Tina, seria. «Non credo alle stronzate secondo cui, per solidarietà femminile, nessuna donna farebbe mai niente di simile contro un'altrs donna.» Gli strizzò un occhio. «Il vantaggio di essere donna io stessa è che posso anche dirlo apertamente. Se solo osassi farlo tu, l'opinione pubblica chiederebbe la tua testa e ti obbligherebbe a scusarti perché tutte le donne nascono sante e rimangono sante.»
«L'opinione pubblica ha già chiesto la mia testa diverse volte, e non solo l'opinione pubblica, a dire il vero» replicò Oliver. «In ogni caso, mi sembrerebbe interessante se tu approndissi la tua teoria: perché Selena potrebbe avere fatto quel video? Che cos'ha contro di te?»
«Fino a ieri sera niente.»
«E dopo di ieri sera?»
«Nemmeno adesso ha niente contro di me» chiarì Tina. «Non ci sono andata leggera, con lei, quando le ho spiegato che tu adesso stai insieme a me e che deve concentrarsi su suo marito e lasciarci in pace.»
«Ti faccio notare che Selena ci sta lasciando in pace e si trova proprio in compagnia di suo marito» rimarcò Oliver. «Tu, invece, la stai tacciando di essere una potenziale assassina, oltre che di perseguitarti dopo averti ripresa in atteggiamenti intimi con un tuo collega. Per di più, vorresti anche che andassimo a parlare con lei e Edward.»
Tina precisò: «Ho intenzione di comportarmi bene in loro presenza, non accuserò Selena apertamente. E poi potrebbe essere stato Edward a riprendermi. Magari il colpevole è lui. Con un po' di fortuna riesci a levartelo di torno e a tornare insieme a Selena, tutto questo grazie a me.»
«Hai una fantasia galoppante.»
«Edward è un uomo. Rientra meglio nei canoni dei criminali tipo. Nessuno mi accuserebbe di essere invidiosa delle altre donne, se lo accusassi. Sarebbe imbarazzante se la colpevole fosse la tua ex: qualcuno potrebbe insinuare che l'ho incastrata e...»
Oliver la interruppe: «Non sei divertente. Non scherzare su queste cose. Farò come vuoi, andremo a parlare con i Roberts e cercherò di scoprirne qualcosa di più.»
«Bene, Fischer, così ti voglio.»
«Avrei dovuto capirlo che il tuo discorso era solo una provocazione.»
«Ne è valsa la pena, dato che alla fine hai concordato con me. Non...» Tina si interruppe. «Selena si è alzata per andare in bagno. La cameriera sta sparecchiando. Adesso paghiamo, poi andiamo fuori. A quel punto non ci resta che sperare che anche loro facciano lo stesso.»
Oliver azzardò: «E che non ci siano uscite secondarie.»
Tina ribatté: «Sono una persona positiva. Secondo me funzionerà. Fidati di me, andrà tutto secondo i piani.»
Se non altro, le previsioni della Menezes si dimostrarono azzeccate. Rimasero davanti all'ingresso della trattoria, fingendo di essere impegnati in una fitta conversazione e di non essersi accorti della presenza dei coniugi Roberts almeno finché non furono questi a salutarli, passando accanto a loro.
Tina doveva avere le idee molto chiare, dato che iniziò a parlare di quanto fosse sorprendente che anche loro due avessero gli stessi gusti in fatto di ristoranti. Fingendo di non averli visti all'interno, chiese loro da che parte fosse il loro tavolo e, con un ultimo tocco di classe, invitò l'ex compagno di squadra ad andare in un bar lì vicino a prendere un caffè.
Nessuno di loro prese un caffè - Oliver optò per un tè freddo - ma tutto funzionò alla perfezione. Era ammirevole come Tina fosse riuscita a incastrare i due senza che nemmeno se ne accorgessero. Non rimaneva altro da fare che iniziare a porre delle domande, ma Oliver fu preceduto da Edward, che si rivolse a lui chiedendogli: «Come vi siete conosciuti tu e Tina?»
«È una lunga storia» ribatté Oliver. «Quello che conta è che ci siamo conosciuti.» Si voltò a guardare la Menezes, che era girata nella sua direzione. «Sei d'accordo con me, tesoro?»
Tina avvampò, ma non poté replicare. Edward, da parte sua, osservò: «Siete una coppia che non avrei mai immaginato di vedere insieme, ma siete perfetti, a ripensarci. Se l'avessi capito prima, vi avrei fatti incontrare io stessi!»
Ancora una volta, Tina non avrebbe dovuto replicare, ma evidentemente non riuscì a trattenersi.
«Perché, che cosa te lo fa pensare?»
Selena osservò: «Dovresti essere felice che Edward vi veda bene insieme.»
«Proprio così» sentenziò Oliver. «In ogni caso, non mi è difficile ipotizzare che Edward ci consideri entrambi appassionati in quello che facciamo e in cui crediamo, ma al contempo due enormi rompipalle. Vero, Edward?»
«Non l'avrei detto esattamente in questi termini» ribatté Edward, «Ma devo ammettere che il termine "rompipalle" ti descrive pienamente. Ricordo che, molti anni fa, eri il mio terrore, quando eri presente alle conferenze stampa che precedevano i gran premi. Le tue domande sapevano essere oltremodo imbarazzanti.» Si rivolse alla Menezes: «Sai, Tina, il tuo fidanzato affermava che ero troppo vecchio per la Diamond Formula e che avrei dovuto ritirarmi. Quello stesso anno, ho vinto il titolo. E sono stato l'ultimo campione del mondo della categoria.»
Tina puntualizzò: «Grazie al suo intervento.»
Oliver ribadì: «Non intendevo fare cadere la Diamond Formula in disgrazia. Non è colpa mia se mi sono ritrovato a tu per tu con un criminale e la repurazione della serie è stata minata per sempre. Puoi chiedere a Edward, oppure a Selena: ti confermeranno che ero animato da ottime intenzioni.»
«A proposito, ho sentito che quel giornalista con cui hai collaborato quando hai scritto il libro su Patrick è stato ucciso durante una rapina» lo informò Edward. «Ci sono rimasto malissimo. Lo conoscevo, diciamo, ed è stato uno shock. Peraltro io e Selena non eravamo neanche tanto lontani...»
«E tu» chiese Tina a Selena, «È stato uno shock anche per te?»
Stava palesemente andando troppo oltre, ma non c'era nulla che Oliver potesse fare per trattenerla. Per fortuna, Selena non si lasciò impressionare.
«Beh, ovviamente mi è dispiaciuto molto. L'ho incontrato solo una volta, l'anno scorso al Gran Premio d'Italia, insieme a...» Rifletté, come se stesse cercando un nome in un cassetto della memoria. «A un tale che gestisce una casa discografica, sicuramente un ospite vip di qualcuno. Non mi sovviene il nome, ci avrò scambiato al massimo qualche parola. Neanche Edward lo conosce. Qualcuno mi ha detto che produce musica adatta ai ragazzini.»
Oliver azzardò: «Trap?»

***

«Ci sei ancora?»
La domanda venne spontanea: Oliver aveva finito di parlare già da diversi istanti e, dall'altro capo del telefono, Dalila non proferiva risposta.
La Colombari lo rassicurò: «Sì, ci sono ancora, e devo dire che i Roberts sono, finora, i personaggi più interessanti di cui mi hai parlato.»
«Ti ho parlato solo di Amber Thompson e del suo futuro marito, prima» puntualizzò Oliver. «Sono due persone in totale.»
«Ciò non toglie che quei due non debbano esserti rimasti molto impressi» osservò Dalila. «Li hai liquidati in pochi istanti, come se non ci fosse niente da dire. Edward Roberts e la sua consorte, invece, si sono rivelati un'autentica sorpresa. Esiste la possibilità che abbiano scelto lo stesso ristorante proprio per tenere d'occhio te e Tina?»
«No.»
«Da cosa lo deduci?»
«In primo luogo, non penso che Edward e Selena si metterebbero a seguirmi così, tanto perché non sanno in che modo fare venire sera. In più, Tina non mi ha parlato del ristorante, mi ha portato direttamente là. Non credo siano in grado di prevedere il futuro.»
«Mhm, se le cose stanno così, l'incontro deve essere stato casuale.»
Oliver obiettò: «Direi fortemente voluto da Tina, una volta che siamo usciti. Ha fatto in modo che Edward e Selena ci passassero accanto e...»
Dalila lo interruppe: «Questo aspetto l'abbiamo già chiarito. Sarebbe meglio occuparci delle cose più importanti, non credi? Torniamo un attimo indietro. Mi hai detto che, mentre eravate ancora al tavolo, la Menezes ha iniziato a vaneggiare a proposito di Selena Roberts autrice del video che la ritrae mentre fa sesso con... con? Hai mai pensato di fare qualcosa per scoprire una volta per tutte di chi si tratti?»
Oliver le ricordò: «La vita privata di Tina Menezes non mi riguarda. Chiunque si sia portata a letto, sono affari suoi. Nessuno aveva il diritto di filmarla in quel momento.»
«Su questo mi trovi assolutamente d'accordo.»
«Meglio così, allora.»
«Tornando a noi, la Menezes ha fornito qualche motivo sensato per cui la moglie di Edward Roberts avrebbe dovuto fare un simile video?»
«No. Voleva solo istigarmi ad accettare la sua proposta di tendere una sorta di agguato ai Roberts fuori dal ristorante. Diciamo che, dopo una certa insistenza, spostando le sue accuse anche su Edward nel frattempo, ho deciso di non sottrarmi per il bene mio e di tutti.»
«E anche su questo ci siamo. Così come mi è chiaro che vi siete spostati al bar e che, una volta là, vi siete finalmente messi a parlare. La sadomasochista puritana era la più silenziosa di tutti, mentre...»
«Piantala!» sbottò Oliver. «Non chiamare Selena a quel modo.»
«Rilassati, Fischer» gli intimò Dalila. «Ci sono alcuni passaggi che mi sfuggono, ovvero come siate finiti a parlare di Mirko. Perché hai detto che è stato Roberts a tirare fuori l'argomento, giusto?»
«Esatto» confermò Oliver. «Stavamo parlando di me come giornalista. A un certo punto, Edward ha fatto il nome di Mirko, mi ha detto che era dispiaciuto per la sua morte e che la notizia l'ha spiazzato, soprattutto alla luce del fatto che, in quei giorni, si trovava insieme a Selena ben poco lontano dal luogo del delitto.»
«Quindi l'ha ammesso senza esitazioni?»
«Non solo l'ha ammesso, ma è stato lui a comunicarmelo.»
«Hai qualche idea del perché potrebbe averlo fatto?»
«Verosimilmente perché non è stato lui ad ammazzarlo e, di conseguenza, non ha ragioni per nascondere dove si trovava.»
«Mhm.» Dalila non sembrava convinta. «Non hai pensato che volesse depistarti?»
«In che modo?»
«Rendendosi al di sopra di ogni sospetto.»
«Quindi, se non ho capito male, stai affermando che, secondo te, Edward ha raccontato di essere stato a poche decine di chilometri di distanza da dove è avvenuto il delitto affinché io pensassi: "poteva andare tranquillamente a uccidere Mirko, ma sarebbe troppo ovvio sospettare di lui, quindi devo assolutamente scartare questa possibilità e concentrarmi su persone al di sopra di ogni sospetto"? Perdonami, Dalila, ma non siamo in un romanzo poliziesco della prima metà del Novecento. Inoltre, anche se si trovava a Milano con Selena, non sarebbe affatto ovvio sospettare di Edward. Ha detto di avere incontrato Mirko De Rossi qualche volta - del resto non è così assurdo che un ex pilota abbia avuto a che fare con un giornalista che scrive a proposito di corse di auto.» Si rese conto di avere parlato al presente. «Scriveva, voglio dire - ma non ci sono ragioni logiche per cui dovrei sospettare di lui. Non aveva alcun motivo conosciuto per uccidere Mirko e sarebbe molto azzardato pensarlo.»
«Devo ammettere che, se Edward non aveva ragioni apparenti per ammazzarlo, sarebbe poco sensato mettere una simile ipotesi in testa alla nostra classifica» fu finalmente d'accordo Dalila, «Ma rimane il fatto che sia una coincidenza piuttosto interessante.»
«No, non è una coincidenza. Edward non è mai stato a casa di De Rossi, verosimilmente non è mai andato nel suo comune di residenza e non abbiamo alcuna prova che fosse al corrente dell'indirizzo di casa sua.»
«Devo farti notare, a questo proposito, che trovare un indirizzo è molto più facile di quanto tu creda.»
«Va bene, ma torniamo al punto di partenza: perché andare a casa di Mirko per ammazzarlo e simulare una rapina? Ma soprattutto, perché venire a soggiornare in una città vicina, a casa di amici, sbandierando ai quattro venti dove si trovava? Non è mia intenzione uccidere nessuno, ma se dovessi andare ad ammazzare qualcuno, che peraltro non vive nemmeno nel mio Stato di residenza, mi guarderei bene dallo spargere manifesti sull'essere stato da quelle parti. Anzi, probabilmente cercherei di depistare e di fingere di essere stato altrove. In più, vorrei segnalare, non ci sono nemmeno ragioni per cui Edward avrebbe dovuto filmare Tina.»
«Giusto anche questo, ma non possiamo avere le prove che chi ha filmato Tina abbia anche ucciso Mirko.»
«Non abbiamo prove di nulla, infatti, ma quello che sto cercando di fare è trovare degli indizi.»
«Indizi che, per il momento, portano ai Roberts.»
«No, non abbiamo indizi contro i Roberts.»
«Però quei due sono stati al Gran Premio d'Italia, l'anno scorso. E proprio a Monza, nei giorni precedenti, Tina si è incontrata con il suo amante ed è stata filmata.»
Oliver mise in chiaro: «Selena ha detto che sono stati al Gran Premio d'Italia e che là hanno incontrato Mirko De Rossi vedendolo insieme a un produttore di musica trap che era stato invitato da qualcuno. Non hanno detto di essere stati a Monza nei giorni precedenti e, lo ribadisco, nulla lascia pensare che avessero qualche motivo per registrare quel video. La questione del produttore musicale, tuttavia, è di un certo interesse.»
«Se lo dici tu.»
«Rifletti, Dalila: com'è iniziata questa storia? Con una canzone trap che abbiamo sentito in discoteca.»
«No, ti sbagli» ribatté Dalila. «Tutto è iniziato quando la Menezes è venuta a cercarti e ti ha chiesto aiuto.»
«Va bene, di fatto è iniziata così, ma prima ho sentito quella canzone e l'ho collegata immediatamente a Tina Menezes. Certi versi erano di facile interpretazione.»
«Parlare di versi mi sembra un po' esagerato. A meno che tu non stia parlando di versi animaleschi, bro, allora potrei essere d'accordo con te.»
«Non divagare, sis.»
«Va bene, non divago, ma non riesco a capire dove tu voglia arrivare. Abbiamo Mirko insieme a un produttore musicale trap, però non sappiamo se sia quello che ha prodotto "Miss Vegas". In più, per forza di cose, la canzone è stata scritta dopo, dato che accenna ai fatti del Gran Premio di Las Vegas, che è stato disputato oltre due mesi più tardi.»
Oliver chiarì: «Non ho mai detto che la canzone - o per meglio dire, la non-canzone - sia stata scritta in quel periodo. Ti sto solo facendo notare che, se è stato invitato ad assistere a una gara automobilistica come ospite vip, quel produttore potrebbe conoscere qualcuno che sa del video pornografico in cui appare Tina. Non sto dicendo che lo sappia anche lui. Semplicemente potrebbe avere sentito dei pettegolezzi, pensato che fossero soltanto chiacchiere senza senso, e che poi, distanza di tempo, ne sia venuta fuori "Miss Vegas".»
«Quindi la non-canzone sarebbe ispirata a un fatto realmente accaduto, ma scritta da qualcuno che non aveva idea che si trattasse di un fatto vero?» chiese Dalila.
«Mi sembra un'idea molto sensata, a questo punto» rispose Oliver.
«Rimane il fatto che non sappiamo se quel tizio c'entri con "Miss Vegas" e che parlare con i Roberts sarà anche stato interessante, ma non hai comunque concluso molto.»
Nell'udire quelle parole da parte di Dalila, Oliver fu tentato di raccontarle anche la seconda parte della serata, ma preferì evitare. Aveva l'impressione che la fotografa gli nascondesse qualcosa e riteneva saggio fare altrettanto: diversamente dalla Colombari, si stava esponendo in prima persona. Non poteva metterla al corrente di ogni singolo dettaglio, non ancora, almeno.

***

Se all'inizio la permanenza all'interno del bar era stata tranquilla, in un secondo momento fu inevitabile notare come un gruppo di persone non facesse altro che indicarli. Qualcuno, addirittura, trafficava con lo smartphone, forse scattando delle foto.
Tina sbottò: «Quelli là cosa vogliono da noi?»
Edward, che le sedeva di fronte, si girò a guardare in quella direzione.
«Penso che ci abbiano riconosciuti.»
«Riconosciuti?» ripeté Tina, come se non riuscisse a capacitarsene.
«Saranno fan della Pink Venus, o nostri ammiratori» rispose Edward. «Non ti capita di essere riconosciuta per strada o in qualche locale? Perché a me succede più spesso di quanto vorrei.»
Tina lanciò una strana occhiata a Oliver, ne replicare: «Non mi capita sempre. Una volta è capitato che inseguissi un tizio per strada perché dovevo parlargli e che questo ci abbia messo un po' per capire chi fossi. È stato esilarante, per certi versi.»
Oliver avrebbe dovuto ignorarla, ma non lo fece.
«Forse non era quel tipo a essere rincoglionito, ma tu a trovarti in un posto dove non si aspettava di vederti. Ci hai mai pensato?»
«Non ho tempo per pensarci ora» puntualizzò Tina. «Adesso c'è il problema di quella gente. Ci sarà un modo carino per fare capire a tutti che hanno rotto le palle?»
Edward si alzò in piedi.
«Nessun problema, con quelle persone. Vieni con me.»
Tina rimase seduta.
«Dove?»
«Da loro.»
«A fare cosa? Vuoi davvero dire a tutti che hanno rotto i coglioni?»
«Certo che no! So essere una persona molto diplomatica, diversamente da te. Saranno sicuramente lieti di scattarsi dei selfie insieme agli ex piloti della Pink Venus. Scambiamo qualche parola con loro, li accontentiamo, poi ce ne torniamo al tavolo.»
«Con quale scopo?»
«Dopo smetteranno di guardare verso di noi o di scattarci foto di nascosto.»
Quelle parole parvero convincere Tina, si tirò su e seguì Edward dall'altra parte del bar, lasciando Oliver solo con Selena. Chissà se la Menezes pensava che avrebbe potuto approfittare dell'occasione per tartassarla di domande, oppure se si era diretta verso i presunti tifosi della Pink Venus senza fare in tempo a formulare un simile ragionamento.
Oliver non aveva a disposizione molto tempo per riflettere sul da farsi e ne ebbe ancora meno quando, proprio come aveva fatto Edward subito dopo il loro arrivo al bar, Selena fu la prima a fare domande.
«Stai bene con lei?»
Oliver si sentì avvampare. Non era certo di essere in grado di mentire proprio a Selena, quindi optò per una mezza verità: «Tina è una persona che sa sorprendere.»
Selena non di lasciò ingannare.
«Ti ho chiesto se stai bene insieme a lei. Non mi hai risposto.»
«Mi sembrava sottinteso.»
«Preferisco sentirtelo dire esplicitamente.»
Non c'era niente da fare, doveva rispondere in maniera affermativa.
«Sì, certo.»
«Mi fa piacere per voi. Non la conosco molto, ma sembra una donna molto determinata.»
«Tu, invece?»
«Io cosa?»
«Stai bene con Edward?» Oliver ridacchiò, preparandosi a menzionare una relazione tra lui e la Menezes. «Ormai sto insieme a Tina e non posso più venire a salvarti, quindi mi auguro che tu sia felice con lui.»
«Sì, sono felice con lui» confermò Selena.
«E la vostra settimana a Milano com'è andata?» buttò lì Oliver.
Selena rispose, con schiettezza: «Niente di che. Non so se hai presente essere invitato a casa di amici, di cui in realtà non conosci le abitudini. Per giorni non sai come muoverti, perché sei a casa d'altri e non vuoi essere in alcun modo di disturbo, ma ci sarebbero rimasti male se non avessi accettato l'invito nemmeno stavolta e allo stesso tempo ci rimarrebbero male se tu decidessi di tornartene a casa in anticipo. In più non puoi nemmeno programmare cosa fare durante il giorno, perché in un modo o nell'altro sono loro a scandire i tuoi tempi.»
«In sintesi» concluse Oliver, «Sei stata contenta quando la settimana è finita.»
«Sì, e anche Edward.»
«Quando avete scoperto della morte di Mirko De Rossi?»
«Il giorno dopo.»
«Chi ve ne ha parlato?»
«Nessuno. Era su tutti i telegiornali, era impossibile non venirlo a sapere.»
«È andata così anche per me» le confidò Oliver.
Selena azzardò: «Mi è parso di capire che aveste litigato, in passato, e che tu abbia smesso di scrivere per questo.»
Oliver affermò: «Non l'ho ucciso io, se è questo che mi stai chiedendo.»
Per un attimo, Selena parve spiazzata. Poi precisò, con prontezza: «Certo che no, come potrei anche solo pensarlo?»
Evidentemente Oliver era il solo che si fosse calato, probabilmente a sproposito, nel ruolo del detective. Decise di rispondere ai suoi dubbi, in ogni caso: «Sì, ho litigato con De Rossi, a suo tempo, perché avrebbe voluto che nel mio libro parlassi di tutti i retroscena sull'incidente di Patrick Herrmann - anche quelli che riguardano persone rimaste nell'ombra, se capisci cosa voglio dire - e ho smesso di lavorare con lui. A un certo punto ci siamo sentiti di nuovo», Oliver non specificò che fosse accaduto la sera stessa della morte di Mirko, «E mi ha proposto di metterci alle spalle i dissapori che avevano avuto in passato. Mi ha proposto di lavorare di nuovo per lui.»
«E tu?»
«Abbiamo parlato in tono cordiale, quindi penso di potere affermare che i nostri contrasti fossero in qualche modo un affare che non ci riguardava più. Poi del lavoro non se n'è fatto più niente. Avevo ricevuto anche un'altra offerta ed ero intenzionato ad accettare l'altra. Non ho più sentito Mirko, da allora.»
«Mi dispiace. Eravate amici? Voglio dire, prima.»
«In realtà abbiamo sempre avuto un rapporto strettamente professionale, non ci frequentavamo al di fuori, anche se passavamo un sacco di tempo insieme per lavoro. Dipende dal significato che dai al concetto di amicizia. Penso di sì, di poterlo definire un amico, almeno a quei tempi. Poi le nostre strade si sono separate, ma era inevitabile. Non capiva che non potevo sbattere in piazza certe questioni in nome delle copie che avrei venduto. Ho provato a spiegargli le mie ragioni, ma non ha funzionato. Forse ho sbagliato nei modi, ma certe decisioni spettavano a me, non a lui.»
Selena mormorò: «Grazie.»
Oliver la guardò negli occhi.
«Per cosa?»
«Per quello che hai fatto per me, anche a costo di perdere il tuo lavoro e la tua amicizia con De Rossi.»
«Non potevo permettere che tu finissi gettata in pasto a degli squali desiderosi di divorarti» puntualizzò Oliver. «Ti avrebbero distrutta, quando tu non avevi alcuna colpa. Il concetto di responsabilità individuale non esiste, per molta gente contemporanea, e avrebbero detto e scritto cose orribili anche sul tuo conto, quando tu eri solo una vittima indiretta.»
«Sei un vero amico» concluse Selena. «È bello sapere di potere contare su di te.»
Sarebbe stato meno bello, per lei, scoprire che le aveva posto delle domande al fine di accertare se potesse essere presa in considerazione come persona sospettabile di omicidio, ma per fortuna non lo sarebbe mai venuta a scoprire.
Oliver non cosa dire, in quel momento, e aveva il sospetto che tacere fosse la scelta migliore. A toglierlo da ogni impiccio furono Edward e Tina, di ritorno al loro tavolo.
«Allora?» chiese Selena. «Erano vostri accaniti sostenitori?»
«Erano accaniti sostenitori di Tina» puntualizzò Edward. «Lo sai benissimo che la mia ex compagna di squadra è molto più apprezzata di me.»
«In effetti» ammise Selena, «Non penso che si possa essere detrattori di Tina.» Si rivolse alla Menezes. «Spero che tu non ti offenda, se dico che hai saputo essere un grande personaggio. Infatti non ho mai capito perché tu abbia degli hater in Brasile.»
«Hater in Brasile?» intervenne Oliver.
Sapeva a che cosa si stesse riferendo Selena, almeno a grandi linee, ma non si aspettava che quel discorso uscisse proprio quella sera e che a tirarlo fuori fosse Selena.
Tina apparve spiazzata. Prima di replicare lasciò passare fin troppo tempo e, quando lo fece, si limitò a ripetere: «Hater in Brasile?» Dopo un altro lungo silenzio dedusse: «Oh, capisco. Non ci sono segreti tra te e Edward. Ti ha raccontato tutto?»
Edward si difese: «Mi sono limitato a dirle che nel tuo paese natale c'è chi non ti apprezza e che, per quanto la cosa non ti disturbi particolarmente, al giorno d'oggi, ci sono stati momenti in cui ti sei sentita a disagio, nel sentire certi commenti su di te.»
Selena mise in chiaro: «Non volevo tirare fuori argomenti scomodi. Non era assolutamente mia intenzione.»
L'argomento venne ben presto accantonato e Oliver non ebbe il coraggio di chiedere spiegazioni a Tina, né quella sera, né il giorno dopo.
Così come non avrebbe riferito a Dalila, nella loro telefonata dell'indomani, la sua conversazione a tu per tu con Selena, non le avrebbe nemmeno accennato a quell'aspetto. Avrebbe tuttavia avuto modo di approfondirlo, in maniera del tutto inaspettata.

***

Oliver stava ancora ascoltando Dalila che lo salutava, quando il telefono di sua proprietà vibrò. Si affrettò di riattaccare, sostenendo di avere da fare, senza dare alla Colombari troppo tempo per replicare.
Aveva ricevuto un lungo messaggio, che recitava, testualmente: "Oggi non sono riuscito a vederti da solo, ma avrei bisogno di parlarti in privato. Possiamo incontrarci? Se ti mando la mia posizione, potresti raggiungermi?"
Era Roberts ed era una grossa sorpresa che gli stesse chiedendo quell'incontro. Per un attimo Oliver si chiese se Edward avesse qualche dettaglio utile da riferirlo a proposito dell'omicidio di Mirko De Rossi, ma scartò subito quella possibilità: era totalmente illogica.
Gli scrisse: "Perché vuoi che ci vediamo?" Inviò il messaggio e si pentì di non essere stato abbastanza accomodante. Aggiunse, per fargli capire che accettava l'invito: "Va bene, possiamo vederci."
La risposta di Edward fu piuttosto rapida e immediata: "È meglio se ne parliamo di persona."
Seguì la posizione. Non era tanto lontano, quindi Oliver stimò di potere fare presto. "Sono da te tra dieci minuti, un quarto d'ora al massimo."
Edward concluse: "Va bene, ti aspetto."
Quando si presentò all'appuntamento, Oliver dedusse che avrebbero dovuto discutere di qualcosa di potenzialmente scomodo. Edward, infatti, l'aveva invitato a raggiungerlo in un posto isolato che ricordava vagamente il parco in cui l'aveva condotto Tina la sera del loro primo incontro - soltanto una settimana prima, anche se gli sembrava che fosse passato un secolo.
Era seduto su una panchina e Oliver si guardò intorno, prima di accomodarsi di fianco a lui.
«Allora?» gli chiese. «Se volessi uccidermi e sbarazzarti del cadavere, non avresti lasciato i messaggi come prova. Cosa succede, quindi?»
«Non intendo ucciderti e sbarazzarmi del cadavere» mise in chiaro Edward, «Ma non ho dubbi che prima o poi qualcuno finirà per farlo. Che casino sta succedendo e che ruolo hai tu in tutto questo?»
«Nessun casino» rispose Oliver, «E ovviamente non ho alcun ruolo in tutto ciò.»
«Puoi ingannare Veronica, e anche Selena, ma non me» replicò Edward. «Non me la bevo, questa storiella: prima smetti di firmare articoli perché vuoi una vita tranquilla, poi, improvvisamente, in un colpo solo, ricompari al fianco di Tina Menezes poco dopo che il tuo ex collega è stato assassinato. Cosa stai tramando?»
Oliver rispose: «Ho conosciuto Tina Menezes qualche tempo fa. Ci siamo messi insieme e...»
Edward lo interruppe: «Non credo a questa storia. Ero sincero quando ho detto che secondo me siete una coppia bene assortita, ma non mi faccio fregare da questa recita. Ti conosco fin troppo bene. Non ho idea di che cosa tu ti sia messo in testa di fare, ma Tina è solo una copertura. Di conseguenza, se ha accettato di prestarsi a questa sceneggiata, anche lei è al corrente di quello che stai combinando.»
Oliver aveva pochi secondi a disposizione per decidere se continuare a mentire, oppure ammettere almeno parte della verità. Se la prima opzione era sulla carta quella da perseguire a ogni costo, era anche quella che aveva meno possibilità di funzionare. Decise, quindi, di selezionare alcuni elementi che potessero essere condivisi con Roberts.
«Va bene, lo ammetto, io e Tina non stiamo insieme. Però non sono stato io a coinvolgerla, è stata lei a coinvolgere me.»
«E di cosa si tratta, se non sono indiscreto?»
«Si tratta di una questione molto delicata che riguarda Tina, è tutto quello che posso dirti.»
«E Mirko De Rossi come si incastra, in tutto questo?»
Oliver ci pensò, se lo chiese seriamente. Non c'era una risposta ben precisa e decise di non nasconderlo a Edward: «Non lo so come si incastri, spero in nessun modo. Quando Tina mi ha cercato, Mirko era ancora vivo e vegeto. Né io né Tina pensavamo minimamente che potesse morire.»
«In sintesi» dedusse Edward, «L'omicidio non c'entra niente con quello che state facendo tu e Tina, almeno in linea teorica, ma in realtà non ne sei tanto convinto e, anzi, temi che possa avere qualcosa a che vedere con voi.»
«È una faccenda molto complicata e, dovendo rendere conto a Tina di quello che eventualmente riferisco ad altri, non posso aggiungere molto. Però anche Mirko ha avuto, indirettamente, a che vedere con Tina. Non mi tolgo dalla testa l'idea che non sia stato ucciso per caso.»
«Quindi ti sei cacciato in un ennesimo guaio.»
«Se stai dicendo che me le cerco, ti sbagli di grosso. Ci sono finito per caso in passato e, di nuovo, ci sono finito per caso.»
Edward chiarì: «Non ti stavo giudicando. Anzi, sono molto legato a Tina, da quando eravamo compagni di squadra, ed è bello sapere che tu la stia aiutando, anche se non c'è niente tra voi. Quello che non capisco è cosa stai cercando. Sei venuto qui in Austria per questo: per cercare qualcuno o qualcosa, non è vero?»
«Te lo ripeto» ribadì Oliver, «Non sarebbe giusto scendere nei dettagli. Visto che, in ogni caso, hai capito qual è il mio scopo, questo te lo posso confermare: ho qualcosa da scoprire. Diciamo che Tina è stata contattata da una persona anonima - non posso dirti per quale motivo - e che ha bisogno di scoprire chi sia questa persona anonima prima che faccia qualcosa di peggio che limitarsi a contattarla.»
«Quindi ti sei messo alla ricerca di qualcuno che non sai dove trovare?» obiettò Edward. «Non è un po' come cercare un ago in un pagliaio?»
«A volte basta far parlare gli "aghi" giusti. Non hai idea di quante cose interessanti mi abbiate riferito tu e Selena. Parlare con voi è stato più illuminante che farlo con la Thompson e Harvey. A proposito, dato che siamo sull'argomento, hai qualcosa da dirmi su di loro?»
«Aspetta, Fischer... questo è un interrogatorio? Ed era un interrogatorio anche quello di ieri sera?»
Oliver minimizzò: «Niente interrogatori, ma è sempre interessante ascoltare quello che le persone hanno da dire, specie considerato che sto cercando una persona vicina a Tina, che possa avercela con lei, magari a sua insaputa.»
«Tina è sempre molto apprezzata, non penso che qualcuno voglia farle del male.»
«Eppure sta succedendo.»
«Sei sicuro che la persona anonima non abbia altri scopi?» azzardò Edward. «Da come ne hai parlato, sembra di avere a che fare con un ricatto o qualcosa di simile. A volte i soldi spingono di più dell'odio.»
«Non lo metto in dubbio» confermò Oliver, «Ma non ci sono mai state richieste economiche. Tina è convinta di avere a che fare proprio con qualcuno che ce l'ha con lei, ma non ha idea di chi possa detestarla fino a questo punto. Quella persona anonima ha fatto qualcosa di grave nei suoi confronti, e Tina sostiene di non avere idea di chi sia. Tu sai se qualcuno potrebbe odiarla al punto da volerla rovinare?»
Edward sospirò.
«Non lo so, sarebbe strano.»
«Cosa vuoi dire?»
«Ieri sera Selena ha menzionato degli hater, in Brasile. Mi è sembrato che fossi molto attento.»
Oliver osservò: «Non ti è proprio sfuggito nulla. Posso sapere le ragioni della tua stretta sorveglianza?»
«L'ho già detto e lo ribadisco, dove ci sei tu ci sono sempre dei casini» ribatté Edward. «La storia di te e Tina Menezes come coppia non mi convinceva, quindi ho pensato fosse opportuno capirci qualcosa di più. E non mi sbagliavo. Dopotutto anche tu hai indagato su di me, se non sbaglio.»
«Indagato è una parola grossa.»
«Ma vera.»
Oliver si arrese: «Va bene, hai ragione tu. Adesso, però, spiegami la storia degli hater. So che, in passato, Tina non era troppo apprezzata. O meglio, un tempo lo era, ma è successo qualcosa e ha perso l'appoggio di tanti suoi estimatori. Cosa ne sai?»
«Poco.»
«Però qualcosa sai.»
«Tina mi ha fatto delle confidenze.»
«Che tu hai riferito a Selena.»
«Selena è mia moglie. Preferisco che sappia con certezza che tipo di rapporto mi lega alle altre donne che ho intorno.»
«Quindi hai messo in chiaro che la Menezes è una persona con dei tormenti interiori che si confida con te, poi le hai riferito certe sue confidenze.»
«Una specie.»
«Credo dovresti riferirle anche a me.»
Edward gli ricordò: «Non sono sposato con te. Per fortuna.»
«La fortuna è reciproca» ribatté Oliver. «In ogni caso, sai che non ti sto chiedendo di parlarmi di affari riservati solo per il gusto di impicciarmi. Cos'è successo in passato, da spingere una parte dei fan di Tina ad abbandonarla e, addirittura, a darle contro? Hai parlato di hater, adesso parlane fino in fondo.»
Edward chiarì: «Non sono certo che quello che mi ha raccontato Tina sia vero. A volte tende a esagerare, a vedere tutto negativo. Potrebbero essere stati solo insulti sporadici ed essere stati ingigantiti in buona fede.»
«Insulti da parte di chi?»
«Presunti tifosi. Molti tifosi. Appassionati di categorie minori. È una vicenda che risale ai tempi della Formula 3 Brasiliana, in cui la Menezes gareggiava quattordici o quindici anni fa.»
«Conosco quella parte della sua carriera.»
«Quindi saprai anche di Manuel Serrano.»
«Sì, era il compagno di squadra di Tina.»
«Hanno avuto una relazione. Sono stati insieme per un anno, tra alti e bassi. Serrano era il favorito per il titolo, Tina non lo accettava tanto facilmente. Ci sono stati dei contrasti con la team principal, la nipote del titolare, Hernandez. Tina aveva dalla sua parte Donato Franzoni, l'uomo che c'era con noi mercoledì sera, ma Dalma Hernandez era convinta di puntare su Serrano. Aveva avuto risultati migliori di Tina e aveva sponsor più influenti, entrambe le cose giocavano a suo favore.»
«E poi?»
«Poi, effettivamente, verso la fine della stagione, Serrano sembrava a un passo dal titolo. Tutto quello che era successo aveva minato molto il rapporto tra lui e Tina. Tutto precipitò da un momento all'altro e furono in molti a prendersela con lei, come se avesse desiderato un simile epilogo.»

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Capitolo 6
*** [Tina] ***


Buongiorno!
Per prima cosa voglio ringraziare Sean Song, che mi segue puntualmente, e Nerve che successivamente ha iniziato a sua volta a seguire questo racconto. Grazie anche a chi legge nell'ombra, che invito a farsi vedere... non verrete sospettati del delitto!
Non sono una persona tanto da ricorrenze e in più non so che cosa alle persone che ho di fronte piaccia o non piaccia festeggiare, quindi tendenzialmente non vi augurerei buon anno... però in fondo augurare buon anno non significa augurare di passare bene il 31 dicembre o il 1° gennaio nello specifico, ma i successivi dodici mesi, quindi questo ve lo devo: BUON 2024 A TUTTI!

Per la prima da quando ho iniziato a pubblicare "Miss Vegas", credo inoltre di potere stimare quanti capitoli potrebbero essere. Prendete questa notizia con le pinze, ma per ora mi sento di dire sedici o diciassette. Sto lavorando al capitolo 12 al momento, che mi auguro di finire oggi o al massimo domani, e credo che altri quattro o cinque capitoli possano bastare.
Per il momento eccovi qui il capitolo 6, con la prossima pubblicazione che sarà indicativamente martedì o mercoledì (devo ancora decidere se pubblicare due capitoli la prossima settimana, o se metterne di nuovo tre).

Buona lettura! <3



Era l'ennesima giornata di caos e di accuse reciproche, un problema che di stava trascinando già da qualche settimana. Tina aveva avuto delle tensioni con la Hernandez, in passato, ma aveva sempre cercato di mantenere tutto entro la civiltà. Il suo compagno di squadra Serrano, evidentemente, non era capace di fare altrettanto. Proprio lui che era il favorito, stava urlando contro Dalma, accusandola di congiurare contro di lui.
«Ehi, state calmi!» sbottò uno dei meccanici.
Né il pilota né la team manager vollero ascoltarlo. Anzi, Tina ne era più che sicura, non si erano nemmeno accorti del suo intervento, tanto erano impegnati a sbraitare.
«L’ho detto e lo ripeto!» stava urlando Dalma. «Le tue congetture sono completamente prive di senso. Capisco che tu abbia una fantasia smisurata, ma in tal caso perché non ti costruisci una carriera alternativa come scrittore, invece di inventarti che ti stiamo volontariamente penalizzando?»
«No, boss, non te la cavi dandomi del visionario» replicò Manuel. «Da quando quel nuovo sponsor ha sborsato vari milioni per convincerti a cambiare da cima a fondo la livrea delle macchine, ecco che, ogni volta, ha iniziato a esserci qualche noia. Guarda caso, Tina non ha mai dei problemi e...»
«Taci, Manuel! Non sai quello che stai dicendo. Vai a riflettere sul senso della vita, dato che hai tempo, e smettila con queste storie.»
«Se tuo zio fosse completamente consapevole di quello che stai facendo, non esiterebbe a tornare a prendere il proprio posto. Evidentemente deve avere riportato danni ben peggiori di quelli che dicono tutti.» Manuel scosse la testa. «A questo si aggiungerà anche un crollo psicologico, non appena capirà che questo team sta andando allo sfascio.»
Tina si avvicinò.
«Ti vuoi dare una calmata?»
Manuel la ignorò, continuando a prendersela con Dalma: «Avrei fatto meglio a non ascoltare tuo zio, quando mi garantiva che questa stagione sarebbe stata un successo! Non vedo l'ora che il campionato finisca, così, comunque vada, non dovrò più avere a che fare con te!»
«Te ne puoi andare anche prima, se vuoi, a condizione che non metti in mezzo avvocati e tribunali» replicò Dalma. «Mio zio ha fatto un errore, scegliendoti, e purtroppo a me tocca pagarne le conseguenze.»
Manuel rise, sprezzante.
«Non dire cazzate, boss. Se me ne vado io, tu sei fregata.»
«Prova ad andartene» lo sfidò Dalma, «E poi vediamo chi è fregato.» Il tono della team principal si era fatto decisamente più calmo. «Tanto per cominciare, voglio verificare fino a che punto tu sia un visionario. Sei convinto di essere stato sabotato, quindi...»
Manuel la interruppe: «Voglio farti notare che non ho mai parlato espressamente di sabotaggio. Non...»
Nemmeno Dalma lo lasciò finire.
«Hai paura che la tua macchina sia inferiore rispetto a quella di Tina.»
«Ovvio che lo è! Altrimenti come spieghi il fatto che da giorni io non faccia altro che andare più piano di lui?»
«Magari» suggerì Tina, «Sono semplicemente più veloce di te?»
Per la prima volta, Manuel si girò a guardarla.
«Grazie per avermi illuminato con le tue perle di saggezza, Tina. Sta di fatto che non sei mai stata più veloce di me. Quindi è piuttosto facile fare due più due. Evidentemente il nostro nuovo main sponsor ama la tua immagine e, per compiacerlo, la signorina Hernandez ha deciso di darmi contro.»
«Ne ho abbastanza delle tue accuse» tagliò corto Dalma. «Per verificare se il problema è la macchina oppure sei tu, basta farla guidare a qualcun altro.» Guardò prima l'uno e poi l'altra. «Nell'ultima sessione di qualifiche, vi scambiate le auto e vediamo come va a finire.»
Manuel scosse la testa.
«No, non lo accetto.»
«E, sentiamo, perché?» domandò Tina. «Hai paura che possa batterti di nuovo?»
«I meccanici dovranno comunque mettere le mani sulle macchine, se dobbiamo scambiarci» replicò Manuel. «Possono intervenire come vogliono. Basta solo che...»
Dalma lo interruppe: «Sono io che do gli ordini. Vi scambierete le vetture, così vedremo se c'è davvero qualcosa che non va.»
Le ore passarono in fretta, senza che la strada di Tina e quella di Manuel si incrociassero di nuovo. Era ben lontano da lei, in attesa che giungesse la sessione finale di qualifica.
Mentre si allacciava la tuta, Tina si disse che il verde brillante le donava. Le stava perfino meglio degli abiti pieni di fronzoli che Claudia le faceva indossare in occasione delle apparizioni pubbliche, quando dimenticava di essere la sua preparatrice atletica e non la sua consulente di immagine.
Spesso Tina si rassegnatva a indossare quei vestiti, più che altro per accontentarla. Claudia non parlava mai di sé e non dava l'impressione di avere persone che la prendessero seriamente in considerazione, a Tina sembrava di fare una buona azione ogni volta in cui la assecondava.
Abbassò lo sguardo, sul proprio corpo avvolto dalla tuta dai colori vistosi che erano apparsi a stagione in corso sulle monoposto di Hernandez.
Era pronta.
Era pronta a dare il meglio di sé.
Era pronta a dimostrare di avere qualcosa da offrire.
Chissà, magari sarebbe riuscita anche a far tacere Serrano per un po’. Non che sperasse che la cosa durasse a lungo: prima o poi Manuel avrebbe trovato un altro motivo per fare polemica, proprio lui che era stato messo su un piedistallo fin da quando era stato ingaggiato.
Dietro di lei, qualcuno le posò una mano su una spalla, facendola sussultare. Tina si girò di scatto, già preparata all'ennesimo scontro.
Non fu così.
«Oh, sei tu, Donato.»
Franzoni la fissò con quel suo sguardo dolce, quasi paterno.
«Che cosa succede?»
«Non succede niente» minimizzò Tina.
«La stessa cosa che mi ha detto Manuel» osservò Donato. «Inutile dire che non credo né a te né a lui.»
Tina alzò le spalle, cercando di mostrarsi indifferente.
«Che tu mi creda o meno, non fa differenza. E non mi stupisce che tu non creda a Manuel. Tutto ciò che sa fare è dire cazzate, una dietro l'altra.»
«Non essere così dura con lui» la ammonì Donato. «Lo ammetto, ho sempre pensato che sia sopravvalutato, ma questo non significa necessariamente che abbia torto.»
«Stai dicendo che Dalma lo sta davvero danneggiando?»
«No, sto dicendo che forse, sull'auto che guida, c'è davvero qualcosa che non va. Un pilota le sente, queste cose.»
«Quando capita a me, cerco di capire quale sia il problema, cerco di aiutare la squadra a identificarlo» puntualizzò Tina. «Non mi metto a insultare Dalma, nonostante sappia bene come la penso, a proposito del troppo spazio che viene dato a Serrano.»
«È sgradevole sentirti parlare di lui chiamandolo per cognome» osservò Donato. «Ricordati che non è solo il tuo compagno di squadra.»
Tina scosse la testa.
«Ormai è solo questo.»
«Vi ho visti, ho visto come vi guardavate. So che vi amate.»
«L'amore è un concetto fin troppo astratto, per i miei gusti. Tornando al discorso di prima, è abbastanza evidente che Manuel non abbia nemmeno l'intuizione di capire che un problema può esserci senza che qualcuno lo stia rallentando deliberatamente.»
«Appunto per questo dico che è sopravvalutato» puntualizzò Donato. «Manuel è uno di quei piloti di oggi, convinti di dovere solo guidare. Non è in grado di comprendere la macchina, di entrarvi in simbiosi. Ho lavorato con tuo fratello e, ti assicuro, era molto più valido di Manuel.»
«L'ho sempre detto che Christian non avrebbe dovuto ritirarsi» ribatté Tina. «Dice testualmente che non glielo fa fare nessuno di "elemosinare soldi agli sponsor per rischiare di morire al volante di mezzi meccanici colorati come pappagalli sudamericani". Non mi aspettavo che fosse sufficiente un incidente banale per allontanarlo da un mondo che sosteneva di amare più di ogni altra cosa.»
«A volte, semplicemente, sopravvalutiamo ciò che amiamo. Se Christian pensava fosse giusto così, non spetta a te giudicarlo.»
«Lo so.»
«Inoltre, non mi sembra il momento di pensare a Christian. Adesso devi dimostrare quanto vali.»
Tina annuì.
«Lo farò. Dimostrerò a Manuel che sono più veloce di lui.»
Donato obiettò: «Non mi riferisco al qualificarti davanti a lui. Puoi fare molto di più.»
«Non vedo cos'altro potrei fare.»
«Puoi capire se il problema c'è, aiutare la squadra a risolverlo. In parole povere, puoi riuscire in ciò in cui Manuel sta fallendo.»
Il suggerimento di Donato aveva molto senso, ma Tina era convinta che non ci fossero problemi sull'auto del suo compagno di squadra.
«È tutta una questione mentale» replicò Tina. «Manuel è convinto che io sia più lenta di lui e che non ci siano altre possibilità, se non un guasto o qualche problema non ancora identificato. Non è così. Se dall'alto c'è chi pensa che Serrano debba vincere il campionato, non c'è niente che io possa fare per impedirlo. Posso solo cercare di dare il meglio di me. Finalmente ci sto riuscendo, sto dimostrando di cosa sono capace.»
Donato obiettò: «Non puoi saperlo, prima di esserti messa al volante.»
Tina gli strizzò un occhio.
«Certe cose si sanno, senza doversene accertare. Non...»
Si interruppe, nel vedere Claudia che si avvicinava a loro.
Anche Donato l'aveva notata.
«Vi lascio sole. Io e te ci siamo capiti, mi auguro.»

Donato diede un'occhiata all'orologio che portava al polso, poi osservò: «Si sta facendo tardi. Credo sia ora che torni dal tuo fidanzato. Potrebbe seriamente chiedersi che fine hai fatto.»
Tina gli strizzò un occhio.
«Hai paura che sia geloso di noi due?»
«Fischer è un bell'uomo e avrà vent'anni o venticinque in meno di me. Non penso che abbia nulla da temere. È solo che, quando c'era ancora mia moglie, se la portavo da qualche parte insieme a me, trascorrevo il tempo insieme a lei. Non mi spiego come tu possa preferire la mia compagnia a quella del tuo bel giornalista.»
«Non è questione di preferire la tua compagnia a quella di Oliver. È solo che io e lui ci vediamo ogni giorno, mentre io e te... chissà quando ti rivedrò. Abbiamo solo questo fine settimana per passare un po' di tempo insieme e ripercorrere i bei tempi passati. O i brutti tempi passati.»
Donato scosse la testa.
«Niente brutti tempi passati, almeno per stasera. Raccontami di Claudia, come sta? Lavora ancora per te?»
Tina confermò: «Claudia lavora ancora per me, anche se è da un po' che non la vedo. È in ferie, da più di dieci giorni ormai.»
«È un suo diritto.»
«Sì, certo, non lo metto in dubbio. È solo che non si fa sentire da allora.»
«E la cosa ti preoccupa?»
«Un po'. Non ho idea di dove possa essere. Ha detto che sarebbe andata al mare, ma è sempre sola. Mi piacerebbe se ogni tanto mi chiamasse, o se almeno tenesse acceso il telefono, in modo da poterla chiamare io stessa.»
«Magari è in buona compagnia.»
«Secondo me è sola.»
«Cosa te lo fa pensare?»
«Claudia è sempre sola. Ci sono solo io nella sua vita.»
Donato puntualizzò: «Il fatto che non ti parli della sua vita privata, non significa che non ne abbia una. Potrebbe avere degli amici, un compagno...»
«Lo escludo» replicò Tina. «Claudia non mi ha mai parlato di uomini.»
«Una compagna, allora» propose Donato.
«Non mi ha mai parlato nemmeno di donne. Lo escludo nel modo più assoluto, Claudia non sta insieme a nessuno. Anche perché per anni si è concentrata solo su di me... e non so se le sia convenuto così tanto. Alla fine che cosa le resta?»
«Se fossi al posto tuo, non mi preoccuperei tanto di Claudia, delle sue vacanze e della sua decisione di lavorare per te per tutti questi anni. Ciascuno gestisce la propria vita, il proprio lavoro e il proprio destino.»
Tina abbassò lo sguardo.
«Eppure, a volte, sento di avere in mano anche quello degli altri.»
«Non mi stupisce» ammise Donato. «È assolutamente inevitabile che prima o poi succeda.»
Tina fu scossa da un brivido.
«Che succeda cosa?»
«Qualcosa che ci fa dubitare di noi e di tutto ciò che ci circonda. A volte siamo nella posizione di prendere decisioni che potrebbero avere delle conseguenze.»
Un altro brivido attraversò il corpo di Tina, ma non poté superare per intensità il gelo della sua anima.
«Di cosa parli?»
Donato la rassicurò: «Non parlo di niente.»
Tina decise di cambiare discorso, e soprattutto di esplorare un argomento che, fino a quel momento, era stato taciuto pressoché totalmente.
«Perché sei qui?»
«Invito di Veronica.»
«Sì, ma perché Veronica ti ha invitato? Non fa nulla per caso.»
Donato sospirò.
«Non ti si può nascondere proprio niente, vero?»
«Non vedo perché dovresti avere qualcosa da nascondermi» replicò Tina. «Il motivo per cui sei qui, per caso ha a che vedere con me?»
«No, affatto» chiarì Donato. «Ho fatto da tramite tra la Young e uno sponsor. Nulla di importante, è un marchio che comparirà sulle monoposto e sui caschi della Thompson e di Nakamura soltanto in Brasile.»
«Ed è sufficiente per essere invitato a passare un intero fine settimana nell'area hospitality della Pink Venus, durante un gran premio che non ha nulla a che vedere con il Brasile?» obiettò Tina. «Perdonami, ma faccio fatica a capacitarmene.»
«Non so cosa dirti, puoi faticare a capire finché vuoi, ma è la realtà dei fatti» replicò Donato. «Per la Pink Venus qualsiasi sponsor è oro, anche se si tratta di una sponsorizzazione minore. Dopo la fusione dei due campionati, le scuderie venute dalla Diamond Formula si sono ritrovate in nette difficoltà finanziarie. Avere qualcuno che sborsi denaro è sempre una buona notizia e Veronica Young mi è molto grata per il contributo che ho dato alla sua causa.»
Tina annuì.
«Sì, spiegata così inizia ad avere senso.»
«Lo vedi? Tutto deve essere guardato dal lato giusto.»
«Diciamo che mi fa uno strano effetto averti ritrovato qui, a distanza di così tanti anni, in un momento...»
Si interruppe. Non doveva mettere al corrente Donato di quanto quel periodo fosse complicato, per lei. Franzoni apparve incuriosito dalla frase lasciata a metà e insisté: «In un momento...?»
Tina si sforzò di mostrargli un radioso sorriso.
«In un momento molto bello della mia vita. Voglio dire, ho trovato l'amore da poco e l'ho appena annunciato. È bello potere condividere anche con te un momento come questo.»
Anche Donato fece un sorriso.
«Claudia cosa ne pensa?»
«Di cosa?»
«Di Oliver Fischer.»
«Oh...» Tina si ritrovò spiazzata. «Veramente non...»
«Claudia non l'ha ancora conosciuto?»
«No.»
«E non sa della vostra relazione?»
Tina abbassò lo sguardo.
«Non c'è stata occasione di parlargliene. È sempre così sola, non volevo metterla a disagio. O almeno, non volevo che fosse la prima a scoprirlo.»
«Tina, guardami» la pregò Donato. «Che cosa sta succedendo? Intendo sul serio.»
Tina alzò gli occhi.
«Di cosa parli?»
«Ho sentito sia tua madre sia tuo fratello. Nessuno dei due ha la più pallida idea di chi sia Oliver Fischer.»
«Ho trentotto anni» gli ricordò Tina. «Esco con chi mi pare, scopo con chi mi pare e mi metto insieme a chi mi pare. Perché ti stai intromettendo nella mia vita privata? Per caso Christian o mia madre hanno espresso qualche preoccupazione? Non mi risulta.»
«Non sono preoccupati per te, semplicemente non sanno chi sia Fischer. Jenys ha detto che le pare un bell'uomo e che spera di poterlo vedere dal vivo, prima che tu possa cambiare idea. Christian, invece, mi ha fatto capire che ha già una vita sentimentale propria da gestire, invece di preoccuparsi per la tua.»
«Mia madre ha detto la stessa cosa anche a me, quando ha visto la foto» lo informò Tina. «Christian non me ne ha parlato, non ci siamo sentiti, in questi giorni.»
Donato precisò: «Non ti sto criticando perché non hai messo al corrente i tuoi familiari della tua relazione con Oliver prima di renderla pubblica, è un tuo diritto. Sto solo pensando a quanto tutto ciò sia strano. Quando stavi con Manuel, non hai mai fatto proclami, ma neanche grossi misteri.»
«Quando mi sono messa con Manuel avevo ventitré anni e non avevo mai avuto un ragazzo, prima di quel momento» ribatté Tina. «Adesso, al confronto, sono una persona vissuta. Ho avuto qualche storia che ho dovuto nascondere, per un motivo o per l'altro, una addirittura con un altro pilota.»
«Oh, questo è interessante.»
«Mi ero legata tanto a lui.»
«E poi?»
«Poi ci siamo lasciati.»
«Posso chiederti perché?» si informò Donato. «Il fatto di essere colleghi ha reso difficili le cose, tra di voi?»
«Non era uno che stava nelle retrovie, non c'era una rivalità diretta, tra di noi, almeno i primi tempi» puntualizzò Tina. «Solo l'anno scorso, quando abbiamo avuto il nostro momento di grazia e spesso ci siamo ritrovati a lottare per la bassa top-ten, ci siamo ritrovati avversari. Una volta l'ho accusato di avermi rallentata di proposito durante una sessione di qualifica. Ha detto che ero esagerata e ossessionata dall'idea che tutti ce l'avessero con me. Mi ha detto, testualmente, che avrei dovuto accettare la realtà e che la realtà è che nessuno mi prende in considerazione. È stato nella primavera dello scorso anno e non ci ho dato peso. Poi, un po' di tempo dopo, è venuto a scusarsi per quello che mi aveva detto. Mi ha chiesto se volevo bere qualcosa con lui e ho accettato. Mi ha parlato della sua vita, del suo matrimonio in crisi profonda e di quanto gli mancasse avere accanto a lui una donna che lo apprezzasse.»
«Siete stati a letto insieme?»
«Quella sera ci siamo fermati ai preliminari, perché non se la sentiva di passare oltre. Però è stato bello lo stesso, molto bello.»
Donato osservò: «Si sente, da come ne parli.»
Tina avvampò. Il ricordo di quella serata, di lui che le sbottonava i pantaloni, della sua mano che la toccava, era molto più eccitante di quanto volesse ammettere. Nonostante in seguito si fossero spinti molto oltre, quello era stato l'inizio di tutto.
«Lo amavo, sul serio, e sono convinta che anche lui amasse me. Però lo capisco, aveva qualcosa di già costruito, una moglie che poi gli ha proposto di riprovarci, dei figli... Non potevo aspettarmi di essere in cima alle sue priorità. Mi basta solo avere vissuto insieme a lui pochi mesi felici. Se potessi tornare indietro, rifarei esattamente lo stesso.»
«Ti capisco. Ti capisco perfettamente. Solo, fatico a comprendere come tu possa essere ancora tanto coinvolta da quell'uomo e, al contempo, stare insieme a Oliver Fischer.»
Tina sapeva di essersi spinta troppo oltre, ma non poteva controllare le proprie emozioni. Cercò, quindi, di limitare i danni: «Lo so, non è bello pensare ancora a un ex, dopo avere trovato un altro partner. Spero di potere dimenticare il passato una volta per tutte. E soprattutto spero che un giorno Oliver possa diventare il centro della mia vita. Se così non dovesse essere, pazienza. Forse non tutti siamo destinati a stare insieme a qualcuno. Chissà, magari ha ragione Claudia. Oppure Dalma, anche lei preferiva restare da sola.»
«Le piaceva tuo fratello.»
«L'ho sempre pensato.»
«Christian la ricambiava.»
«Lo so.»
«Eppure, quando si è fatto avanti con lei, Dalma l'ha rifiutato» ricordò Donato. «Evidentemente non c'era spazio per altro nella sua vita, solo il team di famiglia.»
«Non posso darle torto» replicò Tina. «Da un giorno all'altro, si è ritrovata in una posizione di enorme responsabilità.»

La serata che metteva fine a un weekend tutto sommato disastroso era terminata e Manuel non ricordava nemmeno cosa l'avesse portato ad accettare l'idea assurda di andare a festeggiare insieme a tutti gli altri.
Non c'era nulla da festeggiare, anche se era riuscito a vincere una gara che, in un primo momento, non era sembrata alla sua portata. In più continuava a nutrire profondi sospetti nei confronti di Dalma Hernandez: dopo lo scambio vetture, Manuel era riuscito senza troppe difficoltà a battere la compagna di squadra, la quale poi aveva vaneggiato una serie di scuse poco credibili.
Faceva di tutto pur di non ammettere di essere stata battuta e, come al solito, tutto il resto era passato in secondo piano. Lo stesso Manuel faticava a ricordare tutte le volte che si erano scambiati parole dolci e avevano camminato mano nella mano. I momenti in cui avevano fatto l'amore gli sembravano ormai lontane fantasie, un po' come quelle che Christian Menezes si faceva su Dalma. Gli aveva confidato di averla baciata, una volta, l'anno precedente, ma poi la Hernandez si era tirata indietro, affermando di trovarlo un ragazzo interessante, ma troppo giovane per lei, che aveva ventotto anni.
C'era anche Christian quel giorno, arrivato in extremis per assistere a quello che credeva un trionfo della sorella. Era rimasto senza dubbio molto deluso, quando Tina, poco dopo la partenza, aveva speronato Manuel durante un attacco malriuscito. L'aveva mandato in testacoda, ma era stata costretta al ritiro e poi, in seguito, senza dubbio, anche ad assistere alla sua rimonta.
Quella sera non si era neanche avvicinata a lui, lasciandolo a trascorrere il proprio tempo in compagnia di bicchieri che ben presto erano divenuti vuoti.
Se n'era già andata, o quantomeno Manuel non la vedeva più.
Si diresse fuori dal locale.
Gli girava la testa.
Doveva avere esagerato con gli alcolici, quella sera.
Aveva la vista annebbiata.
Non riconobbe nemmeno Christian Menezes, se non quando era ormai troppo tardi.
Passò oltre: non aveva voglia di perdere tempo con lui, non dopo quello che era successo tra di loro in passato e che, di tanto in tanto, gli veniva rinfacciato. Quando non succedeva, era comunque un'ombra dalla quale Manuel non era mai riuscito a liberarsi del tutto.
Si sedette sul bordo di una fontana: il capogiro si era fatto più intenso e doveva tornare in sé, prima da andarsene. Non si accorse di Christian, almeno finché non lo vide seduto alla sua sinistra.
Non disse nulla, fu l’altro a parlare.
«Oggi ti è andata bene.»
Manuel annuì.
«Già.»
«Dovresti cercare di ripeterti più spesso» gli suggerì Christian. «Se continui di questo passo, finirai per vincere il titolo a mani basse. Non l'avrei mai detto, pensavo fossi destinato a restare il solito sfasciacarrozze.»
Manuel non replicò. Non sopportava l’etichetta che Christian e, a suo tempo, gli avevano cucito addosso, seguito a ruota da chiunque altro - chiunque a parte Hernandez, che aveva sempre creduto in lui. Menezes si era infortunato dopo una collisione avvenuta tra di loro, ma Manuel non si sentiva responsabile di avere messo fine alla sua carriera. Christian avrebbe potuto tornare al volante, dato che si era ripreso perfettamente. Aveva scelto in prima persona di appendere il casco al chiodo e di dedicarsi ad altro.
«Anche mia sorella» riprese Christian, «Avrebbe potuto fare un'ottima gara, se fosse riuscita a superare indenne il primo giro. Comunque negli ultimi eventi ti ha battuto senza troppe difficoltà. Ho sempre saputo che ha il potenziale per essere migliore di te.»
Quelle battute, con Christian, erano sempre state all’ordine del giorno, in passato, quando erano ragazzini, e forse non c'era nulla di cui offendersi.
«Me lo auguro anch’io» rispose Manuel, sprezzante. «Almeno quando è davanti da me non ha la possibilità di buttarmi fuori pista, come ha cercato di fare oggi.»
Si alzò in piedi.
Voleva andare via.
Non ne poteva più né di Christian né di tutto il resto.
«Ehi, aspetta» lo pregò, un istante più tardi, il fratello della sua compagna di squadra. «Io e te stavamo facendo un discorso serio.»
Manuel scosse la testa.
«Non faccio mai discorsi seri quando sono ubriaco.»
«Non me ne frega un cazzo di che cosa hai bevuto» obiettò Christian. «Io e te stavamo parlando, quindi ti pregherei di ascoltarmi ancora per un minuto.»
«Stavamo parlando» insisté Manuel, «Ma di nulla di cui valesse la pena di parlare.»
Christian sbuffò.
«Lo ribadisco: Tina è migliore di te.»
«E quindi?»
«Quindi sono pronto a scommettere che vincerà più gare di te. Ci stai?»
Il discorso si faceva interessante. Manuel ribatté: «Perché no? Dimmi solo quanto sei disposto a perdere, pur di scommettere su di lei.»
«Perdere?» ribatté Christian. «Credimi, Manuel, non ho nemmeno la più pallida idea di che cosa significhi.»
«Questo lo vedremo.»
«No, davvero, dico sul serio. Non me ne frega niente di cosa pensa Dalma Hernandez, vincerò il titolo e tua sorella dovrà aspettare almeno la prossima stagione per ottenere qualcosa, se sarà ancora qui.»
«Non credo sarà qui. Non farà una terza stagione in Brasile.»
«Me lo auguro per lei, ma al momento la cosa non mi tocca più.»
«Invece credo che ti tocchi» replicò Christian. «Non ho dimenticato quando, qualche anno fa, sognavamo di diventare qualcuno, un giorno. Non so se abbiamo centrato l'obiettivo, o se abbiamo fallito miseramente.»
«Nel mio caso» obiettò Manuel, «Non sempre nel migliore dei modi, vista la reputazione che mi ritrovo, anche grazie alle tue accuse infondate.»
«La reputazione non è fondamentale» replicò Christian. «Cosa pensi quando ti guardi allo specchio?»
Manuel ribatté: «Che ho charme.»
Christian rise.
«Questo dimostra che hai una visione distorta della realtà.»
«Al di là della reputazione» osservò Manuel, «Alla fine sarà comunque tua sorella, quella che più di ogni altro riuscirà a far parlare di sé, vada come vada.»
«Sì, è vero» fu costretto ad ammettere Christian. «Si è fatta notare parecchio negli ultimo tempi, ha superato ogni aspettativa. Però non mi dispiace. Almeno metterà a tacere quelli che continuano a sostenere che le donne non possono essere vincenti, mai, per nessuna ragione al mondo.»
Manuel borbottò: «E anche quelli che dicono che le donne non possono essere stronze. Tina lo è, molto più di quanto pensassi.»
Christian riprese a ridere.
«Dipende da come la vuoi vedere. Il mio obiettivo era battere i miei avversari, annientarli. Immagino che per Tina sia la stessa cosa. Non ha niente contro di te, semplicemente sei il suo compagno di squadra e finirà per vincere il titolo. Secondo me dovresti cercare di parlarle con calma.»
«Di cosa?»
«Di voi.»
«Non c'è niente da dire su di noi.»
«Non mi risulta che vi siate lasciati. O almeno, mia sorella non mi ha detto niente di tutto ciò.»
Manuel replicò: «Io e Tina nemmeno comunichiamo, è per questo che non ci siamo ancora lasciati. Siamo arrivati a un punto di non ritorno.»
«Comunque vada a finire tra di voi» gli suggerì Christian, «Ti converrebbe chiarirti con lei e mettere fine alle vostre polemiche.»
«Le nostre polemiche non avranno mai una fine» replicò Manuel. «Tina sta dalla parte di Dalma, dato che le conviene. Fintanto che questo non cambierà, non ci sarà niente da fare.»
Christian puntualizzò: «Sono cose che capitano, in un team. Non è niente che tu o lei non possiate sopportare. Sono certo che, nell'interesse di tutti...»
Manuel lo interruppe: «L'interesse di tutti non esiste, non è mai esistito. Ci sono gli interessi della squadra, ma non corrispondono agli interessi del singolo. Non è questo, comunque, il problema. Quando sono stato ingaggiato, sapevo che gli sforzi della squadra di sarebbero concentrati su di me. Hernandez diceva sempre che Tina era competitiva, ma non era ancora pronta per lottare per il titolo. Anche Dalma sembrava pensarla allo stesso modo... e sai cosa ti dico? Per me non sarebbe un problema se mi dicesse: "mi sono sbagliata" o "ho cambiato idea". Però dovrebbe dirlo chiaramente, invece di farmi credere che tutto ruoti ancora su di me!»
«Hai mai pensato che Dalma potrebbe dire la verità?» azzardò Christian.
«Non dire cazzate!» sbottò Manuel. «Solo perché sei innamorato di lei, non significa che tu debba negare la realtà.»
«Franzoni dice che sulla tua macchina potrebbe esserci qualche problema, che ancora non è stato identificato.»
«Anche Tina ha guidato quella macchina.»
«E quindi?»
«Quindi, quando si è qualificata dietro di me, e neanche a pochi centesimi di secondo, ha inventato qualche scusa ridicola, invece di affermare che l'auto aveva dei problemi. Puoi non fidarti di me e delle mie sensazioni, ma sei sicuro di non credere nemmeno a tua sorella?»
Christian abbassò lo sguardo.
«Su queso hai ragione.»
«Vedo che siamo d'accordo.»
«Tina è sempre stata un genio, da questo punto di vista» concluse Christian. «A volte mi è sembrato che lei e l'auto fossero un cosa sola.»
Manuel sentenziò: «Questo ci riporta a Dalma Hernandez e al nuovo sponsor. Mi stanno rallentando di proposito.»

Pensare al passato era doloroso, perciò Tina puntò a un'inversione di tendenza, concentrandosi sul presente.
«E tu?» buttò lì.
Chiaramente Donato non comprese quella domanda.
«Io cosa?»
«Tu, dopo Luz...» Tina si rese conto di sentirsi ben più imbarazzata di quanto avrebbe voluto. «Insomma, ci siamo capiti, credo.»
«Oh, no» obiettò Donato. «Ti assicuro che non ho capito affatto. Ti hanno mai spiegato che, quando formuli una domanda, dovrebbe essere una frase di senso compiuto? Intendo dire, con almeno un verbo in mezzo.»
Tina si lasciò andare: «Hai avuto altre donne, dopo di lei?»
«Ma no!» esclamò Donato, con un tono che lasciava trapelare quanto la domanda lo inorridisse. «Come ti viene in mente?»
I casi potevano essere due: o Franzoni era talmente orripilato dalla prospettiva di trovare un'altra partner dopo la morte della moglie, oppure lo era dell'eventualità che trapelasse qualcosa su sue presunte avventure sentimentali.
«Scusami, pensavo che...»
«Pensavi che potessi tradire la memoria di Luz?»
«Tradire è una parola grossa. La formula matrimoniale non è forse "finché morte non vi separi"?»
«Queste sono le parole che a suo tempo pronunciò il prete che ci unì in matrimonio. Che cosa vuoi che ne sappia un uomo costretto al celibato, di come si viva dopo avere perso la persona amata? Per me è come se Luz ci fosse sempre anche se le cose tra noi non andavano più troppo bene, quando era ancora in vita. Non ci sarà mai un'altra persona al posto tuo. Bisogna trovarsi nella mia posizione per capire e, te lo assicuro, nemmeno la tua potrebbe bastare. Eri ancora molto giovane, quello che c'era tra te e Manuel era ancora molto vago.»
Tina annuì.
«Lo so. Molto probabilmente ci saremmo lasciati. Non c'era più comunicazione tra noi. Eravamo troppo presi da noi stessi e dalle nostre carriere. Voglio dire, nella nostra posizione era normale: eravamo due piloti emergenti, ciascuno di noi era un intoppo per l'altro, un ostacolo da superare. Se le nostre polemiche si fossero fermate in pista, magari avrebbe potuto funzionare. Però non andava così: ciò che succedeva in pista si trascinava fuori e abbiamo iniziato a diventare due estranei. La nostra relazione stava naufragando e continuavamo a mettere il campionato in cima alle nostre priorità. »
«Manuel era un ragazzo molto competitivo.»
«Già.»
«E tu eri più competitiva di lui.»
Eccola, una di quelle lame ghiacciate capaci di colpirla all'improvviso, quando meno se lo aspettava. Donato Franzoni non doveva esserne consapevole - non le avrebbe mai fatto del male deliberatamente - ma quella era la reazione che provava quando qualcuno le sbatteva in faccia verità fin troppo scomode da accettare.
«Ho fatto degli errori, lo so» ammise. «Avrei dovuto parlare con Manuel, cercare di trovare un punto di incontro.» Per fortuna c'era un'altra spiegazione ai sensi di colpa che la tormentavano, oltre a quella più importante, che custodiva dentro di sé da tanti anni. «Purtroppo non l'ho mai fatto e tutto ciò che mi resta di lui sono accuse reciproche e tensioni mai risolte. Deve essere morto pensando che lo odiassi.»
«No, non l'ha mai pensato, ne sono certo.»
«Vorrei avere le tue stesse certezze.»
«Manuel era come te. Magari non proprio impulsivo come te, si fermava un po' più a riflettere, però anche per lui valeva la stessa cosa. Era un momento difficile, per voi, ma non ha mai pensato che tu lo odiassi. Non...» Donato si interruppe. «È tuo questo telefono che squilla?»
Se n'era accorto prima della stessa Tina che, scusandosi per l'inconveniente e assicurandogli che si sarebbe liberata in gran fretta di chiunque fosse lo scocciatore, prese fuori il cellulare, spalancando gli occhi per lo stupore.
«Claudia, finalmente!» esclamò, subito dopo avere accettato la chiamata e portato il telefono all'orecchio.
«Mi cercavi?» chiese la personal trainer, con il suo tipico tono pacato e, in apparenza, carico di disinteresse per tutto e per tutti.
«Eri sparita nel nulla!» ribatté Tina. «Mi sono chiesta per giorni che fine avessi fatto.»
«Erano le mie ferie» puntualizzò Claudia. «Ti avevo detto che non ci sarei stata per nessuno.»
Tina si addolcì.
«Ti sei divertita al mare?»
«Non troppo, ma passare tutti questi giorni senza di te mi ha permesso di rigenerarmi.» Anche la voce Claudia si stava facendo più accomodante. «Ho sentito che la Young ti ha invitata al Redbullring.»
«Infatti mi trovo in Austria, adesso. Sarò di nuovo a casa lunedì.»
«Avrai bisogno di me subito?»
«Se non sei a disposizione, posso fare anche a meno di te.» Tina era desiderosa di cambiare discorso. «Non hai idea di chi ci sia qui con me in questo momento.»
«Esatto, non ne ho idea» ammise Claudia. «Ho letto che ti sei fidanzata con un certo Fischer. Devo dire che sono un po' sorpresa. Non riesco a immaginarti con un uomo al tuo fianco.»
«Potrei dire la stessa cosa di te.»
«Infatti sei tu che hai un fidanzato, non io. Ma fai bene ad approfittarne, tu che sei giovane.»
«Guarda che non sei così decrepita» le ricordò Tina.
«Ho già superato i cinquanta, e non esattamente da ieri» replicò Claudia. «Tornando a noi, se sei fidanzata con questo Fischer, immagino che ti troverai insieme a lui, in questo momento.»
Tina ribatté: «Lo raggiungerò tra poco, ma per il momento mi trovo insieme a Donato Franzoni!»
Claudia ripeté il nome: «Donato Franzoni?» Dava l'impressione di cercare la sua identità in un cassetto della memoria. «Non era un tizio del Brasile?»
«Esatto.»
«L'assistente di Dalma Hernandez?»
«Proprio lui.»
«Me lo ricordo vagamente» ammise Claudia. «Che cosa ci fa lì con te?»
Tina spiegò: «Conoscenze comuni. Anche lui è stato invitato da Veronica. Vuoi che te lo passo? Così lo saluti?»
Claudia rifiutò gentilmente: «Sono un'estranea per lui, non avrebbe molto senso, ti pare?»
«Hai ragione» osservò Tina. «Non so perché mi sia venuta una simile idea.»
«Salutalo tu, da parte mia.»
«Sarà fatto.»
Donato intervenne: «Dille che ho sentito e salutala da parte mia. Non è un problema che mi abbia descritto come un estraneo. Anzi, non mi aspetterei altro. Dille che provo stima per lei, capace di sopportarti da così tanti anni.»
Tina riferì il messaggio, poi aggiunse: «Sei proprio sicura che non lo vuoi salutare di persona?»
«Certo che ne sono sicura» confermò Claudia. «Anzi, non voglio ulteriormente intralciare la vostra serata. Divertiti, Tina. Hai bisogno di un po' di serenità. Spero che vada tutto bene, da quel fronte.»
«Potrebbe andare meglio.»
«Altri messaggi?»
Tina la rassicurò: «Non sono sola. Posso cavarmela senza di te ancora per un po'. Oliver sa tutto. Starà dalla mia parte fino alla fine, se sarà necessario.»
Claudia le raccomandò: «Non fare cazzate.»
«Non faccio mai cazzate.»
«E stai lontana da Harvey. È un uomo pericoloso.»
Tina la rassicurò, prima di salutarla e riattaccare: «Non mi metterò nei casini, te lo garantisco.»
Claudia non aveva tenuto in considerazione di quanto facilmente chi era nelle vicinanze potesse udire le sue parole: fare una telefonata farsi sentire dalle persone che si trovavano in compagnia dell'interlocutore non era molto semplice.
«Sbaglio o ti ha parlato di Harvey?» si informò Donato.
Tina abbassò lo sguardo.
«Proprio così.»
«Cosa succede?»
«È meglio che tu non lo sappia.»
«Il manager di Amber Thompson sembra una persona perbene» osservò Donato. «Se non lo è, vuole dire che è molto bravo a ingannare le persone. Se sai qualcosa che potrebbe metterlo in cattiva luce, devi dirlo.»
Tina obiettò: «Non so se faccio bene a parlartene.»
Donato mise in chiaro: «Non devi parlarne con me. Devi parlarne con tutti. Sei una persona celebre e hai molto seguito sui social. Se racconti qualcosa di molto negativo su di lui, lo rovini. Indipendentemente dal fatto che quello che racconti di lui sia vero o no. Hai un potere enorme.»
«Appunto» replicò Tina. «Questo potere non lo voglio. È vero, ho il sospetto che Ryan Harvey abbia fatto qualcosa di spregevole, ma non ho prove contro di lui e non posso esserne certa al cento per cento. La probabilità di sbagliarmi non la ritengo alta, ma senz'altro esiste. »
«Per te non cambierebbe niente, se ti sbagliassi» puntualizzò Donato. «I social sono i social, non un tribunale. Non importa che una persona possa provare di essere innocente, quello che conta l'accusa. Che sia vera o non lo sia, non ha alcuna importanza. Se pensi che Harvey se lo meriti, fai quello che devi fare. Perderà tutto: la Thompson sarà costretta a licenziarlo e forse dovrà anche lasciarlo. A quel punto, Amber rischierebbe di trovarsi a sua volta nella bufera. Veronica Young è una donna molto pragmatica, non dubito che potrebbe spingere per liberarsi di lei. A quel punto, potrebbe seriamente prendere in considerazione l'idea di rimetterti al volante. Avresti solo da guadagnarci.»
Tina scosse la testa.
«No, non è così. Mi dispiace dirtelo, ma credo che tu sia troppo vecchio per capire queste dinamiche. Se io accusassi pubblicamente Harvey di qualcosa di molto grave, sarebbe rovinato a vita, indipendentemente dal fatto che sia colpevole o meno. Se poi venisse fuori che mi sbagliavo, farei una fine analoga alla sua. Perderei totalmente credibilità e io stessa finirei molto male.»
Donato sospirò.
«Forse hai ragione, sono troppo vecchio per capire. Spero comunque che tu possa prenderti le tue rivincite. O la tua vendetta.»
Le parole pronunciate da Franzoni rimasero a correre avanti e indietro per la testa di Tina, confondendole sempre più le idee, invece di schiarirsele. Da un lato, le era stata suggerita su un piatto d'argento una soluzione perfetta per liberarsi di Ryan Harvey, se davvero aveva fatto quello che sospettava. La possibilità di mettere in atto una simile strategia era molto ghiotta, ma dall'altro lato non era convinta di volere diventare ciò che aveva detestato con tutte le proprie forze fin dal momento in cui le era stato chiaro quali fossero i rischi del dare alle persone la possibilità di essere ascoltate da vaste platee.
Si sforzò di non pensarci più, mentre rientrava nell'hotel nel quale stava trascorrendo le notti. Aveva bisogno di rimanere completamente sola e di staccare, desiderio che, tuttavia, non era destinato a concretizzarsi: Oliver Fischer la stava aspettando davanti alla sua porta e dava l'impressione di essere in attesa già da un mezzo.
Tina tentò la strada dell'ironia: «Per caso sentivi la mia mancanza e non ce la facevi ad aspettare fino a domani?»
«Ce l'avrei fatta benissimo» ribatté Oliver, «Ma non sempre mi tocca fare quello che vorrei. Per esempio, poco fa ho incontrato il tuo ex compagno di squadra.»
«Edward?»
«Non saprei, quanti altri tuoi compagni di squadra ci sono da queste parti?»
«Hai incontrato Edward per caso e sei venuto da me» dedusse Tina. «Mi hai aspettato nonostante non ci fossi, invece di chiamarmi...»
«Non ho incontrato Roberts per caso» precisò Oliver. «Mi ha chiesto di vederci, mi ha detto che doveva parlarmi. Abbiamo parlato di te.»
Tina aprì la porta.
«Entra, Fischer» lo invitò, «E spiegami che cosa doveva dirti Edward su di me.»
Oliver non se lo fece ripetere due volte. Fu proprio lui a richiedere la porta e ad adocchiare una sedia, sulla quale si accomodò senza aspettare l'invito di Tina, che rimase in piedi di fronte a lui.
«Allora, Fischer?»
«Edward Roberts ha capito che non siamo una vera coppia.»
«Come ha fatto a capirlo?»
«Dice che mi conosce e che sa che ho l'abitudine a mettermi nei casini» spiegò Oliver. «Ha fatto due più due ed è arrivato alle sue conclusioni.»
«Conclusioni che, immagino, tu avrai smentito.»
«Ti assicuro che gli avrei dato del pazzo visionario, se solo avessi avuto qualche possibilità di convincerlo che siamo veramente fidanzati.»
Tina sospirò.
«Non è il peggiore dei mali. Mi fido di Edward. Riferirà sicuramente la cosa a sua moglie...» Ridacchiò. «Anzi, no, non ha alcun interesse a riferire a Selena che sei single.»
Oliver puntualizzò: «Non ho mai detto a Edward di essere single. Non mi ha chiesto della mia vita privata, ci ha solo accusati di avere inventato la nostra relazione.»
«Comunque sia» tagliò corto Tina, «Non è certo la persona più pericolosa con cui abbiamo a che fare. Ci sono buone probabilità che tenga per sé quello che ha scoperto, specie se non vorrà immischiarsi nei tuoi casini. Mi risulta che una volta l'abbia già fatto.»
«Diciamo che ci siamo ritrovati tutti invischiati nella stessa scomoda situazione, io, Edward, Veronica, suo marito... e altri.»
«Ti ringrazio per avermi avvertito. Hai fatto bene a non chiamarmi. Ora che mi hai detto tutto, però, puoi anche alzare il culo da quella sedia. Ti saluto, Fischer, ci vediamo domani.»
Oliver si tirò su, ma non si diresse verso la porta, contrariamente alle aspettative di Tina.
«Cos'è successo in Formula 3 Brasiliana?» le chiese, invece, facendola sussultare.
«La Formula 3 Brasiliana non ha nulla a che vedere con la vicenda del video, quindi ti pregherei di lasciarla da parte.»
«No, non posso lasciarla da parte. Per andare a fondo nella vicenda del video, ho bisogno di capire chi sei davvero.»
«Hai già capito chi sono davvero.»
«Ho capito che sei pronta a tutto, per ottenere i tuoi obiettivi, se questi sono realistici.»
Tina valutò come interpretare quelle parole, ma non riuscì a trovare una soluzione.
«Cosa intendi con "se questi sono realistici"?»
Oliver rimarcò: «Ti sei trasferita di fronte a casa mia come una stalker, sapendo che mi sarei potuto interessare alla tua storia e a scoprirne qualcosa di più. Sapevi di avere buone chance di avere successo. Cosa credevi di potere ottenere, ai tempi della Formula 3? Cos'hai fatto con Manuel Serrano?»
«Qualcosa di simile a quello che tu hai fatto con Selena Bernard, oggi signora Roberts.»
«Non ti stavo chiedendo questo.»
Tina chiarì: «Era il mio compagno di squadra, nonché primo avversario. Shin Jung aveva quasi profetizzato che io e Manuel saremo finiti insieme. Lo conoscevo già, era un caro amico di mio fratello. Con la scusa di interagire tra futuri compagni di squadra - era stato ingaggiato da Hernandez per la stagione successiva - una volta siamo usciti insieme. Ci siamo scambiati il nostro primo bacio. Nel senso, era la prima volta che Manuel baciava me, aveva frequentato altre ragazze, prima. Era un tipo piuttosto piacente, mentre io ero una che evitava tutti.»
«Però non hai evitato Manuel» dedusse Oliver. «Immagino che, mentre per Serrano era la prima volta che baciava te nello specifico, per te fosse la prima volta che, in generale, baciavi qualcuno.»
«Proprio cosi. Non ne ho mai fatto mistero. Non è uno dei miei segreti scabrosi.»
«Tra i tuoi segreti scabrosi, invece, c'è per caso la fine della vostra relazione?»
«Manuel è morto. Non l'ho mai lasciato, né lui ha mai lasciato me. È successo il giorno dell'anniversario del nostro primo bacio.»
Lo sguardo di Oliver si fece penetrante.
«Immagino, però, che non avreste festeggiato l'anniversario del vostro primo bacio, se non fosse morto.»
«No» confermò Tina. «Ormai il nostro rapporto si era totalmente deteriorato. Te l'ho detto, era il mio principale avversario.»
«Dalma Hernandez puntava su di lui perché i suoi sponsor erano migliori dei tuoi?»
«Dalma Hernandez puntava su di lui perché suo zio era convinto che Manuel fosse il pilota su cui puntare.» Tina abbassò lo sguardo. «Lo era davvero. Sarebbe diventato campione, se non fosse stato per certi problemi avuti a metà stagione e poi, per il suo incidente nella gara di Interlagos.»
«Che problemi ha avuto a metà stagione»
«Era un campionato monomarca. Le squadre più abbienti potevano permettersi pezzi di ricambio e, in generale, tecnici e meccanici migliori. Dalma faceva quello che poteva. Da un certo momento in poi, Manuel ha iniziato a dire che non si trovava più a proprio agio con la vettura. Dava la colpa a un nuovo sponsor che, a suo dire, favoriva me. Non gli piaceva, inoltre, il fatto che Donato Franzoni si fosse apertamente schierato a mio favore, in certe occasioni.»
Oliver volle sapere: «Era vero?»
«Franzoni dalla mia parte? Sì.»
«Immagino che, alla fine, fosse la Hernandez a prendere le decisioni.»
«Esatto.»
«È questo che ti sto chiedendo: Dalma Hernandez ti favoriva?»
Tina chiarì: «Non l'ha mai fatto. Da un certo momento in poi, è stato ben chiaro che sulla monoposto che guidava Manuel si fosse guastato qualcosa.»
«E poi?»
«Poi niente.»
Oliver insisté, deciso: «No, Menezes, non è questa la risposta che desidero. Cos'è successo davvero? Perché alcuni tuoi ex tifosi ce l'avevano con te al punto da scrivere insulti a te rivolti su un forum?»
Tina puntualizzò: «Insultare personaggi pubblici è una prassi abbastanza diffusa, oggi in prevalenza sui social, mentre si usavano altre piattaforme ai tempi in cui non erano ancora diffusi come oggi. Anche la "cancel culture" nei confronti di personaggi pubblici è una pratica piuttosto diffusa: basta poco per passare dall'idolatria al disprezzo, quando ci si accorge di avere idealizzato qualcuno. La gente là fuori prima si convince che siamo come ci rappresentano nelle loro fan fiction, scritte o mentali che siano, poi si indigna e si sente accoltellata alle spalle quando si accorge che non siamo come ci vorrebbe. E, sia chiaro, non parlo di episodi gravi: da pilota, potrei essere "cancellata" per un incidente con un avversario altrettanto apprezzato, oppure perché una squadra impopolare mi offre un ingaggio. Oppure, potrei essere addirittura distrutta se qualcuno scoprisse che ho avuto una relazione con un uomo sposato, che tuttavia, ai tempi, era separato dalla moglie. Potrei sforzarmi di spiegare loro in tanti modi che sono cresciuta in Italia, dove è ritenuto socialmente accettabile avere una relazione con una persona separata ma non ancora ufficialmente divorziata, ma mi risponderebbero che non sono i principi etici della mia cultura quelli che contano, piuttosto quello che pensano loro.»
Oliver le ricordò: «Siamo qui per impedire che questo succeda. Non possiamo cambiare la mentalità degli hater, ma possiamo impedire che il video venga alla luce. Però, per capire chi c'è dietro, te lo ripeto, ho bisogno di saperne di più sulla vicenda di Serrano. C'è chi parla di vetture scambiate...»
Tina confermò: «C'è stato uno scambio, a un certo punto. Dalma voleva dimostrare a Manuel che non lo stava penalizzando deliberatamente.»
«Quindi tu hai guidato la monoposto sulla quale in seguito è venuta fuori un'avaria.»
«Già.»
«E te ne sei accorta.»
Il cuore di Tina perse un battito.
«Intendi tirare a indovinare ancora a lungo?»
«Te ne sei accorta» confermò Oliver, «Altrimenti avresti negato.»
Tina precisò: «Quel problema non ha niente a che vedere con il suo incidente. Eravamo avversari e non avevamo alcun interesse ad aiutarlo.»
«Qualcuno lo sa?»
«La Hernandez, intendi? No.»
«E Franzoni?»
«Non lo dice esplicitamente, ma ho il dubbio che abbia capito. Ha sempre detto che il mio feeling con la macchina era diverso da quello di Manuel.»
«Cosa ne avrebbe pensato, se l'avesse saputo a quei tempi?»
«Avrebbe pensato che ero egoista abbastanza da fare successo. Te l'ho detto, mi ha sempre capita. Penso che non avrebbe scelto di avere Manuel nel team, se fosse stato per lui.»
«Quindi, se nessuno l'ha mai saputo, non può essere questa la ragione per cui quegli hater ti attaccavano.»
Tina valutò cosa potesse nascondergli e dedusse che, se Oliver avesse indagato con Donato, sarebbe uscito allo scoperto qualcos'altro. Tanto valeva essere esplicita, sotto quell'aspetto, se non c'era la possibilità di mantenere il segreto: «Due giorni prima di morire, Manuel ha avuto una brutta uscita di pista durante le prove libere e ha danneggiato la macchina. La squadra ha fatto il possibile per rimetterla in sesto, ma in qualifica faticava molto. Non c'era la possibilità di riparare l'auto per la gara.»
Oliver ipotizzò: «Allora la Hernandez ha proposto nuovamente uno scambio.»
«Sì, ma in tal caso avrei dovuto rinunciare alla gara. Quindi mi sono impuntata e ho minacciato Dalma di andarmene insieme ai miei sponsor, se mi avesse costretto a questo "scambio". Ha cercato di convincermi, affermando che la cosa più importante per tutti era che Manuel conquistasse punti preziosi per la rincorsa al titolo. Uno dei suoi principali avversari partiva dalla pole position, un altro poco più indietro. Manuel non poteva non gareggiare, ma io non volevo sacrificarmi.»
«Com'è andata a finire?»
«Nell'unico modo possibile: Manuel ha preso il via sapendo di non potere spingere e di non potere finire la gara. In linea teorica doveva solo fare qualche giro, giusto per farsi vedere, apparire come disposto a un tentativo estremo di non rinunciare. Però ha fatto di testa sua. Voleva andare a raggiungere i suoi avversari, a ogni costo. E allora qualcosa ha ceduto ed è finito fuori pista. La macchina si è ribaltata e il rollbar non ha retto l'impatto. Manuel è morto sul colpo per il trauma cranico.»
Tina credeva che Oliver non volesse sapere altro, ma il giornalista la smentì, chiedendole: «E prima? Cos'è successo tra te e Manuel, quando ha scoperto che non gli avresti ceduto l'auto per la gara?»
Tina abbassò lo sguardo.
«Quello che è successo non riguarda nessuno, se non me e Manuel. L'ho raccontato una sola volta, in passato, e non intendo rifarlo. Non l'ho mai superato davvero, quello che è successo, anche se sono passati tanti anni.»
Il tono di Oliver si fece dolce e comprensivo.
«Va bene. Non è mia intenzione risvegliare ricordi dolorosi.»
Tina, in seguito, non avrebbe saputo spiegare esattamente come fosse successo, ma si ritrovò tra le braccia di Oliver.
«Grazie per essere qui, accanto a me» mormorò, «Anche se sono solo una stalker pazzoide entrata nella tua vita senza nemmeno bussare alla porta.»
«Hai fatto bene a non bussare» rispose Oliver, «Perché non avrei aperto e non avrei avuto modo di conoscerti. Per fortuna, invece, sono qui, insieme a te.»

