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Lista capitoli: Capitolo 1: *** Solo per i tuoi occhi [per Elwerien] *** Capitolo 2: *** Lontano dal cuore [per Paccy] *** Capitolo 3: *** Pizza hot [per Eleanor89] *** Capitolo 4: *** Sonata per violino [per Blackie] *** Capitolo 5: *** Di notti turbolente e di ciccioni in costume [per Luly] *** Capitolo 6: *** Arabian Ino [per Vale] ***
Capitolo 1 *** Solo per i tuoi occhi [per Elwerien] ***
El, cara
El, cara.
Non sapevo cosa scriverti, davvero. E soprattutto, come farlo.
Sappi che io stessa dubito della
sensatezza delle mie parole.
Sappi che l’ho scritta con freddezza
ed emozione, se esiste una cosa del genere.
Sappi che, al di
là di tutto, ci ho provato, date le premesse che mi sembravano
impossibili.
Spero solo che in qualche strano,
contorto modo, tu trovi il modo di fartela piacere.
In ogni caso, tanti auguri, che la
tua vita sia come il tuo nome, davvero Serena.
Un abbraccio,
S.
Solo per i
tuoi occhi
Stesa sul letto, i polsi che
sfregavano contro la testiera, riusciva a vedere solo lui.
Quei
capelli argentati prima del tempo, quello sguardo dall’intelligenza repentina,
quelle labbra morbide e taglienti…lui.
“Sakura…” si sentì chiamare mentre piano piano le
cose riprendevano ad avere un contorno. Vago, sfuocato.
“Sakura…” ancora, solo il
suo nome.
“K-kabuto”
sussurrò la ragazza con gli occhi ancora pesanti, le palpebre malferme per la
stanchezza e il capo leggermente piegato di lato. Sì, era lui.
Una settimana prima
“KabutoYakushi” il giovane medico
sussurra sistemandosi gli occhiali sul naso. Sakura lo scruta attentamente,
mentre lui pare non farle caso, non più di tanto.
E
lei si scopre a pensare che ha degli occhi davvero belli, dietro quelle lenti,
belli e profondi, di un nocciola caldo, non freddi come quelli di…e deve
smettere di pensarlo, deve smettere di pensare a Sasuke:
in fondo è la ragione per la quale ha cambiato ospedale; dopo tutto, è la ragione per la quale ha cambiato vita, forzatamente.
“Haruno, ti sembrerà strano, ma non sono qui per fare
conversazione” la richiama all’ordine il suo supervisore, voltandole le spalle.
“Sì,
certo” mormora lei in risposta, seguendolo con ostentata
disinvoltura.
E
lui si scopre a pensare che ha degli occhi davvero belli, sotto quella frangia,
belli e sorridenti, di un verde vivo, non morti come quelli di…e deve smettere
di pensarlo, deve smettere di pensare aOrochimaru: in fondo è la ragione per la quale ha cambiato
ospedale; dopo tutto, è la ragione per la quale ha cambiato vita, forzatamente.
“Non muoverti” c’era un tono
di urgenza nella voce del ragazzo, come se stesse
dominando una paura, o una passione.
“Che vuoi fare?” le parole faticavano
a uscire dalle labbra carnose della ragazza, troppo pigre
per lasciare il palato, troppo pacate per tanta amarezza.
“Curarti” fu
la risposta secca di lui “O ucciderti, non ho ancora deciso” terminò con
un sorriso monco, scuotendo il capo.
Sakura espirò, trovando
stranamente difficile eseguire quel compito tanto semplice.
“Non muoverti” ripeté Kabuto “Hai ferite ovunque,
finirai per morire dissanguata se ti dimeni”, sussurrò quasi affascinato
da tutto quel sangue, vampirescamente attirato da
quel rosso intenso.
Eppure il suo tocco era
leggero, le sue mani esperte mentre le sfiorava i seni
per stare a sentire il suo cuore che, stranamente, si mise a battere
all’impazzata sentendolo così vicino. Kabuto si
concesse un sorriso.
Sei giorni prima
“Ho
fatto tutto quello che mi aveva chiesto. Ha qualche altro compito per me?”
domanda Sakura sbattendo la cartella medica sulla balaustra della guardiola.
“Il
tuo turno è finito mezz’ora fa, Sakura, puoi fare quello che vuoi del tuo tempo
libero” è serafica la risposta di lui, mentre si passa
una mano tra i capelli argentati, senza staccare gli occhi dalle cartelle
cliniche.
“Il
suo è finito tre ore fa” rimarca Sakura, cercando i suoi occhi, implorando la sua attenzione.
“Posso
fare quello che voglio del mio tempo libero, no?”.
“Ah, Sakura” il ragazzo
sospirò, combattuto. “Che devo fare con te?” domandò
sconsolato.
Lei deglutì, incerta.
Eccitata. Ora la mano di lui si muoveva ritmicamente all’insù, sfiorandole lo sterno, risalendo
lungo la trachea e lisciandole involontariamente una guancia, leggera.
“Sakura, Sakura…” ripeté Kabuto chiudendo gli occhi.
Li chiuse anche lei, come di
riflesso.
“Sai qual è la cosa che mi
fa più arrabbiare?” domandò poi il ragazzo, guardandola ammirato dopo un lungo
sospiro “Che io e te avremmo potuto fare grandi cose,
insieme…”
Cinque giorni prima
“E questa sarebbe la tua idea di divertimento?” una risata
cristallina infrange il silenzio tra loro due, nel caos della festa in pieno
svolgimento.
“È
quello che la gente normale fa per divertirsi” Sakura annuisce, tentando di non
cercare ancora quegli occhi neri tra la folla.
“Lo
sai cosa faccio io, per divertirmi?” domanda lui, un lampo negli occhi e così sicuro di sé.
“Spilli
bamboline vodoo?” chiede lei sarcastica.
Kabuto alza
un sopracciglio mentre si erge in piedi,
incredibilmente attraente. “Vieni con me e lo scoprirai”.
“Sei così intelligente
Sakura…” mormorò il ragazzo toccandole i capelli, facendola
gemere a quel contatto “Sei così bella e intelligente” ripeté chinandosi
a sussurrarle all’orecchio quelle stesse parole. C’era davvero elettricità
nell’aria o era solo lei che la percepiva? C’era davvero un vibrare di
particelle microscopiche o era lei che era spaventata a morte?
“Ti prego…” si trovò a
sussurrare, senza sapere nemmeno lei cosa stesse
implorando.
Ti prego,
slegami?
Ti prego,
guariscimi?
Ti prego,
uccidimi?
Quattro giorni prima
“Ehi
dottore, io ho finito” dichiara la rosa togliendosi il camice.
“Rispetto,
Haruno, siamo al lavoro” la riprende lui, che è il
suo diretto supervisore.
“Ci
vediamo alle cinque, da te?” fa lei sfacciata, addentrandosi sicura nel suo
spazio personale, respirandogli sul collo.
Kabuto
la blocca per il polso: “Piantala”.
“Non
vuoi che nessuno sappia, vero?” ride Sakura, d’un tratto
maliziosa “Indovina un po’, io lo so il tuo segreto…”
“E io il tuo. Alle cinque da me” mormora Kabuto,
e finalmente, le lascia il polso.
Sentì Kabuto
sorriderle vicino al lobo dell’orecchio, lo sentì tracciare con la lingua il
bordo della ferita che ancora le bruciava sulla guancia; si ripeté, da manuale,
che era un disinfettante, si ripeté, da manuale, di stargli lontana. Anche se forse era troppo tardi.
“Si rimarginerà presto” annunciò
lui con tono improvvisamente professionale, per poi avvicinarsi ancora alle
labbra della ragazza, parlare su di esse, mentre dalle
sue uscivano grugniti simili a lamenti, o a sospiri, o a deliri.
“Saremmo stati perfetti
insieme” sospirò lasciandosi andare sulle labbra di lei,
il suo volto maledettamente vicino, il suo alito decisamente invitante. Era stata tutta colpa sua.
Tre giorni prima
“Non
riesco a crederci” sussurra Sakura stringendo il braccio di
lui, sopraffatta dall’emozione mentre strizza le lenzuola candide, da
ospedale. “Sei stato fantastico” mormora sfiorando il volto pallido con gli
occhi chiusi, che ben conosce. Ne traccia i contorni, chiudendo gli occhi e
ripassando le angolature, le deformità, tutto. È ancora, innegabilmente
bellissimo. Ancora di più, se possibile.
“Apri
gli occhi…” sussurra poi alla figura distesa “Apri gli
occhi, amore mio…”.
“Apri gli occhi, Sakura,
voglio che mi guardi” il tono di Kabuto era pacato, eppure non ammetteva obiezioni. Lei obbedì, forzando
la stanchezza che la possedeva, chiedendosi se non fosse
stanco anche lui, oramai.
“Spiegami perché due anime
gemelle come noi non possono stare insieme. Vogliamo
le stesse cose, abbiamo le stesse motivazioni, le
stesse passioni” mormorò Kabuto facendo pressione
sulla sua pelle, circondandola con il suo corpo.
Sakura gemette, sistemandosi
tra le sue braccia.
“Eppure”
continuò lui, lisciandole i capelli “Eppure a te non basta, tu vuoi di più. Che cosa vuoi ancora, eh?”
Due giorni prima
“Sei
qui con me, amore mio, sei qui con me” sussurra stringendolo a sé, beandosi del
suo calore che non avrebbe mai più pensato di sentire, del suo odore che le
riempie le narici, del suo sapore salato e acre.
Il
ragazzo non ha la forza di dimenarsi, la volontà di andare via; è come un
involucro vuoto tra le braccia di chi l’ha desiderato troppo a lungo per
lasciarlo andare dopo tante emozioni.
“Sasuke…” mormora lei prima di baciarlo sulle labbra.
Kabuto continuava a medicarla, mentre percepiva un senso di
stanchezza impadronirsi di lui, intorpidirgli le membra: “Orochimaru
non tornerà, e Sasuke non tornerà,
non ti basta sapere questo? La verità era che loro si bastavano, Sakura. Loro.
Loro, senza di noi” il discorso di Kabuto era tornato
un sussurro sulla sua pelle, una scia di calore sul suo collo e una carezza
delicata tra le sue braccia, intervallata da strette repentine
e lividi non preventivati, martoriazioni tutto
sommato innocenti su quel corpo che aveva provato il dolore dell’anima altrui,
quella nera che brucia, di chi ama e non è riamato.
Il giorno
prima
“È
qui, vero?” Kabuto è fuori di sé, i suoi occhi
impazziti che vagano ovunque.
Sakura
lo guarda con occhi persi, e il sangue amaro in bocca, ovunque.
“Chi?”
sussurra flebile, allo stremo delle forze.
“Non
scherzare con me, puttanella” la minaccia è reale sul
suo corpo, premuto tra quello di lui e la porta.
“Se
ne sono andati” mormora senza fiato la rosa.
“Che vuoi dire, se ne sono andati? E
perché diavolo sanguini, Sakura?”
“Orochimaru…” si fa forza la rosa “Orochimaru ha rivoluto Sasuke, e
per farlo aveva bisogno di sangue…siamo dello stesso gruppo, sai?” sorride
flebilmente, mentre Kabuto la prende tra le braccia.
“L’ha preso e se n’è andato, e mi ha lasciata qui…Kabuto…”
“Ci
penso io, Sakura, ti salvo io…” il ragazzo cambia
d’espressione in un istante, sussurra febbrilmente mentre la poggia sul lettino
e comincia a curarla, la rabbia d’un colpo svanita, una luce nuova nei suoi occhi.
La guardava con una strana
luce negli occhi mentre mormorava: “Dobbiamo imparare
il confine tra ciò che è sano e ciò che non lo è. Mi ripetevano
sempre questo in clinica, lo sai? E il mio limite Sakura…ci ho pensato, potresti essere tu” disse piano, leccandole la
ferita. “Potresti salvarmi come hai salvato il tuo prezioso Sasuke,
che se ne è andato col mio maestro, potremmo ripagarli con la nostra felicità mentre loro
sono chissà dove, solo grazie a noi, potremmo…”.
Potremmo…quante possibilità aveva
pensato Sakura nella sua vita, quanti “se”, quanti “speriamo”…la verità era che
più ti lasciavi andare, più ti lasciavi amare, più le cose sfuggivano dal tuo
controllo…
Non parlava più. D’un tratto, Kabuto non parlava
più.
Sakura annusava avida i suoi
capelli, toccava meravigliata le sue membra e ne
contornava curiosa i muscoli. Kabuto. Fedele,
appassionato, freddo Kabuto.
Era così anche Sasuke: così bello, così determinato, così zelante. E
nessuno dei due lo era per lei, perché per quanto si
sforzasse, per quanto ci provasse con tutta se stessa, Sakura non poteva
dirigere i loro cuori, non poteva volgere i loro sguardi verso il verde dei
suoi occhi, non poteva distoglierli dalle pupille nere di Orochimaru.
Accarezzò dolcemente i
capelli argentati, rimarginò lesta le proprie ferite col chakra
che le aveva passato Kabuto
poco prima, poi lentamente, controvoglia, si alzò, e posatolo sul letto andò nell’altra
stanza per prendere guanti e bisturi.
“Ora di mettersi al lavoro”
sussurrò. E sorridendo, concesse un’ultima occhiata a Sasuke, che la guardava con gli occhi sgranati, le pupille
impazzite e il corpo impotente a qualsiasi movimento. Vivo eppure
immobile. Sembrava avvolto in una specie di ragnatela, una rete fitta di chakra che lo manteneva immobile. Neppure Orochimaru sarebbe riuscito a toglierlo da quella vita inerme,
se anche avesse voluto. La verità era che non c’era stato nessun Orochimaru, solo una povera, piccola impotente Sakura, che
per una volta aveva avuto il coraggio di prendersi ciò che voleva.
