Saette, banane e maggiolini

di Milly_Sunshine
(/viewuser.php?uid=1237152)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il Maggiolino numero 53 ***
Capitolo 2: *** La stock car numero 95 ***
Capitolo 3: *** 53 + 95 = 148 ***



Capitolo 1
*** Il Maggiolino numero 53 ***


Quelle ragazze stupende dalla carrozzeria appena verniciata non lo degnarono di uno sguardo, proprio come si aspettava. A loro interessavano soltanto le auto più moderne e scattanti, era chiaro che non trovavano niente in un vecchio Maggiolino.
“Ma si ricrederanno” si disse Herbie. “Non sono una carretta come credono.”
Mentre questo pensieri gli passavano dal parabrezza al lunotto posteriore il Maggiolino non si accorse di un fruscio alle sue spalle.
«Ti ho trovato, finalmente!» esclamò una voce alle sue spalle.
Herbie si girò lentamente e...
«Oh!» si sorprese. «Un essere umano! Era da un po’ che non se ne vedevano da queste parti.»
L’uomo, un cinquantenne messicano dai capelli brizzolati, ribatté: «Ormai voi automobili avete conquistato il pianeta, ma talvolta anche noi facciamo ancora sentire la nostra voce!»
«Tu... tu capisci quello che sto dicendo?» si sconvolse Herbie, ormai al colmo dello stupore.
«Claro que si» rispose l’uomo. «Lo capivo una volta e lo capisco tuttora.»
Il clacson di Herbie risuonò festante. Allora era tutto vero! Gli esseri umani erano inferiori alle automobili, ma talvolta ne nasceva qualcuno in grado di comprendere il complesso mondo delle auto. Quello che aveva davanti era uno di questi.
«Complimenti» gli disse. «Non è da tutti.»
L’uomo annuì.
«Lo so, Ocho.» (1)
Ocho?!
Herbie si mise a riflettere: dovevano essere passati più di quarant’anni da quando si era smarrito in Messico e aveva fatto la conoscenza di Paco, quello che era diventato il suo migliore amico. Doveva essere proprio lui quell’uomo che aveva davanti; Paco, a cui non bastava una passata di vernice per camuffare gli evidenti segni del tempo che scorreva ed ostentare la sua giovinezza perduta.
«Paco, da dove sbuchi fuori?» gli chiese il Maggiolino. «Erano decenni che non ci vedevamo.»
«Purtroppo ti portarono in Brasile(2)» gli ricordò Paco. «Non avrei saputo come rintracciarti, finché qualche settimana fa non mi è capitato in mano un giornale. C’eri tu in prima pagina, accanto a quel tale che si crede la più veloce auto al mondo.»
Nel pensare a Saetta McQueen, il suo acerrimo rivale, Herbie non poté fare a meno di accendere gli abbaglianti.
«Ehi, vuoi spegnere quei fari?» protestò Paco.
«Scusami» disse Herbie, spegnendoli. «Quel Saetta McQueen si crede invincibile, ma è chiaro che non lo è. Nessuno lo è... a parte me!»
«Mi pare ovvio» convenne Paco. «La sua collezione di successi alla Piston Cup non è niente in confronto a quello che hai fatto tu nella tua carriera.»
«Già, io ho vinto in America e in Europa, e a suo tempo aiutai una simpatica signora anziana a mantenere la sua casa intatta. Devo ammettere che fu necessario l’aiuto di un esercito di Maggiolini per questa importante opera, ma era mio dovere aggrapparmi a ogni possibilità per aiutare la mia cara nonnina, che ormai da tanti anni mi ha lasciato e ora sfreccia su una Porsche per le strade del Paradiso.»