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Capitolo 7
*** [Oliver] ***


Buongiorno a tutti e in particolare ai miei lettori Swan Song e Nerve! È mercoledì e mi sembra il momento opportuno per pubblicare il primo capitolo della settimana.
Spero che possa piacervi e che possa esserci almeno una piccola sorpresa. ;-) Ma non anticipo niente...



«Mi può ripetere il suo nome, per cortesia?» chiese la segretaria.
«Elena Piazzi.» Per sicurezza, mise l'enfasi sul cognome. «Piazzi.» Poteva non funzionare, perciò mise le mani avanti: «Non me lo sto inventando, sono davvero la cugina di Nicholas. Non mi risponde più al cellulare, ma ho urgente bisogno di vederlo.»
«Capisco» disse la segretaria. «Rimanga in linea, sento cosa posso fare per lei.»
Elena sospirò, sperando che non ci fosse molto da aspettare, ma la sua speranza venne ben presto infranta. Sulla linea comparve una musica inquietante che dirò per diversi minuti.
Finalmente una voce rispose al telefono e non era quella della segretaria.
«Elena, cosa vuoi?»
«Ho bisogno di vederti. Oggi.»
«Come hai bisogno di vedermi oggi? Dovrei farmi tutta quella strada per venire da te?»
«Quella strada l'ho fatta io» chiarì Elena. «Ti prego, Nicky, ti rubo solo cinque minuti. Sei stato tu il primo a venirmi a cercare. Non puoi fare finta di niente, adesso.»
«Dove sei, esattamente?» volle sapere Nicholas.
Elena glielo spiegò.
«Conosco il posto» rispose suo cugino. «Aspettami lì. Non posso venire subito, ma tra un'ora avrò un buco libero e sarò da te. Mi raccomando, se parli con qualcuno non dire perché sei qui.»
«Ma no, figurati» lo rassicurò Elena. «Non c'è motivo per cui dovrei farlo.»
«Conto su di te.»
«Anch'io. Ti prego, non darmi buca.»
Fu una lunga attesa, che Elena trascorse interamente su una panchina che si affacciava sulla piazza.
Non riuscì a fare niente, a distrarsi in alcun modo, mentre aspettava che suo cugino facesse la propria apparizione. Non era convinta che sarebbe venuto. Da quando l'aveva contattato, il lunedì precedente, era riuscito a sparire nel nulla: forse aveva un altro telefono, quindi aveva spento il numero sul quale Elena l'aveva cercato.
Quasi non se ne accorse, quando dopo un'ora e dieci minuti di attesa, Nicholas si sedette al suo fianco.
Elena era soprappensiero e sussultò, facendo divertire il cugino, che borbottò, sprezzante: «Vedo che hai proprio paura. Cosa credi, che sia stato io ad ammazzare quel tipo?»
«No.»
«Così mi piaci, Elena. Non so se hai sentito qualche telegiornale, in questi giorni.»
«Sì.»
«È stato fermato un tizio con precedenti penali per rapina.»
Elena chiarì: «Quel tale è stato subito rilasciato.»
Nicholas sbuffò.
«Perché la giustizia italiana se ne frega delle vittime, pensa solo a proteggere i criminali.»
«Forse quel tipo meritava di stare in galera per altre ragioni» convenne Elena, «Ma non c'entra niente con la morte di Mirko De Rossi. Una ventina di persone hanno confermato che la sera del delitto stava in un bar, ubriaco, a importunare i clienti.»
«E allora sarà stato un altro del suo calibro» sentenziò Nicholas. «Lo so che è triste da accettare, l'idea di sapere che hai conosciuto una persona che è stata ammazzata, ma non c'è niente che tu possa fare. Non c'entri niente tu, così come non c'entro niente io. Era solo una conoscenza sommaria.»
Elena gli ricordò: «Hai pagato quel De Rossi perché scrivesse articoli promozionali. Non era il suo campo. Ha accettato di darti una mano solo perché vi conoscevate.»
«Ha accettato di darmi una mano perché l'ho pagato - in contanti, non ci sono tracce» puntualizzò Nicholas. «Non eravamo amici intimi, soltanto conoscenti. Non posso dire che non mi dispiaccia quello che gli è successo, ma non c'è niente che possiamo fare. Dobbiamo solo dimenticarci di questa storia e andare avanti per la nostra strada.»
Fece per alzarsi, forse già pronto per andarsene, ma Elena scosse la testa e sbottò: «No, non mi puoi liquidare così.»
Nicholas rimase seduto, ma insisté: «Non abbiamo altro da dirci. Torna a pensare alla tua vita, ai bambini del campo estivo delle suore e ai tuoi studi.»
«Non è così facile, sai?» replicò Elena. «Sai cos'ho sentito ieri? Un bambino che canticchiava quella canzone maledetta.»
«Dimenticala.»
«E come faccio?»
«Non è una canzone maledetta. È solo una canzone che fa schifo, ma ai ragazzini piace.»
«Parla di Tina Menezes?»
Nicholas lasciò passare qualche istante, prima di rispondere: «Non ha importanza di cosa parli.»
Elena replicò, secca: «Invece ha importanza, dato che il testo o l'hai scritto tu o qualcuno del tuo entourage. Che cosa c'è nel dark web di lei?»
«Niente.»
«Non dire assurdità.»
«Non sto dicendo assurdità» si difese Nicholas. «Una volta, parlando con dei colleghi, uno ha menzionato una pornostar amatoriale che si fa chiamare Venus Manny. Il nome mi ha fatto pensare a Tina Menezes - all'epoca pilota del team Pink Venus - e da lì è nato il personaggio di Miss Vegas.»
«E che senso avrebbe tutto questo?» obiettò Elena. «Non...»
Nicholas la interruppe: «Non doveva avere senso, doveva solo funzionare. Dovevo dimostrare che potevo far cantare un testo assurdo a una perfetta sconosciuta e ottenere comunque un certo riscontro positivo. È esattamente com'è andata. Tutto è andato per il verso giusto. Non so chi abbia ucciso Mirko De Rossi, ma sono certo che la sua morte non abbia a che vedere con la canzone.»
«Non hai idea di quanto sia imbarazzante per me» gli confidò Elena. «Quando ho accettato di interpretare Baby Dumbaby pensavo fosse tutto molto più facile. Adesso temo che qualcuno mi riconosca. I bambini del campo estivo...»
«Sei una volontaria. Puoi sempre andartene.»
«Non è andandosene che si affronta la realtà. E la realtà è che ho commesso un errore madornale.»
Nicholas la rassicurò: «Non hai fatto errori, Elena. Hai cantato un testo volgare e la tua voce è stata contraffatta. Anche il tuo aspetto è stato mascherato il più possibile. Quando ti guardo, vedo una ragazzina con gli occhiali che se ne va in giro senza trucco. Se non sapessi che sei tu, non mi verrebbe mai in mente di scambiarti per Baby Dumbaby. Al massimo i ragazzini del campo estivo penseranno che somigli vagamente a quella cantante, ma niente di più.»
«E forse penseranno che Miss Vegas sia Tina Menezes.»
«Lo escludo.»
«Escludi che i ragazzini possano sapere chi è Tina Menezes?»
«Escludo che possano collegarla a Miss Vegas: innanzi tutto la capacità di attenzione al testo non deve essere molto elevata, ma soprattutto la canzone parla di video porno. A chi verrebbe mai in mente di collegare dei video porno a una stella dell'automobilismo che nulla ha a che vedere con i video porno? E, te lo assicuro, anche Las Vegas viene difficilmente associata, come primo pensiero, al gran premio disputato in quella città. Non credo ci sia molta gente che ascolta "Miss Vegas" e collega il testo alla gara del Nevada dello scorso anno e al risultato della Menezes. Tanto più che la memoria storica delle persone è sempre più limitata: chi vuoi che si ricordi della Menezes a Las Vegas, a distanza di nove mesi o giù di lì?»
Elena azzardò: «Magari gli appassionati di automobilismo.»
«Quelli sicuramente, e se ne ricorderanno anche tra trent'anni» ribatté Nicholas, «Ma quante probabilità ci sono che siano anche attenti analisti di testi di canzoni trap? Secondo me molto poche.»
«Però c'era Mirko De Rossi» gli ricordò Elena. «Per mestiere scriveva articoli su corse d'auto. Tu gli hai affidato l'incarico di scrivere articoli sulla canzone. Deve avere per forza fatto un collegamento tra le due cose.»
«Come ti ho già detto, non ci sono collegamenti se non nella mia testa» ribadì Nicholas. «C'è solo un caso, in cui Mirko potrebbe avere potuto pensare che la canzone fosse su Tina Menezes: se ci fossero effettivamente, da qualche parte, dei video erotici che la riguardano. Dal momento che ne dubito fortemente, possiamo stare tranquilli, non credi?»
«Mi piacerebbe fidarmi di te» ammise Elena, «Ma ho una brutta sensazione, anzi, bruttissima. Ho paura che la nostra canzone possa avere a che fare con la morte di De Rossi.»
«È solo una sensazione, appunto» replicò Nicholas. «Credo che non dovresti pensarci, sul serio. Scusa se te l'ho detto bruscamente, prima, e se ho cercato di evitarti, in questi giorni, ma la tua reazione mi è sembrata esagerata, fin dal primo momento.»
«Quando qualcuno esagera, per i tuoi standard, sparisci?»
«Non vorrei rischiare di offenderti, ma non saprei dirtelo in modo più dolce: non posso passare la mia vita a tu per tu con le turbe di una ragazzina di vent'anni. Forse al giorno d'oggi ti sembra di essere adulta e razionale, ma quando avrai la mia età metterai in dubbio la tua maturità di questo periodo. E poi, te lo ricordo, per le leggi degli Stati Uniti saresti ancora troppo giovane per consumare alcolici.»
Elena obiettò: «Non bevo alcolici e non siamo negli Stati Uniti. E poi, da quelle parti, credo che potrei possedere un'arma da fuoco già da anni. Forse le loro leggi sarebbero leggermente da rivedere.»
«Così mi piaci, impegnata in questioni serie, che dovrebbero fare riflettere» concluse Nicholas. «Impiega il tuo tempo per pensare alle contraddizioni che esistono al mondo, non a "Miss Vegas" e a un delitto che non ha nulla a che vedere con quella canzone. È la cosa migliore che puoi fare. Anzi, no, sarebbe ancora meglio che ti concentrassi sullo studio e che cercassi di perdere meno tempo possibile. Hai fatto bene ad accettare di cantare quella canzone, piuttosto che cercarti un lavoro per pagarti le spese. Almeno, per quest'anno, potrai studiare e basta, senza rimanere indietro. Magari, per il prossimo anno, posso pensare a un'altra collaborazione. So che al momento l'idea di tornare a vestire i panni di Baby Dumbaby ti mette ribrezzo, ma non la metterei del tutto da parte, se fossi al posto tuo.»

***

Oliver teneva gli occhi fissi sul messaggio che Dalila gli aveva mandato qualche minuto prima, sul telefono fornito da lei stessa e utilizzando il numero non intestato a lei da cui lo contattava: "Ehi, tutto bene?"
Non era una domanda difficile, né era una domanda a cui, generalmente, si rispondesse dicendo sempre la verità, ma faticava a decidere che cosa scrivere. Si limitò a un generico "sì", sapendo che, in ogni caso, la Colombari avrebbe voluto saperne di più.
Non si sbagliava, la fotografa iniziò una serie di messaggi ai quali si sentì obbligato a rispondere.
"Ci sono novità?"
"No, ci siamo sentiti appena ieri sera."
"Una novità potrei averla io."
"Riguarda noi?"
"Non lo so. Un po' di tempo fa M.D.R. aveva dimenticato una cartellina a casa mia e gli avevo chiesto se ci fosse qualcosa di importante da restituirgli. Mi ha detto di no, quindi l'ho tenuta io. Ci sono solo dei depliant e roba di poco conto. Però su uno dei depliant ci sono scritti due nomi a matita: Tina Menezes e Venus Manny."
"Chi è Venus Manny?"
"Cercala in internet."
Oliver non aveva idea di quale utilità avesse quella ricerca, ma fece comunque quello che Dalila gli aveva suggerito. Era una sedicente pornostar che aveva esordito diffondendo in via privata alcuni suoi video erotici.
"Ho visto" scrisse, "e non ho idea del perché il suo nome potrebbe essere associato a quello di Tina."
"Era Menny o Manny? Potrebbe essere lei Miss Vegas, non credi?"
"Non lo so, non so più a cosa credere."
"Chiamami."
Quell'ordine perentorio non poteva essere ignorato. Oliver si guardò intorno. Non c'era nessuno nelle immediate vicinanze e, in ogni caso, nessuno gli stava prestando attenzione.
Dalila rispose al secondo squillo e, sentendosi messa alle strette, gli rivelò dettagli di cui Oliver non era al corrente: era stato Mirko a farle conoscere "Miss Vegas" di Baby Dumbaby, le aveva rivelato di avere pensato a Tina Menezes, anche se non aveva alcuna certezza che la canzone fosse su di lei, e l'aveva pregata di fargliela scoprire.
«Così» proseguì Dalila, «Ti ho portato nella discoteca in cui una mia amica lavora come DJ, dopo averle chiesto la cortesia di suonare quel pezzo. Volevo che tu lo sentissi, che lo notassi e pensassi alla Menezes. Se non fossi saltato alle conclusioni, te ne avrei parlato io invece di fare la scettica.»
«Quindi era tutta una montatura fin dal primo momento» la accusò Oliver. «Che cazzo avevi in mente?»
«Volevamo solo che tu accettassi di lavorare per la Menezes, io e Mirko» puntualizzò Dalila. «Non abbiamo mai avuto cattive intenzioni.»
«Questo potrebbe significare che Mirko è stato uc-...» Oliver si interruppe. Non poteva pronunciare il resto della frase: ucciso perché si era posto delle domande su chi fosse la persona di cui parlava la canzone. «Scusami, Dalila, ma ti devo lasciare. Sono nell'area hospitality e vedo Roberts venire verso di me. Ci sentiamo più tardi, quando posso. Intanto schiarisciti le idee, perché dovrai darmi delle spiegazioni.»
Riattaccò, senza nemmeno darle il tempo di replicare. Mise il telefono in tasca, proprio mentre Edward si sedeva di fronte a lui.
Oliver rimase in attesa, ma Roberts non diceva niente. Lo esortò, quindi: «Cosa posso fare per te?»
«Non sono sicuro di essere venuto in un buon momento» azzardò Edward. «Va tutto bene? Mi sembravi turbato, mentre parlavi al telefono.»
Oliver sospirò.
«Ti sei proprio messo in testa che, ovunque io vada, poi saltino fuori dei cadaveri. Non è così, non siamo in una serie televisiva in cui il protagonista è un detective improvvisato che risolve il caso ben prima delle autorità del posto. In quei telefilm, ovunque vada scappa sempre il morto. Io non sono così: non porto sfiga. Quindi puoi andare tranquillo, non penso che qualcuno stia rischiando la vita, qui.»
Edward puntualizzò: «Hai detto tutto da solo, io non ho neanche avuto il tempo di parlare. Per fortuna non ho visto cadaveri nemmeno io. Ti ho solo visto un po' agitato. È tutto a posto?»
«Diciamo.»
«Ti ho visto insieme a Tina, prima.»
«La cosa ti stupisce?»
«Mi siete sembrati diversi dai giorni scorsi. Ho avuto l'impressione che ci fosse un altro tipo di feeling, tra voi. È successo qualcosa?»
Oliver sbuffò.
«Per caso ti sei dato alla cronaca rosa, ultimamente? Ieri mi hai convocato con urgenza per dirmi che, secondo te, io e Tina non eravamo convincenti come coppia. Adesso mi vieni a dire che noti feeling tra di noi. Dove vuoi andare a parare?»
Edward rispose: «Semplicemente sono molto affezionato a Tina e desidero che sia felice. Inizio a sospettare che tu le piaccia.»
«Considerazione interessante» osservò Oliver, «Ma del tutto non richiesta. Sono qui per aiutarla, non per innamorarmi di lei.»
Edward gli strizzò un occhio.
«Magari potrebbero accadere entrambe le cose. Ha avuto una storia, di recente, ma non è finita bene. Sapeva i rischi che correva, ma...»
Oliver lo interruppe: «Se parli di una relazione con un uomo sposato, che all'epoca era separato dalla moglie, ne sono al corrente.»
Edward chiarì: «Parliamo della stessa situazione. Ecco, mi dispiace che si sia infilata in una situazione senza né capo né coda. Sarebbe bello vederla insieme a qualcuno che non abbia altri impegni, uno come te, per esempio.»
«Chi ti dice che non abbia altri impegni?»
«Oh, non lo sapevo.»
«Non ho l'abitudine di raccontare in giro i fatti miei» precisò Oliver, «Specie quando non c'è nulla di serio.»
Edward parve spiazzato: «Scusa per l'intrusione. Pensavo che...»
«Che nessuna volesse stare con me? Obiettivamente, in molte hanno paura che poi qualcuno intorno a noi venga ucciso, mentre la maggior parte delle donne si rendono conto che, in ogni caso, non sono io il killer.» Oliver tornò serio, ma lo fece cambiando discorso. «Cosa ne pensi del nuovo format?»
«Di che format?»
«Dei gran premi.»
«Perché mi stai chiedendo questo?» obiettò Edward. «Non capisco.»
Oliver rispose: «Perché, per tua informazione, oltre a fingermi il fidanzato di Tina Menezes, ho anche un vero lavoro. Ci sono colleghi che esaltano il format attuale, venendo accusati di essere dei venduti che non tengono conto della storia e di come funzionava un tempo. Ci sono altri, invece, che sono molto critici e attaccano i piloti contemporanei perché non si fanno sentire e accettano weekend di gara con sprint race al sabato, diverse sessioni di qualifiche tra venerdì e sabato e quant'altro. Tu, che sei un ex pilota, come la pensi?»
«Io gareggiavo nella Diamond Formula, in origine» replicò Edward. «Il format di allora somiglia un po' a quello attuale, dopo la fusione dei due campionati. Penso che certe critiche siano giuste e che le sessioni di prove libere vengano sostituite da gare brevi o qualifiche brevi solo perché, dal punto di vista televisivo, possono attirare un pubblico più vasto. Allo stesso tempo, però, da ex pilota, quello che posso dire è che certi problemi esistono solo nella testa di chi guarda le gare seduto sul divano di casa. Molti appassionati e anche molti opinionisti sono convinti che tutto ciò che urta i nervi a loro debba anche essere in cima alle priorità dei piloti. Ora, io non gareggio più, ma quando c'ero io, mi interessava di più che i circuiti e le auto fossero in condizioni di sicurezza tali da non incrementare i pericoli per questioni di fascino. Il fatto che un circuito venisse giudicato brutto o poco spettacolare dal tifoso medio, o anche da una moltitudine di commentatori televisivi e giornalisti, non mi ha mai preoccupato. Allo stesso tempo, non mi verrebbe mai in mente di avere in cima ai miei problemi il fatto che ci sia chi non gradisce uno specifico format, considerando quello specifico format come la cosa peggiore mai accaduta nella storia delle corse automobilistiche. E sai cosa ti dico? Che, se chiedessi a Tina Menezes, arriverebbe più o meno alle stesse conclusioni.»
«Non lo metto in dubbio» convenne Oliver, «E infatti non perdo nemmeno tempo a chiederglielo. Ti ringrazio per avermi dedicato il tuo tempo.»
Fece per alzarsi, ma Edward lo trattenne.
«Aspetta. Hai parlato con Tina di Serrano?»
«Sì.»
«Ti è stato utile?»
«Utilissimo» confermò Oliver, tentato per un attimo di raccontargli di come la Menezes si fosse confidata con lui, di come si fossero abbracciati e, in seguito, di come la serata fosse terminata con un bacio inatteso. Non aveva tuttavia intenzione di condividere quel dettaglio che lo lasciava tutt'altro che indifferente, quindi si limitò a osservare: «È una storia molto triste. Mi dispiace che Tina abbia dovuto vivere da vicino una simile vicenda e che si sia perfino beccata critiche e insulti. Non meritava niente di tutto questo.»
«Ogni volta in cui veniva menzionato Serrano, la vedevo incupirsi» aggiunse Edward. «Era una ferita ancora aperta. La sua personal trainer, una volta, mi ha suggerito di cercare di non tirare mai fuori l'argomento, oppure di fare il possibile per sviare, qualora dovesse essere qualcun altro a parlarne in presenza di Tina.»
«Questa personal trainer non ho ancora avuto modo di conoscerla.»
«Claudia è una persona fidata, lavora con Tina da tantissimi anni. Diciamo che sa tutto di lei, per Tina è sempre stata una confidente, una sorta di guida.»
«Quindi, a lei, Tina potrebbe avere confidato altri dettagli» azzardò Oliver.
«Non lo ritengo per niente improbabile» ammise Edward, «Ma non sono convinto che ricaveresti qualcosa, chiedendo direttamente a lei. È fedelissima a Tina, non si aprirebbe mai. E poi, siamo sicuri che andare a caccia di fatti capitati in un passato ormai remoto possa avere qualche utilità?»
Oliver scosse la testa.
«Temo di no.»
«So che non puoi dirmi che cosa le sia successo, ma sappi che, se Tina ha bisogno d'aiuto, io sono dalla sua parte. Non posso permettere che...»
«Che cosa sta succedendo?» chiese una voce, interrompendoli.
Oliver si girò. Non aveva visto arrivare Selena, così come anche Edward non doveva essersi accorto di lei.
«Niente» la rassicurò Oliver. «Parlavamo di Tina.»
Selena andò diretta verso la sedia vuota accanto a loro.
«L'ho capito che parlavate di Tina, così come ho capito che la Menezes ha qualcosa da nascondere.» Fissò Oliver con fermezza. «Non solo la Menezes, ma anche tu. Dato che, a quanto pare, con mio marito ne hai parlato, ti sarei molto grata se volessi mettermi a conoscenza di tutto quello che c'è da sapere.»
Edward obiettò: «Io non so tutto. Inoltre sono faccende private della Menezes. Non so se...»
Selena non lo lasciò finire.
«Lo so che potrebbe essere una situazione scomoda, ma vorrei che...»
Toccò a lei essere interrotta, e da Tina Menezes in persona.
«Mi pare di capire che stiate parlando di me. Va bene, volete sapere? E allora saprete, ma sarò io a raccontarvi quello che sta capitando. Così, se avrete qualcosa di utile da dirmi, potrete farlo esplicitamente.»
Nonostante Oliver la conoscesse da appena una settimana, aveva già avuto modo di rendersi conto di quanto Tina Menezes potesse essere spiazzante. In compenso Edward, che aveva avuto a lungo a che fare con lei, appariva quasi impassibile di fronte alla sua improvvisa comparsa.
«Sai benissimo che, se vuoi parlare con me, io sono disposto ad ascoltarti» si limitò a dirle.
«Il che, per me, è un immenso piacere» gli assicurò Tina, «Ma credo sia giusto che anche la tua signora senta quello che ho da dire. È tua moglie, mi fido di lei.» Si rivolse direttamente a Selena: «Voglio dire, senza offesa, se tu fossi una conoscente qualsiasi, non verrei a riferirti i fatti miei. Semplicemente, se Edward si è sposato con te, significa che sei una persona degna di fiducia.»
«Oh, grazie» mormorò Selena che, diversamente dal marito, un po' sconcertata doveva esserlo.
Seduta proprio di fronte a lei, Tina Menezes iniziò a raccontare: «Credo sappiate tutti - nel caso di Selena non lo so - di una mia relazione passata con un collega sposato. Non scenderò nei dettagli e non farò nomi, ma a quei tempi non viveva insieme alla moglie e stavano pensando seriamente al divorzio. Poi hanno fatto un passo indietro. Anch'io mi sono tirata indietro. È andata com'è andata, l'ho accettato. Sapevo fin dall'inizio che sarebbe stato un amore impossibile e che, anche se lui avesse divorziato, almeno in un primo momento avremmo dovuto tenere segreta la nostra relazione. Non sempre, però, il fatto che qualcosa non sia di dominio pubblico significa anche che nessuno ne sia al corrente. Comunque sia andata, qualcuno deve averci scoperti e ci ha filmati. Lascio a voi l'immaginazione, a proposito dei contenuti di quel video.»
«Vuoi dire che qualcuno ha un filmato in cui tu e lui...» Selena la fissava, con gli occhi spalancati. «Oh, maledizione, ma è terribile!»
«Puoi dirlo forte» convenne Tina, «Specie considerato che non so chi sia questa persona.»
Edward volle sapere: «Hai sporto denuncia?»
Tina negò.
«Con una denuncia contro ignoti non otterrei nulla, specie non sapendo dove sia questa persona, da quale parte del mondo, e cosa voglia esattamente da me. Mi ha contattata tramite social, più di una volta, e cancellando dopo poco tempo i profili aperti allo scopo, ma non mi ha né chiesto soldi, né mi ha minacciata di diffondere quei contenuti.»
Edward azzardò: «Quindi è per questo che ti sei rivolta a Fischer?»
«Sì, pensavo potesse aiutarmi a uscirne fuori, quindi ho deciso di studiare le sue abitudini e di scoprire che cosa facesse adesso» ammise Tina. «In seguito ho contattato Mirko De Rossi, l'ho pregato di riassumere Oliver, in modo che potesse essere qui come giornalista accreditato. Mi ero offerta di pagare io stessa tutte le spese, in modo che potessimo vederci senza destare alcun sospetto.»
«Mirko De Rossi?» ripeté Selena.
«Quello che è stato ammazzato?» le fece eco Edward.
«È andata esattamente così» confermò Tina. «Prima ancora che Oliver potesse accettare la proposta di Mirko, questo è stato ucciso. La storia della rapina non mi convince, specie considerato che, la stessa sera dell'omicidio, ho ricevuto un nuovo messaggio dalla persona del video, che mi ha scritto - doveva essere un bluff - di essere proprio Mirko De Rossi. Al momento non sapevo ancora che fosse morto.»
«Quindi» osservò Edward, «Hai il sospetto che anche il delitto abbia a che vedere con quel video?»
Tina annuì.
«Non posso provarlo in alcun modo, ma l'impressione è quella.»
Edward si rivolse a Oliver: «E tu, invece, cosa ne pensi?»
«Penso sia un enorme casino, da cui sarà molto difficile venire fuori» rispose Oliver, con sincerità. «Comunque sia, non potevo certo tirarmi indietro. Ho accettato di seguire Tina. Sapeva che, se avesse detto a Veronica di avere un fidanzato, la Young avrebbe esteso l'invito anche a lui. Quindi ha pubblicato un post, sostenendo che stavamo insieme da due mesi, in modo da giustificare la mia presenza.»
«Un ottimo piano» commentò Selena. «In un primo momento, ci sono cascata anch'io, specie dopo una certa conversazione avvenuta nel bagno del pub.»
Tina replicò: «Non c'è bisogno che tu dica "in un primo momento", perché sono certa che, se non avessi detto ora che è una copertura, non l'avresti mai pensato.»
Selena obiettò: «Non ho l'abitudine di impicciarmi nei fatti privati delle persone. Ho preso il fatto che Oliver fosse fidanzato con te come un dato di fatto, non mi sono interrogata sulla veridicità di questa informazione.»
«E adesso che lo sai, cosa ne pensi?»
«Non penso niente.»
«Ah, no? Nemmeno che siamo due pazzi irresponsabili?»
«Mi dispiace solo che non siate davvero una coppia, perché sareste perfetti l'uno per l'altra.»
Tina ribatté: «Non siamo una coppia, ma ieri Fischer mi ha baciata.»
Oliver avvampò.
«Non penso che Selena e Edward volessero conoscere questo dettaglio.»
«O eri tu che non volevi lo venissero a sapere, invece?» chiese Tina.
A Oliver non sfuggì l'occhiata che Edward gli stava lanciando.
«Cosa c'è, Roberts, per caso vuoi dire "lo sapevo"?»
«Non ho detto nulla» si difese Edward, «Ma soprattutto mi sembra che ci stiamo allontanando dal nostro discorso. Tina ci stava raccontando i suoi problemi e il fatto che abbia scelto di rivolgersi a te. Tu, a quel punto, hai iniziato a fare domande a tutti quelli che le stanno intorno, compresi io e Selena.»
«Esattamente» rispose Oliver, «Ma questo lo sapevi già.»
«Come fai a sapere che la persona che ha scritto quei messaggi a Tina è qui?» replicò Edward. «Potrebbe tranquillamente essere dall'altra parte del mondo, per quanto ne sai.»
«Infatti è proprio così» confermò Oliver. «Non siamo in un romanzo poliziesco, in cui solo un numero ristretto di sospettati possono avere commesso il delitto. Qui non sappiamo nemmeno se ci sia un delitto, o se ci fermiamo solo a un caso di pornografia senza consenso.»
Selena intervenne: «Avete detto entrambi che l'omicidio di De Rossi vi ha lasciato molti dubbi, che credete che le due cose possano essere collegate.»
«Lo crediamo, ma non possiamo averne la certezza, si tratta più che altro di un pensiero nostro» le spiegò Oliver. «Ci ho pensato e immagino che anche Tina abbia fatto lo stesso. Ipotizziamo che una persona abbia in proprio possesso un video che la ritrae in quella situazione. Le manda messaggi, forse in attesa di qualcosa di più. Sicuramente costui si sarà tutelato, avrà utilizzato profili che non gli sono riconducibili, da dispositivi o linee telefoniche che non gli sono riconducibili. In un primo momento conta sulla scelta di Tina di tenere per sé la vicenda, ma in seguito viene messo in mezzo De Rossi. Perché ammazzarlo? Perché, in generale, uccidere qualcuno? A questa persona basterebbe probabilmente sbarazzarsi del video e non mettersi più in contatto con Tina per liberarsi da ogni impiccio. Come si potrebbe incastrare, in tutto ciò, un omicidio?»
«Questa è una domanda meravigliosa, Fischer» si complimentò Edward, «Ma purtroppo sarà molto dura trovare una risposta.»
«Hai ragione, non è immediato» convenne Oliver, «Ma io una risposta me la sono data, ed è questa: quella persona vuole perseguitare Tina Menezes a ogni costo, sente di non potersi tirare indietro, come se fosse una sua ragione di vita. Perché? Probabilmente non vuole soldi, altrimenti gliene avrebbe già chiesti. Non vuole nemmeno rendere pubblico quello che ha scoperto, perché altrimenti non avrebbe perso l'occasione di farlo. Allora perché continua a mandare messaggi? E non lo fa con frequenza? C'è un'unica sola spiegazione: vuole tenerla sulle spine, che non sappia mai fino in fondo che cosa stia rischiando.»
«Ma perché?» sbottò Selena. «Perché una simile ossessione?»
«Non lo so» rispose Oliver, «È quello che sto cercando di scoprire. Avevo pensato, all'inizio, che potesse essere uno stalker fanatico, uno di quelli che iniziano con una celebrity crush esagerata, poi diventano degli autentici maniaci, ma secondo me c'è di più, molto di più. Qui siamo di fronte a qualcuno che ce l'ha con Tina al punto tale da avere messo in atto una sorta di "persecuzione soft" dalla quale le è impossibile sottrarsi. Non la sta nemmeno sfidando, non le sta chiedendo di scoprire chi sia. Si limita ad agire nell'ombra, quando vuole, per spaventarla senza fare mai un vero e proprio grande passo e, per quanto ne sappiamo, lo fa solo con lei, non con l'uomo insieme al quale è stata ripresa. Questo confermerebbe che l'obiettivo è lei.»
«La domanda, a questo punto, è molto semplice» osservò Selena. «Che cos'hai fatto, Tina, per spingere qualcuno a fare tutto questo?»
«Stai insinuando che sia colpa mia?» sibilò la Menezes.
«Non sto insinuando niente di tutto ciò» replicò Selena. «Ti sto solo chiedendo se c'è qualcuno che ti odia per qualche ragione.»
«Anche un motivo che a te può apparire del tutto privo di senso» chiarì Edward, «Ma che per lui, o per lei, potrebbe avere un significato.»
«No» rispose Tina. «Non posso dire di essere amata da chiunque, ma non c'è mai stato nulla che vada al di fuori della normalità, per me. Se qualcuno mi sta sulle palle, mi limito a non averci a che fare. Non sono una persona che vive di vendette.»
«Non sei una persona che vive di vendette, tu» disse Selena, mettendo l'enfasi sull'ultima parola, «Ma potrebbe funzionare diversamente per la persona con cui hai a che fare.»
«Quindi questo starebbe agendo per vendicarsi di un presunto torto subito?»
«La mia idea è quella.»
«Ma chi?»
«Non chiederlo a me, Menezes. Io non conosco il tuo passato. Se ci fosse una persona che vuole vendicarsi di qualcosa che le hai fatto, quella persona chi sarebbe?»
Tina abbassò lo sguardo.
«Manuel Serrano.»
«Manuel Serrano?» ripeté Selena.
«Lo so, stai pensando che sia una risposta assurda» rispose Tina, «Ma è l'unico che potrebbe avere il desiderio di farlo. Come sai, tuttavia, è morto da molti anni, quindi è un candidato da escludere.»
«E così» concluse Oliver, «Siamo di nuovo al punto di partenza.»

***

Dalila si sedette sul bordo del letto e attese con pazienza che Oliver le rispondesse. Il cellulare continuava a squillare a vuoto, al punto da farle perdere le speranze. Stava per riattaccare, quando finalmente udì la voce di Fischer.
«Eccoti, finalmente!» esclamò Dalila. «Oggi mi hai praticamente sbattuto in faccia il telefono.»
«Non potevo fare altrimenti» replicò Oliver, «Dato che non ero da solo. Adesso possiamo parlare. Mi devi raccontare, nel dettaglio, la storia della tua amica DJ, di Venus Manny e di "Miss Vegas".»
«È stato stupido farti sentire quella canzone facendoti credere che fosse un caso» ammise Dalila, «Ma non avevo molti mezzi per convincerti ad accettare l'offerta di Mirko.»
«Offerta di Mirko che, in realtà, era l'offerta della Menezes» puntualizzò Oliver.
«A Mirko, in ogni caso, sarebbe piaciuto tornare a lavorare con te. Gli dispiaceva davvero per come vi eravate lasciati. Non era d'accordo con te, ma ha sempre pensato che non dovesse finire a quel modo.»
«Anche a me dispiace che, a suo tempo, non abbia voluto sentire le mie ragioni. Però non conta più, Mirko è stato ammazzato e tutto quello che possiamo fare per lui è scoprire cosa ci sia dietro.»
Dalila obiettò: «Va oltre le nostre possibilità. Dovresti concentrarti su quello che sta succedendo alla Menezes, quella è una storia alla quale si può arrivare in fondo. Su Mirko non c'è nulla da fare. Presto potrebbe diventare un caso irrisolto come tanti. A chi vuoi che interessi un presunto caso di rapina? Ha fatto indignare l'opinione pubblica per un po', ma hai idea di quanti reati siano già stati commessi, in una settimana? Ormai l'attenzione collettiva è già sfumata.»
Oliver replicò: «Non dovresti essere così disfattista. Ci sono delle indagini in corso, qualcosa salterà fuori. Hai ragione, io non posso improvvisarmi investigatore e risolvere il caso, ma...»
Dalila lo interruppe: «Ci saranno anche delle indagini in corso, ma non mi pare che qualcuno sia venuto a cercarti, quando con tutta probabilità hai parlato al telefono con lui pochi minuti prima che morisse.»
«Meno male che non mi hanno collegato a lui!» esclamò Oliver. «Questo, comunque, ha una spiegazione logica: Mirko non mi ha chiamato dal suo telefono, ma da un altro. Immagino che, chi l'ha ucciso, poi se lo sia portato via. Per curiosità, ho provato diverse volte a contattare quel numero. Risulta staccato, da ormai molti giorni. Probabilmente la carta SIM sarà finita giù per lo scarico di un water.»
Dalila rifletté.
«Questo ha delle implicazioni piuttosto importanti.»
«Cosa vuoi dire?»
«È molto semplice: Mirko aveva bisogno di contattarti, ma ha usato un altro telefono per mettersi in contatto con te, perché l'avevi bloccato. Quel telefono doveva appartenere a qualcuno. E quel qualcuno si è portato via il telefono proprio per non lasciarlo sulla scena del crimine. Questo significherebbe che Mirko conosceva bene la persona che l'ha ucciso.»
«E che sarebbe molto facile risalire al proprietario del telefono in questione» replicò Oliver. «Mi sembra decisamente poco realistico.»
«Sarà anche poco realistico» ribatté Dalila, «Ma lo è solo perché non ti sforzi di guardare oltre. Pensaci: ti ho dato il telefono che stai usando adesso, ma non è intestato né a me né a te. Idem, non è intestato a me quello che sto usando io. Esistono tuttora delle vecchie SIM comprate senza lasciare i propri dati, che non risultano associate ad alcun effettivo proprietario.»
Oliver obiettò: «Funzionava così alla fine degli anni Novanta, al massimo nei primissimi anni Duemila.»
«Esistono schede in funzione da quei tempi, i cui proprietari non hanno mai cambiato gestore» replicò Dalila. «Certi proprietari anziani, nel frattempo, sono morti. I loro discendenti, o persone che stavano intorno a loro, potrebbero esserne ancora in possesso. Con le schede ricaricabili, basta fare una ricarica ogni anno, per tenerle attive. In epoca recente, ogni mese i gestori scalano anche un paio d'euro se non di più, ma potrebbe valerne la pena. Se dovessi usare un telefono per fare qualcosa di illecito, mi costerebbe ventiquattro euro all'anno tenere attivo il numero, e il resto sarebbe da pagare in telefonate, visto che parliamo di contratti senza un fisso mensile. Potrebbe avere il suo senso.»
«Sì, quello che dici ha senso» convenne Oliver, «Anche se ci sarebbero molti punti da chiarire. Perché quella persona avrebbe prestato il telefono alla sua vittima?»
«Forse perché non era nella situazione di potere rifiutare» azzardò Dalila. «Se un conoscente ti chiedesse di fare una telefonata dal tuo cellulare, potresti forse rispondergli "scusami, non posso, perché ho intenzione di ammazzarti e, di conseguenza, preferisco non lasciare prove"? Non mi sembra un'idea molto praticabile.»
«No, non lo è» ammise Oliver, «Ma questo aprirebbe davvero a una nuova realtà.»
«Mhm.»
«Adesso sei tu, quella che deve riflettere.»
«Su cosa?»
«Sul fatto che Mirko abbia ricevuto in prestito un telefono da qualcuno che gli stava vicino e l'abbia usato per chiamarmi: l'assassino sapeva che Mirko aveva a che fare con Tina Menezes, al di là di ogni ragionevole dubbio.»
«Al ragionevole dubbio non rinuncerei così tanto facilmente» lo contraddisse Dalila, «Ma posso capire il tuo punto di vista. Comunque sia, sarebbe un ennesimo indizio a sostegno della teoria secondo cui le due cose sono collegate.»
«E significherebbe che, chi ha ucciso Mirko, sa perfettamente che sono stato ingaggiato da Tina» aggiunse Oliver. «A questo punto, credo abbia solo due possibilità.»
«Depistarti o ucciderti» azzardò Dalila. «Se fossi al posto tuo, inizierei a fare attenzione. Non dare confidenza a nessuno... né tu, né Tina.»
Oliver obiettò: «Non ho controllo sulle azioni di Tina. Per esempio, oggi ha deciso di raccontare la storia del filmato erotico a Edward e Selena, senza che io avessi alcuna idea delle sue intenzioni.»
Dalila sbuffò.
«Oh, fantastico! A meno che non sia certa della loro colpevolezza e voglia metterli alla prova, non è stata un'azione molto saggia, mi permetto di farti notare.»
«Certa della loro colpevolezza?!» ripeté Oliver, con un tono tale da sembrare del tutto inorridito. «Come ti viene in mente un simile pensiero?»
«Vedi, Fischer, non devi partire dal presupposto che, siccome sono persone tanto a modo, allora non possono avere niente a che fare con il video» replicò Dalila. «Non puoi iniziare a fare distinzioni tra gli amici tuoi e la gente che non ti va a genio. Anzi, cerca di metterli in trappola, proprio perché sono amici tuoi!»
«Non posso mettere in trappola gente che non dà alcun segno di colpevolezza» mise in chiaro Oliver. «Né Edward Roberts né sua moglie avevano ragioni valide per architettare la storia del video. Con Edward ci ho anche parlato in privato, ieri sera, in un posto isolato. Ti assicuro che non mi ha dato l'impressione di volermi uccidere.»
«Però, materialmente, sia Edward sia Selena avrebbero potuto essere sul luogo del delitto, sabato scorso» gli ricordò Dalila. «Non sottovalutare questo dettaglio, non è una cosa da poco.»
«Anche gli altri avrebbero potuto, per quanto ne so» puntualizzò Oliver. «Non posso andare in giro a chiedere alla gente dove si trovasse sabato scorso all'ora del delitto. Anche altri potevano essere da quelle parti, ma si guarderebbero bene dal riferirmelo, se fossero andati là per ammazzare De Rossi, non credi?»
«Sì, su questo hai ragione» si sentì costretta ad ammettere Dalila, «Ma forse sarebbe il caso di tornare a noi. Come hanno reagito i Roberts, quando hanno sentito il racconto di Tina?»
«Con una certa indignazione nei confronti di quello che le sta successo.»
«Potrebbe essere stata tutta una recita, non credi?»
«No, non lo credo.»
«Però Edward Roberts è stato il compagno di squadra di Tina Menezes, in passato, deve conoscerla abbastanza bene» osservò Dalila. «Inoltre conosce anche l'amante di Tina, senza ombra di dubbio. Magari la tua amica potrebbe perfino avergli lasciato intendere la sua identità... e se così non fosse, potrebbe non averci messo molto a fare due più due. Sappiamo che ha figli, che è sposato, ma che ha avuto un periodo di grande crisi con la moglie...»
Oliver la interruppe: «Sappiamo anche che, in linea generale, le persone non si mettono a riprendere altri mentre stanno facendo sesso solo per il gusto di farlo. Perché Edward avrebbe dovuto fare una cosa del genere? E con che scopo? Non ha alcun senso.»
«Allora» asserì Dalila, «Sarebbe ora che la tua cara amica Menezes parlasse chiaro e specificasse una volta per tutte chi potrebbe esserci dietro questo video. C'è qualcuno che la detesta?»
«Ha fatto un solo nome.»
«Ovvero?»
«Ovvero Manuel Serrano.»
«Il suo compagno di squadra del passato, morto millemila anni fa?»
«Proprio quello.»
Dalila si passò nervosamente tra i capelli la mano con la quale non reggeva il cellulare.
«Teorie più realistiche, proprio, non ne abbiamo?»
«Non è una teoria» replicò Oliver. «È ovvio che Tina non sospetti di un morto. Però tra quei due deve essere successo qualcosa di davvero sgradevole.»
«Questo Serrano» suggerì Dalila, «Avrà dei familiari, immagino. Se davvero detestava Tina così tanto, qualcuno di loro potrebbe avere deciso di vendicarlo.»
«Ho fatto un po' di domande a Tina, poco fa» le confidò Oliver. «Non vede e non sente i parenti di Manuel da moltissimi anni. Per quanto ne sa lei, vivono tutti in Brasile e difficilmente qualcuno di loro avrebbe potuto filmarla in Italia lo scorso settembre.»
«Hai detto che tra gli ospiti di Veronica c'è anche quel tizio che lavorava per il team Hernandez, giusto?»
«Sì, Donato Franzoni.»
«Chiedi a lui se, tra parenti e amici di Serrano, ci fosse qualcuno che potrebbe tormentare la Menezes.»
Oliver azzardò: «Non mi sembra una grande idea. Dovrei informarlo di una questione di cui non è al corrente.»
Dalila insisté: «Trova un altro modo. Inventati che Tina non ti ha raccontato tutto di Manuel, ma vorresti sapere qualcosa di più del suo passato. Hai ancora un giorno a disposizione per riuscirci. Mi raccomando, lo sai che credo in te.»
«Forse troppo.»
«No, hai sempre giocato bene le tue carte. Sono certa che puoi continuare così.»
Oliver ridacchiò.
«Grazie per la fiducia.»
«Di nulla. Lo sai che sei il mio punto fermo.» Dalila cercò di rendere la propria voce più sensuale. «Non vedo l'ora di potere parlare di persona. E di potere fare anche tante altre cose.»

***

La domenica fu lunga ed estenuante. Dal punto di vista sportivo, il fine settimana della Pink Venus si concluse con entrambe le vetture al traguardo, seppure ben lontane dalle posizioni che assegnavano punti. Era la prassi, la stessa Veronica Young sembrava piuttosto soddisfatta di come fossero andate le cose.
Oliver non aveva avuto molto tempo per parlare con lei, in quei giorni, quindi approfittò del momento in cui la trovò sola e libera.
«Stai per sbarazzarti di me. Sei contenta, Young?»
Veronica sobbalzò.
«Quanto sei irritante, quando mi compari dietro le spalle a quel modo, senza farti sentire.»
«Non è colpa mia se te ne stai lì immobile sovrappensiero» replicò Oliver. «Volevo solo dirti che mi pare sia andata bene.»
Veronica, girandosi verso di lui, gli lanciò un'occhiata di fuoco.
«Non vuoi dirmelo, che sarebbe andata meglio se ci fosse stata Tina Menezes in pista al posto di Amber Thompson?»
Oliver obiettò: «Non stavo per dire nulla di simile. Devi per forza essere così prevenuta, quando mi avvicino a te?»
«Sarebbe meglio se tu non ti avvicinassi affatto.»
«Sono tuo ospite.»
«Sbagliato. Il fidanzato di Tina è mio ospite, non il giornalista impiccione Oliver Fischer.»
«Però sono sempre la stessa persona.»
«E fai solo finta di essere il fidanzato di Tina» gli ricordò Veronica. «Mi piacerebbe proprio sapere che cosa vi siete messi in testa, che casino avete in mente di combinare. In ogni caso, la prossima settimana te ne starai tranquillo a casa tua, o dove preferisci, ma lontano da me, così non avrò nulla di cui preoccuparmi.»
«Perché stiamo parlando di quello che farò la prossima settimana?» chiese Oliver. «Non capisco.»
«Un'importante rete televisiva vuole registrare un'intervista doppia da mandare in onda durante il fine settimana del Gran Premio di Gran Bretagna» lo informò Veronica. «Un'intervista con Tina e Amber, intendo.»
«Oh.»
«Ti stupisce, Fischer?»
«Non particolarmente. Mi stupisce piuttosto che tu me ne stia parlando. Cosa c'entro io?»
«È stato richiesto espressamente che questa intervista venga registrata sul posto, a Silverstone. Inoltre, dall'alto, c'è chi è convinto che sia un'ottima idea quella di contrapporre Amber come futura moglie del proprio manager a Tina con la sua immagine da zitella incallita. Deve essere sola, senza un accompagnatore maschile. Anzi, è opportuno che se ne vada in giro con la propria personal trainer. Si sta già muovendo per contattare Claudia, adesso che finalmente è tornata dalle vacanze. A te è richiesto un compito molto semplice: per tutta la durata del fine settimana non dovrai minimamente entrare sui social. O meglio, puoi entrarci quanto vuoi, basta che non pubblichi nulla.»
Oliver spalancò gli occhi.
«Come sarebbe a dire che Tina dovrà venire con te e la squadra in Inghilterra?»
Veronica ribatté, con sarcasmo: «Sai, deve salire un aereo, lasciare l'Europa continentale e...»
Oliver la interruppe: «Questo lo capisco anche da solo. Quello che non capisco è perché sia necessario.»
Veronica chiarì: «Si tratta di una rete televisiva di quelle serie, che chissà, un giorno potrebbe offrirle un ruolo come opinionista. Quella, comunque, sarebbe solo un'opzione secondaria. Tina sta cercando un ingaggio per la prossima stagione, che sia qui o in un altro campionato. Sparire completamente non le farebbe bene, ricordare al mondo della propria esistenza, invece, potrebbe esserle molto d'aiuto.»
Oliver avrebbe voluto replicare che non era il momento che Tina se ne andasse in giro per l'Europa da sola, quando due paia di occhi vedevano senz'altro meglio di uno soltanto ed entrambi, almeno in linea teorica, potevano essere esposti a pericoli di difficile identificazione. Non poteva, tuttavia, raccontare quella parte di verità a Veronica, quindi si limitò a mormorare un semplice: «Capisco.»
La Young lo esortò: «Non fare quella faccia da funerale, Fischer. Qualunque cosa stiate facendo tu e la Menezes, vi ritroverete molto presto e potrete tornare a complottare tanto quanto volete.»
«Non stiamo complottando.»
«Dove ci sei tu, non succede mai nulla di buono.»
«Nemmeno dove ci sei tu.»
Veronica avvampò.
«Di questo, devo dartene atto.»
Oliver non si aspettava di vederla vacillare così facilmente, quindi approfittò del momento per porle una domanda scottante.
«Cos'è successo tra Tina e Ryan Harvey?»
Veronica non diede segno di essere turbata.
«Nulla.»
«Mi è difficile crederlo.»
«Non mi tocca minimamente il fatto che tu mi creda o no» precisò Veronica. «Mi hai chiesto una cosa e io ti ho risposto. Non ho altro da aggiungere.»
Oliver mise in chiaro: «Mi sono accorto di come Tina cerchi di evitarlo a ogni costo.»
«Le è antipatico.»
«Tutto qui?»
«Tutto qui.»
«Mi dispiace, Veronica, ma questa versione dei fatti fa acqua da tutte le parti. Mi sembra ci sia ben di più di una semplice antipatia.»
Veronica sbuffò.
«Vorrà dire che Tina Menezes ama interpretare la parte dell'eroina badass, ma in realtà è come le sempliciotte protagoniste delle commedie romantiche: il tempo passa inesorabile e lei rimane sempre la solita zitella incallita, mentre Ryan Harvey è il futuro marito di quella che tutti descrivono come la sua nemesi. Ti stupisce così tanto che faccia fatica a tollerarlo?»
Oliver scosse la testa.
«Tina non è come la descrivi.»
«Da quanto tempo la conosci?»
«Stasera saranno nove giorni.»
«Oserei dire che non sono sufficienti per farsi una vera e propria idea di come sia una persona» rispose Veronica. «Io stessa, dopo anni, non sono ancora riuscita a inquadrare la Menezes fino in fondo, figurati se puoi farlo tu solo perché ti stai spacciando per il suo fidanzato.»
Oliver avrebbe voluto ribattere, ma le parole della Young colpirono nel segno. Fortunatamente la team principal gli annunciò di non avere più tempo a disposizione per lui, prima che si ritrovasse costretto a darle ragione.
Avrebbe potuto trattenerla, ma non lo fece, perché vide poco lontano Donato Franzoni. Anche l'ex assistente di Dalma Hernandez era solo e Oliver non poteva lasciarsi scappare una simile occasione. Dalila gli aveva suggerito di estorcere informazioni a quell'uomo e, in fondo, non si sbagliava. Tutto ciò che serviva, era trovare le parole giuste.
Oliver lo avvicinò e iniziò una lunga invettiva a proposito di quanto le gare della massima categoria potessero rivelarsi noiose, quando c'erano ben pochi colpi di scena a proposito del risultato finale, almeno per quanto riguardava le prime posizioni.
Franzoni lo ascoltò con un certo interesse, annuendo all'occorrenza e, in altri momenti, lasciando intendere che spiazzare spettatori e telespettatori non fosse il principale meccanismo che governava i campionati di automobilismo. Era fatta: Oliver poteva passare a introdurre l'argomento di discussione che aveva pianificato.
«Quello che dice ha ragione, signor Franzoni» convenne, «Ma devo ammettere che trovo le gare delle categorie minori ben più emozionanti. Non solo seguirle permette di individuare le stelle di domani, ma si possono vedere all'opera giovani piloti su auto che, almeno in linea teorica, sono uguali le une alle altre. Seppure non tutte le squadre abbiano gli stessi mezzi e, di conseguenza, le stesse capacità di lottare per le posizioni di vertice, difficilmente si assiste al dominio incontrastato di un unico pilota.»
«Su questo sono d'accordo con lei, Fischer» ammise Donato, «E mi fa piacere sentirglielo dire. Non per altro, ma avendo lavorato nella Formula 3 Brasiliana, per un periodo seppure breve, è sempre bello vedere dei riconoscimenti nei confronti di ciò che si è amato.»
«Per un breve periodo?»
«Già. Dopo la morte di Serrano, la mia strada si è separata da quella degli Hernandez. È stato un periodo difficile per tutti.»
«Posso immaginare.»
«No, non può immaginare» obiettò Donato. «Un attimo prima la squadra era sul tetto del mondo, mentre poco dopo tutti ci guardavano con sospetto, mentre gli sponsor si tiravano indietro perché non volevano essere associati alla morte di un pilota.»
«Avrebbero potuto investire su un altro sport, se non avessero voluto correre questo rischio» replicò Oliver.
«Ha ragione, Fischer, ma purtroppo nella realtà non si incontrano le dinamiche ideali» rispose Donato. «La realtà dei fatti è che la morte di Manuel ha rovinato tutto, e non solo perché sia stata un evento molto triste.»
«Tina come l'ha vissuta?»
«Non gliene ha parlato?»
«Poco. Non le piace parlarne.»
«Non mi stupisce.»
Oliver finse di essere indeciso, nell'aggiungere: «Ho anche l'impressione... l'impressione che...» Guardò Franzoni, nella speranza che lo esortasse a proseguire, ma l'altro uomo non proferì parola. «Che gli anni passati a gareggiare in Brasile siano qualcosa di oscuro, un passato del quale Tina farebbe volentieri a meno.»
«Non l'ho mai messa in questi termini» replicò Donato, «Ma non mi stupirebbe se fosse proprio così.»
«Per caso Tina aveva qualcuno che la odiasse, in Brasile?»
«Perché questa domanda, Fischer?»
«Perché spesso fatico a comprendere cosa passi per la testa di Tina e vorrei saperne qualcosa di più, su di lei. Non per altro, ma non vorrei turbarla facendole le domande sbagliate.»
«Mi sembra un'ottima idea» si complimentò Donato. «Tina è stata fortunata a trovare un uomo che rispetta i suoi spazi e non vuole metterla di fronte a ricordi dolorosi.»
Oliver sorrise.
«Mi fa piacere che abbia questa opinione di me, però non ha risposto alla mia domanda.»
«Vero, non le ho risposto, ma sarò molto breve: Tina non aveva nemici, se è quello che mi sta chiedendo, e dubito che ne abbia tuttora.»
«Dice questo perché è un uomo molto ottimista, signor Franzoni.»
«Lo dico perché Tina è una persona a cui tutti finiscono per volere bene. Ho capito fin da subito, che aveva un grande futuro davanti.»
Oliver osservò: «Le due cose sono molto diverse tra loro. Un conto è volerle bene, un conto è credere nelle sue capacità.»
Donato Franzoni ammise: «Mi sono espresso molto male. Al tempo stesso le volevo bene e credevo nelle due capacità, dato che le due cose non si escludono. Spero di essere stato più chiaro, adesso.»
«È stato chiarissimo» confermò Oliver.
Si aspettava una risposta da parte di Donato Franzoni, la quale non arrivò: non ci voleva una mente geniale per comprendere che la loro conversazione poteva considerarsi terminata.

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Capitolo 8
*** [Tina] ***


Buongiorno a tutti, in particolare a Swan Song e a Nerve. Sono davvero felice di avervi come lettori e che questo racconto vi stia prendendo. Se ce ne sono altri, che mi leggono nell'ombra, li invito se vorranno a farsi vedere, anche solo per informarmi che mi stanno seguendo (le congetture mi piacciono, ma non sentitevi in obbligo).
Vi avverto che siamo quasi a metà (questo Swan già lo sa) e che i capitoli saranno in totale 17. Ieri ho finito di scrivere il 16, quindi sono ormai vicina alla conclusione. Cercherò di finire di pubblicare entro la fine di gennaio. La prossima settimana i capitoli saranno tre: indicativamente lunedì/martedì il primo, poi a seguire giovedì e domenica.

Buona lettura!



Tina non aveva chiuso la porta a chiave, ma non si aspettava che qualcuno entrasse senza nemmeno bussare. Oliver Fischer, a quanto pareva, era l'uomo delle sorprese.
«Chi ti ha detto di entrare?» borbottò, tra i denti.
«Ho pensato che difficilmente saresti stata nuda, dato che sei venuta a preparare le valigie» replicò Oliver.
Senza attendere di essere invitato, dopo avere richiuso la porta, si avvicinò a Tina, la quale, invece di fare ciò che avrebbe dovuto, stava fissando una fotografia un po' scolorita che teneva sempre, all'interno di una vecchia agenda sulla quale non era appuntato quasi nulla, dentro una delle sue borse da viaggio.
Fischer, per il momento, non fece caso alla fotografia, del resto doveva avere altri pensieri per la testa, dal tono con cui le domandò: «Quindi andrai in Inghilterra?»
Tina mormorò, seccata: «Vedo che le notizie volano.»
«Me ne ha parlato Veronica» la informò Oliver. «Quando pensavi di dirmelo?»
Tina decise di buttarla sul ridere e gli strizzò un occhio, scherzando: «Temi che a Silverstone mi possa trovare un altro uomo?»
«Temo che qualcuno ammazzi o me o te» mise in chiaro Oliver. «Ti devo ricordare che fine ha fatto Mirko?»
Evidentemente Fischer non aveva affatto voglia di scherzare. Tina scosse la testa, replicando: «Lo so perfettamente e spero possa avere giustizia, ma evidentemente questo dimostra che l'assassino aveva delle priorità.»
«Ovvero?»
«Ovvero sbarazzarsi di lui, non di noi, altrimenti Mirko sarebbe vivo e noi saremmo morti.»
«Non ti facevo così cinica.»
«Non è cinismo. Non credo di avere fatto nulla che possa spingere qualcuno a volermi uccidere, così, da un giorno all'altro.»
Oliver puntualizzò: «Molto probabilmente nemmeno Mirko lo pensava.»
Tina ammise: «Su questo devo darti ragione, tuttavia non cambia le cose. In Inghilterra potrebbe accadere qualcosa di importante per il mio futuro. Non siamo nemmeno fidanzati davvero e vuoi già tarparmi le ali? Non c'è da stupirsi che Selena Bernard ti abbia lasciato e si sia messa insieme a Edward.»
Oliver sbottò: «Tu non sai niente di me e Selena.»
Tina insisté: «Eri un maniaco del controllo?»
«No, affatto.»
«Uno stalker?»
Oliver rimarcò: «Sei l'ultima persona che dovrebbe permettersi di darmi dello stalker. Ti devo ricordare per quale ragione hai deciso di trasferirti nella tua attuale dimora?»
Tina lo ignorò.
«Sei uno di quei pazzi che vogliono controllare ogni singolo aspetto della vita delle loro partner?»
«Non sono né un pazzo che assilla le partner, né un pazzo che ti vorrebbe come partner» chiarì Oliver. «Puoi fare quello che vuoi della tua vita. Mi limito soltanto a ricordarti che sei stata tu a ingaggiarmi perché venissi in giro con te per scoprire chi ti tormenta e pararti il fondoschiena. Non posso fare molto se ti prendi su e te ne vai in Inghilterra per partecipare a un'intervista televisiva fatta per compiacere quella fetta di pubblico che vuole vedere a tutti i costi uno scontro aperto tra te e la Thompson.»
«Non sono io a decidere gli argomenti portanti delle interviste, purtroppo» rispose Tina. «Purtroppo non tutti sono come eri tu, quando lavoravi per la televisione.»
«Grazie per l'apprezzamento.»
«Di nulla.»
«No, davvero, è bello sapere che il modo di lavorare non era disprezzato proprio da tutti.»
«Quando non facevi domande imbarazzanti a Edward Roberts era un piacere sentirti. Ce l'avevi con lui perché stava con Selena?»
Oliver precisò: «Non tutto ruota intorno a Selena. A quei tempi non la conoscevo ancora, peraltro.»
Tina tornò sull'argomento "intervista": «Ho accettato di andare anche per non destare sospetti. Non so di chi posso fidarmi e di chi no, è meglio comportarmi come farei di solito, non credi?»
«Può darsi.»
«Il tempo volerà, vedrai. Tornerò a casa prima che tu possa iniziare a sentire la mia mancanza.»
Oliver si fece più vicino. Non sembrava più molto interessato alla questione dell'intervista.
«Quella foto?»
Tina gliela mostrò.
«Quattro persone che fingono di essere felici a una cena. L'ha scattata un cameriere, su richiesta di Dalma Hernandez. In seguito me ne ha dato una copia.»
Oliver si interessò: «Che fine ha fatto Dalma Hernandez?»
Tina sviò la domanda.
«Non mi hai ancora spiegato perché Selena ti ha lasciato e si è messa insieme a Edward. Cos'hai combinato?»
«Non ho fatto niente di male» le assicurò Oliver. «Conosceva Edward già da molti anni ed era stata una cara amica della sua prima moglie. Dopo essere rimasto vedovo, Edward non sembrava interessato a rifarsi una vita con un'altra donna, anche se tra lui e Selena c'era una certa attrazione. Nel frattempo io e Selena abbiamo avuto una storia.»
Tina concluse: «Poi Edward si è finalmente convinto, allora Selena ha scelto lui.»
«Qualcosa del genere.»
«Io non avrei fatto la stessa scelta.»
Oliver non commentò quell'affermazione.
«Cosa mi dici della Hernandez?»
«Ha continuato a mandare avanti la squadra di famiglia per diverse stagioni, poi ha iniziato a diventare troppo oneroso» gli spiegò Tina. «Piuttosto che dovere vendere tutti i beni di famiglia e investire il denaro nella squadra, ha optato per una scelta meno romantica, ma più ragionevole dal punto di vista economico.»
Oliver prese in mano la foto e osservò attentamente le persone ritratte.
«Tuo fratello?» azzardò.
«Già, è Christian.»
«Più giovane o più vecchio di te?»
«Siamo gemelli.»
«Andava forte anche lui» osservò Oliver. «Peccato per il suo incidente.»

***

Non appena giunsero davanti alla porta del ristorante, Christian si era già pentito dell’assurda decisione di accettare l’invito. Sua sorella, accanto a lui, era l’unica persona accanto alla quale non gli sarebbe dispiaciuto sedersi, quella sera; anzi, l’unica con la quale non gli sarebbe dispiaciuto parlare. Gli altri due presenti sarebbero stati Dalma Hernandez ed Enrique Serrano e, per motivi del tutto diversi l’uno dall’altra, erano persone che, seppure involontariamente, avevano cambiato la sua vita in peggio.
Tina si girò a guardarlo per un attimo.
«Stai ancora pensando alla tua ragazza?»
Ultimamente la loro madre non parlava d’altro, era quella la ragione che aveva spinto Christian a partire insieme a Tina. La loro madre considerava incapace di gestire la propria vita sentimentale, e solo perché, da quando erano tornati dalla loro vacanza, lui e la sua ragazza non facevano altro che litigare.
Avrebbe potuto preoccuparsi per Tina, piuttosto, che in ventitré non aveva mai avuto - almeno ufficialmente - un solo fidanzato.
«No, non sto pensando a lei» assicurò alla sorella, prima che si mettesse in testa qualche sciocchezza.
Sperò che a Tina bastassero quelle parole, ma non fu così.
«È per Dalma?»
«Cosa?»
«Tu e Laura avete litigato a causa di Dalma, prima, al telefono?»
Christian la guardò con aria innocente.
«Perché avremmo dovuto litigare per via di Dalma?»
Tina gli lanciò un’occhiataccia.
«Sai di cosa sto parlando. Un tempo si vociferava che tra te e lei...»
«Tra me e lei non c’è mai stato nient’altro che un’amicizia» puntualizzò Christian, «Che poi è finita, di fatto, perché non avevamo nulla che ci tenesse uniti.»
Tina scosse la testa.
«Sono sicura che, un tempo, tu avessi un certo interesse nei suoi confronti.»
«Magari lei no» ribatté Christian. «C’è chi dice che a Dalma piacciano le donne. Hai mai pensato che potrebbe essere vero?»
«Quello è solo gossip.»
Christian sorrise.
«Anche il tuo.»
Sua sorella spinse la porta.
«Entriamo?»
Christian si chiese se fosse giunto il momento di sentirsi sollevato. La proposta di Tina lasciava ipotizzare che non fosse interessata ad andare oltre con le proprie congetture a proposito di una sua immaginaria relazione con Dalma Hernandez.
Christian non replicò e, dal momento che sua sorella aveva già varcato la soglia, non poté fare a meno di seguirla all’interno.
Dalma era già seduta. Fece un cenno della mano, nel vederli. Christian e Tina la raggiunsero, guardandosi intorno. Christian ne era sicuro: anche sua sorella si stava accertando che nessuno volesse importunarli. Dopotutto sia loro sia la Hernandez godevano di una certa popolarità, in tutto il Brasile.
Christian si affrettò a sedersi di fronte a Dalma, perché guardare negli occhi lei avrebbe potuto essere meno imbarazzante che fare la stessa cosa con Manuel. Quell’onore sarebbe toccato a Tina, seduta alla sua destra, ma per lei sarebbe stato del tutto insignificante. Per lei non era cambiato niente da quanto, tanti anni prima, avevano smesso di considerarsi avversari e avevano iniziato a considerarsi amici.
Guardare negli occhi Dalma non era troppo difficile, ma Christian preferì evitarlo, finché gli fu possibile. Tenendo lo sguardo puntato sulla tovaglia candida le domandò: «Come stai?»
Il tono di voce di Dalma era piatto, quando rispose: «Tutto bene. Tu, invece?»
«Bene anch’io.»
Chiunque - anche la stessa Tina - avrebbe potuto comprendere perfettamente che non avevano alcun desiderio di parlare.
A peggiorare la situazione, Manuel arrivò proprio in quel momento.
«Sono in ritardo?»
Christian si sforzò di non alzare lo sguardo.
«No» rispose Dalma, rivolgendosi al pilota. «Anche Christian e Tina sono appena arrivati.»
Manuel si sedette.
Christian diede un’occhiata all’orologio, certo che quella serata sarebbe stata molto lunga. Come se questo non bastasse a disincentivarlo, in tutto quel tempo non avrebbe fatto altro che pensare e ripensare al dannato giorno in cui il suo futuro era stato stroncato.

***

Tina fissò la fotografia restando in silenzio per un tempo decisamente troppo lungo. Avrebbe dovuto capire che Fischer avrebbe approfittato della situazione per farle delle domande, ma rimase comunque senza spiccicare parola.
Oliver osservò: «Tuo fratello guarda Dalma in un modo strano.»
«Magari ha solo girato gli occhi verso di lei perché gli dava fastidio il flash» suggerì Tina. «Erano vecchi tempi, la foto è stata scattata con una vecchia macchina forografica.»
«No, davvero» insisté Oliver. «Lo so, è stupido mettermi ad analizzare lo sguardo che Christian ha in una fotografia...»
Tina non lo lasciò finire: «Però, per quanto stupido, lo stai facendo ugualmente, come se fosse proprio quello il tuo obiettivo. A questo punto, funzionerebbe di più se suggerissi "mi parli del legame tra tuo fratello e Dalma Hernandez? Sono molto curioso in proposito e, se non lo fai così, sarò costretto ad arrampicarmi sugli specchi per convincerti a farlo in un altro modo".»
Oliver si sedette accanto a lei.
«Non sono diretto come te, nel dire le cose. È un mio difetto.»
«Un difetto bello grosso, a mio parere» ribatté Tina. «Non fraintendermi, è quasi una benedizione quando si tratta di fare domande ad altri, ma questo non significa che debba funzionare così anche con me. Io sono quella che ti paga, non un soggetto su cui devi indagare.»
Oliver ribatté: «Sei il primo soggetto su cui devo indagare, invece. Il mistero su cui stiamo indagando potrebbe nascondersi nel tuo passato, eppure del tuo passato so solo quello che mi racconti tu. Non so chi eri, ai tempi in cui è stata scattata questa fotografia, e non so nemmeno chi fossi prima.»
«Cosa vuoi sapere?»
«Tutto quello che vuoi raccontarmi.»
«Da dove devo iniziare?»
«Dall'inizio, quello che per te è l'inizio.»
Tina sospirò.
«Sono nata in Brasile trentotto anni fa. Mi chiamo Tina Menezes.»
Oliver azzardò: «Questo lo sapevo.»
Tina puntualizzò: «Mi chiamo Tina Menezes e basta, non uso altri cognomi, così come non ne usa Christian. È stata una scelta ragionata, da parte dei nostri genitori. Jenys era incinta di sei mesi e destinata a divenire una madre single, quando ha conosciuto Leo Menezes. Lavorava come meccanico nel campionato di Stock Car. Si sono innamorati e Leo ha deciso che voleva stare insieme a lei anche se presto avrebbe messo al mondo non uno, ma addirittura due figli. Ci ha sempre considerati figli suoi e voleva che tutti ci considerassero tali, per questo lui e mia madre hanno deciso che dovessimo essere chiamati solo Menezes.»
«Non ne avevo idea» ammise Oliver. «Non l'ho mai letto nelle tue biografie.»
«Non l'hai mai letto perché è sempre stato un segreto» lo informò Tina. «Di padre ne ho avuto solo uno. O meglio, non solo, in realtà, ma quello che mi ha concepita non ha mai fatto parte della mia vita. Mia madre mi ha detto che faceva parte anche lui del mondo dell'automobilismo, ma non ha mai aggiunto altro.»
«E tu non le hai fatto domande?»
«No. Chiunque fosse, quell'uomo non sapeva nemmeno che esistessi e mia madre non aveva intenzione di dirglielo. Io e Christian avevamo già un padre ai suoi occhi... e anche ai nostri stessi occhi.»
Oliver azzardò: «Tua madre, poi, si è risposata con un italiano. Cos'è successo a Leo Menezes?»
«È andato a comprare la frutta e non è più tornato a casa» rispose Tina, «Nel senso letterale del termine. C'è stata una rapina, nel negozio. Si è messo in mezzo per difendere un giovane commesso e si è beccato una pallottola nella testa. Sono passati trentadue anni da allora, ma lo ricordo come se fosse ieri. Ricordo le parole di mia madre. Ha detto, testualmente: "la nostra vita è finita", anche se poi non è andata così. Credo che tu sappia tutto il resto: l'anno successivo ha conosciuto un italiano che gestiva un squadra kartistica e siamo finiti tutti quanti in Italia. Così come Leo, anche Alberto ci ha sempre trattati come se fossimo figli suoi e per certi versi lo fa tuttora, anche se di è separato da mia madre da molti anni. È stato grazie a lui se io e Christian siamo diventati piloti.»
«Almeno fino al momento dell'incidente per quanto riguarda tuo fratello.»
«Era un'azione di gara, Christian e Manuel proseguivano ruota contro ruota e le loro vetture si sono agganciate. Serrano se l'è cavata senza grossi danni, mio fratello è finito rovinosamente contro un muro. Una parte di responsabilità doveva essere sua, ma sai come funziona: chi si fa male, finisce sempre per apparire come la vittima del sistema. Eravamo amici, tutti e tre, prima di quell'incidente. Dopo le cose sono un po' cambiate e non eravamo molto felici, tutti quanti, di prendere parte a quella cena con Dalma.»
«Quando è stato?»
«Quando io e Manuel siamo diventati compagni di squadra, prima che lo zio di Dalma avesse l'infarto. C'era già scappato quel bacio ti ho raccontato, ma per il momento nient'altro. Non l'avevo nemmeno detto a Shin.»
«Un giorno dovrai parlarmi anche di Jung. Sembra un personaggio affascinante.»
Tina propose: «Posso farlo ora.»
Oliver fu categorico: «Adesso stiamo parlando di Christian e Dalma. C'era qualcosa tra di loro?»
«Come hai fatto a capirlo?»
«Ho tirato a indovinare.»
«Provavano qualcosa l'uno per l'altra, questo sicuramente. Poi Dalma si è tirata indietro, sostenendo che Christian fosse troppo giovane per lei.»
Oliver annuì.
«Ha senso.»
«Dalma aveva diversi anni più di noi» confermò Tina, «E ai tempi io e Christian eravamo ancora molto giovani. Quando Christian si è fatto avanti con lei, aveva al massimo ventidue anni, forse solo ventuno.»
«Quindi» concluse Oliver, «È stata Dalma a dirgli di no.»
Tina annuì.
«Era la cosa più sensata da fare, per quei tempi.»

***

La cena era finita ed era stata uno strazio.
Dalma aveva già chiesto al cameriere di portare il conto, quindi si alzò.
«Vado un attimo in bagno.»
Nessuno parlò. Soltanto Manuel fece un cenno d’assenso. Dalma gli fece un sorriso, in segno di ringraziamento.
Si diresse verso la toilette.
Entrò nell’antibagno e fissò la propria immagine che si rifletteva nello specchio.
Fissò l’immagine che nel corso degli anni aveva cercato di detestare, perché secondo sua madre richiamava vagamente i tratti dell’uomo che non l’aveva mai riconosciuta come figlia, dell’uomo che non aveva mai saputo che era sua figlia.
Dalma abbassò lo sguardo. Provava un immenso disprezzo per tutto ciò che la circondava e per il castello di menzogne su cui la sua vita era sempre stata fondata.
"Un giorno sarà tutto diverso", le aveva sempre assicurato sua madre.
Invece non era cambiato niente, perché non era bene che le cose cambiassero.
Non che Dalma impazzisse dal desiderio di svelare la verità sul proprio concepimento, ma almeno avrebbe voluto potere vivere quella situazione senza sentirsi continuamente sotto pressione. Temeva che, prima o poi, qualcuno potesse fare allusioni spiacevoli.
Per fortuna erano in pochi a conoscere tutta la verità.
Molta gente, in Brasile, era convinta che usasse il cognome Hernandez perché le faceva più comodo che usarne uno più anonimo.
Quella fetta di gente al corrente della sua esistenza, nel resto del mondo, era convinta che usasse il cognome Hernandez perché, come la maggior parte dei brasiliani, ne aveva più di uno e Hernandez era quello prescelto.
Fino a quel momento non aveva mai avuto problemi, ma quanto a lungo sarebbe durata? Dalma era certa che ci fosse qualcuno che ormai sospettava una verità ben diversa, un qualcuno che aveva un’identità ben specifica e che avrebbe potuto causarle notevoli fastidi.
Era immersa in quelle riflessioni, tanto che non si accorse di qualcuno alle sue spalle, se non quando udì una voce che le chiedeva: «Va tutto bene?»
Dalma sussultò.
Alzò gli occhi e, riflessa nello specchio, vide Tina. L’aveva già riconosciuta dal timbro della voce, ma potere osservare la sua sagoma le diede sicurezza.
«Sì, va tutto bene» le assicurò.
«Mi dispiace per com’è andata» aggiunse Tina. «Forse avrei fatto meglio a non portare Christian con me.»
Dalma se n’era accorta: si era comportato freddamente nei suoi confronti, forse perché era l’unico modo che aveva per sconfiggere il sentimento che si sforzava di non provare. Non si era mai fatta illusioni, aveva sempre saputo che Christian non si era mai rassegnato facilmente al suo secco e categorico rifiuto.
«Non c’è problema per me» puntualizzò Dalma. «Lo sai come la penso.»
Tina si girò verso di lei.
«No, non lo so.» Aggrottò le sopracciglia. «Sinceramente non riesco a capire come stiano le cose tra te e mio fratello.»
«Non c’è niente da capire» replicò Dalma. «Io e Christian eravamo amici, un tempo, poi le nostre strade si sono separate. E poi è giovane, maledettamente giovane.»
«Tutto qui?»
Dalma annuì.
«Tutto qui.»
Per lei era sempre stato così, forse.
Non aveva mai creduto di potere avere un futuro insieme a qualcuno, nemmeno con l'unico fidanzato, con cui, in passato, aveva avuto ciò che, in tutta la sua vita, era stato più simile di tutto il resto a una relazione stabile.
Non si era mai fatta illusioni su Christian Menezes. Non si era mai fatta illusioni ed era stato un bene.
Sorrise a Tina.
«Torniamo di là, prima che Christian accusi Manuel di cose orribili di cui non merita di essere accusato?»
Tina sospirò.
«Pensi che lo farà?»
«Non ne ho idea» ammise Dalma, «Ma spero di no.»
Uscire tutti e quattro insieme era stata una pessima idea, non poteva negarlo. Per fortuna quella serata era ormai finita.

