Trentasei Giorni

di BebaTaylor
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo Uno 20 Luglio ***
Capitolo 2: *** Capitolo Due 21 Luglio ***
Capitolo 3: *** Capitolo Tre 22 Luglio ***
Capitolo 4: *** Capitolo Quattro 23 Luglio ***
Capitolo 5: *** Capitolo Cinque 24 Luglio ***
Capitolo 6: *** Capitolo Sei 25 luglio ***
Capitolo 7: *** Capitolo Sette 26 Luglio ***
Capitolo 8: *** Capitolo Otto 27 Luglio ***
Capitolo 9: *** Capitolo Nove 29 Luglio ***
Capitolo 10: *** Capitolo Dieci 30 Luglio ***
Capitolo 11: *** Capitolo Undici -31 Luglio_ ***
Capitolo 12: *** Capitolo Dodici 1 Agosto ***
Capitolo 13: *** apitolo Tredici -2 Agosto- ***
Capitolo 14: *** Capitolo Quattordici 3 Agosto ***
Capitolo 15: *** Capitolo Quindici *4 Agosto* ***
Capitolo 16: *** Capitolo Sedici 9 Agosto ***
Capitolo 17: *** Capitolo diciasette 10 Agosto ***
Capitolo 18: *** Capitolo Diciotto 11 Agosto ***
Capitolo 19: *** Capitolo Diciannove 12 Agosto ***
Capitolo 20: *** Capitolo Venti 13 Agosto ***
Capitolo 21: *** Capitolo Ventuno -14 Agosto- ***
Capitolo 22: *** Capitolo Ventidue -15 Agosto- ***
Capitolo 23: *** Capitolo Ventitre - 17 Agosto - ***
Capitolo 24: *** Capitolo Ventiquattro 18 Agosto ***
Capitolo 25: *** Capitolo Venticinque - Ventidue Agosto - ***
Capitolo 26: *** Capitolo Ventisei 23 Agosto ***
Capitolo 27: *** Capitolo 27 -24 Agosto- ***
Capitolo 28: *** Capitolo Ventotto - 25 Agosto - ***
Capitolo 29: *** Capitolo Ventinove -Epilogo Un anno dopo - ***



Capitolo 1
*** Capitolo Uno 20 Luglio ***


Niente di quanto narrato in questa fanfiction è reale o ha la pretesa di esserlo. È frutto della mia fantasia e non vuole assolutamente offendere la persona in questione. I personaggi originali appartengono alla sottoscritta.


Trentasei Giorni


Capitolo Uno
*20 Luglio*


Non ci posso credere . Io e Sara, la mia migliore amica, siamo in stazione Centrale a Milano e stiamo per partire per le nostre vacanze. Veramente partiamo fra un’ora e un quarto, ma questo è un piccolissimo dettaglio su cui si può benissimo sorvolare. Anche perché Sara non capisce perché siamo arrivante in stazione alle sette e mezzo quando il nostro treno parte alle nove e trentacinque. Mi ha fatto la predica mentre stavamo salendo sul treno a Garbagnate alle sei e un quarto.
«L’ultima volta abbiamo perso il treno, per questo voglio arrivare prima.» le ho detto, ma lei si era già riaddormentata.
Ora siamo sedute sulle scomode panche e stiamo mangiando la colazione: un panino con il salame lei, una focaccia ripiena di mozzarella e prosciutto crudo io. Intanto cerchiamo di allontanare i piccioni che aspettano solo le briciole.
«Non vedo l’ora di essere là. Pensa, un mese io e te insieme.» dico pulendomi la bocca con un tovagliolino di carta. «Quanti disastri riusciremo a combinare?» esclama lei prima di scoppiare a ridere.
Il suo cellulare suona, con l’allegra musichetta dei tre porcellini. Sara risponde.
«Sono in stazione.» la sento dire mentre si alza e butta il tovagliolino nel bidone dei rifiuti.
«Sono con Jennifer, stiamo andando nella sua casa in Friuli…» Sara torna a sedersi accanto a me e tira fuori le sigarette e io la imito.
«Starò via un mese.» Sara sospira. «Te l’avevo detto. Devo andare, il treno sta per partire. Ti chiamo dopo Angela.» mette via il cellulare e sbuffa. Angela è sua sorella maggiore, ha due anni più di noi, ossia ventotto anni. In realtà compie gli anni il ventidue ottobre. Io, invece faccio gli anni ad Agosto, il tredici per la precisione.
«Cosa ha questa volta?» domando.
Sara sbuffa ancora. «La conosci, è la solita. Si preoccupa troppo per me.» mi risponde.
Io scrollo le spalle. «Se vuoi invitala per un week end.» dico. Lei mi fissa e fa una smorfia.
«Devo proprio farlo?» mugugna.
Io scrollo le spalle. «Se vuoi. Lo sai che io adoro quanto te Angela.» pronuncio prendendola in giro. Sara sorride e si alza.
«Facciamoci un giro.»
«Va bene.» esclamo alzandomi e afferro il manico del mio trolley rosso. Metto lo zaino in spalla, controllo che il marsupio sia ben allacciato e seguo la mia amica.
Conosco Sara da dodici anni, ossia da quando mi sono trasferita da San Antonio, in Texas, in un piccolo paese della provincia di Milano. Mio padre è di New York, ma io sono nata in un ospedale di Los Angeles visto che mio padre lavorava in quella città. Ad otto anni mi sono trasferita a San Antonio. Mia madre invece è friulana, e ha seguito mio padre in tutti i suoi spostamenti perché lo ama.
La stazione è piena di persone che partono per le vacanze. Oggi è il venti luglio e la cosa mi sembra normale. «Si è anche lamentata del fatto che il bar rimane chiuso per un mese e ha paura che succeda qualcosa.» borbotta Sara.
Io e lei due anni e mezzo fa abbiamo comprato un bar, l’abbiamo ristrutturato e gli affari vanno bene. «Ma di cosa ha paura? C’è l’allarme, di notte passa la guardia… e poi, proprio quando siamo in vacanza deve succedere qualcosa?» dico.
Finalmente, dopo quella che mi sembra un’eternità, il nostro treno arriva al binario sedici. Lentamente arriviamo fino alla nostra carrozza e aspettiamo in fila il nostro turno per salire. Una volta sul treno avanziamo lentamente fino ai nostri posti, un po’ a causa delle nostre grandi valige, un po’ per colpa delle tizia davanti a me che procede più lentamente di una lumaca morta.
Sospiro, sbuffo, sospiro e sbuffo ancora. Mi schiarisco la voce ma la tizia che indossa un orribile vestiti con una fantasia a fiori, non si muove di un millimetro. Mi chiedo se stia aspettando la venuta del Messia, l’ispirazione su cosa fare o chissà cosa.
«Mi scusi signora, io e la mia amica dovremmo passare.» le dico con gentilezza anche se avrei voglia di prenderla a calci.
La donna mi guarda come se si accorgesse per la prima volta che sono dietro di lei. Si sposta appena.
«Guardi che non ci passo.» le faccio notare. Le sbuffa e finalmente si sposta.
Io e Sara sistemiamo i bagagli nell’apposito vano sopra i sedili e per poco non ci ammazziamo quando la sua valigia sembra intenzionata a caderci in testa.
«Potevamo prendere però le valigie più piccole.» dice la mia amica con il fiatone.
Io scrollo le spalle. «Sarebbe stato uguale.» dico sedendomi accanto al finestrino.

Il treno si ferma alla stazione di Peschiera del Garda e noi siamo proprio di fronte alla grossa statua di Prezzemolo. Faccio “ciao-ciao” alla statua con la mano destra. Immagino già cosa dirà Sara.
«Quando ci torniamo?»
Ecco, lo sapevo che avrei indovinato. La guardo e accenno un sorriso. «Direi magari a settembre… ci siamo già quattro volte da quando è iniziata la stagione.»
Sara poggia le mani sui tavolini che dividono i nostri posti e sorride. «Lo so, ma piace a tutte e due.»
Io sospiro e appoggio la testa al poggia testa. Sarà una vacanza indimenticabile, lo sento.

Siamo nella stazione di Venezia Mestre e stiamo aspettando il treno per Udine. Dovrebbe arrivare alle dodici e sedici. Abbiamo il tempo di fumarci una sigaretta, svuotare il distributore automatico dalle patatine e di prendere un mocaccino. Anzi, il mocaccino lo prendo solo io.
Siamo in piedi accanto ai nostri bagagli perché le panchine sono tutte occupate. Mi accorgo che la tizia che bloccava il passaggio è poco distante con noi e sta parlando, anzi sarebbe meglio dire che sta litigando, con qualcuno al cellulare. Butto il bicchierino in plastica ormai vuoto e il treno si ferma. Una delle porte è proprio davanti a noi. Aspettiamo che salga un po’ di gente e saliamo con noi.
«Siamo quasi arrivate!» esclama allegramente.
«Oh sì. Domani o dopo andiamo al Città Fiera?» chiedo riferendomi al centro commerciale alle porte di Udine.
Sara annuisce vigorosamente. «Certo. Un po’ di sano shopping è quello che ci vuole!»
Appena finisce di parlare il mio cellulare suona. Lo cerco all’interno del marsupio domandandomi perché più la borsa è piccola più faccia fatica a trovare le cose. Finalmente trovo il cellulare. È Maddalena, la sorella minore di Sara. Mi chiedo perché mi stia chiamando.
«Pronto?» dico.
«Jenny!» strilla Maddalena. Io alzo gli occhi al cielo. Che diavolo ha questa volta? Lei ha sempre qualcosa, ma forse è perché ha appena compiuto diciassette anni.
«Maddalena, cosa vuoi?» domando mentre noto che Sara mi sta guardando sorpresa e infastidita allo stesso tempo.
«Ho appena saputo una cosa stupenda!» la ragazza continua a strillare. Ma perché urla tanto? Mi renderà sorda!
Abbasso il volume e sospiro. «Che cosa?» le chiedo.
«Jared Padalecki e Mark Taylor stanno girando un film lì in Friuli, a Racchiuso!»
«Cosa?» questa volta sono io a strillare come una cretina e per di più mi sono alzata in piedi.
«Cosa è successo?» domanda Sara. Io scuoto la testa e torno a sedermi di fronte a lei.
«Sì, sì, è così. Ti prego, ti prego ti prego! Convinci mia madre a farmi stare da te più di cinque giorni!» piagnucola.
«Vedrò cosa posso fare. Ora devo andare sta arrivando il controllore.» dico e chiudo la chiamata. In realtà non è vero, il controllore è passato cinque minuti fa, avevo solo bisogno di una scusa plausibile per chiudere la chiamata.
«Allora? Cosa si è inventata questa volta quella peste?» mi chiede Sara mentre metto via il cellulare.
Avvicino la testa al suo orecchio destro. «Mark Taylor e Jared Padalecki girano un film lì a Racchiuso!» sussurro.
Lei si copre la bocca con la mano e i suoi occhi grigi sembrano brillare.
«Sul serio?» mi chiede.
Io annuisco. «Sì, lo sai che tua sorella è sempre una fonte d’informazioni attendibile.» mi fermo un secondo per trovare il modo do dirle quello che mi ha chiesto Maddalena. Non sarà contenta, visto che tutte e due sono pazze per Jared anche se Maddalena lo è di più, voleva persino tatuarsi “Jared I love You ” con un cuore rosso al posto di “love”. Beata innocenza, mi verrebbe da dire. Per fortuna Cristina, la madre di Sara, Maddalena e Angela, ha detto no a questa follia.
«Maddalena mi ha chiesto di convincere vostra madre a farla rimanere più tempo.» dico velocemente senza guardarla. «No! Non ci provare nemmeno!» esclama con veemenza Sara. «Jared lo voglio tutto per me!» continua prima di scoppiare a ridere.
Sono nella merda. Sono veramente nella merda. Il perché?
Perché io conosco Jared da quando avevo otto anni, perché eravamo vicini di casa, perché in questi anni ci siamo sentiti e ci siamo visti, perché mi ha invitato al suo matrimonio ma io ho rifiutato l’invito adducendo una scusa. Chiudo gli occhi e respiro profondamente. Il problema non è solo questo. Il problema è che Sara e Maddalena non lo sanno. Anzi, escludendo i miei genitori e i miei fratelli e mi cognata, nessuno lo sa.
«Tutto bene?» mi chiede Sara attorcigliandosi una ciocca dei capelli biondi sul dito indice della mano destra. «Tutto bene, non preoccuparti.» rispondo anche se non è vero.
Come posso spiegare la situazione a Sara e a Maddalena? Come posso dire loro che ho mentito? No, io non ho mentito. Loro non mi hanno mai chiesto “Ehi, visto che hai vissuto a San Antonio non è che conosci Jared Padalecki?” No, loro non mi hanno chiesto mai nulla. Io ho semplicemente omesso un piccolo particolare. Sempre se conoscere un attore famosissimo sia un piccolo dettaglio. Riprendo in mano il cellulare e mi collego a internet. Trattengo un imprecazione quando, nero su bianco, mi appare la news che Jared è veramente in Italia a girare un film, Afferro una bottiglietta d’acqua dallo zaino e bevo a piccoli sorsi.
«Tutto bene? Cos’è sei ansiosa per Jared?» mi domanda Sara e io per poco non mi strozzo con l’acqua.
«Cazzo Sara, prima o poi mi farai morire!» borbotto asciugandomi il mento con il dorso della mano. Lei ridacchia. «No, non sono ansiosa per lui. È tua sorella o meglio, la sua reazione che mi fa preoccupare.»
«Ci penserò io a lei. Per ora godiamoci la vacanza senza quella peste.» Sara si passa una mano fra i capelli che le superano di qualche centimetro le spalle e si appoggia allo schienale della poltroncina.

Sono le due e mezza e siamo sedute nel bar della stazione di Udine e attorno al nostro tavolino ci sono nostri bagagli. «Credo che la prossima volta dovremmo portare meno roba.» osservo smettendo di sorseggiare il mio caffè freddo con il Baileys. Sara inarca un sopracciglio e scoppia a ridere.
«In un’altra vita, forse.»
Io scrollo le spalle e poso il bicchiere su un sotto bicchiere della birra Carlsberg. Credo che me lo prenderò, è così carino. È quadrato con gli angoli smussati con lo sfondo verde. Al centro spicca il logo della birra. Anche se forse questo sotto bicchiere ce l’ho già, ficcato in quella scatola in mezzo a tutti gli altri sotto bicchieri.
Stiamo aspettando mio cugino Alfredo. Quando l’ho chiamato era al lavoro. Costruisce siti web e spesso lavora da casa. Dovrebbe essere qui a minuti, o almeno lo spero, visto che voglio farmi una doccia.
«Jennifer!» mi sento chiamare. Mi volto e mi trovo davanti Alfredo, che con i suoi capelli ricci e biondi e con i suoi occhi azzurri assomiglia a un cherubino.
«Alfi!» esclamo alzandomi e abbracciandolo con foga. Lui mi stringe e mi bacia le guance.
«Possiamo andare?» domanda afferrando il mio zaino e mettendoselo in spalla. Io e Sara annuiamo.
«Lo sapete che ci sono due attori che stanno girando un film?» domanda mio cugino mentre sistemiamo le valige e gli zaini nel portabagagli della sua auto.
«Lo sappiamo, lo sappiamo.» rispondo. Poco dopo siamo in auto diretti verso quella che una era la casa dei miei nonni materni.

La casa è una villetta singola, con garage e un vecchio fienile ormai in disuso. L’abitazione è su tre piani, anche se l’ultimo è solo un solaio non utilizzato. La facciata è dipinta di un rosa chiarissimo. Io e Sara entriamo, ringraziamo Alfredo e ci sediamo sul dondolo per fumare una sigaretta. Un paio di piante di uva americana si arrampicano lungo la parete est del fienile. Quest’uva è buonissima, peccato per un piccolo effetto collaterale…

Io e Sara portiamo, con molta fatica aggiungo, le nostre valige in camera mia, che si trova al piano superiore. La mia stanza ha le pareti dipinte di lilla una finestra che dà sul davanti della casa e una porta finestra che dà sul vecchio balcone in legno. Posiamo le valige sul letto matrimoniale e iniziamo a svuotarle mettendo le nostre cose nell’armadio e nei cassetti del comò. Ci impiegamo un po’ a sistemare la nostra roba.
«Andiamo a fare un giro?» propone Sara infilando la valigia vuota nell’armadio.
Io la guardo sorpresa, anche se so perché vorrebbe andare a fare un giro adesso.
«Perché?» chiedo.
Lei abbassa il viso si stropiccia le mani poi mi guarda. «Beh, sai… voglio vedere se riusciamo a vedere Jared e Mark…» mormora.
Io sorrido. Potrei quasi fare l’indovina.
«E va bene.» dico afferrando il marsupio che avevo gettato sul comò. Scendiamo le scale di legno , afferro le chiavi che avevo posato sul tavolino e usciamo da casa Ci dirigiamo in silenzio verso la “Madonnina”, ascoltando solo il rumore dell’acqua del ruscello, il cinguettio degli uccellini e i versi delle poiane, versi che assomigliano al miagolio di un gatto. Siamo quasi a metà strada quando un pallone da basket rotola lentamente fino a noi. Mi abbasso e lo raccolgo mentre Sara si guarda attorno per vedere di chi sia la palla.
«Per fortuna che siamo passate solo noi, se ci passava sopra un’auto rischiava di fare un incidente.» borbotto.
«Sara?» chiamo la mia amica, poi mi giro verso di lei e noto che guarda fisso qualcosa e che ha le mani davanti alle labbra, come se volesse trattenere un urlo. Guardo nella sua stessa direzione e per poco non faccio cadere il pallone.
«Scusa, quella è mia.» mi dice uno dei due ragazzi parlando in inglese. Io annuisco come una scema e gli allungo la palla.
«Ma… sono loro!» mi sussurra Sara aggrappandosi al mio braccio e stritolando con forza.
«Già.» rispondo, quasi sollevata dal fatto che Jared non mi abbia riconosciuta.
«Grazie.» esclama lui con un sorriso e la presa di Sara si fa, se possibile, ancora più forte.
«Di nulla.» rispondo nella stessa lingua.
«Sei sempre la stessa, non sei cambiata.»
Oh merda.
«Cosa? Cosa vuol dire?» domanda Sara in inglese.
«Lei chi è? La conosci?» domanda Mark Taylor che fino ad ora è stato zitto.
Jared sorride e sulle guance gli si formano due adorabili fossette. Le ho sempre adorate quelle fossette.
«Lei è la mia ex vicina di casa. Mark ti presento Jennifer Maria Green,» risponde Jared.
Sara molla il mio braccio, si allontana di qualche passo e mi fissa. Anche Mark mi fissa. Jared invece si limita a sorridere.
Perché? Perché a me? Cosa ho fatto di male? Dio ti prego, apri una voragine sotto di me!
«Piacere.» esclama Mark avvicinandosi a me con il braccio teso. Io gli stringo la mano.
«Piacere mio.» mormoro.
«Devi spiegarmi un sacco di cose.» esclama Sara incrociando le braccia al petto.
E ora? «Mmm, ecco vedi… io e Jared eravamo vicini di casa quando vivevo in Texas… e»
«Perché non me l’hai detto?» m’interrompe lei.
Cosa rispondo? Intanto Jared e Mark ci guardano divertiti. Non capiscono nulla di quello che ci stiamo dicendo, stiamo parlando in italiano, ma sembrano divertirsi.
«Non mi avresti creduto.» rispondo.
Sara si morde il labbro inferiore, sposta lo sguardo verso la collina alla sua destra. «È vero, non ti avrei creduto. »
«Avete programmi per cena?» s’intromette Mark.
«No!» risponde Sara fissandolo. Mark è un bel ragazzo. È alto quasi quanto Jared, ha i capelli biondi e corti e gli occhi azzurri. E un sorriso meraviglioso.
«Venite a cena con noi? Stavamo pensando di andare a mangiarci una pizza.» propone Jared guardandomi e per poco non mi viene un infarto.
«Sì, sì.» esclama allegramente Sara. Io mi limito ad annuire, sembra che abbiano deciso tutto loro. «Sapete il numero dei taxi?» domanda Mark.
«Abbiamo la macchina.» rispondo io. La macchina, una semplice utilitaria blu, è posteggiata nel garage accanto alla casa. I miei sono stati qui e sono tornati a casa lo scorso fine settimana, per cui sono sicura che la macchina sia a posto.
«Oh, è vero. Me ne sono dimenticata.» pronuncia Sara. Raramente usiamo la macchina, preferiamo usare i mezzi pubblici.
«Perfetto. Andiamo?» Jared mi circonda le spalle con un braccio e andiamo verso casa. Non sono più abituata a queste sue attenzioni, che ovviamente mi fanno piacere, ma m’imbarazzano molto.
«Josh e Carl?» mi domanda il mio amico.
«Stanno bene. Carl lavora a Roma. Josh, sua moglie e i bambini stanno bene. Mi cognata è ancora incinta partorirà a Febbraio.» rispondo. Carl e Josh sono i miei fratelli. Carl è il più grande e ha tre anni più di me, mentre Josh è il mio gemello ed è nato tre minuti e mezzo prima di me.
Jared annuisce, ed è pensieroso. Ho notato qualcosa di strano quando ho pronunciato la parola “moglie”.
«Tutto bene?» gli domando. Sara e Mark sono dietro di noi e stanno chiacchierando allegramente della vacanza che abbiamo fatto io e lei l’anno scorso da mia cugina Charlie a New York.
«Tutto okay. Perché me lo chiedi?»
Io scrollo le spalle. «Nulla, mi sei sembrato strano.» rispondo.
«Sto bene, fidati.» Jared mi sorride.
«Siamo arrivati.» dico fermandomi davanti a casa. «Devo entrare a prendere le chiavi.» esclamo. Entro in casa e cerco velocemente le chiavi nell’ultimo cassetto del mobile in cucina. Le trovo sotto una presina a forma di cerchio. Le prendo, esco da casa e chiudo la porta a chiavi e con le stesse apro il garage.
«Guido io, so dove andare.» dico aprendo la portiera dal lato del guidatore. Sara annuisce. Io salgo e pochi minuti dopo siamo tutti e quattro in macchina.
«Altre novità?» mi domanda Jared che seduto dietro di me.
«Nulla di che.» rispondo fermandomi allo stop. Non passa nessuno ed io svolto a destra, diretta verso Attimis.
«I tuoi stanno bene?» domanda ancora.
«Sì, stanno benissimo. Perché tutte queste domande? Dimmi di te, piuttosto. Come va?» domando.
«Oddio! Maddalena!» strilla Sara. Non posso mettere la mano sul fuoco, ma giurerei di aver sentito un sospiro di sollievo uscire dalle labbra di Jared.
«Chi è?» domanda, curioso, Mark.
«Sua sorella.» rispondo. «Perché hai strillato?» chiedo a Sara. Il paesaggio che scorre fuori dai finestrini è sempre uguale. Prati, colline, vigneti più o meno grandi. Giungiamo a un bivio ed io proseguo a sinistra. La nostra meta non è lontana.
«Come perché? E me lo chiedi pure!» mi risponde in italiano abbassando l’aletta para sole e guardandosi nel piccolo specchio.
«Ah! Ho capito.» dico.
«Ci sei arrivata! Come facciamo? Arriva qui settimana prossima.»
«Ehi, voi due! Potreste farci capire qualcosa?» domanda Mark.
«No.» gli rispondo quasi divertita. Svolto a destra prima di entrare nel centro di Nimis. Qui vicino c’è un ristorante dove da piccola volevo sempre andare. «Vedremo. Ci pensiamo dopo. Magari domani. Ora pensiamo a goderci la serata.» continuo.
Finalmente arriviamo davanti alla pizzeria. Trovo un posteggio sul retro dell’edificio e scendiamo tutti e quattro. Mi avvicino Jared che sembra perso in un mondo tutto suo. Ha lo sguardo assente. «E Genevieve come sta? Non è qui vero?» gli domando.
Lui scrolla le spalle. «No, è rimasta a Vancouver. Sta bene.» mi risponde. Lo guardo sorpresa. Quando a dicembre mi ha chiamato per invitarmi al matrimonio non finiva più di parlare di lei e ora mi liquida in questo modo? C’è qualcosa di strano. È solo quando posa la mano sulla maniglia della porta del locale che mi accorgo che non porta la fede. E questo mi sembra ancora più strano. Indagherò.
Troviamo un tavolo in un angolo appartato della saletta più piccola. Ci sediamo e i ragazzi sono seduti di fronte a noi. Il locale è mezzo vuoto e nessuno fa molto caso a due attori, un’italo-americana e un’italiana che stanno decidendo quale pizza mangiare.
Il cameriere, figlio dei proprietari della pizzeria, ci porta il menù.
Apro il mio e lo sfoglio senza neanche leggere quello che c’è scritto, tanto so già cosa prendere. Sento che qualcuno mi sta fissando ed io odio essere fissata. Alzo la testa dal menù e vedo Jared, che è seduto davanti a me che sorride.
«Che c’è?» domando chiudendo il menù dalla copertina nera.
Lui scrolla le spalle. «Nulla. Mi chiedevo solo che fine avesse fatto il tuo amico.» mi domanda piegando leggermente la testa da un lato. Il mio amico… scommetto che intende Edoardo, il mio ex.
«Intendi Edoardo?» chiedo. Lui annuisce e prende un pacchetto di grissini, lo apre e ne prende uno.
«Credo che stia bene. Non lo vedo da un pezzo.» dico mentre una cameriera arriva a prendere le ordinazioni. Quando se ne va mi arriva un messaggio.
“Quando chiami mia madre per chiedergli quella cosa là?”
«È tua sorella, mi chiede quando chiamo vostra madre.» dico a Sara.
Lei scrolla le spalle e sbuffa. «Mi farà diventare matta.»
«Le dico che chiamo domani. E lo faccio, tanto tua madre dice di no, lo so già.» esclamo mentre la cameriera ci porta le birre.
«La finite di parlare in italiano? Non capiamo nulla.» pronuncia Mark incrociando le braccia.
Gli sorrido. «Imparate l’italiano e vedrete che non avrete più problemi.»
Mark mi guarda, inarca un sopracciglio e scoppia a ridere. «Ora che lo imparo sarò morto.»
Mentre lui parlava io ho scritto la risposta per Maddalena.
“Ciao Maddalena, domani chiamo tua madre.”
Invio il messaggio e bevo un sorso di birra. Finalmente arrivano le nostre pizze. Io ho scelto una pizza con il salmone, Sara ha preso una quattro stagioni, Mark una quattro formaggi e Jared una con le zucchine grigliate.
«Quando vi siete lasciati?» domanda Jared.
Afferro la forchetta e prendo un pezzetto di salmone. «Ai primi di marzo.» rispondo prima di gustarmi il salmone.
Mentre mangiamo parliamo poco e niente. Guardo fuori dalla finestra e guardo il cielo che comincia a tingersi del blu della notte. Come prima, sento lo sguardo di Jared posato su di me. Lui lo sa che odio essere fissata, lo sa perché è una cosa che odio da sempre.
Lo guardo interrogativa, ma lui non mi dice nulla, si limita a mangiare la sua fetta di pizza.
Mi arriva un altro messaggio, sempre da parte di Maddalena.
“Fallo che voglio vedere Jared! Lo voglio! Lui sarà mio! L’avete già visto?”
Do una gomitata a Sara e le passo il cellulare per darle leggere il messaggio.
«Ma è scema? Ma che cos’ha nel cervello, segatura?» sbotta lei prima di pulirsi la bocca nel tovagliolo color rosa pastello.
«Ha diciassette anni, lasciala sognare un po’.» le dico con un sorriso. Lei alza le spalle, sbuffa e posa le posate all’interno del piatto vuoto. «Non le rispondo, lo farò più tardi.» aggiungo infilando il cellulare nel marsupio.
«Ma cosa avete per parlare in italiano e non farci capire nulla?» domanda Jared. Anche lui ha finito la pizza. «Affari nostri.» risponde Sara.
«Chi prende il dolce?» domanda Mark. Alzo timidamente la mano.
«E figurati se non prendevi il dolce.» mormora divertito Jared. Poso i gomiti sul tavolo e appoggio il mento sulle dita intrecciate.
«E allora? Ho un buon metabolismo, non ingrasso facilmente. E poi con tutto il movimento che facciamo al locale…» ribatto e lui sorride. Sorrido anch’io.

Sono le dieci e mezzo e siamo appena usciti dal locale. Jared ha insistito per pagare per tutti, anche se io non volevo e il proprietario ci ha offerto il limoncello.
Sara prende le sigarette e me ne passa una, io l’accendo con il mio accendino verde mela.
«Fa male.» ci fa notare Jared.
Io alzo le spalle con aria indifferente. «Tanto dobbiamo morire tutti.» dico. Mark mi guarda sorpreso ma non dice nulla invece Jared scoppia a ridere.
Lentamente ci avviamo alla macchina, mentre i grilli friniscono nella notte friulana.
Mi appoggio all’auto e vicino a me si mette Sara e fumiamo le nostre sigarette.
«Rimanete qui fino al?» domanda Jared.
«Fino al ventiquattro agosto.» risponde Sara fissando Mark. Lui le sorride e lei ricambia. Io li guardo sorpresa. Mi verrebbe voglia di chiede a Sara che fine ha fatto Enrico… se fino a due giorni fa continuava a parlarmi di lui! Dopo, quando saremo a casa da sole, la bombarderò di domande.
Finiamo le sigarette e saliamo in macchina. Sara, con mia grande sorpresa, sale dietro con Mark. Mi chiedo cosa si siano detti quei due quando si sono incrociati in bagno… Jared si siede accanto a me.
Nessuno di noi parla, per cui accendo l’autoradio e la sintonizzo su una stazione locale. La speaker sta parlando delle vacanze, chiede agli ascoltatori se ci sono già stati o se ci devono andare e dove. Il ritorno sembra infinito con questo silenzio.
Tiro un sospiro di sollievo quando arrivo davanti al garage.
«Dammi le chiavi, apro io.» esclama Jared.
«La chiave è la più grande.» gli dico dandogli le chiavi. Lui scende e apre la porta del garage. Posteggio e scendo insieme a Sara e Mark. Jared chiude il garage con la chiave che poi mi lancia. Io prendo il mazzo al volo.
«Noi dobbiamo andare, domani ci dobbiamo alzare all’alba.» esclama Mark infilando le mani nelle tasche dei jeans.
«Ehm… va bene. Buona notte.» pronuncia Sara avvicinandosi al ragazzo, lui tira fuori le mani dalle tasche e l’abbraccia per un breve istante.
«Sei gelosa?» mi domanda Jared avvicinandosi.
Io scrollo le spalle. «Sorpresa, direi.» rispondo.
Lui mi fissa per qualche secondo e mi abbraccia. Io ricambio e poso la testa sul suo petto e respiro il suo profumo. «Sono felice di poter passare un po’ di tempo con te come ai vecchi tempi.» mi sussurra nell’orecchio. Io sorrido e lentamente faccio un passo indietro.
«Anch’io lo sono.» dico. Mi accorgo che Mark e Sara ci stanno fissando. Mi avvicino a Mark per salutarlo e lo stesso fa Sara con Jared.

«Allora… cosa c’è stato fra voi due?» la domanda di Sara giunge a bruciapelo appena ho chiuso la porta.
«Fra me e…?»
Sara posa le mani sui fianchi e assume quell’espressione che vuol dire “so che lo sai”.
«Intendo tu e Jared.» mi dice incrociando le braccia al petto.
«Nulla, non c’è stato nulla. Eravamo… siamo amici, tutto qui.» rispondo.
Sara inarca un sopracciglio e poi si volta per andare verso le scale. A metà scalinata si ferma e si volta verso di me. «Ci credo poco, ma ti do il beneficio del dubbio.» esclama con un sorriso. Adora Sara, come si fa a non adorarla? È irresistibile.
«Mi perdoni?» chiedo.
«Per cosa?» domanda lei di rimando.
«Per non averti detto di Jared.» rispondo.
«Certo.» esclama. Poi si dirige verso il bagno. «Vado prima io!» esclama prima di chiudere la porta dietro di sé. Scuoto la testa ed entro in camera. Mi siedo sul letto e slaccio il cinturino dei sandali che lascio lì sul pavimento. Mi spoglio rimanendo con addosso solo un paio di slip neri, afferro il vestitino che uso per dormire e lo metto. Prendo il cellulare e mi siedo a gambe incrociate sul letto. Lo ripongo sul comodino dopo aver guardato l’ora.
Sara entra in camera e prende il suo pigiama da sotto il cuscino.
«Vado in bagno.» dico gattonando fino alla pediera del letto per poi posare i piedi sul tappeto verde con dei rombi colorati. Infilo le infradito di plastica e vado in bagno.
La stanza è di fronte alla mia stanza, ed è grande, con le piastrelle giallo scuro. Di fronte alla porta c’è una finestra da cui si possono ammirare le colline ricoperte di alberi e un piccolo vigneto alla fine di un grande prato verde. Ovviamente si può ammirare tutto questo di giorno, perché ora è impossibile visto che è buio. Mi guardo al grande specchio dalla cornice bianca e sospiro. Afferro la mia spazzola e inizio a pettinarmi i lunghi capelli castani.

Quando torno in camera, trovo Sara che sdraiata sul letto che legge una rivista che ha preso stamattina in stazione. Mi sdraio sul letto e m’infilo sotto il lenzuolo e la leggera coperta.
«Lo diciamo a tua sorella di questa cena?» domando.
Sara posa la rivista sul piccolo comodino in legno e mi guarda. «Ma sei scema? Se lo facciamo, ucciderà prima te e poi me.» esclama guardandomi.
Forse ha ragione. Maddalena è imprevedibile, se le diciamo qualcosa si arrabbia, ma si arrabbierà anche se le teniamo nascosta la cosa e le lo dovesse scoprire.
«Si arrabbierà ugualmente se lo scopre.» faccio notare.
Lei alza le spalle e si sistema meglio sul cuscino. «Imparerà che non può pretendere di sapere tutto, sono affari nostri. E poi ci penseremo quando arriverà.» Sara spegne la luce mentre io prendo la sveglia dal comodino.
«A che ora punto la sveglia?» dico sbadigliando.
«Alle otto e mezzo?» propone Sara.
«Uhm, direi che va bene.» esclamo sistemando la sveglia . Spengo la luce. «Buonanotte.» sbadiglio ancora.
«Buonanotte.» mormora lei.
Chissà se domani rivedremo quei due. E chissà cos’ha Jared. E perché non porta la fede. La voglia di impicciarmi e chiederglielo ce l’ho, ma vorrei che fosse lui ha confidarmi se ha qualche problema. Magari non ne ha ed è solo una mia impressione. Vedremo.

Ok, ringrazio tutti quelli che sono giunti alla fine di questo primo capitolo. Ci ho messo qualche giorno a scriverlo e sono abbastanza soddisfatta del risultato. Era un’idea che avevo in mente da un po’. I paesi citati esistono realmente, e li ho scelti perché ci vado in vacanza da ventisette anni e perché presto andrò a vivere lì. Gradirei la vostra opinione :)
BebaTaylor

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Capitolo 2
*** Capitolo Due 21 Luglio ***


Niente di quanto narrato in questa fanfiction è reale o ha la pretesa di esserlo. È frutto della mia fantasia e non vuole assolutamente offendere la persona in questione. I personaggi originali appartengono alla sottoscritta.


Trentasei Giorni


Capitolo Due
*21 Luglio*


«Jenny sveglia, sono le dieci e mezzo!» mi dice, anzi, praticamente mi urla nell’orecchio, Sara. Apro i miei occhi castano verdi e rendendomi conto della gravità della situazione –è tardissimo, dobbiamo ancor prepararci, devo far benzina e infine per arrivare al centro commerciale ci vogliono circa venti minuti se non di più- balzo a sedere sul letto.
«Ma la sveglia non ha suonato? Non l’ho sentita! Cazzo, è tardissimo!» esclamo alzandomi in piedi. Mi volto verso di lei e noto che si copre la bocca con la mano, cercando di trattenere una risata. Ma non ci riesce e scoppia a ridere. La guardo mezza sorpresa e mezza indignata, quindi afferro la sveglia e scopro che cono solo le sette e venti.
«Bello scherzo.» esclamo sedendomi sul letto.
«Ci sei cascata in pieno!» mormora lei. Io afferro il cuscino e glielo lancio contro prendendola in pieno viso. Lei smette di ridere, prende il cuscino e me lo dà in testa.
«Vuoi la guerra?» rido prima di afferrare il suo cuscino e iniziare una lotta. Lotta che finisce quando il mio cellulare, che ogni tanto lascio acceso di notte, suona.
“Ricordati che devi chiamare mia madre!”
«È quella scassa minchia di tua sorella.» borbotto alzandomi dal letto.
«Cos’è, ti ha chiesto di chiamare mia madre? È una vera minchiona, tanto dirà di no.»
Mi alzo dal letto e mi avvicino all’armadio aprendolo. «Sì, mi ha ricordato che devo chiamarla. È stressante quando ci si mette.» dico afferrando un paio di pantaloncini in jeans e un top bianco.
«Se è stressante adesso figurati quando sarà qui. Ci obbligherà a pedinare tutto ilo giorno Jared e Mark.» anche lei si è alzata e ora è di fronte all’armadio indecisa su cosa indossare.
«Maddalena è minorenne, se vuole stare qui con noi deve sottostare alle nostre regole.» esclamo levandomi il vestitino rosso che ho rovinato versandoci sopra della candeggina. Prima era di un bel rosso corallo, ora ha una grossa macchia più chiara che parte dal fianco sinistro per estendersi su tutta la pancia.
«Non pensare che ci ubbidirà ciecamente, non lo fa con mia madre, figurati se lo farà con me.» Sara si siede sul letto e indossa un paio di pantaloni neri stile capri.
«Basta minacciarla di rimandarla a casa se non farà quello che vogliamo noi.» mi cambio anch’io e esco dal bagno. Mi fermo nel corridoio e guardo fuori dalla finestra. Un gatto bianco se ne sta sdraiato pancia all’aria in mezzo al cortile, e muove le zampette come se cercasse di prendere qualcosa. Un insetto o una farfalla.
«Mangiamo al centro?» sento urlare Sara mentre chiudo la porta del bagno.
«Sì.» rispondo alzando la voce.

Finalmente, alle nove e mezzo, posteggio nel parcheggio del centro commerciale “Città Fiera”. Ebbene, sì, mi sono persa. Ma non è tutta colpa mia, è da tanto che non venivo qua e ho dimenticato la strada.
«Chiama mia madre, prima che mia sorella ti scrivi ancora.» mi consiglia Sara.
Io sbuffo ma so che ha ragione. Prendo il cellulare dalla borsa e compongo il numero di casa di Sara.
Dopo pochi squilli Cristina, la madre della mia amica mi risponde.
«Ciao Cristina.»
«Ciao Jennifer, è successo qualcosa?» noto un filo di preoccupazione nella sua voce.
«No, stai tranquilla, è tutto a posto. Chiamavo per chiederti se Maddalena può rimanere qui qualche giorno in…»
«No. Starà lì cinque giorni.» m’interrompe lei. «E se continua a farmi arrabbiare non verrà per niente. Doveva pensarci bene, prima di farsi bocciare.»
«Ehm, sì, credo che tu abbia ragione. Grazie lo stesso. Salutami tuo marito.» esclamo prima di concludere la chiamata.
«Ha detto no, vero?» mi domanda Sara avviandosi all’ingresso del centro commerciale.
«Sì. Chissà come reagirà quando lo saprà. Probabilmente ci chiamerà disperata.» rispondo seguendola.
Sara scrolla le spalle. «Non è un problema mio.»

Come avevo previsto, Maddalena mi chiama appena ci sediamo al tavolo di un ristorante per pranzare.
«Ciao Maddalena.» le dico rispondendo alla chiamata.
«Perché non l’hai convinta? Siete tutti cattivi con me!» urla fra i singhiozzi, mentre io indico cosa voglio mangiare sul menù. Sara annuisce.
«Coca?» mi sussurra e io annuisco.
«Madda, noi non siamo cattivi. Tua madre ha deciso così e non fosso fare nulla. Sei minorenne e devi fare quello che dice lei, anche se non ti piace. Non ti sta mica vendendo ad un vecchio panzone pervertito.» le dico.
«Non è vero! Voi non mi capite! Siete… io voglio vedere Jared!» piagnucola.
«E lo vedrai. Starai qui cinque giorni, pensi di non vederlo?» le dico cercando di consolarla.
«Tu non capisci, come mia madre. Non capisco perché non mi voglia far star via più tempo.» dice un po’ più tranquilla.
«Devo ricordartelo? Sei stata bocciata perché non hai studiato, e all’inizio dell’anno sei stata sospesa. Mia madre non mi avrebbe mandato via nemmeno mezza giornata e avrebbe avuto ragione.» esclamo.
«Ma io lo amo! Siete tutti stronzi e cattivi! Se non passo tanto tempo con lui come farà ad accorgersi che sono la donna giusta per lui? Voi volete che io sia infelice!» urla prima di riattaccare il telefono.
«Ma è mestruata?» domando a Sara infilando il cellulare in borsa.
«Perché?» domanda mentre la cameriera si avvicina a prendere le ordinazioni.
Quando se ne va, riprendo il discorso. «Perché ha detto che siamo tutti cattivi, che se non passa tanto tempo con… lui, lui non si accorgerà che lei è la donna giusta per lui.»
«Ma è scema?» si domanda Sara.
Io scrollo le spalle. «Ah, siamo tutti stronzi e cattivi.» la informo.
«E che lo pensi pure, non mi faccio rovinare le vacanze da lei.» esclama lei posando il gomito sul tavolo e il viso sul palmo della mano.
«Quando andiamo a Lignano?» domando cambiando argomento.
«Settimana prossima?» propone lei.
«Per me è uguale.»
«A meno che…» esclama lei fissandomi con i suoi splendidi occhi grigi.
«A meno che… cosa?» le chiedo io che non ho capito dove voglia andare a parare.
Lei sorride. «A meno che tu non voglia passare del tempo con Jar… lui.» spiega sorridendomi.
«Tu sei scema.» le dico. «A proposito, cos’erano quegli sguardi che tu e Mark vi scambiavate ieri sera?» aggiungo abbassando il tono di voce nell’ultima parte della frase.
Lei scrolla le spalle. «Ehm, nulla. Cioè è un bel ragazzo, sembra interessante.»
«E Enrico?» le chiedo maliziosa. La cameriera arriva con le nostre ordinazioni.
«Ah, Enrico. Beh, nulla anche lui. Mica ho promesso di essergli fedele. Non siamo nulla.» borbotta.
Sorrido, quasi mi aspettassi una risposta del genere da lei. Come si suol dire, conosco i miei polli.

Alle sei del pomeriggio siamo a casa. Lasciamo i sacchetti contenenti i nostri acquisti sul divano, sistemiamo la spesa e portiamo nel giardino sul retro i due lettini da spiaggia in plastica bianca. Sara torna dentro e prepara due bicchieri di acqua e menta mentre io mi sdraio sul lettino. Dopo pochi minuti la mia amica mi raggiunge.
«Allora, vuoi dirmi la verità? Cos’è successo fra te e Jared?»
Sbuffo. «Te l’ho già detto, non è mai, e sottolineo il mai, successo nulla. Siamo amici.» rispondo alla domanda di Sara. Ed è la verità, non è mai accaduto nulla fra noi due. Sono venuta in Italia a quattordici anni, non poteva accadere nulla.
«Ma avresti voluto che succedesse, vero?»
Inizio a tossire, sputando la bevanda. «Ma sei scema? Avevo solo quattordici anni quando sono venuta in Italia, non ci pensavo a certe cose!» replico. Lei incrocia le braccia e mi osserva piegando la testa di lato.
«Non guardarmi così.» mormoro.
«Ok, potrei crederti. A quattordici anni non ci pensavi, ma dopo?» domanda mettendosi seduta.
Sposto lo sguardo da lei alla collina dietro casa. Non so cosa rispondere. Non lo so veramente.
«Non farmi queste domande, lo sai che mi mandano in crisi.» rispondo coprendomi il viso con le mani.
Sento Sara alzarsi e allontanarsi. Sospiro. Odio questo genere di domande.
“Ma ti piace?” “Ma se non fosse così, ti piacerebbe?”
Le odio.
«Mangiamo gli gnocchi tonno e panna?» mi chiede Sara affacciandosi alla finestra della cucina.
«Sì, va benissimo. Adesso entro ad aiutarti.» rispondo prima di finire il mio bicchiere di acqua e menta.
«Scusami, lo sai che sono curiosa.» mormora Sara abbracciandomi.
«Lo so, befana.» le dico abbracciandola a mia volta.

Dopo aver cenato e lavato i piatti, ci sediamo sui due lettini.
Un cagnolino marrone gironzola nel giardino fermandosi ogni tanto ad annusare qualcosa.
Io e Sara stiamo fumando quando il cane corre verso la strada. Probabilmente starà correndo verso casa sua.
Poco dopo decidiamo di sfidarci al DS e quindi Sara rientra in casa a prenderli.
«Guarda che stai perdendo.»
Per poco non lancio un urlo. Mi volto verso Jared che si è seduto accanto a me, mentre Mark si è messo vicino a Sara.
«Sei uno stupido, mi hai fatto perdere.» esclamo guardando lo schermo sul quale lampeggia la scritta “Game Over”.
«Veramente stavi già perdendo quando sono arrivato, te l’ho fatto solo notare.» tenta di giustificarsi. Io gli do uno schiaffo sulla coscia e lui scoppia a ridere.
«Non sei divertente.» esclamo posando la console accanto a me e incrociando le braccia al petto.
Lui mi circonda le spalle con un braccio e mi bacia la nuca. «Non te la prendere.» mormora.
«Io ho sete.» dico alzandomi. La sua vicinanza mi mette in imbarazzo. «Volete qualcosa?» chiedo prima di entrare in casa. Tre teste annuiscono. Per fortuna che abbiamo preso le birre.

