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Ciao a tutte! Questa è
la mia prima fan fiction su questo meraviglioso manga/anime che è Fullmetal
Alchemist. Parla della coppia Edward/Winry, coppia che io adoro *-*! Vi devo avvisare che questa storia è
particolarmente lunga. Fino ad ora ho già scritto nove capitoli e sono più o
meno a metà, quindi, tenetevi pronti.
Spero davvero che vi
piaccia. Confido nei vostri commenti. Baci! <3
Quelle parole rimbombarono nel silenzio. Lei sapeva che quel silenzio
significava qualcosa, qualcosa di molto importante.
Primo, in quel
silenzio erano racchiuse migliaia di pensieri, di parole, di sentimenti, ormai nascosti
da troppo tempo, e che ancora non avevano avuto il coraggio di uscire allo
scoperto. O almeno, non completamente.
Secondo, quel
silenzio si sarebbe propagato avanti nel tempo. Non voleva ammetterlo, non
poteva. Sapeva che quel silenzio nascondeva un addio, un addio che l’avrebbe
distrutta, divorata lentamente dentro, fino ad arrivare alla sua anima, così
celata dentro di lei.
Umph.
Anima.
Quanti ricordi le
faceva riaffiorare quella parola.
L’anima di Alphonse,
che era stata costretta a ripararsi per anni dentro una grande armatura, e che
finalmente si era ricongiunta con il suo corpo.
L’anima di entrambi
i fratelli Elric, ormai segnata per l’eternità da quell’errore di alcuni anni
prima, da quella trasmutazione umana.
In fondo, a quel
tempo erano bambini, solamente due bambini che volevano riavere accanto la loro
mamma morta.
Ma, a dire la
verità, in quel momento a lei non importava.
Tutti i suoi
pensieri si sciolsero in un istante per lasciare spazio solo ad uno, al centro
esatto del suo piccolo mondo.
Non le importava se
la sua anima era dannata, se il suo passato nascondeva terribili segreti. Lei
lo conosceva benissimo il suo passato, forse meglio di chiunque altro.
Ed ora che stava lì,
tra le sue braccia, avvolta in quell’abbraccio così caldo e a accogliente,
protettivo, aveva capito che per lei, quel ragazzo, così impertinente e
permaloso, era tutto.
Alzò le braccia, che
fino a quel momento erano rimaste, immobili, lungo i suoi fianchi. Strinse quel
corpo così perfetto, e appoggiò dolcemente la testa sulla sua spalla.
-Grazie.
Di nuovo la sua
voce, la voce che avrebbe ricordato per l’eternità. Lo strinse di più, quasi
volesse entrare nel su corpo e divenire un tutt’uno con lui. Sospirò.
Grazie. Le aveva
detto... grazie.
Era così strano,
detto da lui. Eppure era un semplice grazie.
Perché l’aveva
ringraziata? Che cosa aveva fatto per avere la sua così difficile gratitudine?
Non riuscì a trovare
una risposta a quel pensiero, perché la sua voce la interruppe di nuovo,
stavolta con un sussurro, quasi non volesse che quelle parole scappassero dalle
sue labbra sottili.
-Tornerò indietro.
Quelle
parole uscirono con difficoltà dalla sua bocca, che si chiuse in una smorfia.
Il cuore di Winry ebbe un tuffo. Era già arrivato quel momento, quel momento
che temeva tanto. Era arrivato troppo presto.
Non
voleva lasciarlo andare, non in quel momento. Era sempre stata innamorata di
lui e non riusciva a capacitarsi di non vederlo più.Non voleva che quell’abbraccio fosse il loro
ultimo addio.
Forse,
però, c’era ancora una speranza. “Tornerò indietro”, aveva detto.Aveva paura a credergli. Aveva paura di
rimanere delusa, troppo delusa.
Aveva paura, ma
voleva credergli. L’avrebbe aspettato anche tutta la vita, se fosse stato
necessario.
Avrebbe atteso il
suo ritorno, appoggiata al balcone della finestra.
-Sì.
Disse Winry, quasi
senza accorgersene. Edward mosse le labbra, senza dire nulla.
-Fai attenzione.
Terminò la ragazza,
con voce tremante, trattenendo una lacrima. Non poteva piangere. I suoi grandi
occhi azzurri si scurirono, ottenendo il colore della notte. Edward le
accarezzò un’ultima volta i capelli e le sorrise.
Si girò, e mise un
piede sul treno, così come aveva fatto alcuni minuti prima. Questa volta, però,
non si rigirò. Mise anche la seconda gamba sul treno. Il contatto produsse un
rumore metallico. Mise una mano sul ginocchio, accarezzando il freddo acciaio.
Quella gamba di automail gli avrebbe sempre ricordato della ragazza che stava
fuori, a guardarlo partire.
-Tornerò...
Sussurrò nuovamente,
senza farsi sentire da Winry. Camminò nel corridoio deserto e si sedette sul
sedile rosso proprio al centro del vagone. Con il mento appoggiato sulla mano,
guardava fuori dal finestrino.
Il treno partì.
Il paesaggio
cominciò a scorrere sempre più veloce. Con la coda dell’occhio guardò indietro,
giusto in tempo per vedere una lacrima scendere dal candido viso di Winry.
Strinse il pugno e
serrò i denti.
-Scusa, Winry. Non
ho mantenuto la mia promessa.
Disse a se stesso,
ben sapendo che la ragazza non avrebbe mai potuto sentirlo.
-Ti avevo promesso
che la prossima volta che avresti pianto, lo avresti fatto di gioia.
Tornò a guardare
fuori dal finestrino. Le campagne di Resembool sfrecciavano veloci fuori,
lasciando spazio alle case e alle strade della città. Guardò il cielo, così
azzurro e luminoso, come gli occhi della sua amica d’infanzia.
Sorrise.
-Tornerò Winry. E
ti farò di nuovo piangere. Ma di gioia, questa volta. Te lo prometto.
Ecco qui il primo capitoletto della mia luuuuuuunga
storia! Sper sia di vostro gradimento! Questa è una mia visione dell’ultima
scena dell’episodio 64 (capitolo 108 del manga).
Ciao
a tutte, ecco il secondo capitolo della storia. Questi primi due chappysono i più corti e ank i più tristi, gli
altri saranno migliori ^.^
Vi
lascio al secondo capitolo =)
2.ERBA BAGNATA
Il profumo dell’erba
bagnata era una cosa che aveva sempre caratterizzato le verdeggianti campagne
di Resembool. Era bellissimo quando, dopo un violento acquazzone, i nuvoloni
neri lasciavano spazio a un sole caldo e splendente e l’erba cominciava a
disseminare il suo profumo per tutti i prati del paesino.
Winry era solita
distendersi sull’erba morbida, con la sua bandana rossa in testa, a guardare le
nuvole che si spostavano lente, e cercare di indovinare che forma avessero.
Inspirò
profondamente quell’odore, così familiare. Era l’aroma della sua terra, della
sua casa, del suo passato, dei suoi ricordi.
Sorrise, coprendosi
con una mano gli occhi, abbagliati dal sole.
Era così bello
ricordarsi delle sue corse a perdifiato con Edward e Alphonse. Quando erano
bambini, passavano tutta la giornata insieme a rincorrersi e a giocare tra quei
morbidi prati. Rotolavano giù dalle collinette e si lanciavano a terra,
divertendosi a fare “la lotta”.
Era divertentissimo
fare la lotta per finta, tra di loro. Negli ultimi anni, però, Ed e Al avevano
scoperto davvero cosa significassero la lotta, la guerra, la battaglia per la
sopravvivenza.
Dopotutto, con la
loro alchimia, avevano salvato il mondo.
Le tornarono alla
mente le sensazioni che aveva sentito quando l’anima stava uscendo dal suo
corpo, attirata dal “padre” di tutti gli homunculus, che voleva diventare
l’essere perfetto. Ricordò anche che, in quel momento, non aveva pensato a se
stessa.
L’unica
preoccupazione per lei in quel momento riguardava una persona sola. Forse era
stata anche egoista, ingiusta rispetto a tutte le altre persone che le volevano
bene. Ma in quel momento di assoluto dolore, il nome che animava i suoi
pensieri era soltanto uno. Edward.
-Ed...
Sussurrò, chiudendo
gli occhi.
Dov’era Ed? Dov’era
il ragazzo del quale era innamorata da una vita?
Ormai erano passati
due quasi due anni dalla sua partenza alla stazione, e da quel giorno non
l’aveva più sentito. Forse, quell’ultimo abbraccio che si erano scambiati di
fronte al treno, era davvero stato l’ultimo.
Forse quello che
aveva sempre temuto essere un addio, lo era per davvero.
La sua mancanza era
troppo forte, sentiva come se le mancasse una parte di lei. La sua parte più
importante.
Strizzò gli occhi
sotto la potenza luminosa del sole. Li aprì comunque, cercando di resistere
all’impulso di chiuderli. Se avesse pianto con gli occhi aperti, avrebbe
facilmente potuto dare la colpa ai raggi del sole.
Non voleva ammettere
di essere così debole da piangere per la sua mancanza.
Ma non ci riuscì. Le
sue palpebre si chiusero, e sulle sue guance scesero due grandi lacrime, che
risplendevano alla luce del sole.
-Me lo avevi
promesso...
Singhiozzò, mentre
le sue lacrime scendevano fino a incontrare i soffici ciuffi verdi d’erba.
Strinse i pugni intorno a dei ciuffi e li strappò con forza, alzandosi a sedere
e lanciandoli violentemente davanti a sé.
-Mi avevi promesso
che saresti tornato!
Urlò, il viso rigato
dalle lacrime. Si passò nervosamente una mano tra i capelli biondi, e si lasciò
ricadere all’indietro.
L’ultimo ricordo che
aveva di lui era quello alla stazione. Le sue parole continuavano a rimbombarle
nella mente. “Mi sento molto meglio ora”, “Grazie”, “Tornerò indietro”.
Quella voce non le
usciva dalla testa, continuava a essere lì presente. Il suo ricordo non
svaniva, non se ne andava, rimaneva aggrappato a qualcosa nel suo cervello,
qualcosa che le impediva di dimenticarlo.
Inspirò a fondo
nuovamente.
L’aroma fresco le
inondò le narici e i polmoni, inebriandola di ricordi. Il suo cuore cominciò a
battere forte. Aveva capito per quale motivo quell’odore le stava tanto a
cuore.
Non era solo l’odore
della sua casa, della sua campagna, del suo mondo.
No.
Era anche il SUO
odore.
Era il profumo dei
suoi capelli. Dei suoi bellissimi capelli, così dorati e fluenti.
Era il profumo della
sua pelle, così morbida, ma anche così rigida quando tirava i muscoli.
Era il profumo della
sua voce. Sì, perché anche la sua voce, a modo suo, sapeva di erba bagnata.
Finalmente capì per
quale motivo non riusciva a togliersi il suo pensiero dalla testa, per quale
motivo era così difficile per lei liberarsene.
Grazie per aver commentato, sei stata l’unica xD
comunque i primi due capitoli sono corti, gli altri dureranno un po’ di più J grazie per seguire la mia fan fiction ^.^
Eccovi
il terzo capitolo della mia fan fiction! Questo capitolo è un po’ più lungo =)
A
voi!
1.UN LATTIGINOSO RISVEGLIO
-Buongiorno mia
piccola Winry!
Sorrise nonna
Pinako, accarezzando dolcemente i biondi capelli della nipote. Winry si mosse
sotto le lenzuola e sbatté un paio di volte le palpebre, cercando di adattare
la vista alla luce intensa che proveniva dalla finestra appena aperta.
-Dai, vai a fare
colazione.
La vecchietta si
alzò e uscì nella veranda, sedendosi su uno scalino.
Winry scosse un po’
la testa, facendo ondeggiare i suoi lunghi capelli. Si alzò assonnata e si
diresse verso la cucina. Versò distratta il latte nel pentolino e accese il
fuoco.
Nel frattempo, aprì
l’anta dell’armadietto che si trovava nella dispensa e ne estrasse una busta di
biscotti.
Ne addentò uno,
posando poi la busta sul tavolo. Prese una grande tazza blu e vi versò il latte
appena scaldato. Si sedette al tavolo e cominciò a fare colazione.
Distratta bevve un
sorso di latte.
Latte.
Si bloccò, con la
tazza in mano. Il liquido bianco che conteneva si agitò lievemente a seguito di
un suo tremore.
Winry scosse la
testa, e bevve un altro sorso. Sorrise, tra le labbra bagnate da quel liquido
che le faceva ricordare un biondo in particolare.
-Ed odia il latte!
Disse sottovoce,
sorridendo. Intinse un biscotto nel latte e poi lo divorò, assaporandone il
dolce gusto.
Come faceva il latte
a non piacergli? Era così buono, naturale e... si fermò, cominciando a ridere
piano. Non c’era una risposta a quella domanda. Anzi, una c’era, ed era molto
semplice: non gli piaceva semplicemente perché era lui, Edward. Se si metteva
in testa qualcosa, non c’era nessun modo di fargli cambiare idea.
Persino questo le
mancava di lui.
-Lo so che ti
manca quel combinaguai!
Proferì la nonna,
entrando silenziosamente. Winry divenne tutta rossa e rispose, senza girarsi.
-Non... non so di
che cosa stai parlando nonna!
-Ma certo che lo
sai, non sono stupida, cara. Pensi forse che non me ne sia accorta che ti sei
innamorata di quel piccoletto?
Winry si portò una
mano alla bocca, per bloccare una grande e fragorosa risata.
Piccoletto.
Se LUI fosse stato
lì in quel momento, avrebbe sicuramente capito qualcosa come “pulce
ultraminuscola invisibile all’occhio umano” e si sarebbe messo a urlare vari
insulti contro la nonna.
E lei non avrebbe
fatto altro che piantargli la solita fidata chiave inglese in testa.
Le sfuggì un sorriso
dolce. Le mancavano quei momenti. Le mancavano davvero, davvero tanto.
-Vedi, avevo
ragione.
-N-no! Che dici
nonna? Io e... e Ed?
-Sono vecchia ma
capisco tante cose piccola. Si vede tanto, credimi...
-Ma...
-Tornerà, Winry.
Te l’ha promesso se non sbaglio. E so che per quanto irritante sia, mantiene le
sue promesse.
Winry rimase in
silenzio, finendo la sua tazza di latte.
E’ vero, l’aveva
promesso. Una delle abitudini di Ed sulla quale si poteva sempre contare era
proprio quella di mantenere le promesse.
Posò la tazza nel
lavandino e rimise i biscotti a posto, poi si avviò verso camera sua.
Scelse i vestiti e
si cambiò. Si avvicinò al tavolo da lavoro e accarezzò con una mano gli
automail.
-Chissà se la
gamba di Ed è a posto...
Si chiese, volgendo
lo sguardo agli attrezzi posti vicino al comodino. Sbuffò e si avviò alla
finestra. Appoggiò i gomiti al balcone, reggendo la testa con le mani.
Guardò l’orizzonte,
le colline dalle curve morbide e le stradine di campagna che si perdevano tra i
prati fioriti.
Ma non servì. I suoi
pensieri tornavano sempre e costantemente a lui.
Dov’era? Stava bene?
Aveva conosciuto qualcuno? Una ragazza? Si ricordava ancora di lei, la sua
amica d’infanzia? Perché non era ancora tornato?
Mille e mille
domande affollavano la sua testa. Ma un ricordo la colpì come un fulmine in una
calda giornata assolata.
“Io ti darò metà
della mia vita, così tu mi darai metà della tua”
Spalancò gli occhi.
Quelle parole Ed gliele aveva dette poco prima di abbracciarla, poco prima di
sparire su quel treno.
Quella frase non la
convinceva affatto. Cosa voleva dire realmente Edward con quelle parole? Lei
avrebbe dato tutta la sua vita per lui, gli sarebbe stata sempre accanto,
avrebbe sempre potuto contare su di lei.
Ma questo lui lo
sapeva da sempre.
Perché chiederlo di
nuovo?
Forse quelle parole
avevano un significato diverso da quello che pensava lei. Forse, Edward le
voleva dire qualcosa di più. Forse lei aveva capito male... per questo dopo lui
era scoppiato in quella fragorosa risata. Forse lui...
-Winry!
Era la voce di nonna
Pinako. La bionda drizzò le orecchie.
-Sì?
-Devi andare a
Capital City a fare rifornimento di materiale per gli automail!
-Ah... arrivo! Me
n’ero dimenticata!
La ragazza scese di
corsa le scale, afferrò lo zainetto, salutò la nonna e si avviò per la stradina
sterrata che collegava Resembool alla città.
Pinako chiuse la
porta, dopo aver dato un ultimo sguardo alla nipote. Si accese la pipa e mise
sul fuoco un pentolino d’acqua per il tè.
Un’ora dopo, sentì
qualcuno bussare con gran forza alla porta.
-Sì! Sì arrivo!
Borbottò stizzita e
abbastanza infastidita. Afferrò la maniglia e aprì la porta. Socchiuse gli
occhi.
-Eccoti...
-Non ti aspettavi
di vedermi eh?
-Cominci già?
-Sì vecchia!
-Mph.
Pinako guardò male
l’individuo, poi scoppiò a ridere. Lo invitò a entrare e richiuse la porta.
L’ospite si sedette sul divano e mise i piedi sul tavolino, con fare
autoritario.
Eccomi
qui di nuovo, con il quarto capitolo della mia fan fiction. Non sapevo che
taglio dare a questo capitolo, quindi sarà un po’ misto ^^
Spero
sia di vostro gradimento.
Ele_divina
4.IL MANIACO DELLE COLLINE
-Umph.
Sbuffando, Winry
accarezzò l’erba umida vicino a lei. Quando era tornata da Capital City, la
nonna l’aveva cacciata fuori di casa con la scusa che se ne stava sempre dentro
china a costruire automail su automail.
-Non è giusto. A
me piace costruire gli automail...
Si lamentò,
piagnucolando come quando era bambina. Picchiò un paio di volte i pugni a
terra, senza particolare forza. Gonfiò le guance d’aria e poi la liberò.
-Mi tocca stare
qui seduta a far niente un’altra volta. E dire che adesso non ci sono neanche
nuvole.
Chiuse gli occhi e
sospirò. Strappò qualche ciuffo d’erba e se lo portò vicino al viso,
aspirandone il fresco profumo. Sorrise. Ecco, quello sì che la rendeva felice.
Una brezza leggera
si alzò e i fili d’erba volarono lontano dalla ragazza, che raccolse le
ginocchia con le braccia. Ci appoggiò sopra il mento, osservando il tramonto
che dipingeva con calde sfumature rossastre i vasti prati.
Resembool era
davvero bella. Non avrebbe mai abbandonato quel paese. Sorrise, mentre i
ricordi tornavano a occuparle la mente.
Un fruscìo la
distolse dai suoi pensieri. Si voltò, ma non vide nessuno. Tornò a concentrarsi
sulle calde tonalità del cielo.
Un nuovo rumore la
fece sussultare.
-Chi è?
Chiese, con voce
tremante.
Nessuno rispose,
regnava il più totale silenzio.
-C’è nessuno?
Tentò ancora. Non
ricevette nessuna risposta. Cominciò a pensare di esserselo immaginato. D’altra
parte, animali feroci tra le campagne di un paesetto tranquillo come Resembool
non ce n’erano. E se invece fosse... un maniaco? Sì, di quelli che si sentono
alla radio che ti seguono, che si nascondono... e che nel momento in cui meno
te lo aspetti, saltano fuori dal nulla, facendo...
-BUUUUUH!!
-AAAAAAAAAAAAAAAAAHHHHHHHH!!
Winry gridò a
squarciagola, spaventata a morte. Aprì di nuovo la bocca per lanciare un altro
urlo, ma una mano posata sulle sue morbide labbra glielo impedì.
Il cuore le batteva
a mille... la paura l’aveva assalita... chi poteva essere?
L’ombra si spostò.
Un ciuffetto alto si distingueva in quella massa oscura.
Forse era proprio un
maniaco!
Un delinquente!
Era... era...
-Edward?!?
Winry spalancò gli
occhi, non riuscendo a dire altro. Il ragazzo, che l’aveva ormai liberata, le
si parò davanti in tutto il suo splendore, ridendo a crepapelle.
-Hahahahahahahahahahahaha!!!
-Edward?
-Hahahahahahahahahahahaha!!!
-Ed... sei... sei tu?
-Hahaha! Sorpresa!
Dovevi vedere la tua faccia! Hahahahahaha!!
Sghignazzò il biondo
piegandosi in due dal ridere.
Il viso di Winry
diventò rosso, poi viola, blu... si tinse di tutti i colori dell’arcobaleno. Le
sue mani, serrate a pugno, puntavano verso il basso, così come il suo sguardo. Di
sicuro, se lo sentiva, aveva anche il fumetto che le usciva dalle orecchie.
Edward bloccò la sua
folle risata, notando il cambiamento continuo di carnagione della sua amica.
-W-Winry?
Lei non rispose.
-Winry?
Provò ancora, ma non
ebbe il risultato sperato. La ragazza alzò di scatto il viso, guardandolo
dritto in faccia. I suoi occhi da azzurri e splendenti che erano, si erano
trasformati in due fiamme ardenti di rabbia. Edward sbiancò e fece qualche
passo impacciato indietro.
-Hem... Win... sei
arrabbiata, vero?
Chiese,
terrorizzato.
-No... non sono
arrabbiata... SONO FURIOSA!!!
Urlò lei, sfoderando
la sua fidata chiave inglese, tirata fuori da non si sa dove. Ed cominciò a
correre per il prato, inseguito da quella furia della sua migliore amica.
Girandosi per farle la linguaccia, però, mise male un piede e rotolò giù dalla
collinetta. Approfittando della distrazione, Winry lo colpì direttamente in
fronte lasciandogli un grande livido rosso.
-Ahi! Mi hai fatto
male!
Le urlò contro,
massaggiandosi il gigantesco bernoccolo che gli era cresciuto. Winry, che aveva
riacquistato il suo colorito naturale, era seduta vicino a lui e sghignazzava
vittoriosa.
-Non è divertente!
Sbuffò lui,
guardandola storto.
-Oh sì, lo è!
-Ah sì? Beh
vediamo per quanto!
Ora le parti si
erano invertite. Era lei che scappava ridendo da lui, che correva piano di
proposito per farla vincere.
Erano tornati
bambini, a rincorrersi tra quei prati infestati dai ricordi. Edward si stancò e
saltò addosso a Winry. Entrambi caddero sull’erba, uno di fianco all’altra,
entrambi col fiato corto.
Si misero a ridere ,
guardando com’erano finiti.
Dopo un po’, Winry
prese la parola.
-E così, sei qui!
Disse raggiante, alzandosi
e sedendosi sull’erba. Tante volte aveva pensato a come sarebbe stato
rivederlo, ma mai avrebbe immaginato che sarebbe stato così.
-In carne ed ossa!
O quasi!
Ridacchiò,
indicandosi la gamba sinistra.
-Mi sei mancato,
Ed.
-Anche tu, Win.
La ragazza sorrise
smagliante e si tuffò al collo del suo amico. Entrambi precipitarono di nuovo
sul tenero prato.
-Te l’avevo
promesso, giusto?
-Già... sono così
felice!
Sussurrò Winry, con
gli occhi pieni di lacrime. Scoppiò a piangere e Ed la strinse a se. Il ragazzo
sorrise, accarezzandole dolcemente i capelli.
Ce l’aveva fatta a
mantenere anche quella promessa. Winry piangeva. Piangeva di gioia.
Finalmente Winry ha rivisto il suo amato Edward! Penso
che il prossimo capitolo lo posterò domani, o tra due giorni.
Ringrazio di cuore tutti quelli che seguono la mia
storia, grazie davvero.
Eccomi
qua, aggiorno subito perché ho paura che con la scuola che è appena iniziata,
poi non riuscirei più a postare nuovi capitoli, quindi finché posso mi porto
avanti.
Mi scuso
per il precedente capitolo, non ne ero molto convinta e non credo che sia
venuto un gran che bene, solo che è il preferito di mia sorella e mi dispiaceva
modificarlo. Spero comunque che non sia stato troppo brutto >.<
Comunque sia,
ecco il capitolo successivo. A voi, buona lettura!
5.IL TEMPO NON CAMBIA
-Ce n’è ancora?
Chiese Edward,
spostando lontano da lui il terzo piatto di zuppa, ormai completamente vuoto e
pulito. Pinako lo guardò alzando un sopracciglio.
-Se continui così non
ci rimarrà più niente da mangiare!
Si lamentò, colpendo
il giovane con l’indice della mano destra. Edward strinse i pugni intorno alla
tovaglia, ma poi si lanciò contro la vecchia, urlandole contro.
-Beh scusa se ho
fame dopo due anni di viaggio!
-Non hai mai
mangiato... fagiolino?
-Certo che ho
mangiato, brutta vecchia! E.... chi sarebbe il granello di polvere così piccolo
che non si vede neanche con il microscopio?!
Winry appoggiò il
cucchiaio nel piatto e si alzò, per andare a riempire un’altra ciotola di zuppa
per l’ex alchimista.
-Guarda che non ha
detto così...
Sbuffò, posando la
ciotola davanti al ragazzo. Edward la guardò malissimo, prima di avventarsi
sulla zuppa.
Winry sospirò,
producendo un piccolo lamento con la voce. Non era cambiato di una virgola. Era
sempre lui.
Certo, era cresciuto
in altezza, e adesso la superava di parecchi centimetri. Probabilmente non era
neanche più possibile chiamarlo “fagiolino”. Rise. Era comunque basso, per un
ragazzo della sua età.
Il suo viso si era
allungato, più simile a quello di un adulto. Gli era anche cresciuta una
barbetta biondiccia, che lo faceva sembrare ancora più irresistibile.
Anche i suoi muscoli
erano leggermente più accennati. Doveva essersi allenato molto in quei due
anni.
I capelli, biondi,
splendenti più dell’oro, erano raccolti in una morbida treccia bassa, che
scendeva sulla schiena, e il solito ciuffetto spuntava da sopra la sua testa.
I suoi occhi, fatti
d’oro liquido, erano ancora vispi e allegri come quando era bambino, e come
erano sempre stati. Solo, non c’erano ombre di paura o di sofferenza
all’interno delle iridi dorate.
Erano così limpidi e
puliti.
I suoi lineamenti
erano sempre gli stessi, forse un po’ più duri, più maturi.
Alla fine, era
sempre lui. Era sempre stato lui, il suo Edward, il suo fagiolino. Quel ragazzo
di cui era innamorata da sempre.
-Win?
La richiamò Ed,
sventolandole una mano davanti agli occhi.
La ragazza scosse la
testa, tornando alla realtà. Lui le era davanti, con il viso chinato di lato, e
la fissava negli occhi con un’espressione interrogativa.
-S-sì?
-A che stavi
pensando?
-A... a n-niente!
-Perché
balbetti?pensavi a qualcosa di compromettente?
Sogghignò,
pregustandosi l’imbarazzo della sua amica.
Winry infatti divenne
tutta rossa. Scosse velocemente la testa facendo segno di no. Edward rise.
-no, no, no, no!
-sicura? Hihihi!
-S-sicurissima!
Ora vai a mettere la tua roba nella stanza degli ospiti, io aiuto la nonna a
lavare i piatti.
-D’accordo... poi
ti aspetto lì?
Winry arrossì
nuovamente, balbettando frasi incomprensibili. Ed si accorse di quello che
aveva appena detto e diventò paonazzo anche lui, scuotendo le mani davanti alla
ragazza.
-C-cioè io
intendevo.. ehm...
-Sì... per parlare
n-no?
-Sì! Così ti
racconto tutto...
-O-ok... hehem...
-Ok... a... a
dopo?
-Certo...
Edward infilò una
mano nella tasca, mentre con l’altra afferrò la valigia e salì le scale. Winry
rimase ferma immobile in mezzo alla stanza, ancora con i piatti sporchi in
mano.
Il rossore sulle sue
guance non era ancora del tutto scomparso.
Lei e Ed... in
camera... solo loro due... da soli?
Beh, a dire la
verità era successo già altre volte. Quando erano piccoli, o quando doveva
aggiustargli gli automail distrutti...
Perché al solo
pensiero si sentiva così tremendamente in imbarazzo?
-Eh, l’amore...
Disse
Pinako, risciacquando una delle scodelle della zuppa di Ed. Winry si voltò
verso di lei senza dire una parola. Era inutile parlare con la nonna, ormai
l’aveva scoperta.
-Ehm... Ed?
-Winry? Sei tu?
-Sì... posso
entrare?
-Certo, entra
pure...
Winry spinse la
porta di legno ed entrò a piccoli passi nella stanza. Edward era lì, disteso
sul letto, con le braccia incrociate dietro la testa. La gamba sinistra, quella
col l’automail, era piegata sul letto, l’altra era distesa sul materasso.
Indossava un paio di
morbidi pantaloni blu del pigiama, e una leggera e aderente canottiera bianca.
I muscoli delle braccia, così forti ed evidenti, erano perfettamente delineati
dal chiaro-scuro formato dalla tenue luce della lampada da comodino.
I capelli dorati
erano sciolti e si disperdevano fluenti sul cuscino.
Era... bellissimo.
Winry deglutì e si
sedette sul letto accanto a lui. Ed le si avvicinò, sedendosi a gambe
incrociate davanti a lei. Rimasero in silenzio, i loro sguardi erano
incatenati.
Winry sentì dei
brividi percorrerle tutta la schiena. Erano così vicini... così vicini che
quasi potevano... BAM! Una nuvola di piume si alzò dal cuscino che Ed aveva
appena tirato in testa alla sua amica. Il ragazzo sorrise trionfante.
-Cos’hai appena
fatto, Ed?
Grugnì Winry,
prendendo l’altro cuscino. Non fece in tempo a lanciarglielo che lui l’aveva
colpita nuovamente. Fingendosi arrabbiata, li lanciò su di lui, colpendolo più
volte.
Passarono dieci
minuti così, a giocare e a ridere come non avevano mai fatto. Dopo un ultimo
colpo, distrutti, si lasciarono cadere sul letto, pieno di piume.
Si guardarono per un
lungo istante, sorridendo. Era in quei momenti che Winry si rendeva davvero
conto di quanto fosse innamorata di lui.
Edward si avvicinò a
lei e le diede un bacio sulla guancia.
Il cuore sembrava
volesse uscirle dal petto. Perfetto. Se solo un piccolo bacio sulla guancia le
dava questo effetto...
Arrossì e distolse
lo sguardo da lui.
-Allora...
Cercò di cambiare
discorso.
-Perché sei stato
via così tanto?
-Ho viaggiato un
po’... ho visitato molte città... e ho riflettuto...
-Su cosa?
-Su tutto... su
quello che era ci era capitato... a me ed Al intendo. A proposito, spero che
lui stia bene. Non è ancora tornato, giusto?
-Giusto. È andato
a est.
-Lo so. Comunque,
oltre a quello, ho riflettuto anche su altro.
-Cioè?
-Eheheh. Cara
Winry... mica ti posso dire tutto!
-Umph. Sei sempre
il solito.
-E perché dovrei
cambiare? Sono perfetto così.
Winry preferì non rispondere.
Sbadigliò sonoramente. Le sue palpebre spingevano verso il basso. Era stanca,
non riusciva più a tenere gli occhi aperti. Edward se ne accorse.
-Win... hai
sonno.. vai a letto!
-No! no non
sono... *yaaawn* stanca...
-A chi la vuoi
dare a bere? Non riesci neanche a tenere gli occhi aperti...
-Sì che riesco.
Sei appena tornato, non ti vedo da due anni. Fammi stare un po’ con te. Di
sicuro tra poco ripartirai...
Edward sorrise,
senza risponderle.
-Quanto...
*yaaaaaawn*ti fermi?
-Non lo so,
vedrò... intanto aspetterò il ritorno di Al. Per il resto, un motivo ci sarebbe
per rimanere di più...
-E... quale...
sar...
Non riuscì a
terminare la frase. Scivolò nel sonno con un sorriso dipinto sul volto. Quando
Ed se ne accorse, Winry stava già dormendo profondamente.
Il biondo sorrise
dolcemente. Afferrò il lenzuolo che si trovava sul bordo del letto e coprì
entrambi. Si sdraiò accanto a lei, guardando il suo dormiente viso d’angelo.
-Te...
Sorrise.
-Buonanotte,
Winry.
Disse infine,
chiudendo gli occhi e entrando nel mondo dei sogni.
Ed ecco concluso anche questo capitolo. Edward è
tornato e Winry è davvero molto felice... non so se questo capitolo sia
accettabile... mi baseròsulle vostre
recensioni (se ce ne saranno) per scoprirlo! ^.^
Di nuovo, grazie di cuore a tutti quelli che seguono la
mia fanficiton, mi rendete felice!
Eccomi qui con il sesto capitolo. Ci eravamo lasciti
con Winry che si è addormentata accanto ad Ed. personalmente questo capitolo è
uno dei miei preferiti, sono davvero soddisfatta di quello che ho scritto.Spero di essere riuscita a far trapelare le
sensazioni di Winry con queste poche righe.
Grazie del vostro appoggio! Vi lascio al capitolo 6!
6.PREZIOSO COME L’ORO
Il caldo soffocante
si faceva sentire, quella mattina, e i luminosi raggi del sole entravano
prepotentemente dalla finestra aperta.
Edward e Winry
dormivano ancora, una rannicchiata nell’angolo più remoto del letto, l’altro
completamente stravaccato a gambe divaricate, con la bocca aperta.
Un pettirosso si
posò sul balcone della finestra e cominciò a cinguettare allegramente una dolce
melodia.
Winry si rigirò un
paio di volte tra le lenzuola, poi si decise ad aprire un occhio. Sbadigliò,
poi si guardò intorno.
Uhm.
Quella non era
camera sua, ne era certa.
Quella era la camera
degli ospiti... cosa ci faceva lì? Ah già... Ed.
Voltò la testa e lo
vide... si coprì la bocca con una mano, soffocando una risata. Che strana posizione
per dormire, pensò. Sbatté un paio di volte le palpebre, poi si appoggiò sui
gomiti e si mise a guardarlo.
Nonostante i capelli
spettinati e l’irriverente espressione del viso, doveva ammettere che era
veramente bello.
Ma lui era sempre
stato veramente bello.
Osservò i suoi
capelli, lucenti come fili d’oro. Sembravano così... perfetti. Dentro di se
sentiva un enorme desiderio di toccarli.
Non resistette alla
tentazione.
Ne prese una ciocca
tra le dita. Erano così morbidi, setosi. Sottilissimi. Li mosse un pochino. La
luce che entrava li faceva risplendere in una meravigliosa luce dorata.
Senza neanche
pensarci se li porto davanti alle narici, e ne annusò l’odore.
Sorrise, scossa da
leggeri tremiti di piacere.
-Erba bagnata.
Disse con un filo di
voce.
Sorrise,
tremendamente felice. Ed era lì con lei, finalmente, dopo tanto tempo. Niente
più alchimia, niente più guerre, niente più pericoli. Era lì, con lei.
Non sapeva quanto
sarebbe rimasto, ma la sua vicinanza la rendeva tremendamente felice. Sognò di sentirlo
dire che sarebbe rimasto lì per sempre, ma già sapeva che sarebbe stato
impossibile.
Non era un tipo
sedentario, il suo Ed.
-Haha.
Rise.
Suo.
Arrossì all’idea di
quell’aggettivo possessivo (e sottolineo possessivo) affiancato a lui, anche
se, naturalmente, le avrebbe fatto molto piacere se quello che aveva pensato
fosse vero.
Ma in quel momento
non le importava. Ed era suo, in un certo senso.
-Tu sei mio...
Sussurrò guardandolo
dolcemente, mentre gli accarezzava una guancia. Un sorriso beffardo comparve
sul volto del giovane ex alchimista. Winry tolse di scatto la mano.
-Sono tuo?
Chiese, sempre con
quel sorrisetto. Winry arrossì di botto e scosse velocemente la testa.
-No! no intendevo
che... ehm... tu sei... mio... miope!
-Miope?
-Sì sei miope! Non
ci vedi bene! Ecco perché rompi sempre i miei automail!
Ed alzò un
sopracciglio e la guardò dubbioso.
-Win i tuoi
amatissimi automail li rompo nei combattimenti!
-Beh sì è vero ma
è perché ci vedi poco!
-Lo sai che questo
non ha senso?
-Sì lo so!
-E allora perché
lo dici?
-Perché...
perché... perché è uno scambio equivalente!
-Ma cosa centra
adesso?
-Non lo so! Tu lo
dici sempre!
-Sì ma... ahhh...
Si arrese,
passandosi una mano tra la sua chioma dorata. La guardò dritto negli occhi e
sorrise, mettendole le mani sulle spalle.
-Lascia stare,
Win.
La ragazza annuì
arrossendo. Edward si alzò dal letto e uscì dalla stanza, probabilmente per
andare a fare colazione.
Winry rimase
immobile sul letto. Girò lo sguardo verso il cuscino sul quale Ed aveva posato
la sua testa. Qualcosa di luminoso catturò la sua attenzione. Si avvicinò e
prese tra le mani quello splendente filo dorato.
Sorrise e lo strinse
tra le mani, come fosse il suo più grande tesoro.
Un tesoro prezioso,
prezioso come l’oro.
Ed ecco un
altro capitolo concluso. Vi ringrazio infinitamente per leggere questa fan
fiction! Aspetto i vostri commenti ^.^
Grazie a ketty-san per aver commentato! Sono davvero felice che ti
piaccia! Spero di non averti deluso con questo capitolo.
Ecco qui il nuovo
capitolo! Devo dire che questo non mi ha completamente soddisfatta. Non so perché,
ma non lo ritengo ben scritto. Sarà una mia impressione?
Beh, le mie
impressioni non contano ora, perché sono le vostre quelle importanti. Fatemi sapere
ciò che ne pensate, ok? =)
A voi!
7.IL SIGNIFICATO DELLE PAROLE
-Adesso che sei
tornato pensi di poter restar qui a non fare niente tutto il giorno?
-Sì.
-Stai dicendo sul
serio?
-Sì.
-E immagino che
non ci sia alcun modo per farti cambiare idea.
-Esattamente.
Winry sbuffò, raggiungendo
Edward, che era disteso sul prato, con un filo d’erba in bocca. Lo muoveva
distrattamente, mordicchiandolo con gli incisivi.
-Ed, la nonna oggi
è fuori città, ci siamo solo noi a casa!
-E allora?
-Mi devi dare una
mano!
-A fare cosa?
-Che domande! A
pulire, a cucinare, a...
Ed si alzò e le
tappò la bocca con una mano, con un’espressione molto infastidita dipinta sul
viso.
-Non ci contare,
Win.
-Lo sapevo, sai.
Edward sorrise e le
scompigliò i capelli. Winry chiuse gli occhi mostrandogli la lingua. Poco dopo
si distese sull’erba. Lui la imitò. La ragazza si voltò verso di lui.
-E un po’ di tempo
per me lo trovi?
Ed la squadrò con
uno sguardo inequivocabile, come a dire “ma cosa cavolo stai dicendo”. Poi, con
la sua solita faccia da schiaffi, le rispose.
-Basta che non
devo alzarmi.
Winry si finse
offesa e si voltò di spalle a lui. Il biondo alzò gli occhi al cielo e le
tocchettò la schiena con l’indice della mano destra, quella che un tempo era
occupata dall’automail.
-Win?
Winry rimase in
silenzio per un po’. Ad un certo punto, dimenticata la finta offesa, si rigirò
verso Ed che la guardava in modo strano.
-Ed...
-Già passato
tutto?
-Lascia perdere.
C’è un dubbio che mi scava nella mente da davvero molto tempo.
-Spara...
Winry si alzò a sedere
sul prato, dando le spalle all’ex alchimista. Lui fece forza sulle braccia,
tenendosi su con i gomiti. Winry sentì il suo sguardo premerle sulla schiena.
-Due anni fa...
quando te ne sei andato...
Cominciò.
-Sì?
-Tu mi dissi una
frase... parlasti dello scambio equivalente. Dicesti “io ti darò metà della mia
vita, così in cambio tu mi darai metà della tua”.
Edward deglutì,
sapendo che quella storia non sarebbe finita bene. Non si era dimenticato di
quello che le aveva detto quel giorno.
Ricordò di essere
stato terribilmente imbarazzato dicendole quelle parole, di così grande
importanza per lui. A quel tempo, però, non sapeva neanche perché le avesse
dette, quelle parole.
-Cosa... cosa
significavano?
Eccola, la domanda
tanto temuta. E ora, cosa le avrebbe risposto? Non lo sapeva neanche lui. Era
così terribilmente difficile trovare una risposta a quella domanda.
Winry si voltò verso
di lui, guardandolo con i suoi grandi occhi azzurri. Sbatté le lunghe ciglia un
paio di volte, cercando di capire per quale motivo il biondo non le desse
alcuna risposta.
Edward non riusciva
a distaccare lo sguardo da quelle iridi così blu e luminose, come il cielo e
come il mare.
Era questo uno dei
motivi per il quale era stato via così tanto tempo.
Era su questo che
aveva riflettuto, durante il suo viaggio a ovest.
Due anni non gli
erano bastati per capire in pieno il messaggio contenuto in quelle parole che
lui stesso aveva pronunciato.
In realtà, però, lui
sapeva benissimo quale fosse il significato, solo che non voleva ammetterlo.
No, era veramente
troppo per lui.
Lui non era fatto
per quello. Sapeva di provare QUEL sentimento da davvero molto tempo, ma non
aveva mai avuto il coraggio di ammetterlo, né a se stesso, né a nessun altro.
“io ti darò metà
della mia vita, così in cambio mi darai metà della tua”. Fu stravolto dalla
verità di quelle stesse parole.
Continuò a fissare
quegli occhi, quel viso, quella ragazza. La maledisse mentalmente per averlo
fatto entrare in quell’immensa confusione.
-Allora? Cosa
significavano?
“significavano
che...” non riusciva proprio a dirle, quelle due parole.
-Quelle parole
sono il motivo delle mie riflessioni... non ho fatto altro che pensare a quello
in questi due anni...
Winry lo guardò
senza capire.
-Cosa intendi
dire, Ed?
Il ragazzo sorrise.
No. non poteva dirglielo. Né ora, né – probabilmente – mai. Abbassò lo sguardo,
non riuscendo a sorreggere quello della ragazza un secondo di più.
-Lo capirai...
Si limitò a dire.
-Non puoi dirmi
così, Ed! Sono due anni che questa domanda mi tormenta!
-E cosa ci posso
fare io?
Rispose, fingendosi
seccato.
-Come cosa ci puoi
fare? Dimmelo! Ti prego, Ed...
Lo stava implorando.
I grandi occhi blu tremolavano, quasi avessero intenzione di sciogliersi da un
momento all’altro.
Forse era giunto il
momento di ammetterlo, pensò.
-W-Winry...
Balbettò. Era così
difficile, così maledettamente difficile.
Come poteva essere
così difficile ammettere a se stesso una cosa così semplice come essere
innamorato?
...
...
...
Innamorato.
Spalancò gli occhi,
rendendosi conto di quello che aveva appena pensato. C’era riuscito, era
riuscito ad ammetterlo almeno a se stesso.
Era un bella
sensazione, anche se estremamente imbarazzante. Divenne completamente rosso in
viso.
Tornò a guardarla,
per l’ennesima volta, negli occhi.
-Cosa c’è? parla
chiaro!
-Il fatto è che...
io... intendevo dire che...
-Hey ragazzi!
Dannazione. No.
questo no.
-Al!
Gridò Winry,
alzandosi in piedi e correndo verso il minore degli Elric. Gli saltò in
braccio. Alphonse la strinse forte e poi corse a salutare il fratello.
-Ciao fratellone!
Edward rimase in
silenzio. Era quasi riuscito a dirglielo.
-Ciao, Al... sono
così contento di rivederti!
Disse,
abbracciandolo. Dopotutto, non stava completamente mentendo. Era davvero molto
felice di poter rivedere il suo amato fratellino. Era così felice che scacciò
tutti i precedenti pensieri dalla testa.
Forse era un segno
del destino.
Forse il significato
di quelle parole doveva essere tenuto nascosto, e il suo sentimento celato e
rinchiuso dentro il suo cuore.
Sorridendo, seguì i
due che si erano avviati verso la casa dove avevano vissuto la loro infanzia. A
metà strada si fermò, in mezzo al campo. Winry era già lontana, aveva quasi
raggiunto la casa. Al era a metà del percorso, e si stava avvicinando a Edward.
Quest’ultimo,
approfittando di quell’ultimo attimo di solitudine, sussurrò, con un filo di
voce, le parole che aveva tenuto dentro da una vita.
-Ti amo, Winry.
Quelle parole che, probabilmente, nessuno, oltre a
lui, avrebbe mai udito.
Ecco qua
completato anche questo settimo capitolo. Certo che le cose tra questi due non
riescono proprio a smuoversi, eh? Beh, comunque sia, almeno QUALCUNO è riuscito
ad ammettere QUALCOSA non trovate? xDxD
EdxWinry 4evergrazie davvero per il tuo commento, sono
felice che la mia storia ti piaccia! ^^
Ketty_san grazie per la tua recensione, sono felice di non averti delusa!
Comunque, ho pensato che Edward fosse troppo orgoglioso e timido per rimanere
lì con Winry! Spero che questo capitolo sia stato all’altezza =)
Onyriahahahaha!
Grazie per il commento! Sì, in effetti mi è dispiaciuto un po’ farlo andare via
così, ma ho pensato che sarebbe stato di più nel suo personaggio! Spero che
anche questo capitolo ti piaccia, anche se non mi convince molto.
Giugitzu grazie!! Davvero moltissimo... sono felice che la mia fanfiction sia di tuo gradimento!
Eccomi qui con l’ottavo capitolo. I protagonisti di
questo tratto della storia sono unicamente Edward e Alphonse. Principalmente,
le frasi sono date dai pensieri del nostro amato ex alchimista.
Spero che sia di vostro gradimento. ^.^
8.CONFESSIONI FRATERNE
-scusa per oggi,
fratellone.
Edward si alzò dal
letto, guardano dubbioso Alphonse, che si stava mettendo il pigiama. Oh. Era
così bello vederlo... umano. Non che lui non lo sia mai stato. Ma ora era...
ecco... nel suo corpo.
Ed fu invaso da una
strana sensazione di protezione e di felicità. Osservò le manche del pigiama di
Al che si spiegazzavano sulle braccia magre e pallide, ma calde e morbide, non
più rigide e metalliche. Sorrise per un attimo, poi tornò all’affermazione del
fratello.
-Per cosa?
Al gli si avvicinò e
si sedette sul bordo del suo letto. Sospirò. Ed alzò un sopracciglio, sempre
più confuso.
-Per avervi
interrotto.
-Interrotto?
-Sì, te e Winry.
Cosa? E Al come
faceva a sapere che...
-Non pensavo che
steste parlando di cose importanti.
L’ex alchimista
inclinò la testa di lato, osservando gli occhi del fratello minore, dorati e
splendenti, proprio come i suoi. Al scosse la testa.
-Ho sentito quello
che hai detto.
-Ah.
Sì limitò a dire
Edward, guardando altrove. Alphonse gli toccò gentilmente la spalla, per
chiamarlo e farlo girare. Ed si girò malvolentieri verso il fratello. Non aveva
alcuna voglia di affrontare quell’argomento.
-Gliel’hai detto?
-Detto cosa?
-Ah, sei sempre il
solito. Che la ami, fratellone!
Ed spalancò gli
occhi e arrossì lievemente. Era da quel pomeriggio che non ci pensava. Al,
senza perdere la pazienza, aspettò una sua risposta.
Dopo un lungo minuto
di silenzio, arrivò.
-No, non gliel’ho
detto.
-E perché mai?
Perché sono arrivato io? Senti se è così mi dispiace davvero tanto, non avevo
idea che...
-Chiudi il becco,
Al. Non cominciare. Non è stata colpa tua.
