Senza Nuvole

di Isangel
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 18: *** Epilogo ***
Capitolo 19: *** Extra n°1 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Senza Nuvole

 

Prologo

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Bella

 

Pioveva. Il cielo era oscurato da nubi grigi e temporalesche. Faceva quasi paura.

Un tuono illuminò per un istante il cielo, seguito dopo due secondi da un enorme rimbombo. Mi coprii le orecchie, terrorizzata.

Mi ricordò casualmente quando ero una bambina. Ogni volta che tuonava, mi rifugiavo tra le braccia calde e sicure della mamma. Braccia che non mi avrebbero mai più sostenuto.

Avevo ventitré anni. Ed ero incinta. Non di una persona qualunque, ma di James. Il mio ex fidanzato.

L’uomo che credevo di amare mi aveva lasciata. Semplicemente, senza tanti complimenti.

Tanto lui era un uomo, no?

Sei incinta? Bene, io non volevo ancora un figlio, quindi me ne vado.

Il giorno dopo la rivelazione, era fuggito di soppiatto come un vigliacco. Avevo passato una settimana di inferno, piangendo e disperandomi.

I miei genitori mi avevano cacciata. Ero una vergogna per la mia famiglia, una puttana che aspettava un bastardo da un buono a nulla.

Pioveva. Tuonava. Mi portai le mani alle orecchie.

Vivevo sola in una casa fuori New York.

Aspettavo un figlio.

Avevo paura.

 

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Edward

 

Non era possibile. Ancora qui. La foto di Tanya. Ancora qui. Sul pianoforte.

Sospirai, esasperato.

Un debole. Non sei altro che uno stupido sciocco. Credi davvero che tornerà?

Si, ci speravo ancora. Proprio perché ero un debole e vulnerabile stupido. L’avevo sposata perché la amavo, d’altronde. Dove avevo sbagliato?

Hai sbagliato come con tua madre, Edward. Fidandoti di lei. Poi ti ha abbandonato.

Ricordavo perfettamente il giorno in cui mia madre era ferma alla porta del soggiorno, le valigie in mano. Urlava contro mio padre, immobile sul divano, lo sguardo indecifrabile. Io che piangevo e mi dimenavo, un piccolo marmocchio di sei anni. La pregai di non andarsene. Non mi ascoltò. Aveva oltrepassato la soglia, sbattendo furiosamente la porta. Per poi non tornare mai più.

Pioveva, adesso. E la foto di Tanya, sorridente e abbracciata a me, mi colpì come un pugno allo stomaco.

Ricordavo ancora il suo profumo, la sua pelle contro la mia, i suoi baci, i suoi sussurri mentre facevamo l’amore…

Avrei mai trovato una donna che mi avrebbe amato?

Ormai avevo venticinque anni, non ci speravo più.

Il tempo della speranza era finito.

Così come quello dell’amore.

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Buondì! Per chi non mi conosce, eccomi qui, a rompere le scatole con una nuova storia. Per chi mi conosce… beh, scappate finché siete in tempo!

Dopo “Change of Heart”, sono già tornata con una nuova fan fiction, più malinconica, con qualche vena di umorismo (la vita non è tutta una dramma, dopotutto!).

I protagonisti sono i nostri adorati Bella ed Edward, ma ci saranno anche gli altri personaggi.

Prima di tutto, vi lascio una piccola avvertenza: vi assicuro che è a lieto fine. Senza di essi, io non vivo!

Se qualche volta la trama prenderà un tono melodrammatico, prendetevela con la mia indole sensibile: è lei la causa di tutto.

E poi… Beh, che dire? Vi chiedo solo di lasciarvi un commento, per sapere se la storia vi ispira. Altrimenti non romperò più, giuro!

Vi ringrazio anticipatamente, un bacio.

Mary

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1

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Bella

 

L’autobus sussultò un paio di volte, avendo centrato due buche. Sbuffai, stufa delle strade dissestate che ormai conoscevo a memoria. Fuori dal finestrino, scorgevo di sfuggita i svariati abitanti di New York.

Il cellulare vibrò nella tasca dei miei jeans. Lo cavai fuori, portando il ricevitore all’orecchio senza nemmeno dare un’occhiata al display. Sapevo già chi era.

“Pronto?”

“Bella, dove diavolo sei?”, sbraitò Jessica Stanley, il mio superiore, nonché la persona più antipatica che avessi mai conosciuto.

Sospirai impercettibilmente. “Sono sul pullman. Arriverò tra cinque minuti…”

“Neanche per sogno! Vedi di muoverti, o giuro che ti faccio licenziare!”, sibilò, furibonda.

“Certo”. Le sbattei il telefono in faccia, incurante delle possibili conseguenze.

Puttana, troia e zoccola. Lo era nel vero senso della parola. Aggiungiamoci anche stronza con la esse maiuscola. Jessica era tutta droga, festini e sesso sfrenato. Ancora mi chiedevo come facesse un tappo come lei ad essere sempre impeccabile. Non un riccio fuori posto, sempre. Camicette con le tette in fuori e jeans a vita talmente bassa da scorgere i peli pubici erano all’ordine del giorno.

E pensare che i miei genitori avevano dato a me della puttana.

Il mondo era ingiusto, questo lo sapevo. Ma mi bruciava.

D’altronde ero sola, ormai. Non avevo né fratelli né sorelle. Zii manco a parlarne. I miei genitori mi evitavano da due settimane. E da un mese ero incinta.

Perché arrivi sempre a pensarlo, Bella? Sei proprio masochista…

Nonostante fosse il figlio del mio ex, lo amavo già. Era pur sempre il mio bambino. Già stavo pensando al nome, senza ricordarmi che mancavano ancora otto mesi di gestazione.

Quando avevo visto il test di gravidanza, i miei castelli di carta avevano già cominciato a crearsi. Io e James ci saremmo sposati. Avremmo avuto molti altri bambini. Avrei invitato anche le mie amiche, con cui avevo litigato da un bel po’ proprio a causa sua…

Poi se ne era andato. Puff. Svanito. Niente matrimonio. Niente bambini. E niente James.

Avevo provato a rintracciarlo, ma il cellulare era costantemente spento.

Due settimane, e non si era ancora fatto sentire. E io soffrivo, contenendo a stento il mio dolore.

Il pullman si fermò proprio davanti al bar di fronte a Central Park in cui lavoravo come cameriera. Mi facevo schifo da sola. Ero uscita con centodieci e lode dall’università, laureandomi in giornalismo, e facevo la cameriera.

Beh, almeno il bambino non sarebbe morto di fame.

Eppure non potevo non ammirare la fantomatica New York. Con i suoi grattacieli, il suo panorama e il suo traffico mattutino, era qualcosa di unico al mondo. Il clima non era caldo e soffocante come quello di Phoenix, in Arizona, ma mi ci stavo facendo l’abitudine.

Entrai e Jessica mi si piazzò davanti, le mani sui fianchi. Maglietta super scollata, rossa. Minigonna in jeans e tacco alto dodici centimetri. Meglio di così non poteva fare.

“Ti rendi conto di che ore sono, Bella?”, mi urlò dietro, facendo voltare la gente nel raggio di due chilometri.

“Il pullman è arrivato tardi, non posso farci niente”, replicai, gelida. Non mi piaceva il tono che usava con me. Non mi piaceva e basta.

Jessica fece una smorfia derisoria. “Oh, poverina! Adesso mettiamole a disposizione un pullman personale per venire qui! Lo sai che se Angela sa che ti concedo anche un solo ritardo, mi ammazza?”, gridò, talmente incollerita da sputare.

Angela Weber, il nostro capo, era il più dolce pezzo di pane che esistesse. E Jessica sapeva che con me non attaccava. Ma non sapeva che stava parlando con una donna incinta di un mese.

“Senti, Jessica, ora sono qui, va bene? Dillo pure ad Angela, ma io ora sono qui e mi metto a lavorare!”, tagliai corto. La sorpassai malamente, facendola traballare su quei trampoli al posto delle scarpe.

“Puttana…”, mormorò.

Ghignai, amara.

Non sapeva quanto si sbagliasse.

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Edward

 

“Papà, mangia piano, che ti fa male”, lo ammonii, paziente.

Papà come al solito si stava rimpinzando di cornetti, cosa non proprio salutare per i suoi attacchi cardiaci.

Mi ignorò, continuando a masticare imperterrito. Mi limitai a fumare la mia sigaretta, tranquillo. La portai alla bocca, aspirandone il fumo. Mi calmava, il fumo. A Tanya non era mai piaciuto.

Infatti mi sembrava che il suo nuovo ragazzo fosse un santarellino di Denali, in Alaska, vegetariano e non fumatore. Me lo aveva detto quando si era ripresentata con le carte del divorzio.

 

Due mesi fa

 

Tanya mi fissò ostilmente. Si avvicinò, lanciandomi bruscamente sul tavolo un fascicolo voluminoso di carte. Lo fissai incredulo, per poi guardare i suoi bellissimi occhi neri come il petrolio.

“Che cosa sarebbe?”, chiesi, acido.

Tanya ghignò, compiaciuta. “Le carte del divorzio. Devi solo firmare un po’ di cose, non ti costerà alcuna fatica”, disse, incrociando le braccia al petto.

Mi sentii morire. Tanya… la mia Tanya, mi stava lasciando. Come la mamma.

“Ah. E dove vai?”. Cercai di sembrare il più distaccato possibile, ma non mi riuscì per niente bene. La voce mi tremava.

I suoi occhi si illuminarono di quella luce che conoscevo bene. La luce che riservava a me non appena mi vedeva, i primi tempi. E che da molti mesi era ormai sparita. “Vado a Denali  dal mio… beh, hai capito. Sai, è un avvocato. È vegetariano e non fuma. È un bravo ragazzo. Lui si che mi farà felice”, concluse, dura.

Quelle parole mi colpirono come una pugnalata al petto. Parole che mi avrebbero fatto sanguinare giorni e giorni.

Sospirai. Presi la cartella e cominciai a sfogliarla distrattamente. Gli occhi mi pungevano come non mai, la gola mi faceva male. Quasi non riuscivo a respirare. “Dove ho sbagliato, Tanya?”, mormorai debolmente.

Ero sempre stato uno sciocco sentimentale, e mai sarei cambiato su quello.

Sbuffò, come scocciata dalla mia domanda. “Abbiamo sbagliato dall’inizio, Edward. Tutto qui. Abbiamo corso troppo in fretta. Eravamo innamorati, certo, ma ora la fiamma si è consumata interamente”, ribadì, il tono velenoso.

Mi girava la testa e i polmoni mi facevano male. “Quindi è davvero finita?”, sussurrai.

Una lacrima sfuggì dall’angolo degli occhi , percorrendo la mia guancia.

I suoi pozzi di oro nero mi trapassarono l’anima. “Si”

 

Un altro tiro e il mio ricordo svanì come neve al sole. Per il momento. Avrei fatto i conti con me stesso a casa, dove cadevo sempre a pezzi. Ricordare esplicitamente faceva male.

“Come va il cuore?”, chiesi a mio padre, fissandolo circospetto.

Assomigliavo molto a mio padre, Anthony Cullen, di cui portavo fieramente il secondo nome. Non potei fare a meno di notarlo anche in quel momento. La forma degli occhi, il naso lungo e dritto, le leggere efelidi sugli zigomi e le sopracciglia folte e arcuate erano identiche alle sue. I suoi boccoli grigi erano un’ombra dei capelli castano ramato di un tempo. Il tipo era lo stesso, solo che i miei erano più lisci e perennemente spettinati. I suoi occhi erano di un intenso castano scuro. I miei erano dello spiccicato e identico colore di mia mamma, verde smeraldo. Per non parlare delle labbra, piene e leggermente troppo grandi per il mio viso.

Papà si strinse nelle spalle. “Ho appena fatto le visite con Carlisle… la settimana scorsa, mi pare. Va meglio… davvero”, aggiunse, allarmato dalla mia preoccupazione.

Mi tranquillizzai. Se ci fosse stato davvero qualcosa di grave, mio zio Carlisle, uno dei medici più rinomati di New York, mi avrebbe certamente avvertito. Conosceva bene suo fratello.

Papà buttò il tovagliolo nel piattino, appoggiando entrambe le braccia sul tavolo. Concentrò interamente l’attenzione su di me, infastidendomi non poco. Diamine, avevo venticinque anni, non poteva trattarmi come se ne avessi ancora sei. “E invece tu… hai sentito Tanya?”, disse, le labbra strette.

A papà Tanya non era mai piaciuta. Affermava che pareva più una zoccola che una vera donna, come la mamma. Papà non ce l’aveva mai avuta con la mamma, per l’abbandono. Anzi, nonostante avesse avuto alcune storielle con delle donne della sua età, non l’aveva mai dimenticata.

Speravo di non fare la sua stessa fine. Alla fine la speranza c’entrava sempre.

Scossi la testa, spegnendo la sigaretta nel posacenere. Evitai i suoi occhi indagatori, posando i miei sulla fitta trama della tovaglia. “Sono passati solo due mesi, papà”

Sbuffò, infastidito. “Edward, sai bene cosa ne penso di questa faccenda…”

“… che siamo stati troppo avventati, non avremmo dovuto sposarci così presto e avremmo dovuto goderci la nostra giovinezza finché potevamo… lo so, lo so”, lo interruppi, ormai parafrasando a menadito le sue nozioni.

“Già”, rincarò, la bocca una linea contratta. “Sposarvi a venticinque anni, subito dopo la laurea… una grossa stupidaggine. Avreste dovuto aspettare”, concluse per l’ennesima volta.

“Stavamo insieme già da quattro mesi, papà. Ci amavamo sul serio… solo che non le bastavo, tutto qui”, tagliai corto, innervosito dall’argomento.

Papà capì al volo. Sorrise. “Beh, al lavoro, invece? Come va?”

Lo ringraziai mentalmente a più non posso. Abbozzai un sorriso. La mascella quasi scricchiolò. Era da ormai due mesi che non sorridevo più. Ero sempre stato un tipo serio e composto, nonché una testa calda di prima categoria. Il sorriso era qualcosa che avevo sempre riservato esclusivamente a papà e ad Alice, mia cugina di primo grado, la figlia degli zii Carlisle ed Esme. E poi a Tanya, la persona che me lo portò via per sempre. Perlomeno, da due mesi.

“Non male, va davvero bene. I guadagni sono proficui”, lo rassicurai.

Si accigliò. “Piuttosto, l’appartamento di fronte al tuo è stato venduto?”

Mi strinsi nelle spalle. Non ero tendenzialmente informato sulla realtà che mi circondava, non facevo altro che mangiare, bere, dormire, andare al lavoro. Agli inizi non riuscivo a fare nemmeno quello. Probabilmente se non ci fossero stati papà ed Alice sarei morto di stenti e tristezza. “Credo che il signor Endon lo abbia dato in affitto a una ragazza… ha un nome straniero, non me lo ricordo… me lo ha detto la portinaia”, confermai e mio padre ridacchiò.

La signora Cope era la persona più impicciona che avessi mai avuto il dispiacere di incontrare. Se ancora non sapeva che ero un venticinquenne divorziato dopo tre mesi di matrimonio, era un miracolo.

Per un certo periodo di tempo aveva anche sospettato che io ed Alice (che era mia cugina, per precisare) avessimo una serie di appuntamenti al buio. Naturalmente i vicini, a cui aveva certamente riferito le sue ipotesi, le avevano creduto sulla parola, finché Alice li aveva mandati al diavolo, urlando a squarciagola per le scale che fossimo semplicemente cugini.

Cercai la cameriera per chiedere il conto. Subito quella arrivò, porgendomi lo scontrino. Mi sorrise più calorosamente che poteva, tanto da rischiare una paralisi facciale.

Era carina, davvero, sebbene fosse vestita un po’ volgarmente. Aveva una camicetta rossa molto scollata e una minigonna in jeans. E poi papà diceva che era Tanya la zoccola.

Ma quell’attenzione spudorata non fece che innervosirmi. Mio padre per poco non scoppiò a ridere alla scenetta.

Non appena se ne andò, rise a più non posso, dandomi una pacca sulla spalla. “La tua bellezza colpisce ancora, figliolo. Visto a cosa serve avere un padre come il tuo?”, scherzò.

Per poco non esplosi a quella stupida battuta. Sapevamo benissimo entrambi che mia madre Elizabeth era stata – ed era tuttora-  un donna splendida. Una pari, come avrebbero detto gli arabi, una bellezza. E tutti quelli che conoscevamo ci tenevano a complimentarmi affermando che avessi ereditato la sua avvenenza. Poco importava.atenevano a complimentarmi affermando che avessi ereditata la sua avvenenza.on aveva dovuto manda

Pagammo il conto e uscimmo dal bar, godendoci quella domenica di ottobre nella città di New York.

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Adoro New York, la Grande Mela. Il mio sogno sarebbe proprio quello di visitarla, un giorno. Non si vede che mi piace, eh?

In questo momento, però, posso solo sognarmela. Nella mia stanza fa talmente freddo che mi stupirò poco se vedrò passare Pingu in persona a salutarmi. Nevica e fa un freddo cane, ma non posso non ammettere che la neve contribuisca a rendere romantico un paesaggio. 

Bene, parlando della storia, come potete vedere, comincia a prendere forma. Entrambi sono adulti, consapevoli, ma dal cuore logorato dai loro problemi e da presenti e antichi dolori. Diciamo che il primo capitolo, è solo una presentazione in più dei nostri protagonisti.

Nel prossimo, invece, avverrà il loro fatidico incontro, nel modo forse più classico possibile… più o meno. Non vi dico altro, non voglio rovinarvi la sorpresa! ;P (*me molto dispettosa stamani*)

Bon, vado, così non vi scoccio più. Spero di non avervi deluso con questo capitolo e che vi sia piaciuto quanto il prologo.

 

E ora rispondo alle carissime 12 persone che hanno recensito!

hale1843: ciao, tesora! Che bello, anche qui! Sono strafelice che ti piaccia questa idea! Per Jazz… beh, vedrai, vedrai… ti dico solo che lui ed Edward non sono parenti, ma sarà quasi onnipresente con Alice… attendi solo un paio di capitoli! Un bacione enorme!

piccolinainnamora: ciao, cara! Grazie mille per i complimenti, sono contentissima che questa storia ti intrighi! Spero che il primo capitolo non ti abbia deluso! E sai, anche a me piacciono molto le storie con due punti di vista (sono molto più comodi e chiariscono meglio una situazione. Ho provato a usane uno per capitolo in un’altra storia, e non è stato molto… facile)! Per quanto riguarda alla tua domanda… ci sono tutti, forse un po’ più avanti... (Hihi, ma non ti dico di più, me perfida! XD) Per ora, ho fatto resuscitare il vecchio papà di Edward (che, per non confonderci con il nostro Eddy, l’ho chiamato Anthony come il suo secondo nome), che è il fratello di Carlisle. Di conseguenza, Alice ed Emmett sono i suoi cugini di primo grado. Lo so, un po’ complicato forse, ma era per rompere un po’ gli schemi. Fammi sapere come ti sembra, un bacione!

rosa62: ciao, cara! Sono contentissima che la mia storia ti ispiri, credo che la curiosità sia fondamentale per continuare un libro o una storia. Per quanto riguarda la tua domanda… mi hai lasciata a bocca aperta. Sai perché? Perché semplicemente, mi hai beccata. Forse in effetti era troppo prevedibile -.-‘. Comunque è proprio così. Non solo in riferimento al lieto fine, ma ammetto di essermi ispirata alla canzone di Alessandra Amoroso (il riferimento al film “Amore 14” è assolutamente da escludere, è orribile). A presto, cara, fammi sapere. Un bacio!

FRENKY85: buondì, cara! Grazie per la tua sincerità, la apprezzo davvero moltissimo. Questo significa che la storia ti ha davvero incuriosito, e ne sono realmente felice!

Per rispondere alla tua domanda (che non è assolutamente cretina, anzi, ogni domanda è intelligente, come dice il mio prof XD), ti dico che è in riferimento al lieto fine. Se tu noti, nel prologo, ho iniziato con:  "Pioveva. Il cielo era oscurato da nubi grigi e temporalesche. Faceva quasi paura.
Un tuono illuminò per un istante il cielo, seguito dopo due secondi da un enorme rimbombo" 
Il titolo è quindi un segno del lieto fine. Il “cielo” di Bella ed Edward si rischiarerà presto, l’amore li porterà lontano dal passato e riempirà quei vuoti incolmabili. Un po’ troppo filosofico, eh? Forse, ma persa che rosa62 invece l’ha capito! Inoltre, ammetto di essermi ispirata alla canzone di Alessandra Amoroso (assolutamente splendida, ma non considerare il film, ti prego, è orrendo. Non voglio offendere nessuno, è solo un’opinione). Detto questo, spero che recensirai anche questo capitolo! Fammi sapere! Un bacione!

GloRK92: sono contenta che ti piacciano i doppi pov. Sono molto comodi, e, personalmente, adoro infiltrarmi nella testolina di entrambi. Un grosso bacio!

MaryAc_Cullen: grazie, carissima, per il tuo futuro sostegno! Eccoti il primo capitolo, sperando che ti sia piaciuto! Fammi sapere! Un bacio enorme!

volpessa22:  oddio, cara, che bello rivederti anche qui! Hai mantenuto la promessa!  Hihi, ti adoro! Sono stracontenta che ti piaccia! Guarda, James e Tanya sono così cattivi che li avrei strozzati con le mie stesse mani è_é! Un bacione, fammi sapere!

Elly4ever: Cara, ma che bello rivederti anche qui! E chi si vuole liberare di te? Assillami quanto ti pare! XD Grazie mille per i complimenti (*me rossa rossa*)! Spero di non averti deluso con questo capitolo, ma fammi sapere comunque, okay? Tanto non mi offendo! Un bacione enorme!

manuelitas: ciao, cara! Inizio col dirti, che anche io adoro i doppi pov e infatti sono presenti in tutti i capitoli che finora ho scritto! La continuerò di certo, sperando che vi piaccia! Personalmente, mi ci sono già affeziona5ta (che pazza sentimentale, eh?). Un bacione e fammi sapere!

Rosellina89: Ciao, cara! Eccoti il primo capitolo, sperando che ti sia piaciuto! Bacione!

ilariaechelon: Grazie mille per i complimenti, cara! Sono contentissima che ti piaccia! Spero che ti piaccia anche dopo aver letto il primo capitolo, davvero! Un grosso bacio!

nanerottola: evviva, una che comprende la mia ossessione per i lieto fine! Bella, nanerottola! Sono felicissima che ti piaccia, ed eccoti quindi il primo capitolo. Spero di non aver deluso nessuno, sappi solo che i sue si incontreranno nel prossimo, che posterò a breve! Fammi sapere! Un bacione!

 

Grazie mille agli angioletti che hanno recensito, a chi mi ha aggiunta tra i preferiti e i seguiti e chi ha letto senza commentare! Se siete ancora con me, vuol dire che riuscirete a sopportarmi!

Vi prego, recensite e fatemi sapere se la storia è da continuare!

Un bacione enorme a tutti!

 

 

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2

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Bella

 

Lavorare alla domenica era una fatica enorme. Non impossibile, ma era comunque stancante. Dovevo sgambettare dal bancone ai tavoli, dai tavoli al bancone, dalla cassa ai tavoli… era davvero logorante. Per di più, con i miei continui capogiri, non era una passeggiata. Ma non potevo rassegnarmi. Dannazione, il bambino avrebbe almeno dovuto avere una vita decente, no?

Con il magro stipendio che prendevo, a malapena riuscivo a pagarmi l’affitto dell’appartamento dove mi ero appena trasferita e le bollette. Figurarsi i vestiti, il mangiare e gli effetti personali per due persone. Avrei dovuto trovare un altro lavoro, questo era certo.

Avevo provato a scrivere qualche articolo a una rivista, ma non mi avevano accettata.

Dovevo farmi forza e coraggio. Non dovevo arrendermi, ma continuare a sperare.

“Bella, vai pure”, mi disse Angela, carezzandomi maternamente un braccio. 

Angela era davvero una bella donna, circa sulla quarantina. Era piccola e piena, dai dolci occhi scuri e la fronte del viso ovale coperta da una sottile frangetta castana.

Sorrisi, ma non la ascoltai. “Fammi servire solo il ragazzo e il signore”, dissi, passandomi una mano sulla fronte leggermente sudata. Riposi il vassoio sul bancone, per poi prendere il block notes.

“Ci penso io”, mi rassicurò Jessica, falsamente gentile, strappandomi brutalmente il libricino di mano. In realtà aveva messo gli occhi sul ragazzo non appena era entrato. In effetti non era per niente male, anzi, era davvero molto attraente. Sembrava semplicemente un po’ troppo serioso, per i miei gusti.

Angela fece un’espressione trionfante. “Perfetto, se ne occupa Jessica. Puoi andare, cara”. Mi congedò con uno scherzoso cenno imperioso della mano, facendomi ridere ancora mentre uscivo.

Presi l’autobus e tornai a casa.

Per strada incontrai dei tizi per niente rassicuranti che mi guardavano in modo insistente. Arrossii e camminai a passo di marcia verso il portone del condominio. Odiavo gli sconosciuti che mi fissavano a bocca aperta, manco si fosse materializzata la Madonna al loro cospetto. Mi mettevano a disagio.

Entrai, soffiando sulle mani congelate.

La signora Cope, la portinaia, apparve immediatamente dal suo appartamentino. Mi squadrò da capo a piedi, rivolgendomi un sorriso sprezzante. “Buongiorno, signorina Swan. Come sta?”, chiocciò, avvicinandosi con la sua massiccia figura.

Era la prima volta che intavolavo una conversazione con lei. Due settimane fa mi ero presentata con bagagli e signor Endon, l’amministratore, al seguito, avevamo scambiato solo i convenevoli e il nome. “Bene, grazie, e lei?”, chiesi, infilandomi le mani ghiacciate in tasca.

Si strinse nelle spalle avvolte in un pesante maglione di lana. I suoi capelli grigi e unti scintillavano sotto la fioca luce del corridoio. “Non c’è male. Lei, invece?”. Sorrise, scoprendo i denti gialli.

Arricciai il naso. “Sono appena tornata dal lavoro. Fuori fa un freddo che non le dico…”

“Lo sento, cara, lo sento… e che lavoro fa?”, domandò di getto, per precedere la mia naturale conversazione.

Arrossii al suo sguardo indagatore. “La cameriera in un bar qui a New York. È vicino a Central Park”, risposi, fissandomi le scarpe da ginnastica.

“Capisco… si sta ambientando qui? Ha già conosciuto il suo vicino di casa?”. Sbatté un piede a terra, come per enfatizzare la questione.

“No, veramente no… non ho ancora avuto l’occasione”, mi giustificai velocemente. Mi sentivo terribilmente fuori posto con quella donna.

I suoi occhi marrone scuro scintillarono estasiati. “Oh, è un bravo ragazzo il signor Cullen… davvero, davvero bravo… solo che è un po’ strano…”

Mi accigliai. “Perché?”

Roteò gli occhi, come se non avessi colto qualcosa di importante. “Mah… troppo serio per la sua età… c’è stato un periodo che abitava con una donna, che poi, tanto per cambiare, è sparita da agosto. Da allora non parla con nessuno, solo con il padre e un’altra ragazza –che si ostina a dire che è sua cugina, ma non è vero- che viene a trovarlo ogni tanto… anche se secondo me commettono una delle loro empietà… bah, i giovani di oggi”, borbottò, indignata.

Non potevo credere che due cugini potessero davvero accoppiarsi. Almeno, non potevo saperlo. “Non penso… insomma, ne è davvero sicura?”

“Si, si, sicurissima… per di più è una giovane molto maleducata. Come suo cugino, d’altronde. Non saluta nessuno, non parla con nessuno, e se un estraneo gli chiede qualcosa o lo ignora o gli urla contro. Strano, davvero”

Sarà, ma a me non convinceva. Non ero una che si faceva influenzare dai pregiudizi. “Quando lo conoscerò, potrò dirlo”, replicai, sorridendo.

Non ricambiò.

In quel momento, la porta si aprì con un click. Sia io che la signora Cope ci voltammo.

Era entrato un ragazzo davvero molto alto -circa un metro e ottantacinque, con il mio metro e sessanta neanche gli sfioravo la clavicola- e affascinante. Il fisico era snello e longilineo, avvolto in un lungo cappotto nero. I capelli erano dolcemente lisci, spettinati dal vento, di un lucente color bronzo. Il naso era perfetto, diritto e le labbra erano davvero uno dei punti di attrattiva: piene e rosee, leggermente screpolate dal freddo. E i suoi occhi erano della tonalità più particolare che avessi mai visto: erano grandi e di un singolare verde brillante. Pareva quasi il colore dello smeraldo.

La sua aria era grave, quasi assente. Eppure quel ragazzo mi sembrava di averlo già visto.

La signora, di fronte a me, si irrigidì di botto.

Il ragazzo mi lanciò un’occhiata sbieca, pallida imitazione di curiosità. Dopo un secondo, ci oltrepassò, senza degnare di uno sguardo la signora Cope né accennare a un saluto.

“Ecco, quello era il suo vicino”, mugugnò quella, incrociando ostilmente le braccia al petto.

Alzai un sopracciglio. “Il signor Cullen?”

“Esatto”

Un colpo di genio mi illuminò del tutto: era il ragazzo del bar, quello che Jessica aveva cercato di rimorchiare. Chissà se il colpo era andato a buon termine.

“Ora mi scusi, ma devo andare. Buona giornata”, le augurai. Avevo freddo e non vedevo l’ora di riscaldarmi contro il termosifone.

Senza rispondermi, si rintanò in casa.

Corsi per l’unica rampa di scala, desiderosa più che mai di calore. Cullen era ancora lì, stava cercando la chiave giusta. Ora o mai più.

“Buongiorno”, mormorai, intimidita.

Si bloccò di scatto. I suoi occhi color smeraldo mi scrutarono attentamente. Dire che era bello era poco. Era decisamente magnetico.

“Buongiorno”. La sua voce era proprio affascinante, piacevole: era armoniosa e vellutata.

“Io sono Isabella Swan… non so se…”

“No, non la conosco”. Niente sorriso.

Abbassai lo sguardo sui miei piedi, incapace di confrontarmi con quegli occhi così vivi e vuoti allo stesso tempo. “Ho appena preso in affitto questa casa. È un piacere conoscerla”, continuai, cercando di intavolare una conversazione.

“Anche per me”, disse, piatto, più per formalità che per convinzione.

“Lei è?”. Non mi pareva educato dirgli che la signora Cope mi aveva già informato –con pettegolezzi al seguito- sulla sua identità.

“Edward Cullen”

“Oh. Capisco”. A questo punto non c’era più niente da dire. Si protrasse un silenzio imbarazzato.

Dopo circa due secondi, riprese la ricerca della chiave, che trovò velocemente. La infilò nella toppa, girandola. La porta si aprì con un rumoroso scatto.

“Buona giornata”, borbottò.

Non feci nemmeno in tempo a ricambiare, che si richiuse la porta alle spalle, lasciandomi sola e infreddolita sul pianerottolo.

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Edward

 

La mattinata era trascorsa piacevolmente in compagnia di mio padre. Era da un po’ che non mi svagavo, ero sempre rimasto chiuso in casa.

Parcheggiai la Volvo argentata al solito posto. Scesi, richiudendola, e corsi nel palazzo, desideroso di aria calda.

Era davvero un ottobre gelido, su questo non c’era dubbio.

L’ottobre più brutto di tutta la mia vita.

Avrei trascorso il pomeriggio più lungo della mia vita. Alice, la mia indubbia compagna di avventure, era andata a fare shopping con la zia Esme.

Ero solo. Di nuovo.

E questo non sapevo se fosse un bene o un male.

Speravo che non ci fosse nessuno, per evitare chiacchierate forzate e indesiderate. Non mi andava di ferire qualcuno per la mia perenne scortesia, più dettata dalla depressione che per la mancata istruzione di buone maniere.

Ovviamente, Dio  non mi accontentò.

La signora Cope era piedi, grassa e sporca come sempre, con la solita maglia di lana e le ciabatte di feltro. Stava parlando con una ragazza che, al mio ingresso, si voltò.

Non l’avevo mai vista prima d’ora. Era piccola e minuta, ma dalla sua giacca pesante si scorgevano chiaramente le forme volute dal suo sesso. Doveva avere all’incirca la mia stessa età, forse più giovane. I capelli castano mogano le ricadevano in leggere onde sulle spalle. Il naso era piccolo e leggermente all’insù, le labbra rosse e carnose. Gli occhi erano di cioccolata, che risaltavano i suoi pomelli rossi sul viso a cuore, chissà se causati dal freddo o dalla conversazione con la signora Cope.

Non mi andava di parlare. Non mi andava di vivere e basta.

Lo sguardo che la signora Cope mi lanciò, bastò per cancellare il mio lieve buonumore.

Non servi a  niente, Edward. Non servi per nessuno. Non bastavi nemmeno a Tanya.

Le sorpassai, cercando di non scoppiare nel bel mezzo del corridoio. Dovevo resistere, mancava solo una rampa di scala. Poi, avrei potuto piangere anche tutto il giorno.

Cavai di tasca il mazzo di chiave, frettolosamente.

“Buongiorno”

Mi irrigidii al suono della voce sconosciuta. Era sottile, quasi dolce e melodiosa. Come se fosse il canto di una sirena, mi girai di scatto. La ragazza dell’ingresso mi sorrideva gentilmente.

“Buongiorno”

“Io sono Isabella Swan… non so se…”. Ah, era vero, ecco come si chiamava. Isabella, un nome certamente non diffuso. Quasi quanto il mio, o forse meno.

“No, non la conosco”. Meglio omettere i monologhi della Cope sulla nuova arrivata. Avrei potuto sorridere, era vero. Ma non ce la facevo: non era proprio il momento che gli altri pretendessero da me un comportamento normale.

Chinò la testa, mordicchiandosi lievemente il labbro inferiore. “Ho appena preso in affitto questa casa. È un piacere conoscerla”, disse, timida.

“Anche per me”

I suoi fari marrone chiaro si puntarono su di me, quasi abbagliandomi. “Lei è?”

“Edward Cullen”

“Oh. Capisco”. Si zittì all’istante, come per aspettare un accenno di conversazione.

Ma non ce la facevo, o sarei scoppiato a piangere in corridoio.

Ripresi la ricerca della chiave. La trovai e la inserii.

Prima di tutto le buone maniere. “Buona giornata”, dissi, cercando di essere il più gentile e neutro possibile. Entrai in casa, abbandonandola allibita nel bel mezzo del corridoio.

Respiravo a fatica. Non ce la facevo più.

La mia vita non aveva senso. Niente aveva senso per me.

La mamma se n’era andata. E ora anche Tanya.

I miei occhi ricaddero sulla foto di me e Tanya sul pianoforte.

Era più forte di me, non ce l’avevo mai fatta a rimuoverla. Se lo avessi eseguito, non avrei fatto altro che distruggere una parte di me, dilaniare ancora una volta il mio cuore.

Mi trascinai sul divano, dove scoppiai in un pianto liberatorio quanto mai doloroso.

________________________________________________________________________________

Hola a todos! Spero che tutti voi stiate bene più di me. Ho la febbre, e non ce la faccio già più. Inoltre, il pesantissimo periodo di verifiche e interrogazioni non aiuta affatto.

Bene, lamentele a parte, eccovi il fatidico incontro di Bella ed Edward! Insomma, il luogo di conoscenza è il classico, tra vicini… il modo, invece, non è proprio avvenuto di conseguenza.

Non abbiatecela con Edward: la depressione di certo non aiuta ad essere educati con gli altri, nemmeno con i nuovi arrivati. Non ho avuto, grazie a Dio, esperienza di questo genere, ma posso dirlo attraverso delle conoscenze. Quindi, diciamo che non sono proprio cose campate per aria. Beh, a questo punto, qualcuno può chiedere: Edward è proprio malato di depressione? Direi di no, è semplicemente distrutto dalla separazione del suo più grande amore Tanya (o almeno, così crede).

Direte, cavolo, ma come sei pessimista. Pensate, invece, che, al contrario, io sono molto ottimista: solo che queste cose succedono realmente, e fanno mandare in bestia e riflettere. Poi, stiamo parlando di venticinquenni, gente adulta, comunque. Ognuno dovrebbe prendersi le proprie responsabilità, e Tanya e James non rientrano proprio nella cosiddetta categoria.

Scusate per le mie farneticazioni!

 

Invece, ora, ho il piacere di rispondere ai fantastici 10 che mi hanno tanto rallegrato con le loro recensioni:

rosa62: ciao, cara! Esattamente, mi hai proprio beccata! Anche io trovo “Senza Nuvole” una canzone assolutamente stupenda, quelle del tipo “me le ascolto trenta volte al giorno tanto che le persone accanto a me non ne possono più di sentirmi” (è il mio caso, per poco le mie amiche non mi sparavano XD!)! Hai ragione, sto rasentando il sadismo, mi sa: a quei due poveretti sto facendo passare le pene dell’inferno, ma non è finita, purtroppo. Ma vedrai, le cose miglioreranno, sicuramente! E come hai visto… proprio indovinato, la nuova vicina era proprio la nostra Bella! Il loro non è stato proprio un incontro gradevole, ma vedrai che nel prossimo cominceranno a capirsi! Un bacione, cara, fammi sapere!

hale1843: ciao, tesora! Per Jazz non devi attendere molto, perché lo vedrai nel prossimo capitolo! È un po’ diverso dal solito, forse, quindi non ti spaventare! È un po’, più grande, ma pazzo della sua Alice come sempre! Le dimostrazione di affetto, però, sono un po’ più pubbliche… basta, non dico più niente! (scommetto che hai voglia di lanciarmi qualcosa, vero? Pietà, ho la febbre!) Jessica ben presto sparirà, anche perché anche io la detesto in ogni modo! ^^ Fammi sapere se il capitolo ti è piaciuto! Ti adoro, un bacione!

manuelitas: ciao, carissima! Grazie mille per i complimenti, sul serio, sono arrossita fino alla radice dei capelli! Davvero era bellissimo? Ne sono contenta e sconvolta! Non preoccuparti per Edward, è un gentiluomo, e non credo mai che darebbe della puttana a Bella… ricorda solo che lui non sa che è incinta… Come facevi a non detestare Jessica? Ti ammiro! Mentre leggevo Midnight Sun, avrei voluto essere Edward e dissanguarla! Hihi! Evvai, anche a te piace New York! Bella! Lo so, lo so… in effetti è sempre così: sognare non costa nulla! Un bacio enorme, e fammi sapere!

FRENKY85: ciao, carissima! Ricordo che nella scorsa recensione hai detto: “spero di poter recensire positivamente” e sono felice di sentirti e che sia così, e che la mia storia ti piaccia così tanto! Guarda,  Jessica la detesto così tanto che non vedevo l’ora di farle fare una figuraccia davanti a Edward! Ci ho goduto troppo! (la febbre mi fa delirare, non farci caso!) Comunque grazie, grazie e ancora grazie! Figurati, sapevo che non era una sviolinata! Anzi, mi fa piacere che un lettore riveli tutte le imperfezioni e, in questo caso, le cose che ti sono piaciute, in un capitolo! Grazie ancora, davvero! E non devi vergognarti, figurati! Anzi, se ti vengono altri dubbi, devi solo chiedere! E poi… viva la sincerità! Crepi il lupo, cara, fammi sapere se ti è piaciuto! Un bacio!

artemide88: ma figurati, cara! Sei proprio come me: io e la tecnologia ci evitiamo come la peste! Infatti non ti dico l’esasperazione di mio cugino anche solo per scrivere in excel… facoltà mentali degne di un bradipo a parte, grazie mille per i complimenti! Non credo che James tornerà a infastidire Bella, l’ha già combinata grossa… però, si vedrà! Spero di non averti deluso con questo capitolo, ti dico solo che nel prossimo comunicheranno meglio! XD Fammi sapere! Un bacione!

yle_cullen: la yle_cullen, ciao! Che bello vederti anche qui, sono fuori dalla gioia! Davvero hai scritto il sesto capitolo di Green Eyes? Pubblicalo, ti prego, sono troppo curiosa! Lascia un po’ di spazio anche agli altri piccioncini, mi raccomando! XD on, non si era notato che hai un debole per Edward… (*me che sghignazza sotto i baffi*) Guarda, io ho l’imbarazzo della scelta! Il mio dilemma è: Edward o Jasper? Ancora non so rispondermi, anche perché tutti  due hanno qualcosa che mi piace da impazzire! Quasi quasi la propongo come domanda di filosofia… (come minimo, mi butta dalla finestra! XD) Lascia stare Tanya, James e Jessica, che pure io li investirei volentieri sotto un camion! Fammi sapere se questo capitolo ti è piaciuto, tesoro! Un bacione!

gegge_cullenina: ciao, cara! Ben vengano le nuove commentatrici XD! Sono strafelice che la mia storia ti piaccia, dico sul serio! Sto gongolando a più non posso davanti al mio computer (con tanti cari saluti all’effetto dell’antibiotico per la febbre)! Figurati, non c’è problema se recensisci adesso, anzi, mi fa piacere che tu lo abbia fatto lo stesso! Per quanto riguarda le madri… mia mamma, se potesse, mi avrebbe già incenerito il computer, non so se mi spiego… E poi, New York! Anche io vorrei fare un tirocinio lì, non sai quanto! I sogni sono desideri… (*me completamente partita*). Fammi sapere se questo capitolo ti è piaciuto, spero di non averti delusa! Un bacione! 

