Distanza originale

di Milly_Sunshine
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** In cabina di commento ***
Capitolo 2: *** Xavier Delacroix ***
Capitolo 3: *** Valerio Villa ***
Capitolo 4: *** Il duello finale ***
Capitolo 5: *** Inevitabile epilogo ***



Capitolo 1
*** In cabina di commento ***


Il fatto che stia per iniziare il campionato di Formula 1 mi ha ispirata più del dovuto. Il fatto che il campionato sarà lunghissimo e il numero di gran premi trasmessi in diretta dalla TV non a pagamento mi sta facendo diventare una di quei tifosi vintage che vaneggiano 24/7 di come la Formula 1 era più bella quando c'erano 16 gran premi all'anno, i regolamenti tecnici non erano bloccati per anni e anni e le telecronache erano fatte da commentatori pacati e non da urlatori seriali. Anche questo mi ha ispirata, quindi ho iniziato a scrivere questo racconto ambientato nella Formula 1 degli anni '80. I personaggi inseriti sono tutti di fantasia: per intenderci, non sono ispirati a piloti vintage realmente esistiti.
Il titolo è riferito alla procedura con cui veniva data la ripartenza ai vecchi tempi in caso una gara venisse sospesa nel corso del primo giro: di fatto era come se non fosse mai iniziata (da cui "original distance") e, indipendentemente dalla posizione occupata dai piloti in quel momento, ciascuno riprendeva la propria posizione originale sulla stessa casella della griglia di partenza in cui si trovava in occasione della prima partenza.
Al momento non c'è un giorno specifico per la pubblicazione. Devo ancora terminare il racconto, nonostante abbia già superato la metà, e non saprei dire al momento quando pubblicherò il secondo capitolo. Indicativamente nella seconda metà della settimana.

Buona lettura. <3




Angelo Giuliani aveva sessantadue anni e svolgeva lo stesso mestiere da quando ne aveva all’incirca la metà. Certo, molto era cambiato nelle ultime tre decadi e, se un tempo la sua voce parlava alla radio e, al massimo, alla televisione appariva occasionalmente come inviato durante i notiziari sportivi, in un’epoca decisamente più recente era divenuto noto in tutto il Paese come la voce che commentava le gare di automobilismo in diretta sul secondo canale nazionale.
Molto era cambiato e non solo il fatto che, mentre Angelo era seduto in una cabina di commento spesso sovraffollata e non insonorizzata, condivisa con le altre emittenti televisive, in molte occasioni sovrastato da un brusio di sottofondo di gente che parlava in altre lingue o, ancora peggio, dal frastuono dei motori che coprivano le sue parole, molti italiani lo udivano descrivere nella maniera più puntuale possibile ciò che i loro occhi vedevano sul teleschermo.
Spesso Giuliani e i suoi colleghi avevano a disposizione monitor piccoli e in bianco e nero, facevano il loro lavoro avendo soltanto una vaga idea di cosa stessero vedendo e, chissà, magari ricevevano pure critiche gratuite. Per non parlare di quello che si sarebbe detto di lì a qualche decennio, quando finalmente i mezzi a disposizione per coprire un evento di portata internazionale sarebbero stati all’altezza della situazione e Angelo non sarebbe stato reputato al livello dei suoi colleghi che sarebbero venuti dopo di lui. Quella, tuttavia, non era una faccenda che lo riguardava: difficilmente avrebbe avuto modo di scoprire cosa avrebbero pensato di lui i telespettatori, inoltre nulla lasciava pensare che i mezzi a disposizione dei telecronisti sarebbero migliorati nei lustri a venire, probabilmente in quell’epoca avrebbe riposato in pace sottoterra o all’interno di un’urna cineraria, oppure sarebbe stato vecchio abbastanza da non avere più la mente lucida a sufficienza per capire.
Molto era cambiato e, ai vecchi tempi, l’automobilismo europeo divenuto mondiale non si sarebbe staccato tanto dalle proprie origini. Da qualche anno, ormai, la tendenza era invece svolgere più di un gran premio stagionale negli Stati Uniti e gli americani avevano una maniera molto diversa di concepire le corse. Per tale ragione gli eventi non si svolgevano su circuiti tradizionali quali Sebring o Watkins Glen, che avevano ospitato gran premi in passato, quanto piuttosto su tracciati cittadini ricavati nelle zone più o meno periferiche delle metropoli, con vista o su paesaggi mozzafiato oppure con cumuli di cemento a fare da sfondo. Non che quegli eventi fossero un successo di pubblico o che, nella terra in cui si svolgevano, fossero considerati da più di una piccola nicchia di persone, ma il progetto di espansione oltreoceano continuava e gare che passavano in sordina venivano ripetute stagione dopo stagione, ammesso che tra gli organizzatori non ci fosse il truffatore di turno che fuggiva con il denaro facendo arenare il progetto.
Angelo Giuliani ricordava i tempi in cui il campionato mondiale terminava a Watkins Glen, in un’epoca in cui gli eventi che avvenivano al di fuori dell’Europa difficilmente avevano una copertura completa nei paesi europei. Spesso capitava che gli appassionati di automobilismo venissero a scoprire dalle riviste specializzate, magari dopo qualche giorno, chi aveva conquistato la vittoria del titolo. Ai tempi c’era spesso da sperare che la classifica si chiudesse anzitempo e che il pilota in testa al mondiale potesse iscrivere il proprio nome nell’albo d’oro in occasione dell’ultima gara europea, che tradizionalmente si svolgeva sul circuito di Monza. Quell’aspetto era ormai cambiato e, anche se il campionato sarebbe stato assegnato in un altro fuso orario, quella sera gli italiani avrebbero potuto seguire la diretta televisiva dell’ultimo evento della stagione, seppure in un luogo che nulla aveva a che vedere con la storia dell’automobilismo, con una sola interruzione di un quarto d’ora in mezzo per trasmettere il telegiornale in versione ridotta.
Per semplice gusto personale, Angelo non amava i tracciati cittadini americani e, nello specifico, non amava quello sul quale si sarebbe gareggiato in quell’ultimo fine settimana d’autunno, ma non era sua competenza parlare in cabina di commento del proprio gusto personale, né vaneggiare a proposito dei bei vecchi tempi. Quei vecchi tempi erano terminati, con il loro indubbio fascino che non sarebbe mai più tornato. Non tutti i mali, tuttavia, venivano per nuocere. Quando Giuliani aveva iniziato a lavorare, esisteva ancora la concreta possibilità che non tutti i piloti presenti sulla griglia di partenza fossero ancora in vita al termine della gara e, ancora peggio, che tutti gli spettatori che stavano sulle tribune e dietro le reti di protezione - o, in alcuni eventi, pressoché ai lati della carreggiata, senza protezione alcuna - potessero vantare la stessa fortuna. Ogni volta era tutto un susseguirsi di voci che volevano mettere al bando le corse automobilistiche, o addirittura che se la prendevano con chi alla radio raccontava quello che loro tacciavano di essere uno “spettacolo di morte”, un po’ come a insinuare che provassero gusto nel vedere una ruota vagante sbalzata al di là delle protezioni che trucidava una decina di persone.
Da quel punto di vista erano stati fatti parecchi progressi, nel corso degli anni, anche se non vi era dubbio che spesso fosse stata la fortuna a impedire che accadessero tragedie. Comunque fosse, quando Angelo si accomodava in cabina di commento, indossava le cuffie sperando di non udire suoni di dubbia provenienza e accendeva il microfono, sapeva che vi era l’elevata probabilità che i ventisei piloti che si stavano apprestando a prendere il via alla gara fossero ancora tutti vivi di lì a due ore e che commissari di percorso, fotografi e spettatori fossero tutti in buone condizioni di salute.
«Buonasera ai nostri nostri telespettatori da-...» Un suono stridulo e micidiale arrivò nelle orecchie di Angelo mentre pronunciava il nome della città ospitante. Non era una novità. A volte succedeva addirittura già al momento del ‘buongiorno’ o della ‘buonasera’. «Segnalo ai miei colleghi di Roma che ho problemi di audio. Se riuscite a sentirmi, vi prego di verificare.»
Mancavano ancora pochi minuti alla partenza del giro di ricognizione e, per quanto fosse ancora possibile potere commentare la diretta della partenza, era molto probabile che Giuliani non avesse il tempo di snocciolare, prima dell’inizio del gran premio, le combinazioni con cui l’uno o l’altro contendente al titolo avrebbero potuto conquistare il campionato. Era consapevole che al pubblico italiano non interessasse molto di chi, tra i due compagni di squadra, avrebbe potuto portare a casa il trionfo finale, e magari avrebbero gradito addirittura se avesse trascorso parte della telecronaca a criticare le loro prestazioni come piloti, adducendo alla sola superiorità delle loro monoposto il dominio in quella stagione, però non era così che doveva lavorare un telecronista: doveva narrare, e magari cercare di smorzare le polemiche esistenti, piuttosto che fomentarle o addirittura inventarsi teorie del complotto da gettare in pasto a soggetti che, all’interno delle osterie, erano già arrivati a tracannare l’ennesimo bicchiere di vino e avevano disperatamente bisogno di qualcuno da insultare per apparire interessanti e competenti sull’argomento.
Mentre stava facendo quelle riflessioni, il suono stridulo si affievolì, fino a scomparire. Al suo posto una voce lo informò: «Sei in diretta, Giuliani.»