“Non mi guardare così, caro,
come se tu non avessi mai detto una piccola bugia!” sorrise Sakura
carezzandogli il volto “Presto sarai in compagnia, amore…E non mi giudicare,
l’ho fatto solo per te…” mormorò “solo per i tuoi occhi”.
Sbuffò esausta spostando col fiato corto il ciuffo biondo
che, ostinato, le ricadeva sul viso, unico segno di vanità in quell’atmosfera scialba e asettica che la circondava.
Perlomeno il suo turno era finito: le gambe non la reggevano più e le dolevano
i muscoli delle braccia dopo aver spostato decine di soldati dalle corporature
possenti. Ma ora, ora la aspettava una serata col
Maggiore. Così lo chiamava, il Maggiore. Il suo appuntamento galante di fine
turno.
“Ino, buonasera” vide un guizzo repentino negli occhi dell’uomo mentre lei varcava la soglia della tenda che divideva
il suo letto da quello degli altri. Sapeva che c’era chi sparlava su di loro,
sapeva che le maldicenze si propagavano a cerchio d’acqua, ma non le importava:
Ino Yamanaka era dannatamente brava
nel suo lavoro, per questo nessuno osava dirle nulla su quegli incontri
notturni, non direttamente. Che fosse rispetto o
codardia, poco importava a Ino, mentre oltre quella benda che da settimane gli
copriva il viso, intuiva il sorriso del Maggiore rispecchiare il suo.
“Sembri stanca morta…siediti” la invitò lui battendo leggero
una mano sul lettino. Era così bello. Ino aveva sempre avuto una capacità
innata di dire com’erano gli uomini seguendo i sussurri dei lineamenti delle
loro mani, e quelle del Maggiore erano robuste, protettive, forti. Evocavano una sensazione di calore e protezione che
la faceva sentire al sicuro, anche se lui era steso su un letto d’ospedale. Anche se aveva un occhio spappolato. Anche
se la gamba gli stava andando in cancrena.
Gli
sorrise come si sorride a un padre, a un
amante; gli sorrise e si sedette sulla sedia che le altre infermiere lasciavano
accanto al letto del Maggiore, anche se in un ospedale di campo nessuno
riceveva visite.
“Come stai, tu?” domandò allora Ino,
provando l’ebbrezza di accarezzargli i capelli argentati
mentre l’occhio di lui, quello marrone, quello non iniettato di sangue,
si chiudeva beandosi a quel contatto.
“Sopravvivo” mormorò l’uomo quando la magia finì, cercando gli occhi di Ino “Anche
se non so ancora per quanto” aggiunse con un sorriso.
Ino si ritrovò a guardare il
pavimento. “Che leggiamo stasera?” domandò “È il tuo
turno, Maggiore” mormorò.
“Sì, ne ho avuto abbastanza di Orgoglio e
Pregiudizio” rise lui, il suono cristallino che si riverberava nell’aria,
più fresca dell’essenza alla menta di tanti medicinali. Questo la faceva stare
bene, e non sapeva nemmeno lei perché: sapeva che non
era pena, ma un misto di pietà e attrazione, condivisione, compartecipazione. Con
quest’uomo si sentiva se stessa e, allo stesso tempo,
sentiva l’esigenza di diventare migliore.
“No, Ino” domandò allora lui mentre ancora la fissava, mentre lei si sorprendeva a guardarlo
attratta anche solo dal movimento delle sue labbra sotto la benda.
“Questa sera parliamo di te” terminò
l’uomo in un sussurro.
“Non sono interessante come un
romanzo” si sforzò di sorridere lei alzando le spalle, fissando ostinata il
pavimento. Sentì una mano sulla propria, tuttavia non la strinse, coperta com’era
di tubicini minuscoli che potevano staccarsi da un momento all’altro. Si
domandò come potesse un uomo così forte lasciarsi vedere così debole: si disse
sicura che era proprio questa la sua forza. Rigirò la mano nella sua,
scrutandone il palmo, ripassandone i contorni con le mani
mentre lui continuava a fissarla, mentre lei sentiva i suoi occhi su di sé.
“Posso leggerti la mano però, se
vuoi” sorrise l’infermiera alzando il capo.
“Lo sai cosa leggeresti” commentò risoluto
lui, senza l’ombra di risentimento nella voce “Lo sappiamo tutti
e due, Ino”.
La ragazza si morse un labbro.
“Però” riprese il Maggiore
“Però ho deciso cosa leggere” mormorò. Lei gli concesse un sorriso.
“Prendi il libro dal mio cassetto,
Ino” la pregò “Quello con la copertina arancione”.
Osservò la ragazza muoversi cauta,
come se temesse che il rumore dei suoi movimenti gli risultassero
in qualche modo sgraditi, la guardò spostarsi con grazia e cura mentre apriva
il cassetto e dolcemente estraeva il libro, con un timore quasi reverenziale.
“Cos’è?” domandò
quando si fu riseduta.
“Ricordi?” fece allora lui alzando
un sopracciglio “Oggi le regole le detto io. Pagina 342” ordinò con gentilezza.
“Si
vede che sono proprio masochista per aver scelto te.”
Rispose divertito. Va bene da qui?” domandò Ino,
scrutando il Maggiore.
Lui assentì: “Continua”.
Ino riabbassò gli occhi sul libro: “Lei gli tirò un pugno che, da quella
posizione, non l’aveva per niente turbato. Poi, con foga, spinse le sue labbra
su quelle di lui. Il ragazzo la trascinò verso di sé premendole una mano sulla
nuca, mentre con l’altro braccio le circondò la schiena nuda. La carezzò finché
non la sentì fremere di piacere e anche lui iniziava a lasciarsi andare. Bastò
un piccolo movimento per farla scivolare sull’erba e bloccarla sotto.
“E tu? Chi preferisci?”
le chiese riprendendo a baciarla con passione.
Non le lasciò un attimo di tregua, tranne che per respirare. Fremevano e
tremavano dall’emozione, erano preda di quell’attrazione
fisica che per troppo tempo avevano represso.
“Ah…” ansimò lei, quando lui prese a carezzarla con maestria.”
A quel punto la ragazza si interruppe, di colpo imbarazzata.
“Continua, Ino” la esortò lui,
gentile.
“Lui
fu compiaciuto della risposta e continuò la sua dolce tortura. La baciò,
carezzò e bruciò ad ogni tocco rovente, finché con un movimento brusco le alzò
la gonna. La ragazza lo bloccò con aria seccata e gli schiaffeggiò le mani.
“Non si comincia così…” sussurrò con voce inebriante.
Lui scosse il capo, senza capire. Fu in quel momento di distrazione che
lei ribaltò le posizioni e si mise a cavalcioni su di
lui. Gli scoccò un’occhiata altamente maliziosa, come
per dimostrargli che aveva ritrovato la sua consueta sicurezza. Lui le sorrise grato, posizionò le braccia dietro la testa e la
lasciò fare: stare sopra gli costava troppa fatica.”.
Ino si concesse un risolino, d’un tratto divertita. “Ma
che cosa legge, Maggiore?” domandò fintamente scandalizzata.
“Guarda tesoro che stai leggendo tu”
sorrise lui con fare sensuale. “Continua” la invitò nuovamente.
“Chiuse
gli occhi e percepì le sue dolci labbra impossessarsi delle proprie, torturarle
e morderle fin quanto era possibile. Lasciò una scia viola sul collo di lui, come se fossero stati suoi segni di
possessione. Lui sospirava e gemeva d’appagamento. Le mani della ragazza
scivolarono ovunque, esplorando quel corpo che troppe volte aveva sognato. Lo
privò della cravatta e della giacca e ammirò quella mostra di
addominali e muscoli marmorei. Li tastò con dita vellutate, mentre lui
sussultava smanioso.”. Ino si prese il tempo di un profondo respiro mentre il Maggiore sogghignava alla sua reazione: le
guance della ragazza si erano imporporate progressivamente, e i suoi respiri si
erano fatti più corti, concitati.
“Non siamo ancora alla parte
migliore” sorrise il Maggiore mentre le faceva sentire
il suo sguardo su di lei. Ino deglutì e riprese: “Mendokuse” lo disse piano, con
voce rotta, mentre gli occhi colpo le si appannavano e
smetteva per qualche secondo di leggere.
“Ino, tutto bene?” la voce del
Maggiore arrivò urgente, ansiosa.
“Splendidamente” sorrise lei mentre
si asciugava le lacrime.
“Se non
vuoi…” la fermò lui, di colpo preoccupato.
“Ce la faccio, grazie” confermò lei,
poi ricominciò: “… mi farai impazzire.” Sibilò a denti stretti, trovando suo malgrado
l’energia per sottometterla nuovamente.
Lei gemette di sorpresa e lo scrutò con aria languida, consenziente allo
scambio di ruoli. In questo ambito probabilmente lui
s’impegnava molto più di qualsiasi altro. Imitò la bionda in tutto e per tutto,
provocandola come lei aveva fatto poco prima con lui. La
ragazza si lasciò andare, ansimò senza ritegno e lo strinse a sé quando lui minacciava di allontanarsi troppo. L’uomo
sogghignò e le scoccò un’occhiata furbesca, prima di sfilarle il vestito. Ci
mise molta più calma e accuratezza rispetto all’impeto iniziale e lei ne parve appagata. Le tormentò dolcemente il seno latteo,
lasciandole segni lividi per tutto il corpo. Lei non obiettava e si lasciava
cullare dalle sue effusioni seducenti.”
Ino si lasciò un attimo per
osservare il Maggiore, che la seguiva rapito. Combattendo il pudore, si decise
a continuare:
“lei
gemeva, esprimendo semplicemente a voce quanto lo bramasse.
Lui sospirò e si alzò in piedi, lasciandola sdraiata con i soli slip
addosso. La ragazza lo fissò contrariata e lo imitò, parandosi di fronte a lui.
Il ragazzo sogghignò, si sfilò i pantaloni e l’afferrò con facilità. Lei,
istintivamente, serrò le gambe attorno ai fianchi del ragazzo e le braccia
intorno al suo collo. Lo sentì compiere qualche passo fiacco verso la vecchia
quercia e spingerla contro la sua corteccia ruvida. La bionda si rilassò un
poco, trovando sostegno contro al tronco e riprese ciò che lui aveva
brutalmente interrotto.”
Ino espirò, lasciando andare il
libro sul lettino d’ospedale e rendendosi conto che le tremavano le mani. Cercò
lo sguardo del Maggiore con fare interrogativo. Perché
le stava chiedendo una cosa del genere?
Lui la guardava, i suoi occhi che
indugiavano sulla pelle candida di lei, chiedendosi se anche su di lei sarebbero
rimasti i lividi del piacere, come sull’eroina di quel romanzo.
“Sei così bella” sospirò giocando coi suoi capelli.
“Vieni qui,
Ino” la invitò poi con una mano mentre lei si avvicinava cauta e tremante a
lui, al suo viso.
Quando fu abbastanza prossima, il
Maggiore le riportò una ciocca di capelli dietro l’orecchio con una dolcezza
inaudita, per poi lasciare scorrere la sua mano dietro la nuca
di lei e attirarla a sé.
La ragazza lo sentì premere le sue
labbra sulle proprie, lo sentì sensuale dietro la benda che portava; pensò che
avrebbe voluto di più, che entrambi avrebbero voluto
di più mentre cauta gli abbassava la mascherina e lo baciava davvero, e lui le
portava l’altra mano sulla schiena e la accarezzava con una maestria che non
aveva mai conosciuto, e la premeva contro di sé, eccitato ed accaldato, uomo
sul serio. Ino si lasciò baciare mentre si abbandonava
contro di lui, mentre se lo sentiva addosso con un calore che le pareva la
stanza emanasse, con il respiro che non aveva più perché era tutto di lui.
Quando le loro labbra si separarono,
gli occhi di lei cercarono quelli dell’uomo,
scrutandoli impauriti.
“Se avessi avuto un’altra vita,
l’avrei passata tutto il giorno tra le tue braccia”
gli mormorò lui mentre le baciava il collo, mentre la carezzava scompigliandole
i capelli, mentre a lei non importava più di tanto quando tutto ciò che contava
era quello che quest’uomo di cui non sapeva nemmeno
il nome le faceva provare. Si adagiò contro il suo petto muscoloso percependo
il respiro di lui, lento e regolare, all’orecchio,
cullandosi nel movimento ritmico delle sue mani sui suoi capelli, cominciando a
tracciare lievi cerchi proprio dove stava il cuore di lui, unico organo che la
guerra non avesse toccato.
“Ho parlato coi
medici” il silenzio si spaccò con la dichiarazione che Ino non avrebbe mai
voluto sentire. Strinse la mano a pugno sul petto di lui
mentre il Maggiore continuava: “Due, tre giorni al massimo” sussurrò “la gamba
è andata, e anche io tra poco. In fondo è solo giusto che loro, che mi hanno
portato in giro tutta la vita, mi portino anche al di
là di essa”.
Ino strinse le coperte in un pugno
di rabbia, lasciando correre una lacrima solitaria sulla sua guancia. Di nuovo.
“Ino” mormorò allora lui,
carezzandole il volto, accorgendosi delle sue lacrime. “Me la racconti adesso, la
tua vita?”.