MaryAc_Cullen: carissima, vieni qui e batti un cinque! Dono assolutamente d’accordo con quello che dici! Sul fatto che Jessica sia una t***a, di Tanya che lascia Edward come se niente fosse e di James che abbandona Bella senza pietà, per di più incinta di suo figlio… oddio,che ansia, spero che ti sia piaciuto il capitolo! Ti assicuro, che nel prossimo, si rincontreranno e… vedrai! Fammi sapere, un bacione!

nanerottola: ciao, angioletto (XD)! Si, arrostiamo Jessica! hai presente Giulio Cesare di Colorado? Facciamo come lui: “ooooeeeh! Bruciatela!” XDXD! Oddio, deliro! Scusa, cara ma è la febbre! Spero di avere fatto in fretta a postare, ho fatto del mio meglio! Un bacione, fammi sapere! 

volpessa22:  ciao, Bianca! Dai, andiamo insieme, allora! Prenotiamo un aereo! XD Dai… Sognare non costa nulla! Certo che possiamo fare un club contro di loro! Lo chiamerei “Al rogo James, Tanya e Jessica!”, che dici? Eccoti il loro incontro, sperando che ti sia piaciuto… oddio, lo spero! Fammi sapere! Un bacione enorme!

 

Bene, vi lascio dicendo che, finalmente, nel prossimo capitolo, appariranno Alice e Jasper. Non aspettatevi la solita coppietta mite, ecco… ;P mi sono divertita un mondo a trasformarli un po’.

Inoltre, Edward e Bella si rincontreranno… più pacificamente!

Va bene, la smetto con questi spoiler, prima che mi linciate!

Fatemi sapere se vi è piaciuto, ragazzi. Vi adoro!

Un bacione!

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3

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Bella

 

Due settimane fa

 

Entrai in salotto come un automa, concentrata su quella piccola striscia blu. Qualcosa di piccolo, che avrebbe cambiato di non poco la mia vita. Sorridevo come un’emerita idiota, felice della fortuna che mi era capitata.

Mi ero laureata in giornalismo con il massimo dei voti. Avevo una famiglia che mi voleva bene. Avevo accanto a me l’uomo che amavo con tutta me stessa, il mio primo amore. E ora aspettavo un bambino. Da James, il mio amore, l’uomo della mia vita.

Mi sedetti sul divano. Erano solo le dodici e mezza, mancava ancora un quarto d’ora all’arrivo di James!

Non vedevo l’ora di dirglielo. Finalmente avremmo certamente discusso sul matrimonio, sulla possibilità di avere altri figli, sulla nostra vita futura. Avremmo anche comprato una nuova casa. Quel piccolo appartamento in cui convivevamo da un anno, ormai, non sarebbe stato sufficiente per una coppia con un pargolo.

Io avevo ventitré anni e lui ventisei, con un bel lavoro, una buona rendita e una famiglia come si deve.

E soprattutto, sapevo che mi amava. Incondizionatamente e perdutamente, come me. Me lo aveva detto così tante volte…

Il campanello suonò e volai al citofono ad aprirgli la porta. Il mio piede sbatteva furiosamente a terra, impaziente come non mai. Gli buttai le braccia al collo, tempestandolo di baci a più non posso.

Sbuffò, divertito dalla mia reazione. “Ehi, come mai tutta questa allegria? C’è qualcosa che non so?”, chiese, sorridendo.

Battei le mani, radiosa. Gli lanciai la ventiquattrore a terra, gettandolo sul divano. “Bella, si può sapere che ti prende?”, bofonchiò, leggermente infastidito.

“Indovina?”, dissi, sdraiandolo sul divano e mettendomi a cavalcioni su di lui.

“Mhm… non saprei…”. I suoi occhi indugiarono sulla mia lieve scollatura, per poi fissarmi preoccupati.

Sorrisi. Lo baciai con passione, per poi quasi urlaglielo nell’orecchio. “Sono incinta!”

 

Stupida. Idiota. Stupida. Patetica. Miseramente patetica.

Davvero credevi fosse l’uomo della tua vita? Che fosse disposto a rinunciare alla sua vita comoda fatta di sesso e bugie per te, per un bambino? Per suo figlio?

Davvero credevi fosse così incondizionatamente innamorato di te? Erano solo bugie, stupida, bugie per tenerti a bada, per sfruttare il tuo sentimento sincero e godere di te quando gli pareva.

 

Piangevo. I singhiozzi mi sconquassarono il petto. Si sarebbe lacerato prima o poi, lo sentivo. Colpa della cruda realtà, quella più orribile di tutte.

La mano tremante compose da sé il numero e aspettai. Il telefono suonava a vuoto. Le lacrime mi avevano resa praticamente cieca, non ci capivo più niente, tutto era così confuso…

“Pronto?”

“Mamma!”, urlai, sollevata.

“Bella! Tesoro, cos’è successo?”

“Mamma… è tutto così complicato…”. La mamma avrebbe capito, ne ero certa.

“Dimmi, amore… dimmi… è successo qualcosa con James?”, soffiò lei, tentando di calmarmi.

Mi imposi di respirare a fondo. “Mi ha lasciata”

Trattenne il respiro rumorosamente. “Oh, tesoro… mi dispiace”

“Ma non da sola”

“Cosa?”

“Mamma, sono incinta”

Silenzio. Silenzio che sarebbe durato un’eternità.

 

Stupida, stupida e ancora stupida. Così impari a fidarti delle persone che ami.

 

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Edward

 

Due mesi fa

 

Alice stava davanti a me, le braccia dietro alla schiena. I suoi occhi nocciola mi fissavano preoccupati. Ricordavo ancora i suoi enormi orecchini rotondi scintillare alla luce solare che filtrava dal piccolo spiraglio della persiana in cucina.

Mi accigliai, spaesato. “Al, che cos’hai dietro alla schiena?”

Scosse la testa, arretrando tanto da cozzare contro il ripiano della cucina. Un suono metallico echeggiò per un attimo nella stanza.

Mi avvicinai ancora di più. Ero sull’orlo di una nuova crisi di pianto. Mi sentivo estraneo, chiuso e confuso. Tradito da Alice, mia cugina, non che la mia migliore amica.

Forse lei lo notò. Un piccolo sospiro sfuggì dalle sue labbra, così belle e particolari  allo stesso tempo. Sporse il labbro inferiore leggermente più  pieno dell’altro, allarmata. “Edward… non piangere, dai”

Non mi ero accorto di essere scoppiato in lacrime. Di nuovo. Diamine, avevo venticinque anni e piangevo ancora come un neonato…

Ma se n’è andata, se n’è andata…

“Edward…”, mormorò Alice. Sentii le sue mani  carezzarmi le guance, le labbra che mi scoccavano piccoli baci sulla fronte. Era quasi un’impresa per il suo metro e cinquanta, ma ce la fece. Poi lo vidi, sulla mensola della cucina. Ciò che nascondeva dietro la schiena.

Ecco perché non riuscivo più a trovare nemmeno un coltello o un aspirina per casa. Da qualche tempo, era scomparso anche il mio rasoio.

Mi bloccai, stupito.

Lo aveva capito… lo aveva capito…

Alice si allarmò. “Mi dispiace, Edward… ma… ma io e lo zio pensavamo che…”

Scusami, Alice… ma lei se n’è andata…

Non dissi niente. Piansi più forte, cullato dal suo abbraccio.

 

“Hips Don’t Lie” di Shakira suonò improvvisamente dalla borsa di Alice, che per poco non si rovesciò il caffè addosso dallo spavento.

Ridacchiai tra me e me, continuando a masticare lentamente la mia brioche.

“Che palle, cazzo, che palle”, borbottò Alice, rovistando freneticamente nella sacca. Dopo circa dieci secondi di squilli frenetici e note ispaniche, si ricordò che il cellulare era nella sua tasca. In un attimo guardò il display per vedere chi fosse, schiacciò istericamente il tasto verde e se lo portò all’orecchio. “Ciao Jazz, che c’è?”, chiese, irritata.

La voce profonda di Jasper si sentiva chiaramente come se fosse lì presente e lo sguardo di Alice si addolcì. “Si, amore, lo so, è solo che non volevo svegliarti… sono qui con Edward nel bar vicino a Central Park… si, il solito. Ti aspetto, amore, ciao”. Chiuse la conversazione, sospirando beata. “Sta arrivando”, dichiarò, come se non bastasse altro per farla felice.

Sorrisi. “Si è accorto dopo una notte d’amore che la sua bella non era al suo fianco?”, scherzai, ridacchiando.

Levò le sopracciglia, scettica. “Più o meno”. Dal suo sguardo languido trasparivano pensieri tutt’altro che casti.

Sbuffai, divertito. “Beh, la notte d’amore è giusta…”

Ghignò. “Oserei dire sesso sfrenato… l’ho trascurato per troppo tempo”, aggiunse, in tono furbesco.

“Dici sul serio?”

Arricciò il naso. “Non sai che porcate abbiamo fatto, stanotte… meglio non dirlo, troppe persone in ascolto”

Ovviamente, il 'disinteressamento' era iniziato da due mesi, da quando Tanya mi aveva lasciato. Non avevo fatto altro che causare problemi da allora.

Mio padre stava andando in depressione, chiedendosi dove avesse sbagliato; lo zio Carlisle non aveva fatto che consolarlo; Alice aveva rischiato di far saltare tre anni di fidanzamento per me.

Il campanello del bar trillò cristallino ed Alice si voltò di scatto, un enorme sorriso sul viso a forma di cuore.

Jasper era un bravo ragazzo di ventisette anni, un anno in più di Alice. Non era proprio originario di New York, si era trasferito da Houston, in Texas, per frequentare l’università.

Era alto quasi quanto me, ma decisamente più atletico. Sebbene il suo fisico fosse longilineo, possedeva dei muscoli niente male. Aveva la carnagione molto più chiara della mia, i capelli biondo miele e gli occhi celesti e cristallini come il mare delle Antille.

Era davvero difficile fargli perdere la pazienza, in quello ci riusciva solo mia cugina. Forse era proprio per la sua particolarità, che le piaceva così tanto.

Nonostante avesse un carattere molto particolare e tendenzialmente giocoso, Alice era molto dolce e materna. Sapeva donarsi anima e corpo a chi amava, a differenza di quelle persone che, sentendosi troppo vulnerabili, odiavano l’amore.

Con Jasper agli inizi non erano state affatto rose e fiori.

Si erano conosciuti all’università, lei studiava nella facoltà di giornalismo, lui in quella di giurisprudenza. Si scontrarono nell’aula, in seguito a un acceso dibattito su chi dovesse passare per primo. Si detestavano talmente tanto che se Alice lo vedeva appena un secondo, il suo naturale buonumore calava a picco, panorama più che frequente all’epoca, quando tornava a casa. Chissà come, dopo tre mesi di tira e molla e di convivenze forzate, i due si erano addolciti, tanto da uscire nella stessa compagnia. E lì, conoscendosi bene, si innamorarono perdutamente.

Fu Jasper a dirglielo, quasi prostrato in ginocchio. Ormai lo sapevo a memoria, tante volte Alice lo aveva ripetuto sognante. Le aveva detto: “Mi hai rapito il cuore da ormai una vita. Mi piaci davvero tanto, Alice, tanto. Sei la luce dei miei occhi, la malika del mio cuore”. Stanno insieme da allora e, dopo quattro mesi, andarono a convivere insieme, naturalmente dopo presentazioni dovute ai parenti. 

Alice sogghignò. Mi fece l’occhiolino e poi sbuffò a voce ben udibile: “Troione”

Jasper alzò gli occhi al cielo, accomodandosi al suo fianco. “Puttana”

Alice spalancò la bocca, fintamente offesa. “Coglione”

“Stronza”

“Cretino”

“Ma come diavolo fai a sopportarla?”, risi, decisamente stufo dei loro giochi senza senso.

Era proprio come diceva papà: il dieci per cento del loro tempo lo usavano per dirsi paroline dolci, l’altro dieci per fare sesso e il restante ottanta per sfottersi.

“Me lo chiedo anch’io”, borbottò, arricciando il naso. Si rivolse ad Alice. “Non mi sembravi così contraria al 'troione' questa notte…”

Alice fece un sorrisetto malizioso. “Infatti non lo ero, anzi…”. Scoppiò a ridere per l’esito del gioco e gli scoccò un bacio sulla guancia. “Vuoi che ti vada a prendere una brioche, tesoro?”, chiese, improvvisamente premurosa.

Jasper scosse la testa, baciandole il collo. “Non preoccuparti, vado io”. Si alzò nuovamente, dirigendosi al bancone.

Sorrise soddisfatta. “È proprio durante questo gioco che capisco quanto mi ama”

Mi accigliai, incredulo alle mie orecchie. “Ah, si, come?”

“Beh, riesce a sopportarmi, continuando a giocare… nessuno ce la farebbe… il mio puttaniere”. Ridacchiò tra sé, portandosi alle labbra la tazza di caffè, gli occhi soffermi sul fondoschiena di Jasper.

Sbuffai, divertito. “Sei proprio una maniaca, Al”

Inarcò un sopracciglio. “Non è colpa mia se mi sono scelta un compagno ben dotato. Istinto di sopravvivenza, Edward. La tua è sola invidia”, concluse, agitando per aria una mano.

“Ma davvero?”, dissi, sarcastico.

Annuì, convinta. “Certo. Chiunque vorrebbe me come amante, non come cugina…”

“Certo, soprattutto per fare i pompini… sono fantastici, te lo consiglio”, si intromise Jasper, accomodandosi al posto di prima e addentando il cornetto.

Alice ammiccò nella mia direzione. “Perfetto. Edward, allora vieni in bagno? Così te ne faccio uno…”

Sospirai, esasperato. Decisi di stare al gioco. “Si, perché no…”

“Eh, no, caro, lei è solo mia”, tuonò Jasper scherzoso, una leggera nota di gelosia nella voce, stringendosi la sua compagna a sé.

Io ed Alice scoppiammo a ridere, complici di giochi solo nostri.

A volte mi chiedevo come facessero a fare sul serio quei giochi così perversi. Vedevi le coppiette che si mormoravano paroline dolci… e loro che si insultavano a vicenda. Erano davvero unici.

Alice si accostò al suo orecchio e gli mormorò qualcosa. Riuscii a captare: “Però stanotte ti sono piaciuti i pompini…” e capii che era il caso di lasciarli alla loro privacy.

A differenza di molti, con loro era impossibile fare da terzo incomodo. Perlomeno, io mi sentivo sempre a mio agio, sia a ridere che a scherzare. Con Alice era impossibile non farlo. Beh, a parte due mesi fa…

Basta, Edward, non pensarci.  

“Forse conviene ordinare il conto”, propose Alice, dopo una lieve leccatina sul collo di Jasper.

Annuii, in cerca di una cameriera. Mi si presentò subito.

Dio, era la stessa che ci aveva provato con me davanti a mio padre.

“Cosa posso fare per voi?”, chiese, lasciva come i suoi shorts neri.

“Oh, Santo Dio, che brutta macchia che hai sulla camicia!”, esclamò Alice inorridita. Nel raggio di due chilometri, tutte le persone presenti si voltarono verso di noi.

Jasper arrossì, un po’ per lo sguardo insistente della cameriera, un po’ per la figura di merda che la sua fidanzata gli aveva appena fatto fare.

Alice ovviamente si era accorta dell’adocchiamento della cameriera, così trascinò senza tanti complimenti Jasper in bagno. Qualcosa mi diceva che lì dentro avrebbero fatto ben altro.

“Ehm… come non detto. Mi scusi, volevo ordinare il conto, ma magari me lo porterà più tardi”, borbottai, incapace di sostenere il suo sguardo lussurioso.

La verità era che da due mesi non riuscivo più a sostenere lo sguardo di nessuna donna, Alice e zia Esme escluse.

“Mi chiami pure, quando ne ha bisogno”, sussurrò, andandosene sculettando pietosamente. Passarono cinque minuti e di Alice e Jasper nessuna traccia. Cavolo, dovevo averli proprio ridotti in astinenza se il sesso sfrenato di una notte non era bastato.

 

Ero in camera mia, sdraiato sul letto matrimoniale. Mi sentivo spento, vuoto. Meglio, non sentivo proprio niente. Mi girava la testa.

La voce profonda di Jasper stava sussurrando qualcosa concitatamente, appena udibile. “Alice, non è possibile…”

Alice sbuffò. “Smettila, Jazz!”

“Un mese, Alice, un mese!”

“È come un fratello per me!”

“Un mese che non facciamo l’amore, che non stai a casa un attimo, tutto solo perché la moglie lo ha lasciato…”

“Non posso abbandonarlo nel momento del bisogno…”

“Beh, non c’è nemmeno bisogno che gli stai dietro come a un bambino! Ha venticinque anni, se la caverà da solo!”

“Mi stai dicendo di scegliere?”

Jasper si bloccò, inorridito. “No, Alice, questo no…”

“Invece si! Mi stai dicendo di scegliere, vero? O te o Edward, dico bene?”, sbraitò mia cugina, in piena crisi isterica.

“No…”

“Sei proprio uno stronzo, Jasper, uno stronzo di merda! Io ti amo, okay, ma non puoi chiedermi di scegliere tra me e la mia famiglia. Sai già cosa sceglierò…”

“Alice…”

“Niente Alice! Lasciami in pace! Stronzo di merda!”

Mi tappai le orecchie. Non volevo più ascoltare. 

 

“Buongiorno”, sussurrò una voce melodiosa alle mie spalle. Mi voltai lievemente e la vidi. Per un momento mi sentii perso, non me la ricordavo, poi mi venne in mente.

“Buongiorno”, salutai, abbozzandole un sorriso. Sembrava una ragazza a modo e non volevo parere scortese. Almeno a lei.

Anche Tanya sembrava una ragazza perbene se è per questo…

Come si chiamava? Aveva un nome esotico… Isabella, mi pareva… si, si, Isabella... “Isabella, dico bene?”, chiesi.

Le porsi la mano, che lei afferrò senza indugio. Era piccola e calda, proprio come lei.

Sorrise, le guance rosee che si scurirono leggermente. “Esatto, ma Bella basta. E lei è Edward, giusto?”

Annuii. “Esatto. Ma mi dia del tu, per favore. Forse non sembra, ma sono abbastanza giovane”, ribadii, divertito.

Ridacchiò. “Va bene. Grazie”

Ero talmente assorto nel suo viso luminoso da dimenticarmi le buone maniere. “Siediti. Posso offrirti qualcosa da bere?”, chiesi, scostando la sedia dove era seduta prima Alice.

“Oh, no, non posso… sai, lavoro qui, e non credo che il mio capo gradirebbe…”. Si strinse nelle spalle, lievemente imbarazzata.

Mi guardai intorno. Non mi pareva ci fosse il capo nei dintorni. “Nemmeno cinque minuti?”

Strinse la labbra piene. “Proprio no. Sei qui da solo?”

Feci una risata secca. “No, in teoria ci sono mia cugina e il suo fidanzato, ma sono in bagno da circa mezz’ora…”

Chissà perché, arrossì di botto. Mio Dio, non si saranno già fatti riconoscere?

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Ehilà! Buondì! Allora, come state? Io sono finalmente guarita, e sono felicissima! Questo vuol dire ritornare a scuola, ma meglio che stare ore e ore a sonnecchiare sul divano mezza stordita, di questo sono certa! L’unica cosa, è che qui nevica in una maniera tremenda.

Okay, allora… come vi è sembrato l’incontro più civile tra Edward e Bella? Diciamo che Edward stava decisamente meglio, così ha deciso di dare un’occhiata più “razionale” alla sua bella e gentile vicina Bella (non è una ripetizione ;P Oddio, sono fuori! XD).

E poi, piaciuti Alice e Jasper? Non mi tirerete dei pomodori, vero? Spero che non li definirete troppo volgari… a dire il vero, mi sono “ispirata” a due miei amici che stanno insieme da anni (scommetto che starete pensando: “Ma che razza di gente frequenta, questa qui?” XD Forse avete ragione XD).

Secondo voi, perché Bella è arrossita alla denominazione della pestifera Alice e del suo fidanzato Jasper? Hihi… lo scoprirete alla prossima puntata, dove Bella assisterà, per sua sfortuna, a una scena non molto conveniente… basta seguire! XD (noto di essere molto perfida, quando semino questi spoiler! Vi autorizzo a tirarmi i pomodori!)

 

E ora… recensioni! Grazie angioletti miei!

GloRK92: Figurati, grazie comunque per aver commentato questo capitolo e di non avermi abbandonata! Davvero ti è piaciuta l’altra mia storia? Sono troppo felice! Grazie mille per i complimenti! Beh, eccoti il prossimo capitolo, dicendoti che non tollererò un ritorno di James e Tanya, altrimenti li sparo a vista! XD Un bacio, cara, e fammi sapere se ti è piaciuto!

FRENKY85: Ciao, carissima! Già, hai proprio ragione, purtroppo è sempre così: prima il dovere, poi il piacere. Lo so bene, anche perché se non faccio così, lo studio lo lascio chissà dove… XD. E poi… grandiosa! Ma lo sai che anche io faccio così? Quando inizio a leggere un libro, mia mamma sta bene all’erta nel rammentarmi di spegnere subito la luce mentre vado a letto! Una volta sono andata a dormire alle 2 di notte, renditi conto che mi devo svegliare alle 6.30… nascondendo il fatto a mia mamma, che non tollera che vada a letto così tardi per finire un libro! Solo che la scuola è terribile, e, tra lo studio e le lezioni, non ho mai tempo per leggere come vorrei un libro! Fosse per me, ci starei anche tutto il giorno! Non so se stupirti o meno, se ti dico che ho diciassette anni! Me ne davi di più, forse? XD Tranquilla, cara, vedrai che Jessica non riuscirà a toccare Edward nemmeno con un dito… c’è la nostra Bella a distrarlo, e poi non voglio subire le tue ire! XD Crepi il lupo! Un bacione e fammi sapere!

hale1843: ciao tesora! Addirittura stupenda? Grazie mille, cara, anche io ti adoro! Allora, ti sono piaciuti Alice e Jazz? Spero che non siano troppo volgari, ma io mi sono divertita un mondo a immaginarli un po’ più espansivi del solito! Adesso le loro coccole non sono proprio evidenti (più della norma, direi di si), ma nel prossimo… hihi… ti lascio con il fiato sospeso, cara! Fammi sapere, va bene? Un bacio grande grande!

rosa62: ciao, cara! Sono contentissima che i sia piaciuto il loro incontro! Ho voluto calcare il classico modello di incontro tra vicini (escludendo le litigate per il volume della televisione, o quant’altro, ovviamente XD). Anche a me piace molto il suono del clarinetto! Ho un amico che lo suona, e vado ad assisterlo spesso! Non so, ha un suono che mi incanta! La signora Cope è decisamente orrenda, hai ragione! XD Oltre ad essere impicciona, è decisamente malefica, per dire di un uomo che a malapena conosce quelle cose. Come vedi, l’incontro pacifico l’ho interrotto a metà per un episodio che ha sconvolto un po’ Bella… non dico niente, non voglio rovinare la sorpresa! Un bacione, e fammi sapere!

ese96: buondì, nuova fan! Davvero ti piace? Ne sono felicissima! Fammi sapere se ti è piaciuto anche questo capitolo, ci tengo! Un bacio!

MaryAc_Cullen: grazie, grazie, e ancora grazie per i complimenti, cara! Ne sono davvero lusingata! Beh, puoi immaginare come sta Bella… già una separazione non è facile da affrontare, figuriamoci se il ragazzo in questione ti lascia una creatura da crescere da sola. Dai, che è a lieto fine! XD Un bacione enorme!

manuelitas: ciao, cara! Spero che Alice e Jasper i siano piaciuti! Appariranno molto spesso d’ora in poi, sono una componente fondamentale per la storia, soprattutto il folletto! Grazie ancora per i complimenti (magnifico, addirittura! Mi fai arrossire!), davvero! Un bacio e fammi sapere, sperando che l’incontro pacifico ti si a piaciuto, visto che l’ho suddiviso in due parti!

volpessa22: ciao, cara! Lo so, uno esternamente potrebbe pensare che Edward sia un po’ stupido a struggersi per Tanya, ma ricordo che lui era davvero innamorato di lei, ed è ovvio che il suo abbandono lo abbia segnato profondamente. È tutta psicologia, lo so, ma il mio compito è di rassomigliare alla realtà una determinata situazione. E la psicologia aiuta molto! Un bacio, Bianca, e fammi sapere se ti è piaciuto!

gegge_cullenina: hola, cara! Eccoti questo capitolo, sperando di non averti delusa! Già, concordo in pieno sulle responsabilità. Ma purtroppo certe persone anche  a venticinque anni possono risultare immature. Sul grado di zoccolaggine… hai ragione! Chi mettiamo in pole position? Io opterei per Tanya… XDXD Un bacio grande!

artemide88: ciao, carissima! Sono proprio contenta che tu abbia compreso Edward, era proprio questo il mio scopo! E non ti prendo affatto per una depressa, figurati. A tutti capitano quelle fasi di tristezza, e ciò non significa che sia depressione. Già, la Cope, oltre ad essere orrenda, è la persona più impicciona dell’intero condominio! Le classiche portinaie rompiscatole, no? Io ne ho una certa esperienza! XD E non ti preoccupare, Edward e Bella si avvicineranno senza dubbio a poco a poco.. perché è proprio a causa di queste sofferenze che si conosceranno… ma le loro verità verranno rivelate molto più avanti e in circostanze non proprio piacevoli, devi pazientare… Un bacione grande grande, e fammi sapere se ti è piaciuto!

 

Bene, bene, ora che vi ho risposto, mi aspetto tanti bei giudizi (accetto anche le critiche, no problem) e pareri su questo capitolo! Un bacio enorme, al prossimo capitolo!

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4

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Bella

 

“Evvai, c’è ancora il bonazzo”, esultò Jessica, sistemandosi il push up da dietro il bancone.

“Ma se c’è ogni lunedì e qualche domenica”, borbottò Lauren, un’altra ragazza antipatica addetta a pulire i cessi.

Jessica ghignò. “L’importante è che ci sia. Solo che è con la ragazza”, grugnì.

Non sapevo chi fosse il “bonazzo”, né mi interessava, così mi diedi di impegno a scaldare le brioche.

Angela mi aveva promesso un incremento di stipendio se mi fossi impegnata più del solito, e non avevo potuto non gioire a quell’informazione.

Erano ancora le nove e mezzo del mattino, perciò decisi che forse era meglio andare in bagno ora che non c’era nessuno.

Così feci e mi rinchiusi a chiave in una delle cabine.

Lauren aveva fatto un ottimo lavoro, le tavolozze quasi splendevano. Dopo circa dieci minuti, mi stavo riallacciando i pantaloni, quando sentii delle voci, una maschile e l’altra femminile.

“Solo tu la vedi questa macchia!”, mugugnò l’uomo, almeno, così intuii dalla voce profonda.

“Senti, quella brutta zoccola stava guardando te e mio cugino in modo molto eloquente, ok? Mio cugino va bene, capirai, è single ormai, mentre tu… tu sei mio”, ribatté stizzita la ragazza.

L’uomo sbuffò. “Al, mi sembrava di aver capito che fossi io il geloso della situazione”

Al ridacchiò, una leggera nota isterica ben udibile. “Non mi sembra che un po’ di gelosia abbia fatto male a qualcuno, Jazz… davvero stanotte ti sono piaciuti?”, chiese improvvisamente, una nota di compiacimento nella voce delicata e allegra.

“Da morire… come sempre…”

Sospesi il respiro, grazie al cielo non molto rumorosamente. Mi tappai la bocca con una mano, non volevo che mi udissero. Chissà che guai sarebbero successi altrimenti…

Al ridacchiò, smaliziata. “Puttaniere…”

“Sgualdrina…”

Sentii uno schiocco di labbra e lingue. Sbirciai attraverso il buco della serratura e vidi una piccola mora seduta sul ripiano del lavello, con il suo moroso biondo tra le gambe. Erano praticamente aggrovigliati e lui cominciò a palparle da sopra la camicetta un seno. Lei gemette, estasiata.

Mio Dio, in che guaio mi ero andata a cacciare?

“Non mi dire che è già…”, cominciò la mora, fintamente stupita.

L’uomo rise. “Si, se continui a trattarlo così”

Ridacchiò. “Scemo. Intanto non mi sembra di averlo trattato male stanotte”

Il biondo alzò gli occhi al cielo. “Era ora, dopo chissà quanto…”

“Una settimana. Non barare stavolta”

“L’altra volta non avevo esagerato, era la verità”, spiegò la voce maschile, paziente.

“Va bene, ne abbiamo già parlato. Chiudiamoci nella cabina”, propose allegramente la ragazza, come se stessero progettando una scampagnata.

Oh, sia lodato il Signore.

Per un momento, temetti che scegliessero la mia, quella più lontana dalla porta. Grazie a Dio qualcuno lassù mi stava ascoltando, così si diressero in quella accanto. Non respirai nemmeno.

Sentii scorrere una cerniera e i gemiti soffocati del ragazzo.

La ragazza sospirò, schioccando un bacio in chissà quale parte del corpo del moroso. “E poi li consigliavi a mio cugino… sei patetico”, rise.

“Mm… continua…”, sospirò il ragazzo, la voce roca.

Feci scattare il più piano possibile la serratura. I gemiti erano abbastanza forti da coprire il leggero clock della porta. Uscii di soppiatto, completamente sconvolta.

Capitavano tutte a me, non era possibile. Avevo sempre sospettato che un qualche gene della sfiga fosse installato nel mio DNA da quando ero al liceo, ma non pensavo fosse così evidente.

Solo io potevo ritrovarmi due affamati di sesso in bagno, solo io potevo essere abbandonata dal fidanzato incinta…

Basta, Bella. Smettila.

Jessica era dietro il bancone, imbronciata.

Mi stavo sistemando i capelli, accigliata dal suo atteggiamento, quando vidi il “bonazzo”.

Edward Cullen era seduto da solo al tavolo, lo sguardo color smeraldo perso nel vuoto. Non mi pareva proprio il caso di non salutarlo, non sarebbe stato educato. E il fatto di avere un’occasione in più per infastidire Jessica era più che allettante.

Dopo essermi lisciata la divisa e appuntato una ciocca di capelli fastidiosa, mi diressi lentamente verso di lui, sotto gli occhi da avvoltoio di Jessica.

“Buongiorno”, salutai timidamente. Si voltò leggermente, guardandomi improvvisamente perso. Dopo un paio di secondi, una leggera serenità si diffuse sul suo viso. Sorrise lievemente, un sorriso molto lontano dalla spontaneità e ricambiò cortesemente il saluto. “Isabella, dico bene?”, chiese, le sopracciglia scure e arcuate corrucciate per il dubbio.

Allungò la mano, come se il giorno prima non ci fossimo minimamente presentati. La afferrai senza pensarci. Era davvero enorme, calda ed invitante. Arrossii a quell’ennesimo contatto con quell’uomo così affascinante.

“Esatto, ma Bella basta. E lei è Edward, giusto?”, chiesi, stando nel beneficio del dubbio. Almeno il mio nome non era l’unico raro o troppo interessante.

Annuì, il sorriso appiattito. “Esatto. Ma mi dia del tu, per favore. Forse non sembra, ma sono abbastanza giovane”, aggiunse, scherzoso.

Risi. “Va bene. Grazie”

Dopo circa due secondi di silenzio, scosse la testa e spostò la sedia di fronte a lui.  “Vuoi sederti? Posso offrirti qualcosa da bere?”, domandò, educato.

Inorridii all’idea. Mi sarebbe piaciuto molto, ma non con Angela nei paraggi (era buona, va bene, ma non potevo approfittarne) o con Jessica che faceva da spia. “Oh, no, non posso… sai, lavoro qui, e non credo che il mio capo gradirebbe…”. Alzai le spalle, veramente dispiaciuta.

Chissà perché, si guardò nei paraggi, per poi ritornare a fissarmi con i suoi occhi così particolari. “Nemmeno cinque minuti?”, disse, il sopracciglio inarcato.

“Proprio no. Sei qui da solo?”, domandai, nel tentativo di cambiare argomento.

Rise, vagamente ironico. “No, in teoria ci sono mia cugina e il suo fidanzato, ma sono in bagno da circa mezz’ora…”

Oh, misericordia! Quindi quella Al che stava facendo un pompino a quel Jazz era sua cugina? La cugina che la signora Cope sospettasse avesse un rapporto carnale con il cugino, ovvero il signor Cullen?

Edward socchiuse gli occhi, vagamente curioso, probabilmente della mia espressione. Maledetta sia la mia incapacità di trattenere le emozioni! “Ehm… vieni spesso qui?”. Cercare di portare avanti una qualsiasi conversazione mi pareva il minimo.

Edward annuì, un vago rossore sulle sue guance incavi. “Si, ci vengo ogni lunedì con mia cugina e qualche domenica con mio padre. Non sapevo che lavorassi qui, non ti ho mai vista”, aggiunse gentilmente.

Arricciai il naso. “Infatti ho appena iniziato. Circa da quando mi sono trasferita nell’appartamento…”

“Oh, beh, quindi da poco, giusto?”

“Giusto”, convenni.

“Oh, per l’amor di Dio, è tardissimo!”, strillò una ragazza dietro di noi.

Impallidii non appena riconobbi la voce. Edward guardò oltre le mie spalle, scuotendo la testa esasperato.

“Scusa, ma ora devo andare”, dissi, sbrigativa.

I suoi occhi verde brillante tornarono a fissarmi, sorridendomi cortesemente. “Certo”

“Magari qualche giorno puoi venire a prendere un caffè a casa mia”, aggiunsi lesta.

Il suo sorriso si allargò. “Sarebbe un piacere, grazie”

“Ciao”, dissi e scappai in cucina. Quella Al mi imbarazzava davvero troppo.

 

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Edward

 

“Dio, Anne mi ha fatto una testa così che non hai idea per il ritardo alla riunione! È stato scioccante!”, esclamò Alice, accostando l’auto davanti al mio palazzo.

Le lanciai un’occhiataccia, aprendo la portiera della porche gialla canarino, regalo di Jasper per il secondo anniversario. “Ti sta bene. La prossima volta impari a fare un pompino al tuo moroso nel bagno”, ribattei, pungente.

Alice si fece seria. “Non mi pare proprio il caso che tu replichi”

Sospirai. “Come vuoi”

Dopo quello che Alice mi aveva confessato, non avevo faticato a capire perché Isabella era arrossita così improvvisamente quando le avevo detto che Alice e Jasper erano in bagno. Quei due erano più incontenibili dei porci, chissà che versi avevano fatto. Per non parlare di come la mia povera vicina era scappata non appena aveva sentito la voce squillante di Alice fuori dal bagno. Doveva averla proprio traumatizzata.

Beh, quell’atteggiamento un po’ troppo puritano non mi pareva proprio il caso di sfoderarlo. Quanti anni avrebbe potuto avere, ventidue o ventitré anni? Chissà quante volte avrà fatto l’amore con qualcuno, diamine!

Ovviamente Alice non sapeva nulla, e non avevo intenzione di farlo. Non volevo che aggredisse Isabella o, peggio ancora, decidesse di darci un taglio con Jasper, ancora in fase di “ricostruzione fiducia”.

Prima che Tanya mi lasciasse, io e Jasper ci eravamo legati molto. Avevamo in comune solo una cosa: l’amore per Alice; lui amoroso e passionale, io fraterno, ma in sostanza era quello. Dal mio divorzio e dalla mia depressione, Alice aveva praticamente quasi tagliato i ponti con  lui per starmi dietro. Non lo aveva fatto apposta, non se n’era neanche accorta, e Jasper era troppo un tipo apposto per portare rancore. Ma il suo affetto per Alice era così potente e smisurato da averlo fatto cadere nella trama della gelosia. Ora Alice stava facendo di tutto per farsi perdonare, persino quasi gettarsi nel ridicolo.

Ma si sa, l’amore rende ciechi, e mia cugina era molto incline per questo detto. 

Scesi dalla macchina, sbattendo la portiera. Alice abbassò il finestrino, improvvisamente rabbuiata. La stessa espressione che non aveva abbandonato un istante il suo viso da mesi. “Edward, sicuro che vuoi rimanere da solo, oggi? Se vuoi sto qui a cena, e poi ci guardiamo un film…”, propose, conciliante.

Sapevo che era per tenermi sotto controllo come un drogato in riabilitazione. Scossi la testa, schizzando un sorriso. Si incupì ancora di più. “No, Al, sai che è meglio che tu rimanga con Jasper. Fate le vostre cose… insomma, lui se lo merita”, aggiunsi, assolutamente convinto.

Alice alzò gli occhi al cielo. “Edward, sai che quello non è più un problema”

Si, certo, come no… “In quel mese avete anche rischiato di lasciarvi, buttando all’aria tre anni di serena convivenza. E io non voglio che la tua vita si rovini a causa mia”. La verità era schizzata fuori di bocca prima che potessi fermarla.

Si indignò. “Tu non puoi rovinarmi la vita, Edward”

Scossi nuovamente la testa. Sentivo gli occhi pungermi, capivo cosa volesse dire. Lacrime in arrivo. “Invece si… dai, Alice, lascia stare. Ci vediamo domani”

Alice fece un versetto affermativo. Aspettò che entrassi nel condominio, per poi partire.

Perché si preoccupavano così tanto per me? Adesso stavo bene…

Cavai dalla tasca il mio mazzo di chiavi, quando notai la porta di fronte alla mia spalancata. Sporsi la testa per vedere se fosse tutto a posto.

Isabella stava sorseggiando un bicchiere di latte, un enorme busta gialla nella mano. Non appena mi vide, sorrise dolcemente, sorprendendomi del tutto. “Ciao”

Feci un cenno con la testa, aprendo la mia porta. “Da quanto tempo”, scherzai, guardandola di sottecchi.

Ridacchiò, arrossendo lievemente. Sperai che non stesse pensando a mia cugina. “Già… pensa che stavo per chiudere la porta, ho appena recuperato la posta”

Arricciai il naso. “Scommetto solo bollette”

Fece un’espressione esasperata e vagamente… no, non credo che fosse triste. Pareva, ma non poteva esserlo. “Già, solo bollette”, mormorò.

Abbassai la maniglia, senza smettere di analizzarla. Indossava un maglione color pistacchio, talmente attillato da risaltarle le forme. Il seno era prosperoso e il ventre non era piatto, ma lievemente tondo. I fianchi erano leggermente grandi per la sua figura, nel complesso assomigliava a una piccola dea della fertilità.

“Vuoi un caffè? Lo so che sono le sette ed è magari un po’ tardi, però…”. Lasciò in sospeso la frase, speranzosa.

Sorrisi. “Certo, perché no?”

Ricambiò il sorriso, radiosa come non mai. Non mi ero ancora accorto di quanto fosse… florida. Forse non bellissima, ma perlomeno attraente. Un innato istinto di curiosità nacque dal profondo del mio petto. Volevo saperne improvvisamente di più su questa Isabella Swan. E questa era una delle tante occasioni che non si sarebbero più ripresentate.

Mi fece cenno di entrare e io obbedii. Richiusi la mia porta alle mie spalle, guardandomi intorno. La casa era piccola e leggermente spoglia, ma accogliente. Bella appoggiò la busta sul tavolo, trafficando con la macchinetta del caffè.

“Siediti pure”, mi disse, indicandomi la sedia del tavolo in cucino.

Mi accomodai, tamburellando nervoso sul ripiano in legno. Non appena notai la libreria colma di libri, dichiarai: “Scommetto che vai all’università per pagarti gli studi lavori in quel bar”

Bella ridacchiò dolcemente, riempiendo la macchinetta d’acqua. Dopo aver afferrato un cucchiaino, cominciò a ficcarci il caffè. “No… sei completamente fuoristrada”

“Ah”. Eppure ne ero così sicuro. Doveva essere proprio una donna di cultura per avere tutti quei libri in casa. “Non vai all’università?”, chiesi, curioso. Sperai di non apparire troppo in versione Cope.

Si strinse nelle spalle. “L’ho già fatta”

Questo non me l’aspettavo. “Davvero? Che cosa hai studiato?”

“Giornalismo. Sono stata una delle prime a uscire con il massimo dei voti”, ribadì, accendendo il fornello e posizionandovi l’aggeggio.

