Post Blue
Post Blue.
Sherlock
storse il naso.
C’era un sacco di gente, e John era una testa bionda in
mezzo a miliardi di donne con colpi di luce.
E il museo aveva tante sale –troppe per i suoi gusti.
Dulcis in fundo, Sherlock era in ritardo.
Non aveva bisogno di guardare l’orologio, sapeva di essere in ritardo.
E Sherlock sapeva anche che quando avrebbe trovato il suo
coinquilino, il suddetto si sarebbe perso in dieci minuti di lagnanze che lui
tanto non avrebbe ascoltato.
Rassegnato al suo destino –anche perché se non si fosse
presentato sarebbe stato peggio- s’incamminò cercandolo con lo sguardo, maledicendo
Lestrade, Sarah, John e se stesso.
Lestrade perché aveva accettato quei biglietti dal museo
come ringraziamento.
John per esserseli fatti regalare da Lestrade.
Sarah per volere andare alla mostra con John.
E se stesso per aver ribattuto stupidamente alla notizia.
“Così sfrutti il mio
lavoro per portare fuori le tue ragazze.”
Stava nuovamente per insultare sé e tutta la catena di
persone di cui sopra, quando lo notò.
Solito cappotto
leggermente consumato sui gomiti, soliti jeans, solito taglio di capelli.
Solitamente John.
Qualcosa di strano –forse l’atmosfera?- però c’era.
Stava seduto su uno sgabello, lo sguardo leggermente sopra
l’orizzonte, diretto a un’immensa tela
blu.
Sherlock si avvicinò lentamente e lo affiancò, guardando
anch’esso il dipinto.
«Cosa ci vedi?»
Solo a quel punto John parve prendere coscienza della sua
presenza e di quella di altre centinaia di persone.
Lo guardò un attimo, quasi in una domanda muta, e poi tornò
con gli occhi –persi- sul quadro.
«Ci vedo il cielo. Quello che osservavo dalla mia vecchia
stanza. Né blu, né azzurro. Ci vedo il mare stanco. Ci vedo la pioggia
all’orizzonte. Ci vedo gli occhi vitrei nel nostro frigo. Ci vedo una poesia
strappata. Ci vedo i miei acquarelli buttati giù per lo scarico da Harry. Ci
vedo una vita accartocciata. Ci vedo i colori delle vesti delle donne afghane. Ci
vedo i riflessi di una piscina…»
E Sherlock non aveva bisogno di guardarlo, non aveva bisogno
di sentirlo parlare.
Sapeva.
Sapeva che gli stava riproponendo quella stessa domanda.
Ma lui non aveva la risposta, in quel quadro lui non vedeva
tutte quelle cose.
Non vedeva niente.
Se non gli occhi di
John.
***Angolino del cambia-colore***
Non sono neanche 400 parole e io sono qui a rompere con le
note, sono qui a rompere in generale in verità.
Bhe, la mia idea iniziale era di spararvi delle note
infinite, spiegandovi passo passo ogni singola parolina di questa flash, ma
–vuoi il caldo, vuoi il culo peso- ho deciso che non lo farò.
Ognuno si senta libero di interpretare –molto probabilmente
negativamente xD- questo mio imbarazzante salutino sul fandom.
La dedico solo a Roxe a con cui ho passato miliardi di e-mail a parlare di
questo argomento, e quindi è anche un po’ per colpa sua se sono qui con questa
cosa.
Direi proprio di aver
cianciato abbastanza.
Ringrazio tutti
quelli che hanno letto/commentato/ricordato/preferito le mia precedente shot Restart
[Un nome per ricominciare.]
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