-E allora perché
non...
-Perché di no! Al
è troppo difficile da spiegare!
Alphonse non si
scompose. Aveva una grandissima pazienza con il fratello, così come l’aveva con
tutti. Non si arrabbiò nemmeno un po’, anche se Edward continuava a
interrompere i suoi discorsi. Si era abituato a quel carattere, ormai.
-Sono anni che sei
innamorato di lei.
Anni. Sono anni che
Al aveva capito tutto. Ma era così palese quel suo sentimento verso la bionda
meccanica? Ma da quanto tempo era innamorato di lei? Non riusciva a ricordarlo.
Da sempre, pensò. Probabilmente, fin da quando erano bambini.
Aveva quasi
vent’anni, ormai. Tralasciando i primi 10 anni di vita, nei quali è
praticamente impossibile innamorarsi, secondo i suoi calcoli, Winry gli piaceva
da circa dieci anni. Wow.
-Quando l’hai
capito?
-Beh, non ricordo
esattamente, ma molto tempo fa. Di questo sono certo.
-Umph. Perfetto.
Grugnì stizzito,
camminando un paio di volte avanti e indietro per la stanza. Tolse l’elastico
che legava i suoi capelli e li lasciò scivolare fluenti sulle sue spalle. Una
cacata d’oro puro.
Gettò l’elastico
lontano, e fissò il suo volo finché non lo vide sparire nella penombra. Il
fratellino, dal canto suo, aveva seguito ogni sua mossa con particolare
attenzione.
-Sai che anche lei
è innamorata di te, vero?
Edward si bloccò in
mezzo alla stanza, immobile. Voltò lentamente la testa verso Al, che lo
guardava sorridendo.
-Lei non è
innamorata di me.
Il minore dei
fratelli Elric rise, enfatizzando la sua risata con ampi gesti delle mani. Ed
sbuffò seccato e incrociò le braccia sul petto. Si avvicinò al fratello e lo
colpì con poca forza sulla nuca.
-Non è divertente,
Al.
Disse serio.
Alphonse smise di ridere ma non si arrabbiò con il fratello. Anzi, gli sorrise.
A Edward ribollì il sangue nelle vene. Come faceva suo fratello a non perdere
mai la calma? Mai? Roteò gli occhi e osservò la sua gamba sinistra. Picchiettò
con il tallone un paio di volte sul pavimento di legno, producendo un rumore
metallico.
-E allora perché
piangeva ogni volta che noi, che tu te ne andavi? Perché non riusciva a
sopportare la tua mancanza? Perché i suoi pensieri e le sue preoccupazioni sono
sempre rivolte a te?
Ed sussultò. In
effetti, il rapporto tra lui e Winry non era più come quello di quando erano
bambini. Era cambiato qualcosa. Ma cosa? Quel che era certo, era che non era
peggiorato. Questo era poco ma sicuro.
Sapeva benissimo di
volerle bene. Anzi, di amarla.
Ma che tipo di amore
era? Non era un amore fraterno, come quello che provava per Al. No. era
qualcosa di diverso, di più forte.
Sapeva benissimo
che, quando le aveva detto quella frase, prima di salire sul treno, prima di
andarsene, voleva dire una cosa precisa. Ok, in quel momento, poco prima di
partire, non lo sapeva. Ma ora sì.
-Due anni fa,
prima di salire sul treno, le dissi una cosa.
Al si avvicinò a
lui, sempre stando seduto sul letto. Ed rimase in piedi, davanti a lui.
-Le dissi che
volevo uno scambio equivalente.
-Cioè? Spiegati
meglio.
-Certo. Le dissi
che le avrei dato metà della mia vita, così in cambio lei mi avrebbe dato metà
della sua.
Alphonse rimase
senza parole. Non avrebbe mai potuto pensare che il suo fratellone sarebbe
stato capace di dire una cosa del genere.
-Ma...
-Ma?
-Penso che lei non
abbia capito. Mi disse che non mi avrebbe dato metà della sua vita. Mi disse
che me l’avrebbe offerta tutta. E poi si è messa a farfugliare qualcosa
riguardo a delle percentuali... ma non è questo il punto. Al, lei ha capito...
-... che tu la
volevi accanto a te come amica. Che ci sareste sempre stati, l’uno per l’altra.
Giusto, fratellone?
Ed abbassò lo
sguardo. Fissò il pavimento, stringendo i pugni.
-Mentre tu...
-Io intendevo
tutt’altro...
-Cosa, di preciso?
Forza, ce la poteva
fare. Poteva ammetterlo almeno a lui, a suo fratello. Colui con il quale aveva
affrontato la più grande avventura della sua vita. Certo, lui lo sapeva già. Ma
ancora non l’aveva ammesso con le sue parole. Era forte, era stato il grande
alchimista d’acciaio, il più giovane alchimista di stato della storia. Poteva
farcela.
-Volevo dire
che... il mio desiderio era di passare il resto della mia vita con lei. Le
stavo chiedendo di... di... ah, non lo so Al. So solo che...
Dai, un ultimo
sforzo. Ammettilo, Edward. Ammettilo.
-Che... che in
qualche modo, volevo farle capire... che la amo.
Al sorrise e si alzò
dal letto. Appoggiò una mano sulla spalla del fratello. Edward alzò lo sguardo,
cercando quello di Alphonse.
-È di questo che
stavate parlando prima, vero?
-Vero.
-Scusa di nuovo,
per averti interrotto.
-No, Al. Non
scusarti. E’ stato meglio così. Non era il momento, probabilmente.
Al si allontanò da
lui, dirigendosi verso il suo letto.
Anche Ed tornò nel
suo. Si infilarono sotto le coperte e spensero la luce. Passarono alcuni minuti
di assoluto silenzio, poi Alphonse prese la parola.
-Ed?
-Sì?
-Mi fai una
promessa?
-Quale?
-Promettimi che
dirai tutto a Winry.
Edward in un primo
momento non rispose. Dire tutto a Winry... non ce l’avrebbe mai fatta! Ma
forse... in un lontano futuro avrebbe anche potuto...
-Ti prego...
Sorrise. Non poteva
deludere il suo fratellino, non un’altra volta.
-Va bene, Al. Te
lo prometto.
-Grazie.
-Buonanotte...
-Buonanotte,
fratellone.
Riuscirà Edward
a mantenere la promessa fatta al suo fratellino? Lo scopriremo presto!
Onyria no, Ed non è gay! xD volevo solo
cercare di andare a passo con la vera storia. Ho pensato che se Winry avesse
detto una cosa del genere a Ed nel manga/anime, lui non avrebbe di certo
pensato male. O almeno, io la vedo così! ^.^ Per quanto riguarda la faccenda
dei vestiti, nei prossimi capitoli cercherò di aggiungere qual cosina, ok?
Grazie dei tuoi consigli e delle tue critiche, mi sono davvero utili! =)
Siamo arrivati al decimo capitolo! È stato
faticosissimo da scrivere questo, davvero. Non sapevo come far andare la storia
tra i due, così ho deciso di descrivere così.
Spero vivamente che vi piaccia =)
10.ORO NEL BLU
-No!
Il grido si sparse
per tutta la campagna, allarmando la gente che abitava nelle vicinanze. Den
entrò abbaiando dalla porta. Si girò verso Edward, che aveva emesso l’urlo.
Ringhiò.
Ed gli si parò
davanti, spaventandolo con un “buh!”. Il cane scappò guaendo, scivolando con la
zampa di metallo.
Winry guardò
“l’amico” mettendosi la mano sinistra sul viso. Non sarebbe mai cambiato, quel
ragazzo. Lo sapeva bene. Eppure quella mattina... era stato così diverso...
-Perché?
-Non ho nessuna
intenzione di lavare i piatti!
-E perché mai? Non
fai mai niente!
-E scusa, dovrei
fare qualcosa?
-Sì, dato che non
lavori nemmeno!
-Mi pare che fino
a un paio di anni fa, io lavorassi anche troppo!
-Oh sentilo, il
signor “io combatto i cattivi”!
Edward la guardò
malissimo. Si girò senza risponderle e uscì dalla casa. La ragazza rimase ferma
in mezzo alla stanza, con un’espressione delusa sul volto.
Con la mente
indietreggiò di qualche ora, tornando all’alba, quando lo aveva trovato davanti
alla tomba di sua madre e l’aveva consolato. Lu si era lasciato abbracciare,
senza protestare o proferire alcuna parola.
Come poteva essere
cambiato così?
Come poteva
deluderla in questo modo, e parlarle così male? E lei, che si era anche illusa
che tra loro stesse per accadere qualcosa.
Una povera illusa.
Ecco quello che era.
Fuori, a consolare
il povero Den, c’era Al. Chino sul cane, gli accarezzava allegramente il
ventre, spargendo peli dappertutto.
Appena sentì dei
passi, il ragazzo alzò gli occhi. Edward si fermò.
-Che hai da
guardare?
-Cos’hai fatto a
questo povero cane?
-Hhm! Io non gli
ho fatto proprio niente!
Brontolò lui, senza
aggiungere altro. Si sedette su uno scalino e guardò l’orizzonte. Alphonse lo
raggiunse, serio in volto.
Un forte rumore
catturò la loro attenzione. Sembrava che qualcuno stesse sbattendo a terra uno
per uno i piatti, riducendoli a inutili cocci.
Alphonse si batte
una mano sulla fronte.
-Hai fatto
arrabbiare Winry, vero fratellone?
-È lei che si è
arrabbiata.
-Ma per colpa tua.
-Ma che dici, Al?
Le ho detto che non avrei lavato i piatti, punto.
Al sospirò.
-Allora è per
questo che è arrabbiata!
-Se l’è presa per
niente!
-No, invece! Tu
non l’aiuti mai a fare niente. Ora alzati, e va da lei.
-No.
-Per favore
fratellone, alzati.
-No.
-Alzati...
-No.
-Edward alzati
immediatamente!
Ed guardò seriamente
preoccupato la faccia del fratello, divenuta completamente rossa dalla rabbia. Vederlo
in quello stato era assolutamente raro. Senza pensarci due volte, si alzò
velocemente e corse verso Winry.
-Eccomi...
La ragazza non si
girò, ma gli indicò nervosamente una fila di piatti sporchi. Edward le si
avvicinò e cominciò a insaponarli con la spugna.
Tra i due regnava il
silenzio più totale. Uno insaponava, l’altra risciacquava. Era come una catena
di montaggio, perfetta sincronia. Fino a che due ingranaggi non si scontrano.
O meglio, due mani
si sfiorano.
Entrambi, scossi da
un brivido lungo la schiena, si allontanarono, rossi in viso. Dopo il primo
momento di imbarazzo, tornarono al loro compito.
-Scusa, per prima.
Winry drizzò le
orecchie. Edward, il suo amico Ed... che le chiedeva scusa? Ah! Questa non
voleva proprio perdersela.
-Ho sbagliato...
-Certo che hai
sbagliato.
-Ma ora sono qui
no? quindi non lamentarti.
-Non mi sto
lamentando.
-Se lo dici tu...
-Sì, lo dico io.
Il silenzio tornò
padrone di quella situazione. Poco dopo, però, Ed formulò una domanda alla sua
amica meccanica.
-Perché hai
chiesto proprio a me di aiutarti?
Winry si fermò un
secondo. Sembrò riflettere.
-Perché tu non fai
mai niente!
-Non è... sì, è
vero. Hai ragione.
La bionda rise di
gusto, schizzando d’acqua il giovane ex alchimista di fianco a lei. Un pensiero
le attraversò la mente. Sorrise, imbarazzata.
-a dire la verità,
è anche perché avevo voglia di stare un po’ vicina a te...
Ed non rispose,
divenne tutto rosso.
-Insomma... sei
qui ormai da due settimane, e non siamo stati mai tanto insieme. Cioè, sì. Lo
siamo stati... ma non come... un tempo... quando eravamo piccoli.
Edward lavò l’ultimo
piatto e lo posò sulla credenza. Sbloccò lo scarico e osservò l’acqua sparire,
in un piccolo vortice.
Aveva capito
perfettamente quello che intendeva dire Winry. S’incamminò verso le scale,
facendo segno all’amica di seguirlo.
-È vero Win ma...
adesso siamo grandi.
Winry abbassò la
testa, colpita da quella dura verità. È vero, non erano più bambini. Il loro
rapporto era cambiato, non c’era dubbio. Edward aprì la porta della camera
degli ospiti ed entrò. Winry lo seguì, pensierosa.
-Già, hai ragione.
Ed è... cambiato qualcosa.
-Beh sì, siamo
cresciuti.
-Non intendevo
questo. È cambiato qualcosa... tra di noi.
Quella frase le era
sfuggita dalle labbra, non era stata capace di fermarla. Si morse il labbro inferiore,
consapevole di essere entrata in un vicolo cieco.
Edward però sembrò
non capire.
-Tu pensi che sia
cambiato qualcosa?
-Io... sì. Credo
di sì.
-Che cosa?
Disse il biondo,
avvicinandosi a lei. “Forza”, si disse Winry mentalmente, riflettendo sulle parole
da dire. “Hai vent’anni, sei cresciuta. Sei innamorata di lui da quand’eri
bambina! Fatti forza, e diglielo!”.
-Vorrei tanto
sapertelo dire...
Farfugliò, non
trovando le parole adatte. Comunque, ammesso e non concesso che fosse riuscita
a dirglielo, chi le assicurava che la cosa non sarebbe degenerata? E se lui si
fosse messo a ridere, a prenderla in giro o cose così? O se invece le avesse
detto che lui non provava niente? Avrebbe rovinato per sempre la loro
meravigliosa amicizia.
Era difficile...
-Prova a
spiegarmelo...
Troppo difficile.
Dal canto suo,
Edward stava cercando di decifrare i pensieri della sua amica d’infanzia. Ma
anche mettendocela tutta, non ci riusciva.
Primo, perché sapeva
fare tante cose, ma leggere nella mente non era ancora rientrato tra le sue capacità.
Secondo, perché non
riusciva a staccare gli occhi da lei. Era così bella, così maledettamente
bella. Un leggero venticello entrava dalla finestra, e faceva muovere
delicatamente i capelli della ragazza, che ondeggiavano liberi davanti agli
splendidi occhi di zaffiro. Era incantevole.
-Non ci riesco,
Ed.
Il ragazzo non smise
di osservarla. Era così vicina... non le era mai stato così vicino per tutto
quel tempo. Tralasciando il periodo in cui erano bambini, ovviamente.
Senza accorgersene,
allungò un braccio e le accarezzò una guancia, che divenne, nel giro di una
manciata di secondi, color cremisi acceso.
-Io sì.
Cos’aveva detto?
Cos’aveva detto?! No. Non era possibile. Maledizione alla sua boccaccia!
Maledizione!
Maledizione!
Maledizione!
E ora? Come ne
sarebbe uscito? Winry aveva sollevato lo sguardo, che si era illuminato di una
luce più intensa. L’azzurro dei suoi occhi era carico di sentimento. Non riuscì
a reggere quello sguardo un secondo di più.
Si guardò le mani.
La mano destra, per l’esattezza.
Ora la vedeva umana,
calda, morbida. Ma fino a pochi anni prima, era fredda, dura. Era d’acciaio.
Ricordò di tutte quelle ore passate a petto nudo, disteso su un lettino di
fianco a Winry, mentre quest’ultima gli aggiustava gli automail.
Ricordò di quanto si
sentisse contrariato quando rompeva un automail. Si sentiva estremamente male,
dato il dolore insopportabile, ma anche immensamente bene, perché sapeva che,
di lì a poco, l’avrebbe rivista. E avrebbe passato qualche ora con lei,
fingendo di averlo rotto per sbaglio, quell’automail.
Eh sì. Sapeva
benissimo di procurarsele volontariamente quelle rotture. Chiaramente, non
sempre, ma a volte sì.
Le mancava talmente
tanto, durante i combattimenti, che faceva veramente di tutto, pur di poterla
vedere o sentire anche per un solo, piccolo istante.
Ed ora, era lì.
Davanti a lui.
Era lì, sarebbe
sempre stata lì.
Non servivano più
automail distrutti, né dolori né inutili bugie, per averla accanto. Era lì con
lui, e lui era lì con lei.
In quel momento, non
c’era più niente a dividerli, a parte quella barriera sottile ed estremamente
fragile che divideva la loro amicizia da qualcosa di più grande.
Ora lui era davanti,
a quella barriera. Doveva decidere se lasciarla intatta, così com’era da vent’anni
ormai, o di frantumarla, e azzerare quella distanza che gli impediva di amarla
nel modo giusto.
-Ed, ti prego. Non
stare zitto.
Il suo tono era
implorante. Il ragazzo si stava torturando le mani con le unghie.
Doveva dirglielo,
non poteva andare avanti così per altri vent’anni. Non poteva tenere nascosto
quel sentimento ancora. Non aveva nessuna intenzione di far diventare Winry il
suo ultimo desiderio. Ma se glielo avesse detto, ammesso che ne fosse stato
capace, sarebbe cambiato tutto. Stravolgimento totale.
Dirglielo.
Non dirglielo.
Avrebbe preferito
ricevere in testa cento chiavi inglesi, combattere contro mille homunculus,
stare a sentire gli ordini e le lamentele di diecimila fastidiosi colonnelli
Mustang, piuttosto che dirle tutto.
-Perché non dici
niente? Non puoi fare un’affermazione simile e poi startene zitto! Non puoi
neanche immaginare come mi stai facendo sentire! Non riesci a capire che sto
dicendo che tra noi è cambiato qualcosa, qualcosa di importante? Edward non
riesci a capirmi?
Edward.
L’aveva chiamato
Edward. Erano davvero rare le situazioni in cui lei lo chiamava con il suo nome
completo, invece che il più amichevole diminutivo Ed.
-ti prego, rispondi!
Non ce la fece.
-Perché mi stai
facendo questo? Mi stai distruggendo internamente! Non capisci che mi stai
facendo male? Non capisci che quello che provo per te è cambiato?
Ed, non lo capisci che ti amo???
Gridò la ragazza,
esasperata. Appena si rese conto di quello che aveva detto, si compì la bocca con
entrambe le mani, abbassando lo sguardo.
Edward la guardava a
occhi sgranati, col fiato sospeso. Non poteva avere sentito bene. Di sicuro,
non aveva capito quello che la bionda ragazza di fronte a lui gli aveva appena
urlato.
Ma, a giudicare
dall’espressione imbarazzata di Winry e dal silenzio assoluto che si era creato
intorno, dedusse che non aveva sentito male.
-Winry...
La ragazza alzò di
scatto lo sguardo, con il viso rosso.
-N-no. cioè... sì.
Però, io intendevo che... e-ecco... io... tu... no. Io volevo dire che... io...
Ed la guardò
sorridendo. I suoi occhi d’oro scintillavano di felicità. Rise silenziosamente
e osservò Winry.
-Shhh. Non dire
niente...
Furono le ultime
parole che dissero entrambi. Si avvicinò lentamente a lei, maledicendo tutto il
suo orgoglio e raccogliendo ogni briciola del suo coraggio. Sfiorò le labbra di
Winry con le sue, infrangendo quella barriera che si era creata tra di loro in
quei vent’anni.
Appoggiò una mano
sulla sua guancia l’accarezzò dolcemente, mentre le sue labbra si posavano su
quelle della ragazza che amava.
La baciò lentamente,
assaporando quella bocca che aveva desiderato per così tanto tempo. Incontrò la
sua lingua. Il contatto gli provocò scariche elettriche in tutto il corpo.
Era così buona, la
sua Winry. Così dolce. Sapeva di miele.
Non riusciva a
staccarsi, tanto quel bacio era bello.
Ma che bello?
Meraviglioso, splendido, indimenticabile.
Dovette però, a
malincuore, allontanarsi. Aveva bisogno d’aria. Riaprì gli occhi giusto un
secondo prima che li riaprisse anche lei.
Si guardarono negli
occhi, senza dire una parola.
Oro nel blu.
Si sorrisero, rossi
in volto.
-Co-cos’è
successo?
Chiese Winry, non
smettendo di sorridere. Edward la guardò. Quel sorriso meraviglioso lo faceva
stare davvero benissimo.
-Win, dai. non lo
devo spiegare, vero?
La ragazza fece
segno di no con la testa.
-Questo cosa
significa per te?
-Beh... quello che
significa per te...
La ragazza si tuffò
tra le braccia del biondo, che la strinse forte in un tenero abbraccio. I loro
cuori battevano furiosamente, e ognuno poteva sentire i battiti dell’altro.
Lentamente sciolsero
l’abbraccio, tornando a guardarsi in viso, rossi dall’imbarazzo. Ed sorrise
goffamente e di diede un altro bacio a fior di labbra a Winry, che lo guardava
sognante. Il ragazzo si alzò e si avviò verso la porta, tentando quasi di
fuggire da quella situazione così difficile quanto meravigliosa. Infilò le mani
nelle tasche dei pantaloni neri e uscì dalla camera, dando un’ultima occhiata a
Winry.
-Vado a preparare
da mangiare, dato che qui non ci pensa nessuno. Ci vediamo dopo, Win.
La ragazza annuì
sorridendo ancora di più. Rimasta sola, si lasciò cadere sul letto chiudendo
gli occhi. Non ci poteva credere, l’aveva baciata. Ed l’aveva baciata!
Il suo cuore ancora
batteva affannosamente, quasi volesse uscirle dal petto.
Si alzò dal letto e
saltellò giù per le scale, prima che il suo “amico” potesse combinare qualche
disastro in cucina.
Completato anche questo capitolo!!! E così, finalmente qualcosa
è successo! Siete contenti? Io sì! xD magari fosse successo qualcosa anche nel
manga/anime...
Comunque sia, dopo il bacio, non avevo la più pallida
idea di come far comportare Ed e Winry. Li ho immaginati imbarazzati, un po’
frastornati... ma poi ho pensato che Edward è molto coraggioso in battaglia, ma
quando si tratta di amore e sentimenti tende a scappare, a nascondersi o a
cambiare discorso (ricordate quando in un episodio Winry gli sta sistemando un’automail
che regge il freddo e lui pensa alle parole del tenente? Che poi si ricorda di Riza gli aveva detto che lui era innamorato di Winry, così
per “scappare” da quella situazione si è messo a recitare la tavola periodica
degli elementi? Ecco ho pensato un po’ a quello). Probabilmente sembrerà un po’
strano, ma, a mio parere almeno, penso che sia “da Edward” questo
comportamento. O forse mi sbaglio. Sta a voi deciderlo.
Con questo vi lascio, scusatemi tantissimo ma davvero
ora non ho il tempo di rispondere alle recensioni. Vi ringrazio comunque
tantissimo.
Nuovo capitolo per voi! Sono davvero felice che gli ultimi
vi siano piaciuti tanto, vi ringrazio per le recensioni.
In questo capitolo, non succede nulla di particolare. Beh,
quasi nulla. Diciamo che Al dice una frase di troppo, una frase che fa
ragionare il nostro Ed su un argomento che, fino a questo momento, non gli ha
mai destato interesse. Spero sinceramente che anche questo capitolo vi piaccia
=)
Buona lettura!
11.QUALCOSA DI SOSPETTO
-ne volete ancora?
Chiese Pinako,
allungando il piatto di portata, sul quale erano rimaste alcune fette
d’arrosto. Alphonse si leccò le labbra e ne infilzò un paio con la forchetta.
-Grazie zia! Il
tuo arrosto è una delle cose che avevo segnato sul mio squadernino delle “cose
da fare quando avrò riottenuto il mio corpo”!
Disse sorridendo,
mentre tagliava la fetta di carne. La nonna si girò poi verso Winry, che
continuava a tocchettare la carne con la forchetta, senza portare niente alla
bocca. Aveva lo sguardo perso, e un sorriso stampato sul volto.
Edward, accanto a
lei, aveva pulito il piatto come al solito. Ma, a differenza delle altre volte,
non era andato a cercare porzioni aggiuntive, e ora se se stava appollaiato
sulla sedia con le braccia dietro la testa e lo sguardo puntato sul soffitto.
-Winry? Edward?
Li chiamò Pinako,
senza ottenere risultati. Socchiuse gli occhi, diede l’ultimo pezzo di carne ad
Alphonse, che la guardava supplicante e poi andò a sedersi sul divano a fumare
la pipa. Scosse la testa, ringraziando il cielo di non essere più
un’adolescente.
Con la coda dell’occhio,
Winry ed Edward si spiavano a vicenda, senza farsi scoprire l’una dall’altro.
Questo giochetto di
sguardi, però, non sfuggì all’occhio vigile di Al. Li guardò confuso. Winry era
improvvisamente diventata priva di ogni forma di normalità e se ne stava a
contemplare il nulla assoluto con un’espressione idiota sul volto, mentre il
fratello, anche se al di fuori non sembrava, aveva sicuramente qualcosa che non
andava.
Mmmh.
C’era qualcosa
sotto, e lui l’avrebbe scoperto.
-Fratellone?
Lo chiamò, scuotendolo
con un braccio. Edward distolse l’attenzione dai suoi pensieri e la sostò sul
fratello minore.
-Che c’è?
-Vieni un attimo
con me
-Perché?
-Ho bisogno di
parlarti!
Ed lo guardò
confuso, ma lo seguì senza fare domande. Appena furono usciti dalla casa, si sedettero
sugli scalini che dalla veranda conducevano in giardino.
Il sole era ormai
calato, e il canto dei grilli rompeva il delicato silenzio della notte nelle
vaste campagne di Resembool.
-È successo
qualcosa?
Chiese Al, guardando
negli occhi il fratello. Edward sobbalzò, indietreggiando sullo scalino. Oh
no... se n’era già accorto. Ma come faceva a capire sempre tutto?
-Non so di cosa
stai parlando...
-Con me non
attacca, fratellone. Ti conosco.
-Mmmh!
Grugnì il maggiore
degli Elric, lamentandosi mentalmente per la perspicacia del fratellino.
Sbuffò, e appoggiò il mento sulla mano destra, che a sua volta era retta dalle
ginocchia.
-Mi leggi nel
pensiero per caso, Al?
-No, ma so capire
quando qualcosa non va. E stasera qualcosa non va!
-E da cosa
l’avresti capito?
-Non lo so, Winry
sembra aver perso la testa e tu... beh sei strano. E poi, non vi siete mai
guardati, stasera. È successo qualcosa, lo so. Quello di cui non sono a
conoscenza è cosa. Me lo dici?
Edward arrossì e
distolse lo sguardo, ammirando l’ombroso cielo notturno. Nel buio di quel
paesino, le stelle si vedevano proprio bene. Brillavano di una luce più
intensa.
Nonostante il
silenzio del fratello, Alphonse colse al volo ciò che il fratello non gli aveva
detto. Sorrise.
-Non dirmi che...
-No, ti sbagli Al.
Non gliel’ho detto.
Il sorriso sparì dal
volto di Alphonse.
-E allora perché
siete così stasera?
-Perché Winry
perde la testa per niente...
Sorrise Edward,
ripensando a quello che era successo nel tardo pomeriggio. Non riusciva a
togliersi di testa quel sapore così dolce. Ma guarda se doveva essere messo KO
da una ragazza. Da Winry, per giunta.
-L’hai fatta di
nuovo arrabbiare?
-No.
Disse semplicemente
Ed, pregustandosi la reazione del fratello a quello che stava per rivelargli.
Rise silenziosamente.
-L’ho solo
baciata...
Disse con falsa
distrazione. Al spalancò la bocca, incapace di emettere alcun suono. Davanti a
lui, Ed chiuse gli occhi e si mise una mano tra i capelli dorati, sfoderando un
enorme sorriso a trentadue denti.
-Tu l’hai cosa?
Edward rise, gli
occhi luccicavano. Era felice e si vedeva. Al gli saltò addosso abbracciandolo.
Scoppiarono a ridere entrambi.
-E bravo il mio
fratellone!
-Hahahaha!
Piantala, Al!
Disse con il sorriso
sulle labbra.
-In fondo è stato
solo un bacio, niente di più!
-Per ora! E poi?
Cos’è successo?
-Poi? Beh
niente...
-Niente niente?
Chiese Al, con tono
volutamente allusivo. Edward lo guardò storto.
-Niente cosa?
-Beh sai...
L’ex alchimista
arrossì di botto. Agitò entrambe le mani davanti al viso del fratello che
rideva, divertito dall’imbarazzo del maggiore.
-M-ma... cosa dici
Al?!
Alphonse non
rispose. Edward, rosso in volto, guardò altrove, respirando il fresco profumo
di erba bagnata. La domanda del fratello, anche si era stata scherzosa, lo fece
riflettere.
Uhm.
Non aveva mai visto
il suo amore per Winry da quell’angolazione.
Era sempre stato
troppo occupato con il lavoro da preoccuparsi della sua adolescenza. Certo,
molte volte si era soffermato a immaginarla mentre si faceva il bagno, o si
spogliava, e quelle immagini lo avevano sempre fatto andare su di giri.
Andiamo, quale ragazzo non ha mai fantasticato sulla sua amica carina?
Ma non aveva mai
pensato a lei in QUEL modo.
Il loro rapporto si
era sempre basato su tutt’altro. Nonostante quei confusi sentimenti per lei,
Edward l’aveva sempre vista come una “sorella adottiva”.
Non gli era mai
interessata poi così tanto la sfera del sesso.
Eppure adesso, a
pensare a Winry in quel senso.... gli provocava strane sensazioni.
Dio, che confusione.
Al, con quella
domanda, l’aveva immerso in un vortice senza uscita.
-Dannazione alle
tue stupide domandine idiote Al!
Gridò Ed, alzandosi
in piedi e correndo su per le scale, verso la camera degli ospiti. Il minore
degli Elric rimase seduto, osservando a occhi sbarrati il fratello dare di
matto senza nessun motivo.
Sospirò, pensando
che il suo fratellone stava impazzendo ogni giorno di più.
Ecco il nostro Al che mette in serie difficoltà il
nostro amato (ex) alchimista!
Accolgo le critiche, non so, ma questa volta sento che
ne arriveranno tante. Questo capitolo non mi piace, non ha molto senso.
Tuttavia, ho pensato che questo capitolo “di
collegamento” era essenziale per lo sviluppo della storia. Ho pensato che a
vent’anni, una persona potrebbe anche cominciare a pensare a queste cose (anche
se si tratta del nostro Edward Elric, che in quindici anni di vita non ha mai
pensato neanche a baciare una ragazza u.u).
Però si sente un po’ confuso, perché è un pensiero
nuovo per lui, essendo sempre stato occupato con l’alchimia, il lavoro e la
faccenda dei loro corpi. Cosa farà Ed dopo questa domandina di suo fratello?
Lo scoprirete più avanti ^.^
Alhia grazie, mi sento
molto realizzata se i miei personaggi sono IC. Mi impegno moltissimo sotto
questo aspetto. Certo, non sempre riesco a delinearli così per come sono. Ma mi
potete perdonare, vero? ^.^
Ketty_sanahahah anche io ho
imparato ad amarlo! C’è il mio ragazzo che è perfino geloso di lui xD (scherza
x fortuna). Cmq grazie per il commento, spero che anche questo capitolo ti sia
piaciuto.
KiriDellenger II ho sempre aspettato anche un minimo
bacio sulla guancia nell’anime... ma figurati! Nemmeno alla fine -.-“ mi hanno
fatta soffrire per 64 lunghe puntate... e poi? Niente. Lui se ne va in treno. Bah,
quel ragazzo non lo capirò mai. Comunque sia, grazie per la recensione ^^
Onyriaè vero, forse l’ho
descritto un po’ troppo fifone xD Non so per quanto ancora la continuerò, non
penso che scriverò ancora molti capitoli. Ma non è ancora detto. Si vedrà. Grazie
per i tuoi commenti, sono sempre molto utili per me =)
Buongiorno a tutti! In questo dodicesimo capitolo
troviamo di nuovo il nostro Ed alle prese con i suoi confusi problemi
adolescenziali xD.
Non vi anticipo altro, vi lascio alla storia!
12. SIAMO SOLO NOI
-che caldo!
Ansimò Winry,
spalancando le finestre della sua camera. Si passò una mano sulla mente sudata
e sbuffò per il fastidio di quell’afa così appiccicosa. Dopotutto, aveva ragione.
Quella sera l’umidità era altissima, e l’estate inoltrata si faceva sentire più
del solito. I grilli urlavano il loro canto, facendo innervosire la povera
ragazza che stava affacciata alla finestra, osservando i vasti prati bui,
illuminati solo dalla bianca luce della luna.
L’umidità, quella
sera, aveva intensificato quel profumo d’erba bagnata che le era tanto caro e
familiare.
Si sfilò la
maglietta, ripiegandola e posandola nel secondo cassetto dell’armadio,
rimanendo in reggiseno. Volse il suo sguardo allo specchio e lo osservò: era
rosa pallido, ornato da un delicato pizzo nero. Si vedeva proprio attraente
quella sera. Arrossì, pensando a quale sarebbe stata la reazione di Edward se
l’avesse vista così. Scosse la testa, eliminando l’imbarazzante pensiero.
Si sdraiò sul letto,
e chiuse gli occhi, volgendo un ultimo sguardo alla tranquilla campagna.
Stava per
addormentarsi, quando qualcuno entrò di colpo, spalancando la porta.
-Win, ho bisogno
di parlarti.
Ed stava sulla
soglia, con la maniglia ancora in mano. Non si era accorto delle condizioni
della ragazza. Winry gettò un urlo e lanciò la chiave inglese che si trovava
sul comodino in testa al povero ex alchimista.
Il ragazzo finì a
terra sanguinante con un gigantesco bernoccolo che spuntava dai lunghi capelli
dorati, sciolti. Si alzò dolorante, massaggiandosi la testa con la mano
sinistra. Lanciò uno sguardo di fuoco a Winry, che nel frattempo si era
nascosta con il lenzuolo.
-Ma che cazzo fai?
Chiese furibondo. La
meccanica si strinse il lenzuolo al petto e urlò contro a Edward, che la
guardava furente.
-Ma cosa fai tu!
Bussa la prossima volta! Maleducato!
-Beh scusa! Che
bisogno c’era di tirarmi in testa quel coso?!
-Mah, secondo te?!
Solo allora Ed si
accorse che Winry indossava solo la biancheria intima. Imbarazzato, si tolse la
canottiera nera e gliela lanciò.
-Ma che fai?
-Mettila, dobbiamo
parlare.
Disse, tornando
serio. La ragazza annuì e indossò la canottiera. Un forte profumo di erba
bagnata la avvolse, facendola sciogliere. Sorrise. Beh, alla fine l’aveva vista
con quel reggiseno. Che le leggesse nella mente?
-Di cosa volevi
parlarmi?
-Beh ecco...
Disse Ed, ormai
seduto sul letto con lei, disegnando cerchietti sulla coperta con le dita delle
mani. Winry era davvero bella quella sera. Aveva qualcosa di speciale, di...
diverso.
-Volevo
parlarti... beh... di quello che è successo oggi pomeriggio...
-Parli del...
bacio?
Ridacchiò
imbarazzata Winry, sorridendo solare. Ed ricambiò il sorriso, accarezzandole
una mano.
-Beh, sì. Ecco
io...
-È stato
bellissimo, Ed.
Il ragazzo l fissò
negli occhi. Osservò quei due oceani blu, quel viso così perfetto, e quelle
labbra così morbide e dolci, che non vedeva l’ora di assaggiare nuovamente.
-Anche... per
me...
Disse imbarazzato, spostando
lo sguardo alla porzione laterale del reggiseno, lasciata scoperta dalla
canottiera troppo grande. Deglutì. Quel corpo lo chiamava, e lui lo desiderava
ardentemente. Come Ulisse viene attratto dal canto delle sirene.
Accidenti a te Al,
pensò.
-È stato...
importante per te?
Che domande. Ovvio
che era stato importante. La cosa più importante in quel momento, l’atto che
aveva desiderato di compiere per anni. L’azione che lo aveva reso estremamente
felice, che lo aveva fatto innamorare ancora di più.
Ma, naturalmente,
non glielo avrebbe mai detto.
-Beh, Win... lo
sai che non sono bravo con queste cose... comunque sì... è stato davvero
importante...
Winry schiuse gli
occhi e gli sorrise.
-Sei bellissima...
Ammise con un filo
di voce. Gli occhi blu della ragazza di fronte a lui si illuminarono, se
possibile, di una luce ancora più intensa.
-Grazie...
Sussurrò, mentre
vedeva il viso del ragazzo che amava farsi sempre più vicino. Chiuse gli occhi
prima di incontrare le sue labbra, così da potersi gustare a pieno anche il
momento d’attesa. Gli circondò il collo con le braccia, premendo sulla sua nuca
per averlo ancora più vicino.
Le loro lingue si
incontrarono e iniziarono a danzare insieme, spinte da una forza a loro
estranea, che avevano conosciuto da poco. Il cuore le batteva furiosamente nel
petto, e dei brividi di piacere avevano invaso il suo corpo.
Edward la teneva
stretta a sé, e non aveva alcuna intenzione di lasciarla andare. Le sue mani
scivolavano veloci sulla schiena della ragazza, sulle guance, sul collo.
Lentamente la fece
distendere sul materasso e lui la seguì, mettendosi sopra di lei, e
soffocandola con i suoi baci, sempre più spinti.
Le parole del
fratello minore gli echeggiavano nella mente.
Lui la voleva.
La desiderava.
La sua mano si
spostò sulle gambe di lei, per poi risalire il bacino e la pancia. Si soffermò
su quest’ultima, accarezzandola delicatamente. Poi riprese il suo cammino,
salendo sempre più in alto, entrando nella canottiera di cotone nero.
Il cuore di Winry
fece un battito più forte quando sentì la calda mano di Edward sfiorarle il
seno sinistro. Posò la mano su quella di lui.
-Aspetta...
Si limitò a dire. Il
ragazzo ritirò subito la mano e la guardò negli occhi. Nello sguardo, si
leggevano mille pensieri diversi: paura, tentazione, delusione, rabbia.
-Non... me la
sento Ed. Scusa.
Edward la guardò
dolcemente.
-Certo Winry.
Scusami tu, ho esagerato.
Si poteva udire una
punta di risentimento nella sua voce. Ma non verso Winry, bensì verso sé
stesso. Cosa stava facendo? Possibile che non sia capace di trattenersi?
Nemmeno un minimo di autocontrollo?
-Scusa davvero,
Win. Non so cosa mi sia preso...
-Stai tranquillo!
Non mi è dispiaciuto, solo... non me la sento stasera...
La sua voce era chiara,
pulita, nitida. Sincera. Edward sorrise, sollevato da quelle poche parole. Il
volto di Winry si illuminò nuovamente.
-Allora vado...
-Di già?
-Sì, ho molto
sonno. Buonanotte Win!
Le diede un bacio
sulla fronte e sia alzò dal letto, dirigendosi verso la porta. Winry, presa dal
momento, sussurrò sottovoce una frase. Nonostante il basso tono, Edward la
sentì chiaramente.
-Aspetta... rimani
qui.
-Che cosa?
-Rimani qui,
stanotte. Dormi con me.
Mormorò Winry,
spostandosi più a sinistra sul materasso, lasciando uno spazio vuoto di fianco
a lei. Il giovane ex alchimista divenne tutto rosso in volto.
-Tu... tu vuoi che
io...?
-Sì... ti prego,
Ed. dormi con me.
Non seppe neanche
come fece, dato che il suo cervello non aveva dato l’ordine di muovere le
gambe, ma ben presto si trovò sotto il lenzuolo con lei. Era imbarazzatissimo e
impacciato. Non sapeva come comportarsi in certe situazioni!
Decise di
circondarla con le sue braccia, così che lei potesse trovare un comodo rifugio
sul suo petto. La bionda meccanica si accoccolò felice tra le braccia del suo
amico d’infanzia.
-Grazie...
Bisbigliò lei, prima
di chiudere gli occhi.
Passarono dieci
minuti, nei quali Edward non aveva fatto altro che osservare il viso di
porcellana della ragazza della quale era innamorato da sempre. Le spostò un
ciuffo di capelli dalla fronte, così da poter ammirare tutto il suo angelico
viso.
Quanto era bella.
Quanto lo rendeva felice tenerla tra le braccia, in quel letto così comodo. Era
quella la vera ricompensa per aver salvato il mondo.
Non il suo braccio.
Non il corpo di suo
fratello.
Non la salvezza del
pianeta.
Certo, anche quelle
erano cose estremamente importanti. Ma in quel momento, non gli interessavano
minimamente. Sapeva di essere un’egoista, ma la cosa non gli destava interesse.
Ora era lì, con lei.
E non c’era niente di più importante al mondo.
La ragazza tra le
sue braccia respirava piano, regolarmente. Il suo seno si alzava e si abbassava
al ritmo dei suoi respiri.
Dormiva, ne era
certo. Sorrise.
-Ti amo.
Disse con un filo di
voce, ben sapendo che lei non l’avrebbe mai saputo.
A quanto pare, però,
si sbagliava.
-Anche io...
Rispose Winry,
sorridendo dolcemente, con gli occhi chiusi. Edward arrossì di botto, nel
scoprire che in realtà Winry era sveglia e aveva sentito tutto.
Si sentiva così
strano dentro. Finalmente era riuscito a dirglielo, e si era levato un gran bel
peso dallo stomaco. Il rossore sulle sue guance sparì.
Sapeva che niente e
nessuno avrebbe potuto rovinare quel momento.
C’erano solo loro.
Edward e Winry.
Nessun altro.
Non c’erano più
parole, né sospiri.
Solo il respiro
lento di due ragazzi, stretti l’una all’altro, che erano entrati da poco in un
mondo tutto speciale, fatto apposta per loro.
Ecco qui, è finito anche questo. Spero di aver
descritto bene i loro personaggi, perché su questo capitolo mi ci sono
soffermata un bel po’... non sapevo se far succedere qualcosa, ma poi ho
pensato: no, è assolutamente troppo presto.
Confido nelle vostre recensioni!
Grazie per tutti i vostri commenti, mi spronate ad
andare avanti con la mia storia! Scusate, so che è Domenica ma ho una quantità
di cose da fare... nel prossimo capitolo vi risponderò alle recensioni,
promesso ^.^
Ecco un
nuovo capitolo, il 13, appena appena sfornato! Vi avviso
che forse non riuscirò a postare velocemente come prima ora, perché prima i
capitoli ce li avevo già pronti, ora devo scriverli, comunque cercherò di fare
del mio meglio J
Detto
questo, vi lascio al nuovo capitolo! J
13.LIBERTA’
Cosa c’è di più
caldo e accogliente dei morbidi colori dell’autunno? Le foglie, non più verdi e
rigogliose, cominciano a seccarsi e lentamente si tingono con le sfumature del
tramonto.
Basta un sospiro del
vento per farle staccare dal loro ramo familiare, e trasportarle leggere lontano,
mentre si perdono in una danza leggiadra.
L’estate volgeva al
termine e Resembool si stava trasformando: i verdi campi brulicanti d’erba
sottile si ricoprivano man mano di un umido manto di foglie rossastre. Anche i
monti, alti e fieri all’orizzonte, parevano imporporarsi con la nascita dei
raggi del sole, che scandivano l’inizio di un nuovo giorno.
I tranquilli
ruscelletti che scorrevano tra le colline, non erano più in secca, e si
riempivano velocemente d’acqua fresca, che non faceva altro che riflettere i
raggi del sole, donando un’atmosfera ancora più calda e luminosa a quel piccolo
ambiente.
Sembrava quasi che
il paesaggio stesse arrossendo dall’imbarazzo.
Alphonse si
stiracchiò sul materasso, spiegazzando illenzuolo giallo. Chiuse gli occhi e inspirò profondamente quegli ultimi
spasimi di aria tiepida che stavano accompagnando la fine della bella stagione.
Riaprì le palpebre,
dirigendo le iridi d’oro colato verso il vetro della finestra. Colse con lo
sguardo l’alto volo di un falco, che si stagliava nel cielo azzurro, sfumato a
tratti con bianche nuvolette paffute, da cui il sole faceva capolino. Ne seguì
il volo, facendo attenzione a ogni singolo movimento delle ali del volatile,
perso nella sua danza così libera, fuori da ogni costrizione.
Sorrise,
ricordandosi di quante altre volte in quegli anni avesse visto un falco volare,
e avesse desiderato con tutto il cuore riappropriarsi della sua libertà un
giorno. Si rese conto che quel giorno ormai era giunto molto tempo prima.
Com’era strano sentire
di nuovo ogni cosa sul suo vero corpo. Ogni sensazione sembrava così nuova.
Anche la semplice
carezza del lenzuolo, o il calore dei raggi del sole che filtravano dalla
finestra, il profumo del latte caldo e della torta di mele che Pinako doveva
aver infilato nel forno da poco.
Si leccò le labbra,
in attesa di poter assaporare quel gusto così dolce. Ecco un’altra pietanza che
aveva segnato nel suo quadernino.
Socchiuse gli occhi,
beandosi del silenzio tranquillo ma innaturale che dominava la sua stanza in
quel momento. Volse lo sguardo verso il letto del suo fratellone.
Vuoto, perfettamente
rifatto.
Eh già, il
fratellone stava facendo enormi passi avanti con la sua storia con Winry. Molte
notti Al si era svegliato per prendere un bicchiere d’acqua, e aveva notato
l’assenza di Edward. A quanto pare, le notti in cui l’ex alchimista andava a
trovare la meccanica nella sua stanza si stavano moltiplicando.
Ormai era passato un
mese e mezzo dal loro primo bacio, e quei due si stavano avvicinando – se
possibile – sempre di più. Era rimasto davvero molto sorpreso del coraggio del
fratello. Nonostante sul campo di battaglia fosse un vero leone, nelle faccende
di cuore il grande alchimista d’acciaio era sempre stato un codardo.
Era così evidente
che era innamorato, più di quanto non lo fosse mai stato. Durante i tempi delle
guerre era sempre stato molto semplice nascondere simili sentimenti, che non
avevano nessun posto in quel mondo di sangue e sofferenze.
Ma ora, sarà per
l’atmosfera così calda e familiare che regnava in quel piccolo paese, o il
semplice fatto di ritrovarsi così vicini e uniti dopo tanto tempo... Edward era
riuscito a esternare quello che realmente provava, e le cose tra lui e Winry
sembravano andare davvero bene.
Alphonse era davvero
felice per loro.
Si alzò dal letto,
sistemando il lenzuolo subito dopo, distendendolo per bene, e posizionando il
morbido cuscino sopra di esso. Raggiunse l’armadio e si infilò un paio di
pantaloni beige con le cuciture dorate e una semplice camicia bianca, perfettamente
abbottonata, com’era nel suo stile elegante e sobrio. Si scosse un po’ i corti
capelli dorati, spettinandoli sulla testa con le mani, giusto per dar loro un
po’ di volume.
Uscì dalla stanza
inspirando nuovamente quel delizioso aroma che proveniva dal piano inferiore.
Stava per scendere le scale, quando si accorse che una luce s’intravedeva nella
penombra del corridoio.
Seguì quello spettro
luminoso, fino a giungere alla porta della camera di Winry, semichiusa. Nessun
rumore fuoriusciva da quella stanza, a parte il delicato respiro di due persone
perse nel sonno.
Silenziosamente,
spinse con le dita delle mani la porta di legno scuro, che si aprì un po’,
cigolando quasi impercettibilmente. Guardò dentro, per accertarsi che davvero
ci fosse qualcuno.
La stanza era
luminosissima, chiara, i contorni perfettamente nitidi, delineati da un gioco
di luci e di ombre donato dagli intensi raggi del sole che entravano prepotenti
dalla finestra aperta. Il sole, in quel lato della casa, riscaldava e
illuminava ogni angolo buio. Il cielo era azzurro e limpido, e le vaporose e
candide nuvolette sembravano distanziarsi sempre di più dalla stella.
L’armadio, per metà
aperto, lasciava intravedere alcuni vestiti di Winry, compresi la sua minigonna
nera (che tanto piaceva a Edward) e i suoi adorati pantaloni da lavoro. Sulla
scrivania, c’erano automail di ogni genere e dimensione, circondati da vari
attrezzi quali viti, chiavi inglesi, martelli e altri aggeggi meccanici.