“Caspita”, bisbigliai, colpito. Davvero era più piccola di me? Non ne fui più tanto tranquillo. “Anch’io mi sono laureato un po’ di mesi fa. Non con il massimo dei voti, ma comunque con una media soddisfacente”

Bella si voltò, appoggiandosi al ripiano della cucina. Si posizionò in modo vagamente sensuale, eppure il suo volto non tradiva la minima traccia di malizia. Stava semplicemente ridendo, illuminandole ancora di più gli zigomi rosati. “In che cosa?”

Storsi il naso. “Filosofia, nella stessa scuola di mia cugina e il suo ragazzo. Anche lei ha studiato giornalismo, Jasper invece ha uno studio legale tutto suo, adesso”, raccontai, perso nel filo dei miei pensieri.

Bella sospese stranamente il respiro. “Dici sul serio? Davvero tua cugina ha studiato giornalismo?”

Aggrottai le sopracciglia. “Certo. Adesso lavora per un giornale locale, scrive un paio di articoli”

Bella ghignò, amara. “Pensa che fare la giornalista è sempre stato il mio sogno. Ho ventitré anni e ancora non l’ho realizzato”

“Davvero ti piacerebbe fare la giornalista?”

“Si… ma nessuno mi ha accettata fino adesso”

Il caffè cominciò a bollire e Bella sembrò concentrarsi di botto nel versare il caffè bollente nelle tazzine. Me la servì con grazia, probabilmente dovuto all’allenamento nel bar.

La ringraziai, per poi sorseggiare finemente il liquido caldo, che mi rinvigorì all’istante. “Senti, perché qualche mattina non porti un articolo? Ti presento mia cugina, così magari lo legge e può aiutarti”

Arrossì violentemente. “Tua cugina?” chiese, esitante.

Merda, io li avrei uccisi quei due prima o poi per andare a far porcate in bagno. “Si, mia cugina  Alice. Sempre se ti va”, aggiunsi.

Un magnifico sorriso si estese sul suo volto. Una fitta allo stomaco mi costrinse tossire. “Oddio, sarebbe magnifico”

“Io la avverto. Di solito viene qui a casa mia, ma magari è meglio che ti dia tempo per scriverlo”

“Oh, entro lunedì prossimo sicuramente ce la faccio”, disse, annuendo come per confermare le proprie parole.

“Perfetto, allora lunedì prossimo andiamo insieme, così Alice ci raggiunge lì e gli fai leggere l’articolo”

“Oh, cielo… dici sul serio?”. Era decisamente incredula.

“Certo”

“Grazie, Edward, grazie! Non sai quanto mi hai reso felice!”

Sorrisi. Un sorriso sincero, spontaneo. Da quanto non rendevo più felice una persona? In quei due mesi non avevo fatto altro seminare distruzione…“È un piacere”

________________________________________________________________________________

Finalmente Bella ed Edward si stanno avvicinando, e, credetemi, d’ora in poi non li staccherà più nessuno! Vi è piaciuto il secondo incontro “civile”? Dai, ho voluto farvi una bella sorpresa!

Sono molto felice che apprezziate i miei Alice e Jasper, devo dire che mi ci sto affezionando, forse proprio perché rispecchiano i miei due amici. Non che siano andati a fare cose sconce in bagno… quello lo lascio fare ad Alice e Jasper nella mia testa bacata! XD

Per il resto, non ho nulla da dire.

Se non che nel prossimo capitolo, ci sarà l’incontro tra Bella ed Alice, cosa che le cambieranno la vita e le legheranno per sempre. D’altronde, Edward ha offerto a Bella la possibilità di realizzare il suo sogno, ed Alice è una scorciatoia. Questa povera donna dovrà pure godersi un attimo di felicità, no?

Bene, finiti i miei sproloqui (e tutti starete dicendo: “Era ora!” XD), vi lascio…

 

… ma non senza ringraziare ardentemente chi mi ha inserito tra i preferiti/seguiti, i lettori silenziosi e, ovviamente, i miei dolci angioletti che hanno recensito lo scorso capitolo! Vi adoro immensamente!

Grazie mille quindi a manuelitas, gegge_cullenina, piccolinainnamora, Nessie_06, alexia__18, MaryAc_Cullen, FRENKY85, garakame, ese96, rosa62, hale1843, GloRK92, volpessa22, Vale728, yle_cullen, artemide88, Jiuliet06!

Un grazie anche a Keska che ha commentato il prologo!

Al prossimo capitolo, un bacio a tutti!

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5

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Bella

 

Tranquilla, Bella, il foglio non può mangiarti.

Ah, no? In quel preciso istante mi aspettavo di tutto, perfino S. Giorgio in armatura che combatteva un drago sarebbe potuto uscire da quella pagina.

Ricordavo esattamente cosa diceva la professoressa: scrivere oggettivamente, con un pizzico di ironia: non annoia mai.

Dio, prendevo sempre trenta negli esami…

Che ti succede, Bella?

Niente… perlomeno, non con Edward nei paraggi. Certe volte mi incantavo come una stupida a fissare i suoi strani occhi color smeraldo. Era davvero un bellissimo uomo, addirittura laureato e commercialista. Si vedeva dal tono e dal lessico con cui parlava che era un ragazzo di alta cultura. Sua cugina… beh, non avrei potuto dirlo…

Regola numero due della professoressa: mai scrivere un articolo in base al capo. Si rischia di perdere la propria personalità.

Giusto, non dovevo adattarmi a ciò che Alice ispirava. Anche perché sennò avrei dovuto scrivere un romanzo erotico.

Niente panico, Bella. Non l’hai avuto quando hai scoperto di essere incinta e ce l’hai ora per scrivere uno stupido articolo, per di più su un argomento a tuo piacimento?

Si, ero nel pallone più completo. Dovevo assolutamente ottenere quel lavoro. Non per me, ma per mio figlio, per il mio bambino.

Ce la puoi fare, abbi coraggio.

Riflettei un istante sui dati che avevo raccolto. Posai la punta della penna sul foglio e cominciai a scrivere. Rilessi l’incipit: non male. Continuai così fino a notte fonda, finché non mi decisi che quella bozza era più che sufficiente per lavoraci su il giorno dopo.

Quella notte, sognai Edward.

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Edward

 

Il messaggio di risposta arrivò subito, prima suonassi a casa di Bella il lunedì mattina. Era di Alice, naturalmente.

 

D’accordo, leggerò l’articolo di questa ragazza e provo a raccomandarla a Anne se è brava, ma lo faccio solo perché ti voglio bene.

 

Risi da solo. Che ruffiana.

Bella si materializzò sulla soglia ancora prima che suonassi. Mi sorrise, illuminando un istante il corridoio.

Dio, stavo impazzendo.

Era agitata, lo vidi chiaramente dalla tensione nella sua postura. Oppure perché era da sola in macchina con me, chi lo sapeva.

“Su cosa hai scritto l’articolo?”, chiesi, cercando di distrarla dai suoi pensieri.

Abbozzò un sorriso, come se non potessi comprendere appieno la risposta. “Sulla maternità”

Annuii. Non era male come argomento, originale. Ad Alice i bambini piacevano molto, motivo di inquietudine per il povero Jasper che sapeva già che dopo il matrimonio avrebbe dovuto procreare tre bambini.

Giungemmo in un attimo al bar, dove lei schizzò dietro il bancone per timbrare il cartello. Verso le nove, Alice ci raggiunse. Bella, come prestabilito, si presentò subito. Guardò Alice con apprensione e anche con un leggero imbarazzo.

Shakira cominciò a cantare. “Porca puttana!”, esclamò Alice, lanciando la borsa sul tavolo e cominciando a sbattere le mani sulle tasche del cappotto per trovare il cellulare. Sbuffando amaramente e portandosi un ciuffo corvino decisamente fuori posto dietro l’orecchio, schiacciò il pulsante verde.

Feci un cenno di sedersi a Bella, che obbedì leggermente traumatizzata. Mia cugina era capace di intimidire chiunque, tranne i suoi genitori, Esme e Carlisle, Emmett, suo fratello, papà, me e Jasper, l’unica persona estranea dalla famiglia che reggesse il confronto, insieme a Rosalie, la fidanzata storica di Emmett.

“Jazz, che vuoi?”, quasi strillò, facendo arrossire violentemente la povera Bella. Sembrava sul punto di svenire. “Ah… si, si, va bene. Non rompere le palle, hai incominciato tu!”, sbottò. Le tirai uno schiaffo sulla coscia per farla zittire. “Va bene, okay. Ci vediamo dopo”. Chiuse la comunicazione, talmente infervorata da quasi rompere il tasto innocente.

Si sedette vicino a me, mettendosi le mani tra i capelli. “Jasper è un vero rompicoglioni!”, sussurrò, mortifera.

“Al, ti presento Isabella Swan, la ragazza di cui ti ho parlato”, iniziai, indicando Bella con le mani.

“Bella”, mi corresse automaticamente lei.

Sorrisi, concessivo.

Alice parve rianimarsi immediatamente, rivolgendo un sorriso un po’ troppo pronunciato alla mia vicina. “Piacere, Bella, io sono Alice Cullen. Allora, Edward mi ha informato sulla tua laurea”. Bella rimase alquanto sorpresa dall’improvviso tono professionale di mia cugina. Le avrei baciato le mani in quel momento.

“Si, sono uscita con il massimo dei voti”

“Certo, questo è un valore molto indicativo per il curriculum… hai l’articolo?”

“Certo”. Bella cavò dalla borsetta una cartelletta, da cui estrasse il foglio. Lo porse a Alice, per poi alzarsi dal tavolo. “Vogliate scusarmi, ma devo lavorare. Chiamatemi pure alla fine”

Entrambi annuimmo e lei si allontanò verso il bancone.

“Quindi?”, chiesi, a mezza voce.

“Leggerò l’articolo. Se mi convince, proverò a convincere Anne… non sarà difficile, è sempre in cerca di nuovi giornalisti”, aggiunse, burbera.

Annuii, speranzoso.

Alice mi lanciò un’occhiata, per poi tuffarsi nella lettura. La osservavo attentamente, cogliendo ogni suo barlume di emozione. Vi lessi dapprima incredulità, poi angoscia, intenerimento, tristezza, gioia…

Non appena giunse alla fine, sospirò, beata.

“Allora?”, chiesi, teso.

Alice schioccò le labbra, passandosi una mano tra i capelli corti e corvini. “È stupendo. Assolutamente scritto bene. E l’argomento è decisamente interessante”, snocciolò, gli occhi nocciola ancora deliziati.

“Quindi…?”, incalzai, bagnandomi le labbra.

Sorrise, come una persona che la sapeva lunga. “Aspetta. Bella, vieni qui”, chiamò, alzando un braccio snello per attirare la sua attenzione.

Bella si avvicinò, abbastanza timorosa. I suoi occhi di cioccolata schizzavano da Alice al foglio che aveva ancora in mano. “Com’era?”, domandò, flebile.

Il sorriso raggiante di Alice si allargò. “È semplicemente… divino. Toccante. Ne ho letti di articoli in vita mia e nessuno mi ha mai emozionato come questo. Per non dire che sono molto sensibile al tema della maternità… Complimenti”, aggiunse, stringendole vigorosamente la mano.

Bella ricambiò la stretta, imbarazzata. “Mio Dio… quindi vuol dire che…?”
Alice la obbligò a sedere, in un modo non lontano dalla violenza. “Oggi stesso lo farò leggere al mio capo Anne. Tramite Edward, ti farò immediatamente sapere”

“Oddio!”, strillò Bella, emozionata. Si portò le mani alla bocca, gli occhi arrossati. “Grazie mille, grazie!”

“Te lo meriti”, rincarò Alice, afferrando la borsa e sorridendole dolcemente.

Non potrei fare a meno di ridere anche io in quel clima denso di gioia. “Bravissima Bella”, mi congratulai, carezzandole istintivamente una spalla.

Bella strinse le labbra, gli occhi di cioccolata fusa ridenti. “Grazie, Edward”

Alice ci fissava attentamente, in un modo quasi inquietante a dire il vero. “Ora scusa, cara, ma devo andare. Ah, Edward, non faccio la strada con te perché prima devo passare a casa a prendere delle carte per Jasper… sempre il solito idiota distratto…”, borbottò, alzandosi in piedi.

“Grazie ancora!”, le urlò Bella, saltellando sul posto.

Attesi un istante che Alice se ne andasse, finché un’idea si fece largo nella mia mente contorta. “Se vuoi, oggi passo a prenderti”, proposi, cauto.

Bella si bloccò leggermente, le guance che si fecero immediatamente più scure. “Non preoccuparti, c’è il pullman”, mormorò, non del tutto convinta.

Ridacchiai, portando una mano davanti alla bocca. “Insisto”

Le sue labbra piene e rosee si aprirono in un sorriso talmente dolce e delicato da lasciarmi senza fiato.

Edward, respira, non è così difficile…

“Va bene, allora grazie, Edward. Accetto” 

________________________________________________________________________________

E la nostra Bella ha quindi un mezzo appuntamento con il nostro Edward. Direi che la fortuna comincia a girare dalla sua parte. Forse sarebbe il minimo, poverina. Era ora che un minimo di felicità la raggiungesse. Ogni essere umano se la merita, no? Forse più lei, sola e incinta.  

Nel prossimo, ci sarà anche un punto di vista speciale… okay, scommetto che avete subito pensato ad Alice. E infatti, avete indovinato! (*parte un applauso*)

Me commossa!

Dopo le mie solite stupidaggini, vi lascio ringraziando le 14 gioie che hanno recensito lo scorso capitolo!

Grazie a hale1843, GloRK92, FRENKY85, rosa62, garakame, Vale728, volpessa22, costi84, alexia__18, manuelitas, yle_cullen, MaryAc_Cullen, piccolinainnamora,  artemide88!

Grazie anche a chi mi ha inserito tra i preferiti/seguiti e tra gli autori preferiti!

Un bacio, e alla prossima puntata!

 

 

 

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6

 

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Bella

 

Dio, ancora stentavo a crederci. Ad Alice piaceva sul serio il mio articolo, e per di più mi avrebbe raccomandata al suo capo. Meglio di così non poteva andare. Ero al colmo della gioia.

Dopotutto, l’avevo giudicata male quella Alice Cullen. Era leggermente al limite del volgare, ma molto dolce e sensibile. Sembrava una brava ragazza. Ed era inquietantemente bella, proprio come il cugino.

Ora che avevo potuto osservarla bene, non avevo potuto fare a meno di notare come i suoi lineamenti fini la rassomigliassero a un piccolo folletto dei boschi.

Era piccola e minuta, quasi esile, dalla carnagione alabastrina e i capelli corti e corvini sparati per aria. I suoi occhi nocciola erano meravigliosi, di quel castano chiaro talmente intenso da parere giallo alla luce del sole.   

Non avevo potuto fare a meno di notare quel legame particolare che lo legava ad Edward. Era complice, quasi fraterno. Sarebbe stato palese perfino a un estraneo.

Pensare  il nome di Edward mi mandava in confusione. E sarebbe venuto a prendermi più tardi. Oddio.

Ripulii con dovizia il bancone, lasciando il lavoro pesante di servire i clienti a Jessica. Vidi un paio di volte Angela aggirarsi inquieta per il locale, controllando la situazione. Sospirai, tornando nel mondo sicuro delle mie fantasie. Fantasie non del tutto tranquille.

Il campanello trillò, scuotendomi. Edward apparve in tutta la sua magnificenza, stordendomi più del lecito. Jessica, dietro di lui, si affrettò ad aggiustarsi il decolleté, facendo protestare un innocente vecchietto per avergli rischiato di rovesciare il caffè addosso.

Edward si avvicinò al bancone, sorridendomi gentile. Di sicuro il mio cuore perse qualche colpo, sebbene non ne compresi il motivo.

“Pronta?”, chiese, affabile, le mani che giocherellavano con le chiavi.

Annuii. “Dammi solo un  minuto”. Corsi verso gli armadietti in una stanza adiacente, affrettandomi a togliere la divisa, consistente in un semplice golfino rosso. Decisamente fondamentale per il gelo di quell’ottobre. Afferrai la mia borsa e lo raggiunsi in pochi secondi.

“Eccomi”, dissi, indicandomi scherzosamente,.

Rise, abbagliandomi. “Vieni”

Raggiungemmo la splendida Volvo metallizzata, assolutamente lucida e perfetta. Proprio come il proprietario.

Mi accomodai silenziosamente nell’auto, ripercorrendo mentalmente la nostra conversazione mattutina. Ah, giusto, ero troppo nervosa per il possibile incontro con Alice Cullen e non avevo spiccicato parola.

Sei senza speranze, Bella.

“Alice non mi ha ancora avvertito, purtroppo. Evidentemente sta aspettando l’occasione giusta”, esordì Edward, probabilmente fraintendendo il mio silenzio.

“Figurati, non voglio metterle fretta”, mormorai, agitando istintivamente una mano.

La Volvo oscillò dolcemente, per poi librarsi per le strade impegnate di New York. Sebbene fossero solo le cinque e mezza, era già buio. Detestavo l’inverno, decisamente.

“Le piaci. Ad Alice, intendo”, continuò, sorridendomi sghembo.

Un sorriso nacque sulle mie labbra, eco del suo. “Anche a me. È una ragazza molto dolce e simpatica”, approvai, annuendo per enfatizzare il concetto sincero.

Ridacchiò. “Si, questo è vero. Una rompiscatole di prima categoria, ma è molto dolce”. Il tono affettuoso con cui ne parlava era impossibile da fraintendere.

“Le vuoi molto bene, eh?”, chiesi, dolcemente.

I suoi occhi verdi si spostarono dal parabrezza al mio viso per qualche istante, calorosi. “Oh, si. È mia cugina, ma praticamente è come una sorella per me. Abbiamo condiviso l’intera infanzia e adolescenza”

“Sei figlio unico?”

Annuì, facendo una smorfia. “Si, esatto. Diciamo che Alice ed Emmett, l’altro mio cugino, sono i fratelli che non ho mai avuto. Solo che Emmett si è trasferito per lavoro nel Tennessee con la sua fidanzata Rosalie da un po’ di anni, e non viene spesso qui a New York”

“Deve essere molto bello avere un legame così forte da condividere”, notai, nostalgica.

Ridacchiò. “Da quanto mi dici, deduco che tu non abbia fratelli o sorelle”

“Indovinato”

“E sei qui tutta sola a New York?”

Un sospiro involontario scappò dalle mie labbra. “Già. Purtroppo”

Il suo sguardo curioso mi fece arrossire, ma non osò chiedermi nulla. “Beh, meglio sole che male accompagnate”, disse, più per farmi sentire a mio agio che per convinzione. Cosa che apprezzai ugualmente. Il ricordo di essere completamente abbandonata a me stessa non era uno dei miei argomenti preferiti. 

“Oh, altroché. Jasper era il ragazzo di Alice, giusto?”, domandai, cercando di cambiare argomento.

Sbuffò, divertito. “Già. Direi che è più corretto il termine 'fidanzato', ma il concetto è quello”

Ah, quindi era giustamente il Jazz del bagno. Fantastico.

“Stanno insieme da tanto?”, chiesi, sperando di non risultare in stile signora Cope.

Fischiò sommessamente. “Da quasi una vita. Mi sembra ieri quando si sono conosciuti. Da tre anni, comunque…”

“Oh”, fu la mia geniale risposta.

Erano insieme tre anni, addirittura più di me e James.

Già, ma Alice non aspetta un bambino di un mese. 

“Convivono?”, domandai ancora, al limite del masochismo. Evidentemente oltre al gene della sfortuna, possedevo quello dell’autolesionismo.

“Si, da un paio di anni. Le possibilità di un matrimonio sono tuttavia oscure”. Ridacchiò.

Già, il matrimonio. Dolce e flebile visione. “Io credo nel matrimonio. È un unione molto spontanea”, sussurrai.

Fu in un attimo: i bellissimi tratti di Edward si irrigidirono così brutalmente da farmi sobbalzare. “Direi di no”, ripose, secco.

Non replicai, troppo incerta su come prendere quella mezza risposta.  

L’auto oscillò delicatamente, parcheggiandosi quasi autonomamente davanti al nostro condominio. “Siamo arrivati”, dichiarò Edward, talmente glaciale da farmi venire i brividi.

 

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Edward

 

Matrimonio. Tanya. Matrimonio. Tanya. Parole terribilmente associate che facevano male. Bruciavano spasmodicamente in tutto il corpo, facendomi gemere silenziosamente di un dolore interno. Il fisico era illeso, ma forse avrei preferito che la ferita inferta da Tanya fosse stata corporea. I mali del corpo erano più facili da curare. Quelli dell’anima no. E io stavo male nell’anima. Lo spirito che avevo donato completamente a Tanya, la mia ex moglie, se n’era andato con lei. Non ero altro che un guscio vuoto. E stavo male.

Invidiavo Bella che credeva ancora nella spontaneità del matrimonio. Affermazione che non sarei mai riuscito ad accettare. Beata lei, che non aveva ancora incontrato la persona giusta da chiedere in sposo, da desiderarlo come compagno fino al resto dei propri giorni. Beata lei, semplicemente.

Cavai velocemente le chiavi del portone, aprendolo. Bella mi seguì, stranamente silenziosa.

Sospirai, in conflitto con me stesso. Ovvio che mi temesse, talmente le avevo risposto male. Non ne facevo una giusta.

“Bella, vorresti bere un caffè a casa mia?”, chiesi di getto, prima che potessi frenare la lingua.

Stare con lei mi faceva bene. Sapevo che non appena mi avrebbe lasciato, il tormento di Tanya sarebbe tornato a raffica. Non avevo così tanta fretta dopotutto. E poi era una donna molto attenta e dolce, mi piaceva molto. Inutile aggiungere che guardarla era una vera delizia per gli occhi.

Bella rimase interdetta per un attimo, finché un debole sorriso le illuminò il volto a cuore. “Certo, mi piacerebbe molto”

Annuii, percependo un sorriso spontaneo nascere sulle mie labbra. Non era come con Alice, che dovevo sorridere di continuo per convincerla della mia salute. Era naturale. Proprio come facevo prima del mio incontro con Tanya.

Ci avviammo insieme verso il corridoio e in breve ci trovammo nel mio appartamento. Meno male che avevo messo in ordine quel mattino, almeno non avrei fatto una brutta figura.

“Accomodati”, dissi, indicandole il divano bianco della sala.

Bella sia guardò attorno, leggermente intimidita, per poi sedersi tesa sulla poltrona. “L’arredamento è stupendo”, commentò, rapita.

Mi strinsi nelle spalle, appoggiando il mio cellulare sul tavolo e spogliandomi. “Mia zia Esme lavora in questo campo, ha disegnato tutto lei”

Era meglio omettere che l’aveva progettato come regalo di nozze, sia per me che per lei.

Il suo sguardo si era soffermato sul mio pianoforte nero, gli occhi lievemente sbarrati. “Suoni?”

Strinsi le labbra, avvicinandomi a lei e prendendole il giubbotto. “Suonavo”

Sicuramente notò la sottolineatura dell’imperfetto, ma non osò aggiungere altro.

“Posso offrirti qualcos’altro oltre al caffè?”, chiesi, andando nel cucinotto.

“No, grazie. Aspetta, vengo a darti una mano”, disse, alzandosi immediatamente in piedi.

“Neanche per sogno. Sei un’ospite”, protestai, rivolgendole un altro sorriso.

“Insisto”, rise, scimmiottando il tono che avevo usato con lei quella mattina.

Scoppiai a ridere, rimanendo leggermente interdetto. Non ero più abituato a udire il suono della mia risata. Decisamente no, da circa due mesi.

Dopo una battaglia di un minuto, riuscì a vincere. Trafficai con gli ingredienti, mentre lei svuotava la macchinetta del caffè abbandonata sul ripiano la sera prima. Non appena fu pronto, ci accomodammo al tavolino e sorseggiammo tra risate e chiacchiere superflue il nostro nettare nero.

“Io senza il caffè non vivo”, ammise Bella, agitando una mano. Quando gesticolava era semplicemente adorabile.

“Anch’io. È colpa di Alice, mi ha attaccato lei questo vizio”, raccontai, sorridendo al ricordo.

“Come mai?”, chiese Bella, interessata.

Sospirai, fintamente melodrammatico. Bella lo capì, perché ridacchiò piano. “Jasper fuma come un turco e ad Alice da molto fastidio. Così, per evitare di sgridarlo ogni volta, si scolava tre bicchieri di caffè. Non ne ero mai stato un amante, ma da almeno un anno ormai ne siamo dipendenti. Andavo a farle compagnia nel bar, anche se poi Jasper lo sgridava lo stesso”

Bella rise, rischiando di rovesciarsi il caffè addosso. “È assurdo!”, esclamò, accigliata.

“Mia cugina è assurda”

Improvvisamente, sospirò. “Chissà com’è andata…”, mormorò, pensierosa. Quasi istintivamente, si portò le mani al ventre non proprio piatto.

“Tutto bene?”, chiesi, preoccupato.

Alzò lo sguardo e seguì il mio, puntato sulle sue mani. Arrossì violentemente, stringendo le labbra piene e rosee. “Certo, grazie”, sussurrò.

Annuii, sebbene non ne fossi per nulla convinto.

Forse il caffè non le faceva così bene, dopotutto. Forse era solo un lieve attacco di mal di pancia.

Il suo pallore non mi piaceva affatto, ma decisi di sorvolare.

“Vedrai che andrà tutto bene. Non ho mai visto Alice così entusiasta”, affermai, convinto.

Una lieve scintilla di speranza illuminò i suoi occhi di cioccolata, così profondi e limpidi. “Davvero?”

“Te lo giuro, Bella”, dichiarai solennemente.

“Sai, ci tengo molto a questa opportunità. Il mio sogno è sempre stato quello di fare la giornalista”, sussurrò, gli occhi fissi sulla tazzina ormai vuota.

“Lo so. Credimi, si vede”. Afferrai il cucchiaino comincia a rastrellare lo zucchero residuo della mia tazza. “Il mio sogno invece era più semplice”, dissi, prima di riuscire a racimolare qualche idea.

“Quale?”, domandò bella, delicata.

Sospirai. “Il mio sogno non è nulla di speciale. È qualcosa da sempre sottovalutata da molti uomini, ormai. Desideravo semplicemente sposarmi con la donna della mia vita e mettere su famiglia”, confessai in un soffio.

“Desideravi?”, chiese Bella, educatamente confusa.

Matrimonio. Tanya. Una fitta allo stomaco mi paralizzò del tutto. “Già. Adesso non più”, mormorai, amareggiato.

“Delusione d’amore, eh?”, bisbigliò Bella, comprensiva.

Alzai gli occhi e incontrai i suoi, bellissimi e pieni di compassione. Lei sembrava capirmi. Non mi giudicava, semplicemente, mi capiva. “Si”

Un’adorabile smorfia piegò le sue dolci labbra piene. “Ti capisco, Edward. È successo anche a me”

Emisi un sospiro. “Quindi non credo di essere l’unico ad aver sognato un matrimonio, giusto?”

“No, infatti”, ribadì lei, con un mezzo sorriso.

Ero stato davvero superficiale ad averla invidiata senza un motivo. Quella donna, così bella ed eterea, probabilmente aveva molta più esperienza di me nel dolore. Era sola, aveva vissuto un amore infelice. Chissà cos’altro.

Il cellulare vibrò. Il nome di Alice sul display fece sospendere istintivamente i nostri respiri.     

 

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Alice

 

Dio, che palle. Possibile che Jasper dovesse dimenticare sempre tutto? Era circa la terza volta in una settimana che prima di passare in redazione dovevo correre a casa per portargli delle carte. Parcheggiai velocemente la mia porche giallo canarino, volando per l’ascensore del grattacielo in cui lavorava.

“Buongiorno, Alice”, sbraitò George, un insopportabile collega del mio moroso, maniaco di prima categoria e con poco cervello. Nonostante sapesse che io e Jasper stessimo insieme da tre anni, era ancora convinto di avere una chance con me. Patetico.

“George”, salutai, superandolo velocemente per evitare di parlargli.

Raggiunsi l’ufficio di Jasper (che, per ironia della sorte, si trovava al terzultimo piano), salutando la sua adorabile segretaria sessantenne Penny e bussando alla porta.

“Avanti”

“Sono io, Jazz”, borbottai, ancora con il fiatone.

Jasper sorrise, alzandosi immediatamente dalla poltrona e vendendomi incontro. “Grazie mille, amore”

“Sei proprio un’imbecille! Possibile che ti scordi tutto?”, mugugnai, gettandogli malamente i documenti sul petto.

Sbuffò, alzando i bellissimi occhi celesti al soffitto. “Non te li avrei chiesti se non mi fossero serviti, ma tra un’ora ho una riunione importante”

Battei un piede a terra. “Certo, intanto sono dovuta scappare dalle grinfie di George. Se in questa settimana mi chiedi ancora qualcosa, giuro che non te la porto più”, minacciai, truce.

“Siamo un po’ nervosetti, eh?”, chiese, scettico.

“Altroché”, sospirai, appoggiandomi alla porta chiusa.

Jasper appoggiò i documenti sulla scrivania, guardandomi pensieroso. “Ti devono arrivare, per caso?”, domandò, premuroso.

Ridacchiai, esasperata. Jasper era sempre stato molto affabile, anche per le minime cose. “Si, tra qualche giorno. Si vede così tanto?”, borbottai, incrociando le braccia al petto.

“Altroché”, sospirò, imitandomi.

Risi, divertita. Jasper si avvicinò, catturando famelico le mie labbra con le sue. Mi afferrò con forza, inclinando la testa di lato e affondando la sua lingua nella mia bocca. Grazie al cielo c’erano le sue braccia robuste a sostenermi, le gambe mi tremavano talmente tanto che non ce l’avrei fatta a reggermi in piedi. Percepii chiaramente la sua mano circondare con dovizia un mio gluteo, lisciandolo.

“Che mani lunghe, signor Whitlock”, sussurrai nel suo orecchio, sensuale solo per gioco.

Rabbrividì, schioccando più baci sulla mia guancia. “Non posso fare a meno di toccarlo, è bellissimo…”

Ridacchiai, circondandogli il collo con le braccia. “Sei proprio un maniaco. Non ti basta mai”, mi lamentai, fintamente scocciata. Sapeva benissimo quanto mi facesse impazzire.

Mi carezzò languidamente la schiena, i miei occhi nocciola affondati nei suoi cristallini. “Tu non mi basti mai”

Si abbassò completamente su di me, stuzzicando lentamente il lobo del mio orecchio. Sospirai, già partita sul pianeta Marte.

“Come è andata quella ragazza che mi dicevi?”, chiese, staccandosi lievemente e levigandomi attentamente uno zigomo.

Sorrisi. “Più che bene, direi. Il suo articolo è fantastico. Edward aveva ragione”, conclusi, stringendomi nelle spalle.

“C’è qualche speranza con Anne?”

Mi alzai sulle punte, posando le mie labbra sulle sue. Le nostre lingue si incontrarono in un’altra violenta lotta interna, affannandoci con quella danza sconosciuta. Il respiro ansimante di Jasper era musica per le mie orecchie. La sua mano tastava ancora possessivamente il mio gluteo, facendomi rabbrividire.

“Certo che c’è. È molto brava, ed Anne è favorevole ai nuovi scrittori”, sussurrai, appoggiandomi al suo petto muscoloso.

Ridacchiò, baciandomi i capelli. “Beh, allora vai e colpisci”

Gli scoccai un ultimo bacio a fior di labbra, voltandomi per aprire la porta. “Ci vediamo stasera, amore”

“Certo. Alice, ti ho già detto che ti amo?”, chiese, teatralmente accigliato.

Risi, ammaliandolo. “Quando ci siamo svegliati abbiamo un po’ discusso, quindi non te ne ho dato il tempo”, gli ricordai, civettuola.

Sorrise, scuotendo la testa. I nostri litigi facevano parte della vita quotidiana, ormai. “Ti amo, Al”

“Anche io”. Gli soffiai un bacio, scappando nel vero senso della parola da George, per poi ritrovarmi un minuto e mezzo dopo in auto.

La prima cosa che feci fu andare da Anne, il mio capo, una donna di quarant’anni dallo sguardo duro e severo, ma dal cuore d’oro. “Buongiorno, Alice”, salutò, rigida.

“Buongiorno, Anne. Le devo dire una cosa”, esordii, senza darle minimamente il tempo di registrare i convenevoli.    

Si accigliò. “Cioè?”

Le consegnai l’articolo firmato di Bella, narrandole per filo e per segno la storia. Anne afferrò sospettosa i fogli, cominciando a leggerli. Attesi silenziosamente, giocherellando con l’orlo della mia maglietta lunga. Lo scartabellare mi distrasse e mi rizzai sulla sedia.

“Allora?”, chiesi, tesa. Sotto la scrivania, incrociai le dita.

Anne sorrise, raggiante. “Dì pure a questa Isabella Swan di presentarsi qui domani mattina. Questo articolo è semplicemente splendido”

Sospirai di sollievo, mentre la mia coscienza cominciava a congratularsi con me e a ballare la conga. “Grazie, Anne”

________________________________________________________________________________

Sono ancora viva! Evviva! Siete contente? No? Ehm… lo so, davvero, scusate il mio ritardo, ma la scuola mi ha proprio spolpata… e nonostante abbia fatto laureare in filosofia Edward (XD), io mi trovo ancora al liceo e mi vedo costretta a studiarla… che ci volete fare? Così è la vita.

Allora, tanto per cominciare, spero che vi sia piaciuto anche questo capitolo. Visto? Per farmi perdonare, l’ho fatto anche più lungo, aggiungendo anche il punto di vista della nostra Alice! Quindi, Edward e Bella si stanno muovendo, Alice è andata da Anne ed è riuscita ad avere un colloquio per la nostra Bella. Cosa succederà nel prossimo capitolo? Eh, sapeste…

 

Perdonatemi, ma non ho ancora tempo per rispondere alla vostre recensioni. Spero che non vi offendiate, non è assolutamente intenzionale. Il tempo è poco, il che non è un bene per una che deve chinarsi quasi ventiquattro ore su ventiquattro sui libri.

Ringrazio quindi vivamente gli undici tesori che hanno recensito, quindi un grazie a congy, piccolinainnamora, MaryAc_Cullen, alexia__18, Vale728, garakame, artemide88, rosa62, fairyelly83, FraZanna ed hale1843!

Ovviamente, un bacio grande e caloroso a chi mi ha aggiunto tra i seguiti e i preferiti!

Sperando che vi sia piaciuto e che continuiate a seguirmi, ci vediamo alla prossima puntata! 

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 7

 

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Bella

 

Mi immobilizzai del tutto, gli occhi fissi sul cellulare di Edward. “Oddio…”, sussurrai, emozionata.

Fa che mi abbia accettata, fa che mi abbia accettata… per me, per il mio bambino…

“Adesso lo leggo”, dichiarò Edward, calmo.

Annuii, gli occhi quasi lucidi e le mani giunte. Serrai le palpebre, sperando che per una volta nella mia vita il gene della sfiga non funzionasse.

“Congratulazioni!”, esclamò Edward, raggiante. “Il capo di Alice vuole vederti!”

Lanciai un gridolino, incapace di contenere la mia gioia. “Cosa…? Non ci credo!”

“Credici, mia cara!”, disse Edward, serafico.

Senza riflettere, mi alzai in piedi e lo abbracciai, cogliendolo di sorpresa. Edward si sollevò, accogliendomi tra le sue possenti braccia e cullandomi. Non mi ero accorta di essere scoppiata a piangere, tanto ero fuori dalla felicità.

“Oddio…”, mormoravo, stringendo la maglia di Edward.

“Hai visto che è andato tutto bene?”, sussurrò Edward, carezzandomi la schiena.

Quel contatto mi piacque oltre l’inimmaginabile. Mi faceva sentire così viva e protetta.

Mi allontanai leggermente, sorridendogli. “Grazie, Edward! Grazie!”

La sua mano dapprima esitò, per poi decidersi a scostarmi una ciocca di capelli ribelle. Sospesi il respiro, deliziata da quel minimo contatto con lui. I suoi magnifici occhi verdi mi trapassarono l’anima, rendendo il suo sguardo più morbido e sensuale del lecito. “È stato un piacere, Bella”

Sorrisi, lo sguardo incatenato al suo.

Il cellulare vibrò nuovamente sul tavolo, rischiando di farlo cadere. Edward si scostò appena, permettendogli di afferrare l’aggeggio. Schiacciò il pulsante verde, portandoselo all’orecchio.

“Si, Alice?”, chiese, impeccabile. “Bella non sta nella gioia! Si, certo, penso che… un momento”. Tappò il ricevitore con l’altra mano, sciogliendo così a malincuore il nostro abbraccio. “Alice mi sta chiedendo se ti piacerebbe andare con lei al lavoro”, sussurrò, lanciando delle occhiate al telefono come se Alice potesse sentire.

“Oh, non c’è problema! Posso prendere tranquillamente un taxi o l’autobus…”, protestai.

“Insiste”

Arrossii, vagamente imbarazzata all’idea di stare sola con lei, ma annuii vigorosamente.

Il sorriso di Edward fu talmente caldo da togliermi il fiato. “Perfetto”, disse ad Alice. “Si, non c’è problema, glielo dico… Alice, non cominciare, me lo ricordo…”. Ridacchiò, illuminandomi per un istante con i suoi fari verdi. “Certo. Salutami Jasper e non torturarlo troppo stasera. Un bacio”.

Chiuse la comunicazione, infilando il cellulare in tasca.

Sospirai, trasecolata.  “Quindi…”

“La signorina Isabella Swan diventerà una giornalista di successo”, completò lui, scherzoso.

Dio, non mi sembrava vero.

La mia mano destra si posò sul mio ventre, come se potessi rassicurarlo nella prospettiva di avere un futuro migliore.  Edward notò il mio gesto poco discreto,  ma non disse nulla.

Grazie al cielo, non avrei sopportato dovergli dire la verità. Chissà cos’avrebbe pensato di me, altrimenti.

“Domani Alice passerà a prenderti alle nove”, mi ricordò, preciso.

“D’accordo”, dissi, appuntandolo mentalmente. Guardai l’orologio, cadendo dalle nuvole. “Scusa, ma è tardi. Conviene andare a casa”

Edward annuì, dispiaciuto. “Certo”

“Ci vediamo domani”

Sorrise. “Ovvio”

Si avvicinò, stampandomi un bacio sulla guancia.

Avvampai, trattenendomi dall’istinto di toccare quel marchio indelebile. Nemmeno James mi aveva mai fatto quell’effetto, così dolce e tenero. Mai.

“Ciao”, mormorai.

Edward mi accompagnò alla porta, per poi permettermi di chiudermela alle spalle. Non appena entrai in casa, mi gettai sul divano. Digitai il numero di Angela, pronta per disdire il mio contratto di lavoro.

Sospirai, felice di quell’inaspettata piega della mia vita. Da tre settimane. 

 

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Edward

 

Ricomposi nuovamente il numero di Alice, attendendo per un po’ la risposta.

“Pronto?”, disse la sua voce acuta e cristallina.

“Alice, perché ci hai messo così tanto a mandare un messaggio se lo sapevi sin dal mattino?”, chiesi, sebbene conoscessi già la risposta.

“Ehm… sai com’è, il lavoro…”, rispose, vaga.

“Alice”, la ripresi, fermo.
Sbuffò, irritata. Odiava essere colta in flagrante. “Okay, è tornato Jasper a casa e mi sono distratta…”

“Chi è, Alice?”, sentii chiedere Jasper, la voce bassa e profonda inconfondibile.

“Chi vuoi che sia? È Edward, amore”, cinguettò, improvvisamente felice.

“Muoviti e vieni a letto”, borbottò lui, facendomi ridere sotto i baffi.

Stavano sfruttando il dieci per cento del tempo per il sesso, quindi.

“Ma che modi sono? Cafone!”, sbottò Alice, dando un buon esempio della sua finezza. In senso ironico, ovvio.

“Alice, già sono arrabbiato perché avresti dovuto fare il bucato, invece tocca farlo a me…”

Alice trattenne rumorosamente il fiato. “Senti chi parla, quello che dimentica sempre le sue cose a casa!”

“Invece di sbraitare da mattina a sera, dovresti fare qualcosa di più produttivo…”

“Cosa, ad esempio? Scassare le palle?”

“L’unica che scassa le palle qui sei tu!”

“Brutto…”

“Alice, sono ancora qui”, le ricordai, divertito da quel litigio in diretta. L’avevo detto che era impossibile annoiarsi con quei due. “Che cosa è successo?”

Alice sbuffò, ormai sul piede di guerra. Se fossi stato in Jasper, avrei cominciato a scappare, poteva essere molto pericolosa. “Ma che ne so! Abbiamo fatto l’amore, e adesso mi rinfaccia di non avere fatto il bucato!”

“Ma brava! Dillo a tutto il mondo, mi raccomando!”, gridò Jasper poco più in là, seriamente sdegnato.

“È Edward, stupido!”