«Un giorno dovresti rilasciare la tua autobiografia» gli suggerì Paco. «Avresti tante storie da raccontare, sarebbe senza ombra di dubbio un favoloso successo editoriale.»
«In effetti hai ragione» ammise Herbie. «Come saprai, nell’ultima conferenza stampa che ho rilasciato ho annunciato che, se dovessi vincere la Piston Cup, poi mi ritirerei dalle competizioni. Se non troverò altre simpatiche vecchiette da aiutare e da adottare come nonne, potrei dedicarmi alla stesura di un simile libro.»
«Se dovessi vincere, dici?» si sorprese Paco. «Lo metti forse in dubbio?»
«Oh, no, dicevo così per dire.»
«Meno male. Non devi mai dubitare di te stesso, è ovvio che vincerai. Considerando tutte le gare a cui hai preso parte, ti è mai capitato di non vincere?»
«Ovviamente no» mentì Herbie, sperando che Paco non sapesse che era stato battuto proprio da Saetta McQueen in numerose occasioni, di recente.
Era inutile negare la verità: seppure un’automobile avesse più possibilità, rispetto a un essere umano, di camuffare i segni del tempo, questo si faceva sentire per tutti, anche per chi si nutriva di costosa benzina che espelleva tramite un tubo di scappamento. I riflessi di Herbie non erano più quelli di un tempo e nemmeno lui stesso lo poteva negare.
«Ne ero certo» disse Paco. «Sono venuto qui dal Messico proprio per vederti vincere e so che non mi deluderai.»
«Oh, niente affatto.»
All’improvviso si udì il rumore di un’auto in avvicinamento.
Paco si guardò intorno con aria circospetta e, dopo avere notato un bolide dal colore acceso, si allontanò con aria indifferente.
«Ci vediamo dopo» sussurrò il messicano al vecchio amico.
Herbie gli fece un cenno agitando uno specchietto e posò il proprio sguardo su un’automobile rossa fiammante che gli veniva incontro.
«Saetta McQueen» mormorò. «A cosa devo l’onore?»
Saetta frenò davanti a lui.
«Ho sentito la tua intervista» gli comunicò. «È vero che hai intenzione di dire addio alle gare se vincerai la Piston Cup?»
«Di solito non parlo per dare aria al cofano» ribatté Herbie. «Ho detto che, qualora vincerò la Piston Cup, sarò pronto per il ritiro. È quello che farò.»
«È quello che non farai» ribatté Saetta. «Hai detto che ti ritirerai se vincerai, e io farò il possibile e l’impossibile per impedirtelo. L’impossibile? No, nulla è impossibile per me.»
Proprio così, Saetta McQueen era convinto di essere infallibile e imbattibile, stessa convinzione che anche Herbie aveva sempre avuto dentro, finché non si era reso conto che stare dietro ad automobili più giovani e prestanti era difficile, mentre stare davanti a loro era addirittura impossibile, a condizione di non incappare in qualche clamoroso colpo di fortuna.
«È tutto da vedere» rispose Herbie, secco.
«Già, è tutto da vedere... ma sappiamo perfettamente cos’accadrà!»
Saetta fece un’inversione a U e si allontanò suonando il clacson.
Guardandolo andare via, Herbie non poté fare a meno di ripetersi che quel giovane esuberante era maledettamente attraente.

