«Graaaaaaaaaceeeeeeeeeeeeeeeee!»
La voce di Simone sovrastò
per un secondo anche
il frastuono del terminal dell’aeroporto. Lou si fece largo
tra la folla per
correre incontro al suo amico.
Simone non appena fu abbastanza vicino
mollò la borsa che aveva a tracolla e aprì le
braccia per accoglierla.
Lou si lanciò addosso
all’amico avvinghiandosi e coprendogli il viso di baci.
Ad un occhio esterno sarebbero potuti
passare per una coppia di fidanzatini. Invece erano molto di
più.
«Will, Will,
Will…» - ripeteva Lou con una gran voglia di
piangere.
«Ehi, mi stai
soffocando!» – disse Simone cercando di
respirare
nonostante la stretta delle braccia di Lou che gli cingevano il collo.
La prese per le braccia allontanandola da lui e posandola a terra.
Si squadrarono in mezzo alla marea di
gente intorno a loro, immobili rispetto a tutti.
«Non starai per piangere,
vero? – la prese in giro lui, con la sua voce dolce e
musicale - fatti guardare. Non hai un bell’aspetto Grace. Sei
troppo pallida e…- indicò le sopracciglia
– cosa vuoi fare? Somigliare alla Kalo anche come look? Le
tue sopracciglia hanno bisogno di una sfoltita...»
Lou sorrise. Il suo adorato amico che
non la mandava a dire.
«Mi sei mancato, Will…» - disse Lou stringendosi a lui.
«Anche tu… - la
fissò negli occhi dopo averla stretta ancora a
sé, ma non disse nulla. Non gli era sfuggito il fatto che
gli si era aggrappata come fa una che sta per affogare ad un salvagente
- Vieni usciamo da qui, prima che la gente speri in una copulazione
pubblica…»
«Porca vacca se fa freddo
qui! Come fai a resistere e non aver voglia di scappare
via?»- disse non appena uscirono
all’esterno e si
avviarono alla fermata del taxi, stando attenti a non cadere sul
ghiaccio. La neve era quasi sciolta ma si era formato uno spesso strato
di ghiaccio che rendeva la stabilità del suo amico alquanto
improbabile.
Lou si strinse al braccio di Simone
ridendo.
«Amo la neve lo sai,
è un bel posto… se ci si abitua.»
«Grace, tu non sei normale.
Questo lo sappiamo. Cazzo che freddo!»
«Non urlare! –
scoppiò a ridere Lou, notando che Simone era
l’unico essere vivente che parlava ad alta voce. Faceva
più rumore lui che tutti gli altri presenti alla fermata
messi insieme. – ci stanno guardando tutti!»
«Ci guardano
perché io sono stupendo, tesoro…»
– rispose lui.
E in effetti, Simone era
più bello che mai.
I suoi capelli biondi erano
più lunghi rispetto ad un anno e mezzo prima; si era fatto
crescere la barbetta che ovviamente lui portava curata.
Era sempre magro e alto, ma
più muscoloso rispetto ai tempi dell’Accademia.
«È vero: sei un
gran figo… hai fatto palestra, per caso?»
«Piscina mia
cara… lunghe vasche; ore ed ore con il pisello a
mollo…»
«Uhm… fammi
indovinare: c’è un istruttore bono!»
«Ovviamente! Per quale altro
motivo mi sottoporrei a torture fisiche se non per
rimorchiare?»
«Non cambi
mai…» - disse Lou scuotendo la testa.
Salirono sul taxi e lei diede
l’indirizzo al conducente, dopo che questi aveva messo nel
bagagliaio le valigie di Simone.
«Com’è
andato il viaggio?» – chiese Lou, prendendo la
mano
di lui, intrecciando le dita alle sue.
«Un vero inferno! Sono
capitato nel sedile centrale tra un grassone che sudava e un moccioso
che per tutto il viaggio non ha fatto altro che mangiare schifezze,
spargendole ovunque! Lo avrei strozzato con le mie mani!»
Lou si beava della visione dello
splendido viso del suo migliore amico: le veniva da piangere al sentir
parlare la sua lingua e si rese conto di quanto le mancasse
tutto.
Non smetteva di guardarlo adorante,
seguendo ogni parola che diceva, d’ogni suo tono o
inflessione.
Simone le passò un braccio
intorno alle spalle mentre lei gli indicava passando questo o quel
palazzo. Gli fece vedere il posto in cui lei lavorava e lui chiese di
portarlo al più presto a visitare la galleria.
Era arrivata per un pelo, appena poco
prima che Simone uscisse nell’atrio degli arrivals.
Si era svegliata tardi e non aveva
sentito la sveglia suonare…
Da quando Ville era stato a casa sua
cinque giorni prima, non aveva più dormito bene... non che
prima lo facesse, ma non era più riuscita a concentrarsi
neanche al lavoro; pensava e ripensava alle sue parole.
Quando si era calmata e aveva ripreso
il controllo di sé, tra le braccia di Ville che non aveva
smesso di tenerla stretta a sé, lì davanti alla
porta finestra, aveva alzato il viso per guardarlo negli occhi.
Lui le aveva sorriso nel modo
più dolce che avesse mai visto sul viso di un uomo.
Le aveva preso le mani, baciandole i
polsi, non smettendo di guardarla fisso negli occhi.
Si era sentita morire. Le labbra
morbide e sensuali di lui le avevano lasciato una scia di baci lievi su
tutto il polso e l’interno del braccio.
Le aveva baciato i palmi delle mani,
per poi posarle sul suo viso, chiudendo gli occhi.
Lou gli aveva sfiorato quel viso
spigoloso e magro, toccandogli le palpebre, la linea del naso e la
curva delle labbra.
Poi aveva fatto lo stesso gesto: aveva
preso le sue mani e gli aveva baciato la punta delle dita, il palmo e
se le era avvicinate al viso, che lui aveva preso delicatamente come
per osservare un fiore.
Sembrava non avere nessuna fretta, era
lento nei movimenti, attento, quasi avesse paura che lei svanisse da un
momento all’altro.
