EPILOGO FRUTTO PRIMA PARTE
BUONA LETTURA! CI VEDIAMO IN
FONDO!
EPILOGO PRIMA PARTE
1°LUGLIO
Pov
Bella
I
passeggeri del volo 522, destinazione New York, sono pregati di
raggiungere il gate 4 per l’imbarco.
Quella
voce metallica gracchiò negli altoparlanti
dell’aeroporto acuendo il mio mal di testa.
-Ehi,
tesoro! Sei stanca? Mi sembri più pallida del solito-.
-No,
tranquillo…
è che… avrei bisogno di sdraiarmi e non ce la
faccio
più a stare seduta su questa maledetta sedia! Ci
vorrà
ancora molto per l’imbarco?!- risposi, irritata e nervosa.
-Coraggio,
piccola
mia… ancora un’oretta e ci siamo- mi
consolò,
accarezzandomi con dolcezza i capelli e facendomi rilassare un pochino
a quel gesto affettuoso. Mi sforzai di sorridergli per cercare di
rincuorarlo, senz’altro era più agitato di me
all’idea della mia partenza.
-Senti
Bella… mi dispiace davvero tanto non poterti accompagnare-
si rammaricò per l’ennesima volta.
-Basta,
papà. Ti
prego, non continuare a crucciarti così. Manca poco
più
di un mese al parto ed Esme ha bisogno di te. Sai che non si deve
alzare dal letto e fare sforzi- gli ricordai per cercare di alleviare
il suo senso di colpa. La gravidanza di Esme era proceduta a meraviglia
fino ad una settimana prima, quando la pressione le si era alzata a
livelli improponibili e rischiava la gestosi. Da qualche giorno quindi
le era stato ordinato riposo assoluto fino al parto.
Il suono
del mio cellulare interruppe quello scambio verbale con mio padre.
-Pronto?-
risposi, senza nemmeno controllare chi fosse il chiamante.
-Ehi,
sorellina! Non sei
già partita?- mi chiese Jazz con un tono forzatamente
allegro.
Sapevo che continuava a sentirsi in torto per non essermi accanto; ma
la mia era una situazione che avrebbe richiesto parecchio tempo per
risolversi… perciò non aveva senso che lui ed
Alice si
rovinassero le vacanze estive a causa mia.
-No, non
ancora,
c’è stato un po’ di ritardo…
un po’
tanto! Uffi, è più di un’ora che
aspetto!- mi
lagnai.
-Ed io
che volevo tenerti
compagnia, visto che sei sempre un pochino tesa…- si
angustiò. Che dolce mio fratello, lo adoravo
incondizionatamente
e mi mancava da morire; in realtà era solo una settimana che
non
lo vedevo: non eravamo mai stati così lontani
così a
lungo.
-Non fa
niente, Jazz. E poi
lo sai che finché sono per aria preferisco tenere il
cellulare
spento, quindi non preoccuparti. Mi aspettano tempi duri, lo
sai… e il viaggio è il male minore. Ma me la
caverò come sempre. Piuttosto, voi? Avete già
raggiunto
la Ville Lumiere?- gli domandai, tentando di cambiare discorso per non
pensare a ciò che mi aspettava al mio arrivo a destinazione.
-Sì,
ci siamo appena
sistemati in albergo, vicino a Notre Dame. Alice sta facendo un sacco
di foto e video per mostrarti poi ogni minimo dettaglio… e
Parigi è fantastica! Comunque ti chiamo stasera, ok?
Così
mi racconti come sono l’ambiente e la tua camera- si
raccomandò.
Mi
morsicai il labbro con
veemenza, deglutendo più volte per cercare di non far
tremare la
mia voce, nel rispondergli. Dovevo cercare di essere forte, come avevo
fatto nei giorni passati. Ero sinceramente felice per Jazz ed Alice; ci
avevo messo parecchio a convincerli ad accettare i biglietti del nostro
viaggio da sogno. Jazz non ne voleva sapere di lasciarmi e, anzi, aveva
tutte le intenzioni di trascorrere l’estate con me a Chicago.
Ma
gli avevo fatto comprendere che non ero più una bambina e
che
lui doveva pensare prima alla sua vita e alla sua fidanzata. Poi ci
sarebbe stato anche il parto di Esme e Jazz avrebbe dovuto essere
presente. Sarei già mancata io quel giorno, e forse anche
lui,
per quel che ne sapevo; e non mi sembrava giusto che Esme e
papà
dovessero rinunciare a qualcun altro dei loro figli in un momento
così gioioso e importante per l’intera nostra
famiglia.
Alla fine Jasper si era arreso ed era partito, ma aveva continuato a
telefonarmi tutti i giorni, più volte, anche in orari
assurdi in
cui avrebbe dovuto dormire, dato il fuso orario. Speravo solo che
almeno stesse cercando di godersi il viaggio il più
possibile.
-Va
bene, Jazz. A stasera,
e dai un bacione ad Alice da parte mia… e… ti
voglio
bene- mormorai, per poi interrompere la comunicazione e asciugarmi
velocemente una lacrima sfuggita al mio controllo.
-Oh,
Bells!- sospirò mio padre, tentando di abbracciarmi, ma non
glielo permisi.
-No, ti
prego papà.
Se lo farai adesso sento che andrò in mille pezzi e non
voglio!
Tra qualche minuto starò meglio- lo supplicai; -Mi potresti
andare a prendere un caffè? Ne ho davvero bisogno- lo
supplicai.
Capì
al volo la mia
necessità di restare un po’ da sola per
riprendermi,
annuì e si dileguò all’istante.
Presi
qualche energica
boccata d’ossigeno per riuscire a calmarmi e poi mi spostai
accanto alla vetrata ad osservare il cielo estivo ricoperto dalle
solite nuvole cariche di pioggia a stento trattenuta.
Sospirai,
sperando che
almeno il volo risultasse tranquillo. Il dolore era già
abbastanza lancinante così, senza che l’aereo
dovesse
subire anche degli scrolloni a causa di qualche turbolenza.
-Ehi,
piccola! Speravo che
per il viaggio ti avrebbero fornito un modello di macinino decisamente
più moderno di quel trabiccolo!- la voce tonante e beffarda
del
mio migliore amico mi fece voltare di scatto.
-Jake!
Cosa ci fai qui? Ti
avevo detto, ieri sera, che non era necessario salutarmi
all’aeroporto- lo rimproverai bonariamente, con un enorme
sorriso
sulle labbra, sollevata di poter trascorre ancora del tempo in sua
compagnia.
