CAPITOLO
19
PERCHE'
-
Buongiorno! -
Kevin
fa il suo pimpante ingresso nella sala riunioni con passo spedito e
un grosso, raggiante sorriso stampato in faccia che quasi ci acceca.
Il
tavolo ovale, capitanato da Julie intenta a sorseggiare un
caffè
bollente, si apre davanti a lui, affollato da tutti gli attori
principali della serie. Kevin ci ha convocati infatti di prima
mattina per una riunione urgente. Anzi, urgentissima
a detta
sua.
Il
perché di tutta questa segretezza ed urgenza però
non ci è stata
svelata, lasciandoci pensierosi e confusi.
Cosa
ci deve comunicare, difatti, resta però un mistero, visto
che tutti
già sanno che abbandonerà lo show a fine
stagione. Mi stringo
appena tra spalle, confusa e vagamente interdetta mentre con la mente
vaglio tutte le possibili risposte senza trovarne veramente una
soddisfacente.
Accompagnata
dai mormorii del resto cast lo guardo, voltandomi leggermente verso
la porta con una lieve torsione e ricambiando il suo saluto seppur con
minor enfasi.
-
Buongiorno – bofonchio con voce bassa, socchiudendo
leggermente gli
occhi feriti dalla luce dei faretti posti sul soffitto che illuminano
la stanza.
Mi
sento ancora parzialmente nel mondo dei sogni, il corpo intorpidito e
la mente assonnata.
Quanto
vorrei essere rimasta a letto, sospiro lentamente agognando di
tornarci il prima possibile.
Un
sorriso birichino e malizioso fa però capolino sul mio viso
l'attimo
seguente, non appena la mia memoria mi ricorda perchè ho
così
sonno. Dopo giorni di riprese estenuanti fatte quasi senza prendere
respiro io ed Ian abbiamo finalmente avuto la nostra sana dose di
intimità, passando buona parte della notte a fare l'amore
nel letto
della mia stanza.
Anche
se forse, ormai, si può dire nostra visto che siamo
praticamente
sempre lì.
Mi
mordo le labbra, affondandomi i denti e iniziando a torturare
languidamente il labbro inferiore.
Le
immagini dei nostri corpi nudi, avvinghiati e sudati a causa
dell'amplesso che sta arrivando al culmine invadono prepotentemente
la mia testa, inondandola e causandomi sensazioni furiose ed
imponenti.
Istintivamente mi ritrovo ad inclinare leggermente
il viso, abbandonando la figura
di Kevin per posare lo sguardo su un paio di occhi azzurri che trovo
già intenti a fissarmi. Intensi e limpidi mi studiano,
percorrendo
il mio volto con una lunga e lenta carezza silenziosa che mi provoca
un brivido.
Impertinente
mi attraversa tutta la schiena, andandosi a soffermare nel mio basso
ventre. Come di consueto quella sensazione deliziosa e solleticante
mi prende lo stomaco, stringendolo in una lieve morsa che mi provoca
quasi le vertigini.
Suadente
e sibillina si insinua dentro di me, pervadendomi totalmente fino
quasi a farmi perdere il contatto con il mondo esterno. Diventa
sempre più pressante, così calda e bollente da
darmi la sensazione
di bruciare. Il mio cuore inizia a battere lievemente più
forte,
accelerando i battiti e trasformando la sua corsa placida in un
frenetico scalpitare.
Il
mio sguardo si lega al suo in modo indissolubile, lasciando che le
nostre emozioni si fondano. Quel poderoso senso di chimica e sintonia
torna possente a farsi sentire, impregnando l'aria e facendo
apparire la distanza che ci separa e il tavolo in legno chiaro solo
come un inutile ostacolo.
Emetto
un lieve sospiro desideroso, passandomi una mano tra i capelli nel
tentativo di scostare una ciocca di capelli scuri dai miei occhi.
Improvvisamente irrequieta a causa del suo sguardo caldo su di me li
porto dietro l'orecchio, decidendo solo infine di spostare tutta la
mia chioma sulla spalla sinistra, coperta appena dalla maglia che
indosso.
Un
mezzo sorriso malizioso gli inclina le labbra a questo mio gesto,
piegando all'insù un angolo della sua bocca e non faccio
fatica a
comprendere che sta pensando anche lui a questa notte. Un leggero
rossore, lussurioso e compiaciuto, mi vela le guance facendomi
apparire più accaldata di quanto vorrei.
Ed
è impossibile non pensare alla smorfia languida delle sue
labbra
mentre raggiungeva l'orgasmo, riversandosi dentro di me.
La
morsa al mio basso ventre si acutizza, portandomi istintivamente a
stringere le cosce coperte da un paio di jeans scuri.
Ripunto
gli occhi su Ian, che non mi ero accorta di aver distolto, trovandolo
intento a ghignare sornione e compiaciuto. E non è
decisamente
difficile comprendere il perchè, tutt'altro.
Deglutendo
quasi a fatica noto un brillio di pura e lasciva malizia
attraversargli l'iride adamantina, animandola e rendendola ancora
più
languidamente divertita.
Sospiro,
scrollando appena il capo mentre un angolo remoto della mia mente mi
ricorda che sono in un luogo pubblico, circondata dai miei amici e
colleghi.
Quasi
istintivamente mi ritrovo ad indirizzare un'occhiata di sottecchi a
Candice, seduta al mio fianco che ricambia, fissandomi con uno
sguardo vispo e un sopracciglio inarcato. Per una frazione di secondo
rimaniamo a fissarci, parlando silenziosamente con gli occhi, e il
sogghigno malizioso che mi rivolge mi fa chiaramente intendere che
non è sfuggito questo nostro scambio di sguardi bollenti.
Colta
in fragrante mi stringo appena tra le spalle, arrossendo
maggiormente.
E
ora chi li sente i suoi commenti, penso freneticamente rendendomi
conti che ci ha praticamente beccati mentre ci spogliavamo con gli
occhi.
Tentando
di ricompormi passo le dita tra i miei capelli lisci e sciolti,
pettinandoli distrattamente mentre i miei denti affondano nuovamente
nel labbro inferiore nel tentativo di sopire la voglia suadente che
mi insidia.
Prendendo
poi un lungo sospiro mi stiracchio leggermente, allungando le braccia
oltre la sedia ed inarcandomi contro di essa. Mentre il mio seno e il
mio fisico vengono messi maggiormente in risalto a causa di questo
mio gesto decido di non guardare entrambi, soprattutto Ian, ben
conscia dell'espressione vogliosa che potrebbe stamparsi sul mio
viso.
Ed
è decisamente meglio evitare visto che sto lavorando,
sospiro
piegando appena il collo di lato e, inconsapevolmente, esponendolo di
più al suo sguardo.
L'attimo
seguente percepisco distintamente il suo sguardo scaldarsi,
arroventarsi a causa di un sottile desiderio che vibra nei suoi occhi
liquidi e nel respiro che mi fa bruscamente trattenere. Mi si blocca
in gola, accentuando il calore torbido che mi suscita.
Mi
umetto le labbra, passando leggermente la lingua sulle labbra mentre
la crescente voglia di guardarlo in viso esplode dentro di me e cedo.
Semplicemente cedo a questo mio intimo imperativo, non mantenendo
fede alla promessa che mi ero fatta.
Una
sensazione intensa e spontanea, la stessa che mi fa sbattere il cuore
nella cassa toracica provocandomi una poderosa ondata di calore che
mi divora.
Alzo
gli occhi, scontrandomi con i suoi così bollenti ed
illanguiditi da
apparire come metallo fuso. Appena imbruniti risultano quasi scuriti,
una punta di grigio che contamina il consueto azzurro.
Incapace
di non farlo lo incateno al mio, perdendomi tra le sensazioni intense
che mi provoca.
Kevin
interrompe però il flusso dei miei pensieri appoggiando un
plico di
fogli sul tavolo, richiamando facilmente la nostra attenzione.
Affiancando
la posizione di capotavola si apre in un leggero sorriso, iniziando
poi a parlare con voce alta e decisa per richiamare la nostra
attenzione.
-
Allora, vi ho riuniti qui perchè vi devo parlare di alcune
cose –
afferma con voce decisa, congiungendo le mani e rimanendo in piedi
vicino a Julie – Come sapete la stagione sta volgendo al
termine,
manca poco ormai – continua, indicando con un cenno del capo
la
lavagna alle sue spalle su cui spiccano i titoli scritti degli ultimi
episodi.