Esattamente sotto
alla finestra, si trovava il letto della sua amica d’infanzia. Winry dormiva
pacatamente, stretta nel lenzuolo di cotone verde chiaro. I capelli biondi
erano sciolti e ricadevano spettinati sul cuscino e sulle piccole spalle. Un
sorriso beato e carico di gioia era marcato sulle sue labbra, rosse quasi come
un petalo di rosa.
Accanto a lei, per
metà seduto sul letto, c’era Edward, anch’esso con gli occhi chiusi,
addormentato. Indossava una canottiera grigia e un paio di morbidi pantaloni
neri del pigiama, arricciati – forse non volutamente – sulla metallica gamba
sinistra, che ciondolava verso il pavimento. A coprire le sue spalle, e per
metà quelle di Winry, la sua amata palandrana rossa, utilizzata a mo’ di
coperta.
La testa era
dolcemente appoggiata su quella della ragazza, e i capelli dorati si
mischiavano con quelli di lei, producendo un luccichio prezioso sotto la luce
del sole.
Anche sul viso
dell’ex alchimista splendeva un sorriso, forse un dei pochi che Al avesse mai
visto negli ultimi anni. Sicuramente, uno dei più belli.
Sorrise anche lui,
richiudendo la porta alle sue spalle. Camminò per il corridoio deserto,
ripensando alla semplice e innocua felicità che aleggiava in quella camera.
All’espressione di
quei due ragazzi, all’atmosfera che quella luce e quell’amore nascosto per
troppo tempo erano riusciti a creare, donando a un semplice gesto – quale il
dormire abbracciati – un’importanza rara e preziosa, così meravigliosa quanto
difficile da realizzare.
Per un attimo, il
sorriso sparì dalle sue labbra, accorgendosi che queste cose, quand’era
un’armatura, le aveva sempre e solo sognate.
Si chiese per quale
ragione il destino avesse scelto proprio lui, quel maledetto giorno, per pagare
il pedaggio più elevato.
Perché a lui era
stato esportato l’intero corpo?
Perché, invece, a
suo fratello era venuta a mancare solo la gamba sinistra (successivamente il
braccio destro, scambiato con il sigillo dell’anima di Al)?
Fermò la sua
camminata, nel gradino centrale delle vecchie scale di legno. Fece scorrere una
mano sul muro duro e rugoso, tastando con le sue mani ogni grinza dell’intonaco
e suggellando nella mente ogni sensazione tattile.
Capì per quale
motivo il destino non avesse scelto il suo fratellone. Era ovvio, anzi, più che
ovvio. Lui da solo non sarebbe mai stato capace di andare avanti, si sarebbe
lasciato andare lì, aspettano un aiuto che non sarebbe mai arrivato, così come
un bambino di dieci anni avrebbe naturalmente fatto.
Ma Edward no. Il suo
fratellone aveva lottato per lui, per entrambi, si era separato dal suo braccio
destro pur di legare l’anima del suo caro fratellino a quell’armatura.
E insieme si erano
diretti verso il futuro.
Se fosse stato
Edward a pagare il prezzo più alto, Alphonse non ce l’avrebbe mai fatta, e lo
sapeva.
-Grazie,
fratellone.
Sussurrò, volgendo
lo sguardo verso la stanza nella quale Edward e Winry erano pacificamente
addormentati. Si voltò nuovamente, riprendendo il suo cammino. Pinako era
seduta sul tavolo, con una tazza di tè in mano e la pipa in bocca.
Osservava dalla finestra
i rami degli alberi mossi ripetutamente da un leggero venticello, mentre con la
mano libera muoveva un cucchiaino nella tazza, probabilmente per far sciogliere
dello zucchero.
Alphonse si sedette
di fronte a lei e le sorrise.
-Buongiorno zia!
-Alphonse! Ben
svegliato caro! Vuoi del tè?
-Sì, grazie!
La vecchia si alzò e
versò un po’ del liquido bollente in una tazza bianca dalle decorazioni color
rosa antico. Alphonse portò la tazza alla bocca e bevve un piccolo sorso.
-Dov’è quello
scansafatiche di tuo fratello?
Chiese titubante
Pinako. Al alzò lo sguardo e arrossì lievemente. Pinako distolse lo sguardo e
congiunse le mani con un leggero schiocco.
-Ah! Dorme ancora!
Perché non l’hai svegliato?
-Beh, mi
dispiaceva disturbarlo, zia...
-E perché ti
dis... ah. Capisco. È ancora andato a dormire con mia nipote, vero?
Disse, aspirando
dalla pipa, per poi lasciar uscire dalle piccole labbra raggrinzite una bianca
nuvola di fumo.
-Già...
-Quei due sono
proprio incorreggibili.
-In che senso?
-Nel senso che per
anni non si sono detti niente e ora stanno correndo troppo.
-Beh, in verità un
po’ li capisco. Io sono stato per anni una grossa armatura che apparentemente
poteva sembrare vuota. Ma in realtà era colma della mia anima, un’anima che
ancora non ha scoperto niente, per la quale ogni sensazione è nuova. Anche io
se fossi al suo posto, reagirei così. Penso che se lo meritino, dopo tutto
quello che è successo.
L’anziana donna posò
la pipa sul tavolo e pose la sua tazza, vuota, nel lavandino. Voltò lo sguardo
verso i pezzi di automail che stavano un po’ sparsi in giro per la casa, poi
finalmente rispose.
-Sì. Hai ragione,
se lo meritano proprio.
-Io sono felice
per loro.
-Già, anche io.
Winry ha sempre avuto un debole per Edward, anche se non ne ho mai capito il
motivo. Però ora mi sento realizzata, perché so che lei è veramente felice.
Alphonse non
rispose, si limitò a sorridere e a posare anch’esso la tazza nel lavandino,
proprio accanto a quella di Pinako. Uscì sulla veranda, respirando a pieni
polmoni la fresca fragranza di erba bagnata che proveniva dai campi. Si sedette
sui gradini, accarezzando la testa di Den, che talvolta gli leccava giocoso la
mano.
E Alphonse non poté
che fare a meno di sorridere ancora di più, al contatto con la calda lingua del
cane, mentre seguiva attentamente l’alto volo di un falco, il simbolo della sua
libertà ritrovata.
Et voilà! Finito anche il capitolo
13! In questo capitolo il vero protagonista è proprio Al, come avrete notato. Per
questo capitolo, ho puntato molto sulla descrizione degli ambienti e delle scene,
giusto per dare un tocco in più alla riflessione del nostro “piccolo” Elric.
Spero in una vostra recensione positiva, perché questo
capitolo mi è piaciuto molto scriverlo. Ma è tutto in mano a voi!
Onyriasì, in effetti ho pensato anche io che fosse
un po’ eccessivo far nascere tutto subito, per cui ho fermato la cosa. Bisogna però
pensare anche che tutto dipende dall’autocontrollo di Ed. Hai mai provato negli
scivoli d’acqua a trattenere l’acqua all’inizio e poi, dopo un po’ mollarla e
andare già? La spinta è molto più poteste, perché si è fermata dietro molta più
acqua. Ho pensato che potesse succedere qualcosa del genere, ma comunque una
cosa trattenuta (spero di aver reso l’idea, non sono un gran che a spiegare ^.^”).
I tuoi “appuntini” comunque sono sempre utilissimi,
non smettere!
GiugitzuxDhahahaha
hai ragione! Ed con gli ormoni impazziti! (per ulteriori spiegazioni della
pazzia degli ormoni leggere la risposta precedente u.u
xD)
Ffflower89 grazie del tuo commento, sono felice che la mia storia
ti paiccia. Anche io penso che ci siano troppe yaoi riferite a FMA (soprattutto a Ed e Roy) ma penso che
non sia addicano per niente ai personaggi. Ma questo è solo un mio parere! J
Alhiagrazie dei complimenti per la
storia! Spero che anche questo capitolo ti piaccia ugualmente! =)
Buonasera a tutti. Scusatemi tantissimo per l’immenso
ritardo, ma la scuola, e la ritmica e le lezioni di patentino... scusate
davvero ma non ce l’ho fatta. Così, dato che ad architettura non si fa mai
niente di interessante ( o che io possa capire xD)nelle due ore di oggi e nelle tre di venerdì
scorso ho scritto questo capitolo. Non ha nessuna pretesa, è solamente un
susseguirsi di riflessioni di Winry inserite in un contesto un po’ bizzarro,
quale un rilassante pic-nic tra il nostro bellissimo ex alchimista e la bionda
meccanica.
Spero con tutto il suore che vi piaccia. È abbastanza
lungo, quindi voglio molte recensioniiiiiiiiii!!!! ^.^
A voi il capitolo 14!!!
14.RIFLESSIONI
DIFFICILI
-Che bella
giornata oggi!
Winry era seduta in
ginocchio sul letto, con lo sguardo che vagava sui contorni delle morbide
colline, vivacizzate qua e là da sprazzi di colore, donati da un secco manto di
vecchie foglie. Tra i rami degli alberi, si snodava un leggero alito di vento,
che non bastava però a offuscare il calore del sole che, quel giorno, brillava
in una luce decisamente insolita per un mattino di inizio ottobre.
Posò la testa sul
vetro fresco, spostando lo sguardo verso la piccola porzione di terrazzo della
stanza accanto. La ringhiera nera luccicava al sole, mentre una macchia rossa –
rise, ben sapendo di che si trattasse – posta al di sopra di essa, svolazzava
leggiadra alla carezza del vento.
I suoi pensieri si
incentrarono su una folta chioma più preziosa dell’oro più puro, e su due occhi
sinceri dello stesso magnifico colore. Si concentrò su un paio di labbra
morbide, ma allo stesso tempo solide, virili. Il suo cuore mancò un battito
quando la sua memoria le fece riaffiorare alla mente alcune immagini di quegli
ultimi tempi.
Sorrise radiosa,
stringendo le mani al petto. Si perse nei suoi sogni idilliaci, vaneggiando con
la memoria nei più recenti ricordi della sua vita.
I suoi pensieri,
però, furono interrotti da qualcuno , che stava bussando gentilmente alla
porta.
-Avanti.
La maniglia
argentata si girò, puntando verso il vecchio pavimento di legno. La porta si
aprì e un paio di pantaloni neri fecero capolino, legati in vita da una spessa
cintura marrone. A coprire un busto scultoreo, un leggera canottiera, anch’essa
nera.
Edward appoggiò
entrambe le mani sulla porta di legno scuro, e sorrise alla ragazza, che era
ancora seduta sul letto.
-Buongiorno!
Sussurrò, con voce
dolce. Winry sorrise e si spostò un ciuffo di capelli all’indietro. Mosse le
gambe e le incrociò, posando poi le mani dietro di lei sul materasso.
-Buongiorno a te,
Ed!
-Ti... ti sono
mancato stanotte?
Disse lui,
imbarazzato, con lo sguardo basso e una mano tra i capelli. Arrossì
vistosamente, mentre si avvicinava lentamente al letto della sua meccanica di
fiducia. Winry annuì, imporporandosi.
-Sì... a dire la
verità molto.
-Beh, possiamo
rimediare...
-In che senso?
-Che ne dici di
andare a fare un pic-nic tra i prati? Solo tu ed io, un po’ come quando eravamo
piccoli.
-Davvero?
-Ti piace l’idea?
-Davvero
tantissimo! È fantastica.
-Perfetto. Ti
aspetto dove ci siamo incontrati quando sono tornato dall’ovest, ok?
-Ci sarò.
Il cuore della
ragazza fece un tuffo, ripensando a quel giorno. Nonostante il loro incontro
fosse stato un po’ bizzarro, era davvero al settimo cielo. Ricordò di essere
scoppiata a piangere – dopo averlo inseguito con la chiave inglese – per averlo
di nuovo al suo fianco.
I suoi pensieri
tornarono all’ex alchimista, che le si stava avvicinando. Le baciò dolcemente
le labbra, assaporandone il delizioso gusto.
Le mordicchiò piano
il labbro inferiore, stringendola forte tra le braccia. La sentì fremere, ed
era sicuro di averla sentita sospirare di piacere. Dal canto suo, Winry era
persa in un sogno. Non erano molto frequenti i loro baci. Edward era molto
riservato, e si vergognava se c’era qualcun altro in giro, oltre a loro due.
Oltretutto, Winry non aveva mai conosciuto un ragazzo così imbarazzato in certi
momenti come il suo Ed.
Si lasciò andare
completamente a lui. Brividi piacevoli le ricoprirono la pelle.
Dopo un ultimo dolce
bacio, Edward si allontanò da lei, grattandosi la testa con la mano destra.
Guardò Winry negli occhi, più blu dell’oceano, e arrossì ancora di più. Anche
la ragazza si imporporò, sotto lo sguardo intenso dell’alchimista, raggiungendo
la tonalità della vecchia e ormai sgualcita palandrana, che svolazzava ancora
sulla vicina terrazza.
-Ti amo, Ed.
Doveva dirglielo, il
suo cuore glielo stava urlando. Edward indietreggio impercettibilmente,
arrossendo – se possibile – ancora di più. La voce della ragazza si addolcì. Si
aspettava una reazione simile.
-Winry, io...
-Ho capito.
-Scusa, Win. È
che...
Girò su se stesso,
facendo qualche passo per la stanza, per poi tornare a sedersi nel solito,
comodo posto accanto alla ragazza che amava.
-Lo so... non devi
giustificarti. So quanto è difficile per te.
-Non riesci
proprio a capire! Non sai quanto mi pesi non riuscire a dirti che... beh, lo
sai.
-Ed, io lo so. È
questo ciò che conta.
Edward tornò a
osservare quei due occhi meravigliosamente azzurri. Ogni volta che il suo
sguardo si posava su quei due meravigliosi zaffiri, il suo cuore cominciava a
battere furiosamente. Sapeva perfettamente di provare quel sentimento per lei.
L’aveva ammesso, ormai. Ma non riusciva a dirlo a lei.
Perché?
Ormai erano più di
tre mesi da quando la loro storia – se così si può chiamare – era iniziata, e
lui ancora non era stato capace di rivelarle i suoi veri sentimenti, a parte
quando pensava che lei stesse dormendo.
Si colpì la fronte
con una mano. Scosse la testa, poi carezzò con estrema dolcezza la guancia
destra di Winry. Con lo sguardo basso riprese a parlare.
-Un giorno...
Si bloccò. Non
riuscì a continuare. Alzò lo sguardo, cambiando discorso.
-Vado.
-Cosa? Ma...
-Ti aspetto sul
prato, tra mezz’ora.
Rise, scappando
dalla porta semiaperta. Winry si lasciò cadere sul letto, con lo sguardo
confuso. Poco dopo si alzò, scuotendo la testa. Lo ripeté ancora una volta: il
suo Ed non sarebbe mai cambiato.
Si diresse verso
l’armadio, e spalancò le ante. Posò un dito sulle labbra, mentre faceva
scorrere lo sguardo tra tutti i suoi abiti. Allungò il braccio, e afferrò una
leggere camicia rosa con le maniche lunghe e un paio di aderenti pantaloni
neri. Si vestì davanti allo specchio, ammirandosi da ogni angolazione. Corse in
bagno, per truccarsi un po’, ma quando prese in mano la cipria, si rese conto
che la cosa migliore era quella di restare al naturale, così come Ed l’aveva
conosciuta.
Si spazzolò i lunghi
capelli biondi, e decise di lasciarli sciolti. Unico tocco, si sistemò una
brillante molletta rosa sull’attaccatura del ciuffo.
Sorrise radiosa alla
sua immagine riflessa nello specchio, poi scese al piano inferiore. Saltellò
sull’ultimo gradino, atterrando con le punte dei piedi sull’antico e ormai
rovinato pavimento, composto da solide assi di legno.
Il terreno sotto i
suoi piedi scricchiolò lievemente all’impatto con la pelle morbida e sotto il
suo peso leggero.
S’infilò velocemente
un paio di sandali dalla suola in legno. Picchiettò il piede un paio di volte,
sorridendo del rumore secco che produsse quella minima azione.
Balzò leggiadra
verso la porta d’ingresso, dove incrociò nonna Pinako., che sedeva sui gradini
della veranda a fumare la pipa, e il giocoso Den, che le corse incontro,
scodinzolando allegramente. Winry si chinò ad accarezzare la testa del cane,
che abbaiò soddisfatto.
Pinako aspirò dalla
pipa, e poi sospirò, producendo una candida nuvoletta vaporosa. Winry le si
avvicinò e si sedette accanto a lei, allontanando con le mani il fastidioso
fumo, che ruppe la sua forma perfetta, dissolvendosi nell’aria in tanti filamenti
biancastri.
-Dove vai, Winry?
Chiese la donna,
osservando l’impeccabile abbigliamento della nipote, e un brillante sorriso
illuminarle il volto.
-Ed mi hai
invitata a fare un pic-nic. Solo noi due.
-Solo voi due...
La bionda meccanica
sorrise, arrossendo sulle guance morbide e lisce. Posò il suo sguardo celeste
sulle campagne intorno, fissando un punto lontano, all’orizzonte, dove la vista
non giungeva a lambire il termine della stretta strada sterrata che si snodava
tra i prati infogliati.
Quante volte si era
ritrovata a osservare quel punto così distante e apparentemente senza
significato, dietro la quale il sole sorgeva ogni mattina.
Per quanti anni era
rimata per ore con lo sguardo volto a quella stradina, con il cuore pieno di
speranza di poter vedere, da un momento all’altro, due figure – meglio se
umane, non il solito nano con un’enorme armatura al fianco – stagliarsi
all’orizzonte.
Era così bello ora
non dover più provare quell’orribile sensazione di ansia e di mancanza, che
l’aveva oppressa per davvero troppo tempo.
Adesso che Al aveva
recuperato finalmente il suo corpo e Ed non era più un alchimista di stato – a
dire il vero, la cosa che la rincuorava di più era sapere che Ed non era più un
alchimista, e BASTA – tutto era diventato più semplice.
Più normale.
Ed era giusto così:
niente più guerre, o omicidi.
Niente più stupidi
colonnelli o maggiori troppo apprensivi.
Niente più morte, o
sangue.
Niente più alchimia,
o squallidi mostri.
Non per loro,
almeno. Perché da qualche anno a quella parte, erano solo dei normali ragazzi,
con una vita normale.
Normale.
Sarebbe stata una
vita normale e perfetta nella sua imperfezione.
Ma no. non può
essere una vita normale e perfetta.
No.
Non per loro.
Perché il passato
non si può cancellare, è indelebile e rimane racchiuso nella memoria per tutta
la vita. Non si può dimenticare. Non si può.
Il ricordo della
guerra di Ishval, dove erano morte talmente tante persone innocenti, compresi i
suoi genitori, per colpa dell’alchimia, prevalentemente.
Il più recente ricordo
della guerra che aveva coinvolto tutto lo stato di Amestris, e non solo, quella
per sconfiggere il padre di tutti gli homunculus, che voleva diventare il
padrone assoluto, che voleva inghiottire Dio – o verità, o come diavolo si
chiama quella cosa – durante la quale avevano rischiato la vita le uniche due
persone – esclusa la vecchia Pinako – che componevano la sua famiglia.
L’anziana Pinako
seguì lo sguardo della nipote, che era ancora perso nel vuoto. Posò la pipa
sullo scalino e accarezzò con tenerezza i biondi e lucidi capelli di Winry, che
tornò alla realtà, spostando i suoi grandi occhi color del mare da quel punto
tanto amato – o odiato, dipende dai giorni – al familiare fiso della nonna.
-Già.
rispose la bionda,
dopo quell’interminabile silenzio. Pinako la guardò dolcemente.
-Winry...
-Sì nonna?
-Volevo solo dirti
che, nonostante io detesti i modi di fare di quel rozzo combinaguai, è
veramente bello che tu sia felice. Te lo meriti. Anzi, ve lo meritate entrambi.
-Grazie.
Winry si alzò in
piedi e salutò la nonna con la mano e dette un’ultima delicata carezza sulla
testa di Den, che la seguì per qualche metro.
Poco dopo, ma
meccanica si ritrovò a camminare tra l’erba umida, salendo quella piccola
collinetta che si sporgeva su un’immensa vallata, brulicante di prati e terre
coltivate.
Il forte aroma
d’erba bagnata quel giorno era ancora più intenso, forse – anzi, sicuramente –
intensificato dal fatto che Edward fosse sdraiato a terra, sopra un coperta di
lana bianca e blu.
Aveva lo sguardo
perso, forse osservava il cielo, o il meraviglioso panorama che gli si
presentava davanti.
Winry fece qualche
passo, ma lui non si mosse. Era impossibile che non l’avesse sentita, ma faceva
finta di niente. Un altro passo della ragazza, e lui chiuse gli occhi, improvvisamente.
Winry si sedette
accanto a lui, seguendo con gli occhi il perfetto contorno del mento,
vivacizzato qua e là da qualche ciuffo incolto di barbetta biondiccia, poi
passò alle labbra delicate, al naso, e infine alle palpebre celate, che
racchiudevano un immenso tesoro: i preziosi occhi d’oro colato.
Sorridendo, allungò
un braccio fino a prendere tra le dita una sottile ciocca di capelli d’oro,
strofinandoli delicatamente.
-Ed?
-Mmmh?
Mugugnò lui, senza
aprire gli occhi, o girarsi verso di lei.
-Ho sempre pensato
che tu avessi dei capelli meravigliosi.
L’ex alchimista aprì
un occhio e osservò incuriosito la mano affusolata della ragazza, che ancora
gli stava accarezzando con estrema dolcezza la chioma splendente. Spostò lo
sguardo fino a incontrare quello limpido di lei.
-Davvero?
Chiese, dubbioso,
con un leggero sorrisetto sulle labbra.
-Davvero. Sono
così... perfetti. Sembrano d’oro.
-Beh... grazie,
immagino.
-Di nulla...
Distolsero lo
sguardo l’una dall’altro e guardarono altrove, imbarazzati. Winry si porto una
mano davanti alla bocca, per soffocare una risatina. “grazie, immagino”. Come
immagino? Scosse un po’ la testa, rendendosi conto che il suo Ed, di
complimenti, non ne aveva ricevuti poi così tanti. Era più che naturale che non
sapesse come comportarsi.
Ma non era quello il
problema in quel momento. Il fatto era che, nonostante fossero insieme per un
pic-nic, ora erano sdraiati sull’erba, l’uno di spalle all’altra, con il volto
paonazzo e le corde vocali intrecciate.
Perché era così
dannatamente difficile?
Si conoscevano da
quando erano nati, erano sempre stati quasi come fratelli da piccoli e avevano
trascorso insieme una buona parte della loro infanzia.
Almeno fino a che
non era accaduto QUELLO e l’allora colonnello Mustang, accompagnato dal
tenente, non erano arrivati a Resembool per portare via lui e il fratellino.
L’avevano strappato alla sua giovane vita per renderlo un’alchimista di stato
o, come usavano chiamarli, un “cane dell’esercito”.
Uno sporco cane
usato come arma umana, per uccidere e uccidere, senza alcuna pietà.
L’aveva visto
sparire per molto tempo – per mesi, anche anni – e aveva sempre temuto per la
sua vita.
Ed ora erano lì,
sdraiati tra quei prati che erano la loro casa, il luogo dove lei aveva sempre
vissuto e lui dove aveva sempre desiderato tornare.
Si avvicinò di nuovo
a lui, lasciando che i suoi capelli biondi si mischiassero a quelli dorati di
lui, lasciati sciolti, come da un po’ di tempo usava portare, solitamente
quand’era da solo – o con lei – e posò il piccolo naso sul suo collo, così da
poterne aspirare il fresco profumo.
S’inebriò di quella
fragranza di erba bagnata che tanto amava e che caratterizzava il suo amato ex
alchimista.
Edward, dal canto
suo, la strinse a sé con il braccio sinistro – no, il braccio destro, anche se
umano, non era degno di quel gesto così semplice seppur pieno d’amore, tanto
era colmo di peccati, odio e risentimento – stando ben attento a non far
trapelare assolutamente niente di quello che era il suo infinito imbarazzo.
Winry emise un
mugolio roco, con voce leggermente tremante.
Tornò a chiedersi
per quale motivo fosse tutto così difficile. In fondo, erano solo loro, Edward
e Winry, sdraiati tra i prati di Resembool a osservare le nuvole, proprio come
quando erano bambini.
Ma allora, se
davvero erano gli stessi – e lo erano, a meno che Ed non avesse fatto qualche
sciocchezza con l’alchimia e non si fosse scambiato con un suo alter-ego di
un'altra dimensione. Non si sa mai – per quale ragione il suo cuore non la
smetteva di battere così furiosamente nel suo petto? Perché sentiva il suo viso
imporporarsi ogni volta che il suo cosiddetto “amico d’infanzia” le stava così
vicino?
Difficile da
spigare. Davvero difficile.
Forse era il fatto
di aver sentito troppo la sua mancanza, e di aver paura che lui non avesse
sentito affatto la sua. Questo le faceva davvero paura.
Oppure, per il
semplicissimo fatto che non erano più bambini.
Oh, no. Non lo erano
più.
Non erano più i due
bambini che giocavano a rincorrersi tra i prati di Resembool, o che portavano
tutti i giorni i fiori sulla lapide di Trisha, o litigavano sul fatto che le
lacrime facessero soffrire i morti, o lottavano incessantemente per fare bere a
Ed un goccio di latte che forse – forse – lo avrebbe fatto crescere, almeno un
po’.
Erano cresciuti,
erano cambiati e maturati. Edward soprattutto.
Ormai nei loro
vent’anni avevano provato di tutto. Ed persino diceva di essere stato
all’inferno, quel maledetto giorno in cui lui e l’allora piccolo Al avevano
deciso di tentare la trasmutazione umana, per fare tornare in vita la loro cara
mamma, che a loro mancava davvero tanto.
E Edward quel giorno
visse all’inferno per davvero, vedendosi portare via il fratello, una gamba e
un braccio, e vedendosi recapitare, al posto della sua bellissima mamma, un
cadavere in decomposizione, grondante di sangue. Un mostro.
Non erano più
bambini.
-Hai fame?
Chiese Edward,
rompendo l’atmosfera magica che si era creata, e anche – senza saperlo – le
riflessioni di Winry.
-Un po’.
-Dai allora,
mangiamo?
-Ok.
Edward estrasse dal
cestino che si era portato dietro un panino al prosciutto e l’addentò famelico.
Winry tirò fuori invece una mela rossa e lucente.
Dopo aver mangiato,
i due si sedettero sull’apice della collinetta, uno di fianco all’altra.
-Ti manca mai
l’alchimia?
Chiese ad un tratto
Winry, dopo una lunga pausa di silenzio.
-A volte sì. Ma...
-Ma?
-Penso di poter
vivere senza. Mi ero abituato troppo all’alchimia. Ma ora basta, voglio una
vita normale. E, stanne certa, ho tutto ciò di cui ho bisogno. Al è tornato
normale, la guerra è finita e io sto bene. E poi...
Cominciò, arrossendo
violentemente. Gli occhi della ragazza si posarono su quelli dell’ex
alchimista, che tremolarono leggermente.
-... ora ho te.
Winry sorrise, senza
rispondere, ma afferrò un braccio di Edward e si strinse ad esso, mentre il
ragazzo le baciava i biondi capelli. Winry tornò a guardare il cielo, e i
prati, e le campagne. Era tutto così come se lo ricordava.
Alla fine, non era
cambiato niente.
Erano sempre loro
due.
E non c’era
assolutamente niente, di difficile.
Ecco qui, anche questo (lungo?) capitolo è terminato.
Non so se sono riuscita a definire bene il giusto carattere dei personaggi in
questo capitolo, ma lo spero molto. Sarete voi a decidere!
Onyria per il capitolo precedente, devo dirti
che ho pensato molte volte al motivo per il quale sia stato Al a pagare il
prezzo più alto. Da una parte, non lo trovo giusto, ma dall’altra, come avrai
letto nel capitolo, penso che Edward abbia una forza di volontà più forte
rispetto a quella del fratellino e quindi penso che sia più capace a mandare
avanti questa eterna lotta. Detto questo, ti ringrazio per i tuoi commenti,
sempre utilissimi!
Kagome123 grazie per aver letto erecensito la mia storia! Sono felice che ti
piaccia. Anche la tua su Inuyasha è davvero bellissima!
Eccomi
qui! Sono sempre io, ho solo cambiato nick! Ora solo MeggyElric___ ! Ancora con ritardo, ma minore di quello
dell’altra volta!
Un nuovo
capitolo scritto a scuola, questa volta durante le ore di matematica, italiano
e storia dell’arte. Vi chiederete ma questa a scuola non ha mai niente da fare?
beh vi rispondo che avrei MOLTOda fare,
ma quando l’ispirazione arriva, arriva. E non c’è niente da fare. A parte
scrivere, ovviamente!
Bene, vi
lascio a questo lungo capitolo, che a mio parere esce un po’ da quella che è la
trama della storia, ma sinceramente, ho notato anche io che era un po’ tutta
rose e fiori, per cui, ecco qui.
Spero che
sia di vostro gradimento ^^
15.FUOCO
Puoi fare di tutto: puoi
scappare, dimenticare o cercare di cancellare, ma il passato è indelebile, e
per quanto si cerchi di strofinarlo o ricoprirlo con nuovi ricordi, è sempre
lì, che si fa strada e riaffiora nella mente.
E a volte, quel
passato, per quanto indesiderato, può tornare per un’irritante visitina.
Così ci si ritrova a
rivangare vecchi ricordi che ormai si pensavano archiviati, rinchiusi in
polverosi scatoloni e gettati nell’angolo più remoto della mente, e un vortice
di dolore e difficili scelte torna ad avvolgere tutto.
Un enorme confusione
di pensieri, e tutti per una sola irritante persona.
L’aria fresca di
ottobre si faceva sentire, quel pomeriggio, e ormai gli alberi che decoravano
la campagna erano diventati spogli e impotenti.
L’atmosfera era
mutata e i dolci colori autunnali stavano via via
scomparendo per lascia posto alle fredde tonalità un po’ spente più tipiche
dell’inverno.
Pinako entrò in
casa, levandosi la pesante mantella marrone. Posò le buste della spesa sul
tavolo, poi si diresse verso la cucina.
Sul divano, Alphonse
studiava un vecchio libro di alchimia, ripetendo a bassa voce i concetti più
importanti. Accanto a lui, c’era Edward, spaparanzato sullo schienale, con la
metallica gamba sinistra posata su un tavolino a rotelle. Sbuffava seccato,
mandando di tanto in tanto un’occhiata al grosso volume tra le mani del
fratello. Si allungò con il corpo verso Al, che aveva sottolineato un frase sul
libro.
-Stai fermo, Ed!
Gridò stizzita
Winry, china sul tavolino dove era posata la gamba dell’ex alchimista. Era impegnata
nella manutenzione dell’automail, e detestava dover interrompere il suo lavoro
perfetto per colpa di uno stupido libro di alchimia.
Edward grugnì profondamente
annoiato, incrociando le braccia al petto e tornando alla sua posizione
originaria. La ragazza sbuffò, lucidando con un panno imbevuto di soluzione per
acciaio l’automail alla gamba del suo amico d’infanzia, che ormai era diventato
molto di più.
Improvvisamente, l’abbaiare
furioso di Den fece sobbalzare i tre ragazzi che, stupiti, osservavano la porta
di legno, chiusa. Il cane continuò ad abbaiare e pochi secondi dopo, il
caminetto della stanza si accese, da solo.
Le fiamme
scoppiettavano sul legno, senza che nessuno avesse sviluppato qualsiasi forma
di calore.
L’abbaiare di Den si
fece più intenso e vicino, e dei passi si udirono chiaramente: qualcuno stava
camminando con passo pesante ma perfettamente ritmato sulle vecchi tavole di
legno della veranda.
In quel momento,
qualcuno bussò alla porta, ma nessuno si mosse. Edward deglutì, ben
riconoscendo quel ritmo regolare di passi e ricordando il potere alchemico di
una persona in particolare.
-Non può essere...
Sibilò l’ex
alchimista, così sottovoce che nessuno riuscì a udire le sue parole. Dalla cucina,
apparve la vecchia, che attraversò con fare piuttosto irritato il salotto –
forse non aveva gradito il fatto che nessuno dei ragazzi si fosse degnato di
rispondere – e aprì la porta, rivelando l’identità dell’ospite misterioso.
L’uomo entrò con un
ghigno soddisfatto e i capelli corvini leggermente spettinati dal vento. La divisa
blu si distinse luminosa della buia penombra della stanza.
Si fermò esattamente
davanti al divano, fissando negli occhi Edward con fare di immensa superiorità.
Il ragazzo alzò appena lo sguardo e parlò, annoiato.
-Colonnello Mustang.
-Comandante supremo
Roy Mustang, prego.
Ruggì Roy, ferito
nell’orgoglio. Ed non si scompose, né si mosse dal divano. Pinako si avvicinò a
Roy, mentre Winry raccoglieva gli attrezzi per la manutenzione e li riponeva
con cura nello scaffale in basso accanto alla porta.
-Cosa la porta
qui, comandante?
Chiese la vecchia,
cercando di chiudere la porta. Roy la fermò, mettendo una mano sull’uscio, ma
non rispose. La nonna si allontanò senza capire.
-Ah, igiovani...
Borbottò,
raccogliendo le buste della spesa che aveva abbandonato poco tempo prima sul
tavolo. Edward fece scendere la gamba dal tavolino e, dopo aver fatto muovere
un paio di volte le giunture del ginocchio, si avvicinò all’uomo, in piedi dritto
davanti a lui.
-Cos’è venuto a
fare qui?
Chiese, con voce
rozza, seccato. Roy alzò un sopracciglio.
-Quanto sei
ostile. Porta rispetto, acciaio.
Ed strinse pugni e l’uomo
ghignò soddisfatto. Avvicinò il viso a quello del biondo, chinandosi leggermente
fino ad arrivare a pochi centimetri da lui.
-Oh, scusa.
Disse sorridendo,
con una punta d’ironia nella voce.
-Non sei più un
alchimista, Edward.
-Tagli corto,
comandante. Perché è qui?
-Motivo molto
semplice acc... ehm, Edward. Motivo molto semplice.
-E sarebbe?
-L’esercito, anche
in tempo di pace, ha bisogno di nuove leve, soldati giovani e pronti.
-E con questo?
-Come ben sai, l’esercito
ha anche bisogno di... cani.
Ed strinse gli occhi
riducendoli a due fessure. Dove voleva andare a parare quell’irritante
comandante?
-Ma che cosa va
dicendo? Come lei ha già detto, non sono più in grado di utilizzare l’alchimia.
-Beh, caro Edward.
Abbassa le ali. Non tutto gira intorno a te. Ci sono altri ottimi alchimisti,
ad Amestris. Ottimi alchimisti che vogliono dedicare la vita allo studio,
magari per capire per quale ragione la trasmutazione della loro madre non è
andata a buon fine.
Sogghignò, volgendo
lo sguardo verso la persona che stava dietro al ragazzo. Edward spalancò gli
occhi e scattò avanti verso Roy. Afferrò con entrambe le mani il colletto della
divisa e strattonò con forza l’alchimista di fuoco.
-No! non Al! Non lui!
Alphonse, che aveva
da poco lasciato il suo libro, fissava a occhi sgranati le due figure davanti a
sé.
-Io? Un... un alchimista
di stato?
-No Al, non voglio
che tu riviva tutte quelle orribili cose che ci hanno afflitto anni fa! Non ricordi
Al? Non ricordi?
-Fratellone...
-Ti prego, dimmi
che non vuoi accettare! Ti supplico!
-Ma... ha detto
che potrei scoprire come mai la trasmutazione della mamma...
-NO! Sono tutte
sciocchezze!
-E se non lo
fossero? Se esistesse veramente un modo giusto per compiere la trasmutazione
umana? Non vorresti rivedere la mamma? O il papà? O gli zii Rockbell?
Edward si conficcò
le unghie in un braccio e si morse il labbro inferiore. I suoi occhi si
inumidirono, ma alcuna lacrima scese lungo le sue guance.
-Al. Ti prego. Non
dire più una cosa del genere. Ovvio che vorrei rivederli! Ma... come puoi non
pensare a ciò che ci è successo?
Alphonse indietreggiò,
terrorizzato dall’idea di poter tornare di nuovo ad essere un’armatura, che non
sentiva alcuna sensazione. Rabbrividì, mentre una lacrima gli solcava il viso.
Edward guardò Mustang con occhi di fuoco, poi tornò a osservare il fratello.
-Al...
-Hai ragione,
fratellone. La trasmutazione umana è impossibile e proibita. Io dovrei saperlo
bene. Ma... gli studi che si possono fare come alchimista di stato... non c’è
niente che possa eguagliarli! D’altro canto, io non voglio andarmene da qui. È la
mia casa, la mia famiglia. Tornare in quel mondo di guerra non mi piace
affatto. Fratellone, aiutami. Ti prego.
-Alphonse, ti
prego rifiuta.
-Io...
-Decido io.
Si intromise Roy.
-Ti propongo un
patto, Edward. Una sfida.
-Parli chiaro,
Mustang.
-Comandante Mustang.
Ricordalo. Comunque sia, battiti contro di me. Il vincitore avrà diritto di
scelta.
-Non posso... non
posso!
-Mi pare che tuo
fratello sia d’accordo.
-No... no...
-Beh, a quanto
pare, ho vinto in partenza. Peccato, sarebbe stato divertente battermi con te. E
ora, tuo fratello viene con me.
-NO!
Gridò, al culmine
della rabbia, afferrando un braccio del comandante e facendolo voltare verso di
sé. Non poteva dargliela vinta così, doveva salvare Al, così come aveva sempre
fatto, da bravo fratello maggiore.
-Ok.
Disse, rassegnato,
ma con chiaro tono di sfida.
-Accetto.
Il comandante
sorrise, soddisfatto. A quel punto, Winry, che era rimasta zitta e in disparte
fino a quel momento, corse verso Ed e s’intromise tra i due.
-No! non
combattete, vi prego!
-Winry, togliti, o
ti farai male.
Raccomandò Ed, con
fare affettuoso ma duro. La spinse un po’ troppo violentemente verso destra, e
lei quasi cadde a terra. Afferrò un braccio dell’ex alchimista e lo pregò
ancora.
Richiesta negata.
Una lacrima si fece
strada silenziosa sul suo viso arrossato. Edward se ne accorse, e fu come se la
lama affilatissima di un coltello gli avesse trafitto il cuore. Distogliendo lo
sguardo da Roy, strinse tra le braccia Winry, che scoppiò a piangere.
-Smettila di
piangere, Win. Scusa.
La ragazza
singhiozzò rumorosamente e si strinse tra le braccia del biondo. Edward le
stampò un bacio sulla testa e arrossì un po’. Le alzò il mento con un dito, e
la guardò negli occhi, ancora colmi di lacrime salate e cristalline.
-Non preoccuparti.
Al rimarrà qui. Costi quel che costi.
-Ma...
-Niente ma. Rimani
qui, al sicuro.
-Ed, io...
-No. promettimelo.
Promettimi che non farai sciocchezze.
-Lo prometto.
-Brava, Win.
La baciò velocemente
sulle labbra, quasi a premiarla per quella promessa, anche se già sapeva che
difficilmente sarebbe stata mantenuta. S’imporporò, accorgendosi che tutti gli
sguardi dei presenti erano puntati su di lui.
Deglutì, poi si girò
verso Roy.
-Mi batterò con
te, ma a una condizione.
-Quale?
-Si tolga i
guanti.
-Sei furbo,
Edward. Che peccato. E va bene. Riza, vieni.
Riza? Tutti,
stupiti, si voltarono verso la porta, dalla quale apparve una donna dai lunghi
capelli biondi, raccolti in una comoda coda. Indossava un maglioncino beige e
dei morbidi pantaloni neri.
Niente divisa. Poco dopo,
scoprirono il perché.
Il tenente Hawkeye –
tutto pareva, in quel momento, a parte un soldato – teneva una mano posata sul
ventre, gonfio e perfettamente rotondo. Lo sguardo, addolcito da quando aveva
visto i ragazzi, ora era posato sulle mani del comandante, che le stava
porgendo con gentilezza i suoi fidati guanti con i cerchi alchemici.
-Tenente lei è...
incinta!
Sorrise Winry,
strofinandosi una mano sugli occhi color del cielo per asciugarsi le lacrime. Si
avvicinò cautamente a lei, osservandola da ogni angolazione e facendole un
mucchio di domande, intenerita e un po’ imbarazzata. Riza, costernata, cercò di
dare una risposta a ogni quesito di Winry, ma senza grande successo.
Edward guardò con
tenerezza Winry, che stava accarezzando con estrema dolcezza il pancione della
donna, che sorrideva felice. Ma dovette distogliere lo sguardo da quella scena
meravigliosa, perché Roy picchiettò una mano sulla sua spalla e lo fece voltare
verso di lui.
-Allora...
Cominciò il
comandante, passandosi una mano tra i capelli e sorrise divertito. Ed stette
all’erta, seguendo ogni minimo movimento di Roy.
-Fammi vedere di
cosa sei capace, senza la tua alchimia!
Urlò, scattando
verso il biondo avversario che, con un movimento fulmineo, scansò il pugno. Con
altrettanta rapidità, gli assestò un violento colpo allo stomaco. Roy mugolò di
dolore, posando una mano sulla parte offesa. Riza gli si avvicinò preoccupata,
e gli posò una mano sulla spalla, ma lui gliela scostò dolcemente.
-Non male acc...
Edward.
-Proprio non
riesci a eliminare quel nome, vero?
-Mi dai del tu?
Porta rispetto, sono un tuo superiore!
-Non più!
Disse Edward, con un
sorriso pieno d’orgoglio, mentre si lanciava di nuovo verso Roy, che era
scattato dalla porta che il tenente Hawkeye aveva lasciato aperta.
L’ex alchimista lo
seguì fuori dall’abitazione.
-Fermati e combatti!
Roy si fermò nel bel
mezzo del prato, volgendo lo sguardo alle montagne all’orizzonte. Poco dopo,
tornò a osservare il ragazzo.
-Sei diventato più
altro Edward. Non pensavo sarebbe mai successo!
Gridò l’uomo al
vento. Edward strinse i pugni dall’irritazione.
-Taci!
-Come sei
permaloso! Cos’è? ti brucia essere piccolo?
-Rimangia quello
che hai detto!
-Hahahahaha! È fantastico
provocarti!
La risata del
comandante si perse nel vento. Edward, accecato dalla raggia, li lanciò
nuovamente verso di lui.
Combatterono
incessantemente per alcuni minuti, poi Ed perse di vista il suo rivale. Si girò
intorno un paio di volte, ma non vide nulla. Solo la solitudine di quel freddo
paesaggio di mezzo autunno.
-Dove sei?!
Ruggì, ma la sua
voce sparì in una volata di vento, che soffiava sempre più forte. Ad un tratto,
senti una presenza dietro di sé e si girò.
Lo sguardo dorato si
soffermò su una sagoma umana, appoggiata ad un albero. La schiena dell’uomo
aderiva perfettamente alla corteccia ruvida e le gambe, leggermente piegate,
sorreggevano un corpo alto e snello, ma allo stesso tempo forte e virile.
Le braccia
incrociate al petto, e un debole sorrisetto di superiorità dipinto sul volto.
-Mustang!
Lo chiamò Edward, ma
l’uomo non rispose. Roy alzò leggermente il braccio destro, facendolo ruotare
di novanta gradi, così da trovarselo davanti al viso. Posò il pollice sul
medio, incrociando leggermente le dita e assumendo una posizione che il biondo
ex alchimista ricordava fin troppo bene. Edward socchiuse gli occhi, per vedere
meglio. No, le sue mani erano perfettamente nude. Perché Roy era in quella
posizione? Senza i guanti, non poteva utilizzare la sua pericolosissima
alchimia.
Lo sguardo infuocato
del rivale si fece ancora più rovente. Negli occhi neri un chiaro invito alla
sfida.
-Ma che cosa sta...
-Ed!
Ed si voltò
sorpreso, notando la sagoma di Winry che correva a perdifiato verso di lui.
-Winry?! Cosa ci
fai qui?!
-Ed! Att...o! Non
avvi...na...i!
-Cosa?! Non sento!
-Sca...a! ha vi...o
la ve...tà!
-Il vento è troppo
forte! Non ti sento!
-Ha vi...o la
ve...tà!
Il vento soffiava
impetuoso, offuscando ogni suono, e le parole della meccanica si persero prima
gi giungere all’orecchio dell’ex alchimista. Winry accellerò la corsa,
avvicinandosi sempre di più.
-Non avvicinarti! Ha
visto la verità!
Gridò, con tutto il
fiato che aveva in gola. Edward spalancò gli occhi.
Verità.
È vero, Roy aveva
visto la verità! In un momento gli passarono davanti agli occhi le immagini
dell’ultima guerra., la morte di Huges, e la trasmutazione umana.
Allora... era capace
di utilizzare l’alchimia senza cerchi alchemici!
-Winry, vattene!
Urlò terrorizzato,
ma la ragazza non lo sentì. Spostò lo sguardo verso l’alchimista di fuoco.
-Non osare...
Disse, paralizzato
dal terrore. Fece un passo indietro, rendendosi conto che era troppo tardi per
scappare. Roy mosse le labbra in un ghigno vittorioso.
-Ops!
E schioccò le dita.
Un forte boato
scosse tutta Resembool, mentre una fiamma alta e rovente si faceva spazio
bruciando senza pietà l’erba umida.
Ed rotolò sul prato,
gettato a terra da una spinta provenuta da chissà dove, schivando per non molto
il bruciante attacco del rivale che, probabilmente – anzi, quasi sicuramente, a
meno che Mustang non fosse impazzito completamente – l’aveva mancato di
proposito.
In effetti, da
qualche metrò più in la giunse la risata divertita di Roy, che se la spassava
alla grande. Edward cercò di spostare con le mani il grande fumo che si era
creato, ma non ci riuscì.
Cercò con lo sguardo
la sua amica d’infanzia.
-Winry? Ti avevo
detto di stare a casa! Ma guarda te se dovevi venire a...
Si blocco, a bocca
spalancata, e con gli occhi totalmente aperti. Davanti a lui, il corpo della
ragazza che amava giaceva sull’erba completamente bruciata.
Alcuni lividi le
ricoprivano il viso, e dai vestiti strappati si intravedevano tagli e bruciature.
Il cuore di Edward
cessò di battere, e il ragazzo si accasciò accanto a Winry. Roy si avvicinò
subito, preoccupato.
-Che è successo?
-Mi ha spinto
per... salvarmi.
-Stupida! Come ha
potuto pensare che ti avrei colpito veramente?
-Non lo so! Ma lei
è così! Si preoccupa sempre! Avanti Winry, apri gli occhi!
Nulla.
-Winry ti prego...
-Vado a chiamare
la vecchia.
Roy scappò tra la
nube di fumo dirigendosi verso casa Rockbell. Edward prese tra le braccia il
corpo esanime della ragazza baciandole la fronte bollente.Si avvicinò a lei e notò con enorme sollievo
che respirava regolarmente.
La strinse al petto,
mentre grosse lacrime cominciavano a bagnargli il viso e a cadere sulle
palpebre serrate di lei.
Desiderò ardentemente
vedere quegli occhi azzurri come il cielo, che lo facevano sentire in paradiso.
Sognò di poter sentire
la sua voce sussurrargli che l’amava.
Posò la fronte
contro quella di Winry e pianse così, stringendola tra le braccia, mentre
quelle lacrime che scendevano dal suo viso cominciavano a corrodergli sempre
più il cuore e la pelle.
Bruciavano.
Bruciavano più del
fuoco.
Sniffsniff povera Win. Mi è dispiaciuto molto scrivere
questa ultima scena, ma Mustang doveva per forza combinare qualcosa. Insomma,
vuole tanto vantarsi della sua alchimia di fuoco, facciamogli fare un errore
per questa volta.