***

Oliver si alzò in piedi, evidentemente ormai pronto a congedarsi. Tina avrebbe dovuto lasciarlo andare via, eppure, per la prima volta nella sua vita, sentiva di avere trovato qualcuno che potesse comprenderla e ascoltarla senza utilizzare ciò che aveva sentito per i propri scopi personali. Mirko De Rossi era stato piuttosto chiaro, seppure non fosse sceso nel dettaglio: nella biografia di Patrick Herrmann scritta da Oliver Fischer, tutti i dettagli più scabrosi erano stati accuratamente eliminati, perché la privacy di alcune persone potesse essere tutelata. Se Oliver aveva rinunciato a maggiori profitti in nome della riservatezza, doveva essere la persona giusta.
«Dalma Hernandez sta insieme a mio fratello, adesso.»
Quelle parole spiazzarono Oliver, che la fissò con gli occhi spalancati, senza ribattere.
Tina gli chiese: «La cosa ti stupisce?»
«Molto» ammise Oliver. «Pensavo che le loro strade si fossero definitivamente separate.»
«Lo pensavamo anche loro» chiarì Tina. «Entrambi si sono sposati con altre persone, ma i loro matrimoni sono andati a finire male. Christian è in attesa di divorzio da sua moglie, Laura. Dalma, invece, ha divorziato pochi anni fa.»
«Adesso» osservò Oliver, «Christian non è più troppo giovane per lei.»
Tina scosse la testa.
«Dalma non l'aveva rifiutato per l'età.»
«Perché, allora?»
«Era la figlia della sorella di Hernandez, il fondatore della squadra. Le era stato detto che sua madre aveva avuto una relazione con Leo Menezes.»
«Il padre tuo e di Christian?»
«Che in realtà non era nostro padre.»
Oliver dedusse: «Dalma Hernandez, però, non lo sapeva, e credeva che, dal punto di vista biologico, fosse il suo fratellastro.»
«Proprio così.»
«Come ha scoperto che non lo era davvero, dal punto di vista del sangue?»
Tina spiegò: «A un certo punto ha parlato con sua madre, le ha chiesto chiarezza. Non ha scoperto che io e Christian non siamo davvero figli di Leo, quanto piuttosto che sì, sua madre aveva davvero avuto una storia con Leo, ma era a accaduto ben prima che lei venisse concepita. Lisandra Hernandez era semplicemente l'amante di un uomo sposato, di vent'anni più vecchio di lei, che non ha mai voluto conoscere Dalma, ma che le ha lasciato in eredità parecchi soldi, al momento della sua morte avvenuta un paio d'anni fa.»
Oliver osservò: «Sarebbe interessante, a questo punto, scoprire come Dalma abbia finito per pensare di essere figlia di Leo Menezes.»
«Non c'è nulla di misterioso, in tutto questo» lo informò Tina. «C'era una persona su cui faceva riferimento e quella persona era Donato Franzoni. Prima dell'infarto di Hernandez, prima che la gestione del team passasse a Dalma, lavorava comunque per loro, anche se il suo ruolo era meno centrale. Dalma gli aveva chiesto aiuto per scoprire la verità su suo padre e Donato aveva fatto quello che poteva. Ha scoperto che Lisandra Hernandez era stata insieme a mio padre, ma non sapeva nulla sull'uomo venuto dopo di lui.»
«Questo Donato sbuca fuori ovunque» osservò Oliver. «Peccato che il fine settimana sia finito, mi sarebbe piaciuto parlare con lui ancora.»
«E di cosa?»
«Dei vecchi tempi.»
Tina obiettò: «Non c'è niente da dire, sui vecchi tempi. Dobbiamo pensare al presente, al video, a Mirko...» Ripose la fotografia della cena e infilò alcuni indumenti piegati male dentro la stessa borsa. «Mi raccomando, non abbassare mai la guardia, quando non sarò con te.»
Oliver sorrise.
«Dovrei essere io a farti questa raccomandazione.»
Tina puntualizzò: «L'assassino ha colpito in Italia, non in Inghilterra, è più facile trovarlo da quelle parti.»
«Non se l'assassino è tra noi» ribatté Oliver. «Te lo devo chiedere e ti prego di darmi una risposta sincera: sospetti di Ryan Harvey?»
Tina puntualizzò: «Oggi, parlando con te, Edward e Selena, vi ho già detto chi è l'unica persona che potrebbe avercela con me al punto tale da volere tramare una vendetta nei miei confronti. Non ci sono motivi per cui Ryan avrebbe dovuto uccidere De Rossi, che io sappia.»
«E tormentare te?»
«Nemmeno. Non ci sono ragioni per cui Harvey dovrebbe odiarmi.»
Oliver tornò a sedersi sul bordo del letto.
«E tu?»
Tina non comprese dove volesse andare a parare.
«Io cosa?»
«Tu hai qualche motivo per avercela con lui?»
Tina non aveva alcuna intenzione di rispondere a quella domanda, quindi ricordò a Oliver: «L'ultima volta in cui mi sono confidata con te è stata venerdì sera. È finita con un bacio.»
Oliver ridacchiò.
«Per caso ti è dispiaciuto?»
«Non ho detto questo» ribatté Tina, «Ma mi è sembrato del tutto fuori luogo. Abbiamo commesso un errore, un grave errore.»
«Non mi pare» replicò Oliver. «È stato solo un bacio. Non è che siamo stati a letto insieme. E poi, anche se fosse accaduto, non sarebbe stato un errore se l'avessimo voluto entrambi.»
Tina avvampò.
«Non è il caso di fare questo discorso.»
«Va bene, come non detto» rispose Oliver. «Non sarebbe stato sbagliato per me. Non ho nulla in contrario, se per te non è così. Se per qualche ragione vuoi astenerti dai rapporti sessuali, non...»
Tina lo interruppe: «Basta, Fischer! Ti pare che dobbiamo finire questo weekend parlando di sesso? Comunque, se proprio lo vuoi sapere, non sono così puritana da pensare che il sesso sia sbagliato. Ho avuto dei dubbi, delle volte, in passato, ma solo perché non ero sicura che la persona che avevo di fronte mi piacesse abbastanza, specie se si trattava di una relazione seria.»
Oliver rimarcò: «Adesso sei tu che mi stai parlando di sesso e del tuo atteggiamento nei suoi confronti. Non ti ho costretta a parlarmene. Ti sei lamentata dell'argomento e poi l'hai portato avanti tu stessa.»
Tina gli strizzò un occhio.
«Ammettilo, Fischer, stai iniziando a sentirti in imbarazzo.»
«Assolutamente no.»
«Allora sappi che la prima volta in assoluto che l'ho fatto è stato qualche settimana dopo quella cena.»
«Con Serrano?»
«Con Serrano, quando le cose tra noi andavano ancora bene ed eravamo una coppia felice. Forse parlare di coppia è un po' avventato, dato che ufficialmente non lo sapeva nessuno, ma la scelta delle parole non è poi così importante. Ovviamente l'abbiamo fatto, almeno ogni tanto, anche quando tutto iniziava ad andare allo sfascio.»
Oliver azzardò: «Il tuo amico Jung lo sapeva?»
Tina aggrottò la fronte.
«Jung? Cosa c'entra Shin adesso?»
«Non era forse lui, che aveva previsto l'unione tra te e Manuel?» ribatté Oliver. «Gli avrebbe senz'altro fatto piacere esserne informato.»
«Gliel'ho detto, gliel'ho detto» confermò Tina. «È stato un errore.» Le venne da ridere. «Mi ha fatto delle domande fin troppo intime, almeno finché non gli ho detto che non avrei raccontato i dettagli nemmeno a delle amiche femmine, figurarsi a lui! Comunque mi ha suggerito di scopare il più possibile, perché tutto poteva finire da un momento all'altro, quindi valeva la pena di approfittarne prima.»
Oliver osservò: «Un ragazzo molto pragmatico.»
«Un verginello al quale nessuna l'aveva mai data, anche se ai tempi fingeva di essere uno scopatore seriale» puntualizzò Tina. «L'avevo intuito, ovviamente, e l'avevo pregato, quando finalmente avrebbe fatto il grande passo, di non dirmi nulla, perché tanto l'avrei capito da sola.»
«E l'hai capito?»
«Non c'è stato bisogno: c'ero.»
«Eri una guardona, o sei stata a letto con Jung?»
«La prima ipotesi è molto inquietante, devo ammetterlo» replicò Tina. «Per fortuna, quella vera è la seconda.»
«Wow!» esclamò Oliver. «Devo dire che questo è un plot twist davvero inaspettato. Posso chiederti quando è successo? Non perché voglia impicciarmi nella tua vita sentimentale e sessuale, quanto piuttosto per semplice curiosità.»
«È stato due anni dopo la morte di Manuel. Io e Shin gareggiavamo nello stesso campionato. Eravamo ancora grandi amici e, a un certo punto, qualcosa è cambiato.»
«Vi siete messi insieme?»
«No.»
«Quindi c'è stato solo sesso, tra di voi?»
«Assolutamente» confermò Tina. «Questo l'abbiamo messo in chiaro entrambi, fin da subito: solo sano sesso tra amici e solo ed esclusivamente in assenza di altri impegni sentimentali. Ci siamo dati da fare parecchio e, negli anni a venire, Shin mi ha ringraziato tante volte per quello che ha imparato grazie a me.»
«Quindi è stata una relazione di lunga durata.»
«Preferirei chiamarla non-relazione. Dopo l'esperienza con Manuel, non desideravo in alcun modo avere un'altra storia stabile. Siamo andati a letto insieme, quando capitava, per un paio d'anni. Poi Shin si è fidanzato. Sono stata contenta per lui, ma devo ammettere che un po' mi è dispiaciuto. Mi piaceva come tra noi fosse tutto così semplice e, al contempo, pur essendo sola non lo fossi del tutto. Shin mi consigliava di trovarmi un fidanzato anch'io e, a un certo punto, l'ho anche ascoltato.»
Oliver commentò: «Buono a sapersi. Alla fine è arrivato qualcuno che ti ha fatto innamorare.»
Tina annuì.
«Qualcosa del genere, ma non è stato un grosso successo. Ci siamo frequentati per un mese e mezzo, senza mai andare oltre al petting. Te l'ho detto, sono indecisa, specie quando si tratta di relazioni serie.»
«Perché non siete mai andati oltre?»
«Perché mi ha lasciato prima che succedesse. Ha letto dei messaggi che mi aveva mandato Shin e li ha interpretati male. Non mi ha lasciato il tempo di dargli spiegazioni. Una settimana dopo avermi lasciata, si era già messo insieme a un'altra.»
«Mi dispiace.»
«A me no. Ho capito che l'amore non faceva per me, grazie a lui. Purtroppo non sono mai riuscita a trovare un altro come Shin, ma da quel momento in poi ho avuto solo partner con cui scopavo e basta. Mi sono avvicinata al livello Shin con un altro che, curiosamente, è cresciuto in Australia proprio come lui - però ha origini italiane, non asiatiche. L'ho frequentato per parecchio tempo, senza mai andare oltre al sesso. Non ne volevo più sapere di cavolate come trovare l'anima gemella; questo, almeno, finché non è arrivato Axel.»
«Axel» ripeté Oliver. «E adesso chi sarebbe questo Axel?»
«Il famoso collega sposato del video» chiarì Tina. «Forse mi darai della stupida, ma penso sia stato, finora, il più grande amore della mia vita. Per lui, ho anche smesso di andare a letto con l'italo-australiano, e non era qualcosa che avrei fatto per il primo venuto.»
«L'italo-australiano come l'ha presa?»
«Mi ha detto che si stava innamorando di me e mi ha pregata di ripensarci, ma alla fine l'ha accettato.»
«Potrebbe avere a che fare con il video?»
«Lo escludo.»
«Veniamo ad Axel, adesso.»
Tina gli riferì: «È capitato tutto per caso, ma sono davvero contenta che sia accaduto. Siamo usciti insieme, una sera, per chiarirci dopo un piccolo incidente che era avvenuto tra noi durante una sessione, accorgendoci della nostra attrazione reciproca. Prima che tu me lo chieda, non abbiamo avuto un rapporto completo quella sera, però qualcosa c'è stato e ti assicuro che è capace di fare godere una donna anche senza...»
Oliver la interruppe: «Perdonami, Tina, ma non mi interessa particolarmente di sapere quanto sia bravo questo Axel a usare le mani.»
«Non ti interessa e lo accetto, ma te lo dico lo stesso. Mi basta anche solo pensare a come mi toccava per eccitarmi. Era fantastico, nessuno è stato mai come lui.»
«Te lo ripeto, questi dettagli non sono necessari. Evidentemente questo Axel aveva delle buone qualità.»
«Vorrei mettere in chiaro una cosa, anzi due. La prima è che non era bravo solo con le dita, ma anche con la lingua. La seconda...»
«La seconda non voglio saperla.»
«Peccato, perché la seconda è che è una persona meravigliosa. Non stavo con lui solo perché mi faceva godere, se ti sta venendo questo dubbio.»
Oliver mise in chiaro: «Di dubbio ne ho uno solo e non riguarda le doti di questo latinlover. Riguarda il fatto che si chiama Axel, hai detto. Dovrebbe essere uno che gareggiava nel tuo stesso campionato, indipendentemente dal fatto che sia o non sia presente in questa stagione.»
«Proprio così» confermò Tina.
«Nessuno dei piloti attuali o del passato recente si chiama Axel, di nome» replicò Oliver. «Anzi, anche spingendomi più indietro, a un passato più lontano, non mi risulta alcun Axel.»
«Complimenti, Fischer, sei un ottimo osservatore. Ti viene in mente qualche spiegazione?»
«Che tu volessi mettermi in imbarazzo, quindi ti sia inventata questo fantomatico Axel, mentre in realtà stavi con una persona completamente diversa da quella che hai descritto.»
Tina scosse la testa.
«Risposta sbagliata. Diciamo che, per un maggiore discrezione, avevo deciso di memorizzarlo nella rubrica del cellulare con un nome di fantasia. Gli ho chiesto di darsi uno pseudonimo e ha scelto di chiamarsi Axel, sul mio telefono.»
«Quindi tutto quello che mi hai raccontato è vero?» volle sapere Oliver. «Sia chiaro, non mi riferisco a quello che facevate quando vi incontravate, quanto piuttosto alle vostre dinamiche: tu che stavi con l'italo-australiano, poi c'è stato una sorta di colpo di fulmine con questo Axel, hai chiuso con l'italo-australiano, ti sei incontrata con Axel, vi siete fermati ai preliminari...»
Tina lo interruppe: «Ho chiuso con l'italo-australiano dopo il primo incontro con Axel. Però, te lo ripeto, non stavamo insieme, anche se lui stava iniziando a provare qualcosa per me. Non c'entra con quello che è successo dopo.»
«Non lo sto mettendo in dubbio, sto solo cercando di ricostruire gli eventi» precisò Oliver. «Dopo il vostro primo incontro e la tua rottura con l'altro, cos'è successo?»
«Io e Axel abbiamo iniziato a confidarci l'uno con l'altra, in particolare lui» rispose Tina. «Mi piaceva ascoltarlo, anche se più passava il tempo e più mi rendevo conto che era ancora innamorato della sua ex moglie. Tendeva a respingermi quando provavo a spingermi oltre, a letto, e c'è voluto parecchio tempo per arrivare al tanto agognato rapporto completo. Ecco, con Axel non ho mai avuto dubbi. Non vedevo l'ora di sentirlo dentro di me.»
«Ne è valsa la pena?»
«Di stare con lui?»
«Di averci un rapporto completo» specificò Oliver. «Hai detto che era molto bravo a masturbarti e a praticare rapporti orali. Il suo membro ti ha soddisfatta maggiormente?»
«Fischer, che domande fai?!» lo rimproverò Tina. «Ti sembra il modo di rivolgerti a una signorina perbene?»
«Ho mantenuto un linguaggio civile e pacato» obiettò Oliver. «Inoltre la suddetta signorina perbene mi ha appena raccontato con insistenza dettagli della sua vita sessuale che non le avevo mai chiesto.»
«Mi sembrava che fossi piuttosto interessato, soprattutto ad Axel.»
«Vorrei ricordarti che qualcuno ha girato un video di te e lui a letto insieme. Scoprire come sia nata la vostra relazione potrebbe essermi utile.»
«La nostra relazione, di per sé, non c'entra niente con il video e tutto quello che ne è venuto. Se non ci fosse stato Axel, con me, ma un altro uomo, sarebbe stato lo stesso.»
«Mi fido del tuo intuito, Tina, ma vorrei che non sottovalutassi nessuna ipotesi. Qualcuno poteva avercela con te per la tua storia con Axel?»
Tina negò con fermezza.
«Sua moglie, al massimo, finché non mi sono fatta da parte, ma non credo che mi stia perseguitando da mesi lasciando intendere di potere diffondere un video che, in primo luogo, farebbe cadere suo marito nella bufera. È Axel quello che è sposato, non io. Al di là del fatto che sarebbe un casino anche per me, almeno non distruggerebbe la mia vita privata.» Sorrise. «Credo che avrei comunque ancora una possibilità con te.»
Oliver le scoccò un'occhiata di fuoco.
«Non allargarti troppo, Menezes. Io faccio solo finta di stare insieme a te, e la copertura sta anche saltando più spesso di quanto avremmo voluto.» Si alzò in piedi, definitivamente. «È meglio che vada. Ci vediamo presto.»
Si avviò verso la porta e Tina lo seguì.
«Aspetta.»
«Cos'altro c'è ancora?»
Tina non rispose. Si limitò ad agire, certa che l'avrebbe lasciato spiazzato.

***

Qualcosa sembrava cambiato, dopo il ritorno di Oliver. Il giornalista sembrava fin troppo focalizzato sul caso e troppo poco sui diversivi. Per quanto Dalila ammirasse la sua dedizione, le sarebbe piaciuto di gran lunga staccare almeno per un po' e dedicarsi a qualcosa di più allettante.
«Tu non me la racconti giusta» lo accusò, mentre erano seduti l'uno di fronte all'altra al tavolo al quale Fischer aveva l'abitudine di lavorare. «Cos'è successo con la Menezes?»
«Niente di che» rispose Oliver, in tono piatto. «Come sai, lavoro per lei. Inoltre, mi dispiace dovertelo ricordare, ma tu facevi da tramite tra me e Mirko. Adesso che lui non c'è più, non sono sicuro di doverti riferire tutto quello che succede, specie se non lo riguarda.»
«Non ci provare, Fischer. Mirko mi ha infilata in mezzo a questa storia e voglio arrivarci in fondo anch'io. Anzi, per meglio dire, è stata la tua amica Tina Menezes a cacciarci tutti in questo guaio. Se non avesse cercato il nostro aiuto, a quest'ora Mirko sarebbe ancora vivo.»
«Non puoi dare la colpa a Tina!»
«Infatti non le sto dando la colpa» chiarì Dalila, dal momento che Fischer le sembrava piuttosto irritato da un'accusa che non aveva mai pronunciato. «Non ci sono altri colpevoli, se non l'assassino... che, te lo ricordo, è ancora a piede libero e potrebbe colpire di nuovo. Se la cosa ti lascia del tutto indifferente, non puoi pretendere che anche per me sia la stessa cosa. Ho solo trentasei anni, penso di essere troppo giovane per morire.»
Oliver replicò: «Ho solo un anno in più di te, anch'io mi sento troppo giovane per morire e, in ogni caso, indipendentemente dall'età, non sogno certo di farmi ammazzare. Sono consapevole dei pericoli a cui andiamo incontro, proprio per questo ti ho suggerito di farti da parte. Ufficialmente, io sono il fidanzato della Menezes. Tu puoi ancora tirartene fuori. Nessuno verrà a cercarti, se badi agli affari tuoi.»
«Sei troppo ottimista» obiettò Dalila. «Ho collaborato con Mirko per anni, la persona che l'ha ucciso sarà sicuramente al corrente della mia esistenza. Ormai ci sono dentro e non ho alcuna intenzione di uscirne.» Si alzò e si avvicinò a Oliver. «Mi dispiace deluderti, Fischer, ma non ti sbarazzerai tanto facilmente ti me.» Allungò una mano a sfiorargli i capelli biondi. «Sono sicura, però, di essere in grado di rendere meno deludente la nostra vicinanza. Non ti sembra che faccia un gran caldo, oggi?»
«Sì, ma cosa c'entra?»
«Allora perché non ti slacci un po' quella camicia?» Oliver si ritrasse, ma Dalila non si arrendeva tanto facilmente. «Dai, Fischer, lasciati andare, altrimenti penserò seriamente che tu ti sia innamorato della Menezes.»
«Non sono innamorato della Menezes» le assicurò Oliver.
«Mi fa piacere sentirtelo dire, ma vorrei che tu me lo dimostrassi.» Con un salto, Dalila si sedette sul bordo del tavolo e si sfilò la T-shirt, sotto alla quale sfoggiava un reggiseno di pizzo che lasciava poco spazio all'immaginazione. «Non vedevo l'ora che arrivasse questo momento. Tu no? È stato un fine settimana così stressante, per te.»
Oliver sospirò.
«Sei logorroica, oggi. Bisognerebbe metterti un tappo in bocca.»
«Allora slacciati i pantaloni» gli suggerì Dalila, «Perché quel tappo che hai lì sotto, in bocca, me lo metterei molto volentieri.»
Oliver avvampò.
«Sbaglio o eravamo qui per parlare dei fatti di questo weekend appena passato?»
«Esatto» confermò Dalila. «Eravamo. Tempo imperfetto, non presente. Dimenticati di Tina, della sua intervista in Inghilterra e di tutto il resto. Adesso ci sono io, con te.»
Aveva sempre avuto un certo ascendente su di lui e sapeva di poterlo convincere facilmente. Non si sbagliava. Presto la Menezes divenne solo un ricordo vago e sfumato.

***

Nei giorni che seguirono, Tina cercò di non pensare alla propria conversazione con Oliver, né al bacio - un altro bacio - che si erano scambiati quando il giornalista l'aveva salutata prima di andare via. In particolare, il loro discorso la faceva avvampare, quando si rendeva conto che era accaduto davvero. Cercò di non disturbarlo, non lo chiamò mai e, all'occorrenza, gli mandò qualche messaggio, al quale Fischer rispose prontamente. Ogni tanto la esortava a fare attenzione, ma non c'era nulla da cui dovesse guardarsi.
Non era sola, glielo ricordava ogni volta. Finalmente Claudia Leonardo era tornata al suo fianco e, sventuratamente, aveva anche scelto l'abito che Tina avrebbe indossato per l'intervista, che si sarebbe svolta all'aperto, con Silverstone sullo sfondo. Dal momento che in Inghilterra la pioggia non era inusuale, Tina sperò con tutte le proprie forze che il meteo avverso potesse impedirne il regolare svolgimento, ma ebbe sfortuna.
Accanto a lei, Amber Thompson appariva meravigliosa, con il suo volto che bucava lo schermo e la capacità di apparire elegante perfino con un sacchetto della spazzatura indosso. Ovviamente non indossava un sacchetto della spazzatura, ma un abito che, in qualche modo, somigliava a quello di Tina. Naturalmente le donava molto di più.
Chi affermava che l'aspetto di Amber avesse contribuito almeno in parte alla sua scalata al successo non mentiva. Il suo sorriso grazioso illuminava i cartelloni pubblicitari, con un effetto molto diverso da quello che avrebbe potuto fare il viso perennemente imbronciato di Tina che, da parte sua, non provava comunque alcuna invidia per la collega.
Il palmares di Amber era di gran lunga inferiore a quello di Tina e, nonostante fosse molto più giovane, era difficile ipotizzare che potesse anche solo avvicinarsi ai suoi risultati. Tutto ciò che aveva, in più di lei, era una bellezza che colpiva, oltre che l'innata capacità di sentirsi a proprio agio durante eventi televisivi di dubbio rilievo e interviste da parte di gente che conosceva a malapena il suo palmares.
Erano sedute una accanto all’altra e, ovviamente, il buonsenso prevedeva che fosse Amber l’oggetto di interesse: tra le due, era l'unica che stava prendendo parte al campionato, quindi l'unica che fosse ancora contemplata dalla scarsa memoria storica del tifoso medio, che puntualmente dimenticava tutto ciò che non fosse successo nelle ultime quarantotto ore, per non dire ventiquattro.
«Amber, tu sei l'unica donna che gareggia nella massima categoria.» Quel dannato conduttore da quattro soldi - uno che, in genere, non prendeva parte a programmi che commentassero competizioni motoristiche, ma che sembrava preso dalla strada - le lanciò un'occhiata eloquente. «Un giorno o l'altro potresti trovarti ad avere una concorrente, se Tina riuscisse a tornare sulla griglia. Come ti sentiresti di fronte a questa prospettiva?»
La domanda era a dir poco ridicola. Tina si morse la lingua per non intervenire e si preparò ad ascoltare Amber, con la vaga speranza che dicesse qualcosa di ridicolo. Purtroppo la Thompson, vista dai propri detrattori come un'oca svampita, non era affatto un'oca svampita e la sua risposta fu articolata e piena di senso.
«Mi sentirei esattamente come mi sento adesso. Per me le gare non sono uno scontro tra donne che gareggiano in mezzo agli uomini, qualora ce ne sia più di una. Quando sono in pista, mi vedo come un pilota, prima ancora che come una donna. Non importa chi siano i miei avversari, l’importante per me è riuscire a batterli.»
«E non ce la farai» borbottò Tina, a denti stretti.
Quelle parole le sfuggirono di bocca, non riuscì a trattenersi. Sapeva che in quel modo dava da mangiare a quelli che volevano vedere una rivalità a tutti i costi, tra di loro, ma prima dell'inizio dell'intervista l'aveva vista pomiciare con Ryan Harvey e, in quel momento, sentiva di non dovere portare rispetto a chi stava accanto a Ryan Harvey.
Se ne pentì nel momento stesso in cui il conduttore la fissò..
«Come hai detto?»
«Ho detto che sono d’accordo» mentì Tina. In realtà c’era un fondamento di verità, nelle sue parole. Per quanto non avesse affermato nulla di tutto ciò, poco prima, doveva riconoscer che il ragionamento di Amber non faceva una piega. «Quello che dice Amber è assolutamente sensato. Io stessa mi identifico come pilota e non come donna, quando sono al volante. Se fossi al posto di Amber cercherei, ovviamente, di dare il meglio di me e di mostrarmi superiore alla concorrenza. È normale che anche per lei funzioni così.»
Il conduttore la guardò con aria di approvazione.
«Sei una ragazza determinata.»
Tina trattenne a stento un sospiro. Se non fosse stata una donna determinata, a quell'ora se ne sarebbe stata a casa a guardare l'intervista di Amber alla televisione, o per meglio dire, ad attendere che arrivasse il giorno in cui una tanto anticipata intervista della Thompson, registrata in quel momento, sarebbe stata trasmessa alla televisione.
Il conduttore azzardò: «Che cosa ne pensano gli uomini delle donne determinate come voi?»
Amber rise. Tina non riuscì a fare altrettanto. Non vedeva l'ora di andarsene, di togliersi l'abito che Claudia le aveva fatto mettere e di non indossarlo mai più.
Quell'intervista era una farsa, ma il conduttore non aveva ancora finito.
«Tu non sei single, vero, Amber? Quindi un uomo che trova qualcosa di interessante in te pare che ci sia.»
Amber annuì.
«No, non sono single. Anzi, credo sia giunto il momento di annunciare che io e il mio compagno Ryan abbiamo già da tempo fissato la data del nostro matrimonio. Ci sposeremo con una cerimonia privata tra dieci giorni.»
Tina fu presa da un forte senso di sconforto. Com'era possibile che l'unione tra quei due fosse ormai imminente? Non aveva alcun senso che Amber sposasse quel tizio, se non era marcia come lui.
Lo sconforto, tuttavia, lasciò ben presto il posto a qualcos'altro, ovvero l'essere interpellata dal conduttore.
«E tu, Tina?»
Si era aspettata una domanda simile, ma l'annuncio del matrimonio imminente della coppia Thompson-Harvey l'aveva totalmente spiazzata.
«Io preferisco parlare della mia carriera, piuttosto che della mia vita sentimentale. Non mi piace mettere in piazza ai miei affari.»
Lanciò un'occhiata ad Amber, che rimase impassibile. Il conduttore, invece, parve infervorarsi.
«Quindi pensi che sia sbagliato il fatto che la tua collega ne parli apertamente?»
«Ciascuno gestisce la propria vita sentimentale come vuole» chiarì Tina. «Io, al posto suo, non mi vanterei di sposare il mio manager, ma è un problema mio.»
«Come rispondi, Amber?» chiese il conduttore.
«Non rispondo» disse la Thompson. «Ciascuno gestisce la propria vita sentimentale come vuole, queste sono le parole appena pronunciate da Tina. Sono d'accordo con lei, almeno su questo.»
«Tornando a te, Tina, preferisci parlare della tua carriera, eppure sei arrivata in una fase di stallo. Pensi che il successo di Amber possa metterti in cattiva luce? Che le squadre pensino che ormai c'è lei, quindi non servi più tu?»
«Il successo di Amber, senza offesa, consiste nel portare la macchina al traguardo. Mi rendo conto che, se fossi al posto suo, anch'io faticherei molto, con la monoposto di questa stagione. Purtroppo la Pink Venus aveva problemi economici già alla fine della scorsa stagione e si sapeva che quest'anno sarebbe stato molto difficile. Al momento attuale Amber viene inquadrata soltanto quando viene doppiata, quindi non penso affatto che abbia soppiantato la mia popolarità. Dubito che potrà accadere tanto facilmente e, se nessuna squadra dovesse cercarmi, non sarà certo per la concorrenza della futura signora Harvey.»
Ancora una volta, Amber non diede segno di volere ribattere, ma il conduttore era di un avviso.
«Tu, invece, come vedi questa stagione? Cosa significa, per te, essere stata ingaggiata come pilota titolare dalla Pink Venus, dopo avere passato le ultime stagioni a gareggiare occasionalmente per altre squadre di fondo classifica, provenienti dalla Diamond Formula?»
Amber rispose, prontamente: «Questa opportunità significa tantissimo per me e sarò sempre grata al team per questa possibilità.»
«E pensi che il tuo successo possa contribuire alla fine prematura della carriera di Tina Menezes?»
«Non mi interessa quanto a lungo durerà la carriera di Tina Menezes. Io gareggio per me stessa, non per scontrarmi con lei. Che ci sia o non ci sia, sempre senza offesa, per me è del tutto irrilevante.»
L'intervista terminò così ed entrambe furono lasciate libere di andarsene. Amber si allontanò in gran fretta, ma Tina decise di seguirla.
«Quindi ti sposi?» le domandò, quando furono a debita distanza dal conduttore e dalla troupe televisiva che aveva fatto le riprese dell'intervista-farsa.
Amber si fermò e si girò.
Il suo volto parve illuminarsi, mentre rispondeva: «Sì, mi sposo.»
«E sei felice?» volle sapere Tina.
Il sorriso della Thompson apparve irritante come non mai, mentre esclamava: «Che domanda! Certo che sono felice!»
«Mi dispiace per te» replicò Tina, con freddezza. «Stai per sposare un grandissimo sacco di merda.»
L'espressione di Amber Thompson mutò all'improvviso.
«Come ti permetti di...»
Le parole le morirono in bocca. Tina ne approfittò per suggerirle: «Chiedi a lui, perché lo descrivo in questi termini. Chiediglielo e, se ti risponderà e vorrai sposarlo ancora, allora i sacchi di merda saranno due.»
Senza darle la possibilità di replicare, si allontanò, lasciandola interdetta. Tutto ciò che desiderava, a quel punto, era andare a raccontare a Claudia quello che era appena successo. Sapeva che la Leonardo l'avrebbe compresa. Da anni e anni ascoltava le sue confidenze e aveva sempre il consiglio giusto. Certo, spesso la rimproverava tacciandola di essere troppo avventata, e non vi era dubbio che sarebbe successo anche quella volta, ma alla fine sarebbe stata al suo fianco, come aveva sempre fatto.
Fu esattamente quello che accadde: la personal trainer le fece una lunga predica per il modo in cui si era comportata, ricordandole che, agli occhi del resto del mondo, Ryan Harvey era un uomo assolutamente rispettabile, ma poi la rassicurò.
«Fidati, Tina, alla fine le mele marce cadono giù dall'albero. È quello che succederà al futuro marito della Thompson e anche la tua cara collega dovrà accettare la realtà. O, in alternativa, potrà scegliere di cadere giù dall'albero insieme a lui, ma sarebbe una caduta troppo brusca e dolorosa.»
«Dovevi vedere come le brillavano gli occhi, mentre parlava di Ryan» replicò Tina, «E come appariva indignata, quando le ho descritto quel bastardo per quello che è. Lo ama sinceramente, nonostante tutto quello che dicono di loro come coppia. Dubito che potrebbe mai lasciarlo.»
«Dovrà scegliere tra la sua carriera e il rimanere accanto a quel grandissimo pezzo di merda» obiettò Claudia. «Credo che sceglierà la prima opzione. Potrà sempre trovarsi un altro compagno, se lascia Harvey. Se sprofonda nel fango insieme a lui, invece, non si tirerà su mai più. Solo una squilibrata potrebbe scegliere di restargli accanto.»

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Capitolo 9
*** [Oliver] ***


Quando il cellulare vibrò, Oliver pensò subito a Dalila. Doveva trattarsi di un semplice messaggio e la Colombari non amava mandare messaggi, ma l’aveva già fatto il fine settimana precedente, in una situazione in cui pensava non fosse opportuno telefonare, e avrebbe potuto farlo di nuovo. Non avendo nulla di nuovo da riferirle, non sapeva se considerarlo un bene o un male. Gli bastò prendere in mano lo smartphone, tuttavia, per rendersi conto che non si trattava di un messaggio, come aveva ipotizzato: era un’e-mail e non esattamente un’e-mail che capitasse nel momento opportuno. Aveva del materiale su cui lavorare, che ancora una volta era passato in secondo piano, ma non poteva certo rispondere “mi dispiace, ma non ho scritto gli articoli programmati perché impegnato a seguire nell’ombra un potenziale caso di omicidio”.
Si affrettò, comunque, a dare riscontro, affermando di essere già al lavoro e che, di lì a un paio d’ora, avrebbe potuto finalmente condividere qualcosa. Arrivato a quel punto, cercò di staccare totalmente, di mettere da parte Tina Menezes, Mirko De Rossi e la presenza ingombrante di Dalila, concentrandosi su quello che, in effetti, avrebbe dovuto essere il suo mestiere. Riuscì nell’impresa, che ormai gli sembrava eroica, di produrre qualcosa di sensato, ricevendo perfino i complimenti del committente, che lo esortava tuttavia a non lasciarlo attendere troppo a lungo, per i lavori seguenti. Se non altro, era stato un successo. Non gli restava altro da fare che sperare che anche la sua indagine sulle vicende della Menezes, nonché sul caso di omicidio, potesse filare così liscia, cosa di cui dubitava.
Si alzò dal tavolo e andò ad affacciarsi alla finestra. Invece di avere la rassicurante visione di Tina che stava in bella vista fregandosene di essere seminuda, tutto ciò che gli si palesò davanti fu una tapparella chiusa: la Menezes era in Inghilterra e vi sarebbe rimasta per giorni e giorni, e tutto a causa di una stupida intervista televisiva, che proprio da Tina era stata descritta con quelle parole, quando si era messa in contatto con lui.
Provò a farle una telefonata, sperando che potesse rispondergli in quel momento. Gli andò bene, anche se gli toccò attendere qualche momento. Infine, ecco la voce della Menezes: «Cosa succede, Fischer? Per caso sta andando a fuoco casa mia?»
«No» obiettò Oliver. «Perché dovrebbe?»
«Spero, allora, che tu abbia una buona ragione per telefonarmi» ribatté Tina. «Sto pranzando insieme a Claudia.»
«La famosa Claudia!» esclamò Oliver. «Quando pensi di farmela conoscere?»
«Subito.»
«Cosa intendi per subito?»
Non fu Tina a parlare, ma proprio Claudia Leonardo.
«Tu sei il fantomatico Oliver Fischer, giusto?»
«Esatto, sono io» confermò Oliver. «Tina ti ha parlato di me?»
«Certo che mi ha parlato di te» ribatté Claudia. «Ovviamente so tutto di voi e penso che siate due pazzi. Come vi viene in mente di infilarvi in un casino come questo?»
«Io e Tina abbiamo concordato che è meglio non parlarne al telefono» replicò Oliver. «Dimmi, piuttosto, sono andate bene le vacanze?»
«Diciamo di sì.»
«Dove sei stata?»
«Al mare.»
«Al mare dove?»
Claudia sbottò: «Dove sono stata saranno affari miei, Fischer, non credi? Mi sono ritagliata dieci giorni per scappare a gambe levate da Tina, se riferissi a lei o a te per filo e per segno dove mi trovo, sai cosa succederebbe?»
«No, non ne ho idea, in realtà» ammise Oliver.
«Tina, non riuscendo a rintracciarmi al telefono - perché quando sono in vacanza lo tengo sempre spento e non sono a sua disposizione - sarebbe capace di venire a raggiungermi sul posto.»
«Ma ormai sei tornata.»
«Non si sa mai, se dovesse capitarmi di tornare nello stesso posto... Sono una persona piuttosto abitudinaria. Non vorrei bruciarmi una volta per tutte la possibilità di decidere in quali località di villeggiatura passare le mie ferie.»
Oliver fu costretto a darle ragione.
«Scelta saggia, Claudia.»
«Mi fa piacere sentirtelo dire» ribatté la Leonardo. «Tu, invece, come te la stai passando, in questo momento? A Tina dispiace molto che tu non sia qui.»
«Io e Tina ci rivedremo presto» replicò Oliver. «Ci capiterà spesso di passare del tempo insieme.» Si mantenne volutamente vago, dal momento che non aveva idea di che cosa Tina avesse riferito alla personal trainer. Magari, oltre a rivelarle il motivo per cui si erano avvicinati, poteva comunque avere finto che ci fosse davvero una relazione tra di loro, per cui era meglio non sbilanciarsi troppo. «Sarà un piacere anche per me, tornare ad averla accanto a me.»
Claudia diede segno di essere stata informata di quali fossero i rapporti effettivi tra loro.
«Non scherzare, Fischer. Sono certo che vorresti scappare a gambe levate esattamente come faccio io quando ne ho la possibilità.»
«Quindi sai che...»
«So che non sei stato così pazzo da metterti insieme a Tina. Meglio così, ottima scelta.»
Oliver azzardò: «Hai detto che, di fronte a Tina, bisognerebbe fuggire. Però tu non l’hai fatto.»
«Cosa vuoi dire?»
«So che lavori per lei da tanti anni.»
«Sono un’abitudinaria anche per quanto riguarda il lavoro.»
«C’eri già, quando Tina gareggiava in Brasile.»
«C’ero già, ma non l’hai chiamata per parlare con me» obiettò Claudia. «Quindi penso proprio che sia opportuno tornare a passartela.»
A Oliver parve che la personal trainer volesse liberarsi di lui e delle sue domande, ma non vi diede troppo peso. La voce di Tina servì per mettere da parte in gran fretta ogni possibile pensiero. La Menezes iniziò un’invettiva contro il conduttore televisivo che l’aveva intervistata, contro Amber Thompson e infine contro Ryan Harvey, che con la Thompson si sarebbe sposato di lì a poco. Gli sembrò che si stesse infervorando più del dovuto, pertanto la esortò a calmarsi.
Le parole pronunciate non ebbero l’effetto sortito, dal momento che Tina sbottò: «Calmarmi?! Dovrei calmarmi quando quella testa di cazzo di Amber sta per sposarsi con Harvey? Lo capisci che quella vacca in calore sta passando definitivamente dalla parte del male?»
Prima di potere replicare - sarebbe stato il momento opportuno per domandare di quale crimine contro l’umanità si fosse macchiato il famigerato Harvey - sentì un certo brusio di sottofondo. Doveva essere Claudia che cercava di calmare Tina.
Oliver si limitò ad affermare: «La scelta di sposarsi è sua, non c’è più niente che tu possa fare. Inoltre, mi permetterei di ricordartelo, “vacca in calore” non è esattamente un appellativo gentile con cui definire una persona.»
«Nullità che non merita di vivere. Questa è una definizione migliore?»
Dopo quel commento, Tina riattaccò senza dire nulla. Oliver non ebbe il coraggio di richiamarla e, anzi, ritenne più opportuno tornare a mettersi al computer. Digitò il nome di Ryan Harvey sul motore di ricerca, cercò di scandagliare nel suo passato, alla ricerca di qualche ombra, ma non riuscì a trovare nulla. Continuava a non essergli chiara la strana reazione di Tina alla notizia del suo imminente matrimonio, né la ragione per cui lo detestasse così tanto. Era ormai chiaro che non poteva essere un’antipatia di lieve entità, se si spingeva ad augurarsi che Amber Thompson morisse per il semplice fatto che di lì a poco tempo sarebbe stata sua moglie.
Le ricerche su Harvey, oltre a non condurlo da nessuna parte, lo distolsero anche dal lavoro al quale, in linea teorica, aveva deciso di dedicarsi: la telefonata con Tina avrebbe dovuto essere soltanto una breve pausa. Non si era ancora rimesso all’opera, invece, quando gli giunse una chiamata da un numero sconosciuto.
Rifletté, chiedendosi se fosse opportuno rispondere, oppure se fosse meglio fare finta di niente. Erano ormai passati i giorni in cui ciò che più temeva al mondo era ricevere un’accoglienza del tipo: “buongiorno, sono Piera di Futuristic Call, potrebbe cortesemente leggermi i costi delle sue bollette telefoniche degli ultimi dodici anni? La nostra compagnia appena nata può farle risparmiare la metà delle spese”.
Rispose e non era né Piera di Futuristic Call, né qualsiasi altro operatore di telemarketing.
«Ciao Fischer. Sono Claudia Leonardo, ci siamo parlati poco fa. Ti disturbo?»
«No, affatto» rispose Oliver. «Anzi, volevo chiederti scusa per essere stato invadente e averti di fatto costretta a parlare con me.»
«No, figurati.»
«Ti ha dato Tina il mio numero?»
«Diciamo che sono riuscita a prendermelo.»
«Quindi non sa che mi stai telefonando?»
«Non c’è bisogno di dirle tutto» mise in chiaro Claudia, «Specie se esiste la possibilità che la cosa non le faccia piacere. Ti ho chiamato perché volevo scusarmi per il suo comportamento.»
«Non c’è nulla di cui tu debba scusarti» replicò Oliver. «Se mi ha sbattuto il telefono in faccia, evidentemente, è perché non le andava di parlarmi. Non fa niente, parleremo in un altro momento.»
«No, scusami, Fischer, ma su questo non transigo. Tina non può trattarti a quel modo dopo che sei stato così gentile da mettere tutto da parte per lei. Inoltre non è suo diritto prendersela con te per il semplice fatto che Ryan Harvey esiste.»
«Cos’è successo tra quei due?»
«Non lo so con esattezza.»
«Tina dice di confidarsi con te. In teoria dovresti saperlo.»
Dall’altro capo del telefono, Claudia ridacchiò.
«Diciamo che Tina mi confida alcune cose, mentre tace su molte altre. Non che mi dispiaccia, non faccio la voglia di essere informata sui dettagli della sua vita sessuale.»
«Dettagli della sua vita sessuale» ripeté Oliver. «Mi stai dicendo che Ryan Harvey ha avuto una storia con Tina?»
«Non so cosa ci sia stato tra loro» ammise Claudia, «Ma non deve essere finita molto bene. Tina lo detesta e sostiene che la sua aria da bravo ragazzo sia tutta una montatura. Su questo mi sento di concordare. Di solito ci azzecco sempre sulle persone e Harvey mi ha sempre fatto una pessima impressione.»
Oliver si informò: «Amber Thompson, invece?»
«Amber Thompson è la futura moglie di Harvey, tutto qui.»
«Ma ti sarai comunque fatta un’impressione anche su di lei.»
«La ritengo allo stesso livello delle bionde platinate che si portano in giro il chihuahua nella borsetta» borbottò Claudia. «Evidentemente ne nasce qualcuna stupida anche senza capelli decolorati e senza chihuahua.»
Oliver si sforzò di non scoppiare a ridere. Chissà cosa ne avrebbe pensato Dalila, se avesse scoperto che Claudia Leonardo sparava a zero su tutte le donne con i capelli decolorati, o addirittura insinuare che il suo destino fosse andare in giro portandosi un cane infilato dentro la borsa. Riuscì a rimanere impassibile, ma rimase in silenzio e ciò non fu gradito dalla personal trainer.
«Per caso non sei d’accordo con me, Fischer?»
«D’accordo con te? Su cosa?»
«Sul fatto che le donne con i capelli tinto di biondo platino siano più irritanti di una tassa.»
«Non giudico le donne dal colore dei loro capelli e non dovresti farlo neanche tu.»
Claudia sbottò: «Oh, no, un moralista schierato pubblicamente a favore delle donne, indipendentemente dal fatto che queste donne abbiano un cervello o meno! Vuoi uomini non siete proprio in grado di farvi i fatti vostri?»
«Cioè stare al bar a giocare a carte mentre fuori va in scena una guerra tra donne tinte di biondo platino e donne tinte di nero corvino?» ribatté Oliver. «Ammetto che sarebbe un’idea molto saggia, ma non mi sembra che stessimo parlando di questo. A proposito, tu che colore hai di capelli?»
«Sono fieramente castana. Non li ho mai tinti, almeno finché non hanno iniziato a diventare grigi. Anche allora, comunque, sono sempre rimasta sul mio colore naturale. Non sopporto chi vuole fingersi chi non è.»
«Non sarà un’esagerazione dare delle finte a tutte quelle che si tingono i capelli di un colore che non è il loro? Qual è il prossimo passo? La battaglia contro il mascara, perché non nasce in natura sulle ciglia? O per caso contro i tacchi, che finiscono per falsare la vera statura?»
Claudia borbottò: «Proprio un moralista che si fissa su presunte battaglie femministe insulse.»
Oliver obiettò: «Non mi ritengo moralista, né mi fisso su battaglie di alcun genere. Mi fisso piuttosto sugli argomenti di conversazione lasciati in sospeso. Stavamo parlando di Ryan Harvey e Amber Thompson, fino a poco fa.»
«Non c’è altro da dire, se non che Tina li detesta.»
«Me ne sono accorto anche da solo.»
«Non c’è altro da dire, allora.»
«Qualcosa da dire, invece, ci sarebbe» mise in chiaro Oliver. «Tina mi ha assicurato più di una volta che la rivalità portata all’estremo tra lei e Amber Thompson è tutta una montatura e che, in realtà, non ha mai avuto niente contro di lei. Cos’è successo? Cos’è cambiato, in questi ultimi giorni?»
«Niente» rispose Claudia. «Semplicemente la Thompson ha ufficializzato la data del proprio matrimonio con Harvey.»
«Ed è una ragione valida per iniziare a odiarla?»
«Forse per Tina sì.»
«Eppure sapeva già che lei e Ryan si sarebbero sposati.»
«Lo sapeva già, ma sentirselo dire esplicitamente fa più male. Cosa vuoi che ti dica? Evidentemente Tina non riesce ad accettare questo matrimonio e sapere che è ormai vicino è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Sono d’accordo con te sul fatto che avrebbe dovuto moderare i termini, ma non c’è nulla che si possa fare per nascondere il proprio disgusto e il proprio disprezzo contro chi se lo merita.»
Oliver convenne: «Capisco perfettamente quello che vuoi dire. Purtroppo non riesco a comprendere altrettanto bene le ragioni di Tina.»
Claudia azzardò: «È così necessario comprenderla? Non si può prendere tutto come un dato di fatto? A volte è la soluzione di gran lunga migliore.»
«Migliore per chi?»
«Per tutti.»
«No, non è la soluzione migliore per tutti» obiettò Oliver, «Ma solo per chi non vuole esporsi fino in fondo. Non so perché Tina insista a tacermi qualcosa, ma è palese che lo stai facendo. Eppure mi ha dato l’incarico di indagare su un mistero che la riguarda.»
«Tina deve essere libera di dirti quello che si sente di dirti, non puoi costringerla a fare diversamente» replicò Claudia. «Una simile bassezza sarebbe molto sgradevole da parte tua.»
«Non è una bassezza. È un tentativo di aiutarla, ma non mi sembra di essere messo nelle condizioni migliori per farlo.»
«Sei tu che le hai assicurato che riuscirai a scoprire che cosa c’è dietro la storia del video. Avresti dovuto pensarci prima. Oppure, se non sei in grado di farlo, puoi sempre tirarti indietro. Tina capirà.»
«Non c’è niente che Tina debba capire. Non ho intenzione di tirarmi indietro. Le ho assicurato che scoprirò chi la sta tormentando e lo farò.»
«Evidentemente sei molto sicuro di te stesso.»
«No, non sono particolarmente sicuro di me. Sono solo consapevole di non potermi fermare prima di avere raggiunto il mio obiettivo.»
«A volte fissarsi su obiettivi irrealizzabili non è la migliore strada da percorrere. A questo ci hai pensato?»
«Anche scoraggiare le persone che hanno buone intenzioni non è una strada da percorrere, secondo il mio parere.»
Claudia rise.
«No, Fischer, hai capito male, non ti sto scoraggiando. Anzi, sarebbe fantastico se tu potessi scoprire chi sta perseguitando Tina e mettere fine a questa storia. Non sto mettendo in dubbio le tue capacità, anzi, non mi permetterei mai. Mi sto solo limitando a osservare che, a volte, bisogna farsi qualche domanda e decidere se impegnarsi in un obiettivo oppure accettare di non essere in grado di arrivarci in fondo. Non sono molto ottimista. La persona con cui Tina ha a che fare sembra essere molto scaltra.»
Oliver ammise: «Siamo di fronte a qualcuno che sa il fatto suo, questo non lo metto in discussione. Però questo non significa che non si possa fare niente, che non ci sia mezzo di fermare questa persona.»
«Eppure» osservò Claudia, «Hai bisogno che Tina ti dica qualcosa di più su Harvey e sulla Thompson. Stai forse affermando, indirettamente, che devono esserci dietro proprio loro?»
Oliver le chiese: «Pensi che ci siano loro?»
Claudia rispose: «Non l’avrei pensato, inizialmente, ma il recente comportamento di Tina nei confronti di Amber mi lascia pensare che possa essersi convinta che, se in un primo momento era il solo Harvey a portare avanti questa persecuzione, adesso anche la sua futura consorte si sia resa sua complice.»
«Sulla base di quali indizi?»
«Questo dovresti chiederlo a lei.»
«Non mi risponderebbe...»
«Devo ammettere che hai ragione.»
«Allora non mi resta altro da fare che chiederlo a te.»
Claudia negò: «No, Fischer, io non posso fare niente per rispondere alle tue domande. Ne so quanto te: Tina si guarda bene dal riferirmi ogni singolo dettaglio, quindi devo tirare a indovinare, proprio come fai tu. Non è un’impresa semplice, immagino che tu possa comprendermi.»
«Ti comprendo in pieno» la rassicurò Oliver. «La differenza, tra di noi, è che tu sei pagata per farle da personal trainer, mentre io sono stato ingaggiato per risolvere questo problema. Per questa ragione, devo fare tutto il possibile per arrivarci in fondo. So che posso apparire pesante e invadente, ma fare domande è il mio lavoro.»
«Lo ribadisco, non voglio scoraggiarti, né convincerti a tirarti indietro. Anzi, è davvero ammirevole che tu sia in grado di stare dietro alle assurde richieste di Tina. Ti sei anche finto il suo fidanzato, la scorsa settimana, e probabilmente ti toccherà farlo ancora. È giusto che tu lo sappia: starò sempre dalla tua parte e farò il possibile per te. Purtroppo non posso dirti altro a proposito di Harvey e della Thompson, ma proprio perché non so altro.»
Le spiegazioni di Claudia Leonardo erano assolutamente ragionevoli, Oliver doveva prenderne atto. La sua volontà di aiutarlo, tuttavia, faceva al caso suo.
«Non puoi dirmi altro su di loro, ma forse c’è qualcosa che puoi dirmi.»
«Se posso.»
«Con Tina, abbiamo discusso della possibilità che dietro al filmato ci sia qualcuno che viene dal passato e dal Brasile.»
Claudia obiettò: «È stato molto tempo fa, è un’epoca ormai lontana. E poi la maggior parte delle persone con cui Tina ha avuto a che fare sono tutte in Brasile. Il video è stato registrato in Italia. Non potrebbe esserci dietro nessuno di quelli che non la apprezzavano un tempo.»
«Però» osservò Oliver, «Stai ammettendo l’esistenza di persone che non la apprezzavano.»
«Lo sai anche tu, Tina non è una persona con cui sia facile avere a che fare.»
«E questo giustificherebbe un video di simile entità?»
«Non ho detto che lo giustifichi, ma non puoi mai sapere che cosa passi per la testa della gente» mise in chiaro Claudia. «C’è chi pensa che Tina abbia fatto danni, in Formula 3 Brasiliana: gli Hernandez, probabilmente i familiari di Serrano e forse altri.»
«Parlami degli Hernandez.»
«Dalma ha gestito il team finché è esistito. Inizialmente ad aiutarla c’era un italiano, un certo Franzoni.»
«L’ho conosciuto.»
Claudia ignorò quell’osservazione.
«Franzoni non c’entrava niente con gli Hernandez. Non aveva quote nel team, era semplicemente un consulente che lavorava per loro. Una volta che ha lasciato la squadra, è andato a lavorare per altri. O almeno, posso immaginare che sia andato a lavorare per altri.»
Oliver intuì: «Mi stai dicendo che non devo focalizzarmi su di lui.»
Claudia obiettò: «Non ho detto proprio niente, ma non vedo perché iniziare proprio da qualcuno che non aveva nulla contro Tina. Piuttosto, Dalma Hernandez...»
«So che Dalma Hernandez è la compagna di Christian, il fratello di Tina» la informò Oliver. «Sono convinto che dubitare dei parenti sia una cosa assolutamente opportuna, in certe circostanze, ma Tina non ha alcun sospetto nei suoi confronti.»
«Se questa persona continua a fare ciò che fa, è proprio perché Tina non ha sospetti, non credi?»
«Quindi Dalma non è da scartare, per te?»
«No.»
«E suo zio?»
«Suo zio?» ripeté Claudia, quasi colta di sorpresa.
Oliver chiarì: «So che ha avuto un infarto, qualcosa come quattordici o quindici anni fa. È ancora vivo?»
«Sì, che io sappia» rispose Claudia, «Ma mi sembra difficile che sia venuto in Italia l’anno scorso per riprendere Tina mentre...» Si interruppe. «Non mi sembra il caso di dire ad alta voce cosa succedeva in quel video.»
«Della famiglia di Serrano cosa sai, invece?»
«Aveva dei genitori e, per quanto ne so, sono ancora vivi anche loro. Avranno una settantina d’anni al massimo.»
«Vivono in Brasile?»
«A quei tempi sì. Immagino che siano ancora là.»
«Tina ha mai avuto a che fare con loro, dopo la morte di Manuel?»
«Tina non è andata al funerale di Manuel» riferì Claudia. «Da quello che so, i Serrano non hanno apprezzato.»
«Perché non è andata al funerale?»
«Perché non se la sentiva. Ti pare strano?»
Oliver replicò: «Io non giudico, mi limito a fare domande. Per come la penso io, non tutti vivono il lutto allo stesso modo.»
«Sei una persona intelligente, Fischer» concluse Claudia. «Se tutti fossero come te, la metà delle controversie non esisterebbero.»

***

Veronica non aveva idea di dove fosse andata a finire Claudia, ma era felice che si fosse levata di torno. Non aveva nulla contro la personal trainer, ma quando Tina se la portava appresso era del tutto impossibile parlare con la Menezes senza che l'altra donna si mettesse in mezzo. Di solito Veronica lasciava correre, del resto parlare con Tina equivaleva spesso a perdere tempo, ma in quell'occasione non poteva farne a meno.
Si ritrovò sola con Tina, sapendo di non avere troppo tempo a disposizione prima della ricomparsa della Leonardo, e decise di mettere in chiaro una questione che le stava piuttosto a cuore.
«Ti stai lasciando andare un po' troppo.»
Tina non capì, oppure finse di non capire.
«Di cosa parli?»
«Dell'intervista» mise in chiaro Veronica. «Da quando è stata registrata, ho notato il tuo atteggiamento nei confronti di Amber e mi sembra ben poco accettabile.»
Tina replicò, secca: «Sono qui per farmi notare nella speranza che gli sponsor decidano di sganciare un po' di soldi o per comportarmi in modo accettabile con la futura moglie di Ryan Harvey?»
«Sei qui per non dare problemi» replicò Veronica. «Non ho dubbi che ci sia chi ha già pronti dei titoloni a proposito di te e Amber che vi odiate, ma non mi piace questa strategia commerciale. Voglio dire, va bene seguire l'onda, ma non fino a questo punto. A tutto c'è un limite. Solo perché il livello del tifoso medio si abbassa sempre di più, non significa che anche noi dobbiamo comportarci come una massa di decerebrati. Sei d'accordo con me?»
Tina abbassò lo sguardo.
«Ti assicuro che Harvey e la sua futura signora mi fanno irritare anche nella realtà, non ho bisogno di fingere.»
Veronica le fece notare: «Amber non ti ha fatto nulla. Più che lei a sembrare irritante, mi sembri tu a sembrare stronza.»
«Non mi interessa che cosa sembro» ribatté Tina. «Salvare le apparenze non fa per me.» Fece per voltarle le spalle. «Ora scusami, ma devo andare, Claudia mi starà cercando.»
«Quella donna ti segue come un'ombra. Non dimenticarti che esisti anche senza di lei.»
«Stai tranquilla, Young, me lo ricordo benissimo. Allo stesso modo, tu cerca di non dimenticare che sei stata proprio tu a suggerirmi di portare Claudia con me. Amber ha un marito che le riempie la vita, io ho solo una personal trainer che mi ascolta quando non so con chi parlare. Si era detto questo, no?»
«Si era detto di essere accomodanti verso questa immagine» la corresse Veronica, «Non di uniformarsi totalmente a questo stereotipo.»
Tina obiettò: «A forza di essere accomodanti, si finisce per diventare quello che ci vogliono. Ti è mai capitato di sapere mentire così bene agli altri da finire per mentire anche a te stessa?»
«No» rispose Veronica. «Non penso di potermelo permettere. Devo avere ben chiaro che cosa penso realmente, altrimenti è difficile gestire tutto. Cerca di non farti fuorviare nemmeno tu.»
Tina alzò lo sguardo.
«Ti stai preoccupando per me?»
«Certo che mi preoccupo per te» borbottò Veronica. «Prima Fischer come finto fidanzato, poi le tue continue invettive contro la Thompson. Dove andrai a finire? Forse avrei fatto bene a portare Donato con noi.»
«Perché avresti dovuto?»
«Perché è l'unico che sa come prenderti, che sa tirare fuori il meglio da te.»
Tina precisò: «Il meglio di me stessa è fin troppo sopravvalutato. Sono quella che sono, non fingo, qualunque cosa tu possa pensarne. Tu non hai idea di chi sia davvero Ryan Harvey.»
«Allora perché non me lo spieghi?»
«Non mi crederesti.»
Veronica sospirò.
«Dove possiamo andare a finire, se tutto quello che sai fare è alludere e poi non dire niente? Devo leggerti nella mente? Mi dispiace, ma non sono in grado. Non posso sapere cos'hai contro di lui, finché non parli chiaro.»
Tina insisté: «Te l'ho detto, non mi crederesti. O ti fidi di me, o non ti fidi. Se ti chiedessi di allontanarlo, tu lo faresti?»
«Certo che no. Non prendo decisioni "perché sì" o "perché è la volontà della Menezes". Dovresti sapere come funziona il mondo. Ci saranno anche tanti ragazzini pronti a sbraitare e a urlare che c'è una congiura contro di loro non appena qualcuno non pende dalle loro labbra, ma almeno noi persone adulte dovremmo comportarci in modo sensato e coerente. Hai trentotto anni, Tina. Non puoi aspettarti che, solo perché Ryan Harvey ti sta sulle palle, io possa impedirgli di accompagnare Amber, o addirittura chiedere ad Amber di non sposarlo.»
«Lo vedi? Hai già deciso di credere a lui e non a me.»
«Ma credere a che cosa?! Mi stai tacciando di dare credito alla sua versione dei fatti e non alla tua, quando non c'è una tua versione dei fatti e, di conseguenza, non c'è nemmeno una sua replica!»
Tina ribadì: «Sarebbe del tutto inutile. Per te, rimane sempre intoccabile. Allora sai cosa ti dico? Tienitelo stretto. Quando poi trascinerà tutti nella merda, non venirmi a dire che non ti avevo avvertita.»
La Menezes si voltò e si allontanò. Veronica non provò nemmeno a trattenerla, tanto tutto ciò che avrebbe potuto ottenere sarebbe stato continuare quel discorso senza né capo né coda. Non ne valeva davvero la pena, ma sentiva che qualcosa le stava sfuggendo di mano.
Si andò ad appartare in un luogo in cui dava per scontato di non essere raggiunta da nessuno e decise di telefonare a Oliver Fischer. Claudia non sarebbe riuscita a fare ragionare Tina, quindi doveva pensarci lui.
Fischer aveva il telefono non raggiungibile, probabilmente occupato. Veronica imprecò, sedendosi a terra. Rimase in attesa, due minuti, forse tre, se non addirittura quattro. Riprovò a telefonare, ma ancora una volta non riuscì a mettersi in contatto con il giornalista. Dalla sua bocca uscì un'altra imprecazione, ma non si arrese.
Cinque minuti, sei, forse addirittura sette, poi fece un terzo tentativo. Fu soddisfatta di non essersi rassegnata, dal momento che il telefono prese a squillare regolarmente.
Oliver rispose poco dopo: «Che piacere, Veronica, a cosa devo questo onore?»
Veronica gli intimò: «Non farmi perdere tempo. Dove sei?»
«Nella cucina di casa mia, che uso anche come studio, dato che a casa mia non ci sono altre stanze che possano essere utilizzate per questo scopo.»
«Perché il tuo cellulare non era raggiungibile, poco fa?»
«Perché, nella cucina di casa mia, che uso anche come studio, ero al telefono con una persona.»
«Chi?»
«Penso che tu non mi abbia chiamato per impicciarti dei cazzi miei» disse Oliver, secco. «Cosa vuoi?»
«La tua finta fidanzata Tina Menezes non si contiene più» lo informò Veronica. «È incazzata con il mondo, ma soprattutto con i futuri coniugi Harvey.»
«Lo so.»
«Spiegami il motivo.»
Oliver esitò: «Veramente non...»
Veronica lo interruppe: «Invece me lo spieghi, senza fare storie! Ho bisogno di sapere. Voglio evitare spargimenti di sangue e, di conseguenza, devo sapere cos'è successo tra quei tre.»
«Credimi, ti aiuterei molto volentieri» le assicurò Oliver, «Ma io stesso non ho idea del perché Tina trovi intollerabile l'idea del loro matrimonio. Tutto ciò che posso immaginare è che, fino a pochi giorni fa, credesse fosse tutta una messinscena. Con la data delle nozze ufficializzata, deve avere capito che non è così e che Amber non finge di essere sul punto di sposarsi con il suo manager per questioni di marketing, ma se lo sposerà davvero. Di conseguenza il suo astio nei confronti di Harvey si è esteso anche nei confronti di Amber. Non vedo altre soluzioni.»
«Bene, abbiamo appurato perché ce l'ha con Amber, se quello che dici è corretto» osservò Veronica. «Ma Harvey? Che cos'ha fatto per finire in cima alla sua lista nera? Ne sai qualcosa?»
«No.»
«Non sai mai un cazzo, Fischer! Oltre a essere un rompicoglioni impiccione, sei anche del tutto inutile!»
Oliver ribatté, sprezzante: «Anch'io penso tante belle cose su di te, Veronica, e ti auguro di passare una buona giornata.»
«Grazie, ma è già una giornata di merda, e tu non hai certo contribuito a migliorarla.»
«Il mio scopo non è migliorare le tue giornate.»
«Il tuo scopo è stare dietro alla Menezes e impedirle di fare cazzate» mise in chiaro Veronica. «Mi rendo conto che, per uno come te, non sia un compito tanto facile, ma cerca di farle capire che si deve calmare e che la deve smettere di mettere quei due al centro di tutto.»
«Oggi tutti non fate altro che ricordarmi che non mi sono scelto un compito facile, con Tina» ribatté Oliver. «Sai cosa ti dico? Che un giorno ti ricrederai.»
«Tutti? Con chi altro hai parlato?»
«Non sono fatti tuoi.»
«Ti riferisci alla telefonata di poco fa, non è vero?»
«Non intendo rispondere a questo tuo interrogatorio. Di conseguenza ti salut-...»
«Tu non saluti proprio nessuno!» lo interruppe Veronica. «Ti ha chiamato Claudia Leonardo, non è vero? Mi sembrava strano non vederla ronzare intorno a Tina, doveva essersi nascosta da qualche parte per telefonare a te. Accusa sempre Tina di essere assillante, ma la persona davvero assillante è lei! Una volta credevo che avessero una relazione, da quanto vedevo Claudia sempre attaccata a Tina, ma i fatti smentiscono la mia teoria.»
«Una relazione? Cosa te lo faceva pensare?»
«Per caso sei geloso, Fischer?»
«Non hai risposto alla mia domanda» puntualizzò Oliver, «E adesso sei tu quella che mi fa perdere tempo.»
Veronica gli confidò: «Una volta, qualche anno fa, ho visto Claudia entrare di soppiatto nella stanza di Tina. Era notte fonda ed eravamo tutti un po' su di giri. Ho sempre pensato che abbiano fatto sesso, quella notte.»
«Oh.»
«La cosa ti stupisce, Fischer?»
«Tina mi ha parlato delle sue relazioni passate e non ha dato segno di provare attrazione per le donne sulla cinquantina» mise in chiaro Oliver, «Ma potrebbe avere omesso qualche dettaglio.»
«Non lo so, sono confusa, in proposito» ammise Veronica. «Non mi è molto chiaro se Claudia provi attrazione per qualcuno. Parlo in generale, non di persone specifiche: ho sempre pensato fosse asessuale, ma forse sbagliavo io. C'è stata quella volta in cui si è chiusa nella stanza di Tina pensando di non essere vista, poi, qualche tempo fa, l'ho sentita parlare al telefono con un uomo e rivolgersi a lui con epiteti tutti zucchero e miele.»
«Claudia Leonardo ha un compagno?»
«Non so al giorno d'oggi, ma ai tempi di quella telefonata ce l'aveva di sicuro. Però Tina non lo sa, un po' come se tra loro ci fosse stato qualcosa e Claudia volesse nasconderle questa presunta relazione. Ma perché vuoi sapere tutto questo?»
Oliver la rassicurò: «Tutte le informazioni possono essere utili, prima o poi. Non intendo usarle contro Claudia, né contro di te, se ti può consolare. Adesso, comunque, devo salutarti sul serio. A presto.»
«A presto un cazzo!» borbottò Veronica, tra i denti, ma Fischer aveva già riattaccato, e il tutto senza nemmeno ammettere di essere stato contattato telefonicamente da Claudia Leonardo.

***

Dopo avere riattaccato, Oliver gettò il telefono sul tavolo. Ne aveva abbastanza. Prima era stato il turno di Claudia Leonardo, poi quello di Veronica Young, entrambe pronte a sbattergli in faccia la realtà: stare dietro alle esigenze di Tina Menezes non era affatto semplice e non aveva alcuna garanzia di successo. Lo affermava Claudia, che conosceva perfettamente le ragioni per cui era stato ingaggiato, lo confermava anche Veronica, nonostante non avesse idea di quali fossero le effettive intenzioni di Tina.
“Un altro, al posto mio, avrebbe già desistito” si disse. Non si riteneva speciale in confronto alla media, quanto piuttosto sapeva di avere l’abitudine malsana di lasciarsi trascinare in storie che difficilmente avrebbero avuto un lieto fine. Fin dal primo momento in cui aveva udito “Miss Vegas” in discoteca - una montatura di Dalila, ma era quasi felice che fosse accaduto - aveva preso a cuore una vicenda della cui esistenza non era ancora informato. Quando Tina era entrata nella sua vita, non aveva potuto tirarsi indietro. Non l’avrebbe fatto nemmeno a distanza di una decina di giorni o poco più.
Attese qualche istante, sperando di non ricevere ulteriori telefonate. Doveva rimettersi al lavoro, perché non c’era solo Tina Menezes nella sua vita e non aveva intenzione di perdere ulteriore tempo. Stava per andare a sedersi di nuovo, quando ebbe la tentazione di guardare fuori dalla finestra ancora una volta. Nella palazzina di fronte lo aspettava una tapparella abbassata, già lo sapeva, ma gli sfuggì un sorriso pensando a tutte le volte in cui aveva visto la maldestra italo-brasiliana aggirarsi seminuda, inconsapevole che chiunque potesse vederla, dall’edificio dirimpetto.
Abbassò lo sguardo, vedendo una donna aggirarsi per il cortile. Era bionda - un biondo grano, forse naturale, non il platino tanto demonizzato da Claudia - e aveva i capelli raccolti in una coda alta, di tutt’altro colore rispetto a quelli della Menezes, ma con un’acconciatura che Oliver non si sarebbe stupito di vedere sulla testa di Tina. Non erano, tuttavia, lunghi come quelli della sua “finta fidanzata”, come avrebbe potuto definirla Veronica. Aveva un’aria vagamente familiare, ma quando Oliver cercò di riconoscerla nonostante gli ampi occhiali da sole non gli diede l’impressione di essere nessuna delle abitanti della palazzina, e forse nemmeno di quelle circostanti. Portava una T-shirt nera con una stampa fluorescente, vagamente goth e un paio di pantaloni lunghi dello stesso colore. Anche le scarpe, di tela, sembravano nere.
Si guardava intorno, come se stesse cercando qualcuno o qualcosa, ma Oliver sapeva di non potere restare lì in attesa del momento in cui l’avrebbe trovato. Doveva rimettersi all’opera, doveva farlo al più presto. Lanciò nel frattempo un’occhiata torva allo smartphone, come se fosse un oggetto dotato di vita propria e fosse pronto per disturbarlo di propria spontanea volontà.
Si sarebbe seduto al computer, se non avesse visto un vicino di casa di Tina Menezes che si rivolgeva alla nuova arrivata.
«Signora, cerca qualcuno?»
Con le finestre aperte era facile udire le voci di chi stava all’esterno, ma quella della donna arrivò ben più soffocata.
Oliver non comprese che cosa stesse chiedendo, ma il vicino della Menezes tornò a farsi sentire, mentre affermava: «Il civico 4 è da quella parte.»
Il suddetto numero civico era proprio quello in cui risiedeva Oliver, ma non collegò la bionda goth a sé, almeno finché, qualche minuto più tardi, quando aveva finalmente abbozzato ben due frasi sulla schermata altrimenti bianca del programma di videoscrittura, udì il proprio campanello che suonava.
Alzò il citofono, chiese chi fosse, ma non gli rispose nessuno. Con tutta probabilità, il portone era stato lasciato aperto - accadeva più spesso del dovuto - e la donna vestita di nero ne aveva approfittato per salire. Oliver non si sorprese, di conseguenza, quando udì bussare alla porta. Valutò cosa fare. Aprire era sicuramente un’opzione valida, magari dopo essersi accertato chi fosse la persona che reclamava di entrare, ma non era forse quello il modo in cui Mirko De Rossi era morto? Aprendo la porta a colui o colei che l’aveva ucciso?
Era ancora indeciso, quando una voce, sul pianerottolo, lo supplicò: «Oliver, ti prego, aprimi. Non sono venuta qui per restare fuori.»
Oliver sussultò. Conosceva fin troppo bene quella voce, ma non aveva idea né del perché la stesse udendo in quel momento, né perché la sua proprietaria se ne andasse in giro con un’aria vagamente emo.
Abbassò la maniglia e aprì la porta, trovandosi faccia a faccia con Selena Bernard coniugata Roberts. Si era tolta gli ampi occhiali da sole, ma faceva comunque sorridere vestita a quella maniera, invece che con il solito abito elegante abbinato ai tacchi alti.
«Cosa ci fai qui?» le chiese, non riuscendo a trattenersi.
Selena sgusciò all’interno e richiuse la porta.
«Posso entrare?»
«Ormai sei già entrata» ribatté Oliver. «Credo, comunque, che dovrai darmi delle spiegazioni, perché non ci sto capendo nulla.»
Selena si guardò intorno.
«Ce l’hai un posto in cui possiamo parlare senza restare qui in piedi? E senza che nessuno ci disturbi?»
«Vieni di là.» Oliver la invitò a seguirlo nella cucina/ studio. «Sul non essere disturbati, vorrei sperarlo.» Prese in mano il telefono. «Tolgo la suoneria, magari stiamo più sicuri.» Chiuse anche il computer portatile. «Prego, siediti. Non sono sicuro che casa mia sia accogliente tanto quanto te la aspettavi, ma non posso fare altro. Abito qui, che ti piaccia o no.»
Selena accennò un mezzo sorriso.
«Non sono venuta qui per valutare il tuo appartamento. Anzi, ti ringrazio tanto per avermi fatta entrare. Devi pensare che sono totalmente pazza, fiondarmi qui all’improvviso...»
Oliver la interruppe: «Quando vivi in un altro stato, a centinaia di chilometri di distanza. No, non penso che tu sia totalmente pazza, perché sono certo che ci sia una spiegazione logica, ma ti sarei grato se mi spiegassi che cosa sta succedendo e, soprattutto, in che modo sono coinvolto. Perché, detto sinceramente, potrebbero esserci decine di ragioni per cui sei venuta da queste parti, ma non mi spiego perché, tra tanti posti che ci sono, tu sia proprio qui, a casa mia.» Selena prese posto e Oliver fece lo stesso. «Anzi, già che ci sei, potresti spiegarmi, per prima cosa, perché sei vestita così? Stai andando a una festa in maschera travestita da ragazza dark?»
«Certo che no» ribatté Selena. «Ho solo pensato che fosse meglio non essere riconosciuta. Dì la verità, non ti aspetteresti mai di vedermi così.»
«No, per niente, infatti ti ho vista dalla finestra e non ti avrei mai riconosciuta, se non ti avessi vista in faccia e da vicino» ammise Oliver. «Però, fammi capire. Chi dovrebbe riconoscerti? Hai dei conoscenti, da queste parti?»
«Nessun conoscente.»
«Gente che ti vede sui social e sa che sei la moglie di Edward Roberts, quindi?»
«Nemmeno.»
«Non sei di molte parole, oggi. Eppure ti sei fatta tutta questa strada... a proposito, quando sei arrivata?»
Selena gli spiegò: «Alloggio in un bed & breakfast poco lontano da qui, a partire da ieri sera. Non è da oggi che sono in Italia. Prima sono stata altrove, impegnata in una mia ricerca personale.»
«Mi era parso di capire» azzardò Oliver, «Che questa settimana avresti dovuto tornartene a casa insieme a tua figlia.»
«La madre di Edward ha prolungato il proprio soggiorno e mia figlia Ella insieme a lei» lo informò Selena. «Stai tranquillo, non ho abbandonato una bambina di quattro anni per venirmene qui a dare la caccia ai fantasmi.»
«Fantasmi?»
«Non proprio un fantasma, in realtà. Hai mai sentito menzionare un certo Nicholas Piazzi?»
«No.»
«Ebbene, è l’uomo di cui ti ho parlato.»
Oliver rifletté qualche istante, prima di chiederle: «Quale uomo? Quando me ne hai parlato? E poi, scusami, non l’ho ancora capito. Perché sei qui? Qualcuno lo sa?»
Selena chiarì: «Ho detto vagamente a Edward che sarei venuta in Italia, lo sa. È in Inghilterra insieme a Veronica e alla Pink Venus.»
«Gli hai detto che sei venuta in Italia» ripeté Oliver, «Ma non gli hai detto che sei a casa mia. Sappi che non voglio ritenermi responsabile di quello che succederà tra di voi.»
Selena gli strizzò un occhio.
«Guarda che venire a casa tua non è la cosa più scabrosa che ho fatto in questi ultimi giorni!»
«Posso dire che mi spaventi?»
«No, sono innocua, lo sai.»
Oliver scherzò: «Per caso sei stata tu ad ammazzare Mirko De Rossi? In tal caso, mi dispiace, ma non posso coprirti.»
«Se avessi ammazzato qualcuno, non verrei certo a dirlo a te» ribatté Selena, «Ma in ogni caso non l’ho ucciso.» Si fece cupa. «Anzi, mi dispiace tanto per la sua morte e inizio a pensare che ci sia qualcosa di più. Torniamo a Nicholas Piazzi.»
«Chi è? C’entra qualcosa con il delitto?»
«No. O almeno, non credo.»
«Quando mi hai parlato di lui?»
«Non so se ricordi, è venuto fuori il discorso di un produttore musicale invitato come ospite vip al Gran Premio d’Italia, l’anno scorso» spiegò Selena. «Era sicuramente uno di quei tipi che non sanno nulla di automobilismo, ma che accettano di essere presenti al solo scopo di mettersi in mostra.»
«Quel produttore musicale, quindi, si chiama Nicholas Piazzi» dedusse Oliver.
«Esatto, proprio così» confermò Selena. «L’ho anche cercato in internet, per accertarmi che fosse proprio lui. Ho visto la foto, non ho alcun dubbio sulla sua identità.»
«Bene, ma non capisco perché tu sia venuta qui per dirmelo. Potevi telefonarmi.»
«Sì, avrei potuto telefonarti, ma non sono certa che fosse un argomento di cui potere parlare al telefono. C’è tanto da dire.»
«Quindi» azzardò Oliver, «Questo Nicholas Piazzi ha molti scheletri nell’armadio.»
«No, affatto, o almeno, io non ne ho scoperti» ammise Selena. «Però ho scoperto qualcosa di molto interessante su di lui.»
Oliver valutò fino a che punto potesse spingersi. Decise che Selena era una persona abbastanza affidabile e che poteva metterla al corrente di quale fosse stato il punto di partenza – dopotutto, se la stessa Tina le aveva parlato del video erotico, menzionare un certo pezzo musicale di dubbio gusto non era niente che richiedesse riflessioni profonde.
«Fammi indovinare, questo Nicholas Piazzi ha prodotto una canzone trap intitolata “Miss Vegas”.»
Selena annuì.
«Ottima intuizione.»
«Non ci sarei mai arrivato, se una certa Dalila Colombari non me l’avesse fatta ascoltare qualche tempo fa» la informò Oliver. «Non so se hai presente Dalila. È una fotografa di motorsport, spesso le sue fotografie hanno abbellito i miei articoli, oppure quelli di Mirko.»
«Sì, ce l’ho presente» rispose Selena. «È una bella donna con i capelli biondo platino?»
Oliver si sforzò di non ridere, ripensando alla conversazione con Claudia Leonardo.
«Proprio lei.»
«Siete stati insieme, vero?»
«Una specie.»
«Solo in passato?»
«Perché me lo chiedi?»
Selena gli ricordò: «La tua presunta relazione con Tina è tutta una copertura, da parte sua. Mi è venuto spontaneo farti questa domanda.»
«C’è qualcosa tra me e Dalila, sì» confermò Oliver, «Ma mi sembra esagerato e fuorviante dire che stiamo insieme.»
«Diciamo che posso capire.»
«Diciamo che quello che faccio con Dalila è affare mio. Dimmi piuttosto di “Miss Vegas”. Come hai scoperto quella canzone? Non mi dai l’impressione di essere un’avida ascoltatrice di musica trap.»
«Non lo sono, infatti. Facevo ricerche a proposito di questo Nicholas Piazzi e ho trovato menzione a quella canzone per caso. Non saprei neanche dirti perché mi sia soffermata a leggere il testo. Però, dopo averlo letto, ho finito per andare a cercarla e l’ho ascoltata.»
«Che cosa ne pensi?»
«Non è il mio genere.»
«E il testo? Pensi che i ragazzini dovrebbero ascoltare canzoni simili?»
Selena sospirò.
«Dai, non fare il moralista!»
«Sei la seconda persona, oggi, che mi dà del moralista» affermò Oliver. «Non preoccuparti, penso che i ragazzini debbano essere lasciati liberi di ascoltare quello che vogliono e che spesso sentano cose ben peggiori dalle persone che hanno intorno. Non sono uno di quelli che vorrebbero mettere Baby Dumbaby al rogo o marchiarla a vita per avere cantato un simile pezzo. Di sicuro non l’ha scritto lei, probabilmente non sa nemmeno cos’ha cantato. Anche la persona che l’ha scritto, non penso avesse cattive intenzioni.»
«Quel testo mi ha fatto pensare a Tina Menezes» mise in chiaro Selena. «Certi versi sembrano richiamare il Gran Premio di Las Vegas dello scorso anno, mentre c’è un accenno a video erotici che la riguardano.»
«Secondo Dalila potrebbe essere tutto frutto del caso» disse Oliver. «La canzone parla di una certa “Menny” o qualcosa del genere, che non è mai stato un soprannome con cui qualcuno abbia chiamato Tina.»
«Menny, però, potrebbe essere diminutivo di Menezes.»
«È esattamente quello a cui ho pensato io, quando ho scoperto la canzone.»
«E adesso non lo pensi più?»
«Dalila mi ha parlato di una certa Venus Manny. Ho fatto qualche ricerca su di lei. Lavorava in un’impresa di pulizie e ha deciso che, se si fosse dedicata alla pornografia, avrebbe guadagnato più soldi. Ha esordito pubblicando propri video su piattaforme web apposite. La “Menny” della canzone potrebbe essere in realtà “Manny”.»
«E gli accenni al Gran Premio di Las Vegas?»
«Hai ragione, Selena, di quella gara se ne parla eccome, non ci sono altre spiegazioni. Però, riflettendoci, quella pornostar usa come nome d’arte Venus Manny. Venus, che potrebbe richiamare la Pink Venus.»
«Oh, capisco.» Selena parve fermarsi qualche istante a riflettere. «Ha senso. Potrebbe essere tutto un gioco di parole: Venus Manny e Tina Menezes che, in qualche modo, vengono fatte coincidere, come se fossero una persona sola. Quindi abbiamo video erotici, che però non hanno nulla a che vedere con Tina, e poi una parte della canzone che effettivamente parla di Tina.»
«Mi sembra la spiegazione più plausibile» convenne Oliver. «All’inizio ero convinto che la canzone stessa avesse qualcosa di misterioso, che meritava di essere approfondito, ma più il tempo passa e più inizio a pensare il contrario. Ma non sei venuta solo per dirmi questo, immagino.»
Selena confermò: «Diciamo che ho fatto un po’ di ricerche. Non scenderò nel dettaglio per non violare la sua privacy, ma sono andata a farmi un giro sul suo posto di lavoro, spacciandomi per una sua estimatrice, e ho racconto un po’ di voci su di lui.»
«Qualcosa di interessante?»
«Forse sì, ma potrebbe essere inutile.»
«Dato che sei venuta qui» la esortò Oliver, «Ti pregherei di condividere le informazioni che hai raccolto.»
«Nicholas Piazzi ha più o meno la tua età, ma ha una cugina molto più giovane.»
«Tanta gente ha cugini più giovani. Oppure più vecchi.»
«Quella ragazza si chiama Elena Piazzi e ha una ventina d’anni. Studia all’università di Bologna, come fuori sede.»
«Non mi dire che sei andata a fare una visita all’ateneo nella speranza di incontrarla!»
«Adesso non è a Bologna, è tornata a casa. Immagino che tornerà a settembre o ottobre.»
«Come fai a sapere tutto questo?»
«L’ho trovata sui social. Non pubblica nulla di particolarmente intimo, quindi tiene il profilo pubblico. Fa la volontaria in un campo estivo parrocchiale. È una ragazza dall’aspetto molto semplice, che non si veste in modo esagerato.»
Oliver ridacchiò.
«Non è una emo come te?»
«Piantala di prendermi in giro, se mi sono vestita così è per evitare che qualcuno mi colleghi a Edward, quindi alla Pink Venus, quindi a Tina Menezes» puntualizzò Tina. «Ha un aspetto molto semplice, dicevo, ma ha l’abitudine di scattarsi dei selfie in cui riprende la propria faccia in primo piano.»
«Molta gente ha una simile abitudine» ribatté Oliver. «Per caso stai dicendo che queste persone sono da guardare con sospetto?»
«Non sto dicendo nulla di simile» replicò Selena, «Ma solo che ho avuto modo di studiarmi i suoi lineamenti.»
«Oh!» esclamò Oliver. «Inizio a capire dove vuoi arrivare. Per caso hai provato a immaginartela con una parrucca, con un trucco da tamarra e un vestiario improponibile?»
«Qualcosa del genere.»
«Questa studentessa che risponde al nome di Elena Piazzi, dunque, è Baby Dumbaby?»
«Lo ritengo molto probabile.» Selena prese fuori il cellulare. «Aspetta, cerco il suo profilo e ti faccio vedere le foto.»
Ci volle qualche minuto, prima che Selena le trovasse. Quando gli mise lo schermo davanti agli occhi, Oliver non poté fare a meno di notare quanto l’amica fosse un’acuta osservatrice.
«Brava, Selena. Mi hai aiutato a risolvere un mistero, senza nemmeno che ti coinvolgessi personalmente.»
«Peccato solo che, con tutta probabilità, Baby Dumbaby e Nicholas Piazzi non abbiano nulla a che vedere con l’omicidio di Mirko De Rossi.»
«Per caso vai a caccia di assassini?»
Selena sorrise.
«Pensi forse di avere l’esclusiva? Guarda che ho capito dove volevi andare a parare, con tutte quelle domande. A proposito, non è per niente bello che tu abbia sospettato anche di me e di mio marito.»
Oliver avvampò.
«Non ho mai sospettato di voi.»
«Eravamo davvero a Milano ospiti a casa di amici» disse Selena, senza essere stata interpellata in proposito. «È vero, avremmo potuto tranquillamente andare ad ammazzare De Rossi, ma non avevamo motivo per farlo.»
«Se ti può consolare, sono arrivato a questa conclusione parecchi giorni fa.»
«Quindi hai davvero sospettato di noi.»
«Ti ho detto di no. Vi conosco, so che non andate in giro ad ammazzare gente così come se niente fosse.»
Selena puntualizzò: «Non vanno in giro ad ammazzare neanche le altre persone che hai sommerso di domande.»
Oliver annuì.
«Lo so, ma da qualche parte dovevo pur iniziare, non credi?»
«E hai scoperto qualcosa?»
«Tanti piccoli dettagli, che però non si incastrano.»
«In un romanzo poliziesco» ribatté Selena, «Dovresti avere tutto chiaro, ma non essere ancora riuscito a collegare tutti i punti, e solo ed esclusivamente perché non puoi scoprire il colpevole a pagina cinque.»
«In un romanzo poliziesco, l’assassino di De Rossi si sarebbe accertato di ammazzarlo in un luogo sperduto e irraggiungibile, nel quale erano presenti, oltre a lui e alla vittima, non più di altri quattro presenti, tutti desiderosi della morte di Mirko» obiettò Oliver. «Non avrebbe mai agito in una situazione in cui il colpevole avrebbe potuto essere un membro qualsiasi della popolazione mondiale. Inoltre, mon amie Madame Selena, tu dovresti interpretare la parte dell’aiutante considerato di scarso intelletto, che tuttavia fa scattare nella mente del detective la giusta intuizione.»
«Mi dispiace non potere interpretare questo ruolo, Monsieur Pêcheur.»
«Monsieur che cosa?»
«Pêcheur, Fischer, pescatore.»
«Oh, adesso mi è tutto chiaro, tranne il motivo per cui sei venuta a casa mia.»
Selena ridacchiò.
«Davvero non l’hai ancora capito? Meno male che ti atteggi a investigatore infallibile.»
«Non mi sono mai atteggiato a investigatore infallibile» replicò Oliver. «So di non esserlo. Anzi, gli investigatori infallibili non servono più: la maggior parte delle persone che ammazzano, pur sapendo bene di potere essere incastrate dal loro DNA, contaminano a più non posso le scene del crimine. Inoltre, per non farsi mancare niente, hanno cura di tenersi il cellulare in tasca, in modo che i loro spostamenti possano essere facilmente ricostruiti grazie alle celle telefoniche. Non siamo più negli anni Trenta, quando il Lord inglese di turno veniva soppresso dal discendente di turno che lasciava mozziconi di sigaretta o di sigaro in bella vista sul luogo del delitto, senza che gli agenti di Scotland Yard capissero se a fumare era stato l’assassino o la vittima. A loro favore va detto che in quei racconti tutti fumavano come ciminiere.»
«Non siamo negli anni Trenta e tu non sei chiamato a risolvere il mistero che sta dietro l’omicidio di un ricco Lord che ha diseredato mezza famiglia» mise in chiaro Selena, «Ma voglio aiutarti. Voglio che chi ha ucciso Mirko De Rossi non sia più un pericolo e che anche Tina possa liberarsi di quel peso.»
Oliver azzardò: «Quindi pensi anche tu che ci sia un collegamento tra le due vicende?»
Selena chiarì: «Lo pensi tu e questo mi basta. Insieme possiamo essere una grande squadra, di nuovo.»
Oliver sospirò.
«Lo sai, vero, che andare a stanare assassini potrebbe essere pericoloso?»
«Lo so eccome» rispose Selena, «Ma lo è anche avere un assassino che se ne va in giro sotto la luce del sole indossando una maschera. Credimi, Oliver, non sarei qui se ci fossero altre soluzioni, ma non penso che ne abbiamo, a parte fare finta di nulla.»
Oliver scosse la testa.
«Per me non è un’opzione.»
Selena gli assicurò: «Non lo è nemmeno per me.»




Stavolta le note in fondo... innanzi tutto grazie a Swan Song che c'è sempre stata con commenti e congetture: è un vero piacere averti come lettrice e spero che certi riferimenti ai gialli classici trovati in questo finale di capitolo ti abbiano strappato un sorriso.
Grazie anche a Nerve, per quando arriverai a leggere queste parole. Un saluto anche a tutti gli altri che magari stanno leggendo in incognito.

