Senza Nuvole di Isangel (/viewuser.php?uid=77623)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 18: *** Epilogo ***
Capitolo 19: *** Extra n°1 ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Senza
Nuvole
Prologo
Bella
Pioveva.
Il cielo era oscurato da nubi grigi e temporalesche. Faceva quasi
paura.
Un
tuono illuminò per un istante il cielo, seguito dopo due
secondi da un enorme
rimbombo. Mi coprii le orecchie, terrorizzata.
Mi
ricordò casualmente quando ero una bambina. Ogni volta che
tuonava, mi
rifugiavo tra le braccia calde e sicure della mamma. Braccia che non mi
avrebbero mai più sostenuto.
Avevo
ventitré anni. Ed ero incinta. Non di una persona qualunque,
ma di James. Il
mio ex fidanzato.
L’uomo
che credevo di amare mi aveva lasciata. Semplicemente, senza tanti
complimenti.
Tanto
lui era un uomo, no?
Sei
incinta? Bene, io non volevo ancora un figlio, quindi me ne vado.
Il
giorno dopo la rivelazione, era fuggito di soppiatto come un vigliacco.
Avevo
passato una settimana di inferno, piangendo e disperandomi.
I
miei genitori mi avevano cacciata. Ero una vergogna per la mia
famiglia, una
puttana che aspettava un bastardo da un buono a nulla.
Pioveva.
Tuonava. Mi portai le mani alle orecchie.
Vivevo
sola in una casa fuori New York.
Aspettavo
un figlio.
Avevo
paura.
Edward
Non
era possibile. Ancora qui. La foto di Tanya. Ancora qui. Sul
pianoforte.
Sospirai,
esasperato.
Un debole. Non sei altro
che uno stupido sciocco. Credi davvero che tornerà?
Si,
ci speravo ancora. Proprio perché ero un debole e
vulnerabile stupido. L’avevo
sposata perché la amavo, d’altronde. Dove avevo
sbagliato?
Hai sbagliato come con
tua madre, Edward. Fidandoti di lei. Poi ti ha abbandonato.
Ricordavo
perfettamente il giorno in cui mia madre era ferma alla porta del
soggiorno, le
valigie in mano. Urlava contro mio padre, immobile sul divano, lo
sguardo
indecifrabile. Io che piangevo e mi dimenavo, un piccolo marmocchio di
sei anni.
La pregai di non andarsene. Non mi ascoltò. Aveva
oltrepassato la soglia,
sbattendo furiosamente la porta. Per poi non tornare mai più.
Pioveva,
adesso. E la foto di Tanya, sorridente e abbracciata a me, mi
colpì come un
pugno allo stomaco.
Ricordavo
ancora il suo profumo, la sua pelle contro la mia, i suoi baci, i suoi
sussurri
mentre facevamo l’amore…
Avrei
mai trovato una donna che mi avrebbe amato?
Ormai
avevo venticinque anni, non ci speravo più.
Il
tempo della speranza era finito.
Così
come quello dell’amore.
______________________________________________________________________________________________________________________________________
Buondì! Per
chi non mi
conosce, eccomi qui, a rompere le scatole con una nuova storia. Per chi
mi
conosce… beh, scappate finché siete in tempo!
Dopo “Change of
Heart”,
sono già tornata con una nuova fan fiction, più
malinconica, con qualche vena
di umorismo (la vita non è tutta una dramma, dopotutto!).
I protagonisti sono i
nostri adorati Bella
ed Edward, ma ci saranno anche gli altri personaggi.
Prima di tutto, vi lascio
una piccola avvertenza: vi assicuro che è a lieto fine.
Senza di essi, io non
vivo!
Se qualche volta la trama
prenderà un tono melodrammatico, prendetevela con la mia
indole sensibile: è
lei la causa di tutto.
E poi… Beh,
che dire? Vi
chiedo solo di lasciarvi un commento, per sapere se la storia vi ispira.
Altrimenti non romperò più, giuro!
Vi ringrazio
anticipatamente, un bacio.
Mary
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Capitolo 2 *** Capitolo 1 ***
Capitolo 1
Bella
L’autobus
sussultò un paio di volte, avendo centrato due buche.
Sbuffai, stufa delle
strade dissestate che ormai conoscevo a memoria. Fuori dal finestrino,
scorgevo
di sfuggita i svariati abitanti di New York.
Il
cellulare vibrò nella tasca dei miei jeans. Lo cavai fuori,
portando il
ricevitore all’orecchio senza nemmeno dare
un’occhiata al display. Sapevo già
chi era.
“Pronto?”
“Bella,
dove diavolo sei?”, sbraitò Jessica Stanley, il
mio superiore, nonché la
persona più antipatica che avessi mai conosciuto.
Sospirai
impercettibilmente. “Sono sul pullman. Arriverò
tra cinque minuti…”
“Neanche
per sogno! Vedi di muoverti, o giuro che ti faccio
licenziare!”, sibilò,
furibonda.
“Certo”.
Le sbattei il telefono in faccia, incurante delle possibili conseguenze.
Puttana,
troia e zoccola. Lo era nel vero senso della parola. Aggiungiamoci
anche stronza
con la esse maiuscola. Jessica era tutta droga, festini e sesso
sfrenato.
Ancora mi chiedevo come facesse un tappo come lei ad essere sempre
impeccabile.
Non un riccio fuori posto, sempre. Camicette con le tette in fuori e
jeans a
vita talmente bassa da scorgere i peli pubici erano
all’ordine del giorno.
E
pensare che i miei genitori avevano dato a me della puttana.
Il
mondo era ingiusto, questo lo sapevo. Ma mi bruciava.
D’altronde
ero sola, ormai. Non avevo né fratelli né
sorelle. Zii manco a parlarne. I miei
genitori mi evitavano da due settimane. E da un mese ero incinta.
Perché arrivi
sempre a
pensarlo, Bella? Sei proprio masochista…
Nonostante
fosse il figlio del mio ex, lo amavo già. Era pur sempre il
mio bambino. Già
stavo pensando al nome, senza ricordarmi che mancavano ancora otto mesi
di
gestazione.
Quando
avevo visto il test di gravidanza, i miei castelli di carta avevano
già cominciato
a crearsi. Io e James ci saremmo sposati. Avremmo avuto molti altri
bambini.
Avrei invitato anche le mie amiche, con cui avevo litigato da un bel
po’
proprio a causa sua…
Poi
se ne era andato. Puff. Svanito. Niente matrimonio. Niente bambini. E
niente
James.
Avevo
provato a rintracciarlo, ma il cellulare era costantemente spento.
Due
settimane, e non si era ancora fatto sentire. E io soffrivo, contenendo
a
stento il mio dolore.
Il
pullman si fermò proprio davanti al bar di fronte a Central
Park in cui
lavoravo come cameriera. Mi facevo schifo da sola. Ero uscita con
centodieci e
lode dall’università, laureandomi in giornalismo,
e facevo la cameriera.
Beh,
almeno il bambino non sarebbe morto di fame.
Eppure
non potevo non ammirare la fantomatica New York. Con i suoi
grattacieli, il suo
panorama e il suo traffico mattutino, era qualcosa di unico al mondo.
Il clima
non era caldo e soffocante come quello di Phoenix, in Arizona, ma mi ci
stavo
facendo l’abitudine.
Entrai
e Jessica mi si piazzò davanti, le mani sui fianchi.
Maglietta super scollata,
rossa. Minigonna in jeans e tacco alto dodici centimetri. Meglio di
così non
poteva fare.
“Ti
rendi conto di che ore sono, Bella?”, mi urlò
dietro, facendo voltare la gente
nel raggio di due chilometri.
“Il
pullman è arrivato tardi, non posso farci niente”,
replicai, gelida. Non mi
piaceva il tono che usava con me. Non mi piaceva e basta.
Jessica
fece una smorfia derisoria. “Oh, poverina! Adesso mettiamole
a disposizione un
pullman personale per venire qui! Lo sai che se Angela sa che ti
concedo anche
un solo ritardo, mi ammazza?”, gridò, talmente
incollerita da sputare.
Angela
Weber, il nostro capo, era il più dolce pezzo di pane che
esistesse. E Jessica
sapeva che con me non attaccava. Ma non sapeva che stava parlando con
una donna
incinta di un mese.
“Senti,
Jessica, ora sono qui, va bene? Dillo pure ad Angela, ma io ora sono
qui e mi
metto a lavorare!”, tagliai corto. La sorpassai malamente,
facendola traballare
su quei trampoli al posto delle scarpe.
“Puttana…”,
mormorò.
Ghignai,
amara.
Non
sapeva quanto si sbagliasse.
Edward
“Papà,
mangia piano, che ti fa male”, lo ammonii, paziente.
Papà
come al solito si stava rimpinzando di cornetti, cosa non proprio
salutare per
i suoi attacchi cardiaci.
Mi
ignorò, continuando a masticare imperterrito. Mi limitai a
fumare la mia
sigaretta, tranquillo. La portai alla bocca, aspirandone il fumo. Mi
calmava,
il fumo. A Tanya non era mai piaciuto.
Infatti
mi sembrava che il suo nuovo ragazzo fosse un santarellino di Denali,
in Alaska,
vegetariano e non fumatore. Me lo aveva detto quando si era
ripresentata con le
carte del divorzio.
Due mesi fa
Tanya mi fissò
ostilmente. Si avvicinò, lanciandomi bruscamente sul tavolo
un fascicolo
voluminoso di carte. Lo fissai incredulo, per poi guardare i suoi
bellissimi
occhi neri come il petrolio.
“Che cosa
sarebbe?”,
chiesi, acido.
Tanya ghignò,
compiaciuta. “Le carte del divorzio. Devi solo firmare un
po’ di cose, non ti
costerà alcuna fatica”, disse, incrociando le
braccia al petto.
Mi sentii morire.
Tanya…
la mia Tanya, mi stava lasciando. Come la mamma.
“Ah. E dove
vai?”. Cercai
di sembrare il più distaccato possibile, ma non mi
riuscì per niente bene. La
voce mi tremava.
I suoi occhi si
illuminarono di quella luce che conoscevo bene. La luce che riservava a
me non
appena mi vedeva, i primi tempi. E che da molti mesi era ormai sparita.
“Vado a
Denali dal
mio… beh, hai capito. Sai, è
un avvocato. È vegetariano e non fuma. È un bravo
ragazzo. Lui si che mi farà
felice”, concluse, dura.
Quelle parole mi
colpirono come una pugnalata al petto. Parole che mi avrebbero fatto
sanguinare
giorni e giorni.
Sospirai. Presi la
cartella e cominciai a sfogliarla distrattamente. Gli occhi mi
pungevano come
non mai, la gola mi faceva male. Quasi non riuscivo a respirare.
“Dove ho
sbagliato, Tanya?”, mormorai debolmente.
Ero sempre stato uno
sciocco sentimentale, e mai sarei cambiato su quello.
Sbuffò, come
scocciata
dalla mia domanda. “Abbiamo sbagliato dall’inizio,
Edward. Tutto qui. Abbiamo
corso troppo in fretta. Eravamo innamorati, certo, ma ora la fiamma si
è
consumata interamente”, ribadì, il tono velenoso.
Mi girava la testa e i
polmoni mi facevano male. “Quindi è davvero
finita?”, sussurrai.
Una lacrima
sfuggì
dall’angolo degli occhi , percorrendo la mia guancia.
I suoi pozzi di oro nero
mi trapassarono l’anima. “Si”
Un
altro tiro e il mio ricordo svanì come neve al sole. Per il
momento. Avrei
fatto i conti con me stesso a casa, dove cadevo sempre a pezzi.
Ricordare
esplicitamente faceva male.
“Come
va il cuore?”, chiesi a mio padre, fissandolo circospetto.
Assomigliavo
molto a mio padre, Anthony Cullen, di cui portavo fieramente il secondo
nome. Non
potei fare a meno di notarlo anche in quel momento. La forma degli
occhi, il
naso lungo e dritto, le leggere efelidi sugli zigomi e le sopracciglia
folte e
arcuate erano identiche alle sue. I suoi boccoli grigi erano
un’ombra dei
capelli castano ramato di un tempo. Il tipo era lo stesso, solo che i
miei
erano più lisci e perennemente spettinati. I suoi occhi
erano di un intenso
castano scuro. I miei erano dello spiccicato e identico colore di mia
mamma,
verde smeraldo. Per non parlare delle labbra, piene e leggermente
troppo grandi
per il mio viso.
Papà
si strinse nelle spalle. “Ho appena fatto le visite con
Carlisle… la settimana
scorsa, mi pare. Va meglio… davvero”, aggiunse,
allarmato dalla mia
preoccupazione.
Mi
tranquillizzai. Se ci fosse stato davvero qualcosa di grave, mio zio
Carlisle,
uno dei medici più rinomati di New York, mi avrebbe
certamente avvertito.
Conosceva bene suo fratello.
Papà
buttò il tovagliolo nel piattino, appoggiando entrambe le
braccia sul tavolo.
Concentrò interamente l’attenzione su di me,
infastidendomi non poco. Diamine,
avevo venticinque anni, non poteva trattarmi come se ne avessi ancora
sei. “E
invece tu… hai sentito Tanya?”, disse, le labbra
strette.
A
papà Tanya non era mai piaciuta. Affermava che pareva
più una zoccola che una
vera donna, come la mamma. Papà non ce l’aveva mai
avuta con la mamma, per
l’abbandono. Anzi, nonostante avesse avuto alcune storielle
con delle donne
della sua età, non l’aveva mai dimenticata.
Speravo
di non fare la sua stessa fine. Alla fine la speranza
c’entrava sempre.
Scossi
la testa, spegnendo la sigaretta nel posacenere. Evitai i suoi occhi
indagatori, posando i miei sulla fitta trama della tovaglia.
“Sono passati solo
due mesi, papà”
Sbuffò,
infastidito. “Edward, sai bene cosa ne penso di questa
faccenda…”
“…
che siamo stati troppo avventati, non avremmo dovuto sposarci
così presto e avremmo
dovuto goderci la nostra giovinezza finché
potevamo… lo so, lo so”, lo
interruppi, ormai parafrasando a menadito le sue nozioni.
“Già”,
rincarò, la bocca una linea contratta. “Sposarvi a
venticinque anni, subito
dopo la laurea… una grossa stupidaggine. Avreste dovuto
aspettare”, concluse
per l’ennesima volta.
“Stavamo
insieme già da quattro mesi, papà. Ci amavamo sul
serio… solo che non le
bastavo, tutto qui”, tagliai corto, innervosito
dall’argomento.
Papà
capì al volo. Sorrise. “Beh, al lavoro, invece?
Come va?”
Lo
ringraziai mentalmente a più non posso. Abbozzai un sorriso.
La mascella quasi
scricchiolò. Era da ormai due mesi che non sorridevo
più. Ero sempre stato un
tipo serio e composto, nonché una testa calda di prima
categoria. Il sorriso
era qualcosa che avevo sempre riservato esclusivamente a
papà e ad Alice, mia
cugina di primo grado, la figlia degli zii Carlisle ed Esme. E poi a
Tanya, la
persona che me lo portò via per sempre. Perlomeno, da due
mesi.
“Non
male, va davvero bene. I guadagni sono proficui”, lo
rassicurai.
Si
accigliò. “Piuttosto, l’appartamento di
fronte al tuo è stato venduto?”
Mi
strinsi nelle spalle. Non ero tendenzialmente informato sulla
realtà che mi
circondava, non facevo altro che mangiare, bere, dormire, andare al
lavoro.
Agli inizi non riuscivo a fare nemmeno quello. Probabilmente se non ci
fossero
stati papà ed Alice sarei morto di stenti e tristezza.
“Credo che il signor
Endon lo abbia dato in affitto a una ragazza… ha un nome
straniero, non me lo
ricordo… me lo ha detto la portinaia”, confermai e
mio padre ridacchiò.
La
signora Cope era la persona più impicciona che avessi mai
avuto il dispiacere
di incontrare. Se ancora non sapeva che ero un venticinquenne
divorziato dopo
tre mesi di matrimonio, era un miracolo.
Per
un certo periodo di tempo aveva anche sospettato che io ed Alice (che
era mia
cugina, per precisare) avessimo una serie di appuntamenti al buio.
Naturalmente
i vicini, a cui aveva certamente riferito le sue ipotesi, le avevano
creduto
sulla parola, finché Alice li aveva mandati al diavolo,
urlando a squarciagola
per le scale che fossimo semplicemente cugini.
Cercai
la cameriera per chiedere il conto. Subito quella arrivò,
porgendomi lo
scontrino. Mi sorrise più calorosamente che poteva, tanto da
rischiare una
paralisi facciale.
Era
carina, davvero, sebbene fosse vestita un po’ volgarmente.
Aveva una camicetta
rossa molto scollata e una minigonna in jeans. E poi papà
diceva che era Tanya
la zoccola.
Ma
quell’attenzione spudorata non fece che innervosirmi. Mio
padre per poco non
scoppiò a ridere alla scenetta.
Non
appena se ne andò, rise a più non posso, dandomi
una pacca sulla spalla. “La
tua bellezza colpisce ancora, figliolo. Visto a cosa serve avere un
padre come
il tuo?”, scherzò.
Per
poco non esplosi a quella stupida battuta. Sapevamo benissimo entrambi
che mia
madre Elizabeth era stata – ed era tuttora-
un donna splendida. Una pari,
come avrebbero detto gli arabi, una bellezza. E tutti quelli che
conoscevamo ci
tenevano a complimentarmi affermando che avessi ereditato la sua
avvenenza. Poco importava.atenevano a complimentarmi affermando
che
avessi ereditata la sua avvenenza.on aveva dovuto manda
Pagammo
il conto e uscimmo dal bar, godendoci quella domenica di ottobre nella
città di
New York.
________________________________________________________________________________
Adoro New York, la Grande
Mela. Il mio sogno sarebbe proprio quello di visitarla, un giorno. Non
si vede
che mi piace, eh?
In questo momento,
però,
posso solo sognarmela. Nella mia stanza fa talmente freddo che mi
stupirò poco
se vedrò passare Pingu in persona a salutarmi. Nevica e fa
un freddo cane, ma
non posso non ammettere che la neve contribuisca a rendere romantico un
paesaggio.
Bene, parlando della
storia, come potete vedere, comincia a prendere forma. Entrambi sono
adulti,
consapevoli, ma dal cuore logorato dai loro problemi e da presenti e
antichi
dolori. Diciamo che il primo capitolo, è solo una
presentazione in più dei
nostri protagonisti.
Nel prossimo, invece,
avverrà il loro fatidico incontro, nel modo forse
più classico possibile… più o
meno. Non vi dico altro, non voglio rovinarvi la sorpresa! ;P (*me
molto
dispettosa stamani*)
Bon, vado,
così non vi
scoccio più. Spero di non avervi deluso con questo capitolo
e che vi sia
piaciuto quanto il prologo.
E
ora rispondo alle
carissime 12 persone che hanno recensito!
hale1843: ciao,
tesora! Che bello, anche
qui! Sono strafelice che ti piaccia questa idea! Per Jazz…
beh, vedrai, vedrai…
ti dico solo che lui ed Edward non sono parenti, ma sarà
quasi onnipresente con
Alice… attendi solo un paio di capitoli! Un bacione enorme!
piccolinainnamora: ciao, cara! Grazie mille
per i complimenti, sono contentissima che
questa storia ti intrighi! Spero che il primo capitolo non ti abbia
deluso! E
sai, anche a me piacciono molto le storie con due punti di vista (sono
molto
più comodi e chiariscono meglio una situazione. Ho provato a
usane uno per
capitolo in un’altra storia, e non è stato
molto… facile)! Per quanto riguarda
alla tua domanda… ci sono tutti, forse un po’
più avanti... (Hihi, ma non ti
dico di più, me perfida! XD) Per ora, ho fatto resuscitare
il vecchio papà di
Edward (che, per non confonderci con il nostro Eddy, l’ho
chiamato Anthony come
il suo secondo nome), che è il fratello di Carlisle. Di
conseguenza, Alice ed
Emmett sono i suoi cugini di primo grado. Lo so, un po’
complicato forse, ma
era per rompere un po’ gli schemi. Fammi sapere come ti
sembra, un bacione!
rosa62: ciao, cara! Sono
contentissima che la mia storia ti ispiri, credo che la
curiosità sia
fondamentale per continuare un libro o una storia. Per quanto riguarda
la tua
domanda… mi hai lasciata a bocca aperta. Sai
perché? Perché semplicemente, mi
hai beccata. Forse in effetti era troppo prevedibile -.-‘.
Comunque è proprio
così. Non solo in riferimento al lieto fine, ma ammetto di
essermi ispirata
alla canzone di Alessandra Amoroso (il riferimento al film
“Amore 14” è
assolutamente da escludere, è orribile). A presto, cara,
fammi sapere. Un
bacio!
FRENKY85:
buondì,
cara!
Grazie per la tua sincerità, la apprezzo davvero
moltissimo. Questo
significa che la storia ti ha davvero incuriosito, e ne sono realmente
felice!
Per
rispondere alla
tua domanda (che non è assolutamente cretina, anzi, ogni
domanda è intelligente,
come dice il mio prof XD), ti dico che è in riferimento al
lieto fine. Se tu
noti, nel prologo, ho iniziato con:
"Pioveva.
Il cielo
era oscurato da nubi grigi e temporalesche. Faceva quasi paura.
Un tuono illuminò per un istante il cielo, seguito dopo due
secondi da un
enorme rimbombo"
Il titolo
è quindi un segno del lieto fine. Il
“cielo” di Bella ed Edward si
rischiarerà
presto, l’amore li porterà lontano dal passato e
riempirà quei vuoti
incolmabili. Un po’ troppo filosofico, eh? Forse, ma persa
che rosa62 invece
l’ha capito! Inoltre, ammetto di essermi ispirata alla
canzone di Alessandra
Amoroso (assolutamente splendida, ma non considerare il film, ti prego,
è
orrendo. Non voglio offendere nessuno, è solo
un’opinione). Detto questo, spero
che recensirai anche questo capitolo! Fammi sapere! Un bacione!
GloRK92: sono contenta
che ti piacciano i doppi pov. Sono molto comodi, e, personalmente,
adoro
infiltrarmi nella testolina di entrambi. Un grosso bacio!
MaryAc_Cullen: grazie, carissima, per il
tuo futuro sostegno! Eccoti il primo capitolo,
sperando che ti sia piaciuto! Fammi sapere! Un bacio enorme!
volpessa22:
oddio, cara, che bello
rivederti anche qui! Hai
mantenuto la promessa! Hihi, ti adoro!
Sono stracontenta che ti piaccia! Guarda, James e Tanya sono
così cattivi che
li avrei strozzati con le mie stesse mani è_é! Un
bacione, fammi sapere!
Elly4ever: Cara, ma che
bello rivederti anche qui! E chi si vuole liberare di te? Assillami
quanto ti
pare! XD Grazie mille per i complimenti (*me rossa rossa*)! Spero di
non averti
deluso con questo capitolo, ma fammi sapere comunque, okay? Tanto non
mi
offendo! Un bacione enorme!
manuelitas: ciao, cara!
Inizio col dirti, che anche io adoro i doppi pov e infatti sono
presenti in
tutti i capitoli che finora ho scritto! La continuerò di
certo, sperando che vi
piaccia! Personalmente, mi ci sono già affeziona5ta (che
pazza sentimentale,
eh?). Un bacione e fammi sapere!
Rosellina89: Ciao, cara! Eccoti il
primo capitolo, sperando che ti sia piaciuto! Bacione!
ilariaechelon: Grazie mille per i
complimenti, cara! Sono contentissima che ti piaccia!
Spero che ti piaccia anche dopo aver letto il primo capitolo, davvero!
Un
grosso bacio!
nanerottola: evviva,
una che comprende la mia ossessione per i lieto fine! Bella,
nanerottola! Sono felicissima che ti piaccia, ed eccoti quindi il primo
capitolo. Spero di non aver deluso nessuno, sappi solo che i sue si
incontreranno nel prossimo, che posterò a breve! Fammi
sapere! Un bacione!
Grazie
mille agli
angioletti che hanno recensito, a chi mi ha aggiunta tra i preferiti e
i
seguiti e chi ha letto senza commentare! Se siete ancora con me, vuol
dire che
riuscirete a sopportarmi!
Vi
prego, recensite e
fatemi sapere se la storia è da continuare!
Un
bacione enorme a
tutti!
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Capitolo 3 *** Capitolo 2 ***
Capitolo 2
Bella
Lavorare
alla domenica era una fatica enorme. Non impossibile, ma era comunque
stancante. Dovevo sgambettare dal bancone ai tavoli, dai tavoli al
bancone,
dalla cassa ai tavoli… era davvero logorante. Per di
più, con i miei continui
capogiri, non era una passeggiata. Ma non potevo rassegnarmi.
Dannazione, il
bambino avrebbe almeno dovuto avere una vita decente, no?
Con
il magro stipendio che prendevo, a malapena riuscivo a pagarmi
l’affitto
dell’appartamento dove mi ero appena trasferita e le
bollette. Figurarsi i
vestiti, il mangiare e gli effetti personali per due persone. Avrei
dovuto
trovare un altro lavoro, questo era certo.
Avevo
provato a scrivere qualche articolo a una rivista, ma non mi avevano
accettata.
Dovevo
farmi forza e coraggio. Non dovevo arrendermi, ma continuare a sperare.
“Bella,
vai pure”, mi disse Angela, carezzandomi maternamente un
braccio.
Angela
era davvero una bella donna, circa sulla quarantina. Era piccola e
piena, dai
dolci occhi scuri e la fronte del viso ovale coperta da una sottile
frangetta
castana.
Sorrisi,
ma non la ascoltai. “Fammi servire solo il ragazzo e il
signore”, dissi,
passandomi una mano sulla fronte leggermente sudata. Riposi il vassoio
sul
bancone, per poi prendere il block notes.
“Ci
penso io”, mi rassicurò Jessica, falsamente
gentile, strappandomi brutalmente
il libricino di mano. In realtà aveva messo gli occhi sul
ragazzo non appena
era entrato. In effetti non era per niente male, anzi, era davvero
molto
attraente. Sembrava semplicemente un po’ troppo serioso, per
i miei gusti.
Angela
fece un’espressione trionfante. “Perfetto, se ne
occupa Jessica. Puoi andare,
cara”. Mi congedò con uno scherzoso cenno
imperioso della mano, facendomi
ridere ancora mentre uscivo.
Presi
l’autobus e tornai a casa.
Per
strada incontrai dei tizi per niente rassicuranti che mi guardavano in
modo
insistente. Arrossii e camminai a passo di marcia verso il portone del
condominio. Odiavo gli sconosciuti che mi fissavano a bocca aperta,
manco si
fosse materializzata la Madonna al loro cospetto. Mi mettevano a
disagio.
Entrai,
soffiando sulle mani congelate.
La
signora Cope, la portinaia, apparve immediatamente dal suo
appartamentino. Mi
squadrò da capo a piedi, rivolgendomi un sorriso sprezzante.
“Buongiorno, signorina
Swan. Come sta?”, chiocciò, avvicinandosi con la
sua massiccia figura.
Era
la prima volta che intavolavo una conversazione con lei. Due settimane
fa mi
ero presentata con bagagli e signor Endon, l’amministratore,
al seguito,
avevamo scambiato solo i convenevoli e il nome. “Bene,
grazie, e lei?”, chiesi,
infilandomi le mani ghiacciate in tasca.
Si
strinse nelle spalle avvolte in un pesante maglione di lana. I suoi
capelli
grigi e unti scintillavano sotto la fioca luce del corridoio.
“Non c’è male.
Lei, invece?”. Sorrise, scoprendo i denti gialli.
Arricciai
il naso. “Sono appena tornata dal lavoro. Fuori fa un freddo
che non le dico…”
“Lo
sento, cara, lo sento… e che lavoro fa?”,
domandò di getto, per precedere la
mia naturale conversazione.
Arrossii
al suo sguardo indagatore. “La cameriera in un bar qui a New
York. È vicino a
Central Park”, risposi, fissandomi le scarpe da ginnastica.
“Capisco…
si sta ambientando qui? Ha già conosciuto il suo vicino di
casa?”. Sbatté un
piede a terra, come per enfatizzare la questione.
“No,
veramente no… non ho ancora avuto
l’occasione”, mi giustificai velocemente. Mi
sentivo terribilmente fuori posto con quella donna.
I
suoi occhi marrone scuro scintillarono estasiati. “Oh,
è un bravo ragazzo il
signor Cullen… davvero, davvero bravo… solo che
è un po’ strano…”
Mi
accigliai. “Perché?”
Roteò
gli occhi, come se non avessi colto qualcosa di importante.
“Mah… troppo serio
per la sua età… c’è stato un
periodo che abitava con una donna, che poi, tanto
per cambiare, è sparita da agosto. Da allora non parla con
nessuno, solo con il
padre e un’altra ragazza –che si ostina a dire che
è sua cugina, ma non è vero-
che viene a trovarlo ogni tanto… anche se secondo me
commettono una delle loro
empietà… bah, i giovani di oggi”,
borbottò, indignata.
Non
potevo credere che due cugini potessero davvero accoppiarsi. Almeno,
non potevo
saperlo. “Non penso… insomma, ne è
davvero sicura?”
“Si,
si, sicurissima… per di più è una
giovane molto maleducata. Come suo cugino,
d’altronde. Non saluta nessuno, non parla con nessuno, e se
un estraneo gli
chiede qualcosa o lo ignora o gli urla contro. Strano,
davvero”
Sarà,
ma a me non convinceva. Non ero una che si faceva influenzare dai
pregiudizi.
“Quando lo conoscerò, potrò
dirlo”, replicai, sorridendo.
Non
ricambiò.
In
quel momento, la porta si aprì con un click.
Sia io che la signora Cope ci voltammo.
Era
entrato un ragazzo davvero molto alto -circa un metro e ottantacinque,
con il
mio metro e sessanta neanche gli sfioravo la clavicola- e affascinante.
Il
fisico era snello e longilineo, avvolto in un lungo cappotto nero. I
capelli
erano dolcemente lisci, spettinati dal vento, di un lucente color
bronzo. Il
naso era perfetto, diritto e le labbra erano davvero uno dei punti di
attrattiva: piene e rosee, leggermente screpolate dal freddo. E i suoi
occhi
erano della tonalità più particolare che avessi
mai visto: erano grandi e di un
singolare verde brillante. Pareva quasi il colore dello smeraldo.
La
sua aria era grave, quasi assente. Eppure quel ragazzo mi sembrava di
averlo
già visto.
La
signora, di fronte a me, si irrigidì di botto.
Il
ragazzo mi lanciò un’occhiata sbieca, pallida
imitazione di curiosità. Dopo un
secondo, ci oltrepassò, senza degnare di uno sguardo la
signora Cope né
accennare a un saluto.
“Ecco,
quello era il suo vicino”, mugugnò quella,
incrociando ostilmente le braccia al
petto.
Alzai
un sopracciglio. “Il signor Cullen?”
“Esatto”
Un
colpo di genio mi illuminò del tutto: era il ragazzo del
bar, quello che Jessica
aveva cercato di rimorchiare. Chissà se il colpo era andato
a buon termine.
“Ora
mi scusi, ma devo andare. Buona giornata”, le augurai. Avevo
freddo e non
vedevo l’ora di riscaldarmi contro il termosifone.
Senza
rispondermi, si rintanò in casa.
Corsi
per l’unica rampa di scala, desiderosa più che mai
di calore. Cullen era ancora
lì, stava cercando la chiave giusta. Ora o mai
più.
“Buongiorno”,
mormorai, intimidita.
Si
bloccò di scatto. I suoi occhi color smeraldo mi scrutarono
attentamente. Dire
che era bello era poco. Era decisamente magnetico.
“Buongiorno”.
La sua voce era proprio affascinante, piacevole: era armoniosa e
vellutata.
“Io
sono Isabella Swan… non so se…”
“No,
non la conosco”. Niente sorriso.
Abbassai
lo sguardo sui miei piedi, incapace di confrontarmi con quegli occhi
così vivi
e vuoti allo stesso tempo. “Ho appena preso in affitto questa
casa. È un
piacere conoscerla”, continuai, cercando di intavolare una
conversazione.
“Anche
per me”, disse, piatto, più per
formalità che per convinzione.
“Lei
è?”. Non mi pareva educato dirgli che la signora
Cope mi aveva già informato
–con pettegolezzi al seguito- sulla sua identità.
“Edward
Cullen”
“Oh.
Capisco”. A questo punto non c’era più
niente da dire. Si protrasse un silenzio
imbarazzato.
Dopo
circa due secondi, riprese la ricerca della chiave, che
trovò velocemente. La
infilò nella toppa, girandola. La porta si aprì
con un rumoroso scatto.
“Buona
giornata”, borbottò.
Non
feci nemmeno in tempo a ricambiare, che si richiuse la porta alle
spalle,
lasciandomi sola e infreddolita sul pianerottolo.
Edward
La
mattinata era trascorsa piacevolmente in compagnia di mio padre. Era da
un po’
che non mi svagavo, ero sempre rimasto chiuso in casa.
Parcheggiai
la Volvo argentata al solito posto. Scesi, richiudendola, e corsi nel
palazzo,
desideroso di aria calda.
Era
davvero un ottobre gelido, su questo non c’era dubbio.
L’ottobre
più brutto di tutta la mia vita.
Avrei
trascorso il pomeriggio più lungo della mia vita. Alice, la
mia indubbia
compagna di avventure, era andata a fare shopping con la zia Esme.
Ero
solo. Di nuovo.
E
questo non sapevo se fosse un bene o un male.
Speravo
che non ci fosse nessuno, per evitare chiacchierate forzate e
indesiderate. Non
mi andava di ferire qualcuno per la mia perenne scortesia,
più dettata dalla
depressione che per la mancata istruzione di buone maniere.
Ovviamente,
Dio non mi
accontentò.
La
signora Cope era piedi, grassa e sporca come sempre, con la solita
maglia di
lana e le ciabatte di feltro. Stava parlando con una ragazza che, al
mio
ingresso, si voltò.
Non
l’avevo mai vista prima d’ora. Era piccola e
minuta, ma dalla sua giacca
pesante si scorgevano chiaramente le forme volute dal suo sesso. Doveva
avere
all’incirca la mia stessa età, forse
più giovane. I capelli castano mogano le
ricadevano in leggere onde sulle spalle. Il naso era piccolo e
leggermente
all’insù, le labbra rosse e carnose. Gli occhi
erano di cioccolata, che
risaltavano i suoi pomelli rossi sul viso a cuore, chissà se
causati dal freddo
o dalla conversazione con la signora Cope.
Non
mi andava di parlare. Non mi andava di vivere e basta.
Lo
sguardo che la signora Cope mi lanciò, bastò per
cancellare il mio lieve
buonumore.
Non servi a niente, Edward. Non servi
per nessuno. Non
bastavi nemmeno a Tanya.
Le
sorpassai, cercando di non scoppiare nel bel mezzo del corridoio.
Dovevo
resistere, mancava solo una rampa di scala. Poi, avrei potuto piangere
anche
tutto il giorno.
Cavai
di tasca il mazzo di chiave, frettolosamente.
“Buongiorno”
Mi
irrigidii al suono della voce sconosciuta. Era sottile, quasi dolce e
melodiosa. Come se fosse il canto di una sirena, mi girai di scatto. La
ragazza
dell’ingresso mi sorrideva gentilmente.
“Buongiorno”
“Io
sono Isabella Swan… non so se…”. Ah,
era vero, ecco come si chiamava. Isabella,
un nome certamente non diffuso. Quasi quanto il mio, o forse meno.
“No,
non la conosco”. Meglio omettere i monologhi della Cope sulla
nuova arrivata.
Avrei potuto sorridere, era vero. Ma non ce la facevo: non era proprio
il
momento che gli altri pretendessero da me un comportamento normale.
Chinò
la testa, mordicchiandosi lievemente il labbro inferiore. “Ho
appena preso in
affitto questa casa. È un piacere conoscerla”,
disse, timida.
“Anche
per me”
I
suoi fari marrone chiaro si puntarono su di me, quasi abbagliandomi.
“Lei è?”
“Edward
Cullen”
“Oh.
Capisco”. Si zittì all’istante, come per
aspettare un accenno di conversazione.
Ma
non ce la facevo, o sarei scoppiato a piangere in corridoio.
Ripresi
la ricerca della chiave. La trovai e la inserii.
Prima
di tutto le buone maniere. “Buona giornata”, dissi,
cercando di essere il più
gentile e neutro possibile. Entrai in casa, abbandonandola allibita nel
bel
mezzo del corridoio.
Respiravo
a fatica. Non ce la facevo più.
La
mia vita non aveva senso. Niente aveva senso per me.
La
mamma se n’era andata. E ora anche Tanya.
I
miei occhi ricaddero sulla foto di me e Tanya sul pianoforte.
Era
più forte di me, non ce l’avevo mai fatta a
rimuoverla. Se lo avessi eseguito,
non avrei fatto altro che distruggere una parte di me, dilaniare ancora
una
volta il mio cuore.
Mi
trascinai sul divano, dove scoppiai in un pianto liberatorio quanto mai
doloroso.
________________________________________________________________________________
Hola a todos! Spero che
tutti voi stiate bene più di me. Ho la febbre, e non ce la
faccio già più.
Inoltre, il pesantissimo periodo di verifiche e interrogazioni non
aiuta
affatto.
Bene, lamentele a parte,
eccovi il fatidico incontro di Bella ed Edward! Insomma, il luogo di
conoscenza
è il classico, tra vicini… il modo, invece, non
è proprio avvenuto di
conseguenza.
Non abbiatecela con
Edward: la depressione di certo non aiuta ad essere educati con gli
altri,
nemmeno con i nuovi arrivati. Non ho avuto, grazie a Dio, esperienza di
questo
genere, ma posso dirlo attraverso delle conoscenze. Quindi, diciamo che
non
sono proprio cose campate per aria. Beh, a questo punto, qualcuno
può chiedere:
Edward è proprio malato
di
depressione? Direi di no, è semplicemente distrutto dalla
separazione del suo
più grande amore Tanya (o almeno, così crede).
Direte, cavolo, ma come
sei pessimista. Pensate, invece, che, al contrario, io sono molto
ottimista:
solo che queste cose succedono realmente, e fanno mandare in bestia e
riflettere. Poi, stiamo parlando di venticinquenni, gente adulta,
comunque.
Ognuno dovrebbe prendersi le proprie responsabilità, e Tanya
e James non
rientrano proprio nella cosiddetta categoria.
Scusate per le mie
farneticazioni!
Invece,
ora, ho il
piacere di rispondere ai fantastici 10 che mi hanno tanto rallegrato
con le
loro recensioni:
rosa62: ciao, cara!
Esattamente, mi hai proprio beccata! Anche io trovo “Senza
Nuvole” una canzone
assolutamente stupenda, quelle del tipo “me le ascolto trenta
volte al giorno
tanto che le persone accanto a me non ne possono più di
sentirmi” (è il mio
caso, per poco le mie amiche non mi sparavano XD!)! Hai ragione, sto
rasentando
il sadismo, mi sa: a quei due poveretti sto facendo passare le pene
dell’inferno, ma non è finita, purtroppo. Ma
vedrai, le cose miglioreranno,
sicuramente! E come hai visto… proprio indovinato, la nuova
vicina era proprio
la nostra Bella! Il loro non è stato proprio un incontro
gradevole, ma vedrai
che nel prossimo cominceranno a capirsi! Un bacione, cara, fammi sapere!
hale1843: ciao, tesora!
Per Jazz non devi attendere molto, perché lo vedrai nel
prossimo capitolo! È un
po’ diverso dal solito, forse, quindi non ti spaventare!
È un po’, più grande,
ma pazzo della sua Alice come sempre! Le dimostrazione di affetto,
però, sono
un po’ più pubbliche… basta, non dico
più niente! (scommetto che hai voglia di
lanciarmi qualcosa, vero? Pietà, ho la febbre!) Jessica ben
presto sparirà,
anche perché anche io la detesto in ogni modo! ^^ Fammi
sapere se il capitolo
ti è piaciuto! Ti adoro, un bacione!
manuelitas: ciao,
carissima! Grazie mille per i complimenti, sul serio, sono arrossita
fino alla
radice dei capelli! Davvero era bellissimo? Ne sono contenta e
sconvolta! Non
preoccuparti per Edward, è un gentiluomo, e non credo mai
che darebbe della
puttana a Bella… ricorda solo che lui non sa che
è incinta… Come facevi a non
detestare Jessica? Ti ammiro! Mentre leggevo Midnight Sun, avrei voluto
essere
Edward e dissanguarla! Hihi! Evvai, anche a te piace New York! Bella!
Lo so, lo
so… in effetti è sempre così: sognare
non costa nulla! Un bacio enorme, e fammi
sapere!
FRENKY85: ciao,
carissima! Ricordo che nella scorsa recensione hai detto:
“spero di poter
recensire positivamente” e sono felice di sentirti e che sia
così, e che la mia
storia ti piaccia così tanto! Guarda,
Jessica la detesto così tanto che non vedevo l’ora
di farle fare una
figuraccia davanti a Edward! Ci ho goduto troppo! (la febbre mi fa
delirare,
non farci caso!) Comunque grazie, grazie e ancora grazie! Figurati,
sapevo che
non era una sviolinata! Anzi, mi fa piacere che un lettore riveli tutte
le
imperfezioni e, in questo caso, le cose che ti sono piaciute, in un
capitolo!
Grazie ancora, davvero! E non devi vergognarti, figurati! Anzi, se ti
vengono
altri dubbi, devi solo chiedere! E poi… viva la
sincerità! Crepi il lupo, cara,
fammi sapere se ti è piaciuto! Un bacio!
artemide88: ma figurati,
cara! Sei proprio come me: io e la tecnologia ci evitiamo come la
peste!
Infatti non ti dico l’esasperazione di mio cugino anche solo
per scrivere in
excel… facoltà mentali degne di un bradipo a
parte, grazie mille per i
complimenti! Non credo che James tornerà a infastidire
Bella, l’ha già
combinata grossa… però, si vedrà!
Spero di non averti deluso con questo
capitolo, ti dico solo che nel prossimo comunicheranno meglio! XD Fammi
sapere!
Un bacione!
yle_cullen: la yle_cullen, ciao! Che
bello
vederti anche qui, sono fuori dalla gioia! Davvero hai scritto il sesto
capitolo di Green Eyes? Pubblicalo, ti prego, sono troppo curiosa!
Lascia un
po’ di spazio anche agli altri piccioncini, mi raccomando! XD
on, non si era
notato che hai un debole per Edward… (*me che sghignazza
sotto i baffi*)
Guarda, io ho l’imbarazzo della scelta! Il mio dilemma
è: Edward o Jasper?