Anche se,
poverino, non l’ha fatto apposta, voleva solo spaventare il povero Ed! xD
Detto questo,
ho passato quasi quattro ore a riscrivere questo capitolo da carta a computer
modificandolo venti milioni di volte, quindi ora devo correre a fare i compiti.
Risponderò alle recensioni la prossima volta!
Hey! J ciao a tutti! Eccomi qui con il
capitolo 16, appena sfornato! Ad un certo punto, i miei occhi se ne sono andati
a farsi un giretto a Central City (xD) e non ci ho più capito niente. Quindi, se
la storia comincia a fare schifo, sarà perché mi sono vista 19 episodi di fila
di FMA, appena scaricati e di aver giocato per circa 2 ore a the sims 2. Sì,
oggi non avevo niente da fare xD
Detto questo, ecco a voi il capitolo n° 16!
16.RABBIA E ORGOGLIO
Quel mattino a
Resembool pioveva, anzi diluviava. Nuvoloni neri avevano ricoperto con una
coltre oscura il solito limpido cielo della campagna. Una cascata d’acqua
opprimeva i raccolti, devastandoli, spinta dal soffiare del vento, che era
sempre più impetuoso.
Ogni ricordo
dell’estate era stato spazzato via dalla gelida, che aveva abbassato in modo a
dir poco impressionante la temperatura.
Un lampo squarciò il
cielo e un’assordante tuono rimbombò tra le colline, annullando per una
manciata di secondi il prepotente scroscio della pioggia.
Edward era seduto su
una sedia di legno ruvida e scheggiata. Le braccia, posate con i gomiti su un
lenzuolo bianco tremavano impercettibilmente. Il mento, retto dalle mani, era
immobile, così com’era imperturbabile l’espressione del ragazzo.
Il suo sguardo d’oro
era posato su un dolce viso addormentato, sulla cui guancia sinistra spuntava
un graffio profondo e un pesante livido rossastro. I capelli biondi,
leggermente bruciati sulle punte, ricadevano morbidi ma disordinati sul cuscino
bianco.
L’unico rumore che
risuonava in quella piccola stanza di ospedale, era un irritante BIP che
proveniva da una rudimentale macchina posta a pochi metri dal lettino. Ed
chiuse gli occhi, desideroso di poter trasmutare quell’orribile aggeggio in
tanti inutili pezzettini di metallo.
Sentì dei passi
dietro di lui e si voltò, trovandosi davanti l’alchimista di fuoco, con una
mano nei capelli e un’espressione tra il preoccupato e l’imbarazzato stampata
sul volto.
Ed strinse i pugni,
mentre Roy gli si avvicinava. Il comandante posò una mano sulla spalla del
ragazzo e sospirò.
L’enorme desiderio
di distruzione che Edward nutriva verso quella macchina che riproduceva in modo
del tutto innaturale il cuore di Winry si spostò, incentrandosi su Roy. Digrignò
i denti, maledicendo se stesso per non essere più in grado di utilizzare
l’alchimia, e quindi di non poter ridurre Roy a un cadavere insanguinato
infilzato con tante lame acuminate ricavate dal pavimento.
Strinse la sua
palandrana rossa, un po’ per il freddo, un po’ per l’immensa rabbia che gli
faceva ribollire il sangue nelle vene.
Roy Socchiuse gli
occhi fingendosi dispiaciuto. O forse – meglio per lui se fosse così – lo era
per davvero.
-Mi... dispiace,
acciaio.
Disse a bassa voce,
guardando con compassione il dolce viso di Winry, e fissando con immenso
disprezzo per sé stesso i tagli e le bruciature sulla ragazza. Ed alzò un
biondo sopracciglio, irritato.
-Il fatto che tu
sia dispiaciuto non cambia le cose. E poi...
Cominciò,
fulminandolo con lo sguardo.
-Non chiamarmi mai
più così.
-Hai ragione.
Scusa, per entrambe le cose.
Edward si alzò dalla
sedia e camminò per la stanza, avvicinandosi più e più volte al letto sul quale
giaceva la ragazza che lo aveva fatto innamorare. Roy seguì ogni suo movimento,
fino a quando il ragazzo non tornò a occupare lo scomodo posto sul quale era
rimasto per tutta la notte.
-Come sta?
Provò Roy, con voce
flebile. Edward grugnì.
-Oh, benissimo.
Non lo vedi da te?
Sbraitò, infastidito
dall’inutile domanda del comandante, guardando le palpebre serrate della
ragazza con sguardo dolce e pieno di apprensione.
-È solo per colpa
tua se ora sta così. Tua e delle tue maledette manie di protagonismo. E poi
sarei io l’egocentrico? Con quell’inutile attacco, hai alzato un mucchio di sassi,
e guarda come l’hai ridotta. Oltretutto, si è mezza bruciata! Mi verrebbe quasi
da ringraziare una divinità in cui non credo, perché se si fosse trovata solo
qualche centimetro più avanti... ah, non ci voglio neanche pensare!
-Ho davvero
esagerato, lo so. Per quel che può servire, ho ritirato la richiesta a tuo
fratello, e ho inviato una consistente somma di denaro alla vostra famiglia per
riparare al danno.
-E tu pensi che
con qualche soldo tu possa cancellare ciò che ha fatto? Spero davvero per te che
lei non si sia fatta niente di grave, o ti giuro che ti ammazzerò con le mie
mani, Mustang!
-Hai ragione.
-Ti dovrei
ringraziare?
-No. ho fatto solo
ciò che ritenevo giusto.
-Eh, grazie lo
stesso.
Roy rimase sorpreso,
e fissò l’ex alchimista. Edward si girò verso di lui e lo fulminò con lo
sguardo.
-Non ti illudere.
Ti ho ringraziato solo perché è quello che lei vorrebbe. Ma non significa che
non ti riempirò di pugni, appena questa faccenda sarà finita.
Il comandante
sorrise, rassegnato.
-Non sei cambiato
per niente, Edward.
-Se è per questo,
neanche tu. Sei solo più vecchio.
-E tu più alto.
-Umph.
-Perché hai
iniziato a darmi del tu?
-Perché non sei
superiore a me. Comandante supremo finché vuoi, ma sono al tuo stesso livello.
-Ma...
-Niente ma. Non
sono più il tuo fido cagnolino.
-Non lo sei mai
stato, hai sempre voluto fare di testa tua. Sei sempre stato un grande problema
per me e per i miei nervi.
-Non dirmi che per
un momento hai sperato che io potessi prendere veramente ordini da te, perché
non ci credo.
-No, ho sempre
saputo che non mi avresti mai ascoltato. L’ho capito dalla prima volta che ti
ho visto: avevi undici anni, e tu e tuo fratello avevate da poco tentato la
trasmutazione umana. Nel tuo sguardo, non vidi terrore, o disperazione, come
sarebbe stato normale. No. I tuoi erano occhi con il fuoco dentro.
Ed non rispose, si
limitò ad osservare le labbra di Roy, leggermente piegate in un sorriso
ambiguo. L’uomo osservò l’oro puro degli occhi dell’ex alchimista, poi
finalmente dischiuse il suo sorriso.
-Così come adesso.
-Ah, tu dici? Se
avessi davvero la possibilità di incenerirti con lo sguardo, l’avrei già fatto,
credimi.
-Lo so, Edward.
Ormai ti conosco bene.
-E allora, dato
che mi conosci, avrai di certo capito che la mia voglia di spaccarti la faccia
sta crescendo sempre di più.
Roy sorrise
nuovamente e si alzò.Si girò, portando
in alto una mano in segno di saluto.
-Ok, ok. Ci
vediamo dopo, Edward.
Disse il comandante,
uscendo dalla porta e chiudendosela alle spalle. Ed, dopo essersi ripreso
dall’enorme irritazione portata da Roy, tornò a osservare Winry.
Ancora non dava
alcun segno di miglioramento. Con una mano accarezzò la leggera frangetta
bionda che ricadeva sul viso candido della ragazza. Poco dopo, le prese una
mano, stringendola teneramente tra le dita.
-Winry...
Sussurrò, con voce
tremante. Non ricevette alcuna risposta.
-Apri gli occhi,
Win. Ti prego. Siamo tutti qua ad aspettarti: Al, la zia, Den, Riza e anche
quel bastardo di Mustang. E poi... ci sono anche io. Andiamo, mi hai aspettato
per anni, e ora che finalmente sono qui con te, e siamo insieme, non puoi
abbandonarmi.
Sorrise malinconico,
stringendole di più la mano.
-Guarda... guarda
che la manutenzione non l’hai finita, quando è arrivato Roy. Devi completare la
lucidatura della parte inferiore. Non è da te lasciare un lavoro a metà, lo
sappiamo bene entrambi. Win, io devo a te la mia vita, perché tu mi hai dato la
forza di andare avanti. Facciamo così, se tu ora apri gli occhi, ti prometto
che non romperò più il mio automail. O almeno, ci proverò.
Disse sorridendo,
socchiudendo gli occhi, che cominciavano a inumidirsi. Guardò verso l’altro,
per evitare che le lacrime riuscissero a oltrepassare quella barriera che stava
cercando di formare con tutte le sue forze.
Non ce la fece.
Una goccia cristallina
e solitaria percorse la sua guancia destra e cadde a terra, silenziosa.
Veloce, Edward si
passò una mano sul viso, come a nascondere le prove. Non doveva piangere,
doveva essere forte. Winry ce l’avrebbe fatta, ne era più che sicuro.
Subito però si
rattristò, pensando a quante volte lei era stata in quella situazione, in ansia
per la sua vita. Chissà quante volte, inconsapevolmente, l’aveva fatta
piangere, chissà quante lacrime aveva versato per la sua lontananza.
La guardò con
dolcezza, avvicinandosi di più lei.
Quanto era bella.
Sempre, sempre lo
aveva pensato, fin da quand’erano piccoli. Mai però, a quel tempo, avrebbe
potuto dirglielo. Prese tra le mani una biondissima ciocca di capelli e
l’accarezzò dolcemente, mentre osservava quel viso così dolce.
Era in quei momenti
di – in un certo senso – solitudine che capiva veramente quanto fosse
innamorato di lei. Non desiderava altro che rivedere i suoi occhi color del
mare, che lo guardano sognanti, la sua voce delicata ma decisa, che gli dice di
amarlo o lo sgrida per come tratta l’automail.
Ripensò a tutte le
volte in cui Winry gli aveva esternato a parole i propri sentimenti e lui non
era stato capace.
Tutto per colpa del
suo imbarazzo e del suo stupido orgoglio. Eppure, non doveva essere così difficile
dire quelle due paroline.
Doveva dimostrarle
che anche lui era innamorato di lei, e che era abbastanza forte da dirglielo.
-Winry io... ti
devo dire una cosa. In questo momento, spero contemporaneamente che tu possa
sentirmi, sia che tu non riesca a farlo. Tu mi sei sempre stata accanto, anche
solo con il pensiero. Ho sempre avuto una parte di me che desiderava
ardentemente mollare tutto e tornare qui a Resembool, tornare anche da te,
trascorrere la mia infanzia – la mia adolescenza – come un ragazzo normale. Ma
non potevo. Ero obbligato a studiare, a combattere, a cercare un modo per fare
tornare come prima me e Al. Soprattutto Al.
Sorrise tristemente,
ripensando a quei tempi.
-Ma lo sai? Ora
sono qui, e non ci sono più guerre, né stupidi colonnelli, o pericolose
alchimie. Ci siamo soltanto io e te, dopo forse dopo troppo tempo. Dobbiamo
vivere fino in fondo il tempo che abbiamo perso, pensare come se ogni momento
fosse l’ultimo. Non sai quante volte ho abbracciato questa filosofia, negli
anni in cui sono stato un alchimista di stato. Ancora non mi ero reso conto del
perché in quei momenti i miei pensieri volgessero a te. Finalmente, l’ho
capito. Io non volevo lasciare questo mondo senza averti visto un’ultima volta,
senza averti ringraziato come davvero meriti. Non desideravo affatto che tu
fossi il mio ultimo desiderio in punto di morte. Perché il mio cuore sapeva di
voler rivelarti tutto, un giorno.
Ed si avvicinò a
lei, accarezzandole una guancia. Si rese conto che quello era veramente il
momento giusto. Si guardò intorno, per assicurarsi che non ci fosse nessuno, a
parte loro due, nelle vicinanze. Sentì il cuore battergli forte e un calore
improvviso invadergli il corpo.
-Winry, io ti amo.
Disse, arrossendo
vistosamente. Chiuse gli occhi e inspirò, lasciando che il profumo della
ragazza gli riempisse i polmoni. Si alzò dalla sedia, accarezzando per l’ultima
volta con lo sguardo il viso di Winry. Fece un paio di passi verso la porta,
quando...
-E-Ed...
Edward si girò, con gli
occhi spalancati. Winry aprì di poco gli occhi, e cercò di sorridere, ma quello
che uscì fu solo una smorfia di dolore. Il ragazzo si precipitò subito accanto
a lei.
-Ed...
Mormorò lei. Edward
sorrise radioso.
-Winry! Ti sei
svegliata! Come stai?
-Insomma. Ho male
dappertutto.
-Io Mustang lo
uccido!
Ghignò lui,
stringendo i pugni.
-Ed tu... hai
detto... che mi ami?
L’ex alchimista
arrossì.
-Io... beh, sì.
-Puoi... dirlo di
nuovo?
-Io... io...
La ragazza abbassò
gli occhi, triste. Ed se ne accorse. Con mano tremante, alzò lentamente il
volto di Winry e la guardò fisso negli occhi. Oro prezioso nel cielo più
limpido.
A cosa serviva
trattenersi ancora? L’avrebbe resa felice, era quello che contava veramente.
Mise da parte ogni suo pensiero, e prese il coraggio a due mani.
-Ti amo.
Disse, fermo,
deciso, ma in modo estremamente dolce. Gli occhi della meccanica brillarono di
felicità, mentre un enorme sorriso si faceva largo sul suo splendido viso. Ed,
la cui pelle era ormai diventata rosso cremisi, tenne lo sguardo fisso su di
lei.
-Ti amo.
Ripeté.
-Non ho più paura
di dirlo.
Così dicendo, si
chinò verso di lei e posò le labbra sulle sue. Una lacrima lucente scese dal
viso della ragazza e andò a posarsi sul cuscino bianco.
L’acuto dolore che
sentiva prima sembrava scomparso, ovattato da un calore intenso che proveniva
dal profondo del suo cuore, e da un intensissimo profumo di erba bagnato che le
inebriava la mente.
Lasciò che ogni
pensiero abbandonasse la sua mente, mentre tutto il suo corpo si concentrava in
quel bacio che dentro racchiudeva tutto.
Tutta la sua vita e
tutto ciò in cui aveva sperato.
Le parole del suo
amore rimbombavano nella sua testa, rendendola tremendamente felice.
Desiderò in quel
momento che il tempo si fermasse, per permetterle di assaporare ogni singolo
istante di quel bacio meraviglioso.
Ma il tempo non si
può fermare.
Si accontentò di
quei minuti, ritmati dal battito incessante del ragazzo del quale era
innamorata. La barbetta incolta le pizzicava il viso, facendola sorridere
involontariamente.
Lentamente, Edward
si staccò da lei, tornando a seguire i perfetti contorni del suo viso.
-Ti amo anche io,
Ed.
Disse lei infine,
prima di perdersi un’altra volta nel più bello dei sogni più belli.
E così è finito anche questo capitolo. Non mi è
piaciuto particolarmente ma lascio a voi le recensioni, che spero che siano
veramente tante!
Kagome123 non vedo l’ora che tu continui la tua storia! Sono
curiosissima di sapere il seguito! Comunque, grazie per la recensione!
Fflower89 sì, infatti dopo Al si rende conto che potrebbe essere
una scelta sbagliata, ma penso che lui in fondo sia un po’ ingenuo, e comunque
la voglia di rivedere la madre è sempre molto forte. Grazie del commento!
Ciao a tutti, scusate
nuovamente il mio ritardo! Vi avviso che ultimamente la mia ispirazione per
questa fanfiction è andata a farsi benedire, perciò non vi aspettate gran che
da questi capitoli. Fanno schifo, lo so. Ma li ho scritti e riscritti 500
volte, e meglio di così non mi esce. Non so che mi succede, perdonatemi.
Dopo questa piccola
introduzione, vi lascio al capitolo 17, sperando in qualcosa di positivo. Scusate,
di nuovo.
1.LACRIME D’ACCIAIO
-Mi dica che non è vero.
Mormorò Edward, lasciandosi cadere sulla vecchia
sedia dietro di lui e scuotendo i leggeri capelli d’oro. Con la mano sinistra,
si torturò la manica rossa del braccio destro, tirandola, stropicciandola con
le dita e pizzicandola nervosamente con le unghie. I suoi occhi preziosi quel
giorno non erano splendenti, ma resi opachi da un cupo velo di tristezza.
-La prego, mi dica che sta scherzando. No. non
può essere.
Ripeté, con lo sguardo perso nel vuoto. Strinse i
pugni, finché non sentì le unghie quasi penetrare dolorosamente nella sua
pelle, rigida dalla tensione. Davanti a lui, un uomo molto alto con i capelli
grigiastri, vestito con un lungo camice bianco, lo scrutava con compassione.
Edward alzò lo sguardo, posandolo definitivamente
senza forza né pretese sull’anziano viso del medico, che gli si era avvicinato
ancora di più.
-Ma lei è proprio sicuro che...
-Certamente. La gamba della ragazza è stata
investita in pieno dalle fiamme. Con le misere conoscenze di cui disponiamo al
momento, non possiamo fare gran che.
-Questo vuol dire che... la sua gamba?
-Mi dispiace davvero molto, ma la signorina ne sarà
privata. Ha ustioni troppo gravi, ma per fortuna il resto del corpo è in buone
condizioni. Di certo non è in pericolo di vita. Dopo tutto, mi è giunto
all’orecchio che sia anche una famosa costruttrice di automail, e che sia molto
conosciuta e apprezzata anche a Rush Valley.
L’ex alchimista ascoltava a occhi sgranati, non
riuscendo a credere alle parole che stavano uscendo come fossero frecce dalla
punta avvelenata dalla bocca del medico. Le frecce lo colpivano sempre più in
profondità, torturandolo. Già conosceva la conclusione della frase dell’uomo in
bianco davanti a lui, e non aveva alcuna intenzione di stare ad ascoltarlo un
secondo di più. Tentò di ribattere, ma i muscoli della sua faccia
s’irrigidirono.
-Metterà un automail.
Eccola, la frase tanto temuta. Nei suoi occhi tornò
all’improvviso a bruciare il fuoco più rovente, mentre il pensiero di Winry con
un freddo e inumano automail che deturpava la sua magnifica figura cominciava a
prendere forma nella sua mente e a divorarlo lentamente dall’interno.
Winry non poteva mettere un automail.
No. Non lei, non meritava una simile tortura.
Edward digrignò i denti, tornando con la mente a quando aveva deciso di
sottoporsi a quell’operazione immensamente dolorosa quasi dieci anni prima.
Ricordò quel dolore intenso, lancinante, perenne, che lo avevano accompagnato
non solo nell’operazione – durante la quale gli era sembrato di trovarsi per
una seconda volta all’inferno – ma anche durante il periodo della
riabilitazione. Ricordò l’odio che provava per quegli arti meccanici che non lo
avevano mai fatto sentire umano al cento percento. Non poteva permettere che
proprio lei, Winry, la ragazza che amava e che tanto lo aveva aiutato proprio
con quei dannati automail, ora dovesse soffrire così tanto.
-Non posso permetterlo!
Gridò, mentre sentiva gli occhi inumidirsi e il
naso pizzicare. Batté con forza un pugno sul muro ruvido e freddo, mordendosi
un labbro per trattenere le lacrime che premevano sui suoi occhi d’oro. Con
grande forze le ricacciò indietro, mentre un rosso strato di sangue cominciava
a comparire sulle nocche della mano destra.
Una goccia di sangue scivolò sul pavimento
immacolato. Edward la seguì con lo sguardo carico di disprezzo, ringraziando il
fatto di non avere più quel maledetto arto meccanico.
Doveva provare più dolore possibile, doveva trovare
un modo per affievolire quell’immenso bruciore che provava all’interno della
sua anima.
-È tutta colpa mia.
Sussurrò a denti stretti, con la rabbia che gli
faceva ribollire il sangue nelle vene. Una voce lontana, gentile, richiamò il
medico, che dovette a malincuore scusarsi e se ne andò. Edward rimase solo con
il suo dolore e il suo desiderio di distruzione che stava per esplodere nel suo
cuore. Tirò un altro violento pugno sul muro, che si tinse di sangue. Oh, se
Mustang fosse comparso lì, in quel momento, solo Dio – nel quale non credeva,
oltretutto – avrebbe potuto sapere cosa lo avrebbe fatto desistere
dall’ammazzarlo di botte.
Si avvicinò a passi lenti alla porta bianca, posta
a qualche metro da lui, che lo separava dalla ragazza alla quale lui – e anche
quello stronzo di Mustang, intendiamoci – aveva rovinato la vita.
Dalla stanza, proveniva una voce di donna
tranquilla e profonda, mista a una risata cristallina e aperta, che però
all’orecchio di Ed risuonò con un amaro accenno di tristezza. Per l’ex
alchimista, udire quella risata fu come sentire una lama affilata che veniva
infilzata senza alcuna pietà esattamente al centro del suo cuore.
Sospirò, sicuro che Winry ancora non fosse venuta a
conoscenza del destino che l’attendeva oltre quel lettino d’ospedale.
Improvvisamente, la porta si aprì, interrompendo i
suoi pensieri. Ne uscì Riza, con un delicato – o angosciato? – sorriso dipinto
sul volto.
-Ed!
Disse, accorgendosi della sua presenza. Edward la
riconobbe a sua volta.
-Tenente Hawkeye!
-Oh, Ed. sei rimasto qui tutta la notte?
-Sì, mi sento tremendamente in colpa. Volevo
stare accanto a Winry.
-Non è affatto colpa tua, ma di quello
sconsiderato del mio superiore. Ah! Appena lo becco, lo riempio di parole, te
lo prometto.
-Chissà dove starà andato a nascondersi quel
vigliacco. Bastardo!
Il tenente sorrise, scompigliando i capelli d’oro
di Edward, che alzò un sopracciglio biondo, leggermente infastidito dal
pensiero del comandante.
-Sei un tesoro, lo sai? Per Winry hai passato qui
tutta la notte, e so più che bene che tu odi gli ospedali.
-In effetti, non sono il luogo in cui preferisco
passare il mio tempo.
-Tu sei proprio innamorato di Winry, non è così?
-Mi ha già fatto questa domanda.
-Ricordo perfettamente. Ma se non sbaglio, tu
dicesti che eravate solo amici.
-Infatti, lo eravamo.
-E ora?
Edward arrossì vistosamente, mentre Riza lo
osservava divertita. La donna posò una mano sul pancione, sorridendo appena. Il
bambino si muoveva dentro di lei.
-Spero proprio che non sia come suo padre.
S’intromise Ed, inclinando la testa da un lato e
posando anch’esso una mano sul ventre della donna. Sentì distintamente un
calcetto. Ritrasse la mano, alterato.
-Umph. Pare proprio che sarà così.
-Hahahahaha! Ed...
-Mi scusi, forse ho esagerato. Infondo lei...
-Non ti preoccupare. Ti capisco benissimo.
-La ringrazio. E Winry? Come sta?
-Non saprei dirti, davvero.
-Ha saputo della gamba, tenente?
Il tenero sorriso sparì dalle labbra della donna,
che tornarono ad assumere una posa seria. Tornò a guardare Edward, che
aspettava una sua risposta.
-Sì, purtroppo. Mi dispiace davvero moltissimo
per lei, povera ragazza!
-E Winry? Lei lo sa?
Sotto il peso di quella domanda, Riza abbassò
nuovamente lo sguardo, seguendo il susseguirsi delle piastrelle bianche e
lucide, come del resto era tutto l’ospedale. Ed, notando lo sconforto della
donna, le tocchettò con gentilezza la spalla sinistra, cosicché il tenente
tornasse a guardare quelle meravigliose iridi d’oro.
-No.
Ammise, con una tristezza fino troppo familiare.
-Non lo sa.
-Oh, ho capito.
-Intendi dirglielo tu?
-Penso di sì. Devo solo... trovare le parole
giuste.
Il tenente Hawkeye sorrisee salutò Edward, che rimase nuovamente solo
davanti alla porta che lo separava dalla stanza nella quale era ricoverata la
bionda meccanica. Con grande cautela, premette la maniglia ed entrò.
Un intensissimo e fastidioso odore di disinfettante
inondò le sue narici. Come odiava quell’odore così pungente e innaturale. Era
la cosa che più detestava degli ospedali. Storse il naso, disgustato.
Entrò a piccoli passi, chiudendosi silenziosamente
la porta alle spalle. Il candore della stanza, reso ancora più lucente dalla
fievole luce che filtrava dai vetri della finestra, gli faceva perdere la
cognizione della realtà.
Maledizione, quel posto era tutto uguale.
Si guardò intorno, spaesato. Davanti a lui, Winry
era distesa sul letto, con le palpebre semichiuse, e una debole espressione di
dolore e sconforto dipinta sullo splendido viso, pallidissimo. I capelli biondi
erano raccolti in una coda disordinata, legati con un elastico morbido, che
lasciava liberi alcuni ciuffi di cadere davanti agli occhi della ragazza.
Il lenzuolo, bianco, arrivava a coprire fino a metà
seno della meccanica, che indossava uno leggero camice, anch’esso bianco.
Accanto a lei, il comodino grondava di fiori e letterine di buona guarigione,
provenienti da Resembool, Rush Valley e un paio anche da Central City.
Poco distante dal letto, Edward ritrovò un suo
vecchio nemico. Fulminò con lo sguardo l’irritante macchinario ancora emettente
fastidiosi BIP, che volevano imitare – con un assai mediocre risultato – i
battiti del cuore dei Winry.
Ed fece un paio di passi. Appena la ragazza ne
sentì il rumore, spalancò i suoi due oceani turchini.
-Ed!
Lo chiamò con voce debole, facendo forza sulle
braccia per mettersi a sedere. Spostò con una mano un ciuffo di capelli che le
erano sfuggiti dall’elastico e si erano adagiati sulla sua fronte. Sorrise.
-Hey, Win! Come stai?
-Insomma. Meglio, devo dire. Ma...
-Ma?
-È un po’ che ci provo, ma non riesco a muovere
la gamba destra. Quando mi sono svegliata, l’ho trovata completamente fasciata,
e come se non bastasse, è come se non esistesse più. Non la sento.
Edward sentì una fitta al cuore. La lama entrò
ancora più in profondità, lacerandolo letteralmente di dolore. Abbassò lo
sguardo dorato, non riuscendo a reggere quello color del cielo di lei.
-Ed? che succede?
Chiese Winry, preoccupata. Non ricevette però alcuna
risposta.
-Ed perché non mi rispondi? Edward? Edward!
-Winry io... ti devo dire una cosa. È importante.
-Che cosa? Dimmelo, ti prego!
Edward sorrise malinconicamente e si sedette sul
letto accanto a lei. Le prese una mano e la strinse forte, cercando di trasmetterle
quanto più coraggio fosse possibile.
-La tua gamba non si può muovere.
-Che stai cercando di dire?
-È difficile, Win. La tua gamba...
Mormorò, fissando con insistenza il freddo automail
alla sua gamba sinistra. Winry seguì il suo sguardo, lasciò la mano
dell’alchimista e picchiò i pugni sul materasso, esasperata.
-Ma la vuoi smettere di fare così? Inizi un
discorso, e poi ti perdi a guardare il tuo automail. Ma si può sapere perché
tu...
Si bloccò a metà discorso, notando che Ed aveva
voltavo la testa dall’altra parte, e si mordeva con gli incisivi il labbro
inferiore. Lo sguardo slittò un altro paio di volte dal ragazzo al suo
automail.
Improvvisamente, capì.
-Oh. Oh!
Sussurrò, con voce tremante. Il biondo si rigirò
verso di lei e la strinse forte tra le braccia.
-Mi dispiace. Scusami, è tutta colpa mia.
-No, Ed! non è colpa tua!
-Come non è colpa mia? Winry, la devi smettere di
proteggermi sempre! Ora tocca a me proteggerti, e dovrò farlo da me stesso!
-Dai, stai tranquillo. Un automail? E che
saràmai?
Disse ridacchiando nervosamente e sfoderando quello
che a Ed sembrò il sorriso più falso dell’universo. La lama si contorse e il
suo cuore, improvvisamente, prese fuoco. Bruciava come non mai.
-Winry...
-Ed, smettila. Io adoro gli automail, lo sai.
Cosa vuoi che sia portarne uno?
-Piantala di dire tutte queste cazzate!
Urlò, in preda alla collera. Winry indietreggiò sul
materasso, spaventata. Edward, capendo il suo errore, si passò inquieto una
mano tra i capelli. Si precipitò nuovamente accanto a lei, inginocchiandosi sul
pavimento accanto al bordo del letto.
-Perdonami, ti prego.
-Perché mi hai parlato così?
-Non lo so... non lo so! Ti rendi conto che per
colpa mia tu... no! Non lo posso permettere! Winry ti giuro che troverò un modo
per salvare la tua gamba, costi quel che costi!
-Oh, Dio! Ed, promettimi che non farai
stupidaggini!
-Ma... ok.
Winry sorrise dolcemente, accarezzando i capelli
del ragazzo del quale era innamorata. Ed rispose al sorriso, chinandosi a
baciarle la fronte.
-Sei sicura che va tutto bene?
-Sì. Sicurissima.
In quel momento entrò il medico, che intimò Edward
a uscire, dato che l’orario delle visite era terminato da un pezzo. Il ragazzo
lo fulminò con lo sguardo, scocciato. Si chinò a baciare velocemente la fronte
di Winry e la guardò con dolcezza.
-Se hai bisogno di me, non esitare a chiamarmi.
-Certo.
-E bevi il tuo latte!
Winry si accorse della bottiglia ancora piena sul
suo comodino. Pochi secondi dopo, il suo sguardo tornò al viso serio di Edward.
La ragazza alzò un sopracciglio.
-Non sono io che lo dico a te, di solito.
-È vero. Ma tanto, io non lo berrò mai. Almeno,
fallo tu.
-Grazie, Ed.
-Per il latte?
-No. per tutto. Per essermi vicino e per...
amarmi.
Il ragazzo s’imporporò, raggiungendo un brillante
color vermiglio. Winry si lasciò scappare una risatina imbarazzata. Edward, con
lo sguardo basso, carezzò un’ultima volta la testa di Winry e uscì dalla
stanza.
Appena chiuse la porta, fece per andarsene, ma
qualcosa attirò la sua attenzione. Accostò un orecchio all’uscio e ascoltò.
Un pianto disperato proveniva da quella stanza.
Edward strinse i pugni quando sentì il suo cuore scoppiare e ridursi in tanti
piccoli e taglienti pezzi dentro il suo petto. Il pianto di Winry s’insinuò
nella sua mente, uccidendolo, mentre la rabbia e il desiderio di uccidere il
responsabile di tale disgrazia cresceva a dismisura dentro di lui.
Con uno scatto furioso si voltò, cominciando a
camminare per il lungo corridoio bianco. Il fuoco più incandescente bruciava
nei suoi occhi dorati.
-Comincia a scappare, bastardo!
Disse quasi a sé stesso, velocizzando il passo alla
ricerca di una persona che di certo, non avrebbe tardato a stanare.
Eccoci arrivati alla conclusione di questo capitolo. Non
mi piace, come non mi piacciono gli ultimi due che ho scritto. Ma, che devo
dire, tutti hanno i loro momenti no, giusto? Vi ringrazio comunque, perché continuate
a leggerla, mi rendete felice! J
Fflover89 hai ragione, è stato banale davvero. Ma non
è finita qui, come hai visto. Nello scorso capitolo, si era solo svegliata, mi
dispiace comunque che tu non abbia apprezzato lo svolgimento. Scusa! =)
Onyriainnanzitutto,
grazie del commento. Come sempre, i tuoi consigli sono utilissimi. Mi scuso per
le parole dimenticate e per gli eventuali errori, ma a un certo punto non ci
vedo più. Spero comunque che con questo capitolo sia rimasta all’altezza delle
tue aspettative. J
Edxwinry 4ever grazie davvero
per la recensione! Sono felice che ti sia piaciuto il capitolo. Davvero ti ha commassa?^^
Alhiahai ragione, Ed
si è un po’ addolcito con l’amore. Ma non tutto è perduto. Roy avrà la sua
punizione, parola d’onore! Come avrai notato, il nostro alchimista sta cercando
qualcuno da ammazzare di botte... xD
KiriDellenger II grazie della recensione! Eh già, alla
fine ha dovuto cedere. Per me non è mai stato difficile dire quelle parole, ma
Ed me lo immagino così, impacciato, impaurito e imbarazzato! J per quanto riguarda l’altro discorso.... si vedrà! J
Ciao a tutte/i! scusate tantissimo per il mio imperdonabile
ritardo, ma ho avuto una grandissima difficoltà ad andare d’accordo con questo
capitolo. Nonostante tutto questo tempo, però, pare che ancora non sia uscito
niente di buono, almeno a parer mio. Comunque sia, lascio a voi il compito di
giudicare. Vi lascio a questo capitolo, che probabilmente molti di voi
aspettavano.
Buona lettura! ^.^
18.PIOGGIA DI DISPREZZO
La pioggia scrosciava intensa e incessante, le
gocce d’acqua battevano rumorosamente sui tetti e sulle strade lastricate di
antichi ciottoli.
I verdi campi, ormai allagati dal diluvio,
sembravano essersi ingrigiti, strappati alla loro vitalità dal gelido alito
invernale.
Tuoni prepotenti rimbombavano tra le colline,
rischiarate a intervalli irregolari da chiari sprazzi di luce, fulmini
violenti, che si sfogavano da una rabbia incandescente che li animava da troppo
tempo.
Il temporale sfuriava ormai da due giorni, e il
paesaggio era mutato in maniera a dir poco impressionante.
Passi veloci ma pesanti e precisi spezzavano
l’innaturale silenzio del corridoio d’ospedale. Edward strinse i pugni,
sentendo la rabbia e il disprezzo crescere con una selvaggia potenza dentro di
sé, quasi fosse un pericoloso vulcano pronto a eruttare. I suoi occhi color
dell’oro erano corrugati in un’espressione cupa, la luminosità aurea delle sue
iridi era soffocata da una stretta ferrea di odio profondo.
Percorse l’intero corridoio, giungendo infine
dinnanzi un’imponente porta rossa. Con grande forza, l’aprì e fu investito da
una gelida e umida folata di vento.
Il sole era appena calato e la torbida luce degli
ultimi istanti di tramonto tingeva le vaporose nubi di un alone di mistero.
Niente di quel cupo paesaggio gli ricordava la sua
vecchia Resembool. Dov’erano i prati brulicanti d’erba e colmi di fiori profumati?
Dov’era la tiepida brezza che svolazzava leggera tra le campagne? Dov’erano gli
accoglienti raggi del sole, che accarezzavano il dolce profilo dei campi?
Tutto era scomparso, trascinato da un vento troppo
forte, a cui non si riesce a resistere. Mai Edward aveva visto la sua cittadina
natale in quelle condizioni. O forse sì?
Non trovò una risposta, tanto i suoi pensieri erano
accecati dall’odio.
Sotto la pioggia battente, una sagoma scura si
distingueva immobile sul limite del terrazzo. Una mano sulla ringhiera lucida,
lo sguardo perso nel cielo più scuro anche della divisa che l’uomo indossava,
resa completamente fradicia dalla furia della pioggia. I capelli neri,
appiccicati al viso, parevano quasi più lunghi e tetri del solito, solcati
com’erano da fredde e grosse gocce d’acqua.
Roy chiuse gli occhi, lasciando che la pioggia
violenta tentasse di scalfire la delicata pelle delle sue palpebre. Una mano
era libera lungo il fianco, svincolata dal guanto, che giaceva insieme al suo
simile, ridotto a brandelli, in una pozzanghera poco distante.
L’alchimista di fuoco sembrava non essersi affatto
accorto della presenza di Edward, che s’inoltrò nella pioggia. La palandrana
rossa si scurì sotto l’acqua, gocciolando sempre più a ogni passo del ragazzo.
Edward si fermò a pochi metri da lui.
-Mustang!
Ruggì, premendo le unghie sulla pelle delle sue
mani. Roy non udì le sue parole, frenate dallo scrosciare costante
dell’acquazzone.
Edward, adirato, avanzò di qualche passo, così da
poter delineare con precisione i perfetti contorni del corpo del comandante. A
quel punto, Roy si accorse di lui. Voltò piano la testa verso il biondo,
lasciando per un momento la ringhiera di ferro.
-Mustang.
Ripetè Edward, sputando quel nome come fosse
veleno. Roy mosse le labbra in un sorriso ambiguo, azione che fece salire a
dismisura l’irritazione del giovane. Gli occhi d’ebano dell’alchimista di fuoco
si posarono su quelli dorati del ragazzo.
-Acciaio. Che ci fai qui fuori? Piove, non lo
vedi?
-Qualche goccia non mi ha mai fatto niente, lurido
bastardo!
-Potresti ammalarti. Torna dentro.
-Non mi sembra proprio che tu sia nella posizione
di potermi impartire ordini!
-Lo faccio solo per te.
-Per me? Cos’è che fai per me, eh Mustang?
Il comandante sorrise, spostandosi una ciocca
inzuppata dalla fronte. Tornò a guardare il cielo, mentre la pioggia si
abbatteva con forza sempre maggiore sul suo corpo. Edward, di fronte
all’indifferenza dell’uomo, si scagliò contro di lui, colpendolo con forza
sulla guancia sinistra. Roy barcollò, rimanendo in piedi.
-Cos’hai mai fatto per me?
-Non ti conviene colpirmi, acciaio.
-Non chiamarmi mai più così! Non sono più uno
schifoso cane dell’esercito!
Urlò, colpendo l’alchimista con una forza inaudita,
con il pugno della mano destra. Un livido rossastro comparve sul viso di Roy,
che non fece una piega.
-Smettila, Edward.
-Non ci penso neanche! Tu non ti rendi neanche
conto di quello che hai fatto!
-E così, tu pensi che io non me ne renda conto.
-Taci, o ti ammazzo di botte!
Si morse un labbro, rimpiangendo di non avere più
il suo arto metallico. Subito ritirò quell’orrendo pensiero, rendendosi conto
di quanto avesse odiato quel braccio destro in passato. Mai avrebbe potuto
provare il desiderio di riottenerlo. Così come un fulmine squarciò la sera
ormai inoltrata, la devastante immagine di Winry con un automail alla gamba lo
fece delirare.
Afferrò il colletto della divisa di Roy e lo
strattonò con forza. L’alchimista di fuoco non oppose resistenza.
-Questo...
Ruggì Edward, a denti stretti. Colpì con forza
l’alchimista di fuoco alla base del collo. Il comandante cadde al suolo,
strisciando le braccia contro il ruvido pavimento bagnato. Mugugnò di dolore,
inclinando la testa all’indietro.
-È per essere venuto a rovinare tutto!
Urlò, sferrando un potente calcio allo stomaco del
suo rivale. Roy si contorse, sputando un rivolo di sangue. Edward caricò
nuovamente il pugno.
-Questo...
Cominciò, battendo le nocche contro il naso di Roy,
che cominciò a sanguinare. L’alchimista di fuoco cercò di divincolarsi dall’irremovibile
stretta del ragazzo, che fu di nuovo su di lui, con una velocità sconcertante.
-È per esserti permesso di usare la tua spietata
alchimia di fiamma contro di me!
Ringhiò, afferrando con collera una ciocca di
capelli corvini del comandante e alzando rozzamente la sua testa fino ad
avvicinarla al suo viso, rosso dal risentimento. Con uno scossone improvviso,
lo scaraventò a terra, facendogli battere violentemente la testa. Un urlo di
dolore lancinante fu emesso dalla bocca dell’uomo.
-E questo...
Sussurrò, riducendo gli occhi a due fessure. Tornò
a prendere tra le mani il colletto della divisa e con grande forza sbatté l’uomo
contro la ringhiera metallica, che emise un secco gigolìo. Il comandante
supremo tossì sangue.
-È per aver rovinato la vita di Winry!
Roy girò di scatto la testa, strabuzzando gli
occhi. Appena dietro di lui, al di là della ringhiera di ferro battuto, si
stagliava un profondo dirupo, alla cui base spuntavano le rocce di un’ampia
vallata priva di erba. L’ospedale doveva trovarsi su un rilievo piuttosto
elevato.
Forzando sulle punte dei piedi, cercò di
aggrapparsi alla ringhiera, mentre Edward, davanti a lui, accecato dall’odio e
dall’ira, continuava a colpirlo allo stomaco con volente e potenti ginocchiate.
-Acciaio!
Sibilò, schivando per pochi millimetri il pugno che
l’ex alchimista aveva sferrato in direzione del suo naso. Edward lo guardò
dritto negli occhi.
-Acciaio, fermati!
-Scordatelo! Io ti ammazzo!
-Lasciami andare! Te ne pentiresti! Pensa a tutto
quello che hai passato, a quante volte ti sei rifiutato di uccidere, anche
quando era davvero necessario! Vuoi davvero venir meno a tutti questi tuoi
propositi? Ragiona, Edward!
Emise Mustang con un rantolo cupo ma audace. Edward
fermò il suo attacco, prestando attenzione alle parole del comandante.
-Ma la scelta è tua. Uccidimi adesso, se ne hai
il coraggio. Dopo che lo avrai fatto, che vantaggio ne trarrai? Eh? Pensi forse
che cambi qualcosa? Il danno che ho fatto non si sistemerà così! Servirà solo a
colmare la tua voglia di vendetta! Nei tuoi occhi, brucia ancora il fuoco più
vivo! Forza, Edward Elric. La scelta è tua, caro Acciaio.
Per un secondo che parve infinito, lo scroscio
della pioggia fu l’unico suono che si udiva tra le gelide campagne. Il cuore
dell’ex alchimista cessò di palpitare per un istante, mentre la sua mente
viaggiava indietro nel tempo.
Sangue, guerra, morte, distruzione, lacrime.
Le mani fredde tremarono fortemente, scosse da
violenti fremiti di disprezzo e tensione. Fulminò l’alchimista di fuoco con lo
sguardo, poi lo allontanò con disgusto. Roy lasciò la presa dalla recinzione e,
senza più forze, si lasciò scaraventare dall’altro nel mezzo del terrazzo. Il
suo corpo rimbalzò muto sul pavimento bagnato, poi rimase immobile e
impassibile sotto la brutale forza della pioggia. Dalla cintura del comandante,
a causa dell’impatto, si staccò la pistola che di solito Riza si portava
appresso e che ora aveva lui a causa della gravidanza della donna.
L’arma, nera e rilucente, ormai completamente
fradicia, giaceva silenziosamente ai piedi di Edward, il quale, però, non se
n’era ancora accorto.
-Hai giocato una vecchia carta, infame.
Ghignò tra i denti il biondo. Roy non mosse un muscolo
ma chiuse e riaprì ripetutamente gli occhi, lottando contro tutto se stesso per
non perdere conoscenza. Respirò pesantemente, mentre il sapore del sangue
cominciava a riempire la sua bocca. Tossì, tentando di recuperare il controllo
del suo apparato respiratorio.
-Almeno... ha... funzionato...
-Mmmh. Non ci contare troppo, sento ancora la
rabbia infiammare il mio sangue e scavare nella mia mente come un tarlo. Sono
al limite, Mustang!
Ringhiò, stringendo saldamente i pugni. Fece un
passo avanti, urtando con il piede sinistro il duro metallo della pistola.
Socchiuse gli occhi, notando l’arma.
Che ironico, che proprio la sua gamba sinistra,
l’automail, avesse sfiorato quella fonte di morte.
Ricordò l’episodio avvenuto anni prima, quando
aveva visto quella pistola – ed era proprio quella, ne era più che certo – tra
le mani innocenti di Winry. Ricordò l’odore dell’aria intrisa di risentimento e
le lacrime calde e salate della ragazza sulla propria pelle. Digrignò i denti,
mentre il comandante tentava di alzarsi facendo forza sulle braccia.
-Sei sempre il solito, acciaio.
Edward lo guardò attraverso capelli d’oro,
completamente bagnati. Roy schiuse le labbra in un enigmatico sorriso di
dolore.
-Non avrai mai il coraggio di uccidere, non è
così?
-Taci, è meglio per te.
-Oh, andiamo. Tu non hai un briciolo di coraggio!
-Stai zitto stronzo! Pensi che non ne abbia il
coraggio? Beh, staremo a vedere!
Urlò il ragazzo, raccogliendo da terra la pistola ,
rimasta fino a quel momento in una piccola pozza d’acqua. Con le mani che
tremavano per l’agitazione, la puntò verso il comandante, che indietreggiò di
pochi millimetri.
-Forza, sparami acciaio! Uccidimi! Vendica la
gamba della tua amica, vendica tutte le persone che ho ucciso! Non posso
difendermi! Piove! Questa maledetta pioggia sta segnando contemporaneamente la
mia fine e la tua vittoria! Coraggio, punta quella pistola sulla mia testa e
premi il grilletto! O hai paura, forse? Eh? Edward? Hai paura?!
-No!
Gridò esasperato, con i nervi a fior di pelle. Posò
un dito sul grilletto e prese la mira, mentre i suoi occhi cominciavano a
inumidirsi.
-Addio, bastardo!
E fece per premere, quando la porta rossa si aprì
di colpo, e apparve Winry pallidissima, che avanzava verso di loro reggendosi a
due stampelle. Appena la ragazza vide la situazione scoppiò a piangere.
-NO! FERMATI EDWARD!
Urlò, disperata, abbandonando a terra le stampelle
e lasciandosi cadere esattamente tra i due. A terra, tra l’acqua gelida della
pioggia, fece scudo a Roy con un braccio, mentre l’altro era rivolto verso
Edward, che la squadrava terrorizzato.
Rivide in quella posizione se stesso che proteggeva
la ragazza, anni prima, da Scar. I ricordi tornarono ad affiorargli nella mente
e le lacrime cominciarono a premere impazienti su i suoi occhi.
-Forza, spara!
-NO!!!
Urlarono Winry e Roy, contemporaneamente. Edward
chiuse gli occhi, sentendo la test scoppiare.
Ci fu un interminabile momento di silenzio finché
un assordante rumore rimbombò tra le colline.
Una pistola cadde a terra, fumante, accompagnata dal
silenzio soffocante di un polare soffio di vento.
Vi lascio
così, in sospeso! :P
Bene, bene, bene. Questo è quello che mi è uscito dopo
una settimana di lavoro. Uhm. Davvero squallido, direi! Ed è anche
cortissimo... e via con i pomodori marci verso la povera Meggy! Hihihi ok, la
smetto. L’altra sera ho postato una fanfiction, si intitola “Rain” e mi
piacerebbe davvero se la leggeste e la commentaste, perché ci tengo veramente
molto a quella one-shot. Mi fate questo favoruccio? Grazie mille ^.^
giugitzuxDtranquilla, Ed avrà altre occasioni per
dichiarare i suoi sentimenti a Win! Grazie davvero per la recensione!
Onyriagrazie
i tuoi commenti sono sempre molto utili te lo dico sempre! Spero davvero di
ritrovare quell’ispirazione. Spero comunque di non averti delusa con questo
capitolo.
EdxWinry 4ever
grazie per il commento! Forse è stato un po’ un classico il risveglio di Winry,
ma secondo me ci stava bene nella storia... comunque sia ti è piaciuto, è
questo che conta, no? Un bacio!
Fflover89 hahahah vedrai! Ti dico già che Ed
non diverrà alchimista medico, ma sei sulla strada giusta... forse! O forse no.
deciderò a suo tempo. Grazie per la recensione!
