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Autore: icered jellyfish    04/03/2014    2 recensioni
[ THE BIG FOUR | CROSSOVER – How to train your dragon/Tangled| Raccolta collettiva con altre utenti | HICCUP X RAPUNZEL ]
Dopo essersi guardata relativamente attorno, Rapunzel alzò istintivamente lo sguardo al cielo, accorgendosi di quanto ormai non fosse più così scuro da essere considerato notturno – e per quanto qualche sporadica e coraggiosa stella si ostinasse a rimanere visibile, la tonalità del manto che le ospitava era decisamente molto più tenue e tendente al color pastello, ad un lilla che avrebbe sinceramente voluto catturare per conservarlo in qualche boccetta dei suoi colori per dipingere.
Genere: Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hiccup Horrendous Haddock III, Rapunzel
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Blu e giallo non era un accostamento così sbagliato per loro




R
 A C C O L T A   C o l l e t i v a

Blu e giallo non era
un accostamento così sbagliato per loro







Non riusciva nemmeno a capire esattamente come dovesse portarseli dietro, ma i suoi capelli esistevano, ed era stata proprio lei a decidere che nessuno l'avrebbe privata di una lunghezza tanto smisurata e ingestibile – e se non fosse stata mattina presto, probabilmente, non avrebbe nemmeno provato quello strano senso di odio, quell'incomprensibile voglia di tagliarli di netto dietro il collo, perché Rapunzel, generalmente, era perfettamente capace di prendersi cura della sua cascata di fili dorati.
I piedi nudi di entrambi correvano per i corridoi della scuola, provocando rumori piatti che rimbombavano ogni qual volta toccassero i pavimenti di pietra fredda che guidavano la loro fuga notturna – l'estate stava ormai cedendo il suo posto all'autunno ed era proprio in vista di questo che Hiccup aveva deciso di fare quel che stavano facendo. Forse non avrebbero più avuto molte altre occasioni, prima di poter ripetere nuovamente un episodio del genere.
«Hiccup, aspetta!» lo richiamò improvvisamente Rapunzel, bisbigliando a tutto volume e fermandosi nel tentativo di raccogliere meglio la sua chioma pazzesca – che, in quel momento, le stava dando più problemi di quanti ne avesse previsti.
Hiccup frenò con un paio di saltelli la sua corsa, per poi invertire il senso di marcia e raggiungerla – piegandosi a terra con lei, cercando di aiutarla nell'intento approssimativo di raccogliere quel fiume di capelli.
Mettendole letteralmente tra le braccia il mucchio di capelli che era riuscito a concentrare, le afferrò poi d'un tratto una mano – sembrava avere una certa fretta e lei non se la sentiva di dargli torto, dopotutto stavano violando pienamente il coprifuoco. Se fossero stati scoperti, sarebbero finiti in un mare di guai.
«Se ci becca Gazza siamo fritti! Andiamo, dai!».
Tenendo salda la presa, si rialzò in piedi, trascinandola così dietro e riprendendo a correre a perdifiato – incurante di quanto strana fosse la sensazione che Rapunzel provava nel lasciarsi tenere la mano nella sua.
Dalle loro prime e incerte chiacchierate erano ormai passati cinque anni e nessuno dei due si sarebbe mai aspettato che la loro amicizia si sarebbe sviluppata in maniera tanto intensa e stretta – irrefrenabile, nemmeno l'appartenere a due case differenti era risultato un ostacolo.
Entrambi avevano l'eccentrica sensazione che le casate di Hogwarts delimitassero dei confini invisibili dei quali nessuno accusava davvero il colpo, ma era impossibile non riconoscere quanto fosse molto più facile legare con studenti della propria casa, piuttosto che con quelli di altre, ed era insensatamente difficile trovare da qualche parte del verde mischiato con del rosso 
ma in fondo, blu e giallo non era un accostamento così sbagliato per loro.
Era incredibile quanto il castello risultasse eternamente infinito da percorrere quando si stava facendo qualcosa di non conforme alle regole comportamentali a cui attenersi, ma Rapunzel doveva ammettere che la trasgressione aveva un sapore più dolce di quanto si aspettasse – e in fondo, era con Hiccup, e Hiccup era intelligente, Hiccup era in grado di cadere sempre in piedi e di trovare una soluzione a tutto. Di lui si fidava, si fidava ancor più di quanto si fidasse di se stessa. Con lui si sentiva al sicuro da ogni cosa – anche la più incredibile, la più sbagliata e tragicamente eccitante – e in fondo doveva ammettere che in realtà non le importava poi molto di venir scoperta scorribandare assieme ad un altro studente dentro l'edificio, perché in quel momento l'unica cosa che davvero le interessava, era l’essersi accorta che Hiccup teneva ancora tra i capelli le due treccioline che gli aveva fatto l'ultima volta che si erano visti.