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Capitolo 10
*** [Tina] ***


Dalila aveva molte certezza e una di queste era che Oliver Fischer fosse utile, ma non indispensabile. C'erano aspetti della vicenda di Mirko De Rossi/ Tina Menezes/ Miss Vegas dei quali non era necessario parlargli, visto che poi sarebbe stato difficile fare di testa propria. In più la Menezes era ben lontana, si trovava in un'altra nazione e non sarebbe tornata almeno per qualche giorno ancora.
Era inutile che Fischer negasse, si vedeva bene che Tina non lo lasciava indifferente, ma Dalila si sentiva sicura: poteva lasciarlo solo con la ragionevole probabilità che nessun'altra gli sbottonasse i pantaloni. Non che pretendesse l'esclusiva, non voleva certo un legame stabile con Oliver, ma la Menezes era proprio il tipo di persona della quale il giornalista avrebbe potuto innamorarsi e, se questo fosse accaduto, le avrebbe precluso la possibilità di essere almeno una delle tante.
Non aveva idea di cosa stesse facendo Fischer quel pomeriggio, era probabile che stesse scrivendo qualcuno dei suoi articoli destinati alla firma di altri e che non fosse affatto in compagnia femminile. Valutò la possibilità di telefonargli - o addirittura di mandargli un messaggio, anche se detestava i testi brevi l'aveva fatto, quando era stato necessario - ma optò per evitarlo. Oliver avrebbe potuto porle la fatidica domanda "dove sei?" e Dalila voleva impedire il realizzarsi di quello scenario.
Quando non era con Fischer - e quando non era impegnata sul campo, dato che nel fine settimana precedente aveva lavorato - non metteva certo da parte la loro indagine, se così la si poteva chiamare. Aveva voluto bene a Mirko De Rossi e spesso era finita nel suo letto; le importava relativamente della Menezes, ma non voleva che la morte del suo passato collega cadesse nel dimenticatoio e il suo assassino restasse impunito.
Non avrebbe permesso che succedesse, così come non avrebbe accantonato alcuna pista, finché non avesse avuto le prove che si trattava di una perdita di tempo.
Inseguire Baby Dumbaby apparteneva molto probabilmente a quest'ultima categoria di piste, ma prima sarebbe stato opportuno parlarle e accertarsi che fosse solo una ragazzina senza alcun ruolo nella faccenda. Aveva scoperto faticosamente, con l'aiuto dell'amica DJ Perla, che dietro a "Miss Vegas" c'era un certo Nicholas Piazzi. A quel punto era stata tutta una scalata verso l'alto, aveva trovato sua cugina Elena e l'aveva identificata come la potenziale trapper.
Dal momento che la giovane Piazzi apparteneva a quella categoria di persone che d'abitudine sbandierava ai quattro venti sui social media dove rintracciarla durante la giornata, convinta che il luogo di lavoro - o di volontariato, nel caso di Elena - non costituisse un'informazione riservata, non era stato difficile raggiungere il posto, si era trattato solo di fare parecchi chilometri.
Tutto ciò che Dalila doveva fare, una volta giunta sulla scena, era trovarla e parlare con lei. Quella era la parte più difficile e, ne era certa, entrare e mettersi ad andare in giro senza autorizzazione alcuna poteva non funzionare. Eppure, non vedendo altre alternative percorribili, scelse proprio quella strada.
Si stava aggirando senza meta dentro vecchi locali, trovando una sala adibita a mensa e poi, poco dopo, un'altra saletta con un armadio pieno di effetti personali dei ragazzi, quando udì una voce alle sue spalle.
«E lei chi è?»
Dalila, che in quel momento stava rovistando tra telefoni cellulari, alcuni dei quali con cover assolutamente inadatte a persone adulte, si girò lentamente, tenendo le mani in mostra.
«Non stavo rubando» mise in chiaro, rivolgendosi a una suora sulla cinquantina che la fissava con sguardo penetrante. «Mi sono persa.»
«Si è persa qui?»
«Posso spiegarle.»
«Spieghi, spieghi» la esortò la suora, che pareva piuttosto divertita. «La ascolto, e soprattutto, la domanda di poco fa è ancora valida: chi è e che cosa ci fa qui.»
Dalila sorrise e cercò di sfoderare un'aria da brava ragazza.
«Sono la madre di uno dei bambini.»
«Non mi ricordo di lei.»
«Non può certo ricordarsi di tutti.»
La suora obiettò: «Ho una buona memoria fotografica. Lei, tuttavia, non l'ho mai vista da queste parti. Inoltre, se anche fosse la madre di uno dei bambini - quale bambino? - perché è qui? Perché sta rovistando tra le cose degli animatori?»
«Non sto rubando» ribadì Dalila. «Come vede, non ho niente in mano. E non mi guardi a quel modo...»
«Non la sto guardando in nessun modo.»
«Sì, invece, e mi sembra di captare i suoi pensieri. Immagino che si stia scandalizzando perché non indosso la fede al dito. Siamo negli anni 2020 e ancora giudica il fatto che ci siano persone che mettono al mondo figli fuori dal sacro vincolo del matrimonio?»
«Non la sto guardando in nessun modo» insisté la suora, «E non mi deve rendere conto della sua vita privata. Comunque non mi stupisce che, negli anni 2020 o in qualunque altra epoca storica, nessuno abbia voluto sposarsi con lei!»
Dalila avvampò.
«Non dovrebbe permettersi di...»
L'altra la interruppe: «Senta, signorina, non so che cosa sia venuta a fare qui, ma nessuno le ha chiesto di raccontarmi i fatti suoi. Non solo lei me li sta sbattendo in faccia, ma mi sta anche accusando di giudicarla. E tutto per non rispondere alla mia domanda: chi è lei? Perché è qui? Chi è suo figlio, sempre ammesso che ne abbia uno?»
«La accuso di giudicarmi perché è quello che sta facendo» replicò Dalila. «Vi conosco, voi suore. Siete una massa di represse che trascorrono le proprie giornate a pregare e a parlare con Dio, pensando che vi ascolti.»
«In realtà, purtroppo, sto parlando con lei, e non mi sono mai illusa di essere ascoltata!» ribatté la suora. «Forza, signorina, mi spieghi che cosa desidera. E, dato che si è persa, mi segua, le faccio il piacere di accompagnarla all'uscita.»
Dalila sospirò.
«Lei non si arrende mai?»
«Non quando incontro gente senza un ruolo preciso che si mette a vaneggiare.»
«Perché? Nega forse di essere una repressa che non può sfogare i propri istinti? Indossando quella sacca e portandone un'altra in testa, non pensa di avere rinunciato alla sua identità?»
«Sì, a volte mi chiedo come sarebbe stata la mia vita, se non mi fossi fatta suora» ribatté l'altra. «Poi, quando mi rendo conto che potrei essere madre di una squinternata come lei, allora penso che fare un voto di castità sia stata la decisione migliore della mia vita. E adesso fuori, mi ha già fatto perdere abbastanza tempo!»
«No, aspetti!» la pregò Dalila. «Ha ragione, non sono qui per mio figlio. Non ho figli. Devo parlare con un'animatrice che si chiama Elena Piazzi.»
«Perché la cerca qui? Non può parlarle in un altro momento?»
«Si tratta di una questione di massima importanza. Devo vedere quella ragazza, subito.»
«Se va fuori, tra un'oretta la vedrà uscire.»
«Non posso aspettare un'ora. La prego, vada a chiamare quella ragazza!»
La suora sbuffò.
«È sempre così insistente?»
«Solo quando ho un risultato da ottenere» ribatté Dalila. «Posso parlarle?»
«Aspetti qui e, mi raccomando, non tocchi la roba dei ragazzi.»
«Le do l'impressione di volermi portare a casa un cellulare con la cover dei Pokemon, per caso?»
La suora non replicò. Si allontanò, lasciandola sola, e Dalila vi rimase finché una ragazzina non varcò la soglia, alcuni minuti più tardi.
«Suor Giuliana mi ha detto che voleva vedermi» esordì Elena Piazzi. «Chi è? Cosa vuole da me?»
«La suora mi ha fatto la stessa domanda» rispose Dalila. «Ci può stare che non ne avesse idea... ma tu?»
«Io?» obiettò Elena. «Mi dispiace, ma non la conosco.»
«Nemmeno io conosco te» mise in chiaro Dalila, «Ma ho sentito la tua musica, se così la si può chiamare. Sembravi più spinta, come Baby Dumbaby. Invece sei solo una bimbetta bigotta che pende dalle labbra delle suore.»
«Se mi preferisce come Baby Dumbaby, posso accontentarla» ribatté Elena. Poi, di colpo, si mise a canticchiare: «Di giorni così ne vivo a milioni - poi questa bad bitch viene e rompe i coglioni - non la conosco ma mi dà una gran noia - quindi le dico vattene troia.»
Dalila ridacchiò.
«Complimenti. Ti manca solo la parrucca e il trucco trash, poi sei di nuovo perfetta.»
«Baby Dumbaby le piace veramente?»
«No, mi fa cagare.»
«Allora non è qui per farsi un selfie con me, immagino» osservò Elena. «Pensa di dirmi cosa vuole, oppure me lo devo immaginare?»
«Tina Menezes» disse Dalila. «Hai mai sentito questo nome?»
«Sì.»
«Ti ho incastrata, finalmente!»
«Incastrata?» Elena la fissò con gli occhi spalancati. «Sta parlando di quella Tina Menezes, pilota della Pink Venus?»
«Ex pilota della Pink Venus» puntualizzò Dalila. «Proprio lei.»
«Mi ha incastrata perché le ho detto di sapere chi è?» obiettò Elena. «Guardi che è stata pure sulla prima pagina dei quotidiani sportivi, spodestando le notizie di calciomercato!»
Il discorso di "Baby Dumbaby" non faceva una piega, ma d'altronde non la facevano nemmeno quelli di Suor Giuliana, eppure Dalila era riuscita a tenerle testa. Poteva farlo anche con Elena Piazzi, alla luce del fatto che, fino a quel momento, tenere testa a qualcuno era stato un limitarsi a lanciare accuse basate sul nulla.
«Tu guardi video porno sul dark web?» le domandò, quindi.
«Tutte noi bimbette bigotte che pendiamo dalle labbra delle suore - mi ha definita così, se ben ricordo - non facciamo altro che guardare porno sul dark web» ribatté Elena. «La cosa la stupisce?»
«Non prendermi in giro, bimba» le intimò Dalila. «Lo sai che una persona è stata ammazzata, dopo che è uscita la tua canzone?»
Elena replicò: «Purtroppo non solo una. Quando non sono in giro per il dark web a guardare film porno, ogni tanto leggo le ultime notizie, mentre alla sera vedo il telegiornale.»
Dalila chiarì: «Parlo di una persona morta come conseguenza diretta della tua canzone.»
Pensava che Elena avrebbe negato, oppure si sarebbe indignata, eppure l'animatrice si limitò a domandare: «Mirko De Rossi, il giornalista?»
Dalila fissò la Piazzi a lungo, convinta di vederla vacillare, o almeno mostrare un minimo segno di insicurezza. La ragazza, invece, appariva sicura di sé, come se niente potesse scalfirla. Le domandò, quindi: «De Rossi è stato ucciso per via della canzone?»
«L'ha detto lei, non io» chiarì Elena. «L'ho incontrato una volta e mio cugino lo conosceva...»
«Tuo cugino» la interruppe Dalila, «Sarebbe Nicholas Piazzi?»
«Sì.»
«Che rapporto c'era tra lui e Mirko?»
«Si conoscevano.»
«Erano amici?»
«Non amici intimi, che io sappia» rispose Elena. «Avevano conoscenze comuni e a volte capitava che si incontrassero, ma in compagnia di altri. Non penso uscissero insieme loro due.»
«È stato Nicholas a farti cantare "Miss Vegas"?» volle sapere Dalila.
«Sì, me l'ha proposto Nicholas.»
«Cantavi già?»
«No, è successo per caso. Non l'ho mai presa come una cosa seria.»
«Vuoi diventare cantante?»
Elena scosse la testa con fermezza.
«No, certo che no, e la musica trap nemmeno mi piace. Nicholas mi ha pagata per farlo e avevo bisogno di soldi.»
«Wow, interessante» osservò Dalila. «Cosa ci devi fare con i soldi? Ti prego, dimmi che è qualcosa di scabroso, non potrei sopportare una risposta banale.»
«Mi servono per pagarmi una stanza, quando ricomincerà l'università» rispose Elena. «Mi dispiace deluderla.»
«Non fa niente, avrai altre occasioni per rifarti. Perché hai accettato di cantare una canzone così volgare?»
«Perché quello era il testo.»
«Chi l'ha scritto?»
«Nicholas stesso, o almeno così mi è parso di capire.»
«Di cosa parla, quel testo?»
«Di cazzate, in cui ogni tanto è infilato qualche "bro" o qualche "sis".»
Dalila fece un sorrisetto.
«Devo ammettere che sembri piuttosto sveglia, per essere una cantante trap che durante il giorno fa l'animatrice in un campo estivo. Non mi basta, però. Sai qual è il legame tra quel testo e Tina Menezes?»
«Niente di che» ribatté Elena. «Nicholas mi ha detto che parla di una pornostar con un nome tipo Menny.»
«Venus Manny. La conosci?»
«No.»
«Non personalmente, intendo. La segui come personaggio?»
«Diversamente da Tina Menezes, Venus Manny non è mai finita sulle prime pagine dei giornali sportivi. Forse su altri tipi di giornali sì, ma è difficile trovarli esposti in bella vista davanti alle edicole.»
«Quindi» concluse Dalila, «Non hai idea di che legame potesse esserci tra Mirko De Rossi e Tina Menezes?»
«Mi scusi, ma non capisco quale possa essere il legame.»
«De Rossi conosceva tuo cugino, che ha scritto un testo che faceva vagamente cenno a Tina Menezes. Anzi, diciamo pure che non vi faceva cenno solo vagamente.»
«Mio cugino mi ha spiegato che Venus Manny gli ha fatto venire in mente Tina Menezes e la Pink Venus per via del proprio nome d'arte» asserì Elena. «Non c'è altro. Nicholas ha messo frasi sconnesse a caso, passando dal dark web a un gran premio e a un incidente della Menezes capitato in una sessione, non saprei dire se di prove libere o di qualifiche. Il fatto che conoscesse De Rossi non ha niente a che vedere con tutto questo. Anzi, non capisco nemmeno perché la Menezes dovrebbe avere a che fare - seppure indirettamente, se ho ben capito - con il delitto.»
«Non te lo posso spiegare» rispose Dalila. «Grazie comunque per quello che mi hai riferito. E mi raccomando, studia, perché con quel look da bimba bigotta non hai alcuna possibilità di sfondare come trapper.»
«Non si preoccupi» replicò Elena. «Non ne ho alcuna intenzione. E comunque il mio look non ha niente che non va, anche le altre ragazze si vestono come me.»
«Vorrà dire che anche le altre sono bimbe bigotte.»
«Se ci preferisce trapper, posso insegnare anche alle altre a rappare.»
Dalila ridacchiò.
«No, grazie, non ce n'è bisogno. Per quanto riguarda me, penso sia ora di togliere il disturbo. Mi raccomando, saluta Suor Giuliana da parte mia.»
Elena abbassò lo sguardo.
«Suor Giuliana mi chiederà chi era e cosa voleva da me.»
«Dille la verità.»
«Non sa che sono Baby Dumbaby.»
«Spero per lei che non conosca la sua esistenza» borbottò Dalila. «Peccato, comunque, che non sappia che sei tu. Ti facevo più audace.»
Elena chiarì: «Non ho raccontato a nessuno di Baby Dumbaby. È stato un mio segreto. Nessuno l'ha scoperto, prima di lei. E, anche se potessi raccontare a Suor Giuliana perché è venuta a cercarmi, non la potrei comunque illuminare sulla sua identità: mi ha fatto un sacco di domande, ma non mi ha detto chi è e a quale titolo me le ha fatte.»
«Lavoravo con Mirko De Rossi, in passato.»
«È una giornalista anche lei?»
«No. Scatto foto. Nello specifico, scatto foto ad auto da corsa in movimento. De Rossi apprezzava i miei scatti, per i suoi articoli. Pagava bene, e poi andavamo d'accordo. Non eravamo solo colleghi, eravamo anche amici.»
«Mi dispiace per quello che gli è successo.»
«Anche a me.»
«Glielo ripeto, comunque: "Miss Vegas" non ha niente a che vedere con tutto questo. Era un testo che Nicholas ha scritto per scherzo, poi l'ha messo sopra a una base e ha visto che funzionava. Non vi sono video di Tina Menezes sul dark web...» Elena si interruppe, come se fosse pensierosa. A quel punto, di colpo, esclamò: «Ma sì, certo, come ho fatto a non capire?»
«Non so come tu abbia fatto» ribatté Dalila, «Ma ti assicuro che adesso sono io a non capire.»
«Anche Tina Menezes ha fatto dei video erotici, vero?» chiese Elena. «È per questo che pensava che De Rossi fosse stato ucciso per via della canzone? In tal caso, mi creda, è tutto un caso. Le assicuro che né io né Nicholas guardiamo quel genere di video.»
«Forse ti converrebbe parlare per te» ribatté Dalila. «Magari Nicholas ne sa qualcosa e...»
Elena la interruppe: «Le pare che, se Nicholas sapesse dell'esistenza di video erotici di Tina Menezes, ci scriverebbe su una canzone?»
«Con Venus Manny, però, l'ha fatto.»
«Tina Menezes guida auto da corsa, Venus Manny è un'attrice porno che ha diffuso di propria volontà certi video. Non mi pare esattamente la stessa cosa. Perché mai, se anche avesse visto materiale hard sulla Menezes, avrebbe dovuto scrivere quel testo?»
«Non lo so, ma mi piacerebbe parlarne con lui, di persona» ammise Dalila. «Pensi di potermi aiutare?»
«Aveva detto che se ne sarebbe andata» le ricordò Elena. «Non mi aveva fatto una simile richiesta, prima.»
«Sei stata tu a trattenermi, perché non sapevi cosa raccontare alla suora» rimarcò Dalila. «Hai voluto sapere chi fossi... e la curiosità non sempre dà frutti positivi.»
«Già, non mi ha ancora detto il suo nome.»
«E non te lo dirò.»
«Vorrà dire che cercherò qualche articolo di De Rossi e guarderò i credits delle forografie. Non mi sarà difficile risalire a lei.»
«Tanto vale che te lo dica, allora: Dalila Colombari.»
«Piacere di conoscerla.»
«Il piacere è tutto mio e, come ti ho detto, gradirei conoscere anche tuo cugino. Dove posso trovarlo?»
«Mio cugino ha delle pagine web e social su cui può rintracciarlo» rispose Elena. «Io non posso metterla in contatto con lui, ma può farlo la sua segretaria. Troverà facilmente un numero di telefono.»
«Non sarà quello privato, però.»
«Le pare che mi metta a dare numeri privati di parenti a perfette sconosciute?»
«Non siamo più sconosciute.»
«Non lo avrà. Non insista.»
Dalila si arrese: «Va bene. Me ne vado e, te lo assicuro, non vengo più a cercarti, a meno che non scopra che sei stata tu a uccidere Mirko. Però, te lo assicuro, questa ipotesi non mi convince. Come già detto, saluta Suor Giuliana da parte mia.»
Elena annuì.
«Non mancherò di farlo.»
Dalila sorrise con aria di approvazione, poi uscì. Cercò di fare in fretta, per evitare altri incontri. Solo quando fu lontana, diretta verso la propria automobile, rifletté su quanto le aveva detto Baby Dumbaby durante la loro conversazione.
La versione dei fatti della ragazza era credibile e, Dalila non ne dubitava, Elena Piazzi era fermamente convinta di ciò che aveva riferito. Se non era così, se Nicholas Piazzi era al corrente dell'esistenza di video per soli adulti nei quali Tina Menezes era attrice protagonista, doveva essersi guardato bene dal rivelarlo alla cugina acqua e sapone che aveva fatto travestire da icona trash.
Si sedette in macchina e si allacciò la cintura di sicurezza, ma invece di accendere il motore rimase ferma un attimo, nonostante facesse un caldo micidiale, e prese fuori lo smartphone. Avrebbe voluto chiamare Oliver Fischer, ma non era ancora il momento. Da un lato, per precauzione, certe rivelazioni le avrebbe fatte ben più volentieri dal telefono con la scheda non intestata a suo nome, dall'altro non riteneva opportuno mettere il giornalista al corrente degli ultimi dettagli. Oliver poteva continuare a inseguire le varie Amber Thompson e i vari Ryan Harvey di turno, per quanto la riguardava non gli avrebbe fatto prendere i meriti delle proprie scoperte.
Vide alcune notifiche, le erano arrivate delle e-mail. Non doveva essere niente di importante, ma tanto valeva dare un'occhiata. Per poco non fece un salto sul sedile, quando vide su quale sito era stato pubblicato un nuovo post.
Mirko De Rossi aveva un blog, sul quale metteva per diletto gli articoli che reputava "poco importanti", ovvero quelli per cui difficilmente avrebbe potuto trovare qualcuno disposto a pagare. In vita, l'aveva tenuto occasionalmente aggiornato. In passato, Dalila si era iscritta al blog, le arrivava via e-mail il link di ogni nuovo post.
Ricordò, subito dopo, che spesso Mirko programmava i post per pubblicarli in uno specifico momento futuro. Di solito preparava i testi con qualche giorno d'anticipo. Era plausibile, quindi, che avesse sbagliato a inserire la data, oppure che fosse l'anniversario di qualche avvenimento entrato nella storia dell'automobilismo e che l'anticipo fosse stato un periodo molto più lungo del solito.
Cliccò sul link, senza sapere che cosa stesse per vedere. Già il titolo la fece sobbalzare di nuovo: "rivelazioni biografiche di Tina Menezes - Ryan Harvey, la doppia faccia dell'uomo perfetto". Non prometteva nulla di buono.

[...] Fu questione di un attimo. Mi ritrovai schiacciata tra quell'uomo disgustoso e il muro, con un bicchiere rotto puntato alla gola.
«Mi sono stancato di te, puttana» disse Ryan Harvey, sprezzante. «Non fai altro che intrometterti nella vita mia e di Amber!»
Nonostante la minaccia della sua arma impropria, fui tentata di replicare.
Non feci in tempo, dal momento che la sua futura moglie intervenne: «Ryan, smettila! Io e te ce ne stavamo andando.»
Ryan la ignorò.
«Quelle come te le odio, Tina» proseguì. «Non sai fare altro che ficcare il naso negli affari delle persone che invidi.»
E così, dovevo invidiare uno come lui?
O addirittura dovevo invidiare Amber, che quell’idiota se lo stava per sposare?
Amber, da parte sua, lo fissava con occhi sbarrati.
«Ryan, vuoi abbassare quel bicchiere?»
«E tu, bambola del cazzo» obiettò Ryan, «Vuoi tacere e vuoi farti i cazzi tuoi, come ti chiedo da tutta la sera?»
Amber scattò verso di lui.
Gli afferrò il polso destro e glielo torse.
«Andiamo via!»
Ryan lasciò cadere il bicchiere.
Mi lasciò perdere e si concentrò su di lei.
«Devi smetterla di stare in mezzo! Mi pare di averti già detto che...»
Amber lo interruppe: «Sei tu che devi smetterla. Hai bevuto troppo, Ryan. È meglio che tu te ne vada.»
«Solo se verrai con me.»
Amber sbuffò.
«Perché, da solo non trovi la strada?»
«Perché la moglie deve seguire il marito» ribatté Ryan. «Ti sei per caso dimenticata dei voti matrimoniali che presto pronunceremo?»
«La moglie deve seguire il marito» replicò Amber, «A condizione che non si comporti come un perfetto idiota. Puntare bicchieri rotti alla gola della gente non mi pare il modo migliore per non dimostrarsi tale.» Si rivolse a me: «Mi dispiace per l’inconveniente, Tina.» Lanciò un’occhiataccia a lui. «Gliel’ho detto che non doveva bere così tanto ma, come al solito, non ha voluto starmi a sentire.»
Ryan mi fissò ed ebbi l’impressione che quella dell’alcool fosse una scusa. Quell’uomo non era ubriaco. Era completamente pazzo, forse, ma non era ubriaco.
«Non devi dispiacerti» puntualizzò, rivolgendosi ad Amber. «Ti sei dimenticata del casino che ha combinato questa stronza e di quello che ha detto su di te?»
«No, non me ne sono dimenticata, se ti può consolare» rispose Amber, «Ma non vedo che cosa c’entri tu.»
«Io c’entro, Amber, perché oltre a essere tuo marito, anche se tu te ne dimentichi, sono anche il tuo manager!»
Amber sbuffò.
«A parte che non mi sembra una buona ragione per puntare bicchieri rotti alla gola alla gente, non mi pare di avere mai dimenticato che tu sia mio marito. Certi discorsi non stanno né in cielo né in terra.» Gli voltò le spalle. «Se non ti dispiace, torno dentro.»
Ryan azzardò: «E se invece mi dispiacesse?»
Amber lo ignorò.
«La compagnia dei miei colleghi è molto più allettante della tua. Ci vediamo dopo e, se ne sei capace, non fare dei danni. E tu, Tina...» Voltò lo sguardo verso di me per un istante, «Se ti dovesse infastidire, non esitare a tirargli un calcio nei coglioni.»
«Non dire cazzate» la ammonì Ryan. «Questa testa di cazzo non lo farebbe mai.»
«Se fossi al posto tuo, cercherei di non metterla alla prova» gli suggerì Amber, prima di allontanarsi.
Guardandola andare via, Ryan borbottò tra i denti: «Che stronza.»
Aggrottai le sopracciglia.
«Non capisco. Parli di me o della tua futura consorte?»
«Parlo di Amber» rispose Ryan. «Devo essere stato un deficiente, se ho pensato che fidanzarmi con una come lei potesse essere un investimento positivo.»
«Ah, quindi la vostra storia d'amore perfetta altro non è che un investimento?» osservai. «Allora forse Amber è stata più deficiente di te.»
Ryan scosse la testa.
«No, quella stronza riesce sempre a fare quello che le pare.»
«Cosa vuoi dire?»
«Se ha voglia di starmi sentire, mi sta a sentire. Il problema è che non ne ha mai voglia, così come non ha voglia di scopare.» Ryan rise. «Credo che un giorno o l’altro mi costringerà a darle un sonnifero e ad aprirle le gambe a sua insaputa.»
Quella battuta mi parve tutt’altro che divertente.
«Scusami, ma non ho intenzione di perdere tutta la serata a parlare di nulla con te» lo informai, «Quindi credo che me ne tornerò di là. Senz’altro ci saranno persone più gradevoli di te... non credi?»
«Credo» replicò Ryan, «Che le persone gradevoli ti stiano alla larga.»
«Può darsi.»
«Rimarrai completamente sola. Non ti godrai la serata.»
«Forse io rimarrò da sola stasera» convenni, voltandogli le spalle, «Ma, prima o poi, tu resterai solo per tutto il resto dei tuoi giorni.»
Quando mi allontanai, trovai Veronica in un angolo.
Mi fece un cenno e io mi avvicinai a lei.
«Cosa stavi facendo?» mi domandò, secca.
Mi affrettai a rispondere: «Niente.»
Veronica scosse la testa.
«Ti ho vista litigare con Amber, poi lei è rientrata e tu sei rimasta là a discutere con suo Ryan. Per quanto tempo ancora vuoi continuare a...»
La interruppi: «Non hai capito un cazzo.»
Veronica aggrottò le sopracciglia.
«Ah, no? Allora spiegami cosa stavi combinando.»
«Prima di tutto non stavo litigando con Amber» chiarii. «Anzi, per la prima volta in tutta la mia vita credo di essermi sentita d’accordo con lei.»
«Ah, sì? E come mai questo miracolo?»
Trattenni a stento una risata.
«Stava mandando a quel paese quel coglione del suo futuro marito.»
«Deduco» osservò Veronica, «Che Ryan Harvey non ti stia particolarmente simpatico. E dire che io credevo che il tuo odio viscerale nei confronti di Amber derivasse dall’invidia per il bel marito che si è scelta.»
Finsi di sentirmi male, appoggiandomi alla parete.
«Posso vomitare?»
«Perché?» domandò Veronica. «È così sexy con quella sua aria da secchione, non lo puoi negare.»
Strabuzzai gli occhi.
«Tu sei fuori di testa!»
Veronica rise.
«Effettivamente è belloccio, ma non ha altre qualità.»
«Sarà anche belloccio come dici tu, ma mi fa venire il voltastomaco. »
«Lo sai, Tina, qual è il tuo problema?» ribatté Veronica. «Tu hai gusti troppo complicati in fatto di uomini.»
Gusti complicati solo perché disprezzavo gli individui disgustosi come Harvey? Avrei voluto dirglielo, ma non riusciva a capirmi. Non sapeva chi fosse davvero quel bastardo, né avevo modo per spiegarglielo. Mi sentivo sospesa in un limbo e non avevo idea di come uscire da quella situazione. [...]

«Menezes, che cazzo significa?»
La voce di Veronica Young, alle sue spalle, era fredda e tagliente. Tina non si era accorta di lei, non l'aveva sentita arrivare.
«Cosa succede?» le chiese, girandosi.
«Non so, perché non provi a raccontarmelo tu?» obiettò Veronica. «Sei stata tu, immagino, a riferire a Mirko De Rossi certe cose, prima che morisse. Sei tu la mente pensante, anche se deve essere stato lui il tuo ghostwriter.»
Tina non riuscì a comprendere cosa fosse accaduto.
«De Rossi? Ghostwriter? Di cosa parli?»
«Della cazzata che è appena uscita» rispose Veronica. «Da quando è morto, i curiosi che visitano il suo blog saranno aumentati a dismisura. Sai quanti l'avranno già letto? Eppure la parte che mi riguarda è falsa. Hai raccontato cose che non sono mai successe. Mi dispiace per quello che ti ha fatto Ryan - sempre ammesso che almeno il fatto che ti abbia minacciata con un bicchiere rotto sia vero - ma non avresti dovuto coinvolgermi! Io non c'ero, quando è successo. Mi hai messa nella scomoda posizione di dovere dire la mia. E sai cosa succederà? Che, se dirò di non saperne niente, verrò accusata di essere schierata a suo favore!»
«Bicchiere rotto?» ripeté Tina. «Quale bicchiere rotto? Davvero, Veronica, non ho idea di che cosa tu mi stia dicendo. Non c'entro niente, non so cosa sia stato pubblicato sul blog di De Rossi, ma io non gli ho raccontato niente.»
«Chi l'ha fatto, allora?»
«Non lo so.»
«Cosa gli hai detto di Harvey?» insisté Veronica. «Ripetimi tutto, per filo e per segno.»
«Ryan Harvey ha tentato di abusare di me» le confidò Tina. «È successo circa tre anni fa, la notte dopo il gran premio di Singapore. Non ho ricordi di quello che è è accaduto, perché deve avermi drogata, prima. So solo che mi ha accompagnata nella mia stanza e che mi sono svegliata con il vestito strappato. Non mi ha fatto niente, credo, ma è tornato da me, quando ho aperto gli occhi me lo sono ritrovata davanti.»
Veronica spalancò la bocca per lo stupore e fu solo solo dopo qualche istante di silenzio che esclamò: «Che cosa?!»
«È successo davvero, me lo ricordo perfettamente» confermò Tina. «O meglio, mi ricordo di lui prima e dopo.»
«Ma non hai alcun ricordo di lui che fa altro, oltre ad accompagnarti nella stanza ed essere lì al tuo risveglio, se ho ben capito» osservò Veronica.
«Se è un modo per dirmi che non mi credi...»
«Non ho detto che non ti credo. La trovo una storia strana e a tratti incomprensibile, ma qualcosa deve essere accaduto. Quello che non capisco è il ruolo di De Rossi. Cosa gli hai raccontato?»
«Niente» rispose Tina. «Mi sono tenuta tutto dentro per anni, perché avrei dovuto parlarne con Mirko? Non ne sapeva niente, non poteva averne idea.»
«Eppure» insisté Veronica, «Sul suo blog è uscito un tuo presunto post autobiografico in cui c'è questa storia assurda di Ryan Harvey che ti punta alla gola un bicchiere rotto a un festa.»
Tina ribadì: «Non so cosa sia questa storia, non ne ho idea.»
«Fattene venire una» le intimò Veronica, «Perché per ora esiste solo una versione italiana, ma stai sicura che, tempo un paio d'ore, inizieranno a fioccare traduzioni e non ci sarà niente che io possa fare affinché tutti possiamo uscirne in maniera rispettabile.»
«Tutti possiamo uscirne in maniera rispettabile.» Tina scosse la testa. «Certo, come no. Dobbiamo tutelare la reputazione del povero Ryan Harvey, giustamente. Quello che dici è rivoltante.»
«Mettiamo in chiaro una cosa, Menezes» replicò Veronica, con freddezza. «Io ci credo, che ti sia successo qualcosa, che qualcuno ti abbia drogata. Però non puoi pretendere che, se mi dici che pensi che possa essere stato Ryan Harvey, ma non hai né alcun ricordo preciso né alcuna prova contro di lui, io corra a sputargli addosso il mio disgusto. Mi sembra il minimo che io possa fare, prendere la cosa con le pinze.»
«Certo, proteggiamo i colpevoli e prendiamocela con le vittime.»
«Non me la prendo con le vittime, me la prendo con le teste di cazzo. Posso comprendere le tue ragioni, se non hai denunciato, né fatto nulla per approfondire cosa fosse successo davvero, né cercato testimoni. Però non puoi mettermi tra le mani la patata bollente, che mi causerà non pochi problemi, proprio mentre ho già in mano un'altra patata bollente che ti riguarda. Forse non ti è ancora chiaro, ma non appena il post uscito sul blog di De Rossi, oppure la storia che mi hai raccontato, sarà di dominio pubblico, ci sarà chi se la prenderà con me, perché non ho fatto niente e perché non ho una bacchetta magica con cui possa risolvere la situazione. Nessuno si fermerà un attimo a pensare: "Veronica Young si è ritrovata all'improvviso catapultata in questa vicenda, di cui non sapeva nulla fino a dieci secondi fa, e non posso pretendere che possa fare qualcosa di concreto".»
Tina insisté: «Avresti dovuto allontanare Harvey quando ti ho chiesto di farlo. Non mi hai mai presa sul serio.»
«Se vuoi essere presa sul serio» ribatté Veronica, «Ti consiglio di raccontare le cose, invece di tenerle per te e poi lamentarti che tutti sono crudeli perché non ti leggono nella mente e non ti capiscono. Non posso immaginarmi quello che ti passa per la testa, né sono capace di leggerti nel pensiero... e meno male, oserei dire!»
«Sei tu quella che si mescola con gli stupratori, non io.»
«Lo ripeto, sperando che la tua testa vuota sia in grado di comprendere un semplice concetto. Non ci vuole molto sforzo, secondo me sei capace anche tu, se provi ad applicarti. Ryan Harvey è fidanzato con Amber Thompson da anni. Ce l'ho intorno da quasi un anno, e neanche me ne frega niente di lui. Circa tre minuti fa mi hai riferito di quello che pensi che Ryan ti abbia fatto. Secondo te, stupida decerebrata, un anno fa avrei dovuto prevedere quello che mi hai raccontato adesso? Oppure dovrei tornare indietro nel tempo e cambiare la storia, cancellando Ryan Harvey da ogni evento in cui è stato presente?»
«Non ho detto che devi fare questo. Ho detto che devi fare qualcosa.»
«Non sono la supereroina che deve salvarti. Salvati da sola. Io ho una squadra da gestire, che nel giro di poche ore si troverà nella bufera. Fai quello che ti pare con Harvey. Denuncialo, se credi che abbia davvero fatto quello che dici, oppure parlane pubblicamente. Io non farò niente per trattenerti. Però non pretendere che, per occuparmi degli affari tuoi, metta da parte i miei.»
«Già, perché per te c'è solo il team.»
Veronica rise, sprezzante.
«Che sorpresa, il mio lavoro viene per me prima della tua vita privata e non mi annullo per te. Non sono la tua cara Claudia, vai a chiedere a lei cosa devi fare, ha sempre la soluzione giusta per tutto.»
Tina avrebbe voluto replicare, ma Veronica le voltò le spalle e si allontanò, lasciandola sola. Se poteva sforzarsi di comprendere le ragioni della Young, non riusciva a capacitarsi di come Ryan Harvey fosse stato in grado di fare il lavaggio del cervello a tutti. Possibile che fosse così bravo a interpretare la parte della persona perbene? Possibile che non avesse mai fatto con altre quello che aveva tentato di fare con lei?
Era certa di quello che affermava e non avrebbe cambiato idea: solo Harvey sapeva in che condizioni si trovasse quella sera, era stato lui ad accompagnarla nella stanza ed era stato sempre lui che si era ritrovata davanti quando era finalmente tornata in sé e si era risvegliata dopo ore e ore. Certo, le sfuggiva perché, dopo averla parzialmente denudata non fosse passato oltre, ma non era un dettaglio rilevante. Il fatto che si fosse fermato prima, non significava che non fosse marcio dentro, né lo rendeva meno degno di essere dipinto per quello che era.
Le venne in mente un'unica soluzione. Si guardò intorno, per accertarsi che non ci fosse nessuno a udirla. Si rese conto che non vi era alcuna garanzia che non accadesse, quindi si allontanò. Registrò un breve video, con lo smartphone, nel quale spiegò i fatti con esattezza.
«Come alcuni di voi già sapranno, è uscito un frammento della mia autobiografia sul sito di Mirko De Rossi, il giornalista italiano assassinato qualche tempo fa durante una rapina vicino a Milano. Vorrei informarvi che si tratta di un fake. Non ho idea di chi abbia scritto e pubblicato quel post, ma non è assolutamente vero che Ryan Harvey mi abbia minacciata con un bicchiere rotto durante una lite a una festa. La sua fidanzata Amber Thompson e la team principal della Pink Venus Veronica Young, ugualmente menzionate, non hanno mai assistito a quei fatti, in quanto non sono mai successi. Voglio tuttavia informarvi che Ryan Harvey, in ogni caso, non è il bravo ragazzo che finge di essere. Seppure non abbia mai fatto ciò che gli viene attribuito in quel post...» Si interruppe. Ripensò alle parole di Donato, che l'aveva esortata ad agire contro Harvey via social, se ce l'aveva con lui. Sarebbe stata davvero la soluzione migliore, dato che non vi erano altre spiegazioni agli eventi di quella notte a Singapore. «Sono molto combattuta, non so se rivelarvi quello che mi ha fatto, oppure continuare a tacere. So solo che non è giusto che possa andarsene in giro a testa alta, quando ha...» Si fermò un'altra volta. Oltre al momento in cui Ryan l'aveva accompagnata nella stanza e quello in cui aveva avvertito di nuovo la sua presenza c'era un altro ricordo che la tormentava. Non poteva andare avanti, non poteva rivelare tutto, non ancora. «Per il momento preferisco non dire nulla, ma tornerò da voi raccontandovi tutta la verità, non appena riuscirò a provarla.»
Fece terminare così la registrazione. Iniziò a pubblicarla su ciascuno dei social media ai quali era iscritta.
«Scusami, Manuel» mormorò, tra i denti.
Quello che le era successo quella notte, era stata la punizione del karma - o di qualunque cosa l'avesse provocata - per quello che aveva fatto a Serrano, non doveva dimenticarsene mai.
Claudia sbucò fuori all'improvviso, subito dietro di lei.
«Cosa succede, Tina?»
«Non ti avevo sentita» rispose Tina. «Ho fatto quello che dovevo fare.»
«Di cosa parli?»
«Ho pubblicato un video. Ho spiegato che Harvey è una pessima persona.»
Claudia scattò verso di lei e la abbracciò.
«Hai fatto bene.»
«Lo so.»
«Avresti dovuto farlo prima» le ricordò Claudia. «Te l'ho detto un sacco di volte. Sono felice che tu ce l'abbia fatta. Hai raccontato tutto?»
«Non tutto» replicò Tina, «Non posso raccontare una storia così grave senza prove.»
«Certo che puoi farlo» la smentì Claudia, sciogliendo il loro abbraccio. «Tutti devono sapere che individuo rivoltante è Harvey. Quello che ha fatto è terribile e avrebbe potuto fare anche di peggio.»
«Come lo dimostro?»
«Devi parlare, non dimostrarlo.»
Tina osservò: «Se funzionasse così, però, chiunque potrebbe raccontare qualsiasi cosa a proposito di chiunque e dovrebbe essere preso sul serio.»
Claudia sbuffò.
«Smettila di farti condizionare dalle cazzate che dice la Young! È stata lei, vero, che ti ha detto che ci vogliono prove per accusare qualcuno?»
Tina le riferì: «Le ho parlato di quello che è successo. Dice che non può fare niente, che non ha mai saputo niente fino ad adesso e non può fare miracoli.»
Claudia borbottò: «Quella stronza ha in mente solo il proprio interesse. Non devi starla a sentire. Tu non hai bisogno di prove per sapere che cosa ti ha fatto Harvey. Le prove servono in tribunale. Con la gente comune non servono. Anzi, sai cosa ti dico? Secondo me dovresti anche ingigantire la storia, per essere certa che ne esca definitivamente distrutto. E magari anche affermare che Amber Thompson sa tutto. Sarebbe un modo perfetto per sbarazzarti di lei.»
Tina spalancò gli occhi.
«Come puoi suggerirmi questo?»
«Quella gente ti mette i piedi in testa da anni» replicò Claudia, secca. «Non possono sempre averla vinta. Devono pagare per tutto quello che ti hanno fatto.»
«Non ti ho mai vista così decisa anche nei confronti di Amber.»
«Perché non mi ero mai fermata a pensare a quanto tu abbia sofferto per colpa del suo futuro marito. Rifletti, se vuole sposarselo, non può essere una persona migliore di lui. Devi vendicarti di loro e devi farlo al più presto.»
Tina abbassò lo sguardo.
«Lo sai come la penso. È Manuel che si è vendicato.»
Claudia sospirò.
«Tina, lo sai che non ho niente contro le convinzioni religiose o legate al sovrannaturale, ma Manuel Serrano sta riposando in pace e non è certo stato lui a spingere Harvey a fare quello che ha fatto.»
«Non puoi capire, Claudia» mormorò Tina. «Una voce mi diceva che quello che avevo fatto a Manuel era inaccettabile e che me ne sarei pentita, è l'unica cosa che ricordo di quella notte. Non vorrei, ma quella voce mi tormenta ancora.»
«Presto sarà tutto finito» la rassicurò Claudia. «Harvey si pentirà di quello che ha fatto.»
Tina non ne era convinta, ma non replicò. Si allontanò da Claudia e cercò di pensare al futuro che la aspettava. Veronica aveva ragione, il post apparso sul blog di Mirko De Rossi era già stato tradotto e diffuso, mentre anche il video con le spiegazioni iniziava a collezionare un buon numero di visite e condivisioni.
La sua successiva conversazione con la Young non andò male come quella che avevano già avuto. Veronica non era molto soddisfatta, ovviamente, ma pensava che Tina avesse salvato il salvabile.
«Certo, qualcuno pensa che tu sia stata costretta a fare quel video» ammise Veronica, «Ma almeno si tratta di una ristretta minoranza. Una parte di loro starà ascoltando la tua voce al contrario, nella speranza di trovare qualche messaggio subliminale. Quello che non capisco è quali siano le tue intenzioni con Harvey.»
«Se ti può consolare» rispose Tina, «Nemmeno io so che intenzioni abbia tu, con lui.»
Veronica le lanciò un'occhiataccia, ma il suo tono fu comunque cordiale, mentre metteva in chiaro: «Ho parlato con Ryan e Amber. Ho spiegato loro che non posso permettermi uno scandalo, nessuno di noi può permetterselo. La sopravvivenza della Pink Venus è legata ai suoi pochi sponsor e, anche se solo uno di loro si tirasse indietro, sarebbe un bel casino. Penso di essermi spiegata bene: non voglio in alcun modo che il mio nome o quello della squadra siano associati con qualcosa di poco rispettabile. Ryan mi ha assicurato che darà le opportune spiegazioni, ma gli ho fatto presente che non mi interessano e, per il momento, non è persona gradita. Ho anche imposto ad Amber, se la situazione dovesse peggiorare, di troncare ogni rapporto con lui.»
«Le hai chiesto di licenziarlo e di lasciarlo?»
«Posso chiederle soltanto di non portarlo con sé in pubblico e di non far sapere che stanno ancora insieme. Se lo può ancora sposare, per quanto mi riguarda, ma è necessario che lo faccia in gran segreto e che non si faccia mai vedere insieme a lui.»
«Ha accettato?»
«Mi ha assicurato che tutto si chiarirà e che Ryan non ha nulla di cui preoccuparsi, ma non intende opporsi alla mia richiesta. Mi sembra il minimo.»
Tina azzardò: «E se, una volta che fingerà di averlo lasciato, fossi io a rivelare che stanno ancora insieme?»
La voce di Veronica si fece più tesa.
«Ho già abbastanza problemi, senza che ti metta di mezzo anche tu. Hai detto che è stato Ryan a drogarti, non certo Amber. Potrebbe essere lei stessa una vittima, non ci sono ragioni per cui dovresti prendertela con lei.»
«Amber sta insieme a Ryan, quindi non può essere tanto migliore di lui, ne abbiamo già parlato» ribatté Tina. «Chissà, magari quel bastardo le ha riferito quello che ha fatto e Amber lo considera un figo...»
«Continuo ad avere l'impressione che tu sia fuori strada.»
«E io continuo ad avere l'impressione che non te ne freghi un cazzo di avere a che fare con un criminale.»
«Se ne sei così convinta» obiettò Veronica, «Perché ti sei fermata? Perché ti sei limitata a dire che un giorno la verità su di lui verrà alla luce? Perché...» Si interruppe quando un cellulare iniziò a squillare. Era quello di Tina. «Rispondi pure. Ti ho già detto tutto quello che dovevo dirti.»
Si allontanò, lasciandola sola. Tina prese fuori il telefono e lesse il nome di Oliver Fischer sul display. Non lo vedeva da appena quattro giorni, ma le sembrava che fosse già passata una vita.
Lasciò che lo smartphone squillasse a lungo, prima di decidersi a rispondere. Le prime parole che Oliver le rivolse non la sorpresero.
«Dobbiamo parlare.»
«Perché?»
«Perché, se hai una verità da divulgare, ma ti servono delle prove, io posso aiutarti» disse Oliver. «Dobbiamo parlarne. Non dico necessariamente adesso, ma non puoi continuare a tacermi certi dettagli.»
«Devi scoprire chi c'è dietro al filmato di Monza, non certo quello che mi ha fatto Ryan» replicò Tina. «Sono due storie diverse e ti ho coinvolto in una sola di queste.»
«Non mi interessa se vuoi coinvolgermi in una sola» ribatté Oliver. «Lascia giudicare a me se sono due vicende separate. Vuoi il mio aiuto, lascia che ti aiuti.»
Tina sbuffò.
«Va bene, come vuoi tu. Però non posso parlare adesso. Ci sentiamo stasera, quando sarò in albergo.»
«Aspetto la tua chiamata» rispose Oliver. «Ci conto.»
«Va bene, ti lascio lavorare.» Le sembrò di udire una voce femminile, in sottofondo. «C'è qualcuno, con te?»
«Sì, sono con una persona» la informò Oliver. «Ti devo lasciare anch'io, ma aspetto la tua chiamata.»
Tina si irrigidì.
«È Dalila Colombari?»
«Ha importanza?»
In teoria non avrebbe dovuto averne, ma a Tina non piaceva la vicinanza tra Oliver e la fotografa. Sapeva che era un pensiero assurdo, ma l'idea che ci fosse qualcosa, tra quei due, non le andava giù per niente.
«Ti ho fatto una domanda. Sei con Dalila?»
Finalmente Fischer rispose: «No, non sono con Dalila.»
Sembrava sincero.
«Okay, a più tardi. Conto che tu voglia davvero aiutarti e non solo intrometterti nei fatti miei.»
Oliver borbottò: «Quali fatti tuoi? Quelli che mi hai sbattuto davanti al naso dopo avermi inseguito per strada? Il tutto, te lo ricordo, dopo esserti trasferita di proposito di fronte a casa mia.»
Aveva ragione, non poteva tacciarlo di essere un impiccione, non dopo tutto quello che aveva fatto per averlo al proprio fianco. Riattaccò, ripromettendosi di contattarlo di lì a qualche ora e preparandosi a mostrarsi cordiale e sorridente con le persone che Veronica Young le metteva intorno.
Nonostante il video uscito sui suoi canali social, riuscì a non essere travolta da onde che non avrebbe saputo gestire. Non accaddero fatti degni di rilievo, a parte una telefonata di Edward Roberts, che le capitò di udire, a tratti, per caso.
Il suo ex compagno di squadra parlava in tono concitato, chiedendo ripetutamente se tutto stesse procedendo secondo i piani. Dall'altro capo del telefono, Tina se ne stupì quando sentì Edward chiamarla per nome, c'era Selena. Non aveva idea di cosa stesse succedendo, ma sapeva di non potere fare domande, per evitare che ne venissero poste a lei su argomenti che avrebbe preferito evitare di discutere.
Con Oliver Fischer, tuttavia, non poteva esimersi. Lo chiamò quando rimase sola, stando seduta sul letto, e si lasciò andare a commenti che non avrebbe mai pensato di potere fare.
«Mi manchi, Oliver.»
«Sul serio?»
«Se ci fossi tu, saprei come cavarmela.»
«Non ne sono sicuro» obiettò Oliver. «L'idea che mi sono fatto di Claudia è che sia un po' come un cane da guardia. Sei sicura che mi permetterebbe di starti accanto?»
A Tina sfuggì un sorriso.
«L'hai inquadrata proprio bene, sai?»
«Forse si stava meglio quando non c'era.»
«È molto protettiva, vuole solo il meglio per me.»
«Avrei qualche chance di sembrare il meglio?»
«Non lo so, ma che importanza ha? In fondo, alla fine, le nostre strade si separeranno. Claudia, invece, ci sarà sempre per me.»
Oliver replicò: «Le nostre strade si separeranno solo se lo vorrai. Possiamo continuare a sentirci, anche a vederci, se vuoi.»
Quelle parole le riempirono il cuore di gioia, ma Tina sapeva di non avere tempo per la gioia.
«Ryan Harvey mi ha drogata per violentarmi, tre anni fa» rivelò a Fischer, «Anche se poi deve averci ripensato, dato che si è tirato indietro.»
«Che pezzo di merda!» sbottò Oliver. «Com'è successo?»
Il cuore di Tina perse un battito. Davvero le credeva? Gliene sarebbe stata grata per tutta la vita.
Gli raccontò i dettagli e fu, ancora una volta, piacevolmente sorpresa di constatare che Oliver non pretendeva da lei delle prove. Anzi, sembrava desideroso di aiutarla a procurarsene. La sua unica rimostranza fu a proposito del video che aveva pubblicato quel pomeriggio.
«L'hai messo in guardia e questo potrebbe ritorcersi contro di te» le fece notare, infatti, «Ma troveremo un altro modo. Quella storia di Mirko e del suo blog, invece? Ne sai qualcosa?»
Tina non ci aveva più pensato, dopo avere esposto la propria versione dei fatti, ma la domanda di Oliver aveva senso.
«No, Fischer, non ne so niente.»
«Qualcuno deve averlo scritto, quel post. Certo, potrebbe averlo fatto Mirko prima di morire, ma perché? Per caso gli avevi parlato di Harvey?»
«No, per niente» rispose Tina. «Non ho idea di come possa essergli passato anche solo per la testa di inventarsi un simile episodio.»
«Cercheremo di scoprire anche questo» la rassicurò Oliver. «Ho l'impressione che sia tutto un puzzle. Dobbiamo solo mettere i giusti tasselli al posto giusto. A quel punto, forse avremo un'immagine più chiara.»
«Lo spero» ammise Tina.
«Lo spero anch'io» convenne Oliver, «Non solo perché mi hai dato un compito da portare a termine, ma perché sto iniziando a volerti bene.»
Tina sentì le lacrime pizzicarle gli occhi.
«Non mi merito tutto questo.»
«No, certo. Non meritavi quello che ti ha fatto Harvey, così come non meritavi che qualcuno ti riprendesse mentre...»
Tina lo interruppe: «Non mi merito che tu mi voglia bene, è questo che intendevo.»
«Perché dici una cazzata simile?» obiettò Oliver. «Sei una persona meravigliosa.»
«No, non lo sono» insisté Tina, «E sto pagando per quello che ho fatto.»
«Non capisco cosa dici. Non hai fatto niente, tu. Non è colpa tua se Harvey...»
Tina si lasciò andare, si liberò del peso che portava dentro.
«Non parlo di Harvey, parlo di Manuel. La sera prima della gara ci siamo incontrati, io e lui. Sapevo che voleva lasciarmi, un po' lo temevo, ma sapevo che prima o poi sarebbe successo. Mi aspettavo una conversazione pacata, invece abbiamo litigato furiosamente. Mi ha detto che mi considerava morta, per quanto lo riguardava. Allora io gli ho risposto, testualmente: "io invece spero che tu possa morire presto". Poi me ne sono andata. Sono state le ultime parole che gli ho rivolto... e il giorno dopo è morto.»
«Oh.»
«Lo so, gli ho detto una cosa orribile.»
Oliver osservò: «Quindi è per questo che hai detto che Manuel Serrano vorrebbe vendicarsi di quello che hai fatto, se fosse ancora vivo?»
«Proprio così» confermò Tina, «E non è tutto. Quella notte, a Singapore, ho sentito una voce che mi diceva che avrei pagato per quello che gli avevo fatto. Manuel mi ha maledetta, sono le mie azioni la causa di tutto questo.»
«Cazzo, Tina, perché me ne parli solo adesso?» sbottò Oliver. «Forse avrei potuto aiutarti prima...»
«No, non è possibile» replicò Tina. «Non puoi fare niente per spezzare la maledizione.»
Oliver sospirò.
«In passato mi sono capitate vicende diciamo quantomeno paranormali, quindi non voglio dirti che non sia possibile. Però, te lo assicuro, le persone che avevamo vicine in vita, una volta che non ci sono più, non congiurano contro di noi per il semplice fatto che le abbiamo ferite o deluse. Sono certo, per le mie esperienze passate, che da qualche parte ci sia l'anima senziente di Manuel. Però non vuole farti del male. È da persone vive e vegete che ti devi guardare, ma non temere, presto tutto questo sarà finito.»
«Presto quanto?»
«Non lo so, ma spero il prima possibile. Tu, nel frattempo, non dire e non fare nulla di compromettente. Anzi, ti suggerirei di registrare un nuovo video, in cui spieghi che la questione tra te e Harvey è personale e che, per il momento, non intendi parlarne pubblicamente.»
«Mi stai dicendo che dovrei scusarmi?»
«No, affatto. Devi solo specificare che è una questione personale e dolorosa, in modo che la gente pensi piuttosto a un inciucio sentimentale finito male e non a un crimine.»
Tina obiettò: «Hai detto che mi credi. Perché dovrei fingere che nulla sia accaduto?»
Oliver puntualizzò: «Ogni cosa deve sistemarsi a suo tempo, alla fine i colpevoli pagheranno. Non possiamo permetterci di fare passi falsi.»
«Ma Amber se lo sposerà praticamente tra una settimana!» rimarcò Tina. «Ieri l'ho sentita che vaneggiava a proposito della loro luna di miele a Venezia e del fatto che, anche se sarà solo un weekend, non vede l'ora?»
«Luna di miele a Venezia?» ripeté Oliver. «Bene, molto bene.»
«Cosa significa?» volle sapere Tina.
Ancora una volta, Oliver la rassicurò: «Lascia fare a me, è tutto a posto.»




Un saluto a Swan Song e Nerve che mi seguono... grazie tantissimo a tutti e due! <3 Sapere che ci sarete voi a leggere mi fa salire ancora di più la voglia di pubblicare, tanto che sto seriamente valutando la pubblicazione tre volte alla settimana in pianta stabile (questa settimana comunque ci sarà una terza pubblicazione intorno a venerdì/ sabato).
Spero che l'esserci allontanati a inizio capitolo da Oliver e Tina (seppure si parli molto di quest'ultima) non sia stato sgradito. A presto!

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Capitolo 11
*** [Oliver] ***


Era già venerdì, il che significava che quella sera sarebbero passate due settimane da quando "Miss Vegas" era risuonata su incarico di Dalila nella discoteca in cui Oliver si trovava insieme a lei. Erano solo due settimane, ma sembrava fosse passata un'intera vita e che un'intera vita potesse passare ancora che arrivasse di nuovo la sera.
Messo di fronte alle nuove rivelazioni di Tina, Oliver aveva trascorso le ultime ore della giornata precedente alle prese con un assurdo gioco a incastri, per poi arrendersi alla realtà dei fatti: non si incastrava ancora niente. Infine Dalila gli aveva telefonato e, all'improvviso, la chiamata si era interrotta, con la Colombari irraggiungibile da allora con il proprio numero consueto. Il telefono che usava da quando era iniziata la loro indagine parallela, invece, squillava a vuoto.
Oliver aveva scoperto solo quella mattina cosa fosse accaduto - aveva creduto che Dalila avesse la batteria scarica e che non avesse l'altro numero con sé - e si trovava nella difficile posizione di dovere raccontare tutto a Selena senza essere preso per pazzo.
Per ragioni di riservatezza, si erano incontrati nel luogo in cui Oliver era stato portato dalla Menezes la sera in cui l'aveva inseguito per strada. Selena lo stava esortando a raccontargli tutto e non dava segno di volere attendere oltre.
«Dalila è stata scippata, è caduta a terra e ha battuto la testa» le confidò, quindi. «Ho cercato tra le ultime notizie, è successo davvero.»
«Dove?»
«Poco lontano da casa sua.»
La risposta non era esauriente, ma Selena non chiese spiegazioni.
«La cosa strana» continuò Oliver, «È che stamattina ho ricevuto un'e-mail da parte di una persona che mi scriveva un numero di telefono e mi pregava di mettermi in contatto con lei.»
«L'hai chiamata?»
«Sì. Ho messo il numero anonimo, perché non mi fidavo, ma la storia che mi ha raccontato mi sembra credibile.»
«Chi era?»
«Era una suora della provincia di Mantova. Gestisce un campo estivo parrocchiale e mi ha raccontato di come ieri una donna sui trentacinque anni si sia presentata là chiedendo di parlare con un'animatrice, alla quale ha riferito di chiamarsi Dalila Colombari e a cui ha iniziato a fare domande a proposito di Mirko De Rossi e Tina Menezes.»
Selena obiettò: «Perché quella suora avrebbe dovuto contattarti? Come ti ha trovato? Chi è l'animatrice?»
Oliver la pregò: «Un po' di pazienza, arriverò a spiegarti tutto. Iniziamo dall'animatrice: si chiama Elena Piazzi.»
«Baby Dumbaby?»
«Proprio la ragazza che potrebbe essere Baby Dumbaby.»
«Cosa voleva la tua amica fotografa da lei?» obiettò Selena. «Come l'ha trovata?»
«Penso allo stesso modo in cui l'abbiamo trovata noi» rispose Oliver. «Pare sia andata da lei e l'abbia tartassata di domande. Stamattina, prima di andare al campo estivo dove fa la volontaria, Elena ha fatto delle ricerche, scoprendo dello scippo e del ricovero in ospedale. Allora ha deciso di raccontare tutto alla responsabile, Suor Giuliana, che, pensando ci fosse dietro qualcosa di poco chiaro, ha fatto a sua volta delle ricerche. Ha trovato me tramite i social di Tina e ha scoperto anche che ho lavorato con De Rossi. Quindi mi ha contattato, chiedendomi di vederci.»
«Oggi?»
«Non lo so. Non ho un'auto e sarebbero un nel po' di chilometri.»
Selena puntualizzò: «Ce l'ho io la macchina. Solo venuta qui proprio per scoprire qualcosa su questa storia e non ho intenzione di rimanere tutto il giorno a fare poco e niente.»
Oliver la guardò storto.
«Non me la racconti giusta.»
«Su cosa?»
«Sulla tua presenza qui. Come ti è venuto in mente, di punto in bianco, di metterti a fare indagini?»
«È semplice desiderio di vedere la verità venire alla luce» rispose Selena, in tono innocente. «Ti sembra strano?»
«Sì, molto» ammise Oliver, «Ma sei libera di non rispondermi, se preferisci evitarlo. Me ne farò una ragione.»
«Bene, è proprio quello che mi aspetto da te. Quando partiamo?»
«Quando vuoi.»
«Tra un'ora? Vado al B&B a prendermi quello che mi serve. Lo stesso tempo dovrebbe bastare anche a te.» Selena guardò l'orologio. «Non so quanto tempo possa volerci, ad andare là, ma non più di due o tre ore, immagino. Ti ha detto la località precisa?»
«Sì, me l'ha detta» rispose Oliver, «Ma adesso devo correre a casa a preparare tutto. Ti aspetto tra un'ora, se riesci anche prima.»
Selena non parve particolarmente sorpresa, nel sentirlo accettare senza fare domande, né gliene fece a propria volta. Se ne andò dandogli appuntamento a poco più tardi, ben decisa a non lasciarsi scappare l'occasione.
Rimasero entro le tempistiche ipotizzate e, ad attenderli, trovarono Suor Giuliana e Baby Dumbaby, che si faceva chiamare con il proprio vero nome, Elena Piazzi. Riferirono per filo e per segno quanto accaduto con Dalila il giorno precedente, compreso il contenuto della conversazione e il ruolo di Nicholas Piazzi. Fu un incontro molto illuminante e, quando nel corso del pomeriggio Oliver tornò a salire sull'auto di Selena, la Bernard azzardò: «Dovremmo andare anche da Nicholas, dato che siamo in giro.»
«Ci vorrà almeno un'ora» obiettò Oliver. «Sei sicura di volerlo fare?»
«Certo che ne sono sicura» ammise Selena. «Abbiamo una missione da compiere. Dalila sarebbe felice di saperlo. A proposito, sei riuscito a metterti in contatto con qualcuno? Hai scoperto come sta?»
«Ho trovato un contatto di sua madre» la informò Oliver. «Mi ha scritto che Dalila è stordita e non sa con esattezza cosa sia successo.»
«Speriamo si riprenda presto.»
«Già, speriamo.»
Selena accese il motore, si misero di nuovo in viaggio. Nel mentre, Oliver riuscì a mettersi in contatto con la segretaria del produttore musicale, di cui Elena aveva lungamente parlato. La storia legata alla nascita del testo di "Miss Vegas" aveva il suo senso, ma poteva essere un racconto di facciata che Nicholas Piazzi aveva propinato alla cugina. Se avesse avuto qualcosa da nascondere, di certo non l'avrebbe raccontato a una ragazzina.
La segretaria fu piuttosto titubante, quando Oliver chiese di vedere Piazzi nel tardo pomeriggio, ma bastò menzionarle l'incontro con Baby Dumbaby e la necessità di avere chiarimenti a proposito di Mirko De Rossi, affinché decidesse di metterlo in linea con il proprio capo, con il palese desiderio di non essere coinvolta. Oliver parlò al telefono con il cugino di Elena per qualche minuto, infine riattacco.
«Allora?» volle sapere Selena. «Com'è andata?»
«Benissimo» rispose Oliver. «Mi ha dato appuntamento per oggi alle diciotto. Semplicemente non vuole né riceverci sul posto di lavoro, né che la sua segretaria ne sappia qualcosa. Probabilmente le farà credere che sia stato uno scherzo telefonico.»
«Dove vuole incontrarci?»
«In un bar con i tavoli esterni. Mi ha assicurato che sarà facile trovare il posto.»
Lo fu, arrivarono qualche minuto prima delle diciotto. Si sedettero ad aspettare e infine Nicholas Piazzi giunse sul luogo dell'incontro. Lo videro guardarsi intorno e, obiettivamente, non c'era molto che potesse fare per riconoscerli. Oliver attirò la sua attenzione con un cenno della mano.
Nicholas si avvicinò e si sedette di fronte a loro.
«Fischer?»
«Proprio io.»
«E lei, signora...» Piazzi parve spiazzato. «Per caso ci siamo già visti da qualche parte?»
Selena non sembrava molto propensa a rispondere, quindi Oliver intervenne in suo aiuto, distogliendo da lei l'attenzione del producer.
«Scusi se l'ho disturbata, signor Piazzi, ma c'è una questione piuttosto seria di cui le devo parlare.»
«Me lo auguro» replicò Piazzi. «Spero di non essere venuto fino qui per incontrarmi con due mitomani.»
«Non siamo due mitomani» puntualizzò Selena. «Abbiamo appena parlato con sua cugina, Baby Dumbaby. O meglio, l'abbiamo incontrata come Elena.»
«Molto interessante» osservò Piazzi. «Va bene, una mia cugina che ha quindici anni meno di me ha interpretato la parte di una cantante trap. È forse un crimine?»
Oliver precisò: «Non sono qui per accusarla di avere commesso qualche crimine.» Decise di usare la solita copertura. «Sono il fidanzato di Tina Menezes. Voglio sapere, per conto suo, com'è nata l'ispirazione su "Miss Vegas". Non voglio farle perdere tempo, sua cugina Elena mi ha già raccontato qualcosa. Quello che le chiedo è se ci sia qualcos'altro.»
Nicholas Piazzi sospirò.
«Ho sempre saputo che quella canzone sarebbe stata un casino.»
«Eppure ha scritto il testo.»
Inaspettatamente, Piazzi scosse la testa.
«No, non l'ho scritto io.»
«È quello che ha raccontato a Elena, però» gli ricordò Oliver.
«Elena è ancora una bambina con la bocca sporca di latte» replicò Piazzi. «Il testo di "Miss Vegas" me l'ha passato Mirko De Rossi.»
Oliver spalancò gli occhi.
«De Rossi ha scritto quel testo?»
«Sembra strano anche a me, eppure un po' di tempo fa me l'ha mandato via e-mail e mi ha sfidato a pubblicarlo» riferì Piazzi. «Gli ho risposto, chiedendogli cosa gli passasse per la testa. Mi ha scritto, sempre via e-mail, che Tina Menezes gli faceva pensare a una certa pornostar, una certa Venus Manny o qualcosa del genere. Mi criticava sempre per il mio lavoro, sostenendo che le canzoni del mio genere abbiano testi insensati e senza un filo logico, mi ha scritto che, se volevo dimostrare di essere pronto a pubblicare qualsiasi cosa, dovevo mettere quel testo su una base e trovare qualcuno che lo cantasse.»
«E lei l'ha fatto.»
«Perché no?»
«Cos'è successo dopo?» chiese Oliver. «Mirko De Rossi le ha per caso fatto i complimenti, una volta che la canzone è stata pubblicata?»
Piazzi scosse la testa.
«Vede, è questa la cosa strana: quando ho contattato De Rossi per informarlo, un po' di tempo fa, si è comportato come se non ne sapesse niente e mi ha liquidato in fretta sostenendo di essere impegnato e di non avere tempo da perdere. Solo quando gli ho chiesto la cortesia di scrivere sotto falso nome dei post che pubblicizzassero la canzone ha accettato. Però ha continuato a dire, testualmente, che non era stato lui a darmi quello "spunto". Usava proprio questa parola, come se pensasse che parlassi di una semplice ispirazione.»
«Conosceva bene De Rossi?»
«Non benissimo. Conoscevo alcuni suoi amici e mi è capitato di prendere parte a qualche serata a cui c'era anche lui. Era da settimane, però, che non lo vedevo.»
«Tornando al nostro discorso, ho ben capito? Non ha alcuna prova che sia stato lui a contattarla per suggerirle il testo di "Miss Vegas"?»
«Mi sta chiedendo di mostrarle le e-mail? Ne ricevo a centinaia. Le avrò sicuramente cancellate, come tutto quello che non mi serve più.»
Oliver mise in chiaro: «Non le sto chiedendo di mostrarmi le e-mail. Le sto chiedendo se esiste la possibilità che non sia stato De Rossi a scrivergliele, ma qualcuno che poteva accedere alla sua posta elettronica, e che fosse quella la ragione per cui Mirko parlava di un semplice spunto.»
Piazzi ammise: «Non ci ho mai pensato ma, in linea teorica, è assolutamente plausibile.»

***

Dalila aveva la mente confusa e la vista annebbiata. Non avrebbe saputo dire se ricordasse di avere ricevuto un colpo alla testa, oppure se fosse il dolore che sentiva a farle immaginare la scena.
Intravide sua madre, che dopo averla salutata stava andando via.
«Aspetta» sussurrò.
Sua madre si voltò.
«Riposati, Dalila. Sei stanca, non sforzarti.»
Dalila si lasciò andare a un sospiro.
«Ho un telefono, a casa, un cellulare. Non quello solito, che mi hanno rubato. È bianco, con una crepa sul display. Portamelo. Devo chiamare Oliver.»
«Oliver Fischer?» le chiese sua madre. «Mi ha scritto, ha chiesto di te. Gli ho detto come stai.»
«Devo chiamarlo» rispose Dalila. «Devo farlo da quel telefono.»

***

Sulla via del ritorno, Oliver e Selena si fermarono per cena in una trattoria di passaggio. Erano entrambi piuttosto silenziosi, ciascuno perso nelle proprie riflessioni. Fu solo dopo avere consumato il pasto che iniziarono a discutere seriamente di quello che era accaduto nel corso del pomeriggio.
Fu Selena a rompere il ghiaccio: «Cosa ne pensi di Nicholas Piazzi?»
«Non penso niente» ammise Oliver. «La sua storia potrebbe apparire totalmente campata in aria e, lo devo ammettere, quella che ha riferito a sua cugina pare di gran lunga più sensata.»
«Quindi non gli credi?»
«Sì, gli credo.»
«Pensi davvero che Mirko De Rossi abbia scritto quel testo?»
Oliver scosse la testa.
«No, con tutta probabilità c'è qualcuno che ha avuto accesso ai suoi profili, almeno in passato. La persona che ha pubblicato il post su Ryan Harvey spacciandolo per uno stralcio di autobiografia di Tina Menezes potrebbe anche avere mandato delle e-mail a Piazzi per proporgli il testo.»
«A che scopo?»
«È proprio questa la domanda che dobbiamo farci: a che scopo?»
«L'ho fatta a te» ribatté Selena. «Che idea ti sei fatto?»
«L'idea che mi sono fatto è sempre quella originale» rispose Oliver. «Qualcuno ce l'ha a morte con Tina e vuole farle del male. È riuscito a riprenderla mentre faceva sesso con l'uomo che frequentava un anno fa, dopodiché ha pensato bene di trovare un modo per fare uscire una canzone trap nella quale venisse insultata e denigrata. Poi, non contento, ha anche fatto uscire quel post su Harvey.»
«Quel post, però» osservò Selena, «Mi sembra più infamante per Harvey, che non per Tina.»
«Mi ha raccontato un fatto terribile che lo riguarda e che, per il momento, preferirei non condividere» la informò Oliver. «Mi viene il dubbio che quel racconto pubblicato sul blog di De Rossi avesse lo scopo di minare la credibilità di Tina. Se non avesse pubblicato un video per spiegare che non ne sapeva niente, prima ancora che quel post facesse il giro del mondo, avrebbe potuto rischiare di fare la figura della visionaria. A causa di quel post, poteva rischiare di non essere presa sul serio nemmeno se avesse deciso di rivelare la verità su Harvey.»
«Mi hai fatto capire che non posso chiederti quale sia la verità su Harvey» replicò Selena, «Ma una domanda te la devo fare. Se è un segreto di Tina, questa persona come fa a conoscerlo?»
«È un segreto di Tina, ma qualcuno potrebbe avere visto qualcosa e sospettare la verità» le spiegò Oliver. «Se questo qualcuno odia Tina, potrebbe tranquillamente avere taciuto proprio per non intervenire in sua difesa.»
Selena azzardò: «Amber Thompson?»
«Me lo sono chiesto anch'io» ammise Oliver. «Sarebbe una soluzione perfetta: ha preso il posto di Tina, che a volte si è mostrata ben poco cortese nei suoi confronti. In più, da molto tempo, il loro scontro viene fomentato in tutti i modi, potrebbe essersi montata la testa e avere deciso di fare qualcosa contro di lei. Tuttavia, per quanto riguarda il segreto di Tina e Harvey, non saprei come inquadrarla. Non è qualcosa che si condividerebbe con una fidanzata. Anzi, è qualcosa che le si terrebbe nascosto.»
«Tutto dipende se Amber è davvero innamorata di Harvey come dice e se il loro fidanzamento è vero.»
«Si sposeranno la prossima settimana.»
«Così hanno detto.»
Oliver rifletté qualche istante, infine domandò: «Perché questo improvviso interesse nei confronti di Amber?»
Selena alzò le spalle, con indifferenza.
«Non dobbiamo escludere alcuna pista.»
«No, non dobbiamo escludere nulla» convenne Oliver, «Ma ci stiamo soffermando su una potenziale colpevole ben poco probabile.»
Selena gli ricordò: «A un certo punto, hai sospettato anche di me e di mio marito.»
Oliver avvampò.
«Io non...»
Selena rise.
«Stai tranquillo, non mi sono offesa. Anzi, è normale che tu ti sia posto qualche domanda, specie dopo avere saputo dove ci trovavamo io e Edward quando De Rossi è stato ucciso.»
«Quindi» dedusse Oliver, «Dovrei iniziare a preoccuparmi anche di dove fosse Amber.»
«Di dove fossero Amber e Ryan» precisò Selena. «Quei due sono una coppia, potrebbero agire insieme.»
Oliver fu scosso da un brivido.
«Cazzo, hai ragione!»
Selena parve spiazzata, mentre gli chiedeva: «Su Amber e Ryan coppia criminale?»
Oliver cercò di tornare in sé, mentre affermava: «Sul fatto che certi crimini si possano condividere con la persona amata. Certo, deve esserci un bel po' di perversione, ma non possiamo escludere questa ipotesi.»
«Se lo dici tu.»
«Sei convinta che sia fuori strada?»
«No.»
«Invece sì» la accusò Oliver. «Sei venuta in Italia perché hai dei sospetti ben precisi e vuoi che ti aiuti a scoprire se quello che pensi è vero. Però non vuoi esporti, preferisci non farlo. È così?»
Selena abbassò lo sguardo.
«Quello che pensavo non ha importanza. Credi che la tua amica Dalila sia stata aggredita da qualcuno che ha a che fare con questa storia e che ha camuffato il tutto facendolo passare per uno scippo?»
«Domanda interessante» fu costretto ad ammettere Oliver. «Se così fosse, significherebbe che nessuna delle persone che si trovano a Silverstone in questo momento può essere colpevole. Veronica, Amber, Ryan Harvey, tutto il loro entourage...»
«Proprio così» convenne Selena. «Nessuna pista può essere esclusa, ma qualcuna diventa davvero poco credibile.»
«A meno che non salti fuori il discorso coppia» suggerì Oliver. «Se ci pensi, non abbiamo idea di dove sia Scott Young in questo momento. Veronica dice che, da quando si è tirato fuori dal mondo delle corse, trascorre il proprio tempo seduto sul divano a guardare partite di sport vari accomunati dal solo necessitare di una palla. Però non possiamo saperlo per certo, nessuno andrà mai a casa sua a controllare.»
«Perdonami, ma non vedo Veronica e Scott Young capaci di qualcosa di simile» obiettò Selena. «Va bene, il nostro è un discorso fatto così, tanto per parlare, ma non danno quell'impressione. Non sono una di quelle coppie travolte da una passione travolgente, sembra che tutto, tra loro due, sia molto razionale.»
«E quindi?»
«Quindi, se uno dei due chiedesse all'altro di tormentare Tina Menezes e di ammazzare una persona in corso d'opera, riceverebbe l'invito ad andarsene a cagare.»
«Oppure, proprio perché sono una coppia razionale, potrebbero avere architettato tutto.»
Selena ridacchiò.
«Non ti è proprio passata, la tua avversione per Veronica.»
Oliver scosse la testa.
«Non provo avversione nei suoi confronti. Anzi, non sono mai stato particolarmente esagerato contro di lei nemmeno nel mio libro.»
«Hai fatto bene» ribatté Selena. «È proprio quello che Patrick avrebbe voluto.»
Oliver fu scosso da un fremito.
«Non lo metto in dubbio, e penso che tu sappia il perché.»
Selena lo ignorò.
«Se la persona con cui Tina ha a che fare ha usato l'account di Mirko, Mirko potrebbe averlo scoperto. Potrebbe avere fatto qualche domanda, avere dato segno di sospettare qualcosa...»
Si interruppe, ma Oliver sapeva bene dove volesse andare a parare.
«Alla fine, possiamo girare la frittata come vogliamo, ma torniamo allo stesso punto di partenza: Mirko è stato ucciso a causa di quello che sta succedendo a Tina.»
«Quindi» puntualizzò Selena, «Se scopriamo chi ha ripreso Tina e il suo ex, allora scopriamo anche chi ha ucciso Mirko De Rossi.»
«E questo spiegherebbe perché tu voglia scoprire chi ha ucciso Mirko.»
«Non solo per Tina. Voglio dire, l'hanno ammazzato, per lui non c'è più niente da fare. Almeno Tina un giorno si libererà di questa persecuzione e potrà vivere una vita normale.»
Oliver annuì.
«Hai ragione, la penso come te. Sono due lati diversi della stessa medaglia. Entrambi devono motivarci. O almeno, dovrebbero motivare me. Sei proprio sicura di non avere altro da raccontarmi?»
Selena abbassò lo sguardo.
«No, non ho nulla da raccontarti. Non intendo mettermi a vaneggiare su cose vaghe che esistono solo nella mia testa.»
«Quindi» dedusse Oliver, «Stai ammettendo di avere dei sospetti.»
«Non sto ammettendo nulla» replicò Selena. «Devo pensarci su, devo trovare una spiegazione logica e devo farlo da sola.»

***

La giornata poteva sembrare terminata, ma per Edward non lo era ancora. C'era ancora qualcosa di importante da fare, per lui, quindi prese il cellulare e fece partire la chiamata che doveva mettere fine a quel venerdì.
Selena rispose subito, un po' come se fosse in paziente attesa.
«Allora?» volle sapere. «Cosa succede?»
«Lo chiedi tu a me?» obiettò Edward. «Non dovresti essere tu quella che ha delle novità da raccontare?»
Selena ignorò quel commento.
«Come sta la Menezes?»
«Non bene.»
«Le hai parlato?»
«Ci ho provato, ma non è servito a molto» ammise Edward. «Quel post uscito ieri è stato il colpo di grazia. Non so cosa sia successo, con esattezza, ma mi sembra evidente che, fino a ieri, Tina teneva tutto sotto controllo. Adesso non è più così.»
«Ho visto il suo video, quello in cui parla di Ryan Harvey» lo informò Selena. «Sembra molto convinta di quello che dice, anche se, di fatto, non dice nulla.»
«Che idea ti sei fatta?»
«Dovresti essere stata tu a farti un'idea» puntualizzò Edward. «Non mi dire che Oliver non ti ha riferito niente. Se c'è qualcuno che può sapere cosa sia accaduto tra Ryan e Tina, quello è lui.»
«Non credere che non ci abbia provato a farmi dire tutto» ribatté Selena, «Ma Oliver ha voluto mantenere il riserbo più assoluto. Non c'è riuscito al cento per cento, ma almeno ho scoperto qualcosa di più su luogo e data dei fatti: Marina Bay, la notte dopo il Gran Premio di Singapore di tre anni fa.»
«Ah.»
«Gli è scappato detto mentre tornavano a casa, dopo avere parlato con...» Selena si interruppe. «Dovrei raccontarti tutto dall'inizio. Dalila Colombari, la fotografa che lavorava per De Rossi e che ha una mezza relazione con Oliver, adesso si trova in ospedale. Ha battuto la testa durante uno scippo, ieri sera. Era stata a parlare con Baby Dumbaby.»
«Eh sì, hai molto da raccontare, vedo» asserì Edward. «Non sei stata la sola a scoprire chi è davvero Baby Dumbaby.»
«Le ho anche parlato, io e Oliver le abbiamo parlato» gli comunicò Selena. «Non era previsto che andassi anch'io, ma ne ho approfittato per farmi un'idea più precisa.»
«Mi raccomando, fai attenzione.»
«Sto facendo attenzione.»
«Stai andando in giro per il Nord Italia cercando l'assassino di Mirko De Rossi» precisò Edward. «Ti sei presa una responsabilità troppo grande.»
«Dovevo, visto quello che sospetto» rispose Selena. «Tu, da parte tua, tieni gli occhi aperti.»
«Non preoccuparti per me. Parliamo di Singapore, piuttosto.»
«Non ho finito. Io e Oliver siamo andati anche a parlare con il producer, Nicholas Piazzi. Ci ha raccontato una storia strana, a proposito di come sia nato il testo di "Miss Vegas".»
Quella era una novità che Edward non si aspettava. Era un testo trap, dopotutto, e dava l'impressione di essere un'accozzaglia di frasi messe a caso, buttate giù assicurandosi che contenessero un numero sufficientemente elevato di termini volgari. Chiese a Selena di riferirgli il tutto e, in effetti, c'era qualcosa di sorprendente dietro quel testo assurdo.
«Quindi Mirko De Rossi, o più probabilmente qualcuno che di spacciava per lui, voleva davvero che uscisse una canzone in cui si alludeva a un video erotico che ha per protagonista Tina Menezes» dedusse Edward. «La persona che ha scritto il testo potrebbe essere la stessa che c'è dietro al video.»
«E potrebbe avere hackerato l'e-mail di Mirko» suggerì Selena, «Anche se c'è una soluzione molto più probabile.»
«Ovvero?»
«Lo conosceva bene e poteva avere accesso ai suoi dispositivi. Perché usare stratagemmi degni di un pirata informatico, quando puoi semplicemente usare il computer di una persona? Dove magari ha installato un programma per la posta elettronica nel quale non deve inserire la password ogni volta?»
Edward confermò: «Ha senso.»
«Molto» convenne Selena.
«Però serve qualcuno che al contempo fosse vicino a De Rossi e avesse la possibilità di registrare il video di Tina.»
«Ci ho pensato, ma la soluzione non si incastra con tutto il resto. Di Singapore, invece, cosa dicevi?»
Edward raccontò: «Mi ricordo quella notte. Non vedevo l'ora di andare a dormire, ma ho rivisto Shin Jung. C'era Tina insieme a lui, ma è venuto comunque a parlare con me, con Amber e Ryan. Quando parla, è come un vulcano, non c'è modo di fermarlo. Tina ci ha provato, ma non ne ha voluto sapere finché non è andato via. A quel punto ho scambiato qualche parola con Tina, finché non ha detto che era stanca e che se ne sarebbe andata. L'ho vista un po' più tardi bere qualcosa, lontano da noi. Era già andata via, quando io e Amber ce ne siamo andati a nostra volta. Ryan stava parlando con un tizio importante, quindi ha detto alla Thompson che l'avrebbe raggiunta più tardi.»
«E poi?»
«E poi niente. Se non ricordo male, qualche tempo dopo Veronica ha litigato furiosamente con quel tale, che aveva tacciato Tina di essere una tossica, sostenendo che lui e Harvey l'avevano trovata quella sera che vaneggiava fuori dal locale, palesemente sotto l'effetto di qualche sostanza.»
«È successo davvero?»
«Veronica diceva di no, che volesse solo screditarla.»
«Chi era quel tipo?»
«Il CEO di un'azienda petrolifera, un potenziale grosso sponsor, per chi se lo fosse tenuto buono. Veronica non ha colto l'occasione.»
Selena osservò: «Tu hai visto Tina, prima che se ne andasse. Era davvero sotto l'effetto di droghe?»
«Non mi sembrava» ammise Edward, «Ma quel tale potrebbe davvero averla voluta screditare. Veronica ha fatto bene a non starlo a sentire, in fondo.»
«E Ryan Harvey?»
«Cosa vuoi sapere?»
«C'era anche lui, hai detto» rispose Selena. «Anche lui deve avere visto Tina, quella notte. Ha mai detto che fosse drogata?»
«Non ho mai parlato con Ryan di questo» replicò Edward. «Non ne ho parlato con nessuno, nemmeno con la stessa Tina.»
Selena suggerì: «Parlane con Ryan.»
«Non mi pare il caso» obiettò Edward. «Veronica gli ha detto di non farsi vedere per il resto del fine settimana. Non è più persona gradita, fintanto che non c'è la certezza che non abbia fatto nulla di male.»
«Fammi capire, Edward, Ryan Harvey non è persona gradita, quindi vige il divieto assoluto di rivolgergli la parola per qualsiasi ragione?» sbottò Selena. «E questo perché? Perché correresti il rischio di fare indignare uno stuolo di bimbiminchia nati non prima del 2008, qualora qualcuno rivelasse di averti visto mentre parlavi con Harvey invece di correre via a gambe levate come se fosse un appestato?»
«Non faccio io le regole» puntualizzò Edward. «Sono un personaggio pubblico e, in quanto tale, non posso permettermi di rovinarmi la reputazione per niente.»
Selena gli ricordò: «Vogliamo aiutare Tina a fermare la persona che l'ha filmata e, al contempo, vogliamo scoprire cosa sia successo a De Rossi. Non so se ti è chiaro, ma abbiamo davanti un caso di pornografia senza consenso e uno di omicidio. Vietato indagare perché si rischia di avvicinarsi più del dovuto a gente non gradita dall'opinione pubblica? Se il mondo funzionasse così, nessun colpevole verrebbe smascherato e nessun innocente potrebbe dimostrarsi tale. Non possiamo lasciare il mondo nelle mani di gente che sa solo fare rumore sui social e non ha la più pallida idea di come funzioni la vita vera. Poi può darsi che Ryan Harvey da bambino tirasse la coda ai gatti e da adulto prenda a spintoni i vecchietti in fila alla cassa del supermercato, ma come possiamo scoprirlo, se abbiamo paura di parlare con lui perché l'utente Robottino Nerd Con Gli Occhi Fucsia potrebbe decidere che se lo facciamo siamo colpevoli di crimini contro il buon costume? Mi dispiace, ma Robottino Nerd è solo un moralista che si spaccia per progressista e probabilmente sarebbe il primo a denigrare Tina Menezes, se il suo video venisse alla luce. Dobbiamo scegliere da che parte stare, se da quella della verità o da quella di chi sta a pontificare credendo di conoscerla.»
«Ti sento molto agguerrita. Pare di sentire parlare Oliver Fischer.»
«Beh, né io né lui abbiamo avuto paura di parlare con Baby Dumbaby.»
«Non è forse una banale studentessa universitaria di vent'anni, quando si toglie la parrucca e indossa una maglia? Non mi stai chiedendo di fare la stessa cosa.»
Selena precisò: «Ti sto chiedendo solo di fare una telefonata a Ryan e di chiedergli se si ricorda di quella notte a Singapore, tutto qui. Non devi necessariamente vederlo e, se capita, non devi farlo in pubblico. Sono certa che tu ne sia in grado, senza fare indignare Robottino Nerd Con Gli Occhi Turchesi.»
«Non erano fucsia?»
«Magari cambiano colore, quando vedono cose disdicevoli. Però, appunto, non cambieranno colore stavolta.»
Edward si arrese: «Come vuoi. Cercherò di scoprire qualcosa. Tu che programmi hai per domani?»
«Ammetto di non avere programmi» rispose Selena. «Forse cercherò di scoprire qualcosa di più su Dalila Colombari. Oliver mi ha detto dove abita.»
Edward ridacchiò.
«Gliene hai estorte, di informazioni.»
«Non potevo fare altrimenti» replicò Selena. «Non potevo metterlo al corrente dei miei sospetti, ma allo stesso tempo c'erano molti pezzi che mi mancavano. Diciamo che, se tutto va bene, le nostre strade dovrebbero tornare a incrociarsi, più avanti. Se così non fosse, significa che uno dei due sta seguendo quella sbagliata... uno dei due, oppure entrambi.»

***

Dalila non riusciva a ricordare nulla, o almeno fu quello che confidò a Oliver nel corso del sabato pomeriggio, quando gli telefonò sul numero che gli aveva fornito lei tempo prima. Sosteneva, tuttavia, di avere paura che quando le era accaduto non fosse stato un semplice scippo, quanto piuttosto un'aggressione mirata.
«Qualcuno sa» mise in chiaro. «Ero andata a parlare con Baby Dumbaby.»
«Lo so» rispose Oliver, «Ieri ci sono andato anch'io.» Non menzionò la presenza di Selena Roberts, né andò oltre, spingendosi a raccontare dettagli che non necessitavano un approfondimento in quella circostanza. «Ho parlato anche con suo cugino, il produttore della canzone. "Miss Vegas" è un testo scritto davvero contro Tina Menezes, con tutta probabilità. Solo che nemmeno Nicholas Piazzi sa con esattezza chi l'abbia scritto. Quando l'ha ricevuto, credeva che glielo avesse mandato Mirko. Pensava potesse funzionare e così è nata la non-canzone, come la chiamiamo noi.»
«Wow, buon lavoro, Fischer» borbottò Dalila. «Alla fine sei più sveglio di me. Io sono solo riuscita a fare polemica con una suora e a prendermi una botta in testa.»
«Suor Giuliana mi ha detto di salutarti da parte sua e di farti tanti auguri di pronta guarigione» la informò Oliver. «C'era anche lei, ieri, insieme a Baby Dumbaby. Mi ha suggerito vivamente di non mettermi nei guai.»
Dalila obiettò: «Non c'è modo, ormai siamo stati travolti. Stai attento, Fischer. Non posso permettermi di perderti.»
«Nemmeno io. Collaborare con te è sempre emozionante.»
«Non dico per questo. È che vorrei passare tutto il resto della mia vita con te, che tu diventassi il padre dei miei figli.»
Nel caldo torrido di quel pomeriggio di luglio, Oliver rabbrividì.
«È una proposta di matrimonio?»
«Non ho parlato di matrimonio» replicò Dalila, «Ma non avrei niente in contrario. Per me non è fondamentale sposarmi, però non mi opporrei.»
Oliver minimizzò: «Quando ti sarai ripresa, non avrai in mente più niente di tutto ciò.»
«Chi può saperlo» obiettò Dalila. «Non lo so, ci sono momenti in cui tutta la vita cambia all'improvviso. Penso sia quello che ci sta succecendo.»
«Ci sta succedendo? Non solo a te?»
«Vale per entrambi.»
«Non sono io, quello che si trova in ospedale.»
Dalila insisté: «Però anche tu ti sei ritrovato dentro qualcosa di più grande di te. Niente sarà mai più come prima.»
«Non è la prima volta che mi trovo ad avere a che fare con un omicidio e con tutto quello che gli gira intorno» le ricordò Oliver. «Alla fine, se me la sono cavata una volta, la vita può andare avanti di nuovo.»
«Se ne esci vivo.»
«Se non ne esco vivo, non posso comunque passare i prossimi decenni insieme a te.»
«Giusta osservazione» si arrese Dalila. «Va bene, come vuoi tu. Ti lascio con i tuoi casini, non ti obbligo a pensare a me.»
«Ci vedremo presto.»
«Lo spero.»
Si salutarono con quelle parole e Oliver rimase a chiedersi se facesse sul serio. Doveva scherzare, oppure doveva essere frutto della botta in testa. Si erano ritrovati soltanto quindici giorni prima e mai, tra di loro, nemmeno in passato, c'era mai stato il vago sentore di una relazione impegnata.
Mise da parte quei pensieri nel rendersi conto di avere, ancora una volta, lasciato indietro del lavoro. Si sedette quindi davanti al computer e, finalmente, riuscì a concentrarsi su ciò che doveva fare, sforzandosi di tenere fuori tutto il resto.
Era arrivato ormai a una fase di stallo, avrebbe avuto bisogno di schiarirsi le idee parlando con Tina, ma non solo la Menezes non gli rispondeva al telefono, addirittura quella sera fu Claudia Leonardo a contattarlo, per rivelargli che, testualmente, Tina aveva bisogno di allontanarsi da tutti e che l'indomani, lasciata l'Inghilterra, sarebbe partita per una località che preferiva tenere segreta. Oliver cercò di non mostrarsi troppo spiazzato, nel chiedere a Claudia quanto tempo sarebbe rimasta lontana. La risposta lo lasciò agghiacciato: dieci giorni, al massimo due settimane.
Di colpo era solo, senza avere alcuna idea di come comportarsi. L'articolo uscito sul blog di Mirko De Rossi e tutto quello che ne era conseguito era stato sicuramente devastante e non gli sembrava giusto intromettersi negli affari privati di Tina, ma al contempo avrebbe gradito sapere se era ancora sul suo libro paga oppure se il suo impegno non era più richiesto.
Claudia non lo illuminò in proposito, si limitò ad affermare che Tina, per il momento, non aveva bisogno di lui. Quelle parole colpirono Oliver più di quanto avrebbe voluto, ma dentro di sé sapeva di non potere lasciare un lavoro a metà.
Tutto era iniziato con "Miss Vegas", che risuonava in discoteca per opera di DJ Perla, su commissione di Dalila. In quel momento Oliver non aveva la più pallida idea che la donna che se ne andava in giro mezza nuda alla finestra di fronte fosse la Menezes.
"Tutto è iniziato senza di lei, tutto può finire anche senza di lei."
La domenica avrebbe voluto chiamarla, almeno per augurarle buon viaggio, ovunque andasse, ma preferì evitare di essere di troppo. Era passata una sola settimana dal giorno in cui Tina si era spinta a raccontargli dettagli della sua vita sessuale, ma di colpo sembrava essersi sollevato un muro tra di loro.
Le mandò un messaggio, per sintetizzarle in breve ciò che avrebbe voluto dirle a voce, ricevendo un semplice "grazie" come risposta di lì a molte ore. Nel frattempo il Gran Premio di Gran Bretagna era terminato, Veronica Young si era rifiutata di rispondere alle domande che riguardassero Ryan Harvey, sui social media in molti spettegolavano su di lui e non in pochi si chiedevano se Amber l'avesse lasciato. Quello che era certo, era che non l'aveva rimosso dai profili seguiti su nessun social e ciò non era stato apprezzato anche da alcuni suoi sostenitori, che sostenevano di non volere sapere più nulla di lei.