Istintivamente
con lo sguardo seguo quella direzione, guardando alle sue spalle e
leggendo per alcuni secondi ciò che vi è scritto.
Con una lenta e
fugace occhiata percorro la scrittura fine e un po' riccioluta,
decisamente non troppo limpida e comprensibile, che appartiene a
Julie.
-
E, beh, decisamente stiamo andando alla grande – ride dopo un
attimo di esitazione, un'espressione compiaciuta che gli si stampa in
viso.
Mormorii
compiaciuti ed esaltati si alzano all'istante, portandomi a sorridere
vittoriosa.
Ho
lavorato tanto in questa seconda stagione dello show, sopportando
orari sfiancanti e un doppio ruolo che ha pesato decisamente molto
sulle mie spalle.
-
Siamo ufficialmente lo show di punta dello !- continuo quasi
esaltato, complimentandosi con noi subito dopo – Complimenti
davvero ragazzi – mormora, sorridendo ampiamente.
A
queste parole un fragoroso applauso, accompagnato dagli urletti
esaltati di Candice e Kath a cui mi aggiungo subito anche io,
allargando il mio sorriso mentre batto le mani.
-
Ora ci aspetta lo sprint finale, che sono sicuro riuscirete a rendere
al meglio – afferma, riprendendo a parlare e sovrastando il
nostro
vociare – Avete già i copioni e sapete cosa
accadrà- continua,
fermandosi tuttavia l'attimo seguente con le labbra dischiuse.
Esita
infatti un millesimo di secondo, cercando lo sguardo della sua
collaboratrice, Julie come se volesse averne l'appoggio.
-
Ed è per questo che abbiamo pensato – afferma,
indicandola con un
cenno del capo mentre muove ancora la mano in un ampio gesto
– Di
lasciarvi qualche giorno di vacanza – conclude mentre un
irreale
silenzio di stupore e attesa permea la stanza all'improvviso,
paralizzandoci.
Al
posto del sottile chiacchiericcio si sostituisce un lieve
stupore, dettato dalle sue parole non previste e assolutamente
inaspettate.
Qualche
giorno di vacanza? Sbarro leggermente gli occhi mentre questa domanda
stupita riecheggia nella mia testa, sconcertandomi positivamente.
Sembra
quasi un miraggio più che realtà, a dire il vero.
-
Vacanze? - gli domanda in risposta Paul, inarcando
entrambe le
sopracciglia castane visibilmente stupito, quasi come se non si
aspettasse queste parole.
Per
una frazione di secondo l'espressione che gli si stampa in viso
appare tremendamente simile a quella del suo personaggio, Stefan,
facendomi ridacchiare in modo silenzioso e sommesso.
Lo
prendiamo spesso giocosamente in giro sul set e anche fuori,
schernendolo per la smorfia corrucciata che sembra assumere ogni
volta che recita le sue battute.
Mi
mordo le labbra, tentando di sopprimere una corposa risata nel
momento seguente, quando aggrotta la fronte in quel serio e buffo
modo tipico del personaggio che interpreta. Quasi imbronciato,
pensieroso.
-
Si, un week-end di riposo – afferma Kevin spiegandosi meglio
mentre
Julie sogghigna al suo fianco, il viso pieno che la rende ancora
più
sorniona.
Lei,
infatti, vestita con una maglia rosso intenso e con le braccia
appoggiate sul legno chiaro e lucido del tavolo ovale, annuisce
lentamente mentre un'espressione convinta le si delinea sul viso.
Decisamente
contenta mi apro in un sorriso smagliante, pregustandomi giù
due
giorni di assoluto relax. Cosa che non capitava probabilmente da
interi mesi.
-
Ve lo meritate – interviene lei, rompendo il rigoroso mutismo
in
cui si era chiusa. - E anche noi – ride l'attimo dopo
allegra,
socchiudendo appena i piccoli occhi.
Una
leggera risata si leva all'istante, riempiendo la stanza. Lei torna
però seria subito dopo,
-
Ci rivediamo lunedì pomeriggio per le scene esterne
– continua,
alludendo chiaramente alle scene all'aperto che dobbiamo girare.
Sono
quasi sempre le più faticose ed estenuanti, ma anche quelle
che io
trovo più divertenti ed appaganti. Per fortuna la devo
girare con
Ian, mi ricorda con un pensiero fulmineo e distratto la mia mente. Un
senso di calore mi pervade a questo pensiero, insinuandosi tra le mie
riflessioni lavorative ed impregnandole di una dolcezza intima che
appartiene solo a ciò che riguardo lui.
Istintivamente
lancio una occhiata di sottecchi ad Ian, trovandolo intento a
sorridere compiaciuto mentre fissa i nostri capi. Non si accorge
probabilmente che lo sto guardando dal momento che mantiene lo
sguardo dritto davanti a se, perso chissà tra quali
pensieri. Per
una frazione di secondo mi ritrovo a chiedermi cosa sta pensando,
tentando di intercettarne lo sguardo e intuire la portata delle
elucubrazioni che lo rendono riflessivo.
Cosa
che mi permette di continuare ad osservarlo tuttavia, lasciandomi il
tempo di studiarlo con tutta calma e comprendere ogni sua
più
piccola espressione o smorfia.
Un
senso di calma e dolcezza mi pervade, portandomi a rilassarmi contro
lo schienale della sedia nera, leggermente imbottita.
Appoggiando
una mano sul bracciolo scivolo così sulla linea semplice del
suo
profilo, i capelli corvini che gli solleticano appena la fronte in
una carezza leggera ed impercettibile. Continuo poi il mio silenzioso
cammino sul suo volto, oltrepassando il naso e il lieve strato di
barba che gli vela le guance chiare. Non ha avuto il tempo di
farsela questa mattina, sorrido intimamente compiaciuta dall'avergli
fatto perdere tempo sotto la doccia.
Per
una frazione di secondo il mio cuore accelera i battiti, portandomi
ad arrossire teneramente nel ricordare il modo in cui mi ha tenuta
stretta a lui dopo l'amplesso, depositando un bacio a fior di labbra
sulla mia bocca che era risultato incredibilmente sconvolgente e
casto al tempo stesso. Quasi lo stessi rivivendo quello stesso
tumulto di emozioni scalpitano violentemente dentro di me,
avvolgendomi con le loro spire calde e sicure.
Si
aggrovigliano dentro di me mentre con la mente ripercorro quel senso
disarmante di abbandono che mi sconvolge quando sono tra le sue
braccia. È un qualcosa di bruciante, un lento e piacevole
divorare
che trova soddisfazione nei suoi baci, nel suo tocco.
Lo
trova semplicemente avendolo al fianco. E il perchè
è molto
semplice, così lampante da risultare assordante.
Rilascio
un respiro profondo che non mi ero accorta di aver trattenuto,
soffiandolo fuori dalle labbra appena dischiuse mentre impongo ai
miei pensieri di fermarsi, di arrestarsi prima di arrivare a quel
perchè.
Torno
così a rifocalizzarmi su di lui, puntando totalmente la mia
attenzione sulla sua figura fasciata da una semplice maglia nera in
cotone a maniche lunghe.
La
smorfia dolce e allietata che tende le mie labbra si accentua
maggiormente nel momento stesso in cui i miei occhi si posano sulla
sua bocca piene, appena arricciate in un ghigno rilassato e deliziato
che lo fa apparire tremendamente sbarazzino.
Tuttavia,
non ho il tempo materiale di gustarmi davvero la visione che ho
davanti dal momento che Kevin continua a parlare, richiamandomi
forzatamente all'attenzione.
-
E con te Nina, invece, giriamo quella a casa Salvatore il mattino
dopo – afferma al mio indirizzo, cogliendomi di sorpresa.
Presa
come ero dai miei pensieri non mi sono accorta che mi stava parlando,
risultando probabilmente svampita e disinteressata.
A
malincuore inclino leggermente il viso, indirizzando velocemente lo
sguardo su di lui mentre le mie labbra sono solcate da un leggero
sospiro mentre mi fingo sicura di me.
L'attenzione
di tutti i presenti vira così su di me, puntandomi un numero
indefiniti di occhi sul mio viso. Frastornata e imbarazzata
arrossisco furiosamente, sperando vivamente che nessuno abbia notato
l'oggetto dei miei pensieri e, soprattutto, di non avere una
espressione colpevole stampata in faccia.
