Il Sole non sorge, brucia il cielo {Blu e giallo non era un accostamento così sbagliato per loro} di icered jellyfish (/viewuser.php?uid=588706)
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Blu e giallo non era un accostamento così
sbagliato per loro
R A C C O
L T A C
o l l e t i v a
“ Blu e
giallo non era
un accostamento così sbagliato per loro „
Non
riusciva nemmeno a capire esattamente come dovesse portarseli dietro,
ma i suoi capelli esistevano, ed era stata proprio lei a decidere che
nessuno l'avrebbe privata di una lunghezza tanto smisurata e
ingestibile – e se non fosse stata mattina presto,
probabilmente,
non avrebbe nemmeno provato quello strano senso di odio,
quell'incomprensibile voglia di tagliarli di netto dietro il collo,
perché Rapunzel, generalmente, era perfettamente capace di
prendersi cura della sua cascata di fili dorati.
I piedi nudi di entrambi correvano per i corridoi della scuola,
provocando rumori piatti che rimbombavano ogni qual volta toccassero i
pavimenti di
pietra fredda che guidavano la loro fuga notturna – l'estate
stava ormai cedendo il suo posto all'autunno ed era proprio in vista di
questo che Hiccup aveva deciso di fare quel che stavano facendo. Forse
non avrebbero più avuto molte altre occasioni, prima di
poter
ripetere nuovamente un episodio del genere.
«Hiccup, aspetta!» lo richiamò
improvvisamente
Rapunzel, bisbigliando a tutto volume e fermandosi nel tentativo di
raccogliere meglio la sua chioma pazzesca – che, in quel
momento,
le stava dando più problemi di quanti ne avesse previsti.
Hiccup frenò con un paio di saltelli la sua corsa, per poi
invertire il senso di marcia e raggiungerla – piegandosi a
terra
con lei, cercando di aiutarla nell'intento approssimativo di
raccogliere quel fiume di capelli.
Mettendole letteralmente tra le braccia il mucchio di capelli che era
riuscito a concentrare, le afferrò poi d'un tratto una mano
– sembrava avere una certa fretta e lei non se la sentiva di
dargli torto,
dopotutto stavano violando pienamente il coprifuoco. Se fossero stati
scoperti, sarebbero finiti in un mare di guai.
«Se ci becca Gazza siamo fritti! Andiamo, dai!».
Tenendo salda la presa, si rialzò in piedi, trascinandola
così dietro e riprendendo a correre a perdifiato
– incurante di quanto strana fosse la sensazione che Rapunzel
provava nel lasciarsi tenere la mano nella sua.
Dalle loro prime e incerte chiacchierate erano ormai passati cinque
anni e nessuno dei due si sarebbe mai aspettato che la loro amicizia si
sarebbe sviluppata in maniera tanto intensa e stretta –
irrefrenabile, nemmeno l'appartenere a due case differenti era
risultato un ostacolo.
Entrambi avevano l'eccentrica sensazione che le casate di Hogwarts
delimitassero dei confini invisibili dei quali nessuno accusava davvero
il colpo, ma era impossibile non riconoscere quanto fosse molto
più facile legare con studenti della propria casa, piuttosto
che
con quelli di altre, ed era insensatamente difficile trovare da
qualche parte del verde mischiato con del rosso – ma in fondo, blu e
giallo non era un accostamento così sbagliato per loro.
Era incredibile quanto il castello risultasse
eternamente infinito da percorrere quando si stava facendo
qualcosa di non
conforme alle regole comportamentali a cui attenersi, ma Rapunzel
doveva ammettere che la trasgressione aveva un sapore più
dolce
di quanto si aspettasse – e in fondo, era con Hiccup, e
Hiccup
era intelligente, Hiccup era in grado di cadere sempre in piedi e di
trovare una soluzione a tutto. Di lui si fidava, si fidava ancor
più di quanto si fidasse di se
stessa. Con lui si sentiva al sicuro da ogni cosa – anche la
più
incredibile, la più sbagliata e tragicamente eccitante
– e
in fondo doveva ammettere che in realtà non le importava poi
molto di venir scoperta scorribandare
assieme ad un altro studente dentro l'edificio, perché in
quel
momento l'unica cosa che davvero le interessava, era
l’essersi accorta che
Hiccup teneva ancora tra i capelli le due treccioline che gli aveva
fatto l'ultima volta che si erano visti.
