Coldhold

di lames76
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Coldhold ***
Capitolo 2: *** Il Cacciatore ***
Capitolo 3: *** Un ragazzo che farà strada ***
Capitolo 4: *** Giovani Paure ***
Capitolo 5: *** Sentenza ***
Capitolo 6: *** Avversario ***
Capitolo 7: *** Segreto Rivelato ***
Capitolo 8: *** Animo Umano ***
Capitolo 9: *** L'Innocenza dei Giovani ***
Capitolo 10: *** Una Vita per una Vita ***
Capitolo 11: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Coldhold ***


La stazione di posta di Coldhold era stata un luogo solitario.
Era nata con un semplice e piccolo edificio affiancato ad un grande Corral dove trovavano posto i cavalli, edificato dalla Leavenworth & Pike’s Peak Express Company per permettere ai suoi uomini di effettuare il servizio da Pony Express.
Poi, a poco a poco, erano sorte altre case tutto attorno, visto che la zona era buona per la caccia ed i trappers necessitavano di un posto dove sostare e riposare.
Intorno non erano presenti pascoli troppo buoni o ricchi giacimenti di minerali, quindi non era sorta una vera e propria boomtown. Qualcuno ironizzava sul fatto che la polvere che l’avrebbe dovuta farla esplodere si era bagnata e da quella sorta di aborto di esplosione era nata Coldhold.
La cittadina era formata da sette case, uno spaccio ed una grande stalla. Solo ora si stava pensando di edificare anche un ufficio per lo sceriffo. Tutte le abitazioni erano piccole, formate da un solo piano e fatte di legno; non erano molto resistenti, tanto non dovevano opporsi a niente di più terribile di un acquazzone.
La stazione di posta era a qualche centinaio di metri di distanza dal centro città, leggermente in periferia.
Era situata molto a nord rispetto alla normale tratta dei Pony Express che congiungeva San Joseph in Missouri a Sacramento in California ed era stata voluta espressamente da un ricco proprietario terriero del nord, per poter vivere con tutti gli agi nella sua tenuta sorta in un posto abbandonato da Dio.

Essere la responsabile della stazione, per Dorothee, era una cosa buona.
Il lavoro non era molto, da quando aveva iniziato a gestirla quattro anni prima aveva visto passare solo sette pony express, così la donna aveva deciso di ampliare il locale principale, prima formato semplicemente di tre stanze, una cucina, una camera ed un dormitorio, per trasformarlo in una specie di piccola locanda in modo da tenersi occupata anche quando il lavoro non si presentava.

Inizialmente, i rudi trapper ed i paesani si erano avvicinati alla stazione con riluttanza, soprattutto quando avevano visto che era gestita da una donna. Certo, se Dorothee avesse avuto qualche anno di meno... beh qualche decina di anni di meno... sarebbero sicuramente giunti più volentieri. Ma lei era un’ottima cuoca e questo, sommato al fatto di poter passare la notte con un tetto sopra la testa, era qualcosa di irrinunciabile e loro avevano anche capito che valeva bene il fastidio di doversi fare un bagno: cosa che la donna imponeva prima di permetter loro di entrare o anche solo avvicinarsi alla sua stazione.

Una normale serata all’interno della stazione, nel locale adibito a locanda, vedeva la sola Dorothee presente, intenta a pulire e riordinare. Lo faceva tutti i giorni, dopo che, durante il giorno, aveva accudito i cavalli strigliandoli e dando loro la biada. Poi si dedicava alla parte interna della stazione, mettendo a posto le sedie, spolverando il camino, pulendo i bicchieri ed i piatti, controllando che le tendine fossero pulite e spazzando per terra.
Lo faceva anche se non c’era nessuno, perché non voleva che, se fosse arrivato un ospite, questi si fosse trovato male per sua mancanza o pigrizia.
Oltre a tutto questo, Dorothee lavorava anche il piccolo orto che aveva ricavato alle spalle del Corral e sfamava i pochi animali da cortile che possedeva: galline che le fornivano le uova e qualche maiale che le forniva la carne, oltre alla vecchia Betsy, la sua mucca, che le dava il latte.





E qui di seguito ecco le valutazioni datemi da Eylis:

Seconda Classificata
Lames76 - Coldhold

Grammatica, sintassi, ortografia e lessico: 9 / 10
Ci sono alcuni errori sparsi, come virgole al posto sbagliato o errori di battitura. La storia è comunque scritta bene

Sviluppo della trama: 10 / 10
La trama è molto ben delineata dall’inizio alla fine, tutti i passaggi sono chiari ed hanno ricevuto la giusta attenzione. La cura dei dettagli inoltre dà un sapore in più al tutto

Caratterizzazione dei personaggi: 10 / 10
Nonostante ci fossero molti personaggi nessuno è stato dimenticato e ad ognuno è stata data la giusta importanza

Espressività: 10 / 10
Ho trovato questo racconto molto espressivo, dolce quasi, come una favola, ma allo stesso tempo anche con un pizzico di morale che non guasta mai

Originalità: 10 / 10
Molto curioso l’abbinamento drago/western! Una storia originale ed intrigante

Attinenza al tema e ai parametri posti: 10 / 10
I temi e parametri sono stati rispettati

Valutazione finale: 59 / 60
Ho trovato questa storia davvero interessante, e soprattutto molto ben scritta, hai uno stile piacevole e coinvolgente.


Che dire? Sono stato stra-felice del risultato non posso dire altro!