Incontro
il viso tondo di Kevin, il sorriso appena accennato e le braccia
aperte in attesa di una risposta.
-
Per te va bene? - mi incalza portandomi ad annuire non so neanche io
per cosa.
-
Perfetto – aggiungo dopo una fraziona di secondo,
stringendomi
timidamente tra le spalle nel momento stesso in cui sfoggio una
smorfia decisa.
Lui
mi fissa ancora per un lungo attimo, come se volesse studiarmi,
annuendo subito dopo e posando il suo sguardo su Candice, facendomi
tirare finalmente un vigoroso sospiro di sollievo.
Decisamente
non era il caso di farsi beccare distratta mentre fisso il mio
fidanzato, sarebbe stato poco professionale.
Tuttavia,
proprio colui che mi causa tutto questo miscuglio di emozioni
indefinite ed indecifrabili mi rivolge una divertita occhiata di
sottecchi, inchiodandomi con il suo sguardo azzurro e limpido.
E
non è difficile decifrare il brillio di malizia e
divertimento che
li attraversa, vivacizzandoli e facendomi intuire che ha
perfettamente intuito il mio momento di sbandamento. Una punta di
compiacimento li attraversa l'attimo dopo, rendendolo vanesio e
birichino come se avesse anche compreso di essere proprio lui la
causa.
Possibile
che mi conosca così bene? Mi ritrovo a chiedermi in uno
slancio
spontaneo e sorpreso, trovando una semplice e naturale risposta
subito dopo: si.
-
Vorrei inoltre approfittare di questa riunione improvvisata per
ringraziare anche Joseph Morgan di essersi unito al cast nei panni di
Klaus – indica l'attore con un ampio gesto della mano Kevin,
distogliendomi dal fissare Ian e, soprattutto, dai miei pensieri
torbidi.
Joseph
si stringe appena tra le spalle, facendo un cenno del capo con la
testa come saluto mentre ci rivolge uno sguardo rilassato e un
sorriso semplice e cordiale.
Ho
avuto modo di girare già qualche spezzone di scena in sua
compagnia,
trovandolo preparato e simpatico nonché caratterizzato da un
inconfondibile accento inglese.
Quasi
con la coda dell'occhio trovo Candice rivolgergli un'occhiata
decisamente interessata, aprendosi in un sorriso leggero che mi
appare al tempo stesso anche terribilmente sornione.
Tuttavia,
non ho il tempo materiale di studiarla meglio poiché Kevin
continua
a spiegare il programma dei prossimi giorni.
-
Inoltre, vorrei fare un grandissimo in bocca al lupo ad Ian –
inizia a parlare dove aver snocciolato una sequela infinita di cose
da fare e raccomandazioni, la voce sicura impregnata di contentezza
che si alza di una ottava.
Sbarro
gli occhi, il respiro che mi si blocca istintivamente in gola
raschiandola.
In
bocca al lupo? Mi domando confusa, non capendo assolutamente a cosa
si stia riferendo. In bocca al lupo per cosa? Mi chiedo nuovamente,
incapace di non farlo.
Troppo
confusa e sorpresa anche solo per pensare lucidamente e in modo
razionale mi ritrovo a fissare Kevin con le labbra dischiuse,
un'espressione sbalordita stampata in viso.
Perché
sta dicendo queste cose? La sequela infinita di domande che mi popola
la mente continua, finendo quasi per stordirmi con il loro vociare.
Sibilanti
e dubbiose si infiltrano tra i miei pensieri, annodandosi tra di loro
fino a diventare un groviglio indistinguibile di riflessioni e
quesiti.
Deglutisco,
trovando la bocca asciutta e leggermente impastata.
Uno
strano e inconsueto senso di agitazione ed ansia si insinua
lentamente dentro di me, stringendomi leggero lo stomaco. In modo
irrazionale e spontaneo mi permea, portandomi istintivamente ad
irrigidirmi contro la sedia.
Quasi
con occhi
sbarrati mi ritrovo ad alternare lo sguardo tra Ian e Kevin, senza
capire cosa stia davvero succedendo.
Un
inverosimile silenzio cala tra di noi, in concomitanza con lo
scalpitare di questa emozione indecifrabile dentro di me.
Deglutisco,
inarcando appena un sopracciglio nel tentativo di comprendere meglio,
di essere lucida e razionale. Cosa che però non accade dal
momento
che la mia speranza rimane vana.
La
netta sensazione che qualcosa mi stia sfuggendo, mi attanaglia
poderosamente.
Ian
non dice o fa nulla, persistendo nel non guardarmi e portandomi ad
allertarmi maggiormente. Rimane immobile, così statico da
apparire
quasi impassibile, lo sguardo puntato davanti a se in un punto
indefinito. Solo una cosa mi fa capire che qualcosa lo turba.
Indurisce
infatti leggermente la mandibola, tendendo l'espressione come se si
stessa trattenendo o qualcosa lo infastidisse. E l'istinto mi dice
che qualcosa non va, rafforzando quello che fino ad un secondo fa era
solo un pensiero.
Quasi
angosciata sospiro, mordendomi nervosamente le labbra mentre inizio
torturarmi irrazionalmente le dita.
E
la risposta alle mie domande, ai perchè
che mi assillano
arriva subito dopo, ghiacciandomi.
-
So che sosterrai il provino conclusivo per la parte protagonista in
un film – afferma Kevin visibilmente contento –
Quindi
complimenti! - inizia un applauso a cui io non partecipo.
Paralizzata,
ghiacciata sul posto, il mio cuore perde irrazionalmente un battito
mentre sbarro stupita gli occhi, riprendendo a battere dolorante
l'attimo seguente.
La
morsa al mio stomaco si accentua, diventando stringente e soffocante.
Provino
conclusivo per la parte protagonista in un film....Protagonista...
Film... Provino conclusivo...
Il
senso di ansia e agitazione si accentua a questo pensiero, a questa
constatazione dolorosa. Un sottile senso di panico vibra vigoroso
dentro di me, stordendomi.
Le
parole di Kevin riecheggiano nella mia testa, lasciando un vuoto
assordante dietro di se.
Percepiscono
unicamente le sue parole, gli occhi puntati in un punto indefinito
mentre l'applauso si esaurisce e le voci si alzano per i complimenti.
Al
senso di ansia subentrano però subito dopo le domande,
diventando
assordanti.
Deve
sostenere un provino? Mi ritrovo a sbarrare gli occhi, non riuscendo
a capacitarmi i questa improvvisa verità. Quando? Che film?
Qualcosa
di bruciante inizia però ad insidiarsi dentro di me,
bruciando
incredibilmente.
Perché
non me lo ha detto?
Una
silenziosa domanda che suona però più come una
bollente
constatazione.
Non
me lo ha detto.
A
questa riflessione qualcosa scalpita dentro di me, divorandomi. Un
sordo nervosismo mi scuote, portando il mio cuore sbattere
furiosamente nella mia cassa toracica.
Con
le guance rosse e una bollente irritazione che mi vibra sulla pelle
alzo lo sguardo su Ian, gli occhi che bruciano e divorando
nervosamente la distanza che ci separa.
Cerco
voracemente i suoi occhi, per potermici specchiare e leggervi una
verità che sia una risposta valida e concreta.
Lo
faccio per trovarmi un perchè che anelo disperatamente, quel
dolore
nel petto che continua a perforarmi. Una stilettata invisibile che mi
ha trafitto da parte a parte, non lasciandomi scampo.
Lui
non mi fissa, persistendo nel mantenere gli occhi puntati in una
direzione opposta alla mia. Non dice nulla, non fa alcun cenno.
E
a questa visione la rabbia, sorda e possente, mi scuote,
annebbiandomi la mente con il nervosismo che ne consegue.
Istintivamente mi ritrovo a stringere la dita a pugno, le nocche che
sbiancano appena mentre la lucida consapevolezza che non sapevo nulla
sibila nella mia testa lasciando il vuoto dietro di se.
Qualcosa
dentro di me scalpita e tutto ciò che rimane è la
voragine che una
sola, unica domanda crea tra i miei pensieri.
Perché?
E
il perchè che è risposta al battito del mio
cuore, delle mie mie
emozioni brucia più che mai.