Ino continuò a piangere
silenziosamente per qualche attimo, poi si accoccolò meglio sul petto di lui e cominciò: “Sono nata in un quartiere normale
di una città normale, con degli amici normali e ho frequentato scuole normali.
Ho fatto sempre tutto come dovevo, aiutavo i più
piccoli e ammiravo i più grandi, e mi guardavano come la bambina perfetta, la
ragazza della porta accanto, l’amica premurosa. Ma la
bontà non paga, sai? Nemmeno l’orgoglio. Non esiste un MrDarcy per tutte” sospirò “Ero
innamorata, innamorata come quando si fanno tanti cuoricini sul diario e tanti
film nella testa. Innamorata del mio migliore amico, il
ragazzo della porta accanto, il genio non dichiarato. La coppia
perfetta, no? La brava ragazza e il bravo ragazzo. E invece lui, il genio, si è dichiarato, e quando l’ha
fatto…io gli ho detto di no”.
Il Maggiore non smetteva di
accarezzarla, dando un ritmo pacato al suo racconto.
“Avevo paura, Maggiore, una paura dannata della perfezione. Si può avere una paura incontrollata
di essere felici, e io stavo morendo di questa paura.
Per questo ho colto al volo l’occasione di questo servizio internazionale,
accampando scuse su scuse su come dovessi salvare il
mondo, semplicemente perché non sapevo salvare me stessa”. Si
interruppe, sospirò alzando lievemente il capo, solo per guardarlo negli
occhi.
“Suppongo che non sia eccitante come storia, vero?” mormorò constatando che lui si
era rimesso la mascherina.
“Sei così bella” mormorò lui “E la
vita ti ha fatto male perché è incerta, e non si può prendere a piccole dosi,
come un farmaco” sorrise. “Non ti devi giustificare con me. Io ho ucciso degli
uomini, e ora forse sto scontando la mia pena. Ma per questo c’è Dio, piccola, non ti punire da sola”.
“Shikamaru studia in Corea ora” lo
interruppe Ino “E non rivorrà mai una che l’ha rifiutato”.
“Piccola” la voce del Maggiore era
autoritaria, conservando la sua sfumatura dolce che lei e pochi altri
conoscevano “Questa volta non starebbe a te decidere,
ma a lui. Per lo meno questo concediglielo, no?”.
Lei scosse il capo: “Non sarebbe
giusto. Gli ho fatto male, l’ho…”
“Allora fai questa promessa a un uomo che muore” la interruppe lui, una mano sulle sue
labbra “promettimi che ti darai una possibilità; non agli altri, a te stessa.
Promettimi che domani prenderai il primo aereo e tornerai a casa. Il tuo
contratto è scaduto, lo so, e io non voglio che tu mi veda morire. Voglio che
mi ricordi vivo, e con tanti libri per la testa” sorrise.
Ino sentì gli occhi riempirsi di
lacrime.
“Oh, avanti, non vorrai fregare un
moribondo, no?” fece lui sollevandole il viso e incontrando i suoi occhi. Ino
si sforzò di sorridergli.
“A proposito, il biglietto è già
prenotato” le fece l’occhiolino il Maggiore. “Offro io”.
“Maggiore…” fece lei, chiedendosi
che senso avessero i convenevoli di rito in una situazione del genere.
“Non posso fare un regalo alla mia
infermiera preferita?” domandò l’uomo prima che severi colpi di tosse lo
scuotessero.
“Ino” fece dopo aver bevuto il
bicchiere che lei gli porgeva. “Te la meriti, la felicità” disse carezzandole
il volto. “Ho prenotato il tuo biglietto, e voglio che tu prenda tutti i miei
libri. Non ho famigliari e non voglio che tu ti porti dietro gli oggetti di un
vecchio: mettono solo tristezza. Voglio che tu abbia i miei pensieri, però” disse con un sorriso.
Ino non poté fare altro che
assentire.
“Buon viaggio, piccola infermiera”
le sorrise lui baciandole la fronte.
“Buon viaggio anche a te, Maggiore”
lo salutò lei con un ultimo bacio attraverso la benda.
Non riusciva a smettere di piangere.
Aveva pianto lungo tutto il tragitto aereo, e scesa la
scalinata sentiva di nuovo le lacrime che non aveva più salirle agli occhi, che
le bruciavano da morire privati del sonno e rigati dal pianto incessante. Prese
la valigia – libri, solo libri – e salì veloce sulla
scala mobile. Ancora non sapeva dove sarebbe andata, se avrebbe
raggiunto subito i suoi genitori o si sarebbe lasciata trasportare per un
po’ dall’onda della città; se come prima cosa avrebbe preso il cappuccino che
le era tanto mancato o se se lo sarebbe negato ancora per un po’. Il Maggiore
avrebbe scelto sicuramente la prima. Cercò di ricordarsi dove fosse, il chiosco del cappuccino: doveva girare a destra, o
forse…
“Ino!” guardò il fondo delle scale
mobili, e il cuore le mancò un battito.
“Ino!” si sentì chiamare di nuovo, e
si chiese se non fosse un sogno. Chiese il permesso di tutte le persone che se
ne stavano ordinatamente in fila ad attendere l’arrivo al piano inferiore,
saltò i gradini con la valigia in mano senza curarsi di dove sbattesse,
corse gli ultimi tre metri che la distanziavano dal suo obiettivo col cuore in
gola, buttandogli le braccia al collo senza ritegno e ritrovando le lacrime che
pensava di aver esaurito: “Shikamaru!” gridò abbracciandolo e stringendolo a sé
con più forza possibile.
“Shikamaru!” ripeté respirando il
suo odore e rifugiandosi nel suo collo per nascondere
la vergogna del suo pianto.
Si sentì stringere, baciare, amare,
si sentì protetta e voluta, si sentì desiderata in quell’abbraccio che sapeva di riconciliazione.
“Come hai saputo che tornavo, come
hai fatto a venire all’ora giusta e Dio…mi hai
perdonata?”.
Il ragazzo la guardava attonito e sorpreso
da un’immensa tenerezza: “Ti ho aspettata Ino, non ho
fatto altro che aspettarti per tutto questo tempo.” Sussurrò
mentre la ragazza lo baciava, rinchiudeva il suo anno di assenza in quel
bacio portentoso. Quando si staccarono cercando l’aria, lui la carezzò
dolcemente, piegando il capo di lato mentre la
contemplava stregato: “Per l’aereo, però, mi ha dato la soffiata un certo KakashiHatake. A proposito, ti
saluta, ha detto di essere un Maggiore” spiegò
grattandosi la nuca.
Ino annuì sorridendo, ringraziando
mentalmente il suo punto di riferimento, ancora una volta, e intrecciando le
proprie mani con quelle di Shikamaru.
“Andiamo a casa?” domandò con voce incerta mentre lui annuiva prendendole la valigia.
“Sono pronta” sussurrò.
Ecco qui, Paccina
mia. Ecco fatto. Spero davvero che ti sia piaciuta, perché l’ho scritta solo
per te!
E, nel caso non l’avessi
riconosciuto, quello che leggono Ino e Kakashi è tratto da una tua ff, Festa (quasi) a sorpresa per Ino e Shikamaru,
<3. Un mio piccolissimo, personalissimo omaggio.
Che bello essere Mosche
Bianche!
Rispondo con molto piacere alle
recensioni:
Elwerien, <3:
Devo ammettere che come pairingera
un po’ disastrato, infatti guarda com’è andato a finire! Prego,
prego, prego, è stato solo un immenso piacere. Sono davvero contenta che
ti sia piaciuta nonostante fose una toria sicuramente complicata, forse un po’ arraffazonata e della quale non ero poi così sicura.Oltreetutto sei riuscita a
capire esattamente quello che volevo dire! Sicuramente merito tuo! XD Mi ha
fatto morire quando la Luly
mi ha passato i tuoi commenti, e sono felice che tu abbia trovato un Kabuto da Sbav, proprio come
piace a te <3. Per te, questo ed altro! Bacione!
hachi92: Essì, che pairing! Tutta colpa di El, se vuoi prendertela con
qualcuno, rivolgiti a lei! XD Grazie però, grazie per lo sforzo di averla letta solo perché l’avevo scritta io, e grazie per
la recensione e i complimenti. Sei decisamente troppo
buona, mi vizi! ;P Un bacio!
“Una saracena, tre quattro stagioni e due quattro formaggi”
AEle, e non
è un pesce d’aprile.
Il bello è che scrivendo queste fic, mi viene da imitare gli autori.
Così ne è
uscita una one shot à la eleanor:
lunghissima (per lo meno per i miei parametri).
E no, purtroppo: non ugualmente
ironica, non ugualmente spassosa.
Ma denuncio il mio handicap: ancora
una volta, il pairing.
Anche se ammetto che, tutto
sommato, non mi dispiace.
Spero piaccia anche a te, Ele, perché è la tua…auguronilollosa zia!
“Una
saracena, tre quattro stagioni e due quattro formaggi”
“Ce l’ho”
“Ripeti”
“Una
saracena, quattro formaggi…”
“Quante?”
“Tre, e
due quattro stagioni”
“Sbagliato,
il contrario”
“Tre
stagioni e due formaggi?” fece Kiba con tanto d’occhi
e un largo sorriso, ma Ino non lo calcolò.
“E dai,
ridi Yamanaka” la provocò il ragazzo allungando una
mano verso i suoi capelli setosi. Invitanti.
“Ho
quattro tavoli che mi aspettano, Inuzuka. Datti una
mossa” fu la risposta serafica di lei, che si allontanò ancheggiando
vistosamente mentre sul viso dell’Inuzuka si
disegnava lentamente un ghigno profondo. Ino Yamanaka
non era la creatura più gentile sulla faccia della terra, ma se continuava ad
accorciare la gonna un centimetro al giorno, la cosa passava magicamente in
secondo piano.
Pizza hot
È cosa
nota e universalmente riconosciuta che uno scapolo senza un solido patrimonio
abbia un solo argomento: le donne. Il problema era che Kiba
tendeva a prendere quelle degli altri. E ad avere un pessimo tempismo. Tenten ad esempio, sarebbe stata un ottimo boccone se solo
non ci fosse stato NejiHyuuga
di mezzo, con la sua mustang fiammante e la sua aria da so tutto io, faccio
tutto io, ho tutto io.
Che palle.
Poi la
settimana prima il nostro eroe aveva per sbaglio incrociato gli occhi con
quell’angelo sceso in terra della Hyuuga, ma il suo cognome
gli aveva fatto ricordare che non era destino, come avrebbe detto mister destino
in persona, ovvero il suddetto NejiHyuuga, d’ora in poi anche chiamato “il guastafeste”. Ma a
cominciare da adesso, KibaInuzuka
aveva un nuovo obiettivo, un obiettivo che gli ancheggiava davanti con fare
invitante e un paio di…occhi calamitanti, decisamente. Sì, KibaInuzuka aveva deciso di fare colpo su Ino Yamanaka, la bionda dalle cui labbra non uscivano altro che
insulti, che lui avrebbe mutato volentieri in mugugni senza significato. Oh, sì.
“Kiba, hai mica cinque euro?”. Sakura: quasi se ne stava
dimenticando. Altra croce e delizia della sconquassata vita dell’Inuzuka.
Naturalmente,
la rosa non gli diede il tempo di rispondere: “Kiba,
mi hai sentita?”. Croce e basta,
decise Kiba.
“Sto
facendo una cinque stagioni e tre mani non ce le ho” rispose quello. Coi
numeri, non aveva mai avuto una grande familiarità. Fortunatamente, per la rosa
non sembrava essere un problema: da quando lei e Ino si erano messe in società
con lui, doveva ammettere che gli affari non andavano per nulla male. Ora,
risollevarsi da quel disastro economico che era la sua pizzeria sarebbe stato facile
anche per un bambino con una conoscenza base delle tabelline, ma Sakura stava
davvero facendo un miracolo economico; una donna da sposare. Ovvero, il genere di
donna che non faceva per KibaInuzuka.
“Vado
subito” Ino concesse l’ennesimo sorriso della serata al cliente in attesa, per
poi dirigersi a passo spedito verso lo sgabuzzino dove tenevano le bevande:
peccato che le coca cole stessero così in alto, avrebbe dovuto dire a Kiba di spostarl…oh.
Improvvisamente
il turbinio di pensieri Yamanaka si interruppe per
lasciare spazio alle immagini neurali. Viva
la retina, pensò la bionda. Davanti a lei, piegato per prendere quelle che
dovevano essere le bibite omaggio di un’ordinazione, c’era il ragazzo delle
consegne, Shikamaru Nara, che visto da quell’angolazione non era affatto male.
E che in
quell’istante di voltò. “Ohi, Ino, non ti avevo vista…Yo”
la salutò per poi riprendere il suo lavoro.
“Shikamaru…”
cominciò quella ancheggiando. D’un tratto non aveva più fretta.
Il ragazzo
continuò a scartare confezioni, finché lei non gli posò una mano sul polso.
“Shikamaru”
ripeté formando un’adorabile smorfia “Mi prenderesti una coca cola dallo
scaffale?”
“E tu mi
daresti duecento euro?” rispose a tono quello.
La Yamanaka si ravvivò i capelli. “Non ci arrivo” argomentò.
“Ho da
fare” rispose il ragazzo, mentre sentiva la mano di lei risalirgli il braccio e
si sforzava di ignorarla.
“Oh,
avanti Nara”
“Sono
pagato per fare il mio lavoro, non il tuo, Yamanaka”
ribatté esasperato il ragazzo, abbassandosi la visiera del cappellino.
