Any Moment, everything can change.

di Manu_Hikari
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** prologo ***
Capitolo 2: *** Apparenze ***
Capitolo 3: *** Cambiamenti ***



Capitolo 1
*** prologo ***


Any moment, everything can change…

 

 

 

 

 

 

PROLOGO

 

 

Come  inizia questa storia?

Un po’ come iniziano tutte le storie; con un incontro. Un incontro tra due persone, come tutti gli altri, apparentemente casuale, semplice, che potrebbe capitare a tutti, certo. Ma di sicuro, i due protagonisti della nostra storia, fin dal loro primo sguardo avevano capito che non era stato un caso che proprio loro due si fossero incontrati. Sapevano di essere speciali e questo perché il destino li aveva scelti, e quando il destino ti scegli per far parte dei suoi piani e adempiere al suo volere, non puoi fare altro che assecondarlo.

Dunque il destino li aveva scelti  e li aveva legati l’uno all’altro, li aveva legati con un sentimento forte; l’amore.

Ma badate bene, non un amore convenzionale, non quello che si vede tutti i giorni passeggiando per strada. Andava  ben oltre quello fra due amici, ben oltre quello di due fidanzati…un amore al di là dei consueti schemi, fatto di complicità, di comprensione, di disponibilità, di litigi, di riconciliazioni; e non importava dove andassero, non importava cosa facessero o dicessero, sapevano che c’era sempre qualcuno su cui poter contare.

 

Una macchina scura si era allontanata da poco più di due minuti dal cancello di casa Yoshida quando Miroku Kinomya, un curioso bambino di sette anni, scavalcò la siepe che divideva quella da casa sua e si avvicinò a una  grande finestra, lasciata aperta per permettere alla fresca brezza primaverile di entrare nell’abitazione, e spiò all’interno. La finestra si apriva su una grande sala al centro della quale stavano un salotto e due poltrone disposte a semicerchio di fronte al camino spento, sulla destra una rampa di scale portava al piano superiore; quando un improvviso colpo di vento fece svolazzare le sottili tende che ornavano la finestra, Miroku ricordò il motivo che, a distanza di due settimane dall’arrivo dei nuovi inquilini in quella casa, lo aveva spinto ad avvicinarsi tanto.

Ogni giorno a quell’ora una macchina scura parcheggiava davanti all’abitazione, ne scendeva una bella signora, e poi la vettura ripartiva. Nemmeno qualche minuto dopo il lieve suono di un pianoforte si librava nell’aria, accompagnato da una lieve voce cristallina che intonava delle canzoncine, talvolta dolci, semplici o molto allegre, altre volte tanto tristi, ma sempre piene di sentimento. Fino ad allora il bambino si era accontentato di sedersi tranquillo nei pressi della siepe, sul prato, per ascoltare; talvolta, quando il cielo era limpido, si distendeva sull’erba e, guardando le nuvole, immaginava che queste si muovessero, improvvisando, solo per lui, un divertente balletto; oppure chiudeva gli occhi blu e immaginava di compiere lui stesso favolosi viaggi tra le nuvole, viaggi che venivano bruscamente interrotti quando la musica cessava e la bella signora andava via.

Tuttavia quel giorno aveva deciso di osare un po’ di più, era fermamente deciso a scoprire a chi appartenessero quella voce e quelle…dita. Sebbene non riuscisse a vedere bene all’interno, nessuno si era accorto di lui, così decise di restare lì, se non altro avrebbe sentito meglio.

E di nuovo lo pervase una sensazione di leggerezza, rivisse i suoi splendidi viaggi, vide mari, monti e colline verdeggianti, librandosi sul dorso di uno splendido gabbiano. Stava talmente bene che nemmeno quando la musica si fermò smise di sognare; sfortuna (o fortuna) volle che qualcun altro mettesse fine alle sue fantasie.

«E tu che ci fai qui, chi sei? »

Miroku trasalì spalancando gli occhioni blu per incontrare quelli color cioccolato di colei che lo aveva riportato alla realtà. Era una bimba, non molto più piccola di lui, piuttosto magrolina, con lunghi capelli castano scuro raccolti in due codini e lo guardava incuriosita, aggrappandosi a stento al davanzale della finestra.