“Cretina”

“Deficiente”

“Stronza”

“Ti uccido, Jasper Whitlock, fosse l’ultima cosa che faccio!”, strillò Alice, in collera.

“Alice, placa per un istante i tuoi istinti omicidi e ascolta”, le intimai, cauto.

Inspirò ed espirò due volte, dopodiché ripose con un flebile: “Si”

“L’ho detto a Bella, quindi ti aspetta per le nove davanti al condominio, okay?”

“Certo! Non vedo l’ora!”, ribadì prontamente Alice. Sembrava seriamente felice di approfondire la conoscenza con Bella e non potevo che esserne felice.

“Bene, allora a domani”, salutai.

“A domani. Va’ che tanto non ti salvi, Jazz!”, sbraitò, prima che potessi chiudere la comunicazione.

Scossi la testa, ridacchiando. Come minimo, Jasper si sarebbe ritrovato o con un braccio spezzato o con un’intera settimana in bianco. Non era difficile immaginare quale tra le due opzioni preferisse, innamorato di Alice qual era.  

Accesi la televisione, aspettando con pazienza l’ora di cena. Sbuffando, mi alzai e recuperai una sigaretta dalla tasca del giubbotto. Me la portai tra le labbra, per poi accenderla e rilassarmi aspirandone il fumo.

Il cellulare squillò nuovamente. Non ci volle certamente un’occhiata al display per sapere che non era Alice. Diedi un’occhiata e sorrisi. Adagiai la sigaretta nel portacenere vuoto per un istante, schiacciando il tasto verde del telefono.  

“Ciao, papà”, salutai, felice di sentirlo.

“Ehi, figliolo. Ti sento allegro”, disse, cauto.

Sospirai piano, addolorato. Non avevo fatto che affliggere le persone che amavo con la mia depressione. Per cosa poi? Tanya non era tornata. Probabilmente era ancora con quell’avvocato vegetariano di Denali. E mio padre stava ancora male per me. “Infatti, oggi mi sento in forma”, riposi, sincero.

“Per caso hai sentito Alice? Esme è preoccupata, non riesce a rintracciarla…”. Meglio omettere certi particolari compromettenti per mia cugina. Esme era veramente felice che Alice avesse trovato la sua anima gemella, ma ero sicuro che avrebbe preferito non sapere dettagli sulla loro vita sessuale.

“Si, l’ho sentita, ma credo che le si sia scaricata la batteria. Mentre parlavamo, è saltata la linea”, dissi, trattenendomi dal ridere.

“I telefoni di oggi…”, borbottò papà, stranito. “Piuttosto… mi sono perso qualcosa?”, chiese, malizioso.

Mi bloccai. Come diavolo…? Ah, giusto, era mio padre. “Perché?”, temporeggiai.

“Qualche ragazza, eh?”. Voleva essere una domanda retorica, credo. O forse no.

Beh, che male c’era dire la verità? “Si…”, sussurrai.

“Davvero?”, esplose papà, incredulo. “Oh, Edward, è fantastico! Chi è? Quando potrò conoscerla? Che cosa…!”

“Ehi, papà, frena! Non siamo nemmeno usciti insieme!”

“E cosa aspetti, allora?”, notò, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.

Sospirai. Il mio sguardo cadde involontariamente sulla foto di me Tanya abbracciati ancora in bella vista sul pianoforte.

Ricordavo con orrore quando Alice aveva cercato di buttarla. Grazie al cielo qual giorno c’era Jasper, evitando per un soffio l’omicidio della sua morosa.

“Papà, non è così facile… insomma, è dolcissima e gentile, molto colta e bella… ma ho bisogno di tempo, ancora”. Purtroppo mi resi conto che era così. Quando parlavo con Bella, non mi sentivo mai del tutto libero. Non perché mi sentissi a disagio con lei, ma perché una parte di me, quella legata ancora a Tanya, faticava ad aprirsi e fidarsi.

Era tutto così dannatamente difficile… 

Papà schioccò la lingua, comprensivo. “Capisco. Scusa, Edward, è che… mi sono fatto prendere la mano. Io voglio la tua felicità, lo sai, no?”

Sbuffai, meno rigido. “Certo che si”

“Ho fatto le analisi al cuore, oggi… ci credi che i problemi cardiaci sono ereditari? Comincio a preoccuparmi per Carl”, disse, sinceramente apprensivo.

Ridacchiai piano. Un medico con problemi cardiaci era un colmo. “Papà, lo zio è sano come un pesce, non c’è nulla da temere”, lo rassicurai.

“Speriamo… Beh, devo andare, figliolo. Ci sentiamo”

“Ciao”

Riattaccai, buttando quel piccolo aggeggio sul divano. Ripresi la mia sigaretta, evitando accuratamente quell’odiosa e amata cornice.

Tempo. Che parola fastidiosa e priva di senso.

Amore. Una dolce parola complicata, che credevo di avere scoperto.

Già, credevo. Le illusioni facevano parte della vita dopotutto.

E Tanya era una tra queste.

_______________________________________________________________________________

Capitolo di passaggio molto introspettivo, secondo me importante per capire gli stati d’animo di Edward e Bella. All’inizio avevo pensato di ometterla e passare oltre, ma non  mi era sembrato “giusto” nei confronti dei nostri protagonisti.

Bella è assolutamente euforica, per sé, per il bambino, per avere incontrato Edward… vi dice niente?

Edward, invece, forse più sveglio, ma incapace di metabolizzare le cose per il suo abbandono, ha capito di provare qualcosa per Bella… ma non riesce ad accettarlo per paura di essere ancora abbandonato.

Per questo ho voluto inserire questo capitolo, per dare spazio alle loro confessioni più intime. Spero che vi sia piaciuto, davvero, così come è piaciuto a me scriverlo.

 

Inoltre, volevo dirvi che ho pubblicato un’altra storia. Si intitola “Lui”, la troverete subito nel mio profilo.

I protagonisti sono Alice e Jasper, ed è una mini fan fiction nata da un mio sogno… non pensate male, però XD

Davvero, se volete, fateci un salto, magari lasciatemi un commentino, mi farebbe veramente piacere!

 

Ma non posso andarmene senza aver ringraziato chi mi ha aggiunto tra i preferiti/seguiti e le recensioni! GRAZIE! Ogni volta mi commuovo, davvero! Questo mi fa davvero piacere, perché vedo che apprezzate la mia storia, d’altronde complessa e di argomenti delicati.

Un grazie ad alexia__18, FRENKY85 (non ti preoccupare per non avere recensito, anzi, grazie di essere ancora qui con me, cara!), yle_cullen (si è capito tanto che sono del nord? XD Indovinato! Zona di Milano! Complimenti, Verona è una città meravigliosa! W Giulietta e Romeo!), MaryAc_Cullen, rosa62, hale1843, Vale728, congy, garakame, ese96, FraZanna (io propongo di non studiare più! D’altronde, perfino il mio prof dice che è meglio coltivare le relazioni che studiare a scuola! XD), artemide88, samy88 (sono lusingata di ricevere un tuo commento! Grazie e benvenuta! XD) per le splendide recensioni!

Grazie infinite. Vi voglio bene!

Quindi, al prossimo capitolo! Vi avviso che ci sarà anche Alice, che ha già adocchiato la situazione…   

 

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


Capitolo 8

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Bella

 

Quella mattina mi alzai più agitata del solito. Non solo per la fretta caddi come un salame dal letto, ma sprecai circa mezz’ora del poco tempo rimasto per scegliere qualcosa di adatto. Infine, optai per un tailleur bianco e un dolce vita nero, scappando in bagno a farmi una doccia e a vestirmi.

Alle nove in punto, qualcuno suonò il campanello. Grazie al cielo, ero già pronta da alcuni minuti.

Aprii la porta, trascinandomi una tracolla. Alice stava chiacchierando allegramente con un assonnato Edward, inarrestabile. Secondo me quella donna era animata da delle batterie, non avevo mai conosciuto un essere umano così sveglio e attivo.

Si voltò, illuminandomi con un sorriso. “Bella! Sei assolutamente adorabile!”, cinguettò, radiandomi da capo a piedi.

Arrossii, borbottando imbarazzata un ringraziamento.

Edward ridacchiò alla scenetta, passandosi una mano fra i capelli bronzei e spettinati. “Buon divertimento, donne”, ci augurò, agitando una mano.

“Non vieni con noi?”, chiesi, speranzosa.

Alice gli lanciò un’occhiata cupa, ed Edward si affrettò a scuotere la testa. “No, andrò da solo con la Volvo. Ci vediamo stasera, Bella, così mi racconterai tutto”, disse, scaldandomi con un dolce sorriso.

Chissà perché Alice aveva assottigliato lo sguardo, gli occhi nocciola che saettavano tra me ed Edward.

“Va bene”, sussurrai, ignorando quella piccola furia dai capelli corvini.

Edward chiuse la porta, rivolgendomi un ultimo cenno. Mancava poco che mi mettessi a sospirare come una quindicenne alla sua prima cotta.

Alice batté allegramente le mani, afferrandomi violentemente un braccio. “Vieni, cara”, mi spronò, lesta.

Mi trascinò per buona metà del corridoio, finché non si fermò verso l’ingresso. “Oh, no…” “Cosa?”, chiesi, preoccupata.

“La signora ‘Ficcanaso’ Cope”, ripose semplicemente, sbuffando. “Seguimi”

Si raddrizzò in tutta la sua piccola statura, viaggiando con semplicità e grazia per l’ingresso.

La signora Cope, che era appena uscita dalla porta di casa per sbirciare la situazione, impallidì. “Buongiorno, signorina Cullen”, salutò, fintamente cortese. 

“Buondì”, disse pigramente Alice, facendomi ridere sotto i baffi.

“Signorina Swan”, disse la signora Cope, lanciando ad Alice un’occhiataccia.

“Buongiorno”

Rammentai i pettegolezzi che qualche settimana prima mi aveva raccontato su Edward e la cugina. Non appena uscimmo, scoppiai a ridere, portandomi una mano davanti alla bocca.

Alice sorrise, guardandomi coni suoi occhi da cerbiatta. “Come sono andata?”

“Straordinaria! Hai fatto bene!”, esclamai, incapace di trattenermi.

“Quella donna è insopportabile. Credo che anche a te abbia detto degli appuntamenti al buio con Edward…”, scherzò, pavoneggiandosi per gioco.

“Si, la sera stessa in cui l’ho vista per la prima volta”, ammisi, arrossendo lievemente.

Alice fece una smorfia. “Già. Nonostante vedesse un biondo mozzafiato con cui sto da tre anni accompagnarmi qualche volta, è andata in giro a dire queste cose… roba da non credere”, sospirò, teatrale.

Mi accompagnò fino a una stupefacente porche giallo canarino. Era davvero splendida e lucente, il tipo di macchina che molto spesso si concedevano i benestanti di New York. “Wow”, commentai, rapita.

Alice ghignò. “Grazie. Me l’ha regalata Jasper per il nostro secondo anniversario”
Caspita. “Che lavoro fa Jasper?”, chiesi, salendo a bordo.

“È un avvocato per i diritti civili. È sempre stato il suo sogno”, spiegò, accigliandosi appena.

“Come il mio è quello di fare la giornalista”, ragionai, fissando il parabrezza.

Annuì, le labbra strette. “Giusto”

Schizzò per le strade di New York, facendomi divertire più del lecito.

Mentre eravamo ferme ad un semaforo, quella che mi parve “Hips Don’t Lips” di Shakira cominciò a riempire l’abitacolo.

Non avevo notato che avesse acceso la radio, ma poi mi ricordai che quella era la suoneria del suo cellulare.

Sbuffò. “Oh, merda”

Cercò il cellulare nelle tasche del cappotto nero, ma io lo intercettai all’interno del cruscotto.

Glielo passai velocemente, realizzando che il suo ragazzo la stesse chiamando. Alice mi lanciò un’occhiata di ringraziamento, per poi schiacciare il tasto verde.

“Pronto? Jazz, non dirmi che hai dimenticato qualcos’altro! Ah, okay… no, stavo già progettando di bruciarti i documenti… così impari! Si, si, ho fatto il bucato… anche se sarebbe stato il tuo turno… Sai chi ho visto? Si, la signora Cope! Dovevi vederla come l’ho snobbata! Vero, Bella?”, mi chiese, sorridendomi.

“Vero”, convenni, divertita.

Jasper parlò, la voce profonda quasi udibile fino alle mie orecchie, ed Alice sbuffò. “Si, si, va bene… oh, cazzo, era stasera? No, mi rifiuto se è con George! Ah, allora va bene… si, okay, ma smettila di fare il geloso… si… dai, allora ci facciamo un giro a Central Park, così ti presento Bella!”

Mi accigliai, sorpresa.

Fece un risolino. “Anch’io ti amo. Un bacio”. Chiuse la comunicazione, ficcandosi il cellulare nella tasca destra.

“Che cosa?”, le chiesi, sospettosa.

Sorrise dolcemente, abbagliandomi. “Oggi ti presento Jasper, il mio fidanzato. Forse lo hai già visto qualche volta quando lavoravi al bar, ma almeno sarà ufficiale! Quindi, oggi, finito di lavorare, andiamo tutti a Central Park, così ci vediamo”

“Non so…”, tergiversai, vagamente imbarazzata. 

“Non ti metteremo in imbarazzo”, giurò solennemente, facendomi ridere. “Peccato che Edward fino a quell’ora lavora”, sospirò, mettendo un tenero broncio.

Già, proprio un vero peccato.

Nonostante la conoscessi da poco, la adoravo. “Va bene”, mi arresi, alzando le mani. 

“Si! Grazie, Bella!”, esultò, saltellando sul sedile e rischiando di schiantarci contro un taxi.
La redazione si trovava in un grattacielo assurdamente splendido. Avevo sempre sognato di lavorare in un edificio così lucido e maestoso. Mentre Alice chiudeva l’auto, alzai il viso per ammirare quella meraviglia in tutta la sua altezza.

“Vieni, Bella”, mi incoraggiò dolcemente Alice, sospingendomi verso la porta.

Le porti scorrevoli si aprirono e l’aria calda del riscaldamento mi investì in pieno viso.

Alla mia entrata, tutte le persone presenti si voltarono curiose. Arrossii a quegli sguardi indiscreti, limitandomi a seguire Alice per l’ascensore.

“Buongiorno, signorina Cullen”, salutò professionalmente una ragazza alla reception.

“Buongiorno, Sandra”, ricambiò allegra Alice.

“Ciao, Alice”, urlarono delle donne sedute su delle poltrone poco distanti.

Alice agitò loro la mano, sorridendo briosamente.

Alice schiacciò un bottone argentato, cominciando a sfilarsi il cappotto. Indossava un bel vestito floreale, le gambe magre e affusolate avvolte dai pantacollant e dagli stivali di velluto neri.

“Allora, Bella, ora ti presento Anne, il nostro capo. Ti farà alcune domande, ma tu mantieni la calma. Ti prenderà di sicuro, è rimasta a dir poco sconvolta dal tuo articolo”, snocciolò, in tutta serenità.

“Okay”, balbettai, inspirando ed espirando profondamente.

Mi guidò fino a una fragile porta di legno chiaro. Bussò, continuando a sorridermi imperturbabile. In quel momento avrei anche scalato l’Everest pur di avere la sua stessa tranquillità.

“Avanti”, disse una voce fredda e severa.

Se in quel momento non svenni, fu certamente un miracolo. Anne era una donna sui quarant’anni circa, il viso ovale e le labbra sottili rigidi. Deglutii sonoramente, terrorizzata. 

“Lasciaci pure sole, Alice”, disse cordiale, facendo un cenno ad Alice.  

“Va bene, aspetto fuori”, ribatté Alice, ammiccandomi mentre usciva.  

Anne mi indicò silenziosamente la sedia di fronte a sé, concentrata. Seguii il suggerimento, gli occhi fissi su di lei.

Per poco non sobbalzai, quando mi tese la mano. “Anne McMillan, piacere”

Abbozzai un sorriso, afferrandogliela. “Isabella Swan”

“Allora, Isabella. Dimmi, perché vorresti diventare una giornalista?”, chiese, appoggiando i gomiti sul tavolo.

Domanda facile. “È sempre stato il mio sogno fin da quando ero una bambina”

Annuì, secca. “Interessante. E come mai proprio la giornalista?”

Okay, Bella, puoi farcela. Non ti mangia mica.

“Mi piace vivere secondo la realtà, informare ed aiutare la gente”, risposi, cercando di essere il più professionale possibile.

Anne si aprì in un dolce sorriso, sbalordendomi non poco. “Ho letto il tuo articolo. È veramente bellissimo, complimenti. Sai, sembra quasi che tu aspetti un figlio”, scherzò, ridacchiando serena.
Impallidii, ma mi ricomposi all’istante.

“Beh, ti piacerebbe lavorare qui?”, domandò Anne, quasi in tono cospiratorio. 

Sospirai. “Oh, si. Tantissimo” 

Il sorriso di Anne si allargò a dismisura.“Considerati assunta, tesoro”

Rimasi a bocca aperta, semplicemente radiosa. “Davvero?”, farfugliai, incredula.

Annuì. “Certamente. Anzi, ti do già del lavoro da fare. Ecco”, disse, porgendomi un foglio. “Si tratta di un servizio, le istruzioni sono su questo foglio. E ora vai pure, Alice ti indicherà l’ufficio”, concluse, facendo un cenno verso la porta.

Mi alzai, stringendo il foglio tra le mani. “Grazie mille, signora MacMillan. Non la deluderò”

“Ne sono certa, cara. Buon lavoro”, aggiunse, spostandosi verso lo schermo del computer.

Mi rinchiusi la porta alle spalle, lanciando un gridolino. Alice mi guardò incuriosita, le braccia incrociate sul petto.

“Mi ha accettata!”, sussurrai, entusiasta.

Prima che potessi pensare, abbracciai Alice, completamente felice. Solo quando mi resi conto di ciò che avevo appena fatto, mi scostai, imbarazzata. “Scusa, non volevo”, balbettai, rossa e vergognosa.

Alice scoppiò a ridere, abbagliandomi con quella risata delicata e argentina. “Non preoccuparti, Bella. Siamo amiche, no?”

Un dolce sorriso proruppe sulle mie labbra a quella dolce parola.

Amica. Ormai mi ero anche dimenticata cosa volesse dire. Per James, avevo perso tutto. Amiche comprese.

Alice mi afferrò una mano, riscuotendomi dalle mie riflessioni. “Vieni, Bella. Ti mostro l’ufficio”

Mi lasciai guidare dalla mia nuova amica, verso le porte del mio sogno. 

 

“Eccolo”, trillò Alice, balzando in piedi dalla panchina.

Non appena vidi quel bell’uomo biondo, ricordi decisamente imbarazzanti affiorarono nella mia mente, facendomi arrossire. Meglio evitare l’argomento con Alice, un domani.

Alice gli andò incontro, stampandogli un bacio sulle labbra.

Ridacchiando, li raggiunsi, stringendomi nel giubbotto.

Novembre era quasi alle porte, d’altronde.

“Bella, ti presento Jasper, il mio fidanzato”, presentò Alice, saltellando felice sul posto.

Jasper sorrise, tendendomi la mano. “Piacere”

“Piacere”, ribadii, timida.

“Peccato che Edward non possa venire”, sbuffò Alice, immediatamente confortata dal compagno.

“Sono solo le quattro, amore, non puoi pretendere”, disse Jasper, alzando gli occhi al cielo.

“Piuttosto, stasera la cena con chi è?”, chiese Alice, rivolgendogli l’intera attenzione.

Era incredibile il modo in cui si guardavano per delle minime cose. Era totalmente assoluto, incredibile. Come se non esistesse nient’altro che lui o lei. Con James non era mai stato così. E avevo sprecato un anno della mia vita con lui.

Jasper si strinse nelle spalle. “Con il signor Marsden, il giudice di pace. Abbiamo pensato a una cena di famiglia, così c’è anche sua moglie”

Alice ridacchiò, spensierata. “Beh, almeno mi diverto un po’ anche io”

“Stamattina hai nominato un certo George. Chi era?”, chiesi, curiosa.

Alice scoppiò a ridere, Jasper si rabbuiò appena. “George è un collega maniaco di Jasper che non fa che provarci con me”, spiegò Alice, maliziosa. “Dopo una cena interamente passata a osservarmi le tette, mi ha un po’ stufata”

“Avresti potuto anche dirmelo prima, invece che a casa”, mugugnò Jasper, infilandosi le mani nelle tasche del cappotto. 

Alice sollevò le sopracciglia delicate, scettica. “Per fare cosa? Lasciartelo pestare? Proposta allettante, ma non è il massimo”

Ancora ridendo, ci avviammo verso Central Park, incredibilmente liberi e spensierati.

 

http://robertpattinson.fansblog.it/files/2009/09/robert-pattinson-sexy-477x360.jpg 

Edward

 

Bella era lì nel corridoio, avvolta in un maglione bianco così divino da risaltarle le morbide forme. Non appena mi vide, arrossì, accennando distrattamente all’orologio. “Ti stavo aspettando”, borbottò, passandosi una mano tra i lunghi capelli castani.

Mi bastò scorgere quella dolce scintilla nei suoi caldi occhi di cioccolata, per sorridere come un bambino. E meno male che avevo venticinque anni. “Figurati, anzi, non vedo l’ora di sapere come è andata”, dissi, la mascella ora così abituata a quello sforzo da non sentirla nemmeno più. Forse avevo una paralisi facciale, e manco me n’ero accorto.

“Non c’è molto da dire”, ammise, arrossendo ancora di più.

“Andiamo!”, la spronai, scherzoso.

Ridacchiò suo malgrado, facendomi un cenno di entrare.

Non ci pensai due volte. Mi feci guidare dalla sua gentilezza, portandomi in casa. obbligò a sfilarmi il giubbotto, per poi abbandonarlo sul divano accanto al suo.

Ovviamente, si diresse automaticamente alla macchinetta del caffè.

“Come è andata, quindi?”, esordii, accomodandomi al piccolo tavolo della cucina.

Sorrise, senza smettere di far lavorare le mani. “Il capo ha chiesto ad Alice di lasciarci soli, e mi ha fatto alcune domande. Mi ha semplicemente detto che ha letto il mio articolo, le ha piaciuto molto… e mi ha assunta!”

“Ma è grandioso, Bella!”, esultai, sinceramente felice.

“Sai che oggi Alice mi ha presentato Jasper?”, disse, un tenero sorriso stampato su quelle labbra piene.

Sbuffai, scuotendo la testa. “Figurati se non si doveva vantare quel mostriciattolo”

Bella ridacchiò, quasi incantandomi. “Niente affatto, è stata molto discreta… Insomma, non ti fanno sentire a disagio”, notò, pensierosa.  

“È una loro caratteristica oggettiva”, annuii.  

“Jasper mi ha raccontato che fin da ragazzo desiderava diventare un avvocato”, sussurrò, lo sguardo a terra.

Capii a cosa si riferiva. “Alla fine ce l’ha fatta, come vedi… così come ce l’hai fatta tu…”, aggiunsi, delicato.

“Sembra un sogno…”, sospirò, servendomi la tazzina.

Emisi un sospiro anche io, condizionato dalla sua felicità. Forse ero troppo sensibile, ma era impossibile non essere coinvolto dai sentimenti di quella donna così dolce.

Bella si sedette accanto a me, gli occhi improvvisamente lucidi.

La guardai interrogativo, temendo che ci fosse qualcosa di grave di cui non volesse parlare. Qualcosa da nascondere.

Come quella volta che aveva posato le mani sulla pancia, pallida e silenziosa.

“Tutto questo è merito tuo, Edward. Ho realizzato il mio sogno, sto bene con me stessa… tutto grazie a te”, sussurrò, le iridi scure nelle mie.

Mi sentii affogare in quei meravigliosi pozzi di cioccolata. Erano più scuri di quelli di Alice e più chiari di quelli di Tanya. La loro tonalità era singolare. Magnifica.

“Non è stato altro che un piacere, Bella”, mormorai, sincero.

Non riuscivo a distogliere lo sguardo da quella bellezza divina. Dovevo essere stato pazzo ad averla definita semplicemente carina, al nostro primo incontro.

Una lacrima percorse la sua delicata guancia rossa, gli occhi scintillanti. Prima che potessi riflettere, mi chinai verso di lei e gliela catturai con un dito.

Bella ridacchiò, imbarazzata. “Scusa…”, sussurrò, distogliendo lo sguardo.

“Bella”, chiamai.

Con un dito, le alzai il mento, costringendola a guardarmi. I suoi occhioni mi fissavano confusi e vergognosi. “Non è stato niente. So cosa vuol dire raggiungere un sogno…”. Anche se infranto, il mio era stato un sogno. Almeno, così la vedevo io. Forse Alice aveva ragione, dopotutto: prima o poi sarei stato ricoverato in un manicomio. “E io ti ho semplicemente aiutato. Perché voglio vederti felice”

Mi bloccai, incerto sull’ultima frase appena pronunciata.

Perché voglio vederti felice…

La ripercorsi mentalmente almeno due volte, prima che Bella prendesse parola. “Hai fatto molto più di questo…”. La sua mano, sul ventre. Di nuovo. Cominciavo a preoccuparmi seriamente. Forse soffriva di una malattia rara.

È questo che mi nascondi, piccola Bella?  

“Cosa, Bella?”, incalzai, l’ansia crescente.

Bella era sul punto di scoppiare a piangere, il labbro inferiore tremante. “Tu… ecco, io…”, balbettò.

Il cellulare vibrò nella mia tasca, facendomi sobbalzare. Sotto lo sguardo vigile e spaurito di Bella, afferrai l’aggeggio e diedi un’occhiata al display. Avrei ucciso mia cugina, prima o poi.

Grazie al cielo, esisteva uno come Jasper in grado di sopportarla.

“Scusa”, borbottai, per poi rispondere al telefono. “Che c’è?”

“Anche io sono felice di sentirti, Edward!”, esclamò Alice, sarcastica.

“Scusa, Alice… posso richiamarti dopo?”, chiesi, supplichevole.

“Ed, volevo solo avvisarti che stasera devo andare a una cena con Jasper e un suo collega… sai, le solite cene tra famiglie…”, disse, per nulla entusiasta del progetto.

“Certo, va bene”

“Mi dispiace… non mi va che tu stia da solo…”, sospirò, imbronciata.

Lo stomaco mi si attorcigliò a ricordi poco salutari. “Non importa, Alice, davvero… al massimo chiamo un po’ papà…”, suggerii, fingendo entusiasmo.

Ovviamente Alice non ci cascò, mi conosceva troppo bene. Evidentemente, decise di sorvolare. Sospirò. “Mi dispiace ancora, caro… dai, domani mi rifaccio, giuro”

“Dai, Alice…”

“Ci sei, amore? Dobbiamo andare”, chiese Jasper, sbattendo probabilmente la portiera della macchina.

“Ciao, Ed. A domani”, salutò dolcemente Alice.

“A domani”, sussurrai. Chiusi la conversazione, le labbra strette.  Guardai Bella, immobile e a braccia conserte sulla sedia.  “Forse è meglio che vada”, esordii, alzandomi.

“Okay”, mormorò, imitandomi.

“Scusa per il disturbo”, aggiunsi, abbozzando un sorriso.

Ricambiò, più allegra, gli zigomi completamente smunti. “Nessun disturbo, figurati”. Si interruppe, avvampando improvvisamente.  “Ci… ci vediamo domani?”

Mi strinsi nelle spalle, convinto. “Certo”

Annuì, accompagnandomi alla porta. “Va bene”

“Anche se è un po’ presto, buonanotte”, augurai, aprendo la mia porta. 

“Buonanotte”, sussurrò, per poi chiudersi in casa.

Chiudendosi in se stessa e nelle sue sofferenze inespresse. Come me. 

 

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Alice

 

“Allora, come ti sembra Bella?”, domandai, sfilandomi il cappotto e appendendolo all’ingresso.

Jasper mi imitò, per poi crollare sfinito sul divano. “Sembra proprio una brava ragazza. Un po’ timida, ma molto dolce”, rispose, battendo una mano affianco a lui per invitarmi a sedere.   

Obbedii, appoggiando di buon grado la testa sulla sua spalla. Mi circondò interamente con un braccio, permettendomi di adagiare il capo nel suo petto. Il suo dolce profumo muschiato mi colpì in pieno, accendendo il mio desiderio. Non ne avevo mai abbastanza di Jasper. Mai.

Lui per me era tutto. Mio fratello, il mio migliore amico, il mio amante, il mio fidanzato. Senza di lui non sapevo come avrei fatto. Era incredibile quanto fosse grande il mio affetto per lui, quanto lo amassi ancora giorno dopo giorno.

Prima di incontrarlo all’università, le mie vicende amorose non erano state molto numerose. Non tanto perché i corteggiatori mancassero, ma perché ero rimasta traumatizzata da una brutta esperienza. Un fatto che se non ci fosse stato Edward, non avrei saputo come uscirne.

Sospirai, chiudendo gli occhi.

“A cosa pensi?”, sussurrò, delicato. Percepii le sue labbra schioccare dolcemente sui miei capelli, tranquillizzandomi.

“Pensavo a quanto ti amo… e di quanto sono stata fortunata a incontrarti dopo Matthew”, confessai in un soffio.

Jasper sbuffò, lievemente irritato.

Matthew non era stato il mio primo ragazzo, ma fu l’uomo con cui ero diventata finalmente donna. Avevo diciotto anni, e praticamente mi aveva usata solo per fare sesso. La nostra storia era durata appena un mese, ma ero talmente innamorata di lui da essermi concessa così, senza pensarci. Buttandomi come un vecchio abito.

Solo quando mi ero accorta che tutto quell’affetto era una bugia, solo quando mi ero accorta di essere stata utilizzata per una notte di divertimento, ero rimasta così sconvolta da non voler più uscire con nessuno. Se non ci fosse stato Edward, sarei stata ancora in depressione.

Edward era la concezione personificata della parola ‘fratello’. Lui era al pari di Emmett, per me. In quel periodo mi aveva aiutata così tanto, che era stato impossibile non rendersi conto del suo innato altruismo.

“Era proprio un figlio di puttana”, sibilò Jasper, stringendomi a sé.

Ridacchiai, carezzandogli il torace. “Parla quello che faceva l’amore con altre ragazze immaginando di farlo con me”, lo stuzzicai, alzando il viso per guardarlo meglio.

Jasper arrossì, imbarazzato. Sorridendo, intrecciai le mie dita tra i suoi capelli, attirandolo a me. Il suo respiro caldo e dolce mi inebriò i sensi, stordendomi. Gli baciai le guance arrossate, beandomi di quel tepore.

“Erano tutte ragazze così, Alice, che si divertivano quanto me solo a fare sesso…”, sussurrò Jasper, serrando gli occhi. “Mi volevano solo perché piacevo, ma non erano innamorate di me… non sarei mai caduto così in basso come quel Matthew. Sedurre e abbandonare non era proprio il caso. Ma io ti desideravo così tanto, e tu non accennavi a desistere con me, da aver catturato i miei sensi e stimolato la mia fantasia…”

“È squallido, Jazz”, bisbigliai, addentando il suo dolce labbro inferiore.

Sospirò, vergognoso. “Lo so, Al. Lo so. Ma ero un ragazzo immaturo, che voleva solo divertirsi. Mi è bastato il nostro incontro per cambiarmi la vita”

“Beh, dopo un bel po’…”

“Già… ma sai, come si dice: chi disprezza, compra

Ridacchiai. “Questo è vero”

Jasper si unì a me, per poi rabbuiarsi. “La notte sognavo te, nuda tra le mie braccia… mi immaginavo il tuo caldo avvolgermi e perdermi tra i tuoi sospiri… ero innamorato perso di te, oserei dire che sei stato –e sei tuttora- il mio primo vero amore…”

Con le dita, gli carezzai le palpebre, rilassandolo. “Un po’ tardi, eh?”, scherzai, baciandogli il collo.

“Già”, sorrise, abbagliandomi con quel limpido celeste.  

Lo tirai finalmente a me, unendo la mia bocca con la sua. I nostri schiocchi riempirono il mio canale uditivo, scollegandomi il cervello.

Era mio, lo sentivo. All’università avevo opposto resistenza, ma ora io ero lì, per lui.

Gli schioccai un ultimo bacio su quelle labbra perfette, per poi mettermi a cavalcioni su di lui.

“Sai, credo che Edward provi qualcosa per Bella”, riflettei, leccandogli la gola.

Si accigliò, incuriosito. “Davvero?”

Annuii. “L’ho notato quando stamattina sono andata a prenderla e… sorrideva, Jazz. Continuamente. Ma non era il suo solito sorriso tirato, da quando quella puttana l’ha lasciato, no… era spontaneo. Sereno. Anche al bar lo avevo notato, ma credevo di essermi sbagliata”

“Ma è… fantastico, amore”, esclamò Jasper, seriamente contento.

“E si vede lontano un miglio che anche Bella è cotta di Edward”, ghignai, appoggiando le mani allo schienale del divano dietro di lui.

Si strinse nelle spalle, trafiggendomi con i suoi maliziosi occhi celesti. “Tutto sta nel tempo”

Feci una smorfia. “Già, il tempo. Un subdolo bastardo a due medaglie”

Jasper abbassò gli occhi, evidenziando ancora di più l’ombra delle sue lunghe e folte ciglia chiare. “Beh, con noi ha funzionato… staremo a vedere con loro”, concluse. 

Sospirai, arrendendomi alla sua logica inoppugnabile. “Hai ragione. Dopo lo chiamo, devo avvertirlo che stasera andiamo a quella cena”

“Va bene”. Dopo avermi baciato una guancia, guardò l’orologio. “Cominciamo a prepararci? Il signor Marsden non esige alcun ritardo”, aggiunse, per nulla convinto.

Gli mordicchiai un lobo, facendolo gorgogliare. “D’accordo… ma solo dopo aver fatto l’amore…”

Mi buttai su di lui, decisa ad unire nuovamente le nostre anime con amore e passione.

________________________________________________________________________________

Ciao a tutti! Prima di tutto, vi chiedo umilmente perdono. Nonostante abbia già un bel po’ di capitoli pronti, non ho mai avuto il tempo di postare! Scusate!

Spero comunque che con questo capitolo un po’ lunghetto (forse troppo) mi abbiate perdonato!

Quindi, che dire? Bella è stata finalmente assunta ed è ormai eternamente grata ad Edward, ormai la personificazione di un angelo per la ragazza. Edward è sempre più attratto da Bella, e, avendola conosciuta meglio, sembra far rispecchiare la sua attrazione caratteriale in quella fisica. Alice ha notato tutto, si è accorta della felicità del cugino vicino ad una persona estranea, e si è confidata con Jasper.

Il prossimo capitolo sarà un po’ di passaggio. Perché un po’? Beh, perché in quello di Bella ci sarà una specie di intermezzo. In quello di Edward, succederà qualcosa di molto grave e importante… che unirà ulteriormente e, oserei dire, per sempre, i due. Per incuriosirvi, vi dico che c’entra il piccolo nel pancino di Bella… ma non sarà lei a dirglielo, ma una serie di eventi naturali.

Okay, la smetto, prima che mi uccidiate!

 

Perdonatemi ancora se non rispondo alle vostre magnifiche recensioni, ma non ho tempo! Scusate, scusate, scusate! Non vi offendete, vi prego!

Tuttavia, ringrazio di cuore yle_cullen, Shinalia, shining cullen, FRENKY85, Nessie_06, rosa62, Vale728, ese96, artemide88, MaryAc_Cullen, garakame, alexia__18! Grazie, gioie!

Ringrazio anche infinitamente chi mi ha aggiunto tra i preferiti/seguiti e tra gli autori preferiti (17! Stavo per svenire!)

 

Grazie mille e al prossimo capitolo!

 

 

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


Capitolo 9

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Bella

 

Per la prima volta, dopo un mese che parve un’eternità, ero felice. Completamente, interamente felice.

Forse perché ora ero una giornalista. Forse perché il mio bambino stava bene. O forse perché avevo degli amici che mi volevano bene.

Con il tempo, avevo notato quanto fosse religioso Edward. Era strano, e quanto meno attraente, un uomo di venticinque anni tremendamente legato alle sue credenze.

“È tutto matto, non dargli corda”, scherzava Alice, trillando allegramente una sua risata.

“Non credi in Dio, Alice?”, le chiesi, curiosa.

Alice sorrise dolcemente, passandosi una mano tra i corti e lucenti capelli corvini. “Vedi, Bella, Dio non è facile da comprendere. Spesso mi chiedo della sua esistenza, e ancora non ho trovato una riposta. Io credo in  Dio… anche se molto spesso, credevo che mi avesse abbandonata”, sussurrò, distogliendo addolorata lo sguardo.

Non avevo mai visto Alice così afflitta, turbandomi non poco. “Perché dici così?”, mormorai, carezzandole delicatamente una guancia.

Sospirò, gli occhi nocciola vitrei. “La vita non è sempre tutto rose e fiori, Bella…”

Non poteva sapere quanto la capissi. La strinsi a me, cullandola dolcemente. “Ma tu hai Jasper…”, dissi, tentando di ricostruire i suoi pensieri tristi.

Alice abbozzò un sorriso al nome del fidanzato. “Jasper non è stato il mio unico uomo”, confessò a malincuore.

Non dovevo sorprendermi, lo sapevo. Alice era una donna indubbiamente bella, era assolutamente probabile che avesse conosciuto altri ragazzi prima di Jasper. Eppure erano così affiatati e perfetti insieme, da essere impossibile non pensare a loro come Alice e Jasper.

Alice mi aveva raccontato la loro storia nei minimi particolari, ed era noto l’amore e la perdizione totale per il suo amato. Non potevo credere che, prima di lui, ci fosse stato qualcun altro.

“A diciotto anni, mi sono innamorata veramente di un ragazzo, Bella. Si chiamava Matthew e frequentava il mio stesso liceo qui a New York. Quando ci mettemmo insieme, per me si era appena realizzato un  sogno. Ero felice, assurdamente contenta di ciò che mi era capitato. La nostra relazione durò appena un mese, ma fu molto intensa. Almeno, per me. Finché lui non mi chiese la fatidica prova d’amore…”

Chiusi gli occhi, totalmente concentrata sulla voce cristallina di Alice. Sentivo già come sarebbe andata. Tocca e fuggi. Proprio come James.

“Ero così cieca, Bella… cieca e stupida… facemmo l’amore, e lui mi abbandonò così, senza tanti complimenti. Il giorno dopo, scoprii che quello schifoso si era vantato di avermi sverginato. Lui, che credevo di amare. Capisci, Bella?”, sibilò Alice, la voce tremante.

Proprio come James. Lurido bastardo. “Si, Alice… posso capirti eccome…”

“Non era niente di che, forse… ma quel periodo fu tremendo… se non ci fossero stati i miei genitori, Emmett… Edward… sarei ancora depressa, Bella”, confessò, amara. 

“Ma poi hai incontrato Jasper, Alice”, le ricordai, carezzandole la testa. 

Ridacchiò, delicata. “Grazie a Dio. A volte ci penso, Bella. Se Jasper non si fosse mai trasferito da Houston? Se non lo avessi mai incontrato? Tutto faceva parte di un disegno divino, oppure è avvenuto da sé?”

“Voi due siete fatti per stare assieme”, commentai, assolutamente certa.

Alice si tirò su, i suoi occhi nocciola improvvisamente animati. “Io non ho mai amato una persona quanto lui, Bella. Con lui mi sento me. E sto bene. Ho avuto molta più fortuna di quanto sperassi”, aggiunse, sospirando.

Trattenni il respiro, indignata. “Niente affatto, Alice! Tu meriti qualcuno che ti rispetti e ti ami con tutte le sue forze!”

Alice ridacchiò, arrossendo improvvisamente. “All’università non era altro che uno stupido texano arrogante…”

“…bello da togliere il fiato…”, aggiunsi, divertita. 

“…che faceva sesso con altre troiette per sfogare gli istinti che nutriva per me”, sospirò, cogliendomi di sorpresa.
Strabuzzai gli occhi, assolutamente incredula. “Oddio! Non ci credo! Jasper…!?”

Alice annuì, un’adorabile smorfia sulle labbra piene. “Già… me lo ha confessato un mese dopo la nostra relazione… ero rimasta altamente scioccata. Pensa che ha anche dichiarato di aver dato un pugno ad uno perché aveva commentato ad alta voce che avevo un bel culo. E non stavamo nemmeno insieme”

“Beh, era già… innamorato”, commentai, sorridendo.

“La nostra prima volta fu difficile, Bella… per colpa mia. Avevo paura che mi abbandonasse come Matthew… e la sua fama di donnaiolo non era rassicurante… eppure, ce l’abbiamo fatta. Mi ha voluto aspettare”

Ridacchiai, lasciandole un bacio sulla guancia. “Alice, tu sei felice, ora. Tu sai di appartenere a Jasper, non a quel Matthew”, la rassicurai.

Sorrise, raggiante. “È tutto passato, Bella. È solo che quando mi viene in mente, mi rattristo… ma come dice Edward, bisogna andare avanti. Peccato che non applichi questo concetto a sé stesso”

“Perché?”, chiesi, confusa.