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Capitolo 2
*** Il Cacciatore ***



Il vecchio Benson arrivò arrancando lungo la pista che intagliava l’erba della prateria come una lunga cicatrice chiara.
Dorothee l’aveva scorto quando si trovava ancora molto distante dalla sua stazione, visto che quella mattina era salita al piano superiore, sulla terrazza, per stendere delle lenzuola. Con calma era discesa ed aveva messo qualcosa a scaldare.
L’uomo era giunto una trentina di minuti dopo, trovando la donna ad aspettarlo con in mano un grande pezzo di stoffa che gli aveva passato senza una parola, per poi indicargli l’agglomerato di rocce che nascondeva la sorgente.
"Anche a me fa piacere vederti", aveva bofonchiato l’uomo con ironia afferrandolo e dirigendosi verso il suo patibolo.
A dirla tutta, la prima volta che era arrivato aveva avuto una furibonda discussione con lei. Non sarebbe stata una vecchia megera a dirgli cosa fare e come comportarsi: figuriamoci se si sarebbe fatto imporre di lavarsi!
Ed invece se lo era fatto imporre, visto che la donna, con i suoi modi fermi, burberi ed estremamente categorici gli era sembrata un muro invalicabile.
Quando entrò nella stazione, quindici minuti dopo, trovò ad attenderlo un tavolo apparecchiato ed un piatto di minestra fumante. Benson appoggiò il fucile da caccia alla parete e si avvicinò. Le pellicce semi conciate le aveva lasciate fuori, vicino alla sorgente: altro dictat della donna che non voleva quegli "ammassi puzzolenti" vicino alla sua abitazione.
L’uomo si sedette e mangiò avidamente, senza parlare.
Nel frattempo vide che la donna era uscita brandendo altri tre pezzi di stoffa, sintomo che altri ospiti stavano arrivando.

Effettivamente quella sera era c’era il pienone, visto che erano ben in otto.
Benson sedeva vicino al camino fumando la sua pipa, il giovane MacCullon stava terminando di mangiare il suo piatto di minestra, i coniugi Carter chiacchieravano amabilmente con i loro vicini, i Konaris, mentre Borzanov era intento a vantarsi delle sue ultime imprese di caccia. Dorothee era dietro il rozzo bancone, ricavato da un vecchio tavolo di legno e stava pulendo i bicchieri.
"Ve lo dico io!", l’uomo aveva uno spiccato accento straniero, lui diceva di provenire da un posto chiamato Lettonia, ma nessuno di loro sapeva precisamente dove fosse, forse era un nuovo stato americano, "Tornerò famoso!"
Dorothee scosse il capo con disapprovazione, se solo si fosse accorta di quanto stava bevendo l’avrebbe fermato, ma oramai era troppo tardi e l’omone era quasi del tutto brillo. Dannazione alla sua fiaschetta di alcool!
"Smettila gradasso!", lo apostrofò senza nessuna animosità il vecchio Benson, "Sei un cacciatore mediocre, lo sei sempre stato!", tirò su col naso e poi sputò nel fuoco beccandosi un’occhiataccia da parte della donna.
"Non è vero!", ruggì biascicando l’altro grattandosi furiosamente l’incolta barba castana, "In mia terra...", parve rendersi conto, in uno sprazzo di lucidità, di aver parlato in maniera scomposta, "Nella mia terra ero famoso!", barcollò fino a portarsi vicino al ragazzino, Ian MacCullon, appoggiandosi allo schienale della sua sedia, "Ero un cacciatore famoso... tutti mi riverivano e le donne erano sempre pronte a soddisfarmi", gli fece un sorriso lascivo poi fu scosso da un singulto.
"E com’è che sei finito qui, povero in canna?", lo punzecchiò ancora Benson tornando ad aspirare una grande boccata di fumo.
Ivan Borzanov, si voltò verso di lui, "E’ colpa di quella bestia!", esclamò quasi sibilando, "Un giorno, più di quattro anni fa, mi hanno chiesto di eliminarla, ma è fuggita prima che potessi farlo!", strinse i pugni attorno allo schienale di legno facendosi sbiancare le nocche, "Ma l’ho inseguita e prima o poi la ucciderò!"
Il ragazzetto pareva combattuto tra la curiosità di ascoltarlo e la noia di averlo quasi appollaiato sopra la sua sedia, "Che bestia?"
Il lettone gli appoggiò una mano sulla spalla e gli piantò lo guardò diritto negli occhi, "Un drago!"
Le due coppie di coniugi si voltarono verso di lui, MacCullon impallidì ma prima che potesse dire nulla fu scosso dalla risata di Benson, "E tu credi che noi si bevano queste fandonie?", gli puntò il boccaglio della pipa contro, "Sei solo un povero ubriacone!"
L’altro si scostò dal ragazzino facendo tre passi verso il vecchio pronto a passare alle vie di fatto.
Ma si bloccò a metà strada.
La mano di Dorothee si era come materializzata sulla sua spalla fermando il suo incedere.
Erano un’immagine stramba vicini, la vecchia donna era piccola, gracile, tutta pelle ed ossa mentre lui era grande ed enorme.
L’uomo si fermò a guardarla poi si mise una mano sulla bocca e corse fuori.
Da dentro lo sentirono dare di stomaco diverse volte.
"Stupido ubriacone", mormorò Benson tornando a guardare le fiamme e riportandosi in bocca il boccaglio della pipa.
Anche i coniugi tornarono al loro chiacchiericcio.
Nessuno notò che MacCullon aveva negli occhi uno sguardo terrorizzato.

