The Camp Of Love

di KrisJay
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Presentazioni e programmazioni ***
Capitolo 2: *** I hate shopping con Alice ***
Capitolo 3: *** Partenze... ***
Capitolo 4: *** ...e arrivi ***
Capitolo 5: *** Primo giorno di campeggio: poteva andare meglio ***
Capitolo 6: *** Imprevisti che vorrei non accadessero mai ***
Capitolo 7: *** Un po' di calma, finalmente... ma per quanto durerà? ***
Capitolo 8: *** Punto di svolta ***
Capitolo 9: *** Un nuovo punto di svolta? ***
Capitolo 10: *** Primo appuntamento... wow! ***
Capitolo 11: *** Non sono mai stata più felice di così! ***
Capitolo 12: *** Coccole, giochi e... amore? ***
Capitolo 13: *** Oltre al danno, la dichiarazione... dichiarazione? ***
Capitolo 14: *** Ultimo giorno insieme ***
Capitolo 15: *** Ritorno alla realtà ***
Capitolo 16: *** Sì, è proprio un ritorno alla realtà ***
Capitolo 17: *** Parlando, parlando ***
Capitolo 18: *** Sorprese di compleanno ***
Capitolo 19: *** Avviso ***



Capitolo 1
*** Presentazioni e programmazioni ***


The Camp Of Love - Capitolo1

Ehm… ok, sono di nuovo io che rompo le scatole con una nuova storia! ahahahha, ormai non me ne vado più da qui u.u ma approfitto del fatto che ‘Come in una favola’ sta per finire e lascio il primo capitolo della storia nuova :)
Cooomunque, ci sentiamo in fondo alla fine del capitolo u.u buona lettura!

 
 

 Cover

 
 

The camp of love

 
 
 

Capitolo uno - Presentazioni e programmazioni
 
 
 

14/06/2010
 
Cammino senza nessuna fretta tra i filari del vigneto e osservo i grappoli d’uva che stanno crescendo e che verranno raccolti non appena saranno divenuti maturi.
Io però approfitto di quel momento e oltre a controllare la crescita dei tanti grappoli, mi preoccupo che le viti non abbiano nessun tipo di problema.
Sarebbe terribile se a metà giugno, quando mancano solo pochi mesi alla vendemmia, fossimo costretti a dover intervenire perché le piante hanno contratto qualche spiacevole malattia, che altererebbe in qualche modo il sapore e la qualità dei vini che produco.
Da quel che vedo, però, capisco che è tutto nella norma e che non ci sono anomalie di alcun tipo. Le cure che quasi ogni giorno io e gli altri addetti alle vigne apportiamo alle viti si possono notare anche da lontano.
Sbuffo dopo aver appuntato le ultime notifiche sulla cartellina che mi porto sempre dietro - come Linus si porta sempre dietro la sua coperta -, e poi mi copro la testa usando proprio la cartellina, mentre lancio un’occhiataccia indispettita verso il sole alto e già troppo caldo per essere solo le prime ore del mattino.
La mia è stata proprio una bella idea quella di andarsene in giro sotto il sole rovente, senza portarsi dietro almeno un berretto.
Faccio dietro-front dopo aver sbuffato nuovamente. Tanto ho già controllato quello che dovevo controllare e sarà meglio che mi ritiri per un po’ all’ombra, prima di beccarmi la prima insolazione dell’estate.
Sono pessima, me ne rendo conto, continuo a blaterare tra me e me senza essermi prima presentata a voi!
Ma rimediamo in fretta, dunque, vediamo...
Io sono Isabella Swan, ma potete chiamarmi Bella, poiché tutti i miei parenti/amici/conoscenti mi chiamano così. Sono nata nel lontano (ma neanche tanto lontano) 1987 e sono, come forse avrete già capito, la proprietaria del vigneto dove sto bazzicando in questo preciso momento.
Vi starete giustamente chiedendo come fa una ragazza di quasi ventitré anni a essere già proprietaria di un vigneto. È una domanda curiosa questa ed è normale che lo pensiate. Quindi, vi posso rispondere subito.
Mio nonno, il buon caro e vecchio Jack Swan, al momento della sua morte me l’ha lasciato in eredità, assieme all’azienda vinicola della quale era proprietario. Quando lo seppi rimasi molto scioccata, ma in senso buono ovviamente. Non mi sarei mai immaginata in tutta la mia vita che il nonno potesse un giorno lasciarmi l’attività che aveva svolto per tutta la sua esistenza, diventata in seguito una piccola fortuna.
Avevo compiuto da poco diciannove anni, quando il nonno moriva, e ero in partenza per il college a Dartmouth, per studiare arte. Immaginate quale fu la mia faccia, capendo di essere diventata proprietaria e responsabile di una delle aziende vinicole più importanti e famose della California, con guadagni annuali pari a quasi 10 milioni di dollari.
Probabilmente, simile a quella che avete voi in questo preciso istante.
Da una parte ero felice di quella novità, il lavoro del nonno mi era sempre piaciuto sin da quando ero una bimbetta minuscola che si divertiva ad assaggiare gli acini d’uva, nascondendosi tra le viti quando giocava.
Mi è sempre piaciuta l’idea di lavorare all’aria aperta e di stare a stretto contatto con la natura, una cosa che non avrei fatto facilmente se mi fossi laureata in arte, per diventare un critico d’arte.
L’eredità del nonno stravolse i miei progetti e lo fece al momento giusto.
Decisi di prendermi un anno sabbatico e di trasferirmi nella villa che il nonno costruì vicino ai vigneti e dove, per quasi cinquant’anni, risiedé insieme a nonna Isabella.
Quando seppe dei miei progetti, ne rimase contenta, sia perché avrei colmato un po’ il vuoto che la scomparsa del nonno le lasciò e sia perché, a detta sua, avrei trovato il modo di capire veramente quanto fosse bello produrre i vini.
Il periodo del mio trasferimento avvenne proprio durante la vendemmia, sembrava quasi una specie di coincidenza fortunata. Ricordo che la nonna mi diede appena il tempo di farmi sistemare nella mia camera, trascinandomi subito dopo dai vari operai che stavano raccogliendo le uve, che avrebbero poi trasportato nello stabilimento situato poco lontano.
Quell’anno non mi persi niente, non saltai nessun passaggio della produzione. Rimanevo quasi incantata a osservare quello che accadeva in quel posto, nonostante lo sapessi da una vita intera. Ma in quel momento mi sembrava che capivo solo allora quello che veramente mio nonno mi spiegava, sempre con lo stesso entusiasmo e la stessa passione.
Ero rimasta giorni interi a osservare e a farmi spiegare tutto quello che accadeva all’interno dello stabilimento: dalla spremitura delle uve, per passare alla fase di fermentazione e di macerazione, fino ad arrivare alla svinatura e alla conseguente fase di affinamento. Feci la mia scelta solo osservando tutto ciò, ma solo quando mi fecero assaggiare il risultato di tutto quel lavoro diedi la risposta definitiva.
Avevo scelto di continuare quello che era stato il lavoro del nonno, sperando di riuscire a essere alla sua altezza e di non far rimpiangere i tempi in cui era il padrone dell’azienda. La nonna era fiduciosa delle mie capacità, oltre che felice della mia scelta.
Fu lei a confessarmi che il nonno sperava che almeno uno dei suoi nipoti continuasse quella che era stata la sua passione, oltre che un lavoro. Ed era contenta che io realizzassi questo suo desiderio.
I primi tempi che passai nelle campagne della Napa Valley, la zona in cui si trovava l’azienda, furono tutti all’insegna dello studio e della scoperta di quello che sarebbe presto diventato il mio mondo.
Imparavo a riconoscere le varie specie di viti che avevamo nei campi attraverso la forma e il colore delle foglie e a prendermi cura di esse, appuntandomi le dosi e i tempi delle varie concimazioni ed il metodo di potatura che garantiva, alla nuova annata, un raccolto più abbondante.
Non era facile ricordarmi tutti quei passaggi, per non parlare delle varie e tante malattie che attaccavano la vite, che qualche volta anche le nostre avevano contratto, ma me la cavavo e riuscivo in breve tempo ad avere una buona padronanza della materia. Diciamo che per essere una che non aveva mai studiato agraria, a farlo nel giro di pochi giorni, andavo abbastanza bene.
Avevo provato a rendere partecipe mio fratello Jasper della mia nuova attività e mi sarebbe piaciuto un sacco lavorare insieme a lui, se avesse preso la mia stessa scelta. Purtroppo le cose non andarono nel modo che sperai.
Nonostante il nonno avesse lasciato l’azienda sia a me sia a lui, Jasper si rifiutò con tutto se stesso di prendere parte all’attività di famiglia. A sua detta, voleva continuare a fare quello per cui aveva studiato duramente, ossia crearsi una carriera nel campo della pubblicità.
Una cosa però mi aveva promesso, e la stava mantenendo ancora oggi: curava la pubblicità dell’azienda ed il sito Internet. In cambio, ovviamente, delle sue solite bottiglie di vino settimanali che si scolava insieme a sua moglie Alice.
Alice e Jasper non sono due alcolizzati; è solo che, come un po’ tutta la nostra famiglia, hanno la passione per il vino e approfittano del fatto che io, da brava sorella e cognata, non gli faccio pagare quello che bevono durante i pasti. Sarebbero finiti in bancarotta se ogni settimana dovevano andare a comprare sette bottiglie di vino da 34 dollari l’una.
Il prezzo del vino, il Cabernet-sauvignon, è un po’ altino - lo penso anche io-, ma è il risultato di una qualità di uva pregiata, un incrocio di uve bianche e rosse. All’azienda non produciamo solo questo vino, però; mio nonno, forse per ricordare le origini italiane di nonna, aveva scelto di coltivare anche altre uve e di produrre alcuni vini noti in Italia, come il Sangiovese e il Chianti.
È bello ritrovare in qualche modo attraverso il vino le origini della nostra famiglia.
Va bene adesso la smetto di parlare di me, penso di avervi scocciato abbastanza.
Mi metto a correre, sempre con la cartellina sulla testa, fino a vedere il limitare dei vitigni e la villa dove abito insieme a nonna. Sento il bisogno di bere qualcosa di fresco e che mi rilassi un poco, prima di andare a fare una visitina allo stabilimento.
Tutti là dentro mi dicono che se decido di non andarci per un giorno non succede nulla di male, ma io davvero non ce la faccio a lasciar stare.
Se non faccio almeno una volta al giorno il giro dei locali  e delle cantine mi sento male. Se non ci credete, mia nonna vi darà la conferma.
Raggiungo felice l’ombra del portico, lieta di sentire finalmente fresco e non più il caldo infernale della California, ed entro in casa togliendomi gli occhiali da sole.
La casa della nonna, o meglio anche casa mia, è arredata con i colori caldi del marrone e con mobili moderni che ricordano i dettagli rustici della campagna. Dopotutto, noi abitiamo qui, no?
Poggio gli occhiali da sole e la cartellina sul mobile del corridoio e mi dirigo verso la cucina, ignorando bellamente il salotto e l’invitante divano beige dove mi piace tanto leggere e starmene in santa pace. So che la nonna si trova là, perché sento il buon odore del cibo che mi guida verso di lei. Se nonna non cucina per un reggimento intero non si sente tranquilla.
Quando entro in cucina, una cucina enorme e simile per arredamento a tutto il resto della casa, la trovo impegnata a montare qualcosa dentro a una terrina.
Forse, penso tra me, sta preparando le frittelle, ma potrebbe anche fare a meno di farlo. Sull’isola della cucina c’è già un vassoio intero di biscotti al cioccolato, (i miei preferiti), una torta alle noci e dei muffin assortiti.
-Ancora non hai smesso di cucinare?- chiedo, avvicinandomi a lei, arrampicandomi poi sul ripiano per potermi sedere.
La nonna alza lo sguardo verso di me, arricciando le labbra e interrompendo per qualche secondo il suo lavoro, prima di riprenderlo. Non è sorpresa per la mia comparsa improvvisa, diciamo che si è abituata in questi quattro anni alle mie uscite bizzarre.
Nonna Isabella ha un aspetto giovanile per la sua età, sessantacinque anni portati meravigliosamente. Se non fosse per i capelli bianchi che tiene sempre legati in una croccia dietro il capo, potrebbe passare per una signora più giovane.
Anche il nonno era giovane quando scomparve, aveva compiuto da pochissimo sessantanove anni, ma come tutti sappiamo bene se il cancro decide di portarti via dai tuoi cari prima del tempo non puoi fare nulla per impedirlo.
-Sai che mi piace farlo- mi risponde dopo un po’, sorridendo. Mi lancia un’occhiata di sbieco e mi molla uno schiaffetto sulla mano.
-Scendi da lì, signorina! Qui sopra ci si cucina, non ci si siede. Quante volte devo ripetertelo?-
Sbuffo, alzando gli occhi al cielo, e scendo dal ripiano e prima di andare a occupare posto a tavola mi avvicino all’isola e a tutto quel ben di Dio che c’è posato sopra. Afferro un biscotto, mordendolo e sentendo i pezzi di cioccolato fondente che si sciolgono in bocca, e rubacchio anche un muffin ai mirtilli.
-Bella, smettila di mangiare i dolci- mi ammonisce.
Mi volto, pensando che mi abbia vista, invece la trovo voltata verso la finestra, impegnata a montare le uova. Alcune volte mi viene da pensare che abbia gli occhi anche dietro la testa, poiché mi sgama nonostante non riesca a vedermi.
-Non fto.. non sto mangiando- balbetto e immediatamente nascondo dietro la schiena il muffin e quel che resta del biscotto.
Nonna ride. -Farò finta che sia così, ma non toccare altro, quelli sono per i ragazzi. Per te sto preparando le frittelle.-

Uh, frittelle.. buone!
-Con lo sciroppo d’acero?-
Alcune volte me ne esco con domande che sembrano non esser uscite dalla mia bocca, ma da quella di una bambina piccola. Non posso farci niente però se la nonna è così brava a cucinare e ogni cosa che fa rappresenta una festa per le mie papille gustative.
-Sì tesoro, ci metto anche lo sciroppo d’acero.-
La sua risposta mi entusiasma così tanto che ripongo il muffin nel mucchio insieme agli altri, mentre il biscotto finisce nella mia bocca.  
Mi avvicino all’enorme tavolo in noce e scosto la sedia, rischiando di strozzarmi con il boccone di biscotto, mentre osservo Principessa, la gatta persiana di nonna, dormire tranquillamente sopra di essa.
-Nonna, Principessa ha rischiato grosso- la informo, prendendo malamente la gatta tra le braccia. Quest’ultima miagola indispettita e tira fuori le unghie, ma quando capisce che sono io si rilassa e si sistema meglio tra le mie braccia.
-Stavo per trasformarla in un cuscino da sedia!-
Mi siedo, carezzando il morbido pelo bianco di Principessa, mentre questa fa le fusa e si gode le coccole che le sto riservando. Nonna, nel frattempo, deve aver messo a cuocere le frittelle perché il buon odore che sento mi sta facendo crescere la fame.
-Povera micetta. L’hai salvata spero.-
Annuisco. -Oh sì, è salva.-
Cinque minuti dopo nonna si avvicina al tavolo e mi posiziona davanti, con un sorriso, l’enorme montagna di frittelle che ha preparato. Sono così belle da vedere e l’odore è così invitante che ne mangio un pezzo senza preoccuparmi di mettere lo sciroppo d’acero.
-Allora, tesoro, sono buone?- mi chiede lei, sedendosi accanto, carezzandomi una spalla.
Annuisco, con il boccone ancora in bocca.
-Come sempre!-
Lascio la presa sulla gatta che, da brava ruffiana, si è addormentata sulle mie cosce e allungo il braccio per recuperare la bottiglia di sciroppo d’acero. Mentre lo faccio mia nonna mi blocca il braccio e se lo porta sotto gli occhi, scrutandolo attentamente.
-Che succede?-
Nonna lascia passare qualche secondo prima di rispondermi con un'altra domanda. -Hai messo la protezione solare prima di uscire? Ti si è arrossata la pelle-
-Ehm…-
Nonna durante l’estate, mi ricorda sempre di spalmare la protezione solare sulla pelle prima di uscire.

“Hai la pelle chiara, ti bruceresti in poco tempo!” Ripete sempre e il più delle volte le do ragione perché so di che colore diventerei se dimenticassi anche solo una volta di ‘proteggermi’.
Un rosso acceso, più di un pomodoro maturo.
-Me ne sono dimenticata- sussurro. Riesco a liberare il braccio dalla presa di nonna e così posso cominciare a ricoprire le frittelle di sciroppo… al diavolo la linea!
La sento sospirare. -Più tardi, prima di andare da Alice, la metti così non ti scotti, va bene?-
-Devo andare da Alice?- mi volto verso di lei, confusa, con la bottiglia ancora a mezz’aria.
-A che fare?-
-Credo per parlare della gita di quest’anno, ha chiamato poco fa. Eri ancora in vagabondaggio per il vigneto-. Scrolla le spalle, cominciando a versare del succo d’arancia in un bicchiere.
-Ah giusto, la gita- dico, sentendomi un po’ rimbambita per essermene dimenticata. Come potevo dimenticarmene? Non è la prima volta che prendo parte a questa attività estiva.
Continuo a mangiare le mie frittelle, prendendo ogni tanto un sorso di succo dal bicchiere e sto per chiedere a nonna se le devo prendere qualcosa in paese, quando la porta di servizio della cucina si apre, rivelando sulla soglia un ragazzone formato gigante, dalla carnagione ambrata.
Dopo che ha aperto la porta, Jacob bussa per annunciare il suo arrivo, come se noi non lo abbiamo visto spalancarla.
Mossa stupida, molto da lui.
-Signora Isabella, posso entrare?-
-Ma che domande sono, Jake? Certo che puoi entrare, caro. Vuoi un po’ di caffè o delle frittelle? Ne ho lasciate un po’ anche per te-.
Nonna torna in piedi in un baleno, contenta dell’arrivo del mio amico e ancora più contenta perché può farlo rimpinzare di cibo come sempre.
Jake sorride. -Non rifiuterei mai le vostre strepitose frittelle, signora-.
Soffoco una risata stringendo le labbra e, per evitare di fare danni, mi porto in bocca una nuova forchettata di frittelle, mugugnando un ‘ruffiano’ che può essere benissimo spacciato per un gemito.
Jacob si accomoda a tavola stando alla mia destra, osservandomi mentre m’ingozzo di cibo.
-Buongiorno Bella, attenta che se continui così finirai con l’ingrassare.-
Sbuffo, lanciandogli un’ occhiata ammonitrice, e rifilandogli una dolorosa pacca sulla spalla. Rido per la smorfia di dolore che compare sul suo viso.
Conosco Jacob da anni, per essere più precisa dal giorno in cui sono nata. Le nostre famiglie, gli Swan e i Black, si conoscono non so da quanto tempo e sia io che lui sin da piccini siamo sempre stati insieme. Come amici, ovviamente.
Non ho mai provato nulla di più che un forte affetto di amicizia, ed anche per lui è la stessa cosa, anche se nei primi anni delle superiori, mi faceva capire che cominciava a provare qualcosa di diverso nei miei confronti. Per fortuna tutto poi è sparito.
Nonno e nonna, che hanno sempre considerato Jake come un nipote acquisito, speravano che tra noi due scoccasse la “scintilla dell’amore”, come la chiamava sempre nonno, ma alla fine si sono rassegnati entrambi all’idea che noi siamo soltanto amici, amici stretti e basta.
Specialmente adesso che Jake ha trovato il vero amore della sua vita, una ragazza che sin dalla prima volta che l’ho vista ho pensato fosse la sua degna anima gemella. Lei si chiama Leah, è una giovane veterinaria che ha cominciato da poco a lavorare nello studio del dottor Ross, a Napa, e la caratteristica che me l’ha fatta piacere dal primo momento è stata la sua capacità di tenere a bada quella sottospecie di orso/mostro che ha scelto come fidanzato.
Jake un paio di mesi prima le ha chiesto di sposarlo e lei ha accettato subito, nonostante siano entrambi giovani e all’inizio della loro carriera lavorativa ma secondo loro, se c’era l’amore tutto il resto poteva aspettare.
Leah mi ha scelto come sua testimone, facendo nascere una litigata colossale, giacché anche Jake vuole che io sia la sua testimone. Alla fine siamo giunto a un compromesso, farò da testimone a Jake e alla nascita del loro primo bimbo, sarò la madrina.
Insomma, in qualche modo mi avranno sempre tra i piedi, ma se la sono cercata loro ed io mica posso dire di no.
-Cavolo, Bella, sei sempre più manesca ogni giorno che passa!- commenta Jake, mentre si massaggia la parte lesa e mi guarda storto.
-Tu mi prendi in giro, io attacco… sai come la penso, no?- sorrido malignamente, bevendo il succo d’arancia e accarezzando allo stesso tempo il pelo di Principessa, che la voce del mio amico ha svegliato.
Lui sembra notare, solo grazie al movimento del mio braccio, che ho la gatta acciambellata sulle cosce. Si sporge per osservarla meglio.
-Oh, ma guarda chi c’è qui! Ciao, Principessa.-
Jake allunga la mano per accarezzarla, ma come accade ogni volta la gatta caccia fuori gli artigli, mostrandoglieli e soffiando come se fosse minacciata.
Lo fa sempre, soprattutto con le persone che non conosce e che sono estranee alla casa, come ad esempio i vari operai che lavorano allo stabilimento e che ogni tanto passano per salutare la nonna. Con me l’ha fatto i primi tempi, nonostante mi conoscesse già, ma pian piano si è abituata alla mia presenza. Ed ora, sembra che io sia la sua padrona.
Anche con Jacob potrebbe passare per tale, ma non sembra proprio. Principessa continua a soffiargli contro, come se fosse la prima volta che lo vede. Le ha dato anche un soprannome, quel cretino…
-La gatta che ti affetta è in ottima forma oggi-. Ecco, questo è il soprannome.
-Ma perché la chiami così? Poverina non fa del male a nessuno. Invece a sentire te sembra una specie di serial killer!-
-Anche tu una volta pensavi che avesse qualcosa contro di te, ammettilo.-
Scrollo le spalle. -Ma dopo ho cambiato idea, perché questa bella birbantella ha capito che io non le farei mai e poi mai del male… giusto, Principessa?-
Prendo la gatta tra le braccia e la sollevo in aria, portando il suo piccolo muso alla stessa altezza del mio; lei non batte ciglio, si limita a guardarmi come se a lei la cosa fosse indifferente. Per farmi capire meglio il concetto, miagola.
-Proprio non ti è simpatica la mia gatta, eh Jake?- .
Nonna, tornata di nuovo a tavola con noi, posa un enorme piatto di frittelle piene di sciroppo davanti al mio amico sorridendogli.
-Non gli è mai stata simpatica, nonna. È una cosa del tutto normale-.
Lascio un’ultima carezza alla gatta, prima di posarla sul pavimento in cotto della cucina e poi mi alzo in piedi, stirandomi le braccia.
-Io vado, nonna. Hai bisogno di qualcosa giù a Napa?-
-No cara, ho tutto quello che serve, ma grazie comunque- mi rivolge un sorriso dolce, mentre versa il caffè per Jacob in una tazza.
-Dov’è che vai?- Jake mi osserva incuriosito e si porta una forchettata spropositata di frittelle alle labbra.
Lo guardo per un po’ impressionata, prima di rispondergli.
-Vado da Alice, ha chiamato prima e sembra che voglia parlarmi della gita di quest’anno.-
Lui deglutisce l’enorme boccone e scoppia a ridere. -Ah giusto, la gita estiva! Se non fosse per lei, tu staresti ogni singola estate a rompere le scatole in azienda. Devo ringraziare Alice se ti manda via quelle poche settimane!-
Lo guardo male, ma non ribatto. So che ha ragione e che sarei capace di non passare neanche un giorno di vacanza estiva perché devo tenere sotto controllo le cose nell’azienda, ma, per fortuna, Alice da un paio di anni a questa parte ha trovato un’idea carina per i bambini di Napa e mi ha chiesto se volevo farne parte.
Visto che l’idea mi piace ho accettato e, per rendere felici quei piccoli marmocchi, sono anche disposta a separarmi dalle mie amate viti e andare a passare sei settimane all’aria aperta.
-Ed io invece devo ringraziarla se per quelle settimane non sentirò le tue stronzate!- ribatto e scoppio a ridere, seguita da lui.
La nonna è meno felice di noi, invece, e mi guarda male come fa ogni volta che mi sente parlare in quel modo poco educato. Mi avvicino a lei e la abbraccio, lasciandole un enorme bacio sulla guancia che la fa ridere subito. Lei non è capace di restare arrabbiata per molto tempo. Per le cose serie sì, riesce a tenere il muso per giorni, ma per scaramucce del genere è facile farle tornare il sorriso.
-Quanto sei ruffiana!- esclama, ridendo.
-Adesso va’, tanto ci penserà Jacob a portare i dolci agli altri.-
-Stai attenta che lui se li mangia tutti per strada!-
-Ehi! Ma per chi mi hai preso?!- dice lui, sentendosi preso di mira.
Scoppio a ridere, e il buon umore per quella scenetta mi resta addosso anche quando vado a recuperare la borsa e gli occhiali da sole per uscire di casa. Mi fermo prima ancora che possa aprire la porta, bloccata dalle parole amorevoli che la nonna mi urla dalla cucina.
-Bella, tesoro, ricordati la protezione!-
Cambio i miei programmi e mi lancio di corsa verso le scale che mi porteranno al piano superiore, per mettere quella benedetta protezione solare.
 

-
 

Ci metto poco ad arrivare a Napa. La città non è poi così lontana da casa nostra, in una ventina di minuti sono arrivata a destinazione. Sulla mia macchina percorro le varie vie per arrivare all’agenzia di viaggi di Alice.
Da quello che posso vedere, la città sta già attirando i primi turisti della stagione. Non ne vengono così tanti dalle nostre parti e spesso quelli che vengono qui sono attirati più per i vini che si producono nella nostra regione che per le altre cose. È  un fattore positivo per il turismo della zona, ma non l’unico.
Fermo la macchina quando arrivo nella via dove si trova l’agenzia e, dopo averla spenta, scendo e innesco subito le sicure. Sono previdente, è vero, ma sono anche tanto affezionata al mio piccolo gioiellino che mi sono regalata appena qualche mese fa: una Mini Cooper rossa fiammante con il tettuccio bianco.
Ero stanca di prendere sempre il furgone della nonna, nonostante lei mi abbia sempre detto che non era un problema, ma ho voluto fare ugualmente qualcosa per rendermi un po’ più indipendente anche sull’argomento “mezzi di trasporto”. Per questo motivo ho acquistato la mia macchinina.
Molti mi hanno detto che avrei potuto permettermi di meglio, molto più di un’auto comune come la Mini, ma sinceramente a me non è mai importato molto il lusso e lo spendere i soldi senza un senso.
Mi serviva un’auto che mi permettesse di spostarmi senza problemi e senza dipendere dagli altri. Mi è piaciuta quella che ho acquistato e la storia è finita. Se gli altri poi pensano che abbia sbagliato, a me non interessa.
Sistemo la borsa a tracolla sulla mia spalla e mi avvio verso l’entrata dell’agenzia, passandomi una mano tra i capelli e sbuffando per il caldo che continua a farsi sentire ancora più intensamente di prima.
Meno male che ho messo la protezione, penso tra me e me, mentre poggio una mano sulla porta e spingo per aprirla. Subito un’ondata di aria fresca m’investe da capo a piedi, facendomi sospirare di sollievo. La pelle si ricopre di brividi, ma la cosa è solo temporanea. Sia ringraziata l’aria condizionata!
-Uh, Bella, gliel’hai fatta ad arrivare! E chiudi la porta, sbrigati!-
Apro gli occhi, che ho chiuso non appena sono entrata, e mi affretto a richiudermi la porta dietro le spalle mentre osservo la piccola Alice che cerca qualcosa in una montagna di fogli stampati.
Alice, la mia migliore amica, e mia cognata, è piccola solo per modo di dire. La sua statura e il suo fisico minuto la fanno sembrare una ragazzina, anche più piccola di me. In realtà ha ventisei anni, tre in più della sottoscritta.
I suoi capelli corvini, corti e con le punte sparate in tutte le direzioni, si muovono ogni tanto a causa dell’aria condizionata accesa e ogni tanto si vede il piccolo fermaglio pieno di strass, che ha appuntato su un lato, brillare come se si trovasse sotto il sole. Alza gli occhi, sorridendomi e facendomi cenno di avvicinarmi a lei.
-Siediti un secondo. Finisco di cercare una cosa e poi te la mostro. Vuoi un po’ di caffè intanto? O del tè freddo?- chiede, riportando gli occhi e il naso in mezzo alle scartoffie.
Scuoto la testa, sorridendole e togliendomi finalmente gli occhiali da sole.
-No, sono a posto così. Sei da sola oggi?- chiedo, vedendo che è l’unica persona presente nel locale.
Di solito con lei ci lavora anche una ragazza, Lauren.
Lauren ha la mia stessa età e abbiamo frequentato insieme lo stesso liceo, ma non siamo mai state molto amiche. A scuola, nei corridoi, ci scambiavamo giusto il banale e semplice “ciao”.
Adesso invece non c’è quasi più neanche quello. Io vengo di rado a Napa, giusto per trovare i miei genitori, i miei amici e per fare un po’ di spesa quando la nonna non può venirci, mentre lei è troppo impegnata a rimorchiare e a credersi chissà chi per considerare gli altri. Di questo passo non verrà neanche più a lavorare, da quello che vedo.
Alice sbuffa, capendo a chi mi sto riferendo.
-Lascia perdere, sta diventando una situazione assurda! Ma non voglio parlare di Lauren-sono-troppo-figa-e-gagliarda. Ho altro di cui discutere con te adesso!-
Inarco le sopracciglia proprio nello stesso momento in cui lei riesce a sfilare una serie di fogli dal mucchio, senza far cadere tutti gli altri a terra. Si sporge verso di me, che mi trovo dall’altra parte della sua scrivania, sorridendomi.
-Ecco il programma di quest’anno! Ho faticato un sacco a trovare un altro campeggio nel Maine, ma alla fine ci sono riuscita!-
Il suo sorriso estasiato mi contagia, anche se non capisco per quale motivo abbia dovuto cambiare campeggio.
-Non potevamo tornare in quello dell’anno scorso?- le chiedo. Eravamo stati bene, il cibo era buono e lo svago non mancava, e la natura e il paesaggio che ci circondava non era male.
Alice mi guarda male. -Pensi che dopo quello che hanno combinato Zac Efron e Jesse McCartney al loro bungalow vi avrebbero fatto tornare tranquillamente? Quando hanno saputo chi era che li stava chiamando hanno riappeso il telefono senza dire nulla-.
Mi mordo le labbra per la brutta figura che l’anno scorso ha fatto l’agenzia di viaggi di Alice, ma anche perché quel ricordo è talmente assurdo che mi fa ancora venire da ridere. Mi trattengo però, sapendo che la persona che ho di fronte può reagire male alla mia reazione.
I due bambini che ha citato Alice, per l’appunto Zac e Jesse, avevano avuto la brillante idea di accendere un fuoco dentro il loro bungalow in piena notte perché volevano abbrustolire i loro marshmallow, non essendogli bastati, evidentemente, quelli che avevano mangiato insieme al resto del gruppo qualche ora prima.

Ma non tutto andò secondo i loro piani.
Li scoprimmo presto per fortuna, ma ormai avevano già combinato un bel po’ di danni: una cassapanca e alcune sedie andarono bruciate, e a causa del fumo loro e gli altri due bambini che erano presenti nel bungalow si beccarono una lieve intossicazione da fumo. Non era nulla di grave, per fortuna, ma ciò costò loro la fine dei campeggi estivi. E anche i nostri soggiorni futuri in quel campeggio, a quanto pare.
-Già, hai ragione- commento, e involontariamente sulle labbra mi scappa un sorriso.
Alice arriccia le labbra ma non dice nulla, decidendo di lasciar correre e di riportare la sua attenzione sui fogli che sono poggiati sulla scrivania. Lo faccio anch’io, curiosa di scoprire cosa ha organizzato per la nuova gita estiva.
-Allora, ho trovato un nuovo campeggio: è completamente dall’altra parte del Maine, ma è molto simile a quello dell’anno scorso, e ci sono più attività da svolgere. Ah, e si trova proprio sul lago Sebasticook!- mi spiega, entusiasta.
-Naturalmente, come l’anno scorso dovete prendere un aereo: arriverete a Bangor con questo e poi con un pulmino arriverete a destinazione. Tutto chiaro?-
Annuisco.
-Tutto chiaro, praticamente la solita storia di tutti gli anni.-
Alice sorride.
-Esattamente!-
Mi porge i fogli che mi ha mostrato fino a quel momento.
-Questa copia è per te, giusto per documentarti meglio. Io ne ho una salvata sul computer e, come sempre, per qualsiasi problema puoi chiamare qui. In fondo alla lista ho messo anche una lista con tutti i bambini che parteciperanno quest’anno-.
La lista dei nomi è proprio quello che vado a vedere, preferendo leggere il programma e le varie documentazioni che ha fatto Alice con più calma a casa. Vedo che quest’anno i partecipanti sono trentasei, otto in più rispetto all’anno scorso, e che tra di loro c’è anche la piccola Amy, la nipotina di Alice. Per il resto rimango delusa quando non trovo i nomi di Zac e Jesse, anche se so perfettamente che a loro è vietato il campeggio per tutto il resto della loro vita.
Sono due bambini vivaci e casinari, è vero, ma sono anche tanto simpatici! L’anno scorso erano stati senza dubbio gli intrattenitori del campeggio e superavano di gran lunga anche gli addetti e gli animatori che ci lavoravano.
-Quand’è che si parte?- chiedo, mentre rimetto in ordine i fogli e riporto lo sguardo su di lei.
-Il cinque Luglio, subito dopo il giorno di festa. Partirete nel tardo pomeriggio e la mattina dopo arriverete a Bangor. Starete lì per sei settimane, fino al 15 di agosto e il 16 si ritorna a casa. La partenza è fissata per quella mattina alle undici. Che ne pensi?- mi spiega tutto in un fiato e devo dire che come sempre ha fatto un buon lavoro.
-Penso che sei la migliore, Alice, sul serio!- le rivolgo un enorme sorriso, mentre lei ride divertita.
-Benissimo! Quindi, adesso posso anche comunicarti la novità di quest’anno-.
Si rilassa sulla sua poltrona rossa imbottita e sospira, sorridendo.
Inarco un sopracciglio.
-Quale novità?-
-Quest’anno avrai un collega, mia cara. Ti aiuterà a tenere sott’occhio tutti i bambini, tanto per evitare che combinino troppi danni come l’anno scorso.-
Sbuffo. È la prima volta in tre anni che Alice decide di inserire un secondo accompagnatore nella gita. Non mi da fastidio la cosa, soprattutto perché so che ha ragione e che una mano in più a tenere sott’occhio trentasei bambini fa comodo. Spero solo che abbia trovato qualcuno valido e che sappia a cosa va incontro. E spero per lei che non lo abbia fatto per aiutarmi a trovare un fidanzato.

Sono secoli che cerca di spronarmi a trovarne uno.
-E chi è? Devi dirmelo, lo conosco almeno?- chiedo, cercando di sapere qualcosa in più su di lui.
Alice annuisce. -Lo conosci, sì, ma al momento non si trova qui. Tornerà tra qualche giorno, credo, ma sta venendo la sorella a prendere la copia del programma e per dirmi quand’è che tornerà con più sicurezza.-
Mentre Alice parla la porta dell’agenzia si apre di scatto. Mi volto, trovando così sulla soglia una Leah alquanto accaldata, che cerca di riprendere fiato a grandi boccate.
-Ciao Leah- la saluto.
Lei, ricambiando il mio saluto solo con la mano, si avvicina a noi dopo aver chiuso la porta e si siede sulla sedia accanto alla mia, passandosi stancamente una mano sulla fronte sudata.
–Scusate, scusate il ritardo-, dice, respirando ancora velocemente. -Abbiamo avuto un po’ da fare all’ambulatorio-.
Alice le lancia un’occhiata preoccupata e allo stesso tempo minacciosa.
-Leah, ti avevo detto che potevi fare tutto con calma! Come vedi Bella è ancora qui, le ho giusto giusto finito di spiegare le ultime cose.-
Lei scuote le spalle, sospirando ancora.
-Non fa niente, sul serio. Questo caldo ci ucciderà tutti, quest’anno!-
-Tieni, cara, prendi un po’ di tè.-
Alice le passa un bicchiere e una caraffa di vetro piena di quello che sembra tè al limone, con tanto di fettine galleggianti sulla superficie.
-Comunque… tuo fratello ti ha detto quand’è che tornerà a casa?-
-Seth? Quindi è lui il mio collega?- chiedo, facendo scorrere lo sguardo da Leah ad Alice e viceversa.
Mi risponde Leah dopo che si è scolata quasi mezza caraffa di tè.
-Sì, è lui. Ha detto che quest’anno voleva passare una vacanza diversa rispetto alle altre e ha deciso di prendere parte al progetto. Tornerà la prossima settimana, forse martedì o mercoledì. Sta aspettando che escano i risultati degli ultimi esami e poi rientrerà dal college.-
Ho smesso di ascoltarle colpita dalla nuova informazione. Sono sollevata che si tratti di Seth. Lo conosco da qualche anno ormai, da quando Jacob ha conosciuto Leah e so per certa che è un bravo ragazzo. E anche che con lui non mi devo per nulla preoccupare. Ha la testa sulle spalle e in più ho la conferma che quella pazza di Alice non sta cercando di fare da Cupido.
Seth mi piace, sì, ma è più piccolo di me di tre anni ed è mio amico, come io sono sua amica. Non potrà mai esserci nulla tra di noi.
-Alice, devi dirmi altro oppure posso andare?- chiedo, attirando la sua attenzione.
-Vorrei tornare a casa a dare un’occhiata in azienda-.
Lei scoppia a ridere, così come Leah.
-Strano che non ci sei ancora andata! Meno male che per quelle poche settimane in cui sei via darai un po’ di tregua a chi dovrà restare a lavorare.-
-Sì sì…- fingo di ascoltarla mentre mi metto gli occhiali da sole.
-Ci sentiamo Alice, salutami Jasper… ah, digli che il suo prezioso vino se lo vuole deve venire a prenderselo di persona stavolta! La nonna vuole vederlo, non si è più fatto vivo e gli manca.-
-Riferirò, salutami tanto la signora Isabella.-
-Se ti sente che la chiami così, Alice… ormai anche per te è semplicemente “nonna”!- le faccio notare con un sorrisino.
Lei alza le spalle.
-Non posso farci nulla, non riesco a chiamarla in quel modo!- si giustifica ridendo.
Saluto Leah, che si sta documentando sul programma della gita, ed esco dall’agenzia. Mentre mi avvicino alla mia macchina, non posso fare a meno di pensare a quello che accadrà durante l’estate.
Sarà sicuramente divertente come le altre e naturalmente spero che non accadano casini simili all’incidente dell’anno prima.
Ma mentre avvio il motore e mi preparo a tornare a casa, non penso minimamente che durante questa vacanza la mia vita potrebbe cambiare di nuovo…
 
 
 
 

_______________________________
Eccomi qua! Ve l’avevo promesso che tornavo :D
Questa nuova storia è nata per caso, e la trama è venuta fuori all’improvviso tanto che ho dovuto scriverla su carta per evitare di dimenticarla XD  
In questo primo capitolo conosciamo Bella e quello che è il suo lavoro e la sua vita, cioè i vigneti e la produzione dei vini. Ho approfittato di questa storia e ho fatto un rapido ripassino su come si fa il vino… sono andata a recuperare i miei vecchi libri di scuola, alle volte possono tornare utili XD
Il campeggio, il vero posto dove si svolgerà la storia, comparirà nei prossimi capitoli e la maggior parte della storia si svolgerà lì; dopotutto, la trama ha preso vita proprio grazie alla foto di un campeggio :)
Va bene, smetto di chiacchierare XD ma prima ringrazio tutte voi che avete letto questo primo capitolo e anche chi lascerà una recensione, vi ringrazio già da adesso! E per finire ringrazio la mia cara pazza Meredhit, mia pre-reader che corregge anche i capitoli (per sua sfortuna XD) e anche la mia amorina Ever Lights che ha realizzato la bellissima copertina della ff *-* vi voglio tanto bene ragazze! Tanto tanto *-*
Adesso vi saluto, e vi lascio un paio di foto per mostrarvi il posto dove abita Bella :)
Qui abbiamo la sua casa in campagna
 
 

E qui il suo vigneto
 
 

Alla prossima, un bacione a tutte :*
KrisC 

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Capitolo 2
*** I hate shopping con Alice ***


The camp of love - Capitolo2

Buonaseeeeera!
Arrivo adesso adesso con il nuovo capitolo! Vi auguro buona lettura e… ci vediamo di sotto ;)  

 
 
 

 Cover

 
 
 

The camp of love

 
 
 

Capitolo due – I hate shopping con Alice
 
 
 