Alhiaecco
qui il famigerato “pestamento” xD... beh, spero che questo capitolo abbia
soddisfatto i tuoi ideali. Insomma, non è facile immaginarsi Ed che fa
veramentea pugni con Roy. Comunque sia,
spero sia andato bene! Grazie per il commento!
Buongiorno o buonasera (dipende da quando leggete^^) a
tutti/e! scusate per il mio immenso ritardo – come al solito -.-“ – allora...
ci eravamo fermati alla pistola che cade a terra. Nelle recensioni avete
espresso i vostri pareri, e qualcuno ci si è avvicinato davvero molto.
Fatemi sapere che ne pensate! A voi il capitolo 19!
19.IL
SILENZIO DEL PERDONO
Cosa si prova realmente quando si ha paura?
Una scarica elettrica, un brivido freddo lungo la
schiena, il cuore che galoppa frenetico nel petto e un senso di ansia e angoscia
invadere il corpo fino alla gola. Una morsa dalla quale non si può evadere.
Dalle piccole e ingenue case che si ergevano poco
imponenti sulla collina, uscirono intimoriti gli ignari abitanti, attirati e
incuriositi dal preoccupante rumore che rimbombava tra le campagne e che tanto
faceva ricordare uno dei violenti scoppi delle ormai lontane guerre civili. Tra
la gente, le domande fioccarono e in poco tempo un teso senso di agitazione
pervase il piccolo centro abitato.
Nel frattempo, il temporale continuava a infuriare
e il cielo buio della sera invernale era nascosto dall’ormai conosciuto strato
di nuvoloni cupi. Ad un tratto, come se il mondo avesse ricolmato la sua rabbia
violenta, ci fu un ultimo potente tuono che squarciò il persistente scroscio
della pioggia.
All’improvviso, tutto tacque.
Il diluvio incessante che da due giorni torturava
con il suo gelo l’intera cittadina di Resembool cominciava a poco a poco a
dissolversi, fino a ridursi a qualche solitaria goccia rilucente.
Un sottile spiraglio di luce lunare fece capolino
da un piccolo foro tra le nubi vaporose, illuminando appena i profili di
Edward, Roy e Winry, ancora immobili sulla buia terrazza dell’ospedale.
A terra, accanto agli scuri stivali pesanti di
Edward, giaceva muta la pistola del tenente Hawkeye. Di fronte a lui, con gli
occhi arrossati e lo sguardo terrorizzato, Winry tremava, un po’ per il freddo,
un po’ per la tensione del momento.
Dietro la ragazza, Roy respirò pesantemente e si
lasciò cadere in avanti, perdendo i sensi e rimanendo immobile sul ruvido
pavimento intriso d’acqua.
-Ed...
Mormorò Winry, con un filo di voce, mentre le
lacrime salate tornavano a rigarle le guance, pallide dalla paura. Edward alzò
lentamente lo sguardo, fino ad incontrare quello liquido di lei. Abbassò il
braccio, che fino a quel momento era rimasto teso alla sua destra, esattamente
come quando aveva premuto il grilletto della pistola, verso il cielo, verso il
nulla.
Si lasciò andare, atterrando sulle ginocchi, mentre
i suoi occhi d’oro slittavano dalle sue stesse mani all’arma lì accanto, con il
cuore colmo d’orrore e disprezzo.
Non ce l’aveva fatta, non era riuscito a sparare a
quell’uomo che tanto odiava. Non poteva ucciderlo. Non lui. Edward Elric non è
un assassino. Quando aveva stretto tra le mani quella pistola, immagini diverse
gli avevano trapassato la mente.
Immaginò le lacrime di Riza e quelle del futuro
bambino a cui sarebbe mancato un padre. Non poteva permettere che qualcun altro
facesse la sua stessa fine.
E poi, quando aveva visto Winry con le stampelle,
così decisa a impedirgli di diventare un omicida, tutto si era sciolto dentro
di lui, e la sua coscienza era riuscita, con un immane sforzo, a riprendere il
controllo della sua mente. Per anni si era rifiutato di uccidere. Non poteva distruggere
con un solo sparo tutto ciò che aveva creato in tanto tempo.
Affondò le mani nei bei capelli d’oro,
completamente bagnati e scosse violentemente la testa, tentando di tornare in
sé. Lentamente, si alzò da terra e camminò verso Winry, che era ancora
scioccata sdraiata davanti a Roy.
Con un gesto rapidissimo, si tuffò su di lei e la
strinse forte tra le braccia. Winry si abbandonò sul suo petto, scoppiando in
un pianto violento e disperato. Ed le passò una mano tra i capelli biondi,
affondando il viso nell’incavo della sua spalla. La ragazza singhiozzò
sonoramente, tremando tra le braccia dell’ex alchimista.
-Shhh. Non piangere, Win. È tutto finito.
Disse piano il ragazzo, dolcemente, soffiando fuori
le parole dalle labbra umide di pioggia e lacrime. Winry respirò a fondo un
paio di volte prima di rispondere, con voce debole, ad Edward.
-Ed, io...
-No, Winry. Tu non centri nulla. Scusami se non
sono riuscito a farla pagare a quel bastardo piromane. Perdonami, sono un
vigliacco.
-No.
Esclamò lei, spalancando i lucidi occhi celesti
rigonfi di lacrime. Edward li osservò con tenerezza, riconoscendo in loro lo
stesso limpido seppur umido cielo delle ormai lontane giornate estive.
-Tempo fa mi impedisti di sparare a Scar,
ricordi? Eppure è l’uomo che ha ucciso i miei genitori e che ha tentato di
eliminare anche te e Al. Ma tu, tu con il tuo coraggio e la tua volontà, mi
dicesti che le mie mani non sono fatte per uccidere, ma per dare la vita agli
altri. Perché non potrebbe valere lo stesso per te?
Sussurrò, afferrando e stringendo forte tra le sue
le mani di Edward, che sussultò. La bionda meccanica gli sorrise appena,
tornando per un momento a perdersi nell’oro prezioso degli occhi dell’ex
alchimista.
-In tutta la tua esistenza, hai sempre cercato di
risparmiare la vita delle persone. Hai sempre sostenuto di essere pronto a non
uccidere, al contrario di tutti gli altri militari. E questo, credimi, ti fa
davvero onore.
-Ma, Winry... la tua gamba!
-Sto bene, Ed. non ti preoccupare. Ho installato automail
su automail per anni, anche a te. Penso di conoscere bene ormai il campo.
-Ma ti stai ascoltando? Non stai affatto bene!
-Hey, stai tranquillo.
Gemette, portando una mano sulla fasciatura, ormai
completamente inzuppata. Edward digrignò i denti, osservando lo sguardo calmo
della ragazza, che lo faceva imbestialire.
-So badare a me stessa.
-Pensi che non ti abbia sentito, prima? quando
sono uscito dalla tua stanza, sei scoppiata a piangere.
Winry inclinò la testa di lato, scostando lo
sguardo da quella di Edward e volgendolo alle tenebre dell’orizzonte. Il
ragazzo scosse la testa e si alzò gocciolante. Tese entrambe le mani verso
Winry, che le afferrò imbarazzata. Ed la prese tra le braccia, dirigendosi
nuovamente verso quella maledetta porta rossa. Percorse il corridoio senza mai
abbassare lo sguardo e appena giunse nella stanza bianca, la solita puzza di
disinfettante lo accolse. Storse il naso, appoggiando Winry sul letto.
-Non ti muovere da qui, ok?
-Ok.
-Ascoltami. Non avrei mai voluto che tu mi
vedessi in quelle condizioni. Non mi perdonerò mai per questo. Scusa.
-Non importa, Ed.
-No, davvero. Io non sono così veramente... te lo
giuro. Mi conosci ormai, no? non avere paura di me.
-Io non ho paura di te.
Mugugnò la ragazza, arrossendo. Abbassò il volto,
per tentare di nascondere l’imbarazzo. Edward la scrutò confuso.
-Io ti amo.
Disse in un filo di voce. Edward sorrise,
imporporandosi velatamente. Scosse la testa e si avvicinò alla fronte della
ragazza, stampandole un dolce piccolo bacio.
-Vado da quello stronzo del comandante. Aspettami
qui.
-Non fare un’altra cazzata come quella di prima.
-Ok.
-Promesso?
Edward girò su se stesso, sbuffando e affondando
una mano tra i capelli dorati. Winry incrociò le braccia, minacciosa. L’ex
alchimista indietreggiò verso la porta, come per paura che un’enorme chiave
inglese potesse comparire dal nulla da un momento all’altro.
-Promesso.
Ammise, alzando un sopracciglio. Si chiuse la porta
alle spalle e tornò sulla terrazza. Passeggiò tra le pozzanghere fino a
raggiungere il corpo immobile del comandante.
-Alzati.
Grugnì, con tono superiore, freddo, distaccato.
Roy, dopo alcuni istanti, aprì lentamente gli occhi e con fatica si mise a
sedere, alzandosi con le braccia. Edward lo fulminò dall’alto con lo sguardo,
quando il solito sorrisetto ambiguo si schiuse sulle labbra dell’alchimista di
fuoco. Roy si passò una mano sotto il labbro inferiore, ripulendosi dal sangue
che defluiva copioso dalla narice sinistra.
-Acciaio.
Gracchiò, tossendo grossolanamente. Edward si avvicinò
impercettibilmente, cercando di distinguere i lineamenti del comandante nella
più completa oscurità.
-Ti conviene tacere, se non lo hai ancora capito.
-Perché mi hai risparmiato?
-Perché non sono un fottuto assassino come te.
Edward fece qualche passo, allontanandosi un po’
dal corpo di Roy, che seguì ogni suo movimento con i profondi occhi neri. Il
biondo si avvicinò alla pistola, che giaceva ancora immobile a terra. La
raccolse, alzando dal pavimento una modesta quantità d’acqua.
Con passo sicuro, ignorando il difficoltoso respiro
del comandante, si diresse verso la ferrea ringhiera nera. Posò la mano
sinistra su di essa, mentre con la destra tratteneva a mezz’aria l’arma lucida
e gocciolante.
-Roy.
Sussurrò freddo, senza dimostrare un minimo rispetto
per il comandante supremo. L’uomo alzò di scatto la testa, sentendosi chiamato
in causa. Ed volse serio lo sguardo alle poche stelle luccicanti che
s’intravedevano tra le nubi buie e vaporose. Tese il braccio che racchiudeva in
sé mille ricordi e attese.
-Chiedi scusa al Tenente da parte mia, per due
ragioni.
Affermò, facendo dondolare la pistola davanti ai
proprio occhi. Roy drizzò le orecchie.
-Primo, per questo.
Disse, prima di dischiudere le dita e seguire con
lo sguardo il riflesso della debole luce lunare sull’arma che precipitava. I
suoi occhi d’oro scesero con lei, finché non la videro scomparire nel mistero
dell’oscurità. Batté le palpebre un attimo prima che uno schiocco secco
arrivasse alle sue orecchie.
-Secondo...
Ringhiò, tornando pericolosamente sui propri passi.
Si fermò a pochi centimetri dall’alchimista di fuoco, che sedeva ancora,
completamente bagnato, al suolo. Si chinò e coprì le sue spalle con la pesante
palandrana rossa che aveva indossato fino a quel momento. Roy sussultò
sorpreso, udendo i passi dell’ex alchimista farsi sempre più distanti.
-Per non averla liberata da un bastardo come te.
Disse a bassa voce, prima di sparire nel buio del
corridoio.
Appena giunse nuovamente davanti alla porticina
bianca, sentì dei passi dietro di sé e si girò. Roy avanzava lentamente e
teneva tra le mani la palandrana, gocciolante d’acqua. Ed alzò un sopracciglio,
irritato.
-Era più bagnata di me.
Ammise l’alchimista di fuoco, reggendosi a stento
in piedi. Gli occhi di Edward si accesero di fiamme ardenti, complici del suo
orgoglio ferito. gli lanciò uno sguardo di sfida e il comandante arretrò
insicuro, spinto dalla fortissima volontà dell’ex alchimista.
Ad un tratto, abbassò il volto, fissando alcune
gocce di sangue che erano scivolate a terra.
-Scusa.
Sussurrò, tremendamente imbarazzato.
-Grazie. È stato un ottimo gesto, Acciaio.
Ammise con un filo di voce, che rivelava
palesemente l’immensa vergogna che provava a scusarsi e a ringraziare quel
maledetto ragazzino.
Edward si voltò dal lato opposto, dopo aver
riaccolto la sua amata palandrana che l’ex colonnello gli aveva teso.
-Vai a farti curare le ferite.
Consigliò Ed, senza tingere la voce con alcun tono.
Premette la maniglia della porta accanto a lui, intenzionato a tornare da
Winry. Il comandante lo fermò con una frase.
-Non ne ho bisogno!
Esclamò fiero, reggendosi alla parete. L’ex
alchimista si lasciò sfuggire un sorriso compiaciuto.
-Sì, come no!
Ridacchiò, prima di addentrarsi nella stanza e chiudersi
la porta alle spalle. girò l’angolo, trovandosi nuovamente davanti al letto
della ragazza. Inclinò la testa, accorgendosi che la meccanica non era sola.
-Al?
Chiese sorpreso il ragazzo. Alphonse si voltò verso
di lui, sorridendo.
-Fratellone?
-Dove sei stato fino ad ora?
-Beh, sai... qualche giorno fa qualcuno aveva
deciso di venirci a trovare.
-...e?
-Mi è dispiaciuto lasciare Winry qui in ospedale,
ma ho capito che non era sola, dato che c’eri tu. Allora sono andato a
prenderla alla stazione.
-A prenderla?
Chiese Edward dubbioso. Al annuì e si scansò,
rivelando dietro di lui una ragazza di circa quindici anni. carnagione pallida,
lunghi capelli neri raccolti in eleganti trecce. Gli occhi, anch’essi neri,
luccicavano vispi. Indossava un abito scuro, scollato, che risaltava le già
accentuate forme che la natura le aveva donato. Sulla sua spalla si nascondeva
timido un animaletto bicolore che Ed riconobbe subito.
-Da quanto tempo, Edward Elric!
Cinguettò a occhi chiusi, con un delicato sorriso
dipinto sul volto. L’ex alchimista spalancò gli occhi, incredulo.
-M-May?
Piaciuto il
capitolo? Spero di sì! Scusate ancora il ritardo, ho avuto parecchio da fare!
^^ bene benebene, vi
avviso già di una cosa. Il prossimo capitolo farà un abbastanza sostanzioso
salto avanti nel tempo. Il protagonista – o almeno la mia idea di adesso è
così, potrebbe cambiare da un momento all’altro – sarà Ed che, con una serie di
flashback, torna con la mente ai fatti successi nei mesi precedenti.
ValeXAnime grazie davvero! Adoro il fatto k apprezzi il mio
lavoro ^^ come avevi detto, Ed nn ha fatto fuori Roy J ci sentiamo nel prossimo!
Fflover89 io penso che Roy stesse in realtà spingendo Edward a
non spararlo, con una sorta di psicologia inversa xD ok, lascia stare, i miei
soliti ragionamenti hanno molte grinze! Alla prossima!
Onyriano,
Ed non può cambiare, e poi è perfetto così! ^^ grazie per i tuoi commenti,
davvero J
Alhiagrazie
per il commento! Beh, ti dico che ci ho messo tantissimo per descrivere la
lotta e la rabbia di Ed riversarsi sul comandante! Comunque, spero che ti sia
piaciuto anche questo capitolo, come il precedente. A presto!
Ciao tutti/e! Eccomi qui con un nuovo capitolo! Questo l’ho
scritto un po’ a casa e un po’ a scuola (soprattutto quest’ultima). Bene, ho
fatto ritardo anche questa volta, ma non è poi così eclatante. Per farmi perdonare
dei miei precedenti ritardi, vi ho scritto questo capitolo lungo lungo.
Come vedrete, è costituito da una serie di flashback di
Edward, intervallati da piccoli momenti del “presente”. Bene, non dico altro,
vi lascio al capitolo 20. E ancora, grazie GRAZIE di
continuare a leggerla. Siete tutti importantissimi per me!
A voi il cpaitolo 20!
20.RICORDI
DEL PASSATO
Il volo basso e ritmato di un passerotto, il dolce
tepore del sole appena sorto, tra una deliziosa cornice di nuvole rosee. Una
brezza leggera, per nulla fredda, morbidi e timidi fiorellini che impregnano di
profumo l’aria, spuntando sui rami più esterni degli alberi, le piccole gocce di
rugiada che scintillano al bagliore del giorno tra i ciuffi d’erba umida.
Primavera.
Edward, seduto all’apice della solita collinetta –
quella sulla quale aveva rivisto Winry per la prima volta quando era tornato
dall’Ovest – scrutava il familiare paesaggio davanti a sé, beandosi di quei
sospiri di vento così pacato e soave. Appoggiò la schiena al tronco della
grande quercia dietro si sé, affondando le mani tra la morbidezza del prato.
Percepì le gocce fresche solleticargli la pelle, mentre il sole illuminava
tiepido il suo viso e il volo alto di uno stormo di rondini fendeva lieto una
nuvoletta solitaria.
Distese la gamba sinistra, che si posò
delicatamente a terra. La giuntura del ginocchio cigolò leggermente, come a rammentare
all’ex alchimista che era passato un po’ troppo tempo dall’ultima manutenzione.
Serrò le palpebre per un istante, concentrando la
sua mente sui ricordi degli ultimi mesi appena vissuti. Ormai erano passati più
di cinque mesi da quel che era successo alla gamba di Winry. Con l’arrivo di
May tutto era diventato molto più semplice. Inizialmente, i due avevano
litigato parecchio per vari motivi, così come avevano d’altro canto sempre
fatto. Comunque sia, l’arrivo della ragazza si era dimostrato davvero molto, ma
molto utile.
=== INIZIO FLASHBACK ===
-Ma...
ma... sei tu?
-In carne
ed ossa!
Edward alzò
un sopracciglio, confuso. Non riusciva proprio a connettere l’idea che
quell’avvenente ragazza fosse davvero l’irritante bambina che aveva conosciuto
durante la sua avventura come Alchimista d’Acciaio.
May alzò gli
occhi scuri, spostando un paio di treccine color mogano dietro la spalla
sinistra. Si sistemò il lungo vestito nero, che si era arricciato sulla dolce
linea dei fianchi e si alzò dal materasso, raggiungendo a passi costanti il
biondo ex alchimista.
-Chi è
questa ragazza?
Chiese
silenziosa Winry, con le guance che lentamente stavano assumendo un color
vermiglio acceso. Uno strano senso di rabbia stava scalando internamente le
pareti del suo petto, fino ad arrivare alla gola. L’ira bruciava muta, scottata
da fiamme inesistenti.
-Ed!
Lo richiamò
adirata, risvegliandolo dal suo stato di trance. Edward scosse la massa di
capelli dorati, ancora inumiditi dalla pioggia battente che aveva animato fino
a poco tempo prima il tetro cielo notturno di Resembool. Un piccolo ringhio
d’irritazione risuonò sordo dalla gola di Winry.
-Sono May
Chang e vengo da Xing!
Esordì lei,
con un grande sorriso. Winry spalancò i grandi occhi color del cielo, stentando
anch’essa a riconoscere in lei quella piccola bambina con il panda che aveva
conosciuto anni prima in uno dei palazzi abbandonati di Baschool.
Xiao-May
saltellò sulla coperta, confermando così l’identità della ragazza dai capelli
corvini.
Edward, dal
canto suo, boccheggiava sorpreso, senza pronunciare parola. Winry se ne
accorse.
-Edward!
Urlò
inviperita – per quanto le fosse possibile, poiché era ancora molto debole –
accecata da una pungente gelosia che non aveva mai provato in vita sua. Il
ragazzo scostò lo sguardo da quello della bella alkaestrista per concentrarsi
sulla furia galoppante della sua meccanica di fiducia. Incontrando il suo sguardo
infuocato, Ed avanzò di un passo e si passò una mano tra i capelli, imbarazzato
e incerto sul da farsi.
Accanto
all’odioso macchinario dei “Bip”, Alphonse sogghignava divertito dalle buffe
espressioni del fratello maggiore e dell’amica d’infanzia.
-Non posso
credere che sia davvero tu.
Pigolò la
meccanica, accogliendo tra le mani la piccola Xiao-May, che stava ancora
giocherellando e mordicchiando le lenzuola candide. Il piccolo panda si
accoccolò sulle dita sottili della ragazza e chiuse dolcemente gli occhietti
neri.
-Sono
proprio io! Ho deciso di venirvi a trovare dopo molto tempo.
-Già, è
così!
S’intromise
Alphonse, accostandosi alla mora.
-Non ci
siamo più sentiti da quando sono tornato da Xing, così ha deciso di farmi una
sorpresa!
-Ah.
Complimenti, come sei cresciuta!
Disse Winry,
con un sorriso che sembrava essere il più finto del mondo. May le sorrise,
chiudendo gli occhi.
-Grazie,
Winry. Ho da poco saputo cosa ti è successo. Mi dispiace tanto!
Alphonse
s’illuminò. Raggiunse Edward, che aveva appoggiato la schiena sullo stipite
della porta chiusa. Si avvicinò al suo viso, catturando l’attenzione dell’oro
dei suoi occhi.
-Fratellone?
-Mmmh?
-Credo che
mi sia venuta un’idea!
Esclamò, con
un enorme sorriso. L’ex alchimista si avvicinò ulteriormente, per permettere al
fratellino il grande colpo di genio all’orecchio. Pochi istanti dopo, Edward
alzò di scatto la testa.
-May.
La chiamò,
con voce seria. La ragazza lo raggiunse e insieme uscirono dalla stanza. Al
giunse davanti al letto di Winry, il cui viso aveva raggiunto tonalità ancora
ignote al genere umano.
-Gelosona!
La canzonò,
prima di scappare anch’esso dalla stanza, ridacchiando vagamente felice.
=== FINE FLASHBACK ===
Edward sorrise soddisfatto. Arrossì un po’, al
pensiero della ragazza che amava. Certo che Winry, con quel viso paonazzo e la
sua infondata gelosia, era davvero, davvero bellissima. Portò una mano sulla
fronte, scostandosi i disordinati ciuffi biondi che ricadevano leggeri sul
viso.
Ormai i capelli, se li lasciava sciolti, gli
arrivavano a metà della schiena e al vento scivolavano lievi all’aria tiepida,
come fossero di seta, scompigliandosi e creando splendidi giochi di luce aurea.
Winry gli aveva impedito tassativamente di tagliarli, o non lo avrebbe amato
più. Sorrise, ben sapendo che la meccanica non avrebbe mai cancellato ciò che
le sussurrava il cuore per uno stupido taglio di capelli.
Se li accarezzò teneramente, facendoli scorrere tra
le dita e li osservò, rigirandoli con le mani.
Sorrise, di nuovo, perfettamente consapevole che
no, non li avrebbe mai tagliati.
Allungò un braccio verso il primo sole del mattino,
così da ripararsi gli occhi dai deboli raggi luminosi. Inspirò profondamente,
perdendosi nel fresco e naturale profumo dell’erba bagnata dei campi.
=== INIZIO FLASHBACK ===
-Che schifo
questa puzza!
Borbottò seccato Edward, lamentandosi del solito
odore di disinfettante che infestava l’ormai conosciuta stanza bianca. Winry
alzò lo sguardo da ciò che stava leggendo, ossia un minuzioso catalogo con i
nuovi modelli di automail in commercio. Posò la rivista sul comodino con fare
distratto, vagamente triste, sistemandosi successivamente le coperte sul
ventre.
-Hey.
Mormorò, forzando un sorriso. Edward, Alphonse e
May le si avvicinarono titubanti. La bionda li fissò incuriosita e sorrise
scorgendo negli occhi dell’ex alchimista qualcosa che era molto di più di un
flebile barlume di speranza.
-Win.
Cominciò Edward, accarezzandole la chioma luminosa.
La meccanica inclinò la testa e il suo sguardo slittò su tutti i presenti, uno
per uno.
-Al ha trovato la soluzione.
-La... soluzione?
-Per la tua gamba.
-Cosa? Davvero?
-Certo. Solo, dobbiamo chiederti una cosa.
-Cioè?
-Te la sentiresti di essere curata attraverso una
trasmutazione alchemica?
Winry spalancò i profondi occhi blu, tremando leggermente.
Al, accorgendosene, le sorrise bonariamente, rassicurandola.
-No, Win! Tranquilla, non è una trasmutazione
umana.
-Ah no? Quindi nessuno sarà sacrificato?
-Esattamente.
-Ufff. Per fortuna!
Disse, riprendendo il suo colorito naturale. May
s’intromise, posandole accanto al cuscino la piccola Xiao-May, che cominciò a
rotolarsi giocosamente.
-Io sono un’esperta di alchimia medica. Posso
curare la tua gamba dalle ustioni, anche se gravi. Certo, non nego che farà
male e che la riabilitazione sarà lunga e difficile. Non posso neanche
assicurarti che vada tutto bene. Ma se vuoi disporti a fare quest’intervento,
nel caso andasse bene, non dovrai più installare un’automail.
Winry s’illuminò al sentire quelle parole. Edward
le strinse dolcemente una mano, come a rassicurarla della sua presenza. La
meccanica sorrise, stringendo un po’ i denti per il dolore che le procurava la
mano esperta di May, che le stava tastando con sicurezza la gamba, attraverso
la stretta fasciatura.
-I medici ci hanno dato via libera, se questo può
rassicurarti.
Asserì Al, seguendo con lo sguardo tutti i
movimenti della mora. La mano di Winry vibrò grossolanamente. L’ex alchimista
la strinse tra le dita, cercando di infonderle quanto più coraggio fosse
possibile. Winry si concentrò sugli occhi d’oro di quello che era stato il suo
migliore amico, individuando in essi risentimento, paura, speranza, rabbia.
-Ok.
Disse infine, in un sussurro. May dispose i kunai a
cerchio, infilzandoli perfettamente nel materasso, circondando la gamba
bruciata dalle fiamme del comandante. Negli occhi azzurri della bionda saettò
un lampo di determinazione. L’alkaestrista davanti a lei alzò le mani, pronta
per la trasmutazione.
-Facciamolo.
Dichiarò sicura, appena prima che una potente luce
dalle tonalità azzurre l’avvolgesse completamente e un acuto grido di dolore
scappasse fuori dalle sue labbra dischiuse.
=== FINE FLASHBACK ===
Edward soffiò fuori l’aria umida che aveva cullato
nella sua bocca fino a quel momento, socchiudendo brevemente le labbra. Un
sibilo silenzioso si propagò per la sua mente, mentre i polmoni tornavano
gremiti d’ossigeno. Una brezza più fresca scompigliò i suoi capelli d’oro, che
erano scivolati fuori dall’elastico rosso. Un paio di battiti del suo cuore
palpitarono nella gola, con un tumulto umido che gli lasciò un retrogusto
amarognolo sulla lingua.
Un fascio di luce turchese annebbiò la sua mente,
mentre le sue labbra s’incurvarono in un sorriso nostalgico.
Meccanicamente, congiunse le mani con uno schiocco,
pochi istanti prima di posarle a terra, a palmo aperto.
Nulla.
Nessuna strana trasmutazione, nessun muro
imponente, nessuna pericolosa arma ricavata dai componenti chimici del terreno.
Nessuna luce abbagliante, esclusa quella del sole, brillante, calda, aurea.
Accarezzò con le dita vissute i morbidi ciuffi
d’erba, le sue labbra si schiusero in un sorriso di magra delusione. Nonostante
fossero passati anni ormai, era davvero difficile abituarsi al fatto di non
essere più in grado di utilizzare l’alchimia.
Scacciò secco il pensiero, mentre l’immagine di
Alphonse che si rannicchiava in un angolo della loro casetta, con lo sguardo di
uno che si sente terribilmente in colpa per aver sottratto chissà cosa al
proprio fratello maggiore cominciava a prendere velocemente forma nella sua
mente. Certamente, non gli avrebbe detto che gli mancava terribilmente
l’alchimia, chissà che storie avrebbe tirato fuori. Non l’avrebbe rivelato
nemmeno a Winry, dato che tempo prima le aveva detto che riusciva a vivere
benissimo anche senza. In effetti, era così, ma non voleva apparire ancora più
contradditorio di quanto già non fosse.
Mordicchiò un aspro filo d’erba, perdendosi
nuovamente nei suoi pensieri e nel profilo così rotondo e morbido di quella
collina così poco distante da lui.
=== INIZIO FLASHBACK ===
-Sei
pronta, Winry?
Chiese
gentilmente Ed, reggendo con un braccio la ragazza, mentre con l’altro si
scostava alcuni semplici fiocchi di neve che gli si erano posati sui capelli.
La meccanica annuì, insicura. L’ex alchimista rise silenziosamente, facendo un
piccolo passo in avanti.
-Forza,
Win. Ce la puoi fare!
Esclamò,
esortandola. Winry arricciò le labbra in un’espressione concentrata e alzò il
ginocchio destro, lentamente, per poi posarlo nuovamente a terra e sprofondare
di qualche centimetro nel debole strato di neve candida.
-Brava!
Così!
La esortò,
con un enorme sorriso dipinto sul volto. La ragazza abbozzò un risolino
compiaciuto, mentre faceva un grande sforzo per avanzare di un altro passo.
Affondò
nuovamente lo scarponcino nella neve, facendo altri due o tre passi. La stretta
di Edward si fece meno intensa e Winry parve perdersi nel terrore. L’ex
alchimista rise sonoramente, stringendola a sé con amore.
-Ed!
Urlò lei
indispettita, incrociando le braccia al petto. Il ragazzo sbuffò e si fermò davanti
a lei, ponendole le mani sulle spalle.
-Win, ce la
puoi fare anche da sola.
-Ma non...
-Niente ma.
Sono qui vicino a te. Forza, fai un passo.
Winry allungò
incerta la gamba destra e l’appoggiò per terra. Lentamente, seguì con la
sinistra. Un sorriso soddisfatto comparve sulle sue labbra lucide.
-Ce la sto
facendo!
Esclamò
contenta, accelerando di poco la sua avanzata. Edward la guardava a pochi metri
da lei con ammirazione, battendo le mani.
Alcuni minuti
dopo arrivarono sulla cima, completamente imbiancata. Winry si strinse nel suo
giubbotto pesante, affondando il viso nella grossa sciarpa arancione. Edward le
passò una mano tra i capelli, accarezzandoglieli.
-Hai visto?
Ce l’hai fatta, sei arrivata fin qui solo grazie alle tue stesse forze.
-Già. È un’emozione
straordinaria.
-Io la
conosco bene. E devo solo ringraziare te.
-Me?
-Sì, te.
Perché è grazie ai tuoi automail, anni fa, che sono riuscito a reggermi in
piedi e a camminare verso il futuro. Grazie.
-Di nulla.
Grazie a te.
-Dovere. È
stata colpa mia.
-Teoricamente,
è stato il col... ehm, comandante supremo.
-Non
nominarmelo, ti prego!
Ringhiò,
stringendo i pugni. La mano delicata della meccanica sfiorò il suo viso in una
tenera carezza. Edward si abbassò verso di lei, sfiorando le sue labbra con le
proprie. L’alito dolce della ragazza inebriò i suoi sensi, mentre la sua lingua
s’insinuava dolcemente dentro la sua bocca, rendendoli un tutt’uno.
Pochi istanti
dopo, Winry si posò sul petto del ragazzo. Un leggero alito di vento polare
investì i loro visi, facendo svolazzare i capelli di entrambi.
-Ed?
Lo chiamò
lei. L’ex alchimista abbassò lo sguardo.
-Sì?
-Tanto
tempo fa ti chiesi la stessa cosa.
-Sarebbe?
-Prima di
partire per Ovest, mi dicesti: “È uno scambio equivalente. Io ti darò metà
della mia vita, così in cambio mi darai metà della tua”. Che volevi dire, con
questo?
Edward
sorrise, con un’aria da chi la sa lunga. Alzò il viso verso il cielo, cinereo e
invernale. Una coltre di nubi sottili faceva sembrare quel paesaggio innevato
ancora più gelido. Posò una mano sulla spalla della ragazza e le baciò
velocemente la cima della testa.
-Lo saprai.
Ammise, con
un sussurro.
-Non ora.
Ma lo saprai.
=== FINE FLASHBACK ===
Il ragazzo scosse la testa, con un leggero sorriso.
Si alzò dal prato, strisciando le dita sull’erba umida. Camminò per la
campagna, fino a scorgere in lontananza una casetta su due piani, preceduta da
un cartello recante la scritta “automail Rockbell”.
Alla finestra, una splendida ragazza dai capelli
biondi lo salutava con la mano, urlando semplici parole che Edward non udì.
Le rispose mandandole un bacio, con la mano e
nascondendo il rossore nel cappuccio della palandrana rossa.
Eccola lì, con il viso illuminato dal sole: la metà
della sua vita.
Et voilà! Anche questo ventesimo
capitolo è finito! Spero sia stato di vostro gradimento! Vi preeego...
recensite! ^^
Fflover89: in effetto avevo pensato di fargli
sparare alla gamba, ma poi mi sono resa conto che forse non sarebbe stato nel
suo personaggio. Beh, penso che anche questo capitolo sia stato all’altezza J
Alhia: beh, hai visto
quello che è successo con l’arrivo di May. Che ne pensi? Aspetto la tua
recensione! Grazie!
ValeXAnime: grazie davvero! Sì,
si sono tutti riuniti xD
Onyria: scusa, me ne sono accorta dopo del “ginocchi”,
mancava una a. a parte questo, grazie della recensione. Comunque, come avrai
capito, lo “scusa” era di Roy. Spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto.
Capitolo 21 *** 21. PROFUMO DI MEMORIE LONTANE ***
Ciao a tutti! Bene,
eccomi di nuovo qui con il ventunesimo capitolo di “Gold in the Blue”! Allora,
premetto che questo capitolo si distacca un po’ da quella che è la trama della
storia, un po’ come il capitolo 9, “Alba di Perfezione”.
Tutto sommato, ci sono
anche molti dettagli che accomunano i due capitoli. Tra poco capirete da voi perché.
Dunque, questo capitolo
è stato creato appositamente per delineare una sorta di “pausa” all’interno
della fanfiction.. non ci sono dialoghi, fatta eccezione per uno, esattamente
alla fine del capitolo. L’idea mi è venuta ripensando all’orologio d’argento di
Ed che avevo visto nella vetrinetta di una fumetteria vicino alla mia scuola
*-* (sarà mio!!!!).
Ok, finita la paranoia
pre-storia. Vi lascio al capitolo 21! Buona lettura!
21. PROFUMO DI MEMORIE LONTANE
Un riflesso argenteo, un movimento fluido.
Una sottile catena tra le dita, un leggero
ticchettio, quasi impercettibile.
Un debole soffio di vento scuote l’erba del prato,
così alta in quel luogo, da anni nessuno ha osato avvicinarsi per tagliarla.
Uno schiocco secco, e l’orologio d’argento si apre
davanti ai suoi occhi preziosi. Il ticchettio si fa più intenso, fastidioso.
Il tempo passa troppo lentamente.
O è eccessivamente rapido?
Un’incisione ruvida, palpabile sotto le dita forti.
Una frase, un significato criptato.
“DON’T FORGET! 3 OCT 11”.
Un alito caldo, quasi provenisse dal sole, in
tramonto, che tanto ricordava le fiamme che lo avevano spinto, alcuni anni
prima, a scalfire la lucida superficie dell’orologio.
Chiuse gli occhi, abbandonandosi alla brezza
primaverile, mentre il suo viso si tingeva di riflessi dai tiepidi colori.
Miliardi e miliardi di odori diversi arrivarono
alle sue narici.
Erano profumi di ricordi, di casa, di passato.
C’era l’odore acre del latte, il profumo squisito
dello stufato, l’essenza polverosa di vecchi libri di alchimia.
Percepì l’odore umido della pioggia, dell’erba dei
campi, la sensazione scottante del sole estivo, il dolce aroma delle rose nel
vaso della cucina.
Ed eccolo, lontano, quel profumo tanto caro, un
ricordo morbido, roseo. Era come se fosse lì, la sua pelle, i suoi capelli
scuri, gli occhi verdi e quel sorriso così tenero, ingenuo, innocente.
Un abbraccio familiare, desiderato, forse anche
troppo. Una foto, una lacrima, un sorriso.
Sua madre.
E poi, dal nulla, il soffocante odore del fumo , lo
scoppiettare delle fiamme, il profumo della mamma che, a poco a poco, svanisce.
Una luce nuova, che appare quasi buia e una stradina
di ciottoli che conduce al di là di quell’inferno che era stata la sua casa.
Dischiuse gli occhi e tutto svanì, in una nuvola
rossastra.
Serrò l’orologio degli alchimisti di stato tra le
dita, facendo scattare il meccanismo di chiusura.
Davanti a lui, non c’era più la casa della sua
infanzia, né l’altalena che suo padre, in uno sprazzo d’affetto, aveva montato
sul ramo di quell’albero ormai carbonizzato.
E non vide più sua madre sulla veranda, che
stendeva quegli abiti così piccoli, i suoi, di quand’era bambino.
Tutto era stato sostituito da rovine annerite,
bruciate insieme ai suoi ricordi più remoti.
Gettò l’orologio nella tasca destra. Si era
rifiutato di riconsegnarlo al quartier generale, forse per arroganza, per
disprezzo o per rammentarsi di non commettere due volte lo stesso errore.
Forse per quella frase incisa anche nel suo cuore,
così da non poter mai cancellare quel giorno?
“Don’t forget” aveva scritto. “Non dimenticare”.
Strinse la labbra, soffocando un qualsiasi impulso
a reagire, un grido, una lacrima, un sospiro. Non avrebbe mai potuto
dimenticarlo.
Si voltò, dando le spalle all’incendio ormai domato
da anni. Percorse a ritroso la via sterrata che portava alla strada più
importante, camminando sul limite destro, che costeggiava un ampio campo
fiorito.
Si chinò, per raccogliere una candida margherita
che si stendeva soave con lo stelo verso il cielo, di un azzurro quasi
inesistente.
Portò i morbidi petali al naso, per poterne
catturare il profumo semplice ma incredibilmente importante.
E così, non si accorse di essere già arrivato lì,
alle porte di quel luogo a lui così conosciuto.
Superò la staccionata di legno e avanzò di qualche
passo, con lo sguardo perso, fino a giungere davanti alla lapide biancastra.
Si fermò lì, mentre il nome della mamma continuava
a rimbombargli nella mente. Nei suoi ricordi, si formò l’immagine di suo
fratello che piangeva, disperato, abbracciando quella lapide, quasi fosse
veramente la sua cara mamma.
Incredibilmente, sentì sul viso le lacrime calde ce
aveva versato, così sofferte, segrete.
Si sfiorò la guancia, riscoprendola asciutta,
com’erano quelle lacrime, che ormai erano solo un lontano ricordo.
Posò le labbra su un petalo, stampandone addosso un
piccolo bacio.
Distese il braccio verso la tomba, lasciando che il
fiore andasse a posarsi accanto alla pietra ruvida.
L’oro dei suoi occhi tornò a posarsi sul nome lì
inciso, e quasi il suo cuore riuscì a scorgere quel dolce sorriso che tanto gli
mancava.
Un ultimo sguardo, fugace, prima di rigirarsi verso
il tramonto, ormai buio, solcato dalle prime stelle timide.
Tornò sui propri passi, mentre quel ramo del
passato rimaneva immobile alle sue spalle, stampato sui candidi petali della
margherita.
A passi lenti, si ritrovò sulla strada di casa.
Un vociare divertito lo accompagnò per tutta la via
e l’abbaiare gioioso di Den lo accolse con vitalità.
Avvicinandosi di più, avvertì l’odore del latte
messo a bollire, unito a quel delizioso aroma di carne cotta che proveniva
dallo stufato.
Delle rose bianche risplendevano sui vasi alle
finestre, completando con la loro delicatezza e il loro profumo quell’atmosfera
così perfetta.
Sulla veranda, poco lontano dalla porta di legno,
Winry stava srotolando un panno dal cesto della biancheria appena lavata.
Scosse il tessuto vermiglio un paio di volte, prima
di stenderlo sul filo trasparente da bucato.
Edward si fermò e chiuse gli occhi, per fotografare
quell’istante e renderlo eterno, quasi fosse un ricordo sottratto alla sua
memoria e proiettato nel mondo dinnanzi a lui.
Strinse bene le palpebre per poi riaprirle,
confuso, ma con il cuore libero e leggero come il volo di una farfalla.
Era tutto ancora lì.
Il latte che sicuramente Al si accingeva a bere, lo
stufato della zia Pinako, i fiori sul davanzale.
C’era anche lei, quella ragazza che aveva appena
steso ad asciugare la sua palandrana, e che ora gli correva in contro, per
accoglierlo con un bacio a fior di labbra.
E mentre la stringeva a sé, sentì la sua pelle, e i
capelli, e gli occhi, così diversi eppure così simili.
Quel profumo speciale che aveva percepito solo in
sua madre, lo ritrovò in quella chioma bionda e splendente, così dolce e
familiare, che gli fece venire i brividi, accompagnata da quel sorriso che, ne
era certo, non avrebbe mai stentato a riconoscere.
-Bentornato a casa, Ed.
Eccoci qui, alla chiusura di questo capitolo. Allora,
che ne pensate? Aspetto le vostre recensioni, mi fanno sempre davvero molto
piacere!
Ora non posso rispondere ai commenti del capitolo
precedete, perché sono all’opera con una one-shot (EdWin,
ma non proprio. Se la leggerete, capirete perché). Comunque voglio ringraziare
tutti/e quelli/e che mi hanno lasciato una recensione.
Grazie, siete speciali.
Ah, un’ultima cosa. Stamattina sono entrata su face
book per vedere se avevo notifiche, e sulla bacheca ho trovato la notizia che
hanno doppiato in italiano l’ultima scena dell’episodio 64 di FMaBrotherhood, quella in cui Ed
si “dichiara” a Winry.
Eccomi qui! Per prima
cosa, voglio ringraziarvi tutti per le vostre recensioni e la vostra pazienza. Aggiorno
sempre in ritardo e magari quello che ho scritto non è esattamente quello che
vi aspettavate.Continuate a seguirmi e
a commentare, mi rendete felice!
Vi lascio al capitolo
22, calore. L’ho scritto in molto tempo, un po’ basandomi su quello che provavo
io stessa. Penso che in una storia il calore del corpo della persona che sia
ama sia una cosa importantissima.
Spero che anche questo
capitolo vi piaccia! Aspetto vostre recensioni! J
22.CALORE
Quella sera l’aria fresca di metà primavera si
faceva sentire nella verdeggiante campagna ce circondava il piccolo paese di
Resembool. era quasi luna nuova in quel periodo e le colline, appena sfiorate da
un’impalpabile nebbiolina argentea, parevano ancora più buie del solito.
In casa Rockbell regnava un quieto silenzio,
complice della muta oscurità che aleggiava in tutto il piano inferiore.
Sui pochi gradini d’entrata della veranda, Pinako
sedeva come al solito a fumare la pipa, rasserenandosi dell’amata tranquillità
che si estendeva nei dintorni. Unica sua compagnia erano il fedele Den, che si
era appisolato ai suoi piedi e il lieve canto dei grilli proveniente dall’erba
alta dei campi.
Sulla terrazza del piano superiore, Alphonse sedeva
tranquillamente sul dondolo, tenendo tra le mani un pesante libro dalla
copertina spessa. Poco distante da lui, May scrutava il cielo stellato, assorta
nei suoi pensieri. La luce debole e tremolante della lampada a olio, posta
all’estremità a loro più vicina della ringhiera, delineava i loro profili con
una pennellata dai tenui colori, creando un gioco di luci e di ombre e
un’atmosfera vagamente romantica.
Edward, dall’interno, osservava intenerito la scena
attraverso il lucido vetro della finestra. Winry doveva averlo pulito da poco.
Distese di poco la mano destra sul materasso,
imprimendosi nella mente, chissà per quale assurda ragione, i riccioli dei
ricami del lenzuolo sotto di sé. Poco distante da lui, uno specchio rifletteva
per metà la sua immagine, parzialmente nascosta dall’anta del grande armadio,
dimenticata aperta.
Winry, a pochi centimetri da lui, era china sulla
sua gamba sinistra, intenta nella manutenzione dell’automail. Indossava una
camicia da notte corta, forse leggermente aderente. Le maniche, leggere, le
arrivavano a coprire i gomiti chiari, mentre una rotonda scollatura a barca
metteva in risalto il suo collo sottile.
A Ed appariva così tenera e dolce in quelle vesti,
in quella posizione ormai abituale per entrambi. Eppure... eppure c’era
qualcosa di diverso. Qualcosa di... sbagliato?
Lo sguardo del cielo, concentrato su viti e
bulloni, lasciava trasparire quante più informazioni lei si lasciasse scappare
e l’angolo esterno delle labbra, inclinato quasi impercettibilmente verso il
basso, lasciava presagire che c’era davvero qualcosa che turbava la bella
meccanica.
-Cosa c’è?
Chiese Edward titubante, forzando su entrambe le
braccia per alzare la schiena. La ragazza volse lo sguardo verso di lui,
fissandolo apparentemente dubbiosa. Pochi istanti dopo, però, tornò al suo
lavoro.
-Niente.
Ammise, a bassa voce, dopo un lungo istante di
silenzio. L’ex alchimista alzò un sopracciglio, chiedendosi per quale ragione
Winry continuasse a cercare di nascondergli qualcosa.
-Perché me lo chiedi?
Chiese la ragazza, fingendosi incuriosita.
-Perché ti conosco, Winry.
-E con questo?
-Ascolta, io so che c’è qualcosa che ti turba.
Perché non vuoi parlarmene?
Domandò dolcemente l’ex alchimista, accarezzando
con lo sguardo i lineamenti della bionda meccanica. Winry sospirò rassegnata,
sfiorando con le dita il freddo metallo dell’automail.
-È che...
-Che? Avanti, Win. A me puoi dirlo.
-Niente. Pensavo solamente a come sarebbe stata
la mia vita se May non mi avesse salvata. Penso che non smetterò mai di esserle
grata.
Ed incurvò le labbra in un sorriso dolce,
allungando un braccio per accarezzarle una guancia. Winry arrossì teneramente,
tornando velocemente al suo lavoro e ruotando il cacciavite sull’ultimo
bullone.
-Ho finito.
Asserì la ragazza, dopo un lungo momento di
silenzio, passando accuratamente uno straccio umido di chissà quale soluzione
sul metallo della protesi, per lucidarla.
-Grazie.
-Di nulla. È il mio lavoro. A proposito, diventerò
ricca quando ti deciderai a pagarmi tutti gli arretrati!
Scherzò lei, mostrandogli la lingua. Edward sorrise
divertito e l’afferrò per i fianchi, ribaltando la situazione e scaraventandola
giocosamente sul letto. Winry dischiuse le labbra in una risata limpida,
agitando incurantemente braccia e gambe nel vano tentativo di divincolarsi. Ed
si chinò su di lei, per solleticarle la pancia.
-Basta! Hahahaha! Basta, ti prego!
-Cos’è che dovrei fare io?
-Hahaha! Pagare gli arretrati! Hahaha!
-Ripetilo!
-Hahaha! Ok, ok! Niente! Hahaha! Pace?
-Devo pagare?
-Hahaha! No!
-Ok, allora pace!
Le rispose Ed, sorridendole e tornando a sedersi
tranquillamente sul materasso. La bionda meccanica, accanto a lui, lo raggiunse
subito dopo, spostandosi indietro una fastidiosa ciocca di capelli che le era
ricaduta sul viso.
La scollatura si era spostata di lato ed era scesa
lungo il braccio, liberando dalla stoffa la spalla destra, lasciandola spoglia.
Il tessuto sottile si era arricciato sui fianchi,
lasciando visibile la morbida pelle delle cosce e le lunghe gambe rosee.
A quella vista, l’ex alchimista si morse le labbra.