«Buonasera» ripeté Angelo, senza la certezza che il primo saluto fosse andato in onda. «Siamo in linea dagli Stati Uniti per la telecronaca del gran premio che metterà fine al campionato mondiale, qui tra poco scatteranno le tredici e le vetture sono già pronte sullo schieramento di partenza. Vi ricordo che ieri la seconda sessione di prove cronometrate è stata rinviata a causa di un problema di tenuta dell’asfalto e, dopo alcuni lavori di sistemazione, è partita con due ore e venti minuti di ritardo. Uno scroscio di pioggia ha impedito alla maggior parte dei piloti di migliorare i tempi ottenuti nella prima qualificazione del venerdì e ciò non ha certo favorito Xavier Delacroix, che si trova in testa alla classifica con appena un punto di vantaggio sul compagno di squadra Valerio Villa. Nella giornata di venerdì, Delacroix è riuscito a scendere in pista soltanto a sessione inoltrata a causa di un guasto al turbo, conquistando appena l’undicesimo tempo. Scatterà solo dalla sesta fila, mentre, pur autore di una prestazione non eccellente, Villa ha ottenuto il quarto posto. Ricordo che il punteggio viene così assegnato: nove punti al vincitore, sei al secondo classificato, quattro al terzo e poi, a seguire, tre, due e uno fino ad arrivare al sesto posto. I quattro peggiori risultati vengono scartati dal punteggio totale, ma ciò non avrà impatto per nessuno dei due: entrambi, infatti, hanno numerosi ritiri o arrivi in posizioni retrostanti, specie nella prima parte della stagione quando la scuderia Vertigo ha avuto innumerevoli problemi legati all’affidabilità, mentre Delacroix ha anche una mancata partenza, sempre risalente alla scorsa primavera, a causa di una frattura a un polso rimediata nel suo spettacolare incidente a-...»
Di colpo, un altro suono stridulo andò a colpire le orecchie già messe a dura prova del povero telecronista, mentre un pannello annunciava che mancavano trenta secondi alla partenza del giro di ricognizione. Sullo schermo che Angelo aveva davanti, al posto delle immagini in bianco e nero iniziarono a vedersi una serie di righe intermittenti. Una voce lontana, nelle cuffie, borbottò parole inudibili che, intuitivamente, potevano essere “non ti sentiamo più, diamo la linea allo studio di Roma”. Immaginò che la griglia di partenza venisse elencata dai suoi colleghi che commentavano dall’Italia e, nonostante non fosse particolarmente religioso, invocò eventuali entità superiori all’ascolto di potere lavorare in santa pace. In maniera del tutto inaspettata, le immagini tornarono mentre le vetture andavano a schierarsi sulla griglia di partenza e, al contempo, la voce del solito operatore gli comunicò: «Sei di nuovo in diretta.»
Non vi era più alcun tempo, ormai, per i convenevoli. Angelo sperò che i telespettatori fossero stati informati di tutto ciò che era necessario sapere in quel momento, poco importava che non fosse stato calcolato quanto tempo era passato da quando un italiano era divenuto per l’ultima volta campione del mondo. Non si aspettava, tuttavia, che i telespettatori fossero in trepidante attesa di assistere al momento in cui Villa avrebbe conquistato il titolo. La loro fedeltà andava in gran parte alle squadre italiane e, perfino considerato tra i piloti italiani, Villa non era certo quello che attirava più consensi. Molti giornalisti l’avevano tacciato in passato di essere poco cordiale e di darsi arie di superiorità e quel giudizio sommario - a Giuliani non importava se Valerio fosse un uomo simpatico o meno, il suo lavoro consisteva nel commentarne le prestazioni in pista, tutto il resto non aveva alcuna rilevanza - era bastato per renderlo poco appetibile agli occhi dei suoi connazionali.
Non vi era dubbio che, tra quella già ristretta parte del pubblico che sosteneva l’uno o l’altro pilota, ci fossero parecchi tifosi di Delacroix, ammirato per l’immagine da trascinatore di folle che gli era stata cucita addosso e per il modo in cui si atteggiava tanto a persona comune. Molti di loro, senz’altro, rimasero colpiti in positivo quando, al momento del via, videro le bandiere gialle agitarsi e il semaforo, invece di divenire verde, iniziare a lampeggiare: il pilota rimasto fermo sulla griglia era proprio Villa, che non sarebbe scattato dalla quarta posizione, ma dal fondo dello schieramento, sempre ammesso che il motore della sua monoposto intendesse riaccendersi.
Alla falsa partenza seguì un secondo giro di ricognizione, con il pilota italiano che si accodò ai venticinque che, diversamente da lui, non avevano avuto alcuna avaria. Tutto proseguì liscio, in cabina di commento, e Angelo Giuliani ne approfittò per elencare il nuovo ordine con cui le vetture si sarebbero riallineate. La casella della griglia originariamente conquistata da Villa rimase vuota e, seppure sull’undicesima piazzola, Delacroix era decimo, con il vantaggio di partire dal lato pulito della pista. Comunque fosse andata, tuttavia, era ben difficile che il suo compagno di scuderia potesse arrivare a raggiungerlo e a insidiare la sua posizione in vetta alla classifica. Sembrava ormai fatta per Xavier Delacroix, il ragazzo timido e schivo che al volante si trasformava in una bestia feroce, colui che tutti, fin dal primo momento, avevano identificato come un futuro campione del mondo. Quel futuro stava diventando il presente e, quando la gara finalmente partì, con un giro in meno da disputare a causa del nuovo schieramento sulla griglia, ebbe uno scatto fulmineo e si liberò di tre avversari, portandosi settimo, a ridosso della zona punti.
«Vediamo invece Villa in difficoltà, nelle posizioni retrostanti» commentò Angelo, cercando di metterlo a fuoco sul piccolo monitor in bianco e nero, «ruota contro ruota contro avversari che, sulla carta, avrebbero ben poche possibilità di resistergli.»
Era solo questione di pochi giri: ben presto quei piloti che guidavano auto con le quali era difficile superare la tagliola delle qualifiche, o addirittura quella delle prequalifiche, in alcune occasioni, si sarebbero arresi al loro ineluttabile destino. Qualcuno di loro, tuttavia, tentava un ultimo guizzo disperato per mettersi in mostra prima che terminasse la stagione, ma non c’era da stupirsene. Il debuttante svizzero Karl Graber, riconosciuto dal suo numero di gara inquadrato per un fugace attimo in primo piano, si trovava addirittura a vista d’occhio ben prima della ventesima posizione, a giudicare dal numero di monoposto che aveva dietro, il tutto dopo avere collezionato ben cinque mancate qualificazioni e una non prequalificazione nei sei precedenti appuntamenti del campionato. Doveva essere il suo giorno fortunato, un po’ come se il suo destino fosse rimanere, a modo suo, nella storia.
Angelo sapeva che quel giovane avrebbe perso posizioni prima ancora che il giro terminasse e che di lì a poche tornate si sarebbe ritrovato ultimo, e chissà, magari non sarebbe mai più stato al via di un gran premio, il tutto mentre i telespettatori, nei loro soggiorni oppure al bar, erano a malapena consapevoli della sua esistenza. Le regie dei singoli paesi erano gestite in autonomia e, mentre in alcuni stati con una grande cultura motoristica il lavoro di copertura era piuttosto buono, in altri lasciava molto a desiderare. Non c’erano dubbi che quella fosse una delle gare in cui le telecamere sarebbero andate a inquadrare il pilota al comando per gran parte del tempo, ignorando perfino la rimonta di Valerio Villa, figurarsi se c’era spazio per uno come Graber, che per molti doveva sembrare solo un nome come un altro che andava a riempire la griglia di partenza, nelle poche occasioni in cui riusciva a entrarvi.
Infatti, proprio come Giuliani immaginava, la sagoma gialla della monoposto di testa - sagoma che Angelo sapeva essere gialla, ma che appariva grigio chiaro sullo schermo - andò ben presto a monopolizzare le immagini. Dove fosse Villa, sembrava non importare a nessuno, figurarsi se qualcuno si preoccupava di dove fosse Graber, destinato a scomparire di scena, mentre al massimo, di tanto in tanto, faceva capolino la sagoma della Vertigo di Delacroix, che superata da poco la metà del primo giro era già al quinto posto.
Poi, di colpo, la regia staccò dal pilota in testa alla classifica, senza tornare su quello in testa alla gara: c’era una barriera sfondata, da qualche parte del circuito. C’erano due vetture ferme che ostruivano la strada e se ne intravedeva una ribaltata al di là della barriera stessa. Più indietro, un’altra monoposto era stazionaria con la parte anteriore visibilmente danneggiata: era quella di Villa e tutto lasciava pensare che il pilota fosse andato a colpire un muro nel tentativo di evitare il groviglio che gli si era parato davanti.
Un mezzo di soccorso venne inquadrato muoversi verso quella zona. Poco dopo apparve sullo schermo il direttore di gara che reggeva una bandiera una bandiera: appariva grigia scura, quasi nera, ma Angelo Giuliani sapeva che in realtà era rossa. Il pilota al comando non era ancora arrivato sulla linea del traguardo, il primo giro non era ancora stato completato. Il primo pensiero automatico fu quello che, una volta sistemate le barriere e rimosse le vetture incidentate, la gara sarebbe ripartita da distanza originale. Se le squadre che avevano auto coinvolte nella collisione multipla disponevano di una vettura di riserva, i loro piloti avrebbero ripreso il via.
Dal momento che tutto ciò che era accaduto fino a quel momento risultava non essere mai successo, doveva esserci, per forza di cose, un dubbio esistenziale: «Bisogna vedere, regolamento alla mano, se Villa potrà ripartire con il muletto dalla quarta posizione, oppure se dovrà schierarsi in fondo alla griglia.» Angelo era quasi sicuro che potesse riprendere la posizione originale, ma a quella certezza se ne accompagnava un’altra, ovvero che il fatto avrebbe senz’altro generato molte polemiche. «Se la memoria non mi inganna, dovrebbe essere così. Non...»
Si interruppe per un attimo, quando le immagini andarono a focalizzarsi sulla monoposto ribaltata. Le condizioni erano terribili e quelle del pilota non dovevano essere molto migliori. Commissari e addetti al soccorso stavano accerchiando il rottame, su cui svettava ancora, in bella vista, il numero di gara di Karl Graber. Il primo pensiero di Angelo andò alla considerazioni fatte poco prima, che fosse il giorno fortunato del giovane svizzero, che fosse destinato a farsi ricordare, associato a quel gran premio, e che quella avrebbe potuto essere la sua ultima presenza sulla griglia di partenza. La prima era senza dubbio sbagliata - non era certo il suo giorno fortunato, su questo non vi erano dubbi - ma la seconda e la terza avrebbero potuto corrispondere a verità.
 