«Oh…scusa! » Esclamò il bambino allontanandosi lievemente. «I-io abito nella casa vicina, ero curioso di sapere chi suona il piano…» Disse con aria colpevole.

«Lo suono io. » Rispose la bimba un po’ acida. « Ora devo andare. » Dicendo così fece per allontanarsi verso le scale alla sua sinistra ma Miroku la fermò.

«Aspetta, »  Esclamò. «Ma tu…sei un angelo? »

La bambina si voltò alzando un sopracciglio, visibilmente scocciata. «E cosa te lo farebbe pensare? »

«E-ecco »  Balbettò Miroku facendosi un po’ rosso essendosi reso conto dell’assurdità della sua domanda. «Mio papà è morto quando ero piccolino, tanto piccolino che non me lo ricordo, e la mamma mi dice sempre che lui ora è in cielo, con tanti angeli che gli stanno vicino; così se tu eri un angelo ti chiedevo se mi salutavi papà e se gli dicevi che gli voglio tanto bene… »

Lo sguardo acido e distaccato che fino a quel momento aveva albergato sul volto della piccolina lasciò il posto a curiosità e dolcezza; con un lieve sorriso si arrampicò sull’ampio davanzale, dandosi la spinta con un piccolo sgabello. «E che altro ti ha detto la tua mamma degli angeli? » Chiese inclinando la testa su un lato.

Il bambino parve riflettere per un istante, assumendo aria d’importanza, poi disse: « Mi ha detto che hanno la pelle candida e le guance rosee, occhi grandi e una voce melodiosa, come te, che la usano per rendere felici le anime…. »

Miroku pensava che la bambina sarebbe rimasta stupita, invece la sua espressione era impassibile; probabilmente, pensò il piccolo, non era una bimba molto allegra, almeno quando non cantava, perché quando lo faceva Miroku percepiva la sua gioia. Altrimenti come avrebbe potuto sentire dei sentimenti in una canzone se questi non venivano espressi?

«Peccato che non sei un angelo. » Riprese il bambino dopo un po’ con crescente delusione. «Quando ti ho sentito cantare ci avevo sperato tanto…ora come farò a parlare con papà? »  Chiese a se stesso.

«Ma lui non ti abbandona mai… » Miroku la guardò stupito; stava sorridendo. «Mia mamma dice che se una persona che ami va via, non va mai via del tutto…è sempre qui,» Disse toccandogli il petto «nel tuo cuoricino…Perciò se vuoi dirgli qualcosa, basta che chiudi gli occhi, lui ti leggerà nel pensiero»

Miroku dovette ricredersi; quella bambina non era affatto antipatica, anzi. Era gentile e con due parole aveva risolto il suo problema. Ora sapeva che poteva parlare con il suo papà ogni volta che voleva.

All’improvviso la bambina scattò all’in piedi, saltando giù dal davanzale; la sua mamma la stava chiamando. «Ehi, bambina!  » Gridò Miroku. «Come ti chiami? »

«Sango…»

 

 

 

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Capitolo 2
*** Apparenze ***


 

 

Any moment, everything can change…

 

 

 

CAPITOLO 1: Apparenze

 

 

«…E così sono passati ben dieci anni da allora? » Disse Kagome alla conclusione del racconto della sua migliore amica. Sango annuì accennando un sorriso. «Sango, in questa stanza ci sono dieci anni della vostra storia!  » Esclamò riferendosi alle foto affisse alle pareti.  Queste ritraevano, per la maggior parte, Miroku e Sango e davano l’impressione di trovarsi in un vecchio ed enorme album di ricordi; in altre, meno numerose, figurava anche InuYasha.

 Proprio su una di queste ultime si posò lo sguardo della ragazza.

«Vuoi sapere di quando abbiamo conosciuto Inu? » Sango inclinò la testa e fece un sorriso dolcissimo.