“Beh, si
dà il caso che io sia il tuo capo, signorino, e che questa non fosse una
richiesta, ma un ordine” lo gelò lei.
“Se è un
ordine allora” per la prima volta gli occhi castani di Shikamaru incontrarono i
suoi per poi fuggire allo scaffale; prese la coca cola e gliela passò per poi
andarsene con fare torvo.
Complimenti, Yamanaka!
“Ehi, Ino,
ti ha mangiato la lingua il gatto?” tra il pomodoro e la mozzarella, anche Kiba aveva notato che nella bionda c’era qualcosa che non
andava. Il che era dire qualcosa.
“Vaffanculo,
Kiba”. Per l’appunto.
A Sakura
venne da ridere. “È solo agitata, non ce l’ha con te…” sussurrò posando una
mano sul braccio dell’Inuzuka. Kiba
strabuzzò gli occhi a quell’inaspettata gentilezza. “E se ce l’ha con te,
evidentemente te lo meriti!” concluse la rosa convinta, studiando l’andatura
nervosa dell’amica per poi rispondere al telefono senza battere ciglio. Wonderwoman.
“Pizza
Hot, buonasera?” la sentì cinguettare. A Kiba venne
da sorridere mentre infornava le pizze. Tre quattro stagioni e due quattro
formaggi. O era il contrario?
“Sì, sì…mi
dà il suo indirizzo, per cortesia? D’accordo, saremo pronti tra…” fissò il suo
sguardo in quello di Kiba. Se solo avesse tenuto un po’ di più a se stessa quegli occhi verdi
avrebbero fatto strage.
“Kiba mi hai sentita?” ripeté Sakura.
“No”
confessò candidamente quello.
“Cinque
pizze tra mezz’ora va bene?”
“Sì, ce la
faccio”
“Bene”. Già, con quegli occhi verdi e quel sorriso,
Sakura avrebbe fatto faville.
“Kiba?”
…Se solo non fosse stata così
dannatamente rompiscatole.
“Hai visto
Shikamaru?”
“Se n’è
andato cinque minuti fa” la informò Ino contrariata. “E – Sakura? Ti devo
parlare” aggiunse prendendo la rosa e trascinandola nello sgabuzzino.
“Sì, sì,
andate pure, tanto qui faccio tutto io, vero?” urlò Kiba
esasperato. Le sue socie erano dei geni dell’economia, ma restavano
principalmente delle donne. Sakura si sporse dallo stipite della porta per
scusarsi, e mentre Ino la tirava per la maglia, Kiba
ebbe modo di scorgere le forme della rosa lottare con la maglietta, ora di
colpo attillata. Be’, avere socie donne aveva anche i suoi vantaggi.
“Non mi
considera!” Ino sbuffò mandando le mani all’aria, mentre con un piede assestava
un calcio alla scaffalatura delle bibite.
“Fossi in
te non lo farei” rimarcò Sakura, osservando l’oscillazione del mobile “E
comunque, mi sembrava che la tua gonna non gli dispiacesse…”
Ino fece
tanto d’occhi: “Ma se mi insulta appena può! Eppure sono il suo capo”.
“Socio” la
corresse Sakura.
“Capo”
rimarcò Ino.
“Socio”
“L’ultima
volta che ho controllato, Shikamaru non era nostro socio!” sbuffò la bionda
“Adesso non mi considerate nemmeno più per le promozioni, eh? Grazie, grazie
davvero!”.
“Shikamaru?”
d’un tratto a Sakura venne da ridere. Si sentiva, chissà perché, liberata d’un
peso “Shikamaru come il ragazzo delle consegne?”.
“Shikamaru
fa Fisica, Sa, non è uno stupido” la corresse Ino.
“E tu come
lo sai?”ora il tono di Sakura era curioso.
Ino alzò
le spalle: “Gliel’ho chiesto, quando ancora mi parlava”
“Così non
vi parlate più? Già litigato prima ancora di mettervi insieme? Ti superi, Ino”
fece Sakura con una pacca sulla spalla dell’amica. Ino si sedette su una cassa:
“Sa, così non mi aiuti”.
“Eddai, vedrai che le cose si mettono a posto: devi solo
essere un po’ più gentile con lui” sorrise la rosa con fare bonario “Non
conosco un uomo che ti direbbe di no, anche se…Ino?”
“Sì?”
“Non mi pare per nulla il tuo tipo”
“Lo so. Ed
è questo che mi preoccupa!” Ino affondò di nuovo le mani nei capelli, fin
quando non udì la porta sbattere e Sakura andarsene repentina con un “Buona
fortuna!”.
Si voltò
per incontrare il volto baciato dal sole del ragazzo delle consegne. Ecco,
tanto per cominciare quel “baciato dal sole” doveva sparire dalla sua mente.
“Shikamaru!”
sorrise approcciandolo. In risposta ebbe
un grugno seccato. E tante lodi alla cortesia. Beh, se c’era una cosa di cui Ino
Yamanaka era sicura, era che non si faceva mettere i
piedi in testa da nessuno, neppure da Shikamaru “apprezzabile sui due lati”
Nara.
“Porta una
scatola di conserva a Kiba, ne ha bisogno” ordinò
secca.
Il ragazzo
annuì chinandosi per prendere quanto gli era stato richiesto. Ino sorrise: lato
1 conquistato!
“E…Shikamaru?
Porta anche qualche sacco di farina, ho la gonna nera e non vorrei
sporcarmi…ah, e poi porta anche del basilico, così non deve tornare Sakura tra
poco”.
“Ino?”
fece il ragazzo alzandosi, il suo volto d’improvviso tanto vicino al suo.
“Sì?”
chiese quella mordendosi un labbro.
“Tu, se
non è troppo pesante…porta pazienza” propose lui alzando un sopracciglio, e
detto questo, si sistemò il cappellino sulla testa e se ne uscì con un sorriso
mozzo sulle labbra mentre Ino se ne stava imbambolata a pensare che, per quanto
non fosse assolutamente il suo tipo, avrebbe dovuto necessariamente indagarne a
fondo ogni perché.
Sakura era
silenziosa quella sera.
“Vado” si
udì Shikamaru di sottofondo; Kiba lo salutò con un
cenno della mano, poi tornò a guardare Sakura. Non che a lui importasse, ma
caspita…perché le ragazze dovevano sempre essere così dannatamente complicate?
Ino sì che era una senza problemi, o almeno così pensava.
“Vado a
casa” annunciò la bionda sbattendo la porta.
Kiba sbuffò
e sorrise: “Va bene, Ino, prendi la capricciosa prima però…”
“Kiba, sono seria, vado a casa” fece Ino appoggiando il
taccuino delle ordinazioni sul banco con fare stizzito.
“Infatti
hai una capricciosa” annuì l’Inuzuka, divertito dalla
sua stessa ironia.
“Crepa”
“Hai le
tue cose?” domandò l’Inuzuka stralunato.
“Kiba!”. Sakura. Forse non era stata la migliore delle
domande possibili, d’accordo.
“Faccio
io, ok?” disse poi la rosa con disinvoltura, “Tanto c’è l’ultimo cliente e
basta”.
“Sakura”
la riprese Kiba “come fai a fare la cassa e la
cameriera?”
“Manca
solo una pizza, e lei è stanca. Non mi scoccia, davvero” fece appoggiandogli la
mano sul braccio. “Ino, mi presti la camicetta?” domandò poi all’amica.
“Sicura
che la riempi, Sakura?” scherzò Ino. Perché
con lei era tranquilla? Che gli aveva fatto lui di male?
“Sparisci,
prima che ci ripensi!”.
Shikamaru
si sistemò la visiera del cappellino, partendo in vista di casa sua –
finalmente.
“Shikamaru?”
alle sue spalle arrivò una voce che aveva imparato ben presto a conoscere, in
pochi giorni: d’altronde, Ino non faceva altro che parlare. Il ragazzo si voltò
distrattamente: “Che c’è?” domandò.
“Mi
dispiace” sussurrò Ino avvicinandosi e guardando per terra.
“Eh?”
chiese quello, sorpreso.
“Mi
dispiace, scusami” ripeté lei alzando incerta lo sguardo “Siamo partiti col
piede sbagliato, e non voglio che tu pensi che io sono antipatica, perché non
lo sono, voglio dire: potremmo essere ottimi amici, sai? Voglio dire, a me
piacciono…vabbè, non importa, mi piacerebbe che ci…”
“Ino, Ino”
la fermò lui “ok” fece fermando il fiume di parole Yamanaka.
“Ok…e
basta?” domandò lei, stranita.
“Vuoi che
ti faccia dire tre padre nostro in segno di pentimento?” chiese allora lui
sarcastico.
“No,
ma…dato che mi sono scusata pensavo mi offrissi qualcosa” alzò le spalle lei.
“Una coca
domani al lavoro” la mimò lui sorridendo, e dando gas al motorino fece per
andarsene.
“Shikamaru!”
gli urlò dietro Ino.
Il giovane
sospirò: “Eh?”
“Non mi
accompagni a casa?” domandò Ino con ovvietà.
“Sei
sempre così sottile nelle tue proposte? E poi non ho un altro casco”
“Ce l’ho
io” sorrise lei.
“Mendokuse…”.
“A me pare
un maniaco” sussurrò Sakura mentre tamburellava impaziente le dita sul bancone,
avvicinatasi a Kiba.
“Solo
perché porta gli occhiali da sole alle nove di sera” alzò le spalle quello,
sorridendo.
“E perché
viene ogni sera, alla stessa ora, ordinando la stessa pizza. Ah, per la
cronaca, si spaccia per amico tuo” sogghignò la rosa posandogli una mano su un
fianco e passandogli da dietro per ordinare le ultime cose.
“Probabilmente
spaccia anche altro, e ne usufruisce anche”, rise Kiba
voltandosi a scrutare Sakura. D’accordo, non era prorompente come la Yamanaka, ma quei capelli rosa scatenavano strane fantasie
in lui, il che era un problema dato che ci teneva al suo lavoro e anche
all’incolumità delle sue parti basse, attenzioni che al momento gli sembravano
inconciliabili. Poi, mentre Sakura si chinava a raccogliere uno straccio, la seconda
ebbe il sopravvento: “Una birra, Haruno? Offre la
casa!” terminò allegramente. E, se il cliente con gli occhiali da sole fosse
stato davvero un maniaco, forse gli avrebbe pure lasciato la mancia.
“Ecco,
abito qua” fece Ino stringendosi senza necessità a Shikamaru.
“Grazie
del passaggio” fece togliendosi il casco per un migliore effetto drammatico dei
suoi capelli dorati nella notte. Shikamaru deglutì. Centro. Ino sorrise.
“Allora ci
vediamo domani al lavoro” continuò lei con un sorriso sempre più smagliante. E
sì, Shikamaru Nara si trovò a pensare che Ino potesse essere anche una creatura
gentile, quando lo voleva. O forse, sempre e solo una maledetta manipolatrice.
In entrambi i casi,la sua strategia era vincente. Senza pensarci oltre, sgommò
verso casa sua: lo aspettava un bel letto caldo, e prima, decisamente,
un’ottima doccia fredda.
“E così
lei è sempre stata la prima, la più bella, la più brava.” Sakura alzò
l’ennesima bottiglia di birra, la quarta di quella serata “E io quella
patetica, comunque la si rigirasse.” Sospirò abbassando la bottiglia insieme
con la testa.
Kiba
sorrise: “Non è vero” proclamò.
“Cosa?”
Sakura alzò il capo, d’un tratto interessata.
“Io”
annunciò solennemente Kiba alzandosi in piedi “ti
trovo altamente scopabile, sai?” terminò con un sorriso e un inchino. “Sua scopabilità” concluse teatralmente.
“Grazie,
immagino” borbottò Sakura arrossendo a vista d’occhio.
“Beh” fece
allora Kiba inginocchiandosi di fronte a lei e
sollevandole il viso con una mano “a richieste come questa si dice sì o no, di
solito” mormorò a pochi centimetri dal volto di lei.
“Pensavo
fosse solo un complimento” mormorò Sakura, sempre più imbarazzata. Adorabile.
“Anche”
ammise Kiba. “Allora?” chiese poi, d’un tratto
eccitato.
“Siamo
ubriachi, Kiba, e domattina manco ce ne ricorderemo”
sospirò Sakura, pesando le sue possibilità.
“È questo
il bello!” esplose in una risata l’Inuzuka.
“Grazie
dell’offerta Kiba, ma ne ho abbastanza dei rimasugli
di Ino”. Detto questo Sakura si alzò triste, cominciando a riordinare le ultime
cose e preparandosi per andare a casa.
Kiba la
guardò sconcertato.
“Dì che
non hai mai pensato di fartela!” lo accusò allora la rosa, sentendo il suo
sguardo su di lei.
“Beh…io
sono piuttosto elastico” ammise lui.
“Anche io,
ma non su questo” ribatté acida lei.
“Sakura?”
fece allora lui prendendola per un polso.
“A domani,
Kiba”. E detto questo, sparì oltre la soglia.
Rossella
O’Hara non gli era mai piaciuta: storie
strappalacrime a parte, il fatto che “domani è un altro giorno” era una panzanata assurda, per KibaInuzuka: Sakura stava sempre alla cassa, Ino ancheggiava ritimicamente con la gonna vertiginosamente corta, lui se
ne stava a sfornare pizze e Shikamaru andava avanti e indietro. Che pizza, era il caso di dirlo. Sempre
la solita routine: così Kiba, per vivacizzare la
questione, si era messo in testa di far capitolare Sakura Haruno:
cha la Yamanaka non lo considerasse era chiaro,
pareva avere la testa altrove, ma anche la scenata da santarellina dell’Haruno non lo convinceva: proprio come faceva con le sue curve,
doveva tenere qualcosa di nascosto sotto quell’aria compita. E magari anche di
perverso, il che non gli sarebbe dispiaciuto per niente.