-Ero qui
a Port Angeles a
comprare dei pezzi di ricambio per la golf del vecchio Bob…
e ho
chiamato tuo padre per chiedergli se eri già partita.
Così quando mi ha spiegato del ritardo mi sono precipitato
qui-
mi chiarì.
-Come
hai fatto a entrare?
Questa è una saletta privata- mi incuriosii. Lui mi sorrise,
ammiccando mentre si sfilava dalla tasca posteriore dei jeans il suo
telefonino e lo appoggiava su un tavolino accanto.
-Ho le
mie conoscenze, io!-
dichiarò con tono misterioso mentre si accomodava su una
sedia,
facendomi ridere. Immaginavo quali conoscenze avesse ed ero certa che a
Leah non sarebbero andate a genio se l’avesse saputo.
-Tieni-
mi porse il caffè. Afferrai il bicchiere di plastica,
guardando perplessa il mio amico: come diavolo..?
-Ehi,
niente lettura del
pensiero, non sono un pallido e smunto vampiro! Ho solo incontrato un
baffuto sceriffo che te lo stava portando e così
l’ho
mandato a farsi un giretto e a comprarti qualche rivista per il
viaggio, visto che non ci aveva pensato. Volevo restare un
po’
solo con te, perché, negli ultimi giorni, eri sempre
circondata
da un sacco di gente e non ci sono mai riuscito. Così magari
facciamo due chiacchiere in santa pace- mi spiegò.
-Grazie
Jake, ma non dovevi
disturbarti. E poi non ho bisogno di alcuna rivista, non credo che
leggerò…- mormorai, sorseggiando la mia bevanda
bollente.
Non vedevo l’ora di essere nella mia poltrona di prima
classe,
senza avere gli occhi di qualcuno dei miei amici o familiari addosso, e
poter sfogare tutte le lacrime che stavo tentando di reprimere da
troppo tempo, ormai. Mi sembrava di trovarmi sul filo di un rasoio: ero
maledettamente prossima al mio punto di rottura e ogni minuto che
passava avevo la netta impressione che la diga si stesse per sgretolare
in mille pezzi.
-Ah,
è vero!
Scusami, non ci avevo proprio pensato, Bells. Non avrai tempo per
leggere perché sarai troppo impegnata a dare finalmente
libero
sfogo a tutte le tue lacrime, giusto?- sibilò. Sussultai al
suo
tono duro.
-Del
resto
nell’ultimo mese ti è capitato spesso, no? Hai
pianto ogni
volta che sei rimasta sola, quando nessuno ti vedeva. O più
precisamente non fai altro, da quando hai commesso la cazzata
più grossa della tua vita!- sbottò
sarcasticamente. I
miei occhi si sgranarono per lo stupore; Jake non aveva mai fatto cenno
a nulla e pensavo che non si fosse accorto di quanto soffrivo.
-Pensavi
davvero di darmela
a bere? Pensavi che non vedessi come eri ridotta ogni volta che ti
venivo a trovare: occhi gonfi, rossi, tristi, profonde
occhiaie…
devo continuare?- mi provocò.
-Jake,
ti prego, non
ora… non ce la faccio!- gemetti, di nuovo tremendamente
agitata.
Sapevo che non era mai stato concorde con la mia decisione: me ne
accorgevo, ogni volta, da come stringeva i pugni e serrava la mascella
quando sostenevo che non ci fosse più nulla da dire al
riguardo
o che non volevo sentire pronunciare quel nome. La decisione era stata
presa da un pezzo e non sarei tornata indietro! Fino a quel momento
c’era sempre stato qualcuno con me… e la sola
presenza di
un terzo aveva frenato i suoi tentativi di indagare; ma ora eravamo
soli e nessuno lo avrebbe fermato…
-E
allora quando, Bella?!
È un mese che non ne vuoi parlare, che non si può
neppure
più pronunciare il nome di Edward in tua presenza! Tutti
hanno
cercato di comprenderti, di proteggerti, per via della situazione, e
nessuno ti ha voluto dire come stanno veramente le cose; ma
è
ora che tu lo sappia!- tuonò, improvvisamente infuriato come
mai
lo avevo visto. Ero
ammutolita e incapace di pronunciare anche solo una sillaba. Io sapevo
tutto quanto… Jazz, l’unico (oltre a mio padre) a
conoscere l’intera verità, mi teneva costantemente
al
corrente delle novità in famiglia e non avevo voglia di
risentire le parole che Jake voleva gettarmi addosso. Mi sentivo
già abbastanza in colpa, per non parlare
dell’atroce
sofferenza che mi dilaniava il cuore in maniera costante e profonda per
la sua mancanza. Mi mancava tutto di lui: la sua voce, il suo odore, le
sue carezze, i suoi baci, il suo sorriso; ero completamente annientata.
-Jake,
per favore… non…- annaspai senza fiato; ma mi
interruppe bruscamente.
-Eh no,
Bella! Stavolta mi
ascolterai fino in fondo! Sono passati quarantacinque giorni
dall’incidente ed Edward è totalmente distrutto.
Si sente
responsabile per ciò che ti è accaduto. Alice ed
Emmett
pregano di continuo che non compia le stesse cazzate di quando
è
morto il loro padre. È così che lo vuoi vedere
finire?!
Tutto il tuo grande amore per lui è svanito come neve al
sole?!-
inveì fuori di sé.
-No!-
urlai; -Lui mi ha
promesso che non avrebbe fatto cazzate, per Esme e il
bambino…
ha promesso!- continuai scuotendo la testa, mentre le lacrime premevano
furiose per uscire.
-Fanculo,
Bells! Voi due
siete nati per stare insieme e divisi siete persi, inutili, rotti! Lo
vuoi capire?! Pensaci un attimo… se davvero non lo amassi
più, non dovresti avere problemi ad udire o pronunciare
ancora
il suo nome, a sapere cosa sta facendo o con chi è!- mi
provocò ancora senza pietà.
Sussultai,
raggelata dalle sue ultime parole e Jake se ne accorse.
-Eh
già, mia cara!
Prima o poi quel ragazzo si rifarà una vita. Ci hai mai
pensato?! Sei pronta a vederlo un domani con un’altra, magari
costruirsi una famiglia senza di te… ed avere tanti bei
bambini
che avrebbero dovuto essere i vostri?!- continuò
implacabile,
causandomi delle fitte allucinanti alla testa, al cuore, ai polmoni al
pensiero del realizzarsi di quella tremenda ipotesi.
