Super Usagi!

di ellephedre
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Studio, studio, studio! ***
Capitolo 2: *** Il primo bacio? ***
Capitolo 3: *** Ti voglio ***
Capitolo 4: *** Compleanno ***
Capitolo 5: *** Usagi + Mamoru = Chibiusa? ***
Capitolo 6: *** Il bacio dell'estate dei quindici anni ***
Capitolo 7: *** Lovely Valzer ***
Capitolo 8: *** Chi ha paura? ***
Capitolo 9: *** Una lettera ***
Capitolo 10: *** Grande ***
Capitolo 11: *** Vittoria? ***



Capitolo 1
*** Studio, studio, studio! ***


Super Usagi!

 

Super Usagi!

di ellephedre

   

1 - Studio, studio, studio!

Tra l'episodio 92 e 93 di Sailor Moon

Presenti riferimenti alla seconda serie (periodo dell' 'abbandono' di Mamoru) e alla prima puntata della terza serie (Mamoru dice ad Usagi che non potranno vedersi per un po' in seguito ad un bruttissimo voto preso da lei).

  

«Sai cos'ha fatto oggi Minako?» Del mostro del giorno lei e Mamoru avevano già parlato.

«Che cosa?» disse lui all'altro capo del telefono. In sottofondo Usagi udì un ticchettio di tasti.

Mamo-chan faceva spesso così: parlava con lei mentre lavorava al computer.

... uffa.

«Che cos'ha fatto Minako?»

«Ah... ha inseguito un ragazzo carino per mezza città. E alla fine era una ragazza.»

«Il ragazzo?»

«Ah-ha» annuì lei. Si passò un dito tra i capelli, scompigliandosi pigramente la chioma appena pettinata.

«Qualcosa non va?»

Mesta, Usagi si imbronciò. «Sono andata con lei.»

La risposta di Mamoru si fece attendere. «Okay.»

No, non era okay! «Tu sei più carino di lui!»

«Ah... grazie?»

Ma perché lui non capiva? Era un fidanzato così cattivo! Cattivo e dolcissimamente crudele, perché quando stavano insieme le faceva desiderare di non separarsi mai da lui, mentre quando erano lontani invece...

«Usagi?»

«Non vuoi uscire insieme domani?» Era venerdì, lei non aveva scuola il giorno seguente.

Mamoru sospirò. «Nel fine settimana devi concentrarti sullo studio. Sei molto indietro.»

Come se non lo sapesse. Il suo cinque nell'ultimo compito in classe era vergognoso e indegno, però... «Non hai voglia di vedermi?»

Lui aveva avuto voglia di vederla tutti i giorni, quando si erano lasciati? O magari per lui era stato quasi... facile? Aveva sofferto come lei, continuamente?

Era vero che si erano visti solo cinque giorni prima - già cinque giorni prima - ma Mamoru era accorso solo perché la sua spilla non aveva funzionato. E Usagi sapeva che nel profondo l'amava tantissimo, ma quel profondo era così profondo che a volte le sembrava di non vederne mai la fine.

Lui era anche troppo timido!

Il respiro che dal telefono passò al suo orecchio le comunicò che il discorso lo stava esasperando. «Sì che voglio vederti, Usagi. Ma tu devi studiare.»

Lei deglutì. «Ho capito. Ci sentiamo domani, Mamo-chan.» Chiuse la chiamata.

Si pentì subito di come lo aveva salutato. Non avrebbe dovuto chiamarlo Mamo-chan. E non avrebbe dovuto dirgli che lo avrebbe chiamato il giorno dopo.

Era arrabbiata e doveva imparare a mostrare quando era in collera.

Collera?

Si strofinò un occhio che pungeva: le lacrime erano dietro l'angolo.

Il telefono squillò.

Lei attaccò la cornetta all'orecchio. «Sì?»

«Cosa c'è, Usako?»

Usako era ingiusto, scorretto! «Sei cattivo!»

«Non ti ho detto che devi studiare perché non voglio passare del tempo con te. Ma Usako, i tuoi voti sono importanti-»

«Lo so! Però tu sei il mio fidanzato e anche se non ti pesa stare lontano da me potresti almeno dirmi cose carine come-»

«Certo che mi dispiace di non poter uscire insieme.»

«Davvero? Non si capiva. Non si vedeva. Ed era per questo che lei si era messa a seguire per la città un altro ragazzo assieme a Minako. Perché le mancava l'allegria dell'amore.

«Ti porto a scuola domani mattina.»

«Almeno il ticchettio sulla tastiera era sparito. Non sei tenuto.»

«No, ma voglio farlo.»

«Solo perché mi sono lamentata.» Ma importava? Lo avrebbe rivisto - già il giorno dopo.

«Non lo faccio perché ti sei lamentata. Mi dispiace sentire che sei triste.» Mamoru sospirò. «Per favore, studia un po' di più, così potremo passare più tempo insieme. Come prima.»

Usagi si sentì rinascere. «Allora ti manco anche io?»

«Mi manchi.»

Ohh, perché lui non era lì, per poterlo abbracciare? «Ti manco tanto?»

Lo sentì sorridere. «Tanto.»

«Ti voglio bene, Mamo-chan.» E avrebbe smesso di inseguire altri ragazzi.

«Te ne voglio anche io. E se il tuo prossimo compito in classe va bene-»

Usagi balzò sul letto. «Ne ho uno questo lunedì! Se va bene, usciamo, usciamo?!»

«Sì» rise lui. «Usciamo.»

«Bene significa sessanta punti?» domandò.

Lui ci pensò su. «Settanta?»

Settanta? Era difficile, ma se poi potevano uscire di nuovo insieme... «Settanta!»

«Di più, se puoi.»

«Ohh!» si lamentò rumorosamente lei. «Non togliermi le speranze!»

Lui rise piano. «Buonanotte Usako. Ci vediamo domattina.»

«Domattina?! Vieni lo stesso?»

«Sì, te l'ho detto.»

Mamo-chan non capiva perché fosse sorpresa. Era uno sciocco inconsapevolmente romanticissimo. «Buonanotte, amore mio.»

Lui non rispose, ma in quel silenzio Usagi lo vide nel suo appartamento, seduto sulla scrivania, col viso in penombra non illuminato direttamente dalla lampada. Sorrideva, seduto lì, e non sapeva cosa dire.

Spesso Mamo-chan non sapeva cosa dire. Ma provava un mucchio di cose. Tutte per lei.

«Ti amo» gli ripeté, e con un bacio soffice alla cornetta appoggiò il telefono al suo posto.

Mamoru non l'avrebbe richiamata. Ma, la mattina successiva, dopo aver passato un po' di tempo a cercare il momento giusto, le avrebbe detto che l'amava anche lui.

Usagi si infilò sotto le coperte e si addormentò felice.

  

1 - Studio, studio, studio! - FINE

 


 

NdA: Flashfic che mi è sfuggita dalle dita e si è rovesciata sulla tastiera in una decina di minuti, mentre pensavo alle altre mie storie.

La colpa è della visione dell'episodio odierno di Sailor Moon, trasmesso su Italia 1 (Italia 1 + 1 nel mio caso, non l'ho visto in diretta). Ricordo distintamente quanto mi fosse piaciuto l'inizio dell'episodio 93 (Usagi va a casa di Mamoru e lui si mangia gli orridi biscotti che lei aveva preparato e rovesciato sui suoi libri) e questa storiella è frutto di quegli antichi ricordi, dei giorni in cui sognavo queste atmosfere dolci e romantiche. Che tuffo nel passato!

Alla prossima!

ellephedre

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Capitolo 2
*** Il primo bacio? ***


Super Usagi!

 

Super Usagi!

di ellephedre

   

2 - Il primo bacio?

Appena dopo l'ultimo fotogramma dell'episodio 94 di Sailor Moon (dopo l'attacco a Unazuki/Ursula, sorella di Motoki/Moran), con Mamoru e Usagi che parlano su un balcone del loro primo bacio.

Presenti riferimenti alla puntata menzionata e alla mia fanfic 'Dentro di noi'. Comprensibile comunque anche senza aver letto quest'ultima.

    

«Non ricordi il nostro primo bacio?»

Il suo Mamo-chan si tirò indietro e arrossì.

Perché? si domandò Usagi.

«Ecco... il fatto è...»

Il fatto era cosa? Inclinò la testa e cercò di incrociare i suoi occhi, ma lui guardò nervosamente oltre il balcone, verso la strada.

Le venne un dubbio incredibile. «Mamo-chan? Per caso non te lo ricordi?» 

«Ecco, come stavo dicendo...» Lui perse il filo del discorso. «Non è niente di importante, no?»

«Certo che sì! Il primo bacio è molto importante!»

«La luna è bellissima questa sera, non trovi?»

«Mamo-chan!»

«Bella come te?» tentò lui disperatamente.

Usagi si sentì esplodere. «Non ricordi il nostro primo bacio?!» Era stato lui a renderlo speciale e a farle capire che sarebbe stato un bel ricordo! Erano passati solo pochi mesi e adesso non lo ricordava più?!

No. No no no. «Te lo ricordi, vero? Stai solo scherzando, giusto?»

Mamoru deglutì. «Me lo ricordo.» Aggrottò le sopracciglia e Usagi riconobbe immediatamente il sentimento dietro la sua espressione: senso di colpa.

Dentro il suo petto si riversò un'ondata di amarezza, come una penna ad inchiostro che perdeva e macchiava qualunque tentativo di arginare il danno. Gli diede le spalle. «Io e le ragazze dobbiamo studiare.»

Mamoru la seguì dentro casa. «Usako...»

«Ho sentito bene?!» Minako amplificò l'udito con una mano a ventola dietro l'orecchio. «Usagi ha detto 'dobbiamo studiare'?»

Neppure quella battuta le risollevò l'umore.

Anche Makoto non era in vena di risate. «Preoccupiamoci di far riprendere Unazuki prima.»

Mako-chan aveva riempito d'acqua una bacinella e stava premendo un panno bagnato contro la fronte della sorella di Motoki. Dopo il furto del suo cristallo del cuore, Unazuki riposava.

Usagi si diresse al suo fianco, mesta. Si era dimenticata che c'erano cose più importanti a cui pensare. Andava così quando si trovava di fianco Mamo-chan: la sua vista le combinava strani scherzi.

Minako sparò a Mamo-chan con due dita. «Ehi, che hai detto alla tua ragazza?»

Ragazza. Un titolo che Usagi aveva dato per scontato mesi fa e che ora sembrava più che mai prezioso. «Niente» sorrise a Minako. «Mamo-chan è stato cattivo con me e per questo oggi io non gli parlerò più!»

Ma loro due erano fidanzati e lei doveva imparare a non prendersela troppo per le mancanze di lui. Mamoru in fondo era stato paziente con le sue: Usagi era una studentessa pessima e lui era intelligentissimo per cominciare, ma Mamoru non glielo avevo mai fatto pesare come paragone. Al massimo si preoccupava dei suoi pessimi voti, spronandola a migliorarsi.

Comunque si meritava ugualmente una giornata di silenzio. Anzi, nemmeno una giornata, solo una mezza serata.

Ami non sapeva chi guardare tra lei e Mamoru, confusa. «Hm, allora studiamo?»

Il sospiro di Rei fu lungo e profondo. «Non credete che prima dovremmo inventarci una spiegazione per la finestra rotta di Unazuki?»

«Diremo che l'ho spaccata io!» si offrì Minako. «E mi raccomando, se ha visto un mostro, è stato un bruttissimo sogno.»

Mamoru attraversò a passi larghi l'appartamento. «È meglio che vada. Non esiste una spiegazione valida per la mia presenza qui.»

Suo malgrado, Usagi lo guardò di sottecchi. Mamo-chan sembrava al contempo ferito e dispiaciuto e questo quasi bastò a farle gettare alle ortiche quello che oramai era diventato un briciolo di risentimento microscopico. «Ciao.» gli disse invece.

Corse a coprirsi la bocca: aveva appena promesso di non parlargli più!

«Ciao» rispose lui, intenerito.

Quando uscì dalla porta, Usagi ebbe voglia di corrergli dietro per chiedergli scusa.

Gli occhi di Rei erano due fessure sottili. «Perché avete discusso? E come avete fatto? Siete stati fuori per meno di un minuto!»

«Mamo-chan non ricorda il nostro primo bacio.»

«Eh?» Minako corse a inginocchiarsi al suo fianco.

Rei era dubbiosa. «Come fai ad esserne sicura?»

«Gliel'ho chiesto direttamente e lui non ha saputo rispondermi. Ha ter-tergiver-...» Com'era quella parola?

«Tergiversato?» la aiutò Ami.

Usagi annuì ed Ami rifletté. «Sono convinta che in una relazione, durante la quale un certo atto intimo e tutto sommato comune è stato ormai ripetuto un numero non indifferente di volte-»

Minako alzò gli occhi al cielo. «Quindi, dopo che si sono baciati a volontà?»

Ami arrossì. «Sì. Comunque, se Mamoru ha dimenticato il primo bacio, non significa che quel momento per lui non sia stato speciale. Forse lo sono tutti e perciò è difficile distinguerli l'uno dall'altro.»

Ami sentì arrivare su di sé un trio di sguardi carichi di rimprovero e capì che era meglio stare zitta.

«Sciocchezze!» sentenziò Rei. «Costringilo a scavare nella memoria e a ricordare!»

«Sono d'accordo!» Minako non fu meno dura. «Hai la fortuna di essere l'unica ad avere un fidanzato, perciò devi far soffrire per noi l'intero genere maschile!»

Makoto ridacchiò sottovoce. «Perché questa rabbia?»

Minako si sgonfiò come un palloncino. «L'ultimo ragazzo che mi è piaciuto si è rivelato una ragazza. I maschi di questa città non sembrano reggere il paragone, perciò voglio vendicarmi di loro!»

Usagi scoppiò a ridere. «Sei stata solo sfortunata!»

«Lo so, ma tu hai il cuore troppo tenero. Quando Mamoru è andato via, sembravi già pronta a saltargli di nuovo in braccio ed erano passati trenta secondi dalla fine del vostro mini-litigio.»

Rei si accodò al giudizio, annuendo ripetutamente.

Usagi aprì la bocca per difendersi: nessuna di loro aveva un ragazzo. Non sapevano quanto fosse bello abbracciarlo e baciarlo e farsi stringere.

Stava per raccontarlo a dovere, ma un mugugno di protesta si levò alle spalle. Unazuki si stava riprendendo.

Makoto posò un dito sulle labbra, invitandole tutte a fare silenzio. «Ora pensiamo solo a lei.»

Usagi si unì alle altre nell'annuire.

   


   

Quanto era bello abbracciarlo, baciarlo e farsi stringere? si ripeté Usagi quella stessa sera, sdraiata sul proprio letto.

Se era tanto bello per lei, doveva esserlo anche per Mamoru, no? E allora come mai lui non ricordava il loro primo bacio?

Più ripensava al modo in cui Mamo-chan aveva cercato di sviarla dalla domanda, più ritrovava l'indignazione che aveva provato.

Magari, concluse girandosi su un fianco, seguire il suggerimento di Rei e Minako non sarebbe stata una cattiva idea.

Sbadigliò.

Già, Mamo-chan doveva tenere di più a lei e ai loro momenti speciali. Anche se ogni volta che l'abbracciava lui ne creava sempre uno nuovo, quella non era una buona scusa per...

No, era una buona scusa, rispose il suo cervello intorpidito. Perché Mamo-chan aveva delle braccia magnifiche, un odore meraviglioso e lei era la sua Usako. La sua unica e amatissima Usako.

Si addormentò serena.

      

Due giorni dopo, riuscì a nascondere con successo a Mamoru l'insufficienza in matematica - un quarantacinque recuperabilissimo, quindi niente di grave o meritevole di menzione - e riuscì a convincerlo ad uscire insieme.

Per la durata dell'intero appuntamento lui le le sembrò rilassato e contento.

Quando arrivò il momento di salutarsi, Usagi decise di testare un dubbio che le era venuto.

Aspettò che lui chinasse la testa verso di lei e lo interruppe solo a qualche centimetro dalla propria bocca. «Ti sei ricordato il nostro primo bacio?»

Mamoru si irrigidì fino alla punta dei capelli.

Usagi rise silenziosamente. Come aveva sospettato, lui aveva creduto che lei si fosse dimenticata della domanda.

Gli soffiò un bacio sulla guancia. «Ci sentiamo domani per telefono, Mamo-chan.»

Se ne andò.

    

Dopo l'ennesimo incidente - un Daimon aveva cercato di rubare il cuore di Umino e lei si era messa a ballare con uno di quei finti-ragazzi che si erano rivelati mostri, solo per... per divertimento? Sì, per divertimento, l'avevano invitata a danzare, che male c'era? - Mamoru si presentò al parco dopo la battaglia.

Non era riuscito a prendere parte al combattimento, ma l'aveva percepito e si era diretto verso di loro.