Kagome annuì «si, per favore! » sorridendo, si accomodò sul gran letto dal piumone rosa, presto imitata dall’altra ragazza. «Devo confessarti che, da quando ho conosciuto InuYasha, così riservato e chiuso in se stesso, ho sempre desiderato sapere qualcosa in più sulla sua infanzia, sul suo carattere, come tu e Kinomiya  l’avete conosciuto… e ora tu me ne dai la possibilità…Grazie, sei un’amica! »

«Mai come te…» Replicò Sango prendendo le mani di Kagome tra le sue. «In soli tre mesi sei riuscita a stabilire con me un rapporto che nessuna ragazza è riuscita a costruire da quando abito qui. Mi sono sempre mancate anche le cose più stupide che due amiche fanno; che so… spettegolare sui ragazzi, raccontarsi i segreti, andare in giro per negozi…sono sempre stata troppo attaccata a Miroku e InuYasha perché qualche ragazza si avvicinasse a me. »

«Per quella storia dei teppisti? »

«si…» Sango annuì sconfortata. Doveva ammettere suo malgrado che la reputazione dei suoi migliori amici non era delle migliori; un tempo, in effetti erano stati dei veri piantagrane; una decina di risse al mese, due o tre sigarette al giorno nei bagni della scuola, rischio di espulsione almeno una volta al trimestre…bella fedina penale! Ma era stato molto tempo prima, fra gli ultimi mesi delle medie e il primo anno del liceo. Tuttavia, nonostante non si potessero considerare proprio degli studenti modello o degli angioletti tutta casa e scuola, nemmeno ora che avevano intrapreso di nuovo la “retta via” gli altri ragazzi della scuola si fidavano di loro. «Ma tu sei diversa, Kacchan, te ne sei fregata di tutti e sei diventata mia amica…sono io che devo ringraziare te…»  Aggiunse Sango  abbracciando l’altra ragazza.

Kagome fu avvolta dalla commozione, quella ragazza riusciva sempre a vedere meriti e lati positivi in tutte le persone ed era sempre disponibile, nonostante la tristezza e i problemi che Sango celava dietro quell’ apparente serenità. «Bando alle smancerie! » Esclamò poi scuotendosi e ricacciando indietro le lacrime che le salivano agli occhi. «Hai promesso…»

«Ve bene…» Acconsenti Sango sorridendo. Si sciolse dall’abbraccio di Kagome e si avvicinò ad un’anta del delizioso armadio in legno azzurro chiaro; dopo averla aperta ne tirò fuori una scatola piuttosto grande e la appoggiò sul letto, accanto a Kagome la quale guardò incuriosita il contenitore. «Ecco…» Disse poi Sango tirando fuori dallo scatolone una foto abbastanza vecchia, con i bordi logori e i colori sbiaditi, e mostrandola a Kagome . «Questa è la prima foto con InuYasha che possiedo. »

Kagome la guardò attentamente. Ritraeva InuYasha con il braccio attorno alle spalle di Miroku e, accanto a quest’ultimo, una timidissima Sango, con il volto lentigginosissimo e i lunghi capelli raccolti in una coda; tutti e tre indossavano la divisa delle medie e sorridevano…a modo loro. In effetti il sorriso di InuYasha somigliava di più ad una smorfia.

«Vedi? » Disse Sango indicando InuYasha con il dito. «Già allora somigliava più ad un riccio che a un ragazzo…»

L’altra soffocò una risatina e ammise che tuttavia i capelli neri, perennemente spettinati, stavano bene su quel faccino imbronciato. E poi essendo spettinati, non ricadevano sugli occhi di un azzurro intenso, li mettevano anzi in mostra. Quegli occhi che, più di tutto il resto, esprimevano quella bontà che InuYasha celava dietro la sua maschera di strafottenza e che avevano fatto sì che Kagome si innamorasse di lui.

L’altro moretto, invece, leggermente più basso di InuYasha, aveva i capelli cortissimi, il codicciolo che ora portava era assente; gli occhi blu, come sempre profondi e intensi, erano illuminati da un ampio e caldo sorriso. Kagome guardò Sango con la coda dell’occhio; uno sguardo triste, che piuttosto soventemente albergava in quegli occhi color cioccolato, vinceva il suo sorriso forzato, quasi riempiendole gli occhi di lacrime.

