Papilio Ulysses
Regressus -us
(5/5)
Scendere
le scale del palazzo con un sorriso sul volto è ormai diventato facile.
Esco
in strada e ricambio i saluti che mi vengono rivolti mentre mi avvio verso il
punto di incontro.
Aspetto
sotto il grosso orologio della piazza, sedendomi sul bordo della fontana, sotto
l’ombra di un grande albero di nocciole.
La
giornata è magnifica, il mese di aprile mi piace: sbocciano i fiori, l’aria si
riempie di polline e le farfalle iniziano a volare da una corolla all’altra,
confondendosi fra i mille colori; il sole è alto ma non bollente e la brezza
leggera che mi accarezza le braccia scoperte mi solletica la pelle.
Guardo
le nuvole bianche e sorrido loro.
Gli
ultimi mesi sono stati davvero movimentati ed una giornata tranquilla come
questa serve solo a rilassarmi ulteriormente.
Tante
cose sono avvenute in quattro mesi e non riesco a rimpiangerne neanche una,
perché tutto sta prendendo il giusto posto grazie a quegli avvenimenti.
Sto
tornando a vivere, ad esempio.
Quattro
mesi prima, la mattina di Natale, mio padre trovò me ed Edward addormentati sul
mio letto: io accucciata contro il suo petto, avvolta tra le coperte e lui in
pigiama che stringeva il mio corpo contro il suo anche durante il sonno; quando
ci svegliammo, scendemmo in cucina ed ascoltai Edward parlare con mio padre di
ciò che mi era successo.
Avevo
tenuto lo sguardo basso per tutto il tempo e scoppiai a piangere solo quando
mio padre mi venne in contro, mi abbracciò stretta al suo corpo e mi chiese
scusa fra le lacrime: mi chiese scusa di non aver capito, mi chiese scusa di
essere stato così poco attento, mi chiese scusa di non essere stato un buon
padre.
La
denuncia per stupro venne raccolta da Mark, il sottoposto di mio padre e dopo
un mese di indagini si venne a sapere che non ero stata l’unica vittima del mio
carnefice –pensare al suo nome mi procurava ancora turbamenti-, che vi
erano anche altre denunce a Port Angeles e Seattle.
Il
carnefice
fu accusato e condannato a castrazione chimica per diversi casi commessi e alla
reclusione di qualche mese.
Sono
in cura da uno psicologo: all’inizio ero contraria ma poi, dopo qualche seduta,
mi sono resa conto che non c’è nulla di male nell’andare da un professionista;
lo psicologo è qualcuno che ti aiuta, che ti ascolta e che ti consiglia. E’
l’angelo custode del cervello di soggetti particolarmente sensibili.
Il
dottor Collins mi sta aiutando a superare i miei traumi e mi sta aiutando a
tornare alla ribalta, più forte di prima ma non mi sta aiutando a tornare in
vita.
Avevo
detto che dalla morte non si torna: mi sbagliavo.
Sto
tornando in vita e tutto grazie ad una persona: non a mio padre, non a Mark,
non al dottor Collins.
«Bella»
Abbasso
delicatamente gli occhi che tenevo ancora sulle nuvole e li porto su quel verde
prato che mi fa battere il cuore.
Mi
chiama sempre prima di avvicinarsi, non mi prende mai di sorpresa, sa che
potrei spaventarmene; è così premuroso.
Sorrido
mostrando i denti e sentendomi completa quando si avvicina e mi stringe fra le
sue braccia: il suo profumo è celestiale ed il suo calore è confortevole.
Poggio
la testa sul suo petto, l’orecchio sul suo cuore e mi perdo nell’ascoltarlo.
Così
vivo, così forte, così grande.
Edward
è stato decisivo lungo il mio cammino, senza il suo sostegno non sarei riuscita
a fare nulla, sarei ancora chiusa nella mia stanza, rannicchiata sul mio letto
a piangermi addosso, senza avere la voglia o la forza di agire.
«Com’è
andata dal dottor Collins?» Chiede, accarezzandomi
i capelli alla nuca dolcemente, quasi temesse di rompermi.
«Bene.
Sai cosa? Mi ha parlato di sua moglie, mi ha detto che anche lei come me… è
stata violentata e mi ha detto che ora non vede l’ora che cali la sera.»
Ridiamo entrambi. «Il dottor Collins ha tre figli, lo sai?»
Annuisce
e mi bacia i capelli.
Mi
allontano dal suo petto e mi alzo sulle punte per poggiare le mie labbra sulle
sue chiudendo gli occhi: le sue labbra sono morbide, calde, dolci e delicate,
mi piacciono. I suoi baci mi piacciono.
Mi
scosta dal suo corpo e mi guarda negli occhi come aveva fatto la prima volta
che mi aveva baciato, proprio sotto quel nocciolo, seduti proprio sul bordo di
quella fontana: era emozionato, felice e innamorato; proprio come lo ero
io.
Como
lo sono ancora e –il suo sguardo me lo conferma- come lo è ancora lui.
«Anche
noi un giorno avremo dei bambini, vero?» Domando. So che è troppo presto
parlare di bambini e matrimonio ma l’idea di avere un piccolo Edward fra le
braccia mi alletta, mi mette allegria.
Non
voglio pensare che un giorno potrebbe lasciarmi, mi piace pensare che il nostro
amore durerà in eterno ed una parte di me sa che quella è l’assoluta verità.
Edward
non mi lascerà mai, io non lo lascerò mai; il sentimento che ci lega è qualcosa
di molto più profondo e forte dell’amore, qualcosa che non ha nome o
consistenza ma che, entrambi, sappiamo esiste.
Non è
il dolore passato che ci unisce ma è la volontà di andare avanti insieme, di
affrontare ogni giorno con il sorriso sulle labbra.
«Quando
sarai pronta, avremo tutti i bambini che vuoi, te lo prometto» Bisbiglia, prima
di prendere il mio viso fra le mani e baciarmi dolcemente.
«Sei bellissima»
Mi sussurra accarezzandomi gli zigomi pudicamente arrossati, «Sei la Papilio
Ulysses più bella che abbia mai visto.» Dice guardandomi negli occhi.
«Allora
non sono un granché, dato che non ne hai mai vista una» Scherzo.
«Non
è vero, ce n’è una proprio lì» Mi voltò verso il cespuglio di fiori che sta
guardando e la vedo: una Farfalla di Ulisse poggiata su di un fiore.
«Qui
è impossibile vederle volare, questo non è il loro habitat, com’è possibile che
si trovi qui?» Chiedo emozionata.
«Ti
sta dando il bentornato proprio come lo diede ad Ulisse tanti anni fa, è felice
del tuo ritorno» Sussurra al mio orecchio.
Mi
appoggio ad Edward e guardo la farfalla prendere il volo: svolazza un po’
davanti ai nostri nasi e poi prende la direzione del cielo, mimetizzandosi
grazie alle sue grandi ali blu.
___
Grazie,
grazie infinite per il supporto che mi avete donato.
All’inizio
ero timorosa di pubblicare questa ff, perché l’argomento non è facile ed io non
mi ritenevo –e tutt’ora ritengo di non essere stata in grado- di raccontare un
avvenimento così catastrofico per una ragazza.
Spero
che il finale sia stato di vostro gradimento e vi ringrazio di cuore per chi ha
commentato, chi ha letto solamente ed anche chi se n’è fregato, perché no? XD
Chiedo
scusa se non ho risposto a tutti i commenti ma sono stata impegnata.
Bene,
con questo chiudo.
Alla
prossima mini-ff :D
Sara.