01/07/2010
 
- Te lo chiedo ancora una volta, Bella… perché non vuoi venire con me? - la voce supplichevole e a tratti irritata di Alice mi giunge alle orecchie, facendomi ridere, sbuffare e alzare gli occhi al cielo nell’arco di pochi secondi.
- Perché non voglio! Andare a fare spese con te è un trauma per la sottoscritta! - le rispondo senza fare troppi giri di parole.
Sistemo il telefono tra il collo e la spalla mentre la sento sbuffare dall’altro lato della cornetta. Afferro con disinvoltura un paio di calzoncini dal cassetto e li osservo distrattamente, sistemandoli poi nel mucchio che si è creato sul letto e che rappresenta la maggior parte dei vestiti che, probabilmente, metterò in valigia.
- Questa volta non lo sarà, te lo prometto! Per favore Bella, accompagnami… è una buona occasione per te, ne puoi approfittare per prendere qualcosa di utile al campeggio! - Alice non demorde e cerca di convincermi, giocando la carta della vacanza.
Alzo di nuovo gli occhi al cielo, anzi al soffitto; non ho bisogno di fare nessuna spesa per il campeggio, la cui partenza è imminente… e il mucchio di vestiti che si trova sul mio letto ne è la prova.
- Se vedessi il mio letto in questo momento, Alice, capiresti che non ne ho per niente bisogno - la informo, voltandomi verso la cassettiera, osservando il contenuto quasi vuoto dei vari cassetti.
Alice sbuffa di nuovo. - Sei una guastafeste, una vera guastafeste! Ed io che volevo portarti a prendere anche il gelato!
Rido e mi passo distrattamente una mano tra i capelli. Passo poi a sedermi sul letto, evitando accuratamente la montagna che ho creato poco fa.
- Il gelato posso mangiarlo anche qui a casa. La nonna ne ha sempre una bella scorta nel congelatore, - mentre parlo, sento uno strano rumore dall’altra parte della linea, che riesco a riconoscere facilmente.
- Stai per caso guidando?
- Tu non vuoi venire con me, io ho bisogno di fare shopping… quindi sì, sto guidando e sto andando al centro commerciale!
Inarco un sopracciglio, - Non ti sarai mica arrabbiata… sei arrabbiata?
- Non sono arrabbiata, ma la tua compagnia mi avrebbe fatto piacere, - schiocca la lingua.
- Stai sempre rintanata lì in campagna, ti sposti solo per andare ai vigneti e allo stabilimento, non ci vediamo da quasi due settimane… è ovvio che la tua compagnia mi faccia piacere!
Mi mordo la lingua. Alice ha ragione nel dire che non mi sposto molto spesso dalla campagna, e quindi da casa, ma c’è un motivo per cui non lo faccio e lei lo sa bene. Sono davvero molto legata al mio lavoro e cerco sempre di fare tutto quello che è nelle mie capacità per renderlo migliore… non è colpa mia se così facendo annullo il mio tempo libero.
- Sai che mi piace stare insieme con te, ma sai anche che ho il mio lavoro da svolgere, - Alice m’interrompe prima che possa dire altro.
- Sì Bella, lo so questo… ma so benissimo che puoi anche dare uno strappo alla regola e allentare un po’ i tuoi ritmi! È per questo che vai in campeggio, no? Per svagarti e per riposarti come si deve prima della nuova vendemmia e della nuova produzione.
-Sì è vero, ma, - non riesco a finire di parlare neanche questa volta.
- Allora puoi prenderti tranquillamente anche un pomeriggio libero! Dai, vieni con me!
Tenta di convincermi nuovamente, mentre sento che il motore della sua macchina si ferma. Deve essere appena arrivata a destinazione.
- Ci divertiamo, dai dai dai!
- Ma se sei appena arrivata! E poi preferisco affrontare la vendemmia tutti i giorni dell’anno piuttosto che andare a fare spese con te! - esclamo. Mi sdraio sul letto e sbuffo ancora, chiudendo gli occhi.
- No, non sono arrivata. Ho fatto una piccola tappa e poi vado, - m’informa.
Sento che sta camminando e mi sembra quasi di percepire il rumore che fa i passi di una persona sulla ghiaia.
- Ecco, allora fa la tua piccola tappa e poi riparti… e non cercare di convincermi ancora!
In quel preciso momento il campanello di casa suona una due, tre volte. Forse è la nonna che si è dimenticata le chiavi di casa e non sa come rientrare. Ogni tanto se ne scorda, ma stavolta è fortunata visto che ci sono io e non è destinata a restare fuori la porta con quel caldo infernale.
Mi alzo dal letto, diretta alla porta socchiusa della mia camera. - Adesso ti lascio Alice, devo andare ad aprire la porta alla nonna.
- Non ci provare neanche! Sei al cellulare, puoi benissimo andare ad aprire senza chiudere la chiamata… e poi devo ancora convincerti a venire insieme con me!
Odio quando fa così, non si arrende mai! Maledetta nanerottola!
- Tanto non ci vengo con te, è inutile che insisti!
Percorro il corridoio e scendo le scale di fretta, guardando con insistenza la porta di casa.
- Tanto lo sai che vinco sempre io, no? E anche stavolta le cose non andranno diversamente!
Mugugno tra me ed evito di dire qualcosa di spiacevole a mia cognata. Resto in silenzio per quei pochi secondi che impiego per aprire la porta alla nonna… solo che la persona che ho di fronte non è lei, come avevo pensato.
- Che diavolo ci fai qui?
Alice mi sorride mentre scosta il telefono dall’orecchio e chiude la chiamata. Si toglie gli occhiali da sole ed entra in casa, scansandomi in maniera poco gentile.
- Che bella accoglienza! Comunque sono venuta a prenderti: andiamo a fare shopping!
Chiudo la porta velocemente e torno a osservarla mentre si dirige verso il salotto tranquillamente, come se fosse a casa sua.
- Non ci vengo a fare shopping con te! Quante volte te lo devo dire?
Solo dopo che ho parlato, mi accorgo di avere ancora il cellulare premuto contro l’orecchio; lo allontano, gettandolo sul divano dove si è seduta la nana. Lei mi guarda come se non gli avessi appena urlato contro, con calma e con un sorriso tranquillo che non mi piace per nulla.
- Certo che ci vieni! Ti do giusto una decina di minuti per cambiarti e rinfrescarti e poi andiamo via. Posso prendere qualcosa da bere nel frattempo? - Alice parla mentre mi guarda super convinta delle sue parole.
La guardo male, ormai rassegnata. La conosco e so che non si schioderà da casa mia prima di aver ottenuto quello che vuole, ossia trascinarmi con lei in una seduta odiosa e per nulla tranquilla di shopping.
Prima di salire di nuovo al piano di sopra faccio un ultimo tentativo per togliermela dalle scatole.
- Non può venirci Jasper per una volta?
Alice inarca le sopracciglia, - Jasper sta lavorando, in questo momento è sommerso nella realizzazione di un nuovo sito Internet per un’azienda di cui non ricordo il nome. Adesso smettila di cercare di svignartela e vatti a cambiare!
Sospiro desolata all’idea della tortura che mi attende e faccio per uscire dal salotto, quando vedo entrare silenziosamente Principessa. Seguo con gli occhi il suo percorso, fino a quando non salta sopra alla poltrona e si acciambella tranquilla.
Un’idea cretina nasce nella mia testa.
- Alice, forse fai meglio a uscire dal salotto. Sai, Principessa non è mai troppo tranquilla con persone che conosce poco bene.
Lancio occhiate continue alla gatta e a mia cognata. Una osserva disinteressata un punto di fronte a lei, agitando ogni tanto la coda vaporosa, e l’altra osserva me con un cipiglio ancora più severo e sbuffa.
Alice si alza dal divano e si avvicina alla poltrona, dove si trova Principessa. Per un piccolo breve istante spero che la gatta diventi mia alleata e graffi quelle belle manine che si ritrova. Purtroppo spero male, perché assisto a una scena che mi lascia senza parole.
Alice prende in braccio Principessa e se la stringe al petto, per poi cominciare a carezzarle il pelo folto e di un bianco quasi innaturale.
- Bella Principessa, ma secondo te questa scema qua capisce qualcosa?
Principessa ovviamente non le risponde (come può risponderle? È un gatto!) e sembra che si stia godendo le coccole che Alice le sta regalando. Le fusa si sentono benissimo.
Ecchecavolo, per una volta che ho bisogno del suo carattere di merda non mi si fila per niente!
La mando a quel paese e le rifilo non so quanti complimenti poco carini nella mia mente, poi mi volto ed esco dal salotto.
- Vado a cambiarmi, - annuncio con poca vivacità e gioia.
Sono già sulle scale quando sento Alice urlarmi dietro che mi devo sbrigare e che va in cucina a prendersi qualcosa di fresco da bere. Mando a quel paese anche lei.
Impiego non più di cinque minuti a fare la doccia e ne impiego ancora di meno ad asciugarmi e vestirmi.
 Il fatto di avere tutto il guardaroba buttato sopra il letto aiuta tantissimo. Sistemo il cinturino dei sandali bassi che ho scelto di indossare e sono pronta, per il pomeriggio di shopping infernale.
Vado in cucina non appena ho finito di scendere le scale e trovo Alice seduta su uno degli sgabelli alti che si trovano davanti all’isola. Sta bevendo un bicchiere di succo di frutta e non è sola: insieme con lei c’è la nonna. Deve essere rientrata mentre io mi trovavo ancora sotto la doccia, in testa ha ancora il suo inseparabile cappello di paglia.
- Ah, guarda Alice, è arrivata! - nonna mi sorride prima di tornare a guardare quella che è diventata ormai sua nipote acquisita.
Alice termina di bere il suo succo di frutta e poi ride mentre mi lancia un’occhiata divertita.
- Hai fatto in fretta, devi aver preso sul serio le mie parole! - commenta e scende dallo sgabello.
Mi limito a non risponderle e cammino con passo spedito verso il frigorifero, lo apro e recupero da uno dei ripiani una lattina di Red Bull. Sto per affrontare il mio incubo peggiore, posso anche concedermela prima di andare via no?
- Dov’è che andate di bello, tesoro? - chiede nonna ad Alice. La ascolto distrattamente mentre apro la lattina e prendo un primo sorso della bevanda.
- Al centro commerciale giù a Napa. Volevo andare a fare un giro a San Francisco oggi, ma ormai è tardi per andare lì. Ci andremo la prossima volta per recuperare!
Il brivido che mi scorre lungo la schiena non è scaturito dalla bibita fredda che sto bevendo, ma dalle parole di Alice; una giornata intera a San Francisco con lei per le vie dello shopping, perché so che mi coinvolgerà nei suoi progetti. 
Ho deciso, quel giorno mi fingo malata.
Scaccio quel pensiero dalla testa e mi volto, guardando così direttamente la nonna e Alice che stanno ancora chiacchierando tra loro. Mi avvicino, bevendo di nuovo dalla lattina.
- Prendi qualcosa di carino per te, tesoro, - mi dice nonna con un sorriso sulle labbra. - Non solo per il campeggio, ma anche per gli altri giorni… sei così bella!
- Ecco, sign… nonna, diglielo anche tu! Se glielo dico io, non mi ascolta, è peggio di un mulo!
- Ma Alice tu mi rimbambisci sempre! Che ci posso fare, non è mica colpa mia! - ribatto, poggiando con un colpo sonoro la lattina sull’isola, tanto che rischio di far fuoriuscire il suo contenuto.
Nonna scoppia a ridere, Alice, invece, sembra quasi che voglia darmi fuoco con lo sguardo cattivo che mi sta lanciando. Lo sostengo fermamente, riprendo a bere la mia bibita e rischio quasi di soffocarmi per cercare di trattenere una risatina.
Quando litigo con Alice, non riesco mai a restare arrabbiata per molto tempo, sia perché non sono capace di restare con il broncio troppo a lungo, sia perché spesso e volentieri la sua faccia offesa/indignata/sconcertata mi fa ridere. È più forte di me, e col tempo ci ho fatto l’abitudine.
- Comunque, nonna?
Cambio argomento e distolgo lo sguardo da Alice che mi guarda ancora male, - Ti serve qualcosa? Poiché sono costretta ad accompagnare Alice ne approfitto e prendo qualcosa anche per te.
-Oh, no, no cara! Non ho bisogno di nulla, davvero! - scuote la testa e mi sorride.
- Ma tu prendi comunque qualcosa che ti piace, te lo compro io!
Stavolta sono io quella che scuote la testa e non perché non voglio che nonna mi compri qualcosa, ma perché non voglio che spenda i suoi soldi inutilmente.
Parlando chiaro, non è che abbiamo poi tutti questi problemi con i soldi, anzi, ne abbiamo anche troppi! Ma non sono una di quelle persone che non appena ha un gruzzolo da spendere lo fa fuori in cinque minuti. Spendo il minimo indispensabile e la cosa deve essersi capita dal fatto che non adoro fare shopping e altre cose. Se proprio devo spendere, utilizzo i miei soldi.
È per questo che non voglio accettare i soldi che la nonna mi sta porgendo in questo momento. Sono 50 dollari, neanche così tanti se ci penso su, ma mi sento ugualmente a disagio.
- No, nonna, davvero non è necessario! - dico, allontanando gentilmente la sua mano che stringe la banconota.
Lei mi guarda risentita, - Ma perché no? Dai, prendi i soldi e comprati qualcosa di carino!
Dire ancora di no e insistere con lei è una causa persa. È veramente inutile affermare che la nonna è anche peggiore di Alice quando ci s’impegna. Mi ritrovo, per la seconda volta in neanche venti minuti, ad accettare quello che mi viene detto.
Sono sottomessa peggio di un cane oggi, non c’è niente da fare.
Accetto i soldi che la nonna mi porge e li infilo nella tasca dei calzoncini in jeans. So già che resteranno in quel posto per tutto il resto del pomeriggio. Non ho nessuna intenzione di spenderli, al massimo al mio ritorno a casa li rimetterò nel suo portafoglio.
-Grazie.
Nonna mi sorride, avvicinandosi e stampandomi un sonoro tenero bacio sulla guancia; ricambio senza indugiarci troppo, stringendola poi in un abbraccio veloce e scivolando via dalle sue braccia.
- Alice, se vuoi andare a fare shopping sfrenato sarà meglio andare! - esclamo mentre esco dalla cucina.
Il mio richiamo speranzoso e sbrigativo però non ha l’effetto che speravo; Alice mi raggiunge dieci minuti dopo nell’ingresso di casa, trafelata, mentre io ho avuto tutto il tempo necessario per controllare la borsa, sistemare gli occhiali da sole sul naso e passarmi a più non posso le dita tra i capelli. Ho anche messo il lucidalabbra all’albicocca, tanto per dirne un’altra.
- Fortuna che andavi di fretta, - commento mentre la osservo che dà una sbirciata allo specchio e si dà una scrollata ai capelli.
- Nonna mi stava salutando e mi ha fatto promettere di passare più spesso qui… naturalmente la cosa vale anche per tuo fratello, - fa per prendere la borsa ma non la trova da nessuna parte, -accidenti, l’ho lasciata in salotto! Torno subito!
- Sì sì, fai con calma! - dico mentre la vedo sparire oltre il corridoio.
Apro la porta di casa, stanca di starmene immobile come uno stoccafisso nell’ingresso ed esco all’aperto, fermandomi all’unico pezzo di ombra che è rimasto in quel posto.
Comincio quasi a pensare che presto finirò per bruciarmi i piedi, lasciati scoperti dai sandali, quando vedo Alice uscire da casa e sbatterla un po’ troppo forte.
- Sai, credo che non si sia chiusa bene… dovresti controllare, che ne dici? - ridacchio e lo sguardo nervoso e scioccato di Alice incrocia il mio.
- Ridi pure, brava! Ma… ma mi dici che diavolo ha quel gatto? - domanda quando mi avvicino a lei. Inarco le sopracciglia mentre lei sta già cominciando a scendere i pochi gradini.
- Principessa non ha niente, lo hai visto anche tu prima, - sono confusa, lo ammetto.
- Quello che ho visto prima non era lo stesso gatto! - esclama, voltandosi verso di me, mentre comincia a camminare all’indietro.
- Era buona buona prima, e quando sono andata a prendere la borsa sembrava che volesse uccidermi! Ha tirato fuori le unghie, Bella, e stava certamente aspettando il momento giusto per saltarmi addosso!
Non posso fare a meno di sorridere quando sento quella notizia: la gatta-che-ti-affetta è tornata! Ed io che pensavo avesse cambiato quel caratteraccio che si ritrova…
- Le prossime volte impari a darle meno confidenza!
Mi avvicino alla mia macchina e faccio per cercare le chiavi dentro la borsa quando sento Alice richiamarmi. Mi volto, guardandola con occhi confusi, anche se lei non può vederli a causa delle lenti scure degli occhiali.
- Dove stai andando?
- A prendere la macchina, - rispondo, cercando di trattenermi dal fare battute sarcastiche. Non era ovvio?
- Non se ne parla nemmeno! Vieni con la mia macchina, tu sei capace di fare marcia indietro e di tornartene a casa senza dirmi niente!
- Ma non è più comodo se prendo la macchina anch’io? - insisto. - Dopo sei costretta a fare su e giù per riaccompagnarmi…
Alice scuote la testa, -Non fa niente, tanto ho tempo da perdere e Jasper farà tardi a cena… allora? Ti vuoi muovere? Vieni qua!
Sbuffo, grattandomi la testa, mentre mi allontano dalla mia piccola macchinina e mi avvicino al mostro su quattro ruote di Alice. Il pomeriggio sta già prendendo una brutta piega e può andare solo peggio… ne sono sicura.
 

-
 

Che cosa avevo detto prima? Il pomeriggio sta andando peggio di com’è iniziato.
Siamo arrivate al centro commerciale da neanche quindici minuti e Alice mi ha già fatto entrare in cinque negozi; ha visto di tutto, scarpe, vestiti, pantaloni, maglie, accessori, ma non ha comprato ancora niente.
Una vocina bizzarra dentro la mia testa, terribilmente somigliante a quella fuori campo del telefilm “Gossip Girl”, mi suggerisce che Alice ha ancora l’intero pomeriggio a disposizione per fare acquisti. Io, però, comincio già a rimpiangere il fatto di essermi fatta trascinare nella sua ennesima pazzia estiva.
Perché Jasper non si è scelto una compagna più tranquilla? Perché? Proprio una maniaca isterica dello shopping doveva accalappiarsi!
- Uh, guarda Bella! Guarda là! - Alice indica con il dito l’ennesima vetrina dell’ennesimo negozio cui passiamo davanti, pieno di abitini e di abbigliamento sportivo sui toni del turchese. - Dobbiamo entrarci assolutamente! Voglio che provi quel vestito!
- Ma cosa ci faccio con quel vestito là? - esclamo, vedendo il modello che mia cognata mi vuole far provare. - Devo andare in campeggio, Alice, te lo ricordi? Che cosa mi serve un vestito in campeggio?
In realtà avrei voluto tanto dire “Che cosa faccio con quello straccio là?”
Poiché l’abito che m’indica somiglia più a un pezzetto di stoffa che a un vestito. E poi non lo metterei neanche morta, io non sono tipo da vestitini inguinali e tacchi a spillo.
- Va bene, allora quello non lo proviamo. Però almeno un vestitino carino, carino lo compri e lo metti in valigia. Non si sa mai quello che potrebbe succedere in quelle settimane!
Mentre parla, Alice mi trascina all’interno del negozio e fa vagare lo sguardo tra i vari scaffali ed espositori. Mi lascia andare per guardare non so cosa ed io decido di non seguirla e di lasciarla svagare un po’.
Sto squadrando e commentando negativamente col pensiero un completo esposto su di un manichino notevolmente anoressico, quando Alice spunta fuori come un fungo nel bosco. Sorride apertamente, ma tanto apertamente che potrei contarle con tutta tranquillità i denti bianchi, mostrandomi tutti i vestiti che ha trovato, tenendoli per le rispettive stampelle.
Sono tre, di modello e di colore diverso, ma solo una cosa non cambia: la lunghezza.
Sono tutte e tre corti, al massimo mi potranno arrivare a metà coscia, ma nel complesso sono carini. Qualche volta Alice ci azzecca con i miei gusti, ma solo qualche volta.
- Allora? Che ne pensi? - mi domanda, agitando le stampelle.
Li guardo un po’ perplessa per qualche minuto, prima di darle una risposta. - Non lo so… sono belli, ma non sono un po’ troppo corti?
Alice sbuffa. - Mamma mia, per te i vestiti sono tutti troppo corti! Hai delle belle gambe, sfoggiale ogni tanto no?
- Che cosa sto facendo in questo momento secondo te? - indico con il dito il paio di calzoncini che indosso, lungo fino a metà coscia; non posso proprio dire di essere coperta, la maggior parte della mia pelle è ben visibile a tutti i clienti del negozio.
Lei sbuffa di nuovo. - Provateli e poi vedi se cambi idea - dice infine, porgendomi i tre vestiti e indicandomi uno dei tanti camerini presenti su di una parete.
Faccio in fretta a provarli tutti, scartandone senza esitazione due perché veramente troppo corti e tenendo in considerazione invece il terzo, che mi piace moltissimo. È verde smeraldo, lungo fino a poco sopra il ginocchio e il tessuto è di leggero cotone; le spalline sono sottili e ha una gonna sbarazzina. Sembra quasi uno di quei vestiti che indossi per andare al mare.
Esco dal camerino, tenendo tra le mani il vestito e vado incontro ad Alice che sta osservando alcune maglie esposte. Si volta quando si accorge che la sto raggiungendo e mi guarda attentamente. - Allora? - domanda subito, senza perdere tempo.
Le mostro il vestito che ho in mano, sorridendo. - Prendo questo!
Il sorriso sulle sue labbra si apre in fretta, seguito subito da un suo gridolino che fa voltare molte clienti e un paio di commesse; non ho ancora capito come fa a essere felice per qualcosa che non ha comprato lei… ma forse non lo capirò mai.
- Io te l’avevo detto che cambiavi idea! Te l’avevo detto! E questo colore è bellissimo, s’intona perfettamente con i tuoi occhi grandi e scuri… mamma mia, Bella, tu quest’anno al campeggio rimorchi!
- Frena frena! - blocco subito i suoi vaneggiamenti. Sta correndo troppo con la mente e ancora non sono partita per la vacanza. - Ho solo deciso di comprare questo vestito, non significa mica che ci andrò a rimorchiare!
- Se se, come dici te.
Alice mi toglie il vestito dalle mani e si dirige alla cassa per pagare. Mica vuole pagarlo lei?
- Lascia stare Ali, ci penso io.
La raggiungo e la scanso per evitare che paghi il mio acquisto; già non voglio che lo faccia la nonna, non serve che ci si metta anche lei.
- Certo che ci pensi tu! Lo stavo solo portando alla cassa, non è questo che ti voglio regalare oggi!
La guardo in viso, confusa e incuriosita, mentre la commessa imbusta il vestito e controlla il prezzo, ma non riesco a trovare una spiegazione sensata alle sue parole.
Che cosa vuole comprarmi quella stramba folletta bacata? Scarpe? Un altro vestito? Vuole comprarmi un set di sopravvivenza per quando mi dovrò avventurare in un’escursione nei boschi del Maine nel caso in cui mi dovessi perdere? Mio padre l’anno scorso me l’ha regalato sul serio ed è ancora intatto, piccolo dettaglio da trascurare. Ma vuole regalarmene per caso uno nuovo? Si è messa d’accordo con poliziotto Charlie?
Penso al set di sopravvivenza e ad altre varie supposizioni, una peggiore dell’altra, per non so quanto tempo. Lo faccio quando esco insieme ad Alice dal negozio, lo faccio quando mi sommerge di pantaloni, canottiere e maglie che vuole provare e lo faccio quando sono seduta accanto a lei che si sta provando l’ennesimo paio di scarpe vertiginose.
Molto probabilmente lo farei anche in bagno, ma per adesso escludo la cosa visto che nessuna di noi due deve andarci urgentemente.
- Mi vuoi dire cos’è che mi devi regalare? - le domando quando siamo di nuovo a zonzo per il centro commerciale, Alice è piena di buste e ancora non ho capito come fa a tenere tutti i manici tra le mani. - Mi hai messo la pulce nell’orecchio e adesso non riesco a smettere di pensarci…
- No, non te lo dico perché so che ricominci a scocciare come tuo solito che è roba che non ti serve e che se anche te la comprassi non indosserai mai e poi mai! - mi lancia un’occhiata divertita e anche un po’ da saputella, una che sa insomma quello che dice. - Quindi taccio e scoprirai di cosa si tratta quando arriveremo al negozio!
- Sei cattiva! - commento aspra, sbuffando subito dopo.
Alice ride. - Non sono cattiva, mi diverto solo a farti patire un pochetto.
- Sei cattiva ugualmente per me, punto e basta!
Questa volta Alice non risponde, anzi si limita a farmi un cenno con la testa e a indicarmi un punto che è poco distante da dove ci troviamo in quel momento. È un’ala del centro commerciale che ho sempre odiato e mi basta solo sentire il nome dei negozi che ci sono per farmi accapponare la pelle.
- No! Alice, te lo scordi proprio! Non ci metto piede là dentro!
Mi blocco all’improvviso e spalanco la bocca, Alice invece continua a camminare tranquillamente ignara dei miei movimenti. Dopo un paio di metri si accorge che non mi trovo più al suo fianco e si volta, lanciandomi per l’ennesima volta un’occhiata raggelante e sconvolta.
- Ma perché ogni volta fai così? - domanda sconsolata, ritornando sui suoi passi e mettendosi di fronte a me. - Perché? Solo tu puoi essere così contraria a entrare in un negozio d’intimo!
- Forse perché odio comprare intimo?
Quella è senza dubbio la più stramba delle mie stramberie, tanto che anch’io faccio fatica a capire cosa mi ha potuto scatenare una simile avversione per quel capo di abbigliamento. So solo una cosa però: odio entrare in un negozio di quel genere e vedere esposti completini ridotti e dalle fantasie così disparate da poter fare concorrenza al vestiario di una squillo.
Quelle sono cose che io non sono abituata a comprare, figuriamoci a indossare! Il massimo che sono disposta a fare quando sgarro un po’ dalle mie regole, è acquistare capi colorati ma semplici allo stesso tempo e non troppo provocanti. Il leopardato, il tigrato e non so che altro motivo da prostituta lo lascio alle altre.
- Tu compri intimo solo perché sei costretta a farlo, se fosse per te, andresti in giro senza reggiseno e mutandine. Devo farti cambiare idea, sul serio! - Alice sbuffa e agita le mani piene di buste e sacchetti mentre parla, tanto che alcune di quelle mi colpiscono forte le gambe.
- Stai attenta! Comunque non puoi regalarmi tutta quella stramberia che c’è lì dentro! - cerco di farle cambiare idea, anche se so che è inutile.
- Certo che posso! Se tu non ti trovassi qui, insieme con me, farei la stessa e identica cosa, non servono le tue parole per impedirmi di comprarti un completino!
- Ma non lo metterò mai! - ribatto, giocandomi la mia ultima opportunità per scamparla.
Alice scuote la testa. - Non fa niente, te lo regalerò uguale. Potranno servirti un giorno Bella, che ne sai? Se non ingrassi e se trovi qualcuno cui farli vedere possono tornare utili, no? - smette di parlare con un sorriso malizioso sulle labbra rosse.
Qualcuno cui farli vedere? E questa da dove esce? Alice deve essersi presa o fumata qualcosa a mia insaputa.
- Ma dici sul serio? Come diavolo ti sono venute in mente certe cose? - il mio tono di voce è scioccato e curioso allo stesso tempo, non posso negarlo.
Non sono fidanzata, non mi sto sentendo o frequentando con nessuna persona al momento e quindi è da escludere anche la questione del sesso occasionale, non sono proprio il tipo da relazioni di quel genere.
Sta pensando per caso che potrei cominciare a farlo?
Seguo Alice all’interno del negozio, affollato per essere soltanto un pomeriggio di un giorno feriale, e non posso fare a meno di guardarmi intorno. Sono circondata da push up, reggiseni a balconcino, bustini, body molto osé e mutandine dalle dimensioni minuscole. Sembra quasi di essere in un sexy shop.

Voglio andare via…
Alice non ha il mio stesso pensiero, da quello che vedo; sta girando e saltellando come la folletta pazza che è, afferrando e tenendo sotto considerazione quello che gli piace. Noto con orrore che sono tutti di taglia piccola, almeno i reggiseni, adatti per le mie prugnette secche, piuttosto che per i suoi meloni maturi. Mi allontano da lei prima che decida di sequestrarmi.
Comincio a cercare qualcosa che mi piaccia sul serio e che possa sostituire i pezzi più vecchiotti presenti nella mia scorta d’intimo.
Non terrò mai in considerazione quello che Alice mi sta comprando/regalando, al massimo resterà a fare la muffa dentro all’armadio, dove li lancerò.
Trovo diversi completini che mi piacciono, tutti semplici e di mio gusto. Quello più diverso dagli altri e che mi piace anche di più è nero, con i bordini di pizzo bianco e con alcuni ghirigori che decorano le coppe, insieme alle mutandine coordinate.
Alice mi raggiunge e non so come diavolo ha fatto a trovarmi, quando sono all’interno del camerino e sono impegnata a provare ciò che mi piace; scosta la tendina proprio nel momento in cui sto per togliere il reggiseno che ho appena sganciato.
- Ma che sei scema? - urlo quasi, posandomi le mani sul petto per evitare che tutti osservino le mie vergogne. Non che siano poi chissà che, ma comunque non mi va proprio giù l’idea.
- Smettila di coprirti Bella. Ti ho già visto nuda, - mi dice lei con calma mentre entra nel camerino e occupa posto sopra a un pouf che c’è all’interno.
È l’unica cosa bella/brutta dei camerini di quel negozio: sono spaziosi, comodi e possono starci comodamente anche due/tre persone.
- Ma gli altri no, se permetti!
Sistemo meglio la tenda e mi riallaccio il reggiseno, osservando il suo viso compiaciuto e divertito.
- Che carino, mi sorprendi Bella! - indica con il dito il completino che ho indosso e poi alza il pollice in su, segno che approva.
- Lo avevo preso in considerazione anch’io… aspetta che lo levo dal mucchio!
Fruga tra i vari completini che ha poggiato sulle gambe e quello che vedo mi fa trasalire: non può davvero aspettarsi che io mi metta quella specie di rete da pesca che penzola dalla sua gamba. Spero che sia per lei.
- Questi sono tutti carinissimi, provali e non cercare neanche per un secondo di dirmi che non ti piacciono e che non li vuoi, tanto te li regalo lo stesso! - ride e prende tra il mucchio quello che è diventato da un minuto a quella parte il mio peggiore incubo. - Anche la stella marina!
Ah, la rete da pesca ha un nome? E pure appropriato devo dire. Poi vedo per quale motivo quella “cosa” si chiama in quella maniera: c’è, infatti, una stella marina proprio sul… sul pube. Sì, sul pube, l’unico punto coperto. Il resto è solo un intreccio strano di fili che non copre nulla.
Non la indosserò neanche morta!
- Va bene, provo tutto, tu però esci! Non mi va che mi guardi mentre mi spoglio e mi rivesto.
Alice non fa storie su quello che le ho detto ed esce fuori dal camerino. Forse perché è contenta che non stia facendo storie, ma quello che vuole lei.
Afferro la “stella marina” tra le mani e la guardo con disgusto e ribrezzo, poi leggo il cartellino e scopro con enorme piacere che quel mostro non può essere provato per motivi d’igiene.
Un po’ più tranquilla di prima comincio a provare tutti i completi che Alice mi ha portato e non posso certo lamentarmi; non è il mio genere e non mi sento a mio agio con quella roba addosso. I perizomi che provo mi danno un fastidio assurdo, ma la taglia è perfetta, non so come fa la nanerottola ad azzeccare la taglia al primo colpo. Me lo dovrò far spiegare.
Esco dal camerino un quarto d’ora dopo, vestita e con le braccia piene di completini. Mi guardo intorno per qualche secondo prima di avvistare Alice che sta parlando tranquillamente con una commessa, di non so quale argomento.
- Ah, eccoti qui! Allora? - domanda subito quando vede che sono tornata al suo fianco.
- Vanno tutti bene, ma questa, - indico la “stella marina”, - non l’ho potuta provare perché è vietato.
Spero che con questa spiegazione riesca a cambiare idea e non decida più di comprarmi quell’obbrobrio.
- Sì lo sapevo, ma tanto la taglia è unica… ti starà bene lo stesso, non preoccuparti.
Mi mordo l’interno della guancia per evitare di fare una scenata orrenda dentro il negozio. Non la voglio quell’oscenità dentro il mio cassetto, non la voglio!
 

-
 

Sono le sette e mezzo di sera quando, finalmente, Alice oltrepassa con la macchina il cancello di casa mia.
Sono stanca, la testa rischia di scoppiarmi per quanto mi fa male e come se non bastassero quelle due motivazioni, ho anche fame.
Cinque ore di shopping con Alice sono troppe, veramente troppe per la sottoscritta. La prossima volta, se veramente vuole andare fino a San Francisco per far vedere a tutti quanto è matta, cedo volentieri il mio posto a Jasper o a Rosalie, la sorella di questa scema. Magari lei la sopporta più di me, poiché c’è cresciuta assieme.
L’unica cosa positiva di questo pomeriggio snervante è che sono riuscita a prendere anche qualcosa che mi piace. Ho trovato due titoli nuovi da aggiungere alle mie letture e che molto probabilmente metterò in valigia, forse in campeggio avrò anche un po’ di tempo per leggere. Ho anche comprato un paio di scarpe nuove, da trekking, e qualche maglia e pantalone che andrà a completare la mia attrezzatura da campeggio.
Dire che sono più soddisfatta di questi acquisti, rispetto agli altri è poco… e poi qualsiasi cosa per me è più bella e soddisfacente della “stella marina”.
Ho paura che la rete da pesca diventerà il mio nuovo incubo, stanotte.
- Eccoci qua! - Alice ferma la macchina nello stesso posto di prima, poco distante dalla mia Mini e accanto al pick-up celeste della nonna. - Tornata sana e salva a casetta tua! Giacché non c’è nulla di male nel prendersi un pomeriggio libero ogni tanto?
La sua vocetta squillante non fa altro che rendere acuto il mio mal di testa. Passo una mano sulla fronte, scostando con le dita il ciuffo dispettoso che ogni tanto torna a trovarmi, e la guardo sconcertata.
- La mia testa non pensa la stessa cosa.
Apro lo sportello ed esco dalla macchina, passando poi a recuperare dai sedili posteriori i miei acquisti; sono lì perché nel bagagliaio non ci sono entrati, era tutto pieno a causa delle buste infinite di mia cognata.
- Che cosa fai domenica? È il 4 di Luglio, dobbiamo festeggiare!
Alice sporge la testa fuori dal finestrino e mi guarda mentre sistemo borsa e buste varie tra le mani.
Scrollo le spalle. - Siamo a pranzo da mamma e papà, poi non lo so… forse farò un salto in spiaggia oppure torno a casa e comincio a fare le valige.
- Ma anche noi siamo a pranzo da Charlie e Renée! - esclama tutta contenta. - Visto che ci ritroviamo alla fine? Dopo pranzo ti posso aiutare con i bagagli, per me non è un problema!
“Per me è un problema, eccome se lo è!” penso non appena sento che Alice si offre volontaria per quel compito.
L’ultima volta che ha fatto la mia valigia, in occasione di un meeting sui vini che si è tenuto l’anno prima a Los Angeles, mi ha fatto trovare non so quanti tipi di magliette scollate e minigonne inguinali.
Non vorrei trovarmi nella stessa situazione anche quest’anno, ma se resto insieme con lei, magari non fa troppi casini.
Annuisco. - Va bene, un aiuto fa sempre comodo.
Lei comincia a battere le mani come se gli avessi appena dato il consenso a fare qualcosa di entusiasmante e divertente. Non sapevo che riempire una o due valige fossero da classificare in quei canoni.
- Ah, vedrai, metterò tutto in ordine e non dovrai sudare sette camice per chiudere tutto! Posso metterci dentro tutti i completini intimi nuovi, i tuoi vestiti, qualche gonna… ti presto anche i miei tacchi a spillo, non si sa mai!
Inarco un sopracciglio. - A cosa potrebbero mai servirmi i tacchi a spillo nel bosco? A usarli come arma in caso di attacco di un orso?
- Cosa c’entrano gli orsi adesso? Se incontri qualcuno di carino che ti piace e che ti chiede di uscire non vorresti essere carina per lui?
Ecco di nuovo l’argomento Bella-che-va-al-campeggio-solo-per-rimorchiare. Ha quasi rotto con questa storia.
- Tu vuoi proprio vedermi accoppiata con qualcuno, vero? - domando con un sorriso.
Il fatto che voglia vedermi a tutti i costi impegnata mi scoccia un po’, ma mi fa anche ridere.
- Che ci posso fare? Sei sola da troppo tempo, ormai Josh non lo calcolo più. Se non sapessi che sei sessualmente attiva direi che sei ancora vergine! - Alice scoppia a ridere e le sue parole mi fanno arrossire.
- Cretina!
- Scema!
- Nana!
- No, nana, non me lo devi proprio dire! - sbuffa scocciata, ma alla fine scoppia a ridere. Si sporge ancora di più fuori dal finestrino e cerca di abbracciarmi, anche se la posizione è un po’ difficile per lei, ma alla fine ci riesce. Mi stampa anche un bacio appiccicoso sulla guancia, a causa del lucidalabbra nuovo che ha acquistato e che ha messo subito.
- Ci vediamo domenica? - domando quando me la scrollo di dosso.
-Certo, se non ci vediamo prima! Altrimenti accendiamo la luce!
-Vedi che sei scema?
Rido insieme a lei e mi allontano di poco, giusto quel tanto che basta per farla passare con la sua enorme Jeep grigia. La saluto con la mano, mentre lei ricambia con un sonoro colpo di clacson e la osservo uscire dal cancello.
Il mal di testa, che mi ero dimenticata di avere, torna a farsi sentire quando sto per avviarmi alla porta di casa e insieme a lui arrivano anche tutti gli altri pensieri, compresi quelli della valigia da fare e dei vestiti da rimorchio che Alice vuole metterci dentro.
Dannata lei e i suoi vaneggiamenti senza senso che mi frullano ancora per la testa!
 
 
 
 
 
 

_____________________
Eccomi eccomi eccomi!
Stasera voglio iniziare le note con un ENORME grazie tutto per voi! Non mi aspettavo una così calda accoglienza per questa storia *-* ringrazio anche chi mi ha lasciato una recensione, ho già provveduto a rispondere a tutte :D
Questo è un capitolo un po’ di passaggio, infatti non accade nulla di entusiasmante… ma vediamo meglio il rapporto che c’è tra Bella e Alice; il titolo del capitolo è uscito fuori solo oggi pomeriggio e direi che è un po’ azzeccato XD forse mi è venuto fuori perché sto leggendo la serie della Kinsella ultimamente, non lo so sinceramente XD
Il prossimo capitolo non so ancora quando lo pubblicherò, è ancora in fase di scrittura, ma spero di terminarlo in tempo e di non farvi attendere troppo :) e con quello si può dire che comincia la vera storia: si parte per il campeggio!
Adesso vi lascio, ma prima voglio lasciarvi il link per mio contatto Facebook, per chiunque voglia aggiungermi agli amici ;) è questo
qui!
Vi ringrazio ancora, un bacione!
KrisC

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Capitolo 3
*** Partenze... ***


The camp of love - Capitolo3

Buonasera!
Sono in un megaritardo, lo so, ingiustificabile per giunta! Vi chiedo comunque perdono e mi scuso per non essermi fatta sentire prima u.u’
Coooomunque, il capitolo nuovo è qui ed è pronto per essere letto! Ringrazio la mia pre-reader Meredhit89 che ha sempre un sacco di pazienza e che mi sopporta ^_^ ciao tesoro!
Vi lascio alla lettura, ci sentiamo in fondo!

 
 

 cover

 
 

The camp of love

 
 
 

Capitolo tre – Partenze…
 
 
 

05/07/2010
 
Chiudo con uno scatto la chiusura del borsone nero, sospirando sollevata per essere riuscita nell’impresa. Ho seriamente pensato di non riuscire a chiuderlo, viste le tante e tante cose che ci ho infilato dentro.
Questo borsone però non contiene vestiti, o meglio li comprende, ma in minore quantità rispetto a quello che si trova accanto all’armadio, pieno zeppo di t-shirt e di calzoncini. Alice, che il giorno prima mi ha aiutato a riempirlo proprio come mi aveva promesso giorni fa, ha insistito per infilarci anche il nuovo abito verde e alcuni dei nuovi completi intimi che mi ha regalato.
Non li metterò mai in campeggio, ne sono più che certa, ma alla fine l’ho assecondata e ho lasciato che facesse quello che vuole, perché non mi va poi di sentirla lamentarsi, se dico di no.
Tornando al borsone che ho appena chiuso, è pieno zeppo degli ultimi vestiti che non sono entrati nel primo e di altre cose che mi serviranno una volta arrivata al campeggio.
C’è il mio beauty case completo di scorte settimanali di shampoo e bagnoschiuma, la protezione solare come mi ha ricordato amorevolmente nonna e tante altre cose che, ripensandoci, potevo anche fare a meno di non mettere.
Portarsi in campeggio dieci libri grossi e pesanti come mattoni adesso non mi sembra più una buona idea, se ci penso su, contando anche il fatto che non avrò molto tempo per dedicarmi alla lettura, ma ormai è tardi per rimediare.
Ho chiuso il borsone, non mi va di riaprirlo e di incasinare di nuovo tutto. Li lascio lì e forse potranno tornarmi utili… chi lo sa.
Ho messo nel borsone anche il mio fidato Picci, e se vi state chiedendo che cosa può essere sappiate che si tratta soltanto del mio caro pc portatile. Ho la tendenza, un po’ strana a dire il vero, di assegnare i nomi agli oggetti cui sono affezionata; tanto per farvi un’idea, la mia adorata Mini rossa si chiama Carletta.
Ok, adesso la pianto.
Insieme al computer c’è la chiavetta Internet, nel caso al campo non ci sia una connessione da poter usare e tutta la documentazione dell’azienda.
Voglio dedicare una parte di questa vacanza al lavoro; anche se sono lontana di casa, non vuol dire che non posso informarmi su tutto ciò che accade qui a Napa e voglio essere informata anche sulla più piccola sciocchezza che accade in azienda.
Nello zaino che ho preparato invece, c’è Paddy (non fate davvero caso a queste cose, so di essere un po’ scema), il mio iPad nuovo di zecca. Da quando l’ho comprato un paio di mesi fa, è diventato il mio nuovo alleato. Non mi separo quasi mai da lui, e la maggior parte dei documenti di lavoro si trova al suo interno.
Prendo i manici del borsone e lo sollevo per metterlo a terra e, nel farlo, noto quanto sia pesante; l’altro forse pesa anche di più e credo proprio che dovrò pagare un supplemento all’aeroporto a causa dei miei bagagli un po’ pesantucci.
Prendo entrambi i borsoni (è vero, cavolo, l’altro pesa molto di più) e non so neanche con quale forza riesco a trascinarli giù per le scale, fino a posarli davanti alla porta di casa. Riprendo fiato per un secondo, per poi salire di nuovo le scale e afferrare lo zaino che per queste settimane farà le veci della mia borsa.
Lo apro, controllando che ci sia tutto; mi accerto anche della batteria del cellulare e di Paddy e, nello stesso tempo, scendo ancora una volta le scale. Sono di nuovo nel corridoio e sto chiudendo lo zaino quando alzo lo sguardo, e nel farlo sobbalzo. Non ho notato prima la ‘presenza oscura’ che se ne sta appoggiata sull’entrata del salotto.
- Che ci fai qui? - chiedo subito mentre fulmino con lo sguardo quella presenza. - Mi hai messo paura.
- Io ti ho messo paura? - Jacob ride della mia frase, spostandosi e venendomi vicino. - Sei così tonta, Bella… non ti sei accorta prima che ero nel salotto?
Scuoto la testa. - No, non me ne ero accorta. Ma comunque, come mai sei qui? Non dovevi essere in azienda?
Per le settimane in cui non sarò presente in azienda, ho nominato Jake come mio sostituto, e sarà lui a occuparsi e ad assumersi la responsabilità di tutto quello che succede. Lui mi ha dato la sua parola e mi ha assicurato che sarà come se non fossi mai partita.
Trovarmelo in casa durante l’orario di lavoro, però, mi fa pensare che si è già dimenticato della sua promessa.
- Stai già facendo di testa tua, ammettilo su, - il mio tono è tranquillo, ma dentro di me sto piano piano diventando nervosa. Jacob non può promettermi una cosa e poi fare come vuole lui.
Lui sbuffa e mi lancia un’occhiataccia, forse si è risentito delle mie parole. - Sto facendo una piccola pausa perché voglio salutare la mia migliore amica che se ne va in vacanza e che non vedrò per sei settimane! Tua nonna mi ha detto che stai per andare via, e così sono passato.
Mi prenderei volentieri a schiaffi da sola dopo quello che ho appena sentito… anzi, lo faccio subito! È quello che mi merito, in fondo.
Mi schiaffeggio la fronte più di una volta, guardando dispiaciuta Jacob che adesso sembra più tranquillo e divertito, forse per via della mia scenetta. Ride e comincia a grattarsi la testa scura.
- Sembri uno scimmione, uno scimmione orribile, - commento, battendo un paio di volte le palpebre.
- Non farmi dire cosa sembri tu, arpia! - ribatte lui.
Subito dopo avermi dato dell’arpia, si avvicina ulteriormente e mi abbraccia; il mio viso si ritrova, neanche a farlo apposta, davanti alla sua ascella e non posso fare a meno di commentare, anche se solo per scherzo: - Jacob, ti puzza l’ascella! Mollami!
- No, voglio tenerti stretta ancora un po’.
Jacob, proprio come ha detto, stringe ancora di più la presa e poggia il suo enorme mento sulla mia testa.
Lo lascio fare e ricambio l’abbraccio, ma prima di farlo sposto il viso in modo da non trovarmi ancora di fronte la sua ascella puzzolente.
- La mia piccola Bellina che se ne va in vacanzina! Fai la brava, stai attenta e non combinare casini, - alzo gli occhi al cielo, mentre lui continua a farmi la predica, - e non rimorchiare troppo, mi raccomando.
- Ehi!
Mi scosto dal suo corpo come scottata, guardandolo male, - Io non vado in campeggio per rimorchiare! Ti sei messo d’accordo con Alice per caso?
- No, ma vai comunque in vacanza. È giusto che ti svaghi un po’… e ricordati di usare una protezione se fai sesso. Se vuoi…
- Nanananana! - mi tappo le orecchie con le mani per evitare di sentire altro.
Ci manca solo lui che mi fa la paternale sul sesso e sui suoi rischi.
- Stai zitto! Non bastano papà e Jasper, adesso ti ci metti anche tu!
- Anche loro ti fanno questa raccomandazione?
- Sono tre anni ormai! Quest’anno almeno spero che se la risparmino… l’hai già fatto tu, tanto.
Jacob annuisce, restando in silenzio. Non ci resta per molto tempo, però.
- Ero serio prima, sai Bella? Se ne hai bisogno, posso prestarti la mia scorta di preser…
- No! Tu non mi presti un bel niente! E smettila con questa storia!
- Bella! – mi volto in fretta, sentendo la voce di nonna che ha appena raggiunto me e Jacob nell’ingresso. - Insomma, cara, cosa sono tutte queste urla? Che cosa succede?
- Niente! Non succede assolutamente niente! – mi affretto a dire, sorridendo nervosamente a nonna.
Non voglio che venga a sapere per quale argomento stavo urlando con il mio amico; insomma, già mi bastano lui, Jasper e papà per le ramanzine e per tutti gli altri discorsi, non voglio che anche la nonna aggiunga qualcosa. Mi sentirei anche un po’ in imbarazzo a parlare con lei di certe cose! È la nonna, dopotutto…
- Meno male, credevo fosse successo qualcosa di brutto. - la nonna fa un sospiro e si sistema con le mani il cappello di paglia sulla testa, poi lancia un’occhiata verso Jacob.
– Giacché sei qui, caro, aiutaci a portare i bagagli di Bella alla macchina, ti dispiace?
- Lo farò con piacere signora Isabella, non si preoccupi! –
 Jacob sorride alla nonna e poi si avvicina in fretta ai due borsoni che ho poggiato prima all’ingresso, prendendoli in mano.
Non posso fare a meno di sorridere nel vedere quella scena. So che è stupido, ma per un istante ho immaginato il mio amico nelle vesti di un facchino, sempre pronto a occuparsi dei bagagli di qualche cliente snob e ricco sfondato negli alberghi di lusso, tipo il Plaza…
L’avevo detto che è un pensiero stupido, che ci volete fare.
Esco dalla casa e mi affretto a raggiungere Jacob, mentre la nonna chiude la porta; lei si è offerta volontaria per accompagnarmi a Napa, davanti al centro sportivo che per quel pomeriggio è diventato il punto di raccolta per la partenza.
Ha detto che vuole salutarmi come si deve insieme con gli altri, invece di restare qui e lasciarmi andare in città da sola, e non ha cambiato idea neanche dopo che gli ho fatto notare che dopo sarebbe dovuta tornare a casa da sola. Discutere con lei è perfettamente inutile, ne sono consapevole, ma volevo comunque provarci.
Jacob sta caricando i due borsoni sul cassone del pick-up, sbuffando come se fosse un’impresa titanica e impossibile da realizzare. Grande e grosso com’è, mi sembra strano che si lamenta per questo lavoretto.
- Ma che ci hai messo dentro? Blocchi di cemento? – si volta dopo che ha posato l’ultimo borsone e mi squadra, più incuriosito che arrabbiato.
- Quello che serve, e Alice ha aggiunto qualcosa che non serve proprio.
Gli risparmio la notizia dell’intimo provocante e sexy che mia cognata ha schiaffato dentro la valigia.
Faccio il giro della vettura e apro la portiera del passeggero per posare momentaneamente lo zaino sul sedile. La richiudo e vedo che la nonna ci sta raggiungendo mentre pulisce, con un fazzolettino, gli occhiali da vista che mette solo quando deve guidare.
- Grazie mille Jacob, sei stato davvero gentile tesoro. -, nonna gli sorride calorosamente e se li sistema sul naso.
- L’ho fatto con piacere, signora.
Lei sorride ancora una volta, poi si volta verso di me e con un movimento veloce unisce le mani, provocando uno schiocco, – Allora, tesoro, sei pronta a partire?
- Certo che sono pronta!
- Benissimo, allora sali in macchina che così andiamo e non facciamo tardi.
Non me lo faccio ripetere due volte e salgo in fretta sul pick-up; forse non lo do molto a vedere, ma sono veramente elettrizzata per questa vacanza. Non è la prima esperienza di campeggio che faccio, potrei considerarmi quasi un’esperta ormai, ma mi sento emozionata e piena di aspettative.
Non vedo l’ora di vedere il nuovo posto che ha trovato Alice.
Infilo gli occhiali da sole, che fino a quel momento ho tenuto poggiati a mo di cerchietto per i capelli sulla testa, e sento la nonna che accende il motore. Abbasso di poco il finestrino dalla mia parte e quando vedo che Jacob si trova vicino a me, lo abbasso del tutto. Voglio ancora fargli qualche raccomandazione, finché sono in tempo.
- Mi raccomando, non combinare casini e fai tutto come ti ho detto. Sappi che ti controllo! – gli punto un dito contro e lui sbuffa, scansandolo in malo modo.
- Smettila di minacciarmi, sai che ti ho dato la mia parola… signora Isabella, la porti via per favore!
- Oh, lo faccio subito!
Guardo male la nonna, perché non mi aspettavo minimamente che potesse dar retta a quello stupido di Jacob e, mentre fa marcia indietro, torno a osservare il mio amico, guardarlo male attraverso le lenti scure degli occhiali.
- Ti tengo d’occhio, ricordatelo! –, urlo. Lui può anche pensare che stia soltanto scherzando, ma non sa che ho con me tutto il necessario per tenerlo d’occhio. Posso controllare tutto quello che succede in azienda in qualsiasi momento, quasi come un hacker.
Jacob annuisce ancora mentre alza gli occhi al cielo e agita la mano in segno di saluto. È l’ultima immagine che ho di lui, della casa e dell’azienda in generale, perché poi la nonna comincia a guidare, uscendo fuori dalla nostra proprietà.
Torno a guardare fisso di fronte a me, pronta per iniziare questa nuova vacanza.
 