 

NOTE:

(1) Nel film "Herbie sbarca in Messico" (titolo originale "Herbie goes bananas", che mi ha ispirato il titolo di questa fanfic), il Maggiolino viene soprannominato "Ocho" (otto) da un bambino messicano - Paco, quello che qui appare adulto - in quanto è la somma delle cifre che compongono il 53;

(2) Nello stesso film, Herbie doveva essere trasportato in Brasile per prendere parte a una gara automobilistica, quando viene smarrito in Messico, non è chiaro se ci sia mai arrivato.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** La stock car numero 95 ***


Essere intervistato da un’automobile azzurra dalle ciglia lunghissime non aveva prezzo. Tra mille sorrisi Saetta le confidò le sue certezze di vittoria, che presto sarebbero state trasmesse in mondovisione. Non si risparmiò: aggiunse numerose critiche nei confronti del suo principale avversario.
«Herbie non si rende conto di avere già fatto il suo tempo, dovrebbe andarsene a fare l’assistente per qualche sfasciacarrozze... anche se non gli conviene: potrebbe finire per essere rottamato. Dopotutto non è che una sagoma di ferro vecchio.»
Non appena la giornalista spense il proprio microfono, Saetta lasciò da parte i suoi pensieri a proposito di Herbie e le domandò: «Che ne dici? Andiamo a berci un bicchiere di benzina insieme?»
L’auto azzurra batté le ciglia.
«Dici sul serio, Saetta? Non ci posso credere!»
«Certo che dico sul serio. Sei una bella ragazza e mi piacerebbe molto uscire insieme a te.»
«È fantastico!»
L’intervistatrice dalle lunghe ciglia era felice come non lo era stata mai, ma improvvisamente un carro attrezzi si mise tra di loro.
«Saetta, sei in ritardo!»
Saetta si girò di scatto verso il nuovo arrivato.
«Che cosa vuoi, Cricchetto?»
«Avevi appuntamento mezz’ora fa per quell’evento con gli sponsor, ricordi? Sì chiederanno per quale dannato motivo li stai facendo aspettare così tanto.»
«Ah, già» sbuffò Saetta. «Non ne posso più di quella gente che mi costringe a pubblicizzare presunti liquidi miracolosi che dovrebbero trasformare catorci in vetture fiammanti come me! Inventati una scusa.»
«Non se ne parla» replicò Cricchetto, che negli ultimi tempi gli faceva da manager. «Gli impegni vanno rispettati. E soprattutto non ti costringono a farlo, ma ti pagano profumatamente per dire quattro scemenze.»
«Anche con me Saetta aveva preso un impegno» obiettò la giornalista.
«Appunto» confermò la fiammante auto da corsa. «Non se ne parla, non posso certo rimangiarmi la parola data a una ragazza.»
Cricchetto fulminò l’amico con lo sguardo.
«Vieni subito» gli ordinò. «Ricordati che sono l’unico che lavora gratis per te.»
Era un dettaglio che Saetta non aveva tenuto in conto: se avesse perso il suo manager, avrebbe dovuto sostituirlo con qualcuno che avrebbe preteso un’ampia percentuale dei suoi incassi. Controvoglia si decise a seguire Cricchetto.
La giornalista azzurra rimase a contemplare la splendida sagoma rossa con il numero 95 mentre se ne andava. Chissà, forse un giorno si sarebbero rivisti e avrebbe avuto un’altra possibilità di uscire con lui, mai dire mai...