“Sbronza
della serata?” propose quella sera alla rosa. Ino e Shikamaru se ne erano
andati, lei che aveva costretto per l’ennesima volta il ragazzo delle consegne
a portarla a casa. E la cosa strabiliante era che lui l’accompagnava davvero a
casa, né più né meno. Kiba non avrebbe mai capito
certa gente.
“Domani
mattina devo studiare psichiatria” si lamentò Sakura, raccogliendo le sue cose.
“Senti Haruno, facciamo una scommessa” propose allora lui sedendosi
a cavalcioni su una sedia “io sto uscendo pazzo, va bene? Ho gli ormoni a
mille…” si giustificò.
Sakura
rise: “Kiba, hai del pomodoro sulla guancia…”
annunciò scuotendo la testa.
“Dove?” domandò allora lui.
“Entrambe”
rise Sakura. Kiba si passò un dito sulla guancia e
assaggiò il contenuto.
“Sì”
approvò “È proprio pomodoro”, sentenziò. E veloce si alzò prendendone un pugno
dal barattolo e spiaccicandolo in faccia a Sakura. “Ora sei della mia stessa
tribù”.
“Eddai, levami questa roba di dosso, Kiba!”
fece lei, mentre Kiba la afferrava da dietro: “Tutto?”
le sussurrò all’orecchio mentre una mano già si avventava sul primo bottone
della sua camicetta.
“Crepa”
rise lei.
“Vabbè che il pomodoro è acido” fece allora lui lasciando
scivolare la mano sul petto di lei “Ma diventare rossa e acida per solidarietà
mi pare eccessivo, Sakura…”
“Sono
acida perché…” cominciò lei dimenandosi, ma lui la tenne stretta tra le
braccia: “Dimentichi rossa, che è la parte principale e più gradita…” le
sussurrò all’orecchio “Che ne dici di essere rossa e dolce, come una fragola?”
propose allora Kiba con fare seducente.
Sakura si
sentì avvampare: la lingua di Kiba aveva preso a
correre calda sulla sua guancia destra, con lentezza e maestria; avrebbe voluto
urlare, tirargli qualcosa contro, ma tutto quello che finì per fare fu chiudere
gli occhi, assaporando il momento.
“Kiba, non sono ubriaca” sussurrò quando riprese controllo
di sé “Domani mattina mi ricorderei tutto”.
“Bene, per
me non è un problema” approvò il ragazzo mentre la voltava verso di sé e
lentamente risaliva il suo collo con una scia di baci.
“Kiba?” gli domandò Sakura con fare incerto, tenendolo a una
distanza ragionevole quanto intima.
“Mmm?” sussurrò lui guardandola con fare famelico.
“Non sei
per niente il mio tipo” sussurrò.
“Lo so”.
“Oh, che
carini…” la voce di Ino arrivò stridula insieme con un fastidiosissimo raggio
di sole “eccetto per la nudità, orribile. Su, alzatevi”. Kiba
d’istinto strinse a sé Sakura, che coprendosi con un grembiule non perse
occasione per ribattere: “Che ci fai qui, maia…”
“Ah, fossi
in te non userei quella parola, Fronte Spaziosa” rise Ino.
Sakura
sbuffò mentre sentiva un braccio di Kiba stringerla a
sé: “Buongiorno fragolina” fece assaltandole il collo con la bocca.
D’improvviso si sentì avvampare.
“Occhei, questo è qualcosa che non volevo vedere.” Annunciò
Ino scuotendo il capo “Facciamo che ora esco, voi vi mettete decenti e io
torno, va bene?”
“Va bene”
si rispose da sola mentre dubbi rumori assaltavano le sue orecchie. Ma la Yamanaka non aveva intenzione di indagare oltre.
“Kiba, Kiba c’è un problema” fece
Sakura liberandosi dalle braccia del ragazzo e guardandolo negli occhi.
Lui la
fissò con aria interrogativa. Doveva ammettere che era adorabile.
“Mmm?” domandò poi fregandosi gli occhi.
“Rivestiti”
gli ordinò Sakura girandosi dall’altra parte.
“Io e
te…non possiamo funzionare…” argomentò poi la rosa “Tu sei così impulsivo, e…”
si bloccò sentendo le zanne di Kiba posarsi fameliche
sul suo collo.
“No, Kiba, così non andiamo da nessuna parte!” si sfogò.
“Sakura”
fece lui voltandola verso di sé e avvicinandosi per sussurrarle all’orecchio “A
me va benissimo se non ci muoviamo da qui” fece riprendendo a baciarla.
E chissà
perché, sentì Sakura sorridere sulle sue labbra.
Shikamaru
Nara era appena arrivato alla pizzeria, assonnato e pronto come sempre. Non si
curò neppure di nascondere uno sbadiglio mentre Ino gli correva incontro,
trafelata: “Shikamaru!”
Lui alzò
lo sguardo si di lei, interrogativo.
“Hai già
fatto colazione?” gli domandò lei dal nulla “Io no e c’è questo bar…”
“Non
faccio colazione” tagliò corto Shikamaru, dirigendosi verso la porta d’ingresso.
“Beh,
potresti accompagnare me…” tentò la bionda.
“Sì, così Sakura mi toglie un’ora di stipendio…no, grazie
mille” fece riprendendo la via della porta.
“Shikamaru!”
lo fermò Ino prendendolo per un polso.
“Si può
sapere che hai stamattina?” le chiese lui, disorientato.
“Niente”
squittì Ino con un risolino acuto.
“Sarà…”
fece Shikamaru prendendo la via del retro.
“Non
possiamo andare!” fece allora Ino parandosi davanti all’entrata.
“Perché
no?” domandò Shikamaru, per nulla impressionato.
“Perché
c’è un gran disordine, lascia che vada io e sistemi…” tentò Ino, disperata.
“Beh, se
vedessi camera mia non ti faresti tanti scrupoli…” rispose il ragazzo.
“Oh,
insomma Shikamaru” urlò Ino esasperata “ci sono Kiba
e Sakura, va bene?”
“Non ci
vedo niente di strano” fece lui passandole avanti.
Ino non
resistette e gli stampò una mano sul sedere. Quello lo scosse.
“Ino che
diavolo…” fece lui voltandosi. Ino arrossì vistosamente.
“Io…scusa,
non…non volevo…” mormorò facendosi più indietro.
“Non
volevi?” domandò Shikamaru alzando un sopracciglio.
Ino scosse
il capo, rifugiandosi contro lo scaffale delle bibite.
“Attenta!”
gridò Shikamaru mentre il mobile ondeggiava pericolosamente, prendendo Ino per un polso e tirandola a sé. Quando la ebbe tra le
braccia, ne approfittò per toccarle il fondoschiena.
“Scusa,
non volevo” la imitò poi.
Ino lo
guardò con tanto d’occhi, sconvolta: “Ogni maschio che mi conosca, vuole.” Rimarcò.
“Ah sì?”
domandò Shikamaru, avvicinandosi.
“Sì”
confermò Ino, sfidandolo a pochi centimetri dal volto di lui.
“E tu,
vuoi?” chiese allora lui, pericolosamente vicino al suo viso.
Ino non
rispose.
“Lo prendo
come un sì”
Shikamaru
non le lasciò articolare verbo, mentre con foga reclamava le sue labbra, le
circondava il viso con le mani per poi farle scorrere in giù, lungo il suo
collo e poi i fianchi, fino a prenderla in braccio mentre con la mano tentava
di aprire la porta.
“Shikamaru,
aspetta!” fece lei mentre sentiva le mani di lui insinuarsi sotto la sua
maglietta “Il bancone è già occupato!”.
“Per
quanto tutto questo sia molto gradito” ridacchiò Sakura mentre Kiba non si staccava dalle sue labbra “È ora di cominciare
a lavorare” annunciò mentre passava una mano tra i capelli scombinati del
ragazzo.
“Sissignora,
vado a prendere le mie cose in sgabuzzino” obbedì Kiba
pizzicandole il sedere.
Sakura lo
guardò storto, ma senza che le dispiacesse, seguendo il ragazzo con lo sguardo
mentre tentava di aprire la porta dello sgabuzzino.
“Che c’è?”
domandò allora Sakura.
“Non si
apre” proclamò lui.
“Lascia
provare a me” tentò Sakura, per poi confermare: “È vero, non si apre.”
D’un
tratto arrossì.
“Che c’è?”
domandò allora Kiba.
“Forse la
domanda più appropriata è chi c’è”
puntualizzò Sakura. Kiba si mise a ridere, e la rosa
con lui.
“Oh beh, in
tal caso suppongo che in qualche modo dovremo pure ingannare il tempo…” argomentò
il ragazzo facendole una carezza con fare suggestivo.
“Maniaco”
rise lei.
“Ossessivo
e compulsivo” confermò Kiba prima di baciarla di nuovo.
“Dovrò
studiarti, allora” rise lei tracciando il contorno del suo volto con un dito.
“Per tutto
il tempo che vuoi, fragolina”.
All’esterno
del locale, Shino sospirò consultando il suo orologio:
eppure il negozio avrebbe dovuto aprire due ore prima…vabbè,
per quel giorno niente capricciosa.
Mi prendo questo spazietto
finale per rispondere alle bellissime recensioni che mi avete lasciato!
Paccy: Ma…ma io non volevo farti piangere! Però sono felice, felice davvero che
ti sia piaciuta, perché l’ho scritta per te e perché in fondo piace anche a
me…Ino e Kakashi non sono poi così impossibili, in
fondo, anche se il mio animo ShikaIno è sempre più
forte di qualunque cosa! Kakashi
militare ci sta di brutto, vero? Lo sapevo che non ti saresti accorta che i
pezzi del libro erano presi da una tua fan fiction, e te l’ho scritto apposta, baketta <3 Sei troppo modesta…
E sono proprio contenta che, dopo la commozione, tu ti sia intenerita nel
finale: come tutte noi MB ben sappiamo, Shika e Ino si amano tantissimo!!! Grazie della rece, del tuo
affetto e dei complimenti esagerati che mi fai sempre…Orgogliose Mosche
Bianche, sempre! Un mega abbraccio anche a te! Ah, e della tua idea geniale
voglio la realizzazione, mi raccomando!
Hachi92: Kiki,
ciao! Non ti preoccupare per i commenti: ovviamente fanno sempre piacerissimo, ma non voglio che tu ti senta in obbligo! Eh
sì, per quanto mi sforzi non riesco a non far finire qualunque cosa in ShikaIno, che ci vuoi fare, sono Mosca Bianca dentro! XD
Grazie, grazie, grazie! Ps questa non ti avrebbe
dovuto far commuovere, almeno!
Sakurina: Lulls, tu sei troppo buona. Specialmente con
me. E non dimenticherò mai come questa shot venne
fuori, baka! Kakashi è figo, concordo, e sono sicura che concordi anche la Paccy!B XD In effetti non sapevo bene come rappresentarlo, ma il misto che ne è
uscito non mi dispiace per nulla, alla fine! E lo ShikaIno…in
quanti modi si possono amare due persone? Con loro, si tende davvero
all’infinito…come dimostrano talune conversazioni ù.ù
Bravesoul: Ehi, un nome nuovo! Piacere, e piacere che ti sia piaciuta la fan
fiction: era un pairing esperimento, ma sono felice che
sia risultato un esperimento gradito! Grazie ancora e ciao!
Capitolo 4 *** Sonata per violino [per Blackie] ***
“No, non va bene”
vaEh no, stavolta la segnalazione la
metto prima, perché non ne so un’emerita mazza di violini. QuindiBlacks, se leggerai, perdonami: tutte le mie
conoscenze derivano da wikipedia! Ho semplicemente
provato di unire violino e lemon,
dato che so che sono due delle tue cose preferite, anche se sinceramente non so
cosa ne sia uscito…XD
In ogni caso spero che ti piaccia,
se passi da questi lidi, perché l’ho scritta pensando a te!
Suonata per
violino
“No, non va bene”.
Doveva essere la centesima volta che glielo ripeteva. Ino
espirò forzatamente, cercando di non far trapelare la tensione di quel sospiro.
Shikamaru se ne stava alla sue spalle, uno sguardo
annoiato a dare espressione al suo viso. E lei era
davvero tesa come la corda di un violino, che ironia.
E non era solo perché aveva il saggio
a meno di una settimana, e non era solo perché quella dannata nota continuava a
non uscire a dovere…Era per via di lui.
Le bruciava ammetterlo, ma non riusciva a concentrarsi
quando il suo modo di insegnarle il posizionamento delle mani sulla
tastiera era farle stendere la sua mano piccola e bianca sul palmo di lui, così
grande e caldo, ed eseguire il movimento insieme, mano su mano, dita su dita.
Senza mai intrecciarle.
Erano così anche ora, la mano sinistra di lui attorno a
quella di lei, insieme su quel violino che vibrava di una tensione che solo lei
sentiva, forse. Shikamaru aderiva al suo corpo lungo le spalle, la schiena, le
braccia, le mani. Dalla tastiera all’archetto.
Ino deglutì, pregando che lui non se ne accorgesse,
e si lasciò guidare alla frizione acuta tra arco e corda, a trovare la nota
giusta, l’armonia segreta che solo chi suona riesce a percepire. A quel punto
espirò, di nuovo.