Lou era senza fiato.
Nessuno era mai stato così
dolce con lei…
Non sapeva cosa lui si
aspettasse… le aveva detto ciò che provava e lei
stentava a credere che uno come lui potesse essere attratto da una
ragazza come lei.
Non aveva niente di speciale, era
timida e insicura. E con un pessimo carattere.
Quasi avesse sentito i suoi pensieri,
le disse sussurrando:
«Non ho nessuna fretta
Lou… Potrei stare ore a guardarti e a toccarti in questo
modo…»
Lei si era stretta di nuovo a lui.
Se solo fosse stata capace di fargli
capire in che modo lui la sconvolgeva... non era solo perché
era così bello... no.
Lui aveva un modo di parlarle e di
stanarla che la mandava su tutte le furie; sembrava leggerle nella
mente e sapere esattamente cosa le passasse per la testa.
Non si curava della sua freddezza e
ignorava con ironia i suoi metodi, che avevano davvero uno scarso
risultato, per prendere le distanze da lui.
La prendeva in giro con dolcezza, come
se sapesse benissimo che sotto tutto quel ghiaccio c'era un fuoco che
chiedeva solo di essere riportato in vita.
Nonostante tutto lei non aveva paura
di lui, si fidava stranamente di quello che le diceva: i suoi occhi
erano sinceri. Se è vero che gli occhi sono lo specchio
dell' anima, quella di Ville oltre che bellissima doveva essere limpida
come i suoi occhi.
Solo chi ha conosciuto l'inferno ed
era tornato indietro poteva avere quella serenità e
fermezza... solo chi sapeva cosa c'era in gioco e capiva il valore vero
delle cose, non si curava più del superfluo.
Lei aveva l'impressione che lui fosse
uno che viveva la sua interiorità con tutto se stesso, uno
alla continua ricerca... di qualcosa di meglio.
O forse era quella l'idea che voleva
avere di lui... ora stava a lei scoprirlo.
Lui non si era nascosto e le aveva
detto quello che pensava, senza ulteriori giochi.
Era spaventata a morte... si strinse a
lui, volendo quasi fondersi con quel corpo magro eppure forte.
Le dava stranamente conforto... era
familiare...
A cosa serviva fare la difficile ora?
Lui l'aveva messa a nudo anche ai suoi occhi...
Non aveva alcun senso ora metterlo
alla porta del suo cuore: in qualche modo aveva aggirato i sistemi di
sicurezza con poche mosse e parole ben ponderate.
Sperava solo di non sbagliarsi: non
dopo tutta la fatica impiegata a ritrovare un minimo di equilibrio e
stima in se stessa.
Sciogliendosi dal suo abbraccio lo
aveva guidato fino in camera da letto.
Non aveva lasciato la sua mano mentre
si sedeva sul letto e lui le si era seduto accanto.
«Ville… non sono
in grado di parlare ora, perdonami. So che ti aspetti che dica
qualcosa, ma ho paura che possa esplodere in modo incontrollato tutto
quello che c’è dentro. Mi darai tempo anche per
questo?»
«Ti darò tutto il
tempo che vuoi, non ho fretta… te l’ho
detto.»
Lei gli aveva accarezzato i capelli:
aveva desiderato farlo da quando lo aveva visto la prima volta.
«Se continui a lisciarmi
così, sarà difficile rimanere di parola
però…» - le aveva detto lui con voce
roca e un sorriso malizioso.
«Scusa…»
- aveva detto lei, ritirando la mano che lui aveva subito bloccato per
rimetterla dov’era prima.
«Ma poiché mi
piace soffrire e struggermi, puoi continuare a mettere a dura prova i
miei sensi, 'Prinsessa'…»
«Non voglio farti star
male…» - aveva ribattuto lei seria.
Lui ridacchiò con un
sorriso da satiro.
«Se lo chiami soffrire. Non
smettere… mi piace sentire le tue mani sul
viso…»
Come mandarla a fuoco con due parole.
Non era di carta neanche lei e non era
consigliabile stare lì a fargli i grattini, con lui che le
faceva le fusa con quella voce da brivido.
Era la cosa più eccitante
che le fosse mai successa.
Persino più bella del
sesso… beh, quasi. Non che avesse grande esperienza nel
campo.
Oltre ad Andrea era stata solo con un
altro ragazzo e l’evento era stato alquanto disastroso.
Stava morendo tra i brividi che le
davano la sua voce e le dita lunghe di lui che le accarezzavano il
braccio libero.
«Hai freddo? – le
chiese aprendo gli occhi - Stai tremando…»
«Non ho freddo, non
è per quello che tremo…»
«Hai paura di me?»
– ripeté di nuovo lui.
«No, non ho paura di te,
Ville… - disse lei con una risatina nervosa – vuoi
sapere perché tremo?»
Lui le baciò la mano che si
era spostata ancora sulle labbra.
«Dimmelo…»
“Mi piace stare qui con te,
così… mi piace come mi baci senza aver provato a
baciarmi sul serio, mi piace che sembri non aver nessuna intenzione di
farlo, mi piace tutto quello che sto provando in questo
momento…»
“Per la serie,
’ero una che non voleva scoprirsi e aveva poco da
dire'…” – pensò
tra sé.
Stavolta era lui che era rimasto senza
parole…
«Non è
propriamente così in realtà…
– rispose lui dopo un po’, guardandola come se
volesse saltarle addosso da un momento all’altro –
a dirla tutta, sto morendo dalla voglia di baciarti le labbra dalla
notte in cui abbiamo trovato la gattina…»
«Oh…»
“Santo
cielo… sarebbe morta per mancanza di respiro da effetto
Valo.”
«Già.»
«…»
«Ma, come ti ho
già detto poco fa, mi piace struggermi… qualcuno
ha affermato che l' attesa del piacere è meglio del piacere
stesso… ma non credo d’avere tutta questa forza di
volontà, sai? Soprattutto se rimango qui con te, su un letto
che ho già avuto modo di provare e so che è molto
comodo e accogliente, in una stanza buia illuminata solo dal chiarore
della luna…» – le disse guardandole le
labbra.