Sorrise senza rendersene conto, per poi sorprendersi della nuova sensazione che la solleticava sotto i piedi 
– e di come ci fosse finita nel giardino della scuola, doveva ammettere di non ricordarselo affatto. Si era semplicemente persa nel suo confusionario stato bucolico  dandosi importanza da sola nell'eccentrico ragionamento che quelle piccole trecce ancora lì, intatte, solo perché le aveva fatte lei – ma Hiccup non aveva mai spesso di stringerle la mano e di condurla verso una meta di cui ancora non le aveva svelato nulla.
L'andatura del ragazzo ad un certo punto iniziò a rallentare – e così anche la sua – finendo dunque per ritrovarsi sulla cima di una piccola collina naturale accanto al campo di Quiddich.
Dopo essersi guardata relativamente attorno, Rapunzel alzò istintivamente lo sguardo al cielo, accorgendosi di quanto ormai non fosse più così scuro da essere considerato notturno – e per quanto qualche sporadica e coraggiosa stella si ostinasse a rimanere visibile, la tonalità del manto che le ospitava era decisamente molto più tenue e tendente al color pastello, ad un lilla che avrebbe sinceramente voluto catturare per conservarlo in qualche boccetta dei suoi colori per dipingere.
Guardò poi la schiena di Hiccup allontanarsi di qualche passo
e per un istante si indispose davanti alla sensazione che si fosse dimenticato di aver trascinato lì fuori anche lei, ma la non conformità della sua camminata la lasciò con dell'amaro in volto, perché per quanto avesse ormai accettato di vedere ogni giorno la sua andatura zoppicante, non si sarebbe mai abituata davvero – e faceva male sapere di non poter far nulla per rimettere a posto la sua gamba, né tantomeno di poter correggere la traiettoria di quel bolide che gliel'aveva spaccata tre anni prima in una sua partita a Quiddich.
Un po' di innocente rabbia la provava però verso di lui, perché glielo aveva detto di non avventurarsi in uno sport così fuori dalla sua portata, ma Hiccup aveva continuato imperterrito a sostenere quanto avvertisse in lui l'irrefrenabile sentore di essere portato per il volo, di essere a destinato a diventare qualcuno attraverso quella disciplina – e, alla fine, come non dargli ragione; era sicuramente il miglior cacciatore che si fosse visto da secoli e non sarebbe di certo stato un incidente che lo aveva corrotto per sempre, ad frenare il suo spirito e a impedirgli di diventare il più grande di tutti.
Avanzò di qualche passo anche lei, raggiungendolo e mettendosi al suo fianco. Rimasero entrambi ad osservare un punto indistinto sull'orizzonte appena più chiaro – le sfumature azzurrognole dietro le montagne erano delicatamente pennellate di un dorato nascente, ma per quanto quello scenario fosse estremamente rilassante e suggestivo, a Rapunzel continuava ad essere tutto poco chiaro.
«Hiccup, perché mi hai portato qui?» gli domandò ingenuamente, voltandosi a guardarlo – ma non ottenendo altrettanto dal ragazzo, intento a continuare a tenere il suo sguardo incollato sullo sfondo che, impercettibilmente, continuava a schiarirsi sempre più. Un sorriso comparve tuttavia sul suo volto, ma non sembrava voler tradire nulla di quel che ancora non le stava dicendo.
«Aspetta» asserì, semplicemente.
Arricciando il naso e increspando le labbra, Rapunzel lo puntò con un'espressione di rimprovero che non sembrò però smuovere minimamente le acque – Hiccup continuava difatti a non prestare attenzione alle sue reazioni.
Sbuffando, roteò dunque gli occhi rassegnata – mettendosi successivamente a sedere sul prato a gambe incrociate, per poi affondare, infine, svogliatamente il volto tra le mani.
A quel punto Hiccup abbassò lo sguardo in sua direzione – lasciandosi scappare un ennesimo sorriso a fior di labbra che sembrava contenere più di quanto avrebbe mai detto. Gli sembrava una bambina, conciata così – avvolta nella sua camicia da notte bianca e con lo sguardo perso in un qualcosa che non sembrava averla catturata sul serio.
Per quanto paresse aver accettato l’idea di rimanere all’oscuro di tutto, lui sapeva che quella postura racchiudeva la silenziosa curiosità di conoscere quel che lui per ora le negava di sapere – eppure non credeva potesse essere così difficile capire cosa ci facessero lì.