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Capitolo 2
*** Xavier Delacroix ***


Valerio Villa era uno di quegli uomini che avevano un successo innato con le donne e che, in apparenza, sembravano non dare importanza a nulla che non fosse il loro successo con le donne, specie se al contempo erano molto belle, appariscenti e impegnate a spogliarli con gli occhi; ancora meglio se si trattava di modelle o di donne di spettacolo, ma in caso di necessità anche altre potevano essere considerate.
Per quanto Xavier - sposato con quella che era stata la sua fidanzata adolescenziale e divenuto padre ad appena ventidue anni - fosse almeno in parte prevenuto nei confronti di quel tipo di persone, era consapevole di quanto avere un compagno di squadra di quel calibro potesse essere una svolta favorevole, per lui. Ingaggiato per sostituire una vecchia gloria che, dopo innumerevoli successi, aveva deciso di appendere il casco al chiodo, Villa era di almeno dieci anni più giovane del suo predecessore - ne aveva uno in più di Xavier - e aveva come apice soltanto due gran premi vinti, entrambi in circostanze a dir poco fortuite. Appariva più interessato ai piaceri della vita che non al successo in pista e questo faceva il gioco di Xavier, ormai stanco di essere confinato a un ruolo di secondo piano. Per quella ragione, quando ebbe a che fare da vicino con lui per la prima volta, alla cena di Natale della Vertigo, poche settimane dopo l'annuncio del suo ingaggio per la stagione imminente, lo classificò immediatamente come un avversario che non avrebbe costituito una minaccia effettiva. Sarebbe stato facile uscire vincente dallo scontro con il suo nuovo compagno di squadra, non aveva dubbi.
Aveva conosciuto Villa pochi anni prima, quando si erano ritrovati a gareggiare nella stessa categoria, ma non era mai andato oltre allo scambiare qualche parola con lui, anche se avevano amici comuni. Eppure, quella sera, seppure impegnato a flirtare con l'addetta stampa della scuderia e a sorriderle con aria maliziosa dopo essersi tolto la cravatta e avere slacciato un paio di bottoni della camicia, fu proprio lo stesso Valerio a mettere da parte quella donna per fare conversazione con lui.
Se Xavier era prevenuto prima, dialogare con il nuovo compagno di scuderia non lo aiutò a mettere da parte i suoi pregiudizi. Ne venne fuori la conferma che Valerio era proprio il bello e dannato che le donne immaginavano: figlio di genitori ricchissimi che l'avrebbero voluto avvocato o commercialista, la sua passione per i motori aveva prevalso, contro la volontà familiare.
«Pensa» raccontò, «Che mio padre, all'inizio, aveva minacciato di diseredarmi.»
Xavier se lo immaginò raccontare la stessa storia alle sue conquiste femminili. Doveva essere quello il momento in cui le modelle, le soubrette e anche qualche addetta stampa e qualche donna comune iniziavano a leccarsi le labbra, immaginando di sbottonargli i pantaloni, mentre Valerio le fissava con i suoi languidi occhioni blu.
Il racconto proseguì con l'intercessione di uno zio materno, dal quale il giovane Villa aveva ereditato la passione, che lo finanziò agli albori della sua carriera. Con il tempo anche il giudizio del padre si fece meno drastico e, seppure a ogni loro incontro continuasse con lamentele e critiche, aveva smesso da tempo di considerarlo il disonore della famiglia.
In molti avrebbero potuto tacciare Valerio di essere uno dei tanti ragazzi ricchi sfondati che si erano fatti strada perché più abbienti di tanti loro avversari, ma non si poteva negare che al volante fosse dotato di un talento cristallino. Se si fosse dedicato alle corse senza distrazioni, molto probabilmente avrebbe potuto ottenere molto di più; ancora una volta, comunque, il fatto che avesse ben altre priorità andava a vantaggio di Xavier, convinto a non mettersi preoccupazioni per uno come Villa.
«Tu, invece, cosa mi racconti?» chiese Valerio, a quel punto.
La storia di Xavier non era affascinante come la sua: «Mio padre era un pilota, a livello nazionale, ma non aveva abbastanza soldi per continuare a gareggiare, quindi ha iniziato a lavorare come meccanico. Mia madre faceva la cronometrista, in passato. Ho ereditato da loro la passione per i motori. Mi è andata meglio che a mio padre. Sono stato notato dalle persone giuste. Non avrei mai potuto permettermi di arrivare dove sono adesso, senza il loro supporto.»
«E sei diventato uno dei migliori piloti al mondo.» Villa appariva sinceramente ammirato. «Ne hai fatta di strada, complimenti!»
C'era qualcosa di stimolante nella sua voce e Xavier si perse a contemplare i suoi occhi blu. Non avrebbe saputo definire con esattezza che cosa provasse in quel momento; certo non era mai stato attratto da un uomo prima di quella sera, ma del resto non aveva mai provato quel genere di attrazione nemmeno per donne che non fossero sua moglie Gabrielle. Valerio Villa emanava un fascino difficile da definire, aveva un'aura che sembrava metterlo in guardia: "scappa lontano da me più che puoi, perché sarò la tua rovina".
Fu proprio così: Valerio divenne ben presto la sua rovina, anche se in maniera indiretta. Certo, Xavier sapeva di essere responsabile in prima persona delle proprie azioni, ma una parte di lui non accettò mai fino in fondo la consapevolezza della propria colpevolezza in merito all'increscioso evento in cui si ritrovò coinvolto pochi mesi dopo. Fu Valerio a presentargli quell'amica della fidanzata di turno, accanto alla quale Xavier finì per risvegliarsi completamente nudo; la prima volta in dieci anni di relazione, di cui sei di matrimonio, in cui fu infedele a Gabrielle, e sperava vivamente anche l'ultima.
Avrebbe dovuto sentirsi disgustato da se stesso, ma tutto ciò che formulò fu il pensiero irrazionale che fosse tutta colpa di Villa e di quella che gli appariva una vita dissoluta. Arrivò a chiederglielo, al compagno di squadra, come potesse sostenere una simile esistenza e, ancora una volta, con un'espressione innocente stampata sul volto, Valerio si giustificò: «Non sono sposato e non ho famiglia, io. Faccio quello che mi pare con chi mi pare, ma a nessuna di loro importerà quello che ne sarà di me.»
C'era una nota triste nella sua voce, ma Xavier gli ricordò: «Fai esattamente la vita che ti sei scelto.»
Valerio replicò: «Basta poco perché tutto finisca. Sono già uscito senza farmi male da diversi incidenti disastrosi. Non andrà sempre bene. Che senso avrebbe avere una relazione stabile o addirittura una famiglia, quando tutto può finire da un momento all'altro?»
«Se sei così spaventato dall'idea di morire, perché semplicemente non lasci perdere? Sei ancora in tempo per salvarti.»
«Perché la mia vita è questa. Preferisco non arrivare a trent'anni ma essere me stesso, piuttosto che diventare vecchio senza avere davvero vissuto.»
Xavier fu scosso da un brivido. Non l'avrebbe mai ammesso, ma condivideva lo stesso macabro punto di vista. Non disse più nulla, ma Valerio comprese di averlo messo in crisi. Non solo lo comprese, ma fu lui stesso a ritrovarsi, in poco tempo, a tenere il coltello dalla parte del manico. In entrambi era scattata una molla, che aveva ribaltato completamente la situazione.
La prima parte della stagione vide Xavier in netto vantaggio nei confronti del compagno di squadra, ma arrivò l'infortunio e, seppure fu una semplice frattura a un polso che si rimarginò in fretta, lasciò strascichi di cui avrebbe fatto volentieri a meno: le conseguenze fisiche erano state lievi, ma lo schianto era stato brutale, al punto da farlo sentire segnato. Il distacco che aveva caratterizzato il suo confronto con Villa iniziò a calare drasticamente, il tutto mentre l'affidabilità iniziava a migliorare. Così, se nella prima parte della stagione punti preziosi andavano perduti a causa di rotture, a campionato in corso spesso Valerio riuscì a concretizzare più di quanto avesse fatto Xavier mesi prima.
Per il resto, le parole di Villa gli rimbombavano in testa: "senza avere davvero vissuto". Si riferiva alle corse, Valerio, ma Xavier vi intravedeva un altro significato. Di colpo la sua vita da bravo ragazzo, senza eccessi e senza mai allontanarsi dalla retta via, iniziava a stargli stretta. Se pochi mesi prima Xavier si sentiva realizzato come uomo e in via di realizzazione come pilota, ben presto la situazione mutò senza che fosse in grado di tirarsi indietro.
Se non altro, arrivò a maturare la consapevolezza delle proprie responsabilità. Non era colpa di Villa, se c'erano ormai altre donne oltre a Gabrielle, non era colpa di Villa se i risultati non erano sempre all'altezza delle aspettative, proprio quando la Vertigo si candidava al ruolo di principale contendente al titolo mondiale. Per fortuna il fato intervenne a suo favore e, se esattamente a metà stagione Villa era arrivato a precederlo di undici punti, la situazione in classifica rientrò, quando in concomitanza con una vittoria di Xavier, il suo compagno di squadra fu costretto al ritiro.
A due sole lunghezze di distanza, nel corso del successivo evento era ormai sul punto di andare a prendersi la vetta della classifica quando, tuttavia, Valerio Villa smise di essere una presenza vaga, ma divenne il diretto responsabile delle sue disgrazie. Paradossalmente, fino a quel momento non erano mai arrivati allo scontro diretto, ma tutto cambiò all'improvviso. Xavier inseguiva, ma aveva più velocità di Valerio, che aveva trascorso oltre la metà dei giri al comando della gara. Lo affiancò, certo che il sorpasso sarebbe andato a buon fine. Le loro vetture si agganciarono e non solo Xavier non colse la tanto sperata vittoria, ma non poté nemmeno vedere il traguardo. Villa riportò danni, ma se la cavò con una sosta ai box e una rimonta dalle retrovie. Giunse in quinta posizione, allungando di due punti in classifica. Non ammise mai la propria responsabilità nell'incidente e rispedì al mittente le pesanti accuse che Xavier gli rivolse, ma furono in molti a schierarsi contro di lui o quantomeno a criticarlo con fermezza.