Probabilmente mi trovo in un mondo parallelo. Oppure sono morta e questo è l’inferno. Mark e Sara stanno giocando con i DS e Mark sta usando il mio. Jared sta giocando con il cane di prima, gli lancia un bastoncino e Billy, il cane, lo riporta indietro. Io, invece, sto rispondendo agli SMS di Enrico, che continua a chiedermi perché Sara non gli risponde. Io sto inventando una palla dietro l’altra, mica posso dirgli che la sua ex di cui è ancora innamorato sta giocando con un attore anglo-americano. Mi prenderebbe per deficiente.
Sospiro e finisco di bere la mia birra e appoggio la bottiglia vuota sul tavolino. Mi sdraio sul lettino, tanto Jared è seduto sul fondo.
«Cos’hai?» mi domanda il mio amico voltandosi.
«Nulla. Mi annoio.» il mio cellulare squilla ancora. È Enrico.
«Puoi rispondere a quello?» esclamo in italiano rivolgendomi a Sara.
«Quando finisco.» mi risponde senza guardarmi.
Jared mi guarda curioso. «Cosa le hai detto?» domanda avvicinandosi a me. Il cane se n’è andato.
«Affari nostri.» rispondo con un sorriso.
«Affari vostri, eh?» mormora allungando una mano e iniziando a farmi il solletico sulla pancia. Io cerco di divincolarmi ma lui è più forte.
«Dai basta! Per favore!» lo imploro fra una risata e l’altra. Lui smette ed io mi metto seduta e mi sistemo la maglietta che è salita.
Il mio cellulare suona ancora. «Rispondi tu, tanto è per te.» esclamo allungando il cellulare a Sara che si alza e si allontana da noi, entrando in casa.
«Chi è?» domanda Mark posando il mio DS sul tavolino.
«Nessuno d’importante.» rispondo poi mi alzo di scatto. Jared ha provato ancora a farmi il solletico.
«Non dovevi scappare.» mormora e le sue labbra si piegano leggermente verso il basso.
«Ed io dovrei rimanere ferma immobile a farmi fare il solletico?» domando tornando a sdraiarmi.
Lui alza le spalle e fa una smorfia.
Dalla cucina giunge la voce alterata di Sara, che sta riempiendo d’insulti il suo ex.
Mark guarda la casa e scrolla le spalle con aria annoiata.
«Ma con chi ce l’ha?» mi sussurra Jared avvicinandosi a me. Troppo per i miei gusti. E anche oggi non ha la fede al dito.
«Sei un po’ troppo curioso.» rispondo e mi alzo, prendo le bottiglie vuote e le porto in casa.
Sara cammina avanti e indietro e sta dicendo, o meglio, sta urlando “Stai zitto che parlo io”. La guardo e lei tace improvvisamente, chiude la chiamata e mi ridà il cellulare.
«Tutto bene?»
«È un’idiota.» mi risponde ed esce in giardino. Io poso il cellulare sul tavolo e la seguo.
Jared e Mark stanno giocando con i nostri DS.
«Vi state divertendo?» domanda Sara.
Mark annuisce. «Molto.»
«Ma non mi avevi detto che i tuoi avevano lasciato qui una cassa di aranciata?» mi chiede Sara.
«Sì. Credo che sia in cantina.» rispondo sedendomi vicino a Jared e osservandolo giocare. Sta perdendo. Quasi quasi glielo farei notare…
«Io lì non ci vado! Rischio di ammazzarmi al primo gradino.»
«Non scendo neppure io. Fatti aiutare, no?» le dico fissandola e lei capisce al volo.
«Oh, giusto.» mormora. «Mark, quando finisci, vieni con me in cantina ad aiutarmi? Le scale sono brutte ed io ho paura…»
Mark annuisce. «Hai perso!» gongolo quando Jared perde l’ultima vita. Lui mugugna un insulto e chiude il DS.
«Dove vanno?» mi domanda notando Mark e Sara che stanno entrando in casa.
«Non preoccuparti.» rispondo. Ecco, questo sarebbe il momento perfetto per fargli la mia domanda.
«Jared posso chiederti una cosa?» sussurro.
«Certo.» mi risponde passandosi una mano nei capelli bruni.
«Fra te e Gen va tutto bene? Non porti la fede…»
Lui mi guarda per un istante e poi abbassa la testa. «Non ci sono problemi. Non sono affari tuoi.»
Lo guardo sorpresa. «Ci siamo sempre detti tutto…»
«Certo, ci siamo sempre detti tutto…» esclama sarcastico. «Come quando non mi hai detto che avevi mollato il tuo ex, vero?»
Mi mordo il labbro inferiore sentendomi in colpa. «Edoardo non era una cosa importate. Ti ho sempre detto tutto.» rispondo.
«Pensala come vuoi. Io non ti dico nulla.»
«Perché?» domando e la mia voce diventa sempre più flebile al punto che non so se l’ho detto veramente.
Jared si volta verso di me fissandomi e i suoi occhi verdi mi trafiggono come mille lame. «Perché non sono affari tuoi.» esclama in modo cattivo prima di alzarsi.
Sospiro. Mi viene da piangere. Mi passo una mano sul viso e m’impongo di mantenere la calma. «Ti ho fatto una domanda. Solo una stupida domanda.» bisbiglio.
«Ed io ti ho risposto.» Jared si volta verso di me e mi sembra ancora più grande di quanto già non lo sia. «Fine della conversazione.» Jared infila le mani nelle tasche dei jeans. «Il bagno dov’è?» chiede senza guardarmi.
«La porta accanto alle scale.» rispondo in tono meccanico. Lui annuisce e sparisce in casa. Poso i gomiti sulle ginocchia e mi afferro la testa con le mani. Ho voglia di piangere, di urlare, di spaccare qualcosa, magari in testa a Jared. Mai, e dico mai, in diciotto anni di amicizia, lui si è comportato così. Faccio alcuni respiri profondi.
«Guarda cos’ho trovato.» mi dice Sara sventolandomi davanti una bottiglia di Pampero. «Oggi abbiamo preso la coca, ti va un cuba?» mi domanda.
Io annuisco. «Jared?» chiede Sara accorgendosi della sua assenza.
«In bagno.» rispondo. Lei sorride e rientra in cucina. Forse pensa che non mi sia accorta che ha le guance rosse, che i suoi occhi brillano di una luce che conosco bene. Devo farmi dire cos’è successo in cantina.
Jared esce dal bagno e sento che rifiuta il cuba.
Sara esce con due bicchieri in mano, mentre Mark porta il suo. Sara mi porge il bicchiere con un sorriso.
Io la ringrazio e bevo un lungo sorso. Spero che l’alcol faccia in fretta il suo effetto: farmi blaterare cose senza senso e farmi venire sonno.
«Ehi, bevi piano.» mi dice Jared allungando una mano per togliermi il bicchiere.
«Lasciami stare.» esclamo stringendo di più il bicchiere.
Mark si avvicina a Sara e le sussurra qualcosa all’orecchio, lei ridacchia e annuisce. «Arriviamo subito.» mormora lei prima di scomparire in casa seguita da Mark.
«Ma quei due…» esclama incredulo Jared.
Io scrollo le spalle e bevo un altro sorso. «Sono maggiorenni.» dico e bevo ancora.
«Vacci piano.»
«Non preoccuparti.» rispondo posando il bicchiere sul tavolino. «Non sono affari tuoi se mi ubriaco.» rispondo con cattiveria. Lui mi fissa.
«Te la stai prendendo solo perché non voglio dirti una cosa che riguarda solo me e Gen.» esclama.
«Tu non vuoi dirmela solo perché non ti ho detto alcune cose.» replico.
Lui scuote la testa. «Non è vero e lo sai .» Jared mi guarda.
Abbasso la testa, incapace di rispondere. «Stupido.» mormoro. Lui sembra non aver sentito nulla.
«Tu mi stai punendo e basta.» esclamo.
Lui scuote la testa. «Pensala come vuoi. Io non ho il dovere di raccontarti tutto ciò che succede nella mia vita.» «Neppure io.» mormoro e bevo un altro sorso.
«Allora è giusto cosi. Tu non mi dici una cosa ed io faccio lo stesso.» pronuncia passandosi una mano fra i capelli.
Restiamo in silenzio a lungo ed io continuo a sorseggiare il mio drink. La tensione si potrebbe tagliare con il coltello.
Tiro un sospiro di sollievo quando Sara e Mark tornano in giardino.
«Andiamo?» chiede Mark a Jared. Lui annuisce e si alza. Mi accarezza i capelli, noto il suo sguardo triste, e i due attori se ne vanno.
«Devi dirmi tutto!» esclamo quando i due spariscono dalla nostra vista.
Sara inarca un sopracciglio e sorride sorniona. «Posso dirti che bacia meravigliosamente bene.»
Afferro il mio bicchiere e lei prende i due DS e rientriamo in casa. Chiudo la porta a chiave e saliamo di sopra.
«E così vi siete baciati…» osservo prendendo della biancheria pulita dal cassetto.
Sara annuisce. «Oh, sì.»
Io faccio un mezzo sorriso. Sono felice per lei se è questo quello che vuole. «Vado a farmi la doccia.» le dico e lei annuisce.
In bagno apro l’acqua della doccia e mi spoglio. Controllo che l’acqua abbia raggiunto la temperatura che desidero ed entro. Mi siedo sul piatto della doccia e lascio libero sfogo alle lacrime. È incredibile. Sono qui da un giorno e ho già litigato con Jared. Che schifo. Alzo il viso verso il getto d’acqua, lasciando che le mie lacrime si mischino con l’acqua. Mi abbraccio le gambe e poso la testa sulle ginocchia.

Ringrazio tutti quelli che hanno letto il capitolo precedente e quelli che hanno letto questo. Ringrazio Mere che ha commentato e ha inserito la storia fra le seguite.
La storia è ambientata nela 2010.
BebaTaylor

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Capitolo 3
*** Capitolo Tre 22 Luglio ***


Niente di quanto narrato in questa fanfiction è reale o ha la pretesa di esserlo. È frutto della mia fantasia e non vuole assolutamente offendere la persona in questione. I personaggi originali appartengono alla sottoscritta.


Trentasei Giorni


Capitolo Tre
*22 Luglio*


Sara, durante la colazione, mi ha raccontato quello che è successo con Mark. Quando sono scesi in cantina, lei stava scivolando e lui l’ha presa al volo prima che cadesse. Si sono guardati negli occhi ed è scattato il bacio. Dopo, Sara si è ricordata che doveva prendere l’aranciata ed è stato allora che ha trovato il Pampero. E qui, io mi chiedo cosa diavolo volevano farci i miei con il Pampero.
La seconda volta, quando sono rientrati in casa, sono andati nel salottino e si sono baciati ancora.
«Invece, tu con Jared?» mi chiede Sara. Ora stiamo dando una pulita. È incredibile come in due giorni scarsi siamo riuscite a ridurre casa come un porcile.
«Nulla, non è successo nulla.» rispondo prendendo il secchio del mocio dallo sgabuzzino. Lei mi guarda e scrolla le spalle.
«Io gli sarei saltata addosso.» esclama.
«Sara! È sposato, se non te lo ricordassi!» le faccio notare.
Lei scrolla ancora le spalle, si lega i capelli in una coda e prende il secchio dalle mie mani. «E allora? Lei non è qui.»
La guardo e non le dico nulla. Mi sento solamente una stupida. Io e la mia boccaccia. Se ieri sera non fossi stata così curiosa, io e Jay non avremmo litigato.

Dopo pranzo ci siamo messe dei pantaloncini corti e il pezzo sopra del bikini e ora stiamo prendendo il sole in giardino.
Il cellulare di Sara suona. «Che cosa vuoi?» risponde e la vedo armeggiare per mettere il vivavoce.
«Volevo solo sentire mia sorella!» esclama la voce squillante di Maddalena. «E poi volevo chiederti una cosa.» aggiunge.
Sara alza gli occhi al cielo e sospira. «Sentiamo.»
«Sì… ecco vedi… ho letto che Jared e Mark l’altra sera erano in una pizzeria con due ragazze. E nessuna delle due era la moglie di Jared.»
Per poco non mi strozzo con l’aranciata. Guardo Sara. «Perché lo chiedi a noi?» domanda con cautela.
Sento Maddalena sbuffare. «Perché voi siete lì. E perché voglio sapere chi sono quelle due puttane.»
«Perché?» ripete ancora Sara sconvolta.
«Perché li voglio tutti per me!» strilla la ragazza. Sara scrolla le spalle, saluta la sorella e posa il cellulare sul tavolino. «È pazza. Mia sorella è pazza.»
«Se ci ammazza, sappi che ti voglio tanto bene.» esclamo.
Lei mi guarda e sbuffa. «La ammazzo io quella. Tanto loro non la guarderanno…» Sara si blocca.
«Sara? Ehi?» la chiamo, poi mi volto verso il punto che lei sta fissando. E questa volta sono io a rimanere senza parole. Mark e Jared stanno camminando verso di noi. I ragazzi ci salutano e Mark si siede accanto a Sara.
«Devo parlarti.» mi dice Jared che è rimasto in piedi. Io annuisco e mi alzo.
«Seguimi.» gli dico entrando in casa. Andiamo in salotto e mi siedo sul divano. Lui sembra nervoso, si guarda attorno e poi si siede accanto a me.
Io rimango in silenzio aspettando che cominci a parlare.
«Io volevo… volevo chiederti scusa.» esclama senza guardarmi.
Io sospiro. «Va bene.» dico.
Lui volta la testa verso di me e mi guarda. Potrei giurare che sia quasi deluso.
«Va bene? Io ti chiedo scusa e tu mi dici solo va bene?» mormora.
«Ti perdono. Il mio va bene era riferito al fatto che accettavo le tue scuse.» gli dico e lui mi sorride.
«Scusami.» mormora abbracciandomi. Posa il viso sulla mia testa e con la mano destra mi accarezza la schiena nuda. «Non volevo essere aggressivo. È che non ho capito neppure io quello che è successo e che sta accadendo.» sussurra.
«Se vuoi parlare con me, fallo. Io ci sono.» gli dico staccandomi da lui.
Lui mi guarda e mi sfiora i capelli. «Lo so.» mormora baciandomi i capelli, «Però per ora non me la sento.» aggiunge. Io annuisco e mi volto verso la finestra.
«Perché tu non mi hai detto nulla del tuo ex?» mi chiede.
Scuoto la testa. «Perché era un cretino. Pretendeva che non lavorassi più al bar, che non dessi più troppa confidenza ai miei amici e un sacco di altre minchiate.» rispondo.
Lui mi guarda sorpreso e scoppia a ridere. «Li trovi tutti tu i tipi strani.»
«Non è vero! Sono loro che trovano me!» borbotto offesa.
«È la stessa cosa.» pronuncia lui attirandomi a sé e abbracciandomi. «E comunque anch’io sarei geloso.» sussurra ed io mi sento avvampare. Detesto quando si comporta così, quando gli basta un gesto, una parola per farmi arrossire e imbarazzare. Mi libero dall’abbraccio e mi alzo.
«Lui non si fidava di me.» spiego.
«Se stai meglio ora è meglio così.» dice. Io scrollo le spalle e vado in cucina a prendere da bere.
«Ma… ma quei due…» balbetta Jared fermo davanti alla finestra. Io mi avvicino a lui e trattengo una risata quando vedo Sara e Mark baciarsi appassionatamente sul lettino bianco.
«Non c’è nulla di strano.» dico.
Jared mi fissa sorpreso. «Sì, lo so, ma se continuano così finiranno per farlo lì!»
Mi avvicino al frigo e prendo la bottiglia di coca cola e me ne verso un bicchiere. «Non preoccuparti, Sara non è un’esibizionista.» esclamo sedendomi su una delle sedie della cucina. Jared sospira e si siede accanto a me. Poso il bicchiere sul tavolo e mi alzo per prenderne uno per Jared. «Arrivo subito.» dico, poi salgo al piano di sopra, entro in camera e indosso una maglia viola. Afferro il portatile che è ancora nella sua custodia ed esco dalla stanza.
Quando torno al piano inferiore, trovo Jared che sfoglia un catalogo di orologi e gioielli. «Trovato qualcosa d’interessante?» gli chiedo.
Lui chiude il catalogo e lo allontana. «Nulla che mi piaccia.» mi guarda, inarcando le sopracciglia, mentre tiro fuori il netbook che poso alla sua sinistra e lo accendo.
«Che cosa fai?» domanda.
«Ti faccio vedere le foto dei miei nipoti.» rispondo afferrando il barattolo di plastica pieno di caramelle. Gli occhi verdi di Jared s’illuminano, sono le sue preferite. E sono quelle che preferiamo io e Sara.
Apro il barattolo e lo poso sul tavolo. Jared allunga una mano e afferra una manciata di caramelle. «Golosone.» esclamo mentre scorro fra le cartelle. Trovo quella che contiene le foto che m’interessano e do una gomitata a Jared. «Guarda.» gli dico.
Lui annuisce continuando a masticare, mentre con allunga ancora il braccio sinistro e prende altre caramelle.
In silenzio guardiamo le foto scattate durante la festa di compleanno dei miei nipotini: Nicole e James. Io e mio fratello Josh ci assomigliamo un po’. Abbiamo entrambi i capelli castano chiaro e gli occhi castani verdi e siamo entrambi magri come due chiodi. Lui è più alto di me. Non che ci voglia poi molto.
«Sono diventati grandi.» mormora osservando una foto dei bambini, che seduti su un grande e morbido tappeto colorato, osservano curiosi i pacchi regalo posti accanto a loro.
Sara e Mark rientrano in casa. «Cosa state guardando?» domanda Sara.
«Le foto dei bimbi.» esclamo alzandomi in piedi e allontanando il barattolo delle caramelle da Jared che si alza anche lui. «Basta! Le stai mangiando tutte!» gli dico. Lui mi guarda con una smorfia di disappunto dipinta sul suo bel viso.
«Ancora una!» esclama lui, portando le mani dietro la schiena e spostando il peso del corpo da un piede all’altro. Io ridacchio. «No.» dico. «Ti sei fatto fuori mezzo barattolo!» esclamo guardando il contenitore pieno per metà. Jared si avvicina tentando di prendere il barattolo ma io mi sposto dall’altra parte del tavolo.
«Cosa diavolo state facendo?» domanda Sara posando le mani sui fianchi.
«Nulla.» risponde Jared con lo sguardo divertito.
«Non è vero!» pronuncio. «Si sta mangiando tutte le nostre caramelle!» mi avvicino a lei e le mostro il barattolo.
Sara scrolla le spalle. «E allora? Ne abbiamo altre!» esclama prima di prendere due pesche dal frigo e ritornare di nuovo in giardino.
Jared inarca un sopracciglio, come per dire “Hai visto? Posso mangiarle tutte!”.
Faccio una smorfia e poso il barattolo sul tavolo. «Non pensarci nemmeno. Non le finirai tutte!»
Lui si siede e mi guarda con un’aria da cucciolo abbandonato. Sbuffo e chiudo il portatile.
«Perché mi hai chiesto scusa così in fretta?» domando quasi prima di accorgermi di aver pensato quella domanda. Sono una cretina.
Jared mi guarda sorpreso. «Perché sei mia amica. Mi sentivo in colpa.» risponde poi prende il barattolo. «Sono le ultime, giuro!» esclama. Io guardo ogni suo movimento. Il braccio muscoloso, la maglietta verde che esalta ogni suo muscolo. «Almeno per oggi!» aggiunge prima di infilarsi in bocca una manciata di caramelle.

Alla fine i due ragazzi sono rimasti a cena da noi. Sara ha cucinato la pasta al ragù. Non è rimasto più nulla. Nei piatti e nelle pentole c’è il vuoto totale. Ora stiamo facendo una passeggiata. Il cielo è sereno e sta scendendo la notte. Sara e Mark camminano vicini e parlano con la voce troppo bassa perché possa capire qualcosa. Io e Jared camminiamo in silenzio.
«Il bar come sta andando?» mi chiede facendomi quasi spaventare.
«Ah… ehm… bene, grazie.» rispondo.
Lui sorride e infila le mani nelle tasche dei jeans. Guardo il suo profilo illuminato dai riflessi delle luci dei lampioni.
«Mi dispiace.» mormora.
Mi volto e lo guardo. «Di cosa?» gli chiedo.
Lui alza le spalle. «Di non dirti nulla. Mi dispiace perché vorrei tanto raccontarti tutto… ma non ci riesco. Scusami.» Jared si ferma di colpo ed io per poco non finisco contro di lui.
«Ah, capisco. Non preoccuparti. Me lo dirai quando sarai pronto.» rispondo alzando il viso per guardarlo in faccia.
Lui abbozza un sorriso. «Grazie.» esclama scompigliandomi i capelli.
«Smettila! Mi stai spettinando.» mi lamento facendo un passo indietro.
Jared scoppia a ridere. «Ti sto spettinando? Ma se da piccola a momenti ti rotolavi nel fango.»
Incrocio le braccia al petto. «Non è vero!» esclamo leggermente offesa. «Sarà successo al massimo tre volte.»
Jared ride ancora, si avvicina e mi abbraccia da dietro. «E va bene. Come vuoi tu.» mormora prima di baciarmi la testa. «Ma mi sembra di ricordare che fossero più di tre volte.» Jared scoppia ancora a ridere.
«Sei sempre il solito.» dico allontanandomi.
Lui sorride e posa un braccio sulle mie spalle. «Però è per questo che mi vuoi bene.» mormora dopo qualche attimo di silenzio, anche se la sua è più una domanda che un’affermazione.
«Mi pare ovvio.» rispondo. Lui sorride ancora.
Camminiamo in silenzio ancora qualche minuto, poi decidiamo di tornare verso casa.
Ci fermiamo nel cortile sul retro, Sara e Mark sono dietro di noi e si stanno baciando come se non dovessero vedersi mai più. Jared li guarda un attimo, poi sposta lo sguardo e scuote la testa. «Cos’hai?» gli chiedo.
Lui scuota ancora la testa, si appoggia al muro della casa e incrocia le braccia al petto. «Nulla.» risponde in un sussurro. Mi avvicino a lui e gli sfioro il viso. Lui mi guarda e accenna un sorriso. «Grazie.» la sua voce è così bassa che ho quasi paura di non aver capito bene.
«Ma quei due si sono incollati le labbra con l’attak?» esclamo. Sara e Mark continuano a baciarsi.
Jared scoppia a ridere. «Probabile.» lo guardo sorpresa e rido anch’io.
«Probabile cosa?» domanda Sara. Io smetto di ridere e mi tolgo alcune ciocche che mi sono cadute sul viso.
«Niente.» rispondo. Lei mi fissa ma non dice nulla.
«Dobbiamo andare.» esclama Jared guardando l’orologio. «Dobbiamo svegliarci alle quattro.»
Sara fa una smorfia di disappunto. «Uffa.» sussurra avvicinandosi a Mark. Lui l’abbraccia e le accarezza la schiena.
«Stanno per ricominciare.» mi sussurra Jared. Io sorrido e mi sposto e lui mi segue.
«Scusami ancora.» Jared mi fissa con i suoi occhi verdi.
«Uh, grazie. Scusami anche tu.» mormoro quasi imbarazzata. Lui mi abbraccia ed io ricambio, poso la testa sul suo petto e respiro il suo profumo.
«Andiamo?» domanda Mark. Jared annuisce e si allontana da me.
«Buona notte.» esclama.
Io lo saluto con la mano e rimango a guardarli finché non scompaiono dietro l’angolo.
«Allora?» domando voltandomi verso Sara.
Lei arrossisce e borbotta frasi incomprensibili. «Mark.» esclamo.
Lei si volta e si siede su uno dei due lettini da spiaggia. «Mark… è che mi sembra tutto così strano…» mormora aprendo la borsetta e prendendo il pacchetto di sigarette. «Ho paura che sia tutto un sogno e di svegliarmi delusa.» continua allungandomi una sigaretta.
Non so cosa dirle e così accendo la sigaretta.
«Non so cosa dirti.» mormoro sedendomi vicino a lei. Sara scrolla le spalle.
«Penso che per ora sia meglio non pensarci.» esclama dopo qualche secondo di silenzio.
Forse è meglio così. Forse ha ragione. Meglio non pensarci per ora. Meglio non pensare al fatto che Jared abbia problemi con sua moglie. Meglio non pensare a nulla. Meglio non pensare che fra tre giorni Maddalena sarà qui.

Salve!
Non ce l’ho fatta, dovevo far fare la pace a Jenny e Jared! Maddalena è fuori come un balcone. Vedremo come andranno le cose quando arriverà, ossia nel quinto capitolo. J e S hanno solo un giorno per decidere cosa dirle o non dirle, ma questo lo scoprirete solo nel prossimo capitolo!
Ringrazio tutte le persone che hanno letto i capitoli precedenti e anche questo. Ringrazio ancora mere che ha commentato il secondo capitolo. Ringrazio anche Tania che commenta su facebook.
Un grazie anche a quelli che cliccano il bottone "Mi piace"!Su, non fate i timidi: fatevi avanti e ditemi ciò che pensate della storia. E ringrazio Giò, la mia migliore amica, che mi da consigli e mi sprona ad andare avanti. Grazie Tesoro :)
Commentate, che non vi mangio!

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Capitolo 4
*** Capitolo Quattro 23 Luglio ***


Niente di quanto narrato in questa fanfiction è reale o ha la pretesa di esserlo. È frutto della mia fantasia e non vuole assolutamente offendere la persona in questione. I personaggi originali appartengono alla sottoscritta.


Trentasei Giorni


Capitolo Quattro
*23 Luglio*


Apro lentamente gli occhi e fisso il soffitto bianco. Lentamente volto la testa verso sinistra, aspettandomi di trovare Sara, ma lei non c’è. Afferro la sveglia. Sono le nove e mezzo. Scosto il lenzuolo e mi alzo.
Mi avvicino alla finestra e la spalanco. Il cielo azzurro è sgombro dalle nuvole. Esco dalla camera e scendo al piano di sotto.
«La devi smettere di rompermi le palle!»
La voce alterata di Sara mi giunge dal giardino. Esco e la trovo seduta sul lettino che sta parlando al cellulare. Di sicuro è Enrico. Urla in questo modo solo con lui.
«Smettila! Se proprio vuoi saperlo, ho trovato qualcuno che è migliore di te!» Sara posa il cellulare accanto a lei e sbuffa.
«Rompe ancora?» le chiedo. Sara annuisce e sbuffa. «Andiamo al bar a fare colazione? Dobbiamo anche andare a fare la spesa.»
«Direi di sì.» risponde. «Dobbiamo prendere anche le caramelle.»
«Ma ci sono! Ne abbiamo fatto scorta.» le faccio notare. Lei si volta e mi fissa.
«Perché mi guardi così?» domando mentre entriamo in casa.
«Lo sai.»
«No, non lo so.» rispondo incrociando le braccia al petto.
«Posso darti un indizio, se vuoi.» mi dice.
Io sbuffo e inizio a salire le scale. «Fallo, perché non capisco cosa vuoi dire.»
«Jared.» esclama Sara seguendomi.
«Ah.» mi fermo di colpo in cima alle scale. Volto la testa e vedo Sara che mi guarda con un sorrisino sulle labbra, la testa piegata di lato. «Ma io te l’avevo detto ieri che le stava mangiando tutte.» le faccio notare. Lei scrolla le spalle, mi supera ed entra in camera.
«Questo è un piccolo dettaglio.» pronuncia. «Lo faccio per lui, mica per altro.»
Sbuffo rumorosamente ed entro in camera.

Alla fine, il nostro piano “facciamo la colazione, la spesa e torniamo a casa” è diventato “andiamo a Cividale, facciamo colazione, un po’ di shopping, pranziamo e tornando a casa ci fermiamo a fare la spesa”. E così, alle tre del pomeriggio ci infiliamo nel primo supermercato che troviamo lungo la strada.
«Cosa mangiamo stasera?» mi chiede Sara.
«Risotto?» le domando io in riposta.
«Ma anche no!» dice lei. «Salmone alla piastra?» propone indicando il banco del pesce.
«Va bene.» le rispondo.
Il suo cellulare squilla mentre io prendo il bigliettino con scritto il numero del mio turno. È il trentasei, guardo il display. La prossima sono io.
Sara si allontana per parlare con la persona che l’ha chiamata.
Arriva il mio turno e prendo un paio di tranci di salmone. La commessa mi porge la vaschetta nello stesso momento in cui Sara ritorna da me.
«Era mia sorella. Mi ha detto che arriva dopo domani alle due e mezza, che vuole che la andiamo a prendere, e dobbiamo essere in orario.»
Sbuffo e ci allontaniamo dal banco del pesce. «Un polmone non lo vuole?»
«No, quello no. Però vuole che la aiutiamo a trovare… beh, hai capito.» Sara afferra alcuni sacchetti di patatine e li lasci cadere nel carrello.
«Sara, sai che dovremmo dare un sacco di spiegazioni a Madda? Che dovremmo spiegarle che io conosco Jay da anni e che tu hai una… che tu e Mark siete…» mi fermo non sapendo come definire il rapporto tra la mia migliore amica e Mark.
«Ci pensiamo dopo.» esclama lei. Alzo gli occhi al cielo. “Ci pensiamo dopo”. Sì ma dopo quando? Mancano meno di quarantotto ore all’arrivo di Maddalena!
Le faccio notare tutto ciò ma lei non risponde. Parlando siamo arrivate alla cassa. Sara mette la spesa sul nastro. «Ne parliamo stasera.»
«Quando? Sicuramente verranno.» il cassiere passa i nostri acquisti sul lettore dei codici a barre.
«Quando saranno andati via, oppure domani mattina.» Sara paga mentre io infilo la spesa nei sacchetti. «Oppure non le diciamo nulla e lasciamo che scopra tutto per caso.» aggiunge.
«Ci ammazza. Tua sorella diventa una belva quando si parla di loro due.»
«Non lo farà. Lo spero.» esclama lei.

È sera, Sara e Mark sono entrati in casa. Io e Jared siamo fuori in giardino. Sto giocando con il DS e lui mi guarda.
«Non ti da fastidio?» mi chiede Jared, mentre Rayman cade nella lava e affoga. O brucia. O entrambe.
«Cosa?» domando mentre ricomincia il livello.
Jared porta una ciocca dei miei capelli dietro le mie spalle.
Perdo ancora. Chiudo il DS e lo poso accanto a me.
«Sei pensierosa.» esclama Jared.
«Ehm, sì. Dopo domani arriva la sorella minore di Sara.» spiego.
«E allora?» domanda lui sdraiandosi sull’altro lettino.
«Non conosci Maddalena. Lei è… una fan tua e di Mark. E non sa nulla.» dico. «E allora?» ripete lui. Mi volto e lo guardo. Sta fissando il cielo. Fisso il suo profilo.
Scoppio a ridere. «Non la conosci. Lei è… leggermente folle. Non le ho mai detto che ti conosco, poi c’è la storia fra Sara e Mark…» mi metto a sedere sul lettino e afferro il bicchiere di latte di riso, ultimamente è una mia fissazione.
Jared ride.
«Perché ridi?» gli chiedo guardandolo.
Lui si volta sul fianco sinistro, la testa posata sulla mano sinistra, e con le dita della mano destra segue i contorni del lettino. «Ti fai troppi problemi. Pensi troppo.»
Sospiro. «Sai che hanno scoperto che siamo usciti a cena? Maddalena l’ha letto su un sito.»
«Cosa?» esclama lui mettendosi a sedere. «Dici sul serio?»
«Sì.» confermo. «È per questo che non sappiamo cosa fare. Cioè sa che siete usciti cena con due ragazze, e che nessuna delle due è Genevieve.»
Jared si passa le mani sul viso e poi sui capelli. «Non so cosa dire.» mormora.
Mi alzo e mi siedo accanto a lui gli e gli poso un braccio sulle spalle. «Sei preoccupato che lei lo venga a sapere?» gli chiedo sperando che capisca a chi mi riferisco con “lei”.
Jared sospira. «Sì, no… cioè non lo so.» mormora. Lo abbraccio e poso la testa sulla sua spalla. Lo sento teso e nervoso. Alzo il viso e gli bacio una guancia. Lui sorride si scosta da me e si sdraia chiudendo gli occhi.
Lo guardo in silenzio. «Sei preoccupata?» mi chiede.
«Insomma... mi preoccupa la reazione di Maddalena.» rispondo.
Lui sorride. «Ti preoccupano le reazioni di un’adolescente?» mi chiede.
«Tu non la conosci. È stata sospesa da scuola all’inizio dell’anno perché ha dato un pugno a una ragazza che parlava con il tizio che le piaceva.»
Jared inarca le sopracciglia sorpreso. «Veramente?» mi domanda.
Io annuisco. «Sì.» rispondo, poi, lentamente, mi sdraio accanto a lui e poso la testa sul suo torace. Chiudo gli occhi e ascolto il battito del suo cuore. Jared mi accarezza i capelli.
«Ti do fastidio?» mormoro lasciandomi cullare dalle sue carezze e dal rumore dei nostri respiri.
«No.» risponde lui continuando ad accarezzarmi i capelli. All’improvviso mi cinge la vita con il braccio destro. Devo ammetterlo, sono sorpresa. E felice.
Rimaniamo così per diverso tempo, non saprei dire neanche per quanto. Il mio cellulare suona rompendo la dolce atmosfera. Oh, aspetta. Ho detto dolce atmosfera? Ma che diavolo mi prende?
Mi alzo controvoglia e afferro il telefono. È un messaggio. DI Enrico. Ma quando lo capirà che lui non interessa più a Sara? Non gli rispondo. Rimetto posto il cellulare e mi volto per tornare da Jared, ma lui si è messo a sedere e sta digitando qualcosa sul black-barry. Potrei dire di essere quasi delusa. Entro in casa, afferro il sacchetto delle patatine e inizio a mangiare lentamente.
«Sei qui.»
Volto la testa. «Beh, sì. Tu mi sembravi impegnato a fare altro.» rispondo. poi concentro la mia attenzione sul pacchetto di patatine.
Sento il rumore dei suoi passi sul pavimento. Si sta avvicinando. Lo osservo con la coda dell’occhio mentre scosta la sedia dal tavolo. «Sei sparita all’improvviso.»
Chiudo il pacchetto di patatine e lo allontano da me. «Sono solo entrata in casa, non sono andata su Marte!» esclamo guardandolo. Lui sorride.
«Chi era?»
«Chi?» domando io.
«Chi ti ha mandato un messaggio.» chiarisce.
Piego la testa di lato e lo guardo. «Nessuno di particolare.» rispondo.
«Sicura? Mi sembravi scocciata.» insiste lui.
«Certo che sono sicura. È un amico e basta.» sbuffo. Lui sorride.
«Va bene.» esclama poco convinto.
Questo interrogatorio non mi piace. «Sei geloso?» sbotto.
Jared, sorpreso, spalanca gli occhi verdi. «Io? Geloso di te?»
Annuisco. Merda! Mai che riesca a non dire quello che penso. Ma da uno a dieci quanto sono scema? Undici.
Jared rimane in silenzio e mi fissa. Mi sta fissando troppo. Distolgo lo sguardo e fisso la fuga delle piastrelle che improvvisamente diventa molto interessante.
«Veramente sono solo curioso. La gelosia non centra nulla.»
Il mio cuore manca di un battito. Sono delusa? Un pochino.
«Però mi preoccupo per te. Non voglio che tu soffra.» continua lui afferrandomi una mano. Alzo la testa e lo guardo. Lui mi sorride e mi stringe la mano.
Ecco se potessi scegliere, vorrei morire adesso. Seduta al tavolo della cucina della mia casa delle vacanze, i grilli in sottofondo, Jared davanti a me che mi guarda e mi sorride dolcemente, la sua mano che stringe la mia.
Non so cosa dire, il mio cervello improvvisamente si rifiuta di collaborare. Stupido cervello.
«Ehm… sì, cioè… grazie.» balbetto.
Jared lascia la mia mano e mi scompiglia i capelli. «Ma quei due?» domanda. «Chi?» chiedo.
«Mark e Sara.» risponde lui.
«Boh. Lasciali stare, prima o poi scenderanno.» dico. Almeno lo spero.
Mi alzo, vado nel salottino, mi siedo sul divanetto e Jared mi segue. Afferro il telecomando del televisore e la accendo, faccio un po’ di zapping finché non finisco su un canale che trasmette video musicali.
«Mi dici con chi ti ha mandato il messaggio?» chiede Jared.
«Era Enrico, l’ex ragazzo di Sara. Non ha capito che è finita.» rispondo.
Jared si mette comodo, appoggiando la testa sullo schienale del divanetto. «E chiama te?»
Io scrollo le spalle. «Beh, sì. Ma ormai non gli rispondo più.» rispondo.
Rimaniamo in silenzio. Avrei quasi sonno.
Fisso il televisore senza vederlo realmente. Ascolto il respiro di Jared che si fa più pesante. Forse si sta addormentato. Se è così, lo sveglierò più tardi, magari quando Mark e Sara decideranno degnarci della loro presenza.

Devo essermi addormentata, perché quando apro gli occhi, scopro di essere sdraiata, con la testa posata sulle ginocchia di Jared. Lentamente mi alzo. Sono le due del mattino.
«Jared? Jared, svegliati.» lo chiamo scrollandolo con dolcezza.
Lui mugugna qualcosa che non capisco. «Svegliati.» lo chiamo ancora. Ma lui, con mia grande sorpresa, si sdraia. Il divanetto è troppo piccolo per lui, per cui i suoi piedi oltrepassano il bracciolo.
«Jared!» lo chiamo alzando la voce.
«Ho sonno… stai zitta.» biascica. «Dormi.» aggiunge prendendomi per mano e attirandomi a lui, con le sue braccia che mi stringono.
Così mi trovo sdraiata accanto a lui e poso la testa sulla sua spalla e sbadiglio.

«Oh, svegliatevi!» la voce di Mark mi sveglia.
«Cosa diavolo vuoi? Perché mi hai svegliato?» borbotto sedendomi.
«Ma che ore sono?» mormora Jared.
«Le quattro e mezzo.» risponde Mark. Sara è dietro di lui, mi guarda e sorride come una scema, oppure come una bambina che ha rubato il vasetto di marmellata.
«Ma…» esclama con sorpresa Jared alzandosi in piedi. «È tardissimo!» pronuncia.
«Già.» concorda Mark.
«Ci vediamo.» mi dice Jared, poi china la testa e mi bacia la guancia sinistra.
Accompagniamo i due alla porta, e una volta che sono arrivati alla strada, la chiudo.
«Allora, dimmi. Cos’avete combinato voi due?» mi chiede Sara.
«Nulla. Abbiamo solo dormito.» rispondo. «Voi due, eh?»
Sara arrossisce. «Siamo andati in cameretta, e…» balbetta mentre si tormenta le dita delle mani. «Hai capito, vero?» sussurra. Io mi limito ad annuire.
«Oh, bene. Andiamo a dormire, che domani dobbiamo iniziare sistemare la stanza per la peste.» sbadiglio mentre inizio a salire le scale.
«Uh, non farmici pensare.» borbotta lei.
E così, Sara è andata a letto con Mark, io e Jared abbiamo dormito insieme, su un divanetto troppo piccolo per tutti e due. Perfetto. Oh, aggiungiamo che manca poco, poi Maddalena sarà qui. Che qualcuno mi aiuti.

Salve!
Grazie a mere che ha commentato il capitol precedente. Grazie anche ai nuovi e ai vecchi lettori. Se voletr commentatare fatelo, non vi mangio!
Al prossimo capitolo!

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Capitolo 5
*** Capitolo Cinque 24 Luglio ***


Niente di quanto narrato in questa fanfiction è reale o ha la pretesa di esserlo. È frutto della mia fantasia e non vuole assolutamente offendere la persona in questione. I personaggi originali appartengono alla sottoscritta.


Trentasei Giorni


Capitolo Cinque
*24 Luglio*


Mi sveglio che ormai sono le dieci passate. Sara dorme ancora. Sbadigliando mi alzo dal letto e silenziosamente esco dalla camera. Una volta scesa in cucina mi preparo la colazione. Oggi dobbiamo decidere cosa dire a Maddalena, ormai manca poco tempo, domani sarà qui.
Finisco di fare colazione, infilo la tazza nella lavastoviglie e salgo di sopra, diretta nella stanza dove dormirà Maddalena. Il letto è sfatto, con il lenzuolo arrotolato in mezzo. Questa è opera di Sara. Quando siamo arrivate il materasso era coperto da un vecchio telo a fiori. Con un sospiro tolgo le lenzuola e le lascio cadere sul pavimento, mi avvicino all’armadio e prendo delle lenzuola pulite. Devo anche pulire il pavimento. Io lavoro e Sara dorme. Me la pagherà.

È ormai mezzogiorno quando Sara si alza. Intanto io ho pulito le stanze al piano di sopra, ho avviato la lavatrice e ho preparato il pranzo.
«Buongiorno.» mugugna sedendosi accanto a me.
«Hai fame?» le chiedo. Lei scuote la testa incrocia le braccia sul tavolo e ci si appoggia con la fronte.
«Che cosa diciamo a Maddalena?» le chiedo. Lei sbuffa e alza di poco la testa. Io sospiro e poso la forchetta nell’insalatiera ormai vuota.
«Dobbiamo dirle qualcosa, non possiamo lasciarla all’oscuro!» esclamo.
«E perché non possiamo farlo? Non devo mica raccontarle tutto.» pronuncia sedendosi in modo composto.
«Va bene, facciamo come vuoi. Ma se si arrabbia, la colpa è solo tua.» mi alzo e lascio cadere il piatto nel lavandino. «Oggi non andiamo da nessuna parte, abbiamo molte cose da fare.» aggiungo appoggiandomi al mobile. Sara mi guarda senza dire nulla, poi si alza, prende un piatto e si dosa un’abbondante porzione di pasta al ragù.
«Allora… mi dici cosa è successo fra te e Jared?» Sara si siede di fronte a me.
«Nulla. Abbiamo dormito e basta. Te l’ho già detto.»
Sara scrolla le spalle e inizia a mangiare.

«Ho finito di stendere.» esclama Sara rientrando in casa.
Io sbuffo e mollo un pugno alla radio che ha smesso di funzionare.
«Cosa stai facendo?» mi chiede avvicinandosi.
«Non lo vedi? Sto cercando si farla funzionare!» sbotto colpendo con la mano aperta l’elettrodomestico.
Sara inarca le sopracciglia. «Secondo me lo stai finendo di rompere.» esclama allontanandosi. Prende la bottiglia d’acqua dal frigo e se ne versa un po’ in un bicchiere.
«La versi anche a me?» le domando staccando il cavo della corrente della radio. Ormai ho rinunciato a farla funzionare.
«Sono esausta.» mormoro sedendomi. Prendo il bicchiere e bevo un sorso generoso.
«Però abbiamo finito.» osserva Sara. «Andiamo a prendere il gelato?» aggiunge.
Poso il bicchiere sul tavolo e mi rilasso contro lo schienale della sedia.
«Gelato?» mormoro. «Uh, sì, direi di sì. Prendiamo anche il crudo e il melone per cena?»
Sara si passa una mano tra i capelli. «Perfetto.»

Sono le sette e stiamo cenando con prosciutto e melone. I due kili di gelato sono nelle loro vaschette in freezer. Lo abbiamo preso in una gelateria a Cividale, insieme ad alcune cialde. E non mancano le due bombolette di panna montata spray.
Il mio cellulare squilla e sbuffando lo prendo. «Che palle, è tua sorella.» dico prima di premere il tasto verde per rispondere alla chiamata.
«Cosa vuoi?» chiedo tagliando un pezzetto di melone dalla fetta che ho nel piatto.
«Li avete visti? Li avete visti?» cantilena Maddalena. Alzo gli occhi al cielo e infilo in bocca un pezzo di melone.
«Mi chiami per chiedermi solo questo?» biascico mentre mastico. Sento Maddalena sbuffare.
«Siete lì da martedì, è impossibile che non li abbiate ancora visti!»
«Ascoltami peste… ehm, Maddalena. Se mi chiami solo per questo puoi anche fare a meno di farlo. E in più sto cenando.» bevo un sorso d’acqua. Sento Maddalena protestare. «Quindi… ciao.» poso il cellulare sul tavolo e guardo Sara.
«Secondo me qualcosina dobbiamo dirle.» esclamo. Sara mi guarda inarcando un sopracciglio. «Del tipo che se non la pianta la facciamo diventare la nostra schiava.» aggiungo con un sorriso.
Sara scoppia a ridere. «Non so se accetterà questa proposta.»
«Dovrà farlo. Fino a prova contraria questa è casa mia e quindi decido io.» pronuncio prendendo una fetta di prosciutto con la mano destra.

Questa sera Sara e Mark non si sono chiusi in camera. Siamo tutti in giardino e ci stiamo mangiando il gelato. Io ho riempito la mia coppa di gelato al cioccolato, tiramisù, una montagna di panna montata decorata da dello sciroppo al cioccolato e una cialda.
Jared mi sembra strano questa sera. È taciturno, e a tratti scontroso. Infila il cucchiaino nella coppa come se volesse romperla o come se stesse zappando.
Guardo Mark e Sara che parlottano fra di loro. «Cos’hai? Mi sembri… nervoso.» chiedo a Jared.
Lui smette di guardare il gelato e si volta verso di me. «Non ho nulla. Sono solo un po’ stanco.» risponde.
Faccio un piccolo sorriso. «Va bene. » sospiro.
«Non preoccuparti.» Jared accenna un sorriso.
«Lo sai che non posso farne a meno.» replico. Lui posa il bicchiere sul tavolino davanti a noi, poi allunga un braccio e mi scompiglia i capelli. «Smettila!» esclamo con una risatina scostandomi appena.
«Mi diverto.» pronuncia.
«Ti diverti a spettinarmi?» gli chiedo.
Lui annuisce. «Sì. Mi diverto a farti i dispetti.» Jared prova a farmi il solletico, ma io mi alzo. «Perché scappi?» mi chiede con un sorriso.
«Lo sai.» rispondo tornando a sedermi.
«Non lo so. Io non volevo farti nulla.» esclama con aria innocente.
«Sì, certo.» pronuncio.
Il suo cellulare squilla, lui lo prende, osserva il display per un secondo e poi si alza scusandosi. Lo guardo mentre si allontana parlando con chi lo ha chiamato.
«Con chi parla?» mi chiede Sara.
Scuoto la testa. «Non lo so.» rispondo. Prendo la mia coppa d gelato e finisco di mangiarlo. Jared parla a lungo, camminando per il giardino, ma stando sempre lontano da noi. Quando torna da noi io ho finito il gelato.
«Tutto bene?» gli chiedo mentre lui si siede accanto a me.
Jared mi guarda senza rispondermi. Mark e Sara si alzano, la mia amica mi saluta con la mano e i due spariscono dentro casa.
«Ci hanno lasciato di nuovo da soli.» sbuffo. «Spero solo che non se ne vadano nella camera dove dormirà Maddalena, ho lavato le lenzuola questa mattina.»
Sto parlando da sola. Jared non mi sta ascoltando. Guarda fisso davanti a sé, il viso contratto in un’espressione seria.
«Jared.» lo chiamo piano, ma lui continua a guardare davanti. «Tutto bene?»
Lui non mi risponde.
«Jared…»
«Guarda che ti ho sentito, non sono sordo.» mormora.
«Scusa.» bisbiglio. Sospiro e mi passo una mano sul viso.
Jared mi abbraccia cogliendomi di sorpresa, mi irrigidisco per poi rilassarmi fra le sue braccia. «Era Gen.» esclama.
«Ah. Ho capito.»
«Forse viene qui. Vogliamo… vuole sistemare le cose.» sussurra.
Lei vuole sistemare le cose. Vuol dire che ora vanno male. Vuol dire che , forse, ho una speranza?
No, no. No! No. Jennifer Maria Green, non è questo il momento di pensare all’amore. Primo perché hai il lavoro dei tuoi sogni, secondo perché Jared è solo un amico.
Forse.
«E quando vorrebbe venire?» domando a bassa voce.
«Il tredici di agosto.» risponde lui.
Il tredici? Il giorno del mio ventiseiesimo compleanno?
Perfetto. A questo punto sono quasi contenta di passare una settimana con Maddalena.
«Non dici nulla?» sussurra.
E cosa dovrei dire? Sono anni che non festeggiamo insieme il mio compleanno. E anche il suo. «E cosa dovrei dire?» esclamo staccandomi da lui.
Jared mi guarda. Una zanzara vola vicino al mio braccio.
«Non lo so.» sospira lui. «Lo so che è il tuo compleanno, lo so. E so anche che sono anni che non festeggiamo insieme. Però lei è mia moglie.»
Sospiro. «Non so cosa dire. Devi fare quello che vuoi.»
Jared mi accarezza il viso. «Le ho detto che se vuole venire deve venire dopo quella data perché prima sono impegnato.»
«Sul serio?» chiedo con un sorriso.
«Sì.» risponde lui.
«Grazie.» dico. Lui mi abbraccia. Jared ha detto a sua moglie di venire dopo il tredici. Gliel’ha detto perché vuole passare il mio compleanno insieme a me.
Perché l’ha fatto? Perché?
Ecco, ora iniziano le domande senza risposta. Dovrei pensare meno.
Sento il suo respiro sulla mia fronte. Mi sento quasi in colpa. «Io… non voglio questo.» Ma cosa diavolo sto dicendo? Io non ho mai sopportato Genevieve. «Non voglio che litigate a causa mia.»
Zitta, devo stare zitta.
Jared volta appena il viso e mi sorride. «Non sentirti in colpa.» esclama abbracciandomi ancora. «Ma quei due…»
«Sara e Mark?» chiedo. Lui annuisce. «Sono entrati in casa.»
Lui scrolla le spalle. «Ce le hai ancora?» mi chiede alzandosi.
«Cosa?» domando non capendo quello che vuole dire.
«Le caramelle.» risponde lui.
«Sì.» rispondo alzandomi. «Vieni.» gli dico incamminandomi verso casa.

