Miss Candy

di Gatto1967
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo uno e Prologo due ***
Capitolo 2: *** Il pericolo c'è ***
Capitolo 3: *** Quel Neal Legan! ***
Capitolo 4: *** Avresti dovuto essere più cauto ***
Capitolo 5: *** Goditi il tuo trionfo maledetta ***
Capitolo 6: *** posso chiamarti Flanny? ***
Capitolo 7: *** un gioco molto più grande di lei ***
Capitolo 8: *** fu come se il cuore le si fosse fermato ***
Capitolo 9: *** Quel giorno di fine estate ***



Capitolo 1
*** Prologo uno e Prologo due ***


Prologo 1: Villa Legan a Lakewood

-Io dico che è una sciocchezza!-
-Perché mai Sarah?- 
Raymond Legan sembrava più incuriosito che irritato dalla presa di posizione di sua moglie.
-Tu per prima dici sempre che ai nostri figli serve compagnia.-
-E tu vorresti adottare un’orfana da questa “Casa di Pony”? Pensi che sia quella la compagnia adatta per nostra figlia?-
-Beh, non ho parlato di adozione, quella bambina sarebbe una specie di “dama di compagnia”-
-Iriza non è tipo da relazionarsi con una “dama di compagnia”, per di più di rango così inferiore. Guarda come lei e Neal trattano Dorothy! Io stessa devo riprenderli ogni tanto. Le compagnie adatte a loro potranno averle a Chicago, o magari in collegio a Londra, come dicevamo l’altro giorno.-
Raymond sembrò pensarci su. Sua moglie sarà stata pure snob e altezzosa, ma forse non aveva tutti i torti.
-D’accordo.- disse infine -Non parliamone più.-

Prologo 2: Collina di Pony

Albert scese dalla macchina e salì sulla collina davanti a lui. 
-Non allontanarti troppo.- gli disse George da dentro la macchina, l’uomo che di fatto lo stava crescendo.
-Va bene, faccio due passi e poi torno.-
-Intanto io controllo la macchina, fra mezz’ora ripartiamo.-
Albert era ripartito dalla villa degli Andrew la sera prima, senza neanche cambiarsi l’abito scozzese indossato in occasione di un ricevimento con i membri più anziani e importanti della famiglia, gli unici a conoscere il segreto della sua identità.
Lui era William Albert Andrew, capo designato di una delle famiglie più ricche e importanti degli Stati Uniti, e in quel momento era diretto verso un’importante scuola privata dove doveva studiare per prepararsi al suo futuro ruolo. Sarebbe passato qualche anno prima che potesse tornare a Lakewood.
Bella vita lo attendeva! A lui, che avrebbe amato tanto la vita all’aria aperta e in mezzo alla Natura.
Un giorno gli sarebbe toccato di rinchiudersi fra le quattro mura di un ufficio a dirigere astrattamente le vite di altre persone, ma… era questo che voleva?
Si fermò, come indugiando su quel pensiero. Decisamente avrebbe voluto vivere un’altra vita, ma… poteva farlo? Aveva delle responsabilità lui, su quel punto la zia Elroy non aveva tutti i torti.
Arrivato in cima alla collina vide una scena che attirò la sua attenzione: sul terreno ancora umido per la pioggia di quella notte, una bambina bionda piangeva sdraiata per terra.
-Chissà cosa le è successo.- si disse fra sé, ma poi si sentì chiamare.
Si girò e vide che George si stava sbracciando.
Per un istante si girò nuovamente verso la bambina, e la vide scendere il crinale della collina dall’altra parte, diretta verso una casa. Chi poteva abitare in quella casa?
Poi scese anche lui dalla collina, ma dalla parte opposta.

 

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Capitolo 2
*** Il pericolo c'è ***


I bambini giocavano allegramente fuori dalla Casa di Pony, mentre al suo interno la direttrice cercava di mettere un po’ di ordine nei conti di quella struttura che lei caparbiamente cercava di mandare avanti.

La giornata primaverile tendeva ormai all’estate e la campagna tutt’intorno era un rifulgere di colori freschi e vivaci.
D’un tratto una delle bambine cadde a terra e si mise a piangere. Una giovane donna in abito monacale che stava stendendo i panni lì vicino subito accorse.
-Santo cielo bambini! Possibile che non sappiate giocare senza farvi male?- disse spazientita mentre si chinava sulla bambina caduta a terra.
-Fà vedere Margaret!-
La bambina chiamata Margaret, una bimbetta sui sei anni di età, con lunghi capelli castani, smise di piangere, quasi che il tocco della giovane suora avesse poteri taumaturgici.
-Non è niente Maggie! Ti sei soltanto sbucciata il ginocchio. Adesso entriamo in casa e ti pulisco la ferita, d’accordo?-
Maggie fece cenno di sì e si alzò seguendo la suora verso l’ingresso della casa.
-Maggie è una piagnona! Maggie è una piagnona!- 
A intonare l’antipatico motivetto era stato un bambino poco più grande di Maggie.
-Dì un po’ Steve, vuoi che ti faccia diventare un “piagnone” anche a te?-
Lo sguardo severo della giovane suora, più che la sua minaccia, mise in soggezione il bambino.
-No Suor Anna.-
-Bene, allora riprendete a giocare, possibilmente senza ammazzarvi.-

Entrate in casa, Suor Anna condusse Maggie nell’ufficio della direttrice, la cui porta era aperta.
-È permesso Miss Candy?-
-Sì sorella.- disse la giovane donna bionda seduta alla scrivania, alzando per un istante lo sguardo dai suoi conti.
-Che diavolo hai combinato Maggie?- disse poi dopo aver visto la Bambina che zoppicava. 
-Niente di grave.- la tranquillizzò Suor Anna. -Si è soltanto sbucciata un ginocchio. Come al solito i nostri bambini non sanno giocare senza farsi male.-
-Siediti Maggie!- disse Miss Candy con uno sguardo a metà fra l’insofferente e il severo. 
Poi aprì un mobiletto-farmacia dentro il quale teneva custodito un modesto kit di primo soccorso e ne tirò fuori un flacone di disinfettante con una garza.

-Non è niente Maggie!- disse mentre finiva di pulire la modesta ferita della bambina -Solo dovresti imparare a correre senza cadere.-
-Grazie Miss Candy.- cinguettò Margaret prima di alzarsi.
-Torna pure a giocare con gli altri, ma stai attenta, va bene?-
-Sì Miss Candy.-
-Benedetti bambini…- disse poi la giovane direttrice alla suora -Ma in fondo li capisco. Io non ero certo da meno. Gradisci un caffè Anna?-
-Sì Miss Candy.-
-Oh andiamo! Ho soltanto ventitre anni, non sono mica tua nonna! Potresti anche chiamarmi Candy!-
La giovane suora, che aveva gli stessi anni della sua interlocutrice, sembrò pensarci su.
-Va bene Candy! In fondo hai ragione, noi due abbiamo la stessa età, siamo entrambe orfane e abbiamo dedicato la nostra vita a questi bambini. Non c’è motivo per cui non dovremmo considerarci amiche.-
-Ben detto sorella! E non nel senso di religiosa bada bene!-

Poco dopo le due giovani donne sedevano alla scrivania di Candy, quella che era stata la scrivania della cara Miss Pony morta cinque anni addietro, intente a sorseggiare il loro caffè.
-Tutto bene con le tue scartoffie Candy?- chiese Suor Anna sorridendo.
-Sì, ormai ho preso la mano con questi conti. Sono quattro anni che ci litigo, qualcosa avrò imparato, no?-
-Certo, ci passi giornate intere!-
-Non me ne parlare! Sapessi quanta nostalgia ho dei tempi in cui potevo correre fino sulla collina e arrampicarmi sul grande albero…-
-Non sei più una bambina Candy! Cosa direbbero i nostri bambini a vedere le sottane della loro direttrice che si arrampica sugli alberi?-
-Sorella! Nel senso di religiosa adesso, ma che linguaggio è questo?-
Si misero a ridere insieme.

-Sono un po’ preoccupata per quella questione della dilazione.-
-Non ti hanno risposto dalla Banca di Chicago?-
-Ancora no, e gli ho scritto ormai da due mesi.-
-Non hanno motivo di negartela, sei una buona cliente per la loro Banca e in fondo gli hai chiesto solo una dilazione di pochi mesi.-
-Già, ma in assenza di una loro risposta dovrò recarmi a Chicago, ed è un bel viaggio.-
-Vedrai che ti risponderanno presto.-

Il giorno dopo dalla strada che proveniva dal vicino paese di Laporte, un uomo camminava diretto verso la Casa di Pony, era il signor Marsh, il postino del paese.
Arrivato in vicinanza della costruzione, salutò Suor Anna che attingeva l’acqua dal pozzo.
-Buongiorno Suor Anna!-
-Buongiorno a lei signor Marsh, Miss Candy è in casa.-
-Vado da lei allora, devo consegnarle un po’ di posta.-
-Vada pure, la troverà nel suo ufficio.-

Entrato in casa, il signor Marsh si diresse verso l’ufficio della direttrice, dopo tanti anni che frequentava la Casa di Pony sia pure solo per portare la posta, conosceva a memoria quel vecchio edificio che tanti anni prima le sue vecchie direttrici avevano ristrutturato per farne una casa per i bambini orfani.
Ora Miss Pony e Suor Maria non c’erano più, entrambe morte. La prima di vecchiaia, la seconda per una polmonite soltanto pochi mesi dopo Miss Pony. In quei tristissimi giorni la Casa di Pony aveva rischiato seriamente la chiusura, e i suoi piccoli ospiti avevano rischiato di essere separati e spediti chissà dove, in grigi orfanotrofi di città.
Ci era voluto tutto il coraggio e tutta la determinazione di quella ragazza per impedirlo. Lei da sola si era sobbarcata sulle spalle tutto il peso di quell’impresa titanica: tenere in vita la Casa di Pony, mandarla avanti nel ricordo delle sue benefattrici, delle sue mamme, della sola famiglia che avesse mai avuto.

-Buongiorno Candy.- disse il signor Marsh entrando dalla porta lasciata aperta dell’ufficio di Candy.
-Buongiorno signor Marsh.- rispose lei alzando lo sguardo dal suo lavoro e sorridendo all’anziano postino.
Lo conosceva da sempre. Il signor Marsh era un’istituzione a La Porte, ne era il postino da prima che lei e Annie fossero ritrovate da Miss Pony e Suor Maria e costituiva anche lui, pur con le sue sporadiche presenze, un riferimento importante nella sua vita.
-Si accomodi prego, adesso le preparo un caffè.-
-Grazie Candy.- disse lui sedendosi su una delle sedie a disposizione degli ospiti. -Intanto metto la posta sulla tua scrivania.-
-Quella può aspettare: saranno tutte rogne di lavoro. Figuriamoci se qualcuno scrive a me.-
Il signor Marsh non rispose. Povera ragazza! Era sempre stata sola nella sua giovane vita. La più grande delle ospiti della Casa di Pony, mai adottata per via del suo carattere ribelle e peperino.
Erano passati ventitre anni da quando le due antiche direttrici della Casa di Pony, i cui ritratti vedeva appesi alla parete dietro la sedia di Candy, l’avevano trovata lì fuori insieme ad Annie.
Ed erano passati almeno tredici anni da quando Annie e Tom, gli unici suoi coetanei, erano stati adottati lasciandola sola.
Tom ogni tanto passava alla Casa di Pony, ma ormai era anche lui un giovane uomo indaffarato con la sua fattoria, dopo che l’uomo che lo aveva adottato era morto un paio d’anni addietro.
E Candy era rimasta sempre più sola…

-Bene.- disse Candy dopo aver dato una sommaria occhiata a un paio di quelle lettere. - due donazioni sono sempre ben accette!-
-Di chi sono quelle donazioni?-
-Una è di quel circolo filantropico di dame di carità di Chicago, e l’altra… è anonima.-
-Beh, l’importante è che i soldi ti entrino, no?-
-Già, ma vorrei proprio sapere chi è che manda queste donazioni anonime. Se non altro per ringraziarlo.-
-Saranno illustri magnati che per qualche motivo non vogliono apparire.-
-Sospetto che siano opera della stessa persona. Arrivano a cadenze più o meno regolari e sono sempre della stessa cifra, più o meno.-
-A caval donato non si guarda in bocca Candy. Ah dimenticavo: ti ho portato i tuoi soliti giornali.-
-La ringrazio signor Marsh.- disse lei prendendo i giornali che l’uomo le porgeva.
-Wow! Che notiziona!- commentò ironicamente Candy dopo aver letto un titolo su uno di quei giornali -“Sensazionale! Terence Graham divorzia da Susanna Marlowe!”-
-Terence Graham… non è quel famoso attore di Broadway?-
-Sì proprio lui. Anni fa si era sposato con Susanna Marlowe, dopo che lei gli aveva salvato la vita.-
-Ah sì, ora ricordo: un riflettore stava cadendo addosso a lui durante le prove di Romeo e Giulietta, e lei lo scansò facendosi cadere addosso il riflettore.-
-Dovettero amputargli una gamba, povera ragazza…-
-E adesso divorziano…-
-Correva voce che il loro non fosse un matrimonio felice, che lui l’avesse sposata solo per un malinteso senso dell’onore e della gratitudine. Si vede proprio che non sono quelle le basi di un rapporto duraturo.
Beh, Ho altro da pensare che ai casini sentimentali dei divi di Broadway! Devo sfamare delle bocche io! Vediamo cosa vuole la Banca di Chicago piuttosto!- disse lei posando il giornale e aprendo l’ultima lettera portatale dal signor Marsh.
Dal canto suo lui non poté evitare di intristirsi sentendola parlare così. È chiaro che la giovane donna era insoddisfatta della sua vita.
Leggendo la lettera Candy aggrottò la fronte.
-Maledizione!- esclamò con un gesto di insofferenza.
-Che c’è Candy?-
-Ricorda quell’ipoteca che ho dovuto mettere sulla proprietà della Casa di Pony?-
-Sì certo, poco dopo la morte di Miss Pony e Suor Maria se non vado errato.-
-Sono in ritardo con il pagamento di un paio di rate. Ho scritto alla Banca di Chicago chiedendo una dilazione.-
-Non possono certo negartela.-
-L’hanno appena fatto!-
-Cosa? Ma che razza di persone sono queste? Come possono negare una dilazione a una cliente come te? Hai spiegato che di recente hai avuto nuovi arrivi e che…-
-E che avrei saldato tutto nell’arco di pochi mesi? Certo che l’ho fatto! Ma il signor… Neal Legan mi manda a dire che se non pago l’arretrato con tanto di interessi entro la fine del mese, cioè fra venti giorni, l’istituto di credito da lui rappresentato provvederà al pignoramento della proprietà.-
-Cosa pensi di fare Candy?-
-Non posso certo presentarmi a questo signor Legan vestita da angioletto come feci col signor Cartwright, che Dio l’abbia in gloria!-
-Potresti chiedere aiuto alla gente del paese o ai tuoi donatori.-
-Sì potrei, ma la povera gente di Laporte fa già abbastanza, e chiedere aiuto ai nostri donatori abituali richiederebbe troppo tempo, e non ne ho di tempo!-
-Quindi dovrai chiudere la Casa di Pony.-
-Certo, a meno che…-
-A meno che?-
-…Non mi rechi io stessa a Chicago.-
-E pensi che questo signor Legan ti riceverà? Se si tratta di quella famiglia Legan di cui ho sentito parlare anni fa, temo proprio di no Candy.-
-Non ho altra scelta! Dovrò delegare per qualche giorno Suor Anna alla gestione della casa.-
-Oh, non preoccuparti per questo: Suor Anna sa il fatto suo. E ogni giorno io verrò qui a dare un’occhiata. Vedrai che se la caverà benissimo.-
-Mi preoccupano quelle pesti! Sono capacissimi di approfittarsene.-
-Non preoccuparti…- disse l’anziano postino ridacchiando. -Vedrai che la nostra suorina saprà tirar fuori gli artigli. E poi puoi sempre responsabilizzare i bambini più grandi.-
-Buoni quelli!- disse lei ridendo, e in quella risata scaricava le sue angosce e le sue preoccupazioni.
-Piuttosto: vorrei darti un consiglio per quando sarai a Chicago.-
-La ascolto signor Marsh.-
-Non andare direttamente da questo Neal Legan, perderesti tempo. Cerca piuttosto appoggi presso persone che potrebbero aiutarti.-
-La fa facile lei signor Marsh! Io a Chicago ci sono stata diverse volte, ma è una città enorme. Un altro po’ non riesco neanche ad attraversarci la strada!-
-Guarda questa busta.-
-Quella delle dame di carità?-
-Sì, c’è il loro indirizzo vedi? E si trovano proprio a Chicago.-
-Non posso chiedere loro di saldare quelle rate con tanto di interessi! È una forte cifra e loro hanno fatto già tanto.-
-Non dico questo: dico di prendere tempo. Quel tipo di persone, parlo dei Legan, temono più di ogni altra cosa gli scandali. Minacciare di montargli contro uno scandalo servirà se non altro a farti guadagnare un po’ di tempo.-
-Ma prima o poi si arriverà al dunque. Non potrò tirarla troppo in lungo, e alla fine la Banca di Chicago avrà ogni buon diritto di riscattare l’ipoteca.-
-Tu cerca comunque di prendere tempo. Ogni giorno che guadagnerai potrà fare la differenza tra il finire in mezzo a una strada e il non finirci. Certamente tutti i tuoi sforzi potrebbero non bastare a salvare la Casa di Pony, però in questo poco tempo potrai comunque trovare una nuova sistemazione per i tuoi bambini. Magari… una nuova Casa di Pony.-
Candy appariva pensierosa, il signor Marsh aveva ragione.