Mentre si allontanavano, Saetta protestò con il suo manager: «Quella stupenda creatura era disponibile e attratta da me. Com’è possibile che tu non te ne renda conto e venga sempre a disturbarmi nei momenti migliori?»
«Tu sei troppo attratto da quelle stupende creature, è questo il problema» ribatté Cricchetto. «Ti devo ricordare che a causa delle tue continue scappatelle con ogni ragazza che ti faceva gli occhi dolci hai perso Sally, il grande amore della tua vita?»
Saetta sbuffò.
«Sally? Grande amore della mia vita? Ma non scherzare!»
«Se vuoi insistere a negare la realtà, non sono certo io a vietartelo.»
«Non sto negando la realtà» replicò Saetta. «Sally non era alla mia altezza.»
«E quelle auto dalle ciglia lunghe con cui ti trovo sempre, per caso lo sono?»
«Sono due cose diverse: quello non è amore, è semplice divertimento.»
Cricchetto obiettò: «Seguendo loro, però, rinuncerai al vero amore.»
«Ti ho detto che Sally...»
«Non parlo di Sally» precisò Cricchetto. «Ormai lei se n’è andata e presto si sposerà con Luigi.»
«Se non parli di Sally, allora di cosa stai parlando?»
«Parlo di qualcuno che forse hai già incontrato o che forse devi ancora incontrare... come pensi di poterti rendere conto di che cos’è l’amore, se nel frattempo sei impegnato a pensare a quelle graziose auto?»
Saetta, sorpreso dai discorsi filosofici dell’amico, diede un colpo di abbaglianti.
«Io credo che, se mi capitasse sott’occhio il vero amore, quello con la A maiuscola, me ne accorgerei.»
«Sai, temo che tu ti stia sopravvalutando, in tutti i sensi.»
«Oh, no» obiettò Saetta. «Io non mi sopravvaluto mai. Per intenderci, quando dico di essere il migliore, non lo faccio per darmi delle arie. Lo dico perché è la verità. Io sono sempre stato il migliore, diversamente da altri che si ritengono tali sebbene non stiano concludendo nulla.»
«Ti riferisci a qualcuno in particolare?»
«Ma certo! Quel Maggiolino sgangherato ti pare qualcuno da prendere sul serio?»
Cricchetto ribatté timidamente: «A me piace... credo che abbia ancora del potenziale.»
«Questa è la dimostrazione che di corse automobilistiche non ne sai nulla» decretò Saetta. «Herbie è finito e non vedo l’ora di dimostrarlo.»
«Va beh, ne parliamo un’altra volta» replicò Cricchetto. «Adesso c’è chi ti sta aspettando.»
«Già.»
Mentre si recava sul luogo dell’appuntamento Saetta s’interrogò sul vero amore. Da quando Sally l’aveva lasciato, non aveva più pensato a quell’argomento, come se fosse un concetto inesistente. Si era convinto che fosse proprio così, ma poi era cambiato qualcosa. Il passare da una ragazza all’altra era rimasto: serviva per nascondere la realtà dei fatti.
“Non può essere” si disse Saetta, mentre di colpo tutte le preoccupazioni faticosamente represse continuavano a farsi vive, una delle quali più pressante di altre.
E se Herbie avesse davvero conquistato la sua ultima vittoria nella Piston Cup?