«Il primo giorno del secondo anno delle medie…»  Disse Sango all’improvviso vedendo che Kagome si era persa nei suoi pensieri.

«Eh? » Fece l’altra scotendosi.

«InuYasha, io e Miroku l’abbiamo incontrato il secondo anno delle medie…» 

«Ah, si… »

«Fra lui e Miroku si instaurò subito un feeling particolare, non facevano nulla senza che ci fosse anche l’altro; da subito, insomma, io lo vidi come un intruso. So che può sembrare una cosa sciocca, ma mi sentii tradita, tradita dal mio migliore amico, dall’unico che sapeva capirmi e accettarmi per quello che ero, mi stava vicino e non chiedeva nulla in cambio, solo che gli fossi amica a mia volta. Per quasi sei anni per lui c’ero stata solo io e ora questo tizio, così, senza preavviso, si intrometteva nella nostra amicizia, nella nostra vita…se ci penso ora me ne vergogno, mi vergogno da matti al pensiero di aver provato gelosia a causa di InuYasha, ma allora lo odiai con tutta me stessa, perché mi aveva portato via la persona a cui tenevo di più e non potevo perdonarlo; così strafottente e altezzoso, pensava sempre di essere il migliore, di essere più bravo degli altri in tutto… »

«E poi? » Incitò Kagome. Era curiosa di sapere come era potuto accadere che InuYasha  diventasse per Sango uno dei suoi migliori amici.

«E poi mi sono chiesta come facesse uno come Miroku a frequentare uno come InuYasha…vedi, per me era matematicamente impossibile che quei due fossero compatibili…Miroku era allegro vivace sempre aperto e disponibile al dialogo con gli altri, mentre InuYasha era chiuso in se stesso, distaccato e sempre pronto alla discussioni…e invece scoprii che, presa com’ero nel dare per scontato la sua personalità, non mi ero accorta che invece Miroku stava cambiando e con lui le sue necessità.

Cominciava ad ascoltare musica rock, a suonare la tastiera in un gruppo, a vedersi con i suoi amici, in particolare con InuYasha e ad invitarlo a casa sua, inoltre, » Aggiunse Sango con un sorrisino schernitore. « cominciava ad andare dietro alle ragazze…vizio che, come ben sai, non ha perso.» Kagome rise, ricordando perfettamente le cinque dita spiaccicate sulla faccia di Miroku al loro primo incontro. Ovviamente dovute al fatto che il ragazzo avesse allungato le mani sul suo sedere senza nemmeno conoscerla. «Non avevo previsto che lui cambiasse, questo capovolgeva tutto quello che era stato fino ad allora, dovevo scoprirlo di nuovo, imparare di nuovo ad accettarlo. Da questo punto di vista, InuYasha diventava uno dei suoi nuovi aspetti; una nuova parte di Miroku, dunque, da scoprire, capire ed accettare.  »

Kagome la guardò incuriosita. Non aveva mai pensato a quanto sarebbe potuto essere difficile accettare una persona nella propria vita. Dunque, proprio come aveva fatto con lei, InuYasha aveva stravolto, in parte, anche la vita di Sango.

«Ovviamente, di lì a poco capii che non sarebbe stata affatto un’impresa semplice, in effetti, quando provai ad entrare nel suo cuore non trovai esattamente le porte spalancate; InuYasha era ostile nei miei confronti, sembrava che anche la mia sola presenza gli desse fastidio, non si fidava di me come non si fidava di nessuno; aveva sofferto troppo, senza una vera famiglia, sballottato qua e là da parenti che non desideravano per niente occuparsi di lui e che lo vedevano solo come una palla al piede, e non mi meravigliai, quando scoprii la sua storia, che non volesse soffrire ancora e che precludesse la strada a chiunque volesse avvicinarsi. Penso che anche lui, in fondo, mi considerasse come una minaccia per il suo rapporto con Miroku; il buffo era che anche per InuYasha, come per me, Miroku era l’unico a capirlo ed accettarlo per come era.