A Valerio non importavano le critiche e se ne fregava delle accuse. Di colpo, accanto alle belle donne che conquistava grazie ai suoi occhi blu e al suo fascino innato, sembrava avere anche altri obiettivi. Forse non aveva mai creduto di potere avere una possibilità concreta di diventare campione del mondo, ma era ormai palese che non intendesse lasciarsela scappare. Allo stesso modo, Xavier era convinto a non arrendersi, a non farsi battere da un avversario che non aveva mai considerato alla propria altezza.
Lasciò perdere tutto ciò che costituiva distrazione, si focalizzò solo sulla stagione che si avviava verso la sua parte conclusiva. Riuscì nel proprio intento. A poco a poco recuperò i punti persi per strada, occasionalmente staccando, e non di poco, quel compagno di squadra che continuava ad accusare per l'incidente che li aveva coinvolti tempo prima e che continuava a smentire le accuse. Che insistesse pure a reclamare la propria innocenza! Di certo le sue parole non avrebbero cambiato la verità.
Xavier arrivò all'ultimo gran premio stagionale con un vantaggio di un punto. Non era tanto, ma era certo di potere battere Valerio. Non aveva dubbi su chi fosse il più veloce tra di loro, soltanto eventi fortuiti avrebbero potuto allontanarlo dalla vittoria finale. Purtroppo gli eventi fortuiti iniziarono ad accadere ben presto, ricordandogli che il successo non faceva partedi un disegno divino, ma che andava duramente conquistato: un problema tecnico nella sessione del venerdì, poi la pista con l'asfalto da riparare al sabato, nel momento in cui avrebbe dovuto recuperare il tempo perduto. Quando i lavori di sistemazione dell'asfalto terminarono, la pioggia gli impedì di migliorare i propri tempi del giorno precedente. Era solo undicesimo, e il fatto che ben tre piloti fossero stati più veloci di Valerio non era consolatorio.
In ogni occasione in cui si ritrovarono a poca distanza l'uno dall'altro, Xavier fece il possibile per distogliere lo sguardo da Villa: non voleva che il suo compagno di squadra leggesse delusione nei suoi occhi, ma soprattutto preferiva evitare ogni tentativo di conversazione da parte dell'altro. Riuscì nel proprio intento al sabato, ma non la domenica nella tarda mattinata, quando mancava poco più di un'ora all'inizio della gara. Si ritrovò Valerio davanti e, alle strette, non ebbe la possibilità di voltargli le spalle e di andarsene.
Villa osservò: «Quando sono passato alla Vertigo, non avrei mai creduto che già alla prima stagione mi sarei trovato in lotta per il titolo nel gran premio finale, per giunta contro di te.»
Il suo tono era cordiale, ma del resto Valerio era un uomo molto diplomatico, che demoliva con voce subdola ma gentile. Xavier non era come lui, gli piaceva essere diretto, e fu diretto nel replicare: «Nemmeno io mi aspettavo di ritrovarmi proprio te come avversario, ma sono convinto che i titoli vinti valgano allo stesso modo sia che siano stati conquistati gareggiando contro dei grandi campioni sia che ci si sia ritrovati di fronte ad avversari scadenti giunti solo per caso fino all'ultima gara con la matematica ancora dalla loro parte.»
Valerio non parve offeso dalle sue parole, quanto piuttosto divertito.
«Vola basso, Delacroix. Ricordati che, fino a un anno fa, anche tu eri "scadente" come me.»
«Sono uno dei migliori piloti al mondo» replicò Xavier. «Non perché lo dico io: l'hai detto tu stesso, quella sera, alla cena di Natale.»
Valerio avvampò e non ribatté. Si limitò a cambiare discorso.
«Buona fortuna. Le gare possono essere piene di insidie, specie a chi parte undicesimo.»
«Buona fortuna anche a te» rispose Xavier, sprezzante. «Quando tutto ciò che può assisterti è la fortuna, perché da solo non sapresti vincere nemmeno correndo da solo, ne hai bisogno di certo. Anche se ti senti il favorito perché parti quarto, nonostante sei al volante della vettura migliore e, nello specifico, dell'unica delle due che non ha avuto problemi. Ma soprattutto, buona accettazione della realtà, perché avrai bisogno anche di quella.»
Valerio tornò a mostrare un accenno di ilarità.
«Ti credi davvero nella posizione di potermi screditare? Dopo che tutti credevano avresti avuto vita facile, ma adesso sei qui, che per battermi devi innanzi tutto arrivare a raggiungermi?»
«E tu credi di essere nella posizione di potere evitare di essere screditato?» ribatté Xavier. «Guarda che la gente ha memoria: si ricorderanno che non eri nessuno prima della Vertigo, che tornerai nessuno se non vincerai il mondiale, ma soprattutto che resterai comunque nessuno anche se dovessi vincerlo.»
«Hai un modo di ragionare molto curioso» osservò Valerio. «Prima dici che tutti i titoli valgono, poi insinui che il mio non avrebbe valore, nemmeno se dovessi vincerlo contro di te.»
Era pazzesco come Villa riuscisse sempre, almeno sulla carta, ad avere l'ultima parola, ma Xavier non gli avrebbe lasciato quella soddisfazione.
«Pensa a vincere il titolo, invece di parlare, parlare e parlare.»
Valerio gli strizzò un occhio.
«Potrei dire la stessa cosa di te, non credi?»
Xavier restò in silenzio. Alla fine, almeno quella soddisfazione, era costretto a lasciargliela, se non altro per sfinimento, ma non importava, quello che contava davvero era il risultato maturato in pista e, ne era certo, quello avrebbe sancito la sua consacrazione.
Senza avere risposta, Valerio se ne andò, probabilmente convinto di essere in una posizione di vantaggio. Xavier era certo che si stesse sopravvalutando, oppure che stesse sopravvalutando la propria capacità di eludere gli eventi negativi. Fu una soddisfazione vederlo rimanere fermo sulla griglia, costretto a lasciare quella quarta posizione che gli aveva dato così tanta sicurezza. Sarebbe stato magnifico se non fosse riuscito a prendere il via nemmeno dall'ultima posizione, costretto ad assistere in silenzio alla propria sconfitta senza nemmeno avere la possibilità di lottare, ma il destino decise di concedere a Valerio almeno un'ultima possibilità.
Xavier non dubitava che il compagno di squadra avrebbe dato il meglio di sé. Non riteneva Villa all'altezza di un campionato del mondo, ma non poteva negare che non si arrendesse mai, nemmeno quando tutto appariva perduto, a costo di rischiare più di quanto avrebbe dovuto, o addirittura di macchiarsi di azioni infamanti, come aveva fatto quella volta in cui l'aveva letteralmente buttato fuori pista. L'idea di saperlo impegnato in una rimonta senza concrete possibilità avrebbe potuto essere esilarante, se solo Villa non fosse stato in grado di sfruttarla a proprio vantaggio. Perché l'avrebbe fatto, quella era una certezza; si sarebbe autoincensato iniziando a indossare la maschera dell'eroe sconfitto che aveva tentato il tutto per tutto fino all'ultimo: Valerio Villa sapeva essere un personaggio, su questo non vi erano dubbi di sorta.
Qualunque cosa avesse detto o fatto, tuttavia, non era più un problema di Xavier, che ebbe uno spunto formidabile, quando la gara finalmente poté partire. Le sensazioni erano buone, ma quel grande momento durò troppo poco. Quando vide la bandiera rossa, imprecò mentalmente contro un contrattempo che non ci voleva. Senz'altro qualcuno di quei giovani senza arte né parte che popolavano gran parte delle retrovie era andato a sfondare una delle barriere di protezione, generando lunghi tempi di attesa. Non ebbe modo di vedere cosa fosse accaduto, ma le voci giravano in fretta e venne a udire ben presto che vari piloti erano stati coinvolti in un incidente e che Valerio era uno di questi. Una sensazione di intensa felicità lo travolse, ma proprio come quella prima parte di gara era destinata a durare molto a breve.
Gli dispiacque per Karl Graber, quando sentì dire che il pilota che - come prevedibile - aveva sfondato una barriera era proprio lui. Guidava un'auto di infima categoria, ma il talento ce l'aveva, non meritava di essere messo in quel calderone che veniva tanto screditato, anche dallo stesso Xavier, che non riusciva a trattenere certi pensieri. Gli dispiacque perché comprendeva quando fosse difficile qualificarsi, in quella posizione, e quanto fosse duro accettare che la tanto agognata presenza in gara fosse durata a malapena un giro. Gli dispiacque, ma era una persona estremamente ottimista e non gli venne da pensare che l'incidente potesse essere stato qualcosa di più che il finire il tutto danneggiando una barriera.
Fu quando vide lo sguardo di Villa che una brutta sensazione iniziò a farsi largo dentro di lui. Valerio si stava dirigendo a piedi verso il box della Vertigo e i suoi occhi sembravano quelli di chi aveva appena visto un fantasma. Non doveva essere turbato per quello che gli era successo in prima persona. Va bene, la sua possibilità di vincere il mondiale era sfumata, ma la realtà era che uno come lui alle delusioni doveva esserci abituato. Quella era solo l'ennesima prova del fatto che non meritasse di stare tra i migliori.
Non si sforzò nemmeno di distogliere lo sguardo, quasi come se non fosse davvero consapevole di ciò che vedeva. Xavier lo osservò, mentre si sedeva a terra, appoggiandosi contro un muro. Valerio non cambiò espressione, non fece nulla per nascondere il proprio turbamento emotivo.
Xavier gli si avvicinò. Il desiderio di sapere veniva prima di tutto.
«Cos'è successo?»
Valerio non rispose, si limitò ad abbassare gli occhi.
«Ehi, parlo con te!» sbottò Xavier, sedendosi alla sua sinistra. «Che cazzo è successo?»
Valerio scosse la testa.
«Un incidente di merda.»
Xavier lo invitò a essere più specifico: «Che incidente di merda?»
«Graber si è toccato con un'altra macchina, è stato sbalzato su da terra e si è rovesciato su una barriera.»
«Oh.» Quella era una pessima notizia per Xavier. «Mi dispiace.»
«Ho visto la sua auto, in che condizioni è» lo informò Valerio, «E purtroppo non è l'unica cosa che ho visto.»
Non aggiunse altro, ma il silenzio valeva più di mille parole. Di colpo tutto cambiò significato.