L'unico rimpianto di Usagi era quello di non aver partecipato assieme a lui al concorso per coppie. Anzi, no. Naru e Umino si erano rivelati degli splendidi vincitori, una coppietta adorabile. E avevano fatto pace, il piano di Rei aveva funzionato.

Le ragazze lasciarono lei e Mamoru da soli.

«Mi dispiace di non essere arrivato in tempo» si scusò lui.

Usagi fu contenta che non l'avesse vista danzare volentieri con un altro - mezzo mostro o no che fosse - e per un momento, quando Mamoru si chinò a baciarla, quasi si dimenticò di quello che aveva deciso. Solo all'ultimo istante lo fermò con due dita sulle labbra.

Sollevò entrambe le sopracciglia e attese una risposta.

Leggendo il suo sguardo lui entrò nel panico.

Usagi volle scoppiare a ridere. «Ti voglio bene, Mamo-chan!» Gli prese la faccia tra le mani e gli stampò un bacio rumoroso sulla guancia. Lo abbracciò forte.

Mamoru tentennò. «Allora...»

Allora niente. Si staccò da lui e gli prese la mano. «Andiamo a casa, su.»

Sulla via del ritorno Mamoru le ricordò uno di quei cagnolini puniti che tenevano le orecchie basse e seguivano il padrone dappertutto pur di farlo contento e rientrare nei suoi favori.

Si sentì potente.

       

Si incontrarono di nuovo dopo appena un giorno, su suggerimento di lui.

Mamoru venne a prenderla al tempio di Rei, dopo l'ennesima giornata di estenuante e noiosissimo studio.

«Mamo-chan!» gridò Usagi. Attraversò il piazzale del tempio, fiondandosi a stringerlo. Si staccò solo dopo aver strusciato per bene la guancia contro il suo petto. «Come ti è andata la giornata?»

Mamoru fece una pausa nel rispondere. Poi non disse nulla e, avvolgendola con le braccia, la baciò.

Usagi si sentì vibrare, tremare, esplodere di gioia. Si sentì potente, ma era quella la vera potenza.

Circondandogli il collo si abbandonò al bacio più romantico che avesse mai ricevuto.

Il primo bacio? si domandò effimeramente poco dopo. Non conta nulla, importa sempre e solo l'ultimo.

 


 

Quando, riportandola a casa, Usagi gli permise di nuovo di salutarla con un bacio sulla bocca, Mamoru tirò ancora una volta un sospiro di sollievo. Forse avrebbe risolto prima nel dirle che ricordava benissimo il loro primo bacio - quello che lui si era preso di nascosto alla festa in maschera, ormai molto tempo addietro - ma lei aveva un tale bel ricordo del primo che rammentava - quello del parco, quando era arrivata Chibiusa - che non sapeva se le avrebbe fatto piacere conoscere la verità.

Aveva anche temuto di farla arrabbiare, ammise con se stesso.

Una Usagi arrabbiata o permalosa era una Usagi che dava solo baci sulla guancia, e quello era un rischio da non correre mai.

Già, mai più.

  

 

2 - Il primo bacio - FINE


NdA - Altra flashfic che è uscita dalla mia testa in un momento in cui cercavo relax. Com'è divertente scrivere queste cose brevi - e riuscirci, visto quanto devo buttare giù normalmente per ritenermi soddisfatta :)

Spero che vi sia piaciuta anche questa seconda storiella (ho cambiato il titolo a quella che ora è una raccolta). Ce ne saranno altre se mi colpirà di nuovo l'ispirazione.

Le prime frasi sono state riprese dai dialoghi originali dell'anime. Nella versione giapponese Usagi domandava a Mamoru proprio 'Ti ricordi il nostro primo bacio?' e quindi non si riferiva ad un generico bacio di lui.

Alla prossima!

ellephedre

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Capitolo 3
*** Ti voglio ***


Super Usagi!

 

Super Usagi!

di ellephedre

   

3 - Ti voglio.

Durante l'episodio numero 98 di Sailor Moon (numero 9 della terza serie, dedicato alla gara di motocross di Haruka).

  

 

«Ti voglio, Usako.»

Usagi avvampò. Indietreggiò a passettini piccoli piccoli. «No, Mamo-chan. Non possiamo...» Lei era troppo inesperta, troppo imbarazzata, non era pronta!

Lui la seguì senza una sola incertezza. «Perché no?»

Lei inciampò. Un letto si era materializzato dietro le sue gambe. Si coprì la faccia con le mani. «Mi vergogno.»

Le mani di lui, calde e grandi, la presero delicatamente per le spalle. La adagiarono sulla schiena e Usagi si sentì come un vulcano pronto ad implodere. Il terremoto del suo cuore l'avrebbe strapazzata fino ad ucciderla d'amore. «Per favore, Mamo-chan...»

Lui le accarezzò le dita. «Ti amo tanto, Usako.»

Lei divenne gelatina fusa. «Anche io.»

«Non vuoi essere una cosa sola con me?»

Il suo sguardo profondo e innamorato la fece precipitare nell'abisso di una meravigliosa perdizione. «S-sì...» Chinò gli occhi. «Per favore... sii gentile.»

«HA!» urlò una voce acuta, comparsa dal nulla.

Usagi voltò la testa e inorridì.

«Ti ho vista, Usagi!» Chibiusa attaccò le mani ai fianchi. «Cosa stai facendo con Mamoru? È troppo presto perché pensiate a concepirmi!»

Usagi sentì diventare rosse anche le ciglia. «Nonono! È-è lui! È Mamo-chan che-» Si bloccò e lo guardò disperata. «Non è che non voglio! Con te! Capisco che mi desideri così tanto che-»

«Usagi» la ammonì duramente una voce.

Lei la scacciò con una manata. «Va' via, Luna.»

«USAGI!» Un peso le atterrò sullo stomaco. «Benedetta ragazza, svegliatiiiii!»

Usagi si tirò su con un urlo.

Luna si tappò le orecchie con le zampe. «Si può sapere che razza di sogni fai? Sei ancora troppo giovane per pronunciare la parola 'desiderio'-»

Usagi la centrò con un cuscino. «Luna! Cattiva!» piagnucolò. «Stavo facendo un sogno bellissimo con Mamo-chan e arrivi tu che- Anzi, era già arrivata Chibiusa.» Si lasciò cadere all'indietro, rimbalzando sul letto. «Non abbiamo mai pace, Mamo-chan.»

Luna saltò di nuovo sul materasso, più offesa che mai. «Mamoru non è qui e se non ti muovi non incontrerai né lui né le altre! Sono ore che cerco di svegliarti!»

Usagi scattò a sedere. Afferrò la sveglia sul comodino e guardò l'ora. Cacciò un nuovo urlo.

     

«Mezz'ora di ritardo» osservò acida Rei.

Per la gran corsa, Usagi non aveva ancora smesso di ansimare. «Lo so! Ma ora sono qui, non è questo l'importante?»

Ami consultò la scheda degli orari appesa alla fermata del bus. «La prossima corsa passa tra cinque minuti. Forse riusciamo ad arrivare in tempo per l'inizio della gara di Haruka-san.»

«Massì» ridacchiò Usagi. «Ce la faremo!»

«Almeno abbi la decenza di stare zitta» sibilò Rei.

Usagi si rannicchiò nelle spalle. «Rei è troppo severa, non è vero, Mamo-chan?»

Lui non concordò: era al contempo rassegnato e paziente. «Usagi, sei tu quella che è stata invitata da questa Tenou-san. Noi siamo venuti qui per accompagnarti. In circostanze simili una prossima volta cerca di arrivare in tempo.»

Usagi cominciò a vergognarsi.

Come unica forma di consolazione, Mamoru le massaggiò una spalla. La toccò solo in quel modo, ma Usagi non se la prese: quando c'erano le ragazze lui non si lasciava mai andare a grandi effusioni, al massimo accettava di riceverle.

Sospirando, Usagi si ripromise di badare maggiormente alla puntualità in futuro. 

 

Un paio di ore dopo, con suo gran piacere, dimostrò il suo valore badando soprattutto alle Outers. O fu Uranus a badare a lei?

Dopo la gara, aveva perso il bus che l'avrebbe riportata a casa con le altre e Mamoru. Haruka le aveva gentilmente offerto un passaggio sulla sua moto e mentre erano per strada si erano fermate senza ragione apparente in un punto molto fortunato: nelle vicinanze Uranus e Neptune stavano combattendo contro il nemico e Usagi era riuscita ad aiutarle senza che Haruka scoprisse la sua identità.

Il suo errore si era rivelato un'opportunità per conoscere meglio le Outers, ma naturalmente questo Rei non lo sapeva ancora.

«COME HAI FATTO A RIMANERE INDIETRO?!»

Il rimprovero acuto torturò le orecchie di Usagi.

«Ci hai costrette ad aspettare per un'altra ora!»

«Scusatemi, ma non sapete cosa mi è capitato.» 

L'espressione di Rei perse la propria furia. «Cosa intendi? Mi era sembrato di sentire qualcosa.»

Minako la colpì con una pacca sulla schiena. «Rei era preoccupatissima! Immaginava che ti perdessi o chissà cosa. Quando Mamoru è sceso alla successiva fermata, lei lo ha seguito a ruota. Ovviamente noi altre non siamo potute restare indietro.»

Cosa? «Dov'è Mamo-chan?» Non lo vedeva da nessuna parte.

Makoto indicò un punto alle sue spalle. «È tornato a piedi a cercarti.»

«Il tuo fidanzato mi ha sorpreso!» esclamò Minako. «Quando ti abbiamo vista correre dietro al bus, lui era quasi noncurante. 'Non ha più una bambina' ha detto scocciato, 'ci raggiungerà dopo'. Ma quando il bus si è fermato per la prima volta, suppongo che avesse cambiato idea e si sentisse in colpa, o preoccupata, perché ci ha detto che andava a cercarti. Dentro ha un cuore di panna, vero?»

Usagi lo sapeva molto bene. Sussultò. «Oh! È andato a cercarmi!»

Makoto sollevò un sopracciglio. «È quello che abbiamo detto.»

«Ma io stavo combattendo contro una Demone prima! E lui sente sempre quando sono in pericolo!»

«Una demone!?» Rei la afferrò per le spalle. «Cos'è successo, com'è andata?»

«Ho salvato Neptune e ho combattuto insieme ad Uranus.» Ma non c'era tempo di inorgoglirsi. «Adesso vado a cercare Mamoru, state qui!» 

«Non c'è bisogno di correre». Riparandosi gli occhi, Minako puntò il sole al tramonto. «Eccolo là.»

Usagi si voltò di scatto e lanciò un urlo di gioia. Corse verso di lui, mentre tutte insieme le sue amiche roteavano gli occhi al cielo.

Mamoru accelerò il passo e Usagi lo raggiunse con un balzo in avanti. Lo strinse con tutta la forza che aveva. «Eri andato a cercarmi!»

«Stai bene? Ti sei trasformata.» Lui la controllò da capo a piedi alla ricerca di ferite, rendendola così felice.

«Non preoccuparti. Ho perso il bus, ma non il combattimento.»

Lui si rabbuiò impercettibilmente. Si sentiva davvero in colpa.

«È stata colpa mia se sono rimasta indietro, sai? Mi sono fermata davanti a un negozio. La prossima volta starò più attenta, così non sentirai che ti devi prendere cura di me a ogni passo. Non sono più una bambina.»

Lui le massaggiò le braccia. «Non penso male di te, Usa, è solo che a volte...» Sospirò. «Niente. Tu fai bene quello che non riesce a nessun altro di noi.»

Oh, ma non era la sola. «Anche tu. Sai che sei l'unico ragazzo che riesce a far fare al mio cuore tu-tum?» In verità ci riuscivano anche Haruka e Uranus in scala minore, ma erano ragazze e nelle loro vicinanze il suo cuore tremava in maniera diversa. Era come se lei avesse una piccola cotta per entrambe, molto innocente. Percepire il loro calore corporeo ed essere oggetto dei loro flirt le faceva venire voglia di lanciare gridolini e arrossire, ma si sentiva a disagio al pensiero che quelle sue reazioni portassero ad altro. Era così diverso da quello che provava per Mamo-chan, sia nella realtà che nei sogni.

Lui stava sorridendo. Prendendola per mano, iniziò a riportarla dalle altre.

Prima che non fossero più da soli, Usagi voleva chiedergli una cosa. «Mamo-chan?»

«Hm?»

«È vero che...» Riuscì con successo a non far diventare la faccia color rosso pomodoro. «È vero che tu... mi vuoi?» Che mi desideri?

La presa di Mamoru diventò un pochino più salda - dolce e risoluta. «Sì, certo.»

Usagi fu immensamente felice. Naturalmente lui non aveva intuito qual era la vera domanda, ma la sapeva lei per tutti e due.

Era così sciocca, e non esattamente pronta per le esperienze favolose che stavano diventando vere nei suoi sogni, ma... andava bene così.

Per ora, un sì di lui era tutto quello che voleva.

   

 

FINE

   


   

NdA - Certo che quando questa Usagi mi parla, lo fa in maniera veloce e indolore :D

E io che avevo pensato di scrivere solo una piccola storiellina iniziale. Beh, intanto che mi frullano idee in testa sulla parte finale del prossimo capitolo di 'Verso l'alba' (quello che succede all'inizio è già deciso), è probabile che mi vengano altre idee divertenti.

Alla prossima!

Elle

 

P.S. Capitolo revisionato nell'ottobre 2020, dopo la traduzione in inglese

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Capitolo 4
*** Compleanno ***


superusagi10
Super Usagi!

Autore: ellephedre

Disclaimer: i personaggi di Sailor Moon non mi appartengono. I relativi diritti sono di proprietà di Naoko Takeuchi e della Toei Animation.


9 - Compleanno.
Nella parte finale dell'episodio 102 (in Italia, 'La scarpetta di cristallo', parte seconda).