-Ti fa
male se lo nomino,
vero? Dai, pronuncia quel dannato nome! Chiamalo, se non lo ami
più! Edward, Edward, Edward! Ti importa ancora qualcosa di
lui?-
infierì senza remore.
-Bastaaaa!-
urlai con tutto
il fiato che avevo in corpo, portandomi le mani a coprirmi il viso,
disperata. Tutte le emozioni che avevo cercato di nascondere a stento,
indossando una maschera di finta indifferenza a rabbia davanti a tutti
loro, esplosero più violente che mai.
-L’ho
fatto solo per
lui! Lo vuoi capire?! Come puoi pensare che non mi manchi
l’aria
al solo pensiero che stia con un’altra? Mi manca la terra
sotto i
piedi e mi sento sprofondare ogni giorno di più in un
baratro
senza fine! Come puoi credere che non mi importi nulla di lui?! Io lo
amo più di ogni altra cosa al mondo e ho dato la mia vita
per
lui! Già Jake, la mia vita! Perché dal giorno in
cui
l’ho lasciato è come se fossi morta!- ammisi tra
le
lacrime che ormai scendevano inarrestabili.
Il mio
amico mi fissava con gli occhi spalancati e lucidi, meravigliato dalla
mia confessione.
-E
allora perché,
Bella? Dimmi solo per quale dannato motivo lo hai fatto,
perché
proprio non lo capisco… e non propinarmi la cazzata della
sua
gelosia perché non ci crederò mai…- si
calmò, venendomi accanto e chinandosi accanto a me,
racchiudendo
le mie mani tra le sue grandi e forti.
-Per
questa…-
mormorai, indicandogli la sedia a rotelle su cui ero seduta; -Solo e
unicamente per questa… non potevo rovinare anche la sua
vita…- confessai, con un filo di voce, arrendendomi e
iniziando
a ripercorrere con la mente tutto ciò che mi era successo
negli
ultimi due mesi…
14 maggio
Digitai
il numero di telefono, con il cuore in gola, pregando con tutta me
stessa che rispondesse a quel dannato cellulare.
-Pr-pronto-
rispose con voce spezzata. Meno male: stava bene!
-Embry,
dove diavolo sei?! Tua sorella e tuo padre mi hanno chiamato
preoccupati a morte! Hanno detto che eri sconvolto, quando sei uscito
di casa, e che non rispondi alle loro chiamate- sibilai, incazzata
nera, ma sollevata allo stesso tempo: non aveva combinato qualche
cazzata!
-S-sono
alla pic.. cola insenatura della… riserva…- mi
rispose, singhiozzando disperato. Merda!
-Sentimi
bene! Sono in officina da Jake e con la moto: in dieci minuti,
sarò da te. Tu, nel frattempo, cerca di calmarti e ne
parleremo
insieme… vedrai, tutto si risolverà…-
tentai di
quietarlo.
-No!
Cosa serve parlarne ancora?! Non ce la faccio più, Bells!
Questo
amore mi sta distruggendo ed io… non posso
andare… avanti
così…- gridò forte.
-Embry!
Non ti azzardare a fare qualche cazzata o giuro che vengo a prenderti a
calci nel culo persino all’inferno! Non è
così che
si risolvono i problemi. Ti chiedo solo di aspettarmi! Ti prego, me lo
devi! Con tutti i guai che mi hai fatto passare con Edward, in questo
periodo, me lo devi, cazzo!- lo scongiurai accoratamente.
-V-va
bene- si arrese. Dio, ti ringrazio!
-Mi
aspetterai? Me lo giuri?- chiesi con il cuore in gola.
-S-sì…-
soffiò sulla cornetta. Tirai un sospiro di sollievo.
-Arrivo!-
dissi e chiusi la comunicazione, saltando in sella alla moto e
indossando velocemente il casco.
In
pochi minuti arrivai a destinazione e, dopo aver percorso una striscia
di sabbia di corsa, mi addentrai tra le rocce per raggiungere
l’insenatura nascosta alla strada. Erano due mesi che io ed
Embry
avevamo allacciato una stretta amicizia, ed esattamente da quando avevo
scoperto il suo segreto: Embry era gay.
Era
stato difficile per lui accettarlo, ma alla fine ci era riuscito. Si
era confidato con me una sera in cui mi ero attardata da Jake per una
controllatina approfondita a Roxy, sera in cui Edward era uscito con
Ben.
Mio
fratello mi aveva accompagnata ed io, inevitabilmente, mi ero accorta
dello sguardo adorante che aveva Embry, ogni volta che posava gli occhi
su Jazz. Così avevo scoperto ciò di cui lui si
era reso
conto solo da pochi mesi. Forse lo aveva sempre saputo, ma il suo
rifiuto verso quella sua condizione, lo aveva indotto ad ignorare la
questione, facendo finta che fosse tutto normale. Ne avevamo parlato e
riparlato più volte e avevamo ipotizzato che, probabilmente,
si
era intestardito con me perché, in fondo al suo cuore,
sapeva
che avrebbe sempre ottenuto un netto rifiuto da parte mia.
Il
“problema” era emerso quando Embry aveva deciso di
uscire
con un’altra ragazza e non era riuscito ad andare fino in
fondo
con lei. Baciare una donna, qualsiasi donna, stare in
intimità
con lei… erano situazioni che lo disgustavano sempre
più:
non poteva più ignorare ciò che reclamava a gran
voce il
suo cuore.
Così,
pian piano, si era reso conto di sentirsi scombussolato, emozionato,
commosso solo in presenza di mio fratello… e quando comprese
di
essersi innamorato di Jasper ne soffrì moltissimo,
consapevole
che non sarebbe mai stato ricambiato. Più volte lo avevo
tranquillizzato, tentando di fargli capire che prima o poi avrebbe
trovato la persona giusta per lui; ma spesso entrava in crisi e aveva
bisogno di me, negli orari più disparati; e io non avevo
potuto
ignorare gli appelli disperati di un amico in crisi.
Era
stato a quel punto che avevano iniziato a sorgere i problemi con
Edward: la sua gelosia era esplosa più irruente che mai. Ero
stanca anch’io della situazione e avrei tanto voluto poter
raccontare la verità al mio ragazzo e smetterla di litigare
con
lui; ma Embry ancora non se la sentiva di fare outing e quindi mi aveva
pregato di concedergli un altro po’ di tempo.