Perché?
*****
È
solo il rumore fievole appena percepibile del mio respiro, agitato e
fremente, che rompe lo statico silenzio della stanza in cui sono,
riempiendomi i polmoni e facendomi alzare ritmicamente il petto.
Scivola fuori dalle mie labbra lievemente dischiuse, scontrandosi
contro la torbida fermezza della penombra che mi circonda senza
scampo. Occludente e al tempo stesso pacifica mi avvolge tra le sue
spire, facendomi desiderare di sprofondarvici mentalmente e
fisicamente per trovare pace al tumulto che si agita dentro di me.
La
stessa oscurità che mi abita anche interiormente, oscura e
densa di
dubbi e domande che sembrano essere privi di risposta.
Perché?
Appoggiata
con i fianchi contro la scrivania del camerino di Ian non faccio
altro che chiedermelo ininterrottamente, non sono in grado di non
farlo o di puntare la mia attenzione su altro. Ho bisogno di sapere
perché non m ha detto che girerà un film, che ha
sostenuto già dei
provini e a giorni avrà quello conclusivo.
Una
profonda amarezza mi pervade, stridendo dolorosamente con
ciò che
provo nei suoi confronti e acuendo il mio nervosismo.
Sospiro
pesantemente
E tutta questa snervante attesa decisamente non fa
altro che irritarmi ulteriormente, tendendomi e irrigidendomi in modo
innaturale.
Perché?
Mi
sono tormentata tutta la mattina, chiedendomi cosa lo aveva portato a
non dirmi una cosa così importante per la sua carriera e la
risposta
non è arrivata, rimanendo avvolta da un alone di nebbia e
mistero
che non mi permette di leggerla davvero. Sfuggente come il suo
padrone, piego stizzita le labbra in una smorfia nervosa.
L'ho
dovuto sapere da Kevin, mi ripeto per la milionesima volta
non
capacitandomene davvero. Il mio sguardo si abbassa istintivamente,
finendo sulla punta dei miei stivali neri.
Alla
rabbia si è così mischiata una fitta lancinante
di tristezza,
sottile e devastante mi aveva lentamente dilaniato interiormente
facendo insidiare domande su domande. E quella stretta
all'altezza del cuore torna a farmi visita, provocandomi un nodo alla
gola quasi soffocante.
Stanca
di pensare e frustrata dal fatto di non poter spegnare il
cervello neanche un attimo sbuffo, passando nervosamente una mano tra
i miei lunghi capelli, districando le ciocche. La appoggio poi sul
bordo della scrivania, restando immobile. La stessa su cui abbiamo
fatto l'amore tra una pausa e l'altra più di una volta nel
corso di
questi mesi.
La
morsa che mi stringe lo stomaco aumenta nel ricordare la sua bocca
affamata di me sulla mia pelle e il suo corpo seminudo contro il mio.
Il
nodo in gola si intensifica, impedendomi quasi di respirare talmente
tanto è pressante, soffocante.
Perché?
E
il perché non lo so davvero, non lo comprendo. Non riesco
neanche a
ipotizzarlo.
Il
bisogno di parlargli, di guardarlo negli occhi e scorgervi una
verità
taciuta a lungo è nata da tutto ciò. Peccato,
però, che il lavoro
me lo abbia sfacciatamente impedito, sottraendolo alle mie domande.
La
porta si apre però all'improvviso, facendo entrare uno
spiraglio di
luce nella stanza. Fioco e fievole contamina appena il buio che mi
circonda.
Rimango
tutta via immobile, il cuore che sbatte nervosamente nel mio petto
mentre riconosco immediatamente i suoi passi strascicati.
Lo
vedo mettervi piede, la postura appena curvata e il tintinnio delle
chiavi nella mano che fanno da sfondo ai suoi movimenti.
Sembra
però notarmi l'attimo successivo, alzando i suoi occhi
azzurri su di
me.
-
Ei – afferma lui, l'espressione sorpresa ben stampata in viso
che
lo fa apparire interdetto e confuso al tempo stesso.
Non si
aspettava di trovarmi qui, noto con un'occhiata veloce che lo scruta
da capo a piedi.
Qualcosa
dentro di me si muove ancora, provocando un acutizzarsi della morsa
snervante che mi stringe lo stomaco senza lasciarmi scampo.
Con
gli occhi azzurri leggermente allargati mi fissa, la mano ancora
appoggiata sulla maniglia della porta rossa del suo camerino mentre
le sue labbra rimangono stupite e dischiuse.
Avvolti da una
leggera penombra stringo le braccia sotto il seno, un nervoso latente
che mi pervade e mi offusca la vista.
- Ciao – soffio in
risposta lasciando cadere nel vuoto quello che è diventato
ormai il
nostro saluto, soppiantato da uno più semplice.
La
voce sottile esce a fatica dalla mia gola, occlusa da un mix di
emozioni che stridono tra di loro e che non so distinguere
davvero.
Forse semplice non voglio, questa volta più che
mai.
Perché farebbe male, troppo probabilmente.
Alla nitidezza
della razionalità preferisco questa nebbia corposa e infida
che mi
offusca i sensi, dettata dalla rabbia e dal nervoso. È quasi
confortante potervi sprofondare, non doversi chiedere perché.
Deglutisco,
rimanendo in silenzio per una lunga frazione di secondo. La testa
strapiena di domande e pensieri che non mi lasciano scampo e uno
strano sento di rabbia che mi pervade.
Non
è solo irritazione. Oh no, è qualcosa di
più forte e corposo,
quasi divorante.
Lui
si apre in un lieve sorriso che sono in grado di vedere nonostante la
penombra, piegando dolcemente un angolo della bocca mentre con un
gesto veloce delle dita accende la luce.
La
stanza viene rischiarata subito dopo, portandomi a socchiudere
lievemente gli occhi che vengono feriti da questo improvviso
chiarore.
Tuttavia,
mi da anche la possibilità di vederlo meglio, scoprendolo
vestito
inaspettatamente con una maglietta nera. Non ci bado però
più di
tanto, troppo concentrata sul tumulto interiore che si sta scatenando
senza di me e che non vede l'ora di uscire, di scoppiare.
Reprimo
tutto, però, con un lungo sospiro che solca le mie labbra,
subito
torturate nervosamente dai miei denti.
Ian
riprende a parlare l'attimo seguente, piegando appena il capo mentre
mi scruta attentamente.
-
Cosa ci fai qui? Pensavo dovessi...-
Tuttavia,
non ha il tempo materiale di finire la frase perchè il suo
telefono
inizia a squillare insistentemente.
Mi
irrigidisco maggiormente a questo suono, tendendomi fino quasi allo
spasimo.
Con
un gesto frenetico e veloce infila la mano in tasca, agguantandolo e
scrutando velocemente lo schermo del cellulare per vedere,
probabilmente, chi lo sta chiamando.
Contratta
trattengo quasi il respiro, lo sguardo affilato e glaciale che lo
trafigge.
Sentendo
forse il peso del mio sguardo su di sé lui alza gli occhi,
scontrandoli con i miei.
E
qualcosa dentro di me scatta, raggiungo il limite di sopportazione e
scoppio. Semplicemente scoppio.
-
Non rispondi alla tua agente?- sibilo fredda e tagliente,
assottigliando maggiormente gli occhi fino a renderle due fessure -
Magari voleva darti gli ultimi dettagli del contratto - continuo
glacialmente ironica, innervosita dalla calma con cui continua a
porsi nei miei confronti.
Lui
aggrotta le sopracciglia mentre una sequela di emozioni scorrono
veloci e leggibili sul suo viso.
All'iniziale
confusione si sostituisce dopo una frazione di secondo un genuino
stupore, venato da una punta di colpevolezza che suona quasi come ad
una ammissione. Dura però solo un attimo, troppo breve per
scalfire
la mia rabbia.
Un'espressione
tesa prende il sopravvento sul suo viso, svettando sul resto.
-
E' mia madre, vuoi parlarle per accertarti che sia lei? - ribatte
lui, visibilmente interdetto e con una punta di freddo sarcasmo nella
voce.
Irritata
stringo le labbra in una linea netta e stizzita, chiudendo
istintivamente a pugno le mani mentre le mie braccia rimangono
strette sotto il mio seno, conferendo staticità alla mia
posizione.