-La devi piantare di andare a scrocco. Eri il
nostro cliente migliore!
-Winry, io...
-Vuoi farci andare in bancarotta?
Chiese lei, scherzosamente. Ed serrò le palpebre e
ruotò la testa verso la porta, tentando si soffocare ciò che qualcosa, dentro
di lui, gli stava urlando affannosamente. La ragazza gli si avvicinò e strinse
le braccia intorno al suo collo, premendo il petto contro la sua schiena.
-Ed, è un po’ che non stiamo un po’ insieme.
La pelle dell’ex alchimista fu scossa da brividi
piacevoli e la sua bocca si apriva e si chiudeva lievemente, senza che da essa
uscisse alcun suono.
-Intendo io e te, da soli.
Il ragazzo sussultò quando percepì le labbra della
ragazza sfiorargli il collo con un bacio con un dolce bacio, umido e caldo.
Strinse i pugni, sentendo il cuore palpitare sempre più rapidamente nel suo
petto.
-Winry...
Mormorò, tentando in qualche modo di farla
smettere, prima di perdere totalmente la ragione, ma senza in realtà credere
nella falsa verità delle sue parole. Non desiderava affatto che lei
interrompesse tutte quelle attenzioni.
-Sì?
Rispose lei, nella frazione di un sussurro,
mordicchiandogli un orecchio in modo provocante. Ed tremò sensibilmente.
-Che... che stai facendo?
Winry non rispose. Edwardtrattenne il respiro, sentendo avvampare il
calore dentro di lui. sentì il suo cuore battere furiosamente contro il suo
petto, trattenendo quel suono umido nella sua mente, mentre il suo respiro si faceva
sempre più pesante.
Winry sorrise accaldata, con il viso nascosto dai
capelli del ragazzo. Socchiuse gli occhi, lasciandosi cullare da quel profumo
amato che la ipnotizzava. L’oro sottile e setoso sfiorò le sue guance, quasi
fosse un manto d’erba morbida dall’aroma del paradiso.
Afferrò il suo braccio destro, stringendolo tra le
mani in modo possessivo, serrando le palpebre, silenziosa. Le iridi auree di
Edward scivolarono velocemente sulla figura della meccanica, aggrappata così
ossessivamente a quell’arto,che mai aveva visto così umano, così vero.
Piccoli brividi ricoprivano la sua pelle, percepiva
l’alito caldo di Winry, le sue dita fresche, il palpitare della sua vita. Tremò
nuovamente, lasciandosi prendere da quelle sensazioni che il suo braccio destro
aveva ignorato per troppo tempo.
Spostò anche il sinistro, cingendo le spalle della
ragazza e posando con estrema delicatezza un piccolo bacio sulla sua fronte,
incorniciata dalla frangetta color miele.
Winry intrecciò le dita con quelle di lui, sfiorando
la punta fredda del suo naso con il proprio, sentendo sulle labbra il fiato
tiepido, conosciuto, del quale non poteva più fare a meno.
Affondò la mano libera dalla chioma dorata, sfiorò
con le dita i ciuffi biondi, come era solita – e adorava, indiscutibilmente –
fare, mentre le sue guance si tingevano di un cremisi pallido.
Cosa le stava accadendo? Perché il suo cuore non
rallentava? Il profumo di Edward, l’erba bagnata, le sue labbra.
Si accorse che Ed le si stava avvicinando,
intimorito. Chiuse gli occhi, i capelli le solleticarono le palpebre. Cercò con
un ultimo respiro la distanza che li divideva, abbandonandosi completamente a
quello che provava, legandosi completamente a lui.
L’ex alchimista la accolse, socchiudendo le labbra.
Chiuse gli occhi, lentamente, serrando fuori dalla sua mente tutto il resto del
mondo. C’erano solo loro, questa volta, forse, per sempre.
Winry si ritrovò a pensare a quanto le fosse
mancata la sua presenza durante quegli anni in cui si faceva vivo solamente per
aggiustare l’automail, che aveva puntualmente distrutto, in seguito a chissà
quale battaglia mortale.
Ma ora tutto era finito e niente avrebbe più potuto
spezzare quello che, a poco a poco, stavano costruendo e che era rimasto
sigillato in loro fin da quand’erano bambini, che litigavano per un misero
motivo e giocavano nei campi, ancora con l’innocenza nello sguardo.
Un’innocenza casta di chi non ha ancora conosciuto il mondo per quello che
davvero è, al di là delle corse tra l’erba umida e le ginocchia sbucciate dopo
una caduta. al di fuori di un abbraccio caldo di un genitore, della compagnia
di un amico, della pace dell’infanzia.
Ed la strinse di più, intensificando quel bacio che
li legava sempre di più nel loro piccolo mondo, tra le mura di quella stanza,
unica testimone dei loro sentimenti.
E mentre le molle del letto cigolavano sotto il
loro movimento, Winry si ritrovò sotto il corpo del ragazzo, con la mente
annebbiata dalle emozioni. Un gemito soffocato sfuggì dalle sue labbra,
soffiato in un ultimo spasimo sulla bocca di Edward.
Sua.
Totalmente, confusamente, indiscutibilmente sua.
Così si sentiva in quel momento, completamente
dipendente da lui. forse per la prima volta capì che aveva bisogno di averlo
accanto per vivere. La sua presenza, il suo profumo. Ne aveva un disperato
bisogno.
Ed avanzò sul materasso, forzando sulle braccia,
sovrastandola completamente, divorando la sua bocca, assuefatto del suo
profumo, affamato di lei.
La meccanica si aggrappò saldamente al suo collo,
premendo il proprio corpo contro il suo.
La mano sinistra dell’ex alchimista accarezzò con
delicatezza la linea rotonda dei fianchi di Winry, che fece rientrare
meccanicamente la pancia. Le dita di Edward continuarono a lambire la pelle
accaldata, sfiorando con estrema dolcezza ogni parte del suo corpo.
Infilò le dita sotto la camicia da notte, sentendo
sotto la pelle le cosce morbide, il ventre piatto, il pizzodi quelle mutandine che lo rendevano sempre
più voglioso di lei, del suo corpo, del suo calore.
Tentò di placare i suoi bollenti spiriti, ma senza
grande successo. Dal canto suo, Winry sussultò sotto le carezze del suo amico
d’infanzia che, naturalmente, non considerava più come tale. Una strana
sensazione la pervase completamente.
Che fosse davvero giunto quel momento? Tante volte,
forse troppe se l’era immaginato, nel profondo dei suoi pensieri, infondo,
aveva vent’anni. amava davvero Ed, e non avrebbe mai immaginato nessun altro, a
parte lui, accanto a lei in quel momento così importante quanto delicato.
La sua possibilità era lì, a pochi millimetri da
lei. Il tempo sembrò fermarsi per pochi secondi, mentre la mano di Edward,
tremante raggiungeva il suo seno, leggermente sudato dall’agitazione.
Non ebbe il coraggio di aprire gli occhi, avrebbe
perso completamente il controllo, ma poteva ben immaginare le guance tirate
dell’ex alchimista imporporarsi deliziosamente.
Si sentiva sua, completamente sua, come non mai.
Ricordò ciò che gli aveva risposto, quel giorno di tanti anni prima, alla
stazione. “La metà? Io sono disposta a darti tutta la mia vita!”
Tutto, tutta se stessa, tutta la sua vita. Un
sorriso tenero ma carico di tensione prese forma a pochi millimetri delle sue
labbra.
-Ed...
Sussurrò, completamente persa, nelle sue mani.
Innamorata come non lo era mai stata.
Un tonfo sordo, un rumore di vetro infranto e, in
un istante, il buio. I due ragazzi scattarono a sedere sul letto. Dalla
finestra s’intravide un lampo di luce azzurra, bagliore che Edward riconobbe
subito.
Sull’angolo più esterno della terrazza, Al raccolse
da terra la lampada, completamente ricomposta, posandola nuovamente sulla
ringhiera.
Un profondissimo silenzio calò nella stanza,
approfondito dall’aria tesa che aleggiava tra i due.
Ed si alzò dal letto, rosso in volto. Fissò la
porta lignea, silenzioso. Poco dopo si voltò di scatto verso Winry e la guardò
negli occhi, imbarazzato più che mai. Si chinò a baciarle la fronte.
-Non è il momento...
Sussurrò nell’imbarazzo più totale, prima di
scappare via, lasciando la porta aperta. Un fascio di luce debole illuminò il
volto cremisi della meccanica, che si lasciò cadere all’indietro sul letto con
un brillante sorriso e un sospiro esasperato, ancora con quel profumo, il suo
profumo, che inebriava la sua mente.
E il calore, del suo fiato, della sua pelle, delle
sue labbra, ad abbracciarla nel tepore dei suoi sentimenti.
Ed ecco, ho finito anche
questo capitolo. Forse c’è un po’ di confusione, ma è messa di proposito. In certi
momenti, credo che nessuno riesca a comprendere perfettamente ciò che sta
succedendo. O almeno, è il mio punto di vista.
Di nuovo, spero in una
buona riuscita di questo capitolo.
KiriDellenger II ti ringrazio per le tue
recensioni. Ammetto k per un attimo ho creduto di aver perso uno dei miei
lettori più accaniti xD Ti dico già una cosa. Il vero premio per l’aver salvato
il mondo... deve ancora arrivare. J
Fflover89 so
che dovrei rimanere su una sola fic per volta, ma a volte ho bisogno di
staccare un po’ da questa storia, e di creare qualcosa a parte. Per quanto
riguarda il link, all’inizio della storia ho detto subito che ci sarebbero
stati spoiler, l’ho anche segnalato. Grazie comunque per i commenti! J
Kagome123 grazie!
*///*guarda che devi aggiornare anche
la tua! Non sto più nella pelle! Ti faccio i complimenti anche per le tue
storie, sono meravigliose! Comunque, nessun segreto. Scrivo a scuola, di solito
durante le ore di chimica e storia. Boh, quando mi arriva l’ispirazione, arriva
e basta. Un giorno mi sono ritrovata a scrivere un dialogo di Ed w Win sul
banco durante la verifica di matematica. E va bè. ^^
grazie dei commenti!
Onyriaallora,
innanzitutto, grazie per le recensioni! Per il capitolo precedente, mi scuso
per gli errori. Solo per uno, ti correggo. Quando ho scritto che quando Ed
tiene i capelli sciolti gli arrivano a metà schiena, non intendevo che fossero
sciolti in quel momento. A parte questo, grazie dei consigli J
Lucenera88 oddio!
Mai avuto una recensione così lunga! Mi dispiace solo del fatto che non potrò
risponderti allo stesso modo, perché mi stanno cadendo gli occhi dal sonno. Grazie
davvero del commento, mi hai davvero onorata J io non ho visto né
l’anime del 2005 né il film. Quest’estate ho visto tutto brotherhood
e ho alcuni manga. Da quello che so, comunque, in quello che hai visto tu, in
effetti di EdWin c’è ben poco. Nella storia originale
(ti consiglio di guardarla, è davvero meravigliosa) ci sono alcune scene
diciamo romantiche, anche se molto implicite. L’unica esplicita è quando Winry,
mentre viaggia su un treno da Central a Resembool, ripensa a Ed e si rende
conto di essere innamorata di lui. ti consiglio nuovamente di cercare gli
episodi della così detta seconda serie, perdersela è un vero peccato. Detto questo,
ti ringrazio della recensione. Continua a seguirmi! J
Di nuovo ciao a tutti! Questa volta ho cercato di
aggiornate il più presto possibile! Come avrete notato, ho risposto alle
recensioni con il nuovo metodo, quindi le risposte non si troveranno più nei
capitoli J Bene, detto questo vi lascio al
capitolo 23, che a me ricorda tanto Hohenheim (chissà perché xD).
Spero vivamente che sia di vostro gradiemto!
Vi adoro! Buona lettura J
23.VERITA’
NASCOSTE
<< ... e con questo, dichiaro finalmente
compiute le opere di ristrutturazione di Ishval. Grazie a tutti voi che avete
guardato insieme a me al futuro di quest... >>
Edward
premette il tasto d’accensione della radiolina, posta a pochi passi da lui,
spegnendola. La voce del comandante si spezzò in un istante, lasciando
solamente qualche traccia d’irritazione nella memoria dell’ex alchimista.
Non che gli desse fastidio il fatto che Mustang
avesse rimesso in piedi la regione della guerra civile, ma trovava vagamente
odioso il tono di superiorità che era uscito dalle sue labbra, che già
immaginava incurvate in un sorrisetto compiaciuto.
Fece qualche passo per la stanza, raggiungendo la
finestra e spalancando i vetri lucidi, come a cacciar fuori, nella campagna, il
pensiero di un detestabile membro dell'esercito in particolare.
Sbuffò seccato, srotolando l’elastico colorato dal
polso e legando con esso i capelli dorati, in una coda a metà della nuca. Un
ciuffo ribelle scivolò sulla sua fronte, solleticandogli infine le guance
arrossate dai ricordi degli ultimi avvenimenti.
Si lasciò cadere sul letto, piombando sul cuscino
soffice e niveo, facendo sì che le molle del materasso scricchiolassero in un
modo a dir poco fastidioso.
Chiuse gli occhi, indeciso sul perdersi nei propri
pensieri o uscire e svolgere qualche faccenda per la zia. Arricciò le labbra. Preferì
la seconda, se non altro, non avrebbe dovuto affaticare l’automail. Da qualche
ora, la giuntura del ginocchio gli procurava un po’ di dolore, probabilmente
stava cambiando il tempo.
Hmmm.
L’automail.
Era inutile. A qualunque cosa pensasse, in qualche
modo l’argomento “Winry” riusciva a intrufolarsi nelle sue fantasie. Com’era
finito in quella situazione?
Quand’era un alchimista di stato, certi pensieri –
lussuriosi, avrebbe definito – non avevano sfiorato nemmeno l’anticamera del
suo cervello. Ma ora, dalla cima dei suoi vent’anni passati, quasi, qualcosa in
lui era cambiato, qualcosa d’importante. Era come se non riuscisse a fare a
meno di avere accanto quella ragazza, per continuare a vivere.
Anni prima, gli bastava sapere che suo fratello
stava bene, per avere la forza di rialzarsi, per fare un altro passo e compiere
la loro missione. Ma in quel momento, era come se lei, i suoi occhi azzurri
color del cielo, il suo sorriso, irresistibile, il suo carattere, scontroso ma
dolce, e il suo corpo, così mutato, invitante avessero sormontato tutto,
scalando la piramide delle sue priorità.
C’era voluto talmente tanto tempo per rendersi
conto di essere innamorato di lei e... ora? Aveva necessità di averla tra le
braccia, di baciarla, di sentirla sua, e questa cosa lo mandava nella
confusione più totale.
Ma aveva bisogno anche di qualcosa in più.
Quella sera di alcuni giorni prima erano andati
davvero molto vicini a quel qualcosa,
ma, forse per un caso voluto dalla sorte, erano stati interrotti e l’atmosfera
magica che si era creata s’era infranta in un istante, come il sottile vetro
della lampada a olio.
Quante volte, nei giorni precedenti, avrebbe voluto
correre da lei, afferrarla per i fianchi e baciarla, con tutto l’amore e la
passione che celava nel cuore.
Quanto avrebbe voluto, oltre a quei baci tanto agognati,
scoprire quel corpo che gli pareva così perfetto, per amarla in un modo più
incondizionato, più intimo.
Si morse il labbro inferiore, al ricordo delle
sensazioni che aveva provato quella sera, disteso sul suo letto, sopra di lei.
I ricordi erano confusi, velati da una confusione
impalpabile, forse dovuta alle forti emozioni che la meccanica gli aveva
regalato con i suoi baci e i suoi movimenti vogliosi.
Prese a respirare a fatica, preso da un non
definito istinto, che gli gridava di correre da lei. Strinse le dita nel
lenzuolo candido, come il cuscino sul quale posava la testa, tentando di
trattenersi.
Un momento.
E se lei non avesse provato le stesse sensazioni?
Se non avesse voluto andare oltre, quella sera?
Domande e quesiti strazianti assalirono la sua
mente, rendendo ancora più confusionario lo stato dei suoi pensieri. Come ne
sarebbe uscito?
In quel momento, Alphonse fece la sua comparsa,
aprendo gentilmente la porta della stanza e facendo un cenno con la mano al
fratello maggiore.
-Al? Che ci fai qui?
Chiese Edward, sorpreso. Alphonse sorrise, fingendo
di non accorgersi dell’arrogante e scortese tono del fratello. Si tolse
velocemente la camicia, che ripiegò alla perfezione e posò nel terzo cassetto
dell’armadio, per poi sostituirla con una più comoda t-shirt sul verde. Doveva
essere appena andato chissà dove con May, penso Ed. ultimamente, quei due
sempre più tempo insieme. Che nascondessero qualcosa?
-Ciao anche a te, fratellone.
Rispose educato Al, alludendo alla scortesia
dell’ex alchimista e al suo saluto mancato, raggiungendolo e sedendosi sul
bordo del letto. Edward arricciò le labbra in una smorfia di pacata
disapprovazione.
-Sì, ciao. Perché sei seduto sul mio letto?
-Non riesci proprio ad usare un tono più dolce,
eh?
Domandò Al, delicatamente, senza perdere la
pazienza. Il ragazzo accanto a lui alzò gli occhi al cielo, scocciato, per poi porli
definitivamente su una frastagliata crepa all’angolo del muro. Alphonse scosse
la testa, rassegnato.
-A quanto pare no. Bene, poco importa.
-Oh, andiamo Al.
-Che cosa?
-Tu non sei di certo qui solo per rimproverarmi.
Non del mio tono o del mio carattere, per lo meno. So che hai rinunciato a
questa battaglia anni fa, e non mi sei mai sembrato interessato a
intraprenderla di nuovo.
-Ok, Ed. Se vuoi la verità, sono qui per chied...
-Se quello che vuoi da me è parlare di Winry, te
ne puoi anche andare.
Colpito e affondato. L’alchimista dai corti capelli
dorati sospirò esasperato. Da qualche giorno a quella parte, il fratellone e
Winry non si erano mai parlati, forse di rado, a bassa voce. I loro incontri
consistevano per lo più in parole bruciate sul nascere e guance arrossate
dall’imbarazzo.
Era senz’altro suo compito da bravo e responsabile
fratello minore cercare di scoprire cos’era accaduto tra i due.
-Fratellone, dobbiamo parlare.
Asserì con tono basso. Edward non lo ascoltò,
assorto com’era in quell’interessantissima quanto piccola crepa che aveva
attirato non si sa perché tutta la sua attenzione. Alphonse cominciò ad
alterarsi, inaspettatamente. Suo fratello doveva versar fuori tutto ciò che era
successo, e lui – per il suo bene, ovviamente – se fosse stato necessario,
l’avrebbe costretto.
-Adesso!
Con le buone, o con le cattive.
-Non ci contare, fratellino.
Disse il maggiore, alzandosi con noncuranza dal letto
e puntando verso la porta, con passi distratti. Alphonse, pronto, congiunse le
mani con uno schiocco secco e le posò velocemente sul materasso.
-Ma che diavolo stai facendo, Al?!
-Tu non vai da nessuna parte!
Rise fiero il minore, ammirando con soddisfazione
la sua opera. Ed, dal canto suo, tentava invano di divincolarsi, mentre le assi
del letto, trasmutate dal fratellino, lo imprigionavano contro il muro.
-Sei impazzito per caso? Liberami subito!
-Sei stato tu a portarmi fino a questo punto! Non
ti lascerò andare fino a quando non ti sarai deciso a parlare.
Ed spalancò gli occhi, incredulo. Pensò che suo
fratello fosse definitivamente e irreversibilmente uscito di testa. Strattonò
le proprie braccia, stringendo i denti e guardando in cagnesco Alphonse, che
nel frattempo si era seduto a terra a gambe incrociate, il mento retto dal
palmo della mano destra.
-Alphonse! Mettimi giù!
-Dimmi quello che è successo. Lo faccio per te,
fratellone!
-Per me?! Ma sei diventato matto?! E comunque,
sono cose mie! Da quando te ne interessi?
-Da quando ti comporti in modo strano. Sono
preoccupato per te. Poi hai appena ammesso che in realtà qualcosa è successo.
Mi dispiace davvero intromettermi nelle vostre faccende, ma vi voglio troppo
bene per non angosciarmi.
-Ah, Al!
Mugugnò assonnato l’ex alchimista, abbassando il
capo. I capelli legati nella coda fluirono sulla sua spalla, dondolando
ritmicamente. Alzò di poco lo sguardo, incontrando l’oro degli occhi del
fratello minore, così familiari, quasi fossero lo specchio dei suoi. Socchiuse
le palpebre, totalmente consapevole di essere impotente contro l’alchimia del
fratellino.
-Ok.
Disse, ad un tratto, con enorme difficoltà.
-Ti dirò tutto, ma lasciami scendere!
Sputò fuori, terribilmente scocciato e vergognoso
della sconfitta subita. Alphonse, di fronte a lui, s’illuminò come fosse
colpito dai raggi del sole. Davvero non si aspettava che Ed si arrendesse così
al primo colpo, ma tanto valeva approfittarne, prima che cambiasse idea. Era
anche meglio stare all’erta, nel caso fosse tutta una trappola, innescata al
fine di fuggire. Congiunse attento le mani, liberando il conosciuto fascio di
luce turchese.
Ed si trovò nuovamente seduto sul letto, che era
perfettamente e completamente ricomposto in ogni suo inutile intarsio.
L’ex alchimista si guardò intorno, preoccupato che
la zia o Winry avessero visto la scena. Già s’immaginava il doloroso impatto
dei una chiave inglese sulla sua povera testa, la “giusta” punizione per aver
deformato il letto.
Comunque sia, alla fin fine, non era neanche colpa
sua, ma nessuna delle due si sarebbe sognata di incolpare quell’angioletto di
Al. Era proprio senza speranza, nel caso qualcuno avesse notato qualcosa di
strano.
Fortunatamente, nei dintorni si trovavano solamente
loro due. Edward sospirò sollevato, osservando il fratello.
-Chiudi la porta.
Grugnì l’ex alchimista con voce cupa e seccata. Al
obbedì senza discutere, per poi raggiungerlo silenziosamente e sedersi accanto
a lui. Era tornato il solito Alphonse di sempre, in pochi secondi, come se
niente fosse accaduto. Ed si grattò confuso il capo e poi sorrise a testa
bassa, con il viso nascosto dall’ombra dei capelli.
-Senti, Al.
Iniziò, ridacchiando. Il minore inclinò la testa da
un lato, per ascoltare attentamente ogni parola che sarebbe uscita dalle labbra
del ragazzo davanti a lui.
-La prossima volta, stai attento con le lanterne.
-Cosa?
-Sai, certi rumori potrebbero... interrompere
qualcosa.
A quel punto, il primo pensiero che s’inoltrò nella
mente di Ed fu quello di alzarsi e scappare via, probabilmente per rifugiarsi
sulla collina o al cimitero dalla mamma, ma l’espressione del fratellino lo
fece desistere, tant’era determinata.
-Ho quasi...
Sibilò l’ex alchimista, arrossendo violentemente,.
Il minore si avvicinò ulteriormente, poiché il tono di voce di Ed si era
abbassato in modo sproporzionato.
-Dio, Al! Allontanati, mi metti l’ansia!
-Scusa, fratellone. Ma parla più forte, non
sento! Hai quasi... cosa?
-Pensi che sia facile?
-Certo che no, me ne rendo conto! Se tutto rosso!
-Taci! Non darmi fretta!
-Ok, ok. Scusami.
Edward tornò ad osservare la sua amata crepa, che
doveva avere davvero qualcosa di speciale, sussurrando impercettibilmente tra
le labbra qualcosa d’incomprensibile.
-Che cosa?
Chiese Al, non comprendendo un solo vocabolo.
Edward inarcò le sopracciglia, irritato. Si portò una mano al viso, colpendosi
la fronte con uno schiaffo leggero, come a cercare di occultare l’imbarazzo.
-Al, ho...
-Ora calmati, fratellone. Ok, facciamo così. Se
proprio non vuoi parlarmene, d’accordo. In fondo, anche se sei mio fratello,
non ho alcun diritto di obbligarti a raccontarmi i tuoi problemi.
Probabilmente, da parte tua il nostro rapporto è cambiato e tu...
-Ho quasi fatto l’amore con Winry, Al.
Alphonse si pietrificò, sbigottito. La bocca,
incorniciata dalle tenere e – forse – un po’ infantili labbra sottili, era
rimasta bloccata, spalancata in un’espressione di tuttavia infondata sorpresa.
Edward abbassò lo sguardo, tentando, nuovamente, di
nascondere il rossore delle sue gote sotto i ciuffi ribelli di capelli d'oro.
-Ed, tu...
-Sì, cazzo. Sì. Cioè, no. Perché, Al, tu e quella
dannata lampada.
-Scusami fratellone, davvero.
-No, scusami tu se ti ho parlato così.
Probabilmente, è stato un segno. Non era quello il momento giusto. Non so
nemmeno se anche lei lo desiderava quanto me. Ho quasi paura che lei non lo
bramasse affatto.
-E ora?
-E ora? E ora... eh, e ora? Non lo so, davvero.
Lei è... non lo so cos’è. Ma sono più che certo che l’effetto che mi fa è
strabiliante. Era così strano, così... Dio, Al. Non so neanche... no. La sua
pelle, il suo profumo, le sue labbra. Quanto la volevo. Non so come definirlo,
se diverso, nuovo o... dannatamente naturale.
-Fratellone...
Edward si alzò dal letto, prendendo a passare le
dita sulla superficie ruvida e secca del legno della finestra, che doveva
essere stato da poco oleato, tanto odorava di resina e cera.
-Lei era lì, era mia. La desideravo in un modo
che pure adesso stento a riconoscere. Non so come riesca a dirti tutto questo,
ma parlare con te in fondo mi toglie un grande peso dallo stomaco. Fratellino,
grazie.
Alphonse schiuse le labbra dolcemente,
avvicinandosi all’ex alchimista e regalandogli un tenero abbraccio fraterno.
-Vedrai che andrà tutto bene.
Soffiò il minore, sulla spalla del fratello. Edward
socchiuse gli occhi, beato dal calore e dalla solidarietà che il suo fratellino
riusciva a trasmettergli.
-Come fai ad esserne così sicuro?
-Non lo sono. Ma conosco te, Ed, e conosco anche
Winry. Insomma, sono tuo fratello, e posso confermarti che, in tutta sincerità,
in diciannove anni che sono in vita, non ti ho mai visto con quella luce negli
occhi. Forse neanche quando abbiamo recuperato i nostri corpi.
Edward sorrise, affilando la vista e scorgendo, al
limite della stradina di ghiaia e terriccio che portava a casa Rockbell due figure
femminili e slanciate, una all’opposto dell’altra.
I lunghissimi capelli della prima, color dei raggi
del sole, ondeggiavano lievi al sospiro del vento. La pelle diafana era baciata
dalla luce, che le infastidiva la vista. Gli occhi azzurri erano stretti a
fessura, una mano a ripararli. Il corpo perfetto, velato da un abito bianco e
svolazzante, che le arrivava poco sopra le ginocchia e risplendeva alla
luminosità, facendola sembrare un angelo.
La ragazza accanto a lei aveva dei capelli lunghi,
corvini, così come gli occhi. Le morbide trecce le sfioravano la schiena,
fasciata da una canotta aderente e leggera, anch’essa nera.
Gli occhi dell’ex alchimista si addolcirono quando
notarono che Winry si stava chinando a cogliere un fiore, che avrebbe usato per
ornare la sua bellissima chioma bionda. Era davvero celestiale.
Lontano da lui, sotto il primo sole del pomeriggio,
risuonò una piccola frase che mai giunse al suo udito, ovattato dal vetro della
finestra.
-May. So che non ci conosciamo più di tanto, ma
ormai sono mesi che sei qui. Ho un disperato bisogno di parlare con te.
La mora alkaestrista sorrise teneramente quando udì
quel nome, pronunciato quasi con venerazione dalla delicata bocca della
meccanica.
-Ed. Si tratta di Edward.
Sussurrò Winry, arrossendo alla verità dei suoi
stessi pensieri.
E così, potrà
anche sembrare strano che Win parli con May di certe cose, ma noi ragazze
abbiamo sempre bisogni di qualcuno con cui confidarci, e tralasciando Pinako, l’alkaestrista
è l’unica con cui può parlare ^^ comunque sia, vi annuncio che alla fine manca
davvero poco, o almeno così credo. Ah, giusto. Sto scrivendo il capitolo 24, mi
sto impegnando davvero tanto, perché sarà un capitolo importante J
Capitolo 24 *** 24. IL NOSTRO PICCOLO MONDO TRA SOGNO E REALTA' ***
Ciao a tutti/e! sono tornata, di nuovo, con il seguito
di questa storia. Come sapete, ora utilizzo il nuovo metodo, quindi le risposte
alle recensioni le troverete nell’apposita casella di posta nella pagina
profilo.
Bene, precisata questa piccola cosa, vi introduco un po’
in questo capitolo, abbastanza lungo. Si divide in tre parti. La prima, è un
sogno, la seconda una lunga riflessione accompagnata da gesti quotidiani e l’ultima...
beh, lascio a voi scoprirlo. Ho davvero messo tutta me stessa in questo
ventiquattresimo capitolo. Penso di non essermi mai impegnata tanto per la
riuscita di una sezione di questa storia. Vi prego, perciò, di donare un
millesimo del vostro tempo per lasciare una recensione, così che mi diate la
forza di scrivere anche il prossimo. Ovviamente, andranno benissimo un “che
schifo! Ritirati a coltivare pannocchie a farmville!” oppure “e questo sarebbe
impegno?” e così via...
Ok, ho finito la solita inutile pappardella pre-storia.
Spero che ormai abbiate imparato a sopportarmi xD. Vi lascio a questo capitolo,
nella speranza di aver compiuto un buon lavoro.
24.IL NOSTRO
PICCOLO MONDO TRA SOGNO E REALTA’
Silenzio, silenzio, silenzio.
Un movimento, un fruscìo di
lenzuola. Caldo, caldo soffocante.
La luce, il buio. Il vento, la
calma. Il sole, la luna. Il giorno, la notte.
Un sorriso nascosto, una
lacrima irreale.
E l’oro.
Silenzio, silenzio, silenzio.
Un gemito soffocato, un respiro
spezzato.
Parole, suoni morti in gola,
trafitti da un’ondata di emozioni sconosciute.
Un altro movimento, un sospiro.
E ancora, l’oro.
Silenzio, silenzio, silenzio.
La pelle, il profumo, le
labbra, le mani, il cuore.
Il battito del cuore, il
respiro pesante, un cigolio conosciuto.
Un brivido lungo la schiena,
una vampata di calore nel petto.
E sempre, l’oro.
Silenzio, silenzio, silenzio.
I capelli, gli occhi, la
confusione, i ricordi, le speranze.
La nebbia nella mente, il buio
nella vista, uno spiraglio di luce, inesistente.
Un sussurro più forte, un grido
serrato.
E brilla, l’oro.
Silenzio, silenzio, silenzio.
Winry s’alzò a sedere sul letto, respirando
affannosamente. Rivoli di caldo sudore rigarono la sua fronte, rendendola
tiepida e paonazza. Gli occhi, semichiusi, si aprirono lentamente. Il petto si
alzava e si abbassava con velocità, seguendo il ritmo dei suo respiri.
Era tornato, di nuovo.
Quel sogno era tornato, più vivido, caldo e
desiderato che mai. Così come quasi ogni notte, dalla sera di più d’una
settimana prima.
Scosse la testa, facendo ondeggiare i capelli
biondi, umidi di sudore, portandosi successivamente una mano alla fronte e
scostandosi tremante un ciuffo fastidioso.
Sospirò e posò i piedi sul pavimento freddo.
Rabbrividì al contatto, allungando un braccio verso l’attaccapanni e afferrando
il morbido accappatoio dai dolci toni rosati.
Barcollando, si diresse verso la porta del bagno,
intenzionata a farsi una bella doccia ristoratrice. Si spogliò ed entrò nel
cubicolo, girando la manovella così che il rilassante getto d’acqua calda
scivolasse tiepido sulla sua schiena, lavando via ogni traccia del passato
sogno dal suo corpo.
Inclinò la testa verso l’alto, lasciando che
l’acqua lambisse la cerea pelle del suo viso.
Strinse le palpebre, nel tentativo di scacciare
anche dalla sua mente quelle deliziose immagini che la tormentavano. Eppure,
quella sensazione di vuoto che provava non voleva staccarsi da lei, quasi fosse
incatenata irreversibilmente al suo corpo.
Il respiro di Edward sul suo collo, le sue labbra
fameliche che la divoravano, il calore della sua pelle e l’inconfondibile
profumo di erba bagnata su di lei, dentro di lei.
Gemette dolorosamente sotto il getto della doccia,
cercando allo stesso tempo di strapparsi di dosso quel sogno e di tenerlo
stretto nel suo cuore.
Nell’abbraccio caldo dell’acqua, le parve di
sentire le braccia forti dell’ex alchimista cingerle la vita in una muta
richiesta, mentre le sue labbra scivolano vogliose sulla sua pelle, per
baciarle il collo, le guance, le labbra.
Delicatamente riaprì gli occhi, riscoprendosi
disperatamente sola. L’acqua calda cominciava a scarseggiare e il getto stava
via via raffreddandosi.
Ruotò nel senso opposto la manovella e uscì,
avvolgendosi nel tiepido e soffice accappatoio.
Tornò nella sua stanza e si sedette sul materasso,
guardandosi intorno. A lato della porta che dava sul corridoio silenzioso,
c’era una cesta di vimini, colma di abiti da lavare.
Che stupida, pensò. Il giorno precedente aveva
passato talmente tanto tempo a fantasticare sulla sua relazione – lo era? – con
Ed che si era dimenticata di fare il bucato.
Catturata da un istinto che non riconobbe, si
avvicinò alla cesta e ne estrasse una canottiera nera, stropicciata. Ah, Ed e
le sue manie di gettare a terra in un cumulo gli abiti ancora puliti.
Per quanto infastidita, persa in un annebbiato
stato di trance,portò la stoffa cupa e vissuta sotto al naso, respirando
profondamente.
Un altro brivido percorse tutta la lunghezza della
sua schiena, non appena l’inebriante aroma che fin troppo conosceva s’insinuò
nella sua mente e nei suoi polmoni, rendendola schiava di quel ragazzo a cui
quel meraviglioso profumo apparteneva.
Ripiegò poi su sé stessa la canotta, posandola poi
fugacemente sotto il cuscino del letto.
Si vestì velocemente, indossando una gonna morbida
e libera e una camicia bianca, leggera, che abbottonò lentamente.
Non aveva più alcuna voglia di rimanere in camera.
Sicuramente si sarebbe gettata sul letto, con quella canottiera – inutile
ricordo, quel profumo, quasi a ingannare la sua mente per credere che Ed fosse
davvero lì – stretta tra le braccia, le narici a contatto con la stoffa.
Così, scosse a testa in giù i capelli biondi,
muovendoli e spettinandoli a scatti con le dita, così da farli sgocciolare
quanto bastava per non produrre disastri sul pavimento.
Aprì piano la porta e la richiuse dolcemente,
facendo attenzione a non fare rumore, data l’ora. Il primo sole del mattino era
sorto all’orizzonte da pochi minuti e illuminava con delicatezza le mura
dell’abitazione che affacciavano a est, insinuandosi all’interno attraverso i
lucidi vetri delle finestre.
Procedette silenziosa per il corridoio, sfilando
con passi felpati davanti alla porta della camera dei ragazzi, lasciata
inaspettatamente aperta.
All’interno, Alphonse dormiva pacificamente, con le
gambe piegate al petto e il lenzuolo di cotone chiaro attorcigliato attorno
alla vita. Era davvero molto dolce.
Ma era solo.
Dov’era Ed? Winry scrutò la stanza, ma del maggiore
degli Elric proprio non vi era alcuna traccia.
La ragazza posò la testa bionda sullo stipite della
porta, già sfiorato dalle sue mani, ancora leggermente tremanti. Accarezzò con
sguardo languido il placido profilo del volto di al, che appariva talmente
tenero così assopito.
Che lui e Edward fossero fratelli, dal punto di
vista dell’aspetto fisico, era più che evidente. Sicuramente qualche persona,
senza conoscerli, li avrà spesso scambiati per gemelli quand’erano piccoli,
nonostante la differenza d’altezza.
Eppure il loro carattere era talmente diverso. Ed
era così antipatico, scontroso, a volte maleducato. Al invece era tutto
l’opposto.
E allora, per quale ragione il maggiore le faceva
quell’effetto? Insomma, non le era mai capitato di svegliarsi una notte dopo
aver sognato di fare l’amore con Alphonse. Non aveva neanche mai immaginato lui
da quell’angolazione.
Perché, invece, con Ed succedeva in continuazione?
Avrebbe dovuto detestarlo, odiarlo per il suo carattere.
Sorrise.
No, lei non avrebbe mai potuto odiarlo. Non c’era
riuscita nemmeno quando, due anni – anzi, quasi tre, oramai – prima aveva preso
e se n’era andato, con il pretesto di studiare l’alchimia dei lontani paesi
occidentali. Lui, che alchimista ormai non era più.
Aveva sempre pensato ad Alphonse come un fratellino
adottato e si era chiesta per anni per quale motivo non riuscisse a fare lo
stesso con Ed. A volte, credeva di non considerarlo parte della sua famiglia
proprio per il fatto che litigavano in continuazione, e non erano mai d’accordo
su niente. Eppure, proprio non riusciva ad odiarlo, in nessun modo.
Era stato davvero molto, ma molto bizzarro per lei
rendersi conto che in realtà, la ragione dei quel problema era ancora più
semplice delle sue supposizioni.
L’amava, ecco tutto. E, dannazione, ormai lo sapeva
più che bene.
Però non era a conoscenza del periodo in cui era
capitato quel mutamento nei suoi sentimenti, probabilmente era stata una cosa
molto progressiva.
Portare dentro di sé quella sorta di segreto per
anni non era stato affatto facile. Aveva sofferto parecchio, ma in definitiva,
alla luce degli ultimi eventi, era stato meglio così.
Conoscendolo, se lei gli avesse esternato i suoi
sentimenti durante la sua missione come alchimista di stato, probabilmente lui
l’avrebbe rifiutata, o avrebbe rinviato il discorso, confuso, con le solite
scuse di salvare lo stato dall’esercito, recuperare i loro corpi, eccetera,
eccetera.
Alphonse si mosse lentamente tra le lenzuola,
infrangendo le fantasie di Winry e facendola tornare di botto alla realtà. La
ragazza scosse la testa, accostando la porta, abbandonandola semichiusa e
dirigendosi verso il piano inferiore.
Passeggiò per la cucina, deserta e taciturna.
Pinako era ancora a letto, doveva essere davvero molto presto. Si guardò
attorno spaesata, tentando di riconoscere qualcosa di familiare nella penombra
della stanza.
Afferrò il vicino piatto della torta dalla
credenza, portando alle labbra il dolce soffice e assaporando con delizia le
sfaccettate gocce di cioccolato fondente, che si scioglievano a contatto con la
sua lingua. Quanto adorava la torta al cioccolato della nonna! Certo, non era
buona come la torta di mele che cucinava lei stessa – per Ed e Al,
principalmente -, ma era comunque una soddisfazione gustarla.
Allungò un braccio verso il frigorifero,
appropriandosi del cartone del latte piacevolmente freddo e ingerendone un
lungo sorso.
Addentò famelica un'altra detta di torta,
leccandosi le labbra ancora inumidite dal liquido bianco.
Ridacchiò, posandosi due dita davanti alla bocca,
al pensiero di un biondo in particolare. Se Ed fosse stato lì, in quel momento,
l’avrebbe squadrata in cagnesco, storcendo il naso in una smorfia di disgusto.
Quando ebbe finito, abbandonò distrattamente il
tutto sul tavolo, avrebbe sistemato più tardi, prima che la nonna si fosse
svegliata.
Uscì all’esterno, aveva bisogno di schiarirsi un
po’ le idee.
La sua mente tornò con velocità al discorso del
pomeriggio del giorno precedente, quello di cui aveva discusso con May. Anche
se era più piccola, era stato davvero un gran sollievo aver parlato con lei.
Aveva un disperato bisogno di sfogarsi e di raccontare a qualcuno – un’amica? –
ciò che aveva provato quella sera di alcuni giorni prima.
Le due avevano discusso a lungo su quello che era
successo e l’impressione che la mora aveva avuto era stata quella di trovarsi
davanti a una ragazza sconvolta dalla verità dei suoi stessi sentimenti.
“Devi
buttarti, se è quello che davvero desideri” aveva detto, a occhi chiusi,
con l’aria di chi la sa lunga sull’argomento. “Quando,
tempo fa, sono arrivata qui ad Amestris da Xing, ho dovuto...” e giù un
racconto chilometrico, che parlava di coraggio, forza, delusioni d’amore, –
citò anche Ed, ma Winry faticò a seguire il discorso – qualcosa con il nome di
Alkaestry, se non andava errata, di persone dorate e di immortalità, discorso
del quale la povera meccanica non capì assolutamente nulla se non il fatto che
centrasse poco o niente con il suo problema. O almeno, così credeva lei.
Nonostante tutto, lei aveva annuito insicura, sia
al prezioso consiglio, sia alla lunga serie di estratti del passato che May
aveva a poco a poco srotolato, supportata dai gesti della piccola Xiao-May.
E dunque, secondo questo ragionamento, avrebbe
dovuto lasciarsi andare ai propri desideri, alle emozioni del cuore, ai sogni
di passate notti quasi insonni. Ne sarebbe stata capace? Sarebbe stata
all’altezza delle sue stesse ambizioni?
L’erba umida le sfiorava ruvida le caviglie nude,
in un’armonia di fruscii che profumavano tanto di casa e di natura. Sorrise, di
nuovo, divertita – e forse un po’ delusa – da sé stessa.
Si era pure dimenticata di indossare le scarpe,
oltre che fare il bucato. A Ed, un giorno, l’avrebbe fatta pagare, poco ma
sicuro.
Un prepotente raggio di sole la colpì in pieno
viso, filtrando tra le ampie foglie della lontana quercia imponente. Le foglie
si muovevano liete, spinte da una forza a lei sconosciuta, dato che alcuna
carezza di vento raggiungeva la sua pelle sensibile, quella mattina.
Socchiuse le palpebre meccanicamente, così come
ormai era abituata a fare, in quei giorni dal cielo limpido e terso.
Aguzzò la vista, notando una sagoma distesa
all’ombra del grande albero. Velocizzò il passo, fermandosi a pochi passi dal
rialzo del terreno. L’erba strusciò sulle sue dita dei piedi, delicata, umida
di gocce di rugiada.
La sagoma si mosse e un luccichio dorato raccolse
tutta l’attenzione della ragazza. Il cuore di Winry cominciò a palpitare
impazzito non appena riconobbe in quel corpo i capelli e l’automail di Edward,
che risplendevano entrambi sotto alcuni spiragli di sole primaverile, che
penetrava dalla folta chioma verde di fogliame.
Non si era accorto di lei, come al solito. Doveva
essere completamente assorto nei suoi pensieri, a giudicare dall’espressione
sognante che era dipinta sul suo volto.
Le gambe della meccanica si mossero, senza un
motivo apparente, come se fossero dotate di una vita propria. Raggiunse l’ex
alchimista, che alzò lo sguardo, sorpreso, fino ad incontrare quello di lei,
che aveva lo stesso trasparente colore del cielo in quel momento.
Winry tremò visibilmente, tentennando a emettere
suoni. Ed la squadrò confuso, facendo scivolare gli occhi color dell’oro su
tutto il suo corpo.
Pochi secondi dopo, Winry si avvicinò definitivamente.
-Posso sedermi qui?
Chiese lei, mente le sue guance si stavano
lentamente pennellando di un porpora delizioso. Edward voltò la testa
dall’altro lato, a sua volta imbarazzato.
-Certo.
Mugugnò, senza guardarla. La meccanica obbedì alla
sua stessa domanda, posandosi sul soffice manto d’erba. Il suo sguardo volò
altrove, seguendo il contorno rotondo delle colline in lontananza, che si
perdevano in una nebbiolina rosea.
Accarezzò i ciuffi smeraldo, strappandone alcuni e
portandoli alle narici, quasi a voler amplificare quell’aroma splendente che
lentamente la stava conducendo in un turbine senza entrata né uscita.
-Ce l’hai con me?
Domandò Ed, ad un tratto, ruotando
impercettibilmente il volto verso di lei. Winry inclinò la testa, confusa.
-Cosa?
-Sei arrabbiata con me?
-No, certo che no. Dovrei?
-No, assolutamente. Beh, non so.
-Che stai cercando di dire?
-Niente. Lascia perdere.
Scansò l’argomento, con fare – forse – falsamente
disinteressato. La bionda si passò una mano tra i capelli ancora umidi. Si avvicinò
di più a lui, così da poter sfiorare le dita della sua mano sinistra.
Edward sobbalzò al contatto, rabbrividendo
piacevolmente. Era da una settimana, o forse di più, che non si rivolgevano una
parola. Tutto era partito da quella situazione, talmente imbarazzante. E ora
erano lì, insieme, silenziosi, quasi fosse uno di quei noiosi romanzi alla
radio, dove i due amanti, probabilmente scoperti in tradimento, non hanno
coraggio di parlare.
Inaspettatamente, Winry si sdraiò accanto a lui,
posando la testa sul suo petto. Il cuore del ragazzo iniziò a cavalcare
rumorosamente, indomabile, e lei se ne accorse. Sorrise, compiaciuta e
rassicurata da quel suono caldo di cui non poteva più fare a meno.
Il respiro di Edward, forse un po’ appesantito, le
solleticava il collo, procurandogli un meraviglioso senso di calore nel petto.
Chiuse gli occhi, perdendosi in quegli attimi di
muta beatitudine, persa nel profumo d’erba bagnata di cui andava matta e che le
faceva girare la testa, battere forte il cuore.
Edward, dal canto suo, non riusciva a trovare alcuna
spiegazione a quell’assurdo comportamento. Fino al giorno prima, faticavano a
guardarsi negli occhi e ora... lei era lì, tra le sue braccia, come se nulla
fosse successo.
Le cinse la vita con il braccio destro, voltando
tutto il corpo verso di lei, così da poterla abbracciare a dovere. Chinò il capo
per essere in grado darle un bacio tra i capelli e odorare il dolce profumo del
suo respiro.
La mente di Winry si perse nella confusione delle
emozioni, annebbiata, smarrita, cullata dal calore eterno che quel ragazzo le
stava donando. Smise di pensare, le riflessioni non servivano più.
Schiuse le labbra e le congiunse a quelle di lui,
accarezzandole con estrema dolcezza, con la punta della lingua, quasi
trattenendo il respiro. Edward ricambiò, sempre più sorpreso, accarezzandole la
guancia sinistra, paonazza.
La ragazza s’allontanò da lui di pochi millimetri,
ansimando e premendo l’alito sulle labbra dell’ex alchimista, semiaperte.
Farfugliò qualche parola incomprensibile, finché non serrò definitivamente la
bocca, prima di prendere un gran respiro e pronunciare due piccole parole,
soffiate nell’attimo di un sussurro, contro le labbra del ragazzo – ormai uomo
– che amava da sempre.
-Facciamo l’amore...
Mormorò, arrossendo terribilmente. Ed smise di
respirare, rimanendo immobile, a occhi sbarrati. No, era impossibile che lei
avesse davvero detto...
No.
No.
No.
Era impossibile. Totalmente fuori dal mondo.
Eppure lei, quel suo sguardo, così deciso, benché
impaurito, tenero, imbarazzato. Le guance imporporate, le mani tremanti, il
sorriso appena abbozzato, i denti serrati sul labbro inferiore.
Il ragazzo allentò per un attimo la presa sul suo
corpo, sorridendo appena, incredulo, probabilmente convinto di aver udito
qualcosa di sbagliato.