Avevo
cercato più volte di rassicurare Edward che, tra me ed
Embry,
non c’era assolutamente nessuna implicazione sentimentale, ma
che
lui stava attraversando un periodo difficile e aveva solo bisogno di
un’amica fidata. Spesso mi ero irritata per
l’evidente
mancanza di fiducia di Edward nei miei confronti, ma
dall’altra
parte potevo anche comprendere il suo stato d’animo: come
poteva
credere che per Embry quello non fosse solo un modo per trascorrere del
tempo con me, visto che mi aveva sempre corteggiata fino a qualche mese
prima? Edward sosteneva che ero solo un’ingenua e che lui si
stava approfittando della mia generosa bontà solo per
riuscire a
portarmi a letto. Nulla di più lontano!
Mi
dispiaceva per Edward, ma l’unica soluzione era dimostrargli
costantemente il mio amore e stringere i denti: prima o poi Embry
sarebbe riuscito a confidarsi con tutti.
Quando
giunsi all’insenatura, mi corse incontro.
-Bella,
sei qui!- Embry, sconvolto, con gli occhi arrossati e gonfi di lacrime,
interruppe il flusso dei miei pensieri. Chissà da quanto
tempo
stava piangendo…
Mi
avvicinai e lo abbracciai, tentando di consolarlo. Mi spiegò
che
aveva raccontato alla sua famiglia la verità e che suo padre
non
l’aveva presa affatto bene. Erano volate parole grosse,
offese
pesanti e alla fine era uscito da casa, senza più rispondere
alle loro chiamate.
Gli
rivelai che in realtà suo padre era molto in pensiero e
tentai
di fargli capire che forse la sua era stata una reazione dettata dallo
sconcerto e che non pensava realmente ciò che gli aveva
riversato addosso.
Per
fortuna alla fine le mie parole erano riuscite a calmarlo; e insieme
telefonammo a casa sua. Parlò qualche minuto con suo padre
che
gli chiese di tornare a casa per discuterne con più calma e
si
scusava con lui per aver detto cose che non pensava assolutamente.
Ci
alzammo e riattraversammo le rocce. Appena sulla spiaggia, Embry mi
abbracciò forte.
-Grazie,
Bella… scusami per tutti i casini che ti ho
procurato…
sei stata un’ottima amica e non so cosa avrei fatto senza di
te.
Ma ho approfittato fin troppo della tua disponibilità. Ti
prego,
stasera, racconta la verità ad Edward e scusami con lui per
avervi creato tanti problemi. Non era mia intenzione… sono
stato
un cieco egoista…- si rammaricò.
-Non
c’entra l’egoismo, Embry. Tu sei un ragazzo
dolcissimo ed
eri solamente confuso e triste. Hai faticato per accettarti e
finalmente ci sei riuscito e hai trovato il coraggio di rivelare la
verità prima a te stesso, poi alla tua famiglia. Ti ammiro,
per
questo! Meriti di trovare la tua perfetta metà, come io ho
trovato la mia- lo rassicurai, baciandolo sulla guancia e
abbracciandolo forte per un lungo momento; poi riprendemmo il nostro
cammino mano nella mano.
Dopo
pochi passi, il sangue mi si gelò nelle vene. Accanto alla
mia
moto, c’era quella di Edward, e lui, in piedi, ci fissava
sconvolto e scioccato. Leggevo chiaramente nella sua espressione
stravolta, tutto ciò che credeva di aver visto: io ed Embry
che
ci abbracciavamo, che parlavamo complici, sorridendoci e con i visi
troppo vicini… e per giunta stavamo giungendo in spiaggia
dal
luogo in cui di solito ci si appartava per stare lontani da occhi
indiscreti. Merda, merda, e ancora merda! Che sfiga maledetta!
-Edward,
aspetta!- lo chiamai, correndo verso di lui, prima che decidesse di non
concedermi neppure il tempo di spiegargli la situazione. Lo vidi
sussultare al suono del suo nome e, come se si fosse risvegliato da un
incubo a occhi aperti, si infilò il casco in testa e
saltò sulla sua moto, correndo via in un lampo.
Fanculo,
dovevo fermarlo!
Dopo
qualche secondo ero anch’io sulla strada, tirando la mia Roxy
al
massimo, per tentare di raggiungere il mio fidanzato che, in quel
momento, a causa di quella sfortunata coincidenza, ero certa stesse
soffrendo come un cane. Appena pochi minuti dopo, riuscii a
raggiungerlo proprio nel doppio tornante di La Push. Cazzo! Non
riuscivo ad affiancarlo a causa della strada troppo stretta. Appena
giunti a un tratto di rettilineo, ci riuscii, sollevando la visiera del
mio casco per parlargli.
-Edward!
Ti prego fermati! Non è come pensi tu! Ti prego, lasciami
spiegare!- gli urlai per farmi sentire, ma lui non accennò
né a decelerare né a guardarmi. Tentai ancora una
volta,
ma quando eravamo prossimi a una curva, spuntò
un’auto
sulla corsia opposta, corsia che io avevo invaso, e me la ritrovai di
fronte in un lampo. A quel punto sentii solo la voce di Edward chiamare
il mio nome in un urlo disumano, uno schianto assordante… e
poi
fu il buio.
24 maggio
Aprii
gli occhi lentamente, mentre prendevo sempre più coscienza
del
tremendo dolore che sentivo in ogni punto del mio corpo.
-Ed-Edward-
mormorai, con la voce impastata come se non avessi parlato da giorni.
-Oddio,
tesoro! Ti sei svegliata!- gridò mio padre per poi pararsi
di
fronte a me. Notai che calde lacrime uscivano dai suoi occhi.
-Ehi,
sorellina! Finalmente!- esclamò Jasper, anche lui piangendo.
-Come
ti senti?- mi chiese mio padre.
-Ho…
la gola… secca e mi fa… male dapper…
tutto- gracchiai con un tono quasi cavernoso.
-Aspetta,
ti do un po’ d’acqua… ecco, bevi dalla
cannuccia…- si premurò mio fratello. Vagai con lo
sguardo
intorno a me e notai che mi trovavo in ospedale ed eravamo soli.