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Capitolo 3
*** Un ragazzo che farà strada ***


Un mese dopo Benson tornò a fare una sosta nella stazione di posta di Dorothee. Quel pomeriggio erano solo loro due e l’uomo stava aiutando la donna a stendere il bucato.
"Ho ottenuto un bel gruzzolo dalla vendita delle mie ultime pellicce", la voce dell’uomo non riusciva a nascondere un certo orgoglio, "Ancora qualche anno così e potrò ritirarmi a vivere da qualche parte...", si fece incerto passando alla donna un grande lenzuolo umido, poi si lisciò il vestito, un vestito nuovo, che si era comperato il giorno prima allo spaccio del paese, "Io... mi chiedevo... quando succederà... non è che saresti... ehm... non vorresti..."
"Mi stai chiedendo di venire con te?", non si era voltata pronunciando quelle parole, aveva continuato a stendere come se nulla fosse.
L’uomo rimase un lungo attimo in silenzio, "Si", disse infine come se quella semplice parola fosse la cosa più difficile del mondo.
Dorothee si voltò e gli sorrise, "Nonostante la mia età, non sono ancora pronta a vivere con qualcuno", le sue parole erano gentili ma ferme, "Ma sono molto felice che tu abbia pensato a me"
Prima che l’altro potesse fare o rispondere nulla la donna puntò lo sguardo verso l’orizzonte e poi, con calma, scese dirigendosi verso il corral.
L’uomo la seguì incuriosito visto che lui non aveva notato assolutamente nulla, eppure si vantava di avere la vista migliore tra tutti i trapper, nonostante l’età.
Dorothee entrò tra i cavalli e ne scelse uno, portandolo fuori. Con calma recuperò una sella, che sfoggiava il simbolo della compagnia dei Pony Express e la sistemò sulla schiena dell’animale.
Poco meno di quindici minuti dopo, seguito da una nuvola di polvere e preceduto da un forte scalpiccio, giunse un cavaliere.
Era un giovane ragazzo i cui abiti di pelle erano impolverati dalla cavalcata.
Era giovane, molto giovane, aveva i capelli lunghi biondi ed uno sguardo determinato.
Giunse nei pressi della stazione come una furia, fece fermare il cavallo, la cui pelle era ricoperta di sudore appiccicoso e luccicante, prese la sacca da sella e saltò a terra.
Dorothee gli sorrise passandogli le redini dell’altro animale.
"Non vuoi fermarti a bere qualcosa?", gli urlò l’uomo, mentre il giovane saltava in groppa alla nuova cavalcatura.
"Non ho tempo!", rispose spronando l’animale al galoppo.
Pochi minuti dopo era già sparito all’orizzonte, mentre la donna aveva portato il suo precedente cavallo all’interno del corral e si stava accingendo a strigliarlo.
"Quanta energia quel ragazzo", mormorò Benson appoggiandosi alla staccionata.
"Si, Cody farà strada", si limitò a rispondere la donna.

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Capitolo 4
*** Giovani Paure ***


