Caught
in the Grey
– Ho trovato conforto nel posto più strano
–
A Gin,
con affetto
La
prima volta che Petra vide quegli occhi, si chiese cosa li avesse resi
così spaventosi. Con il pugno premuto contro il petto per
offrire il proprio cuore in sacrificio e gli occhi puntati sul Capitano
Levi, fu inevitabile formulare quel pensiero, nelle orecchie la voce
determinata del comandante Erwin Smith, sulla pelle il freddo di una
tipica serata autunnale e le ombre delle fiaccole che illuminavano il
palco da cui il comandante li scrutava tutti, uno per uno, esaminandoli.
Malgrado avvertisse dentro di sé la tensione scaturita da
quel piccolo esame visivo, Petra non poté far altro che
tenere i propri occhi incollati su quelli del Capitano Levi,
sicura che venissero ricambiati.
Freddi e di un grigio privo di speranza, gli occhi di
quell’uomo erano fissi su di lei.
Da quella sera erano passati otto mesi. Petra era entrata
nel Corpo di Ricerca sopravvivendo alle sue prime missioni fuori dalle
Mura; aveva perso molti dei propri compagni e visto cose che non
avrebbe creduto possibili. Sapeva cosa potevano
fare i Giganti: aveva ipotizzato, immaginato, riflettuto durante
l'addestramento – persino
dopo, quando aveva deciso di scegliere il Corpo di Ricerca
al posto della Polizia Militare, rattristando il proprio padre.
E nonostante questo, la carne smembrata, le urla disperate, i pianti
soffocati – denti
che mordono, strappano, masticano – erano
divenuti incubi ricorrenti, ricordi terrificanti.
Tutta l’immaginazione del mondo non avrebbe preparato nessuno
a quello spettacolo. Lo stomaco contratto, i
conati, la paura che tracciava linee invisibili sulle sue spalle, fino
alle mani, dal profondo del proprio corpo, erano state le prime
conseguenze. Poi era arrivata l’abitudine, fredda, dura, ma
era arrivata. Era sbucata fuori da un angolino della sua mente e aveva
messo radici nel suo cuore, instillando rabbia e inculcando buonsenso.
E con l’arrivo del buonsenso aveva ritrovato quello sguardo.
Il grigio l’aveva catturata sulla via del ritorno,
dopo una spedizione durata nove giorni, e non l’aveva
più lasciata andare, come se sapesse.
Il Capitano Levi e i suoi occhi. Che capivano
più degli altri e non temevano ciò che vedevano.
Occhi che, per tutto quel tempo, non avevano fatto altro che desiderare
morte e morte avevano offerto.
Petra non aveva potuto far altro che lasciarsi confortare
dalla promessa che quello sguardo le concedeva, perché, se
non l'avesse fatto, se ne sarebbe pentita per sempre.
Quando le mani avevano preso a tremarle, il Capitano Levi le
aveva chiesto di preparagli una tazza di tè. In uno dei
rifugi di proprietà del Corpo di Ricerca, dopo ore di
pulizie e velate minacce di morte, il grigio dei suoi occhi si era
soffermato su di lei e aveva scorto la debolezza.
Petra, grata per quella semplice richiesta, si era adoperata per
preparare un tè che fosse perlomeno decente; quando infine
lo aveva servito al Capitano, si era ritrovata a sperare con tutto il
cuore che gli piacesse.
Ciononostante, lui non
aveva detto niente.
Né elogi, né critiche erano scaturite
dalle sue labbra, e Petra si era accontentata
dell’espressione persa nel vuoto che aveva accompagnato ogni
sorsata. Ciò che non si era aspettata il giorno seguente,
però, era la richiesta di un altro tè, e il
giorno dopo ancora di un caffè, e così per i
giorni a venire. E tazza dopo tazza, di
settimana in settimana, le sue mani avevano smesso gradualmente di
tremare.
Era stupefacente il modo in cui il Capitano si muoveva con
l’attrezzatura per la manovra tridimensionale, sfrecciando
tra gli alberi e schivando Giganti, per poi colpirli alle spalle senza
lasciar loro il tempo di reagire. Dava l’impressione di non
avere nulla di umano, feroce come un predatore doveva essere.
Petra lo trovava affascinante.
«Auruo
Bossard, Erd Gin, Gunther Schultz, Petra
Ral: da oggi, voi farete parte della mia
squadra.»