Sorrise senza rendersene conto, per poi sorprendersi della nuova
sensazione che la solleticava sotto i piedi –
e di come ci fosse finita nel giardino della scuola, doveva ammettere
di non ricordarselo affatto. Si era semplicemente persa nel suo
confusionario stato bucolico –
dandosi importanza da sola nell'eccentrico ragionamento
che quelle
piccole trecce ancora lì, intatte, solo perché le
aveva
fatte lei – ma Hiccup non
aveva mai spesso di stringerle la mano e di condurla verso una meta di cui ancora
non le aveva svelato nulla.
L'andatura del
ragazzo ad un certo punto iniziò a rallentare – e
così anche la sua
– finendo dunque per ritrovarsi sulla cima di una piccola
collina naturale accanto al campo di Quiddich.
Dopo essersi guardata relativamente attorno, Rapunzel alzò
istintivamente lo sguardo al cielo, accorgendosi di quanto ormai non
fosse più così scuro da essere considerato
notturno
–
e per quanto qualche sporadica e coraggiosa stella si ostinasse a
rimanere visibile, la tonalità del manto che le
ospitava era decisamente molto più
tenue e tendente al color pastello, ad un lilla che avrebbe
sinceramente voluto catturare per conservarlo in qualche boccetta dei
suoi colori per dipingere.
Guardò poi la schiena di Hiccup allontanarsi di qualche passo e per
un istante si indispose davanti alla sensazione che si fosse
dimenticato di aver trascinato lì fuori anche lei, ma
la non conformità della sua camminata la
lasciò con
dell'amaro in volto, perché per quanto avesse ormai
accettato di
vedere ogni giorno la sua andatura zoppicante, non si sarebbe mai
abituata davvero – e faceva male
sapere di non poter far nulla per rimettere a posto la sua gamba,
né tantomeno di poter correggere la traiettoria di quel
bolide
che gliel'aveva spaccata tre anni prima in una sua partita a Quiddich.
Un po' di innocente rabbia la provava però verso di lui,
perché glielo aveva detto di non avventurarsi in uno sport
così
fuori dalla sua portata, ma Hiccup aveva continuato imperterrito a
sostenere quanto avvertisse in lui l'irrefrenabile sentore di essere
portato per il volo, di essere a destinato a diventare qualcuno
attraverso quella disciplina – e, alla fine, come non dargli
ragione; era sicuramente il miglior cacciatore che si fosse visto da
secoli e non sarebbe di certo stato un incidente che lo aveva corrotto
per sempre, ad frenare il suo spirito e a impedirgli di diventare il
più grande di tutti.
Avanzò di qualche passo anche lei, raggiungendolo e
mettendosi
al suo fianco. Rimasero entrambi ad osservare un punto indistinto
sull'orizzonte appena più chiaro – le sfumature
azzurrognole dietro le montagne erano delicatamente pennellate di un
dorato nascente, ma per quanto quello scenario fosse estremamente
rilassante e suggestivo, a Rapunzel continuava ad essere tutto poco
chiaro.
«Hiccup, perché mi hai portato qui?» gli
domandò ingenuamente, voltandosi a guardarlo – ma
non
ottenendo altrettanto dal ragazzo, intento a continuare a tenere il suo
sguardo incollato sullo sfondo che, impercettibilmente, continuava a
schiarirsi sempre più. Un sorriso comparve tuttavia sul suo
volto, ma non sembrava voler tradire nulla di quel che ancora non le
stava dicendo.