Non mi ricordo esattamente come avvenne, ma fu un furioso litigio fra quei due che mi diede la possibilità di diventare amica di Inu; quando seppe che ero stata io a convincere Miroku a far pace venne a parlare con me, e sai cosa mi disse? »

Kagome scosse energicamente la testa, sospettando però che si trattasse di una delle solite “frasi in codice” del ragazzo.

«Mi disse che in fondo non ero poi così male… » Disse Sango facendo l’imitazione del suo migliore amico. Kagome rise di gusto. «Il che per me fu una conquista, dato che, tradotto nel linguaggio normale, dovrebbe significare più o meno: sei un’amica! » Ed entrambe scoppiarono a ridere mentre si accingevano insieme a sfogliare altre foto che ritraevano InuYasha.

Kagome era felice come non lo era mai stata in vita sua; quando, tre mesi prima, sua madre le aveva annunciato l’ormai prossimo trasferimento, lei si era opposta con tutte le sue forze, trasferirsi avrebbe cambiato tutto, avrebbe dovuto dire addio ai propri amici, alla proprie abitudini, alla sua casa, legata ai pochi ricordi del suo defunto padre; oltre tutto si sarebbero trasferiti in un paesino all’estrema periferia di Tokyo, quasi in campagna, quindi, abitato sicuramente da un mucchio di ragazzini rozzi e campagnoli... Terribile per lei che era abituata al caos e ai lussuosi quartieri del centro di Tokyo. E tutto questo, durante l’ultimo anno del liceo.

Sorrideva ancora al solo pensiero di quanto fosse sciocca allora; così disperatamente legata a quel mondo fatto di apparenze. Ora, finalmente, apprezzava la sincerità e la vera bellezza, quella del cuore, ed era stata proprio Sango ad insegnargliela, quella ragazzina dal grande sorriso, ma dagli occhi un po’ tristi, che fin dal suo arrivo l’aveva aiutata a integrarsi nella nuova città.

 

 

Era tardi, sarebbe arrivata con un ritardo mostruoso alla sua prima lezione di inglese; correre non l’avrebbe aiutata, eppure la speranza in Kagome non moriva mai.

«Ahi! »Gridò mentre veniva scaraventata a terra a causa dell’urto con qualcuno che non aveva visto, correndo come una pazza.

«Ehi, tu, non te l’hanno detto che non si corre nei corridoi? » Il cuore di Kagome mancò un battito quando sentì l’arroganza con cui quelle parole erano state pronunciate. Pochi nella scuola assumevano quel tono; alzò lo sguardo e scoprì che le sue orecchie non l’avevano ingannata. Due occhi azzurri, troppo grandi per essere del tutto orientali, la fissavano con aria glaciale e non del tutto amichevole.

InuYasha Nishizawa, classe terza sezione C; due giorni prima, appena arrivata nella nuova scuola, le sue compagne di classe le avevano rivolto la parola  proprio per metterla in guardia da quel ragazzo e dal suo migliore amico, un certo Miroku Kinomiya. Due teppisti; così si vociferava in giro,e il loro atteggiamento non lasciava molti dubbi in proposito, il primo violento e fortemente antipatico, il secondo un vero maniaco che non perdeva occasione per allungare le mani sulla malcapitata di turno; sicuramente, aveva pensato Kagome, da inserire fra le persone da evitare.

«Scusami, n-non l’ho fatto apposta, io sono in ritardo…io…» Disse Kagome spaventata e nervosa provando a rialzarsi.

«No, dai calmati, stavo solo scherzando, non ti sei fatta male, vero? » Disse quello porgendole una mano per rialzarsi; Kagome vide che lo sguardo del ragazzo era già cambiato; forse era un po’ accigliato, ma non cattivo. Poi lo guardò meglio quando allungò la mano per afferrare quella di InuYasha; non seppe mai se fosse dipeso dai suoi occhi, che la fissarono così intensamente da voler penetrare i suoi, dal suo aspetto insolente, che donava moltissimo a quello sguardo imbronciato, o da quel sorriso appena accennato che si disegnò sulle labbra carnose, ma nel preciso istante in cui sfiorò la sua mano smise di avere paura e gli sorrise.