«Vuoi andare via?»
– chiese in un soffio Lou.
«Tu vuoi che me ne
vada?»
Gli fece cenno di no con la testa.
«Rimani… ma non
voglio fare… non posso…» –
provò a dire imbarazzata.
«Lo so, stai
tranquilla…»
Gli sorrise toccandogli il viso ancora
una volta, massaggiandogli la nuca.
“Bravo il mio
micione…”
«Mi aspetti qui mentre mi
lavo il viso? Devo togliere le lenti a contatto…»
– disse lei vagamente a disagio: stavano iniziando a
lacrimarle gli occhi dopo una giornata che le indossava.
«Sono qui, Lou…
vai pure e io nel frattempo mi metto comodo...»
«Ok…»
– deglutì a vuoto Lou, lasciandogli le mani che
lui tratteneva.
“Si mette comodo?!
Che vorrà dire? Mi sento male…” –
pensò mentre spariva in bagno.
Guardandosi allo specchio vide che
aveva gli occhi che mandavano lampi, il viso accaldato, le labbra
gonfie…
Tolse le lenti a contatto,
lavò veloce il viso dal trucco e vi passò del
latte detergente prima di tornare in camera.
L’idea di comodo per Ville
era… togliersi le scarpe.
Era seduto a gambe incrociate sul suo
letto che coccolava la gatta.
Lou si fermò a guardare la
scena dalla porta: Valo illuminato solo dalla luce della luna quasi
piena, al centro del suo letto che accarezzava la loro gattina
nera… sembrava irreale.
«Bellissimo… - le
disse lei d’un fiato – Siete bellissimi entrambi.»
«Vieni qui… -
rispose lui, tendendole la mano – sei già stata
via troppo tempo.»
Lou si aggrappò alle sue
dita, strisciando sul letto per mettersi accanto a lui.
La gatta aprì un occhio
verde per tenerla sotto il tiro delle sue unghie nel caso si fosse
avvicinata troppo a Ville.
«Credo proprio di non
piacerle, sai? – disse Lou sorridendo, osservando la mano
bianca di lui contro il pelo nero e lucido della felina – mi
tiene d’occhio come una tigre possessiva!»
«È gelosa di me,
te l’ho detto…»- disse compiaciuto Ville.
«Uhm… sei sicuro
che non sia tua figlia?»
Ville rise piano con la sua risata
adorabile.
«Come sarebbe a dire mia
figlia?»
«Avete lo stesso colore
d’occhi…» – disse Lou,
guardandolo.
«Davvero? Beh, che io sappia
sono stato attento con tutte, umane e non…»
– scherzò lui.
Lou strofinò il viso sulla
spalla magra di Ville, mentre guardava sorridendo la gatta che le
soffiava contro.
«Credo di dovervi lasciare
sole per qualche giorno, di modo che facciate amicizia… -
disse ridendo Ville, osservando la micia furente – sempre che
quando torno non ti abbia sbranata.»
«Tornare da dove? Vai
via?» – chiese Lou,
improvvisamente in allarme.
“Che
diamine… sei già dipendente da lui?”
«Solo per pochi giorni,
Lou… - disse lui girando il viso nella sua direzione. Gli
occhi vicini e anche le labbra… erano ad un soffio
– devo assentarmi e non posso delegare nessuno al mio
posto.»
«Va bene… torna
presto o la tua tigre mi farà fuori.»
«Amerà anche te,
vedrai… deve solo abituarsi alla tua
acidità.» – disse Ville prendendola
in
giro.
«Io non sono acida. Sono
diversamente dolce…» –
ribatté offesa Lou.
“«o
so…» – disse lui, fissandola.
“Bacialo.”
– si diceva Lou, con un’improvvisa ansia.
“Bacialo ora.”
Senza fiato. Sarebbe potuta rimanere
parte della vita a guardarlo negli occhi.
“E ti salvi Lucia,
perché non lo vedi bene grazie alla stanza
buia…”.
Ville aspettava che lei facesse
qualcosa.
Lui non avrebbe forzato oltre la mano,
quella notte; non seppe dire come facesse a saperlo, ma sentiva che lui
le lasciava le scelte future. Ciò la spaventava a morte e la
faceva sentire, per la prima volta nella sua vita, importante e
preziosa…
Con il cuore in gola, posò
le labbra sulla spalla sperando che attraverso la stoffa della
maglietta che lui aveva addosso, potesse sentirla.
Ville le strofinò il viso
sui capelli, come un gatto.
“Ah, che bel
micione…” – pensò
con dolcezza Lou.
«Lou…»
– borbottò roco lui.
«Uhm?»
«Se non la pianti, ti
scateno contro la tigre…»
Lou ridacchiò.
«Allora se deve incazzarsi,
le do un buon motivo per farlo…» – disse
lei, spostandosi fino a trovarsi di fronte a lui.
Lui attendeva curioso.
Aveva ragione Nur. Lui aveva ragione.
Per troppo tempo, era stata spaventata
solo da se stessa.
Era pronta ad amare di nuovo?
Aveva pensato che Andrea le avesse
tolto anche quello: la capacità di amare qualcun altro dopo
di lui; le aveva tolto la voglia di darsi a qualcuno, di lasciarsi
amare…
Chiuse gli occhi tremante, e
avvicinandosi lentamente, gli prese il viso tra le mani, gli
baciò la punta del naso a portata di labbra, le palpebre,
custodie della giada che lei amava, una… e poi
l’altra… lui stava trattenendo il respiro?
Sì... Bene.
Non era l’unica ad avere
problemi respiratori, allora…
Lou non sapeva dire chi tremava di
più su quel letto; lei che stava lanciandosi in folle verso
l’ignoto, con un uomo che non conosceva, un uomo famoso, con
la fama di oscuro e misterioso front man; lui che sembrava del tutto a
suo agio eppure tratteneva il respiro come un ragazzo che sta per
baciare per la prima volta, o… la gatta furiosa che sembrava
volesse cavarle gli occhi, soffiandole contro ogni secondo di
più.