-
 

Una quarantina di minuti dopo, il doppio del tempo che di solito impiego io per arrivare in città, la nonna ferma il pick-up davanti al centro sportivo. È aperto, normale visto che è un giorno feriale, ma noi non dobbiamo entrare al suo interno perché non è affatto necessario.
Il pullman che Alice ha noleggiato, e che accompagnerà me e la squadra di marmocchi all’aeroporto, è già arrivato. Un piccolo gruppo di persone è già riunito attorno a esso; non sono molti i bambini presenti, è ancora presto in effetti, ma sono sicura che piano piano con il passare dei minuti arriveranno anche gli altri.
Io e la nonna scendiamo dal pick-up e poi scarichiamo i borsoni; stavolta non c’è Jacob a fare da schiavetto, quindi siamo costrette a prenderne uno a testa per raggiungere il pullman e gli altri.
Per fortuna l’autista del pullman ci vede e si avvicina velocemente per prenderli dalle nostre mani, offrendosi di caricarli subito, per evitare così che si accumulino.
Sto per raccomandargli di fare attenzione a dove li sistema, quando qualcuno mi abbraccia improvvisamente, cogliendomi di sorpresa, e sto quasi per reagire male quando noto il cespuglio ribelle di capelli neri che ho davanti al viso.

È la nana!, penso sollevata.
- Aaaaaaaaa Bella! Sei arrivata, sei arrivata! – urla come una pazza, saltellando sul posto ancora aggrappata a me.
- Credevi che non sarei arrivata? – domando, un po’ sorpresa da quello che ha appena detto; si aspettava forse che le dessi buca all’ultimo minuto, nonostante le ho dato la mia parola “mesi” prima e promesso che sarei partita?
Alice si scosta prontamente da me e mi sorride, schiaffeggiandomi una spalla, – Ma certo che no! Volevo solo dire che sono contenta di vederti! Tra un po’ arrivano anche Seth, e anche mia sorella ed Emmett che accompagnano Amy. Ma lo sai che cosa ho scoperto stamattina? Hanno spostato il vostro volo! Non è più alle 21:30 ma alle 23:17! Ho anche litigato con la compagnia aerea per questo, ma non mi hanno dato ascolto… roba da matti! Dovrete aspettare al terminal più tempo del previsto…
Osservo Alice sorpresa; non è la prima volta che la vedo parlare a macchinetta senza riprendere fiato per almeno un secondo, ma è comunque un piccolo shock. Annuisco, continuo ad ascoltarla e penso a quello che ha appena detto sul volo che ci porterà nel Maine.
Partirà con un’oretta e mezzo di ritardo circa, ma non è poi così grave come sembra vederla Alice. Arriveremo, se non sbaglio a fare i calcoli, a Bangor verso le otto del mattino e per le nove, salvo imprevisti, ci troveremo già al campo…
Non è poi così male come pensa lei, anzi! È anche meglio! Ma forse è meglio se non glielo faccio notare… potrebbe arrabbiarsi.
- …per fortuna che il volo è stato l’unico problema che è saltato fuori. Non avrei saputo cosa fare altrimenti! Il resto dovrebbe andare tutto secondo i piani, senza intoppi di alcun genere. 
Alice prende un respiro profondo, finalmente, (credevo che sarebbe svenuta per la mancanza di aria nei polmoni!) e mi sorride, scrollando di poco la testa.
– Allora! Hai preso tutto? Valige fatte? Non avrai tolto tutte quelle belle cose dai borsoni, spero!
- Assolutamente no! È ancora tutto come l’hai lasciato tu, - per mia sfortuna! Penso seccata. Mi guardo intorno per qualche istante, alla ricerca della nonna, ma non la vedo. Dov’è andata a finire?
- Dov’è nonna?
- Vicino al pullman, sta salutando Jasper e qualcun altro, credo e, se fossi in te, mi preparerei alle occhiatacce di Jessica. È già qui.
- Perfetto, proprio quello che mi ci voleva, - ribatto, alzando gli occhi al cielo.
La persona cui si riferisce Alice altro non è altro che Jessica Stanley, sposata Newton; ha la stessa età di mio fratello (ventinove anni), la puzza sotto il naso e il cervello di un adolescente. Non sono cattiva a pensare così di lei, è proprio vero!
Lei e suo marito, Mike Newton (povero lui!), di due anni più grande, sono sposati da ben dieci anni e sono proprietari del più famoso negozio di articoli sportivi di Napa. Hanno due bambini, il più grande ha nove anni (da quel che ho capito si sono sposati giovani e di fretta perché Jessica aspettava un bebè), si chiama Jonathan e prende parte anche lui alla vacanza. La più piccolina, Eliza, forse lo farà tra qualche anno.
Jessica mi odia, anche se ancora non ho capito il motivo preciso, e odia anche Alice, ma qui le cose sono diverse ed è più facile spiegarle.
A Jessica è sempre piaciuto mio fratello, ma lui non è mai stato molto entusiasta della cosa (e neanche io, a dir la verità); lei ha continuato a corrergli dietro anche dopo che si era sposata e che aveva avuto Jonathan, ma per nostra fortuna non ha mai avuto molto successo con le sue avance.
Adesso che Alice e Jasper sono uniti dal vincolo del matrimonio, sembra essersi rassegnata, ma l’odio è rimasto. Questo però è un problema suo, non di certo nostro!
Io e Alice raggiungiamo gli altri raggruppati accanto al pullman, notando che sono tutti adulti; i bambini, scopro subito dopo, sono riuniti poco lontano e sembra stiano smanettando con qualcosa, forse un gioco.
Colgo solo di sfuggita lo sguardo penetrante e poco carino che la cara Jessica mi sta lanciando, ma non è che m’interessi tanto. Quella là può lanciarmi tutti gli sguardi assassini che vuole, basta che non mi lancia un malocchio. Almeno non adesso che sto per andare in vacanza.
- Ma guarda chi c’è! La mia sorellina! Vieni qua, fatti abbracciare!
In un lampo, tanto che quasi non me ne accorgo, Jasper mi trascina contro il suo petto e mi stringe come se non mi vedesse da anni e anni, quando invece non ci vediamo da circa ventiquattro ore.
- Ciao, Jasper…
Lui scioglie l’abbraccio, si raddrizza con la schiena e comincia a osservarmi dall’alto in basso, sorridendo. È davvero alto, troppo alto per i miei gusti, una delle tante cose che non abbiamo in comune.
Siamo davvero diversi, basta notare alcune cose principali: io sono castana, mentre lui è biondo; io ho gli occhi marroni, mentre lui li ha azzurri (Dio non so cosa darei per avere gli occhi di quel colore!); io sono bassa, per mia fortuna sono più alta di Alice, mentre lui è altissimo.
Se non sapessi che ha ripreso le caratteristiche della famiglia di mamma, potrei dire benissimo che lui non è mio fratello.
- Sei pronta a partire, dolcezza? - mi domanda dopo un po’, strappandomi dai miei castelli campati in aria.
– Ma prima, un paio di cosette -, Jasper si schiarisce la gola, si raddrizza gli occhiali da sole sulla testa e comincia a contare sulle dita della mano; ho paura che voglia fare una specie di elenco, - allora, da dove comincio? Ah, sì… stai attenta, non parlare agli estranei e, se lo fai, assicurati di non trovarti da sola con uno di essi. Poi non venire mangiata da un orso, da uno squalo o da qualche altro animale…
- Posso capire gli orsi, Jazz, ma gli squali? Nel lago? – non posso fare a meno di farglielo notare, scoppiando a ridere.
- Shh, mi deconcentri! La parte più importante che non voglio che ti dimentichi è che devi sempre avere la testa sulle spalle, anche quando stai per fare… certe cose, sì, chiamiamole anche certe cose.
Arrossisco, inevitabilmente, e mi passo una mano sulla guancia mentre Alice e la nonna ridono. Cioè, ridono! Invece di rimproverarlo perché mi sta mettendo in imbarazzo, ridono!

Brutte ingrate!
- Jasper, non serviva davvero questa parte così… fondamentale, se posso definirla in questo modo. Ci ha già pensato Jacob.
Sgrana gli occhi, sorpreso. – Jacob? Sul serio? Che grande! Devo pagargli da bere!
- Jasper!
- Che c’è? Che ho detto? Comunque preparati perché tra poco arrivano anche mamma e papà… e anche lui ha qualcosa da dirti.
Sbuffo, - Bene, perfetto.
Man mano che passano i minuti, gli altri bambini, accompagnati dai genitori, cominciano ad arrivare; l’autista del pullman, che ho scoperto si chiama Riley, non fa altro che caricare borsoni su borsoni e sentire le raccomandazioni che alcune mamme gli stanno dicendo.
Le hanno fatte anche a me, naturalmente, ma la maggior parte di loro mi conosce perché i loro figli hanno già preso parte alla gita l’anno prima e, in un certo senso, si fidano di me.
Mamma e papà ancora non si sono visti, così come ancora non è arrivato Seth, credo che arriveranno quando noi staremo per partire; in compenso, però, arrivano Emmett, Rosalie e la piccola Amy, che non è più poi così piccola.
È cresciuta ancora dall’ultima volta che l’ho vista, è una piccola ometta… e sembra che abbia preso l’altezza del padre. Non uscirà fuori un'altra nana come Alice, ne sono sicura.
- Zia Bella! – urla, non appena mi vede.
Non sono proprio sua zia, ma si diverte a chiamarmi in questo modo visto che sono, in un certo senso, una di famiglia. Mi sto abituando per quando Jasper e Alice sforneranno un pargoletto…
Ma perché non si spicciano, quei due? Stanno diventando vecchi!
- Amore mioooooo! –, Amy mi viene incontro ed io prontamente l’accolgo tra le braccia, dopo essermi prima inginocchiata per arrivare alla sua altezza.
La adoro questa bambina, la adoro alla follia, ed è bellissima. Ha otto anni e mezzo e se non fosse per il colore scuro dei capelli, sarebbe la copia sputata di sua madre Rosalie. Gli occhi blu che si ritrova, poi, sono meravigliosi!
L’ho già detto che adoro gli occhi blu, o di qualsiasi sua sfumatura?
- Bellissima bambolina mia! Stavi per arrivare tardi, è colpa di papà?
Amy scoppia a ridere mentre lancio un’occhiata divertita a Emmett, alle spalle della figlia, che chiacchiera con Jasper e che si volta dalla mia parte non appena sente le mie parole.
Emmett è un omone grande e grosso, io lo chiamo ‘Orso Emm’ proprio per questo, ma la sua costituzione fisica non conta poi così tanto, se lo porti davanti a una Play Station. Nel giro di due secondi torna un bambino di cinque anni e non smette di rompere le scatole se prima non lo hai sfidato per almeno tre volte.
Sua figlia alcune volte è più matura di lui, e Rosalie è d’accordo con me.
- Senti, Bellina cara, non cominciare a fare storie, avevamo un buon motivo per essere in ritardo! – sorride, e poi fa una carezza gentile sulla spalla della figlia, - dì alla zia Bella cosa abbiamo fatto oggi, dai!
- Abbiamo conosciuto il fratellino nuovo! È piccolissimissimo! Così! -,  Amy, con il suo adorabile sorriso sdentato, mi mostra due dita ravvicinate che quasi si sfiorano. Devono avergli detto che il suo fratellino in quel momento è davvero di quelle dimensioni.
- Aw, davvero? Ma che bello!
Mi rimetto in piedi e lascio andare Amy per abbracciare Emmett; né lui né sua moglie mi avevano avvertito di questa stupenda notizia.
– Congratulazioni! Quindi è un maschietto stavolta?
- Non si sa ancora, è troppo presto, ma spero davvero che sia così! Ho bisogno di un baby Emmett in casa, sono tutte donne al momento.
- Tutte donne? Ma se siamo solo Amy ed io! – la bionda Rosalie, in silenzio, si è avvicinata a noi e sta fulminando il marito.
- Appunto, amore mio, siete due contro uno. Serve parità.
Rosalie alza gli occhi al cielo, dello stesso colore blu che ha tramandato a sua figlia, poi sorride divertita e mi guarda fingendosi sconsolata. - Non badare troppo a quello che dice Emmett… tutto bene, Bella?
- Tutto bene, non potrebbe essere altrimenti.
Sto per chiederle qualche altra informazione sul bambino, quando vengo interrotta da una forte esclamazione di Emmett.
- Ma guarda un po’ chi c’è! Seth Clearweater! Partecipa anche lui al campeggio?
Mi volto giusto in tempo per vedere Seth, il mio collega, che scarica un enorme borsone davanti al pullman e si passa freneticamente una mano tra i capelli, sbuffando.
- Uh, meno male che è arrivato! Cominciavo a pensare che ci avesse dato buca. E comunque, Emmett, lui è un altro accompagnatore.
Emmett mi fissa stupito, – Sul serio? Non bastavi tu come tutti gli anni? È una novità.
- Lo so, ma quest’anno i bambini sono di più e Alice ha pensato che avrei dovuto avere un aiuto in più… - scrollo le spalle e poi vado da Alice, che sta parlando con Rosalie e con la nonna.
– Scusate l’interruzione… Alice, i bambini sono arrivati tutti?
Lei annuisce, – Credo di sì, ma faresti meglio a controllare sulla lista prima di partire.
Bel modo di perdere tempo, ma se si deve fare…
Mi allontano da loro e salgo sul pullman, pieno per metà di bambini urlanti e allegri; ne vedo uno che sta addirittura saltando su un sedile. Che bello, abbiamo trovato un nuovo intrattenitore!
Arriccio il naso nel vedere quella specie di scimmietta saltellante e faccio per lanciare lo zaino in uno dei primi sedili quando vedo Seth, chino sul suo zaino, impegnato a cercare qualcosa.
- Ciao Seth!
Lui alza la testa quando sente la mia voce, ma nel movimento batte il capo sulla rastrelliera dei bagagli; anche lui, che è alto quasi due metri, non riesce a scampare da quella specie di maledizione.
Io non ho problemi, invece, sono bassa e non me ne devo preoccupare.
- Ahia! – si lamenta, scrollando la testa, – le odio queste cose…
Scoppio a ridere, osservandolo in volto; assomiglia moltissimo a sua sorella Leah, hanno lo stesso colore scuro di capelli e anche quello degli occhi… Seth, però, ha il naso più grosso. Deve aver preso quella caratteristica da suo padre.
- Cos’è che stavi cercando?
- La lista dei partecipanti, volevo controllare che ci fossero tutti ma credo di averla persa, non la trovo, - mi spiega, grattandosi la tempia destra e lanciando un’occhiata preoccupata verso il suo zaino.
- Non preoccuparti, ho la mia, dentro lo zaino. Cominci tu a controllare le presenze?
- Sì, certamen… Rosalie, che stai facendo?
- Eh?
Mi volto verso l’entrata del pullman, dove si trova Rosalie che ci osserva un po’ titubante. Noto, un po’ sorpresa a dir la verità, che ha gli occhi lucidi e che si gratta in continuazione la punta del naso.
- Scusate… ma posso salutare Amy un’altra volta? Prima non l’ho fatto bene… ci metto poco, lo giuro! - dice, con voce tremula.
Qualcosa mi fa pensare che sta per avere una crisi di pianto a causa degli ormoni.
Seth, sorpreso quanto me, annuisce con la testa e si sposta di poco per farla passare. Entrambi rimaniamo immobili, mentre Rosalie si avvicina alla figlia e la abbraccia come se fosse l’ultima volta che può vederla e parlarle.
Povera Rosalie, gli ormoni della gravidanza la scuotono sempre così tanto!
- Bella, Seth! – Emmett ci chiama, un po’ preoccupato e un po’ trafelato.
- Avete visto Rosalie? Me la sono persa…
- È qui, sta salutando Amy.
Lo vedo alzare gli occhi al cielo, – Non fa altro da stamattina. Va bene, la vado a recuperare.
Sale anche lui sul pullman e si avvia verso la moglie e la figlia, stando un po’ chinato con la testa a causa della sua altezza. Mi fa quasi ridere e, per trattenermi, mi copro la bocca con la mano.
- Prosciuttina, dai, è ora di scendere… lascia andare la bambina!
Non sento la risposta di Rosalie, ma riesco a vederla scuotere la testa mentre rimane abbarbicata ad Amy; la piccina ha una faccia tutta strana, a causa del comportamento della madre, insomma è tutta un programma!
- Va bene, adesso ti sistemo io…
Emmett, con un movimento veloce, riesce a liberare Amy dalle ‘grinfie’ della madre e si carica Rosalie sulle spalle come un sacco di patate.
- Brutto scimmione, rimettimi giù! Sono incinta, accidenti! Mi fai vomitare così!
- Se se se… ciao piccola, saluta la mamma!
- Ciao mamma! – urla Amy, allegra, mentre Emmett ritorna sui suoi passi con la moglie in spalla. Ci fa l’occhiolino mentre scende le scale per uscire, ed io non posso fare a meno di scoppiare a ridere quando vedo la faccia rossa e inferocita che ha Rosalie.
- Ehm… Bella, la lista dei partecipanti? – fa Seth, forse per distogliere l’attenzione da quello che è appena accaduto.
- La prendo subito.
Recupero dalla tasca esterna dello zaino la lista e gliela porgo, passando poi a sedermi su uno dei sedili; osservo Seth mentre spiega il foglio e lo guarda per qualche secondo.  Sta per cominciare ad attirare l’attenzione dei bambini, quando la testa di Jasper sbuca dalla porta del pullman.
- Bella, mamma e papà vogliono salutarti, sono appena arrivati. – m’informa, tornando di nuovo fuori.
- Sono arrivati? Finalmente! – torno in piedi velocemente e comincio a scendere le scale, urlando a Seth “torno tra cinque minuti!”.
Individuo subito mamma e papà, si trovano proprio davanti al pullman e stanno parlando con la nonna; Alice e Jasper si trovano poco distanti da loro e parlottano tenendo le teste vicine, sembrano due vecchie comari.
- Mamma! – grido, avvicinandomi in fretta.
Mamma, sentendo la mia voce, si volta verso di me e sorride non appena mi vede. Ha in testa il suo inseparabile cappello stile cowboy, uno dei tanti souvenir dei suoi viaggi estivi, che non toglie quasi mai.
- Tesoro! Vieni qua, fatti salutare - dice, allungando le braccia in avanti, mentre aspetta che io la raggiunga. Non appena lo faccio, mi stringe in un abbraccio stritolatore che sembra quello di una piovra, o di un pitone.
- Mamma, mi stritoli così - dico e, mentre ricambio l’abbraccio, sento quasi il respiro mancarmi.
- Mi mancherai così tanto, tesoro mio -, la sento farfugliare, – tanto tanto! Chiamami ogni giorno, stai attenta e non cacciarti nei guai.
Annuisco, mentre mamma molla la presa sul mio corpo; mi fa allontanare un po’ e poi mi guarda in viso mentre sorride, un po’ tristemente. Sembra che sto andando in un posto pericoloso e non in campeggio.
- Lo farò mamma, stai tranquilla.
Mi volto verso papà quando lo sento schiarirsi la voce e subito incontro il suo sguardo allegro e divertito; la cosa che mi colpisce di più, però, è vedere che ha eliminato dal viso i suoi adorati baffoni che lo contraddistinguono da sempre.
Li ha tagliati oggi, perché ieri li aveva ancora. Ricordo benissimo i suoi baffi bianchi di panna, dopo che aveva mangiato la torta della nonna.
- Papà! Che fine hanno fatto i baffi? –, non posso proprio fare a meno di domandarlo e le parole mi escono da sole per giunta, quasi non le ho pensate.
Lui ride, prima di rispondermi. – Consiglio di tua madre, vuole che io cambi look per un po’. Che ne pensi?
Annuisco e sorrido in segno di approvazione; sta davvero bene, si nota benissimo e, per di più, sembra più giovane senza baffi. Spero che la mamma gli chieda di tagliarseli più spesso.
- Beh, piccina, fai buon viaggio! – papà mi abbraccia lievemente e mi bacia una guancia, - Ma prima di andare via voglio farti un paio di raccomandazioni…
Sgrano gli occhi, non può volermele fare davvero anche lui! Basta!
- Allora, stai attenta, non parlare agli estranei, e se lo fai assicurati di non trovarti da sola con…
Non ci credo, sono identiche a quelle di Jasper! Devono essersi messi d’accordo a mia insaputa, non c’è altra spiegazione.
- Papà… senti, Jasper mi ha già detto tutto. E l’ha fatto anche Jacob –, lo informo. Spero che, così, si risparmi anche la parte riguardanti il sesso.
- Mi fa piacere saperlo! Allora è tutto a posto –, si volta verso Jasper e gli molla una pacca sulla spalla, – ragazzo, dobbiamo offrire da bere a Jacob, ha fatto un buon lavoro!
- Tesoro, vieni, lascia stare tuo padre.
Nonna, che non mi ero accorta si fosse avvicinata, mi prende la mano e me la stringe mentre con il braccio libero mi circonda le spalle, – mi raccomando, Bella, divertiti e fa attenzione, va bene?
Mi sembrava strano che non mi avesse detto nulla, prima, quando eravamo in macchina, ma forse si era risparmiata tutto per questo momento.
Le do un bacetto sulla guancia per rassicurarla, – Certo nonna, te lo prometto.
Rimango a parlare con lei e con la mamma per qualche altro minuto, poi Seth mi avverte che siamo al completo e che possiamo partire anche subito. Mando un ultimo saluto veloce a entrambe e mi affretto a salire sul pullman, prendendo posto e tirando anche un piccolo sospiro di eccitazione.
Seth si siede sul sedile accanto al mio e sbuffa, passandosi le dita tra i capelli, – Sono riuscito a farli sedere tutti, finalmente. Ma come fai a gestirli? Sono… pestiferi! –, si volta verso di me e mi scruta, come se solo dal mio aspetto potesse riuscire a capire qual è il mio segreto.
Rido, – non sono pestiferi, e basta solo saperli prendere. Imparerai anche tu, vedrai.
- Voglio proprio vedere, guarda.
Scoppio a ridere e in quel momento la porta del pullman si chiude; l’autista, che non mi ero accorta fosse salito sul mezzo, è già al posto di guida e ha acceso il motore. Si volta verso me e Seth, con un sorriso sulle labbra.
- Tutto a posto? Possiamo andare, che dite?
Annuisco.
– Certo che possiamo andare! E di corsa anche.
 
 
 
 

__________________________
Buonasera, di nuovo XD
Spero che vi sia piaciuto anche questo capitolo. È una cosetta di passaggio, nulla di che, ma dal prossimo la storia si dovrebbe movimentare un po’ di più.
Vi informo che il capitolo 4 è in fase di scrittura e che è quasi terminato, quindi non ci dovrebbe essere un ritardo abnorme come in questo caso ahahha ._. mi sa che sto ridendo solo io u.u
Ad ogni modo, mi farò sentire presto ;)
Vi ringrazio, carissime, che state cominciando a seguire questa nuova storia senza senso e che mi lasciate una recensione di tanto in tanto. Prometto che risponderò presto alle vecchie :D
Adesso vi lascio, ma prima mi faccio un po’ di pubblicità occulta XD un paio di settimane fa ho postato una piccola OS, se vi va fateci un salto, mi farebbe molto piacere :)
 

The florist
 

Vi lascio, un bacione a tutte :*
KrisC

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Capitolo 4
*** ...e arrivi ***


The Camp Of Love - Capitolo4

Buon pomeriggio!
Innanzitutto, volevo scusarmi con voi per questo nuovo ritardo che ho avuto nel postare. Io ce la sto mettendo tutta per riuscire a scrivere i capitoli e per postarli in tempo, senza così farvi aspettare troppo tra un aggiornamento e un altro, ma succede sempre qualcosa che mi fa perdere tempo (contiamo anche che sto cominciando a lavorare ad altre storie)… ma anche se faccio passare un sacco di giorni sappiate che la storia va avanti e che non la sto abbandonando :D
Ok, detto questo… vi lascio al nuovo capitolo! Ringrazio, come sempre, tutte voi che leggete e che lasciate anche un piccolo commento :3
Un bacione a tutte voi, e buona lettura!
KrisC

 
 

 cover

 


The camp of love

 
 
 

Capitolo quattro - …e arrivi

 

06/07/2010
 

Mi sveglio all’improvviso a causa di uno scossone e, con orrore, mi accorgo che ho quasi rischiato di battere la testa sul finestrino dell’aereo. È per questo motivo che odio i posti vicino ai finestrini e cerco sempre di evitarli, ma stavolta sono stata costretta.
Ecco la prima cosa di cui mi lamenterò con Alice, appena la chiamo. Spero che al viaggio di ritorno me la risparmi una simile tortura.
Sbadiglio sonoramente, fregandomene altamente delle persone che sono presenti con me sull’aereo e mi guardo intorno, un po’ intontita. A quanto pare sono l’unica che si è svegliata a causa dello scossone, perché gli altri, compresi i bambini, dormono ancora tutti. Seth, al mio fianco, ha addirittura la visiera del cappello abbassata sugli occhi e la bocca spalancata.
Potrei rimettermi a dormire anch’io, ma il sonno è svanito così come ho aperto gli occhi. Sono costretta, così, a trovare qualcosa da fare per occupare il tempo fino all’atterraggio dell’aereo.
Mi alzo dal mio posto e, facendo attenzione per non svegliare Seth, recupero lo zaino dallo scomparto in alto. Torno a sedermi, e in quel momento ricordo che i miei libri sono in valigia; avevo intenzione di cominciare una lettura, ma adesso è davvero impossibile.
Sbuffo scocciata e apro lo zaino; prendo Paddy, nella speranza che almeno il wi-fi dell’aereo funzioni e possa navigare un po’ in rete per passare il tempo, e noto che sono appena le 7:40 del mattino.
Non manca poi così tanto all’atterraggio, a meno che non ci sia stato qualche problema mentre dormivamo, causando un eventuale ritardo.
Lascio in sospeso questa ipotesi e comincio a navigare in Internet, che per fortuna funziona. Passano diversi minuti, mentre controllo il sito della mia azienda per vedere se ci sono delle cose di cui lamentarmi in futuro con Jazz, quando una hostess compare nello scompartimento e comincia ad attraversare il corridoio.
Viene nella mia fila quando vede che sono l’unica sveglia e mi rivolge un sorriso cordiale.
- Buongiorno signorina, è andato bene il viaggio? – mi chiede gentilmente.
Annuisco, sorridendole di rimando. – Benissimo, grazie.
- Sono venuta per annunciarvi che stiamo per atterrare. Le dispiace allacciare la cintura?
- Lo faccio subito, grazie, - mi affretto a farlo, mentre lei mi sta ancora guardando.  Avverto il mio amico, adesso… e spendo l’iPad – aggiungo quando vedo che il suo sguardo è puntato verso Paddy, che ho poggiato sulle cosce.
Lei sorride di nuovo e oltrepassa i nostri posti, sicuramente per avvertire gli altri passeggeri che stiamo per arrivare a Bangor. I bambini non saranno poi così contenti di essere svegliati così presto, anche se ormai le otto del mattino sono arrivate ed anche superate, ma saranno comunque contenti di sapere che siamo quasi arrivati al campeggio.
La mia curiosità si fa sempre più intensa, non vedo l’ora di vedere questo nuovo posto!
Spengo Paddy e lo rimetto al sicuro dentro lo zaino, poi mi volto verso Seth, ancora addormentato, e gli do una gomitata nelle costole per svegliarlo. L’urlo che lancia sembra quello di una persona che sta per essere ammazzata. Ed è anche inutile dire che ha svegliato tutti.

Esagerato!
- Ahia! Bella! Ma che ti prende!? – esclama, togliendosi il cappello da davanti agli occhi e guardandomi con aria assassina.
- Era la sveglia, quella. Siamo quasi arrivati, allaccia la cintura. – dico, inarcando un sopracciglio, e passo poi a guardare fuori dal finestrino.
Sotto di me vedo una macchia di verde, e anche una macchia enorme di blu… è il lago, quello? Non sapevo che fosse così grande!
Seth borbotta, ancora un po’ incacchiato per la brusca sveglia, e sento il ‘clic’ della cintura che ha appena agganciato. Una decina di minuti dopo, l’aereo si ferma e le hostess ci annunciano che possiamo cominciare a scendere.
Quello, per il mio cervello, è il segnale che la vacanza sta finalmente iniziando.
 

-
 

- Bambini… BAMBINI! Per favore, state seduti, altrimenti non ci muoviamo da qui! – urlo per quella che deve essere la quinta volta. Sembra strano che solo una mezz’ora prima dormivano tutti come angioletti e adesso sono tutti dei pazzi scatenati.
Mi sento solo io a bordo del pullmino; Seth se l’è data a gambe quando ha visto che si doveva fare di nuovo l’appello e si è offerto volontario di aiutare l’autista a caricare tutti i bagagli.
Dopo vari richiami, in cui mi sono ostinata con tutta me stessa a parlare in generale invece di riprendere ogni bambino per nome, sono riuscita a farli sistemare ai loro posti e a fare l’appello. Non mancava nessuno, ho visto con sollievo. Adesso sto cercando di convincerli a stare seduti, mentre gli altri finiscono di occuparsi delle valige.
Non è una cosa facile, però; sono tutti vivaci, chi più chi meno e spesso si alzano dal posto per raggiungere qualcuno che è da tutt’altra parte.
Mi siedo, sbuffando per l’impresa quasi titanica e passandomi le mani tra i capelli; sono più che convinta che la prima cosa che farò, al campeggio, sarà una bella doccia.
Alzo di nuovo il viso e lo sposto verso il finestrino, che si trova alla mia sinistra. Poco lontano dal nostro pullmino ce n’è un altro, ed anche questo sembra che sia stato posteggiato lì per l’arrivo di un nuovo gruppetto di viaggiatori; un autista, dall’aria giovane e con un paio di occhiali scuri sul naso, sta fumando una sigaretta. Sembra veramente in attesa di qualcosa.
- Bella? – Seth mi chiama da fuori. Riesco a sentirlo grazie alla porta aperta.
– Puoi scendere un secondo? C’è un problema con il tuo borsone.
- Come il mio borsone?
Mi fiondo alla porta, affacciandomi per vedere cosa diavolo è successo; penso al borsone carico di roba aggiuntiva che ho portato e al mio povero Picci che forse si è rotto… e invece mi ritrovo davanti agli occhi quello a cui non avevo pensato neanche una volta.
Il borsone pieno dei miei vestiti è aperto, completamente aperto, e quasi la maggior parte del suo contenuto è riversata sull’asfalto. Come cazzarola ha fatto ad aprirsi? Oddio, sono i completini intimi quelli che vedo per terra?
- Merda!
Scendo in fretta, non curandomi per niente di aver lasciato i bambini da soli sul pullmino, e mi inginocchio davanti al borsone semivuoto e comincio a riempirlo di nuovo. Non mi interessa se avrò tutti gli abiti spiegazzati, l’importante adesso è rimediare al danno nel minor tempo possibile.
- Non so proprio com’è successo, - fa Seth, rimasto al mio fianco. – Forse una cinghia degli altri borsoni si è incastrata nella chiusura… ollalà, e questa cos’è?
Alzo lo sguardo su di lui, giusto in tempo per vedere che ha tra le mani un pezzo della mia nuova biancheria intima, quella che odio di più in assoluto. Credevo di averla tolta da lì, ma Alice deve essersene accorta e l’ha ripresa quando non la guardavo.
- Dammi qua!
Riacciuffo la ‘stella marina’ dalle sue mani e la ficco in fretta nel borsone, con le guance in fiamme dall’imbarazzo. Sapevo che quella schifezza mi avrebbe portato solo che guai.
Seth ride, incurante del mio imbarazzo. – Non sapevo che eri il tipo da… quel genere di cose.
Chiudo in fretta, con qualche difficoltà, la zip del borsone e lo prendo per i manici, sollevandolo per quanto posso fino a quando Seth non me lo strappa di mano. Lo guardo in viso, infine, sospirando per la vergogna che ancora sento.
- Non l’ho preso di mia spontanea volontà, è un regalo da parte di Alice.
- E tu te lo sei portato in campeggio? Comodo…
Sbuffo, infastidita. – Io lo avevo tolto, ce lo avrà rimesso lei quando non la stavo osservando. Odio quella cosa!
Lui ride ancora, riprendendo a sistemare i borsoni.
- A te forse non piacerà, ma per un uomo una cosa del genere è una bomba. Mi verrebbe un infarto se la mia ragazza lo indossasse!
Sorrido, colpita dalla notizia. Non sapevo che Seth si è fidanzato, ma d’altronde so così poco di lui; questa vacanza mi sarà senz’altro di aiuto per conoscerlo meglio, e non sarò più costretta a chiedere informazioni a sua sorella.
- Se vuoi te lo regalo, così puoi farglielo indossare e vi divertite! – esclamo, scoppiando a ridere subito dopo.
Qualcuno, al nostro fianco, si schiarisce la voce e solo ora mi rendo conto che l’autista si trova ancora insieme a noi; ha un sorriso divertito sulle labbra ed io mi sento di nuovo arrossire.
Cominciamo bene!
- Torno di sopra, dagli altri… - sussurro, imbarazzata e mi defilo velocemente da Seth e dall’autista che sorridono entrambi come ebeti.
Risalgo sul pullmino, contenta di vedere che è ancora in piedi e che nessuno dei marmocchi ha combinato macelli, e mi appoggio a uno dei sedili mentre guardo fuori dal finestrino. Sgrano gli occhi dalla sorpresa dopo due secondi, colpita da quello che sto vedendo.
Il pullman che ho intravisto prima, adesso si sta riempiendo di bambini, più o meno dell’età che hanno quelli del mio gruppo; sembrano più tranquilli ed educati e, quasi quasi, li invidio. Stanno salendo a uno a uno e una ragazza bionda con gli occhiali da sole sulla testa, consulta una lista man a mano che i bambini spariscono dentro al mezzo.
Poco distanti da loro, ci sono due ragazzi che caricano i borsoni velocemente; uno di loro è l’autista, lo riconosco dai capelli e dai vestiti, mentre l’altro deve essere appena arrivato. Sembra alto, ha dei capelli di una strana sfumatura di rosso ed è vestito con una maglia verde e dei pantaloni della tuta che mettono in risalto il suo bel lato B (scusate, ma come faccio a non notarlo? È il più bel culo che ho visto in tutta la mia vita!).
Si volta per qualche secondo, per osservare la ragazza bionda, e in quel momento scopro che anche il suo viso è bello… più che bello, ma non trovo le parole giuste per descriverlo. Cavolo, è affascinante. Perché non si toglie quegli occhiali da sole, così posso osservarlo meglio?

Perché non lo fai?
- Signorina Bella? – sussulto, quando sento la voce di uno dei bambini chiamarmi, e mi volto verso di lui con uno scatto. È un bambinetto dai capelli biondi, di cui non ricordo bene il nome… è Billy, credo, o forse Bobby.
- Che cosa c’è? – chiedo; evito di chiamarlo per nome, per paura di dirlo sbagliato e fare una figura di merda.
- Devo andare in bagno!
Oddio, proprio adesso? Adesso che ho trovato un pezzo di ragazzo così bello da ammirare? I bambini hanno davvero un ottimo tempismo, devo dire.
- Va bene, ti accompagno. – prima di scendere però voglio controllare una cosa, e decido di rivolgermi a tutti gli altri marmocchietti. – C’è qualcun altro che deve andare in bagno?
Sei mani scattano prontamente in alto.
Un quarto d’ora dopo, quando siamo di ritorno dal bagno, vedo che Seth e l’autista hanno caricato tutti i bagagli e che l’altro pullmino, quello del ragazzo bello, non c’è più. Ci resto male, e la cosa è sicuramente è ben visibile sul mio viso. Lo capisco persino io!
Chissà, però… forse quel ragazzo sta accompagnando i bambini al campeggio. Forse stanno andando addirittura nel nostro campeggio! Non posso fare altro che sperarci, ma non perché voglio conoscerlo o fare chissà che cosa con lui (di certo non quello che state pensando voi in questo momento, porcelle!)… mi basterebbe anche osservarlo da lontano, come una stalker.
In questo momento mi sento tanto una criminale alle prime armi.
 