Il giovane MacCullon non era mai stato particolarmente coraggioso.
Ma non era neppure un fifone.
Lavorava presso lo spaccio come tuttofare e, mormoravano i maligni, aveva una cotta per la figlia più piccola dei Carter, Linda.
Il suo apice di gloria era stato quando aveva coraggiosamente salvato la ragazza da un cavallo imbizzarrito. A dirla tutta l’aveva semplicemente scontrata e gettata da un lato mentre tentava di mettersi in salvo per non farsi travolgere, ma agli occhi di tutti era diventato una specie di piccolo eroe.
Quella sera era seduto davanti al tavolo che formava il bancone della stazione di posta. Impugnava a due mani un bicchiere di whiskey dal colore particolarmente ambrato.
Sembrava scosso.
Dorothee era a disagio.
Era brava ad ascoltare, ma non si ritrovava nel ruolo della persona che concede conforto e parole buone, non era nella sua natura. Lei aveva un carattere brusco... i maligni dicevano che era proprio questo il motivo per cui, alla sua età, era ancora zitella.
Sospirò e si avvicinò al giovane.
"Cosa c’è che non và?", si accorse di aver usato un tono un tantino autoritario e forzato, un tono da maestra di scuola.
L’altro non parve accorgersene, "Io non riesco più a dormire...", mormorò il ragazzetto tenendo il capo basso a guardare il bicchiere, "Da quando Ivan ha detto quelle cose"
La donna scosse il capo, dannato ubriacone, aveva fatto più danni di quanto pensasse.
Sospirò ancora, "Ti ha colpito così tanto?"
Il giovane, finalmente, sollevò il capo, nei suoi occhi albergava un’espressione spaventata, "Si", confessò.
"Era ubriaco", la donna stava nervosamente pulendo un bicchiere, "Non sapeva cosa diceva"
"Io...", cercò di sollevare il calice, "Quando ha parlato del... drago... io... io lo stavo guardando negli occhi e...", si portò il bicchiere alle labbra e bevve un sorso, "Non erano occhi da ubriaco... cioè era ubriaco, ma credeva in quello che diceva!"
La donna si fermò mettendo giù il boccale e lo straccio ed appoggiando entrambe le mani sul bancone di legno.
"Ricordo che i miei genitori, quando ero molto piccolo, mi avevano parlato delle leggende della mia terra", ora il giovane parlava a ruota libera senza remore, "Dicevano che i draghi esistevano... e che erano creature terribili e malvagie..."
Dorothee sbuffò sonoramente attirando l’attenzione del giovane irlandese, "Le leggende sono solo questo... leggende!", lo fissava negli occhi con determinazione, "Non devi avere paura di queste cose... se anche esistessero delle creature come quelle, chi ti dice che siano davvero malvagie?"
Ian pareva colpito da quelle parole ma era ancora dubbioso.
"Se lo fossero avrebbero già ucciso tutti gli uomini del mondo non credi?"
Lo sguardo della donna era così intenso che le parole gli sembravano particolarmente convincenti... le fece un leggero sorriso, "Si hai ragione", mormorò.
"Certo che ho ragione!", gli disse ancora la donna tornado a pulire, "Ora vai a casa, altrimenti domani farai un disastro al lavoro!"
MacCullon si alzò lasciando sul tavolaccio alcune monete e poi si avviò verso la porta reprimendo un brivido di freddo. La donna intanto si era spostata avvicinandosi al grande camino, che in quel momento era spento.
Il ragazzino irlandese uscì chiudendosi la porta alle spalle, fece due passi poi si bloccò.
Aveva scordato il cappello dentro.
Fece dietro-front e rientrò.
Dorothee lo guardò confusa, ma Ian si affrettò scusarsi, avvicinarsi al posto da lui precedentemente occupato e recuperare il cappello.
Fece per uscire di nuovo, ma si fermò incerto, "Come hai fatto ad accedere il fuoco così in fretta?"
Effettivamente il camino scoppiettava ed una fiamma alta e potente ardeva i ciocchi, come se fosse stata accesa da ore.
La donna, per un momento, sembrò confusa, ma poi la tensione del suo volto si sciolse in un fermo sorriso, "E’ una tecnica segreta", gli rispose avvicinandosi a lui ed accompagnandolo fuori, "Quando raggiungerai la mia età te la svelerò..."
Ma MacCullon non si voleva dare per vinto, "Scommetto che hai usato il whiskey che non ho bevuto per innescare le fiamme, vero?"
Dorothee impiegò un lungo istante prima di rispondere, "Sei un ragazzo intelligente", disse semplicemente.
Il giovane sorrise trionfante e si voltò a salutarla mentre lei chiudeva la porta.
Poco prima che l’uscio si serrasse però, ebbe la chiara visione del suo bicchiere, ancora mezzo pieno, appoggiato al tavolo.

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Capitolo 5
*** Sentenza ***


I preparativi per la festa erano all’apice.
Entro una settimana sarebbe stato l’anniversario di fondazione della città.
Rupert Goldwin, l’attuale sindaco di Coldhhold era riuscito a riunire la sua sparuta cittadinanza per spiegar loro cosa aveva intenzione di fare per celebrare.
Ora erano all’interno della grande stalla che era stata fatta sgomberare per permettere la riunione. C’erano tutti gli abitanti della città, uomini, donne e bambini, assiepati sulle sedie poste di fronte al palchetto che occupava il sindaco.
"Bene grazie per essere venuti", esordì l’uomo. Era stato eletto il giorno in cui la città era sorta e da allora, tacitamente, il suo mandato era sempre stato rinnovato.
Non c’era stato bisogno di elezioni.
Nessuno voleva accollarsi la responsabilità di scrivere le scartoffie, leggere le lettere e fungere da sceriffo ad interim, tranne lui.
"Per l’anniversario, che sarà precisamente dopodomani, pensavo di organizzare una festa...", stava dicendo, "Tra l’altro ho incrociato Benson l’altro ieri e mi ha detto che lui e quattro dei suoi amici trappers saranno qui, quindi avremo anche degli ospiti!"
Non che i trappers e soprattutto Benson, fossero degli stranieri visto che bazzicavano per la città molto spesso, ma vivevano la maggior parte del loro tempo lontano a caccia, quindi averli tutti era un evento speciale.
"Dovremo preparare da mangiare così potremo pranzare insieme. Appenderemo dei festoni, il signor Carter si è offerto di suonare la tuba accompagnato dalla chitarra del signor Konaris, così avremo anche la musica. Organizzerò una gara di lancio del tronco o di tiro al bersaglio. Possiamo anche organizzare una lotteria se avete voglia di preparare qualche premio", il suo sguardo indugiò su Dorothee. La donna scosse il capo con fare da brontolona, ma poi annuì, "Preparerò una torta e qualche dolce", bofonchiò attirandosi gli sguardi di ammirazione di tutti: i suoi dolci erano rinomati e famosi quasi quanto il suo caratteraccio.
Il sindaco stava per chiudere l’assemblea quanto l’attenzione di tutti fu attratta da un rumore proveniente dall’ingresso della stalla.
Sull’uscio si stagliava la sagoma di Ivan Borzanov.
L’uomo sembrava più patito del solito, la sua barba era più lunga e trasandata, i capelli arruffati e sporchi così come gli abiti mentre i suoi occhi sembravano spiritati e fissavano gli astanti con sguardo terribile.
Impugnava un lungo fucile da caccia anche se, per fortuna, la doppia canna era puntata verso terra.
"Si nasconde qui intorno...", mormorò e la sua voce pareva provenire da un luogo molto lontano, "Ma io lo scoverò..."
"Ivan cosa succede...", la voce del sindaco pareva un po’ incerta e l’uomo scoccò un’occhiata al dottor Gregbut che gli si avvicinò.
"Quel maledetto mostro...", mormorò ancora il cacciatore, "Lo scoverò e lo ucciderò...", vide che gli altri parevano confusi così sollevò il braccio libero al cielo agitandolo, "Il drago!", ruggì con rabbia, "L’ho inseguito fin dalla mia patria! Ed ora, dopo così tanto tempo, sono certo sia qui da qualche parte!"
"Forse è meglio se ci calmiamo tutti...", bofonchiò Rupert scendendo dal palco ed avvicinandosi al lettone.
L’altro, per tutta risposta, spostò la sua arma puntandola contro il petto del sindaco, "Non ti avvicinare!", la sua voce era forte, ma tradiva anche un leggero timore, "Non posso sapere se sei umano!", arretrò di un passo continuando a minacciarlo con il suo fucile, "Quei mostri possono trasformarsi..."
Il dottore si avvicinò al sindaco fino a portarsi al suo fianco, "E’ chiaramente preda di una crisi...", il suo era quasi un sussurro, "E’ in pieno delirio..."
"Non sono pazzo!", urlò il lettone come se fosse riuscito a cogliere il loro scambio di parole, "E ve lo dimostrerò!"
Si voltò e corse fuori.
Ci fu un momento di silenzio all’interno della stalla poi il sindaco si voltò e sorrise in modo tranquillizzante agli altri presenti, "Tornate pure a casa e non preoccupatevi, penseremo io ed il dottore a curare quel pover’uomo..."