«Aspetta» asserì, semplicemente.
Arricciando il naso e increspando le labbra, Rapunzel lo
puntò
con un'espressione di rimprovero che non sembrò
però
smuovere minimamente le acque – Hiccup continuava difatti a
non
prestare attenzione alle sue reazioni.
Sbuffando, roteò dunque gli occhi rassegnata –
mettendosi
successivamente a sedere sul prato a gambe incrociate, per poi
affondare, infine, svogliatamente il volto tra le mani.
A quel punto Hiccup abbassò lo sguardo in sua direzione
– lasciandosi scappare un ennesimo sorriso a fior di labbra
che
sembrava contenere più di quanto avrebbe mai detto. Gli
sembrava
una bambina, conciata così – avvolta nella sua
camicia da
notte bianca e con lo sguardo perso in un qualcosa che non sembrava
averla catturata sul serio.
Per quanto paresse aver accettato l’idea di rimanere
all’oscuro di tutto, lui sapeva che quella postura
racchiudeva la
silenziosa curiosità di conoscere quel che lui per ora le
negava
di sapere – eppure non credeva potesse essere così
difficile capire cosa ci facessero lì.
Si sedette anche lui sull'erba, guardando esattamente davanti nella
stessa direzione su cui anche Rapunzel si stava
concentrando, finché dalla bocca spalancata della ragazza
non fuoriuscì un sonoro sbadiglio – che
tentò di
acquietare poggiando lievemente sulle sue labbra superiori i
polpastrelli delle dita di una mano.
Si voltò allora nuovamente verso di lei, giusto il tempo di
cogliere quel gesto tanto ineducato che non si sarebbe mai aspettato da
un portamento fine come il suo – anche se
non poteva certamente negare
di averla vista più volte infrangere goffamente la
semplicità delle azioni più quotidiane, come
tutte
quelle volte in cui gli era inciampata davanti agli occhi, o di quelle
in cui creava qualche disastro con i suoi infiniti capelli. Forse,
però, era proprio questo ciò che più
gli piaceva
di lei;
il suo saperlo sorprendere sempre, il suo essere imprevedibile
nonostante fosse convinto di conoscerla ormai alla perfezione
–
nei suoi pregi e nei suoi difetti.
Non si rese nemmeno conto di quanto la sua mente avesse iniziato a
sentirsi offuscata dalla delicata immagine di quella surreale bambola
vivente; le sue piene e morbide labbra apparivano leggermente schiarite
davanti al barlume di tutte quelle tiepide luci nascenti e, poco
più sopra, gli fu inevitabile non venir richiamato dalle
piccole
e lievi lentiggini delle quali il suo adorabile e angelico naso era
ricoperto. Le iridi – accerchiate dalle folte e lunghe ciglia
nere – risultavano ancora più calde del solito
–
fiamme verdi e meravigliose che avrebbero catturato, senza via di
scampo, chiunque si fosse imbattuto in esse, come un falò su
una
spiaggia di notte, e nemmeno lui era riuscito a sfuggire dalla loro
accurata e invalicabile trappola.
Non riusciva davvero a spiegarselo come una persona – una
come
altre mille ne aveva già incontrate e altre miliardi ne
esistevano –, come un numero inchiostrato senza importanza in
un
mondo che non necessitava di conoscerla, potesse contenere un
così vasto oceano di sfumature anche nelle più
irrilevanti e moderate sottigliezze.
Si era ritrovato a guardare il suo profilo elegantemente servito alla
sua attenzione e, per quanto forse nemmeno lo volesse fare, gli fu
impossibile distogliere lo sguardo e non avvertire qualche palpitazione
più presuntuosa gonfiare il suo petto – che, se
solo
avesse perduto completamente la sua lucidità, avrebbe
giurato si
fosse bucato.