-Le
ragazze sono a casa con Esme, ed Emmett ha accompagnato Edward a casa a
farsi una doccia e a cambiarsi. Non ti ha mollata nemmeno per un
attimo, ma sono due giorni che lo abbiamo convinto almeno a tornare a
casa una mezz’oretta al giorno per cambiarsi
d’abito e
darsi una rinfrescata- mi spiegò Jazz. Pian piano la nebbia
si
diradò dalla mia mente, ancora piuttosto lenta, e ricordai
con
orrore ogni singolo evento. Mi voltai verso mio padre e lo guardai
piena di sensi di colpa: chissà come aveva sofferto e quanto
si
era preoccupato… e tutto a causa mia!
-Ti
ho… deluso! Sei… tanto… arrabbiato?-
gli chiesi,
mentre gli occhi mi si riempivano di lacrime che cominciarono a bagnare
il mio viso. Lo vidi sospirare e serrare le palpebre.
Poi
mi guardò e tentò di abbozzare un sorriso.
-Diciamo
che mi sono già sfogato abbastanza, strigliando a dovere tuo
fratello, Jake e pure Edward per averti assecondata con la pazzia della
moto. A te penserò dopo… quando starai
meglio… ora
voglio solo che tu guarisca… però sappi che ti ho
ritirato la patente per sei mesi e che la tua moto è da
rottamare e non posso dire che mi dispiaccia!- dichiarò,
facendomi l’occhiolino e cercando di stemperare la tensione.
Ok,
mi
sarebbe toccata una di quelle punizioni coi fiocchi. Me la meritavo:
gli avevo mentito per anni con quella storia e ora ne avrei pagato le
conseguenze senza battere ciglio.
-Va
bene… ma ora mi dite come sono messa?- chiesi titubante e
impaurita dalla risposta, adocchiando il mio corpo dolorante sotto le
lenzuola. L’idea di passare tutta l’estate a letto
mi
spaventava da morire: io ed Edward dovevamo partire per il nostro
viaggio in Europa…
-Dopo
che sei stata trasportata qui, ti hanno operata d’urgenza
perché avevi il bacino fratturato. L’operazione
è
andata bene ma dovrai restare immobile a letto per un mese. Poi farai
la riabilitazione. Ti hanno tenuto per una settimana in coma
farmacologico a causa dei tremendi dolori che avresti patito se ti
fossi svegliata subito e soprattutto perché dovevi restare
ferma
il più possibile. Il vero problema è giunto
quando ti
hanno risvegliata, perché tu non ne volevi sapere di aprire
gli
occhi. Ci hai fatto prendere un enorme spavento! I dottori ci hanno
tranquillizzato, spiegandoci che a volte può succedere
perché il corpo ha ancora bisogno di riposo e il cervello,
per
tentare di proteggerlo, crea questa sorta di coma naturale- mi
spiegò mio padre. Cazzo! Dai dolori avrei dovuto capirlo che
non
mi ero sbucciata solo un ginocchio!
-Ma
non
è mica finita… hai anche un trauma cranico, una
lussazione alla spalla, il polso destro rotto (da lì il
gesso),
due costole incrinate e parecchie escoriazioni- aggiunse Jazz. Doppio
cazzo! Sospirai forte cercando di registrare tutto quello che avevo
saputo.
-Ok…
ce la posso fare…- mormorai, senza molta convinzione;
-Papà… l’altra…
sì insomma,
l’auto… contro cui…- tentai di
chiedergli, ma le
parole mi morirono in gola. Il solo pensiero che qualcun altro si fosse
ferito a causa della mia stupidaggine, mi faceva morire.
-Non
ti
preoccupare, Bells. Il conducente non si è fatto nulla:
guidava
un furgoncino abbastanza massiccio e, per fortuna, indossava la
cintura. Se l’è cavata solo un colpo di frusta- mi
tranquillizzò, mentre i miei muscoli si rilassarono
all’istante.
-Sentite,
io vado a telefonare a casa per annunciare la bella notizia a tutti e
poi chiamo Tom che venga a visitarti- dichiarò mio padre,
accarezzandomi una guancia e dirigendosi verso la porta.
-Papà,
aspetta! Potresti tenere Edward all’oscuro? Vorrei fargli una
sorpresa quando arriverà- gli domandai. Non aspettavo altro!
Volevo rivederlo e desideravo chiarirmi con lui una volta per tutte. E
soprattutto dovevo farmi perdonare a tutti i costi per la storia di
Embry, per l’incidente e perché, a causa mia,
probabilmente non avremmo potuto fare il nostro viaggio in Europa.
-Ok,
Bells. Chiederò a Esme di non rivelargli niente e di dirlo
agli
altri solo quando lui sarà uscito. Tanto fra poco dovrebbe
arrivare- mi rispose, con un sorriso per poi uscire.
-Bene,
ora siamo soli. Bells, non farmi mai più uno scherzo del
genere!
Tu non hai idea di quanto sia stato male nel vederti inerme su questo
letto, con tutti quei tubi che uscivano dovunque! Non ti azzardare mai
più, chiaro?!- si agitò mio fratello, mentre le
lacrime
avevano ripreso a scorrere sul suo volto e, di conseguenza, anche sul
mio.
-Sc-scusa-mi
Jazz- pigolai, con la voce ridotta ad un sussurro. Mi
asciugò il
viso con delicatezza per poi prendere ad accarezzarmi i capelli.
Restammo un pochino in quella posizione, fino a quando la porta non si
aprì rivelando mio padre e un dottore con una cartella
clinica
in mano.
-Finalmente!
Buongiorno, Isabella! Lo sai che hai fatto prendere a tutti quanti un
bello spavento? Rischiavi di far venire tutti i capelli bianchi a
Charlie!- mi salutò cordiale, schernendo papà:
evidentemente si conoscevano bene e avevano confidenza.
-Buon…
giorno- risposi, pregando con tutta me stessa che non avesse intenzione
di farmi un’iniezione.
-Come
ti senti?- mi chiese, tornando a essere professionale.
-Rotta…
decisamente…- dichiarai con una smorfia dolorante.
-Immagino…
ora, se volete accomodarvi fuori un attimo, vorrei visitarla-
annunciò.
-No!
La prego, possono restare?- mi agitai. Non conoscevo il reale motivo,
ma non volevo rimanere sola.
-Oh
bè… se non dispiace a te, per me non
c’è nessun problema- accettò.
Il
dottore iniziò la sua visita e quando arrivò alle
gambe, lo vidi prendere un bel respiro e titubare un secondo.