“Ecco” sussurrò Shikamaru, soffiandole all’orecchio. “La
posizione è questa. Prova”
Forse non lo faceva apposta, forse era lei che sentiva tutto
questo calore, ma lui era caldo, lo
sentiva, su tutto il suo corpo. E come aveva iniziato a godere
di quella vicinanza, Shikamaru si allontanò.
Ino tentò di ripetere il movimento come lui l’aveva
impostato, e prima ancora che cominciasse, sussultò quando
sentì bussare alla porta, come un animale spaventato. Era stata tanto attenta a ogni minima percezione del corpo che ora quel suono
quotidiano le faceva battere il cuore a mille. Almeno, le piaceva pensare che
fosse stato quello. Pregava che fosse stato quello.
“Ino, tutto a posto?” Tsunade la
guardò con dissimulata preoccupazione mentre Shikamaru
si scostava da lei e la rimproverava: “Non viene ancora bene” scosse il capo.
Ino avrebbe sperato in un “pretendi troppo” da parte della direttrice,
ma non avvenne. D’altronde, non poteva cercare
comprensione se riusciva a sbagliare quella dannata nota, tutte le volte. Tsunade invece chinò il capo: “Se avete bisogno, sono nella
stanza di fianco con Sakura. E Shikamaru, Shiho non
riesce a venire, quindi se vuoi hai un’altra ora con Ino.”
Il ragazzo assentì senza rispondere.
“Ino” la richiamò poi senza aspettare che la direttrice
uscisse dalla stanza “Suona”.
Ino obbedì, facendo passare l’archetto su quelle corde
instabili, tremanti come le sue mani, in quel momento.
Stecca.
La ragazza si morse il labbro mentre
il ragazzo col codino si alzava dalla poltrona sulla quale si era abbandonato,
raggiungendola ancora: “Si direbbe che tu lo faccia apposta” sbuffò. Non era
molto paziente, Shikamaru, eppure si era offerto di aiutarla, nonostante non venisse nemmeno pagato per farlo.
“Perché non riesci a…” poi la sentì,
non appena appoggiò la sua mano su quella di lei. Ino tremava. Lasciò scorrere
la sua mano sul braccio della ragazza, lentamente, stringendole il polso per
sentirne i battiti.
“Che succede?” domandò piano, il
fiato a solleticarle il collo.
“Niente, sono…pronta” rispose lei a voce bassa, stringendo
la tastiera più del dovuto, sperando di riprendere il controlla
della sua volontà, in quel modo.
“Va bene” sospirò il ragazzo facendo scivolare le sue mani
leggere sulla vita di lei e lasciandole riposare lì un
secondo di troppo.
“D’accordo” rafforzò lasciando quel contatto e
abbandonandosi ancora sulla poltrona, incrociando le braccia dietro la testa e
lasciando una gamba a riposare sull’altra.
Ino non si voltò, ma prese a suonare come fosse
da sola. Come fossi
da sola, si ripeté piano, chiudendo gli occhi e fasciandosi di silenzio,
penetrando nelle pieghe dalla concentrazione.
Uno,
due, tre e…partì
piano, lasciando scivolare l’archetto sulle corde a un tono appena percepibile,
si abbandonò contro il legno del violino per sentirlo più vicino, più suo, per
non avere in testa, nel corpo, nient’altro che il suo strumento e la loro
musica. Si lasciò trasportare nel crescendo di toni e nel ritmo cadenzato che
volgeva all’allegro, sfiorando quella melodia che aveva incisa
in testa, tante volte l’aveva sentita, tante volte l’aveva ripetuta.
Musica, armonia e frenesia, era quel che Shikamaru percepiva di lei
osservando il suo corpo ondeggiare lievemente in accordo col ritmo della
sonata, la vita sinuosa e le curve del seno che si intravedevano sotto le
spalle, invitanti.
Poi avvenne, di nuovo.
Stecca.
Ino si stava mordendo un labbro
probabilmente in quell’attimo, si stava
maledicendo per l’ennesimo no.
Shikamaru abbandonò il capo all’indietro e chiuse gli occhi.
La verità era che Ino sentiva le lacrime riempirle gli
occhi, perché mancava poco e lei non era all’altezza, non ancora. Perché
avrebbe rovinato la sinfonia, perché non avrebbe preso quella nota
irraggiungibile se non nella solitudine della sua camera, scevra di tensione, scevra di lui.
Strinse gli occhi forte, non udendo rimproveri. Poi
lentamente, quando sentì di avere nuovamente il controllo di sé, si voltò verso
Shikamaru.
“Puoi dirlo” annuì greve.
Ma il ragazzo fece qualcosa che non si
aspettava: aprì gli occhi pigramente e si alzò ancora, per lei. La raggiunse
ancora una volta, e le si fermò a pochi centimetri dal
viso: “Non eseguire.” Sussurrò “Suona”.
Poi la prese deciso per i fianchi, la voltò e la attirò a sé,
premendola contro di lui. Le afferrò le mani, le fece rimettere in posizione il
violino e la strinse con più forza, premendo deciso le dita
di lei sulla tastiera, impugnando con lei l’archetto e disponendosi in
posizione d’attacco.
Ino sentì il polso di Shikamaru inclinarsi all’indietro, lo
seguì con il proprio e si scoprì in quella posizione che riusciva a trovare
solo in solitudine, a casa.
“Così” lo sentì mormorare tra i suoi capelli. Ino si
allontanò per un attimo dal corpo di lui, intossicata
dalla sua presenza, ma si sentì di nuovo stringere, premuta contro di lui.
“E…” quella sola lettera la fece
arretrare, e appoggiò la testa sulla spalla di Shikamaru, per guardarlo negli
occhi. Ma lui vedeva solo la posizione delle loro
dita, strette sulla tastiera.
Poi di scatto il ragazzo si voltò: “Ci siamo” mormorò piano,
il suo alito caldo sulle labbra di Ino.
“Devi solo” continuò concentrato, gli occhi fissi in quelli
di lei “provarci”. La ragazza si sforzò di spostare lo sguardo sulle sue dita,
si sforzò di far partire il braccio destro mentre la
mano di lui lasciava la sua e andava a riposare sul suo fianco sinistro, in un
abbraccio mozzo.
Poi partì. Chiuse gli occhi e sfregò l’archetto.
Stecca.
Dannazione, ci era così vicina,
eppure non era quella, la nota. Ancora una volta.
Mollò la posizione in un attimo, abbassò il
violino frustrata e raggiunse in pochi, veloci passi l’altra estremità
della stanza, buttandosi rabbiosa sulla poltrona, speculare a quella di lui
eppure diametralmente opposta.
“Dannazione!” ripeté ad alta voce “Dannazione!”.
Non aveva fatto che pochi passi ma il suo respiro era quello
di una lunga corsa.
“Alzati” la voce di Shikamaru era pacata,
ma non ammetteva obiezioni.
“Alzati” ripeté piano “E suona”.
Ino sollevò lo sguardo che aveva lasciato cadere in basso,
col suo umore e le sue speranze. Sollevò lo sguardo e
incontrò gli occhi neri di Shikamaru.
“Non lo ripeterò una terza volta” l’avvertì lui, alzando un
sopracciglio.
E allora Ino si levò, il violino
nella sinistra come un’arma, l’archetto nella stessa mano, come pronto a
colpire.
“Non vedi che non ce la faccio?” chiese
rabbiosa quando gli fu abbastanza vicina “non capisci che non sono in
grado?” ruggì con un tono il più possibile contenuto, ben conscia della musica
di pianoforte che giungeva dall’altra stanza. Aveva i capelli biondi davanti a
viso, un ciuffo sfuggito alla sua ordinata coda di cavallo, le mani rosse e
tremanti.
Shikamaru la scrutò da capo a piedi, senza parlare.
“Dimmelo, Shikamaru, dimmelo!”
mormorò allora lei in tono di sfida, facendoglisi
ancora più vicina “Dimmelo che non ce la farò mai”.
“Se questa è la tua motivazione,
certo, non ce la farai mai” annuì Shikamaru, scuotendo il capo e togliendole il
ciuffo di capelli dalla fronte, riportandoglielo dietro l’orecchio.
“Ma le cose non si ottengono
restando a guardare” aggiunse fissandola senza ritegno in quegli occhi che
erano solo per lui.
Ino abbassò lo sguardo, chiedendosi a cosa
esattamente il ragazzo si stesse riferendo. Se alla
nota, se all’armonia, se a quella ragazza che andava a lezioni di violino da un
ragazzo che non le doveva nulla, che la faceva esercitare, che voleva
disperatamente stringere tra le braccia.
Si avventò rabbiosa contro
Shikamaru, strappandogli un bacio violento, premendo le sue labbra contro
quelle di lui, la sua lingua dentro la bocca di lui, che rispondeva in modo
conforme al suo carattere: lento, svogliato e provocatore. Ino non gli lasciò
l’occasione di ripetere il gesto, spingendolo sulla poltrona e sedendosi a cavalcioni su di lui, i loro bacini a contatto, mentre
entrambi ansavano.
Shikamaru la fissò con un’espressione indecifrabile: “Suona”
disse. “Da capo”.
Ino sgranò gli occhi, sdegnata, poi si portò il violino alla
spalla, senza alzarsi da lui, che era eccitato a quel contatto. Chiuse le
palpebre e cominciò piano a suonare, mentre sentiva il bacino
di lui prendere a muoversi impercettibilmente sotto di lei, al ritmo
lento della musica. Suonò ancora mentre sentiva
l’eccitazione crescere, mentre fu costretta a interrompersi a quel contatto che
era diventato troppo intenso per essere ignorato. Si fermò ansante, aprendo gli
occhi. Shikamaru si alzò dalla sua posizione, circondandole a vita con le
braccia perché non cadesse e avvicinandosi piano, sfiorandole la bocca e il
collo con la promessa di un bacio: “Suona” ripeté. Ino deglutì
mentre le mani di Shikamaru scendevano ad attirarla verso di sé, a
sistemarsela sulle gambe in modo che fosse chiaro il loro punto di contatto,
deglutendo a sua volta senza distogliere lo sguardo dagli occhi di lei.
Poi le strinse le natiche e disse ancora: “Suona”.
Ino tentò di riprendere il dominio di sé, tentò di ricordare
le note che ora si rincorrevano confuse nella sua testa in uno spartito senza
senso, le mani di Shikamaru che scendevano lungo le sue cosce e tornavano su, a
sollevarle la gonna e a carezzarle le gambe.
Ino appoggiò il mento al violino, cercando di ricordare. Le
mani di Shikamaru vagavano tra le sue cosce, e poi ancora sulle sue natiche, ad attirarla a sé. Ancora.
Sol, si comincia
sempre dal sol. Si ripeté, e da lì ripartì: un inizio dolce e sincopato,
un’oscillazione regolare come quella del bacino di Shikamaru, oramai pienamente
percepibile, sotto di lei. Un crescendo ritmato mentre
Shikamaru si agitava più veloce, stringendole i fianchi, mentre lei stringeva
gli occhi e spremeva le meningi per rimanere lì, su quella musica, sopra quel
corpo che aveva tanto desiderato. Proseguì spedita nell’accelerazione
della musica, eseguì alla perfezione il passaggio che le era
sempre sembrato più ostico e Shikamaru la carezzava ovunque, sotto il
suo vestitino, le sue cosce indurite nello sforzo, sotto di lei, le sue mani
calde e grandi sopra di lei, sotto la maglietta, sotto il reggiseno. Continuò mentre le dita di lui le risalivano lo sterno,
arrivavano al suo viso e lo carezzavano in una dolcezza che stranamente non
dissonava dalle note ormai frenetiche della sonata, le passarono sulle guance
arrossate mentre il suo volto era concentrato nello sforzo di ricordare, di
concentrarsi e di non fallire. Si stremò nel tentativo di seguire il ritmo, le
note, fino a quell’ultima agognata bastarda che le si sottraeva sempre sul più bello mentre oramai anche il
suo bacino si muoveva con quello di lui, mentre la nota che aveva sempre
sbagliato usciva dalla cassa di risonanza, mentre lei nemmeno se ne accorgeva, schiacciando
la tastiera e sbattendo violentemente il violino sul bracciolo della poltrona,
appoggiandosi ad esso per cercare supporto, sentendosi presa per i fianchi da
Shikamaru che ora si era alzato a sedere, stringendola a sé e chiamando il suo
nome, baciandola infine con un’urgenza che sapeva di strazio vitale.
“Shikamaru…” sussurrò lei disperata, agitandosi frenetica contro di lui mentre dimentica di violino e
archetto lo premeva contro di sé, affondava le mani nei suoi capelli, il viso
nel suo collo e lo ricopriva di baci.
“Shikamaru…” ripeté mentre sentiva
le mani di lui ovunque, sopra e sotto i suoi vestiti, intorno alla vita e
dietro la nuca, a tenerla mentre si spingeva in avanti e lei incontrava le sue
spinte, sporgendosi all’indietro, verso il vuoto, con le sue braccia forti a
farle da sostegno.
“Shika…” non riuscì a finire il
suo nome, buttando il capo all’indietro, lasciando andare il corpo che oramai
non sentiva più mentre onde di calore si libravano dal
suo centro fino alla punta dei piedi, mentre anche i capelli le parevano vivi e
scossi da mille brividi di piacere.
E il ragazzo risaliva il suo collo in una scia di baci, si
nascondeva nell’incavo del collo di lei e inspirava il
suo odore, le mordeva piano il collo cercando ogni contatto con la sua pelle
nivea. Poi lo sentì tremare sotto di lei, sentì le sue braccia cedere per un
attimo e fu lei a stringersi a lui, con una paura insensata di cadere a trenta
centimetri da terra, con una paura folle di guardarlo negli occhi dopo quello che era appena successo.