***

Edward aprì la porta e fece entrare Ryan Harvey: quest'ultimo aveva accettato di vederlo e di fare in modo che nessuno lo scoprisse. Non disse nulla, si limitò a richiedere l'uscio alle proprie spalle e a fissarlo con aria interrogativa.
«Ti chiederai» esordì Edward, «Perché abbia voluto incontrarti.»
«E tu ti chiederai» replicò Ryan, «Come mai abbia lasciato passare quasi due giorni, prima di dirti di sì.»
Edward azzardò: «Posso immaginare che non sia un bel periodo, per te.»
«Il tutto grazie a una finta autobiografia della Menezes di cui è uscito un frammento» rispose Ryan, con amarezza. «È sempre bello svegliarsi un giorno e scoprire di essere diventato un mostro agli occhi di tutti.»
«Sono sicuro che nessuno ti consideri tale» obiettò Edward, nonostante non ne fosse tanto sicuro. Non era nemmeno convinto che Ryan fosse così innocente come si atteggiava, ma non poteva lanciare accuse, non sapendo che cosa gli contestasse la Menezes. «Non devi stare a sentire quello che dice la gente che non sa niente di te.»
«La gente che non sa niente di me, però, ha il potere di rovinarmi» mise in chiaro Ryan. «Non c'è nulla che io possa fare. Il video di Tina è molto chiaro: non sono quello che sembro, secondo lei, ed ecco che tutti pendono dalle sue labbra. Non ha detto niente, di fatto, eppure sono già condannato. C'è chi dice che siamo stati insieme e l'ho lasciata.» Rise, sprezzante. «Ti rendi conto? C'è gente che pensa intendesse solo questo, però al contempo mi vuole vedere scomparire dalla faccia della Terra.»
Edward lo fissò con fermezza.
«Cosa intendeva la Menezes?»
«Non lo so, o almeno non lo so per certo. Una volta mi ha accusato di qualcosa di totalmente fuori dal mondo, ma era strafatta e non poteva certo capire.»
Edward spalancò gli occhi.
«Cosa vuoi dire?!»
«Voglio dire che Tina era fuori di sé» rispose Ryan. «Non era lucida, per niente, e non penso fosse solo alcool.»
«Singapore, tre anni fa.»
Era incredibile come non fosse nemmeno stato necessario chiedere.
«Singapore, tre anni fa. Come lo sai? Cosa ti ha raccontato Tina?»
«Tina non mi ha raccontato niente» mise in chiaro Edward. «Un petroliere o qualcosa del genere l'ha tacciata di fare uso di droghe, perché l'aveva vista in stato confusionale.»
«C'ero anch'io» confermò Ryan. «Avevo passato come minimo mezz'ora, se non tre quarti d'ora, a parlare con lui. Amber se n'era già andata, e anche tu quando era andata via lei. Quando finalmente anch'io sono uscito dal locale, abbiamo trovato Tina in quello stato. Non volevo che qualcuno che non la conosceva la vedesse in quello stato, quindi l'ho accompagnata via da là.»
«E poi?»
«Poi niente. L'ho portata fino al letto e, quando si è sdraiata, sono andato via. Sono andato a dormire e, dopo essermi alzato, sono andato a vedere come fosse messa. Per qualche assurdo motivo, si è messa a vaneggiare a proposito di Manuel Serrano, poi mi ha accusato di averle messo della droga nel bicchiere, la notte precedente, e di avere tentato di violentarla.»
Edward esclamò: «Chi, tu?»
Ryan confermò: «Ha detto proprio così e, per anni, mi è sempre stata lontana. Pensavo fosse perché era imbarazzata, dopo le sue accuse, invece mi viene il dubbio che creda davvero che le abbia fatto quello che diceva.»
Edward osservò: «Il fatto che tu l'abbia accompagnata a dormire non depone a tuo favore.»
«Infatti da allora in poi mi sono sempre guardato bene dall'aiutare persone in difficoltà» chiarì Ryan. «Se il ringraziamento è essere tacciato di essere un criminale, tanto vale girarsi dall'altra parte.»
«Non ti sembra di essere un po' drastico?» obiettò Edward. «Avresti potuto spiegarle che eri con me, Amber e il petroliere, quella notte, che era totalmente lucida nell'unico momento in cui l'hai vista prima di uscire dal locale e che non aveva un bicchiere in mano, in quel momento.»
Ryan scosse la testa.
«Io non le devo niente. È lei, piuttosto, che mi deve delle scuse, possibilmente pubbliche. Mi ha rovinato senza dire quasi nulla, figuriamoci cosa potrebbe succedere se raccontasse quella storia assurda!»
Edward insisté: «Non può essersela inventata.»
«Non ho mai detto che di sia inventata di essere stata drogata, né che non sia capitato altro, né che non sia giusto provare empatia nei suoi confronti» replicò Ryan. «So solo che io non c'entro un cazzo e che certe accuse dovrebbero essere rivolte al vero colpevole, non a me!»

***

Guardandosi intorno, come se temesse di essere ascoltato, Ryan Harvey concluse il proprio racconto: «Allora sono andato via, pensando che Tina sarebbe rinsavita e si sarebbe dimenticata quello che mi aveva detto. Non ho mai pensato che ne fosse convinta anche una volta tornata in sé.»
Oliver lo fissò a lungo, pensando a qualcosa di sensato da dire. Infine replicò: «Perché dovrei crederti?»
Harvey sostenne il suo sguardo.
«Non so perché dovresti credermi, ma non so nemmeno perché dovresti credere il contrario. Se avessi qualcosa da nascondere, secondo te sarei venuto qui a incontrarti?»
In effetti non vi erano ragioni per cui Ryan avesse dovuto sentirsi costretto ad accettare di vederlo. Si trovava a Venezia in viaggio di nozze e avevano convenuto di trovarsi a metà strada; la loro conversazione in un bar del centro, dove potevano sembrare due persone come tutte le altre.
«Non lo so, Harvey, non so più cosa credere.»
«Chiedi a Edward Roberts» lo pregò Ryan. «Quella sera c'era anche lui, con me e Amber. Tina è venuta a salutarlo, poi si è allontanata. Non l'ho mai vista con un bicchiere in mano, non avrei mai potuto drogarla.»
«Però sei entrato nella sua stanza» rimarcò Oliver. «Tina ha detto che qualcuno le ha strappato il vestito, che doveva avere intenzioni precise, ma che poi ha desistito. Magari avevi preso qualcosa anche tu, hai avuto una brutta tentazione...»
Ryan lo interruppe: «L'unica tentazione che ho in questo momento è mandarti a fanculo.»
«Eppure Tina ne è convinta.»
«Non so di cosa sia convinta Tina, ma sono stanco di ripeterlo: io non le ho fatto niente. Non mi sarebbe nemmeno venuto in mente un simile pensiero e, per quanto possa accettare di avere sentito la stessa accusa dalla Menezes, quando si è svegliata in quelle condizioni, non lo posso accettare da te. Ti conosco per fama, so che vai oltre le apparenze.»
«Quindi» dedusse Oliver, «Stai affermando che le apparenze sono contro di te.»
«Per "apparenze" intendi accuse infondate e campate in aria?» replicò Ryan. «In questo caso, assolutamente sì. Purtroppo non posso fare molto. Perfino tu, che in altre occasioni ti sei spinto a cercare la verità a tutti i costi, mi hai già condannato a priori. Se Tina mi accusasse pubblicamente, nessuno metterebbe in dubbio la sua parola.»
«Quindi, secondo te, le accuse di stupro o tentato stupro sono infondate e le vittime sono delle mitomani?»
«No, Fischer, le accuse contro chi ha davvero stuprato e chi ha tentato di farlo sono vere. Non lo sono, tuttavia, quelle che la Menezes mi ha rivolto, per quanto sono certo che ne sia sinceramente convinta. Il fatto che altri uomini abbiano violentato altre donne non significa che io abbia cercato di fare la stessa cosa con lei. Forse non te ne sei accorto, ma siamo tutti individui senzienti e ciascuno di noi decide da sé come comportarsi. Non c'è un copione preciso in cui io devo interpretare la parte dell'aspirante stupratore.»
«Eppure Tina aveva il vestito strappato, quando si è svegliata. È certa che fosse intatto, finché era lucida.»
«Forse ti sfugge un dettaglio: non sono l'unica persona al mondo e non sono l'unico che potrebbe averlo fatto. L'ho lasciata sul letto, poi sono andato via, in un primo momento pensavo fosse soltanto ubriaca. La porta non è mai stata chiusa a chiave, non avevo modo di farlo dall'esterno. Non ho pensato che qualcuno potesse introdursi là dentro e fare quello che ha fatto.»
Oliver sintetizzò: «Quindi, se ho ben capito, a tuo parere qualcuno l'avrebbe drogata, avrebbe atteso pazientemente che un altro la soccorresse e se ne andasse, poi si sarebbe recato nella sua stanza per violentarla. Dopo averle strappato l'abito che portava, tuttavia, avrebbe avuto un ripensamento e sarebbe andato via, non portando a termine ciò che si era messo in testa di fare. Non mi pare abbia molto senso.»
«Infatti non ne ha.»
«Questo riporta i sospetti su di te.»
«Però vale la stessa cosa» ribatté Ryan. «Se non ha senso che un altro tizio random l'abbia drogata per violentarla, poi si sia fermato all'ultimo, perché dovrebbe avere senso se il colpevole fossi io?»
Oliver sbuffò.
«Non distogliere l'attenzione dal punto principale. Tu hai portato Tina in quella stanza e sempre tu eri là dentro quando si è svegliata.»
«Si dà il caso che sia stato io a trovare Tina davanti al locale» puntualizzò Ryan. «Per quanto la cosa ti stia sfuggendo, non è un reato. Quando qualcuno ha bisogno d'aiuto, di solito non ti chiedi: e se poi fosse vittima di un crimine e ci andassi di mezzo per sbaglio?»
Oliver gli strizzò un occhio.
«Infatti non ci sei andato di mezzo per sbaglio.»
Ryan spinse indietro la sedia, accennando ad alzarsi.
«Meglio che vada, altrimenti rischio anche un'accusa per tentato omicidio, stavolta fondata.»
«Aspetta» lo pregò Oliver. «Non penso che tu sia un violentatore, semplicemente che volessi farle uno scherzo di pessimo gusto. Amber era vista da molti come la nemesi di Tina. Hai voluto spaventarla. Forse nessuno l'ha drogata, ma era davvero ubriaca. Allora l'hai accompagnata e, quando è crollata, le hai strappato il vestito perché credesse a un tentativo di stupro. Poi sei tornato, nella speranza di apparire come il soccorritore senza macchia. Non pensavi di potere sortire l'effetto contrario.»
«Stai vaneggiando» obiettò Ryan Harvey, di fronte a quelle parole. «Amber non aveva niente a che vedere con la Pink Venus, a quei tempi. La rivalità devastante tra lei e Tina è sempre stata una montatura pubblicitaria che nessuna delle due voleva. Non escludo che qualcuno abbia voluto spaventare Tina... del resto, poi, l'anno successivo, è accaduta la faccenda dello specchio.»
Oliver fece mente locale. Era certo di non avere sentito parlare di specchi.
«Quale faccenda?»
«Amber e Tina sono state invitate a partecipare a un'intervista televisiva. Nel camerino in cui sono andate a prepararsi, Amber ha trovato una scritta, fatta con il rossetto. Era una scritta in una lingua che non conosceva, così ha trascritto quella frase su un traduttore online. C'era scritto "Manuel Serrano è morto per colpa tua", in portoghese. Non era un messaggio rivolto ad Amber che, tuttavia, ritenendolo di pessimo gusto, l'ha cancellato prima che arrivasse la Menezes, che in quel momento si trovava ancora a bordo di un taxi nel bel mezzo di un ingorgo stradale.»
«Chi sa di questo fatto?»
«Io e Amber.»
«Tina non l'ha mai saputo?»
«Amber ha preferito non dirglielo» spiegò Ryan. «Del resto, sapeva che alla Menezes non piaceva parlare di Serrano. Amber temeva che, se avesse visto quello specchio imbrattato, avrebbe potuto dare la colpa a lei. Voleva evitare tensioni, visto quello che si diceva dei rapporti tra di loro.»
«Quindi tua moglie ha assistito a una sorta di attacco contro Tina, ma non può dimostrare che sia accaduto davvero» borbottò Oliver. «Molto interessante, devo ammetterlo.»
«Cosa stai insinuando?»
«Per quanto possa sorprenderti, niente. Ti assicuro che crederei a Tina a occhi chiusi, se non fosse per dei particolari che non mi convincono.»
«Per esempio?»
«Per esempio che sai perfettamente che conosco Edward Roberts e che, non appena ci saremo salutati, lo chiamerò per chiedergli se davvero eri con lui nel momento in cui, con tutta probabilità, qualcuno ha drogato la bibita o il drink di Tina. Saresti un perfetto idiota, se non fosse vero e te lo fossi inventato.»
Ryan confermò: «Esatto, so perfettamente che Edward ti dirà per filo e per segno che ha trascorso quella serata insieme a me. Certo, non può testimoniare a mio favore per dopo, ma di certo può assicurarti che, se anche avessi voluto drogare Tina, non ne avrei avuto la possibilità. E, prima che tu mi dica che potrei averlo fatto dopo, ti informo che quel CEO dell'industria petrolifera di cui ti ho parlato ha litigato con Veronica Young per avere accusato Tina di assumere droghe, avendola vista in quelle condizioni non appena è uscito, insieme a me, dal locale. Quindi ti basterebbe parlare con Veronica, per farti confermare che, se è stata drogata, è successo in un momento in cui non ero presente.»
«Ciò non basta, ovviamente, per scagionarti dalle accuse di Tina» gli ricordò Oliver. «Magari potresti averne approfittato proprio per agire contro di lei e spaventarla.»
«Oppure potrebbe essere stato qualcun altro ad agire contro Tina per spaventarla» insisté Ryan. «Magari la stessa persona che poi ha scritto quell'accusa con il rossetto sullo specchio.»
Oliver sapeva che quell'evento poteva anche non essere mai accaduto, ma perché Harvey avrebbe dovuto inventarsi proprio una frase simile? Non aveva mai avuto nulla a che vedere con Manuel Serrano, perché tirare in ballo proprio lui?
«Ti ringrazio per quanto mi hai riferito, Harvey» disse, quindi. «Sia chiaro, non mi hai convinto della tua innocenza, ma sono pronto a concederti il beneficio del dubbio. Sappi, però, che se hai fatto del male a Tina ti distruggerò.»
«Sarà qualcun altro a uscirne distrutto» replicò Ryan, «A meno che Tina non decida di gettarmi in pasto al tribunale dei social. Tienila a bada.»
Oliver gli scoccò un'occhiata di fuoco.
«Fai attenzione a come parli. E soprattutto ringrazia la mia volontà di cercare la verità a ogni costo. Se fossi pronto al giudizio sommario, in questo momento saresti un uomo finito.»




Un saluto ai miei lettori Swan Song e Nerve con l'ultimo capitolo pubblicato questa settimana. Il prossimo sarà lunedì prossimo. Specifico inoltre che anche nelle prossime due settimane dovrebbero esserci tre capitoli alla settimana, con il finale (capitolo 17) che uscirebbe esattamente tra due settimane.
Ci ho provato ad andare più lentamente, ma pubblicare una volta alla settimana non fa per me. Era quanto avevo pianificato inizialmente perché ai tempi ero in alto mare con il racconto e in una settimana riuscivo a scrivere poco più di un capitolo, ma adesso che sono arrivata alla conclusione già dal 6 gennaio, credo sia giusto andare a passo più spedito.
In questo capitolo è uscito il fatto dello specchio - da appurare ovviamente se sia vero o meno - mentre nei prossimi usciranno altre novità, tra cui un paio di personaggi finora visti in storyline passate apparire anche nel presente. Personaggi totalmente nuovi non se ne vedranno, ma come avrete intuito c'è ancora molto da svelare.

Buon fine settimana! <3

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Capitolo 12
*** [Tina] ***


Erano passati quindici giorni da quando Dalila aveva pronunciato al telefono quelle assurde parole su un futuro insieme a Oliver, ma non ne avevano ancora parlato. Anzi, da quando era stata dimessa dall'ospedale, si era spesso sorpresa a sperare che Fischer se ne fosse totalmente dimenticato. Nonostante tutto, si sentiva bene senza Tina Menezes intorno: le dispiaceva per gli eventi che la riguardavano, ma non poteva negare che l'italo-brasiliana fosse un palese ostacolo tra lei e Oliver.
Il giornalista non aveva alcun problema a lasciarsi andare, quando non c'era la Menezes nei dintorni, ma bastava soltanto nominarla, perché la sua espressione cambiasse. Per fortuna ultimamente non era successo tanto spesso, anche se nel corso del Gran Premio d'Ungheria, che Dalila e Oliver avevano guardato alla televisione stando sdraiati a letto, era stato inquadrato più volte il box della Pink Venus, a causa delle vicissitudini dei piloti, Nakamura e Thompson. Di quest'ultima era stato riferito in telecronaca che la sua posizione all'interno della squadra stesse vacillando in seguito alle non meglio precisate polemiche riguardanti Ryan Harvey, con il quale Amber avrebbe dovuto sposarsi poco tempo prima. Alle domande sull'effettiva celebrazione del matrimonio, la Thompson aveva preferito non rispondere, guadagnandosi il disappunto popolare, che andava poco d'accordo con l'interesse degli sponsor.
Secondo il conduttore del post-gara c'erano rumour a proposito di un ipotetico futuro ritorno alle competizioni di Tina Menezes, ma per fortuna quell'argomento venne ben presto soppiantato, dedicando spazio alle domande dei telespettatori rivolte ai profili social della trasmissione. Naturalmente, per compiacere il tifoso medio, vennero lette soltanto quelle di una banalità disarmante: critiche alla scuderia vincente, tacciata di barare, al suo pilota di punta, accusato di non essere al livello dei campioni del passato, citati in maniera generica senza fare nomi precisi, infine alla mancanza di sorpassi per le prime posizioni che rendessero avvincente la gara.
Non era nulla di nuovo, almeno per quel poco che Dalila aveva modo di sentire simili interventi: di solito nei fine settimana non assisteva alla diretta televisiva delle gare della massima categoria, quanto piuttosto scattava fotografie durante competizioni delle serie minori che si svolgevano sugli svariati autodromi italiani, a parte in qualche fortunata occasione in cui le capitava di svolgere il proprio lavoro anche al di fuori dei confini dell'Italia. L'unica novità, per quanto poteva notare, era il circuito tacciato di essere "noioso": l'Hungaroring non era, obiettivamente, uno dei migliori, ma considerarlo sede solo ed esclusivamente di gare poco emozionanti era un cliché. C'erano stati gran premi avvincenti, nel passato lontano e recente, sul tracciato ungherese, ma venivano puntualmente ignorati se c'era da screditare la location.
Quando Dalila spense il televisore, in studio veniva letto un messaggio secondo cui l'Ungheria non aveva mai rappresentato nulla nella storia delle competizioni motoristiche, quindi quel gran premio sarebbe stato da eliminare e magari da sostituire con un evento in un ennesimo circuito cittadino negli Stati Uniti.
«Cazzate» borbottò, appoggiando il telecomando sul comodino.
«Come dici?» le chiese Oliver, sdraiato al suo fianco.
«L'Ungheria che non ha alcun significato nella storia dell'automobilismo è una cazzata colossale» rispose Dalila. «Non lo sanno, questi, che il primo gran premio della storia, disputato in Francia nel 1906, fu vinto proprio da un pilota ungherese?»
«Ferenc Szisz» replicò Oliver. «Comunque no, ovvio che non lo sanno. Non sapranno neanche cos'hanno mangiato oggi a pranzo, vuoi che sappiano cosa succedeva nel 1906?»
«Hai ragione, non sono tutti nerd come te.»
«O come te.»
Dalila ridacchiò.
«Cent'anni dopo la vittoria di Szisz al Gran Premio di Francia, uno dei miei piloti preferiti ha vinto il Gran Premio d'Ungheria. Ero una sua fan accanita, da ragazzina. Porterò l'Hungaroring sempre nel cuore. Senza contare che ci sono stata un paio di volte, in passato, per la Formula 3. Ci ho pure scattato una delle mie foto preferite in assoluto. Credo sia per questo, se non mi è andato giù quel discorso.»
«Era di una banalità allucinante» convenne Oliver. «In più, negli anni '80, con l'ingresso del Gran Premio d'Ungheria, la Formula 1 ha gareggiato per la prima volta al di là della cortina di ferro e, di fatto, ha guadagnato popolarità anche nell'Europa dell'Est.»
Dalila ribadì: «L'ho detto che sei un nerd.»
«L'hai detto già due volte e direi che possono bastare» ribatté Oliver. «Piuttosto, non te l'ho ancora chiesto, oggi: ci sono novità sulla tua borsa e sul tuo telefono?»
«Ho seri dubbi sul fatto che salteranno mai fuori. Pazienza, ho già rifatto i documenti e il telefono era bloccato. Sono riuscita a recuperare tutto quello che avevo nel mio account.»
«Non so come tu sia riuscita a fingere di non sapere niente, quando hai raccontato la tua versione dei fatti ai carabinieri.»
Dalila si irrigidì.
«Io non so niente.»
«Eri stata da Baby Dumbaby, il giorno stesso» obiettò Oliver.
«Cosa dovevo fare?» replicò Dalila. «Spiegare che ero andata a parlare con una trapper di una canzone contenente insulti a Tina Menezes, nel corso di un'indagine parallela a proposito di un caso di omicidio, di cui potrei sapere qualcosa, ma ho preferito non rivolgermi alle autorità per evitare di finire nei casini? Purtroppo siamo condizionati: abbiamo scelto di tacere quello che sappiamo - o che sospettiamo - e dobbiamo continuare su questo stampo finché non abbiamo niente in mano. La versione della rapina sembra essere l'unica convincente e pare che a nessuno freghi un accidente di quello che Mirko scriveva sul suo blog. Del resto, se nessuno è al corrente del suo collegamento con Tina Menezes, chi si sognerebbe mai di pensare che l'abbiano fatto fuori per motivi che la riguardano? O anche solo di preoccuparsi di ciò che è uscito sul suo blog?»
Oliver fu costretto a darle ragione.
«Già, abbiamo scelto la soluzione migliore per noi all'inizio, ma a lungo andare potrebbe non esserlo. Non ci sono progressi sul caso e non ne abbiamo fatti nemmeno noi. Da quando Tina se n'è andata...»
Dalila sospirò. A quanto pareva l'argomento di cui non parlare era arrivato a disturbare la perfezione seppure vacillante di quella domenica.
A Oliver non sfuggì la sua reazione.
«Non ti piace sentire parlare di lei, vero?»
«Diciamo che ci sono argomenti migliori.»
«Del tipo?»
«Ne conosco tanti, ma non sarebbero adatti al momento.»
«No, seriamente. Tu stessa sei andata da Baby Dumbaby per scoprire qualcosa di più. Anche a te interessa.»
Dalila chiarì: «Tina Menezes non mi interessa nello stesso modo in cui interessa a te. Non me la scoperei, per intenderci.»
Oliver puntualizzò: «Non sono mai stato a letto con Tina.»
Dalila si girò a guardarlo.
«Ti tireresti indietro, se ti chiedesse di farlo?»
Scaltro come solo lui sapeva essere, Oliver ribatté: «Tina non è qui. C'è un oceano, tra di noi.»
«Come lo sai?»
«Sono riuscito a contattare Claudia Leonardo, la sua personal trainer. È andata a trovare suo fratello e Dalma Hernandez, per questo è via da un po' e non è ancora tornata.»
«La Leonardo in Brasile con lei?»
«No, l'ha lasciata andare da sola. Ha pensato che fosse la soluzione migliore. Per quanto sia molto legata a Tina, sente che a volte mina un po' la sua indipendenza.»
«In effetti» osservò Dalila, «Deve essere un po' inquietante condividere tutta la propria vita quotidiana con una cinquantenne che ti giudica.»
«Claudia Leonardo giudica solo le bionde ossigenate, non giudica Tina.»
«Perché le bionde ossigenate?»
«È una storia vecchia. Criticava le donne con i capelli biondi decolorati. Per caso la cosa ti turba?»
«Per niente. Io porto i capelli del colore che mi pare e del parere di Claudia Leonardo mi importa meno di niente. È l'angelo custode che veglia su Tina Menezes, non certo su di me.»
«Angelo custode che veglia su Tina Menezes» ripeté Oliver. «Mi sembra una buona definizione. Diciamo che si atteggia un po' a sorella maggiore, con lei.»
«Secondo te vanno a letto insieme?»
«Chi, Tina e Claudia?»
«Sì, proprio loro.»
«Tina mi ha parlato delle sue relazioni passate. Non mi ha né menzionato Claudia, né mi ha fatto capire di essere attratta dalle donne.»
«E Claudia? Pensi che provi qualcosa di non corrisposto per Tina?»
«Veronica Young mi ha detto una cosa del genere. Io non ci ho mai pensato. Ho dato per scontato che ci sia sempre stato solo un legame di lavoro, tra di loro. Certo, un legame in cui spesso si è trovata a essere una delle presenze più importanti nella vita di Tina, ma pur sempre di lavoro. Quando è andata in vacanza, si è guardata bene dal lasciarle un proprio recapito.»
«Quindi» dedusse Dalila, «Anche la Leonardo ha una vita. Peccato, ci speravo, che fosse l'amante di Tina.»
«Perché?»
«Perché in tal caso saresti tutto per me.»
Oliver sorrise.
«Vuoi proprio andare a finire in una precisa direzione.»
«Sei sdraiato nel mio letto» gli ricordò Dalila. «Mi sembra il minimo farmi venire in mente certe idee. Tu mi sei sempre piaciuto, fin da quando Mirko ci ha fatti conoscere. Non mi sono mai tolta dalla testa l'idea che ti abbia cacciato non perché non hai seguito i suoi consigli per il tuo libro su Patrick Herrmann, quanto piuttosto perché aveva paura che ti preferissi a lui.»
Oliver mise in chiaro: «Non era mia intenzione mettermi tra di voi. Sei stata tu stessa ad affermare che tra voi c'era solo sesso e che entrambi avevate anche altri partner.»
«Infatti era proprio così. O almeno, ce lo facevamo credere a vicenda. Non so Mirko, ma io non stavo con altri oltre a lui, in quel periodo. Trovare qualcuno con cui andare a letto non è così facile.»
«Non mi sembra una che fa fatica a fare colpo sugli uomini.»
«Molti uomini, però, non fanno colpo su di me» sentenziò Dalila. «Va bene, non mi impegno, ma questo non significa andare con qualcuno che non mi piace. Tu sei tutto ciò a cui potrei ambire.»
Con uno scatto, fu sopra di lui. Oliver non si ritrasse. Dalila sentiva che anche per lui valeva lo stesso discorso.

***

«Ti accompagno io in aeroporto.»
Tina sussultò, colta di sorpresa mentre chiudeva la cerniera del trolley. Aveva già salutato Christian e Dalma, pensando di non rivederli più, prima della partenza. Aveva pensato di chiamare un taxi, e invece la Hernandez era di fronte a lei, che la fissava.
«Come mai sei ancora qui?»
«Perché volevo parlare con te» rispose Dalma, «Io e te da sole.»
Tina non sapeva se fosse un bene o un male, ma dentro di lei qualcosa le suggeriva che non fosse una bella prospettiva. Aveva un solo modo per distogliere l'attenzione da se stessa, ovvero concentrarla su Dalma.
«C'è qualche problema tra te e mio fratello?»
«No, come ti viene in mente?»
«Non lo so, pensavo che...»
Tina non pensava niente e la Hernandez venne in suo soccorso interrompendola: «Va tutto bene tra me e Christian, non potrebbe andare meglio. È come se ci fossimo finalmente trovati dopo che il destino si è opposto a noi insieme per tanti anni.»
Tina scosse la testa.
«No, il destino non si è opposto a voi. Siete stati voi che vi siete convinti che non fosse possibile stare insieme. O meglio, sei stata tu.»
Dalma sospirò.
«È inutile piangere sul latte versato. Eravamo entrambi giovani e avremmo rischiato di mandare tutto a monte per inesperienza. E poi non è stata colpa mia: Donato credeva davvero che Leo Menezes fosse mio padre. Ne era sinceramente convinto e penso gli sia dispiaciuto avermi inavvertitamente allontanata da Christian.»
«Non lo so» ammise Tina, «Non è un argomento di cui ho parlato con lui. Non avrei saputo da dove iniziare. Inoltre non sono fatti miei e...»
Dalma la interruppe di nuovo: «Hai fatto bene a non parlargliene. Non mi piace che qui vecchi discorsi saltino fuori. Io e Christian abbiamo trovato la nostra strada, non ha importanza tutto quello che è venuto prima.»
Tina fece qualche passo, avvicinandosi a Dalma.
«Abbiamo parlato del mio passato, io e Donato, dei vecchi tempi, di quello che è successo tanti anni fa a Interlagos.»
«Il passato è passato» replicò Dalma. «Dovrebbe valere anche per te.»
Tina abbassò lo sguardo.
«Il passato è parte di noi.»
«Soltanto finché glielo permettiamo. Sono sicura che puoi liberarti da ciò che ti tormenta.»
«Perché dai per scontato che il passato debba tormentarmi?»
Dalma fu piuttosto diretta: «Perché nel tuo caso è così.»
Il suo tono secco e deciso costrinse Tina ad alzare lo sguardo.
«Cosa vuoi dire?»
«Che so che te lo chiedi. Non sei mai stata un'insensibile, non puoi essere indifferente, non puoi avere dimenticato com'è andata a finire. Sono certa che te lo chiedi, se avresti potuto comportarti diversamente, se Manuel sarebbe ancora vivo.»
Tina trovò la forza di guardarla negli occhi, mentre le domandava: «Tu te lo chiedi?»
«Io non ho niente da rimproverarmi» replicò Dalma. «Ho fatto tutto quello che era in mio potere, l'ho supplicato di rientrare ai box e di ritirarsi, perché non poteva arrivare in fondo. Ha fatto di testa sua, non avevo alcun controllo. Tu, invece, avresti potuto farti da parte. Non ti sto accusando, Tina. Mi sto solo limitando ad affermare che, se fossi al posto tuo, mi farei molte domande. Però non sarei troppo diversa da te, non sarei in grado di trovare le risposte.»
«Non avevo il dovere di rinunciare alla mia gara per lui» obiettò Tina. «Sai benissimo quanto era difficile per noi piloti trovare uno sponsor disposto a finanziare la nostra stagione. Non era giusto che io dovessi rinunciare e farmi da parte perché Manuel era andato a sbattere e aveva danneggiato la macchina. Nemmeno lui avrebbe fatto la stessa cosa per me, nonostante lo considerasse un atto dovuto e mi abbia fatto capire che non voleva più saperne di me.»
Dalma ribatté: «Stai cercando di convincere me, o finalmente stai cercando di farlo con te stessa?»
Tina ignorò quella domanda.
«È stato molto meglio parlarne con Donato, almeno è stato comprensivo come al solito.»
«Troppo, immagino.»
«Sono passati tantissimi anni, ma non hai ancora mandato giù l'idea che credesse in me?»
«Anch'io credevo in te.»
«Non abbastanza. Quando è arrivato Manuel, tutto girava intorno a Manuel. Era lui quello che doveva vincere... tanto io facevo già parlare di me perché donna, cosa importava che lottassi per il titolo? Anzi, se avessi vinto, magari mi sarei attirata addosso l'odio di chi non sopportava l'idea che una ragazza potesse battere tutti.»
«Credo che i tuoi successi recenti ti abbiano dato alla testa» replicò Dalma, con freddezza. «Manuel Serrano era un pilota più completo di te e più portato a lottare per le posizioni di vertice. Non si arrendeva mai, anche quando non c'erano speranze. Preferiva ritrovarsi coinvolto in un incidente, piuttosto che accontentarsi di rimanere dietro. Però, negli ultimi tempi, la sua propensione all'errore era diminuita. Tu eri attendista, troppo attendista. Tante volte avrei preferito vederti tentare qualcosa di impossibile, piuttosto che rassegnarti alla mediocrità.»
«Non mi sono mai "rassegnata alla mediocrità" come dici tu» mise in chiaro Tina. «Semplicemente preferivo focalizzarmi su ciò che era possibile, non sull'impossibile. Non mi sono mai tirata indietro, nei duelli ruota contro ruota. Però ho sempre avuto gli obiettivi molto chiari e precisi: ci sono battaglie che non si possono vincere. È meglio concentrare i propri sforzi su ciò che è fattibile, magari sperando che altri non siano altrettanto accorti.»
«E questo dove ti ha portata?»
«A vincere il Gran Premio di Las Vegas.»
Dalma rise, sprezzante.
«Il circuito più brutto del campionato. Qualcuno ti ha anche criticata per avere festeggiato la vittoria, sostenendo che non ne valeva la pena.»
«Ho vinto un gran premio con una monoposto da centro classifica» obiettò Tina. «Avevo tutto il diritto di festeggiare, anche se il layout del circuito lascia desiderare.»
«Fosse solo il layout...»
«E va bene, a Las Vegas è stato organizzato un gran premio che, almeno sulla carta, doveva fondere lo scenario di Montecarlo con quello di Marina Bay. Il tentativo è stato fallito miseramente e tutto è sembrato una trashata colossale, ma una vittoria è sempre una vittoria, specie quando sai che non avrai mai più la possibilità di passare per prima sotto la bandiera a scacchi nella massima categoria.»
«Hai approfittato dei ritiri e degli incidenti altrui. Se tutti i top driver non fossero finiti fuori gara per un motivo o per un altro, avresti fatto al massimo un settimo o un ottavo posto.»
«I top driver sono finiti fuori, io no. Cosa dovevo fare? Fermarmi per solidarietà? Rinunciare soli perché ero al volante di una Pink Venus? Mi dispiace, ma non è così che funziona. Una vittoria che ti viene servita su un piatto d'argento è comunque importante... e poi non mi è stata servita su un piatto d'argento. Ho atteso, ho fatto quello che dovevo fare.»
«Hai atteso troppo» precisò Dalma. «Sei rimasta in pista sulle gomme slick quando è iniziato a scendere il diluvio.»
Tina le ricordò: «Ho vinto proprio per quella ragione.»
«Il tuo ingegnere di gara ti ha chiamata ai box più di una volta, tu l'hai ignorato. Si erano fermati tutti ai box. Tu stavi mandando tutto a puttane. E per che cosa? Perché speravi che qualcuno andasse a sbattere e venisse data bandiera rossa. Così avresti potuto cambiare gomme con la gara sospesa, senza perdere posizioni.»
«Non è andata così!»
«Sì, invece. Hai sperato nella fortuna, invece di usare la testa e di accettare una scelta strategica sensata.»
Quell'accusa non stava né in cielo né in terra, Dalma non aveva idea di come fossero andare le cose. Tina la informò: «Non ho mai pensato di vincere, in quei frangenti, e nemmeno a una potenziale bandiera rossa. In certi tratti di pista, l'asfalto non era ancora molto bagnato, pioveva più piano. Mi sono detta che, se avessi aspettato, sarei comunque riuscita andare avanti per due o tre giri, facendomi inquadrare in testa alla gara. Agli sponsor piace avere visibilità. Tutto ciò che pensavo di fare era attirare l'attenzione sulla Pink Venus. Non avrei mai pensato che, a causa di un ennesimo incidente, la gara venisse sospesa. Né, al restart, avrei mai creduto di potere conservare la posizione per ben tredici giri, quelli che ancora mancavano.»
«Complimenti, Tina. Adesso vuoi aggiungere che è stato il fato a farti vincere a Las Vegas?»
«Non ho mai negato che il caso mi sia stato d'aiuto. Però non è stata la prima volta nella storia e, di solito, i vincitori improbabili vengono sempre apprezzati.»
«Di questo, te ne devo dare atto. Così come sono felice di sapere che non pensavi di essere destinata alla vittoria da delle logiche più grandi di te. Conoscendoti, temevo che fossi pronta ad affermare di essere stata guidata dalla presenza di Manuel dall'aldilà.»
Tina sussultò.
«Perché avrei dovuto formulare un pensiero simile?»
«Sei sempre stata strana» ribatté Dalma. «Lo stesso Donato faticava a capirti, a volte.» Il suo tono si fece di colpo più conciliante. «È stato un bene che vi siate incontrati e spero che possiate rivedervi presto. Mi sei sembrata un po' sconvolta, in queste due settimane, e credo che la sua presenza potrebbe solo farti bene. Quell'Oliver Fischer, invece...» Parve esitare, ma poi riprese a parlare, come un fiume in piena. «Sbaglio o vi siete sentiti pochissimo, in questo periodo?»
«Non sbagli» rispose Tina, «Ma avevo bisogno di staccare e di allontanarmi anche da lui. Sono certa che possa capirmi.»
«Me lo auguro per te» concluse Dalma. «Mi dai l'impressione di avere un gran bisogno di avere qualcuno, nella tua vita. Spero che Fischer sia la persona giusta.»
Tina ammise, con sincerità: «Lo spero anch'io.»

***

Dalila attendeva con pazienza: uno squillo, due squilli, tre squilli, quattro squilli... Non era nulla di sorprendente, il numero di cui era venuta in possesso era di rete fissa, era plausibile che nessuno fosse nei pressi del telefono.
Cinque squilli, sei squilli, sette squilli... stava per arrendersi, quando ricevette risposta. La voce le parve familiare, ma preferì non correre rischi.
«Buongiorno, posso parlare con Suor Giuliana?»
La sua prima impressione era giusta: «Sono io.»
«Che piacere sentirla! Sono Dalila Colombari, si ricorda di me?»
«Come potrei dimenticarla?» ribatté Suor Giuliana. «Non mi aspettavo questa sua telefonata.»
Dalila chiarì: «Oliver Fischer mi ha riferito che si è preoccupata per le mie condizioni di salute a seguito del mio... mhm... del mio incidente.»
«E ora come sta?»
«Molto meglio.»
«Bene, mi fa piacere.»
«Oltre a ringraziarla, vorrei anche scusarmi per come mi sono comportata quando sono venuta da lei a cercare quella ragazza. Ho detto cose che non avrei dovuto dire. L'ho accusata di avermi giudicata, quando neanche mi aveva chiesto niente di me.»
Suor Giuliana ribatté: «Sono felice che l'abbia fatto, Dalila, altrimenti avrei rischiato di non ricordarmi di lei abbastanza da prendere sul serio le parole di Elena. Alla fine, grazie alla sua personalità assolutamente frizzante, ho preso la decisione di rivolgermi al signor Fischer, che ha potuto incontrare Elena e farsi spiegare ciò che la ragazza aveva già raccontato a lei.»
«Allora possiamo considerare l'incidente chiuso?»
«Certo che sì, Dalila. Può tornare a trovarmi quando vuole. Avrò piacere di salutarla di persona. Però, mi raccomando, non cerchi più di entrare come una ladra, senza dire niente a nessuno.»
«Non lo farò» le assicurò Dalila. «Chissà, se dovessi passare dalle sue parti potrei venire davvero, a farle visita. Così come, se mai dovessi trovare marito, provvederò a informarla.»
«Lo faccia dopo che si è già sposata: almeno resisterò alla tentazione di parlare con quel poveretto prima, per spingerlo a riflettere.»
«Riflettere su cosa?»
«Sul grosso guaio nel quale si sta cacciando.»
Dalila si lasciò andare a una risata, prima di affermare: «Sono certa che il poveretto in questione avrebbe una vita molto emozionante insieme a me, qualunque cosa ne dica lei.»
Mentre pronunciava quelle parole, pensava a Oliver. Purtroppo sapeva di non avere molte speranze. Prima o poi Tina Menezes sarebbe tornata, allora Oliver avrebbe tornato a concentrarsi su di lei e la loro vicinanza avrebbe messo fine a ogni ultima illusione.

***

All'improvviso tutto sembrava convergere con il recente passato, ripresentarsi nella stessa maniera. Era una calda sera d'estate e ragazzini chiassosi andavano in giro per la strada, con cantanti conosciuti solo a loro che gracchiavano tramite le applicazioni dei loro telefoni. Oliver Fischer camminava da solo, addentrandosi nel solito non-vicolo, stavolta senza girarsi all'indietro, come se non si fosse accorto di lei.
Tina allungò il passo, preparandosi a raggiungerlo. Poi rallentò, non convinta che fosse la scelta migliore. Magari avrebbe fatto meglio ad andarsene, a non farsi nemmeno vedere. Si era detta di lasciarlo libero, di uscire dalla sua vita prima che fosse troppo tardi, che fosse l'unica soluzione possibile. Però lo conosceva, sapeva che non si sarebbe tirato indietro, se non gli fosse stato richiesto in maniera esplicita.
Riprese l'inseguimento, con un ancora inconsapevole Oliver che sembrava recarsi proprio nel luogo in cui lei l'aveva portato la sera del loro primo incontro. Era ormai arrivato nel parco buio, quando Tina arrivò alle sue spalle.
Oliver trasalì, prima di girarsi. Sotto la fioca luce, Tina lo vide spalancare gli occhi.
«Sorpreso di vedermi?»
«Quando sei tornata?»
«È tutto quello che sai dire?»
«Di cose da dire ne avrei molte, ma mi sembrava quella giusta per iniziare.»
Tina lo informò: «Sono arrivata oggi. Mi dispiace non averti detto che tornavo, ma ho preferito non invadere la tua vita più di quanto l'abbia già fatto.»
«L'hai già fatto, appunto» replicò Oliver. «Non posso più tirarmi indietro, ormai.»
«Sì che puoi.»
«Allora non voglio, è meglio così?»
Tina obiettò: «Ti ho trascinato in una storia che non ti riguarda e l'ho fatto senza pensare. Se potessi tornare indietro, non farei la stessa cosa.»
Oliver insisté: «Io non voglio che torni indietro. Voglio aiutarti, voglio che tutto finisca bene, senza che altri rischino di fare la stessa fine di Mirko De Rossi.»
Tina scosse la testa.
«Ti sei imbarcato in un'indagine senza capo né coda, in cui non è possibile fare progressi.»
«Non è possibile nella misura in cui non vuoi ascoltarli» obiettò Oliver. «Finché parti dal presupposto che io debba scoprire la verità che vorresti, allora non andremo mai da nessuna parte.»
Tina adocchiò il tavolo al quale si erano seduti la sera in cui gli aveva fatto la proposta di lavorare per lei. Si sistemò nella stessa posizione e, mentre Fischer faceva lo stesso, chiarì: «Sono pronta a qualunque verità.»
«Non su tutto» replicò Oliver. «Cosa penseresti, se ti dicessi che quella notte a Singapore Ryan Harvey non può averti messo nulla nel bicchiere, perché c'è chi può provare che è stato in compagnia di altre persone tra il momento in cui, ancora lucida, hai parlato con Edward Roberts e quello in cui ti hanno trovata fuori dal locale già sotto l'effetto di qualcosa?»
Tina sospirò.
«So di essere stata avventata, di avere addirittura provocato la reazione opposta a quella che volevo. Mentre molte persone, giustamente, l'hanno tagliato fuori, ce ne sono altre che non credono alla sua colpevolezza. Quello che non pensavo era che tu ti schierassi dalla parte di questi ultimi. Perché? Che cosa ti ho fatto? Perché vuoi distruggermi anche tu?»
«Io non voglio distruggerti, anzi, voglio stare dalla tua parte sempre e comunque» rispose Oliver. «Però non puoi chiedermi di prendere tutto per scontato, di non farmi domande e di non cercare di scoprire cosa sia accaduto davvero. Ho una teoria che forse potrebbe interessarti.»
«Se la teoria è che qualcuno volesse incastrare Ryan Harvey per screditarlo, non voglio sentirla. Possibile che un potenziale violentatore non debba essere riconosciuto come tale, ma che sia colpa di altri che vogliono dipingerlo per qualcosa che non è? Non funziona così.»
«Infatti non ho mai detto che sia andata così. Penso che nessuno avesse motivi validi per far accusare Harvey di tentato stupro, anche perché nessuno poteva sapere che Harvey ti avrebbe portato in quella stanza.»
«Quindi cosa proponi? E, mi raccomando, assicurati che abbia un senso logico, se non vuoi essere preso a calci nel culo.»
Se Oliver aveva qualche teoria già pronta da esporre, non dava segno di volerlo fare nell'immediato.
«Allora?» lo esortò Tina. «Come immaginavo, non hai niente da dire. O forse hai avuto un attimo di lucidità e ti sei ricordato che una persona decente non dovrebbe giustificare un'azione come quella di Harvey.»
Oliver la smentì: «Invece ho molto da dire e, no, non giustifico un'azione di quel tipo, semplicemente voglio farti prendere in considerazione l'idea che non sia Ryan Harvey il vero colpevole. Se fosse stato lui, perché accertarsi che tu lo vedessi? E soprattutto, come avrebbe fatto a drogarti?»
«Quindi» osservò Tina, «Stai affermando che, siccome Harvey ha l'aria da bravo ragazzo, allora il colpevole deve essere qualcun altro.»
«No, affatto. Sto affermando che, se fosse stato lui, oltre a non avere la concreta possibilità di drogarti, avrebbe anche agito in modo assolutamente stupido. In più, qual è il senso di drogarti, prepararsi a violentarti e poi non farlo? Hai ipotizzato che si sia tirato indietro all'ultimo... ma se qualcuno avesse semplicemente voluto farti credere di essere stata molto vicina a subire una violenza sessuale?»
«Questo avrebbe senso, secondo te?»
Oliver puntualizzò: «Lo dici tu stessa, che qualcuno ce l'ha con te. Ritieni così assurdo che questa persona possa averti drogata, aspettato che qualcuno ti portasse nella tua stanza, poi ti avesse strappato il vestito per farti credere che un potenziale stupratore avesse cercato di abusare di te? Pensavamo che il video che ti riprende insieme ad Axel fosse la prima azione contro di te, ma forse dobbiamo spingerci più indietro: qualcuno, da anni, ti sta perseguitando in maniera sottile e subdola, forse nella speranza di destabilizzarti.»
Tina replicò: «Non posso credere che Harvey mi abbia portata nella stanza per puro caso e che poi sia tornato per venire a vedere come stavo.»
«Perché non puoi crederlo?»
«Perché...» Tina sapeva di non avere spiegazioni logiche alla sua crescente certezza della colpevolezza di Ryan. «Certe cose te le senti dentro. Io sento che è stato Harvey a drogarmi e a fare quello che ha fatto.»
«Allo stesso modo, sei convinta che sia stata la giusta punizione per quello che hai detto a Manuel Serrano» le ricordò Oliver. «La mia impressione è che siamo di fronte a un piano ben studiato e recitato, in cui la fortuna, in certe circostanze, ha dato un grosso aiuto all'ideatore.»
«Non riuscirai a convincermi.»
«È proprio su questo che, da un certo punto in poi, il burattinaio che regge i fili ha iniziato a contare. Tu ti sei fatta le tue convinzioni e non sei disposta a prendere in considerazione altro. Rifletti, Tina, quella volta, a Singapore, ti sei svegliata sicura di avere sentito una voce che ti condannava per quello che avevi fatto a Serrano. Perché Ryan Harvey avrebbe dovuto dire qualcosa di simile? Cosa sapeva, esattamente, di te e di Serrano?»
Tina replicò: «Non sapeva più di altri, ma neanche tanto di meno. Magari ha detto qualcosa per caso, riuscendo a colpire nel segno.»
Oliver mise in chiaro: «Non sto cercando di dimostrare l'innocenza di Harvey. Ti sto solo suggerendo di non scartare a priori altre ipotesi solo perché "ti senti dentro" che il colpevole sia lui. Il rischio è una situazione di stallo come quella delle autorità che indagano sull'omicidio di De Rossi: tutto lasciava pensare alla rapina e non sono state seguite altre strade. In questa circostanza, tu guardi solo Ryan. Ti sei mai chiesta che cosa potresti non vedere, quando sei impegnata a fissare lui?»
Tina avrebbe tanto desiderato potere mettere a tacere Oliver, piuttosto che starlo a sentire mentre tentava di farle capire che focalizzarsi su una teoria non era la scelta migliore, ma iniziava a realizzare che Fischer stava soltanto facendo ciò per cui l'aveva pagato: voleva scoprire chi fosse la persona che l'aveva filmata e contattata tramite i social media, dando per scontato che, alla base, ci fosse anche altro. Le parole che il giormalista pronunciò subito dopo confermarono la sua sensazione.
«Mentre eri via, ho fatto una scoperta piuttosto interessante su "Miss Vegas" di Baby Dumbaby, una canzone trap che sembra rivolgerti degli insulti. Il produttore, che inizialmente sosteneva di avere scritto personalmente il testo e di essersi ispirato a una pornostar che usa come nome d'arte Venus Manny, ha ammesso che l'ha ricevuto via e-mail da Mirko De Rossi che, a suo dire, lo sfidava a usarlo per una canzone. Ha affermato, però, che poi, quando ha provato di parlarne a voce con De Rossi, questo non aveva idea di cosa stesse dicendo. Ne viene fuori che, molto probabilmente, una persona che poteva accedere al computer di De Rossi, ha inviato quel testo spacciandosi per lui. Con tutta probabilità era un attacco personale deliberato contro di te. Abbiamo già il video di te e Axel, la canzone trap e il post uscito sul blog di Mirko dopo la sua morte: tre attacchi mirati, di cui uno diretto e altri due finalizzati a screditarti. È così assurdo credere che questa storia sia iniziata prima?»
«Quindi» dedusse Tina, «Una persona che mi odia mi avrebbe drogata per farmi credere di essere stata vittima di un potenziale stupro, poi, a distanza di anni, sarebbe tornata alla carica con questi ultimi attacchi?»
«Non solo, ma potrebbero essercene stati degli altri, in mezzo, che forse non hai riconosciuto come tali, o che sono stati sventati in altro modo» rispose Oliver. «So che non ti fidi di lui, ma Ryan Harvey mi ha raccontato una storia piuttosto strana. A proposito, un paio d'anni fa hai partecipato a un'intervista televisiva insieme ad Amber Thompson, arrivando in ritardo in studio perché c'era stato un incidente per strada?»
«Sì.»
«Ed eri in taxi?»
«Sì, ma come lo sai?»
«Stando a quanto mi ha riferito Harvey, Amber avrebbe trovato in camerino una scritta fatta con il rossetto sullo specchio in cui, in portoghese, c'era scritto "Manuel Serrano è morto per colpa tua". Amber avrebbe cancellato quella scritta, perché temeva che fosse stata fatta contro di te e che tu potessi accusarla.»
Tina si prese la testa tra le mani.
«Merda!»
«Cosa succede?» volle sapere Oliver. «Per caso hai qualcosa da dirmi, in proposito?»
«Ho visto lo specchio imbrattato, ho commentato la cosa con Amber e ha minimizzato, sostenendo che con tutta probabilità qualche idiota aveva scritto qualcosa con il rossetto e chi era venuto a fare le pulizie aveva troppo poco tempo a disposizione per cancellare bene. Invece era stata lei a farlo, probabilmente con un pezzo di carta igienica o con una salvietta.»
«Quindi stai confermando che la storia riferita da Ryan Harvey potrebbe essere vera?»
«Non solo potrebbe essere vera, ma non avrebbe nemmeno senso inventarsela: uno specchio sporco in un camerino è un dettaglio insignificante, non vedo perché Amber avrebbe dovuto riferirglielo. E, anche se fosse accaduto, a distanza di così tanto tempo, era difficile che se ne ricordasse per costruirci sopra quello che si è inventato. Chi si tiene in mente uno specchio sporco di rossetto che non ha nemmeno visto?»
«E non solo uno specchio sporco.»
«Cosa vuoi dire?»
«È molto semplice: tu non hai mai visto cosa ci fosse scritto in quello specchio, quindi l'hai sempre catalogato come un evento insignificante con cui per caso avevi avuto a che fare. Se non fossi arrivata in ritardo con il taxi, l'avresti visto e avresti capito che era un attacco nei tuoi confronti. Saliremmo a quattro, andando a cinque con la droga nel bicchiere.»
Tina alzò gli occhi al cielo.
«In pratica sarei sotto assalto da anni e non me ne sarei mai accorta.»
«Forse era proprio questo l'obiettivo iniziale» suggerì Oliver. «Azioni mirate contro di te, che ti mettessero a dura prova, ma che non potessero essere collegate le une alle altre, a prima vista. Quando queste non hanno funzionato, allora il nostro burattinaio ha deciso di fare qualcosa di più. E, se non hanno funzionato, potrebbero essercene state altre, a cui non hai mai fatto caso. Non so, c'è qualcosa a cui non hai mai dato peso, ma che adesso ti appare sotto una luce diversa?»
«No.»
«La sera in cui ci siamo conosciuti, mi hai parlato di articoli contro di te.»
«Articoli clickbait.»
«Articoli clickbait, ma estremamente critici nei tuoi confronti.»
Tina annuì.
«Questi articoli esistono, ma vengono pubblicati su siti noti per i titoli altisonanti, le narrazioni esagerate e la volontà di apparire a ogni costo. Prima della mia vittoria a Las Vegas accadeva con una certa frequenza che uscissero articoli che mi tacciavano di non fare abbastanza per oppormi gli uomini, qualunque cosa significasse, e di non essere un buon esempio per le donne nell'automobilismo. Se non ci fossi stata io, quei siti avrebbero pubblicato articoli clickbait su altri, è il loro stile.»
Oliver azzardò: «Per caso parli di siti su cui scrivono anche autori amatoriali? Alcuni di questi hanno un grosso seguito.»
Tina confermò: «Ci sono almeno tre siti italiani di quello stampo che hanno pubblicato articoli di quel tipo, tutti scritti da autrici donne. Potrei citarne almeno cinque.»
«Fammi i nomi, allora.»
«Cinzia Rossi, Ilenia Pozzato, Madison De Stefani, Laura Danilovic ed Eugenia Ferrero. Sono sicuramente le mie detrattrici più accanite.»
Oliver osservò: «Sarebbe interessante cercare di appurare se costoro esistono nella realtà.»
«Cosa vuoi dire?»
«È molto semplice: quei siti clickbait sono gestiti in maniera prevalentemente amatoriale. Chiunque dia segno di potere scrivere pezzi che rientrano nella loro linea editoriale è ben accetto. Non mi stupirebbe, quindi, se ci fosse qualcuno che, spacciandosi per un numero abbondante di autrici, ha scritto articoli contro di te, riuscendo a pubblicarli su siti che abbiano una certa visibilità.»
«Quindi» dedusse Tina, «Queste persone che non avevo mai preso in considerazione, convinta che volessero solo farsi notare, potrebbero avere scritto articoli su di me, per colpirmi deliberatamente, e al contempo dare l'impressione di essere delle semplici esibizioniste?»
Oliver confermò: «Proprio così, e non solo. Potrebbero non essere più persone. Sarebbe interessante, a questo punto, fare una verifica. Da un lato, cercherò informazioni su quelle autrici, vedrò se esistono loro profili social che possano lasciare pensare a persone reali. Dall'altro mostrerò i loro articoli a una persona di madrelingua italiana, che possa capire meglio di noi se possono essere tutti scritti dalla stessa persona.»

***

Dalila agitò una stampa stropicciata davanti agli occhi di Oliver, uno articoli che erano stati sottoposti alla sua attenzione. Non riusciva a credere che il suo amico fosse un così acuto osservatore.
«Fischer, sei un genio! Potresti abbattere castelli di carte praticamente ovunque. Solo, dovresti chiedere scusa a Madison De Stefani per avere dubitato della sua esistenza: ha trentadue anni, due figli che giocano a calcio, un marito allergico al glutine, una nonna rimasta in sedia a rotelle dopo una malattia, un pappagallo parlante e la passione per lo yoga. Mette tutto in piazza sui suoi profili, ci manca poco che metta anche l'indirizzo di casa. Vive in provincia di Teramo e, oltre ad articoli su Tina Menezes, scrive anche articoli su altri piloti e categorie motoristiche. Poi scrive poesie.»
«Quindi» realizzò Oliver, «La mia teoria è sbagliata.»
«Per nulla» ribatté Dalila. «È molto probabile che anche Laura Danilovic esista davvero, anche se non si mette in mostra sui social, perché il suo modo di scrivere è molto diverso da quello delle altre. In più ha scritto anche articoli su argomenti diversi dalla Menezes. Le altre tre, invece, hanno molti punti in comune.»
«Ovvero?»
«Ovvero, per prima cosa, hanno un modo molto simile di costruire le frasi, che sono davvero poco articolate. I loro articoli, inoltre, seguono la stessa struttura, che è a sua volta molto semplice. Tutte e tre scrivono erroneamente "qual'è" con l'apostrofo e "aldilà" inteso come "oltre" tutto attaccato. Per non parlare del fatto che non sanno che "perché" e "finché" prendono l'accento acuto e non grave. Mentre Madison De Stefani e Laura Danilovic sono sicuramente due persone con la passione della scrittura e un'ottima ortografia, che semplicemente non apprezzano Tina Menezes e l'hanno criticata in qualche occasione, Eugenia Ferrero, Cinzia Rossi e Ilenia Pozzato sono verosimilnente identità fittizie con cui una persona senza alcuna abitudine a scrivere ha deciso di prendere di mira la tua amica Menezes. Vista la linea di pensiero predominante su quei siti, non mi stupisce che siano state pubblicate così, a scatola chiusa.»
Oliver volle sapere: «Secondo te, la persona che ha scritto gli articoli con quei tre nomi è italiana?»
Dalila rifletté un istante, prima di rispondere: «Lo ritengo molto probabile. Si capisce che lo parla in modo fluente, o è madrelingua oppure una persona che parla italiano da molti anni. Siamo di fronte a qualcuno che ha una buona dialettica, ma semplicemente è poco allenato alla scrittura e fa errori molto comuni.»
«Quindi» dedusse Oliver, «Questa enorme macchinazione contro Tina Menezes parte dall'Italia.»
«Il che non è strano, visto che siamo partiti da un video che risulta essere stato girato a Monza.»
«No, non è strano, ma renderebbe del tutto insospettabili sia Ryan Harvey, sia Amber Thompson, che non parlano italiano.»
«Se ci fossero loro, dietro questo piano, non avrebbero tirato in ballo Harvey sul sito di Mirko» puntualizzò Dalila. «In ogni caso, se vogliamo stare sulle persone con cui hai parlato, abbiamo Nicholas Piazzi, Veronica Young, Donato Franzoni e Selena Bernard, che se non ricordo male è francese ma parla benissimo italiano. Il problema è molto semplice, però: tutti loro potevano uccidere Mirko e, a parte la Young che era in Inghilterra, tutti avrebbero potuto aggredire me. Il problema è che, se tutto è partito a Singapore tre anni fa, a Singapore, di loro, c'era solo la Young. Quando è capitata la vicenda dello specchio, invece, c'era la Thompson e forse anche Harvey.»

***

Tina non poteva negarlo, l'analisi di Dalila Colombari era molto interessante. Di nuovo nel loro solito posto, Oliver le aveva riferito per filo e per segno i risultati della ricerca della sua amica.
«Così» concluse Fischer, «Dovremmo trovare una persona che possa avere messo qualcosa nel tuo bicchiere a Singapore ed essere entrata nella tua stanza, che possa avere imbrattato lo specchio, scritto gli articoli in italiano firmandosi con almeno tre nomi diversi, registrato il video quando ti trovavi con Axel, scritto il testo di Miss Vegas, ucciso Mirko De Rossi, pubblicato il post sul suo blog e aggredito Dalila.»
«Penso sia inutile ragionarci» osservò Tina. «Nessuno può avere fatto tutto questo.»
«Almeno in apparenza no, ma credo che parlarne sia tutt'altro che inutile» replicò Oliver. «Non voglio dire che per risolvere il caso si debba fare come in un romanzo poliziesco, ma certe valutazioni sono tutt'altro che inutili. Credo che dovremmo partire da alcune considerazioni che possiamo definire universali: una persona totalmente esterna al mondo dell'automobilismo non può avere fatto quello che è successo a Singapore, mentre una persona che non parla italiano non può avere scritto gli articoli, il testo di "Miss Vegas" e il post uscito postumo sul blog di De Rossi.»
«Però non possiamo avere una lista esaustiva» gli fece notare Tina. «Possiamo discutere di cosa possa avere fatto Veronica Young, per esempio, ma non possiamo dare per scontato che, a parte le persone che chiameremo in causa, non ci sia qualcun altro che ci sfugge.»
«Infatti propongo di iniziare da Nicholas Piazzi» suggerì Oliver. «Potrebbe avere ucciso Mirko e assalito Dalila. Dice di non avere scritto il testo di "Miss Vegas", ma è stato lui a produrre la canzone, quindi potrebbe tranquillamente avere avuto ben chiaro il suo significato. Avrebbe potuto scrivere gli articoli spacciandosi per tre diverse autrici donne, così come, conoscendo Mirko, potrebbe avere avuto accesso al suo blog. Avrebbe anche potuto filmarti insieme ad Axel. Sullo specchio... dov'è successo?»
«A Madrid, era un servizio per un canale spagnolo.»
«Chi c'era con te?»
«Ryan Harvey e Amber Thompson, essenzialmente.»
«Veronica?»
«No.»
«Però sapeva dove fossi, immagino» valutò Oliver. «Non possiamo escludere che sia venuta là a tua insaputa e che sia riuscita a introdursi negli studi televisivi.»
«Quindi» chiese Tina, «Siamo passati a parlare di Veronica?»
«Tra poco ci arriveremo» rispose Oliver. «Prima vorrei soffermarmi su Piazzi: per quanto ne sappiamo, potrebbe avere ucciso Mirko De Rossi per qualche ragione, ma perché avrebbe dovuto decidere di organizzare una serie di attacchi nei tuoi confronti.»
«Giusta osservazione» convenne Tina. «Non credo di averlo mai incontrato, non ho idea di chi sia. Perché avrebbe dovuto avercela con me?»
«Ma soprattutto, perché una persona totalmente estranea al mondo dell'automobilismo dovrebbe sapere delle tue vicissitudini con Manuel Serrano?»
«Se così fosse, il delitto non avrebbe nulla a che vedere con me e con i fatti che sono successi prima.»
«Il che non ha senso, secondo la nostra ricostruzione.»
«Dobbiamo dedurne che Nicholas Piazzi non è colpevole?»
«Dobbiamo dedurne che Piazzi è da mettere da parte, per il momento, ma non da dimenticare. Passiamo a Veronica: era a Singapore, poteva essere in Spagna, potrebbe avere scritto gli articoli, dato che è italiana per metà, idem con "Miss Vegas" e il post sul blog di De Rossi, anche se sarebbe stato difficile, per lei, avere accesso al sito, per quanto ne sappiamo. Potrebbe averlo ucciso, in linea teorica, mentre non avrebbe potuto aggredire Dalila: era a Silverstone, quel giorno. Veronica potrebbe anche averti ripresa con Axel, quindi tutto ciò che le manca è l'aggressione a Dalila. Potrebbe, tuttavia, averle sguinzagliato dietro suo marito.»
Per quanto pensare a Veronica come alla persona che la tormentava fosse impossibile, Tina fu costretta ad ammettere che non faceva una piega.
«Ha anche sempre saputo di me e di Serrano.»
Oliver osservò: «Sarebbe una colpevole perfetta, anche se mi sfugge totalmente la ragione per cui avrebbe dovuto fare una cosa simile. Quindi, per il momento, credo ci toccherà mettere da parte anche lei. Veniamo a Edward e Selena Roberts.»
Tina sussultò.
«Vuoi dire che prendi in considerazione anche loro?»
«Se vogliamo analizzare la situazione nel suo completo, credo ci tocchi occuparci anche di chi non possiamo credere colpevole» le spiegò Oliver. «Edward era a Singapore. Non era in Spagna con te, ma vale anche per lui lo stesso discorso che per Veronica: avrebbe potuto scoprire facilmente dov'eri e trovare un modo per architettare quella trovata. Non dimentichiamo che gli hai fatto qualche confidenza legata a Serrano. Edward non conosce l'italiano, ma Selena lo parla perfettamente, quindi potrebbe esserci la sua mente dietro agli articoli, a "Miss Vegas" e al finto stralcio di autobiografia pubblicato sul blog di De Rossi. Entrambi hanno ammesso di essere stati a Milano nel fine settimana in cui Mirko è stato ucciso, così come in precedenza entrambi potrebbero averti filmata insieme ad Axel. Venendo a Dalila, Selena si trovava in Italia in quel periodo e si è anche proposta per aiutarmi nelle indagini. Tuttavia, se chi ha aggredito Dalila l'ha fatto nella speranza che non andasse a parlare con Nicholas Piazzi, va segnalato che c'è venuta insieme a me e non ha fatto nulla per scoraggiarmi.»
Tina dedusse: «Due colpevoli perfetti, se solo ci fosse una ragione logica per cui avrebbero dovuto fare tutto questo.»
Oliver confermò: «Proprio così, ma ancora una volta ci tocca passare oltre. Veniamo a Donato Franzoni e, prima che tu possa protestare, so che cosa significa quell'uomo per te, tuttavia dobbiamo prendere in considerazione anche lui. Non era a Singapore, non poteva sapere che eri in Spagna, potrebbe tuttavia averti filmata, avere ucciso De Rossi, avere aggredito Dalila e scritto articoli, testo e finta autobiografia. Anche lui sapeva dei tuoi conflitti passati con Serrano, anzi, forse ne era al corrente più di chiunque altro.»
«Però era palesemente schierato dalla mia parte, a quei tempi» puntualizzò Tina, «Il che non si incastra minimamente. In più, se non fosse stato presente in Austria, non l'avremmo mai collegato al nostro caso.»
«Giusta osservazione» ammise Oliver. «Se avesse ucciso De Rossi, gli sarebbe bastato non uscire con noi quella sera e non presentarsi al Redbullring durante i giorni del Gran Premio d'Austria per non essere considerato nemmeno come lontana ipotesi.»
«Quindi non ci resta che parlare dei nostri cari Harvey e Thompson.»
«Così pare.»
«Erano a Singapore, poi in Spagna per l'intervista. Erano a Monza l'anno scorso e, per quanto ne sappiamo, avrebbero potuto andare ad ammazzare De Rossi senza che nessuno si sognasse di chiedere loro dove fossero quel fine settimana. Di fatto, avrebbero potuto entrare in Italia attraberso un paese confinante senza essere tracciati.»
«Però nessuno dei due poteva inscenare lo scippo per aggredire Dalila, dato che erano entrambi in Inghilterra.»
Tina convenne: «Proprio così. In più nessuno dei due parla italiano. Credo ci stia sfuggendo qualcosa. Per esempio Dalila...»
Oliver parve non capire.
«Dalila?»
«Dalila potrebbe essere stata aggredita da uno scippatore qualsiasi e averti fatto credere che avesse a che fare con l'omicidio e tutto il resto» propose Tina. «Se ci pensi, Dalila conosceva Mirko, quindi potrebbe avere usato il suo computer per mettersi in contatto con Piazzi e poi per pubblicare quel post. È stata lei a suggerirti che il delitto dovesse avere a che fare con me.»
«Oh» esclamò Oliver. «Se ho ben capito, mi stai dicendo che Dalila potrebbe avere ucciso Mirko per ragioni che nulla hanno a che vedere con te e che, per distogliere l'attenzione da sé, mi abbia fatto pensare a un collegamento tra le due cose.»
«Esatto.»
«In tal caso sarebbe stata geniale, per certi versi. Ma il video tuo e di Axel? Qualcuno deve averlo girato.»
«A girare il video» suggerì Tina, «Sarebbe stato qualcuno che ce l'ha con me, ma che non ha ucciso nessuno. Semplicemente Dalila Colombari avrebbe sfruttato questa storia per farti inseguire un finto movente.»
Oliver obiettò: «Non avrebbe avuto alcun interesse a farlo, però, al di là della genialità di spacciarsi per vittima. Io stavo cercando la persona che ti ha filmata, non l'assassino di Mirko De Rossi. Se l'avesse ammazzato lei, avrebbe ottenuto come risultato quello di mettermi sulle sue tracce.»
«Anche questo è vero» si arrese Tina, «Quindi tutto ciò che abbiamo concluso è l'impossibilità di arrivare a una soluzione plausibile, a meno che non torniamo a scomodare i Roberts.»
«Entrambi senza movente.»
«Nessuno ha un movente, a parte Amber e Harvey.»
«Movente molto labile» replicò Oliver. «I media hanno deciso che tu e la Thompson vi odiate, tutto qui. Non mi sembra un motivo ragionevole per mettere in pratica tutto quello su cui stiamo indagando. Per di più, tre anni fa, quando è capitato il fatto di Singapore, Amber non aveva nulla a che vedere con la Pink Venus.»
«Hai ragione, forse sei più razionale di me» ammise Tina. «Sappi che lo apprezzo. Anzi, sappi che ti apprezzo e ti ringrazio per tutto quello che stai facendo per me.» Di colpo le venne spontaneo sganciare la bomba. «Ti va di venire da me a bere qualcosa, per finire questa serata in bellezza?»




Un saluto alla sis Swan Song, che shippa gli Olina e non crede negli Olila, che mi segue fin dal primo giorno di pubblicazione e che mi hypa(?) sempre con i suoi commenti spregiudicati!
Un saluto anche a Nerve, che mi ha rassicurata sul fatto di avere generato confusione e rimescolato le carte in tavola al punto da non avere di chi possa essere il colpevole.
Spero che per ora le vostre idee siano ancora confuse, anche perché mancano ancora cinque capitoli (i prossimi due usciranno mercoledì e venerdì/sabato - anche perché, lo ammetto, non vedo l'ora di pubblicare il capitolo in cui verrà pronunciata quella parola magica tanto da giallo classico di dieci lettere che inizia per "T"!), ma se avete congetture sappiate che sono ben accette.

Un saluto a voi e anche agli altri lettori che leggono nell'ombra. A presto e buona lettura! <3

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Capitolo 13
*** [Oliver] ***


Era difficile stare seduto di fronte a Dalila senza rievocare la conversazione con Tina. Avevano elencato una serie di potenziali colpevoli e la Menezes aveva fatto proprio il nome della Colombari. A primo impatto, Oliver era inorridito di fronte a un simile sospetto, ma aveva preferito non darlo a vedere. La stessa Tina non doveva avere apprezzato come tante persone che le stavano vicine fossero state prese in esame, prima di passare a discutere della fotografa. Fosse stato per lei, applicare l’etichetta di colpevoli a Ryan Harvey e Amber Thompson sarebbe stata di gran lunga l’opzione migliore, ma stava iniziando a tornare alla realtà: perfino la vicenda di Singapore, per la quale era sempre andata diretta, dando la colpa al marito della sua avversaria, iniziava a diventare oggetto di dubbi.
«Allora, Fischer» lo esortò Dalila, guardandola con quei suoi occhi che attiravano come calamite, «Come mai sei così silenzioso, stasera? Da quando è tornata Tina Menezes, non ti riconosco più.»
Oliver minimizzò: «Sono sempre lo stesso.»
Dalila scosse la testa.
«No, per niente. Quando Tina era in Brasile, tu ti ricordavi di essere un uomo e di avere degli istinti da sfogare.»
Oliver mise in chiaro: «Non ti ho chiamato a casa mia per fare sesso.»
«Però hai accennato al fatto che la Menezes ti ha invitato a casa sua, qualche sera fa» gli ricordò Dalila. «Non mi hai spiegato quello che è successo.»
«Non te l’ho spiegato perché non c’è niente da spiegare. Abbiamo bevuto qualcosa insieme, tutto qui.» Oliver non intendeva raccontare a Dalila i dettagli, sia perché non la riguardavano, sia perché non era sicuro che avrebbe capito. Tina si era limitata a baciarlo - l’aveva fatto di nuovo - ma si era sentito più vicino a lei in quel momento di quanto non si fosse mai sentito con Dalila. «Dovrebbe esserti ormai chiaro che stiamo facendo un’indagine.»
«State facendo un’indagine, eh?» borbottò Dalila. «A me pare che siamo io e te, quelli che facciamo l’indagine. Poi, lo ammetto, mi sembra che un po’ di gente voglia mettersi in mezzo, ma tutto è partito da me e te.»
«Tutto è partito da Tina.»
«Ti ho contattato prima che venisse a cercarti.»
«Era pur sempre lei che si era messa in contatto con Mirko. Tu venivi per conto suo, ma era comunque Tina la mente pensante.»
«Mente pensante, adesso non esageriamo. Ricordati che sono stata io a chiedere a DJ Perla di suonare “Miss Vegas” e ad assicurarmi che tu fossi all’ascolto nel momento preciso in cui l’ha fatto. Non puoi negare che ascoltare Baby Dumbaby sia stato ciò che ha fatto scattare la molla. Senza quella non-canzone, probabilmente avresti liquidato Tina Menezes come una stalker e le avresti consigliato di girare al largo.»
Oliver fu costretto ad ammettere che Dalila aveva ragione. Provò, tuttavia, la terribile sensazione dettata dai dubbi che Tina gli aveva messo in testa.
«Come sapevi di quella canzone?»
«Lo sapevo e basta.»
«È una canzone che ascoltano soltanto i ragazzini. Non hai né figli né fratelli o sorelle minori.»
Dalila ammise: «Me ne aveva parlato Mirko, esattamente come ti ho detto. Ci aveva scritto degli articoli in proposito, su incarico di un produttore musicale.»
«E tu non avevi idea di chi fosse, questo produttore musicale?»
«Cosa credi, che sia andata a litigare con una suora e a fare domande a una ragazzina, se avessi già saputo chi era questo produttore? Sono certa che Mirko non avesse mai fatto il nome di Nicholas Piazzi.»
«Quindi non l’hai mai conosciuto?»
«No.»
«Nemmeno un incontro fugace?»
Dalila gli ricordò: «Per lavoro, scatto fotografie durante competizioni automobilistiche. Perché mai avrei dovuto conoscere un produttore di musica trap?»
Oliver non rispose. Le chiese, piuttosto: «Hai idea di come si conoscessero, lui e Mirko?»
Dalila negò: «No, non ne ho assolutamente idea. Potevi chiederlo a Nicholas, quando l’hai incontrato.»
«Ha menzionato delle conoscenze comuni» le spiegò Oliver. «Solo, mi piacerebbe avere qualcuno che possa confermare la sua versione dei fatti. Finora, per molte cose, ho dovuto fidarmi soltanto delle parole di chi me le ha dette. Chiunque, però, può inventarsi quello che vuole, se sa di non potere essere smentito.»
«Se sa di non potere essere smentito, appunto» precisò Dalila. «Tu stesso hai creduto a Ryan Harvey, sull’episodio di Singapore, proprio perché eri convinto che non fosse nella posizione di inventarsi una spiegazione che non potesse essere smentita. C’era Edward Roberts, che consideri una persona di fiducia, e Harvey sapeva che avresti creduto a Edward, piuttosto che a lui. Di conseguenza, non poteva inventarsi niente che Roberts potesse facilmente contestare.»
Oliver aggrottò la fronte.
«Seriamente, Dalila, non capisco dove vuoi arrivare.»
«Voglio arrivare a quello che hai detto: “se sa di non potere essere smentito”. Nicholas Piazzi non aveva alcuna ragione per raccontarti per filo e per segno in che rapporti fosse con Mirko, non poteva sentirsi obbligato.»
«Quindi» realizzò Oliver, «Mi stai suggerendo che avesse più interesse a dire il vero, in modo che, se avessi cercato conferma altrove, nessuno potesse smentirlo?»
«Proprio così» confermò Dalila. «Chi si sente messo alle strette e viene interpellato a proposito di faccende che non può spiegare mente, chi non ha nulla da nascondere non inventa storie che, se ribaltate, potrebbero metterlo in cattiva luce. Piazzi avrebbe tranquillamente potuto evitare di incontrarti. Invece è venuto e ti ha raccontato com’è nata “Miss Vegas”, ammettendo di conoscere Mirko al punto tale da potere considerare pubblicabile un testo che aveva ricevuto da lui via e-mail e da incaricarlo di scrivere articoli che potessero promuoverla.»
«Non capisco perché abbia scelto proprio lui.»
«Credo sia molto semplice: gli serviva qualcuno che fosse in grado di scrivere e di far conoscere quella canzone anche a chi non l’avrebbe mai considerata. Pensando che fosse stato Mirko a scriverne il testo, sarà stato ancora più incentivato.»
«Chi ha scritto il testo di quella canzone, voleva che Tina lo sentisse. Come poteva esserne certo?»
«Credo che tu stia facendo il passo più lungo della gamba, Fischer.»
«Non capisco.»
Dalila spiegò: «Far arrivare quella canzone alle orecchie di Tina era un lavoro senza dubbio complicato. Allo stesso modo, era difficile ipotizzare che leggesse gli articoli che la screditavano. Lascia perdere il fatto che lo facesse comunque: chi ha scritto gli articoli non poteva saperlo. Però li scriveva ugualmente: non voleva arrivare alla Menezes, voleva arrivare a un grande pubblico. Allo stesso modo, “Miss Vegas” doveva arrivare al grande pubblico. Prima o poi qualcuno avrebbe ipotizzato che potesse essere una canzone sulla Menezes. Magari, inavvertitamente, qualche sconclusionato che si autoproclama “content creator” avrebbe potuto addirittura sceglierla come colonna sonora per un video celebrativo della sua vittoria di Las Vegas. Tra un paio di mesi il campionato tornerà su quel circuito, quale occasione migliore?»
Oliver osservò: «Questo implicherebbe dovere aspettare mesi e mesi. La canzone è uscita diverso tempo fa.»
«Al nostro uomo - o alla nostra donna - la pazienza non sembra mancare» rimarcò Dalila. «Se ha iniziato a perseguitare Tina addirittura tre anni fa, significa che non ha alcuna fretta di colpirla in maniera definitiva. Forse un giorno lo farà, ma prima vuole divertirsi a tormentarla e farlo il più a lungo possibile. Dal suo punto di vista, non deve essere molto importante che “Miss Vegas” venga associata a lei adesso o in futuro. Se non escono pettegolezzi su “Miss Vegas”, c’è sicuramente spazio per qualcos’altro. Infatti, come ben sai, è venuto fuori il finto stralcio di autobiografia... e verrà fuori qualcos’altro, se a poco a poco gli attacchi si fanno più diretti.»
«Deve esserci una mente molto contorta, dietro.»
«Assolutamente. Una mente disposta a uccidere, peraltro, visto la fine che ha fatto Mirko.»
Oliver abbassò lo sguardo. Le parole di Tina gli riecheggiarono in testa.
«E se fossero due faccende del tutto separate?»
«Non siamo in un giallo in cui ci sono sottotrame messe per confondere le idee del lettore» ribatté Dalila. «Dobbiamo essere realisti.»
«Io sono realista» chiarì Oliver. «Cerco tutte le soluzioni possibili, nella speranza di arrivare a qualcosa di sensato.»
«Non ho dubbi che ce la farai» rispose Dalila, «Ma ti consiglio, appunto, di focalizzarti sulle idee di buonsenso. Ammetto che non c’è molto che tu possa fare, dalla cucina/ studio di casa tua, ma forse Tina riuscirà a farti incontrare di nuovo qualcuno dei vostri “amici”.»
Oliver puntualizzò: «Sto già facendo molto anche dalla mia cucina/ studio. Ho parlato con qualcuno, anche se non di persona, e chissà, magari mi hanno anche detto qualcosa di utile. Al momento, però, sono ancora in alto mare.»
«Vuoi riferirmi qualcosa?» suggerì Dalila. «Forse, parlandone in due, potremmo arrivare a un ragionamento sensato.»
«Preferirei parlarne con la Menezes.»
«La Menezes è troppo coinvolta. Immagino che tu abbia dei sospetti su persone alle quali è legata, o delle quali si fida.»
«Effettivamente Veronica Young e suo marito non sono potenziali colpevoli che accetterebbe molto di buon grado» ammise Oliver, «Ma devo ammettere che non c’è molto che io abbia contro di loro, al momento.»
«Dato che non puoi averli incontrati nella cucina/ studio di casa tua - mi rifiuto di credere che siano venuti da te - devi avere fatto qualche altro tipo di ricerca» osservò Dalila. «Ti va di parlarmi delle tue fonti?»
«Nessuna ricerca e nessuna fonte» chiarì Oliver. «Solo una videochiamata.»

***

Tina doveva essersi impegnata parecchio, per essere riuscita a convincere i coniugi Young a presentarsi all’orario e al link stabilito. Veronica non appariva nemmeno troppo inferocita, né desiderosa di rivolgere a Oliver parole poco gentili. Soltanto Scott si lamentò a proposito della necessità di fare presto, perché c’era una partita di rugby alla televisione, di lì a poco, ma venne prontamente silenziato dalla moglie.
«Buongiorno Fischer» disse Veronica, scandendo bene le parole. «È davvero un piacere incontrarti, anche se sarebbe stato di gran lunga molto meglio farlo a tu per tu. A cosa devo l’onore di questo appuntamento? Dal momento che ho già un marito e che è anche qui presente, dubito che tu voglia farmi una proposta di matrimonio.»
Nessuna parola poco gentile, questo no, ma senz’altro era un’ironia molto pungente. Oliver non volle darle peso e la informò: «Come ben saprai, su incarico di Tina, sto investigando su certe questioni che la riguardano.»
«L’avevo intuito» ribatté Veronica. «Non saprei dire se Tina abbia fatto bene o male a rivolgersi a te, ma sarà senz’altro un’esperienza che si ricorderà per tutta la vita. Io stessa non mi dimenticherò mai di te, lo sai bene.»
Scott intervenne: «Io non c’entro nulla, con Tina Menezes. L’ho incontrata qualche volta, ma non faccio più parte di quel mondo.»
«Lo so perfettamente, Young» mise in chiaro Oliver, «Infatti non ti chiederò di analizzare i risultati di Tina Menezes al volante di una monoposto della Pink Venus, né di fare un confronto con quelli di Amber Thompson. Stai tranquillo, sei in una botte di ferro, anche se probabilmente preferiresti essere in una botte di vino, in modo da avere qualcosa da bere durante la partita.» Se Veronica Young poteva permettersi di essere sarcastica, non vedeva perché gli fosse precluso il fare altrettanto. «Non voglio dilungarmi troppo, perché la stessa Tina non ha piacere che tutto venga alla luce per filo e per segno. Vorrei parlarvi, piuttosto, della festa avvenuta dopo il Gran Premio di Singapore di tre anni fa.»
Veronica puntualizzò: «Ero contraria, non ero affatto convinta che fosse una buona idea. Sono stati gli organizzatori del gran premio, però, che hanno insistito tanto. Non potevamo rifiutare. Scott, ovviamente, non c’era, era chiuso qui, in casa.»
«Confermo» disse Scott. «Ho sempre preso l’emergenza sanitaria molto sul serio.»
«Buon per voi, ma non vi ho convocati per chiedervi questo» ribatté Oliver. «Il punto su cui vorrei soffermarmi è, piuttosto, quello che è successo dopo quella festa. Tina sospetta che qualcuno le abbia messo della droga nel bicchiere.»
Scott azzardò: «Come fanno certi stupratori?»
«Proprio così.»
«Tina è stata violentata?»
«No.»
«Quindi» chiese conferma Scott, «Qualcuno l’ha drogata come se volesse violentarla, però non l’ha violentata?»
«Più o meno» rispose Oliver. «Naturalmente mi sono chiesto, fin da quando ne sono venuto al corrente, come mai qualcuno avrebbe dovuto commettere una simile azione, quale fosse il suo scopo. Secondo Tina, il colpevole avrebbe deciso, all’ultimo, di tirarsi indietro, dopo avere avuto un ripensamento.»
Scott sbuffò.
«Come se i maniaci avessero dei ripensamenti!»
«Appunto» convenne Oliver. «L’idea che mi sono fatto, di conseguenza, è che non ci fosse dietro un violentatore, ma qualcuno che voleva semplicemente spaventare Tina. Le ha messo qualcosa nel bicchiere, più tardi si è introdotto nella sua stanza e ha fatto in modo - non scenderò nel dettaglio - che Tina si convincesse di essere scampata in extremis a un tentativo di stupro.»
Per la prima volta da quando Oliver aveva introdotto l’argomento, Veronica disse: «Lo so, Tina me ne ha parlato.»
«Tre anni fa?»
«No, di recente.»
Scott osservò: «Non ne sapevo niente.»
«Certo che non ne sapevi niente!» esclamò Veronica. «Cosa credi, che venga a riferirti le confidenze della Menezes?»
«Ti avrà detto anche di chi sospettava» osservò Oliver. «Ryan Harvey era presente, quella notte, ma non si è mai avvicinato al bicchiere di Tina. Anzi, quando Tina e Harvey si trovavano mediamente l’una vicina all’altro, non c’erano bicchieri in giro.»
«So anche questo.»
«Come lo sai?»
«Ne ho parlato con Edward. Mi sono ricordato che era presente allo stesso tavolo di Ryan e Amber.»
«Quindi hai parlato con Roberts del presunto tentativo di stupro?»
«No, sono stata piuttosto vaga» chiarì Veronica, «Ma non mi stupirebbe che Edward lo sia venuto a sapere, in un modo o nell’altro. Mi ha confidato di avere parlato con Ryan di quella festa, di recente, e non posso fare altro che pensare che, nel tentativo di pararsi il fondoschiena, Ryan abbia cercato qualcuno che potesse aiutarlo.»
Oliver volle sapere: «Pensi che Edward stia mentendo per proteggerlo?»
«Non penso proprio» ribatté Veronica, «Anche se mi è venuto il dubbio che Ryan, approfittando del tanto tempo passato da allora, l’abbia influenzato al punto da spingerlo a ricordare le cose a modo suo.»
«Mhm...»
«Non sei convinto, Fischer?»
«Potrei anche convincermi della colpevolezza di Ryan Harvey» ammise Oliver, «Se non ci fosse Edward Roberts ad affermare che è totalmente impossibile che sia stato lui a mettere qualcosa nel bicchiere di Tina. Per fortuna di Harvey, Roberts mi sembra una persona credibile e non avrebbe alcuna ragione logica per coprirlo, se sapesse che ha commesso un’azione simile.»
«È più o meno la conclusione a cui sono arrivata io.»
«Quindi chi pensi ci sia dietro?»
«Non penso. Sono una team principal, non una detective. Credo che Tina abbia sbagliato a non sporgere denuncia e che, se davvero esporrà Harvey alla pubblica indignazione sui social, potrebbe rischiare di farsi molto male. Tutti le daranno ragione, in un primo momento, e chiederanno la testa di Ryan. Solo che, se riuscisse a dimostrare che la sua colpevolezza è impossibile, poi anche Tina perderebbe di credibilità. Non fraintendermi: sui social anche gli innocenti continuano a rimanere colpevoli, indipendentemente dall’essere stati scagionati, ma ci sarà pur sempre chi farà notare le accuse fasulle. Se Ryan non è colpevole, ne usciranno distrutti entrambi.»
Oliver affermò: «La penso come te.»
Veronica gli strizzò un occhio.
«Questo è un mezzo miracolo, ne sei consapevole?»
«Eccome, se ne sono consapevole» ribatté Oliver. «Adesso, però, metterei un attimo da parte questa storia, perché avrei delle altre domande da farti. Per esempio, ti ricordi un’intervista per la TV spagnola a cui hanno preso parte Tina e Amber nella stagione successiva?»