La luna brillante alta nel cielo, la stanza dietro di loro piena di amici e il suo Mamoru sano e salvo da riabbracciare.
Cosa poteva chiedere di più per il suo compleanno? La sconfitta di Kaolinite forse, ma l'aveva ottenuta proprio quella sera.
Usagi sorrise con un sospiro e si appoggiò meglio contro la spalla che la sosteneva. Mamoru aveva un odore buono buono. Le ricordava l'aroma di un dolce in cottura; non aveva niente di zuccheroso, ma la somiglianza non stava lì. Quando la mamma metteva una torta nel forno in aria si levava sempre un profumo che la spingeva ad inspirare profondamente, inalando il più possibile le tracce di delizia che sarebbero finite nella sua pancia.
Mamoru aveva un sapore misto - tra il dolce e il salato, almeno sulle labbra e sulla guancia - però per lei lui era come una torta. Se gli stava vicina doveva stargli ancora più vicina, fino a poter sfiorare almeno un pochino, magari con un dito, la morbidezza della sua massa.
«Usako... mi dispiace che il tuo regalo sia andato perso.»
Che schiocchezza. «Non ti preoccupare. A me dispiace solo di averti messo in pericolo.» Non resistette e cominciò a disegnare nell'aria cerchietti senza senso, sempre più vicini alla maglietta di lui. «Io ricevo già tanto amore da te, Mamo-chan.» Era quello il suo regalo, averlo vicino e poterlo- oh! Lo aveva schiacciato sul petto col polpastrello. Già, sorrise, Mamoru non era morbido come pan di spagna.
«Posso ricomprarti le scarpe.»
«No. Mi ricorderebbero della battaglia di oggi e poi... le volevo perché mi sembravano il regalo di un principe ed erano belle, ma...» Sollevò lo sguardo e si rese conto di averlo tenuto basso troppo a lungo.
In Mamo-chan c'era tanto da guardare. Gli occhi blu, per iniziare, che erano dello stesso colore dei suoi alla luce ma molto più scuri di notte. O più scuri semplicemente quando osservava lei. Era quello lo sguardo che, a volte, Usagi quasi si vergognava di notare; lo sguardo che la spingeva ad abbassare gli occhi per la paura di non volerli più staccare da lui. Mamoru la guardava come se... come se l'amasse molto più di come lei amava lui.
L'amava in una maniera più adulta, perché non aveva bisogno di rassicurazioni continue da lei. L'amava in una maniera più intensa, perché gli bastava bearsi dell'immagine di lei per essere appagato. A lui bastava un abbraccio e un bacio - un bacio quieto e meraviglioso - per essere felice nella maniera immensa concessa a chi aveva un solo amore nella vita.
Gli occhi di Mamoru la facevano sentire piccola e conscia dei propri limiti, eppure al tempo stesso gigante: era la persona capace di dargli gioia. Si riprometteva spesso che sarebbe diventata più simile a lui e invece... «Non m'importa più che oggi sia il mio compleanno. Non è stata una giornata molto bella; lo è diventata quando ti ho riavuto indietro, perciò... sei tu il mio regalo.» Mamoru era il suo vero regalo e lei lo riceveva ogni giorno.
Quella sera lui l'aveva salvata dai nemici, ma da quante figuracce scolastiche l'aveva salvata negli ultimi mesi, suggerendole la risposta dei compiti al telefono? Quanto tempo delle sue serate aveva passato ad ascoltarla, prestando alle sue sciocchezze e a tutti i suoi pensieri quell'attenzione che nessun altro aveva la pazienza di darle? Quante volte aveva accontentato piccoli capricci senza senso? Così tante che quel giorno lei gli aveva chiesto di spendere una fortuna in scarpe che non avrebbe mai avuto l'occasione di indossare, se non nell'intimità della sua stanza. E lei come lo aveva ripagato? «Mi dispiace così tanto per averti dato uno schiaffo.»
«Sì, parliamo di questo» annuì lui e da come sorrise Usagi capì che non era arrabbiato. «Cerca di non pensare a cos'è successo oggi con i nostri nemici, Usako. E' il tuo compleanno, parliamo solo della nostra giornata.» Le sistemò una coda davanti alla spalla. «Avevo già capito che mi avevi perdonato.»
«Sì, ma non perché mi hai regalato le scarpe.»
«Lo so.»
Non abbastanza. «Io sarei stata felice anche solo di ricevere degli auguri da te oggi e -» Si bloccò. Di male in peggio.
«Forse avrei dovuto chiederti quand'eri nata.»
«No, avrei dovuto dirtelo io.» Come avevano detto le ragazze. Oh! «E il tuo compleanno!? Quand'è?»
«Eh?»
«Quand'è il tuo compleanno?» Inorridì. Non è che per caso era già passato e lui aveva trascorso una giornata intera a soffrire perché lei non se n'era ricordata?
«Il 3 Agosto.»
Il tre... Tirò un sospiro di sollievo. «Deve ancora arrivare.»
«Sì» sorrise lui. «Anche io sarei stato triste se non te ne fossi ricordata, anche se...» Aggrottò la fronte. «Penso che guardando il calendario mi sarei ricordato di parlartene.»
Le uscì una risatina. «Il fatto è che abbiamo tanto da fare.» Con lo studio, con i nemici. «Quest'anno il mio compleanno è arrivato senza che me ne accorgessi. Di solito lo attendo con impazienza per settimane!»
«Il prossimo anno cercheremo di fare qualcosa di speciale.»
Lei strofinò la fronte contro la sua guancia. «E' già speciale.» Lo strinse fino a cercare di annodarsi a lui, un piccolo nodo-Usagi che non si sarebbe più sciolto. «Sono fidanzata con te, cosa posso volere di più?»
«Okaay!» tuonò una voce dietro di loro. Minako avanzò facendo scricchiolare le assi di legno del corridoio di Rei. Incrociò le braccia. «Sparliamo di voi due da interi minuti e voi ancora qui a fare i piccioncini. E' ora di avere un po' di contegno!»
«E' ora di finirla!» gridò Rei da dentro la sua stanza. «Io devo andare a dormire e siete tutti in camera mia! Usagi, abbiamo festeggiato abbastanza qui. Hai compiuto quindici anni, fai la ragazza grande e festeggia con Mamoru da un'altra parte!»
«Non darle strane idee!» fu la protesta scandalizzata di Ami.
«Macché strane!» Girandosi, Usagi vide che Makoto si era alzata con le braccia piene di dolcetti. «Tutto questo romanticismo mi ha ricordato quanto sono sfortunata, perciò mi prendo io tutta questa roba e nessuno si azzardi a dire niente!»
Usagi sollevò un dito e un'occhiata di Makoto l'attraversò come un fulmine. La protesta affamata le morì sulle labbra.
«Bene» fu soddisfatta Makoto. Uscì dalla stanza. «A domani, Rei, buon riposo. Ciao a tutti.»
«Tolgo il disturbo anche io.» Ami iniziò a raccogliere i propri libri dal tavolino.
«Ehi!» protestò Minako. «Credevo che fossimo d'accordo nel ricordare a Usagi che non deve sbatterci in faccia la sua fortuna!»
«Quella era un'idea tua» disse la voce attutita di Rei da dietro il pannello di shogi della stanza. «Rinunciaci e va' a casa Minako.»
Usagi aveva arricciato le labbra. «Io non volevo fare invidia a nessuno. Quello mio e di Mamo-chan è amore, dobbiamo dimostrarcelo.»
Le dita di Minako cominciarono a muoversi feroci in aria. «E' meglio che vada, è meglio che me ne vada» bofonchiò, tornando dentro a prendere il suo zaino.
Mamoru stava guardando il suo orologio. «Sono le dieci e mezza Usagi. Tua madre non sarà preoccupata?»
«No, le ho detto che festeggiavo qui.» Ma le aveva anche detto che sarebbe rientrata non più tardi delle undici. Sospirò.
Mamoru intuì tutto. «Voi siete a posto per andare a casa? Ami?»
Ami aveva rimesso a posto tutti i suoi libri. «Ma certo, torno con la trasformazione.»
«Anche io torno così assieme ad Artemis» s'intromise violentemente Minako. «Grazie per esserti preoccupato per me, eh!»
Usagi tirò fuori la lingua. «Avrebbe chiesto a te dopo! Impaziente!»
«Parla quella che non sa aspettare per amoreggiare!»
Artemis sbucò sulla porta. «Minako, basta. Usagi, ci sono alcune cose che la mandano in bestia. In quei momenti con lei non si può parlare, perciò-»
«Che hai detto?!» Minako saltò a piedi uniti a due centimetri dal muso di lui. Artemis lanciò un miagolio inconsulto e si gettò in corsa fuori dalla casa.
Ami sorrideva sulla porta. «Luna, vuoi farmi compagnia oggi a casa?»
Usagi non riuscì a sentire la risposta della sua gatta. Fu attirata dall'occhiolino che Minako le lanciò sorpassandola, in fuga dietro Artemis.
Forse Minako era davvero invidiosa, ma non era arrabbiata. Forse, pensò Usagi, lei avrebbe dovuto avere più considerazione per le sue amiche: a ruoli invertiti, lei sarebbe stata felice ma davanti a troppi baci e troppo abbracci sbattuti in faccia avrebbe cominciato a vedere rosso.
Con un cenno della testa salutò Ami che entrava nel corridoio della casa con Luna in braccio.
«Andiamo anche noi?» le disse Mamoru.
Usagi annuì e si diresse in camera di Rei. Raccolse velocemente la cartella che quel giorno non aveva aperto. «Notte, Rei.»
Lei era già sotto le coperte, con il viso rivolto alla parete. «Spegni la luce e chiudi la porta quando esci.»
«Certo.» Così fece.
Quando saltò giù dal corridoio aperto, nel cortile, sentì di essere entrata in un mondo nuovo. Nella penombra della sera erano rimasti solo loro due, solo lei e Mamoru.
Inclinò la testa e si morse piano un labbro. «Devo proprio tornare a casa?»
Mamoru si mangiò una prima risposta - una risposta matura e coscienziosa, proprio come lui - e si permise un sorriso. «Avvertirai del ritardo dalla cabina che c'è fuori dal tempio. Dove vorresti andare?»
Usagi corse verso di lui. Quando lo abbracciò, seppe anche cosa dire.
«Con te? Da qualunque parte.»



NdA: pant e strapant! Fanfic sorta da una mini-ispirazione in tarda sera, che voglio assolutamente pubblicare in tempo per il 30 Giugno, giorno del compleanno di Usagi Tsukino :) Perciò adesso pubblico e correggo eventuali errori dopo se ce ne sono (sì che ce ne sono!)
Nota post-correzione: infatti c'erano :D
ellephedre

P.S. Per il concorso di fanfiction che sto organizzando (in palio, tra recensioni e pubblicità, una fanfiction di Sailor Moon scritta da me su qualunque cosa vogliate) la scadenza è fissata per il 3 luglio. Ricordate, ci vuole solo una one-shot su Sailor Moon per partecipare. Per leggere il bando andate alla pagina 'Sailor Moon, Concorso di fanfiction!'





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Capitolo 5
*** Usagi + Mamoru = Chibiusa? ***


superusagi4 Note: i kanji sono gli ideogrammi giapponesi con cui nell'idioma si identificano concetti o parole complesse. Per saperli leggere bisogna impararli a memoria (quelli di uso comune sono circa 2000, tutti diversi l'uno dall'altro). E' normale per un adulto saperli utilizzare nello scrivere, invece che proporre la parola con i corrispondenti caratteri fonetici.

Super Usagi!

Autore: ellephedre

Disclaimer: i personaggi di Sailor Moon non mi appartengono. I relativi diritti sono di proprietà di Naoko Takeuchi e della Toei Animation.


4 - Usagi + Mamoru = Chibiusa?
Durante l'episodio numero 104 di Sailor Moon (numero 15 della terza serie, dedicato alla ricerca di amicizie da parte di Chibiusa, tra cui quella col giovane maestro del tè).


Usako! con tono di rimprovero.
Fate pace! Mamoru l'aveva detto sorridendo e lei era stata d'accordo, ovviamente, ma poi la cosa era andata avanti.
Quando lei aveva inavvertitamente rovesciato la sua coppa di gelato, Chibiusa era scoppiata a ridere e Mamoru non aveva detto nulla per fermarla.
Quando Chibiusa era voluta saltargli in braccio - non era già troppo grande per quelle cose? - Mamoru aveva lasciato la mano a lei pur di poter stringere per bene la loro piccola demone dai capelli rosa.
Quando, dopo averla riportata a casa per proseguire nel loro appuntamento, Chibiusa l'aveva salutata con una linguaccia nascosta, Mamoru aveva rimproverato con lo sguardo solo lei per averla ricambiata, anche se aveva visto benissimo che era stata Chibiusa a cominciare.
Usagi aveva detestato sentirsi inferiore a Chibiusa nella considerazione di Mamoru.
E non voleva mai più provare nulla del genere.


«Davanti a lei mi tratti come una bambina.»
Invece di risponderle, Mamoru continuò a guardare davanti a sé. Non era arrabbiato né seccato - non ne aveva l'espressione - ma l'aria di rassegnazione non fece che confermare ad Usagi quel che aveva appena detto.
Pensò di non seguirlo nel suo avanzare, poi non seppe resistere. «Mamo-chan... Non mi piace.»
Lui sospirò. «Neppure a me.»
Mamoru aveva un modo sottile e molto intelligente di farla sentire colpevole dei propri atteggiamenti sbagliati: gli bastava una parola o uno sbuffo dispiaciuto per farle comprendere che lui per primo avrebbe volentieri fatto a meno di rimproverarla, se solo avesse potuto.
Usagi sapeva di meritarsi la lieve delusione di lui quando si comportava in modo estremamente sciocco, ma dovevano porre un limite insieme. «Chibiusa mi rispetta già poco.» Non aiutava che lui non la difendesse o che, di fatto, prendesse le parti della loro futura figlia.
Mamoru si voltò e fu impossibile per Usagi non percepire la serietà che stava per infondere nelle sue parole.
«Chibiusa è una bambina con la risposta sempre pronta, Usako. Non puoi aspettarti che ti rispetti quando ti comporti come se avessi la sua età.»
Lei lo sapeva benissimo! «Però non rimproverarmi davanti a lei!»
«Allora non attaccarla di fronte a me!»
Usagi si tese.
Mamoru rilassò la fronte aggrottata. «E' una bambina, Usako. So che è una...» Sembrò faticare con la definizione. «Peste. Ma è piccola e sei tu che dovresti evitare di farti provocare.» Si avvicinò di un passo, intuendo quanto l'aveva colpita con il tono della sua prima risposta. «So che ci stai provando. Cerco di intervenire solo quando perdi il controllo.»
Lei abbassò lo sguardo. «So di essere una bambina anche io.»
«Non è vero. Il problema è che sembri crederci proprio tu.»
Usagi deglutì. «Ti sbagli, non lo faccio apposta. Io voglio bene a Chibiusa, ma lei a volte mi irrita tanto che...» Fermò il formicolio alle mani. «Oggi mi ha irritato il modo in cui sembravi di nuovo preferirla a me.»
Lui si era già comportato così in passato, ma a quel tempo loro avevano rotto e lei aveva creduto che, se fossero stati insieme, si sarebbe comportato diversamente.
«Non puoi parlare di preferenze. Io voglio bene a tutte e due.»
Usagi ne era consapevole. Ma era gelosa dell'indulgenza che a lei non veniva riservata.
Mamoru le accarezzò un braccio. «Sai perché voglio tanto bene a Chibiusa?»
Usagi lo sbirciò da sotto la propria frangia.
«Perché ti somiglia, Usako.» Mamoru si sedette sulla panchina accanto a loro. Annuì. «Le voglio bene anche perché sarà la mia bambina, però... è vero che mi accorgo di come mi somiglia in alcune piccole cose che mi aiutano a capirla meglio, ma...» Scosse la testa e sembrò diventare d'improvviso capace di spiegarsi. «Ha il tuo viso. Anche alcuni tuoi atteggiamenti e ogni volta che mi metto ad osservarla mi sembra così... strano. Al mondo c'è in giro una persona che è come una piccola te che fa parte anche di me.»
Usagi rimase a guardarlo.
Mamoru si appoggiò meglio contro lo schienale. «Ammetto di averle voluto bene anche prima di sapere chi era per noi, ma adesso è una cosa... speciale.» Le cercò lo sguardo col proprio. «Vorrei che non fossi gelosa di questo.»
Usagi si sentì travolgere dalla tenerezza. «Forse mi sarei sentita come te se lei fosse stata un maschio.» Ma allo stato dei fatti... Si sedette accanto a lui e gli prese le mani. «Io amo Chibiusa. Forse mi irrita soprattutto che abbia tutti i difetti che ho io. E' come uno specchio da cui non si scappa.» Che lei non era stata ancora pronta ad affrontare. Era ben cosciente di avere ancora molta strada da fare per crescere e ogni volta che stava con Chibiusa si sentiva diventare sempre più infantile invece che più matura.
Mamoru sembrava preoccupato. «Non c'è motivo per cui tu debba voler scappare da te stessa. Non mi riferisco al discorso di Chibiusa, voglio dire che-»
Usagi annuì. «Io mi piaccio. Mi piace anche Chibiusa, stavo solo cercando di spiegarti perché a volte sono immatura con lei.»
Mamoru rifletté sulle sue parole. Lanciò una lunga occhiata al parco e poi tornò a concentrari su di lei. «Cercherò di... non dirti davanti a lei che stai sbagliando. Se tu...»
«Sì, proverò a controllarmi.» Chissà se ci sarebbe riuscita. Avrebbe tentato, almeno.
Mamoru inclinò la testa e la guardò con un pensiero in testa. «Sono favorevole a vederti rimproverarla come un adulto, sai?»
Come?
Mamoru abbassò lo sguardo e le sembrò quasi imbarazzato. «Io riesco a rimproverarla seriamente solo quando mi esaspera, ma so che alcuni suoi atteggiamenti sono sbagliati. Per cui, se riesci a pensarci quando non riesco io...»
Usagi iniziò a sorridere. «Per fortuna non siamo ancora i suoi veri genitori.» Persino Mamo-chan, con tutta la sua intelligenza e maturità, non era ancora adatto ad assumere quel ruolo.
«A proposito, Chibiusa ha parlato di una lettera inviata da sua madre. Che cosa diceva?»
«Hmm... niente, era stringata.» Nonché priva di kanji, ma Usagi evitò di menzionarlo. La sua futura se stessa era una fantastica regina, che bisogno aveva una sovrana di ricordarsi i kanji? «Diceva che con noi Chibiusa poteva allenarsi e ci pregava di prenderci cura di lei.»
Mamoru annuì, pensieroso.
Per togliergli ogni preoccupazione Usagi pensò di sfiorargli un lato della bocca con un bacio.
Quando la piccola e dolce peste non c'era, lei e Mamoru si potevano concedere questo e tanto altro.


«Grazie... Sailor Moon.»
Chibiusa se lo era lasciata sfuggire piano piano, a bassa voce, ma ci aveva pensato completamente da sola.
Usagi non provò una soddisfazione vittoriosa per aver ottenuto un riconoscimento per il proprio intervento.
Le venne in mente che la riluttanza a riconoscere i meriti altrui non era sua. Quello era Mamoru, si ricordò. Mamo-chan che, pur con tutta la sua modestia, nel profondo era discretamente orgoglioso.
Si sentì sorridere e alzò la testa per guardare la figura che si era sporta dietro la palizzata di bambù. «E' stata brava, vero? Sia a combattere che a ringraziare.»
Con un salto, Tuxedo Kamen atterrò accanto a loro. «Non sono arrivato in tempo per assistere al suo combattimento, ma sono certo che sia stata molto coraggiosa.»
Sailor Chibi Moon si illuminò.
Dietro la maschera, Mamoru sollevò un sopracciglio. «Sei stata brava anche a ringraziare Sailor Moon.»
«Hmm... sì.» Chibi Moon cercò di guardare altrove, poi non ebbe bisogno di fingere. «Tamasaburo-san!» Corse via, a cercare il ragazzino vittima della demone.
Usagi le fu immediatamente dietro.