Ancora non so rispondermi, anche perché tutti
due hanno qualcosa che mi piace da impazzire! Quasi quasi la propongo
come domanda di filosofia… (come minimo, mi butta dalla
finestra! XD) Lascia
stare Tanya, James e Jessica, che pure io li investirei volentieri
sotto un
camion! Fammi sapere se questo capitolo ti è piaciuto,
tesoro! Un bacione!
gegge_cullenina: ciao, cara! Ben vengano
le nuove commentatrici XD! Sono strafelice che la
mia storia ti piaccia, dico sul serio! Sto gongolando a più
non posso davanti
al mio computer (con tanti cari saluti all’effetto
dell’antibiotico per la
febbre)! Figurati, non c’è problema se recensisci
adesso, anzi, mi fa piacere
che tu lo abbia fatto lo stesso! Per quanto riguarda le
madri… mia mamma, se
potesse, mi avrebbe già incenerito il computer, non so se mi
spiego… E poi, New
York! Anche io vorrei fare un tirocinio lì, non sai quanto!
I sogni sono
desideri… (*me completamente partita*). Fammi sapere se
questo capitolo ti è
piaciuto, spero di non averti delusa! Un bacione!
MaryAc_Cullen: carissima, vieni qui e
batti un cinque! Dono assolutamente d’accordo con
quello che dici! Sul fatto che Jessica sia una t***a, di Tanya che
lascia
Edward come se niente fosse e di James che abbandona Bella senza
pietà, per di
più incinta di suo figlio… oddio,che ansia, spero
che ti sia piaciuto il
capitolo! Ti assicuro, che nel prossimo, si rincontreranno
e… vedrai! Fammi
sapere, un bacione!
nanerottola: ciao, angioletto (XD)!
Si, arrostiamo Jessica! hai presente Giulio Cesare
di Colorado? Facciamo come lui: “ooooeeeh!
Bruciatela!” XDXD! Oddio, deliro!
Scusa, cara ma è la febbre! Spero di avere fatto in fretta a
postare, ho fatto
del mio meglio! Un bacione, fammi sapere!
volpessa22:
ciao, Bianca! Dai,
andiamo insieme, allora! Prenotiamo un aereo! XD Dai…
Sognare non costa nulla!
Certo che possiamo fare un club contro di loro! Lo chiamerei
“Al rogo James,
Tanya e Jessica!”, che dici? Eccoti il loro incontro,
sperando che ti sia
piaciuto… oddio, lo spero! Fammi sapere! Un bacione enorme!
Bene, vi lascio dicendo
che, finalmente, nel prossimo capitolo, appariranno Alice e Jasper. Non
aspettatevi la solita coppietta mite, ecco… ;P mi sono
divertita un mondo a
trasformarli un po’.
Inoltre, Edward e Bella
si rincontreranno… più pacificamente!
Va bene, la smetto con
questi spoiler, prima che mi linciate!
Fatemi sapere se vi
è
piaciuto, ragazzi. Vi adoro!
Un
bacione!
|
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Capitolo 4 *** Capitolo 3 ***
Capitolo 3
Bella
Due settimane fa
Entrai in salotto come un
automa, concentrata su quella piccola striscia blu. Qualcosa di
piccolo, che
avrebbe cambiato di non poco la mia vita. Sorridevo come
un’emerita idiota,
felice della fortuna che mi era capitata.
Mi ero laureata in
giornalismo con il massimo dei voti. Avevo una famiglia che mi voleva
bene.
Avevo accanto a me l’uomo che amavo con tutta me stessa, il
mio primo amore. E
ora aspettavo un bambino. Da James, il mio amore, l’uomo
della mia vita.
Mi sedetti sul divano.
Erano solo le dodici e mezza, mancava ancora un quarto d’ora
all’arrivo di
James!
Non vedevo
l’ora di
dirglielo. Finalmente avremmo certamente discusso sul matrimonio, sulla
possibilità di avere altri figli, sulla nostra vita futura.
Avremmo anche
comprato una nuova casa. Quel piccolo appartamento in cui convivevamo
da un
anno, ormai, non sarebbe stato sufficiente per una coppia con un
pargolo.
Io avevo
ventitré anni e
lui ventisei, con un bel lavoro, una buona rendita e una famiglia come
si deve.
E soprattutto, sapevo che
mi amava. Incondizionatamente e perdutamente, come me. Me lo aveva
detto così
tante volte…
Il campanello
suonò e
volai al citofono ad aprirgli la porta. Il mio piede sbatteva
furiosamente a
terra, impaziente come non mai. Gli buttai le braccia al collo,
tempestandolo
di baci a più non posso.
Sbuffò,
divertito dalla
mia reazione. “Ehi, come mai tutta questa allegria?
C’è qualcosa che non so?”,
chiese, sorridendo.
Battei le mani, radiosa.
Gli lanciai la ventiquattrore a terra, gettandolo sul divano.
“Bella, si può
sapere che ti prende?”, bofonchiò, leggermente
infastidito.
“Indovina?”,
dissi,
sdraiandolo sul divano e mettendomi a cavalcioni su di lui.
“Mhm…
non saprei…”. I
suoi occhi indugiarono sulla mia lieve scollatura, per poi fissarmi
preoccupati.
Sorrisi. Lo baciai con
passione, per poi quasi urlaglielo nell’orecchio.
“Sono incinta!”
Stupida.
Idiota. Stupida. Patetica. Miseramente patetica.
Davvero
credevi fosse l’uomo della tua vita? Che fosse disposto a
rinunciare alla sua
vita comoda fatta di sesso e bugie per te, per un bambino? Per suo
figlio?
Davvero
credevi fosse così incondizionatamente innamorato di te?
Erano solo bugie,
stupida, bugie per tenerti a bada, per sfruttare il tuo sentimento
sincero e
godere di te quando gli pareva.
Piangevo. I singhiozzi mi
sconquassarono il petto. Si sarebbe lacerato prima o poi, lo sentivo.
Colpa
della cruda realtà, quella più orribile di tutte.
La mano tremante compose
da sé il numero e aspettai. Il telefono suonava a vuoto. Le
lacrime mi avevano
resa praticamente cieca, non ci capivo più niente, tutto era
così confuso…
“Pronto?”
“Mamma!”,
urlai,
sollevata.
“Bella! Tesoro,
cos’è
successo?”
“Mamma…
è tutto così
complicato…”. La mamma avrebbe capito, ne ero
certa.
“Dimmi,
amore… dimmi… è
successo qualcosa con James?”, soffiò lei,
tentando di calmarmi.
Mi imposi di respirare a
fondo. “Mi ha lasciata”
Trattenne il respiro
rumorosamente. “Oh, tesoro… mi dispiace”
“Ma non da
sola”
“Cosa?”
“Mamma, sono
incinta”
Silenzio. Silenzio che
sarebbe durato un’eternità.
Stupida,
stupida e ancora stupida. Così impari a fidarti delle
persone che ami.
Edward
Due mesi fa
Alice stava davanti a me,
le braccia dietro alla schiena. I suoi occhi nocciola mi fissavano
preoccupati.
Ricordavo ancora i suoi enormi orecchini rotondi scintillare alla luce
solare
che filtrava dal piccolo spiraglio della persiana in cucina.
Mi accigliai, spaesato.
“Al, che cos’hai dietro alla schiena?”
Scosse la testa,
arretrando tanto da cozzare contro il ripiano della cucina. Un suono
metallico
echeggiò per un attimo nella stanza.
Mi avvicinai ancora di
più. Ero sull’orlo di una nuova crisi di pianto.
Mi sentivo estraneo, chiuso e
confuso. Tradito da Alice, mia cugina, non che la mia migliore amica.
Forse lei lo
notò. Un
piccolo sospiro sfuggì dalle sue labbra, così
belle e particolari allo
stesso tempo. Sporse il labbro inferiore
leggermente più pieno
dell’altro,
allarmata. “Edward… non piangere, dai”
Non mi ero accorto di
essere scoppiato in lacrime. Di nuovo. Diamine, avevo venticinque anni
e
piangevo ancora come un neonato…
Ma
se n’è andata, se n’è
andata…
“Edward…”,
mormorò Alice.
Sentii le sue mani carezzarmi
le guance,
le labbra che mi scoccavano piccoli baci sulla fronte. Era quasi
un’impresa per
il suo metro e cinquanta, ma ce la fece. Poi lo vidi, sulla mensola
della
cucina. Ciò che nascondeva dietro la schiena.
Ecco perché
non riuscivo
più a trovare nemmeno un coltello o un aspirina per casa. Da
qualche tempo, era
scomparso anche il mio rasoio.
Mi bloccai, stupito.
Lo
aveva capito… lo aveva capito…
Alice si
allarmò. “Mi
dispiace, Edward… ma… ma io e lo zio pensavamo
che…”
Scusami,
Alice… ma lei se
n’è andata…
Non dissi niente. Piansi
più forte, cullato dal suo abbraccio.
“Hips
Don’t Lie” di Shakira suonò
improvvisamente dalla borsa di Alice, che per poco
non si rovesciò il caffè addosso dallo spavento.
Ridacchiai
tra me e me, continuando a masticare lentamente la mia brioche.
“Che
palle, cazzo, che palle”, borbottò Alice,
rovistando freneticamente nella sacca.
Dopo circa dieci secondi di squilli frenetici e note ispaniche, si
ricordò che
il cellulare era nella sua tasca. In un attimo guardò il
display per vedere chi
fosse, schiacciò istericamente il tasto verde e se lo
portò all’orecchio. “Ciao
Jazz, che c’è?”, chiese, irritata.
La
voce profonda di Jasper si sentiva chiaramente come se fosse
lì presente e lo
sguardo di Alice si addolcì. “Si, amore, lo so,
è solo che non volevo svegliarti…
sono qui con Edward nel bar vicino a Central Park… si, il
solito. Ti aspetto,
amore, ciao”. Chiuse la conversazione, sospirando beata.
“Sta arrivando”,
dichiarò, come se non bastasse altro per farla felice.
Sorrisi.
“Si è accorto dopo una notte d’amore che
la sua bella non era al suo fianco?”,
scherzai, ridacchiando.
Levò
le sopracciglia, scettica. “Più o meno”.
Dal suo sguardo languido trasparivano
pensieri tutt’altro che casti.
Sbuffai,
divertito. “Beh, la notte d’amore è
giusta…”
Ghignò.
“Oserei dire sesso sfrenato… l’ho
trascurato per troppo tempo”, aggiunse, in
tono furbesco.
“Dici
sul serio?”
Arricciò
il naso. “Non sai che porcate abbiamo fatto,
stanotte… meglio non dirlo, troppe
persone in ascolto”
Ovviamente,
il 'disinteressamento' era iniziato da due mesi, da quando Tanya mi
aveva
lasciato. Non avevo fatto altro che causare problemi da allora.
Mio
padre stava andando in depressione, chiedendosi dove avesse sbagliato;
lo zio
Carlisle non aveva fatto che consolarlo; Alice aveva rischiato di far
saltare
tre anni di fidanzamento per me.
Il
campanello del bar trillò cristallino ed Alice si
voltò di scatto, un enorme
sorriso sul viso a forma di cuore.
Jasper
era un bravo ragazzo di ventisette anni, un anno in più di
Alice. Non era
proprio originario di New York, si era trasferito da Houston, in Texas,
per
frequentare l’università.
Era
alto quasi quanto me, ma decisamente più atletico. Sebbene
il suo fisico fosse
longilineo, possedeva dei muscoli niente male. Aveva la carnagione
molto più chiara
della mia, i capelli biondo miele e gli occhi celesti e cristallini
come il mare
delle Antille.
Era
davvero difficile fargli perdere la pazienza, in quello ci riusciva
solo mia
cugina. Forse era proprio per la sua particolarità, che le
piaceva così tanto.
Nonostante
avesse un carattere molto particolare e tendenzialmente giocoso, Alice
era
molto dolce e materna. Sapeva donarsi anima e corpo a chi amava, a
differenza
di quelle persone che, sentendosi troppo vulnerabili, odiavano
l’amore.
Con
Jasper agli inizi non erano state affatto rose e fiori.
Si
erano conosciuti all’università, lei studiava
nella facoltà di giornalismo, lui
in quella di giurisprudenza. Si scontrarono nell’aula, in
seguito a un acceso
dibattito su chi dovesse passare per primo. Si detestavano talmente
tanto che
se Alice lo vedeva appena un secondo, il suo naturale buonumore calava
a picco,
panorama più che frequente all’epoca, quando
tornava a casa. Chissà come, dopo
tre mesi di tira e molla e di convivenze forzate, i due si erano
addolciti,
tanto da uscire nella stessa compagnia. E lì, conoscendosi
bene, si innamorarono
perdutamente.
Fu
Jasper a dirglielo, quasi prostrato in ginocchio. Ormai lo sapevo a
memoria,
tante volte Alice lo aveva ripetuto sognante. Le aveva detto:
“Mi hai rapito il
cuore da ormai una vita. Mi piaci davvero tanto, Alice, tanto. Sei la
luce dei
miei occhi, la malika del mio
cuore”.
Stanno insieme da allora e, dopo quattro mesi, andarono a convivere
insieme,
naturalmente dopo presentazioni dovute ai parenti.
Alice
sogghignò. Mi fece l’occhiolino e poi
sbuffò a voce ben udibile: “Troione”
Jasper
alzò gli occhi al cielo, accomodandosi al suo fianco.
“Puttana”
Alice
spalancò la bocca, fintamente offesa.
“Coglione”
“Stronza”
“Cretino”
“Ma
come diavolo fai a sopportarla?”, risi, decisamente stufo dei
loro giochi senza
senso.
Era
proprio come diceva papà: il dieci per cento del loro tempo
lo usavano per
dirsi paroline dolci, l’altro dieci per fare sesso e il
restante ottanta per
sfottersi.
“Me
lo chiedo anch’io”, borbottò,
arricciando il naso. Si rivolse ad Alice. “Non mi
sembravi così contraria al 'troione' questa
notte…”
Alice
fece un sorrisetto malizioso. “Infatti non lo ero,
anzi…”. Scoppiò a ridere per
l’esito del gioco e gli scoccò un bacio sulla
guancia. “Vuoi che ti vada a
prendere una brioche, tesoro?”, chiese, improvvisamente
premurosa.
Jasper
scosse la testa, baciandole il collo. “Non preoccuparti, vado
io”. Si alzò
nuovamente, dirigendosi al bancone.
Sorrise
soddisfatta. “È proprio durante questo gioco che
capisco quanto mi ama”
Mi
accigliai, incredulo alle mie orecchie. “Ah, si,
come?”
“Beh,
riesce a sopportarmi, continuando a giocare… nessuno ce la
farebbe… il mio
puttaniere”. Ridacchiò tra sé,
portandosi alle labbra la tazza di caffè, gli
occhi soffermi sul fondoschiena di Jasper.
Sbuffai,
divertito. “Sei proprio una maniaca, Al”
Inarcò
un sopracciglio. “Non è colpa mia se mi sono
scelta un compagno ben dotato.
Istinto di sopravvivenza, Edward. La tua è sola
invidia”, concluse, agitando
per aria una mano.
“Ma
davvero?”, dissi, sarcastico.
Annuì,
convinta. “Certo. Chiunque vorrebbe me come amante, non come
cugina…”
“Certo,
soprattutto per fare i pompini… sono fantastici, te lo
consiglio”, si intromise
Jasper, accomodandosi al posto di prima e addentando il cornetto.
Alice
ammiccò nella mia direzione. “Perfetto. Edward,
allora vieni in bagno? Così te
ne faccio uno…”
Sospirai,
esasperato. Decisi di stare al gioco. “Si, perché
no…”
“Eh,
no, caro, lei è solo mia”, tuonò Jasper
scherzoso, una leggera nota di gelosia
nella voce, stringendosi la sua compagna a sé.
Io
ed Alice scoppiammo a ridere, complici di giochi solo nostri.
A
volte mi chiedevo come facessero a fare sul serio quei giochi
così perversi.
Vedevi le coppiette che si mormoravano paroline dolci… e
loro che si
insultavano a vicenda. Erano davvero unici.
Alice
si accostò al suo orecchio e gli mormorò
qualcosa. Riuscii a captare: “Però
stanotte ti sono piaciuti i pompini…” e capii che
era il caso di lasciarli alla
loro privacy.
A
differenza di molti, con loro era impossibile fare da terzo incomodo.
Perlomeno, io mi sentivo sempre a mio agio, sia a ridere che a
scherzare. Con
Alice era impossibile non farlo. Beh, a parte due mesi fa…
Basta, Edward, non
pensarci.
“Forse
conviene ordinare il conto”, propose Alice, dopo una lieve
leccatina sul collo
di Jasper.
Annuii,
in cerca di una cameriera. Mi si presentò subito.
Dio,
era la stessa che ci aveva provato con me davanti a mio padre.
“Cosa
posso fare per voi?”, chiese, lasciva come i suoi shorts neri.
“Oh,
Santo Dio, che brutta macchia che hai sulla camicia!”,
esclamò Alice inorridita.
Nel raggio di due chilometri, tutte le persone presenti si voltarono
verso di
noi.
Jasper
arrossì, un po’ per lo sguardo insistente della
cameriera, un po’ per la figura
di merda che la sua fidanzata gli aveva appena fatto fare.
Alice
ovviamente si era accorta dell’adocchiamento della cameriera,
così trascinò
senza tanti complimenti Jasper in bagno. Qualcosa mi diceva che
lì dentro
avrebbero fatto ben altro.
“Ehm…
come non detto. Mi scusi, volevo ordinare il conto, ma magari me lo
porterà più
tardi”, borbottai, incapace di sostenere il suo sguardo
lussurioso.
La
verità era che da due mesi non riuscivo più a
sostenere lo sguardo di nessuna
donna, Alice e zia Esme escluse.
“Mi
chiami pure, quando ne ha bisogno”, sussurrò,
andandosene sculettando pietosamente.
Passarono cinque minuti e di Alice e Jasper nessuna traccia. Cavolo,
dovevo
averli proprio ridotti in astinenza se il sesso sfrenato di una notte
non era
bastato.
Ero in camera mia,
sdraiato sul letto matrimoniale. Mi sentivo spento, vuoto. Meglio, non
sentivo
proprio niente. Mi girava la testa.
La voce profonda di
Jasper stava sussurrando qualcosa concitatamente, appena udibile.
“Alice, non è
possibile…”
Alice sbuffò.
“Smettila,
Jazz!”
“Un mese,
Alice, un
mese!”
“È
come un fratello per
me!”
“Un mese che
non facciamo
l’amore, che non stai a casa un attimo, tutto solo
perché la moglie lo ha
lasciato…”
“Non posso
abbandonarlo
nel momento del bisogno…”
“Beh, non
c’è nemmeno
bisogno che gli stai dietro come a un bambino! Ha venticinque anni, se
la caverà
da solo!”
“Mi stai
dicendo di
scegliere?”
Jasper si
bloccò,
inorridito. “No, Alice, questo no…”
“Invece si! Mi
stai
dicendo di scegliere, vero? O te o Edward, dico bene?”,
sbraitò mia cugina, in
piena crisi isterica.
“No…”
“Sei proprio
uno stronzo,
Jasper, uno stronzo di merda! Io ti amo, okay, ma non puoi chiedermi di
scegliere tra me e la mia famiglia. Sai già cosa
sceglierò…”
“Alice…”
“Niente Alice!
Lasciami
in pace! Stronzo di merda!”
Mi tappai le orecchie.
Non volevo più ascoltare.
“Buongiorno”,
sussurrò una voce melodiosa alle mie spalle. Mi voltai
lievemente e la vidi.
Per un momento mi sentii perso, non me la ricordavo, poi mi venne in
mente.
“Buongiorno”,
salutai, abbozzandole un sorriso. Sembrava una ragazza a modo e non
volevo
parere scortese. Almeno a lei.
Anche Tanya sembrava una
ragazza perbene se è per questo…
Come
si chiamava? Aveva un nome esotico… Isabella, mi
pareva… si, si, Isabella...
“Isabella, dico bene?”, chiesi.
Le
porsi la mano, che lei afferrò senza indugio. Era piccola e
calda, proprio come
lei.
Sorrise,
le guance rosee che si scurirono leggermente. “Esatto, ma
Bella basta. E lei è Edward,
giusto?”
Annuii.
“Esatto. Ma mi dia del tu, per favore. Forse non sembra, ma
sono abbastanza
giovane”, ribadii, divertito.
Ridacchiò.
“Va bene. Grazie”
Ero
talmente assorto nel suo viso luminoso da dimenticarmi le buone
maniere.
“Siediti. Posso offrirti qualcosa da bere?”,
chiesi, scostando la sedia dove
era seduta prima Alice.
“Oh,
no, non posso… sai, lavoro qui, e non credo che il mio capo
gradirebbe…”. Si
strinse nelle spalle, lievemente imbarazzata.
Mi
guardai intorno. Non mi pareva ci fosse il capo nei dintorni.
“Nemmeno cinque
minuti?”
Strinse
la labbra piene. “Proprio no. Sei qui da solo?”
Feci
una risata secca. “No, in teoria ci sono mia cugina e il suo
fidanzato, ma sono
in bagno da circa mezz’ora…”
Chissà
perché, arrossì di botto. Mio Dio, non si saranno
già fatti riconoscere?
________________________________________________________________________________
Ehilà!
Buondì! Allora,
come state? Io sono finalmente guarita, e sono felicissima! Questo vuol
dire
ritornare a scuola, ma meglio che stare ore e ore a sonnecchiare sul
divano
mezza stordita, di questo sono certa! L’unica cosa,
è che qui nevica in una
maniera tremenda.
Okay, allora…
come vi è
sembrato l’incontro più civile tra Edward e Bella?
Diciamo che Edward stava
decisamente meglio, così ha deciso di dare
un’occhiata più “razionale”
alla sua
bella e gentile vicina Bella (non è una ripetizione ;P
Oddio, sono fuori! XD).
E poi, piaciuti Alice e
Jasper? Non mi tirerete dei pomodori, vero? Spero che non li definirete
troppo
volgari… a dire il vero, mi sono
“ispirata” a due miei amici che stanno insieme
da anni (scommetto che starete pensando: “Ma che razza di
gente frequenta,
questa qui?” XD Forse avete ragione XD).
Secondo voi,
perché Bella
è arrossita alla denominazione della pestifera Alice e del
suo fidanzato
Jasper? Hihi… lo scoprirete alla prossima puntata, dove
Bella assisterà, per sua
sfortuna, a una scena non molto conveniente… basta seguire!
XD (noto di essere
molto perfida, quando semino questi spoiler! Vi autorizzo a tirarmi i
pomodori!)
E
ora… recensioni! Grazie
angioletti miei!
GloRK92: Figurati,
grazie comunque per aver commentato questo capitolo e di non avermi
abbandonata!
Davvero ti è piaciuta l’altra mia storia? Sono
troppo felice! Grazie mille per
i complimenti! Beh, eccoti il prossimo capitolo, dicendoti che non
tollererò un
ritorno di James e Tanya, altrimenti li sparo a vista! XD Un bacio,
cara, e
fammi sapere se ti è piaciuto!
FRENKY85: Ciao, carissima!
Già,
hai proprio ragione, purtroppo è sempre così:
prima il dovere, poi il piacere.
Lo so bene, anche perché se non faccio così, lo
studio lo lascio chissà dove…
XD. E poi… grandiosa! Ma lo sai che anche io faccio
così? Quando inizio a
leggere un libro, mia mamma sta bene all’erta nel rammentarmi
di spegnere
subito la luce mentre vado a letto! Una volta sono andata a dormire
alle 2 di
notte, renditi conto che mi devo svegliare alle 6.30…
nascondendo il fatto a mia
mamma, che non tollera che vada a letto così tardi per
finire un libro! Solo
che la scuola è terribile, e, tra lo studio e le lezioni,
non ho mai tempo per
leggere come vorrei un libro! Fosse per me, ci starei anche tutto il
giorno!
Non so se stupirti o meno, se ti dico che ho diciassette anni! Me ne
davi di
più, forse? XD Tranquilla, cara, vedrai che Jessica non
riuscirà a toccare Edward
nemmeno con un dito… c’è la nostra
Bella a distrarlo, e poi non voglio subire
le tue ire! XD Crepi il lupo! Un bacione e fammi sapere!
hale1843: ciao tesora!
Addirittura stupenda? Grazie mille, cara, anche io ti adoro! Allora, ti
sono
piaciuti Alice e Jazz? Spero che non siano troppo volgari, ma io mi
sono
divertita un mondo a immaginarli un po’ più
espansivi del solito! Adesso le
loro coccole non sono proprio evidenti (più della norma,
direi di si), ma nel
prossimo… hihi… ti lascio con il fiato sospeso,
cara! Fammi sapere, va bene? Un
bacio grande grande!
rosa62: ciao, cara!
Sono contentissima che i sia piaciuto il loro incontro! Ho voluto
calcare il
classico modello di incontro tra vicini (escludendo le litigate per il
volume
della televisione, o quant’altro, ovviamente XD). Anche a me
piace molto il
suono del clarinetto! Ho un amico che lo suona, e vado ad assisterlo
spesso!
Non so, ha un suono che mi incanta! La signora Cope è
decisamente orrenda, hai
ragione! XD Oltre ad essere impicciona, è decisamente
malefica, per dire di un
uomo che a malapena conosce quelle cose. Come vedi,
l’incontro pacifico l’ho
interrotto a metà per un episodio che ha sconvolto un
po’ Bella… non dico
niente, non voglio rovinare la sorpresa! Un bacione, e fammi sapere!
ese96: buondì, nuova
fan!
Davvero ti piace? Ne sono felicissima! Fammi sapere se ti è
piaciuto anche
questo capitolo, ci tengo! Un bacio!
MaryAc_Cullen: grazie, grazie, e ancora
grazie per i complimenti, cara! Ne sono davvero
lusingata! Beh, puoi immaginare come sta Bella…
già una separazione non è
facile da affrontare, figuriamoci se il ragazzo in questione ti lascia
una
creatura da crescere da sola. Dai, che è a lieto fine! XD Un
bacione enorme!
manuelitas: ciao, cara!
Spero che Alice e Jasper i siano piaciuti! Appariranno molto spesso
d’ora in
poi, sono una componente fondamentale per la storia, soprattutto il
folletto!
Grazie ancora per i complimenti (magnifico, addirittura! Mi fai
arrossire!),
davvero! Un bacio e fammi sapere, sperando che l’incontro
pacifico ti si a
piaciuto, visto che l’ho suddiviso in due parti!
volpessa22: ciao, cara!
Lo so, uno esternamente potrebbe pensare che Edward sia un
po’ stupido a
struggersi per Tanya, ma ricordo che lui era davvero innamorato di lei,
ed è
ovvio che il suo abbandono lo abbia segnato profondamente. È
tutta psicologia,
lo so, ma il mio compito è di rassomigliare alla
realtà una determinata
situazione. E la psicologia aiuta molto! Un bacio, Bianca, e fammi
sapere se ti
è piaciuto!
gegge_cullenina: hola, cara! Eccoti questo capitolo,
sperando di non averti delusa!
Già, concordo in pieno sulle responsabilità. Ma
purtroppo certe persone anche a venticinque anni possono
risultare
immature. Sul grado di zoccolaggine… hai ragione! Chi
mettiamo in pole
position? Io opterei per Tanya… XDXD Un bacio grande!
artemide88: ciao,
carissima! Sono proprio contenta che tu abbia compreso Edward, era
proprio
questo il mio scopo! E non ti prendo affatto per una depressa,
figurati. A
tutti capitano quelle fasi di tristezza, e ciò non significa
che sia
depressione. Già, la Cope, oltre ad essere orrenda,
è la persona più impicciona
dell’intero condominio! Le classiche portinaie rompiscatole,
no? Io ne ho una
certa esperienza! XD E non ti preoccupare, Edward e Bella si
avvicineranno
senza dubbio a poco a poco.. perché è proprio a
causa di queste sofferenze che
si conosceranno… ma le loro verità verranno
rivelate molto più avanti e in
circostanze non proprio piacevoli, devi pazientare… Un
bacione grande grande, e
fammi sapere se ti è piaciuto!
Bene,
bene, ora che vi ho
risposto, mi aspetto tanti bei giudizi (accetto anche le critiche, no
problem)
e pareri su questo capitolo! Un bacio enorme, al prossimo capitolo!
|
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Capitolo 5 *** Capitolo 4 ***
Capitolo 4
Bella
“Evvai,
c’è ancora il bonazzo”,
esultò Jessica, sistemandosi il push up da dietro il
bancone.
“Ma
se c’è ogni lunedì e qualche
domenica”, borbottò Lauren, un’altra
ragazza
antipatica addetta a pulire i cessi.
Jessica
ghignò. “L’importante è che
ci sia. Solo che è con la ragazza”,
grugnì.
Non
sapevo chi fosse il “bonazzo”, né mi
interessava, così mi diedi di impegno a
scaldare le brioche.
Angela
mi aveva promesso un incremento di stipendio se mi fossi impegnata
più del
solito, e non avevo potuto non gioire a quell’informazione.
Erano
ancora le nove e mezzo del mattino, perciò decisi che forse
era meglio andare
in bagno ora che non c’era nessuno.
Così
feci e mi rinchiusi a chiave in una delle cabine.
Lauren
aveva fatto un ottimo lavoro, le tavolozze quasi splendevano. Dopo
circa dieci
minuti, mi stavo riallacciando i pantaloni, quando sentii delle voci,
una
maschile e l’altra femminile.
“Solo
tu la vedi questa macchia!”, mugugnò
l’uomo, almeno, così intuii dalla voce
profonda.
“Senti,
quella brutta zoccola stava guardando te e mio cugino in modo molto
eloquente,
ok? Mio cugino va bene, capirai, è single ormai, mentre
tu… tu sei mio”,
ribatté stizzita la ragazza.
L’uomo
sbuffò. “Al, mi sembrava di aver capito che fossi
io il geloso della situazione”
Al
ridacchiò, una leggera nota isterica ben udibile.
“Non mi sembra che un po’ di
gelosia abbia fatto male a qualcuno, Jazz… davvero stanotte
ti sono piaciuti?”,
chiese improvvisamente, una nota di compiacimento nella voce delicata e
allegra.
“Da
morire… come sempre…”
Sospesi
il respiro, grazie al cielo non molto rumorosamente. Mi tappai la bocca
con una
mano, non volevo che mi udissero. Chissà che guai sarebbero
successi
altrimenti…
Al
ridacchiò, smaliziata.
“Puttaniere…”
“Sgualdrina…”
Sentii
uno schiocco di labbra e lingue. Sbirciai attraverso il buco della
serratura e
vidi una piccola mora seduta sul ripiano del lavello, con il suo moroso
biondo
tra le gambe. Erano praticamente aggrovigliati e lui
cominciò a palparle da
sopra la camicetta un seno. Lei gemette, estasiata.
Mio
Dio, in che guaio mi ero andata a cacciare?
“Non
mi dire che è già…”,
cominciò la mora, fintamente stupita.
L’uomo
rise. “Si, se continui a trattarlo così”
Ridacchiò.
“Scemo. Intanto non mi sembra di averlo trattato male
stanotte”
Il
biondo alzò gli occhi al cielo. “Era ora, dopo
chissà quanto…”
“Una
settimana. Non barare stavolta”
“L’altra
volta non avevo esagerato, era la verità”,
spiegò la voce maschile, paziente.
“Va
bene, ne abbiamo già parlato. Chiudiamoci nella
cabina”, propose allegramente
la ragazza, come se stessero progettando una scampagnata.
Oh,
sia lodato il Signore.
Per
un momento, temetti che scegliessero la mia, quella più
lontana dalla porta.
Grazie a Dio qualcuno lassù mi stava ascoltando,
così si diressero in quella
accanto. Non respirai nemmeno.
Sentii
scorrere una cerniera e i gemiti soffocati del ragazzo.
La
ragazza sospirò, schioccando un bacio in chissà
quale parte del corpo del
moroso. “E poi li consigliavi a mio cugino… sei
patetico”, rise.
“Mm…
continua…”, sospirò il ragazzo, la voce
roca.
Feci
scattare il più piano possibile la serratura. I gemiti erano
abbastanza forti
da coprire il leggero clock della
porta. Uscii di soppiatto, completamente sconvolta.
Capitavano
tutte a me, non era possibile. Avevo sempre sospettato che un qualche
gene
della sfiga fosse installato nel mio DNA da quando ero al liceo, ma non
pensavo
fosse così evidente.
Solo
io potevo ritrovarmi due affamati di sesso in bagno, solo io potevo
essere
abbandonata dal fidanzato incinta…
Basta, Bella. Smettila.
Jessica
era dietro il bancone, imbronciata.
Mi
stavo sistemando i capelli, accigliata dal suo atteggiamento, quando
vidi il
“bonazzo”.
Edward
Cullen era seduto da solo al tavolo, lo sguardo color smeraldo perso
nel vuoto.
Non mi pareva proprio il caso di non salutarlo, non sarebbe stato
educato. E il
fatto di avere un’occasione in più per infastidire
Jessica era più che
allettante.
Dopo
essermi lisciata la divisa e appuntato una ciocca di capelli
fastidiosa, mi
diressi lentamente verso di lui, sotto gli occhi da avvoltoio di
Jessica.
“Buongiorno”,
salutai timidamente. Si voltò leggermente, guardandomi
improvvisamente perso.
Dopo un paio di secondi, una leggera serenità si diffuse sul
suo viso. Sorrise
lievemente, un sorriso molto lontano dalla spontaneità e
ricambiò cortesemente
il saluto. “Isabella, dico bene?”, chiese, le
sopracciglia scure e arcuate
corrucciate per il dubbio.
Allungò
la mano, come se il giorno prima non ci fossimo minimamente presentati.
La
afferrai senza pensarci. Era davvero enorme, calda ed invitante.
Arrossii a
quell’ennesimo contatto con quell’uomo
così affascinante.
“Esatto,
ma Bella basta. E lei è Edward, giusto?”, chiesi,
stando nel beneficio del
dubbio. Almeno il mio nome non era l’unico raro o troppo
interessante.
Annuì,
il sorriso appiattito. “Esatto. Ma mi dia del tu, per favore.
Forse non sembra,
ma sono abbastanza giovane”, aggiunse, scherzoso.
Risi.
“Va bene. Grazie”
Dopo
circa due secondi di silenzio, scosse la testa e spostò la
sedia di fronte a
lui. “Vuoi
sederti? Posso offrirti
qualcosa da bere?”, domandò, educato.
Inorridii
all’idea. Mi sarebbe piaciuto molto, ma non con Angela nei
paraggi (era buona,
va bene, ma non potevo approfittarne) o con Jessica che faceva da spia.
“Oh,
no, non posso… sai, lavoro qui, e non credo che il mio capo
gradirebbe…”. Alzai
le spalle, veramente dispiaciuta.
Chissà
perché, si guardò nei paraggi, per poi ritornare
a fissarmi con i suoi occhi
così particolari. “Nemmeno cinque
minuti?”, disse, il sopracciglio inarcato.
“Proprio
no. Sei qui da solo?”, domandai, nel tentativo di cambiare
argomento.
Rise,
vagamente ironico. “No, in teoria ci sono mia cugina e il suo
fidanzato, ma
sono in bagno da circa mezz’ora…”
Oh,
misericordia! Quindi quella Al che stava facendo un pompino a quel Jazz
era sua
cugina? La cugina che la signora Cope sospettasse avesse un rapporto
carnale
con il cugino, ovvero il signor Cullen?
Edward
socchiuse gli occhi, vagamente curioso, probabilmente della mia
espressione.
Maledetta sia la mia incapacità di trattenere le emozioni!
“Ehm… vieni spesso
qui?”. Cercare di portare avanti una qualsiasi conversazione
mi pareva il
minimo.
Edward
annuì, un vago rossore sulle sue guance incavi.
“Si, ci vengo ogni lunedì con
mia cugina e qualche domenica con mio padre. Non sapevo che lavorassi
qui, non
ti ho mai vista”, aggiunse gentilmente.
Arricciai
il naso. “Infatti ho appena iniziato. Circa da quando mi sono
trasferita
nell’appartamento…”
“Oh,
beh, quindi da poco, giusto?”
“Giusto”,
convenni.
“Oh,
per l’amor di Dio, è tardissimo!”,
strillò una ragazza dietro di noi.
Impallidii
non appena riconobbi la voce. Edward guardò oltre le mie
spalle, scuotendo la
testa esasperato.
“Scusa,
ma ora devo andare”, dissi, sbrigativa.
I
suoi occhi verde brillante tornarono a fissarmi, sorridendomi
cortesemente.
“Certo”
“Magari
qualche giorno puoi venire a prendere un caffè a casa
mia”, aggiunsi lesta.
Il
suo sorriso si allargò. “Sarebbe un piacere,
grazie”
“Ciao”,
dissi e scappai in cucina. Quella Al mi imbarazzava davvero troppo.
Edward
“Dio,
Anne mi ha fatto una testa così che non hai idea per il
ritardo alla riunione!
È stato scioccante!”, esclamò Alice,
accostando l’auto davanti al mio palazzo.
Le
lanciai un’occhiataccia, aprendo la portiera della porche
gialla canarino,
regalo di Jasper per il secondo anniversario. “Ti sta bene.
La prossima volta
impari a fare un pompino al tuo moroso nel bagno”, ribattei,
pungente.
Alice
si fece seria. “Non mi pare proprio il caso che tu
replichi”
Sospirai.
“Come vuoi”
Dopo
quello che Alice mi aveva confessato, non avevo faticato a capire
perché
Isabella era arrossita così improvvisamente quando le avevo
detto che Alice e
Jasper erano in bagno. Quei due erano più incontenibili dei
porci, chissà che
versi avevano fatto. Per non parlare di come la mia povera vicina era
scappata
non appena aveva sentito la voce squillante di Alice fuori dal bagno.
Doveva
averla proprio traumatizzata.
Beh,
quell’atteggiamento un po’ troppo puritano non mi
pareva proprio il caso di
sfoderarlo. Quanti anni avrebbe potuto avere, ventidue o
ventitré anni? Chissà
quante volte avrà fatto l’amore con qualcuno,
diamine!
Ovviamente
Alice non sapeva nulla, e non avevo intenzione di farlo. Non volevo che
aggredisse
Isabella o, peggio ancora, decidesse di darci un taglio con Jasper,
ancora in
fase di “ricostruzione fiducia”.
Prima
che Tanya mi lasciasse, io e Jasper ci eravamo legati molto. Avevamo in
comune
solo una cosa: l’amore per Alice; lui amoroso e passionale,
io fraterno, ma in
sostanza era quello. Dal mio divorzio e dalla mia depressione, Alice
aveva
praticamente quasi tagliato i ponti con
lui per starmi dietro. Non lo aveva fatto apposta, non se
n’era neanche
accorta, e Jasper era troppo un tipo apposto per portare rancore. Ma il
suo
affetto per Alice era così potente e smisurato da averlo
fatto cadere nella trama
della gelosia. Ora Alice stava facendo di tutto per farsi perdonare,
persino
quasi gettarsi nel ridicolo.
Ma
si sa, l’amore rende ciechi, e mia cugina era molto incline
per questo
detto.
Scesi
dalla macchina, sbattendo la portiera. Alice abbassò il
finestrino,
improvvisamente rabbuiata. La stessa espressione che non aveva
abbandonato un
istante il suo viso da mesi. “Edward, sicuro che vuoi
rimanere da solo, oggi?
Se vuoi sto qui a cena, e poi ci guardiamo un
film…”, propose, conciliante.
Sapevo
che era per tenermi sotto controllo come un drogato in riabilitazione.
Scossi
la testa, schizzando un sorriso. Si incupì ancora di
più. “No, Al, sai che è meglio
che tu rimanga con Jasper. Fate le vostre cose… insomma, lui
se lo merita”,
aggiunsi, assolutamente convinto.
Alice
alzò gli occhi al cielo. “Edward, sai che quello
non è più un problema”
Si,
certo, come no… “In quel mese avete anche
rischiato di lasciarvi, buttando
all’aria tre anni di serena convivenza. E io non voglio che
la tua vita si
rovini a causa mia”. La verità era schizzata fuori
di bocca prima che potessi
fermarla.
Si
indignò. “Tu non puoi rovinarmi la vita,
Edward”
Scossi
nuovamente la testa. Sentivo gli occhi pungermi, capivo cosa volesse
dire.
Lacrime in arrivo. “Invece si… dai, Alice, lascia
stare. Ci vediamo domani”
Alice
fece un versetto affermativo. Aspettò che entrassi nel
condominio, per poi
partire.
Perché
si preoccupavano così tanto per me? Adesso stavo
bene…
Cavai
dalla tasca il mio mazzo di chiavi, quando notai la porta di fronte
alla mia
spalancata. Sporsi la testa per vedere se fosse tutto a posto.
Isabella
stava sorseggiando un bicchiere di latte, un enorme busta gialla nella
mano.
Non appena mi vide, sorrise dolcemente, sorprendendomi del tutto.
“Ciao”
Feci
un cenno con la testa, aprendo la mia porta. “Da quanto
tempo”, scherzai,
guardandola di sottecchi.
Ridacchiò,
arrossendo lievemente. Sperai che non stesse pensando a mia cugina.
“Già… pensa
che stavo per chiudere la porta, ho appena recuperato la
posta”
Arricciai
il naso. “Scommetto solo bollette”
Fece
un’espressione esasperata e vagamente… no, non
credo che fosse triste. Pareva,
ma non poteva esserlo. “Già, solo
bollette”, mormorò.
Abbassai
la maniglia, senza smettere di analizzarla. Indossava un maglione color
pistacchio, talmente attillato da risaltarle le forme. Il seno era
prosperoso e
il ventre non era piatto, ma lievemente tondo. I fianchi erano
leggermente
grandi per la sua figura, nel complesso assomigliava a una piccola dea
della
fertilità.
“Vuoi
un caffè? Lo so che sono le sette ed è magari un
po’ tardi, però…”.
Lasciò in
sospeso la frase, speranzosa.
Sorrisi.
“Certo, perché no?”
Ricambiò
il sorriso, radiosa come non mai. Non mi ero ancora accorto di quanto
fosse…
florida. Forse non bellissima, ma perlomeno attraente. Un innato
istinto di
curiosità nacque dal profondo del mio petto. Volevo saperne
improvvisamente di
più su questa Isabella Swan. E questa era una delle tante
occasioni che non si
sarebbero più ripresentate.
Mi
fece cenno di entrare e io obbedii. Richiusi la mia porta alle mie
spalle,
guardandomi intorno. La casa era piccola e leggermente spoglia, ma
accogliente.
Bella appoggiò la busta sul tavolo, trafficando con la
macchinetta del caffè.
“Siediti
pure”, mi disse, indicandomi la sedia del tavolo in cucino.
Mi
accomodai, tamburellando nervoso sul ripiano in legno. Non appena notai
la
libreria colma di libri, dichiarai: “Scommetto che vai
all’università per
pagarti gli studi lavori in quel bar”
Bella
ridacchiò dolcemente, riempiendo la macchinetta
d’acqua. Dopo aver afferrato un
cucchiaino, cominciò a ficcarci il caffè.
“No… sei completamente fuoristrada”
“Ah”.
Eppure ne ero così sicuro. Doveva essere proprio una donna
di cultura per avere
tutti quei libri in casa. “Non vai
all’università?”, chiesi, curioso.
Sperai di
non apparire troppo in versione Cope.
Si
strinse nelle spalle. “L’ho già
fatta”
Questo
non me l’aspettavo. “Davvero? Che cosa hai
studiato?”
“Giornalismo.