-Dunque è così.- disse Suor Anna -Rischiamo di perdere la nostra casa.-
-Sì Anna, il pericolo c’è. A Chicago cercherò di fare del mio meglio ma intanto dovremo attrezzarci per trovare una nuova sistemazione, anche se questo… potrebbe voler dire separare i nostri bambini.-
-Dio non voglia Candy…-
-Purtroppo non basteranno le preghiere a risolvere la situazione, il Signore sarà anche con noi, ma adesso ci servono aiuti ben più concreti, e vado a Chicago per trovarli.-
-Candy!-
-Scusami sorella! Ma davanti a questi problemi faccio fatica a mantenere salda la mia fede…-
Si mise a piangere e la giovane suora l’abbracciò. Nella sua sensibilità capiva fin troppo bene qual era il vero problema di Candy: la solitudine.
Lei non aveva preso i voti, e le mancava qualcuno al suo fianco. Sicuramente adorava i suoi bambini e soffriva tantissimo ogni volta che ne vedeva andar via uno, ma tutta la sua vita si stava consumando in quella casa e lei non se lo meritava.
-Mi raccomando Anna: non farti mettere sotto da quelle pesti.- disse scuotendosi dal suo momento di fragilità.
-Sta tranquilla.- rispose lei sorridendo -Anche se sembro un angioletto di bianco vestita, posso assicurarti che nel momento del bisogno so tirar fuori il peggio di me!-
Candy ridacchiò fra sé.
-Adesso andiamo a dormire Candy. Domani dovrai svegliarti molto presto.-
 

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Capitolo 3
*** Quel Neal Legan! ***


Candy uscì dalla stazione, e come accadeva sempre quando si recava in quella grande città, rimase disorientata.
-Mi scusi…- chiese timidamente ad una giovane donna che le passava vicino. -Mi sa dire dove trovo questo indirizzo?- aggiunse mostrando alla ragazza che sembrava dimostrare suppergiù la sua età, la busta delle dame di carità.
Ma questa, una tipa dai lunghi capelli rossi raccolti in tanti boccoli che le scendevano sulle spalle, la squadrò con un’occhiata altezzosa e senza degnarla d’uno sguardo tirò dritto per la sua strada entrando in una macchina la cui portiera era stata aperta apposta per lei.
-Tante grazie!- disse Candy fra sé dopo che la macchina se ne fu andata
-Faccia vedere signorina.- risuonò una voce dietro di lei. 
-Come dice?- disse Candy voltandosi
-Mi faccia vedere quell’indirizzo signorina.- le disse una ragazza abbastanza alta con lunghi capelli neri e lisci e un paio di occhiali a decorarle il volto quasi inespressivo.
Candy diede la busta alla ragazza, e lei letto l’indirizzo disse:
-Sì, conosco quel circolo. Sta a poca distanza dal mio ospedale.-
-Dal suo ospedale?-
-Sì, io sono un’infermiera e lavoro al Santa Johanna Hospital, e quel circolo si trova a un centinaio di metri dal Santa Johanna. Prego, mi segua. Sto andando al lavoro.-
-La ringrazio signorina…-
-Flanny Hamilton.-
-Molto lieta, io sono Candy White.- disse lei tendendo la mano alla sua interlocutrice, ma lei la ignorò e tirò dritto.
Pur interdetta Candy seguì l’infermiera in direzione del suo ospedale.
Camminarono per una ventina di minuti, e l’infermiera ignorò ogni tentativo di conversazione intavolato da Candy, al punto che la bionda direttrice della Casa di Pony alla fine lasciò perdere.

Dopo una ventina di minuti arrivarono davanti all’ospedale dove lavorava la taciturna infermiera.
-Eccoci Miss Candy, io sono arrivata, il suo circolo è un po’ più avanti su questo lato della strada. Lo troverà facilmente, è proprio di fianco ad un albergo molto appariscente, non può sbagliare.-
-La ringrazio Miss Flanny, spero di rivederla.-
-E perché mai?- rispose freddamente l’infermiera prima di attraversare la strada.
-Non c’è che dire.- disse Candy fra sé -Tutti simpatici e gioviali gli abitanti di questa città. Beh, almeno è stata più gentile di quella zoticona dai capelli rossi.-

Si incamminò verso la direzione indicatale poc’anzi da “Miss Flanny” e in pochissimo tempo arrivò davanti all’albergo appariscente di cui parlava l’infermiera, e subito accanto vide la porta di uno stabile di gran lusso, e fra le diverse targhe affisse al suo ingresso, una riportava proprio il nome “Circolo delle dame di carità di Chicago - primo piano.”.
-Eccomi, sono arrivata.-
Ciò detto entrò nel portone e salì le scale fino ad arrivare al primo piano.
Riconobbe ad una porta del pianerottolo la stessa targa esposta sotto e bussò alla porta.
Ad aprire fu una ragazza dai capelli a caschetto e con un paio di vistosi occhiali a riempirle un viso simpatico.
-Buongiorno. Desidera?-
-Buongiorno. Mi chiamo Candice White e sono la direttrice della Casa di Pony, un orfanotrofio di La Porte nell’Indiana.-
La ragazza sembrò fare mente locale.
-Sì certo, prego signorina White si accomodi. Il mio nome è Patricia O’Brien e lavoro qui come segretaria. Adesso non c’è nessuno, le signore del circolo arriveranno nel pomeriggio, ma intanto può dirmi il motivo della sua visita.-
-La ringrazio signorina O’Brien, ma volevo parlare direttamente con una delle responsabili del circolo. Si tratta di una questione abbastanza… delicata. Nel frattempo potrebbe essere così gentile da darmi qualche indicazione su dove mangiare e alloggiare a poco prezzo?-
-Certamente signorina. Può recarsi da “Nonna Marta”.-
-E dove la trovo… “Nonna Marta”?-
-Posso accompagnarcela io signorina. Sto per staccare, il circolo aprirà nel pomeriggio e la mattina io vengo solo a smistare la posta e a dare una pulita all’ambiente. Se ha la pazienza di aspettarmi qualche minuto stavo giusto finendo di pulire.-

Una volta che Patricia O’Brien ebbe finito quanto doveva, le due ragazze si incamminarono per la strada.
-Mi scusi signorina, ma che cos’è esattamente “Nonna Marta”?-
La ragazza sorrise
-È la pensione di mia nonna, che si chiama per l’appunto, Marta.-
-Ah capisco.- 
Dopo una mezz’ora di cammino arrivarono alla pensione di “Nonna Marta”. Era un fabbricato a due piani con vista sul lago Michigan, un fabbricato che sembrava aver visto tempi migliori ma che tutto sommato somigliava non poco alla sua amata Casa di Pony.
Entrando trovarono una vecchietta dall’aria arzilla al bancone della reception.
-Ciao nonna, sono a casa.-
-Ciao Patty. Buongiorno signorina.-
-Nonna questa è Candice White, cerca una sistemazione per passare la notte.-
-Benvenuta signorina. Per quante notti pensa di fermarsi?-
-Io… ancora non lo so, ma dovrebbe trattarsi di pochi giorni.-
-Bene… vediamo un po’…- disse l’arzilla signora consultando una specie di registro che teneva sul bancone della reception.
-Patty, puoi accompagnare la signorina alla stanza n. 7?-
-Certo nonna. Prego signorina, mi segua.-
Salirono le scale e si fermarono davanti ad una stanza a metà del corridoio.
-Ecco signorina, questa è la stanza e questa è la chiave. Può accomodarsi. Dopo che si è sistemata per favore passi da mia nonna: dovrebbe pagare almeno due notti anticipate.-
-Senz’altro signorina.-

-Ecco signora, le ho pagato due notti anticipate, e spero di non dovermi fermare molto di più. Comunque appena possibile mi recherò in banca a prendere qualche soldo, per stare tranquilla.-
-Non c’è premura signorina, prima faccia quel che deve fare a Chicago e poi penserà al resto.-
-La ringrazio signora. E mi dica: per mangiare dove posso…-
-Con un piccolo sovrapprezzo può consumare qui i suoi pasti signorina. La colazione è inclusa nel prezzo, pranzo e cena sono a parte.-
-Bene, credo proprio che farò così. Potrei avere qualcosa per pranzo? Ho una fame da lupo!-

Poco dopo Candy sedeva a un tavolo nella sala che fungeva da refettorio della pensione, in attesa del suo pasto.
Arrivò Patty recando un vassoio.
-Ecco signorina. Questo è il suo pranzo, sono sicura che le piacerà.-
-Vedo che c’è un altro piatto.-
-Sì, è il mio pranzo. Mia nonna ha cucinato anche per me.-
-Allora le va di mangiare insieme a me?-
-Certamente signorina, ne sono onorata.-
-Andiamo! Non potremmo chiamarci per nome? Abbiamo la stessa età noi due!-
Patty sorrise 
-Va bene allora: io sono Patty, e tu sei…-
-Chiamami pure Candy, mi chiamano tutti così.-
-Bene Candy, vedrai che ti piacerà la cucina di mia nonna!-
In effetti la cucina di Nonna Marta piacque assai a Candy, che dopo due giorni di viaggio si sarebbe mangiata anche il tavolo a cui era seduta.

-Posso chiederti una cosa Patty?-
-Certo, dimmi pure.-
-Di dove siete tu e tua nonna? Il vostro accento è… particolare.-
Patty sorrise
-Siamo inglesi Candy, veniamo da Londra.-
-Wow! E come mai siete venute a Chicago?-
Patty sembrò intristirsi, ma poi disse:
-Sono venuta qui per amore. A Londra frequentavo un prestigioso collegio, la Royal Saint Paul School, e lì conobbi l’amore della mia vita… un ragazzo meraviglioso…-
-Questo è molto bello, e se non sono indiscreta: parlami di lui. Che tipo è? Dev’essere un ragazzo davvero speciale per farti trasferire dall’altra parte dell’Oceano!-
-È… è morto…-
-Io… io… mi dispiace Patty… sono una stupida.-
-Figurati.- disse lei asciugandosi le lacrime -Non potevi certo saperlo.-

-Lui si chiamava Alistear Cornwell, ma tutti lo chiamavano Stear. Era una specie di genio appassionato di meccanica e di scienza. Inventava i marchingegni più disparati, anche se poi non ne funzionava nemmeno uno.-
Il triste sorriso di Patty commosse sinceramente Candy.
-Allo scoppio della Grande Guerra, ancora prima dell’intervento americano, si arruolò come volontario nell’aviazione francese, e fu ucciso al suo primo combattimento.-
-Mi dispiace Patty.-
-Io lo avevo già raggiunto qui negli Stati Uniti. Cercai di trattenerlo, di farcelo ripensare, ma lui fu irremovibile e si arruolò.
Dopo la sua morte mi trasferii per un po’ in Florida insieme a mia nonna, ma poi decidemmo di tornare a Chicago. Rilevammo questa pensione, o meglio la rilevò mia nonna intestandola a mio nome.-
-Ma allora perché lavori presso le dame di Carità?-
-Perché i guadagni di questa pensione non sono sufficienti Candy. Tu sei la prima cliente da oltre un mese, e siccome non voglio tornare a Londra mi sono trovata anche quel lavoro.
A proposito: sarà meglio che rientri, fra poco arriveranno le signore.-
-Vengo con te allora. Così potrò parlare con qualcuna delle responsabili di quel posto.-
-Di cosa devi parlare esattamente Candy?-
-Te lo spiegherò strada facendo.-

-Soltanto Neal Legan può fare una cosa del genere!- fu il commento di Patty dopo che Candy ebbe spiegato il motivo della sua presenza a Chicago. 
-Crescendo non è affatto cambiato!-
-Tu… lo conosci?-
-Purtroppo sì. Anche lui ha frequentato la Royal Saint Paul School. Da ragazzo era un fetente, ma adesso è addirittura peggiorato: pignorare un orfanotrofio per un semplice ritardo nel pagamento di due rate! Vedrai che le signore ti aiuteranno.-
-Oh ma io non voglio denaro. Quelle donne fanno già tanto per i miei bambini. Voglio far ragionare questo Neal Legan, capire se si può far pressione su di lui, magari minacciando uno scandalo.-
-Non illuderti Candy. Puoi minacciare fuoco e fiamme, ma Neal Legan se ne fregherà, e alla fine sarai comunque costretta a lasciare quella casa.-
-Visto che lo conosci, che tipo è questo… Legan?-
-Lui e la sorella sono due boriosi intriganti, convinti di appartenere a una razza superiore solo perché figli di una famiglia ricca! Intendiamoci: questo potrebbe essere il ritratto di tantissimi ricchi e nobili del mio paese, ma Neal e Iriza Legan sanno rappresentare il peggio della grande borghesia americana!-
-Accidenti, non ne hai certo un’idea molto lusinghiera.-
-Un giorno o l’altro magari ti racconterò quello che combinavano quei due alla Royal Saint Paul School, ma adesso non c’è tempo: adesso ti serve aiuto e le dame del circolo potranno dartelo. Ecco: siamo arrivate. E laggiù vedo arrivare anche due delle signore.-
Come le signore si furono avvicinate Candy ebbe come un tuffo al cuore: riconosceva una delle due donne!
-Signora Brighton, Signora Carter. Lasciate che vi presenti Miss Candice White, direttrice della Casa di Pony.-
-Molto lieta Miss White.- disse la signora Carter tendendo la mano a Candy.
Candy non riusciva a proferire parola: l’altra donna, la signora Brighton, era la donna che tanti anni addietro aveva adottato Annie.
Notando il silenzio e lo stato quasi di shock di Candy, Patty intervenne.
-Ehm… Miss Candy…-
-Oh certo, mi scusi. Signora Carter, Signora Brighton, è un vero piacere fare la vostra conoscenza.-
-Siamo liete di conoscerla di persona Miss White.- disse di nuovo la signora Carter. -Ma prego, accomodiamoci sopra.-

-Quel Neal Legan!- sbottò la signora Carter dopo aver sentito la spiegazione di Candy circa i motivi della sua presenza a Chicago.
-Soltanto lui può pensare una roba del genere! Non si preoccupi per quelle due rate Miss White, ci penseremo noi.-
-Oh, ma io non voglio questo! Voi avete già fatto tanto signora Carter, e non voglio approfittare oltre. Inoltre questo non risolverebbe il problema. Di recente abbiamo avuto nuovi arrivi alla Casa di Pony, e fra pochi mesi rischieremmo di essere di nuovo insolventi. Vorrei piuttosto rinegoziare le condizioni del prestito che sottoscrissi a suo tempo. Ottenere più flessibilità per il pagamento delle rate. 
Santo cielo! La Casa di Pony non è un’impresa milionaria, è un orfanotrofio!-
-Questo noi lo sappiamo bene. Purtroppo è inutile portare questi argomenti a Neal Legan, suo padre era un uomo ragionevole, pur sempre un banchiere, ma un uomo giusto tutto sommato. Purtroppo lui è morto da pochi mesi e suo figlio è subentrato come direttore della filiale che lui presiedeva. Ha già buttato in strada più d’una famiglia che non riusciva a stare appresso ai debiti contratti e non ha mai concesso una dilazione. 
Viceversa con industriali e affaristi privi di scrupoli come lui, diventa una pecora!
Miss White…-
-Oh, mi chiami pure Candy signora.-
-Come preferisce… Miss Candy. Stavo dicendo: noi saremmo pure disposte a prenderci l’onere di saldare queste rate e le sue future, ma come ha riconosciuto anche lei, questo non risolverebbe il problema. Prima o poi Neal Legan farebbe carte false pur di appropriarsi del suo orfanotrofio, ne farebbe una questione personale ne sia certa!
E poi se aiutassimo così totalmente il suo orfanotrofio, dovremmo levare aiuti ad altre realtà, lo capisce?-
-Sì signora Carter, lo capisco molto bene.-
-Ma forse c’è qualcuno che potrebbe farlo ragionare… anche se è difficile arrivare fino a lui…-
-Lui chi?- chiese Candy incuriosita.
-William Andrew.-
-E… chi sarebbe?-
-Il capo della famiglia Andrew, lo scapolo più ambito di Chicago.- spiegò la signora Carter -Il direttore di tutta la Banca di Chicago, fra l’altro anche parente dei Legan, sia pure alla lontana.-
-Beh, se è un parente di Neal Legan non vedo perché dovrebbe mettersi contro di lui.-
-Perché a differenza di Neal Legan, è un uomo di cuore, non resterà indifferente alle tue ragioni.-
-Non farla così facile Helen.- intervenne la signora Brighton -William Andrew è sì un uomo giusto, ma non può mettersi contro i suoi direttori di filiale senza fondate ragioni. Se la questione arrivasse al Consiglio di Amministrazione rischierebbe di trovarsi in minoranza, e sarebbe costretto alle diMissioni.-
-Non hai certo torto Jane…-
-Signore…- riprese Candy -Avevo previsto tutto questo e non mi illudo di far ragionare diversamente un banchiere di Chicago, o di immischiarmi in presunti complotti familiari, a me interessa soprattutto guadagnare tempo. So bene che prima o poi saremo costretti a lasciare la nostra casa, quello che voglio evitare è che i miei bambini siano separati e mandati chissà dove. Vorrei avere il tempo di trovare una nuova sistemazione per la Casa di Pony.-
-Molto ragionevole direi…- disse la signora Carter.
-Facciamo così Miss Candy! Noi salderemo le tue rate arretrate e anche la successiva. Questo ti darà un po’ di respiro, e nel frattempo ti aiuteremo a cercare una nuova sistemazione per i tuoi bambini. Anche se non posso proprio garantirti che non vengano separati.-
-Grazie signora Carter… signora Brighton…-