“No, niente”, si affrettò a dire, lesta.

Dopo quella conversazione, non avevo potuto fare a meno di pensare a un disegno divino. Forse la scelta che avevo voluto intraprendere con James era sbagliata, così mi aveva donato un bambino per allontanarlo. Da Phoenix, mi aveva portato qui a New York. Perché? Quel era il mio scopo?

Il primo era sicuramente crescere il mio bambino. Erano gli altri, che mi erano sconosciuti.

Non ero mai stata religiosa, e, pensare in questo modo, non faceva che accrescere le mie incertezze.  

Passò un mese, tra gioie e felicità.

Alice mi passava a prendere ogni giorno per andare al lavoro. Era impossibile non rallegrarsi con quella donna nei dintorni, sebbene avessi scoperto che anche lei aveva avuto un brutto periodo nella sua vita.

Mi chiedevo se un giorno avrei avuto la possibilità di diventare come lei. Felice, amata e appagata. Con il mio bambino. Ci speravo. Ma se la speranza era l’ultima a morire, era la prima che ti fregava.

In breve, la mia carriera si era stabilizzata. Anne era completamente soddisfatta di me e dei miei articoli.

E poi c’era Edward. Dopo quell’imbarazzante pomeriggio, su cui ero sul punto di dirgli tutto, non aveva più toccato l’argomento. Non appariva più il ragazzo spiritato dei primi giorni della nostra conoscenza. Era dolce, sveglio e sorridente. Lo adoravo. Senza di lui, niente di tutto questo sarebbe accaduto.

Passò un mese, e dei miei genitori e di James nessuna traccia. Né una telefonata, né un messaggio, niente di niente.

Ormai con James avevo perso la speranza. Come avevo potuto amare un uomo del genere, era ancora un mistero. Forse ero diventata una bestia come lui. In fondo, non mi ero mai chiesta perché avessi litigato con tutte le mie amiche di Phoenix.

Passò un mese, e il mio bambino cresceva. Sapevo che era impossibile, eppure a volte mi pareva di sentirlo. Lo immaginavo come un bellissimo mollusco che cresceva senza sosta. Il piccolo mollusco che adoravo con perdizione.

“Bella, dovresti dimagrire, sai? Sembri incinta”, aveva notato allegramente Alice una volta, facendomi impallidire per la paura.

Avrei dovuto fare i conti, un giorno. E purtroppo lo sapevo. La pancia si gonfiava ogni giorno di più, e sarebbe sempre stato più difficile nasconderla. Per la prima volta in vita mia, avevo paura del giudizio altrui. Non della gente, ma di loro. Cosa avrebbero pensato Alice e Jasper? Peggio: cosa avrebbe detto Edward?

Mi avrebbe allontanata, non si sarebbe più fidato di me. Perché ero una puttana incinta lasciata dal fidanzato bastardo.

Ero felice. Ma avevo paura.

 

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Edward

 

Erano passati tre mesi dall’arrivo della mia nuova vicina.

Natale era alle porte, ed Alice era così entusiasta che perfino Jasper faticava a trattenerla. Non faceva che sgambettare tra i negozi di New York per compare i regali, più felice di una Pasqua. Ogni volta che andavo a casa sua con Bella, non solo c’era Jasper che sbraitava perché non aveva fatto il bucato o stirato qualcosa, ma si rischiava perennemente di essere schiacciati da enormi pacchi regalo. Jasper aveva rischiato più volte la vita in situazioni del genere, quindi era meglio evitare di portare avanti questa possibilità.

“Alice sembra impazzita!”, commentò sconvolta Bella, nell’ennesimo viaggio di ritorno.

“È sempre così a Natale. Ti conviene abituarti”, le consigliai, divertito.

“Terrò a mente questo suggerimento”, scherzò, ridacchiando.

Parcheggiai la Volvo davanti al palazzo, per poi prendere Bella per mano e guidarla davanti al mio appartamento. Solo alla luce soffusa dei neon nel corridoio, notai il suo dolce rossore sul viso.

“Arrossisci per tutto, lo sai?” le dissi, carezzandole uno zigomo arrossato.

Sospirò, fintamente melodrammatica. “Purtroppo lo so. Talento naturale”

“Ti va di venire a casa mia?”, chiesi, vagamente ansioso della sua risposta.  

I suoi occhi di cioccolata mi fissarono incerti, per poi illuminarsi. “Certo, va bene”

Sorrisi. Aprii la porta, e le sfilai galantemente il giubbotto, unendolo con il mio. Mi diressi nel cucinotto, afferrando la macchinetta del caffè già pulita. Ormai quello era un nostro rituale.

Eppure c’era qualcosa che non andava. C’era troppo silenzio. Mi voltai. Bella si era accomodata sul divano, leggermente pallida.

“Bella, tutto okay?”, chiesi, preoccupato.

 Bella annuì, piano.

“Bella? Sicura?”. Mi avvicinai a lei, cauto.

Bella si accigliò, in una lieve smorfia di dolore. “Edward… dov’è il bagno?”, chiese, le mani che tenevano spasmodicamente la pancia.

Allarmato, la accompagnai immediatamente. Accesi la luce del piccolo bagno e le chiusi la porta, attendendo il suo arrivo. I secondi passavano e dalla stanza non proveniva alcun suono. Avevo un brutto presentimento. Speravo di essermi sbagliato, di essermi sognato tutto.

Passarono pochi minuti. Un urlo agghiacciante mi congelò il sangue nelle vene.

Senza minimamente riflettere, mi precipitai nel bagno.

“TI PREGO, DIMMI CHE È NORMALE! DIMMI CHE È NORMALE!”, urlò Bella, disperata.

A terra, Bella, piangente e seminuda. Ai suoi piedi, un lago di sangue.

________________________________________________________________________________

Mi dispiace avere finito sul più bello, ma è stato veramente necessario. Penso che avrete capito di che cosa si tratti, cioè di un problema con la gravidanza, ma vi assicuro che questo è stato un passaggio fondamentale. Se vi aggiungo che la storia è a lieto fine, non dovrete far altro che stare tranquilli. Quindi, don’t panic, please! XD

Vi consiglio anche di non uccidermi, ai fini della trama! XD E poi, credo di avervi fatto conoscere abbastanza il nostro Edward per immaginare uguale sarà la sua reazione… si accettano scommesse!

Terrei a precisare una cosa: molti mi chiedevano: “Ma quando Bella dirà ad Edward della gravidanza?”. Non ve l’ho mai detto, semplicemente perché non avrebbe avuto senso dirvelo subito. Ma se proprio volete una risposta… sarà nel prossimo capitolo! (Com’era logico che fosse!)

 

Detto questo, vorrei ringraziare le 17 persone che hanno recensito lo scorso capitolo! GRAZIE MILLE! Solo voi mi date la forza per andare avanti! Grazie a erika1975, congy, alexia__18, piccolinainnamora, Shinalia, rosa62,garakame FedeTwiRob, Nessie_06, MaryAc_Cullen, ese96, Nicosia, ___Ivy___, Vale728, gegge_cullenina, cussolettapink e artemide88 per le fantastiche recensioni! Grazie, grazie e ancora grazie, non smetterò mai di ripeterlo!

Grazie anche a chi mi ha aggiunto tra i preferiti, i seguiti e gli autori preferiti (24! Mio Dio, grazie!)!

 

Al prossimo capitolo, promettendovi che non ci metterò molto!

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


Capitolo 10

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Edward

 

“Edward! Oh, mio Dio!”. La voce cristallina di mia cugina richiamò la mia attenzione, echeggiando in tutto il corridoio dell’ospedale.

Alice mi abbracciò, soffocando alcuni singhiozzi. Le scoccai dei baci sulla testa per calmarla, ma la sua sofferenza non si attenuò. La verità era che nemmeno io trovavo una spiegazione a tutto ciò.

Jasper si avvicinò, incredulo e silenzioso. Alice si staccò da me, per poi trovare rifugio tra le possenti braccia del fidanzato. Jasper la cullò dolcemente, sussurrandole parole di conforto.

Mi sedetti meccanicamente sulla panchina contro il muro, scioccato.

Le immagini scorrevano nella mia mente come un film. Bella, tremante e urlante a terra, i pantaloni abbassati… il sangue che colava tra le sue gambe… e poi la rivelazione di Carlisle, facile quanto respirare: “Ha rischiato di perdere il bambino, ma è tutto apposto”

Bambino.

Bella aspettava un bambino. Sola, senza qualcuno accanto.

Dio mio.

“Edward, che cosa è successo? Che cos’ha Bella?”, chiese Alice, angosciata. Cercava di trattenere inutilmente le lacrime, premurosamente asciugate da Jasper.

“Tranquilla, amore mio… sicuramente non è niente di grave…”, la rassicurò Jasper, sedendosi accanto a me e prendendola in braccio come una bambina.

Non dissi nulla. Non ne avevo la forza. Perché finalmente avevo collegato tutto. Le mani istintivamente portate al ventre, i suoi muti ringraziamenti… Era incinta da tre mesi, e non aveva detto niente.

Tre mesi.

“Bella ha rischiato un aborto”, dissi automaticamente.

Alice trasalì, scioccata.

Jasper spalancò gli occhi. “Che cosa?”, sbottò, stupito.

Alice, se possibile, tremò ancora di più. “Ha rischiato un… aborto? Quindi significa che è…”

“… incinta”, conclusi, distaccato.

Non ci capivo più niente…

Bella è incinta.

Ero sempre più confuso…

Bella aspetta un bambino.

Non riuscivo a capacitarmi del fatto che Bella non mi avesse detto nulla. Non riuscivo a capire e basta.

Bella è incinta.

E non mi aveva detto niente…  

Non ti chiedi il perché?

Perché?

Per lo stesso motivo per cui tu non le hai detto di Tanya.

Ero uno stupido. Un immeritevole stupido. Come avevo potuto giudicarla, quando non ero a conoscenza di niente? Come? Chi ero io per giudicare?

“Cazzo…”, sospirò Jasper, passandosi una mano tra i capelli.

“La pancia… non si notava nemmeno…”, pigolò Alice, afferrando spasmodicamente la camicia di Jasper.

“Tre mesi, Alice… ovvio che non si vedesse niente”, esclamai, sconsolato. Io stesso mi meravigliai di essere riuscito a parlare. La mia gola era talmente secca che si sarebbe squarciata da un momento all’altro.

Jasper strinse le labbra, inquieto, appoggiando la testa sulla spalla di Alice. “Edward, non possiamo lasciarla sola”, sussurrò flebile, ma deciso.

Mi accigliai, perplesso. “Cosa?”

“Crescere un bambino da sola, per una donna… non è facile”, spiegò, sospirando impercettibilmente.

“Jazz…”, sussurrò Alice, afferrandogli il viso tra le mani.

“Quando ero piccolo, i miei genitori divorziarono. Per mia madre è sempre stato molto difficile allevarmi da sola, ed io ero troppo immaturo per comprenderlo. Tuttavia, non si è mai arresa, dicendomi sempre che io ero la cosa più bella che le fosse mai capitata. Nonostante lei mi amasse, non è stata comunque una passeggiata crescermi, sia fisicamente che emotivamente”, aggiunse, facendo una smorfia.

“Jasper…”, sospirai, intristito.

Era tutto così dannatamente difficile… 

“Tu sei l’unico che puoi capirla, Ed. L’unico che ha assistito al suo dolore e ha contribuito alla sua gioia”, continuò pazientemente Jasper, abbozzando un sorriso.

Alice mi abbagliò dolcemente con i suoi grandi e umidi occhi da cerbiatta. “Ha ragione Jazz, Edward. Tu sei l’unico che può capirla. Solo tu, dopotutto quello che hai passato…”

Il ricordo di Tanya non era più così doloroso in quel momento. Ero troppo scioccato per gioire del cambiamento. Pensavo a Bella, alle sue sofferenze, a quella piccola vita che,  nonostante le difficoltà, stava crescendo dentro di lei… “Alice…”

“Edward, ti sei mai chiesto che cosa ci facesse una ragazza giovane e sola come lei a New York? Per di più incinta? Senza un uomo e una famiglia accanto? Ed, tu la capiresti, tu la aiuteresti. Vai da lei, su”, mi incoraggiò, carezzandomi un braccio.

Le loro iridi marroni e azzurre mi scrutarono determinate, obbligandomi a farmi coraggio e a dirigermi nella stanza riservata a Bella.

“Edward?”. La voce di mio zio Carlisle in quel momento mi parve un balsamo.

“Zio, come sta Bella?”, chiesi, fuori dal mondo.

“Calma, Edward, calma… respira…”, sussurrò, evidentemente accortosi della mia innaturale agitazione.

Obbedii, consolato dalle sue pacche affettuose sulla schiena.

Carlisle annuì, soddisfatto. “La tua amica sta bene… è stata soccorsa appena in tempo da non rischiare un emorragia… o peggio”

“Lo so, lo so…”, conclusi, chiudendo gli occhi per un istante.

“Forse è il caso che tu vada da lei, Edward”, aggiunse Carlisle, gentile.

“Giusto”

“Vai pure. Vado un attimo da Alice e Jasper”, si congedò lo zio, lasciandomi solo.

Dopo aver inspirato profondamente, mi feci coraggio, ed entrai.

 

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Bella

 

Il sollievo era assolutamente incontenibile. Avevo temuto che il mio piccolo mi avrebbe abbandonato, e, invece, era ancora lì con me. Grazie a Dio.

Carezzai dolcemente il mio ventre, sperando che il mio frugoletto avvertisse l’amore che provavo per lui. Mio figlio.

Lui era la forza che mi aveva sostenuta per tutto quel tempo, dandomi la possibilità di ricominciare una vita più serena. Probabilmente, non sarei mai stata felice con James, l’uomo che credevo mi amasse. Nonostante fosse suo figlio, lo amavo con tutta la mia anima. Era la vita che cresceva dentro di me. Sangue del mio sangue. Poco importava che mi chiamassero puttana. Lui era ancora con me.

“Mi hai fatto prendere un bello spavento, schiocchino”, mormorai, tamburellando il pancino.

Ma sapevo che non era stato solo grazie a mio figlio, se ero arrivata fino a lì.

Chiusi gli occhi, il suo bel volto impresso nella mente. Il viso dell’uomo che mi era stato accanto per tutto questo tempo.

Edward.  

La porta della camera si aprì, distogliendomi un attimo dalle lacrime che avevano cominciato a fuoriuscire senza sosta dai miei occhi. Due pozze smeraldine catturarono la mia attenzione e capii chi fosse.

“Bella…”, sussurrò Edward, avvicinandosi.

“Edward…”, gemetti, la voce strozzata.

I loro volti sfilarono velocemente nella mia mente. Alice… Jasper… Edward.

Avevo raggirato delle persone buone, persone che, sebbene non sapessero niente di me, mi avevano aiutata senza indugio. Non solo, ma mi volevano bene.

E io le avevo ingannate.

Tutto per il mio egoismo.

Bugiarda, infida, traditrice…

Edward si accomodò sulla sedia affianco al mio letto, lo sguardo vuoto.

Strinsi le labbra, tentando di trattenere un urlo angosciante. Sapevo cosa mi avrebbe detto. Non ero più degna della sua fiducia. Ero solo una puttana bugiarda, che aspettava un bambino da una bestia.  

Semplice come respirare.

Ma il mio cuore no. Non aveva ancora accettato l’idea di poterlo perdere. Proprio no.

“Mi dispiace, Bella”, sussurrò, prendendomi la mano.

L’ultima cosa che non mi sarei mai aspettata. Edward si stava scusando con me. Per delle mie colpe.

“Smettila, Edward. Smettila”, sibilai, irritata.

Non capivo perché si stesse scusando. Ero io la bugiarda, la traditrice, colei che si era approfittata della sua bontà. Non lui. Non lo meritavo e basta.  

“Sono felice che il bambino stia bene, Bella”, mormorò, le dita che rafforzarono la presa sulle mie.

Fu un attimo. Mi bloccai, sconvolta da ciò che le mie orecchie avevano captato. Era ovvio che lo avesse capito, lo sapevo. Ma allora perché non mi urlava contro? Perché non mi mostrava tutto il suo disprezzo? Una pressante frustrazione nacque nel mio profondo, dandomi una forza che non avrei mai pensato di avere. 

“Perché, Edward? Perché? Io ti ho mentito!”, sbottai, balzando a sedere e ignorando il lieve fastidio al ventre.

“Avrai avuto le tue ragioni, Bella. Meglio di chiunque altro, io posso capirti”, argomentò lui, calmo e metodico.

Come poteva restare così calmo e impassibile? Come? Io gli avevo mentito, lo avevo ingannato. Tutto perché avevo paura di perderlo, di non potere più godere della sua fiducia.

“Capirmi? Capirmi! Come puoi capirmi? Io aspetto un bambino! E dovrò crescerlo da sola! E anche se è il figlio di quel disgraziato del mio ex fidanzato, che mi ha abbandonata senza ritegno, io…”

“È così che è andata?”, mi interruppe Edward, sorpreso.

Mi morsi la lingua, maledicendola. Il panico aveva completamente avvolto il mio cervello in una densa nebbia intricata. Tacqui, incapace di prendere parola. Aspettando il suo giudizio.  

“Il tuo ex fidanzato ti ha lasciato, quando era consapevole che tu fossi incinta?”, insistette, sempre più incredulo.

Gli occhi mi bruciavano. Non ci vedevo più. Di nuovo. “Si… Edward, io… mi dispiace così tanto di averti mentito… ma…”

“Cosa, Bella?”. La rabbia nella sua voce mi lasciò ancora più senza fiato. Lo sapevo. Era solo questione di tempo.

Non sono una puttana, Edward. Non sono una puttana come mi ha detto papà. Ti prego, comprendimi…

“Avevo paura… avevo paura di perderti…”, confessai di getto, prima che potessi censurare le mie parole. Abbassai lo sguardo, tremendamente colpevole.

Facevo schifo. Non solo lo avevo tremendamente ferito, ma pretendevo anche che lui mi stesse accanto. Ormai quella carta me l’ero già giocata. Lo sapevo.

“Non mi perderai, Bella. Finché tu mi vorrai, io ci sarò”

Alzai la testa così velocemente da farmi venire un capogiro. Non credevo alle mie orecchie. Davvero Edward, la persona più buona e onesta che avessi mai conosciuto, mi voleva con sé?

“Davvero?”, sussurrai, piano. 

Annuì, trapassandomi l’anima con i suoi occhi di smeraldo. “Sempre”

Un fiotto caldo di lacrime mi annebbiò la vista. “Oh, Edward”, sospirai, rifugiandomi nelle sue braccia.

Edward mi accolse di buon grado, stringendomi delicatamente contro il suo petto. Le sue mani dolci e gentili carezzavano la mia schiena, il mento appoggiato sulla mia nuca. Chiusi gli occhi, confortata da quel contatto così caldo e intimo. E scoppiai inevitabilmente a piangere, addolorata e felice. Avevo ancora il mio bambino, ed Edward era ugualmente al mio fianco. Nonostante tutto, lui mi voleva.

Iniziai a sospettare realmente l’esistenza di un disegno divino, come diceva Alice. 

“E poi…”, sussurrò nel mio orecchio, lasciandomi un bacio sui capelli. “Anche io devo dirti una cosa”

 _______________________________________________________________________________

Lo so, sono assolutamente imperdonabile. Spero che però il tanto atteso capitolo vi sia piaciuto. La storia è sempre stata così nella mia testa, indipendentemente dalle vostre aspettative. Bella rischiava di brutto, ma, miracolosamente, è filato tutto liscio. Per quanto riguarda il nostro caro Edward, immaginandolo e, quindi, “conoscendolo”, mi sarei aspettata solo questo tipo di reazione. D’altronde, chi era lui per giudicare Bella, quando le aveva volontariamente tenuto nascosto il suo divorzio con Tanya? Nulla. È un tipo abbastanza maturo per riflettere anche lui su queste cose.

 

Infine, GRAZIE. GRAZIE, GRAZIE, GRAZIE PERIODICO per le 26 (dico, 26!?) recensioni ricevute! Mio Dio, grazie! Vi prego, commentate in tante anche questo capitolo! So che potete farcela, ed è bello sentire anche i lettori silenziosi!

Più recensioni avrò, più posterò presto… vedete voi! (XD me perfida! ^^)

Un bacione a tutti e alla prossima con Bella ed Edward! 

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Capitolo 12
*** Capitolo 11 ***


Capitolo 11

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Bella

 

Non ero mai stata una persona violenta. Su questo non c’era alcun dubbio. Mi conoscevo abbastanza da potermi definire una donna pacifica e serena. Eppure, dopo che Edward mi aveva raccontato la sua storia, non ero riuscita a reprimere una scintilla omicida verso Tanya, la sua ex moglie. L’idea di abbandonare un uomo caro e gentile come Edward era assolutamente sconcertante.

“È quello che ci chiedevamo tutti, se è per questo”, borbottò Alice, lanciando un’occhiata infastidita a Jasper, che fumava tranquillo in un angolo del salotto. “Quella brutta arpia di merda lo ha ridotto a uno straccio per più di due mesi… Jazz, e che cazzo, vai a fumare fuori! C’è anche una donna incinta, qui!”, si lagnò, voltandosi inacidita verso il suo moroso.

Jasper alzò gli occhi al cielo, chiaramente esasperato. “Peccato che siamo in pieno gennaio…”

“Il freddo è niente in confronto al cancro che ti verrà negli anni! Non voglio rimanere vedova a trent’anni!”, mugugnò, incrociando ostilmente al petto le braccia snelle.

“Chi ti dice che ci sposeremo?”, ribatté Jasper, increspando le labbra.

“La cattiva sorte, purtroppo! Vai in bagno, almeno!”

Jasper dovette arrendersi al comando del capo supremo, così fuggì fischiettando verso il corridoio.

Alice ritornò a me, il naso ancora arricciato. “La cosa mi brucia ancora, a dire il vero”, mormorò, gli occhi fissi sulla trama del divano.

Sospirai. “È passato più di un mese da quando Edward mi ha detto tutto, Alice. Eppure non posso fare a meno di odiare quella donna. Tu sei più giustificata di me, poi. Sei sua cugina, la conoscevi…”

“Chiunque odierebbe a prima vista quella troia”, mi interruppe bruscamente Alice, sbuffando sonoramente. “Edward ha tirato le somme troppo in fretta. Avrebbe dovuto aspettare, perlomeno per rendersi conto di che razza di persona fosse”

“Già…”, sussurrai, affranta.

Edward era l’ultima persona al mondo che meritava un destino del genere. Il ricordo della nostra chiacchierata in macchina, mesi prima, si riaffacciò alla mente con violenza. Il suo unico desiderio era sposarsi e mettere su famiglia. Un sogno che gli era stato negato da una donna che non lo amava. E non era la prima donna a tradirlo. Perfino sua madre aveva abbandonato lui e suo padre a sé stessi,  quando aveva solo sei anni.

Peggio di così non poteva andargli.

Guardai Alice, ancora imbronciata. Beh, in fondo non era mai stato solo. Non con una cara famiglia come la sua, che lo sosteneva per qualunque cosa. Avevo conosciuto suo zio Carlisle in ambiti molto spiacevoli riguardo il mio quasi aborto, ma avevo avuto modo di constatare la sua naturale spontaneità e gentilezza. Perfino Esme, sua zia, e suo padre Anthony  dovevano essere persone fantastiche, da come me ne parlava.

“Oh. Bella, sono le sei in punto”, mi avvertì Alice, indicando con un cenno l’orologio appeso alla parete.

Sorrisi spontaneamente. Questo significava che Edward era appena uscito dal lavoro.

Jasper apparve quasi letteralmente dal nulla, infilandosi velocemente il cappotto. “Vieni, Bella. Ti accompagno”, mi incoraggiò Jasper, sorridendomi gentile. 

Annuii, imitandolo. “Non vieni, Al?”, chiesi, accigliata.

Alice abbozzò un sorriso, pallida in volto.  “Scusa, cara, ma non mi sento molto bene… sicuramente è colpa della tua sigaretta”, accusò Alice al suo fidanzato, mostrandogli la piccola lingua. 

“Si, come no”, sospirò Jasper, alzando le mani al cielo.

“A domani, Bells”, salutò Alice, sventolando la mano.

Jasper mi condusse nel parcheggio, aprendo a distanza la sua meravigliosa automobile.

“Credi che Alice non si senta veramente bene?”, domandai, preoccupata.

Jasper ridacchiò, stringendosi nelle spalle. “Nah. È semplicemente stanca, stai tranquilla”, mi rassicurò.

Allacciai la cintura, immediatamente rassicurata dalle fusa del motore. Il nostro silenzio non era affatto imbarazzato, ma semplice e naturale. Io e Jasper ci trovavamo a nostro agio più nel silenzio che nelle chiacchiere inutili.

“Stai meglio, Bella?”, chiese Jasper, lanciando un’occhiata alla mia pancia.

Sospirai, intenerita. Lo chiedeva sempre da quando ero uscita da quella stanza di ospedale. “Si, grazie Jasper”

“Mi dispiace per quello che ti è accaduto”, sussurrò improvvisamente, gli occhi fissi sul parabrezza.

Sospesi il respiro, sinceramente sorpresa.

Sapevo che Jasper era davvero una brava persona, matura e riflessiva. Nonostante gli volessi già bene come a un amico, pur non avendo la stessa intimità con Alice, non mi aspettavo così tanta comprensione da parte sua.

Non dissi nulla, incapace di profferire parola.

“Grazie al cielo, non potrei vivere mai esperienze del genere, a meno che Alice…”. Si interruppe, improvvisamente addolorato.

In quel momento, non potei fare a meno di confrontarlo con James. Mi disgustai io stessa del paragone, ma non riuscivo farne a meno. James non si era mai preoccupato della mia salute o del nostro futuro, sebbene avessimo convissuto per un anno. Jasper addirittura pensava ad avere dei bambini. Ed era sicuro che avrebbe avuto dei bambini con Alice. Semplicemente perché non riusciva a pensare al futuro senza di lei.

“Alice ti darà un figlio, Jasper. Ne sono certa”, lo rassicurai, gentile. 

Fece una smorfia. “Non è questo, Bella. Gli aborti sono così imprevedibili… non è per me che ho paura”
E allora capii. Era preoccupato per Alice, perché sapeva che se avesse perso un bimbo, sarebbe impazzita.

“Andrà tutto bene, Jasper. Alice è molto forte”, aggiunsi, fermamente convinta. 

“Lo so, credimi che lo so. È solo che… quando ha saputo ciò che ti era accaduto, era così spaventata… non ha chiuso occhio per tutta la notte”, sospirò, rabbuiandosi.

Questo Alice non me lo aveva detto.

Non sapevo se Alice e Jasper fossero a conoscenza della mia storia, anche se qualche remota possibilità era comunque concreta.

“Si, ma adesso sto bene, così come il mio piccolo. E poi tu non lo faresti mai, Jasper. Non faresti mai del male ad Alice”, mormorai, abbozzando un sorriso. 

Scosse velocemente la testa, vagamente inorridito. “Mai. Ne morirei”

“Tu ed Alice non avete mai parlato di matrimonio?”, domandai, flebile.

Ridacchiò appena, invadendo l’abitacolo di quella breve risata profonda. “Oh, si… non sai quante volte…”
Già lì, James avrebbe perso mille punti.

“Conclusioni?”, chiesi, curiosa.

Jasper arrossì, imbarazzato. “Beh, pensavamo che, dopo esserci stabilizzati nel mondo del lavoro, di cominciare a rifletterci seriamente…”

“Tempo?”

“Qualche mese”

“È fantastico, Jasper!”, esclamai, felice.

Sorrise radioso. “Lo dico anche io”

In meno di dieci minuti, raggiungemmo il palazzo. Con mia grande felicità, notai la Volvo grigio metallizzata già parcheggiata.

Dio, che bello.

Mi sentivo eccitata quasi quanto una quindicenne alle prime armi.

Beh, tra tutti quanti, ero la più piccola, no?

Ridacchiai da sola per la mia stupida battuta mentale. Forse dovevano ricoverarmi, anzi, sicuramente. 

“Siamo allegre, oggi, eh?”, commentò spensierato Jasper, facendomi avvampare.

“Grazie mille per il passaggio. Non avresti dovuto”

Alzò le spalle, serafico. “È stato un piacere, Bella. Ci si vede”

“Ciao!”, salutai, per poi vedere di sfuggita la lucente macchina svanire per la via.

L’ultima cosa che pensai prima di raggiungere Edward, fu che finalmente il mio bambino avrebbe potuto crescere in pace. Tra persone che gli volevano già bene.

 

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Edward

 

Entrai nell’appartamento, sbuffando. Il freddo artico mi aveva completamente intorpidito, sebbene avesse avuto a disposizione solo tre secondi. Mi gettai vicino al calorifero, beandomi del suo calore.

Inevitabilmente, pensai a Bella.

Bella era incinta. Nutriva e amava la creatura di un essere spregevole, un uomo incapace di prendere le proprie responsabilità. Forse, il termine più corretto per definirlo era bestia.

Non pensavo di avere conosciuto una donna così forte. Nemmeno mia cugina, che all’apparenza era una piccola roccia, era così sicura di sé. Probabilmente, se nella sua vita non ci fossi stato io, e, più avanti, Jasper, sarebbe andata alla deriva.

Bella no. Era stata abbandonata da quello stronzo, dai suoi genitori, dalle sue amiche, eppure era ancora viva. In meno di un mese, si era già ripresa. Ed ero sbalordito. Non perché pensassi che non volesse bene a quel bambino, ma per la sua incredibile tenacia.

La ammiravo. E la adoravo.

Mi sentivo… dipendente da lei. Come lo ero stato una volta per Tanya.

E avevo paura. Di essere ancora rifiutato, abbandonato e… innamorato. Avevo paura.

Il campanello suonò, e un sorriso assolutamente sincero nacque sul mio viso. Sperai che fosse Bella, avevo bisogno di lei più che mai.

“Ciao”, salutò Bella, illuminandomi con i suoi occhi di cioccolata fusa.

“Ciao. Entra”, dissi, scostandomi per lasciarla passare.

Bella si sfilò il giubbotto, posandolo docilmente sullo schienale del divano. Non potei fare a meno di notare quel delizioso pancino ormai visibile oltre il maglione. Era così bella, dolce e florida. Una dea della fertilità. La mia Bella. 

“Pomeriggio interessante da Alice?”, le chiesi, ridacchiando.

Bella sorrise del mio tono ironico, avvicinandosi con le braccia conserte. “Soliti battibecchi… non ti annoi mai”

Risi. “Lo so”

Bella si fece improvvisamente seria, accomodandosi sul divano. “Jasper è rimasto molto scosso da…”. Si interruppe, mortalmente pallida.

Strinsi le labbra, intuendo a cosa si riferisse.

Aborto spontaneo.

La affiancai immediatamente, preoccupato. Senza pensarci, le afferrai una mano, fredda per il gelo di gennaio. “Ho capito, Bella. Continua”, la incoraggiai, comprensivo.

Bella distolse lo sguardo, le guance imporporate da un velo di rossore. “Ecco… non pensavo questo…”

Le carezzai il palmo con il pollice, in un vago tentativo di rassicurazione. I miei polpastrelli gioivano al contatto con quella pelle morbida e profumata. Perché lei era lei, semplicemente la mia Bella. “I genitori di Jasper hanno divorziato quando lui era ancora un bambino e sua madre ha dovuto crescerlo da sola. Non deve stato facile, visto che Jasper non è mai stato calmo quanto adesso”. Mi interruppi, ricevendo un’occhiata sorpresa da Bella.

“Non lo avrei mai immaginato”, mormorò, triste.

Feci una smorfia. “Lo so. A volte credo che il naturale istinto materno di Alice lo completi interamente. Ha ventisette anni, è vero, ma tutti noi sentiamo la mancanza di nostra madre…”. Eccome, se si sentiva.

Bella sospirò, gli occhi di cioccolata illuminati di luce propria. “Tu ne senti la mancanza, Edward?”, chiese, delicata.

Strinsi le labbra, pensieroso. “Non saprei… sei anni non sono niente, Bella. E lei non è mai tornata. Evidentemente non mi ha mai voluto bene”, conclusi, stringendomi nelle spalle.

“Oh, Edward…”, sospirò, appuntandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.

Sorrisi appena, accostandomi di più a quel viso d’alabastro. “Anche se i tuoi non ti sono più accanto, Bella, sai che puoi contare su di noi. Alice e Jasper ti vogliono bene, Bella… e anche io te ne voglio molto…”

Mi bloccai, inquieto. Non potevo averlo detto sul serio. No, non era possibile. Lo avevo detto.

Eppure era ciò a cui avevo pensato per giorni e giorni.

Bella sorrise, avvicinandosi un poco. “Grazie Edward. Anche io te ne voglio. Senza di te, non sarei qui. E sono felice”, sussurrò, trafiggendomi con i suoi occhi di cioccolata. Così belli, dolci e caldi. 

“Sei felice grazie a me?”, mormorai, perso nel contemplare quella piccola dea.

Bella annuì, sopraffacendomi. “Si. Interamente. Se non fosse per te, né io né il mio bambino saremmo qui”

Sospirai. Perché nonostante ci stessimo aprendo, io non lo ero del tutto.

Era come se il mio cuore fosse ostacolato da lei. Quella che era diventata l’altra. Tanya mi aveva portato via tutto: soldi, fiducia, vita. E il mio affetto per Bella era ostruito da quel dolore insormontabile, quel male cancerogeno che mi aveva quasi ucciso. Portandomi alla pazzia, al suicidio. “Bella, io… vorrei volerti molto più bene di adesso…”, bisbigliai, appoggiandomi interamente allo schienale del divano.

Il suo sorriso era così dolce da uccidermi. Volevo amarla. Perché non potevo? “Io te ne voglio già molto, Edward. Mi basta”, sussurrò, scostandomi una ciocca di capelli davanti al mio viso.

Rabbrividii al suo tocco, mille immagini esplosive all’interno della mia testa.

“Ma a me no.  Io…”

“Tu, cosa?”, mi incoraggiò, delicata.

Chiusi gli occhi, pregando che la mia voce non venisse da meno in quel momento. “Vorrei amarti. Sul serio, Bella. Ma non ci riesco. Non perché sono sentimenti falsi, ma perché il mio cuore è già stato spezzato da Tanya… e ho paura”

Tanya mi ha fatto male, Bella. Ti prego, comprendimi.

“Non avere paura di me, Edward. Io non ti farei mai del male. Lo sai, vero?”. Il profumo dei suoi capelli era più che inebriante. Alzai le palpebre, trovandovi il suo etereo e bellissimo viso a cuore a pochi centimetri dal mio. Il suo respiro caldo e profumato mi inondava il viso, accaldandomi. 

Quel volto poteva essere mio, solo mio… il volto della donna che amavo, dell’angelo che aveva fatto riaffiorare pian piano in me quei sentimenti che avevo creduto di aver provato.  Che avevo creduto di aver perso.  

“Lo so. Ma la mia è una paura irrazionale”, spiegai, la voce tremula.

Bella sorrise tristemente. “Tu… mi fai battere il cuore più di quanto non facesse James. È come se tutto questo fosse stato architettato per incontrarci, per facilitare il nostro affetto…”, confessò in un soffio.

“Bella, mi sono reso conto che io provo amore per te…”. Sollevai la mano, per poi premerla su quella guancia così delicata.

Bella chiuse gli occhi, lieta della mia carezza. Posò le sue dita sulla mia mano, trattenendola sullo zigomo. La cioccolata dei suoi occhi era vera, calda. Viva. Grazie a me, per me.

“Io ti conosco da sempre, Edward… è come se non avessi fatto altro che aspettarti…”, sussurrò, delicata.

I nostri visi si avvicinarono sempre di più, le nostre labbra desiderose di incontrarsi, conoscersi ed esplorarsi…

Il telefono squillò, facendoci sobbalzare, sorpresi. Bella sbatté velocissimamente le palpebre, assolutamente sorpresa e perplessa.

Guardai il display e sbuffai, seccato. Figuriamoci se non era mia cugina.  

“Pronto?”, risposi, irritato.

“Edward…”. La voce lamentosa e tremante di Alice mi allarmò all’istante.

“Alice, oddio, che è successo?”, chiesi, impaurito.

“Edward… zio… oddio… zio…”, balbettò, incomprensibile.

“Alice!”, la ripresi, invitandola a parlare più chiaro.

Si schiarì la gola, invano. “Zio…”

“Che è successo a papà? Alice, rispondi!”

I singhiozzi di Alice mi strapparono l’anima, erano colpi secchi allo stomaco e al cuore. “Infar… Edward, pronto?”, disse improvvisamente la voce turbata di Jasper. I piagnucolii di Alice facevano da sottofondo al suo tono profondo e vibrante.

“Jazz, che cosa è successo? Cos’ha Alice?”, gridai, ormai nel panico.

Bella, di fianco a me, sobbalzò, irrigidendosi.

“Edward, Anthony ha avuto un infarto. È stato ricoverato urgentemente all’ospedale. Ti prego, devi venire”, snocciolò Jasper, alzando il tono per coprire il pianto disperato di mia cugina.

Il mio cuore parve fermarsi per un istante. Non riuscivo ancora metabolizzare quella semplice frase.

Papà… ospedale… infarto.

Oddio.

No.

“Va bene. Arrivo subito”. Chiusi la comunicazione, balzando in piedi e afferrando il cappotto.

“Che è successo?”, chiese Bella, ansiosa.

Sentivo le lacrime agli occhi, la gola mi bruciava terribilmente. Papà stava male per un altro attacco. E avevo paura. “Papà ha avuto un infarto ed è stato ricoverato”, gracchiai, voltando il viso per non mostrare le mie lacrime.

Bella trattenne il respiro, portandosi le mani alla bocca. “Oddio…”

“Ti prego, vieni con me”, la pregai, supplichevole.

Avevo bisogno di lei più che mai. Avevo bisogno della donna che amavo.

Bella annuì, decisa, per poi afferrarmi la mano e trascinarmi nel corridoio.

________________________________________________________________________________

Già, poverini. Nemmeno il tempo di riprendersi dalla notizia di Bella incinta, che Anthony si è sentito male. Ma non temete, sarà proprio questo fatto che smorzerà definitivamente le cose tra i due.

Siamo quasi alla resa dei conti. Starete dicendo: “Di già?”. Ebbene si. Non so quanti capitoli mancano, perché avevo architettato altro. Probabilmente ci saranno anche degli extra. Però, chi lo sa. Appena avrò un quadro preciso, vi farò sapere. Di certo, farò godere appieno ai piccioncini i loro attimi d’amore, non preoccupatevi.

 

Innanzitutto, volevo dirvi ancora GRAZIE. Sono stata cattiva l’altra volta, lo ammetto, vi ho praticamente forzato. Eppure non sappiate quanto mi rendano felici i vostri commenti, sempre positivi e lunghi un chilometro!  Perciò, GRAZIE MILLE alle 27 persone che hanno commentato. GRAZIE PERIODICO!

 

Al prossimo capitolo, il fatidico capitolo… avete capito, eh?

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Capitolo 13
*** Capitolo 12 ***


Capitolo 12

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Bella

 

L’ospedale era affollatissimo. Bambini che piangevano, madri disperate e uomini urlanti riempivano l’intera sala di attesa, sebbene l’orario non fosse dei più lieti.

Non appena avvertii la stretta di Edward contrarsi, seguii il suo sguardo. Mi si mozzò il respiro. 

Alice piangeva disperata tra le braccia di Jasper, cullata dalle sue carezze e dai suoi costanti sibili. Lui le lisciava dolcemente la guancia e la schiena, in un vano tentativo di rassicurarla. Sembrava quasi improbabile che ci riuscisse, tanto era visibile il suo turbamento.

Al loro fianco, una donna molto somigliante ad Alice si puntellava gli occhi nocciola per trattenere le lacrime, i capelli color caramello lievemente scompigliati. Al suo fianco, riconobbi Carlisle, in ginocchio di fronte a lei.

Avvertii il mio cuore stringersi a quella scena di dolore famigliare, così intima da farmi sentire di troppo. Poi la percepii: una goccia calda e salata sul mio palmo. Alzai lo sguardo e ciò che vidi mi turbò non poco. Edward piangeva silenziosamente, incapace di contenere il suo dolore.

Suo padre rischiava di lasciarlo. Proprio come sua madre.

Dio, certe volte il mondo era proprio ingiusto.

“Edward, calmati”, sussurrai. Gli lasciai la mano, per poi portarla sul suo viso d’angelo. Sibilai, tentando inutilmente di placarlo, di terminare quei penosi singhiozzi. “Edward, andrà tutto bene, ne sono certa…”

“Cosa farò senza papà, Bella? Cosa?”, bisbigliò, la voce rotta dalle lacrime.

Sentii i miei occhi bruciare intensamente, le mie labbra tremare convulsamente. Lui non doveva addolorarsi. Non lo avrei permesso.