«No…»  Rispose quando si ricordò essere capace di parlare. «Grazie comunque, sei gentile…»

«Figurati…non ti ho mai vista, sei nuova? » Chiese poi il moretto assumendo di nuovo il tono brusco di pochi minuti prima.

«Ahm…si io…» Balbettò Kagome .

«Higurashi! » Una ragazza con lunghi capelli neri raccolti in una coda alta  interruppe Kagome che stava per ribattere.

«Yoshida! » Esclamò Kagome di rimando.

«Che fai? Il prof d’inglese sta arrivando…»

«Si lo so, è che…» Rispose Kagome ammiccando ad InuYasha.

«Inuyasha... » Disse  Sango sorpresa come se si fosse accorta solo in quel momento del ragazzo.

«Oh…ci siamo accorti che il povero InuYasha esiste, eh?! » fece quello fingendo disperazione.

«Ma smettila, sei patetico…»

 

Quella volta c’era voluta un’eternità per fermare il litigio dei due ragazzi che avvenne sotto gli occhi attoniti di Kagome la quale aveva saputo solo qualche giorno dopo che i due si conoscevano da molto tempo e ne era rimasta piuttosto sorpresa; una persona tranquilla e dolce  come Sango, l’unica che sembrava essere un po’ più amichevole nei suoi confronti fra quella massa di oche idiote, amica di teppisti? Fu così che Kagome imparò a non giudicare più le persone dalle apparenze, né a prestare fede ai pregiudizi.

 

 

 

CONTINUA….

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Capitolo 3
*** Cambiamenti ***


Any moment, everything can change…

 

 

 

 

CAPITOLO 2: Cambiamenti

 

 

«Vieni, te lo faccio vedere!  » Sango e Kagome si precipitarono, ridendo, lungo il corridoio principale, dalla sala mensa, ancora pina di rumoreggianti studenti affamati, verso gli armadietti. Kagome aprì velocemente il quarto in alto a sinistra, il numero 112, estraendone una cartellina colorata. «Che te ne pare? » Chiese mostrando alla sua amica un disegno. Questo ritraeva una ragazza bruna con indosso un bellissimo abito rosa pesca, attillatissimo, aveva la gonna tagliata trasversalmente sul ginocchio e una scollatura vertiginosa sul seno. In vita una cintura di strass verde acqua.

«Kagome, è bellissimo! » Esclamò Sango riferendosi al modello che sarebbe presto diventato un bellissimo abito da sera, ideato e realizzato da Kagome stessa per il ballo dei ciliegi che si sarebbe tenuto di lì a un mese circa per inaugurare l’arrivo della primavera e, insieme, l’inizio degli ultimi mesi di liceo per quelli del terzo anno. Aspirante stilista, la ragazza non si era mai azzardata a creare qualcosa di così impegnativo; ma, poiché i suoi studi sarebbero proseguiti, l’anno successivo, all’accademia di moda, contro il volere di suo nonno, proprietario di un tempio scintoista, aveva pensato che fosse ora! «Davvero Kagome per essere un primo esperimento è…perfetto! »

«Grazie! » Fece Kagome di rimando «E per ringraziarti di essere mia amica, inizierò presto a disegnare il tuo! » 

«Cosa!? » Esclamò Sango sorpresa. Non avrebbe mai sperato in tanto. «Kagome sei gentile, davvero ma io non so se ci vado… »

«Ma dai! Devi venirci assolutamente, è l’ultimo anno! all’università non ci sono feste scolastiche! » Ribatté testarda l’altra.

«Ma nessuno mi inviterà e tu e InuYasha… »

«Sango io non lo so, non lo so davvero se quel cocciuto mi chiederà di andare al ballo con lui…non è il mio ragazzo, dopotutto. » ammise Kagome con gli occhi bassi.