Il giorno dopo Candy e la signora Carter si presentarono alla filiale della Banca di Chicago presso cui era accesa l’ipoteca sulla Casa di Pony, e si misero in fila allo sportello.
Dopo mezz’ora di attesa entrò in banca una ragazza che Candy riconobbe benissimo.
-Ma quella è la cafona di ieri!- esclamò a voce alta facendo scendere il gelo fra clienti e impiegati.
-Candy! Cosa dici?- bisbigliò Helen Carter vicino a lei.
-A quanto pare le ha trovate le buone dame di carità.-
-Certo, malgrado la sua scortesia signorina…-
-Legan, io sono Iriza Legan.- rispose la ragazza dai boccoli rossi prima di avviarsi verso gli uffici oltre gli sportelli.
-Quindi quella cafona è la sorella di Neal Legan…-
-La conosci?-
-L’ho incontrata ieri alla stazione. Le ho chiesto dov’era il vostro indirizzo e lei non mi ha degnata d’uno sguardo tirando dritto.-
-Tipico di Iriza Legan! Oltre che un’arrogante e maleducata, è un’intrallazzatrice quanto e peggio del fratello.-
-Buono a sapersi. Beh, mi onoro del fatto di non conoscerla.-
Finalmente arrivò il loro turno e Candy fece vedere all’impiegato i documenti relativi alle rate del prestito che intendeva pagare.
-Sì.- disse l’impiegato -Sembra tutto in regola. Come intende pagare signorina? In contanti?-
-Saremo noi dame di carità a pagare queste rate, con un bonifico dal nostro conto.-
-Capisco signora Carter. Un attimo di pazienza che preparo i moduli necessari.-
Sbrigate le questioni formali la signora Carter chiese se fosse possibile parlare con il direttore. 
-Non è così facile. Il signor Legan è sempre molto occupato. Comunque vedo se può ricevervi o se può fissarvi un appuntamento.-
L’impiegato, un uomo sulla sessantina con tutta l’aria di chi non vede l’ora di andare in pensione, si avviò nel retro della filiale, dove c’erano gli uffici amministrativi.
-Figuriamoci se quel serpente ci riceverà!- disse la signora Carter
-Saprei ben io cosa dirgli!-
-Ascolta Candy, capisco i tuoi sentimenti nei riguardi di quell’uomo, ma se ci dovesse ricevere stai bene attenta a quello che dici. Non sempre si possono esternare i propri sentimenti.-
-Già. Devo essere meno impulsiva. Me lo dicevano sempre anche le mie mamme.-
-Le tue… “mamme”?-
-Io non sono soltanto la direttrice della Casa di Pony, sono stata anche una delle sue ospiti. Sono stata abbandonata lì quando ero neonata, e lì ho sempre vissuto. Miss Pony e Suor Maria, le vecchie direttrici, mi hanno cresciuta come due mamme.-
Helen Carter provò un profondo senso di commozione: quella ragazza così giovane e sfortunata aveva reagito alla sfortuna dedicandosi completamente a bambini sfortunati come lei.
L’impiegato fece ritorno.
-Signora Carter, Miss White. Da questa parte prego.-

Entrarono nell’ufficio di Neal Legan, dove lui le stava aspettando stando alla finestra rigirato di spalle. Da una parte della stanza stava in piedi Iriza Legan, che le squadrava con un’espressione mista fra severità ed esplicito disprezzo.
Neal Legan si voltò verso di loro.
-Signora Carter… lieto di rivederla. Anche se ogni volta rischiamo di stare ai lati opposti di una barricata.-
-Signor Legan…-
-Lei deve essere… Miss Candice White… dico bene?- disse poi rivolgendosi direttamente a Candy.
-In persona signor Legan.-
-È molto giovane per essere direttrice di un orfanotrofio…-
-Così come lei è molto giovane per essere direttore di banca. Certo se si è di buona famiglia è tutto più facile.-
-Ma come si permette?!!!- disse Iriza Legan, mentre il fratello sembrò prendere bene la stoccata velenosa di Candy.
-Lascia stare Iriza, apprezzo le persone schiette, e la nostra amica direttrice sicuramente lo è.
Ma prego signore, accomodatevi.-
Candy e Helen Carter presero posto alla scrivania, davanti a Neal Legan che si sedette su una poltrona più alta di lui.
-Miss White, voglio venire subito al dunque: lei adesso ha saldato il suo debito con l’istituto da me rappresentato, ma francamente credo proprio che la situazione che lei ha temporaneamente risolto, non tarderà a ripresentarsi.-
-La Casa di Pony ha sempre onorato i suoi obblighi verso questa banca signor Legan. Negli ultimi tempi abbiamo avuto delle difficoltà in più lo riconosco. Ci sono stati nuovi arrivi e i nostri donatori fanno quello che possono.-
-Non vedo come tutto questo possa riguardare il nostro istituto Miss White.-
Candy si trattenne a stento dal riempire di schiaffi quel ceffo da galera seduto davanti a loro.
-Vorrei chiederle di rinegoziare i termini del nostro contratto signore. Se potessimo avere delle rate leggermente più basse o magari una scadenza più ampia fra una rata e l’altra, posso garantirle che non avremmo più difficoltà nel rispettare le scadenze. Come le scrivevo nell’ultima lettera che le ho mandato…-
-Oh andiamo Miss White!- la voce era quella sgradevole di Iriza Legan -Ma le pare che mio fratello perda tempo a leggere tutte le sciocchezze che scrivete voi pezzenti?-
-MA COME SI PERMETTE!!!!!- gridò Candy alzandosi in piedi e guardando la sua interlocutrice con un odio autentico.
-Avanti Iriza! Non c’è bisogno di offendere, e lei Miss White: si sieda ho qualcosa da proporle.-
-Coraggio Candy.- le disse Helen Carter trattenendola dal suo evidente desiderio di saltare alla gola di quella vipera
-Ascoltiamo quello che vuole dirci il signor Legan.-
-La nostra banca non è certo un istituto di beneficenza Miss White, abbiamo degli azionisti, un consiglio di amministrazione a cui rendere conto e un bilancio da far quadrare. Per quanto possa rincrescermi non possiamo permetterci di essere generosi.-
-E allora cosa vorrebbe propormi signor Legan?- chiese Candy, e il giovane uomo d’affari estrasse da un cassetto un foglio.
-Questo è un contratto di vendita del suo orfanotrofio. Noi Legan saremmo disposti a comprarlo al giusto prezzo qui riportato.-
Candy scorse rapidamente il documento.
-Ma… ma questa cifra è meno di un terzo del reale valore di quella casa! Per non parlare del terreno circostante!- 
-Se le concedessi la rinegoziazione che chiede, dovrei fare lo stesso con tutti i nostri debitori, e la rovina della nostra banca e dei risparmiatori che ci affidano i loro soldi sarebbe cosa fatta.-
-Già!- intervenne aspra Helen Carter -Peccato che questi discorsi li facciate alla povera gente che vi chiede un po’ di respiro, ma poi con gli speculatori e gli intrallazzatori della vostra risma ci andate praticamente a braccetto!
Chissà cosa verrebbe fuori da una seria ispezione dei vostri conti!-
Lo sguardo di Neal Legan si indurì.
-Uscite immediatamente dal mio ufficio.-
-Andiamocene Candy! È stato tempo perso cercare di parlare con questo pescecane!-
-Miss White! Il mio istituto è stato fin troppo generoso con lei concedendole tutto questo tempo per ripianare il suo debito. Ma devo avvisarla: al prossimo ritardo, anche solo di un giorno, ricorreremo immediatamente all’autorità giudiziaria per espropriare la sua proprietà.-
-Buono a sapersi signor Legan! Signorina…-
Mentre stavano uscendo dalla stanza udirono di nuovo la perfida voce di Iriza Legan.
-Ci saluti i suoi mocciosi pezzenti Miss White.-
A quelle parole Candy non ci vide più: tornò sui suoi passi e stese Iriza a terra con un pesante manrovescio sul volto.
-I miei rispetti Miss Legan!-
Uscì dalla stanza sbattendo la porta.

Patty si mise a ridere dopo aver sentito il racconto di Candy.
-Iriza Legan presa a schiaffi! Avrei voluto vedere la scena!-
-Avresti dovuto vedere me! Avevo gli occhi letteralmente fuori dalle orbite.-
-Non è stato un comportamento molto astuto Candy.- intervenne Nonna Marta. -Quella vipera vorrà vendicarsi dell’affronto subito.-
-Cosa potrà fare mai peggio che pignorarmi la Casa di Pony? Ormai lo hanno deciso da un pezzo. Quella casa con pochi lavori potrebbe essere trasformata in una villa di gran lusso e rivenduta a un prezzo esorbitante. Un affare troppo lucroso per quei bastardi!-
-Ma… Candy! Che linguaggio è questo?!!!- disse Patty arrossendo come un peperone.
Candy ridacchiò.
-Se mi sentisse la cara Suor Maria… credo proprio che mi sculaccerebbe come quando ero piccola…-
-E farebbe bene sai? Una vera signorina non parla in questo modo.-
-Dimmi un po’ Patty, io ti sembro una vera signorina? Io?
Comunque ho solo avuto conferma di quanto già avevo già immaginato: presto o tardi dovrò lasciare la mia amata casa, e devo sbrigarmi a trovare un’altra sistemazione prima che sia troppo tardi e i miei bambini vengano separati.-
-Quanti bambini ospiti nel tuo orfanotrofio Candy?-
-Attualmente sono ventiquattro. E ricoprono un arco di età che va dai tre agli undici anni. Farli mangiare tutti i giorni è faticoso, sia da un punto di vista fisico che da un punto di vista economico. Per questo ho saltato quelle due maledette rate.-
-Vedrai che le signore del circolo ti aiuteranno. Certo, sarà difficile salvare la Casa di Pony, ma sono sicura che troverai un altro edificio che faccia al caso tuo.-

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Capitolo 4
*** Avresti dovuto essere più cauto ***


Jane Brighton sedeva nel suo salottino privato sorseggiando nervosamente il suo tè. 
-Signora Houston.- disse rivolgendosi ad una corpulenta cameriera di mezza età -È rientrata mia figlia?-
-Sì signora, proprio pochi minuti fa. Credo sia andata in camera sua.-
-Può andarla a chiamare per cortesia?-
-Certo signora, vado subito.-

Poco dopo Annie Brighton entrava nel salottino privato di sua madre.
-Grazie signora Houston, ci lasci sole e chiuda la porta per cortesia.-
-Certo signora.-
Annie si sedette davanti a sua madre, con la stessa aria di una bambina in attesa di una ramanzina.
-Dove sei stata?-
-Sono uscita mamma. Sono andata semplicemente a fare una passeggiata con le mie amiche.-
-Quali amiche? E dove?-
-Mamma non stai esagerando? Ho ventitre anni!-
-Certo, una ragazza della tua età ha pur sempre diritto di uscire di casa e avere le sue frequentazioni, ma non di buttare via la sua vita!-
-Di cosa stai parlando mamma?-
-Del tuo vizio del gioco! Di questo sto parlando!-
-Andiamo mamma! È vero: qualche volta ho giocato a poker con le mie amiche ma niente di più! Non ci giochiamo certo i capitali di famiglia, e non lo facciamo neanche così spesso!-
Jane Brighton si alzò e aprì un cassetto di una credenza alle sue spalle. Prese alcuni fogli che per poco non sbatté in faccia alla figlia.
Annie prese quei fogli e li lesse rapidamente, assumendo l’aria di una bambina colta con le mani nel sacco.
-Mamma, posso spiegarti!-
-Come me li spieghi questi ammanchi? Ogni mese prelevi dal tuo conto svariate centinaia di dollari! Dove sono quei soldi? Che ne fai?-
-Mamma… io…-
-Quei soldi dovevano costituire la tua dote! E tu che diavolo ne fai? Li butti sul tavolo verde!-
-Non è così mamma! Chi te le dice queste cose?-
-Ho le mie fonti non preoccuparti…-
-Me le immagino le tue fonti: Sarah e Iriza Legan! O magari le buone dame di carità!-
-Se dici che le mie fonti sono inaffidabili, allora dammi tu un’altra spiegazione!-
Annie apparve in imbarazzo sotto lo sguardo inquisitorio di sua madre.
-Se non sai darmi spiegazioni non mi lasci alternative: da oggi il tuo conto è bloccato. Non potrai più disporre di quei soldi, finché non avrai dimostrato di aver messo la testa a posto!-
Annie si alzò e senza dire niente si avviò verso la porta del salottino.
-Non ho ancora finito con te!-
-Che altro c’è?!!!-
-Da quando ti sei lasciata con Archie non ti riconosco più! Posso anche capire che tu ci sia rimasta male, è capitato a tutti di avere delle delusioni nella vita, ma questo non ti giustifica!-
-Mamma: io e Archie non siamo mai stati insieme! Eravamo amici e io mi ero costruita un po’ troppi castelli in aria, niente di più.-
-Va bene, mettiamo che sia così. Ma da quando non vi frequentate più non sei più la stessa. D’accordo: tu ti eri innamorata e lui non ricambiava. Succedono queste cose!-
-E come faceva a ricambiarmi? Lui non sapeva niente di me! Non sapeva neanche da dove vengo e chi sono veramente!-
-Dunque si tratta di questo! Del fatto che per il tuo bene ti ho sempre fatto nascondere le tue origini.-
-Quali origini mamma? IO SONO UN’ORFANA!- disse scandendo bene queste ultime parole. -Io non ho origini. Sono stata abbandonata da neonata davanti a un orfanotrofio e tu mi hai costretta a vergognarmi di questo, come se fosse una colpa!-
Jane tirò uno schiaffone alla figlia che la squadrò con uno sguardo che non le aveva mai visto prima. Poi Annie prese la sua rabbia e se ne andò dal salottino senza degnare sua madre d’uno sguardo.
Rimasta sola Jane si portò la mano al volto e si mise a piangere.

-Ho qualche notizia sulla nostra bionda direttrice di orfanotrofi dallo schiaffo facile.- disse Iriza Legan a suo fratello mentre sorseggiavano un tè nello studio che quest’ultimo aveva nella residenza dei Legan a Chicago.
-Andiamo Iriza… che vuoi che mi importi di quella pezzente. Prima o poi metteremo le mani sul suo orfanotrofio. Non vorrai mica perdere tempo a vendicarti di quello schiaffo!-
-Quella bionda è ancora a Chicago e alloggia alla pensione di Patricia O’Brien e di sua nonna, ricordi?-
-Sì che mi ricordo di lei, ma cosa fa quella pezzente ancora a Chicago? È passata una settimana da quando ci ha fatto quella scenata in banca.-
-Questo non lo so, ma non vorrei che stesse cercando un modo di salvare la sua casa di mocciosi pezzenti come lei.-
-E come? Le buone dame di carità non potranno aiutarla per sempre.-
-Forse sta cercando altri finanziatori, o forse vuole far scoppiare uno scandalo contro di noi.-
-La seconda ipotesi non mi preoccupa più di tanto, ma la prima sarebbe seccante. Vorrebbe dire rinunciare a un affare che per noi potrebbe essere molto redditizio. Con poche migliorie quell’edificio potrebbe essere  trasformato in una villa di gran lusso. 
Iriza: devi cercare di saperne di più.-
-Non hai considerato l’idea di pagare a Miss… Candy il giusto valore per quella casa?-
-Assolutamente no! Il nostro guadagno diminuirebbe sensibilmente, e poi è una questione di principio.-
-Già…- sogghignò perfidamente Iriza Legan assaporando la vendetta per l’umiliazione subita da quella biondina.

William Albert Andrew distolse a fatica lo sguardo dalla fotografia di sua sorella RoseMary e di suo nipote Anthony quando era molto piccolo. Purtroppo erano entrambi morti da molti anni, e tenere la loro fotografia sulla scrivania gli dava più dolore che consolazione. 
Approfittò del fatto di essere solo nel suo ufficio, per alzarsi e andare alla finestra.
Da quella posizione il suo sguardo poteva spaziare ben oltre gli angusti edifici di Chicago, e intravedere l’azzurro del lago Michigan stagliarsi in lontananza fino a unirsi al cielo.
Sospirò.
Quella visione lo fece sentire ancora di più quello che non avrebbe mai voluto diventare: un capitalista burocrate e potente che tuttavia viveva prigioniero di quattro stupide pareti.
Lui, che aveva visto gli aperti spazi delle savane africane, che aveva attraversato a piedi l’intera Europa, ora viveva la sua vita chiuso in quel dannato ufficio.
Sospirò prima di tornare alla sua scrivania.
Qualcuno bussò alla sua porta.
-Avanti- disse lui con rassegnazione, ed entrò l’efficiente signora Higgins, la sua segretaria, o meglio una delle sue segretarie.
-Signor Andrew, le ho portato la sua corrispondenza.-
-Grazie signora Higgins, lasci pure lì. Adesso vorrei chiederle di fissarmi alcuni appuntamenti di lavoro per la prossima settimana. Può accomodarsi?-

In capo a un paio d’ore William Andrew e l’efficiente signora Higgins sbrigarono il lavoro che avevano da fare, e la matura segretaria si alzò.
-Comincio subito a fare le telefonate signor Andrew.-
Poi quando fu uscita il giovane manager buttò l’occhio sulla corrispondenza che la Higgins aveva lasciato lì, corrispondenza a cui si assommava quella ancora inevasa dei giorni precedenti.
Pazienza, si disse, cominciamo a smaltire queste scartoffie.

Si era fatta quasi sera quando l’attenzione di William fu attratta dall’ultima lettera. La aprì intenzionato a scorrerla velocemente e a sbrigare qualunque incombenza legata a quella lettera all’indomani.
La lettera veniva dal circolo delle dame di carità. Già in passato aveva avuto a che fare con quel circolo, sovvenzionando le cause perorate da quelle donne, ed era curioso di saperne di più.
Cominciò a leggere quella lettera, e ad un certo punto inarcò gli occhi in segno di palese disapprovazione.