Sono stata una delle prime a uscire con il massimo dei voti”,
ribadì,
accendendo il fornello e posizionandovi l’aggeggio.
“Caspita”,
bisbigliai, colpito. Davvero era più piccola di me? Non ne
fui più tanto
tranquillo. “Anch’io mi sono laureato un
po’ di mesi fa. Non con il massimo dei
voti, ma comunque con una media soddisfacente”
Bella
si voltò, appoggiandosi al ripiano della cucina. Si
posizionò in modo vagamente
sensuale, eppure il suo volto non tradiva la minima traccia di malizia.
Stava
semplicemente ridendo, illuminandole ancora di più gli
zigomi rosati. “In che
cosa?”
Storsi
il naso. “Filosofia, nella stessa scuola di mia cugina e il
suo ragazzo. Anche
lei ha studiato giornalismo, Jasper invece ha uno studio legale tutto
suo,
adesso”, raccontai, perso nel filo dei miei pensieri.
Bella
sospese stranamente il respiro. “Dici sul serio? Davvero tua
cugina ha studiato
giornalismo?”
Aggrottai
le sopracciglia. “Certo. Adesso lavora per un giornale
locale, scrive un paio
di articoli”
Bella
ghignò, amara. “Pensa che fare la giornalista
è sempre stato il mio sogno. Ho
ventitré anni e ancora non l’ho
realizzato”
“Davvero
ti piacerebbe fare la giornalista?”
“Si…
ma nessuno mi ha accettata fino adesso”
Il
caffè cominciò a bollire e Bella
sembrò concentrarsi di botto nel versare il
caffè bollente nelle tazzine. Me la servì con
grazia, probabilmente dovuto
all’allenamento nel bar.
La
ringraziai, per poi sorseggiare finemente il liquido caldo, che mi
rinvigorì
all’istante. “Senti, perché qualche
mattina non porti un articolo? Ti presento
mia cugina, così magari lo legge e può
aiutarti”
Arrossì
violentemente. “Tua cugina?” chiese, esitante.
Merda,
io li avrei uccisi quei due prima o poi per andare a far porcate in
bagno. “Si,
mia cugina Alice.
Sempre se ti va”,
aggiunsi.
Un
magnifico sorriso si estese sul suo volto. Una fitta allo stomaco mi
costrinse
tossire. “Oddio, sarebbe magnifico”
“Io
la avverto. Di solito viene qui a casa mia, ma magari è
meglio che ti dia tempo
per scriverlo”
“Oh,
entro lunedì prossimo sicuramente ce la faccio”,
disse, annuendo come per
confermare le proprie parole.
“Perfetto,
allora lunedì prossimo andiamo insieme, così
Alice ci raggiunge lì e gli fai
leggere l’articolo”
“Oh,
cielo… dici sul serio?”. Era decisamente
incredula.
“Certo”
“Grazie,
Edward, grazie! Non sai quanto mi hai reso felice!”
Sorrisi.
Un sorriso sincero, spontaneo. Da quanto non rendevo più
felice una persona? In
quei due mesi non avevo fatto altro seminare
distruzione…“È un piacere”
________________________________________________________________________________
Finalmente Bella ed
Edward si stanno avvicinando, e, credetemi, d’ora in poi non
li staccherà più
nessuno! Vi è piaciuto il secondo incontro
“civile”? Dai, ho voluto farvi una
bella sorpresa!
Sono molto felice che
apprezziate i miei Alice e Jasper, devo dire che mi ci sto
affezionando, forse
proprio perché rispecchiano i miei due amici. Non che siano
andati a fare cose
sconce in bagno… quello lo lascio fare ad Alice e Jasper
nella mia testa
bacata! XD
Per il resto, non ho
nulla da dire.
Se non che nel prossimo
capitolo, ci sarà l’incontro tra Bella ed Alice,
cosa che le cambieranno la
vita e le legheranno per sempre. D’altronde, Edward ha
offerto a Bella la
possibilità di realizzare il suo sogno, ed Alice
è una scorciatoia. Questa
povera donna dovrà pure godersi un attimo di
felicità, no?
Bene, finiti i miei
sproloqui (e tutti starete dicendo: “Era ora!” XD),
vi lascio…
… ma non senza
ringraziare ardentemente chi mi ha inserito tra i preferiti/seguiti, i
lettori
silenziosi e, ovviamente, i miei dolci angioletti che hanno recensito
lo scorso
capitolo! Vi adoro immensamente!
Grazie mille quindi a
manuelitas,
gegge_cullenina, piccolinainnamora, Nessie_06, alexia__18,
MaryAc_Cullen,
FRENKY85, garakame, ese96, rosa62, hale1843, GloRK92, volpessa22,
Vale728,
yle_cullen, artemide88, Jiuliet06!
Un grazie anche a Keska
che ha commentato il prologo!
Al
prossimo capitolo, un
bacio a tutti!
|
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Capitolo 6 *** Capitolo 5 ***
Capitolo
5
Bella
Tranquilla, Bella, il
foglio non può mangiarti.
Ah,
no? In quel preciso istante mi aspettavo di tutto, perfino S. Giorgio
in
armatura che combatteva un drago sarebbe potuto uscire da quella pagina.
Ricordavo
esattamente cosa diceva la professoressa: scrivere oggettivamente, con
un
pizzico di ironia: non annoia mai.
Dio,
prendevo sempre trenta negli esami…
Che ti succede, Bella?
Niente…
perlomeno, non con Edward nei paraggi. Certe volte mi incantavo come
una
stupida a fissare i suoi strani occhi color smeraldo. Era davvero un
bellissimo
uomo, addirittura laureato e commercialista. Si vedeva dal tono e dal
lessico
con cui parlava che era un ragazzo di alta cultura. Sua
cugina… beh, non avrei
potuto dirlo…
Regola numero due della
professoressa: mai scrivere un articolo in base al capo. Si rischia di
perdere
la propria personalità.
Giusto,
non dovevo adattarmi a ciò che Alice ispirava. Anche
perché sennò avrei dovuto
scrivere un romanzo erotico.
Niente panico, Bella. Non
l’hai avuto quando hai scoperto di essere incinta e ce
l’hai ora per scrivere
uno stupido articolo, per di più su un argomento a tuo
piacimento?
Si,
ero nel pallone più completo. Dovevo assolutamente ottenere
quel lavoro. Non
per me, ma per mio figlio, per il mio bambino.
Ce la puoi fare, abbi
coraggio.
Riflettei
un istante sui dati che avevo raccolto. Posai la punta della penna sul
foglio e
cominciai a scrivere. Rilessi l’incipit: non male. Continuai
così fino a notte
fonda, finché non mi decisi che quella bozza era
più che sufficiente per
lavoraci su il giorno dopo.
Quella
notte, sognai Edward.
Edward
Il
messaggio di risposta arrivò subito, prima suonassi a casa
di Bella il lunedì
mattina. Era di Alice, naturalmente.
D’accordo,
leggerò
l’articolo di questa ragazza e provo a raccomandarla a Anne
se è brava, ma lo
faccio solo perché ti voglio bene.
Risi
da solo. Che ruffiana.
Bella
si materializzò sulla soglia ancora prima che suonassi. Mi
sorrise, illuminando
un istante il corridoio.
Dio,
stavo impazzendo.
Era
agitata, lo vidi chiaramente dalla tensione nella sua postura. Oppure
perché
era da sola in macchina con me, chi lo sapeva.
“Su
cosa hai scritto l’articolo?”, chiesi, cercando di
distrarla dai suoi pensieri.
Abbozzò
un sorriso, come se non potessi comprendere appieno la risposta.
“Sulla
maternità”
Annuii.
Non era male come argomento, originale. Ad Alice i bambini piacevano
molto,
motivo di inquietudine per il povero Jasper che sapeva già
che dopo il
matrimonio avrebbe dovuto procreare tre bambini.
Giungemmo
in un attimo al bar, dove lei schizzò dietro il bancone per
timbrare il cartello.
Verso le nove, Alice ci raggiunse. Bella, come prestabilito, si
presentò
subito. Guardò Alice con apprensione e anche con un leggero
imbarazzo.
Shakira
cominciò a cantare. “Porca puttana!”,
esclamò Alice, lanciando la borsa sul
tavolo e cominciando a sbattere le mani sulle tasche del cappotto per
trovare
il cellulare. Sbuffando amaramente e portandosi un ciuffo corvino
decisamente
fuori posto dietro l’orecchio, schiacciò il
pulsante verde.
Feci
un cenno di sedersi a Bella, che obbedì leggermente
traumatizzata. Mia cugina
era capace di intimidire chiunque, tranne i suoi genitori, Esme e
Carlisle,
Emmett, suo fratello, papà, me e Jasper, l’unica
persona estranea dalla
famiglia che reggesse il confronto, insieme a Rosalie, la fidanzata
storica di
Emmett.
“Jazz,
che vuoi?”, quasi strillò, facendo arrossire
violentemente la povera Bella.
Sembrava sul punto di svenire. “Ah… si, si, va
bene. Non rompere le palle, hai
incominciato tu!”, sbottò. Le tirai uno schiaffo
sulla coscia per farla
zittire. “Va bene, okay. Ci vediamo dopo”. Chiuse
la comunicazione, talmente
infervorata da quasi rompere il tasto innocente.
Si
sedette vicino a me, mettendosi le mani tra i capelli.
“Jasper è un vero rompicoglioni!”,
sussurrò, mortifera.
“Al,
ti presento Isabella Swan, la ragazza di cui ti ho parlato”,
iniziai, indicando
Bella con le mani.
“Bella”,
mi corresse automaticamente lei.
Sorrisi,
concessivo.
Alice
parve rianimarsi immediatamente, rivolgendo un sorriso un po’
troppo
pronunciato alla mia vicina. “Piacere, Bella, io sono Alice
Cullen. Allora,
Edward mi ha informato sulla tua laurea”. Bella rimase
alquanto sorpresa
dall’improvviso tono professionale di mia cugina. Le avrei
baciato le mani in
quel momento.
“Si,
sono uscita con il massimo dei voti”
“Certo,
questo è un valore molto indicativo per il
curriculum… hai l’articolo?”
“Certo”.
Bella cavò dalla borsetta una cartelletta, da cui estrasse
il foglio. Lo porse
a Alice, per poi alzarsi dal tavolo. “Vogliate scusarmi, ma
devo lavorare.
Chiamatemi pure alla fine”
Entrambi
annuimmo e lei si allontanò verso il bancone.
“Quindi?”,
chiesi, a mezza voce.
“Leggerò
l’articolo. Se mi convince, proverò a convincere
Anne… non sarà difficile, è
sempre in cerca di nuovi giornalisti”, aggiunse, burbera.
Annuii,
speranzoso.
Alice
mi lanciò un’occhiata, per poi tuffarsi nella
lettura. La osservavo
attentamente, cogliendo ogni suo barlume di emozione. Vi lessi dapprima
incredulità, poi angoscia, intenerimento, tristezza,
gioia…
Non
appena giunse alla fine, sospirò, beata.
“Allora?”,
chiesi, teso.
Alice
schioccò le labbra, passandosi una mano tra i capelli corti
e corvini. “È
stupendo. Assolutamente scritto bene. E l’argomento
è decisamente
interessante”, snocciolò, gli occhi nocciola
ancora deliziati.
“Quindi…?”,
incalzai, bagnandomi le labbra.
Sorrise,
come una persona che la sapeva lunga. “Aspetta. Bella, vieni
qui”, chiamò,
alzando un braccio snello per attirare la sua attenzione.
Bella
si avvicinò, abbastanza timorosa. I suoi occhi di cioccolata
schizzavano da
Alice al foglio che aveva ancora in mano.
“Com’era?”, domandò, flebile.
Il
sorriso raggiante di Alice si allargò.
“È semplicemente… divino. Toccante. Ne
ho letti di articoli in vita mia e nessuno mi ha mai emozionato come
questo.
Per non dire che sono molto sensibile al tema della
maternità… Complimenti”,
aggiunse, stringendole vigorosamente la mano.
Bella
ricambiò la stretta, imbarazzata. “Mio
Dio… quindi vuol dire che…?”
Alice la obbligò a sedere, in un modo non lontano dalla
violenza. “Oggi stesso
lo farò leggere al mio capo Anne. Tramite Edward, ti
farò immediatamente
sapere”
“Oddio!”,
strillò Bella, emozionata. Si portò le mani alla
bocca, gli occhi arrossati.
“Grazie mille, grazie!”
“Te
lo meriti”, rincarò Alice, afferrando la borsa e
sorridendole dolcemente.
Non
potrei fare a meno di ridere anche io in quel clima denso di gioia.
“Bravissima
Bella”, mi congratulai, carezzandole istintivamente una
spalla.
Bella
strinse le labbra, gli occhi di cioccolata fusa ridenti.
“Grazie, Edward”
Alice
ci fissava attentamente, in un modo quasi inquietante a dire il vero.
“Ora
scusa, cara, ma devo andare. Ah, Edward, non faccio la strada con te
perché
prima devo passare a casa a prendere delle carte per Jasper…
sempre il solito
idiota distratto…”, borbottò, alzandosi
in piedi.
“Grazie
ancora!”, le urlò Bella, saltellando sul posto.
Attesi
un istante che Alice se ne andasse, finché un’idea
si fece largo nella mia
mente contorta. “Se vuoi, oggi passo a prenderti”,
proposi, cauto.
Bella
si bloccò leggermente, le guance che si fecero
immediatamente più scure. “Non
preoccuparti, c’è il pullman”,
mormorò, non del tutto convinta.
Ridacchiai,
portando una mano davanti alla bocca. “Insisto”
Le
sue labbra piene e rosee si aprirono in un sorriso talmente dolce e
delicato da
lasciarmi senza fiato.
Edward, respira, non
è
così difficile…
“Va
bene, allora grazie, Edward. Accetto”
________________________________________________________________________________
E la nostra Bella ha
quindi un mezzo appuntamento con il nostro Edward. Direi che la fortuna
comincia
a girare dalla sua parte. Forse sarebbe il minimo, poverina. Era ora
che un
minimo di felicità la raggiungesse. Ogni essere umano se la
merita, no? Forse
più lei, sola e incinta.
Nel prossimo, ci
sarà anche
un punto di vista speciale… okay, scommetto che avete subito
pensato ad Alice.
E infatti, avete indovinato! (*parte un applauso*)
Me commossa!
Dopo le mie solite
stupidaggini,
vi lascio ringraziando le 14 gioie che hanno recensito lo scorso
capitolo!
Grazie a hale1843,
GloRK92,
FRENKY85,
rosa62,
garakame,
Vale728,
volpessa22,
costi84,
alexia__18,
manuelitas,
yle_cullen,
MaryAc_Cullen,
piccolinainnamora,
artemide88!
Grazie anche a chi mi ha
inserito tra i preferiti/seguiti e tra gli autori preferiti!
Un bacio, e alla prossima
puntata!
|
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Capitolo 7 *** Capitolo 6 ***
Capitolo 6
Bella
Dio,
ancora stentavo a crederci. Ad Alice piaceva sul serio il mio articolo,
e per
di più mi avrebbe raccomandata al suo capo. Meglio di
così non poteva andare.
Ero al colmo della gioia.
Dopotutto,
l’avevo giudicata male quella Alice Cullen. Era leggermente
al limite del
volgare, ma molto dolce e sensibile. Sembrava una brava ragazza. Ed era
inquietantemente bella, proprio come il cugino.
Ora
che avevo potuto osservarla bene, non avevo potuto fare a meno di
notare come i
suoi lineamenti fini la rassomigliassero a un piccolo folletto dei
boschi.
Era
piccola e minuta, quasi esile, dalla carnagione alabastrina e i capelli
corti e
corvini sparati per aria. I suoi occhi nocciola erano meravigliosi, di
quel
castano chiaro talmente intenso da parere giallo alla luce del sole.
Non
avevo potuto fare a meno di notare quel legame particolare che lo
legava ad
Edward. Era complice, quasi fraterno. Sarebbe stato palese perfino a un
estraneo.
Pensare il
nome di Edward mi mandava in confusione. E
sarebbe venuto a prendermi più tardi. Oddio.
Ripulii
con dovizia il bancone, lasciando il lavoro pesante di servire i
clienti a
Jessica. Vidi un paio di volte Angela aggirarsi inquieta per il locale,
controllando la situazione. Sospirai, tornando nel mondo sicuro delle
mie
fantasie. Fantasie non del tutto tranquille.
Il
campanello trillò, scuotendomi. Edward apparve in tutta la
sua magnificenza, stordendomi
più del lecito. Jessica, dietro di lui, si
affrettò ad aggiustarsi il
decolleté, facendo protestare un innocente vecchietto per
avergli rischiato di
rovesciare il caffè addosso.
Edward
si avvicinò al bancone, sorridendomi gentile. Di sicuro il
mio cuore perse
qualche colpo, sebbene non ne compresi il motivo.
“Pronta?”,
chiese, affabile, le mani che giocherellavano con le chiavi.
Annuii.
“Dammi solo un minuto”.
Corsi verso gli
armadietti in una stanza adiacente, affrettandomi a togliere la divisa,
consistente in un semplice golfino rosso. Decisamente fondamentale per
il gelo
di quell’ottobre. Afferrai la mia borsa e lo raggiunsi in
pochi secondi.
“Eccomi”,
dissi, indicandomi scherzosamente,.
Rise,
abbagliandomi. “Vieni”
Raggiungemmo
la splendida Volvo metallizzata, assolutamente lucida e perfetta.
Proprio come
il proprietario.
Mi
accomodai silenziosamente nell’auto, ripercorrendo
mentalmente la nostra
conversazione mattutina. Ah, giusto, ero troppo nervosa per il
possibile
incontro con Alice Cullen e non avevo spiccicato parola.
Sei senza speranze,
Bella.
“Alice
non mi ha ancora avvertito, purtroppo. Evidentemente sta aspettando
l’occasione
giusta”, esordì Edward, probabilmente
fraintendendo il mio silenzio.
“Figurati,
non voglio metterle fretta”, mormorai, agitando
istintivamente una mano.
La
Volvo oscillò dolcemente, per poi librarsi per le strade
impegnate di New York.
Sebbene fossero solo le cinque e mezza, era già buio.
Detestavo l’inverno,
decisamente.
“Le
piaci. Ad Alice, intendo”, continuò, sorridendomi
sghembo.
Un
sorriso nacque sulle mie labbra, eco del suo. “Anche a me.
È una ragazza molto
dolce e simpatica”, approvai, annuendo per enfatizzare il
concetto sincero.
Ridacchiò.
“Si, questo è vero. Una rompiscatole di prima
categoria, ma è molto dolce”. Il
tono affettuoso con cui ne parlava era impossibile da fraintendere.
“Le
vuoi molto bene, eh?”, chiesi, dolcemente.
I
suoi occhi verdi si spostarono dal parabrezza al mio viso per qualche
istante,
calorosi. “Oh, si. È mia cugina, ma praticamente
è come una sorella per me. Abbiamo
condiviso l’intera infanzia e adolescenza”
“Sei
figlio unico?”
Annuì,
facendo una smorfia. “Si, esatto. Diciamo che Alice ed
Emmett, l’altro mio
cugino, sono i fratelli che non ho mai avuto. Solo che Emmett si
è trasferito
per lavoro nel Tennessee con la sua fidanzata Rosalie da un
po’ di anni, e non
viene spesso qui a New York”
“Deve
essere molto bello avere un legame così forte da
condividere”, notai,
nostalgica.
Ridacchiò.
“Da quanto mi dici, deduco che tu non abbia fratelli o
sorelle”
“Indovinato”
“E
sei qui tutta sola a New York?”
Un
sospiro involontario scappò dalle mie labbra.
“Già. Purtroppo”
Il
suo sguardo curioso mi fece arrossire, ma non osò chiedermi
nulla. “Beh, meglio
sole che male accompagnate”, disse, più per farmi
sentire a mio agio che per
convinzione. Cosa che apprezzai ugualmente. Il ricordo di essere
completamente
abbandonata a me stessa non era uno dei miei argomenti preferiti.
“Oh,
altroché. Jasper era il ragazzo di Alice,
giusto?”, domandai, cercando di
cambiare argomento.
Sbuffò,
divertito. “Già. Direi che è
più corretto il termine 'fidanzato', ma il concetto
è quello”
Ah,
quindi era giustamente il Jazz del bagno. Fantastico.
“Stanno
insieme da tanto?”, chiesi, sperando di non risultare in
stile signora Cope.
Fischiò
sommessamente. “Da quasi una vita. Mi sembra ieri quando si
sono conosciuti. Da
tre anni, comunque…”
“Oh”,
fu la mia geniale risposta.
Erano
insieme tre anni, addirittura più di me e James.
Già, ma Alice
non aspetta
un bambino di un mese.
“Convivono?”,
domandai ancora, al limite del masochismo. Evidentemente oltre al gene
della
sfortuna, possedevo quello dell’autolesionismo.
“Si,
da un paio di anni. Le possibilità di un matrimonio sono
tuttavia oscure”. Ridacchiò.
Già,
il matrimonio. Dolce e flebile visione. “Io credo nel
matrimonio. È un unione
molto spontanea”, sussurrai.
Fu
in un attimo: i bellissimi tratti di Edward si irrigidirono
così brutalmente da
farmi sobbalzare. “Direi di no”, ripose, secco.
Non
replicai, troppo incerta su come prendere quella mezza risposta.
L’auto
oscillò delicatamente, parcheggiandosi quasi autonomamente
davanti al nostro
condominio. “Siamo arrivati”, dichiarò
Edward, talmente glaciale da farmi
venire i brividi.
Edward
Matrimonio.
Tanya. Matrimonio. Tanya. Parole terribilmente associate che facevano
male.
Bruciavano spasmodicamente in tutto il corpo, facendomi gemere
silenziosamente
di un dolore interno. Il fisico era illeso, ma forse avrei preferito
che la
ferita inferta da Tanya fosse stata corporea. I mali del corpo erano
più facili
da curare. Quelli dell’anima no. E io stavo male
nell’anima. Lo spirito che
avevo donato completamente a Tanya, la mia ex
moglie, se n’era andato con lei. Non ero altro che un guscio
vuoto. E stavo
male.
Invidiavo
Bella che credeva ancora nella spontaneità del matrimonio.
Affermazione che non
sarei mai riuscito ad accettare. Beata lei, che non aveva ancora
incontrato la
persona giusta da chiedere in sposo, da desiderarlo come compagno fino
al resto
dei propri giorni. Beata lei, semplicemente.
Cavai
velocemente le chiavi del portone, aprendolo. Bella mi
seguì, stranamente
silenziosa.
Sospirai,
in conflitto con me stesso. Ovvio che mi temesse, talmente le avevo
risposto
male. Non ne facevo una giusta.
“Bella,
vorresti bere un caffè a casa mia?”, chiesi di
getto, prima che potessi frenare
la lingua.
Stare
con lei mi faceva bene. Sapevo che non appena mi avrebbe lasciato, il
tormento
di Tanya sarebbe tornato a raffica. Non avevo così tanta
fretta dopotutto. E
poi era una donna molto attenta e dolce, mi piaceva molto. Inutile
aggiungere
che guardarla era una vera delizia per gli occhi.
Bella
rimase interdetta per un attimo, finché un debole sorriso le
illuminò il volto a
cuore. “Certo, mi piacerebbe molto”
Annuii,
percependo un sorriso spontaneo
nascere sulle mie labbra. Non era come con Alice, che dovevo sorridere
di continuo
per convincerla della mia salute. Era naturale.
Proprio come facevo prima del mio incontro con Tanya.
Ci
avviammo insieme verso il corridoio e in breve ci trovammo nel mio
appartamento. Meno male che avevo messo in ordine quel mattino, almeno
non avrei
fatto una brutta figura.
“Accomodati”,
dissi, indicandole il divano bianco della sala.
Bella
sia guardò attorno, leggermente intimidita, per poi sedersi
tesa sulla
poltrona. “L’arredamento è
stupendo”, commentò, rapita.
Mi
strinsi nelle spalle, appoggiando il mio cellulare sul tavolo e
spogliandomi.
“Mia zia Esme lavora in questo campo, ha disegnato tutto
lei”
Era
meglio omettere che l’aveva progettato come regalo di nozze,
sia per me che per
lei.
Il
suo sguardo si era soffermato sul mio pianoforte nero, gli occhi
lievemente
sbarrati. “Suoni?”
Strinsi
le labbra, avvicinandomi a lei e prendendole il giubbotto.
“Suonavo”
Sicuramente
notò la sottolineatura dell’imperfetto, ma non
osò aggiungere altro.
“Posso
offrirti qualcos’altro oltre al caffè?”,
chiesi, andando nel cucinotto.
“No,
grazie. Aspetta, vengo a darti una mano”, disse, alzandosi
immediatamente in
piedi.
“Neanche
per sogno. Sei un’ospite”, protestai, rivolgendole
un altro sorriso.
“Insisto”,
rise, scimmiottando il tono che avevo usato con lei quella mattina.
Scoppiai
a ridere, rimanendo leggermente interdetto. Non ero più
abituato a udire il
suono della mia risata. Decisamente no, da circa due mesi.
Dopo
una battaglia di un minuto, riuscì a vincere. Trafficai con
gli ingredienti,
mentre lei svuotava la macchinetta del caffè abbandonata sul
ripiano la sera
prima. Non appena fu pronto, ci accomodammo al tavolino e sorseggiammo
tra
risate e chiacchiere superflue il nostro nettare nero.
“Io
senza il caffè non vivo”, ammise Bella, agitando
una mano. Quando gesticolava
era semplicemente adorabile.
“Anch’io.
È colpa di Alice, mi ha attaccato lei questo
vizio”, raccontai, sorridendo al
ricordo.
“Come
mai?”, chiese Bella, interessata.
Sospirai,
fintamente melodrammatico. Bella lo capì, perché
ridacchiò piano. “Jasper fuma
come un turco e ad Alice da molto fastidio. Così, per
evitare di sgridarlo ogni
volta, si scolava tre bicchieri di caffè. Non ne ero mai
stato un amante, ma da
almeno un anno ormai ne siamo dipendenti. Andavo a farle compagnia nel
bar,
anche se poi Jasper lo sgridava lo stesso”
Bella
rise, rischiando di rovesciarsi il caffè addosso.
“È assurdo!”, esclamò,
accigliata.
“Mia
cugina è assurda”
Improvvisamente,
sospirò. “Chissà
com’è andata…”,
mormorò, pensierosa. Quasi istintivamente, si
portò le mani al ventre non proprio piatto.
“Tutto
bene?”, chiesi, preoccupato.
Alzò
lo sguardo e seguì il mio, puntato sulle sue mani.
Arrossì violentemente,
stringendo le labbra piene e rosee. “Certo,
grazie”, sussurrò.
Annuii,
sebbene non ne fossi per nulla convinto.
Forse
il caffè non le faceva così bene, dopotutto.
Forse era solo un lieve attacco di
mal di pancia.
Il
suo pallore non mi piaceva affatto, ma decisi di sorvolare.
“Vedrai
che andrà tutto bene. Non ho mai visto Alice così
entusiasta”, affermai,
convinto.
Una
lieve scintilla di speranza illuminò i suoi occhi di
cioccolata, così profondi
e limpidi. “Davvero?”
“Te
lo giuro, Bella”, dichiarai solennemente.
“Sai,
ci tengo molto a questa opportunità. Il mio sogno
è sempre stato quello di fare
la giornalista”, sussurrò, gli occhi fissi sulla
tazzina ormai vuota.
“Lo
so. Credimi, si vede”. Afferrai il cucchiaino comincia a
rastrellare lo
zucchero residuo della mia tazza. “Il mio sogno invece era
più semplice”,
dissi, prima di riuscire a racimolare qualche idea.
“Quale?”,
domandò bella, delicata.
Sospirai.
“Il mio sogno non è nulla di speciale.
È qualcosa da sempre sottovalutata da
molti uomini, ormai. Desideravo semplicemente sposarmi con la donna
della mia
vita e mettere su famiglia”, confessai in un soffio.
“Desideravi?”,
chiese Bella, educatamente confusa.
Matrimonio.
Tanya. Una fitta allo stomaco mi paralizzò del tutto.
“Già. Adesso non più”,
mormorai, amareggiato.
“Delusione
d’amore, eh?”, bisbigliò Bella,
comprensiva.
Alzai
gli occhi e incontrai i suoi, bellissimi e pieni di compassione. Lei
sembrava
capirmi. Non mi giudicava, semplicemente, mi capiva.
“Si”
Un’adorabile
smorfia piegò le sue dolci labbra piene. “Ti
capisco, Edward. È successo anche
a me”
Emisi
un sospiro. “Quindi non credo di essere l’unico ad
aver sognato un matrimonio,
giusto?”
“No,
infatti”, ribadì lei, con un mezzo sorriso.
Ero
stato davvero superficiale ad averla invidiata senza un motivo. Quella
donna,
così bella ed eterea, probabilmente aveva molta
più esperienza di me nel
dolore. Era sola, aveva vissuto un amore infelice. Chissà
cos’altro.
Il
cellulare vibrò. Il nome di Alice sul display fece
sospendere istintivamente i
nostri respiri.
Alice
Dio,
che palle. Possibile che Jasper dovesse dimenticare sempre tutto? Era
circa la
terza volta in una settimana che prima di passare in redazione dovevo
correre a
casa per portargli delle carte. Parcheggiai velocemente la mia porche
giallo
canarino, volando per l’ascensore del grattacielo in cui
lavorava.
“Buongiorno,
Alice”, sbraitò George, un insopportabile collega
del mio moroso, maniaco di
prima categoria e con poco cervello. Nonostante sapesse che io e Jasper
stessimo insieme da tre anni, era ancora convinto di avere una chance
con me. Patetico.
“George”,
salutai, superandolo velocemente per evitare di parlargli.
Raggiunsi
l’ufficio di Jasper (che, per ironia della sorte, si trovava
al terzultimo
piano), salutando la sua adorabile segretaria sessantenne Penny e
bussando alla
porta.
“Avanti”
“Sono
io, Jazz”, borbottai, ancora con il fiatone.
Jasper
sorrise, alzandosi immediatamente dalla poltrona e vendendomi incontro.
“Grazie
mille, amore”
“Sei
proprio un’imbecille! Possibile che ti scordi
tutto?”, mugugnai, gettandogli
malamente i documenti sul petto.
Sbuffò,
alzando i bellissimi occhi celesti al soffitto. “Non te li
avrei chiesti se non
mi fossero serviti, ma tra un’ora ho una riunione
importante”
Battei
un piede a terra. “Certo, intanto sono dovuta scappare dalle
grinfie di George.
Se in questa settimana mi chiedi ancora qualcosa, giuro che non te la
porto
più”, minacciai, truce.
“Siamo
un po’ nervosetti, eh?”, chiese, scettico.
“Altroché”,
sospirai, appoggiandomi alla porta chiusa.
Jasper
appoggiò i documenti sulla scrivania, guardandomi
pensieroso. “Ti devono arrivare,
per caso?”, domandò, premuroso.
Ridacchiai,
esasperata. Jasper era sempre stato molto affabile, anche per le minime
cose.
“Si, tra qualche giorno. Si vede così
tanto?”, borbottai, incrociando le
braccia al petto.
“Altroché”,
sospirò, imitandomi.
Risi,
divertita. Jasper si avvicinò, catturando famelico le mie
labbra con le sue. Mi
afferrò con forza, inclinando la testa di lato e affondando
la sua lingua nella
mia bocca. Grazie al cielo c’erano le sue braccia robuste a
sostenermi, le
gambe mi tremavano talmente tanto che non ce l’avrei fatta a
reggermi in piedi.
Percepii chiaramente la sua mano circondare con dovizia un mio gluteo,
lisciandolo.
“Che
mani lunghe, signor Whitlock”, sussurrai nel suo orecchio,
sensuale solo per
gioco.
Rabbrividì,
schioccando più baci sulla mia guancia. “Non posso
fare a meno di toccarlo, è
bellissimo…”
Ridacchiai,
circondandogli il collo con le braccia. “Sei proprio un
maniaco. Non ti basta
mai”, mi lamentai, fintamente scocciata. Sapeva benissimo
quanto mi facesse
impazzire.
Mi
carezzò languidamente la schiena, i miei occhi nocciola
affondati nei suoi
cristallini. “Tu non mi
basti mai”
Si
abbassò completamente su di me, stuzzicando lentamente il
lobo del mio
orecchio. Sospirai, già partita sul pianeta Marte.
“Come
è andata quella ragazza che mi dicevi?”, chiese,
staccandosi lievemente e
levigandomi attentamente uno zigomo.
Sorrisi.
“Più che bene, direi. Il suo articolo è
fantastico. Edward aveva ragione”,
conclusi, stringendomi nelle spalle.
“C’è
qualche speranza con Anne?”
Mi
alzai sulle punte, posando le mie labbra sulle sue. Le nostre lingue si
incontrarono in un’altra violenta lotta interna, affannandoci
con quella danza
sconosciuta. Il respiro ansimante di Jasper era musica per le mie
orecchie. La
sua mano tastava ancora possessivamente il mio gluteo, facendomi
rabbrividire.
“Certo
che c’è. È molto brava, ed Anne
è favorevole ai nuovi scrittori”, sussurrai,
appoggiandomi al suo petto muscoloso.
Ridacchiò,
baciandomi i capelli. “Beh, allora vai e colpisci”
Gli
scoccai un ultimo bacio a fior di labbra, voltandomi per aprire la
porta. “Ci
vediamo stasera, amore”
“Certo.
Alice, ti ho già detto che ti amo?”, chiese,
teatralmente accigliato.
Risi,
ammaliandolo. “Quando ci siamo svegliati abbiamo un
po’ discusso, quindi non te
ne ho dato il tempo”, gli ricordai, civettuola.
Sorrise,
scuotendo la testa. I nostri litigi facevano parte della vita
quotidiana,
ormai. “Ti amo, Al”
“Anche
io”. Gli soffiai un bacio, scappando nel vero senso della
parola da George, per
poi ritrovarmi un minuto e mezzo dopo in auto.
La
prima cosa che feci fu andare da Anne, il mio capo, una donna di
quarant’anni
dallo sguardo duro e severo, ma dal cuore d’oro.
“Buongiorno, Alice”, salutò,
rigida.
“Buongiorno,
Anne. Le devo dire una cosa”, esordii, senza darle
minimamente il tempo di
registrare i convenevoli.
Si
accigliò. “Cioè?”
Le
consegnai l’articolo firmato di Bella, narrandole per filo e
per segno la
storia. Anne afferrò sospettosa i fogli, cominciando a
leggerli. Attesi
silenziosamente, giocherellando con l’orlo della mia
maglietta lunga. Lo
scartabellare mi distrasse e mi rizzai sulla sedia.
“Allora?”,
chiesi, tesa. Sotto la scrivania, incrociai le dita.
Anne
sorrise, raggiante. “Dì pure a questa Isabella
Swan di presentarsi qui domani
mattina. Questo articolo è semplicemente splendido”
Sospirai
di sollievo, mentre la mia coscienza cominciava a congratularsi con me
e a
ballare la conga. “Grazie, Anne”
________________________________________________________________________________
Sono ancora viva! Evviva!
Siete contente? No? Ehm… lo so, davvero, scusate il mio
ritardo, ma la scuola
mi ha proprio spolpata… e nonostante abbia fatto laureare in
filosofia Edward
(XD), io mi trovo ancora al liceo e mi vedo costretta a
studiarla… che ci
volete fare? Così è la vita.
Allora, tanto per
cominciare, spero che vi sia piaciuto anche questo capitolo. Visto? Per
farmi
perdonare, l’ho fatto anche più lungo, aggiungendo
anche il punto di vista
della nostra Alice! Quindi, Edward e Bella si stanno muovendo, Alice
è andata
da Anne ed è riuscita ad avere un colloquio per la nostra
Bella. Cosa succederà
nel prossimo capitolo? Eh, sapeste…
Perdonatemi, ma non ho
ancora tempo per rispondere alla vostre recensioni. Spero che non vi
offendiate, non è assolutamente intenzionale. Il tempo
è poco, il che non è un
bene per una che deve chinarsi quasi ventiquattro ore su ventiquattro
sui
libri.
Ringrazio quindi
vivamente gli undici tesori che hanno recensito, quindi un grazie a congy,
piccolinainnamora,
MaryAc_Cullen,
alexia__18,
Vale728,
garakame,
artemide88,
rosa62,
fairyelly83,
FraZanna
ed hale1843!
Ovviamente, un bacio
grande e caloroso a chi mi ha aggiunto tra i seguiti e i preferiti!
Sperando
che vi sia
piaciuto e che continuiate a seguirmi, ci vediamo alla prossima puntata!
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Capitolo 8 *** Capitolo 7 ***
Capitolo 7
Bella
Mi
immobilizzai del tutto, gli occhi fissi sul cellulare di Edward.
“Oddio…”,
sussurrai, emozionata.
Fa che mi abbia
accettata, fa che mi abbia accettata… per me, per il mio
bambino…
“Adesso
lo leggo”, dichiarò Edward, calmo.
Annuii,
gli occhi quasi lucidi e le mani giunte. Serrai le palpebre, sperando
che per
una volta nella mia vita il gene della sfiga non funzionasse.
“Congratulazioni!”,
esclamò Edward, raggiante. “Il capo di Alice vuole
vederti!”
Lanciai
un gridolino, incapace di contenere la mia gioia.
“Cosa…? Non ci credo!”
“Credici,
mia cara!”, disse Edward, serafico.
Senza
riflettere, mi alzai in piedi e lo abbracciai, cogliendolo di sorpresa.
Edward
si sollevò, accogliendomi tra le sue possenti braccia e
cullandomi. Non mi ero
accorta di essere scoppiata a piangere, tanto ero fuori dalla
felicità.
“Oddio…”,
mormoravo, stringendo la maglia di Edward.
“Hai
visto che è andato tutto bene?”,
sussurrò Edward, carezzandomi la schiena.
Quel
contatto mi piacque oltre l’inimmaginabile. Mi faceva sentire
così viva e
protetta.
Mi
allontanai leggermente, sorridendogli. “Grazie, Edward!
Grazie!”
La
sua mano dapprima esitò, per poi decidersi a scostarmi una
ciocca di capelli
ribelle. Sospesi il respiro, deliziata da quel minimo contatto con lui.
I suoi
magnifici occhi verdi mi trapassarono l’anima, rendendo il
suo sguardo più
morbido e sensuale del lecito. “È stato un
piacere, Bella”
Sorrisi,
lo sguardo incatenato al suo.
Il
cellulare vibrò nuovamente sul tavolo, rischiando di farlo
cadere. Edward si
scostò appena, permettendogli di afferrare
l’aggeggio. Schiacciò il pulsante
verde, portandoselo all’orecchio.
“Si,
Alice?”, chiese, impeccabile. “Bella non sta nella
gioia! Si, certo, penso che…
un momento”. Tappò il ricevitore con
l’altra mano, sciogliendo così a
malincuore il nostro abbraccio. “Alice mi sta chiedendo se ti
piacerebbe andare
con lei al lavoro”, sussurrò, lanciando delle
occhiate al telefono come se
Alice potesse sentire.
“Oh,
non c’è problema! Posso prendere tranquillamente
un taxi o l’autobus…”,
protestai.
“Insiste”
Arrossii,
vagamente imbarazzata all’idea di stare sola con lei, ma
annuii vigorosamente.
Il
sorriso di Edward fu talmente caldo da togliermi il fiato.
“Perfetto”, disse ad
Alice. “Si, non c’è problema, glielo
dico… Alice, non cominciare, me lo
ricordo…”. Ridacchiò, illuminandomi per
un istante con i suoi fari verdi.
“Certo. Salutami Jasper e non torturarlo troppo stasera. Un
bacio”.
Chiuse
la comunicazione, infilando il cellulare in tasca.
Sospirai,
trasecolata. “Quindi…”
“La
signorina Isabella Swan diventerà una giornalista di
successo”, completò lui,
scherzoso.
Dio,
non mi sembrava vero.
La
mia mano destra si posò sul mio ventre, come se potessi
rassicurarlo nella
prospettiva di avere un futuro migliore. Edward
notò il mio gesto poco discreto,
ma non disse nulla.
Grazie
al cielo, non avrei sopportato dovergli dire la verità.
Chissà cos’avrebbe
pensato di me, altrimenti.
“Domani
Alice passerà a prenderti alle nove”, mi
ricordò, preciso.
“D’accordo”,
dissi, appuntandolo mentalmente. Guardai l’orologio, cadendo
dalle nuvole.
“Scusa, ma è tardi. Conviene andare a
casa”
Edward
annuì, dispiaciuto. “Certo”
“Ci
vediamo domani”
Sorrise.
“Ovvio”
Si
avvicinò, stampandomi un bacio sulla guancia.
Avvampai,
trattenendomi dall’istinto di toccare quel marchio
indelebile. Nemmeno James mi
aveva mai fatto quell’effetto, così dolce e
tenero. Mai.
“Ciao”,
mormorai.
Edward
mi accompagnò alla porta, per poi permettermi di chiudermela
alle spalle. Non
appena entrai in casa, mi gettai sul divano. Digitai il numero di
Angela,
pronta per disdire il mio contratto di lavoro.
Sospirai,
felice di quell’inaspettata piega della mia vita. Da tre
settimane.
Edward
Ricomposi
nuovamente il numero di Alice, attendendo per un po’ la
risposta.
“Pronto?”,
disse la sua voce acuta e cristallina.
“Alice,
perché ci hai messo così tanto a mandare un
messaggio se lo sapevi sin dal
mattino?”, chiesi, sebbene conoscessi già la
risposta.
“Ehm…
sai com’è, il lavoro…”,
rispose, vaga.
“Alice”, la
ripresi, fermo.
Sbuffò, irritata. Odiava essere colta in flagrante.
“Okay, è tornato Jasper a
casa e mi sono distratta…”
“Chi
è, Alice?”, sentii chiedere Jasper, la voce bassa
e profonda inconfondibile.
“Chi
vuoi che sia? È Edward, amore”,
cinguettò, improvvisamente felice.
“Muoviti
e vieni a letto”, borbottò lui, facendomi ridere
sotto i baffi.
Stavano
sfruttando il dieci per cento del tempo per il sesso, quindi.
“Ma
che modi sono? Cafone!”, sbottò Alice, dando un
buon esempio della sua finezza.
In senso ironico, ovvio.
“Alice,
già sono arrabbiato perché avresti dovuto fare il
bucato, invece tocca farlo a
me…”
Alice
trattenne rumorosamente il fiato. “Senti chi parla, quello
che dimentica sempre
le sue cose a casa!”
“Invece
di sbraitare da mattina a sera, dovresti fare qualcosa di
più produttivo…”
“Cosa,
ad esempio? Scassare le palle?”
“L’unica
che scassa le palle qui sei tu!”
“Brutto…”
“Alice,
sono ancora qui”, le ricordai, divertito da quel litigio in
diretta. L’avevo
detto che era impossibile annoiarsi con quei due. “Che cosa
è successo?”
Alice
sbuffò, ormai sul piede di guerra. Se fossi stato in Jasper,
avrei cominciato a
scappare, poteva essere molto pericolosa. “Ma che ne so!