L’aveva distratta…
Ville ridacchiò e lei lo
seguì poco dopo, nel sentire il baccano che faceva la
tigrotta nera.
«Ecco…
– disse Ville con un sussurro – per la rabbia, ha
piantato le unghie sulla mia mano!»
Naso contro naso, occhi negli
occhi… respiri che si fondono.
Un leggero movimento in avanti del
mento di Lou e le labbra che si toccano, troncando le ultime sillabe
sulla sua bocca...
******
«Lou?»
La voce di Simone la riscosse dai
sogni ad occhi aperti.
«Stai bene? Sei rossa in
viso… - disse lui sospettoso ad occhi stretti –
Tu, vacca, mi nascondi qualcosa e parlerai non appena arriviamo a
casa.»
Lou avvampò ancora di
più.
Accidenti! Ora l’avrebbe
torchiata fino a che non avesse parlato, compresi i dettagli.
«Taci… non ti
nascondo nulla.»
«Certo come no… e
io non ti conosco per nulla e sono etero. Parlerai.»
«Siamo arrivati, comunque
– disse lei sbellicandosi, indicando la casa a sinistra
– porta quel deretano depilato e palestrato dentro,
avanti!»
Mentre i bagagli venivano scaricati e
Simone pagava la corsa, lei buttò un occhio alla torre
mentre il cuore le rispondeva con un battito scomposto.
«Accidenti Grace:
è carino qui… troppo bianco e freddo per i miei
gusti, ma davvero bello!»
«Ah, bene, sono contenta che
sia di suo gusto… vuole accomodarsi nella mia umile
dimora?» – disse Lou facendosi da
parte,
inchinandosi leggermente mentre Simone, preso il bagaglio le passava
avanti naso in aria, testa alta e atteggiandosi a diva.
Con una risata Lou chiuse la porta
dietro di sé, pronta a lanciarsi nei dieci giorni
più stancanti e divertenti degli ultimi mesi.
******
«Perché mi fissa
il tuo animale?» – chiese Simone il giorno
dopo,
entrando in camera con una tazza di latte e caffè in una
mano e dei biscotti in bilico su un piatto nell’altra.
«Umpfh…
Will… non urlare… - Lou si portò la
mano alla testa. La sera prima ci avevano dato dentro a bere e dare
fondo alla bottiglia di vino rosso che Nur teneva a portata di mano nel
caso una sua cena svolgeva ad incontro hot… quella che aveva
preso per la serata con Ville non era stata toccata… -
guarda così anche me, tranquillo.»
Sedendosi sul letto le diede la tazza
di latte, mentre addentava un biscotto.
«Ti sei rammollita Grace:
non reggi più l’alcool… hai detto di
averla trovata da poco e non ancora le dai un nome, giusto? Bene
bene… questa roba fa al caso mio allora…
vediamo…»
Lou posò la tazza sul
comodino mettendosi seduta contro la spalliera.
«Sì, abbiamo
deciso di aspettare di trovarle un nome adatto alla sua
personalità…» - disse Lou con una
scrollata di spalle.
“Abbiamo? Tu e
chi?» – chiese Simone stendendosi
accanto a lei,
guardandola curioso.
La sera prima aveva provato a farla
ubriacare per estorcerle informazioni piccanti, ma lei non aveva ceduto.
«Ehm… -
cincischiò in difficoltà, prendendo tempo
– io e me stessa, plurale maiestatis…»
«Grace. Tu e chi avete
deciso di aspettare? – insistette Simone afferrandole un
piede attraverso il piumone e torcendolo – Se non parli ti
faccio il solletico.»
Era l’unica cosa che non
sopportava e che la faceva sempre capitolare: il solletico sotto i
piedi. E Simone era ricorso spesso a quella tortura quando erano a Roma.
«Io e Nur!»
Disse subito, in fretta, infilandosi
ancora di
più sotto le coperte, tirando il piede, cercando di
sfilarglielo dalle mani.
«Sei arrossita: e se tanto
mi da tanto, a meno che tu non abbia cambiato gusti sessuali nel
frattempo e ti scopi la tua coinquilina, c’è di
mezzo qualche bel tenebroso, come quelli che piacciono tanto a
te… ora parla.» – disse lui con finta
noncuranza.
«No.»
«Parla o ti faccio
morire… oddio! Non avrei mai pensato di dire questa cosa ad
una donna!»
«Non è
nessuno… - disse lei a bassa voce, avvampando solo al
pensiero di Ville – È il mio vicino di
casa.»
«Uhm… il tuo
vicino di casa… - strisciò sul letto fino a
trovarsi sopra di lei – Capisco…»
«Simone… togliti
immediatamente di dosso o potrei approfittare di te e ti
violento.»
Di solito quella minaccia funzionava.
Ma Simone non pareva intimorito e la
guardava minaccioso: il fatto che lei lo chiamasse per nome indicava
che stava mentendo spudoratamente.
«Dimmi chi è
questo vicino di casa e perché stai per prendere fuoco al
solo nominarlo.»
«Simone… ti
prego, togliti… mi sto eccitando!» –
disse lei mordendosi le labbra con fare che voleva essere sensuale.
«Non funziona, bionda… parla
ora o t’infilzo come un pollo allo
spiedo!»
«Ummhhh…
sì, ti prego…» –
ansimò lei.
Un miagolio indignato nelle vicinanze
e loro si voltarono verso la porta.
La gatta li fissava con disappunto e
palese disapprovazione.
Lou scoppiò a ridere.
«Santo cielo, quel gatto
è inquietante!» - disse Simone.
Lou approfittò del
diversivo per sfilarsi con agilità da sotto il corpo che la
schiacciava, per scendere dal letto e andare verso la micia per
rassicurarla.
«Che fai, mi tieni
d’occhio come un cane da guardia ora?» –
le disse Lou prendendola in braccio.
Qualche protesta, ma la diva non fece
ulteriori obiezioni.