«Mamo-chan?» gli disse, una volta che furono andati nell'appartamento di lui. Tamasaburo-san era sano e salvo e non c'era più alcun pericolo per nessuno.
«Hm?» le rispose Mamoru.
«Oggi ti ho riconosciuto in Chibiusa.» Usagi sorrise dolcemente. «Ora so cosa intendevi dire.»
Il suo Mamo-chan si riempì di una rara tenerezza.
Usagi la trovò così carina che si sporse per dargli un indispensabile bacio. Quando Mamoru fece lo stesso, il cuore le batté un po' più forte.
«Ahhh!»
Si bloccarono entrambi.
Col viso rosso, Chibiusa aveva assunto nell'insieme la tonalità di un gelato alla fragola. «Siete... siete degli svergognati! In giro per casa c'è una bambina innocente!»
In giro per casa c'era una noiosissima peste che non sapeva rispettare la privacy altrui. Usagi tirò fuori la lingua. «Nessuno ti ha chiesto di rimanere!»
Chibiusa si indignò. «E' stato Mamo-chan!» Corse a saltargli in braccio. «Vero che vuoi che rimanga, Mamo-chan?»
Usagi evitò per un soffio di scoppiare. Mamo-chan era il suo nome, solo lei aveva diritto di usarlo! Sii matura, si ripeté in testa. Matura, matura, matura!
Lo sguardo nervoso di Mamoru passò da Chibiusa a lei.
«Certo che voglio che tu rimanga» finì col dire.
Usagi lanciò uno sbuffo enorme in direzione del soffitto.
Tenendo lontano Chibiusa, Mamo-chan si chinò per sussurrarle poche parole all'orecchio.
Più tardi saranno due.
Chibiusa si divincolò. «Ehi, che cosa le hai detto?»
Usagi cominciò a sorridere apertamente. «Niente, peste che non sei altro!» Le prese la faccia tra le mani e le piantò un bacio sulla fronte.
Chibiusa si tirò indietro con uno scatto e le guance imporporate, lasciandole il tempo di pensare a cose belle.
A due baci futuri e a tante altre cose da fidanzati.


FINE



NdA - Questa puntata verrà trasmessa in tv il 24 gennaio :) Me la sono rivista prima, in lingua originale, tramite altri mezzi e così mi è venuta l'idea di questa fanfic.
E' possibile che io torni indietro con gli episodi - in quel caso sistemerò l'ordine dei capitoli più in là. Mi piacerebbe dire qualcosa di più sul compleanno di Usagi e vedrò se mi viene in mente.
Per chi attende con impazienza il seguito di 'Verso l'alba', in questi giorni e per i prossimi ho solo scampoli di tempo da dedicare alla scrittura. Per 'Verso l'alba' mi servono interi pomeriggi di libertà di solito. Cercherò di portarla avanti anche in questo periodo impegnato. Come saprete, anche quando si fa attendere, un nuovo capitolo di questo complicato sequel di Sailor Moon che ho inventato arriva sempre :)

Alla prossima!
ellephedre

P.S. - nel gruppo Facebook pubblicizzato qui sotto trovate brevi pezzi che mi diverto a trarre dalle fanfiction che ho scritto, corredandoli con immagini.


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Capitolo 6
*** Il bacio dell'estate dei quindici anni ***


superusagi5
Super Usagi!

Autore: ellephedre

Disclaimer: i personaggi di Sailor Moon non mi appartengono. I relativi diritti sono di proprietà di Naoko Takeuchi e della Toei Animation.


5 - Il bacio dell'estate dei quindici anni
All'interno dell'episodio 105, l'allenamento in montagna di Makoto in cui Usagi cerca di passare del tempo con Mamoru che lavora come cameriere in un albergo.

Aveva quindici anni ed era estate!
Estate!
Vacanze!
Mamoru!
Ridendo tra sé, Usagi addentò il cono gelato per terminarlo rapidamente. Una volta varcata la soglia di casa, Chibiusa l'avrebbe vista subito e se avesse portato con sé anche solo una minima traccia del gelato consumato, beh... sarebbe scoppiato l'inferno. Chibiusa sarebbe corsa da sua madre ad accusarla di non averne comprato uno anche per lei, sua madre l'avrebbe guardata con un misto di disapprovazione e rassegnazione e l'avrebbe minacciata di non prepararle alcun dessert per cena se non avesse portato subito Chibiusa a mangiare un gelato.
Usagi sospirò, addolcendo il sapore delle sue sfortune solo col gusto della fragola.
Perché solo lei si trovava in una situazione simile? Di solito in un trio figlia-madre-nonna ad avere ragione e a decidere era la madre, quindi teoricamente lei stessa. Invece nel suo caso lei era una figlia che non era mai diventata madre ma che aveva una figlia ugualmente. E così alla fine era tormentata sia da sua madre Ikuko che da sua figlia Chibiusa e non aveva alcunissimo scampo.
Sospirò. Avrebbe voluto poter dare qualche colpa a Mamo-chan. Chibiusa era anche figlia sua, ma lui era ancora completamente innocente, visto che loro non avevano certo...
Arrossì e saltellò sul posto.
Era estate, lei aveva quindici anni, un mucchio di tempo libero e un Mamo-chan innamorato. Era tempo! Tempo di qualcosina in più dei baci da principi delle favole.
Avvampò e si coprì la faccia con le mani.
Giusto qualcosina-ina, immaginò. Lei non era pretenziosa né maniaca.
Una scia fredda le scivolò fin sulla fronte.
Il gelato le era finito nei capelli.

«COSA?!?»
«Ehm...» Mamoru si prese un momento per ripetere. «Da domani lavorerò come cameriere per una settimana in un hotel fuori Tokyo.»
«Perchééé?!» urlò disperato il telefono.
«Te l'ho detto, Usako. Motoki ha bisogno che lo copra con questo lavoro, altrimenti-»
«Non ha altri amici?!?»
«Beh... sono l'unico libero.»
«Tu non sei libero!» gridò di nuovo Usagi. «Tu sei-!» abbassò di colpo la voce, «tu sei Tuxedo Kamen! Devi esserci per combattere assieme a noi.»
L'aveva tenuto presente. «Nelle ultime battaglie non ti sono stato tanto utile. Devi solo fare in modo di stare sempre assieme alle ragazze quando combatti. Non mettere in pericolo Chibiusa.»
Il telefono trasmise un lamento scoraggiato.
«Cosa c'è?»
«Mamo-chan... è estate.»
Sì, era la penultima settimana di Luglio.
«Sono in vacanza...»
Già, la scuola per lei era appena finita.
«Non mi vuoi bene?»
Sorridendo, lui alzò gli occhi al cielo. «Certo che sì. Cosa c'entra?»
«Volevo passare l'estate con te...»
«Usako... l'estate non finisce con la prossima settimana.»
«Ma c'è sempre Chibiusa assieme a noi...»
Non gli piaceva quando Usagi nonimava Chibiusa come se fosse un intralcio, ma in parte la capiva. «Qualche volta usciremo di sera, così tua madre la terrà a casa.»
«Davvero?»
Sentirla tanto delusa finì con l'intristire un poco anche lui. «Davvero.»
«Non puoi proprio rifiutare?»
«No» sospirò. «Sai che alla macchina servono batteria, gomme nuove e un controllo completo dal meccanico. Se guadagno i soldi che mi servono ora, risparmio quelli che mi entrano in conto il prossimo mese.» La sua eredità gli veniva passata con un assegno mensile e la situazione non sarebbe cambiata fino al compimento dei suoi vent'anni. Aveva ancora bisogno di lavorare per le spese extra.
Il sospiro di Usagi fece commuovere il telefono. «Ti voglio bene, Mamo-chan.»
Per un momento lui volle ringraziarla solo per come quelle parole lo facevano sentire ogni singola volta.
«Aspetterò impazientemente il tuo ritorno» aggiunse lei. «Mi mancherai.»
Mamoru desiderò poter accarezzare una delle sue code bionde, passarci le dita e farla sorridere. «Una settimana passerà in fretta.»
«Hm-mh» concordò malamente lei. «Ciao.»
«Ciao» le disse lui. Usagi riattaccò senza dire altro.
Mamoru rimase a guardare il telefono.
Usako faceva sempre così quando era delusa, si disse. Si sarebbe ripresa presto, era una delle sue migliori qualità.
Appoggiò il cordless al suo posto.
Si diresse nella sua stanza, a fare la valigia. Trovò uno zaino dentro l'armadio e lo giudicò meno ingombrante e più pratico del borsone. Lasciò la mano ferma sull'anta.
Avrebbe chiamato Usagi dall'hotel appena avesse potuto.
Afferrò una bretella.
Se Usagi si fosse sentita sola, una chiamata non avrebbe reso felice solo lei.

Nel bel mezzo di una favolosa piscina dall'acqua cristallina, col sole splendente e una marea di bei ragazzi e ragazze che facevano bella mostra di sé in costume, per Usagi la vista migliore fu quella che incrociò tra un paio di spaghetti e un pollo allo spiedo.
«Mamo-chan!» bofonchiò a bocca piena.
Mamoru si fermò e voltò la testa, bilanciando a stento le due pila di piatti sporchi che teneva tra le mani. «Usagi? E anche voi ragazze...» Non riuscì nemmeno a ridere. Perché si era preoccupato? Il destino, in un modo o nell'altro, non separava mai lui e Usagi.
«Ma che fortuna incontrarci qui per caso!» dichiarò lei.
Mamoru aggrottò la fronte. Era una commedia a beneficio delle altre? Quella stessa mattina le aveva lasciato un messaggio in segreteria per dirle esattamente dove si trovava, nel caso ci fosse stato bisogno di lui per qualche emergenza.
Lei si alzò da tavola. «Mamo-chan, cosa ne dici di andare a fare un giro noi due soli?»
Non poteva. «Scusami, ma adesso sono molto occupato.» Cercò di dare l'idea col numero di piatti che portava. «La paga è buona e anche le mance, ma c'è molto lavoro. Devo darmi da fare.»
«Mamoru-san!» gridò uno dei suoi colleghi in lontananza.
«Eccomi!» Andò via e si ricordò di non aver salutato Usagi solo dopo una decina di passi. Voltandosi, riuscì a vedere solo che lei sembrava china sul piatto.
«Mamoru-san, aiutami!»
Non gli restò che tornare al lavoro.

Sera, dopo la battaglia.
Incartata come una busta nel suo futon - in montagna faceva sempre freschino di sera - Usagi guardava il soffitto.
Makoto era stata bravissima durante il combattimento. La sua dedizione aveva pagato, ricompensandola pienamente. Peccato che avesse deciso di interrompere d'improvviso il suo allenamento - per non affezionarsi troppo ad un certo tipo pelato, sospettava Usagi - e quello era un vero disastro. Un disastro gigantesco, crudele.
Ebbe voglia di piangere. Seppure tanto vicina a Mamo-chan, non sarebbe riuscita a stare sola con lui nemmeno per un attimo. Se avesse provato a lamentarsi Rei l'avrebbe aggredita per la sua immaturità, Ami avrebbe obiettato che solo a Tokyo potevano studiare bene, Minako le avrebbe lanciato dardi d'invidia con gli occhi e Makoto non avrebbe mai creduto che fosse venuta fino a lì per lei. Invece era proprio così, solo che la presenza di Mamo-chan nelle vicinanze le aveva permesso di acchiappare due piccioni con una fava e quale ragione c'era per non approfittarne?
Nessuna, si rispose.
Perciò, molto discretamente, iniziò a scivolare fuori dalle coperte.
«Dove credi di andare?» le domandò un bisbiglio alla sua destra.
Usagi sentì la pelle d'oca. «In bagno.»
Minako tirò la testa fuori dalle lenzuola. «Ci sei stata dieci minuti fa.»
«Ecco... Ho bevuto molto oggi.»
«Io no. E non me la bevo neanche adesso.»
Usagi piagnucolò in silenzio. «Minako! Minakochanuccia, abbi pietà!»
Minako affondò una risata bassa nel futon. «Ma certo, vai!»
«... Davvero?»
«No, per finta.»
Usagi non riuscì a credere alle proprie orecchie. «Minako... veramente non ti dà fastidio?»
«A me?» La sorpresa fu sincera.
Usagi non seppe come commentarla.
«Vuoi andare o no?»
«Certo!» Scattò in piedi, silenziosa e leggiadra come la migliore delle ladre. «Torno presto!» Sgattaiolò fuori.

«Ma davvero pensava che non la sentissimo?» Rei si voltò su un fianco.
«Beh» bisbigliò perplessa Makoto. «Ami dorme.»
«... sono sveglia.»
«Non dormiva nessuno!» ridacchiò Minako.
«Io ho ancora l'adrenalina!» Makoto tirò un paio di pugni allegri in aria.
«Shh!» le ammonì con una risata Rei. «Nel resto dell'albergo riposano.»
Minako mise il broncio. «È proprio da escludere la battaglia dei cuscini parte due?»
Rei non si lasciò distrarre. «Cosa intendeva dire Usagi quando ti ha chiesto se non ti dava fastidio che se ne andasse?»
Nel buio della stanza la pausa fu brevissima. «Non so. Avrà capito male.»
«Secondo me sì» commentò Makoto. «Tu sei proprio come tutte noi, Minako. È difficile non essere un pochino invidiosi della fortuna di Usagi.»
Rei comprese. «Esatto. Non c'è niente di male ad essere un po' depressi nel non avere un ragazzo tutto per noi.» Trovò indispensabile fare un'aggiunta. «Se lo dite ad Usagi, vi punirò in nome di Marte.»
Minako era rimasta in silenzio.
Rei cercò soccorso. «Non la pensi così anche tu, Ami?»
«Hmm... beh, io credo che siamo ancora troppo giovani per avere un fidanzato-»
«Ami.»
«Però penso anche che abbiamo un'età in cui il bisogno di romanticismo è forte-»
«Ami.»
«Oh, lasciami parlare!»
Attonita, Rei si zittì.
Poté quasi vedere l'imbarazzo di Ami, anche nel buio. «Volevo solo dire che... l'amore ci attira tanto. Vederlo accanto a noi provoca un fortissimo desiderio di viverlo. Non è invidia.»
Nella stanza si levò un sorrisino. Minako si allungò nella direzione di Ami. «Allora tutti quei libri servono ad acquisire un po' di vera saggezza.» Si allungò di lato e accese una piccola lampada. «Visto che nessuna di noi ha sonno, vi va una partitina a carte?»