Suor Anna era sfinita. Nonostante la sua giovane età sentiva la fatica di quel lavoro immane che ormai da una decina di giorni pesava tutto sulle sue spalle. Badare a ventiquattro bambini scalmanati non era proprio un lavoro rilassante.
E dopo aver passato l’intera giornata a rincorrerli, portarli a scuola, cucinare per loro, badare a loro, ecc. ecc. ecc. ora dopo averli finalmente messi a nanna trovò assolutamente invitante l’idea di andarsene a letto.
Passò prima nell’ufficio di Candy per controllare che qualcuno di quei bambini non vi fosse andato a far danni.
-Bene, sembra tutto a posto.- poi notò la lettera sulla scrivania, l’aveva portata quella mattina il signor Marsh e lei non aveva avuto tempo di leggerla.
-Potrebbe essere importante.- disse fra sé -La leggerò a letto.-

Sdraiata sul suo letto, dopo aver recitato le sue canoniche preghiere, Anna aprì la lettera.
-Ma è di Candy!-
Poi cominciò a leggerla.
-Oh Santo cielo!- disse dopo averla letta lasciandosi cadere sul cuscino -Rischio di stare da sola per un mese!
Speriamo almeno che serva a qualcosa…- 

Flanny Hamilton usciva dall’ospedale Santa Johanna dopo avervi svolto il turno notturno. Non vedeva l’ora di arrivare a casa e mettersi a dormire fino al giorno dopo se ci fosse riuscita, quella notte era stata particolarmente impegnativa.
Mentre camminava sul marciapiede diretta verso la stazione, Flanny passò davanti alla filiale della Banca di Chicago dove anche lei teneva i suoi pochi soldi. Stanca e con la testa rivolta chissà dove, non si avvide dell’uomo elegantemente vestito che la urtò facendola cadere a terra.
-Mi scusi signorina!- disse il giovane uomo biondo chinandosi su di lei -Si è fatta male?-
-Oh no signore, tutto bene non si preoccupi.-
-Sono mortificato signorina.- aggiunse l’uomo aiutandola a rialzarsi.
-Oh non si preoccupi, ero io ad essere distratta.-
-Ma… lei è la signorina Hamilton!-
-Ci conosciamo signore?-
-Certo, non si ricorda di me? Sono il paziente della stanza numero zero! Qualche anno fa fui ricoverato al Santa Johanna per un’amnesia.-
-Certo che mi ricordo di lei signore! Fu poco prima che partissi per l’Europa.-
-Lei è stata in Europa signorina Hamilton?-
-Sì certo, sono stata crocerossina in Francia per un anno, poco dopo che lei fu ricoverato nel nostro ospedale. Sono contenta di vedere che si è ripreso signor…-
-Andrew signorina. Il mio nome è William Albert Andrew.-
-Caspita! Lei è un membro della famiglia Andrew?-
-Sì signorina.- disse William Andrew con un sorriso triste -Ora devo salutarla, ma prima vorrei ringraziarla.-
-Ringraziare… me?-
-Certo signorina. A suo tempo lei fu gentile con me.-
-Facevo solo il mio lavoro.- rispose lei sbrigativamente prima di riprendere la sua strada.
-E meno male che ti ho ringraziata.- si disse William prima di riprendere la sua strada in direzione della filiale della banca da lui presieduta.

-Ciao zio William!- disse Neal nel vedere l’illustre parente entrare nella sua stanza. -Non mi aspettavo una tua visita, ma accomodati prego! Dico alla segretaria di portarci una tazza di caffè, ma tu intanto siediti.-
Poco dopo Neal e William sorseggiavano il loro caffè.
-Devo dire che sono davvero sorpreso di questa tua visita zio, non pensavo che il direttore della Banca di Chicago trovasse il tempo di far visita a un semplice direttore di filiale.-
-Non è una visita di cortesia Neal. Come hai detto giustamente tu non avrei il tempo per visite ai parenti in orario di lavoro.-
-Bene.- disse Neal prima di mandare giù l’ultimo sorso del suo caffè. -Ti ascolto allora.-
-Nei giorni scorsi ho avuto modo di verificare i conti delle principali filiali della nostra banca, e nei conti di questa filiale c’è qualcosa che non quadra come dovrebbe.-
-Sì, so di cosa parli. Un paio di finanziamenti non stanno rientrando nei tempi previsti, e si tratta di finanziamenti importanti. I nostri clienti comunque mi hanno rassicurato che presto si metteranno in regola con i pagamenti.-
-A quei clienti hai concesso condizioni molto flessibili e generose, decisamente non in linea con le nostre “Policy” aziendali. Quei finanziamenti non mi sembrano coperti da garanzie solide e affidabili.-
-È un rischio calcolato zio. Quei clienti sanno come far fruttare il denaro credi a me.-
-A me risulta che Johnson e Dickart siano due speculatori specializzati in operazioni finanziarie “allegre” e prive di basi solide. Inoltre si vocifera che siano in rapporti con la malavita di Chicago.-
-Sono solo voci prive di fondamento zio. Tutte le indagini su di loro hanno dato esito negativo.-
-Ciò non toglie che siano personaggi discutibili.-
-Zio, fidati di me.-
William squadrò severamente il parente, non ne aveva mai avuto molta stima, ma in quel momento gli trasmise una sensazione di sporco, di viscido. Decisamente non era all’altezza del suo genitore.
Raymond Legan era stato sì un amministratore severo ma integerrimo e al di sopra di ogni sospetto.
-Va bene, attendo ulteriori verifiche. Ora vorrei parlare con te di un’altra questione.-
-Ti ascolto.-
-Ho ricevuto una segnalazione su una nostra cliente, la direttrice di un orfanotrofio nell’Indiana, una certa Candice White…-
-Ah sì! Quella troglodita… non puoi immaginarti che scenata ha fatto proprio in questo ufficio. Ha addirittura dato uno schiaffo a Iriza!-
-Mi risulta che sia una cliente affidabile, che ha sempre saldato puntualmente le rate del prestito che tuo padre le concesse qualche anno fa. Di recente ha avuto un po’ di difficoltà con un paio di rate.-
-Sì certo, e qualche giorno fa ha sistemato tutto, non vedo dove sia il problema.-
-Il problema è che tu hai minacciato di pignorarle la casa dove vive con i suoi bambini.-
-Un atto dovuto zio, sai bene che una banca non è un istituto di beneficenza, noi dobbiamo far quadrare i conti.-
-Con Johnson e Dickart sei molto più flessibile.-
-Johnson e Dickart sono clienti molto più importanti di quella stracciona e dei suoi puzzolenti orfanelli…-
Era troppo! William si alzò in piedi battendo i pugni sul tavolo di Neal
-Adesso ascoltami bene Neal! Tu convocherai subito Miss Candice White e le proporrai una rinegoziazione dei termini delle rate che deve ancora saldare. Nel frattempo io ordinerò una revisione dei conti di questa filiale e se scoprirò qualcosa di irregolare stai pur certo che a quella poltrona siederà qualcun altro!
Sono stato chiaro?-
Neal rimase talmente sconcertato da quella reazione da non avere neanche la forza di parlare. Si limitò ad annuire: non era davvero il caso di contrariare lo zio William.
Senza altre parole William uscì dalla stanza.
Rimasto solo Neal ebbe un gesto di stizza.

Quella stessa sera Neal raccontò tutto a sua sorella.
-Avresti dovuto essere più cauto Neal. Sai bene che lo zio William è molto sensibile a certi temi, chiamare “puzzolenti” gli orfanelli di Miss “schiaffo facile” è stato come sventolare un drappo rosso davanti a un toro. E adesso rischiano di venir fuori i nostri traffici con Johnson e Dickart.-
-Per quello non c’è problema. I bilanci possono essere truccati, le cifre stornate e i buchi riappianati, almeno in parte, ma ci vuole tempo.-
-Bisognerebbe levare di mezzo lo zio William, almeno per un po’.-
-Che diavolo intendi fare Iriza?!!!- chiese Neal atterrito dalle parole della sorella.
-Tranquillo, ho detto per un po’, mica per sempre! Non vogliamo certo far del male al nostro beneamato zio, ma soprattutto non vogliamo che cambino gli equilibri al vertice della Banca di Chicago! Non in questo momento almeno, non siamo ancora pronti a scalzare gli Andrew dalla dirigenza della banca.-
-E allora…- Neal sudava freddo, sua sorella lo inquietava.
-Lascia fare a me. Risolverò entrambe le questioni: quella dei casini della tua filiale e quella della biondina…-
-Ma vada al diavolo Miss Candy o come diavolo si chiama!-
-Lo farà, non preoccuparti, ma ci serve anche lei…-
 

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Capitolo 5
*** Goditi il tuo trionfo maledetta ***


Candy, Patty, la signora Carter e nonna Marta alzarono allegramente i bicchieri ricolmi di buon vino fino a farli cozzare in segno di festeggiamento.
-Brindiamo alla salute del signor William Andrew e alla faccia del viscido Neal Legan, e della sua lurida sorella!- esclamò Candy evidentemente un po’ ebbra, oltre che felice.
-Candy!- la rimproverò Patty.
-Lasciala dire Patty.- intervenne nonna Marta -In fondo ha ragione lei. Quel sudicio direttore di banca ha avuto il fatto suo.-
-Avreste dovuto vedere la sua faccia quando mi proponeva quella rinegoziazione delle rate che devo ancora saldare. La Casa di Pony è salva!-
-Candy, sei ubriaca!- 
-Io ubriaca? Ma che dici Patty?-
-Dico che dovresti andare a farti un buon sonno.-
-Già… forse hai ragione… stasera ho quel ricevimento…-
-Appunto. Non puoi andarci in queste condizioni. Appoggiati a me, ti accompagno a letto.-

Appena seduta sul letto Candy letteralmente crollò, e Patty la adagiò sul letto coprendola poi con una copertina dopo averle levato le scarpe.
Tornata in cucina si sedette al tavolo insieme a sua nonna mentre una divertita signora Carter se ne andava salutando.
-A domani Patty.-
-A domani signora Carter.-
-S’è addormentata subito.- disse poi Patty a sua nonna non nascondendo un certo divertimento nella voce.
-È una cara ragazza.- disse l’anziana donna. -Doveva scaricare la tensione accumulata in questi giorni. Quel che conta è che il suo orfanotrofio sia salvo.-
-Lo stesso non si può dire della nostra pensione…-
-Già. Ci abbiamo provato ma era una sfida difficile da vincere per due donne sole e senza nessuna esperienza in un settore difficile.-
-Mi dispiace tanto nonna. Ci hai messo così tanto in questo progetto…-
-Non dartene peso figliola, lo facevo per te, per darti un avvenire in questo paese, lontana dall’influenza nefasta dei tuoi genitori.-
Una lacrima scese dagli occhi di Patty. Ripensava al fatto di aver rotto con i suoi genitori, e al fatto che sua nonna fosse stata ripudiata da suo figlio, che poi era il padre di Patty.
-So a cosa pensi ragazza mia, ma non devi farti una colpa di quello che è successo con tuo padre. Ho scelto io di appoggiarti nella tua decisione di raggiungere il tuo Stear, e poi di rimanere in questo paese.-
-Nonna… se non avessi te io…-
Scoppiò a piangere e nonna Marta la consolò.
-Sai tesoro mio, dovresti ricominciare a guardarti intorno. Sono passati anni ormai…-
La ragazza sollevò lo sguardo pieno di lacrime in direzione dell’anziana
-Ti voglio bene nonna…-

Candy dormì per buona parte del pomeriggio, e poi aiutata da Patty si preparò per il ricevimento a cui era stata invitata dal signor William Andrew in persona.
-Sei uno schianto Candy!- commentò allegramente Patty quando vide l’amica ormai pronta nel suo abito da sera verde smeraldo, e con i capelli raccolti in due eleganti code ai lati della testa.
A Candy sembrò di essere tornata bambina: ormai aveva dismesso quei buffi codoni che l’avevano accompagnata per tutta l’infanzia e l’adolescenza, e adesso eccola lì con i capelli di nuovo raccolti in modo certo più elegante e formale, e con quell’abito addosso che le era stato regalato dal signor Andrew in persona quando l’aveva invitata al ricevimento nella residenza degli Andrew a Chicago.
Il ricordo della faccia di Neal Legan quando davanti al signor Andrew, le aveva “spontaneamente offerto” la rinegoziazione delle rate che le consentiva di salvare la Casa di Pony, probabilmente se lo sarebbe portato nella tomba come uno dei più belli della sua vita.
Poi, uscita dall’ufficio del signor Legan, era stata raggiunta da quel giovane e fascinoso uomo che si era presentato come il signor William Andrew.
Lui l’aveva invitata al ricevimento di quella sera alla residenza degli Andrew.
-Non ho un abito adatto signor Andrew.- aveva obiettato lei
-Nessun problema.- le aveva risposto il giovane magnate. -Venga con me: l’accompagno in un negozio dove le forniranno quanto necessario. Ovviamente essendo mia ospite il vestito lo pagherò io.-
-Ma signor Andrew, io non posso…-
-Sì che può Miss White. È il modo migliore per scusarmi della scortesia avuta verso di lei da quell’imbecille di mio nipote.-
Lei aveva sorriso e accettato.

-Mi raccomando Candy: non bere a quel ricevimento.-
La voce di Patty la distolse dal ricordo di quanto avvenuto poche ore prima.
-Tranquilla Patty. Una sbronza mi basta e avanza per oggi. Poi ci saranno anche i Legan a quel ricevimento, e non intendo certo dare spettacolo davanti a loro.-
-Divertiti Candy!-

Ad  accoglierla in  casa Andrew fu lo stesso William Andrew, ancora più  elegante di come l’aveva visto quella mattina in banca.
-Benvenuta Miss White.-
-La  ringrazio signor Andrew.- rispose lei porgendo la mano al giovane e fascinoso magnate. “Lo scapolo più ambito di Chicago”, così lo aveva definito la signora Carter, e l’uomo che gli stava accanto non era certo da meno.
-Lasci che le presenti il signor Terence Graham.-
-Il famoso attore? Wow! Onoratissima signore.-
-L’onore è mio Miss White.- rispose l’attore esibendosi in un elegante baciamano.
-Miss White è la direttrice dell’orfanotrofio di cui ti parlavo poco fa.-
-Quindi è lei che ha mollato uno schiaffone a Iriza Legan? Avrei voluto vedere la scena!- disse Terence Graham ridendo.
-Non mi piace alzare le mani, ma quell’arpia me lo ha tirato fuori a forza quello schiaffo!-
Dietro di loro, non vista, Iriza Legan si conteneva a fatica.
-Goditi il tuo trionfo maledetta…- bofonchiò fra sé.

La serata continuò, e Candy fu invitata a ballare sia da William Andrew che da Terence Graham, e ovviamente si divertì un mondo.
Non poteva nemmeno immaginarsi la terribile trappola che qualcuno le aveva teso.
Stava ballando con Terence Graham, quando quest’ultimo le rivolse una domanda:
-Gradisce qualcosa da bere Miss Candy?-
-Oh no, per carità!- disse lei ridendo -Proprio oggi a pranzo, per festeggiare l’accordo con Neal Legan, mi sono letteralmente ubriacata! Era la prima volta in vita mia che mi lasciavo andare così. Ma lei faccia pure, la prego.-
-In realtà io sono astemio come tutti gli ex alcoolizzati, chiedevo solo per cortesia.-
Proprio in quell’istante furono urtati da altri due ballerini.
-Oh scusateci tanto.- disse una voce femminile che Candy riconobbe benissimo
-Non fa niente Miss Legan.-
-Ma è lei Miss… Candy… dico bene?-
-Sì Miss Legan, dice bene.-
-Sa, stavo ballando con mio fratello e… ma diamoci del tu per favore! Dimentichiamo i piccoli dissapori e chiamami pure Iriza! Abbiamo la stessa età noi due o sbaglio?-
-Io ho ventitre anni… Iriza… dico bene?-
-Perfettamente… Candy…-
Dal lampo che intravide negli occhi della sua coetanea, Candy percepì qualcosa che le mise i brividi. Che accidenti stava tramando quell’intrigante?
-Attenta a quella ragazza Candy.- le disse Terence Graham appena i due Legan si furono allontanati -l’ho conosciuta a Londra e ti assicuro che è una vera vipera.-
-Hai conosciuto Iriza Legan?-
-Sì certo, sia lei che il suo degno fratello, e posso solo consigliarti di starne alla larga. Sicuramente sta tramando qualcosa per vendicarsi dell’affronto subito l’altro giorno.-
-Ti ringrazio Terence, ma non ho intenzione di approfondire la conoscenza di quei due. Dopodomani riparto per il mio orfanotrofio e…. Oh Santo Cielo! Ti ho chiamato Terence!-
-Già, e io ti ho chiamata Candy. Non formalizzarti: se hai dato confidenza a quella vipera puoi darla anche a me.- disse lui strizzando l’occhio
-Già.- ammise lei ridacchiando.