Abbiamo fatto l’amore,
e adesso mi rinfaccia di non avere fatto il bucato!”
“Ma
brava! Dillo a tutto il mondo, mi raccomando!”,
gridò Jasper poco più in là,
seriamente sdegnato.
“È
Edward, stupido!”
“Cretina”
“Deficiente”
“Stronza”
“Ti
uccido, Jasper Whitlock, fosse l’ultima cosa che
faccio!”, strillò Alice, in
collera.
“Alice,
placa per un istante i tuoi istinti omicidi e ascolta”, le
intimai, cauto.
Inspirò
ed espirò due volte, dopodiché ripose con un
flebile: “Si”
“L’ho
detto a Bella, quindi ti aspetta per le nove davanti al condominio,
okay?”
“Certo!
Non vedo l’ora!”, ribadì prontamente
Alice. Sembrava seriamente felice di
approfondire la conoscenza con Bella e non potevo che esserne felice.
“Bene,
allora a domani”, salutai.
“A
domani. Va’ che tanto non ti salvi, Jazz!”,
sbraitò, prima che potessi chiudere
la comunicazione.
Scossi
la testa, ridacchiando. Come minimo, Jasper si sarebbe ritrovato o con
un
braccio spezzato o con un’intera settimana in bianco. Non era
difficile
immaginare quale tra le due opzioni preferisse, innamorato di Alice
qual era.
Accesi
la televisione, aspettando con pazienza l’ora di cena.
Sbuffando, mi alzai e
recuperai una sigaretta dalla tasca del giubbotto. Me la portai tra le
labbra,
per poi accenderla e rilassarmi aspirandone il fumo.
Il
cellulare squillò nuovamente. Non ci volle certamente
un’occhiata al display
per sapere che non era Alice. Diedi un’occhiata e sorrisi.
Adagiai la sigaretta
nel portacenere vuoto per un istante, schiacciando il tasto verde del
telefono.
“Ciao,
papà”, salutai, felice di sentirlo.
“Ehi,
figliolo. Ti sento allegro”, disse, cauto.
Sospirai
piano, addolorato. Non avevo fatto che affliggere le persone che amavo
con la
mia depressione. Per cosa poi? Tanya non era tornata. Probabilmente era
ancora
con quell’avvocato vegetariano di Denali. E mio padre stava
ancora male per me.
“Infatti, oggi mi sento in forma”, riposi, sincero.
“Per
caso hai sentito Alice? Esme è preoccupata, non riesce a
rintracciarla…”.
Meglio omettere certi particolari compromettenti per mia cugina. Esme
era
veramente felice che Alice avesse trovato la sua anima gemella, ma ero
sicuro
che avrebbe preferito non sapere dettagli sulla loro vita sessuale.
“Si,
l’ho sentita, ma credo che le si sia scaricata la batteria.
Mentre parlavamo, è
saltata la linea”, dissi, trattenendomi dal ridere.
“I
telefoni di oggi…”, borbottò
papà, stranito. “Piuttosto… mi sono
perso
qualcosa?”, chiese, malizioso.
Mi
bloccai. Come diavolo…? Ah, giusto, era mio padre.
“Perché?”, temporeggiai.
“Qualche
ragazza, eh?”. Voleva essere una domanda retorica, credo. O
forse no.
Beh,
che male c’era dire la verità?
“Si…”, sussurrai.
“Davvero?”,
esplose papà, incredulo. “Oh, Edward, è
fantastico! Chi è? Quando potrò
conoscerla? Che cosa…!”
“Ehi,
papà, frena! Non siamo nemmeno usciti insieme!”
“E
cosa aspetti, allora?”, notò, come se fosse la
cosa più ovvia del mondo.
Sospirai.
Il mio sguardo cadde involontariamente sulla foto di me Tanya
abbracciati
ancora in bella vista sul pianoforte.
Ricordavo
con orrore quando Alice aveva cercato di buttarla. Grazie al cielo qual
giorno
c’era Jasper, evitando per un soffio l’omicidio
della sua morosa.
“Papà,
non è così facile… insomma,
è dolcissima e gentile, molto colta e bella… ma
ho
bisogno di tempo, ancora”. Purtroppo mi resi conto che era
così. Quando parlavo
con Bella, non mi sentivo mai del tutto libero. Non perché
mi sentissi a
disagio con lei, ma perché una parte di me, quella legata
ancora a Tanya,
faticava ad aprirsi e fidarsi.
Era
tutto così dannatamente difficile…
Papà
schioccò la lingua, comprensivo. “Capisco. Scusa,
Edward, è che… mi sono fatto
prendere la mano. Io voglio la tua felicità, lo sai,
no?”
Sbuffai,
meno rigido. “Certo che si”
“Ho
fatto le analisi al cuore, oggi… ci credi che i problemi
cardiaci sono
ereditari? Comincio a preoccuparmi per Carl”, disse,
sinceramente apprensivo.
Ridacchiai
piano. Un medico con problemi cardiaci era un colmo.
“Papà, lo zio è sano come
un pesce, non c’è nulla da temere”, lo
rassicurai.
“Speriamo…
Beh, devo andare, figliolo. Ci sentiamo”
“Ciao”
Riattaccai,
buttando quel piccolo aggeggio sul divano. Ripresi la mia sigaretta,
evitando
accuratamente quell’odiosa e amata cornice.
Tempo.
Che parola fastidiosa e priva di senso.
Amore.
Una dolce parola complicata, che credevo di avere scoperto.
Già,
credevo. Le illusioni facevano parte
della vita dopotutto.
E
Tanya era una tra queste.
_______________________________________________________________________________
Capitolo di passaggio
molto introspettivo, secondo me importante per capire gli stati
d’animo di
Edward e Bella. All’inizio avevo pensato di ometterla e
passare oltre, ma non mi
era sembrato “giusto” nei confronti dei
nostri protagonisti.
Bella è
assolutamente
euforica, per sé, per il bambino, per avere incontrato
Edward… vi dice niente?
Edward, invece, forse
più
sveglio, ma incapace di metabolizzare le cose per il suo abbandono, ha
capito
di provare qualcosa per Bella… ma non riesce ad accettarlo
per paura di essere
ancora abbandonato.
Per questo ho voluto
inserire questo capitolo, per dare spazio alle loro confessioni
più intime.
Spero che vi sia piaciuto, davvero, così come è
piaciuto a me scriverlo.
Inoltre, volevo
dirvi
che ho pubblicato un’altra storia. Si intitola “Lui”,
la troverete subito nel
mio profilo.
I protagonisti
sono
Alice e Jasper, ed è una mini fan fiction nata da un mio
sogno… non pensate
male, però XD
Davvero, se volete,
fateci un salto, magari lasciatemi un commentino, mi farebbe
veramente piacere!
Ma non posso andarmene
senza aver ringraziato chi mi ha aggiunto tra i preferiti/seguiti e le
recensioni! GRAZIE! Ogni volta mi commuovo, davvero! Questo mi fa
davvero
piacere, perché vedo che apprezzate la mia storia,
d’altronde complessa e di
argomenti delicati.
Un grazie ad alexia__18,
FRENKY85 (non
ti preoccupare per non avere recensito, anzi, grazie di essere
ancora qui con me, cara!), yle_cullen
(si è capito tanto che sono del nord? XD
Indovinato! Zona di Milano! Complimenti, Verona è una
città meravigliosa! W
Giulietta e Romeo!), MaryAc_Cullen,
rosa62,
hale1843,
Vale728,
congy,
garakame,
ese96,
FraZanna
(io propongo di non studiare più! D’altronde,
perfino il mio
prof dice che è meglio coltivare le relazioni che studiare a
scuola! XD),
artemide88,
samy88
(sono lusingata di ricevere un tuo commento! Grazie e
benvenuta! XD) per le splendide recensioni!
Grazie infinite. Vi
voglio bene!
Quindi, al prossimo
capitolo! Vi avviso che ci sarà anche Alice, che ha
già adocchiato la
situazione…
|
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Capitolo 9 *** Capitolo 8 ***
Capitolo 8
Bella
Quella
mattina mi alzai più agitata del solito. Non solo per la
fretta caddi come un
salame dal letto, ma sprecai circa mezz’ora del poco tempo
rimasto per
scegliere qualcosa di adatto. Infine, optai per un tailleur bianco e un
dolce
vita nero, scappando in bagno a farmi una doccia e a vestirmi.
Alle
nove in punto, qualcuno suonò il campanello. Grazie al
cielo, ero già pronta da
alcuni minuti.
Aprii
la porta, trascinandomi una tracolla. Alice stava chiacchierando
allegramente
con un assonnato Edward, inarrestabile. Secondo me quella donna era
animata da
delle batterie, non avevo mai conosciuto un essere umano
così sveglio e attivo.
Si
voltò, illuminandomi con un sorriso. “Bella! Sei
assolutamente adorabile!”,
cinguettò, radiandomi da capo a piedi.
Arrossii,
borbottando imbarazzata un ringraziamento.
Edward
ridacchiò alla scenetta, passandosi una mano fra i capelli
bronzei e
spettinati. “Buon divertimento, donne”, ci
augurò, agitando una mano.
“Non
vieni con noi?”, chiesi, speranzosa.
Alice
gli lanciò un’occhiata cupa, ed Edward si
affrettò a scuotere la testa. “No,
andrò da solo con la Volvo. Ci vediamo stasera, Bella,
così mi racconterai
tutto”, disse, scaldandomi con un dolce sorriso.
Chissà
perché Alice aveva assottigliato lo sguardo, gli occhi
nocciola che saettavano
tra me ed Edward.
“Va
bene”, sussurrai, ignorando quella piccola furia dai capelli
corvini.
Edward
chiuse la porta, rivolgendomi un ultimo cenno. Mancava poco che mi
mettessi a
sospirare come una quindicenne alla sua prima cotta.
Alice
batté allegramente le mani, afferrandomi violentemente un
braccio. “Vieni,
cara”, mi spronò, lesta.
Mi
trascinò per buona metà del corridoio,
finché non si fermò verso l’ingresso.
“Oh, no…” “Cosa?”,
chiesi, preoccupata.
“La
signora ‘Ficcanaso’ Cope”, ripose
semplicemente, sbuffando. “Seguimi”
Si
raddrizzò in tutta la sua piccola statura, viaggiando con
semplicità e grazia
per l’ingresso.
La
signora Cope, che era appena uscita dalla porta di casa per sbirciare
la
situazione, impallidì. “Buongiorno, signorina
Cullen”, salutò, fintamente
cortese.
“Buondì”,
disse pigramente Alice, facendomi ridere sotto i baffi.
“Signorina
Swan”, disse la signora Cope, lanciando ad Alice
un’occhiataccia.
“Buongiorno”
Rammentai
i pettegolezzi che qualche settimana prima mi aveva raccontato su
Edward e la
cugina. Non appena uscimmo, scoppiai a ridere, portandomi una mano
davanti alla
bocca.
Alice
sorrise, guardandomi coni suoi occhi da cerbiatta. “Come sono
andata?”
“Straordinaria!
Hai fatto bene!”, esclamai, incapace di trattenermi.
“Quella
donna è insopportabile. Credo che anche a te abbia detto
degli appuntamenti al
buio con Edward…”, scherzò,
pavoneggiandosi per gioco.
“Si,
la sera stessa in cui l’ho vista per la prima
volta”, ammisi, arrossendo
lievemente.
Alice
fece una smorfia. “Già. Nonostante vedesse un
biondo mozzafiato con cui sto da
tre anni accompagnarmi qualche volta, è andata in giro a
dire queste cose… roba
da non credere”, sospirò, teatrale.
Mi
accompagnò fino a una stupefacente porche giallo canarino.
Era davvero
splendida e lucente, il tipo di macchina che molto spesso si
concedevano i
benestanti di New York. “Wow”, commentai, rapita.
Alice
ghignò. “Grazie. Me l’ha regalata Jasper
per il nostro secondo anniversario”
Caspita. “Che lavoro fa Jasper?”, chiesi, salendo a
bordo.
“È
un avvocato per i diritti civili. È sempre stato il suo
sogno”, spiegò,
accigliandosi appena.
“Come
il mio è quello di fare la giornalista”, ragionai,
fissando il parabrezza.
Annuì,
le labbra strette. “Giusto”
Schizzò
per le strade di New York, facendomi divertire più del
lecito.
Mentre
eravamo ferme ad un semaforo, quella che mi parve “Hips
Don’t Lips” di Shakira
cominciò a riempire l’abitacolo.
Non
avevo notato che avesse acceso la radio, ma poi mi ricordai che quella
era la
suoneria del suo cellulare.
Sbuffò.
“Oh, merda”
Cercò
il cellulare nelle tasche del cappotto nero, ma io lo intercettai
all’interno
del cruscotto.
Glielo
passai velocemente, realizzando che il suo ragazzo la stesse chiamando.
Alice
mi lanciò un’occhiata di ringraziamento, per poi
schiacciare il tasto verde.
“Pronto?
Jazz, non dirmi che hai dimenticato qualcos’altro! Ah,
okay… no, stavo già
progettando di bruciarti i documenti… così
impari! Si, si, ho fatto il bucato…
anche se sarebbe stato il tuo turno… Sai chi ho visto? Si,
la signora Cope! Dovevi
vederla come l’ho snobbata! Vero, Bella?”, mi
chiese, sorridendomi.
“Vero”,
convenni, divertita.
Jasper
parlò, la voce profonda quasi udibile fino alle mie
orecchie, ed Alice sbuffò.
“Si, si, va bene… oh, cazzo, era stasera? No, mi
rifiuto se è con George! Ah,
allora va bene… si, okay, ma smettila di fare il
geloso… si… dai, allora ci
facciamo un giro a Central Park, così ti presento
Bella!”
Mi
accigliai, sorpresa.
Fece
un risolino. “Anch’io ti amo. Un bacio”.
Chiuse la comunicazione, ficcandosi il
cellulare nella tasca destra.
“Che
cosa?”, le chiesi, sospettosa.
Sorrise
dolcemente, abbagliandomi. “Oggi ti presento Jasper, il mio
fidanzato. Forse lo
hai già visto qualche volta quando lavoravi al bar, ma
almeno sarà ufficiale!
Quindi, oggi, finito di lavorare, andiamo tutti a Central Park,
così ci
vediamo”
“Non
so…”, tergiversai, vagamente imbarazzata.
“Non
ti metteremo in imbarazzo”, giurò solennemente,
facendomi ridere. “Peccato che
Edward fino a quell’ora lavora”,
sospirò, mettendo un tenero broncio.
Già,
proprio un vero peccato.
Nonostante
la conoscessi da poco, la adoravo. “Va bene”, mi
arresi, alzando le mani.
“Si!
Grazie, Bella!”, esultò, saltellando sul sedile e
rischiando di schiantarci
contro un taxi.
La redazione si trovava in un grattacielo assurdamente splendido. Avevo
sempre
sognato di lavorare in un edificio così lucido e maestoso.
Mentre Alice
chiudeva l’auto, alzai il viso per ammirare quella meraviglia
in tutta la sua
altezza.
“Vieni,
Bella”, mi incoraggiò dolcemente Alice,
sospingendomi verso la porta.
Le
porti scorrevoli si aprirono e l’aria calda del riscaldamento
mi investì in
pieno viso.
Alla
mia entrata, tutte le persone presenti si voltarono curiose. Arrossii a
quegli
sguardi indiscreti, limitandomi a seguire Alice per
l’ascensore.
“Buongiorno,
signorina Cullen”, salutò professionalmente una
ragazza alla reception.
“Buongiorno,
Sandra”, ricambiò allegra Alice.
“Ciao,
Alice”, urlarono delle donne sedute su delle poltrone poco
distanti.
Alice
agitò loro la mano, sorridendo briosamente.
Alice
schiacciò un bottone argentato, cominciando a sfilarsi il
cappotto. Indossava
un bel vestito floreale, le gambe magre e affusolate avvolte dai
pantacollant e
dagli stivali di velluto neri.
“Allora,
Bella, ora ti presento Anne, il nostro capo. Ti farà alcune
domande, ma tu
mantieni la calma. Ti prenderà di sicuro, è
rimasta a dir poco sconvolta dal
tuo articolo”, snocciolò, in tutta
serenità.
“Okay”,
balbettai, inspirando ed espirando profondamente.
Mi
guidò fino a una fragile porta di legno chiaro.
Bussò, continuando a sorridermi
imperturbabile. In quel momento avrei anche scalato l’Everest
pur di avere la
sua stessa tranquillità.
“Avanti”,
disse una voce fredda e severa.
Se
in quel momento non svenni, fu certamente un miracolo. Anne era una
donna sui
quarant’anni circa, il viso ovale e le labbra sottili rigidi.
Deglutii
sonoramente, terrorizzata.
“Lasciaci
pure sole, Alice”, disse cordiale, facendo un cenno ad Alice.
“Va
bene, aspetto fuori”, ribatté Alice, ammiccandomi
mentre usciva.
Anne
mi indicò silenziosamente la sedia di fronte a
sé, concentrata. Seguii il
suggerimento, gli occhi fissi su di lei.
Per
poco non sobbalzai, quando mi tese la mano. “Anne McMillan,
piacere”
Abbozzai
un sorriso, afferrandogliela. “Isabella Swan”
“Allora,
Isabella. Dimmi, perché vorresti diventare una
giornalista?”, chiese,
appoggiando i gomiti sul tavolo.
Domanda
facile. “È sempre stato il mio sogno fin da quando
ero una bambina”
Annuì,
secca. “Interessante. E come mai proprio la
giornalista?”
Okay, Bella, puoi
farcela. Non ti mangia mica.
“Mi
piace vivere secondo la realtà, informare ed aiutare la
gente”, risposi,
cercando di essere il più professionale possibile.
Anne si aprì
in un dolce sorriso, sbalordendomi non poco. “Ho letto il tuo
articolo. È
veramente bellissimo, complimenti. Sai, sembra quasi che tu aspetti un
figlio”,
scherzò, ridacchiando serena.
Impallidii, ma mi ricomposi all’istante.
“Beh,
ti piacerebbe lavorare qui?”, domandò Anne, quasi
in tono cospiratorio.
Sospirai.
“Oh, si. Tantissimo”
Il
sorriso di Anne si allargò a
dismisura.“Considerati assunta, tesoro”
Rimasi
a bocca aperta, semplicemente radiosa. “Davvero?”,
farfugliai, incredula.
Annuì.
“Certamente. Anzi, ti do già del lavoro da fare.
Ecco”, disse, porgendomi un
foglio. “Si tratta di un servizio, le istruzioni sono su
questo foglio. E ora
vai pure, Alice ti indicherà l’ufficio”,
concluse, facendo un cenno verso la
porta.
Mi
alzai, stringendo il foglio tra le mani. “Grazie mille,
signora MacMillan. Non
la deluderò”
“Ne
sono certa, cara. Buon lavoro”, aggiunse, spostandosi verso
lo schermo del
computer.
Mi
rinchiusi la porta alle spalle, lanciando un gridolino. Alice mi
guardò
incuriosita, le braccia incrociate sul petto.
“Mi
ha accettata!”, sussurrai, entusiasta.
Prima
che potessi pensare, abbracciai Alice, completamente felice. Solo
quando mi
resi conto di ciò che avevo appena fatto, mi scostai,
imbarazzata. “Scusa, non
volevo”, balbettai, rossa e vergognosa.
Alice
scoppiò a ridere, abbagliandomi con quella risata delicata e
argentina. “Non
preoccuparti, Bella. Siamo amiche, no?”
Un
dolce sorriso proruppe sulle mie labbra a quella dolce parola.
Amica.
Ormai mi ero anche dimenticata cosa volesse dire. Per James, avevo
perso tutto.
Amiche comprese.
Alice
mi afferrò una mano, riscuotendomi dalle mie riflessioni.
“Vieni, Bella. Ti
mostro l’ufficio”
Mi
lasciai guidare dalla mia nuova amica, verso le porte del mio sogno.
“Eccolo”,
trillò Alice, balzando in piedi dalla panchina.
Non
appena vidi quel bell’uomo biondo, ricordi decisamente
imbarazzanti affiorarono
nella mia mente, facendomi arrossire. Meglio evitare
l’argomento con Alice, un
domani.
Alice
gli andò incontro, stampandogli un bacio sulle labbra.
Ridacchiando,
li raggiunsi, stringendomi nel giubbotto.
Novembre
era quasi alle porte, d’altronde.
“Bella,
ti presento Jasper, il mio fidanzato”, presentò
Alice, saltellando felice sul
posto.
Jasper
sorrise, tendendomi la mano. “Piacere”
“Piacere”,
ribadii, timida.
“Peccato
che Edward non possa venire”, sbuffò Alice,
immediatamente confortata dal
compagno.
“Sono
solo le quattro, amore, non puoi pretendere”, disse Jasper,
alzando gli occhi
al cielo.
“Piuttosto,
stasera la cena con chi è?”, chiese Alice,
rivolgendogli l’intera attenzione.
Era
incredibile il modo in cui si guardavano per delle minime cose. Era
totalmente
assoluto, incredibile. Come se non esistesse nient’altro che
lui o lei. Con
James non era mai stato così. E avevo sprecato un anno della
mia vita con lui.
Jasper
si strinse nelle spalle. “Con il signor Marsden, il giudice
di pace. Abbiamo
pensato a una cena di famiglia, così
c’è anche sua moglie”
Alice
ridacchiò, spensierata. “Beh, almeno mi diverto un
po’ anche io”
“Stamattina
hai nominato un certo George. Chi era?”, chiesi, curiosa.
Alice
scoppiò a ridere, Jasper si rabbuiò appena.
“George è un collega maniaco di
Jasper che non fa che provarci con me”, spiegò
Alice, maliziosa. “Dopo una cena
interamente passata a osservarmi le tette, mi ha un po’
stufata”
“Avresti
potuto anche dirmelo prima, invece che a casa”,
mugugnò Jasper, infilandosi le
mani nelle tasche del cappotto.
Alice
sollevò le sopracciglia delicate, scettica. “Per
fare cosa? Lasciartelo
pestare? Proposta allettante, ma non è il massimo”
Ancora
ridendo, ci avviammo verso Central Park, incredibilmente liberi e
spensierati.
Edward
Bella
era lì nel corridoio, avvolta in un maglione bianco
così divino da risaltarle
le morbide forme. Non appena mi vide, arrossì, accennando
distrattamente all’orologio.
“Ti stavo aspettando”, borbottò,
passandosi una mano tra i lunghi capelli
castani.
Mi
bastò scorgere quella dolce scintilla nei suoi caldi occhi
di cioccolata, per
sorridere come un bambino. E meno male che avevo venticinque anni.
“Figurati,
anzi, non vedo l’ora di sapere come è
andata”, dissi, la mascella ora così
abituata a quello sforzo da non sentirla nemmeno più. Forse
avevo una paralisi
facciale, e manco me n’ero accorto.
“Non
c’è molto da dire”, ammise, arrossendo
ancora di più.
“Andiamo!”,
la spronai, scherzoso.
Ridacchiò
suo malgrado, facendomi un cenno di entrare.
Non
ci pensai due volte. Mi feci guidare dalla sua gentilezza, portandomi
in casa.
obbligò a sfilarmi il giubbotto, per poi abbandonarlo sul
divano accanto al
suo.
Ovviamente,
si diresse automaticamente alla macchinetta del caffè.
“Come
è andata, quindi?”, esordii, accomodandomi al
piccolo tavolo della cucina.
Sorrise,
senza smettere di far lavorare le mani. “Il capo ha chiesto
ad Alice di
lasciarci soli, e mi ha fatto alcune domande. Mi ha semplicemente detto
che ha
letto il mio articolo, le ha piaciuto molto… e mi ha
assunta!”
“Ma
è grandioso, Bella!”, esultai, sinceramente
felice.
“Sai
che oggi Alice mi ha presentato Jasper?”, disse, un tenero
sorriso stampato su
quelle labbra piene.
Sbuffai,
scuotendo la testa. “Figurati se non si doveva vantare quel
mostriciattolo”
Bella
ridacchiò, quasi incantandomi. “Niente affatto,
è stata molto discreta… Insomma,
non ti fanno sentire a disagio”, notò, pensierosa.
“È
una loro caratteristica oggettiva”, annuii.
“Jasper
mi ha raccontato che fin da ragazzo desiderava diventare un
avvocato”,
sussurrò, lo sguardo a terra.
Capii
a cosa si riferiva. “Alla fine ce l’ha fatta, come
vedi… così come ce l’hai fatta
tu…”, aggiunsi, delicato.
“Sembra
un sogno…”, sospirò, servendomi la
tazzina.
Emisi
un sospiro anche io, condizionato dalla sua felicità. Forse
ero troppo
sensibile, ma era impossibile non essere coinvolto dai sentimenti di
quella
donna così dolce.
Bella
si sedette accanto a me, gli occhi improvvisamente lucidi.
La
guardai interrogativo, temendo che ci fosse qualcosa di grave di cui
non
volesse parlare. Qualcosa da nascondere.
Come
quella volta che aveva posato le mani sulla pancia, pallida e
silenziosa.
“Tutto
questo è merito tuo, Edward. Ho realizzato il mio sogno, sto
bene con me
stessa… tutto grazie a te”, sussurrò,
le iridi scure nelle mie.
Mi
sentii affogare in quei meravigliosi pozzi di cioccolata. Erano
più scuri di
quelli di Alice e più chiari di quelli di Tanya. La loro
tonalità era
singolare. Magnifica.
“Non
è stato altro che un piacere, Bella”, mormorai,
sincero.
Non
riuscivo a distogliere lo sguardo da quella bellezza divina. Dovevo
essere
stato pazzo ad averla definita semplicemente carina,
al nostro primo incontro.
Una
lacrima percorse la sua delicata guancia rossa, gli occhi scintillanti.
Prima
che potessi riflettere, mi chinai verso di lei e gliela catturai con un
dito.
Bella
ridacchiò, imbarazzata.
“Scusa…”, sussurrò,
distogliendo lo sguardo.
“Bella”,
chiamai.
Con
un dito, le alzai il mento, costringendola a guardarmi. I suoi occhioni
mi
fissavano confusi e vergognosi. “Non è stato
niente. So cosa vuol dire
raggiungere un sogno…”. Anche se infranto, il mio
era stato un sogno. Almeno,
così la vedevo io. Forse Alice aveva ragione, dopotutto:
prima o poi sarei
stato ricoverato in un manicomio. “E io ti ho semplicemente
aiutato. Perché
voglio vederti felice”
Mi
bloccai, incerto sull’ultima frase appena pronunciata.
Perché voglio
vederti
felice…
La
ripercorsi mentalmente almeno due volte, prima che Bella prendesse
parola. “Hai
fatto molto più di questo…”. La sua
mano, sul ventre. Di nuovo. Cominciavo a
preoccuparmi seriamente. Forse soffriva di una malattia rara.
È questo che
mi nascondi,
piccola Bella?
“Cosa,
Bella?”, incalzai, l’ansia crescente.
Bella
era sul punto di scoppiare a piangere, il labbro inferiore tremante.
“Tu… ecco,
io…”, balbettò.
Il
cellulare vibrò nella mia tasca, facendomi sobbalzare. Sotto
lo sguardo vigile
e spaurito di Bella, afferrai l’aggeggio e diedi
un’occhiata al display. Avrei
ucciso mia cugina, prima o poi.
Grazie
al cielo, esisteva uno come Jasper in grado di sopportarla.
“Scusa”,
borbottai, per poi rispondere al telefono. “Che
c’è?”
“Anche
io sono felice di sentirti, Edward!”, esclamò
Alice, sarcastica.
“Scusa,
Alice… posso richiamarti dopo?”, chiesi,
supplichevole.
“Ed,
volevo solo avvisarti che stasera devo andare a una cena con Jasper e
un suo
collega… sai, le solite cene tra
famiglie…”, disse, per nulla entusiasta del
progetto.
“Certo,
va bene”
“Mi
dispiace… non mi va che tu stia da
solo…”, sospirò, imbronciata.
Lo
stomaco mi si attorcigliò a ricordi poco salutari.
“Non importa, Alice,
davvero… al massimo chiamo un po’
papà…”, suggerii, fingendo entusiasmo.
Ovviamente
Alice non ci cascò, mi conosceva troppo bene. Evidentemente,
decise di
sorvolare. Sospirò. “Mi dispiace ancora,
caro… dai, domani mi rifaccio, giuro”
“Dai,
Alice…”
“Ci
sei, amore? Dobbiamo andare”, chiese Jasper, sbattendo
probabilmente la
portiera della macchina.
“Ciao,
Ed. A domani”, salutò dolcemente Alice.
“A
domani”, sussurrai. Chiusi la conversazione, le labbra
strette. Guardai
Bella, immobile e a braccia conserte
sulla sedia. “Forse
è meglio che vada”,
esordii, alzandomi.
“Okay”,
mormorò, imitandomi.
“Scusa
per il disturbo”, aggiunsi, abbozzando un sorriso.
Ricambiò,
più allegra, gli zigomi completamente smunti.
“Nessun disturbo, figurati”. Si
interruppe, avvampando improvvisamente. “Ci…
ci vediamo domani?”
Mi
strinsi nelle spalle, convinto. “Certo”
Annuì,
accompagnandomi alla porta. “Va bene”
“Anche
se è un po’ presto, buonanotte”,
augurai, aprendo la mia porta.
“Buonanotte”,
sussurrò, per poi chiudersi in casa.
Chiudendosi
in se stessa e nelle sue sofferenze inespresse. Come me.
Alice
“Allora,
come ti sembra Bella?”, domandai, sfilandomi il cappotto e
appendendolo
all’ingresso.
Jasper
mi imitò, per poi crollare sfinito sul divano.
“Sembra proprio una brava
ragazza. Un po’ timida, ma molto dolce”, rispose,
battendo una mano affianco a
lui per invitarmi a sedere.
Obbedii,
appoggiando di buon grado la testa sulla sua spalla. Mi
circondò interamente
con un braccio, permettendomi di adagiare il capo nel suo petto. Il suo
dolce
profumo muschiato mi colpì in pieno, accendendo il mio
desiderio. Non ne avevo
mai abbastanza di Jasper. Mai.
Lui
per me era tutto. Mio fratello, il mio migliore amico, il mio amante,
il mio
fidanzato. Senza di lui non sapevo come avrei fatto. Era incredibile
quanto
fosse grande il mio affetto per lui, quanto lo amassi ancora giorno
dopo
giorno.
Prima
di incontrarlo all’università, le mie vicende
amorose non erano state molto
numerose. Non tanto perché i corteggiatori mancassero, ma
perché ero rimasta traumatizzata
da una brutta esperienza. Un fatto che se non ci fosse stato Edward,
non avrei
saputo come uscirne.
Sospirai,
chiudendo gli occhi.
“A
cosa pensi?”, sussurrò, delicato. Percepii le sue
labbra schioccare dolcemente
sui miei capelli, tranquillizzandomi.
“Pensavo
a quanto ti amo… e di quanto sono stata fortunata a
incontrarti dopo Matthew”,
confessai in un soffio.
Jasper
sbuffò, lievemente irritato.
Matthew
non era stato il mio primo ragazzo, ma fu l’uomo con cui ero
diventata
finalmente donna. Avevo diciotto anni, e praticamente mi aveva usata
solo per
fare sesso. La nostra storia era durata appena un mese, ma ero talmente
innamorata di lui da essermi concessa così, senza pensarci.
Buttandomi come un
vecchio abito.
Solo
quando mi ero accorta che tutto quell’affetto era una bugia,
solo quando mi ero
accorta di essere stata utilizzata per una notte di divertimento, ero
rimasta così
sconvolta da non voler più uscire con nessuno. Se non ci
fosse stato Edward,
sarei stata ancora in depressione.
Edward
era la concezione personificata della parola
‘fratello’. Lui era al pari di
Emmett, per me. In quel periodo mi aveva aiutata così tanto,
che era stato impossibile
non rendersi conto del suo innato altruismo.
“Era
proprio un figlio di puttana”, sibilò Jasper,
stringendomi a sé.
Ridacchiai,
carezzandogli il torace. “Parla quello che faceva
l’amore con altre ragazze
immaginando di farlo con me”, lo stuzzicai, alzando il viso
per guardarlo
meglio.
Jasper
arrossì, imbarazzato. Sorridendo, intrecciai le mie dita tra
i suoi capelli,
attirandolo a me. Il suo respiro caldo e dolce mi inebriò i
sensi, stordendomi.
Gli baciai le guance arrossate, beandomi di quel tepore.
“Erano
tutte ragazze così, Alice, che si divertivano quanto me solo
a fare sesso…”,
sussurrò Jasper, serrando gli occhi. “Mi volevano
solo perché piacevo, ma non
erano innamorate di me… non sarei mai caduto così
in basso come quel Matthew.
Sedurre e abbandonare non era proprio il caso. Ma io ti desideravo
così tanto,
e tu non accennavi a desistere con me, da aver catturato i miei sensi e
stimolato
la mia fantasia…”
“È
squallido, Jazz”, bisbigliai, addentando il suo dolce labbro
inferiore.
Sospirò,
vergognoso. “Lo so, Al. Lo so. Ma ero un ragazzo immaturo,
che voleva solo
divertirsi. Mi è bastato il nostro incontro per cambiarmi la
vita”
“Beh,
dopo un bel po’…”
“Già…
ma sai, come si dice: chi disprezza,
compra”
Ridacchiai.
“Questo è vero”
Jasper
si unì a me, per poi rabbuiarsi. “La notte sognavo
te, nuda tra le mie braccia…
mi immaginavo il tuo caldo avvolgermi e perdermi tra i tuoi
sospiri… ero
innamorato perso di te, oserei dire che sei stato –e sei
tuttora- il mio primo vero
amore…”
Con
le dita, gli carezzai le palpebre, rilassandolo. “Un
po’ tardi, eh?”, scherzai,
baciandogli il collo.
“Già”,
sorrise, abbagliandomi con quel limpido celeste.
Lo
tirai finalmente a me, unendo la mia bocca con la sua. I nostri
schiocchi
riempirono il mio canale uditivo, scollegandomi il cervello.
Era
mio, lo sentivo. All’università avevo opposto
resistenza, ma ora io ero lì, per
lui.
Gli
schioccai un ultimo bacio su quelle labbra perfette, per poi mettermi a
cavalcioni su di lui.
“Sai,
credo che Edward provi qualcosa per Bella”, riflettei,
leccandogli la gola.
Si
accigliò, incuriosito. “Davvero?”
Annuii.
“L’ho notato quando stamattina sono andata a
prenderla e… sorrideva,
Jazz. Continuamente. Ma non era il suo solito sorriso
tirato, da quando quella puttana l’ha lasciato,
no… era spontaneo.
Sereno. Anche al bar lo avevo notato, ma credevo di
essermi sbagliata”
“Ma
è… fantastico, amore”,
esclamò Jasper, seriamente contento.
“E
si vede lontano un miglio che anche Bella è cotta di
Edward”, ghignai,
appoggiando le mani allo schienale del divano dietro di lui.
Si
strinse nelle spalle, trafiggendomi con i suoi maliziosi occhi celesti.
“Tutto
sta nel tempo”
Feci
una smorfia. “Già, il tempo. Un subdolo bastardo a
due medaglie”
Jasper
abbassò gli occhi, evidenziando ancora di più
l’ombra delle sue lunghe e folte
ciglia chiare. “Beh, con noi ha funzionato…
staremo a vedere con loro”,
concluse.
Sospirai,
arrendendomi alla sua logica inoppugnabile. “Hai ragione.
Dopo lo chiamo, devo
avvertirlo che stasera andiamo a quella cena”
“Va
bene”. Dopo avermi baciato una guancia, guardò
l’orologio. “Cominciamo a
prepararci? Il signor Marsden non esige alcun ritardo”,
aggiunse, per nulla
convinto.
Gli
mordicchiai un lobo, facendolo gorgogliare.
“D’accordo… ma solo dopo aver fatto
l’amore…”
Mi
buttai su di lui, decisa ad unire nuovamente le nostre anime con amore
e
passione.
________________________________________________________________________________
Ciao a tutti! Prima di
tutto, vi chiedo umilmente perdono. Nonostante abbia già un
bel po’ di capitoli
pronti, non ho mai avuto il tempo di postare! Scusate!
Spero comunque che con
questo capitolo un po’ lunghetto (forse troppo) mi abbiate
perdonato!
Quindi, che dire? Bella
è
stata finalmente assunta ed è ormai eternamente grata ad
Edward, ormai la
personificazione di un angelo per la ragazza. Edward è
sempre più attratto da
Bella, e, avendola conosciuta meglio, sembra far rispecchiare la sua
attrazione
caratteriale in quella fisica. Alice ha notato tutto, si è
accorta della
felicità del cugino vicino ad una persona estranea, e si
è confidata con
Jasper.
Il prossimo capitolo
sarà
un po’ di passaggio. Perché un po’? Beh,
perché in quello di Bella ci sarà una
specie di intermezzo. In quello di Edward, succederà
qualcosa di molto grave e
importante… che unirà ulteriormente e, oserei
dire, per sempre, i due. Per
incuriosirvi, vi dico che c’entra il piccolo nel pancino di
Bella… ma non sarà
lei a dirglielo, ma una serie di eventi naturali.
Okay, la smetto, prima
che mi uccidiate!
Perdonatemi ancora se non
rispondo alle vostre magnifiche recensioni, ma non ho tempo! Scusate,
scusate,
scusate! Non vi offendete, vi prego!
Tuttavia, ringrazio di
cuore yle_cullen,
Shinalia,
shining cullen,
FRENKY85,
Nessie_06,
rosa62,
Vale728,
ese96,
artemide88,
MaryAc_Cullen,
garakame,
alexia__18!
Grazie, gioie!
Ringrazio anche
infinitamente chi mi ha aggiunto tra i preferiti/seguiti e tra gli
autori
preferiti (17! Stavo per svenire!)
Grazie mille e al
prossimo capitolo!
|
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Capitolo 10 *** Capitolo 9 ***
Capitolo 9
Bella
Per
la prima volta, dopo un mese che parve
un’eternità, ero felice. Completamente,
interamente felice.
Forse
perché ora ero una giornalista. Forse perché il
mio bambino stava bene. O forse
perché avevo degli amici che mi volevano bene.
Con
il tempo, avevo notato quanto fosse religioso Edward. Era strano, e
quanto meno
attraente, un uomo di venticinque anni tremendamente legato alle sue
credenze.
“È
tutto matto, non dargli corda”, scherzava Alice, trillando
allegramente una sua
risata.
“Non
credi in Dio, Alice?”, le chiesi, curiosa.
Alice
sorrise dolcemente, passandosi una mano tra i corti e lucenti capelli
corvini.
“Vedi, Bella, Dio non è facile da comprendere.
Spesso mi chiedo della sua
esistenza, e ancora non ho trovato una riposta. Io credo in Dio… anche se
molto spesso, credevo che mi avesse
abbandonata”, sussurrò, distogliendo addolorata lo
sguardo.
Non
avevo mai visto Alice così afflitta, turbandomi non poco.
“Perché dici così?”,
mormorai, carezzandole delicatamente una guancia.
Sospirò,
gli occhi nocciola vitrei. “La vita non è sempre
tutto rose e fiori, Bella…”
Non
poteva sapere quanto la capissi. La strinsi a me, cullandola
dolcemente. “Ma tu
hai Jasper…”, dissi, tentando di ricostruire i
suoi pensieri tristi.
Alice
abbozzò un sorriso al nome del fidanzato. “Jasper
non è stato il mio unico
uomo”, confessò a malincuore.
Non
dovevo sorprendermi, lo sapevo. Alice era una donna indubbiamente
bella, era
assolutamente probabile che avesse conosciuto altri ragazzi prima di
Jasper. Eppure
erano così affiatati e perfetti insieme, da essere
impossibile non pensare a
loro come Alice e Jasper.
Alice
mi aveva raccontato la loro storia nei minimi particolari, ed era noto
l’amore
e la perdizione totale per il suo amato. Non potevo credere che, prima
di lui,
ci fosse stato qualcun altro.
“A
diciotto anni, mi sono innamorata veramente di un ragazzo, Bella. Si
chiamava
Matthew e frequentava il mio stesso liceo qui a New York. Quando ci
mettemmo
insieme, per me si era appena realizzato un
sogno. Ero felice, assurdamente contenta di ciò
che mi era capitato. La
nostra relazione durò appena un mese, ma fu molto intensa.
Almeno, per me.
Finché lui non mi chiese la fatidica prova
d’amore…”
Chiusi
gli occhi, totalmente concentrata sulla voce cristallina di Alice.
Sentivo già
come sarebbe andata. Tocca e fuggi. Proprio come James.
“Ero
così cieca, Bella… cieca e stupida…
facemmo l’amore, e lui mi abbandonò
così,
senza tanti complimenti. Il giorno dopo, scoprii che quello schifoso si
era
vantato di avermi sverginato. Lui, che credevo di amare. Capisci,
Bella?”,
sibilò Alice, la voce tremante.
Proprio
come James. Lurido bastardo. “Si, Alice… posso
capirti eccome…”
“Non
era niente di che, forse… ma quel periodo fu
tremendo… se non ci fossero stati i
miei genitori, Emmett… Edward…
sarei
ancora depressa, Bella”, confessò, amara.
“Ma
poi hai incontrato Jasper, Alice”, le ricordai, carezzandole
la testa.
Ridacchiò,
delicata. “Grazie a Dio. A volte ci penso, Bella. Se Jasper
non si fosse mai trasferito
da Houston? Se non lo avessi mai incontrato? Tutto faceva parte di un
disegno
divino, oppure è avvenuto da sé?”
“Voi
due siete fatti per stare assieme”, commentai, assolutamente
certa.
Alice
si tirò su, i suoi occhi nocciola improvvisamente animati.
“Io non ho mai amato
una persona quanto lui, Bella. Con lui mi sento me.
E sto bene. Ho avuto molta più fortuna di quanto
sperassi”,
aggiunse, sospirando.
Trattenni
il respiro, indignata. “Niente affatto, Alice! Tu meriti
qualcuno che ti rispetti
e ti ami con tutte le sue forze!”
Alice
ridacchiò, arrossendo improvvisamente.
“All’università non era altro che uno
stupido
texano arrogante…”
“…bello
da togliere il fiato…”, aggiunsi, divertita.
“…che faceva
sesso con altre troiette per sfogare gli istinti che nutriva per
me”, sospirò,
cogliendomi di sorpresa.
Strabuzzai gli occhi, assolutamente incredula. “Oddio! Non ci
credo! Jasper…!?”
Alice
annuì, un’adorabile smorfia sulle labbra piene.
“Già… me lo ha confessato un
mese dopo la nostra relazione… ero rimasta altamente
scioccata. Pensa che ha anche
dichiarato di aver dato un pugno ad uno perché aveva
commentato ad alta voce
che avevo un bel culo. E non stavamo nemmeno insieme”
“Beh,
era già… innamorato”, commentai,
sorridendo.
“La
nostra prima volta fu difficile, Bella… per colpa mia. Avevo
paura che mi abbandonasse
come Matthew… e la sua fama di donnaiolo non era
rassicurante… eppure, ce
l’abbiamo fatta. Mi ha voluto aspettare”
Ridacchiai,
lasciandole un bacio sulla guancia. “Alice, tu sei felice,
ora. Tu sai di appartenere
a Jasper, non a quel Matthew”, la rassicurai.