Si sedette sul letto, tenendola ferma
e accarezzandola come faceva Ville.
Al pensiero di lui, il viso di Lou si
addolcì e a Simone non sfuggì.
«Ok, adesso basta misteri
Grace: chi è? Non ti ho mai visto in queste condizioni se
non con…
l' innominato'.»
«Te l’ho detto,
Will… è il mio vicino di casa. Qualche notte fa
abbiamo sentito piangere il gatto entrambi e ci siamo ritrovati a
soccorrerla. Era nella neve e rischiava di morire congelata.
L’abbiamo portata qui e
tenuta al caldo tutta la notte, cercando di curarla e nutrirla come
potevamo… veramente è stato più lui
che se n’è occupato.
Io ero fuori combattimento per la
febbre e si è dovuto occupare anche di me, alla
fine…»
«Uhm… un
cavaliere dall’armatura scintillante o un vichingo biondo e
muscoloso?»
«Né
l’uno né l’altro, Will… direi
più un principe solitario che vive in una torre
gotica…»
Simone la fissò per qualche
istante, capendo al volo. Anche se Lou non gli aveva mai detto di
averlo visto o conosciuto, sapeva che lei viveva vicino al famoso
cantante degli HIM e tante volte le aveva chiesto notizie e scoop.
«QUEL principe?!»
«Quel principe.» -
confermò lei.
«Fermi tutti! Ti sei portata
a letto Ville Valo e non mi dici nulla?!» –
urlò Simone.
«Non me lo sono portato a
letto, maiale!» –
s’indignò
Lou.
“Beh, non
tecnicamente…” –
pensò con un tuffo al cuore al pensiero della notte
precedente.
«E allora che
cos’è quell’aria da sposina il giorno
dopo la prima notte di nozze?!»
«Will, non è
successo niente… beh… insomma… oh,
cavolo! Ok, l’ho baciato.»
Simone sbiancò.
«…Tu…
lo hai… baciato?»
Lou fece segno di sì con la
testa con un sorrisetto.
«Non vedevo l’ora
di farlo… - disse ridendo – e lui aveva
già fatto troppo per una sera soltanto.»
«Ok, che ne hai fatto della
mia amica?» – chiese Simone con gli
occhi sgranati.
«È diventata un
po’ più adulta spero…»
– disse lei piano, con gli occhi sulla micia che si era
acciambellata e sonnecchiava – Will… ho
paura…”.
«Racconta. Ora. Tutto.»
– le ordinò Simone.
E Lou iniziò a raccontargli
ogni cosa, senza omettere nessun particolare.
******
Un bacio lungo.
Ville teneva gli occhi aperti mentre
lei lo baciava.
Con una mano infilata tra i suoi
capelli, la teneva delicatamente ferma, muovendo piano le labbra sulle
sue.
Lou sperava che non finisse mai.
Immaginava che la bocca di Ville fosse
morbida e sensuale, ma non aveva calcolato l’effetto che
avrebbe avuto su di lei.
A momenti si sarebbe disciolta in una
pozza di massa informe.
Sentiva il cuore battere contro la
gabbia toracica con tonfi forti e dolorosi e le orecchie che
fischiavano.
Gli passò le braccia
intorno alla vita, stringendolo a sé e lui posò
la micia ai piedi del letto, tornando subito ad abbracciarla, tirandola
giù rotolando sulla schiena.
Lei si accorse del cambio posizione
solo quando si ritrovò stesa sopra Ville e sentì
le mani di lui stringerla.
Stavano correndo troppo in fretta ma
Lou non riusciva a fermarsi… infilò le mani sotto
la maglia per toccargli la pelle calda e liscia.
Staccò le labbra dalla sua
bocca per baciargli la gola e il collo.
Le piaceva strofinarsi sulla sua
pelle, le piaceva il suo odore. Ville sapeva di legni orientali e
spezie, d’ambra e patchouli…
“Calma
Lou… non correre.” - si disse.
Con una mano sul cuore di Ville lei
alzò il viso per guardarlo, mentre lui cercava di riprendere
il bacio interrotto.
Lei lo baciò rapida.
Borbottio di protesta.
«Ville?» – sussurrò.
«Uhm?»
“Che voce
divina…”.
Anche quando mormorava e faceva versi
era sexy.
«Niente… volevo
solo dire il tuo nome…»
Lui aprì gli occhi. Anche
al buio era bellissimi… e le labbra… erano un
invito delizioso.
Le accarezzò il viso, con
un sospiro.
«'Prinsessa'…
credo proprio che ti sei fatta una nemica stavolta.»
– disse ridendo piano.
Guardarono insieme verso la gatta,
guancia a guancia, ma questa li fissava ad occhi socchiusi appoggiata
sulle zampe anteriori. Con uno sbadiglio annoiato, girò la
testa e chiuse gli occhi.
«Dicevi?»
– chiese Ville tornando a guardare Lou.
«Dicevo che mi piace dire il
tuo nome…» - sussurrò lei sulle sue
labbra.
«Uhm… bene. Molto
bene, perché credo che lo dirai spesso da stanotte in
poi…»
Lou annaspò, quando
sentì la mano calda di lui infilarsi sotto il golf per
accarezzarle il fianco.
«Potresti stancarti di
sentirlo…» – disse esitante.
E in quella frase c’era
tutta la sua insicurezza.
«E tu potresti stancarti di
pronunciarlo…»
Lou gli sorrise. Pari.
«Ville?»
«Uhm…»
«Baciami finché
non ti imploro di smetterla…»
Un sorriso lento che le fece drizzare
ogni pelo del corpo.
«Ai tuoi ordini, 'Prinsessa'…
solo SE mi implorerai di farlo.»
******
«Fammi capire… -
disse Simone alzando un dito e chiudendo gli occhi per concentrarsi
– vi siete baciati e strofinati tutta la notte, senza fare
altro?»
«Sì.»
– sospirò Lou.
«Ok… la
situazione mi è del tutto nuova. È romantico e fa
molto mister Darcy… ma se alla prossima non ti salta addosso
strappandoti i vestiti, ti devi preoccupare!»