Esperimento numero uno.
Usagi si trasformò nell'area vuota e buia delle piscine. Le vasche erano state coperte per la notte, cambiando completamente il panorama. Lei si era aspettata di trovare il riflesso magico della luna sull'acqua e invece al suo posto c'era solo il buio di grossi teloni di plastica nera. Sospirò tra sé, guardando il cielo nuvoloso che prometteva pioggia.
Strinse i pugni: si rifiutava di lasciarsi demoralizzare! Per un'atmosfera romantica non le ci voleva altro che Mamoru.
Se le cose andavano come sempre, lui avrebbe sentito che lei si era trasformata e sarebbe arrivato a controllare. Di solito era necessario che lei si trovasse maggiormente in pericolo, ma visto che era tutto tranquillo e non c'era in giro niente a distrarlo, Mamoru avrebbe dovuto percepirla anche così, no?
A meno che non se la stesse dormendo alla grossa.
Si appoggiò contro una cabina chiusa. In giro non c'era neanche un tavolino accanto a cui sedersi. Per paura della pioggia avevano messo via tutto.
E se Mamoru era già addormentato? Ne avrebbe avuto il diritto dopo una pesante giornata di lavoro.
Lei aveva tentato di intercettarlo mentre girava tra i tavoli ed erano riusciti a scambiare qualche parola, ma dopo un po' aveva capito che lo stava solo intralciando costringendolo ad ascoltarla mentre lavorava.
Lei non aveva pensato che a lui durante il giorno - con l'eccezione della battaglia, di Eugeal, di Makoto, delle sue amiche, delle Outers, di Luna e di Chibiusa, di Haruka e Michiru - ma Mamoru le era sembrato quasi indifferente. A volte aveva l'impressione che lui fosse quasi contento di poter stare un po' lontano da lei. L'amava, ma erano così diversi che forse Mamoru voleva trovare un po' di respiro dalle sue continue sciocchezze.
«Niente più mostri, vero?»
Lei si girò con un salto. «Mamo-chan!»
«Shh!» le indicò lui, con un dito guantato davanti alla bocca. Sorrideva.
«Niente più mostri!» confermò felice Usagi. Inclinò la testa. «Oggi non sei venuto perché eri impegnato?»
Lui annuì. «Ero riuscito a liberarmi, ma quando ero a metà strada il combattimento era già finito.» Si appoggiò contro la cabina, accanto a lei, una visione di confortante nero e bianco. «Forse dovrei allenarmi anche io come Makoto. A correre di più.»
Usagi scosse la testa. «Non abbiamo il potere della supervelocità.» Si rallegrò. «Sai che oggi non è servito il mio intervento per battere il nemico? Makoto ci è riuscita da sola.»
«Veramente?»
«Sì» annuì Usagi. Cercò di imitare le movenze dello sparkling wide pressure di Makoto. «Ha creato la sua palla di elettricità e l'ha scagliata contro il nemico a tutta potenza. È stata fantastica!»
«Nessuna delle altre si è fatta male?»
«No.»
«Neanche tu?»
Usagi fu confortata dalla domanda. Aveva imparato a lamentarsi di meno delle piccole ferite apposta per non dare inutili pensieri alle sue amiche, ma la preoccupazione di Mamoru rappresentava una dolce protezione anche solo a parole. «Sì, sto bene anche io. Eri in pensiero per me?»
«Sì» sorrise lui, inclinando il capo. La mascherina bianca era come trasparente per lei: riusciva a immaginare perfettamente lo sguardo di lui, sempre.
Accennò a due passi e posò la testa contro il suo braccio. «Eri addormentato?» sussurrò. Nemmeno lei seppe perché aveva abbassato la voce.
«Un po'.»
Lo strinse. «Scusami per averti svegliato.» E per non riuscire a pentirsi di averlo fatto. Era una ragazzina immatura, troppo scioccamente innamorata. «Perdonami.»
Sentì la stoffa delicata dei guanti di lui sulla propria nuca. Mamoru iniziò a seguire con le dita i suoi capelli; arrivò ad una sua coda e, piano, la divise tra i polpastrelli, trasformandola in lunghi fili.
Usagi chiuse gli occhi.
Dondolò lentamente contro di lui, quasi senza muoversi.
Quando le sembrò che mancasse qualcosa, iniziò a canticchiare la loro musica, la melodia del carillon.
Mamoru chinò il capo verso la sua testa e il suo respiro le sfiorò la testa.
Cominciò a dondolare con lei, in passi accennati che conoscevano entrambi.
Usagi fu felice.
Nel cielo scoppiò un fulmine.
«Ahhh!» urlò lei.
«Shh!» rise Mamoru, stringendola. «È solo il temporale!» La sentì tremare e si fece serio. «Ti accompagno al tempio?»
Dalla montagna vicina il cielo si aprì come un manto, tanto violentemente che bastò un altro lampo a far intravedere la coltre di pioggia che correva verso di loro.
Mamoru armeggiò dentro una tasca. «Aspetta... Ho la chiave di questa stanza degli attrezzi...»
Usagi cominciò a saltellare. «Fai in fretta!»
«Trovata.» Mamoru infilò la chiave nella toppa e la aprì proprio quando la pioggia cominciò a battere sui teloni delle piscine. Usagi sentì una goccia d'acqua che la picchiava sul collo appena un istante prima di chiudersi dietro la porta della cabina. Dentro la stanza piena di sedie, tavoli e ombrelloni ripiegati, c'erano meno di tre metri in cui muoversi. «Per chi è uscito la serata è rovinata...» Venendo lì aveva visto in lontananza le luci di una discoteca.
Mamoru prese una sedia da una pila. La depose a terra. «No. Ha piovuto così anche ieri sera, solo per una decina di minuti. Il meteo aveva previsto temporali sparsi in tarda serata. Si calmerà tra poco.»
Usagi non poté fare a meno di sorridere. «Non mi dispiace essere intrappolata qui con te.»
Lui depose la maschera sull'angolo di un tavolo. «Lo so.»
La pioggia stava torturando il tetto della cabina-deposito in cui si erano rifugiati. Usagi lanciò un'occhiata al pavimento spoglio, alla stanza lugubre con una singola lucetta, alle pareti privi di qualunque poster o cartello. Si fece venire un'idea. «Ti va di-?» Si bloccò in tempo. Si coprì la faccia fino alle guance.
«Cosa?»
«Ehm...» Di giocare a carte? Ma non aveva delle carte! E poi la sua vera idea era migliore, anche se tremendamente sfacciata.
«Che cosa volevi proporre?» sorrise lui. Si era tolto il cilindro e gli bastava un'illuminazione minima per essere affascinante come un principe.
Era un principe.
Usagi deglutì. «Di...» E lei era la sua principessa. «Di... baciarci?»
Mamoru si ritrasse come se avesse visto un ragno.
In lei, dopo una doccia gelata di imbarazzo, vinse un pizzico di offesa. «Se non vuoi...» abbassò lo sguardo, «fammelo capire in un altro modo.» Sarebbe stato carino. Educato. Giusto. Meno cafone, meno antipatico e meno... doloroso.
Le rispose una risata tanto bassa da non sembrare quasi tale. «No, il...» Mamoru si interruppe e ricominciò a parlare. «Il fatto è che... detto così...»
Usagi sollevò le sopracciglia.
«Niente» chiarì lui. «Nulla.» Sorrise. «Beh... sì, certo.»
Eh? pensò lei.
Mamoru la raggiunse e si sedette sul tavolo che le stava accanto. «Non è molto romantico, tutto qui.»
La sua proposta era stata accettata. Usagi cercò di non scoppiare a ridere. «Tu sei più bravo di me a essere romantico.»
«Pensavo che ti piacesse.»
«Mi piace.»
«No, voglio dire che a volte cerco apposta situazioni romantiche perché so che piacciono a te.»
E quindi a lui non piacevano tanto?
Mamoru intuì la domanda e iniziò a entrare nel panico. Quando scosse la testa Usagi comprese la sua sincerità e volle ridere. Decise di agire in una maniera ancora migliore.
«Smack.»
«Che?»
In piedi tra le sue gambe, lei si sporse in avanti. «Pciù.» Appoggiò la bocca sulla sua e gli zittì i pensieri.
Sotto le sue, le labbra di Mamo-chan furono morbide e ferme, ancora esitanti. Quando si rilassò, come sempre, lui massaggiò la bocca sulla sua, facendola sentire una vera principessa.
«Mi manchi già dopo un giorno.» Usagi tornò a far schioccare le labbra contro quelle di lui, appena. Sentì una punturina di gioia nel petto quando Mamoru cercò di non farla andare via, sporgendosi in avanti. Lei non gli sfuggì, posando le mani sulle sue spalle.
Per qualche momento, lasciò che fosse lui a baciarla piano, con tocchi lievi su tutta la linea della sua bocca.
Amata, quietamente adorata, riprese a canticchiare. «Hm-hm-mh-hm, hm-hm, hm-hm hm hm...»
«Pensavo che la trovassi triste...»
Con gli occhi chiusi, Usagi premette di nuovo la bocca su quella di lui, delicata. «Non tanto... non più.» Respirò dalla sua guancia. «Sono triste quando non sei con me, ma quando la canto così...» Alzò lo sguardo. «Mi ricordo di adesso.» Sulle sue labbra, fece di nuovo pciù. «E allora torno felice.»
Lui unì le sopracciglia. «... Mi manchi anche tu.»
Usagi lo strinse forte.
Non aveva bisogno di musica. Di nient'altro.
Sorrise alla notte piovosa, alla cabina in penombra e soprattutto a Mamoru, anche se non poteva vederla. «Se stiamo così abbastanza a lungo, mi passerà la paura dei fulmini.»
Un tuono le trasmise un brivido, smentendola.
«Funziona meglio la tecnica di prima.» Tenendola per le spalle, Mamoru riuscì a scostarsi abbastanza da guardarla.
Usagi intuì il suggerimento e tornò a ricevere un bacio. Lo diede proprio come lui, senza più giocare come bambini. Separò le labbra quasi per caso, di poco, e come sempre non si affrettò a riunirle. Assaporò il piccolo brivido del gusto, solo sulla punta della lingua. Sorrise del tremito che fece vibrare di calore i suoi sensi, ma non riuscì più a farlo quando non volle separarsene.
Mamoru non si ritrasse, rimase lì, a farla restare in bilico tra dolcezza e un precipizio profondo. Conosciuto.
Usagi si sbilanciò.
Impossibilitata a parlare, emise un mormorio di timorosa resa.
Mamoru allontanò la bocca dalla sua, gli occhi aperti.
Lei deglutì, chiuse i propri e riunì le labbra alle sue. Estate. Un amore grande, da grandi. Scelse di sentire il sapore che prima l'aveva assaltata con la sua sola presenza.
La melodia del carillon risuonò dentro le sue orecchie. Nella stanza.
Il bacio un po' più adulto si ricordò da solo di essere già esistito.
Con gioia immensa, nel mezzo di una guerra, infinite epoche addietro. Era stato osteggiato, desiderato, ricercato, trovato con sollievo inatteso, adorato per istanti preziosi, crudelmente ucciso e infine rimpianto anche nella morte.
Le cadde una lacrima.
La goccia toccò il naso di lui.
«... piangi?»
Mamoru non aveva ricordato. Usagi comprese che non era accaduto neppure lei. Era stata solo... una sensazione.
«Possiamo farlo di nuovo?» Non provò vergogna nel chiederlo.
Ricevette ancora una volta il suo bacio adulto, gustoso, da brividi. Felice. Rise nel ricambiarlo, anche per Serenity che non c'era più.
Poi si dimenticò di lei, com'era giusto e bello.
Solo Usagi. Solo Mamoru.
Non c'era nessun altro lì con loro.
Quando lui accennò ad accelerare il ritmo, Usagi si allontanò con le guance in fiamme. «Ehm...»
Mamoru annuì con un sorriso. Aveva capito.
Sollevò lo sguardo, facendo vagare gli occhi.
«Non piove più.»
Usagi aguzzò l'orecchio. Non riuscì a crederci. «È già finita?»
«Siamo qui da un po'...»
Due minuti. Cinque. Dieci?
Mamoru si alzò dal tavolo. «È tardi. Ti accompagno al tempio, così vedo dov'è.»
Usagi rilasciò un lungo sospiro. «Non serve. Domani torniamo a Tokyo.»
«Oh.»
La delusione di lui le provocò un sottile piacere assolutamente non vendicativo. «Torna presto a casa, hm?»
«Appena finisce la settimana» annuì lui.
Era solo martedì.
«Magari Motoki si libera prima» offrì Mamoru.
Usagi gli regalò un nuovo pciù sulla bocca. «Speriamo. Quando tornerai, verrò a trovarti con Chibiusa.» Perché Mamoru le voleva tanto bene e lo avrebbe fatto felice vedere anche lei.
Glielo confermò l'espressione di lui.
Aprendo la porta della cabina, Usagi si morse un labbro e lanciò un'occhiata al pavimento bagnato. «E poi magari ci sbarazziamo di lei?»
Seguì un istante di silenzio.
«Perché no?»
Usagi sentì di aver vinto le Olimpiadi. «'Notte, Mamo-chan.»
«Buonanotte.»
Lui le sfiorò una mano e Usagi usò una volontà di ferro che non aveva per sfuggirgli dalle dita. «Ti amo!» bisbigliò forte, per compensazione.
A lui era rimasta la voglia di un saluto più affettuoso e meno affrettato, proprio come aveva sperato lei.
«Anche io» le disse e Usagi riuscì a correre via solo ricordandosi che gli sarebbe mancata tantissimo durante quella settimana. Al suo ritorno, lui sarebbe stato più amorevole che mai.
Correndo tra gli alberi di montagna, guardò la luna che spuntava dalle nuvole nere.
Quant'era faticoso, pensò, seguire i suggerimenti di Rei.

«Allora non hai detto niente?» insistette Usagi, facendosi spazio nel treno, alla ricerca del loro posto.
Minako si trattenne dal sospirare. «No.»
«Di che parlate?» Luna aguzzò le orecchie.
Minako trattenne una risata malvagia. Alla guardiana Luna la sua protetta era sfuggita in un momento cruciale. Di lì a qualche anno - o a qualche mese? - questo avrebbe significato che una certa ragazza che non riusciva a stare lontana dal suo fidanzato avrebbe perso la propria innocenza. E l'avrebbe fatta perdere a lui, il che, considerando l'età di quest'ultimo, sarebbe stata una buona cosa. In ogni caso, pensò, Luna sarebbe rimasta all'oscuro, fallendo nel suo compito di supervisione.
Fortuna che il Regno Argentato era morto e sepolto.
«Hehehe» ridacchiò scioccamente Usagi. «Niente!»
Sospirando, Minako indicò davanti a sé. «Luna! Artemis guarda un'altra gatta!»
«Cosa?» Luna sgusciò via, sotto i sedili e tra le gambe dei passeggeri già accomodati.
Usagi prese posto con un sorriso.
Minako lanciò un'occhiata consapevole ad Ami - che arrossì e tenne bassa la testa - a Rei - che ricambiò con un occhiolino - e a Makoto - che scrollò le spalle.
Soddisfatta del suo inesistente segreto, Usagi tirò fuori dallo zaino una vaschetta di cibo. «Chi vuol mangiare?»
«Io!» si aggregò Minako.
Tra sé, cercò di non ridacchiare troppo.

FINE



NdA - In tv la terza serie è passata troppo in fretta, ma per fortuna ho gli episodi. Ho ancora qualcosa da raccontare e quando mi verrà l'ispirazione, come oggi, cercherò di farlo.
Spero che questa piccola one-shot vi sia piaciuta :)
Per me sarebbe un piacere sapere di avervi trasmesso qualcosa.

Oh, recentemente ho aggiornato anche con un nuovo capitolo della raccolta 'Red Lemon' e più precisamente con Usagi/Mamoru II, scene che non avevo mai raccontato estrapolate dal quarto capitolo di 'Oltre le stelle'. Solo per maggiorenni ;)

Alla prossima!
ellephedre

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Capitolo 7
*** Lovely Valzer ***


Super Usagi!
Super Usagi!

Autore: ellephedre

Disclaimer: i personaggi di Sailor Moon non mi appartengono. I relativi diritti sono di proprietà di Naoko Takeuchi e della Toei Animation.


6 - Lovely Valzer.
All'interno dell'episodio 108, 'A tempo di valzer'
Breve riassunto dell'episodio 108: Usagi, Mamoru e le altre vengono invitate da un gentiluomo inglese ad un ballo nella sua grande villa. Usagi fa una serie di figuracce perché non conosce l'inglese e il mostro di turno - comandato da Eudial - attacca il padrone di casa.
La scena che segue si svolge appena dopo la fine del combattimento.