Sorrise,
raggiante. “È tutto passato, Bella. È
solo che quando mi viene in mente, mi
rattristo… ma come dice Edward, bisogna andare avanti.
Peccato che non applichi
questo concetto a sé stesso”
“Perché?”,
chiesi, confusa.
“No,
niente”, si affrettò a dire, lesta.
Dopo
quella conversazione, non avevo potuto fare a meno di pensare a un
disegno
divino. Forse la scelta che avevo voluto intraprendere con James era
sbagliata,
così mi aveva donato un bambino per allontanarlo. Da
Phoenix, mi aveva portato
qui a New York. Perché? Quel era il mio scopo?
Il
primo era sicuramente crescere il mio bambino. Erano gli altri, che mi
erano
sconosciuti.
Non
ero mai stata religiosa, e, pensare in questo modo, non faceva che
accrescere
le mie incertezze.
Passò
un mese, tra gioie e felicità.
Alice
mi passava a prendere ogni giorno per andare al lavoro. Era impossibile
non
rallegrarsi con quella donna nei dintorni, sebbene avessi scoperto che
anche
lei aveva avuto un brutto periodo nella sua vita.
Mi
chiedevo se un giorno avrei avuto la possibilità di
diventare come lei. Felice,
amata e appagata. Con il mio bambino. Ci speravo. Ma se la speranza era
l’ultima a morire, era la prima che ti fregava.
In
breve, la mia carriera si era stabilizzata. Anne era completamente
soddisfatta
di me e dei miei articoli.
E
poi c’era Edward. Dopo quell’imbarazzante
pomeriggio, su cui ero sul punto di
dirgli tutto, non aveva più toccato l’argomento.
Non appariva più il ragazzo
spiritato dei primi giorni della nostra conoscenza. Era dolce, sveglio
e
sorridente. Lo adoravo. Senza di lui, niente di tutto questo sarebbe
accaduto.
Passò
un mese, e dei miei genitori e di James nessuna traccia. Né
una telefonata, né
un messaggio, niente di niente.
Ormai
con James avevo perso la speranza. Come avevo potuto amare un uomo del
genere, era
ancora un mistero. Forse ero diventata una bestia come lui. In fondo,
non mi
ero mai chiesta perché avessi litigato con tutte le mie
amiche di Phoenix.
Passò
un mese, e il mio bambino cresceva. Sapevo che era impossibile, eppure
a volte
mi pareva di sentirlo. Lo immaginavo come un bellissimo mollusco che
cresceva
senza sosta. Il piccolo mollusco che adoravo con perdizione.
“Bella,
dovresti dimagrire, sai? Sembri incinta”, aveva notato
allegramente Alice una
volta, facendomi impallidire per la paura.
Avrei
dovuto fare i conti, un giorno. E purtroppo lo sapevo. La pancia si
gonfiava
ogni giorno di più, e sarebbe sempre stato più
difficile nasconderla. Per la
prima volta in vita mia, avevo paura del giudizio altrui. Non della
gente, ma
di loro. Cosa avrebbero pensato
Alice
e Jasper? Peggio: cosa avrebbe detto Edward?
Mi
avrebbe allontanata, non si sarebbe più fidato di me.
Perché ero una puttana
incinta lasciata dal fidanzato bastardo.
Ero
felice. Ma avevo paura.
Edward
Erano
passati tre mesi dall’arrivo della mia nuova vicina.
Natale
era alle porte, ed Alice era così entusiasta che perfino
Jasper faticava a
trattenerla. Non faceva che sgambettare tra i negozi di New York per
compare i
regali, più felice di una Pasqua. Ogni volta che andavo a
casa sua con Bella,
non solo c’era Jasper che sbraitava perché non
aveva fatto il bucato o stirato
qualcosa, ma si rischiava perennemente di essere schiacciati da enormi
pacchi
regalo. Jasper aveva rischiato più volte la vita in
situazioni del genere,
quindi era meglio evitare di portare avanti questa
possibilità.
“Alice
sembra impazzita!”, commentò sconvolta Bella,
nell’ennesimo viaggio di ritorno.
“È
sempre così a Natale. Ti conviene abituarti”, le
consigliai, divertito.
“Terrò
a mente questo suggerimento”, scherzò,
ridacchiando.
Parcheggiai
la Volvo davanti al palazzo, per poi prendere Bella per mano e guidarla
davanti
al mio appartamento. Solo alla luce soffusa dei neon nel corridoio,
notai il
suo dolce rossore sul viso.
“Arrossisci
per tutto, lo sai?” le dissi, carezzandole uno zigomo
arrossato.
Sospirò,
fintamente melodrammatica. “Purtroppo lo so. Talento
naturale”
“Ti
va di venire a casa mia?”, chiesi, vagamente ansioso della
sua risposta.
I
suoi occhi di cioccolata mi fissarono incerti, per poi illuminarsi.
“Certo, va
bene”
Sorrisi.
Aprii la porta, e le sfilai galantemente il giubbotto, unendolo con il
mio. Mi
diressi nel cucinotto, afferrando la macchinetta del caffè
già pulita. Ormai
quello era un nostro rituale.
Eppure
c’era qualcosa che non andava. C’era troppo
silenzio. Mi voltai. Bella si era
accomodata sul divano, leggermente pallida.
“Bella,
tutto okay?”, chiesi, preoccupato.
Bella
annuì, piano.
“Bella?
Sicura?”. Mi avvicinai a lei, cauto.
Bella
si accigliò, in una lieve smorfia di dolore.
“Edward… dov’è il
bagno?”, chiese,
le mani che tenevano spasmodicamente la pancia.
Allarmato,
la accompagnai immediatamente. Accesi la luce del piccolo bagno e le
chiusi la porta,
attendendo il suo arrivo. I secondi passavano e dalla stanza non
proveniva
alcun suono. Avevo un brutto presentimento. Speravo di essermi
sbagliato, di
essermi sognato tutto.
Passarono
pochi minuti. Un urlo agghiacciante mi congelò il sangue
nelle vene.
Senza
minimamente riflettere, mi precipitai nel bagno.
“TI
PREGO, DIMMI CHE È NORMALE! DIMMI CHE È
NORMALE!”, urlò Bella, disperata.
A
terra, Bella, piangente e seminuda. Ai suoi piedi, un lago di sangue.
________________________________________________________________________________
Mi dispiace avere finito
sul più bello, ma è stato veramente necessario.
Penso che avrete capito di che
cosa si tratti, cioè di un problema con la gravidanza, ma vi
assicuro che
questo è stato un passaggio fondamentale. Se vi aggiungo che
la storia è a
lieto fine, non dovrete far altro che stare tranquilli. Quindi,
don’t panic,
please! XD
Vi consiglio anche di non
uccidermi, ai fini della trama! XD E poi, credo di avervi fatto
conoscere
abbastanza il nostro Edward per immaginare uguale sarà la
sua reazione… si
accettano scommesse!
Terrei a precisare una
cosa: molti mi chiedevano: “Ma quando Bella dirà
ad Edward della gravidanza?”.
Non ve l’ho mai detto, semplicemente perché non
avrebbe avuto senso dirvelo
subito. Ma se proprio volete una risposta… sarà
nel prossimo capitolo! (Com’era
logico che fosse!)
Detto questo, vorrei
ringraziare le 17 persone che hanno recensito lo scorso capitolo!
GRAZIE MILLE!
Solo voi mi date la forza per andare avanti! Grazie a erika1975, congy, alexia__18,
piccolinainnamora,
Shinalia,
rosa62, ,garakame FedeTwiRob, Nessie_06, MaryAc_Cullen,
ese96, Nicosia,
___Ivy___,
Vale728,
gegge_cullenina,
cussolettapink
e artemide88
per le fantastiche recensioni! Grazie, grazie e ancora grazie, non
smetterò mai
di ripeterlo!
Grazie anche a chi mi ha
aggiunto tra i preferiti, i seguiti e gli autori preferiti (24! Mio
Dio,
grazie!)!
Al prossimo
capitolo,
promettendovi che non ci metterò molto!
|
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Capitolo 11 *** Capitolo 10 ***
Capitolo 10
Edward
“Edward!
Oh, mio Dio!”. La voce cristallina di mia cugina
richiamò la mia attenzione,
echeggiando in tutto il corridoio dell’ospedale.
Alice
mi abbracciò, soffocando alcuni singhiozzi. Le scoccai dei
baci sulla testa per
calmarla, ma la sua sofferenza non si attenuò. La
verità era che nemmeno io
trovavo una spiegazione a tutto ciò.
Jasper
si avvicinò, incredulo e silenzioso. Alice si
staccò da me, per poi trovare
rifugio tra le possenti braccia del fidanzato. Jasper la
cullò dolcemente,
sussurrandole parole di conforto.
Mi
sedetti meccanicamente sulla panchina contro il muro, scioccato.
Le
immagini scorrevano nella mia mente come un film. Bella, tremante e
urlante a
terra, i pantaloni abbassati… il sangue che colava tra le
sue gambe… e poi la
rivelazione di Carlisle, facile quanto respirare: “Ha
rischiato di perdere il
bambino, ma è tutto apposto”
Bambino.
Bella
aspettava un bambino. Sola, senza qualcuno accanto.
Dio mio.
“Edward,
che cosa è successo? Che cos’ha Bella?”,
chiese Alice, angosciata. Cercava di
trattenere inutilmente le lacrime, premurosamente asciugate da Jasper.
“Tranquilla,
amore mio… sicuramente non è niente di
grave…”, la rassicurò Jasper, sedendosi
accanto a me e prendendola in braccio come una bambina.
Non
dissi nulla. Non ne avevo la forza. Perché finalmente avevo
collegato tutto. Le
mani istintivamente portate al ventre, i suoi muti
ringraziamenti… Era incinta
da tre mesi, e non aveva detto niente.
Tre mesi.
“Bella
ha rischiato un aborto”, dissi automaticamente.
Alice
trasalì, scioccata.
Jasper
spalancò gli occhi. “Che cosa?”,
sbottò, stupito.
Alice,
se possibile, tremò ancora di più. “Ha
rischiato un… aborto? Quindi significa
che è…”
“…
incinta”, conclusi, distaccato.
Non
ci capivo più niente…
Bella è
incinta.
Ero
sempre più confuso…
Bella aspetta un bambino.
Non
riuscivo a capacitarmi del fatto che Bella non mi avesse detto nulla.
Non
riuscivo a capire e basta.
Bella è
incinta.
E
non mi aveva detto niente…
Non ti chiedi il
perché?
Perché?
Per lo stesso motivo per
cui tu non le hai detto di Tanya.
Ero
uno stupido. Un immeritevole stupido. Come avevo potuto giudicarla,
quando non
ero a conoscenza di niente? Come? Chi ero io per giudicare?
“Cazzo…”,
sospirò Jasper, passandosi una mano tra i capelli.
“La
pancia… non si notava nemmeno…”,
pigolò Alice, afferrando spasmodicamente la
camicia di Jasper.
“Tre
mesi, Alice… ovvio che non si vedesse niente”,
esclamai, sconsolato. Io stesso
mi meravigliai di essere riuscito a parlare. La mia gola era talmente
secca che
si sarebbe squarciata da un momento all’altro.
Jasper
strinse le labbra, inquieto, appoggiando la testa sulla spalla di
Alice.
“Edward, non possiamo lasciarla sola”,
sussurrò flebile, ma deciso.
Mi
accigliai, perplesso. “Cosa?”
“Crescere
un bambino da sola, per una donna… non è
facile”, spiegò, sospirando
impercettibilmente.
“Jazz…”,
sussurrò Alice, afferrandogli il viso tra le mani.
“Quando
ero piccolo, i miei genitori divorziarono. Per mia madre è
sempre stato molto
difficile allevarmi da sola, ed io ero troppo immaturo per
comprenderlo.
Tuttavia, non si è mai arresa, dicendomi sempre che io ero
la cosa più bella
che le fosse mai capitata. Nonostante lei mi amasse, non è
stata comunque una
passeggiata crescermi, sia fisicamente che emotivamente”,
aggiunse, facendo una
smorfia.
“Jasper…”,
sospirai, intristito.
Era
tutto così dannatamente difficile…
“Tu
sei l’unico che puoi capirla, Ed. L’unico che ha
assistito al suo dolore e ha
contribuito alla sua gioia”, continuò
pazientemente Jasper, abbozzando un
sorriso.
Alice
mi abbagliò dolcemente con i suoi grandi e umidi occhi da
cerbiatta. “Ha
ragione Jazz, Edward. Tu sei l’unico che può
capirla. Solo tu, dopotutto quello
che hai passato…”
Il
ricordo di Tanya non era più così doloroso in
quel momento. Ero troppo
scioccato per gioire del cambiamento. Pensavo a Bella, alle sue
sofferenze, a
quella piccola vita che, nonostante
le
difficoltà, stava crescendo dentro di lei…
“Alice…”
“Edward,
ti sei mai chiesto che cosa ci facesse una ragazza giovane e sola come
lei a
New York? Per di più incinta? Senza un uomo e una famiglia
accanto? Ed, tu la
capiresti, tu la aiuteresti. Vai da lei, su”, mi
incoraggiò, carezzandomi un
braccio.
Le
loro iridi marroni e azzurre mi scrutarono determinate, obbligandomi a
farmi coraggio
e a dirigermi nella stanza riservata a Bella.
“Edward?”.
La voce di mio zio Carlisle in quel momento mi parve un balsamo.
“Zio,
come sta Bella?”, chiesi, fuori dal mondo.
“Calma,
Edward, calma… respira…”,
sussurrò, evidentemente accortosi della mia
innaturale agitazione.
Obbedii,
consolato dalle sue pacche affettuose sulla schiena.
Carlisle
annuì, soddisfatto. “La tua amica sta
bene… è stata soccorsa appena in tempo da
non rischiare un emorragia… o peggio”
“Lo
so, lo so…”, conclusi, chiudendo gli occhi per un
istante.
“Forse
è il caso che tu vada da lei, Edward”, aggiunse
Carlisle, gentile.
“Giusto”
“Vai
pure. Vado un attimo da Alice e Jasper”, si
congedò lo zio, lasciandomi solo.
Dopo
aver inspirato profondamente, mi feci coraggio, ed entrai.
Bella
Il
sollievo era assolutamente incontenibile. Avevo temuto che il mio
piccolo mi
avrebbe abbandonato, e, invece, era ancora lì con me. Grazie
a Dio.
Carezzai
dolcemente il mio ventre, sperando che il mio frugoletto avvertisse
l’amore che
provavo per lui. Mio figlio.
Lui
era la forza che mi aveva sostenuta per tutto quel tempo, dandomi la
possibilità di ricominciare una vita più serena.
Probabilmente, non sarei mai
stata felice con James, l’uomo che credevo mi amasse.
Nonostante fosse suo
figlio, lo amavo con tutta la mia anima. Era la vita che cresceva
dentro di me.
Sangue del mio sangue. Poco importava che mi chiamassero puttana. Lui
era
ancora con me.
“Mi
hai fatto prendere un bello spavento, schiocchino”, mormorai,
tamburellando il
pancino.
Ma
sapevo che non era stato solo grazie a mio figlio, se ero arrivata fino
a lì.
Chiusi
gli occhi, il suo bel volto impresso nella mente. Il viso
dell’uomo che mi era
stato accanto per tutto questo tempo.
Edward.
La
porta della camera si aprì, distogliendomi un attimo dalle
lacrime che avevano
cominciato a fuoriuscire senza sosta dai miei occhi. Due pozze
smeraldine
catturarono la mia attenzione e capii chi fosse.
“Bella…”,
sussurrò Edward, avvicinandosi.
“Edward…”,
gemetti, la voce strozzata.
I
loro volti sfilarono velocemente nella mia mente. Alice…
Jasper… Edward.
Avevo
raggirato delle persone buone, persone che, sebbene non sapessero
niente di me,
mi avevano aiutata senza indugio. Non solo, ma mi
volevano bene.
E
io le avevo ingannate.
Tutto
per il mio egoismo.
Bugiarda, infida,
traditrice…
Edward
si accomodò sulla sedia affianco al mio letto, lo sguardo
vuoto.
Strinsi
le labbra, tentando di trattenere un urlo angosciante. Sapevo cosa mi
avrebbe
detto. Non ero più degna della sua fiducia. Ero solo una
puttana bugiarda, che
aspettava un bambino da una bestia.
Semplice
come respirare.
Ma
il mio cuore no. Non aveva ancora accettato l’idea di poterlo
perdere. Proprio
no.
“Mi
dispiace, Bella”, sussurrò, prendendomi la mano.
L’ultima
cosa che non mi sarei mai aspettata. Edward si stava scusando con me.
Per delle
mie colpe.
“Smettila,
Edward. Smettila”, sibilai, irritata.
Non
capivo perché si stesse scusando. Ero io la bugiarda, la
traditrice, colei che
si era approfittata della sua bontà. Non lui. Non lo
meritavo e basta.
“Sono
felice che il bambino stia bene, Bella”, mormorò,
le dita che rafforzarono la
presa sulle mie.
Fu
un attimo. Mi bloccai, sconvolta da ciò che le mie orecchie
avevano captato.
Era ovvio che lo avesse capito, lo sapevo. Ma allora perché
non mi urlava
contro? Perché non mi mostrava tutto il suo disprezzo? Una
pressante
frustrazione nacque nel mio profondo, dandomi una forza che non avrei
mai
pensato di avere.
“Perché,
Edward? Perché? Io ti ho mentito!”, sbottai,
balzando a sedere e ignorando il
lieve fastidio al ventre.
“Avrai
avuto le tue ragioni, Bella. Meglio di chiunque altro, io posso
capirti”,
argomentò lui, calmo e metodico.
Come
poteva restare così calmo e impassibile? Come? Io gli avevo
mentito, lo avevo ingannato.
Tutto perché avevo paura di perderlo, di non potere
più godere della sua
fiducia.
“Capirmi?
Capirmi! Come puoi capirmi? Io aspetto un bambino! E dovrò
crescerlo da sola! E
anche se è il figlio di quel disgraziato del mio ex
fidanzato, che mi ha
abbandonata senza ritegno, io…”
“È
così che è andata?”, mi interruppe
Edward, sorpreso.
Mi
morsi la lingua, maledicendola. Il panico aveva completamente avvolto
il mio
cervello in una densa nebbia intricata. Tacqui, incapace di prendere
parola.
Aspettando il suo giudizio.
“Il
tuo ex fidanzato ti ha lasciato, quando era consapevole che tu fossi
incinta?”,
insistette, sempre più incredulo.
Gli
occhi mi bruciavano. Non ci vedevo più. Di nuovo.
“Si… Edward, io… mi dispiace
così tanto di averti mentito…
ma…”
“Cosa,
Bella?”. La rabbia nella sua voce mi lasciò ancora
più senza fiato. Lo sapevo.
Era solo questione di tempo.
Non sono una puttana,
Edward. Non sono una puttana come mi ha detto papà. Ti
prego, comprendimi…
“Avevo
paura… avevo paura di perderti…”,
confessai di getto, prima che potessi
censurare le mie parole. Abbassai lo sguardo, tremendamente colpevole.
Facevo
schifo. Non solo lo avevo tremendamente ferito, ma pretendevo anche che
lui mi
stesse accanto. Ormai quella carta me l’ero già
giocata. Lo sapevo.
“Non
mi perderai, Bella. Finché tu mi vorrai, io ci
sarò”
Alzai
la testa così velocemente da farmi venire un capogiro. Non
credevo alle mie
orecchie. Davvero Edward, la persona più buona e onesta che
avessi mai
conosciuto, mi voleva con sé?
“Davvero?”,
sussurrai, piano.
Annuì,
trapassandomi l’anima con i suoi occhi di smeraldo.
“Sempre”
Un
fiotto caldo di lacrime mi annebbiò la vista. “Oh,
Edward”, sospirai,
rifugiandomi nelle sue braccia.
Edward
mi accolse di buon grado, stringendomi delicatamente contro il suo
petto. Le
sue mani dolci e gentili carezzavano la mia schiena, il mento
appoggiato sulla
mia nuca. Chiusi gli occhi, confortata da quel contatto così
caldo e intimo. E
scoppiai inevitabilmente a piangere, addolorata e felice. Avevo ancora
il mio
bambino, ed Edward era ugualmente al mio fianco. Nonostante tutto, lui
mi
voleva.
Iniziai
a sospettare realmente l’esistenza di un disegno divino, come
diceva
Alice.
“E
poi…”, sussurrò nel mio orecchio,
lasciandomi un bacio sui capelli. “Anche io
devo dirti una cosa”
_______________________________________________________________________________
Lo so, sono assolutamente
imperdonabile. Spero che però il tanto atteso capitolo vi
sia piaciuto. La
storia è sempre stata così nella mia testa,
indipendentemente dalle vostre
aspettative. Bella rischiava di brutto, ma, miracolosamente,
è filato tutto
liscio. Per quanto riguarda il nostro caro Edward, immaginandolo e,
quindi,
“conoscendolo”, mi sarei aspettata solo questo tipo
di reazione. D’altronde,
chi era lui per giudicare Bella, quando le aveva volontariamente tenuto
nascosto il suo divorzio con Tanya? Nulla. È un tipo
abbastanza maturo per
riflettere anche lui su queste cose.
Infine, GRAZIE. GRAZIE,
GRAZIE, GRAZIE PERIODICO per le 26 (dico, 26!?) recensioni ricevute!
Mio Dio,
grazie! Vi prego, commentate in tante anche questo capitolo! So che
potete
farcela, ed è bello sentire anche i lettori silenziosi!
Più
recensioni avrò,
più posterò presto… vedete voi! (XD me
perfida! ^^)
Un
bacione a tutti e alla
prossima con Bella ed Edward!
|
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Capitolo 12 *** Capitolo 11 ***
Capitolo 11
Bella
Non
ero mai stata una persona violenta. Su questo non c’era alcun
dubbio. Mi
conoscevo abbastanza da potermi definire una donna pacifica e serena.
Eppure,
dopo che Edward mi aveva raccontato la sua storia, non ero riuscita a
reprimere
una scintilla omicida verso Tanya, la sua ex moglie. L’idea
di abbandonare un
uomo caro e gentile come Edward era assolutamente sconcertante.
“È
quello che ci chiedevamo tutti, se è per questo”,
borbottò Alice, lanciando
un’occhiata infastidita a Jasper, che fumava tranquillo in un
angolo del
salotto. “Quella brutta arpia di merda lo ha ridotto a uno
straccio per più di
due mesi… Jazz, e che cazzo, vai a fumare fuori!
C’è anche una donna incinta,
qui!”, si lagnò, voltandosi inacidita verso il suo
moroso.
Jasper
alzò gli occhi al cielo, chiaramente esasperato.
“Peccato che siamo in pieno
gennaio…”
“Il
freddo è niente in confronto al cancro che ti
verrà negli anni! Non voglio
rimanere vedova a trent’anni!”, mugugnò,
incrociando ostilmente al petto le
braccia snelle.
“Chi
ti dice che ci sposeremo?”, ribatté Jasper,
increspando le labbra.
“La
cattiva sorte, purtroppo! Vai in bagno, almeno!”
Jasper
dovette arrendersi al comando del capo supremo, così
fuggì fischiettando verso
il corridoio.
Alice
ritornò a me, il naso ancora arricciato. “La cosa
mi brucia ancora, a dire il
vero”, mormorò, gli occhi fissi sulla trama del
divano.
Sospirai.
“È passato più di un mese da quando
Edward mi ha detto tutto, Alice. Eppure non
posso fare a meno di odiare quella donna. Tu sei più
giustificata di me, poi.
Sei sua cugina, la conoscevi…”
“Chiunque
odierebbe a prima vista quella troia”, mi interruppe
bruscamente Alice,
sbuffando sonoramente. “Edward ha tirato le somme troppo in
fretta. Avrebbe
dovuto aspettare, perlomeno per rendersi conto di che razza di persona
fosse”
“Già…”,
sussurrai, affranta.
Edward
era l’ultima persona al mondo che meritava un destino del
genere. Il ricordo
della nostra chiacchierata in macchina, mesi prima, si
riaffacciò alla mente
con violenza. Il suo unico desiderio era sposarsi e mettere su
famiglia. Un
sogno che gli era stato negato da una donna che non lo amava. E non era
la
prima donna a tradirlo. Perfino sua madre aveva abbandonato lui e suo
padre a
sé stessi, quando
aveva solo sei anni.
Peggio
di così non poteva andargli.
Guardai
Alice, ancora imbronciata. Beh, in fondo non era mai stato solo. Non
con una
cara famiglia come la sua, che lo sosteneva per qualunque cosa. Avevo
conosciuto suo zio Carlisle in ambiti molto spiacevoli riguardo il mio
quasi aborto,
ma avevo avuto modo di constatare la sua naturale
spontaneità e gentilezza.
Perfino Esme, sua zia, e suo padre Anthony
dovevano essere persone fantastiche, da come me ne
parlava.
“Oh.
Bella, sono le sei in punto”, mi avvertì Alice,
indicando con un cenno
l’orologio appeso alla parete.
Sorrisi
spontaneamente. Questo significava che Edward era appena uscito dal
lavoro.
Jasper
apparve quasi letteralmente dal nulla, infilandosi velocemente il
cappotto. “Vieni,
Bella. Ti accompagno”, mi incoraggiò Jasper,
sorridendomi gentile.
Annuii,
imitandolo. “Non vieni, Al?”, chiesi, accigliata.
Alice
abbozzò un sorriso, pallida in volto.
“Scusa, cara, ma non mi sento molto
bene… sicuramente è colpa della tua
sigaretta”, accusò Alice al suo fidanzato,
mostrandogli la piccola lingua.
“Si,
come no”, sospirò Jasper, alzando le mani al
cielo.
“A
domani, Bells”, salutò Alice, sventolando la mano.
Jasper
mi condusse nel parcheggio, aprendo a distanza la sua meravigliosa
automobile.
“Credi
che Alice non si senta veramente bene?”, domandai,
preoccupata.
Jasper
ridacchiò, stringendosi nelle spalle. “Nah.
È semplicemente stanca, stai
tranquilla”, mi rassicurò.
Allacciai
la cintura, immediatamente rassicurata dalle fusa del motore. Il nostro
silenzio non era affatto imbarazzato, ma semplice e naturale. Io e
Jasper ci
trovavamo a nostro agio più nel silenzio che nelle
chiacchiere inutili.
“Stai
meglio, Bella?”, chiese Jasper, lanciando
un’occhiata alla mia pancia.
Sospirai,
intenerita. Lo chiedeva sempre da quando ero uscita da quella stanza di
ospedale. “Si, grazie Jasper”
“Mi
dispiace per quello che ti è accaduto”,
sussurrò improvvisamente, gli occhi
fissi sul parabrezza.
Sospesi
il respiro, sinceramente sorpresa.
Sapevo
che Jasper era davvero una brava persona, matura e riflessiva.
Nonostante gli
volessi già bene come a un amico, pur non avendo la stessa
intimità con Alice,
non mi aspettavo così tanta comprensione da parte sua.
Non
dissi nulla, incapace di profferire parola.
“Grazie
al cielo, non potrei vivere mai esperienze del genere, a meno che
Alice…”. Si
interruppe, improvvisamente addolorato.
In
quel momento, non potei fare a meno di confrontarlo con James. Mi
disgustai io
stessa del paragone, ma non riuscivo farne a meno. James non si era mai
preoccupato della mia salute o del nostro futuro, sebbene avessimo
convissuto
per un anno. Jasper addirittura pensava ad avere dei bambini. Ed era sicuro che avrebbe avuto dei bambini con
Alice. Semplicemente perché non riusciva a pensare al futuro
senza di lei.
“Alice
ti darà un figlio, Jasper. Ne sono certa”, lo
rassicurai, gentile.
Fece una
smorfia. “Non è questo, Bella. Gli aborti sono
così imprevedibili… non è per me che ho paura”
E allora capii. Era preoccupato per Alice, perché sapeva che
se avesse perso un
bimbo, sarebbe impazzita.
“Andrà
tutto bene, Jasper. Alice è molto forte”,
aggiunsi, fermamente convinta.
“Lo
so, credimi che lo so. È solo che… quando ha
saputo ciò che ti era accaduto,
era così spaventata… non ha chiuso occhio per
tutta la notte”, sospirò,
rabbuiandosi.
Questo
Alice non me lo aveva detto.
Non
sapevo se Alice e Jasper fossero a conoscenza della mia storia, anche
se
qualche remota possibilità era comunque concreta.
“Si,
ma adesso sto bene, così come il mio piccolo. E poi tu non
lo faresti mai,
Jasper. Non faresti mai del male ad Alice”, mormorai,
abbozzando un
sorriso.
Scosse
velocemente la testa, vagamente inorridito. “Mai. Ne
morirei”
“Tu
ed Alice non avete mai parlato di matrimonio?”, domandai,
flebile.
Ridacchiò
appena, invadendo l’abitacolo di quella breve risata
profonda. “Oh, si… non sai
quante volte…”
Già lì, James avrebbe perso mille punti.
“Conclusioni?”,
chiesi, curiosa.
Jasper
arrossì, imbarazzato. “Beh, pensavamo che, dopo
esserci stabilizzati nel mondo del
lavoro, di cominciare a rifletterci seriamente…”
“Tempo?”
“Qualche
mese”
“È
fantastico, Jasper!”, esclamai, felice.
Sorrise
radioso. “Lo dico anche io”
In
meno di dieci minuti, raggiungemmo il palazzo. Con mia grande
felicità, notai
la Volvo grigio metallizzata già parcheggiata.
Dio,
che bello.
Mi
sentivo eccitata quasi quanto una quindicenne alle prime armi.
Beh,
tra tutti quanti, ero la più piccola, no?
Ridacchiai
da sola per la mia stupida battuta mentale. Forse dovevano ricoverarmi,
anzi,
sicuramente.
“Siamo
allegre, oggi, eh?”, commentò spensierato Jasper,
facendomi avvampare.
“Grazie
mille per il passaggio. Non avresti dovuto”
Alzò
le spalle, serafico. “È stato un piacere, Bella.
Ci si vede”
“Ciao!”,
salutai, per poi vedere di sfuggita la lucente macchina svanire per la
via.
L’ultima
cosa che pensai prima di raggiungere Edward, fu che finalmente il mio
bambino
avrebbe potuto crescere in pace. Tra persone che gli volevano
già bene.
Edward
Entrai
nell’appartamento, sbuffando. Il freddo artico mi aveva
completamente
intorpidito, sebbene avesse avuto a disposizione solo tre secondi. Mi
gettai
vicino al calorifero, beandomi del suo calore.
Inevitabilmente,
pensai a Bella.
Bella
era incinta. Nutriva e amava la creatura di un essere spregevole, un
uomo incapace
di prendere le proprie responsabilità. Forse, il termine
più corretto per
definirlo era bestia.
Non
pensavo di avere conosciuto una donna così forte. Nemmeno
mia cugina, che all’apparenza
era una piccola roccia, era così sicura di sé.
Probabilmente, se nella sua vita
non ci fossi stato io, e, più avanti, Jasper, sarebbe andata
alla deriva.
Bella
no. Era stata abbandonata da quello stronzo, dai suoi genitori, dalle
sue
amiche, eppure era ancora viva. In meno di un mese, si era
già ripresa. Ed ero
sbalordito. Non perché pensassi che non volesse bene a quel
bambino, ma per la
sua incredibile tenacia.
La
ammiravo. E la adoravo.
Mi
sentivo… dipendente da lei. Come lo ero stato una volta per
Tanya.
E
avevo paura. Di essere ancora rifiutato, abbandonato e…
innamorato. Avevo
paura.
Il
campanello suonò, e un sorriso assolutamente sincero nacque
sul mio viso.
Sperai che fosse Bella, avevo bisogno di lei più che mai.
“Ciao”,
salutò Bella, illuminandomi con i suoi occhi di cioccolata
fusa.
“Ciao.
Entra”, dissi, scostandomi per lasciarla passare.
Bella
si sfilò il giubbotto, posandolo docilmente sullo schienale
del divano. Non
potei fare a meno di notare quel delizioso pancino ormai visibile oltre
il
maglione. Era così bella, dolce e florida. Una dea della
fertilità. La mia
Bella.
“Pomeriggio
interessante da Alice?”, le chiesi, ridacchiando.
Bella
sorrise del mio tono ironico, avvicinandosi con le braccia conserte.
“Soliti
battibecchi… non ti annoi mai”
Risi.
“Lo so”
Bella
si fece improvvisamente seria, accomodandosi sul divano.
“Jasper è rimasto
molto scosso da…”. Si interruppe, mortalmente
pallida.
Strinsi
le labbra, intuendo a cosa si riferisse.
Aborto spontaneo.
La
affiancai immediatamente, preoccupato. Senza pensarci, le afferrai una
mano,
fredda per il gelo di gennaio. “Ho capito, Bella.
Continua”, la incoraggiai,
comprensivo.
Bella
distolse lo sguardo, le guance imporporate da un velo di rossore.
“Ecco… non
pensavo questo…”
Le
carezzai il palmo con il pollice, in un vago tentativo di
rassicurazione. I miei
polpastrelli gioivano al contatto con quella pelle morbida e profumata.
Perché
lei era lei, semplicemente la mia
Bella. “I genitori di Jasper hanno divorziato quando lui era
ancora un bambino
e sua madre ha dovuto crescerlo da sola. Non deve stato facile, visto
che
Jasper non è mai stato calmo quanto adesso”. Mi
interruppi, ricevendo
un’occhiata sorpresa da Bella.
“Non
lo avrei mai immaginato”, mormorò, triste.
Feci
una smorfia. “Lo so. A volte credo che il naturale istinto
materno di Alice lo
completi interamente. Ha ventisette anni, è vero, ma tutti
noi sentiamo la
mancanza di nostra madre…”. Eccome, se si sentiva.
Bella
sospirò, gli occhi di cioccolata illuminati di luce propria.
“Tu ne senti la
mancanza, Edward?”, chiese, delicata.
Strinsi
le labbra, pensieroso. “Non saprei… sei anni non
sono niente, Bella. E lei non
è mai tornata. Evidentemente non mi ha mai voluto
bene”, conclusi, stringendomi
nelle spalle.
“Oh,
Edward…”, sospirò, appuntandosi una
ciocca di capelli dietro l’orecchio.
Sorrisi
appena, accostandomi di più a quel viso
d’alabastro. “Anche se i tuoi non ti
sono più accanto, Bella, sai che puoi contare su di noi.
Alice e Jasper ti
vogliono bene, Bella… e anche io te ne voglio
molto…”
Mi
bloccai, inquieto. Non potevo averlo detto sul serio. No, non era
possibile. Lo
avevo detto.
Eppure era ciò
a cui
avevo pensato per giorni e giorni.
Bella
sorrise, avvicinandosi un poco. “Grazie Edward. Anche io te
ne voglio. Senza di
te, non sarei qui. E sono felice”, sussurrò,
trafiggendomi con i suoi occhi di
cioccolata. Così belli, dolci e caldi.
“Sei
felice grazie a me?”, mormorai, perso nel contemplare quella
piccola dea.
Bella
annuì, sopraffacendomi. “Si. Interamente. Se non
fosse per te, né io né il mio
bambino saremmo qui”
Sospirai.
Perché nonostante ci stessimo aprendo, io non lo ero del
tutto.
Era
come se il mio cuore fosse ostacolato da lei.
Quella che era diventata l’altra.
Tanya mi aveva portato via tutto: soldi, fiducia, vita.
E il mio affetto per Bella era ostruito da quel dolore insormontabile,
quel male cancerogeno che mi aveva quasi ucciso. Portandomi alla
pazzia, al
suicidio. “Bella, io… vorrei volerti molto
più bene di adesso…”, bisbigliai,
appoggiandomi interamente allo schienale del divano.
Il
suo sorriso era così dolce da uccidermi. Volevo amarla.
Perché non potevo? “Io
te ne voglio già molto, Edward. Mi basta”,
sussurrò, scostandomi una ciocca di
capelli davanti al mio viso.
Rabbrividii
al suo tocco, mille immagini esplosive all’interno della mia
testa.
“Ma
a me no. Io…”
“Tu,
cosa?”, mi incoraggiò, delicata.
Chiusi
gli occhi, pregando che la mia voce non venisse da meno in quel
momento.
“Vorrei amarti. Sul serio, Bella. Ma non ci riesco. Non
perché sono sentimenti
falsi, ma perché il mio cuore è già
stato spezzato da Tanya… e ho paura”
Tanya mi ha fatto male,
Bella. Ti prego, comprendimi.
“Non
avere paura di me, Edward. Io non ti farei mai del male. Lo sai,
vero?”. Il
profumo dei suoi capelli era più che inebriante. Alzai le
palpebre, trovandovi
il suo etereo e bellissimo viso a cuore a pochi centimetri dal mio. Il
suo
respiro caldo e profumato mi inondava il viso, accaldandomi.
Quel
volto poteva essere mio, solo mio…
il
volto della donna che amavo,
dell’angelo che aveva fatto riaffiorare pian piano in me quei
sentimenti che
avevo creduto di aver provato. Che
avevo
creduto di aver perso.
“Lo
so. Ma la mia è una paura irrazionale”, spiegai,
la voce tremula.
Bella
sorrise tristemente. “Tu… mi fai battere il cuore
più di quanto non facesse
James. È come se tutto questo fosse stato architettato per
incontrarci, per
facilitare il nostro affetto…”,
confessò in un soffio.
“Bella,
mi sono reso conto che io provo amore per te…”.
Sollevai la mano, per poi
premerla su quella guancia così delicata.
Bella
chiuse gli occhi, lieta della mia carezza. Posò le sue dita
sulla mia mano,
trattenendola sullo zigomo. La cioccolata dei suoi occhi era vera,
calda. Viva. Grazie a me, per me.
“Io
ti conosco da sempre, Edward… è come se non
avessi fatto altro che
aspettarti…”, sussurrò, delicata.
I
nostri visi si avvicinarono sempre di più, le nostre labbra
desiderose di
incontrarsi, conoscersi ed esplorarsi…
Il
telefono squillò, facendoci sobbalzare, sorpresi. Bella
sbatté velocissimamente
le palpebre, assolutamente sorpresa e perplessa.
Guardai
il display e sbuffai, seccato. Figuriamoci se non era mia cugina.
“Pronto?”,
risposi, irritato.
“Edward…”.
La voce lamentosa e tremante di Alice mi allarmò
all’istante.
“Alice,
oddio, che è successo?”, chiesi, impaurito.
“Edward…
zio… oddio… zio…”,
balbettò, incomprensibile.
“Alice!”,
la ripresi, invitandola a parlare più chiaro.
Si
schiarì la gola, invano.
“Zio…”
“Che
è successo a papà? Alice, rispondi!”
I
singhiozzi di Alice mi strapparono l’anima, erano colpi
secchi allo stomaco e
al cuore. “Infar… Edward, pronto?”,
disse improvvisamente la voce turbata di
Jasper. I piagnucolii di Alice facevano da sottofondo al suo tono
profondo e
vibrante.
“Jazz,
che cosa è successo? Cos’ha Alice?”,
gridai, ormai nel panico.
Bella,
di fianco a me, sobbalzò, irrigidendosi.
“Edward,
Anthony ha avuto un infarto. È stato ricoverato urgentemente
all’ospedale. Ti
prego, devi venire”, snocciolò Jasper, alzando il
tono per coprire il pianto
disperato di mia cugina.
Il
mio cuore parve fermarsi per un istante. Non riuscivo ancora
metabolizzare
quella semplice frase.
Papà…
ospedale… infarto.
Oddio.
No.
“Va
bene. Arrivo subito”. Chiusi la comunicazione, balzando in
piedi e afferrando
il cappotto.
“Che
è successo?”, chiese Bella, ansiosa.
Sentivo
le lacrime agli occhi, la gola mi bruciava terribilmente.
Papà stava male per
un altro attacco. E avevo paura. “Papà ha avuto un
infarto ed è stato
ricoverato”, gracchiai, voltando il viso per non mostrare le
mie lacrime.
Bella
trattenne il respiro, portandosi le mani alla bocca.
“Oddio…”
“Ti
prego, vieni con me”, la pregai, supplichevole.
Avevo
bisogno di lei più che mai. Avevo bisogno della donna che amavo.
Bella
annuì, decisa, per poi afferrarmi la mano e trascinarmi nel
corridoio.
________________________________________________________________________________
Già, poverini.
Nemmeno il
tempo di riprendersi dalla notizia di Bella incinta, che Anthony si
è sentito
male. Ma non temete, sarà proprio questo fatto che
smorzerà definitivamente
le cose tra i due.
Siamo quasi alla resa dei
conti. Starete dicendo: “Di già?”.
Ebbene si. Non so quanti capitoli mancano,
perché avevo architettato altro. Probabilmente ci saranno
anche degli extra.
Però, chi lo sa. Appena avrò un quadro preciso,
vi farò sapere. Di certo, farò
godere appieno ai piccioncini i loro attimi d’amore, non
preoccupatevi.
Innanzitutto, volevo
dirvi ancora GRAZIE. Sono stata cattiva l’altra volta, lo
ammetto, vi ho
praticamente forzato. Eppure non sappiate quanto mi rendano felici i
vostri
commenti, sempre positivi e lunghi un chilometro! Perciò,
GRAZIE MILLE alle 27 persone che hanno
commentato. GRAZIE PERIODICO!
Al
prossimo capitolo, il
fatidico capitolo… avete capito, eh?
|
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Capitolo 13 *** Capitolo 12 ***
Capitolo
12
Bella
L’ospedale
era affollatissimo. Bambini che piangevano, madri disperate e uomini
urlanti
riempivano l’intera sala di attesa, sebbene
l’orario non fosse dei più lieti.
Non
appena avvertii la stretta di Edward contrarsi, seguii il suo sguardo.
Mi si
mozzò il respiro.
Alice
piangeva disperata tra le braccia di Jasper, cullata dalle sue carezze
e dai
suoi costanti sibili. Lui le lisciava dolcemente la guancia e la
schiena, in un
vano tentativo di rassicurarla. Sembrava quasi improbabile che ci
riuscisse, tanto
era visibile il suo turbamento.
Al
loro fianco, una donna molto somigliante ad Alice si puntellava gli
occhi
nocciola per trattenere le lacrime, i capelli color caramello
lievemente
scompigliati. Al suo fianco, riconobbi Carlisle, in ginocchio di fronte
a lei.
Avvertii
il mio cuore stringersi a quella scena di dolore famigliare,
così intima da
farmi sentire di troppo. Poi la percepii: una goccia calda e salata sul
mio
palmo. Alzai lo sguardo e ciò che vidi mi turbò
non poco. Edward piangeva
silenziosamente, incapace di contenere il suo dolore.
Suo
padre rischiava di lasciarlo. Proprio come sua madre.
Dio,
certe volte il mondo era proprio ingiusto.
“Edward,
calmati”, sussurrai. Gli lasciai la mano, per poi portarla
sul suo viso d’angelo.
Sibilai, tentando inutilmente di placarlo, di terminare quei penosi
singhiozzi.