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Capitolo 3
*** Valerio Villa ***


Non vi erano dubbi che Xavier Delacroix fosse un trascinatore di folle. Non faceva nulla per essere tale, era una reazione spontanea alla sua stessa spontaneità. La sua aria da ragazzino, che paradossalmente strideva con il suo stato civile e familiare, lo faceva apparire fin troppo appetibile a chi voleva affezionarsi a un personaggio. Valerio lo conosceva da anni, ma in maniera piuttosto superficiale. Aveva l'aria del ragazzo ingenuo, dall'aria talora malinconica, e sembrava non avere niente in comune con lui.
Era considerato da molti un pilota straordinario, la rivelazione che avrebbe verosimilmente dominato le corse automobilistiche nella seconda metà degli anni '80 e, con un po' di fortuna, se la sua carriera si fosse prolungata nel tempo, magari avrebbe avuto ancora qualcosa da dire all'inizio degli anni '90. Valerio era ben consapevole di quelle chiacchiere, ma era altrettanto consapevole di quanto il mondo dell'automobilismo fosse mutevole. In più non vi era alcuna garanzia di essere ancora in vita nella seconda metà degli anni '80, o addirittura di arrivare fino agli anni '90. Non che Valerio fosse una persona per natura pessimista, ma sapeva che, a chi stava ai piani alti, non importava molto del fatto che il progresso tecnologico spesso non fosse accompagnato da riflessioni sulla sicurezza. Le monoposto erano sempre più veloci e instabili e spesso i circuiti non erano più adeguati ai nuovi standard. O, in alternativa, invece di andare avanti si andava indietro, con un numero sempre maggiore di tracciati cittadini americani.
Era paradossale come le competizioni automobilistiche statunitensi avessero trovato ormai da molto tempo un loro equilibrio, con campionati organizzati in ottima maniera, mentre quando si trattava di mescolarsi e amalgamarsi con la cultura motoristica europea, allora tutto iniziava ad andare a rotoli. Non vi erano dubbi che prima o poi la tendenza espansionistica nel Nuovo Mondo sarebbe rientrata, e allora chissà cosa avrebbero pensato gli appassionati del futuro di quei brutti esperimenti che spesso erano sede dello scontro per il titolo. A onore del vero, se Valerio avesse avuto un giorno la possibilità di lottare per il campionato mondiale, non gli sarebbe importato granché di conquistare l'ambito titolo su un tracciato quasi improvvisato tra le strade di una città americana, piuttosto che in uno dei templi dell'automobilismo, ma anche l'occhio voleva la sua parte e si rendeva conto di quanto, dal punto di vista televisivo, i tifosi europei fossero sottoposti a uno spettacolo ben lontano dall'essere affascinante.
Ai suoi occhi, Delacroix appariva come uno di quei piloti che non pensavano minimamente a questioni del genere. A uno come Xavier, dopotutto, bastava guidare e, se possibile, andare più veloce degli altri, o quantomeno provarci. Pur non avendolo mai frequentato, Valerio era convinto di averlo inquadrato piuttosto bene e, in effetti, quando lo conobbe meglio, si rese conto di averci azzeccato. Diventarono compagni di squadra alla Vertigo e, qualche settimana prima dell'inizio della stagione, Valerio fu invitato, esattamente come si aspettava, alla festa di fine anno della squadra. O forse era una festa di Natale; non gli importava molto di quale nome si desse agli eventi, l'importante erano i presenti o, per meglio dire, le presenti. Valerio non aveva alcuna difficoltà, quando si trattava di conquiste femminili. Durante gli eventi mondani era spesso circondato da esponenti del gentilsesso, ma c'era da dire che la cena della Vertigo aveva un concetto di mondanità tutto suo. E poi c'era Xavier Delacroix, che lo fissava con una strana aria di disapprovazione. Chissà, magari era uno di quei bigotti convinti che prima del matrimonio le donne dovessero essere guardate soltanto da lontano, come se fossero totalmente prive di desiderio... anche se, a giudicare dall'età in cui si era sposato ed era diventato padre, era molto probabile che il matrimonio fosse stato innescato da una gravidanza non programmata, il che stroncava sul nascere quell’ipotesi.
In altre circostanze, Villa non si sarebbe preoccupato del giudizio altrui, ma si sorprese a pensare che, dopotutto, costruire un rapporto di reciproca stima con Xavier sarebbe stato molto più utile che fare l'opposto. Non aveva mai avuto grossi problemi con i precedenti compagni di squadra, ma nessuno dei suoi precedenti compagni di squadra era come Delacroix. Si ritrovò quindi a mettere da parte la bella presenza femminile di turno e iniziò una conversazione con Xavier.
Il pilota della Vertigo era franco-belga, ma parlava un buon italiano, imparato nei primi anni della sua carriera, quando aveva gareggiato a lungo nei campionati minori italiani. Si ritrovarono a raccontarsi a vicenda qualche curiosità sul loro passato che, puntualmente, si rivelò ben differente. Se Valerio era cresciuto in una famiglia ricchissima che aveva contrastato a lungo la sua passione per i motori, Xavier si era ritrovato nella situazione opposta: figlio di due patiti di corse automobilistiche, il suo principale problema era stata la mancanza di mezzi economici. Alla fine, comunque, ce l'aveva fatta. Si poteva dire lo stesso anche di Valerio, che del denaro di famiglia aveva rischiato di non vedere neanche un centesimo, ma non avrebbe mai osato affermarlo ad alta voce: la convinzione generale era che, chi era nato abbiente, non si fosse conquistato nulla, nemmeno quando aveva rischiato di essere rinnegato dai propri genitori per inseguire la propria passione.
Quella cena fu un inizio, o forse una fine. Valerio non aveva mai immaginato che Xavier potesse avere qualcosa in comune con lui e, ancora meno, la possibilità che tra loro potesse nascere un'amicizia. Invece accadde, molto probabilmente perché entrambi sentivano la mancanza di qualcosa che vedevano invece nell'altro. Non che fosse molto positivo: in fondo c'era una palese invidia reciproca. Xavier avrebbe tanto voluto lo stile di vita di Valerio, il non avere alcuna responsabilità nei confronti di altri, il vivere soltanto per se stesso. Proprio come Valerio aveva ipotizzato, Xavier e la signora Delacroix si erano conosciuti quando erano ancora molto giovani e non avevano mai parlato seriamente di sposarsi e avere dei figli. Era semplicemente accaduto, erano stati travolti dagli eventi e l'avevano accettato. Erano stati felici e forse la signora Gabrielle era convinta di esserlo ancora. Anche Xavier lo era stato, almeno finché era stato un ragazzo qualsiasi, anziché finire per diventare l'oggetto del desiderio di molte altre donne. Le amiche delle ragazze che Valerio frequentava occasionalmente lo guardavano con occhi carichi di desiderio e a volte a contemplarlo a quella maniera erano anche le frequentazioni di Valerio che, da parte sua, evitava i legami duraturi. Aveva avuto molte donne, ma era sempre stato chiaro con tutte loro: niente relazioni stabili e nessuna possibilità di avere avventure con chi da lui avrebbe voluto altro. Un giorno, quando avesse abbandonato le competizioni, sarebbe stato diverso, ma finché fosse stato un pilota non avrebbe voluto né una compagna stabile né tantomeno una famiglia ad aspettarlo, magari dall'altra parte del mondo, quando non aveva garanzie di tornare a casa vivo. Se c'era qualcosa in cui si sentiva di invidiare Valerio, era proprio l'essere riuscito a conciliare il proprio mestiere con la vita privata. Gli sarebbe piaciuto, poterla pensare come lui, non avrebbe corso il rischio di focalizzarsi soltanto ai piaceri, quando era lontano dai circuiti, senza mai costruire nulla.
Tutto andò bene, tra di loro, almeno finché non si ritrovarono l'uno contro l'altro, alla rincorsa di un titolo mondiale che sembrava ormai precluso ai piloti delle altre scuderie. La stagione era iniziata un po' in sordina, per Valerio, ma d'altronde nessuno si aspettava altro da lui. Era chiaro che per tutti fosse Xavier il favorito e, se all'inizio non provava alcun disturbo, iniziò a sentire inappropriato l'essere sempre messo in secondo piano quando Delacroix iniziò ad avere delle difficoltà e a perdere terreno. Erano in due, a contendersi quel dannato campionato, ma nessuno sembrava essersene reso conto, al di fuori della Vertigo. La squadra teneva un piede in due scarpe, ma del resto non c'era da aspettarsi altro: in un mondo in cui tutto cambiava molto in fretta e, da un giorno all'altro, Delacroix avrebbe potuto addirittura annunciare di volere lasciare la Vertigo alla fine della stagione, non vi era un interesse del tutto definito nel cercare di sostenere un pilota svantaggiando l'altro. Inoltre non era sempre fattibile: affinché uno dei due piloti si facesse da parte per l'altro, occorreva che si presentasse la giusta situazione. Ogni volta che uno dei due non era immediatamente dietro al compagno di squadra, oppure che una delle due monoposto aveva un'avaria che non le consentiva di arrivare al traguardo, ogni discorso diveniva superfluo; e accadeva non di rado di trovarsi nell’una circostanza o nell’altra.
Approfittando delle circostanze favorevoli che gli si presentarono, Valerio riuscì a salire in testa alla classifica, e non di poco. Qualcuno iniziò a farvi caso, occasionalmente gli addetti ai lavori arrivavano a chiedersi se Delacroix si sarebbe fatto da parte, da un certo momento in poi. Ovviamente non si fece da parte, né Valerio si aspettava altro. Erano avversari, prima ancora che compagni di squadra, e non vi erano rivali pronti a mettersi tra di loro. Comunque fosse andata, uno dei due sarebbe divenuto campione del mondo, alla fine della stagione. Per Valerio era chiaro, e immaginava lo fosse anche per Xavier. Allo stesso modo gli era chiaro che, se il più veloce dei due era dietro, chi era davanti non aveva alcun dovere di stendere il tappeto rosso al passaggio dell'altro. Quando avvenne il fatto che fece discutere, Valerio aveva poche realistiche possibilità di mantenere la propria posizione, ma non vi erano ragioni per cui avrebbe dovuto rendere le cose facili al suo diretto avversario.