Usagi si era allontanata dalla sala da ballo.
Il bello di una battaglia? Mamoru veniva sempre a cercarla dopo lo scontro. Per controllare come stava, diceva lui. I suoi occhi la percorrevano da capo a piedi, fermandosi sulle mani per controllare che non vi fossero bruciature, sulle gambe per verificare che fossero libere da lividi e sul viso, per assicurarsi che neppure un graffio l'avesse ferita.
In quei momenti Usagi si sentiva coccolata. Protetta, amata.
Quella sera tuttavia aveva due cosine da dire a Mamoru, perciò era giusto che lui soffrisse un po'.
Nascosta dietro il tendaggio del balcone, provò a scrutare il salone gremito di gente. Il mostro musicale - una pazza che lanciava note assassine - aveva combinato un bel caos. Prima che gli invitati si svegliassero dopo lo svenimento generale, lei e le altre ragazze avevano trovato uno sgabuzzino e vi avevano buttato dentro tutte le sedie e i tavoli che si erano rotti durante la battaglia.
Qualche invitato si stava ancora chiedendo perché ci fossero meno posti a sedere o dove fossero finiti quei graziosi tavolini pieni di tartine, ma tutto sommato nessuno si era accorto del disastro appena scampato. Nel giro di qualche minuto i camerieri avevano offerto dell'acqua a tutti gli ospiti, che si erano ripresi e avevano ricominciato a danzare come se nulla fosse.
Usagi trasalì e tornò dietro la tenda.
Beccata.
«Usako?»
Esitò nel rispondere.
Mamoru uscì sul balcone. «Usa.»
«... Mamo-chan.» Fare la difficile per lei era sempre difficilissimo, lui non era mai d'aiuto. Quella sera indossava uno smoking simile a quello del suo costume da Tuxedo Kamen. Mancavano il mantello e la maschera, ma vestito in quel modo per lei era un sogno diventato realtà.
Non per lei sola.
Ritrovò il broncio.
«Ti stavi nascondendo?»
«Hm-mh.»
Lui non capì se era un sì o un no. «Stai bene?»
«Sì» gli rispose subito. Ce l'aveva con lui, ma non al punto da farlo preoccupare.
Mamoru piegò un angolo della bocca verso l'alto, nascondendo l'altro nelle guance, un sorriso assolutamente letale e affascinante.
Scorretto!
«Che cos'hai, Usa?»
La lista dei crimini di lui era lunga. «Stamattina ci hai prese in giro.»
«Come?»
«Avevi detto che qui parlavano solo inglese!»
Mamoru si concentrò. «Era una possibilità.»
«Hai fatto spaventare Rei e Makoto! Io ero così nervosa che ho fatto una figuraccia!» Budino alla relatività! Che vergogna!
«Ma non è stata colpa tua. Hai scambiato un drink alcolico con del succo di frutta e ti sei ubriacata.»
Si credeva spiritoso? «Li ho confusi perché ero agitata. Per colpa tua!»
Lui sollevò le mani. «Va bene, mi dispiace. Volevo solo che t'impegnassi con l'inglese. Questo ballo era l'incentivo giusto.»
Ecco! «Infatti non vedevo l'ora di venire qui per ballare con te! Ma tu hai prestato attenzione solo ad altre ragazze!»
«Ci sono state solo quattro danze, Usa.»
Usagi lo fulminò con lo sguardo.
«Tu sei andata via con Edwards e le altre.»
Lei cercò di cuocerlo con gli occhi, a fuoco lento e doloroso.
A Mamoru uscì una smorfia. «Vuoi che balliamo ora?»
«Non mi va più» dichiarò Usagì. Incrociò le braccia. «Cercherò Haruka-san e ballerò di nuovo con lei.»
Mamoru non disse nulla.
Quando lei aprì un occhio, notò che lui osservava rassegnato il cielo.
Ebbe voglia di pestare i piedi. «Possibile che tu non sia geloso?»
Mamoru era perplesso. «Tenou-san è una ragazza.»
Ma contava il principio! Lei era ancora gelosa marcia della bellissima coppia formata da lui e Michiru-san. Aveva resistito solo perché Haruka-san l'aveva distratta col suo fascino e la sua bravura.
«Usa...»
Il divertimento di lui la fece tremare di rabbia.
«Magari ti farà piacere saperlo: White voleva ballare con te.»
Lei si voltò con uno scatto. «Uait?»
«White.» Mamoru aggrottò la fronte. «Il ragazzo inglese, quello biondo.»
Oh. Il ragazzo che le aveva fatto i complimenti per la sua unicità dopo la storia del budino. Che persona simpatica.
«Mi ha chiesto se mi avrebbe dato fastidio.»
Ma certo che no, a lei piaceva ballare!
Smise di ridacchiare quando notò il sopracciglio alzato di Mamoru.
Lui si chinò in avanti, le mani infilate nelle tasche dei pantaloni. «Per quale motivo tu puoi essere gelosa se io ballo con altre, e io non me la devo prendere se tu ti diverti ad accettare le proposte altrui?»
Usagi tentò di sfoderare un sorriso. «Haruka-san è una ragazza.»
Mamoru non disse nulla.
«Ehm... che cosa hai risposto a Uait?»
Lui considerò la possibilità di non farglielo sapere. Poi scosse la testa. «Gli ho detto che mi avrebbe dato fastidio.»
Usagi si sentì un budino sotto il fuoco.
«Ti trovava... un po' troppo simpatica.»
Oh, se Mamo-chan le diceva anche una sola parola in più, sarebbe arrossita fino alla punta dei capelli.
Si attaccò al braccio di lui. «I lov yu
Mamoru inclinò la testa per guardarla sereno, sicuro del suo amore.
«I love you.»
Era così che lei lo voleva vedere. «Mi stai correggendo o me lo stai dicendo?»
Mamoru si limitò a sorridere.
Usagi gli prese le mani e accennò un passo di danza. «Balla con me, mio principe.»
Il principe del suo passato, eroe del suo presente e uomo del suo avvenire.
Rise e lo trascinò in tondo, verso la sala.
Cominciando a ballare anche lui, non smise più.

FINE



NdA - nell'episodio 108 segue una scena in cui le ragazze osservano Usagi e Mamoru che ballano serenamente. Ho voluto descrivere cos'era accaduto poco prima.
Spero che queste poche righe vi siano piaciute. Se vi hanno strappato un sorriso, fatemelo sapere :)

ellephedre



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Capitolo 8
*** Chi ha paura? ***


Super Usagi!

Autore: ellephedre

Disclaimer: i personaggi di Sailor Moon non mi appartengono. I relativi diritti sono di proprietà di Naoko Takeuchi e della Toei Animation.


7 - Chi ha paura?
All'interno dell'episodio 110, 'La tragedia'
Breve riassunto dell'episodio 110: Haruka e Michiru scoprono di avere i talismani. Le inners hanno scoperto la loro identità solo nell'episodio 109 e ne sono rimaste profondamente turbate. Per questa nuova scena di Super Usagi ho preso spunto da un momento in cui Mamoru, nell'episodio 110, esprime a Chibiusa la sua preoccupazione sul fatto che Usagi sia sparita dopo una chiamata di Haruka. La scena che ho descritto si svolge idealmente nel luogo in cui Usagi e Mamoru parlano della pazzia che Minako che vuole farsi rubare il cuore puro, all'interno dell'episodio 109.


Cerchiamo i talismani.
Li avremo anche a costo di sacrificare cuori puri.

Le briciole della crêpe si erano sparse tra le pieghe della sua gonna blu. Alcune erano cadute a terra, mescolandosi con la polvere dell'area giochi del parco. Non le aveva mai fatto tanta poca pena vedere del cibo sprecato: non aveva neppure voglia di mangiare la crêpe profumata di cioccolato che aveva tra le dita.
«Hanno paura...» disse e sentì di avere timore anche lei. Sarebbe mai riuscita a vincere la l'ostinazione di Haruka e Michiru?
Aveva sempre creduto che Uranus e Neptune fossero due guerriere testarde che facevano di tutto per apparire minacciose. Aveva imparato a conoscere un poco meglio Uranus e si era resa conto che Haruka e la sua compagna avevano buone intenzioni, proprio come lei e le altre. Se erano decise a ricorrere al sacrificio di persone buone, si era detta, era solo perché non avevano visto altra alternativa. Solo in due, da sole, poteva essere stato difficile per loro combattere come guerriere Sailor.
Aveva immaginato che Uranus e Neptune fossero due ragazze grandi - forse sui vent'anni - ragazze sole che si erano preoccupate per troppo tempo solo del loro dovere, dimentiche di cosa poteva offrire un'esistenza di pace e di quanto fosse preziosa.
Non aveva visto dietro i loro occhi severi la tristezza lontana dello sguardo di Michiru. Non aveva incontrato nel colore delle iridi determinate di Uranus il blu spento di Haruka, desideroso di calma e di una pacata dolcezza.
Uranus e Neptune erano diventate persone con un'identità nell'acquisire dei nomi, ragazze poco più grandi di lei. Michiru Kaiou amava la pittura, sapeva creare poesia con la passata di un pennello o l'arco di un violino. Haruka Tenou correva con la sua moto e con la sua auto, come se la vita fosse da affrontare ad alta velocità, piena di entusiasmo.
Usagi non capiva.
Non conosceva i loro motivi e non comprendeva la loro testardaggine, ma le facevano entrambi paura. Com'era possibile avere tanta passione, conoscerla da vicino, ed essere pronte a calpestarla in altre persone?
Come si poteva essere buone e allo stesso tempo... cattive?
La risposta era paura, no?
Dita attente strapparono un pezzo della sua 
crêpe. Mamoru se la portò alla bocca e sorrise.
Usagi si sentì meno sola: quando la vedeva molto giù, il suo Mamo-chan faceva cose buffe per farla ridere. Quando la vedeva preoccupata, come in quelle settimane, le proponeva progetti rilassanti, come quello di girare un po' per la città in cerca di luoghi sempre nuovi in cui passeggiare. Solo quel pomeriggio erano tornati in un posto già visitato: dal giorno prima, dalla scoperta dell'identità di Haruka e Michiru, lei aveva avuto troppi pensieri per la testa per pensare di svagarsi andanzo a zonzo per Tokyo senza meta.
Mamoru terminò di masticare e mandò giù come faceva spesso, deglutendo con un'eleganza misteriosa, quasi che il cibo non gli fosse nemmeno passato per la gola. Sembrava avere più fame di lei e Usagi gli passò la crêpe.
«Credo che sia così» le disse lui. «Hanno paura del Silenzio di cui ti ha parlato Tenou. Sono spaventate e per questo pronte a tutto.»
«Io devo fermarle.» Non poteva permettere loro di diventare delle assassine. Non voleva, si sarebbe sentita in colpa per sempre.
«E' possibile che non vogliano essere fermate.»
Lei si irrigidì. «Non dire così.» Nessuno poteva arrendersi in partenza.
Mamoru sospirò. «So che vuoi impedire che facciano male a degli innocenti. Ti aiuterò in questo, Usa, lo faranno tutte. Ma...» Le prese una mano e quando intrecciò le dita tra le sue, Usagi seppe che voleva proteggerla dalle proprie parole. «Potrebbero spingersi anche a farti del male se non stai attenta.»
Lei resistette all'impulso di allontanarsi. «No. Non le conosci, loro...» Certo, non le conosceva bene neppure lei, ma le conosceva: sapeva che non possedevano un animo nero. «Non lo farebbero mai.»
«A volte bisogna credere a quello che dice una persona.»
Usagi balzò in piedi. «Hanno paura, ma io non posso avere paura di loro!» Si voltò e quando incontrò l'espressione triste di lui sentì che condividevano lo stesso dolore. «Perché mi spingi ad arrendermi?»
Mamoru scosse la testa. «Voglio che tu sia prudente.» Cercò di distendere la bocca e il suo sorriso fu simile a quello di un momento preciso, un momento tanto lontano da essere quasi impossibile da ricordare con certezza. «Pensa a un cucciolo di animale» le disse.
Usagi rimase in silenzio e provò a seguirlo.
«Un animale selvatico. Se lo accerchi lui si stringe in un angolo. Se provi a tendergli la mano, ti graffia o ti morde. Lo fa per difendersi.»
«Sì» mormorò lei, senza comprendere.
«Anche da grandi rimaniamo tutti un po' cuccioli e come uomini e donne siamo selvatici a volte. Quando sentiamo che qualcosa a cui teniamo molto è in grande pericolo, possiamo diventare aggressivi.»
Distanti e minacciose, come Haruka e Michiru?
«In quei momenti bisogna avere tanta pazienza, Usagi. Penso che Uranus e Neptune siano brave persone: ciò a cui tengono tanto è la salvezza del mondo, non obiettivi personali.»
Esatto, come potevano essere cattive due persone così?
Mamoru annuì. «Se provi a fermarle senza dare loro il tempo di comprendere le tue ragioni, potrebbero farti del male. Sono disperate e disposte a sacrificare persone innocenti per i loro scopi; se le ostacoli non rimpiangeranno di aver fatto male anche a te.»
Non avremo rimpianti a prescindere da chi sacrificheremo.
Usagi sospirò. «Spero... che non si trovi alcun talismano nelle prossime settimane.» Se era come diceva Mamo-chan - ed era come diceva lui - l'unica soluzione era il passare del tempo. Se avesse avuto qualche settimana in più a disposizione avrebbe potuto tentare di far capire ad Haruka e Michiru che combattendo insieme le guerriere Sailor potevano salvare il mondo da sole, senza sacrificare alcuna vita umana.
«Avrai un po' di pazienza allora?»
Mamoru stava sorridendo come prima, quel sorriso un po' malinconico che le generava dentro tanta pena. Non le aveva più visto da quando...
Tornò a sedersi accanto a lui, sul palo di legno basso che sosteneva la composizione di casette, ponti e scivoli su cui si erano fermati a riposare. Non c'era nessun bambino in giro: minacciava di iniziare a piovere da un momento all'altro.
«Devi avere fiducia in me.» Gli prese un mano tra le proprie, tra tutte e due, per farlo sentire al sicuro. «Quando sarà il momento farò cambiare idea ad Haruka e Michiru, ma intanto... non correrò pericoli inutili.» Non ne correva mai, aveva sempre uno scopo degno di essere perseguito con tutte le sue forze, a costo di qualunque cosa. Era stato così anche quando aveva abbandonato Mamoru e il suo ultimo sorriso triste, là in quel castello scuro e lontano, al Polo Nord; là in quel tempo in cui lui era morto e lei gli aveva disubbidito, andando a combattere Metallia contro il desiderio che lui le aveva espresso in punto di morte.
Accarezzò il dorso della sua mano con un pollice. «Tu non vorresti, vero, che io scappassi di fronte a quello che devo fare?»
Sembrò pesargli tenere le palpebre aperte. Le chiuse. «No. So che non potresti mai perdonarti di non essere intervenuta.»
Esatto. Era una lezione che aveva imparato con la morte delle sue amiche, grazie al loro coraggio e alla loro forza.
Si sporse in avanti e strofinò la guancia contro la spalla di lui. «Non permetterò che le cose vadano male, Mamo-chan, perciò nemmeno a me o a te succederà niente. E' una promessa.»
Lui appoggiò la crêpe sul palo di legno, in un equilibrio strano e perfetto, e spostò una mano dietro la sua schiena. Non la abbracciò - non completamente - ma iniziò a far dondolare, piano, una delle sue code, come se la stesse suonando.
Usagi intonò un motivetto sciocco e stonato che si inventò sul momento.
Mamoru la lasciò fare. Continuò a muovere le dita e, di tanto in tanto, le sfiorò la spalla.
Usagi chiuse gli occhi e si abbandonò senza pensieri.
La paura non era per lei. Non era per Mamoru.
Non era per Haruka, né per Michiru.

FINE



NdA : una piccola scena frutto di ispirazione improvvisa. Scrivere della tristezza di Usagi nell'ultimo capitolo di 'Verso l'alba' mi è servito ;)
Grazie per essere qui a leggere e anche delle vostre parole, se vorrete farmi sapere cosa pensate di questo nuovo episodio di 'Super Usagi'.

ellephedre



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Capitolo 9
*** Una lettera ***


Super Usagi!

Autore: ellephedre

Disclaimer: i personaggi di Sailor Moon non mi appartengono. I relativi diritti sono di proprietà di Naoko Takeuchi e della Toei Animation.


8 - Una lettera.
Dopo l'episodio 117, 'Il salto in alto'


Mentre le porte dell'ascensore si chiudevano, Mamoru strizzò gli occhi, cercando di attenuare la sensazione di lieve e fastidioso bruciore. La mancanza di sonno gli aveva reso le palpebre pesanti, gonfie. Tempo di rientrare a casa, si disse, e avrebbe rubato di nuovo un paio d'ore di sonno, come il pomeriggio prima. Aveva un altro esame il giorno seguente e non poteva permettersi ulteriori distrazioni, ma dormire non lo era. In tanti anni di studio aveva imparato che si poteva economizzare sul tempo in molti modi, ma non sottraendo ore ad una sana dormita. Tutt'al più, ai passatempi.
Aveva avuto il suo ultimo giorno di completa libertà la domenica precedente, quando aveva accompagnato Usagi, Chibiusa e Hotaru Tomoe alla serra del suo senpai. Aveva pensato che fosse un bene non spendere altre dodici ore non stop attaccato ai libri. Era stata una buona idea e lo sarebbe rimasta se nei giorni successivi non avesse perso ore di studio preziose in questioni che, tuttavia, si erano rivelate molto più importanti di un semplice esame universitario: le Outers avevano pensato di fargli visita, per usarlo come tramite per comunicare con le altre guerriere. Inner Senshi le chiamavano, tra condiscendenza e un malcelato senso di fastidio; a loro modo di vedere, erano guerriere con poteri inferiori.
A suo modo di vedere, quelle tre sottovalutavano Usagi e le sue amiche. E sbagliavano, ma lui non si faceva illusioni: Uranus, Neptune e Pluto erano guerriere Sailor, ma potevano rappresentare un importante pericolo per le Inners. Erano state determinate nel chiarire che il loro scopo veniva prima di qualunque altra cosa, soprattutto prima di un inesistente senso di fratellanza tra guerriere Sailor. Se avessero ritenuto necessario fare del male ad Usagi per evitare che lei si intromettesse nella loro personale guerra, non ci avrebbero pensato due volte.
... Usagi non ne era convinta.
Uranus l'aveva derubata della sua spilla Sailor già in un'occasione, ma Usagi continuava a credere che fosse possibile trovare un punto di incontro. A lui cercava di non dirlo, per non alimentare la sua preoccupazione, ma ugualmente non si era spinta a fargli particolari promesse di prudenza. Lui non le aveva richieste: preferiva pensare che Usagi avrebbe ascoltato la ragione piuttosto che avere la certezza assoluta che lei fosse già intenzionata a non arrendersi neppure davanti all'evidenza. Lei non lo aveva mai fatto, non aveva mai mollato, e lui l'aveva sempre ammirata per la sua cieca fede nell'intrinseca bontà delle persone, ma in quelle circostanze...
Era in pensiero. Preoccupato, a volte teso. Non avrebbe voluto avere in testa lo studio in quei giorni.
Un'occhiata alla sua sinistra gli confermò che all'ascensore mancava ancora un piano da percorrere. Approfittò dei pochi secondi a disposizione per lanciare un'occhiata alle lettere che aveva raccolto dalla cassetta della sua posta. Strappò la busta con il logo dell'azienda elettrica. Riuscì a scorgere l'importo della bolletta da pagare proprio quando le porte dell'ascensore si aprirono.
Aveva fatto bene, rifletté, a spegnere il bottone di accensione del televisore la sera, prima di andare a dormire. Il trucchetto gli aveva fatto risparmiare almeno un migliaio di yen per quel bimestre.
Entrò nel corridoio del suo piano.
La seconda busta riportava il nome 'Asashi Shinbun' sul lato destro del retro. L'offerta di rinnovo dell'abbonamento annuale al quotidiano, ricordò lui. Tirò fuori le chiavi di casa e annuì tra sé. Sì, avrebbe rinnovato: il giornale non aveva mai perso la qualità di approfondimento e chiarezza per cui lo aveva voluto in un primo momento.
Come ultima lettera aveva... La busta rosa gli fece lasciare le chiavi dentro la serratura della porta di casa. Girò la lettera e nel notare il mittente aggrottò la fronte e sorrise.
Usagi?
Entrò in casa.
Perché Usagi gli aveva scritto?
Sfilò le scarpe nell'ingresso e chiuse la porta dietro di sé con una gamba.
Una busta rosa. Scosse la testa, più un dondolio divertito che una negazione. Il rosa era proprio da Usagi.
Aprì la missiva misteriosa mentre si trovava ancora nel corridoio d'ingresso: per natura era percettivo più che curioso, ma Usagi era in grado di esaltare quel suo ultimo difetto. O qualità?
La lettera era composta da due fogli bianchi scritti a caratteri grandi. Li dispiegò.