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Capitolo 6
*** Avversario ***


Il cacciatore non fu trovato ed il fatto fu presto dimenticato visto che tutti erano troppo indaffarati ed agitati nella preparazione della festa.
In una cittadina piccola come quella di Coldhold festeggiare qualcosa era un vero e proprio evento da preparare con tutti i crismi del caso.
Tra l’altro si festeggiavano i tre anni di vita della città, già quasi un record per una boomtown.
Uomini, donne e bambini avevano dato il loro contributo. Anche i quattro trappers capitanati dal vecchio Benson erano giunti con un giorno di anticipo per poter aiutare.
Così, il giorno fatidico, Coldhold si presentava al meglio delle sue possibilità.
La Main Street, sulla quale si affacciavano tutti gli edifici, era stata sgomberata, pulita ed addobbata. Diversi festoni creati unendo tra loro diversi scampoli di stoffe colorare pendevano da un lato all’altro della strada rallegrandola.
Un grande striscione era stato appeso all’ingresso della cittadina e recitava: "4/30/1858 – 4/30/1861: Happy Birthday Coldhold!".
Il signor Carter ed il signor Konaris stavano accordando gli strumenti e già un’allegra sinfonia si spandeva nell’aria.
Il sindaco effettuò un ultimo giro, quasi a passare in rassegna tutto e tutti e poi sorrise calorosamente sollevando le braccia al cielo: "Dichiaro i festeggiamenti ufficialmente iniziati!"
I trappers spararono in aria e subito dopo iniziarono le selezioni per la gara di lancio del tronco.
Nel frattempo le donne stavano regalando ai bambini dolcetti e piccoli giocattoli intagliati nel legno.
Tutto procedeva in modo tranquillo e felice.
Quando l’ora di pranzo fu quasi giunta però, avvertirono un rumore sordo, come un tuono lontano. Tutti si allarmarono, perché un temporale sarebbe stato proprio un peccato visto tutte le energie e la fatica spesa per organizzare l’evento.
Ma quello che avevano sentito non era un tuono.
Il vecchio Benson rabbrividì quando capì di cosa si trattava, guardando la prateria.
"Una stampede...", mormorò incredulo, poi sollevò il fucile in alto e sparò in aria per attirare l’attenzione di tutti; si mise a correre verso gli altri urlando, "STAMPEDE!"
Tutti si bloccarono allarmati.
Dalla prateria si poteva vedere una nuvola di polvere in avvicinamento.
A poco a poco, una gigantesca mandria di bisonti si materializzò all’orizzonte, diretta verso di loro.
Gli animali correvano dritti verso la cittadina: nonostante le case fossero fatte di legno, era ben difficile che potessero resistere se quella mandria fosse piombata su di loro.
Una stampede era un evento possibile ma molto improbabile, perché gli animali, anche se in preda al terrore, evitavano le costruzioni e gli ostacoli troppo massicci.
Ma questa volta invece, stavano puntando proprio verso di loro.
"C’è qualcuno che li sta guidando contro di noi", mormorò Dorothee aguzzando lo sguardo.
Il dottor Gregbut impugnò il cannocchiale che aveva ricevuto quando si era congedato dall’esercito e vi guardò attraverso, "Ha ragione!", mormorò, "Ci sono almeno cinque cowboy che li stanno spingendo verso di noi!"
Il sindaco sembrava impietrito così fu Benson a parlare, "Ci metteremo fuori dalla città, presso la stazione di posta...", indicò i suoi amici trappers, "Cercheremo di abbattere i primi bisonti in modo che la mandria cambi direzione..."
Il dottore non sembrava convinto, "Se quelle persone li continuano a spingere non servirà..."
"Ma dobbiamo provarci... altrimenti saremo tutti spacciati!", fece un gesto invitando gli altri a seguirlo.
Mentre la popolazione cercava, inutilmente rifugio nelle basse case di legno il dottore, il sindaco e Dorothee rimasero fermi a guadare i cacciatori posizionarsi fuori dalla città, presso la stazione di posta.
"Non ce la faranno mai", mormorò il sindaco.
La donna strinse i pugni con forza spostando lo sguardo a guardare attorno di sé.
Dietro i vetri e gli scuri delle finestre vide i volti impauriti degli abitanti.
Sospirò e si avviò, con calma, verso i cacciatori.