“Edward, devi essere forte”, sussurrai, lisciandogli quegli zigomi così freddi e delicati.

Edward chiuse gli occhi, vagamente rassicurato dal mio tocco. “Bella…”, sospirò.

“Io ci sarò sempre, Edward. Io sarò sempre qui per te”, mormorai, convinta. Più decisa che mai.

Si rilassò appena, il respiro lento e regolare. “Solo per me?”

Sorrisi, alzandomi in punta di piedi per dargli un bacio sulla guancia. Gli passai una mano tra i capelli di bronzo, tirandogli leggermente i pochi nodi. “Certo che si, Edward. Solo per te”

“Edward!”, esclamò Carlisle alle mie spalle.

Mi voltai, scostandomi appena da suo nipote. Carlisle era letteralmente stravolto, i capelli biondi scarmigliati e il camice bianco quasi di traverso.

“Zio, dimmi che papà sta bene”, insorse Edward, gli occhi di smeraldo ancora rossi per il pianto.

Carlisle fece una smorfia, evidentemente riluttante. “Stiamo facendo tutto il possibile, Edward. Ma la guarigione è una possibilità più che certa: grazie a Dio, è stata una crisi modesta”

Edward sorrise, illuminandosi di luce propria. “Dio, grazie…”

Carlisle ricambiò il sorrise, per poi rivolgersi gentilmente a me. “Buonasera, Bella. Il bambino sta bene?”

“In forma, grazie”, risposi, portandomi le mani al ventre.

Piccolo, magari tu riesci ad aiutare il papà di Edward…

“Edward, perché non andate con gli altri? Io torno a vedere come sta mio fratello”, propose Carlisle, dandogli una pacca affettuosa.

Edward annuì, rincuorato. “Certo”. Mi sorrise, più tranquillo di prima. “Vieni”, sussurrò, porgendomi una mano, che accettai più che volentieri.

“Ragazzi, papà sta meglio. La crisi è stata modesta!”, esclamò Edward, raggiante. Si sedette accanto alla bella donna con i capelli di caramello, che gli accarezzò dolcemente i capelli.

“Oh, Edward, sono così felice che non sia nulla di grave! Spero solo che si riprenda in fretta”, sospirò. La sua voce mi colpì più di tutto. Era dolce, sensibile e materna. Nemmeno mia madre aveva un tono così morbido e ipnotizzante.

“Zia Esme, lei è Bella”, presentò Edward, indicandomi con un enorme sorriso.

Esme mi sorrise calorosamente, tendendo la sua mano piccola e delicata. “Piacere, cara. congratulazioni per la gravidanza”, augurò, gli occhi fissi sul mio pancino di quattro mesi ormai più che evidente.

Ridacchiai, afferrandogliela dolcemente. Era così fragile che temevo di spezzargliela. “Grazie mille, Esme”

“Bella, ci sei anche tu”, sussurrò Alice, il viso stravolto.

“Oh, Alice…”, sospirai, sporgendomi per accarezzarle una guancia.

Puntò lo sguardo sul suo fazzoletto, imbarazzata. “Scusami, è solo che mi sono molto preoccupata… ma grazie al cielo, hanno diagnosticato che non è niente di grave”, spiegò, gli occhi nocciola sfavillanti.

Jasper ridacchiò, baciandole i capelli corvini.

Osservai l’espressione sconvolta della sua morosa e non potei non rabbrividire al pensiero che la piccola Alice avesse sofferto così tanto anche al mio quasi aborto.

Edward, pensando che avessi avuto un brivido di freddo, mi strinse al suo petto caldo e sicuro. Reclinai la mia testa, appoggiandola delicatamente alla sua spalla. 

Tutti, ormai più calmi e rilassati, attesero con pazienza la presenza del famoso Anthony Cullen.

“Grazie, Bella”, mormorò Edward nel mio orecchio.

Una lunga scarica elettrica mi attraversò da capo a piedi. “Figurati, Edward. È stato un piacere”, ribattei, voltandomi per dargli un prolungato bacio sulla guancia.

Mi parve di avvertire lo sguardo malizioso di Alice, ma feci finta di niente.

“Alice, vado a fumare”, dichiarò Jasper, scrollandosi di dosso il folletto.

“Jazz, ma che palle!”, sbottò Alice, scoccandogli un’occhiata assassina. “L’infarto di mio zio non è stato un episodio pratico e dimostrante?”

“Alice! Suvvia, lascialo in pace”, tagliò corto Esme, alzando gli occhi al soffitto.

“Grazie, mia cara suocera”, scherzò Jasper, facendole un finto baciamano.

Esme ridacchiò, divertita dalla scenetta.

Alice digrignò i denti, seriamente irritata. “Se proprio devi fumare, portati anche Bella. Almeno di lei mi fido. Non vorrei che ti accaparrassi qualche infermiera!”

Jasper sorrise maliziosamente, afferrando la mano di Alice e strattonandola verso di sé. Alice finì inevitabilmente nel suo petto, semiconfusa dalla sua irruenza.

Approfittando di un momento di distrazione di Esme, le si avvicinò all’orecchio, per poi sussurrarle: “Ne ho già una di infermiera sexy. Basta e avanza”
Edward tossicchiò, divertito, mentre io arrossii per loro. Sperai che Esme, se fosse stata in ascolto, non avesse colto il doppio senso. 

Alice avvampò, indignata. “Oh…”

“Ehm, ragazzi. Non mi pare proprio il caso”, li avvertì Edward, semiserio.

Alice trillò un’allegra risata, simile a tanti scampanellii.

Proprio nel momento in cui mi alzai, lei si tuffò tra le braccia di Edward, accoccolandosi al suo torace. “Io rimango con il mio cuginetto… Via, andate!”, sbottò, agitando la mano per scacciarci.
Jasper rise, per poi farmi un cenno del capo. “Agli ordini. Vieni, Bella”  

Ancora sconcertata, lo seguii per il lungo corridoio bianco che avevo attraversato quasi un mese fa. Ricordare faceva male a me e al mio piccolo frugoletto, perciò decisi di non pensarci.       

Fuori dall’ospedale, c’era un piccolo giardinetto, riservato ai fumatori.

Jasper cavò di tasca il pacchetto, per poi estrarre una sigaretta sottile. “Bella, forse è il caso che ti allontani. Il fumo passivo non fa poi così bene al bambino”, mi avvertì, gentile.

Annuii, facendo un paio di passi indietro.

Jasper si accese la sigaretta, portandosela alla bocca e aspirandone il fumo. I suoi capelli di miele erano risaltati in modo quasi innaturale dalla luna piena che si stagliava nel cielo, facendoli sembrare argentei. Dopo un’altra boccata, decisi di parlare.

“Speriamo che Anthony si riprenda”, sospirai, incerta. Non lo conoscevo, ma era pur sempre il padre di Edward.

“Lo spero anche io. Mi sono molto affezionato a lui”, rifletté, gli occhi celesti persi nel vuoto.

“Alice mi ha raccontato la vostra storia nei minimi particolari”, insorsi, tanto per distrarlo da quei brutti pensieri.

Ridacchiò, mordendosi il labbro inferiore. “Davvero? Proprio tutto?”

Arrossii, intuendo l’allusione. “No… beh, quella parte no. Ha detto solo che la vostra prima volta è stata difficile a causa sua…”

Sorrise dolcemente al ricordo. “Beh, mi ero spaventato. Quando mi aveva raccontato le sue vicende con quel Matthew, tremava così tanto che ho temuto l’avesse violentata”. Strinse le labbra sottili, gli occhi animati da una grande forza interiore. “Scusa, Bella, è che mi fa ancora mandare in bestia”, si scusò, grattandosi vergognoso la nuca.

Scossi la testa, avvolgendomi il petto con le braccia. Il freddo di gennaio non era stato poi così benevolo quella sera. “Non ti preoccupare. Capisco. Alice mi ha raccontato anche questo”

Jasper sospirò, la sua attenzione interamente concentrata su un sassolino. “Ho avuto molte ragazze in passato, Bella. Non proprio delle relazioni fisse, visto che ero troppo scapestrato per pensare a quelle sciocchezze, o, almeno, così pensavo che fossero. Probabilmente l’unica ragazza a cui ho voluto veramente bene è stata la prima, a quattordici anni. Credo si chiamasse Jennifer, ed era di Houston.

A diciannove anni, lasciai mia madre e partii per New York, deciso a frequentare la facoltà di giurisprudenza. Ero un ragazzo un po’ fuori di testa, ma mi piaceva studiare. Ero convinto che, facendo l’avvocato, avrei aiutato una persona quanto un medico o uno psicologo.

Non notai subito Alice, se non due anni dopo. La storia la sai. All’inizio, non mi colpì affatto. Era bella, senza dubbio, ma quel dannato caratteraccio non la rendeva per niente desiderabile. Non appena ci vedevamo, litigavamo senza sosta, tanto che i nostri amici dovevano spesso separarci. Discutevamo per cose assolutamente stupide e, nonostante l’università fosse gigantesca, la incontravo ogni due per tre.

Non so che cosa mi fece cambiare idea. Forse cominciai a innamorarmi di lei due mesi dopo la nostra conoscenza. Una nostra amica in comune, Lena, ci obbligò a uscire tutti insieme nella compagnia. Fu allora che credo di aver compreso che provassi attrazione per Alice Cullen. Fu dura farmela passare. Provai di tutto, ma niente riusciva a togliermi dalla testa quella bellezza. Non lo dissi a nessuno: ero troppo orgoglioso per mostrare che Jasper Whitlock si stava rammollendo per una ragazza che fino a qualche settimana fa detestava tremendamente.

Ma io morivo per lei. Ora so con certezza che non si era accorta di niente. Anita mi confermava spesso che anche lei provava qualcosa per me, sebbene non lo desse a vedere. Anzi, probabilmente non lo aveva capito nemmeno lei.

I miei amici, quando glielo confessai, non capivano perché mi intestardissi con Alice. Potevo avere tutte le ragazze che volevo, non pensavano che bastasse una così testarda –che oltretutto non me l’avrebbe data- a farmi impazzire”

Tossicchiai, imbarazzata, eppure così intenerita dal tormento in cui Jasper era passato per Alice.

Jasper continuò, perso nei ricordi. “Ma io non ce la facevo più. Di notte la sognavo e ogni volta che la vedevo facevo il gradasso, ma non era più come prima. Lei rispondeva a tono, ma ormai la sua dolcezza naturale era più che visibile. Così, un giorno, grazie alla complicità di Anita, riuscii a dichiararmi. E poi…”. Si interruppe, ridacchiando.

“È proprio una bella storia, Jazz”, sospirai.

Jasper rise, buttando a terra la sigaretta ormai consunta e calpestandola. “Ti avrò sicuramente annoiata. Scusami”

“Niente affatto, anzi. È stato molto interessante”. Strinsi le labbra, improvvisamente colta da un brivido lungo la schiena. “La ami tanto, eh?”

Annuì, assolutamente convinto. “Oh, si…”

Sostenni intensamente il suo sguardo raggiante. Era vero. Non c’era alcun dubbio in ciò che affermava. “James non mi guardava mai come tu guardi Alice. Non progettava mai di sposarci o di avere dei bambini. Mai”. Puntai gli occhi lucidi a terra, le braccia più strette che mai.

Udii lo scricchiolio delle sue scarpe da ginnastica sulla ghiaia, per poi sentire la sua mano sulla mia spalla. Alzai lo sguardo, incerta.

“Il tuo ex? Quello che ti ha… messo incinta?”, sussurrò Jasper, delicato.

Sapevo che Jasper non voleva ferirmi. Eppure, bastò quella frase per scatenare una piccola lacrima lungo la mia guancia. “Si”

Jasper sospirò. “Che figlio di puttana”. Passò il suo dito lungo il mio zigomo, liberandolo dal residuo salato. “Bella, lui non merita le tue lacrime. Non devi piangere, perché tu non sei sola”

Tirai su con il naso, gli occhi chiusi dalla gioia. Questo era vero: io non ero più sola. C’erano lui, Alice, Edward… “Hai ragione”

Le mie mani saettarono sul mio ventre, carezzandolo dolcemente.

Non siamo soli, piccolo mio.

Jasper mi diede una leggera pacca sulla spalla, sospingendomi delicatamente verso l’ingresso. “Dai, Entriamo”

 

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Edward

 

Alice ridacchiò spensierata, facendosi spazio con le sue piccole natiche sulle mie gambe. “Approfittiamo del sacrosanto momento che mia mamma, il mio fidanzato e la tua Bella sono andati fuori dalle palle”, esordì Alice, stringendo la presa al mio collo.

Sbuffai, irritato. “Fine come sempre, vedo”

“Non mi interrompere!”, ordinò, severa. Le sue morbide labbra piene si piegarono in un sorriso malizioso. “Ho notato molti progressi fra te e Bella…”

Sbuffai, irritato dalla sua invadenza. “Alice, ne abbiamo già parlato”

“Edward, non sono una cogliona! Bella ti piace, e anche tanto! Ti prego, dimentica quella puttana di Tanya e inizia una nuova vita!”, ringhiò, improvvisamente animata.

“Alice, Bella è incinta di un altro uomo! Potrei turbarla, farle del male e…”

“Non è vero, Edward, non è questo! Tu hai paura”, mi accusò, puntandomi il dito contro.

“No…”. Cazzo, beccato.

Alice annuì, convinta. “Non prendermi per il culo, Ed. Ti conosco fin troppo bene e so benissimo che è così”

Passarono due secondi. Cedetti, sotto gli indagatori occhi nocciola di mia cugina. “Hai ragione”

Alice sospirò, carezzandomi dolcemente il collo. “Bella non ti farà del male. E so benissimo che tu non ne faresti mai a lei. E, conoscendoti, so che se tu fossi veramente innamorato di lei –e lo sei già, a puntino-, accetteresti anche il figlio che porta in grembo”, sussurrò, delicata.

Lei sapeva tutto, mi conosceva fin troppo bene. E aveva ragione. Fosse stato per me, quello poteva essere il mio bambino. Il frutto del nostro amore. 

“Si, questo è vero”, mormorai, appoggiando il mento sulla sua spalla.

Alice ridacchiò, dandomi una lieve pacca sulla testa. “L’infarto dello zio non è stato nullo, alla fine”

“Non è divertente”, ribattei, pungente.

“Hai ragione, scusa. Quindi, ti ho aiutato?”, chiese, insistente.

Mi accigliai, perplesso. “Per cosa?”

Alice levò molto eloquentemente le sopracciglia delicate.

Sospirai, esasperato. “Alice, io lo avevo già capito. Io so di amare Bella”

Alice spalancò gli occhi, evidentemente sorpresa. “Ah! E che cazzo, allora buttati! E non avere paura”

Sorrisi, improvvisamente più coraggioso. “Ci proverò”

“Ehilà, gente”, esordì un vocione riconoscibile fra mille, attirando occhiatacce di protesta da tutte le persone presenti nella sala d’attesa.

“Ti prego, dimmi che non è lui”, ringhiò Alice, lanciando un’occhiata omicida all’uomo mastodontico dal sorriso fanciullesco. 

Improvvisamente, sbucò Esme, che corse verso Emmett a braccia aperte. Esme sorrise, abbracciando quel bambinone troppo cresciuto. “Tesoro, come stai?”

“Mamma, non dargli spago!”, sbottò Alice, venendo ignorata bellamente dalla zia. Guardò l’orologio, per poi scattare in piedi indignata.

Mentre Esme ed Emmett si scambiavano convenevoli affettuosi, Alice, dal canto suo, si avvicinò al fratello come un maresciallo furioso. “Porca puttana, Emmett! Nostro zio sta per morire, e tu arrivi solo adesso?”, ruggì, piantando le mani nei fianchi.

Emmett indietreggiò appena, riparandosi scherzosamente dietro sua madre. “Ehi, calma, tigre! Dal Tennessee è un po’ difficile trovare un aereo in fretta e furia”

“Non ci sono scusanti! E che cazzo!”, sbraitò, alzando le braccia al cielo.

“Alice, ma che linguaggio è?”, la rimproverò Esme, puntandole l’indice ammonitore.

“Ma dov’è il piccolo… Eddie!”, gridò Emmett, affibbiandomi immediatamente quello stupido soprannome.

“Incominciamo male, grizzly!”, mugugnai, fintamente offeso.

Emmett mi avvolse in un forte abbraccio degno di un sollevatore di  pesi. “Il mio cuginetto Eddie! Come stai?”

Mi strinsi nelle spalle. “Si potrebbe meglio, in effetti”

“Alice, dov’è il mio caro cognatino? Non dirmi che sei venuta senza di lui, siete praticamente culo e camicia!”, scherzò Emmett.

“Emmett!”, protestò Esme, indignata.

“Certo che è qui, razza di idiota!”, sbottò Alice, ancora irritata per il ritardo di Emmett.

“E allora dov’è? Ah… lo hai lasciato in bagno, eh? Briccona!”, disse, per poi dare un buffetto sulla guancia ad Alice, che abbassò le armi per abbracciare suo fratello.

Esme sbarrò gli occhi, scandalizzata per l’accenno fortemente erotico di mio cugino.

Proprio come in un testo teatrale, giunse Rosalie Hale, la fidanzata storica di Emmett, seguita a ruota da Bella e Jasper.

Rosalie era sempre stata una bellezza surreale, la tipica dona alta, slanciata e bionda. I suoi occhi blu erano la causa di molti innamoramenti tra gli uomini e causa di ulteriore gelosia in mio cugino. D’altronde, non capivo che cosa aspettasse a sposarsela.

“Jasper! Non puoi tradire mia sorella così spudoratamente!”, insorse Emmet, portandosi le mani tra i capelli.

“Razza di scimmione idiota, controllati! Cavolo, hai quasi trent’anni anni, datti una calmata!”, mugugnò Rosalie, avanzando con flemma da modella.

Jasper, dietro di lei, sghignazzò. “Ti sta bene, King Kong”

Bella arrossì, imbarazzata da così tanto circo.

Dio, Emmett sapeva essere decisamente ridicolo, a volte. 

La raggiunsi, per poi cingerle i fianchi con un baraccio. “Emmett, lei è Bella. Bella, mio cugino Emmett”

Bella afferrò la mano di Emmett, rossa per il sorriso accattivante che Emmett le rivolse. “Eddie, non mi hai detto di avere una ragazza!”

“Infatti non è la mia ragazza”, ribattei, tranquillo.

“Si, come no”

“Taci, Emm! Sei irritante!”, lo sgridò Rose, per poi salutare tutti i componenti della famiglia.

“Lo zio sta bene, vero?”, chiese Emmett, improvvisamente serio e preoccupato.

Annuii, per poi allacciare silenziosamente la mia mano a quella di Bella. Ciò non sfuggì ad Alice, che mi sorrise complice. “Carlisle ha detto che ha avuto una crisi modesta. Dovrebbe essere fuori pericolo, ma è meglio sorvegliare”

“Cavolo”, commentò Emmett, facendo una smorfia.

“Ehi”. Carlisle fece capolino dalla porta bianca, per poi sorriderci raggianti. “Ce l’abbiamo fatta! Anthony è fuori pericolo!”

Il sollievo ci colse all’improvviso, manifestandosi tra i sospiri di sollievo e gli urli di emozione.

Bella lanciò un gridolino, afferrando le mie spalle.

Grazie, Dio. Grazie.

Abbracciai Bella in lacrime, perso nel suo profumo e nel suo amore per lei. 

________________________________________________________________________________

Ciao a tutti! Non mi perdo in chiacchiere, ma mi prodigo in mille scuse per il mio clamoroso ritardo. È già la seconda volta che accade, lo so, ma la scuola non mi lascia respirare e non ho mai il tempo di postare.

Vi dico solamente che finalmente nel prossimo capitolo accadranno fatti puramente felici per i due, finalmente.

Non assicurò l’incolumità di nessuno per l’avvenire, però. Non preoccupatevi, nessuno avrà infarti o roba del genere, beh, però ci sarà una piccola e leggerissima “complicazione”… credo che molti di voi abbiano intuito chi riguarda e che cosa (mannaggia, addio effetto sorpresa ;))… non dico nient’altro, se non che cercherò di postare il più presto possibile il fatidico capitolo!

 

Inoltre, GRAZIE alle 21 gioie che hanno recensito lo scorso capitolo! Se vi fareste risentire in così tanti, potrei velocizzare a postare… va bene, la smetto con le perfidie! XD

Un bacione a tutti, cari, e alla prossima!

 

 

 

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Capitolo 14
*** Capitolo 13 ***


Capitolo 13

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Bella

 

Cominciavo a sospettare che Alice fosse più un uragano in miniatura che una normale donna di ventisei anni. Da quando Anthony Cullen era uscito dalla sala di ospedale più in forma di prima, non faceva che sgambettare per la sua casa –in cui non capivo nemmeno come ci fossi finita- per improvvisare una piccola festicciola.

Tutti ci astenemmo dal cercare di fermarla o di darle un consiglio, Jasper primo fra tutti, poiché non faceva che balzare addosso alla vittima con gli occhi da cerbiatta furenti.

Jasper le aveva appena ammonito di tranquillizzarsi che la piccoletta gli era saltata addosso, sbraitando che lo zio stava bene, che quindi era lecito festeggiare e che non gliene importava niente se il giorno dopo saremmo collassati tutti di sonno. Possibilità tutt’altro che remota, tra l’altro.

Anthony era una persona gentilissima. Non appena mi vide accanto ad Edward, sorrise. Notai immediatamente la somiglianza sorprendente con il figlio, sembrava Edward più vecchio di vent’anni.

“Quindi tu sei la famosa Bella? Edward ed Alice mi hanno parlato molto di te”, disse, cordiale. I suoi scuri si soffermarono appena sulla pancia, per poi tornare nei miei.

Arrossii, imbarazzata. Non pensavo di essere oggetto di così tante conversazioni nella famiglia Cullen. “Si, esatto”, mormorai.

“Bella di nome e di fatto”, scherzò, scoppiando a ridere.

Edward scosse la testa, fintamente esasperato. Il fatto che suo padre stesse bene bastava per sorvolare su qualsiasi cosa. Perfino sulla pazzia di sua cugina.    

Dopo circa mezz’ora –incredibile, ma vero-, brindammo tutti all’unisono di una buona guarigione per Anthony.

“Sono commosso, davvero”, sussurrò Anthony, sorridendo a tutti.

“Nah, te lo meriti, zietto. Ho temuto il peggio, sai?”, ribadì il cugino armadio di Edward, Emmett, facendo gli occhi dolci.

“Ma se sono sano come un pesce!”, esclamò Anthony, per poi trangugiare il suo bicchiere di champagne.

Alice rise, alzandosi in piedi e sollevando il calice semipieno. “Tanto è ufficiale: visto che è ereditario, io morirò di infarto, mentre Jazz… beh, tu morirai di tumore ai polmoni”, sentenziò Alice, rivolta al fidanzato.

Jasper, che stava tranquillamente fumando l’ennesima sigaretta, le scoccò un’occhiataccia. “Da come lo dici, credo proprio che non riusciremo a sposarci, visto che morirò prima dei trent’anni!”

“Santo Dio, no! Sposatela!”, sbottò Emmett, gli occhi sbarrati, addirittura facendo cascare dello champagne sulla tovaglia.

“Ragazzi, ma che argomenti sono?”, protestò Esme, scioccata.

Dal canto loro, Anthony e Carlisle risero di gusto, Rosalie sollevò le sopracciglia dorate ed Edward commentò: “Idioti”

La serata passò tra scherzi e risate, l’intera famiglia sollevata di riavere il caro Anthony. Verso mezzanotte, andammo tutti a coricarci, soprattutto Emmett e Rosalie, che dovevano già prendere l’aereo diretto in Tennessee.

Esme ci chiuse dietro la porta, decisa a rimanere con Carlisle ed Anthony per assicurarsi che stesse bene. Ignorando il bacio passionale tra Alice e Jasper nel corridoio, io ed Edward ci dirigemmo mano nella mano verso la Volvo argentata.

In meno di cinque minuti, giungemmo tranquillamente davanti al nostro palazzo. Il tempo era completamente volato. E io non volevo stare sola.

Ci ritrovammo nel freddo e buio corridoio, costretti a separarci controvoglia.

Edward tossicchiò rumorosamente, le mani che si rigiravano nervosamente le chiavi di casa. “Bella… forse è un po’ troppo azzardato chiedertelo… ma… vorresti…”. Si interruppe, mordicchiandosi il labbro inferiore.

“Si?”, lo esortai, curiosa.

“Vorresti… vorresti dormire con me?”, propose di getto. Mi parve che fosse arrossito, ma non ne ero sicura.

Non volevo lasciarlo. Non ora, che finalmente avevo capito ciò che provavo per lui. Amore. Puro, profondo e incondizionato. Credevo che, dopo James, avrei nutrito amore solo per il mio bambino. Ma da quando Edward era entrato nella mia vita e si era preso cura di noi due, non avevo potuto non amare quell’uomo così forte e fragile, così bello e fiero. Edward era tutto per me.

“Certo”, sussurrai.

Edward sorrise come non mai. Mi abbracciò di slancio, le labbra che scoccarono più e più volte sui miei capelli.

Ma qualcosa cambiò.

Alzai il viso, desiderosa di vedere il suo magnifico volto al chiarore lunare. L’atmosfera era quasi angelica, surreale.

Edward, lentamente, accostò il suo viso al mio e io mi abbandonai al calore della sua bocca. Le sue labbra si posarono sulle mie in un lungo e focoso bacio, per poi muoversi insieme ad esse. Si succhiarono, si assaggiarono, si esplorarono, portando con sé il vento dell’amore. Flettei la testa, accogliendo la sua lingua che premeva da troppo tempo sulla mia bocca. Le mie braccia si legarono spasmodicamente al suo collo, attirando il suo corpo marmoreo al mio.

Senza interrompere quel bacio. Dolce, lento, passionale.

Quando ci staccammo, il nostro schiocco echeggiò debolmente per tutto il corridoio. 

“Grazie, Bella. Grazie”, sussurrò Edward, appoggiando la sua fronte sulla mia.

Ridacchiai, lieta del suo sorriso. “Di cosa?”

“Di esistere”

 

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Edward

 

Bella era la creatura più paradisiaca che fosse mai esistita. Più bella delle stelle del firmamento. Meravigliosa quanto il romantico paesaggio del crepuscolo.

Sospirai, stringendo tra le mie braccia il suo morbido corpo nudo.

Stentavo a credere di averla baciata. Stentavo a credere di avere fatto l’amore con lei.

Il suo fisico era la perfezione assoluta. Il ventre gonfio e morbido spiccava in quella forma dai fianchi stretti e generosi e dalla pelle d’alabastro. Mi chinai a baciarlo, lasciandovi una dolce scia di baci. La pancia che cresceva amorosamente una creatura piccola e indifesa. Il figlio di Bella. Bastava per identificarlo.                          

Bella sospirò, intrecciando le sue dita tra i miei capelli. “Edward…”

Mi puntellai sui gomiti, stando attento a non pesarle troppo. Temevo più che mai di farle male ed era l’ultima cosa che avrei voluto fare. Le baciai le spalle nude, affondando nuovamente il viso in quei seni prosperosi e morbidi.  “Sei mia, Bella… mia…”

“Si, Edward… si”

Le sue lunghe mani affusolate scivolarono sulla mia schiena, le labbra che si muovevano sulle mie senza sosta. Non mi sarei mai stancato di contemplarla, di baciarla, di assaggiare il suo nettare divino… mai, mai e poi mai.

Bella adagiò placida il capo sul mio petto, gli occhi chiusi. Dopo un ultimo bacio all’angolo della bocca, guardai l’orologio. L’una e venti. “Bella, forse è il caso di dormire”, proposi, conciliante.

Bella ridacchiò, riempiendomi il volto di baci. Piegai la testa all’indietro, beato.  “Sai, mi sento come una ragazzina alla sua prima cotta”, confessò. Avvertii le sue guance riscaldarsi contro il mio torace.

Ghignai. “A chi lo dici…”

Bella si alzò appena, gli occhi di cioccolata fissi nei miei. “Edward, io… non ti ho ancora detto una cosa”

Dio, quanto era bella. Magnifica, dolce e unica. Mia.

“Che cosa?”, chiesi, accigliato.

Bella strinse le morbide labbra piene, leggermente indecisa. “Te l’ho detta oggi, ma non l’ho formulata correttamente”

“Dimmi”

“Ti amo”, sussurrò Bella, la voce delicata decisa.

Chiusi gli occhi, assaporando quelle due parole che la vita mi aveva negato dalla persona che credevo di avere amato.

Ti amo. Le parole più vere per esprimere il sentimento più forte e contrastante.

Catturai le sue labbra con le mie, frenetico, coinvolgendola in un dolce bacio. Solo per lei, solo per esprimerle mutamente quell’emozione che mi dominava da quella che sembrava una vita ormai. Io, il venticinquenne Edward che non credeva più nell’amore, innamorato. Forse per la prima volta in vita sua. “Anche io, Bella. Io ti amo. Ti amo, ti amo, ti amo…”

“Grazie, Edward”, mormorò Bella, passandomi una mano tra i capelli.

“Non vedo nessun motivo per ringraziarmi”

Le sue dita delinearono appieno il mio corpo, provocandomi fremiti inimmaginabili. “Grazie di avermi permesso di starti accanto nonostante le mie bugie, di esserti fidata di me… di farmi sentire donna, di volermi bene, di amarmi…”

Per così poco? Che sciocchina. “Oh, Bella…  ora so con certezza che tutto ciò è stato un disegno divino”

“Dici?”, sussurrò, curiosa.  

Annuii, seriamente convinto. “Si. E, Bella, c’è un’altra cosa che vorrei dirti…”

“Che cosa?”

La mia mano scattò sul suo ventre. Grande, duro e caldo. Chiusi gli occhi e sorrisi, per poi abbassarmi a schioccargli un bacio prolungato. “È come se fosse mio figlio”

I suoi occhi di cioccolata si allargarono a dismisura, increduli. “Edward, non puoi dire sul serio…”, sussurrò, la voce tremante.

Annuii, roteando appena gli occhi. “E invece si. Non sono mai stato così sicuro in vita mia”

Il suo piccolo bocciolo di rosa si schiuse, aumentando la tentazione di baciarlo e farlo mio ancora una volta. “Tu… davvero vorresti…?”

“Riconoscerlo? Certo che si, Bella”, affermai, convinto.
Il petto della mia amata singhiozzò appena, gli occhi traboccanti di lacrime commosse. Il labbro inferiore tremava senza sosta e la presa delle sue mani si strinse. Mi baciò, modellando la sua bocca delicata e morbida con la mia, tentando di rifondere i nostri esseri. Mi lasciai trasportare da quel bacio passionale e riconoscente, la lingua frenetica e impaziente di assaggiare la sua essenza ormai nota.

Bella, Bella, Bella… il mio cervello non pretendeva altro. Era il mio ossigeno, il mio cibo, la mia acqua, la ninfa vitale. Semplicemente Bella. “Edward… oh, Edward… ti amo, ti amo… ti amo…”

“Anche io, Bella… anche io…”

Parlavo in un monologo senza fine, mentre ogni singola cellula gridava la verità più ovvia e pura del mondo.

Ti amo, Bella. Ti amo più della mia stessa vita.

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Yeah! Esulto con voi, perché finalmente, dopo tredici capitoli, i due si sono finalmente confessati!

Visto che vado di fretta, preciso solo una cosa. Non ho voluto mettere scene osé per due motivi: il rating è arancione e poi ho voluto esaltare in ogni maniera più la dolcezza che il desiderio.

Troppo diabetico? Forse. Che ci posso fare? Adoro le storie romantiche ^^

 

GRAZIE MILLE alle 21 recensioni! Grazie, grazie, grazie periodico! Scusate se dico sempre così, ma non riesco a esprimere meglio la mia felicità e la mia gratitudine!

Spero che vi facciate sentire ancora in tanti, perché le avventure per i due non sono finite.   

Nel prossimo capitolo, vedremo una Bella molto preoccupata per le stranezze di Alice… Avete già capito di che cosa si tratta? Non credo sia difficile (pecco di fantasia mi sa -.-‘).

Posterò il più fretta possibile, questa volta, lo giuro!

Un bacione a tutti, e alla prossima!

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Capitolo 15
*** Capitolo 14 ***


Capitolo 14

 

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Bella

 

Le note di “Every Time We Touch” dei Cascada risuonarono appena dallo stereo di Alice, facendomi sospirare briosa. Sprofondai ancora di più nel divano, accoccolandomi vicino a Jasper, che leggeva indisturbato il giornale. 

Alice fece capolino dalla cucina, il grembiule un po’ troppo grande per  la sua taglia. Praticamente si riempiva solo grazie al seno. Storsi la bocca, non potendo fare a meno di invidiarla. 

Alice sollevò le sopracciglia delicate, scettica. “Bella, va bene che stai insieme a mio cugino, naturalmente bello e tutto…”

“Ehi!”, esclamò Jasper, distogliendo gli occhi dalla pagina per lanciare un’occhiataccia alla fidanzata.

Alice sospirò, roteando i deliziosi occhi nocciola. “Dopo te, Jazz… ovvio”, borbottò, tranquillizzando apparentemente Jasper. “Ma non puoi sospirare ogni volta come un’adolescente innamorata!”

“Ma io sono innamorata!”, protestai, accigliata.

Okay, forse ero leggermente ridicola, ma era tutto troppo perfetto per non essere vero. Non credevo si potesse essere più felici di così. Avevo Alice e Jasper, due amici assurdamente perfetti, Anthony, Esme e Carlisle, dei nuovi genitori che non facevano che preoccuparsi per me e il piccolo, una vita fantastica. E avevo Edward, il papà del mio bambino. Ormai me l’ero ripetuta talmente tante volte da essermene convinta anche io. Era passato un mese dalla nostra relazione, dalla prima volta che abbiamo fatto l’amore. E il mio pancione non poteva passare inosservato. Ma, a differenza di prima che tentavo in tutti i modi di nasconderlo, non facevo che mostrarlo orgogliosa.

Era mio figlio, il mio piccolo brontolone. Nostro figlio.

Tamburellai il ventre, sorridendo come un’ebete. Con la coda dell’occhio notai un sorriso nascere sulle labbra di Jasper alla scena.

Già, meglio di così non poteva andare.

Alice tossì improvvisamente, portandosi la mano alla bocca. “Oddio!”, gemette.

Non feci nemmeno in tempo a rendermi conto di che cosa stesse succedendo, che Jasper era già davanti alla porta del bagno. I conati di Alice non erano proprio trascurabili, sembrava che stesse svuotando l’anima.

“Alice?”, chiamò Jasper, entrando immediatamente nel bagno.

I mugolii a dir poco coloriti di protesta di Alice giunsero chiaramente fino in sala, facendomi sbarrare gli occhi per l’incredulità. Jasper a quanto pareva non si era rassegnato ad assisterla.

Balzai in piedi e mi fermai sulla soglia, socchiudendo gli occhi per non vedere lo scempio. Il mio naso, però, non riscontrò alcuna diversità. La leggera brezza di marzo mi scompigliò i capelli, portando con sé l’odoraccio che aleggiava nella stanza.

Alice, distrutta e bianca come un cencio, era appoggiata contro le piastrelle fresche della parete, osservata dall’occhio critico e assolutamente preoccupato di Jasper. Il suo moroso si chinò davanti a lei, carezzandole dolcemente il volto. “Stai meglio, Al?”, sussurrò, dolce.

Alice annuì debolmente. “Mi sa che mi ha fatto male qualcosa…”

“Non hai mangiato poi così tanto”, osservò Jasper, accigliato.

Alice si strinse nelle spalle ossute, apparentemente anche lei senza alcuna risposta. “Non so…”

“Vado a farti un tè, amore. Arrivo subito”. Jasper si alzò, alzandosi agilmente da terra e superandomi garbatamente.

Immediatamente, mi sedetti affianco a lei, circondandola con le braccia. Alice si strinse al mio fianco, posando il capo scompigliato sul mio seno.

“Stai meglio, Alice?”, sussurrai, cullandola per quanto ci riuscissi con il pancione ingombrante.

Sbuffò, afflitta. “No, per niente. Mi sento uno straccio”, borbottò, raggomitolandosi ancora di più.

“Oh, Alice…”, sospirai, baciandole una guancia.

Vederla così addolorata era un’enorme sofferenza perfino per me. Mi sentivo sconfitta e impotente. Eppure sentivo che era inquieta per qualcosa. Strisciava fra di noi come un’orrida serpe, dividendoci e sbatacchiandoci su altre sponde. Si poteva dare di stomaco per vari motivi, ma Alice non era fragile né mentalmente né fisicamente.

Mente sana in corpore sano.

Se non che… No. Impossibile. Sarebbero stati certamente più attenti.

Bella, non farti venire strane idee.

Eppure era tutto troppo simile. Troppo uguale alla mia situazione sei mesi fa.  

Che fosse…?

“Alice, sicura che non c’è nient’altro?”, mormorai, tesa.

Non appena la sentii irrigidirsi tra le mie braccia, capii che c’era qualcosa che non andava. Sollevò appena la testa, in modo che i suoi occhioni da cerbiatta si specchiassero nei miei. L’esitazione e la frustrazione erano più che visibili nelle iridi ambrate.

“Io…”, tergiversò, indecisa.

“Alice”, la ripresi, i pensieri più chiari che mai nella mia testa.

“Bella, io…”

“Ecco, amore. Bevi un po’, ti farà bene”, sussurrò Jasper, irrompendo nel bagno con una fumante tazza di tè nelle mani lunghe e affusolate.

Richiusi la bocca, inconsciamente spalancata per la rivelazione che Alice stava per conseguirmi. Grazie al cielo, Jasper era troppo ansioso per Alice per preoccuparsi di me. Nascondere i miei sospetti sarebbe stato più difficile del previsto, altrimenti. Mentire non era mai stato il mio forte, figuriamoci con un osservatore attento e perspicace come Jasper. 

Sciolsi lievemente la stretta dal corpicino di Alice, in modo che lei potesse afferrare tranquillamente la bevanda bollente.

Jasper fissava Alice bere velocemente la sua tazza, gli occhi azzurri cupi. “Va meglio?”, sussurrò, scostandole una ciocca di capelli sbarazzina dalla fronte.

Alice abbozzò un sorriso, per poi distogliere immediatamente lo sguardo da quello del fidanzato. Un lungo brivido mi percorse la schiena.

“Si. Va tutto bene”, bisbigliò, fievole.  

Chissà perché, non le credei.    

 

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Edward

 

Durante il viaggio di ritorno, Bella non fiatò. Osservava attentamente il finestrino come se da ciò dipendesse la sua vita. Con la coda dell’occhio riuscivo a scorgere la linea contratta delle labbra piene e la fronte alabastrina increspata dalla sua leggera ruga di preoccupazione. Sospirai piano, sperando che non mi avesse sentito.

Avendo capito che c’era qualcosa che non andava, non tentai nemmeno di intavolare una conversazione. Attesi in silenzio che esponesse i suoi dubbi o qualsiasi cosa le stesse passando  per la testa. Ma le mie speranze furono vane.

Parcheggiai davanti al palazzo, spegnendo il motore. Bella scese dall’auto come un automa, pensierosa e preoccupata. Ringraziai il cielo che la signora Cope non fosse venuta a ficcare il naso in quel momento. Tutta quella fortuna era sospetta in realtà, ma meglio approfittarne il più possibile. 

Entrammo nel mio appartamento, l’ansia al limite della sopportazione. “Sembri più distratta del solito”, notai, chiudendo la porta a chiave, per poi appoggiarle sul mobiletto.

Bella sobbalzò appena, come se un essere invisibile le avesse appena tirato un calcio sotto il divano su cui si era appena seduta. Abbozzò un sorriso, abbagliandomi nuovamente con la sua infinita dolcezza.

All’apparenza era eterea e delicata, ma sapevo benissimo che in realtà era più coraggiosa di un leone. E florida per quel bambino che nutriva e alimentava di amore senza sosta. Nostro figlio.

Mi accomodai al suo fianco, non riuscendo a reprimere il vago senso di inquietudine che aleggiava nel mio stomaco. “Si può sapere che cos’hai?”, mormorai, teso.
Bella si strinse nelle spalle, storcendo appena la bocca. ”Niente, davvero”

Un dubbio mi balenò in fretta e furia. “Non sarà per il bambino?”

Alzò gli occhi al cielo, fintamente esasperata. “No, Edward, il bimbo sta benissimo. È Alice che mi preoccupa”, confessò, rifugiandosi nel mio torace.

Mi accigliai, il cervello che lavorava frenetico. Si, in effetti Alice non si era nemmeno affacciata alla finestra per salutarmi questa volta. Non me n’ero nemmeno accorto, tanto ero preso ad analizzare Bella. E, per quel che ricordavo, non avevo incrociato neanche Jasper.

“Santo cielo, che cos’ha Alice?”, domandai, circospetto.