Dall’altra parte della sala William Andrew prese un calice con lo spumante che gli era stato appena porto da qualcuno davanti a lui, e ne sorseggiò il contenuto. 
Istantaneamente uno strano sapore gli riempì la bocca e subito dopo uno straziante dolore gli attaccò lo stomaco, e il giovane magnate stramazzò a terra con un grido.
-Zio William!- gridò Iriza che passava lì vicino. -Un medico! C’è un medico in sala?-
-Eccomi! Sono il dottor Warner, il medico curante degli Andrew! Fate luogo signori! Non accalcatevi inutilmente e chiamate subito un’ambulanza!-
Prontamente il personale di Casa Andrew chiamò l’ospedale e l’ambulanza arrivò in pochi minuti proprio mentre William Andrew era in preda a una crisi di vomito.
-Sospetto un avvelenamento.- disse perentoriamente il dottor Warner ai medici dell’ambulanza. -Bisogna chiamare la Polizia a chiudere la sala.-
-Ci penso io.- dichiarò uno degli invitati presenti -Sono l’ispettore Barnaby, della Polizia di Chicago. Che nessuno si muova da questa casa fino all’arrivo dei miei uomini! Accompagnatemi subito ad un telefono!-
-Venga ispettore.- disse il maggiordomo di casa Andrew -Da questa parte!-
-Sorvegliate che nessuno si allontani dalla casa!-
-Sarà fatto ispettore.-

La Polizia arrivò subito e in breve la residenza degli Andrew fu occupata da     numerosi agenti in divisa. William Andrew fu portato in ospedale e l’ispettore e i suoi uomini cominciarono a interrogare i presenti.
-Dottor Warner. Lei ha dichiarato poc’anzi di sospettare i sintomi di un avvelenamento.-
-Sì ispettore. Mi trovavo vicino al signor Andrew e l’ho visto stramazzare a terra dopo aver bevuto un sorso di champagne. Dai sintomi sospetto un avvelenamento da arsenico.-
-Qualcun altro ha bevuto lo stesso champagne?-
-Praticamente tutti ispettore.-
-Allora si tratta di un attentato alla vita del signor Andrew. Ordino la perquisizione della residenza, e anche di tutti i presenti.-
Nemmeno la signora Elroy si oppose alla perquisizione disposta dall’ispettore, visto che in ballo c’era la vita di suo nipote, e gli agenti iniziarono il loro lavoro.
Tutti i presenti, servitù e invitati, furono fatti disporre in fila e alcuni agenti cominciarono la perquisizione. Tutte le donne furono perquisite da una donna poliziotto, e ben presto arrivò il turno di Candy.

La poliziotta che perquisiva Candy si soffermò su una tasca del vestito che la bionda “Miss Candy” indossava, e ne estrasse qualcosa.
-Ispettore Barnaby! Ho trovato qualcosa!- disse a voce alta la poliziotta mentre sventolava una bustina estratta dalla tasca di Candy.
L’ispettore accorse e prese la bustina che la giovane poliziotta gli porgeva. La annusò e poi squadrò severamente la bionda direttrice della Casa di Pony.
-Come si chiama signorina?-
-Io… sono Candy White…-
-Miss White, lei sa cosa c’è in questa bustina?-
-No, ma… quella bustina non è mia…-
-Qui dentro c’è arsenico. Lo stesso veleno che ha appena intossicato il signor Andrew! Cos’ha dire?-
Una terrorizzata Candy rispose farfugliando.
-Io… io… quella bustina… non è mia!!!-
-È stata trovata addosso a lei signorina! Come lo spiega?-
Candy, sempre più atterrita, non parlava più.
-Miss Candy White: la dichiaro in arresto. Ammanettatela e portatela via!-

Mentre due poliziotti portavano via l’ammutolita ragazza, Terence guardò la bustina in mano all’ispettore.
-Ispettore, guardi questa bustina.-
-Lei chi è?-
-Terence Graham.-
-Ah, il famoso attore. E come mai si trova qui?-
-Sono stato regolarmente invitato dal signor Andrew, lo conosco da diversi anni.-
-Cosa voleva dirmi signor Graham?-
-La bustina che ha in mano, la guardi bene: è intera.-
-E allora?-
-E allora l’arsenico che ha avvelenato il signor Andrew non può provenire da lì.-
-Quella rotta l’avrà buttata, comunque era in possesso di arsenico. In ogni caso i miei uomini completeranno la perquisizione.-

All’ospedale Santa Johanna, Flanny Hamilton usciva dalla sala operatoria spingendo la barella con sopra adagiato il signor William Andrew.
-Portatelo in una stanza in chirurgia e sistematelo a letto.- ordinò il dottor Edwards a Flanny e alla sua collega Natalie.
-Dottore, il reparto è completo.- disse Flanny
-Trovate un altro letto in un altro reparto.-
-Ci sarebbe la stanza numero zero.- suggerì Natalie
-In mancanza di meglio mettetelo lì, poi appena si libererà un letto lo trasferiremo.-
Mentre sistemavano il giovane uomo nel suo letto, Flanny non poté fare a meno di pensare all’ironia della situazione: quell’uomo era abbonato alla stanza numero zero!

Nel salone delle feste degli Andrew, una mano di donna guantata raccoglieva da terra una bustina di carta rotta e la metteva al sicuro dentro la modesta scollatura del suo abito.

Alla centrale di Polizia di Chicago Candy veniva schedata come una volgare criminale e poi tradotta in cella, dove da sola, al buio, scoppiò in un pianto disperato stringendo forte a sé la croce della felicità come ad invocare l’aiuto della cara Miss Pony.

 

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Capitolo 6
*** posso chiamarti Flanny? ***


Suor Anna finì di consumare la sua frugale colazione nell’ufficio della direttrice, e poi diede inizio alla sua giornata lavorativa.
Anzitutto doveva preparare la colazione per quella masnada di indemoniati che avrebbero meritato l’intervento di un esorcista autorizzato dal Vaticano, poi svegliare e far vestire il prima possibile gli indemoniati stessi, e infine trascinarli in aula dove dovevano iniziare la loro lezione quotidiana.

Quando dopo una faticosa mattinata la giovane suora riuscì a riposarsi per un po’, mentre i bambini giocavano fuori, dal paese arrivò un trafelato e sudante signor Marsh.
-Bambini…- disse affannosamente -Dov’è Suor Anna?-
-È andata a riposare un po’ poverina.- rispose Maggie -In questi giorni lavora così tanto…-
-Lo immagino… ma dovete andare a chiamarla… è importante…-
-Sono qui signor Marsh. Cosa c’è di così importante?-
L’anziano postino porse qualcosa alla suora, un giornale.
La ragazza lo aprì e poco mancò che stramazzasse a terra svenuta.
-Mio Dio…- disse portandosi la mano alla bocca e impallidendo mortalmente.
-Ma… come…-
-Forse è meglio se entriamo in casa Suor Anna.-
-Sì certo… bambini: continuate a giocare.-

-Ma come può essere? Candy arrestata per tentato omicidio? È assurdo!-
-Lo so sorella. Conosco bene Candy e so che sarebbe incapace di fare del male a una mosca, ma quel giornale parla chiaro. Candy è stata trovata in possesso dello stesso veleno che ha quasi ucciso quel William Andrew.-
-Io… devo andare a Chicago, ma non posso lasciare i bambini e poi non ho i soldi per il viaggio.-
-Oh, per quello non si preoccupi: tre signore del paese stanno per arrivare qui e penseranno loro ai bambini. Inoltre il sindaco sta organizzando una colletta, ed entro stasera vi porterà i soldi per il viaggio. Candy ha bisogno di lei: è in prigione e sola in una città dove non conosce nessuno.-
-Di… di quando è questo giornale?-
-È dell’altro ieri, quindi Candy è stata arrestata tre giorni fa.-

In realtà Candy non era sola a Chicago. Proprio in quel momento in carcere riceveva una visita inaspettata.
-Terence!-
A vederla in quel modo, umiliata con la divisa da carcerata, Terence Graham ebbe un moto di compassione, ma subito si scosse: se voleva aiutare quella ragazza doveva mantenere il controllo.
-Ciao Candy, come stai?-
-Insomma… non era certo il sogno della mia vita finire con questo pigiama addosso.-
-Coraggio Candy, sono sicuro che tutto si sistemerà.-
-Io… io non ho fatto niente…- disse lei piangendo. -Non ho idea di come quel veleno sia finito nelle mie tasche.-
-Lo so Candy, sei sempre stata accanto a me e poi quella bustina era intatta.-
-Secondo loro mi sarei disfatta della bustina usata per avvelenare quel poveraccio… a proposito… come sta?-
-Poi andrò a trovarlo all’ospedale. Ieri dormiva ma sembrava in via di guarigione.-
-Bene, non ho niente contro quell’uomo che anzi, si è dimostrato sensibile e umano.-
-Secondo l’ispettore Barnaby potresti essersi sbagliata: volevi avvelenare Neal Legan o magari sua sorella, ma quel bicchiere è finito in mano al signor Andrew… che razza di imbecille!-
-Ma sono sempre stata con te! Quando accidenti l’avrei avvelenato quel dannato bicchiere di champagne?!?!?-
-Io ho provato a spiegarlo a quel dannato ispettore, ma c’è una cosa che dobbiamo capire se vogliamo provare a risolvere questo mistero: come diavolo ha fatto quella bustina di arsenico a finire nella tua tasca?-
-Non lo so accidenti! Non so neanche dove si compri l’arsenico!-
-Candy, io ti credo, ma dobbiamo capire cosa è successo. Pensaci bene: dove hai preso quel vestito? Non te lo sei certo portato dall’Indiana!-
-No, certo che no. È un regalo di William Andrew, proprio per andare a quello stupido ricevimento!-
-Quindi era la prima volta che lo indossavi.-
-Sì certo.-
-Quel vestito, dove lo hai custodito prima di indossarlo?-
-Nella mia stanza alla pensione di Nonna Marta. Ma Nonna Marta e Patty O’Brien sono persone al di sopra di ogni sospetto.-
-Conosco Patty O’Brien e sono propenso a darti ragione. E poi che motivo avrebbero avuto lei e sua nonna di incastrarti?-
-Terence… io…-
-Coraggio Candy. Giuro che ti farò uscire da qui. Sii forte!-
Lei ricacciò indietro le lacrime a fatica.

Nel frattempo, nella filiale della Banca di Chicago diretta da Neal Legan, due uomini di età compresa fra i cinquanta e i sessanta elegantemente vestiti, venivano ricevuti proprio da Neal nel suo ufficio.
Fred Johnson e Alan Dickart sedettero proprio davanti a Neal.
-Miss Reagan, ci porti tre caffè, e faccia in modo che nessuno ci disturbi.-
-Certamente signor Legan.- rispose Miss Reagan, una ragazza sui trent’anni dai lunghi capelli castani.
Poco dopo, mentre sorseggiavano i loro caffè, i tre uomini vennero subito al dunque.
-Non dovete preoccuparvi per quei finanziamenti signori, adesso lo zio William è fuori gioco per un po’, e quei controlli che mi aveva minacciato di far svolgere tarderanno. Se nel frattempo potesse versare alla banca almeno una parte di quei soldi, questo mi aiuterebbe a far quadrare i conti. Poi sarà mia cura di recuperare il resto magari stornandolo da altre fonti meno… come dire… importanti di voi.-
-Dici che William Andrew è fuori gioco per un po’- disse Johnson 
-Certo, l’arsenico che mi avete fornito ha fatto il suo lavoro, lo zio William ne avrà per un paio di settimane almeno.-
-Potevate osare di più.- disse Dickart -Non volete prendere voi le redini della Banca di Chicago?-
-Troppo rischioso. Non siamo ancora pronti per scalzare la famiglia Andrew dai vertici della banca, ma lo saremo in pochi anni. Questa azione è servita solo per darci un po’ di tempo per risolvere le nostre questioni.-
Johnson e Dickart fissarono Neal per un lunghissimo istante, poi Dickart sbottò battendo i pugni sul tavolo.
-SEI UN IMBECILLE LEGAN!-
Neal trasalì e tremò sinceramente di paura.
-Avevamo un accordo Legan!- disse ancora Dickart afferrando Neal per la giacca e sollevandolo dalla sedia.
-Noi vi favorivamo nella scalata ai vertici della Banca di Chicago grazie ai nostri “agganci”, e tu ci facevi carte false per quei finanziamenti.-
-E… e l’ho fatto! Avete avuto quei soldi!-
-E adesso li rivuoi indietro…-
-Solo una parte! Per aiutarmi a riappianare quel buco di bilancio! Io…- 
Dickart mollò la giacca di Neal lasciandolo ricadere sulla sua sedia
-Scordatelo! Quei soldi sottraili a fondi di investimento, rubali dai conti degli spiantati, fai come ti pare! Ma soprattutto affretta i tempi della dipartita del tuo caro zio, sono stato chiaro?-
Poi fece cadere due bustine di carta sulla scrivania di Neal
-A-arsenico?-
-No, digitale. Sai cos’è?-
Neal fece cenno di sì
-il contenuto di una sola di queste bustine provocherà al tuo amato zio un infarto fulminante. Una morte che tutti imputeranno a una conseguenza dell’avvelenamento già avuto, e del quale è stata accusata quella bionda.-
Neal non rispose. Eseguire quell’ordine avrebbe significato saltare definitivamente il fosso, ma non aveva scelta.
Fece cenno di sì con la testa.

All’ospedale Santa Johanna, Flanny Hamilton entrava nella stanza numero zero.
-Buon giorno signor Andrew. Venivo a comunicarle che entro pochi giorni si libererà un posto letto fra le stanze private, e quindi potremo trasferirla lì. Sua zia Elroy ha fatto il diavolo a quattro con il direttore dell’ospedale, il dottor Leonard.-
-Già, immagino. E comunque qui non mi trovo per niente male. Si vede che ho un feeling particolare con questa stanza.-
Flanny sorrise sotto i baffi, il che era un evento decisamente inusuale per lei. In pochi l’avevano vista sorridere da quando lavorava a Chicago.
-Nella stanza privata si troverà meglio vedrà.-
-Miss Hamilton, io… oh al diavolo! Posso chiamarti Flanny?-
-Se… le fa piacere…-
-E tu chiamami Albert.-
-A-Albert?-
-Il mio nome completo è William Albert Andrew, e tutti i miei amici mi hanno sempre chiamato Albert. Anche la mia povera sorella maggiore mi chiamava sempre così.-
-Signor Andrew io… io sono un’infermiera e lei è un mio paziente. Che direbbe il dottor Leonard? Lui tiene molto alla forma.-
-Già immagino… e io non voglio certo metterti in imbarazzo.-
Proprio in quel momento qualcuno entrò nella stanza.
-Ciao Zione! Hai fatto l’abbonamento a questa stanza, eh?-
-Ciao Archie, è solo una sistemazione temporanea. Posso presentarti la signorina Flanny Hamilton?-
-Onoratissimo signorina.- disse Archie tendendo la mano alla fredda infermiera.
-Io… io devo andare adesso. A più tardi Albert. Ti porterò il pranzo alle 11.30.-
-Va bene Flanny, a più tardi.-
-Simpatica la moretta! Un altro po’ mi morde la mano.-
-Non prendertela Archie, è una brava ragazza ma ama stare sulle sue.-
-Piuttosto: come stai?-
-Molto meglio, certo, è stata una bella batosta e mi ci vorrà un po’ per riprendermi.-
-Sai che hanno arrestato una persona per il tuo avvelenamento?-
-No, non lo sapevo. E chi sarebbe?-
-Una certa… Candy White… Una tipa che stando a quello che dicono i giornali sarebbe stata invitata al ricevimento proprio da te.-
William o Albert, o in qualunque modo volesse essere chiamato, sgranò gli occhi.
-Cosa? Ma è assurdo! Che motivo avrebbe avuto di…-
-Questo non è chiaro. La Polizia pensa che potrebbe essersi sbagliata. Io non ci ho capito granché dai giornali…-
Il giovane magnate si agitò
-Io… io devo andare subito alla Polizia… io…-
-Sta calmo zio! Non devi agitarti! Ascoltami bene: raccontami tutta la storia e andrò io alla Polizia: te lo prometto. Ma tu non agitarti.-
Proprio in quel mentre entrò Flanny Hamilton.
-Cosa succede qui?-
-Mio zio si è un po’ agitato, tutto qui.-
-Vado subito a chiamare il dottore. Lei cerchi di calmarsi signor Andrew!-
-L’infermiera “pezzo di ghiaccio” ha ragione zio, devi calmarti. Poi mi racconterai che cosa è successo con quella ragazza.-

Candy entrò nella sala dei colloqui, era la seconda volta in due giorni.
-Anna!- 
Cercò anche di correre ad abbracciare la sua sorella della Casa di Pony, ma le guardie del carcere la fermarono.
-Mi dispiace White! Non possiamo permetterlo.-
-Oh andiamo! Suor Anna è come una sorella per me: permettetemi di abbracciarla per qualche secondo, dopo mi potrete sempre perquisire.-
Le due donne che l’avevano accompagnata in sala si scambiarono uno sguardo d’intesa.
-Va bene White, ma solo per un  po’.-
Le due ragazze si abbracciarono in lacrime sotto lo sguardo commosso delle due guardie carcerarie, ma dopo un po’, fedeli alla parola data, si staccarono e Candy si lasciò perquisire.
-Ma che accidenti ti è capitato Candy!- esclamò la giovane suora -Escludo che tu abbia voluto avvelenare chicchessia!-
-Infatti non ho fatto niente! Non ho idea di come quel veleno sia finito nel vestito che mi aveva regalato proprio William Andrew.-
-Candy io ti credo, ma giudice e giuria saranno molto meno inclini a crederti, lo capisci?-
-Sì, so bene quello che rischio. Ma piuttosto dimmi dei bambini.-
-Oh non preoccuparti: quelle piccole pesti sono guardati a vista da tutto il paese. Le donne di La Porte si alternano a custodirli. Ovviamente non posso assentarmi troppo a lungo e fra pochi giorni dovrò tornare a casa.-
-Il processo sarà fra due settimane. Rischio una lunga condanna e io non ho fatto niente!- scoppiò a piangere e una delle guardie perse una lacrima. E quella ragazza sarebbe stata una criminale?