Salve!
Capitolodi transizione primo dell'arrivo di Maddalena. Succede poco. A parte il probabile arrivo di Genevieve. *l'autrice corre a nascondersi*
Sì, lo so che la fine è un po' così... ma non sapevo come concludere il capitolo O.o
Ringrazio mere che ha commentato e KAZ 2Y5 che ha messo la storia nelle seguite. e ringrazio tutti quelli che hanno letto il capitolo.

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Capitolo 6
*** Capitolo Sei 25 luglio ***


Niente di quanto narrato in questa fanfiction è reale o ha la pretesa di esserlo. È frutto della mia fantasia e non vuole assolutamente offendere la persona in questione. I personaggi originali appartengono alla sottoscritta.


Trentasei Giorni


Capitolo Sei
*25 Luglio*


Siamo in stazione, nel bar per la precisone. Mancano dieci minuti all’arrivo di Maddalena. Ci ha già chiamato quattro volte da quando è partita. Senza contare le due chiamate di Angela che si è raccomandata di occuparci “della piccola Maddalena”. Cristina ha chiamato una sola volta, e solo per dirci che Il treno Milano Venezia era partito e che Maddalena era a bordo.
«Andiamo al binario?» domanda Sara posando la tazzina del caffè sul piattino.
Guardo l’orologio. «Ehm, sì, direi di sì.» rispondo. Usciamo dal bar e ci avviamo al sottopassaggio. Rimaniamo in silenzio mentre saliamo le scale.
«Mi sa che quello è il treno di Madda.» esclamo indicando un treno in lontananza che si sta avvicinando.
Sara guarda il punto che ho indicato e scrolla le spalle. «Probabile.» pronuncia. «È finita la pacchia.» aggiunge.
Il treno si ferma con un fischio. Maddalena scende da una delle porte, poco distante da noi, trascinandosi dietro due grosse valige.
«Guarda che rimani cinque giorni, non cinque settimane» le faccio notare senza salutarla.
«Non m’importa cosa dice mamma, io rimango quanto voglio!» strilla facendo voltare alcune persone.
«Tu fai quello che vuole nostra madre, hai capito?» sbotta Sara afferrando la maniglia del trolley più piccolo. M’incammino verso le scale del sottopassaggio. Sara mi segue.
«E l’altra valigia?» strilla Maddalena.
«Te la porti.» esclamo. Maddalena sbuffa sonoramente, ma ci segue.
«Andiamo a mangiare la pizza?» chiede la peste mentre sistemiamo le sue valigie nel bagagliaio dell’auto.
«No.» rispondo.
«Perché?» piagnucola Maddalena.
«Perché lo decido io.» risponde Sara entrando in macchina. Sua sorella sbuffa e sale anche lei.
Sbuffo anch’io.
«Siete cattive!» strilla Maddalena incrociando le braccia. «Scommetto che voi il primo giorno siete andate fuori a mangiare!» continua abbassando leggermente il tono di voce.
«Smettila.» le dico.
«Sono sicura che non mi aiuterete a conquistare Jared!» urla Maddalena.
Per poco non scoppio a ridere. Il che sarebbe davvero grave, visto che se inizio a ridere rischio di non fermarmi più. E poi sto guidando, non voglio andare a sfracellarmi contro un muro.
«Tanto lui non ti vuole.» esclama Sara.
«Stronza.» sibila la peste.
Saranno cinque giorni molto lunghi.

«Maddalena metti i piatti in lavastoviglie.» ordina Sara.
Maddalena sbuffa. «No, fallo tu. Io sono in vacanza.»
«Anche noi lo siamo.» esclamo. Maddalena mi guarda e passa le dita nella frangia castana.
«Io non faccio nulla.» ribatte lei.
Sara si versa un po’ d’acqua nel bicchiere e la sorseggia lentamente. «E allora neanche noi faremo nulla. Non prepareremo più il pranzo.»
«Muoviti.» sbotto. Maddalena sbuffa e si alza in piedi. E sempre sbuffando come una vecchia locomotiva prende i piatti, li sciacqua sotto l’acqua e l’infila nella lavastoviglie.
«Siete delle schiaviste!» pronuncia tornando a sedersi.
«Non è vero.» dico. No, è vero. Siamo schiaviste. Sara finisce di sparecchiare la tavola mentre io metto via il salame avanzato in frigo.
L’urlo di Maddalena mi fa sobbalzare. «Cosa c’è?» chiedo quasi preoccupata.
«Ehm, oh… ehm…» biascica Maddalena indicando la finestra.
Oh merda. Senza neanche voltarmi so chi c’è lì fuori.
Maddalena esce dalla porta seguita dalla sorella. Io le seguo.
«Jar… Jared!» strilla la peste buttandosi fra le braccia di Jared. Lui sembra perplesso, ma abbraccia Maddalena.
«Ehm... ciao.» esclama in italiano.
«Maddalena!» sbotta Sara allontanando con forza la sorella da Jared.
«Mi avete mentito!» strilla Maddalena. Ma non ha ancora perso la voce con tutto questo strillare? «Siete delle stronze!» strilla ancora prima di correre in casa.
«Lei è…?» domanda Mark guardando la porta.
«Sì, lei è quella peste di mia sorella.» risponde Sara avvicinandosi e abbracciandolo.
Ma è matta? Se la vede Maddalena sono guai.
«Tu hai paura di quella?» mi chiede Jared. Annuisco. «A me sembra innocua.»
Innocua? Si vede che non la conosce. «Non è innocua, fidati.» esclamo sedendomi sul lettino.
Jared si siede accanto a me, mentre Sara e Mark si sistemano di fronte a noi.
La “coppietta” inizia a sbaciucchiarsi e il mio cellulare squilla. Sbuffando mi alzo ed entro in cucina a prenderlo. È mio fratello Josh.
«Ehi, Josh.» esclamo uscendo in giardino.
«Come va?» mi chiede lui. In sottofondo sento i bambini ridacchiare insieme a mia cognata.
«Tutto bene.» rispondo sedendomi.
«So che è li.» uno dei bambini è scoppiato a piangere.
«Chi?» domando, anche se ho già capito a chi si riferisce
Josh sbuffa. «Come chi? Jared.»
«Uh… ah. Sì, è qui con me.» rispondo.
«Non tirare le cose in testa a tua sorella!» esclama mio fratello. «Scusa, ma i bimbi stanno cercando di ammazzarsi a vicenda.»
«Sono piccoli, è normale.» dico sorridendo. Non mi è difficile immaginare James che cerca di tirare una macchinina in testa a Nicole. Lo facevamo anche io e Josh. Beh, di solito ero io che cercavo di picchiarlo o farlo cadere.
«Davvero?» Josh è sorpreso. «Salutamelo.»
«Ti saluta Josh.» dico a Jared.
«Ricambia.» mi sorride lui.
«Anche Jared ti saluta.» pronuncio. Un tonfo. Uno dei nipotini scoppia a piangere, seguito dall’altro.
«Ti saluto, devo andare.» esclama Josh, e senza aspettare, chiude la chiamata.
«Sta bene?» mi chiede Jared.
«Sì, sta bene.» rispondo. Lui mi scompiglia i capelli. È un vizio.
«Cosa state facendo?» sbraita Maddalena. È ferma sulla soglia, le braccia lungo i fianchi e le mani chiuse a pugno.
«Maddalena…» mormora Sara staccandosi da Mark.
«Maddalena un corno!» urla la sorella. «Eravate voi, vero? In pizzeria.»
Sara sbuffa. «Sì, eravamo noi.» ammette.
Lo sguardo di Maddalena si posa su di me. Sul braccio di Jared posato sulle mie spalle. È un attimo. Non so come ma mi ritrovo per terra, con Maddalena sopra di me che cerca di prendermi a schiaffi. Qualcuno la toglie e Sara mi aiuta ad alzarmi.
«Ma sei impazzita? Cosa cazzo ti prende?» sbotta Sara. Maddalena è trattenuta da Mark.
«Lei è… lei è…» biascica Maddalena poi si divincola e rientra in casa.
«Stai bene?» mi chiede Jared.
«Sì.» rispondo, poi afferro Sara e mi allontano con lei.
«Io te l’avevo che dovevamo dirle qualcosa!» sbotto.
«Sbaglio o anche tu eri d’accordo?» ribatte lei incrociando le braccia.
Ha ragione. «Sì. Ma ecco…»
«Cosa?»
Sospiro. «Forse abbiamo sbagliato.» esclamo alzando la voce. «Forse avremo dovuto dirglielo…»
«Ormai è inutile.» mi fa notare lei prima di tornare dai ragazzi. Sbuffo e la seguo.
«Stai bene?» mi chiede Jared.
«Sì.» rispondo. Anche se non è del tutto vero. Ho una gran voglia di andare da quella peste e prenderla a calci sulle gengive.
«Ti ha colpito.» Jared mi sfiora lo zigomo sinistro ed io mi irrigidisco. Ha le mani calde.
«Non è vero.» mi sta toccando ancora. Perché?
Lui annuisce. «Ti sta uscendo il livido.»
«Cosa?» esclamo scostandomi, forse un po’ troppo bruscamente, da lui. Entro in casa e dalla cucina passo al salotto e mi guardo allo specchio appeso accanto alla porta d’ingresso.
Jared a ragione. Sotto l’occhio sinistro si sta formando un bellissimo ematoma.
«Maddalena!» sbraito salendo di corsa le scale, rischiando di ammazzarmi.
«Maddalena!» esclamo aprendo la porta della sua camera.
Lei è sdraiata sul letto, che ascolta qualcosa dal suo iPod «Cosa vuoi?» esclama.
Sbuffo e mi avvicino a lei. Devo averla spaventata, perché si sposta leggermente.
«Mi hai preso a sberle, secondo te cos’ho?» le dico.
Lei alza le spalle con aria annoiata. Mi avvicino e stacco le cuffie dall’iPod.
«Ma sei scema?» mi apostrofa lei.
«Chiedimi scusa. Immediatamente.»
«Mai.» ribatte lei mettendosi seduta. «Muoviti a chiederle scusa oppure domani torni a casa.»
Mi volto. Sara è sulla soglia, appoggiata allo stipite. Sorrido nella sua direzione. Anche lei mi sorride. Maddalena sbuffa. «Madda…»
«Scusa.» mugugna senza guardarmi. Mi allontano dal letto. «Me l’ho ridai?» aggiunge indicando l’ iPod.
«Domani.» rispondo spegnendolo e infilandolo nella tasca dei jeans. Lei sbuffa ma non dice nulla. Sara mi precede sulle scale. Lì in fondo ci sono Mark e Jared.
«Tutto bene?» domanda Jared.
«Sì.» rispondiamo in coro io e Sara e usciamo in giardino, loro ci seguono.
«Avevi ragione.» esclama Jared.
«Lo so.» esclamo. Lui mi sfiora lo zigomo.
«E che sembrava così… dolce.» mormora.
Già. E questo che frega di Maddalena. Ha un aspetto dolce, che contrasta con il carattere di merda che si ritrova. Il suo ex la chiamava “fatina”. Maddalena è di bassa statura, ha la pelle diafana, gli occhi azzurri e i capelli castani.
«Ti fa male?» mi chiede. Mark e Sara stanno parlando le loro teste sono vicine, le loro mani si sfiorano, in perfetta sintonia.
«Ti fa male?» ripete Jared, distogliendomi dai miei pensieri.
«No, non mi fa male.» rispondo.
Lui sorride. «Certo che li sa dare i pugni.»
Nonostante tutto non posso fare a meno di ridacchiare. «Già, è molto brava in questo.» esclamo toccandomi la parte colpita.
Jared posa una mano sul mio viso, costringendomi a voltarmi verso di lui. I suoi occhi verdi mi fissano, e le sue labbra si piegano in un sorriso. «Dimmi la verità. Ti fa male?» chiede in un sussurro.
«No.» rispondo. Ed è vero. La guancia non fa male, l’umiliazione di essere stata colpita da una diciasettenne, sì. Quella brucia molto. Ma non posso picchiare Maddalena. Primo perché andrei in galera, secondo perché è la sorella di Sara. È vero, neanche lei a sopporta, però non posso restituirle il pugno.
Jared mi abbraccia e posa un bacio sullo zigomo. «Però la colpa è tua, avresti dovuto dirglielo.» mormora.
«Lo so, ma non pensavo che potesse arrivare a tanto.» rispondo.
«Non pensarci, vedrai si sistemerà tutto.»
Speriamo che sia vero. Speriamo che si sistemi anche la confusione che ho in testa. Ho pensato molto al fatto che Genevieve verrà qui, magari dopo il mio compleanno, ma verrà qui. E mi sono scoperta terribilmente gelosa. E invidiosa. Dio, che confusione che ho in testa!
«Giochiamo a carte?» propone Sara. Siamo tutti d’accordo per cui entriamo in casa.
Non saranno cinque giorni molto lunghi, saranno cinque giorni eterni.

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Capitolo 7
*** Capitolo Sette 26 Luglio ***


Niente di quanto narrato in questa fanfiction è reale o ha la pretesa di esserlo. È frutto della mia fantasia e non vuole assolutamente offendere la persona in questione. I personaggi originali appartengono alla sottoscritta.


Trentasei Giorni


Capitolo Sette
*26 Luglio*


«Svegliati!» esclamo scuotendo Maddalena per una spalla. Lei mugugna qualcosa che non capisco e si gira dall'altra parte, avvolgendosi ancora di più nel lenzuolo. Sono le dieci del mattino, fa caldo e una leggera brezza entra dalla finestra che ho aperto appena entrata in camera.
«Maddalena, svegliati.» questa volta alzo un po' la voce. Ma Maddalena non risponde. Non può dormire ancora, non dopo quello che mi ha fatto ieri sera. Ho dovuto coprire il livido con del trucco. Spero che duri, non voglio andare in giro con la faccia impiastrata e sembrare una che si è fatta truccare al buio da una scimmia ubriaca.
«Svegliati!» esclamo ancora.
«Cosa vuoi? Voglio dormire!» biascica lei.
«Tu non dormi. Tu alzi il culo e vieni giù.» le dico.
Maddalena sbuffa e si alza. «Sei una schiavista.»
«E tu sei manesca.» replico. «Fra cinque minuti ti voglio in cucina.» esclamo prima di uscire dalla stanza.
«Si è svegliata?» mi domanda Sara mentre spalma della Nutella su una fetta di pane.
«Sì.» rispondo sedendomi su una delle sedie. «Cosa facciamo oggi?»
Sara alza le spalle. «Non lo so.» risponde.
«Cosa facciamo? Dove mi portate?» esclama Maddalena mentre scende le scale. Indossa ancora il pigiama di Hello Kitty, bianco con i bordi dei pantaloncini e delle maniche di colore rosa.
Io e Sara ci guardiamo. «Forse andremo a fare la spesa.» pronuncio.
Maddalena posa le mani sui fianchi. «Ma io voglio andare in giro!» protesta. «Voglio andare da qualche parte, ma non al supermercato!»
«Ringrazia il Cielo che non ti ficchiamo sul primo treno per Milano dopo quello che hai fatto ieri sera.» Sara posa la fetta di pane su un tovagliolo di carta e beve un sorso di latte.
Maddalena sbuffa sonoramente. «Ma la colpa non è mia!»
«E di chi è?» chiedo leggendo alcuni messaggi sul cellulare.
«Tua.»
«Mia? E perché?» chiedo voltandomi verso Maddalena che non si è mossa di un millimetro.
«Perché tu stai appiccicata a Jared!» strilla la peste.
«Veramente era lui che mi stava appiccicato.» ribatto alzandomi. Maddalena fa un passo indietro.
«Non ci credo.» Maddalena si sposta verso la finestra e guarda fuori. «Non ci credo.» ripete.
Scrollo le spalle. Sono problemi suoi. Basta che tenga le mani a posto e può pensare ciò che vuole.
«La colazione la faccio al bar.» esclama con convinzione Maddalena, avvicinandosi alla sedia più vicina.
Guardo Sara. «Va bene, basta che smetti di rompere le palle.» pronuncia lei.
Maddalena spalanca gli occhi sorpresa. Apre e chiude la bocca più volte. «Dici... dici sul serio?» balbetta.
Sara annuisce. «Sì, certo che dico sul serio. Ora non rompere altrimenti cambio idea.»
Maddalena annuisce vigorosamente. «Sì, sì, va bene! Vado a vestirmi!» trilla. Poi corre al piano di sopra quasi inciampando nei gradini.
«Come mai?» domando a Sara.
«Così, magari, si calma un po'.» risponde finendo di mangiare la fetta di pane.
Non credo che la calmerà. Non per tutta la vacanza. «Speriamo.» mormoro.
«Prepariamoci anche noi.» Sara si alza, mette il barattolo di Nutella nel mobile, il coltello nel lavandino e butta il tovagliolo di carta.
«Cosa mangiamo oggi?» le chiedo mentre saliamo le scale.
«Non lo so. Vediamo dopo.» risponde Sara.

«Io prendo un cappuccino e una brioche al cioccolato.» ordina Maddalena alla barista. Siamo nel bar-pasticceria di Faedis e siamo sedute a uno dei tavolini. Io e Sara ordiniamo due caffè al ginseng. La cameriera prende nota su un blocchetto di carta e torna dietro al bancone.
C'è un profumo delizioso, di brioche appena sfornate, di pan di spagna che cuoce nel forno e di cioccolato.
«Dimmi tutta la verità.» mi chiede Maddalena guardandomi.
«Su cosa?» le chiedo.
«Su te e Jared.» risponde lei giocherellando con il porta tovaglioli in alluminio.
«Ah... nulla. Lo conosco da quando ho otto anni. Siamo amici. Fine della storia.» spiego.
Lei sembra quasi insoddisfatta della mia risposta. Smette di giocare con il porta tovaglioli e posa le mani in grembo.
«Ho capito.» mormora.
La cameriera torna con quello che abbiamo ordinato.
«Grazie.» le dico. Lei sorride prima di dirigersi verso un altro tavolo.
«Avresti dovuto dirmelo.» Maddalena divide la brioche a metà, e un po' di crema esce sporcando il tovagliolo che copre il piattino bianco e blu.
«Non mi avresti creduto.» le faccio notare e giro il cucchiaino nella tazzina.
Sara rimane in silenzio, è da quando siamo partite che continua a mandare messaggi, ma non mi vuole dire chi è.
«Probabile.» Maddalena sbuffa e guarda la sorella. «Con chi messaggi?» chiede.
«Non sono affari tuoi.» risponde un po' troppo bruscamente Sara infilando in borsa il cellulare.
Maddalena abbassa la testa, i capelli le finiscono davanti agli occhi e lei li scosta con un gesto della mano. «Cosa mangiamo?» mormora. «Non lo so, vediamo dopo al supermercato.» le dico. Lei annuisce e mangia la brioche.

«Dove vai? Perché sei vestita così?» chiedo a Sara. Indossa una minigonna di jeans e un top senza spalline. Intanto avvio la lavastoviglie. Mezz’ora fa abbiamo cenato.
«In giro.» risponde. Si avvicina al mobiletto dove tengo le chiavi della macchina e le prende.
«Cosa pensi di fare?» le chiedo e mi accorgo che indossa i miei sandali Jimmy Choo nuovi, li ho pagati una fortuna e li ho indossati solo una volta. «Perché indossi le mie scarpe?» sono sempre più perplessa.
«Uffa, quante domande. Esco con Mark.» risponde scocciata.
v «Con la mia macchina e i miei sandali?» sbotto. Odio quando fa così, quando prende le mie cose senza dirmi nulla.
«Beh, sì. Mi servono entrambi.» risponde Sara.
«E noi?»
Io e Sara ci giriamo verso Maddalena, che è seduta sulle scale. «E noi?» ripete Maddalena. Sembra triste
«Che palle.» sbuffa Sara.
Sobbalzo quando qualcuno bussa alla porta. Sono Mark e Jared.
«Noi andiamo.» pronuncia Sara afferrando la mano di Mark e trascinandolo verso il garage.
«Ma dove andate?» domanda Jared, senza ottenere risposta da loro due. «Dove vanno?» mi chiede.
«Non lo so.» rispondo. Lui osserva la macchina allontanarsi ed entra in casa con me. Maddalena non è più sulle scale. La chiamo ma non mi risponde.
«Come stai?» mi chiede Jared.
«Bene, se escludi che la mia amica ha preso i miei sandali nuovi e la mia auto senza dirmi nulla.» rispondo sedendosi sulla sedia.
Jared infila le mani nelle tasche dei jeans. «E la cosa ti da fastidio?» domanda.
«Certo. Siamo migliori amiche, ma ciò non comprende il fatto che lei possa prendere le mie cose senza dirmi nulla.» rispondo. Lui si siede accanto a me e mi sfiora i capelli. «Poteva chiedermi il permesso, non avrei detto di no. Ma non mi ha detto neppure che usciva con Mark.» continuo in un sussurro.
«Neppure io lo sapevo. Non hanno detto niente a nessuno.» Jared smette di toccarmi i capelli e posa le mani sul tavolo.
«Hai sete?» domando alzandomi. Lui annuisce. Prendo un bicchiere pulito e lo riempio con dell'acqua frizzante.
«Dove sono andati?» domanda Maddalena. é in piedi sulle scale.
«Non lo so.» rispondo.
Lei scende le scale e si siede dall'altra parte del tavolo, di fronte a Jared. Lui le sorride e lei arrossisce. «Ci... ciao.» balbetta.
«Perché non ci ha detto nulla?» continua.
«Non lo so.» rispondo. Mi sembra che quest’appuntamento le stia dando fastidio. Se uno va in vacanza con la sorella non si aspetta di essere messo da parte per un ragazzo. Se ci avesse avvertito sarebbe stato sicuramente meglio, ma il comportamento di Sara non piace anche a me.
«Vado di sopra.» mormora Maddalena.
«Cos'ha?» domanda Jared.
«Credo sia triste perché Sara è uscita senza dirci praticamente nulla.» incrocio le braccia sul tavolo e poso la testa su di esse.
«E la cosa da fastidio anche a te.» esclama Jared accarezzandomi la schiena. La sua mano si ferma alla base del collo e inizia a massaggiarlo delicatamente.
«Sì.» rispondo. Il suo massaggio mi rilassa.
«Quando torna diglielo.» Jared si stacca da me. «Non è giusto. Maddalena è sua sorella, non può scaricare la responsabilità su di te.»
Alzo la testa e lo guardo. «Lo so.» rispondo. Prendo il mio bicchiere d'acqua e lo sorseggio lentamente. «Spero che capisca.» aggiungo.
Mi alzo e prendo le sigarette dalla borsa ed esco in giardino. Mi siedo su uno dei due lettini e accendo una sigaretta.
«Hai paura che non capisca?» mi chiede sedendosi accanto a me.
«Sì.» mormoro passandomi una mano fra i capelli.
«Non pensarci, non ora almeno.» Jared mi sorride e mi scompiglia i capelli.
«Ogni tanto hai ragione.» rido.

Lui scoppia a ridere. «Io ho sempre ragione.» esclama.
«Sempre?» gli chiedo.
Lui annuisce. «Certo.»
Spengo la sigaretta nel posacenere a lo allontano. «Se sei convinto tu.»
Lui ride ancora e mi abbraccia.
Adesso mi sento meglio. Ed è merito suo.

È l'una di notte passata quando Sara rientra a casa.
«Dovevi dirmelo.» le dico quando entra in camera. Il mio sguardo corre sui Jimmy Choo e sospiro di sollievo quando scopro che sono integri.
«Di cosa stai parlando?» mi chiede sedendosi sul letto.
«Del fatto che tu abbia preso le mie cose senza dirmi nulla, del fatto che tu te ne sia andata lasciandomi sola con tua sorella.» rispondo. «Dovevamo passare la vacanza insieme, se mi ricordo bene.»
«Quanto la fai lunga. Ne parliamo domani.» Sara si sdraia sul letto.
Ne parliamo domani, ci pensiamo dopo... se Sara non procrastina le cose non è lei. Sbuffo e mi giro sul fianco sinistro, spero di riuscire a a addormemtarmi presto.

Ringrzio Sten_Merry che ha recensito i capitoli precedenti. Ringrazio tutte le persone che stanno leggendo questa storia.

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Capitolo 8
*** Capitolo Otto 27 Luglio ***


Niente di quanto narrato in questa fanfiction è reale o ha la pretesa di esserlo. È frutto della mia fantasia e non vuole assolutamente offendere la persona in questione. I personaggi originali appartengono alla sottoscritta.


Trentasei Giorni


Capitolo Otto
*27 Luglio*


«Scusami.» esclama Sara scendendo in cucina.
Io e Maddalena abbiamo già fatto colazione, e ora la piccola peste è fuori in giardino.
«Va bene.» rispondo. «Però la prossima volta chiedimi il permesso.» rispondo e lei annuisce. La macchina la può usare, ma i sandali… no. Li ho nascosti in uno degli armadi nella camera dove dorme Maddalena.
«Mark mi piace tanto e quando mi ha chiesto di uscire non ci ho pensato due volte a dirgli di sì.» Sara si siede sulla sedie e mi guarda. Io sono seduta di fronte a lei.
«Capisco, però potevi chiedermelo.» le dico e appoggio la matita sulla rivista di Sudoko aperta davanti a me.
Lei sbuffa e prende un biscotto dalla confezione che ho lasciato sul tavolo. «Me ne sono dimenticata.» Mastica lentamente il biscotto.
«Eh, ho notato.» mormoro forse un po’ troppo acidamente. Sento Sara sospirare. Si alza e va verso il frigo.
«Anche tu l’avresti fatto.» esclama versandosi del succo in un bicchiere.
La guardo. No, non avrei mai fatto una cosa del genere. Non ho mai preso una cosa degli altri senza il loro permesso. E lo farò solo se sarà una cosa di vitale importanza, tipo in punto di morte o per una catastrofe imminente.
«No, mi conosci lo sai che non lo farei mai.»
Lei mi guarda e inarca un sopracciglio e si porta il bicchiere, quello alto con il bordo rosso, alle labbra. «Neanche per Jared?» domanda dopo aver bevuto.
La fisso, incapace di rispondere, o di trovare una risposta che abbia un senso. Cosa posso dire. Sospiro. Sara mi guarda, aspetta una risposta e non mi darà tregua finché non gliela avrò data.
«No, non l’avrei fatto nemmeno per lui.» rispondo. Sara piega la testa di lato. Non è convinta della mia risposta. Ma non lo sono neppure io, quindi… quindi niente. Non c’è nulla da discutere.
«Sarà come dici…» borbotta Sara prima di uscire in giardino.
Ecco, lo sapevo, non l’ho convinta e quella era una conferma.

Abbiamo appena finito di mangiare. Io, Sara, la piccola peste, Mark e naturalmente Jared. Maddalena si alza e inizia a sparecchiare. Lo fa di sua spontanea volontà, senza che le diciamo nulla, ma non è del tutto vero. Prima dall’arrivo dei ragazzi le abbiamo promesso che domani la portiamo a Lignano, a patto che stasera sparecchi la tavola, infili i piatti in lavastoviglie e la faccia partire.
Questa volta non ci ha dato delle schiaviste. Forse lo avrà pensato. Ma non ha parlato molto. O meglio, Maddalena non ha parlato molto con Sara. Mi sembra che la stia evitando. Ma forse è solo una mia impressione.
Usciamo tutti in giardino e Maddalena si attacca come una cozza a Mark. Gli si siede vicino e inizia a parlare con lui. Dall’altra parte, Sara cerca di contenere il nervosismo, ma sbuffa in continuazione.
«Perché fa così?» mi domanda Jared.
«Chi?» chiedo.
Lui accenna un sorriso. «Sara.» risponde.
«È gelosa.» rispondo guardandolo. Mi volto verso la mia amica, lei se ne sta seduta accanto a Mark, ha le braccia conserte e sbuffa.
«Non è che adesso è Sara che diventa violenta?» chiede ridendo Jared.
Sorrido. «No. È un tipo tranquillo.» rispondo appoggiandomi allo schienale del lettino. Allungo le gambe e le poso sulle sue ginocchia. Jared mi guarda ma non dice nulla, anzi, accenna un sorriso e i suoi occhi sembrano illuminarsi ancora di più. Sorrido.
«Cosa c’è?» domanda lui.
Scuoto la testa. «Nulla.» rispondo.
Lui non sembra del tutto convinto, alza le spalle e riprende a guardare gli altri.
Maddalena ha smesso di parlare. Forse le occhiatacce di Sara hanno avuto effetto. La peste si alza ed entra in casa tenendo la testa bassa. Chissà se Sara le ha detto qualcosa. Probabilmente sì, ma io ero troppo impegnata a guardare Jared negli occhi per accorgermene.
Scuoto la testa. Non devo pensarci.
Sento qualcosa sfiorarmi le gambe. È Jared che ha posato le sue mani calde sui miei polpacci.
«Ti do fastidio?» mi chiede, la sua voce è bassa, potrei dire che è quasi… sensuale. E mi sta fissando. Odio essere fissata, ma una parte di me sta urlando che lui può farlo. Che lui può fare tutto, con me.
Apro la bocca ma la richiudo subito, mi limito ad annuire, incapace di dire qualsiasi cosa che abbia un senso.
Jared sorride.
«No… nessun fastidio.» rispondo. Lui continua a muovere la mano lentamente.
Se vuoi puoi farla salire un po’ di più quella mano. Ma che diavolo sto pensando? Immediatamente mi alzo. Jared mi guarda in modo strano. «Ho sete.» gli dico. Lui annuisce.
Entro in casa. Sospiro e mi dirigo verso il frigo.
Sul serio ho desiderato quello?
Che lui… che la sua mano…
No. Non ci devo pensare. Lui è sposato. Riempio il bicchiere d’acqua e lo bevo tutto.
Poso il bicchiere nel lavandino ed esco. Sara e Mark entrano in casa.
«Tutto bene?» mi chiede Jared.
E me lo chiede pure? No che non va bene.
«Sì, tranquillo.» rispondo. Lui sorride. «Domani andiamo al mare.» gli dico e mi siedo. Ho deciso che rimango seduta accanto a lui, ma che non mi sdraierò.
«Tutte e tre?» chiede lui.
«Certo.» rispondo. Lui appoggia i gomiti sulle ginocchia e fissa il prato.
«Quindi non ci siete.» mormora lui.
Sembra quasi deluso.
«Eh, beh… sì.» dico. «Rimaniamo là anche per cena.» spiego.
Lui continua a fissare il prato.
«Jared… tutto bene?» chiedo posando una mano sul suo braccio.
«Sì.» mormora. «Tutto bene.» aggiunge alzando il viso e le sue labbra si piegano in un sorriso.
«Mi sembravi strano.» esclamo.
Lui scuote la testa. «Stavo pesando.»
«A cosa?» domando curiosa.
«Nulla d’importante.» risponde sussurrando, evitando di guardarmi. Mi sembra strano, ma ho imparato che è meglio non insistere troppo.
Jared si alza in piedi e infila le mani nelle tasche dei jeans neri. Mi alzo anch’io.
«Hai sete?» gli chiedo e lui annuisce.
Entro in casa, riempio due bicchieri d’acqua e gliene porgo uno. «Grazie.» mormora, beve qualche sorso e posa il bicchiere sul tavolo. Si avvicina a me.
Perché?
Prende il mio bicchiere e lo posa sul tavolo, le sue mani sono sui miei fianchi.
Perché mi guarda in questo modo?
Perché?
Deglutisco a vuoto.
«Jared…» mormoro.
Mi accarezza il viso.
Perché? Abbassa un leggermente la testa. Sta per baciarmi.
Jared sta per baciarmi.
Il suo viso è a pochi centimetri dal mio, sento il suo respiro sulla pelle.
E quando le sue labbra stanno per posarsi sulle mie mi sposto.
Perché?
Perché sono stupida, ecco. Sono stupida.
Stupida.
Lui sembra deluso, sta per dirmi qualcosa, ma Mark e Sara escono dal salotto.
«Andiamo?» chiede Mark. Ha i capelli arruffati e le guance rosse.
Jared annuisce, mi guarda.
È deluso. E io sono ufficialmente una cretina.

Salve!
Scusate se ci ho messo un po', mal'ispirazione latita. E quando c'è non ci sono io, perché di solito sono in giro.
Ringrazio Blacke_Echelon, giaso19, KAZ 2Y5, e Sten__Merry che hanno messo la storia fra le seguite, e giaso19 e Sten__Merry che hanno commentato il capitolo precedente.

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Capitolo 9
*** Capitolo Nove 29 Luglio ***


Niente di quanto narrato in questa fanfiction è reale o ha la pretesa di esserlo. È frutto della mia fantasia e non vuole assolutamente offendere la persona in questione. I personaggi originali appartengono alla sottoscritta.


Trentasei Giorni


Capitolo Nove
*29 Luglio*


No, non ho sbagliato, non ho saltato un giorno. Non sapevo come descrivere la giornata al mare delle tre ragazze.

Mi guardo allo specchio. Ieri ho preso troppo sole e mi si sta incominciando a spellare il naso. Certo, addormentarsi sul lettino non è una bella cosa, ma Sara o Maddalena potevano avvertirmi. Invece nulla. E ora mi ritrovo con il naso rosso e il livido che mi ha lasciato Maddalena il giorno che è arrivata qui.
Spengo la luce dello specchio del bagno e mi dirigo al piano di sotto. La mia amica e sua sorella dormono, in questo sono molto simili.
Sbadiglio e verso un po’ di latte nel pentolino e lo metto a scaldare. Non ho detto nulla a Sara di quello che è successo l’altra sera con Jared. Tanto lo so cosa mi direbbe: “Sei una scema!” e avrebbe pure ragione.
Ma non so davvero il perché io mi sia bloccata. Lo conosco da una vita e… e non so cosa fare con lui quando verrà qui, perché verrà qui, lo so che verrà.
Il latte è pronto e lo verso in una delle tazze, quella verde mela.
«Buongiorno.» sbadiglia Sara scendendo le scale. «Hai il naso rosso.» mi fa notare, come se non lo sapessi.
«Lo so. Ho messo la crema.» le dico. Lei scrolla le spalle e si prepara il caffè.
«Il frigo è vuoto, dobbiamo andare a fare la spesa.» osserva Sara aprendo il frigo, prende la bottiglia di latte e chiude lo sportello.
«Siamo delle maiale. Stiamo mangiando troppo.» confermo aprendo la scatola delle brioche al cioccolato.
«Andremo in bancarotta.» Sara si siede accanto a me, prende una brioche e la scarta.
«Aspettiamo che Maddalena si svegli e andiamo a prendere un po’ di roba.» dico.
In realtà il cibo non manca, quello che è finito sono le schifezze che a noi piacciono tanto: caramelle, merendine varie, birra, pizza surgelata e gelato.

«Vengono a cena.» esclama allegramente Sara salendo in auto. Abbiamo appena finito di fare la spesa.
«Chi?» domanda Maddalena aprendo un pacchetto di patatine.
«Attenta a non lasciare briciole in giro, altrimenti la lavi tu» le dico. Domani parte, e la cosa mi fa sentire sollevata.
«Mark e Jared.» risponde Sara allacciandosi la cintura di sicurezza.
Ah. Non rispondo e accendo l’auto. Cosa devo dire?
“L’altra sera Jared ha cercato di baciarmi, ma io mi sono scansata”?
Certo, per poi sentire le urla di Maddalena e gli insulti di Sara? No grazie. Preferisco tacere.
«Davvero? Bene.» dico.
«Sembri strana. È successo qualcosa?» chiede Sara, la vedo con la coda dell’occhio che mi sta guardando.
E ora?
«Niente, non è successo nulla.» rispondo cercando di essere convincente. Ci devo essere riuscita perché sento Sara rilassarsi contro lo schienale. Maddalena continua a mangiare patatine.
Una parte di me vorrebbe vedere Jared e concludere quello che è iniziato ieri, o meglio, quello che non è iniziato ieri sera. L’altra parte vorrebbe nascondersi da qualche parte.
«Va bene la pasta pasticciata?» domanda Sara distogliendomi dai miei pensieri.
«Eh? Sì, certo, va benissimo.» rispondo. No che non va bene. Ma sto zitta.

Stiamo cenando e come temevo, Jared mi parla appena. Maddalena ha la faccia triste, perché domani parte.
Alzo il viso dal piatto e guardo Jared che mi è seduto davanti, quando si accorge che lo sto fissando mi lancia una breve occhiata e inizia a parlare con Maddalena.
Va bene, è deluso, arrabbiato, quello che vuole. Però non può pretendere chissà cosa, dato che è stato lui quello che ha tentato di baciarmi a tradimento.
Io ho pensato a lui e al suo rapporto con Gen.
Balle, di lei m’importa poco meno di niente. In realtà ho avuto paura. Paura che quel bacio avrebbe cambiato le cose fra di noi.
Lo guardo mentre scherza con Maddalena e gli altri. Guardo il suo profilo, i suoi occhi verdi, il suo sorriso. Sono una stupida.
«Ti sei incantata?» mi chiede Sara sfiorandomi il braccio.
La guardo e accenno un sorriso. «No.» rispondo. Noto che Jared mi guarda in uno strano modo. Vorrei chiedergli tante cose, ma non posso farlo adesso. Non con gli altri tre presenti.
Perché devo complicarmi sempre la vita?
Perché sono scema?

«Scusami per l’altra sera.» sussurra Jared. Sara e Maddalena stanno preparando il caffè e Mark sta rispondendo ad alcune email dal suo black berry.
Guardo Jared. «Non è stato nulla.» cerco di scherzare, ma la risata si spegne sul nascere. Lui piega la testa di lato e mi fissa e ciò mi mette a disagio, così giro il viso dall’altra parte.
«Non è stato nulla?» mormora.
Giro appena il viso e lo guardo. «Non voglio pensarci. Non ora.» mormoro. Sento che respira profondamente.
«Sì. Forse hai ragione.» dice e mi accarezza il viso. Sorrido.
Sara, con in mano un vassoio, e Maddalena escono in giardino. Prendo una delle tazze. «Grazie.» le dico, lei mi sorride e avvicina il vassoio a Jared, lui prende una tazza, sorride e inizia a bere il liquido bollente.
«Ehm… Jared?» mormora Maddalena. Ha in mano una fotocamera e sposta il peso del corpo da una gamba all’altra.
Non lo guardo, ma so che sta sorridendo.
«Possiamo fare qualche foto?» esclama la peste e sorride. Un sorriso esagerato secondo me.
«Certo, va benissimo.» risponde Jared. «Finisco il caffè.» continua alzando la tazzina. Lei sorride e, saltellando e ancheggiando come una scema va da Mark. Presumo per chiedergli la stessa cosa. Vedo Sara che fa una smorfia, mentre Mark annuisce. Maddalena si siede accanto a lui e lo abbraccia, anche se stritola sarebbe il termine corretto e Sara scatta loro qualche foto.
«Ma è sempre così gelosa?» mi chiede Jared, mentre stringe la tazzina ormai vuota.
Guardo lui, poi gli altri. «Ehm… sì, di solito sì.» rispondo guardandolo.
Lui mi sorride e io mi sento sciogliere, anche se noto come un’ombra nei suoi occhi.
Maddalena torna da noi. «Mi fai la foto?» mi chiede porgendomi la fotocamera. Annuisco, mi alzo in piedi e lei prende il mio posto, avvinghiandosi a Jared. Lui ricambia l’abbraccio e posa la testa su quella di lei. Maddalena è al settimo cielo, lo noterebbe anche un cieco. Sono gelosa? No, perché dovrei? Invece sì, sono un pochino gelosa e invidiosa.
Scatto un paio di foto e do la fotocamera a Maddalena, che tutta contenta si alza in piedi e inizia a guardare le foto appena fatte.
«Allora… non è successo nulla, fra noi due, l’altra sera.» Jared mi guarda e io lo fisso sorpresa. «Se per te va bene così e lo stesso per me.» continua fissando davanti a sé. La sua voce è strana, vorrei dire qualcosa, possibilmente di sensato, ma non so cosa dire. Così rimango in silenzio. E credo che me ne pentirò.

«Domani devi svegliarti presto.» esclama Sara rivolgendosi a Maddalena, la quale annuisce ed entra nella sua stanza.
«Meno male che se ne va, non ce la facevo più ad averla fra i piedi.» sbuffa Sara lasciandosi cadere sul letto.
«Dai, escludendo il primo giorno non è andata poi tanto male.» le dico infilandomi una canotta gialla. I capelli rimangono impigliati nella spallina e lotto un pochino per liberarli. Sara sbuffa. «È tua sorella.»
Lei si volta verso di me. «Sarà pure mia sorella, ma è una palla al piede.»
Faccio una smorfia. «Sarà. Io dormo, ho sonno.» Mi infilo sotto la coperta e mi volto verso il muro.
«Hai puntato la sveglia?» mi chiede lei.
«Sì.» rispondo sbadigliando. «Buona notte.»
«Buonanotte Jennifer.»
Sbadiglio ancora. Spero che domani tutto mi sia più chiaro, perché ora come ora non capisco più nulla di quello che provo per Jared.

Salve
Ringrazio chi sta leggendo questa storia, chi l'ha messa nelle preferite, chi nelle seguite e chi recensisce.

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Capitolo 10
*** Capitolo Dieci 30 Luglio ***


Niente di quanto narrato in questa fanfiction è reale o ha la pretesa di esserlo. È frutto della mia fantasia e non vuole assolutamente offendere la persona in questione. I personaggi originali appartengono alla sottoscritta.


Trentasei Giorni


Capitolo Dieci
*30 Luglio*


Abbiamo appena salutato Maddalena, ha piagnucolato un pochino, continuando ha ripetere che voleva restare lì con noi, di chiamare sua madre e di chiederle di farla rimanere ancora qualche giorno.
Ovviamente non l’abbiamo ascoltata.
«Cosa facciamo?» mi chiede Sara appena il treno parte verso Venezia.
«Un giro?» propongo. Sara annuisce. Lentamente e in silenzio usciamo dalla stazione e appena siamo fuori iniziamo a fumare.
«Fa male alla salute.» ci dice un vecchietto.
«Tanto dobbiamo morire prima o poi.» rispondo con un sorriso. Lui mi guarda malissimo e se ne va per la sua strada.
«Pranziamo al McDonald?» chiede Sara mentre attraversiamo la strada.
«Uh… sì, va benissimo.» rispondo.
Sfondarmi il fegato non mi farà benissimo, ma magari farò a meno di pensare a Jared. E invece no, continuo a pensarci.

Jared mi sta guardano.
Perché?
Sarah e Mark si sono chiusi in camera appena i due ragazzi sono arrivati qui.
«Hai bisogno di qualcosa?» domando, il silenzio mi sta facendo angosciare.
«No.» risponde. E continua a guardarmi senza dire una parola.
Perché?
«La smetti?» chiedo bruscamente.
Lui posa i gomiti sulle ginocchia, la testa sui palmi delle mani e mi guarda. Ancora. «Non sto facendo nulla.» risponde.
Sbuffo e incrocio le braccia al petto. «Mi stai fissando. E la cosa mi da fastidio.» pronuncio. «Dovresti saperlo.»
Lui accenna un sorriso. «Non posso neanche guardarti?» mormora.
Ecco, adesso che mi guarda con l’espressione da cucciolotto indifeso e abbandonato, mi fa sentire in colpa. «Certo che puoi farlo…solo non fissarmi senza dire una parola.» gli dico. «Sembri un pesce lesso!» lo prendo in giro.
«Non sembro un pesce lesso!» esclama lui facendo un broncio. e si capisce che sta fingendo.
«Ho sete.» dico alzandomi e Jared mi segue in cucina.
«Scusami.» mormora. «Io non dovevo…»
Ho capito benissimo a cosa si riferisce. «Non preoccuparti.» gli dico. Mi volto verso di lui e lo guardo.
Lui abbassa il viso, fissando il pavimento. Lo sento respirare pesantemente. Alza la testa e mi guarda. «Perché fai così?» mormora, mi guarda ancora e si siede su una delle sedie.
«Così come?» chiedo. Non sto facendo nulla. Poso il bicchiere vuoto nel lavandino e mi siedo accanto a lui.
«Così…» risponde lui guardando la tovaglia a scacchi bianchi e verdi. Rimango in silenzio. «Così. Un attimo prima sembri incazzata e dopo due secondi sembra che sia tutto normale. E poi non vuoi parlarne. Io invece lo voglio.» aggiunge continuando a fisare la tovaglia. Le sue mani stanno torturando un tovagliolo di carta.
«Jared… non so cosa dirti.» dico. Lui mi guarda e tenta di sorridere. «Mi dispiace.»
Jared si passa una mano fra i capelli e mi guarda. «Perché?» chiede.
«Perché non ne voglio parlare?» domando io e lui annuisce. «Non lo so.» rispondo evitando di guardarlo.
In realtà sono spaventata da tante cose. Se mi lasciassi andare cosa potrebbe succedere? E se andasse male e perdessi anche la sua amicizia? Non voglio che accada questo, non lo voglio. Potrei morire.
Non voglio soffrire.
«Non sono più sicuro di niente.» esclama lui.
«Cioè?» chiedo, mi alzo e prendo un ghiacciolo alla menta dal freezer. «Lo vuoi?» chiedo a Jared. Lui scuote la testa.
«Di me, di Genevieve… e di te.» risponde Jared guardandomi.
Di me? Di me? Perché?
«Perché?» chiedo.
Lui sospira e torna a guardare la tovaglia.
«Non lo so… è un po’ che ci penso e vederti mi fa andare ancora più in confusione.» mormora. «Non so cosa fare.»
Neanch’io so cosa fare. «E se lasciassimo che le cose vadano come devono andare?» propongo, è l’unica cosa che mi è venuta in mente.
Jared sorride. «Forse è una buona idea.» dice. «Vediamo come vanno le cose.»
Già, vediamo come vanno le cose. Spero solo di non pentirmene.
Ritorniamo fuori e ci sediamo vicini.
«Sembra davvero preso.» esclama Jared.
«Ma chi?» chiedo un pezzo di ghiacciolo si rompe e cade sull’erba.
«Mark. Sembra davvero interessato da Sara.» risponde.
«Lo spero, altrimenti se la farà soffrire gli spezzerò le gambe.» pronuncio guardando un gatto che passeggia nel giardino.
«Non credo che lo farà, è un bravo ragazzo.» ribatte lui.
Lo guardo con il ghiacciolo fra le labbra. Lui mi guarda e scoppia a ridere.
«Cosa c’è?» chiedo.
«Niente, sei buffa.» risponde.
«Grazie.»
Grazie? Grazie? Ma… perché?
Jared si sdraia. «Sono stanco.» dice guardandomi. Io gli volto la schiena e sento che sta giocando con i miei capelli. Mi sposto leggermente, i brividi che provo… è meglio che non li provi.
Lui mi guarda ma non dice nulla. Meglio, perché non saprei cosa dire.
«Non voglio mangiarti!» scherza lui. Sorrido e lascio cadere il bastoncino del ghiacciolo per terra.
«Mi limiterei a farti…» Jared si ferma e mi guarda.
«Cosa?» chiedo sospettosa. Il suo sorriso, all’apparenza innocente, non mi convince del tutto.
«Il solletico!» esclama lui ridendo e inizia a farmi il solletico sui fianchi e sulla pancia. Inizio a ridere e cerco di divincolarmi.
«Su… smettila! Per favore!» imploro fra una risata e l’altra. Riesco a staccarmi da lui e finisco seduta per terra.
«Comoda?» mi chiede lui.
«Molto.» rispondo. Mi alzo in piedi e sistemo la maglietta che si è alzata. Una goccia d’acqua mi finisce sul naso, seguita da altre. Velocemente rientriamo.
«Piove.» osserva lui guardando dalla finestra.
«Me ne sono accorta.» rispondo andando ad accendere la tv. Mi siedo sul divano e Jared si sistema accanto a me. Mi viene in mente quando abbiamo dormito insieme su questo divanetto. Non ci devo pensare.
Cambio canale e sbadiglio.

Questo capitolo è stato un parto, anche se èun po' corto. Spero che vi piaccia!

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Capitolo 11
*** Capitolo Undici -31 Luglio_ ***


Niente di quanto narrato in questa fanfiction è reale o ha la pretesa di esserlo. È frutto della mia fantasia e non vuole assolutamente offendere la persona in questione. I personaggi originali appartengono alla sottoscritta.