“Edward, andrà tutto bene, ne sono
certa…”
“Cosa
farò senza papà, Bella? Cosa?”,
bisbigliò, la voce rotta dalle lacrime.
Sentii
i miei occhi bruciare intensamente, le mie labbra tremare
convulsamente. Lui
non doveva addolorarsi. Non lo avrei permesso.
“Edward,
devi essere forte”, sussurrai, lisciandogli quegli zigomi
così freddi e
delicati.
Edward
chiuse gli occhi, vagamente rassicurato dal mio tocco.
“Bella…”, sospirò.
“Io
ci sarò sempre, Edward. Io sarò sempre qui per
te”, mormorai, convinta. Più
decisa che mai.
Si
rilassò appena, il respiro lento e regolare. “Solo
per me?”
Sorrisi,
alzandomi in punta di piedi per dargli un bacio sulla guancia. Gli
passai una
mano tra i capelli di bronzo, tirandogli leggermente i pochi nodi.
“Certo che
si, Edward. Solo per te”
“Edward!”,
esclamò Carlisle alle mie spalle.
Mi
voltai, scostandomi appena da suo nipote. Carlisle era letteralmente
stravolto,
i capelli biondi scarmigliati e il camice bianco quasi di traverso.
“Zio,
dimmi che papà sta bene”, insorse Edward, gli
occhi di smeraldo ancora rossi
per il pianto.
Carlisle
fece una smorfia, evidentemente riluttante. “Stiamo facendo
tutto il possibile,
Edward. Ma la guarigione è una possibilità
più che certa: grazie a Dio, è stata
una crisi modesta”
Edward
sorrise, illuminandosi di luce propria. “Dio,
grazie…”
Carlisle
ricambiò il sorrise, per poi rivolgersi gentilmente a me.
“Buonasera, Bella. Il
bambino sta bene?”
“In
forma, grazie”, risposi, portandomi le mani al ventre.
Piccolo, magari tu riesci
ad aiutare il papà di Edward…
“Edward,
perché non andate con gli altri? Io torno a vedere come sta
mio fratello”,
propose Carlisle, dandogli una pacca affettuosa.
Edward
annuì, rincuorato. “Certo”. Mi sorrise,
più tranquillo di prima. “Vieni”,
sussurrò, porgendomi una mano, che accettai più
che volentieri.
“Ragazzi,
papà sta meglio. La crisi è stata
modesta!”, esclamò Edward, raggiante. Si
sedette accanto alla bella donna con i capelli di caramello, che gli
accarezzò
dolcemente i capelli.
“Oh,
Edward, sono così felice che non sia nulla di grave! Spero
solo che si riprenda
in fretta”, sospirò. La sua voce mi
colpì più di tutto. Era dolce, sensibile e
materna. Nemmeno mia madre aveva un tono così morbido e
ipnotizzante.
“Zia
Esme, lei è Bella”, presentò Edward,
indicandomi con un enorme sorriso.
Esme
mi sorrise calorosamente, tendendo la sua mano piccola e delicata.
“Piacere,
cara. congratulazioni per la gravidanza”, augurò,
gli occhi fissi sul mio
pancino di quattro mesi ormai più che evidente.
Ridacchiai,
afferrandogliela dolcemente. Era così fragile che temevo di
spezzargliela.
“Grazie mille, Esme”
“Bella,
ci sei anche tu”, sussurrò Alice, il viso
stravolto.
“Oh,
Alice…”, sospirai, sporgendomi per accarezzarle
una guancia.
Puntò
lo sguardo sul suo fazzoletto, imbarazzata. “Scusami,
è solo che mi sono molto
preoccupata… ma grazie al cielo, hanno diagnosticato che non
è niente di
grave”, spiegò, gli occhi nocciola sfavillanti.
Jasper
ridacchiò, baciandole i capelli corvini.
Osservai
l’espressione sconvolta della sua morosa e non potei non
rabbrividire al
pensiero che la piccola Alice avesse sofferto così tanto
anche al mio quasi
aborto.
Edward,
pensando che avessi avuto un brivido di freddo, mi strinse al suo petto
caldo e
sicuro. Reclinai la mia testa, appoggiandola delicatamente alla sua
spalla.
Tutti,
ormai più calmi e rilassati, attesero con pazienza la
presenza del famoso
Anthony Cullen.
“Grazie,
Bella”, mormorò Edward nel mio orecchio.
Una
lunga scarica elettrica mi attraversò da capo a piedi.
“Figurati, Edward. È
stato un piacere”, ribattei, voltandomi per dargli un
prolungato bacio sulla
guancia.
Mi
parve di avvertire lo sguardo malizioso di Alice, ma feci finta di
niente.
“Alice,
vado a fumare”, dichiarò Jasper, scrollandosi di
dosso il folletto.
“Jazz,
ma che palle!”, sbottò Alice, scoccandogli
un’occhiata assassina. “L’infarto di
mio zio non è stato un episodio pratico e
dimostrante?”
“Alice!
Suvvia, lascialo in pace”, tagliò corto Esme,
alzando gli occhi al soffitto.
“Grazie,
mia cara suocera”, scherzò Jasper, facendole un
finto baciamano.
Esme
ridacchiò, divertita dalla scenetta.
Alice
digrignò i denti, seriamente irritata. “Se proprio
devi fumare, portati anche
Bella. Almeno di lei mi fido. Non vorrei che ti accaparrassi qualche
infermiera!”
Jasper
sorrise maliziosamente, afferrando la mano di Alice e strattonandola
verso di
sé. Alice finì inevitabilmente nel suo petto,
semiconfusa dalla sua irruenza.
Approfittando
di un momento di distrazione di Esme, le si avvicinò
all’orecchio, per poi
sussurrarle: “Ne ho già una di infermiera sexy.
Basta e avanza”
Edward tossicchiò, divertito, mentre io arrossii per loro.
Sperai che Esme, se
fosse stata in ascolto, non avesse colto il doppio senso.
Alice
avvampò, indignata. “Oh…”
“Ehm,
ragazzi. Non mi pare proprio il caso”, li avvertì
Edward, semiserio.
Alice
trillò un’allegra risata, simile a tanti
scampanellii.
Proprio
nel momento in cui mi alzai, lei si tuffò tra le braccia di
Edward, accoccolandosi
al suo torace. “Io rimango con il mio cuginetto…
Via, andate!”, sbottò,
agitando la mano per scacciarci.
Jasper rise, per poi farmi un cenno del capo. “Agli ordini.
Vieni, Bella”
Ancora
sconcertata, lo seguii per il lungo corridoio bianco che avevo
attraversato
quasi un mese fa. Ricordare faceva male a me e al mio piccolo
frugoletto,
perciò decisi di non pensarci.
Fuori
dall’ospedale, c’era un piccolo giardinetto,
riservato ai fumatori.
Jasper
cavò di tasca il pacchetto, per poi estrarre una sigaretta
sottile. “Bella,
forse è il caso che ti allontani. Il fumo passivo non fa poi
così bene al
bambino”, mi avvertì, gentile.
Annuii,
facendo un paio di passi indietro.
Jasper
si accese la sigaretta, portandosela alla bocca e aspirandone il fumo.
I suoi
capelli di miele erano risaltati in modo quasi innaturale dalla luna
piena che
si stagliava nel cielo, facendoli sembrare argentei. Dopo
un’altra boccata,
decisi di parlare.
“Speriamo
che Anthony si riprenda”, sospirai, incerta. Non lo
conoscevo, ma era pur
sempre il padre di Edward.
“Lo
spero anche io. Mi sono molto affezionato a lui”,
rifletté, gli occhi celesti
persi nel vuoto.
“Alice
mi ha raccontato la vostra storia nei minimi particolari”,
insorsi, tanto per
distrarlo da quei brutti pensieri.
Ridacchiò,
mordendosi il labbro inferiore. “Davvero? Proprio
tutto?”
Arrossii,
intuendo l’allusione. “No… beh, quella
parte no. Ha detto solo che la vostra
prima volta è stata difficile a causa
sua…”
Sorrise
dolcemente al ricordo. “Beh, mi ero spaventato. Quando mi
aveva raccontato le
sue vicende con quel Matthew, tremava così tanto che ho
temuto l’avesse
violentata”. Strinse le labbra sottili, gli occhi animati da
una grande forza
interiore. “Scusa, Bella, è che mi fa ancora
mandare in bestia”, si scusò,
grattandosi vergognoso la nuca.
Scossi
la testa, avvolgendomi il petto con le braccia. Il freddo di gennaio
non era
stato poi così benevolo quella sera. “Non ti
preoccupare. Capisco. Alice mi ha
raccontato anche questo”
Jasper
sospirò, la sua attenzione interamente concentrata su un
sassolino. “Ho avuto
molte ragazze in passato, Bella. Non proprio delle relazioni fisse,
visto che ero
troppo scapestrato per pensare a quelle sciocchezze, o, almeno,
così pensavo
che fossero. Probabilmente l’unica ragazza a cui ho voluto
veramente bene è
stata la prima, a quattordici anni. Credo si chiamasse Jennifer, ed era
di
Houston.
A
diciannove anni, lasciai mia madre e partii per New York, deciso a
frequentare
la facoltà di giurisprudenza. Ero un ragazzo un
po’ fuori di testa, ma mi
piaceva studiare. Ero convinto che, facendo l’avvocato, avrei
aiutato una
persona quanto un medico o uno psicologo.
Non
notai subito Alice, se non due anni dopo. La storia la sai.
All’inizio, non mi
colpì affatto. Era bella, senza dubbio, ma quel dannato
caratteraccio non la
rendeva per niente desiderabile. Non appena ci vedevamo, litigavamo
senza
sosta, tanto che i nostri amici dovevano spesso separarci. Discutevamo
per cose
assolutamente stupide e, nonostante l’università
fosse gigantesca, la
incontravo ogni due per tre.
Non
so che cosa mi fece cambiare idea. Forse cominciai a innamorarmi di lei
due
mesi dopo la nostra conoscenza. Una nostra amica in comune, Lena, ci
obbligò a uscire
tutti insieme nella compagnia. Fu allora che credo di aver compreso che
provassi attrazione per Alice Cullen. Fu dura farmela passare. Provai
di tutto,
ma niente riusciva a togliermi dalla testa quella bellezza. Non lo
dissi a
nessuno: ero troppo orgoglioso per mostrare che Jasper Whitlock si
stava rammollendo
per una ragazza che fino a qualche settimana fa detestava
tremendamente.
Ma
io morivo per lei. Ora so con certezza che non si era accorta di
niente. Anita
mi confermava spesso che anche lei provava qualcosa per me, sebbene non
lo
desse a vedere. Anzi, probabilmente non lo aveva capito nemmeno lei.
I
miei amici, quando glielo confessai, non capivano perché mi
intestardissi con Alice.
Potevo avere tutte le ragazze che volevo, non pensavano che bastasse
una così
testarda –che oltretutto non me l’avrebbe data- a
farmi impazzire”
Tossicchiai,
imbarazzata, eppure così intenerita dal tormento in cui
Jasper era passato per
Alice.
Jasper
continuò, perso nei ricordi. “Ma io non ce la
facevo più. Di notte la sognavo e
ogni volta che la vedevo facevo il gradasso, ma non era più
come prima. Lei
rispondeva a tono, ma ormai la sua dolcezza naturale era più
che visibile. Così,
un giorno, grazie alla complicità di Anita, riuscii a
dichiararmi. E poi…”. Si
interruppe, ridacchiando.
“È
proprio una bella storia, Jazz”, sospirai.
Jasper
rise, buttando a terra la sigaretta ormai consunta e calpestandola.
“Ti avrò
sicuramente annoiata. Scusami”
“Niente
affatto, anzi. È stato molto interessante”.
Strinsi le labbra, improvvisamente
colta da un brivido lungo la schiena. “La ami tanto,
eh?”
Annuì,
assolutamente convinto. “Oh, si…”
Sostenni
intensamente il suo sguardo raggiante. Era vero. Non c’era
alcun dubbio in ciò
che affermava. “James non mi guardava mai come tu guardi
Alice. Non progettava
mai di sposarci o di avere dei bambini. Mai”. Puntai gli
occhi lucidi a terra,
le braccia più strette che mai.
Udii
lo scricchiolio delle sue scarpe da ginnastica sulla ghiaia, per poi
sentire la
sua mano sulla mia spalla. Alzai lo sguardo, incerta.
“Il
tuo ex? Quello che ti ha… messo incinta?”,
sussurrò Jasper, delicato.
Sapevo
che Jasper non voleva ferirmi. Eppure, bastò quella frase
per scatenare una piccola
lacrima lungo la mia guancia. “Si”
Jasper
sospirò. “Che figlio di puttana”.
Passò il suo dito lungo il mio zigomo,
liberandolo dal residuo salato. “Bella, lui non merita le tue
lacrime. Non devi
piangere, perché tu non sei sola”
Tirai
su con il naso, gli occhi chiusi dalla gioia. Questo era vero: io non
ero più
sola. C’erano lui, Alice, Edward…
“Hai
ragione”
Le
mie mani saettarono sul mio ventre, carezzandolo dolcemente.
Non siamo soli, piccolo
mio.
Jasper
mi diede una leggera pacca sulla spalla, sospingendomi delicatamente
verso
l’ingresso. “Dai, Entriamo”
Edward
Alice
ridacchiò spensierata, facendosi spazio con le sue piccole
natiche sulle mie
gambe. “Approfittiamo del sacrosanto momento che mia mamma,
il mio fidanzato e
la tua Bella sono andati fuori dalle palle”,
esordì Alice, stringendo la presa
al mio collo.
Sbuffai,
irritato. “Fine come sempre, vedo”
“Non
mi interrompere!”, ordinò, severa. Le sue morbide
labbra piene si piegarono in
un sorriso malizioso. “Ho notato molti progressi fra te e
Bella…”
Sbuffai,
irritato dalla sua invadenza. “Alice, ne abbiamo
già parlato”
“Edward,
non sono una cogliona! Bella ti piace, e anche tanto! Ti prego,
dimentica
quella puttana di Tanya e inizia una nuova vita!”,
ringhiò, improvvisamente
animata.
“Alice,
Bella è incinta di un altro uomo! Potrei turbarla, farle del
male e…”
“Non
è vero, Edward, non è questo! Tu hai
paura”, mi accusò, puntandomi il dito
contro.
“No…”.
Cazzo, beccato.
Alice
annuì, convinta. “Non prendermi per il culo, Ed.
Ti conosco fin troppo bene e
so benissimo che è così”
Passarono
due secondi. Cedetti, sotto gli indagatori occhi nocciola di mia
cugina. “Hai
ragione”
Alice
sospirò, carezzandomi dolcemente il collo. “Bella
non ti farà del male. E so
benissimo che tu non ne faresti mai a lei. E, conoscendoti, so che se
tu fossi
veramente innamorato di lei –e lo sei già, a
puntino-, accetteresti anche il
figlio che porta in grembo”, sussurrò, delicata.
Lei
sapeva tutto, mi conosceva fin troppo bene. E aveva ragione. Fosse
stato per
me, quello poteva essere il mio bambino. Il frutto del nostro amore.
“Si,
questo è vero”, mormorai, appoggiando il mento
sulla sua spalla.
Alice
ridacchiò, dandomi una lieve pacca sulla testa.
“L’infarto dello zio non è
stato nullo, alla fine”
“Non
è divertente”, ribattei, pungente.
“Hai
ragione, scusa. Quindi, ti ho aiutato?”, chiese, insistente.
Mi
accigliai, perplesso. “Per cosa?”
Alice
levò molto eloquentemente le sopracciglia delicate.
Sospirai,
esasperato. “Alice, io lo avevo già capito. Io so
di amare Bella”
Alice
spalancò gli occhi, evidentemente sorpresa. “Ah! E
che cazzo, allora buttati! E
non avere paura”
Sorrisi,
improvvisamente più coraggioso. “Ci
proverò”
“Ehilà,
gente”, esordì un vocione riconoscibile fra mille,
attirando occhiatacce di
protesta da tutte le persone presenti nella sala d’attesa.
“Ti
prego, dimmi che non è lui”,
ringhiò
Alice, lanciando un’occhiata omicida all’uomo
mastodontico dal sorriso
fanciullesco.
Improvvisamente,
sbucò Esme, che corse verso Emmett a braccia aperte. Esme
sorrise, abbracciando
quel bambinone troppo cresciuto. “Tesoro, come
stai?”
“Mamma,
non dargli spago!”, sbottò Alice, venendo ignorata
bellamente dalla zia. Guardò
l’orologio, per poi scattare in piedi indignata.
Mentre
Esme ed Emmett si scambiavano convenevoli affettuosi, Alice, dal canto
suo, si
avvicinò al fratello come un maresciallo furioso.
“Porca puttana, Emmett! Nostro
zio sta per morire, e tu arrivi solo adesso?”,
ruggì, piantando le mani nei
fianchi.
Emmett
indietreggiò appena, riparandosi scherzosamente dietro sua
madre. “Ehi, calma,
tigre! Dal Tennessee è un po’ difficile trovare un
aereo in fretta e furia”
“Non
ci sono scusanti! E che cazzo!”, sbraitò, alzando
le braccia al cielo.
“Alice,
ma che linguaggio è?”, la rimproverò
Esme, puntandole l’indice ammonitore.
“Ma
dov’è il piccolo… Eddie!”,
gridò Emmett, affibbiandomi immediatamente quello
stupido soprannome.
“Incominciamo
male, grizzly!”, mugugnai, fintamente offeso.
Emmett
mi avvolse in un forte abbraccio degno di un sollevatore di pesi. “Il mio
cuginetto Eddie! Come stai?”
Mi
strinsi nelle spalle. “Si potrebbe meglio, in
effetti”
“Alice,
dov’è il mio caro cognatino? Non dirmi che sei
venuta senza di lui, siete
praticamente culo e camicia!”, scherzò Emmett.
“Emmett!”,
protestò Esme, indignata.
“Certo
che è qui, razza di idiota!”, sbottò
Alice, ancora irritata per il ritardo di
Emmett.
“E
allora dov’è? Ah… lo hai lasciato in
bagno, eh? Briccona!”, disse, per poi dare
un buffetto sulla guancia ad Alice, che abbassò le armi per
abbracciare suo
fratello.
Esme
sbarrò gli occhi, scandalizzata per l’accenno
fortemente erotico di mio cugino.
Proprio
come in un testo teatrale, giunse Rosalie Hale, la fidanzata storica di
Emmett,
seguita a ruota da Bella e Jasper.
Rosalie
era sempre stata una bellezza surreale, la tipica dona alta, slanciata
e
bionda. I suoi occhi blu erano la causa di molti innamoramenti tra gli
uomini e
causa di ulteriore gelosia in mio cugino. D’altronde, non
capivo che cosa
aspettasse a sposarsela.
“Jasper!
Non puoi tradire mia sorella così
spudoratamente!”, insorse Emmet, portandosi
le mani tra i capelli.
“Razza
di scimmione idiota, controllati! Cavolo, hai quasi
trent’anni anni, datti una
calmata!”, mugugnò Rosalie, avanzando con flemma
da modella.
Jasper,
dietro di lei, sghignazzò. “Ti sta bene, King
Kong”
Bella
arrossì, imbarazzata da così tanto circo.
Dio,
Emmett sapeva essere decisamente ridicolo, a volte.
La
raggiunsi, per poi cingerle i fianchi con un baraccio.
“Emmett, lei è Bella.
Bella, mio cugino Emmett”
Bella
afferrò la mano di Emmett, rossa per il sorriso accattivante
che Emmett le
rivolse. “Eddie, non mi hai detto di avere una
ragazza!”
“Infatti
non è la mia ragazza”, ribattei, tranquillo.
“Si,
come no”
“Taci,
Emm! Sei irritante!”, lo sgridò Rose, per poi
salutare tutti i componenti della
famiglia.
“Lo
zio sta bene, vero?”, chiese Emmett, improvvisamente serio e
preoccupato.
Annuii,
per poi allacciare silenziosamente la mia mano a quella di Bella.
Ciò non
sfuggì ad Alice, che mi sorrise complice.
“Carlisle ha detto che ha avuto una
crisi modesta. Dovrebbe essere fuori pericolo, ma è meglio
sorvegliare”
“Cavolo”,
commentò Emmett, facendo una smorfia.
“Ehi”.
Carlisle fece capolino dalla porta bianca, per poi sorriderci
raggianti. “Ce
l’abbiamo fatta! Anthony è fuori
pericolo!”
Il
sollievo ci colse all’improvviso, manifestandosi tra i
sospiri di sollievo e
gli urli di emozione.
Bella
lanciò un gridolino, afferrando le mie spalle.
Grazie, Dio. Grazie.
Abbracciai
Bella in lacrime, perso nel suo profumo e nel suo amore per lei.
________________________________________________________________________________
Ciao a tutti! Non mi
perdo in chiacchiere, ma mi prodigo in mille scuse per il mio clamoroso
ritardo. È già la seconda volta che accade, lo
so, ma la scuola non mi lascia
respirare e non ho mai il tempo di postare.
Vi dico solamente che
finalmente nel prossimo capitolo accadranno fatti puramente felici per
i due,
finalmente.
Non assicurò
l’incolumità
di nessuno per l’avvenire, però. Non
preoccupatevi, nessuno avrà infarti o roba
del genere, beh, però ci sarà una piccola e
leggerissima “complicazione”… credo
che molti di voi abbiano intuito chi riguarda e che cosa (mannaggia,
addio
effetto sorpresa ;))… non dico nient’altro, se non
che cercherò di postare il
più presto possibile il fatidico capitolo!
Inoltre, GRAZIE alle 21
gioie che hanno recensito lo scorso capitolo! Se vi fareste risentire
in così
tanti, potrei velocizzare a postare… va bene, la smetto con
le perfidie! XD
Un bacione a tutti,
cari,
e alla prossima!
|
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Capitolo 14 *** Capitolo 13 ***
Capitolo 13
Bella
Cominciavo
a sospettare che Alice fosse più un uragano in miniatura che
una normale donna
di ventisei anni. Da quando Anthony Cullen era uscito dalla sala di
ospedale
più in forma di prima, non faceva che sgambettare per la sua
casa –in cui non
capivo nemmeno come ci fossi finita- per improvvisare una piccola
festicciola.
Tutti
ci astenemmo dal cercare di fermarla o di darle un consiglio, Jasper
primo fra
tutti, poiché non faceva che balzare addosso alla vittima
con gli occhi da
cerbiatta furenti.
Jasper
le aveva appena ammonito di tranquillizzarsi che la piccoletta gli era
saltata
addosso, sbraitando che lo zio stava bene, che quindi era lecito
festeggiare e
che non gliene importava niente se il giorno dopo saremmo collassati
tutti di sonno.
Possibilità tutt’altro che remota, tra
l’altro.
Anthony
era una persona gentilissima. Non appena mi vide accanto ad Edward,
sorrise.
Notai immediatamente la somiglianza sorprendente con il figlio,
sembrava Edward
più vecchio di vent’anni.
“Quindi
tu sei la famosa Bella? Edward ed Alice mi hanno parlato molto di
te”, disse,
cordiale. I suoi scuri si soffermarono appena sulla pancia, per poi
tornare nei
miei.
Arrossii,
imbarazzata. Non pensavo di essere oggetto di così tante
conversazioni nella
famiglia Cullen. “Si, esatto”, mormorai.
“Bella
di nome e di fatto”, scherzò, scoppiando a ridere.
Edward
scosse la testa, fintamente esasperato. Il fatto che suo padre stesse
bene
bastava per sorvolare su qualsiasi cosa. Perfino sulla pazzia di sua
cugina.
Dopo
circa mezz’ora –incredibile, ma vero-, brindammo
tutti all’unisono di una buona
guarigione per Anthony.
“Sono
commosso, davvero”, sussurrò Anthony, sorridendo a
tutti.
“Nah,
te lo meriti, zietto. Ho temuto il peggio, sai?”,
ribadì il cugino armadio di
Edward, Emmett, facendo gli occhi dolci.
“Ma
se sono sano come un pesce!”, esclamò Anthony, per
poi trangugiare il suo
bicchiere di champagne.
Alice
rise, alzandosi in piedi e sollevando il calice semipieno.
“Tanto è ufficiale:
visto che è ereditario, io morirò di infarto,
mentre Jazz… beh, tu morirai di
tumore ai polmoni”, sentenziò Alice, rivolta al
fidanzato.
Jasper,
che stava tranquillamente fumando l’ennesima sigaretta, le
scoccò un’occhiataccia.
“Da come lo dici, credo proprio che non riusciremo a
sposarci, visto che morirò
prima dei trent’anni!”
“Santo
Dio, no! Sposatela!”, sbottò Emmett, gli occhi
sbarrati, addirittura facendo
cascare dello champagne sulla tovaglia.
“Ragazzi,
ma che argomenti sono?”, protestò Esme, scioccata.
Dal
canto loro, Anthony e Carlisle risero di gusto, Rosalie
sollevò le sopracciglia
dorate ed Edward commentò: “Idioti”
La
serata passò tra scherzi e risate, l’intera
famiglia sollevata di riavere il
caro Anthony. Verso mezzanotte, andammo tutti a coricarci, soprattutto
Emmett e
Rosalie, che dovevano già prendere l’aereo diretto
in Tennessee.
Esme
ci chiuse dietro la porta, decisa a rimanere con Carlisle ed Anthony
per
assicurarsi che stesse bene. Ignorando il bacio passionale tra Alice e
Jasper
nel corridoio, io ed Edward ci dirigemmo mano nella mano verso la Volvo
argentata.
In
meno di cinque minuti, giungemmo tranquillamente davanti al nostro
palazzo. Il
tempo era completamente volato. E io non volevo stare sola.
Ci
ritrovammo nel freddo e buio corridoio, costretti a separarci
controvoglia.
Edward
tossicchiò rumorosamente, le mani che si rigiravano
nervosamente le chiavi di
casa. “Bella… forse è un po’
troppo azzardato chiedertelo… ma…
vorresti…”. Si
interruppe, mordicchiandosi il labbro inferiore.
“Si?”,
lo esortai, curiosa.
“Vorresti…
vorresti dormire con me?”, propose di getto. Mi parve che
fosse arrossito, ma
non ne ero sicura.
Non
volevo lasciarlo. Non ora, che finalmente avevo capito ciò
che provavo per lui.
Amore. Puro, profondo e incondizionato. Credevo che, dopo James, avrei
nutrito
amore solo per il mio bambino. Ma da quando Edward era entrato nella
mia vita e
si era preso cura di noi due, non avevo potuto non amare
quell’uomo così forte
e fragile, così bello e fiero. Edward era tutto per me.
“Certo”,
sussurrai.
Edward
sorrise come non mai. Mi abbracciò di slancio, le labbra che
scoccarono più e
più volte sui miei capelli.
Ma
qualcosa cambiò.
Alzai
il viso, desiderosa di vedere il suo magnifico volto al chiarore
lunare. L’atmosfera
era quasi angelica, surreale.
Edward,
lentamente, accostò il suo viso al mio e io mi abbandonai al
calore della sua
bocca. Le sue labbra si posarono sulle mie in un lungo e focoso bacio,
per poi
muoversi insieme ad esse. Si succhiarono, si assaggiarono, si
esplorarono,
portando con sé il vento dell’amore. Flettei la
testa, accogliendo la sua lingua
che premeva da troppo tempo sulla mia bocca. Le mie braccia si legarono
spasmodicamente al suo collo, attirando il suo corpo marmoreo al mio.
Senza
interrompere quel bacio. Dolce, lento, passionale.
Quando
ci staccammo, il nostro schiocco echeggiò debolmente per
tutto il
corridoio.
“Grazie,
Bella. Grazie”, sussurrò Edward, appoggiando la
sua fronte sulla mia.
Ridacchiai,
lieta del suo sorriso. “Di cosa?”
“Di
esistere”
Edward
Bella
era la creatura più paradisiaca che fosse mai esistita.
Più bella delle stelle
del firmamento. Meravigliosa quanto il romantico paesaggio del
crepuscolo.
Sospirai,
stringendo tra le mie braccia il suo morbido corpo nudo.
Stentavo
a credere di averla baciata. Stentavo a credere di avere fatto
l’amore con lei.
Il
suo fisico era la perfezione assoluta. Il ventre gonfio e morbido
spiccava in
quella forma dai fianchi stretti e generosi e dalla pelle
d’alabastro. Mi
chinai a baciarlo, lasciandovi una dolce scia di baci. La pancia che
cresceva
amorosamente una creatura piccola e indifesa. Il figlio di Bella.
Bastava per
identificarlo.
Bella
sospirò, intrecciando le sue dita tra i miei capelli.
“Edward…”
Mi
puntellai sui gomiti, stando attento a non pesarle troppo. Temevo
più che mai
di farle male ed era l’ultima cosa che avrei voluto fare. Le
baciai le spalle
nude, affondando nuovamente il viso in quei seni prosperosi e morbidi. “Sei mia,
Bella… mia…”
“Si,
Edward… si”
Le
sue lunghe mani affusolate scivolarono sulla mia schiena, le labbra che
si
muovevano sulle mie senza sosta. Non mi sarei mai stancato di
contemplarla, di
baciarla, di assaggiare il suo nettare divino… mai, mai e
poi mai.
Bella
adagiò placida il capo sul mio petto, gli occhi chiusi. Dopo
un ultimo bacio
all’angolo della bocca, guardai l’orologio.
L’una e venti. “Bella, forse è il
caso di dormire”, proposi, conciliante.
Bella
ridacchiò, riempiendomi il volto di baci. Piegai la testa
all’indietro,
beato. “Sai,
mi sento come una ragazzina
alla sua prima cotta”, confessò. Avvertii le sue
guance riscaldarsi contro il
mio torace.
Ghignai.
“A chi lo dici…”
Bella
si alzò appena, gli occhi di cioccolata fissi nei miei.
“Edward, io… non ti ho
ancora detto una cosa”
Dio,
quanto era bella. Magnifica, dolce e unica. Mia.
“Che
cosa?”, chiesi, accigliato.
Bella
strinse le morbide labbra piene, leggermente indecisa. “Te
l’ho detta oggi, ma
non l’ho formulata correttamente”
“Dimmi”
“Ti
amo”, sussurrò Bella, la voce delicata decisa.
Chiusi
gli occhi, assaporando quelle due parole che la vita mi aveva negato
dalla
persona che credevo di avere amato.
Ti amo. Le
parole più vere per esprimere il
sentimento più forte e contrastante.
Catturai
le sue labbra con le mie, frenetico, coinvolgendola in un dolce bacio.
Solo per
lei, solo per esprimerle mutamente quell’emozione che mi
dominava da quella che
sembrava una vita ormai. Io, il venticinquenne Edward che non credeva
più
nell’amore, innamorato. Forse per la prima volta in vita sua.
“Anche io, Bella.
Io ti amo. Ti amo, ti amo, ti amo…”
“Grazie,
Edward”, mormorò Bella, passandomi una mano tra i
capelli.
“Non
vedo nessun motivo per ringraziarmi”
Le
sue dita delinearono appieno il mio corpo, provocandomi fremiti
inimmaginabili.
“Grazie di avermi permesso di starti accanto nonostante le
mie bugie, di
esserti fidata di me… di farmi sentire donna,
di volermi bene, di amarmi…”
Per
così poco? Che sciocchina. “Oh, Bella… ora
so con certezza che tutto ciò è stato un disegno
divino”
“Dici?”,
sussurrò, curiosa.
Annuii,
seriamente convinto. “Si. E, Bella, c’è
un’altra cosa che vorrei dirti…”
“Che
cosa?”
La
mia mano scattò sul suo ventre. Grande, duro e caldo. Chiusi
gli occhi e
sorrisi, per poi abbassarmi a schioccargli un bacio prolungato.
“È come se
fosse mio figlio”
I
suoi occhi di cioccolata si allargarono a dismisura, increduli.
“Edward, non
puoi dire sul serio…”, sussurrò, la
voce tremante.
Annuii,
roteando appena gli occhi. “E invece si. Non sono mai stato
così sicuro in vita
mia”
Il
suo piccolo bocciolo di rosa si schiuse, aumentando la tentazione di
baciarlo e
farlo mio ancora una volta. “Tu… davvero
vorresti…?”
“Riconoscerlo?
Certo che si, Bella”, affermai, convinto.
Il petto della mia amata singhiozzò appena, gli occhi
traboccanti di lacrime
commosse. Il labbro inferiore tremava senza sosta e la presa delle sue
mani si
strinse. Mi baciò, modellando la sua bocca delicata e
morbida con la mia,
tentando di rifondere i nostri esseri. Mi lasciai trasportare da quel
bacio
passionale e riconoscente, la lingua frenetica e impaziente di
assaggiare la
sua essenza ormai nota.
Bella,
Bella, Bella… il mio cervello non pretendeva altro. Era il
mio ossigeno, il mio
cibo, la mia acqua, la ninfa vitale. Semplicemente Bella.
“Edward… oh, Edward…
ti amo, ti amo… ti amo…”
“Anche
io, Bella… anche io…”
Parlavo
in un monologo senza fine, mentre ogni singola cellula gridava la
verità più
ovvia e pura del mondo.
Ti amo, Bella. Ti amo
più
della mia stessa vita.
_______________________________________________________________________________
Yeah! Esulto con voi,
perché
finalmente, dopo tredici capitoli, i due si sono finalmente confessati!
Visto che vado di fretta,
preciso solo una cosa. Non ho voluto mettere scene osé per
due motivi: il
rating è arancione e poi ho voluto esaltare in ogni maniera
più la dolcezza che
il desiderio.
Troppo diabetico? Forse.
Che
ci posso fare? Adoro le storie romantiche ^^
GRAZIE MILLE alle 21
recensioni! Grazie, grazie, grazie periodico! Scusate se dico sempre
così, ma
non riesco a esprimere meglio la mia felicità e la mia
gratitudine!
Spero che vi facciate
sentire ancora in tanti, perché le avventure per i due non
sono finite.
Nel prossimo capitolo,
vedremo una Bella molto preoccupata per le stranezze di
Alice… Avete già capito
di che cosa si tratta? Non credo sia difficile (pecco di fantasia mi sa
-.-‘).
Posterò il
più fretta
possibile, questa volta, lo giuro!
Un
bacione a tutti, e
alla prossima!
|
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Capitolo 15 *** Capitolo 14 ***
Capitolo 14
Bella
Le
note di “Every Time We Touch” dei Cascada
risuonarono appena dallo stereo di
Alice, facendomi sospirare briosa. Sprofondai ancora di più
nel divano,
accoccolandomi vicino a Jasper, che leggeva indisturbato il giornale.
Alice
fece capolino dalla cucina, il grembiule un po’ troppo grande
per la sua taglia.
Praticamente si riempiva solo
grazie al seno. Storsi la bocca, non potendo fare a meno di invidiarla.
Alice
sollevò le sopracciglia delicate, scettica.
“Bella, va bene che stai insieme a
mio cugino, naturalmente bello e tutto…”
“Ehi!”,
esclamò Jasper, distogliendo gli occhi dalla pagina per
lanciare
un’occhiataccia alla fidanzata.
Alice
sospirò, roteando i deliziosi occhi nocciola.
“Dopo te, Jazz… ovvio”,
borbottò,
tranquillizzando apparentemente Jasper. “Ma non puoi
sospirare ogni volta come
un’adolescente innamorata!”
“Ma
io sono innamorata!”, protestai, accigliata.
Okay,
forse ero leggermente ridicola, ma
era tutto troppo perfetto per non
essere vero. Non credevo si potesse essere più felici di
così. Avevo Alice e
Jasper, due amici assurdamente perfetti, Anthony, Esme e Carlisle, dei
nuovi
genitori che non facevano che preoccuparsi per me e il piccolo, una
vita
fantastica. E avevo Edward, il papà del mio bambino. Ormai
me l’ero ripetuta
talmente tante volte da essermene convinta anche io. Era passato un
mese dalla
nostra relazione, dalla prima volta che abbiamo fatto
l’amore. E il mio
pancione non poteva passare inosservato. Ma, a differenza di prima che
tentavo
in tutti i modi di nasconderlo, non facevo che mostrarlo orgogliosa.
Era
mio figlio, il mio piccolo brontolone. Nostro figlio.
Tamburellai
il ventre, sorridendo come un’ebete. Con la coda
dell’occhio notai un sorriso
nascere sulle labbra di Jasper alla scena.
Già,
meglio di così non poteva andare.
Alice
tossì improvvisamente, portandosi la mano alla bocca.
“Oddio!”, gemette.
Non
feci nemmeno in tempo a rendermi conto di che cosa stesse succedendo,
che
Jasper era già davanti alla porta del bagno. I conati di
Alice non erano
proprio trascurabili, sembrava che stesse svuotando l’anima.
“Alice?”,
chiamò Jasper, entrando immediatamente nel bagno.
I
mugolii a dir poco coloriti di protesta di Alice giunsero chiaramente
fino in
sala, facendomi sbarrare gli occhi per
l’incredulità. Jasper a quanto pareva
non si era rassegnato ad assisterla.
Balzai
in piedi e mi fermai sulla soglia, socchiudendo gli occhi per non
vedere lo
scempio. Il mio naso, però, non riscontrò alcuna
diversità. La leggera brezza
di marzo mi scompigliò i capelli, portando con sé
l’odoraccio che aleggiava
nella stanza.
Alice,
distrutta e bianca come un cencio, era appoggiata contro le piastrelle
fresche
della parete, osservata dall’occhio critico e assolutamente
preoccupato di
Jasper. Il suo moroso si chinò davanti a lei, carezzandole
dolcemente il volto.
“Stai meglio, Al?”, sussurrò, dolce.
Alice
annuì debolmente. “Mi sa che mi ha fatto male
qualcosa…”
“Non
hai mangiato poi così tanto”, osservò
Jasper, accigliato.
Alice
si strinse nelle spalle ossute, apparentemente anche lei senza alcuna
risposta.
“Non so…”
“Vado
a farti un tè, amore. Arrivo subito”. Jasper si
alzò, alzandosi agilmente da
terra e superandomi garbatamente.
Immediatamente,
mi sedetti affianco a lei, circondandola con le braccia. Alice si
strinse al
mio fianco, posando il capo scompigliato sul mio seno.
“Stai
meglio, Alice?”, sussurrai, cullandola per quanto ci
riuscissi con il pancione
ingombrante.
Sbuffò,
afflitta. “No, per niente. Mi sento uno straccio”,
borbottò, raggomitolandosi
ancora di più.
“Oh,
Alice…”, sospirai, baciandole una guancia.
Vederla
così addolorata era un’enorme sofferenza perfino
per me. Mi sentivo sconfitta e
impotente. Eppure sentivo che era inquieta per qualcosa. Strisciava fra
di noi
come un’orrida serpe, dividendoci e sbatacchiandoci su altre
sponde. Si poteva
dare di stomaco per vari motivi, ma Alice non era fragile né
mentalmente né
fisicamente.
Mente sana in corpore
sano.
Se
non che… No. Impossibile. Sarebbero stati certamente
più attenti.
Bella, non farti venire
strane idee.
Eppure
era tutto troppo simile. Troppo uguale alla mia situazione sei mesi fa.
Che fosse…?
“Alice,
sicura che non c’è
nient’altro?”, mormorai, tesa.
Non
appena la sentii irrigidirsi tra le mie braccia, capii che
c’era qualcosa che
non andava. Sollevò appena la testa, in modo che i suoi
occhioni da cerbiatta
si specchiassero nei miei. L’esitazione e la frustrazione
erano più che
visibili nelle iridi ambrate.
“Io…”,
tergiversò, indecisa.
“Alice”,
la ripresi, i pensieri più chiari che mai nella mia testa.
“Bella,
io…”
“Ecco,
amore. Bevi un po’, ti farà bene”,
sussurrò Jasper, irrompendo nel bagno con
una fumante tazza di tè nelle mani lunghe e affusolate.
Richiusi
la bocca, inconsciamente spalancata per la rivelazione che Alice stava
per
conseguirmi. Grazie al cielo, Jasper era troppo ansioso per Alice per
preoccuparsi di me. Nascondere i miei sospetti sarebbe stato
più difficile del
previsto, altrimenti. Mentire non era mai stato il mio forte,
figuriamoci con
un osservatore attento e perspicace come Jasper.
Sciolsi
lievemente la stretta dal corpicino di Alice, in modo che lei potesse
afferrare
tranquillamente la bevanda bollente.
Jasper
fissava Alice bere velocemente la sua tazza, gli occhi azzurri cupi.
“Va
meglio?”, sussurrò, scostandole una ciocca di
capelli sbarazzina dalla fronte.
Alice
abbozzò un sorriso, per poi distogliere immediatamente lo
sguardo da quello del
fidanzato. Un lungo brivido mi percorse la schiena.
“Si.
Va tutto bene”, bisbigliò, fievole.
Chissà
perché, non le credei.
Edward
Durante
il viaggio di ritorno, Bella non fiatò. Osservava
attentamente il finestrino
come se da ciò dipendesse la sua vita. Con la coda
dell’occhio riuscivo a
scorgere la linea contratta delle labbra piene e la fronte alabastrina
increspata dalla sua leggera ruga di preoccupazione. Sospirai piano,
sperando
che non mi avesse sentito.
Avendo
capito che c’era qualcosa che non andava, non tentai nemmeno
di intavolare una
conversazione. Attesi in silenzio che esponesse i suoi dubbi o
qualsiasi cosa le
stesse passando per
la testa. Ma le mie
speranze furono vane.
Parcheggiai
davanti al palazzo, spegnendo il motore. Bella scese
dall’auto come un automa,
pensierosa e preoccupata. Ringraziai il cielo che la signora Cope non
fosse
venuta a ficcare il naso in quel momento. Tutta quella fortuna era
sospetta in
realtà, ma meglio approfittarne il più possibile.
Entrammo
nel mio appartamento, l’ansia al limite della sopportazione.
“Sembri più distratta
del solito”, notai, chiudendo la porta a chiave, per poi
appoggiarle sul
mobiletto.
Bella
sobbalzò appena, come se un essere invisibile le avesse
appena tirato un calcio
sotto il divano su cui si era appena seduta. Abbozzò un
sorriso, abbagliandomi
nuovamente con la sua infinita dolcezza.
All’apparenza
era eterea e delicata, ma sapevo benissimo che in realtà era
più coraggiosa di
un leone. E florida per quel bambino che nutriva e alimentava di amore
senza
sosta. Nostro figlio.
Mi
accomodai al suo fianco, non riuscendo a reprimere il vago senso di
inquietudine
che aleggiava nel mio stomaco. “Si può sapere che
cos’hai?”, mormorai, teso.
Bella si strinse nelle spalle, storcendo appena la bocca.
”Niente, davvero”
Un
dubbio mi balenò in fretta e furia. “Non
sarà per il bambino?”
Alzò
gli occhi al cielo, fintamente esasperata. “No, Edward, il
bimbo sta benissimo.
È Alice che mi preoccupa”, confessò,
rifugiandosi nel mio torace.
Mi
accigliai, il cervello che lavorava frenetico. Si, in effetti Alice non
si era
nemmeno affacciata alla finestra per salutarmi questa volta. Non me
n’ero
nemmeno accorto, tanto ero preso ad analizzare Bella. E, per quel che
ricordavo, non avevo incrociato neanche Jasper.