Per Xavier, a quanto pareva, nulla di tutto ciò era chiaro, così come non gli era affatto chiaro che ciò che accadeva in pista iniziava e terminava in pista. Al loro incidente seguirono polemiche e discussioni, come Valerio si poteva tranquillamente aspettare; del resto non era la prima volta che si ritrovava coinvolto in una collisione con un altro pilota. La prassi era essere sempre convinti che la responsabilità fosse dell'altro e, se non era così, almeno far credere di esserne convinti. Fu la posizione che tennero entrambi. La differenza abissale, tra i due, era che per Valerio si trattava soltanto di un incidente, sul quale ciascuno dei due aveva un'opinione diversa. Lo accettava senza alcun problema e, per quanto lo riguardava, era pronto ad accantonarlo e a metterlo da parte come un episodio generico del recente passato. Per Xavier, a quanto pareva, era tutto quello che contava, come se quel contatto e il conseguente ritiro fosse stato un attacco personale nei suoi confronti che andava assolutamente vendicato.
Valerio cercò, in due o tre occasioni, di farlo ragionare. Xavier continuava a polemizzare alla minima occasione e a mettere in chiaro che non si sarebbe arreso, che avrebbe fatto di tutto per vincere un mondiale che riteneva gli spettasse. Quando lo affermava, sembrava che quest'ultima parte del discorso dovesse essere qualcosa di eccezionale, e non quello che avrebbe fatto sempre e comunque. Valerio smise di preoccuparsi del punto di vista di Xavier. Anzi, gli capitò più di una volta di rispondere a tono, quando si rese conto che bastava poco a destabilizzare Delacroix. Non esagerò mai, in ogni caso: non gli piacevano le polemiche sterili e inutili e soprattutto non intendeva trasformare la conquista di un titolo in una questione di vita e di morte. Fu quella la ragione per cui cercò di avere una conversazione civile con il compagno di squadra, nelle ore che precedettero quella che sarebbe stata la gara decisiva. Fu tutto inutile: Xavier non era in grado di comprendere che, se si rivolgeva a lui in tono pacato, non lo faceva con un secondo fine.
In più, Valerio sapeva di non avere alcuna certezza. La posizione di partenza gli era favorevole, ma non vi era alcuna garanzia. Xavier era un avversario temibile e non vi erano dubbi che avrebbe fatto il possibile per batterlo. Lo sapeva e lo accettava. Avrebbe desiderato che per Delacroix funzionasse alla stessa maniera, ma non era così. Anzi, più Xavier lo screditava e più Valerio si rendeva conto di quanto lo temesse.
Mentre Delacroix era sempre più convinto che la vittoria finale gli spettasse e che fosse sul punto di essergli sottratta, non restava altro che raccogliere ciò che quell’ultima giornata aveva in serbo. Come facilmente prevedibile, l'ennesimo tracciato cittadino statunitense messo in calendario prima ancora di verificare che un gran premio su quelle strade fosse fattibile si era rivelato l'ennesima seccatura. Il tempo a disposizione di squadre e piloti era calato drasticamente a causa dei soliti problemi già visti più di una volta e, Valerio doveva ammetterlo, non era stato molto consolatorio vedere la situazione evolversi, al momento, a proprio vantaggio. Se fosse stato totalmente slegato dalla realtà, come lo era Xavier, forse il giorno precedente si sarebbe compiaciuto nello scoprire i problemi riscontrati dal compagno di squadra e avrebbe maturato la convinzione di essere a un passo dal campionato. La realtà dei fatti, tuttavia, era ben diversa: un guasto meccanico per Delacroix non prometteva bene, visti i problemi di affidabilità che avevano condizionato soprattutto la prima parte della stagione. L'unica possibilità che Valerio sapeva di avere era quella di battere Xavier, ma serviva che la vettura non lo abbandonasse. Se era accaduto al suo compagno di squadra soltanto il giorno precedente, poteva succedere anche a lui molto prima di quanto si aspettasse, e allora sarebbe stato un enorme problema.
Qualcosa infatti accadde, sulla griglia di partenza. Le altre monoposto partirono senza difficoltà, ma non la sua. Valerio rimase fermo, consapevole che il vantaggio fosse già perduto e lo svantaggio forse irrecuperabile. Per fortuna il motore riuscì a riavviarsi, anche se significava prendere il via dal fondo della griglia, tra vetture lente su un circuito che non favoriva i sorpassi. Era certo che, se ci fosse stato Xavier al posto suo, avrebbe creduto fosse una congiura del destino. La verità era che non vi era alcun destino e, se proprio doveva esserci, era probabile che determinasse eventi ben più importanti per il genere umano rispetto al risultato di una gara automobilistica; chi partiva dalle retrovie doveva semplicemente fare il possibile per uscire da quella scomoda situazione, invece di prendersela con le stelle. Forse vincere il mondiale era impossibile, ma dimostrare di non essere più quel pilota che nessuno prendeva sul serio era ugualmente importante.
Le prime curve non furono molto promettenti. Perfino Karl Graber oppose una grossa resistenza. A Valerio non passò nemmeno per la testa che il pilota svizzero avesse qualche ragione per volerlo ostacolare, nonostante fosse un amico di Delacroix. Altri, al posto suo, avrebbero utilizzato un argomento assurdo come quello per inventare complotti, ma era molto più probabile che quel disgraziato stesse cercando neanche di portare a casa un buon risultato, quanto piuttosto di farsi inquadrare il più a lungo possibile, certo che gli sponsor avrebbero gradito.
Valerio attese. Non era mai stato molto paziente, ma sapeva di non potersi concedere errori. Graber faceva parte di un disegno più ampio, non poteva correre rischi per infilarsi dove non c'era spazio. Era solo il primo giro, prima o poi Karl gli avrebbe fatto - non volontariamente - strada oppure si sarebbe eliminato da solo. Poteva concedersi di aspettare, anche se era certo che, nelle posizioni che contavano, Xavier si fosse già liberato almeno di alcune vetture che lo precedevano. Forse doveva sperare che il motore dell'auto del compagno di squadra iniziasse a dare problemi un'altra volta, ma la verità era che non poteva preoccuparsi di quello che succedeva a Delacroix, non in quel momento, almeno.
Accadde tutto molto in fretta. Non ebbe il tempo di riflettere su quello che stava succedendo, ma solo di fare il possibile per evitare di ritrovarsi coinvolto. Non fece nemmeno caso a chi fosse l'altro, si limitò a notare che una delle vetture coinvolte era quella di Graber. Si buttò all'ultimo dal lato opposto, per non travolgere nessuno. In un tracciato normale si sarebbe ritrovato nella sabbia o sull'erba, ma quello non era un tracciato normale. Non c'erano vie di fuga, ma soltanto barriere che non lasciavano scampo. Valerio cozzò contro una di esse e, in un altro momento, avrebbe formulato un pensiero che suonava come "il mondiale è finito". Molto probabilmente lo era, ma la sua mente si rifiutava di andare in quella direzione. Non c'erano solo campionati dei mondo da vincere o da perdere, c’era anche la consapevolezza di essersi appena ritrovato coinvolto in un evento che avrebbe preferito non vedere dal vivo.
Gli parve quasi che l’atmosfera mutasse, come se qualcosa fosse stato stravolto all'improvviso, come se fosse arrivato a un punto di non ritorno. Quando tornò alla realtà, appena qualche frazione di secondo più tardi, realizzò finalmente che il motore della monoposto si era spento. Tutto ciò che poteva fare era slacciarsi le cinture e scendere, ma nemmeno allora riuscì a pensare al titolo ormai sfumato. Quello che restava della monoposto di Graber era uno spettacolo agghiacciante e non prometteva nulla di buono e distogliere lo sguardo non sarebbe servito a niente; Valerio sapeva che avrebbe continuato a vedere la stessa immagine pur rivolgendo gli occhi altrove.
Aveva ancora quella scena fissa in testa, mentre camminava verso la corsia dei box, così come non se n’era ancora andata quando si sedette a terra sperando che nessuno andasse a disturbarlo. Non fu così, purtroppo tra i tanti ad avvicinarsi a lui fu proprio Xavier - ovviamente era stata esposta bandiera rossa, anche se non Valerio non ci aveva pensato, fino a quel momento. Il suo compagno di squadra voleva sapere cosa fosse successo, ma non ebbe la forza di rispondergli. Fu un errore, perché Delacroix si abbassò di scatto e gli si sedette accanto, rinnovando la stessa domanda.
Doveva rispondergli, doveva trovare la forza di parlare. Scuotendo la testa, mormorò: «Un incidente di merda.»
Non era abbastanza per Delacroix, che gli chiese ulteriori spiegazioni. Valerio gli descrisse la dinamica, come meglio poteva, parlandogli del contatto tra due monoposto, di cui quella di Graber che veniva sbalzata in aria prima di capovolgersi su una barriera. Filtrò molto le parole, perché non se la sentiva di essere esplicito, e infatti Xavier parve dispiaciuto per Graber, ma senza avere ben chiaro come stessero le cose. Ancora una volta preferì non essere troppo diretto, ma lasciò intendere che il problema non fosse una gara terminata al primo giro.
«Ho visto la sua auto, in che condizioni è, purtroppo non è l'unica cosa che ho visto.»
Xavier abbassò lo sguardo e rimase in silenzio per quello che a Valerio parve un tempo piuttosto lungo. Si aspettava di vederlo alzarsi in piedi e andare via senza dire niente, ma non successe. Come colto da un dubbio improvviso, volle sapere: «E tu? Cosa c’entri tu? Come ci sei finito in mezzo?»
«Ho preso in pieno la barriera, mentre cercavo di evitarli» rispose Valerio. «Ci sono riuscito, a evitare tutti, ma non sarebbe cambiato niente. I soccorsi sono arrivati subito, il che è un mezzo miracolo visto la proverbiale disorganizzazione dei gran premi americani. Ho visto mentre estraevano Karl da quello che restava della sua macchina.»
«E...?»
«E niente» tagliò corto Valerio. «Avrei preferito non vedere, non ricordare quanto la vita umana sia fin troppo volubile.»
«Eppure l’hai sempre detto tu stesso» obiettò Xavier. «Non fai altro che ripetere che non vuoi legami, perché non puoi mai sapere quello che succederà domani.»
Valerio si girò a guardarlo.
«Dirlo è una cosa, vederlo con i propri occhi è un’altra.»