-Una storia davvero strana zio.- disse Archie dopo aver sentito il racconto dello zio William. 
-Trovo quanto meno inverosimile che questa Candy White abbia cercato di avvelenarti. Tu l’hai aiutata, perché avrebbe dovuto farti del male? E anche l’ipotesi dell’errore di persona mi sembra alquanto strampalata. Dovrebbe essere una cretina integrale per commettere un errore del genere.-
-Già, e non lo è credimi. È una brava ragazza che ha dedicato la sua vita ai bambini orfani, e lei stessa è un’orfana.-
-Ascoltami bene: ti prometto che parlerò io con questo ispettore Barnaby e cercherò di capirci qualcosa. Sicuramente è stato un attentato contro di te, e qualcuno ha voluto incastrare quella ragazza. Resta da capire perché.-
-Già, è proprio questo il punto: chi può odiare una direttrice di orfanotrofio al punto di volerla incastrare in un modo così perfido?-
-E soprattutto… quella persona deve odiare anche te, o almeno avere un motivo per ucciderti.-
-Il veleno!-
-Come dici?-
-Chi ha avuto la possibilità di mettere quel veleno nell’abito di Candy? Quel vestito lo avevo comprato io il giorno prima e non può essere passato per troppe mani.-
-Quindi quel veleno deve essere stato messo lì proprio il giorno del ricevimento.-
-Devi parlare con quella ragazza! Devi ricostruire con chi si è vista, chi le è stato abbastanza vicino da poterle mettere quel dannato veleno in tasca!-
 

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Capitolo 7
*** un gioco molto più grande di lei ***


Per il terzo giorno consecutivo Candy entrava nella sala colloqui del carcere di Chicago. Davanti a lei c’erano due persone: una era Patty, con la quale ebbe un commosso abbraccio, e l’altra…
-Candy, questo ragazzo è Archibald Cornwell, il fratello del mio povero Stear.-
-Sì, mi hai parlato di lui. Molto lieta signor Cornwell. Io sono Candy White.-
-Il piacere è tutto mio Miss White. E spero ardentemente che presto potremo parlare e presentarci fuori da questo luogo.-
-Non me ne parli… ma lei crede alla mia innocenza?-
-Ci credono sia Patty che lo zio William, e questo basta e avanza per me.-
-La ringrazio.-
-Mi ascolti Miss White. Dando per buono che qualcuno le abbia messo in tasca quel veleno, dobbiamo capire chi. È importante ricostruire con chi ha avuto contatti nelle ore precedenti al ricevimento.-
-Da quando il signor William mi  ha regalato quel vestito sono rientrata subito alla pensione e da lì non mi sono mossa se non per andare a quel ricevimento.-
-Quindi teoricamente solo Patty e sua nonna avrebbero potuto mettere quel veleno nella sua tasca, il che mi sembra assurdo solo pensarlo.-
-Vorrei ben vedere Archie!- disse una stizzita Patty.
-Quindi signorina è importante che lei faccia mente locale su ogni cosa che le è successa dal momento in cui ha indossato quel vestito. Sia prima che durante il ricevimento. Ogni persona che ha incontrato in quelle poche ore può essere colui o colei che l’ha incastrata.-
-Beh, al ricevimento ho ballato sia con William Andrew che con Terence Graham, ma mi sembrano persone al di sopra di ogni sospetto.-
-Ha ballato con Terence? Spero si sia disinfettata dopo!-
-Smettila Archie!- si arrabbiò Patty -Ti sembra il momento di riesumare i tuoi vecchi rancori con Terence?-
-Già. Parliamo di cose serie: adesso noi dobbiamo andare Miss White…- 
-Oh la prego, mi chiami Candy.-
-Va bene Candy. Noi dobbiamo andare, ma cerca veramente di ricordare ogni particolare di quella giornata. Patty tornerà a farti visita la prossima settimana ma se ti dovessi ricordare qualcosa prima…-
-Ci penseremo noi a farvelo sapere signor Cornwell.- intervenne una delle due donne in divisa dietro a Candy
-Conosciamo Candy da poco e l’idea che possa essere un’assassina ci sembra assurda. Contate pure su di noi.-
Archie fece un cenno di assenso.

-Così Johnson e Dickart vogliono affrettare i tempi.- disse Iriza dopo aver sentito il resoconto del fratello su quanto avvenuto nel suo ufficio.
-Vogliono farci uccidere lo zio William, ti rendi conto?-
-È quello che avremmo fatto anche noi prima o poi, no?!?-
-Noi parlavamo di scalzare gli Andrew dalla presidenza della Banca di Chicago, non di uccidere una persona.-
-Abbiamo forse altra scelta?-
Seguì un lunghissimo istante di silenzio
-A volte mi fai paura Iriza.-
-Non farmi la morale tu! Non siamo diversi noi due. Entrambi vogliamo la stessa cosa, e non badiamo certo ai mezzi da usare. Dai a me quelle bustine che ti hanno dato, penserò io a somministrarle all’adorato zietto.-

Il giorno dopo Archie si recò presso la stazione di Polizia che indagava sull’attentato a William Andrew. Attraversò la strada diretto all’ingresso della stazione di Polizia, e quando fu davanti agli scalini che introducevano all’edificio si trovò davanti qualcuno che sembrava emergere direttamente dal suo passato.
-E tu che diavolo ci fai qui Graham?-
-Potrei farti la stessa domanda Cornwell. Comunque non sono qui per litigare.-
-Neanch’io. Ho qualcosa di più importante da fare.-
-Guarda caso anch’io…-
-Non dirmi che sei qui per Candy White.-
-E tu che ne sai? Non c’eri l’altra sera a quello stupido ricevimento.-
-No, ero fuori città per lavoro. Ma lo zio William mi ha chiesto di verificare la situazione. Così sono appena stato al carcere a parlare con lei.-
-E cosa ne pensi Cornwell? Credi che quella ragazza sia innocente?-
-Lo zio William ne è convinto, e anch’io.-
-È stata tutta la sera a ballare con me. E poi non ce la vedo a uccidere una persona che l’aveva aiutata.-
-Ascolta Graham: seppelliamo l’ascia di guerra e collaboriamo. La salvezza di una ragazza innocente può dipendere da noi.-
-Senti senti…- disse una voce femminile di fianco a loro.
-…i due eterni rivali che si coalizzano per salvare la fanciulla in pericolo… deve proprio avervi colpito quella bionda…-
-Annie Brighton!- dissero ad una voce i due giovani uomini.
-Annie…- riprese Terence -…tu… conosci Candy.-
-Sì la conosco. Ma non è il caso di parlarne qui.-
-No certo…- disse Archie -Qui vicino c’è un ristorante di cui conosco il gestore. Sarà ben lieto di darci una sala riservata.-
-Dovrete pagare voi. I miei mi hanno tagliato i viveri.-
-Una volta non parlavi così… sciolta.- ironizzò Terence alla sua maniera
-Una volta era tutto diverso Terence, ma non sono qui per parlare di me. C’è una ragazza innocente che rischia di passare la vita in prigione.-

Poco dopo i tre giovani sedevano nella saletta riservata di un lussuoso ristorante di Chicago. Archie non aveva esitato a pagare un extra al gestore affinché non venissero disturbati.
Così dopo che una giovane cameriera ebbe portato loro il meglio che quel ristorante potesse fornire, la porta della saletta venne chiusa.
-Credo di dovervi delle spiegazioni.- esordì Annie -Io non sono la figlia naturale dei Brighton, ma vengo dalla Casa di Pony, lo stesso orfanotrofio da cui viene Candy. Io e lei siamo cresciute insieme, come sorelle, e giurammo di non farci mai adottare per non essere separate. Ma io mancai al mio giuramento e dopo che Candy aveva detto di no alla proposta di adozione dei Brighton, io dissi di sì. Sono sempre stata una seconda scelta io.-
-Annie, ti garantisco che ti fai torto- disse Archie. -Adesso capisco perché vuoi salvare quella ragazza, ma devo chiederti: hai in mano qualcosa che possa esserci utile?-
Senza rispondere Annie estrasse qualcosa dalla sua tasca e la mise sul tavolo. Si trattava di un fazzoletto piegato che lei aprì rivelando una bustina di carta rotta in tutto e per tutto uguale a quella trovata addosso a Candy. E all’interno di quella bustina c’erano anche tracce di arsenico.
I due uomini ex rivali della Royal Saint Paul School, sgranarono gli occhi.
-Dove hai preso quella bustina Annie?- chiese Terence con voce strozzata.
-C’ero anch’io a quel dannato ricevimento Terence, e quando hanno arrestato Candy ho trovato in terra questa bustina, e l’ho raccolta mettendomi un guanto per non cancellare le impronte. Se l’avessero trovata i poliziotti l’avrebbero fatta sparire.-
-Come fai a esserne così sicura?- chiese Archie
-Perché Barnaby è un corrotto! Ecco perché! È al soldo delle gang malavitose di Chicago.-
-Anche se fosse, che cavolo c’entra la malavita di Chicago con l’attentato allo zio William?-
Annie sembrò prendere fiato prima di continuare.
-Ascoltami bene Archie. Sicuramente tu e tutti gli altri mi avete sempre giudicata una ragazzetta priva di nerbo e completamente succube della madre, inutile a se stessa e agli altri…-
-Andiamo Annie! Non mi sembra il caso di…-
-Lasciala continuare Cornwell. Sono curioso di sentire i suoi argomenti.-
-…e avevate ragione. Fin da piccola io non valevo niente rispetto a Candy. Tutti preferivano lei a me, e anche loro avevano ragione. Credo di essere stata sempre un po’ gelosa di lei. Alla Royal Saint Paul School poi mi innamorai di te, in modo infantile, puerile, e infatti la nostra storia non durò molto. Quando ci lasciammo, io cambiai. Decisi di non essere più la ragazzina timida e frignona di una volta, e cominciai anche a usare quei soldi che i miei vollero intestarmi, in modo diverso dal comprarmi cappellini e foulard. Cominciai a muovermi nel bel mondo di Chicago, a frequentare salotti e circoli di beneficenza e a informarmi sulle cose di questa città.
Credetemi, in confronto a me Iriza Legan è una persona trasparente.-
-Non dire sciocchezze Annie, e arriva al sodo per favore.- la incalzò Terence
-Fra le varie informazioni di cui venni a conoscenza c’è anche questa: un gruppo di speculatori sta cercando di scalzare la famiglia Andrew dai vertici della Banca di Chicago.-
-Sai che novità.- disse Archie -Non è la prima volta che circolano queste voci.-
-Ma stavolta hanno puntato davvero dritto al cuore.-
-Cioè, tu stai dicendo che l’attentato allo zio William è opera di questi speculatori?-
-Esatto, un piano volto a sostituire William Andrew al vertice della Banca di Chicago con una persona sicuramente più malleabile di lui. La stessa persona che ha lasciato cadere questa bustina vicino al camino dopo averne versato il contenuto in un bicchiere porto poi al signor Andrew.-
-E… chi sarebbe questa persona?-
-Non lo indovini Archie?-
-No che non lo indovino Annie, vieni al sodo per favore!-
-Come sei nervoso Archie! La mia sorellina ti ha proprio colpito, eh?-
-Insomma: chi è colui che…-
-Neal Legan!-

Nel tardo pomeriggio di quello stesso giorno Iriza Legan sedeva nel suo salottino privato sorseggiando un tè, quando una cameriera si affacciò nel salottino.
-Chiedo scusa del disturbo signorina, ma c’è una visita per lei.-
-Di chi si tratta Rachel?-
-Una certa signorina Molly Jackson.-
-La faccia entrare e poi badi bene che nessuno ci disturbi.-
-Certo signorina.-
Poco dopo una donna sui trenta - trentacinque anni circa entrava nel salottino di Iriza.
-Prego Molly, si accomodi pure. Gradisce una tazza di tè?-
-No grazie signorina Legan. Possiamo arrivare al dunque?-
-Certamente, anch’io odio perdere tempo. Ha delle novità?-
-Ieri suo cugino Archie si è recato a trovare Candy White.-
-E come mai? La conosce per caso?-
-Glie lo ha chiesto il signor William Andrew.-
-Già… ovvio.- disse Iriza a mezza bocca rimuginando nella propria mente che doveva affrettare i tempi.
-Non so se a torto o ragione sia suo cugino che quell’attore… Terence Graham, sono convinti dell’innocenza di Candy, e credono che qualcuno l’abbia incastrata. Quando il signor Archie se n’è andato io mi sono offerta di fare da tramite fra Candy e lui, e di riferirle qualsiasi cosa Candy avesse ricordato di quel giorno.-
-Mio cugino dev’essersi preso una bella cotta per quella direttrice di orfanotrofi… comunque quella bionda ha ricordato qualcosa?-
-Sì signorina… ha ricordato… LEI.-
-ME?!?!?- disse Iriza sforzandosi di apparire impassibile
-Sì signorina. Ha detto che poco prima che il signor Andrew si sentisse male lei signorina, l’ha urtata mentre ballava con Terence Graham.-
-E questo che vuol dire?-
-Che, teoricamente lei potrebbe aver rapidamente messo nella tasca di Candy quella bustina di veleno.-
Iriza rise a bocca stretta.
-Quella bionda è pazza! Abbiamo avuto qualche screzio prima di quel ricevimento, e lei se l’è legata al dito.-
-Questo non mi interessa signorina. Lei mi ha detto di riferirle qualsiasi cosa Candy dicesse ad eventuali visitatori esterni, e io l’ho accontentata. Adesso mi aspetto che lei tenga fede alla sua parola.-
-Ma certamente.- disse Iriza alzandosi e dirigendosi verso una credenza dalla quale estrasse un cospicuo mazzo di banconote.
-Questo è per lei, mi raccomando: continui a tener d’occhio quella ragazza.-
-Cosa devo fare con il signor Archie?-
-Prenda tempo. Fra qualche giorno potrà anche riferire quello che ha appena detto a me. Tanto prima o poi verrà a saperlo comunque dei vaneggiamenti di quella pazza.-
-Va bene… allora io vado.-
-Aspetti. Non esca dalla porta principale, venga con me: la faccio passare da un’uscita di servizio.-
-No signorina. Esco da dove sono entrata, alla luce del sole. E quella “Derringer” che ha preso insieme ai soldi credendo di non essere vista, non le dico dove può mettersela.-
Iriza rimase di sasso: decisamente aveva sottovalutato quella guardia carceraria.
-Mi creda signorina: sarà stata anche abile ad avvelenare suo zio e a incastrare Candy White, ma come criminale non vale niente. Davvero pensava di potermi eliminare nel vicolo dietro casa sua? Come avrebbe giustificato lo sparo? E la presenza di un cadavere proprio dietro casa sua?-
Iriza era imperturbabile. Quella ragazza aveva ragione: come criminale aveva molto da imparare.
-Mi dia retta signorina: io posso esserle molto più utile da viva che non da morta. I suoi parenti verranno comunque a sapere dei sospetti di Candy, la prossima settimana quella ragazza… Patricia O’Brien, verrà di nuovo in visita a Candy e non posso certo evitarlo.-
-Potrebbe uccidere Candy!- disse impulsivamente Iriza.
-E come? Le sparo? O la avveleno? E lei si fida ad affidarmi un compito simile? Un conto è fare la spia, ben altro conto è uccidere una persona, soprattutto in un posto sorvegliato come un carcere.
Comunque adesso me ne vado, e in futuro saremo entrambe molto più prudenti nei nostri contatti signorina.-
Ciò detto Molly se ne andò lasciando Iriza sconvolta dalla propria pochezza: pensava di avere il controllo degli eventi e invece…
All’improvviso si rese conto di essere una pedina in un gioco molto più grande di lei. 

Al Santa Johanna Hospital, William Andrew era stato trasferito dalla stanza numero zero ad una delle stanze private a pagamento. Stava decisamente meglio, aveva anche ricominciato a mangiare con una certa regolarità, ma i medici, forse perché preoccupati del suo stato di salute, o forse per far prendere all’ospedale qualche giorno in più della generosa retta che i pazienti delle stanze private pagavano, erano favorevoli a trattenerlo più a lungo sotto osservazione.
-Ciao Flanny!- disse il giovane magnate rivolto alla fredda, ma non troppo, infermiera appena entrata nella sua stanza.
-Albert…- Infine la ragazza si era decisa a dare del tu al suo paziente.
-… devo prenderti la temperatura Albert.-
-Ormai non ho più febbre. Sono ancora un po’ debole è vero, ma nel complesso sto bene. Vorrei che i medici mi dimettessero già domani.-
-Non essere precipitoso Albert! È vero, stai meglio, ma hai avuto una brutta botta, e i medici vogliono essere sicuri che non siano rimaste lesioni interne significative.-
-Senti, posso chiederti una cosa?-
-Dimmi.-
-Ci sono notizie su quella ragazza… accusata di avermi avvelenato?-
-Quella Candy White? È ancora in prigione, il processo dovrebbe iniziare fra una decina di giorni.-
-Io non credo sia stata lei.-
-La polizia ipotizza che si sia sbagliata, che volesse avvelenare Neal Legan e che abbia erroneamente avvelenato te.-
-È assurdo! Non aveva nessun motivo di farlo! Neal era stato costretto a rinegoziare il contratto che quella ragazza aveva con la banca, perché volerlo uccidere? Credo piuttosto che l’attentato fosse proprio contro di me e che quella ragazza sia stata incastrata. Ecco perché devo uscire subito di qui! Devo recarmi in banca e verificare che…-
Nei suoi occhi apparve un lampo, come se avesse capito qualcosa.
-Devo parlare subito con Archie e con la Polizia!-
-Tu devi calmarti! Se esci di qui rischi brutto. Vuoi capirlo dannato testone?-
-Quella ragazza rischia di essere condannata! E l’attentato contro di me potrebbe ripetersi!-
-Facciamo così: fra poco io smetto il turno, e ti prometto che andrò io da tuo nipote a riferirgli quello che tu mi dirai. Ma adesso calmati!-
Albert fece cenno di sì: Flanny aveva ragione. 
 