Si sedette anche lui sull'erba, guardando esattamente davanti nella stessa direzione su cui anche Rapunzel si stava concentrando, finché dalla bocca spalancata della ragazza non fuoriuscì un sonoro sbadiglio – che tentò di acquietare poggiando lievemente sulle sue labbra superiori i polpastrelli delle dita di una mano.
Si voltò allora nuovamente verso di lei, giusto il tempo di cogliere quel gesto tanto ineducato che non si sarebbe mai aspettato da un portamento fine come il suo
– anche se non poteva certamente negare di averla vista più volte infrangere goffamente la semplicità delle azioni più quotidiane, come tutte quelle volte in cui gli era inciampata davanti agli occhi, o di quelle in cui creava qualche disastro con i suoi infiniti capelli. Forse, però, era proprio questo ciò che più gli piaceva di lei; il suo saperlo sorprendere sempre, il suo essere imprevedibile nonostante fosse convinto di conoscerla ormai alla perfezione – nei suoi pregi e nei suoi difetti.
Non si rese nemmeno conto di quanto la sua mente avesse iniziato a sentirsi offuscata dalla delicata immagine di quella surreale bambola vivente; le sue piene e morbide labbra apparivano leggermente schiarite davanti al barlume di tutte quelle tiepide luci nascenti e, poco più sopra, gli fu inevitabile non venir richiamato dalle piccole e lievi lentiggini delle quali il suo adorabile e angelico naso era ricoperto. Le iridi – accerchiate dalle folte e lunghe ciglia nere – risultavano ancora più calde del solito – fiamme verdi e meravigliose che avrebbero catturato, senza via di scampo, chiunque si fosse imbattuto in esse, come un falò su una spiaggia di notte, e nemmeno lui era riuscito a sfuggire dalla loro accurata e invalicabile trappola.
Non riusciva davvero a spiegarselo come una persona – una come altre mille ne aveva già incontrate e altre miliardi ne esistevano –, come un numero inchiostrato senza importanza in un mondo che non necessitava di conoscerla, potesse contenere un così vasto oceano di sfumature anche nelle più irrilevanti e moderate sottigliezze.
Si era ritrovato a guardare il suo profilo elegantemente servito alla sua attenzione e, per quanto forse nemmeno lo volesse fare, gli fu impossibile distogliere lo sguardo e non avvertire qualche palpitazione più presuntuosa gonfiare il suo petto – che, se solo avesse perduto completamente la sua lucidità, avrebbe giurato si fosse bucato.
Un raggio di sole sbucò finalmente da dietro i contorni delle cime più alte di quelli che non sapeva nemmeno che monti fossero – e se proprio doveva essere sincero, la sua ignoranza geografica non gli importava poi molto in quel frangente –, accarezzandoli entrambi e costringendoli a stringere maggiormente le fessure dei loro occhi per osservare quello spettacolo naturale.
L'alba stava finalmente sorgendo, beandoli di una sensazione calda che entrambi cercarono di assimilare quanto più riuscirono a fare – ed era un contrasto incredibile, il calore del Sole mischiato al lieve soffio del vento fresco.
Rapunzel strinse le gambe al petto, affondando meglio i piedi nei fili d'erba verde come i suoi occhi, e si lasciò scappare una piccola e cristallina risata trattenuta nella riga delle sue labbra.
Hiccup rivoltò lo sguardo ancora una volta verso di lei, domandandosi probabilmente cosa l'avesse spinta a emettere quel delicato sonoro che fu addirittura in grado di contagiarlo, perché non riuscì a fare a meno di dischiudere le labbra in un ampio sorriso in cui la sua dentatura lievemente più ampia dei canoni più comuni predominava – divertito per ciò che gli suscitava cercare di capire a cosa stesse pensando.
«Che c'è da ridere?» la interrogò con simpatia ma reale incomprensione – ancora una volta, per quanto quel suo risolo lo conoscesse perfettamente, era riuscita a coglierlo di sorpresa.
Rapunzel ricambiò a quel punto il suo sguardo, regalandogli la visione dei suoi occhi illuminati non solo dal Sole, ma anche da una luce piena di tutto quel che aveva dentro in quel momento – e che lui riuscì velatamente a percepire, ma non a capire.
«Mi hai portato a vedere l'alba» gli disse infine, restando con le iridi incollate sul suo volto immobilizzato – ma non irrigidito.