Petra era nel Corpo di Ricerca da ormai un anno e mezzo. Nel
corso di quei mesi le sue capacità erano migliorate,
consentendole di uccidere un alto numero di Giganti rispetto a molti
altri soldati, eppure non riusciva ancora a credere di essere stata
scelta dal Capitano e di far parte della Squadra Operazioni Speciali.
Non se ne capacitò quando Gunther le diede una
pacca sulle spalle per farle i complimenti, né quando Levi
in seguito li radunò tutti per discutere della strategia da
attuare per l’imminente ricognizione al di fuori delle Mura.
E non ci credette neppure quando, con un tono basso e intimidatorio, il
Capitano Levi le ordinò di preparargli di nuovo il
tè, aggiungendo che da quel momento in poi sarebbe stato uno
dei suoi incarichi.
«Lo preparerai per tutti, d’ora in
avanti, Petra» furono le uniche parole che le rivolse quel
giorno, guardandola con uno strano scintillio negli occhi.
Quella frase, curiosamente, ebbe l’effetto di
stordirla.
Petra amava prendersi cura del proprio cavallo, sentire il
suo nitrire soddisfatto quando lo spazzolava e gli dava da mangiare;
rideva tutte le volte che cercava di leccarle la faccia o spingeva il
muso contro la sua fronte, obbligandola scherzosamente a indietreggiare.
Era un cavallo forte e in salute e, cosa più importante, era
affezionato a lei. Per questo, quando un gigante
gli diede una manata spedendolo contro un albero – terrore, sangue, terrore,
terrore, terrore – Petra perse il controllo.
Il buonsenso venne sostituito dalla rabbia, il dolore trovò
una via di fuga e si fece strada in ogni recesso della sua anima. Una
reazione così sciocca, se pensava a tutti i compagni che
aveva perso e agli arti abbandonati, alle interiora in bella vista, ai
gemiti di piacere dei Giganti – e a una gamba strappata, a una
testa mozzata, a un busto divorato.
E sarebbe stata ancora più stupida, se il Capitano Levi non
fosse intervenuto immediatamente, lame in mano, letale come nessun
altro poteva essere.
Cavò gli occhi al Gigante, gli mozzò
le mani, gli mozzò i piedi – tagliò,
lacerò, colpì ogni più piccolo
frammento della sua inutile carne lavorandola come il più
fine dei macellai, da ultimo pose fine alla sua vita.
Durò pochi secondi, fatti di respiri e movimenti di lame e
gemiti grotteschi. Poi il Capitano
tornò a terra ricoperto di sangue, occhi grigi che
svettavano su segni di morte. Si
liberò delle lame danneggiate e osservò per un
tempo infinito il sangue che evaporava via dai suoi vestiti, poi i suoi
occhi grigi puntarono lei, e Petra capì che il predatore non
se n’era ancora andato.
Abbassò lo sguardo.
«Era solo un cavallo.»
Il modo in cui Levi lo disse, con l’indifferenza
che gli era tipica, strappò Petra alla rabbia riportandole
un briciolo di sanità mentale; il briciolo di buonsenso
acquisito solo pochi mesi addietro, assieme a lui.
Era solo
un cavallo.
“Sei una stupida, Petra” fu
ciò che credette di vedere in quegli occhi di predatore
prima che tornassero alla normalità, inespressivi come
pochi, distanti com’era giusto che fossero.
Si avvicinò a lei, la strattonò
afferrandola per un polso e la trascinò verso il suo
cavallo, intimandole di salirci e di non raccontare ad altri di quello
che era accaduto.
E a dispetto di quei modi bruschi, quasi cattivi, Petra
immaginò di intravedere del dispiacere dietro a quel
comportamento, e in quegli occhi grigi trovò un appoggio che
non pensò di meritare.
I corpi bruciavano sulla pira e il fumo si levava alto verso
il cielo scuro. L’odore della carne carbonizzata, mescolato a
quello della composizione, rendeva l’aria irrespirabile; lo
sfrigolare lento del legno creava un sottofondo macabro che spinse
molti soldati ad allontanarsi di qualche passo, come a voler ricacciare
l’idea che non fosse solo il legno a bruciare.
Ma sapevano che non era così.
Petra rimase immobile al fianco di Erd e Auruo, sebbene una
parte di lei desiderasse trovarsi altrove; Gunther era poco distante da
loro e parlava col Capitano Levi, sul cui viso svettava
un’espressione che Petra gli aveva visto unicamente in
occasioni analoghe.
La perdita dei proprio compagni era difficile da accettare,
persino per un tipo come lui.