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Capitolo 8
*** fu come se il cuore le si fosse fermato ***


Flanny suonò il campanello della residenza degli Andrew, e una matura e corpulenta cameriera aprì la porta.
-Buongiorno signorina. Desidera?-
-Buongiorno. Mi chiamo Flanny Hamilton, lavoro all’ospedale Santa Johanna, e vengo da parte del signor William Andrew. Sto cercando il signor Archie Cornwell.-
-Prego, si accomodi pure su quella poltrona. Vado subito a cercare il signor Cornwell.-
In capo a pochi minuti Archie arrivò.
-Signorina Hamilton?- disse porgendo la mano alla giovane infermiera.
-E lei deve essere il signor Cornwell.- rispose lei alzandosi e stringendo la mano del ragazzo.
-Vengo da parte di suo zio William. Devo parlarle di qualcosa di molto importante.-
-Da questa parte prego. Signora Parkinson, per favore faccia portare del buon caffè nel mio studio, e provveda cortesemente che nessuno ci disturbi.-
-Certamente signor Cornwell.-
Nello studio trovarono anche Annie e Terence.
-Veramente… dovrei parlarle in privato.-
-Non si preoccupi signorina Hamilton, il signor Graham e la signorina Brighton sono persone assolutamente fidate, e può parlare liberamente. Tanto immaginiamo cosa mio zio ci mandi a dire. Riguarda per caso quello che è successo al ricevimento?-
-Esattamente signor Cornwell.-
-Veniamo subito al dunque signorina. Mio zio ha dei sospetti su Neal Legan?-
La pur impassibile Flanny strabuzzò gli occhi.
-Dunque Albert aveva ragione…-
-Albert?!?!?- disse Annie, lei ignorava che William Albert Andrew preferisse farsi chiamare Albert
-Oh scusatemi. Volevo dire… il signor Andrew.- disse Flanny arrossendo.
-Non si faccia problemi signorina.- la tranquillizzò Archie. -Se lei sa che mio zio preferisce essere chiamato con il suo secondo nome, vuol dire che glie lo ha detto lui. Quindi lo chiami pure “Albert”, e ci riferisca quello che… “Albert” la manda a dire. Ma prima la prego… si sieda.- 
Dopo che la cameriera ebbe portato il caffè e qualche dolcetto, la porta dello studio fu chiusa e Flanny cominciò il suo resoconto.
-Dunque: Albert mi ha detto che vostro cugino Neal ha concesso un prestito molto generoso a due speculatori probabilmente ammanicati con la malavita di Chicago, due tali… Johnson e Dickart.-
-Li conosco di fama.- disse Archie -Ma ignoravo che la filiale di Neal avesse concesso loro un prestito.-
-Albert lo ha scoperto e ha chiesto spiegazioni a Neal, che nel frattempo si apprestava a pignorare l’orfanotrofio di quella ragazza… Candy White. La sproporzione nell’atteggiamento tenuto da parte di Neal nei confronti dei due speculatori e di quella ragazza che aveva sempre onorato i suoi obblighi, oltre a indignarlo profondamente lo ha anche insospettito, e così nei giorni successivi al ricevimento voleva ordinare un’ispezione della filiale.-
-Così avrebbe scoperto eventuali magagne di quell’idiota di Neal…- la riflessione ad alta voce di Terence trovò mutamente d’accordo sia Annie che Archie.
-Ma davvero pensate che Neal Legan avrebbe attentato alla vita di suo zio?- chiese Flanny
-Forse non voleva proprio ucciderlo. I medici hanno detto che la dose di veleno somministrata allo zio William non bastava ad uccidere un uomo in buona salute come lui, e che un efficace e tempestivo intervento, che effettivamente c’è stato, era più che sufficiente a salvarlo. Forse Neal e Iriza volevano soltanto levarselo di torno per un po’, giusto il tempo di truccare i conti della filiale di Neal…-
-Che c’entra Iriza?- chiese Annie
Archie accennò un sorriso, quella ragazza non era la frignona insopportabile di qualche anno addietro.
-Vedi Annie, tu ci hai detto che Iriza Legan è più “trasparente” di te… non hai idea della scemenza che hai detto! Iriza Legan è una vipera intrigante e diabolica, e Neal è solo un bamboccio nelle sua mani. Quella filiale è nominalmente diretta da Neal, ma la vera mente capace di ordire certe trame, è quella di Iriza Legan! Sono sicuro che l’idea dell’attentato è sua, così come l’idea di incastrare la tua “sorellina” Candy.-
In quel mentre qualcuno bussò alla porta dello studio, ed Archie si alzò per aprire la porta.
-Che c’è signora Parkinson? Le avevo chiesto di non essere disturbato.-
-Le chiedo scusa signor Cornwell, ma c’è una signorina che chiede di lei con urgenza…-
-Quante donne lo cercano…- commentò a bassa voce Annie da dentro la stanza suscitando un mezzo sorriso in Terence.
-… una certa… Molly Jackson.-
-La porti subito qui.-
Poco dopo Molly Jackson entrava nello studio.
-Benvenuta signorina Jackson. Ha delle novità?-
-I sospetti di Candy erano giusti signor Cornwell.- disse la ragazza -È stata Iriza Legan ad incastrare Candy e a organizzare l’attentato a suo zio. E ha anche cercato di uccidere me!-

Suor Anna scese dal treno. Con la morte nel cuore aveva dovuto lasciare Chicago e tornare a La Porte, il suo posto era lì, accanto ai bambini della Casa di Pony.
Si riprometteva di tornare a Chicago in occasione del processo a Candy, per essere vicina alla sua sorella, ormai la considerava così. Ma in quel momento doveva pensare ai bambini. 
In quei pochi giorni di assenza erano stati affidati alle persone del villaggio, ma non poteva certo abusare della disponibilità di quelle brave persone, così era dovuta tornare, e dentro di sé si diceva sicura che presto, molto presto anche Candy sarebbe tornata a casa.

Uno dei treni che aveva dovuto prendere per arrivare da Chicago a La Porte aveva fatto un forte ritardo così che le coincidenze erano saltate e il viaggio della giovane suora era durato svariate ore in più.
Ormai il sole si apprestava a tramontare, e Suor Anna si incamminò a lenti passi verso la sua amata Casa di Pony. 
Non aveva mai conosciuto Miss Pony e Suor Maria, ma poteva comunque sentirle sempre presenti a vegliare sulla casa e sui suoi ospiti. Mentalmente le pregò di vegliare su Candy, e di aiutarla a superare questo momento così difficile.
Non osava nemmeno pensare a come Candy si dovesse sentire circondata da criminali, e magari anche da assassine. Con quel tipo di persone la sua giovialità non sarebbe servita a niente.

Ormai mancava poco alla Casa di Pony. Era buio, ma la luce della luna piena rendeva comunque visibili i contorni della strada, e Suor Anna sapeva bene dove si trovava.
Alla prossima curva avrebbe cominciato a intravedere i contorni del campanile e del tetto della sua amata Casa di Pony.
Percorse la curva e vide quello che non si sarebbe mai aspettata di vedere: un bagliore rossastro che avvolgeva il campanile e il tetto.
Col cuore in gola accelerò il passo, e quando fu abbastanza vicina fu come se il cuore le si fosse fermato: davanti a lei la Casa di Pony era avvolta dal fuoco!

-Sei sicura che questo poliziotto non sia un corrotto, Annie?-
-Beh, non proprio al punto di metterci la mano sul fuoco Archie. D’altronde non posso certo conoscere vita morte e miracoli di tutti i poliziotti di Chicago! Posso però dirti che secondo le mie fonti l’ispettore Willer ha fama di essere un poliziotto integerrimo, e qualche mese fa è salito agli onori della cronaca per aver salvato una bambina presa in ostaggio da alcuni rapinatori.-
I due ragazzi, insieme a Terence, stavano dentro la macchina di Archie davanti ad una stazione di Polizia, non quella del corrotto ispettore Barnaby, ma un’altra delle stazioni di Polizia di Chicago.
-Mettiamola così- intervenne Terence -Intanto non abbiamo scelta. E poi se anche questo Willer fosse un corrotto, sempre secondo le tue fonti Annie, non è in buoni rapporti con Barnaby. E questo ci basta.-
-Terence ha ragione.- disse Archie -Non abbiamo scelta. Per cui scendiamo da questa macchina e andiamo.-

Nel frattempo nel suo ufficio, Neal Legan sedeva alla sua scrivania intento a studiare le pratiche che intendeva truccare per far quadrare i conti, e cominciò a rendersi conto che quello che gli chiedevano Johnson e Dickart era quasi impossibile. Lo zio William sarebbe uscito dall’ospedale entro pochi giorni e allora le sue magagne sarebbero state scoperte.
Probabilmente Iriza aveva ragione: dovevano accelerare i tempi!
Qualcuno bussò alla porta
-Avanti.- disse lui
-Che c’è Miss Reagan? Sono molto impegnato.-
-Ecco… signor Legan…-
-Permette signor Legan?- disse la voce di un uomo che fece irruzione nell’ufficio di Neal insieme ad altri due.
-Siamo i revisori dei conti mandati da suo zio William. Abbiamo il compito di effettuare un’ispezione completa dei conti di questa filiale.-
Neal impallidì mortalmente: ormai era finita!

Al Santa Johanna Flanny era intenta nella distribuzione dei pasti ai pazienti. Aveva appena finito di distribuire il pranzo ai pazienti del suo reparto, e adesso si stava occupando di portare il pranzo ai pazienti delle stanze a pagamento.
Nel carrello che spingeva davanti a sé, ormai era rimasto solo un vassoio, quello riservato a William “Albert” Andrew.
Diretta alla stanza del suo “paziente ricorrente”, Flanny intravide qualcuno aggirarsi per il corridoio, qualcuno che chiaramente non faceva parte del personale sanitario.
-Signorina! Signorina! Questo non è orario di visite! La prego di accomodarsi fuori dal reparto.-
-Oh, mi scusi infermiera, volevo solo salutare lo zio William. Evidentemente sono stata male informata sugli orari di visita. Potrei comunque dargli un saluto?-
-Mi dispiace, ma le regole dell’ospedale sono molto precise: non si può fare visita ai pazienti al di fuori degli orari consentiti, e soprattutto quando distribuiamo i pasti.-
-Va bene, va bene… posso almeno vedere cosa gli state portando?- disse la ragazza avvicinandosi al carrello.
-SIGNORINA! La prego di allontanarsi subito!-
-Oh mio dio… mi sento svenire…-
-Ma… cosa…- Flanny appariva spiazzata. Quella ragazza stava indubbiamente facendo la scena, e quella mano sopra il vassoio… 
-Ma che diavolo sta facendo?!!!-
-Lo sappiamo noi cosa sta facendo!- proruppe una voce maschile proprio dietro a Flanny.
-Che cos’è questa bustina che tiene in mano signorina Legan? Arsenico o Digitale?-
-Ma… ma… io…-
-Soltanto una dilettante come lei poteva pensare ad un trucco così stupido per avvelenare una persona. Ispettore Willer, della polizia di Chicago: lei è in arresto per tentato omicidio nei confronti di William Albert Andrew!- disse il poliziotto mentre due agenti mettevano le manette a Iriza e la prendevano in consegna
-E non si preoccupi per suo zio signorina, ha già mangiato e adesso sta riposando.-

Neal e Iriza, arrestati e messi alle corde resero piena confessione dei loro misfatti. Giurarono e spergiurarono di non aver mai avuto intenzione di uccidere lo zio William, ma solo di volerselo levare di torno per un po’, giusto il tempo di coprire i loro traffici con Johnson e Dickart, ma la dose di veleno che Iriza aveva con sé al momento del suo arresto era una dose mortale.
Le impronte digitali rilevate sulla bustina raccolta da Annie la sera del ricevimento inchiodarono Neal alle sue responsabilità, e l’ispezione alla filiale da lui diretta rivelò un buco nei conti di svariate centinaia di migliaia di dollari. 
Per i due rampolli dei Legan era finita: sarebbero finiti in prigione per un bel pezzo, e con loro furono arrestati anche Johnson e Dickart. 
In cambio di protezione dalle inevitabili ritorsioni dei due gangster, Neal e Iriza accettarono di collaborare con la giustizia.


La porta della cella di isolamento si aprì e Molly Jackson si affacciò dentro la buia cella di punizione riservata alle detenute più turbolente.
-Candy! Svegliati avanti!-
-Che c’è Molly… stavo dormendo…-
-Beh allora preparati alla sveglia più bella che potessi desiderare ragazza mia: SEI LIBERA!-
-Come… libera? Posso uscire da questa dannata cella? Il direttore ci ha ripensato? E quella guardia che ho picchiato?-
Molly non poté fare a meno di ridere
-Puoi uscire da tutta la dannata prigione Candy! La tua innocenza è stata dimostrata!-
-Cosa? Sono… libera?-
-Certo amica mia! Sei libera!- disse Molly in lacrime abbracciando la bionda ormai ex prigioniera.
-E adesso vieni. Devo portarti dal direttore…-

Poche ore dopo Candy usciva definitivamente dal carcere femminile di Chicago. Ad attenderla fuori dal portone c’erano i suoi amici: Patty, Terence, Archie e… c’era qualcun altro.
-Annie! Sei proprio tu?-
-Sì Candy sono proprio io. Vuoi… abbracciarmi…- 
Ovviamente Candy non si fece pregare e abbracciò la sua mai dimenticata sorellina.

-Benedetta ragazza!- sbottò nonna Marta -Ma perché diavolo stavi in cella di isolamento?-
-Beh, una guardia trattava male un’altra detenuta e io… gli sono saltata addosso e l’ho riempito di schiaffi a quell’energumeno.-
I suoi amici non poterono fare a meno di ridere, ma poi si ricomposero. C’era qualcosa che dovevano dire alla loro amica.
-Candy ascoltami.- iniziò Annie 
-C’è qualcosa che devi sapere. Riguarda la Casa di Pony.-
-È… è stata pignorata dalla banca?-
-No Candy… peggio. È stata distrutta da un incendio.-
Candy impallidì
-Cosa? E… e i bambini? E Suor Anna?-
-Loro stanno bene non preoccuparti. Al momento dell’incendio tutti i bambini della casa erano ospiti delle famiglie di La Porte, e Suor Anna non era ancora tornata. Purtroppo però la nostra amata Casa di Pony non esiste più.-
-Oh… mio Dio… ma come… è potuto succedere?-
-È stato un incendio chiaramente doloso…- disse Archie
-Non mi direte che… è stato opera dei Legan…-
-Sì e no.- aggiunse Archie -Quell’imbecille di Neal aveva dato mandato a due scagnozzi dei bassifondi di Chicago di fare in modo che la Casa di Pony venisse “sloggiata” per così dire. Solo che i due balordi, evidentemente più imbecilli di lui, hanno travisato l’ordine e l’hanno distrutta completamente. Ora purtroppo quella casa non esiste più. Non hai idea di quanto mi dispiaccia Candy.-
-Coraggio Candy.- cercò di consolarla Annie -Non tutto il male vien per nuocere. Alcuni dei bambini sono stati adottati dalle famiglie di La Porte.-
-Ma gli altri verranno separati…- disse lei fra le lacrime
-Non è esatto Candy!- intervenne nonna Marta. -Sono già stati assegnati allo stesso orfanotrofio, qui a Chicago!-
-Beh, almeno questo… ma… quale orfanotrofio?-
-Come quale?!?!? QUESTO orfanotrofio.- disse l’arzilla vecchietta indicando le pareti della sua ormai ex pensione -La Casa di Nonna Marta!-
Candy sgranò gli occhi per la sorpresa
-La locanda ormai ha chiuso i battenti, e così io e Patty abbiamo deciso di trasformarla in un ricovero per bambini orfani. Ah, ci servirebbe una direttrice esperta Candy. Vuoi essere dei nostri in questa avventura?-
La ragazza non riusciva a spiccicare parola per la sorpresa, e alla fine in lacrime abbracciò sia Patty che sua nonna.

Pochi giorni dopo arrivarono da La Porte Suor Anna e i bambini della vecchia indimenticabile Casa di Pony, e la vecchia locanda venne rapidamente riadattata per le loro esigenze, anche con il contributo di William Albert Andrew che elargì una generosa donazione al nuovo istituto. Il terreno su cui sorgeva la vecchia Casa di Pony fu acquistato da Jimmy Cartwright, ex ospite della Casa di Pony e figlio adottivo del signor Cartwright, il fattore che a suo tempo aveva donato quel terreno al vecchio orfanotrofio.
La nuova Casa di Nonna Marta ben presto entrò nel pieno delle sue funzioni, e per Candy venne il momento di un triste commiato.

-Ti ringrazio di quello che hai fatto per me Terence. E della donazione che hai fatto al nuovo orfanotrofio.-
-Candy… io…-
Quante cose avrebbe voluto dire il giovane attore a quella ragazza, ma era ben consapevole che appartenevano a due mondi differenti, che ognuno di loro aveva la sua vita.
Il treno fischiò, ormai la partenza era imminente, e Terence senza altre parole salì in carrozza, lasciando Candy in lacrime.