Sorrise ancora, Hiccup, davanti all'imprevisto di quella che non era una domanda – come si sarebbe aspettato – ma un'affermazione che lo destabilizzò più di quanto si sarebbe aspettato – ma forse non ci aveva nemmeno pensato a dover dare una spiegazione a quel dopo in cui si trovava ora perché, al suo risveglio di quella mattina, l'unica cosa a cui aveva pensato erano stato il voler andare a prenderla per portarla con sé lì fuori, ad osservare il sorgere del Sole.
Sì, Rapunzel, ti ho portato a vedere l'alba. Probabilmente avrebbe semplicemente potuto risponderle così, ma la realtà era che quella risposta non bastava, quella risposta non era esaustiva. Quella risposta non era quella che avrebbe voluto darle.
Chinò il capo in direzione dei suoi piedi – incapace di sostenere più a lungo di così quello scambio visivo –, per poi alzare esclusivamente gli occhi nuovamente al Sole ormai svelatosi per metà nel cielo che avrebbe governato anche in quella giornata.
Fu proprio il costante coraggio del Sole, con tutta probabilità, a infonderne in lui altrettanto – perché per quanto quella stella incandescente si vergognasse, magari, di mostrarsi ogni giorno empirea come sempre, non si sarebbe mai negata di portare a termine la sua decisione di illuminare il mondo, così come lui non si sarebbe tirato indietro nel parlare, adesso.
«Lo so che questa è un'alba come molte altre ne avrai già sicuramente viste, e forse questo momento ora non ti sembrerà più speciale di altri. Ho pensato però che già solo ripensarci domani sarà un bel ricordo... E io voglio che tu lo abbia».
Secondi di interminabile silenzio riempirono i respiri vuoti di entrambi – nutrendoli di una sensazione indefinita che, se solo gliel'avessero chiesto, non avrebbero saputo in che modo descrivere.
Rapunzel schiuse appena le labbra – con in bocca parole che non riusciva a comprendere e non sapeva né come né se voleva esprimere davvero. Forse, però, in fondo non c'era bisogno di dir nulla dopo una dichiarazione del genere. Forse era esattamente come la frase finale di un libro; completa così com'era, senza bisogno di aggiunte di alcun tipo, di nessun fronzolo a disturbare la semplicità della perfezione – perché a quel punto della storia non c'era spazio di nient'altro se non per i pensieri del lettore.
Hiccup continuava a non guardarla e, per quanto Rapunzel non avesse mai colto con facilità cosa si celasse dietro i comportamenti delle persone, in quel momento riuscì a scorgere una nota di colorata vergogna sulla recitata sicurezza che il volto del ragazzo tentava di mantenere – e lei non poté fare a meno di trovare adorabile quel suo fallimentare tentativo di sembrare, almeno un po', uno di quei tipi di persona che sa quel che fa e non se ne imbarazza.
Gli angoli della sua bocca si inarcarono maggiormente e l'espressione dei suoi occhi si rilassò addolcendosi ancor più di quanto i suoi principeschi lineamenti non facessero già senza sforzo alcuno.
Hiccup aveva ragione, lei aveva visto molti sorgere del Sole in vita sua – dall'alto della sua stanza in cima alla sua torre, per tutta la sua infanzia aveva avuto l'abitudine di osservare l'alba irrompere nel cielo mattutino – ma, per quanto quello scenario a cui stavano assistendo si stesse riproponendo in maniera non troppo discostante da quella cui era solita osservare lei, c'era del diverso in tutto quel che stava vivendo.
Il campo di Quiddich dietro Hiccup era ormai soleggiato da quelle prime luci ambrate e sempre più accecanti – la lucentezza del prato riuscì a catturarne in sé tutto il loro bagliore – e lei per un attimo si sentì estremamente viva nell'essere lì in quel posto, in quell'istante preciso e con quella persona in particolare.
Quell'alba, sì, era esattamente come tutte le altre, ma nessuno aveva mai avuto la premura di far sì che potesse diventare per lei un ricordo sul quale, un giorno, avrebbe potuto provare della dolce nostalgia – esattamente come quella che provava ogni volta nel riassaporare mentalmente il profumo della torta che ogni estate mangia a colazione a casa sua, unico momento in dell'anno, da anni, in cui poteva farci un vero ritorno come quando era ancora una bambina.
Probabilmente non avrebbe voluto condividere quel momento con nessuno al di fuori di lui perché, per quanto anche Merida e Jack avessero un posto speciale nel suo cuore, nessuno sarebbe mai stato capace di farla sentire così tanto in sintonia con qualcuno come era riuscito a fare Hiccup – e lo sapeva, lo sentiva di fare a sua volta lo stesso effetto su di lui, e avrebbe tanto voluto dirlo a sua madre, di aver trovato qualcuno a cui credeva di piacere.