“Santo
cielo, che cos’ha Alice?”, domandai, circospetto.
Bella
fece una smorfia. “Ha vuotato l’anima in bagno,
questo pomeriggio. Jasper era
preoccupatissimo. Le ha preparato un tè e non ha mollato
Alice per un istante”,
spiegò, persa.
“Magari
ha avuto un’indigestione”, tentai, circondandole le
spalle con il braccio.
“Già…
un’indigestione”, sussurrò.
Appoggiò il capo sul mio petto, vagamente
pensierosa. Quasi sentivo il suo cervello macchinare chissà
cosa. Il suo tono
non mi aveva per niente convinto. Era strano, guardingo, come se ci
fosse
qualcosa che non potessi comprendere… Finché una
lampadina scattò nella mia testa
in modo vagamente inquietante. Ma la scartai subito.
Era
impossibile. Assolutamente improbabile. Mia cugina non poteva essere
incinta.
Va bene, aveva ventisei anni e desiderava ardentemente dei bambini,
previsti
solo dopo aver sposato Jasper.
Da
quando io e Bella stavamo insieme non avevo mai avuto modo di parlarne
con lei.
Non ce n’era bisogno, visto che l’intenzione di
sposarsi c’era da tempo ormai.
Ma quell’opzione mi pareva troppo casuale e imprevedibile per
un tipo attento e
calcolatore come Jasper. A meno che lui non sapesse niente…
“Bella,
non starai pensando che…”, esordii, la voce
stranamente strozzata.
Alzò
le spalle, i suoi occhi di cioccolata fissi nei miei.
“Perché no?”
Mi
schiarii la gola. “Bella, quei due lo fanno da mattina a sera
e credimi, se non
avessero mai usato contraccettivi, a quest’ora avrebbero
almeno una dozzina di
figli”
Bella
sospirò. “Ma c’è sempre lo
sbaglio, Edward… i contraccettivi non sono
infallibili… è capitato anche a me”
Mi
bloccai, spiazzato.
C’è
bisogno di ricordarglielo
ogni volta, Edward?
Automaticamente,
entrambe le mie braccia si serrarono sul suo fisico, in un vago
tentativo di
consolazione. Le baciai la fronte e le palpebre, per poi impossessarmi
avidamente delle sue labbra. Bella rispose al bacio, chiudendo gli
occhi e
lasciandosi trasportare dai movimenti della mia bocca. Le schioccai
più baci
sulle guance e sull’incavo del collo, beandomi del suo
naturale profumo
delicato.
“Edward,
ti amo”, sussurrò, le dita intrecciate tra i miei
capelli.
Per
poco il mio cuore non scoppiò, tanto era traboccante di
felicità e amore per la
dea della fertilità tra le mie braccia.
“Anch’io, Bella. Anch’io ti amo”
Strofinai
il mio naso con il suo, facendola ridere dolcemente.
“Beh,
comunque, non c’è motivo per cui preoccuparsi,
amore”, continuai, carezzandole
i capelli. “Erano già preparati a
un’evenienza del genere. Si amano e vogliono
sposarsi. Un bambino in più in questa famiglia non
è che altra fonte di gioia”
La
cioccolata degli occhi di Bella brillò, infondendomi pace e
passionalità. “Già,
hai ragione… in ogni caso, è meglio che ne parli
con Alice. Può anche trattarsi
di un falso allarme”, spiegò, pratica.
“Bene.
Io me ne starò qui tranquillo e non fiaterò
minimamente al riguardo”. Le
carezzai il ventre, teso per la creatura che l’amore della
mia vita aspettava
pazientemente.
La
vidi sorridere teneramente, per poi posare la sua mano sulla mia.
“Ti
amo, Bella”, mormorai di nuovo, baciandole la punta del naso.
Il
suo sorriso si allargò a dismisura, per posare le sue labbra
di rose sulle mie.
“Anche io, Edward. Per sempre”
________________________________________________________________________________
Ciao a tutti! Sono
contentissima che il capitolo precedente vi sia piaciuto
così tanto! È stato
bellissimo scriverlo, era talmente naturale per me che non ho fatto
fatica
metterlo per iscritto. L’unica cosa che non mi convinceva era
la dose di
zucchero (io purtroppo immagino tutto con troooppo romanticismo
-.-‘), ma, a
quanto pare, non ho fallito nemmeno da quel punto di vista! Me
felicissima! ^^
Okay, okay, bando alle
ciance e torniamo al capitolo. Allora, come vi avevo già
anticipato, Bella ha
notato le stranezze dell’amica. A furia di stare con una
persona per cinque
mesi tutti i giorni, non puoi fare a meno di conoscerla a fondo, e lei
ha
notato che Alice, la sua migliore amica, ha qualcosa di strano. Ed
è saltata a
delle conclusioni, confidandosi addirittura con Edward. Lei sospetti
che sia
incinta… ma è davvero così? Come la
prenderà Alice, o, se fosse così, Jasper?
Io lo so, io lo so! ^^
Okay, me ne sto zitta, prima che mi linciate.
Il prossimo capitolo,
è…
decisamente tragicomico. Forse più tragico che comico.
Avrete notato che la mia
Alice, come l’originale, è leggermente
esagerata e teatrale. Beh, ecco più o meno come si
svolgerà la continuazione.
Diciamo, che ci
sarà una
Bella vs Alice ad armi pari!
Prima di lasciarvi,
RINGRAZIO INFINITAMENTE TUTTI! Alle 24 recensioni, a coloro che mi
hanno
aggiunta ai preferiti, ai seguiti e agli autori preferiti! GRAZIE,
GRAZIE, GRAZIE…
GRAZIE!
Un
bacione, e alla
prossima!
|
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Capitolo 16 *** Capitolo 15 ***
Capitolo 15
Bella
Il
ticchettare dell’orologio si era fatto più pesante
e intenso. Se prima lo
scandire dei secondi mi provocava ansia per la voglia di vedere Edward,
ora mi
irritava e basta.
Alice
era sdraiata sul divano, avvolta in un enorme coperta, il volto pallido e sciupato.
Era strano notare
come ciò non intaccasse minimamente la sua naturale
bellezza.
Lanciai
un’occhiata all’ora. Erano le quattro e mezza.
Jasper era appena uscito per
andare in farmacia a comprare qualcosa per il mal di stomaco. Contando
che la
farmacia più affidabile era quasi dall’altra arte
della città e il traffico di
New York era davvero insuperabile, avevamo circa mezz’ora di
tempo
abbondante.
“Alice,
mi spieghi che cosa sta succedendo?”, chiesi, perentoria.
La
fissai attentamente negli occhi, posando le mani sul mio ventre
allargato.
Sostenemmo per circa un secondo gli sguardi, valutandoci a vicenda.
Quando
sospirò, capii di aver superato il suo test mentale.
Si
levò di dosso la coperta, alzandosi con l’ombra
della sua solita vivacità.
“Vieni, Bella”, mi spronò, sparendo in
camera.
La
seguii, il presentimento che continuava a rodermi il cervello. Alice
stava
trafficando con uno piccolo scrigno di legno nel suo comodino, chiuso a
chiave.
Non pensavo che mi sarei sorpresa così tanto di vedere quel
test di gravidanza,
nonostante me lo fossi immaginata numerose volte in quel lasso di tempo.
Me
lo porse silenziosamente, incrociando le braccia al petto. Dopo averle
lanciato
una breve occhiata, temendo che potesse svenire da un momento
all’altro,
afferrai il bastoncino.
Era
positivo.
Deglutii
rumorosamente, tentando di scacciare il groppo che mi si era formato in
gola.
“Hai
provato con altri…?”
Alice
annuì, interrompendo i miei farneticati aiuti.
“Tutti positivi”
“Da
quando?”, pigolai, incerta.
Le
sue labbra piene si strinsero. “Non faccio che vomitare di
nascosto da un mese,
credo. Solo allora mi sono insospettita e ho provato”
“Oh,
cielo”, commentai, sconvolta.
Mi
sedetti sul letto, rigirandomi il test tra le mani. Quel segno rosa era
inequivocabile.
Un
singhiozzo catturò la mia attenzione. Alice stava piangendo
sommessamente, le
mani che coprivano imbarazzate il viso.
Non
capivo. Io ero felice della mia gravidanza quando ero con James.
Credevo che
quel bambino ci avrebbe definitivamente cementato come coppia e avrebbe
coronato il nostro sogno d’amore. Certo, era andata
diversamente, ma James non
mi amava. Jasper amava Alice, più di ogni altra cosa al
mondo. Alice non poteva
temerlo davvero.
Balzai
in piedi, allontanando le mani dal suo volto. “Alice? Cosa
c’è, Alice?”,
mormorai, concitata.
Alice
si aggrappò spasmodicamente a me, affondando le sue morbide
e fredde dita nella
mia camicia. La abbracciai, il cuore traboccante di comprensione e pena
per la
mia migliore amica. Le baciai i capelli e le accarezzai la schiena,
tentando di
darle un minimo di conforto. Non sapevo che cosa fare, come agire. Ero
troppo
stordita dallo stupore e dalla perplessità che provavamo in
simbiosi. Riuscivo
solo a percepire i sui singhiozzi strazianti e incerti, le sue lacrime
salate
che inzuppavano la mia maglia.
“Alice…
Shhh”
“Oh,
Bella! Che cosa dirò ai miei genitori? E alla madre di
Jasper? O a Edward o
Emmett? Peggio… a lui?
Io non so come
sia potuto accadere, abbiamo sempre usato… Non siamo nemmeno
sposati! Non
voglio che mi sposi solo perché sono incinta, io voglio che
mi ami! Voglio che
mi ami, Bella, capisci? Io lo amo, lo amo… lo
amo…”, ripeté straziata.
“Alice,
adesso calmati”, dissi, ferma.
Con
un gesto deciso, si spazzò le ultime lacrime trasbordate.
“Come faccio a calmarmi,
Bella? Come? E se mi lasciasse
perché non è ancora pronto per avere un figlio?
Va bene, abbiamo già parlato di
matrimonio, ma… ma… ma è diverso,
rispetto ai figli! Avevamo parlato anche di
questo, ma avevamo deciso che ci avremmo pensato dopo
il matrimonio, quando saremmo stati pronti!”
“Alice…”
“Mi
lascerà, proprio come Matthew! Solo con un bellissimo
ricordo di lui dopo tre
anni! Io desideravo un matrimonio per amore, non… riparatore!”
“Alice!
Adesso smettila!”, sbottai. Le assestai uno schiaffo sulla
spalla e parve
riprendere lucidità.
Alice
crollò sul letto, sfinita. “Oh, scusa,
Bella… scusa…”
Abbozzai
un sorriso, sedendomi delicatamente accanto a lei. “Non
preoccuparti, credo che
siano gli ormoni”
“Oh,
Bella, io… io ho sempre cercato di capirti… ma
mai come ora ho compreso le tue
parole, le tue angosce, i tuoi incubi…”
“Alice,
io non sono più sola. Io ho dovuto affrontare tutto questo
da sola. Ma tu non
lo sei. Hai una famiglia meravigliosa che non ti abbandonerebbe mai
come ha
fatto la mia. Io ora ho Edward. Io lo amo, Alice, lo amo con tutta me
stessa.
Ma tu hai già Jasper. Dannazione, Alice, era solo questione
di tempo! Lui ti
ama e non ti sposerebbe solo perché sei incinta. Cavoli, un
figlio è una benedizione!
Lui ti sposerebbe perché ti ama e perché porti in
grembo suo figlio”
“Era
questo quello a cui volevo arrivare”, notò, in uno
stridulo acuto.
“I
concetti sono ben diversi”, sospirai, passandole una mano tra
i capelli
corvini. “Lui ti ama, Alice. E tu ami lui. Credimi, perfino
un cieco lo
percepirebbe. Non avere paura e diglielo”
“Devo
dirglielo davvero?”, sussurrò, pavida.
Annuii,
certa. “Certo. Così potrete finalmente realizzare
questo matrimonio”
“E
se non volesse? E se mi abbandonasse per questo bambino? Io morirei,
Bella, ne
morirei…”
Scossi
la testa una volta. “Non dire, così, Alice! Lui
non ti abbandonerà mai. Ti ama.
E tutto ciò che poteva desiderare era un figlio da te. E io
allora che cosa
dovrei dire?”
“Bella,
promettimi che non lo dirai a nessuno”, bisbigliò,
gli occhi da cerbiatta
allargati a dismisura.
Le
carezzai una guancia. “Certo, Alice. Aspetterò che
sia tu ad annunciarlo alla
famiglia. Ma voglio che tu ne parli con Jasper”
“Quindi
devo…?”
Assentii
nuovamente con il capo. “Stasera. Voglio che tu glielo dica
stasera. Meglio
prima che dopo, okay?”
Alice
sospirò pesantemente, fissando lo sguardo in un punto
indefinito del pavimento.
“Ho paura, Bells. Tanta, tanta paura…”
“Lo
so. È qualcosa di nuovo, apparentemente insormontabile. Ma
devi farti forza.
Non nasconderglielo Alice, prima che pensi male”, suggerii,
arricciando il
naso.
Passarono
tre secondi di assoluto silenzio. Lo sbuffo di Alice interruppe quel
clima
assordante. “Hai ragione. Glielo dirò”
Sorrisi,
orgogliosa di lei. “Brava, Alice. Brava”
Alice
mi abbracciò di slancio, accogliendomi con nuove lacrime,
questa volta di
gioia. “Bella… grazie, grazie mille…
sei una vera amica”
“Per
te questo e altro, Alice”, sussurrai, dandole un buffetto sui
capelli.
Alice
Bene, Alice. Niente
panico.
Si,
certo. Come no. Niente panico. Come diavolo facevo a starmene
tranquilla quando
avrei dovuto dire a Jasper di essere incinta? Dio, non osavo
immaginare. Non
solo, mi chiedevo come cazzo ci eravamo riusciti. Cioè,
sapevo come funzionavano
le cose nell’ordine naturale, ma dalla mia ottica era
inconcepibile. Jasper non
usava più il preservativo perché io prendevo
la…
Maledetta memoria del
cazzo!
Bene,
mistero numero uno risolto.
Il premio va sicuramente
attribuito ad Alice Cullen per i picchi insormontabili che la sua
negligenza ha
raggiunto!
Fantastico.
D’accordo, avevo ventisei anni, convivevo con il mio uomo da
tre anni ed era
ora di mettere la testa a posto. Ma l’idea che Jasper mi
sposasse solo perché
fossi incinta mi faceva rabbrividire. E piangere come una fontana.
Cavai
di tasca il mio fazzoletto umido, soffiandomi rumorosamente il naso.
Non
volevo questo, no. Non volevo che Jasper mi lasciasse come Matthew,
magari
perché non ero alla sua altezza o cose del genere. Avevo
sempre sognato il
nostro matrimonio come il giorno più bello della mia
vita…
Alice, basta con tutte
queste seghe mentali. È ora di agire.
La
serratura scattò, facendomi sobbalzare.
“Amore,
sono tornato”, annunciò Jasper, facendo capolino
nel salotto. Appoggiò sulla
specchiera all’ingresso la busta di carta, probabilmente
contenente i nuovi
medicinali. Si sfilò in un fluido gesto la giacca leggera,
lanciandola sullo
schienale del divano.
Quando
si avvicinò, tentai di nascondere il mio volto sciupato.
Ovviamente, non gli
sfuggì.
“Tesoro,
che cos’hai? Hai ancora vomitato? Ti senti male? Vuoi che
chiami tuo padre?”,
domandò a raffica, in ginocchio di fronte a me. Le sue mani
mi carezzavano
delicatamente il contorno delle guance, manco fossi fatta di cristallo.
Non
solo mi sentivo vagamente in colpa per avergli nascosto i miei
sospetti, ma ci
si metteva anche quella sua naturale delicatezza.
Buttai
il fazzoletto sul divano, bloccando entrambe le sue mani sul mio viso.
“Jazz…”,
sussurrai, baciandogli i polsi.
I
suoi occhi azzurri parvero rianimarsi a un mio segnale di vita.
“Si? Alice,
cosa c’è?”
“Ti
amo”, sussurrai, le iridi fisse nelle sue.
Sorrise,
facendomi perdere almeno un battito al mio provato cuore.
“Anche io, amore”
Lo
desideravo, volevo che mi accettasse nuovamente. Che fosse davvero mio.
Prima
del punto di non ritorno.
“Ti
voglio. Adesso”, mormorai, roca.
Prima
che potessi dargli il tempo di replicare, afferrai il suo volto e lo
avvicinai
al mio. Lo baciai, muovendo le mie labbra su quella bocca tumida e
perfetta.
Avvertii la sua istantanea resistenza, per poi gioire al suo sospiro
d’arresa.
Mi staccai solo per riprendere fiato, non resistendo alla sua bellezza
virile.
Si
accigliò, il respiro ancora irregolare. “Alice, ma
che ti prende? Era per
questo che piangevi?”, chiese, le mani tra i miei capelli.
Non
risposi. Mi limitai a baciarlo in silenzio, a ripercorrere quella bocca
meravigliosa che ormai conoscevo a memoria. Le labbra
dell’unico uomo della mia
vita.
Jasper
mi lasciò fare, vagamente perplesso dal mio atteggiamento.
Spostai
la mia bocca sul suo collo, succhiando e leccando il suo lembo di pelle
profumata. Il suo lieve gemito mi infiammò di botto, e
continuai con più foga.
Non
sentivo altro che le sue dita infiltrarsi sotto la mia maglia, il
cervello già
scollegato
“Alice,
sei sicura che vada tutto bene? Che tu non stia cercando di nascondermi
qualcosa?”, chiese, cauto.
Balzai
a ricompormi sul divano, sorpresa. “Jazz…
io…”, esitai, mordicchiandomi il
labbro inferiore.
Si
accigliò, le mani ancora sospese per aria. Aveva avvertito
il mio
tentennamento, ovvio. Non gli sfuggiva mai niente, dannazione.
“Alice, che
diavolo succede? È tutto il pomeriggio che mi stai
nascondendo qualcosa”
Era
finita. L’ora della verità era giunta. Sospirai.
“Sono incinta”
Calò
il silenzio. Il ticchettio dell’orologio parve amplificarsi.
Jasper era
pietrificato, le labbra gonfie per i miei baci semi aperte, gli occhi
celesti
altrettanto.
Ecco,
lo sapevo. Sapevo che non avrei dovuto dirglielo.
Dannazione a Bella.
Serrai
le palpebre, e iniziai a torturarmi il labbro inferiore.
Dio, non abbandonarmi
ancora, ti prego.
“Cos…?
Ne sei sicura?”, domando, la voce talmente bassa da faticare
a sentirlo.
Sbuffai,
irritata. “Ho fatto più di un test, Jazz. Non sono
così sprovveduta”
“Tu…
io… ma come…?”, balbettò,
confuso.
“Mi
sono scordata di prendere la pillola in quei giorni”,
spiegai, gli occhi ancora
serrati.
Dio, basta con questa
sofferenza. Dimmi che cosa succede.
Un
singhiozzo disperato proruppe dalle mie labbra. Di nuovo. Evidentemente
non
avevo ancora finto la riserva di lacrime quel giorno. Sarei morta per
disidratazione di questo passo, altro che infarto. “Jazz,
io… mi dispiace, mi
dispiace così tanto… ti prego, non lasciarmi, non
lasciarmi! Io ti amo, ti amo
più della mia stessa vita, e non voglio che
tu…”
“Alice,
che cazzo stai farneticando, me lo spieghi?”,
sbottò, vagamente arrabbiato.
Sorpresa,
aprii gli occhi. La fronte di Jasper era corrugata tanto era lo sforzo
di
concentrarsi.
“Cos…?”,
farfugliai, confusa.
“Tu…
non puoi davvero avermi nascosto di essere incinta perché
pensavi che ti avrei
lasciata! Non ha senso! Dannazione, ti amo, come potrei
lasciarti?”, proruppe,
sempre più incredulo e frustrato.
Percepii
la mia bocca spalancata per la sua reazione. Mi ero aspettata di tutto.
Rassegnazione, disgusto… ma non quello. La richiusi di
scatto.
“Davvero?
Non è che dici così solo
perché… ti senti in colpa?”, pigolai,
incerta.
Jasper
sospirò, scuotendo la testa. Con un scatto fulmineo,
afferrò il mio viso tra le
mani, accostandolo al suo. Avvertivo il suo dolce respiro inebriarmi i
sensi,
facendomi ansimare per lo sforzo di restare immobile. Zitta e ferma.
Non
avevo mai visto i suoi occhi cerulei ardere così. Era
successo solo una volta,
il giorno della sua dichiarazione. Nemmeno quando facevamo
l’amore, le sue
iridi fiammeggiavano come in quel momento.
“Alice, tu sei la donna della mia vita. E tu, la donna della
mia vita, stai
aspettando mio figlio in
questo… beh,
in questo corpo divino. Mio figlio, Alice. Capisci? Mio
figlio. Come hai potuto pensare
a una cosa del genere?”
“Credo
che sia la presenza di Bella a rendermi malinconica”,
borbottai, sempre più
confusa.
Jasper
ridacchiò appena, la risata in un crescendo continuo. Non lo
avevo mai visto
così raggiante. Mi baciò la fronte più
e più volte, le labbra che cercavano
frenetiche le mie per unirle in quella dolce e suadente danza.
“Un figlio…
aspetti mio figlio…”
“Jazz…
davvero? Insomma… tu, non mi lascerai, vero?”,
sussurrai, non del tutto
convinta. “Dovrei proprio voler tentare il suicidio se
volessi farlo”, scherzò,
ritornando a bramare le mie labbra.
Mi
scostai appena, il necessario per guardarlo negli occhi.
“Jasper, non sono mai
stata tanto insicura in vita mia, per favore. Voglio sentirmelo dire.
Adesso”
“Ecco
dov’era finita la mia Alice”, rise, dandomi un
dolce buffetto sulla guancia.
Improvvisamente, il suo sguardo divenne talmente serio da lasciarmi
senza
fiato. “Non ti lascerò mai, Alice Cullen. Mai,
mai, mai. Io dovrei essere
l’ultimo uomo sulla terra che vorrebbe separarsi dalla
propria amata, visto il
mio deplorevole trauma infantile”
Roteai
gli occhi, esasperata. “Suvvia, che Amleto”
Jasper
sorrise, quando, d’un tratto, focalizzò
l’attenzione sul mio ventre. “Credi che
ci stia sentendo?”, sussurrò, posando un orecchio
su di esso.
Sbuffai,
scettica. “Jasper, probabilmente non gli batte nemmeno il
cuore”
“Si,
ma…”
“E
non ha neanche le orecchie, se era questo quello che volevi
aggiungere”, lo
interruppi, lesta.
“Si,
era questo”
Scossi
la testa. “Scemo”
“Stupida”
“Puttaniere”
“Sgualdrina”
“Stronzo”,
sbuffai. Jasper ridacchiò, per poi palparmi volontariamente
un seno al di sopra
della maglietta. “E maniaco”, aggiunsi,
Scoppiammo
entrambi a ridere, divertiti dall’esito del nostro gioco.
“Quindi,
non mi lascerai mai?”, insistetti, carezzandogli il viso.
Sorrise
dolcemente, nuovamente concentrato sul mio volto. “No,
Alice… non potrei mai
lasciare la mia neo mamma”
Levai
un sopracciglio. “Ma davvero?”
Ghignò,
istantaneamente malizioso. “Anzi, dimostriamo a questo bel
bimbo quanto ami la
sua mamma…”
“Immagino
già come…”, continuai, suadente solo
per finta.
Le
sue braccia mi avvolsero il torace, strette e possessive. “Ti
dico tre parole:
io, tu, camera”, sussurrò al mio orecchio, roco.
Mille
brividi mi scuoterono da capo a piedi. “Come
immaginavo”
Ignorando
i miei gridolini di protesta, Jasper mi prese in braccio, conducendomi
verso le
porte del nostro paradiso amoroso.
________________________________________________________________________________
Ehilà,
ciao a tutti! Spero che stiate
meglio di me, non ce la faccio più! Grazie a Dio, manca poco
alla fine della
scuola! Mi sento leggermente patetica
a
segnare ogni singolo giorno del mio calendario con una gigantesca X, ma
credo sia
la disperazione. Detto questo, non mi dilungo.
Ebbene,
avevate ragione! Ta dan, Alice
è incinta! Contenti? Io si, tanto! Insomma, era da tre anni
che la tiravano per
le lunghe, era ora di accettare la cosa, no? XD
Forse
l’altro capitolo non vi è
piaciuto molto, visto che le recensioni si sono dimezzate. Colpa mia,
credo
-.-‘ Spero che questo vi sia piaciuto e che torniate tutti a
farvi sentire!
Beh,
che dire? La storia sta per
concludere! Il prossimo sarà un semplice capitolo di
transito, dove ci saranno
anche i nostri cari Rosalie ed Emmy Pooh (è un grande, lo
stimo troppo! ;)),
leggermente entusiasti per la notizia!
E,
ovviamente, non mancheranno i
momenti diabetici tra Edward e Bella, quindi assicuratevi di non aver
mangiato
troppi dolci quando leggerete il prossimo capitolo! XD
Allora,
prima di passare ai
ringraziamenti, vorrei chiedervi una cosa. Tranquilli, ci metto un
attimo.
Vorrei pubblicare una nuova
storia
nella categoria originali, ed è una storia di cui mi sono
innamorata tantissimo
e da cui sono terribilmente presa. Quasi come mi è successo
con “Senza Nuvole”,
ecco. Vi lascio un piccolo riassunto.
Come
il cielo di luglio
Sicilia, seconda metà
dell’Ottocento. Marianna è una contadina ventenne
allegra e impavida, amata da
tutti gli abitanti di Santoro, il villaggio in cui è nata e
cresciuta. Orfana
di madre da quando aveva dodici anni, Marianna vive con il padre vedovo
e
lavora nei campi con la madrina Pinuzza, moglie del pescatore Calogero,
e sua
figlia quattordicenne, Tiziana.
L’arrivo inaspettato di don
Pietro Ripamonti, nuovo padrone delle terre su cui si estende il paese
alla
morte del padre, getta nello scompiglio la sua vita. Il villaggio
è sotto le crudeli
angherie dei suoi guardiani e l’unico modo per calmare le
acque è offrire uno
sposalizio. Essendo l’unica donna nubile del quartiere,
Marianna si sacrifica
per sposare il giovane e dissoluto conte.
Pietro è più che felice di
accettare Marianna come sua sposa, avendole già messo gli
occhi addosso.
L’odio che la ragazza nutre per
il marito oscura completamente il desiderio che lui prova sin
dall’inizio. I
rapporti tra i due sono tesi e complicati: lui, dominatore stoico e
deciso, non
riesce a sottometterla e lei, fiera e indipendente, non ha intenzione
di
lasciarsi calpestare.
Solo quando entrambi abbasseranno
l’ascia di guerra, a bordo di una barca sul mare sotto il
cielo di luglio, le
prospettive cominciano a cambiare.
Pietro vede Marianna come la sua
unica donna, la sola per cui nutre un rispetto profondo e sincero.
Marianna
comprende più che mai che quello che riteneva il demonio in
terra è una persona
con un cuore, sepolto dall’antico dolore per la morte
dell’amata sorella,
Laura.
Entrambi si amano
appassionatamente, in un amore senza veci e denso di possessione
urticante e
bruciante. Un amore malato che sarà diviso
dall’imminente rivolta
anti-borbonica, in cui Pietro, in punto di morte, vede la sua unica
donna nelle
vesti di un angelo paradisiaco.
Perché non è difficile
lasciarsi
incantare dai dolci occhi di Marianna, celesti come il cielo
di luglio.
Vi
interesserebbe se la pubblicassi?
Ecco, mi piacerebbe se nel commento me lo diceste. Non preoccupatevi,
non mi
offendo mica se mi dite che fa schifo e non ve ne frega niente. Anzi,
vi
capisco, non è niente di che infatti, e sono convinta che la
sincerità è sempre
la cosa migliore! :)
Però
vi prego, ditemi qualcosa, perché
il silenzio è molto brutto!
Bene,
vi lascio, allora. GRAZIE MILLE
alle 12 recensioni, ai preferiti/seguiti e a coloro che mi hanno
aggiunto tra
gli autori preferiti! Grazie, grazie, grazie!!!
Un
bacione, al prossimo capitolo!
|
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Capitolo 17 *** Capitolo 16 ***
Capitolo 16
Bella
“Io
sono… assurdamente sconvolto! Non posso credere che
finalmente mia sorella e il
mio cognatino si sposano! Non mi sembra vero!”,
cinguettò Emmett, sbattendo le
ciglia come un piccolo cerbiatto.
“Ma
piantala”, sbuffò la sua inseparabile fidanzata
Rosalie.
Non
potei trattenermi dal ridere, sebbene le occhiate omicide di Alice la
dicessero
lunga.
“Tappati
la bocca, idiota! Era solo questione di tempo!”,
sbottò, esasperata.
Emmett
si accigliò. “Ma se state insieme da tre anni!
Pensavo che saresti rimasta una
zitellona!”
Alice
mugugnò qualcosa di indefinibile, incrociando ostilmente le
braccia al petto.
“Ma
senti da che pulpito viene la predica. Non mi sembra che tu e Rosalie
siate
sposati, non ti pare?”. Edward era corso in difesa
dell’adorata cugina, prima
che Jasper spegnesse la sigaretta nel posacenere e potesse ridurre in
poltiglia
il futuro cognato. Cioè, in uno scontro avrei scommesso la
vincita dell’orso,
ma non si poteva mai dire.
“Senza
offesa, Rose”, aggiunse Edward galante. Il suo braccio cinse
le mie spalle,
attirandomi al suo corpo snello e marmoreo.
Sospirai,
beata.
“Ma
ti pare”, disse gentilmente Rosalie, scoppiando a ridere.
“Ma
cosa vuol dire? Noi siamo più grandi!”, disse
Emmett, sulla difensiva.
“Proprio
per questo”, ribatterono Edward, Alice e Jasper
all’unisono, gli sguardi truci.
“Direi
che l’importante è che si sposino, no?”,
mi intromisi timidamente. Non volevo
che la serata in famiglia si concludesse con un omicidio. E poi, non
solo
Emmett era davvero simpatico, ma Alice era addirittura incinta. Meglio
evitare.
“Ma
sarebbe proprio il caso! Va bene che questi due si danno da fare da
mattina a
sera e cominciavo a preoccuparmi che Jasper soffrisse di impotenza. Ma
con
questo…”, aggiunse Emmett, indicando il ventre
ancora piatto di sua sorella,
vagamente soddisfatto.
Gli
occhi chiari di Jasper si animarono di una luce che non gli avevo mai
visto,
rendendolo vagamente inquietante. “Ehi, ehi, un momento. Chi
soffrirebbe di
impotenza qui dentro?”, sbottò, per nulla
amichevole.
Edward
ridacchiò, sussurrando qualcosa del tipo “orgoglio
maschile”.
“Ti
assicuro che Jasper è tutt’altro che impotente,
razza di stupido”, sbraitò
Alice, indignata quanto il moroso.
“Ragazzi,
non credo che ci interessi…”, cominciò
Edward, ma bastò un’occhiata infuriata
di sua cugina per farlo tacere.
“Edward,
zitto, è questione di principio!”
“Già.
Io propongo di farlo fuori!”, concordò Jasper,
scrocchiando minacciosamente le
dita.
Emmett
deglutì rumorosamente. “Ehi! Ma dai,
ragazzi… scherzavo… Rose, mio dolce
fiorellino di primavera?”
“Grazie
al cielo, aspettavo da anni questo giorno”, disse
semplicemente Rosalie,
sorridente.
Emmett
spalancò la bocca, indignato.
“Traditrice!”. Si rivolse ad Edward, speranzoso.
“Eddie? Vero che mi salvi dalla nana malefica?”
Edward
sbuffò, roteando gli occhi. “Neanche per
sogno!”
“È
così bello avere una famiglia e una fidanzata che ti
vogliono bene…”, borbottò,
sarcastico, le braccia ancorate al petto.
“Te
le cerchi tu, caro mio”, disse Rosalie, cercando di
inculcargli bene il
concetto.
“Per
questa volta ti risparmiamo, ma non sarai altrettanto fortunato la
prossima
volta”, lo avvertì Alice, minacciosa.
Jasper
sospirò, il naso arricciato.
Il
teatrino susseguì per quasi tutta la serata, tra sghignazzi
e prese in giro. Mi
ero talmente abituata alle battute sconce di Emmett su me ed Edward da
passarci
sopra e ridere anche io. Edward non era altrettanto d’accordo
con me e,
all’evenienza, il povero armadio si beccava uno scappellotto
sia da lui che
dalla sua ragazza.
Rosalie
era scherzosamente risentita del fatto che perfino la sorella minore di
Emmett
si sposasse prima di lei. Da quanto avevo capito, aveva la stessa
età di
Jasper, mentre Emmett ne aveva quasi trenta.
“Andiamo
a casa? Voglio stare un po’ da solo con te”,
soffiò Edward in un orecchio.
Annuii,
leggermente accigliata. “Va bene”
“Noi
andiamo”, annunciò Edward a gran voce, alzandosi
in piedi talmente in fretta da
farmi venire un capogiro.
“Ma
sono solo le dieci e mezza!”, esclamò Emmett,
stupito.
“Emm,
lo sai che Edward non è mai stato tipo da
festini”, gli ricordò scherzosamente
Jasper, ghignando.
“Dovrei
preoccuparmi?”, chiesi, fingendo di pensarci sopra.
Scorsi
Edward sorridermi radioso.
“Nah.
Tutto sotto controllo, Bella”, mi assicurò Jasper,
ammiccandomi.
Emmett
trattenne il respiro, balbettando e indicando con un dito un alquanto
divertito
Jasper. “Alice, l’ho visto! Futuro marito fedifrago
a bordo!”, urlò, gli occhi
spalancati.
“Cosa,
Emmett?”, chiese Alice, vagamente esasperata.
Lanciò un’occhiata complice a
Jasper, che le sorrise tranquillo.
“Emmett,
ma che cazzo spari?”, sospirò Rosalie, chiudendo
per un attimo gli occhi per
riprendere la calma.
“Ha
tentato di sedurre Bella! Bella, una povera e innocente creatura!
Bellina,
capite?”, gridò Emmett, continuando ad indicare
Jasper.
Non
sapevo se intervenire o meno, ma capii di farne a meno non appena vidi
Emmett
scoppiare a ridere gioioso come un bambino. Rosalie, intenerita, gli
diede un
bacio sulla guancia, in un gesto tanto delicato da farmi sorridere.
Alice e
Jasper continuavano a mandarsi occhiate poco caste, e, a dire il vero,
dal
ghigno sardonico di Edward intuii che anche lui l’avesse
notato.
Mi
alzai goffamente a causa dell’enorme pancione che mi
ritrovavo. Non solo il
peso era leggermente eccessivo, ma il mio piccolo brontolone ci teneva
a
informarmi della sua presenza con dei piccoli calcetti. Edward mi porse
una
mano, che afferrai prontamente, e così riuscii a barcollare
fino all’ingresso
con Alice.
“Ciao
a tutti!”, salutai rivolta alla sala, ricevendo una fragorosa
risposta da tutti
i commensali.
Alice
ci aprì la porta in un gesto fluido ed elegante come solo
lei sapeva fare.
“Prego, tesori miei”, disse gentilmente.
Edward
si sporse per darle un bacio sulla guancia. “Non consumare
Jazz prima del
matrimonio, Al. Lo hai bisogno in pieno delle forze per la luna di
miele”,
scherzò.
Alice
levò le sopracciglia, scettica. “Ah, ma che
spiritoso. Bella, pensaci tu”
“Ricevuto!”,
dissi, fingendo una posa da militare.
Dopo
che Edward le ebbe scompigliato i capelli, Alice mi stampò
un leggero bacio
sullo zigomo.
Quando
la porta si chiuse, cadde il silenzio nel corridoio.
Ridacchiai,
prendendo la mano che Edward mi porse. “Mi sono divertita
molto. È impossibile
annoiarsi con loro”
“È
questo il bello di avere dei cugini rompiscatole”, convenne
Edward,
ammaliandomi con il suo sorriso nella penombra.
Sospirai,
ammirando la luna piena che si stagliava nitida nel cielo plumbeo.
“E pensare
che era preoccupata”, sussurrai, sapendo che mi avrebbe
compreso
immediatamente.
Infatti,
colse al volo a chi mi riferissi. “Già. Che
stupida, vero?”
“Jasper
tra un po’ la spogliava con gli occhi. Non solo, ma si
lanciavano delle
occhiate così dolci… sono fatti l’uno
per l’altro, non c’è dubbio”,
assicurai,
stringendo soddisfatta le labbra.
Salimmo
sulla Volvo argentata ed Edward accese immediatamente il motore.
Nonostante
fosse marzo, alla sera faceva abbastanza freddo e gioii al contatto
dell’aria
calda sulla mia pelle.
“Conosci
il mito degli androgini, Bella?”, chiese dopo un
po’, pensieroso.
Mi
accigliai, la mente subito al lavoro per trovare una qualsiasi
informazione.
Una lampadina si accese al cassetto “Platone”.
Annuii. “Si. Era uno dei miti
che Platone si servì per spiegare l’amore, no? Nel
Fedro, mi sembra”
Edward
sorrise, ammaliandomi appena. Gli effetti che ancora mi faceva erano
tuttora un
mistero. “Non proprio. Era nel Simposio. Ti ricordi? Era
quello delle metà…”
Storsi
la bocca. “Non è che me lo ricordi
moltissimo”, ammisi.
I
suoi occhi smeraldini si illuminarono di una strana luce.
“Gli androgini erano
degli esseri mitologici, il terzo sesso. Vi erano il maschio, la
femmina e
l’androgino, ovvero l’incrocio di quei due sessi.
Se non sbaglio, avevano la
schiena e i fianchi a cerchio, quattro braccia e quattro gambe, due
volti
uguali sul collo a cilindro e una sola testa sui sue volti…
insomma, doveva
essere davvero spaventoso. Eppure possedevano una forza tanto
straordinaria da
osare a scalare il cielo. Zeus li punì, tagliandoli a
metà per indebolirli. Continuò
così, finché le schiere non si estinsero del
tutto. Per questo, ognuno di noi è
in cerca della propria metà. Non facciamo che vagare per il
mondo, cercando di
completarci e riunirci alla nostra anima gemella, l’altra
fetta dell’essere
originario da cui si deriva”, concluse, raggiante.
“Wow”,
commentai, stupita. “Un momento. Stai dicendo che Alice e
Jasper costituiscono
un androgino?”, scherzai, riformulando la nostra recente
conversazione.
“Non
solo loro”, sussurrò appena, sorridendo sghembo.
Mi
tolse il fiato tanto velocemente da ammutolirmi.
Non
mi ero nemmeno accorta che fossimo già arrivati a casa,
così non potei far
altro che scivolare dalla macchina e stringermi nella felpa, la mente e
il
cuore ancora in palpitazione.
Edward
Non
ero totalmente nel pieno delle mie facoltà mentali.
Avvertivo semplicemente il
calore paradisiaco che il corpo di Bella mi offriva. Nonostante il
pancione,
fare l’amore con Bella era qualcosa di spettacolare. Sapevo
che tra un po’
avrei dovuto rinunciarvi per il bene del bambino, e già mi
sentivo in panico.
Non ero mai stato affamato di sesso, ma Bella non faceva che ammaliarmi
con le
sue curve provocanti.
Dopotutto,
lei era la mia metà. Quando facevo l’amore con
Tanya, non era la stessa cosa.
Non mi sentivo così pieno e completo come con Bella. Non
c’era paragone.
Sospirai,
lieto.
Bella
emise un piccolo sbuffo di rimando ed avvertii le sue labbra schiudersi
sulle
mie. “Buongiorno, amore”, mormorò.
“’giorno”,
dissi, la voce ancora impastata di sonno. Mi stiracchiai per bene, per
poi
cercare silenziosamente il suo fisico e stringerlo a me.
Aprii
gli occhi lentamente, temendo il contatto con la luce solare. Sbuffai,
lievemente seccato all’evidenza di lasciare Bella a casa da
sola. Anne, il suo
capo, avendo notato il suo pancino, l’aveva sgridata per non
averla avvertita
di aspettare un bambino. Detto questo, le aveva schiaffato in mano il
permesso
di maternità e l’aveva ricacciata a casa, senza
che Bella potesse aprire bocca
per protestare. Odiavo abbandonarla per l’intera giornata, in
attesa del mio
rientro alle sei. Appena potevo, tornavo anche solo mezz’ora
prima, ed era
incredibile quanto lei si sentisse appagata lo stesso.
Stavo
per scoccarle un bacio sulle labbra, quando il mio cellulare
vibrò impazzito.
“Ma
chi è?”, disse Bella, socchiudendo appena gli
occhi,.
Avevo
un brutto presentimento. Senza dire nulla, allungai la mano verso il
comodino e
afferrai quell’odioso aggeggio. Di questo passo,
l’avrei presto defenestrato.
Schiacciai
il tasto verde e lo portati all’orecchio.
“Pronto?”, borbottai, come un
perfetto rimbambito.
“Edward,
passami Bella”, ordinò la voce cristallina ed
esuberante di Alice. Ma era
possibile che Dio non riuscisse a risparmiarmela perfino alle otto del
mattino?
“Anche
io sono contento di sentirti, Alice”, dissi, sarcastico.
“Che
cugino inutile. Dai, muoviti, devo dirle una cosa. È
urgente”
Mi
accigliai. “Mi sento un po’ escluso, a dire il
vero. Non mi racconti più un bel
niente”, scherzai.
Sospirò
teatralmente. “Tappati quella bocca, razza di cugino
degenere. Stai parlando
con una donna incinta e piena di ormoni, non ti conviene scherzare.
Passamela.”
“Agli
ordini”
“Edward?”,
chiamò dopo un po’, il tempo di fermarmi dal
passare il telefono a Bella.
“Mh?”
“Ti
voglio bene, lo sai, vero?”, disse dolcemente, come solo lei
sapeva fare.
Sorrisi,
scuotendo la testa. Alice era sempre Alice, l’unica che mi
era stata accanto
nel periodo più buio della mia vita.
“Edward, sei
sicuro di
volerlo fare?”. Il labbro inferiore di Alice, leggermente
più pieno dell’altro,
era sotto tortura dei denti. Era indecisa, insicura. Per me, per la mia
scelta.
“Certo che ne
sono
sicuro, Alice. Non ho fatto altro che pensarci”, dissi,
più deciso che mai.
“Ed,
ascolta… io… tu la
ami alla follia e lei non da meno… ma fare questo
passo… decidere di sposarla e
riconoscere il bambino… potrebbe essere troppo presto per
te, dopo quello che
ti è successo. Non sarò certo la persona
più adatta per farti questo tipo di
predica, né devi pensare che non mi fidi di lei,
è solo che…”. Alice si
interruppe, sospirando pesantemente.
A differenza di me, che
avevo quasi rimosso del tutto la situazione con Tanya, lei ricordava.
Rammentava ogni volta i miei pensieri suicidi, la depressione, la
solitudine…
lo ricordava, ed era preoccupata per me.