Dedico questo capitolo alla mia migliore amica.
Ti voglio bene!
Trentasei Giorni


Capitolo Undici
*31 Luglio*


Sbadiglio e mi giro dall'altro lato. Lentamente apro gli occhi e mi accorgo di essermi addormentata sul divano.
Ancora. E Jared?
È mattina, la luce del sole filtra attraverso la finestra.
«Buon giorno.»
Mi metto seduta e guardo Sara, è appoggiata allo stipite della porta, indossa un abito celeste, che le sfiora le ginocchia.
«'giorno.» sbadiglio, «Che ore sono?» domando.
«Le dieci e mezza.» risponde. «Dobbiamo andare a fare la spesa.» aggiunge e ritorna in cucina.
Lentamente mi alzo, e la seguo, reprimendo la voglia di chiederle che cosa diavolo è successo.
«Che è successo?»
Peccato che la mia bocca non collabori con il cervello.
Sara si volta verso di me, il sopracciglio destro alzato. «Tu e Jared avete dormito insieme. Ancora.» risponde. Grazie, questo lo sapevo. «E poi?»
Lei scrolla le spalle. «E poi nulla. Alle sette lui e Mark sono andati via.» Sara cammina davanti a me. «Eravate così...»
«Così cosa?» domando, «Eravamo così cosa?»
Sara alza le spalle e si ferma .«Così carini.» risponde, si volta verso di me e sorride.
Non ci credo. Io sto vivendo il mio dramma personale, perché non capire quello che provo per me è un vero dramma, e lei dice che eravamo carini.
Certo, forse, se le dicessi quello che sta succedendo, o non sta succedendo, dipende dai punti di vista, sarebbe meglio.
«Ho fatto andare la lavatrice, il programma breve.» esclama Sara e posa la mano sulla maniglia della porta del locale lavanderia, è un buco ma la lavatrice e uno stendino ci entrano quindi è perfetto per questa cosa, e in più c'è anche un piccolo lavatoio; apre la porta e per poco non urliamo entrambe: sul pavimento c'è una pozza di acqua sporca.
«Credo si sia rotta...» mormora la mia amica.
«Già.» esclamo. Mi avvicino alla lavatrice, ha finito il ciclo di lavaggio, la spengo, chiudo il rubinetto dell'acqua e tolgo la spina. «Chiamiamo mio cugino, è un idraulico, sicuramente ne capisce più di noi.»

***

«Quale modello prendi?» domanda Sara.
Guardo le varie lavatrici esposte e sospiro. Non so quale modello prendere. La lavatrice è rotta, e mio cugino mi ha detto che cambiare un pezzo, di cui non ricordo il nome, costerebbe quasi quanto prendere una lavatrice nuova. Mia madre mi ha detto, anzi, mi ha ordinato, di prenderne una nuova e che mi darà parte dei soldi quando torno a casa. «Magari quella.» dico avvicinandomi ad una lavatrice. «O forse questa.» esclamo spostandomi davanti a quella vicino.
Sara mi guarda, aspettando che io mi decida. Fosse facile. Cosa prendo?
«Aiutami!» la imploro.
Lei sorride, si sposta e guarda le etichette che illustrano le caratteristiche dei vari modelli.
«Direi questa.» dice dopo qualche attimo di contemplazione indicando una lavatrice bianca con il bordo dell'oblò argento.
«Oh... va bene.» esclamo. Per me una vale l'altra. «Andiamo a cercare un commesso.»

***

Ci porteranno la lavatrice domani.
Io e Sara siamo in giardino, sono quasi le dieci di sera e non si è ancora visto nessuno.
Non so se essere contenta o triste. Una parte di me vorrebbe tanto che Arrivasse Jared, ma l'altra... quella razionale, urla di no.
Agito il mio bicchiere di pepsi e fisso i cubetti di ghiaccio che cozzano fra di loro.
«Sei agitata?» mi domanda Sara.
«Uh?» sono sorpresa, come ha capito che sono agitata? Agitata per cosa, poi? «Non sono agitata.» rispondo.
Lei scrolla le spalle, si alza dal suo lettino e si siede accanto a me. «Si che lo sei.» replica. «Sta per arrivare Jared.»
Io la guardo come se all'improvviso le fosse spuntata un'altra testa. «Che cosa?» strillo alzandomi in piedi. Sara mi fissa, si copre la bocca con le mani cercando di nascondere una risata.
Che cosa sta cercando di dire?
Sara incrocia le braccia al petto e alza lo sguardo per guardarmi, «Tu, Jared...»
Io e Jared cosa?
«Io e Jared cosa?»
Perché non riesco a stare zitta?
Lei ridacchia. «Guarda che l'hanno capito anche i sassi che voi due...» avvicina le mani, e i suoi indici si sfiorano.
Che noi due?
«Che noi due?»
Forse riuscirò a stare zitta solo da morta...
Lei unisce le mani, palmo contro palmo e intreccia le dita. «Che voi due vi piacete.»
Apro la bocca. Credo che la mia mascella sia appena caduta sull'erba.
Che cosa?
«Che cosa?» strillo. «Io e lui...» scuoto la testa. «Stai sognando.» le dico, raccattando la mascella e tornando a sedermi.
E se fosse vero?
Lei alza gli occhi al cielo e scrolla le spalle. «Come vuoi.» dice e si volta verso la strada. «In ogni caso sono arrivati.»
Cosa?
Mi volto anche io e vedo i due ragazzi arrivare. Sara scatta in piedi corre verso Mark e lo abbraccia. Io continuo a fissare Jared. anche lui mi fissa. I suoi occhi verdi mi scrutano e io mi volto imbarazzata. Perché è qui?
«Ciao Jenny.» mi saluta.
Sara e Mark sono entrati in casa, diretti probabilmente in camera.
«Ciao Jay.» mormoro spostando il peso da un piede all'altro.
Lui si siede e mi fa cenno di raggiungerlo.
Devo stare calma. Io e lui siamo solo amici, la teoria di Sara è sbagliata.
Però Jared ha provato a baciarmi e io ho rifiutato. Vorrà dire qualcosa.
Sì, che sono una cretina con la laurea.
«Tutto bene?»
Mi volto verso di lui, sta sorridendo, le mani posate sule cosce fasciate dai jeans blu scuro.
«Sì.» rispondo.
Jared allunga la mano e mi sfiora i capelli, la mano sale verso l'alto e arriva alla spalla.
Io lo guardo, quasi incantata.
Jared mi sfiora il lobo dell'orecchio.
Un brivido.
Lui continua, sfiorandomi la nuca e il collo.
Chiudo gli occhi, ma poi mi ricordo. Lui è sposato. E siamo solo amici.
Solo amici.
Mi alzo e mi sposto, la mano di Jared è ancora sospesa.
Lentamente mi avvio verso la porta. «Ho sete.» dico.
Jared mi segue.
Perché?
Prima che possa anche solo oltrepassare la soglia, Jared mi afferra per le spalle, mi fa voltare, prende il mio viso fra le mani.
Oddio.
Si china e...
Oddio.
Le sue mani mi stringono.
Eh...
Mi bacia.
Le sue labbra sono morbide, e io mi aggrappo a lui. Le mie mani scivolano sulle sue spalle.
«Jennifer...»
Chi è che rompe le palle?
Le mani di Jared scivolano sulla mia schiena, arrivando ai fianchi, le sue dita sfiorano la mia pelle.
«Jenny...»
Rompicoglioni, vattene via!
«Jennifer!»
Oh, ma chi è che rompe? La voce mi è familiare. Apro gli occhi pronta a prendere a calci chiunque abbia interrotto questo momento e mi trovo davanti, a pochi centimetri dal mio viso, Sara.
«Ti sei svegliata!» dice lei. «Hai già sonno? Sono quasi le dieci, è presto.»
Sara si siede sul lettino, dove sono sdraiata e mi guarda.
Cosa? Stavo sognando?
«Avevo un po' di sonno.» Quindi tutto ciò era solo un sogno, anche la nostra conversazione.
Lei piega la testa di lato e mi sorride. Si è legata i capelli in una coda bassa. «Cosa stavi sognando?»
La guardo cercando di trovare qualcosa da dirle. Non posso dire la verità.
«Non stavo sognando.» esclamo mettendomi a sedere, le gambe incrociate.
Sara inarca le sopracciglia, è dubbiosa e lo capisco benissimo. Anche io lo sarei al suo posto.
«Avevi una faccia strana...» Sara sorride. «come se stessi sognando qualcosa di bello.»
Scuoto la testa «No, ma che dici?» mi scappa una risata nervosa. «Non ricordo nessun sogno.»
Speriamo che mi creda!
Lei scocca la lingua e si alza. «E va bene.» esclama e mi sembra di averla convinta. «Riprenditi, perché fra poco saranno qui.»
Certo, come no. Fosse facile.
Mi alzo ed entro in casa per bere un po' d'acqua e Sara mi segue.
«Sei sicura di non aver sognato nulla?» mi chiede.
Ecco, lo sapevo. Fa la faccia da "mi hai convinto" ma mente.
«Sicurissima.» rispondo aprendo il frigo.
«Non è che hai sognato...» Sara si ferma e mi fissa, un sorrisetto le increspa le labbra.
«Che cosa avrei sognato secondo te?» sentiamo, voglio sentire quello che immagina.
«Forse Jared?»
Ecco, lo sapevo. Che qualcuno mi spari, ora. «Ma no, cosa dici!» esclamo e scoppio a ridere. Istericamente.
Sara scrolla le spalle e continua a fissarmi. «Sei sicura di stare bene?» mi chiede, «Sei sicura di non aver sognato Jared?»
O merda. E ora che le dico? «Sì, sto bene.» rispondo e il tappo della bottiglia mi scivola dalla mano. «E non ho sognato Jared.» mi chino e lo raccolgo.
Sara continua a guardarmi. Non è convinta.
«Giuro!» esclamo. Verso l'acqua nel bicchiere. «Io non ricordo nessun sogno!»
Le inarca le sopracciglia, scrolla le spalle e torna in giardino.
Non mi crede, l'ho capito. Non lo farei neppure io se fossi al suo posto.
Credo di aver bisogno di una vacanza. Dalle vacanze. Da queste.
Perché c'è qui Jared? Perché proprio adesso?
Metto a posto la bottiglia e mi appoggio al lavandino.
Ho bisogno di qualcosa di forte. Una vodka liscia, magari. O di una botta in testa. Oppure di un cervello nuovo.
«Ciao.»
Sobbalzo. Jared è davanti a me. Perché non l'ho sentito entrare?
«Ciao.» mormoro, alzando il bicchiere davanti al viso.
Lui piega la testa di lato e mi osserva. «Sai che parli nel sonno?»
Cosa?
«Solo che non capivo nulla, parlavi in italiano.» Jared scosta una sedia dal tavolo e si mette seduto.
Ingoio un po' d'acqua, voglio sapere cosa ho detto. E, soprattutto, da quando parlo nel sonno?
«Eri buffa.» Jared mi guarda, sento i suoi occhi fissi su di me. «Hai perso la lingua?»
Sorrido. «No.»
Anche lui sorride e io fisso le fossette. Voglio baciarlo. Ora.
Ma anche no. O forse sì.
Cavolo, devo decidermi.
No, non lo bacio. Se vuole lo fa lui, ci ha già provato.
Stupida, stupida, stupida.
Respiro profondamente e mi siedo accanto vicino a lui.
«Stai bene?» mi chiede, allunga una mano e mi sfiora il braccio.
«Sì.» rispondo e annuisco.
La sua mano, o meglio le sue dita sfiorano la mia pelle. Brividi di piacere si propagano in tutto il mio corpo.
Finisco di bere l'acqua e poso il bicchiere.
Lo guardo, e poi mi alzo e lentamente torno in giardino.
Sara e Mark sono sdraiati su uno dei lettini, lei a la testa posata sul torace di lui.
Mi siedo sull'altro lettino. Jared, ovviamente mi segue.
Lo prendo, lo sbatto contro il primo muro che trovo e lo bacio?
Ma che cazzo sto pensando? Ormoni, state buoni e zitti!
Non dovevo addormentarmi. Non dovevo sognare. Stupido sogno, è tutta colpa sua se sono ridotta in questo stato.
Lui si è seduto accanto a me. Lo sento, lo so, mi sta fissando.
«Cosa c'è?» chiedo.
«Nulla.» risponde.
Lo guardo. I suoi occhi sembrano ancora più belli, il suo sorriso è stupendo. È sexy.
Ormoni!
«A cosa pensi?» mi domanda e mi sfiora i capelli.
Penso che vorrei baciarti. Bocca non dirlo. Non dirlo.
«Penso che vorrei...» lo guardo «un gelato.»
Sara e Mark si alzano, lei mi sorride, poi i due spariscono in casa.
Perché per loro è tutto così semplice e per me è tutto così dannatamente complicato?
Ah, già, ecco il perché: Jared è sposato, anche se il suo matrimonio è in crisi, e noi siamo solo amici.
Forse.
Mi alzo ed entro in cucina. Apro il freezer, sposto un sacchetto di patatine e tiro fuori la scatola dei coni. Ne è rimasto solo uno.
Lancio la scatola vuota nel porta legna vicino alla stufa, la scatola rimbalza su uno dei lati e cade per terra.
Mi avvicino e la butto dentro.
«Jenny...»
Mi volto, Jared è appoggiato allo stipite della porta.
«C'è un solo cono.» gli dico.
Lui continua a fissarmi.
Il mio cuore batte all'impazzata.
Bacialo.
Faccio il giro del tavolo e continuo a fissarlo, i suoi occhi sono incatenati ai miei.
Bacialo.
Lui sorride.
Bacialo.
Lascio cadere il gelato sul tavolo e mi getto fra le sue braccia, le mie labbra sulle sue.

Salve! Scusate il ritardo ma ho avuto un calo pauroso d'ispirazione -.- e altri casini.
Però in questo periodo dormo poco e scrivo molto, quindi l'ispirazione è ufficalmente tornata!
Ringrazio le persone che leggono questa storia!

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Capitolo 12
*** Capitolo Dodici 1 Agosto ***


Niente di quanto narrato in questa fanfiction è reale o ha la pretesa di esserlo. È frutto della mia fantasia e non vuole assolutamente offendere la persona in questione. I personaggi originali appartengono alla sottoscritta.


Trentasei Giorni


Capitolo Dodici
*1 Agosto*


Che cazzo ho combinato?
Afferro un cuscino dal divano e cerco di coprirmi con quello. So che cosa ho fatto. Lo so benissimo, mi ricordo ogni singolo istante fin troppo bene. Le sue labbra, le sue mani, la sua pelle contro la mia, l'odore del suo corpo...
Guardo i vestiti sparsi sul tappeto, Jared che dorme, il plaid azzurro e rosa che lo copre fino alla vita.
Che muscoli.
No, no, no e ancora no.
Perché l'ho fatto? Non ero nemmeno sbronza!
Devo essere impazzita. Temporanea infermità mentale, ecco. Sono pazza. Completamente.
Secondo l'orologio sono le tre e ventisei. Non ho neanche chiuso le persiane e la luce dei lampioni entra dalle finestre. Afferro i miei vestiti, scavalco Jared e mi precipito in bagno.
Mi appoggio contro la porta chiusa. Vorrei romperla a testate, così, magari, rinsavisco.
Ho... sono andata a letto con Jared. E lui è sposato. Ci ho provato io. Lui è un mio amico, solo quello, non è un trombamico, c'è una bella differenza fra le due cose!
Scuoto la testa. Sto impazzendo.
Sono nuda, seduta sul pavimento del bagno e... nulla, sono scema.
Mi rivesto lentamente, continuando a rimuginare su cosa ho fatto. E su cosa devo fare.
Resto qui o torno di là?
Aspetto l'alba o prendo a craniate il muro in questo momento?
Faccio finta che non sia mai successo o lo spiattello ai quattro venti? No, questo no. Maddalena mi ucciderebbe. Mio fratello Carl direbbe che sono una cretina. Josh mi farebbe gli auguri. Mio padre mi direbbe che forse è la volta buona che metto la testa a posto.
E mia madre... direbbe che sono una scema perché sono andata con uno sposato. E poi mi chiederebbe com'è stato.
No, taccio che è meglio.
Sento qualcuno che sta scendendo le scale. Oh, merda.
Esco dal bagno diretta verso la porta del salotto, devo chiuderla. Se non lo vedono non sapranno mai cos'è accaduto.
«Jennifer!»
Troppo tardi. Mi volto verso Sara, indossa una maglietta grigia di due taglie più grande.
«Sì?» domando, cercando di apparire il più naturale possibile. Non credo di riuscirci.
«Perché Jared dorme sul tappeto?»
Oh. Che rispondo? Devo pensare.
«E perché è nudo?»
Troppo tardi, il corpo del reato, e che corpo!, è stato visto.
«Cosa avete fatto?» Sara si avvicina e mi fissa. Abbasso lo sguardo sotto i suoi occhi indagatori.
«Hai la maglietta al rovescio.» mi fa notare, indicando le cuciture.
Sono fregata. Cacchio.
«Ehm... ecco... io... lui... noi...» farfuglio. La guardo. Gli occhi di Sara sono spalancati, le pupille dilatate, le labbra socchiuse.
«Tu e lui...» non finisce la frase e io mi limito ad annuire.
Sara mi travolge e mi abbraccia. «Lo avevo detto io che insieme siete perfetti!»
Oh, bene. Non mi vuole ammazzare. Perché non sa tutta la storia.
«Oh, grazie.» mormoro.
«Cosa pensi di fare?» mi domanda facendo un passo indietro.
«Non ne ho idea.» rispondo e non posso essere più sincera di così.
Mi mette un braccio sulle spalle e mi fa voltare verso la cucina. «Andiamo a sederci.»

***

Questa situazione è surreale.
Io e Sara stiamo facendo uno spuntino a base di pane e salame e lei mi sta bombardando di domande, mentre di là c'è Jared nudo sul tappeto e di sopra Mark nel letto.
«Ma quando è cominciata questa storia?» domanda.
«In che senso?» chiedo io.
Lei scrolla le spalle. «Nel senso che... quando ti ha fatto capire di volere qualcosa di più?»
Oh. Dico la verità o non la dico?
Parlo o sto zitta?
«Ti ricordi quando siamo andate al mare con tua sorella?» devo dirglielo. Capirà perché non ne abbia parlato con lei, oppure no. Forse sono ancora in tempo a tirarmi indietro. «La sera prima...»
No, non sono in tempo.
«La sera prima?» Sara fa un cenno con la mano.
«Lui ha cercato di baciarmi.»
Sara è sorpresa. E lo sono anche io. Perché lo sto dicendo? Non potevo inventare una balla? Non potevo tacere? Non potevo evitare di fare l'amore con Jared? Lo dicevo che ero fuori di testa!
«E tu?»
Sospiro. «E io... mi sono spostata.» mormoro.
Sara spalanca la bocca e una briciola di pane scivola dalle sue labbra. «Cosa?» strilla, «Tu cosa hai fatto?»
continua ad urlare, mentre io le faccio cenno di stare zitta.
«Abbassa la voce!» le dico.
«Sei una cretina!» dice lei, afferra il rotolo di carta da cucina e me lo da in testa. Tre volte. Per fortuna che non ci sono padelle a portata di mano, altrimenti... ciao ciao.
«Hai finito di picchiarmi?» le domando.
Lei annuisce. «Sì, ma comunque rimani una stupida.»
Questo lo sapevo da sola.
«Dovevi dirmelo!» esclama lei, il rotolo ancora in mano.
«Avevo... paura della tua reazione!» ammetto.
«Allora, fammi capire bene,» Sara sventola il rotolo davanti al mio viso «lui ha cerato di baciarti e tu ti sei spostata. Giusto? Era praticamente un no.»
Annuisco.
«Sei una deficiente!» urla e mi colpisce ancora. «E hai ragione ad aver paura della mia reazione!» sbraita.
Okay, ormai tutto il nord-est sa che sono una deficiente.
«Tutto bene?»
Entrambe ci voltiamo, Jared è a pochi passi di distanza dal tavolo, indossa i jeans e tiene in mano la maglietta.
«Sì, tutto bene.» esclamo. Lui mi fissa, un sorriso appena accennato, uno strano guizzo negli occhi verdi.
Jared mi sorride, si avvicina al tavolo e prende un pezzo di pane. «Ciao Jenny.» dice prima di infilarselo in bocca. Mi sorride, fa l'occhiolino e se ne torna di là.
Credo di essere arrossita.
«Cretina!» sibila lei colpendomi.
Gli strappo di mano il rotolo e la colpisco sulla mano. «La smetti?» le dico, «Lo so di essere una cretina, non c'è bisogno che me lo ripeti!»
Lei scrolla le spalle, «Meno male che lo sai!» borbotta, «Ed ora vedi di tornare di là.» Sara si alza e mi costringe a fare lo stesso, mi spinge, con poca delicatezza, verso il salotto, e una volta che sono dentro chiude la porta.
Jared è seduto sul divano, la testa appoggiata alla spalliera.
Vorrei scappare, potrei farcela, forse non mi ha sentito.
«Vieni.»
Beccata! Lentamente mi avvicino al divano e mi siedo ben distante da Jared.
Mi ripeto, che cazzo ho combinato?
Non potevamo andarcene in vacanza da un'altra parte?
«Hai la maglietta al rovescio.» nota.
Lo so che è al contrario. Non ho badato a questo piccolo e insignificante particolare quando mi sono rivestita visto che ero indecisa se rompermi la testa subito o aspettare.
«Vieni qui.» mormora e prima che possa fare qualunque cosa, Jared mi abbraccia e in un attimo mi ritrovo seduta sulle sue gambe.
Anche se non voglio, appoggio la testa sulla sua spalle. No, non è vero. Lo voglio. Ma forse no.
Non lo so. Sono pazza, l'ho detto.
Le sue mani si intrufolano sotto la maglietta e mi sfiorano la pancia.
«Jared?» lo chiamo, piano. Credo che combinerò un casino, non so neppure io cosa voglia dirgli.
Lui mi sfiora l'orecchio con le labbra.
«Cosa abbiamo fatto?» chiedo.
Scema, lo so cosa abbiamo fatto!
Lui ride. «Pensavo lo sapessi!»
Grazie tante. «Non in quel senso!» sbotto, mi giro verso di lui e lo guardo. «Noi siamo amici,» mormoro, «e tu sei ancora sposato.»
La sua espressione cambia, il sorriso svanisce dal suo viso. Si scosta da me e si alza. Indossa velocemente la maglietta e si china per raccogliere le scarpe. «Grazie per avermelo ricordato.» esclama duramente. Poi se ne va, senza dire una parola.
Sono scema. Completamente cretina. Una deficiente totale.
Io e la mia stupida boccaccia.
Credo di aver rovinato tutto.
Un'altra volta.

***

Quando si ritirano i premi per le persone più cretine di tutta la Via Lattea?
No, perché io merito sicuramente il primo premio.
Quando Sara ha saputo cosa ho detto a Jared si è incazzata, mi ha detto che sono una scema e mi ha tirato dietro la custodia degli occhiali da sole.
Per fortuna mi ha mancato.
Così ho chiamato Josh, che mi ha detto che sono insensibile, "Hai meno tatto di un elefante in un negozio di bicchieri di cristallo!" mi ha detto, sorvolando sul fatto che io a Jared ho detto semplicemente la verità. Lui è ancora sposato.
Poi, quando Sara a scoperto che Mark questa sera non viene perché s'imbarazza a stare solo insieme a noi due, si è incazzata ancora di più.
Mi ha detto che sono egoista, oltre che scema.
Ma io come faccio a saperlo che Mark s'imbarazza se io sono al piano di sotto, sola come un cane, mentre loro due fornificano al piano superiore?
Non sono un'indovina!
E comunque possiamo fare qualcosa anche noi tre, tipo guardare un film. Invece no, lei se non passa una sera con lui sta male.
E poi l'egoista sarei io, non lei. Da quando non passiamo una serata insieme, io e lei da sole, senza sorelle rompipalle fra i piedi, senza clienti ubriachi che si mettono a cantare rischiando di svegliare l'intero quartiere, senza ragazzi?
E sono io l'egoista!
Così, la situazione è questa: Jared non mi parla, Sara non mi parla, Mark non mi parla.
Voglio andarmene via. Da qualsiasi parte. Tranne il Canada, ovvio.
Che schifo.
Sono davvero una scema insensibile ed egoista?
Credo di essere solo un po' confusa. E scema, ovviamente. Se solo avessi tenuto la bocca chiusa... perché ho dovuto chiedergli se c'erano dei problemi con Gen? Perché gli ho ricordato che è sposato?
Ecco la risposta: perché sono cretina!

Salve! Mi sono divertita molto a scrivere questo capitolo, e spero che piaccia anche a voi.
Jenny e Jared ci danno dentro, ma Jenny, che non sa tenere la bocca chiusa, rovina tutto!
Al prossimo capitolo!

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Capitolo 13
*** apitolo Tredici -2 Agosto- ***


Niente di quanto narrato in questa fanfiction è reale o ha la pretesa di esserlo. È frutto della mia fantasia e non vuole assolutamente offendere la persona in questione. I personaggi originali appartengono alla sottoscritta.


Trentasei Giorni


Capitolo Tredici
*2 Agosto*


Attualmente il mio migliore, unico e fidato amico è il cesso. Ieri sera mi sono scolata mezza bottiglia di vodka allungata con un po' di succo alla pesca.
Non so perché ci fosse una bottiglia nascosta fra i barattoli di salsa, comunque ringrazio chiunque ce l'abbia messa, per un paio d'ore ho dimenticato Jared, Sara e Mark. Peccato che stamattina sia tornato tutto a galla, insieme al panino di ieri sera...
Non ho ancora parlato con Sara, anzi non la vedo da ieri sera.
Spero che le cose si sistemino, perché io ho bisogno di qualcuno con cui sfogarmi, ne ho assolutamente, disperatamente bisogno. Finisco di trangugiare la mia bistecca di maiale ¬—e sono solo le nove di mattina, faccio schifo, lo so, — mi alzo e poso il piatto nel lavandino. Anche se in realtà vorrei lanciarlo da qualche parte. Sulla mia testa ad esempio. O su quella di Sara. O di Mark.
Ogni osso del corpo mi fa male, non ho dormito quasi niente, anche perché non si può dormire comodamente su una sedia.
Salgo al piano di sopra e busso alla porta della camera dove ha dormito Sara. Ovviamente è quella dove ha copulato con Mark.
Credo che brucerò quelle lenzuola. E anche il materasso, cuscini compresi.
Sara non mi risponde ma io entro ugualmente. È la casa dei miei vecchi, in fondo.
Sara è sdraiata sul letto in posizione fetale, è sveglia e mi guarda.
«Ciao.» le dico cercando di sorridere, anche se in realtà vorrei solo urlare.
Lei si volta dall'altra parte.
«Andiamo a fare colazione al bar?» le chiedo. Lei non risponde.
«Voglio stare qui.» mi risponde. Sospiro e mi siedo sul letto.
«Non puoi stare qui per sempre.» le faccio notare. «Alzati e andiamo, dai.» cerco di sembrare allegra, ma non so se ci sono riuscita. Credo proprio di no.
Sento Sara respirare profondamente. «Mark non mi vuole più.» mormora.
Idiota. Lui, non lei. «Ma te l'ha detto lui?» le chiedo.
«Non mi ha dato il buon giorno.» dice e si mette a sedere sul letto, le gambe incrociate. «È ancora arrabbiato per ieri sera.»
Sara mi fissa, e credo che voglia incenerirmi. «Perché non è venuto qui? Solo per questo?» domando. Lo ripeto, Mark è un idiota.
Lei annuisce.
«Se si è arrabbiato solo perché non è venuto qua è solo un'idiota.» le dico. Se si arrabbia per una scopata mancata è un cretino a voler mandare tutto a puttane.
Anche perché, a volte ne basta solo una per mandare tutto in vacca, se poi si aggiunge il fatto che non so mai tacere... ecco.
«È colpa tua.»
Guardo Sara. Sono sconvolta. Come può essere colpa mia se Mark è un cretino?
Io non ho fatto nulla a quell'idiota!
«Che cazzo vuol dire che è colpa mia?» sbotto, mandando all'aria l'idea di essere dolce e gentile.
Lei alza le spalle, si abbraccia le gambe e posa la testa sulle ginocchia. I suoi occhi mi fissano. Potrei quasi giurare che mi sta guardando con odio. «Sei tu che hai litigato con Jared. E Mark non viene se siamo solo noi tre.» esclama. «Quindi la colpa è solo tua.»
Respiro profondamente. Devo stare calma. «E tu stai male per uno che hai conosciuto l'altro giorno?» sbraito.
Sara annuisce, si passa le mani fra i capelli e toglie l'elastico. «Sì, io lo amo! È colpa tua se lui non mi vuole più!» strilla, «Pensi solo a te stessa!»
Al diavolo la calma!
Mi alzo in piedi e continuo a guardare Sara, «Se Mark è un cretino non è colpa mia!» urlo. «Cazzo, io ho mandato a puttane tutto con Jared e a te non te ne frega nulla!»
Basta, esco alla camera sbattendo la porta.
Io litigo con Jared e se Mark non vuole vedere Sara è colpa mia.
Devo uscire da questa casa. Subito.

***

Svolto nel cortile, sono passate da poco le undici di sera. Sono stata in un paio di centri commerciali.
Ovviamente Sara non si è fatta sentire, nemmeno per sapere cosa facessi, o se fossi ancora viva.
Bell'amica.
Fermo la macchina e la spengo. Lentamente vado verso la porta della cucina.
«Sei qui.»
Jared.
Lentamente mi volto. Lui è a pochi metri da me, appoggiato alla casa con la spalla destra, le mani infilate nelle tasche dei jeans. Non l'ho visto prima perché, dove si trova lui, la luce dei lampioni non arriva.
«Sono qui.» dico, non sapendo cosa dire.
Lui cerca di sorridere e avanza lentamente.
Perché è qui? Il mio cuore perde un paio di battiti e ho paura.
Di che cosa non lo so, so solo che ho paura.
«Sei solo?» gli chiedo, anche se posso immaginare che la risposta sia sì.
«Mark è con Sara.»
Mi sembra ovvio, io non ci sono e lei lo invita. A casa mia.
«Come mai sei qui?» gli chiedo sedendomi.
Lui scrolla le spalle e si siede davanti a me. «Mark mi ha stressato così tanto che sono venuto per non sentirlo.»
Apro e chiudo la bocca delusa. Per un singolo istante ho sperato che dicesse che fosse qui per me.
Illusa.
«E come mai sei qui fuori?» chiedo, poso la borsa sulle ginocchia e cerco le chiavi di casa. In realtà non so cosa fare, o cosa dire.
Ho paura di guardarlo in faccia, ho paura di leggere qualcosa nei suoi occhi che mi faccia sentire ancora più in colpa. E più stupida di quanto io mi senta già.
«Sono uscito per rispondere al cellulare e quando volevo rientrare ho scoperto che la porta era chiusa.» Cosa? Cosa? Ho sentito bene? La porta è chiusa?
«Chiusa? A chiave?» chiedo.
Jared annuisce.
Mi alzo in piedi. Sara non può chiudersi dentro casa a chiave. Dentro casa mia.
Infilo la chiava nella serratura ma mi blocco, o meglio, la chiave si blocca, non entra.
«Ha lasciato le chiavi dentro!» sbuffo.
«Perché l'avrebbe fatto?» James si alza e mi viene vicino.
Mi volto verso di lui e lo guardo. «Perché è una cretina.» rispondo.
Sbuffo e mi dirigo verso la porta principale, non la usiamo mai. Mi chiedo dove ha trovato le chiavi di scorta. Erano dentro un vasetto nella vetrinetta del salotto, insieme a quelle dalla cassetta della posta.
Infilo la chiave nella serratura e mi mordo le labbra per non urlare.
Non posso farmi sentire dai vicini. Non si urla a quest'ora, non è educato.
«Quella stronza mi ha chiuso fuori!» sbraito, e fanculo i vicini e l'educazione, se sentono non me ne frega nulla.
«Cosa?» esclama Jared e io mi blocco, non mi sono accorta che mi stava seguendo.
«Quella puttana della mia migliore amica mi ha chiuso fuori.» spiego.
«E tu cosa farai?»
Già, cosa faccio? Escludo di rompere un vetro, non ho voglia di ripagarlo. Suono il campanello? E magari ci rimango attaccata finché non si apre.
Sì, mi sembra una buona idea. Spingo il campanello.
«Pensi che ti aprirà?» chiede Jared.
«Dovrà farlo. Dovessi star qui tutta la notte.» rispondo.
Rimaniamo in silenzio, il mio dito premuto sul campanello. Solo che non succede nulla. Strano, eppure dovrebbe sentirsi anche da fuori, ne sono più che sicura. A meno che...
«Ha staccato il campanello!» esclamo e mi allontano.
Torno nel retro.
«Cosa farai?» mi chiede Jared seguendomi.
Cosa faccio?
«Dormo in macchina e domani mattina, appena Sara si sveglia le parlo.» rispondo. E nascondo le chiavi di scorta.
«In macchina?» Jared è sorpreso.
Scrollo le spalle. «Sì. Porto la macchina in garage, e dormo.» spiego.
Lui non sembra molto convinto. E non o sono neppure io, ma non mi vengono in mente altre cose. A parte rompere il vetro di una finestra e la cosa non mi entusiasma molto, anche perché non ho idea di quanto costerebbe farla riparare e in più non conosco nessuno che le ripari.
«Non posso dormire fuori sulla sdraio.» gli faccio notare vedendo la sua faccia perplessa. E non sono un tipo che si auto invita.
Certo, se fosse lui a farlo...
No, no, no.
Che diavolo penso?
Però lui è qui, e mi parla invece di mandarmi al diavolo. Io lo farei al suo posto.
«Se sei sicura...» mormora, le mani infilate nelle tasche dei jeans.
«Sono sicura.» dico. Ma neanche troppo se devo essere sincera.
Lui accenna un sorriso. «Io vado, allora.» si volta e si allontana.
«Jared...» lo chiamo, lui si ferma e si gira verso di me. «Per quello che è successo... quello che ho detto... scusa.»
Lui stringe le labbra, annuisce e se ne va, senza dire una parola.
Sospiro e vado verso la macchina. Un'altra notte scomoda.

Questo capitolo è stato un po' complicato da scrivere. All'inizio Jared non ci doveva essere
Non so chi sia più scemo fra tutti quattro xD
Al prossimo capitolo!

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Capitolo 14
*** Capitolo Quattordici 3 Agosto ***


Niente di quanto narrato in questa fanfiction è reale o ha la pretesa di esserlo. È frutto della mia fantasia e non vuole assolutamente offendere la persona in questione. I personaggi originali appartengono alla sottoscritta.


Trentasei Giorni


Capitolo Quattordici
*3 Agosto*


Ancora un centimetro e ce l'ho quasi fatta. Infilo il cacciavite fra la persiana e la cornice e tiro verso di me.
La persiana si apre e per poco non mi prende in pieno, lascio cadere il cacciavite sul balcone e apro entrambe le persiane. Spingo i vetri delle finestre e finalmente, all'alba delle sette e mezzo di mattina, riesco ad entrare nella mia stanza.
Scavalco il davanzale e cado sul pavimento. Per fortuna che c'è il tappetto. Mi alzo e vado in bagno ho bisogno di una doccia.

***

Ma quando escono quei due? Sono davanti alla porta della loro stanza da ben tre ore. Ho le gambe anchilosate, ho quasi paura che se mi alzo in piedi si stacchino. Cambio posizione, appoggio la schiena al muro e riprendo in mano il Topolino del novantasette. L'ho trovato sotto al letto, insieme ad un sacco di polvere.
Da quando sono arrivata ho fatto un sacco di cose: ho preso le chiavi e le ho messe fra i due piumoni nell'armadio, dove ho trovato quattro euro.
Ho lavato i piatti, li ho messi a posto e ho portato fuori la spazzatura.
Ed ora sono qui che li aspetto, voglio vedere le loro facce.
La porta si apre e io alzo il viso, Mark esce dalla stanza, nudo.
«Ciao.» esclamo senza scompormi troppo. E cercando di non scoppiare a ridere.
Lui mi fissa sorpreso, quasi non si aspettasse di trovarmi lì, e balbetta qualcosa d'incomprensibile.
Insulti, probabilmente.
«Potresti chiamare Sara?» gli chiedo, «E magari vestirti?»
Lui annuisce e ritorna in camera.
Riprendo la lettura ma dura poco, due minuti dopo Sara esce dalla camera.
«Buongiorno.» le dico, lei rimane in silenzio.
«Da dove sei entrata?» mi chiede.
Sbagliato! La domanda giusta da farmi sarebbe: "Mi perdoni per averti chiusa fuori di casa?"
«Ho scassinato una persiana.» rispondo e mi alzo, «Vedi di non fare una cosa simile mai più, capito?»
Lei mi guarda arrabbiata, si volta e torna in camera senza dire una parola.
«Ho nascosto le chiavi!» urlo. Anche se a porta è chiusa la sento imprecare, e dopo due minuti, esce di nuovo.
«L'hai voluto tu!» sbraita. Oh, bene, la colpa è sempre mia, non di quel cretino che le ha fatto il lavaggio del cervello.
«Come vuoi.» le dico e faccio un sospiro teatrale. «Se vuoi rimanere qui devi rispettare le mie regole.» aggiungo, calcando per bene su "mie".
Sara mi guarda come se fossi un'aliena.
«Che sono poche e semplici.» poso il Topolino sul davanzale della finestra. «Primo, non ti azzardare mai più una roba del genere. Non puoi chiudermi fuori da casa mia; secondo, se per qualsiasi motivo Mark non viene qui tu non te ne stai chiusa in camera come se fosse partito per la guerra.» la guardo, è in silenzio.
Chissà cosa sta pensando. Ed ora sgancio la bomba, sono molto orgogliosa di me stessa. «Giovedì andiamo in montagna con Alfredo.»
Sorrido. «Torniamo domenica.» sorrido ancora, se continuo così mi si blocca la faccia.
Sara apre la bocca. «Tu non puoi...»
«Oh, sì, io posso.» dico. Posso e l'ho fatto, con mia grande soddisfazione. «Ho già prenotato.»
Sara sbuffa. «Perché l'hai fatto?» domanda.
Io mi avvicino e le poso le mani sulle spalle. «Perché da quando siamo qui non abbiamo mai passato un giorno completamente da sole.» rispondo. «Mark, Jared, tua sorella... c'è sempre qualcuno con noi.»
Lei mi guarda, non ha ancora ritrovato l'uso della parola. «Altrimenti fai subito le valige e torni a casa.» aggiungo prima di allontanarmi da lei.
Le sorrido e scendo in cucina. Ho quasi fame.

***

Mark se ne è andato praticamente subito dopo che ho parlato con Sara, e adesso -sono quasi le tre del pomeriggio- stiamo pulendo casa.
Sara non ha detto nulla sul nostro viaggio, si è limitata a un laconico "Come vuoi."
Ma ho dovuto accettare un compromesso: questa sera Mark viene qui e loro due andranno a farsi un giro in paese. Chissà se verrà anche Jared.
«Viene anche Jared.» esclama Sara posando il cellulare sul tavolo.
Mi blocco e la guardo, certe volte penso che dovrei avere il cervello vuoto, senza pensieri.
«Oh, va bene.» dico.
Mi va bene?
Da una parte sì, perché potrei spiegargli perché ho detto quella cosa, dall'altra no.
Perché ho paura di dire troppo.
Io e la mia boccaccia.
Speriamo di non dire stronzate. Di non parlare troppo.
Mi sta venendo l'ansia.

***

Ok, sta andando tutto bene. Abbiamo mangiato, abbiamo conversato come persone civili, abbiamo parlato del posto in cui andremo io e Sara.
Mark non ha detto nulla, anzi è stato civile: ha chiesto informazioni, ha voluto vedere le foto, anche per Jared è stato così.
Sì, nei miei sogni.
Per mangiare abbiamo mangiato, abbiamo ordinato la pizza, ma per il resto... stendiamo un velo. Anche più di uno.
Mark mi ha guardato male quando ha saputo della gitarella. e lo sta ancora facendo. Sembra che porti Sara in mezzo al deserto.
Mentre Jared... bhe, lui sembra triste.
Credo.
Mi chiedo se è triste perché non ci vedremo per qualche giorno oppure perché sono una deficiente.
Devo ricordarmi di non pronunciare le parole: "sposato, matrimonio, impegnato, moglie".
Potrei combinare altri disastri se lo facessi, quindi taccio e dico il minimo indispensabile.
Sparecchiamo e Sara va su di sopra, fra poco lei e Mark vanno a bersi un caffè in piazza. E io rimarrò qui, sola, con Jared.
Dopo quello che è successo non so se ne ho voglia.
Balle, certo che ne ho voglia!
Solo che ho paura di parlare troppo.
Mark segue con l'indice destro i disegni geometrici della tovaglia, la testa posata sull'altro palmo, l'espressione a metà fra l'incazzato e l'annoiato.
Jared non dice nulla, non fa nulla, se ne sta lì, fermo.
Poco dopo Sara scende, Mark si alza e dopo averci salutato se ne vanno.
«Perché vai in montagna?» mi chiede Jared.
Alzo le spalle. «Mi andava.» rispondo. «E anche perché Sara sta troppo appiccicata a Mark, se non viene una sera si dispera...»
Lui mi guarda.
Perché mi fai questo? Non guardarmi in questo modo! Mi fai venire voglia di saltarti addosso seduta stante.
Jared mi continua a guardare con quell'espressione da cucciolo e il sorriso sexy. «Tu non vorresti stare con la persona che ami tutto il tempo?» domanda.
Perché?
Non so cosa rispondere, rimango in silenzio alcuni secondi e Jared mi guarda in attesa di una risposta.
«Non intendo quello.» dico. «Ecco... vedi...» che cosa sto blaterando? Cose senza senso, ovvio.
«Credo che quello che ci sia fra Sara e Mark sia sbagliato...»
Jared mi guarda in modo strano, ma tace.
«Lei si dispera se lui per una sera non viene, e lui è così coglione da non venire qui perché non può scoparla.»
Ecco, l'ho detto. Spero solo di non aver parlato troppo.
Jared sorride, e poi con mia grande sorpresa, scoppia a ridere di gusto.
Che gli prende adesso? Ho appena detto che un suo collega è un coglione maniaco del sesso!
«Hai ragione.» dice Jared fra una risata e l'altra.
Cosa?
Lo guardo stupita e sconvolta. Più sconvolta che stupita.
«Mark è un tale idiota...» esclama lui prima di scoppiare a ridere di nuovo.
Ma è scemo?
Lui continua a ridere, la testa posata sul tavolo, un braccio sotto di essa e l'altro allungato verso di me, sembra che si stia divertendo un mondo.
Almeno la pensiamo allo stesso modo su Mark.
Su una cosa siamo d'accordo.
Mentre lui smette di ridere io mi alzo e mi dirigo al frigo, dentro c'è la torta, una meringata con gelato alla fragola, la prendo e la poso sul tavolo; Jared ha smesso di ridere e beve l'acqua.
«È per noi?» chiede indicando la torta.
Io mi limito ad annuire mentre prendo due piatti, un coltello e le forchettine da dolce.
Naturalmente a casa non le abbiamo, ma qui sì.
Signore e signori, vi presento mia madre.
Taglio due fette di torta, do il piattino a Jared e mi siedo di fronte a lui.
«È buona.» esclama Jared con la bocca piena.
Sorrido, mi sembra che sia tornato tutto alla normalità, insomma, mi sembra che sia tornato tutto come prima che aprissi bocca e parlassi troppo.
Anche lui sorride e mi guarda.
Non puoi guardarmi così, come se non fosse successo nulla.
«Sai…» Jared posa la forchettina sul piatto, «avevi ragione.»
Cosa?
Cosa?
Cosa?
Io ho ragione?
«E su cosa avrei ragione?» chiedo.
Ho quasi paura della risposta.
Lui alza le spalle. «Sul fatto che io sono ancora sposato.» risponde in un sussurro.
Dalla sorpresa mi cade la forchetta dalla mano, cadendo sulla tovaglia.
Lo ha detto sul serio? Ho sentito bene?
«È solo che sono confuso, tu ti sei buttata fra le mie braccia…»
Cos'è, anche questa è colpa mia? C'eri anche tu, non ti ho mica obbligato!
«Io avrei potuto fermarti…» Jared sposta un braccio e mi sfiora la mano, e la stringe delicatamente, sento il suo pollice sfiorarmi il palmo.
Non fermarti, ti prego.
«Ma non l'ho fatto.» continua a parlare senza smettere di guardarmi. «Non volevo farlo.»
Sono senza parole. Io, che parlo spesso a sproposito.
«E adesso… cosa vuoi fare?» domando riprendendo in mano la posata.
Lui alza le spalle e smette di accarezzarmi.
No! Perché hai smesso?
b «No lo so. Avevamo deciso di vedere come andavano le cose. Possiamo farlo anche adesso.»
Sono ancora più sorpresa di prima. Non mi aspettavo una richiesta del genere.
Quasi quasi sono tentata di chiamare mio cugino e disdire la gitarella in montagna.
«Stare lontani qualche giorno può farci solo bene.» esclama Jared.
Ma mi legge nel pensiero? Se è così è meglio che smetta, altrimenti potrebbe vedere i pensieri poco candidi e puri che sto facendo in questo istante.
Io mi limito ad annuire e a sorridere. Scommetto che sembro una scema.
Non dico nulla e mi limito a finire la torta.

***

Il presidente sta per fare il suo discorso e io sto per piangere.
No, non sono diventata ancora più scema, stiamo solo guardando il dvd di Armageddon.
Io e Jared siamo sul divano, abbracciati. Anzi, è lui che mi sta abbracciando, io mi limito a tenere la testa posata sulla sua spalla, lui non si lamenta, io non mi lamento…
Sembra perfetto. E lo è.

***

Il film è finito da quasi dieci minuti e Mark e Sara non sono ancora rientrati. Chissà, magari si sono fermati in un campo a fare sesso.
Scuoto la testa, non voglio immaginare una roba del genere.
Io e Jared abbiamo parlato e abbiamo deciso di lasciare le cose così come stanno, senza farci troppi problemi.
Eh, sembra facile a dirsi ma non lo è. Nessuno mi toglierà dalla testa il pensiero che lui è ancora sposato ma ho deciso di non pensare a sua moglie.
Se lei per me non esiste, per me non c'è nessun problema.
Speriamo di non mandare tutto a rotoli.
Esco dal bagno e nello stesso momento Sara entra in casa, «Ciao. Mark?» le chiedo.
«È andato a dormire.» risponde e va di sopra.
Perché ha i pantaloni sporchi di erba sul culo?
Vuoi vedere che…
No. Non ci devo pensare. Se copula in un prato non sono affari miei.
Alzo le spalle e torno da Jared.
«Mark è andato a casa.» lo informo.
Lui annuisce. «Vado anche io, allora.»
Usciamo insieme, ho deciso di accompagnarlo fino alla strada.
Camminiamo in silenzio, vicini, le nostre braccia si sfiorano…
Lui si volta e mi sorride.
Potrei morire.
«Buona notte.» mormora tirando fuori le mani dalle tasche dei jeans, fa un passo verso di me e mi abbraccia.
Lo abbraccio anche io.
«Ci vediamo domani.» sussurra prima di baciarmi la guancia destra.
«Buona notte.» dico baciandolo a mia volta.
Jared mi sorride e si allontana e io resto lì a fissarlo.

Sara è a letto, in quello in cui abbiamo dormito insieme fino all'altra notte e sta sfogliando una rivista di cucina. «Buona notte.» esclamo con un sorriso prima di sdraiarmi.
Credo di essere più felice di ieri.

Salve! Spero che il capitolo vi sia piaciuto!

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Capitolo 15
*** Capitolo Quindici *4 Agosto* ***


Niente di quanto narrato in questa fanfiction è reale o ha la pretesa di esserlo. È frutto della mia fantasia e non vuole assolutamente offendere la persona in questione. I personaggi originali appartengono alla sottoscritta.