***

Veronica non ricordava perfettamente l’intervista a cui Oliver si stava riferendo, anche perché, per sua ammissione, c’erano state tante interviste doppie con la Menezes e la Thompson protagoniste. Le aveva chiesto se avesse mai accompagnato Tina in uno studio televisivo, in quel periodo, ma la Young aveva negato con fermezza.
«Mi ha detto che Tina andava sempre da sola a quel genere di eventi» spiegò Oliver a Dalila, «E al massimo portava con sé Claudia Leonardo.»
«La personal trainer?»
«Proprio lei.»
Dalila ridacchiò.
«Ti sei cacciato in un bel guaio, Fischer. Credo che ti converrebbe ripensarci, allontanarti da Tina. Non sarete mai in due, ci sarà sempre la sua preparatrice atletica a farvi da chaperon. Non è questo che vuoi, ne sono sicura.»
«Quello che voglio non ti riguarda» la mise a tacere Oliver, «E non è di questo che stavamo parlando. Di fatto, se quello che mi ha riferito Veronica corrisponde a verità, non potrebbe avere imbrattato quello specchio con il rossetto. Né esiste la possibilità che sia stato suo marito.»
Dalila ribatté: «Mi sembra scontato. Non credo che Scott Young se ne vada in giro con il rossetto in tasca.»
«Tutt’altro che scontato, invece» replicò Oliver. «Se pensi al rossetto, ti viene da fare due più due e a concentrare i tuoi sospetti non solo su una donna, ma su una donna che si trucca e che ne fa uso. Invece credo non ci sia niente di più semplice che entrare in un negozio che vende cosmetici e comprare un rossetto passando inosservato. Oppure potrebbe essere altrettanto semplice rubarne uno: non è uno di quegli effetti personali che si custodisce come se fosse il bene più prezioso al mondo. Sono certo che, se venissi a casa tua e ti chiedessi di usare il bagno, potrei trovarne uno e portarmelo via senza che tu te ne accorga, quantomeno nell’immediato.»
«Giusta osservazione» si arrese Dalila. «Di cos’altro hai parlato con i coniugi Young?»
«Degli articoli.»
«Cosa ne pensa?»
«Che, chiunque sia stato a scriverli, Tina non avrebbe dovuto perdere tempo a leggerli» rispose Oliver. «Non mi aspettavo niente di diverso, da parte sua. A sua volta le è capitato molto spesso che venissero pubblicati dei pezzi poco lusinghieri sul suo conto. Veronica se ne frega, di queste cose, è molto probabile che fosse sincera.»
«Del pezzo uscito sul blog di Mirko, invece, cosa ne pensa?»
«Pensa a qualcosa che io e te non abbiamo notato.»
«Ovvero?»
«Ovvero che è ben articolato e sembra scritto da una persona che con la scrittura ci sa fare. Obiettivamente ha ragione. L’ho riletto e non sembra essere molto differente dallo stile di Mirko.»
Dalila spalancò gli occhi.
«Quindi sarebbe stato proprio lui a scriverlo?»
«Non lo posso escludere.»
«Perché avrebbe dovuto farlo? E perché tirare in mezzo proprio Ryan?»
«È una bellissima domanda, la tua» ammise Oliver, «Ma per il momento non ho risposta. I coniugi Young non hanno saputo dirmi altro e mi sono dovuto accontentare, passando oltre. Allora mi sono concentrato su Shin Jung.»
«Shin Jung?!»
«Ex pilota asiatico, grande amico di Tina ai tempi della Formula 3 Brasiliana.»
Dalila azzardò: «Non possiamo saltare da un discorso all’altro. Stavamo parlando di Ryan Harvey, poco fa.»
«E ci torneremo, a Ryan Harvey» la rassicurò Oliver. «Prima, però, ti devo raccontare molto altro. Abbiamo parlato a lungo, io e Shin. Mi ha detto un sacco di cose interessanti.»
«Non lo metto in dubbio, ma non vorrei che corressimo il rischio di perdere di vista quello che conta davvero.»
«Non sappiamo che cosa conti davvero. Quello che è certo è che sia a Singapore sia con il messaggio sullo specchio è venuto fuori il nome di Manuel Serrano. Veronica Young non poteva illuminarmi sulle vicende della Formula 3 Brasiliana, Shin Jung sì, quindi credo sia stato un bene ascoltare quello che aveva da dirmi.»
Dalila annuì.
«Sì, forse hai ragione. Raccontami com’è andata, ti ascolto.»

***

Shin Jung aveva l'aria molto più sobria che in gioventù e sembrava avere staccato totalmente dalla vita di un tempo. Nonostante ciò, aveva accettato un "incontro virtuale" con Oliver senza fare troppe domande. Appariva piuttosto disteso, con la sua immagine lievemente deformata dalla webcam.
«Così tu sei il nuovo fidanzato di Tina» esordì. «Mi fa piacere che finalmente abbia trovato qualcuno con cui si trova bene. Sei il primo fidanzato che mi presenta.»
«Il secondo?» azzardò Oliver. «Manuel Serrano l'hai conosciuto, che io sappia.»
«Manuel Serrano lo conoscevo già, ben prima che si mettesse insieme a Tina» puntualizzò Shin. «Se tu non ti fossi messo con lei, non ti avrei conosciuto mai.»
Oliver lo informò: «Non ti ho chiamato semplicemente perché, preso dalla curiosità, volessi conoscerti. So che tu e Tina eravate grandi amici e che siete sempre rimasti in contatto, ma ti ho chiamato per un altro motivo. Tina è stata vittima di certi attacchi piuttosto sgradevoli e sto cercando di scoprire chi ci sia dietro, specie considerato che un giornalista mio collega al quale si era rivolta tempo fa in cerca di aiuto è stato assassinato. La farò breve: temiamo che possa esserci un punto di contatto e, per questo motivo, ho bisogno di chiederti alcune cose.»
«Un giornalista assassinato?» ripeté Shin. «Brutta storia, ma sei sicuro che abbia a che vedere con Tina?»
«Non al cento per cento, ma entrambi lo sospettiamo fortemente.»
«E io? Come posso aiutarti? Non so niente di questo giornalista.»
«No, certo, ovvio che non puoi saperne niente. Però hai conosciuto Tina molti anni fa e ci sono alcuni aspetti su cui potresti illuminarmi. Naturalmente mi sono già fatto raccontare da lei come siano andate le cose, ma un paio d'occhi in più non guasta. A Tina potrebbe essere sfuggito qualcosa che invece tu hai notato.»
Shin affermò: «Sarei molto lieto di darti una mano.»
«Ottimo, allora» rispose Oliver. «Tu e Tina vi siete incontrati tre anni fa, in occasione del Gran Premio di Singapore. Puoi parlarmi di quel vostro incontro? Cos'è successo?»
«In realtà, Tina voleva vedermi ed è riuscita a convocarmi con un escamotage dentro un locale in cui si svolgeva una festa privata, a cui non avrei mai dovuto andare» gli confidò Shin. «Mi rendo conto che ciò non fa di me una persona saggia e non sono fiero di avere violato le leggi anti-coronavirus, ma non vedevo Tina da anni e, se non avessi approfittato di quell'occasione, probabilmente non ce ne sarebbero state altre.»
«Non ti sto giudicando» gli assicurò Oliver. «Sto dando la caccia a un possibile assassino, non a chi si è introdotto di soppiatto a un evento privato. Parlami di Tina, piuttosto. Come stava? Era sobria? Avete bevuto?»
Shin rievocò: «Tina stava bene, era al settimo cielo dopo avere conquistato i primi punti per la Pink Venus in seguito all'unificazione dei due campionati. Le squadre che venivano dalla Diamond Formula erano tutte in difficoltà, alcune erano già fallite e il solo ottenere un decimo posto sembrava quasi una vittoria, a quei tempi.»
«Vi siete visti dentro al locale» insisté Oliver. «Avete bevuto qualcosa insieme?»
«Tina non voleva che passassimo dei guai se qualcuno mi avesse scoperto là dentro» chiarì Shin. «Siamo andati fuori, ci siamo messi a parlare. Non abbiamo bevuto niente. Non avevamo nulla da bere. Non ci siamo nemmeno tolti le mascherine, non le ho nemmeno visto la bocca, figurarsi se potevo vederla portarsi alle labbra un bicchiere, o una cannuccia.»
«E poi?»
«Poi è tornata dentro.»
«Sobria?»
«Sobria.»
«Sei completamente sicuro che non fosse sotto l'effetto di alcolici?» volle sapere Oliver. «Né ti ha dato l'idea di avere consumato droghe?»
«Droghe?» A Shin sfuggì una risata. «Che domanda è? Certo che no, non aveva fatto uso di droghe, né era ubriaca. Non posso assicurare che non avesse consumato nemmeno una goccia d'alcool prima, ma di certo non mostrava la minima alterazione.»
«Ti ringrazio per la spiegazione. Scusami se le mie domande ti sembrano assurde, ma ti assicuro che c'è un motivo se te le sto rivolgendo.»
«Non l'ho mai messo in dubbio. Mi dispiace solo non poterti dire altro.»
Oliver obiettò: «Invece potresti dirmi molto di più. Tina ti ha parlato di un uomo che si fa chiamare Axel?»
«Mi ha accennato a una sua relazione ormai finita, ma non mi ha detto molto» rispose Shin. «So solo che era separato dalla moglie e che intendeva divorziare, poi ha cambiato idea ed è tornato insieme a lei. Tina non l'ha presa male, se lo aspettava.»
«Chi altro sapeva della loro relazione?»
«Qualcuno lo sapeva, ma nessuno sapeva chi fosse.»
«Nemmeno tu?»
«L'avevo capito. Sapevo che a Tina questo "Axel" piaceva e, da come me l'ha descritto, non ho mai avuto dubbi.»
«Veronica Young sapeva di loro?»
«Ne dubito. Tina non aveva l'abitudine di parlarle della sua vita privata.»
«Edward Roberts, invece?»
«Non penso che Tina gli avesse rivelato l'identità di "Axel", se anche sapeva.»
Non c'era altro che valesse la pena di chiedere a proposito di sull'argomento, quindi Oliver passò oltre.
«Hai conosciuto bene Dalma Hernandez?»
«Dalma Hernandez» ripeté Shin. «Non mi aspettavo questa domanda. Mi era parso di capire che stessimo parlando di fatti molto più recenti.»
«A volte i fatti recenti hanno fondamento nel passato» sentenziò Oliver. «Non è bene, quindi, lasciare da parte quello che succedeva molti anni fa. Conoscevi bene la Hernandez?»
«La conoscevo, ma non così bene» rispose Shin. «Non sono sicuro di poterti aiutare in qualche modo.»
«La Hernandez gestiva la squadra di famiglia, quando Tina e Manuel Serrano erano i suoi piloti» ricordò Oliver. «Tina ti parlava mai di tensioni interne tra di loro?»
«Io ero un avversario, Tina non veniva certo a raccontarmi per filo e per segno che cosa capitasse tra di loro» precisò Shin. «Il massimo a cui si spingeva era qualche confidenza sulla sua vita privata. Stava insieme a Manuel, a quei tempi, ma la loro rivalità in pista stava deteriorando la loro relazione.»
«Tina voleva lasciarlo?»
«Non me l'ha mai detto.»
«Manuel, invece, voleva lasciare Tina?»
«Tina non mi ha mai raccontato nemmeno questo.»
«La Hernandez come si inseriva in tutto ciò? Era schierata dalla parte di Serrano, oppure da quella della Menezes?»
«Dalma Hernandez era una team principal e voleva la vittoria finale. Suo zio aveva fatto delle valutazioni e, quando aveva dovuto lasciarle il proprio ruolo per gravi problemi di salute, Dalma aveva tenuto conto di quelle valutazioni. Non c'erano complotti, semplicemente Serrano era considerato, ai tempi, il pilota che, tra i due, avrebbe avuto più possibilità di vittoria.»
«I due, però, erano entrambi convinti che la Hernandez favorisse l'altro, se non ho capito male.»
«Sai, Fischer, a quei tempi anch'io ero convinto di essere uno dei migliori piloti al mondo e che tutto mi fosse dovuto. Poi sono tornato alla realtà: per quanto fosse vero che i ragazzi più ricchi e sponsorizzati di me andavano avanti molto più facilmente, è altrettanto vero che i potenziali sponsor che non mi consideravano si stavano perdendo solo uno qualsiasi. Ho cambiato strada, più avanti, ma non penso che il mondo dell'automobilismo abbia perso il suo migliore rappresentante. Ero uno dei tanti, anche se c'è stato un periodo in cui la pensavo diversamente.»
Oliver valutò per qualche istante il significato di quelle parole, infine chiese: «Cosa vuoi dire?»
Shin sorrise.
«Te lo spiego più facilmente: eravamo tutti convinti delle nostre capacità e sempre pronti a screditare compagni di squadra o avversari. Hai parlato del rapporto tra Tina e Manuel. Per spiegartelo in termini semplici, ciascuno dei due era assolutamente convinto della propria superiorità nei confronti dell'altro. Manuel pensava che battere Tina gli fosse dovuto e, se non succedeva, ci fosse qualcosa sotto. Tina invece pensava che, se Manuel vinceva, non fosse per merito suo, ma perché era il favorito degli Hernandez. Questo non significa necessariamente che le loro convinzioni personali fossero vere.»
«E dopo la morte di Manuel?» chiese Oliver. «Hai avuto l'impressione che Tina fosse particolarmente turbata?»
«No, turbata non è la parola giusta.»
«Non era turbata dalla morte di Serrano?»
«Tutti eravamo turbati, ma non Tina» chiarì Shin. «Lei era devastata, letteralmente. Con l'incidente di Serrano qualcosa, in lei, è cambiato per sempre, nonostante si sforzasse di nasconderlo. Poteva riuscirci con tutti, perfino con quell'uomo che pendeva dalle sue labbra, ma non con me.»
«Un uomo che pendeva dalle sue labbra?» chiese Oliver. «Di chi parli?»
«Era l'assistente della Hernandez, non so che funzioni avesse esattamente» rispose Shin. «Era un italiano, credo, non ricordo il suo nome.»
«Donato Franzoni?»
«Sì, Donato, si chiamava così. Era convinto che Tina avesse più talento di Serrano e, con il fatto che Dalma lo tenesse molto in considerazione, Manuel doveva temere per la propria posizione. Credo che anche lui sia rimasto piuttosto sconvolto dalla morte di Serrano: dopo poco tempo ha lasciato il team.»
«Come mai?»
«Non lo so, forse dissapori con Dalma Hernandez. Entrambi erano certi di potere vincere il campionato, ma la morte di Serrano ha cambiato tutto. Lo so, può apparire un po' squallido pensare a tutto il resto, ma c'erano comunque degli interessi economici belli grossi. C'erano sponsor che non volevano essere associati alla morte, nell'immaginario collettivo, quindi hanno abbandonato il team. Sai come funziona: quando la nave affonda, ciascuno cerca di salvarsi, fregandosene degli altri. Deve essere successo qualcosa del genere. Mi dispiace sia per Dalma sia per l'assistente italiano. Erano un'ottima squadra e avrebbero potuto ottenere molto. Invece, a causa della morte di Manuel, è finito tutto. Tina è stata molto fortunata a non affondare. Credo che a Donato sia dispiaciuto doversi separare da lei, credo la vedesse un po' come la figlia che non aveva mai avuto. Però, ne sono certo, avrà senz'altro festeggiato i suoi successi, anche quelli degli ultimi anni.»
«E tu?» buttò lì Oliver. «Tu cosa ne pensi dei successi di Tina?»
«Non si è mai arresa di fronte alle difficoltà, non ha mai scelto di cambiare strada» disse Shin. «Apprezzo molto il fatto che sia riuscita non solo a inseguire sempre le sue passioni, ma anche a ottenere dei risultati concreti.»
«Diversamente da te?»
«Non fraintendermi, non mi sono mai pentito di avere lasciato le competizioni. Avrei potuto accontentarmi di gareggiare a livello più basso, costruirmi comunque una carriera di successo. Invece ho preferito dedicarmi ad altro. Non sono invidioso di chi è andato avanti e ha ottenuto risultati. Non mi chiedo mai come sarebbe stata la mia vita, se avessi continuato a fare il pilota. Chissà, magari avrei fatto io stesso la fine di Manuel Serrano.»
Oliver puntualizzò: «Tina, però, è sopravvissuta.»
Shin annuì.
«Sì, certo, è sopravvissuta, ma se l'è vista molto brutta, una decina d'anni fa, in quell'incidente durante un test di Indycar.»
«Sì, ne so qualcosa.»
«Te ne ha parlato?»
«Conosco la sua carriera passata: sono un giornalista sportivo e scrivo di corse automobilistiche. Preferisco conoscere ciò di cui parlo anche se, devo ammetterlo, non tutti i miei colleghi la pensano allo stesso modo.»
«Davvero strano» osservò Shin. «Quell'incidente è stato un grande punto di rottura, per lei. È curioso che non ne abbia parlato proprio con te, che sei - cito testualmente le sue parole - l'uomo della sua vita.»
«So che ha rischiato molto.»
«Moltissimo, direi. Non mi piace parlare di miracoli, ma se è mai accaduto un miracolo, allora è il fatto che non sia morta, quel giorno.»
«So che ha riportato un trauma cranico.»
«Un enorme trauma cranico. Si è ripresa molto bene, ma non era per niente scontato.»
Oliver rabbrividì.
«Sì, posso capire.»
«No, non puoi» replicò Shin. «Non perché tu abbia qualcosa di meno di me, nemmeno io posso capire a pieno.»
Oliver insisté: «Invece credo di essere proprio la persona che meglio può capirla. Da ragazzino sono caduto da una scala e ho battuto violentemente la testa. Ero stato dato per spacciato, ma sono sopravvissuto.»
«Oh, mi dispiace.»
«Non fa niente. Anche per me è stato un grande punto di rottura, quello.»
«Vorrei dirti che posso immaginare, ma penso che avresti tutto il diritto di dirmi che non posso.»
Oliver lo rassicurò: «Non fa niente, davvero, non potevi sapere. Non mi sono offeso e, anche se tu avessi saputo, non mi sarei offeso comunque. Ogni storia è a sé. Cosa intendi dire, quando sostieni che per Tina sia stato un punto di rottura? Io l'ho vissuta a modo mio, ma per lei sarà stato diverso, immagino.»
«È cambiata» rispose Shin, «È cambiata molto.»
«Come se avessi a che fare con un'altra persona?» chiese Oliver.
«Oh, no, non a quel punto» specificò Shin. «Si vedeva che era sempre Tina, ma ho avuto l'impressione che il suo modo di vivere fosse cambiato. Prima dell'incidente la vedevo molto malinconica, come se avesse dei tormenti interiori. Posso immaginare che il tutto dipendesse dalla tragica morte di Serrano.»
«E dopo?»
«Dopo sembrava che si fosse finalmente convinta ad andare avanti, un po' come se sopravvivere all'incidente fosse stato una seconda opportunità e non dovesse lasciarla svanire.»
«Quindi» concluse Oliver, «Dopo il suo incidente, invece di abbattersi, ha deciso di vivere la vita in modo più positivo.»
«Sia la vita, sia le corse in generale» rispose Shin. «Credo sia stato proprio per questo, se è riuscita a prendere le decisioni giuste e ha accettato l'ingaggio da parte della Pink Venus. È stata la sua fortuna ed è un vero peccato che quell'avventura si sia conclusa.»
«Inizialmente c'era chi non era molto convinto.»
«Oh, sì, dopo l'unificazione dei due campionati si parlava molto del fatto che i piloti venuti dalla Diamond Formula non fossero abbastanza meritevoli. Sono tutte assurdità, a mio parere, ma io non sono nessuno per affermare il contrario degli addetti ai lavori. Tina era considerata più per la sua immagine che per i suoi risultati, c'era chi affermava che la Pink Venus volesse solo utilizzarla per la sua popolarità e non certo per le performance. Trovo che Roberts sia stato un ottimo pilota, ma sono felice che sia stata Tina a ottenere quel primo punto, a Singapore. Fare tacere i critici rimane un'impresa molto difficile, ma è un piacere, per me, sapere che c'è riuscita.»
«Qualcuno, però, continuava a criticarla.»
«Anche se vinci quattro mondiali di fila, c'è sempre chi ti critica. Figuriamoci chi, come Tina, ha ottenuto solo una vittoria.»
Oliver puntualizzò: «È stata una vittoria storica, soprattutto ottenuta con una squadra che, sulla carta, non poteva puntare alla vittoria.»
«In quei casi» ribatté Shin, «Ci sono due possibilità.»
Oliver non faticò a comprendere dove volesse andare a parare.
«Essere idolatrato, oppure essere tacciato di avere rubato la vittoria a piloti o squadre più meritevoli.»
Shin ridacchiò.
«Vedo che capisci perfettamente come funziona il mondo, Fischer.»
«Sì, non ho grosse difficoltà a immaginarmelo. Peraltro Tina aveva avuto un incidente nella prima sessione di prove libere, quello stesso fine settimana, e c'era già chi invocava il suo licenziamento a stagione in corso.»
«La cosa non mi sorprende e, devo ammetterlo, le cose sono addirittura peggiorate, rispetto ai miei tempi. Quando ero un pilota io, almeno i media e i telecronisti televisivi avevano la decenza di non screditarci gratuitamente, lasciavano che ci pensassero i tifosi che guardavano le gare al bar. Adesso le cose sono cambiate: articoli e servizi televisivi sembrano spesso fatti su misura proprio per i tifosi da bar.»
Oliver ammise: «È proprio quello che intendevo, a proposito dei miei colleghi.»
Inaspettatamente, Shin cambiò argomento: «Mi stupisce che Tina non si sia tagliata i capelli, dopo la vittoria, ho sempre pensato che l'avrebbe fatto.»
Era una considerazione del tutto slegata al discorso che avevano fatto fino a quel momento e Oliver non ne comprese il significato.
«Cosa vuoi dire?»
«Glieli avevano rasati per operarla alla testa.»
«Quando ha avuto l'incidente in Indycar?»
«Proprio quella volta. Ha deciso che non li avrebbe più tagliati, a parte per pareggiarli quando le punte diventavano indecenti.»
Oliver osservò: «Questo è un retroscena molto interessante.»
«Eccome se lo è» ammise Shin, «E mi stupisce che non te l'abbia raccontato. Sei sicuro di essere l'uomo giusto per lei?»
«Non lo so, solo il tempo ce lo dirà.»
«Scusami, non volevo essere scortese, però mi sorprende davvero che non abbia condiviso con te qualcosa di così importante, per lei.»
Oliver cercò di minimizzare, limitandosi a chiedere: «Perché credevi che si sarebbe tagliata i capelli?»
«Perché quella vittoria simboleggiava la rinascita, per lei, a mio parere» rispose Shin. «Diceva che la sua personal trainer le aveva consigliato di tagliarli, per dimenticarsi di quell'incidente, di non tenere fede a quella promessa che aveva fatto a se stessa in un momento difficile. Tina, per metterla a tacere, le aveva detto, una volta, che si sarebbe tagliata i capelli se avesse conquistato una vittoria importante. O almeno, così mi ha riferito. Ammetto che non sembrava molto convinta, quando me ne ha parlato, ma so che la sua personal trainer, che lavora per lei da moltissimi anni, ha sempre avuto una certa influenza su di lei.»
«Un'influenza positiva?»
«Diciamo.»
«Non troppo positiva?» azzardò Oliver, dato che Shin non pareva convinto.
«Ho sempre pensato che fosse un po' troppo invadente» gli confidò Shin. «Mi raccomando, non riferirlo a Tina, che andrebbe subito a parlarne con Claudia. Non è vecchia abbastanza per essere sua madre, ma mi è sempre sembrata una di quelle donne che, vantandosi di essere aperte di vedute, si atteggiano a confidenti delle figlie, e in questo modo tengono indirettamente sotto controllo ogni dettaglio della loro vita privata. So che non è un modo molto positivo di vedere quella donna, ma rimango del parere che, sotto questo punto di vista, Tina avrebbe fatto meglio a staccarsi da lei. Si capisce che Claudia le è affezionata, ma rischia di diventare una presenza asfissiante, magari non per Tina, ma per chi le sta intorno. Immagino che te ne sia accorto anche tu: la privacy esiste, ma solo quando la personal trainer non è nei paraggi.»
Oliver preferì non dire nulla che potesse smascherarlo: sarebbe stato meglio se Shin avesse continuato a crederlo il fidanzato di Tina. Decise di cambiare argomento, domandandogli: «Tu conosci Ryan Harvey o sbaglio?»
«Lo conosco» confermò Shin. «Ci ho avuto a che fare, in passato. Ai tempi non era ancora fidanzato con Amber. Non ho capito che cosa sia successo tra lui e Tina.»
«Tina ti ha mai parlato di lui, in questi anni?»
«No.»
«La cosa non ti ha stupito?»
«Perché avrebbe dovuto? Era solo una conoscenza comune, né io né Tina l'abbiamo mai frequentato.»
«Quindi» volle sapere Oliver, «Non sapresti dirmi se è una persona di cui ci si può fidare?»
«Non ne ho la più pallida idea, tutto ciò che posso dire è che non ho mai sentito parlare male di lui» rispose Shin. «Per intenderci: non ci ho mai avuto a che fare perché non pensavo avessimo interessi in comune e, probabilmente, per lui valeva la stessa cosa. Non è che non lo frequentassi perché lo ritenessi uno da cui è meglio stare lontano.»
«La tua impressione, invece, qual è stata? Così, a pelle.»
«Di solito non mi faccio prime impressioni, su persone con cui non ho a che fare. Non so dirti se Harvey sia un tipo simpatico o meno: non ho mai avuto un particolare interesse per lui, quindi non ho mai sentito il bisogno di accertarmene.»

***

Dalila osservò: «Sembra interessante questo Shin Jung, aveva voglia di parlare.»
«Tina mi ha detto che era una specie di ciclone, in gioventù» confermò Oliver. «Mi sembra più calmo, adesso, ma non si è fatto pregare, prima di parlare.»
«Uno che non ha niente da nascondere» ribatté Dalila, «Anche se, materialmente, potrebbe esserci lui dietro ai fatti di Singapore.»
«Lo ritengo improbabile.»
«Improbabile, ma non impossibile, visto che era presente sul posto.»
«Però dubito fosse a Madrid a imbrattare specchi, o che conosca l'italiano: non può avere scritto né gli articoli, né "Miss Vegas", né il fantomatico post uscito sul blog di De Rossi. In più dubito che sia venuto in Italia per uccidere Mirko o per mettere in scena lo scippo nei tuoi confronti.»
«Me ne rendo conto» ammise Dalila, «Ma mi rifiuto di accettare l'idea che tutto quello che ti ha raccontato sia inutile.»
«Non credo che lo sia» le assicurò Oliver. «Certo, al momento mi sembra di essere in alto mare e di non avere appigli, ma sono convinto che tutto quello che ho fatto finora possa rivelarsi utile.»
«Sei ancora convinto che, tra le persone con cui hai a che fare, si nasconda il colpevole?»
«Dire che ne sono convinto è una parola molto grossa, non me la sento di spingermi così in là. Però non lo posso escludere, così come non posso escludere che la stessa Tina possa avere ancora qualcosa da nascondere.»
Dalila ridacchiò.
«Non sarà stata lei ad ammazzare Mirko e a montare un caso con tutto il resto?»
Oliver spalancò gli occhi.
«Che cazzo di idea è questa?»
«Rifletti, Fischer. Ti ha mai fatto vedere qualche scena di quel video erotico?»
«Certo che no!»
«Eppure sostiene di averne ricevute, inviate sui social. Ti ha mai mostrato qualcuno dei messaggi?»
«L'ultimo, quello in cui la persona che la contattava sosteneva di essere Mirko.»
Dalila puntualizzò: «Potrebbe esserselo mandato da sola, dato che non c'è alcuna denuncia. Gli articoli potrebbe averli scritti lei stessa perché anche la pubblicità negativa è comunque pubblicità. Lo stesso si può dire per il testo della non-canzone.»
«Singapore come te lo spieghi? Lo stesso Ryan ha confermato che è successo qualcosa.»
«Potrebbe essere un fatto slegato dal delitto, così come la scritta sullo specchio.»
«Mi dispiace deluderti, ma è impossibile che abbia commesso il delitto: ti ricordo che Tina si trovava insieme a me, la sera dell'omicidio.»
Dalila sbuffò.
«Questo, in effetti, è un grosso problema.»
«Più che un problema, lo vedo come una solida certezza» ribatté Oliver. «Sarebbe tutto molto più facile, se potessimo escluderne anche altri.»
«Invece non possiamo escludere la tua cara Selena.» Dalila ridacchiò. «Ci pensi che, al momento attuale, è una dei candidati più probabili?»
Oliver la fissò con freddezza.
«E tu non ci pensi a qualcos'altro?»
«Cosa intendi?»
«Che con Mirko ci lavoravi e addirittura te lo scopavi. Adesso sei qui che ridi e scherzi tacciando Selena di averlo ammazzato.»
Dalila sospirò.
«Non prendertela, Fischer. Se penso seriamente a quello che è successo, finisce che impazzisco. Non sono insensibile, sono semplicemente sconvolta da tutto. Vorrei tanto che tu riuscissi a risolvere il caso, sarebbe anche fantastico se la Young invitasse la Menezes nell'hospitality della Pink Venus il prossimo fine settimana e se Tina ti portasse con sé.»
«Il Gran Premio del Belgio è ormai imminente e Tina non ha ricevuto alcun invito» puntualizzò Oliver. «Veronica deve averne avuto abbastanza qualche settimana fa, in Gran Bretagna.»
«Quindi niente weekend di investigazioni a Spa Francorchamps?»
«No.»
«Peccato.»
«Perché?»
«Perché, in uno dei romanzi meno popolari di Agatha Christie, Spa è citata come città natale di Hercule Poirot. Magari portava bene per la tua indagine parallela.»
«Non credo che basti essere nella città natale di Hercule Poirot per risolvere un caso» ribatté Oliver. «Mi dispiace, Mademoiselle, ma non ce l'avrei fatta comunque.»
«Avresti potuto parlare con Amber Thompson, però» osservò Dalila. «Mi sembra che, al momento, sia quella che è riuscita a evitarti più di ogni altro.»
«Non mi dispiacerebbe avere una conversazione più approfondita con lei» ammise Oliver, «Ma per il momento non è possibile. Purtroppo non ho una libertà di azione infinita.»
«Potresti chiedere a Tina di fare da intermediaria, come è successo con Shin.»
«Non mi sembra il caso.»
«In effetti Amber potrebbe non essere molto ben disposta nei confronti di Tina, né nei tuoi.»
«Vedo che hai centrato il problema. Non mi sarebbe dispiaciuto provare a contattarla, chiederle se fosse disposta a una videochiamata, o almeno a una chat, ma ho paura che non funzioni.»
Dalila obiettò: «Questo non è il modo migliore di guardare le cose. Non ci hai neanche provato. Perché non provi a mandarle un messaggio diretto?»
Oliver preferì non esporsi troppo, si limitò a un semplice: «Ci penserò.»
Non fu necessario rifletterci a lungo, non appena Dalila lo salutò e lo lasciò solo, si fiondò a cercare il profilo della moglie di Ryan Harvey. Il suo username era @AThompsonOfficial e come immagine del profilo c'era una sua fotografia con indosso la tuta con i colori della Pink Venus.
Oliver le scrisse, cercando di essere il più elegante possibile: "Buonasera Amber, ti ricordi di me? Sono il giornalista fidanzato con Tina Menezes. Innanzi tutto ti volevo chiedere scusa per come si è comportata Tina nei confronti tuoi e di tuo marito, poi volevo chiederti se posso farti qualche domanda su un fatto che riguarda Tina, accaduto diversi anni fa. Fammi sapere tu se possiamo sentirci in altro modo o se posso scriverti qui."
Sperò che la Thompson gli rispondesse, anche se temeva di essere bloccato, ma per molto tempo non successe nulla. Erano passate quasi tre ore, quando Amber diede segni di vita.
@AThompsonOfficial: "Salve Oliver, certo che mi ricordo di te. Ti sei anche incontrato con Ryan per discutere di qualcosa che aveva a vedere con Tina. Non ha voluto dirmi nello specifico di cosa si trattasse, ma ho capito che ha a che vedere con il video che ha pubblicato Tina poco tempo fa. Puoi scrivermi qui."
Oliver tirò un sospiro di sollievo. Stava andando meglio del previsto, e doveva ringraziare solo Dalila, senza di lei non avrebbe mai avuto il coraggio di contattarla. Doveva scriverle subito e sperare che Amber fosse rimasta in linea.
@Oliver19_Fischer86: "Harvey mi ha raccontato, e Tina me ne ha accennato, di un fatto strano che ti è capitato due anni fa a Madrid nel camerino di uno studio televisivo. Riguarda uno specchio su cui era stata fatta una scritta con il rossetto, qualcosa su Manuel Serrano."
@AThompsonOfficial: "Mi sono trovata davanti quella scritta fatta con il rossetto. Non avevo idea di cosa significasse, ma il nome di Serrano mi è subito saltato agli occhi. Allora ho preso il cellulare e sono andata a cercare la traduzione. Mi sono spaventata, anche se sapevo che non poteva essere un messaggio contro di me."
@Oliver19_Fischer86: "L'hai cancellato tu?"
@AThompsonOfficial: "Sì. Non sapevo quale sarebbe stata la reazione di Tina e non volevo scoprirlo. Sapevo che non le piaceva parlare di Serrano e che doveva essere successo qualcosa di spiacevole tra di loro."
La versione dei fatti di Amber era del tutto identica a quella di Ryan, nonché compatibile con quella data da Tina. Restava solo un piccolo dettaglio di cui accertarsi.
@Oliver19_Fischer86: "È vero che hai lasciato dei segni di rossetto sullo specchio e che poi Tina ha commentato con te la cosa?"
@AThompsonOfficial: "Mi pare di sì, ma non ricordo con esattezza cosa ci siamo dette. Ricordo solo che con la salvietta ero riuscita a spargere il rossetto per far sparire quelle parole, ma non avevo modo di pulire bene."
Tutto tornava, tanto che Oliver avrebbe potuto ringraziarla e salutarla, ma era desideroso di soddisfare un'altra curiosità.
@Oliver19_Fischer86: "Cosa ne pensi del video che ha pubblicato Tina a proposito di tuo marito?"
@AThompsonOfficial: "Non so cosa le passi per la testa. Ryan non le ha mai fatto niente di male, questo te lo posso garantire."
@Oliver19_Fischer86: "Non voglio apparire scortese, né offenderti, ma dici questo solo perché è tuo marito, oppure perché ne sei davvero convinta?"
@AThompsonOfficial: "Voglio essere sincera con te. È possibile che qualcuno sia stato danneggiato dalle azioni di mio marito, del resto lavora per il mio interesse, quindi anche a discapito di altri, all'occorrenza. Non escludo che sia anche responsabilità sua, se la Pink Venus ha scaricato Tina e mi ha offerto il suo posto, per questa stagione, però stiamo parlando di lavoro. Basta poco per affondare e Ryan, come mio manager, fa tutto il possibile affinché io rimanga a galla. Non so se Tina ce l'abbia con lui perché lo ritiene responsabile della decisione della squadra di puntare su di me, ma non si è trattato di un attacco personale. Se al posto della Menezes ci fosse stato un altro pilota, non avrebbe fatto niente di diverso."
Oliver si disse che Amber doveva essere o molto ingenua, oppure totalmente convinta che Harvey non potesse nuocere a nessuno.
@Oliver19_Fischer86: "Sai qualcosa a proposito di un fatto accaduto tre anni fa la notte dopo il GP di Singapore? Riguarda tuo marito e Tina sotto l'effetto di alcool o droghe."
@AThompsonOfficial: "Credo che tu ti stia riferendo a una serata in cui Ryan è rimasto a parlare fino a notte inoltrata con un indonesiano che lavorava nel settore del petrolio. Speravo potessimo andarcene, ma non poteva farlo. Così sono andata via da sola, o meglio, con Edward Roberts, che ha voluto accompagnarmi in albergo. Quando Ryan è tornato, mi ero già addormentata. So che alla mattina è uscito e, in seguito, mi ha raccontato che era andato ad accertarsi che Tina stesse bene, perché dopo la serata l'aveva trovata ubriaca fradicia e l'aveva accompagnata in camera."
@Oliver19_Fischer86: "Ti ha mai raccontato nel dettaglio cosa sia successo?"
@AThompsonOfficial: "Non penso dovesse raccontarmi niente. Non doveva certo giustificarsi per avere aiutato una mia avversaria che non stava bene. Non avrei nemmeno avuto motivo di essere gelosa. All'epoca non sapevo che a Tina piacessero anche gli uomini."
@Oliver19_Fischer86: "Ti ringrazio per il tempo che mi hai dedicato e ti auguro una buona seconda parte di stagione."
@AThompsonOfficial: "Grazie a te. E, dato che mi sembra di capire che tu stia cercando delle risposte che non so darti, spero che tu possa trovarle da qualcun altro."
Furono quelle le ultime parole della loro chat. Secondo Amber, in sintesi, Ryan era l'uomo perfetto che tanti avevano creduto, almeno fino al momento del post apparso sul blog di Mirko De Rossi e del video di Tina. Oliver non era particolarmente sorpreso, dopotutto Amber l'aveva sposato, ma aveva sperato in qualche dettaglio in più. Ce n'era comunque uno piuttosto importante, che la Thompson gli aveva rivelato senza rendersene nemmeno conto. Nonostante la Menezes gli avesse parlato solo di uomini, quando aveva ripercorso la sua vita sentimentale e sessuale passata, non era la prima volta che qualcuno si stupiva della sua attrazione per il genere maschile.




Grazie di cuore Swan Song e Nerve, per esserci sempre! <3 Leggere le vostre recensioni è stupendo. Appuntamento a venerdì/ sabato, con il primo accenno a un testamento! XD Poi, la prossima settimana, finiremo con il botto!

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Capitolo 14
*** [Tina] ***


Buongiorno a Swan, a Nerve, agli altri lettori che stanno nell'ombra e soprattutto a tutti i notai. Sarà un lungo viaggio arrivare a fine capitolo, ma alla fine sentirete menzionare finalmente il testamento. Stavolta le note le scrivo qui, all'inizio, per non distogliervi dal finale di capitolo quando sarà il momento! Ipotesi e congetture sono ben accette!


I giorni si susseguivano, ma non sembravano esserci grossi progressi: Oliver era riuscito addirittura a estorcere una sorta di deposizione ad Amber Thompson, il che era di più di quanto Tina potesse aspettarsi, ma le aveva assicurato che non c'era nulla di nuovo, lasciandola combattuta, a domandarsi se fosse davvero così, o se Fischer, per il momento, preferisse non esporsi.
La loro vicinanza, frattanto, le dava la possibilità di pubblicare occasionali foto insieme. Sarebbe stato triste cancellarle, un giorno. Chissà, forse alla fine di tutto avrebbe potuto annunciare che lei e Oliver si erano lasciati di comune accordo e di avere preso la decisione rimanere amici, in tale modo non sarebbe stata costretta a rimuovere tutto.
In fondo al cuore aveva la speranza che un giorno la finzione si trasformasse in realtà, ma non osava essere così ottimista. Anche farsi avanti, in maniera totalmente esplicita, era al di fuori delle sue capacità. I momenti di vicinanza, con Fischer, c'erano stati, ma Tina non se la sentiva di essere più esplicita. Ogni coinvolgimento rischiava di minare la buona riuscita del loro piano, così come di stravolgere il loro equilibrio.
Si faceva bastare il tempo trascorso insieme, o almeno quegli istanti in cui non discutevano di chi potesse o non potesse avere ucciso Mirko De Rossi. Nel frattempo, Oliver continuava a scrivere senza mai firmare gli articoli, ma Tina era certa che le distrazioni non mancassero. Come lei, che vagava con la mente mentre faceva jogging, anche il giornalista doveva perdersi a chiedersi cosa ne sarebbe stato di loro e di ciò che avevano intorno.
Tina si fermò, non tanto per i pensieri, quanto per il caldo torrido. Dovevano esserci almeno trentacinque gradi, forse anche quaranta, sotto al sole. Le strade erano quasi deserte, perfino i ragazzini perdigiorno che facevano schiamazzi nelle ore serali non erano in giro in quelle ore bollenti.
Nonostante tutto, non era sola. Avvertì una presenza alle sue spalle e poi, come aveva già intuito, udì una voce: «Ti ho cercata a casa, ma non ti ho trovata.»
Tina si girò lentamente.
«Perché sei qui? Non dovevamo vederci, oggi.»
«Ogni giorno è buono per vederti» sentenziò Claudia, con quel suo tono dolce e comprensivo. «Mi dispiace per essere stata lontana da te a lungo, il mese scorso, e mi sembra opportuno venire a controllare che sia tutto a posto.»
«È tutto a posto, o almeno nella media» rispose Tina. «Quando ci saranno novità, ti informerò.»
«Ti vedo molto provata» insisté Claudia. «Mi viene da pensare che Fischer sia una presenza dannosa per la tua vita. Ti vedevo molto più calma e rilassata, quando non c'era lui.»
Tina abbassò lo sguardo.
«Oliver non c'entra nulla. Purtroppo sono successe tante cose, era inevitabile che andasse a finire così. Comunque te l'ho detto, da quando sono stata in Brasile va tutto molto meglio.»
«Lasciarti andare non è stato un errore, infatti» ribatté Claudia. «Lo sai, non ero convinta che fosse un bene stare lontane così a lungo, ma almeno, in quel caso, era una decisione tua. Se eri convinta di potertela cavare anche senza di me, allora è stato giusto così.»
«Va tutto bene.»
«Allora perché non mi guardi negli occhi? Perché non me lo dici, che ora va tutto bene anche grazie a me?»
Tina alzò lo sguardo.
«Dobbiamo parlare.»
«No, non importa» mormorò Claudia. «Si sistemerà tutto e Fischer presto non farà più parte della tua vita. Hai visto com'è andata bene, con Harvey? Certo, è solo una piccolissima parte di quello che si merita, ma ormai gli è preclusa la vita pubblica. Tu puoi tutto, anche da sola. Basta solo che prendi le decisioni giuste.»
Tina rabbrividì.
«Non mi piace quando parli così.»
«Solo perché ti ricordo che devi credere in te stessa?»
«No, non è questo.»
Claudia sospirò.
«Non lasciarti sempre turbare. Sei sempre stata di più di quello che ti credevano. Lascia che ti abbandonino, se non riconoscono il tuo valore. Io, per te, ci sarò per tutta la vita.»
Tina sbuffò.
«Basta con queste frasi motivazionali. Credo sia giusto parlarsi chiaro. Penso che tu te ne sia accorta: in tanti pensano che io e te stiamo insieme.»
«Quindi hai paura che si facciano delle domande, quando ti vedranno con me nonostante tu stia facendo credere di essere fidanzata con Fischer?» azzardò Claudia. «Lascia che parlino, lascia che credano che io e te ci amiamo.»
Tina fu piuttosto diretta: «Ho bisogno di sapere se è così. Mi sei stata accanto per tutti questi anni perché provi dei sentimenti per me?»
Claudia la fissò per qualche istante in silenzio, poi si lasciò andare a una risata.
«Pensi questo di me?»
«Non so più cosa pensare e non capisco che cosa ci sia di così divertente.»
«È divertente come anche una persona intelligente come te cada nel cliché. Solo perché non mi hai mai vista insieme a degli uomini, allora mi devono piacere le donne? E soprattutto, tra tante proprio tu? Apri gli occhi, Tina: nella vita non esistono solo l'amore romantico e il sesso, non esiste la sola attrazione. Ho altre priorità e altri interessi. Quindi no, non voglio fidanzarmi con te, né voglio fare sesso con te. Quello che ci unisce è un altro tipo di legame: tu sei al centro dei miei pensieri perché il mio successo passa attraverso il tuo. Sei la persona più importante della mia vita per tutto quello che abbiamo costruito insieme, ma non ti amo in quel senso, né sono sessualmente attratta da te. Nessuno ha il bisogno vitale di un partner per esistere e ciò che mi piace è come entrambe siamo arrivate a questa conclusione.»
Tina chiarì: «Io non metto il nostro legame professionale davanti all'amore e al sesso.»
«Lo so bene» ribatté Claudia, in tono accomodante. «Mi ricordo il periodo che hai trascorso correndo dietro ai boxer di Axel. Per fortuna è finito.»
«Non è stato un brutto periodo» replicò Tina. «Stavo ancora insieme a lui, a Las Vegas. Dopo la gara, abbiamo trascorso la nostra ultima notte insieme.»
«Axel non aveva capito il tuo valore.»
«Ero io che non avevo capito il valore che la sua famiglia aveva per lui.»
«Comunque sia andata, alla fine è tornato dalla moglie e ti ha lasciata sola. Io non sono come Axel, ma non ti avrei mai abbandonata. Avrei rinunciato a tutto, ma non al nostro binomio vincente.»
Tina non voleva giudicare il modo in cui Claudia viveva i propri sentimenti, né voleva rischiare di offenderla, ma sapeva di doverle fare un'importante confidenza.
«Mi sta succedendo di nuovo.»
«Cosa?»
«Legarmi a una persona.»
«Un uomo?»
«Sì.»
«Quel tipo di legame?» Il tono di Claudia era più freddo che in precedenza e non faceva presagire nulla di buono. «Non sono sicura che sia la cosa giusta per te, specie considerando che si tratta senz'altro di Oliver Fischer.»
Tina sussultò.
«Come l'hai capito?»
«Non vedo altre spiegazioni» sibilò Claudia, «E ammetto di essere delusa da te. Il fatto che tu non sia in grado di stare vicina a un uomo senza che gli ormoni prendano il sopravvento non mi piace per niente. Non ho fatto altro che ripeterti per anni e anni che vali più di Amber Thompson, poi fai esattamente la stessa fine di quella puttanella.»
«Non è giusto quello che dici» replicò Tina. «Non avrei voluto che succedesse, ma è così. Oliver mi piace. Mi piace molto e, da quando c'è lui, sto iniziando a superare la fine della mia storia con Axel.»
«Cos'avete fatto insieme?»
«Niente.»
«Non ti credo.»
«Davvero, Claudia, non ci sono stata a letto. Ci siamo baciati, più di una volta, ma non siamo mai andati oltre.»
«E fai bene a non andare oltre» puntualizzò la personal trainer. «Devo ricordarti che Fischer lavorava con Mirko De Rossi, in passato?»
«Lo so che lavorava con lui.»
«Quel De Rossi è stato ucciso. Sei sicura che Fischer non c'entri niente? Non ti sarai messa tra le mani della persona sbagliata?»
Tina spalancò gli occhi.
«Che cazzo stai dicendo?!»
«Non usare quelle parole con me, Tina» la sgridò Claudia. «Non voglio dire che il tuo amico abbia ucciso De Rossi - del resto si trovava insieme a te quando quel poveretto è stato ammazzato - ma solo che non puoi sapere con esattezza se sia sincero e spontaneo come credi o se abbia dei secondi fini. Cosa sai di una certa Dalila Colombari?»
Quella domanda colse Tina del tutto impreparata.
«Cosa dovrei sapere?»
«Sbaglio o è un'amica di Fischer?»
«È una fotografa. Lavorava con De Rossi, in passato.»
«E ha i capelli decolorati.»
Tina ridacchiò.
«Ce l'hai proprio con le ossigenate, eh?»
«Con quelle che aprono le gambe con facilità come lei di sicuro» dichiarò Claudia. «E tu non dovresti ridere, ma prendermi sul serio, una volta tanto. Non hai visto gli ultimi rumour?»
«Quali rumour?» obiettò Tina. «Non so di che cosa tu stia parlando.»
«Vedo, vedo bene che non lo sai» ribatté Claudia, «Altrimenti non ti saresti lasciata andare a sognare Oliver Fischer a occhi aperti, o almeno avresti avuto la decenza di non farlo in mia presenza. Ti consiglio di fare un po' di ricerche, di scoprire qual è l'argomento del giorno. Non sono sicura che sarai molto contenta di venirlo a sapere. Nel frattempo, ne sono sicura, il tuo caro Fischer sarà del tutto indifferente, magari proprio in compagnia di quella escort prestata alla fotografia.»
«Non riesco a capirti. Qual è il problema con Dalila, adesso?»
«Andiamo a casa tua, così possiamo parlarne in tranquillità.»

***

Il primo articolo, se così lo si poteva definire, era stato firmato con il nome di Cinzia Rossi, una delle tre identità fittizie accertate. Purtroppo anche la spazzatura aveva dimostrato di potere girare piuttosto velocemente ed era quello che stava succedendo: Dalila avrebbe fatto volentieri a meno di ritrovarsi trascinata nel bel mezzo dei pettegolezzi online, ma l’unica speranza che le restava era che si spegnessero in fretta.
Certo, prima sarebbe stato un massacro: tutto era iniziato con la fantomatica Cinzia che mostrava al mondo immagini di Oliver Fischer in compagnia di una “misteriosa bionda”, con le fotografie poi riprese da decine di pagine web e social. Tra l’orario in cui il primo articolo era stato condiviso sui social e quello in cui l’identità di Dalila era stata rivelata era intercorsa appena un’ora e cinquantasette minuti. Aveva decine di notifiche, la maggior parte insulti da parte di fanboy accaniti della Menezes. Una parte minoritaria, dagli insulti passava direttamente alle minacce di morte.
Dalila avrebbe fatto volentieri a meno di mettersi in contatto con Oliver, in quel momento, ma aveva bisogno di sentirlo, di sapere se fosse al corrente dell’ennesimo polverone che si era sollevato.
Per fortuna Fischer le rispose subito e comprese al volo perché lo stesse chiamando.
«Ho visto tutto anch’io, se è quello che stai per chiedermi.»
«L’hai letto, quello che ha scritto Cinzia Rossi, quindi. “Oliver Fischer, appassionato fidanzato di Tina Menezes, è stato recentemente avvistato in compagnia di una misteriosa bionda, con la quale sembra piuttosto affiatato. Giornalista dalla già pessima reputazione, protagonista di uno scandalo con la moglie di Edward Roberts, non esita a mostrare al mondo la propria infedeltà all’attuale compagna.” Devo continuare?»
«No, non importa, ho letto anch’io quella spazzatura» replicò Oliver. «Mi dispiace, mi dispiace davvero tanto che ci sia andata di mezzo anche tu.»
«Non potevo aspettarmi niente di diverso» ribatté Dalila, «Ormai c’è chi vive solo di sensazionalismo. Dimmi tu che cosa sta succedendo di tanto altisonante in quelle fotografie? Stiamo semplicemente camminando per strada, girati l’uno verso l’altra, e sembriamo immersi in una conversazione.»
«Non c’è nulla di altisonante» rispose Oliver, «Ma non importa più che cosa sia vero e cosa non lo sia. Cinzia Rossi voleva che si pensasse a una relazione tra di noi, quindi ha scritto che abbiamo una relazione e che io tradisco Tina. Ci ha messo delle foto che non costituiscono la benché minima prova di quello che sta affermando, ma prima che qualcuno arrivi a questa sensata conclusione passeranno ore e ore, se non giorni. Fino a quel momento le nostre foto faranno il giro dei social network e del mondo. Purtroppo non c’è niente che possiamo fare. Al massimo posso sentire da Tina, se secondo lei è bene smentire la notizia oppure fare finta di niente.»
«Aspetta un attimo, prima di fare qualsiasi cosa» lo fermò Dalila. «Oltre a leggere l’articolo, hai visto anche le foto?»
«Sì.»
«Quindi te ne se accorto anche tu?»
«Che sono state scattate non più tardi di dieci giorni fa?»
«Nel periodo in cui Tina era in Brasile.»
«Qualcuno voleva “incastrarci” a tutti i costi. Ci ha seguiti e...»
Dalila lo interruppe: «Forse non ti rendi conto della portata di tutto ciò, Fischer. Queste foto non sono state scattate in pubblico, né in una grande città dove tanti potessero vederci e riconoscerti. No, sono state scattate nel tuo paesino in mezzo al nulla, dove la gente neanche sa chi sei. Questo significa una cosa sola: qualcuno ci sta tenendo d’occhio.»
«E soprattutto» concluse Oliver, «Non è stata un’azione contro di noi. Noi eravamo solo al posto sbagliato nel momento sbagliato.»
«Se per posto sbagliato al momento sbagliato intendi dire che avevamo a che fare con la Menezes quando si avvicinava il momento in cui la Menezes doveva essere attaccata pubblicamente per l’ennesima volta, allora posso darti ragione.»
«Vedo che la pensiamo allo stesso modo.»
«Certo che la pensiamo allo stesso modo. È la Menezes l’origine di tutto, l’inizio dei nostri mali. Noi siamo solo quelli che dovrebbero fermare tutto questo, ma inizio a dubitare che sia un compito alla nostra portata. Peraltro adesso sto anche ricevendo un sacco di insulti personali. Tina avrà anche chi la odia, ma ti assicuro che è pieno di ragazzini e di ragazzine che si strappano le mutande per lei. Per fortuna non metto mai cose troppo personali, sui social, ma sarebbero anche capaci di scoprire il mio indirizzo di casa.»
Oliver borbottò, con amarezza: «Penso non sia un problema così insormontabile, se un esercito di ragazzini che magari vive dall’altra parte del mondo viene a scoprire il tuo indirizzo di casa. È molto probabile che l’assassino di Mirko De Rossi già lo conosca e, devi ammetterlo, questo è di gran lunga più inquietante.»
«Non conosce solo il mio, ma sicuramente anche il tuo.»
«Lo so.»
«Questo significa che, in linea teorica, potrebbe venire ad ammazzarci quando più lo desidera, come ha fatto con Mirko» sbottò Dalila. «Ecco in che bella merda ci siamo ritrovati, grazie alla tua amica Tina Menezes. Sei pronto ad ammettere che sarebbe stato meglio se non l’avessi mai incontrata, o i tempi non sono ancora maturi?»
«Per quanto ti possa sembrare strano» ribadì Oliver, «Io sono ancora del parere che aiutare Tina a risolvere questo mistero sia la soluzione migliore per tutti. Come hai detto tu, i nostri problemi sono iniziati quando la sua strada si è intrecciata alla nostra. Risolto il caso per lei, sarà risolto anche per noi due.»
Dalila sospirò.
«E allora vivremo felici e contenti, come il principe e la principessa alla fine della fiaba.»
«Peccato che la vita non sia una fiaba» ribatté Oliver. «Però possiamo fare ciascuno del nostro meglio.»
«Già, la vita non è una fiaba e va a finire che il principe si mette insieme a Tina Menezes. Ormai mi sembra chiaro, sarà solo difficile, per voi, spiegare ai fanboy come mai siate rimasti insieme nonostante la mia presenza tra di voi.»
«Quando tutto sarà risolto, cercheremo di sistemare tutto, anche se non ti assicuro niente. Cinzia Rossi ha scritto che sono stato protagonista di uno scandalo con la moglie di Edward Roberts e tutti la applaudono come se avesse detto una cosa sensata. Combattere contro i mulini a vento è troppo anche per me.»
«Lo posso immaginare.»
«Potrai anche immaginare che, a questo punto, io debba lasciarti. Devo mettermi in contatto con la Menezes. Prima ho provato a chiamarla, ma non mi rispondeva. Forse è andata a correre senza portare con sé il cellulare.»
«Quindi» dedusse Dalila, «Non c’è alcuna fretta, in realtà, perché non sarà lì pronta a risponderti. Puoi rimanere ancora qualche istante al telefono con me. C’è altro di cui dobbiamo parlare. Cosa devo fare?»
«In che senso?»
«Te l’ho detto, mi stanno tartassando sui social.»
«Ne abbiamo dedotto che è normale.»
«Sì, ma non so se tenere il profilo pubblico o metterlo privato. Un sacco di gente mi ha trovata e ha iniziato a seguirmi, altri mi scrivono cose indecenti...»
Oliver le suggerì: «Lascia tutto com’è. Non scrivere niente o, se proprio lo ritieni doveroso, lascia semplicemente qualche messaggio non troppo esplicito, qualcosa sul fatto che ci sia chi giudica la vita privata altrui senza saperne niente, o qualcosa del genere. Non fare nomi, per nessun motivo. Penseremo più tardi ad altre azioni, se necessarie. Prima preferisco parlarne con Tina, vedere se ha qualche idea.»
Dalila azzardò: «Tina non avrà alcuna idea. Se ne avesse avute, fin dall’inizio, non ti avrebbe chiamato in suo soccorso. Si è atteggiata a damigella in pericolo fin dal primo momento e non cambierà adesso. Sono successe cose peggiori, anzi, cosa vuoi che le importi, alla fine, se il suo finto fidanzato viene accusato pubblicamente di avere un’altra relazione?»
«Tina non si è mai atteggiata a damigella in pericolo» replicò Oliver, «Anche se, lo ammetto, sarebbe stato un modo più normale per tentare un approccio con me, piuttosto che trasferirsi di fronte a casa mia e fare la figura della stalker.»
«A proposito, a questo non ci avevo pensato» osservò Dalila. «Il nostro “amico” potrebbe non sapere che Tina si è trasferita lì proprio per te, ma dubito fortemente che non sappia dove abita. Credo sia giusto farglielo notare. Io non sarei molto tranquilla, se fossi al posto suo. In realtà non lo sono nemmeno per me stessa, ma almeno so di non essere la sua vittima prescelta.»
«Non possiamo sapere chi siano le sue vittime prescelte» obiettò Oliver. «Finché non avremo chiaro perché il nostro “amico”, come lo chiami tu, stia agendo, non sapremo nemmeno qual è il suo obiettivo finale.»
«Già, perché c’è sicuramente un obiettivo finale, anche se non abbiamo idea di quanto tempo manchi alla fine.»
«Sembra avere agito per anni, senza mai spingersi tanto in là quanto con l’omicidio di De Rossi. Forse un tempo non progettava di ammazzare qualcuno, ma è palese che adesso le cose siano cambiate. Ha già ucciso una volta e potrebbe farlo di nuovo, questo non dobbiamo dimenticarlo. Credo dovremo fare molta attenzione, tutti quanti.»
«Concordo» convenne Dalila, «E forse sarebbe ora di mettere al corrente la preparatrice atletica di Tina di che cosa stia accadendo davvero.»
Oliver precisò: «Almeno una grossa parte la conosce già. Tina le parla di tutto, anche se forse sarebbe stato meglio tacere certi dettagli.»
Dalila lo smentì: «No, affatto, tacere non è la soluzione migliore, non adesso, almeno. Quella donna deve sapere che Tina è in pericolo e, di conseguenza, se le sta vicino, potrebbe rischiare anche lei. Convinci Tina a metterla in guardia, oppure fallo tu stesso, se lo ritieni necessario.»

***

Tina aprì il portone, seguita da Claudia. La sua presenza, di solito rassicurante, le sembrava quasi opprimente. La personal trainer aveva l’abitudine di tenersi informata su ogni aspetto della sua vita, ma era difficile che si spingesse a giudicarla come aveva fatto quel giorno.
“Me la sono cercata” si disse, ricordandosi di come le avesse chiesto se fosse innamorata di lei. Se avesse potuto tornare indietro nel tempo, ne avrebbe fatto volentieri a meno, mentre sarebbe stata sincera su ciò che provava nei confronti di Oliver Fischer.
Non aveva portato con sé lo smartphone, quindi non aveva potuto informarsi tramite il proprio, su che cosa stesse accadendo. Era stata Claudia a mostrarle, sul proprio cellulare, l’articolo scritto da Cinzia Rossi. A quel punto si erano dirette verso casa in silenzio e, ancora in silenzio, Tina stava salendo le scale, seguita dall’altra donna.
Videro Fischer nello stesso momento: non appena entrò nel campo visivo di Tina, Claudia pronunciò parole rivolte a lui.
«È fantastico incontrarti, Oliver.»
Il giornalista accennò un sorriso.
«Buongiorno, Claudia.»
«Come mai sei qui?» chiese Tina.
«Ti devo parlare» rispose Oliver, «Da soli. Ho provato a chiamarti, ma...»
Non riuscì a finire la frase, dal momento che Claudia lo interruppe: «No, voi due non parlate da soli. Sono stanca delle tue azioni da irresponsabile, Fischer. Non fraintendermi, sei libero di scoparti tutte le puttane biondo platino che vuoi, ma faresti meglio a stare lontano da Tina. Non capisci che, a causa tua, ci sarà un gran parlare su di lei? Fa di tutto per proteggere la propria privacy, poi arrivi tu che, all’improvviso, arrivi come un tornato nella sua vita e gliela stravolgi. Dovresti starle lontano, lasciarla in pace una volta per tutte!»
Tina intervenne: «Non mi sembra il caso di parlarne qui sul pianerottolo. Forse è meglio se entriamo in casa.»
«Quest’uomo non dovrebbe nemmeno entrarci, in casa tua» mise in chiaro Claudia. «Certo, io non sono nessuno per dirti chi devi o non devi frequentare, quindi non ho la pretesa che mi ascolti, ma faresti meglio a...»
Oliver non la lasciò finire: «Se vuoi delle spiegazioni da parte mia, le avrai. Non dovrebbero essere necessarie, per come la penso io, ma ritengo giusto accontentarti, se per te è importante che io mi giustifichi.» Si rivolse a Tina: «Per cortesia, apri la porta, così possiamo entrare.»
Tina inserì la chiave nella toppa. Una volta aperto, si introdusse dentro l’appartamento, seguita da Claudia e Oliver, con quest’ultimo a richiudere l’uscio.
«Scusate, casa mia fa un po’ schifo.»
«Perché ti ostini a vivere qui, di fronte a questo fallito» rimarcò Claudia, con freddezza. «Forza, giornalista da quattro soldi, vieni a sederti con noi, che ne parliamo.» Presero tutti posto, senza che la personal trainer smettesse di parlare. «Mi sono fidata di te, ho pensato che potessi essere una presenza positiva nella vita di Tina, invece mi sbagliavo di grosso. Se fosse stato per me, Tina non si sarebbe mai inventata una storia assurda come quella della vostra relazione fittizia, ma purtroppo è successo e posso dare la colpa solo a me stessa, che non ero accanto a lei a controllarla. Adesso, ormai, il danno è fatto, quindi possiamo provare a rimediare. Non che ci sia molto rimedio: come ti è venuto in mente di andartene in giro alla luce del sole con quella troia?»
«Piano con le parole» la pregò Oliver. «Dalila è una mia cara amica e, mi permetto di farlo notare, in nessuna di quelle foto siamo in atteggiamenti intimi.»
«Ma andate comunque a letto insieme?»
«Non vedo come questo abbia importanza.»
Claudia insisté: «Ti ho fatto una domanda, Fischer, e ti chiedo di darmi una risposta. Vai a letto con quella fotografa ossigenata?»
Oliver annuì.
«Sì, mi è capitato di andare a letto con la “fotografa ossigenata”.»
Tina se lo aspettava, ma si sentì comunque come se fosse stata trafitta da una lama. A peggiorare la situazione, Claudia la guardò con un’espressione di trionfo stampata sul volto: «Vedi, Tina? Te l’avevo detto: Fischer non è l’uomo giusto per te. Se lo fosse, non avrebbe l’abitudine di fare sesso con delle donnette che non valgono nemmeno la metà di te.»
Oliver puntualizzò: «Io e Tina non stiamo insieme veramente, quindi non capisco perché la mia vita privata abbia qualche rilevanza. Inoltre, lo ribadisco, non ritengo appropriato parlare a questo modo di Dalila.»
«Tu sei l’ultima persona al mondo che possa decidere cos’è appropriato e cosa non lo è» lo mise a tacere Claudia. «Sai cosa mi ha detto Tina, oggi stesso?»
Il cuore di Tina perse un battito. Che intenzioni aveva Claudia? Non ci volle molto per scoprirlo, dato che la personal trainer ebbe la pessima idea di mettere Oliver al corrente delle sue confidenze: «Poco fa mi ha detto che le piaci, che prova dei sentimenti nei tuoi confronti e che spera che, quando questa storia sarà finita, vi metterete insieme davvero. Mi ha detto di averti baciato, mi ha raccontato di come ti sei approfittato di lei...»
«Claudia, basta!» la supplicò Tina.
«No, è giusto che lo sappia» la contraddisse Claudia. «Tu hai messo questo stronzo in cima alle tue priorità e tutto quello che sa fare è non prendere una posizione netta. Lascia che tu ti avvicini a lui, ma al contempo se la intende con quella Dalila dai capelli decolorati. Di per sé, non ho nulla contro gli uomini che hanno pessimo gusto in fatto di donne, ma dovrebbero avere la decenza di girare al largo da quelle come te. Rifletti, Tina, pensi che tu e quella puttana dai capelli tinti possiate essere messe sullo stesso piano?»
«Un giorno, forse, mi spiegherai perché ce l’hai così tanto con le donne dai capelli tinti, decolorati in particolare» ribatté Oliver. «Davvero, non riesco a spiegarmi un tale astio.»
Claudia alzò le spalle, con indifferenza.
«Non ne ho incontrata una sola intelligente.»
Non era il momento, ma a Tina venne spontaneo affermare: «Luz.»
Le parve che Claudia avesse un sussulto, nell’udire quel nome, ma doveva essersi sbagliata, dato che la personal trainer non dava segno di sapere di chi stesse parlando.
«Chi sarebbe questa Luz?»
«Luz Franzoni» rispose Tina, «La moglie di Donato. Aveva i capelli biondi ossigenati.»
«Luz Franzoni» ripeté Claudia. «Il nome mi dice qualcosa, adesso che ci penso, ma proprio non riesco a ricordarmi come fosse.»
«Strano che non ti ricordi di lei» osservò Tina. «L’abbiamo vista spesso insieme a Donato, a quei tempi.»
Claudia la liquidò in fretta: «Quei tempi sono passati da molti anni, non puoi pretendere che mi ricordi di una donna insignificante solo perché era sposata con un uomo importante. Anzi, è davvero triste che molte donne siano ricordate solo per l’identità dei loro mariti o dei loro fidanzati. È molto sgradevole sentire parole simili da te.»
Tina obiettò: «Ma ho conosciuto Luz solo perché era la moglie di Donato! È chiaro che faceva anche altro, nella vita, ma io me la ricordo per quello! Non voglio certo sminuirla.»
Claudia la ignorò.
«Fischer, cosa ci fai ancora qui? La tua presenza in questa casa non è gradita, vedi di sloggiare e di non farti più vedere.»
Oliver precisò: «Questa non è casa tua e, dato che non sei tu che ci vivi, preferirei sentirmelo dire da Tina.»
Claudia le ordinò: «Tina, digli di andare via.»
«No» si impose Tina. «Gli devo parlare anch’io, da soli.»
«Da soli?!» ripeté Claudia. «Non se ne parla! Ti rendi conto che, fino a poche settimane fa, per te era un perfetto sconosciuto? E se ci fosse lui, dietro quel video? Mi permetto di parlarne ad alta voce solo perché sei stata talmente avventata da andargli a spiattellare tutto. Te l’ho detto mille volte che, quando hai qualche problema, devi venire da me, non andare da dei perfetti sconosciuti che potrebbero avere una doppia faccia.»
«Certo che, devi ammetterlo, sarebbe davvero un caso molto fortuito se, per scoprire chi ha registrato quel video, finissi per rivolgermi per pura coincidenza proprio a colui che l’ha filmato» ribatté Tina. «Capisco che tu sia preoccupata per me, ma stai esagerando.»
«Dopo quello che mi hai detto prima...»
«Sai una cosa, Claudia? Se quello che ti ho detto prima l’avessi detto a mia madre quando avevo la metà degli anni che ho adesso, si sarebbe limitata a pregarmi di non tornare a casa incinta.»
«Infatti non sono tua madre. Le madri sono aperte al pensiero che un giorno le loro figlie o i loro figli possano innamorarsi di qualcuno. Tu, per me, sei sempre stata la metà di un duo vincente. Se tu volessi al tuo fianco una persona che ti merita davvero, potrei capire la tua decisione. Non puoi chiedermi, però, di comprenderti se mi dici che ti piace Oliver Fischer. E, se potevo sforzarmi prima, non posso certo farlo adesso, dopo che si è mostrato per quello che è.»
Oliver si alzò in piedi.
«Me ne vado. Ci sentiamo dopo, Tina.»
«Non osare chiamarla!» gli intimò Claudia, mentre si allontanava. «E tu, Tina, non essere così stupida da rispondergli.» Non appena rimasero sole, la fissò negli occhi. «Ti prego, non lasciare che ti rovini.»
«Non mi rovinerà» rispose Tina. «Davvero, non riesco a capire la tua reazione.» Si assicurò di sentire la porta richiudersi, prima di aggiungere: «Non capisco nemmeno perché tu abbia sentito il bisogno di dirgli tutto! Mi guarderà sempre in modo strano, da adesso in poi. Non è giusto che tu ti sia intromessa. Nemmeno quando mi sono messa con Axel hai reagito così. Cos’ha Oliver Fischer che non va?»
«Ti prego, Tina, apri gli occhi» la pregò Claudia. «Da quando sono arrivati lui e Dalila, non c’è più stato un attimo di tranquillità. Va bene, Oliver era con te, quando è stato ucciso Mirko De Rossi, ma dov’era la Colombari? Il fatto che quei due abbiano una storia - e Fischer l’ha confermato qui, in tua presenza - cambia tutto. Le persone fanno cose assurde, per amore. Dalila poteva suonare il campanello di casa De Rossi, aspettare che Mirko la aprisse, poi colpirlo alla testa non appena le avesse voltato le spalle. Oliver era qui, lontano entrambi, impossibile considerarlo colpevole.»

***

Dalila fermò il carrello accanto allo scaffale e si mise alla ricerca del telefono che le vibrava dentro la borsa. Non aveva più avuto notizie di Oliver, dopo averlo sentito qualche ora prima, e dava per scontato che si trattasse di lui. Il numero, non presente in rubrica, non le era familiare, iniziò a ritenerlo improbabile, ma decise di darvi comunque una chance. Fu un grave errore: «Buon pomeriggio, sono Katia, la chiamo per chiederle le sue abitudini in merito al consumo di...»
Non scoprì mai di cosa si trattasse, dal momento che riattaccò in faccia alla centralinista senza darle nemmeno il tempo di menzionare il prodotto incriminato. Gettò nuovamente il telefono dentro la borsa, sbuffando, poi abbassò gli occhi sulla lista della spesa.
A distrarla di nuovo non fu un'altra telefonata, ma qualcuno alle sue spalle.
«La signorina Colombari?»
Dalila si girò, ritrovandosi faccia a faccia con un uomo sui sessant'anni che non aveva mai visto prima di quel momento. Il suo aspetto, tuttavia, le era in qualche modo familiare.
«Ci conosciamo?» gli chiese, prima di confermare la propria identità.
«Mi scusi se la disturbo adesso, mentre fa la spesa...»
«Effettivamente» ammise Dalila, «Non vedevo l'ora di finire e di andarmene a casa. Se ha qualcosa di importante da dirmi, però, la ascolto. A proposito, non mi ha ancora detto se ci conosciamo.»
«La conosco di fama.»
«Oh.»
«La cosa la sorprende?»
Dalila rispose, secca: «Dipende da cosa intende per fama.»
«So che è una fotografa» le disse lo sconosciuto. «Mi piacciono i suoi scatti.»
Dalila azzardò: «È un appassionato di automobilismo e, in particolare, di categorie minori?»
«Ci ho anche lavorato. Mi permetta di presentarmi, mi chiamo Donato Franzoni. Ho lavorato per una squadra di Formula 3 in Brasile.»
«Il mondo è piccolo!» esclamò Dalila. «Ora vuole dirmi che ci siamo incontrati qui per puro caso e che mi ha riconosciuta?»
Donato scosse la testa.
«No, signorina Colombari, non sarei credibile, quindi preferisco attribuire al caso soltanto la metà del nostro incontro. È vero, la conosco per fama e ho sentito dire che non abitiamo tanto lontani, ma non mi sarei mai spinto a venire a importunarla per questo.»
«Quindi mi ha seguita al supermercato?»
«Ma no, si figuri! Semplicemente ci siamo ritrovati nello stesso posto nello stesso momento. Non è così improbabile incontrare qualcuno al supermercato, dopotutto. Però, come le ho detto, non mi sarei mai permesso di venire a disturbarla, senza averle mai parlato prima, se non fosse accaduto qualcosa, di recente.»
Dalila non aveva dubbi, stava alludendo a Oliver e alla fantomatica Cinzia Rossi. Decise di facilitargli le cose: «Ha letto i pettegolezzi su di me, che sostengono che io abbia una relazione con Fischer, giusto?»
Donato Franzoni parve imbarazzato.
«So che non sono fatti miei, ma...»
Dalila ipotizzò: «Visto il suo legame con Tina Menezes, non le piace l'idea che un'altra donna ronzi intorno a Oliver Fischer. È questo che vuole dirmi, vero?»
«Lei è fin troppo diretta, signorina Colombari» ribatté Donato. «Vede, ho conosciuto Fischer e mi sembra un uomo con la testa sulle spalle. Tina mi sembrava felice insieme a lui e mi dispiacerebbe che la sua felicità possa essere minata dai gossip su Fischer. Mi rivolgo a lei, quindi. Cerchi di convincere Fischer a lasciare Tina, se non ricambia quello che prova per lei. È davvero squallido che debba finire su siti che si occupano di automobilismo, non per notizie che abbiano a che vedere con i motori, ma perché frequenta lei mentre è già fidanzato con Tina.»
A Dalila non sarebbe dispiaciuto intimargli di badare agli affari propri, ma cercò di essere accomodante.
«Mi dispiace per quello che è stato scritto su me e Fischer. Purtroppo non posso controllare quello che scrivono certi siti orientati al sensazionalismo. Anzi, le faccio notare che quelli che sono usciti sono scatti rubati. Conosco Fischer e mi trovavo per strada insieme a lui. Qualcuno ha ritenuto sensato scattarci delle fotografie, inventarsi che abbiamo una relazione e scrivere che Fischer tradisce la Menezes.»
«Cerchi di mettersi nei panni di Tina. È vero, non mi sono permesso di chiamarla per chiederle come stia, dopo quello che è successo, ma non posso fare a meno di pensare a lei.»
«Posso mettermi nei panni di Tina, ma lei cerchi di mettersi nei miei. Stavo camminando per strada insieme a un conoscente, nonché ex collega. Siccome Fischer è fidanzato con una donna famosa, qualcuno ha ritenuto opportuno invadere la mia sfera privata, scattare delle foto senza il mio consenso e pubblicarle, sostenendo che ho una relazione clandestina con l'ex collega in questione. Le mie foto hanno fatto il giro dei social, sono stata riconosciuta e la mia identità è stata sbandierata ai quattro venti. La prego, esca dall'ottica secondo cui Tina è una vittima, mentre io e Oliver siamo colpevoli. Siamo tutti vittime.»
«Non volevo accusarla» mise in chiaro Donato Franzoni. «Volevo solo farle notare che, se sta avvenendo qualcosa alle spalle di Tina, è meglio che ne venga messa al corrente e che possa chiudere con Fischer una volta per tutte.»
«Fischer chiarirà quello che è successo» gli assicurò Dalila. «Lo farà con Tina e, se necessario, anche pubblicamente. Sappia, però, che nel mondo ideale non dovrebbe esserci la necessità di scuse pubbliche a causa di una passeggiata tra ex colleghi.»
Donato ribatté: «Non siamo nel mondo ideale. Bisogna essere molto accorti, quando si ha qualcosa da nascondere. Sono certo che lei sia limpida e pulita, signorina Colombari, ma è meglio non generare equivoci.»
«Le ribadisco» rimarcò Dalila, «Che non sono stata io a generare equivoci, quanto piuttosto chi ha usato la mia immagine per i propri scopi. Il rispetto vale molto meno di un click, per certe persone.»
«Sono d'accordo con quello che dice» le assicurò Donato, «Ma purtroppo non c'è molto che possiamo fare. Glielo ripeto, bisogna essere accorti, altrimenti si rischia di fare del male a qualcuno.»
«Non era mia intenzione fare del male a Tina Menezes» mise in chiaro Dalila. «Penso che ciascuno debba essere in grado di gestire la propria vita privata e, personalmente, ho sempre saputo badare a me stessa. Se Tina sceglierà di stare a sentire gente che neanche la conosce piuttosto che Oliver Fischer, purtroppo non posso farci niente. Sono convinta, però, che Tina preferirà credere al proprio fidanzato, che non a dei pettegolezzi senza fondamento.»
«Tenga presente, però, che Tina viene da un momento molto complicato. Immagino che sia al corrente di quello che è successo con Ryan Harvey.»
«So semplicemente che è passato dall'essere il rispettato fidanzato di Amber Thompson al non potere nemmeno essere nominato, da quanto Tina ha riferito in un video che ha fatto qualcosa di estremamente spiacevole.»
Donato Franzoni annuì.
«Mi riferivo proprio a questo. Naturalmente non so cos'abbia combinato Harvey, ma sono contento che, se Tina sapeva qualcosa di poco piacevole su di lui, sia venuto alla luce.»
Dalila ribatté: «In realtà non è venuto alla luce proprio nulla. Tina ha lanciato il sasso nascondendo la mano, ma è stato più che sufficiente per sollevare un enorme polverone.»
«Tina ne è rimasta abbastanza sconvolta, anche se non ha nulla di cui recriminare. Non crede che le persone siano responsabili delle loro azioni?»
«Lo credo pienamente. Credo anche, tuttavia, che un vago sospetto dovrebbe essere considerato come tale. Non è mia intenzione difendere Harvey, qualora abbia commesso azioni infamanti, ma le faccio notare che, per ora, nessuna azione infamante è stata messa nero su bianco. Quell'uomo, però, è già stato condannato e tagliato fuori. Sulla base di cosa?»
Donato annuì ancora una volta.
«Ottima considerazione, signorina Colombari. Per quanto io sia convinto che, se Tina dice che Harvey non è una brava persona, allora Harvey non sia una brava persona, devo ammettere che non gli è stato nemmeno lasciato il beneficio del dubbio. Immagino che possa fare due più due.»
Dalila rifletté, ma non riuscì a comprendere che cosa intendesse.
«Non ho abbastanza immaginazione. Prego, mi illumini, signor Franzoni.»
Donato le fece notare: «In qualità di personaggio pubblico, Tina ha un potere enorme. Si immagina cosa potrebbe succedere se facesse un altro video in cui, stavolta, affermasse che Oliver Fischer non è una brava persona? Oppure potrebbe fare il suo nome. Rifletta, signorina Colombari, ne vale la pena? Una relazione clandestina, con il rischio di essere costretta a vivere nell'anonimato e a rinunciare al proprio lavoro?»
«Io scatto foto» precisò Dalila, «E Oliver lavora nell'ombra da anni.»
«Lo so, dovrei badare ai fatti miei, e le chiedo scusa per le mie insinuazioni sgradevoli. Le assicuro che mi auguro di cuore che lo scenario che ho ipotizzato non succeda. Lei, però, può ancora fare molto per aggiustare la situazione. Inviti Fischer a lasciare Tina, se ha le idee confuse. È la cosa migliore per tutti, non le pare?»
Dalila fece per parlare, ma Donato Franzoni interruppe ogni replica sul nascere. La salutò e si allontanò, lasciandola sola in compagnia del proprio carrello ancora quasi vuoto, a chiedersi il significato di quella conversazione.
Raccattò il telefono, aveva bisogno di chiamare Oliver. Sperò che non la facesse aspettare troppo e fu relativamente fortunata.
«Finalmente, Fischer!»
«Hai bisogno di me?»
«Sì, cazzo, ho bisogno di te. Dove sei?»
«Da Tina. Adesso è un attimo in bagno, quindi possiamo parlare, ma ho a disposizione solo un paio di minuti, non di più.»
Dalila sbuffò.
«E ti pareva che non eri dalla Menezes? Hai deciso, almeno, come risolvere questa faccenda? La tua amica intende assolverti pubblicamente o cosa?»
«La mia amica, in questo momento, ha dei problemi molto più grossi» replicò Oliver. «La sua personal trainer, di punto in bianco, ha deciso di licenziarsi.»
«E a me cosa importa?» ribatté Dalila. «Che se la sbrighi da sola.»
Oliver mise in chiaro: «Claudia Leonardo non apprezza la nostra vicinanza. Le ha chiesto, di fatto, di scegliere tra me e lei.»
Dalila concluse: «E Tina ha scelto te. Una mossa assolutamente perdente, quella di Claudia. Io non ti chiederei mai di scegliere tra me e la Menezes. Tutto quello che ti chiedo è di vederci tutti e tre, domani. Credo sia giunto il momento di fare un briefing tutti insieme.»