-Isabella,
potresti guardare nella direzione di tuo fratello?- mi chiese. Feci
come ordinato e dopo qualche minuto notai Jazz sbiancare sempre di
più mentre osservava il dottore. Mi voltai di scatto,
spaventata
dalla sua reazione, e vidi che il dottore mi stava punzecchiando le
gambe con un attrezzo appuntito. Boh… ma che c’era
di
sconvolgente..?
Un
momento… perché non sentivo la pressione di
quella specie
di uncinetto? Eppure sentivo dolore dappertutto, anche alle
gambe… o forse alle gambe no… no, no, no, no, no!
-Tom,
che diavolo succede?- si preoccupò mio padre, mentre mi
accorsi
che mio fratello mi stava asciugando di nuovo le lacrime con premura.
-Non
sento niente! Perché non sento niente?- soffiai appena, non
riuscendo ancora a realizzare ciò che mi stava succedendo.
Cosa
poteva significare? Che ero paralizzata?!
-Calmatevi…
non vi avevo detto niente finora, perché non ero certo
dell’esito di questa visita. Dovevamo aspettare che Isabella
si
svegliasse e non volevo aggiungere altre preoccupazioni. Vedi,
Isabella… a causa del trauma che hai subito, si è
formato
un edema che preme sulla parte bassa della colonna vertebrale, proprio
all’altezza del midollo osseo e in particolare del metamero
midollare D1- blaterò; non ci capivo nulla! Lo interruppi
bruscamente.
-Non
ci
sto capendo niente!- urlai improvvisamente, come se fossi appena stata
catapultata in un incubo atroce; -Mi dica solo se potrò
ancora
camminare…- continuai, abbassando un po’ il tono
di voce.
-Non
lo
sappiamo… dobbiamo aspettare che questo gonfiore si
riassorba e
se tra un paio di settimane ci sarà ancora, saremo costretti
a
operarti di nuovo per tentare di aspirarlo con un intervento. Solo
allora potremo constatare se le lesioni sono permanenti o hanno causato
una paralisi temporanea- mi spiegò in maniera semplice. Il
mondo
mi crollò addosso in quel preciso istante e cominciai a
singhiozzare disperata. Mio fratello cercò di calmarmi e il
dottore chiamò un’infermiera che
armeggiò con la
flebo.
Le
tremende parole del medico rimbombavano nel mio cervello senza
sosta… lesioni permanenti… paralisi…
Dio, sarebbe
stato quello il mio destino?! Essere un’invalida per il resto
dei
miei giorni?!
-Mi
dispiace, Isabella, ma io sono molto fiducioso e vedrai che, una volta
riassorbito l’edema, tornerai a camminare. Ma…
dovrai
avere molta pazienza: dovrai sottoporti ad una riabilitazione lunga e
faticosa, che durerà alcuni mesi. Tuo padre mi ha raccontato
il
tuo bellissimo sogno… ma purtroppo non credo che potrai
andare
ad Harvard… almeno non per quest’anno-
mormorò
affranto.
Sgranai
gli occhi e la mia disperazione si fece più acuta e
straziante: il mio sogno di una vita… infranto!
E
la concreta possibilità di non riuscire a camminare mai
più con le mie gambe!
Ero
precipitata all’inferno?! La testa mi girava, il cuore mi
batteva
all’impazzata… mille immagini di me e Edward
insieme ad
Harvard che si frantumavano… i miei sogni spezzati, i miei
desideri sbriciolati, il mio futuro come un gigantesco buco
nero…
Probabilmente
mi avevano somministrato un sedativo, perché pian piano mi
rilassai e sentii le palpebre farsi sempre più pesanti.
Prima,
però, di lasciare che il sonno mi trasportasse
nell’oblio
dovevo assicurarmi ancora di un’ultima cosa.
-Papà…
non dire niente a nessuno, per ora… nemmeno a
Edward…
promettimelo- lo pregai. Ero certa che, conoscendolo, avrebbe
rinunciato ad Harvard per me… come si sarebbe comportato non
appena avesse saputo che mi sarebbe stato impossibile frequentare il
college per quest’anno? Non avevo dubbi in
proposito… e
non potevo permetterlo! Ci eravamo giurati che i nostri sogni sarebbero
andati a braccetto con il nostro sentimento… ma io non
volevo
essere un ostacolo per lui… lo amavo troppo!
Edward
aveva un futuro radioso innanzi a sé… e
l’avrebbe percorso, ad ogni costo!
Mio
padre annuì alla mia richiesta, accarezzandomi una guancia:
sembrava invecchiato di colpo di dieci anni.
-Ok,
tesoro, come vuoi tu… ma ora dormi e riposati… ne
hai
bisogno…- accettò e dopo qualche secondo fui
avvolta dal
buio.
25 maggio
A
fatica sollevai le palpebre e mi accorsi che la mia mano era appoggiata
su una superficie morbida e setosa: capelli! Mi voltai lentamente in
quella direzione e vidi Edward, seduto su una sedia accanto a me, con
il busto chinato sul letto, la testa appoggiata sul mio materasso e le
sue mani incrociate sotto di essa: stava dormendo. I suoi lineamenti
distesi erano sereni, ma delle profonde occhiaie segnavano quel viso di
solito perfetto; mi sembrava persino più magro ed emaciato.
Emozionata,
mossi la mano e percorsi il suo profilo con un dito con delicatezza per
non svegliarlo: volevo godermi quella vista meravigliosa il
più
possibile, almeno finché potevo. Già…
ormai avevo
preso la mia decisione: avrei tutelato e protetto il futuro del mio
unico amore… e per farlo avrei dovuto indossare una maschera
di
freddezza nei suoi confronti… solo in quel modo avrebbe
creduto
alle mie parole. Una
lacrima sfuggì al mio controllo, ma prontamente
l’asciugai. A causa di quel movimento, Edward si mosse e
cominciò a destarsi. Appena aprì gli occhi e
notò
che lo fissavo, il suo viso si illuminò e i suoi smeraldi
guizzarono di una felicità senza fine.
-Bella!
Oh, Bella! Amore mio… sei sveglia! Dio solo sa quanto ho
pregato
per questo! Ed è a dir poco meraviglioso vedere di nuovo il
colore dei tuoi occhi! I tuoi laghi di cioccolato fuso mi sono mancati
da impazzire!- esclamò colmo di gioia, provocandomi una
fitta al
cuore. Poi quelle splendide gemme verdi si riempirono di lacrime che
traboccarono a lambirgli le gote.