«Oh, non fare il
guastafeste!! Sono certa che lui volesse farlo, ma per qualche strana
ragione ha deciso di immolarsi alla “causa Lou” e
darmi il tempo necessario per… per qualunque cosa
capiti.»
«Uhm… beh,
diamogli il beneficio del dubbio. Ti ha detto tutte quelle cose carine
che a voi donne piacciono e da come ne parli non sembra uno in cerca di
avventure. Voglio dire, potrebbe averne quante ne vuole; a meno che non
gli piacciano le sfide e vuole solo portare a letto una
difficile… non fare quella faccia ora! – disse
vedendo l’espressione afflitta di Lou – devi
metterlo in conto! Lou! – continuò prendendole le
mani – Ora non iniziare con le paranoie, ok? Continua a
vederlo!
Porca vacca, hai idea da quanto tempo
non ti senti così? Vuoi negarti tutto questo per paura di
cosa? Sai bene che non è nostro potere prevedere come
andranno le cose, quindi per favore, fallo per te… non farti
prendere dal panico e dall’insicurezza! Lui è a
posto, ti piace, gli piaci! Vivila…»
«Ma non abbiamo niente in
comune Will… e poi non ti ho detto un’altra cosa:
Nur lo ha conosciuto prima di me, sono stati a cena qui e lei si
è messa in testa di conquistarlo.
Mi sento in colpa; come faccio a dirle
quello che è successo senza che pensi che lo abbia fatto
apposta?»
«Senti Grace, la
“Regina di Saba” ha mille uomini tra i quali
scegliere: la sua voglia di rivalsa su Valo non ti deve riguardare. A
lei non importa un cavolo di lui, a te sì.
Se è una vera amica
capirà e se non lo capirà allora saranno affari
suoi: qui c’è in ballo qualcosa più
grande dell’orgoglio ferito di una vamp che non accetta un no
da un uomo.»
«Sarebbe?»
«Qui ci sono in ballo due
cuori: il tuo e quello di lui. A cosa dai la precedenza? Ad uno stupido
gioco di una ragazza annoiata o ai sentimenti?»
«E se lei fosse presa
veramente da lui?»
«Ma figuriamoci…
a questo punto affrontala subito non appena torna e smettila di farti
prendere da sensi di colpa inesistenti. Cavolo, Grace: non
c’è stato nulla tra loro, lui non era interessato
e Nur ha fatto tutto da sola, con l’unica voglia di
vendicarsi dopo essere stata rifiutata!»
Lou nascose la testa tra le braccia,
stringendosi le ginocchia al petto.
«Sto facendo una
cavolata…» – disse gemendo.
«Ah no, eh! Non iniziamo il festival del
melodramma, lo sai che non lo sopporto, Grace! –
sbottò Simone – Piantala immediatamente!
Guardami.»
Lou lo sbirciò con un
occhio.
«Basta così! Ora
ti alzi, ti fai una doccia, ti trucchi e ti vesti e poi usciamo.
Smettila di piangerti addosso. E quando Valo torna da te, tu, mia cara,
ti godi la sua compagnia e tutto quello che lui vuole darti…
e quando dico tutto, intendo proprio tutto!»
Lou continuava a guardarlo con un
occhio umido, pericolosamente sul punto di tracimare.
«Avanti! – le
disse imperioso Simone alzandosi e tirandola fuori dal letto
– Vai a farti bella e poi portami in giro ad ammirare la
fauna locale!»
Lou si fece spingere in bagno da un
Simone energico che le esponeva i programmi della giornata.
Lei si servì della sua
energia per tirarsi fuori dal momento di incertezza che
l’attanagliava ogni qual volta si trovava ad analizzare le
sue emozioni.
Ripensò a Ville e a quanto
era stato bello svegliarsi stretta a lui.
Non avevano fatto l’amore ma
non ricordava di essersi sentita così intimamente vicina a
qualcuno prima. L’aveva svegliata con baci lievi sul viso e
un sorriso abbagliante…
Era andato via molto presto: quando
l’aveva accompagnato alla porta, lui le aveva baciato la
punta del naso dolcemente dicendole solo, con voce vellutata:
«Torno presto, 'Prinsessa'…»
Cercò di calmarsi sotto una
bella doccia calda e fece come le aveva ordinato Simone: si fece bella
per il suo amico e per sé, si preparò e insieme
uscirono in giro per la città; non prima di aver coccolato e
sistemato la micia, in modo che non combinasse guai o sentisse la loro
mancanza mentre erano via.
******
«Sei una fogna, –
gli disse Lou guardandolo mangiare a quattro palmenti – non
so come fai ad essere così in forma, mangiando come fai
tu…»
Per tutta risposta Simone
addentò un involtino primavera, mentre aveva ancora la bocca
piena di riso alla cantonese.
«Io consumo,
bionda… in una maniera molto divertente tra
l’altro. Quello che ti consiglio di provare alla prima
occasione con il tuo frontman… sai che ancora non ci credo
che la mia timida e insicura Lucia, è la ragazza che fa
battere il cuore a Ville Valo?»
«Prima di tutto, non
è “il mio frontman” e non è
detto che gli faccia battere il cuore…»
«Qualcosa sicuramente gli
batte, stanne sicura…»
«Sei disgustoso.»
– gli disse ma rideva sotto i baffi.
Dopo una giornata a passeggiare per la
città, a fare foto nei posti più significativi e
belli di Helsinki, dopo aver saccheggiato negozi
d’abbigliamento e aver litigato a sangue sul fatto che lui
volesse andare a tutti i costi nel sexy shop del padre di Ville
(notizia che lui non vedeva l’ora di condividere) e lei aveva
urlato un no stridulo, erano tornati a casa gelati fino alle ossa e
stanchissimi.
Solo al pensiero di entrare a forza
nella vita di Ville la mandava in paranoia.
«Ma che barba che sei! -
l’aveva rimproverata Simone – come se lui ti
conoscesse!»