Trentasei Giorni


Capitolo Quindici
*4 Agosto*


Ok, ieri ho mentito a Sara. Io non ho prenotato un bel nulla. Andiamo nella casa di Alfredo, e l'unica cosa che è stata prenotata è il tavolo al ristorante per domani sera.
Quando lo saprà Sara mi ucciderà.
E mi farà a pezzetti quando scoprirà che lì il cellulare ha una pessima copertura.
Meglio non pensarci.
Infilo un paio di felpe nel trolley, è piccolo, verde e rimane sempre in questa casa. Sara continua a parlarmi poco, si limita a qualche saluto e a poche domande.
Mi verrebbe voglia di prenderla, aprile la testa e vedere che cosa c'è dentro. Non l'ho mai vista in questo stato, così presa da un ragazzo fino a dimenticarsi degli altri; mi chiedo cosa le abbia detto Mark.
Gli darei volentieri un pugno.
«Jennifer! La pasta è pronta!» urla Sara.
Almeno cucina ancora.
Scendo velocemente, ho fame, e mi siedo. Il mio piatto è lì, pasta con panna e tonno.
Una goduria. Ecco, adesso potrei quasi perdonarla.
Fra poco Jared e Mark saranno qui. Ho cercato di convincere Sara che sarebbe carino se lei e Mark rimanessero con me e Jared, ma non vuole.
"Poi per quattro giorni non potrò vederlo, voglio passare tutto il tempo con lui!"
Sono quattro giorni, non quattro anni, mi chiedo come farà quando partiremo... se mi molla il bar per seguirlo giuro che la picchio.
Sarebbe da folli mollare tutto per seguire un tipo che vive praticamente dall'altra parte del mondo.
"Stai zitta che lo faresti anche tu!"
Coscienza sei pregata di tacere, grazie.
Mangiamo scambiandoci poche parole, lo stretto necessario, dal "mi passi l'acqua?" a "I pomodori sono conditi?"
«Spero che arrivi prima.» esclama Sara prendendo due fette di salame.
«Ma chi?» domando io e allontano il piatto, non ho più fame.
Lei mi guarda come se fossi una scema. «Mark!» risponde, «Se arriva prima possiamo passare più tempo insieme!»
Logico. Giusto, lei vuole passare il tempo con lui... e io che speravo che questa vacanza fosse solo per noi due.
Illusa.
«Guarda che lo rivedi questo lunedì, sono solo quattro giorni.» le faccio notare.
Mai che riesca a stare zitta. Mai.
Lei mi fulmina con gli occhi. «Io lo amo e voglio passare tutta la mia vita con lui!» esclama acidamente.
Meglio se non commento. Mi alzo, sciacquo il piatto sotto l'acqua e lo metto nella lavastoviglie.
«Vado a finire di fare la valigia.» esclamo e torno di sopra.
Non posso stare a sentire quanto lei ami Mark e quanto soffra a stargli lontana quattro fottutissimi giorni.
Perché non guarda me? Da quando sono qui ho litigato con Jared due volte, non lo vedrò per quattro giorni pure io e non mi lamento.
Anche perché io non sono innamorata di lui, giusto?
"Sbagliato!"
Oh, voce nelle mia testa, perché non te ne torni a cuccia?
Dicevamo... io non sono innamorata di Jared. Non credo di esserlo.
Sì, ho fatto l'amore con lui, ma è stata una questione di ormoni e null'altro.
Credo.
Basta pensare a questo. devo smetterla. Scuoto la testa e entro in camera, apro uno dei cassetti e prendo qualche maglietta a caso e la sistemo nel trolley.
Devo essere positiva, devo assolutamente esserlo, devo pensare che questi quattro giorni saranno bellissimi, che io e Sara passeggeremo, che parleremo tanto come ai vecchi tempi.

***

Ho la testa posata sul torace di Jared e lui mi sta accarezzando i capelli.
Siamo in silenzio e mi sembra bellissimo.
È bellissimo.
E io sono sveglia, non sto dormendo. Ho controllato, ho provato a mordermi la lingua e mi sono fatta male.
Sara e Mark sono di sopra, probabilmente stanno ripassando il Kamasutra.
Mi è sembrata che la cosa desse fastidio anche a Jared, ma non ha commentato.
E pensare che all'inizio il comportamento di Sara non mi dava fastidio ora sì.
"La smetti di pensare a lei?"
Ok, la pianto di pensare a Sara.
La mano di Jay scende e mi sfiora il collo, le sue dita giocano con il mio orecchio per poi scendere sulla spalle e infine sulla schiena.
Io mi stringo di più a lui, indecisa se incitarlo in qualche modo a continuare oppure no.
Voce nella mia testa dove sei adesso che ho bisogno di te?
Tutto tace.
Alzo di poco la testa e guardo Jared. Ha gli occhi chiusi e sorride. Sembra che stia dormendo.
Sospiro.
Lo faccio o non lo faccio?
Lo bacio o non lo bacio?
Mi alzo, porto il mio viso sul suo e lo bacio.
Le sue braccia mi stringono più forte e mi ritrovo su di lui.
"Non avevate deciso di fare con calma?"
Voce nella mia testa sei pregata di tacere, ora sono impegnata.
Sento le mani di Jared infilarsi sotto la maglietta e sfiorarmi la schiena, mentre io sento qualcos'altro un po' più in basso...
Jared riesce a slacciarmi il reggiseno, mi bacia un orecchio e lo sento ridere.
Uhm... forse è meglio se ci spostiamo, siamo all'aperto e non voglio dare scandali.
"E quella volta in discoteca te la sei scordata?
Oh, sei una vera rompi! Vattene voce nella mia testa!
«Entriamo?» sussurro fissando Jared negli occhi.
Lui mi fissa sorpreso, credo non si aspettasse una domanda del genere, annuisce e sorride.
Mi alzo in piedi e aspetto che si alzi anche lui. Entriamo in casa e ci sediamo sul "nostro" divanetto e, meno di due secondi dopo, le labbra di Jared sono sulle mie.

***

«Mi chiamerai quando sarai là?»
Guardo Jared sorpresa. «Cosa?»
«Sì... voglio solo sapere se sei arrivata sana e salva.» risponde e mi sposta i capelli dietro l'orecchio.
Siamo seduti sul tappeto con la schiena appoggiata al divano.
«Certo, ti manderò un messaggio.» rispondo.
Lui mi bacia la fronte, mi fissa e sorride.
"Bacialo."
Sorrido anche io e mi accoccolo contro il suo petto. Rimarrei così per delle ore.
«Non voglio obbligarti.» sussurra Jared. «Non sei obbligata ad avvertirmi.»
Alzo il viso e lo guardo. «Non mi stai obbligando.» dico.
"Bacialo!"
Poso una mano sul suo viso, gli accarezzo la guancia e lo bacio.
Ogni tanto la voce nella mia testa ha ragione.

Salve, avrei voluto postare prima questo capitolo ma ho avuto un piccolo calo d'ispirazione .-.
So anche che il capitolo è corto e mi scuso.
Comunque grazie a chi legge e a chi recensisce.

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Capitolo 16
*** Capitolo Sedici 9 Agosto ***


Niente di quanto narrato in questa fanfiction è reale o ha la pretesa di esserlo. È frutto della mia fantasia e non vuole assolutamente offendere la persona in questione. I personaggi originali appartengono alla sottoscritta.


Trentasei Giorni


Capitolo Sedici
*9 Agosto*


Se speravo che questi pochi giorni lontano da Mark cambiassero Sara mi sbagliavo di grosso.
Ha piagnucolato per tutto il tempo, lamentandosi che gli mancava, che voleva vederlo, che non sopportava di non sentirlo ogni cinque nano secondi... una rottura di scatole.
Io invece non mi sono lamentata di nulla, escludendo le punture di zanzara e il mal di gambe per le troppe passeggiate; ho sentito Jared ogni sera.
E basta.
Mi è mancato?
Sì, ma non lo ripetevo sempre, anzi, non l'ho mai detto.
Siamo tornate ieri sera che era quasi mezzanotte, e Sara voleva andare da Mark e alla fine ci è andata.
Ora sono le dieci del mattino e lei non è ancora tornata.
Affari suoi a questo punto. Io mi godo il sole.
Prendo il bicchiere con l'acqua e menta e ne bevo un po'. Credo di aver provato di tutto per far passare sta fissa a Sara ma non ha funzionato nulla. b Mi dico che passerà. Spero solo che prima non peggiori.
Mi sdraio di nuovo e cerco di rilassarmi, oggi non preparo neppure il pranzo, un panino e via. Se Sara torna e non ha mangiato che si arrangi.
Chiudo gli occhi e mi impongo di pensare più di lei.
«Sei sola?»
Mi metto a sedere e sorrido. «Ciao Jared.»
Lui si siede accanto a me. «Sara non c'è?» domanda.
Perché mi chiede di lei? Perché?
"Non essere gelosa!"
«No, no c'è. È con Mark.» rispondo. «Non l'hai vista?»
Lui scuote la testa, posa un braccio sulle mie spalle e mi bacia una guancia.
«Veramente no. Mark è uscito presto questa mattina, ha lasciato un biglietto sul tavolo.»
Apro la bocca, non mi aspettavo una roba del genere.
«Cosa? E dove sono?» domando. Jared alza le spalle.
Respiro profondamente e prendo in mano il cellulare e chiamo Sara; parte la segreteria. O è spento o non prende. Poso il cellulare e sbuffo.
«Cosa c'è?» mi chiede Jared attirandomi a sé.
Lo abbraccio e poso la testa sulla sua spalla. «Nulla.» mormoro anche se non è vero.
Lui mi bacia la fronte e mi abbraccia. «Non è vero.»
Sospiro, ha ragione lui. Non è vero. Quel "nulla" è una bugia.
Solo due settimane fa le cose erano diverse. E prima che venissimo qui erano completamente diverse. Totalmente diverse.
Tutta colpa di Mark.
"La smetti di pensare a loro due? Sei un'idiota, sei con Jared e li ti sta abbracciando!" Forse la voce nelle mia testa ha ragione. Sono una scema.
Mi rilasso contro di lui e lascio che mi accarezzi la schiena, lo fa così bene...
«È per colpa di Sara che sei triste?» mi chiede, le sue labbra scendono lungo la mia guancia.
«Sì...» rispondo e volto il viso per incontrare le sue labbra, lo bacio, e poso una mano sulla sua nuca, attirandolo verso di me.
Non ci sono più problemi, ora.
Ci siamo solo io e lui.
Lui e io.
Tutto il resto non conta.
Tranne il telefono che suona. Mi stacco di malavoglia da Jared e prendo il cellulare.
«Buongiorno.» dico.
«Prendi le chiavi della macchina.» esclama Sara, «Stiamo arrivando.»
Sbuffo. Non si fa sentire e ora pretende la mia macchina?
«Dove devi andare?» chiedo, anche se so già la risposta; Jared mi posa le mani sulle spalle e inizia a massaggiarle lentamente, disegnando piccoli cerchi con i pollici.
«Devo uscire con Mark.» mi risponde.
Chiudo gli occhi godendomi il massaggio e le labbra di Jared che mi sfiorano il lobo.
«Mmh... no.» dico, mentre le mani di Jared scendono lungo la schiena e mi slacciano i lacci del costume.
«Sei una stronza!» strilla lei, ma io non ci bado più di tanto, Jared mi sta baciando il collo; chiudo la chiamata e mi volto verso Jared.
«Entriamo?» sussurro.
Lui annuisce e sorride, si alza e mi porge la mano, io gliela stringo e mi alzo.
Chiudo la porta a chiave e saliamo in camera. Sara può andarsene a quel paese.
"Brava!"

***

Sara è arrabbiata con me perché non le ho prestato l'auto. E si è incazzata ancora di più quando ha scoperto che l'avevo chiusa fuori di casa.
Mi ha detto che non era giusto.
Però chiudere me fuori da casa mia è giustissimo, invece.
Non riesco a capire perché sta succedendo tutto questo. Perché lei si stia comportando così, in questo modo. Non ha quindici anni!
Chissà che cosa le avrà detto Mark, quali promesse e avrà fatto... tanto sono sicura che non le manterrà. Ha la faccia da stronzo menefreghista.
E io dovrò raccattare i cocci del cuore di Sara, quando lui glielo spezzerà.
"Smettila di andare in paranoia per lei!"
Eh, voce nella mia testa, non è mica così semplice. È, o dovrei dire era?, la mia migliore amica.
"La pianti? Vorrei ricordarti che Jared è di sopra, nel tuo letto. Nudo."
Eh. Giusto. Giustissimo.
Finisco di lavare le mani e le asciugo, prendo la panna montata, i cucchiaini, le due ciotole con la macedonia e torno di sopra, spero che non cada nulla.
Arrivo alla porta della camera e la trovo accostata, strano, ero convinta di averla lasciata aperta... mi ci appoggio contro e mi blocco. Jared sta parlando con qualcuno, è al cellulare, presumo.
Mi blocco quando lo sento pronunciare il nome di sua moglie. Mi ero quasi scordata di lei.
"Non quasi. Ti eri completamente dimenticata di lei."
Lui urla qualcosa. "Non posso.", ha detto. Chissà a cosa si riferisce.
"Fatti gli affari tuoi."
Aspetto qualche secondo e poi entro. Jared si avvicina e prende la bomboletta della panna spray in mano, io poso le altre cose sul comò.
«Eri al telefono con Gen?» gli chiedo.
"Zitta mai, eh?"
Mi taglierei volentieri la lingua.
Lui alza le spalle, «Sì.» risponde.
"Taci!"
Non dico nulla, spruzzo un po' di panna sulla frutta, prendo un cucchiaino e mi siedo sul letto.
Anche lui si siede, vicino a me. Mi abbraccia rischiando di far cadere la mia ciotola. «Scusa.» mormora prima di baciarmi una guancia.
Io sorrido anche se non capisco perché si sia scusato.
"Taci. Per favore."
Taccio, contenta?
Il cellulare suona, è ancora Sara.
«Cosa vuoi?» le chiedo
. «Entrare.» risponde lei.
«No, sono impegnata.» rispondo appoggiandomi alla testiera del letto e poso la ciotola sul comodino.
Jared si avvicina con la panna, mi alza la maglietta e ne spruzza un pochino sul mio ombelico.
Cosa?
«Mi hai sentito?» strilla Sara.
No, sono troppo occupata, sto cercando di capire cosa vuole fare Jared. «No, scusa. Ripeti.» dico a Sara. Jared mi guarda malizioso si china sulla mia pancia e inizia a leccare la panna.
"Riattacca! Subito! Ora! Adesso!"
«Dammi almeno le chiavi della macchina!»
«Sono impegnata.» rispondo. Spingo il tasto rosso e lascio cadere il cellulare sul letto.
Giochini erotici con la panna? Mai provati prima d'ora. Cosa mi ero persa...

***

È quasi mezzanotte, Jared è andato via da un pezzo e Sara sbuffa peggio di una vecchia locomotiva a vapore.
Cazzi suoi.
Se non mi avesse chiuso fuori di casa non l'avrei lasciata fuori.
In ogni caso è stata una giornata fantastica.

Salve! Spero che anhe questo capitolo vi sia piaciuto :)
Ho saltato i giorni in montagna. Jared non c'era, non aveva senso scriverli.
Comunque siamo a metà. Ancora sedici capitoli, epilogo compreso.

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Capitolo 17
*** Capitolo diciasette 10 Agosto ***


Niente di quanto narrato in questa fanfiction è reale o ha la pretesa di esserlo. È frutto della mia fantasia e non vuole assolutamente offendere la persona in questione. I personaggi originali appartengono alla sottoscritta.


Trentasei Giorni


Capitolo Diciassette
*10 Agosto*


Venerdì è il mio compleanno e io non so ancora cosa fare. Mangiare a casa o andare al ristorante?
Solo io e Sara oppure invitiamo anche Mark e Jared?
Se non invito Mark Sarà farà una tragedia, lo so.
Chiudo lo sportello della lavastoviglie e mi asciugo le mani, lascio lo strofinaccio sul ripiano del lavello e torno a sedermi.
Sara è davanti a me e sfoglia pigramente una rivista.
«Venerdì è il mio compleanno.» esclamo, lei mi fissa senza dire una parola. «Stavo pensando di andare a cena...»
«Veramente...» mi interrompe, «Io e Mark andiamo a cena fuori, insieme. Solo noi due.»
La guardo senza dire una parola. Il giorno del mio compleanno lei lo vuole passare a cena con Mark.
Perfetto.
Assolutamente no.
«E mi servirebbe la macchina.» continua Sara. «Andiamo a mangiare a Lignano.»
Non dico nulla e mi alzo, la guardo con la voglia di spaccarle la testa per vedere che fine abbia fatto il suo cervello. «Vai a cagare.» dico. «Chiama un taxi.»
Lentamente salgo in camera. Non so cosa dire o cosa fare. Mi siedo sul letto e respiro profondamente.
«Sei egoista!» esclama Sara entrando come una furia in camera. «Vuoi rovinare la mia vita!»
Cosa? Io sono egoista, non lei che la sera del mio compleanno va fuori a cena con quel coglione e pretende che le presti la macchina.
«Sarò anche egoista,» dico e mi alzo in piedi, «ma tu sei una stronza di prima categoria.»
Lei mi fissa e vedo la rabbia nei suoi occhi.
Come abbiamo fatto a ridurci così?
Sara stringe i pugni e si morde il labbro inferiore. «Sei tu la stronza perché non vuoi che io sia felice!»
No so cosa dire, perché quello che vorrei fare lo so: le tirerei un pugno. magari le si riattiva il cervello.
«Io vorrei solo passare il mio compleanno con la mia migliore amica e se questo fa di me una stronza egoista... sono felice di esserlo.» esco dalla camera e ritorno di sotto, Sara mi segue.
«È solo uno stupido compleanno!» urla lei. «Tu sei gelosa perché Mark mi ha detto che mi ama e Jared no!»
La guardo e non so ancora cosa dire, respiro profondamente e cerco una risposta. «Non sono gelosa.» esclamo. «Sono solo delusa da te. È il mio compleanno e vorrei che tu lo passassi con me, non con Mark. Ci saranno altre serate da passare con lui.»
Lei non mi guarda, preferisce fissare il muro dietro di me.
«C'è un solo compleanno ad anno, e tu sei così egoista da volerlo passare con Mark.» aggiungo e lei continua ad ignorarmi.
«Puoi pure uscire venerdì con Mark, ma senza macchina.» incrocio le braccia al petto, Sara sospira con frustrazione. «Ma sabato torni a casa.»
Lei mi fissa sgomenta. «Non puoi!» strilla. «Non puoi cacciarmi! Come farò a vedere Mark?»
Scuoto la testa. Dov'è la Sara che conoscevo? Quella che aveva detto che nessun ragazzo avrebbe mai rovinato la nostra amicizia?
È sparita. E mi manca.
«Scegli te.» mormoro, mi passo una mano sul volto e sposto i capelli dietro l'orecchio. «Io vorrei solo passare il mio compleanno con la mia migliore amica.»
Mi sposto verso la sedia e mi siedo. «Perché non lo capisci? Dovevamo divertirci e invece stiamo litigando. Per un ragazzo.»
Per un ragazzo stronzo per giunta. Ed è pure egoista.
Sara non dice nulla, la sento salire in camera.
Sospiro profondamente. Bene, il mio compleanno è rovinato.
Esco in giardino e mi siedo sul lettino, la testa bassa e le mani posate sul grembo.
Spero solo che...
No, meglio non dire o pensare nulla prima che si avveri il contrario. Piego le gambe e le abbraccio, poso la testa sulle ginocchia. Vorrei piangere.
«Tutto bene?»
Volto la testa e sorrido, Jared si siede accanto a me e mi abbraccia. «Sara venerdì va a cena con Mark e pretende che le lasci la macchina.»
Lui mi bacia la fronte. «E allora?»
Cosa? Non ditemi che anche lui si è dimenticato!
«Venerdì tredici.» dico.
Lo sento sospirare. «Il tuo compleanno.» sussurra, mi bacia la guancia. «È vero, il tuo compleanno è venerdì.»
Annuisco piano. «E lei vuole andare via con Mark. E io sono egoista perché non voglio lasciarle la macchina.»
«Non sei egoista.» Jared mi sfiora il viso con la mano, «Vuoi solo passare il tuo compleanno con la tua migliore amica.»
Poso la testa sulla sua spalle e chiudo gli occhi, lascio che lui mi accarezzi la schiena e i capelli.
«Le ho detto che se vuole può andare a cena con Mark, ma sabato torna a casa.»
Jared si sposta e mi guarda. «A casa?» domanda fissandomi con i suoi meravigliosi occhi verdi. «E tu? Noi?» Noi? Ho sentito bene?
"Sì, ha detto noi!"
«Lei torna a casa. Io rimango qui.» rispondo e gli sfioro le labbra con le mie. «Meno male.» soffia lui, «Mi stavo già preoccupando.» Sorrido e lo bacio, gli circondo il collo con le braccia e mi stringo a lui. Mi sento meglio.

***

Sara esce in giardino, il sole sta tramontando.
«Mark dov'è?» domanda.
«Non lo so.» risponde Jared. Siamo sdraiati sul lettino, la mia testa è sul suo torace e non ho intenzione di muovermi.
«Come non lo sai?» sbotta Sara, alzo il viso e me la trovo davanti.
«Non sono il suo baby sitter.» replica Jared senza spostare le mani dal mio corpo e senza guardarla.
Sara sbuffa e si siede sull'altro lettino. «Non mi risponde al telefono!»
«Sarà al cesso.» mormoro prima di baciare il collo di Jared.
Lui sorride e cerca di non ridere, lui non può vedere l'espressione di Sara ma io sì, sembra che stia per esplodere. Magari fra un po'incomincia a uscirle il fumo dalle orecchie.
«Non preoccuparti.» dico, «Magari ha il silenzioso.»
Lei sbuffa poco convinta e incrocia le braccia. «Ma io voglio sentirlo!»
«Che palle.» sussurra Jared e io sorrido.
«Hai deciso cosa fare?» le chiedo, mi libero dall'abbraccio di Jared e mi metto seduta.
Lei spinge in fuori le labbra e scuote la testa. «Devo decidere con lui. Voglio sentire la sua opinione!»
Scuoto la testa e mi sdraio di nuovo, se lei non ci arriva non posso farci nulla, poso il viso sul torace di Jared e lui mi accarezza il viso.
Meglio che non ci pensi. Io ero seria prima, quando le ho detto che se venerdì esce con Mark sabato può pure tornarsene a casa.
"È un ricatto."
Lo so che è un ricatto, ma se sono arrivata a questo punto non è solo colpa mia.
Jared mi bacia la nuca e io sorrido ancora.
Meno male lui c'è.

***

«E va bene, venerdì non vado a mangiare con Mark.» esclama Sara quando esco dal bagno.
«Grazie.» dico.
"La ringrazi?" «Così la smetti di comportarti come una bambina.» esclama Sara. «Tu sei gelosa.»
Io la ignoro. Non sono gelosa. Perché dovrei esserlo? È vero, Jared non mi ha detto che mi ama, però non fa scenate isteriche se non siamo soli.
Almeno noi parliamo, non facciamo sesso e basta.
Siamo anche amici.
"Escluso quell "anche" cosa siete?" Sbuffo, non ho voglia di pensarci adesso.
«Oriniamo qualcosa o andiamo a mangiare?» chiedo a Sara quando siamo in cucina.
«Mangiamo a casa, così poi non perdo del tempo e io e Mark possiamo stare insieme.»
Non dico nulla, per lei conta di più lui. E allora... bene, si arrangi.
Io non ci sarò quando il suo cuore si spezzerà in mille pezzi.
Non ci sono solo quando le servo.
Mi avvicino al fornello, l'acqua bolle, verso la pasta e chiuso la pentola con il coperchio.
«Domani andiamo al centro commerciale.» esclamo voltandomi. «Devo prendere alcune cose.»
Sara mi fissa e sbuffa.
«Saremo a casa per cena.» continuo io e guardo l'orologio.
«E va bene.» sbuffa lei.
Sembra che mi stia dando un contentino ma si sbaglia.
Quasi quasi organizzo un'altra gitarella...
"E Jared?" Non muoio se non lo vedo per un paio di giorni!
Guardo fuori dalla finestra. Mark è seduto sul lettino e Jared sta gironzolando per il giardino, sta parlando al telefono con qualcuno.
Vorrei essere piccola come un moscerino per sapere con chi sta parlando e cosa si stanno dicendo.
"Sbaglio o tu non eri gelosa?"
Infatti. Non sono gelosa, sono solo curiosa.
Maledettamente curiosa.

***

Non so dove siano Sara e Mark e la cosa non mi interessa.
Io e Jared siamo fuori, sdraiati su una coperta a guardare le stelle.
Faremmo altro, peccato che io sia... indisposta.
Maledetto ciclo che arriva quando non deve.
Comunque qui, fra le sue braccia, sto benissimo.
Non sono una ninfomane, e lui non è un maniaco del sesso come qualcun'altro...
Chiudo gli occhi e poso la testa contro la sua spalla. Sono ancora curiosa di sapere con chi era al telefono prima.
"Non ti azzardare a dire o chiedere qualcosa!"
E va bene, sto zitta!
Mi sposto ancora e lo abbraccio.
Jared mi bacia la fronte e mi sorride. «Devo ricordarmi di prenderti il regalo.» mormora prima di baciarmi.
«Non è necessario.» dico ed è vero.
È lui il mio regalo.
E io, nonostante Sara, sono felice.

Salve! Capitolo di transizione, non succedde praticamente nulla xD
AL prossimo capitolo!
Se vi va dateun'occhiata al mio profilo, magari vi piaceeràqualche altra mia storia.

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Capitolo 18
*** Capitolo Diciotto 11 Agosto ***


Niente di quanto narrato in questa fanfiction è reale o ha la pretesa di esserlo. È frutto della mia fantasia e non vuole assolutamente offendere la persona in questione. I personaggi originali appartengono alla sottoscritta.


Trentasei Giorni


Capitolo Diciotto
*11 Agosto*


Sara sbuffa. Mi guarda e sbuffa, fa una cosa qualsiasi e sbuffa. Sta diventando noiosa.
Fa così per la storia del mio compleanno, sto iniziando a stufarmi.
Eppure io per il suo ultimo compleanno ho rinunciato ad uscire a cena con il mio ex e la sua famiglia. E loro si sono incazzati. Ma non è colpa mia se il loro anniversario coincide con il compleanno di Sara!
E in ogni caso sono problemi loro.
Invece Sara non può rinunciare alla sua scopata quotidiana. Che si fotta.
«Dobbiamo andare a fare la spesa.» le dico. «Non c'è nulla in frigo.»
Lei annuisce e, tanto per cambiare, sbuffa. Quello che non sa è che andremo al centro commerciale, devo prendere un nuovo stendibiancheria perché quello vecchio si è rotto. Il fatto che l'abbia preso a calci è un altro discorso.
Se lei è stronza lo sono anche io. Mangeremo pure fuori, prevedo di tornare per il tardo pomeriggio.
Poi farà quello che vuole, tanto le regole le sa. E sa anche dov'è la porta.
Sara sale le scale e bisbiglia qualcosa che non capisco, non m'importa quello che pensa di me, alla fine è stata lei a volerlo.
Dieci minuti dopo siamo in macchina, in silenzio. Almeno non sbuffa.
Arrivo allo stop e svolto a sinistra e, invece di proseguire sulla strada provinciale, giro a destra. Sara non dice nulla, ma so che sta cercando di capire perché ho preso questa strada.
«Dove stiamo andando?» domanda.
«Al centro commerciale, ho bisogno dello stendibiancheria, quello vecchio è...» mi fermo e la guardo per un breve istante, «rotto.»
Sara sbuffa, grugnisce qualcosa e incrocia le braccia. Sono sicura che ha il broncio.
Decido d'ignorarla, le parlerò quando avrà deciso di comportarsi come un'adulta e non come una bambina.
Accendo la radio e scelgo una stazione a caso, mi va bene qualsiasi cosa che non sia questo mutismo infantile.
Stiamo andando al centro commerciale, non in guerra! Sbuffo.

***

Mai più. Mai più. Andare al centro commerciale con una persona che non ti parla è orribile. Io ho cercato di coinvolgerla, ma lei... nulla, Sara è rimasta chiusa in quel cazzo di mutismo; ha parlato solo quando abbiamo ordinato il pranzo.
Sistemo la spesa e sbuffo. Sara è di sopra, prima di salire ha mormorato qualcosa del tipo: "Non sarò pronta in tempo."
In tempo per cosa non lo so, sono affari sui. In ogni caso devo sbrigarmi, devo preparare la cena, poco fa Jared mi ha mandato un messaggio, e io l'ho invitato a cena.
Perché l'ho fatto?
Non lo so, è stato istintivo. Lui mi ha scritto per chiedermi cosa stessi facendo, io gli ho risposto che ero al supermercato e l'ho invitato. Ovviamente quando Sara l'ha saputo ha invitato anche Mark.
Però sono contenta di averlo invitato, almeno non passerò una cena noiosa con una che sbuffa continuamente.

***

La cena è finita. Do una lavata ai piatti e Jared li mette in lavastoviglie. Mark è seduto e non aiuta, nemmeno per portare il bicchiere nel lavello.
Idiota.
Sara è di sopra a fare non so cosa.
«Cos'hai?» mi domanda Jared sussurrando al mio orecchio, sento le sue labbra che sfiorano il lobo, il suo respiro sulla pelle, stringo il piatto. Se Jared si avvicina ancora di più rischio di far cadere qualcosa.
«Non ho nulla.» rispondo.
Lui mi guarda come se non mi credesse ma alla fine sorride. Sorrido anche io. È così belle quando sorride, le sue labbra sono bellissime, perfette da baciare e quelle fossette...
Mi sta venendo caldo. Devo smetterla con sti pensieri poco candidi.
"Ma cosa stai dicendo? Vorrei ricordarti che avete già fatto l'amore. E non una volta sola!"
Ehm sì, giusto. Però... però nulla, ecco. Solo che se lui mi guarda in questo modo, con la testa leggermente piegata di lato, quel sorriso... l'ultima cosa che vorrei fare è lavare i piatti.
La prima è saltargli addosso, l'ultima è fare le pulizie.
Sara torna da basso, si è cambiata. Indossa un top così attillato che secondo me al primo respiro profondo si squarcia, e una minigonna cortissima.
«Dammi le chiavi della macchina.» esclama Sara.
Io mi giro e la guardo. Dammi? Il "per favore" lo abbiamo dimenticato?
Sara sporge il braccio verso di me, il palmo della mano verso di me. «Allora?»
«Allora cosa?» chiedo.
Lei sbuffa, «Mi dai le chiavi?»
«No.» le dico. E che cazzo.
Lei fa una smorfia e sbuffa. «Dammi le chiavi, io e Mark dobbiamo uscire.»
«No.» ripeto alzando la voce. Jared mi sfiora la schiena. «Non puoi pretendere di avere la macchina dopo che non mi hai rivolto la parola tutto il giorno.»
Lei sbuffa, ancora, e si siede accanto a Mark, gli sussurra qualcosa mentre lui mi fissa.
«Su, dacci le chiavi, vogliamo stare un po' da soli.» esclama Mark.
Io lo ignoro, infilo l'ultimo piatto in lavastoviglie, la chiudo e la faccio partire.
«Qua attorno è pieno di campi.» faccio notare. Possono mettersi a cercare le chiavi per tutta casa, tanto non le troveranno, sono al sicuro in una delle tasche dei miei jeans.
Dovrebbero palparmi, ma se si azzardano a farlo li prendo a calci.
I due sbuffano contemporaneamente e si alzano. Sara ritorna da me. «Sei una stronza.» mi dice in italiano.
«Grazie, anche tu.» le rispondo.
Lei fa una smorfia ed esce di casa seguita da Mark.
Respiro a fondo e mi appoggio al mobile.
«Era una bugia quella di prima.» mormora Jared abbracciandomi.
Io non dico nulla e mi limito ad abbracciarlo a mia volta. Ha ragione, prima ho mentito, anche se lui sa tutta la storia, non so il motivo per cui non ho detto nulla.
Sono scema.

***

Il telefono di Jared suona, lui si scusa, si alza e si allontana di un paio di metri. Sono terribilmente curiosa e ho voglia di alzarmi e avvicinarmi a lui per capire con chi sta parlando. Ma devo resistere per cui rimango sdraiata. Nel cielo brilla qualche stella, e il cane dei vicini abbaia, Jared mormora qualcosa che non capisco. Stupida curiosità.
Mi metto a sedere e lo guardo, è nervoso, lo capisco da come si muove e da come gesticola.
Chissà con chi sta parlando. Afferro il bordo del lettino e lo stringo, devo impedirmi di alzarmi e andare da lui per sentire cosa sta dicendo.
Lui si volta, infila il cellulare in tasca e ritorna da me. «Tutto bene?» gli chiedo.
Lui sbuffa e si fissa una mano sul viso, improvvisamente mi sembra stanco. «Sì... cioè no.» risponde.
Lo guardo senza sapere cosa dire.
«Era mia moglie.» mormora.
Oh.
«Ha detto che non le importa nulla se le ho detto che non può venire, lei vuole venire ugualmente.» continua senza guardarmi.
Oh cazzo.
«Potrebbe essere qui già dopo domani.»
Il giorno del mio compleanno? Che bello.
No. No, e ancora no.
Passi per Sara e Mark, ma sua moglie... no. Non la voglio. Sono egoista?
"No."
Jared mi abbraccia e mi bacia. «Scusami.» sussurra sulle mie labbra.
Ecco, se prima non sapevo cosa fare con Sara adesso non so cosa fare con Gen e Jared.
Che schifo.

Salve!Scusate il ritardo, ma fra la mancanza d'ispirazione e la mancanza di voglia di scrivere... non so uale sia peggio -.-
Comunque ringrazio chi legge la storia <3
Ah, se vi ricordate di Shane Filan potete fare un saltino qui Shane Filan Italia?
Il sito è mio.

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Capitolo 19
*** Capitolo Diciannove 12 Agosto ***


Niente di quanto narrato in questa fanfiction è reale o ha la pretesa di esserlo. È frutto della mia fantasia e non vuole assolutamente offendere la persona in questione. I personaggi originali appartengono alla sottoscritta.


Trentasei Giorni


Capitolo Diciannove
*12 Agosto*


Non so cosa fare. Mangio i biscotti o la crostatina al cioccolato? Bel dilemma. Infilo la tazza piena di latte nel micronde e lo avvio, mi volto e mi a apoggio al mobile. Meglio pensare a questo che al fatto che domani la moglie di Jared potrebbe essere qui. Devo per forza invitarla a cena? Posso non farlo? Oddio, e se lei impedisse a Jared di venire? No, spero non lo faccia, altrimenti le do un calcio. Meglio non ensarci. Il timer suona, prendo la tazza e la porto sul tavolo. Cosa faccio? Biscotti o crostatina? È meglio che pensi a questo. Crostatina o biscotti? Gen potrebbe arrivare domani. Crostatina o biscotti? Entrambi. Che depressione. Io non voglio che lei venga qua, proprio no. Non il giorno del mio compleanno.
metto i biscotti nel latte e giro il cucchiaio. Fra un po' io e Sara andiamo a fare la spesa per la cena di domani, e se si lamenta... affari suoi, sono già abbastanza depressa e incazzata per affari miei.
Prendo la biro blu e aggiungo "prendere qualcosa per l'aperitivo" alla lista della spesa. Devo prendere robe in più, perché forse viene Gen.
Stronza.
Stai a casa. Perché devi venire qui e rovinare tutto?
"Perché forse è la moglie di Jared?"
Ehm... già è sua moglie. Ogni tanto riesco a dimenticarlo.
Stupida.
Finisco di fare colazione lentamente, sento Sara muversi al piano di sopra, mi sembra che si sia svegliata di buon umore visto che canticchia.
Spero che rimanga così per tutta la giornata, non ho voglia di avere attorn gente musona, per quello basto io.
Finisco di bere il latte e mi accorgo che la crostatina è ancora lì, sul tavolo, avvolta nella sua confezione.
Alzo le spalle e sistemo, la mangierò più tardi. mentre vado verso le scale lo sguardo cade sul calendario che mi ricorda che domani divento più vecchia di un anno.
E che forse Gen sarà qui.
Basta! Non devo pensarci. Non devo farmi rovinare questo giorno e quello di domani da lei.
Entro in camera, Sara si sta infilando una canotta gialla, ha le sppalline sottile e una farfalla stilizata all'altezza del cuore.
«Sei pronta?» le chiedo, «Dobbiamo fare la spesa per domani.» le ricordo.
Lei annuisce e mi guarda. «Sì,mi ricordo.» dice. «Andiamo al centro commerciale, vero?»
La fisso sorpresa. Cosa si è fumata per essere così... allegra?
«Certo che andiamo lì.» risondo. «Perché me lo chiedi?» ci deve essere qualcosa sotto, ci deve essere un motivo se è così! I giorni scorsi aveva un muso che toccava terra, ora...
«Voglio comprare un regalo per Mark!» trilla e io la guardo sconvolta.«Sono tre settimane che stiamo insieme!»
Che droga ha preso?
«Ah... okay, certo. Un regalo.» mormoro. «Vado a lavarmi i denti.» esclamo.
Chiudo la porta del bagno alle mie spalle e mi guardo allo specchio. Vuole fare un regalo a Mark perché sono tre settimane che stanno insieme. Perché?
Tre settimane. Perché fare un regalo per festeggiare le tre settimane? Queste cose non si fanno quando si festeggia un mese?
Bah.
Secondo me lui non le farà nessun regalo e lei ci rimmarà male, ma sono sicura che Sara troverà una scusa qualsiasi per giustificarlo.
Meglio che mi lavi, non devo farmi rovinare la giornata da lei.

***

Spero che Sara abbia comprato il mio regalo mentro ero in bagnoanche se ne dubito... dopo aver preso il regalo per Mark si èlamentata di aver quasi finito i soldi. Ci credo, ha speso quasi settecento euro per un orologio, un bracciale e una collana.
Io i soldi non glieli presto,doveva pensarci prima.
metto l'ultima confezione di uova nel frigo e lo chiudo. Sara è di sopra, sta preparando un bigliettino per il suo "amore".
Infilo i sacchetti di plastica in uno dei cassetti e sbuffo. Se non mi fa il regalo la uccido.
Se piangerà perché Mark non le ha regalato nulla per le loro prime tre settimane prima riderò, poi le darò due schiaffoni.
Tiro fuori le pizze surgelate e le lascio sul mobile.
Gen forse domani darà qui.
E quella che dice di essere la mia migliore amica non mi ha preso il regalo.
Distruggo le scatole di cartone, le ho fatte a pezzettini.
Guardo il cestino della spazzatura pieno e sospiro, scuoto la testa. Incominica a farmi male, forse è meglio se mi sdraio un po', magari riposare un poco mi farà bene.
Con un sospiro mi lascio cadere sul divanetto, sistemo il cuscino sotto alla testa e accendo la tv con il telecomando,scelgo un canale a caso, è un televendita di un frullatore che fa pure i mircoli.
Bene, le televendite mi fanno venire sonno. Chiudo gli occhi e cerco di rilassarmi.

***

«Svegliati!»
Qualcuno mi scuote. Chi cazzo è?
Sbadiglio e apro gli occhi. Sara è davanti a me. «Cosa c'è?» mugugno.
«Hai della colla?» mi chiede lei.
Colla? E cosa ci dovrei fare io con la colla?
«Allora?» sbuffa lei incrociando le braccia.
«Colla?» mormoro passandomi una mano sul viso. «Credo che sia in un mobile in cucina... credo in quello sotto alla tv.» biascico e sbadiflio ancora.
Lei annuisce e va via. Io sbadiglio ancora. Cosa ci deve fare con la colla?
Magari mi sta preparando un regalo con le sue mani.
"Sogna."
Mi alzo e sppengo la tv, c'è ancora la televendita del robottino miracoloso.
Vado in cucina e visto che sono le sette e io incomincio ad avere fame, accendo il forno.
Le pizze sono ancora dove le ho lasciate. Sara non c'è, deve aver trovato la colla.
Salgo le scale ed entro in cameretta. Sara è alla scrivania, e sta disegnando su un foglio di cartoncino rosa; la scrivania, iltappeto e ilppavimento sono sporchi di brillantini colorati. Credo che rimarranno lì in eterno.
Sara afferra un grosso cuore di cartoncino e lo incolla su quello rosa. È impegnata, concntrata su quello che sta facendo.
«La mangi la pizza?» le domando.
Sara si limita a rispondere con un cenno della testa e un mugugno.
Non voglio sapere cosa stia facendo.
Torno di sotto e apparecchio la tavola. Fra un paio d'ore Jared sarà qui e allora saprò la verità.
Gen sarà qui oppure no? Avrò una bella festa di compleanno oppure no?
Mark farà un regalo a Sara oppure no? Sara mi regalerà qualcosa?
La risposta a queste domande la so: è no.
Scuoto la testa, tolgo le pizze dalla confezione trasparente, sulla mia margherita ci aggiungo ancora un po' di mozzarella e qualche fettina di salmone affumicato. Beh, ci ho messo tutta la confezione, in fondo sono solo cento grammi; quella di Sara la lascio così, è alle verdure. Le metto nel forno e mi sedio.
Guardo fuori dalla finestra, il cielo sta diventando nero, grossi nuvoloni stanno apparendo da dietro le colline. Stasera temporale. Che merda, ci manca solo quello.

***

Siamo in casa, nel salotto perché fuori diluvia. Mark e Jared sono arrivati in tempo, doo un minuto dalla loro entrata in casa ha cominciato a piovere.
Sara fa gli occhi dolci a Mark, sicuramente aspetta l'occasione giusta per dargli il regalo. E infatti i due si alzano ed escono dalla stanza.
Alzo gli occhi al cielo e sbuffo.
«Cosa c'è?» domanda Jared abbracciandomi.
Sento il suo respiro sulla pelle. Ho i brividi.
«Nulla, è che Sara ha comrato un regalo per Mark.»rispondo rilassandomi fra le sue braccia.
Le sue labbra sfiorano il mio orecchio, le sue mani mi accarezzano, «Un regalo? Perché?»
«Perché sono tre settimane che stanno insieme.»rispondo chiudendo gli occhi.
«Che cosa... tenera.» soffia nel mio orecchio, poi lo bacia.
Mi volto verso di lui e lo guardo. Ha gli occhi socchiusi,le labbra socchiuse ed è dannatamente bello.
Sorrido.
Vorrei tanto chiedergli una cosa...
"Ferma, non farlo! Sei una deficente se lo fa!"
«Cosa c'è?» chiede lui.
Alzo le spalle. «Niente. Stavo pensando a domani...» rispondo.
Lui sorride e mi bacia una guancia, poi il naso. «È il tuo compleanno.» sussurra. «Guarda che me lo ricordo.»
«Lo so.» dico, «Pensavo ad altro.» sussurro.
"Sei scema!"
Eh, lo so che sono scema ma ho bisogno di sapere.
Lo sento irrigdirsi peer un'istante, ma poi si rilassa. «Non so ancora nulla.» risponde. «Non mi ha voluto dire nulla.»
Lo sento sospirare, mi stringe più forte, io poso il testa sulla sua spalle e lascio che mi accarezzi la schiena.
Neppure lui sa se sua moglie viene oppure no. Che bella situazione.
Se non viene è tutto a posto, ma se dovesse venire... dovrei anzi, dovremmo, fingere. Io, Jared, Sara e Mark.
Quei due coglioni mi preoccupano, Sara sarebbe capace di dire la cosa sbagliata al momento sbagliato. Lo farei anche io, però. E non sarebbe la prima volta.
Smettiamo di pensare a questo e pensiamo ad altro, Jared mi sta baciando il collo.
Chiudo gli occhi e mi lascio andare.

***

Mi rimetto la maglietta e sento dei rumori provenire dal piano di sopra. Alzo lo sguardo al soffitto e cerco di capire cosa stia succeddendo, sembra che qualcuno stia camminando pestando i piedi. Si sentono anche delle urla soffocate, credo che Mark e Sara stiano litigando.
Affari loro.
Guardo Jared, lui alza le spalle.
Mark entra nel salotto, indossa i regali di Sara, in mano a il cartoncino rosa. «Andiamo.» esclama rivolgendosi a Jared.
Lui mi guarda poi fissa Mark. «Arrivo.» esclama lui infilandosi le scarpe.
Sara è dietro Mark, a gli occhi lucidi e il viso rosso. Credo che abbia pianto.
Saluto Jared con un bacio «Ci vediamo domani.» sussurro sulle sue labbra, voglio pensare positivo, lui sorride e segue Mark in giardino, quando non li vedo più chiudo la porta a chiave.
«Cos'è successo?» domando a Sara seguendola lungo le scale.
«Si è dimenticato di farmi il regalo.» risponde lei.
Lo sapevo cche non tiavrebbe fatto nessuno regalo. E qualcosa mi dice che non te lo farà mai.
«Mi dispiace.» le dico anche se non è vero.
Lei annuisce e va a letto. Mentre chiudo la porta del bagno alle mie spalle la sento scoppiare a piangere. Se fosse un'altro ragazzo, se non avessimo litigato andrei da lei e la consolerei. Ma adesso non me la sento, so che se le dicessi quello che penso di Mark lei si arrabbierebbe ancora di più. Ho voglia anche io di piangere.
Non so cosa fare domani. Lo so che ho detto che non devo pensarci ma è più forte di me.
È mezzanotte e cinque.
Auguri Jennifer

Salve! Spero che anche questo capitolo vi piaccia :)
A presto!

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Capitolo 20
*** Capitolo Venti 13 Agosto ***


Niente di quanto narrato in questa fanfiction è reale o ha la pretesa di esserlo. È frutto della mia fantasia e non vuole assolutamente offendere la persona in questione. I personaggi originali appartengono alla sottoscritta.


Trentasei Giorni


Capitolo Venti
*13 Agosto*


Se chiama qualcun altro giuro che urlo. È dalle sette che il mio cellulare continua a suonare, prima la mia pro zia, che alle sei e mezza del mattino ha avuto il coraggio di chiedermi se stessi dormendo!
Era ovvio che stessi dormendo. Fino alle otto ho avuto un po' di pace, poi il telefono ha iniziato a suonare nuovamente. Prima i miei genitori, poi i miei fratelli, e gli zii e i cugini... ma quanti parenti ho?
Troppi.
Mi siedo sul divano e inizio a mangiare la mia macedonia.
Sara dorme ancora e quindi non mi ha fatto gli auguri... in compenso sua madre mi ha mandato un messaggio in cui me li fa. Anche Maddalena e Angela mi hanno fatto gli auguri.
Infilzo un pezzo di fragola con la forchetta e cambio canale, un estate non c'è nulla d'interessante in tv. Non che il resto dell'anno la guardi, sono sempre al bar a lavorare.
Giro la forchetta nella ciotola e sospiro. Non so perché, ma c'è qualcosa che mi ronza in testa, un pensiero che non riesco a definire ma che non se ne vuole andare.
Probabilmente non è nulla d'importante, altrimenti riuscirei a capire cosa mi passa per la testa.
Sbuffo e finisco la macedonia, poso la ciotola sul tavolo e sbuffo ancora.
Dovrei smettere di sbuffare.
Il mio cellulare suona, e un SMS. Lo prendo e clicco la bustina gialla.
È un messaggio di Jared. Sorrido.
"Happy b-day :)" Si è ricordato... che carino.
"È ovvio che si è ricordato, lo hai ripetuto fino all'esaurimento!"
Non è vero!
Il cellulare squilla ancora, è un altro SMS, sempre di Jarad.
"Lei non viene."
Cosa? Cosa? Cosa?
Rileggo quelle parole. Non ho letto male. Gen non verrà.
Gen non verrà.
Gen non verrà.
E se non si fosse capito... Genevieve non verrà!
Un problema in meno!
Salgo di sopra ed entro in camere dove dorme Sara, è sveglia e si sta vestendo.
«Auguri.» mi dice guardando una maglietta gialla.
«Grazie.» rispondo. «Andiamo a fare colazione?» chiedo. Chi se ne frega se l'ho già fatta, sono contenta! Gene non verrà.
«Va bene.» mi risponde Sara indossando la maglietta.
Sorrido e vado in bagno a lavarmi le mani. Prendo la spazzola e mi pettino, mi viene in mente che non ho ancora ringraziato Jared per gli auguri.
Lo faccio appena scendo in cucina, un semplice grazie credo che vada più che bene. Non posso aggiungere un "tesoro" o "amore".
O si?
No, credo che non sia il caso. Non ancora.