-
Voglio parlare del perché non mi hai
detto che hai
praticamente firmato un contratto per un film!- sbotto non riuscendo
a trattenermi dal non farlo, allargando furiosa le braccia.
Con
gli occhi allargati dalla rabbia e le labbra arrossate
dall'irritazione lo fisso, espirando violentemente l'aria tra le
labbra.
Ian
non dice nulla, irrigidendosi ed assomigliando alla mia speculare
figura. Contrae la mandibola, il viso che diventa improvvisamente
serio e teso da un nervosismo che non sembra abitare unicamente me.
-
Perché? - lo incalzo ancora, non lasciandogli forse il tempo
di
parlare - Perché diavolo non mi hai detto che hai un
progetto in
ballo da quasi un mese? - gli sputo contro le parole, agitando la
mano.
Avvampo,
bruciando a causa di una rabbia intensa che mi annebbia la ragione, i
sensi.
-
Devo venirlo a sapere da Kevin! - tuono ancora, non riuscendo a
frenare il flusso corposo e imponente di pensieri che si tramutano in
parole.
-
Ma cosa ti dovevo dire sentiamo! - sbotta a sua volta lui, reagendo
veementemente. - Non ho ancora firmato nulla, comunque. - puntualizza
subito dopo, rivolgendomi un'occhiata bruciata che accolgo quasi come
una giustificazione.
Cosa
che mi fa arrabbiare maggiormente, portandomi a vedere quasi nero.
Allarga
le braccia, sfibrato dal mio incalzare probabilmente e con gli occhi
animati da una agitazione che li rende terribilmente torbidi e
indecifrabili.
Irritata
stringo le labbra, arricciandole nervosamente prima di parlare a mia
volta.
-
Mi dovevi dire che stavi valutando la possibilità di fare un
film,
che hai fatto dei provini - gli urlo quasi contro, non riuscendo a
contenermi e facendomi sentire probabilmente da vari addetti -
Dannazione, Ian me lo hai praticamente tenuto nascosto! -
E
questa consapevolezza brucia più che mai, risultando
terribilmente
dolorosa.
Con
occhi lucidi di rabbia lo fisso, raggelata incomprensibilmente dalla
bruciante ira che mi divora, dilaniandomi interiormente.
Mi
corrode con le sue domande, con i dubbi che comporta. Con i suoi
perché senza risposta.
-
Perché? - mi ritrovo ad incalzarlo ancora, le unghie che
affondano
leggermente nella carne morbida e delicata del mio palmo mentre le
dita si chiudono serrate in un pugno.
Lui
continua a non dire nulla, rimanendo chiuso in un ostinato mutismo
che mi manda in bestia. La mia mente si annebbia ulteriormente,
pervasa da un mix letale di nervoso e irritazione che è
sconvolgente. Elimina quasi totalmente ogni mia razionalità,
rendendomi fragilmente irrequieta e pronta a scoppiare da un momento
all'altro.
Non
ha neanche niente da dirmi per giustificarsi, sbarro gli occhi
davanti alla sua palese ammissione di colpa.
Lui
allarga esasperato le braccia, guardandomi in viso.
I
suoi occhi, cupi ed ingrigiti dal nervoso, sono puntati dritti su di
me, come se volesse trapassarmi da parte a parte.
Mi
risultano però terribilmente imperscrutabili, illeggibili.
È come
se vi fosse una patina invisibile di cripticità che mi
impedisce di
capire o anche solo intuire cosa pensa.
Cosa
che mi innervosisce maggiormente, portandomi ad irrigidire fin quasi
allo spasimo la schiena.
Con
la postura terribilmente rigida e contratta lo fisso ancora,
l'espressione contrita e irosa.
-
Cosa vuoi che ti dica, Nina? - mi chiede, la voce che traballa a
causa di un nervoso e di una irritazione corposa che la venano. - Che
mi dispiace? - sbotta ancora, sbeffeggiandomi con tono ironico.
Totalmente
basita lo guardo, una furiosa rabbia che mi brucia sulla pelle,
marchiandola.
Prossima
al limite lo fulmino con lo sguardo, lanciandogli uno sguardo al
vetriolo che lo trafigge. Ian sostiene orgogliosamente il mio
sguardo, socchiudendo appena gli occhi mentre ricambia
silenziosamente la portata dei miei.
Innervosita
e furente stringo le labbra, quella dispettosa domanda che continua a
vorticare nella mia testa acutizzando il mio nervosismo. Il mio cuore
scalpita nel petto, provocandomi un fastidioso ronzio alle orecchie.
-
Quando pensavi di dirmelo? - sbotto io in risposta, allargando le
braccia e gesticolando furiosamente.
Il
mio stomaco si stringe dolorosamente, un senso di devastante
tristezza che mi sconvolge, stringendomi tra le sue spire finendo
quasi per stritolarmi.
Annaspo,
alla ricerca della verità che i suoi occhi mi negano, alla
ricerca
di una pallida ombra di razionalità che mi mantenga calma e
lucida.
Ma
tutto ciò rimane una speranza vana. Il suo sguardo rimane
impassibile e il mio stato di rabbiosa ansia ed agitazione non si
placa, tutt'altro. Anzi, se possibile si acutizza, crescendo ancora
dentro di me.
-
Pensavi di non dirmelo magari? - lo incalzo ancora, incapace di non
farlo mentre quell'acido corrosivo che deriva dalla rabbia.
- Ma
che domanda è? - mi chiede in risposta io, una latente
irritazione
che mal nasconde dietro un tono esasperato.
Io
non aspetto altri secondi, non indugio, continuando invece a parlare.
-
Vorrei sapere il perché – sibilo glaciale, gli
occhi puntati su di
lui mentre gli riservo un'occhiataccia torva e cupa –
Perché Ian?
- mi ritrovo a chiedergli ancora il millesimo di secondo dopo, una
voracità nel parlare che mi porta quasi a mangiarmi le
parole.
Perché?
Dannazione perchè?
Ringhio
nel silenzio della mia mente, stringendo i pungi fino a far sbiancare
le nocche delle mia mani.
L'eco
disarmante di queste parole che non mi lascia scampo.
E
lui ancora una volta non dice nulla. Tace. Non cancella il
riecheggiare delle mie domande, non zittisce i miei pensieri con
delle calde parole.
Non
fa nulla. Ancora.
Sta
semplicemente zitto.
Scuoto
vigorosamente il capo, i capelli che si muovono sulle mie spalle in
un lieve ondeggiare che a malapena riesce a trasmettere tutto il
tumulto interiore che mi travolge.
Con
il respiro affretta e sconvolto dalla rabbia furiosa che mi pervade
alzo aritmicamente il petto, perforandolo con uno sguardo glaciale.
Espiro
poi violentemente l'aria tra le labbra, rilasciandola con un sospiro
pesante e sibilante.
Non
mi vuole dare spiegazioni, mi dico non riuscendo a comprendere il
perchè.
E io
raggiungo il limite, prossima a scoppiare.
- Io
me ne vado visto che non vuoi parlare – sibilo impulsivamente
subito dopo, lo sguardo alterato da una glaciale rabbia che non lo
abbandona neanche per un momento.
Non
dico altro, frenando a forza l'istinto di dirgli che sa dove
trovarmi.
Mmi
mordo quasi a sangue le labbra, compiendo un passo in avanti.
Distolgo
lo sguardo dal suo, così imperscrutabile e criptico da
risultare
doloroso. Non mi lasciano intravedere i suoi pensieri, le sue
emozioni.
Non
mi lascia vedere i suoi perchè.
Senza
dire altro mi muovo ancora, avvicinandomi a lui. Non lo tocco o
sfioro, però, sorpassandolo e dirigendomi verso la porta.
Qualcosa
nel mio petto stride dolorosamente, come trafitto da una stilettata e
solo dopo un attimo comprendo cos'è.
Quel
perchè che mi muove, che mi fa agire.
Quel
perchè che riguarda lui.
Con
delle pungenti lacrime che premono improvvisamente contro i miei
occhi per uscire deglutisco a fatica, respingendo il magone mentre
appoggio la mano sulla maniglia della porta, aprendola.
Me
la richiudo subito dopo alle spalle con un movimento secco e furioso,
facendola sbattere.
E
mentre l'eco di questo rumore sconvolge la tranquillità del
corridoio rimbombando un'altra cosa riecheggia dentro di me, nella
mia testa.