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** 53 + 95 = 148 ***


Tutto ha un inizio e una fine, ma talvolta la fine non è qualcosa di esterno, di estraneo al controllo di chi ne subirà gli effetti.
Herbie ripensò a quella che avrebbe potuto essere la sua ultima gara. Era stato al comando fino all’ultimo giro della Piston Cup, non aveva pensato nemmeno per un istante di arrendersi, poi i pensieri si erano susseguiti, uno dopo l’altro, in quegli ultimi chilometri che lo separavano da quella che sarebbe stata l’ultima vittoria della sua gloriosa carriera. Ritirarsi dalle competizioni gli era sembrato un sogno, qualcosa che avrebbe appagato la sua esistenza di ormai vecchia automobile, poi un imprevisto aveva rallentato i suoi propositi.
C’era Saetta McQueen alle sue spalle. Chiaramente Herbie non aveva avuto alcuna intenzione di farsi intimorire da lui, e nemmeno era accaduto. Sul traguardo, negli ultimi metri, il giovane bolide rosso l’aveva superato, conquistando il successo e gli elogi.
«Ho sempre saputo che avrei vinto» aveva dichiarato, subito dopo essere passato sotto la bandiera a scacchi. «Non ho mai considerato Herbie un rivale serio.»
Il Maggiolino non sapeva se sentirsi infastidito o se esserne lusingato: se da un lato quel giovane scattante non si era reso conto di come stessero davvero le cose, dall’altro aveva pensato a lui invece di ignorarlo, come aveva fatto in molte altre occasioni.
Era tempo di prendere una decisione.
«Saetta» sibilò Herbie, tra sé e sé. «Saetta, è giunto il momento di servirti su un piatto d’argento la realtà delle cose.»
Intravide in un retrovisore proprio la sagoma del suo rivale. Fece inversione di marcia e gli corse incontro, prendendosi anche un certo rischio: c’era la possibilità che Saetta McQueen ne approfittasse per deriderlo, era proprio il genere di comportamento che si sarebbe aspettato da lui, e non avrebbe sicuramente tollerato la cosa.
«Herbie!» esclamò Saetta. «A cosa devo l’onore di trovarti da queste parti? Non hai trovato una nonna da adottare?»
«Non ho bisogno di una nonna da adottare» puntualizzò il Maggiolino.
«Ah, già, quella ti serviva se avessi deciso di abbandonare i circuiti una volta per tutte, cosa che non hai fatto... grazie a me.»
«Già: grazie a te.»
Saetta diede un colpo di abbaglianti.
«È stata dura, ma ce l’ho fatta a dimostrare che tu vai bene solo per il ferrovecchio.»
«Ne sei sicuro, ragazzino?» ribatté Herbie. «Ci sono tante cose che non sai...»
«Sì, e ce ne sono tante altre che so perfettamente: una è che sono più veloce di te.»
«Non direi. Hai trascorso tutto il tempo a inseguirmi.»
Saetta sorrise.
«Volevo tenere la zampata vincente per il finale.»
«Come no!» rispose Herbie. «Soltanto tu non te ne sei accorto.»
«Di cosa?»
«Sai benissimo di che cosa sto parlando.»
«Oh, no, non lo so affatto, non ne ho proprio idea!»
«Allora sei meno intelligente di quanto pensavo. Ti sopravvalutavo.»
«Impossibile: nessuno mi ha mai sopravvalutato. Tutti hanno sempre detto che sono un fenomeno... diciamo che forse mi sottovalutano, io sono molto più di un fenomeno.»
Herbie cercò di concentrarsi. Quello era il momento della verità. Come poteva far sì che Saetta credesse alle sue parole?
«McQueen, ho trovato deliziosi questi anni trascorsi a combattere fino all’ultimo chilometro contro di te, non lo si può negare.»
«No, non si può proprio negarlo» convenne Saetta. «Anch’io, senza di te, non avrei saputo che cosa fare. Dopotutto sei l’unico che è riuscito a tenermi testa, anche se alla fine sono stato io a dimostrarmi il migliore.»
«Sarei stato io il migliore, se non mi avessi superato proprio sul traguardo» gli ricordò Herbie. «Tendi a dimenticare troppo in fretta questi dettagli.»
«Errore, non dimentico mai una vittoria.»
Herbie gli rivelò: «Ho frenato per farti passare.»
Saetta scoppiò in una risata fragorosa.
«Inventatene una migliore, vecchio catorcio!»
Herbie avvampò, nell’udire le parole con cui l’aveva definito il suo giovane rivale.
«Come osi, McQueen? Tu mi insulti dopo che ti ho ceduto la mia vittoria nella Piston Cup?»
«Ma quale vittoria ceduta? Perché avresti dovuto?»
Herbie sorrise.
«Me lo chiedi?»
«Non dovrei? Sei tu, piuttosto, che non rispondi. Il motivo è uno solo: non è vero.»
«Sì, lo è. Se avessi vinto la Piston Cup, avrei dovuto mantenere la mia promessa di ritirarmi.»
«Ma era quello che volevi» obiettò Saetta.
«Quello che voglio è stare accanto a te» replicò Herbie. «Ho incontrato migliaia di auto nel corso della mia esistenza... ma nessuno mi è mai entrata nel cuore quanto te. Saetta McQueen, ti vanti tanto di essere l’automobile più scattante, veloce e reattiva del pianeta, ma non hai mai tenuto conto del fatto di essere la più attraente!»
Saetta, imbarazzato, divenne ancora più rosso di quanto già non fosse.
«Oh, Herbie... non avrei mai immaginato che tu potessi pronunciare queste parole, un giorno. Io credevo che tu non potessi sopportarmi...»
«Infatti sono molte le cose che non sopporto di te, ma se c’è gente che si trova insopportabile e sta insieme per decenni, perché non dovrei farmi delle fantasie su un futuro mio e tuo?»
Saetta sorrise.
«L’ho sempre saputo: il vero amore, quando arriva, si fa notare. Sei sempre stato tu il migliore di tutti... al secondo posto dopo di me, naturalmente! E ora non vedo l’ora di baciare la tua carrozzeria malandata, mio amato!»
Gli abbaglianti di Herbie iniziarono a lampeggiare. Rinunciare alla vittoria per Saetta McQueen non era stato poi così azzardato!

*** FINE ***

Milly Sunshine(C) 2012

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=4073110