***

Ho inviato il messaggio a Jay mentre stavamo aspettando di ordinare i nostri cappuccini, ossia cinque minuti fa. «Secondo te perché Mark non mi ha regalato nulla?» mi chieda mormorando mentre gioca con una bustina di zucchero di canna.
"Perché lui vuole solo trombarti, non giurarti amore eterno."
«Non lo so.» rispondo e sposto le braccia dal tavolo, i cappuccini e le brioches sono arrivati. «Forse si è dimenticato.»
Lei mi guarda, non è convinta. «Ieri mi ha detto che per lui queste cose non contano.» mormora girando il cucchiaino nel cappuccino.
Per questo hanno litigato! Beh stavolta do ragione ha Mark ed è la prima e l'ultima volta che lo faccio!
«Pensavo fosse più romantico...» sospira lei, «era così dolce quando facevamo l'amore...»
Finisco la schiuma di latte guardando la tazza. So che se alzassi la testa le scoppierei a ridere in faccia. Mi pare ovvio che fosse dolce in quei momenti, viene da solo per quello!
«Io lo amo tanto, e so che mi ama anche lui.» dice. «Magari era solo nervoso?» mi chiede toccandomi un braccio.
La guardo e rimango in silenzio qualche istante. «Può darsi.» rispondo.
Può darsi che si stesse rendendo conto di non aver specificato alcune cose, del tipo: "noi siamo solo trombamici e non avremo mai una storia d'amore!"
Mark, Mark, alcune cose vanno specificate!
«Spero che stasera non si arrabbi.» esclama lei, mentre io la guardo sospettosa.
Che le sta saltando in mente?
«Perché ho deciso che vado con lui a cena fuori, così facciamo pace.» risponde.
Cosa?
«Mi devi prestare la macchina.» dice e per poco il cappuccino non mi va di traverso. Ma è il mio compleanno, idiota! «E mi devi prestare anche i soldi per la cena, sai, li ho spesi tutti per il regalo.»
Questo è troppo. Rimango in silenzio mentre finisco di mangiare la brioche. Sorseggio il cappuccino sotto il suo sguardo, sicuramente si aspetta un mio sì, ma io non sono fessa.
«No a tutte e due le domande.» esclamo, «È il mio compleanno e tu rimani con me, non vai in giro con quello.» Sara mi fissa,gli occhi grigi dilatati, le labbra che tremano dalla rabbia. «Perché no? Io lo amo!» esclama facendo voltare qualche persona.
«Perché oggi è il mio compleanno.» dico finendo di bere, mi alzo e vado alla cassa a pagare. «Quindi non ti presto i soldi per quella stupida cena, sono cazzi tuoi se li hai finiti.» infilo il portafogli in borsa e la afferro. «E la macchina te la puoi scordare, se ci tieni tanto andate a piedi.»
Esco dal bar ignorando la gente che mi fissa. Le solite vecchiette impiccione che non hanno nulla da fare se non spettegolare.
Fuori dal bar mi siedo sulla panchina e accendo una sigaretta, sono nervosissima. Come può pensare di andarsene con quello? E poi... oggi! Che è il mio compleanno!
«Sei una stronza.» esclama Sara uscendo dal bar. «Offrimi una sigaretta.»
«Le ho finite, scusa.» le dico, in realtà non è vero, ho il pacchetto nuovo in borsa. «Vai a comprarle.»
Spengo la sigaretta e ritorno in negozio per ordinare la torta. Sara rimane fuori, è incazzata e fra poco inizierà a sbuffare.
Ordino una torta gelato e un chilo di salatini e pizzette, saranno pronti per le cinque del pomeriggio.

***

Sara non mi ha aiutato ha preparare la cena, ho dovuto fare tutto da sola. Naturalmente ho nascosto la mia borsa e le chiavi dell'auto, non voglio rischiare che mi rubi qualcosa.
È brutto non fidarsi della propria migliore amica, ma Sara mi ha già dimostrato che non si ferma davanti a un NO.
Metto la teglia con i tranci di salmone in frigo, chiudo la porta con una manata e chi se ne importa se rimane l'impronta. Pulirò domani.
Sara è di sopra e la raggiungo. «Vado a prendere la torta.» esclamo, lei, ovviamente m'ignora. E io ignorerò lei. «Torno subito.» dico prima di uscire, Sara sospira.
Scrollo le spalle ed esco.
Prima Jared mi ha inviato un messaggio, per le otto lui e Mark saranno qua. Devo prendere la torta, passare a prendere qualcosa per l'aperitivo, del Martini bianco e Crodino andranno benissimo.
Anzi, prima prendo da bere e poi passo a ritirare la torta e i salatini.

***

Dopo averci pensato mezz'ora ho deciso di legare i capelli in una coda alta.
La tavola è pronta, il salmone è in forno, io mi sono lavata e vestita, ho deciso di mettere il vestitino lilla, lungo fino alle ginocchia.
Sara invece indossa una minigonna così corta che sembra una fascia per capelli e un top talmente scollato e trasparente che poteva evitare di mettere, tanto sarebbe stato uguale.
Mi guardo allo specchio, afferro il gloss e lo passo sulle labbra. Ora posso scendere, mancano cinque minuti alle otto, quei due dovrebbero arrivare fra poco.
Sara è seduta in giardino a fumare. «Mi presti almeno la macchina?» mi chiede.
«No.» rispondo.
Lei grugnisce un insulto, forse un “troia”ma non m'importa.
I ragazzi arrivano puntuali, hanno entrambi in mano un sacchetto.
Guardo Sara e vedo i suoi occhi illuminarsi, forse Mark le ha fatto un regalo.
Jared mi bacia le guance e mi porge il sacchetto.
«Grazie!» esclamo contenta, «Ma non era necessario!»
Sara avvicina le mani al sacchetto che ha Mark, ma lui la scansa e si avvicina a me.
«Auguri.» mi dice e mi bacia una guancia, un bacetto veloce e umidiccio. «È per te.» aggiunge dandomi il sacchetto. Eh?
Sbircio e vedo un pacchetto piccolo, la carta è blu e lucida, il fiocco color argento.
«Gra... grazie.» mormoro sorpresa.
«Cosa? A lei fai il regalo e a me no?» strilla Sara.
«È il suo compleanno,» le dice Mark indicandomi, «non il tuo.»
Sara apre la bocca, è infuriata lo capisco da come stringe le mani a pugno. «Allora stasera andiamo a mangiare fuori, solo noi due.»
Mark scuote la testa. «No, è il compleanno di Jennifer e io rimango qui.»
Jared mi prende per mano ed entriamo in casa, poso i sacchetti su una sedia libera e prendo le bottiglie del Martini e dei crodini. Mark entra in casa e mi ringrazia quando gli porgo un bicchiere pieno di crodino e Martini. Sara si scola il bicchiere in un sorso.
«Auguri Jenny.» ringhia.
Io la ignoro, c'è Jared e Mark questa sera mi sembra simpatico. E non per il regalo, ma perché ha detto no a Sara, chissà, forse lui le ha detto che non la ama ma lei non ci crede.
Sarebbe probabile.

***

Siamo in giardino e sto per aprire i regali, afferro quello di Mark, prendo il pacchetto e lo scarto con attenzione.
È una scatoletta blu, sembra quella di una gioielleria. La apro e sorrido quando vedo un semplice bracciale in argento. «Grazie.» esclamo fissando il ragazzo, lui accenna un sorriso e beve un sorso di spumante.
Prendo quello di Jared e mi sento osservata da Sara. La guardo e vedo che fissa la scatoletta del regalo di Mark che ho posato sulle ginocchia.
Lo vedo, lo capisco che è gelosa. A me ha fatto il regalo e a lei no.
Ignoro Sara e mi concentro sul regalo, anche quello di Jared è una scatoletta di una gioielleria, sospetto che li abbiano presi nello stesso posto.
La apro, è una catenina in argento con un ciondolo, una “J”. Sulla lettera, c'è un piccolo brillantino. «È bellissima.» mormoro. Abbraccio Jared lo bacio su una guancia, lui mi stringe e sento le sue labbra posarsi sul mio orecchio.
Brividi, brividi, brividi.
Mi volto di scatto quando sento urlare. Sono Mark e Sara che litigano perché lui mi ha fatto il regalo a me e non a lei.
Lui le ripete che mi ha fatto il regalo perché è il mio compleanno e con Sara non deve festeggiare nulla.
Lei ci rimane di merda, butta il bicchiere per terra e rientra in casa come una furia.
Una delle porte sbatte violentemente.
Mark torna a sedersi davanti a noi, sposto i regali e li infilo in uno dei sacchetti.
Siamo in silenzio, è quasi imbarazzante. «Sono rimasti alcuni salatini... li vado a prendere.»

***


Abbiamo mangiato tutti i salatini e abbiamo finito la torta,credo che se ingurgiterò anche solo una briciola il mio stomaco esploderà.
Abbiamo anche bevuto, lo spumante è finito così come il Martini.
Sono ubriaca.
Mark è sdraiato su uno dei lettini, mentre io e Jared siamo sull'altro. Lui mi stringe, mi bacia i capelli e la sua mano gioca con la mia. Ogni tanto mi sfiora le braccia facendomi rabbrividire.
Mark ci ha raccontato della sua famiglia, dei dispetti che suo fratello maggiore gli faceva quando erano piccoli e quelli che lui faceva a sua sorella, tipo rubargli il ciuccio o qualche giocattolino.
Mi sembra più simpatico stasera ma forse e l'alcol che mi fa pensare questo.
Diciamo che da quando Sara è andata in camera l'atmosfera si è alleggerita parecchio.
Nonostante tutto, è stato un bel compleanno.

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Capitolo 21
*** Capitolo Ventuno -14 Agosto- ***


Niente di quanto narrato in questa fanfiction è reale o ha la pretesa di esserlo. È frutto della mia fantasia e non vuole assolutamente offendere la persona in questione. I personaggi originali appartengono alla sottoscritta.


Trentasei Giorni


Capitolo Ventuno
14 Agosto


Non c'è un osso che non mi faccia male, per forza, ho dormito su un lettino di plastica dura. Credo che i segni delle doghe rimarranno impressi sul mio corpo a lungo.
Non capisco come facciano Jared e Mark a dormire ancora. In più ho un terribile mal di testa, mi sembra di avere un rinoceronte che balla nel cervello.
Cazzo, ho un dopo sbornia terribile. Bevo lentamente del latte tiepido e spero vivamente che non torni su.
Sara è ancora in camera, prima, quando sono salita per cambiarmi, stava piangendo. Non so cosa dirle, oh, è lei che ha speso un sacco di soldi per fare un regalo a Mark e se si è arrabbiata perché lui mi ha regalato un braccialetto per il mio compleanno non è colpa mia.
Insomma, se lei è innamorata e lui no io non posso farci nulla.
Jared entra in casa sbadigliando, lo guardo e sorrido, anche lui mi sorride Dietro di lui c'è Mark, che cammina lentamente, guardandosi attorno, come se avesse paura di cadere o di andare a sbattere contro qualche mobile.
I due si siedono, anche loro sono stravolti. Mark posa la testa sul tavolo, lo sento sbadigliare, Jared rimane in silenzio ma ha la faccia stravolta anche lui.
«Volete qualcosa?» domando.
«Una cisterna d'acqua.» mormora Mark, la fronte appoggiata al tavolo.
Alzo le spalle e prendo una bottiglia d'acqua dal frigo, due bicchiere dallo scolapiatti sopra il lavello e poso tutto sul tavolo.
Mark alza appena la testa e prende la bottiglia e il bicchiere come se fossero oggetti pesantissimi.
«Vuoi qualcosa?» chiedo a Jared.
Lui scuote la testa, si scosta i capelli dalla fronte e mi sorride. «No, grazie.»
Adoro le sue fossette.
Lo guardo mentre si versa l'acqua e mi siedo anche io. Mark è alla mia destra, seduto a capotavola, mentre Jared è di fronte a me.
Rimaniamo in silenzio per qualche istante, poi Mark si alza.
«Il bagno?» domanda.
«La prima porta a destra.» gli dico, lui si alza lentamente e a piccoli passi raggiunge il bagno.
«Andiamo di là?» gli chiedo, lui finisce di bere e si alza.
Ci sediamo sul divanetto e accendo la televisione, non c'è nulla d'interessante. Mi fermo su Canale5, è quasi l'una e fra poco c'è il telegiornale. Mi rendo conto che non lo guardo da un paio di giorni, per quanto ne sappia potrebbe esserci stata un'invasione da parte degli alieni.
Mark ritorna e si siede accanto a Jared e io mi sposto leggermente per lasciargli un po' più di spazio. Sbadiglio, ho sonno.
«Siete qui.»
Tre teste si voltano verso la porta. Nessuno si è accorto che Sara è scesa. Ci sta guardando, appoggiata allo stipite della porta.
«Buon... giorno.» dico sbadigliando nuovamente.
Lei sbuffa e si siede sul bracciolo del divanetto, vicino a Mark, sembra quasi che si sia dimenticata della lite di ieri sera.
Chissà, magari, chiede scusa.
«Perché non mi avete chiamato?» domanda guardandoci. «Mi avete escluso!» incrocia le braccia e la sua bocca si piega in un broncio.
Ho parlato troppo presto.
Sara si lamenta di essere stata ignorata, forse si è dimenticata che è lei che si voleva escludere e che si è esclusa facendo una scena madre.
Il mio stomaco brontola, mi sembra incredibile che, nonostante tutto quello che ho abbia mangiato ieri. io abbia ancora fame.
Mi alzo e vado in cucina, mi preparo un panino. Meno di cinque minuti dopo sono di nuovo in salotto con in mano il mio panino con il crudo.
Guardo e il divano e mi accorgo che Sara è seduta in mezzo ai due ragazzi, quindi per me non c'è spazio. Sospiro e mi siedo sulla poltroncina.
«Come fai ad avere fame?» mi domanda Jared.
Io alzo le spalle e addento il mio panino.
Sara borbotta contro Mark, blaterando di regali, di anniversari, di promesse mentre il povero Mark si tiene la testa fra le mani.
«Stai zitta!» sbotta lui. «Taci!»
Sara sobbalza e rimane, finalmente, in silenzio.
Il televisore a il volume azzerato, però dalle immagini si capisce benissimo cosa sia successo: un incidente, sembra piuttosto grave, il motorino è praticamente un catorcio e un palo della segnaletica è piegato, la ragazza che appare nella foto deve essere la vittima. Mi sembra familiare, è una ragazzina come le altre: viso tondo, sorriso dolce e gli occhi felici.
Stacco un altro pezzo di pane e la telecamera stacca su uno striscione.
«Ma è Laura!» esclamo rischiando di strozzarmi con il pane. Mi sporgo e afferro il telecomando, alzo il volume per ascoltare.
“Non è stato ancora trovato chi ha investito la giovane Laura Bianchi, i suoi funerali si sono svolti ieri pomeriggio.” Non ascolto più il giornalista, la mia mente e i miei occhi sono fissi sullo schermo. Maddalena è lì, fuori dal cimitero, nel parcheggio, stretta a un'altra ragazza. Entrambe piangono.
Laura è ̶o dovrei dire era a questo punto? ̶ la migliore amica di Maddalena. Per questo mi sembrava familiare, era quasi tutti i giorni al bar. Povera Madda.

***

Poso il cellulare sul tavolo e mi volto, Jared è dietro di me, mi sorride, un sorriso tirato.
Respiro a fondo. Mark e Sara appaiono in cucina, Mark alza gli occhi al cielo e sbuffa. Sara è attaccata a lui come una cozza è appiccicata allo scoglio.
«Maddalena domani sarà qui.» esclamo.
Sara si stacca da Mark e si avvicina a me. «Perché?» mi chiede, «È una rottura di scatole.»
«La sua migliore amica è morta.» le faccio notare. «È sconvolta e tua madre mi ha chiesto se può stare qui.» continuo.
Lei incrocia le braccia al petto e sbuffa.
«E io le ho detto di sì.» continuo. Jared mi abbraccia da dietro, gli sfioro le mani. «Arriva domani. Dopo vostra madre mi dirà a che ora arriva il treno.»
«Io non la voglio!» sbuffa lei, comportandosi come una bimba dell'asilo. «Richiamala e dille che hai cambiato idea.» Adesso sono io quella che sbuffa. «No.» le dico e mi siedo.
«Ma a loro dà fastidio!» sbotta Sara e indica i ragazzi.
Jared scrolla le spalle. «Perché dovrebbe darmi fastidio?»
Mark scuote la testa. «Questa casa non è mia. Jennifer può invitare chi vuole, visto che la casa è sua.»
Sara grugnisce qualcosa, strilla che nessuno la capisce e corre di sopra.
Guardo Jared, lui accenna un sorriso.
Lentamente mi alzo in piedi e vado di sopra.
Sara è sdraiata sul letto, la testa sul cuscino quando mi vede si gira dall'altra parte, sdraiandosi sul fianco sinistro.
«Non so se l'hai capito, ma la migliore amica di tua sorella è morta.» esclamo. Dio, che mal di testa. «Sei peggio di una bambina.»
«Non la voglio, rovinerà i miei piani.» mormora lei. «La tratterrò male,così vorrò andarsene lei.»
Sospiro e alzo gli occhi al cielo, mi siedo sul letto. «Se lei dovesse andare via per causa tua tu la seguirai. Con un calcio nel culo da parte mia.»
Lei si volta e mi guarda. «Preferisci lei a me?» strilla.
Alzo le spalle. «Almeno lei non fa l'isterica solo perché non può stare appiccicata a Mark ventiquattr'ore su ventiquattro.» le dico, «Quindi, se non vuoi andare a casa prima, cerca di comportarti bene con lei e con me.»
Lei mi fissa, credo che stia cercando di capire se sto dicendo la verità oppure se la sto prendendo in giro.
«Che la scenata di ieri sera ha riempito il vaso...» faccio un sospiro teatrale. «Se fai una mossa falsa sei fuori.» Lei apre e chiude la bocca.
«Tutto chiaro?» le chiedo.
Sara annuisce lentamente.
«Perfetto, quindi adesso alza il culo che torniamo di sotto da quei due.»
Sara sbuffa ma si alza e mi segue.

***

Sara e Mark sono nel salottino, lui fino a dieci minuti fa dormiva.
Io e Jared siamo fuori, in giardino, sdraiati sul lettino, abbracciati.
Lui mi accarezza i capelli, lentamente e mi accarezza la schiena.
La mamma di Sara ha chiamato prima, Maddalena arriverà allo stesso orario dell'altra volta.
Jared si sposta e mi bacia, le sue labbra sono morbide. Mi rilasso, e mi sdraio sopra di lui, cercando di dimenticare la mia amica isterica, Maddalena, Laura e tutto il resto.

***

Abbiamo cenato con del riso in bianco, quasi in silenzio.
Mark e Sara sono in camera, credo che abbiano fatto pace.
Io e Jared siamo sdraiati sul divano, lui ha la testa poste sulle mie cosce e io gli accarezzo i capelli.
La televisione è accesa, ma non la stiamo guardando. Abbasso la testa, Jared ha gli occhi chiuse e le labbra dischiuse, sembra che stia dormendo.
Gli accarezzo il viso con le dita, lui apre gli occhi e mi sorride. Si mette seduto e avvicina il viso al mio, sento il suo respiro sulla pelle.
Rimaniamo così per qualche istante, poi lui sii avvicina ancora di più e mi bacia, stringendomi a lui, accarezzandomi la schiena. Le sue labbra scendono sul mio collo, mentre le sue mani continuano ad accarezzarmi. E ancora una volta dimentico il resto del mondo.

Salve!
Scusate il ritardo, ma ho avuto un calo d'ispirazione -.-
Mancano una decina di capitoli alla fine.
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, l'ho scritto ascoltando Everything To Me di Shane Filan. (Se vi piace vi dico che questo è il mio sito su di luiShane Filan Italia)
Ringrazio chi legge, chi recensisce e chi mette la storia in qualche lista!

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Capitolo 22
*** Capitolo Ventidue -15 Agosto- ***


Niente di quanto narrato in questa fanfiction è reale o ha la pretesa di esserlo. È frutto della mia fantasia e non vuole assolutamente offendere la persona in questione. I personaggi originali appartengono alla sottoscritta.


Trentasei Giorni


Capitolo Ventidue
*15 Agosto*


Il treno è in ritardo di dieci minuti. Sbuffo e mi alzo dalla panchina.
Sara rimane seduta, lo sguardo perso nel vuoto. Stamattina non voleva alzarsi dal letto, poi non voleva uscire dal bagno, poi non voleva fare colazione... ormai è inutile che mi chieda cosa le prenda, tanto mi risponderebbe con un grugnito.
Mi risiedo, spero che il treno arrivi presto, sono stufa di aspettare, sono stanca di attendere con accanto una persona che sbuffa e grugnisce come se fosse un maiale.
Sbuffo e guardo Sara, ha la testa chinata in avanti, le spalle curve, i capelli raccolti in una coda alta; mi sembra un po' pallida.
«Sicura di stare bene?» le chiedo. «Sei pallida.»
Lei alza le spalle e mi guarda, «Non ho nulla» biascica.
Alzo le spalle e poso le braccia sulle gambe, chinando la testa in avanti. I capelli mi scendono avanti al viso e io li sposto dietro l'orecchio con la mano destra. Fa troppo caldo. Sì, sono le due del pomeriggio, però ho caldo. Se aspetto ancora un po' rischio di liquefarmi su questa panchina.
«Se a tua sorella va bene stavo pensando di andare al mare.» esclamo guardando Sara. Lei fa una smorfia e apre la bocca. «Stavo pensando di andarci domani.» le sorrido amabilmente mentre lei rimane ferma immobile.
«Io non voglio!» esclama.
«Oh, beh... non vuoi.» mormoro fissandomi le scarpe. Dovrei pulirle, la punta sta diventando nera. «Vorrà dire che dopo controlliamo gli orari dei treni, torniamo a casa e domani io e Madda ti accompagniamo in stazione e poi ce ne andiamo al mare.»
Sara sbuffa. «E va bene.» grugnisce.
Sorrido e sento il fischio del treno. Mi alzo in piedi e guardo Sara, anche lei si alza. Guardo il treno sperando di vedere Maddalena ma non la noto. Magari è al piano di sopra, il treno è uno di quelli a due piani.
«Sono qui.» b mi volto e vedo Maddalena che, aiutata da un anziano controllore, scene dal treno. Ha una grossa valigia, uno zaino e una borsetta nera a tracolla. La raggiungo seguita da una Sara sbuffante. Le sorrido e ringrazio il controllore, afferro la maniglia del trolley e fisso Maddalena. È pallida, ha delle bruttissime occhiaie e l'aria stanca.
«Hai fame? Vuoi andare al McDonald?» le chiedo. Lei annuisce appena, sistema lo zaino sulle spalle e sospira.
«Andiamo.» le dico.b Lentamente scendiamo le scale e Sara non ci degna di uno sguardo.
«Andiamo al mare domani?» domando a Maddalena alzando la voce, in modo che Sara, che è avanti un paio di metri possa sentirmi.
Madda annuisce e un timido sorriso illumina il suo volto. «Mi piacerebbe tanto.» risponde a bassa voce. Sorrido. Sara non riuscirà a rovinare il resto della vacanza.

***

Sara è arrabbiata. Non so per cosa ma siamo a casa da dieci minuti e lei è sparita in camera appena abbiamo messo piede in cucina.
Maddalena è di sopra, nell'altra stanza, e sta sistemando le sue cose.
Io mi limito a starmene seduta, fissando il soffitto. Forse è il caso di ridipingerlo, sta diventando giallo.
Comunque domani andiamo a Lignano. Partiamo alle sette. Devo cercare il costume, non ricordo dove sia. Forse nel cassetto. Bah.
«La mamma mi ha dato dei soldi, mi ha detto di offrirvi la pizza.»
Abbasso lo sguardo e mi ritrovo davanti Maddalena che mi porge una banconota da cinquanta.
Fisso lei, poi i soldi, poi di nuovo Madda. «Ah, sì, va bene.» balbetto, non mi aspettavo una cosa del genere. «La mangiamo domani sera, a Lignano, va bene?»
Lei annuisce e si siede. «Che cos'ha Sara?»
Alzo le spalle. «Non ne ho idea.» rispondo, «Ultimamente è... strana.»
«Sembra che le dia fastidio.» pigola lei toccando la tovaglia gialla, che ha una macchia di caffè. Devo lavarla. Rimango in silenzio, non sapendo cosa dirle. «È solo che in questi giorni è un po'... strana.» dico dopo qualche secondo di silenzio.
Lei annuisce e passa le mani sulla tovaglia, come se volesse stirarla.
Respiro profondamente e torno a guardare il soffitto. Sara non è solo strana, è proprio fuori di testa. Ossessionata da Mark, ossessionata dal fatto che, secondo lei, il mondo potrebbe implodere se non passa tutto il tempo con lui. È matta.
Il soffitto andrebbe veramente ridipinto.

***

Sara sta per pestare Maddalena, lo sento. Io e lei siamo sedute su un lettino, mentre Mark, Maddalena e Jared sono sull'altro, lei gli sta mostrando un album di foto, quello delle sue amiche; ogni tanto singhiozza quando ci sono le foto di Laura.
Mark e Jared la consolano, accarezzandole la schiena e dicendole che gli dispiace tanto.
«Perché deve fare la svenevole con Mark?» mormora stringendo le mani a pugno.
«Perché la sua migliore amica è morta.» rispondo, piatta, fissando Jared, è così dolce e tenero con Madda che mi sto quasi commuovendo.
Si comporta da bravo fratello maggiore –e lo è– che consola la sorellina. Lui e Mark stanno facendo quello che Sara si rifiuta di fare. E solo Dio sa il perché. Nessun abbraccio, nessun “Mi dispiace”, niente sorrisi, solo un muto ed ostinato silenzio –se escludiamo i grugniti e gli sbuffi,– verso una ragazzina che ha subito un lutto.
Mi alzo e torno dentro, sono sicura che ci deve essere ancora qualche cornetto o dei Magnum nel freezer.
E infatti ci sono. Tre cornetti e due Magnum. Li faccio vedere agli altri, Mark e Maddalena si prendono i Magnum.
«Lo volevo io!» sbotta Sara. «Dallo a me!» ordina a sua sorella.
Maddalena la ignora e scarta il gelato.
«Lo voglio io!» esclama Sara alzandosi.
Maddalena la guarda e lecca la copertura di cioccolato senza togliere l sguardo da Sara, lei sbuffa, e scarta il cornetto. «Sei egoista.» b «Sara!» la riprende Mark. «Cerca di essere gentile con tua sorella!» le dice.
«Lo volevo io.» mormora lei. «È solo un'egoista. Domani pretende di andare al mare!»
«Veramente è una mia idea.» replico io togliendo la granella di nocciole che si è appiccicata al dischetto che copre il cornetto. «Voglio andare al mare e ci andiamo. Non casca il mondo.»
Sara tace e mangia nervosamente il gelato, e ogni tanto mi guarda male. «Io voglio stare qui con Mark.» dice, «Sempre che Maddalena si levi da lui.»
Mark rimane in silenzio e guarda Jared. «Veramente domani...» sposta lo sguardo su Sara, «non ci siamo. Vero, Jared?»
Io lo guardo e lui annuisce. «Oh, sì, certo, non ci siamo domani, abbiamo degli impegni.»
«Volevamo dirvelo ma poi voi prima ci avete detto che andavate al mare...» Mark guarda ovunque tranne che vero Sara o me.
«Sì, non ve l'abbiamo detto perché andate al mare e ci sembrava inutile.» conclude Jared che invece ha lo sguardo fisso sul prato.
Che bugiardi. Bravissimi attori e pessimi bugiardi. Potevano impegnarsi di più. Maddalena ridacchia divertita.
Sara non dice nulla. «E va bene.» dice dopo qualche secondo.
Incredibilmente sembra aver abboccato alla balla che quei due hanno raccontato.
Si beve qualsiasi cosa che le dice Mark. Non so se è un bene o un male. Diciamo che per adesso è un bene.
Forse.

***

«Sai, mi dispiace un po', che tu domani non ci sia.» mi sussurra Jared bloccandomi contro il frigo. Sento il suo respiro sulla pelle, le sue mani che mi sfiorano i fianchi.
«Mi mancherai.» soffia contro il mio orecchio, lo sfiora con le labbra e mi stringe a sé, poso le mani sulle sue spalle e ridacchio quando le sue dita mi solleticano i fianchi, sollevano la maglietta e mi sfiorano la pelle.
«Devo prendere...» mormoro mentre lui mi bacia il collo, «l'acqua.»
Jared mi bacia sotto l'orecchio e lo sento ridacchiare. «Dopo.» sussurra.
«Ma io ho sete...» replico chiudendo gli occhi, le sue labbra sono così morbide!
Vorrei dire che ho sete adesso ma non posso, sono troppo impegnata a baciare Jared. Mi spinge contro lo sportello del frigo e sbatto con la spalla contro la maniglia, mugugno sulla sua bocca e mi sposto appena.
Gli accarezzo la nuca e scendo sulle spalle, sorrido mentre mi bacia il collo e socchiudo leggermente gli occhi, per poi spalancarli quando sento delle urla. Spingo via Jared da me e corro in giardino.
Sara è sopra Maddalena e cerca di colpirla mentre Mark tenta di fermala bloccandole le mani.
«Devi stargli lontano! Lui è mio!» strilla Sara mentre Jared mi supera e va ad aiutare Mark. Insieme riescono a bloccarla e a sollevarla, mi avvicino a Maddalena e l'abbraccio. Per fortuna che era lei la teppista!
I due ragazzi fanno fatica a tenere ferma Sara, che si dibatte e cerca di liberarsi.
«Ma cosa cazzo ti prende?» sbraito aiutando Maddalena ad alzarsi, lei piagnucola e si stringe a me. L'accompagno in casa, scosto con un piede una sedia e la faccio sedere.
«Stai bene? Ti fa male qualcosa?» chiedo a Maddalena chinandomi verso di lei, scuote la testa e allunga una mano per prendere un tovagliolo di carta.
«Cosa cazzo è successo?» chiedo a Mark, lasciando Maddalena alle cure di Jared.
Lui scuote la testa e guarda Sara, seduta su uno dei lettini. «Nulla.» risponde. «Maddalena mi ha chiesto se potevo spedirle del materiale su Disneyland e io ho detto di sì!»
Eh? Cosa? Sara si è incazzata per un paio di brochure?
Ma è matta o cosa?
«Ma sei scema?» strillo contro la mia amica. Lei mi guarda appena, incrocia le braccia al petto e sbuffa.
«Le non doveva chiedergli nulla.» dice dopo qualche secondo.
Mark alza le spalle e si siede accanto a lei, «Non mi ha chiesto nulla di particolare!» ribatte, «Non dovevi reagire così, non ti riconosco più!»
Sara curva le spalle e sospira, rimanendo in silenzio.
Vai a chiederle scusa.» le dico. «Adesso.»
Lei mi guarda appena e si appoggia a Mark, forse spera in un suo abbraccio ma lui rimane rigido.
«Sara...» la chiamo, «conosci le regole.»
Sara mi lancia un'occhiataccia, sbuffa, mormora un insulto e si alza.
La seguo in cucina prima che le salti in mente di fregarmi.
«Scusami.» dice Sara guardando il pavimento e ignorando sua sorella, mi guarda appena e torna in giardino.
Non sono le scuse che mi aspettavo ma posso accontentarmi.
Jared posa un bicchiere pieno d'acqua sul tavolo, Maddalena lo afferra con entrambe le mani e lo sorseggia lentamente, lasciandosi sfuggire un paio di singhiozzi.
Lui si siede accanto a lei e le sfiora le spalle, sorridendole.
Anche io mi siedo, dopo essermi versata un bicchiere d'acqua. Non sta andando bene, proprio per niente.
Sara sta esagerando, se mi sfiora con un dito la stendo con un pugno e la mando a calci dall'altra parte del mondo.
Se osa toccare un'altra volta Maddalena la picchio, giuro.

***

Sara ha convinto Mark ad andare di sopra. La sua faccia mentre salivano le scale era scocciata, mentre quella di lei era super felice.
Io e gli altri due siamo in salotto, giocando a Monopoli, ovviamente sono a un passo dalla bancarotta, o qualcuno si ferma presto su uno dei miei alberghi oppure sarò costretta a vendere tutto.
Lancio i dadi, tre e due. Mi sposto di cinque caselle e finisco sulla stazione Nord.
Guardo Maddalena che sorride. «Hai abbastanza soldi?» mi chiede, come se non sapesse che ho appena cento euro e lei tre stazioni su quattro.
«No.» rispondo raccogliendo i soldi e le carte dei contratti. «Hai vinto tu.»
Lei sorride e prende i miei soldi e li divide, sistemandoli sui suoi.
«Io lascio, altrimenti mi spenni.» esclama Jared sorridendo.
«Ho vinto!» esclama Madda contenta. In silenzio sistemiamo le cose nella scatola e la infilo nell'armadio.
«A che ora ci dobbiamo svegliare?» mi chiede lei prendendo il cellulare dalla tasca dei jeans.
«Alle sette.» rispondo con uno sbadiglio.
Maddalena imposta la sveglia sul cellulare e lo rimette in tasca. «Buonanotte.» dice prima di uscire dal salotto.
Io torno al divano e mi siedo accanto a Jared, mi abbraccia e mi bacia la fronte.
«Andrà tutto bene.» sussurra.
Annuisco leggermente e sbadiglio di nuovo. Chissà perché, ma le sue parole non mi convincono del tutto.

Scusate il ritardo ma ho avuto un blocco improvviso a metà capitolo.

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Capitolo 23
*** Capitolo Ventitre - 17 Agosto - ***


Niente di quanto narrato in questa fanfiction è reale o ha la pretesa di esserlo. È frutto della mia fantasia e non vuole assolutamente offendere la persona in questione. I personaggi originali appartengono alla sottoscritta.


Trentasei Giorni


Capitolo Ventitre
*17 Agosto*


Se oggi sono a casa e non in prigione per tentato omicidio è per puro miracolo. Ieri non siamo andati in spiaggia ma ci siamo fermate al parco acquatico, Madda ha insistito così tanto che mi dispiaceva deluderla e ho detto che andava bene.
Ovviamente Sara non era dello stesso parere e ha iniziato a lamentarsi appena abbiamo preso i biglietti d'ingresso. E, altrettanto ovviamente, ho pagato io per tutte e tre.
È stato un vero miracolo che non l'abbia affogata nella piscina o che non l'abbia spinta giù dalla piattaforma dello scivolo l'unica volta che si è degnata di seguirci.
Comunque è un nuovo giorno e, tanto per cambiare, Sara si è degnata di presentarsi solo per il pranzo, è rimasta il tempo necessario per farsi un panino poi è tornata in camera, sbattendo la porta. Si staccherà, prima o poi. Getto lo strofinaccio sul ripiano e bado in salotto. Maddalena è seduta sul divano e ha in mano una rivista di Sudoko che ha preso ieri, sta rosicchiando la matita, lo fa sempre quando è concentrata.
«Che problemi ha Sara?» mi chiede senza distogliere lo sguardo dalla rivista.
Sospiro. “Che problemi ha Sara?”
Bella domanda, vorrei saperlo anche io.
«Non lo so.» rispondo e sospiro nuovamente. Odio tutto questo. Odio non sapere cosa succede a Sara. Odio quando si comporta come un stronza mestruata. La odio perché si comporta malissimo con sua sorella. Con le sue sorelle. «Credo che sia un po' stressata.» dico dopo qualche attimo di silenzio. Un po' troppo stressata. Sbuffo e cerco di rilassarmi. In fondo manca una settimana e poi ce ne torneremo alla solita routine: alzarsi presto per andare ad aprire il bar e andare a letto tardi sempre per colpa del bar.
E all'improvviso mi colpisce il pensiero che fra poco vado via e chissà quando rivedrò Jared. Abbiamo ancora così tante cose in sospeso.
Cosa siamo?
Cosa faremo?
Cosa farò?
Sospiro e chiudo gli occhi, meglio che non ci pensi.
Non lo bacerò più. Non farò più l'amore con lui. Oddio!
E per fortuna avevo detto che non ci dovevo pensare...
Mi alzo e torno in cucina, afferro le sigarette e l'accendino ed esco in giardino. Mi accendo una sigaretta e mi lascio cadere su uno dei lettini.
Sbuffo. Odio questa situazione. Perché non siamo andate da qualche altra parte? Che so, Londra, Disneyland a Parigi, il Polo Sud... forse le cose sarebbero diverse. Forse Sara non sarebbe sulla buona strada per la schizofrenia.
“E tu non avresti rivisto Jared!”
Oh, vocina nella mia testa, puoi tacere?
Comunque ha ragione. Se non fossimo venute qui non avrei rivisto Jared. Dio, è tutto così incasinato!
«Tutto bene?»
Sorrido e mi volto verso Maddalena. Sta mangiando un pezzo di pane.
«Sono solo stanca.» le rispondo, lei sorride e si toglie una briciola da labbro inferiore.
«Uh uh.» mormora guardando dall'altra parte, verso la strada.
Sorrido ancora di più quando vedo Jared e Mark avvicinarsi, il primo con in mano una vaschetta di gelato artigianale.
Jared mi bacia una guancia, pericolosamente vicino alle labbra, e sorride.
Dio, quant'è sexy!
«Vi va un po' di gelato?» domanda Mark. Certo che mi va!
Ci alziamo e andiamo in cucina. Madda prende le ciotole e io salgo ad avvertire Sara.
«Mark e Jared sono qui.» le dico entrando in camera. È rannicchiata sul letto, «Con il gelato. Scendi subito.»
Lei grugnisce qualcosa che mi sembra un “sì, arrivo”; esco dalla stanza e vado in bagno, mi guardo allo specchio per qualche secondo e torno da Sara,lei si alza, infila le infradito e scende le scale dietro di me.
Il suo viso si illumina come un albero di Natale quando vede Mark.
«Possiamo parlare?» pigola all'orecchio di Mark.
Guardo Jared, scrollo le spalle e afferro la ciotola piena di gelato che mi porge.
«Dopo.» risponde Mark sedendosi accanto a Jared, Sara sbuffa ma per fortuna non fa scenate.
«Vi siete divertite ieri?» domanda Mark prendendo una generosa cucchiaiata di gelato alla crema.
«Sì, tantissimo!» cinguetta Maddalena.
«No.» esclama Sara.
Mark e Jared si guardano ma non dicono nulla. Io mi limito a sbuffare piano.
«Cosa avete fatto di bello?» chiede Jared a Maddalena.
Lei alza le spalle e infila il cucchiaino nel gelato. «Siamo andate sugli scivoli, nella piscina con le onde...
insomma, le cose che si fanno in un parco acquatico!» risponde allegramente.
Jared le sorride e io mi sento come il mio gelato: sciolta. Si volta versa di me e mi lancia uno dei suoi sguardi super-sexy e attiva-ormoni.
Cacchio, sembro una ninfomane! Jennifer, datti un contegno, su, non hai quindici anni!
Mangio il gelato lentamente lanciando ogni tanto qualche occhiata a Jared. Le sue gambe si muovono sotto al tavolo e mi sfiorano. Subito dopo sento una mano – grande e calda – che mi sfiora il ginocchio. È la sua. Infilo il cucchiaino in bocca e sospiro quando la sua mano si toglie. Lo guardo e lui mi sorride.
Adoro quelle fossette e quel sorriso.
Forse dovrei correre di sopra a farmi una doccia gelata. Ma Jared è più sexy del solito, con quella t-shirt bianca che mette in risalto i muscoli.
Devo darmi una calmata.
Lui mi sorride ancora e mi tocca nuovamente il ginocchio ma questa volta la sua mano sale, fermandosi a metà coscia. Mando giù il gelato e tengo lo sguardo fisso su Maddalena e Mark, che scherzano. Sara li osserva, gli occhi grigi che bruciano di gelosia.
«Andiamo?» pigola Sara alzandosi, si avvicina a Mark e gli prende una mano. Lui sbuffa, finisce il gelato e scosta la ciotola, sbuffa nuovamente e si alza, seguendola al piano di sopra.
Jared leva la mano dalla mia coscia. Sospiro.
«Guardiamo un film?» propone Madda.
Annuisco. Sì, forse un film mi distrarrà.
Forse.

***

Maddalena si è addormentata a metà film così, io e Jared siamo usciti in giardino.
«Sai, vorrei che fossimo completamente soli.» mi sussurra. Siamo sdraiati sul lettino, vicino, i nostri nasi si sfiorano.
«Perché?» domando pigramente, godendomi le sue carezze sul braccio e sulla spalla.
Jared sorride e mi sfiora le labbra con le sue. «Indovina?» sussurra e fa scendere la mano dal braccio al fianco, sfiorando il bordo dei jeans.
Sorrido e gli accarezzo una guancia, il suo sorriso si allarga ancora di più, gli occhi verdi sembrano brillare per un secondo.
Mi attira su di sé e rido contro la sua spalla.
«Hai capito, vero?» mormora per poi mordicchiarmi il lobo, le sue mani si intrufolano sotto la maglietta.
«Maddalena è di là.» gli dico e strozzo un urlo quando sento le mani di Jared sotto le spalline del reggiseno.
Lui ride contro il mio viso e mi bacia la guancia. «Dorme...» sussurra, e raggiunge il suo scopo: mi slaccia il reggiseno.
Mi alzo leggermente facendo leva sui gomiti. «Siamo in giardino!» esclamo, «Qualcuno potrebbe vede-»
Non riesco a finire perché Jared mi bacia di nuovo.
«Shh!» Jared posa l'indice sulle mie labbra, «Se non ci sentono non ci vedono!»
Non ha tutti i torti. Chino la testa e lo bacio, dimenticando completamente quello che c'è attorno a noi. Il suo profumo mi manda in tilt, le sue labbra sono così morbide, le sue mani così calde...
Voglio farlo qui. Adesso.
«Sono lì!»
Per poco non rotolo giù dal lettino quando sento la voce di Sara.
Mi siedo, allaccio il reggiseno e abbasso la maglietta, spero non abbiano visto nulla.
«Maddalena?» domanda Mark.
«Dorme.» risponde Jared.
Guardo Sara, sembra felice. La sua mano è posata sul ginocchio di Mark e lo guarda adorante. C'è sotto qualcosa e devo scoprire cosa. Prima che arrivassero i ragazzi Sara aveva una faccia da funerale ed ora è allegra e felice. La cosa mi puzza. Insomma, Sara è felice come un bambino la mattina di Natale mentre Mark guarda ovunque – me, Jared, il prato, gli alberi, – tranne che lei, anzi mi sembra a disagio.
Voglio sapere, cacchio, sono curiosa come una scimmia. Se non scopro quello che sta succedendo credo che esploderò. Mi alzo e guardo Sara. «Andiamo in cucina una momento?» le chiedo.
Lei annuisce, bacia la guancia di Mark e mi segue.
«Come mai sei così felice?» le chiedo in italiano quando siamo dentro casa.
«Mi ha detto che mi ama! Mark me l'ha detto!» cinguetta felice.
Credo che la mia mandibola abbia fatto un buco sul pavimento. «Co-cosa?» balbetto.
Lei annuisce. «Sì!» esclama. «Non è bellissimo?»
Bellissimo? Ma se Mark fa fatica a guardarla!
Sara mi guarda, ansiosa di sentire la mia risposta.
«Ma certo che è bellissimo.» mento. Lei sorride e torniamo in giardino.
Chiacchieriamo per un po', Maddalena si è svegliata e sta giocando con il telefono. Sono troppo curiosa di sapere perché Mark ha detto a Sara che la ama quando non è vero. Insomma, se ne accorgerebbe pure un morto che Mark non ama Sara.
«Distrai Sara per cinque minuti, devo parlare subito con Mark.» sussurro a Jared, lui mi guarda sorpreso ma annuisce.
Respiro profondamente e mi alzo lentamente. «Ehi, Mark, mi aiuti con il vino-?» gli dico.
Lui si alza senza dire una parola e mi segue. Una volta scesi in cantina lo spingo contro il muro.
«Cosa cazzo pensi di fare?» sibilo.
«Di cosa parli?» domanda.
Sbuffo e incrocio le braccia. «Lo sai, non fare il finto tonto.» rispondo. «Perché hai detto a Sara che la ami quando non è vero?» esclamo puntandogli un dito – l'indice destro – sul petto.
Mark borbotta qualcosa e guarda per terra. «Ecco... vedi è che... insomma...»
Non ci posso credere. Mark, quel Mark, sta arrossendo come una scolaretta alla prima cotta.
«Allora?» lo incalzo, abbasso la mano e lo fisso.
«Ecco, sì. Lo stavamo facendo e lei si è fermata e mi ha detto di dirle che l'amo.» sbotta.
«E non potevi dire di no?» faccio notare. «Io volevo solo che finisse quel cazzo di pomp-» si blocca e posa una mano davanti alla bocca. Mark non ha problemi a sfoggiare le sue conquiste sui red carpet e arrossisce perché non riesce a dire che gli hanno fatto un pompino. Scuoto la testa divertita e respiro profondamente. «Non avresti dovuto farlo.» gli dico. Afferro un paio di bottiglie e le passo a Mark.
«Torniamo di sopra.» esclamo.
Lui mi segue di sopra e in cucina trovo Madda che apparecchia la tavola. Mark posa le bottiglie sul mobile e mi fissa. «Vado in bagno.» mormora prima di fuggire.
«Dov'è andato?» esclama Sara.
«In bagno.» rispondo alzando le spalle.
«Cosa mangiamo?» chiede.
«Non ne ho idea.» dico. «Pasta?» propongo. Sara annuisce.
Credo che questa storia finirà in un vero casino. Non so quando ne come, ma finirà con un disastro.

***

Madda è in camera che dorme. Sara e Mark sono chiusi in camera e io e Jared siamo in salotto.
«Fra una settimana partiamo, torniamo a casa.» mormoro.
«Lo so.» sussurra lui e mi abbraccia, poso la testa sulla sua spalla e respiro il suo profumo. Mi mancherà.
Come mi è mancato fino a quando non l'ho rivisto.
«E poi?» pigolo.
Lui mi bacia i capelli e mi accarezza la schiena. «E poi cosa?»
Respiro profondamente. Vai, Jenny, fai quella cazzo di domanda. «E poi noi? Cosa succederà?» mormoro.
Jared sospira e mi stringe più forte. «Non lo so.» mi bacia la tempia e posa la testa sulla mia.
Chiudo gli occhi e mi sposto, sedendomi sulle sue gambe.
Jared sospira e mi accarezza la schiena, mormora qualcosa.
Un qualcosa che suona più o meno come “Credo di essermi innamorato di te.”
O forse è solo il frutto della mia immaginazione. Nel dubbio taccio, mi sposto un pochino e gli bacio una guancia.
Jared sorride.

Sono di fretta (sono in preda a un delirio per cui devo scrivere, scrivere e scrivere), per cui vi ringrazio e vi auguro Buon Natale!

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Capitolo 24
*** Capitolo Ventiquattro 18 Agosto ***


Niente di quanto narrato in questa fanfiction è reale o ha la pretesa di esserlo. È frutto della mia fantasia e non vuole assolutamente offendere la persona in questione. I personaggi originali appartengono alla sottoscritta.