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Capitolo 4
*** Il duello finale ***


La seconda partenza della gara non venne mandata in onda dalla televisione italiana, in quanto in quel momento si stava svolgendo il telegiornale in forma ridotta. I telespettatori, quindi, si ritrovarono catapultata di fronte a loro l’azione da un momento all’altro e il compito di Angelo Giuliani fu quello di accompagnarli a seguirne le vicende. Accennò al grave incidente accaduto nel corso del primo giro, dopo la prima partenza, senza diffondere alcun dettaglio sulle condizioni nelle quali vertesse il giovane Karl Graber. Non vi era alcuna ufficialità, anche se molte voci lasciavano sperare ben poco.
Nonostante la gara fosse ripresa da distanza originale, non sembrava esservi alcun elemento concreto che potesse stabilire se Valerio Villa fosse autorizzato a riprendere la posizione che si era conquistato sulla griglia di partenza. Non era una novità che vi fossero punti del regolamento ben poco chiari e soggetti a molteplici interpretazioni, ma non era certo piacevole l’idea che un simile punto oscuro potesse avere influenza su uno scontro che valeva la conquista del campionato mondiale.
Angelo si aspettava che Villa venisse fatto partire sulla casella originale della griglia - quella era la voce circolata in cabina di commento mentre gli italiani guardavano il telegiornale sul secondo canale - e temeva che ciò avrebbe generato polemiche a non finire. Fortunatamente entrambi i contendenti al titolo appartenevano entrambi alla stessa scuderia, e questo avrebbe contenuto almeno in parte le polemiche, ma era pressoché certo che qualche altra squadra avrebbe fatto ricorso, alla fine del gran premio, nella speranza di conquistare qualche punto in più. Paradossalmente, Villa avrebbe potuto terminare la stagione da campione del mondo, in apparenza, e poi essere squalificato dalla gara finale, con il titolo che, di conseguenza, sarebbe andato al suo compagno di scuderia Xavier Delacroix; per l’intera categoria una simile situazione sarebbe stata un fallimento.
Poi, a sorpresa, vi fu un’inversione di tendenza. Quando le altre monoposto andarono in griglia, quella di Villa rimase nel box. Uno degli inviati che lavoravano per la televisione italiana riuscì faticosamente a rimediare qualche informazione. Angelo non aveva avuto dubbi sul fatto che vi sarebbe riuscito: i suoi collaboratori avevano l’incredibile capacità di riuscire a intrufolarsi anche laddove non avrebbero dovuto avere accesso e spesso erano una fonte preziosa di notizie in tempo reale.
La spiegazione ufficiale della Vertigo accennò a un surriscaldamento del motore e alla necessità di svolgere ulteriori controlli sull’auto che Villa avrebbe dovuto guidare durante la lunghissima gara che aveva davanti. Non fu difficile, per Giuliani, trarre una rapida conclusione: i dubbi che erano venuti a lui, doveva averli anche qualcuno ai vertici della Vertigo, che aveva notato come la squadra non potesse assolutamente permettersi uno scenario come quello che il telecronista aveva ipotizzato. Non era, tuttavia, nemmeno nella posizione di affermare che il regolamento non permettesse a Villa di riprendere la casella originale della griglia di partenza; lo stesso pilota avrebbe potuto tacciare la Vertigo di avere complottato contro di lui. Accennare a un potenziale guasto era la soluzione di gran lunga più conveniente, che lasciava il maggior margine d’azione, ma soprattutto metteva al riparo da polemiche che dovevano assolutamente essere evitate.
Quando finalmente Giuliani poté tornare in diretta televisiva, raccontò quindi di come, nel corso delle prime tornate, Delacroix avesse rimontato diverse posizioni, portandosi a ridosso del podio virtuale ormai da grandissimo favorito. Al contempo, Villa stava risalendo dalle retrovie, ma la sua rincorsa alle posizioni di rilievo era lunga, faticosa e destinata, in apparenza, a rivelarsi infruttuosa. Il fatto che la monoposto si fosse spenta, in un momento che sembrava ormai lontano giorni, o addirittura mesi, nonostante fosse accaduto poco più di un’ora prima, sembrava avere compromesso definitivamente le sue possibilità di lottare per il titolo.
Ci vollero altri ventisette giri, due avarie di breve durata al collegamento audio e un’improvvisa scomparsa delle immagini dal monitor che Angelo aveva davanti affinché la situazione rischiasse di ribaltarsi. Quando lo schermo riprese a lavorare, le telecamere erano ancora puntate sulle prime posizioni, come poco prima. Non vi era molta distanza tra i piloti che si trovavano nei primi quattro posti, racchiusi in un trenino in coda al quale vi era Delacroix, che aveva cercato senza neanche troppa decisione un varco per agguantare un terzo posto con cui avrebbe potuto coronare in bellezza la stagione. Xavier, però, stava gareggiando in maniera molto attendista, e del resto come dargli torto? Il suo diretto avversario si trovava lontanissimo non solo dalla vetta ma anche dalla zona punti, era in quel momento appena quattordicesimo, non valeva la pena di prendere rischi che avrebbero potuto compromettere l’esito della sua rincorsa al titolo.
Le telecamere erano ancora puntate sui piloti nelle prime posizioni, quando le immagini tornarono, ma le vetture vicinissime le une alle altre non erano più quattro, quanto piuttosto solo tre. Angelo, pure abituato a parlare in maniera pacata, quando era in diretta televisiva, invece che urlare come i tifosi che seguivano le gare radunati intorno al televisore al bar, si lasciò andare a un’esclamazione di stupore: «Attenzione! Non vediamo più Delacroix...»
Rimase spiazzato, senza parole, neanche tanto per la “scomparsa” improvvisa dalle inquadrature televisive del pilota che si trovava in testa alla classifica mondiale, quanto perché la regia non stesse facendo alcunché per mostrare dove si trovasse e cosa gli fosse successo. Passò un lasso di tempo che ad Angelo parve infinito prima che Xavier venisse inquadrato rientrare ai box con la gomma anteriore destra forata. Quale fosse stata la causa della foratura rimase un mistero, dato che non venne mostrato alcun replay dell’accaduto. La regia, comunque, mostrò segni di miglioramento, seppure molto vaghi, quando le inquadrature rimasero su Delacroix, nonostante si trovasse fuori dalla zona punti: era tornato in pista proprio dietro al compagno di squadra, nonché avversario diretto, e questo avrebbe potuto rivelarsi molto importante nel prossimo futuro.
Per il momento, i due si trovavano in ottava e nona posizione - Villa aveva compiuto, lontano dalle inquadrature, un paio di sorpassi, per poi approfittare di alcuni ritiri o problemi tecnici che avevano forzato altri piloti a una sosta ai box - quindi non avrebbero ottenuto punti, se le cose fossero rimaste com’erano, ma la gara era ancora molto lunga e per raggiungere la tanto agognata zona punti bastava arrivare alla sesta piazza. Ancora parecchie vetture erano presenti in pista, ma Angelo sapeva per esperienza che, con ogni probabilità, altri ritiri sarebbero seguiti. Arrivare a un obiettivo del genere sarebbe stato molto facile.
I due piloti della Vertigo sembravano fare a gara a sé, con Villa che, in un primo momento, sembrò far perdere tempo prezioso a Delacroix: l’italiano era su gomme ormai molto usurate, tanto che, quando Xavier lo superò, riuscì ben presto a distanziarlo. Valerio rientrò ai box per un cambio gomme e, ritrovandosi pista libera davanti, riuscì ben presto a eguagliare i tempi del compagno di squadra, almeno finché questo non si ritrovò in coda ad altre vetture con ancora gli stessi pneumatici con cui avevano iniziato la gara. Era lecito aspettarsi che anche altri piloti rientrassero, prima o poi, il grande dubbio rimaneva quando sarebbe arrivato quel momento. Tra le varie previsioni di Angelo, un’altra iniziò ben presto a farsi largo: se Delacroix non si fosse riuscito a superare i piloti che aveva davanti, e che per il momento non parevano intenzionati a fermarsi per un cambio gomme, Villa avrebbe recuperato gran parte del loro distacco, se non avesse incontrato alcun intoppo alla propria risalita.
Quella sensazione si rivelò corretta: per quanto Delacroix fosse davanti a Villa, era consapevole che prendersi un rischio di troppo avrebbe potuto compromettere totalmente la sua gara e sembrava comportarsi in maniera fin troppo attendista. Il leader della classifica mondiale rimase dietro per ben tredici giri, superando infine le ultime due vetture che ancora non si erano fermate ai box, ma che rientrarono poco dopo. Angelo iniziò a chiedersi se la fortuna non stesse girando dalla parte di Villa, ma dubitava che il fato stesse dettando il possibile esito di quel gran premio. Era palese che i due compagni di squadra stessero vivendo la situazione in maniera molto diversa e, se da un lato Delacroix sembrava non avere alcuna intenzione di strafare, Villa non si stava affatto risparmiando. Eccolo arrivare alle spalle del compagno di squadra, con le due Vertigo ancora molto vicine e, stavolta, a occupare il quinto e il sesto posto, approfittando delle sventure altrui: perfino il pilota che, scattato dalla pole position, era stato in testa fino a gara inoltrata aveva dovuto arrendersi all’ennesimo guasto al motore.
«Come potete vedere» commentò Angelo, «Sono ormai meno della metà le vetture rimaste ancora in gara, dato che i ritiri si sono susseguiti, dopo una prima metà gara che era stata decisamente più tranquilla. Come tutti i tracciati cittadini, questa pista mette a dura prova le monoposto che, come facilmente prevedibile, stanno reggendo a fatica lo sforzo. Non sembrano invece avere problemi, per il momento, le due Vertigo, con Villa che ormai ha rotto gli indugi e si sta facendo vedere negli specchietti del compagno di scuderia. Come vedet-...» In realtà non era certo che i telespettatori stessero guardando le stesse immagini che comparivano sul suo display, ma in ogni caso si interruppe di botto quando l’inquadratura cambiò, riportandosi sulla testa della gara. Il pilota che si trovava al momento in seconda posizione, compagno di squadra del precedente leader costretto al ritiro, stava perdendo terreno e dal retro della sua monoposto si alzava un fumo poco promettente. «Vediamo proprio adesso un’altra defezione, ancora una volta, probabilmente, per problemi di motore. Le due Vertigo dovrebbero essere in questo momento al quarto e al quinto posto.»
Soltanto sei giri più tardi, a causa di un ulteriore ritiro e di un cambio gomme nel quale una ruota non era stata correttamente imbullonata, Delacroix e Villa si trovavano in seconda e terza piazza, con Valerio sempre più vicino al compagno di squadra. La regia lasciò andare definitivamente il pilota di testa, per concentrarsi sulle due Vertigo. Era palese che Villa stesse cercando il momento propizio per attaccare Delacroix, ma doveva essere consapevole di quanto non potesse più concedersi il minimo errore: se avesse preso il secondo posto e l’avesse portato fino al traguardo, avrebbe concluso la stagione con un punto in più di Delacroix, da campione del mondo; tuttavia, se la gara fosse terminata con un doppio ritiro, il titolo sarebbe andato a Xavier. Era improbabile che un pilota che aveva trascorso gli ultimi mesi a lamentarsi di essere stato buttato fuori innescasse un incidente di proposito, ma tra i due era l’unico che avrebbe potuto guadagnarci, se fosse accaduto. Era palese che Valerio lo sapesse e si stesse comportando di conseguenza. Tutto ciò che restava da valutare era quanto tempo avrebbe impiegato, prima di decidersi a fare sul serio. Ben presto non sarebbe più bastato limitarsi a farsi vedere negli specchietti come semplice elemento di disturbo e Villa avrebbe dovuto decidere di rischiare.
Si gettò all’interno all’improvviso in un tratto di pista che non favoriva i sorpassi e si ritrovò stretto tra Delacroix e le barriere così a ridosso della carreggiata. Per un attimo davanti a Xavier, il quale mantenne tuttavia la tanto preziosa seconda posizione. Per un paio di curve sembrò avere messo un po’ di distanza tra sé e Villa, ma Angelo iniziò a chiedersi se, oltre a un maggiore attendismo, Delacroix fino a quel momento non avesse anche avuto qualche problema con la vettura o con le gomme. Non ebbe molto tempo per riflettervi, perché Villa tentò nuovamente di sopravanzare il compagno di squadra, stavolta in uno dei pochi punti in cui superare era possibile. La manovra non andò a buon fine, ma ci riprovò un giro più tardi, riuscendo a uscirne davanti a Delacroix. Non vi rimase molto: Xavier sapeva di doversi riprendere la posizione e fu esattamente quello che fece con un ottimo controsorpasso.
Al microfono, Angelo si lasciò andare a una considerazione: «Chi l’avrebbe mai detto, quando la gara è partita con Villa che scattava dalla corsia dei box, che avremmo assistito a un simile duello tra lui e Delacroix. Non...»
Si fermò, a causa di un colpo di scena improvviso: non un’altra azione degna di nota tra i due piloti della Vertigo, quanto piuttosto un suono stridulo nelle cuffie, così tanto simile a quelli che aveva già udito in altre occasioni. Era paradossale che, proprio sul più bello, non gli fosse data la possibilità di raccontare eventi che sarebbero sicuramente passati alla storia. Lo scontro diretto tra i due alfieri della Vertigo restituiva all’automobilismo quel lato poetico e romantico che spesso non riusciva a mostrarsi nella sua pienezza. Bastava così poco per dimenticare come quel tracciato fosse davvero inguardabile, come l’espansione negli Stati Uniti non stesse dando quei grandi frutti che spesso venivano millantati e soprattutto come il giovane Karl Graber fosse sospeso tra la vita e la morte dopo essere rimasto coinvolto in un incidente che sembrava ormai così lontano del tempo da appartenere a una vita precedente. Quel pensiero improvviso fece rabbrividire Giuliani, che quasi non si accorse di quando il problema tecnico rientrò e che quasi non provò esaltazione nel vedere Valerio Villa superare ancora una volta nello stesso tratto.
Diversamente da poco prima, Xavier Delacroix non riuscì a riprendere la posizione e un attimo più tardi Villa iniziò a staccarlo. Sembrava finita per il grande favorito, ormai. Contro tutte le aspettative, Valerio sarebbe andato a prendersi il titolo mondiale, mentre ormai i giri iniziavano a scendere sempre più, tanto che quelli restanti non erano più in doppia cifra. Angelo ne approfittò per rievocare qualche aneddoto sul passato nella massima categoria del probabile imminente campione, ma era nel bel mezzo di un racconto delle circostanze fortuite che avevano portato alla sua prima vittoria quando fu costretto a fermarsi: Villa stava rallentando, non significativamente, come i piloti che erano rimasti appiedati dai motori delle loro vetture o da altre seccature di natura tecnica, ma abbastanza affinché il distacco tra sé e Delacroix crollasse quasi del tutto. Le due Vertigo si ritrovarono ancora una volta vicine e quella che si trovava davanti dava segno di avere qualcosa che non andava. Giuliani pensò che potesse trattarsi di una foratura lenta, ipotesi che poi fu convalidata proprio dallo stesso Villa al termine della gara.
Il duello così esaltante era finito. La rincorsa clamorosa di Villa, iniziata dalla corsia dei box, era giunta al termine. Non poté fare alcunché per reagire all’attacco di Delacroix, fu costretto a lasciarlo andare via e a rallentare, con l’unico obiettivo di arrivare al traguardo. Scivolò anche fuori dal podio e perse successivamente altre due posizioni proprio nel corso dell’ultimo giro. Chiuse doppiato non solo dal vincitore, ma anche dal compagno di squadra. 
«Ancora una volta» osservò Angelo, nell’accogliere il nuovo campione del mondo, «in questa giornata abbiamo avuto la dimostrazione che le corse possono riservare sorprese fino all’ultimo minuto. Xavier Delacroix va a vincere meritatamente il titolo, dimostrando finalmente di essere all’altezza delle aspettative nei suoi confronti. E chissà che questo campionato non sia il primo di una lunga serie.»
Era emozionante pensare a come quel pilota con l’aria da ragazzo comune fosse riuscito a superare gli ostacoli e a mantenere fede alle previsioni di tutti coloro che l’avevano dipinto fin dagli esordi come il futuro. Certo, c’erano state anche critiche nei suoi confronti, ma era inevitabile che prima o poi succedesse. Sarebbe accaduto ancora, tante altre volte, a ogni errore e a ogni performance in apparenza deludente, dimenticando selettivamente tutto ciò che era stato. Non importava, Angelo sapeva che certe voci non meritavano di essere ascoltate, né ci teneva a divulgarle durante le sue telecronache. Doveva raccontare, non giudicare. Certi discorsi stavano bene soltanto fatti al bar e, dal momento che i telespettatori che stavano a guardare le gare nei bar non prestavano la benché minima attenzione al commento tecnico, non vi era alcuna ragione logica, nemmeno di tipo commerciale, per abbassarsi al loro livello. Forse in futuro sarebbe accaduto e le dinamiche delle linee editoriali si sarebbero evolute, ma Giuliani non era convinto che un simile approccio fosse una vera evoluzione, casomai proprio l’opposto.
Nonostante si trattasse dell’ultimo gran premio stagionale e dell’evento in cui era stato assegnato il titolo mondiale, il tempo a disposizione non era più tanto. Era ormai ora dei programmi della seconda serata, non ci sarebbe stato tempo per trasmettere le immagini del podio, sempre ammesso che la regia americana decidesse di inquadrarlo. Nelle case degli italiani, i genitori avrebbero messo a letto i bambini, per poi focalizzarsi sui programmi delle ventidue e trenta, oppure per andare a dormire a loro volta. Qualcuno si sarebbe addormentato pensando a Xavier Delacroix che tagliava il traguardo in seconda posizione, mentre qualcun altro si sarebbe dimenticato del gran premio non appena avesse spento la televisione, o cambiato canale, o visto comparire sul teleschermo la pubblicità. Non c’era più tempo per dire altro, ma Angelo decise di dare alla fine della stagione la conclusione più degna: «Abbiamo visto un ottimo campionato da parte di Xavier Delacroix, ma credo sia doveroso riconoscere che entrambi i piloti della Vertigo hanno disputato un mondiale eccezionale, talora deciso dall’affidabilità. Valerio Villa, considerato da molto non all’altezza della situazione, ha lottato fino all’ultimo ed è stato a un passo dal vincere il mondiale. Questi due ragazzi avranno molte emozioni da regalarci anche negli anni a venire, sempre che il mezzo meccanico continui ad assisterli. Infine, un pensiero a Karl Graber: al momento non vi sono comunicati ufficiali dall’ospedale e non è chiaro quali siano le sue condizioni. In caso di aggiornamenti, questi saranno divulgati nel corso del telegiornale della notte. Dagli Stati Uniti è tutto, un saluto a tutti e a risentirci nella prossima stagione. Vi ricordo che il prossimo campionato avrà inizio nel mese di febbraio in Brasil-...»
Il mondiale si concluse con un ennesimo problema con l’audio, tagliando a metà le parole di Angelo Giuliani, il quale si tolse le cuffie e si lasciò andare a un sospiro. Era finita. Non come credeva, ma era pur sempre finita.