"Ciao Mamo-chan!
Che bella sorpresa ricevere una lettera, vero? E' una bella sorpresa? Spero di sì, mi farai sapere dopo che l'avrai letta.
Allora... ti ho visto molto impegnato nello studio e oggi è successa una cosa che volevo raccontarti e che mi ha fatto venire l'idea della lettera. Te ne scrivo una per questo invece di raccontarti tutto al telefono, sai? Ma ti sto facendo fare confusione.
Bene, oggi ho accompagnato Hotaru-chan a conoscere Shun Nagase, il campione di salto in alto! Lo conosci? E' bravissimo! Anche Chibiusa voleva andare a vederlo e Hotaru-chan è una sua grande fan. Gli aveva scritto una lettera proprio come questa! Mi è venuta da lì l'idea! Beh, Hotaru lo ammira molto perché da bambino lui era debole di salute come lei e invece ora è un campione. Per lei è un modello da seguire! Anche se sotto sotto ha una cotta per lui, è questa la verità!"

Il disegno di una piccola Usagi sorridente, completa di odango e code, gli strappò una risata. Passò al retro della prima pagina.

"Ah sì, al campo di allenamento abbiamo incontrato il nemico che hai sentito poco fa. Ma non ti preoccupare, non è successo niente proprio come ti ho detto al telefono e non devi sentirti in colpa! Se stavi cercando di dormire un pochino ti fa solo bene, tu Mamo-chan dormi troppo poco! Beh, tornando indietro, a battaglia finita Hotaru-chan è svenuta e Shun Nagase è venuto a vedere come stava. E' stata una scena tenerissima! Lui le ha fatto coraggio per i suoi problemi di salute e tra loro due si sono capiti subito, sono simili! Peccato che lui sia troppo grande per lei, ma dovevi vedere la faccia di Hotaru. Sembrava viva, rinata!
Mamo-chan, mi ha ricordato di quando avevo la sua età e tutti i miei sogni mi sembravano lì da prendere, ma ancora impossibili da toccare.
... ma che bella frase che ho scritto!
Cerco di dirti che io non ho mai scritto lettere vere, con carta e penna, ma nella mia testa facevo un mucchio di sogni e mettevo per iscritto le mie speranze e i miei desideri! Ho visto Hotaru così felice di incontrare il ragazzo che le piaceva e ammirava e ho pensato che mi sarebbe piaciuto che avessimo avuto il tempo per arrivare anche noi due ad un momento simile. Con me che ti guardavo da lontano, ti ammiravo e ti pensavo.
... tu lo hai reso difficile perché eri antipatico e cattivo con me, ma lasciamo stare.
Sono tornata a casa da poco e sto scrivendo la lettera così da riuscire a imbucarla entro oggi, spero che ti arrivi domani. E spero di riuscire a dire bene quello che voglio dire.
Che per me è come se avessimo lo stesso quei momenti, Mamo-chan. A volte ti guardo e ti ammiro e sembra che lo faccia da lontano perché tu sei un po' distante... oh, ma distante in un bel modo! Mi piace tanto quando poi mi fai capire che mi hai ascoltato e mi sorridi e allora camminiamo mano nella mano. Hmm... scrivo peggio mentre cerco di dire queste cose. Voglio dire che mi sarebbe piaciuto vivere la fase da innamorata senza speranza con te perché sono una sciocca, però è come se la stessi vivendo comunque adesso, ma senza il 'senza speranza' perché anche tu mi vuoi bene (e perché sarò la tua 'futura moglie', continuo a ricordarmi della tua voce quando lo hai detto!!!)
Sì, ecco, questa è una lettera d'amore, perché volevo mandartene una.
Ma credo che sono più brava a esprimere di persona quanto ti voglio bene, no? Ti darò un bacio sulla guancia la prossima volta che ci vedremo (e anche sulla bocca... a scriverlo sono arrossita!)
Però ho pensato che una lettera fosse un modo più carino e serio di scriverti anche altre cose che sono sempre un modo per dimostrarti quanto è importante per me quello che provi.
Io so che ti stai preoccupando, Mamo-chan.
Sai che sono un po' preoccupata anche io in questi giorni, perciò... prometto, prometto, prometto che cercherò di non fare sciocchezze. Né con le Outers né coi nemici. Non mi metterò in pericolo, davvero. Sai che lo farei solo per proteggere la vita di qualcun altro e... Mi dispiace di non poterti promettere che sarò prudente anche in quel caso. Mi dispiace perché non voglio farti soffrire nemmeno un pochino, ma tu... lo sai.
Tu mi capisci.
Tu capisci quello che voglio dire, sono sicura. 
Io ti voglio un mondo di bene proprio per questo. Ti amo.
Wow, non mi ero resa conto di quanto è bello scriverlo. Ora ho scoperto perché alle persone piace scrivere lettere d'amore.
E adesso scopro anche perché sono nervose. Secondo me ho fatto un sacco di errori, ma se mi metto a rileggere forse poi penserò che questa è un'idea sciocca e non voglio pensarlo, nononono, quindi adesso chiudo la lettera e ti saluto.
Prima il saluto.
Un bacio dolce, un abbraccio grande, e tanti auguri per i tuoi esami. Dormi benissimo e studia come sai fare, vedrai che andrà tutto bene.

Dalla tua Usako (la tua futura moglie!)"

Mamoru si permise di guardare l'ultima pagina per qualche altro attimo prima di ripiegare i fogli. Si tolse la giacca senza lasciarli andare, facendoli passare da una mano all'altra.
Si diresse in camera.
Lì individuò il pigiama che spuntava da sotto il cuscino. Tolse camicia e jeans e infilò rapidamente i suoi vestiti da notte, una felpa leggera e dei pantaloni comodi che lo tenevano caldo e fresco allo stesso tempo.
Aveva lasciato i fogli bianchi sul materasso. L'inchiostro blu della penna di Usagi creava linee e piccoli segmenti che avevano voglia di mettersi a volare nell'aria della stanza, diventando suoni, parole, la voce di lei.
Mamoru scostò le coperte e appoggiò la lettera sul cuscino, accanto a lui.
Lì si permise una lunga stiracchiata che sciolse i suoi muscoli e rilassò il suo corpo.
Guardò il soffitto bianco e per qualche momento si beò di pura immaginazione. Quando non bastò più voltò la testa di lato, riprese i fogli in mano e cominciò a rileggere.
Si addormentò con una pagina sul viso.



NdA: questa ispirazione che ho avuto mi è proprio piaciuta, non so bene perché.
Spero di aver scritto qualcosa che possa essere gradito anche a qualcuno di diverso da me, visto che in questo caso sto facendo un po' come Usagi: sto pubblicando evitando di riflettere troppo :D

ellephedre

P.S. Per il concorso di fanfiction che sto organizzando (in palio, tra recensioni e pubblicità, una fanfiction di Sailor Moon scritta da me su qualunque cosa vogliate) è stata allungata la scadenza, che ora è fissata per il 3 luglio. Ricordate, ci vuole solo una one-shot su Sailor Moon per partecipare. Per leggere il bando andate alla pagina 'Sailor Moon, Concorso di fanfiction!'






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Capitolo 10
*** Grande ***


Super Usagi!
Super Usagi!

Autore: ellephedre

Disclaimer: i personaggi di Sailor Moon non mi appartengono. I relativi diritti sono di proprietà di Naoko Takeuchi e della Toei Animation.


10 - Grande.
Dopo l'episodio 120, 'La scuola dei misteri'
In cui le Outers ribadiscono la loro intenzione di uccidere Hotaru e in cui muore Mimete (Mimma in Italia).


«Stasera riporto Chibiusa a casa.»
Sì, dentro la sua cameretta, dove Chibiusa potesse smettere di pensare alla fine del mondo, alle Outers che volevano uccidere la sua amica Hotaru e all'orribile fine di Mimete.
... a pensare all'ultima cosa forse era solo lei.
Chibiusa tenne la testa bassa. «Voglio rimanere con Mamo-chan anche questa sera.»
Anche lei lo avrebbe voluto, ma non era una bambina. Se avesse voluto comportarsi come tale, nessuno l'avrebbe più consolata come se avesse diritto ai capricci, alla comprensione degli altri e a volte anche a qualche coccola. Non che ne avesse mai ricevute quante ne voleva dalle sue amiche o da Mamoru, ma da quando era arrivata Chibiusa tutti le avevano chiesto, senza parole, di essere ancora più adulta di quello che era. Il posto della bambina era ormai solo della sua futura figlia.
A volte Usagi ce l'aveva con lei soprattutto per quello, per averle tolto il diritto di essere infantile con la sua sola esistenza. Altre volte, invece, si risentiva silenziosamente per una ragione che le doleva di più: quando cercava di essere adulta per lei, Chibiusa dimostrava sempre di preferirle qualcun altro. Mamoru, se c'era, o in mancanza Rei.
Le faceva male perché quella era una battaglia che non poteva lasciar perdere: poteva smettere di desiderare di essere una bambina, ma non di cercare di essere più grande.
In alcuni momenti in cui avrebbe voluto prendere Chibiusa per le spalle e scuoterla un po'. 'Fidati di me, rispettami!' Glielo avrebbe gridato supplichevolmente, ben sapendo che lei stessa, se fosse stata piccola, avrebbe scelto di correre da Mamoru per chiedere protezione e conforto.
Voleva farlo anche in quel momento, no?
Non biasimava Chibiusa. Era più importante che lei stesse bene; la situazione che era costretta a vivere era troppo dura per una bambina come lei.
Si preparavano a vivere tempi di violenza e terrore.
«Chibiusa...» Il mantello di Tuxedo Kamen disegnò un arco nel racchiudersi attorno alle spalle di lei. «Stasera devi tornare a casa.»
«Ma Mamo-chan...»
«Hai altre persone che si preoccupano per te.»
Usagi riuscì a leggere l'espressione di lui anche dietro la maschera. «Certo. Cosa dirà la mamma se non ti vede rientrare anche stasera?»
Mamoru annuì. «Avrai presto altre occasioni di passare la notte da me. Oggi però dormi a casa. Non mi avevi detto che ti stavano facendo una bella cameretta?»
«Sì, ma...»
Mamoru fermò la protesta di lei con una carezza del pollice. Scostò la frangia di Chibiusa con attenzione e riuscì a prevenire altre lamentele con quel semplice gesto.
«Va bene» rispose riluttante Chibiusa, con una vocina così piccola e dolce da far desiderare a Usagi di essere come Mamoru. Una persona capace di dare conforto e sicurezza, una persona grande.
Prese la mano di Chibiusa. Quando la sentì stringere la propria, si sentì meglio.
Nell'avere la fiducia di lei di consolava un po' da sola. Sentiva di essere capace di evitarle altri dolori. Un'eroina in grado di prevenire la fine del mondo intero. Trattenne un sospiro. «La porto a casa allora. A domani, Mamo-chan.»
«Usa.» Una mano guantata le strinse il braccio. Lui abbassò il viso e per un momento folle Usagi si attese di ricevere un bacio sulla guancia. Il sussurro all'orecchio la sorprese.
Chibiusa aveva alzato la testa. «Cosa le stai dicendo?»
Lui si abbassò. «Questo.» Mormorò qualcosa anche all'orecchio di Chibiusa e Usagi udì un sorriso di entrambi e un 'buonanotte' anticipato.
Non era quello che aveva detto a lei.
Allontanandosi Mamoru annuì nella sua direzione, lo sguardo puntato sul suo da dietro la maschera bianca.
Lei ricambiò il cenno della testa.
Per un momento, si sentì piccolina e grande tutto in una volta.

«Che cosa c'è?»
Erano passate quattro ore da quando si erano salutati. Chibiusa era tornata a casa, aveva cenato e poi era stata assistita da mamma-Ikuko, come la chiamava affettuosamente lei, nell'andare a dormire.
Usagi aveva atteso di saperla profondamente assopita prima di provare ad uscire. Quando era andata controllarla nella stanzetta che avevano ricavato nel solaio, ancora mezza vuota, era rimasta ad osservarla mentre dormiva pacificamente.
Chibiusa era una peste che le aveva sconvolto la vita, ma era così... piccola. Hotaru non era molto più grande di lei.
Con quale diritto persone senza cuore sfruttavano una ragazzina come Hotaru per piani di distruzione? Con quale diritto persone che avrebbero dovuto essere loro amiche minacciavano di ucciderla? Una ragazzina di undici anni! Chibiusa aveva già avuto degli incubi per via di quella storia. Era stato Mamoru a dirle quanto si era agitata nel sonno, la notte precedente.
Lui intuiva tante cose.
Aveva intuito anche il suo stato d'animo, anche se lei aveva cercato di mostrarsi forte.
«Cosa c'è?» lo sentì ripetere di fronte al proprio silenzio, nel salotto del suo appartamento.
'Quando lei dorme, tu torna a casa mia' le aveva detto lui all'orecchio.
Usagi non avrebbe potuto essergli più grata. «E'... un incubo, non pensi?»
Mamoru appoggiò le braccia sul tavolo. «Sì.»
«Le Outers vogliono uccidere Hotaru. Persino Pluto, che era così buona con Chibiusa. Insistono con questa storia del mondo che sta per finire e anche Rei aveva avuto quell'incubo che... Nel frattempo persino i nostri nemici sembrano impazziti.» Rabbrividì ancora al ricordo della fine di Mimete.
Si chinò in avanti e sostenne la fronte con una mano. «Le piaceva cantare. Era andata a quell'audizione con Minako, non era irrecuperabile, Mamo-chan. Forse avrei potuto allontanarla dall'influenza di quel potere maligno che la teneva in trappola.»
«Penso che si comportasse così di sua volontà.»
Il giudizio la lasciò attonita. «Non meritava di morire in quel modo!»
«No, non volevo dire che-»
«E non è nemmeno morta! E' rimasta rinchiusa in quella dimensione estranea e vuota. Ora vaga nel nulla, mentre noi...» Le si serrò la gola.
«Usagi.»
Iniziò a tremare.
Due mani le presero le spalle. Fecero pressione, iniziando a massaggiare.
«A Mimete è stato detto come funzionava quell'apparecchiatura.»
Lei non capì nulla.
«Sa che è finita in un posto da cui non può tornare indietro. Io non credo sia ancora in vita.»
Si sentì trafiggere dalla crudeltà di quell'insinuazione come da una lancia. Avrebbe voluto gridare e negare, per istinto, ma un'altra parte di lei seppe che Mamoru aveva ragione: Mimete, la seconda delle Cinque Streghe, non piangeva disperata in uno spazio vuoto, in attesa di soccorso. Mimete si era già rassegnata, forse nel giro di pochi minuti. E, con quella lancia di potere che si era portata dietro, aveva già messo in atto l'unica soluzione che le era rimasta a disposizione.
Morta - suicida - per aver desiderato tanto potere da arrivare persino a smaterializzarsi dentro uno schermo, perdendo il proprio corpo.
Quanto dolore e distruzione per una smania tanto insensata da portare le persone alla follia.
«Vorrei... che il suo spirito si fondesse con della musica» mormorò. «Ovunque sia finita, la musica esiste dappertutto. Cantare... le piaceva.»
Le mani di Mamoru si fermarono sulle sue spalle. Lui la circondò con le braccia, inginocchiato dietro di lei. «Sì. Quello che aveva di buono dev'essere diventato una voce, un suono... Non può essere sparito nel nulla.»
Usagi lasciò riposare le palpebre, permettendo al proprio mondo di diventare buio quiete. «Hotaru non deve morire come lei.»
Mamoru non disse nulla e, per un momento, Usagi pensò di dover convincere anche lui. Per quell'istante, piccolo e troppo vero per essere ignorato, non lo biasimò.
«Anche se come Saturn fosse destinata a portare la rovina nel mondo, dev'esserci una maniera per liberarla. Che cosa salveremmo, Mamo-chan, se uccidessimo quella bambina?» Che anime nere e colpevoli avrebbero protetto?
«Sai cosa voglio poter vedere?» le disse lui.
«No...»
«La festa per la maggiore età di Hotaru. Promettiamo adesso che ci saremo. Hotaru Tomoe arriverà a compiere vent'anni, vedrai. Noi saremo lì, a guardarla mentre sfila nel suo kimono da adulta.»
Usagi strinse le mani di lui, per sentirle contro la propria pelle. «E' una promessa. Non permetteremo che la uccidano.»
Sentì una sensazione di umido sulla tempia, tanto dolce e anomala che per un momento non la comprese. Un bacio lì. Come una bambina.
Sorrise. «A volte per te sono piccola, Mamo-chan?»
«Come?»
«Dimmi solo... la verità.» Non era una domanda trabocchetto. Tutte le risposte erano giuste.
«Poche volte» disse piano lui, a bassa voce, nel silenzio della sua casa. «Meno di prima.»
Usagi strofinò la guancia contro il braccio di lui. «Quando ti sembro piccola... trattami da piccola. Per ora... mi piace.»
«Va bene.»
Venne colta da un'illuminazione e si voltò. «Piacerebbe anche a te? Anche tu vorresti che ogni tanto...» Non terminò. Il sorriso di lui stava diventando risata.
«Non lo so. Trattami come vuoi, Usa. Adulto, bambino... sono io.»
Parole semplici che le aprirono una nuova visione della realtà. «... anche io sono grande. Anche se ho paura e piango e a volte vorrei solo essere stretta forte, uso quello che sono diventata per fare cose... da adulta.» Salvare. Era diventata grande per poter fare del bene.
Non avrebbe mai più voluto essere una bambina inerme, mai.
Lui era perplesso. «Certo che sei grande. Se ti capita di voler essere stretta forte non sei una bambina. Sei solo... Usagi.»
Il sorriso accennato la lasciò incerta. «E' una cosa buona o... cattiva?»
«A me piace.»
Allora era buona. «Grazie per avermi invitato da te.» Lui diceva e faceva sempre la cosa giusta.
«Cerco di fare la mia parte.» Mamoru non si lasciò più vedere. Nascose il viso nell'altro lato del suo collo. «Ti do quanta più forza posso, adesso. Ma spero di poter essere lì con te anche quando combatterai la battaglia finale, come l'altra volta.»
... lei no.
«Voglio essere utile con tutte le mie forze.»
Lo era già.
E lei avrebbe combattuto per lui, che nel suo essere adulto e forte poteva avere paura. Per lei.
Avrebbe combattuto per Chibiusa, per non farle perdere la sua migliore amica.
Avrebbe combattuto per Hotaru Tomoe, per permetterle di compiere vent'anni, quaranta, cento.
Avrebbe combatutto per e con le sue amiche, per e contro le Outers, per... per tutti coloro che non potevano combattere per se stessi.
Era Sailor Moon.
E ormai era grande.