-Cosa?
Domandò, irrequieto, con la testa sospinta da
miriadi di quesiti ed emozioni. Winry dischiuse brevemente le labbra,
boccheggiando. Non trovava la forza di ripetere quella frase. Ed sospirò e
abbassò gli occhi, ormai convinto d’aver sentito quella frase tanto agognata
solamente nelle sue fantasie più remote.
-Facciamo l’amore.
Ripetè lei, andando a fuoco ancora di più. L’ex
alchimista alzò lo sguardo, incatenandolo con il suo, in una morsa di adorabile
tepore. I pozzi blu della ragazza tremolavano, quasi fossero fatti d’acqua, di
tenere gocce di pioggia.
Un debolissimo soffio di vento scompigliò per un
misero istante i loro capelli, facendoli rabbrividire più del dovuto.
Un sorriso sussultante si dipinse sulle sottili labbra
del ragazzo dai capelli d’oro, che avvicinò la punta del naso a quello di
Winry. Arrossì, non più abituato a tale vicinanza con la ragazza.
-Stai... cosa stai...?
Balbettò lui, non riuscendo a nascondere lo stupore
e la gioia che avevano pervaso il suo corpo. Winry sorrise, posando la fronte
su quella di lui.
-Non sai per quanto tempo ho sognato questo
momento. Quand’eri lontano da me, quando avevo paura per la tua vita, quando
temevo che non ti avrei più rivisto, quando sei tornato a casa, quando sei partito
di nuovo, quando mi hai donato il primo bacio. Mi sono sentita sempre parte di
te, di noi. Come se questo posto, la nostra casa, fosse il luogo in cui
dobbiamo vivere, l’uno per l’altra. Siamo soli, niente può disturbarci. Sono
pronta, per te, lo sono davvero, come non lo sono mai stata. Ti amo evoglio essere completamente tua.
-Mi stai chiedendo di...
-Sì, è così. Oddio, non so che sto facendo! So
solo che, da quando sei tornato nella mia vita, il sole splende ogni giorno,
anche quando piove. Tu sei il mio faro nell’oscurità, sei ogni battito del mio
cuore, ogni respiro della mia vita.
Edward la osservava con occhi languidi, mentre sul
suo volto prendeva forma un sorriso sempre più dolce. Si avvicinò a lei,
baciandole con tenerezza il labbro superiore, per poi catturarlo tra le sue in
un vortice meraviglioso.
Winry ricambiò il bacio e lo sguardo. Si posò a
pochi millimetri da lui, puntando lo sguardo nei due preziosi occhi dorati. Le
guance dell’ex alchimista raggiunsero il tono cremisi della palandrana rossa
che indossava.
-Winry ne sei sicura?
-Più che sicura. Sono qui, siamo qui. Solo tu ed
io, se lo vuoi.
Aveva preso la sua decisione, con un luminoso
sorriso sul volto e un’immensa pace nel cuore.
In quel momento, tutto scomparve. Solo le loro due anime,
legate da qualcosa ancora più forte dell’alchimia o della verità, fondatore, o
come si usava chiamarlo, rimanevano a popolare il mondo, che appariva così
diverso, allora, ai loro occhi, semichiusi.
Oro più prezioso e splendente nel blu più profondo.
Una cosa sola, sapevano di esserlo sempre stati.
Ecco per quale motivo lei non avrebbe mai potuto
considerarlo come un componente della sua famiglia. Un fratello non poteva far
parte del suo cuore.
Ecco perché non era mai riuscita ad odiarlo. Non si
può odiare sé stessi.
Ecco perché era riuscita a continuare ad amarlo
sempre e sempre di più in quegli anni. perché Ed faceva parte di lei, della sua
vita.
Del suo passato, del suo presente e del suo futuro.
Edward la sormontò con delicatezza, cingendole i fianchi
con le braccia, mentre lei circondava i suo collo in un abbraccio
indescrivibile.
Avvicinò il viso a quello di lui, catturando le sue
labbra in un bacio senza scampo. Ed le accarezzavadolcemente la schiena, divorando
famelicamente le sue labbra, mordicchiandole piano con i denti.
Si liberò della palandrana e la gettò poco di
stante da loro. Non produsse alcun rumore sull’erba umida. Baciò l’interno del
suo collo, lambendo ogni centimetro della sua pelle, mentre lei si perdeva in
un tumulto di sensazioni dall’aroma d’erba bagnata.
Ad un tratto, l’ex alchimista si placò. Silenzioso,
tornò a guardare gli occhi azzurri come il cielo della ragazza, che subito si
rischiararono in un sorriso lucente.
Tornò su di lei, carezzandola con baci a fior di
pelle, infilando una mano tra i folti capelli biondi che stavano a poco a poco
asciugandosi al tiepido calore della primavera inoltrata.
Aveva compreso tutto, gli era bastato un semplice
sguardo.
Non servivano parole, non a loro.
Winry non avrebbe mai voluto rientrare a casa per
compiere quel passo così importante per loro.
E soprattutto, sarebbe mancato il vero profumo di
casa.
Il pizzicante aroma della resina degli alberi, il
naturale profumo dell’erba dei campi, della terra e dei fiori che ricoprivano
intere vallate. La fresca carezza del vento, il suono limpido del ruscelletto
di campagna, il cinguettio dei passerotti. La morbidezza del prato, così intrisa
di ricordi da farli quasi star male, gettati in una spirale che sapeva di
passato, di corse sull’erba, di litigate, di giochi infantili, di abbracci, di
notti insonni passate ad ammirare le stelle in compagnia dei migliori amici.
Le carezzò il profilo del fianco destro,
sbottonandole la camicia candida, che si era macchiata d’erba, senza che lei se
ne accorgesse. Sfiorò con le labbra l’incavo tra i seni, così delicati e
bianchi ai suoi occhi.
Winry fece scivolare il palmo tiepido della mano
sul petto nudo di Edward, mentre la canottiera grigia atterrava dietro di loro,
ai piedi della grande quercia, e la corta gonnellina a pieghe scivolava ai loro
piedi, quieta e silenziosa.
Una carezza, un bacio.
Un respiro spezzato, un dolce ricordo che faceva un
tuffo nella memoria, per poi ritornare a danzare nelle loro menti,
accompagnandoli verso il futuro.
Edward si allungò per afferrare la palandrana, che
giaceva immobile appena al di fuori del cono d’ombra dell’imponente albero
dietro di loro e coprì entrambi, cosicché Winry smettesse di tremare.
Ma non sapeva che il motivo per il quale lei
fremeva in quel modo non era legata alla fresca brezza che soffiava tenue dalle
montagne del nord, ma all’emozione che stava via via
crescendo dentro di lei, che le offuscava la mente e la vista, in un’ondata di
dolce piacere.
Un quieto silenzio regnava tra le colline, unico
suono il friscìo dei loro corpi sull’erba, e la palandrana a coprirli, una
coperta, un giacigli improvvisato. Il caldo tra quel color vermiglio acceso, il
sole che si nascondeva tra le foglie, per poi ricomparire ancor più luminoso di
quand’era scomparso.
Un sorriso, il suo. E in un attimo, il suo profumo
intenso. Su di lei, dentro di lei.
-Dimmi che mi ami, ti prego.
Un gemito, un sospiro, una lacrima. Si tocca la
guancia, è già scomparsa. O forse, non è mai esistita. Parole rinchiuse nel
cuore, suoni senza significato, emozioni che trafiggono l’anima, impregnata di
antiche memorie e nuove speranze, sconosciute.
-Ti amo!
La pelle calda, un movimento lento, familiare,
contro il suo corpo, bollente. Il profumo d’erba bagnata, sempre più suo,
sempre più dentro di lei. Le labbra, perse in una danza mistica, umida,
inebriante, desiderosa, al ritmo dei battiti del cuore, sempre più veloci. Un
brivido che percorre tutta la schiena, come se un potente getto d’acqua gelida
lambisse la sua pelle, scossa dal trambusto delle sue stesse emozioni. Un fuoco
nel petto, che bruciava ardente ad ogni bacio, ad ogni contatto.
-Winry, dillo ancora!
Un bagliore di riflesso, una luce aurea, quasi
celestiale. Due gioielli d’oro colato, due oceani turchini. Confusione,
pensieri, parole, gesti, emozioni. Ricordi del passato che ritornano, che se ne
vanno, dimenticati, ripescati da una vita ormai trascorsa. Speranze del futuro,
una luce nuova, il sorriso di un bambino, un fiore, il sole. Una nebbia fitta,
i pensieri dissolti, in un attimo, come neve al sole. Di nuovo il buio, a
coprire la vista, una luce accecante, strappata alla memoria. Respiri veloci,
forti, diversi. Un grido, silenzioso, serrato tra la gola e le labbra, diretto
al cuore, senza ritorno.
-Ti amo, Ed. ti amerò per sempre.
Un ultimo sospiro, e poi il nulla.
Silenzio, di nuovo.
Winry chiuse gli occhi, posandosi nuovamente sula
petto scottante di Ed, che inclinò la testa fino a trovare quella della
ragazza, accaldata. Un piccolo bacio, una carezza, nulla di più.
-Anch’io. Per sempre.
Un ultimo sussurro, tra le labbra, perso nel vento
che non soffia più. Il sole, la grande quercia. Un’ombra sottile, frastagliata,
due cuori in tumulto, che piano riposano le loro ali stanche.
Un piccolo globo, silenzioso. Uno spiraglio di luce
illumina i loro visi, placidamente addormentati.
Persi nel loro piccolo mondo, esattamente a metà
tra sogno e realtà.
Siete davvero
arrivati fino a qui? Se è così vi ringrazio davvero molto, a tutti voi che mi
seguite. Siete la mia continua ispirazione J
Come avrete
notato, ho inserito una specie di collegamento tra la parte iniziale e quest’ultima,
come a sottolineare che Winry si ritrova immersa in un sogno, che sembra
davvero più reale dei trascorsi. Ed è così, infatti.
So benissimo che
lo stato delle frasi è confusionario, che salta un po’ da una parte all’altra,
ma è intenzionale. Mi sono immaginata la mente di Win annebbiata, sconvolta da
tutte quelle emozioni. Inoltre, mi scuso con i sostenitori della lemon, che
magari si aspettavano i fuochi d’artificio. Ho anche provato a scrivere
qualcosa di più esplicito, ma non ne sono stata capace. O almeno, non eni limiti della decenza xD. Per non modificare il raiting ho deciso quindi di scrivere qualcosa che lasciasse
intendere, alludere a quello che è successo.
Spero che vi sia
piaciuto questo capitolo 24. Ho davvero molta voglia di sapere cosa ne pensate.
Lasciate un commentino, se lo desiderate ^^
Vi annuncio che
manca poco alla fine, giusto due o tre capitoli. Continuate a seguirmi, oh miei
dei dell’ispirazione! xD
Capitolo 25 *** 25. A UN SOSPIRO DALLA VERITA' ***
Oh, finalmente sono riuscita ad aggiornare! Scusate
davvero tanto, ma sono in occupazione con la scuola e anche se sembra che non
si faccia niente e sia solo una perdita di tempo, la giornata in realtà è
davvero molto piena! Non ho mai trovato molto tempo per scrivere questo
penultimo capitolo – eh già, con il prossimo abbiamo finito! Forse ci sarà
anche un piccolo epilogo, non si sa mai! – così stasera mi sono messa di buona
lena e ho sfornato questo disastro. Ok, lo ammetto, ne ho scritti di migliori,
ma spero lo stesso che vi piaccia.
Per scusarmi del ritardo, comunque, anche questo
capitolo 25 sarà molto lungo. A voi commenti e critiche. Buona lettura! J
25.A UN SOSPIRO DALLA VERITA’
La profonda quiete della prima mattina primaverile
è incredibile. È tutto così silenzioso, in pace con il mondo. Come se il tempo,
stanco di percorrere il suo viaggio attraverso i secoli, si fosse preso una
piccola pausa, invogliato forse dal tepore del sole, che ogni giorno andava
riscaldandosi sempre di più.
Winry mosse piano un braccio, ritrovandolo
leggermente intorpidito. Aprì e serrò le dita delle mani un paio di volte,
giusto per riacquistare la sensibilità. La realtà che percepì, però, non fu
quella che si aspettava.
Sotto il tocco gentile dei suoi polpastrelli, non
riuscì ad avvertire il lucido tessuto delle lenzuola, che lei credeva fossero
attorcigliate a coprirle le spalle. Allargò il palmo, quasi a voler indagare su
quella sensazione strana – seppur profondamente conosciuta – di tenui ciuffi
umidi, accompagnati qua e là da piccoli bozzi soffici, quasi fossero i petali
d’un fiorellino di campo, che s’insinuavano tra le sue dita.
Immobili, eppure vitali.
Strizzò le palpebre, non trovando in lei la giusta
forza per dischiuderle. Strinse la mano a pugno, strappando, senza rendersene
conto, alcuni fili d’erba, che in un istante scivolarono via, leggeri e
inumiditi di rugiada, così come li aveva avvertiti.
Arricciò le labbra, confusa. Prese un gran respiro,
inalando una buona boccata d’aria, attraverso le narici. Un brivido violento le
scosse il corpo, ancora indolenzito – perché si sentiva così dolorante? –
quando un intensissimo profumo d’erba bagnata, naturale quanto la terra sotto
di lei, inebriò in un minuscolo piccolo attimo la sua mente.
Un gemito soffocato le sfuggì dalle labbra
semichiuse. Si morse con titubanza il labbro inferiore, tremando visibilmente.
Era tornato, di nuovo, come ogni notte. Quel sogno,
così intenso e reale, che la catturava, la faceva ruotare in un vortice di
emozioni che non recava né entrata né uscita.
Eppure, quest’ultimo, le era apparso talmente
vissuto, talmente vero.Mosse il braccio
sinistro, assonnata, mentre le sue narici tornavano a bearsi del fresco profumo
che aleggiava intorno. Sentiva ancora l’alito caldo di Ed sulla sua gola, le
sue carezze sul suo seno, così dolci ma sensuali allo stesso tempo, le labbra
sottili, che quasi sapevano di latte – nonostante fosse un grande paradosso,
riferito a lui – così adorate, agognate, forse aggressive, nel loro modo, che
divoravano le sue, in un crescente di sensazioni indimenticabili.
Spostò la guancia qualche millimetro più su,
accoccolandosi alla bell’e meglio sul cuscino, che le appariva più compatto del
solito. E più caldo, per giunta. Infinitamente più caldo. Se avesse trattenuto
il respiro, sicuramente sarebbe riuscita a udire distintamente il lento battito
di un cuore.
Stravolta da quelle strane scoperte, si accinse ad
aprire gli occhi. La brillante luce del sole mattutino infastidì le sue iridi
celesti e le palpebre sbatterono un paio di volte, come a volersi abituare
progressivamente al cambiamento d’illuminazione.
Il sole.
Allora, non era stato un sogno. Non era nella sua
stanza, si trovava in un prato, accanto alla grande quercia su cui giocava quand’era
bambina. Posò una mano sotto il suo viso, così da riuscire ad alzarsi.
Vita.
Ecco tutto ciò che la sua pelle percepì. Voltò lo
sguardo e ciò che vide fu come leggere un libro aperto. Tutto le apparve più
vivido e chiaro che mai, in un bagliore pulsante che le annebbiò le vie del
cuore, quando riconobbe finalmente che quel che aveva appena rimembrato non era
stato affatto un sogno.
Un solo splendido volto, talmente familiare, che
sicuramente avrebbe potuto descriverlo nei più minuziosi particolari, ornato da
una cornice d’oro ancora più rilucente dei raggi del sole, le bastò per
rendersi conto di ciò che era davvero successo.
Si portò una mano alle labbra, nascondendo un
sorriso e un risolino agitato. Intorno a lei, distinse chiaramente i suoi
vestiti, abbandonati tra l’erba e una canottiera grigia, stropicciata, lasciata
ai piedi del grande albero. Sulle sue spalle, lo scarlatto profumo simbolo di
quella persona che aveva sempre accompagnato i suoi sogni, in ogni istante
della sua vita, da quand’era innamorata. Rabbrividì, poi, nel constatare di
quanto morbida potesse sembrare quella sgualcita palandrana, a contatto con la
sua pelle nuda.
Una luce più intensa la catturò in un istante. Due
preziosi gioielli d’oro si aprirono al suo sguardo, accompagnati da quello che
lei avrebbe sempre ritenuto il sorriso più luminoso del mondo. Un solo nome, un
volto, percorreva ogni angolo della sua mente, dei suoi ricordi, del suo cuore.
Un sorriso, un battito del cuore, un respiro, silenzioso, che aveva lo stesso
fresco aroma dell’erba alta dei campi.
Edward.
Il ricordo sfumò in un istante, come dissolto in un
vapore tastabile, accogliente, che lasciò piccole tracce di calore sulla sua
pelle. Riaprì gli occhi, respirando affannosamente, scossa da tremiti piccoli e
costanti.
Sentì la sua pelle bruciare, stridere. Ebbe la
stessa sensazione che avvertì quando la sua gamba fu divorata dalle fiamme di
Roy, con l’unica differenza che il fuoco s’era esteso per tutto il suo corpo.
Una spinta più vigorosa la fece retrocedere sensibilmente,
facendole quasi urtare la testa contro la testiera lignea del letto. Udì un
mormorio roco, sussurrato al suo orecchio in un brivido di alito tiepido.
Improvvisamente, fu invasa da fiamme più intense,
sconosciute. Sussultò rendendosi conto che esse non bruciavano affatto sulla
sua pelle imperlata di sudore.
Tutt’altro, risplendevano.
Emise un gemito spezzato, inarcando la schiena e
aggrappandosi al busto di Edward, che la sovrastava, reggendosi a lui come se
fosse la sua unica ancora di salvezza. Una nuova ondata di calore bruciante e
lucente l’avvolse, facendola precipitare in un oblio dal quale non avrebbe mai
voluto fuggire.
Incontrò le sue labbra, in un sospiro disperato,
cercandole con tutta la voglia che aveva in corpo. Affondò una mano tra i suoi
capelli, ancora sciolti, liberi, preziosi più dell’oro più puro, mentre quel
dannato profumo che la incatenava in un’adorabile morsa entrava sempre più a
far parte di lei.
Inarcò nuovamente la schiena, ricercando quel
contatto tanto agognato, facendo combaciare la pelle accaldata del petto e
dell’addome contro quella del ragazzo, ancora più infervorata.
Ed infilò una mano al di sotto della sua schiena,
sfiorandola cn le dita, per attrarla ancora più verso di sé, in un aderenza
sempre maggiore. Stingendola a sé, rifugiò il viso sulla sua spalla dalle
candide tonalità, investita da una cascata color miele, chiara e delicata come
gli occhi, semichiusi dallo stordimento procurato dalle emozioni troppo
intense.
Sfiorò il suo collo, respirandone il caldo profumo,
così invitante. Incollò le labbra su quel piccolo lembo di pelle, tesa,
arrossata. Winry tremò, serrando definitivamente le palpebre e abbandonandosi
completamente a quello che stava succedendo.
All’improvviso, Ed si separò dal suo collo, sul
quale comparve una macchiolina violacea. Si aggrappò con forza a lei,
stringendola in un abbraccio che le mozzò il respiro. Il ragazzo voltò la testa
e raggiunse nuovamente le labbra della ragazza, soffocando un grido che rimase
– ancora una volta – intrappolato nella sua gola.
Winry lo sentì fremere sopra di lei, per poi
piegare le braccia e distendersi accanto, silenzioso.
La ragazza respirò profondamente per un paio di
volte, tentando di riprendere il normale battito cardiaco, che era aumentato a
dismisura. Un brivido intenso scosse il suo intero corpo, facendole venire la
pelle d’oca. Si lecco le labbra secche, gonfie e arrossate, chiudendo
distrattamente gli occhi.
Di nuovo, era successo di nuovo. Ancora lei, Ed, i
loro corpi, le loro anime unite. Come quel mattino, sotto le tenui prime luci
dell’alba, il giorno in cui tutto ebbe inizio.
Mosse una gamba, che venne subito a contatto con il
gelido metallo dell’automail. Fuoco contro ghiaccio. Rabbrividì, nuovamente.
Edward si mosse e l’abbracciò da dietro, circondandole la vita con le braccia.
Il ragazzo posò la resta sulla spalla della bionda e socchiuse gli occhi,
sorridendo.
Rimasero in quella posizione per un po’, godendosi
quel piccolo e perfetto istante rubato alle loro vite.
-Ed?
Fu Winry la prima a spezzare quel placido silenzio
che li accoglieva come una cupola di vetro, trasparente e taciturna. L’ex
alchimista baciò l’incavo del suo collo, allungando il viso verso di lei, per
ascoltarla.
-Mmmh?
-Grazie.
Ed spalancò gli occhi, indietreggiando
impercettibilmente.
Grazie? Le aveva detto... grazie? Perché lo stava
ringraziando? Perché con quell’espressione persa? Perché con quella voce
terribilmente dolce? E soprattutto, perché dopo quello che era appena successo?
Non si ringrazia una persona perché ci si ha appena fatto l’amore, no?
Eppure lei lo aveva fatto, tuffandosi nel suo
sguardo come volesse circondarsi di quell’oro liquido che ingemmava le sue
iridi, sorridendo appena, con le labbra arricciate.
-Cosa?
Domandò, ancora incredulo. Winry emise un risolino nervoso,
portandosi due dita davanti alle labbra e tentando di nascondere il rossore che
stava pennellando sempre più le sue gote rosee.
-Grazie.
Ripetè, quasi fosse ovvio. Edward scosse la testa,
consapevole che non sarebbe riuscito a estrapolare nessun’altra spiegazione
dalle tenere labbra della meccanica. Si chinò per baciarla, desideroso di
sentire di nuovo quel delizioso sapore invadergli la bocca e i pensieri.
-Ti amo.
Sussurrò lei, sulle sue labbra. L’ex alchimista
sorrise, posando la fronte su quella della ragazza, che dischiuse a sua volta
le labbra, illuminando il suo viso.
-Anche io.
Rispose, a bassa voce, talmente bassa che si chiese
se Winry fosse riuscita a udirlo. La vide imporporarsi sempre di più, notando
che aveva abbassato lo sguardo. Si girò dall’altro lato, arrossendo
timidamente. Nel farlo, l’automail sfiorò nuovamente la pelle della ragazza,
che ne trasse un ottimo spunto per cambiare discorso e rompere l’eccessivo
imbarazzo che s’era creato.
-La vuoi piantare di toccarmi la gamba con l’automail?
Mi fai venire freddo!
Esclamò Winry, ridendo, mentre Edward la guardava
storto, per poi tornare a osservare l’armadio di fronte a lui. Il biondo sbuffò
contrariato, allontanando la gamba sinistra da quella della meccanica, che
ridacchiò soddisfatta.
-Ed?
Lo chiamò, nuovamente, alzandosi sui gomiti per
poterlo guardare negli occhi. Nel farlo, il leggero lenzuolo scivolò lungo la
sua spalla, così da lasciarle scoperta una buona porzione del seno, dettaglio
che allo sguardo attento dell’ex alchimista non sfuggì.
-Che c’è?
Grugnì, fingendosi seccato, giusto per non doversi
voltare a guardarla. Avrebbe fatto volentieri a pezzi quel lenzuolo e
sicuramente la cosa che gli avrebbe fatto maggiormente piacere sarebbe stato
prendere tra le braccia quella ragazza e farla sua ancora una volta.
Alzò un sopracciglio, stupito dei suoi stessi
pensieri. No, decisamente una pessima idea. Non desiderava affatto che lei lo
intendesse come un atteggiamento da maniaco. Così, contrariato, incrociò le
braccia al petto, arrossendo sempre di più. Winry, però, se ne accorse e si
rifugiò svelta tra le lenzuola.
-Sei uno stupido.
Il ragazzo si voltò verso di lei, squadrandola
curioso. Le tocchettò la spalla, così da ottenere la sua attenzione. Winry alzò
lo sguardo, notando con stupor che il rossore sulle guance dell’ex alchimista
stava sbiadendo a vista d’occhio.
-Lo sai che dovremmo smetterla di vergognarci
così?
Winry seguì il contorno delle labbra del ragazzo,
che la stavano chiamando in un mutismo assordante. Se ne impossessò per qualche
eterno istante, ricambiata da Edward, che le sfiorava dolcemente la guancia
sinistra con la punta delle dita. Si separò da lui di malavoglia, così da poter
recuperare il respiro.
-In fondo, dopo tutte le volte che...
E ammiccò, lasciando alla mente della ragazza il
compito di completare la frase. Winry abbassò lo sguardo, mordendosi il labbro
inferiore.
-Beh, non sono tutte queste volte.
-Sì, lo so. Ok, è ovvio che anche io mi sento in
imbarazzo. Però ci siamo solo io e te ora. Questo è il nostro mondo, tutto è al
di fuori: la guerra, il mondo, le sofferenze, anche Al e la zia.
-Anche loro?
-Sì, anche loro. Winry io... prima... prima di
quella mattina in cui... cioè, no. Scusa, è che è un po’ difficile. Ho pensato
davvero molto a prima che accadesse tutto questo. Avevo paura che, in qualche
modo, tu non lo volessi. Ma poi, tu stessa me l’hai chiesto e allora tutto ha
cominciato a non avere più senso. Voglio dire, guardaci. Non mi sarei mai
potuto immaginare tutto questo, mai nella vita. Tu, io, questo letto. Sai, mi
pare ancora di sentire l’erba che mi pizzica la schiena. Non dimenticherò mai
quell’alba, stanne certa. È stato... non so. Indescrivibile. Tu lo sei, insomma,
io... ah! Ma vedi un po’ come mi hai fatto diventare! Simili sentimentalismi
non sono mai stati il mio forte!
La meccanica lo squadrò con sguardo perso,
silenziosa. Improvvisamente, scoppiò in una risata cristallina e liberatoria,
che deluse un po’ le aspettative di Edward. L’ex alchimista le voltò le spalle,
offeso.
-Grazie, sai. Io... io mi rendo ridicolo
aprendoti il mio cuore e tu che fai? Ridi? E poi proprio tu, che mi rimproveri
sempre perché mi tengo tutto dentro. Mi sento un idiota.
-Tu sei un idiota, non dimenticarlo.
-Non farmi alzare la voce con te.
Winry sospirò divertita, per poi chinarsi su di lui
e stringere i suoi fianci, così come aveva fatto lui poco prima. Ed sussultò,
sorpreso dall’azione della ragazza.
-Non devi alzare la voce. Scusami se ho riso, eri
troppo buffo. Sei un continuo controsenso, Ed. Prima mi dici che non dovremmo
vergognarci e poi fai una scenetta simile per dirmi una cosa meravigliosa.
-Avrei voluto vedere te nel dire... aspetta,
cosa?
-Davvero lo pensi?
-Perché rispondi a una mia domanda con un’altra
domanda?
-Tu rispondimi.
-A cosa?
-Al fatto che per te sia stata... indescrivibile.
Cioè, la nostra... prima volta, intendo.
-Lo stai facendo apposta, vero?
-A fare cosa?
-A farmi imbarazzare. Lo sai che... non mi sento
a mio agio a parlare di certe cose.
-Ed, non girarci attorno.
-Sì, sì lo è stata. Davvero. Come ogni altra
volta. È stato speciale. Ancora più emozionante delle trasmutazioni alchemiche.
Winry alzò un sopracciglio, contrariata. Non
trovava assai romantico quel paragone, ma ormai avrebbe dovuto essersi
abituata. “Deformazione professionale” avrebbe detto lui, nonostante non fosse
più un alchimista. Così, si limitò a sorridere, imporporandosi lievemente nel
momento in cui le sue dita smettevano di stringere il lenzuolo, che era
scivolato vero il basso.
Sul viso di Edward si dipinse un luminoso sorriso,
complice del tumulto caldo e continuo del suo cuore. Si avvicinò a lei, che
aveva appena socchiuso gli occhi, desiderosa di riprendere quel contatto
interrotto.
L’ex alchimista fece scorrere lentamente le mani
sulla schiena bollente della ragazza, stringendola a sé con tenerezza. Si
separò da lei, per poterla guardare negli occhi, azzurri come il cielo in un
pomeriggio d’estate. Le carezzò una guancia, dolcemente, mentre i suoi pensieri
volavano lontani. Dischiuse le labbra per dire qualcosa, ma dalla sua bocca non
evase alcun suono.
-Che cos’hai?
Chiese Winry con voce leggermente preoccupata. Dio,
come ricordava bene d’aver già visto quello sguardo. Gli occhi d’oro così
fermi, decisi, eppure tremolanti, scossi da timore e indecisione. Come quel
giorno, di ormai tre anni prima, quando lui le aveva urlato – eh già, lui e i
suoi caratteristici modo rozzi e poco eleganti . quelle poche parole, che
ancora non avevano acquistato per lei il giusto significato.
-Ed.
Mormorò, perdendosi in quelle iridi pregiate.
-Cosa significa “ uno scambio equivalente. Ti
darò metà della mia vita, così tu mi darai metà della tua.”? So d’avertelo già
chiesto, ma questo quesito mi assilla da anni.
Edward abbassò lo sguardo, sorridendo
malinconicamente. Già, non si era dimenticato di ciò che quel giorno era uscito
dalle sue labbra inconsapevoli. Non si era nemmeno reso conto di quel che aveva
pronunciato, probabilmente quelle parole premevano nella sua gola da tanto,
forse troppo tempo, e il loro significato prendeva ogni giorno sempre più valore.
Nonostante la sua iniziale insicurezza, conosceva benissimo l’importanza di quel
che quel giorno il cuore gli aveva gridato.
Si morse il labbro inferiore, combattuto. Si perse
nell’oceano turchino degli occhi di quella ragazza che aveva sempre avuto un
posto speciale nel suo cuore.
-Winry, io...
Balbettò, tentando di raccogliere coraggio. Inalò un’abbondante
dose di ossigeno, con gli occhi chiusi. Percepì distintamente l’incessante
battito del suo cuore, che sembrava farsi ogni secondo più intenso.
La sua mano destra tremò, inconsciamente. Era arrivato
il momento. Era tutto perfetto, niente avrebbe potuto rovinarlo. Eppure, la sua
lingua era impastata di vocaboli e
sprazzi di passato dall’amaro sapore, che univano tutto in un groviglio
indistinguibile.
-... devo dirti, anzi, forse chiederti, una cosa.
Sussurrò, deglutendo sonoramente.
-Winry, Winry!
Gridò Alphonse, irrompendo bruscamente nella
stanza, ovviamente non dopo di aver accuratamente bussato. Aveva picchiato le
nocche sul legno solido un paio di volte, giusto per avvisare la ragazza della
sua imminente entrata, ma poi aveva spinto l’uscio senza pensare e si era
ritrovato in un istante all’interno della stanza.
-Winry, hai visto il fra...
La sua domanda si spezzò sul nascere
nell’accorgersi dello spettacolo che gli si presentava davanti. Distinse
chiaramente le spalle larghe di Ed che, doveva ammetterlo, stavano cominciando
seriamente a somigliare a quelle di loro padre. La schiena nuda, chiara,
lasciava trasparire la linea della spina dorsale, flessa in una curva sinuosa
inclinata leggermente verso il basso.Come
a proseguire quella linea semplice, il braccio sinistro – era sempre il
sinistro quando si trattava di Winry, o della tomba della mamma, ormai se n’era
accorto – circondava in un tenero abbraccio i fianchi di Winry.
Chiuse gli occhi in un impeto di imbarazzo,
sentendo la pelle del viso scottare inverosimilmente.
-Dannazione, Al!
Si lamentò il maggiore, lasciando cadere Winry sul
materasso, la quale imprecò qualcosa tra i denti riguardo alla spiccata
delicatezza che aveva sempre caratterizzato il ragazzo del quale era
innamorata. Si rifugiò velocemente tra le lenzuola, mentre l’ex alchimista si
accingeva a tirar dietro ad Al il prezioso orologio d’argento.
-Fe...fermati fratellone!
Lo pregò Alphonse, nascondendosi dietro la porta. Ed
fermò il braccio a mezz’aria, pensando che forse – forse – lanciare l’oggetto
addosso al fratellino non sarebbe poi stata una così buona idea. Già si
immaginava le conseguenze: Winry si sarebbe categoricamente rifiutata di
aggiustarlo, asserendo che era solamente colpa sua se l’aveva rotto, avrebbe
potuto non lanciarlo. Oppure proprio Al, che poteva ripararlo con l’alchimia,
sicuramente gli avrebbe fatto una ramanzina chilometrica sul tema della “gentilezza
verso il prossimo”. Altra opzione, la zia Pinako. La scartò subito, riflettendo
sul fatto che, certamente, avrebbe dovuto spiegare perché quel povero orologio
era ridotto in quello stato, e soprattutto cosa Alphonse avesse combinato per
indurlo a un gesto tanto impulsivo. A quel punto, avrebbe dovuto aggiustarselo
da solo, oppure prendere un treno e recarsi a Central per rivolgersi a un buon
esperto, del quale si sarebbe potuto fidare. Scacciò all’istante entrambe le
idee, ritenendole pessime, anche perché non aveva alcuna voglia di rivedere il
suo “amatissimo” comandante che gli avrebbe per sempre rinfacciato il fatto che
se l’era presa con uno più piccolo – “per quanto possibile” avrebbe sicuramente
sostenuto – di lui.
Perciò preferì posare l’oggetto sul comodino e
afferrare le sue mutande azzurre, che giacevano immobili all’angolo del
tappeto, per poi infilarsele con velocità, stizzito.
-Al.
Grugnì, spalancando la porta e fissando il
fratellino, che si era rannicchiato all’angolo del muro, con un’espressione a
metà tra il terribilmente dispiaciuto e l’enormemente imbarazzato dipinta sul
viso angelico.
-Alphonse. Non sei stato tu a insegnarmi che
prima di entrare in una stanza bisogna bussare?
-Ma io ho bussato!
-Non si è sentito!
-Mi dispiace fratellone! Scusami, è che ieri
sera, quando mi sono addormentato c’eri, mentre stamattina il tuo letto era
vuoto – tra l’altro, ho dovuto rifarlo io – e così sono venuto a cercarti!
Ed si passò una mano tra i capelli, sbuffando sonoramente.
Alcuni ciuffi aurei scivolarono dalle sue dita, andando a posarsi
silenziosamente sulla morbida pelle del suo petto.
-E poi non potevo sapere che voi due, ecco, foste
in atteggiamenti tanto intimi!
-Sei uno stupido. Non è solamente per questo che
mi sono arrabbiato.
-E perché mai allora?
-Niente, lascia perdere.
Mugugnò, voltando le spalle al fratello, che lo
squadrava confuso. Si chiuse la porta alle spalle, trovandosi davanti Winry,
che si era rivestita indossando una sua vecchia camicia, che molte volte
indossava per dormire. Ricordò che, la sera prima, l’aveva sorpresa con quello
stesso indumento addosso, intenta a odorarne il colletto, quasi fosse intriso
di un profumo fin troppo vitale per lei. Le lunghe gambe affusolate si
nascondevano tra le pieghe del lenzuolo color rosa confetto, mentre il pizzo
delle mutandine nere faceva capolino da sotto il bordo inferiore della camicia,
esageratamente grande per lei, ma stretta all’altezza del seno.
Edward sorrise, ammirando tutta la bellezza della
meccanica, che stava ricambiando il sorriso. Si sedette accanto a lei, tornando
a guardarla negli occhi.
-Scusa per Al.
-Non è niente, davvero. So che non l’ha fatto
apposta.
-Già.
-Già.
Calò tra di loro un profondo silenzio, spezzato
solamente dal breve canto dei grilli che cominciava a farsi udire tra i ciuffi
d’erba all’esterno.
-Ed.
Disse lei, ad un tratto, come se le fosse appena
tornata in mente una cosa molto importante. L’ex alchimista seguì il suo
sguardo.
-Cosa volevi dirmi prima?
-Io, ecco... Winry, è una cosa importante. Lo è
davvero.
La ragazza lo vide alzarsi dal letto e fare qualche
piccolo passo per la stanza, con passi costanti e nervosi. Si toccava
ripetutamente i capelli, in naso, le labbra. Quasi cercasse una via di fuga da
quella situazione. Si avvicinò di nuovo a lei, stringendole una mano con dolce
fermezza.
-Winry, io...
-Dimmi, Ed.
-Io... scusa, non ce la faccio.
La ragazzo lo osservò incuriosita, stingendogli di
più la mano. Lui sorrise, rassegnato.
-Ti devo dire anche io una cosa.
Sussurrò lei, senza nemmeno accorgersene. L’ex
alchimista drizzò le orecchie. Winry si corresse subito, alzandosi da letto e
fuggendo verso la porta, probabilmente per dirigersi in bagno, lasciando il
povero Ed quasi inginocchiato a terra, accanto al letto.
-Ma è un segreto.
Ridacchiò infine, scappando via per tentare di
nascondere quel rossore che stava velocemente prendendo possesso delle sue
guance accaldate. Chiuse a chiave la porta del bagno, lasciandosi scivolare a
terra con delicatezza. Posò una mano sul
ventre e una sulla fronte, sorridendo tra i ciuffi di capelli color miele.
Edward, non trovando più alcuna traccia di Winry, raccolse
i suoi vestiti dal pavimento e se li infilò velocemente. Si avvicinò alla
finestra e ne spalancò i vetri, facendo sì che il caldo tepore mattutino
lambisse con la sua luce ogni singolo tratto di quella camera semivuota.
Fece slittare lo sguardo verso il comodino, dove
ancora giaceva l’orologio. Fu catturato improvvisamente dal suo luccichio, così
intenso, prezioso, metallico. Lo afferrò e lo rigirò tra le mani, ammirandone
le raffinate rifiniture d’argento. Un lampo attraversò di colpo la sua mente.
Sorrise, stringendo tra le mani l’orologio, per poi
gettarlo in tasca e cercare la sua palandrana rossa, che trovò stropicciata su
una sedia poco distante da lui.
La indossò distrattamente, seguendo con lo sguardo
quella stradina sterrata che portava al di là di quella collina che era la casa
della sua infanzia.
In fondo, una capatina a Central ci poteva anche
stare. Sorrise, consapevole della pazzia che stava per compiere, cosa che
andava completamente al di fuori delle sue idee. Scrisse velocemente un
biglietto su un foglietto di carta strappato e lo infilò sotto la porta del
bagno dove si trovava Winry.
Poco dopo, la ragazza ammirò quelle spalle larghe
sparire tra l’erba alta che nascondeva l’orizzonte di quella via campagnola.
Alphonse le si avvicinò, confuso.
-Dove sta andando il fratellone?
-A Central City.
-Cosa?! Perché?
-Non lo so, Al. Ma tornerà, ne sono certa.
Winry posò una mano sul cornicione della finestra,
scrutando il lontano volo di uno stormo di rondini. Sorrise, stringendo tra le
mani un piccolo pezzo di carta.
“ Non preoccuparti per me.
Vado a Central, starò via per
un po’.
Ma non ti sto abbandonando.
Ricordi ciò che ti ho detto?
Metà della mia vita
In cambio di metà della tua.
È uno scambio equivalente.
Aspettami lì, Winry.
Edward”
Lesse nuovamente quelle poche righe, sentendo il
cuore uscirle dal petto ad ogni battito. Di nuovo quella frase, nella quale
erano racchiusi milioni di significati a lei ancora ignoti.
Socchiuse le palpebre, assaporando il fresco
profumo che proveniva dalla finestra aperta. Il suo profumo era sempre lì,
anche quando lui era lontano. Era sempre stato così, e sarebbe sempre
continuato ad esserlo.
-Hey, Al.
Sussurrò Winry, in un sospiro di voce. Alphonse le
si avvicinò, incuriosito dal suo tono addolcito e dallo sguardo perso,
probabilmente alla ricerca di qualcosa di inesistente.
-Sai, credo di doverti dire una cosa.
Ridacchiò lei, mentre il minore degli Elric si
chinava per poter accostare un orecchio alle sue labbra, dischiuse in un
sorriso che celava qualcosa di completamente nuovo, splendente come la luce del
sole in quella tiepida mattina.
Et voilà! xD concluso – son fatica devo dire! – anche il
penultimo capitolo. Ora mi spetta la sfida più dura, cioè scrivere la fine!
Allora, come vi è
sembrato questo frammento della storia? Lasciate una recensione, se volete J
Scusate tanto,
risponderò alle vecchie recensioni domani o nei prossimi giorni, perché ora
sono troppo stanca. Ringrazio comunque tutti quelli che ancora seguono la mia
storia, e non si sono ancora stancati dopo 25 lunghi capitoli.
Tatatatatataàààà!!! xD Ok, era lo squillo delle
trombe. Momento di pazzia ed euforia per l’avvenimento che mi ha scosso più di
tutti, ovvero la conclusione di questo capitolo. D’accordo, non è proprio l’ultimo,
ci sarà anche quella sottospecie di epilogo, di cui già ho in mente un abbozzo J
Confesso che mi dispiace che questa storia sia già
finita. Mi ci ero davvero affezionata. Così mi sono messa d’impegno e vi ho
scritto un capitolo veramente lungo lungo. Volevo
regalarvi una bella conclusione, dato che mi siete stati accanto per tutta la
scrittura, con i vostri commenti e le vostre recensioni.
Non so se questa fine soddisferà tutti. Io ci ho
provato, e spero che il mio impegno sia valso qualcosa. Ora la smetto, scusate!
J
A voi,
GOLD IN THE BLUE, capitolo 26. ^^
26.VERSO IL
DOMANI
“Le lezioni più difficili sono le più dolorose, perché non si può
ottenere niente, senza sacrificare qualcosa”. Era davvero
buffo come quella frase, così ricca di profondi significati per lui, in quel contesto
avesse assunto una definizione totalmente diversa, ai limiti dell’ironico.
Quando Winry aveva socchiuso
gli occhi e gli aveva sussurrato quella frase all’orecchio, la tazza celeste,
ricolma di latte, che Alphonse teneva tra le mani, era scivolata a terra,
infrangendosi sul pavimento.
Sobbalzò nel constatare il
risultato del disastro che aveva combinato e si precipitò subito a terra nel
tentativo di rimediare al danno. Raccolse agitato i frammenti di ceramica,
mentre la ragazza, ridacchiando, si chinava accanto a lui per passare uno
straccio asciutto sul pavimento, al fine assorbire per quanto poteva il liquido
niveo.
Dannate frasi filosofiche del
fratellone. Come potevano certe parole così importanti prendere una piega tanto
assurda?
Sacrificio della tazza = verità
di Winry.
Era tutto collegato, pensò. Ma
forse, sarebbe stato meglio tenere la bocca chiusa, in quella situazione. In
effetti, non c’era niente di logico in quell’accostamento d’idee e situazioni.
Scosse la testa, confuso. La
voce della meccanica ancora rimbombava nella sua testa, rendendolo
impossibilitato a compiere alcuna azione. Era davvero sorprendente accorgersi
di quanto una semplice rivelazione potesse scombussolarlo a quel modo. E dire
che non era nemmeno lui, il diretto interessato.
Gettò i cocci nel sacchetto
dell’immondizia, senza rendersi conto che con un semplice battito di mani
avrebbe potuto ricreare quella tazza come nuova. Il suo indice di attenzione
andava di male in peggio.
-Winry. Siediti, per favore.
Le chiese gentilmente,
invitandola ad accomodarsi sul divano. Winry sospirò rassegnata e si accomodò
sui morbidi cuscini, sprofondando sullo schienale. Alphonse lanciò un fugace
sguardo alla finestra, poi tornò a concentrarsi sul viso della ragazza.
-Tu...
Cominciò, torturandosi le mani
con le sue stesse unghie. Winry inclinò la testa, sorridendo dolcemente alla
confusione impacciata dell’amico d’infanzia.
-Tu cosa?
-Al, te l’ho appena detto!
-Sì, lo so ma... è incredibile.
Cioè tu, il fratellone!
La meccanica ridacchiò divertita,
avvicinandosi ad Alphonse e scompigliandogli giocosamente i corti capelli dal
colore del grano. L’alchimista si alzò e l’abbracciò di getto, cogliendola
impreparata.
-È una cosa bellissima, Winry.
-Grazie Al. È importante per me
che tu mi stia vicino.
-Io ci sarò sempre. L’hai detto
alla zia?
-Ancora no, il fatto è che la
cosa ha un po’ scombussolato anche me. Cioè, non che non ne sia felice, anzi,
solo non pensavo che... questo momento sarebbe arrivato così presto. A dire il
vero, ho un po’ paura.
Alphonse sorrise con estrema
tenerezza, affondando il viso tra i capelli miele della ragazza. Ne ispirò il
dolce profumo, riconoscendo in lei – in quel momento più di ogni altro – una
sorella.
-Tranquillizzati, Win. Non devi
avere paura. Ci sono io, c’è la zia, il fra... no, ok. Lui non c’è, ma tornerà.
Te l’ha promesso, no?
-Già.
Sussurrò, volgendo uno sguardo
fugace e lievemente malinconico alla finestra. Sfiorò le tende chiare con la
punta delle dita, sorridendo teneramente. Al seguì con interesse ogni sua
minima mossa, già immaginandosela con un enorme pancione ad arrotondarla.
Arrossì, portandosi le mani alle guance.
-Oh, avrò un nipotino!
Ridacchiò, saltellando per la
stanza. Con uno scatto felino, tornò a stringerla tra le braccia. Winry rise
con lui, chiudendo gli occhi.
-Al, grazie. Te lo dico di
nuovo, perché voglio che tu sappia quanto ti sono debitrice per starmi accanto.
-Non hai di che ringraziarmi,
davvero. Mi darai un meraviglioso nipotino, cosa posso chiedere di più? Ah,
diventerò zio!
-Sembri felice.
-Eccome se lo sono! Anche Ed lo
sarà, stanne certa. Beh, all’inizio, penso che si sentirà un po’ confuso, ma
vedrai che andrà tutto bene.
-Lo spero davvero tanto.
-Hey, stai tranquilla. Agitarti
fa male al bambino.
-Pensi davvero che ne sarà
felice?
-Non lo penso, lo so.
Winry sorrise, allontanandosi e
dirigendosi a passo svelto verso la cucina. Alphonse la seguì osservando con
attenzione ogni suo movimento.
-Guarda che non sono di
cristallo! Non mi rompo mica!
Esclamò lei, divertita dal modo
in cui il minore degli Elric la scortava, facendo attenzione ad ogni passo. Al
si passò una mano tra i capelli, contrariato.
-Lo so, ma ti vedo così fragile,
ora che lo so.
-Grazie, Al. Davvero, ma non è
cambiato poi tanto, dopotutto. C’è solo... qualcuno dentro di me.
Sussurrò, accarezzandosi
amorevolmente la pancia, ancora piatta. L’alchimista inclinò la testa,
guardando intenerito la scena. Le sue guance s’imporporarono leggermente, senza
alcuna spiegazione.
-E...
Cominciò, sedendosi al tavolo.
-Sarà un maschietto o una femminuccia?
-E chi lo sa. Dovremmo aspettare
che nasca. Tu, Al, che pensi sia?
-Un bel maschietto! Oh, già me
lo immagino!
La meccanica abbassò lo
sguardo, accarezzandosi la pancia. Alphonse saltò ad abbracciarla un’altra
volta, ispirando profondamente il suo profumo. Si allontanò poco da lei, per
poterla guardare negli occhi. Inclinò la testa da un lato, confuso.
I ciuffi d’erba tra le dita, umidi, freschi, graffianti
quasi quanto la punta d’un ago di pino, ma allo stesso tempo, morbidi e
flessibili come un odoroso petalo di rosa.
Un debole sospiro di vento scivolava quieto tra le
campagne, come al solito, sfiorando con tocco gentile i rami carichi di foglie
e frutti, colorati e succosi sotto i caldi raggi del sole.
I capelli setosi sul viso seguivano il vento,
liberi da ogni costrizione, riflettendo il tepore naturale. Tre settimane,
l’estate e il cielo azzurro, limpido come non l’aveva mai visto.