Un raggio di sole sbucò finalmente da dietro i contorni
delle
cime più alte di quelli che non sapeva nemmeno che monti
fossero
– e se proprio doveva essere sincero, la sua ignoranza
geografica
non gli importava poi molto in quel frangente –,
accarezzandoli
entrambi e costringendoli a stringere maggiormente le fessure dei loro
occhi per osservare quello spettacolo naturale.
L'alba stava finalmente sorgendo, beandoli di una sensazione calda che
entrambi cercarono di assimilare quanto più riuscirono a
fare
– ed era un contrasto incredibile, il calore del Sole
mischiato
al lieve soffio del vento fresco.
Rapunzel strinse le gambe al petto, affondando meglio i piedi nei fili
d'erba verde come i suoi occhi, e si lasciò scappare una
piccola
e cristallina risata trattenuta nella riga delle sue labbra.
Hiccup rivoltò lo sguardo ancora una volta verso di lei,
domandandosi probabilmente cosa l'avesse spinta a emettere quel
delicato sonoro che fu addirittura in grado di contagiarlo,
perché non riuscì a fare a meno di dischiudere le
labbra
in un ampio sorriso in cui la sua dentatura lievemente più
ampia
dei canoni più comuni predominava – divertito per
ciò che gli suscitava cercare di capire a cosa stesse
pensando.
«Che c'è da ridere?» la
interrogò con
simpatia ma reale incomprensione – ancora una volta, per
quanto
quel suo risolo lo conoscesse perfettamente, era riuscita a coglierlo
di sorpresa.
Rapunzel ricambiò a quel punto il suo sguardo, regalandogli
la
visione dei suoi occhi illuminati non solo dal Sole, ma anche da una
luce piena di tutto quel che aveva dentro in quel momento – e
che
lui riuscì velatamente a percepire, ma non a capire.
«Mi hai portato a vedere l'alba» gli disse infine,
restando
con le iridi incollate sul suo volto immobilizzato – ma non
irrigidito.
Sorrise ancora, Hiccup, davanti all'imprevisto di quella che non era
una domanda – come si sarebbe aspettato – ma
un'affermazione che lo destabilizzò più di quanto
si
sarebbe aspettato – ma forse non ci aveva nemmeno pensato a
dover dare una spiegazione a quel dopo
in cui si trovava ora perché, al suo risveglio di quella
mattina, l'unica cosa a cui aveva pensato erano stato il voler andare a
prenderla per
portarla con sé lì fuori, ad osservare il sorgere
del
Sole.
Sì, Rapunzel,
ti ho portato a vedere l'alba. Probabilmente avrebbe
semplicemente potuto
risponderle così, ma la realtà era che quella
risposta
non bastava, quella risposta non era esaustiva. Quella risposta non era
quella che avrebbe voluto
darle.
Chinò il capo in direzione dei suoi piedi –
incapace di
sostenere più a lungo di così quello scambio
visivo
–, per poi alzare esclusivamente gli occhi nuovamente al Sole
ormai svelatosi per metà nel cielo che avrebbe governato
anche
in quella giornata.
Fu proprio il costante coraggio del Sole, con tutta
probabilità,
a infonderne in lui altrettanto – perché per
quanto quella
stella incandescente si vergognasse, magari, di mostrarsi ogni giorno
empirea come sempre, non si sarebbe mai negata di portare a termine la
sua decisione di illuminare il mondo, così come lui non si
sarebbe tirato indietro nel
parlare, adesso.
«Lo so che questa è un'alba come molte altre ne
avrai
già sicuramente viste, e forse questo momento ora non ti
sembrerà più speciale di altri. Ho pensato
però
che già solo ripensarci domani sarà un bel
ricordo... E
io voglio che tu lo abbia».
Secondi di interminabile silenzio riempirono i respiri vuoti di
entrambi – nutrendoli di una sensazione indefinita che, se
solo
gliel'avessero chiesto, non avrebbero saputo in che modo descrivere.