«Lo so io e tanto basta! Non
iniziare come al solito ad essere ossessivo!»
«Hai fatto ricerche su di
lui?»
«No! – rispose
indignata Lou – E non ho alcuna intenzione di farlo! Voglio
conoscerlo per quello che è quando sta con me, non per come
lo conosce il resto del mondo!»
«Stronzate: internet
è stato inventato anche per sbirciare nella vita degli
altri, senza che questi se ne rendano conto!»
«Io non voglio sbirciare
nella sua vita, Will!» – si alterò Lou.
«Voglio solo esserti
d’aiuto, Grace… non sei curiosa di sapere chi era
prima di trovare quel gatto?!»
«No. Me lo dirà
lui se lo riterrà opportuno.» – disse
ostinata Lou.
Simone la guardò a braccia
conserte.
«Di cosa hai paura? Di
scoprire cose scomode e la tua idea del principe romantico svanisca,
è proprio il caso di dirlo qui, come neve al sole? Ci sono
cose che lui non ti dirà mai, perché
darà per scontato che tu le conosca.»
«Non m’importa,
Will! Non voglio spiare nella sua vita: mi farebbe sentire
scorretta!»
«Grace! Non spii! È di
dominio pubblico quello che c’è in
rete e potrai sempre parlarne con lui, se mai ci fosse qualcosa che non
ti è chiara!»
«Ma perché
insisti tanto, Will?!»
«Perché sei mia
amica e mi preoccupo di te: e andiamo, cielo! La stai facendo
più grave di quello che è!»
«Sei un bugiardo! Sei
curioso come una scimmia e basta!»
Simone si alzò dal tavolo e
corse verso la stanza da letto di Lou, accendendo il computer.
«Ho intenzione di scoprire
ogni cosa su di lui. È per il tuo bene, stupida!»
«Will! Non farlo! -
urlò Lou correndogli dietro – Sei
odioso!»
«No, sto facendo solo quello
che tu non hai avuto il coraggio di fare: ti conosco fin troppo bene e
so benissimo che la prima cosa a cui hai pensato è stata
quella di fare una ricerca accurata su di lui, non negarlo!»
Lou incrociò le braccia al
petto rimanendo in silenzio.
«Lo sapevo… a me
non la fai… avanti, una sbirciatina.» –
le strizzò l’occhio con fare malizioso.
«No, Will… tu
sbircia pure. Io non voglio.»
«Non sei curiosa di
ascoltare neanche la sua musica? – le chiese alzando un
sopracciglio – Almeno quello sforzo potresti farlo, che ne
pensi?»
Lou ci pensò un attimo.
Quello era un altro discorso: lei
amava la sua voce e conoscere il suo mondo in quel modo era
tutt’altra cosa…
«Bene… vedo che
stia iniziando a ragionare. Resta qui. – disse tornando in
salotto e rientrando con un sacchetto blu che penzolava dal suo indice
– Ecco: questi sono per te.»
«Che roba è?
– chiese Lou, prendendo il sacchetto svuotandolo sul letto
– Oh…»
Una manciata di cd
musicali… ed era inutile chiedere: erano tutti cd degli HIM.
«Quando li hai presi?
– gli chiese Lou – Hai il dono
dell’ubiquità?»
«Li ho comprati quando tu
sei andata al reparto cosmetici… ora ringraziami!»
Lou prese un cd tra le dita con sopra
il viso a metà di Ville: un Ville così giovane e
diverso da quello che aveva passato la notte a baciarla con lentezza
struggente…
Un tuffo al cuore come sempre, ogni
volta che vedeva i suoi occhi…
«Avanti mettilo su: muori
dalla voglia di sentirlo…»
«Voglio ascoltarlo da
sola… mentre fai l’investigatore privato, io torno
di là e… ascolto…»
Raccolti i cd in una pila ordinata,
Lou uscì e qualche minuto dopo la voce di Ville Valo,
riscaldava la piccola casa.
Stesa ad occhi chiusi sul divano, con
la gatta che la osservava curiosa accoccolata sulla sua pancia, Lou
ascoltava la voce di Ville uscire dalle casse dello stereo.
Era così strano.
Lei conosceva quella voce, che ormai
le era entrata in ogni singola cellula del corpo, presente in ogni suo
pensiero; la conosceva mentre le sussurrava di non smettere di toccarlo
o di baciarlo... ma così era diverso.
Sentiva la grinta di Ville, il
tormento... la forza delle sue parole la investiva come un'ondata.
Ascoltava ogni canzone con attenzione,
cercando di capire cosa potesse provare lui mentre cantava... prese il
cd tra le mani togliendo la copertina del cd che stava ascoltando:
voleva leggere i testi, ma vide che questo, altro non era che un poster
quadrato.
Su un lato c'era Ville... i capelli
lunghi e scuri, le labbra schiuse, gli occhi stranamente blu e non
verdi (eresia: gli avevano cambiato il suo colore, l'unica cosa che
la disturbò); braccia incrociate dietro la schiena, petto
nudo sotto la giacca di pelle, una pelle bianca e liscia, senza
peluria...
Un favoloso tatuaggio molto sotto
l'ombelico...
Arrossì improvvisamente
scacciando pensieri niente affatto
angelici, come quelli che doveva ispirare la foto... Forse.
Ville aveva solo l'aspetto di un
angelo... ma l'effetto che aveva su chi guardava la foto era tutt'
altro che innocente!
Con fatica staccò gli occhi
da quell’immagine per girare il poster: Ville seduto in primo
piano a gambe aperte sul pavimento. Un altro tatuaggio sul braccio
sinistro spuntava dalla manica della sua camicia nera... E un sorriso
che lei conosceva bene... malizioso, tenero, misterioso...
Dietro di lui il resto della sua band.
Lou guardò con attenzione i visi dei suoi compagni. Chi di
loro era più vicino a Ville? Con chi andava meno d'accordo?
Chi lo faceva ridere quando era triste?
Chi gli voleva più bene tra
loro? Tutte domande che probabilmente potevano avere risposta accedendo
ad uno dei tanti fan site della band... ma lei voleva che fosse lui a
parlargliene.