Alzò lo sguardo a quel cielo, illuminato
splendidamente da una luce dorata che si posava a delimitare il contorno di
ogni sagoma di quel paradiso dannatamente familiare e fin troppo vissuto.
E in ultimo, il suo cuore.
Due occhi dorati, lontani, ma talmente vicini nella
sua mente e nei suoi ricordi. Ogni cosa splendeva di un alone aureo ai suoi
occhi, ancora incatenati all’orizzonte, nel punto in cui la stradina delle sue
memorie lasciava intendere allo sguardo il suo inizio oltre la collina.
-Sono passate tre settimane.
Un sussurro. Rivolto a chi? Al vento? No, ormai non
soffia più. Era tutto calmo a Resembool, come ogni estate. Il canto dei grilli
era sempre più intenso, così come quel profumo impregnato di qualcosa che ormai
era paragonabile al sollievo dell’aria fresca nei suoi polmoni.
Una sua mano scivolò lenta sul ventre, delicata.
Percepì il calore della propria pelle sotto il leggero strato di cotone della
canotta bianca.
-Tornerà, me l’ha promesso. Ce l’ha
promesso.
In fondo, lei sapeva a chi era rivolta quella
frase.
Un battito veloce, quasi quanto le ali di un
colibrì. Lei lo sentiva, chiaramente, dentro di sé. Era talmente reale. Petali
di rosa, una pelle candida e morbida nei suoi pensieri.
-Ti manca?
Una domanda, quasi diretta a se stessa. Un movimento
lento, inesistente, dentro di lei. Sapeva che non poteva essere vero, che era
ancora troppo presto. Eppure, era certa di sentire i suoi occhioni – di
prezioso oro colato, come i suoi, ne era certa –
socchiudersi, perdendosi in un sogno colmo di figure colorate e cuscini
bianchi, come petali di rosa, come la sua pelle.
E una risposta, debole, come sfuocata, che non
sarebbe potuta giungere alle sue orecchie, perché mai pronunciata.
Eppure, era come se qualcuno
la stesse gridando, con voce fragile, seppur risonante. Un angelo, un raggio di
luce, un piccolo arcobaleno, nell’oscurità.
-Anche a me.
Un sorriso. Che celasse una lacrima? La loro
storia, un futuro diverso, l’oro e il profumo dell’erba bagnata. Lo sguardo
verso il cielo, le dita tra l’erba. Sapeva che era insensato sentirsi sola. Non
lo era, non lo era più.
Una voce all’interno del suo corpo, creata dalla
sua immaginazione. L’avrebbe ricordata per tutta la vita. Sarebbe sempre stata,
da quel momento all’eternità, parte del piccolo mondo intorno a lei.
Sorrise, di nuovo, senza alcuna punta di
malinconia, carezzandosi il ventre in un gesto di assoluta protezione.
La trasmutazione umana, non era stata un addio.
L’ammissione tra gli alchimisti di stato, non era
stata un addio.
L’incendio della casa della sua infanzia, non era
stato un addio.
La corsa per andare ad aiutare suo fratello in
lotta con Scar, non era stata un addio.
La sua anima che volava via, richiamata dal Padre,
non era stata un addio.
L’abbraccio con lui alla stazione non era stato un addio.
Le fiamme di Roy che bruciavano sulla gamba, non
erano state un addio.
La rabbia incontrastata nei suoi occhi d’oro, non
era stata un addio.
Le sue ultime parole, quella rivelazione mancata,
non erano state un addio.
Il biglietto infilato sotto la porta, non sarebbe mai
stato un addio.
Perché gli addii, ormai l’aveva imparato, sono per
sempre. E lui sarebbe tornato, perché gliel’aveva promesso. Non s’era mai
chiesta per quale ragione avesse voluto partire, così, di punto in bianco, dopo
aver fatto l’amore e aver avuto quella strana discussione con lei. Ma, a parte
tutto, non era quello l’importante, perché già era sicura che quella voce
preziosa sarebbe presto tornata a riempire la sua vita.
-Winry.
Fu come un sogno. Un sogno conosciuto, persistente,
di quelli che ogni notte occupano la mente, giorno dopo giorno. Si voltò, i
capelli di miele volteggiarono leggeri sulle sue spalle. Incontrò il suo
sguardo, fissando quel ricordo in un’immagine indelebile nel suo cuore.
Non riconobbe il fatto d’essersi alzata, mentre lo
faceva, né d’aver corso verso di lui, o d’essersi tuffata tra le sue braccia,
affondando il viso arrossato nel suo petto. I battiti accelerati del cuore del
ragazzo percorsero tutta la sua mente, creando una scia di ricordi tangibili e
incancellabili.
-Ero sicura che saresti tornato.
Sussurrò, le labbra increspate in un sorriso
tremolante, mentre l’oro dei capelli di Edward le solleticava gentilmente la
fronte.
-Te l’avevo promesso, no?
-È vero. Ma avevo paura, paura di dover rimanere
ad aspettarti per troppo tempo, con il cuore in gola, mentre la speranza che
serbo nel cuore scema sempre più.
-Sei una stupida.
-Hey, non sei tu quello che dovrebbe dirlo. Anche
se, è vero, lo sono. Avrei dovuto avere più fiducia nelle tue parole, perché a
te non piace mentire, ti conosco. Ma, ascoltare mentre dici che sono una
stupida, mi fa veramente sentire un’idiota.
Edward rise sommessamente, divertito dalla
confusione del discorso della ragazza, inclinando la testa all’indietro, poco
prima di chinarsi nuovamente e regalarle un piccolo bacio sulla fronte.
-Sei sempre la solita, Win. Perché non impari a
fidarti di me?
-Esperienza personale, Ed. Non posso mai essere
del tutto sicura di quello che tu...
-Ti amo.
-... Che cosa?
-Ti amo.
-Beh, anche io ma... ora che centra?
-Centra perché... ah. Di questo, almeno, ti fidi?
Winry sorrise, nascondendo una risata serena e
cristallina tra i ciuffi di capelli setosi. Ed alzò un sopracciglio,
sistemandosi l’elastico che legava i suoi capelli in una coda a circa metà
della nuca.
-Chi è lo stupido, adesso?
-Ah, Winry. Mi sei mancata.
-Anche tu, davvero molto. Perché sei andato a
Central?
-Avevo soltanto bisogno di riflettere un po’. Su
una cosa importante, è chiaro. Una scelta che avevo sempre messo in secondo
piano, fino al momento in cui non sono tornato da te, tre anni fa.
-Qual è? Dimmelo, Ed!
-Tu fai sempre troppe domande, Win.
-E tu, come al solito, continui a tenermi
nascosta parte della tua vita.
L’ex alchimista abbassò gli occhi, sorridendo, con
l’aria di chi la sa lunga, ma vuole tenere tutto nascosto, per sé. La ragazza
gli toccò il mento, per intimarlo ad alzare il viso e a guardarla negli occhi.
-Almeno, posso farti una sola domanda?
-Dipende.
Winry lo guardò storto, fulminandolo. Edward indietreggiò
appena, intimorito dallo sguardo fiammeggiante della meccanica. Si arrese,
carezzandole dolcemente i capelli biondi.
-Ok, ok. Ti risponderò.
-Che hai fatto al mio
automail?
Ed si morse il labbro inferiore, divertito. La
meccanica picchiettò un paio di volte il piede sull’erba, cominciando a
spazientirsi.
-Te ne sei già accorta?
-Come hai potuto pensare che non l’avrei visto?
Zoppichi! Per la precisione, non pieghi bene il ginocchio, Ed. Mi chiedo come
tu abbia fatto ad arrivare fino a qui, in quello stato. Ma preferisco lasciar
correre, non voglio immischiarmi in faccende che non mi interessano. E, tra
l’altro, sono già sicura che mi risponderai con un “ho fatto un combattimento
all’ultimo sangue”, cosa che non ho nessuna intenzione di ascoltare.
Edward scosse la testa, stringendo forte Winry al
proprio petto, con fare possessivo. Inarcò la schiena verso il basso per poter
raggiungere le sue labbra. Sorrise, fiero di sé stesso, per essere cresciuto
così tanto.
La baciò con dolcezza, assaporando ogni attimo come
se fosse l’ultimo, come se le potesse sparire da un momento all’altro, amandola
come se non la stringesse tra le braccia da troppo tempo.
-Ma tu devi sempre sapere di latte quando ti
bacio?
-Non è un problema mio se a te non piace. Io lo
adoro.
-Win, sai che... ah, non dirlo ad Al. Me lo
rinfaccerebbe per sempre. Volevo dirti che sulle tue labbra, quello schifoso
liquido bianco non è poi così male. In fondo, potrei anche abituarmici.
-Questa me la segno, Ed. voglio proprio vederti
buttar già una tazza di latte. Te la preparo io, quando andiamo a casa.
-Non ho mai detto che l’avrei bevuto. Non
rigirarti le cose a tuo comodo, Win. Non ti riesce affatto bene.
Winry gli colpì la spalla destra con un pugnetto
amichevole, riconoscendo in lui lo stesso bambino arrogante e testardo che era
sempre stato, fin da quand’era piccolo.
Abbassò lo sguardo, concentrandosi sulla stoffa dei
pantaloni che si tirava sopra il rigido metallo della protesi.
-Forza, andiamo a casa. Ti sistemo per l’ennesima
volta l’automail, così puoi riprendere a camminare bene.
-No, aspetta. Lo farai dopo. Restiamo un po’ qui
ora.
-Ok, va bene. Ma questa volta paghi, perché la
devi piantare di andare a scrocco.
-Win, sai che non ti ho mai rubato niente, ma non
pagherò. Non perché sono tirchio, sai che non è così. Ma, fidati, se andrà
tutto bene, non avrai mai più bisogno dei miei pagamenti.
-Che vuoi dire? Non capisco? Se questo è un modo
per eludere il pag...
-Dai tempo al tempo, Winry. Lo saprai presto, non
temere.
La meccanica sbuffò, lasciandosi cadere sull’erba.
Poco dopo, Ed la imitò, sedendosi accanto a lei. Winry posò la testa sulla sua
spalla, chiudendo gli occhi, rilassata. L’ex alchimista sorrise e circondò le
sue spalle con un braccio, stringendola teneramente, inspirando la dolce fragranza
che emanava la sua pelle candida. Rise silenziosamente e Winry se ne accorse.
-Che c’è?
Gli chiese, aprendo gli occhi e alzando lo sguardo
così da potersi perdere nella luce aurea.
-Niente, è solo che mi sono reso conto di una
cosa che avevo già notato in te, ma che ora è come se fosse amplificata, più
intensa.
-Di cosa parli?
-Hai lo stesso profumo che aveva mia madre
quand’era viva. Era un profumo d’amore, di famiglia, di calore. Era il suo
profumo. E ora, ora è il tuo.
Gli occhi di Winry s’illuminarono, rischiarati da
una luce tiepida e vitale. Un brivido percorse tutta la sua schiena,
cogliendola di sorpresa. Una sua mano scattò verso la pancia, ma Ed sembrò non
accorgersene.
-È uno dei pochi ricordi che ho di lei.
-Ti manca molto la tua famiglia?
-Voi siete la mia famiglia. Come potreste
mancarmi se mi siete accanto?
-Oh, Ed. Io parlavo della tua vera
famiglia. Della zia Trisha e... tuo padre.
-Non ho molti ricordi della mamma. Tutto ciò che
è rimasto nella mia memoria è che lei ci lodava sempre quando usavamo
l’alchimia. Lei ha sempre desiderato che noi diventassimo come nostro padre.
Era contenta se facevamo progressi, ma sapevo che, in realtà, un po’ la
rendevamo triste, perché le ricordavamo troppo lui. Io, più che Al. Lei mi lo
diceva sempre, sorridendo, ma io non volevo. Odiavo pensare di essere come lui,
perché se n’era andato, ci aveva abbandonati. Ora so che l’ha fatto per il
nostro bene, ma al tempo ero un bambino, non potevo capire. Ciò che so adesso è
che, se un giorno sarò padre, prometto a me stesso di non diventare mai come
lui.
Winry aveva ascoltato il lungo discorso dell’ex
alchimista con estrema attenzione, seguendo ogni suo piccolo movimento delle
labbra, ogni mutamento d’espressione.
-E... a te piacerebbe diventare padre?
Mormorò, tutta d’un fiato, senza accorgersene. Ed
assunse un’espressione pensosa, senza rendersi conto né dell’allusione relativa
alla loro situazione né della preoccupazione e dell’imbarazzo disegnati sugli
occhi color del cielo della meccanica.
-Beh, io... è difficile da dire. Sinceramente,
non ho la minima idea di quello che può significare avere un padre, figuriamoci
esserlo. È come se non ne avessi mai avuto uno. Però... oh. Ma che pensieri mi
fai fare, Win? È strano. Io, papà. Non... non lo so, non ho mai pensato a
questa possibilità. Penso che... sì, ne sarei felice. Potrei donare a quel
bambino tutto l’amore e la famiglia che io non ho mai avuto. Potrei renderlo
felice, non fargli mancare nulla e cercherei di tenerlo lontano dai guai, in
tutti i sensi. Anche se, detto da me, suona come un controsenso.
E ridacchio, con il cuore leggero, spostandosi un
dorato ciuffo di capelli all’indietro. Gli occhi di Winry luccicavano
dall’emozione e il suo cuore – ne era sicura – avrebbe presto spiccato il volo.
-Ed, io...
Poteva essere quello il momento? Sotto quelcielo, testimone di
ogni momento della loro infanzia, illuminati dal sole estivo, sul prato dei
loro ricordi. Il silenzio s’impadronì della situazione e Winry giurò d’essere
perfino riuscita ad udire il minuto ticchettio delle lancette dell’orologio
d’argento. Dov’era? In tasca, probabilmente. Lui non se ne separava mai.
Deglutì, arricciando le labbra. Le gambe tremavano
impercettibilmente, così come le sue corde vocali, tese nell’indecisione.
Avrebbe dovuto dirglielo? E se si fosse spaventato?
Se l’avesse rifiutata? Insomma, non poteva di certo presentarsi davanti a lui,
sorrdergli e dirgli: Hey Ed, lo sai che sono
incinta?No, decisamente no.
Sarebbe stato il caso di tentare la sorte?
-Ho bisogno di dirti una cosa.
Niente da fare. La sua bocca non era capace di
rimanere chiusa, muta. Perché avrebbe dovuto tenersi dentro quel segreto? Prima
o poi, indipendentemente dal fatto che lei fosse riuscita a esternarlo, sarebbe
diventato fin troppo evidente per mentire ancora. Sarebbe stato meglio, per
lei, sentirsi chiedere da Ed quando fosse ingrassata in quel modo?
Perché, ovviamente, lui non ci sarebbe mai arrivato
da solo e subito
a quella conclusione. Ci avrebbe girato un po’ intorno,
elaborando pensieri complessi, fin troppo per una questione così semplice.
Probabilmente, avrebbe cercato di dare la colpa al latte, sostenerlo che averne
bevuto troppo l’aveva fatta ingrassare. E l’avrebbe derisa – nel suo modo
estremamente dolce e non malizioso, ovviamente – prima di concentrarsi come
meglio poteva e giungere a quella deduzione.
Se mai fosse riuscito ad arrivarci.
-Sembra importante. Ciò che hai da dirmi,
intendo.
-Lo è, credimi.
Oh, sì. Certo che lo era. Immensamente, per
entrambi. Edward inclinò la testa, i capelli legati scivolarono fluidi sulla
sua spalla. Respirò profondamente, godendosi l’aria pura dell’aperta campagna.
Sembrava abbastanza incuriosito, a giudicare dalla sua espressione e dallo
sguardo d’oro indagatore. Inaspettatamente, però, forzò sulle braccia per
alzarsi in piedi e per un po’ non perse l’equilibrio premendo il suo peso
solamente sulla gamba destra.
Winry alzò lo sguardo, incontrando le mani di Ed,
tese verso di lei.
-Ed?
-Qualunque cosa sia, me la dirai dopo.
-Cosa?! Ma...!
Balbettò, afferrando le mani che il ragazzo le
tendeva e lasciandosi trasportare verso di lui. L’ex alchimista sogghignò
dolcemente nel notare l’espressione contrariata della ragazza.
-Niente ma. Vieni con me.
-Con te? Ma... dove? Ed, guarda che...
-Ti vuoi calmare?
Rise.
-Andiamo a casa.
Winry si lasciò condurre titubante sulla via del
ritorno, sbuffando di tanto in tanto e incrociando le braccia al petto. Perché
Ed aveva bloccato il suo discorso? Proprio ora che si era finalmente decisa a
rivelargli ogni cosa.
Dopo alcuni minuti trascorsi in silenzio tra campi
e stradine di campagna, arrivarono all’abitazione ed Entrarono, chiudendo poi
lentamente la pesante porta di legno. Si guardarono intorno, socchiudendo le
palpebre per via dell’oscurità.
-Siamo soli.
Constatò Ed, accendendo la luce. La stanza venne
illuminata in pochi secondi. Winry gettò un ultimo sguardo all’uscio,
chiedendosi per quale motivo l’ex alchimista l’avesse condotta proprio lì.
-La nonna è uscita a fare la spesa. Dovrebbe
tornare tra...
E guardò l’orologio appeso al muro. Batté le
palpebre, poi tornò a concentrarsi sulla sagoma del biondo davanti a lei.
-Un’ora, più o meno. È scesa giù al mercato, a
quest’ora è pieno di gente.
-Uhm. Bene.
Bene? Perché bene? Che volesse stare da solo con
lei? Per quale motivo? La testa di Winry cominciò a girare, sovraccaricata di
quesiti irrisolti.
-E Al?
-Al? Uhm... ah, già. Al è uscito stamattina
presto con May. Ha detto che andavano a fare una passeggiata all’aperto. Penso
che si siano fermati anche per un pic-nic.
Edward sorrise. Anche il suo fratellino stava
recuperando il tempo perduto. Aveva finalmente trovato una ragazza per lui, che
lo amava – lo adorava, per di più – e gli sarebbe sempre stata accanto.
-Uhm. Bene.
Ancora? Winry strinse la mani a pugno.
-Ed. ora che siamo arrivati, cosa... ?
-Non volevi... aggiustarmi l’automail?
Winry sbuffò, ampliamente irritata. Si diresse
verso il suo studio di lavoro, facendo cennoEd di seguirla. L’ex alchimista non se lo fece ripetere due volte e
proseguì zoppicando.
-Senti, Ed. Se non volevi star a sentire ciò che
avevo da dirti, sarebbe bastato che tu...
-Vuoi fidarti di me per una volta?
-E tu la vuoi piantare di interrompere sempre le
mie frasi? È frustrante!
-No, è divertente!
-Sei un idiota.
Sentenziò, facendo accomodare Ed sul lettino per
pazienti e girovagando per la stanza alla ricerca di utensili per la
manutenzione. L’ex alchimista si sfilò i pantaloni e li fece cadere a terra,
accanto alle rotelle nere della brandina.
Arrossì.
Quante volte aveva compiuto quel gesto naturale per
ben altri motivi molto meno casti negli ultimi tempi? Scosse la testa, cercando
di pensare ad altro.
Si passò una mano sull’automail, rabbrividendo
all’ormai familiare contatto con il metallo freddo contro la sua pelle
bollente. Si concentrò sul ginocchio, assumendo un’espressione quasi...
commossa?
Winry si bloccò e mise le mani sui fianchi,
guardandolo in cagnesco.
-Cosa diavolo stai facendo?
Tuonò, avvicinandosi a lui e posando – forse in
modo un eccessivamente brusco – la pesante chiave inglese sul tavolino lì
accanto. Ed sobbalzò, già immaginandosi la testa traforata da quel diabolico
strumento.
-N...niente.
Incespicò, distendendosi sulla brandina e voltando
la testa dal lato opposto, verso il muro e la finestra. La ragazza gli si
avvicinò e sospirò, chinandosi a raccogliere i pantaloni stropicciati.
-E questi? Sono faccia a faccia con il tuo solito
ordine, non è così?
-Tu ti lamenti troppo, Win.
-Sarei io che mi lamento troppo? Perché io la
vedo in un altro modo. Qui sei tu che stai vivendo troppo! Mi
chiedo per quale ragione io non ti abbia ancora strangolato con le mie stesse
mani. Lo meriteresti, lo sai?
Edward sorrise, chiudendo lentamente gli occhi e
assaporando l’aria di casa. Decise di cambiare discorso, dato che quello
attuale aveva cominciato a prendere una brutta piega. Non aveva alcuna voglia
di litigare con lei.
-A Central, sono stato dal Tenente. Ha avuto il
suo bambino, sai?
Winry tese le orecchie, ridendo sommessamente e
afferrando una confezione nuova di viti. S’illuminò, sfiorandosi la pancia con
un gesto tenero.
-Davvero? Oh, come sono felice!
-Già, lo sono anche io. Lei era così contenta.
Peccato però che quell’idiota di Mustang sia arrivato proprio mentre mi
congratulavo con lei. Non mi aspettavo di trovarlo a casa di Hawkeye, anche se
avrei dovuto aspettarmelo, dato che sono sposati. Ah, ancora mi chiedo come il
Tenente abbia fatto ad accettare un deficiente simile. Era appena uscito dalla
doccia e, quando ha cominciato a parlarmi, non ho capito se si è vantato più
del suo fisico o di suo figlio.
Alla ragazza sfuggì un risolino compiaciuto.
-Figlio? È un maschio?
-Sì, è un bambino. Si chiama Hiroki.
-Hiroki?
-Già. L’ha scelto lui, e già per questo non mi
piace.
-Sei sempre il solito. Io, invece, lo trovo un
nome molto carino. E com’è? che aspetto ha?
-Non saprei dirti, è così piccolo. Ha i capelli
neri. Beh, ha solo qualche ciuffetto, a dire la verità. Ma non sembra male. Gli
occhi sono castani. Almeno, così sembra. Non ama aprirli. Non fa altro che
lamentarsi di ogni cosa, ha un non so che di familiare che mi infastidisce
parecchio.
Ringhiò, allusivo.Winry incrociò le braccia al petto, avvicinandosi a lui con il viso, per
poi tornare alla sua ricerca di preparazione.
-Sei sempre il solito. Sei arrivato pure a
prendertela con i bambini.
-Quello è il figlio di quello stronzo del
comandante!
-E allora?
-E allora? Ma ti rendi conto che quando
crescerà...
-Sì, sì. Lo so.
Winry sospirò per l’ennesima volta, posando le
ultime cianfrusaglie sul tavolino e accomodandosi sulla sedia di legno accanto
a lei.
Vide Edward deglutire sonoramente e giurò d’averlo
visto tremare, per un istante, ma si astenne dal fare ulteriori domande.
S’infilò veloce i guanti da lavoro e passò con
distrazione un panno asciutto sulla protesi, per eliminare la polvere. Fece poi
per avvicinarsi al ginocchio e constatare l’identità del problema, quando Ed,
agitato, le toccò una spalla e la bloccò.
-Cosa c’è adesso?
Chiese, spazientita. Il ragazzo cominciò a sudare
freddo. Strinse la palpebre, ordinandosi di mantenere la calma così da non
smarrire tutte le sue buone intenzioni.
-Prima non ho voluto che tu mi rivelassi quella
“cosa importante” perché... devo... devo dirti io una cosa.
-Che cosa?
Gli chiese, tornando a concentrarsi sul suo lavoro.
Tentò di piegare l’articolazione del ginocchio dell’automail, ma non riuscì
nell’impresa, anche perché Edward l’aveva chiamata di nuovo.
-C’è qualcosa che blocca.
Constatò la ragazza, confusa.
-Winry...
-Mmh?
-Tempo fa, tu mi chiedesti per quanto tempo sarei
rimasto qui a Resembool, ricordi?
-Sì, certo. Se non sbaglio, eravamo in camera
tua. Al non era ancora tornato da Xing e io mi sono addormentata da te.
Sorrisero entrambi al dolce ricordo.
-Perché tiri di nuovo in ballo questo argomento?
-Perché è da qui che voglio partire. Ti avevo
detto che, in quel momento, non conoscevo la data della mia prossima partenza.
E ora... ora la so. Non esiste.
-Come? Non capisco.
-È da qui che voglio partire. Win, io sono
tornato per restare. Per sempre, questa volta.
Un profondo silenzio avvolse entrambi. Il cuore di
Winry ebbe un tuffo, nosapeva se per le
parole di Ed – quel “per sempre” aveva qualcosa di speciale, di nascosto, lei
se lo sentiva – o per quello strano luccichio che s’intravedeva sulla giuntura
del ginocchio dell’automail.
Svelta, afferrò un cacciavitee svitò le due estremità della sottile placca
d’acciaio. Tentò di rimuoverla, ma sembrava incastrata. La inclinò, in modo che
quell’oggetto luminoso, inserito con un sistema a lei sconosciuto nel vano di
un bullone, si sfilasse senza problemi.
Posò il metallo rimosso sul tavolino, assieme alle
due viti, e si avvicinò incuriosita.
Il suo cuore perse un battito.
-E... Edward?
Il ragazzo strinse le palpebre, preoccupato, sentendo
il cuore cominciare a galoppare sempre più velocemente nel suo petto.
Edward.
L’aveva chiamato di nuovo con il nome intero.
Brutto, pessimo segno.
-E... e... questo?
Balbettò la ragazza, incredula, con voce tremante,
mentre rigirava con estrema attenzione un anellino prezioso tra le dita. Un
semplice filamento d’argento lucido, sul quale era incastonato un piccolo
diamante dalle sfaccettature brillanti.
-È il vero motivo per il quale sono andato a
Central, tre settimane fa. Sai che, anche se sono impulsivo, nelle scelte
importanti ho bisogno di riflettere. Mi sono sempre chiesto per quale ragione,
in questi ultimi tempi, io ti abbia sempre vista in modo diverso. Più bella,
forse? Può essere, anzi, sicuramente è così. Ma tu sei sempre stata splendida.
Anche quand’eri piccola, sai? Non te l’ho mai detto, ma con i tuoi vestitini
tutti pizzi e fiocchetti, sembravi un angelo. Ma ero un bambino troppo pieno di
sé per riuscire a dirtelo.
-Ed...
-Voglio dirti una cosa, Winry. Ma voglio che tu
la prenda esattamente per quello che è. Non chiedermi altro, è già abbastanza
difficile così.
-D’accordo.
-Oh, maledizione. È così dannatamente complicato.Sono anni che ci rimurgino sopra. Quando
io... tre anni fa alla stazione, ti dissi quella frase... te
la ricordi?
-Ovvio che me la ricordo! Non ho fatto altro che
pensarci... era “è uno scambio equivalente. Ti darò metà della mia
vita...
-... così in cambio tu mi darai
metà della tua.” Guardami, Win. Quello che io... ah! È così
terribilmente difficile! Winry, tu...
E strinse la sua mano, con vigore, serrando le
palpebre e sprofondando in un infinito abisso color cremisi.
-Vuoi accettare la metà della mia vita?
Disse, tutto d’un fiato, dopo aver riaperto gli
occhi ed essersi perso nello sguardo color cielo della ragazza.
-Perché la tua metà... è già mia.
Mormorò l’ex alchimista, abbassando definitivamente
lo sguardo.
Winry tremò sensibilmente e deglutì. Sfiorò
un’ultima volta l’anellino con lo sguardo. Aprì per un istante la bocca, ma le
parole faticarono a uscire dalle sue labbra.
Che Edward le stesse seriamente chiedendo di...
di...
-Ti prego, rispondimi. Mi sento un perfetto
idiota in questo momento.
Non ce la fece. Non riuscì a muovere alcun muscolo.
Sentiva la gola secca, la testa scoppiarle e il viso cominciare a bruciare
insistentemente.
Edward tremò, sospirando pesantemente. Sfilò l’anellino
dalla mano della ragazza e la guardò dritta negli occhi, arrossendo fino al
limite. Deglutì.
-Ho fatto forgiare quest’anello per te.
Mise una mano in tasca e ne estrasse l’orologio
d’argento. La meccanica spalancò gli occhi, nel notare che tutta la copertura
superiore era scomparsa. Lanciò all’ex alchimista uno sguardo confuso. Edward
sorrise, serafico.
-Tre settimane fa, guardando quest’orologio, ho
capito una cosa. L’avevo tenuto solamente per quell’incisione che tu conosci
bene. Ma da quel momento ho capito che quella data non faceva più parte della
mia vita. È un passato incancellabile, lo so, ma ora voglio voltare pagina.
Sarò sempre segnato da quello che ho fatto, e quest’automail, che tu stessa mi
hai costruito, ne è la prova. Quest’anello che ora tengo tra le dita, non è
altro che la traccia dei miei ricordi, che rimarrà indelebile nei nostri cuori.
È la nuova data che mi sono ripromesso di non dimenticare mai.
E fu così che ella capì. Quel gioiello così
brillante e carico di significato era stato plasmato a partire dalla capocchia
dell’orologio d’argento. Stupita, sorrise, scossa da una tempesta di emozioni
travolgenti.
-Quando sono arrivato a Central City, ho cercato
appositamente il comandante, così sono andato a casa del Tenente, non avendotrovato Mustang al quartier generale. Lui
sapeva che mi ero tenuto l’orologio, e pensavo che, rivedendomi, avrebbe voluto
riprenderselo, così gli ho detto ciò che ne volevo fare. Lui mi ha riso dietro,
in un primo momento. Pensava che scherzassi, credeva che io non avrei mai avuto
il coraggio di chiederti... chiederti...
Bloccò la frase a metà. Alzò lo sguardo, più
luminoso che mai, incatenandolo a quello della ragazza, che aveva seguito il
suo discorso con aria sognante. Edward prese gentilmente la sua mano sinistra e
la portò alle labbra, regalandole un piccolo e innocente bacio sulla punta
delle dita.
Rabbrividì dal piacere. Un dolce sorriso si schiuse
tra le sue labbra tremolanti. L’ex alchimista arricciò le labbra e avvicinò
l’anello all’anulare sinistro di Winry, con mano tremante. Il cuore di lei
cominciò a battere furiosamente, quasi volesse uscirle dal petto.
Edward si fermò, improvvisamente, abbassando la
testa. La meccanica lo senti respirare profondamente due o tre volte. I capelli
dorati, lucenti, tremavano insieme a lui.
In un istante, alzò di scatto il viso, riprendendo
il mozzicone di frase che aveva accennato pochi attimi prima.
-Winry, vuoi sposarmi?
E in un istante, un lampo di luce. Che fosse giunta
in paradiso? Avrebbe potuto benissimo essere così. Le sue orecchie non potevano
assolutamente aver udito quella frase.
Eppure, Edward era lì davanti a lei, con lo sguardo
basso e il viso di un rosso brillante che spiccava dall’oro dei suoi capelli.
La sua mano destra stingeva ancora la sua, la sinistra, al di sopra, la
proteggeva in una tiepida carezza.
Sfilò la mano con delicatezza, per poter osservare
la lucentezza del diamante che brillava sul suo anulare. Grappoli caldi di
lacrime cominciarono a formarsi sui suoi occhi, come fossero un cielo d’autunno
carico di pioggia.
Non riconobbe il momento in cui il suo cuore smise
di palpitare, né l’istante in cui l’aria si rifiutò di inondare il suo petto.
Lo sguardo, annebbiato, le impedì di constatare l’attimo in cui la sua mente
giunse alla corretta conclusione.
Tutto le parve perdere senso in quel momento,
mentre una lacrima calda le solcava una guancia, pennellata di un tiepido
colorito roseo. Un sorriso titubante si schiuse sulle sue labbra, bagnate da
gocce salate, luminose.
Caldo.
Freddo.
Fuoco.
Ghiaccio.
Miliardi di sensazioni diversi l’avvolsero,
trascinandola in un turbine di ricordi e nuove esperienze. Voci passate, luci,
colori, immagini sbiadite, un suono diverso, nuovo, ma conosciuto, familiare.
Come se facesse parte di lei.
Una voce debole, un sorriso nella sua mente, due
occhi dorati. La mano destra scattò veloce a sfiorare il ventre, in una carezza
carica d’amore.
Era questo quello che Edward aveva tentato di
rivelarle, quel giorno alla stazione? Già tre anni prima aveva in mente di passare
con lei il resto della sua vita? E lei, che non era riuscita a capirlo.
Stupida.
Stupida.
Stupida.
Come aveva potuto essere così ottusa? Come aveva
fatto a non accorgersi di quella luce nei suoi occhi, una luce diversa, che le
pareva di conoscere? La sua determinazione, in quello sguardo, nascosta
dall’imbarazzo.
Tutto ormai le era chiaro. Ogni segreto del mondo,
dell’universo, del suo piccolo globo in cui esistevano solamente loro due.
In un attimo, si trovò tra le sue braccia, avvolta in
un tumulto di profumi e brividi. L’aroma d’erba bagnata così intenso penetrò
nei suoi pensieri, mentre i sottili ciuffi dorati le accarezzavano soavi le
guance, le labbra, gli occhi umidi dal pianto. Non sentì più la sua voce, il
suo respiro spezzato, né il canto dei grilli o il fruscìo delle foglie mosse
dal vento.
Fu come se la luce più intensa del paradiso li
avesse avvolti, in una nuvola inesistente, che sapeva allo stesso tempo di
passato, presente e futuro.
Un sospiro contro il suo collo, Edward sorrise,
nascondendo il viso tra i capelli miele di lei.
-Questo è un sì?
Chiese, titubante, quasi scoppiando a ridere. Winry
chiuse gli occhi, lasciando che le ultime due lacrime scivolassero lontano da
lei, per raggiungere la stoffa sottile della brandina sotto di loro.
-Certo che è un sì!
Esclamò stringendo forte il collo del ragazzo, che
aveva circondato i suoi fianchi con le braccia. Posò le mani delicate sul petto
di Edward e posò la fronte su quella di lui, ridendo sommessamente.
Un ultimo sguardo, prima di avvicinarsi a lui e
annullare la distanza che li separava, posando le labbra sua quelle del
ragazzo.
E di nuovo, tutto svanì. Il calore, così intenso,
in loro, di nuovo così uniti, da un legame sempre più forte, il loro alito,
profumato di ricordi e di sentimenti, suggellati nelle loro menti in immagini
sempre più vivide, il sale, le lacrime sulle labbra, un sorriso nel tempo di un
unico respiro.
Edward la prese tra le braccia e si alzò, senza
preoccuparsi della lastra mancante al ginocchio del suo automail. Winry tentò
di opporsi, dicendogli che avrebbe finito per rovinare quella sua splendida
protesi, ma lui non l’ascoltò.
Salì le scale, reggendola in braccio. Spinse la
porta lignea con il fianco ed entrò. La posò sul letto e poi, nell’attimo di un
sorriso mancato, un battito del suo cuore,sussurrò due parole, sulle sue labbra.
-Ti amo.
Un mormorio, prima di farle di nuovo toccare le
nuvole del paradiso.
-Quando Al e la zia torneranno, dovremo rispondere
a un sacco di domande, non credi?
Sussurrò Edward, avvicinando le labbra all’orecchio
della ragazza, che rabbrividì nel sentire l’alito caldo dell’ex alchimista
sfiorarle la pelle. Si strinse di più nel lenzuolo bianco, sprofondando
lievemente con il viso. Alzò la mano sinistra, così da poter ammirare alla
perfezione il delicato dono che Ed le aveva portato. Sorrise, posando la testa
sul suo petto.
-Già. Credo ci tartasseranno. Al, più che la
nonna.
-Dovremo prepararci.
-Eh sì.
-Sai che dovrai fare tutto da sola vero?
-Hai intenzione di fuggire?
-A gambe levate, tesoro.
-Sei il solito codardo.
-Io non sono affatto un codardo. Guarda un po’ il
mio forte coraggio dove mi ha portato. Non sono forse riuscito a chiederti di
sposarmi?
Ammise, arrossendo lievemente. Winry sorrise e
baciò dolcemente la pelle del suo petto, appropriandosi di quel delizioso
profumo.
-Su questo non posso darti torto.
-Win, questo non è un sogno vero?
-Perché lo chiedi?
-Perché... non lo so. È tutto così perfetto.
-Potrebbe... esserlo di più?
Chiese lei, allusiva. Come si aspettava, Ed non se
ne accorse. Alzò gli occhi al cielo, sospirando.
-Che cosa c’è? perché sospiri?
-Perché sei il solito idiota.
-Hey! Cosa diavolo stai...
-Non capisci mai quando cerco di dirti qualcosa.
L’ex alchimista alzò un sopracciglio, incuriosito.
Scosse la testa, i capelli d’oro, sciolti, fluirono leggeri all’aria, per poi
posarsi dolcemente sulle sue spalle nude.
-E che volevi dire? Ci siamo io e te, siamo solo
noi.
-È questo che volevo... come dire? Contestare.
Edward si alzò di scatto, quasi sovrastandola. La
fissò dritta negli occhi, tentando di non perdersi in quei meravigliosi oceani
turchini. Assottigliò le palpebre, squadrandola insicuro.
-Stai cercando di dirmi che mi ahi tradito?
Chiese, fulminandola. Winry si portò una mano alle
labbra, tentando di soffocare una risata. Non ce la fece, e la sua voce
cristallina si espanse per la stanza. L’ex alchimista voltò la testa verso la
finestra, offeso.
-Cos’hai da ridere?
-Come ti può venire in mente una cosa simile?
-Uhm, non lo so. Ecco, hai detto che non siamo
solo noi.
-Sei uno stupido. Io non intendevo questo.
-E allora cosa?
-Come fai a non essertene ancora accorto? Dopo
tutto ciò che ti ho detto prima, riguardo a tuo padre, al fatto che tu volessi
diventarlo oppure no. Ed, io...
Si morse le labbra, arrossendo vistosamente. Il
ragazzo le si avvicinò, confuso, alzandole il mento con le dita della mano
destra.
-Tu?
-Io...
Sorrise. il suo sguardo si addolcì quando la mano
sinistra scivolò a posarsi sulla pancia, appena scoperta dal lenzuolo. Edward
spalancò gli occhi, intuendo – finalmente – ciò che la sua futura moglie
tentennava a rivelargli. Indietreggiò sul letto, e per poco non cadde. Si
riavvicinò timoroso, sedendosi accanto a lei.
-Sono incinta, Ed.
E bastarono quelle due ultime parole a far
dissolvere nel nulla ogni suo minimo dubbio. In un attimo, fu come se nulla
fosse mai esistito: la scomparsa di suo padre, la morte della mamma, l’infanzia
difficile, la trasmutazione, l’alchimia, la guerra e tutto ciò per cui aveva
sofferto in passato. Fu come se tutto si fosse staccato da lui, in un istante,
come un palloncino che scivola dalle inesperte mani di un bambino, e vola in
cielo, lontano. Non farà mai più ritorno, ma vivrànei ricordi, con i colori sempre più
sbiaditi.
Bastò quel suono, la sua risata, e il pensiero di
dover cominciare una nuova vita, con lei, per fargli capire di possedere tutto
ciò di cui aveva bisogno.
Al diavolo l’alchimia, e la pietra filosofale.
Non necessitava d’altro in quel piccolo mondo, di
cui quel bambino – immagine ora fissa nei suoi pensieri – sarebbe stato il
sole, la luna e le stelle.
Strinse la mano di Winry nelle sue, mentre una
lacrima di gioia premeva sui suoi occhi, splendenti come oro colato. Ma non
scese, rimase intrappolata nell’oblio di ricordi e sofferenze che erano ormai
sempre più lontani.
Avvicinò le labbra alle sue, unendosi a quella
ragazza un’ennesima volta, con il cuore che scoppiava. Posò la mano sinistra
sul ventre di Winry, percependo un calore nuovo, che mai avrebbe immaginato di
sentire.
In un ultimo sospiro, sospeso tra i loro cuori,
chiuse gli occhi e si lasciò andare allo scorrere del tempo, scandito
insistentemente dal ticchettio dell’orologio d’argento, che ancora si trovava
nella tasca dei pantaloni neri, a terra, accanto alla rotella della brandina al
piano di sotto.
Quel suono lontano entrò nelle loro menti,
inebriandole, mentre il sole pian piano cominciava la sua discesa verso
l’orizzonte. Quella stradina, lontana, complice delle vie dei loro cuori, colme
di ricordi e speranze, veniva illuminata sempre più da una luce dorata, ancor
più luminosa del fuoco più vivo. Era un alone, incantato, prezioso, che li
avrebbe accompagnati per tutta la loro vita, mentre si dirigevano, passo dopo
passo, verso il domani.
e..... aspetto a mettere la parola fine. Ci sarà nel
prossimo. Grazie a tutti per essere giunti fino a qui, ci vuole coraggio!
Allora? Ditemi come vi è sembrato J Ed e Winry si sposano, e lei è
incinta. So che è una fine tipica della favolette, ma
penso che, dopo tutto quello che Ed ha passato, è davvero il premio da favola
che merita. Anzi, che meritano entrambi. Se state pensando che a 21 anni tutto
sposarsi e avere figli sia un po’ presto, vi ricordo che siamo agli inzi del 1900, per cui la vita media è più corta e anche
tutti gli eventi importanti (come il matrimonio), o insomma, avete capito,
vengono anticipati. Cioè, avvengono prima... ok, lasciamo stare, avete capito!
xD
aspetto le vostre meravigliose recensioni! ^^
vi ringrazio tutti per aver seguito questa storia con
tutto questo interesse. Mi avete reso davvero felice T.T
detto questo, mi metto al lavoro per voi per scrivere l’epilogo.
Stasera sono ispirata!! <3
Ragazze, ragazzi, è così. Sono arrivata alla fine di
questa fanfiction. Questo sarà l’ultimo capitolo, una sorta di epilogo – che
poi, non so neanche se sia un vero e proprio epilogo, è più una serie
d’immagini incentrate sulla situazione della conclusione del mio racconto – che
ho scritto poco per volta.
Non aspettatevi assolutamente nulla di speciale. È
molto corto, composto da poche righe. Come posso dire, è in un certo senso
sotto forma di poesia. Tante brevi fotografie, dipinti, fantasie. Immaginatele
come più vi piace.
Senza tanti altri giri di parole, ecco a voi l’ultimo
breve capitolo di “Gold in The Blue”.
EPILOGO
Notte.
Il buio avvolge tutto, in un abbraccio oscuro.
Il vento debole smuove l’erba dai campi.
Il profumo dei ricordi.
Le foglie secche cadono sul davanzale.
Colori invisibili nell’oscurità.
Il vetro della finestra, freddo.
Il silenzio e l’alito del vento, unico sbiadito
rumore.
Una porta chiusa, pensante.
Le mura accoglienti, familiari.
Lo scoppiettio delle fiamme nel caminetto acceso.
Calore.
La radio accesa e spenta, continuamente.
Parole e discorsi, indistinguibili.
Lontani.
Un tavolo vuoto, alcune sedie sparse.
Uno sguardo celeste sullo stupite della porta.
Un fruscio dorato, i capelli liberi sulle spalle.
Un braccio forte, temprato dal passato e dalle
battaglie.
Un viso sorridente, specchio di un cuore stanco di
soffrire.
Un bagliore dolce, tiepido.
Una candela accesa, tremolante.
Un riflesso argenteo, un altro, un altro ancora.
E il ticchettio di un orologio.
Tic tac tic tac.
Scandisce il tempo.
Il tempo che non tornerà mai sui propri passi.
Un nuovo bagliore.
Un piccolo tonfo, attenuato.
L’orologio cade, il ticchettio non smette.
Incessante.
Infinito.
Tic tac tic tac.
Una mano infantile.
Un gesto naturale.
Le dita minute sul quadrante dell’orologio.
Un fruscio di lenzuola.
Una culla, sull’angolo della stanza.
E di nuovo, quel ticchettio.
Rimbombante.
Tic tac tic tac.
L’orologio vicino all’orecchio.
Una risatina casta, innocente, libera.
Un sorriso, una luce nuova.
Una mano più grande raggiunge quel sorriso.
Un riflesso prezioso sull’anulare sinistro.
La sua nuova vita in quella fede.
Accarezza una guancia piccola, paffuta.
Il lume della candela, dorato.
Come quegli occhi, luminosi nell’oscurità.
Lo specchio di altri due, più piccoli, ingenui.
Vicini, sorridenti, puri.
Il passato torna a infierire.
Tic tac tic tac.
Un’ultima carezza.
Un ultimo sorriso.
L’argento dell’orologio tra due manine chiare.
Giocose.
Una lacrima sul viso.
Felicità.
Sembrava irraggiungibile, eppure tastabile.
Perfezione.
Una sola parola.
Il battito di un cuore.
E, in un attimo, la luce del suo nuovo futuro.
-Papà.
Fine
Ed eccoci qui. Vi avevo detto di non aspettarvi nulla
di speciale, giusto? Questi piccoli “versi” hanno un grande significato per me.
Ho giocato sui miei di sogni, questa volta, immaginando un futuro che vorrei,
in un certo senso, mi appartenesse.
Tutto è perfetto: il trascorrere delle stagioni, del
tempo, l’accoglienza della casa, il calore del caminetto, l’abbraccio tenero
della famiglia. Una famiglia tutta nuova, per Edward, che si è trovato di botto
immischiato in una sensazione a cui aveva sempre immaginato essere estraneo.
Ma non lo spaventa tutto questo, perché sa che, su
questa sua nuova e vera famiglia – più di quella che non aveva avuto nella sua
infanzia – , potrà sempre contare. L’orologio che segna il tempo, decretando la
fine del suo doloroso passato e l’inizio del suo futuro al di fuori da tutto
ciò che è stato. Il suo sorriso, alla fine, gli rievoca vecchi ricordi, ma dal
sapore del tutto nuovo.
Spero che anche questo misero epilogo sia giunto al
vostro cuore. Vi ringrazio infinitamente per aver seguito da cima a fondo tutta
la mia fanfiction. Grazie di cuore, davvero.
Grazie a tutti quelli che hanno messo la mia fanfiction
in:
Ed ora, un’ultima cosa.
Vi confesso che, quando ho spostato questa storia dalla cartella “fanfiction in
costruzione” a quella “fanfiction terminate” nel mio computer, mi sono sentita
vuota. Mi ero affezionata tanto alla scrittura di questa storia che senza il
pensiero di dover produrre un nuovo capitolo, non riesco a stare in pace con me
stessa.
Per cui, ve lo annuncio
ora, in via del tutto provvisoria, che di questa storia potrebbe e dico
POTREBBE esserci un seguito. Di sicuro, se ci sarà, lo pubblicherò l’anno
prossimo, quando avrò abbastanza capitoli per iniziare con cura. Nella mia
testa già si sta muovendo qualcosa, ho già alcuni spunti per questa nuova
fanfiction. Ciò che so, è che i protagonisti non saranno più i nostri amati Ed
e Win, ma i loro figli, compresi quelli di Roy e Riza e... sì, anche Al e May.
Tutto questo, ve lo
ripeto, non è assolutamente sicuro. Fatemi sapere anche di ciò che pensate
riguardo questa mia idea nelle vostre recensioni, se volete J
Voglio dedicare questo
ultimo capitolo a Debby Elric, come le avevo promesso
Vorrei dedicare l’intera
storia al mio Amore, che mi segue costantemente a ogni mia pazzia, a ogni mio
sprazzo d’idea, e mi accompagna sempre nella vita, stringendomi la mano, senza
lasciarla mai. Grazie, amore.
Alla Fede, che so che
leggerà presto questo capitolo, voglio urlare GRAZIE per avermi sostenuta con i
suoi complimenti e tutto il resto <3
Ringrazio anche tutti
voi, lettori, amici, o chiunque voi siate. Ringrazio i miei amici per avermi
chiesto continuamente “ma cosa stai scrivendo?” in ogni momento della giornata,
mi hanno dato sempre continue ispirazioni, senza accorgersene.
Grazie di nuovo a tutti
voi, ci sentiamo presto. Non abbandonatemi, lasciate qualche segno della vostra
presenza.