Incapace di mantenersi tutto d’un pezzo più a lungo di così, Hiccup cercò dunque conforto nell'istintivo giocherellare con le treccioline tra i suoi capelli e Rapunzel, a quel punto, si avvicinò di più a lui – che finalmente si degnò di guardarla nuovamente, per abbozzare poi, forse dettato un po’ dal nervosismo, un mezzo sorriso inclinando le labbra maggiormente verso destra.
A sua volta, ricambiò anche lei spontaneamente quel gesto tanto limpido e genuino – perdendosi in quegli straordinari occhi della stessa colorazione dei suoi – e, senza sapere se dovesse chiedere o meno il permesso per poter fare quel che stava per fare, si intromise con la mano tra le sue ciocche castane – esattamente laddove lui si stava dilettando.
Nessuno dei due sapeva bene come catalogare quella sensazione nata sull'istante, ma ciò che risultava chiaro ad entrambi era che in fondo al loro stomaco poterono distintamente avvertire qualcosa che non gli stava più dando la certezza di sentirsi bene come avevano creduto fino all'attimo prima.
Per la prima volta da quando si trovavano lì fuori, si stavano guardando direttamente in volto senza cercare conforto o distrazioni in punti imprecisi attorno a loro – e, sempre per la prima volta, si resero conto che effettivamente non era necessario farlo.
L'oro dello sfondo iniziò finalmente a prendere possesso non solo del cielo, ma anche di tutta l'atmosfera bluastra che li circondava – di quello strascico notturno di cui l'ambientazione circostante sembrava ancora velatamente impregnata – ed entrambi vennero infine gradualmente illuminati dal Sole, acquisendo tratti più aurei e brillanti – e in quel momento, Rapunzel, si convinse ancor più che blu e giallo non era un accostamento così sbagliato per loro.






F I N E




    » N O T E    A U T R I C E ;


Questa one–shot fa parte di un fenomeno più ampio che io e le mie collaboratrici abbiamo voluto chiamato 'raccolta collettiva'. Si tratta infatti, come dice la parola stessa, di una serie di storie facenti parti di una raccolta frastagliata che abbiamo deciso di pubblicare collettivamente – un capitolo per ogni account. Ci siamo incentrate su tutte le possibili coppie nei The Big Four e voi avete appena letto la mia.
Qui di seguito, eccovi i link di reindirizzamento sulle altre:


Bene, cosa posso dire? Come già specificato, io e le altre ragazze ci siamo spartite le coppie di questo progetto ed io sono sinceramente molto soddisfatta di questa nostra iniziativa. La trovo una cosa originale e creativa, e spero possiate valutarla altrettanto!
Questo capitolo, come facilmente deducibile, è un'AU Hogwarst!verse in cui Hiccup e Rapunzel fanno una piccola fuga notturna/mattutina prima dello scadere del coprifuoco – e non chiedetemi come Hiccup abbia recuperato la biondina, dato che appartengono a due case diverse. A voi le ipotesi, potete immaginare quella che più preferite, tanto non è un punto fondamentale della storia. x°
Mi frullava in testa da un po' di tempo l'idea di questa storia e sono contenta di essere finalmente riuscita a scriverla e pubblicarla, in qualche modo. Mi sono voluta basare molto sulla
nostalgica sensazione che si prova d'inverno nel ripensare alle vacanze estive – al mare e agli spensierati divertimenti in compagnia della salsedine e degli aperitivi con gli amici – e, la frase che Hic dice a Rapunzel, mira proprio a questo, a volerle lasciare nel cuore un ricordo a cui può ripensare con lo stesso spirito, che possa trasmetterle, magari già anche dal giorno dopo appunto, una piacevole sensazione in grado di far nascere un lieve sorriso.
Sono stata volutamente vaga sul loro rapporto perché qui sono sostanzialmente amici molto stretti – di quelli con cui hai quel feeling che provi una volta sola nella vita –, ma al tempo stesso ho voluto lasciar intendere la presenza di quella nota d'attrazione reciproca che aleggia nell'aria – perché appunto vorrei potessero essere focalizzati soprattutto come coppia, dato che l'intento è quello, e spero possiate amarli come li amo io. c:
Ccche altro aggiungere... Niente. Vi saluto e vi ringrazio per la lettura! Mi auguro che la storia sia stata stesa con uno stile piacevole e vi sia dunque piaciuta! Mi raccomando di andare a leggere anche le altre linkate sopra, perché sono tutte stupende fanno appunto parte della stessa raccolta!
Un grazie speciale a chi commenterà, spero davvero possiate essere in molti. ♡



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