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Capitolo 5
*** Inevitabile epilogo ***


Tutta la gente che contava stava intorno a Delacroix. I meccanici inneggiavano a lui, circondandolo. Doveva essere passata meno di mezz'ora da quando Valerio l'aveva superato per la seconda posizione. Già in circostanze normali, sarebbe stato un risultato memorabile raggiungere il podio dopo essere partito dalla corsia dei box, ma il fatto che potesse significare la vittoria del titolo era quel qualcosa in più che non aveva mai assaporato, fino a quel momento.
Quel giorno, in America, era stato a un passo dallo scrivere una pagina importante della propria storia personale, per poi ritrovarsi a poche tornate dalla conclusione con una gomma che si afflosciava lentamente. Era stata la gara più lunga della sua vita, metaforicamente, e non era scontato, per lui che aveva preso parte anche a numerose corse di durata in passato.
Non aveva avuto tempo per riflettere, né tantomeno per rendersi conto che era stata tutta un'illusione. Il suo sogno se n'era andato talmente in fretta da non lasciarlo nemmeno metabolizzare. Aveva saputo fin dal primo istante, quando si era avviato all'uscita della corsia dei box, che non sarebbe stato facile, ma a posteriori si rendeva conto di non avere mai pensato di potere arrivare così vicino al successo.
Qualcosa era cambiato, dentro di lui, dopo avere visto Karl Graber e i rottami della monoposto che quel giovane sventurato aveva faticosamente portato sulla griglia. Aveva sempre saputo che il tempo poteva essere limitato, ma vedere davanti ai propri occhi una scena così devastante aveva fatto scattare una molla. "Devo diventare campione del mondo" si era detto, "E devo farlo oggi, perché tra un anno potrei non esserci più".
Aveva lottato con tutte le proprie forze contro le avversità che, chiaramente, non volevano il suo nome scritto nell'albo d'oro. Ci aveva provato in tutti i modi e il suo intenso duello con il compagno di scuderia provava che in tanti si erano sbagliati sul suo conto. Lo dipingevano come un ragazzo freddo, viziato, poco empatico e, soprattutto, incapace di diventare un nome di spessore dell'automobilismo internazionale. Lo sminuivano perché colpevole di non essere un catalizzatore di folle come lo era invece Delacroix, come se il suo scopo ultimo dovesse essere il diventare come lui.
In tanti dovevano essere contenti del successo di Xavier, che veniva festeggiato come un eroe, e Valerio non era sicuro che lo sarebbero stati altrettanto, se fosse stato al posto suo. Anche dentro alla squadra, in molti dovevano avere provato una certa soddisfazione, quando l'avevano visto rallentare, ma non importava. Non gli interessava essere amabile, simpatico e adorabile tanto quanto lo era Xavier, quello che contava era il risultato finale, che parlava contro di lui, ma che non diceva l'intera verità.
Valerio sospettava che qualcuno l'avrebbe tacciato di non averci provato abbastanza, di avere gettato la spugna fin troppo facilmente, ma non gli interessava nemmeno quello. Quando aveva percepito la foratura ci aveva pensato, di provarci fino all'ultimo, ma si era reso conto in fretta di non potere fare alcunché. Aveva lasciato andare Delacroix senza opporre resistenza e poi, prima della fine della gara, altri due piloti. Era stato il gran premio più importante della sua vita, voleva almeno arrivare al traguardo, anche se sarebbe stato un finale amaro.
Quando tutto terminò, nessuno gli chiese come si sentisse. Fu una fortuna, perché non era sicuro di riuscire a rispondere a una simile domanda. Si sentiva stordito e spaesato, nelle ultime tre ore si erano susseguiti una serie di accadimenti che non avrebbe immaginato di vivere tutti racchiusi nello stesso tempo, e ancora non si erano conclusi.
Gli parve quasi di vedere l'atmosfera cambiare di punto in bianco, il che era forse un'esagerazione, ma certo non era esagerato affermare di avere visto lo sguardo di Delacroix mutare una volta per tutte. Se prima Xavier si era lasciato andare, all'improvviso si fece cupo, lo sguardo vuoto di chi sapeva che ogni speranza era perduta.
Era inevitabile che quell'istante arrivasse, Valerio non aveva avuto dubbi, anche se di era sforzato di illudersi. Nessuno doveva essere particolarmente stupito, né l'accaduto avrebbe cambiato alcunché. Karl Graber era morto per le conseguenze dell'incidente e si sarebbe dedotto che in fondo era un esordiente, e neanche di quelli più promettenti, che aveva fatto un errore e questo gli era stato fatale. Funzionava così, la colpa era sempre di chi moriva, oppure veniva appioppata ad altri, ma si puntava sempre il dito contro una persona specifica, o al massimo più di una, mai contro le condizioni di sicurezza molto meno accettabili di quanto venissero descritte.
Non erano più gli anni '50, e nemmeno gli anni '60 o '70, non era più l'epoca in cui le monoposto andavano a fuoco facilmente e in cui i cadaveri venivano coperti da un telo e lasciati nelle vie di fuga. I progressi c'erano stati, era innegabile. Eppure nonostante fosse stato fatto tanto, non c'era mai una vera e propria presa di coscienza, non c'era mai la concreta volontà di evitare di cercare rischi maggiori; quindi ecco entrare in calendario circuiti non adatti alle vetture che vi gareggiavano ed ecco ignorare problematiche risapute, almeno finché non era troppo tardi, finché il Karl Graber di turno non pagava con la vita il prezzo di un mondo che non funzionava e, in quei pochi istanti prima di voltare pagina e di dimenticarsene, qualcuno pensava per un attimo a lui.
Xavier aveva lo sguardo di chi non avrebbe dimenticato Graber, di chi avrebbe continuato a ritenere che c'era qualcosa che non andava. Valerio condivideva la stessa visione; anche se l'avevano dimenticato, negli ultimi tempi, avevano molto in comune. Era molto probabile che, in quei frangenti, Delacroix non desiderasse altro che allontanarsi da tutto e da tutti. Infatti, quasi senza essere notato, riuscì ad approfittare del trambusto che aveva intorno per dileguarsi.
Valerio lo trovò da solo, seduto su un muretto, che fissava il vuoto. Non avrebbe voluto disturbarlo, ma una voce dentro di sé lo esortò ad avvicinarsi. Prima ancora di averci davvero riflettuto, si ritrovò a sedersi accanto al compagno di scuderia, che rimase in silenzio.
Fu Valerio il primo a parlare: «Mi dispiace.»
«Per cosa?» chiese l'altro, in tono piatto.
«Per quello che è successo» rispose Valerio. «Hai fatto una grande stagione, non meritavi che la tua vittoria avvenisse in un giorno così triste.»
«L'ultima volta in cui ho parlato con Karl è stato ieri» gli confidò Xavier. «Mi ha detto, testualmente, che non dovevo lasciarmi scoraggiare, perché vincono sempre i migliori, e allora non c'era dubbio che sarei riuscito a batterti con facilità. Si sbagliava di grosso. Non è stata una vittoria facile. Più di una volta ho pensato di non farcela. Non me lo aspettavo. Quando ho saputo che partivi dietro a tutti ho pensato che fosse ormai fatta, che mi bastasse soltanto portare la macchina fino al traguardo, cercando di risparmiarla al massimo per evitare brutte sorprese... e invece sei stato tu la sorpresa. Che abbiano ragione quelli che dicono che sei capace di estraniarti totalmente dalla realtà? Dopo quello che hai visto...»
Valerio obiettò: «È stato proprio quello che ho visto a spingermi a fare quello che ho fatto. Prima della ripartenza non riuscivo a pensare ad altro se non a Graber. Mi sono detto che non volevo morire prima di avere vinto il mondiale e, dato che potrei morire in qualunque momento, allora dovevo assolutamente vincerlo, questo mondiale. Avrebbe potuto essere la mia unica occasione, non volevo buttarla via. Ho già sprecato troppo tempo, ho già dato troppe volte l'impressione di non valere abbastanza. Sono consapevole di non essere come te, di non essere quello che tutti amano e che tutti vorrebbero vedere vincere, quello che ritengono il migliore per diritto divino. Non importa. Conosco i miei limiti e sono pronto a spingermi più in là che posso per superarli. Sento che avrei meritato di vincere questo campionato tanto quanto te e non sarai tu o nessun altro a farmi cambiare parere.»
Xavier rimase in silenzio a lungo, prima di affermare: «Meritare o non meritare di vincere il titolo è solo un discorso da bar. Spesso il risultato finale non dipende da noi. Non avrei avuto alcuna possibilità di superarti, alla fine della gara, se tu non avessi avuto un problema. Meriti e demeriti sono opinioni soggettive. La verità è che spesso le cose succedono e basta.»
Sembrava un'altra persona, sembrava avere messo da parte i discorsi di quella mattina. Valerio avrebbe fatto meglio a mordersi la lingua e a tacere, ma le parole gli uscirono senza che potesse trattenerle: «L'hai detto tu, che se avessi vinto il titolo non sarebbe stato meritato, perché non sono all'altezza.»
Xavier non replicò. Con la coda dell'occhio a Valerio parve di vederlo arrossire, ma poteva essere un impressione: Delacroix era accaldato, il suo volto era già paonazzo.
Valerio gli batté una mano su una spalla, esclamando: «Stai tranquillo, non è necessario che ti rimangi quello che hai detto. Non mi aspetto delle scuse.»
Xavier si girò a guardarlo.
«Infatti fai benissimo, perché non ho intenzione di scusarmi.» Si lasciò andare a un mezzo sorriso. «L'hai detto tu stesso che sai di non valere tanto quanto me, non sono nessuno per contraddirti.»
«Ho detto che non sono come te» precisò Valerio, «Non che sono un pilota inutile e incapace come mi hai descritto stamattina. C'è un abisso tra le due cose, a meno che tu non sia convinto di essere appena uno scalino al di sopra della mediocrità.»
«Parli sul serio?»
«Perché, tu parlavi sul serio stamattina? Credo che tu, ormai, abbia visto chi sono davvero.» Valerio saltò giù dal muretto. «Se non l'hai capito adesso, lo capirai quanto prima. Ci sarà un altro campionato, ci saranno altre occasioni. Non sono mai stato vicino alla gloria tanto quanto oggi, ma ci sarò ancora più vicino, prima o poi. Goditi questo successo, per quel tanto che ti è possibile, perché non intendo permetterti di ripeterti tanto facilmente.»
Anche Xavier scese dal muretto.
«Karl mi ha detto che avrei potuto batterti senza difficoltà. È quello che succederà: ti batterò senza difficoltà, quando tornerà il momento. Glielo devo.»
La morte di Graber fu, a suo modo, devastante per Xavier. A Valerio, nei mesi successivi, parve di avere a che fare con un'altra persona, con la quale però stava rinascendo la stessa alchimia di un tempo, come se fossero due lati della stessa medaglia. Gli eventi del finale di stagione spezzarono di colpo tutte le tensioni, come se quanto accaduto tra di loro durante quel campionato sembrasse insignificante in confronto a tutto il resto.
Anche la vita di Xavier lontano dai circuiti mutò: all'improvviso perse totalmente l'interesse per le donne che non fossero sua moglie Gabrielle, che definiva il grande amore della sua vita. Purtroppo non servì per mantenere saldo il loro matrimonio, dato che la signora Delacroix trovò per caso una lettera scritta parecchi mesi prima da una delle amanti del marito.
Valerio fu stupito dalla perseveranza con cui Xavier fece il possibile per riconquistare Gabrielle e fu ancora più stupito quando la donna cedette e accettò di riaccoglierlo nella propria vita.
Come pilota, Xavier apparve più determinato e assetato di vittorie. Il numero 1 che svettava sul musetto della monoposto non gli bastava, voleva dimostrare al mondo, a se stesso e a Karl Graber di potere essere di più di ciò che era stato fino a quel momento. Non fu facile per Valerio mantenere il suo passo e, se da un lato la Vertigo non era più in una situazione così dominante come nella stagione precedente, dall'altro anche il confronto interno sembrava andare in un'unica direzione. Verso metà stagione le cose migliorarono, ma proprio allora Xavier fu vittima di un pesante infortunio. Non riuscì a ripetersi né allora, né mai più.
Approfittando di un finale di stagione straordinariamente positivo, Valerio coronò il proprio sogno e riuscì nell’impresa fallita l’anno precedente. Come prevedeva, il suo titolo mondiale non venne acclamato tanto quello del compagno di squadra, il cui ritorno in pista dopo l’incidente era atteso come non mai. Delacroix tornò al volante durante i test invernali, circondato da quell’entusiasmo che veniva riservato solo a lui. Nonostante fossero passati anni da allora, Valerio ricordava il modo in cui era stato accolto: Xavier aveva un’aura che in pochi altri sarebbe stata replicata e, a distanza di tanto tempo, era ancora nel cuore degli appassionati. Era durato poco dopo il ritorno, era bastato un cedimento meccanico in un tratto ad alta velocità per provocare un’uscita di pista che non lasciava scampo. Delacroix se n’era andato ben più in fretta di Karl Graber e, proprio perché era Delacroix, veniva ricordato mentre Graber era divenuto una sorta di fantasma di cui in pochi parlavano.
Il nome di quel giovane pilota dimenticato uscì dal nulla, quasi per caso, un giorno in cui il titolo mondiale sarebbe stato nuovamente assegnato in occasione dell’ultimo gran premio della stagione. Dopo la fine della propria carriera di pilota, Valerio divenne la seconda voce occasionale delle telecronache sulla televisione italiana. Ogni tanto, prima di andare in onda, scambiava qualche parola con Angelo Giuliani, il quale spesso accennava a vecchi aneddoti.
«È bello, finalmente» osservò quel giorno, «Che il campionato finisca su una vera pista e non su una di quelle brutte approssimazioni che costumavano in America non troppi anni fa.»
A Valerio sfuggì un sorriso.
«Ho fatto tutto il possibile per vincerci un mondiale, su uno di quei circuiti.»
«Me lo ricordo bene» rispose Giuliani, «E del resto come dimenticare? Quella gara fu davvero terribile, con l’incidente del povero Graber...»
«Lo vidi accadere davanti a me» rievocò Valerio. «Ho assistito a tanti brutti momenti, ma non ci si abitua mai. È un vero peccato che nessuno parli più di lui. Finirà dimenticato definitivamente e nemmeno i veri appassionati di automobilismo lo menzioneranno mai, tra venti o trent’anni.»
«Chi lo sa, io mi sento fiducioso» replicò Giuliani. «Non fraintendermi, come dico sempre, credo che verrà il momento in cui i nostri futuri colleghi saranno costretti a piegarsi alle logiche “da bar” per tenere alta l’attenzione. Tuttavia, proprio per questo, chi ha una vera passione cercherà di informarsi a modo proprio, a non dimenticare. D’altronde, quando andranno a riscoprire le storie dei loro idoli passati, si imbatteranno in nomi che non significano niente, per loro. Voglio sperare che cerchino di approfondire, di scoprire quali storie si nascondono dietro a ogni nome.»
Per Valerio, quel discorso non aveva molto senso. Non riusciva a immaginarsi le nuove generazioni fare ricerche sul passato, solo perché doveva esserci stato qualcos’altro, oltre a Xavier Delacroix. Cercò quindi di tornare sul discorso iniziale: «Fu una gara difficile, ma a ripensarci al giorno d’oggi fu forse quella in cui, più che in ogni altra occasione, non mi lasciai andare di fronte alle difficoltà. Diedi davvero il meglio di me stesso e, anche se fu il mio compagno di scuderia a diventare campione del mondo, sentii che prima o poi sarebbe venuto il mio momento.» Omise di aggiungere “se fossi vissuto a lungo abbastanza”, non era il caso, dato che era stato proprio Delacroix a morire poco più di un anno dopo. «Quando venne il mio momento, realizzai che non importava dove stesse succedendo, quello che contava era esserci, viverlo. Non importava se il circuito fosse una vera pista o un tracciato discutibile, non importava se quello che consideravo il mio avversario più temibile ci fosse o non ci fosse...»
Valerio avvertì un fremito che lo scuoteva, come spesso succedeva quando parlava di Xavier. A peggiorare la situazione, Giuliani gli chiese: «Com’era averlo come compagno di squadra?»
«Un’esperienza irripetibile.»
«Fu molto difficile per te confrontarti con la sua popolarità?»
Valerio abbassò lo sguardo. C’era una sola possibile risposta.
«Non lo sarebbe stato, se per lo stesso Xavier non fosse stato così difficile vivere la propria popolarità. Sembrava che il mondo intero si fosse accordato per eleggerlo a unico eroe. Forse sarebbe stato meglio se non fosse mai successo, meglio per tutti.»
«E dopo la sua morte?» volle sapere Giuliani. «Fu difficile, per te, sapere di non potere rappresentare quello che rappresentava lui?»
C’era una sola risposta possibile: «Quando muore qualcuno, è sempre difficile, non essere all’altezza, ma vivere con la consapevolezza della morte altrui. Non c’è stato un solo giorno in cui non abbia pensato a Xavier e ai giorni in cui eravamo compagni di squadra alla Vertigo. Accadeva quando ancora mi illudevo di avere un grande futuro davanti, così come quando, a poco a poco, tutto ha iniziato ad andare a rotoli e mi sono ritrovato al volante di una monoposto con la quale era difficile perfino fare punti. Accadeva quando ho capito che non sarei più stato all’altezza dei migliori e che la mia carriera era finita. Succede ancora oggi, a volte, che mi chieda che cosa ne sarebbe stato di Xavier, se fosse ancora qui con noi. È inevitabile. E alla fine no, non è per niente difficile l’idea di non essere un’icona. Forse in molti si sono già dimenticati di me, ma non importa. I ricordi hanno un peso.»
Angelo Giuliani annuì, ma non disse altro. Rimase in silenzio a lungo, prima di ricordargli che di lì a dieci minuti sarebbe iniziata la diretta. Una pagina della storia dell’automobilismo era pronta per essere scritta ma, per quanto memorabile fosse, Valerio sapeva che non l’avrebbe mai considerata memorabile quanto la propria.


*** FINE ***

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