Uscendo dalla stazione Candy incontrò Flanny.
-Ciao Candy.-
-Ciao Flanny! Sono felice di rivederti!-
-Ricordi? È qui che ci siamo incontrate la prima volta.-
-Sì, mi ricordo. Prima incontrai quella vipera di Iriza Legan, e poi te. Vorrei ringraziarti per la tua gentilezza di quel giorno e per il contributo che hai dato alla mia liberazione.-
-Non ho fatto niente lo sai…-
-Sì invece, portando quel messaggio di… Albert, lo chiami così dico bene? Portando quel messaggio ti sei dimostrata altruista e sensibile. Mi hai aiutata, a me, una sconosciuta, e non ti ringrazierò mai abbastanza.-
-Come ti vanno le cose Candy?- disse Flanny per sviare la conversazione su binari meno imbarazzanti.
-Devo ammettere che l’esperienza della prigione ha lasciato il segno. Ho rischiato di passarci molti anni lì dentro, e comunque quelle poche settimane che ci ho trascorso mi hanno segnata. Lì ho conosciuto donne molto più sfortunate di me. Alcune di loro erano orfane, proprio come me sai? Bada bene, non sto dicendo che fossero delle sante, sono persone che hanno sbagliato ma che in molti casi stanno pagando un prezzo fin troppo alto.-
-Il mondo è fatto così Candy. E non è in nostro potere di cambiarlo come piacerebbe a noi. A volte dobbiamo solo accettarlo e rimboccarci le maniche, tu prendendoti cura dei tuoi bambini e io dei miei pazienti.-
-A proposito di pazienti, come sta “Albert”?-
-Molto bene direi, si è completamente ripreso, e stasera usciamo ins…-
-Senti senti… non sei così fredda come vuoi sembrare, dico bene?-
-Oh Candy…- disse Flanny arrossendo come un peperone.
-Beh, ti saluto amica mia. I miei bambini mi aspettano.-
-Stammi bene Candy.-
-Vienimi a trovare qualche volta. Mi farai piacere.-
-Non mancherò.-

Arrivata all’orfanotrofio Candy trovò Suor Anna e Annie che intrattenevano i bambini nella vecchia reception della locanda mentre Patty e sua nonna armeggiavano in cucina.
-Ancora qui Annie? Non ti aspetta il tuo ganzo?-
-Candy sei impossibile! Archie non è il mio “ganzo”!-
-Seee… dicono tutte così. Comunque colgo l’attimo per ringraziarti.-
-E di che cosa?-
-Primo: per avermi tirata fuori di prigione, e secondo: per tutte le donazioni che hai fatto in questi ultimi anni alla Casa di Pony.-
-Cosa? Quali donazioni?-
-Quelle donazioni anonime di svariate centinaia di dollari che arrivavano quasi ogni mese Annie. Quegli ammanchi che tua madre imputava ad una insana passione per il tavolo verde e che invece tu spedivi regolarmente alla Casa di Pony. Sai, tua madre ha fatto qualche indagine e ha ricostruito tutto. Decisamente nella vostra famiglia avete un talento innato per l’investigazione. Dovresti fare la poliziotta o l’agente segreto tipo Mata Hari.-
-In un’altra vita magari… in questa ho deciso di dedicarmi a un compito molto più importante.-
-E sarebbe?-
Annie guardò la sua sorellina con una faccia intenerita e determinata al tempo stesso.
-Voglio aiutarti con l’orfanotrofio Candy. Mi intendo un po’ di amministrazione e sarò ben felice di darti una mano. Senza contare che con le mie, chiamiamole “capacità relazionali” saprò procurarti sempre nuovi finanziamenti e agganci che torneranno sempre utili.-
Candy era senza parole
-Sei… sei sicura Annie?-
Annie le prese le mani.
-Sai Candy, prima mi hai presa in giro riguardo ad Archie, ebbene sì: ci stiamo provando a costruire qualcosa, non lo nego. Ma voglio che tu sappia che la persona più importante della mia vita non è lui, sei tu!-
-Annie… cosa dici…-
-La mia sorellina che tanti anni fa ho vigliaccamente tradito, e dalla quale voglio essere perdonata.-
Candy in lacrime abbracciò la sua sorellina davanti allo sguardo commosso di Suor Anna.
-Beh, adesso ho due sorelle… non è vero Anna?-
Anche la giovane suora si sciolse in lacrime e abbracciò le due ragazze.
-Volete sapere una cosa?- disse Annie dopo essersi sciolta dall’abbraccio -Io ci ho giocato veramente a Poker, anche se una volta sola. Caddi nelle mani di due abili prestigiatrici  e bare di prima categoria, che in una sola serata mi vinsero 500 dollari.-
-Caspita!- esclamò Suor Anna -500 dollari?!?!?-
-Oh, avrebbero potuto fregarmi molto di più se è per questo, ma dopo quella sera mi feci semplicemente schifo. Ho pensato ai bambini della Casa di Pony, a quante cose si potevano fare per loro con quei soldi, e così…-
-…E così tutti i mesi ci mandavi almeno 400 dollari…-
-Proprio così Candy…-
Si guardarono a lungo con gli occhi umidi di lacrime.
-Comunque adesso devi dirci come è andata col tuo ganzo!- disse improvvisamente Annie
-Quale “ganzo”?-
-Ma come quale? Terence Graham duca di Grandchester!-
-Ma cosa dici Annie? Terence non è il mio ganzo!-
-Seee… dicono tutte così!- dissero insieme Annie e Suor Anna prima di scoppiare a ridere.
 

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Capitolo 9
*** Quel giorno di fine estate ***


Terence arrivò a teatro per le prove di “Romeo e Giulietta” e fu accolto da Karen Kliss.
-Ciao Terence.-
-Ciao Karen. Sei pronta per la prova generale?-
-Sì Terence, anche questa volta siamo in dirittura d’arrivo. Quante volte avremo fatto “Romeo e Giulietta”?-
-Le ho contate sai? Questa è la diciannovesima replica della tragica storia dei due innamorati più famosi del mondo che la nostra compagnia rappresenta, e la sedicesima che rappresentiamo noi due.-
-E non sarà l’ultima, anche se ormai stiamo raggiungendo l’età limite per rappresentare due adolescenti.-
-Cominci a sentire il peso dell’età?- scherzò Terence
-E tu allora? Ti vedo sempre malinconico, eppure hai tutto quello che si può desiderare nella vita: successo, soldi.-
-Già tutto…-
-Manca ancora un po’ alle prove, ci andiamo a prendere qualcosa?-
-Per me niente alcolici, lo sai.-
-D’accordo, ti prenderai una gassosa, ma andiamo.-

Poco dopo i due attori sedevano al bar davanti al teatro. Le voci su una loro possibile relazione si sprecavano, ma loro erano soltanto amici e colleghi di lavoro.
-Sai Terence? Non sei mai stato un allegrone, ma ultimamente ti vedo un po’ troppo cupo anche per i tuoi standard.-
-Non so Karen… a volte ho come l’impressione che siamo veramente come Romeo e Giulietta. Avviati verso la fine. Hai ragione sai? Fra poco non avremo più l’età per essere credibili in quei ruoli.-
-Ma questo è normale Terence! La vita va avanti, i ruoli cambiano, e tu sei troppo bravo come attore per essere relegato a ruoli di secondo piano. Non potrai fare più Romeo d’accordo, ma non ti mancherà certo il lavoro.-
-No certo…-
-Non sarà che ti manca una certa biondina che hai tirato fuori di prigione a Chicago?-
Terence strabuzzò gli occhi.
-Come fai a…-
-Oh andiamo! Quella storia era su tutti i giornali! La direttrice di orfanotrofio arrestata per un reato che non ha commesso e scagionata dal divo di Broadway! Ci sarebbe di che metterci in scena un dramma degno di Shakespeare!-
-Candy è…-
-Allora ci ho visto giusto! Tranquillo Terence: io non sono come Susanna, io ti sono amica e vorrei vederti felice.-
-Karen io…-
-Andiamo adesso: abbiamo uno spettacolo da rappresentare e dobbiamo farlo al meglio, come sempre.-

Lo spettacolo andò in scena e come sempre fu un successo totale.

A Chicago Candy era indaffarata nel suo ufficio in mezzo a quelle scartoffie con cui ormai aveva imparato a convivere, quando qualcuno bussò alla sua porta.
-Avanti.-
Annie Brighton entrò nell’ufficio.
-Mi dispiace disturbarti Candy, ma ci sono tre questioni di cui dovrei parlarti.-
-Prego Annie accomodati.-
La ragazza si sedette davanti alla sua sorellina
-Ti ricordi quel ricevimento di sabato prossimo dalla signora Halloway? Sarebbe utile e gradita la tua presenza.-
-Mio Dio Annie! Io detesto i ricevimenti! A parte che sono occasioni di una noia mortale, ma già mi sembra di rivedermi ammanettata e portata via dalla Polizia! Non puoi andarci tu?-
-Candy, devi superarla questa cosa! Capisco anche che le persone di quell’ambiente ti stiano sullo stomaco, ma ci servono.
I bambini di questo orfanotrofio hanno una curiosa abitudine: mangiano tutti i giorni! E quelle persone per quanto detestabili, con le loro donazioni garantiscono il pane a questi bambini.
La tua presenza come direttrice dell’orfanotrofio è assolutamente necessaria. Non puoi sottrarti a questo come non puoi sottrarti alle tue scartoffie, per cui tira fuori l’abito che ti regalò Albert e mettiti in ghingheri: sono stata chiara?-
Candy sorrise
-Come al solito hai ragione tu sorellina: decisamente devo superare le mie paure. E poi se dovessi finire in galera ci penserai tu a tirarmi fuori!-
-Ma smettila!-
Ridacchiarono insieme poi Candy si ricompose
-Sono preoccupata per Nonna Marta.-
-Non stava un po’ meglio?- 
-Sì certo, ma ieri ha avuto una ricaduta. Patty è in ospedale da lei adesso.-
-Nonna Marta è anziana. È il normale ordine delle cose che una persona anziana possa andarsene.-
-Lo so, ma come la prenderà Patty? Per lei sua nonna è stata come una madre.-
-Non sta a noi deciderlo Candy. Noi possiamo soltanto stare vicino a Patty.-
La bionda direttrice ricacciò indietro le lacrime.
-Piuttosto tu: non dovevi parlarmi di “tre” questioni?-
-Sì certo, la seconda questione riguarda me.-
Lentamente Annie alzò la mano mostrando a Candy qualcosa che la lasciò a bocca aperta.
-Annie… è meraviglioso!-
-Archie mi ha chiesto di sposarlo!- disse lei fra le lacrime, e Candy pianse con lei abbracciandola.
-Adesso devi dirmi tutto sorellina…-
-È stato ieri… siamo usciti insieme e lui… lui mi ha dato questo anello… mi ha detto che è stato stupido a lasciarmi anni fa… e che non vede l’ora di…-
-Posso immaginarlo cosa non vede l’ora di fare! E comunque sì: è stato uno stupido!-
-No che non lo è stato! Io ero veramente una ragazzetta insignificante e priva di nerbo. È stato grazie al dolore che ho provato allora se sono cresciuta e diventata quello che sono adesso.-
-Cioè una viscida intrigante che frequenta gli ambienti “bene” di Chicago e dintorni?-
-Oh Candy, sei impossibile!- disse Annie colpendola a un braccio mentre lei rideva.

Dopo essersi sciolte dall’ennesimo abbraccio le due ragazze continuarono a parlare e stavolta fu Candy ad aggiornare Annie.
-Sai che ieri ho visto Flanny e Albert? Stavano in strada e… si baciavano…-
-Oh Santo cielo! Albert con quel ghiacciolo di Flanny?-
-Andiamo, non essere cattiva! Flanny non è poi così di ghiaccio, è una ragazza sensibile anche se a volte di modi un po’… spicci diciamo.-
-Pensi che possano… convolare?-
-Chi può dirlo? È una coppia decisamente intrigante: il magnate e l’infermiera, ma sai una cosa? Se anche dovessero sposarsi sono sicura che lei non lascerà mai il suo lavoro.-
-Ne sono convinta anch’io. Prima scherzavo, ma credo anch’io che Flanny sia una ragazza meravigliosa che aiuta le persone… proprio come te.-
Candy si asciugò una lacrima
-Non dovevi parlarmi di “tre” questioni?-
-Ah sì certo, la terza è qui fuori. Io adesso devo andare. Ricordati di sabato, dalla signora Halloway.-
-Sì certo, ma la “questione” di cui dovevi parlarmi?-
-È qui fuori.- rispose Annie mentre apriva la porta.
-Ma… ma… Annie.-
Annie era già uscita dalla stanza, quando sulla porta apparve qualcun altro, qualcuno che lasciò Candy senza fiato.ò
-Terence…-
Terence entrò nella stanza e chiuse la porta.

Passò un anno da quegli avvenimenti, e il nuovo orfanotrofio funzionava a pieno ritmo. L’anziana Nonna Marta che aveva dato il nome alla struttura aveva reso l’anima il Natale precedente, e le quattro condirettrici, Candy, Annie, Patty e Suor Anna mandavano avanti la struttura anche in suo nome.
In più erano state assunte due ragazze come aiutanti, così che ognuna poteva avere la sua vita e dedicarsi a pieno ritmo anche all’orfanotrofio.
Annie aveva sposato il suo “ganzo” Archie, e ora era incinta al quarto mese, Patty si era fidanzata con un tipo di origini scandinave, e presto anche lei sarebbe convolata.

In quel momento Candy era impegnata con le sue solite scartoffie burocratiche quando Suor Anna entrò nel suo ufficio.
-Posso disturbarti?-
-Ma certo Anna, almeno mi distraggo un po’ da queste scartoffie.-
-La radio ha dato una notizia che forse vorresti sapere.-
-E sarebbe?-
-Neal Legan è stato ucciso in carcere, e Iriza Legan si è suicidata impiccandosi con un lenzuolo.-
Candy abbassò lo sguardo.
-Mi dispiace…-
-Veramente?-
-Ma certo che mi dispiace! Per chi mi hai preso? Ero e sono tutt’ora furiosa con quei due per quello che mi hanno combinato, ma non volevo certo che morissero! Non mancherò di pregare per loro.-
-Vogliamo farlo insieme?-
Candy sorrise
-Ma certo! Le scartoffie le finirò domani. Andiamo nella cappella.-
Poco dopo le due ragazze erano inginocchiate insieme nella stanza della ex-locanda adibita a cappella.
Quando ebbero finito si alzarono e udirono distintamente una macchina entrare nel cortile della struttura.
-Dev’essere arrivato il tuo “ganzo” Candy.-
-Ma smettila! Comunque si è fatta una certa, e me ne devo andare. Qui siete messe bene?-
-Ma certo! Stasera di turno ci sono Patty e Mary, vai tranquilla: è tutto sotto controllo.-
-A domani sorella! E non nel senso di religiosa!-
-Ti voglio bene Candy.-
-Anch’io… sorella!-

Uscita dalla “Casa di Nonna Marta”, Candy andò incontro al suo “ganzo” che la salutò con un bacio.
-Smettila Terence! Ci sono i bambini!-
-E che vuol dire? Quando avremo dei figli non dovrò più baciarti?-
-Andiamo dai.-
Saliti in macchina Candy chiese al marito
-Quando parti per la tournee?-
-Fra due settimane. Dovremo rappresentare l’Amleto a New Orleans.-
-Rimpianti? Voglio dire: per me hai lasciato Broadway.-
-Al diavolo Broadway! Per me adesso ci sei soprattutto tu mia cara Tarzan Tuttalentiggini.-
-Smettila di chiamarmi così! Soprattutto davanti ai bambini. Sono la loro direttrice e mi devono rispetto! E anche tu, mi hai capito bene?-
Terence rise
-Sei adorabile quando ti arrabbi, sai?-
Candy sbottò e lo colpì al braccio.

La macchina attraversò rapidamente le strade di Chicago fino ad arrivare davanti alla casa di Terence e Candy.
-Sai una cosa? Oggi ho incontrato l’ispettore Willer, ti ricordi di lui?-
-Certo che mi ricordo. È il poliziotto a cui devo la libertà, oltre che a voi naturalmente.-
-Sai che mi ha detto? Che sarei un buon poliziotto.-
-Lo credo anch’io, sai? Tu ed Annie avete del talento per le indagini.-
Terence guardò sua moglie con uno sguardo intenso e profondo.
-Forse in un’altra vita potrei anche essere un poliziotto, non so. Ma non vorrei mai vivere nessuna vita  senza di te.-
-Oh Terence…-
Si baciarono lì, in mezzo alla strada.

Passarono gli anni, e Chicago passò attraverso il proibizionismo, il gangsterismo, la Grande Depressione, fino ad arrivare alle soglie della seconda guerra mondiale.
Candy e Terence ebbero dei figli, ed entrambi continuarono le loro vite professionali con soddisfazione.
Terence divenne un attore anche cinematografico e Candy continuò a gestire non solo la “Casa di Nonna Marta” ma anche altri orfanotrofi di Chicago. Insieme alle sue sorelline Annie e Suor Anna cambiò la vita a tanti bambini orfani, e si impegnò anche nel sociale, aiutando le ragazze che uscivano di prigione e i giovani dei quartieri poveri.
Il suo nome divenne famoso in tutta Chicago, come quella di una autentica dama di carità.

Quel giorno di fine estate, alle soglie di quel primo settembre ’39 che avrebbe segnato l’inizio della più devastante guerra di tutti i tempi, Candy volle recarsi a La Porte, insieme alla sua figlia maggiore che ormai aveva vent’anni e sembrava intenzionata a seguire le orme materne.
Salirono sulla collina di Pony, e l’ormai matura Candy abbracciò il suo mai dimenticato albero, quello che i bambini della Casa di Pony consideravano il loro papà.
Poi guardò sotto di lei, dove una volta sorgeva la Casa di Pony, e le lacrime emersero prepotentemente dai suoi occhi.
Sua figlia capì, e l’abbracciò piangendo con lei, e pensando a quanto quella madre meravigliosa che aveva, fosse legata a quel luogo.

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