Un giorno gliel' avrebbe chiesto... in
basso c'erano solo i titoli dei testi; lesse sotto ogni titolo:
“Lyrics
and music by Valo”.
Lui scriveva sia i testi che la
musica... e lei si sentì così inutile e banale al
suo confronto.
Tornò a guardare la foto
precedente. Era così strano guardarlo su un pezzo di
carta... e si rese conto che lui non era affatto uno come tanti, come
si ripeteva da quando avevano incrociato le loro strade. Lui era una
star, amato e desiderato da milioni di donne in ogni angolo del
pianeta; uno che aveva girato il mondo e vissuto cose che lei neanche
immaginava e mai avrebbe potuto fare...
Un uomo che poteva avere tutto quello
che voleva... e lei si chiese cosa mai avessero in comune oltre ad una
gatta dal pessimo carattere.
Una crisi di panico la
investì in pieno.
«Che è quella
faccia? – chiese Simone che era accanto a lei, ora
– Che succede, non ti piace la sua musica?»
«Will, ma che sto facendo?
Come posso competere con il suo mondo? Come posso pensare di piacergli
sul serio? Guardalo... cosa abbiamo in comune io e lui?» -
disse concitata, sventolandogli il poster sotto il naso.
«Ti dai una calmata? Che ti
prende ora? Non avevamo detto che dovevi prendere le cose
così come venivano?»
«No Will, non hai capito! Io
non posso pensare di frequentarlo! Lui è famoso,
è bello, è ricco! Io chi sono!? Nessuno! Che se
ne fa di me?!»
Iniziò a camminare su e
giù per la stanza, torcendosi le mani.
Simone la guardava seduto sul
bracciolo del divano, con aria annoiata.
«Quando hai finito la
sceneggiata, fammelo sapere...»
Silenzio, mentre lei respirava a
fatica...
«Scusa tanto, Grace... ma
hai realizzato solo ora chi è? Cioè questo
pensiero non ti ha sfiorato mentre gli arpionavi una chiappa!? A
proposito, non mi hai detto com'è: ha un bel
culo?»
Lou gli lanciò dietro un
cuscino che prese al volo dal divano.
«Will! È una cosa seria!
Non scherzare!»
«Anche il culo del Valo
è una cosa seria.» - ribatté compunto.
Lou si sedette di nuovo sul divano per
tre secondi, posò gli occhi sulla pila di cd accanto a lei e
si alzò di nuovo schizzando via, lontano, come se
allontanandosi dai cd prendesse le distanze anche dalla voce incisa
sopra...
«Grace... piantala. Ti devo
ricordare che nonostante tutte le donne che lui potrebbe avere, vuole
te, per ora? E non mi spiego il perché visto che sei una
totale rottura di balle! Se inizi a vivere la cosa in questo modo e
con quest'ansia, dove speri di arrivare? Hai intenzione di avere queste
crisi isteriche ogni volta che lo vedrai in tv o sentirai una sua
canzone?»
Lou lo guardò spaurita.
«Ti calmi per cortesia? -
disse pacato – Hai voglia di sentire quello che ho
scoperto su di lui?»
«No! Nel modo più
assoluto, ora non potrei leggere o vedere nulla che lo riguardi!
Già realizzare chi è mi ha buttata nel panico...
non ho bisogno di altre novità oggi.»
«Tu sei un caso clinico...
non capisco questo tuo terrore! A meno che... Grace... ti sei
già innamorata di lui?» - le chiese incredulo.
«No! No. No... ” -
lo guardò con gli occhi sgranati – Non lo sono,
non ancora...»
«Vorrei ben vedere! Santo
cielo tu mi ammazzerai uno di questi giorni! E menomale che siamo
lontani: non sopporterei le tue ansie ogni volta che qualcosa ti
turba...»
«Ok, devo calmarmi... - Lou
gesticolava con le mani, si riavviava i capelli che le svolazzavano
intorno al viso mentre continuava a camminare su e giù, con
la gatta e Simone che dal divano la guardavano con rassegnazione
– sono calma. È stato solo un momento. Ok... -
respirò a fondo – la prossima volta che sclero
così, dammi una sberla, ok?»
«Basta chiedere.»
«Will, lui mi piace
molto... troppo.»
«Lo so, lo avevo capito.
Quindi siccome ti piace e hai paura di non essere all'altezza della
situazione, te la stai facendo addosso? Se non ricordo male, anche con
quel pezzo di merda di Andrea avevi lo stesso problema... e voglio
dire... stiamo parlando di un enorme pezzo di cacca!
Per quanto Valo possa essere famoso o
divo o viziato o egocentrico, dubito che possa eguagliare l'ego e la
crudeltà del tuo ex... e tu devi finirla di avere
paura.»
«Non avrò
paura... mi fiderò di lui, lo prometto Will... e soprattutto
devo fidarmi di quello che sto provando io...»
«Menomale... bene dopo
questa performance memorabile che si fa? Facciamo sesso? Ah, no...
scusa... dimenticavo, non mangio patate...»
Lou lo guardò con
sufficienza.
«Guarda che io sesso con te lo farei,
eh... sei un gran pezzo di figo. Fatti toccare il culo...
- disse improvvisamente Lou, atterrandogli sopra con un balzo
– Dai, fattelo toccare!»
«Graceeeeeeeee, smettilaaaaa
– urlò lui dibattendosi come un'anguilla
– No, ti prego! No, il pistolino nooooo, lasciamelooooo mi
serveeeeeeeeeee!»
«Non te lo sto
toccandooooooo! - urlò Lou ridendo, mentre lui scappava via
stridendo come una gallina e lei prendeva la rincorsa per seguirlo
– Vieni qui! Fammi vedere com'è il tuo di
culo!»
La micia che sonnecchiava placida sul
divano si svegliò di soprassalto alle loro urla, guardandoli
con espressione palesemente allibita, mentre correvano verso la camera
da letto dalla quale continuarono a provenire urla e risate stridule.