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Capitolo 7
*** Segreto Rivelato ***


Benson si era inginocchiato ed aveva appena terminato di caricare il fucile, quando la donna gli passò a fianco.
"Andate a ripararvi", disse lei senza voltarsi e proseguendo incontro alla mandria.
Il vecchio strabuzzò gli occhi, "Ma che diavolo vuoi fare vecchia pazza!", le urlò dietro, "Vuoi spaventarli con il tuo caratteraccio?"
Si era alzato in piedi pronto a raggiungerla per fermarla, sicuramente doveva essere impazzita.
La paura faceva anche quell’effetto e lui lo sapeva bene.
Dieci anni prima mentre cacciava un orso era caduto e la bestia si era avventata contro di lui. Aveva visto la morte in faccia, incarnata da quell’enorme essere che si stava apprestando a sbranarlo. In quel momento era stato colto da un terrore cieco che, quando aveva visto che non aveva possibilità di fuga, si era tramutato in una rabbia incontrollabile.
Aveva estratto il lungo pugnale da caccia e si era scagliato contro l’animale.
Si era salvato per miracolo e solo perché un suo amico era intervenuto sparando contro la bestia.
Quindi lui lo sapeva bene, la paura fa fare cose stupide come camminare verso una mandria di bisonti in carica.
I bovini erano dannatamente vicini, entro pochi momenti sarebbero piombati su di loro travolgendoli e poi travolgendo la città abbattendo tutto ciò che si parava sul loro cammino.
Mosse due passi verso la donna che ora si era fermata, "So che hai paura ma..."
Le parole gli morirono sulle labbra.
La donna stava... cambiando?
Dapprima pensò di stare sognando, poi di avere perso il senno.
Dorothee si era accucciata a quattro zampe e si stava ingrandendo a vista d’occhio. Era come vedere l’immagine di qualcuno riflessa dall’acqua agitata, c’era delle increspature e man mano che passavano, la donna spariva e qualcosa d’altro prendeva il suo posto.
Oramai tutta la sua attenzione era attirata da quel mutamento.
Non vedeva più la mandria lanciarsi contro di loro.
Non sentiva più il muggire impazzito.
Dopo un tempo indefinito, ma che non doveva essere stato troppo grande visto che la stampede non aveva avuto il tempo di fare più di qualche metro, Dorothee non c’era più.
Al suo posto c’era un drago.
Si, perché quella creatura non poteva essere nient’altro.
Era lungo una decina di metri coda compresa, aveva scaglie argentee che riflettevano la luce del sole facendogli strizzare gli occhi. La coda era lunga e sottile, le zampe posteriori possenti, molto più di quelle anteriori. Il lungo collo era sormontato da una grande testa armata di corna, zanne aguzze e creste ossee.
Il mostro si erse sulle zampe posteriori spiegando le ali.
Il cielo si oscurò mentre le membrane splendenti lo coprivano e riempivano i dintorni di riflessi metallici.
Poi il drago abbassò il capo e ruggì.
Il suono era qualcosa di terribile ma magnifico al tempo stesso.
Era un inno alla forza, alla potenza.
Era come sentire un tuono, lo scrosciare di una cascata, il rombo di una frana.
Era qualcosa di splendido ma spaventoso.
I bisonti, terrorizzati, si aprirono disperdendosi e deviando lontano dalla città.
Il mostro si riabbassò a quattro zampe, chiuse le ali sul suo dorso e poi voltò il capo verso di lui.
"Dorothee?", mormorò Benson esterrefatto.
Gli occhi erano i suoi e lo stavano guardando con tristezza.

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Capitolo 8
*** Animo Umano ***