-
 

Siamo in viaggio verso il campeggio, i bambini non fanno altro che cantare “Quel mazzolin di fiori “e a me sta per scoppiare un mal di testa tremendo. Seth è quasi nelle mie stesse condizioni, con le mani premute sulle orecchie e gli occhi sbarrati. L’unico che sembra non essere disturbato dalla canzone è l’autista.
Guida tranquillo, totalmente a suo agio, e vorrei tanto sapere qual è il suo segreto.
Un acuto spacca timpani mi fa sobbalzare sul posto. Non so quanto manca ancora prima di arrivare a destinazione, ma l’unica cosa che credo di sapere è che scenderò dal pullmino con le orecchie che sanguinano.
Prendo il cellulare, nel disperato tentativo di fare qualcosa che mi distragga, e avvio la chiamata; lo premo sull’orecchio con tutta la forza che ho, mentre copro l’altro con la mano.
Dopo sette interminabili squilli, finalmente qualcuno si degna di rispondere al telefono e la voce piena di sonno e gracchiante di Jacob mi arriva alle orecchie.
- Non ci credo, stai ancora dormendo! Jacob!
- Bella?! – fa lui, confuso. – Ma che… sei scema o cosa? Sono le sei del mattino!
- Qui sono le nove passate, Jacob! E perché sei ancora a dormire?
Sono sorpresa, indignata e incavolata! E lui sarebbe quello che dovrebbe gestire l’azienda in mia assenza? Quasi quasi torno a casa.
- Come ti ho detto prima, sono le sei del mattino. Solo tu puoi chiamare a quest’ora, pazza come sei! – sospira, e poi lo sento ridere. – Ma che è tutto quel casino che sento?
- Sono i bambini che cantano, ma sono stonati e più vivaci del solito!
- Che sono stonati lo sento, tesoro. Adesso, se non ti dispiace, torno a dormire…
- Ma Jake!
- Alle otto spaccate sarò a lavoro, promesso principessa! Divertiti! – Jacob chiude la telefonata con una risata, lasciandomi spiazzata e con il cellulare ancora appiccicato all’orecchio.
Lo ficcai in fretta dentro lo zaino, chiudendo gli occhi per un istante quando un alto acuto mi arriva alle orecchie. Sono costretta a sorbirmi quei canti per tutto il resto del viaggio, a quanto pare; sono anche costretta a rinviare la chiamata per nonna, non voglio buttarla giù dal letto alle sei di mattina.
La tortura però non dura molto e per questo devo ringraziare l’autista che sembra aver premuto un po’ di più sull’acceleratore. Davanti a noi, una decina di minuti dopo, compare un enorme cartello fatto di legno, sorretto da due alti pali, anche se c’è un po’ di distanza si riesce a leggere il nome: Camp Eclipse.
Siamo finalmente arrivati.
Mi alzo in piedi, dopo aver mollato a Seth uno schiaffo sul collo, e mi volto verso i bambini che stanno ancora cantando a squarciagola. Comincio a fischiare forte, portandomi le dita alle labbra, fino a quando non si zittiscono e attiro la loro attenzione.
- Siamo arrivati, ragazzi! – esclamo, e nuove urla risuonano all’interno del pullmino seguite da un nuovo canto.
- Ode all’autista, l’autista, l’autista! Ode all’autista, l’autista del pullmin!
Sorrido, divertita da quella canzone che ho sentito in una vecchia puntata dei Simpson e probabilmente devono averlo fatto anche loro.
- Finalmente! Non ne potevo più di tutto quel casino. – borbotta Seth contro il mio orecchio, quando torno a sedere al mio posto.
- Devi farci l’abitudine, mi sa che per tutte le prossime settimane sarà così.
Passa ancora qualche altro minuto, prima di fermarci in un piccolo spiazzo che deve essere stato adibito a parcheggio. L’autista, che si chiama Felix, si volta verso di noi e ci sorride, indicando con la mano il posto che c’è fuori dal finestrino.
- Bene arrivati al ‘Camp Eclipse’! Vi aiuto a scaricare i bagagli e poi vi lascio.
- D’accordo, grazie. – risponde prontamente Seth, poi si volta verso di me. – Io mi occupo dei bagagli insieme a lui, tu pensa ai bambini.
Inarco un sopracciglio. – Prima o poi dovrai pensarci anche tu, non pensare di svignartela sempre.
- Lo so, ma per oggi passo.
Si alza con un sorriso divertito, rivolto alla sottoscritta, e scende lasciandomi da sola come una deficiente a guardarlo confusa. Qualche secondo dopo, però, mi riscuoto e comincio a far scendere tutti i bambini dal pullmino.
Quando scendo anch’io rimango affascinata dal paesaggio che ci circonda: è tutto verde, noto con piacere, e c’è una brezza leggera che non mi fa rimpiangere per niente il caldo torrido della California. Un pullmino è fermo a qualche metro di distanza dal nostro. Il rumore di un motore mi fa capire che ne sta arrivando un altro.
- Bella, aiutali a trovare i loro borsoni, così poi possiamo andare. – Seth, che sta piano piano creando un’intera pila di valige, m’informa mentre torna a prendere gli altri bagagli.
- D’accordo, d’accordo… - lo guardo male per qualche secondo prima di cominciare a fare quello che mi ha appena detto.
Non è un lavoro faticoso, ma a mano a mano che vado avanti, comincio a sentire caldo e un rivolo di sudore comincia a scendermi lungo il collo. Sbuffo fermandomi un secondo, per legare i capelli in una coda disordinata.
- Questo è l’ultimo. – annuncia Seth non appena mi raggiunge una decina di minuti dopo. – Vuoi una mano?
Gli lancio un’occhiata ovvia. – Tu che dici?
Sorride, prima di scoppiare a ridere. – D’accordo, ti aiuto.
In due ci mettiamo meno tempo a consegnare i borsoni ai bambini, e quando anche noi riusciamo a recuperare i nostri, cominciamo ad avviarci verso la zona vera e propria del campeggio. Alice ci ha spiegato, grazie al suo itinerario pieno di annotazioni, che i proprietari del campo terranno un piccolo discorso d’inaugurazione prima di mostrarci i nostri alloggi.
Un lamento mi sfugge dalle labbra quando sento i manici del borsone più pesante segarmi la mano. Lo getto a terra, guardandolo disperatamente, e mi lamento in silenzio per aver lasciato ad Alice il compito di riempirlo.
Lancio un’occhiata veloce al nostro gruppetto, guidato da Seth, che sta avanzando mentre io inevitabilmente resto indietro. Non è poi questa gran cosa, essere l’ultima, e non c’è nessun rischio che io mi perda all’interno del campo. Riafferro i manici del borsone, contando fino a tre prima di sollevarlo.
- Dio, quanto pesa! – esclamo quando riprovo a tirarlo su.
- Serve una mano? – una voce alle mie spalle, una gran bella voce devo dire, mi fa capire che non sono l’unica che è rimasta al parcheggio. Mi volto, sospirando, e quel respiro torna subito nei miei polmoni quando scopro a chi appartiene la voce.
Capelli rossi, tendenti al ramato, viso mostruosamente bello e una mascella squadrata da divorare con la bocca… e due occhi verdi e brillanti che sembrano smeraldi.
Merda, merda, merda! È il tizio che ho visto all’aeroporto.
Continuo a guardarlo come se davanti è appena comparso un fantasma. Credo che stia per fare un'altra delle mie figure di cacca. Lui mi osserva divertito, con un sopracciglio sollevato verso l’alto e un sorriso storto sulle labbra… e che sorriso, devo dire!
- …Eh? – balbetto stupidamente, quando riesco a ritrovare finalmente la voce.
- La borsa, hai bisogno di una mano? – indica con il dito il borsone che ho poggiato accanto ai piedi e mi affretto a seguire con lo sguardo il suo gesto.
- Ah, sì! Il borsone! È un po’ pesante, in effetti. – dalle mie labbra esce fuori una risata stupida e isterica. Sembro tanto una rincoglionita in questo momento.
Lo vedo annuire, sempre con quel sorriso da infarto sulle labbra, e con un movimento fluido solleva il borsone come se stesse afferrando un cuscino. Mi guarda ancora, ridacchiando quando nota che non mi sono mossa di una virgola.
- Vogliamo andare, o vuoi restare qui per tutta la mattinata?
- Oh no no, andiamo. – Mi sento un po’ ridicola, ma non posso farci niente.
Sono letteralmente confusa e sorpresa, non mi aspettavo di trovarmi questo bel ragazzo nello stesso campo. Ci avevo sperato fino a poco prima, è vero, ma un conto è pensarci e un altro è vedere che non me lo sono immaginato per niente.
Stiamo in silenzio per il resto del tragitto, che dura solo alcuni minuti. In quel poco tempo non faccio altro che osservarlo, cercando di non farmi beccare da lui. Cavolo, da vicino è ancora meglio di quanto credessi.
È alto, altissimo (possibile che tutte le persone che conosco sono alte?), e ha un fisico da paura! Non sembra avere un grammo di grasso addosso e sono quasi sicura di aver notato i suoi addominali scolpiti. Quella maglia attillata non aiuta per niente a nasconderli, e mi sento quasi travolta completamente dagli ormoni.
Proprio adesso devo cominciare a sentirmi una gatta in calore? E che diamine!
- Eccoci arrivati. – annuncia lui, strappandomi dalla silenziosa contemplazione. Mi riscuoto giusto quanta basta per vedere un sacco di bambini riuniti in gruppi e avvisto subito senza problemi quello mio, dove spicca Seth grazie alla sua altezza.
- Ce la fai da adesso in poi, da sola? – mi osserva incuriosito, con la punta della lingua si bagna appena appena le labbra.
Oh cavolo, non può fare una cosa del genere. Sento le guance andare in fiamme.
- S… sì, ce la faccio. – Dio, sto messa proprio male.
Lui (non so neanche come chiamarlo, questo benedetto ragazzo!) mi sorride ancora e sembra che sta per dire qualcosa, ma viene interrotto da un urlo.
- Roscetto! Brutto roscio, dove sei andato a finire?
Roscetto? È lui? Devo chiamarlo anch’io così?
- Oca bionda, arrivo! – urla in risposta, dopo essersi voltato. In quel momento ricordo che insieme a lui c’è la ragazza bionda, e non posso fare a meno di essere d’accordo con lui per il soprannome che gli ha dato.
Neanche la conosco, quella ragazza, e già mi sta sulle scatole… non ci posso credere! E questo solo perché sta con lui? Mi sa di sì.
- Devo lasciarti adesso, ci vediamo! – mi saluta con un sorriso e poi si volta in fretta, avvicinandosi alla ragazza bionda circondata da un gruppo di bambini. Continuo a fissarlo, incapace di muovermi, e sgrano gli occhi quando lo sento parlare; è ancora vicino, e le sue parole mi giungono alle orecchie senza alcun problema.
- Scusami, bionda ma quella rimbambita aveva bisogno di una mano…
Eh?
Mi ha chiamato rimbambita? Oddio, devo aver fatto davvero l’ennesima figura di cacca, se n’è accorto anche lui… ma poi, come può parlare di me in questo modo? Mi ha parlato per dieci minuti, al massimo, e già mi ha definito con quell’aggettivo?
Che stronzo!
- Bella? Ci sei? – la voce di Seth mi riscuote, anche se sono ancora un po’ sconvolta per quello che ho sentito.
Annuisco, voltandomi verso di lui e prendendo un piccolo respiro. Afferro il borsone, trascinandolo sul terreno per qualche metro fino a quando non raggiungo, insieme a Seth, il resto del gruppo.
 

-
 

Siamo seduti sul terreno, tutti quanti circondati dai nostri bagagli e stiamo aspettando che arrivino i proprietari del campo per darci il benvenuto. Nei due anni precedenti si erano fatti vivi subito, ma ci trovavamo in un campeggio diverso.
Questi sembra che vogliano farci aspettare in eterno, sono quasi venti minuti che non facciamo altro che starcene fermi. Per fortuna che ci troviamo all’ombra e non esposti al sole.
Insieme a noi ci sono anche gli altri partecipanti, tutti seduti in circolo e che aspettano anche loro questi cavolo di proprietari. Secondo me si stanno divertendo a farci aspettare lì come dei deficienti… cavolo, se non fosse stato per i borsoni e per la marea di roba che abbiamo, sembreremmo dei barboni puzzolenti.
Io ho trovato un ottimo modo per ingannare l’attesa: ho tirato fuori dallo zaino la piccola pochette della manicure e adesso sto limando le mie unghie sotto lo sguardo attento e quasi reverenziale di alcune bambine, dove c’è anche Amy. Gli altri ragazzi li controlla Seth, che non è stato felice di avermi dato il cambio.
Dobbiamo fare un po’ per uno. Prima all’aeroporto li ho controllati io e adesso è il suo turno. Inutile che faccia tante storie.
- Quand’è che possiamo andare al lago? – sento chiedere da un bambino. Per il momento mi tocca definirli così, non ricordo quasi per niente i nomi di tutti.
Devo ripassare la lista, e in fretta anche.
- Credo più tardi, non appena iniziano le attività. – gli risponde Seth. Ma che carino che è, sta già cominciando a interagire con loro!
- Non possiamo andarci adesso? – chiede Jonathan; stavolta lo riconosco, è il figlio della Stanley.
- No, adesso non si può. E basta fare domande!
Ok, mi rimangio tutto quello che ho pensato poco fa. Seth deve ancora cominciare a prendere confidenza con i nanerottoli…
- Seth. – lo riprendo senza alzare lo sguardo dalle mie mani.
- Che c’è? – mi chiede sorpreso dal mio richiamo, ma evito di rispondergli perché non mi va proprio di spiegarli com’è che si deve comportare con un gruppo di bambini di nove e dieci anni. È meglio se lo scopre da solo.
Le bambine che mi circondano stanno frugando all’interno della pochette e stanno tirando fuori i pochi smalti che mi sono portata dietro. A ogni colore che vedono si innalza un coro di ‘Ooooooh!’ colpito.
- Possiamo mettere lo smalto? – mi chiede Amy.
Alzo lo sguardo su di loro proprio quando loro iniziano a guardarmi speranzose e con lo sguardo da cucciolo indifeso. Come posso dire di no a quei visini deliziosi e carini? No, proprio non posso! E poi ancora non si vede nessuno, ho benissimo tutto il tempo per stendere loro lo smalto.
- Ma certo, vi aiuto… - poso la lima nella pochette e comincio a dipingere le loro piccole unghie.
Seth si siede al mio fianco, proprio sul borsone ultra pesante che sto usando come sgabello temporaneo. Resta a osservarmi mentre passo uno strato di smalto rosso sulle unghie di Alicia, l’ultima delle cinque bambine che mi hanno chiesto di farle la manicure.
- Non ci credo, ti sei portata pure lo smalto! – esclama sorpreso Seth.
Chiudo la boccetta dello smalto e la rimetto nella pochette con gli altri che ho usato. Rimetto il tutto all’interno dello zaino e, quando ho finito tutte queste operazioni, mi volto verso di lui. Ha un sopracciglio inarcato e lo sguardo confuso.
- Beh? Mica è vietato, sai. – scrollo le spalle e riposo lo zaino a terra.
- Lo so che non è vietato, però con tutte le cose che faremo dovrai rimetterti quella roba quasi ogni giorno. – scrolla le spalle. – Non è una perdita di tempo?
- Diciamo di sì, ma almeno mi distraggo un po’.
- Con loro ti distrarrai senza alcun problema! – si sta riferendo senza alcun dubbio ai bambini, mi gioco quello che vi pare ma per me è così.
- La cosa vale anche per te, lo sai?
- Mi devo mettere lo smalto anch’io? Ma sei matta?! – Seth non ha capito un’acca di quello che volevo dire.
Alzo gli occhi al cielo e sospiro prima di tornare a guardarlo. – Mi riferivo ai bambini, anche tu avrai modo di distrarti insieme a loro.
Annuisce. – Me ne sono già reso conto. Sono dei diavoletti, ma sono anche simpatici.
Sorrido, felice che se ne sia finalmente accorto e sto per dirgli qualcos’altro, quando un coro di urla ed esclamazioni mi fa bloccare. Mi volto verso la direzione da cui provengono le grida, ossia davanti a me, e vedo che parecchi bambini degli altri gruppi si sono alzati in piedi e stanno festeggiando per l’arrivo di qualcuno.
Un uomo e una donna, seguiti da una decina di altri ragazzi, stanno sorridendo e salutando con le mani fino a quando non raggiungono il centro dello spiazzo, circondati da tutti noi. Sono tutti giovani, non avranno più di trent’anni e forse neanche ci arrivano a quell’età.
Loro sono i proprietari del campeggio?! Non ci credo!
- Non ci credo che sono loro i capi di questo posto! – esterno il mio pensiero a Seth mentre mi alzo in piedi e mi sistemo i pantaloncini.
Non sento arrivare una risposta da parte sua, così mi volto verso di lui e rimango sorpresa nel vedere l’espressione che ha assunto. Ha un sopracciglio inarcato, gli occhi confusi e le labbra strette tra di loro come se si stesse trattenendo dallo scoppiarmi a ridere in faccia.
- Parli proprio tu che a ventidue anni sei la proprietaria di una delle aziende più importanti della California? – scoppia a ridere senza potersi controllare, cosa inevitabile.
Il suo ragionamento non ha tutti i torti però; è vero che sono giovane per essere a capo di un’azienda così famosa, ma se non fosse stato per il nonno che ha voluto lasciarmela in eredità a quest’ora io non sarei stata altro che una noiosa e spocchiosa critica d’arte.
Il mio, in un certo senso, è stato un vero e proprio colpo di fortuna… ma per il nonno avrei fatto questo e molto altro ancora. Lo avrei fatto mille volte.
- Benvenuti a tutti! – una voce nasale (molto nasale, devo dire) mi riporta con la testa al presente e alzo gli occhi verso il suo proprietario. È la donna di prima che sta parlando, rivolgendosi a tutti quanti noi. Ha un’enorme quantità di capelli ricci e scuri in testa, sembra quasi un cespuglio ambulante.
- Benvenuti al ‘Camp Eclipse’, il più grande campeggio estivo del Maine… se volete la conferma, consultate Wikipedia! – scoppia a ridere dopo quella battuta un po’ misera, ma riprende quasi subito. – Io mi chiamo Odette e sono a vostra completa disposizione per qualsiasi problema riscontrerete durante il vostro soggiorno.
- Odette sembra tanto il nome di un’oca. – mi sussurra Seth all’orecchio così da non farsi sentire dagli altri.
Trattengo una risata e lo guardo male per la cavolata che ha appena detto, ma le sue parole mi fanno ripensare involontariamente a un’altra oca che si trova nel nostro stesso posto.
Mentre Odette continua a parlare, presentando gli altri ragazzi che sono con lei e che credo siano gli animatori per le varie attività, lascio vagare lo sguardo intorno e osservo attentamente tutte le persone presenti, fino a trovare quelle che mi interessano e che ‘conosco’ più delle altre.
Roscetto e Oca Bionda (ho deciso di chiamarli così fino a quando non conoscerò i loro veri nomi) se ne stanno vicini e sembrano stiano ascoltando con attenzione e interesse il discorso di Odette. Lui ha un braccio sulle sue spalle e sembrano essere molto a loro agio.
Qualcosa dentro di me mi dice che fanno coppia, ma non posso esserne davvero sicura. Cioè, ma chi li conosce? Per quanto ne possa sapere io, loro potrebbero essere anche fratelli.
- …i nostri ragazzi adesso accompagneranno i bambini e voi accompagnatori nei vostri bungalow, così vi sistemate per benino, e poi ci rivediamo tutti insieme per il pranzo nella sala mensa! Questo pomeriggio vi spiegheremo tutte le attività che potrete fare… e per adesso questo è tutto!
Cavolo, a furia di osservare quei due mi sono persa tutta la spiegazione! Sarò costretta a chiedere a Seth di rispiegarmi il tutto. Quando mi ci metto e mi distraggo sono davvero una causa persa.
- Bene, andiamo a sistemare i bagagli! – Seth sembra contento di potersi liberare del suo borsone.
- Senti Seth, che ha detto d’interessante quella Odette? Mi sono… distratta sugli ultimi punti. 
La mia è un’ottima scusa per cercare di capire cosa ha detto Odette. Meglio non fargli intendere che ero troppo concentrata a osservare Roscetto e Ochetta, invece di sentir blaterare quella donna.
- Lo chiedi a me? E chi la ascoltava! Tanto lo scopriamo più avanti…
Resto imbambolata a guardarlo, senza parole. Seth è ancora più svogliato di me quando vuole, Alice ha davvero fatto bene ad accoppiarci quest’anno.
- Allora, voi due siete…? – mi volto quando sento la voce di una ragazza alle mie spalle; è una delle animatrici, è giovanissima e credo abbia suppergiù la mia stessa età. La frangetta castana che le ricade sugli occhi la fa sembrare ancora più giovane.
- Seth Clearwater e Isabella Swan, dalla Napa Valley. – Seth risponde subito, prima ancora che mi possa rendere conto di quello che la ragazza, Anne stando al cartellino che ha appeso al collo, ci ha chiesto.
- Mmh… - Anne consulta una cartellina piena di fogli e segna qualcosa con la penna prima di tornare a guardarci con un sorriso. – Benissimo! Seth, devi andare nell’ala riservata agli uomini, a destra, il tuo bungalow è il numero 7 e sarai in coppia con Tyler Crowley. Isabella, invece… - consulta di nuovo la cartellina - … devi andare a sinistra, il tuo è il bungalow 3 e la tua compagna di stanza è Angela Weber.
- Va bene, grazie. – mi sistemo lo zaino sulle spalle e poi mi abbasso per recuperare i borsoni.
Non sarà difficile trovare la zona destinata ai dormitori femminili, niente affatto… la cosa più difficile e che mi preoccupa è trascinare queste due bestie per tutto il tragitto. So già che resterò senza forze e senza fiato prima di arrivare a metà strada!
- Ci vediamo più tardi, Bella. - mi saluta Seth prima di cominciare ad allontanarsi.
Ricambio il suo saluto, poi con un sospiro mi faccio coraggio e comincio a trascinarmi i borsoni dietro mentre cammino. L’ultima volta che l’ho fatto, sì e no un’ora prima, un ragazzo carino mi ha aiutato e poi mi ha dato della rincoglionita. Non ha detto proprio così, lo so, ma comunque ci è andato vicino.
Spero che non succeda anche adesso.
Man a mano che cammino inizio a intravedere alcune piccole casette di legno, i famigerati bungalow dove dormiremo per le prossime sei settimane. Sono contenta di notare che sono quasi arrivata alla meta e che non devo faticare ancora per molto.
Continuo a camminare, ma percorro solo qualche metro prima che qualcuno mi fermi con un urlo.
- Ehi, hai bisogno di aiuto?
Sono sollevata quando sento che è una voce femminile e non quella del Roscetto, così almeno non devo sentirmi imbarazzata e piena di astio nei suoi confronti per tutto il tempo. Mi blocco e mi volto nello stesso momento in cui una ragazza mora e con gli occhiali da vista si ferma al mio fianco.
- In effetti, sì. Sono un po’ pesanti da portare per me.
Lei scrolla le spalle e mi sorride, prendendo uno dei due borsoni come se pesasse una piuma e tenendo in spalla il suo. Oddio, è forzuta la ragazza!
– Ti aiuto, per me non è affatto un problema.
- Grazie mille…
- Ma figurati, lo faccio volentieri! – esclama, cominciando a incamminarsi velocemente verso i bungalow. La seguo e sono costretta a camminare più spedita del solito per stare al suo stesso passo. – In quale bungalow sei?
- Il 3.
Si ferma di botto, guardandomi sorpresa. – Ma… è anche il mio! Quindi tu sei Isabella.
Annuisco, porgendole la mano e sorridendo. – Per gli amici sono Bella, solo Bella. E tu devi essere Angela.
- Io sono Angie per gli amici, è un piacere conoscerti! – stringe con forza la mia mano nella sua. È davvero forzuta, non c’è che dire.
– Vieni dalla California? Io ho sempre desiderato andarci! Credevo di dover condividere la camera con una snob tutta abbronzata e piena di sé, capisci cosa intendo?
Oh sì, so benissimo cosa intende. Non per niente a Napa ci sono un sacco di persone che possono essere descritte nello stesso modo che ha appena usato Angela.
- Ce ne sono un sacco lì, ma non è il mio caso, puoi stare tranquilla.

Angela scoppia a ridere, riprendendo a camminare subito dopo. Conoscerla mi ha fatto davvero piacere e poi sembra una ragazza tranquilla e alla mano. Non sarà poi così male dividere la stanza con lei.

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Capitolo 5
*** Primo giorno di campeggio: poteva andare meglio ***


The Camp Of Love - Capitolo5

Buon pomeriggio!
Mi sembrava giusto aggiornare anche questa storia dopo così tanto tempo, contando anche il fatto che era pronto prima che il pc mi abbandonasse! XD l’ho riletto poco prima di aggiornare, e mi scuso se ci sono degli errori sparsi qua e là… non è stato betato :)
Mi scuso con voi per il ritardo che ho riportato, e anche per il fatto di non aver risposto alle recensioni dello scorso capitolo. Non ne ho avuta la possibilità, in questo ultimo mese, però le ho lette e apprezzate :) vi ringrazio! E ringrazio anche chi legge soltanto :D
Non ho molto altro da dire, quindi vi lascio leggere in pace… però, prima voglio farmi un po’ di pubblicità! Ho una nuova storia in corso, ho postato il secondo capitolo un paio di giorni fa… è una Robsten (sì, ho cambiato fandom XD) e mi farebbe molto piacere se ci faceste un saltino ;) vi lascio il link QUI
Bene, adesso me ne vado! Buona lettura e… a presto!
KrisC

 

 cover

 

The camp of love

 
 
 
Capitolo cinque – Primo giorno di campeggio: poteva andare meglio

 

07/07/2010
 
Sobbalzo sul letto, spaventata, e rischio quasi di cadere come una demente sul pavimento di legno quando sento suonare a tutto volume uno strumento musicale. Credo che sia una tromba, o qualcosa di molto simile, e non so come diavolo sia possibile sentirla ad un volume così alto.
Sembra quasi che la stiano suonando a due centimetri dal mio orecchio.
Mi strofino stancamente gli occhi mentre quella dannata tromba continua a suonare. Dal letto accanto al mio sento provenire un fruscio di coperte, segno che anche Angela, la mia compagna di stanza, è stata disturbata da quel suono infernale.
- Chi è quel cretino che sta suonando? – biascica dopo qualche istante.
- Non ne ho idea…
Sbadiglio subito dopo aver parlato e mi sporgo verso il mio comodino, la cui superficie è piena zeppa di roba; il mio pc, l’iPad, il cellulare, due dei libri che ho portato… sono tutti lì, proprio dove li ho lasciati qualche ora prima.
Afferro il cellulare e controllo l’ora: segna le 07:30 del mattino. Ricordo così che la sera prima, poco prima che ci congedassero alla fine della cena, Odette e la sua scorta di collaboratori ci aveva avvertito che per quell’ora era prevista la sveglia e che fino alla fine del campeggio sarebbe stato così.
Non ci aveva mica avvertito, però, che sarebbe stata quella specie di strumento infernale la nostra sveglia mattutina.
Torno a stendermi e poggio la testa sul cuscino, chiudendo gli occhi mentre aspetto che la ‘sveglia’ smetta di suonare. Lo fa dopo due minuti, credo, al che tiro un sospiro di sollievo.
- Alleluia, un po’ di pace! – Angela si mette a sedere e si scosta le lenzuola dalle gambe; io, invece, rimango stesa con una disperata voglia di rimettermi a dormire.
- Bella, su, alzati! È ora di cominciare questa nuova giornata! – la sua voce allegra, nonostante l’orario così mattutino, sta già cominciando ad irritarmi. – Non cercare di prendere di nuovo sonno, eh!
- Ma io ho già sonno, non c’è bisogno che lo debba prendere… - mi volto verso il muro e mi stringo meglio le coperte addosso, cercando di ignorarla, e chiudo gli occhi.
La sento sbuffare. – Questo è perché sei stata fino a tardi davanti al pc, signorina. Che poi non l’ho capito neanche bene, il tuo discorso sul tenere d’occhio la tua azienda a distanza.
Il giorno prima io e Angela ci siamo conosciute meglio mentre ci sistemavamo nel nostro bungalow. Lei è qui insieme al marito, Ben Cheney, che ho conosciuto ieri a pranzo prima di congedarmi per raggiungere Seth. Sono venuti in vacanza per accompagnare i fratellini gemelli di lei ed i cuginetti pestiferi di lui; un po’ la invidio perché la sua squadra è molto più ridotta della mia e più facile da gestire, di conseguenza.
Ben alloggia nel bungalow 4 e si trova in coppia con un certo Edward Cullen, che a detta di Angela è un gran bel ragazzo ed è anche simpatico. Io non l’ho ancora conosciuto, ma credo che la cosa accadrà presto… prima o poi ci conosceremo tutti, durante la vacanza.
Comunque, tralasciando questi particolari, ho raccontato ad Angela chi sono e anche a grandi linee qual è il mio mestiere. È rimasta molto sorpresa quando ha scoperto che la proprietaria della mia azienda sono io e che sono giovanissima; si aspettava quasi una trentenne inacidita.
Ha aggiunto anche che adora i vini che produciamo e mi ha lasciato un suo biglietto da visita perché vuole che gli spedisca ogni mese una cassa di vino e che mi farà un sacco di pubblicità a Seattle, la città in cui vive.
Lei lì lavora come personal trainer in una palestra, come è anche scritto sul biglietto da visita… ecco spiegato il motivo per cui è così forzuta, ma allo stesso tempo esile.
- Voglio tenere tutto sotto controllo, Angela. Mi lasci dormire adesso?
Mi sto già pregustando il momento in cui il sonno si impadronirà completamente di me e del mio corpo, quando il materasso sotto di me si muove e mi ritrovo ad urlare come una scimunita. Se non sapessi che è Angela a fare tutto quel casino, crederei che è appena iniziato un terremoto.
In breve tempo mi ritrovo con il culo per terra, in maglia intima e mutandine per giunta, con Angela che infierisce sopra di me e che tiene tra le mani un lato del materasso. Mi guarda con un sorriso vittorioso e ebete sul volto e dentro di me nasce la voglia improvvisa di prenderla a schiaffi.
- Dormigliona, vai a toglierti tutte le tracce di sonno dal viso e vestiti mentre io ti sistemo il letto. – è tranquilla, tutto in lei mostra tranquillità, ma credo che sotto sotto stia già macchinando qualcos’altro.
Evito di scatenare in lei una nuova reazione e mi fiondo in bagno dopo aver recuperato tutto quello che mi serve. Nel giro di dieci minuti ho fatto una doccia, asciugato alla meglio con un asciugamano i capelli lunghi e indossato la mia tenuta da campeggio, ossia short neri elasticizzati, maglia bianca con il logo del campo e scarpe da ginnastica nere.
Quando torno di nuovo dentro la stanza Angela ha già sistemato tutto e sta aspettando che le lasci libero il bagno. La trovo seduta sul letto, sorridente e con il cellulare in mano. Credo che stia leggendo qualcosa che il suo dolce maritino le ha mandato.
- Il bagno è tutto per te. – la informo.
- Bene, faccio in un lampo! – scatta rapidamente e si rifugia altrettanto rapidamente in bagno.
Mentre aspetto Angela, mi siedo sul mio letto risistemato e senza neanche una grinza sulle coperte e prendo il cellulare. Sono appena le 07:50, è prestissimo in effetti, ma a quanto ho capito per tutti i prossimi giorni dobbiamo essere pronte per quell’ora. Dobbiamo controllare i bambini e svegliare quelli che, come ho cercato di fare io, vogliono provare a dormire qualche minuto in più.
A Napa sono quasi le cinque del mattino, quindi per me è impossibile chiamare a casa per sapere cosa sta combinando la nonna. Dorme già poco di suo, poverina, non voglio rovinarle anche le poche ore di sonno che riesce ad avere.
La voglia di chiamare Jacob e di svegliarlo come ho fatto il giorno prima è forte, davvero forte, ma alla fine mi trattengo. Magari lo farò nei prossimi giorni, ma per oggi lascio passare. Sì è già incazzato ieri, meglio non farlo irritare troppo.
Metto il telefono, che per fortuna è carico, in tasca ed in quel momento Angela esce dal bagno. Anche lei, come me, è vestita in maniera sportiva ed indossa la maglia bianca del campeggio. Posa il suo pigiama piegato alla perfezione sotto il cuscino, il suo beauty dentro la sacca verde militare e poi mi guarda con un sorriso estatico sulle labbra.
- Io sono pronta, che facciamo, andiamo? – esclama. Prende il marsupio nero che si trova sul suo comodino e se lo aggancia sulla pancia.
- Sì, andiamo. – mi alzo dal letto, anche se mi dispiace lasciarlo così velocemente (la voglia di tornare a sonnecchiare è ancora forte dentro di me), e la seguo fuori dal bungalow nell’aria fresca del mattino.
 

-
 

Raggiungiamo nel giro di pochi minuti la sala mensa, semideserta se non fosse stato per gli addetti al buffet che sono costretti a stare lì. Di Seth, del marito di Angela e dei tanti bambini non c’è neanche l’ombra.
Mi rivolgo alla mia nuova amica, scocciata. – Visto? Non c’è praticamente nessuno. Potevamo restare a dormire senza problemi.
- Non se ne parla proprio, non siamo venute in vacanza per restare a poltrire a letto! – mi rimprovera lei sbuffando. – Andiamo a vedere dove sono finiti gli altri, piuttosto.
Mi afferra per un braccio e mi costringe a seguirla, dirigendosi verso la zona dei dormitori riservata agli uomini. Sono sicura che voglia controllare che fine ha fatto suo marito Ben, e da una parte sono contenta che stiamo andando lì così posso cercare Seth.
Sono sicura che sta ancora dormendo.
Circa a metà strada intravedo una persona, che si sta dirigendo verso di noi e che sta parlando al cellulare. Il colore dei suoi capelli e l’altezza, nonostante sia ancora a diversi metri di distanza, mi aiutano a capire chi è.
Distolgo lo sguardo e lo punto verso gli alberi che ci circondano, fingendo di essere interessata a tutta quella natura e a tutto quel verde. Non voglio proprio vederlo e, per di più, non voglio proprio salutarlo. Sono ancora irritata per quello che ha detto su di me ieri, ed anche se so che è infantile da parte mia comportarmi così, non riesco proprio a farmela passare.
- Ehi Bella, hai visto? C’era Edward! – esclama Angela.
- Eh? Dove? – riporto l’attenzione su di lei e poi mi guardo intorno, cercando di capire dove si trovi questo ragazzo così carino e gentile che, però, io non vedo. Mi volto anche indietro, ma l’unica cosa che vedo è il Roscio che si allontana con il cellulare ancora premuto nell’orecchio.

Però, che bel vedere… no, Bella, non pensare di lui così! Ti ha presa in giro, ricordi? Basta adesso.
- È appena passato, ma non lo hai visto? – a meno che non fosse diventato invisibile, no, non l’ho proprio visto Edward.
- No.
- Oh beh, lo incontreremo di nuovo prima o poi, e te lo presenterò… andiamo adesso, siamo quasi arrivate.
Riprendiamo a camminare ed in men che non si dica raggiungiamo i bungalow dei maschietti. Angela si dirige subito verso quello che credo sia del marito, il numero 4, ma scopre che al suo interno non c’è nessuno.
- Sarà andato già via. – ipotizzo, ma Angela continua a spiare attraverso il vetro della finestra e mi sembra davvero una criminale. Gli manca solo la mascherina nera a coprirle gli occhi.
- Sarà meglio per lui! – esclama lei con voce nervosa e sicura. Si allontana dalla finestra e torna accanto a me, ma cambia subito espressione mentre afferra il cellulare dal suo marsupio. – Oh, Benji, ma dove sei finito?
Oddio, ho trovato un’altra pazza!
- Vado a cercare Seth. – la avverto mentre lei pigia in fretta e furia i tasti del suo cellulare ed annuisce senza neanche guardarmi.
Per raggiungere il bungalow di Seth impiego pochissimo tempo, il suo è il numero 7 e si trova distante solo qualche decina di metri da quello di Ben e Edward; salgo i gradini che mi portano alla porta e sto quasi per bussare quando quest’ultima si apre, rivelando la figura di Seth che sta per uscire.
- Ehi! – fa lui non appena mi vede, sorpreso.
- Ehi. – ricambio il suo saluto.
- Che ci fai qui? Non è la tua zona questa…
- Lo so, ma ho accompagnato Angela e già che c’ero, sono venuta a cercarti. – scrollo le spalle mentre lo osservo e vedo che ha i capelli bagnati; l’acqua li rende ancora più scuri del solito, il che mi sembra una cosa quasi impossibile. – C’è il tuo compagno di stanza dentro? Posso conoscerlo? – continuo; voglio fare amicizia, e conoscere il compagno di stanza di Seth è perfetto per cominciare.
- NO! - Seth urla e chiude di scatto la porta della casetta, scatenando così un rumore secco e anche abbastanza forte. Sobbalzo, colta alla sprovvista per questa sua reazione. Ma che ha? Perché si è agitato così tanto e così all’improvviso?
- Che succede!? – chiedo, confusa, quando mi riprendo un po’.
- Niente, solo che Tyler è in bagno e si sta ancora preparando. Ci raggiunge più tardi… andiamo? – Seth comincia a scendere i gradini e ad allontanarsi mentre io resto ancora ferma accanto alla porta.
Non posso fare a meno di notare quanto mi sembri strano il suo comportamento, ma non posso restare tutto il resto della mattinata a pensarci su. Lo seguo e, dopo averlo raggiunto, ci incamminiamo per raggiungere la sala mensa. Dopo aver percorso pochi metri incontriamo Angela, più o meno nello stesso punto in cui l’avevo lasciata.
- Ehi Angela, hai ritrovato Ben alla fine? – chiedo.
Lei annuisce e sbuffa allo stesso tempo. – È andato a controllare i bambini… cosa a cui avrei dovuto pensare anche io! Per un attimo mi sono dimenticata della loro esistenza.
 
- Tanto dobbiamo andare lì anche noi, ci accompagni? – Seth anticipa le mie mosse e, dopo aver avuto l’assenso di Angela, ci incamminiamo verso i bungalow dei bambini.
Rispetto alle zone dove dormiamo noi, tranquille e senza un rumore ad infastidire l’aria, quella dei ragazzini è davvero un casino. C’è gente che urla dappertutto, che si rincorre a destra e a manca e che cerca di rintanarsi dentro i bungalow. Non mi era mai capitato di vedere una simile scena, nonostante negli anni passati abbia avuto dei ragazzini molto vivaci e, a volte, anche prepotenti.
Angela si allontana da me e da Seth per andare a cercare Ben ed i suoi fratellini, mentre noi andiamo alla ricerca del nostro gruppetto scalmanato. Lo troviamo quasi subito, visto che una qualche anima pia (mi sto riferendo a uno dei ragazzi di Odette, naturalmente) ha già iniziato a richiamare i ragazzi e a dividerli in gruppi, così da non farci perdere troppo tempo.
Dopo aver controllato che ci siano tutti, torniamo ad incamminarci verso la sala mensa e non appena arriviamo lasciamo che prendano posto nei tavoli; si sparpagliano subito, avvicinandosi ad alcuni bambini con cui, credo, hanno già fatto conoscenza.
Io e Seth prendiamo i vassoi con la nostra colazione e stiamo cercando un tavolo in cui accomodarci quando vedo Angela che si sbraccia per attirare la nostra attenzione, quasi dall’altra parte della sala. Non è sola, ovviamente con lei c’è anche Ben ed un paio di altre persone… oddio, non ci credo!
Ochetta e Roscetto sono seduti nel tavolo con loro!
Non ci vado a sedermi insieme a loro, questo è poco ma sicuro! Seth, però, non è della mia stessa idea.
- Andiamo con loro, così stiamo in compagnia. – mi propone, ed io non so davvero cosa inventarmi per dirgli che non ci voglio andare.
Non posso dirgli che sono arrabbiata con Roscetto, visto che lui non sa cos’è successo tra noi due… non gliel’ho detto, e se anche lo facessi mi direbbe che la mia reazione è da imbecilli. Me lo dico anche da sola, infatti, che sono imbecille.
- Va bene, andiamo. – sono costretta ad accettare la sua proposta, ed insieme andiamo verso il tavolo di Angela e company.
- Ah Bella, Seth, finalmente! Sedetevi, sedetevi, su! – Angela sembra davvero entusiasta di vederci insieme a loro, non fa altro che urlare. – Conoscete già Ben, mio marito… loro, invece, sono Edward Cullen e Tanya Spencer, ci siamo conosciuti ieri durante il pranzo.
Osservo il Roscetto, che a sua volta mi osserva incuriosito, conscia del fatto che non dovrei più chiamarlo in quel modo ma semplicemente con il suo vero nome… cioè, Edward.
Lo stesso Edward che Angela non fa altro che lodare da ieri e che mi ha descritto come un bravo ragazzo. Non ho nessun dubbio che lo sia, però non posso fare a meno di ricordare quello che ha detto su di me ieri.
Tendo la mano verso di lui, cercando di trattenere l’astio che provo nei suoi confronti e di comportarmi come se nulla fosse; Edward la afferra subito, sorridendomi sghembo.

Oh, merda, quel sorriso!
- Piacere di conoscerti, Edward. – See, piacere! Però, nonostante il suo sorriso mi distragga, riesco a mantenere la mia voce ferma. Mi stupisco di me stessa.
- Piacere mio, Isabella. Noi ci conosciamo già, o sbaglio?
La sua domanda scaccia via quella sottospecie di calma interiore che mi aveva colpita, facendomi ricordare bruscamente il modo in cui ci siamo conosciuti. I miei occhi si stringono in due fessure e, quasi bruscamente, ritiro la mia mano, ma cerco di non farlo notare agli altri… Edward, però, lo ha notato di sicuro.
- No, non sbagli, ci conosciamo già. – dico, sedendomi in fretta e abbassando poi il viso verso il mio vassoio.
- Ma davvero? – Angela sembra stupita dalla cosa, ma per fortuna Edward le spiega prontamente il tutto senza che io sia costretta ad aprire bocca. Non accenna alla battuta che ha fatto su di me ieri, forse non se lo ricorda… ma io me lo ricordo, e anche bene!
- Ciao Isabella. – alzo il viso dal mio ‘interessantissimo’ vassoio pieno di cibo quando una voce che non riconosco mi parla, e capisco che si tratta di Tanya. Lei mi sorride calorosamente e mi porge la mano, che afferro dopo aver esitato un poco. – Sono davvero contenta di conoscerti.
Mi sembra una ragazza così carina, sincera e alla mano, diversa insomma da quello che credevo, e non riesco a non sorriderle di rimando. – Chiamami Bella, gli amici ormai mi chiamano sempre così.
Lei mi sorride ancora, e dopo aver ritirato la mano comincia a mangiare. Io la imito quasi subito, visto che la fame comincia a farsi sentire anche per me.
La colazione passa tranquillamente tra una chiacchiera e l’altra, dove riesco a conoscere meglio Tanya: ha 24 anni, si è laureata ad Aprile in fisioterapia e ha già trovato lavoro in un centro di riabilitazione di Chicago, dove vive; comincerà a Settembre, ed è davvero entusiasta della cosa.
Io, naturalmente, gli dico qualcosa di me senza scendere troppo nei dettagli del mio lavoro (non mi va di spifferare troppo in giro che sono una produttrice di vini, l’averlo detto a Angela è stato un grande strappo alla regola), e come mio solito do dimostrazione della mia tontaggine cronica rovesciando il bicchiere di succo di frutta di Seth.
- Oh, merda, sono una rimbambita! – commento non appena vedo il casino che ho combinato, e solo dopo mi accorgo delle parole che ho usato. Potrebbe sembrare una frecciatina bella e buona verso Edward, che ha inarcato un sopracciglio dopo che mi ha sentito, ma giuro davvero che non l’ho fatto apposta!

Forse mi sono sbagliata, e ricorda tutto…
Per fortuna, dopo quel piccolo incidente, riesco a trattenermi ed a non fare più danni. La colazione finisce tranquillamente, e neanche dopo cinque minuti che abbiamo finito di mangiare Odette attira tutta la nostra attenzione su di sé.
- Buongiorno a tutti! – esclama contenta, con un sorriso esteso che occupa entrambe le sue guance. – Spero che abbiate tutti quanti riposato bene stanotte e che abbiate recuperato tutte le forze necessarie per affrontare questa prima giornata di attività! Potrete occupare il tempo come volete, nuotando nel lago, facendo canottaggio, giocando a football… anche gli accompagnatori, naturalmente, possono prendere parte ai giochi.
- Io non farò niente del genere. – sussurro tra me e me, ma Seth mi sente lo stesso.
- Già, è vero, ti sei messa lo smalto. Meglio rischiare di non rovinarlo. – mi schernisce, beccandosi subito dopo una gomitata nelle costole da parte mia. – Ouch!
- Così la finisci, cretino!
Mentre noi battibecchiamo, Odette continua nel suo discorso e di tutto quello che dice capisco solo il ‘Buona giornata’, che mette fine alla sua predica.
È la seconda che non sento quello che ha da dire… sono davvero una brava ascoltatrice, ma che brava Bella!
- Come ci comportiamo? – mi domanda Seth, che nel frattempo si è ripreso dal mio attacco, mentre mi alzo dalla sedia. – Tu vai con le ragazze ed io con i ragazzi?
- Mmm… - ci penso su, mentre recupero il mio vassoio. – Vediamo quello che vogliono fare, e poi andiamo dove più ci piace stare. Che ne pensi?
- Interessante… sì, per me va bene.
Seth mi supera e si dirige verso gli addetti della mensa per consegnare il suo vassoio; io faccio per seguirlo ma prima lancio un ultima occhiata al nostro tavolo, dove gli altri stanno per andare via.
Non mi sfugge di certo lo sguardo strano e confuso, sotto certi aspetti, che Edward ha puntato su di me.
 

-
 

- Allora tesoro, ti stai divertendo? – sorrido sentendo, dopo diverse ore, la voce di nonna.
- Certo, come sempre. Qui è davvero bellissimo! – esclamo, facendola ridere. – C’è un sacco di verde, e anche se c’è un po’ di umidità si sta benissimo. Piacerebbe molto anche a te.
- Fai tante foto che così me le mostri, quando torni a casa… - si zittisce per qualche secondo, e poi riprende a parlare. – Ah, tesoro, prima è passato Jake…
- Ah davvero? E che ha detto? – voglio proprio vedere per quale motivo il mio amico va a trovare la nonna, invece di rispondere alle mie chiamate.
- Ha detto che in azienda va tutto bene, che non serve che lo chiami ogni dieci minuti e che, proprio per questo motivo, ha deciso di spegnere il telefono.
Resto in silenzio, colpita da quello che mi ha appena detto. – Nonna, ma scherzi?
- Oh no cara, ha detto proprio così! – dice, sincera.