Perché?
******
Gioco
distrattamente con una patatina nel mio piatto, lasciando che,
croccante e appena intrisa di olio, mi unga i polpastrelli insieme ad
un lieve strato di sale. Il cibo ancora perfettamente intatto e ormai
freddo fa bella mostra di se senza aizzare il mio appetito,
attirandosi solo il mio sguardo vacuo e disincantato. Anzi, fa
praticamente l'opposto.
Lo
stomaco, infatti, continua a rimanere chiuso in una morsa stringente
e opprimente che mi opprime, facendomi passare decisamente la voglia
di mangiare.
Quel
miscuglio di emozioni e sensazioni differenti annodate
intrinsecamente tra di loro mi occludono la gola, avviluppanti e
stordenti come non mai. Tutto ruota intorno a quella domanda, a quel perché
che mi è stato negato. Che mi ha negato.
E
questa constatazione brucia più che mai, vibrando soffocante
sulla
mia pelle e nella mia mente, non lasciandomi di fatto scampo. Mi
riecheggia nella mente, nell'anima, rendendomi irrequieta al massimo.
Tentando
di scacciarlo emetto un leggero sospiro, espirando esasperata l'aria
fuori dalle labbra.
Vorrei
davvero poter allontanare i pensieri e tutto ciò che
comporta quel
quesito snervante almeno per qualche secondo, ma non ci riesco. Mi
risulta quasi impossibile farlo.
Non
riesco ad esimermi dal chiedermelo, non riesco a non pensare a lui.
Stizzita
dalle mie stesse riflessioni abbandono la patatina nel piatto con un
gesto secco, allontanandolo lievemente da me e premendo le dita sul
tovagliolo per pulirle subito dopo.
Cosa
che mi fa guadagnare un'occhiata interdetta.
-
Tutto ok? - mi domanda, difatti, una voce interessata, portandomi ad
alzare istintivamente gli occhi ed incontrare quelli verdi smeraldo
di Paul.
Inclino
appena il capo, alzandolo e lasciando che i capelli mi investano il
viso, mentre un'espressione quasi colpevole si palesa sul mio viso,
portandomi ad allargare gli occhi.
Non
stavo ascoltando, mi rendo colpevolmente contro stringendo appena le
labbra. Di nuovo.
Non
è, infatti, la prima volta che capita oggi, ma resistere al
flusso
di domande ed elucubrazioni appare decisamente troppo complicato,
portandomi così a sprofondarvici senza troppe resistenze.
Leggermente
spaesata riemergo così dai miei pensieri, torbidi e intensi,
che mi
avevano assorbito fino a farmi estraniare dalla realtà.
-
Si - soffio, non sforzandomi troppo di suonare sicura e decisa,
sincera - Perché? - domando subito dopo, usando
beffardamente quella
stessa domanda che mi sta tormentando, perforandomi con le sue
considerazioni.
Forse
sono masochista, mi dico con un piccolo sbuffo. O forse,
semplicemente, il karma si sta rivoltando verso di me.
Mi
stringo appena tra le spalle, appoggiando un braccio sul bracciolo
della sedia rosso scuro su cui sono seduta.
Lui
aggrotta leggermente le sopracciglia castane, corrugando la fronte
mentre mi fissa interdetto e vagamente confuso.
Le
persone intorno a noi continuano a parlare, fornendo il loro
chiacchiericcio come sfondo al silenzio che è appena sceso
sul
nostro tavolo.
Sono
infatti a pranzo con Candice e Paul in un piccolo ristorante di
Atlanta. Calmo e tranquillo è diametralmente opposto ai miei
consueti pasti sul set, fugaci e frenetici tra una ripresa e l'altra.
Spinta da non so cosa mi guardo brevemente intorno, facendo vagare lo
sguardo intorno a me.
Delle
pareti di un color panna appena accennato ci circondano, creando
un'atmosfera semplice e pacata che risulta terribilmente rilassante
nonostante il mio umore nero pece.
Dei
tavoli, in legno scuro ricoperti da delle tovaglie azzurro chiaro,
sono sparsi per l'ampia sala, in parte vicino al muro e in parte,
come il nostro, vicino alle finestre che danno sul panorama. La
strada, difatti, compare oltre la vetrata trasparente, lasciandomi
scorgere una leggera nebbia impregnare il cielo nonostante l'ora
tarda del mattino.
Un
sole pallido filtra tra le nuvole, illuminando la via poco affollata
e apparendo tremendamente speculare e simile al mio umore: sbiadito e
fiacco, quasi scuro.
Rimanendo
chiusa in un ermetico silenzio mi volto, abbandonando il paesaggio e
puntando gli occhi sui miei amici, intenti a mangiare tranquilli.
-
Non so, magari perchè non hai toccato il tuo cibo preferito?
- mi
domanda in modo sarcastico Candice, inarcando inquisitoria ed ironica
un sopracciglio biondo.
Il
vestito blu che indossa le mette in risalto lo sguardo ed io, per un
lungo attimo, mi ritrovo a pensare ai suoi occhi.
Penso alla
sfumatura torbida e calda di grigio che assumo quando mi guarda,
quando mi accarezza in quel modo passionale ed invisibile. Quella
stessa sfumatura che aveva questa mattina, prima che succedesse
tutto.
La
stretta allo stomaco si accentua, diventando quasi dolorosa a questo
pensiero. Con una incredibile sensazione di amaro in bocca mi ritrovo
a scuotere appena il capo, allontanandolo dalla mia mente. O meglio,
tentando di farlo seppur con scarsi risultati.
Sotto
la spinta delle sue parole abbasso lo sguardo sul mio piatto di
porcellana colorata, nuovamente, trovando la mia porzione di patatine
totalmente intatta, praticamene non toccata.
Una
piccola smorfia piega le mie labbra, storcendole e oscurando il mio
volto con un'ombra di scuro disappunto.
-
Ed è grave – ride subito dopo Paul, prendendomi
bonariamente in
giro e dando man forte a Candice.
Un
pallido sorriso fa capolino sul mio viso, senza incrinare tuttavia la
maschera di imperscrutabile oscurità che mi pervade. Non mi
illumina, non raggiungendo gli occhi e rimanendo delimitato ad una
smorfia facciale.
La
mia bionda amica mi scruta silenziosamente da sopra il bicchiere che
sta sorseggiando, perforandomi con uno sguardo azzurro attento e
indagatore.
Un
leggero vibrare, fugace e intenso, interrompe momentaneamente il
silenzio che si è creato. Istintivamente il mio sguardo
scuro si
posa sul tavolino, dove, vicino al tovagliolo di Paul, il suo
cellulare si illumina, suonando in modalità silenzioso con
un
vibrante ronzio.
Paul
si affretta subito ad agguantarlo, prendendolo in mano ed iniziando a
pigiare i tasti in quello che deve essere il testo di un messaggio. E
intuire il destinatario non è poi così difficile:
Torrey.
Candice
rotea gli occhi al cielo, sbuffando e abbandonando il bicchiere sul
tavolo con una espressione stizzita stampata sul viso fine e
delicato.
-
Non mi stai ascoltando! - tuona indispettita all'indirizzo del nostro
amico e collega, facendomi ridacchiare lievemente.
Cosa
che mi provoca subito la sua occhiataccia ammonitrice.
-
Tu che ridi? Non hai praticamente ascoltato nulla di quello che
abbiamo detto – si infervora scrollando il capo, i capelli
biondi
che si muovono sulle sue spalle – Di nuovo – mi
lancia l'ennesima
occhiataccia, alludendo sfacciatamente al fatto che persisto nel
perdermi tra i miei pensieri.
Non
dico nulla in risposta, limitandomi a fare leggermente spallucce. Le
mie labbra si imbronciano appena, curvandosi lievemente al in
giù.
L'ombra scura e torva torna ad ombreggiarmi il viso prepotentemente,
scurendolo.
-
Scusate, era Torrey – si giustifica Paul, tornando a porre
l'attenzione tra di noi. - E' mia moglie! - sbotta poi giocosamente
all'indirizzo di Candice, stringendosi tra le spalle come se questo
solo fatto valesse le sue distrazioni.
E
io, per un attimo, mi ritrovo ad essere invidiosa del sorriso
smagliante e vagamente trasognato che sfoggia con calma e
tranquillità. La verità, intima e nascosta,
è che vorrei poterlo
avere anche io in questo momento.