«Chissà se riusciremo mai a
vincere» mormorò Auruo dopo un po’,
beccandosi un’occhiata attenta da parte di Erd; Petra si
limitò a sospirare, ritrovandosi a concordare malgrado
l’idea non le piacesse.
Si era già comportata da folle durante
l’ultima ricognizione; se avesse maturato quel dubbio, per
quanto piccolo, se l’avesse fatto… sarebbe
riuscita ad andare avanti?
«Io continuerò a combattere anche se
dovesse rivelarsi inutile» ribatté Erd, a voce
estremamente bassa, tornando a guardare la pira. «Non voglio
pensare che non ne valga la pena. Non voglio pensare che morire
così non serva a cambiare le cose.»
Nessuno di noi lo vuole
pensare, eppure lo facciamo.
Auruo non commentò, ma una smorfia gli
deformò il viso e gli ridusse gli occhi a due fessure scure
e impenetrabili; le sue mani divennero pugni stretti e tremanti.
Petra si portò una mano al petto e
puntò gli occhi azzurri sul Capitano Levi, che ora li
guardava, ignorando Gunther.
Chissà se percepiva le loro incertezze.
Chissà se, dietro a quello sguardo grigio, si celavano gli
stessi dubbi.
«Abbiamo offerto i nostri cuori quando ci siamo
arruolati nel Corpo di Ricerca» Petra abbassò gli
occhi e Auruo si girò verso di lei, sorpreso.
«Tutti noi abbiamo accettato di sacrificarci. Non possiamo
smettere di credere, lo dobbiamo a coloro che sono morti e a quei corpi
che ardono di fronte a noi.»
Sollevò lo sguardo e lo puntò sul
Capitano Levi. «Quindi, Auruo, non avere più
dubbi, è chiaro?»
Il fuoco divampò, sputando una fiammata con un
ruggito violento.
«Non sei un po’ troppo sicura di te,
oggi?» osservò Auruo rabbrividendo di fronte a
quello spettacolo, prima di farle un sorrisetto che Petra
trovò sgradevole e allo stesso tempo curiosamente
divertente. «Non sarà perché sei
rimasta da sola col Capitano nelle ultime ore?»
Petra sbuffò, infastidita. «Non dire
sciocchezze.»
Auruo aveva lo sgradevolissimo difetto di fare allusioni
maliziose su lei e il Capitano Levi, o almeno si era intestardito a
farne da quando facevano parte della sua squadra.
Erd scosse il capo di fronte al loro piccolo battibecco e
fece qualche passo avanti, portandosi più vicino alla pira;
sollevò il braccio e batté il pugno
all’altezza del cuore in un gesto che risultò
sorprendentemente solenne, poi mormorò sottovoce una piccola
preghiera che Petra non riuscì ad afferrare.
Molti altri soldati in un primo momento si limitarono a
fissarlo, ma presto alcuni lo imitarono.
E Petra catturò quella scena cercando di
imprimersela bene nella mente, prima di fare lo stesso e cercare lo
sguardo grigio del Capitano Levi, in cerca di conforto.
E lo trovò. Nel posto
più strano e nel momento meno adatto, ma lo trovò.
Un anno dopo
«Eren Jaeger? Parli di quel ragazzino col fantomatico
“Potere del Gigante”?» Auruo si
portò la tazza alle labbra, imitando la posa tipica del
Capitano Levi quando beveva il tè.
Petra alzò gli occhi al soffitto, sconfortata.
«Puoi almeno evitare di imitare il Capitano quando parliamo
di cose serie? E comunque sì, parlo proprio di lui. Il
comandante Erwin lo farà entrare nel Corpo di
Ricerca.»
«Secondo voi possiamo fidarci?»
domandò Gunther, una lieve esitazione nella voce;
afferrò due zollette di zucchero e le fece cadere nel
tè. «Per quanto ne sappiamo, potrebbe essere un
nemico.»
«Ha chiuso il varco aperto dai Giganti a
Trost» fece notare Erd, paziente. «Inoltre il
Comandante sa quello che fa. Fino a oggi ci ha sempre guidati nel modo
giusto.»
«Tutti sbagliano» disse Auruo,
ghignante. «C’è una prima volta per
tutt...»
«Chiudi quella bocca, Auruo.»
Il Capitano Levi entrò nella stanza sbattendosi
la porta alle spalle. Auruo serrò le labbra, la faccia
paonazza, mentre il Capitano prendeva posto
all’estremità del tavolo, vicino a Erd e Petra.