Shikamaru esitò per un attimo, poi l’attirò a sé,
stringendola contro il suo petto mentre Ino si
accoccolava tra le sue braccia aperte, esausta.
Shikamaru buttò il capo all’indietro: “Ti è venuta”.
Ino non rispose.
“La nota, ti è venuta” ripeté Shikamaru piano,
ingarbugliando la mano tra i capelli di lei in
disordine, comunque bellissimi.
“E…” aggiunse mentre Ino si alzava
piano, cercando di sondare il peso delle sue parole “devo ammettere che è stato
un passaggio memorabile” mormorò mentre la sua mano si insinuava nuovamente
sotto la gonna di Ino, spesa. La ragazza ebbe un sussulto, mentre sentiva la
voce del padre invadere il corridoio, discorrendo con Tsunade:
“Ino è qui?” domandò mentre la maniglia già si girava.
“Ha un’altra ora, dato che Shiho ha
disdetto” rispose Tsunade. “Li ho
sentiti esercitarsi fino ad ora, si saranno presi una pausa a questo
punto. Intanto se vuole le offro un caffè” terminò con
quello che doveva essere un sorriso, mentre il rumore dei passi che si
allontanavano si diffondeva lungo il corridoio.
“Se riesci a ripetere la sequenza potrei addirittura arrivare
a invitarti fuori a cena” sussurrò Shikamaru a Ino
sull’onda delle parole della direttrice, carezzando il fianco della ragazza.
“Allora è per questo che mi
seguivi, per invitarmi a cena, eh?” ridacchiò la ragazza sentendo le guance
arrossarsi, di nuovo. “Mi chiedo se tu faccia così anche con le altre ragazze…”
mormorò piano, vergognandosi quasi di quello che gli stava chiedendo.
“Be’, sì, in
effetti la cena sarebbe un bonus…” rise lui alzandosi per abbracciarla,
facendo aderire le mani a quelle della ragazza “Anche se a dirla tutta dovresti
offrirla tu, dato che sei l’unica qui dentro a cui do lezioni gratis.”
In quella sentirono i passi che poco prima si erano
allontanati avvicinarsi ancora, rimbombando nella scuola deserta a quell’ora di sera.
“Entro solo per salutarla” si udì la voce di
Inoichi, dall’esterno. Ino si alzò di scatto,
impugnando il violino come estrema difesa, mentre Shikamaru sussurrava
un debole “Mendokuse”.
“Ciao principessa, tutto bene?” domandò allora Inoichi appena aperta la porta, con un grande
sorriso in volto.
“Sì, papà…” mormorò quella arrossendo.
“Fa la modesta, ma oggi è riuscita
a fare il passaggio che le mancava” annuì Shikamaru, per mascherare l’imbarazzo
della ragazza.
“Immagino sia stato merito tuo, vero Shikamaru?” trillò
allora Tsunade “Se Shikamaru si applicasse di più
sarebbe davvero…” cominciò, poi si voltò di nuovo per accompagnare Inoichifuori dalla porta, mentre
Ino arrossiva a velocità impressionante e Shikamaru la guardava nascondendo
malamente un ghigno estremamente compiaciuto.
Oh, sì, ecco, le risposte alle recensioni: mi stavo quasi
dimenticando!
Sakurina: Luly,
apprezzo tantissimo la tua forza di volontà nel leggere il KibaSaku!
Non c’è che dire, gira e rigira la conclusione è sempre quella: Shika e Ino si amano tantissimo! E devo dire che è soprattutto per merito tuo che è stata
scritta questa shot, dato che mi fai da musa! Alla
prossima! <3
Lalani: Ma ciao! Sono contenta che la fic ti sia piaciuta: l’ambientazione all’inizio mi faceva
ridere, ma stranamente, più ci pensavo e più mi convinceva! In
effetti i personaggi erano un po’ spersi, ma Ele
mi ha chiesto una KibaSaku e KibaSaku
è stata! Con in mezzo ShikaIno,
ovvio, perché so che quello di certo non le dispiace! Purtroppo sulla
formattazione non sono riuscita a fare nulla, ma ora dovrei
aver corretto! Grazie del commento, ancora, è stato davvero molto gradito!
VavvyMalfoy91: Ma sai che nemmeno io avevo
mai calcolato il KibaSaku? Eppure devo dire
che in fondo in fondo non sono male…anzi, sono
parecchio divertenti! Il ragazzo delle consegne è sempre il meglio, anche per
me, e poi mi faceva troppo ridere il suo ruolo che
trovo gli si addica oltre ogni misura! Grazie della rece!
Capitolo 5 *** Di notti turbolente e di ciccioni in costume [per Luly] ***
“No”
A Luly,
che oggi fa due anni su efp.
A Luly,
che forse sarà la sola a capire certe
battute di questa fic.
A Luly,
perché nonostante tutto, ci teniamo lo stesso.
S.
“Com’è andata?” chiese Choji incerto vedendo Shikamaru sbadigliare, il giorno
dopo.
“Eh, non ho chiuso occhio” rispose
lui scuotendo il capo.
“Lo devo prendere come un buon
segno?” domandò l’Akimichi, ridendo di cuore.
Shikamaru alzò le spalle e si lasciò
andare a braccia incrociate sul tavolo.
“Buongiorno Cho!”
trillò Ino arrivando baldanzosa dalla camera, e piazzando un bacio sulla
guancia del ragazzo.
“Almeno qualcuno è di buonumore,
stamattina” sorrise Choji, ricambiando il gesto
d’affetto della compagna. “Shika qui, è più distrutto
di ieri sera. Ma cosa gli fai agli uomini, Ino?”
La ragazza non si scompose: “Oh, Shika” gli fece avvicinandosi e sedendosi al suo fianco
“Non è stato poi così seccante ieri sera, no?”
Di notti turbolente e di ciccioni in costume*
“No”.
Ino si
portò una mano alla fronte con fare melodrammatico. Shikamaru, dietro di lei,
la ignorò, limitandosi a sbuffare.
“Ragazzi,
non c’è tanto da decidere” interloquì Asuma. “Sono rimaste una matrimoniale e una singola. Oppure la foresta” argomentò.
Ino lo
guardò seccata: “E non vedo perché debba essere io quella che ci rimette!”
Shikamaru
non si prese nemmeno il disturbo di ribattere.
“Dai, è
solo logica” alzò le spalle Choji “Obiettivamente
Ino, io ti schiaccerei, il maestro pure e domani ci aspetta un lungo viaggio,
quindi sarebbe bello dormire su un letto, per una volta.”
“No” arrivò
sardonica la risposta di Ino.
Shikamaru
si limitò a un “Mendokuse”
lievemente sbuffato, mentre stanco della discussione prendeva la compagna di
squadra per un braccio trascinandola nella loro camera, se camera si poteva
definire quel posto.
Choji
guardò Asuma che sorrise: “Non credevo che avrebbero
accettato davvero”.
Il muso di Ino si ridusse considerevolmente quando vide la stanza:
“Una piazza e mezzo, meglio di quello che speravo” valutò scrutando il letto di
fronte a lei.
“Vuoi che
dorma per terra?” Shikamaru era decisamente troppo
stanco per discutere.
Ino si
voltò verso di lui, di colpo addolcita: “Non sarà necessario. Certo, lo sapevo
che non vedevi l’ora di venire a letto con me” fece con tanto di linguaccia.
“Due e
trentatré” mormorò Shikamaru, stanco più che colpito.
Ino lo
guardò spiazzata, con fare interrogativo.
“La vedo,
l’ora” rispose Shikamaru alzando le spalle. “E sono le
due e trentatré di notte. Ovvero, tardi.”
Ino lo
guardò di traverso: “E l’ora tarda ti fa male. Ignorerò questo commento: non è
all’altezza dei tuoi duecento punti di quoziente intellettivo, Shika” fece prendendo a sbottonarsi il top viola con
naturalezza.
“Che fai?”
Shikamaru fece un salto all’indietro, allarmato.
“Mi
spoglio” rispose Ino scrollando le spalle – e facendo abbassare la bretella del
reggiseno in modo provocante. “Dovresti farlo anche tu, visto che non dormirai
di certo al mio fianco con quei vestiti sporchi addosso”.
“Non ho il
cambio” sbuffò Shikamaru.
“Non hai
cosa?” domandò Ino, che nel frattempo si era infilata una sottoveste leggera,
sfilandosi top e gonna da sotto.
“Non ho il
cambio, dormo in mutande di solito, dato che fa caldo” ripeté Shikamaru,
scocciato e un po’ imbarazzato.
“Ah.”
Constatò Ino, fermandosi a riflettere brevemente. “Beh, spogliati allora” alzò
le spalle poi, nascondendo un ghigno.
Fu così che
si ritrovarono supini, stesi uno al fianco dell’altra, le braccia lungo i
fianchi e ben attenti a non toccarsi, gli occhi
rivolti al soffitto. Shikamaru spense la luce senza troppi complimenti:
finalmente, dopo tanta umiliazione, un po’ di meritata pace. E
che Kami gli concedesse di addormentarsi subito e
svegliarsi la mattina dopo, magari quando Ino si era già cambiata.
“Shika?”
Come non
detto. Era lì lì per addormentarsi, in quella strana
fase del sonno in cui non hai ancora lasciato la dimensione conscia
ma il tuo cervello già elabora immagini fantastiche, atmosfere da sogno,
quando la voce di Ino invase i suoi pensieri.
“Mmm?” si limitò a rispondere.
“A cosa
stai pensando?” gli chiese Ino, girandosi verso di lui. Pessima mossa,
peraltro.
“Al fatto
che speravo di dormire” rispose caustico il ragazzo. Era così difficile
tornarsene a dormire, invece che torturarlo con quel respiro caldo?
“No, dai,
davvero…” piagnucolò lei “a cosa stavi pensando?”
“Ciccioni
che ballano la danza del ventre col segno del costume all’altezza del petto” rispose Shikamaru in piena onestà.
Ino scoppiò
a ridere, e sentì Shikamaru alzarsi su un gomito, di fianco a lei. Poteva
avvertire il suo sguardo studiarla nell’oscurità, percorrerle il corpo dal viso
alle gambe, e poi ancora su, a scrutare l’ombra dei suoi capelli che lottava con la luce della luna, alta nel cielo.
“Tu a che
pensi?” le chiese allora in tono soffice. Dio,
quant’era bella…
“Pensavo…”
fece Ino avvicinandosi piano a lui, come ad accoccolarsi sul suo petto, senza
farlo realmente. Pareva ci fosse una linea invisibile a marcare i confini tra i
due, una linea invisibile ma di fuoco, come di chi non riesce ad attraversare
un confine tra stati non segnalato se non da un cartello sul ciglio di una
strada. Una dogana inesistente ma pericolosa.
Aveva
lasciato la frase in sospeso, Ino, e il suo respiro si era fatto di colpo più
regolare.
Shikamaru
la scrutò più intensamente, desiderando toccarla, per un attimo. Reprimendo
quel desiderio.
“Pensavo
alla mia vicina con la brocca…dell’olio” concluse Ino
con voce tremendamente velata dal sonno. Shikamaru trattenne una risata, risultando in uno sbuffo trattenuto.
“Scusa”
fece Ino riprendendosi, portandosi all’indietro i capelli slegati.
“Non fa
niente, dormi” le rispose Shikamaru, di colpo intenerito.
Shikamaru
evitò l’ennesimo commento caustico e appoggiò la testa al cuscino, portandosi
le mani dietro la nuca. Sospirò dopo aver confermato la sua versione dei fatti:
“Sì, ma non fa niente. Dormi, Ino”. Non poteva reggere molto a prenderla in giro quando lei gli stava di fronte in sottoveste, così
inconsciamente provocante, e soprattutto quando probabilmente lei non pensava
minimamente alle cose che passavano per la testa di lui. Sentì la compagna
rilassarsi al suo fianco, rannicchiandosi sul confine estremo del letto per non
sfiorarlo, lasciandosi andare al tanto agognato sonno in pochi istanti. Se solo fosse stato così facile anche per lui. Shikamaru si
trovò a fissare il soffitto con interesse, ora che i suoi occhi si erano
abituati all’oscurità: che situazione di merda.
Era stato
così bravo a non farsi coinvolgere fino a quel momento, così astuto
nell’evitarla, nel non darle peso, nello scrutarla da lontano, che ora…
“Ah!”
Si girò di
scatto allertato, vedendo Ino
seduta per terra, sul pavimento.
Il ragazzo
nascose il volto nel braccio ridendo il più sommessamente possibile.
“Sono
caduta?” chiese Ino con voce sconcertata, dal basso.
A quello
non poté evitare di ridere: “Eh, a quanto pare…”
azzardò il ragazzo, mentre lei non faceva cenno di alzarsi.
“Ino?” fece
poi sporgendosi dalla parte della ragazza, estremamente
rallegrato.
“Non
ridere, deficiente!” arrivò la risposta di Ino, che
per ripicca fece per mollargli uno schiaffo. Shikamaru le fermò la mano
prontamente, al che Ino allungò l’altra mano e si appese al collo
di lui, trascinandolo a terra come lei. Precisamente, su di lei. Merda.
Shikamaru
sentì di colpo la sua testa alleggerirsi, e altre parti di lui svegliarsi,
quando avvertì il sospiro leggero di Ino sul collo,
divertita: “Uno a uno” sussurrò piano la bionda.