Mi allungai sul tavolo
del nostro solito bar, afferrandole la mano e stringendola dolcemente.
Probabilmente
ad occhi estranei avremmo potuto apparire una coppia di giovani
fidanzati. O di
due amanti in fuga, se proprio dovevamo approfondire la faccenda. Quel
mattino
Jasper era già in tribunale per risolvere
un caso molto importante e Bella era
a casa da sola.
Alice mi era sempre stata
accanto, sempre. La amavo come una sorella. Lei era incinta, si sarebbe
presto
sposata e tutto sarebbe cambiato. Così come tutto era
variato quando aveva
trovato Jasper, o quando io avevo incontrato Tanya e, infine, Bella. Il
mio vero
amore.
Nonostante tutto, la
nostra fiducia e il nostro affetto reciproci non erano mai vacillati. E
ora
temeva nuovamente per me. Ma non aveva ancora capito che era Bella
quella veramente giusta.
Alice mi fissò
a lungo,
gli occhi nocciola attenti e guardinghi.
“Edward…”
“Alice, non
sono mai
stato così sicuro in vita mia. Io… la amo con
tutto me stesso. La amo e voglio
sposarla. E presto glielo chiederò. Non devi temere per
me”. Le sorrisi,
carezzandole la mano con il pollice per rassicurarla.
“Oh,
Edward….”, sospirò,
tornando a guardarmi.
“Occuperai
sempre un
posto nel mio cuore, Alice”, la rassicurai.
Alice
ridacchiò appena,
anche se scorsi un luccichio particolare nei bei occhi nocciola.
“Anche tu, Ed…
sempre, anche se mi dovessi trasferire al Polo Sud. Io ci
sarò sempre per te…
ricordalo, sempre…”
Alice
era la donna più dolce e materna che avessi mai conosciuto,
dopo Bella ed Esme.
Probabilmente, era una cosa ereditaria. Pensai ad Emmett, appena giunto
dal
Tennessee per assistere al matrimonio di sua sorella il mese prossimo.
Beh,
forse non proprio ereditario. “Si, lo so. Anche io. Te la
passo”
Porsi
la cornetta a Bella, ancora semiaddormentata sul cuscino.
“Pronto?”, biascicò,
stanca.
Gentilmente,
afferrai il lenzuolo e coprii le sue venerate grazie, lasciandola
parlare in
pace. Mi diressi in bagno tranquillamente come tutte le mattine,
finché non
sentii un gridolino radioso dalla camera. Ritornai sui miei passi
immediatamente.
Bella
si stava già vestendo velocemente, saltellando sul posto per
infilarsi le
mutande. “Davvero? Che bello! Allora ti aspetto,
ciao!”. Chiuse la
comunicazione e, in men che non si dica, me la ritrovai seminuda tra le
mie
braccia.
“Si
può sapere che succede?”, chiesi, sconcertato. La
avvolsi con le mie braccia,
carezzandole lentamente la schiena.
Bella
rise, gli zigomi arrossati. “Anne ha concesso il periodo di
maternità anche ad
Alice, quindi passeremo quasi tutte le mattine insieme!”,
spiegò. “Mi devo
preparare, prima che venga qui e mi ritrovi ancora nuda!”
Risi
della sua gioia, sentendomi sempre più rinato interamente e
completamente.
________________________________________________________________________________
Buondì a
tutti! Santo
cielo, finalmente la scuola è finita! Evviva le vacanze, che
goduria! Libertà!
Dette queste cavolate
fuori dal comune (sono un po’ fusa, lo ammetto
-.-‘), torniamo al capitolo.
Allora, il mito degli
androgini non è una mia invenzione. È veramente
un mito di Platone e chi studia
filosofia lo sa bene quanto me. È davvero una leggenda
stupenda, che mi ha
colpita molto. Nonostante Platone non mi piaccia un granché,
il tema dell’amore
devo concederglielo. È… fantastico.
Okay, dopo questa
precisazione, passo oltre. Con una notizia. Il prossimo
capitolo sarà
dell’epilogo. Ebbene si, siamo giunti alla fine.
Nell’epilogo, però,
metterò tutti gli elementi necessari per concludere la
storia. Credo che sia
bene non dilungarmi troppo, perché secondo me non
c’è più niente da dire. Sarebbe
inutile dedicare un capitolo alla nascita del bambino e alle varie
considerazioni dei neo genitori. Ho pensato che fosse meglio metterli
in forma
di flash back.
Sapete quando sento che
una storia è finita? Quando tutti hanno raggiunto un lieto
fine e i personaggi,
talmente soddisfatti, non mi richiedono più niente. Bella,
Edward, Alice,
Jasper e tutti gli altri sono felici, e la storia è
conclusa.
Insomma, Bella ora
è
insieme a un uomo che ama e che la ama, Edward ha trovato la donna
della sua
vita, Alice e Jasper sono finalmente (quasi) accasati e stanno per
avere un
figlio… l’equilibrio è stato trovato.
Quindi, ragazzi, il
prossimo capitolo sarà l’epilogo.
Mi mancherà
tantissimissimo
questa storia, ci avevo messo l’anima a scriverla.
GRAZIE MILLE alle 19
persone che hanno recensito tra il capitolo precedente e il link della
nuova
storia!!! Grazie a tutti per essere ancora qui a seguirmi!
Quindi, vi lascio,
sperando che ci siate tutti alla fine!
Un abbraccio!
P.S. Ho pensato di
scrivere qualche extra dopo l’epilogo, quindi, per vostra
sfortuna, ci sarò
ancora. Ci sto già lavorando. Fatemi sapere che cosa ne
pensate.
Per chi me lo avesse
chiesto, vi lascio il link del secondo capitolo della mia storia
originale: Come
il cielo di luglio
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Capitolo 18 *** Epilogo ***
Epilogo
Bella
Avevo
solo ventitré anni, quando la mia vita ha cominciato ad
andare a rotoli. Avevo
ricevuto il dono più bello che una donna potesse avere:
aspettare un bambino.
Ma ciò non era sufficiente per James, l’uomo che
credevo di amare. Non era sufficiente
per i miei genitori, Charlie e Renèe. Sono stata abbandonata
da tutte le
persone che amavo incostantemente e incessantemente, senza pretendere
nulla in
cambio. Perché quello è
amore.
Ma,
da una parte, è stato un bene. Se ciò non fosse
accaduto, se il mio piccolo
Nathaniel non si sarebbe formato dentro di me, non sarei mai andata a
New York
e non avrei mai conosciuto Edward. Lui, il mio vero amore, lo spirito
affine
nato per completarmi. Oppure, se vogliamo metterla in termini
filosofici (cosa
che a lui piaceva molto e capivo il perché di quella laurea
in filosofia), un
essere generato per completare un androgino.
Probabilmente,
il caro vecchio Platone aveva ragione. Ma non siamo qui a filosofare.
Ripercorrere
daccapo la mia odissea amorosa è quasi traumatico, ma
tremendamente eccitante.
Come se fosse una storia da film o di un libro romantico senza pretese,
il che,
in un certo senso, è proprio così. Sembra un
racconto ideale, impossibile da
realizzarsi nel mondo reale. Eppure non è così.
È successo e basta.
Ricordo
tutto come se fosse accaduto ieri. Nel momento in cui Edward si era
inginocchiato davanti a me, chiedendo la mia mano, ero scoppiata a
piangere,
ebbra di gioia. Lo avevo baciato con passione e gli avevo concesso
calde
effusioni, dovendo stare attenti al pancione che bloccava ogni
possibilità di
fare l’amore.
Quando
Nathaniel stava per nascere, un irrazionale paura che potesse
assomigliare
tanto, troppo a James, mi aveva
assalita. Se non ci fosse stato Edward al mio fianco, non avrei saputo
che cosa
fare. Mi sarei persa, in un bel bicchiere d’acqua, anche.
“Edward,
io…”
Edward
aveva sibilato dolcemente, attirandomi contro di sé. Adoravo
il modo in cui mi
stringeva e mi accarezzava il ventre ormai al culmine del suo sviluppo.
Il mio
bimbo sarebbe nato tra poco e io avevo sempre più terrore
che il suo bel visino
potesse assomigliare a lui. E non
ci
avevo mai pensato. A dire il vero, avevo sempre rinviato questo
quesito. Lo
avrei amato lo stesso, no? Che cosa sarebbe cambiato?
“Bella,
non devi temere”, sussurrò Edward, premuroso.
Schioccò più volte le labbra
sulla mia nuca, tranquillizzandomi all’istante.
“Sono certo che se anche
assomigliasse a quel… ehm, a lui,
sono certo che tu lo amerai come se fosse nostro. Io
lo amerei come se fosse nostro. Te l’ho detto. James
è il padre
biologico, ma io sarò come se fossi il suo vero padre. E
poi, ho letto da
qualche parte che l’istinto materno non si può
reprimere. Supera di tutto e di
più. Fidati”
Naturalmente,
era già bastato il suono della sua voce a tranquillizzarmi.
Ma
il giorno del parto fu un vero tormento. Nathaniel non aveva
assolutamente
intenzione di uscire, e mi fece lanciare qualche urlo di vera
disperazione. Va
bene, molti urli. Ma, quando nacque, dopo nove mesi di gestazione, dopo
nove
mesi di tormento e fatica sopportati assieme, la mia forza, il mio
piccolo
angelo era nato. Non avevo mai visto gli occhi smeraldini di Edward,
sempre al
mio fianco a sopportare le mie grida isteriche (e molto probabilmente
con le
dita fratturate per le strette troppo forti), assumere quella
meravigliosa
sfumatura dolce.
Un
vagito mi aveva riscosso dai miei pensieri. Avevamo deciso di chiamarlo
Nathaniel, per la sua musicalità e la sua anima antica.
D’altronde, io ed
Edward lo eravamo fin troppo. E poi, Nathaniel Cullen era perfetto.
Non
appena le infermiere ebbero finito di lavarlo, me lo consegnarono. Era
una
gioia, una vera e propria bellezza. Guardai quel piccolo esserino,
sempre più
rapita e incantata. Stentavo a credere che fosse mio
figlio. Nathaniel piangeva disperato, ma, non appena gli
parlai, si immobilizzò.
“Edward,
mi riconosce!”, dissi concitata ad Edward, ammutolito dalla
scena. Mi rivolsi
al mio piccolo, accarezzandolo e baciandolo. “Ciao,
piccolino. Oh, bambino mio,
quanto sei bello!”
Diedi
un’occhiata ad Edward. Sorridente, glielo passai
silenziosamente. Edward lo
prese in braccio, con gesti quasi esperti. “Benvenuto al
mondo, Nathaniel”,
sussurrò.
Sorrise
quando il piccolo si voltò verso di lui, le manine per aria
nel tentativo di
raggiungere il suo viso.
“Sono
il tuo papà, piccolo. Sei bellissimo”,
mormorò Edward, baciandogli le guance
paffute.
Ridevo,
come non avevo mai fatto. Piangevo, come non avevo mai fatto.
Ed
Edward era lì. Edward era sempre stato lì.
Il
nostro matrimonio fu un evento spettacolare, manco si fossero sposati
due
principi o delle stelle del cinema. Ovviamente, era stato realizzato
tutto dal
folletto malefico.
Alice,
non contenta della sua cerimonia avvenuta pochi mesi prima, ce
l’aveva messa
davvero tutta. Nonostante il suo pancino ingombrasse appena, Alice era
infaticabile, tanto che io non avevo fatto un solo sforzo per prenotare
il
ristorante o comperare le fedi.
Le
nozze erano state fissate due mesi dopo la nascita del piccolo
Nathaniel,
spupazzato dalla famiglia al completo.
“Sono
stata proprio un genio a sposarmi subito dopo aver appreso di essere
incinta”,
si era lodata Alice, fiera e soddisfatta. “Tra due mesi ti
sarai anche
sgravata, ma sembrerai comunque una balena. Guarda invece che
figurino”, disse,
indicando la sua vita stretta, ma dai fianchi morbidi, in una foto del
matrimonio.
“Simpatica
come sempre, vedo”, commentai, acida.
Jasper
scoppiò a ridere, guadagnandosi un’occhiataccia
dalla moglie (era strano
pensarla in quegli effetti a dire, il vero).
Alice
e Jasper si erano felicemente sposati il 26 aprile, organizzando il
più bel
matrimonio a cui avessi mai assistito. Non era stato sfarzoso come
quello che
aveva organizzato per me ed Edward, ma era stato comunque meraviglioso.
Ricordavo ancora con gioia quel giorno.
Alice,
avvolta nel suo bellissimo vestito bianco, appariva più un
angelo che un essere
umano. Il ventre appena accennato e i fianchi leggermente pieni le
conferivano
una bellezza eterea e perfetta. Non fu difficile comprendere lo
sbigottimento
di Jasper all’altare, all’apparizione della futura
sposa.
Ed
io non ero proprio riuscita a trattenere una lacrima nel momento
dell’unione
delle due metà. Ora erano un completo e perfetto androgino,
come lo saremmo
stati io ed Edward pochi mesi dopo.
Dopo
il tempo necessario che Carlisle ci aveva prescritto, io ed Edward
riprendemmo
a fare l’amore. Quando facevo l’amore con Edward,
era impossibile non riuscire
a comprendere il perché Alice fosse sempre avvinghiata a
Jasper. L’amore con
Edward era indicibile, solido e incrollabile. Intimo e passionale come
sempre,
senza che il tempo riuscisse a logorarlo.
Era
meraviglioso. Tutto era meraviglioso, e lo è ancora.
Un
anno dopo la nascita di Nathaniel, un mese prima del previsto, era nata
la
piccola Esther Whitlock. Jasper era radioso come non mai e, il giorno
della sua
nascita, mancava poco che scoppiasse a piangere. Si era buttato sulle
labbra di
Alice, non facendo che mormorargli scombussolato un
“grazie” quasi
impercettibile. Lo dico perché ho assistito commossa alla
scena, aggrappata al
braccio di Rosalie, ed è inutile dire che il povero Jasper
non fu per niente
risparmiato dalle battutine di Emmett.
In
quei giorni stava sempre dietro alla sua “bambolina”,
con un Alice stupenda e inverosimilmente tranquilla. L’aria
di madre iperattiva
le si addiceva perfettamente. Curava e giocava con Esther per tutto il
tempo,
senza risultare troppo apprensiva e senza trascurare suo marito. Jasper
era
quello più tendente a viziarla, e, così facendo,
si attirò completamente l’ira
funesta del folletto.
Erano
una famiglia stupenda e, grazie al cielo, rifiutarono di trasferirsi a
Houston.
Nello
stesso anno, ebbi due sorprese: la prima, era che finalmente Rosalie ed
Emmett
si sarebbero sposati. La seconda, era che ero incinta. Questa volta di
Edward.
Per
assistere al matrimonio di suo cugino, dovemmo tutti recarci in
Tennessee, in
mezzo alla natura incontaminata. Emmett non era mai stato serio in vita
sua,
cosa che non era sfuggita a Jasper, ancora in ricerca di qualcosa per
vendicarsi delle prese in giro nell’ultimo mese.
Inutile
dire che, al ritorno a casa, la mia gravidanza procedette molto
tranquillamente.
Edward non faceva che coccolare me e Nathaniel, sempre e comunque. Si
prendeva
cura di entrambi, e questo non era altro che una fonte di gioia
inaspettata per
me. L’idea che lui amasse Nathaniel come se fosse suo figlio
mi emozionava ogni
volta. Ma, questo, Nathaniel non lo avrebbe saputo mai.
Faith
nacque anche lei dopo nove mesi di gravidanza, bella e florida contro
il mondo.
Già dalla nascita, aveva un buffo ricciolo color del bronzo,
identico a quello
di Edward. Il nome, decisamente inusuale, lo avevo scelto io. Quando lo
avevo
annunciato ad Edward, era rimasto un po’ perplesso.
“Spero
che non sia per la mia religiosità”,
scherzò, dando il benvenuto alla sua nuova
creatura.
Scossi
la testa, ridacchiando, anche se, più o meno, era
così. Da quando era successo
tutto quello, dal mio confronto con Alice e da quello con Edward, mi
ero
riavvicinata molto alla fede, e la mia piccola non era altro che un suo
frutto.
Dio
mi aveva donato una famiglia che amavo e mi amava. Avevo Edward, un
marito
stupendo, e due figli meravigliosi. Avevo Alice e Jasper, i miei due
migliori
amici, Anthony, un suocero che consideravo come un secondo padre, e
Carlisle ed
Esme, gli zii che non avevo mai avuto. Per non parlare di Rosalie ed
Emmett, i
miei nuovi amici, che avevano appena scoperto di aspettare un piccolo,
che
avrebbero chiamato Alexander.
Già…
La mia vita ora era semplicemente perfetta e serena, come un cielo senza nuvole.
Diciotto anni dopo
Edward
“Ciao,
papà, io esco”, annunciò a gran voce
Nathaniel, nonostante fossi lì accanto a
lui.
Feci
una smorfia. “Ah, si? E dove vai?”, chiesi, sebbene
conoscessi benissimo la risposta.
Nate
si fermò davanti a me e si strinse nelle spalle. Era
incredibile quanto
assomigliasse a Bella. Aveva le sue stesse labbra piene e ben
disegnate, gli
stessi capelli di mogano e gli stessi e identici occhi di coccolata.
Sebbene il
naso e il viso virile non fossero suoi, nel complesso Nathaniel era
davvero un
bel ragazzo. Ero orgoglioso di lui, di mio figlio. Per me lo era a
tutti gli
effetti.
James
non aveva visto il pancione di Bella crescere. James non aveva visto
nascere
Nathaniel. James non aveva cresciuto Nathaniel.
Lui
era mio figlio, ed io ero suo padre. Questo contava.
“Vado
a prendere Esther, e poi usciamo a fare un giro”,
spiegò, come se niente fosse.
Mi
insospettii. “Un momento… Alice e Jazz lo
sanno?”, domandai, scettico.
Va
bene, forse ero esagerato. Avevo beccato Alice e Jasper discutere su
Nate e la
loro figlia più di una volta, e i loro pareri erano
contrastanti alla
grande.
“Insomma,
è bello, intelligente, colto e molto sveglio…
è perfetto per lei!”, aveva detto
Alice, lo sguardo impegnato ad analizzare i movimenti di Nate ed Essie
che
chiacchieravano indisturbati nella veranda.
Jasper
la guardò scandalizzata. “Alice, ma ti pare?
È la mia bambina”
Alice
aveva sbuffato. “Ho capito, ma la tua
bambina è quasi una donna! Ha diciassette anni
ormai!”
“Ma
anche no!”
“Vedrai
che lei e Nate si metteranno insieme”, replicò
lei, un sorriso soddisfatto
sulle labbra.
“Ma
dovesse solo provarci!”
“Meglio
lui che un drogato o un texano…”
Jasper
si immobilizzò, vagamente risentito. “Ehi, che
cos’hai contro i texani, scusa?”
Alice
sospirò. “Sei un idiota!”
“Cretina!”
“Deficiente!”
Allora,
in quel momento di discussione, mi ero intromesso, prima che la
situazione
degenerasse e i nostri figli li beccassero o a scannarsi o ad
amoreggiare. Con
quei due non si poteva mai sapere.
Nate
alzò gli occhi al cielo, sospirando. “Certo che lo
sanno, papà”
Sorrisi.
“Beh, dopotutto, Esther è molto bella, non
trovi?”. Eccome, se lo era. La
piccola Esther non solo era molto alta per la sua età, ma
anche ben sviluppata
e attraente. Era praticamente la copia al femminile di Jasper: biondo
miele e
dagli stessi lineamenti regolari. La forma degli occhi era quella di
Jasper, ma
il colore, quel nocciola tanto puro da sembrare giallo, era di Alice.
Era
misteriosa ed enigmatica come il padre, ma qualcosa mi induceva a
pensare che
fosse un’anima davvero dolce e passionale, come sua madre.
Nate
sospirò e capii già dal suo sguardo vacuo che era
partito per la tangente,
sebbene le guance fossero rosse. “Già…
è bellissima…”
Meglio
approfittarsene. “E… detta tra noi
uomini… avete già…?”
Nate
si riprese alla grande. “Papà!”,
esclamò, scandalizzato. Arrossì, se possibile,
ancora di più. “Ci stiamo frequentando, niente di
più. Ci siamo dati qualche
bacio… ma niente di quello che pensi tu”
“Se
nasconde il carattere di Alice, stalle alla larga il più
possibile”, scherzai,
ridacchiando.
Nate
sorrise. “No, Essie è molto più
dolce”
“Lo
immaginavo”
Nate
fece per andare, ma si bloccò all’improvviso.
“Ah, a proposito, la mamma è
andata a prendere Faith a danza. Tra un po’ arriva, va
bene?”
Annuii,
finché non sentii il rumore della sua auto percorrere il
vialetto.
Sospirai.
Possibile che fossero già passati diciotto anni? Il tempo
era volato. Mi
sembrava ieri quando Nathaniel e Faith erano nati… E Tanya
era solo un lontano
ricordo. Grazie a Dio.
“Siamo
a casa!”, urlò la voce musicale di mia figlia,
seguita dai passi di Bella.
Faith
fece irruenza in salotto nel suo turbinio dei lunghi capelli di bronzo
e mi
stampò un dolce bacio sulla guancia. “Ciao,
papà”
“Ciao,
tesoro. Come è andata la lezione?”
“Benissimo,
davvero. Tra un po’ faremo il saggio”, mi
spiegò, mentre si accomodava di
fronte a me. I suoi magnifici occhi verdi –i miei occhi-
scintillarono di
entusiasmo.
Faith
era completamente diversa da Nathaniel. Lui era un tipo più
tranquillo,
tendente alla riflessione, mentre Faith era un mix fin troppo esplosivo
di
vivacità e curiosità. Ed era splendida, come solo
mia figlia poteva esserlo.
“Tra un po’ vado a trovare Felicity”,
annunciò, allegra.
Naturalmente,
la tendenza di Alice e Japser ad accoppiarsi frequentemente (grazie a
Dio non
più nei bar o nei luoghi pubblici) aveva procurato a loro
altre due figlie:
Felicity e Savannah.
Emmett,
non avendo concluso i suoi battibecchi con la sorella, aveva
addirittura
scommesso (naturalmente, quando i bambini erano fuori a portata di
orecchio) se
Jasper sarebbe riuscito a darle tre figli, come lei aveva sempre
sognato. In
caso contrario, avrebbe dovuto pagare cento dollari. Emmett fu molto
contrariato
per la nascita di Savannah e, nello stesso momento in cui la stavano
lavando,
sborsò il dovuto denaro a un Jasper sogghignante.
Felicity
aveva un anno in meno di Faith, Savannah ne avrebbe presto compiuti
dodici ed
era la piccolina di casa. Erano entrambe bellissime. Felicity era
completamente
uguale ad Alice, in tutto e per tutto. Non era così
difficile immaginare perché
lei e mia figlia andassero tanto d’accordo. Era
l’eterna disperazione di sua
madre, che non sapeva mai come prenderla, a differenza di Jasper, ormai
abituato con la moglie.
Alice
non faceva che lamentarsi con Bella che Esther non aveva mai causato
simili
scempiaggini, che se Felicity avrebbe continuato così
l’avrebbe spedita al
collegio e che non aveva la minima idea di come facesse Jazz ad essere
così in
sintonia con lei.
Savannah,
invece, era una vera bellezza. Aveva i capelli lunghi e corvini ed era
l’unica
ad avere ereditato gli occhi azzurri di Jasper. Già a dodici
anni era sommersa
di corteggiatori, cosa che faceva mordere non poco le mani a Jasper.
“Dannazione,
per forza tre figlie dovevamo avere? Non riuscirò a tenerle
d’occhio tutte e
tre! Sono le mie bambine e sicuramente qualche idiota maschio
farà del male a loro!”, sbraitava Jasper,
disperato.
Alice
sbuffava, per poi dargli un bacino e una pacca sulla schiena.
“Credevo che
saresti morto a trent’anni di tumore ai polmoni, e invece ti
ritrovo qui a
sbraitare sulle possibili delusioni amorose che le tue figlie avranno.
Diagnostico che morirai a cinquant’anni per infarto”
Non
aveva tutti i torti, in effetti.
“Ah,
bene, allora troverai lì anche tuo fratello”,
dissi a Faith, sprofondando nella
poltrona.
Faith
si bloccò. “Non dirmi che è dai
cugini”
“Già”
Una
strana scintilla si propagò negli occhi di mia figlia.
“Secondo me lui ed
Esther si sposeranno”. Sorrise, trionfante. “Sono
cugini, ma cosa importa,
dopotutto? Sono bellissimi insieme. A differenza di Alice e Jasper,
sono fin
troppo simili”
“Forse,
ma il loro animo si completa nella loro similitudine”, dissi,
stringendomi nelle
spalle.
Faith
mi imitò. “Forse è così.
Esther è fin troppo sensuale”
“Chissà
da chi ha preso…”, scherzai, ironico.
“Da
Alice, è evidente”, disse Faith, come se fosse la
cosa più ovvia del mondo.
“Ah,
beh…”
Dopo
un quarto d’ora di chiacchierata, Faith decise di andare a
piedi a trovare la
sua migliore amica e cugina Felicity. Dopotutto, la nuova villetta in
cui ci
eravamo trasferiti non era così lontana da quella di Alice e
Jasper, abbastanza
grande da contenere un uomo beato tra le donne.
“Ehi”.
Bella sbucò finalmente in sala e mi stampò un
dolce bacio sulla guancia.
“Dov’eri?”,
chiesi, attirandola a me.
Si
sedette al mio fianco e si accoccolò nel mio petto. La mia
forma fisica non era
certamente migliorata negli anni, ma mi conservavo abbastanza bene,
dopotutto.
Nonostante Bella si lamentasse spesso di essere troppo fuori forma, io
la trovavo
più bella che mai. Per me, era sempre la piccola dea della
fertilità di cui mi
ero innamorato.
“In
cucina a mettere via la cena. Alice ci ha invitati da loro. Credo ce ci
siano
anche tuo padre, Esme e Carlisle”, mi informò,
baciandomi il mento.
Risposi
al bacio, stavolta in modo più passionale. “Allora
Nate sarà contento di essere
uscito con Essie, così potranno stare insieme prima
dell’interrogatorio
pubblico…”, risi, divertito.
Gli
occhi di cioccolata di Bella, così profondi e sensuali,
brillarono appena.
“Crescono così in fretta, vero? Mi sembra ieri
quando gli cambiavo il
pannolino… e ora già scorrazza dietro a
Esther”
“Oh,
beh, è innamorato di lei da una vita…”
Bella
ridacchiò, intrigata dalla situazione. “Peccato
che lei sia difficile da
corteggiare”
“Invece
no. Mi ha detto che si sono dati qualche bacio. E non hanno fatto
ancora…”
“Edward!
Non posso credere che tu chieda queste cose a nostro
figlio!”, esclamò,
scandalizzata.
“Andiamo,
Bella! È una cosa tra uomini!”, mi giustificai,
per quanto possibile.
“Si,
certo, come no…”, borbottò,
schiaffandosi una mano in faccia.
“A
proposito di sesso… sono
tutti via… che
dici?”, dissi, malizioso.
Bella
alzò gli occhi al cielo, fintamente esasperata.
“Se proprio dobbiamo…”
Sorrisi
e scattai in piedi, trascinandola con me. Bella atterrò sul
mio petto, la sua
dolce risata musicale già sonante.
“Ti
amo”, sussurrò, lasciandomi un innocente e
tentatore bacio sulle labbra.
“Ti
amo. Più della mia stessa vita”, aggiunsi, per poi
trascinarla al piano di
sopra.
Una
vita serena. Dolce, sensuale e appagante. Perché ero con
lei.
La
nostra vita, da diciotto anni, era come un cielo.
Un
cielo senza nuvole. Come il nostro
amore.
Fine
________________________________________________________________________________
Bene, gente, siamo
arrivati alla fine. Mancano ancora gli extra, lo so, ma, ormai, la
storia è
finita.
Mi dispiace mettere la
parola “fine” a questa fan fiction, mi ci ero
affezionata moltissimo. E
scriverla è stato fantastico. Soprattutto
immaginare la futura famigliola di tutti i personaggi
trattati. Beh, penso che capirete che il nome Renesmee non era
possibile utilizzarlo, in quanto fusione di Renèe ed Esme, e
Bella con la madre non ha fatto pace.
Spero che vi sia piaciuta
come è piaciuta a me realizzarla!
Prima di lasciarvi, un
gigantesco e meritatissimo grazie a tutti voi. Grazie a chi mi ha
aggiunto tra
i preferiti/seguiti/storie da ricordare/autori preferiti! Grazie mille!
Non
solo, ma grazie anche a chi ha recensito e seguito la mia storia,
lasciandomi
dei commenti stupefacenti e bellissimi! Grazie per avermi fatto
gongolare di
felicità nel sapere che, effettivamente, a qualcuno piace
ciò che scrivo!
GRAZIE DI TUTTO, A TUTTI!
P.S:
gli extra saranno
due o tre al massimo. Ho già qualche idea, e sono in fase di
scrittura.
Purtroppo tarderò un po’ a postarli
perché parto, ma non temete, sarà la prima
cosa che farò quando torno!
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Capitolo 19 *** Extra n°1 ***
Extra n° 1
Alice
La
mia irritazione era al culmine. Non mi ero mai sentita così
umiliata in vita
mia. Per di più da Jasper. Lacrime di delusione e rabbia
cercavano in tutti i
modi di traboccare dai miei occhi, ma non glielo permisi. La
dignità era l’unica
cosa che mi era rimasta in quel momento.
La
nostra discussione ancora continuava a risuonarmi nelle orecchie, come
se la stessi
rivivendo per la centesima volta.
Edward era sdraiato sul
letto. Il suo respiro era profondo e regolare, il petto
che si muoveva sinuosamente su e giù.
Ricordavo che quando ero
una bambina mi divertivo ad accudirlo come se fosse stato il mio
fratellino più
piccolo, sebbene fosse indietro di un anno soltanto. Avevo cercato di
proteggerlo. Ma non ce l’avevo fatta. Lo avevo avvertito che
quella ragazza era
ben lontana dalle apparenze… e quell’arpia gli
aveva fregato i soldi, la
dignità, l’anima intera…
Era stato un mese
pauroso, denso di sospetti e di paure.
Avevo paura
più che mai
di perderlo. Era stato una tortura, vedere Edward così
impotente, così insicuro
e triste… tutto per quella schifosa puttana, che non aveva
mai meritato appieno
il suo amore…
Era mio cugino, ma solo
di formalità. Lui era qualcosa di più profondo,
un fratello. Se prima lo amavo
sopra ogni altra cosa, ora era secondo solo a Jasper.
Jasper aveva dovuto
sopportare
tanto quel mese e non potevo che ringraziarlo. Ormai mi ero
praticamente
trasferita da Edward, facevo i salti mortali per andare al lavoro e
cucinargli.
Mia mamma veniva lì solo per ramazzargli la casa, io per
tenergli compagnia.
Per un’intera settimana avevo visto Jasper solo alla sera.
Sospirai, socchiudendo la
porta della stanza.
Jasper era seduto sul
divano, le braccia ostilmente incrociate sul petto muscoloso. Mi
accasciai al
suo fianco, accoccolandomi al suo fisico longilineo. Ero stanchissima,
quella
giornata avevo fatto davvero di tutto.
“Dorme?”,
chiese. Mi
irrigidii. C’era qualcosa di meccanico e rigido nella sua
postura, nella sua
voce profonda. Mi spaventò non poco.
Decisi di fare finta di
niente, così annuii. “Si, poverino… sta
avendo un momento proprio difficile”
“Da un
mese”, concluse
lui, cinico.
Lo guardai, curiosa.
“Ti
senti bene?”, domandai, timorosa.
“No, per
niente”
Sospesi il respiro.
“Qual
è il problema?”, dissi dopo un paio di secondi.
Sciolse la sua posa
statica.
I suoi magnifici celesti mi trafissero
infuriati, facendomi sobbalzare. Non mi aveva mai guardata
così, se non
per gioco. E questa volta non era un gioco.
“Quale vuoi che sia il problema?”
Mi accigliai.
“Se magari
me lo dicessi…”
“Non
saprei… forse che tu
hai una casa e un moroso che pretende un po’ di attenzioni
dopotutto…”
Strinsi le labbra.
“Cosa
vorresti dire?”
Contrasse la mascella.
“Alice,
non è possibile…”
Sbuffai, avendo capito.
“Smettila, Jazz!”
“Un mese,
Alice, un
mese!”, sussurrò, livido di collera.
Perché non
capiva? “È
come un fratello per me!”
Non mi
ascoltò. “Un mese
che non facciamo l’amore, che non stai a casa un attimo,
tutto solo perché la
moglie lo ha lasciato…”
“Non posso
abbandonarlo
nel momento del bisogno…”
“Beh, non
c’è nemmeno
bisogno che gli stai dietro come a un bambino! Ha venticinque anni, se
la
caverà da solo!”
Non potevo credere a
ciò
che stavo udendo. La mia mente strava lavorando, frenetica e impazzita
per il
sovraccarico di informazioni. No, Jasper non l’avrebbe mai
fatto. Eppure non
potei interpretare in altro modo la sua furia. “Mi stai
dicendo di scegliere?”
Jasper si
bloccò,
inorridito. La rabbia sembrava completamente svanita. “No,
Alice, questo no…”
Balzai in piedi, furente.
“Invece si! Mi stai dicendo di scegliere, vero? O te o
Edward, dico bene?”,
urlai. Ero completamente impazzita, in piena crisi isterica.
“No…”
Scossi la testa,
incredula. E scoppiai. “Sei proprio uno stronzo, Jasper, uno
stronzo di merda!
Io ti amo, okay, ma non puoi chiedermi di scegliere tra me e la mia
famiglia.
Sai già cosa sceglierò…”
“Alice…”.
Si alzò anche
lui, sovrastandomi con la sua altezza indomabile. Mi trattenne per un
braccio,
ma lo scostai violentemente.
“Niente Alice!
Lasciami
in pace! Stronzo di merda!”.
Presi la giacca e uscii
di casa, sbattendo la porta.
Perché
aveva fatto così? Come poteva pretendere che facessi
l’amore con lui quando mio
fratello stava male? Perché si era comportato
così egoisticamente? Perché,
perché, perché…
Camminavo
velocemente per le strade di New York, sotto lo sguardo malizioso degli
stranieri e dei passanti.
Non
mi importava più un accidente di niente.
Edward
stava morendo di depressione, e io non potevo fare nulla. Non solo, ma
avevo
fallito su un altro fronte. Dannazione, io amavo Jasper alla follia, e
non ero
riuscita a renderlo felice. Ero io quella triste, quella che stava
condividendo
con Edward una brutta esperienza, non Jasper.
Ero
stata proprio una stronza.
Un
automobile si accostò al mio fianco, abbassando il
finestrino. Fantastico,
adesso mi toccava ad affrontare lo stupratore di turno.
“Al,
ti prego, sali”, urlò Jasper dal finestrino,
cogliendomi di sorpresa.
Sussultai
di gioia nel vederlo. La mia mente non faceva che suggerirmi che se lui
era
venuto a prendermi per chiarire, allora ci teneva ancora a me. Ma fu
l’orgoglio
a imporsi sulla mia espressione. Il mio sguardo si irrigidì
di brutto. “No.
Vattene”, tagliai corto, gelida.
Alzò
gli occhi al cielo. “Al, non fare la difficile,
sali”, ordinò, rigido.
“Ho
detto di no”
“Alice,
se non ti muovi…”
“Ehi,
bellezza, perché non lasci stare il biondo e vieni con
me?”, si intromise un
uomo alle mie spalle. Era basso e scuro di carnagione, lo sguardo nero
acceso
di malizia.
Jasper
ridusse gli occhi a due fessure, fulminandolo. “Ma come ti
permetti, stronzo? È
la mia donna”
L’uomo
ghignò, divertito. Si avvicinò ancora di
più a me, parandosi davanti. “Non mi
sembra che voglia venire con te. Allora vieni?”, incorse
incoraggiante.
Avevo
tanto la faccia da puttana che tutti me lo chiedevano? Jasper era
furente,
aveva già slacciato la cintura. E quell’uomo non
avrebbe di certo potuto farmi
niente. Sorrisi, sorprendendo Jasper. “Perché
no?”
Jasper
spalancò la bocca. “Alice!”,
urlò. Era pazzo di gelosia, lo si sentiva dalla
voce.
L’uomo
sogghignò. “Visto, biondo?”. Si
accostò di più a me, prendendomi un braccio.
Fu
quel minimo contatto a farlo impazzire: scese dalla macchina in un
attimo. “Porca
puttana, Alice. Sali in macchina!”, gridò,
apparentemente più un folle che una persona
lucida.
Tutti
i passanti nella via si voltarono verso di noi, confusi.
Risi,
fintamente civettuola, rivolgendomi all’uomo. Con uno
strattone mi liberai, per
poi dirgli gentile: “Magari un’altra
volta”
Aprii
la portiera, accomodandomi il più dignitosamente possibile
sul sedile. Jasper
mi imitò veloce come un fulmine. Non appena la richiusi,
partì a tutta
velocità.
“Ma
sei impazzita? Che cosa credevi di fare? Se non c’ero io cosa
facevi? Ti
prostituivi sull’autostrada?”, sbraitò,
isterico.
Sporsi
il labbro inferiore, per nulla ferita dalle sue accuse.
“Già. Oggi era il mio
turno, devo pur guadagnarmi qualcosa per vivere”, lo schernii.
“Non
dire stronzate…”
“Non
mi sembra che gli uomini mi siano indifferenti. Non facevano che
guardarmi… secondo
me avrebbero accettato in cambio di qualche soldo”, constatai.
“Gli
avrei spaccato la faccia”
“Oh,
ma guarda un po’, il giovane spaccone universitario Jasper
Whitlock sta
ritornando alla grande”
“Cazzo,
Alice, smettila!”, insorse, fuori di sé.
Aspettai
cinque secondi che si calmasse del tutto. “Davvero ti da
fastidio l’idea che io
possa andare con altri uomini?”. Adoravo quando faceva il
geloso.
“Eccome…”
“Tanto?”,
insistetti, sbattendo velocemente le ciglia.
“Senti,
Alice, tu sei mia, e non mi va che altri uomini ti guardino o facciano
pensieri
poco casti sul tuo conto”. Arrossì lievemente, un
po’ per la rabbia residua, un
po’ per la confessione imbarazzante.
Risi.
“Certo, come quel povero ragazzo
all’università che era andato in giro a dire
che avevo un bel culo e tu gli avevi dato un pugno. E pensare che non
stavamo
nemmeno insieme”
Jasper
sorrise al ricordo, lanciandomi un’occhiata. “E
l’avevo fatto passare per un
incidente”
“Già,
anche se dopo un anno ti sei confessato pietosamente”
Rise,
divertito.
“Lo
sai che non sarei mai andata con quello lì,
vero?”, mormorai dopo due secondi,
affranta.
Strinse
le sue dolci labbra piene e chiare. “Dammi una ragione per
crederti”
Inclinai
la testa verso di lui, leccandomi maliziosa le labbra. “Sono
solo la tua
puttana, troione…”
Ridacchiò,
arricciando il naso. “Anche se non mi sembra che questo mese
ti sia data tanto
da fare…”
Scossi
la testa, ritornando seria. “Avresti potuto semplicemente
dirmelo, invece di soffrire
in silenzio per un mese”
“Che
cosa?”
“Che
ti sentivi trascurato… ti avrei accontentato anche
subito”. Non mi ero mai
sentita così male. Mi ricordò la nostra prima
volta, quando ero ancora lievemente
traumatizzata per Matthew, il mio ex, sebbene avessi diciotto anni, tre
anni
prima di incontrarlo.
Jasper
sbuffò, infastidito. “Non voglio un rapporto
veloce… ti volevo semplicemente a casa”
Sapevo
cosa volesse dire. Posai una mano sulla sua, intenta a maneggiare il
volante.
Immediatamente me la strinse e la portò sulla sua coscia.
“Jazz, Edward amava
tanto Tanya… è come se tu mi avessi lasciata,
così, di punto in bianco…”,
spiegai, paziente.
“Cosa
avresti fatto?”, domandò, gettandomi una breve
controllata.
Sorrisi,
amara. Rafforzai la presa.“Mi sarei gettata dal
balcone”
Jasper
scosse la testa, concentrata sul parabrezza.
“Capisco… perdonami, amore, non
volevo”, bisbigliò. Portò il dorso
della mia mano alle sue labbra, posandovi un
lieve bacio.
Quando
sentivo le sue mani, le sue labbra su di me, provavo le stesse emozioni
che
provavo tre anni fa. Chiusi gli occhi, incantata dai dolci sensi
dell’amore. “È
come un fratello per me… come se oltre ad Emmett ci fosse
anche lui… gli voglio
bene”
“Certo”
“Quindi…
ti ho trascurato, eh?”. Ridacchiai, una leggera nota isterica
nella voce.
La
notò subito, perché si affrettò a
rassicurarmi.“Non ti infastidirò più,
Al,
promesso. Pensa a curare Edward”
“No,
no, no… stasera sai cosa facciamo?”
Si
irrigidì sul sedile. “Cosa?”
“Do
da mangiare a Edward, lo metto a letto e poi torno a
casa…”
“E…”,
mi incoraggiò lui, il respiro dolcemente affannoso.
Si
fermò al semaforo rosso. Gli presi il viso tra le mani e vi
avvicinai il mio. Gli
leccai avidamente le labbra, assaporando il suo naturale profumo.
“E sarò tutta
tua… interamente, completamente… potrai farmi
tutto quello che vuoi, potrai sfogare
tutta la tua passione trattenuta in un mese…”
“Davvero?
Ma Edward…”
“Dormirà
come un angioletto… allora? Ti ispira?”, chiesi,
fintamente languida.
Scattò
il verde e premette il piede sull’acceleratore. Era pallido.
“Eccome se mi
ispira”
“Perfetto.
Allora stasera fatti trovare nel letto, alle dieci sarò
lì. Portami a casa
adesso e mi raccomando, lavora sulle pratica del caso di questa
settimana”
“Perfetto”.
Si fermò davanti alla casa dei miei.
“Amore…
grazie”, mormorai, sincera.
Si
accigliò. “Di cosa?”
“Di
esistere”
________________________________________________________________________________
Dio mio, perdonatemi per
il ritardo madornale! Il tempo non mi è stato proprio amico
in questi giorni,
perso più che altro negli acquisti per la partenza.
Spero che il capitolo vi
sia piaciuto, ragazzi. Mi era parso doveroso metterlo, più
che altro per capire
fino a quanto Alice sia stata coinvolta in questa situazione. In ogni
caso…
lanciate pure verdure!XD
Il prossimo credo che
sarà l’ultimo extra, e lo posterò a
settembre. Eh, già, lunedì parto e
starò
via fino alla fine del mese (i miei cari nonnini mi
aspettano…-.-‘)!
Quindi, grazie mille alle
15 fantastiche persone che hanno recensito lo scorso capitolo e a chi
mi ha
aggiunta ai preferiti/seguiti/autori preferiti! GRAZIE!
E…
BUONE VACANZE!
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