Bella fece una smorfia. “Ha vuotato l’anima in bagno, questo pomeriggio. Jasper era preoccupatissimo. Le ha preparato un tè e non ha mollato Alice per un istante”, spiegò, persa.  

“Magari ha avuto un’indigestione”, tentai, circondandole le spalle con il braccio.

“Già… un’indigestione”, sussurrò. Appoggiò il capo sul mio petto, vagamente pensierosa. Quasi sentivo il suo cervello macchinare chissà cosa. Il suo tono non mi aveva per niente convinto. Era strano, guardingo, come se ci fosse qualcosa che non potessi comprendere… Finché una lampadina scattò nella mia testa in modo vagamente inquietante. Ma la scartai subito.

Era impossibile. Assolutamente improbabile. Mia cugina non poteva essere incinta. Va bene, aveva ventisei anni e desiderava ardentemente dei bambini, previsti solo dopo aver sposato Jasper.

Da quando io e Bella stavamo insieme non avevo mai avuto modo di parlarne con lei. Non ce n’era bisogno, visto che l’intenzione di sposarsi c’era da tempo ormai. Ma quell’opzione mi pareva troppo casuale e imprevedibile per un tipo attento e calcolatore come Jasper. A meno che lui non sapesse niente… 

“Bella, non starai pensando che…”, esordii, la voce stranamente strozzata.

Alzò le spalle, i suoi occhi di cioccolata fissi nei miei. “Perché no?”

Mi schiarii la gola. “Bella, quei due lo fanno da mattina a sera e credimi, se non avessero mai usato contraccettivi, a quest’ora avrebbero almeno una dozzina di figli”

Bella sospirò. “Ma c’è sempre lo sbaglio, Edward… i contraccettivi non sono infallibili… è capitato anche a me”

Mi bloccai, spiazzato.

C’è bisogno di ricordarglielo ogni volta, Edward?

Automaticamente, entrambe le mie braccia si serrarono sul suo fisico, in un vago tentativo di consolazione. Le baciai la fronte e le palpebre, per poi impossessarmi avidamente delle sue labbra. Bella rispose al bacio, chiudendo gli occhi e lasciandosi trasportare dai movimenti della mia bocca. Le schioccai più baci sulle guance e sull’incavo del collo, beandomi del suo naturale profumo delicato.

“Edward, ti amo”, sussurrò, le dita intrecciate tra i miei capelli.

Per poco il mio cuore non scoppiò, tanto era traboccante di felicità e amore per la dea della fertilità tra le mie braccia. “Anch’io, Bella. Anch’io ti amo”

Strofinai il mio naso con il suo, facendola ridere dolcemente.

“Beh, comunque, non c’è motivo per cui preoccuparsi, amore”, continuai, carezzandole i capelli. “Erano già preparati a un’evenienza del genere. Si amano e vogliono sposarsi. Un bambino in più in questa famiglia non è che altra fonte di gioia”

La cioccolata degli occhi di Bella brillò, infondendomi pace e passionalità. “Già, hai ragione… in ogni caso, è meglio che ne parli con Alice. Può anche trattarsi di un falso allarme”, spiegò, pratica.

“Bene. Io me ne starò qui tranquillo e non fiaterò minimamente al riguardo”. Le carezzai il ventre, teso per la creatura che l’amore della mia vita aspettava pazientemente.

La vidi sorridere teneramente, per poi posare la sua mano sulla mia.

“Ti amo, Bella”, mormorai di nuovo, baciandole la punta del naso.

Il suo sorriso si allargò a dismisura, per posare le sue labbra di rose sulle mie. “Anche io, Edward. Per sempre”

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Ciao a tutti! Sono contentissima che il capitolo precedente vi sia piaciuto così tanto! È stato bellissimo scriverlo, era talmente naturale per me che non ho fatto fatica metterlo per iscritto. L’unica cosa che non mi convinceva era la dose di zucchero (io purtroppo immagino tutto con troooppo romanticismo -.-‘), ma, a quanto pare, non ho fallito nemmeno da quel punto di vista! Me felicissima! ^^

Okay, okay, bando alle ciance e torniamo al capitolo. Allora, come vi avevo già anticipato, Bella ha notato le stranezze dell’amica. A furia di stare con una persona per cinque mesi tutti i giorni, non puoi fare a meno di conoscerla a fondo, e lei ha notato che Alice, la sua migliore amica, ha qualcosa di strano. Ed è saltata a delle conclusioni, confidandosi addirittura con Edward. Lei sospetti che sia incinta… ma è davvero così? Come la prenderà Alice, o, se fosse così, Jasper?

Io lo so, io lo so! ^^ Okay, me ne sto zitta, prima che mi linciate.

Il prossimo capitolo, è… decisamente tragicomico. Forse più tragico che comico. Avrete notato che la mia Alice, come l’originale, è leggermente esagerata e teatrale. Beh, ecco più o meno come si svolgerà la continuazione.

Diciamo, che ci sarà una Bella vs Alice ad armi pari!

 

Prima di lasciarvi, RINGRAZIO INFINITAMENTE TUTTI! Alle 24 recensioni, a coloro che mi hanno aggiunta ai preferiti, ai seguiti e agli autori preferiti! GRAZIE, GRAZIE, GRAZIE… GRAZIE!

Un bacione, e alla prossima!

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Capitolo 16
*** Capitolo 15 ***


Capitolo 15

 

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Bella

 

Il ticchettare dell’orologio si era fatto più pesante e intenso. Se prima lo scandire dei secondi mi provocava ansia per la voglia di vedere Edward, ora mi irritava e basta.

Alice era sdraiata sul divano, avvolta in un enorme coperta,  il volto pallido e sciupato. Era strano notare come ciò non intaccasse minimamente la sua naturale bellezza.

Lanciai un’occhiata all’ora. Erano le quattro e mezza. Jasper era appena uscito per andare in farmacia a comprare qualcosa per il mal di stomaco. Contando che la farmacia più affidabile era quasi dall’altra arte della città e il traffico di New York era davvero insuperabile, avevamo circa mezz’ora di tempo abbondante. 

“Alice, mi spieghi che cosa sta succedendo?”, chiesi, perentoria.

La fissai attentamente negli occhi, posando le mani sul mio ventre allargato. Sostenemmo per circa un secondo gli sguardi, valutandoci a vicenda. Quando sospirò, capii di aver superato il suo test mentale.

Si levò di dosso la coperta, alzandosi con l’ombra della sua solita vivacità. “Vieni, Bella”, mi spronò, sparendo in camera.

La seguii, il presentimento che continuava a rodermi il cervello. Alice stava trafficando con uno piccolo scrigno di legno nel suo comodino, chiuso a chiave. Non pensavo che mi sarei sorpresa così tanto di vedere quel test di gravidanza, nonostante me lo fossi immaginata numerose volte in quel lasso di tempo.

Me lo porse silenziosamente, incrociando le braccia al petto. Dopo averle lanciato una breve occhiata, temendo che potesse svenire da un momento all’altro, afferrai il bastoncino.

Era positivo.

Deglutii rumorosamente, tentando di scacciare il groppo che mi si era formato in gola.

“Hai provato con altri…?”

Alice annuì, interrompendo i miei farneticati aiuti. “Tutti positivi”

“Da quando?”, pigolai, incerta.

Le sue labbra piene si strinsero. “Non faccio che vomitare di nascosto da un mese, credo. Solo allora mi sono insospettita e ho provato”

“Oh, cielo”, commentai, sconvolta. 

Mi sedetti sul letto, rigirandomi il test tra le mani. Quel segno rosa era inequivocabile.

Un singhiozzo catturò la mia attenzione. Alice stava piangendo sommessamente, le mani che coprivano imbarazzate il viso.

Non capivo. Io ero felice della mia gravidanza quando ero con James. Credevo che quel bambino ci avrebbe definitivamente cementato come coppia e avrebbe coronato il nostro sogno d’amore. Certo, era andata diversamente, ma James non mi amava. Jasper amava Alice, più di ogni altra cosa al mondo. Alice non poteva temerlo davvero.

Balzai in piedi, allontanando le mani dal suo volto. “Alice? Cosa c’è, Alice?”, mormorai, concitata.

Alice si aggrappò spasmodicamente a me, affondando le sue morbide e fredde dita nella mia camicia. La abbracciai, il cuore traboccante di comprensione e pena per la mia migliore amica. Le baciai i capelli e le accarezzai la schiena, tentando di darle un minimo di conforto. Non sapevo che cosa fare, come agire. Ero troppo stordita dallo stupore e dalla perplessità che provavamo in simbiosi. Riuscivo solo a percepire i sui singhiozzi strazianti e incerti, le sue lacrime salate che inzuppavano la mia maglia. 

“Alice… Shhh”

“Oh, Bella! Che cosa dirò ai miei genitori? E alla madre di Jasper? O a Edward o Emmett? Peggio… a lui? Io non so come sia potuto accadere, abbiamo sempre usato… Non siamo nemmeno sposati! Non voglio che mi sposi solo perché sono incinta, io voglio che mi ami! Voglio che mi ami, Bella, capisci? Io lo amo, lo amo… lo amo…”, ripeté straziata.

“Alice, adesso calmati”, dissi, ferma.

Con un gesto deciso, si spazzò le ultime lacrime trasbordate. “Come faccio a  calmarmi, Bella? Come? E se mi lasciasse perché non è ancora pronto per avere un figlio? Va bene, abbiamo già parlato di matrimonio, ma… ma… ma è diverso, rispetto ai figli! Avevamo parlato anche di questo, ma avevamo deciso che ci avremmo pensato dopo il matrimonio, quando saremmo stati pronti!”

“Alice…”

“Mi lascerà, proprio come Matthew! Solo con un bellissimo ricordo di lui dopo tre anni! Io desideravo un matrimonio per amore, non… riparatore!”

“Alice! Adesso smettila!”, sbottai. Le assestai uno schiaffo sulla spalla e parve riprendere lucidità.

Alice crollò sul letto, sfinita. “Oh, scusa, Bella… scusa…”

Abbozzai un sorriso, sedendomi delicatamente accanto a lei. “Non preoccuparti, credo che siano gli ormoni”

“Oh, Bella, io… io ho sempre cercato di capirti… ma mai come ora ho compreso le tue parole, le tue angosce, i tuoi incubi…”

“Alice, io non sono più sola. Io ho dovuto affrontare tutto questo da sola. Ma tu non lo sei. Hai una famiglia meravigliosa che non ti abbandonerebbe mai come ha fatto la mia. Io ora ho Edward. Io lo amo, Alice, lo amo con tutta me stessa. Ma tu hai già Jasper. Dannazione, Alice, era solo questione di tempo! Lui ti ama e non ti sposerebbe solo perché sei incinta. Cavoli, un figlio è una benedizione! Lui ti sposerebbe perché ti ama e perché porti in grembo suo figlio”

“Era questo quello a cui volevo arrivare”, notò, in uno stridulo acuto.

“I concetti sono ben diversi”, sospirai, passandole una mano tra i capelli corvini. “Lui ti ama, Alice. E tu ami lui. Credimi, perfino un cieco lo percepirebbe. Non avere paura e diglielo”

“Devo dirglielo davvero?”, sussurrò, pavida.

Annuii, certa. “Certo. Così potrete finalmente realizzare questo matrimonio”

“E se non volesse? E se mi abbandonasse per questo bambino? Io morirei, Bella, ne morirei…”

Scossi la testa una volta. “Non dire, così, Alice! Lui non ti abbandonerà mai. Ti ama. E tutto ciò che poteva desiderare era un figlio da te. E io allora che cosa dovrei dire?”

“Bella, promettimi che non lo dirai a nessuno”, bisbigliò, gli occhi da cerbiatta allargati a dismisura.

Le carezzai una guancia. “Certo, Alice. Aspetterò che sia tu ad annunciarlo alla famiglia. Ma voglio che tu ne parli con Jasper”

“Quindi devo…?”

Assentii nuovamente con il capo. “Stasera. Voglio che tu glielo dica stasera. Meglio prima che dopo, okay?”

Alice sospirò pesantemente, fissando lo sguardo in un punto indefinito del pavimento. “Ho paura, Bells. Tanta, tanta paura…”

“Lo so. È qualcosa di nuovo, apparentemente insormontabile. Ma devi farti forza. Non nasconderglielo Alice, prima che pensi male”, suggerii, arricciando il naso.

Passarono tre secondi di assoluto silenzio. Lo sbuffo di Alice interruppe quel clima assordante. “Hai ragione. Glielo dirò”

Sorrisi, orgogliosa di lei. “Brava, Alice. Brava”

Alice mi abbracciò di slancio, accogliendomi con nuove lacrime, questa volta di gioia. “Bella… grazie, grazie mille… sei una vera amica”

“Per te questo e altro, Alice”, sussurrai, dandole un buffetto sui capelli.  

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Alice

 

Bene, Alice. Niente panico.

Si, certo. Come no. Niente panico. Come diavolo facevo a starmene tranquilla quando avrei dovuto dire a Jasper di essere incinta? Dio, non osavo immaginare. Non solo, mi chiedevo come cazzo ci eravamo riusciti. Cioè, sapevo come funzionavano le cose nell’ordine naturale, ma dalla mia ottica era inconcepibile. Jasper non usava più il preservativo perché io prendevo la…

Maledetta memoria del cazzo!

Bene, mistero numero uno risolto.

Il premio va sicuramente attribuito ad Alice Cullen per i picchi insormontabili che la sua negligenza ha raggiunto!

Fantastico. D’accordo, avevo ventisei anni, convivevo con il mio uomo da tre anni ed era ora di mettere la testa a posto. Ma l’idea che Jasper mi sposasse solo perché fossi incinta mi faceva rabbrividire. E piangere come una fontana.

Cavai di tasca il mio fazzoletto umido, soffiandomi rumorosamente il naso.

Non volevo questo, no. Non volevo che Jasper mi lasciasse come Matthew, magari perché non ero alla sua altezza o cose del genere. Avevo sempre sognato il nostro matrimonio come il giorno più bello della mia vita…

Alice, basta con tutte queste seghe mentali. È ora di agire. 

La serratura scattò, facendomi sobbalzare.

“Amore, sono tornato”, annunciò Jasper, facendo capolino nel salotto. Appoggiò sulla specchiera all’ingresso la busta di carta, probabilmente contenente i nuovi medicinali. Si sfilò in un fluido gesto la giacca leggera, lanciandola sullo schienale del divano.

Quando si avvicinò, tentai di nascondere il mio volto sciupato. Ovviamente, non gli sfuggì.

“Tesoro, che cos’hai? Hai ancora vomitato? Ti senti male? Vuoi che chiami tuo padre?”, domandò a raffica, in ginocchio di fronte a me. Le sue mani mi carezzavano delicatamente il contorno delle guance, manco fossi fatta di cristallo.

Non solo mi sentivo vagamente in colpa per avergli nascosto i miei sospetti, ma ci si metteva anche quella sua naturale delicatezza.

Buttai il fazzoletto sul divano, bloccando entrambe le sue mani sul mio viso. “Jazz…”, sussurrai, baciandogli i polsi.

I suoi occhi azzurri parvero rianimarsi a un mio segnale di vita. “Si? Alice, cosa c’è?”

“Ti amo”, sussurrai, le iridi fisse nelle sue.

Sorrise, facendomi perdere almeno un battito al mio provato cuore. “Anche io, amore”

Lo desideravo, volevo che mi accettasse nuovamente. Che fosse davvero mio. Prima del punto di non ritorno.

“Ti voglio. Adesso”, mormorai, roca.

Prima che potessi dargli il tempo di replicare, afferrai il suo volto e lo avvicinai al mio. Lo baciai, muovendo le mie labbra su quella bocca tumida e perfetta. Avvertii la sua istantanea resistenza, per poi gioire al suo sospiro d’arresa. Mi staccai solo per riprendere fiato, non resistendo alla sua bellezza virile. 

Si accigliò, il respiro ancora irregolare. “Alice, ma che ti prende? Era per questo che piangevi?”, chiese, le mani tra i miei capelli.

Non risposi. Mi limitai a baciarlo in silenzio, a ripercorrere quella bocca meravigliosa che ormai conoscevo a memoria. Le labbra dell’unico uomo della mia vita.

Jasper mi lasciò fare, vagamente perplesso dal mio atteggiamento.

Spostai la mia bocca sul suo collo, succhiando e leccando il suo lembo di pelle profumata. Il suo lieve gemito mi infiammò di botto, e continuai con più foga.

Non sentivo altro che le sue dita infiltrarsi sotto la mia maglia, il cervello già scollegato

“Alice, sei sicura che vada tutto bene? Che tu non stia cercando di nascondermi qualcosa?”, chiese, cauto.

Balzai a ricompormi sul divano, sorpresa. “Jazz… io…”, esitai, mordicchiandomi il labbro inferiore.

Si accigliò, le mani ancora sospese per aria. Aveva avvertito il mio tentennamento, ovvio. Non gli sfuggiva mai niente, dannazione. “Alice, che diavolo succede? È tutto il pomeriggio che mi stai nascondendo qualcosa”

Era finita. L’ora della verità era giunta. Sospirai. “Sono incinta”

Calò il silenzio. Il ticchettio dell’orologio parve amplificarsi. Jasper era pietrificato, le labbra gonfie per i miei baci semi aperte, gli occhi celesti altrettanto.

Ecco, lo sapevo. Sapevo che non avrei dovuto dirglielo.

Dannazione a Bella.

Serrai le palpebre, e iniziai a torturarmi il labbro inferiore.

Dio, non abbandonarmi ancora, ti prego.  

“Cos…? Ne sei sicura?”, domando, la voce talmente bassa da faticare a sentirlo.

Sbuffai, irritata. “Ho fatto più di un test, Jazz. Non sono così sprovveduta”

“Tu… io… ma come…?”, balbettò, confuso.

“Mi sono scordata di prendere la pillola in quei giorni”, spiegai, gli occhi ancora serrati.

Dio, basta con questa sofferenza. Dimmi che cosa succede.

Un singhiozzo disperato proruppe dalle mie labbra. Di nuovo. Evidentemente non avevo ancora finto la riserva di lacrime quel giorno. Sarei morta per disidratazione di questo passo, altro che infarto. “Jazz, io… mi dispiace, mi dispiace così tanto… ti prego, non lasciarmi, non lasciarmi! Io ti amo, ti amo più della mia stessa vita, e non voglio che tu…”

“Alice, che cazzo stai farneticando, me lo spieghi?”, sbottò, vagamente arrabbiato.

Sorpresa, aprii gli occhi. La fronte di Jasper era corrugata tanto era lo sforzo di concentrarsi.

“Cos…?”, farfugliai, confusa.  

“Tu… non puoi davvero avermi nascosto di essere incinta perché pensavi che ti avrei lasciata! Non ha senso! Dannazione, ti amo, come potrei lasciarti?”, proruppe, sempre più incredulo e frustrato.

Percepii la mia bocca spalancata per la sua reazione. Mi ero aspettata di tutto. Rassegnazione, disgusto… ma non quello. La richiusi di scatto.

“Davvero? Non è che dici così solo perché… ti senti in colpa?”, pigolai, incerta.

Jasper sospirò, scuotendo la testa. Con un scatto fulmineo, afferrò il mio viso tra le mani, accostandolo al suo. Avvertivo il suo dolce respiro inebriarmi i sensi, facendomi ansimare per lo sforzo di restare immobile. Zitta e ferma.

Non avevo mai visto i suoi occhi cerulei ardere così. Era successo solo una volta, il giorno della sua dichiarazione. Nemmeno quando facevamo l’amore, le sue iridi fiammeggiavano come in quel momento. “Alice, tu sei la donna della mia vita. E tu, la donna della mia vita, stai aspettando mio figlio in questo… beh, in questo corpo divino. Mio figlio, Alice. Capisci? Mio figlio. Come hai potuto pensare  a una cosa del genere?”

“Credo che sia la presenza di Bella a rendermi malinconica”, borbottai, sempre più confusa.

Jasper ridacchiò appena, la risata in un crescendo continuo. Non lo avevo mai visto così raggiante. Mi baciò la fronte più e più volte, le labbra che cercavano frenetiche le mie per unirle in quella dolce e suadente danza. “Un figlio… aspetti mio figlio…”

“Jazz… davvero? Insomma… tu, non mi lascerai, vero?”, sussurrai, non del tutto convinta. “Dovrei proprio voler tentare il suicidio se volessi farlo”, scherzò, ritornando a bramare le mie labbra.

Mi scostai appena, il necessario per guardarlo negli occhi. “Jasper, non sono mai stata tanto insicura in vita mia, per favore. Voglio sentirmelo dire. Adesso”

“Ecco dov’era finita la mia Alice”, rise, dandomi un dolce buffetto sulla guancia. Improvvisamente, il suo sguardo divenne talmente serio da lasciarmi senza fiato. “Non ti lascerò mai, Alice Cullen. Mai, mai, mai. Io dovrei essere l’ultimo uomo sulla terra che vorrebbe separarsi dalla propria amata, visto il mio deplorevole trauma infantile”

Roteai gli occhi, esasperata. “Suvvia, che Amleto”

Jasper sorrise, quando, d’un tratto, focalizzò l’attenzione sul mio ventre. “Credi che ci stia sentendo?”, sussurrò, posando un orecchio su di esso.

Sbuffai, scettica. “Jasper, probabilmente non gli batte nemmeno il cuore”

“Si, ma…”

“E non ha neanche le orecchie, se era questo quello che volevi aggiungere”, lo interruppi, lesta.

“Si, era questo”

Scossi la testa. “Scemo”

“Stupida”

“Puttaniere”

“Sgualdrina”

“Stronzo”, sbuffai. Jasper ridacchiò, per poi palparmi volontariamente un seno al di sopra della maglietta. “E maniaco”, aggiunsi,

Scoppiammo entrambi a ridere, divertiti dall’esito del nostro gioco.

“Quindi, non mi lascerai mai?”, insistetti, carezzandogli il viso.

Sorrise dolcemente, nuovamente concentrato sul mio volto. “No, Alice… non potrei mai lasciare la mia neo mamma”

Levai un sopracciglio. “Ma davvero?”

Ghignò, istantaneamente malizioso. “Anzi, dimostriamo a questo bel bimbo quanto ami la sua mamma…”

“Immagino già come…”, continuai, suadente solo per finta.

Le sue braccia mi avvolsero il torace, strette e possessive. “Ti dico tre parole: io, tu, camera”, sussurrò al mio orecchio, roco.  

Mille brividi mi scuoterono da capo a piedi. “Come immaginavo”  

Ignorando i miei gridolini di protesta, Jasper mi prese in braccio, conducendomi verso le porte del nostro paradiso amoroso.

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Ehilà, ciao a tutti! Spero che stiate meglio di me, non ce la faccio più! Grazie a Dio, manca poco alla fine della scuola! Mi sento leggermente patetica  a segnare ogni singolo giorno del mio calendario con una gigantesca X, ma credo sia la disperazione. Detto questo, non mi dilungo.

Ebbene, avevate ragione! Ta dan, Alice è incinta! Contenti? Io si, tanto! Insomma, era da tre anni che la tiravano per le lunghe, era ora di accettare la cosa, no? XD

Forse l’altro capitolo non vi è piaciuto molto, visto che le recensioni si sono dimezzate. Colpa mia, credo -.-‘ Spero che questo vi sia piaciuto e che torniate tutti a farvi sentire!

Beh, che dire? La storia sta per concludere! Il prossimo sarà un semplice capitolo di transito, dove ci saranno anche i nostri cari Rosalie ed Emmy Pooh (è un grande, lo stimo troppo! ;)), leggermente entusiasti per la notizia!

E, ovviamente, non mancheranno i momenti diabetici tra Edward e Bella, quindi assicuratevi di non aver mangiato troppi dolci quando leggerete il prossimo capitolo! XD

 

Allora, prima di passare ai ringraziamenti, vorrei chiedervi una cosa. Tranquilli, ci metto un attimo.

Vorrei pubblicare una nuova storia nella categoria originali, ed è una storia di cui mi sono innamorata tantissimo e da cui sono terribilmente presa. Quasi come mi è successo con “Senza Nuvole”, ecco. Vi lascio un piccolo riassunto.

 

Come il cielo di luglio

Sicilia, seconda metà dell’Ottocento. Marianna è una contadina ventenne allegra e impavida, amata da tutti gli abitanti di Santoro, il villaggio in cui è nata e cresciuta. Orfana di madre da quando aveva dodici anni, Marianna vive con il padre vedovo e lavora nei campi con la madrina Pinuzza, moglie del pescatore Calogero, e sua figlia quattordicenne, Tiziana.

L’arrivo inaspettato di don Pietro Ripamonti, nuovo padrone delle terre su cui si estende il paese alla morte del padre, getta nello scompiglio la sua vita. Il villaggio è sotto le crudeli angherie dei suoi guardiani e l’unico modo per calmare le acque è offrire uno sposalizio. Essendo l’unica donna nubile del quartiere, Marianna si sacrifica per sposare il giovane e dissoluto conte. 

Pietro è più che felice di accettare Marianna come sua sposa, avendole già messo gli occhi addosso.

L’odio che la ragazza nutre per il marito oscura completamente il desiderio che lui prova sin dall’inizio. I rapporti tra i due sono tesi e complicati: lui, dominatore stoico e deciso, non riesce a sottometterla e lei, fiera e indipendente, non ha intenzione di lasciarsi calpestare.

Solo quando entrambi abbasseranno l’ascia di guerra, a bordo di una barca sul mare sotto il cielo di luglio, le prospettive cominciano a cambiare.    

Pietro vede Marianna come la sua unica donna, la sola per cui nutre un rispetto profondo e sincero. Marianna comprende più che mai che quello che riteneva il demonio in terra è una persona con un cuore, sepolto dall’antico dolore per la morte dell’amata sorella, Laura.  

Entrambi si amano appassionatamente, in un amore senza veci e denso di possessione urticante e bruciante. Un amore malato che sarà diviso dall’imminente rivolta anti-borbonica, in cui Pietro, in punto di morte, vede la sua unica donna nelle vesti di un angelo paradisiaco.

Perché non è difficile lasciarsi incantare dai dolci occhi di Marianna, celesti come il cielo di luglio.

 

Vi interesserebbe se la pubblicassi? Ecco, mi piacerebbe se nel commento me lo diceste. Non preoccupatevi, non mi offendo mica se mi dite che fa schifo e non ve ne frega niente. Anzi, vi capisco, non è niente di che infatti, e sono convinta che la sincerità è sempre la cosa migliore! :)

Però vi prego, ditemi qualcosa, perché il silenzio è molto brutto!

 

Bene, vi lascio, allora. GRAZIE MILLE alle 12 recensioni, ai preferiti/seguiti e a coloro che mi hanno aggiunto tra gli autori preferiti! Grazie, grazie, grazie!!!

Un bacione, al prossimo capitolo!

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Capitolo 17
*** Capitolo 16 ***


Capitolo 16

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Bella

 

“Io sono… assurdamente sconvolto! Non posso credere che finalmente mia sorella e il mio cognatino si sposano! Non mi sembra vero!”, cinguettò Emmett, sbattendo le ciglia come un piccolo cerbiatto.

“Ma piantala”, sbuffò la sua inseparabile fidanzata Rosalie.

Non potei trattenermi dal ridere, sebbene le occhiate omicide di Alice la dicessero lunga.

“Tappati la bocca, idiota! Era solo questione di tempo!”, sbottò, esasperata.

Emmett si accigliò. “Ma se state insieme da tre anni! Pensavo che saresti rimasta una zitellona!”

Alice mugugnò qualcosa di indefinibile, incrociando ostilmente le braccia al petto.

“Ma senti da che pulpito viene la predica. Non mi sembra che tu e Rosalie siate sposati, non ti pare?”. Edward era corso in difesa dell’adorata cugina, prima che Jasper spegnesse la sigaretta nel posacenere e potesse ridurre in poltiglia il futuro cognato. Cioè, in uno scontro avrei scommesso la vincita dell’orso, ma non si poteva mai dire.

“Senza offesa, Rose”, aggiunse Edward galante. Il suo braccio cinse le mie spalle, attirandomi al suo corpo snello e marmoreo.

Sospirai, beata.

“Ma ti pare”, disse gentilmente Rosalie, scoppiando a ridere.

“Ma cosa vuol dire? Noi siamo più grandi!”, disse Emmett, sulla difensiva.

“Proprio per questo”, ribatterono Edward, Alice e Jasper all’unisono, gli sguardi truci.

“Direi che l’importante è che si sposino, no?”, mi intromisi timidamente. Non volevo che la serata in famiglia si concludesse con un omicidio. E poi, non solo Emmett era davvero simpatico, ma Alice era addirittura incinta. Meglio evitare.

“Ma sarebbe proprio il caso! Va bene che questi due si danno da fare da mattina a sera e cominciavo a preoccuparmi che Jasper soffrisse di impotenza. Ma con questo…”, aggiunse Emmett, indicando il ventre ancora piatto di sua sorella, vagamente soddisfatto.

Gli occhi chiari di Jasper si animarono di una luce che non gli avevo mai visto, rendendolo vagamente inquietante. “Ehi, ehi, un momento. Chi soffrirebbe di impotenza qui dentro?”, sbottò, per nulla amichevole.

Edward ridacchiò, sussurrando qualcosa del tipo “orgoglio maschile”.

“Ti assicuro che Jasper è tutt’altro che impotente, razza di stupido”, sbraitò Alice, indignata quanto il moroso.

“Ragazzi, non credo che ci interessi…”, cominciò Edward, ma bastò un’occhiata infuriata di sua cugina per farlo tacere.

“Edward, zitto, è questione di principio!”

“Già. Io propongo di farlo fuori!”, concordò Jasper, scrocchiando minacciosamente le dita.

Emmett deglutì rumorosamente. “Ehi! Ma dai, ragazzi… scherzavo… Rose, mio dolce fiorellino di primavera?”

“Grazie al cielo, aspettavo da anni questo giorno”, disse semplicemente Rosalie, sorridente.  

Emmett spalancò la bocca, indignato. “Traditrice!”. Si rivolse ad Edward, speranzoso. “Eddie? Vero che mi salvi dalla nana malefica?”

Edward sbuffò, roteando gli occhi. “Neanche per sogno!”

“È così bello avere una famiglia e una fidanzata che ti vogliono bene…”, borbottò, sarcastico, le braccia ancorate al petto.

“Te le cerchi tu, caro mio”, disse Rosalie, cercando di inculcargli bene il concetto.

“Per questa volta ti risparmiamo, ma non sarai altrettanto fortunato la prossima volta”, lo avvertì Alice, minacciosa.

Jasper sospirò, il naso arricciato.

Il teatrino susseguì per quasi tutta la serata, tra sghignazzi e prese in giro. Mi ero talmente abituata alle battute sconce di Emmett su me ed Edward da passarci sopra e ridere anche io. Edward non era altrettanto d’accordo con me e, all’evenienza, il povero armadio si beccava uno scappellotto sia da lui che dalla sua ragazza.

Rosalie era scherzosamente risentita del fatto che perfino la sorella minore di Emmett si sposasse prima di lei. Da quanto avevo capito, aveva la stessa età di Jasper, mentre Emmett ne aveva quasi trenta.

“Andiamo a casa? Voglio stare un po’ da solo con te”, soffiò Edward in un orecchio.

Annuii, leggermente accigliata. “Va bene”

“Noi andiamo”, annunciò Edward a gran voce, alzandosi in piedi talmente in fretta da farmi venire un capogiro.

“Ma sono solo le dieci e mezza!”, esclamò Emmett, stupito.

“Emm, lo sai che Edward non è mai stato tipo da festini”, gli ricordò scherzosamente Jasper, ghignando.

“Dovrei preoccuparmi?”, chiesi, fingendo di pensarci sopra.

Scorsi Edward sorridermi radioso.

“Nah. Tutto sotto controllo, Bella”, mi assicurò Jasper, ammiccandomi.

Emmett trattenne il respiro, balbettando e indicando con un dito un alquanto divertito Jasper. “Alice, l’ho visto! Futuro marito fedifrago a bordo!”, urlò, gli occhi spalancati.

“Cosa, Emmett?”, chiese Alice, vagamente esasperata. Lanciò un’occhiata complice a Jasper, che le sorrise tranquillo.

“Emmett, ma che cazzo spari?”, sospirò Rosalie, chiudendo per un attimo gli occhi per riprendere la calma.

“Ha tentato di sedurre Bella! Bella, una povera e innocente creatura! Bellina, capite?”, gridò Emmett, continuando ad indicare Jasper.

Non sapevo se intervenire o meno, ma capii di farne a meno non appena vidi Emmett scoppiare a ridere gioioso come un bambino. Rosalie, intenerita, gli diede un bacio sulla guancia, in un gesto tanto delicato da farmi sorridere. Alice e Jasper continuavano a mandarsi occhiate poco caste, e, a dire il vero, dal ghigno sardonico di Edward intuii che anche lui l’avesse notato.

Mi alzai goffamente a causa dell’enorme pancione che mi ritrovavo. Non solo il peso era leggermente eccessivo, ma il mio piccolo brontolone ci teneva a informarmi della sua presenza con dei piccoli calcetti. Edward mi porse una mano, che afferrai prontamente, e così riuscii a barcollare fino all’ingresso con Alice.

“Ciao a tutti!”, salutai rivolta alla sala, ricevendo una fragorosa risposta da tutti i commensali. 

Alice ci aprì la porta in un gesto fluido ed elegante come solo lei sapeva fare. “Prego, tesori miei”, disse gentilmente. 

Edward si sporse per darle un bacio sulla guancia. “Non consumare Jazz prima del matrimonio, Al. Lo hai bisogno in pieno delle forze per la luna di miele”, scherzò.

Alice levò le sopracciglia, scettica. “Ah, ma che spiritoso. Bella, pensaci tu”

“Ricevuto!”, dissi, fingendo una posa da militare.

Dopo che Edward le ebbe scompigliato i capelli, Alice mi stampò un leggero bacio sullo zigomo.

Quando la porta si chiuse, cadde il silenzio nel corridoio.

Ridacchiai, prendendo la mano che Edward mi porse. “Mi sono divertita molto. È impossibile annoiarsi con loro”

“È questo il bello di avere dei cugini rompiscatole”, convenne Edward, ammaliandomi con il suo sorriso nella penombra. 

Sospirai, ammirando la luna piena che si stagliava nitida nel cielo plumbeo. “E pensare che era preoccupata”, sussurrai, sapendo che mi avrebbe compreso immediatamente.

Infatti, colse al volo a chi mi riferissi. “Già. Che stupida, vero?”

“Jasper tra un po’ la spogliava con gli occhi. Non solo, ma si lanciavano delle occhiate così dolci… sono fatti l’uno per l’altro, non c’è dubbio”, assicurai, stringendo soddisfatta le labbra.

Salimmo sulla Volvo argentata ed Edward accese immediatamente il motore. Nonostante fosse marzo, alla sera faceva abbastanza freddo e gioii al contatto dell’aria calda sulla mia pelle.

“Conosci il mito degli androgini, Bella?”, chiese dopo un po’, pensieroso.

Mi accigliai, la mente subito al lavoro per trovare una qualsiasi informazione. Una lampadina si accese al cassetto “Platone”. Annuii. “Si. Era uno dei miti che Platone si servì per spiegare l’amore, no? Nel Fedro, mi sembra”

Edward sorrise, ammaliandomi appena. Gli effetti che ancora mi faceva erano tuttora un mistero. “Non proprio. Era nel Simposio. Ti ricordi? Era quello delle metà…”

Storsi la bocca. “Non è che me lo ricordi moltissimo”, ammisi.

I suoi occhi smeraldini si illuminarono di una strana luce. “Gli androgini erano degli esseri mitologici, il terzo sesso. Vi erano il maschio, la femmina e l’androgino, ovvero l’incrocio di quei due sessi. Se non sbaglio, avevano la schiena e i fianchi a cerchio, quattro braccia e quattro gambe, due volti uguali sul collo a cilindro e una sola testa sui sue volti… insomma, doveva essere davvero spaventoso. Eppure possedevano una forza tanto straordinaria da osare a scalare il cielo. Zeus li punì, tagliandoli a metà per indebolirli. Continuò così, finché le schiere non si estinsero del tutto. Per questo, ognuno di noi è in cerca della propria metà. Non facciamo che vagare per il mondo, cercando di completarci e riunirci alla nostra anima gemella, l’altra fetta dell’essere originario da cui si deriva”, concluse, raggiante.

“Wow”, commentai, stupita. “Un momento. Stai dicendo che Alice e Jasper costituiscono un androgino?”, scherzai, riformulando la nostra recente conversazione.

“Non solo loro”, sussurrò appena, sorridendo sghembo.

Mi tolse il fiato tanto velocemente da ammutolirmi.

Non mi ero nemmeno accorta che fossimo già arrivati a casa, così non potei far altro che scivolare dalla macchina e stringermi nella felpa, la mente e il cuore ancora in palpitazione.

 

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Edward

 

Non ero totalmente nel pieno delle mie facoltà mentali. Avvertivo semplicemente il calore paradisiaco che il corpo di Bella mi offriva. Nonostante il pancione, fare l’amore con Bella era qualcosa di spettacolare. Sapevo che tra un po’ avrei dovuto rinunciarvi per il bene del bambino, e già mi sentivo in panico. Non ero mai stato affamato di sesso, ma Bella non faceva che ammaliarmi con le sue curve provocanti.

Dopotutto, lei era la mia metà. Quando facevo l’amore con Tanya, non era la stessa cosa. Non mi sentivo così pieno e completo come con Bella. Non c’era paragone.

Sospirai, lieto.

Bella emise un piccolo sbuffo di rimando ed avvertii le sue labbra schiudersi sulle mie. “Buongiorno, amore”, mormorò.

“’giorno”, dissi, la voce ancora impastata di sonno. Mi stiracchiai per bene, per poi cercare silenziosamente il suo fisico e stringerlo a me.

Aprii gli occhi lentamente, temendo il contatto con la luce solare. Sbuffai, lievemente seccato all’evidenza di lasciare Bella a casa da sola. Anne, il suo capo, avendo notato il suo pancino, l’aveva sgridata per non averla avvertita di aspettare un bambino. Detto questo, le aveva schiaffato in mano il permesso di maternità e l’aveva ricacciata a casa, senza che Bella potesse aprire bocca per protestare. Odiavo abbandonarla per l’intera giornata, in attesa del mio rientro alle sei. Appena potevo, tornavo anche solo mezz’ora prima, ed era incredibile quanto lei si sentisse appagata lo stesso.

Stavo per scoccarle un bacio sulle labbra, quando il mio cellulare vibrò impazzito.

“Ma chi è?”, disse Bella, socchiudendo appena gli occhi,.

Avevo un brutto presentimento. Senza dire nulla, allungai la mano verso il comodino e afferrai quell’odioso aggeggio. Di questo passo, l’avrei presto defenestrato.

Schiacciai il tasto verde e lo portati all’orecchio. “Pronto?”, borbottai, come un perfetto rimbambito.

“Edward, passami Bella”, ordinò la voce cristallina ed esuberante di Alice. Ma era possibile che Dio non riuscisse a risparmiarmela perfino alle otto del mattino?

“Anche io sono contento di sentirti, Alice”, dissi, sarcastico.

“Che cugino inutile. Dai, muoviti, devo dirle una cosa. È urgente”

Mi accigliai. “Mi sento un po’ escluso, a dire il vero. Non mi racconti più un bel niente”, scherzai.

Sospirò teatralmente. “Tappati quella bocca, razza di cugino degenere. Stai parlando con una donna incinta e piena di ormoni, non ti conviene scherzare. Passamela.”

“Agli ordini”

“Edward?”, chiamò dopo un po’, il tempo di fermarmi dal passare il telefono a Bella.

“Mh?”

“Ti voglio bene, lo sai, vero?”, disse dolcemente, come solo lei sapeva fare.

Sorrisi, scuotendo la testa. Alice era sempre Alice, l’unica che mi era stata accanto nel periodo più buio della mia vita.

 

“Edward, sei sicuro di volerlo fare?”. Il labbro inferiore di Alice, leggermente più pieno dell’altro, era sotto tortura dei denti. Era indecisa, insicura. Per me, per la mia scelta.

“Certo che ne sono sicuro, Alice. Non ho fatto altro che pensarci”, dissi, più deciso che mai.

“Ed, ascolta… io… tu la ami alla follia e lei non da meno… ma fare questo passo… decidere di sposarla e riconoscere il bambino… potrebbe essere troppo presto per te, dopo quello che ti è successo. Non sarò certo la persona più adatta per farti questo tipo di predica, né devi pensare che non mi fidi di lei, è solo che…”. Alice si interruppe, sospirando pesantemente. 

A differenza di me, che avevo quasi rimosso del tutto la situazione con Tanya, lei ricordava. Rammentava ogni volta i miei pensieri suicidi, la depressione, la solitudine… lo ricordava, ed era preoccupata per me.