-Oh
tesoro mio, perdonami! E’ solo colpa mia se ti trovi in
queste
condizioni! Se solo ti avessi dato ascolto, se solo mi fossi fermato
per lasciarti spiegare! Sono un bastardo e uno stronzo… un
fottuto coglione! Embry è venuto in ospedale e mi ha
spiegato
ogni cosa. Tu non hai fatto niente di male, Bella! Sono io
che…-
si angosciò.
Interruppi
quel fiume di parole, perché se avesse continuato ancora un
po’ gli avrei buttato le braccia al collo in un abbraccio
mozzafiato… e ovviamente non sarei riuscita a mantenere i
miei
propositi, né tantomeno a mentirgli…
-Basta,
Edward! Ti prego, basta! Tu non sei il responsabile del mio incidente,
non pensarlo mai! Sono io la stupida che ha oltrepassato la corsia,
finendo dall’altra parte. Tu non hai fatto niente di male. Io
avrei potuto limitarmi a seguirti e aspettare che ti fermassi, per poi
parlarti. Se sono in questo letto è solo colpa mia e della
mia
incoscienza!- tentai di calmarlo. Non poteva anche sentirsi
responsabile del mio incidente e delle sue conseguenze… non
con
ciò che dovevo dirgli.
Le
sue
lacrime continuavano a scendere copiose e dovetti trovare una forza
sovrumana per non abbracciarlo e consolarlo, tempestandolo di milioni
di baci.
-Grazie,
Bella, grazie! Dio, sei così buona con me! Pensavo che non
mi
avresti perdonato mai più… sai… quando
ti ho visto
riversa su quel maledetto asfalto… Dio, ero convinto di
averti
persa e che non avrei mai più potuto stringerti,
accarezzarti,
baciarti…- mormorò con dolore, avvicinandosi al
mio viso
per poi poggiare delicatamente le labbra sulle mie.
A
quel
tocco di paradiso, strinsi i denti e bloccai ogni respiro, ogni muscolo
del mio corpo… soprattutto congelai il mio cuore.
Quando
si rese conto che io continuavo a rimanere immobile, si
staccò
per guardarmi negli occhi con timore, improvvisamente consapevole che
c’era qualcosa che non andava.
-Bella…-
sussurrò, con uno strazio nella voce mai udito prima.
-Mi
dispiace, Edward… ma io non ce la faccio. Non posso
più
continuare così. Ho cercato di farti capire che ti amavo e
che
ti dovevi fidare di me perché non avrei mai fatto niente per
ferirti. Non è la prima volta che succede… e in
questi
mesi non sei cambiato… quando ti comporti in modo
così
infantile mi esasperi! Sono stanca di ripeterti in continuazione di
fidarti me… sono stanca che consideri le mie rassicurazioni
come
parole al vento! Il nostro rapporto non è maturato, questo
è evidente, purtroppo. Tu non sei maturato! E mi sono resa
conto
che tu non sei la persona giusta per me. Ho bisogno di un compagno che
si fidi di me e dei sentimenti che provo per lui, ho bisogno di un
uomo, non di un ragazzino geloso!- mentii, mentre il mio cuore si
frantumava un pezzo dopo l’altro a vedere
l’espressione
straziata sullo stupendo volto del ragazzo che amavo più di
me
stessa.
Lo
fai per lui! Lo fai per lui! Lo fai per lui!; continuavo a ripetermi
come un mantra per non crollare.
-Tu…
hai… hai detto…
‘amavo’…-
mormorò, come se parlasse più a se stesso che a
me; -Non
mi ami più, Bella? È davvero finita tra noi?! Io
non ci
posso credere… non ci voglio credere… ora dici
così perché sei ancora confusa, ma quando starai
meglio…- iniziò a ragionare, deglutendo a fatica
e
riprendendo a piangere, con un’atroce sofferenza nello
sguardo.
-No,
Edward! Sono sicura di quello che dico, non illuderti. E’
davvero
finita per noi… Ti chiedo solo una cosa e penso che, con
quello
che ho passato, tu me la debba… immagino che la nostra
rottura
ti causi dolore… ma vorrei che non commettessi nessuna
sciocchezza. Pensa a tua madre… le spezzeresti il cuore e
non
farebbe bene al bambino se lei si agitasse troppo a questo punto della
gravidanza…- lo pregai, certa di premere sul tasto giusto
affinché mi desse retta. Il mio maggior timore era che
reagisse
negativamente e commettesse qualche cazzata delle sue, simili a quelle
del suo passato.
Serrò
la mandibola e annuì in modo impercettibile, incapace di
proferire parola; si alzò dalla sedia con movimenti lenti e
impacciati, come se agisse in trance.
-Hai
ragione su ogni cosa… mi dispiace… averti deluso,
Bella… Ma io ti amo più della mia vita e non
rinuncerò mai a te… mai! Forse un giorno
riuscirò
a dimostrarti che sono cambiato, che posso cambiare… e
allora
deciderai che sarò degno di essere il tuo
compagno… mi
meriterò di essere il tuo uomo, te lo giuro!-
dichiarò,
distruggendo una volta per tutte quel poco che era rimasto del mio
cuore. Come poteva credere realmente di non meritare il mio amore? E
per quale motivo voleva combattere ancora per noi, dopo la terribile
sofferenza che gli stavo infliggendo?!
Nonostante
il mio cuore traboccasse d’amore per lui, nonostante la mia
anima
mi implorasse di non staccarsi dalla sua gemella, mi imposi di
resistere ad ogni costo, proprio per il suo bene: lui non si meritava
che gli rovinassi la vita! Non potevo costringerlo a trascorrere la sua
esistenza al fianco di una invalida! E anche se fossi riuscita a
riacquistare l’uso delle gambe, lui, a causa mia, avrebbe
deciso
comunque di rinunciare al suo grande sogno di laurearsi ad Harvard. Non
lo avrei mai permesso!
-Ti
prego, Edward… ora voglio rimanere sola e vorrei che non
venissi
più in ospedale… non voglio più
vederti…-
tirai fuori a fatica quelle maledette parole pesanti come macigni.
Edward
si chinò a baciarmi la fronte e poi, senza emettere un
fiato, si voltò ed uscì dalla mia stanza.
Nel
momento in cui la porta si richiuse dietro di sé, Isabella
Marie Swan morì dentro.
Finii il mio racconto a Jake, spiegandogli anche le mie ragioni per
l’allontanamento di Edward e, per la prima volta da anni, lo
vidi
piangere. Cercò subito di ricomporsi e poi mi
abbracciò
forte… troppo forte!