Quest’ultima si alzò in tutta calma e
versò il tè nella tazza che aveva preparato
appositamente per lui, prestando attenzione a non versarlo altrove;
forse era solo una sua impressione, ma le sembrò che il
Capitano seguisse ogni suo movimento, pronto a rimbeccarle qualsiasi
errore.
Era di cattivo umore.
«Fra qualche ora si terrà un processo.
Eren sa che ha una sola alternativa, se non vuole morire. E ha
già accettato di combattere per noi» li
informò Levi, girando il cucchiaino nella tazza per far
sciogliere lo zucchero più velocemente. «Sembra
abbastanza motivato.»
Lo chiama
già per nome, notò Petra con un
lieve sorriso, che nascose bevendo un sorso di tè.
«Se tutto andrà come previsto, quel
ragazzino entrerà nella nostra squadra e la nostra
priorità sarà proteggerlo da qualunque
pericolo.»
«Un novellino nella squadra speciale...»
mugugnò sottovoce Auruo, pensando che nessuno lo sentisse.
Petra gli diede una gomitata, facendogli andare di traverso
la tisana.
«Petra, assicurati che si integri velocemente nel
gruppo» ordinò Levi dopo aver finito di bere,
alcuni minuti dopo, procurandole un sussulto. «Sei la persona
più adatta.»
E così com’era entrato, il Capitano
uscì dalla stanza, lasciando Petra a rimuginare su quelle
parole.
«Capitano, perché proprio io?»
Levi inarcò un sopracciglio e si girò
verso di lei, scopa in una mano e straccio nell’altra,
pericoloso persino nella sua tenuta da “pulizie di
primavera”.
Eren era in una delle stanze ai piani superiori e Petra
aveva chiacchierato con lui per qualche breve minuto, trovando che quel
ragazzino dall’espressione sempre seria fosse in
realtà più fragile e buono di quanto non desse a
vedere.
Cercare di rassicurarlo e farlo sentire parte del
gruppo… erano cose che le erano riuscite istintivamente
bene, ma ancora non riusciva ad afferrare il motivo per cui il Capitano
lo avesse affidato proprio a lei.
«Di cosa stai parlando?»
Levi aveva ripreso a spolverare il cassettone della camera
minuscola in cui si trovavano.
«Del tranquillizzare Eren. Perché ha
ordinato proprio a me di farlo? Anche Gunther sarebbe stato
adatto.»
Il Capitano si fermò per un breve istante, lo
straccio pieno di polvere e la schiena rigida; pochi secondi dopo,
tuttavia, riprese a spolverare, poi disse: «Gunther
è dannatamente trasparente, non si fida ancora di
Eren, sebbene si sforzi di farlo. Anche tu nutri dei dubbi, ma non lo
dai a vedere. Inoltre, hai un’aria più
rassicurante. Per questo ho deciso di affidarlo a te.»
Le ultime parole furono dette in maniera incolore, come se
gli costasse tanto ammettere di aver pensato una cosa così
carina.
Però era la verità – e lui l’aveva detta.
«Grazie, Capitano.»
Lui si voltò e il grigio dei suoi occhi
l’abbagliò, trasmettendole confusione.
«Per cosa?»
«Per aver creduto in me.»
Il Capitano Levi sembrò esitare, ma
scacciò quell’attimo immediatamente e con una
smorfia si limitò ad abbaiarle un ordine –
«Il pavimento della stanza qui accanto è ancora
lurido, lava di nuovo per terra, Petra» – prima di
rimettersi a spolverare il cassettone con una violenza strana e un
po’ inquietante.
Petra sorrise e scosse il capo, ma non disse nulla.
Per lei, quello era il modo del Capitano per dirle
“prego”.
Non le serviva altro.
Papà, come
stai?
Sono di nuovo in missione
col Capitano Levi e i membri della squadra speciale. Ti scrivo da uno
dei rifugi del Corpo di Ricerca – non posso dirti dove, ma
sono sicura che capirai perché.
Malgrado i modi bruschi,
il Capitano è una bravissima persona. Sotto il suo comando
tutti noi ci impegniamo di più. In qualche modo, mi fa
pensare che valga la pena lottare per il futuro
dell'umanità. Voglio dedicare tutta me stessa a questo
lavoro, per realizzare il sogno per cui noi tutti siamo entrati nel
Corpo.
Molti moriranno, lo so.