Il
mio umore scende ulteriormente a questo pensiero, finendo in
picchiata verso la tonalità pece.
Sbuffo
ancora, abbandonando totalmente l'idea di mangiare. Nervosa e
irrequieta incrocio le braccia sotto il seno, stringendomi in una
sorta di abbraccio. Con le dita torturo il bordo del mio maglioncino
verde bosco, tirando leggermente il polsino verso il palmo della mano
nel tentativo di scaldarle.
Non
fa freddo, tutt'altro visto il caldo tepore che c'è in
questo
locale, eppure io sento il bisogno fisico di scaldarmi.
Perché
la realtà è che vorrei il suo calore a
stringermi, essere avvolta
dalle sue braccia in un contatto intimo e dolce che solo lui sa
creare con i suoi abbracci. È questo il perchè
che detta la mia
azione. Forse è semplicemente lui il mio perchè.
Un
sospiro che non so trattenere solca le mie labbra, gli occhi che si
fanno inspiegabilmente lucidi e quel nodo alla gola che diventa
insopportabile. Stringente e soffocante rende difficile anche il
semplice atto di prendere un respiro profondo, aumentando il mio
nervoso e la mia irritazione.
I
miei occhi, traditori del mio stato d'animo, iniziano
inspiegabilmente a bruciare, velandosi leggermente a causa del magone
che mi attanaglia.
Una
domanda arriva però a squarciare i miei pensieri subito
dopo,
suonando come un fulmine a ciel sereno.
-
Tu e Ian avete litigato -
Come
scottata alzo bruscamente la testa, facendo finire una ciocca di
capelli castani ad offuscarmi la vista. La scosto velocemente subito
dopo, puntandoli su Candice.
-
No – nego testardamente, non avendo assolutamente voglia di
parlare
di cosa è successo.
Semplicemente
non mi va.
Il
sorriso finto e tirato che avevo fino ad un secondo fa si è
sciolto,
lasciando il posto ad una espressione apparentemente neutrale che
cela dietro ad una labile apparenza una tristezza sorda e tagliente.
Nonostante la discussione che ho avuto con Ian nulla si è
risolto, i
dubbi sono rimasti tale e senza risposta.
La
sua indecifrabilità è diventata impermeabile,
risultando un muro di
gomma a difesa dei suoi pensieri.
-
Non era una domanda - mi dice lei con voce sicura e decisa,
genuinamente consapevole che è così.
E,
ripensandoci, mi rendo conto che le sue parole sono suonate infatti
più come una affermazione che come una domanda vera e
propria.
Io
non dico nulla per un lungo, lunghissimo attimo guardando dritta
davanti a me.
Cosa
dovrei rispondere? Mi chiedo non sapendolo davvero, gli occhi verdi e
caldi di Paul puntati dritti su di me.
-
Non abbiamo litigato, Candice – ribatto io, finendo per
risultare
più brusca e tagliente di quanto vorrei chiamandola per nome.
Lei,
tuttavia, sembra non farci molto caso continuando a fissarmi
cocciutamente interessata a strapparmi le parole fuori dalla bocca.
-
Litigare implica uno scambio di battute – continuo con un
mormorio
gelidamente sarcastico che lascia malamente trapelare il mio
più
intimo e torbido nervosismo. - Ian non ha detto nulla, per cui no,
non abbiamo litigato – concludo decisa, indurendo
l'espressione.
Le
mie labbra si stringono infatti in una linea netta, serrandosi quasi
come a non voler far scappare altre parole rabbiose dette tra i
denti.
E
l'immagine di Ian, fermo ed impassibile, mentre gli inveisco contro
brucia nella mia memoria, irritandomi maggiormente. Il nervoso
cresce, la mancanza di un perché come
sua beffarda causa. Un
ulteriore fiotto di bollente irritazione si riversa nelle mie vene,
corrodendomi con il suo calore innaturale che mi fa quasi avvampare.
Perché
non ha detto nulla? Mi domando ancora, incapace di non farlo mentre
la morsa si stringe, schiacciandomi con le sue spire fino a quasi a
stritolarmi.
Come
intuendo la portata dei miei pensieri e il quesito che affolla la mia
mente, Paul parla, rompendo lo statico silenzio che si è
creato.
-
Forse, sapendo di essere in torto, non sapeva neanche lui cosa dire
–
afferma il mio amico, stringendosi appena tra le spalle mentre
gesticola, la forchetta ancora stretta tra le dita.
Un'espressione
dispiaciuta fa capolino sul suo viso, rendendolo costernato quasi.
È
molto amico di entrambi, mi dico, è normale che gli
dispiaccia
vederci così.
Candice
non dice invece nulla, lasciandomi lo spazio per parlare e
continuando a fissarmi senza alcun timore di irritarmi.
-
Non lo difendere – gli ringhio quasi contro, assottigliando
gli
occhi in due fessure che quasi lo fulminano – Non lo
difendere –
ripeto, una calma disarmante che nasconde una rabbia latente pronta
ad esplodere.
Vibra
dentro di me, sconcertandomi e facendomi tendere come una corda di
violino. Il pensiero remoto che loro non centrano nulla e sto solo
sfogando il mio nervoso emerge da un angolo buio della mia mente,
venendo però soppresso velocemente dal nervosismo.
Candice
emette un lungo sospiro, quasi pensieroso, distogliendo per una breve
frazione di secondo gli occhi da me.
-
Ma non ti ha detto proprio nulla? - mi chiede con calma, incitandomi
probabilmente a parlare.
Mi
stringo tra le spalle, i polpastrelli che affondano nel tessuto
morbido del polsino fino a creare una stretta nervosa .
Scuoto
il capo in segno di diniego, non riuscendo a dire altro.
-
Già - soffio unicamente come aggiunta, il magone che ho
respinto con
così tanta fatica che torna facilmente a galla.
E
respingerlo è tremendamente faticoso, forse impossibile. Uno
sforzo
che mi appare quasi disumano mentre il mio corpo, tutto il mio corpo,
preme con forza per sfogarsi e trovare liberazione in delle bollenti
lacrime. Cosa che, però, gli nego.
Con
uno spossante senso di fragile nervosismo mi stringo tra le spalle,
piegando il viso senza tuttavia guardarli negli occhi.
Trovo
il coraggio di farlo dopo una manciata di minuti di totale silenzio,
guardandolo sconfortata e rabbiosa allo stesso tempo.
-
Non mi ha detto nulla - mormoro, alludendo chiaramente al progetto di
cui Ian mi ha tenuto allo scuro.
Per
una breve frazione di secondo mi ritrovo a chiedermi se sono io che
sto semplicemente facendo storie per una cosa del genere. No, mi dico
dandomi una risposta.
Mi
ha volutamente tenuto nascosta una cosa che lo riguarda.
-
Magari voleva essere semplicemente sicuro di essere preso prima -
afferma pacato Paul, capendo subito a cosa mi riferisco e finendo di
fatto per difenderlo in qualche modo.
-
No - gli dico subito, fermando sul nascere il resto del discorso che
mi appare quasi irritante- Paul, non me lo ha detto perché
non ha
voluto - sibilo, il nodo alla gola che si intensifica diventando
quasi soffocante.
È
questa la verità
È
questo il perché.
Lui
sbuffa, soffiando l'aria fuori dalle labbra senza però
aggiungere
nulla.
Candice
rimane specularmente in silenzio, apparentemente avvolta e persa tra
i suoi pensieri.
Una
atmosfera irreale e silenziosa cala così tra di noi, corposa
e
possente risulta quasi imbarazzante
-
Dovresti parlargli – mi dice Candice, una nota di innata
saggezza,
che le impregna la voce.
Le
mie labbra si tendono in una smorfia di vistoso dissenso.
-
Non mi parla – ribatto sconsolata in riposta io,
l'espressione
amara che rende appieno il mio stato d'animo demoralizzato. - E poi
è già partito per Los Angeles – sospiro
pesantemente, soffiando
con un sibilo le parole fuori.
Vorrei
davvero poterlo fare, parlargli e sentire i suoi perché.
Probabilmente è una delle cose che voglia di più
al momento.
Prendo
un respiro profondo, rilasciandolo tremolante subito dopo.