Trentasei Giorni


Capitolo Ventiquattro
*18 Agosto*


Credo che quando tornerò a casa avrò bisogno di un fisioterapista o di una schiena nuova. Dormire sul divanetto non è salutare per la mia schiena, però è così bello dormire fra le braccia di Jared.
Lui e Mark adesso sono da qualche parte mentre io e Maddalena siamo al bar a fare colazione. Sara è rimasta a casa a mettersi lo smalto sulle unghie. Avrei voluto dirle che poteva farlo dopo ma sono rimasta zitta, altrimenti le avrei detto della conversazione che ho avuto con Mark.
Comunque oggi è una bella giornata e io e Madda abbiamo intenzione di andare da qualche parte subito dopo pranzo, non abbiamo ancora deciso dove andare ma non m'importa.
Svuoto la seconda bustina di zucchero nella tazza e giro lentamente il cucchiaino. Maddalena sfoglia con lentezza un giornale di annunci.
«Pensi che Sara venga con noi?» domanda e chiude il giornale.
«Non ne ho idea.» rispondo. «E se non vuole venire... la costringeremo.» esclamo, «In fondo siamo venute qui per passare le vacanze insieme.» 
Sospiro. Non so quale scusa usare per portarla con noi, non mi viene in mente nulla; penso a questo e non a come stanno andando queste ferie. 
Da una parte meravigliose, perché c'è Jared, dall'altra sono pessime perché sembra che Sara si stia trasformando in una psicopatica bipolare.
Era così anche prima e non me ne sono accorta? Se fosse veramente così sarei un pessima amica.
O forse è impazzita all'improvviso. O forse è scema e basta.
Sbuffo e sorseggio il cappuccino. «Andiamo a Bordano a vedere la casa delle farfalle?»[1] propongo.
Madda annuisce e sorseggia il suo cappuccino. «Sembra interessante.» dice.
Annuisco. «Lo è.» esclamo e poso la tazza sul piattino. «Non ci sono mai stata ma dicono che sia bello.» spiego. «E comunque è un diversivo dallo stare in casa ad aspettare loro due.»
Mi riferisco principalmente a Sara ma anche a me. Cosa farò quando io sarà tornata a casa e Jared in America? Starò lì, accanto al telefono o al pc in attesa di un messaggio o di una chiamata?
Ho un bar da mandare avanti, non posso passare tutta la mia vita seduta ad aspettare. E cosa poi? Un uomo sposato? 
Guardo il mio cappuccino ormai freddo e sospiro. Sto diventando pessimista e non mi piace neanche un po'.

***

La casa delle farfalle è bellissima anche se non si possono fare foto o filmati e bisogna fare silenzio.
A Sara, stranamente, è piaciuta, ha dette che “È interessante e molto bella.” cosa strana detta da lei ma è sempre meglio del mutismo o dei colpi di testa.
Adesso stiamo mangiando il gelato. Abbiamo gironzolato nel parco dell'Hotel Willy[2], abbiamo visto i pesci e una tartaruga, gli  uccellini, pappagalini o cocoriti – non so distinguere una specie dall'altra –, Madda ha voluto che le facessi una foto davanti alla locomotiva a vapore. Ecco, qui Sara ha sbuffato un pochino, dicendo che le locomotive a vapore non le piacciono e, pensandoci bene, non una cosa così grave a confronto di come si è comportata nei giorni passati.
«Cosa mangiamo stasera?» domando e con il cucchiaino scavo nel gelato alla ricerca dei pezzi di cioccolato. 
«Qualcosa di leggero dopo questo gelato enorme.» propone Maddalena.
Annuisco lentamente mentre porto in superficie mezza nocciola. «Insalata e mozzarella?»
«Voglio anche il mais e le olive.» dice Madda, «Quelle nere, perché le verdi non mi piacciono.» aggiunge, afferra un tovagliolino di carta e si pulisce le labbra.
Sara non dice nulla, mangia il gelato in silenzio. «Per te va bene?» le chiedo. Lei annuisce e s'infila in bocca una cucchiaiata generosa di gelato.
«Sì.» risponde con tono piatto, «Va benissimo.» sospira.
Lancio una breve occhiata a Maddalena che alza le spalle. «Tutto bene?» chiedo a Sara. 
Lei annuisce, «Sì.» risponde. «Sono solo un po' stanca.» mormora. 
Non dico niente,  mi sembra davvero stanca e anche un po' pallida,  sarà solo un po' di stanchezza, certo, lei non ha dormito tutta la notte rannicchiata su un divano troppo piccolo per due persone... 
Questa volta sono io quella che sospira. Chissà cosa sta facendo Jared in questo momento, a cosa sta pensando, se sta pensando a *me.*
Sto per andare in paranoia.
Lui mi manca.
Chissà se gli manco.
Stupida paranoia!

***

La cena è stata... una cena normalissima, insalata con mozzarella, tonno – lo ha voluto Sara –, mais e olive nere, con il TG in sottofondo.
Adesso Sara è sotto la doccia, Maddalena è uscita a buttare la spazzatura e io ho finito di lavare i piatti; Jared e Mark dovrebbero essere qui a momenti, almeno secondo l'SMS che mi ha mandato Jared pochi minuti fa. 
Finisco di asciugare il lavello, ripiego lo strofinaccio e lo appendo alla maniglia dello sportello e, finalmente, mi rilasso; esco in giardino e mi sdraio sul lettino.
«Ciao.»
Apro gli occhi e sorrido, «Ciao Jay.» mormoro, mentre lui si siede accanto a me, «Ciao Mark.»
Lui mi fa un cenno con la testa e si siede sull'altro lettino. Jared mi accarezza le gambe e tenta di farmi il solletico ai piedi. «Non ci provare.»  gli dico sedendomi. 
«A fare cosa?» domanda lui, sulle sue labbra si dipinge un sorrisetto.
Sorrido e scuoto la testa.  «Lo sai.» dico. Lui scuote la testa e ride mentre torna Maddalena che si siede accanto a Mark.
Lui guarda la porta che da sulla cucina come se, da un momento all'altro, dovesse uscire un mostro verde squamoso con tre teste e lingue biforcute. Invece, dopo pochi minuti, esce Sara.
«Mark! Sei qui!» trilla correndogli incontro con le braccia aperte, lo abbraccia e quasi lo stritola. Lui rimane rigido e guarda me e Jared in cerca d'aiuto, io, però, rimango ferma, perché so che, se muovessi anche un solo muscolo, scoppierei a ridere.
Maddalena si sposta e si siede accanto a me ridacchiando.
«Andiamo a prenderci un gelato?» propone Jared.
«Un altro?» dico, «Ne abbiamo mangiato uno enorme questo pomeriggio...»
«A me piacerebbe.» esclama Maddalena.
Jared le sorride e mi guarda con quegli occhioni da cucciolo. Due contro uno. «Va bene,» sospiro, «andiamo.»
«Dove andate?» esclama Mark quando ci alziamo. «Mi... ci lasciate qui?» domanda mentre Sara posa la testa sulla sua spalla.
«A prendere un gelato.» risponde Jared, «Venite?»
«No.»
«Sì!» esclama Mark ma Sara lo guarda male.
«Vi mettete d'accordo?» gli chiedo. Sono sicura che Mark si sta pentendo di quello che ha detto ieri a Sara. Però è così divertente vederlo impaurito come un cerbiatto accecato dai fari.
«Restiamo qui.» risponde Sara.
Alzo le spalle, «Come vuoi.» dico e rientro in casa per prendere la borsa, Maddalena si lava le mani. Due minuti dopo stiamo camminando verso il bar del paese, lasciando dietro di noi una Sara felicissima e un Mark praticamente terrorizzato. 

***

L'ho già detto che Maddalena è la regina del Monopoli? Se stessimo giocando a strip poker a quest'ora sarei in mutande, invece sono semplicemente al verde. Con le casette e gli alberghi pignorati.
Madda conta le banconote con un sorriso vittorioso, «Ho vinto!» cinguetta sventolando la mazzetta sotto il mio naso. 
Alzo gli occhi al cielo e le faccio una linguaccia che lei ricambia alla stessa maniera.
Sistemo i soldi e i contratti nella scatola, Maddalena la rimette a posto. Jared ritorna dalla cucina con la bottiglia di succo e tre bicchieri.
«Posso leggerlo?» mi chiede Maddalena mostrandomi “Piccole Donne”.
«Dove l'hai trovato?» chiedo.
«Nel mobile.»
Ecco dove si era cacciato! E io che ho passato mesi a cercarlo e quello stronzo di un libro era qua! «Certo.» rispondo e sorrido a Jared che ha riempito i bicchieri di succo.
Maddalena si mette comoda sul divano e inizia a leggere il libro sorseggiando lentamente il succo. Jared mi sorride, mi prende per mano e mi porta in giardino e ci sdraiamo sul lettino.
Lo sento respirare fra i miei capelli e mi abbraccia. «Quand'è la tua prossima vacanza?» mi domanda dopo avermi baciato la spalla.
«L'anno prossimo.»  rispondo, «Perché?» chiedo dubbiosa. 
Lui si mette supino e mi attira su di sé, «Niente.» rispondo. «Volevo sapere i tuoi programmi.»
«Perché?» domando e poso una mano sul suo torace che sembra di marmo. 
Certo che certi commenti potrei risparmiarmeli in alcune occasioni, eh.
«Voglio sapere quando ci rivedremo.» sussurra sulla mia spalla, «Un anno è troppo.»
Troppo?
Che gli prende?
«Jay?» mormoro piano, «Cosa intendi?» gli chiedo. Ho paura di parlare troppo.
Lui sospira, «Mi mancherai.» 
«Anche tu.» 
Rimaniamo in silenzio per  un po', poi Jared mi bacia il viso e io chiudo gli occhi. 
«Quindi... fra un anno.» dice dopo un po'.
«Sì.» rispondo. Devo essere completamente idiota perché non capisco dove voglia andare a parare.
«Potrei prendermi una settimana verso Pasqua.» gli dico, anche se non so se Sara sarà d'accordo.
Certo che lo sarà, io vedrò Jared e lei Mark, sempre se lui non la scarica prima.
Jared sorride e mi bacia sulle labbra, «Sarebbe perfetto.»
Cosa? E sua moglie?
Stai zitta!
Taccio e mi limito a sorridere. 
«E poi?» sussurro, spero che lui capisca cosa intenda e che non mi faccia parlare troppo, rischiando di dire qualcosa di stupido.
Lui non dice nulla e respira profondamente. «Non ho ancora deciso.» , sbuffa e chiude gli occhi. «In realtà non so cosa fare.»
Jared non sa cosa fare e io non so cosa dire.
Che situazione!
«Anche io» mormoro. 
Lui rimane in silenzio e mi accarezza lentamente il braccio con la punta delle dita, tracciando linee immaginarie dal gomito alla spalla.
Chiudo gli occhi e gioco con i bottoni della sua polo, infilo le dita sotto al colletto e gli sfioro il torace. Lui sorride, lo so anche se ho gli occhi chiusi.
Smette di accarezzarmi il braccio e mi stringe, mi bacia il viso e passa le dita fra i capelli, scostandoli dal viso. Mi bacia la testa e poi scende lentamente sul viso, baciandomi la fronte, il naso, una guancia e le labbra.
Sorrido e lo bacio mentre scivolo sopra di lui.

***

Mi giro sul letto e la mia fronte tocca qualcosa di duro, la spalla di Jared, per essere precisi. Trattengo uno sbadiglio e mi volto verso il comodino, afferro il cellulare e guardo l'ora. Mancano sei minuti a mezzanotte.
Quando siamo saliti Maddalena era ancora in salotto che leggeva. Credo che sia ancora lì.
Rotolo verso Jared e lo abbraccio, poso la testa sulla sua spalla e respiro il suo profumo, lo guardo rimanendo in silenzio. Il suo torace si alza e si abbassa seguendo il ritmo del suo respiro.
«Sei inquietante.» mormora lui dopo un po'.
«Mi hai fatto venire un infarto!» esclamo.
Lui apre un occhio e mi guarda sorridendo. «Avevi intenzione di andare avanti ancora a lungo?» domanda e apre anche l'altro occhio.
Mi metto seduta e alzo le spalle. «Può darsi.» rispondo. «O guardavo te o andavo in bagno a guardare una cosa bellissima.»
«Cosa?»
«Me!» rispondo, lui ridacchia e mi attira sul suo corpo. 
«Cosa vorresti dire?» domanda e una sua mano mi sfiora il fianco, «Che io non sono bellissimo?»
«Esatto!» ridacchio e mi sistemo meglio contro di lui.
Jared fa il broncio, «Mi hai offeso.» dice.
Gli bacio una guancia e rido, «Sei adorabile quando fai il broncio.» mormoro.  «E sei bellissimo.»
Ride anche lui e mi bacia il viso.  «Lo so.» dice.
Rimaniamo in silenzio qualche istante e poi sbadiglio.
«Stanca?» domanda lui e io annuisco. «Pensavo che potessimo concederci il bis...»
Sorrido e gli sfioro il viso. «Per quello non sono stanca!» ribatto.
Il suo sorriso si allarga e le sue labbra sfiorano il mio collo, «Lo sospettavo.» sussurra baciandomi sotto l'orecchio, le sue mani scendono lungo la mia schiena nuda, fermandosi sui fianchi. 
«Bhe, ti fermi proprio adesso?» mormoro mordicchiandogli il lobo.
Sorride contro la mia spalla e sposta le mani. «Non ci penso nemmeno.» mormora.
Sorrido.
Ecco un bel modo per finire la serata.

Salve! Spero che il capitolo vi sia piaciuto!
[1] La casa delle farfalle di Bordano. Da quando è aperta non ci sono mai stata. Ogni tanto mi dico "Ci vado, ci vado..." ma non vado mai.
[2] Hotel Willy, una volta c'era un orso, Lucio, in una bella gabbia. L'ho sempre visto stravaccato per terra, all'ombra. Forse perché andavo lì sempre in estate quando si schiattava dal caldo.È morto qualche anno fa. Comunque il gelato è buonissimo. ALmeno quando ci andavo io lo era, adesso non so. Come non so se c'è ancora la tartaruga.

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Capitolo 25
*** Capitolo Venticinque - Ventidue Agosto - ***


Niente di quanto narrato in questa fanfiction è reale o ha la pretesa di esserlo. È frutto della mia fantasia e non vuole assolutamente offendere la persona in questione. I personaggi originali appartengono alla sottoscritta.


Trentasei Giorni


Capitolo Venticinque
*22 Agosto*


Come descrivere gli ultimi tre giorni in due parole? Una roba assurda. Sì, sono tre parole, lo so. 
L'altra sera siamo andati a cena al ristorante del paese ed è andato tutto bene fino a quando Sara non ha iniziato a strillare contro Mark, perché, secondo lei, lui ha sorriso un po' troppo alla cameriera. La cameriera in questione, nonché una della figlie del proprietario del locale, ha quasi cinquantanni. E il “povero” Mark le sorrideva e la ringraziava quando lei gli portava qualcosa, insomma, li è stato solo educato. Sara no, visto che si sono voltati tutti a guardarci e io avrei voluto avere una pala per scavare un buco in cui rifugiarmi.
Sara a continuato a inveire contro di lui anche quando stavamo tornando a casa, blaterando “Non si fa” e “Non devi guardare le altre se mi ami!” per tutto il tragitto.
Quando ho sentito quella frase avrei voluto ridere mentre Mark avrebbe volto sotterrarsi o fuggire per prendere il primo aereo per gli USA.
Una volta a casa lo ha trascinato in camera, mentre io, Madda e Jared ci siamo mangiati il gelato, poi, mentre la sorella di Sara è rimasta in casa a finire di leggere Piccole Donne, io e Jared siamo usciti in giardino, ci siamo sdraiati sulla sdraio e siamo rimasti lì, abbracciati, a parlare di tutto e niente, evitando accuratamente gli argomenti: “Cosa faremo fra tre giorni” e “Cosa dirò a mia moglie.”
Fortunatamente non ho detto nulla di scemo o stupido, anche perché non avrei avuto il tempo, dopo una mezz'ora Jared ha infilato le mani sotto la mia maglia e, prima che riuscissi a fermarlo —  non che lo volessi, dopotutto —  mi ha slacciato il reggiseno.
Dormire sul lettino, sotto le stelle, con i grilli e lo scrosciare del ruscello poco lontano, è bellissimo. Un po' meno svegliarsi con i segni delle doghe di plastica stampate sulla schiena. Senza contare le punture delle zanzare.
Il giorno dopo, cioè ieri, io e Sara abbiamo trascinato Sara in giro per il centro commerciale, naturalmente ha piagnucolato perché, poverina, era lontano dal suo amore. Si è rianimata un po' quando siamo entrati al negozio di animali e abbiamo visto i coniglietti. Erano così carini e adorabili! Avrei voluto prendere quello grigio con una zampetta bianca, che stava mangiando del fieno. Peccato che mia madre non sarebbe d'accordo, secondo lei il cane si mangerebbe il coniglietto e anche il suo cibo. Secondo me, invece, anche il cane s'innamorerebbe del coniglietto.
Comunque, abbiamo mangiato al ristorante e Sara si è lamentata anche lì, perché Mark non ha risposto alle sue chiamate. Alle sue venti chiamate. 
Si è arrabbiata ancora di più quando lui ha spento il cellulare. Al terzo messaggio in segreteria Sara ha desistito, limitandosi a piagnucolare.
Io e Madda abbiamo fatto acquisti, chiesto campioncini gratuiti in profumeria, abbiamo preso la pasta modellabile e gli accessori —  catenine, chiusure, ferma-nodi —  per fare i braccialetti. 
Sara ci ha ignorato mentre li facevamo, salvo arrabbiarsi perché non ne abbiamo fatto uno anche per lei.
La sera, appena Jared e Mark sono arrivati, lei avrebbe voluto salire in camera, lui invece avrebbe voluto sentire la mia versione della storia che gli aveva raccontato Jared. Alla fine siamo rimasti in giardino più di tre ore , io e Jared abbiamo raccontato qualche storiella di quando abitavamo vicini; Madda e Mark hanno ascoltato con interesse, mentre Sara ha sbuffato quasi tutto il tempo. Non ha riso neppure quando ho raccontato di quella volta che ho spaventato Jared, nascondendomi dietro un cespuglio e saltando fuori all'improvviso.
Sara ha passato tutto il tempo ha sbuffare, tirare il braccio di Mark chiedendogli: “Andiamo di sopra?”
Lui la guardava appena, scuoteva la testa e rispondeva: “Fra poco.”
Poco che non è mai arrivato, anche perché a un certo punto Sara si è stufata di rimanere lì ed è salita in camera. Verso le due i ragazzi sono andati via; io e Madda siamo andate di sopra e lì Sara ha fatto una delle sue scenate, urlando che non le vogliamo bene, che lei vuole stare con Mark, che lei lo ama, che noi siamo brutte e cattive perché non vogliamo che sia felice.
È andata avanti a strillare per dieci minuti buoni, anche quando Madda si è chiusa nella sua stanza e io in bagno. Poi ha smesso, forse perché ha urlato troppo e si è ritrovata con la voce rauca.
In ogni caso, oggi, io e Maddalena siamo in piedi dalle nove, siamo andate al bar a fare colazione, in panetteria dove abbiamo comprato il pane per oggi, abbiamo fatto la spesa. Adesso le bistecche stanno cuocendo nella padella, Madda sta condendo l'insalata e Sara... bhe, lei si sta lamentando di quanto ami Mark e nessuno la capisca.
«Secondo te le passerà?» domanda Madda tirando fuori la bottiglia d'acqua dal frigorifero.
Alzo le spalle e giro le bistecche, «Forse.» rispondo.
In quel momento Sara entra in cucina strillando che è preoccupata per Mark. «Perché non risponde?» pigola sedendosi.
«Forse è impegnato.» rispondo, afferro uno dei piatti e ci metto una delle bistecche, Madda lo prende, lo posa davanti a Sara che non ringrazia.
«Dopo vado da lui!» dice lei, «Magari sta male, povero ciccino mio!»
Non credo che Mark stia male, credo che sia contento di rimanere dov'è. Tolgo le altre bistecche dalla padella e spengo il fornello, vado al mio posto e prendo una porzione d'insalata.
«Non è malato, magari è impegnato.» ripeto ma Sara mi guarda male.
«Se non risponde è perché sta male, me lo sento!» strilla lei, «Io lo amo, e so che sta male!»
Meglio che stia zitta. Meglio che stia zitta.
«...Dopo vado da lui.» 

***

Ed eccoci qui, davanti al minuscolo hotel in cui alloggiano Jared e Mark.
«Non sono qui, signorina.» ripete per la terza volta il ragazzo che ci accoglie alla reception.
«Ma Mark non mi risponde!» grida Sara. «Sono sicura che sta male!»
Il ragazzo sospira. «Non è qui.» esclama.
Afferro il braccio di Sara e la trascino fuori. «Lui non è qui!» le grido, «Sarà in giro con Jared e probabilmente gli hai stressato così tanto le scatole che ha deciso di spegnere il cellulare per non sentirti più!»
Sara mi guarda come se fossi scema o se avessi due teste. «Io non lo stresso!» urla, «Io lo amo!» continua e si avvia in strada.
Io guardo Maddalena e sbuffo lentamente. «Seguiamola.» esclamo. Madda mi si affianca e borbotta che sua sorella è impazzita. Ha ragione, Sara è completamente e totalmente fuori di testa.
Insomma, certe scenate sono da... gente che ha perso qualche rotella per strada.
Arriviamo a casa e Sara sale in camera senza smettere di sbraitare e piangere che Mark sta male, che lei lo sente, che lo ama, che è preoccupata... con uno sbuffo chiamo Jared.
«Mark è vivo?» domando appena risponde.
«Certo che è vivo!» risponde lui. «Jenny, stai bene?»
Ecco, ci manca solo che pensi che sia io, quella fuori di testa! «Io sto bene.» esclamo, «E anche Madda. È Sara che sta male perché Mark la sta ignorando, si è convinta che lui sia mezzo morto in un vicolo.»
Lui ride, «No, no, Mark sta bene!» dice, «Sara lo stava... assillando.»
«Digli di farsi sentire, che qui Sara m'impazzisce del tutto.» borbotto. 
Lui ride ancora, «Io glielo dico, non so se lo farà!»
Eh, mi pare giusto.
«Ci vediamo dopo cena.» continua Jared.
«Mmh, okay.» dico, «A dopo.»
Metto via il cellulare, «È ancora vivo.» dico a Maddalena.
«Lo sospettavo.» fa lei, afferra una pesca dal frigo e la taglia a metà, «Sara è scema.»
Annuisco, in fondo ha ragione. 
Qualche minuto dopo Sara strilla e scende di corsa le scale, «Mi ha chiamato! Mi ha chiamato!» trilla felice. 
Forse è tornata normale.
«Mi ama, lo so!»
O forse no.

***

Sara sta per pestare Mark, lo so, lo sento. Lui ha cercato di evitarla per tutta la serata e sta facendo e dicendo di tutto per non passare neppure cinque minuti da solo con lei.
Sara, invece, sta fumando di rabbia. Lo vedo. Guarda male tutti quanti, stringe i pugni e trattiene insulti.
Mi appoggio contro la spalla di Jared e osservo Madda che gioca con il DS e Mark che conta i fili d'erba, anche se è buio e non si vede praticamente un tubo. Evidentemente anche quello è più interessante di Sara.
«Andiamo?» chiede Sara.
«No.» risponde Mark, «Voglio stare qui.»
Sara grugnisce, «Andiamo di sopra!» grida.
Mark alza la schiena e la guarda. «Ho detto di no.» esclama, «Sei troppo appiccicosa, dammi un po' d'aria, sei asfissiante!»
Jared smette di sbaciucchiarmi la spalla, Madda di giocare e io trattengo il respiro, anche i grilli hanno smesso di frinire. O sono le cicale che friniscono? Bah, qualunque cosa sia, tutto si è fermato. Anche Mark si è accorto di aver detto troppo, chiude la bocca e torna a guardare il terreno.
«Cosa hai detto?» squittisce Sara, «Io non sono appiccicosa!» grida e si alza, corre di in casa e alcune porte sbattono.
«Ho esagerato?» pigola Mark.
«Eh, sì.» dice Maddalena, «Però hai ragione!» ridacchia e Mark sospira dal sollievo.
Rimaniamo in pace per due minuti quando Sara torna giù come una furia, vestita con una minigonna di jeans, un top bianco e dei sandali e una borsetta bianca.
La mia minigonna, i miei sandali, il mio top e la mia borsetta.
«Dammi le chiavi della macchina.» mi ordina. 
Io la guardo e mi trattengo dal comportarmi come le sorellastre di Cenerentola. Ovvero strapparle quello che è mio dal suo corpo. «No.» rispondo. 
Lei sbuffa, «Dammi le chiavi.» ripete.
«No.» esclamo. «E levati i miei vestiti, nessuno ti ha dato il permesso di metterli.»
«Mi servono.» dice, «E mi servono anche le chiavi, io e Mark andiamo a farci un giro.»
Mark la guarda e per poco non si strozza con l'acqua che sta bevendo, «Cosa dobbiamo fare?» ansima.
Sara incrocia le braccia e lo guarda. «Usciamo insieme.» risponde e lo guarda come se fosse lui quello scemo.
Mark fa un sospiro e la guarda. «Io voglio stare qui.» dice, «Non ho voglia di uscire.»
«Noi usciamo.» esclama Sara e si gira verso di me. «Dammi le chiavi.»
Sì, le chiavi te le do, in fronte, però!
«No.» ripeto. «La mia macchina non la usi.» dico, «E levati i miei vestiti, nessuno ti ha dato il permesso d'indossarli.»
Lei grugnisce, Maddalena sbuffa, Jared mi stringe la mano e Mark guarda per terra.
«Vai a cambiarti.» esclamo.
«No!» grida Sara, «Io voglio uscire con Mark! Devi darmi la macchina!»
O è scema o questa è la sua gemella cattiva. In ogni caso non  più la Sara che conoscevo.
«Quale parte del no non hai capito?» le chiedo, «E comunque Mark non vuole, quindi...» 
Lei guarda me poi Mark e di nuovo me. Grugnisce un insulto e torna in casa. Lentamente mi alzo e la seguo. La trovo in camera che si sta cambiando, ci manca poco e si strappa i vesti dal corpo.
«Devi piantarla di comportarti come un'isterica in piena sindrome premestruale.» le faccio notare.
«Io lo amo! Non capisci nulla!» grida gettando il top a terra. 
Lo raccolgo e mi alzo con un sospiro. «Io capisco che stai diventando pesante.» replico, «E che non puoi continuare così, cosa farai una volta a casa? Ti ucciderai?»
Lei tace e indossa una maglia verde di due taglie più grande. «Io lo amo!» grida mentre io esco dalla stanza e torno in giardino.
«Che gli prende?» chiede Mark, «Si comporta peggio di una fan di dodici anni, tutta cuoricini e fiorellini.»
Lo guardo e non so se spaccargli la testa o baciargliela; intanto che ci penso mi siedo. 
«L'hai fatta diventare matta.» commenta Maddalena.
«Io?» dice Mark, «Io no ho fatto nulla!» si difende.
«Ehm, sicuro?» gli chiedo.
Lui arrossisce, «Non era nulla!»
«Sicuro?» chiedo ancora. Ho scoperto che adoro metterlo in imbarazzo; lui mi fissa  e io ricambio lo sguardo, fissandolo con l'aria da “se non lo dici tu lo faccio io”.
«Sì, va bene!» sbotta, «Le ho detto che l'amo ma era solo perché me l'aveva chiesto lei e io volevo che finisse il...» si blocca, sempre più imbarazzato.
Jared tossisce e mi accorgo che gli è andata di traverso l'acqua, gli do alcune pacche sulla schiena e mi trattengo dal ridere. «Tu cosa?» ansima.
Mark alza le spalle, «Io... cerca di capirmi!»
Maddalena sospira, «Ma sei stupido?» domanda, «Dio, lo sanno anche i miei compagni di classe che quello è un ricatto! Sei proprio imbecille!»
Mark la fissa, quasi spaventato e si sposta di mezzo metro.
«Solo perché volevi un pompino!» continua Maddalena e io rido, «Voi ragazzi siete tutti uguali: stupidi e fissati sul sesso.» esclama, «Tranne te, Jared.» cinguetta.
Jared sorride e Mar sospira. «Cosa devo fare?» geme tenendosi la testa fra le mani.
«Non lo so.» rispondo.
Rimaniamo in silenzio per qualche secondo ma non riesco a smettere di pensare alla faccia di Mark mentre Madda gli parlava e scoppio a ridere, seguita da Jared e Madda, alla fine anche Mark scoppia a ridere.

***

Bacio Jared un'ultima volta e mi stringo a lui prima che vada via con Mark. Io e Madda chiudiamo la porta, controlliamo che le luci siano tutte spente e andiamo di sopra.
Sbuffo quando scopro che Sara si è chiusa in camera. Dormirò con Maddalena, non è un problema così grave. Mentre la ragazzina è in bagno afferro un post-it dal cassetto del comodino, prendo la biro e scrivo: “Togli le chiavi a tutte le porte!” e lo appiccico sulla porta della stanza.
«Perché?» domanda Maddalena rientrando.
«Perché non voglio che la gente si chiuda in camera.» rispondo. «E se si sentisse male? Dovrei o togliere la porta dai cardini o sfondarla.»
Madda annuisce. «Giusto.»
«E io non so fare nessuna delle due cose.» dico e m'infilo i calzoncini color prugna.
Maddalena annuisce nuovamente e si mette sul letto a gambe incrociate. «Ti da fastidio se gioco con il DS?»
«No.» rispondo e mi siedo anche io. «Anzi, perché non ci sfidiamo?»
Lei sorride, «Perfetto.» dice.
«Vado a prendere l'altro.» esclamo alzandomi faccio due passi e alzo lo sguardo, vedo la botola e sorrido. «Domani ci vendichiamo.»
«E come?»
«Vedrai.» le dico e vado di sotto a prendere l'altro DS. Domani ci sarà da divertirsi.

salve gente! La storia è quasi agli sgoccioli, mancano solo quattro capitoli e l'epilogo alla fine, e spero di farcela prima che la storia compia tre anni!
Se il capitolo è finito ringraziati i Westlife e il loro dvd The Greatest hits tour 2003, visto che ho finito di scriverlo mentre lo guardavo (e cantavo in modo molto stonato!), ho sempre detto io che quei cinque Irlandesi sono la mia più grande fonte d'ispirazione!

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Capitolo 26
*** Capitolo Ventisei 23 Agosto ***


Niente di quanto narrato in questa fanfiction è reale o ha la pretesa di esserlo. È frutto della mia fantasia e non vuole assolutamente offendere la persona in questione. I personaggi originali appartengono alla sottoscritta.


Trentasei Giorni


Capitolo Ventiquattro
*23 Agosto*


La botola si apre, con il bastone aggancio il cerchietto di ferro e tiro già la scala di metello. È leggera e in un attimo è aperta totalmente. 
Infilò l'asola della piccola borsetta trapuntata al polso destro e inizio a salire lentamente, Maddalena è dietro di me. Questa è la nostra vendetta.
In un attimo siamo in solaio, la luce penetra dal lucernario dal vetro lurido e dalle finestrelle chiuse dal mattoni forati.
Poso la mano sulla maniglia della porta di legno e Madda mi sfiora la spalla, «Non è che cade?» domanda indicando il legno vecchio e rovinato.
«No.» rispondo e apro la porta, mi chino sull'altra botola e sblocco il meccanismo di chiusura.
Sussulto quando la botola si apre con un cigolio sinistro, sbircio nell'apertura rettangolare e guardo Sara che dorme. «Non ha sentito nulla.» mormoro tirandomi su e abbasso la scaletta. Questa è diversa da quella dell'altra stanza, questa è a pioli, l'altra a libro. Spingo lentamente il metallo, freddo sotto le mie dita e trattengo un'imprecazione quando la scaletta si blocca a metà.
«Stupida.» borbotto e guardo se riesco ad entrare nella stanza senza rompermi qualcosa.
«Un salto di... bho, settanta centimetri non è tanto.» dice Maddalena.
Annuisco lentamente e mi giro, scendo i gradini e salto sul pavimento. Con passo felpato —  mi sento tanto una ladra —   e mi avvicino alla porta, sfilo la chiave e la infilo nella tasca posteriore dei jeans. Apro la borsetta e afferro un rossetto rosso corallo; trattengo il respiro e tolgo il tappo, mi avvicino a Sara e inizio a tracciare sulle sue guance dei cerchi, faccio due linee parallele sulla fronte e trattengo una risatina, chiudo il rossetto, lo rimetto al suo posto e prendo un mascara. Con lentezza sporco il viso di Sara, disegnandole dei baffi e un accenno di barba. 
Mi sto divertendo un mondo!
Le rovescio un po' di ombretto in polvere —  è arancione con i glitter —  in faccia, metto via tutto, chiudo la borsetta e torno alla scala. Agilmente mi arrampico e Madda mi aiuta, chiudiamo la botola e torniamo in camera.
«Facciamo colazione?» le chiedo e vado in bagno a lavarmi le mani.
«Sì.» dice Madda e ride mentre mi sposto per farle spazio al lavandino.

Sara si sveglia venti minuti dopo e inizia ad urlare appena si accorge che la porte è chiusa a chiave e lei non può uscire, visto che ho io la chiave.
«Cosa c'è?»  chiedo salendo le scale.
«Sono chiusa dentro! Sono chiusa dentro!» strilla lei, «Aiuto! Non ho la chiave!»
Sorrido e mi appoggio alla porta, «Come non hai la chiave?» domando, guardo Madda che si copre la bocca con la mano per nascondere una risatina.
«Non c'è più!» strilla Sara, «Non la trovo! E la finestra è bloccata!»
Ops! L'ho blocca io!
«Stai calma, adesso prendo l'altra chiave.» le dico, mi allontano di un paio di passi, giusto per far finta di prendere la chiave dall'altra porta, torno da lei e la libero.
Sara esce e mi fissa spaventata, «Cos'è successo?» ansima.
Io la fisso per qualche secondo, cercando di non scoppiare a riderle in faccia. «Non lo so.» rispondo.
Lei grugnisce ed entra in bagno. Tre, due, uno... Sara urla quando si guarda allo specchio.
«Cosa mi hai fatto!» grida uscendo, «La mia faccia!»
«Deve essere il fantasma.» replico alzando le spalle.
«Fantasma?» pigola lei.
Annuisco e le poso una mano sulla spalla e la conduco in bagno, «Eh, sì.» dico e le passo una salvietta struccante. «A quanto pare in questa casa c'è un fantasma che si vendica di chi si chiude a chiave in camera...»
«E mi ha truccato?» domanda lei iniziando a togliersi il trucco.
«A quanto pare.» rispondo. «Preparati che andiamo a fare la spesa.» le sorrido e torno di sotto, trovo Maddalena in salotto, con la faccia affondata nel cuscino che ride in silenzio.
«La sua faccia!» dice e si mette a sedere, si asciuga gli occhi e ridacchia. «Io...» ride di nuovo.
Prendo un cuscino, lo premo sul mio viso e scoppio a ridere.

***

Accendo la sigaretta mentre Sara attraversa la strada, diretta in farmacia, vuole prendere una di quelle cose che si mettono sulle punture di zanzara. Maddalena torna dall'edicola con un paio di riviste di enigmistica, giusto in tempo, perché, due secondi dopo la cameriera posa sul tavolino in metallo i nostri cappuccini.
«Sara è scema se crede alla storia del fantasma make-up artist.» dice Madda e prende la schiuma del cappuccino con il cucchiaio.
«Almeno non si chiuderà più.» esclamo. 
Due minuti dopo Sara torna e osserva il suo caffè come se fosse veleno, ci versa lo zucchero, lo mescola per un paio di secondi e poi lo beve. «Andiamo?» dice appena posa la tazzina sul piattino.
«Facci finire.» esclamo, il mio cappuccino è ancora a metà. 
Sara si limita ad annuire, mi sembra pensierosa e pallida. Che la storia del fantasma l'abbia spaventata così tanto? Sospiro, soffio sul cappuccino e lo bevo, chiedendomi perché sia cambiata così tanto.

***

Sara cerca di attirare l'attenzione di Mark, ma lui è impegnato in una conversazione con Jared.
«Devo parlarti!» strilla Sara, Mark sbuffa e la segue in casa.
«Tu cosa?» grida dopo un attimo, «Sei incinta?» 
Incinta?
Cosa?

Come? Perché? Oh, merda.
«Incinta!» mormora Madda e le sue labbra formano una piccola “o”. «Oh, oh.»
Jared mi fissa, «Ma è sicura?» 
Alzo le spalle e poi mi ricordo. «La farmacia!» esclamo, «Ha preso il test questa mattina!» 
«Eh, mi sa di sì.» disse Madda, «Ad Angela verrà un infarto!»
Probabilmente sì.
Mark torna da noi in giardino come una furia, «Sono troppo giovane per avere un figlio!» sbraita, «Mi avevi detto che prendevi la pillola! Stronza!»
Sara lo segue, pronta a scoppiare a piangere da un momento all'altro, «Ma io ti amo!» replica, «E anche tu mi ami, quindi che problema c'è?»
La mia amica è più stupida di quanto pensassi.
Mark sbuffa e mi ricorda un toro pronto a caricare, «Ma sei scema?» grida, «Io non ti amo!» urla, «E non voglio un bambino da te!»
Sara sbianca, «Non mi ami?» pigola, «Ma me lo hai detto!»
Mark sbuffa, «Sì, lo so che te l'ho detto, ma so anche che l'ho fatto solo perché tu me l'hai ordinato!» urla così forte che credo l'abbia sentito pure sua madre, «Io volevo solo godere, non fare il romanticone!
Sara fa un passo indietro e si copre la bocca con le mani. «Sei stata tu!» strilla venendo verso di me, scivolo sul lettino e finisco per terra, mentre lei si ritrova semi sdraiata sul lettino.
«Cosa cazzo c'entro?» le chiedo, spostandomi sull'erba. Credo di aver schiacciato qualcosa di schifoso. 
«Sei tu che gli hai detto di non stare con me!» grida lei, «Ti odio!»
Eh? Ma è matta?
Sì.
Indietreggio ancora un pochino e Jared blocca Sara prima che possa prendermi.
«Guarda che non ho detto nulla!» esclamo e mi alzo, «Come cazzo facevo a sapere che eri incinta? Eh, dimmelo!» dico, tolgo qualche filo d'erba dalla gonna di jeans, «Guarda che sei tu quella che gli ha raccontato una palla, quando hai mentito sulla pillola!»
«Io lo amo!»
«Seh, certo, certo.» dico e mi siedo. 
«Io vi odio!» strilla Sara e scappa in casa. 
Sospiro e mi siedo, «È pazza.» sussurro.
Completamente fuori di testa.

***

Jared esce da casa —  è andato in bagno —  e mi guarda appena, si siede accanto a me e sospira. Madda è andata con Mark a prendersi un gelato; Sara è in casa ma, questa volta non può chiudersi dentro, ho tolto tutte le chiavi dalle porte. 
«Tutto bene?» le chiedo.
«Chi è Luca?» domanda.
Luca?
E da dove salta fuori sto tizio?
«Chi?» chiedo.
«Lo sai.»
«Non so di chi tu stia parlando.»
Lui sospira di nuovo. «Il tizio con cui uscivi prima di venire qui.» dice, «O che dire di Edoardo? Mi avevi detto che l'avevi lasciato...»
Ma è scemo?
«Non capisco cosa intendi.» esclamo.
«Tu li stai sentendo.» dice, «Credevo che fossi diversa.» si alza e mi volta le spalle, «Invece mi hai preso in giro.»
Io ho fatto cosa?*
«Eh?»
Jared si gira verso di me, «Perché?»
Giuro che non capisco di cosa stia parlando, non ci arrivo.  «Non capisco di cosa parli.»
Lui fa un mezzo sorriso, «Lo sai, invece.» replica. Fa un respiro profondo e infila le mani in tasca. «E il fatto che tu menta mi delude ancora di più.»
Oh. Io non ho fatto nulla, giuro!
«Dì a Mark che sono andato a dormire.» dice, «Ci vediamo.» e senza dire altro se ne va, lasciandomi qui come una cretina.
Che cosa ho fatto, questa volta? Qualcuno me lo spieghi, perché non ho la più pallida idea di cosa abbia visto Jared, dove l'abbia visto e perché debba parlare con il mio ex, dato che non gli ho fatto neppure gli auguri di compleanno a Giugno. O chi sia questo Luca. Ne conosco un paio, con uno sono uscita a bere qualcosa a Maggio, credo, ma la storia e iniziata e finita lì. Quindi... come fa a saperlo? 
... Sara!
Brutta stronza, io adesso l'ammazzo.
Entro in casa e salgo i gradini due a due, inciampando nell'ultimo gradino e cado per terra, mi rialzo e mi butto sulla porta spalancandola e cadendo —  di nuovo —  sul pavimento.
«Che cazzo hai fatto?» ringhio.
Sara alza le spalle e mi fissa come se fossi scema. «Io?» dice, «Nulla!» 
Sto quasi per crederle quando vedo la custodia del mio portatile, è aperta e il portatile non c'è. Lo ha preso lei dal mio armadio.
Ansimo e mi butto su di lei, spingendola a sdraiarsi. «Brutta stronza.» sibilo, bloccandola, «Dimmi il perché.»
Lei sorride e mi fissa quasi innocentemente, «Non vedo perché tu debba essere felice mentre io no.»
Mi alzo e indietreggio, spaventata. Sara è fuori di testa, completamente andata. Che qualcuno porti una camicia di forza, subito!
Ansimo e fuggo di sotto, entro nel salotto e lo vedo, il mio portatile, lì sul tavolo. 
Mi butto sulla sedia e mi aggrappo al tavolo, sfrego il touchpad e lo schermo s'illumina, rivelandomi la pagina dei messaggi di Facebook —  la mia pagina, i miei messaggi.
Cosa?
Ci sono alcuni messaggi inviati a Edoardo e Luca negli ultimi... tre giorni! 
Apro la bocca mentre scorro i messaggi e sento le guance scaldarsi. 
«Non pensavo che ti piacessero certi giochetti.»
Grido e mi giro verso Maddalena e ansimo.
«Stai bene?» mi chiede Mark.
Sto bene? No.
«Jared ha letto questi messaggi e li ha tradotti.» spiego, «Lui è... andato a dormire.»
«Li ha scritti Sara, vero?»
Mi limito ad annuire.
«Ehm... io vado.» esclama Mark.
«Ciao.» lo saluto e lui se ne va, preoccupato che Sara la Pazza scenda di corsa.
«Perché?» domanda Maddalena, sposta una sedia accanto alla mia e fissa lo schermo. 
Sospiro, «Non lo so.» rispondo, «Credo che abbia un problema.» esclamo fissando le parole digitate sullo schermo. 
Respiro profondamente, chiedendomi come possa spiegare a Jared tutta la situazione. E convincere Sara ad andare da uno strizzacervelli.
Non avrei mai pensato di dirlo, ma sono felice che fra tre giorni sarò di nuovo a casa.

Salve! Aggiornamento in tempi brevi, ormai siamo quasi al gran finale!
Se vi va, passate a leggere la mia storia "Show me the road back to your heart"!
ALla prossima!

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Capitolo 27
*** Capitolo 27 -24 Agosto- ***


Niente di quanto narrato in questa fanfiction è reale o ha la pretesa di esserlo. È frutto della mia fantasia e non vuole assolutamente offendere la persona in questione. I personaggi originali appartengono alla sottoscritta.


Trentasei Giorni


Capitolo Ventisette
*24 Agosto*


Vendetta.
Andrò in prigione, lo so, in una cella dalle pareti imbottite, con addosso una camicia di forza, con un paio di infermieri che mi sforacchiano il sedere per iniettarmi il sedativo.
Ma almeno mi sarò vendicata di Sara La Pazza. Oh, sì.
Ho infilato la sua roba bianca in lavatrice insieme a uno strofinaccio rosso, uno verde e uno blu. Tutti e tre perdono il colore che è una meraviglia. 
Sono seduta per terra, sulla parete di fronte alla lavatrice, e guardo l'oblò, la schiuma non bianca ma colorata... vendetta infantile, ma mi fa sentire un pochino meglio.
«La tv non funziona?»
Guardo Maddalena, «No, funziona.» rispondo. «È che ho accidentalmente infilato in lavatrice gli strofinaci colorati che lasciano giù il colore insieme alla roba bianca di tua sorella.»
«Accidentalmente, eh?» fa lei sedendosi accanto a me.
Alzo le spalle. «Cose che capitano.» dico e torno a fissare la schiuma. 
Rimaniamo in silenzio a guardare l'oblò e i vestiti che girano e girano e girano.... sospiro. «Ho tirato fuori i saccottini di sfoglia al cioccolato.» dico, «Ne vuoi uno? In venti minuti saranno pronti, ho già acceso il forno.»
Lei sorride e si alza agilmente, io un po' meno, forse perché ho passato tutta la notte a rigirarmi nel letto. E ho un livido enorme sotto al ginocchio.
Sara dorme ancora, ma visto che sono quasi le dieci e dobbiamo pulire fra poco la chiamo e se non pulisce la inseguo con la scopa.
Se lo merita, in fondo. Dopo quei messaggi che ha mandato... fortunatamente Edoardo e Luca hanno capito che non ero io dal modo di scrivere. Quindi loro non hanno creduto che volessi ripassare il Kamasutra con loro.
Il primo punto della lista è a posto.
Il secondo, vendicarmi di Sara colorandole i vesti, è a buon punto.
Il terzo, convincerla ad ammettere con Jared che è stata lei, e convincere lui a perdonarmi... sono in alto mare.
Che schifo.

Entro in camera di Sara, le tolgo il lenzuolo di dosso e lo getto per terra. «Svegliati!» strillo, apro la finestra e le persiane, la stanza viene inondata dal sole e Sara si gira dall'altra parte, «Svegliati!» 
Sara mugugna e si gira dall'altra parte. «No.» borbotta, «Ho sonno.»
«Devo lavare le lenzuola e tu devi pulire il bagno.» esclamo e inizio ad alzare gli angoli del lenzuolo di sotto, «Muoviti!» urlo ma Sara non si alza, anzi si raggomitola ancora di più. Sospiro e penso a come farla alzare, «Mark sarà qui fra dieci minuti.» esclamo e Sara apre un occhio, «Vuole chiederti scusa.» 
La mia bugia ottiene l'effetto desiderato: Sara schizza in piedi, si alza e corre in bagno, e io posso finire di levare il lenzuolo e le federe. Prendo il mio fagotto e scendo, vado davanti alla lavatrice e lo lascio insieme alle altre lenzuola.
«Non viene, vero?» chiede Maddalena con un sorriso.
«No.» rispondo, «Ma lei non voleva alzarsi...» alzo le spalle e controllo la lavatrice, il lavaggio è quasi finito.
«Scopo il soggiorno e la saletta piccola?» chiede lei, ignorando la lavatrice. 
«Sì.»  rispondo e la seguo in cucina, «Ti aiuto a portare fuori i tappeti.» le dico.
Dieci minuti dopo i tappeti sono fuori stesi sul filo, Madda ha iniziato a scopare e io sto mettendo le sedie della cucina sul tavolo.
«Dov'è? Dov'è Mark?»  
Ops!
«Mark non c'è. Domani partiamo e dobbiamo pulire.» le dico, lei mi fissa come se fossi un'aliena o uno scarafaggio o uno scarafaggio alieno.
«Mi hai mentito!» sbraita. «Stronza!» 
«Se vuoi ti faccio scaldare una tazza di caffè e latte.» dico sistemando l'ultima sedia, «Intanto puoi togliere le robe dalla lavatrice, c'è la tua roba bianca.» 
Sara sbuffa contrariata ma fa quello che le ho ordinato. Mi aspetto un urlo fra... tre... due.. uno...
«La mia roba! È tutta colorata!» 
Ecco. 
Sara torna da me, con la tinozza di plastica bianca con i suoi indumenti che una volta erano bianchi e che adesso sono a strisce colorate. «Cosa cazzo hai combinato?» sbraita. 
«Oh... scusa.» esclamo e sorrido sperando che lei ci creda. «Mi dispiace. Non mi ero accorta che ci fosse finito qualcosa di colorato...» aggiungo e abbasso la testa come se mi sentissi veramente colpevole.
Sara grugnisce e rimane ferma davanti a me.
«Stendila, poi la rilavo con il lava e sbianca.» le dico con un sorriso. «E se non viene pulita quando siamo a casa te la porto in lavanderia.»  dico ma non vale, ho le dita dei piedi incrociate, vabbè, l'alluce sinistro è sopra l'indice, non sono proprio incrociate ma il senso è lo stesso.
Sara annuisce appena e sparisce in giardino, io afferro la seconda scopa e inizio a ramazzare il pavimento. Mi stupisco sempre di quanta polvere ci sia su questo pavimento, più pulisco più se ne riforma. 
Maddalena svuota la paletta nel secchio che ho messo vicino alla porta e mi guarda con un sorriso divertito. «Pensi che tornerà bianca?» chiede.
«Sì.»  rispondo, «Almeno credo.» aggiungo e mi concedo un sorriso prima  di riprendere a spazzare.
Sara ritorna in casa come una furia e inizia a salire le scale.
«Dove pensi di andare?» le chiedo.
«In camera a dormire.» risponde lei, «Sono depressa.» 
«In camera ci vai, ma a pulire.» le dico e Maddalena le allunga la scopa. «Domani ce ne andiamo e la casa deve essere pulita, Carl viene a Settembre e non voglio che pensi che siamo dei maiali. E comunque e casa mia e fai quello che dico.» 
Sara inspira lentamente, poi afferra la scopa e sale di sopra, grugnendo insulti verso di me e verso sua sorella.
«Vado a pulire il bagno.» esclama Madda alzando gli occhi al cielo.
«Il coso che si mette nel cesso lo mettiamo stasera.» le dico, lei annuisce e va in bagno.
Sospiro e penso che all'inizio era Maddalena quella che si lamentava perché le chiedevamo di fare due cose, adesso è il contrario.