Dannato Jacob! Gli scriverò una mail chilometrica, stasera, e lo insulterò fino a quando non avrò terminato tutti gli epiteti possibili ed immaginabili.
- Ma io volevo solo informarmi su quello che succede lì, a casa! – dico, giustificandomi e sperando che, almeno lei, mi dia ragione.
- Va tutto bene, Bella, davvero. Fidati della nonna…
Sbuffo. – Occhei… - mugugno alla fine.
La sento ridere. – Su, adesso mettiamo da parte il lavoro… raccontami, hai già fatto nuove amicizie?
- Oh, sì! – e mi butto a capofitto sul nuovo argomento di conversazione.
Gli parlo di Angela e di Ben e di come mi sembrino delle brave persone, anche se le conosco da appena 24 ore, e dopo aver titubato un po’ gli parlo anche di Edward e Tanya. Gli racconto anche del nostro ‘incontro’, avvenuto per via dei miei bagagli voluminosi.
- Ma non l’avrà fatto apposta, tesoro! – nonna ha la stessa reazione che avevo ipotizzato io prima, ed anche se non lo ha detto apertamente so che pensa che io me la stia prendendo troppo per le parole che quel ragazzo ha rivolto alla sottoscritta.
- Lui oggi non ha fatto cenno alla cosa. – dico, ma poi ripenso che non ho dato a Edward il tempo di dire alcunché, e ripenso anche alla piccola frecciatina che mi è uscita durante la colazione.
Meglio non citare la cosa alla nonna, però, altrimenti è capace di farmi la ramanzina per telefono.
- Lo farà più avanti, ci sono ancora due interi mesi di vacanza per farlo. – mi fa notare lei tranquillamente. – Adesso ti lascio, tesoro, ci sentiamo stasera?
- Sicuro, ti chiamo io. Un bacio, nonna.
- Un bacione anche a te, tesoro.
Chiudo la chiamata sentendomi un po’ più tranquilla; ricevere la chiamata da parte di nonna mi ha fatto davvero tanto piacere, e poi la cosa ha influito nel farmi distrarre da quello che stavo facendo.
Credevo che prendere parte al corso di pesca fosse interessante e anche divertente, ma dopo appena cinque minuti ho scoperto che non fa proprio per me. Mi annoio un sacco, e non mi entusiasma affatto il dover aspettare chissà quanto tempo che i pesci abbocchino all’amo.
La cosa che mi dà più fastidio, oltre a questo sport molto noioso, è l’aver fatto conoscenza con il compagno di stanza di Seth, Tyler Crowley. Adesso capisco il motivo per cui il mio amico, questa mattina, non ha voluto che lo conoscessi.
Non è di certo un cesso, anzi è un gran bel ragazzo, alto, abbronzato, dai capelli castani e dagli occhi azzurri… ma queste cose passano in secondo piano quando lo senti parlare. Parla un sacco e solo di sé stesso, è davvero un pallone gonfiato. Mi ha riempito la testa di discorsi su di lui, su quello che gli piace fare e sul fatto che ha davvero molta cura del suo corpo e del suo aspetto fisico.
Da quello che ho capito, usa prodotti per il corpo e per i capelli in abbondanza e, cosa che mi ha lasciata davvero di stucco, si depila. Ha le gambe lisce come quelle di un neonato, tanto che le mie a confronto con le sue sfigurano molto. È peggio di una ragazza!
Quasi quasi cambio idea e mi intrufolo nel corso di scherma, dove si trovano Seth e Angela; almeno lì sarà divertente vedere qualcuno che si sfida, basta che non mi mettano in mezzo.
Un’improvvisa vampata di profumo, che riconosco essere ‘The One Gentleman’ di Dolce & Gabbana (ho un debole per i profumi da uomo), mi fa capire che il mio nuovo incubo è appena arrivato al mio fianco. Fingo di non essermene accorta, e continuo ad osservare alcuni ragazzini che stanno sistemando le loro canne da pesca insieme agli animatori.
- Ti diverti? – ecco, adesso che ha parlato non posso più ignorarlo.
- Mmm… non molto, a dire la verità. – mi volto verso di lui e gli sorrido, vedendolo fare la stessa cosa. – Anzi, sai che ti dico? Credo che andrò a fare un giro, tanto i ragazzi sono in buone mani.
Magari così riesco a fare due cose: andarmene via da quella attività deprimente, e abbandonare Tyler sono-un-figo-della-madonna-e-me-ne-vanto Crowley.
- Ottima idea, ti faccio compagnia.

Oh merda!, urla la mia testa. Vorrei tanto mandarlo a quel paese e dirgli che non voglio la sua compagnia, ma cavolo dopo lo offendo a morte. Non sono così cattiva…
Sì che lo sei, Bella. Alice la mandi tranquillamente a quel paese quasi tutti i giorni, per non parlare dei ragazzi che ti vengono dietro e che tu scacci via come se fossero mosche fastidiose.
Odio il mio cervello quando ci si mette.
- Va… va bene. – balbetto, incapace di dire di no a quel ragazzo che, dopotutto, vuole solo fare un po’ di amicizia. O almeno, spero che sia così.
Dopo aver avvertito gli animatori che ci allontaniamo da loro, andiamo a fare un giro intorno al lago mantenendoci più o meno sulla riva. È davvero bello e grande, il sole illumina tutta la sua superficie e la fa sembrare quasi uno specchio. Per fortuna che ho gli occhiali da sole a coprire gli occhi, altrimenti tutta quella luce mi avrebbe causato un enorme fastidio.
- Da dove hai detto che vieni? – mi domanda Tyler dopo l’iniziale silenzio. Oh, strano che voglia sapere qualcosa di me… mi stavo preparando a sorbire l’ennesima storia sulle sue abili gesta.
- Non l’ho detto, veramente. Vengo dalla Napa Valley, California… - non faccio in tempo a dire quelle parole che lui già mi interrompe.
- Oh, California! Magnifico posto, ci sono stato in vacanza un paio di anni fa. Non pensavo che fossi di lì… sai, per via della pelle, sei molto chiara. Dovresti prendere un po’ più di sole, come faccio io.
Alzo gli occhi al cielo, esasperata, ma per fortuna ho le lenti scure e non può vedere quello che sto facendo.
- Ho la pelle delicata. – ammetto.
- Ci sono un sacco di buoni prodotti per le pelli come la tua, dovresti provarne qualcuno. – Tyler interrompe il suo monologo, che non ascolto quasi per niente, e per fortuna cambia argomento… anzi, per sfortuna. – Se mi dici in quale zona della Napa Valley abiti, magari vengo a trovarti ogni tanto. Mi farebbe piacere.
Oddio, questo tizio ci sta già provando con me! E non è neanche un’ora che lo conosco! Mi volto verso di lui con gli occhi spalancati, scioccata e spaesata allo stesso tempo, ma il sorriso di lui mi fa capire che non si è accorto della mia reazione e che, credo, stia aspettando una mia risposta.
- Magari più avanti. – col cavolo che ti dico dove abito!
- Va bene. – lui però mi sembra fiducioso… devo trovare un modo per fargli capire che non mi interessa senza usare i miei soliti modi. Ci manca solo che mi faccio riconoscere anche qui e stiamo a posto.
Torno a guardare di fronte a me, e quasi sobbalzo di gioia quando vedo che, poco lontano da noi, c’è il gruppo delle lezioni di canoa. Posso inventare la scusa di voler andare lì perché sono interessata senza far capire al mio ‘amico’ che non voglio stare da sola con lui mentre prova a rimorchiarmi.

Sì, sono salva!
- Uh guarda! Fanno le lezioni di canoa! Andiamo a vederle? – cerco di mostrarmi il più entusiasta possibile. Lui, però, storce la bocca quando capisce quello che voglio fare.
- Ma, veramente… - blocca le sue parole quando vede il mio sguardo eccitato, e spero che mi accontenti. Per fortuna lo fa subito. – Ok, andiamo.
Sempre mostrandomi contenta, cammino velocemente con Tyler che cerca di tenere il mio passo ed in fretta percorro quei metri che mi dividevano da quel gruppo.
Lì è davvero una cosa diversa rispetto a dove ci trovavamo noi poco prima; sono tutti più allegri e contenti di andare sulle canoe, e l’allegria mi contagia subito. Scoppio a ridere quando vedo che una ragazzina, sulla sua canoa, sbaglia qualcosa e finisce in acqua in meno di due secondi.
- Ah, c’è Lizzie! – Tyler attira la mia attenzione, indicandomi una ragazza che sta cercando di allacciare il giubbotto salvagente a un bambino; credo che sia la sua ‘compagna di squadra’. – Vado a salutarla, ci metto poco.
- Va bene. – dico, ma dentro di me sono tipo ‘ecco, vai via e non tornare prima di due mesi’.
Resto da sola a godermi lo spettacolo di tutti quei marmocchi che remano e si divertono a navigare sulle loro canoe. Alcuni fanno anche incidenti come la ragazzina di prima, altri invece si urtano per sbaglio e non riescono più a staccarsi per riprendere il cammino.
Oddio, anche a me sta venendo voglia di salire su uno di quegli aggeggi. Immagino già la figura di merda che farò, scarsa come sono…
- Ciao. – una voce mi distrae dal pensiero di me che mi cappotto con la canoa.
Mi volto verso il proprietario della voce e scopro che è il Rosc… ehm, è Edward. Strano che non ho riconosciuto prima la sua voce, visto che prima di quella mattina stava diventando il mio incubo peggiore numero uno del campeggio.
Adesso è il numero due… indovinate chi lo ha superato in classifica?
- Ciao. – ricambio il saluto e torno a guardare i ragazzi che si divertono in acqua. Non ho voglia di parlare con lui, e poi che dovrei dirgli? Neanche lo conosco, so solo il suo nome.
Dopo un paio di minuti di silenzio, in cui credo che era andato via, sento di nuovo la sua voce. – Allora?
Lo guardo di nuovo, inarcando le sopracciglia. – Allora cosa? – il mio tono di voce è un po’ seccato, me ne rendo conto persino io.
- Ti diverti? – chiede di nuovo, sorridendomi tranquillamente.
- E a te che importa? – cavolo, si vede che mi da fastidio parlare con lui. Sono diventata acida tutto d’un tratto!
Edward resta spiazzato dalla mia risposta, si vede dal modo in cui arriccia le labbra. – Stavo solo cercando di fare conversazione… - dice, sbuffando subito dopo. – Cavolo, ma che hai? Ti sto forse antipatico?
Ha anche il coraggio di chiedermelo? Certo che mi sta antipatico, e non mi interessa un granché se è un così bel ragazzo… un bel ragazzo, giovane e anche affascinante.

Basta, vado sempre a parare lì. Checcavolo!
- Se uno che neanche conosci ti chiama rimbambita, è naturale che mi stia antipatico. Mi spiego? – sposto lo sguardo dal suo viso e torno a guardare il lago di fronte a me.
- Allora non ho capito male, stamattina. – dice, anche se io sto cercando di far finta che lui non sia al mio fianco. – Mi hai davvero sentito, ieri… beh, non l’ho fatto apposta, mi dispiace. Tutto risolto?
Torno a guardarlo e quasi mi trattengo dallo spalancare la bocca in segno di sorpresa. Crede davvero che delle scuse bastino per risolvere tutta la questione? In realtà dovrebbe essere così, ma io me ne frego altamente delle sue scuse.
Come dice Clark Gable in ‘Via col vento’, me ne infischio!
- No che non è tutto risolto! – esclamo, incrociando le braccia sul petto. – Mi hai chiamato in quel modo nonostante non mi conoscessi nemmeno, sai com’è… mi hai fatto sentire una scema.
Lui sospira, esasperato. – Questo l’ho capito, e mi dispiace che tu l’abbia interpretato in questo modo. Io, però, stavo solo scherzando… non puoi davvero prendertela per così poco!
- E invece posso! – districo l’intreccio delle mie braccia e poso le mani sui miei fianchi, guardandolo torva.
Lui sorride e, divertito, ricambia il mio sguardo. – Che c’è, adesso mi terrai il muso per tutto il tempo che passeremo qui?
- Hai qualcosa in contrario? – non aspetto la sua risposta e comincio ad allontanarmi da lui e dal gruppetto allegro che ci circonda. Quel cretino (un cretino alquanto sexy, però) mi ha fatto passare del tutto la voglia di divertirmi e di salire su una canoa, però dovrei ringraziarlo perché così forse ho evitato di fare una figura di cacca.
- Bella, non aspetti il tuo amico fighetto? – la sua voce mi raggiunge alle mie spalle, e sembra alquanto divertita.
Io non gli rispondo e non mi volto, ma mi limito a portare il braccio e la mano destra sulla mia schiena ed a mostrargli, senza alcune esitazione, il mio dito medio.

E che ci restasse lui, con quel fighetto di Tyler!

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Capitolo 6
*** Imprevisti che vorrei non accadessero mai ***


The Camp Of Love - Capitolo6

Buon pomeriggio. Come vedete, non è passato poi così tanto tempo dall’ultimo aggiornamento :D
Come vanno le vacanze? Con questo caldo spero che siate tutte in un bel posto fresco… io, invece, sto facendo la sauna a casa XD
Ok, questo è un capitolo in cui accadono un po’ di cose… anche il titolo lo suggerisce, infatti. Come sempre, spero che vi piaccia :)
Non metto nessuna nota alla fine, vi lascio alla lettura senza che poi dobbiate sopportarmi anche alla fine XD vi saluto, e vi ringrazio per le recensioni che mi avete lasciato allo scorso capitolo! Un abbraccio…
KrisC

 
 

The camp of love

 
 

Capitolo sei – Imprevisti che vorrei non accadessero mai

 
 

16/07/2010
 
La prima settimana di campeggio è praticamente volata, neanche mi sono resa conto di come è passato velocemente il tempo. Stare dietro a una squadra di marmocchi urlanti e iperattivi, naturalmente, ha aiutato molto questa mia svista e mi ha impedito di pensare troppo a questo particolare.
Durante l’ultima settimana ho imparato a conoscere meglio tutti i bambini, ormai ricordo benissimo tutti i loro nomi e posso finalmente smettere di preoccuparmi su di quello; sono tutti simpatici e allegri, anche se più di qualcuno cerca ancora di fare il prepotente e di non rispettare troppo le regole… ma sia io che Seth riusciamo a cavarcela.
Spero solo che nessuno di loro appicchi il fuoco al loro dormitorio.
Le attività del campeggio e i ragazzini mi prendono così tanto che non riesco più a trovare il tempo per controllare come va il lavoro a casa, come mi ero prefissata prima di partire. Jacob naturalmente è contento di questo perché non gli rompo più le scatole, ma per fortuna la nonna ogni tanto mi mette al corrente di tutto quel che succede in azienda. Nulla è ancora andato distrutto, quindi devo pensare che tutti laggiù se la stanno cavando alla perfezione.
Ci sono anche altri due ‘affari’ che mi tengono impegnata, ma non sono affari di lavoro o altro… è solo che non riesco a trovare una parola giusta per descriverli al meglio. Naturalmente questi due ‘affari’ hanno dei nomi, e si chiamano rispettivamente Edward e Tyler, incubo 2 e incubo 1.
Se il primo riesco a tollerarlo di più, il secondo è ormai una causa persa.
Tyler, che Angela ha allegramente deciso di soprannominare “checca a cui manca solo la borsetta”, alla prima occasione buona viene a salutarmi e a scambiare due chiacchiere con la sottoscritta… potrei anche sopportare il tutto, se ogni volta non mi chiedesse un talmente il numero di telefono o l’indirizzo di casa.
Non demorde, e forse non riesce a leggere tra le righe di quello che gli dico. Credo che prima o poi sarò costretta a usare i miei vecchi mezzi di “scaricamento spasimanti”, e forse così riuscirà a capire che non voglio avere nulla a che fare con lui.
Edward, invece… beh, riesco a sopportarlo di più. Non mi va ancora molto a genio, ma forse la cosa è dovuta al fatto che non voglio trascorrere più di cinque minuti insieme a lui. Solo durante i pasti, dove siamo tutti riuniti allo stesso tavolo della sala mensa, devo sopportarlo di più, ma evito di rivolgergli la parola con tutta me stessa.
Alcune volte mi sento molto infantile comportandomi in questo modo, cosa che anche Angela e Seth mi fanno notare più di una volta al giorno, ma non posso farci davvero niente. Preferisco comportarmi in questo modo, piuttosto che come se niente fosse… anche perché, da un paio di giorni ho scoperto una cosa che mi sta facendo un po’ preoccupare.
Quando Edward è nei paraggi, io non posso fare a meno di lanciare occhiate nella sua direzione per vedere se mi sta guardando, o se sta facendo qualcos’altro; e ogni volta che mi parla, o mi lancia una frecciatina delle sue, sento un brivido lungo la schiena e la pelle d’oca mi spunta sulle braccia. Credo di essere attratta da lui, ed è una cosa che non riesco proprio a capire visto che mi sta un po’ antipatico.
Per essere attratti da una persona, di solito, non dovrebbe piacerti ogni parte di lui? Non dovrebbe piacerti il suo senso dell’umorismo, il suo carattere, i suoi modi di fare? O basta solo l’aspetto fisico?
Perché ormai è risaputo, a me piace Edward esteriormente; ha un corpo così atletico e scolpito che è impossibile non farci un pensierino poco casto… e dopotutto, la prima volta che l’ho visto, all’aeroporto, non sono stata subito colpita dal suo assurdamente perfetto lato B? E non sapevo neanche che fosse lui! Non sapevo che non mi sarebbe andato a genio, successivamente…
Sbuffo, rigirandomi nel letto. Sono diverse mattine che ormai apro gli occhi prima del suono della sveglia infernale, e tutto credo per colpa dei miei confusi pensieri e per i miei ormoni che hanno deciso di uscire dal letargo proprio in questo momento.
Alice ne sarebbe contenta, penso tra me e me, quando lo verrà a sapere.
Oh, ma è meraviglioso! Così smetterai di essere così frigida, peggio di una monaca di clausura, e ti darai alle meravigliose e soddisfacenti gioie del sesso! Sono così contenta!
Sarà contenta lei, ma non io… oddio, sono contenta di vedere che gli ormoni funzionano ancora, ma proprio con Edward dovevano riprendere la loro attività?
Meglio lui che Tyler.” Mi ricorda la vocina. Già, su questo devo dargli ragione.
Mi rigiro di nuovo nel letto e prendo il cellulare dal comodino; mi basta premere un tasto per far illuminare il display, e per vedere che sono appena passate le sei del mattino. Ma tu guarda se non devo svegliarmi come le galline per pensare ai miei ormoni impazziti!
So già che non vale la pena provare a riprendere sonno, visto che mi sento sveglissima e per nulla stanca, e non voglio neanche mettermi a leggere qualcosa per far passare quell’ora e mezza interminabile. C’è solo una cosa che potrei fare, adesso, e credo proprio che la farò.
Mi alzo dal letto senza fare troppo rumore per evitare di svegliare Angela, viste le molle della rete che fanno un rumore assurdo, e sempre in silenzio mi avvicino ai borsoni che ho disfatto solo per metà. Recupero un bikini, uno dei più casti che Alice mi ha lasciato mettere in valigia, e vado in bagno per cambiarmi ed indossarlo.
Cinque minuti dopo, munita di asciugamano, cammino tranquillamente per il campo silenzioso e ancora addormentato. Il cielo è ancora scuro, se non fosse per una sottile striscia color lilla che annuncia l’avvicinarsi dell’alba. Sono sempre più contenta di aver scelto di uscire dal bungalow per fare una nuotata nel lago.
Anche a casa mi capita di svegliarmi presto la mattina, e una delle cose che mi piace fare di più è alzarmi per andare a fare una nuotata nella piscina che il nonno ha deciso di far installare diversi anni fa; lo ha fatto più per far divertire noi nipoti quando andavamo a trovarli, ma la usava anche lui. Gli piaceva moltissimo nuotare, al nonno.
Con un piccolo sorriso tutto dedicato al ricordo del nonno, raggiungo il lago deserto e appoggio l’asciugamano viola sulla riva, abbastanza lontano dall’acqua per evitare di inzupparlo prima del dovuto. Tolgo la leggera gonna di cotone che ho indossato e il top, restando così in costume da bagno, mi sbarazzo in fretta delle infradito e mi dirigo verso il piccolo molo di legno. Una volta lì, mi viene naturale sporgermi quel tanto che basta per lasciarmi cadere in acqua.
- Whoa! – urlo, quando noto che è più gelata di quanto mi immaginassi.
Comincio a nuotare, allontanandomi dal molo e dalla riva, e comincio ad abituarmi in fretta alla temperatura dell’acqua. Mi immergo completamente e nuoto per un po’ sotto la superficie dell’acqua, fino a quando resto senza aria nei polmoni e sono costretta a risalire per non rischiare di morire di asfissia.
Resto per parecchio tempo dentro all’acqua, lo capisco perché pian piano il cielo diventa sempre più chiaro, fino a colorarsi di un rosa meraviglioso. Mi crogiolo ancora per qualche minuto dentro l’acqua, lo sguardo fisso sull’alba che mano a mano svanisce.
Mi passo una mano tra i capelli bagnati e sul viso, sentendo solo in quel momento quanto le mie dita sono diventate raggrinzite; credo che sia davvero il caso di uscire dall’acqua e di tornare al bungalow per prepararmi al nuovo giorno.
Mi volto e comincio a nuotare verso la riva, e quando sento che ho raggiunto il punto in cui si tocca ritorno in piedi. Comincio a camminare, strizzando i capelli tra le dita per togliere l’acqua in eccesso, e alzo lo sguardo. Mi blocco di colpo, però, non appena lo faccio.
A diversi metri da me, immobile, c’è una figura che mi sta osservando attentamente. Non sono così vicina da capire chi sia, se è un uomo o una donna, ma la cosa mi mette davvero a disagio. Mi sento spiata, in un certo senso… e il fatto che io sia quasi nuda, senza contare il costume, mi imbarazza alquanto.
Torno indietro, raggiungendo così il punto dove l’acqua è un po’ più profonda, e mi immergo fino alle clavicole; porto le braccia a coprire il seno, come se servisse poi, e torno a voltarmi.
La figura non c’è più, o meglio c’è ancora ma si è spostata; sta correndo via, e mentre passa sotto la luce del sole che sta cominciando a illuminare il paesaggio noto gli abiti che indossa. Abiti ginnici, quelli che una persona indosserebbe di solito quando va a fare jogging… ma è un altro il particolare che mi lascia allibita e sorpresa.
Il sole fa risplendere il colore dei suoi capelli, che diventano di un bel rosso acceso, quasi arancione… e in quel momento capisco chi è quella persona che sta scappando via.
Non riesco a credere che Edward è rimasto fermo per non so quanti minuti, all’ombra di alcuni alberi, ad osservarmi mentre nuotavo.
 

-
 

- Oi, Bella! Sei con noi?! – vedo una mano che si muove frenetica a un paio di centimetri dal mio naso, e questa cosa mi fa sbloccare e uscire improvvisamente dal torpore in cui sono caduta da non so quanto tempo.
- Eh? – batto le palpebre un paio di volte, snebbiandomi la vista, e poi mi volto alla mia destra.
Angela mi sta guardando confusa, con un sopracciglio inarcato che sovrasta di parecchio la montatura dei suoi occhiali, e muove di nuovo la mano davanti ai miei occhi. La scanso via in malo modo.
- Ah, allora ci sei! Sembravi addormentata. – esclama. – Che ti prende, stamattina?
Scuoto la testa, abbassando lo sguardo sulla mia colazione pressoché intatta. – Niente, pensavo… - borbotto, afferro in fretta un cucchiaino e comincio a giochicchiare con lo yogurt bianco ai cereali che ho davanti agli occhi.
- Bah, sei strana. – la sento spostarsi e prendere qualcosa, ma non sono così interessata da sapere cos’è che le serve.
La mia mente è ancora concentrata su quello che è accaduto questa mattina presto, e su Edward che a quanto pare si è goduto lo spettacolo di me a mollo dentro l’acqua del lago. Ogni volta che ho incontrato il suo sguardo stamattina (per caso, naturalmente) ho sentito le guance bruciare di colpo, e così sono stata costretta a scostare il viso per non guardarlo più.
Mi sono vergognata, e mi sono sentita anche a disagio.
A parte questo, però, ho notato che anche lui questa mattina è più distratto del solito, e ha fatto quasi scena muta se non fosse stato per qualche parola che ha scambiato con Tanya, la sua fidanzata…
Beh, credo che sia la sua fidanzata, passano così tanto tempo insieme! Stanno appiccicati come cozze, ma non li ho mai visti scambiarsi dei baci… intendo dei baci come si deve, pieni di lingua e di saliva che esce dalle labbra, e non quelli sulla fronte e sulla guancia, che sembrano più da fratello e sorella che da fidanzati.
La cosa mi sembra così strana, e comincio a pensare che forse loro non stanno davvero insieme. Forse fanno coppia solo per il sesso… oddio, sono scopamici! Storco le labbra mentre lo penso.
La cosa che mi impressiona di più è che continuo a pensare a Edward, perché sapere qualcosa in più di lui dopotutto mi interessa… ma lui mi sta antipatico, come posso essere interessata a lui?! Che strano!

“Ti sta davvero antipatico come dici, oppure sei tu che vuoi che sia così?”
Vocetta del cazzo, fatti gli affaracci tuoi!
A causa di quello che è successo, comunque, ho fatto scena muta per la maggior parte della colazione; non mi sono interessata a nessuno dei discorsi che hanno tenuto gli altri ragazzi della mia tavolata, e come mi ha fatto ben notare Angela mi sono anche incantata.
E tutto questo soltanto per colpa di Edward Cullen! Ma io dico!
Non ho detto a nessuno di quello che è successo al lago, visto anche che nessuno sa che ho la mania di andare a nuotare la mattina presto… ops, nessuno tranne Edward, se è davvero lui la persona che ho visto prima.
Sto facendo lavorare troppo il cervello, e credo che tra breve si scioglierà e tutte le mie rotelle andranno per i fatti loro. Non riesco più a sopportare questa situazione, e non ci capisco più niente.
Mi strofino stancamente gli occhi con le mani, e lo faccio per un tempo che a me sembra infinito. Smetto solo quando sento che qualcuno mi sta scuotendo la spalla.
- Che c’è? – dico, forse troppo acidamente.
Seth, che è seduto all’altro mio fianco, stacca subito la mano dalla mia spalla e mi guarda sconcertato. Oh, ho fatto danno! Di nuovo! Dannazione! Non volevo reagire male…
- Ti sta… squillando il cellulare, Bella. – mi informa, guardandomi confuso. Sembra chiedermi “Che caspio ti prende oggi?
E in effetti, riconosco subito la suoneria del mio cellulare; e riconosco anche chi mi sta chiamando. Il numero di Jacob è l’unico che ho abbinato a una suoneria, per il resto è tutto diverso.
- Oh… grazie.
Rossa in viso per aver fatto l’ennesima gaffe (e siamo ancora a inizio mattinata, è un record!), mi alzo da tavola e mi precipito fuori dalla sala mensa. Sospiro, sollevata di essere finalmente da sola, e recupero il cellulare dalla tasca dei calzoncini sportivi. Accetto la chiamata, facendo così smettere di suonare “Okiti-Pokiti” di mago Merlino.
- Jake! – esclamo subito, felice di sentirlo.
Da quando ha deciso di spegnere il cellulare per farmi un dispetto ho smesso di provare a chiamarlo, sapendo che non mi avrebbe mai risposto. Sono contenta di vedere che ha cambiato idea, anche perché cominciava a mancarmi.
- Bells Bells, è bello sentirti! Come te la passi in mezzo alla natura?
- Benissimo, qui è davvero un bel posto… - mi interrompo subito. Ok, adesso non so che altro aggiungere. Eppure ce ne sono di cose da raccontare!
Questo lo nota anche Jacob, che si schiarisce la voce prima di riprendere a parlare. – Beh, tutto qui? Di solito è impossibile farti smettere di parlare, a meno che qualcuno non ti zittisce… è successo qualcosa?
Chiudo gli occhi. Con Jacob è sempre stato così, mi capisce subito e anche con poco: basta uno sguardo, una parola o un gesto, e lui sa subito se va tutto bene o se qualcosa non è andata nel verso giusto. Anche adesso, siamo a kilometri e kilometri di distanza e lui già sa che c’è qualcosa che non quadra. Doveva fare lo psicologo, non il contabile!
- Jake, credo di essermi invaghita di un ragazzo… - sussurro, e subito le mie guance prendono fuoco.
- Bells, parla più forte, non ho capito un cavolo. – il suo tono di voce è divertito, e forse un po’ seccato, non l’ho ancora capito bene. – Che cosa hai detto?
- Credo… credo di avere una cotta per uno. – ecco, l’ho detto ad un volume abbastanza udibile. Non lo ripeterò di nuovo.
Dall’altra parte della linea non si sente niente, tanto che credo che il mio amico sia svenuto. Poi, però…
- Che cosa?! Non scherzi, vero? – la sua voce, più alta di prima, per poco non mi sfascia un timpano.
Guardo male il cellulare prima di accostarlo di nuovo all’orecchio. – Jake, non scherzo, no! Ti viene così difficile crederci?
Ci sono rimasta male, non posso nasconderlo. Lui e Alice sono state da secoli le due persone che mi hanno spronato e pregato di trovare un ragazzo… mi hanno rotto così tanto le palle che alcune volte ho desiderato persino affogarli nella piscina di casa della nonna! E adesso lui, il mio migliore amico, se ne esce con una cosa del genere!
- No no ti credo, solo… Bella, proprio nel Maine ti è venuta voglia di prenderti una cotta? – ecco, adesso sembra più lui. È anche divertito. – Qui in California non ti piaceva proprio nessuno, eh?
Sbuffo. – Non ho deciso io di chi invaghirmi, va bene? È… è successo, e poi lui è anche odioso! Non ci capisco più niente, giuro!
- Raccontami tutto, signorina. ADESSO! – Jacob è appena entrato in modalità ‘pettegola-invadente-e-scassa-scatole’.
- Ma… ma tu devi lavorare! – gli faccio notare.
- Bella, qui sono le sei del mattino, è presto… su, adesso concentrati. Tu parli ed io ascolto, tanto non ho sonno!
È facile parlare di Edward e di quello che comincio a provare nei suoi confronti con Jacob, d’altronde l’ho sempre fatto. Gli dico tutto, non tralasciando nessun particolare, e gli racconto anche di quello che è accaduto prima mentre nuotavo.
- Piccola, ma ti sta davvero antipatico questo tizio? Sai, perché dici una cosa e poi ne dici un’altra del tutto opposta a quella precedente… - Jacob sembra più confuso di me, il che è una cosa normale.
Sospiro. – Jacob, è proprio questo che non capisco! Non so se mi sta davvero antipatico, o è solo per quello che mi ha detto quando l’ho conosciuto… me l’ha chiesto anche il mio cervello!
- Perché, parli pure con il tuo cervello? – lo sento ridere dall’altra parte della cornetta, e ridere insieme a lui mi viene naturale.
- Sì, a volte sì…
- Sei matta da legare, fattelo dire!
Un paio di minuti dopo, quando ormai la nostra conversazione si è spostata ad altri argomenti, Angela mi viene a cercare. È davvero sorpresa quando mi vede seduta per terra, appoggiata al muro di legno.
- Sei qui! Credevo che fossi scappata via! – dice, e sembra sollevata di avermi trovato presto.
Scrollo le spalle, accennando un piccolo sorriso. – Sto parlando con un mio amico… è successo qualcosa? – mi allarmo in fretta; ho paura che sia scoppiata una lotta di cibo nella sala che ha coinvolto tutti, e che me la sia persa per via della telefonata… mi piacciono queste cose, mi divertono così tanto!
- No, tranquilla, è tutto a posto… abbiamo quasi finito di fare colazione, ci raggiungi tra poco?
-Un minuto e vengo, Angie, grazie. – le sorrido ancora e Angela torna dentro la sala mensa dopo aver ricambiato il mio sorriso; torno a parlare con Jacob. – Hey, devo andare via…
- Sì, ho sentito. Ci sentiamo più tardi, piccola… però, posso chiederti una cosa prima?
Mmm… questa richiesta non mi piace per niente, chissà come mai. – Dimmi pure.
- Scatta una foto a questo Edmund e mandamela, voglio vedere per chi ti sei presa questa bella sbandata!
- Si chiama Edward, scemo! – gli riattacco il telefono in faccia subito, senza neanche dirgli che sì, gli invierò una sua foto se prima riesco a scattarla senza farmi notare troppo.
Che poi, mi sembra tanto da stalker pensare a una cosa del genere, ma… ma non posso fare a meno di farlo! Mentre mi rialzo e torno in sala, non posso fare a meno di pensare che sarà bello avere una foto di Edward salvata sul cellulare… magari di spalle, e con una bella visione del suo lato B.

Sì, i miei ormoni si sono proprio risvegliati definitivamente!
 
-
 

La telefonata di Jacob mi ha davvero risollevato il morale, tanto che per tutto il resto della mattinata e il primo pomeriggio sono stata tranquilla e socievole con gli altri. Non ho più ripensato all’episodio di questa mattina e, come mi ha chiesto Jacob, ho cercato di fare una foto a Edward… ma ogni volta che ci provavo mi ritrovavo Angela al mio fianco, pronta a scoprire quale fosse il mio ‘soggetto’ da fotografare e a discutere di pregi e difetti.
Ho scoperto che lei è appassionata di fotografia, quindi per lei ogni occasione è buona per parlare e straparlare di foto. A causa sua, ho dovuto cambiare non so quante volte e in fretta e furia i miei progetti e scattare foto a cose che non attiravano granché la mia attenzione… però le foto non sono venute tanto male, visto che ho usato il cellulare.
Ho beccato anche un bambino del nostro gruppo, Harry Johnson, mentre si dedicava ad una pulizia approfondita del suo naso con le sue belle ditine!
Comunque, alle quattro e ventitré del pomeriggio non sono ancora riuscita a scattare una foto decente a Edward, e pensare che ci troviamo esattamente nello stesso posto; Seth ha rinunciato a controllare il gruppo delle lezioni di tiro con l’arco, e così ci sono dovuta andare io… se avessi saputo che insieme a me ci sarebbero stati Edward e Tanya, però, non ci avrei pensato due volte prima di dire di no.

Sì, Bella, continua ancora con questa storia!
Oh, taci per una buona volta tu!
Non mi sembra tanto il caso di scattare foto a lui, non quando si trova in presenza della sua ragazza/scopamica o cosa diavolo possa essere. No, è una cosa che non posso proprio fare. Jacob se ne deve fare una ragione, e poi aspettare qualche giorno non gli potrà fare così male… cavolo, è più pettegolo della sua ragazza!
E, parlando di ragazze…
Il cellulare comincia a vibrare all’improvviso, avvisandomi che deve essere appena arrivato un sms. Lo prendo in fretta, distogliendo per qualche istante lo sguardo da Edwar… ehm, dai bambini, e controllo che cosa mi è arrivato. È Alice.

“Cara sorellina,” c’è scritto nel messaggio, “come mai vengo a sapere da Jacob che ti stai per rimorchiare un ragazzo?! Credevo che avresti sempre detto tutto prima a me, brutta cattiva! :’(
Perché non recuperi adesso? Su, dimmi tutto :D”
Ecco, c’era da immaginarselo. Jacob, oltre a essere un pettegolo del cazzo e in vena di gossip peggio di una casalinga disperata, non riesce a tenere a freno la lingua… beh, dopotutto è un pettegolo! Me la pagherà cara, poco ma sicuro!
Mi dispiace solo che Alice debba aspettare per avere questa novità… non ho davvero voglia di parlare con lei di questo, adesso; e poi Edward, il ‘protagonista’ della mia storia, si trova a qualche metro di distanza e potrebbe sentire tutto… è troppo rischioso, e non voglio aggiungere alla lista l’ennesima figura di merda.
Quindi, blocco di nuovo il cellulare e lo rimetto in tasca, tornando ad osservare i bambini che provano a tirare con l’arco e che non riescono a centrare neanche una volta il bersaglio.
Cerco con tutta me stessa di non guardare dalla parte di Edward, ma è difficile, cavolo se è difficile! Rispetto a stamattina, dove mi è sembrato quasi più distratto di me, è più solare e divertito… e per di più si è cambiato la maglietta! Adesso indossa una canotta blu, dannatamente aderente, e i pantaloni della tuta grigi.
È un attentato alle mie parti basse, che sembra si stiano per mettere a ballare la macarena. Non c’è nemmeno Tyler a distrarmi, proprio adesso che ne ho bisogno! Almeno lui mi avrebbe fatto ridere con le scemenze che dice, e non sbavare come una mucca al pascolo…
La scena di me che sbavo in stile mucca Carolina mi fa ridere sonoramente, tanto che sono costretta a coprirmi la bocca con una mano per non farmi sentire troppo dalle persone che mi circondano, ma non serve a niente perché mi sentono lo stesso.
E infatti…
- Ridi? Strano, di solito tieni sempre il muso.
Mister Edward Cullen, alias ‘Il roscio’ e mia nuova cotta, ha sentito la mia risata esagerata e deve essersi incuriosito; adesso si trova al mio fianco, così vicino che quando mi volto per guardarlo me lo ritrovo a neanche mezzo metro di distanza. Tanya, invece, si è spostata più avanti e sta prendendo parte anche lei alla lezione.
Smetto di ridere, ma il sorriso è sempre presente sul mio viso, e credo che non andrà via per un bel po’ di tempo. Neanche lui me lo farà andare via, basta che non mi fa arrabbiare troppo.
- Io non tengo sempre il muso. – ribatto alla sua frase, cercando di essere tranquilla e di non parlare come faccio sempre con lui, cioè in modo acido e scontroso.
Anche lui sorride (ah!, quel meraviglioso sorriso!), e sembra che la mia risposta gli sia piaciuta.

Bravissima Bella, un punto a tuo favore! Adesso vedi di non cacciarlo via come fai sempre.
Per una volta sono contenta di seguire il consiglio del mio cervello, e cerco di mostrarmi più contenta della sua presenza al mio fianco ampliando il mio sorriso.
- E così… ti piace nuotare la mattina? – mi chiede sempre sorridendo, e accompagna questa domanda inarcando un sopracciglio.
Il mio sorriso, invece, mi si congela sulle labbra; la sua domanda mi ha fatto ricordare l’episodio di questa mattina, e ha anche dato la risposta a quello che avevo solamente ipotizzato.
Allora era davvero lui quello che mi guardava mentre facevo il bagno! Era lui il guardone!
- Eri tu quello che correva, quindi… - dico borbottando; mi gratto la testa a disagio, e per poco non faccio cadere per terra gli occhiali da sole che ho messo in equilibrio a mo’ di cerchietto.
- Sì, ero io. -  mi risponde lui, come se fosse una cosa ovvia. – Non ti ho mai visto farlo prima di stamattina…
Riporto lo sguardo su di lui e vedo che sta aspettando che gli risponda; mi guarda con curiosità e… credo anche con trepidazione. Ma perché, poi? Non lo capisco.
- Diciamo che… qualche volta mi piace andare a nuotare, quando non riesco a dormire.
È un gran bel passo avanti questo; sono passata dal non parlargli affatto a dirgli una cosa che faccio di rado e che non sa quasi nessuno. Faccio progressi e me ne rendo conto a malapena, una cosa da segnare sul calendario seduta stante!
- Capiterà ancora? – adesso mi sembra quasi speranzoso.
Sgrano gli occhi. Che cos’è, una domanda a trabocchetto per sapere se presto mi potrà rivedere seminuda al lago? Gli sono piaciuta così tanto che vuole fare il bis per lo spettacolo? Oddio, se gli sono piaciuta vuol dire che non gli sono per niente indifferente… ma lui ha la ragazza, o quello che è! Non posso piacergli!
Arieccole, le seghe mentali…
- Non lo so… - lo guardo attentamente, e non resisto nel fargli una nuova domanda. – Perché, vuoi rivedere lo spettacolo?
Lui ridacchia, passandosi una mano tra i capelli scompigliati e… assurdamente sexy. – Beh, non mi dispiacerebbe affatto. Sei un gran bel pezzo di ragazza, cara Bella.
Oh. Mio. Dio. Non ci starà mica… provando con me? Sta flirtando? Con la sottoscritta!? Sono così arrugginita in queste cose che ormai non lo so più. E che cosa gli dico adesso?
Mi mordo le labbra, e cerco anche di inumidirle un po’; non sto cercando per niente di fare la sexy con Edward, è che le sento secche e ho anche la bocca asciutta. Di colpo ho esaurito la mia scorta extra di bava, lui è la causa di tutto questo.
- Te lo farò sapere. – dico alla fine, e faccio nascere un sorriso speranzoso sulle labbra di Edward.
- Non vedo l’ora. – dice lui, strizzando un occhio.

Oh, cazzo! I miei ormoni non ballano più la macarena, adesso sono passati al trenino a ritmo di conga e urlano come degli impossessati.
Povera me…
Di colpo, Edward abbandona il sorrisetto quasi malizioso che mi stava regalando e alza lo sguardo, puntandolo alle mie spalle; il suo viso assume subito un espressione confusa e preoccupata.
- Ma che… - si sposta di colpo e comincia a correre.
Mi volto anche io per cercare di capire che cosa gli è preso, e mentre lo faccio vedo che si sta dirigendo verso un gruppetto di quattro o cinque bambini che corre verso di noi e che urla. Mi affretto a raggiungerlo perché tra quei bambini riconosco Andrew e Cody, due del mio gruppo.
- Andrew! Che succede? – chiedo, allarmata, quando li raggiungo; sono tutti così agitati e spaventati, e mi sembra ovvio che è successo qualcosa. Comincio a preoccuparmi… Edward, poi, non riesce a farli smettere di agitarsi.
- Signorina Bella! È Jonathan! – mi dice Cody, visto che Andrew non sembra capace di rispondere alla mia domanda. – Lo abbiamo sfidato a nuotare fino a raggiungere l’altra sponda del lago…
- Ah… e allora? – se è solo perché sono preoccupati che li metta in punizione, o non so che cosa, mi sembra strano. Non è che hanno fatto chissà quale reato… ma quello che dice dopo mi fa rizzare i peli sulle braccia e sulle gambe, persino quelli che non ho.
- Non sa nuotare! E il giubbotto che si è messo deve essersi sgonfiato perché all’improvviso non lo abbiamo più visto!
- Oh cazzo! – il panico mi invade, e non riesco a dire altro. Le uniche cose che sono in grado di fare sono cominciare a correre verso il lago e chiamare a gran voce il nome del bambino, lasciando gli altri indietro.
Non so neanche se gli altri mi stanno seguendo, o se stanno informando gli altri di quello che sta succedendo al lago. Lì, poi, non deve esserci proprio nessuno… il sole oggi è troppo forte per poter fare qualche attività stando esposti sotto di esso, e ci siamo spostati tutti in altre parti.
- Jonathan! – urlo di nuovo, con il fiato che comincia a mancarmi per via della corsa.
Non credevo che il lago fosse così distante da dove mi trovavo prima, o forse è solo la situazione che me lo fa sembrare. Aumento la corsa e cerco di arrivare il prima possibile al lago; sento gli occhiali che mi cadono dalla testa, e non mi preoccupo nemmeno di recuperarli. C’è un bambino che ha bisogno di aiuto, e che con i miei Ray-ban da 300 dollari non se ne fa un bel niente!
Finalmente raggiungo il lago e l’improvvisa immobilità dell’acqua mi mette un sacco paura; ho paura che sia troppo tardi e che quel bambino ormai è finito in fondo al lago, ma non smetto di correre. Mi fermo solo un secondo per riprendere fiato, con i primi singhiozzi che mi mozzano il petto e che annunciano il pianto, ma riprendo subito non appena vedo qualcosa spuntare da sotto il pelo dell’acqua… è una mano?
- Jonathan!
Cerco di raggiungere il piccolo molo deserto (cavolo, non c’è davvero nessuno! Dove cazzo sono finiti tutti!?), pronta per tuffarmi in acqua e per raggiungerlo a nuoto, ma perdo l’equilibrio e cado sul legno come un salame quando qualcuno cerca di sorpassarmi. Riconosco che è Edward solo quando si lancia in acqua al mio posto, e che comincia a nuotare subito più veloce che può per raggiungere il bambino.
Adesso le lacrime, copiose, cominciano a rigarmi le guance e il pianto mi scuote tutta. Resto semisdraiata sul molo, incapace di muovermi e di fare altro che non sia osservare Edward che nuota e che, all’improvviso, si immerge totalmente in acqua.
Ecco, adesso ho paura anche per lui! E se non riesce a recuperare il bambino e resta sott’acqua anche lui? E se muoiono entrambi? Resteranno per sempre qui? Con quale coraggio e con quale forza dovrò annunciare ai coniugi Newton che il loro adorato figlio è morto in campeggio?
- BELLA! 
Sento la voce di Seth che urla il mio nome, ma non riesco a voltarmi per vederlo; quando sento che è al mio fianco e che mi scuote piano, mi butto su di lui e comincio a piangere più forte.
- Cazzo, Bella! Ma che è successo?
- Sono morti, sono morti! – gli urlo nelle orecchie, spaventata per quello che sta succedendo. – Sono morti tutti e due…
- Come morti? Jonathan e chi? – adesso sto facendo spaventare anche Seth, ma non riesco a dirgli che Edward si è tuffato al mio posto per recuperare Jonathan. Non ci riesco, e ricomincio a piangere contro il suo petto mentre lui cerca di consolarmi senza nessun risultato.
Sento altre voci attorno a noi, quasi come se l’intera popolazione del campeggio si sia riunita sul molo. E poi, dopo quelle che mi sono sembrate delle ore, l’urlo che segna la fine del momento più critico mi giunge alle orecchie.
- Eccoli! ECCOLI! Stanno arrivando!
Non so chi è stato a urlare, ma tanto basta per farmi capire che il peggio sembra essere passato. Alzo il viso dal petto di Seth e faccio vagare lo sguardo sulla superficie del lago; riesco a vedere subito Edward che nuota a fatica mentre cerca di portare con sé Jonathan… ma il bambino non sembra muoversi.
Mi stacco da Seth in fretta e furia e mi alzo in piedi a fatica, viste le mie gambe che tremano come gelatina. Raggiungo con passo malfermo il bordo del molo e faccio un salto per cadere in acqua; me ne frego altamente di tutte le voci che cercano di convincermi a tornare indietro, e con l’acqua che mi arriva in vita comincio a camminare per raggiungere Edward e Jonathan.
Fanno prima loro di me, tanto che alla fine è Edward che mi viene incontro mentre tiene in braccio Jonathan; lui ha il viso preoccupatissimo e guarda con apprensione quello del bambino, terribilmente pallido. Le sue labbra sono di un brutto color blu e ha gli occhi chiusi… sembra morto.
- Oddio, oddio! – piango di nuovo più forte mentre li raggiungo con un balzo; accarezzo i capelli fradici del bambino e il suo viso, che non è freddo ma leggermente caldo… forse tiepido, non riesco a capirlo bene, ma questo particolare mi da un briciolo di speranza.