Un istante dopo cinque cowboy giunsero nel pressi del drago brandendo dei lazzi mentre Borzanov teneva sotto tiro il rettile con il suo grande fucile a doppia canna.
I cavalieri rimasero un momento incerti ed impauriti ma poi la voce del cacciatore li spronò a fare il loro lavoro. Il drago rimase immobile a guardare il vecchio cacciatore, mentre gli uomini lanciavano le corde per bloccarlo. Non fece nulla per liberarsi anche se pareva palese che, se l’avesse voluto, avrebbe potuto farlo agevolmente e senza problemi.
"Ve l’avevo detto!", ruggì il lettone continuando a tenere sotto tiro l’animale, "Si nascondeva tra di voi per uccidervi!"
Dorothee batté le palpebre continuando a fissare Benson, come a cercare una parola di aiuto o di conforto, ancora senza fare nulla per tentare di liberarsi dalle corde che ora la tenevano legata ai cavalli.
Dietro i trappersi, che avevano un’espressione stupita sul volto, gli abitanti di Coldhold erano scesi in strada.
Sui loro volti sguardi impauriti e ripugnati.
"Voi mi davate del pazzo!", ruggì ancora Ivan con odio, rivolto ai paesani, "Ma avevo ragione io!", emise una risata da folle sollevando un pugno al cielo, "Se non fosse stato per me questo mostro vi avrebbe ucciso tutti! Se io non l’avessi smascherato!"
"Ha ragione...", mormorò il sindaco ancora sbalordito dalla cosa, "Altrimenti perché non ci ha mai detto che era... era..."
"Si! E’ solo un mostro!", ruggì la signora Konaris nascondendo il volto della sua bimba dietro la sua gonna, "Voleva ucciderci!"
"Anche tu Benson... sappiamo tutti che avevi un debole per lei...", la voce di Borzanov era crudele, "E lei ti ha preso in giro... ingannandoti... ferendo i tuoi sentimenti..."
Il vecchio cacciatore abbassò il suo fucile a terra ed i suoi occhi si inumidirono, "Maledizione", mormorò, "Mi ha ingannato..."
Dorothee abbassò il capo puntando lo sguardo verso il terreno, nonostante la sua grande mole pareva inerme.
"Dobbiamo ucciderla!", urlò qualcuno dalla folla.
"Si uccidiamo quella bestia!", gli fece eco un’altra voce.
"E così farò!", ruggì il lettone voltando il cavallo e prendendo la mira, "Questo fucile per la caccia ai bisonti è stato modificato e reso più potente...", spiegò mentre chiudeva un occhio mirando al muso del drago, "I suoi proiettili possono superare le spesse ossa della testa di quelle bestie... l’unica cosa che mi spiace è che non soffrirà abbastanza..."
Le dita di Ivan si schiacciarono sul grilletto.




Prima di tutto mi scuso per aver saltato la pubblicazione di due capitoli nelle scorse settimane, chiedo venia!

Poi... Bryluen grazie millemila per i tuoi commenti! :) Sono felice che la storia ti piaccia, spero tu la segua fino alla fine.

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Capitolo 9
*** L'Innocenza dei Giovani ***


"Fermo!", la voce, leggermente incerta, si era alzata dalla folla dei paesani.
Le persone si aprirono a ventaglio e tra di loro avanzò il giovane MacCullon.
Borzanov non abbassò il fucile, ma si voltò verso di lui, "Cosa diavolo vuoi tu moccioso!"
Il ragazzo fece ancora qualche passo, portandosi a fianco di Benson, "Non puoi farlo...", ora la sua voce era leggermente più sicura.
"E perché stupido bamboccio?", il cacciatore abbassò il fucile voltandosi verso di lui.
"Non puoi uccidere Dorothee...", prima che l’altro potesse replicare il giovane continuò a parlare, "E’ sempre stata una di noi... si, era burbera, ma è sempre stata gentile...", la sua voce si era accalorata, "La sua stazione di posta era sempre aperta... non ci ha mai fatto mancare niente... ci ha concesso credito quando non avevamo di che pagarla... ha curato il signor Wagner quando ha avuto la febbre..."
"Ma è un mostro!", lo interruppe Ivan con negli occhi di nuovo quell’espressione folle.
"Lei è un mostro?", Ian avanzò verso di lui senza più paura, "Tu eri pronto a farci uccidere da quei bisonti... lei poteva scappare tranquillamente volando via, ma è rimasta qui per proteggerci!"
Lo sparo cristallizzò la scena e per un lunghissimo istante molti si chiesero cosa fosse successo.
Poi notarono che la canna del fucile da caccia di Borzanov stava fumando.
Notarono anche che il giovane MacCullon ora giaceva a terra con una grande macchia rossa che si allargava sul suo ventre.
"Non meriti di vivere!", il lettone sputò a terra, "Sei stato corrotto da questa bestia...", tornò a voltarsi e mirare verso il drago.
"Butta quel fucile!", Benson aveva sollevato la sua arma e la stava puntando verso il cacciatore.
"Fermati! Maledetto assassino!", gli fece eco il sindaco impugnando la sua vecchia Colt, "Non so cosa mi fosse preso prima... ma è chiaro che sei tu il mostro qui, non lei!"
Ivan si voltò verso di loro puntando il proprio fucile prima verso Benson, poi verso il sindaco, "Anche voi siete stati corrotti..."
"Tu sei pazzo!", il dottor Gregbut si era accucciato di fianco a Ian, ma ora stava guardando lui.
"Voi lasciatela libera!", Benson fu affiancato dagli altri trappers che gli diedero man forte.
"Noi siamo stati pagati solo per tenerlo fermo non per farci ammazzare...", mormorarono i cowboy lasciando andare le funi.
Il drago si scrollò e si liberò dei legacci con facilità.
"Sei solo adesso Ivan... abbassa il fucile...", gli intimò il sindaco puntando verso di lui il revolver.
"No... non potente...", mormorò Borzanov, "Non ora che è qui davanti a me... non mi fermerete..."
Si voltò sollevando il fucile verso il drago.
Stavolta si udirono due spari.