Rapunzel schiuse appena le labbra – con in bocca parole che
non
riusciva a comprendere e non sapeva né come né se
voleva
esprimere davvero. Forse, però, in fondo non c'era bisogno
di
dir nulla dopo una dichiarazione del genere. Forse era esattamente come
la frase finale di un libro; completa così com'era, senza
bisogno di aggiunte di alcun tipo, di nessun fronzolo a disturbare la
semplicità della perfezione – perché a
quel punto
della storia non c'era spazio di nient'altro se non per i pensieri del
lettore.
Hiccup continuava a non guardarla e, per quanto Rapunzel non avesse mai
colto con facilità cosa si celasse dietro i comportamenti
delle
persone, in quel momento riuscì a scorgere una nota di
colorata
vergogna sulla recitata sicurezza che il volto del ragazzo tentava di
mantenere – e lei non poté fare a meno di trovare
adorabile quel suo fallimentare tentativo di sembrare, almeno un po',
uno di quei tipi di persona che sa quel che fa e non se ne imbarazza.
Gli angoli della sua bocca si inarcarono maggiormente e l'espressione
dei suoi occhi si rilassò addolcendosi ancor più
di
quanto i suoi principeschi lineamenti non facessero già
senza
sforzo alcuno.
Hiccup aveva ragione, lei aveva visto molti sorgere del Sole in vita
sua – dall'alto della sua stanza in cima alla sua torre, per
tutta la sua infanzia aveva avuto l'abitudine di osservare l'alba
irrompere nel cielo mattutino – ma, per quanto quello
scenario a
cui stavano assistendo si stesse riproponendo in maniera non troppo
discostante da quella cui era solita osservare lei, c'era del diverso
in tutto quel che stava vivendo.
Il campo di Quiddich dietro Hiccup era ormai soleggiato da quelle prime
luci ambrate e sempre più accecanti – la
lucentezza del
prato riuscì a catturarne in sé tutto il loro
bagliore
– e lei per un attimo si sentì estremamente viva
nell'essere lì in quel posto, in quell'istante preciso e con
quella persona in particolare.
Quell'alba, sì, era esattamente come tutte le altre, ma
nessuno
aveva mai avuto la premura di far sì che potesse diventare
per
lei un ricordo sul quale, un giorno, avrebbe potuto provare della dolce
nostalgia – esattamente come quella che provava ogni volta
nel
riassaporare mentalmente il profumo della torta che ogni estate mangia
a colazione a casa sua, unico momento in dell'anno, da anni, in cui
poteva farci un vero ritorno come quando era ancora una bambina.
Probabilmente non avrebbe voluto condividere quel momento con nessuno
al di fuori di lui perché, per quanto anche Merida e Jack
avessero un posto speciale nel suo cuore, nessuno sarebbe mai stato
capace di farla sentire così tanto in sintonia con qualcuno
come
era riuscito a fare Hiccup – e lo sapeva, lo sentiva di fare
a
sua volta lo stesso effetto su di lui, e avrebbe tanto voluto dirlo a
sua madre, di aver trovato qualcuno a cui credeva di piacere.
Incapace di mantenersi tutto d’un pezzo più a
lungo di
così, Hiccup cercò dunque conforto nell'istintivo
giocherellare con le treccioline tra i suoi capelli e Rapunzel, a quel
punto, si avvicinò di più a lui – che
finalmente si
degnò di guardarla nuovamente, per abbozzare poi, forse
dettato
un po’ dal nervosismo, un mezzo sorriso inclinando le labbra
maggiormente verso destra.
A sua volta, ricambiò anche lei spontaneamente quel gesto
tanto
limpido e genuino – perdendosi in quegli straordinari occhi
della
stessa colorazione dei suoi – e, senza sapere se dovesse
chiedere
o meno il permesso per poter fare quel che stava per fare, si intromise
con la mano tra le sue ciocche castane – esattamente laddove
lui
si stava dilettando.