- Dobbiamo chiamare un ambulanza, ha bisogno di un dottore adesso! – la voce di Edward è più bassa della mia per via dello sforzo fisico che ha compiuto, ma la nota di panico che sento è la gemella della mia.

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Capitolo 7
*** Un po' di calma, finalmente... ma per quanto durerà? ***


The Camp Of Love - Capitolo7

The camp of love

 
 

Capitolo sette – Un po’ di calma, finalmente… ma per quanto durerà?
 

16/07/2010
 

Mi aggiro come un anima in pena per tutto il corridoio del pronto soccorso; in mano ho un bicchiere di carta pieno di caffè, che Seth mi ha gentilmente portato diversi minuti fa e che non ho neanche assaggiato.
Sono sicura che se anche lo avessi fatto, il mio stomaco non lo avrebbe per niente sopportato.
Ogni tanto mi capita di fermare il mio vagabondaggio senza senso, ma riprendo quasi immediatamente perché non riesco a sopportare di stare ferma, e stare seduta su una di quelle stupide sedie di plastica, come invece stanno facendo Seth e Angela, è ancora più terribile.
Lo sguardo, di tanto in tanto, si ferma sulla porta della camera dove si trova Jonathan, che in questo momento sta riposando.
Per fortuna lui sta bene; il medico che si è occupato di lui oggi ci ha assicurato che l’intervento tempestivo di Edward gli ha senza alcun dubbio salvato la vita. Ancora qualche altro minuto sott’acqua, e a quest’ora ci staremmo occupando dell’organizzazione di un funerale.
Jonathan, anche se sta bene, ha un po’ di difficoltà a respirare e per questo il dottore ha deciso di tenerlo un’intera notte sotto osservazione, più per precauzione che per altro. La cosa ci ha detto che è normale, visto quello che gli è successo, e che non dobbiamo preoccuparci troppo.
Io, però, mi preoccupo lo stesso.
Mi sento in colpa per quello che è accaduto al bambino; lui, insieme a tutti gli altri delinquenti che si trovano al campeggio, sono sotto la mia tutela e quella di Seth, senza contare naturalmente tutti gli altri accompagnatori e gli animatori… insieme a tutti loro avrei dovuto tenerli più sotto controllo, cosa che invece non è successa.
Nessuno fino ad ora mi ha fatto notare questa mancanza di disciplina da parte nostra – dovrebbero farlo, no? -, e ci hanno rassicurato dicendo che cose del genere purtroppo possono accadere, e che la colpa non è nostra.
Anche la nonna mi ha detto le stesse cose quando mi ha telefonato, però prima ha passato una buona mezz’ora a cercare di calmarmi visto che ero ancora in preda ad un pianto isterico. È venuta a sapere dell’incidente di Jonathan grazie ad Alice, che a sua volta era stata avvisata da Seth.
Io, però, non riesco a capacitarmi della cosa; va bene che questi incidenti possono accadere, ma resta il fatto che per non aver seguito bene il comportamento dei bambini uno di loro ci stava quasi per rimettere la pelle!
A quest’ora, se non ci avessero avvisati in tempo, Jonathan poteva essere diventato il nuovo Jason Voorhees*, armato di machete e con la maschera da hockey sul viso…
Rabbrividisco al solo pensiero.
Riprendo a camminare, eliminando quello spiacevole e alquanto assurdo pensiero dalla mente e, non appena incontro sulla mia strada un secchio della spazzatura, ci butto dentro il bicchierone di caffè ancora intatto, dopodiché riprendo la mia ‘passeggiata’.
- Ma perché non la smetti di fare su e giù e non vieni a sederti con noi? – mi chiede Seth.
Lo guardo senza smettere di camminare: è seduto su una di quelle scomode sedie di plastica con le braccia incrociate sul petto. Angela, al suo fianco, ha la testa poggiata sulla sua spalla e ha gli occhi chiusi, sembra quasi che stia dormendo… ma invece è super sveglia.
- Sì, Bella, vieni a sederti e smettila di fare su e giù… mi stai dando sui nervi! – dice, infatti, tenendo gli occhi chiusi.
Scuoto la testa. – No, non mi va di sedermi.
- Dai, solo per cinque minuti! – Seth prova ancora a convincermi. – Tanto tra un po’ dobbiamo tornare al campo, non serve restare tutta la notte qui…
Mi blocco, guardandolo sconcertata e anche un po’ arrabbiata. Cioè, vuole tornare insieme agli altri e lasciare così quel povero bambino in ospedale, per di più da solo? Spero di aver capito male…
- Tu vai pure dove ti pare, ma io resto qui! – esclamo, e rapidamente mi sposto fino a mettermi di fronte a lui. Incrocio anche le braccia sul petto, per mostrargli che sono convinta delle mie parole.
Seth non replica, ma a farlo ci pensa Angela che, con uno sbadiglio, alza la testa e mi guarda con gli occhi socchiusi. – Bella, non ha senso restare qui… che possiamo fare? Non siamo medici.
- Se Jonathan ha bisogno di qualcosa e non sa a chi chiedere, almeno uno di noi dovrebbe restare qui… è piccolo, e qui non conosce nessuno!
- È pieno di infermieri qui, Bella, e ci sono apposta per controllare se i pazienti stanno bene o hanno bisogno di aiuto.
Scuoto la testa, ignorando le parole della mia amica. Loro possono anche continuare a cercare di farmi andare via, ma io non lo farò mai. Voglio restare qui e accertarmi che Jonathan stia bene… se poi i medici e gli infermieri mi cacciano via, è un altro tipo di discorso.
- Io resto qui, punto e basta. Se volete andare, andate pure. – dico seccamente, e per far capire loro che il discorso è chiuso mi siedo su una di quelle sedie torturatrici e abbasso lo sguardo.
I miei amici restano in silenzio per un po’ di tempo, ma alla fine li sento mormorare tra di loro qualcosa che non capisco e alzarsi in piedi. Dopo qualche altro secondo, sento che mi lasciano una pacca sulla spalla – il saluto di Seth – e un bacio sulla guancia – il saluto di Angela.
- Chiamaci se hai bisogno di una mano, veniamo subito, va bene?
Annuisco con la testa, senza neanche alzare lo sguardo, e sento i loro passi che si allontanano lungo il corridoio del pronto soccorso; quando alzo finalmente la testa perché non li sento più, noto che sono rimasta da sola.
Sospiro, passandomi una mano tra i capelli, e mi comincio a preparare mentalmente ad affrontare una notte intera, e forse anche insonne, in quel posto che non ho mai amato particolarmente.
Per svagarmi un po’, recupero il cellulare dalla tasca dei calzoncini, e lo faccio proprio quando quest’ultimo comincia a vibrare. Noto che è Alice, e mi affretto a rispondere.
A Napa sono appena le otto di sera, deve avere appena finito di lavorare.
- Alice? – più che un saluto, sembra una domanda.
- Bella! Come va, tutto bene? – mi chiede subito, con voce un po’ agitata.
- Sì, più o meno come prima… perché?
- Era per sapere… senti, per caso sai se sono già arrivati i signori Newton?
I signori Newton? Che vuol dire? – Stanno venendo qui?
- Sì, Bella. Sono partiti qualche ora fa, ho prenotato per loro il primo volo che ho trovato… quindi penso che tra poco saranno là.
Sbuffo. – Che bello, è proprio quello che mi ci voleva in questo momento.
Il fatto che i genitori di Jonathan stiano venendo nel Maine è comprensibile, visto che il loro figlio oggi ci ha quasi rimesso la pelle, ma vederli a poche ore di distanza dall’incidente mi turba un po’, a dire la verità.
So che molto probabilmente mi sgrideranno e mi manderanno a quel paese tante di quelle volte per non aver tenuto sotto controllo il loro bambino, cosa che posso incassare senza alcun problema perché me lo merito davvero tanto, e so anche che la cara signora Jessica Newton si divertirà un casino nel farlo.
Mi ha sempre odiato, e l’incidente che è accaduto a suo figlio mi porterà senza alcun dubbio in cima alla sua lista nera.
- Ti sono vicina, Bella, neanche io sopporto quell’arpia! Secondo me te ne dirà tante… ma così tante che alla fine sarai costretta a strapparti le orecchie per non sentirla più.
- Alice, esageri come al solito! Al massimo mi taglio le vene…
- Adesso esageri tu! Non ucciderti per colpa di quella stronza.
- Già, non ne vale la pena.
Mi sistemo meglio sulla sedia, abbandonando così la scomoda posizione che non pensavo di aver assunto. Parlare con Alice, poi, mi aiuta a rilassarmi un pochino nell’attesa che arrivi Jessica, insieme a quel povero santo di suo marito, pronta a sgridarmi.
- Senti, tesoro… - il modo di parlare che ha assunto mia cognata non mi piace per niente, - so che non è il momento adatto per chiedertelo, ma… ma com’è il tipo di cui ti sei infatuata? Voglio saperlo!
Me lo sentivo che era in vena di chiacchiere… e di farsi una manica di affari miei. Tipico di Alice. - Alice, non è il momento buono per parlare di lui! Lo hai detto persino te!
- Ma sono curiosa, è tanto che non hai una cotta per qualcuno. Dai, dimmi almeno se è carino… Jacob non me l’ha detto!
Chiudo gli occhi; Jacob il pettegolo non imparerà mai a stare zitto, e mi sa che ormai devo cominciare a rassegnarmi. Spiattellerà gli affari miei a tutte le persone che incontra, poco ma sicuro.
- È carino… più che carino. – sorrido timidamente, e sento le mie guance che cominciano a riscaldarsi. Adesso mi imbarazzo anche per telefono, una cosa che non mi succede quasi mai, e mai così spesso come oggi!
- Ah, mi fa piacere saperlo! – Alice è contenta di quello che gli ho appena confidato. – Dimmi qualcos’altro però, sapere che è carino non mi basta. Descrivilo un pochino… ti prego!
Con un piccolo sbuffo divertito comincio a parlarle di Edward, e mentre lo faccio mantengo il tono di voce basso; non servirebbe neanche, visto che sono sola… e poi, nessuna delle poche persone che girano per il corridoio è interessata a quello che dico, quindi posso dire quello che mi pare e piace.
Comincio anche a mordermi le pellicine attorno all’unghia del pollice, senza nessun motivo preciso. Mi va di farlo e basta, anche a costo di ritrovarmi con le dita ricoperte della mia bava.
Alice dopo un po’ si stanca di sentire i miei discorsi su Edward – era lei, poi, quella che voleva più informazioni su di lui – e passa a raccontarmi di Lauren, la sua collega/non collega dell’agenzia, che quel giorno ha avuto la sua idea più brillante: quella di licenziarsi.
- Beh, almeno te la sei tolta dai piedi. – commento, mentre cambio dito: adesso mi sbavo tutto l’indice.
- Lo so anche io, ma ho bisogno di una persona che mi aiuti con i vari turni… devo rimettere quell’odioso cartello sulla porta, anche se lo odio con tutta me stessa.
- Quale cartello?
Alice sbuffa. – Quello per la ricerca del personale, Bella! Quale pensavi che fosse, scusa?
Ci penso su per un paio di secondi, e alla fine le rispondo. – Pensavo a qualcosa come “Bibite e panini gratis per tutti.”
- Ma quanto non capisci da uno a dieci, scusa se te lo chiedo…
Non faccio in tempo a risponderle, perché sento che una persona si è seduta sulla sedia accanto alla mia. Giro di poco lo sguardo, ed i miei occhi incontrano quelli chiari e meravigliosamente belli di… oh porco cazzo, è Edward! Ma che ci fa qui?!
E mi sta anche osservando mentre mi ‘mangio’ l’indice della mia mano… oh, che pessima figura che sto facendo?
Resto muta, incapace persino di dirgli un semplice ‘ciao’; lui invece mi sorride divertito e subito dopo mima un silenzioso ‘non ti disturbo’ con le labbra.
Disturbarmi? Perché non mi dovrebbe disturbare, non lo capisco…
- Bellaaaaaaa? Bella, ci sei? Non ti sento piùùùùùùùùù! – urla Alice dall’altra parte della linea.
- Ehm… - balbetto, e passo a schiarirmi la gola. – Alice, ti richiamo appena posso…
- Ah, eccoti! Va bene tesoro, e se ti va fammi uno squillo non appena arrivano i Newton.
- D’accordo.
Riposo il telefono nella tasca dei pantaloncini non appena chiudo la chiamata, e solo dopo che mi sono ricomposta – e ho asciugato qualsiasi traccia di bava dalle mie dita -, alzo il viso verso quello del mio ‘compagno di corridoio’.
Edward mi sorride di nuovo, le labbra ferme in quello che riconosco essere il suo sorriso sghembo e perfetto; ha una lieve traccia di occhiaie sotto gli occhi, sembra stanco… beh, vorrei vedere chi non è stanco dopo una giornata come quella di oggi, che sta quasi per finire.
- Ciao. – mi fa dopo un po’, sempre continuando a guardarmi ed a sorridermi.
- …ccciao. – ecco, chi può essere l’unica tonta che è capace di storpiare anche un semplice saluto? Io.
Lui ride, sommessamente ma ride, e a me piace molto il suono della sua risata. È… quasi musicale, passerei delle ore ad ascoltarla senza interruzioni. Mi sa che sono proprio cotta a puntino, peggio di una dodicenne.
- Che ci fai qui? – alla fine riesco a sbloccarmi, e gli pongo la prima domanda che mi salta per la testa.
Edward smette di ridere e mi osserva socchiudendo gli occhi. – Sono venuto per farti compagnia, e per riportarti al campo non appena ti cacceranno da qui. – inarca un sopracciglio. – Perché prima o poi ti cacciano, lo sai questo, sì?
Mi mordo il labbro inferiore, un po’ nervosa. – Sì, lo so, ed ero pronta a questa evenienza… sarei tornata al campo a piedi, non è poi così lontano.
- Lo so, ma è buio e per una ragazza sola è rischioso andare in giro la sera… - si è preoccupato per me, cavolo, non me lo immaginavo proprio! - …e poi, potevi rischiare di venire sbranata da un orso.
Ah, mi sembrava strano.
Questa volta, sono io quella che inarca un sopracciglio. – Anche tu con la storia dell’orso? È vecchia come mia nonna! – povera nonna, che in questa conversazione non c’entra proprio niente…
Edward ridacchia di nuovo. – Beh, in queste zone girano, da quel che ho sentito… meglio essere previdenti, no?
Scuoto la testa, sorridendo divertita. – Non sbagli, no…
Restiamo per un po’ in silenzio, le uniche cose che si sentono solo le voci ed i passi dei medici e infermieri che girano per il pronto soccorso. Questa, per me, è la terza volta in cui mi ritrovo da sola con Edward e… devo ammetterlo, non è così male come pensavo. Lui, poi, non è così male come pensavo. Mi ero fatta un sacco di pregiudizi su di lui, e devo proprio rimangiarmeli tutti! È venuto qui solo per farmi compagnia e per potermi dare un passaggio… è un gesto davvero carino da parte sua, e questo mi fa capire ancora di più che è un bravo ragazzo.
- Come sta Jonathan? – mi chiede dopo un po’.
- Oh… sta bene, ma vogliono tenerlo qui per la notte perché ha un po’ di difficoltà a respirare. Ha rischiato molto, ma sta bene. 
Annuisce, spostando lo sguardo e puntandolo sul pavimento di linoleum bianco. – Sono contento di saperlo.
- È grazie a te se sta bene. – dico, senza riuscire a frenare la lingua; lui si volta di nuovo, incontrando il mio sguardo. – Davvero, Edward, se lui è ancora qui con noi è solo grazie a te… - una lacrima sfugge al mio controllo e mi riga la guancia, forse perché sono ancora un po’ scossa dall’accaduto.
Edward continua ad osservarmi, titubante, poi sento improvvisamente le sue dita che si posano sulla mia pelle, e che asciugano quella piccola goccia salata. Non me lo aspettavo, e sento subito una specie di brivido freddo che mi percorre la schiena e che mi sconquassa tutta.
Quasi senza rendermene conto appoggio la testa contro la sua spalla, come farei se al mio fianco ci fosse stato Jacob oppure mio fratello, o qualsiasi altra persona che conosco. Sento le dita di Edward che si ritraggono dal mio viso, e penso quasi che gli dia fastidio quella piccola libertà che mi sono presa… ma mi devo ricredere quando sento le sue braccia che mi circondano le spalle e che mi stringono contro il suo corpo.
- Ho fatto quello che potevo fare… - dice, poggiando per un secondo il mento sopra alla mia testa.
Sorrido, e mi stringo di più contro di lui. Non avrei mai immaginato che un giorno mi sarei ritrovata tra le sue braccia, senza alcun briciolo di malizia o altro… è un gesto come tanti, gentile e confortante e di cui non vorrei proprio farne a meno. Mi piace il suo abbraccio.
Sono un po’ sdolcinata, lo so.
- Per i genitori di Jonathan sei senza nessun dubbio il loro eroe… aspetta e vedrai. – trattengo una risata tra le labbra.
- Perché dici così?
- Perché stanno venendo qui.
Edward, come se avesse appena preso una scossa, scioglie l’abbraccio e mi guarda confuso, quasi terrorizzato. Va bene che anche io ho un po’ di paura, ma lui? Che motivo ha di averne? Neanche li conosce, i Newton! E forse farebbe anche meglio se non li conoscesse… ma ormai è qui, quindi pazienza.
- Scherzi? – perché me lo chiede?
- No, non scherzo. – gli rispondo, sconcertata per il suo cambiamento improvviso di umore. – Mi ha chiamato mia cognata poco fa, e mi ha detto che dovrebbero essere quasi arrivati qui ormai…
- Ma… ma sono pazzi! – esclama, alzandosi dalla sedia. Non lo sto capendo più, in questo momento mi sarebbe davvero molto utile un dizionario Edwardese-Inglese.
- Perché sarebbero dei pazzi? – gli chiedo. Jessica già lo so che è una pazza, e sono quasi sorpresa di vedere che lo sa persino lui, che non l’ha mai vista né conosciuta… però una spiegazione in più mi è parecchio utile.
- Hanno fatto un viaggio non programmato dalla California fino a qui… sono dei pazzi. – mi spiega, osservandomi ancora.
Ah, adesso ho capito…
- Edward, è il loro figlio. Qualsiasi genitore avrebbe fatto un gesto del genere… - gli faccio notare mentre mi alzo in piedi. - È la stessa cosa che avrei fatto io, se avessi un figlio mio.
Edward smette di muoversi come un pazzo e mi guarda, ancora un po’ nervoso ma anche incuriosito dalla rivelazione che gli ho fatto, completamente vera. Non è una cosa che ho detto giusto per farlo calmare, ma la penso veramente. Se un giorno avrò dei figli, farei di tutto per loro… morirei per loro anche dieci volte, se fosse necessario.
- Davvero? – mi chiede, con una mano tra i capelli disordinati.
Annuisco. – Davvero.
Vorrei aggiungere altro, ma non faccio in tempo perché nello stesso momento vedo spuntare da una porta, alla fine del corridoio, Mike e Jessica. Lei, con i capelli scarmigliati e l’aria furente, sembra davvero una pazza furiosa; Mike è un po’ più composto, ma si vede benissimo anche da lontano che ha i lineamenti del viso stravolti dalla preoccupazione.
- Ah, eccoti qui! – urla Jessica non appena mi vede, e aumenta il passo della sua camminata.
- Ma chi è quella? – sussurra Edward, mettendosi prontamente al mio fianco, come per proteggermi… che carino!
- È la mamma di Jonathan. – mormoro in risposta, e faccio finta di non aver mai pensato quella frase.
Jessica arriva davanti a me in un lampo, mi guarda male per non più di due secondi e poi mi da uno schiaffo sulla guancia. È un gesto che non mi aspettavo – mi ero aspettata le parolacce, non le pizze in faccia! -, tanto che quasi rischio di cadere a terra se non fosse stato per Edward, che mi sorregge prontamente per le spalle.
- Jessica! – urla Mike, riprendendo sua moglie.

Perché non le metti il guinzaglio? Avrei voluto urlare, ma alla fine cambio la domanda in un'altra, anche la mia voce resta indignata e offesa… questa è davvero una matta! – Ma che ti prende?
- A me che mi prende, chiedi? A me? – continua a urlare, e a me stanno cominciando a saltare i nervi. – Non sono io quella che ha quasi fatto ammazzare mio figlio!
- Oh senti, vedi di piantarla con questa storia! – Mike, incavolato con sua moglie, cerca di prendere le mie difese e gliene sono davvero grata… che cazzo si è messa in testa? – Come sei riuscita ad arrivare a questa conclusione lo sai solo tu, Jessica, dico sul serio! Non è stata colpa di Bella, e queste sono cose che succedono…
- Ma è come se fosse colpa sua, doveva controllare nostro figlio e non spassarsela, come invece penso che abbia fatto in tutto questo tempo!
Non ho mai odiato Jessica Newton come in questo momento. La rabbia sta montando dentro di me, a causa delle parole ingiuste e senza senso che mi sta rivolgendo, e di conseguenza anche i miei occhi cominciano a bruciare. Chissà per quale strano motivo, ogni volta che mi incazzo devo per forza cominciare a piangere… è umiliante!
- Senti, non so per quale strano motivo mi stai dicendo tutte queste stronzate, ma io non me la spasso in quel posto come pensi tu, e non stavo neanche cercando di uccidere Jonathan! Tuo figlio se ne stava fregando altamente degli ordini che avevamo stabilito oggi, quindi se ha rischiato la vita la colpa è soltanto sua, non mia. E adesso togliti dalle palle!
Gli do uno spintone, fregandomene altamente delle buone maniere, e senza salutare nessuno di loro mi incammino per raggiungere l’uscita del pronto soccorso. Sento gli occhi che bruciano troppo, e so che una nuova crisi di pianto sta per arrivare. Odio questo difetto del mio carattere, e odio ancora di più che a causarlo, adesso, è stata quella stronza di Jessica!
Quella ha davvero dei problemi, e non può accusarmi di aver quasi ammazzato suo figlio. Mi odia cosi tanto da rinfacciarmi un’assurdità del genere? Io stavo persino andando a ripescare il bambino nel lago, e se non fosse stato per Edward che ha interrotto il mio tentativo di salvataggio lo avrei fatto.
Raggiungo la porta ed esco fuori, l’aria umida e fresca della sera mi colpisce il viso ma non mi da neanche un po’ di sollievo. Mi lascio cadere su una specie di panchinetta di marmo che si trova lì vicino, e mi copro il viso tra le mani mentre scoppio a piangere.
Per fortuna sono da sola e non c’è nessuno a vedermi così vulnerabile, cosa che per di più odio… ma non ci resto troppo a lungo. Il rumore della porta che si apre mi fa scattare ed alzare la testa, e quanto vedo che è stato Edward a fare tutto quel rumore mi prende un colpo. Cerco di calmarmi e di asciugare con le mani le lacrime sulle guance senza farmi vedere, ma è un impresa impossibile perché sento i suoi occhi fissi su di me e so che ha capito cosa sto facendo, o cercando di fare.
Si siede al mio fianco e, senza dirmi niente, mi abbraccia proprio come ha fatto prima nel corridoio. Mi carezza piano le braccia e cerca di calmarmi, cosa che pian piano faccio. Le lacrime hanno smesso di scendere e gli occhi non bruciano più, anche se ho le guance ancora un po’ umide.
- Va un po’ meglio? – mi chiede dopo diversi minuti.
Annuisco, e alzo la testa dalla sua spalla, dove l’avevo poggiata. – Andiamo via, ne ho abbastanza di questo posto.
Cerco di alzarmi, ma Edward mi trattiene ancora per qualche secondo nel suo abbraccio, giusto quanto gli basta per sfiorare la mia fronte con le labbra. Chiudo gli occhi per un istante e un nuovo brivido mi scorre lungo la schiena. Edward si sta rivelando essere un ragazzo d’oro, dolce e gentile, tutto il contrario di quello che credevo.

Ma quante emozioni ho provato oggi, mi bastano per tutto il resto della settimana!, penso mentre mi riprendo dalle emozioni che il ‘bacio’ di Edward mi hanno causato.
- Andiamo. – mi fa Edward, e sono ben contenta di alzarmi insieme a lui e di seguirlo.
 

-
 

Il giorno dopo, quando mi sveglio, noto che il sole è già alto nel cielo e Angela non è nel suo letto. Una rapida occhiata al cellulare mi fa capire che sono passate da poco le undici del mattino, e che ho dormito più del dovuto.
La giornata di ieri deve avermi stancato davvero molto, tanto che non ho sentito nemmeno la sveglia infernale che ci riservano tutte le mattine.
Non so per quale motivo Angela non mi ha chiamato, questa mattina, ma alla fine non è una cosa così importante da sapere. Forse ha pensato che stare tranquilla per un po’ mi avrebbe fatto bene… mah. Vallo a sapere.
Mi alzo, visto che non ho più sonno, e decido di farmi una bella doccia. Una decina di minuti dopo, esco dal bagno un po’ più rilassata di prima grazie all’acqua che sembra avermi sciolto di parecchio i muscoli. Mi vesto, lascio i capelli umidi sciolti ed esco dal bungalow.
Mentre mi incammino per raggiungere i punti dove si svolgono le attività ricreative non sento volare una mosca… cioè, quelle si sentono benissimo, ogni tanto, ma il punto è che il campeggio è parecchio silenzioso. Sembra quasi che non ci sia nessuno.
E scopro che è davvero così.
Per questa mattina era prevista una lunga passeggiata per i boschi che circondano il campeggio, e visto il silenzio che sento tutto intorno a me capisco che si sta svolgendo come era in programma. Fino all’ora di pranzo prevedo un bel po’ di solitudine, ma non è un male.
C’è un sacco di calma e di pace, e un leggero venticello mi scompiglia i capelli che si stanno asciugando lentamente. Mi piace, è una bella sensazione. Decido di fare un salto al lago, uno dei posti che mi piace di più.
Forse faccio in tempo anche a fare un bel bagno, prima del ritorno degli altri.
Mi dirigo verso quel posto che quasi ventiquattro ore prima stava per diventare lo scenario di una disgrazia – Jason Voorhees torna a fare capolino nella mia mente -, ma adesso questo sembra un posto bello e particolare come sempre, non c’è più niente che faccia pensare a quello che è accaduto ieri.
Sul molo, noto dopo qualche istante di contemplazione, c’è una persona seduta a gambe incrociate; è di spalle e non si vede il suo viso, ma capisco chi è a causa del colore dei suoi capelli, che risplendono al sole come una fiamma.
Come mai Edward è qui? Non è andato con gli altri in mezzo ai boschi?
Mi mordo il labbro, sentendomi improvvisamente nervosa.
Nel giro di due giorni, mi ritrovo ad essere di nuovo sola insieme a lui; la cosa mi fa piacere, naturalmente, però mi fa sentire anche un po’ a disagio. So che mi piace, non posso più nasconderlo a me stessa, e devo ancora abituarmi all’idea che lo trovo simpatico… e non spocchioso, come credevo all’inizio.
Però, cavolo, ho paura di andare da lui… e se mi caccia via, perché vuole stare da solo? Se mi manda a quel paese?

Bella, dacci un taglio e raggiungilo!, mi ammonisce il mio cervello.
Faccio come mi dice, anche se mi sento veramente una deficiente a dar retta al mio cervellino poco funzionante, e riprendo a camminare. Edward si volta verso di me quando sono già sul molo, a pochi passi da lui; continua a guardarmi anche quando smetto di camminare e mi siedo sulle assi di legno, accanto a lui.
Mi metto a gambe incrociate, e lo guardo a mia volta. – Ciao. – gli faccio, accennando un sorriso.
Edward fa la stessa e identica cosa; continua a guardarmi e mi sorride sghembo. – Ciao.
- Niente passeggiata neanche per te, oggi? – gli chiedo; è più forte di me, sono curiosa di scoprire come mai è rimasto al campo.
Lui scrolla le spalle. – Fanno questa escursione ogni anno, qui, e questa per me sarebbe stata la terza a cui partecipavo… ho deciso di mandarci Tanya, visto che è la prima volta che viene qui.
- È la terza volta che vieni qui? – questo proprio non lo sapevo!
- Sì, esatto. – ridacchia. – Si sta bene, qui, e quando organizziamo una nuova gita estiva andiamo sul sicuro e veniamo qui. Per te, invece, è la prima esperienza, giusto? – continua.
Scuoto la testa. – No, sono tre anni che faccio l’accompagnatrice, ma è la prima volta che vengo in questo posto… l’anno scorso eravamo sempre nel Maine, in un altro campeggio, ma quest’anno ci hanno… escluso.
Edward inarca le sopracciglia. – Escluso?
- Forse è meglio dire cacciato…
E comincio a raccontargli di quello che hanno combinato i ‘miei’ bambini l’anno scorso. Le risate non mancano, soprattutto da parte di Edward.
- Quindi era il vostro, il gruppo dei piromani? Ci era giunta una voce… volevo esserci, cavolo! – esclama tra le risate. – Questi ragazzini si trovano qui, adesso?
- No, per loro niente più campeggio per tutta la vita.
- Peccato… - dice, ridendo ancora.
Restiamo in silenzio per un po’, non appena spariscono le risate e l’allegria causate dal ricordo; non so a cosa pensa Edward in questo arco di tempo, ma la mia testa torna a pensare all’incontro con i signori Newton della sera prima.
Sicuramente si trovano ancora qui nel Maine, visto il ricovero di Jonathan, ma non sono proprio a conoscenza dei loro programmi... per quanto ne so io, potrebbero aver già prenotato il viaggio di ritorno.
Forse Edward ne sa qualcosa più di me…
Torno a guardarlo, e mi preparo a chiedergli informazioni mentre cerco una nuova posizione: mi stringo le ginocchia contro il petto e ci appoggio sopra il mento. – Sai qualcosa di Jonathan?
Edward annuisce. – Sta bene, ma da quello che mi ha detto Seth non tornerà in campeggio. L’arpia… ehm, sua madre, a quanto pare glielo ha impedito. In giornata verrà a prendere la roba del bambino…
Mi viene da ridere, anche se mi dispiace per quel povero bambino che ha già terminato le vacanze: anche Edward ha capito di che pasta è fatta Jessica! – Arpia?
- Dimmi tu se il suo è un modo normale di comportarsi! – esclama, allargando le braccia. – Ti ha quasi buttato per terra, roba da matti! E quello che diceva, poi, tutte cose assurde.
- Guarda che lei mi odia di suo, e probabilmente è per questo motivo che ha fatto tutta quella sceneggiata. – gli spiego, scuotendo la testa mentre ripenso all’attacco isterico che era preso a quella scema.
- Ti odia? E che gli avresti fatto, per farti odiare? – Edward sembra davvero curioso, e continua ad osservarmi in attesa di una risposta mentre si stende all’indietro, mantenendosi in equilibrio sui gomiti. Eh, in questo momento sembra uno di quei modelli delle pubblicità…
- Mah, io non lo so sinceramente… - gli rispondo, e tanto per fare qualcosa assumo la sua stessa e identica posizione. – Però so che mi odia da sempre, e ormai ci ho fatto l’abitudine. E poi, che pensasse quello che vuole… a me non interessa proprio niente.
Edward ridacchia. – Non la capisco, a me sembra una cosa davvero difficile odiarti…
Arrossisco, naturalmente, alle sue parole: ogni cosa che dice su di me mi porta a questa reazione che mi fa sembrare ancora di più un’adolescente alla sua prima cotta. – Non mi conosci ancora bene, Edward. Secondo me, alla fine del campeggio mi odierai anche tu.
Lo dico come se fosse uno scherzo, e spero davvero che non sia così: non voglio farmi odiare da lui, assolutamente non voglio! Ci mancherebbe solo questa, da aggiungere alla lista.
- Io non la penso allo stesso modo, ma se vuoi scommettere…
Scuoto la testa, ridendo. – No, non voglio scommettere.
Ride anche lui, insieme a me. – Per vedere se sei davvero odiosa come pensa la tua amica, - storco il naso, sentendolo definire Jessica ‘mia amica’, - possiamo conoscerci un po’ meglio, e poi ti farò sapere… che ne pensi?
Inarco un sopracciglio, improvvisamente sorpresa e anche un po’ preoccupata dalla sua proposta. – Conoscerci meglio? – chiedo. Oh mamma mia, vuole che ci conosciamo meglio!
- Sì, conoscerci meglio. Dobbiamo stare qui per altre quattro settimane, ne abbiamo di tempo per scoprire se ti odio o meno.
- È la stessa cosa per me, allora. – ribatto prontamente. – Vediamo chi è il più odioso tra noi due!
Edward mi sorride sghembo, e questo suo gesto mi sconvolge un pochino. Ecco, ha appena guadagnato un punto perché riesce a mandarmi in pappa il cervello con un semplice sorriso… però, cavolo, lui non la sa questa cosa.
In questo momento lo sto odiando, e anche tanto.
 



 
 
 
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*Jason Voorhees, per chi non lo sapesse, è il serial killer protagonista della saga “Venerdì 13”.
Ragazze belle, buon pomeriggio! Mi scuso se vi ho fatto attendere un po’ per questo capitolo, ma ho avuto un piccolo ‘imprevisto’, di cui vi parlerò alla fine delle note… niente di grave, comunque ;)
Allora… le acque per il momento si sono calmate, e Bella sta finalmente capendo che Edward non è il cattivo ragazzo della porta accanto, come invece pensava. E adesso cominceranno anche a conoscersi meglio… chissà cosa accadrà? U_U
Diciamo che la storia vera e propria inizia dal prossimo capitolo, e vedrò stavolta di non farvi aspettare troppo XD
Come faccio ormai ogni volta, voglio ringraziarvi per le recensioni che ho ricevuto allo scorso capitolo (risponderò il prima possibile, promesso!) e per le visite e letture che aumentano sempre di più!
Prima di andare via, voglio lasciarvi il link della mia nuova long, l’imprevisto di cui vi parlavo prima :D fateci un salto, mi farebbe molto piacere :)
Solo il tempo...
Un bacio, e alla prossima!

KrisC

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Capitolo 8
*** Punto di svolta ***


The Camp Of Love - Capitolo8

Buon pomeriggio! Oggi, lascio le note all’inizio del capitolo perché così dopo non sarete costrette a sorbirmi alla fine XD
Mi scuso subito per il piccolo ritardo che ho riportato: mi sono buttata un pochino sulla nuova storia :) però adesso è arrivato il momento di aggiornare questa.
In questo capitolo avviene una cosa, il ‘punto di svolta’ come dice infatti il titolo, ma… ma non vi dico cosa accade XD anche se chi mi ha tra le amicizie di Facebook forse sa già cosa! È una cosa che ho deciso di inserire quasi all’ultimo minuto, perché in realtà non avevo intenzione di farla uscire fuori in questo capitolo… forse un po’ più avanti, ma visto che doveva accadere e che nel contesto stava bene, ve la beccate adesso.
Spero che ne siate lo stesso contente :P (io, per una volta, lo sono XD)
Bene, sto straparlando come al solito… vi lascio alla lettura, e ci sentiamo alla prossima ^_^
P.S: per chi segue ‘Solo il tempo…’, spero di riuscire a scrivere il capitolo e a postarlo la prossima settimana ;)

 

 cover

 

The camp of love

 
 

Capitolo otto – Punto di svolta
 

22/07/2010
 

Mano a mano che passano i giorni – ne sono passati solo cinque, di giorni, ma sono soltanto dettagli insignificanti questi -, io e Edward impariamo a conoscerci meglio, proprio come mi aveva chiesto di fare quella mattina al lago.
Ed in effetti, è proprio quello che stiamo facendo; passiamo sempre più tempo insieme, e spesso e volentieri ci ritroviamo a fare le stesse attività ricreative durante il giorno: tiro con l’arco, corso di nodi, scherma… insomma, in un modo o nell’altro ci ritroviamo sempre a fare le stesse cose, o troviamo un pretesto per stare insieme.
Un paio di giorni fa mi ha praticamente obbligato a fare un giro in canoa, proprio come avevo fantasticato durante il primo giorno di campeggio… e proprio come avevo immaginato, dopo cinque minuti ero già caduta dentro l’acqua.
Ho rischiato di affogare, e Edward è stato costretto a ripescarmi come se fossi stata un pesce, però è stato proprio divertente! Ho aggiunto questa nuova figura di merda alla famosa lista, e ne sono più che soddisfatta!
Però, a parte questi particolari, sono davvero contenta di questo nuovo ‘affiatamento’ che si sta creando tra me e Edward: almeno non ho più voglia di strozzarlo ogni volta che apre bocca… beh, a dire la verità, vorrei prenderlo e riempire la sua bocca di baci – non posso farci niente, mi piacciono troppo le sue labbra! -, e non dei semplici baci a stampo… ma baci infuocati, da censura, da strapparsi le mutande!
Ok, chiudiamo qui questa parentesi prima che diventi vietata ai minori…
Tornando a cose più tranquille, ho provato anche a fargli una foto, come mi aveva chiesto Jacob, e devo dire che non è stato davvero difficile: mi è bastato dirgli che volevo una foto ricordo di noi due insieme, e lui è stato più che felice di accontentarmi. La parte più difficile, invece, è cercare di fare la foto al suo didietro.
Ancora non sono riuscita nel mio obiettivo, ma sono sicura che prima o poi ci riuscirò. Ci vuole solo un po’ di pazienza…
Vengo distolta dai miei pensieri vaganti dal colpo secco della porta che si chiude, che mi fa sobbalzare sul letto, e per di più faccio anche cadere sul pavimento il libro che stavo leggendo – o sfogliando, visto che non ricordo un bel niente di niente. Guardo allibita Angela, impegnata a liberare velocemente la sua parte di letto dalla moltitudine di maglie e magliettine che ha gettato lì sopra prima di cena.
- Che cos’hai? –, le chiedo; la vedo un po’ su di giri, ed è la prima volta che la vedo in queste condizioni... è un po’ pazza, sì, ma così pazza non l’ho mai vista.
Lei non smette un attimo di rassettare, e non si volta a guardarmi neanche mentre mi risponde. – Devi andare via da qui! –, esclama, con voce stridula.
- Perché? –, chiedo, confusa dalle sue parole. Che le ho fatto di male? Perché mi vuole cacciare? Così all’improvviso, poi! Poteva avvertirmi prima… – Che ti ho fatto?
- Niente, assolutamente niente! –. Dalla voce adesso mi sembra più tranquilla, e si volta verso di me. – Però sta per venire Ben, e non puoi restare qui. Non è che puoi lasciarmi la camera libera per un’oretta o due? –, mi chiede, con un sorriso speranzoso sulle labbra.
- Ehm… -, balbetto, spaesata, – …va bene… ma io dove dovrei andare? Non c’è più nessuno in giro a quest’ora.
Sono le dieci di sera passate, i bambini sono tutti a letto per via del coprifuoco e noi accompagnatori abbiamo a disposizione qualche ora libera prima di coricarci per la notte. Qualcuno credo che sia andato fuori, a bere qualcosa ad un bar nel paese più vicino, mentre altri non so cosa stiano facendo… e sono sicura che io sarò l’unica tonta che vagherà da sola per il campo, al buio per di più.
- Boh, inventati qualcosa! Vai da Seth, vai a fare una passeggiata… vai a fare le foto alle lucciole, però non stare qui, ti prego!
Il modo in cui mi sta parlando mi fa involontariamente scoppiare a ridere, mentre mi alzo; ho anche capito per quale motivo devo ‘andarmene’ così di fretta. – Va bene, me ne vado. Di certo non resto qui a sentire i vostri mugolii di piacere.
- Bella!! –, esclama, arrossendo.
- Perché, non è forse quello che state per fare? Un po’ di sano sesso? –, le chiedo, mentre riprendo il libro che mi è caduto prima, e la vedo arrossire ancora di più.
- Sì, però… vedi di non dirlo a nessuno, va bene?
- Ok, ok… io vado, divertiti.
- Smettila! Ti farò sapere quando… abbiamo finito. –, dice, mentre si morde un labbro.
- Va bene…
Esco dal nostro bungalow con il sorriso sulle labbra, divertita più che infastidita. È più che normale il fatto che Angela voglia passare qualche ora di ‘intimità’ con suo marito, e credo che questa sia la prima volta che lo fanno da quando è iniziato il campeggio… sono un po’ in astinenza, mi sa. Meglio lasciarli sfogare per benino.
Mi stringo il libro al petto come una studentessa modello, e comincio a vagare per il campo, solitaria; la luce della luna e qualche fiaccola ancora accesa illuminano il posto, davvero suggestivo a quell’ora della sera. Non perdo tempo a scattare una foto al paesaggio che mi ritrovo davanti, più per fare qualcosa che per necessità… e mi sa che alla fine mi ritroverò a scattare veramente le foto alle lucciole, come mi ha detto di fare Angela.
Però lei stava scherzando… credo.
Riprendo la mia passeggiata in completa solitudine, e do poca importanza ai miei piedi ed al luogo dove mi conducono. Alla fine, scopro sorpresa che mi sono diretta senza volerlo verso la zona dei dormitori maschili.
Che fare, adesso? Andare a salutare Seth è fuori discussione! Lo vedo tutti i giorni, già troppo per i miei gusti, e poi con lui mi sa che c’è Tyler… e con lui non voglio assolutamente parlare. È già tanto che non mi rompe più le palle durante il giorno, per via del fatto che sto quasi sempre insieme a Edward…
Edward!
Posso andare a trovarlo, visto che molto probabilmente è solo nel suo bungalow… o forse ancora no. Non ho incontrato Ben durante il tragitto, quindi è molto probabile che si trovi ancora qui.
Scrollo le spalle, però, e penso che non sarà un problema andare da Edward quando c’è anche l’altro ragazzo… anzi, posso approfittarne per salutarlo prima che vada via.
Correndo, mi dirigo verso quello che ho capito essere la loro ‘camera’, e in fretta salgo i piccoli gradini fino ad arrivare alla porta. Dalla finestra che si trova lì vicino vedo che la luce è accesa, quindi dentro c’è davvero qualcuno. Busso tre volte alla porta, e aspetto che qualcuno venga ad aprire.
Dopo un minuto, la porta si apre… ed io resto ad osservare la persona che mi ha aperto, con la bocca aperta per la sorpresa.
È Edward quello che mi apre la porta, e lo fa in una tenuta un po’… insolita. Cioè, lo è ma non è nemmeno un peccato, anzi, è un gran bel vedere! Mi ha aperto a petto nudo, per di più bagnato, e con un asciugamano blu che lo copre dalla vita in giù, fino alle caviglie!
- Oh! –, fa lui, sorpreso, quando nota che ci sono io alla porta. – Ciao, Bella.
- Ahem! – Non so cosa ho detto, non lo so proprio! Sono… sono un pochino scioccata, devo ammetterlo, e non riesco a staccare gli occhi dal suo corpo semi nudo.
Cioè… è perfetto, perfetto! La parte pervertita che è in me vorrebbe strappargli di dosso quell’inutile pezzo di spugna che nasconde quello che dovrebbe essere un ben di Dio assoluto e saltargli addosso per fargli le zozzerie più disparate! Però, la parte pudica che c’è in me cerca di bloccare e di calmare la parte sporcacciona, così da evitare di mostrare a Edward che effetto hanno su di me gli ormoni impazziti.
- C-ciao Edward. –, dico alla fine, dopo che ho riacquistato un minimo di decenza e dopo essere riuscita a accantonare i pensieri impuri. Riesco persino a chiudere la bocca, e a spostare gli occhi sul viso di Edward.
- Che ci fai qui? –, mi chiede, guardandomi incuriosito e con un sorriso sincero sul volto.
Scommetto che quel sorriso scomparirebbe non appena saprà quali oscuri - e sconci! – pensieri navigano nella mia testa.
- Angela mi ha cacciato! –, esclamo, tanto per dire qualcosa. – Ha da fare con Ben, ed io ero il terzo incomodo… così ho deciso di passare a farti compagnia…
- Ah, d’accordo. Entra… -. Si sposta quel tanto che basta per farmi passare, ed io entro nella piccola casetta, incasinata peggio della mia… si vede proprio che ci dormono dei ragazzi! – Io vado… a mettermi qualcosa addosso e ti… ti raggiungo… -, balbetta.
Perché all’improvviso balbetta? Si sente a disagio?
- O-ok… -. Come a volergli fare compagnia, balbetto anche io.
Edward annuisce, e scompare dietro una porta di legno; se questo bungalow ha la stessa struttura del mio, molto probabilmente è appena entrato in bagno. Mentre lo aspetto, mi siedo su uno dei due letti che ci sono nella stanza, e scopro che il materasso su cui appoggio le mie chiappette è più morbido del mio, e per di più non ha le molle che fanno rumore.
Ah, se scopro come fare per non farmi notare, lo rubo subito!
I miei piani alla Diabolik vengono interrotti dalla porta del bagno che si apre, e alzando lo sguardo vedo che Edward sta uscendo dal bagno; ha indosso un semplice pantalone della tuta blu e una canotta bianca. È inutile dire che è bellissimo, diventerei troppo ripetitiva. Ha anche i capelli bagnati, che gli ricadono un po’ scombinati sulla fronte… ah, quei bellissimi, meravigliosi capelli!
- Mi hai rubato il letto! –, mi dice ridendo, avvicinandosi a me.
È il suo letto? Allora mi sa che devo rimandare la rapina… quel letto può sempre tornare utile… ma che sto pensando?
– Non lo sapevo. –, dico, e cerco di mantenere la mia mente ferma a cose con meno doppi sensi.
- Tranquilla, in due ci si sta bene ugualmente! –, esclama, sedendosi al mio fianco.
E poi sono io quella che vede doppi sensi dappertutto! Che cosa voleva dire con quella frase?