«Già…tipico di InuYasha…un eterno indeciso, capriccioso e permaloso! »

«Ehi, calma, non scaldarti, a me va bene così, sai…per tutto quello che ha dovuto affrontare a causa della sua famiglia va più che bene…la sua vita non è stata tutta rosa e fiori, è normale che non abbia fiducia nel suo prossimo, no? »

Sango sorrise, aveva una santa pazienza quella ragazza che era qualcosa di sovrannaturale, per quanto fosse una ragazza calma, lei lo avrebbe già fucilato!

«E poi chi te l’ha detto che non ti invita nessuno? » Riprese Kagome con la sua solita  allegria. « C’è sempre Kinomya! Chissà che tu non riesca a scroccargli un invito!  »

«Kacchan, io… »   

«Non accetto obiezioni; oggi pomeriggio vieni a casa mia a farti prendere le misure. Chiuso il discorso! »

«Ma tu vuoi avere sempre l’ultima parola? » chiese Sango esasperata seguendola verso la sala mensa.

«Chi è che vuole sempre l’ultima parola? » Fece ironico il ragazzo contro cui il naso di Kagome si trovo spiaccicato.

«Oooh! Finalmente abbiamo ritrovato il disperso!  » disse Kagome con falso stupore. «Dove cavolo sei stato per tutto il pranzo? »

«Non lo immagini? » Disse ammiccando ad una ragazza bellissima che entrava proprio in quel momento in mensa. Kagome lanciò uno sguardo eloquente a Sango, che lei non restituì, gli occhi profondamente tristi. « E Voi, che ci facevate qui?  »

«Stavamo…»

«Stavamo cercando gli appunti per la prossima lezione. » la interruppe Sango mostrando un plico bianco «…e ora io me ne andrei in bagno, eh? ci vediamo dopo Kacchan! » e scappò verso il bagno che era esattamente due corridoi dopo.

Kagome la guardò dubbiosa mentre tornava in mensa con Miroku, chissà perché non aveva voluto che il ragazzo sapesse cosa si dicevano. Era un po’ di tempo, a proposito, che la sua migliore amica era un tantino strana. «Kinomya…» 

«Ti prego Higurashi, » La interruppe lui. «Non chiedermi che cos’ha Sango…non saprei cosa dirti…»

«Avete litigato? » Azzardò la ragazza mentre entravano in mensa e rispondeva al saluto di InuYasha.

«Magari…» Sospirò l’altro «Almeno avrebbe un motivo per evitarmi… »

 

 

Lasciò correre l’acqua dal rubinetto aspettando, con le dita sotto il getto, che diventasse fresca, sciacquandosi poi il volto, leggermente arrossato.

«Perché deve essere tutto così maledettamente complicato?! » Gridò scagliando un pugno contro il muro accanto allo specchio, il che non fu esattamente una buona idea. Quando due o tre lacrime ribelli minacciarono di caderle dagli occhi castani, scosse la testa, cercando di calmarsi. Tutto quel parlare di sentimenti con Kagome, aveva ricordato a Sango i suoi; così confusi e ignoti in quel momento. E dire che tutto era iniziato in un attimo, un momento prima era certa di conoscerli come il suo palmo, un attimo dopo una confusione totale. Aveva sempre navigato in acque tranquille e calme, poi, all’improvviso, una tempesta aveva sballottato la sua nave tra venti contrapposti.

 

Il trillo del campanello risuonò allegramente in casa Kinomiya, quel pomeriggio; Miroku scattò giù dal letto su cui stava seduto e precipitò ad aprire la porta.

«Ciao Sangochan! » salutò con un grande abbraccio colei che si ritrovò davanti. « È tutto pronto di là, mancavi solo tu! »

« Il mio nome è Sango! » sibilò la ragazza. Non le piaceva essere considerata una bambina da Miroku, quel suffisso denotava la loro grande intesa, certo, ma significava che lui era rimasto a dieci anni prima, quando erano solo due bambini. Poi tirò un gran sospiro ed entrò; quel pomeriggio la aspettava una vera e propria battaglia, aiutare Miroku a preparare l’esame supplementare di matematica. Dopo tante ramanzine il ragazzo aveva imboccato la retta via ed era riuscito ad ottenere la sufficienza in tutte le materie, tranne in matematica; l’unica materia che non gli entrava proprio in zucca, figuriamoci poi la geometria analitica! Disperato, quando i prof gli avevano proposto l’esame supplementare, si era rivolto per aiuto a Sango, decisamente predisposta alla materia.