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Capitolo 10
*** Una Vita per una Vita ***


Ivan cadde a terra colpito al petto dal colpo sparato da Benson.
Ma prima di cadere a terra sparò, il suo proiettile speciale colpì ad una zampa il drago che ruggì di dolore.
Una coltre di silenzio si posò sulla scena.
"Grazie", la voce femminile fu sentita da tutti i presenti che si resero conto che non era stata propriamente detta, era stata pronunciata direttamente nelle loro menti.
"Dorothee scusaci", il vecchio Benson si era tolto il cappello premendoselo sul petto e teneva gli occhi bassi.
"Non avete nulla di che scusarvi", rispose il drago, i suoi occhi esprimevano una dolcezza infinita e tutti si chiesero cosa li avesse spinti, poco prima, a chiedere e volere la sua morte.
Un gemito attirò la loro attenzione.
Il dottor Gregbut stava tenendo una mano premuta sullo stomaco del giovane MacCullon che stava sussultando e gemendo di dolore.
Il sindaco si avvicinò ai due, ma il dottore sollevò il capo verso di lui e lo scrollò sconsolato: non c’era più nulla da fare per il ragazzo.
"Mi dispiace Ian...", mormorò Rupert Goldwin abbassando il capo e stringendosi anche lui il cappello al petto, "Se non fossimo stati così codardi forse tu ti saresti salvato..."
Il drago si spostò, la ferita che aveva subito alla zampa si era già rimarginata e lei mosse il grande capo per osservare meglio il ragazzo ferito mortalmente.
"Io posso salvarlo", la dolce voce del drago li fece voltare tutti verso di lei, "Una volta nella vita ci è data la possibilità di procreare", le sue parole erano esitanti, come se fosse stato tremendamente difficile per lei pronunciarle, "Ma noi draghi procreiamo diversamente da voi... una vita per una vita... la mia per la sua", si spostò con una grazia inconsueta fino a trovarsi molto vicino al ragazzo, fece scorrere lo sguardo sugli altri paesani, "Io ho vissuto a lungo... molto a lungo... ho avuto una buona vita... è tempo che passi il testimone a qualcun altro..."
Abbassò il capo aprendo la bocca sopra il giovane, come se volesse ingoiarlo.
Gli uomini si fecero indietro intimoriti, mentre le donne parvero inorridite dalla scena e si affrettarono a tappare gli occhi ai bambini.
Ma il drago non voleva mangiarlo, dalle sue fauci esplose una luce abbagliante che discese, come una sfera luminosa, fino al torace del giovane.
Il rettile chiuse la bocca e la luce si spense come assorbita dal petto del ragazzo.
Dorothee fu scossa da un brivido, "Addio a tutti", la sua voce era tornata leggermente burbera, "Grazie per i giorni sereni che mi avete permesso di passare con voi e grazie anche per quelli meno sereni... mi avete fatto sentire a casa...", mosse il capo per guardarli nuovamente tutti.
Intanto si era appoggiata con l’enorme ventre a terra, come se le gambe avessero smesso di riuscire a sostenerla.
Poi, in un momento e senza nessun suono, semplicemente si dissolse, scomparendo.
Gli abitanti di Coldhold rimasero in silenzio ad osservare lo spiazzo ora vuoto, chiedendosi se i loro occhi avessero davvero visto quello che le loro menti si ostinavano a non accettare.
Fu nuovamente un rantolo a farli ridestare dai loro pensieri, il giovane MacCullon si era sollevato appoggiandosi ad un gomito e li stava guardando confuso, la ferita si era rimarginata e gli restava solo un buco nel mezzo della camicia.
"Che cosa è successo?", chiese con voce incerta.
"Un miracolo...", rispose Benson, "Un miracolo..."

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Capitolo 11
*** Epilogo ***


"E poi cosa hanno fatto?", chiese in modo vivace il bambino più piccolo.
"Beh hanno continuato a vivere nella loro città felici e contenti", la voce dell’uomo era leggermente velata dalla stanchezza.
Il parco cittadino era grande e verde, i bambini vi giocavano mentre le mamme chiacchieravano del più e del meno. Gli alberi impedivano parzialmente di vedere le grandi case della metropoli... parzialmente perché erano così imponenti che svettavano comunque più in alto delle verdi fronde.
Per lo meno, quello schermo vegetale attutiva leggermente i rumori delle auto e dei camion che transitavano nelle strade della città.
"E il drago? Non saranno tutti scomparsi...", la curiosità infantile della bimba dai capelli biondi non si era ancora sopita.
"Non se ne sono più visti da allora", rispose l’uomo alzandosi a fatica appoggiandosi al suo bastone.
"E se non ne esistessero più?", il piccolino grassottello stava guardando l’uomo con occhi tristi.
"Ma sono solo storie!", esplose il più grandicello dei bambinetti, "Non esistono i draghi!"
Gli altri bambini lo guardarono, alcuni annuirono risoluti, mentre due o tre apparvero sconcertati e tristi a questa notizia.
Il vecchio si abbasso fino a portarsi quasi alla loro altezza, "Vi confesso un segreto...", bisbigliò, "Secondo me ne esistono ancora..."
I bambini più scettici sbuffarono, mentre quelli che erano apparsi tristi sorrisero poi tutti sentirono la voce delle loro madri che li chiamavano e corsero via, salutando con la mano l’uomo, pronti a tornare a casa per la cena.
Il vecchio rimase da solo e si addentrò tra gli alberi finché non scomparve alla vista.
Era passato così tanto tempo e lui era stanco.
Stanco di viaggiare da un posto all’altro.
Stanco di non avere legami.
Stanco di nascondersi.
Stanco di vedere volare nel cielo solo quei rumorosi aerei.
Gli uomini avevano dimenticato.
Anche i bambini stavano iniziando a dimenticare e questa era una cosa molto brutta.
Forse era tempo che il mondo conoscesse di nuovo la magia.
Forse era tempo che conoscesse di nuovo i draghi.
Con un sorriso Ian MacCullon mutò, spiegò le possenti ali e prese il volo.
Il suo ruggito rimbombò nel cielo di New York.

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