Di certo non quello che intendi tu, Bella!, urla dentro al mio cervello la solita vocina rompiballe.
- Se lo dici tu…
Edward mi sorride dolcemente, e vedendolo non posso fare a meno di ricambiare quel sorriso, come succede da alcuni giorni a questa parte. Ogni volta che gli sto accanto, anche senza parlare, mi spunta un sorrisino ebete sul volto… e non posso farci proprio niente. È lui che lo fa uscire fuori.
Credo di essere affetta da Edwardite cronica.
- Che cos’hai lì? –, domanda ad un certo punto, e vedo che ha gli occhi bassi, puntati su qualcosa che ho in grembo; capisco, dopo averlo imitato, che sta guardando il mio libro. Cerco, comunque, di non pensare che forse mi stava facendo una radiografia alle ‘parti basse’.

Ammazza Bella quanto sei porca!
- Oh, nulla… lo stavo leggendo prima che Angela mi cacciasse via. –. Scrollo le spalle, e poi noto solo in quel momento che Ben non c’è. Deve essere già andato via…
Ammazza, come sono sveglia! Me ne rendo conto solo dopo mezz’ora che sono qui!
- Ti piace leggere? Non lo sapevo! –, esclama, colpito, e senza chiedermi nulla afferra il libro, soppesandolo ed osservandolo.
- Sì, quando non lavoro mi piace immergermi nella lettura… -. Scrollo le spalle di nuovo. – Un piccolo hobby.
Il suo sorriso si allarga. - Ecco, questo è un argomento che ancora non abbiamo affrontato. –. Comincio a guardarlo un po’ confusa, visto che non ho capito bene a cosa si sta riferendo. – Che lavoro fai?
Ah, adesso ho capito.
In effetti è vero, non abbiamo ancora parlato di questa parte delle nostre vite, e da una parte sono davvero curiosa di sapere qual è la sua professione. Però… ho paura di rivelargli la mia, di professione. Qui al campeggio, oltre a Seth e Angela, non lo sa praticamente nessuno che ho un’azienda vinicola.
Non è che poi cambia idea su di me?

Bella, smettila di farti i complessi mentali.
- Ehm… già, è vero. Però tocca prima a te! Qual è il tuo lavoro? –. Rigiro la sua domanda, così da non essere la prima a parlare. Deglutisco a disagio, e spero che Edward non lo noti.
Lui inarca un sopracciglio, un po’ perplesso da quella mia uscita, ma lascia passare il tutto. – Va bene… ho un negozio di articoli sportivi, a Chicago. –, mi dice, e vedo il suo sorriso spuntare di nuovo sulle labbra.
Batto un paio di volte le palpebre, sorpresa; chissà perché quando ha detto ‘negozio di articoli sportivi’, mi sono venuti in mente i Newton. – Sul serio?
Annuisce, sempre sorridendo. – Sì, sono quattro anni ormai. L’ho aperto insieme a mio fratello, James, e le cose non vanno tanto male… ce la caviamo.
Altri particolari della sua vita: ha un negozio, ci lavora insieme al fratello, e… ha un fratello! Scusate, ma non ne ero a conoscenza fino a un minuto fa!
- Uh, grande! –, dico, sinceramente contenta per lui.
- Sì, grande! Però adesso tocca a te, dai. –. Mi incita a parlare, e adesso so che non posso proprio tirarmi indietro.
- Posso… posso inventarmene uno adesso? –, chiedo, speranzosa.
- Perché dovresti farlo? –, mi fa giustamente notare. – Ti vergogni del lavoro che fai?
Mi vergogno del lavoro che faccio? No, neanche per idea! Anzi, lo adoro! Non avrei potuto desiderare niente di meglio, come mestiere! È solo che mi fa sentire a disagio parlarne… e mi sa che devo dirglielo, questo.
- No, amo il mio lavoro. È che… parlarne mi fa sempre sentire a disagio. So che non dovrei sentirmi in questo modo, ma è più forte di me.
Edward annuisce, comprensivo, e allunga una mano verso la mia, carezzandone il dorso con un dito. Subito sento il solito, e ormai familiare, brivido scorrere lungo tutto il mio braccio, fino ad arrivare alla schiena.
- Beh… provaci. Mi piacerebbe sapere qualcosa in più di te… -, mi dice, con voce bassa e sincera, ed io crollo. Come posso dirgli di no?
Sono sua succube, ormai ne sono sempre più consapevole.
- Ehm, ok. Sono… sonounaproduttricedivini! –, dico in fretta, forse un po’ troppo in fretta, perché Edward ha assunto la faccia più buffa di questo mondo!
Ha arricciato le labbra, aggrottato la fronte e stretto gli occhi, e mi sembra un pochino spaesato… forse più che spaesato. – Che cosa hai detto? Bella, non ti ho proprio capito! Spii i vicini?
Rido, involontariamente: i vicini più ‘vicini’ distano venti kilometri da casa mia, è proprio impossibile spiarli. – No! Ho detto che sono una produttrice di vini.
- Ah, ecco! –, fa lui, e adesso la sua espressione cambia: va via quella spaesata, e arriva quella sorpresa, molto sorpresa, e divertita. – Perché non volevi dirlo? È un bellissimo mestiere!
- Lo so, e infatti lo adoro. Però… ho ventidue anni, quasi ventitré, e alcune persone quando lo hanno saputo hanno detto che sono troppo giovane per praticare bene questo mestiere.
Questa è una cosa vera, anche se non l’ho mai fatto notare né raccontato ad anima viva… o quasi; la nonna queste cose le sa, eccome se le sa. Lei viene a sapere sempre tutto, anche quando a volte cerco di nascondere alcune cose.
Non so perché la gente la pensi in questo modo, e non nego di essere rimasta male quando sono venuta a conoscenza di queste dicerie su di me.
Se il nonno ha voluto lasciare in eredità la sua azienda ai suoi nipoti, anche se poi Jasper l’ha lasciata completamente nelle mie mani, doveva pur esserci un motivo, e quello doveva essere senz’alcun dubbio che si fidava. Chi meglio di lui poteva saperlo?
- Io non la penso in questo modo. –, mi dice Edward, convinto. – Anche se sei giovane, secondo me non è sbagliato. Insomma… largo ai giovani! Non è così che si dice?
La sua risposta mi fa tranquillizzare immediatamente, visto che ero rimasta praticamente all’erta e sulle spine per quello che avrebbe potuto pensare di me. Sapere che almeno lui non ha nessun pregiudizio sui giovani imprenditori, mi fa piacere.
Sorrido, decisamente più rilassata di prima. – Sì, si dice proprio così.
Anche Edward mi sorride. – Però, non pensavo che avessi un lavoro così interessante, sai? Quant’è grande la tua azienda?
Non pensavo che fosse così attratto dal mio lavoro; la cosa mi fa sorridere ulteriormente, e mi affretto subito a spiegargli e a descrivergli il mio lavoro. Mi fermo una decina di minuti dopo, quando ormai gli ho praticamente spiattellato tutto su tutto… sì, gli ho rivelato anche quanto ci frutta l’azienda in un anno. Edward rimane un po’ spiazzato, e non so se è per tutte le informazioni che gli ho dato o solo per l’ultima.
- Sei quella Isabella Swan? La famosa Isabella Swan, che ha ereditato l’azienda di Jack Swan? – m,i domanda alla fine, dopo qualche istante di silenzio.
Un po’ confusa, annuisco. – Sì, era mio nonno…
- Ah! –, fa lui, prima di cominciare a ridere… ma a ridere proprio di gusto, come se avesse appena assistito a una scenetta divertente o come se avesse appena visto un poveraccio fare una caduta imbarazzante.
Comincio ad essere di nuovo nervosa; la risata di Edward, che poi mi è sempre piaciuta, comincia ad innervosirmi. Sta ridendo di me, per caso? Ed io che pensavo che fosse una persona diversa…
Sta pensando che, visto che ho ereditato l’azienda da mio nonno, non sia capace di mandarla avanti? Pensa la stessa cosa di tutti gli altri? Se è così, lui non ha capito proprio niente!
- Che c’è da ridere? –, gli chiedo, e cerco di trattenermi con tutte le mie forze dal prenderlo a sberle in faccia… oltre che dal dirgli tutte le cattiverie possibili.
Edward smette di ridere – finalmente, direi! -, e comincia ad osservarmi con aria divertita; lui sarà anche divertito, ma io non lo sono affatto. Sto quasi per dirgli che è un cretino, un imbecille e qualche altra bella offesa, quando lui mi precede.
- Dio, aspetta che mio padre lo sappia! –, esclama, con un sorriso tutto denti stampato sul viso.
Ecco, questa proprio non me l’aspettavo… per l’ennesima volta, devo dire. Che centra adesso suo padre con il mio lavoro? Non so neanche chi è, suo padre!
- Non capisco… -, dico, perplessa, e spero che Edward mi dia una spiegazione accettabile.
- Ah sì, giusto! Tu non puoi saperlo! –. Dopo aver riso ancora una volta, finalmente comincia a spiegarmi il tutto. – Mio padre è, come dire… un fan della tua azienda. Rifornisce la cantina ogni tanto, e i vini che produci tu sono senza dubbio i suoi preferiti.
- Oh! – dico, sorpresa.
Ancora una volta, mi stavo facendo un’idea sbagliata sul ragazzo che ho davanti agli occhi, e devo senza dubbio smetterla di farmi mille paranoie quando non ce n’è alcun bisogno.
Devo fare assolutamente qualcosa per risolvere questo mio difettuccio… do sempre troppa poca confidenza alle persone che conosco da poco, e di certo questo non è il caso di Edward, come non lo è di Angela e Ben, e qualcun altro che ho conosciuto qui al campo.
- Non… non lo sapevo. –, riesco a dire alla fine, quando riemergo dai miei pensieri.
- Come potevi saperlo? –, mi fa notare lui, con il suo solito sorrisino sghembo stampato sulle labbra.
- Già, già…
Infischiandomene di chiedergli il permesso, mi butto di schiena sul materasso e resto con le gambe penzoloni, ed i miei piedi quasi non toccano il pavimento di legno – sono troppo bassa, lo so.
E poi, questo materasso è tremendamente morbido e comodo, mi piace un sacco. Mi piace tanto, proprio come mi piace tanto il suo proprietario, che mi è ancora seduto accanto e che mi sta guardando, divertito, proprio in questo momento.
Ricambio il suo sguardo, e nel mentre sistemo le mani dietro la testa come se fossero un morbido cuscino, e chiudo gli occhi.
Se restiamo così in silenzio e se non muovo neanche un muscolo, molto probabilmente finirò con l’addormentarmi nel giro di pochi minuti. La cosa non mi dispiace affatto, devo dire con sincerità, e può essere una buona cosa da fare mentre aspetto il ‘segnale’ di Angela.
L’unico problema, però, sarà quello di svegliarmi e di tornare come una rincoglionita al mio bungalow.
Sento Edward che cambia posizione, per via del movimento che fa il materasso sotto la mia schiena, e questo mi fa aprire subito gli occhi. Resto un pochino sorpresa quando me lo ritrovo sdraiato accanto a me, su di un fianco, mentre si sorregge la testa con un braccio: mi guarda con insistenza e ha anche l’aria seria, come se stesse pensando a qualcosa di importante che lo assorbe totalmente. L’altra mano, quella libera, si sposta lentamente e va a finire, alla fine, sul mio collo.
Mi sa che non ha nessuna intenzione di lasciarmi addormentare.
Dal collo, che sento incandescente a causa del suo tocco, la sua mano si sposta piano e sento che comincia a percorrere una linea sottile con la punta delle dita, che arriva sulla mia guancia. Anche questa diventa incandescente, come se mi trovassi accanto ad un fuoco troppo caldo, quando Edward preme l‘intero palmo della mano sulla mia pelle, con gentilezza però.
In tutto questo, io non riesco a distogliere gli occhi dai suoi; sono così belli, più verdi del solito e con una strana luce che li illumina; sono anche abbastanza seri e concentrati, così come lo è il suo volto.
Comincio a sentirmi strana, sotto queste sue strane attenzioni: sono confusa, cosa normale penso, incuriosita e… sono anche eccitata. Sì, eccitata. Ho uno strano languore al basso ventre che non sento da troppo tempo, però riesco a riconoscerlo per quello che è.
Eccitazione.
Edward avvicina di colpo il viso al mio, fermandosi però a diversi centimetri di distanza; continua a guardarmi insistentemente, e… ed io non so che cosa fare!
No, non è vero. So che cosa vorrei fare, ma non so se è la stessa cosa che vuole lui: io vorrei con tutta me stessa azzerare la distanza che c’è tra noi e baciare finalmente le sue labbra. Vorrei baciarle all’infinito, senza nessuna interruzione… ma questo è quello che desidero io, alla fine.
Non so se Edward sta soltanto giocando, mettendosi in quella posizione, o se ha le mie stesse intenzioni. Voterei per la seconda opzione, se potessi, ma visto che non posso… devo per forza aspettare una sua nuova mossa.
Come se mi avesse letto nel pensiero, si avvicina ulteriormente al mio volto, così tanto che sento il suo respiro sulle mie labbra e la punta del suo naso che tocca il mio… ed il mio respiro si ferma per un paio di secondi. Per non vedere i suoi occhi, così scuri e perfetti, chiudo i miei, e cerco di far rallentare i battiti al mio cuore, che sembra aver preso il volo e voglia uscirmi fuori dal petto.
- Mi piaci, Bella, mi piaci un sacco. Posso baciarti? –. Il suo sussurro si infrange sulla mia bocca, provocandomi altri brividi sulle braccia.
Oh, mio Dio! Gli piaccio, gli piaccio! Non ci credo! E adesso che faccio? Mi ha chiesto se mi può baciare, ma che faccio?!

Cretina, ci pensi pure? Bacialo e basta!, mi riprende la solita vocina.
È quello che voglio fare, lo giuro, lo voglio con tutta me stessa… però, ho anche un po’ di paura. Sono anni che non bacio qualcuno! E se gli fa schifo il modo in cui bacio? Se ne accorgerà che sono un pochino arrugginita?
Prendo un respiro profondo, cercando di scacciare via i miei insulsi pensieri, e apro di poco gli occhi. Edward è sempre lì, con il viso vicino al mio anche se ha aumentato un po’ la distanza, che aspetta una mia risposta. Ha le labbra dischiuse, e non vedo l’ora di toccarle con le mie.
Tolgo le braccia da sotto la mia testa, stupendomi per il fatto che le ho tenute per tutto questo tempo in questa stupida posizione, e circondo con un po’ di timore le spalle di Edward, immergendo le mani tra i suoi capelli, che sono morbidi e lisci proprio come avevo fantasticato dentro la mia testa.
Gli sorrido, mordendomi il labbro subito dopo, e annuisco.
Edward ricambia il mio sorriso, e dopo aver liberato il mio labbro dalla presa dei denti con la punta delle sue dita, azzera di nuovo la distanza che c’è tra i nostri visi e, con calma e gentilezza, poggia finalmente le sue labbra sulle mie.

Oh, cazzo!
È l’unica cosa che riesco a pensare in questo preciso istante, giuro! È… è fantastico, bellissimo, meraviglioso! Fantastico! Ed è solo un semplice bacio a stampo… oddio, mi tremano anche le braccia.
Cominciano a tremare ancora di più quando Edward cerca di approfondire il bacio, ed io sono ben felice di assecondarlo… scusate, ma non sono mica scema, o almeno non fino a questo punto.
In breve tempo, le nostre labbra cominciano a muoversi in sincrono, senza nessuna fretta però; stanno, diciamo, imparando a ‘fare conoscenza’ e a ‘prendere confidenza’ le une con le altre.
Una mano, ancora immersa nei suoi capelli, si sposta e va a finire sulla sua guancia, leggermente ispida per via della barba che sta cominciando a crescere, e la cosa mi piace molto. Edward separa per qualche secondo le nostre labbra, ma le fa unire di nuovo non appena finisce di cambiare posizione… ossia, dopo essersi steso sul mio corpo, ma sostenendosi con le braccia in modo da non pesarmi troppo addosso.
La paura che provavo fino a pochi minuti fa adesso non c’è più, si è del tutto volatilizzata, e al suo posto c’è solo una forte emozione e la voglia di continuare a baciare questo ragazzo meraviglioso per tutta la notte.
La cosa, però, mi sa che non accadrà affatto.
Qualcuno comincia a bussare forte alla porta, cosa che mi fa sobbalzare per la sorpresa; la stessa cosa fa Edward, e quando apro gli occhi vedo che lui si è voltato e che sta guardando proprio verso la porta. Lo faccio anche io, un po’ disorientata, ma alla fine è un'altra cosa che attira la mia attenzione.
Qualcuno ci sta guardando dalla finestra, e quel qualcuno non è altro che Tanya. È tutta allegra e sorridente, e ci fa ‘ciao ciao’ con la mano come se fosse contenta di quello che ha visto.

Oh merda! Tanya… Tanya ci ha visti!
- Oh! –. Scatto subito a sedere, decisamente imbarazzata e impaurita, e rischio quasi di colpire Edward con i miei movimenti.
Che figura di merda, che figura di merda! Ci siamo fatti beccare… e per di più da Tanya, la ragazza/amica/scopamica di Edward! Che vergogna! Chissà cosa sta pensando adesso quella… vorrà picchiarmi perché ho baciato il suo ragazzo/amico/scopamico? Però non è tutta colpa mia, è stato lui a cominciare.
- Tanya… -, sospira Edward, amareggiato quasi quanto me. Eh beh, vorrei vedere. – Vado ad aprirle…
Annuisco, anche se non riesco proprio a guardarlo in faccia. Sto provando troppa vergogna in questo momento, davvero troppa, e l’unica cosa che vorrei fare è scavare una buca profonda e nascondermici dentro. Visto che sono dentro a un bungalow, però, e non posso scavare un bel niente, mi limito a raccogliere le ginocchia contro il petto e a nasconderci in mezzo la faccia.
Sento, nel frattempo, la porta aprirsi e Tanya che ride. – Ah, Roscetto! Ti stai dando alla pazza gioia, eh?! –, esclama lei, divertita… divertita?
Titubante, alzo gli occhi dal mio piccolo nascondiglio e osservo la scena che mi si para davanti: Tanya si trova di fronte a Edward e lo sta osservando con un sorriso enorme che va da guancia a guancia, e non sembra affatto arrabbiata, ma contenta.
Perché è contenta? Non dovrebbe cercare di picchiare me e di uccidere Edward?
- Tanya, piantala! –, esclama lui, seccato. – Ma che ci fai qui?
- Ho finito i soldi al cellulare, non è che puoi gentilmente prestarmi il tuo? Devo chiamare Andrea. –, spiega, con un sorriso, poi la sua attenzione si sposta su di me. Agita convulsamente la mano, quando nota che la sto guardando. – Ciao, Bella!
Ricambio il saluto con minore entusiasmo, però, visto che sono ancora confusa – parecchio confusa – dal suo comportamento. E poi… chi caspita è Andrea? Non ho mai sentito parlare di questo tizio. Sarà forse suo fratello?
- Tieni, Ochetta, però non scaricarmi tutta la scheda. –. Edward le porge il suo cellulare, un po’ riluttante.
- Oh, bene, grazie! Vado fuori, così non vi disturbo! –. Con un ultimo saluto generale, scappa via dal bungalow, lasciandoci di nuovo soli.
Sciolgo l’intreccio delle mie braccia e delle mie gambe e scendo dal letto, provocando un tonfo quando i miei scarponcini si posano sul legno; Edward si volta verso di me, e inarca un sopracciglio quando nota quello che ho appena fatto. Mi affretto a portare lo sguardo sul pavimento, e mi chino per raccogliere il libro che deve essere caduto mentre ci stavamo baciando.
Beh… è stato bello finché è durato.
- Che fai? –, mi domanda, e dopo un paio di secondi sento la sua presenza al mio fianco.
- Vado… vado via. –, dico con un pigolio. Non ha più senso restare, non con Tanya che ci ha visto e che si trova fuori dalla porta, a parlare al cellulare.
- Perché? –, domanda ancora.
Mi stringo il libro al petto, puntando gli occhi sui miei piedi. – C’è Tanya…
- E allora? –, fa lui, come se la cosa non gli importasse.
Insomma, questo è troppo!
Alzo di nuovo il viso, e punto gli occhi nei suoi; sono confusi, lo vedo chiaramente, ma penso che la sua sia un tipo di confusione diversa dalla mia. – Come sarebbe a dire, ‘E allora’?
Lui scrolla le spalle. – Non lo so, Bella. Se ti da fastidio la mando via, non è un problema…
- Non è che mi da fastidio! È… ci ha visti, Edward, la tua ragazza ci ha visti! –, dico alla fine, e la cosa adesso che l’ho detta ad alta voce mi fa vergognare ancora di più. Mi porto una mano sugli occhi, nascondendomi così da lui e dai suoi occhi.
Edward non è affatto contento della mia mossa, e mi fa scostare subito la mano. È divertito, adesso, e mi guarda come se avessi appena fatto una battuta simpatica. – La mia… ragazza? Ma stai scherzando?
Mi mordo il labbro, confusa. – Non… non è la tua ragazza?
Inorridisce davanti alla mia domanda. – No che non lo è! Oddio, Bella, so che è carina e tutto, ma… ma lei è mia cugina!
Sua cugina? Sua cugina? La bocca mi si apre per la sorpresa. Ecco perché non li ho mai visti baciarsi sulle labbra, sono parenti!
- Ah!
- Già. –. Edward annuisce, e incrocia le braccia sul petto. – Ed è già innamorata di suo, sta parlando proprio adesso con la sua anima gemella.
- Ah! –, dico di nuovo, stupidamente. – Andrea è il suo ragazzo?
Edward storce il naso, anche se è divertito. – Ecco, io non lo definirei il suo ‘ragazzo’. I ragazzi non sono il suo genere, se capisci quello che voglio dire… Andrea è la sua ragazza.
- Oh!
Dio mio, ogni secondo che passa scopro una nuova notizia.
Riepilogando, Tanya non è fidanzata con Edward ma è soltanto sua cugina, e a lei non piacciono i ragazzi visto che è lesbica, e per di più sta con una ragazza che si chiama Andrea.
Troppe informazioni in troppo poco tempo, decisamente.
Mi passo una mano tra i capelli, imbarazzata. Non ho neanche il coraggio di guardare Edward, non dopo avergli praticamente fatto capire che credevo che fosse fidanzato con sua cugina.
Figura di merda, figura di merda, figura di merda! Mi nascondo di nuovo il viso con la mano.
- Ehi… -. Le braccia di Edward mi circondano le spalle, e mi fanno avvicinare al suo corpo. – Credevi davvero che stessi con Tanya?
Annuisco, riluttante, con la fronte premuta contro il suo petto. Non mi piace fargli capire quanto ho navigato con la mente in tutti questi giorni.
- Sono stata stupida, lo so… -, dico, e lui mi interrompe prima che possa aggiungere qualcos’altro.
- Non dire così, non lo sapevi… beh, forse avrei dovuto dirtelo prima. –. Posa un piccolo bacio sui miei capelli, e poi mi fa gentilmente alzare il viso, facendomi incontrare di nuovo il suo, tranquillo e sincero. – E poi te l’ho detto prima: mi piaci un sacco. Ho un debole per le brune, sai?
Arrossisco davanti a questa rivelazione, e scoppio a ridere. Edward approfitta del fatto che sono di nuovo tranquilla e torna a baciarmi le labbra, cogliendomi di sorpresa. Non sono dispiaciuta però, anzi, sono felice di questo. Ricambio il suo bacio, e circondo il suo collo con un braccio; l’altro è impegnato a reggere il libro, anche se vorrei gettarlo con tutta me stessa di nuovo per terra.
Sto quasi per farlo, quando sento il cellulare vibrare nella tasca dei pantaloncini. Non mi occorre tirarlo fuori per vedere chi è, tanto so già che è Angela che mi da il ‘via libera’ per tornare in camera.
Riluttante, mi stacco da Edward e dalle sue labbra tentatrici. – Devo andare via. –, mormoro, dispiaciuta, con la poca aria che mi rimane nei polmoni.
Lui annuisce, e vedo chiaramente dalla sua espressione che è dispiaciuto almeno quanto me, se non di più. – Ci vediamo domani? -, chiede, speranzoso.
Annuisco, alzandomi sulle punte per lasciargli un ultimo bacio a stampo. – A domani, Edward. Lo sai che mi piaci un sacco anche tu?
Edward ridacchia. – Ci speravo... ma grazie per avermelo detto! –, dice, baciandomi la punta del naso e le labbra subito dopo.
Non sembra avere nessuna intenzione di lasciarmi andare via, ma a questo ci pensa Tanya… questa ragazza ha un tempismo perfetto, devo dire, è peggio di Alice!  
Comincia, come prima, a bussare con forza alla porta, ed in più urla a pieni polmoni. - Roscio, si è scaricata la scheda! Come faccio adesso?
Mi sa che suo cugino la ucciderà…

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Capitolo 9
*** Un nuovo punto di svolta? ***


The Camp Of Love - Capitolo9

Ciao ciao! Oggi aggiornamento serale, è un sacco di tempo che non lo faccio più XD
Prima di tutto, vi ringrazio per le 7 recensioni che ho ricevuto allo scorso capitolo *-* vi risponderò presto, sappiatelo!
In questo capitolo vedrete i primi inizi della ‘storia’ di Edward e Bella… mi sono divertita molto a scrivere questa parte, anche perché è quella che premevo più di scrivere. Questa precisa parte della storia è tutta ben descritta nella mia testa, e quindi mi è molto più facile buttarla sul foglio di Word! Queste dieci paginette sono uscite fuori in due giorni, e ne sono parecchio soddisfatta :D
Adesso vi lascio alla lettura, e… niente, a presto! Ci sentiamo la settimana prossima con l’aggiornamento di ‘Solo il tempo…’, oppure domani con la risposta alle recensioni dello scorso capitolo :) Ciao!

 

 

 

The camp of love

 
 

Capitolo nove – Un nuovo punto di svolta?
 

28/07/2010
 

Dalla sera del ‘fattaccio’ – la sera dei baci, insomma -, è passata quasi un’intera settimana. È quasi volata, e devo dire che è stata davvero una piacevole settimana… ma che dico piacevole, fantastica! Praticamente, è stata la migliore da quando sono arrivata nel Maine per trascorrere le vacanze estive.
Da quando io e Edward ci siamo ‘dichiarati’, non abbiamo fatto altro che stare insieme… più o meno tutti i minuti, tutte le ore, e tutti i giorni di quella settimana.
Ho scoperto che quando ci si impegna, e anche quando comincia a tenere ad una persona, cambia decisamente carattere e diventa quasi una persona diversa… ma diversa in senso buono. È… è dolcissimo alcune volte, da diabete. Teniamo presente il fatto che io i ragazzi troppo dolci e appiccicosi non li ho mai sopportati, e invece con Edward mi trovo alla grande. Non è che è appiccicoso asfissiante, una di quelle persone che vorresti prendere a schiaffi per quanto non le sopporti… è più un appiccicoso che vorresti tenere appiccicato addosso per un sacco di tempo. Mi piace.
Praticamente, i miei ideali e pensieri che ho conservato e seguito fino a quando non ho conosciuto Edward stanno andando felicemente a farsi fottere!
Ricordo chiaramente il mattino dopo il ‘punto di svolta’ – ho deciso di chiamarlo così, nella mia testa -, e ogni volta che lo faccio mi spunta sulle labbra un sorriso da ebete.
Quella mattina ero uscita dal bungalow qualche minuto prima di Angela, che si era svegliata più tardi di me, cosa strana, e mi ero ritrovata Edward seduto sui gradini del portico, in attesa… di me. All’inizio ero rimasta un po’ spiazzata, sinceramente colpita da quella sorpresa, ma quasi subito la felicità che provai nel rivederlo prima del previsto scacciò via tutto.
Superato l’iniziale impaccio, più da parte mia che sua, ci eravamo salutati e poi avevamo cominciato a baciarci come degli adolescenti in preda agli ormoni – io potevo benissimo considerarmi in quel modo, visto l’effetto che Edward aveva su di me -, e non ci eravamo per niente accorti del tempo che passava.
Per farla breve, Angela ci aveva sorpreso nel momento ‘clou’, dove Edward mi aveva quasi preso in braccio e aveva la lingua completamente immersa nella mia bocca, in piena lotta con la mia. Inutile dire che mi ero vergognata come una ladra, quando ci aveva sgamati, e che per evitare di guardarla in faccia avevo sepolto la mia contro il collo di Edward.
Angela non ci aveva detto niente in quel momento, si era soltanto limitata a salutarci con un sorriso super malizioso sulle labbra e ad andare via. Per tutta la giornata, poi, era rimasta in silenzio anche se si era divertita un sacco a lanciarmi occhiatine maliziose… e quella sera, poco prima di andare a dormire, si era praticamente seduta sulle mie ginocchia e mi aveva costretta a raccontarle quello che stava accadendo tra me e Edward.
Era rimasta sorpresa, entusiasta e felice per la nostra tresca, e aveva giurato che se non volevamo far sapere la cosa agli altri, lei ci avrebbe aiutato. Però, viste come erano andate le cose nei giorni seguenti, non ce n’era stato affatto bisogno.
Praticamente, tutti gli accompagnatori e addetti del campeggio avevano visto almeno una volta me e Edward che ci scambiavamo dolci effusioni, più controllate e meno spinte quando ci trovavamo in compagnia dei bambini e degli altri… però ci avevano visti.
Seth, saputa la cosa, mi aveva rimproverato perché non glielo avevo raccontato io stessa ed invece ne era venuto a conoscenza tramite Tyler, che non aveva preso molto bene la notizia. Quello, pensava ancora di avere una chance con me, nonostante avessi cercato di fargli capire in tutti i modi che non mi piaceva.
Beh, almeno così la smetteva di assillarmi.
Naturalmente, due giorni dopo l’inizio della nostra frequentazione, Jacob e Alice mi avevano chiamato per sapere ulteriori dettagli – Seth aveva vuotato il sacco con Leah, Leah aveva raccontato tutto al suo fidanzato pettegolo e il pettegolo aveva spiattellato tutto a Alice.
Sembrava la catena di montaggio di una fabbrica… solo che in questa fabbrica tutti si facevano i cazzi miei.
Anche la nonna sapeva tutto… però, almeno lei era stata l’unica che mi aveva detto che, se non volevo far sapere subito la cosa ai miei genitori e a mio fratello, avrebbe cercato di tenere nascosta la notizia per quanto poteva. La ringraziai di cuore per questo, e stimai ancora di più la mia adorata nonnina… un pochino di privacy era riuscita a lasciarmela.
Bastava che Alice teneva la bocca chiusa con suo marito, altrimenti me lo sarei ritrovato al campeggio dopo neanche mezza giornata dalla sua confessione. Insieme a papà, naturalmente.
Preferivo di gran lunga vedere prima come andavano le cose tra me e Edward, prima di dire tutto a mamma e a papà e a Jasper. Magari, raccontando loro che ci volevamo bene, che lui era un ragazzo meraviglioso e che ci teneva veramente tanto a me, evitavo di vedere i rapporti della polizia che parlavano della fedina penale del mio futuro ragazzo.
Futuro ragazzo… queste due parole ripetute dentro la mia testa mi provocano subito una scarica di brividi lungo la schiena e le braccia. Suonano così bene, e mi piacerebbe tanto che la cosa possa diventare presto vera.
Sì, ho decisamente cambiato idea sui legami affettivi. E ne sono contenta.
Riemergo dalla massa confusa e indefinita che sono i miei pensieri, con un sempre presente sorriso sulle labbra, e i miei occhi mettono finalmente a fuoco una massa informe di vimini che tengo tra le mani. Dovrebbe essere un cestino, quella cosa.
Ma che razza di schifezza ho fatto?! Non assomiglia per niente alla bellissima cesta bianca che ho davanti, come modello da vedere e da riprodurre.
Getto lontano quell’insieme di vimini, sbuffando. No, non è proprio il mio forte intrecciare ceste. Comincio ad osservare il gruppo di ragazzini che dovrei controllare e che sembrano riuscire a fare cose migliori delle mie… una bambina dai lunghi e ribelli ricci rossi ha addirittura aggiunto un manico intrecciato al suo cestino.
Fortuna della principiante, senza alcun dubbio!
Sono ancora persa a guardare tutte quelle ceste, cestini e porta bonbon quando sento un paio di braccia cingermi da dietro. Sorrido, visto che so già chi è… ormai, non posso più sbagliarmi.
Appoggio la testa contro la spalla di Edward, ridacchiando a bocca chiusa, mentre lui poggia il mento sulla mia fronte. Un buon odore di dopobarba mi colpisce, lo stesso che ho sentito stamattina prima di colazione.
Stamattina si è rasato, cosa che mi ha lasciata un po’ scontenta: a me piace da morire sentire le sue guance leggermente ispide per via della barba, ma lui… lui lo odia. Dice che dopo mi fa male, che mi irrita la pelle, che e preferisce tagliarla quando diventa un po’ più lunga del solito.
Che carino che è, a preoccuparsi per me… non è adorabile?
«Ti sei già stancata?» mi domanda, scostando la testa per guardarmi meglio in viso.
«No, potrei continuare, ma sono negata.» ridacchio, e mi stringo meglio contro di lui. «Preferisco di gran lunga questo!» continuo, riferendomi al suo abbraccio.
Ride anche lui – adoro quando ride, lo ripeterò all’infinito! «Ah, ho capito. Piace anche a me, decisamente…»
Edward comincia a carezzarmi la pancia con i palmi delle mani, da sopra la stoffa della T-shirt, e questo mi provoca una nuova ondata di brividi di freddo – loro non mancano mai. So che è un gesto del tutto innocente, che mi sta soltanto facendo qualche coccola… però, io non posso fare a meno di pensare in maniera zozza.
Anche se mi vergogno un po’ ad ammetterlo, visto che sono passata dalla totale pudicizia all’avere tonnellate di ormoni impazziti vaganti, alcune volte mi sono ritrovata ad immaginare me e Edward mentre stavamo… beh, dai, avete capito no!? Mentre ci davamo alla pazza gioia del sesso, ecco! L’ho detto…
Non nego che mi piacerebbe un casino vivere appieno l’intimità con lui – non abbiamo ancora fatto niente, per adesso, siamo ancora ‘casti e puri’ sotto quel punto di vista -, e almeno così i miei ormoni indemoniati avrebbero avuto finalmente un po’ di tregua. Però, la cosa mi fa anche provare un po’ di timore e di paura… una marea di timore e paura.
Gli piacerò anche in quel senso? Non è che dopo aver visto quanto sono arrugginita, visto che sono secoli che non lo faccio, mi mollerà come un sacco di patate marce? La cosa potrebbe lasciarmi parecchio turbata.
E poi… non è un pochino troppo presto per pensare di passare già in seconda base? O terza… o quarta? Dopotutto, ci conosciamo da poco ed è appena una settimana che ci frequentiamo. Non vorrei fare la parte dell’assatanata in astinenza, anche se è quello che sono purtroppo.
«Ti va di andare a fare un giro?» mi chiede Edward, riportandomi con la mente al presente. «Molla tutto e andiamo, tanto qui sono tutti impegnati.»
Mi volto verso di lui per guardarlo meglio, e inarco un sopracciglio. «Così ripetiamo l’esperienza dell’altro giorno? No, grazie.»
Il quasi annegamento di Jonathan è ancora vivo e chiaro nella mia mente, e non mi piacerebbe ripetere quell’esperienza così presto.
Sbuffa, rafforzando la presa intorno alla mia vita. «Bella, non accadrà più una cosa del genere, fidati. Sono stati tutti chiari su questo punto.»
Già, ha ragione.
Odette, la capa del campeggio, la sera dopo l’accaduto aveva tenuto una specie di riunione durante la cena, e ci aveva spiegato che i bambini, nessuno escluso, dovevano seguire seriamente le regole previste e che non dovevano assolutamente fare di testa propria.
Pena, il ritorno a casa.
Inutile dire che da quel momento nessuno aveva sgarrato una volta le regole, e che per fare qualsiasi cosa chiedevano il permesso… lo chiedevano persino per andare al bagno, cosa che fino a quel momento non era mai stata necessaria.
Scrollo le spalle, fingendomi disinteressata alla sua spiegazione. «Sì, va beh. Però voglio imparare a fare una cesta, quindi resto qui.»
Cerco di nascondere il sorriso che mi è spuntato sulle labbra; voglio proprio vedere come reagisce davanti alla mia risposta… è ovvio che sto scherzando! Anche perché, ha davanti agli occhi la dimostrazione che non so fare un acca con i vimini, non serve che glielo dico io.
E poi, è ovvio che preferisco di gran lunga andare a zonzo per il campo con Edward piuttosto che restare a fare sgorbi con i vimini!
Lo sento ridere mentre mi lascia un bacio tra i capelli. «Sei negata, me lo hai detto prima! Su, alzati bugiarda!»
Scivolo via dal suo abbraccio e mi alzo in piedi, voltandomi verso di lui; è ancora inginocchiato a terra, con i gomito poggiati sulle cosce, e sorride divertito mentre mi guarda. «Non sono una bugiarda.»
«Già, non sei una bugiarda perché non le sai dire le bugie. Fai pena, ragazza!» ridacchia di nuovo e si rimette in piedi a sua volta; lo vedo fare alcuni segni a Tim, l’istruttore di quel corso di merda – scusate il francesismo -, e dopo avermi sorriso ancora una volta e preso per mano comincia a camminare.
Lo seguo senza problemi, contenta in un certo senso che mi abbia liberato da quella specie di tortura per tutto il resto del pomeriggio; stiamo camminando fianco a fianco, adesso, cosa che abbiamo fatto sempre più spesso negli ultimi giorni. Abbassando lo sguardo, gli occhi si soffermano più del dovuto sulle nostre mani intrecciate.
Mi piace moltissimo vedere questo gesto; in qualche modo, è come se fosse una dimostrazione del legame che ci unisce… un legame appena nato e che non è ancora molto definito, ma che è ben presente.
«Dov’è che andiamo?» domando, mentre riporto gli occhi sul viso di Edward.
Lui abbassa il suo verso il mio, e mi sorride prima di fermarsi di colpo. «Andiamo al lago, non c’è nessuno lì adesso… però, signorina, prima di arrivare là voglio una cosa da te.»
Per caso, ho colto solo io il doppio senso nella sua frase? E… che vuole adesso? Sono un filino preoccupata, ma chissà perché non vedo l’ora di scoprire cos’è che ha in mente… i miei ormoni stanno già facendosi belli per lui, immaginate quindi come sto in questo istante!
«E… che cosa?» chiedo, sfacciata. Porto persino la mano libera sulla sua spalla, coperta dalla maglia bianca del campo che gli ho visto solo poche volte addosso. Non penso che gli vada molto a genio…
«Un bacio. Oggi non me lo hai ancora dato, piccolina.» risponde lui, avvicinando ulteriormente il suo corpo al mio.
Oh, vuole solo un bacio. Che carino! Però, sta dicendo una bugia. Ci siamo baciati stamattina prima di colazione. E durante la colazione. E dopo la colazione. E a pranzo.
Oh, ma chissenefrega! Lo bacerei sempre, in ogni momento buono!
«Sei un bugiardo! Però… puoi baciarmi ogni volta che vuoi…» sussurro, e alzandomi sulle punte porto le mie labbra sulle sue.
Gli lascio un piccolo bacio a stampo, allontanandomi poi di pochi millimetri mentre lo osservo con gli occhi socchiusi. Sorride, divertito almeno quanto me, e mi circonda la vita con le braccia; chissà come mai, le sue mani si intrufolano sotto al bordo della mia maglietta, a contatto con la mia pelle un po’ accaldata, e quasi all’altezza della cinta dei bermuda.
Uh, è un pochino zozzone anche lui! È la prima volta che fa una cosa del genere… e non mi dispiace affatto. Anzi, mi fa sentire un po’ meno sola, visto che adesso so che non sono l’unica a pensare di mettere le mani dappertutto sul suo corpo.
«Puoi fare di meglio, Bella… un bacio a stampo non mi basta.» dice sulle mie labbra, e poi torna all’assalto.
E che assalto!
Morde, accarezza e lecca le mie labbra prima di intrufolarsi all’interno della mia bocca; se non fossero per le sue braccia che mi sostengono, in un certo senso, sarei finita subito con il sedere a terra visto che non sento più le gambe ferme… tremano come gelatina, accidenti!
Ricambio con ardore il suo bacio/assalto, abbandonandomi completamente fra le sue braccia; porto le mani tra i suoi capelli e subito li stringo tra le dita, avvicinando ulteriormente il suo viso al mio, come se fosse una cosa possibile.
Dio, come mi piace baciarlo!
Ci separiamo per un paio di secondi, giusto quanto basta per riprendere un po’ di respiro, poi torniamo a pomiciare come adolescenti. Adolescenti arrapati, e sessualmente frustrati.
«E che cavolo! Appartatevi da qualche parte, se proprio dovete fare queste cose!»
Sobbalzo, spaventata da quella esclamazione. Mi stacco con uno schiocco dalle labbra di Edward e mi volto, incontrando così lo sguardo schifato e allo stesso tempo scioccato di Seth. Sembra che non ha mai visto prima d’ora due persone che si baciano.
«Seth, ma che vuoi?» mi lamento, e quasi non mi rendo conto di abbarbicarmi a Edward, come se fossi una cozza su uno scoglio.
«Ah, io niente. però…» comincia a ridacchiare, e alza il telefono che ha tra le mani, mostrandomi la foto che ha appena fatto, «mia sorella sarà contenta di far vedere a Jake questa foto! Adesso gliela mando…»
Sgrano gli occhi quando vedo di cosa si tratta; naturalmente, la foto ritrae me e Edward mentre ci baciamo… e mi accorgo che il bacio è proprio spinto! Non è una cosa, come dire, tranquilla. Mi sembra di avere un serpente al posto della lingua, oh mamma!
«Non ci provare neanche, Seth! Altrimenti ti concio per le feste!» lo minaccio, ma non serve a niente; il ‘plin’ che viene fuori dal suo cellulare mi fa capire che ha appena inviato una mail.
«Aha!» ride di nuovo, additandomi.
«Ma quanto sei cretino!» urlo, e mi avvento su di lui; Edward, però, mi acchiappa prima di avere il tempo di mollargli un ceffone.
«Essù, Bella, non ha fatto nulla di male!» esclama, abbracciandomi e bloccandomi le braccia contro il petto. Sta ridendo, e sembra che quello che ha appena fatto Seth non gli dia neppure il minimo fastidio.
A me, invece, ne provoca tantissimo!
«È… argh! Ha invaso la nostra privacy!» ruggisco, fulminando con lo sguardo il mio ex-collega accompagnatore.
«Ecco, potevate andare in camera a pomiciare!» dice Seth, che non sembra proprio colpito dalla mia rabbia e dai miei vani tentativi di provare a saltargli addosso. «Io me ne vado… Bella, Edward, è stato un piacere incontrarvi!» aggiunge, e comincia ad allontanarsi fischiettando.
Edward mi molla all’improvviso, ed io sto quasi per mettermi a correre per raggiungere Seth e dargliene così di santa ragione, quando sento la terra mancare sotto i piedi… e mi ritrovo, senza sapere come, a testa in giù.
E ho davanti agli occhi il sedere di Edward.
Per quanto mi piaccia quella visuale da bava assicurata, mi incazzo come una bestia con lui perché mi sta trasportando come se fossi un sacco di patate.
«Edward! Mettimi giù, e che cazzo!» sbraito come uno scaricatore di porto, prendendolo a pugni sulla schiena.
Lui ride, il cretino. «Arriviamo al lago e poi ti metto giù, tesoro…»
Oh, mi ha chiamata tesoro! Ma questo nuovo nomignolo non basta a quietare la mia rabbia e così riprendo a menare pugni su ogni parte della sua schiena che riesco a raggiungere. Sento il sangue che comincia ad andarmi tutto alla testa, e sento anche caldo… più caldo del solito.
Sì, la visuale del culo di Edward influisce parecchio.
«Edward per favore, mettimi giù! Sento che sto per morire!» forse, dicendo così, mi mette giù prima.
«Non fare la drammatica, siamo quasi arrivati… resisti un altro po’, no?» dicendo così, mi assesta una pacca sul sedere.
Sobbalzo, sorpresa, e visto che con le braccia riesco a raggiungere il suo… fondoschiena – non voglio dire altre cose volgari, ne ho dette già troppe negli ultimi minuti -, faccio la stessa cosa, e questo gli provoca una nuova risata. 
Io sono contenta di averlo fatto: prima ancora di conoscerlo avevo puntato quella precisa parte del suo corpo, e adesso so che è come lo avevo immaginato… è sodo, accidenti!
Diversi minuti dopo, vedo che il terreno e l’erba svaniscono sotto i piedi di Edward, e al loro posto compare il legno scuro del molo; dopo alcuni secondi, torno di nuovo con i piedi per terra, anche se devo reggermi alle braccia di Edward per sostenermi. Ho la testa pesante, e mi sento anche un po’ confusa… anzi, meglio dire rincoglionita.
«Che hai?» fa subito lui, guardandomi circospetto.
«È tutta colpa tua, mi sento un po’ rimbambita!» esclamo, passandomi una mano sulla fronte.
Ridacchia, e la cosa gli fa guadagnare un’occhiataccia da parte mia. «Non era mia intenzione, mi dispiace…» sussurra subito dopo, chinandosi su di me e lasciandomi un piccolo bacio sulla fronte.
Eh, ma che ruffiano che è.
Superato l’iniziale rincoglionimento, ci sistemiamo a sedere sul bordo del molo, io con le gambe penzoloni e Edward dietro di me, mentre mi cinge la pancia con le braccia. Sento il suo volto completamente immerso nei miei capelli, ed il suo respiro mi provoca non pochi brividi sulla pelle – immancabili brividi, mi fanno sempre compagnia.
Ho costantemente la pelle d’oca, sembra che ho freddo ma è soltanto impressione, niente di vero; in realtà, quello che sento è una bella sensazione.
«Mi dici perché hai reagito così, prima? Seth stava solo scherzando…» mormora Edward, scostando il viso per farsi capire meglio da me.
Arriccio le labbra, sentendo un briciolo di rabbia tornare in superficie. «Mi da un po’ fastidio vedere la mia vita privata spiattellata in giro…» ammetto, e abbasso il viso, puntando gli occhi sulle sue mani, ferme sulla mia pancia.
«Mmm… ammetto che è un po’ fastidioso, però non è una cosa grave.» mi bacia di nuovo i capelli. «Chi è Jake?» continua, rafforzando l’abbraccio.
Sorrido: lui non sa chi è Jacob. Posso dirgli qualsiasi cosa, e forse magari ci crede anche!
«Jake è il mio fidanzato, al momento si sta occupando dell’azienda vista la mia assenza…» smetto di parlare quando lo sento sbuffare.
«Bella, fai schifo a mentire, non provarci neanche! Mi dici chi è?» domanda di nuovo, e si lascia anche scappare una risata.
Uffa, non vale! Non posso neanche divertirmi un po’ che lui mi sgama subito!
«Va bene… è il mio migliore amico. Contento?» ammetto, e mi volto verso di lui.
Edward ha un sopracciglio che svetta verso l’alto, e mi guarda con una punta di sarcasmo sul volto. «Il tuo migliore amico? Maschio? Non ci credo… non esistono migliori amici maschi!»
«Beh, mi dispiace dirtelo ma esistono eccome! Ci conosciamo da una vita, è praticamente un fratello per me… anche se ne ho già uno.»
«Ok, ho capito… però, non penso che si possa essere amici di un ragazzo senza che prima o poi esca fuori il problema dell’attrazione…» Edward esprime il suo pensiero, e purtroppo devo dargli ragione anche questa volta.
Il problema dell’attrazione. Già, è uscito fuori anche nella mia amicizia con Jake – ricordate? Ve ne ho già parlato una volta! -, però si è dimostrato essere soltanto una cosa passeggera e non così grave da rovinare il legame che c’era tra di noi.
«È successo qualcosa tra voi due?» Edward mi pone un’altra domanda, ed io prima di rispondergli devo prima capire bene cosa mi ha chiesto. Come mai mi fa questa domanda?
«Perché me lo chiedi?»
Scrolla le spalle, fingendosi indifferente, però la sua faccia sta dicendo un’altra cosa. «Curiosità…»
Un sorrisino nasce sulle mie labbra. Non sarà mica…
«Sei geloso?» non posso fare a meno di chiederlo, l’idea che Edward sia geloso di me mi piace tantissimo.
«Geloso? No, non sono geloso.» ah, adesso fa anche il vago!
Adorabile!
«Dai, ammettilo! Non c’è niente di male nell’essere gelosi… anche io lo sono di te.» ammetto, baciandogli una guancia.
Ricordo benissimo le sensazioni che avevo sentito nel vedere Edward insieme a Tanya, quando credevo ancora che fossero fidanzati e non semplicemente cugini. Al ricordo, sento di nuovo lo stesso buco allo stomaco… se non è gelosia questa, non so proprio che altro nome dargli!
Edward mi guarda, accigliato. «Davvero sei gelosa di me?»
Annuisco. «Sì. Nessuna deve avvicinarsi a te, altrimenti le faccio nere!»
Scoppia a ridere, strofinando il naso contro il mio; uh, ci mancava il bacio all’eschimese! «Gelosona, non devi esserlo! E… va bene, lo sono anche io di te.»
Sorrido. Mi rigiro nel suo abbraccio, fino a trovarmi con il viso di fronte al suo e con le braccia a circondare il suo collo. «Non devi esserlo neanche tu.» Gli lascio un leggero bacio all’angolo della bocca. «E sì, Jacob una volta si era preso una cotta per me… acqua passata.»
Edward sbuffa di nuovo, allontanando la testa dalla mia. «Ecco! Adesso devi spiegarmi come non devo essere geloso se mi dici queste cose!» urla, passandosi le dita tra i capelli.
Se i suoi occhi potessero lanciare saette… in questo momento, mi ritroverei fulminata all’istante.
«Te l’ho detto, è acqua passata! Jake sta per sposarsi con Leah, la sorella di Seth, quindi non c’è nessun pericolo. Io sarò la sua testimone!»
«Adesso sì che sono tranquillo, grazie per l’informazione…» mugugna, abbassando il viso.
«Uff!»
Lo abbraccio stretto, un po’ seccata per il suo comportamento ma intenerita allo stesso tempo. Che testone, come posso fargli capire che Jacob è del tutto ‘innocente’? E che se provasse anche solamente a puntare gli occhi su qualcuna, si ritroverebbe presto evirato grazie alla sua ragazza?
«Edward…» gli lascio un bacio sul collo, divertita. «Smettila. Jacob è innocuo, punto e basta.» lo bacio sul mento. «Mi piaci tu, e non riuscirò a guardare nessun altro, adesso che ti ho incontrato.»
Quando arrivo alle sue labbra, che sfioro lievemente con le mie, sento un accenno di sorriso da parte sua, ed i suoi occhi mi guardano divertiti. «Davvero? Non guarderai più nessun altro?»
Scuoto la testa, mentre accarezzo con le dita i corti ciuffi di capelli sulla sua nuca. «Nessun altro.»
«Neanche Tyler?»
Allontano il viso dal suo, inorridita. «Che centra Tyler adesso?» domando, una punta di fastidio nella mia voce.
Edward scoppia a ridere, e prendendo il mio viso tra le mani lo riavvicina al suo. «Era così per dire… al diavolo Tyler.» sussurra, e poi mi bacia.
Stiamo di nuovo approfondendo il bacio, e la situazione tra di noi comincia a diventare davvero bollente e fuori controllo, quando il trillo del mio cellulare ci interrompe.
«Eccheccazzo.» mi esce fuori in un mugugno, mentre lascio una serie di baci a stampo sulle labbra di Edward.
«Che finezza, tesoro!» mi dice lui, e ride. «Dai, vedi chi è.»
«Ci interrompono sempre oggi, che odio!» comincio ad armeggiare con le tasche dei miei pantaloni fino a quando non trovo il cellulare; apro il messaggio, e non appena lo leggo mi pento di averlo fatto.