Mi allungai sul tavolo del nostro solito bar, afferrandole la mano e stringendola dolcemente. Probabilmente ad occhi estranei avremmo potuto apparire una coppia di giovani fidanzati. O di due amanti in fuga, se proprio dovevamo approfondire la faccenda. Quel mattino Jasper era già in tribunale per  risolvere un caso molto importante e Bella era a casa da sola.

Alice mi era sempre stata accanto, sempre. La amavo come una sorella. Lei era incinta, si sarebbe presto sposata e tutto sarebbe cambiato. Così come tutto era variato quando aveva trovato Jasper, o quando io avevo incontrato Tanya e, infine, Bella. Il mio vero amore.

Nonostante tutto, la nostra fiducia e il nostro affetto reciproci non erano mai vacillati. E ora temeva nuovamente per me. Ma non aveva ancora capito che era Bella quella veramente giusta. 

Alice mi fissò a lungo, gli occhi nocciola attenti e guardinghi. “Edward…”

“Alice, non sono mai stato così sicuro in vita mia. Io… la amo con tutto me stesso. La amo e voglio sposarla. E presto glielo chiederò. Non devi temere per me”. Le sorrisi, carezzandole la mano con il pollice per rassicurarla.

“Oh, Edward….”, sospirò, tornando a guardarmi.

“Occuperai sempre un posto nel mio cuore, Alice”, la rassicurai.

Alice ridacchiò appena, anche se scorsi un luccichio particolare nei bei occhi nocciola. “Anche tu, Ed… sempre, anche se mi dovessi trasferire al Polo Sud. Io ci sarò sempre per te… ricordalo, sempre…”

 

Alice era la donna più dolce e materna che avessi mai conosciuto, dopo Bella ed Esme. Probabilmente, era una cosa ereditaria. Pensai ad Emmett, appena giunto dal Tennessee per assistere al matrimonio di sua sorella il mese prossimo. Beh, forse non proprio ereditario. “Si, lo so. Anche io. Te la passo”

Porsi la cornetta a Bella, ancora semiaddormentata sul cuscino. “Pronto?”, biascicò, stanca.

Gentilmente, afferrai il lenzuolo e coprii le sue venerate grazie, lasciandola parlare in pace. Mi diressi in bagno tranquillamente come tutte le mattine, finché non sentii un gridolino radioso dalla camera. Ritornai sui miei passi immediatamente.

Bella si stava già vestendo velocemente, saltellando sul posto per infilarsi le mutande. “Davvero? Che bello! Allora ti aspetto, ciao!”. Chiuse la comunicazione e, in men che non si dica, me la ritrovai seminuda tra le mie braccia.

“Si può sapere che succede?”, chiesi, sconcertato. La avvolsi con le mie braccia, carezzandole lentamente la schiena.

Bella rise, gli zigomi arrossati. “Anne ha concesso il periodo di maternità anche ad Alice, quindi passeremo quasi tutte le mattine insieme!”, spiegò. “Mi devo preparare, prima che venga qui e mi ritrovi ancora nuda!”

Risi della sua gioia, sentendomi sempre più rinato interamente e completamente.   

________________________________________________________________________________

Buondì a tutti! Santo cielo, finalmente la scuola è finita! Evviva le vacanze, che goduria! Libertà!

Dette queste cavolate fuori dal comune (sono un po’ fusa, lo ammetto  -.-‘), torniamo al capitolo.

Allora, il mito degli androgini non è una mia invenzione. È veramente un mito di Platone e chi studia filosofia lo sa bene quanto me. È davvero una leggenda stupenda, che mi ha colpita molto. Nonostante Platone non mi piaccia un granché, il tema dell’amore devo concederglielo. È… fantastico.

Okay, dopo questa precisazione, passo oltre. Con una notizia. Il prossimo capitolo sarà dell’epilogo. Ebbene si, siamo giunti alla fine. Nell’epilogo, però, metterò tutti gli elementi necessari per concludere la storia. Credo che sia bene non dilungarmi troppo, perché secondo me non c’è più niente da dire. Sarebbe inutile dedicare un capitolo alla nascita del bambino e alle varie considerazioni dei neo genitori. Ho pensato che fosse meglio metterli in forma di flash back.

Sapete quando sento che una storia è finita? Quando tutti hanno raggiunto un lieto fine e i personaggi, talmente soddisfatti, non mi richiedono più niente. Bella, Edward, Alice, Jasper e tutti gli altri sono felici, e la storia è conclusa.

Insomma, Bella ora è insieme a un uomo che ama e che la ama, Edward ha trovato la donna della sua vita, Alice e Jasper sono finalmente (quasi) accasati e stanno per avere un figlio… l’equilibrio è stato trovato.

Quindi, ragazzi, il prossimo capitolo sarà l’epilogo.

Mi mancherà tantissimissimo questa storia, ci avevo messo l’anima a scriverla.

 

GRAZIE MILLE alle 19 persone che hanno recensito tra il capitolo precedente e il link della nuova storia!!! Grazie a tutti per essere ancora qui a seguirmi!

Quindi, vi lascio, sperando che ci siate tutti alla fine!

Un abbraccio!

P.S. Ho pensato di scrivere qualche extra dopo l’epilogo, quindi, per vostra sfortuna, ci sarò ancora. Ci sto già lavorando. Fatemi sapere che cosa ne pensate.     

 

Per chi me lo avesse chiesto, vi lascio il link del secondo capitolo della mia storia originale:  Come il cielo di luglio 

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Capitolo 18
*** Epilogo ***


Epilogo

 http://images1.boxwish.com/profile_images/profile/4932/character_bella_swan.jpg

Bella

 

Avevo solo ventitré anni, quando la mia vita ha cominciato ad andare a rotoli. Avevo ricevuto il dono più bello che una donna potesse avere: aspettare un bambino. Ma ciò non era sufficiente per James, l’uomo che credevo di amare. Non era sufficiente per i miei genitori, Charlie e Renèe. Sono stata abbandonata da tutte le persone che amavo incostantemente e incessantemente, senza pretendere nulla in cambio. Perché quello è amore.

Ma, da una parte, è stato un bene. Se ciò non fosse accaduto, se il mio piccolo Nathaniel non si sarebbe formato dentro di me, non sarei mai andata a New York e non avrei mai conosciuto Edward. Lui, il mio vero amore, lo spirito affine nato per completarmi. Oppure, se vogliamo metterla in termini filosofici (cosa che a lui piaceva molto e capivo il perché di quella laurea in filosofia), un essere generato per completare un androgino.

Probabilmente, il caro vecchio Platone aveva ragione. Ma non siamo qui a filosofare.

Ripercorrere daccapo la mia odissea amorosa è quasi traumatico, ma tremendamente eccitante. Come se fosse una storia da film o di un libro romantico senza pretese, il che, in un certo senso, è proprio così. Sembra un racconto ideale, impossibile da realizzarsi nel mondo reale. Eppure non è così. È successo e basta.

Ricordo tutto come se fosse accaduto ieri. Nel momento in cui Edward si era inginocchiato davanti a me, chiedendo la mia mano, ero scoppiata a piangere, ebbra di gioia. Lo avevo baciato con passione e gli avevo concesso calde effusioni, dovendo stare attenti al pancione che bloccava ogni possibilità di fare l’amore.

Quando Nathaniel stava per nascere, un irrazionale paura che potesse assomigliare tanto, troppo a James, mi aveva assalita. Se non ci fosse stato Edward al mio fianco, non avrei saputo che cosa fare. Mi sarei persa, in un bel bicchiere d’acqua, anche. 

“Edward, io…”

Edward aveva sibilato dolcemente, attirandomi contro di sé. Adoravo il modo in cui mi stringeva e mi accarezzava il ventre ormai al culmine del suo sviluppo. Il mio bimbo sarebbe nato tra poco e io avevo sempre più terrore che il suo bel visino potesse assomigliare a lui. E non ci avevo mai pensato. A dire il vero, avevo sempre rinviato questo quesito. Lo avrei amato lo stesso, no? Che cosa sarebbe cambiato?

“Bella, non devi temere”, sussurrò Edward, premuroso. Schioccò più volte le labbra sulla mia nuca, tranquillizzandomi all’istante. “Sono certo che se anche assomigliasse a quel… ehm, a lui, sono certo che tu lo amerai come se fosse nostro. Io lo amerei come se fosse nostro. Te l’ho detto. James è il padre biologico, ma io sarò come se fossi il suo vero padre. E poi, ho letto da qualche parte che l’istinto materno non si può reprimere. Supera di tutto e di più. Fidati”

Naturalmente, era già bastato il suono della sua voce a tranquillizzarmi.

Ma il giorno del parto fu un vero tormento. Nathaniel non aveva assolutamente intenzione di uscire, e mi fece lanciare qualche urlo di vera disperazione. Va bene, molti urli. Ma, quando nacque, dopo nove mesi di gestazione, dopo nove mesi di tormento e fatica sopportati assieme, la mia forza, il mio piccolo angelo era nato. Non avevo mai visto gli occhi smeraldini di Edward, sempre al mio fianco a sopportare le mie grida isteriche (e molto probabilmente con le dita fratturate per le strette troppo forti), assumere quella meravigliosa sfumatura dolce.

Un vagito mi aveva riscosso dai miei pensieri. Avevamo deciso di chiamarlo Nathaniel, per la sua musicalità e la sua anima antica. D’altronde, io ed Edward lo eravamo fin troppo. E poi, Nathaniel Cullen era perfetto.

Non appena le infermiere ebbero finito di lavarlo, me lo consegnarono. Era una gioia, una vera e propria bellezza. Guardai quel piccolo esserino, sempre più rapita e incantata. Stentavo a credere che fosse mio figlio. Nathaniel piangeva disperato, ma, non appena gli parlai, si immobilizzò.

“Edward, mi riconosce!”, dissi concitata ad Edward, ammutolito dalla scena. Mi rivolsi al mio piccolo, accarezzandolo e baciandolo. “Ciao, piccolino. Oh, bambino mio, quanto sei bello!”

Diedi un’occhiata ad Edward. Sorridente, glielo passai silenziosamente. Edward lo prese in braccio, con gesti quasi esperti. “Benvenuto al mondo, Nathaniel”, sussurrò.

Sorrise quando il piccolo si voltò verso di lui, le manine per aria nel tentativo di raggiungere il suo viso.

“Sono il tuo papà, piccolo. Sei bellissimo”, mormorò Edward, baciandogli le guance paffute.  

Ridevo, come non avevo mai fatto. Piangevo, come non avevo mai fatto.

Ed Edward era lì. Edward era sempre stato lì. 

Il nostro matrimonio fu un evento spettacolare, manco si fossero sposati due principi o delle stelle del cinema. Ovviamente, era stato realizzato tutto dal folletto malefico.

Alice, non contenta della sua cerimonia avvenuta pochi mesi prima, ce l’aveva messa davvero tutta. Nonostante il suo pancino ingombrasse appena, Alice era infaticabile, tanto che io non avevo fatto un solo sforzo per prenotare il ristorante o comperare le fedi. 

Le nozze erano state fissate due mesi dopo la nascita del piccolo Nathaniel, spupazzato dalla famiglia al completo.

“Sono stata proprio un genio a sposarmi subito dopo aver appreso di essere incinta”, si era lodata Alice, fiera e soddisfatta. “Tra due mesi ti sarai anche sgravata, ma sembrerai comunque una balena. Guarda invece che figurino”, disse, indicando la sua vita stretta, ma dai fianchi morbidi, in una foto del matrimonio.

“Simpatica come sempre, vedo”, commentai, acida.

Jasper scoppiò a ridere, guadagnandosi un’occhiataccia dalla moglie (era strano pensarla in quegli effetti a dire, il vero).

Alice e Jasper si erano felicemente sposati il 26 aprile, organizzando il più bel matrimonio a cui avessi mai assistito. Non era stato sfarzoso come quello che aveva organizzato per me ed Edward, ma era stato comunque meraviglioso. Ricordavo ancora con gioia quel giorno.

Alice, avvolta nel suo bellissimo vestito bianco, appariva più un angelo che un essere umano. Il ventre appena accennato e i fianchi leggermente pieni le conferivano una bellezza eterea e perfetta. Non fu difficile comprendere lo sbigottimento di Jasper all’altare, all’apparizione della futura sposa.

Ed io non ero proprio riuscita a trattenere una lacrima nel momento dell’unione delle due metà. Ora erano un completo e perfetto androgino, come lo saremmo stati io ed Edward pochi mesi dopo.  

Dopo il tempo necessario che Carlisle ci aveva prescritto, io ed Edward riprendemmo a fare l’amore. Quando facevo l’amore con Edward, era impossibile non riuscire a comprendere il perché Alice fosse sempre avvinghiata a Jasper. L’amore con Edward era indicibile, solido e incrollabile. Intimo e passionale come sempre, senza che il tempo riuscisse a logorarlo.

Era meraviglioso. Tutto era meraviglioso, e lo è ancora.

Un anno dopo la nascita di Nathaniel, un mese prima del previsto, era nata la piccola Esther Whitlock. Jasper era radioso come non mai e, il giorno della sua nascita, mancava poco che scoppiasse a piangere. Si era buttato sulle labbra di Alice, non facendo che mormorargli scombussolato un “grazie” quasi impercettibile. Lo dico perché ho assistito commossa alla scena, aggrappata al braccio di Rosalie, ed è inutile dire che il povero Jasper non fu per niente risparmiato dalle battutine di Emmett.

In quei giorni stava sempre dietro alla sua “bambolina”, con un Alice stupenda e inverosimilmente tranquilla. L’aria di madre iperattiva le si addiceva perfettamente. Curava e giocava con Esther per tutto il tempo, senza risultare troppo apprensiva e senza trascurare suo marito. Jasper era quello più tendente a viziarla, e, così facendo, si attirò completamente l’ira funesta del folletto.

Erano una famiglia stupenda e, grazie al cielo, rifiutarono di trasferirsi a Houston.

Nello stesso anno, ebbi due sorprese: la prima, era che finalmente Rosalie ed Emmett si sarebbero sposati. La seconda, era che ero incinta. Questa volta di Edward.  

Per assistere al matrimonio di suo cugino, dovemmo tutti recarci in Tennessee, in mezzo alla natura incontaminata. Emmett non era mai stato serio in vita sua, cosa che non era sfuggita a Jasper, ancora in ricerca di qualcosa per vendicarsi delle prese in giro nell’ultimo mese.

Inutile dire che, al ritorno a casa, la mia gravidanza procedette molto tranquillamente. Edward non faceva che coccolare me e Nathaniel, sempre e comunque. Si prendeva cura di entrambi, e questo non era altro che una fonte di gioia inaspettata per me. L’idea che lui amasse Nathaniel come se fosse suo figlio mi emozionava ogni volta. Ma, questo, Nathaniel non lo avrebbe saputo mai.  

Faith nacque anche lei dopo nove mesi di gravidanza, bella e florida contro il mondo. Già dalla nascita, aveva un buffo ricciolo color del bronzo, identico a quello di Edward. Il nome, decisamente inusuale, lo avevo scelto io. Quando lo avevo annunciato ad Edward, era rimasto un po’ perplesso.

“Spero che non sia per la mia religiosità”, scherzò, dando il benvenuto alla sua nuova creatura.

Scossi la testa, ridacchiando, anche se, più o meno, era così. Da quando era successo tutto quello, dal mio confronto con Alice e da quello con Edward, mi ero riavvicinata molto alla fede, e la mia piccola non era altro che un suo frutto.

Dio mi aveva donato una famiglia che amavo e mi amava. Avevo Edward, un marito stupendo, e due figli meravigliosi. Avevo Alice e Jasper, i miei due migliori amici, Anthony, un suocero che consideravo come un secondo padre, e Carlisle ed Esme, gli zii che non avevo mai avuto. Per non parlare di Rosalie ed Emmett, i miei nuovi amici, che avevano appena scoperto di aspettare un piccolo, che avrebbero chiamato Alexander.

Già… La mia vita ora era semplicemente perfetta e serena, come un cielo senza nuvole.

 

 

Diciotto anni dopo

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Edward

 

“Ciao, papà, io esco”, annunciò a gran voce Nathaniel, nonostante fossi lì accanto a lui.

Feci una smorfia. “Ah, si? E dove vai?”, chiesi, sebbene conoscessi benissimo la risposta.

Nate si fermò davanti a me e si strinse nelle spalle. Era incredibile quanto assomigliasse a Bella. Aveva le sue stesse labbra piene e ben disegnate, gli stessi capelli di mogano e gli stessi e identici occhi di coccolata. Sebbene il naso e il viso virile non fossero suoi, nel complesso Nathaniel era davvero un bel ragazzo. Ero orgoglioso di lui, di mio figlio. Per me lo era a tutti gli effetti.

James non aveva visto il pancione di Bella crescere. James non aveva visto nascere Nathaniel. James non aveva cresciuto Nathaniel.

Lui era mio figlio, ed io ero suo padre. Questo contava.

“Vado a prendere Esther, e poi usciamo a fare un giro”, spiegò, come se niente fosse.

Mi insospettii. “Un momento… Alice e Jazz lo sanno?”, domandai, scettico.

Va bene, forse ero esagerato. Avevo beccato Alice e Jasper discutere su Nate e la loro figlia più di una volta, e i loro pareri erano contrastanti alla grande. 

“Insomma, è bello, intelligente, colto e molto sveglio… è perfetto per lei!”, aveva detto Alice, lo sguardo impegnato ad analizzare i movimenti di Nate ed Essie che chiacchieravano indisturbati nella veranda.

Jasper la guardò scandalizzata. “Alice, ma ti pare? È la mia bambina”

Alice aveva sbuffato. “Ho capito, ma la tua bambina è quasi una donna! Ha diciassette anni ormai!”

“Ma anche no!”

“Vedrai che lei e Nate si metteranno insieme”, replicò lei, un sorriso soddisfatto sulle labbra.

“Ma dovesse solo provarci!”

“Meglio lui che un drogato o un texano…”

Jasper si immobilizzò, vagamente risentito. “Ehi, che cos’hai contro i texani, scusa?”

Alice sospirò. “Sei un idiota!”

“Cretina!”

“Deficiente!”

Allora, in quel momento di discussione, mi ero intromesso, prima che la situazione degenerasse e i nostri figli li beccassero o a scannarsi o ad amoreggiare. Con quei due non si poteva mai sapere.

Nate alzò gli occhi al cielo, sospirando. “Certo che lo sanno, papà”

Sorrisi. “Beh, dopotutto, Esther è molto bella, non trovi?”. Eccome, se lo era. La piccola Esther non solo era molto alta per la sua età, ma anche ben sviluppata e attraente. Era praticamente la copia al femminile di Jasper: biondo miele e dagli stessi lineamenti regolari. La forma degli occhi era quella di Jasper, ma il colore, quel nocciola tanto puro da sembrare giallo, era di Alice. Era misteriosa ed enigmatica come il padre, ma qualcosa mi induceva a pensare che fosse un’anima davvero dolce e passionale, come sua madre.

Nate sospirò e capii già dal suo sguardo vacuo che era partito per la tangente, sebbene le guance fossero rosse. “Già… è bellissima…”

Meglio approfittarsene. “E… detta tra noi uomini… avete già…?”

Nate si riprese alla grande. “Papà!”, esclamò, scandalizzato. Arrossì, se possibile, ancora di più. “Ci stiamo frequentando, niente di più. Ci siamo dati qualche bacio… ma niente di quello che pensi tu”

“Se nasconde il carattere di Alice, stalle alla larga il più possibile”, scherzai, ridacchiando.

Nate sorrise. “No, Essie è molto più dolce”

“Lo immaginavo”

Nate fece per andare, ma si bloccò all’improvviso. “Ah, a proposito, la mamma è andata a prendere Faith a danza. Tra un po’ arriva, va bene?”

Annuii, finché non sentii il rumore della sua auto percorrere il vialetto.

Sospirai. Possibile che fossero già passati diciotto anni? Il tempo era volato. Mi sembrava ieri quando Nathaniel e Faith erano nati… E Tanya era solo un lontano ricordo. Grazie a Dio.

“Siamo a casa!”, urlò la voce musicale di mia figlia, seguita dai passi di Bella.

Faith fece irruenza in salotto nel suo turbinio dei lunghi capelli di bronzo e mi stampò un dolce bacio sulla guancia. “Ciao, papà”

“Ciao, tesoro. Come è andata la lezione?”

“Benissimo, davvero. Tra un po’ faremo il saggio”, mi spiegò, mentre si accomodava di fronte a me. I suoi magnifici occhi verdi –i miei occhi- scintillarono di entusiasmo.

Faith era completamente diversa da Nathaniel. Lui era un tipo più tranquillo, tendente alla riflessione, mentre Faith era un mix fin troppo esplosivo di vivacità e curiosità. Ed era splendida, come solo mia figlia poteva esserlo. “Tra un po’ vado a trovare Felicity”, annunciò, allegra.

Naturalmente, la tendenza di Alice e Japser ad accoppiarsi frequentemente (grazie a Dio non più nei bar o nei luoghi pubblici) aveva procurato a loro altre due figlie: Felicity e Savannah.

Emmett, non avendo concluso i suoi battibecchi con la sorella, aveva addirittura scommesso (naturalmente, quando i bambini erano fuori a portata di orecchio) se Jasper sarebbe riuscito a darle tre figli, come lei aveva sempre sognato. In caso contrario, avrebbe dovuto pagare cento dollari. Emmett fu molto contrariato per la nascita di Savannah e, nello stesso momento in cui la stavano lavando, sborsò il dovuto denaro a un Jasper sogghignante.

Felicity aveva un anno in meno di Faith, Savannah ne avrebbe presto compiuti dodici ed era la piccolina di casa. Erano entrambe bellissime. Felicity era completamente uguale ad Alice, in tutto e per tutto. Non era così difficile immaginare perché lei e mia figlia andassero tanto d’accordo. Era l’eterna disperazione di sua madre, che non sapeva mai come prenderla, a differenza di Jasper, ormai abituato con la moglie.

Alice non faceva che lamentarsi con Bella che Esther non aveva mai causato simili scempiaggini, che se Felicity avrebbe continuato così l’avrebbe spedita al collegio e che non aveva la minima idea di come facesse Jazz ad essere così in sintonia con lei.

Savannah, invece, era una vera bellezza. Aveva i capelli lunghi e corvini ed era l’unica ad avere ereditato gli occhi azzurri di Jasper. Già a dodici anni era sommersa di corteggiatori, cosa che faceva mordere non poco le mani a Jasper.

“Dannazione, per forza tre figlie dovevamo avere? Non riuscirò a tenerle d’occhio tutte e tre! Sono le mie bambine e sicuramente qualche idiota maschio farà del male a loro!”, sbraitava Jasper, disperato.

Alice sbuffava, per poi dargli un bacino e una pacca sulla schiena. “Credevo che saresti morto a trent’anni di tumore ai polmoni, e invece ti ritrovo qui a sbraitare sulle possibili delusioni amorose che le tue figlie avranno. Diagnostico che morirai a cinquant’anni per infarto”

Non aveva tutti i torti, in effetti.

“Ah, bene, allora troverai lì anche tuo fratello”, dissi a Faith, sprofondando nella poltrona.

Faith si bloccò. “Non dirmi che è dai cugini”

“Già”

Una strana scintilla si propagò negli occhi di mia figlia. “Secondo me lui ed Esther si sposeranno”. Sorrise, trionfante. “Sono cugini, ma cosa importa, dopotutto? Sono bellissimi insieme. A differenza di Alice e Jasper, sono fin troppo simili”

“Forse, ma il loro animo si completa nella loro similitudine”, dissi, stringendomi nelle spalle.

Faith mi imitò. “Forse è così. Esther è fin troppo sensuale”

“Chissà da chi ha preso…”, scherzai, ironico.

“Da Alice, è evidente”, disse Faith, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.

“Ah, beh…”

Dopo un quarto d’ora di chiacchierata, Faith decise di andare a piedi a trovare la sua migliore amica e cugina Felicity. Dopotutto, la nuova villetta in cui ci eravamo trasferiti non era così lontana da quella di Alice e Jasper, abbastanza grande da contenere un uomo beato tra le donne.

“Ehi”. Bella sbucò finalmente in sala e mi stampò un dolce bacio sulla guancia.

“Dov’eri?”, chiesi, attirandola a me.

Si sedette al mio fianco e si accoccolò nel mio petto. La mia forma fisica non era certamente migliorata negli anni, ma mi conservavo abbastanza bene, dopotutto. Nonostante Bella si lamentasse spesso di essere troppo fuori forma, io la trovavo più bella che mai. Per me, era sempre la piccola dea della fertilità di cui mi ero innamorato. 

“In cucina a mettere via la cena. Alice ci ha invitati da loro. Credo ce ci siano anche tuo padre, Esme e Carlisle”, mi informò, baciandomi il mento.

Risposi al bacio, stavolta in modo più passionale. “Allora Nate sarà contento di essere uscito con Essie, così potranno stare insieme prima dell’interrogatorio pubblico…”, risi, divertito.

Gli occhi di cioccolata di Bella, così profondi e sensuali, brillarono appena. “Crescono così in fretta, vero? Mi sembra ieri quando gli cambiavo il pannolino… e ora già scorrazza dietro a Esther”

“Oh, beh, è innamorato di lei da una vita…”

Bella ridacchiò, intrigata dalla situazione. “Peccato che lei sia difficile da corteggiare”

“Invece no. Mi ha detto che si sono dati qualche bacio. E non hanno fatto ancora…”

“Edward! Non posso credere che tu chieda queste cose a nostro figlio!”, esclamò, scandalizzata.

“Andiamo, Bella! È una cosa tra uomini!”, mi giustificai, per quanto possibile.

“Si, certo, come no…”, borbottò, schiaffandosi una mano in faccia.

“A proposito di sesso…  sono tutti via… che dici?”, dissi, malizioso.

Bella alzò gli occhi al cielo, fintamente esasperata. “Se proprio dobbiamo…”

Sorrisi e scattai in piedi, trascinandola con me. Bella atterrò sul mio petto, la sua dolce risata musicale già sonante.

“Ti amo”, sussurrò, lasciandomi un innocente e tentatore bacio sulle labbra.

“Ti amo. Più della mia stessa vita”, aggiunsi, per poi trascinarla al piano di sopra.

Una vita serena. Dolce, sensuale e appagante. Perché ero con lei.

La nostra vita, da diciotto anni, era come un cielo.    

Un cielo senza nuvole. Come il nostro amore.    

 http://i34.tinypic.com/anlyfp.jpg

Fine

 

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Bene, gente, siamo arrivati alla fine. Mancano ancora gli extra, lo so, ma, ormai, la storia è finita.

Mi dispiace mettere la parola “fine” a questa fan fiction, mi ci ero affezionata moltissimo. E scriverla è stato fantastico. Soprattutto immaginare la futura famigliola di tutti i personaggi trattati. Beh, penso che capirete che il nome Renesmee non era possibile utilizzarlo, in quanto fusione di Renèe ed Esme, e Bella con la madre non ha fatto pace.

Spero che vi sia piaciuta come è piaciuta a me realizzarla!

 

Prima di lasciarvi, un gigantesco e meritatissimo grazie a tutti voi. Grazie a chi mi ha aggiunto tra i preferiti/seguiti/storie da ricordare/autori preferiti! Grazie mille! Non solo, ma grazie anche a chi ha recensito e seguito la mia storia, lasciandomi dei commenti stupefacenti e bellissimi! Grazie per avermi fatto gongolare di felicità nel sapere che, effettivamente, a qualcuno piace ciò che scrivo!

GRAZIE DI TUTTO, A TUTTI!

 

P.S: gli extra saranno due o tre al massimo. Ho già qualche idea, e sono in fase di scrittura. Purtroppo tarderò un po’ a postarli perché parto, ma non temete, sarà la prima cosa che farò quando torno!

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Capitolo 19
*** Extra n°1 ***


Extra n° 1

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Alice

 

La mia irritazione era al culmine. Non mi ero mai sentita così umiliata in vita mia. Per di più da Jasper. Lacrime di delusione e rabbia cercavano in tutti i modi di traboccare dai miei occhi, ma non glielo permisi. La dignità era l’unica cosa che mi era rimasta in quel momento.

La nostra discussione ancora continuava a risuonarmi nelle orecchie, come se la stessi rivivendo per la centesima volta.

 

Edward era sdraiato sul letto. Il suo respiro era profondo e regolare, il  petto che si muoveva sinuosamente su e giù.

Ricordavo che quando ero una bambina mi divertivo ad accudirlo come se fosse stato il mio fratellino più piccolo, sebbene fosse indietro di un anno soltanto. Avevo cercato di proteggerlo. Ma non ce l’avevo fatta. Lo avevo avvertito che quella ragazza era ben lontana dalle apparenze… e quell’arpia gli aveva fregato i soldi, la dignità, l’anima intera…

Era stato un mese pauroso, denso di sospetti e di paure.

Avevo paura più che mai di perderlo. Era stato una tortura, vedere Edward così impotente, così insicuro e triste… tutto per quella schifosa puttana, che non aveva mai meritato appieno il suo amore…

Era mio cugino, ma solo di formalità. Lui era qualcosa di più profondo, un fratello. Se prima lo amavo sopra ogni altra cosa, ora era secondo solo a Jasper.

Jasper aveva dovuto sopportare tanto quel mese e non potevo che ringraziarlo. Ormai mi ero praticamente trasferita da Edward, facevo i salti mortali per andare al lavoro e cucinargli. Mia mamma veniva lì solo per ramazzargli la casa, io per tenergli compagnia. Per un’intera settimana avevo visto Jasper solo alla sera.

Sospirai, socchiudendo la porta della stanza.

Jasper era seduto sul divano, le braccia ostilmente incrociate sul petto muscoloso. Mi accasciai al suo fianco, accoccolandomi al suo fisico longilineo. Ero stanchissima, quella giornata avevo fatto davvero di tutto.

“Dorme?”, chiese. Mi irrigidii. C’era qualcosa di meccanico e rigido nella sua postura, nella sua voce profonda. Mi spaventò non poco.

Decisi di fare finta di niente, così annuii. “Si, poverino… sta avendo un momento proprio difficile”

“Da un mese”, concluse lui, cinico.

Lo guardai, curiosa. “Ti senti bene?”, domandai, timorosa.

“No, per niente”

Sospesi il respiro. “Qual è il problema?”, dissi dopo un paio di secondi.

Sciolse la sua posa statica. I suoi magnifici celesti mi trafissero  infuriati, facendomi sobbalzare. Non mi aveva mai guardata così, se non per gioco. E questa volta non era un gioco.  “Quale vuoi che sia il problema?”

Mi accigliai. “Se magari me lo dicessi…”

“Non saprei… forse che tu hai una casa e un moroso che pretende un po’ di attenzioni dopotutto…”

Strinsi le labbra. “Cosa vorresti dire?”

Contrasse la mascella. “Alice, non è possibile…”

Sbuffai, avendo capito. “Smettila, Jazz!”

“Un mese, Alice, un mese!”, sussurrò, livido di collera.

Perché non capiva? “È come un fratello per me!”

Non mi ascoltò. “Un mese che non facciamo l’amore, che non stai a casa un attimo, tutto solo perché la moglie lo ha lasciato…”

“Non posso abbandonarlo nel momento del bisogno…”

“Beh, non c’è nemmeno bisogno che gli stai dietro come a un bambino! Ha venticinque anni, se la caverà da solo!”

Non potevo credere a ciò che stavo udendo. La mia mente strava lavorando, frenetica e impazzita per il sovraccarico di informazioni. No, Jasper non l’avrebbe mai fatto. Eppure non potei interpretare in altro modo la sua furia. “Mi stai dicendo di scegliere?”

Jasper si bloccò, inorridito. La rabbia sembrava completamente svanita. “No, Alice, questo no…”

Balzai in piedi, furente. “Invece si! Mi stai dicendo di scegliere, vero? O te o Edward, dico bene?”, urlai. Ero completamente impazzita, in piena crisi isterica.

“No…”

Scossi la testa, incredula. E scoppiai. “Sei proprio uno stronzo, Jasper, uno stronzo di merda! Io ti amo, okay, ma non puoi chiedermi di scegliere tra me e la mia famiglia. Sai già cosa sceglierò…”

“Alice…”. Si alzò anche lui, sovrastandomi con la sua altezza indomabile. Mi trattenne per un braccio, ma lo scostai violentemente.

“Niente Alice! Lasciami in pace! Stronzo di merda!”.

Presi la giacca e uscii di casa, sbattendo la porta.

 

Perché aveva fatto così? Come poteva pretendere che facessi l’amore con lui quando mio fratello stava male? Perché si era comportato così egoisticamente? Perché, perché, perché…

Camminavo velocemente per le strade di New York, sotto lo sguardo malizioso degli stranieri e dei passanti.

Non mi importava più un accidente di niente.

Edward stava morendo di depressione, e io non potevo fare nulla. Non solo, ma avevo fallito su un altro fronte. Dannazione, io amavo Jasper alla follia, e non ero riuscita a renderlo felice. Ero io quella triste, quella che stava condividendo con Edward una brutta esperienza, non Jasper.

Ero stata proprio una stronza.

Un automobile si accostò al mio fianco, abbassando il finestrino. Fantastico, adesso mi toccava ad affrontare lo stupratore di turno.

“Al, ti prego, sali”, urlò Jasper dal finestrino, cogliendomi di sorpresa.

Sussultai di gioia nel vederlo. La mia mente non faceva che suggerirmi che se lui era venuto a prendermi per chiarire, allora ci teneva ancora a me. Ma fu l’orgoglio a imporsi sulla mia espressione. Il mio sguardo si irrigidì di brutto. “No. Vattene”, tagliai corto, gelida.

Alzò gli occhi al cielo. “Al, non fare la difficile, sali”, ordinò, rigido.

“Ho detto di no”

“Alice, se non ti muovi…”

“Ehi, bellezza, perché non lasci stare il biondo e vieni con me?”, si intromise un uomo alle mie spalle. Era basso e scuro di carnagione, lo sguardo nero acceso di malizia.

Jasper ridusse gli occhi a due fessure, fulminandolo. “Ma come ti permetti, stronzo? È la mia donna”

L’uomo ghignò, divertito. Si avvicinò ancora di più a me, parandosi davanti. “Non mi sembra che voglia venire con te. Allora vieni?”, incorse incoraggiante.

Avevo tanto la faccia da puttana che tutti me lo chiedevano? Jasper era furente, aveva già slacciato la cintura. E quell’uomo non avrebbe di certo potuto farmi niente. Sorrisi, sorprendendo Jasper. “Perché no?”

Jasper spalancò la bocca. “Alice!”, urlò. Era pazzo di gelosia, lo si sentiva dalla voce.

L’uomo sogghignò. “Visto, biondo?”. Si accostò di più a me, prendendomi un braccio.

Fu quel minimo contatto a farlo impazzire: scese dalla macchina in un attimo. “Porca puttana, Alice. Sali in macchina!”, gridò, apparentemente più un folle che una persona lucida.

Tutti i passanti nella via si voltarono verso di noi, confusi.

Risi, fintamente civettuola, rivolgendomi all’uomo. Con uno strattone mi liberai, per poi dirgli gentile: “Magari un’altra volta”

Aprii la portiera, accomodandomi il più dignitosamente possibile sul sedile. Jasper mi imitò veloce come un fulmine. Non appena la richiusi, partì a tutta velocità.

“Ma sei impazzita? Che cosa credevi di fare? Se non c’ero io cosa facevi? Ti prostituivi sull’autostrada?”, sbraitò, isterico.

Sporsi il labbro inferiore, per nulla ferita dalle sue accuse. “Già. Oggi era il mio turno, devo pur guadagnarmi qualcosa per vivere”, lo schernii.

“Non dire stronzate…”

“Non mi sembra che gli uomini mi siano indifferenti. Non facevano che guardarmi… secondo me avrebbero accettato in cambio di qualche soldo”, constatai.

“Gli avrei spaccato la faccia”

“Oh, ma guarda un po’, il giovane spaccone universitario Jasper Whitlock sta ritornando alla grande”

“Cazzo, Alice, smettila!”, insorse, fuori di sé. 

Aspettai cinque secondi che si calmasse del tutto. “Davvero ti da fastidio l’idea che io possa andare con altri uomini?”. Adoravo quando faceva il geloso.

“Eccome…”

“Tanto?”, insistetti, sbattendo velocemente le ciglia.

“Senti, Alice, tu sei mia, e non mi va che altri uomini ti guardino o facciano pensieri poco casti sul tuo conto”. Arrossì lievemente, un po’ per la rabbia residua, un po’ per la confessione imbarazzante.

Risi. “Certo, come quel povero ragazzo all’università che era andato in giro a dire che avevo un bel culo e tu gli avevi dato un pugno. E pensare che non stavamo nemmeno insieme”

Jasper sorrise al ricordo, lanciandomi un’occhiata. “E l’avevo fatto passare per un incidente”

“Già, anche se dopo un anno ti sei confessato pietosamente”

Rise, divertito.

“Lo sai che non sarei mai andata con quello lì, vero?”, mormorai dopo due secondi, affranta.

Strinse le sue dolci labbra piene e chiare. “Dammi una ragione per crederti”

Inclinai la testa verso di lui, leccandomi maliziosa le labbra. “Sono solo la tua puttana, troione…”

Ridacchiò, arricciando il naso. “Anche se non mi sembra che questo mese ti sia data tanto da fare…”

Scossi la testa, ritornando seria. “Avresti potuto semplicemente dirmelo, invece di soffrire in silenzio per un mese”

“Che cosa?”

“Che ti sentivi trascurato… ti avrei accontentato anche subito”. Non mi ero mai sentita così male. Mi ricordò la nostra prima volta, quando ero ancora lievemente traumatizzata per Matthew, il mio ex, sebbene avessi diciotto anni, tre anni prima di incontrarlo.

Jasper sbuffò, infastidito. “Non voglio un rapporto veloce… ti volevo semplicemente a casa”

Sapevo cosa volesse dire. Posai una mano sulla sua, intenta a maneggiare il volante. Immediatamente me la strinse e la portò sulla sua coscia. “Jazz, Edward amava tanto Tanya… è come se tu mi avessi lasciata, così, di punto in bianco…”, spiegai, paziente.

“Cosa avresti fatto?”, domandò, gettandomi una breve controllata.

Sorrisi, amara. Rafforzai la presa.“Mi sarei gettata dal balcone”

Jasper scosse la testa, concentrata sul parabrezza. “Capisco… perdonami, amore, non volevo”, bisbigliò. Portò il dorso della mia mano alle sue labbra, posandovi un lieve bacio.

Quando sentivo le sue mani, le sue labbra su di me, provavo le stesse emozioni che provavo tre anni fa. Chiusi gli occhi, incantata dai dolci sensi dell’amore. “È come un fratello per me… come se oltre ad Emmett ci fosse anche lui… gli voglio bene”

“Certo”

“Quindi… ti ho trascurato, eh?”. Ridacchiai, una leggera nota isterica nella voce.

La notò subito, perché si affrettò a rassicurarmi.“Non ti infastidirò più, Al, promesso. Pensa a curare Edward”

“No, no, no… stasera sai cosa facciamo?”

Si irrigidì sul sedile. “Cosa?”

“Do da mangiare a Edward, lo metto a letto e poi torno a casa…”

“E…”, mi incoraggiò lui, il respiro dolcemente affannoso.

Si fermò al semaforo rosso. Gli presi il viso tra le mani e vi avvicinai il mio. Gli leccai avidamente le labbra, assaporando il suo naturale profumo. “E sarò tutta tua… interamente, completamente… potrai farmi tutto quello che vuoi, potrai sfogare tutta la tua passione trattenuta in un mese…”

“Davvero? Ma Edward…”

“Dormirà come un angioletto… allora? Ti ispira?”, chiesi, fintamente languida.

Scattò il verde e premette il piede sull’acceleratore. Era pallido. “Eccome se mi ispira”

“Perfetto. Allora stasera fatti trovare nel letto, alle dieci sarò lì. Portami a casa adesso e mi raccomando, lavora sulle pratica del caso di questa settimana”

“Perfetto”. Si fermò davanti alla casa dei miei.

“Amore… grazie”, mormorai, sincera.

Si accigliò. “Di cosa?”

“Di esistere”

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Dio mio, perdonatemi per il ritardo madornale! Il tempo non mi è stato proprio amico in questi giorni, perso più che altro negli acquisti per la partenza.

Spero che il capitolo vi sia piaciuto, ragazzi. Mi era parso doveroso metterlo, più che altro per capire fino a quanto Alice sia stata coinvolta in questa situazione. In ogni caso… lanciate pure verdure!XD

Il prossimo credo che sarà l’ultimo extra, e lo posterò a settembre. Eh, già, lunedì parto e starò via fino alla fine del mese (i miei cari nonnini mi aspettano…-.-‘)!

Quindi, grazie mille alle 15 fantastiche persone che hanno recensito lo scorso capitolo e a chi mi ha aggiunta ai preferiti/seguiti/autori preferiti! GRAZIE!

E… BUONE VACANZE!

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