***

Faceva uno strano effetto essere in tre, eppure Dalila Colombari sembrava parte integrante del tutto. Erano nello stesso posto della prima sera, con Oliver di fronte a Tina, ma la fotografa alla sua sinistra, che tentava di spiegare come fosse entrata a far parte di quella storia. Non che ci fosse bisogno di sentire quelle parole, per farsi un'idea, ma Tina aveva deciso di ascoltarla.
«...Allora Mirko mi ha fatto notare che non aveva troppe possibilità di convincere Oliver, quindi mi ha chiesto di intervenire. Mi ha parlato di "Miss Vegas" e mi ha detto che, se Oliver avesse sentito quella canzone, forse saremmo riusciti a risvegliarlo dalla sua apatia.»
«Apatia?» cercò di protestare Oliver. «Volevo solo una vita tranquilla, anche se, a ripensarci oggi, forse era solo un'illusione.»
Dalila lo ignorò.
«Mirko non mi ha parlato di "Miss Vegas", mi ha solo detto che il testo sembrava alludere a te», si rivolse a Tina, «Ma non penso che avesse idea del casino nel quale si stava cacciando. Del resto, non poteva essere al corrente né del video, né di...»
Oliver la interruppe: «A meno che non avesse a che vedere con il video lui stesso. Non dico che sia stato lui a filmarlo, ma potrebbe averne sentito parlare.»
Tina obiettò: «Si era detto che l'ipotesi di Mirko autore del testo non era supportata da alcuna prova. Nicholas Piazzi ha riferito che qualcuno gli ha inviato il testo spacciandosi per Mirko. Non possiamo provare né che sia stato lo stesso Mirko a scriverlo, né che Piazzi l'abbia davvero ricevuto via e-mail.»
«Osservazioni corrette, in più vorrei ricordare - a Fischer, perché tu, Tina, non lo puoi sapere - che ho trovato degli appunti di Mirko che citavano anche il nome di un'attrice pornografica, Venus Manny» intervenne Dalila. «Questo mi lascia intuire che, a un certo punto, Mirko abbia iniziato a farsi delle domande, a cercare un senso, nel testo di quella canzone. Allora - ma qui è una mia semplice deduzione - potrebbe avere chiesto spiegazioni proprio alla persona che ha composto il testo. Lo so, è un'idea un po' campata in aria, ma provate a immaginare: Piazzi parla con Mirko della canzone, gli chiede addirittura di scrivere degli articoli in proposito, il tutto pensando che sia stato De Rossi a scriverla. Mirko, però, non ne sa niente. Magari non dà peso alle parole di Piazzi, però cerca di capire che senso abbia "Miss Vegas". Fa il collegamento tra Tina Menezes e la canzone e allora, forse accidentalmente, chiede spiegazioni alla persona che ha scritto il testo.»
«Perché?» chiese Tina. «Come fa a sapere che quella persona ha scritto il testo? Se anche ha mandato l'e-mail dalla posta di Mirko, l'avrà cancellata ormai da molto tempo.»
«Non lo sa» azzardò Oliver. «Molto semplicemente quella persona ha a che fare con te, quindi Mirko la interpella in proposito.»
«Esatto, è proprio quello che pensavo» confermò Dalila, «Dato che, non dobbiamo dimenticarlo, c'è quel post su Ryan Harvey che è uscito postumo sul blog di Mirko. L'ho letto e riletto. Lo stile di scrittura potrebbe essere proprio il suo. Certo è che non si sarebbe mai inventato nulla del genere. Sarebbe diverso se qualcuno l'avesse avvicinato, sostenendo di avere delle rivelazioni importanti da parte di Tina Menezes, e chiedendogli aiuto semplicemente per la stesura. Mi viene da pensare che Mirko credesse di lavorare, tramite un intermediario, per conto suo.» Si rivolse a Tina: «A quel punto, a sorpresa, sei entrata in scena tu. Mirko deve avere capito che non c'eri tu, dietro quello stralcio di autobiografia, ma qualcun altro, che probabilmente quel pezzo che aveva nelle bozze - non so se datato volutamente più avanti di qualche settimana perché pensava di avere il tempo di lavorarci - era un fake e che la persona che l'aveva contattato intendeva far uscire allo scoperto una storia totalmente falsa.»
Tina annuì.
«Può avere senso, eppure...»
Avrebbe avuto tante domande da fare, ma non riusciva a formularne nemmeno una, in quel momento.
Dalila le chiese: «Sei sicura di non avere nulla da riferirci che potrebbe aiutarci?»
Tina rifletté, ma non le venne in mente nulla.
«Credo di avervi detto tutto.»
«Non ci hai parlato del tuo rapporto con Claudia Leonardo» osservò Dalila, a quel punto. «Ci sono persone convinte che stiate insieme. Amber Thompson ha affermato che, prima che tu ti mettessi insieme a Oliver - almeno per quanto ne sa lei - non aveva mai pensato che tu fossi attratta dagli uomini. Hai mai avuto una relazione con una donna?»
Tina scosse la testa.
«No, solo uomini. Le donne non mi interessano.»
«Le donne non ti interessano, eppure anche Veronica Young credeva avessi una storia con Claudia» precisò Oliver. «Com'è nato questo equivoco?»
«L'hai visto anche tu, ieri. Claudia è sempre stata una presenza un po' ingombrante.»
«Anche troppo.»
«Ti assicuro che non è mai stata così asfissiante come ieri.»
«Vorrei sperarlo.»
«Vorrei sperarlo anch'io» convenne Dalila, «Perché mi è sembrato di intravedere qualcosa di tossico nel vostro legame. Mi viene da pensare che starai molto meglio senza di lei.»
«Non nego che Claudia sia stata troppo appiccicosa, in certe situazioni» ammise Tina, «Ma il modo in cui si è comportata ieri era esagerato anche per i suoi standard. Comunque, se proprio lo vuoi sapere - parlo con te, Dalila, dato che Fischer sa già anche troppo - anch'io ho avuto il sospetto che fosse attratta da me, che ci vedesse come una sorta di coppia. L'ha negato e, anzi, ha negato di provare attrazione per qualcuno, ha detto che l'amore e il sesso sono sopravvalutati.»
«Sapevi che Veronica avesse sospettato una relazione tra te e Claudia?»
«No.»
«Hai idea del perché potesse sospettarlo?»
«Come ho già detto, Claudia mi stava spesso intorno e, se devo dire la verità, negli ultimi due o tre anni ha iniziato a succedere sempre di più. Una volta non era così.»
Oliver azzardò: «Non hai dato una spiegazione nemmeno a questo?»
«Come ho appena detto, avevo l'impressione che Claudia potesse essere sentimentalmente coinvolta da me» rispose Tina. «Pensavo fosse perché il tempo passava e non avevo mai un partner che durasse a lungo, oppure che prima fosse stata innamorata di un'altra persona e che solo di recente avesse iniziato a provare qualcosa per me.»
«Dormite mai nella stessa stanza?»
La domanda di Oliver fece sussultare Tina.
«Perché lo vuoi sapere?»
«Rispondimi, per favore» la supplicò Oliver. «Tu e Claudia dormite mai nella stessa stanza?»
«Quasi mai» disse Tina, «A meno che, qualche volta è capitato, non ci fossero stanze disponibili per entrambe. Però erano camere doppie, non camere matrimoniali.»
«Quindi» dedusse Oliver, «Se Veronica mi ha detto che pensava che avessi una relazione con Claudia, perché una volta l'ha vista entrare nella tua stanza di notte, significa che ci vedeva qualcosa di inconsueto.»
Tina aggrottò la fronte.
«Davvero Veronica ti ha detto questo?»
«Proprio così» confermò Oliver. «Quando è successo?»
«Mai.»
«Mhm, interessante» si intromise Dalila. «Quindi Veronica ha mentito a Oliver, davvero curioso.»
«Perché, Veronica Young non può mentire?» ribatté Tina. «Per caso è al di sopra di ogni sospetto?»
Dalila non le rispose. Aveva preso fuori lo smartphone e stava digitando qualcosa, dando segno di non essere più interessata a lei. Poi, di colpo, glielo mise davanti agli occhi. Era aperto su un programma di note, la Colombari aveva appena scritto: "se hai portato il tuo telefono con te, spegnilo".
Tina non capì.
«Perché dovrei?»
«Fallo e basta» scandì Dalila, a voce bassissima.
Tina guardò Oliver, nella speranza che venisse in suo aiuto. Fischer si limitò ad annuire, convincendola a eseguire l'ordine. Prese fuori il cellulare che teneva in tasca e lo appoggiò, spegnendolo, sul tavolo.
Dalila attese qualche istante, prima di informarla: «L'hai fatto per il tuo bene. Non si sa mai, potresti essere spiata.»
«Spiata?» ripeté Tina. «E da chi? Nessuno ha accesso al mio telefono.»
«Vedi, Tina, è proprio questo il problema» intervenne Oliver. «Nessuno può sapere questo, nessuno può sapere quello, nessuno può avere preso in mano il tuo smartphone... Ma non è così, in realtà. Quando dici "nessuno", intendi "nessuno a parte Claudia". Da anni e anni controlla la tua vita senza che tu faccia nulla per sottrarti. Non nego che per lungo tempo possa averlo fatto per affetto, ma ti prego di riflettere.»
Tina raggelò.
«No, non è possibile.»
«Eppure Veronica l'ha vista entrare nella tua stanza una notte. Una notte. Ti dice niente? Non pensi che possa essere successo tre anni fa a Singapore?» Oliver sembrava un fiume in piena, non ci sarebbe stato modo di fermarlo. «Immagino anche che fosse con te a Madrid, quella volta dello specchio. In più, sapeva tutto di te e Serrano. Mi hai detto tu stessa che avevi raccontato a una sola persona cosa fosse successo esattamente... e non ho dubbi che fosse proprio lei.»
«Non è possibile» ribadì Tina. «Non può essere stata lei. Perché avrebbe dovuto? Che scopo poteva avere?»
Oliver non rispose, ma piuttosto aggiunse: «Sapeva anche di te e Axel. Magari le hai detto tu stessa dove vi sareste incontrati. Per non parlare del fatto che potrebbe essere stata proprio lei a scattare le foto a me e a Dalila, mentre tu eri in Brasile.»
Dalila osservò: «Era con te in Inghilterra, quando sono stata scippata, quindi lo scippo non aveva nulla a che fare con te e con Mirko.»
«E va bene» si arrese Tina. «Claudia potrebbe avere fatto quello che dite, ma De Rossi? Che cosa c'entra con lui? Mi rifiuto di credere che l'abbia ammazzato. Claudia non può avere...»
Oliver le assicurò: «Arriveremo a tutto, passo dopo passo. Il fatto che abbia deciso di licenziarsi può essere d'aiuto, almeno potrai rifiutarti di incontrarla o di farla entrare in casa. Tieni spento il telefono.»
«Come faccio senza?» obiettò Tina. «Non ne ho altri.»
Dalila le mise in mano quello che le aveva mostrato poco prima.
«Era di un mio parente che adesso si trova in un posto dove non gli serve un cellulare. L'ho usato in questi ultimi tempi per stare in contatto con Oliver senza correre rischi. È più utile a te che a me, adesso. Però devi assicurarci che non riferirai a Claudia quello che è successo stasera. E che, se ci hai taciuto qualcosa, anche inavvertitamente, te lo fai venire in mente.»
Tina scosse la testa con decisione.
«No, non ho taciuto niente.»
«Nemmeno un testamento?» azzardò Dalila. «Sei sempre stata esposta al pericolo, non hai mai pensato che, se tu non ci fossi stata più, avresti voluto lasciare i tuoi averi a qualcuno nello specifico?»
Oliver ridacchiò.
«Dalila, non siamo in un romanzo poliziesco degli anni Trenta.»
«Se fossimo negli anni Trenta, visto il suo mestiere, Tina non sarebbe vissuta così a lungo; probabilmente sarebbe andata a fuoco dentro i rottami di un'auto molto tempo fa» ribatté Dalila. «Allora, Menezes? Per caso esiste un testamento?»
Tina sospirò. Era assurdo, quello che la Colombari la stava spingendo a condividere non aveva alcun senso, eppure si incastrava perfettamente.
«È stato dopo l'incidente nel test di Indycar. Ho valutato che avevo ancora davanti circa un decennio di carriera e ho scritto un testamento nel quale, se fossi morta entro dieci anni da quella data, una certa cifra sarebbe andata a Claudia. Volevo che avesse una sorta di "liquidazione", se io non ci fossi stata più prima del tempo.»
«Wow!» esclamò Dalila. «Posso chiederti se ti ricordi la data in cui quel testamento è stato redatto?»
«Era il 14 agosto di dieci anni fa, sarà valido fino al 14 agosto di quest'anno» rispose Tina.
Oliver concluse: «Ovvero per una settimana e mezzo a partire da ora. Abbiamo ancora un po' di tempo, ma non tanto.»

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Capitolo 15
*** [Oliver] ***


Buongiorno a tutti, in particolare a Swan Song che ha recensito già il capitolo precedente uscito ieri, ma anche a Nerve quando arriverà. Dovevo pubblicare questo capitolo lunedì secondo i piani, ma il racconto l'ho già finito da tempo quindi perché non anticipare di due giorni? Non vedevo l'ora di pubblicare questo specifico capitolo fin da quando l'ho scritto, quindi buona lettura!


«Grandissima rottura di coglioni, che piacere sentirti!» esclamò Veronica. «Sentivo immensamente la tua mancanza, per fortuna ti sei manifestato.»
Oliver non si aspettava un'accoglienza calorosa, ma gli venne spontaneo ripensare a quando la Young gli aveva fatto credere di averlo memorizzato in quella maniera nella rubrica del cellulare.
«Davvero mi hai salvato così sul tuo telefono?»
«Dovrei usare quel nome per troppe persone» ammise Veronica, «Quindi ti ho messo come "Fischer rompipalle". Dato che, neanche troppo tempo fa, io e mio marito ti abbiamo già detto tutto quello che avevamo da dire, posso avere l'onore di sapere che cosa vuoi esattamente da me? Sempre ammesso che tu abbia qualcosa di utile da comunicarmi.»
«Certo che ho qualcosa di utile da comunicarti» ribatté Oliver. «Non mi metterei a telefonarti per perdere tempo. Anzi, nello specifico ho una cosa da chiederti, ma credo sia più giusto iniziare dall'inizio. Hai visto il video che Tina ha pubblicato qualche giorno fa?»
«Quello in cui dice che le dispiace avere parlato male di Ryan Harvey?»
«Proprio quello.»
«Devo ammettere che quel video mi ha confuso le idee» replicò Veronica, «E non so con esattezza cosa fare. Ufficialmente Harvey non ha fatto niente di male, ma non tutti ne sono convinti. C'è chi dice che Tina sia stata costretta a ritrattare certe accuse... insomma, il primo video l'ha segnato per sempre, qualunque cosa accada con il secondo.»
«Tina è molto dispiaciuta per quello che è successo» puntualizzò Oliver, «E presto questa storia sarà definitivamente chiarita. Però ho bisogno del tuo aiuto.»
Veronica sbuffò.
«Mi pare di averti già aiutato abbastanza!»
«E infatti ti devo ringraziare» affermò Oliver. «Senza di te non sarei mai arrivato a certe conclusioni.»
«La nostra videochiamata ti è stata utile?»
«Mi è stata più utile una conversazione che abbiamo avuto al telefono qualche tempo fa.»
Veronica azzardò: «Si tratta di qualcosa che ti ho detto a proposito di Tina? Finalmente mi spiegherai cos'avete in mente?»
«Tina mi ha dato il permesso di parlartene» la informò Oliver, «Quindi preparati, perché avrò un bel po' di cose da dirti. Tutto è iniziato quando Tina stava insieme ad Axel.»
«Axel?»
«Un uomo con una situazione familiare un po' complessa.»
«Situazione familiare un po' complessa deve essere un sinonimo di avere moglie e figli.»
Oliver ignorò l'osservazione di Veronica.
«Tina è stata filmata mentre faceva sesso con Axel.»
«Oh.»
«Per mesi, occasionalmente, stralci di questo filmato le sono stati inviati tramite social, tramite profili non riconducibili a una persona specifica. Verso la fine di giugno, Tina mi ha ingaggiato per indagare su questa vicenda.»
«Questo spiega tante cose» valutò Veronica. «La Menezes ha sporto denuncia?»
«No.»
«Quella gran testa di cazzo.»
«Pensava di non risolvere niente con una denuncia» spiegò Oliver. «Non sapeva da dove le scrivesse, questa persona, non aveva la più pallida idea di cosa fare. Sperava di capire che cosa volesse da lei, ma non ha mai ricevuto richieste di soldi, né ha mai dato segno di essere sul punto di pubblicare il video.»
«Quindi» dedusse Veronica, «Pretendeva che fossi tu a capire chi c'era dietro.»
«Esatto» confermò Oliver. «Però c'è di più: all'inizio, per contattarmi, aveva chiesto a Mirko De Rossi di fare da intermediario.»
«Fischer, che cazzo hai combinato? Mirko De Rossi è stato ammazzato.»
«Appunto.»
«Non vuoi dirmi che l'omicidio ha a che vedere con la Menezes, vero?» Veronica era gelida. «Perché, se per caso mi dici che ha a che vedere con la Menezes, sei un uomo finito.»
«Sono stato un uomo finito molte volte, nel corso della mia esistenza» ribatté Oliver. «Una in più non mi spaventa.»
«Invece faresti bene a spaventarti.»
«Sei tu che faresti bene a starmi a sentire, perché dobbiamo agire prima che sia troppo tardi. Ho il sospetto che anche Tina possa fare la stessa fine, se la persona che ha ucciso De Rossi non viene smascherata.»
«Io non posso fare niente per smascherare questa persona» replicò Veronica, ancora molto fredda. «Non ne so niente e quella testa di cazzo della tua amica si è guardata bene dall'informarmi che cosa stava succedendo. Anzi, sai cosa ti dico? Sono felice che non l'abbia fatto. Quello che non mi spiego è la storia di Harvey, ma non sono sicura di volerla conoscere.»
«Conoscerai anche quella.»
«Attendo le tue rivelazioni al mondo, allora.»
«Per fare le mie rivelazioni, ho bisogno del giusto scenario.»
Veronica ridacchiò.
«Vuoi forse radunare tutti i personaggi coinvolti in una stanza e tenere un comizio su come sia stato commesso il delitto?»
Scherzava, ma Oliver era serio: «Una specie.»
«Buona fortuna, allora. Mi verrebbe quasi voglia di chiederti come farai.»
«Te lo spiegherò ugualmente, se hai pazienza.»
«Non ho pazienza per niente, quando ci sei di mezzo tu.»
«Allora te lo spiegherò anche se non hai pazienza. Tu sei l'unica che può aiutarmi a radunare tutti quanti in una stanza.»
Veronica rise, sprezzante.
«Testa di cazzo la Menezes, ma anche tu non sei da meno.»
Oliver sibilò: «I tuoi commenti non mi fanno né caldo né freddo. Sei libera di pensare che siamo teste di cazzo, quello che conta è che, per la prossima settimana, inviti una serie di persone come tuoi ospiti al Gran Premio di San Marino. Insisti molto. Il raduno si farà nell'area hospitality della Pink Venus, poi decideremo che giorno.»
«Che cosa?!» esclamò Veronica. «Vuoi che inviti della gente a Imola, così, a caso, alla quale tu esporrai la tua soluzione?»
«Hai capito benissimo. Quando esporrò la mia soluzione voglio che siate presenti tu, Ryan Harvey, Amber Thompson, Edward Roberts, Selena Bernard, Donato Franzoni e Nicholas Piazzi, oltre a me e Tina. In più sarebbe molto d'aiuto - te lo chiedo come favore personale - se ci fosse anche la mia amica Dalila Colombari.»
«Chi sarebbe Nicholas Piazzi?»
«Significa che accetti?»
«Significa che voglio sapere chi è.»
«Nicholas Piazzi è un produttore di musica trap» mise in chiaro Oliver. «Gli piace mettersi in mostra nel corso di eventi sportivi di cui non conosce nulla, quindi non ti dirà mai di no.»
Veronica sospirò.
«Avrei tante cose da dirti, Fischer, nessuna delle quali positiva, però voglio essere ben disposta nei tuoi confronti, quindi devo ammettere che o sei una grandissima testa di cazzo oppure sei un fottuto genio.»
«Mi accontento di essere un mix di entrambe le cose» concluse Oliver. «Posso contare su di te?»

***

«Ehi.»
Veronica sussultò.
«Non ti avevo sentito» disse, rivolta a Edward. «Perché mi sei arrivato alle spalle di soppiatto, come se volessi piantarmi un coltello nella schiena?»
Roberts parve divertito da quell'ipotesi.
«Do l'impressione di uno che vuole ucciderti?»
«Non so più che impressioni avere» ammise Veronica. «È un periodo stressante, questo, per me.»
«Già, e immagino che tu non abbia avuto un minimo di pace, da quando Ryan Harvey è stato fotografato nel paddock» osservò Edward. «Anch'io sono sorpreso che tu non gli abbia consigliato di restarsene a casa. Anzi, sarebbe stata una cosa sensata da fare, visto che ci saranno quaranta gradi.»
Veronica annuì.
«Questi sono i danni dell'avere un calendario troppo fitto. Quando lo scorso maggio questo gran premio è stato rinviato, l'hanno inserito nell'unica finestra libera.»
Edward tagliò corto: «Non sono qui per parlare del tempo.»
«Strano a dirsi, ma lo sospettavo» ribatté Veronica. «Dimmi tutto, cosa ti turba?»
«Non mi turba niente, però ho uno strano presentimento» rispose Edward. «Hai chiamato più o meno la stessa gente che c'era al Redbullring il mese scorso. In più, ho sentito dire che arriverà anche Nicholas Piazzi.»
«Scoprirai tutto a tempo debito» mise in chiaro Veronica, «Ovvero domani, quando saranno terminate sia le qualifiche, sia le gare di contorno delle categorie minori.»
«E Piazzi cosa c'entra in tutto ciò?»
«Non mi chiedi niente sulla Colombari, per esempio?»
«La fotografa con i capelli decolorati?»
«Proprio lei. Pensavo che ti interessasse il gossip, che cercassi di capirne qualcosa del menage a trois che ha con Fischer e la Menezes.»
Edward accennò un sorriso.
«Io faccio il tifo per la coppia Oliver/ Tina.»
«Posso chiederti perché?»
«Perché mi sembrano ben assortiti. L'ho già detto.»
«Oltre che ben assortiti, sono anche due pazzi scatenati» replicò Veronica. «Per fortuna domani, nel tardo pomeriggio, sarà tutto finito.»
«Tutto finito?» ripeté Edward. «Sembra di essere nel bel mezzo di un intrigo internazionale.»
Veronica alzò gli occhi al cielo.
«Possibile che dobbiate tutti venire sempre a fare domande a me? Perché non vai a chiedere a Fischer che cos'abbia in mente?»
«Perché Fischer non mi risponderebbe. Ha un'aria strana, oggi.»
«Fosse solo oggi!»
«Non scherzare, Veronica. Oggi mi sembra che abbia in mente qualcosa e, conoscendolo, quando ha in mente qualcosa o qualcuno è stato ammazzato, oppure qualcuno rischia la vita. So che si stava atteggiando a detective dilettante, vorrei solo cercare di capire se sai quale sia l'entità dei danni.»
Veronica si lasciò andare a una mezza risata.
«Se non hai niente da nascondere, credo che tu non abbia niente da temere. Se invece hai degli scheletri nell'armadio, potrebbe essere dura. Fischer è uno che non si ferma finché non è arrivato in fondo.»
Edward replicò: «Non ho alcun segreto che rischi di minare la mia reputazione, non sono preoccupato.»

***

Ciò che stava per accadere appariva surreale e, a renderlo ancora più surreale, c'era la presenza di due donne equamente affascinanti.
«Quanto manca?» volle sapere Tina.
Prima che Oliver potesse replicare, Dalila rispose al posto suo: «Devi avere pazienza. In fondo, se hai sopportato la presenza di Claudia per tanti anni, puoi sopportare ancora una mezz'ora prima che venga pubblicamente smascherata.»
Tina le scoccò un'occhiata di fuoco.
«Mi stai giudicando?»
«Tanto sveglia non dovevi essere, se Claudia ha sempre agito alle tue spalle» ribatté Dalila. «Ti sei fatta girare e rigirare senza mai...»
Oliver la interruppe: «Piantala, Dalila. Tina ci ha ingaggiati per scoprire chi l'avesse filmata, non per dirle che avrebbe dovuto arrivarci da sola.»
«Ha ingaggiato te» gli ricordò Dalila. «Sei tu che hai deciso di convocare tutti qui... tutti eccetto Claudia.»
«È meglio tenere Claudia il più lontano possibile» replicò Oliver. «E comunque non avrebbe mai accettato l'invito.»
«Non puoi saperlo. Non hai chiesto a Veronica di chiamarla.»
«Meglio non saperlo, fidati. Manca pochissimo al 14 agosto.»
Dalila annuì.
«Due giorni.»
Tina abbassò lo sguardo.
«Io, comunque, non ci credo.»
«Non ci credi perché preferisci vivere nel mondo dei sogni» intervenne Dalila. «Apri gli occhi, Menezes. E soprattutto, cerca di stare attenta: dopodomani sarai libera, ma prima di allora rischi di grosso. Lo sai che fine ha fatto il povero Mirko... e tutto perché si è fatto delle domande su di te.»
Tina rimase in silenzio, pareva spiazzata. Forse era meglio così.
«Credo sia meglio andare a raggiungere gli altri, e magari a cercare quelli che non ci sono» tagliò corto Oliver. «Veronica ha convocato tutti tra pochi minuti. Si è inventata una scusa con ciascuno di loro, non sanno che saremo tutti riuniti.»
Senza aggiungere altro, Oliver si avviò, seguito da Tina e Dalila. Raggiunsero la Young, che in quel momento era ancora sola.
«Sei in anticipo, Fischer» lo informò Veronica. «Devo pensare che non vedessi l'ora di vedermi?»
«Non vedevo l'ora di vederti, certo» borbottò Oliver. «Hai idea di dove siano finiti? Non...»
Si interruppe. Amber Thompson li stava raggiungendo proprio in quel momento, seguita dal marito. Mentre Amber si sedette, Ryan Harvey si guardò intorno con aria esitante, prima di avviarsi verso Tina.
I due si fissarono, forse desiderosi di dire qualcosa, ma non pronunciarono una sola parola.
Solo allora, fissandoli, Amber si alzò in piedi e si diresse verso di loro.
«Quello che hai detto di Ryan è disgustoso» mise in chiaro. «Trovo inaccettabile quello che ha dovuto passare per causa tua.»
«Lo so» ammise Tina, «Ho fatto degli errori, ma tutto può sistemarsi.»
«Hai fatto degli errori» ripeté Amber. «Non ti sembra di cavartela troppo facilmente, così? Forse anche Ryan ha fatto degli errori, ma è stato distrutto senza nemmeno che tu avessi il coraggio di essere diretta. Ce l'avevi con lui perché mi ha aiutata a prendere il tuo posto, non è vero?»
Tina scosse la testa.
«No, certo che no. Sapevo che, parlando a quel modo, gli avrei attirato addosso il disprezzo di tutti. Se avessi voluto accusarlo di questo, avrei detto quello che pensavo. Ciascuno avrebbe fatto le proprie valutazioni, ma le conseguenze non sarebbero state così devastanti.»
«E allora perché...»
Harvey interruppe la moglie: «Lascia perdere, Amber. Per favore, lascia perdere.»
«No, ho bisogno di sapere» si impuntò la Thompson. «Che cosa le hai fatto? Di che cosa ti accusa?»
Oliver decise di intervenire: «Tina non accusa Ryan di nulla. È stato un enorme equivoco che, te lo assicuro, si chiarirà molto presto.»
«Molto presto?» chiese Amber. «Non capisco. Cosa sta per succedere?»
«Non sta succedendo niente di cui tu debba preoccuparti» si intromise Dalila, «A meno che tu non abbia dei cadaveri nascosti in cantina.»
Proprio in quel momento arrivò Donato Franzoni. A Oliver parve di notare un'espressione di disappunto sul tuo volto, mentre posava lo sguardo su Dalila.
«Dove sono i Roberts?» chiese a Veronica. «Quando arrivano?»
«Non so dove siano i Roberts» rispose la Young, «Ma arriveranno.»
«E Nicholas Piazzi?»
«Arriverà anche lui, immagino.»
«Sei stata abbastanza chiara, con lui?»
Veronica sbuffò.
«Fischer, calmati. Gli ho detto di venire a quest'ora. Se hai un attimo di pazienza, posso immaginare che arriverà.»
«Ah, tu puoi non avere pazienza, mentre io invece devo averne?»
«Taci, Fischer. Aspetta in silenzio, andrà tutto come deve andare.»
Fu proprio così. Tutto andò secondo i piani e si ritrovarono con un numero fin troppo elevato di persone ignare di cosa stesse succedendo.
Ci pensò Veronica a chiarire il tutto: «Vi domanderete senz'altro cosa ci fate qui. Vi chiedo scusa se vi ho dato appuntamento a quest'ora senza essere più chiara, ma preferivo non espormi. Vi invito quindi a sedervi, vi sarà spiegato tutto quello che dovete sapere.»
Oliver udì borbottare, ma tutti seguirono l'invito di Veronica: Edward, Selena e Tina si accomodarono allo stesso tavolo, mentre la stessa Young si sedeva a un altro insieme ad Amber e Ryan. Sia Piazzi sia Franzoni apparivano più esitanti, ma fu la stessa Dalila a rivolgersi a Donato: «Prego, si sieda.»
L'ex assistente di Dalma Hernandez fece ciò che la fotografa gli aveva detto, accomodandosi di fronte a lei. Il produttore musicale, l'unico rimasto in piedi oltre a lui, li raggiunse e prese posto. Era giunto il momento, Oliver poteva iniziare il suo lungo discorso.
«Innanzi tutto buonasera a tutti» esordì. «È un vero piacere, per me, trovarvi tutti qui, mentre immagino che voi vi stiate chiedendo che cosa voglia da voi. Ve lo spiego subito: in accordo con Veronica, ma soprattutto con Tina Menezes, devo parlarvi di ciò che è capitato a partire dallo scorso anno. Per Tina è stato doloroso accettare l'idea di dovere condividere un fatto così riservato, ma ha ritenuto fosse giusto: circa undici mesi fa, qualcuno ha girato un video molto privato che la riguarda e, successivamente, ha iniziato a mandarle tramite social network dei frammenti di quel video, come ad avvisarla di esserne in possesso e di poterla tenere sotto controllo.»
Fece una pausa, immaginando che qualcuno intervenisse. Si aspettava voci confuse, invece gli arrivò soltanto quella di Nicholas Piazzi: «Intende un video erotico?»
Oliver confermò: «Intendo un video erotico.»
«Come la canzone.»
«Vedo che ha fatto due più due, signor Piazzi.»
«Non ne sapevo niente.»
Oliver annuì.
«Ovviamente non ne sapeva niente, ma mi lasci continuare. Per questa ragione un mese e mezzo fa Tina Menezes si è rivolta a me, perché indagassi sull'identità della persona che ha registrato il filmato. Non mi aspettavo, tuttavia, di finire coinvolto in una storia molto più grossa. Tina, infatti, aveva chiesto aiuto a un mio passato datore di lavoro, per mettersi in contatto con me, il quale a sua volta si era servito dell'aiuto della nostra collega Dalila Colombari, una fotografa che aveva lavorato per lui in passato. Purtroppo poco dopo Mirko De Rossi è stato assassinato e le indagini ufficiali si sono concentrate sulla rapina. Non è mio compito giudicare il lavoro delle autorità, ma penso che, a causa di un errore di valutazione iniziale, si sia arrivati a un punto di stallo. Io, da parte mia, sentivo di avere bisogno di scoprire anche cosa fosse successo a Mirko, ma devo ammettere che sono stato più volte preso dai dubbi: De Rossi era davvero stato ucciso per qualche ragione legata alla Menezes? Oppure stavo prendendo una grossa cantonata? Ci sono state due ragioni che mi hanno convinto che i due casi fossero collegati, la seconda delle quali è un post uscito successivamente sul blog di Mirko De Rossi - Harvey, tu sai di cosa sto parlando.» Ryan fece un cenno d'assenso, quindi Oliver proseguì: «In precedenza mi era capitato di sentire una canzone intitolata "Miss Vegas", di una certa Baby Dumbaby, una giovane trapper pressoché sconosciuta. Quella canzone menziona video erotici nei quali è immortalata una donna che potrebbe essere Tina Menezes. Tramite Dalila Colombari, sapevo perfettamente che Mirko conosceva l'esistenza di quella canzone. Il produttore, tuttavia, il qui presente signor Piazzi, mi ha rivelato addirittura che, per quanto ne sapeva al momento in cui ha deciso di portare avanti quel progetto, il testo era stato scritto da Mirko De Rossi. È così, signor Piazzi?»
Nicholas non parve molto propenso a parlare.
«Veramente non mi pare il caso di...»
Oliver lo interruppe: «O lo spiega lei, o lo spiego io.»
Piazzi si arrese facilmente.
«Ho ricevuto il testo via e-mail, insieme a una sorta di sfida a metterlo su una base e pubblicarlo. Il mittente era De Rossi, un mio conoscente. In seguito, tuttavia, avrebbe smentito di averlo scritto lui, tanto che ne ho dedotto che qualcun altro mi avesse inviato l'e-mail dal suo computer.»
«Chi?»
«Mi dispiace, ma non ne ho idea. Avevamo conoscenze comuni, ma non lo conoscevo bene abbastanza da sapere chi potesse avere accesso al suo computer.»
«Quella persona, tuttavia, doveva conoscerla.»
«In molti mi conoscono di fama. Mirko mi aveva scritto, in passato, per altre ragioni. Il mio indirizzo e-mail doveva essere memorizzato nella sua casella di posta.»
«Non si è proprio fatto domande su chi potesse essere l'autore o l'autrice di quel testo?»
Nicholas Piazzi scosse la testa.
«Era solo un testo trap.»
«Un testo trap che, però, accennava a video erotici di Tina Menezes» rimarcò Oliver.
«A video erotici di una certa Menny» puntualizzò Piazzi. «Esiste una pornostar che si fa chiamare Venus Manny. Era facile ipotizzare che la protagonista della canzone fosse un mash-up tra la pornostar e Tina Menezes.»
«Ipotesi a cui, a un certo punto, sembra essere giunto anche Mirko De Rossi, stando a quanto mi ha rivelato Dalila. Gradirei, però, a questo punto, fare un passo indietro. Tina, te la senti di raccontare cosa ti è successo tre anni fa dopo il Gran Premio di Singapore?»
«Non capisco.» Nicholas sembrava genuinamente confuso. «Singapore? Tre anni fa? Io cosa c'entro?»
«Lei non c'entra niente» ribatté Oliver. «Può darsi che la cosa la sorprenda, ma il mondo gira anche senza di lei. Quindi, se non le dispiace, lasci la parola alla signorina Menezes.»
«Il Gran Premio di Singapore si è svolto nella sera, orario locale, e ho ottenuto il decimo posto, un risultato eccezionale per i tempi, dato che nessuno venuto dalla Diamond Formula aveva mai conquistato punti dopo la riunificazione dei due campionati» spiegò Tina. «Era stata una serata importante per noi e, personalmente, lo sentivo come uno dei giorni più importanti della mia carriera. Diverse ore più tardi, stavo prendendo parte a una festa privata, da cui mi sono allontanata in compagnia di un amico, Shin Jung, un ex pilota che aveva gareggiato insieme a me in varie categorie minori in passato. Successivamente sono rientrata nel locale in cui si stava svolgendo la festa.»
«Chi hai incontrato?» le chiese Oliver.
«Edward Roberts» rispose Tina. «Ho salutato rapidamente anche Amber Thompson e Ryan Harvey, che si trovavano insieme a lui e a un uomo d'affari asiatico.»
«Hai bevuto qualcosa insieme a loro?»
«No.»
«In seguito, hai bevuto qualcosa?»
«Un tè freddo.»
«Hai consumato alcolici quella serata?»
«Non ricordo con esattezza» ammise Tina, «Ma ne dubito. E, anche se fosse accaduto, non in grandi quantità. Eppure, poco dopo, ho iniziato a sentirmi stordita e a perdere lucidità.»
Oliver azzardò: «La tua personal trainer Claudia Leonardo era presente a quella festa?»
«Sì» rispose Tina. «Stava seduta in disparte e a un certo punto sono andata a farle compagnia.»
«Prima di finire il tè freddo o dopo?»
«Non ricordo.»
«Prima di perdere lucidità oppure dopo?»
«Assolutamente prima.»
Oliver si rivolse a quel punto a Ryan: «Harvey, puoi cortesemente spiegare cos'è successo dopo la serata? La Thompson e Roberts sono andati via, mentre tu sei rimasto a parlare con l'uomo d'affari già citato da Tina. È corretto?»
«Proprio così» confermò Ryan Harvey, «E sono stato io ad accompagnare la Menezes in camera. Dove vuoi arrivare? Non mi sembra un delitto», spostò lo sguardo su Tina, «Anche se c'è chi si diverte a pensarlo.»
Tina scattò in piedi.
«Non mi diverto a pensarlo! Come puoi anche solo credere che abbia fatto certe accuse per divertimento? La mia vita è stata sconvolta!»
«Anche la mia» replicò Ryan, «E tutto perché tu, risvegliandoti e trovandomi nella tua stanza, mi hai accusato di averti drogata e di avere cercato di violentarti! Ero venuto a vedere se stavi bene, perché eri in condizioni pietose qualche sera prima! Non hai voluto sentire ragioni, mi hai sputato addosso delle accuse disgustose, e tutto per averti aiutata! Mi hai guardato con sospetto per anni e poi hai anche pensato bene di fare un video in cui mi tacciavi di essere una persona da cui stare lontani.»
«Avevo il diritto di accusare chi ritenevo colpevole!» ribatté Tina. «Tu eri in quella stanza. Mi ci avevi portato tu.»
Amber chiese al marito: «Che cosa sta dicendo?»
Ryan la ignorò, obiettando: «Ti ci avevo portato io, Tina, perché ti avevo trovata davanti al locale. Non ti ho certo messo niente nel bicchiere: non avevi un bicchiere in mano quando ci siamo visti, né siamo stati a distanza ravvicinata.»
«Perché non mi hai detto niente, Ryan?» insisté Amber.
«Perché non c'era nulla da dire, io non le ho fatto niente» rispose Ryan.
Oliver si rivolse a Tina: «Cos'è successo quella notte?»
«Non lo so con esattezza, ma mi sono svegliata con il vestito strappato in più punti, come se qualcuno avesse cercato di spogliarti.»
«Hai subito violenza sessuale?»
«Sono convintissima di no.»
«Pensi ancora che sia stato Ryan Harvey a strappare il tuo vestito?»
Tina scosse la testa.
«No, certo che no. Non avrebbe alcun senso. Sono disposta, ovviamente, a fare qualcosa affinché la sua reputazione possa tornare quella di un tempo.» Tornò a sedersi. «Mi dispiace, Ryan. Ho preferito non vedere la realtà e ho finito per accusare te.»
Oliver chiese a Tina: «Ti sei fatta un'idea del perché qualcuno potrebbe averti parzialmente spogliata quella notte e di chi potrebbe essere stato?»
«Chiunque poteva entrare» ammise Tina, «A condizione di sapere che mi trovato in quella stanza, dato che la porta non era chiusa a chiave. Penso che, chiunque sia stato, volesse spaventarmi. Ricordo di avere sentito una voce che mi accusava di avere fatto del male a Manuel Serrano, un mio passato compagno di squadra in Formula 3 Brasiliana.»
«A proposito di Manuel Serrano», Oliver interpellò Amber Thompson, «Potresti raccontare un episodio avvenuto successivamente nel camerino di uno studio televisivo di Madrid?»
Con voce provata e ancora carica di tensione, la Thompson narrò i fatti: la vicenda dello specchio, la traduzione della scritta e l'averla cancellata come meglio poteva. Infine aggiunse: «Non ho mai parlato alla Menezes di quello che era successo, né ad altri, a parte con Ryan. Ho pensato che fosse uno scherzo di cattivo gusto e che Tina avrebbe potuto accusarmi, se avesse trovato quel messaggio per lei.»
Oliver chiese a Donato: «Signor Franzoni, potrebbe illumimarci su Manuel Serrano? Lei ha lavorato per il team Hernandez, per cui gareggiavano Serrano e la Menezes verso la fine degli anni 2000. Cos'è successo tra di loro?»
Donato disse, con una certa pacatezza e misurando bene le parole: «Non è successo nulla che vada oltre la normale rivalità sportiva. Ciascuno dei due desiderava battere l'altro. Purtroppo non erano in grado di separare la competizione dalla vita privata e questo ha generato delle tensioni tra di loro. La morte di Serrano in un incidente ha spiazzato tutti. La persona che ha fatto quella scritta sullo specchio non voleva fare un semplice scherzo, a mio parere, ma aveva una grande volontà di ferire Tina.»
«Ha idea del perché qualcuno volesse ferirla?»
«Non ne ho assolutamente idea.»
«Pensa che la morte di Serrano fosse un motivo valido, per chi stava dietro a quello "scherzo"?»
Donato scosse la testa.
«No, ne dubito. Ritengo molto più probabile che, volendo ferire Tina, abbia scelto un argomento con cui avesse la possibilità di sconvolgerla.»
«Tu, Tina, cosa ne pensi?» volle sapere Oliver.
La Menezes ammise: «A ripensarci adesso, lo trovo molto probabile.»
Oliver proseguì: «Successivamente sono accaduti altri fatti di minore entità, come una sorta di campagna mediatica contro Tina, su certi siti italiani che parlano di motori. Un numero ristretto di account, forse tutti riconducibili alla stessa persona, hanno scritto una serie di articoli poco lusinghieri nei suoi confronti, screditandola per le ragioni più banali. Uno di questi account, molto più di recente, ha anche pubblicato delle fotografie scattate a me e a Dalila Colombari, mettendo in dubbio la mia fedeltà nei confronti di Tina. Credo sia giusto informarvi che, per questioni pratiche, la nostra relazione è stata finora una recita, ma la pubblicazione di quelle fotografie aveva forse l'obiettivo di fare discutere. Ed effettivamente ha fatto molto discutere: perfino l'identità di Dalila è stata rivelata.»
Inaspettatamente, Donato si rivolse alla Colombari: «Mi scusi, non ne avevo idea.»
Di qualunque cosa stesse parlando, Dalila minimizzò: «Non poteva saperlo.»
Oliver continuò: «Tutto lascia pensare che siano avvenuti una serie di attacchi mirati nei confronti di Tina, ma che la maggior parte non abbiano avuto alcun effetto. In un primo momento si è convinta di avere subito un tentativo di violenza da Ryan Harvey, non pensando che potesse esserci dietro dell'altro, dopodiché non ha mai visto il messaggio sullo specchio, né ha mai interpretato gli articoli come contro di lei come qualcosa di diverso dalla semplice volontà di attirare consensi facili e autopromuoversi. Qualcuno, però, continuava a muoversi nell'ombra e ne è uscita fuori la già citata "Miss Vegas", un probabile ennesimo tentativo di mettere in cattiva luce Tina che, nel frattempo, era già stata contattata da mesi dalla persona che l'abeba filmata: o un tentativo di screditare la Menezes, oppure, se avesse sentito la canzone, addirittura la volontà di farle credere che il suo video privato stesse circolando nel web sommerso. Il testo è stato attribuito a Mirko De Rossi, poi effettivo autore di un post con uno stralcio fake di autobiografia di Tina Menezes, nel quale parla di un'aggressione subita da parte di Ryan Harvey, episodio smentito da Tina stessa.»
La Menezes intervenne: «Ho parlato con Mirko De Rossi, ma non gli ho mai parlato di Harvey, né l'ho mai incaricato di aiutarmi a scrivere un'autobiografia.»
«Però» azzardò Oliver, «Qualcuno avrebbe potuto farlo al tuo posto.»
«Mirko avrebbe dovuto o accettare di scrivere qualcosa di falso, rischiando di rovinarsi la carriera, oppure prendere molto sul serio la persona che si spacciava per mia referente» rispose Tina. «Va bene, forse non intendeva pubblicare quel pezzo così com'era, o magari non voleva pubblicarlo affatto ma non ha fatto in tempo a toglierlo dai post programmati, ma deve comunque avere pensato di avere a che fare con una persona che, effettivamente, l'aveva contattato per mio conto.»
«Una volta che ha ricordato ciò che gli aveva detto Nicholas Piazzi a proposito di "Miss Vegas" potrebbe essergli sorto qualche sospetto?»
«Non ne ho idea, non conoscevo Mirko così bene da potere esprimere un parere in proposito.»
«Lo conoscevo io» intervenne Dalila, «E posso confermare che non avrebbe mai pubblicato cazzate. Per quanto non mi abbia confidato i suoi sospetti su "Miss Vegas", né mi abbia parlato del fatto che Piazzi lo considerasse l'autore, non ho dubbi che quella canzone gli abbia fatto sorgere qualche dubbio.»
«Bene» osservò Oliver. «Penso che tutti abbiate formulato qualche idea o abbiate qualcosa da condividere. Vi lascio riflettere qualche istante, poi riprendiamo a parlarne.»

***

Dopo avere ascoltato con estrema pazienza le disquisizioni di Oliver Fischer, Veronica fu sollevata dalla breve pausa proposta dal giornalista. Iniziava a non avere idea di dove volesse andare a parare e non era ben sicura di volerlo scoprire. Nel frattempo vide Selena Roberts alzarsi, con il telefono all’orecchio, e allontanarsi. La tenne d’occhio e, quando ebbe messo via il cellulare, la raggiunse.
«Tutto bene?»
Selena, che teneva ancora gli occhi fissi sul telefono, alzò lo sguardo mentre lo riponeva dentro la borsa.
«Sì, tutto bene, perché?»
«Dubbio spontaneo» rispose Veronica, mostrandole un sorriso. «Sbaglio o tu e Nicholas Piazzi vi siete già conosciuti?»
«Come lo sai?»
La domanda di Selena valeva più di mille risposte.
«Vi siete già conosciuti.»
Selena annuì.
«Sì, io e Oliver gli abbiamo parlato, qualche tempo fa.»
«Quindi è questo che sei andata a fare in Italia, lo scorso mese» osservò Veronica. «Avevo capito che avessi qualcosa da nascondere, ma non pensavo fossi andata a immischiarti nelle indagini di Fischer. Posso chiederti con chi eri al telefono?»
Selena ridacchiò.
«Sai, Veronica, non tutto quello che succede è un mistero da risolvere.»
«Con chi eri al telefono?» insisté Veronica.
Selena aprì la borsa.
Veronica non capì.
«Cosa vuoi fare adesso?»
Recuperato il cellulare, qualche istante più tardi Selena le mise sotto gli occhi il registro delle chiamate.
«Sei soddisfatta, adesso?»
C’era una telefonata in entrata a nome “Margaret”, la figlia adolescente nata dall’unione tra Edward Roberts e la sua prima moglie defunta ormai da moltissimi anni.
Veronica si arrese: «E va bene, hai ragione, non tutto è un mistero da risolvere. Posso chiederti cosa voleva la ragazzina da te?»
«Mi ha passato Ella, voleva parlare con me» la informò Selena. «Dice che si annoia con la baby-sitter, chiede quando io e Edward torneremo da lei.»
«Che bambina deliziosa» ribatté Veronica. «Spero per lei che sua madre non sia invischiata in un caso di omicidio.»
«Invischiata in un caso di omicidio?» ripeté Selena. «Poco fa mi avevi accusata di essere stata in Italia a intromettermi nelle indagini di Oliver, adesso l’accusa è quella di avere ammazzato il povero De Rossi?»
«Non mi spingerei mai così in là» ribatté Veronica. «Non ti immagino proprio mentre vai a uccidere Mirko De Rossi. Né ti immagino uccidere qualcun altro, meglio dirlo a scanso di equivoci. Però quello che hai fatto è piuttosto curioso. Cosa sei andata a fare con Fischer da Piazzi?»
«Siamo andati a parlare con Piazzi di “Miss Vegas”» chiarì Selena. «Mi sembra un’azione legittima. O vuoi forse affermare il contrario?»
«Più che legittima» confermò Veronica, «Ma resta il fatto che non me la racconti giusta. Cosa ci facevi in Italia?»
«Avevo alcune cose da verificare.»
«E le hai verificate?»
«Non abbastanza da avere delle certezze.»
«Oh, interessante.»
«Dipende da che tipo di interessi hai» borbottò Selena. «Se fossi al posto tuo, avrei altro di cui occuparmi. Dopotutto questa storia ti riguarda solo molto alla lontana e solo perché hai concesso a Oliver di esporre qui certe sue teorie.»
«Non sono certa che sia stata un’idea molto saggia» ammise Veronica. «Non so che cosa si sia messo in testa, ma qualcuno dovrebbe spiegargli che non siamo in un telefilm poliziesco e che non è suo compito illuminarci su certe questioni. Anche raccontare a tutti i fatti di Tina Menezes non mi è parsa una grande idea.»
«Tina Menezes, evidentemente, ha dato il proprio consenso, altrimenti Oliver non l’avrebbe mai fatto» rispose Selena. «Non mi pare che abbia protestato in qualche modo e, anzi, ha raccontato di buon grado quello che le è successo tre anni fa a Singapore, oltre che la storia del video erotico.»
«Sì, ma a che scopo?»
«Non lo so quale sia lo scopo. Immagino che Oliver sia arrivato alle mie stesse conclusioni, a proposito di una certa persona, e che intenda riferirci i suoi sviluppi.»
«Quella persona è qui presente?»
«No.»
«Allora come mai non l’ha convocata? Nei telefilm e nei romanzi polizieschi, il detective espone la soluzione del caso in presenza di tutti i potenziali sospettati, compreso il colpevole.»
«Questo non è un romanzo poliziesco, però. È la realtà. Convocare il presunto colpevole e tacciarlo davanti a tutti di essere il colpevole, senza alcuna prova per dimostrarlo, ma soltanto molti indizi, potrebbe non essere una decisione molto sensata.»
Veronica confermò: «Effettivamente potrebbe portare a una causa per diffamazione. Tina Menezes ha fatto molto bene a non formulare accuse specifiche nei confronti di Ryan Harvey, a suo tempo, altrimenti avrebbe corso questo rischio. Peraltro adesso sembra essersi rimangiata tutto. Non so se sia stato Fischer a farle il lavaggio del cervello o se fosse stato qualcun altro.»
«Secondo me è stato qualcun altro, in precedenza» suggerì Selena. «Tutto si incastrerebbe perfettamente: una persona che può controllare Tina decide di agire alle sue spalle, organizzando dei veri e propri atti persecutori nei suoi confronti. Purtroppo per lei non tutto va a buon fine, anzi, una delle sue azioni viene sventata addirittura prima che la Menezes possa rendersene conto. In più ci sono gli articoli, che non vengono nemmeno considerati un attacco personale. Non resta altro da fare che cercare di aumentare il tiro, di volta in volta.»
«E tu» realizzò Veronica, «Hai idea di chi possa essere questa persona che alza il tiro di volta in volta.»
«Credo che, se Tina avesse guardato intorno a sé, avrebbe potuto tranquillamente sospettare di una specifica persona» replicò Selena, «Ma è facile non vedere la realtà, quando la persona di cui dovresti sospettare è una di quelle di cui ti fidi di più al mondo.»
«La sua personal trainer?»
«La sua personal trainer.»
Veronica domandò: «Come hai fatto ad arrivarci?»
«In effetti, se avessi dovuto solo ascoltare Tina, non l’avrei mai capito» ammise Selena. «Mi sono accorta, tuttavia, che dava per scontato che pensassimo che Claudia Leonardo fosse al corrente di tutto ciò che la riguardava. Per lei era una cosa assolutamente normale, sulla quale non si fermava a riflettere. Non le passava nemmeno per la testa l’idea che quella donna potesse in qualche modo tramare contro di lei, oppure avere degli scopi poco chiari. In più, ero convinta di averla vista parlare con Mirko De Rossi, l’anno scorso, a Monza. Voglio dire, poteva essere una conversazione normale, ma mi hanno dato l’impressione di essere piuttosto affiatati.»
«Sospettata per una conversazione, il mondo è un posto terribile, indipendentemente dal fatto che Claudia abbia fatto qualcosa di male o meno.»
«Capisco cosa vuoi dire, Veronica. Non avrei notato niente di sospetto, se non mi fossero sembrati appartati e se non ricordassi di avere sospettato, in passato, che la Leonardo avesse una relazione con la Menezes.»
«L’abbiamo sospettato tutti, a quanto pare.»
«E non c’era niente tra di loro, a parte una relazione professionale.»
«Come fai a saperlo per certo?»
«Non lo so per certo, ma Tina non ha mai confidato nulla del genere a Oliver, che io sappia.»
«Tina potrebbe non avere raccontato tutto a Oliver, oppure Oliver potrebbe non averti riferito ogni dettaglio.»
Selena insisté: «Tina ha parlato di Manuel Serrano, poi ha parlato dell’uomo con cui stava insieme l’anno scorso. Non ha mai fatto menzione a una relazione con Claudia. Se ci fosse stato qualcosa tra di loro, avrebbe avuto un certo rilievo: significava che Tina l’aveva messa da parte per stare con quel tale.»
«Di conseguenza» concluse Veronica, «Non avrebbe raccontato per filo e per segno a Claudia le proprie avventure con questo uomo, oppure avrebbe ipotizzato che la personal trainer potesse esserne infastidita. E, dimmi, pensi che Claudia fosse infastidita? Che abbia organizzato tutta quella sceneggiata per vendicarsi del rifiuto di Tina?»
Selena scosse la testa.
«Claudia non ha manifestato attrazione nei confronti di Tina. Le stava attaccata come una sanguisuga, certo, ma non ha mai dato segno di esserne innamorata.»
«Effettivamente no» rispose Veronica. «Anzi, proprio quando credevo ancora che ci fosse qualcosa tra lei e Tina, sono sicura di averla sentita parlare al telefono con un uomo con cui sembrava molto affiatata.» Rifletté un attimo, prima di arrivare a una considerazione scontata: «Quell’uomo poteva essere Mirko De Rossi.»
«In teoria sì» confermò Selena, «Ma allora come mai nessuno è mai arrivato a lei? Perché non è nemmeno stata presa in considerazione come persona informata dei fatti?»
«L’ha detto anche Oliver, tutto faceva pensare a una rapina, quindi la vita privata di De Rossi è stata lasciata da parte.»
«Oppure non c’erano tracce di una loro frequentazione.»
«Cosa vuoi dire?»
«Voglio dire che forse non si sentivano attraverso i loro telefoni ufficiali, ma tramite altri numeri. Ho pensato che magari Claudia possa avere dato a Mirko un cellulare con cui chiamarla e che poi, in seguito, se lo sia ripresa.»
«Teoria interessante» fu costretta ad ammettere Veronica, «Ma come giustificare tutto ciò con De Rossi?»
«Ho pensato a una relazione extraconiugale» le rivelò Selena. «Se Mirko fosse stato sposato o avesse avuto una compagna stabile, Claudia Leonardo avrebbe potuto dargli un telefono con cui contattarla per non farsi cogliere sul fatto. Quindi, tra le varie cose, sono stata ad accertarmi dello stato civile di De Rossi.»
«E cos’hai scoperto?»
«Che è stato sposato per breve tempo, ma è successo quasi un decennio fa. Ha divorziato nove anni fa e la sua ex moglie si è risposata e vive all’estero. Non...»
«Molto interessante» esclamò una voce alle loro spalle. «Credo che tu abbia molto da raccontare, Selena.»
La Roberts sussultò. Veronica, invece, trattenne a stento una risatina, nell’osservare: «Sei proprio come il prezzemolo, Fischer. Sbuchi fuori ovunque, nei momenti meno opportuni.»
«Invece mi sembra un momento assolutamente opportuno» ribatté Oliver. «Mi aspetto che tutto ciò che hai condiviso con Veronica, tu voglia condividerlo anche con me e con tutti gli altri, Madame Roberts!»

***

Quando tutti tornarono ad accomodarsi nelle loro postazioni, Oliver tenne gli occhi fissi su Selena. Non sembrava particolarmente turbata, un po’ come se si aspettasse di essere costretta a riferire ai presenti la propria indagine parallela.
Quando la esortò a farlo, non ebbe dubbi, raccontò di come fosse stata insospettita nel vedere la Leonardo confabulare con De Rossi e di come avesse dedotto che quei due potevano essere rimasti in contatto. Qualcuno borbottò che Claudia non aveva nulla a che vedere con quella storia e che non aveva senso approfondire il suo legame con De Rossi, ma Selena affermò: «Sono del parere che possa essere stata proprio la preparatrice atletica di Tina a comporre il testo di “Miss Vegas” e, attraverso il computer di Mirko, averlo inviato via e-mail a Nicholas Piazzi.»
«Perché avrebbe dovuto?» sbottò quest’ultimo. «Non conoscevo quella donna!»
«Però» rimarcò Selena, «Mirko De Rossi potrebbe averle parlato di lei, accennato quantomeno al suo nome e alla sua professione. Claudia Leonardo potrebbe avere fatto delle ricerche e avere deciso di fare un tentativo.»
Il produttore musicale non sembrava convinto: «Non avrebbe avuto alcun senso logico.»
Oliver intervenne: «Tutto quello di cui stiamo parlando non ha, sulla carta, alcun senso logico. Rimane il fatto che, per quanto sia stato piuttosto traumatico per Tina fare certe considerazioni, Claudia Leonardo era al corrente di tutto ciò che la riguardava. Era presente a Singapore, le due hanno anche parlato, quella sera, e la personal trainer potrebbe averle drogato la bibita. La signora Young mi ha anche informato, qualche tempo fa, di avere visto, una notte, Claudia entrare nella stanza di Tina. Veronica, puoi confermare? Ed essere più specifica su quando sia accaduto?»
«Posso confermare» rispose Veronica, in tono incerto, come se fosse stata colta di sorpresa. «A dire il vero non ricordo con esattezza quando sia accaduto, sono passati diversi anni, ormai.»
«Può essere stato tre anni fa a Singapore?»
«Sì, può essere stato allora. Deve essere stato dopo una festa, altrimenti non saprei dire perché io fossi ancora in piedi a quell’ora. Però sono sicura che sia successo, anche se ai tempi non vi ho dato molto peso.»
«Come ti spiegavi quello che avevi visto?»
«Credevo che Tina e Claudia stessero insieme.»
Oliver si rivolse a Tina: «Hai mai avuto una relazione con Claudia?»
«No, mai» confermò la Menezes.
«Pensi che la tua preparatrice atletica avrebbe potuto inscenare un finto tentativo di stupro dopo averti drogata?»
«Non ho mai pensato che avesse motivi per farlo.»
«Però, materialmente, potrebbe averlo fatto?»
«Sì, materialmente sì.»
«E potrebbe avere fatto il nome di Manuel Serrano, quella notte, per turbarti?» insisté Oliver. «Era al corrente delle sensazioni che avresti provato nell’udire quel nome?»
«Sì, ne era al corrente» confermò Tina. «Non avrei mai pensato che potesse usare le mie confidenze contro di me, ma è possibile - sempre parlando dal punto di vista della possibilità materiale - che potesse farlo.»
«Aveva ragioni per avercela con te, che fossero legate a Manuel Serrano?»
«No, lo escludo totalmente.»
«Poteva avere altre ragioni per avercela con te?»
«Non che io sappia.»
«Era con te, a Madrid, quella volta dello specchio?»
«Non ricordo.»
Oliver obiettò: «Come puoi non ricordare?»
Tina spiegò: «Ho partecipato a molte interviste televisive, nel corso degli anni. In parecchie occasioni sono stata accompagnata da Claudia, ma non sempre. Come ha già spiegato Amber, le scritte sullo specchio sono state cancellate prima del mio arrivo. Ricordo di avere trovato uno specchio sporco di rossetto in un camerino, una volta, ma per me si trattava di un episodio assolutamente non rilevante. Non saprei dire, a distanza di anni, se sia successo una volta in cui Claudia era con me oppure no. Sono sicura che in un’occasione mi abbia accompagnata in Spagna per un’intervista con la TV, ma mi è capitato più volte di essere intervistata dalla stessa rete e non saprei dire se ci fosse proprio in quell’occasione.»
«Grazie per la spiegazione. Hai mai pensato che Claudia potesse avere una relazione con Mirko De Rossi?»
«Quel pensiero non mi ha neanche mai sfiorata.»
«Ma ritieni che possa essere possibile?»
«Non ne ho idea. Claudia mi ha sempre detto di non essere interessata ad avere relazioni. In molti pensavano potesse essere lesbica proprio perché non l’avevano mai vista insieme a un uomo. Stando alle sue parole, non le interessano né le donne né gli uomini.»
«Però potrebbe averti mentito.»
Tina annuì.
«Tecnicamente sì. Claudia era al corrente di ogni aspetto della mia vita, ma io sapevo pochissimo della sua.»
«Quindi, per quanto ne sapevi tu» azzardò Oliver, «Poteva conoscere De Rossi e avere una storia con lui?»
Prima che Tina potesse rispondere, Dalila intervenne al posto suo: «Tenderei a escluderlo. Ho conosciuto piuttosto bene De Rossi. Sapevo che donne potessero interessargli e, mi dispiace essere poco elegante nei confronti di Claudia Leonardo, ma dubito che potesse provare interesse per un’ultracinquantenne che, come aspetto, non mi pare sia poi così irresistibile.»
«Vedo che non ha proprio peli sulla lingua, signorina Colombari» osservò Donato Franzoni, in apparenza divertito dalle sue parole.
«Chiedo scusa, non volevo apparire insensibile, ma...»
«Un giorno anche lei arriverà a quell’età!»
«Lo so.»
«E diventerà pure più vecchia, se avrà la fortuna di vivere a lungo!»
Dalila la buttò sul ridere: «Speriamo!»
Donato confermò: «Già, speriamo.»
Oliver decise di riprendere la parola, era il momento giusto.
«Per quanto non ci fossero apparenti ragioni per cui Claudia Leonardo dovesse complottare contro Tina Menezes, ne viene fuori che poteva sia avere a che fare con i fatti di Singapore, sia con quella di Madrid. Allo stesso modo, nulla ci fa pensare che non possa avere scritto articoli contro la Menezes spacciandosi per diverse autrici. Su come sia riuscita a scrivere per quei siti, credo sia tutto molto facile: chi ama il sensazionalismo attira sensazionalismo. Gli articoli erano perfetti per essere pubblicati su quei siti, quindi sono stati accettati senza che qualcuno si ponesse dei dubbi sulla vera identità di chi li scriveva. Per quanto riguarda “Miss Vegas” ho già esposto la mia teoria, mentre ancora non vi ho detto come la penso a proposito del post uscito postumo sul blog di Mirko De Rossi.»
«Se posso dire ancora una volta la mia» intervenne Dalila, «Mirko non avrebbe mai scritto una cosa campata in aria, non si sarebbe inventato nulla del genere.»
«Ne abbiamo già parlato.»
«Però mi sembrava opportuno ribadirlo.»
Oliver confermò: «Giusto ribadirlo, assolutamente. Tuttavia, sembra proprio un post scritto da lui. Questo significa che una persona affidabile poteva avergli dato l’incarico di scrivere una storia che gli era stata raccontata spacciandola per vera.»
Dalila osservò: «Potrebbe essere stata Claudia Leonardo.»
«Esatto.»
«Quindi non avevano una relazione, ma si vedevano per altri motivi.»
Veronica obiettò: «Invece io ho sentito Claudia parlare al telefono con un uomo che sembrava proprio essere il suo partner!»
Oliver azzardò: «Potresti avere travisato. Rimane comunque il fatto che, se Claudia parlava al telefono con Mirko De Rossi, quest’ultimo non usava il proprio numero e forse neanche Claudia. Sul fatto che usasse una linea diversa, posso provarlo io stesso, dato che mi ha contattato da un numero che non era il suo; numero che, neanche a dirlo, non è più attivo da quando Mirko è stato assassinato.»
«Quindi» dedusse Veronica, «Possiamo arrivare alla conclusione che la Leonardo e De Rossi fossero in contatto e che Claudia volesse utilizzare Mirko per mettere in cattiva luce Ryan Harvey. Perché?»
«Probabilmente perché si era ritrovato al posto sbagliato nel momento sbagliato» suggerì Oliver. «Claudia sapeva di cosa fosse convinta Tina e ha deciso di usare la cosa a proprio vantaggio. Quello su cui dovremmo soffermarci, piuttosto, è che poi, per forza di cose, quando Tina si è messa a sua volta in contatto con De Rossi, quest’ultimo abbia probabilmente capito che Claudia gli aveva mentito, che gli stava facendo scrivere uno stralcio di autobiografia completamente falso.»
Donato azzardò: «Stai quindi insinuando che sia stata Claudia Leonardo a uccidere Mirko De Rossi? Mi sembra assurdo. Ho conosciuto quella donna, in passato. Va bene, è stata solo una conoscenza sommaria e non ho idea di come sia ora, ma non potrei mai crederla capace di uccidere un uomo a sangue freddo.»
«Però potrebbe avere filmato Tina e averla perseguitata per mesi» insisté Oliver, «E potrebbe avere fatto tutto il resto di cui abbiamo appena discusso.»
«Credo comunque che non sia bello trovarci tutti qui e parlare male di lei alle sue spalle» obiettò Donato. «Devo dire che mi sento molto a disagio.» Si alzò in piedi. «Perdonatemi, ma devo andare fuori a prendere un po’ d’aria.»
«Fuori a prendere un po’ d’aria?» ribatté Dalila. «Credo si stia meglio qui, fuori ci saranno quaranta gradi!»
Donato la ignorò. Oliver lo lasciò andare e riprese: «So che potrebbe apparire sgradevole l’essersi ritrovati tutti qui, per discutere di una questione anche troppo delicata, ma ho ritenuto che fosse necessario. Mi dispiace soprattutto per Tina, che forse avrebbe preferito che questa faccenda non divenisse di dominio pubblico...»
La Menezes lo interruppe: «No, era giusto farlo, non devi dispiacerti. Anzi, sono io che devo dispiacermi per non avere parlato chiaro fin da subito e per essermi fissata sulla convinzione che ci fosse Ryan dietro ai fatti di Marina Bay. Non ho mai pensato a Claudia come ad altro che una fidata collaboratrice, la stavo a sentire, quando diceva che eravamo due parti di un binomio di successo. E invece...»
«Invece, probabilmente, sapeva che - vi prego di non darmi del visionario e di non suggerirmi di aprire gli occhi e di capire che non siamo in un romanzo poliziesco vintage - avevi fatto testamento a suo favore» osservò Oliver. «Magari sperava, con qualcuna delle sue trovate, da sconvolgerti al punto tale da eliminarti facendo credere che si fosse trattato di un suicidio. Sapeva di avere poco tempo a disposizione, ormai, quindi deve avere agito in modo sempre meno prudente. D’altronde, sei quasi arrivata in fondo: quelle disposizioni testamentarie sono valide fino a lunedì.»
«Oh, no, ti sbagli di grosso» replicò Tina. «Ho sempre detto tutto a Claudia, ma sapevo che non sarebbe stata d’accordo con quella mia decisione. Non le ho mai detto del testamento e non c’è alcuna possibilità che l’abbia scoperto.»

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Capitolo 16
*** [Tina] ***


Carissimi, ci siamo quasi! Questo è il penultimo capitolo e tra un paio di giorni "Miss Vegas" arriverà alla sua conclusione e condividerò qualche aneddoto sulla sua stesura. Preferisco limitarmi a salutare Swan Song e Nerve senza aggiungere altro. Tutto quello che ho da dire come nota a margine lo dirò con il prossimo capitolo. Buona lettura! *-*


Il discorso di Oliver era finito, qualcuno si era già allontanato, altri stavano per allontanarsi. Tina avrebbe voluto lasciarli andare via, ma sapeva di avere qualcosa di importante da fare. Ryan Harvey si era appena alzato in piedi, aveva ancora qualche istante a disposizione per fermarlo. Gli si avvicinò con decisione e si limitò a dirgli: «Dobbiamo parlare.»
Amber Thompson la fissò con freddezza, obiettando: «Hai già detto abbastanza. Come hai potuto anche solo pensare...»
Ryan la interruppe: «Per favore, Amber, lasciaci soli. Ho alcune cose da chiarire con Tina.»
La Thompson si allontanò, seppure controvoglia.
Tina rimase in silenzio a fissare Ryan, il quale la invitò: «Dimmi quello che devi dirmi.»
«Mi dispiace» mormorò Tina. «Mi dispiace davvero per il casino che ho fatto.»
«Dispiace anche a me» replicò Ryan. «Spero che, almeno tu, possa arrivare a un tuo equilibrio personale, adesso che sai tutto. Per me non sarà più possibile, grazie alla tua idea del video di qualche settimana fa.»
«Cercherò di sistemare tutto» gli assicurò Tina. «Non so come riuscirò a convincere il grande pubblico, ma...»
Ryan non la lasciò finire: «Non lo convincerai mai, il grande pubblico. Hai detto che sono una persona da cui è meglio stare alla larga ed è stato sufficiente per rendere inaccettabile il fatto che io possa non solo apparire in pubblico, ma anche avere sposato la persona che amo. Le tue accuse mi hanno tolto tutto quello che avevo, adesso sono costretto non solo a lavorare nell’ombra, ma anche a vivere nell’ombra la mia vita insieme a mia moglie. Spero che ti renda conto che rischia di andarci di mezzo anche lei. Ci siamo sposati in segreto, ma quando la notizia verrà alla luce sarà un altro casino. Magari gli sponsor la abbandoneranno. La sua carriera potrebbe finire per questo. Proprio tu, che corri il rischio di vedere la tua vita privata gettata in piazza da un momento all’altro, hai deciso di ricorrere all’online shaming, senza alcuna prova contro di me.»
«Sono stata raggirata» si giustificò Tina. «Mi rendo conto perfettamente di averti provocato un danno enorme. Cercherò di rimediare in tutti i modi possibili, magari mi inventerò una storia credibile, che non sia infamante nei tuoi confronti.»
«Del tipo?»
«Del tipo che mi piacevi, ma non mi hai fatto capire che non mi ricambiavi.»
«E pensi che sia sufficiente?»
«Credo proprio di sì. Quelle teste di cazzo che vogliono controllare la nostra esistenza solo perché siamo personaggi pubblici vedono malissimo ogni tipo di inciucio sentimentale che non abbia la loro approvazione. Mi crederanno. Qualcuno penserà che tu ti sia comportato male nei miei confronti nel privato, qualcuno magari dirà che volevi cornificare Amber con me... ma ne usciresti pulito, completamente pulito.»
Inaspettatamente, Ryan ribatté: «Ci conto.»
Tina spalancò gli occhi.
«Davvero saresti d’accordo, se lo facessi?»
«L’alternativa è dire la verità» replicò Ryan. «Vuoi andare a dire che la tua personal trainer ha fatto in modo di farti credere che io avessi tentato di stuprarti? Spero vivamente di no, perché ci sarebbe qualcuno che crederebbe alla tua personal trainer, anche se venisse accusata di omicidio. Magari direbbero che è tutto un mio complotto. Non me lo posso permettere. La mia immagine è già stata rovinata dalle tue chiacchiere e ti sarei grato se non facessi altri danni.»
«Non farò altri danni» rispose Tina. «Anzi, sai cosa ti dico? Potremmo farlo insieme, questo video. Potremmo spiegare che abbiamo avuto delle incomprensioni legate al fatto che tu mi piacessi e non sia stato abbastanza chiaro nei miei confronti, ma che adesso ci siamo chiariti. Nello stesso video, tornerei a scusarmi per le mie dichiarazioni passate. Vedrai, saremo credibili.»
Ryan ribatté: «Ti suggerisco anche di concludere con una precisazione del tipo “so che qualcuno di voi dirà che siamo stati costretti a fare questo video, ma vi assicuro che non è così e, se questo è il vostro pensiero, vi consiglio vivamente di trovarvi un lavoro e di rendervi utili, invece di passare il vostro tempo a inventare cazzate su persone che non conoscete e con cui non avrete mai a che fare nella realtà”.»
Tina accennò un sorriso.
«Magari sarà meglio evitare di essere così diretti.»
«Non mi dispiacerebbe se tu lo fossi» ribadì Ryan, «Ma mi rendo conto che il video potrebbe risultare un po’ troppo sguaiato. Sarà bene non suscitare ulteriore indignazione, ormai abbiamo fatto abbastanza danni, ti pare?»
«Abbiamo?»
«Hai.»
Tina sospirò.
«Davvero, mi dispiace un sacco.»
«Bene, allora, se ti dispiace così tanto, vediamo di rimediare subito» la esortò Ryan. «Prendi il tuo telefono e fai quel video.»
Tina prese fuori il cellulare che utilizzava da qualche giorno, quello che le aveva prestato Dalila Colombari.
«Ho rotto il mio» mentì, «Non sono sicura che la qualità del video sia uguale.» Le sembrava uno smartphone che costava poco, probabilmente passato tra le mani di un parente anziano della fotografa che aveva le idee non troppo chiare su come andasse utilizzato. «Purtroppo non posso fare di meglio.»
Ryan mise in chiaro: «Non me ne importa niente della qualità, quello che conta è che questo video venga pubblicato e che la mia disavventura possa giungere a una conclusione.»
«La tua sicuramente.»
«Anche la tua finirà.»
«Ne sei convinto?»
«Certo che ne sono convinto. Non ce la vedo proprio, Claudia mentre uccide, però sono abbastanza propenso a credere che abbia fatto tutto il resto.»
Tina ammise: «Lo penso anch’io.»
«Che non sia stata lei a uccidere De Rossi?»
«Non ce la vedo nemmeno io, mentre uccide a sangue freddo.»
Ryan azzardò: «Magari ti stai facendo influenzare dall’averla conosciuta, e anche piuttosto bene. Non deve essere facile, per te, accettare l’idea di avere avuto a che fare con una persona simile.»
Tina abbassò lo sguardo.
«Non è facile affatto. Già è stato difficile accettare che potesse essere stata lei ad architettare tutto quello che mi è successo.»

***

«Ottimo lavoro, Fischer» disse Dalila.
Furono le prime parole che poté rivolgere a Oliver, quando rimasero soli, fuori dall’area hospitality della Pink Venus.
«Grazie, ho cercato di fare del mio meglio» rispose il giornalista.
Rimasero soli, ma non molto a lungo.
«Ottimo lavoro anche da parte mia» intervenne una voce, alle loro spalle. Parlava in inglese, ma doveva avere capito perfettamente le parole di Dalila.
Girandosi di scatto, accolse il nuovo arrivato esclamando: «Quindi anche lei conosce l’italiano, signor Roberts!»
«Ha detto soltanto “ottimo lavoro”» ribatté l’ex pilota. «Questo non significa che io possa avere scritto degli articoli in italiano che screditano Tina Menezes.»
Dalila ridacchiò.
«Ci siamo capiti al volo.»
«Ho capito che lei ha troppi sospetti, signorina Colombari» rispose Edward Roberts. «Si concentri su quelli giusti.»
«Dalila» lo pregò. «Non mi piacciono le formalità, almeno quando ho a che fare con persone della mia età, invece che con dei vecchi decrepiti.»
«Hai troppi sospetti, Dalila» si corresse Edward, «E ovviamente mi aspetto di non essere più chiamato “signor Roberts”, anche se, a intuito, dovrei avere quasi dieci anni in più di te.» Si rivolse a Oliver. «Tu non dici niente, Fischer? Mi sembra di averti fatto i complimenti per la tua messinscena.»
«Messinscena?» obiettò Oliver. «Lo ammetto, sono stato un po’ troppo teatrale, ma mi sono lasciato trascinare dall’atmosfera.»
«Ho visto perfettamente» ribatté Edward, «E non me la racconti giusta.» Guardò Dalila. «Forse non la raccontate giusta nessuno dei due, ma non mi permetto di giudicarti.»
Oliver replicò: «Io, invece, posso essere giudicato?»
«Te l’ho già detto qualche settimana fa, quando ci siamo rivisti in Austria» puntualizzò Edward. «Tu hai il desiderio innato di farti ammazzare e prima o poi ci riuscirai. Mi auguro che tu non abbia tirato troppo la corda.»
«Claudia Leonardo non era qui presente ad ascoltarci.»
«Appunto.»
«Cosa vuoi insinuare?»
«Non sto insinuando niente» replicò Edward, «Ma credo che tu abbia capito. Spero che tu abbia la situazione sotto controllo, anche se mi viene spontaneo dubitarne.»
«Uomo di poca fede» intervenne Dalila. «Da quando ci sono io a tenerlo sotto controllo, Fischer non si mette più nei guai.»
«Ecco un’altra cosa di cui mi viene spontaneo dubitare.»
Aveva appena pronunciato quelle parole, quando Selena comparve al suo fianco.
«Andiamo?» gli chiese. «Le bambine ci stanno aspettando.»
«Le bambine sono con la baby-sitter» le ricordò Edward. «Non hai nulla da dire al nostro detective?»
«Ormai gli ho già detto tutto» ribatté Selena. «Forse dovrei fargli i complimenti, per essere riuscito a incastrarmi.»
«Incastrarti è una parola grossa» si difese Oliver.
«Quando mi hai chiesto di spiegare davanti a tutti quello che avevo scoperto» precisò Selena, «Mi sono sentita un po’ come nei gialli, quando il detective smaschera gli scheletri nell’armadio di tutti i presenti, a cominciare da quelli che non c’entrano niente con il delitto.»
«Abbiamo appurato, quindi, che non sei stata tu a uccidere Mirko De Rossi.»
«Anche perché, vorrei ricordartelo, non avevo alcun motivo logico per commettere il delitto.»
«Su questo devo darti ragione» convenne Oliver, «Anche se, devi ammetterlo, non è che ci sia qualcuno che avesse un motivo logico per commetterlo.»
Selena suggerì: «Il testamento. Tina ti ha detto quanti soldi verrebbe a ereditare, la sua preparatrice atletica?»
«Si tratta di un fondo sul quale, negli anni, ha versato qualche decina di migliaio di euro» spiegò Oliver. «Non mi ha detto la cifra esatta, però potrebbe essere una bella somma, che potrebbe fare gola alla Leonardo.»
«Caso risolto?» azzardò Selena.
«Per niente» replicò Oliver. «Come Tina ha detto, Claudia non ne sapeva niente.»
Dalila rifletté qualche istante, chiedendosi se stesse per pronunciare un’assurdità. Non le sembrava un’obiezione del tutto insensata, quindi osservò: «Tina non ha detto niente a Claudia, a proposito del testamento, ma la Leonardo potrebbe averlo scoperto da sola.»
Oliver scosse la testa.
«Ho provato a insistere, con Tina, ma non c’è stato niente da fare. Dice la verità, ne sono certo.»
«Tante volte ne sei stato certo, eppure ti ha nascosto un bel po’ di cose, prima di essere messa alle strette» replicò Dalila. «Come hai la certezza che non stia nascondendo di nuovo dei dettagli?»
Oliver chiarì: «Tina ha nascosto dei dettagli a proposito di argomenti di cui non voleva parlare. Non mi ha raccontato subito le vicende che coinvolgevano Manuel Serrano, ma proprio perché sperava di non doverlo fare mai. Si tratta di una ferita ancora aperta, per lei, che difficilmente si chiuderà. Si sente colpevole per quello che è successo al suo ex ragazzo, per questo non ha voluto dirmi niente, finché ha potuto evitarlo. Il testamento, però, è un’altra questione: immagino che non ne parlasse volentieri per scaramanzia, ma non aveva ragione per nascondermi qualcosa. Se dice che è l’unico argomento di cui non ha mai parlato con Claudia, allora le credo.»
Aveva senso. Dalila, tuttavia, ribadì: «Potrebbe averlo scoperto di nuovo. Abbiamo suggerito a Tina di non usare più il vecchio cellulare perché temevamo che la Leonardo avesse installato a sua insaputa qualche applicazione per tenerla sotto controllo. Magari l’ha scoperto così.»
«Non sono uno sprovveduto, Dalila. Ho chiesto a Tina, e più di una volta, se ci fossero dei modi in cui Claudia aveva potuto scoprirlo, tramite il suo telefono, tramite un’agenda... e Tina sostiene, molto convinta, che non sia stato possibile in alcun modo.»
«L’ha detto a qualcuno?»
«Non gliel’ho chiesto.»
Selena intervenne: «Perché non gliel’hai chiesto?»
«Perché il caso è ben lontano dall’essere chiuso» rispose Oliver, «Ma potrebbe farmi comodo se tutti lo pensassero.»
Dalila dedusse: «Sai già chi ha ucciso Mirko, vero?»
Oliver scosse la testa.
«Non so niente. Però chi l’ha fatto potrebbe tradirsi.»
«Cinquanta euro su Ryan Harvey.»
«Come prego?»
«Ho detto che scommetto cinquanta euro su Ryan Harvey» ripeté Dalila. «Non me la racconta giusta. E poi nei romanzi va sempre a finire così: il bravo ragazzo sospettato di essere un criminale viene assolto dalle accuse per poi, all’ultima pagina, essere smascherato come effettivo criminale. Non mi stupirebbe se funzionasse così anche nella realtà.»
«Sarebbe sicuramente un bel colpo di scena» ammise Oliver, «Ma siamo nella vita reale. E sai cosa ci dice la realtà?»
«Cosa?»
«Che Ryan Harvey non ha mai avuto a che fare con Mirko De Rossi, per quanto ne sappiamo.»
«Mirko De Rossi, però, stava preparando quel post, in cui c’era scritto di un’aggressione immaginaria di Harvey nei confronti della Menezes» gli ricordò Dalila. «Questo fa sì che Harvey avesse un movente.»
«Effettivamente, dopo che quella roba era uscita sul sito di De Rossi, non mi stupirebbe se Ryan avesse formulato per almeno una frazione di secondo il pensiero di ucciderlo. Peccato che Mirko fosse già stato ammazzato da tempo, in quel momento.»
Dalila propose: «Magari De Rossi, prima di pubblicare quel post, intendeva sentire la versione dei fatti di Harvey. Potrebbe essersi messo in contatto con lui, avergli chiesto se fosse vero...»
Oliver la interruppe: «E, a quel punto, Ryan Harvey l’avrebbe ucciso, invece di chiedere delucidazioni su chi fosse la persona che intendeva infamarlo? Non mi sembra molto probabile.»
Dalila sospirò.
«E va bene, mi arrendo, non abbiamo alcuna prova contro Harvey, per il momento, e neanche alcun sospetto. È un vero peccato, ce l’avrei visto bene come assassino.»
A sorpresa, Edward Roberts si intromise: «Mi sembra che tu stia prendendo tutto molto alla leggera. Sbaglio o lavoravi con De Rossi?»
«Non sbagli.»
«Mi sembri un po’ insensibile, nei suoi confronti.»
Dalila gli strizzò un occhio.
«Ti assicuro che sono molto migliore di come sembro.»
«Però anche la femme fatale che uccide è un cliché» ribatté Edward. «Sei sicura di non essere stata tu a farlo fuori?»
Dalila sorrise.
«Grazie per la “femme fatale”, sempre ammesso che lo consideri un complimento.»
«Non ho ancora deciso se considerarlo un complimento» rispose Edward.
Sembrava sincero, mentre sua moglie non sembrava interessata a intervenire in quella conversazione, dal momento che gli ripropose: «Andiamo dalle bambine?»
Se in precedenza Edward si era opposto, stavolta concordò: «Andiamo dalle bambine. Ormai Ella si sarà stancata di stare con la baby-sitter.»
Oliver salutò i Roberts, che poi si allontanarono.
Dalila aspettò che non potessero udirla, prima di sbottare: «Secondo te potrei essere una potenziale colpevole?!»
«Non offenderti per quello che ha detto Edward» le suggerì Oliver. «Ci siamo lasciati andare tutti. Nessuno di noi sa con certezza chi abbia ucciso Mirko.»
«Nessuno» obiettò Dalila, «A parte te. Tu hai capito tutto, vero? Non vuoi ancora esporti, perché magari non ti è ben chiaro il movente, ma hai capito.»
«Mi dispiace deluderti, ma è qualcos’altro che non ho ben capito» ribatté Oliver. «Il movente mi è ben chiaro.»
Dalila ribadì: «È stata la Young, vero?»
«Scoprirai tutto al momento giusto» rispose Oliver. «Adesso è meglio pensare ad altro. Hai detto che il cellulare che hai dato a Tina era di un tuo zio che soffriva di amnesie, giusto? Sei sicura che quell’applicazione di cui mi hai parlato funzioni?»
«Assolutamente» gli assicurò Dalila. «Purtroppo fa scaricare la batteria più in fretta, dobbiamo solo sperare che non accada niente di irreparabile, che costringa Tina a tenere il telefono lontano dalla carica per troppe ore. Le hai già spiegato che, non appena lascerà il circuito, dovrà attivarla?»
«Gliel’ho spiegato.»
«E sei sicura che lo farà?»
Oliver alzò gli occhi al cielo.
«Questo, lo ammetto, è molto più difficile da controllare. Spero che abbia ben chiari i rischi che corre.»
«I rischi che corriamo.»
«Sì, certo, anche noi ne corriamo, ma lei è quella che ne corre di più, visto che l’ultimo giorno per eliminarla ed ereditare è lunedì.»
Dalila azzardò: «Quindi torna in scena Claudia.»
Oliver sentenziò: «Tutti possono tornare in scena al momento giusto. Non bisogna sottovalutare nessuno.»

***

Tina guardò Ryan Harvey con soddisfazione, prima di mettergli davanti agli occhi il telefono.
«Guarda, il caricamento è completato. Presto la gente inizierà a vedere il nostro video e a condividerlo ovunque. Stai per tornare a essere una persona rispettabile.»
«Sono sempre stato una persona rispettabile» ribatté Ryan, con un filo di freddezza che agli occhi di Tina appariva comprensibile.
«Spero davvero che tutto si sistemi, per te.»
«Lo spero anch’io, ma non c’è più niente che possiamo fare. Ormai la cosa non è più sotto il nostro controllo.»
Tina ribadì: «Sono davvero dispiaciuta per l’equivoco. Mi dispiace tanto per com’è andata. Se potessi tornare indietro, sarei senza dubbio molto più accorta. Inoltre cercherei di non essere così ferma sulle mie convinzioni, mi chiederei se ci fossero delle altre possibili soluzioni.»
«Lo spero davvero» rispose Ryan, «Spero che tu possa andare avanti senza rovinare altre persone sulla base di sensazioni.»
Tina avrebbe voluto ribadire che era desolata, ma non avrebbe avuto molto senso. Ormai il danno era fatto e poteva solo sperare che il lato più estremista del fanbase potesse mettere fine alla propria crociata contro il marito di Amber Thompson.
Prima di allontanarsi, si preoccupò anche di andare a rassicurare Veronica.
«Ho sistemato tutto» le disse.
Veronica le scoccò un’occhiata di fuoco.
«Non so cosa tu abbia sistemato, ma non mi fido della tua capacità di sistemare.»
Tina abbassò lo sguardo.
«Lo so, faccio più danni che altro.»
«Mi fa piacere sentirtelo dire» ammise Veronica, «Ma mi auguro che sia tu sia il tuo amico Fischer ve ne stiate buoni e calmi fino alla fine del weekend. Quel rompicoglioni non ha neanche spiegato cosa intenda fare.»
«Non c’è niente che possa fare» replicò Tina. «Io, comunque, parlavo di Harvey. È tutto a posto, o almeno così spero.»
«Nulla sarà mai a posto, con Harvey» obiettò Veronica. «Hai fatto un casino enorme e non hai idea di quanto mi faccia incazzare sapere che l’hai fatto senza alcuna prova contro di lui, solo perché te lo sentivi.»
«Mi dispiace, l’ho detto a lui e lo dico anche a te.»
«Sai qual è il tuo problema? Che prima fai e distruggi, poi ti metti delle preoccupazioni in un secondo momento. È andata così anche con Serrano? Ti sei detta “chi se ne frega se si schianta di nuovo e si fa male, quello che conta è la mia gara”, non è vero?»
«Sei ingiusta» la accusò Tina. «Sai benissimo che non mi sacrifico mai per gli altri. Ho fatto valere le mie ragioni. Manuel sapeva a cosa andava incontro, sapeva che non poteva proseguire in quella gara. Avrebbe dovuto rientrare ai box e ritirarsi.»
«Tu l’avresti fatto, al posto suo?»
«Non lo so.»
«Allora non puoi dare tutte le colpe a Manuel» concluse Veronica. «Serrano non sarebbe morto, se tu avessi accettato di rinunciare alla tua gara.»
«Lo so, non sarebbe morto» ribadì Tina, «E so di avere fatto degli errori, ma non è giusto che Claudia li abbia utilizzati contro di me per danneggiarmi. Io ho sempre creduto in lei, mi sono fidata di lei per tutti questi anni...»
«E invece, come una discendente qualsiasi di un Lord inglese degli anni Quaranta, ha iniziato a pensare al testamento a suo favore» osservò Veronica. «Invece di stare qui a pensare a Harvey o a Serrano, non ti converrebbe andare a rintanarti in un posto in cui non possa trovarti, almeno a quando la tua morte non le porterebbe più alcun vantaggio?»
«Non riesco a credere che Claudia possa arrivare a uccidermi» affermò Tina. «Davvero, è un pensiero che non posso concepire. Sono sicura anche che non avrebbe avuto il coraggio di spaccare la testa a Mirko De Rossi.»
«Forse il coraggio di farlo no» ribatté Veronica, «Ma quello di bussare alla sua porta e convincerlo ad aprire? Rifletti, Tina: cosa sarebbe successo? Probabilmente De Rossi avrebbe aperto la porta e accolto Claudia. L’avrebbe fatta passare, poi si sarebbe girato, per farle strada dentro casa. Magari, dietro a Claudia, c’era qualcuno che il coraggio di rompergli la testa ce l’aveva.»
Tina si limitò a non replicare e la Young non disse più nulla. Mettere fine a una conversazione scomoda era più facile del solito e le venne da sperare che fosse altrettanto semplice non iniziare ulteriori conversazioni con altri.
Se ne andò da sola, come aveva già convenuto con Oliver, con l'obiettivo in precedenza dichiarato di non incontrare più nessuno fino all'indomani. Ma poi? Tina se lo chiese, più di una volta. Cosa sarebbe successo il giorno dopo? Non era possibile che il discorso di Fischer non avesse alcuna conseguenza.
Quella sera decise che aveva bisogno di vederlo. Uscì dalla stanza d'albergo nella quale di lì a un paio d'ore avrebbe dovuto dormire. Sapeva che Oliver si trovava all'interno dello stesso stabile, doveva raggiungere la sua camera e sperare che non ci fosse Dalila Colombari con lui.
Non c'era, il giornalista era solo e anche piuttosto sorpreso di vederla.
«Perché sei qui?»
«Non ce la facevo più ad aspettare.» Tina richiuse la porta alle proprie spalle e fece scattare la chiave, che si trovava nella toppa. «Come andrà a finire, adesso?»
«Non lo so come andrà a finire» ammise Oliver. «Sei pentita di quello che abbiamo fatto?»
Tina scosse la testa.
«No, sono pentita solo di tutto quello che non ho fatto. Tra poco potrebbe essere troppo tardi.»
Oliver la fissò con i suoi occhi che sapevano essere penetranti.
«Credi davvero che Claudia possa venire a cercarti prima che, per lei, la tua morte divenga insignificante?»
Tina abbassò lo sguardo.
«Credo che ci sia chi non ha bisogno di cercarmi.»
«Nessuno sa che sei qui con me.»
«Non potrò restare qui dentro per sempre.»
«Possiamo andarcene, se vuoi» suggerì Oliver. «Possiamo nasconderci da qualche parte, finché il 14 agosto non sarà finito. Mancano solo due giorni.»
Tina alzò gli occhi.
«E dopo?»
«Dopo sarai libera.»
«Non è così che funziona» replicò Tina. «Se so tutto, rischio comunque di fare una brutta fine.»
«Non hai prove, non puoi incastrare nessuno» puntualizzò Oliver. «Nessuno di noi può farlo. Non sarai più un pericolo.»
«E tu?»
«Io non ho fatto testamento a favore di nessuno.»
Tina sospirò.
«Non fare finta di non capire. Stai indagando sull'omicidio di De Rossi e su quello che mi è successo. Non pensi che ci sia chi vorrebbe metterti a tacere una volta per tutte?»
Oliver non rispose. Andò a sedersi sul bordo del letto e rimase in silenzio, come se stesse riflettendo.
Tina andò ad accomodarsi al suo fianco.
«Ho fatto un casino, vero? Non avrei dovuto ingaggiarti per...»
Oliver non la lasciò finire: «Nella mia vita non succedeva niente di emozionante da anni e anni. Mi ero rassegnato a vivere nell'ombra, a limitarmi a scrivere cose già dette e ridette, solo cercando di essere più concreto e meno attiraclick di molti miei colleghi. Poi sei arrivata tu ed è cambiato tutto. Non so se tu vorresti tornare indietro, ma ti assicuro che non lo vorrei io. È vero, non mi sei stata molto d'aiuto, a volte mi hai tenuto nascosti dei dettagli che avrebbero potuto essere fondamentali. Mi hai messo in mano le redini, ma poi pretendevi di essere tu a decidere la direzione da seguire. Non è stato facile starti dietro, ma sono ancora qui e ci resterò fino alla fine.»
«E dopo?»
«Anche dopo, se lo vorrai.»
Tina azzardò: «Cosa ne pensa la tua amica fotografa?»
«Non so cosa ne pensi Dalila, ma sa benissimo che tra me e lei non c'è mai stato futuro» rispose Oliver. «Lo accetterà come è giusto che sia.»
«Mi dispiace essermi messa tra di voi.»
«Non ti sei messa tra nessuno. Non frequentavo Dalila da anni, fino a poco tempo fa. Sono contento di averla incontrata di nuovo, ma per me è solo un'amica.»
«Un'amica con cui andavi a letto.»
«Perché, tu non andavi a letto con Jung? Eppure, da un certo punto in poi, siete tornati a essere solo amici.»
A Tina sfuggì una mezza risata.
«Jung. Quanto tempo è passato da allora. Mi sembra così ridicolo, adesso, pensare a quello che ho fatto con lui, per non parlare di quando te l'ho raccontato.»
Oliver osservò: «Non penso sia ridicolo. Non volevi condividere con altri il tuo passato e Shin ne era già al corrente. Magari non sapeva tutto, ma aveva capito quanto stessi male, dopo la morte di Manuel. Non mi stupisce che tu ti sia appigliata a lui, quando non c'erano altri che potessero comprenderti.»
«È stato così anche per te, vero?» volle sapere Tina.
«A cosa ti riferisci?»
«A Dalila. Anche tu hai un passato che ti tormenta, anche se forse non tanto quanto il mio. Dalila ha sempre saputo che hai cambiato vita solo perché ti sei sentito costretto, che per te c'era di più che stare chiuso in casa a scrivere articoli.»
«Non mi dispiace stare a casa a scrivere articoli» mise in chiaro Oliver, «Ma quando c'è qualcosa di più preferisco non limitarmi a un semplice articolo.»
«Come hai capito che c'era qualcosa di poco chiaro nell'incidente in cui morirono Herrmann e Harrison?»
«Preferisco non rispondere.»
«Fonti segrete?»
«Diciamo che difficilmente potresti capirmi. È una storia molto lunga e molto poco credibile.»
«Va bene, non indago, ma conto sulla speranza che un giorno me ne parlerai.»
«Per il momento ti basta sapere che c'è di più, rispetto a quello che vediamo.»
Tina rabbrividì, e non fu per l'aria condizionata, puntata a una temperatura ragionevole invece che a quei diciotto gradi che in certi luoghi erano la prassi.
«Parli di paranormale?»
Oliver scosse la testa.
«No, non scomoderei il paranormale.»
Tina insisté: «Hai avuto un incidente, da ragazzino. Ricordi qualche esperienza extracorporea?»
«Non ricordo niente di quando sono stato in coma» replicò Oliver, «Ma comunque non mi sono risvegliato com'ero prima.»
Tina insisté: «Pensi di avere avuto qualche rivelazione, mentre non eri in te?»
Oliver si limitò a rivelarle: «Il mio incidente è successo contemporaneamente alla morte di Patrick Herrmann.»
«Quindi» dedusse Tina, «Adesso mi dirai che la figura di Herrmann ti affascinava per questa ragione e che non c'è niente di più. Va bene, lo accetto, se non ti senti pronto per parlarmene non voglio forzarti. Certo, è strano che poi tu sia stato insieme proprio a Selena Bernard, che a quei tempi era fidanzata con Herrmann.»
«Succedono un sacco di cose strane» ribatté Oliver. «Il mondo è pieno di coppie improbabili.»
Tina sussultò.
«Non me ne parlare.»
«Quando l'hai capito?» volle sapere Oliver. «Non voglio sapere quando l'hai accettato, ma proprio quando l'hai capito.»
C'erano argomenti di cui, nonostante tutto, Tina non riusciva a parlare. Cambiò discorso: «Perché hai litigato con De Rossi, quando è uscito il tuo libro su Patrick Herrmann?»
«Avevamo collaborato ad alcune parti» rispose Oliver. «Sapeva che avevo omesso di raccontare certe vicende. Mirko le considerava scabrose abbastanza da aumentare l'interesse per il libro. Io mi sono opposto.»
«E la tua passione per la verità?»
«Ci sono certe verità utili, mentre altre servono solo per permettere ai guardoni di sbavare. Ho preferito evitare di coinvolgere persone che avrebbero dovuto restarne fuori.»
«Selena?»
«Selena non è nominata nel libro.»
«Lo so.»
«L'hai letto?»
«Quando sono stata in Brasile» rivelò Tina. «Mi sentivo lontanissima da te, in quel periodo, ma ho voluto averti in qualche modo più vicino.»
Oliver affermò: «Selena non è nominata nel libro perché non ha a che fare con le vicende sportive. Ho preferito non scrivere né di lei né di altre persone che le stavano intorno, perché volevo approfondire la carriera di Herrmann come pilota, non raccontare dei gossip su di lui.»
«E a Mirko non stava bene?»
«È stato lui a incoraggiarmi a scrivere, quando io avevo ormai messo da parte il progetto. Gli ho raccontato anche dettagli che non erano mai venuti alla luce. Se da un lato Mirko mi ha sempre incoraggiato, dall'altro voleva valorizzare quella storia. Io non me la sono sentita.»
«E Mirko non l'ha mai raccontata da solo?»
«Avrei potuto smentirlo, sarebbe stata la sua parola contro la mia. Come è emerso oggi, non voleva mai correre il rischio di pubblicare notizie che potessero essere smentite.»
«Mi è parso di capire che Selena abbia un figlio sui vent'anni. È figlio di Herrmann?»
Oliver sospirò.
«Fai troppe domande, Menezes.»
Tina dedusse: «Sì, Thomas Bernard è figlio di Patrick Herrmann.»
Oliver le ricordò: «Non hai risposto alla mia domanda. Quando hai capito la verità su di loro?»
«Loro» ripeté Tina. «Nemmeno tu hai il coraggio di pronunciare i loro nomi insieme. Che cosa significa questo, se non che non ci credi davvero nemmeno tu?»
«Vorrei non crederci» ammise Oliver, «Ma non abbiamo altre possibili soluzioni. Arrivati a un certo punto, dobbiamo accettarlo. Credimi, avrei tanto desiderato poterti dimostrare che il colpevole era Ryan Harvey...»
«E magari scopriremo che lo è» ribatté Tina. «Anche se, lo ammetto, mi dispiacerebbe se succedesse proprio adesso che ci siamo chiariti.»