***

La casa è abbastanza pulita, bisogna solo pulire il pavimento con lo straccio. 
«Spiegami perché l'hai fatto.» chiedo a Sara, «Spiegami perché, se Mark non ti vuole e sei infelice, tu debba rendere infelice anche gli altri.» 
Lei alza le spalle, «Perché sì.» risponde, «Perché non voglio che gli altri siano felici, se io non lo sono.» 
«Sei una stronza egoista, lo sai?» ribatto, «Non puoi pretendere che tutti siano infelici se lo sei anche te.» 
«Invece sì.» 
Respiro a fondo e metto le fettine di fesa sulla bistecchiera calda. «Sei tu che hai pensato che lui ti amasse, lui non ti ha mai promesso nulla.»
«Lui mi ha detto che mi ama!» 
«Solo perché gli hai chiesto di dirtelo, altrimenti non avresti finito il lavoretto di bocca.»  le ricordo, «Questo si chiama ricatto.» 
Sara non replica e va a sedersi, ignorando l'insalatiera che aspetta di essere portata al tavolo.
«Io aspetto suo figlio!» grida, «Lui deve amarmi per forza!» 
Sospiro di nuovo. «Lui non può amarti per forza.»  le dico, «E poi sei sicura che sia suo? Sei stata anche con Enrico prima di venire qui.» 
Lei m'ignora e io porto l'insalatiera sul tavolo. 
«Mark ha i soldi e la facoltà nonché diritto di volere e pretendere il test del DNA, e se scopre che gli hai mentito quella che passerà per l'arrivista in cerca di soldi sarai te.» 
Sara continua ad ignorarmi e Madda rientra in casa dopo aver steso le lenzuola. Sara alla fine non ha fatto nulla, nemmeno di sopra, siamo noi quelle che lavoriamo lei piange disperata perché Mark non l'ama più, anche se non ha ancora capito che non lo ha mai fatto. E io devo capire cosa sia successo nel suo cervello, qualche contatto deve essere andato a puttane per farla sbroccare in questo modo.
Mangiamo in silenzio e puliamo — io e Maddalena, la regina del dramma non osa alzare un dito —  e poi vado a rilassarmi in giardino.
Mi siedo sul lettino e accendo la sigaretta, guardo il fumo che sale, leggero, senza problemi. 
Devo spiegare tutto quando a Jared e sperare che ci creda. Lui Sara non la conosce, dovrebbe fidarsi di me, ma io, secondo lui, sono una che dice una cosa e ne fa un'altra.
Stronza lei, cretina io e scemo lui.
Darei un calcio nel culo a tutti quanti.

***

Sara dorme, Maddalena sta preparando la sua valigia e io sono davanti all'entrata dove alloggiano quei due. Mark è in giardino e mi vede, sbianca e si guarda attorno, cercando qualcosa in cui nascondersi.
«Lei non c'è.» gli dico, «Sono solo io.»
Lui riprende colore e si avvicina a me, «Come va?» domanda.
«Andrebbe meglio se la mia amica non fosse uscita di testa e se Jared non pensasse che sia una specie di puttana.»  rispondo e sorrido ironicamente.
«Non ho capito cosa è successo, ma credo che sia colpa di... Sara.»  dice lui.
Intelligente il ragazzo.
«Se vuoi te lo chiamo, magari provi a chiarire.»
Annuisco e mi siedo sulla panchina che adorna il viale che porta all'ingresso.
«Cosa vuoi?»
Giro la testa e mi trovo davanti Jared che mi fissa arrabbiato.
«Non li ho inviati io quei messaggi.» gli dico. «È stata Sara, incazzata perché a lei le cose vanno male quindi devono andare a male a tutti quanti. Non sono miei quei messaggi, giuro. Non li avrei mai mandati, e tu dovresti saperlo, visto che ci conosciamo da una vita.»
Lui si siede e non dice nulla.
«Sara ha qualche problema, me lo sento.» continuo, «E non credo che sia solo per la gravidanza, perché non ho mai visto nessuna donna incinta comportarsi come se fosse diventata pazza all'improvviso. Si è attaccata a Mark in maniera morbosa, e se lui non la chiama piange e si dispera... e lo ha costretto a farsi dire “Ti amo” perché, forse, sa che lui non la ama ma così il suo cervello pieno di buchi può credere che sia vero che lui l'ami. Però si deve essere inceppato qualcosa, nel suo cervello, perché non ci si può ridurre così per amore, non siamo né in un libro, né in un film o una serie tv, questa è la realtà e lei è completamente impazzita.» 
Jared mi fissa come se fossi scema, ma probabilmente è sorpreso dal mio fiume di parole.
«E non è neppure stalking, perché lei non lo ha mai seguito o non si è mai appostata sotto l'albergo, Sara piange e si dispera, ma non è una stolker, non ancora, almeno.» mi fermo e respiro profondamente. «È qualcos'altro, me lo sento. Deve aver un qualcosa alla testa, magari si è fatta un taglietto che si è infettato e poi si è presa un qualcos'altro che ha spedito l'infezione al cervello facendola impazzire...» oddio, sto parlando come House!
«Dev'essere così, lo so. Un qualcosa l'ha fatta impazzire, perché non è mai stata così. Ha conosciuto Mark ed è diventata un'altra, non si è mai comportata così, prima d'ora. Devo dire ai suoi genitori di portarla da un dottore per farla curare. Magari con una risonanza magnetica i dottori capiranno cosa c'è che non va nel suo cervello e riesco a curarla...»
«Da quando sei diventata una psichiatra?» mi chiede lui, e il suo tono è duro.
Alzo le spalle, «Da mai.» rispondo, «Sono solo pensieri miei.»  dico e sospiro per poi guardarlo, «Allora... mi credi?» 
«Non lo so.» risponde lui, «Io credo che Sara sia solo innamorata e se è incinta  gli ormoni le hanno scombinato il cervello, ma non credo che possa arrivare a tanto.» dice, «E poi prima non mi dici che hai lasciato il tuo ex, poi lo fai, poi scopro quei messaggi... non so cosa credere, Jennifer.» aggiunge e si alza in piedi. «In questo mese sono accadute tante di quelle cose fra di noi che non so più cosa pensare.»  esclama e si volta, allontanandosi velocemente.
Non mi crede. Non mi crede.
Io ammazzo Sara e poi faccio a fettine il suo cervello e lo brucio nel camino.

Rientro a casa e trovo Maddalena che mette un'insalatiera piccola nel frigo. «Nel frigo c'erano sei uova, il mascarpone e della panna da montare.» esclama, «Così ho preparato la crema.»  aggiunge.
«Ah... grazie.»  dico.
«Adesso pulisco, non preoccuparti.»
Mi limito ad annuire e mi siedo al tavolo, afferro il cucchiaio sporco di mascaropone e lo lecco.
«È andata male, vero?»
Annuisco ancora, «Sì. Jay non mi crede.»
Maddalena sciacqua le cose — la frusta manuale, il boccale del robottino e la relativa lama per montare, altre due ciotole e le mette nella lavastoviglie. «Aspettiamo stasera per farla andare?» mi chiede.
Annuisco e infilo nel cestello delle posate il cucchiaio che ho leccato. «Sì, tanto ci saranno le posate e i bicchieri da lavare.» rispondo. Stasera mangiamo pizza e lo faremo nei cartoni.
«Sveglio Sara e le dico che deve pulire la camera e prepararsi la valigia.» esclama lei e sale le scale mentre io mi alzo e controllo che sia tutto a posto.
«Jenny...» mi chiama Madda, «Ma le chiavi le avevi fatte sparire, vero?»
«Sì, perché?»
«Perché Sara si è chiusa dentro!»
Cosa? 
La raggiungo e provo ad aprire, ma la maniglia si abbassa fino a metà. Grugnisco un “puttana” e vado nell'altra stanza, apro la botola e tiro giù la scala e salgo i gradini così velocemente che rischio di ammazzarmi.
Apro la porta che divide in due il solaio, sgancio la botola come ho fatto ieri, spingo la scaletta che si blocca di nuovo a metà.
«Che cazzo fai?» strilla Sara mentre salto nella stanza.
«Tu non ti chiudi in casa mia, va bene?» urlo e sposto il mobile che Sara a spostato davanti alla porta, «Se hai rigato il pavimento lo ripaghi, va bene?»  
Anche Maddalena salta giù. «Devi farti la valigia e pulire.»  dice e mi aiuta a rimettere il mobile al suo posto. 
«Io non faccio nulla!» sbraita lei, «Non sono obbligata!» 
Apro la finestra e le persiane, afferro i vestiti e li getto fuori.
«Cosa fai? Sei scema!» grida Sara ma non alza il culo dal divano.
«Così sarai costretta e raccoglierli.» ribatto, «E adesso alza il culo e muoviti a pulire se non vuoi che ti prenda a calci.»
«Sono incinta!» 
«Sai quanto me ne importi, adesso.» esclamo, «Hai rovinato la mia vita, brutta pazza che non sei altro, per cui vedi di darti una mossa se non vuoi che ti prenda a pugni da adesso a domani.»
Sara piagnucola e si alza come se fosse incinta di otto mesi e non di due settimane o quello che è, e, finalmente, inizia a pulire.

***

La casa è pulita e Sara ha fatto la sua parte a suon di minacce. Abbiamo fatto merenda con i biscotti e la crema fatta da Maddalena — buonissima, fra l'altro! —, abbiamo cenato e adesso stiamo sistemando le ultime cose, controllando di non aver lasciato qui nulla di nostro.
Apro le antine dei mobili della sala e controllo che non ci sia nessun altro mio libro, prima che ribalti la mia stanza alla ricerca di un libro che non c'è.
Sara è in cucina, con l'ordine tassativo di non muoversi da lì, anche se non fa praticamente nulla, non voglio che se ne stia in camera a non fare niente. Alla fine glielo preparata io la sua valigia, perché se aspettasi lei, la preparare domani mattina e non abbiamo tempo, mio cugino passa a prenderci alle nove e mezza.
«Credo che abbiamo finito.» dice Maddalena.
«Va bene.»  esclamo e mi alzo in piedi, chiudo l'antina e la guardo. «Finiamo la crema, poi ci rilassiamo.»
Lei annuisce e andiamo in cucina.
«Non mi risponde!» pigola Sara, «Mark non mi risponde!»
«Non vuole sentirti!» gli dico versando un po' di crema su dei biscotti rotti, «Lo hai stressato così tanto che credo non voglia vederti mai più!» 
«Ma io devo sapere quando posso andare in America a vivere con lui e il nostro bambino!»
Oddio, Sara è proprio fuori di testa. Lo so che l'ho già detto, ma sta negando pure l'evidenza. Credo che abbia sul serio qualche problema. Dovrò parlare con sua madre e suo padre di questo e dire loro di spedire la figlia da uno psicologo o psichiatra o analista o tutti e tre insieme.
«Sara, ascoltami.» le dico e mi avvicino a lei, faccio scivolare il suo cellulare lontano da noi e le poso le mani sulle spalle, «Mark non ti ama, ficcatelo nella zucca. Probabilmente pretenderà il test del DNA e se il bambino è suo pagherà gli alimenti, ma non starà mai con te solo perché tu lo ami, perché la tua sta diventando ossessione.»
Lei mi guarda e scrolla la testa, si libera dalla mia presa e riprende a chiamare Mark.
Se lui la denuncia farà solo bene.
Io e Madda mangiamo lentamente mentre Sara rifiuta la crema — c'è l'uovo crudo, posso prendermi la salmonellosi e far male al bambino! —, e continua a chiamare Mark.
«Ha messo la segreteria!» grida mentre lavo la mia ciotola e quella di Maddalena.
«Non vuole sentirti!» le ricordo e passo le ciotole a Madda che le asciuga e le mette via.
«Tu non sai nulla!» sbraita Sara, «La tua vita è perfetta, non puoi capire!»
La mia vita è perfetta?
Cosa?
È diventata ancora più stupida?

«La mia vita non è perfetta!» dico, «Non so cosa te l'abbia fatto pensare.»  aggiungo e asciugo uno dei cucchiaini.
«Tu sei perfetta!»  urla Sara e stringe i pugni, mentre il suo viso diventa rosso. «Sei nata in America, hai vissuto lì, hai parenti a Los Angels e New York, hai visitato gli USA in lungo e in largo, sei una gemella... non sei come me che sono la figlia di mezzo!» grida.
Eh?
«Angela è la primogenita, quella perfettina che non delude mai mamma e papà, quella vacca di Maddalena è la piccolina, quella da coccolare e che anche se fa una stronzata gliela si perdona, perché è piccola e carina!» continua Sara. «Se Maddalena non fosse nata sarei io quella viziata e coccolata, invece per colpa sua non lo sono! Mamma doveva abortire quando ha saputo di essere incinta!»
Oh... sono senza parole. Sara è... malata, sul serio. Maddalena la fissa e piange, poi corre su per le scale e quasi inciampa mentre lo fa.
«E tu...» Sara continua il suo sfogo da matta e mi guarda, «Hai sempre avuto quello che volevi: Edoardo, sei uscita anche con Luca, e che dire di Giancarlo qualche anno fa?» 
Giancarlo? Perché tira fuori storie vecchie come il mondo?
«E poi Jared. Tu hai tutto quello che vuoi, sei la seconda figlia ma nel contempo non sei neppure quella di mezzo, visto che sei una gemella. Hai dei fratelli che ti rispettano!»
«Forse perché li rispetto anche io?»  farfuglio, sorpresa dal suo sfogo.
«Tu non capisci!» urla lei e sbatte i pugni sul tavolo, «Io voglio Mark! Lui è l'unica cosa mia che ho! E questo bambino è quello che mi serve per stare con lui!» 
Cosa?
È rimasta incinta di proposito, solo per farsi sposare? Ma siamo nel Medioevo?
Mi avvicino a lei e le mollo un ceffone. «Tu non stai bene.» le dico, «Sul serio, hai qualche problema.» 
Lei se ne va e corre di sopra ma non può chiudersi in camera, dato che l'ho chiusa a chiave. Salgo anche io, e la vedo chiudersi in bagno. Entro nell'altra stanza e trovo Maddalena rannicchiata sul letto, un mio vecchio pupazzo stretto fra le mani.
Non so cosa dirle, così mi siedo accanto a lei e le passo le mano fra i capelli, sperando che si rilassi. Dopo qualche minuto smette di singhiozzare.
Che... che... che... non ho parole. Non so cosa dire, o cosa fare o cosa pensare.
La porta si apre di scatto e Sara entra come una furia. «Mark ha detto che non mi vuole!» grida, «È colpa tua!» urla e mi si avventa addosso, bloccandomi sul letto.
Mi divincolo e ribalto la situazione: Sara è sotto di me e si agita come un gatto, «Io non ho fatto nulla!» dico, «Sei tu che ti sei messa nei casini da sola.» le ricordo, «E ora, se non vuoi che prenda a calci il tuo culo e ti sputtani per mezzo mondo fai quello che ti dico.»
Sara annuisce quasi come se l'avessi spaventata, o forse mi sta prendendo per il culo.
«Adesso ti calmi, chiedi scusa a me e a tua sorella e vai nella tua stanza, ti fai una bella dormita senza scene isteriche da prima donna, e domani ci alziamo alle sette, diamo un'ultima sistemata alla casa, andiamo al bar a far colazione, torniamo qui, andiamo da quei due e tu dici a Jay che li hai mandati tu, quei messaggi. Poi torniamo qui e aspettiamo che passi mio cugino a prenderci.» dico e respiro profondamente, «Hai capito?»
Lei annuisce e io mi sposto, lei si mette seduta e si guarda i polsi.
«Le scuse?»
Lei mi guarda e si alza in piedi, «Io non mi scuso!» grida e mi viene voglia di prenderla a sberle, esce dalla stanza e va verso la sua camera, poi torna indietro, e mi guarda. «Perché hai chiuso la porta?»
«Perché è casa mia e faccio quello che voglio.» replico e la conduco di nuovo fuori dalla camera, «Madda, per favore, prendi la chiave.»
Mi fermo davanti alla porta chiusa e stringo il braccio di Sara, «Voglio le tue scuse per quello che hai detto.» le dico mentre Madda apre la porta.
«No!» grida Sara, «La colpa è solo vostra!» sbraita e la spingo nella stanza, accendo la luce e chiudo la porta. «Ma non è la camera da letto!»
Eh, se ne è accorta. È lo stanzino, due metri e mezzo per due, c'è dentro una vecchia scaffalatura in plastica e una brandine con una doga rotta. Ha un letto completamente fatto, un sedia che funge da comodino e una vecchia lampada. Cosa vuole di più? C'è anche una piccola finestrella, ha le sbarre ma è pur sempre una finestrella.
Ho deciso prima che l'avrei fatta dormire qui, magari rinsavisce.
Sara sbatte i pugni sulla porta e urla di farla uscire.
Magari non rinsavisce.

***

La doccia non mi ha fatto sentire meglio però ha aiutato. Afferro il cellulare e premo il tasto per leggere il messaggio, è di Jared.
“Vorrei crederti ma non ci riesco.”
Leggo il messaggio e sospiro. Che schifo.
Finisco di mettermi il pigiama che in realtà è una maglietta e torno in camera.
«Jared continua a non credermi.» dicco a Maddalena e mi sdraio sul letto. Ormai è mezzanotte passata, la sveglia suona fra meno di sette ore.
Sbadiglio e m'infilo sotto al lenzuolo.
Se ho perso Jared per colpa di quella scema di Sara giuro che l'ammazzo.
Sbadiglio e chiudo gli occhi e sento Maddalena che esce dalla stanza, chissà, forse deve andare al bagno.

Penultimo capitolo on-line! E più lungo del solito, anche se non lungo come certi capitoli che scrivo per altre storie ma vabbè...
Comunque manca solo l'ultimo capitolo — il giorno della partenza — e l'epilogo, ambientato un anno dopo. Intanto potete leggere anche le mie altre storie, se vi va, e lasciare un commentino, se vi va *nasconde il fucile sotto al letto*

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Capitolo 28
*** Capitolo Ventotto - 25 Agosto - ***


Niente di quanto narrato in questa fanfiction è reale o ha la pretesa di esserlo. È frutto della mia fantasia e non vuole assolutamente offendere la persona in questione. I personaggi originali appartengono alla sottoscritta.


Trentasei Giorni


Capitolo Ventiotto
*25 Agosto*


Mi rigiro nel letto. Sono le cinque e ventisette di mattina e io sono sveglia dalle quattro e mezza. Mi alzo in piedi, è inutile che rimanga nel letto, tanto non ho sonno e sono stufa di guardare la parete, stando ferma per evitare di svegliare Maddalena.
Mi metto seduta e porto le braccia sopra la testa e sbadiglio, e rimango sorpresa quando non trovo Madda nel letto, probabilmente neppure lei riesce a dormire.
Scendo le scale ed entro nel salotto, dove trovo Maddalena raggomitolata sul divano, che guarda una televendita di un aspirapolvere. Mi siedo accanto a lei. «Non riesci a dormire?» le chiedo.
Lei annuisce piano. «Sì.» mormora. «Secondo te Sara è malata?» domanda, «Intendo di testa.»
Non so cosa rispondere. Cioè, so che la risposta è sì, ma non so come dirglielo. «Penso proprio di sì.» sospiro infine, guardando una tizia che versa volontariamente della farina, del riso e della terra sul pavimento e li aspira con l'aspirapolvere.
Madda annuisce, «Sì, lo penso anche io.» dice e sospira, un singhiozzo le sfugge dalle labbra. «Mi ha sempre odiato.» mormora, «Adesso capisco perché mi odia.» 
L'abbraccio e le accarezzo la schiena. «Andrà tutto bene.» dico anche se non ne sono sicura che Sara torni come prima o che guarisca. Dovrò avvertire i loro genitori e non so cosa dirgli.
Come si dice a una madre che sua figlia è impazzita completamente? Che ha urlato che avrebbe preferito che la propria madre abortisse invece di partorire la sorella? Che è rimasta incinta di proposito, solo perché qualcuno la sposasse? Che non gliene frega più nulla del resto?
Argh.
Come posso farlo? Non ne avrò mai il coraggio. Non posso dare questo dolore a Cristina. 
Sospiro dalla frustrazione. 
Queste ferie non sono andate come speravo... Sara che impazzisce e manda a puttane la mia vita e quella di sua sorella, Jared che non mi crede e Mark che probabilmente indosserà due preservativi la prossima volta che farà sesso con una o le chiederà un certificato di buona salute, mentale, però.
Ci sono state alcune cose belle, però. Tipo i momenti passati a baciare Jared o semplicemente stare abbracciata a lui, in silenzio.
Maddalena smette di piangere e si rimette seduta, tira su con il naso e afferra un fazzolettino. «Credo che dovrei essere io a spiegare tutta la situazione a mamma.»
Rimango qualche istante in silenzio. «Sei sicura?»
Lei annuisce e si soffia al naso. «Si...» mormora, «No.» ammette, «Mi aiuti?»
Annuisco, «Sì, non preoccuparti, troveremo un modo per dire tutta a tua madre.»
Almeno lo spero.
E spero che almeno lei sappia cosa fare perché io ho perso tutte le speranze. Mi sento come un palloncino rotto.

***

Alle sei e un quarto il latte è pronto, lo verso in due tazze, aggiungo il cioccolato in polvere e porto il tutto sul tavolo.
Io e Madda facciamo colazione in silenzio. Fra un po' vado a liberare Sara, sperando che non urli di prima mattina perché sono esausta e rischierei di darle un cazzotto.
Mentre Madda lava le tazze e il pentolino io vado di sopra, apro la porta. Sara russa, per ora non la sveglio, è ancora presto.
Qualcuno bussa alla porta. Chi bussa alle sette meno un quarto? 
Scendo le scale e mi blocco. «Jared!» esclamo.
Lui sorride ed entra in casa, seguito da Mark che gli sta praticamente appiccicato.  «Ehm... guarda che non cado, non serve che mi stai addosso.»
Mark arrossisce e fa un passo indietro, mettendosi al fianco di Maddalena, che guarda verso l'alto. 
Lo faccio anche io, ma non c'è nessun segno che Sara si sia svegliata. «Scusa.» borbotta Mark quando si accorge di essersi quasi nascosto dietro a Maddalena.
«Mi dispiace.» dice Jared guardandomi e prende un respiro profondo. «Maddalena mi ha spiegato cos'è successo e quello che ha detto Sara.»
Eh?
Cosa? Dove, come, quando?

«Eh?» faccio e mi sento un po' stupida.
Lui sorride e mi fissa, mi prende la mano e l'accarezza. «È venuta ieri sera e mi ha detto tutto, compreso lo sfogo, chiamiamolo così, di Sara, e delle cose orribili che vi ha detto.»
Aspettate! Maddalena gli ha parlato ieri sera? Ma quando, se siamo sempre rimaste insieme? …ho capito, deve essere successo quando mi stavo per addormentare e ho sentito Madda alzarsi e uscire dalla stanza. «Ah.» esclamo, «Grazie.» sorrido a Maddalena, «Così...» torno a guardare Jared che mi continua a sorridere, «hai cambiato idea?»
Lui annuisce e mi posa le mani sui fianchi. «Scusa.» mormora abbracciandomi. «Sono stato uno stupido, avrei dovuto aver fiducia in te.»
Mi limito ad annuire, «Ti perdono.» sussurro e sento dire da Maddalena “Quanto siete carini!”
Sorrido, sentendomi più leggera, credo che se Jared non mi tenesse, probabilmente volerei via come un palloncino.
«Posso avere un po' d'acqua, per favore?» chiede Mark, «E anche un biscotto, se è possibile. Jared mi ha trascinato qui e ho un po' di fame.»
«Certo.» rispondo, sorrido a Jared e mi scosto da lui, cammino verso il mobile, recupero un bicchiere di plastica, la scatola di biscotti e la bottiglia d'acqua dal frigo e metto il tutto sul tavolo.
«Grazie.» esclama Mark riempiendosi il bicchiere.
«Mark! Sei qui!»
E come una mandria di bufali impaurita, Sara scende le scale.
Mark sbianca, ingoia il biscotto e ci guarda, noi rimaniamo lì, fermi, troppo sorpresi per fare qualsiasi cosa.
Sara si butta fra le braccia di Mark e quasi lo travolge mentre gli cinge il collo con le braccia. «Lo sapevo che mi ami!» cinguetta, «E che non resisti lontano da me!» continua. «Oh, ti amo così tanto!»
Mark la scosta da sé, «Io sono qui solo perché me lo ha chiesto Jay.» dice, «E io non ti amo!» esclama, «Lasciami in pace!» grida.
«Che cosa gli hai detto?» mi urla lei e fa il giro del tavolo, Jared si mette fra noi due e la blocca prima che possa farmi qualcosa.
«Sei una stronza!» grida Sara, si volta e si accorge che Maddalena è dietro a Mark, i suoi occhi si spalancano e il viso diventa ancora più rosso dalla rabbia. «Puttana!» sbraita, «Muori!» grida e si getta su di lei, Jared l'afferra per i polsi e la blocca ma lei urla e si dimena come una pazza.
«Tu sei fuori di testa!» urla Mark e allunga le braccia davanti a sé, «Calmati!»
«No!» urla Sara,  «Io le odio!» grida, «È colpa loro se hai smesso di amarmi!» 
«Io non ti ho mai amato.» ribatte Mark, «Te l'ho detto solo perché mi hai obbligato!» le fa notare senza riabbassare le braccia, «E non è valido in nessun caso!»
Sara lancia un grido animalesco e geme accasciandosi sul pavimento. «Io ti amo!» strilla, «Il tuo bambino cresce dentro di me...» gemere piagnucola accarezzandosi il ventre ancora piatto.
«E come faccio a sapere che è mio e non del tuo ex?» chiede Mark e Maddalena scappa da dietro di lui al mio fianco, si asciuga le lacrime e mi stringe la mano.
Sara lo fissa, sconvolta , «È tuo!» urla, «Ho fatto attenzione a calcolare tutto quanto! Ne sono sicura!»
Che cosa? Ha calcolato i giorni in cui poteva rimanere incinta?
«Tu lo sapevi!» dico, «Sapevi che erano qui!»
Lei annuisce e mi guarda, «Sì, lo sapevo!» risponde, «Pensavo che sarebbe stata dura conoscerlo ma tu mi hai aiutato!» esclama e nella sua voce noto l'arroganza mista all'orgoglio. «Io ti amo, Markie, sul serio, ti amo tanto... saremo una famiglia felice!»
Mark la guarda disgustato e ci raggiunge. «Io non starò mai con te, né ora né mai.» esclama. «E voglio un test del DNA. Non me ne frega nulla se hai calcolato i giorni esatti in cui dovevamo scopare... io voglio un test del DNA e se questo bambino è veramente mio... vorrò l'affidamento.»
Cosa? Ma è matto? Lui... crescere un bambino? 
Sara singhiozza, «Non puoi farlo!» geme.
«Sì che posso. Non voglio che mio figlio, sempre se è mio, cresca con una pazza!» ribatte Mark.
Jared posa un braccio sulle mie spalle e mi stringe mentre Sara piange singhiozzando rumorosamente.
Cazzo... la situazione è peggio di quanto mi immaginassi... Sara è completamente andata.

***

«Sara, vai a prepararti.» le dico guardandola seduta sul divano. Mark e Jared sono ancora qui. 
«Voglio stare qui.» pigola lei, «Lasciami le chiavi.»
Faccio un respiro profondo, «No.»
«Perché non vuoi che sia felice?» piagnucola, «Mi odi!»
«Non ti odio.» le dico, «Dobbiamo riaprire il bar. Te lo ricordi, vero? Quel locale che abbiamo comprato, che stiamo ancora pagando, in cui lavoriamo entrambe?»
Sara alza le spalle. «Il bar non m'interessa.» dice, «Voglio Mark!»
Sospiro e le afferro la mano. «Alzati.» ordinino e la strattono, «Ci dobbiamo preparare, fra quaranta minuti passa mio cugino.» la trascino su per le scale e la faccio entrare in bagno. «Lì ci sono i vestiti puliti.» esclamo, «Metti quelli sporchi nel sacchetto.»
Lei mi fissa e per un attimo temo che voglia darmi un pugno. «Hai dieci minuti per fare la doccia.» la informo, «Io aspetto qui.» chiudo la porta e mi siedo per terra. 
«Giù è tutto a posto.»
Sorrido a Jared e lui si siede accanto a me. «Grazie.» sorrido e poso la testa sulla sua spalla. 
«Mi sei mancata.» mormora lui, sfiora il mio viso con la mano e mi bacia sulle labbra per poi abbracciarmi. «Scusami ancora se non ti ho creduto.» sussurra e io annuisco e lascio che mi accarezzi la schiena. «Da quando Maddalena mi ha parlato ci ho pensato molto...»  dice e mi bacia la testa e rimane qualche secondo in silenzio, si sente il rumore dell'acqua che scorre, «Ti amo, Jen.» dice.
Oh.
Mio.
Dio.
Mi ama!
«E voglio il divorzio da mia moglie.»
Eh? 
Ho capito bene?
Divorzio?
Lui vuole divorziare?
Ho capito bene?
Sì, hai capito bene!
Lui vuole divorziare dalla moglie per stare con te!
«Oh...» faccio, troppo sorpresa per ragionare lucidamente, «Oh.» lo guardo e lui mi sorride, gli mangerei di baci quelle guance... «Ti amo.» sussurro. Il mio cervello più di questo non riesce ad elaborare.
Lui sorride e mi bacia ancora, più a lungo di prima. «Mi dispiace che tu debba tornare a casa...»
«Ci vedremo presto.» gli dico, «Il bar è mio quindi posso chiuderlo per qualche giorno.
Lui sorride e rimaniamo abbracciati. La porta del bagno si apre e Sara esce, il sacchetto con gli abiti sporchi in mano.
«Non è giusto!» pigola, «Perché tu devi essere felice se io non lo sono?» esclama, «Vi odio!» sbraita, «Io rimango qui!»
Sospiro e mi alzo in piedi, «Tu vieni con noi.» ribatto, «Muoversi!» le dico e indico le scale con il braccio destro. «Controllala.» dico a Jared, lo afferro per la maglietta e lo bacio velocemente sulle labbra. Lui annuisce e la segue al piano di sotto. Controllo che le finestre siano chiuse, che non ci siano cose che abbiamo dimenticato in giro ed entro in bagno che è un disastro. Afferro un asciugamano e do una pulita alle pareti della doccia, del lavandino e allo specchio, asciugando le goccioline d'acqua e di vapore. Getto l'asciugamano per terra, ci poso sopra il piede e asciugo il pavimento. Getto l'asciugamano nell'altro sacchetto di plastica, insieme a qualche cartaccia e al rotolo di cartoncino della carta igienica.
Torno di sotto e infilo il sacchetto nella mia valigia, pigiandolo per bene in una delle tasche esterne.
«Se ci infili solo uno spillo per me esplode.» commenta Jared osservandomi divertito mentre chiudo a fatica la cerniera.
Mi rialzo in piedi e osservo la valigia. Effettivamente a ragione, la valigia è così gonfia che potrebbe cedere da un momento all'altro. «Forse ho fatto troppo shopping!» ridacchio.
Lui sorride e mi abbraccia, «Forse sì.» dice Jared.
«No! Io voglio stare con te!» 
«No!» grida Mark, «Io non ti voglio!»
Sara grugnisce e si avvicina a me e, prima che uno di noi possa fare qualcosa, Sara mi dà uno schiaffo.
«Tu sei matta!» dico massaggiandomi la guancia. «Ti prenderei a calci, magari ti si rimette in moto il cervello!»
Lei non dice nulla e continua a piangere per poi pigolare che nessuno la capisce.
Sbuffo e mangio una crostatina, l'ultima, bevo un dell'acqua e mi siedo. Alfredo passa fra quindici minuti. Così poco? Vorrei restare qui, con Jared, ma tanto anche lui fra qualche giorno torna a casa, per cui... per cui sospiro.

Fra cinque minuti arriva Alfredo e credo che lo bacerò, tanta è la voglia che ho di uscire da questa casa; Sara ha appena avuto un altro attacco isterico, ci urlava che siamo brutti e cattivi e che non la capiamo. Adesso è seduta per terra — i lettini li ho messi via ieri sera — e continua a singhiozzare come un vitello pronto per essere macellato.
Jared è appoggiato al muro e mi cinge la vita, Madda sta mandando messaggi alle sue amiche, Mark è accanto a noi, le mani in tasca e lo sguardo perso nel vuoto. Sara continua a piangere.
Finalmente mio cugino arriva, ci saluta e carica le nostre cose nel bagagliaio. Sospiro e mi volto verso Jared, gli sorrido. «Quando arrivo ti chiamo.» dico e lo bacio, lui mi stringe forte.
«Ti amo.» mormora nel mio orecchio.
«Anche io.» sussurro e gli sorrido ancora e faccio un passo indietro, abbraccio e bacio le guance di Mark.
Ci salutiamo o almeno, io e Maddalena salutiamo Jared e Mark, Sara si limita a qualche mugugno.
Agito una mano in segno di saluto verso i ragazzi mentre la macchina si allontana.
«Che cosa ha?» chiede Alfredo.
«Chi? Sara?» chiedo e lui annuisce, «È scema.» rispondo. «Ha un tarlo in testa che la rende cretina.»

***

Giuro che se non la smette di piangere la butto giù dal treno. Abbiamo appena cambiato treno a Mestre e Sara ci stava quasi scappando per prendere il convoglio che torna a Udine. Alla fine le ho dovuto prendere la borsa e il trolley. Senza soldi, documenti, cellulare e vestiti non può andare da nessuna parte. 
Forse.
Adesso si lamenta che è lontana dal suo amore, che non può vivere senza di lui, che appena siamo a Milano scappa all'aeroporto e va da lui.
Eh, sì, certo, come no.
Intanto ho mandato un SMS a Cristina, dicendole che devo parlarle. Mi faccio portare a casa, scarico la mia roba, torno in auto con loro e, una volta a casa, parlerò con la mamma di Sara.

***

«Io vado in America dal mio Mark!»
Ecco.
Io e Madda abbiamo detto tutto a Cristina e Angela, spiegato tutta la situazione. Le due sono sconvolte, quasi non mi credevano ma quando Cristina ha chiesto a Sara se era tutto vero lei è esplosa, dicendo che nessuno la capisce, che noi abbiamo detto a Mark di non amarla più.
«Loro sono felici!» grida Sara, «Io le odio!»
«Sara, tesoro, calmati.» dice Cristina.
«No!» urla lei e si avventa su Maddalena. «Io ti odio! Ti ho visto che parlavi con lui! Cosa gli hai detto brutta stronza?» 
Riesco a fermare Sara un attimo prima che la colpisca.
«Vorrei che non fossi mai nata! Stronza! Dovevi morire appena nata!»
Cristina è sconvolta, il suo viso è pallido e le labbra tremano. «Non dire così.» mormora con voce tremante.
«Lei ha tutto!» grida Sara e si agita e faccio fatica a tenerla ferma, Angela mi aiuta. «Io voglio solo vivere con Mark! Lui mi ama, lo so!» sbraita e si accascia sul pavimento.
«Chiamo Fabrizio e vostro padre, spero che arrivino in fretta.» dice Cristina e prende il telefono.
Fabrizio è un amico di famiglia ed è uno psichiatra e spero anche io che arrivi in fretta. Per Maddalena, per Cristina, per Angela, per me ma, soprattutto, per Sara, ha bisogno di aiuto.

***

«L'hanno ricoverata?»
«Sì.» rispondo a Jared, «Ad un certo punto a minacciato di tagliarsi le vene e Fabrizio a detto che un ricovero coatto era quello che ci voleva.»
«Mi dispiace.» 
«Anche a me.» sospiro, «Spero che possano guarirla.»
«Anche io.» dice lui. «E il bar?»
«Non lo so.» rispondo, «Chiamerò una delle ragazze che ogni tanto ci danno una mano.»
«Mi manchi.» 
Rido, «Non ci vediamo da...» guardo l'orologio «tredici ore!»
«Lo so.» replica lui, «Non ci posso fare nulla!»
Sorrido. 
«Allora... quando pensi che ci potremmo vedere?» chiede lui.
«Mmh... non so.» rispondo, «Penso a Natale.»
«È troppo lontano.» si lamenta lui.
«Lo so, ma non credo di poter venire prima.» dico, «Sai, sono almeno otto ore di volo, se non di più.» faccio notare.
«Stupidi aerei.» esclama, «Va bene, al limite vedo se riesco a venire io, e mentre tu lavori, io me ne starò in un angolino del bar zitto e buono.»
Ridacchio. «Mi piace come idea.»
«Ti amo.»
«Ti amo.» cinguetto felice e faccio un respiro profondo. «Devo andare, adesso.» sbadiglio. «Sono distrutta.»
«Va bene, fai una bella dormita.» dice lui con dolcezza, «Ci sentiamo domani. Buona notte.»
«Buona notte.»

E l'ultio capitolo è giunto!
C'è ancora l'epilogo!
Intanto ringrazio chi è arrivata/o fino a qui!

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Capitolo 29
*** Capitolo Ventinove -Epilogo Un anno dopo - ***


Niente di quanto narrato in questa fanfiction è reale o ha la pretesa di esserlo. È frutto della mia fantasia e non vuole assolutamente offendere la persona in questione. I personaggi originali appartengono alla sottoscritta.


Trentasei Giorni


Capitolo Ventinove
Epilogo
Un anno dopo


L'aereo inizia a rullare e la mano di Maddalena stritola la mia. «Hai paura?» le chiedo divertita.
Lei si limita ad annuire e mi stringe ancora più forte la mano destra. «Sono terrorizzata.» squittisce.
Ridacchio, «Ma non è la prima volta che prendi un aereo!» le faccio notare.
Madda deglutisce, «Ho sempre paura.» sussurra, «Quando si decolla e atterra, durante il resto del viaggio no.»
«Mmh... okay.» dico. «Capita a molti.» aggiungo. «Rilassati, fai dei respiri profondi e pensa che fra poche ore saremo nella Grande Mela.
Lei annuisce e fa un respiro profondo. Stiamo andando da mia cugina Charlie che vive a New York. Rimaniamo da lei una settimana, poi andremo a Los Angeles dai miei zii e mostrerò a Madda dove vivevo. E andremo a Disneyland e a Six Flags Magic Mountain a divertirci sui roller coaster e attrazioni varie. Senza dimenticare i bei surfisti che popolano le coste californiane.
E infine andremo in Texas, dove ci aspetta Jared e la sua famiglia. Lui deve dirmi una cosa importate e non c'è stato verso di fargliela dire per telefono, nonostante lo abbia pregato più volte di vuotare il sacco ma lui è stato inflessibile: “Te lo dico quando ci vedremo.”
E io sono qui che brucio dalla curiosità. Dio, mi sembra di essere una vecchia pettegola che freme per sapere tutti i fatti delle persone che conosce e di quelle che non conosce.
Finalmente l'aereo è in quota, Maddalena si rilassa e mi lascia la mano, prende una rivista di sudoko che aveva infilato nella tasca del sedile, abbassa il tavolino e inizia a scrivere i numeri nelle caselle.
Io guardo fuori dal finestrino e mi rilasso. Milano è solo un puntino sotto di noi e anche i problemi sono un puntino minuscolo che mi sto lasciando alle spalle.
Almeno per un mese.

***

Il bar è mio e dei miei fratelli. Appena hanno saputo quello che era successo si sono offerti di comprare la quota di Sara e lei ha accettato, forse sperava di trasferirsi in America da Mark.
Carl mi ha stupito, è stato il primo a offrirsi, anche se ha detto che non ci vuole lavorare a tempo pieno ma solo qualche sera a settimana, il che a me va benissimo. Otto mesi fa è stato trasferito di nuovo a Milano e attualmente convive in fondo alla strada dove viviamo insieme alla sua compagna che è incita di quattro mesi di una bambina. Lui è felicissimo e va in giro con una faccia da idiota, la stessa che aveva Josh quando aveva saputo di stare per diventare padre.
Josh ha mollato il suo lavoro e si diverte un mondo a fare il barista e a preparare panini e dargli strani nomi. Mia cognata lo aiuta, così può controllare i bimbi anche se lavora. I bambini sono “l'attrazione” del locale, non c'è vecchietta che non faccia i complimenti ai miei nipotini. E come non potrebbero? Sono bellissimi.
Mark sta con una truccatrice che ha conosciuto sul set di un film. Ci sentiamo ancora e mi ha detto che me la farà conoscere quando saremo nella città degli angeli.
Spero che Sara non lo scopra mai, altrimenti mi odierebbe ancora di più.
Maddalena sta bene, ha finito il quarto anni del liceo e i suoi voti in inglese si sono alzati, arrivando a superare la secchiona della classe. E lei è felice di questo, dato che non ha mai sopportato la sua compagna di classe, la classica “Miss So-tutto-io”, l'anno prossimo farà uno di quegli scambi di studenti e vuole andare a Londra, visto che l'America, una parte, la visita quest'anno.
Manca ancora una persona in questa lista e mi fa male pensare a lei, perché non mi sono accorta — nessuno se ne è accorto, in realtà — del suo declino fino a quando non è stato troppo tardi.
Ha passato diverse settimane in una clinica e va ancora da uno psichiatra. Il bambino? Non è mai stata incinta, il medico l'ha chiamata “gravidanza isterica” e sono rimasta sorpresa quando l'ho saputo, perché credevo che succedesse solo ai cani o alle donne protagoniste di qualche film. Invece è successo a Sara: mancanza di ciclo, nausea mattutina, pancia che s'ingrossa e tutte le cose che succedono a una donna che è incinta.
Adesso, a quanto dice Cristina, Sara sta un po' meglio, l'ossessione per Mark è passata e lo spero, visto che ci dobbiamo incontrare. Quello che non vuole passare è l'odio che ha per sua sorella. Non sopporta Maddalena e pensa che sia tutta colpa sua quello che è successo. Maddalena passa molto tempo a casa di Angela, che vive da sola da sei mesi in un bilocale non lontano dalla casa dei genitori. Non si fidano a lasciare Maddalena da sola con Sara per più di cinque minuti anche se la piccola della famiglia si sa difendere bene, solo che non riesce a colpire sua sorella.
È un po' come me, nonostante quello che Sara mi ha fatto, l'ho perdonata. È lei che non perdona me e forse è la cosa che mi fa soffrire di più. Non vuole parlarmi o vedermi.
Io rivoglio la mia migliore amica.
Respiro profondamente e mi sistemo meglio sul sedile e chiudo gli occhi, il volo dura otto ore e forse è meglio riposare un po'.

***

Tre settimane dopo

Jared mi guarda e sorride, mi sembra ancora più bello di quando l'ho visto l'ultima volta, ossia sei mesi fa.
«Ciao.» mi dice.
«Ciao.» mormoro.
Siamo nella sua vecchia stanza, dove da piccoli abbiamo passato un sacco di tempo insieme. Faccio un passo verso di lui e mi ritrovo stretta fra le sue braccia, inspiro il suo profumo e chiudo gli occhi.
«Mi sei mancata.» mormora.
«Anche tu.» dico e sorrido, mi libero dal suo abbraccio e faccio un passo indietro.
Maddalena è di sotto, in cucina, con la madre di Jarod. A quanto pare i miei ex vicini di casa mi adorano ancora come un tempo e non sembrano troppo sorpresi che Jared abbia mollato la moglie per me. Sembra che la madre di Jared abbia sempre sperato che io e lui finissimo insieme. O forse lo sapeva.
«Come vanno le cose?» domanda e si siede accanto a me.
«Bene.» rispondo, «Ho altre foto di Angelica.» dico. Angelica è l'ultima figlia di Josh ed è un vero amore. Ha cinque mesi e due grandi occhioni blu che incantano tutti. Lui sorride e mi prende la mano.
«Allora... qual è la cosa così importante che non potevi dirmi al telefono?» chiedo, sono curiosa e impaziente.
Lui continua a sorridere. «Dopo.» risponde e mi bacia. «Te lo dico dopo.»
Sorrido e lo bacio anche io. «Va bene.» mormoro guardandolo. «Mi terrò la curiosità.» sospiro e gli prendo la mano. Il segno della fede si vede appena. «Ma almeno è una cosa bella?» domando.
«Sì.» risponde lui, «Bellissima.» dice e mi bacia, stringendomi forte. «Ti amo.»
«Ti amo anche io.» dico e sono ancora più curiosa di prima.

***

Mio fratello mi risponde dopo sette squilli. «Cosa c'è?» domanda. «Jen, sto chiudendo il bar...»
«Indovina?» gli chiedo senza neanche salutarlo.
«Hai trovato un paio di scarpe bellissime a tre dollari?»
«No.» esclamo. «Molto meglio!» cinguetto felice.
«Dimmi, Jen, non ho voglia di giocare agli indovinelli!»
«Siediti.» gli dico. Sono così impaziente, sto fremendo da questo pomeriggio.
«Sono seduto.» replica lui. «Adesso dimmi questa cosa così importante.»
Mi guardo allo specchio del bagno e vedo una tizia che sorride come un'idiota ubriaca e in questo momento lo sono davvero. Sono idiota dalla troppa felicità e ubriaca d'amore. Guardo il luccichio della pietra dell'anello riflesso nello specchio e continuo a sorridere. Prendo un respiro profondo e mi preparo a dire la novità a mio fratello.
«Io e Jared ci sposiamo!»

Okay, è fatta! Questa storia si è conclusa dopo quasi tre lunghi anni. Praticamente un capitolo al mese.
La fine — la parte in cui Jen parla al telefono con il fratello — l'avevo scritta quasi subito e ho deciso di mantenerlo visto che troppe cose sono cambiate da quando ho iniziato a scrivere questa storia.
È stata dura, più che altro è che mi vengono continuamente idee che non se ne vogliono andare finché non butto giù qualche appunto -.-, fra l'ispirazione che latita e si diverte a farmi venire idee nei momenti meno opportuni, tipo quando sono sotto la doccia. Comunque è finita e ne sono felice!
Ringrazio tutti quelli che hanno messo la storia in qualche lista, chi ha letto e commentato, chi ha messo il mi piace hai capitoli, chi ha letto e basta.
Grazie di cuore!
*sparge amore*

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