FINE



NdA - Per tanto tempo non ho avuto idee per questa raccolta. Oggi mi sono decisa a proporvi qualcosa subito, nell'attesa del prosieguo di Verso l'alba, così mi sono messa su questa raccolta e, dopo aver dato un'occhiata agli episodi della terza serie che non avevo ancora toccato, me ne sono venuta fuori con questa idea in un'oretta.
Spero di avervi trasmesso qualcosa, qualsiasi cosa.

Alla prossima!
ellephedre
 


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Capitolo 11
*** Vittoria? ***


superusagi11 Crisis Make Up! - è la formula di trasformazione di Usagi in lingua originale, nella terza serie di Sailor Moon.

Super Usagi!

Autore: ellephedre

Disclaimer: i personaggi di Sailor Moon non mi appartengono. I relativi diritti sono di proprietà di Naoko Takeuchi e della Toei Animation.


11 - Vittoria?
Dalla fine dell'episodio 125, 'Il Faraone 90'
In cui Usagi cerca di salvare Hotaru dal sacrificio finale necessario per annientare il nemico.


«CRISIS MAKE UP!»
Il suo urlo si perse nel vuoto, confuso coi lamenti di Faraone90, una nenìa di mostri morenti.
Non era più lui la sua più grande paura.
Una bambina! Hotaru non era che una bambina, non poteva morire!
«CRISIS MAKE UP!»
Maledetto calice! Non era vero che non poteva trasformarsi senza, doveva solo- «CRISIS MAKE UP!» Voleva il suo potere!
Schiacciò la spilla nel pugno, tentando di conficcarla nel petto.
Dov'era il suo cuore di energia quando serviva, non vedeva che- «CRISIS MAKE UP!» Solo una bambina! Sempre malata, chiusa in una stanza, infelice! Con che diritto tutti avevano deciso di portarle via una vita nuova, come poteva essere giusto sacrificarla?!
Sailor Saturn, non farlo!
«CRISIS MAKE UP!» Lasciami il tempo di diventare più forte, non annullarti, sto arrivando!
La massa di Faraone90 ricevette un nuovo impatto letale, dimezzandosi. Le grida di agonia si fecero lontane, acute.
Per favore, no... no, no!
Doveva pensarci lei! Era lei ad aver già vissuto, era lei che poteva sacrificarsi! Hotaru doveva tornare a casa con suo padre!
Aspetta, aspetta!
Produceva solo lacrime e urli, nessun risultato, solo disperazione inutile.
Faraone90 stava morendo e con lui Hotaru.
Aiuto... Aiuto! !
«CRISIS MAKE UP!»
Voglio la forza per entrare lì dentro, devo riprendere Hotaru-chan!!
Datemi la forza, voglio tutto quello che potete darmi, chiunque, tu, tutti, per favore!
Qualcuno la ascoltò, ma non fu sufficiente, ancora no!
Devo salvarla!
«CRISIIS...» Hai capito, per favore, hai capito?! «MAKE UP
Il petto le si aprì in due.
Ne uscì.
...
Sì.



Quando entrò, nel buio trovò solo un groviglio di luci.
Due fasci attorcigliati, serpenti, uno che massacrava l'altro.
Un concentrato di pura energia suprema, massima.
Totale, sorrise.
Sì sentì a casa.
Saturno lanciò la sua ultima offensiva. Nel momento del colpo si materializzò la falce invisibile della distruzione. Il loro piccolo nemico ne perì sul colpo e Saturno - giovane Hotaru - si preparò a soccombere, soverchiata dal proprio potere di annullamento.
Lei si tese in avanti e le afferrò un braccio.
Lo spirito di guerriera si fece corpo nel toccarla. Si mantenne tale grazie al loro gracile legame.
'Chi sei?'
Lo sai. Non sei rinata per offrire il silenzio a costui.
'Rinascerò ancora. Con questo corpo sono morta.'
Errore.
Le strinse il polso e legò a lei la propria energia, per imprimere in Saturno una nuova realtà: non c'era scampo, la vita stava per ricrollarle addosso.
Rivivi in questa forma, Saturno.

Sono io a desiderarlo.
Le ridiede consistenza partendo dalle loro dita umane. Le rese minuscole, innocenti.
Una seconda opportunità. 
L'energia necessaria a farla rivivere divenne insostenibile.
Non sono ancora pronta, ammise.
Quando tornerò, dovrai essere pronta per me, comunicò a Saturno. Le tirò il braccio di neonata per farsi ascoltare da uno spirito che si andava assopendo.
'Per te', annuì la giovane Hotaru, prima di perdere la capacità di rispondere.
Lei se la ritrovò in braccio, dolce bimba senza un passato.
Ne osservò il sonno e capì di non poter reggere oltre.
Mi lascio andare.
Non è vero che voglio stare qui, non voglio essere io.
Io voglio solo la mia vita.
Abbassò lo sguardo, verso il potere della Luna scoperto, privo di protezioni. Era infinitamente prezioso, mia culla. Lo accarezzò con l'anima.
Voglio solo riportare Hotaru a casa. Voglio tornare da tutti quanti.
Voglio solamente essere... Usagi.



«Ricordo ancora di averla tenuta contro il petto» raccontò a Mamoru e alle altre, tremando.
Se Hotaru era stata tra le sue braccia, perché era sparita al ritorno da quel- Da quel...? Viaggio, scontro?
Non sapeva nemmeno lei come chiamarlo. Non ricordava quasi niente, se non la sensazione di aver salvato la piccola Hotaru.
Non era stata una sua illusione, ma era orribile non poter descrivere come era finito il suo peggior incubo.
«Noi ti crediamo, Usagi.» Rei le strofinò una spalla. «Non angustiarti, è normale che tu... Non so nemmeno come hai fatto. Come al solito? Hai deciso di vincere e ci sei riuscita?»
Senza la fiducia delle sue amiche sarebbe stata solo una piagnucolona indegna di essere una guerriera. Aveva pianto persino nel momento cruciale.
Forse era servito - fu costretta ad ammettere - considerato che ogni sua azione aveva partorito disastri. A causa sua, il mondo intero si era incamminato verso la rovina prima di trovare - solo per miracolo - la salvezza.
Non era disposta a pentirsene.
Era grave.
«Chibiusa ha riavuto il suo cuore puro.» Makoto allungò un braccio sopra il tavolino di Mamoru, prendendole la mano. «Sei stata bravissima, Usagi. Se hai sentito la presenza di Hotaru dopo la battaglia, sono sicura che sia vero.»
... sì.
Se riuscivano a dirlo loro, che l'avevano soccorsa quando era uscita, come poteva non crederci anche lei?
Il problema delle sue amiche, purtroppo, era l'eccessiva fiducia nelle sue capacità. Rei poi... se l'avesse vista donare di propria sponte il calice sacro alla Desposta 9, l'avrebbe strangolata con le sue mani.
Nessun'altra di loro avrebbe commesso una simile pazzia, per quanto potessero amare Hotaru.
«Qualcuna di voi ha sonno?»
Mamoru lo chiese con un sorriso sereno, mascherando una notte di riposo mancata con il colore sano di un viso privo di occhiaie. Un giorno avrebbe dovuto chiedergli il suo segreto di bellezza. Lo strinse, nascondendosi sotto il suo braccio e trovando accoglimento.
«Non ne ho molto» dichiarò Ami, nella voce il suono della serenità conquistata da tutte loro, tutte insieme. «Credo che il potere di Usagi abbia fatto qualcosa anche per noi» continuò. «Ci sentiamo tutte riposate. Tu no, Mamoru?»
Usagi lo sentì scrollare le spalle.
«Sei stremato per via di Chibiusa?» azzardò Minako.
«Sì» rispose lui. «Oggi salto l'università, rimango a dormire.»
«E' sabato» gli ricordò Makoto. Sorrise. «Un giorno di vacanza. Ce lo siamo meritato.»
Ami lanciò un'occhiata al televisore spento. «La zona dell'istituto Mugen è rimasta piena di rovine. Usagi non ha ripristinato l'edificio, ma tu, Mamoru, hai sentito qualcosa?»
«Non sanno cos'è successo, parlano di lavori di demolizione affrettati, con utilizzo improprio di esplosivo. Non ricordano nulla di stanotte.»
Quando si parlava di lei come se non ci fosse, Usagi voleva mettersi dritta e composta ad ascoltare anche lei la conversazione sulla gesta di quellla persona favolosa che tutti lodavano. Chi era?
Usagi Tsukino, davvero?
Quando mai aveva cancellato i ricordi degli abitanti di Tokyo? Quando aveva portato via tutti gli studenti rimasti intrappolati nelle macerie dell'istituto? Avevano cercato corpi in giro, senza trovarne nessuno.
«Ehi!» sorrise piano Rei. «Chibiusa si sta svegliando.»
Usagi si voltò verso il letto di Mamoru.
Poté assistere al risveglio della sua vittoria.

«Ti ringrazio.»
Si voltò appena prima di uscire dalla porta, rientrando di un passo nel corridoio interno. Chibiusa e le ragazze l'avevano preceduta, uscendo.
Mamoru fino a quel momento non le aveva detto molto. Rivedendola dopo la battaglia, si era limitato a stringerla, stringerla forte. Nessuno dei due aveva avuto bisogno di parole.
«Mamo-chan» sospirò felice lei. «Per cosa mi ringrazi?»
«Hai riportato indietro tutto quello per cui vivo. Chibiusa... Tu.» Stremato, riuscì a fare solo un passo in avanti.
Con l'energia di tutti e due, lei rese il loro abbraccio così soffocante e completo che il fiato mancò persino a lei.
«Neanche questa volta ero con te...» mormorò lui.
Grazie.
Il caso si meritava gratitudine per aver tenuto Mamoru lontano da lei. A vederla commettere una serie lunga ed enorme di follie, lui si sarebbe intromesso, mettendosi in grave pericolo pur di proteggerla.
«Mamoru...» Nel silenzio dell'appartamento, dei combattimenti, delle sue amiche che non potevano più ascoltarla, parlò. «E se... e se avessi paura di come ho salvato Hotaru?»
L'immobilità di lui fu un giudizio che sparì alla prima carezza sulla sua schiena.
«Potrai parlarmene. Potrai dirmi tutto quello che vuoi, non sei sola.»
Nella sua immaturità, nei suoi errori, quando iniziava a sentirsi grande e finiva col commettere più errori di quando era stata piccola.
Per miracolo, tremò. Si era sistemato tutto per miracolo.
«Lo rifarei di nuovo» piagnucolò miseramente. Avrebbe messo in pericolo la pace dell'intero pianeta per Hotaru, sentendosi sempre nel giusto. «Scusami.» Non voleva assoluzione; una parte di lei desiderava solo potersi pentire.
«Usako... Sai che una volta ho sentito una storia?»
Lei tirò su col naso.
«E' la storia di una guerriera. A quattordici anni è stata mandata a combattere. Non era pronta, non voleva, ha pianto e si è lamentata, ma di battaglia in battaglia si è fatta forza ed è diventata l'unica combattente che può mettere fine a ogni guerra. Usa, se senti una storia come questa, sai cosa pensi di questa ragazza? Che lei è l'eroe di tutti noi.» Abbassò la testa. «Non perché vince» e la chiamò con un nome troppo tenero per uscire dalla sua bocca, «ma perché affronta situazioni che nessuno vorrebbe vivere, fa scelte che nessuno dovrebbe compiere. E non si arrende ugualmente.»
Le stava parlando della sua Usagi, di una ragazza amata e ammirata.
Posso esserlo.
Poteva essere tutto semplice, lei aveva lui. Aveva Chibiusa, le ragazze. Hotaru, che era viva.
Soffrire era una punizione per tutte le persone che adesso erano felici.
Non c'erano più battaglie da affrontare ora.
«Ti lascio dormire» gli disse annuendo, incastrando il naso sotto il suo e premendo solo un poco la bocca su quella di lui. Il bacio di un buon riposo. «Ci vediamo più tardi.»
«Sei ancora triste? Resto sveglio, se vuoi.»
Si attardò a lasciargli la mano. «No. Questa guerriera invincibile aveva solamente bisogno di qualche parola dolce.» Sorrise e fu leggera. Senza più pesi. «Volevo... sentire quello per cui ho combattuto. Tu sei un genio, Mamo-chan, ci riesci per me.»
«Sono qui per servire vostra maestà Odango.»
Lei scoppiò a ridere. «A dopo, Tuxedo Kamen-sama.»
Era lui il suo eroe.
Uscì.



NdA: ed ancora un capitolo alla fine di questa raccolta :)
Avevo avuto una mezza idea di chiuderla qui, ma questo episodio era più cupo, per rispecchiare le atmosfere della dura battaglia finale combattuta da Usagi e Hotaru contro Faraone90.
Ciò che succede durante il combattimento contro quest'ultimo è un complemento di quello che sto raccontando nella mia storia 'Verso l'alba': Usagi è riuscita a fare ciò che ha fatto per via di una particolarità del suo potere. Nell'anime, dicono che lei sia il 'Messia'. Sto riprendendo questo concetto, apliandolo.
Ancora prima di elaborare questa complessa trama, ho sempre pensato però che se Hotaru era tornata indietro fosse stato solo merito di Usagi.

Qualunque vostro commento su questo episodio mi aiuterà moltissimo per capire come impostare il finale (da ambientare nell'episodio 127, verso la fine o dopo).

ellephedre





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