Quell'insieme opprimente di sensazioni persiste nel chiudermi la
gola, infondendomi uno strano senso di agitazione che non riesco a
scacciare. Subdolo e suadente si insinua dentro di me, trai miei
pensieri non lasciandomi di fatto scampo.
Distolgo
poi lo sguardo dalla tavola imbandita davanti a me, puntandoli
nuovamente su Candice.
Le
rivolgo un'occhiata quasi implorante di un consiglio che faccia
chiarezza tra le mie riflessioni, in modo da pensare in modo
più
nitido.
Lei
si stringe leggermente tra le spalle, facendo arricciare appena la
scollatura casta del vestito blu di cotone che indossa.
-
Se no puoi sempre passare qualche giorno di relax e aspettare che
torni – afferma lei, scoccandomi un'occhiata eloquente che
fatico
subito a decifrare.
Mi
sta implicitamente dicendo di prendere e andare da lui o di fare
l'opposto? Mi domando interdetta, non capendolo realmente.
Inspiro
profondamente, prendendo una lunga bocca d'aria.
Paul
non dice nulla, rimanendo per un lungo attimo in silenzio mentre
mangia.
-
Io voterei per la prima – mi consiglia con voce calda e
pacata,
riservandomi un sorriso dolce e tranquillo che sa di vera amicizia.
Annuisco,
non sapendo neanche io cosa fare. L'unica cosa che voglio al momento
è tornare in albergo e sprofondare nel letto, senza avere
confusione
e gente intorno.
Senza
prendere decisioni, senza pensare a lui. Cosa che probabilmente
è
pura utopia dal momento che impossibile per me non farlo.
-
Io vado a pagare e poi in albergo, ragazzi – mormoro di punto
in
bianco, puntellando i piedi contro il pavimento per alzarmi in piedi.
Lo
faccio l'attimo dopo, spingendo indietro la sedia e appoggiando le
mani sul tavolino. Il tessuto in cotone della tovaglia mi solletica
momentaneamente il palmo mentre i miei amici alzano simultaneamente
gli occhi su di me.
-
Tranquilla, offro io – mi sorride ancora Paul, risultando
più
carino e premurosa di quanto io oggi sia stata con lui.
Gli
rivolgo un sorriso sincero, grato. Forse il primo della giornata, mi
dico con un pensiero distratto.
Allungo
poi la mano, agguantando il mio cappotto nero ed infilandomelo
velocemente,
subito
dopo aver preso la borsa faccio il giro del tavolo, scoccando un
bacio sulla guancia a Paul come ringraziamento.
-
Grazie – affermo in un sussurro e non è
chiaramente solo per il
pranzo.
Lui
mi sorride, inclinando dolcemente il viso.
-
Ci sentiamo dopo, ok? - mi domanda invece Candice, guadagnandosi
subito la mia attenzione mentre raddrizzo la schiena e mi tiro su.
Tento
di sorriderle, riuscendo a produrre solo una lieve smorfia che non
raggiunge i miei occhi lasciandoli cupi e impassibili.
-
Si – soffio con sincerità.
Probabilmente
la chiamerò dopo una bella dormita, finendo qualche ora dopo
a
mangiare con lei schifezze mentre parliamo.
-
Ciao – li saluto infine con un breve cenno del capo,
girandomi
subito dopo.
Senza
dire null'altro muovo un passo in avanti, lasciandomi alle spalle i
loro saluti e il vociare della sala.
Evitando
abilmente un cameriere con delle portate arrivo finalmente
all'uscita, appoggiando la mano sulla maniglia ed aprendola.
Con
il capo chino e lo sguardo puntato sul marciapiede esco all'aperto,
richiudendomi la porta in vetro e acciaio del locale alle spalle.
L'aria fresca e frizzante del primo pomeriggio mi investe,
accarezzandomi con il suo tiepido vento mentre fa smuovere le fronde
degli alberi.
Deglutendo
muovo un passo in avanti, iniziando a camminare e percorrere la via
quasi totalmente deserta.
Dopo
neanche un secondo mi ritrovo però ad affondare la mano
all'interno
della tasca del mio cappotto alla ricerca del mio telefono. Lo tiro
fuori subito dopo, rigirandolo per un lungo attimo tra le dita,
quasi come se stessi soppesando l'idea di fare qualcosa. Forse,
semplicemente, la portata dei miei pensieri.
La
spontanea voglia di chiamarlo e chiarire si insinua leggermente
dentro di me, sovrastando per un attimo la rabbia e la frustrazione.
È
solo un secondo, tuttavia, dal momento che quella domanda
sconvolgente e subdola torna a tormentarmi.
Perché?
Sospiro,
posando gli occhi sullo schermo ancora oscurato del mio cellulare,
l'eco dei miei dubbi che cozza contro la sicurezza del mio sentimento
in uno scontro che risulta devastante.
Cosa
dovrei fare? Mi chiedo, ricercando dentro di me la risposta.
E
la cosa da fare appare apparentemente limpida l'attimo seguente,
cristallina.
Senza
pensarci troppo o ragionarci premo i numeri, componendo velocemente
un numero telefonico. Me lo porto poi all'orecchio, percependo gli
squilli suonare a vuoto fino a quando una voce femminile risponde.
Esito
un attimo, le labbra dischiuse mentre rimango immobile al centro del
marciapiede con i capelli scompigliati dalla brezza.
-
Pronto -
Deglutisco,
trovando un perché come risposta a ciò che sto
per fare.
Il
mio istinto si rafforza, portandomi a parlare.
Parlo
decisa, soffiando le parole fuori dalle labbra senza alcuna
incertezza.
-
Buongiorno, vorrei prenotare un volo –
Perchè.
-Note:
Buona
domenica! No, non sono un miraggio dovuto al soffocante caldo estivo
e questo aggiornamento esiste davvero ;) A parte gli scherzi e il
fatto che probabilmente non ci speravate più, eccoci qui con
un
nuovo capitolo.
1-
Mi vorrei scusa per l'immenso ritardo che ho avuto nel pubblicare e
non c'è molto da dire come giustificazione se non un immenso
SCUSA a
chi legge, a chi recensisce e a chi mi segue. Mi dispiace davvero
molto di averci messo così tanto, spero che questo capitolo
vi sia
piaciuto e che in qualche modo vi abbia ripagato dell'attesa.
2-
Passando al capitolo dopo qualche momento di tenera
tranquillità
sono arrivate le prime nuvole su Ian e Nina. Saranno di passaggio o
permanenti? Questo non ve lo posso dire, lo scoprirete solo leggendo
i prossimi capitoli.
3-
Il prossimo capitolo non so di preciso quando arriverà, ma
vi
anticipo che sarà in qualche moda un giro di boa, nel bene o
nel
male e la casualità vuole che sia proprio il numero 20. non
mi svelo
il titolo, anche se ce l'ho già pronto da mesi interi.
4-
Vi volevo informare che ho iniziato anche una storia originale, in
collaborazione con un'altra persona. E' di genere romantico ed
è il
mio primo tentativo al riguardo, se vi va datele un'occhiata mi
farebbe piacere avere il vostro parere. Ho già pubblicato
quattro
capitolo e qui di seguito vi lascio il link e la trama introduttiva;)
Ritratto
di Te
"
Certe persone sono come un famoso ritratto: per comprendere l'insieme
si deve comprendere la sfumatura di ogni pennellata "
Tratto
dal Prologo:
[ - Mi dispiace signorina Cornelia - afferma con
finta voce costernata, continuando imperterrito a fare il suo
lavoro.
Indignata al massimo avvampo violentemente, scoccandogli
un'occhiata al vetriolo che spero lo faccia definitivamente
tacere.
Mi ha chiamato con il mio secondo nome! Penso irritata al
massimo dalla sua persona, così tranquilla e ironica da
risultare
arrogante.
- Emma - lo correggo asciutta e stizzita, pervasa da un
imponente voglia di picchiarlo.
Tentando di placare i miei istinti
omicidi lo guardo male, di sbieco, mentre ridacchia divertito.
-
In ogni caso, Emma, ho fatto medicina non scuola di estetica -
ribatte lui, calcando volutamente sul mio nome e conferendogli un
alone quasi sarcastico. ]
Detto
questo spero che il capitolo vi sia piaciuto, che non ci siano errori
o ripetizioni e che mi farete sapere che ne pensate se vi va;)
A
presto!
Xoxoxo
Live
in Love
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