Persino io potrei morire, un giorno. Ma nonostante ciò, ho
la certezza che non sarà una morte vana. Sono sicura che il
Capitano Levi e i miei compagni andranno comunque avanti. E se io non
dovessi morire e altri perissero al mio posto, non mi abbatterei. Non so se sarò forte
abbastanza, ma so di non voler deludere i loro sogni e le loro
aspettative.
Ora devo smettere di
scrivere, il Capitano sta urlando qualcosa riguardo a una stanza in
pessime condizioni.
Ti voglio bene,
papà.
con amore,
Petra.
«I
told you that I would never be forgotten
I know that’s part of you.»
Fine.
『 Prompt 1 -
The Grey, Icon for Hire, «I should've know, I should've
known, I didn't have a chance.»
Prompt 2 - Alive, Sia, «I found solace in the
strangest place.»
Prompt 3 - Fire Inside, Gemini, «You're blind in
the moonlight, Erupting desire, Let the flames grow higher.»
Prompt 4 - Alive, Sia «I told you that I would
never be forgotten, I know that’s part of you»
Ti ho detto che non sarei mai stata dimenticata/So che
è parte di te 』
Noteºº
1 - Nel manga, Petra è bionda e con gli occhi
azzurri. Nell'anime no. Forse hanno pensato che ci fossero troppi
biondi con gli occhi azzurri o cose simili, fatto sta che le hanno
cambiato i colori senza pensarci troppo.
2 - Levi ha gli occhi grigi - non so quanto si noti
nell'anime, ma nel manga comunque li ha così, esattamente
come Eren.
3 - Il titolo della storia è stato estratto dalla
canzone The
Grey degli Icon for Hire, che è bellissima e vi
consiglio di ascoltare; tutta la storia, alla fine della giostra, ruota
attorno agli occhi di Levi e al conforto che Petra vi trova (anche nei
posti più strani, sì) e prende ispirazione da Alive
di Sia; alcune scene - come quella della pira funebre - sono nate
dall'ascolto di Fire
Inside di Gemini, sentita per la prima volta vedendo per caso
un video Rivetra su youtube, che sarebbe questo
(tra l'altro Shizue Asahi ora mi odia a morte perché la sta
usando anche lei per una sua fanfiction Rivetra, ma non ci posso fare
niente, non leggo nella mente e non lo sapevo - e tra l'altro l'ha
usata quando le ho passato il video di cui vi parlavo prima lol).
4 - La storia è dedicata a Gin, cioè a
Shizue
Asahi, che ha scritto due bellissime fanfiction Rivetra che
segnalo: Ha
l'oro negli occhi (prima classificata a un mio contest) e Tuck
down.
Note dell'Autrice (quale
autrice, io? AHAHAHAHAHAHAH :'D)
Salve salvino, fandom! Di solito scrivo solo EreMika (o
fanfiction sfigatissime su quel porello di Armin) ma dopo l'ultima, ho
per sbaglio promesso a Shizue Asahi (in risposta a una sua recensione
alla suddetta) di scrivere una Rivetra. Non ne ho mai scritte,
capitemi, anche se la Rivetra è la mia seconda OTP del
fandom. E quindi che ho fatto? Mi son detta: sono in astinenza da
scrittura, non partorisco niente da due mesi, cosa mi costa provarci?
Poi arrivò la Corsa delle 48 ore e sfornai tipo tredici
fanfiction e altra roba non inerente la corsa, col risultato che la
sottoscritta ha tipo fatto indigestione come la brava pirla che
è. E quindi? E quindi niente, 2000 e passa parole e spero
che questi ciccini siano IC. Ho cercato di tenere Levi come
è di solito, cioè scorbutico, impassibile, a
volte di pessimo umore e altre molto più morbido di quanto
non darebbe a vedere mai. Mentre con Petra ho dovuto lavorare un
pochetto di più, perché non è mai
stata approfondita molto ed è morta in un modo che...
*piange ancora a pensarci* Ma insomma, le ho dato una crescita lieve, e
penso si noti un po' la differenza tra un determinato arco di tempo e
l'altro. Alla fine difatti mi sembra un bel po' più inerente
al manga, ma ditemi se le mie son solo pippe o cose simili, che non lo
so *si preoccupa per cose*.
Ringrazio Emmevic,
che ha betato tutto il betabile malgrado si stia simpaticamente
ammazzando sui libri, e vi saluto, sperando che la mia piccola Gin
apprezzi questo regalino - perché non le scriverò
mai più niente :'D *fugge*
Un bacione!
Mokochan
|