«Veramente, dato che non ci sono i tuoi e dovremo necessariamente passare la notte in bianco, vorrei che ci trasferissimo dalla tua stanza al salotto, vicino al camino…come quando eravamo piccoli…» Disse Sango con un’aria da bambina che fece sorridere Miroku. E poi si lamentava del soprannome che Miroku gli dava! «Anche perché fa un freddo! » 

«Ok! »  Rispose il ragazzo convinto tentando una pronuncia alla “ inglese d.o.c” «Prendo coperte e cuscini e torno! » E si fiondò in camera sua.

Come aveva promesso, Miroku fu ben presto di ritorno con in mano un paio di lunghe e pesanti coperte e tre o quattro cuscini che tratteneva a fatica. Mentre il camino si riscaldava, sistemò le coperte sull’enorme tappeto persiano, ai piedi del divano. Tornò ancora una volta in camera sua per prendere alcuni libri, un quaderno e il dizionario; poi si sedette a terra insieme a Sango, finalmente pronto per studiare.

«Cos’è che ti dà maggiori problemi? » Chiese subito Sango. Ma il suo entusiasmo si spense quando lesse la perplessità sul volto di Miroku. «Forse è meglio una terapia d’urto!  »

Miroku annuì decisamente.

E così andarono avanti a studiare per delle ore; Sango era contentissima di poter essere utile al suo migliore amico, e poi lui era così intelligente, quando voleva apprendeva subito, senza troppo sforzo, tanto che più che una seduta intensiva di matematica, sembrava una serata di divertimento. Tuttavia, nel bel mezzo della ricapitolazione teorica, entrambi si lasciarono un po’ troppo andare e, in pochissimo tempo, si trovarono stretti fra le braccia di Morfeo.

 

Una sensazione di tranquilla serenità le pervase nello stesso attimo in cui il dormiveglia cessò e Sango realizzò di essere sveglia. Era distesa su un lato e una mano, una mano grande e forte, le accarezzava dolcemente i capelli e le guance; aprì gli occhi e si trovò a specchiarsi in quelli grandi e profondi di Miroku.

«Ti ho svegliata? » Chiese dolcemente il ragazzo che la fissava facendo scivolare i capelli di lei fra le dita. «Ho pensato che sul pavimento stavi scomoda, così ti ho poggiata qui…»

 Subito Sango si alzò a sedere, sconvolta da uno strano scalpitare che andava fra il suo stomaco e il cuore che non seppe decifrare. Le  guance le si imporporarono e lei desiderò essere in qualsiasi altro luogo, tranne lì.

 Li per lì non ci aveva fatto troppo caso. Ma la cosa si era ripetuta altre volte nel giro di una settimana, non riusciva a capire cosa fosse quella strana sensazione, le impediva anche solo di parlare con Miroku, ormai. Ed era palese che ne soffrissero entrambi.

Probabilmente non era nulla di grave, una cosa stupida, ma lei ci stava male da morire, desiderava che tutto tornasse come prima e che non le facesse più male al cuore che Miroku scavasse nella sua anima con quei grandi  occhi azzurri, che la stringesse forte a se, o che la chiamasse sangochan…

 

 

CONTINUA…



Se amate inuyasha, non perdetevi le altre mie fiction su questo manga!

Al mio tesoro più grande (Sango pensa a Miroku e ai sentimenti che prova per lui)

http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=213000&i=1

If I Die tomorrow (Quali sono le paure di Miroku?)

http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=166414&i=1

Alla calda luce di un falò (Sesshomaru x Rin ---> l'ho scritta e si è avverata in parte l'estate successiva, quindi ci sono molto affezionata)

http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=42472&i=1

L'ultima lacrima (Naraku è stato sconfitto, ma perchè le guance di Sango sono rigate dalle lacrime? ---> ad oggi la mia fic del cuore.)

http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=18302&i=1


Alla prossima! mi raccomando, commentate!

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