Nessuno dei due sapeva bene come catalogare quella sensazione nata
sull'istante, ma ciò che risultava chiaro ad entrambi era
che in
fondo al loro stomaco poterono distintamente avvertire qualcosa che non
gli stava più dando la certezza di sentirsi bene come
avevano
creduto fino all'attimo prima.
Per la prima volta da quando si trovavano lì fuori, si
stavano
guardando direttamente in volto senza cercare conforto o distrazioni in
punti imprecisi attorno a loro – e, sempre per la prima
volta, si
resero conto che effettivamente non era necessario farlo.
L'oro dello sfondo iniziò finalmente a prendere possesso non
solo del cielo, ma anche di tutta l'atmosfera bluastra che li
circondava – di quello strascico notturno di cui
l'ambientazione
circostante sembrava ancora velatamente impregnata – ed
entrambi
vennero infine gradualmente illuminati dal Sole, acquisendo tratti
più aurei e brillanti – e in quel momento,
Rapunzel, si
convinse ancor più che blu e giallo non era un accostamento
così sbagliato per loro.
F I N
E
»
N O T E
A U T R I C E
;
Questa one–shot fa parte di un fenomeno più ampio
che io e le mie collaboratrici abbiamo voluto chiamato 'raccolta
collettiva'. Si tratta infatti, come dice la parola stessa, di una
serie di storie facenti parti di una raccolta frastagliata che abbiamo
deciso di pubblicare collettivamente – un capitolo per ogni
account. Ci siamo incentrate su tutte le possibili coppie nei The Big
Four e voi avete appena letto la mia.
Qui di seguito, eccovi i link di reindirizzamento sulle altre:
Bene,
cosa posso dire? Come già specificato, io e le altre ragazze
ci siamo spartite
le coppie di questo progetto ed io sono sinceramente molto soddisfatta
di questa nostra iniziativa. La trovo una cosa originale e creativa, e
spero possiate valutarla altrettanto!
Questo capitolo, come
facilmente deducibile, è un'AU Hogwarst!verse in
cui Hiccup e Rapunzel
fanno una piccola fuga notturna/mattutina prima dello scadere del
coprifuoco – e non chiedetemi come Hiccup abbia recuperato la
biondina,
dato che appartengono a due case diverse. A voi le ipotesi, potete
immaginare quella che più preferite, tanto non è
un punto fondamentale della storia. x°
Mi frullava in testa da un po' di
tempo l'idea di questa storia e sono contenta di essere finalmente
riuscita a scriverla e pubblicarla, in qualche modo. Mi sono voluta
basare molto sulla nostalgica
sensazione che si prova d'inverno nel ripensare alle vacanze
estive –
al mare e agli spensierati divertimenti in compagnia della salsedine e
degli aperitivi con gli amici – e, la frase che Hic dice a
Rapunzel, mira
proprio a questo, a volerle lasciare nel cuore un ricordo a cui
può ripensare con lo stesso spirito, che possa
trasmetterle, magari già anche dal giorno dopo appunto, una
piacevole
sensazione in grado di far nascere un lieve sorriso.
Sono stata volutamente vaga sul loro rapporto perché qui
sono
sostanzialmente amici molto stretti – di quelli con cui hai
quel feeling
che provi una volta sola nella vita –, ma al tempo stesso ho
voluto
lasciar intendere la presenza di quella nota d'attrazione reciproca che
aleggia nell'aria – perché appunto vorrei
potessero essere
focalizzati soprattutto come coppia, dato che l'intento è
quello, e
spero possiate amarli come li amo io. c:
Ccche altro aggiungere... Niente. Vi saluto e vi ringrazio per la
lettura! Mi
auguro che la storia sia stata stesa con uno stile piacevole e vi sia
dunque piaciuta! Mi raccomando di andare a leggere anche le altre
linkate sopra, perché sono tutte stupende fanno appunto
parte
della stessa raccolta!
Un grazie speciale a chi commenterà, spero davvero possiate
essere in molti. ♡
©
a u t u m n
|
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