Dio, quanto
avrebbe voluto stare così per sempre, sopra di lei, la
sua risata argentea a rallegrarlo e il suo respiro, le sue mani su di lui.
Invece si alzò contro i suoi desideri, tendendo una mano alla compagna: “Dai Ino, alzati” fece piano mentre si risistemava sul letto,
dandole le spalle e maledicendo la sua maturità. Ino si accomodò in silenzio
accanto a lui, rannicchiata sulla sua porzione di letto, mentre dopo poco la
sentiva scivolare piano, di nuovo.
“Stavi per
cadere di nuovo?” sussurrò piano Shikamaru, lievemente divertito.
“Volevo
fare la figa e non dirtelo. Grazie di avermi sgamata!” piagnucolò Ino.
“Puoi
venire più vicina, sai?” sospirò allora Shikamaru – maledicendosi ancora “Non
mordo”.
“Peccato” sospirò
Ino, e d’un tratto Shikamaru se la sentì addosso,
accoccolata sul suo petto. Ecco, lui non aveva inteso così vicino. Sperato, forse; considerato, no.
“Shikamaru?”
fece poi Ino facendo leva sul suo petto, d’un tratto
rinvigorita, il volto a pochi centimetri dal suo.
“Dimmi Ino”
rispose lui con voce rassegnata, immerso pienamente, suo malgrado, in quella
piacevolissima tortura.
“Niente”
rispose Ino piano, di colpo intimidita. “Niente”
ripeté quasi impercettibilmente, dandogli le spalle come se stare vicino a lui
scottasse, rannicchiandosi su un fianco finché non sentì un braccio di
Shikamaru cingerle la vita e attirarla a sé con decisione e gentilezza.
“Non vorrai
cadere ancora” sussurrò piano sulla nuca della ragazza, inspirando segretamente
l’odore dei suoi capelli. Sentì Ino irrigidirsi di colpo, e non seppe se di
piacere o di paura.
Affanculo. Aveva questa opportunità
di stare con Ino, una benedettissima piazza e mezzo
da condividere con lei, e al di là delle remore e delle conseguenze, quella
notte era troppo eccitante per lasciarsela scappare. Si premette addosso Ino un po’ più del dovuto, le loro gambe nude a
contatto, mentre la sua mano risaliva lenta il fianco di lei, a sfiorarne il
profilo del seno, a ripercorrere la spalla mentre il respiro di lei si faceva
di colpo serrato, a sfiorarle la guancia mentre girava il volto di lei verso di
lui, carezzandolo piano.
“Dimmi che
non vuoi” sussurrò Shikamaru sulla sua pelle, giunto all’altezza del suo orecchio “…e mi fermo”.
Ino tacque,
il rumore del suo deglutire unico suono della stanza: non aveva più saliva in
corpo, di colpo si sentiva mancare l’aria. Possibile che fosse Shikamaru a
farle quell’effetto? Prima ancora di avere il tempo
di ragionare, una scia di baci si disegnarono sulla sua nuca, lenti e
indugianti, mentre la mano di Shikamaru si apriva sul collo
di lei e ne sfiorava la trachea, delicata.
“Shikamaru”
fu l’unica cosa che riuscì a sussurrare Ino, prima di
inarcare il volto all’indietro e sfiorare quello di lui, così vicino a lei.
“Dimmi che
non vuoi” ripeté lui mentre chiudeva gli occhi,
sperando che lei ponesse fine a quel supplizio, e domani sarebbero stati di
nuovo amici, come prima.
“Lo voglio
da almeno tre anni, razza di cretino!” urlò Ino mentre
di colpo si girava sul fianco, mentre si ritrovava sopra di lui con l’agilità
che la contraddistingueva, mentre si avventava sulle labbra di lui con una foga
repressa.
Le mani di
Shikamaru presero a scorrere lungo i suoi fianchi, la sua
barba incolta a solleticarle il volto.
“Ino, non
ci credo…”
“Vaffanculo
Nara, io stanotte volevo dormire!” Ino rise inferocita prima di avventarsi
nuovamente sul compagno.
“Allora
ragazzi, com’è andata la nottata?”
Asuma
aveva trovato i suoi ragazzi pronti per colazione, dediti alle loro solite
attività:Choji che
a dire il vero aveva già finito di mangiare, Shikamaru che sbuffava se non era
impegnato a sbadigliare, e Ino che canticchiava. Niente di strano fino lì.
Niente di strano eccetto il sorrisetto malizioso di Choji, e se guardava meglio, il lieve rossore sulle guance
di Shikamaru, e il ritmo più quieto e dolce della canzone di Ino.
Asuma aveva sempre sospettato che Chojifosse una reincarnazione di Buddha,
con al sua aura benevola e quella pienezza soddisfatta, ma ne ebbe la conferma
quando, guardando più attentamente la direzione del suo sguardo, notò che
davvero il ragazzo sapeva: sotto
l’espressione annoiata del suo allievo preferito, e sotto l’aria più allegra
del solito della sua allieva più rumorosa, stavano le mani intrecciate dei due.
* titolo
liberamente ispirato alla raccolta Il fascino del seccante – ShikaInomoments di Sakurina, in attesa di “Dell’acqua e di altri angeli”…XD
tvb, Lulù!
*fugge prima che possa essere usato contro
di lei*
“Ciao” cinguettò Ino posando l’ennesimo
drink di fronte a Shikamaru.
“Tutto bene, signore?” continuò divertita sbattendo esageratamente le palpebre e
appoggiandosi al tavolino sugli avambracci.
Shikamaru non le dedicò particolare
attenzione, cercando di mascherare lo sguardo che puntava dritto nella
scollatura della ragazza con un arguto studio dell’uomo che stava dietro di
lei: “Copriti” mormorò spazientito.
Ino non si scoraggiò: “…se no non rispondi delle tue azioni?” chiese ridacchiando,
facendo saltellare allegramente l’abbondante porzione di petto che straripava
dalla camicetta aderente.
“Ehi, Ino, io non rispondo delle mie
azioni” si intromise Kiba, allungandosi
spudoratamente sul tavolino di Shikamaru per guadagnare una visione migliore.
Chiaramente, quello spettacolo era per il Nara, e Ino non si curava minimamente
di nascondere le sue intenzioni. Se lo voleva portare
a letto da inizio serata, glielo si leggeva negli occhi, negli atteggiamenti,
in tutto. Ino Yamanaka era una
macchina da sesso, e per questo lei e Kiba sarebbero
andati d’accordissimo, secondo l’Inuzuka.
Questo, chiaramente, escludendo il fattore Nara.
“Quindi te ne andrai,
prima che io non risponda delle mie.” Interruppe Shikamaru, allontanandolo
senza alcuna gentilezza. Ecco, per
l’appunto.
“Andiamo” fece poi il Nara rivolto a Ino, alzandosi. “Lo spettacolo è finito” dichiarò poi agli
avventori del locale, attirando la ragazza a sé e premendosela contro più del
dovuto. “Starai gelando…” borbottò pur di inventare
una scusa.
Ino stranamente non protestò,
lasciandosi condurre via e facendo un occhiolino a Tenten,
che brindava per l’ennesima volta con Neji.
Camminarono così semiabbracciati
fino al retro del locale, dove una stanzetta angusta faceva da guardaroba.
“Rivestiti” fece allora Shikamaru
sbrigativo chiudendo la porta, spingendola verso il cumulo di vestiti senza
staccarle gli occhi di dosso.
“Non ti volti dall’altra parte?”
fece Ino, fintamente scandalizzata.
“Tra come sei e la sola biancheria
intima non vedo molta differenza” commentò Shikamaru, senza staccare lo sguardo
dalle sue curve.
“Piaciuto lo spettacolo di Sakura?”
chiese allora Ino con tono casuale mentre di proposito
cercava distratta i suoi vestiti – sapendo peraltro esattamente dove fossero.
“Mmm” fece
Shikamaru passandosi la lingua sulle labbra, senza avere tuttavia più saliva.
Ino inveì: “Ma mi stai ascoltando?”
fece, mascherando di rabbia il rossore che le imporporava le guance.
“Mmm”
ripeté Shikamaru. Ino non sapeva se sentirsi infuriata o lusingata.
“È tutto quello che sai dire?”
domandò la ragazza slacciandosi di proposito la camicetta ed ergendosi
impettita, in reggiseno.
“Mmm”
ripeté Shikamaru.
“Scusa, scusa,
scusa” puntualizzò allora la ragazza
avvicinandosi al compagno di squadra e puntandogli un dito contro il petto. “Il
mio reggipetto ti provoca lo stesso Mmm del ballo di Sakura?”
“Mmm”
“Io so fare di molto meglio” affermò
allora la kunoichi spingendolo via.
Shikamaru alzò un sopracciglio.
“Io
so fare di molto meglio”. Ribadì Ino, convinta.
“Mmm”,
rispose Shikamaru.
Ino si tolse la gonna indignata,
dopodiché – con qualche remora non espressa da parte del suo compagno – si
cinse i fianchi con la fascia che Sakura non aveva indossato, rimanendo in
intimo e foulard tintinnante dinanzi a Shikamaru.
“Già questo ti dovrebbe fare più effetto di Sakura” affermò Ino spavalda, incrociando le mani all’altezza del seno e
facendole poi scorrere lungo i suoi fianchi.
Questa volta non giunse nessun “Mmm”.
“E ora”
fece Ino avvicinandosi ancora una volta a Shikamaru e spingendolo sull’unica
sedia della stanza “Goditi lo spettacolo, miscredente”
sibilò accettando implicitamente la sfida che lei stessa si era lanciata.
Gliel’avrebbe fatta pagare per quell’impertinenza. Oh sì.
Si allontanò di quei pochi metri che
la stanza le concedeva, ancheggiando ampiamente nel
processo, e gli diede le spalle in un teatrale svolazzare di capelli. Prese il respiro mentre decideva quale ritmo impostare nella sua
mente, quale coreografia di quelle scartate per Sakura selezionare.
Sentì Shikamaru sbuffare alle sue
spalle e si decise. Prese rapida un altro velo che giaceva accanto alle cose non
utilizzate da Sakura, assicurandosi che non stonasse con la tonalità del magro
pezzo di sotto, e se lo avvolse intorno alle spalle come una crisalide. Poi,
cominciò a muovere il bacino lentamente, a destra e sinistra, con piccoli
movimenti ritmati dai sonagli appesi ai suoi fianchi. Si mosse ritmicamente per diversi istanti, fin
quando non fu sicura che lo sguardo di Shikamaru fosse inevitabilmente
lì, su quei pochi centimetri di pelle, quelli che l’avrebbero fatto impazzire.
Iniziò a descrivere piccoli otto con
il bacino, allargando il raggio del movimento, stringendo le natiche e
spostando l’onda più in su, verso le braccia che finalmente
si schiusero in un impeto d’energia, aprendosi generosamente all’esterno per
poi rincontrarsi al di sopra del suo capo, riducendo il velo a uno spessore di
pochi centimetri e regalando una visione nitida della sua schiena. Prese a inclinare il movimento del bacino, spostando l’asse più in
alto verso la gamba destra, prendendo a roteare lentamente in direzione di
Shikamaru, allargando il braccio destro e ripiegando sul petto quello sinistro,
a velare ancora il ventre mentre si offriva impudica al suo sguardo. A quel
punto si concesse il lusso di fissare gli occhi in quelli di Shikamaru. Le
iridi del Nara passarono veloci dal suo bacino ai suoi
occhi, incatenandola. Ino riprese a muoversi più velocemente, mentre i sonagli
emettevano tintinnii ipnotici, nel tempo in cuila
ragazza riprendeva ad ancheggiare con più energia e il ragazzo a scendere con
lo sguardo, ad accarezzare le sue curve, ad apprezzare ogni centimetro di pelle
che quegli stupidi veli gli regalavano, mentre Ino gli
si avvicinava impercettibilmente, sentendosi quello sguardo bruciare addosso,
mentre in un lampo gli era a sedere a cavalcioni
sulle gambe e lo attirava a sé: “Non ce la faccio più, Shikamaru” sussurrò
buttatasi sul suo collo, prendendo a baciarlo freneticamente. “È tutta la sera
che aspetto di essere sola con te” mormorò sulla sua
pelle.
Shikamaru si irrigidì,
senza rispondere. Sarebbe scoppiato a ridere se non fosse stato così
dannatamente eccitato. Lei non ce la
faceva più?
Ino si arrestò e lo guardò
contrariata.
“Che c’è,
speravi che ti prendessi per quei fianchi che muovi tanto bene e ti sbattessi
su quel tavolo?” chiese il ragazzo con l’ultimo baluardo di raziocinio che gli
rimaneva, senza far cenno di togliere le mani dai braccioli della sedia,
nonostante ora li stringesse con eccessiva veemenza.
“Non dire che non ci ho provato”
rivendicò Ino mordendosi un labbro, e spingendo furbescamente il bacino contro
il suo. E rendendosi conto che effettivamente, nonostante Shikamaru fosse un
maestro nel nascondere le sue emozioni, non riusciva comunque
a nascondere le sue reazioni.
Ino sorrise maliziosa: “Oh. Allora
l’ho catturata la tua attenzione”.
“Hai presente quello che ti ho detto
poco fa, Ino?” domandò Shikamaru, le nocche bianche che si sfogavano sui
malcapitati braccioli.
“Sì” cinguettò Ino, con un sorriso
incerto.
“Dimenticatene” fece Shikamaru
afferrandola per i fianchi “Anche la sedia andrà benissimo”.