***

Dalila aveva poche certezze, ma una di queste era la consapevolezza che le occasioni non capitavano da sole, bisognava farle accadere. Se avesse fatto ciò che aveva concordato con Oliver Fischer, restando chiusa in camera fino all’indomani, non avrebbe mai avuto modo di schiarirsi le idee, possibilità che invece le era stata data dall’essersi intromessa più del dovuto negli affari dei coniugi Harvey/ Thompson.
Nella sera ancora calda, Ryan e Amber passeggiavano da soli, senza dubbio pensando di essere destinati a restare indisturbati. Dalila aveva altri programmi per loro, quindi valutò una traiettoria da seguire per incontrarli e, con aria indifferente, a poco a poco si avvicinò ai due.
Non avrebbero fatto caso a lei, se non fosse stata Dalila a interpellarli.
«Anche voi qui.»
Ryan e Amber si guardarono l’uno con l’altra, come colti di sorpresa. Se erano spiazzati, tuttavia, non lo rimasero molto a lungo.
«Dalila Colombari?» chiese Ryan.
«Proprio io» rispose Dalila. «È stato davvero un piacere fare la vostra conoscenza.»
Si aspettava un “anche per noi”, da parte di almeno uno dei due, ma non ebbe quella soddisfazione. Del resto era stata convocata da Veronica Young come aiutante di un investigatore dilettante che indagava su un caso di omicidio e uno di pornografia non consensuale in cui, per quanto le probabilità stessero calando a vista d’occhio, potevano essere implicati.
Amber, tra i due, fu la prima a parlare: «Conosco il tuo nome. Una delle mie foto migliori, mentre guido una Formula 3 sotto la pioggia a Misano, porta il tuo copyright.»
A Dalila sfuggì un sorriso.
«Mi fa davvero piacere che tu ti sia scomodata di leggere il mio nome.»
«È una delle foto che preferisco» le riferì Amber. «Ne ho una copia a dimensione poster incorniciata in soggiorno.»
Sarebbe stato un vero peccato se una persona che apprezzava il suo lavoro fosse stata colpevole dell’assassinio di Mirko De Rossi, ma Dalila non l’aveva mai presa in seria considerazione. Se tra i due c’era qualcuno che aveva qualcosa da nascondere, doveva essere Harvey. Decise, tuttavia, di mostrarsi accomodante nei suoi confronti.
«Mi dispiace per i sospetti che la Menezes aveva sul tuo conto.»
«È una questione chiusa.»
«Chiusa o aperta che sia, è sempre una cosa sgradevole. Ho provato a convincerla a non dire nulla del genere davanti a tutti, ma non c’è stato verso.»
«Hai provato a convincerla?» si stupì Ryan. «Perché avresti dovuto farlo?»
«La stessa Tina aveva già capito che non c’entravi niente» gli spiegò Dalila. «Era del tutto inutile parlare di accuse in cui lei stessa non credeva più, non credi?»
«Credo sia meglio che abbia parlato, arrivati a questo punto» la smentì Ryan, «Almeno ho potuto convincerla a ritrattare anche quello che aveva detto tempo fa, nel suo video.»
«Vedrai, il tuo nome sarà presto riabilitato.»
«Ho già visto qualche commento positivo.»
«Del resto, che cosa c’è di più importante che essere apprezzati dal pubblico?»
Il tono di Ryan Harvey si fece freddo, mentre affermava: «Ci sono molte cose più importanti, per quanto mi riguarda, ma non sono io a fare le regole. Purtroppo la mia vita, così come quella di Amber, si basa fin troppo su quello che la gente comune pensa di me. Non importa che sia vero o che non lo sia. Forse tu non te ne rendi conto, sei solo una fotografa - con questo non intendo sminuirti, ma semplicemente ricordarti che sono in pochi a leggere il tuo nome, dato che non ti citano nemmeno nei credits quando ripubblicano le tue fotografie sui loro profili. Prova a chiedere a Fischer, quanto sia difficile essere ammirati e rispettati, se dei coglioni qualsiasi dicono che sei il male assoluto.»
Dalila obiettò: «Non riesco a immaginare Oliver Fischer come il male assoluto.»
«Ti assicuro che i suoi articoli non sono andati giù a molte persone, qualche anno fa» replicò Ryan, «E che tuttora fa fatica a farsi prendere sul serio. Questo non perché sia stato invischiato in un caso di cronaca nera come potenziale colpevole, quanto piuttosto perché lavorava insieme a quella povera giornalista assassinata. Fischer non ha fatto nulla di male, ha semplicemente cercato di portare alla luce dei misteri mai risolti, ritrovandosi nel mezzo di un vespaio del quale non aveva alcun controllo. Hai visto cosa si è scritto di lui, di recente.»
Dalila annuì.
«Già, si è parlato pure di uno scandalo con la Roberts.»
«Non ho l’abitudine di intromettermi nella vita privata altrui» mise in chiaro Ryan, «Ma mi risulta che Fischer sia stato brevemente fidanzato con la Roberts prima che lei si mettesse insieme a Edward. Oliver e Selena non erano impegnati in altre relazioni, quando sono stati insieme e, addirittura, inizialmente è stata Selena quella al centro di critiche varie per averlo lasciato ed essersi messa insieme a un altro. Adesso, così dal nulla, c’è stato chi ha scritto di uno scandalo.»
Dalila puntualizzò: «Quelle chiacchiere sono l’effetto diretto degli articoli scritti - molto probabilmente - da Claudia Leonardo sotto falso nome. Non voleva davvero prendersela con Oliver, voleva solo che Tina si allontanasse da lui... e non aveva tutti i torti, dato che Fischer è stato in grado di smascherarla.»
«In grado di smascherarla fino a un certo punto» obiettò Ryan. «Fischer non ha niente contro di lei, né la Menezes ha dato segno di volere sporgere denuncia per la vicenda del video erotico.»
«La Menezes ha fatto le proprie valutazioni» obiettò Dalila. «Certo, non ti posso dire che avrei fatto lo stesso, se fossi stata al posto suo, ma questo è un altro discorso, che non ci tocca minimamente. È Tina a decidere per sé, tutto quello che posso fare è cercare di aprirle gli occhi. Però, come puoi facilmente intuire anche tu, aprire gli occhi alla Menezes è tutt’altro che semplice.»
Inaspettatamente, Amber Thompson intervenne a sostegno della collega: «Nessuno di noi si trova nella stessa situazione di Tina. Non dobbiamo giudicare così severamente le sue scelte. Chissà, magari avremmo fatto di peggio.»
Dalila annuì.
«Parole sagge, devo ammetterlo. Peccato che Tina non abbia alcuna ammirazione nei tuoi confronti, proprio tu che parli a suo favore.»
«Tina ha detto cose sgradevoli su di me, ma l’ha fatto solo perché pensava che Ryan...» Amber non completò la frase, era chiaro che non volesse pronunciare certe parole ad alta voce accanto al nome di suo marito. «Sono sicura che tutto si sistemerà. Le dirò sicuramente che non avrebbe dovuto permettersi di fare certe insinuazioni, quando capiterà l’occasione, ma per me tutto si chiuderà dopo che l’avrò fatto.»
«Ti ammiro» disse Dalila. «Se qualcuno osasse tacciare mio marito di essere un potenziale stupratore, quel qualcuno finirebbe molto male.»
«Il problema non si pone» ribatté Amber. «Ti hanno chiamata “signorina Colombari”, oggi, quindi non ce l’hai, un marito.»
Dalila avvampò.
«Per ora, almeno.»
Salutò Ryan e Amber, poi si allontanò. Pensava avrebbe trascorso il resto della serata da sola, invece, una decina di minuti più tardi, mentre si trovava seduta su una panchina, udì una voce alle proprie spalle.
«Buonasera signorina Colombari.»
Dalila alzò lo sguardo, girando la testa di lato.
«Signor Franzoni, buonasera a lei.»
Donato fece il giro della panchina.
«Posso?»
Dalila si fece da parte.
«Certo, c’è posto anche per lei.»
Donato Franzoni si accomodò al suo fianco e, per lunghi istanti, rimasero entrambi in silenzio. Fu l’uomo, infine, a parlare: «Quando ci siamo incontrati al supermercato, credo di essere stato troppo duro con lei. Inizio a comprendere perché le piaccia Fischer.»
Dalila si irrigidì.
«Se Fischer mi piaccia o meno, non credo sia affare suo.»
«Ha ragione, mi rendo conto di essere invadente» ammise Donato, «E fa bene a farmelo notare. Mi permetto soltanto di dire un’ultima cosa: Fischer le somiglia, è determinato come lei.»
«Come fa a sapere che sono determinata?»
«Intuito. Io non sbaglio mai, sulle persone.»
«Davvero?» Dalila rifletté. «In effetti, anche professionalmente, credo sia andata proprio così. Ha capito subito il potenziale di Tina, vero?»
«Eccome se l’ho capito» ribatté Donato. «Quando sono stato promosso ad assistente di Dalma Hernandez, in Brasile, ho compreso fin dal primo momento che Tina avrebbe fatto molta più strada di Manuel Serrano. Mi sono schierato dalla sua parte finché ho potuto, ma ovviamente certe decisioni non spettavano a me. Non aveva molto senso mettermi contro alla proprietà, anche perché la mia posizione non sarebbe stata intaccata da una vittoria finale di Serrano. Anzi, per quanto Tina fosse a mio parere più promettente, in quella stagione era molto più plausibile che Manuel potesse lottare per il titolo. Era l’obiettivo che Hernandez si era prefissato e Dalma era dello stesso parere di suo zio. Se avessimo vinto il campionato, sarei rimasto con il team Hernandez. Se Tina fosse rimasta per una terza stagione, avremmo senz’altro potuto ripeterci.»
«E invece» concluse Dalila, «Nulla di tutto ciò è stato possibile.»
«Già» convenne Donato. «Purtroppo è finito tutto in un disastro.»
«Se Serrano non fosse morto...»
«Già, se Serrano non fosse morto. Però è inutile piangere sul latte versato.»
Dalila azzardò: «Si potrebbe dire che l’incidente in cui Serrano ha perso la vita sia stato la disgrazia che ha stroncato la sua carriera.»
Donato obiettò: «Non sarei così esagerato.»
«Perché no?» replicò Dalila. «Era una posizione di un certo spessore e, chissà, se davvero fossero stati vinti due campionati consecutivi, avrebbe potuto addirittura puntare a un ruolo più importante. In fondo Dalma Hernandez era giovane e inesperta, non ci voleva qualcuno che la aiutasse?»
«Sì, ci sarebbe voluto qualcuno al suo fianco, specie considerato che era un periodo difficile della sua vita.»
«Se ho ben capito, si era innamorata di un ragazzo che credeva essere il suo fratellastro.»
«Come lo sa?»
«Quel ragazzo era il fratello di Tina.»
«Gliel’ha riferito la Menezes?»
«So giocare bene le mie carte, quando voglio farmi dire qualcosa.»
Donato realizzò: «È stato Fischer, allora. È molto scaltro e sa fare il suo lavoro, qualunque esso sia, ma si perde in dettagli di poco conto.»
Dalila ribatté: «Non proprio di poco conto, come dettaglio. Alla fine Dalma Hernandez ha scoperto chi fosse il suo vero padre... e non era Leo Menezes.»
«Tutti pensavamo che il padre di Dalma fosse Leo Menezes» chiarì Donato. «È stato solo un enorme equivoco.»
«Certo, un perfetto susseguirsi di equivoci» osservò Dalila. «Dalma era in crisi perché pensava che Christian Menezes fosse il suo fratellastro, nel frattempo si trovava a dovere gestire, dal nulla, una squadra che lottava per il campionato, con contrasti interni tra i suoi due piloti... Ci credeva, vero, signor Franzoni? Non aveva dubbi, sul fatto che prima o poi Dalma le avrebbe affidato un ruolo più importante, che non si sarebbe accontentata di averla come consulente.»
Donato annuì.
«Sì, certo, ero convintissimo che avrei fatto strada. Purtroppo il caso ha voluto che non andasse così.»
Dalila evitò accuratamente di osservare come non fosse stato il caso, quanto piuttosto una serie di decisioni errate avessero provocato la morte di Manuel Serrano e come la colpa di tutte le disgrazie fosse indirettamente caduta sulla testa di Tina Menezes, che non si era fatta da parte cedendo l’auto al compagno di squadra.

***

Oliver si era addormentato, quando Tina raccattò i propri indumenti sparsi per il pavimento. Non riusciva ancora a crederci, mentre, completamente nuda, con gli abiti in mano, entrava in bagno. Cercò di legarsi i capelli come meglio poteva, per non bagnarli, e si infilò sotto la doccia. Lasciò che l’acqua le scrosciasse addosso per qualche minuto, poi si asciugò e si rivestì. Sopra la biancheria, si sistemò la canottiera e la gonna.
Andò ad affacciarsi alla finestra. Era tardi, ormai, e l’umidità iniziava a farsi sentire. Non aveva altro con sé, con l’eccezione delle infradito che aveva lasciato accanto al letto. Mentre le andava a raccattare, frugò tra gli effetti personali di Oliver. Trovò una camicia a quadri, la mise sopra alla canottiera e uscì dalla stanza, senza fare rumore per non svegliarlo. Avrebbe voluto lasciargli un biglietto, per comunicargli che quello che era successo era stato bellissimo, ma non aveva a propria disposizione né una penna né un foglio su cui scrivere. Non importava, tanto ne avrebbero parlato, o almeno era quello che sperava vivamente.
Era tardissimo, iniziava a chiedersi se fosse ancora in tempo per ciò che doveva fare. Non aveva detto nulla a nessuno e senz’altro, aveva fatto bene a non dire nulla a Fischer. Avrebbe cercato di bloccarla, o almeno avrebbe chiesto di accompagnarla. Tina non lo voleva con sé, in un momento così complicato.
Non voleva e non poteva credere ai sospetti del giornalista e presto avrebbe avuto la doverosa smentita. Poteva accettare l’idea che Claudia Leonardo avesse scoperto del testamento e avesse deciso di agire contro di lei, ma doveva esserne venuta a conoscenza per puro caso, messa al corrente da chi non credeva avesse cattive intenzioni.
Tina scese le scale, sperando di non incontrare nessuno. Non che eventuali persone di passaggio potessero sapere cosa le passasse per la testa, ma preferiva di gran lunga non essere vista. Uscì dall’hotel passando per un’uscita secondaria - per fortuna non suonò alcun allarme - e si diresse verso il parcheggio.
Riconobbe subito l’auto dell’uomo che la stava aspettando.
Aprì la portiera e si piazzò sul posto del passeggero.
«Scusami, Donato, sono in ritardo.»
«Non fa niente» rispose colui che le era stato accanto ai tempi della Formula 3 Brasiliana. «Se avevi qualcosa di più importante da fare...»
«Oh, no» lo smentì Tina. «Cioè, sì, in realtà.»
«Eri con Fischer?»
«Io non...»
«Eri con Fischer» concluse Donato. «Non c’è bisogno che tu ti nasconda. Anche quando ha detto che non state insieme veramente, ho capito che ti piace.»
«Sì, mi piace» ammise Tina. «Non posso dire che tra me e lui nascerà qualcosa di importante come quello che c’era tra te e Luz, ma non tutti possono arrivare ai livelli tuoi e di Luz.»
«Già, Luz era la donna della mia vita.»
«Quindi non c’è più stata nessun’altra dopo di lei.»
«No, nessuna.»
Tina non notò nulla di inconsueto, nella sua voce. Sembrava sincero, come lo era sempre stato nei suoi confronti. Oliver non poteva sapere fino a che punto l’avesse sostenuta, i suoi sospetti potevano avere senso soltanto da parte di un estraneo, che non conosceva la verità. Stavano già uscendo dal parcheggio, quando decise di confidargli: «Fischer pensa che tu stia insieme a Claudia.»
«Io insieme a Claudia?» ripeté Donato. «Come gli è venuta una simile idea?»
«Dice che Claudia deve avere scoperto da te del testamento» rispose Tina, «E questo, in effetti, lo penso anch’io. Gliel’hai detto inavvertitamente, vero? Pensavi ne fosse già informata...»
«Mi dispiace per quello che ti ha fatto Claudia» replicò Donato, «Ma Fischer dovrebbe tornare alla realtà. Ha incastrato lei, non può pretendere che tutto ciò che respira sia un potenziale colpevole.»
«Mi piace il tuo modo di pensare.»
«E a me è sempre piaciuto il tuo.»
Rimasero in silenzio, si stavano allontanando, lungo una strada buia dalla quale Fischer le avrebbe suggerito di stare lontana.
Non era la prima volta che vagavano insieme a vuoto, senza meta, semplicemente confidandosi ciò che passava loro per la testa. Per quanto Claudia avesse sempre insistito a definire loro due, come due parti di un binomio vincente, c’era una sola persona con cui Tina si sentisse davvero a proprio agio in quella definizione.
Glielo disse: «Io e te eravamo due parti di un binomio vincente.»
Si aspettava che Donato concordasse, eppure continuò a non parlare.
Indecisa sul da farsi - insistere, oppure fare finta di niente? - Tina restò in attesa. Solo quando le fu chiaro che Franzoni non avrebbe risposto ripeté: «Eravamo due parti di un binomio vincente, lo pensi anche tu?»
«Quello che penso non ha importanza» replicò finalmente Donato. «Cosa importa se fossimo un binomio vincente oppure no? Tutto ciò che conta è il risultato finale e, come ben sai, abbiamo fallito miseramente.»
«Non è stata colpa nostra.»
«Oh, sì, è stata colpa tua.»
Tina si sentì come trafitta da una lama gelida.
«Come puoi dirlo?»
«Come potrei non dirlo, invece?» obiettò Donato. «Io credevo in te, credevo avremmo potuto lavorare insieme per portare la squadra in alto. Dovevi solo accettare che Manuel Serrano fosse più veloce di te, pazientare ancora qualche mese. Avrebbe vinto il titolo, se ne sarebbe andato e dopo Dalma Hernandez avrebbe dovuto puntare su di te.»
«Sarebbe stato il mio terzo anno nella Formula 3 Brasiliana» replicò Tina. «Se avessi vinto al terzo anno, tutti mi avrebbero tacciata di avere battuto dei ragazzini inesperti. Non potevo aspettare. Sapevo che non avrei potuto vincere, ma dovevo far capire di che pasta ero fatta. Avevo bisogno che gli sponsor continuassero a credere in me e che mi consentissero di passare in una categoria più importante.»
«Eri una ragazzina ingenua, pensavi di potere dettare legge» la accusò Donato, «Invece hai saputo solo fare danni. Hai messo i tuoi interessi davanti a tutto e te ne sei fregata di chi avevi accanto. Manuel è morto per colpa tua e, prima che tu ti lasci prendere dai rimorsi, ci tengo a metterlo in chiaro: se la sua morte non mi avesse danneggiato personalmente, adesso non saremmo qui. Invece ci ho rimesso in prima persona.»
«Non è possibil-...»
Tina si interruppe, vedendo Donato allungare una mano verso di lei. Sentì un panno bagnato passarle sul naso e sulla bocca, poi tutto divenne buio.
...
...
...
Quando riprese i sensi, si rese conto di avere i polsi e le caviglie legati. Era gettata su una sedia pieghevole malandata, che tremava sotto di lei, e qualcosa le teneva la bocca tappata.
Aveva commesso un errore, un errore madornale. Non aveva voluto credere alla semplice realtà dei fatti, perché era troppo dolorosa.
Udì qualcuno muoversi, accanto a lei.
«Sono qui, Menezes» mormorò la voce subdola di Donato, puntandole una torcia davanti al volto. «Sono qui, ma non rimarrò qui a lungo, diversamente da te. Sei finita, come era finita la mia carriera quando Serrano è morto per colpa tua. Prima, però, ho ancora qualcosa da fare. Anzi, abbiamo ancora qualcosa da fare.»
Si avvicinò.
Tina era stordita, non aveva idea di cosa sarebbe successo.
Sentì una mano - che non era quella di Donato - afferrarle la coda, un paio di forbici che tagliavano ciocche a caso.
«Ci tenevi, a non tagliarli più» sibilò Claudia Leonardo, dietro di lei. «Ma non spetta più a te prendere queste decisioni. Sei finita, Tina, sei finita come avresti dovuto esserlo molto tempo fa. Hai resistito più di quanto pensassi, ma presto non sarai più un problema, né per me né per Donato.» Di colpo tutto assumeva un senso, perfino il disprezzo malcelato di Claudia per Luz Franzoni. «Purtroppo ci hai reso le cose difficili e probabilmente non riusciremo a entrare in possesso del denaro che volevi lasciarmi, ma ormai non importa più. Ricominceremo una nuova vita, mentre tu raggiungerai Serrano sottoterra.»
Era finita, e solo perché aveva continuato, imperterrita, a fidarsi delle persone sbagliate. Era finita perché quei due volevano che finisse e avrebbero inventato qualsiasi scusa, per giustificare le proprie azioni.
«Addio, Miss Vegas.»
Quella era la voce di Donato, un attimo prima che la torcia si spegnesse. Il colpo alla testa arrivò subito dopo, lasciando Tina a sprofondare ancora una volta nell’oblio.
...
...
...
Era sola, ma avvertiva una presenza.
Era al buio, ma intravedeva un fascio di luce.
Qualcuno si avvicinava a lei, passo dopo passo.
«Chi sei?» sussurrò Tina. «Tirami fuori da qui.»
«Non posso, l’ho già fatto una volta» rispose una voce che Tina conosceva bene. «Non riuscirò a salvarti di nuovo.»
«Mi hai... salvata?»
«Non c’erano speranze, il rollbar si era frantumato e avevi battuto la testa.»
«Quell’incidente? C’eri tu? Sei stato tu a farmi uscire di strada?»
La voce assunse un tono seccato: «Credi davvero che ti volessi morta? Ti sto accanto da quasi quindici anni, e ti assicuro che non è facile visto il modo in cui ti cacci abitualmente nei casini.»
C’era un che di ingiusto in quell’accusa, ma Tina preferì non replicare.
«Quindi mi hai salvata?»
«Sì, e ti ho pure esortata a vivere la tua vita senza pensare al passato, ma non c’è stato niente da fare, a quanto pare.»
Tina allungò una mano, cercando di sfiorarlo.
Manuel Serrano arretrò.
«No, non ancora. Non è il tuo momento. Non posso fare niente per te, ma non puoi arrenderti così. Certo, se tu non avessi lasciato il tuo telefono nella stanza di Oliver Fischer, forse adesso saprebbe rintracciarti!»
«Il telefono... nella stanza di Oliver?»
Manuel le assicurò: «Non sono rimasto lì a guardare, se è questo che ti preoccupa. Anche se avresti ben altro di cui preoccuparti, in questo momento. E comunque io l’avevo capito subito che Donato era un gran figlio di puttana.»
Furono le ultime parole che Tina udì, prima di sprofondare di nuovo nel buio, convinta che non avrebbe rivisto mai più la luce.

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Capitolo 17
*** [Oliver] ***


Lo spazio circostante aveva perso i propri colori, Tina si sentiva fluttuare in mezzo al nulla. Ricordava l'incidente, anche se non aveva idea di come fosse iniziato. Ricordava di avere perso il controllo della vettura e, a quel punto, ormai non c'era più nulla da fare.
Era seguito il vuoto e al vuoto seguiva una penombra con tanti toni di grigio, in cui c'era un'unica luce.
Manuel era di fronte a lei, come erano stati per l'ultima volta uno di fronte all'altra quando Tina gli aveva augurato di morire presto, venendo accontentata appena il giorno dopo.
Non c'era nulla, tra di loro, tranne un muro di silenzio, lo stesso muro che li aveva separati quando Manuel era ancora in vita. Sembrava tutto così lontano, ma al tempo stesso il passato sembrava fluttuare insieme a loro.
Il suo primo amore e vecchio rivale la fissava, Tina non riusciva a decifrare il suo sguardo. Forse lo stesso Manuel non riusciva a decifrare il suo, la contemplava senza capacitarsi di cosa vedesse.
Infine fu proprio lui il primo a parlare: «Non dovresti essere qui.»
«Sei tu che non dovresti essere qui» replicò Tina. «Perché sei venuto? Cosa vuoi fare?»
Manuel fece un mezzo sorriso.
«Hai paura di me, Menezes?»
Tina cercò di arretrare, ma i passi indietro non furono sufficienti: Serrano manteneva la stessa distanza da lei, senza nemmeno avere bisogno di muoversi.
«Che cazzo è, questo? Un film horror?»
Il sorriso di Manuel rimase immutato, ma il suo tono era tagliente, mentre affermava: «Non mi sembra affatto un complimento, Tina. Davvero ti sembro un personaggio uscito da un film dell'orrore? L'ultima volta che mi sono guardato allo specchio non mi sembrava di essere così brutto. Forse la tua vista è peggiorata?»
«Oh, no, ti vedo benissimo.» Tina si portò una mano al volto, realizzando di non indossare gli occhiali. Eppure l'immagine di Serrano, seppure fluttuante come si sentiva lei stessa in quel momento, era nitida come non mai. «Perché sei qui? Io sono viva e tu sei...»
Si interruppe. Non aveva il coraggio di pronunciare quella parola.
«Morto?» suggerì Manuel.
Tina fece un altro passo indietro, con il solo risultato di trovarsi ancora più vicina a lui.
«Sei venuto a vendicarti?»
Manuel rise.
«E di cosa?»
«Di quello che è successo tra di noi.»
«Io volevo il titolo, tu pensavi che ne saresti uscita meglio se non avessi vinto il titolo. Era semplice routine.»
«Non tutti la pensano così.»
«C'eravamo noi, e poi c'erano altri che sputavano giudizi non richiesti. Hai fatto ciò che era in tuo potere per fermarmi, qualunque cosa ne pensino gli altri.»
Tina gli ricordò: «Tu, però, sei morto.»
Manuel osservò: «Adesso sei capace di dirlo.»
«L'hai detto tu, prima di me.»
«Ho pronunciato la parola magica, dici?»
«Non scherzare, Serrano. Io ho rifiutato di lasciarti prendere il mio posto e tu sei morto.»
«Una storia triste, vero?» ribatté Manuel. «Sì, hai ragione, e forse mi meritavo un film su di me, però ero solo un pilota della Formula 3 Brasiliana e a nessuno importava nulla di me.»
«A me sì» replicò Tina, «A me importava di te.»
«Quello che è stato è stato» concluse Manuel. «Adesso devi tornare dall'altra parte, la tua vita è di là.»
«Non ho modo di tornare, non conosco la strada.»
«Chiudi gli occhi, la troverai.»
Tina esitò: «Io non...»
Manuel ridacchiò.
«Hai ancora paura di me? Non c'è niente che io possa farti, quando chiuderai gli occhi, posso solo cercare di accompagnarti di là.»
«Mi ricorderò di te?»
«Non credo.»
«E allora perché sono qui? Perché sei qui tu? Perché siamo uno di fronte all'altra, se poi si perderà tutto?»
Manuel non rispose alla domanda di Tina. Si limitò a osservare: «È un peccato che i tuoi capelli non ci siano più. Lasciali crescere, quando tornerai dall'altra parte.»

***

Faceva ancora caldo, ma a Oliver bastò affacciarsi alla finestra per notare quanto fosse penetrante l'umidità. Finì l'ultimo sorso di limonata, schiacciò la lattina e andò in bagno a farsi una doccia. Tina doveva avere avuto la stessa idea, quando si era addormentato, dato che si intravedevano le tracce: gocce sulle pareti.
Mentre l'acqua gli scrosciava addosso, Oliver non poté fare a meno di rievocare gli eventi di quella serata. Quando Tina era arrivata, tutto aveva preso a poco a poco una svolta inaspettata. Era stato addirittura tentato di raccontarle quale fosse il suo legame con Patrick Herrmann, ma per fortuna aveva desistito.
Alla fine, l'inevitabile era successo: Oliver sorrise, ripensando al calore del corpo nudo di Tina contro il suo. Sperava solo di avere retto il confronto con Axel, o almeno quello con Shin Jung.
Si asciugò in fretta, già pensando al momento in cui si sarebbe lavato i denti e si sarebbe tolto dalla bocca lo zucchero della bibita. Quando finì, in bagno, quasi con puntualità, il suo telefono si mise a squillare.
Era quello standard, ma a chiamarlo era la Colombari. Era tardissimo e non c'era ragione per cui la fotografa avrebbe dovuto mettersi in contatto con lui. Chissà, forse aveva le stesse mire della Menezes, ma arrivava troppo tardi, non solo per questioni di orario, ma perché, dopo avere fatto sesso con Tina, difficilmente Oliver avrebbe potuto provare desiderio per altre donne.
Le rispose ugualmente: «Dalila, cosa c'è?»
Ciò che udì andava ben oltre la sua immaginazione.
«Fischer, accendi l'app, dimmi dove si trova adesso la tua amica Menezes.»
Quando Dalila gli aveva spiegato il funzionamento dell'applicazione, il primo pensiero di Oliver era stato quanto fosse orripilante. Trovava assolutamente fuori dal mondo il tracciare i movimenti di un'altra persona. Soltanto quando aveva ricevuto una spiegazione valida, aveva compreso: il telefono che Dalila aveva dato a Tina era stato di un vecchio zio che soffriva di demenza senile. Quella app era servita più volte a rintracciarlo quando non trovava la strada di casa.
Farne uso per sorvegliare i movimenti di Tina non lo allettava, ma da come Dalila parlava ebbe l'impressione che la Menezes potesse essere in pericolo. Gli bastò, tuttavia, guardare meglio nella stanza per rendersi conto che era andata via senza telefono.
«L'app mi direbbe che si trova qui insieme a me» rispose, quindi, «Ma mentirebbe, perché Tina è andata via.»
Dalila non gli chiese che cosa stesse facendo Tina nella sua camera quella sera. Si limitò ad affermare: «L'ho vista salire in macchina con Donato.»
«Cazzo!» esclamò Oliver. «Perché l'ha fatto?»
«Perché stravede per quell'uomo e crede che, a sua volta, Donato straveda per lei. Vorrei pensare che sia una cretina, ma non riesco a darle torto.»
«Dove sei ora? Ti raggiungo.»
«A piedi?»
«Sei lontana?»
Dalila gli rivelò: «Ho seguito l'auto. Poi ha spento i fari. È tutto buio qui. Non ho idea di cosa voglia farle, ma non so dove trovarla.»
Oliver la rassicurò: «Vengo da te, faccio il prima possibile.»
«E come?»
«Cercherò qualcuno che mi accompagni. Poi mi devi spiegare perché stavi seguendo Donato.»
«Non lo stavo seguendo, l'ho incontrato per caso» rispose Dalila. «Abbiamo parlato di Tina. La ritiene responsabile del proprio mancato progresso professionale. Pensa che Serrano sia morto per colpa della Menezes e che, se invece Manuel non fosse morto, avrebbe vinto il campionato e forse Tina l'avrebbe emulato l'anno seguente. Pensa che, se la Menezes si fosse comportata diversamente, alla fine lui stesso ci avrebbe guadagnato, dato che la Hernandez gli avrebbe affidato un ruolo di maggiore prestigio.»
«Quindi» realizzò Oliver, «Non ha mai voluto vendicare Serrano, vuole soltanto fargliela pagare perché pensa di averci rimesso per colpa sua.»
«Proprio così» confermò Dalila. «Mi è venuto quel sospetto, dopo avergli parlato. Poi l'ho visto salire in macchina e restare fermo. Aspettava qualcuno... ed è arrivata la Menezes. Sembrava piuttosto trafelata, come se avesse fatto tardi. Immagino che sia stato tu a farle perdere tempo.»
«Mandami la tua posizione» la pregò Oliver, «E non fare cazzate. Donato non sa che l'hai seguito, vero?»
«Penso di no.»
«Non ne sei sicura, però.»
«Non posso essere sicura di nulla» chiarì Dalila, «Posso solo riferirti quello che ho visto. E comunque avresti potuto chiedere a Tina che intenzioni avesse! Sono certa che avesse già pianificato di incontrarsi con quel tizio!»
Oliver puntualizzò: «Se aveva quell'intenzione, di certo non mi avrebbe detto niente.»
«Tu, invece, che intenzioni hai?» volle sapere Dalila. «Come pensi di fare per raggiungermi?»
«In primo luogo aspetto che mi mandi la posizione.»
«E poi?»
Oliver ribadì: «Qualcuno che mi accompagni lo trovo. Probabilmente mi insulterà, ma alla fine, quando gli dirò che potrebbe esserci di mezzo la vita di Tina, non si tirerà indietro.»
«Va bene» accettò Dalila. «Ti lascio e ti mando la posizione. Se c'è qualche novità o qualche problema, chiamami subito.»
Oliver non fece in tempo a replicare, Dalila aveva già riattaccato. Veniva la parte più difficile, ma era sicuro di riuscire a superare l'ostacolo.
Cercò uno specifico numero, attese una risposta e fu molto diretto:
«Devo vederti subito.»
«Cosa succede, Fischer?»
«È una questione di vita o di morte.»
«Da te non potrei aspettarmi altro» disse Edward Roberts, con voce tagliente. «Cos'hai combinato stavolta?»
«Io non ho fatto niente» si difese Oliver. «È Tina che ha fatto il danno... ed è un danno bello grosso.»
Passò qualche istante, in cui Oliver pensò al peggio, ovvero che il telefono stesse per essergli sbattuto in faccia. Infine Edward volle sapere: «Dove sei? Ti raggiungo, così mi spieghi cosa sta succedendo.»

***

Dalila sapeva che scendere dall’automobile non sarebbe stata una saggia azione. Non era stato saggio, tuttavia, nemmeno mettersi a seguire Donato, dopo avere ascoltato le sue parole e avere compreso ciò che Oliver già sospettava. Quell’uomo doveva averla seguita, quando era stata a parlare con Baby Dumbaby, e poi averla seguita ancora, a casa e nelle vicinanze. Non gli aveva ma chiesto dove abitasse, quindi anche la versione dei fatti secondo cui il loro incontro al supermercato era stato quasi casuale poteva essere falsa.
Sapeva che scendere non sarebbe stato saggio, ma non poteva tirarsi indietro, ormai era troppo tardi per essere saggia. Aveva scelto di impegnarsi in un’indagine parallela per scoprire chi avesse ucciso Mirko e aveva unito le proprie forze con quelle di Oliver, ormai non aveva più vie di fuga pronte ad accoglierla.
Chiuse a chiave la portiera e controllò il livello di carica del telefono: cinquantadue percento, la batteria non era molto nuova, doveva sperare che non si scaricasse in fretta. Attivò la torcia, non c’era altro modo per vedere intorno a sé, a parte le fioche luci di una strada lontana, decisamente più imponente di quella in cui aveva seguito Donato, prima di perdere le sue tracce.
Vide dei fari, in lontananza, fari che si muovevano in direzione di una delle strade illuminate. Che fosse Donato? Che stesse portando Tina da qualche parte con sé? Se così fosse stato, non doveva essere animato da cattive intenzioni.
«Maledetta Menezes, dove sei?» borbottò Dalila.
Era improbabile che fosse ancora in macchina con l’uomo che le era stato accanto e che l’aveva sostenuta in passato.
Con un sospiro, Dalila provò a salire nuovamente a bordo. Voleva scoprire cosa ci fosse, là dove aveva visto quei fari poco prima. Non aveva la presunzione di potere trovare Tina, ma sapeva di non potere desistere: da un lato c’era un potenziale assassino, dall’altro una potenziale vittima, che già aveva subito a lungo le angherie di persone che, nella vita, le erano vicine. Non aveva dubbi su quale fosse la parte dalla quale schierarsi.

***

«Fischer, lo sai che è una pazzia?»
La voce di Edward era ancora secca e tagliente, ma Oliver non si aspettava altro. L’aveva appena supplicato di accompagnarlo a raggiungere Dalila, che in quel momento stava dando la caccia a un probabile assassino.
«Lo so che è una pazzia» ci tenne a specificare, «Ma non è certo colpa mia se Tina ha deciso di fidarsi di Donato.»
«Avresti dovuto trattenerla, metterla in guardia» replicò Edward. «Come hai potuto non dirle niente?»
«Tina sapeva bene quanto me che solo Donato poteva avere riferito a Claudia le clausole del testamento» rispose Oliver. «Sapeva anche che Claudia provava un’intensa avversione per le donne con i capelli decolorati, che derivava dall’aspetto di Luz Franzoni, la defunta moglie di Donato. Come ho fatto due più due io, anche Tina è arrivata alla stessa conclusione, ma non ha voluto accettarla. E come darle torto? Quell’uomo si comportava quasi da padre, con lei, come poteva crederci? Come poteva pensare che fosse lui il complice di Claudia? Cerca di capirla, aveva già dovuto affrontare un grosso trauma, scoprendo che la sua preparatrice atletica tramava contro di lei. Tutto quello che mi viene in mente è che sperasse che almeno Donato non facesse parte di quel complotto, che avesse rivelato a Claudia del testamento senza malizia, magari credendo che già lo sapesse. Deve essersi detta che Donato non poteva essere l’amante di Claudia, che non poteva avere agito insieme a lei. Magari sperava ancora che la Leonardo avesse fatto tutto da sola e che tra i due ci fosse solo un’attrazione da parte di lei, o comunque, se anche avessero avuto una storia, che Donato non fosse coinvolto nei suoi affari.»
Edward sbuffò.
«Ho capito, Fischer. L’ho sempre saputo che, prima o poi, saresti andato a farti ammazzare. Quello che non potevo sapere, era che ti ci avrei accompagnato io stesso, rischiando di fare la stessa fine.»
«Puoi ancora tirarti indietro, se vuoi.»
«Non quanto Tina rischia di morire a sua volta.»
«Ci tieni a lei?»
«Non l’ho mai nascosto, abbiamo sempre avuto un buon rapporto, quando eravamo compagni di squadra, e posso dire di considerarla un’amica. Ovviamente, se potessi salvare la vita a qualcuno, lo farei in ogni caso, ma non mi esporrei personalmente per uno qualsiasi. Per Tina sono pronto a questo e ad altro.» Edward lo invitò a seguirlo. «Abbiamo la macchina da quella parte. Spero almeno che tu conosca la strada.»
«La strada non la conosco, ma dovrei riuscire a trovarla» ribatté Oliver. «Almeno in questo, posso cavarmela.»
Erano arrivati. Salirono a bordo. Allacciandosi la cintura di sicurezza, Edward volle sapere: «Da che parte dobbiamo andare?»
Oliver prese il cellulare e iniziò a cercare il percorso sull’apposita applicazione. Ci volle un po’ di tempo, prima che si caricasse. Ne approfittò per allacciarsi la cintura a propria volta e per chiedere a Edward: «Cos’hai raccontato a Selena e alle bambine?»
«Una scusa.»
«Quindi Selena non saprebbe dove cercarti.»
«No, per fortuna. Così, almeno, se moriamo non sarà lei a trovare i nostri cadaveri.»
Oliver raggelò.
«Temo che Tina sia sul punto di fare quella fine.»
«Dimmi da che parte dobbiamo andare» gli ordinò Edward, «E, per cortesia, mentre andiamo in là non stare a lamentarti che Tina potrebbe essere morta.»
«Ma potrebbe davvero esserlo.»
«In ogni caso, non c’è bisogno che tu lo ripeta ad alta voce, deconcentrandomi. Mi dispiace per te, che non sei ancora riuscito a concludere niente con lei, quando eravate una coppia perfetta, ma...»
Oliver lo interruppe: «Non ne sai niente di quello che ho fatto con lei. Eravamo insieme fino a un’ora fa.»
«Oh, allora devi essere stato proprio deludente, se ha preferito andare via e andare a consegnarsi spontaneamente nelle mani di un uomo che potrebbe ucciderla.»
Oliver non replicò. Erano giunti a un bivio, non aveva tempo per preoccuparsi delle battute di cattivo gusto di Roberts - humour inglese, sempre una garanzia.
«A sinistra.»
«Ne sei sicuro?»
«Certo che ne sono sicuro, a meno che questa mappa non sia stata fatta al contrario.»
«Hai la destinazione giusta?»
«Ho quella che mi ha passato Dalila.»
Imboccando la giusta diramazione, Edward osservò: «Non ho ancora capito cosa ci sia tra te e Dalila. Un attimo ti vedo vicino alla Menezes, un attimo dopo arriva la fotografa e Tina passa in secondo piano...»
«Forse, invece di sforzarti di capire, dovresti badare ai fatti tuoi» puntualizzò Oliver. «So che mi shippi con la Menezes, ma ho avuto una vita privata, prima di lei.»
«È la prima volta che sento usare il termine “shippare” in una frase pronunciata ad alta voce» notò Edward. «O quantomeno, è la prima volta che lo sento dire da una persona adulta.»
«Un’ultima emozione prima di morire.»
«Fottiti, Fischer. Da che parte dobbiamo andare? Là in fondo vedo un altro incrocio.»
Oliver abbassò gli occhi sullo smartphone.
«A destra, stavolta.»
«Ne sei sicuro?»
«Te lo ripeto di nuovo, se la mappa non è al contrario, dovrei esserne sicuro.»
Proseguirono in silenzio e, per fortuna, Edward evitò di fare ulteriori commenti o battute che non facevano ridere.
Guidò senza parlare, se non per chiedere delucidazioni sul percorso, per quasi mezz’ora, andando a finire in un luogo sperduto che sembrava essere stato dimenticato dall’umanità.
«Siamo a duecento metri dal punto che mi ha segnalato Dalila» dichiarò finalmente Oliver. «Ci siamo quasi.»
«Bene... o almeno, potrebbe andare meglio, ma l’abbiamo trovata» rispose Edward. «Duecento metri sempre avanti?»
«Ormai sono cento» replicò Oliver. «E non vedo altre strade. Ottanta. Settanta. Ci stiamo avvicinando. Siamo a cinquanta metri, adesso. Quaranta, trenta...»
«Trenta metri e non c’è anima viva» puntualizzò Edward. «Sei proprio sicuro che la tua amica fotografa non si sia inventata tutto per fare colpo su di te?»
Oliver obiettò: «Fingere di essere andata a stanare un potenziale assassino che potrebbe avere rapito Tina non è il modo migliore per fare colpo.»
Edward azzardò, fermandosi a dieci metri di distanza dal punto segnalato dalla Colombari: «Hai controllato che Tina non fosse andata semplicemente in camera sua a dormire?»
«Sono andato a bussare alla sua porta, mentre ti aspettavo» chiarì Oliver, «E sono anche andato a informarmi. Il portiere notturno, mentre si trovava sul retro a fumare una sigaretta invece di essere nella sua postazione, ha visto passare una donna che potrebbe corrispondere alla descrizione di Tina.»
«Ha visto dove andava?»
«Non se ne è preoccupato. Era là per fumare, non per stare informato su quello che succedeva intorno a lui.»
«Comunque sia» tagliò corto Edward, «Qui non c’è nessuno. Ovunque fosse Dalila Colombari, sembra sia andata via.»
«Sarebbe interessante capire il perché» ammise Oliver. «Provo a chiamarla.»
«Se pensi che ti risponda.»
«Se non provo nemmeno, non mi risponderà. Fidati, Roberts, questo non è uno scherzo. Magari Dalila ha visto qualcosa e ha preferito spostarsi.»
Pronunciando quelle parole, cercò il suo numero nel registro delle chiamate. Era il secondo nome, subito al di sotto di quello di Edward.
Dalila rispose subito, anche se la sua voce arrivava piuttosto confusa: «Fischer, sei arrivato?»
«Sì, sono qui, esattamente dove mi hai chiamato tu» confermò Oliver. «Tu, però, non ci sei. Che fine hai fatto?»
«L’ho appena trovata. Non...»
Il resto della frase fu incomprensibile.
«Non capisco, Dalila. Riesci a mandarmi la posizione?»
«Ti sento male anch’io» rispose la Colombari, o quantomeno pronunciò parole che potevano avere un suono simile. «Non riesco a...» Ancora qualcosa di inudibile, probabilmente intendeva comunicargli che non poteva mandargli la posizione, perché non c’era campo. «Accendo i fari. Forse puoi...»
Forse poteva vederlo? Doveva intendere qualcosa del genere. Passò qualche istante, prima di vedere le luci di un’automobile illuminarsi, in lontanza.
«Eccola» osservò Oliver. «Andiamo da lei.»

***

Manuel cercava di liberarsi dalla stretta, ma Tina non voleva sciogliere il loro abbraccio. L’aveva appena ritrovato, a quasi cinque anni di distanza dalla sua morte, non intendeva lasciarlo scappare, non dopo che proprio lui si era schierato dalla sua parte, invece di lanciarle le accuse che spesso sentiva da altri.
«Tina, lasciami» la supplicò Manuel.
«Perché?» chiese Tina. «Devi già andare via?»
«Non sono io che devo andarmene» rispose Manuel. «Sei tu che devi tornare dall’altra parte.»
«Dall’altra parte non c’è niente che mi aspetti davvero» replicò Tina. «Ormai è finita, lo so.»
«Non è finito nulla» insisté Manuel. «Hai ancora tutta la vita davanti. Non puoi finire come me, non tu. Puoi ancora cambiare il mondo.» Sgusciò fuori dalle sue braccia e la guardò negli occhi. «Non so cosa diventerai, non posso conoscere il futuro, ma sono certo che tu abbia un grande futuro davanti.»
In quel momento Tina non poteva saperlo, ma Manuel aveva ragione. Se le avesse detto che, nove anni più tardi, avrebbe vinto il Gran Premio di Las Vegas nel campionato dalla fusione tra le due massime categorie, gli avrebbe chiesto se era totalmente impazzito. Manuel, tuttavia, non fece alcun pronostico del genere e, se l’avesse fatto, nove anni più tardi Tina avrebbe scoperto che sarebbe accaduto davvero.
Non poteva nemmeno sapere che un giorno avrebbe incontrato Oliver Fischer, che insieme a lui avrebbe risolto un caso di omicidio, ma che, a meno che non fosse arrivato qualcuno e non l’avesse trovata, sarebbe stata lasciata a morire in un capannone abbandonato, mentre l’assassino di Mirko De Rossi era in fuga con la sua complice. Non poteva saperlo, ma se avesse fatto un simile pronostico avrebbe avuto ragione.
«Adesso ti sembra tutto negativo e credi di non avere speranze» disse Manuel, invece, «Ma sono sicuro che tu abbia ancora tanto da fare. Avrai una carriera fantastica e una vita fantastica. Forse un giorno ci rivedremo, ma succederà tra moltissimi anni.»
Tina si lasciò andare a una risata.
«Sembra il discorso di Leonardo Di Caprio in “Titanic”, quando per lui non c’è posto sulla tavola di legno.»
«Qui non ci sono tavole di legno» replicò Manuel, «E ormai sono già morto. Tu invece sei viva e devi rimanerlo. Cosa credi, che tua madre e tuo fratello vogliano perderti? Che Shin voglia perderti?»
«Cosa sai di Shin?»
«Che siete amici, o forse qualcosa di più.»
«Tu mi hai vista con lui?»
«Quando ti vedevo con lui, attendevo pazientemente fuori dalla stanza.»
Tina azzardò: «Da quanto tempo mi tieni d’occhio?»
Manuel rispose: «Non ti tengo d’occhio. Mi limito a controllare che tu non finisca nei casini.»
«Come un angelo custode?»
«Già. E, lasciatelo dire, non è così facile assicurarsi che non ti succeda mai niente.»
Tina sorrise.
«Grazie per quello che hai fatto per me.»
«Quello che ho fatto e che farò finché vivrai» chiarì Manuel. «Non mi devi ringraziare. È per questo che ci sono io, accanto a te. Ma adesso vai, e spero di non vederti più finché avrai vita.»
Quella previsione non si sarebbe avverata: dieci anni più tardi, Manuel sarebbe tornato da lei affermando di averla già salvata una volta e di non essere certo di poterci riuscire di nuovo. Non sarebbe stato lui, comunque, a salvarla, ma una fotografa che aveva seguito lei e Donato mentre si allontanavano.

***

Veronica sbuffò.
«Chi cazzo chiama a quest’ora?»
Si era appena sdraiata a letto, più tardi di quanto avrebbe desiderato, dopo una lunga conversazione con Ryan Harvey, che metteva in chiaro la propria volontà di riprendere il proprio posto pubblico al fianco di Amber Thompson. Non c’erano ragioni per cui avrebbe dovuto impedirglielo, ormai la sua reputazione sembrava essere tornata quella di un tempo, dopo il video pubblicato insieme alla Menezes. Per una volta l’italo-brasiliana aveva avuto un’intuizione sensata, quindi le venne spontaneo pensare che, per compensare, avesse fatto anche un’immane cazzata. Non voleva essere prevenuta, ma Tina non le lasciava molte alternative.
Si chiese se fosse lei, a cercarla, al telefono. Si alzò, sbuffando, per andare verso la presa della corrente alla quale il cellulare era collegato con il caricabatterie.
Non era Tina, era Selena Bernard.
Veronica si chinò e rispose: «Sì? Cosa succede?»
«Edward è con te?» chiese Selena.
«Perché dovrebbe essere con me?» obiettò Veronica.
«È uscito da parecchio tempo, dicendomi che c’era un problema che riguardava Tina» le spiegò Selena. «Ho pensato che fossero entrambi con te.»
«Ero con Ryan, invece.»
«Sempre per qualcosa che riguardava Tina.»
«Per qualcosa che riguardava Tina, ma dubito che fosse per lo stesso motivo per cui mi stai chiamando.» Veronica staccò il telefono dalla presa e si alzò in piedi. «Non so cosa ti abbia detto tuo marito, ma ti assicuro che non è venuto da me.»
Selena precisò: «Non mi ha mai detto che sarebbe venuto da te. Pensavo...»
Veronica la interruppe: «Pensavi male. Comunque, se tu chiamassi lui, avresti sicuramente la risposta che cerchi.»
«Non risponde.»
«Ha il telefono acceso?»
«Sì.»
«L’avrà dimenticato in macchina.»
«Sì, è possibile» valutò Selena, «Ma lui dov’è?»
«Non so come aiutarti» replicò Veronica. «Sono assolutamente convinta che Edward non ti stia nascondendo niente di sconveniente, ma sei tu che devi vedertela con lui. Per quanto mi riguarda, ho già abbastanza cose di cui preoccuparmi.»
«No, certo, non lo metto in dubbio» rispose Selena. «Chiedevo solo se avessi avuto sue notizie, tutto qui. Vorrà dire che aspetterò ancora un po’.»
«Chiama Fischer» le suggerì Veronica.
«Perché dovrei chiamare lui?»
«Perché, se c’entra Tina, deve c’entrare anche quel rompicazzo. Sai cosa ti dico, Selena? Che non vedo l’ora di togliermelo di torno! È ammirevole come voglia la verità a tutti i costi, però gli sarei grata se la cercasse lontano da me. Ogni volta che c’è un delitto, invece, me lo ritrovo attaccato al culo. Per fortuna la gente che conosco non viene uccisa tanto spesso, così almeno ho qualche anno di respiro, di tanto in tanto.»
«Aspetto altri dieci minuti, poi chiamo Oliver» convenne Selena, senza commentare la sua esternazione.
“Chi tace acconsente” si disse Veronica. “Deve pensare anche lei che Fischer sia una grandissima rottura. Anche perché, se l’ha lasciato per mettersi con Edward, doveva avere ottime ragioni.”
Il fatto che Selena volesse attendere, prima di mettersi il contatto con il giornalista, aveva i suoi lati positivi. Veronica lo cercò nella rubrica, poi fece partire una telefonata.
Diversamente da Roberts, Oliver teneva il telefono in tasca, piuttosto che abbandonato da qualche parte.
Le rispose subito, anche se solo per dirle: «Veronica, non è il momento e il telefono non prende molto bene, qui. A meno che non sia successo niente di grave, è meglio se ci sentiamo più tardi.»
«Più tardi?!» sbottò Veronica. «Hai idea di che ora sia?»
Oliver azzardò: «Domani mattina, allora?»
Veronica volle sapere: «Che cosa stai facendo? Per caso c’è la Menezes con te?»
«Perché la stai cercando?»
«Non la sto cercando.»
«Allora perché mi hai chiesto di lei?»
«Non sto cercando la Menezes, ma Selena Roberts sta cercando suo marito, che se n’è andato sostenendo che doveva uscire a causa di una faccenda che la riguarda. Hai idea di dove sia?»
Oliver la rassicurò: «Edward è con me. Puoi riferire a Selena che è tutto a posto.»
«Non le riferisco un cazzo» replicò Veronica. «Non sono la tua segretaria, Fischer. Non so che casini stiate combinando tu e Tina, né che cosa c’entri Edward, ma ti assicuro che questa faccenda non mi piace nemmeno un po’.»
«A me, piace di meno di quanto possa piacere a te» ribatté Oliver, «Ma ho intenzione di fare qualcosa di utile, invece di stare qui ad ascoltare le tue chiacchiere. Quindi, mi dispiace tanto, ma ti devo salutare.»
«Mi devi salutare?! Te lo scordi. Spiegami per filo e per segno che cosa sta succedendo.»
«E va bene: il tuo caro ospite Donato Franzoni, che tanto ha fatto per aiutarti con gli sponsor, ha portato Tina in un magazzino in disuso, l’ha ferita e si è dato alla fuga, probabilmente in compagnia di Claudia Leonardo. Se Dalila non avesse visto Tina salire sulla sua macchina, non l’avrebbe seguito e adesso la Menezes sarebbe qui da sola a morire.»
Veronica si mise a sedere sul bordo del letto.
«È uno scherzo, Fischer?»
«Perché dovrebbe esserlo?»
«Come sta Tina adesso?»
«Non lo so, stiamo aspettando che arrivi un’ambulanza. L’ha chiamata Dalila, quando ha trovato Tina.»
«Ma Edward?»
«Edward è con noi.»
«Selena ti chiamerà per chiederti spiegazioni» lo informò Veronica. «Preparati a raccontare tutto anche a lei.»
«Ti prego, chiamala tu e dille che Edward sta bene e tornerà da lei appena possibile» le chiese Oliver. «Non avrei voluto coinvolgerti, ma ormai mi hai chiamato, quindi tanto vale che sia tu a spiegarle come stanno le cose.»
Veronica esclamò: «Ma io non so come stiano le cose! È una storia assurda. Cos’è successo con Donato? Perché avrebbe fatto una cosa simile?»
«Ti farei volentieri un disegno per spiegarti bene la situazione» replicò Oliver, «Ma non ho il tempo materiale per farlo. Mi dispiace che Selena si sia spaventata. Chiedile scusa da parte mia e dille che sono io il responsabile, se Edward non è ancora tornato. Le parlerò di persona, quando sarà il momento. Adesso, però, devo salutarti.»
Veronica borbottò: «Sei sempre il solito rompicoglioni, Fischer.»
Oliver, tuttavia, non udì quelle parole, perché aveva già riattaccato, lasciandola da sola con il gravoso compito di telefonare a Selena Roberts. Decise che le avrebbe raccontato solo il minimo sindacale. Il resto gliel’avrebbero spiegato suo marito Edward, quella piattola di Oliver Fischer e, una volta che si fosse ripresa, la Menezes - perché Veronica ne era certa, Tina si sarebbe ripresa e tutto quello che era davvero accaduto sarebbe venuto alla luce.

***

Erano trascorsi ormai dieci giorni dalla spiacevole avventura notturna, ma Dalila prestava ancora attenzione ai dettagli. Seduta sul bordo del tavolo, mentre Oliver cercava di scrivere al computer, era un’inesauribile fonte di distrazioni.
«Secondo me dovresti pretendere di firmare l’articolo con il tuo nome» fu l’ennesima esternazione non richiesta della fotografa.
Oliver si limitò ad affermare: «Non è una buona idea.»
«Rifletti, sei coinvolto personalmente...»
«Appunto perché sono coinvolto personalmente, è molto meglio evitare di firmare con il mio nome.»
Ormai i fatti erano stati delineati in maniera sufficientemente esaustiva: Donato Franzoni e Claudia Leonardo avevano iniziato una relazione segreta dopo essersi conosciuti molti anni prima in Brasile. La Leonardo aveva continuato a lavorare per Tina Menezes, instaurando con lei un rapporto di fiducia che sarebbe perdurato nel tempo, se Franzoni, che nutriva vecchi risentimenti nei confronti di Tina, non le avesse rivelato del testamento della Menezes e, a poco a poco, non l’avesse convinta che l’italo-brasiliana dovesse essere eliminata.
Inizialmente il loro piano prevedeva far accadere eventi che potessero sconvolgere Tina, al punto che questa si mostrasse pubblicamente come provata e impotente di fronte alla vita. Non tutto aveva funzionato e non c’era mai stata la possibilità di inscenare un finto suicidio per sbarazzarsi di lei una volta per tutte. Il resto della ricostruzione di Oliver si era rivelato alquanto accurato: Mirko De Rossi era stato coinvolto da Claudia, che era riuscita a farselo amico, ma l’aveva convinto a non utilizzare i loro telefoni per comunicare tra di loro, in quanto utile per mettere in atto altre azioni contro Tina, il tutto all’insaputa del giornalista. Quando aveva iniziato a sollevare obiezioni, la coppia non si era posta troppi problemi: Donato aveva avuto cura di manomettere le telecamere della via in cui abitava De Rossi e poi si era recato insieme a Claudia a casa di Mirko. Era stata la Leonardo a suonare al campanello e, quando il giornalista aveva distolto l’attenzione, era stato assassinato a sangue freddo da Donato. I due avevano inscenato una rapina e Claudia aveva avuto cura di portare via il telefono che Mirko usava per i loro contatti.
«A che punto sei?» volle sapere Dalila.
«Sto cercando di passare alla giornata di sabato a Imola, cercando una scusa valida per cui Franzoni dovesse essere proprio là» rispose Oliver. «Non posso scrivere “Donato si trovava sul posto in quanto un giornalista rompicoglioni aveva letteralmente costretto Veronica Young a chiamarlo, mettendo in chiaro che non poteva mancare”.»
Dalila azzardò: «Potresti dire che era presente per ragioni non ben chiarite.»
«Qualcuno finirebbe per fare domande a Veronica.»
«Gliene farebbero lo stesso, indipendentemente dal tuo articolo.»
Oliver annuì.
«Sì, certo, questo lo so, ma non voglio scrivere nulla che possa metterla in cattiva luce.»
Dalila suggerì: «Cosa ne dici di “Donato Franzoni, legato alla Pink Venus da vicende relative a passate sponsorizzazioni”?»
«Le sponsorizzazioni in questione non sono passate.»
«Non fa niente.»
«Fino a un certo punto. Certi patrocinatori potrebbero tirarsi indietro, per effetto di questa storia. Per la Pink Venus sarebbe molto dura andare avanti.»
«Per la Pink Venus, appunto, non per te. Non puoi perdere tempo a pensare al fatto che Veronica abbia l’abitudine di circondarsi di gente che si rivela tutt’altro che raccomandabile. È pur vero che le hai già combinato un gran casino e che questa è stata probabilmente la goccia che ha fatto traboccare il vaso...»
«Il vaso non è ancora traboccato» replicò Oliver, «Però traboccherà. Quello che ho ricevuto per Imola potrebbe essere l’ultimo invito che mi viene rivolto da Veronica Young, anche adesso che io e Tina stiamo davvero insieme.»
Dalila sospirò.
«Alla fine, almeno, stai vivendo la tua storia d’amore. Pazienza che non sia con me.»
Oliver chiarì: «Tra me e te non avrebbe funzionato.»
«Ti sbagli» ribatté Dalila. «Secondo me anche Suor Giuliana ci avrebbe dato la sua benedizione.»
«Credo che Suor Giuliana ti avrebbe cacciata via a calci nel culo, se ti fossi presentata per avere la sua benedizione, ma non sono nessuno per poterlo affermare con certezza.»
«Ecco, se non puoi affermarlo con certezza, non affermarlo e basta. Torniamo a noi - anche se, lo ammetto, non riesco a credere che tra un paio di giorni partirai per andare da Tina e non ci vedremo più.»
«Non esagerare, Dalila. Ci vedremo ancora tante volte, sempre ammesso che non ci facciamo ammazzare come ha pronosticato Roberts.»
«Roberts ha detto che tu, prima o poi, ti farai ammazzare. Non credo abbia mai detto la stessa cosa di me.»
«Solo perché non avete confidenza.»
«Ricordagli che c’era anche lui, quella notte, e che anche voi siete stati fondamentali. Non sarei mai riuscita a chiamare i soccorsi, il mio cellulare non prendeva, là nel magazzino. Il tuo, invece, faceva il minimo sindacale.»
Oliver le ricordò: «I numeri di emergenza si possono chiamare anche quando non c’è campo.»
Dalila sbuffò.
«Scrivi, invece di stroncare le mie considerazioni sul nascere!»
«Lo ritieni sufficientemente credibile?» chiese Oliver. «Donato si trova a Imola per una questione legata a delle sponsorizzazioni, incontra Tina per caso e, temendo che lei sospetti di lui e di Claudia, dopo che quest’ultima si è licenziata all’improvviso, la invita a salire in macchina con una scusa, la stordisce e, mentre è svenuta, la porta in un vecchio capannone dove la sua complice lo aspetta. I due legano e immobilizzano Tina che, quando rinviene, viene colpita alla testa. Il colpo non è letale, se verrà soccorsa in tempo, ma i due contano sul fatto che a nessuno venga in mente di cercare lì la Menezes, che non ha neanche con sé un telefono con il quale si possa provare a rintracciarla.»
«Direi di sì» rispose Dalila. «Si leggono cose ben più incredibili di questa, che vengono tacciate di essere vere. La gente ci crede, quindi non vedo che problema dovrebbe esserci nel credere alla tua versione dei fatti. Dopotutto è la verità.»
«Su di te, invece, cosa devo scrivere?»
«Che una conoscente di Tina Menezes - che preferisce restare anonima e che il fatto di cronaca di cui lei stessa è stata vittima non sia collegato a questa storia anche se, di fatto, lo è - insospettita dal fatto che si fosse allontanata insieme a quell’uomo in tarda serata, ha pensato di seguirli e, quando ha visto che l’automobile su cui si trovavano spegneva i fari, si è insospettita. Allora, nonostante il buio, ha chiamato degli amici della Menezes - altrettanto anonimi - e ha chiesto loro di aiutarla a cercare Tina. Il ritrovamento è riuscito, i tre sono riusciti a chiamare un’ambulanza che soccorresse la Menezes e a rivolgersi alle autorità, denunciando il ruolo di Donato Franzoni e Claudia Leonardo nel sequestro e nel ferimento di Tina. I due, che intendevano espatriare con dei documenti falsi, sono stati fermati l’indomani in aeroporto, mentre cercavano di partire per il Brasile. Claudia Leonardo, per cercare di pararsi il fondoschiena, dato che lei, di fatto, non ha ammazzato nessuno, sta tentando di scaricare tutte le responsabilità sul suo compagno. Tina Menezes, nel frattempo, si è ripresa, è stata dimessa dall’ospedale e ha deciso di proseguire la propria convalescenza in una località anonima, per evitare di essere rintracciata da giornalisti e impiccioni vari. Ciò nonostante, un giornalista piuttosto impiccione è stato invitato a raggiungerla, perché al cuore non si comanda e ci sono giornalisti impiccioni che preferiscono il fascino della Menezes a quello di una certa fotografa che è stata fondamentale per salvare la vita della Menezes stessa.»
«Ottima ricostruzione, è proprio quello che scriverò.»
«Magari cambia qualcosa nell’ultima frase che ti ho suggerito.»
«Quella non la metterò.»
«Sì, lo ammetto, forse è meglio evitare.»
«Bene» concluse Oliver, «Adesso che mi sei stata d’aiuto, puoi anche scendere da quel tavolo e levarti di torno. La seconda parte dell’articolo esiste soltanto nella mia testa e devo scriverlo entro le diciotto.»
«Mancano ancora due ore» ribatté Dalila. «Se tu non fossi ormai impegnato con la Menezes, potremmo divertirci a modo nostro.»
«Mi dispiace deluderti, ma quel genere di divertimento non fa più per noi. È stato bello, ma sapevamo entrambi che non sarebbe durato.»
«Sì, l’ho sempre saputo, e devo ammettere che, almeno all’inizio, venivo a letto con te per sentirmi meno sola.»
Oliver si alzò in piedi e le si parò di fronte, per guardarla negli occhi.
«Ti manca Mirko, non è vero?»
Dalila abbassò lo sguardo.
«Sì, eravamo una coppia che funzionava.»
«Sul lavoro o nella vita?»
«Nella vita non eravamo niente, così come non siamo stati niente io e te, ma a volte anche il niente può riempire. Non credo che riuscirò a dimenticarlo.»
Oliver replicò: «Non devi dimenticarlo. Solo perché certi ricordi fanno male, non significa che li dobbiamo cancellare. Fanno parte di noi e, se un giorno svanissero, ci aggrapperemmo alle nostre ultime memorie per non perderli.»
Dalila alzò gli occhi.
«Perché devi rovinare tutto facendo il poeta?» Ridacchiò. «Tu sei un impiccione attira guai, non certo un poeta.»
Oliver le strizzò un occhio.
«Chi ti dice che non sappia fare entrambe le cose?»
La risata di Dalila si trasformò in un sorriso.
«Ti lascio solo, Fischer. Buona fortuna per il futuro, e cerca di non fare danni, se ti è possibile.»
Senza aggiungere altro, si diresse verso la porta. Oliver tornò a sedersi, pronto per terminare l’articolo.

***

«Mi ha scritto Tina» annunciò Edward, entrando in soggiorno. «È tornata a casa e presto Fischer la raggiungerà.»
Selena alzò lo sguardo.
«Cercheranno di nuovo di farsi uccidere o staranno tranquilli, almeno per un po’?»
Edward temeva che la moglie lo rimproverasse ancora una volta per il suo ruolo attivo nella vicenda, ma Selena non disse nulla. Doveva avere realizzato di essersi esposta anche lei al pericolo, quando era stata in Italia a cercare informazioni su Claudia Leonardo, Donato Franzoni, Mirko De Rossi e gli autori di “Miss Vegas”, ma di essere semplicemente stata fortunata abbastanza da non ritrovarsi coinvolta direttamente in una situazione rischiosa.
Si sistemò accanto alla consorte e rispose: «Mi auguro che, almeno adesso, possano godersi un po’ di serenità.»
Selena non parve molto convinta.
«Difficile essere sereni, dopo un fatto del genere.»
«Già. Non deve essere facile per Tina accettare che quei due volessero ucciderla. Si è sempre fidata di loro, erano una parte importante della sua vita. Spero che possa trovare presto un nuovo equilibrio.»
«Ti ha scritto altro? Ha sentito qualcuno?»
Edward la informò: «So che di recente Ryan e Amber sono stati a trovarla in ospedale. Non deve essere stato facile per lei trovarseli davanti, sapendo di avere accusato Harvey ingiustamente, ma penso se la sia cavata. In fondo avevano già registrato quel video insieme, in cui spiegavano l’equivoco.»
«Harvey è stato fortunato» osservò Selena. «La versione comune che hanno proposto lui e Tina è stata accettata facilmente, nessuno ha insinuato che fosse un’invenzione o che Tina fosse stata costretta a dire che non aveva fatto niente di male per paura.»
«Non hai detto tu stessa, tempo fa, che dovremmo fregarcene di quello che pensa la gente comune e, nello specifico, quella fetta di gente comune che non ha altro da fare che impicciarsi nei nostri affari pensando di sapere tutto di noi?»
«Sì, l’ho detto e lo penso ancora, ma non puoi negare che ci siano comunque delle conseguenze da affrontare, quando le convinzioni della gente comune vanno in una certa direzione. Ryan Harvey ha rischiato che la sua carriera professionale fosse stroncata per sempre.»
Edward annuì.
«Già. E Claudia Leonardo, che sapeva come fossero andate le cose, ha cercato di convincere Tina a fare quelle dichiarazioni.»
«Tutto parte di un piano mirato» borbottò Selena. «Voleva che, al contempo, Harvey si prendesse colpe che non aveva e Tina rischiasse di essere considerata non credibile.»
«Un piano mirato e anche diabolico» concluse Edward. «Non riesco ancora a capacitarmi di come quei due bastardi abbiano potuto fare una cosa del genere a Tina. Non sarà una santa, ma non meritava niente di tutto questo. Spero almeno che possa essere felice con Oliver, se lo merita.»
Selena rise.
«Ti piacciono proprio, quei due, come coppia.»
«L’alternativa era avere Fischer con la fotografa e sperare che Tina avesse un ritorno di fiamma con Shin Jung» ribatté Edward. «Mi sembra piuttosto improbabile, tuttavia, che Jung possa rientrare nella vita di Tina, quindi è meglio che sia andata così. L’ho sempre detto, fin da quando facevano ancora finta di stare insieme, che erano una bella coppia. Olina? Fischezes? Quale ship name preferisci?»
«Edward, per pietà, non mettertici pure tu!» lo rimproverò Selena. «Lo sai, vero, che Margaret non fa altro che elencarmi ship name inventati da lei stessa di presunte coppie di libri e telefilm? Cerchiamo almeno di non aggiungervi quelli di persone reali!»

***

La casa di Tina - la sua vera casa, non il domicilio provvisorio nel palazzo di fronte a quello in cui abitava Fischer - era una villetta situata alla periferia di una grande città. Informata dell’orario del suo arrivo, la Menezes lo aspettava in giardino e, quando Oliver scese dal taxi, si sbracciò per salutarlo. Era fantastico rivederla, con il top e i pantaloni da tuta da runner e i capelli, non più lunghi, acconciati in un grazioso caschetto.
Il cancello era aperto e, una volta oltrepassata la soglia, Oliver abbandonò le proprie valigie per correre ad abbracciarla.
«Finalmente sei arrivato!» esclamò Tina. «Avevo voglia di rivederti.»
Oliver la strinse a sé, ammettendo: «Avevo voglia di rivederti anch’io.»
Si staccò da lei quel tanto che bastava per guardarla negli occhi, prima di baciarla. Tina ricambiò con passione e, quando le loro labbra si staccarono, lo invitò: «Vieni in casa, ti aiuto a portare dentro le tue cose.»
Oliver cercò di protestare, affermando che poteva farlo da solo, ma Tina aveva già afferrato il manico di un trolley e si stava avviando verso la porta d’entrata. La seguì portando con sé il resto e, una volta giunto, la seguì all’interno.
Doveva guardarsi intorno più di quanto Tina avrebbe desiderato, dato che la sentì lamentarsi: «Ti farò vedere tutto dopo. Adesso ho qualcosa di importante di cui parlarti.»
Oliver si preparò al peggio.
«Hai ricevuto un’offerta da un team di Indycar e te ne andrai dall’altra parte dell’oceano?»
Tina si girò a guardarlo.
«Perché proprio da un team di Indycar?»
«Tiravo a indovinare.»
«Non ho ricevuto offerte» mise in chiaro Tina, «E le mie attuali condizioni non mi permetterebbero certo di mettermi al volante di una Indycar.»
«Quindi starai con me almeno per un po’.»
«Hai paura che me ne vada, eh? Sappi che, tra pochi minuti, spererai con tutte le tue forze che accada.»
«Perché?»
Tina gli indicò una stanza. Oliver la seguì in un piccolo soggiorno, nel quale trovò due poltroncine gemelle. Tina si accomodò su una di esse e Oliver prese posto in quella rimasta libera.
«Mi è venuta un’idea.»
«Un’idea di che tipo?»
«Ricordi la sera in cui ci siamo conosciuti?» gli chiese Tina. «Quello che ti ho detto?»
«Mi hai detto tante cose, la maggior parte delle quali che sarebbe meglio rimuovere» ribatté Oliver. «Credo dovresti essere un po’ più specifica.»
«Avevo cercato di farti credere di volere scrivere una mia autobiografia e di avere bisogno di un ghost writer.»
«Ah, già.»
Tina gli confidò: «Vorrei farlo. Vorrei che tu fossi il mio ghost writer.»
Oliver spalancò gli occhi.
«Vorresti parlare di questa storia?!»
«No, vorrei parlare della mia storia» rispose Tina. «Vorrei raccontare di me e Manuel Serrano, fornire finalmente la mia versione dei fatti. Naturalmente intendo parlarne di persona anche con i suoi familiari, sentire da loro che cosa ne pensano. Sarebbe un’occasione per chiarire finalmente tante questioni rimaste in sospeso troppo a lungo.»
«Pensi che vorranno incontrarti?»
«Non hanno mai rifiutato di farlo. Sono stata io che ho preferito evitare questo incontro.»
«Come mai hai cambiato idea?»
«Vedi, quando ero incosciente ho ricordato qualcosa. O meglio, me ne sono ricordata quando sono tornata in me. Mi hai detto tu stesso che c’è di più, rispetto a quello che vediamo. È così. Non mi interessa se ti sentirai mai pronto per raccontarmi quello che è successo a te, quando sei stato in coma, ma ho ricordato quello che è successo a me dieci anni fa. Non posso dire per certo che non sia stata solo una mia fantasia, ma sento di avere incontrato Manuel, che sia accaduto davvero. È stato il suo intervento a salvarmi la vita, dopo il mio incidente nel test. È stato lui a suggerirmi di non tagliarmi più i capelli.» Tina si passò una mano alle punte. «Purtroppo non ho potuto accontentarlo, ma non è stata colpa mia. Claudia ha voluto umiliarmi ancora una volta, come se tutto quello che aveva già fatto non le fosse bastato.»
«Non pensarci più» le suggerì Oliver, «O almeno non pensarci adesso. Sono contento che tu sia riuscita a ricordare, che tu sappia che, in fondo, Manuel è sempre stato accanto a te. Vuoi che la tua biografia sia solo su quel periodo?»
Tina scosse la testa.
«No, ci deve essere anche altro: la Pink Venus, la mia vittoria... la mia vittoria non può mancare, è stata, di fatto, il momento più alto della mia carriera. E poi, se non parlassi di quella, non saprei in che modo possa essere giustificato il titolo che mi è venuto in mente. È fantastico, anche se non è una novità assoluta.»
«Di solito gli editori vogliono avere voce in capitolo, per quanto riguarda il titolo» puntualizzò Oliver. «Non credo che tu possa fare di testa tua.»
«Possiamo autopubblicarlo» propose Tina. «Il titolo deve essere “Miss Vegas”, su questo non voglio sentire discussioni.»
«“Miss Vegas”, bella idea!» ribatté Oliver. «Credo che ci tocchi sentire da Piazzi, se possiamo usare lo stesso titolo della canzone di Baby Dumbaby oppure se dobbiamo pagarlo per avere questa opportunità.»
Tina affermò: «Se c’è da pagare, pagherò quello che c’è da pagare. L’importante è che il titolo sia quello. È molto importante, per me. È stato anche grazie a quella canzone, se ti ho conosciuto, quindi non dimentico. E sai cosa ti dico? Voglio anche incontrarla, Baby Dumbaby, e magari scattarmi un selfie insieme a lei.»
«Non dici sul serio, vero?»
«Eccome, se dico sul serio! Chissà, magari la ragazza sarà felice di incontrarmi.»
Oliver la corresse: «La sis.»
Tina si alzò in piedi.
«Vieni, Fischer, ti faccio vedere la casa.»
La seguì, sentendola canticchiare sottovoce alcuni versi della canzone: «Poi spegni la luce, switch, un giorno sarò la tua bad bitch...»
Quel giorno, realizzò Oliver, almeno per lui, era finalmente arrivato: «Sei già la mia bad bitch e devo ringraziare Baby Dumbaby per averti conosciuta.»


*** FINE ***
24 Novembre 2023 - 6 Gennaio 2024





NOTE: per prima cosa ci tengo a porgere un sentito ringraziamento ai miei due recensori, Swan Song, che c'è stata fin dall'inizio, e Nerve, che si è aggiunto poco dopo. Vi ringrazio davvero tanto e sono felice che questo mio progetto abbia funzionato. Non avrei mai pensato, quando ho iniziato questo racconto, che sarebbe stato lungo oltre 137'000 parole, ma è stato un percorso in salita e sono felice di avere fatto questa salita.
Spero che anche chi ha letto nel silenzio e chi leggerà in un secondo momento possa apprezzare questo racconto e sarò grata a chiunque dovesse leggere e recensire in futuro. Davvero, sarebbe stupendo per me se anche altri si palesassero, anche solo alla fine del racconto e anche solo per dirmi se vi è piaciuto o no, se vi ho intrattenuti o se vi ho fatti addormentare.

Il personaggio di Tina Menezes l'ho inserito per la prima volta nel 2011 in una (terribile) fan fiction che avevo pubblicato a suo tempo su un forum dedicato alla Formula 1. Successivamente l'ho inserita in altri racconti e fan fiction e qui su EFP la trovate nel racconto "Il Paradosso del 27" che ho scritto e pubblicato lo scorso anno (ambientato in un universo totalmente diverso da questo). Diversamente da questo, quello è molto più uno spokon. Non escludo di inserirla in altre vicende in futuro, magari totalmente slegate da questa (il mio obiettivo, molti anni fa, era scrivere diverse vicende che la riguardassero, ma che potessero essere considerati degli alternate universe gli uni degli altri.

Oliver Fischer, invece, l'ho inserito per la prima volta nel 2012 in una versione molto preliminare di quello che è divenuto "Il Sussurro della Farfalla", scritto nel 2021 e pubblicato in seguito su EFP. Inizialmente l'avevo inserito nella sezione Romantico, ma ho deciso di spostarlo nella sezione Giallo in quanto, di fatto, è molto più un giallo che una love story. In esso compaiono per la prima volta anche Selena Bernard, Edward Roberts, Veronica Young e suo marito Scott. Alcune allusioni trovate in questo racconto, si riferiscono a vicende trattate in SDF: consiglio la lettura di quel racconto a chiunque volesse scoprire l'argomento del libro pubblicato da Oliver e il relativo mistero (in cui si ritrovano coinvolti anche Selena, Edward e Veronica), nonché il suo contatto con il mondo del paranormale (in cui è coinvolta, a livello minore, anche Selena).

Ne "Il Sussurro della Farfalla" le vicende legate all'automobilismo si svolgevano in un campionato denominato Formula Diamond, totalmente fittizio e che immaginavo nato da una separazione con il campionato di Formula 1 circa una ventina d'anni prima dell'epoca di ambientazione. In "Miss Vegas", mi sono basata indicativamente sul calendario del campionato di Formula 1 2023, in cui immagino essere confluita la Diamond Formula. I gran premi citati d'Austria, Gran Bretagna, Ungheria e Belgio si sono effettivamente svolti tra giugno e luglio. Tuttavia nella realtà non si è svolto alcun gran premio a Imola in questa stagione: doveva svolgersi in maggio, ma è stato cancellato a causa dell'alluvione in Emilia Romagna; originariamente era stato ipotizzato che potesse essere rinviato ad agosto e nel mio racconto si svolge effettivamente ad agosto (la denominazione Gran Premio di San Marino è totalmente vintage, dato che era utilizzata tra gli anni '80 e il 2006, ma mi piaceva quindi ho usato quella).

Ho iniziato la stesura di questa versione di "Miss Vegas" (dopo avere provato a iniziare qualcosa di analogo la scorsa estate, per poi essermi fermata) verso la fine di novembre e per le prime tre settimane sono andata avanti abbastanza a rilento. Ho dovuto interrompermi per qualche giorno quando il 18 dicembre mi sono infortunata a un occhio riportando un'abrasione alla cornea. Ammetto tuttavia, un paio di giorni dopo, di avere provato a scrivere un pezzetto di un capitolo sul cellulare, dovendo fermarmi dopo ogni singolo paragrafo. Da quando ho potuto ricominciare a usare il computer intorno al 21/22 dicembre ho approfittato dei giorni di malattia e del weekend lungo per darmi da fare. Essendo tornata a lavorare l'ultima settimana di dicembre ho rallentato nuovamente, per poi riprendere in grande stile nell'ultimo fine settimana di dicembre e durante la prima settimana di gennaio quando ero in ferie.

Se dovessi parlare di come è nata questa idea, sinceramente non lo so, diciamo che si sono accavallate molte cose, ma tutto è partito da due considerazioni: 1) gli Olina mi piacevano insieme anche se facevano parte di due filoni narrativi che fino a quel momento erano stati totalmente diversi e mi auguravo che potessero piacere come coppia, 2) io sono una grandissima appassionata di Formula 1 e letteralmente la seguo fin da quando ero molto piccola, ma i miei lettori magari no, quindi dovevo mettere gli Olina all'interno di una vicenda in cui le corse automobilistiche potevano essere al massimo sullo sfondo, 3) scrivere racconti romantici non fa per me, anche se un po' di romanticismo mi piace mettercelo, quindi dovevo inventarmi un giallo. E niente, a poco a poco l'ho fatto.
È stato un lavoro lungo, ho dovuto mettere da parte altri interessi e ho potuto completare questo racconto grazie all'esistenza delle ferie, quindi non progetto, nell'immediato, di dedicarmi nuovamente a qualcosa di così lungo. Qualcosa lo scriverò e lo pubblicherò sicuramente, prossimamente, ma ammetto che per il momento non progetto di dedicarmi a racconti lunghi.

Un saluto a tutti i bro e a tutte le sis!

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