-Ahi!
Piano, Jake…- mormorai, asciugando a mia volta le mie
lacrime.
-Scusami,
Bells! Ma
l’operazione è andata bene, vero?! Io pensavo che
andassi
a Chicago per la riabilitazione in seguito alla frattura al
bacino… Perché non sapevo che ti avessero operata
di
nuovo…- si preoccupò. Gli accarezzai una guancia,
tentando di calmarlo.
-Mi
hanno operato la
settimana scorsa ed è andato tutto alla perfezione. Ora ho
recuperato la sensibilità alle gambe: il midollo spinale non
era
compromesso, per fortuna. Però la riabilitazione
sarà
lunga e faticosa. Dovrò stare a Chicago almeno fino a fine
agosto e poi dovrò continuare, tutti i giorni, in una
clinica a
Seattle. Ragion per cui, questa settimana, papà mi ha
preparato
tutti i documenti e mi ha iscritta alla Seattle University. Quindi
abiterò anch’io in casa con voi, e Jasper si
occuperà di accompagnarmi a fare la fisioterapia, siamo
già d’accordo- conclusi la mia spiegazione.
-Mi
dispiace davvero tanto
che tu abbia sofferto così, da sola…
ma… come mai
non ti sei confidata con me, Bells? Ero convinto che noi due ci
dicessimo sempre tutto- si rammaricò, con una profonda
tristezza
nella voce.
-Jake,
non potevo…
stavo già abbastanza male io, per non parlare di mio padre e
di
Jazz. Non volevo coinvolgerti fino a quando non avessi ottenuto delle
risposte mediche certe. E poi so quanto sei legato ad Edward e non
volevo costringere anche te a mentirgli. E saresti stato costretto a
farlo, visto che spesso ha trovato rifugio da te, in questo
periodo…- gli rivelai.
-Come
fai a saperlo?!- mi chiese stupito.
-Mio
fratello mi ha sempre
raccontato tutto quello che riusciva a sapere su Edward; e il giorno in
cui è venuto a dirmi che se ne era andato…
così di
punto in bianco… Dio, per me è stato
l’ennesimo
colpo al cuore. Almeno prima che se ne andasse riuscivo ad avere
qualche notizia… sapere come stava, cosa faceva; ma ora
invece… so solo che telefona a casa ogni tanto.
Tu… ecco,
tu l’hai sentito? Sai se si è sistemato ad
Harvard? Ha
già fatto amicizia con qualcuno?- gli domandai, ansiosa e
nervosa.
-Mi ha
telefonato
l’altro ieri e mi ha raccontato che è riuscito a
sistemare
ogni cosa. E se per ‘amicizia’ intendi se ha
conosciuto
qualche ragazza, sei proprio fuori strada!- mi informò,
mentre
il sollievo si impossessava di me. Ero consapevole che prima o poi
sarebbe successo, ma ora non potevo farmi sopraffare anche da
quell’atroce sofferenza: dovevo concentrarmi sulla mia
riabilitazione e ritornare a camminare con le mie gambe.
-Bells,
tesoro è ora
di andare. Sono venuti a prenderti- mi avvisò mio padre,
entrando nella saletta. Improvvisamente le lacrime proruppero con
rinnovato vigore, rompendo definitivamente gli argini.
Salutai
mio padre e il mio migliore amico, abbracciandoli entrambi fino a farmi
male alle braccia.
-Ti
chiamo stasera, Bella!
E impegnati per tornare presto a casa!- mi salutò Jake,
schioccandomi due sonori baci sulle guance e asciugandole con dolcezza.
-Mi
raccomando tesoro… appena atterri, fammi una telefonata,
ok?- si raccomandò mio padre.
-Sì,
papà,
non preoccuparti. Starò bene e dai un abbraccio forte a
Esme-
risposi, cercando di riprendere il controllo di me stessa. Uno steward
si presentò di fronte a me.
-Buongiorno,
signorina
Swan. Sono Steve e sarò il suo accompagnatore durante il
volo,
per qualsiasi esigenza si potrà rivolgere a me. Pronta per
imbarcarsi?- si presentò.
-Grazie,
Steve; e la prego di chiamarmi Bella. Sono pronta, possiamo andare- lo
salutai educatamente.
Lui si
mise dietro di me e,
mentre mio padre e Jake mi salutavano, iniziò a spingere la
mia
sedia fino al gate di imbarco.
Sospirai
e chiusi per un attimo gli occhi gonfi di acqua salata: ora sarei stata
davvero sola.
Sola con
me stessa. Sola con il mio atroce strazio. Sola, senza il mio cuore.
Edward
non l’avrebbe mai saputo, ma lo avevo donato a lui. Per
sempre.
Ok,
ragazze! Calma e sangue freddo! Ricordate che si avvicina il Natale e
si è tutti più buoni!
Deponete le armi e soprattutto frenate la lingua e le dita che fremono
per battere sula tastiera del pc.
Vi ricordiamo il nostro famoso romanticismo, il fatto che amiamo
profondamente i nostri personaggi e il lieto fine e per ultimo, cosa da
non sottovalutare in alcun modo, che è necessario per voi
che le
autrici arrivini sane e salve alla prossima settimana
se desiderate leggere la fine di questa storia!
Vi prego non lanciateci maledizioni perchè è
già
un periodo molto ma molto sfigato e non saremmo in grado di sopportare
altro!
Ok, ora facciamo le serie. Il prossimo capitolo, quello conclusivo,
sarà un pov Edward e riprenderà esattamente da
dove
è finito questo.
Bene, per ora vi lasciamo e vi avvertiamo che non ci sarà di
nuovo nessuna anteprima, quindi a giovedì prossimo!
I ringraziamenti e i saluti li lasciamo alla prossima settimana!
Un bacione a tutte!
Manu e Sara
Vi
ricordiamo l'altra nostra fiction Segreti e Inganni
la nostra OS Ritrovarsi
Alcune fiction ancora in corso che meritano di essere seguite!
L'altra
metà del cuore di sara_g
From
Juliet, with love di cloe
cullen
Wish
upon a star di cloe
cullen
332
di barbara_f
L'amore
ai tempi della guerra di annalisa69
Diamante
di
keska
Come
d'autunno sugli alberi le foglie di FunnyPink
Friday
at Noon di
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Lividi di AnImoR_7
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Sakura - Fiore di ciliegio
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