*_____* ti stai dando da fare, sono contenta! Almeno così quando torni a casa sei meno acida ;)
Un bacio, a presto!
P.S: Che gran figo che ti sei trovata!

Dannata Alice! «Ma porca…»
«Che c’è?» Edward, allarmato dalla mia quasi imprecazione, cerca ovviamente di capire cosa l’ha causata.
Con le guance che cominciano a scaldarsi per l’imbarazzo, gli porgo il cellulare senza fiatare. Dovevo aspettarmi una reazione del genere da parte di mia cognata… visto che Jacob, o Leah, deve avergli inviato la foto che ha scattato Seth poco fa.
«Ah!» Edward sgrana gli occhi, e vedo che sta cercando con tutto se stesso di non scoppiare a ridere. «Ehm… e chi sarebbe questa?»
«Mia cognata.» mi limito a rispondere, e riprendo tra le mani il telefono. «È pazza, completamente fuori di testa… Dio, quella foto sta facendo senza dubbio il giro di tutta Napa Valley!»
«E lascia che lo faccia, che ti frega?» mi riprende tra le braccia, e mi fa poggiare la testa sul suo petto mentre mi accarezza i capelli, con gesti lenti e dolci.
«Già, che mi frega…» borbotto, persa nei suoi gesti tranquilli e rilassanti.
Restiamo per un po’ in silenzio, persi in quel momento di calma e di pace che si percepisce in quella parte del campo. Si sta davvero bene, quando non c’è nessuno che ti ronza intorno e che ti disturba ogni cinque secondi, neanche fosse una mosca fastidiosa.
Anzi, le mosche sono meno fastidiose.
«Hai da fare stasera?» mi domanda Edward ad un tratto, senza però smettere di carezzarmi i capelli.
Scuoto la testa. «Assolutamente no. Perché? Vuoi sfrattare Ben per caso?»
Io ne sarei contenta, se quella è la sua vera intenzione. Ti prego ti prego ti prego, sfratta Ben sfratta Ben sfratta Ben! Il nuovo tormentone dell’estate 2010 dopo ‘Waka Waka’.
Ridacchia. «No, in realtà pensavo… ti andrebbe di uscire insieme, stasera?»
Alzo il viso verso il suo, guardandolo incerta. «Uscire… insieme? Tipo un appuntamento?»
«S… sì, tipo un appuntamento.» afferma, nervoso; si capisce da come ha parlato, e anche da come ha cominciato a tormentarsi di nuovo i capelli. «Cioè, facciamo un giro in paese, beviamo qualcosa… stiamo sempre qui, per una sera ho pensato che potevamo fare qualcosa di diverso! Ma se non vuoi…»
Ok, è meglio fermarlo prima che dica qualche altra sciocchezza.
«Sì.» dico con fermezza, tappandogli la bocca con una mano.
Gli occhi di Edward si riempiono di consapevolezza, e anche di sollievo per la mia risposta. Scosta la mia mano, e vedo che un bel sorriso è spuntato sulle sue labbra. «Sì?»
Annuisco ancora, sorridendo. «Sì, va bene. Usciamo stasera.»
Il sorriso di Edward si allarga ancora di più, e dopo aver sussurrato un veloce “Grazie”, si tuffa sulle mie labbra, cominciando a baciarle. Lo ricambio subito, contenta.
Ho un appuntamento con Edward Cullen, stasera. Io, Isabella Swan, ho un appuntamento con Edward Cullen stasera. Sono secoli che non ho un appuntamento degno di essere chiamato in questo modo, cavoli!
All’improvviso, mi sento emozionata e non vedo l’ora che la giornata finisca presto, così da poter uscire con lui.

Però… che cavolo mi metto stasera?

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Capitolo 10
*** Primo appuntamento... wow! ***


The Camp Of Love - Capitolo10

Buonaseeeeeeeeera!
So che stavate aspettando tutte questo particolare capitolo, quindi non vi faccio aspettare ancora tanto prima di lasciarvi alla lettura :)
Voglio prima scusarmi per il ritardo che ho avuto nello scrivere la storia (l’ennesimo), ho avuto per un bel po’ di tempo la testa da tutt’altra parte e la voglia di mettermi davanti a Word era poca… ma adesso le cose sembrano andare meglio, quindi eccomi qui XD
Uhm… credo che sia tutto, non ho altro da aggiungere per stasera. Beh, allora vi lascio leggere in santa pace e… come sempre, fatemi sapere cosa ne pensate della storia (anche soltanto per mandarmi a quel paese e per insultarmi XD)
Un bacio, a presto *w*
 
 

 cover

 
 

The camp of love

 
 

Capitolo dieci – Primo appuntamento… wow!
 

28/07/2010, ore 21:07
 

«E quindi stasera uscite? È il vostro primo appuntamento? Aw che carini!» mi dice Angela entusiasta, spaparanzata tranquillamente sul suo letto mentre mi guarda con gli occhi a cuoricino.
«Già, proprio carini!» mugugno, con lo sguardo fisso sulla finestra del bungalow.
Sembra quasi che è Angela quella che deve andare ad un appuntamento, eccitata com’è, e non la sottoscritta. Non fraintendetemi, non vedo l’ora che arrivino le 21:30 per poter uscire con Edward, però… il fatto è che ho un po’ di fifa.
E per di più, non so ancora cosa diavolo indossare per la serata.
Nei borsoni che mi sono portata dietro ho infilato per di più roba comoda e sportiva, vestiti che insomma mi sarebbero tornati utili viste le tante attività ed escursioni che si svolgono normalmente in campeggio… non ho mica pensato di mettere anche qualcosa che avrei potuto sfoggiare ad un appuntamento! Neanche un paio di bei tacchi a spillo – non che io sia una grande amante dei tacchi, sia chiaro! Li odio con tutta me stessa…
«A che ora ti ha detto che passa a prenderti?» chiede la mia amica, mentre fa dondolare le gambe per aria.
«Alle 21:30…» rispondo, prima di essere interrotta dalle sue urla.
«Cosa?! E tu sei ancora in questo stato? Riprenditi, ragazza!» mi sgrida, indicando con la mano quello che ho addosso… cioè un asciugamano bianco avvolto intorno al corpo.
Ho fatto la doccia e indossato l’intimo, ma la mia preparazione è finita qui. Mi è quasi preso il panico ripensando a quello che potevo indossare o cosa invece non potevo, e così non ho fatto altro che sedermi sul letto a piangermi quasi addosso.
«Angela, ma che faccio? Non ho nulla da mettere!» piagnucolo, guardandola dritta negli occhi.
Se ci fosse stata Alice insieme a noi in questo preciso momento, sarebbe stata più che felice di mettersi a frugare nel mio guardaroba e di trovare in men che non si dica l’abbinamento di abiti perfetto! Ma Alice purtroppo non è qui… è la prima volta che rimpiango l’assenza di mia cognata.
Quando serve, quella nanerottola non c’è mai! Che sfiga!
«Pff, non ci credo! Fammi dare un occhiata…» Angela si alza dal letto in maniera rapida e agile e, saltellando, raggiunge quella sottospecie di armadio dove teniamo i nostri vestiti e le valige.
Comincia a sbirciare e a spulciare la mia parte di armadio e ogni tanto borbotta un commento. «Cavolo Bella, avevi ragione!» mi dice ad un tratto.
«Non ho niente che vada bene, vero?» domando, avvilita; sospiro. «Lo sapevo, tanto vale che rimetta gli stessi abiti che avevo oggi…»
«No, ma che sei pazza? Hai sudato come una maiala oggi, quelli vanno dritti in lavanderia.» mi ammonisce lei, fulminandomi con lo sguardo. «No, non è possibile che sia tutto qui il tuo arsenale da ‘femme fatale’! Li hai svuotati tutti i borsoni?»
Annuisco, poi ricordo che lei è voltata di spalle e non può vedermi. «Sì, credo di sì…» mi alzo e mi avvicino a lei, osservando il contenuto del mio armadio.
«Ecco, è quel ‘credo’ che non mi convince… prendili e aprili, forza!» detto questo, allunga le braccia e prende i miei borsoni formato gigante senza aspettare una mia mossa.
«Perché mi chiedi di prenderli se poi te ne freghi e fai tutto da sola?» mi lamento con lei, guardandola storto.
«Giuro che non l’ho fatto apposta!» si scusa subito, aprendo uno dei due borsoni. «E visto che ho fatto bene a non fidarmi di te? Qui dentro c’è ancora qualcosa che può tornarci utile.»
«Davvero?»
Mi fiondo sul suo letto, dove ha appoggiato i miei bagagli semivuoti; pensavo che dentro ai borsoni avevo lasciato soltanto i libri e il pc che mi ero portata dietro – e che non ho usato quasi per niente. Mi rendo conto solo adesso che ho trascurato completamente i miei propositi di lavorare a distanza durante le vacanze…
Sono pentita? Assolutamente no! Tanto Jacob sta facendo un ottimo lavoro e non ha bisogno di me… e ogni volta che mi chiama, lo fa solo per sapere se io e Edward abbiamo ‘inciuciato’.
Pettegolo di merda.
«C’è qualcosa però che… che non capisco che cos’è. Perché hai in valigia una rete da pesca?» domanda ad un tratto la mia amica, sollevando quello che all’inizio delle vacanze era il mio peggiore incubo… ma forse adesso posso rivalutarlo con calma.
Forse a Edward piacerà vedermi con addosso la ‘stella marina’.
«Ehm… è una lunga storia.» cerco di allontanare subito il discorso da quell’obbrobrio sexy e lo tolgo dalle mani di Angela; torno a guardare l’interno del borsone. «C’è qualcos’altro? Aspetta…» mi blocco, quando noto quello che forse rappresenta la mia unica salvezza.
Prendo tra le mani la stoffa verde e leggera e la tiro su, facendola fuoriuscire dalla valigia. Come ho fatto a dimenticarmi di quel vestito? È quello che Alice mi aveva regalato durante l’ultima sessione di shopping, e che aveva insistito tanto affinché lo mettessi in valigia.
Aveva forse il sospetto che mi sarebbe tornato utile? Beh, per una volta ci aveva visto giusto, e dovevo anche rimangiarmi tutte le cattiverie che avevo detto e pensato quando stavamo preparando i bagagli!
Forse è un po’ troppo corto per un semplice primo appuntamento, ma è l’unica cosa adatta che posso indossare… e poi, secondo me a Edward piacerà un sacco! Con quel coso ho le gambe quasi del tutto scoperte, quindi apprezzerà senz’altro.
«Che carino! Ma perché lo tenevi nascosto?» mi rimprovera Angela, mentre con uno strattone mi toglie il vestito dalle mani. «È sexy!»
«Pensavo che non mi sarebbe servito…»
«AH! Hai visto che sbagliavi?» mi prende in giro lei, ridendo e facendo dondolare il vestito tra le braccia. «Su, dai, spogliati e indossalo! Sento che è quello giusto per la serata!»
«Per forza è quello giusto, è l’unico che ho!» ribatto mentre scuoto la testa, e comincio a togliermi l’asciugamano.
Non c’è bisogno che vada in bagno per cambiarmi, siamo tra ragazze e poi ho già l’intimo indosso… e poi Angela non è una di quelle che fa battutine e allusioni sul tuo aspetto fisico, anche se visto il suo lavoro dovrebbe essere abituata a farlo.
Prendo il mini abito che mi sta passando e lo infilo dalla testa, lasciando che la stoffa leggera e fresca mi accarezzi la pelle; distendo meglio la stoffa della gonna per evitare eventuali grinze e poi alzo il viso guardando Angela, che ha un sorriso soddisfatto stampato sulle labbra.
«Allora? Che ne pensi?» chiedo, cercando il suo parere.
«Cosa ne penso? Quel ragazzo stasera schiatta!» ride, e comincia a girarmi intorno sempre osservandomi; sembra una iena che ha appena puntato la sua cena. «Però, Bella, questo vestito ti fa un culetto…»
«Dici che gli piacerò?»
Ecco che ritorna la fifa blu; non mi sei mancata per niente, brutta stronza!
«Ti ho appena detto che schiatterà, è ovvio che gli piacerai!» Angela sbuffa, alzando gli occhi al cielo prima di riportarli su di me. «Cristo, Bella, sei più paranoica di quanto pensassi!»
«Non posso farci niente, uffa!» esclamo, allontanandomi per andare a recuperare dall’armadio i miei sandaletti bassi: almeno quelli mi sono ricordata di portarli. «Non è colpa mia se ho paura di non sembrare troppo carina ai suoi occhi, o di sembrare una cretina dentro a uno straccetto verde!»
«Se pensi questo, allora vuol dire che ancora non hai capito che per Edward tu saresti perfetta anche con un sacco dell’immondizia addosso.»
Lascio perdere quello che sto facendo, ossia indossare i sandali, e alzo di scatto il viso verso Angela; davvero Edward pensa questo?
«Te lo ha detto lui?»
Lei scrolla le spalle, sorridendo sotto i baffi. «No, non me lo ha detto, però è molto facile da capire. Basta notare il modo in cui ti guarda… gli manca la bava alla bocca ed è perfetto!»
«Ma smettila, scema!» le urlo contro, facendola ridere. Scuoto la testa, divertita, e torno a sistemarmi le scarpe; quando ho finito, mi rialzo in piedi e rilascio un piccolo sospiro, guardandomi intorno.
«Allora, ho lavato i denti prima, non ho niente da portare dietro se non… il cellulare,» borbotto tra me, mentre afferro il mio telefono, «e… non devo prendere le chiavi della stanza perché tanto qui ci sei tu. Giusto?» guardo la mia amica, che annuisce soddisfatta.
«Giusto, hai detto tutto bene! Ti apro io, tranquilla.» mi sorride, alzando anche i pollici in alto.
«Okay… ci vediamo più tardi.» sono già accanto alla porta del bungalow quando Angela mi ferma.
«Ma come, non lo aspetti qui?» mi chiede, confusa.
«Voglio uscire fuori, forse l’aria fresca mi tranquillizza un po’.» eh, magari ci riuscisse!
«Ah, va bene. Allora ci vediamo più tardi.» mi lascia una pacca sulla spalla e mi sorride ancora una volta, poi mi lascia libera di uscire fuori.
Una volta che mi trovo sul piccolo portico, mi chiudo la porta alle spalle e mi volto… e, come era successo la settimana prima, mi ritrovo Edward seduto sulle scale, in attesa di me, e che si volta non appena sente la porta chiudersi.
È pazzo, è pazzo! Chissà da quanto tempo si trova qui ad aspettarmi uscire!
«Aspetti da molto?» gli chiedo, con un piccolo sorriso.
Edward ricambia subito, alzandosi in piedi e avvicinandosi a me. «Una decina di minuti, non tanto. Non vedevo l’ora di venire da te.» dice, sincero.

Okay… io questo ragazzo me lo sposo! È ufficiale!
Le sue parole mi fanno arrossire involontariamente, e abbasso per qualche secondo lo sguardo per non farglielo notare… anche se mi ha visto già parecchie volte arrossire come una cretina durante queste settimane.
«Sei bellissima stasera…» il suo sussurro mi sembra maledettamente vicino, e quando rialzo lo sguardo vedo che anche lui è più vicino di prima; ha il viso a pochi centimetri di distanza dal mio, e mi sorride calorosamente scoprendo anche quei denti bianchi e perfetti che si ritrova.
Sorrido anche io, e intreccio la mano libera alla sua mentre porto quell’altra a cingergli il collo. «Grazie.» è l’unica cosa che riesco a dire prima di incollare le labbra alle sue. Sono persino costretta ad alzarmi sulle punte dei piedi per raggiungere meglio il suo viso… è altissimo, accidenti!
Il bacio, dapprima tranquillo e dolce, diventa mano a mano sempre più passionale e vivace; in breve tempo siamo di nuovo avvinghiati come sanguisughe, come succede sempre d’altronde. Ma non posso farci niente, mi piace troppo baciarlo!
L’ho ripetuto talmente tante volte che ormai non vuole più saperlo nessuno, ma io lo dirò all’infinito: amo baciare questo ragazzo!
Quando, purtroppo, smettiamo di baciarci, Edward ridacchia tra sé e mi lascia un bacio sul naso mentre rafforza l’abbraccio, tanto che mi ritrovo spiaccicata al suo corpo. Che bello, mi piace sentirlo così vicino.
«Angela ci sta facendo segno di andare via…» dice tra le risate, allontanandosi da me.
Confusa, e ancora con il fiato corto, mi volto verso il bungalow e la vedo affacciata dalla finestra, mentre ci sorride divertita e ci fa il classico e inequivocabile segno di smammare. Ricambio facendole la linguaccia.
«Monella, andiamo via?» mi chiede Edward, che dopo aver sciolto l’abbraccio mi ha presa per mano ed ha intrecciato le nostre dita.
Annuisco, con un sorriso… però, prima di cominciare a scendere le scale, mi rimetto di nuovo sulle punte e gli lascio un sonoro e bel bacio a stampo.
E che cosa posso farci? Ve l’ho detto, mi piace baciarlo!
 

-
 

Edward ha deciso, come programma della serata, di portarmi ad un pub di Newport, il ‘The Dwarfes’; ho sentito parlare parecchio di questo locale durante le ultime settimane, visto che parecchie persone del campeggio lo hanno frequentato spesso e volentieri… sto parlando degli accompagnatori e degli istruttori, naturalmente, non dei ragazzini! Per loro è assolutamente vietato andare al pub ad ubriacarsi.
Comunque, è la prima volta che vado a Newport per una gita di piacere (la visita all’ospedale di un paio di settimane prima non conta affatto), ed è la prima volta che vado al ‘The Dwarves’.
I nani… è un nome insolito per un pub, ma capisco per quale motivo è stato chiamato così quando io e Edward entriamo all’interno del locale.
È arredato tutto in stile medievale, quasi gotico, ed ecco così spiegato il nome. Io mi ero sempre immaginata che i pub fossero tutti in stile irlandese – o almeno, tutti quelli in cui ero stata erano in stile irlandese! -, però a quanto pare ce ne sono di diversi.
Io sono sempre l’ultima a scoprirlo, naturalmente.
Mi sto distraendo molto questa sera, infatti mi accorgo solo dopo un po’ che Edward ed io abbiamo raggiunto uno dei tanti tavolini e ci stiamo per sedere. Mi sono incantata sui miei pensieri che non ci azzeccano proprio niente con quello che stiamo facendo, che tonta.
«Ti piace qui? È il primo posto che mi è venuto in mente.» mi dice Edward non appena mi sono seduta al tavolo, di fronte a lui.
Annuisco subito, sorridendo. «Oh sì, mi piace! Non ci ero ancora stata… tu sì?» chiedo, incuriosita.
Annuisce anche lui. «Sì, ci sono stato una delle prime sere. Mi ci ha trascinato mia cugina.» spiega, scuotendo la testa prima di tornare a guardarmi. «Ricordami di non uscire più con lei, per favore! Non ha fatto altro che criticare gli altri e dire che le mancava Andrea… una pizza assurda!»
Ridacchio, e poggio i gomiti sul tavolino mentre poso la testa tra le mani. Tanya non mi è mai sembrata come l’ha appena descritta, cioè una che si diverte a criticare le altre persone, ma Edward la conosce meglio di me, quindi non ribatto. «Va bene, prendo appunti mentali.»
Lui mi osserva con un sopracciglio inarcato e con l’aria allarmata, storce anche le labbra. È per quello che ho detto? «A volte sei strana, Bella. Te lo hanno mai fatto notare?»
Sì, è per quello che ho detto. Sospiro, mantenendo l’aria rilassata. Mica mi ha detto scorfana! «Sempre.»
Ride. «Mi piaci quando sei strana. A dire la verità, mi piaci sempre.» mi prende le mani tra le sue, e dopo averle strette per un po’ le porta alle labbra, baciandole. Sgrano gli occhi: nessuno dei miei vecchi spasimanti ha mai fatto questo alla sottoscritta… è un gesto così all’antica, ma anche così romantico che non può non piacermi.
Per un po’ resto ad osservare il modo in cui si preme le mie mani sulle labbra, poi lui le scosta e mi sorride divertito. «Vado a prendere da bere… cos’è che posso prenderti?»
«Siamo in un pub, direi che una birra è più che perfetta.»
«Va bene allora. Torno subito, aspettami qui.» Edward si alza in piedi e prima di sparire, diretto al bancone del locale, si abbassa su di me e mi lascia un veloce bacio sulla fronte.
Mi piacciono tanto le sue dimostrazioni di affetto, davvero tanto. Non so cos’è che ho fatto di buono per meritarmi un ragazzo speciale come lui… oddio, sto pensando come una povera depressa alcolizzata! Va bene che produco vino, ma non sono ancora a quel livello di alcolismo… ad essere sincera, non sono una grande amante del vino. Lo bevo ogni tanto, mi concedo più o meno un bicchiere o due durante i pasti, e non sempre. Per di più, l’alcol non lo reggo, quindi mi ubriaco all’istante.
Mentre aspetto il ritorno di Edward con le nostre bibite, resto appoggiata al tavolino e lascio vagare lo sguardo lungo il locale, pieno di gente. Ci sono una comitiva di ragazzi che sembrano star festeggiando il compleanno di uno di loro… non è difficile da capire, due o tre di loro hanno in testa uno di quei buffi cappellini di carta con su scritto ‘Happy birthday!’. Sembrano già abbastanza ubriachi, e sono appena le dieci di sera.
A mezzanotte saranno già distrutti e vomitanti, ne sono sicura.
«Eccomi!» riporto gli occhi su di Edward, che è appena tornato al tavolo. Mi sorride calorosamente, e tiene tra le mani due enormi boccali pieni di birra schiumante. «Una per te, e una per me.»
«Vuoi farmi ubriacare? Sei pazzo!» mi lamento, mentre prendo il boccale che mi sta passando. Scuoto la testa, e cerco di nascondere un sorriso.
«Non è mia intenzione… o forse sì.» fa schioccare la lingua, e comincia a bere la sua birra.
«Non sono un gran spettacolo quando mi ubriaco, ti avverto.» prendo anche io un sorso di birra. È fresca, quasi gelata, ed è buonissima! Chissà che marca è… voglio fare la scorta.
«Allora vorrà dire che correrò il rischio.» ridacchia, e si becca un’occhiataccia da parte mia. «Credevo che, visto che produci il vino, reggessi bene l’alcol.»
«E invece no, sono una frana. Mi ubriaco quasi subito… devi vedermi a Capodanno, sono davvero l’anima della festa.»
Cerco di non pensare all’ultima festa di Capodanno che aveva organizzato Alice. Io non ricordo quasi niente, però lei e Jasper mi hanno raccontato che ho fatto una specie di lap dance davanti a tutti e che ho poi vomitato sulle scarpe di Jessica Stanley.
Forse è per quel motivo che mi odia così tanto… le ho rovinato le Louboutin, poverina!
«Ok, quest’anno vengo a Napa a passare il Capodanno. Voglio proprio vederti all’opera.»
Il sorriso enorme che ho sulle labbra di affievolisce quasi subito, a causa delle sue parole. Mi ha fatto inconsapevolmente ricordare che noi non abitiamo nella stessa città, che viviamo a migliaia di kilometri di distanza e che, una volta terminate le vacanze estive, per noi sarà difficile incontrarci. Internet è davvero un buon aiuto per le relazioni a distanza, basta vedere i social network che sono stati creati ultimamente e anche le videochiamate aiutano tantissimo… ma non sarà la stessa cosa.
Non sarà come averlo veramente accanto.
«Ehi… che succede?» Edward deve aver notato il mio repentino cambio di umore. Mi prende una mano e la stringe, e questo mi porta ad alzare lo sguardo per poter vedere il suo. «Qualcosa non va, tesoro?»
Vorrei dirgli che non c’è niente che non va, e che va tutto bene, però adesso sento che è meglio essere sinceri. Non posso dire che va tutto bene, quando invece dentro di me già mi sento triste all’idea di doverlo lasciare e di non poterlo rivedere per chissà quanto tempo.
«Mi hai fatto ricordare che… che noi tra non molto dobbiamo tornare a casa. Lontani.» non riesco ad aggiungere altro, le parole mi si fermano in gola e sento che potrei avere una crisi di pianto tra breve… ma non voglio piangere, non adesso.
«Lo so, Bella. Lo so, sarà difficile però… però piccola, vedrai che troveremo un modo per vederci spesso, per stare vicini. Adesso che ti ho conosciuta, che ti ho incontrata… non voglio lasciarti andare via.» Edward stringe ancora più forte la mia mano, e si sporge verso di me, avvicinando il viso al mio. «Non ti lascio andare via, va bene?»
Annuisco, e avvicino ancora di qualche centimetro la testa alla sua; le nostre fronti si scontrano, e resto così per qualche secondo, giusto il tempo che mi occorre per assorbire al meglio le sue parole. Non vuole lasciarmi andare via, ci crede davvero… e devo crederci anche io.
Neanche io voglio lasciarlo andare via.
«Grazie.» mormoro, e gli lascio un bacio sulle labbra.
«Non ringraziarmi, non serve…» mi da un altro bacio, e lo sento sorridere sulle mie labbra. «Sbaglio, o devo venire a vederti ubriaca marcia?»
«Allora è solo per questo che vuoi stare con me?!» so che sta scherzando, ma voglio giocare un po’. Infatti, mentre gli dico questo ho un sorriso che va da un orecchio all’altro… sembro il Joker di Batman. «Che stronzo che sei!»
«Esatto, vengo per quello… e perché devo tenere a bada tutti i maschietti che ti verranno dietro. Devo marcare il mio territorio, cara la mia Bella.» allontana un po’ il viso e mi osserva dolcemente, i suoi occhi sono ancora più belli del solito.
«Devo farlo anche io, allora. A Napa ci sono un sacco di arrapate che ti salterebbero subito addosso non appena ti vedrebbero! Devo proteggerti.» ridacchio. Anche se, adesso, la più arrapata sono io, quindi lui è più in pericolo qui che da qualsiasi altra parte. Evito di dirglielo, però.
Non voglio farlo scappare via a causa della mia grande e alquanto imbarazzante voglia di violentarlo!
«Ci proteggeremo a vicenda, allora…» Edward avvicina di nuovo il viso al mio, e stavolta mi bacia sul serio, niente baci a stampo.
Continuiamo a baciarci in quel modo, un po’ troppo spinto forse visto il luogo in cui ci troviamo, per un paio di minuti o poco più, ma veniamo interrotti da un cellulare che comincia a suonare. Non è il mio, quindi deve essere per forza quello di Edward.
«Uffa!» mi lamento. È tutto il giorno che qualcosa, o qualcuno, ci interrompe mentre siamo così concentrati l’uno verso l’altra. È snervante, sul serio!
«Vedo chi è e poi lo spengo, promesso.» mi sorride e prende il telefono in mano.
Mentre lui controlla chi è a chiamare, io comincio a bere la birra, che ho solamente assaggiato. Ne bevo un bel po’ a lunghi sorsi, e so che questo non mi aiuterà affatto con la sbronza, anzi, la peggiorerà. Quasi mi strozzo quando sento Edward rispondere alla chiamata con un “Ciao, mamma.”
È sua madre al telefono. Sua. Madre. Oh merda!
Comincio a tossire e mi maledico per essermi agitata quando ho capito con chi sta parlando Edward. Quando torno più o meno normale, anche se con le lacrime agli occhi, torno a guardarlo e vedo che sta cercando di non ridere, mentre ascolta sua madre che gli sta senza dubbio dicendo qualcosa.
«Certo, mamma, certo.» sì, deve essere senza dubbio qualcosa di interessante.
«Sono… uscito con una persona.» aggiunge dopo un po’. Inarco le sopracciglia, e comincio ad allarmarmi. Spero che non le dica che è uscito con me, non sono ancora pronta a parlare con sua madre, non lo sono per niente! Non la conosco neanche, e poi lei non conosce me.
Siamo praticamente due estranee, non posso…
«Sì, è Bella.» oddio, come non detto!
Edward mi guarda mentre mi indica con le mani il cellulare e mima con le labbra “Vuole parlarti”. Io gli faccio cenno di no, sia con le mani che con la testa, e gli mimo un “Te lo puoi scordare!” che se lo dicessi ad alta voce farei girare tutte le persone presenti nel pub verso di noi.
Edward ignora i miei segni, e dice a sua madre: «Anche lei ti vuole parlare!»
Che stronzo! Che bastardo! Che traditore! Che bradipo ritardato! Posso continuare ad insultarlo mentalmente all’infinito, basta che non mi passa sua madre! Le mie speranze muoiono subito quando il bradipo mi porge il cellulare, con un sorriso colpevole sulle labbra. La sua espressione sembra dirmi ‘fallo per me’. Ed io, anche se riluttante, prendo il telefonino dalla sua mano.
Possibile che mi faccia corrompere già così tanto da lui? Va a finire che mi rammollisco prima del previsto.
Mi porto il cellulare alle labbra e cerco di parlare tranquillamente, anche se sono un po’ agitata. Chi non sarebbe agitata al mio posto, se stai per parlare con la madre del ragazzo con sui stai uscendo?
«Pronto?» dico, e la madre di Edward mi risponde subito, come se non stesse aspettando altro che questo momento.
«Bella, sei tu? Oh, non vedevo l’ora di parlarti!» esclama vivacemente; ha una voce dolcissima, e non ci metto molto a collegarla al suo aspetto, grazie alla sua foto che Edward mi ha mostrato qualche giorno fa. «E’ un piacere conoscerti… parlarti.»
«E’ un piacere anche per me, Esme.» mentre parlo, sorrido ad Edward, che mi sta guardando divertito mentre beve la sua birra. Se non la finisce in fretta gli ci faccio la doccia con la birra, oh sì!
«Senti, cara, lo chiedo a te perché quel ragazzaccio non mi dice mai nulla…» preoccupata, aspetto con ansia che prosegua la frase. Cosa vorrà chiedermi? «Si sta comportando bene con te, oppure sta facendo di testa sua?»
Non riesco a trattenermi dal ridere, e lo faccio, facendo ridere anche Esme. «Sì sì, è bravo. Sta facendo il bravo ragazzo.» rispondo alla sua domanda non appena riesco a calmare la mia risata. Edward, adesso, mi guarda in maniera sospettosa.
«Oh, bene! Mi avrebbe sentito altrimenti! Se fa il maleducato ti do il permesso di picchiarlo e di sgridarlo, Bella.» mi informa allegramente.
Sorrido. «Va bene, Esme. Devo farglielo sapere oppure…»
«Certo che deve saperlo! Digli che te lo ha raccomandato la sua mamma!»
Oddio, è così simpatica! Già mi piace da morire la mamma di Edward! E adesso sento di non vedere l’ora di conoscerla di persona… beh, so di dover aspettare un bel po’ prima di quel momento, però sento che mi piacerebbe tanto incontrarla. Perché avevo così tanta paura di lei? Non me lo ricordo più…
«Glielo dirò, allora…» le prometto subito.
«Brava ragazza! Puoi ripassarmi mio figlio adesso? Vorrei salutarlo…»
«Oh, ma certo! Buona serata, Esme…» ripasso il telefono a Edward dopo aver ricevuto i saluti di sua madre, e aspetto che lui finisca di parlare con lei. Nel frattempo, torno a bere la birra.
Tornerò al campeggio completamente ciucca e senza pensieri, ne sono sicura.
Edward sospira, e dopo aver chiuso la chiamata rimette il cellulare in tasca. Mi guarda sospettoso per tutto il tempo, mentre lo fa. «Cos’è che vi siete dette di bello? Mia madre non ha voluto dirmi niente…» dice, imbronciandosi.
«Cose da donne.» mento, divertendomi a prenderlo un po’ in giro. Percorro con le dita il bordo umido del boccale, e poi aggiungo: «Ho il permesso di tua madre di picchiarti se fai il cattivo.»
Edward sbuffa. «Lo dice a tutti, si è raccomandata di farlo anche con Tanya quando siamo partiti!» dice, imbronciandosi ancora di più.
Ridacchio. «Ti ha già picchiato?»
Scuote la testa, e torna a guardarmi, una briciola di panico sul viso. «Tu lo farai?»
Fingo di pensarci su prima di rispondergli. «Può darsi… non lo so ancora.»
Non aggiungo altro perché voglio lasciarlo in dubbio. So già che lo picchierò prima o poi… solo, che il mio modo di picchiare sarà un pochino diverso dal solito. Prima di tutto saremmo nudi, e secondo…
Arrossisco. No, non penso che lo vogliate sapere.
 

-
 

«Lo sapevo che volevi farmi ubriacare…» borbotto, grattandomi la testa.
Edward ride, mentre mi tiene per la vita con un braccio. «Giuro che non era mia intenzione, piccola. Non è colpa mia se non reggi per niente l’alcol.»
Mi volto verso di lui e cerco di guardarlo nel modo più terrificante e pauroso che conosco, però non ci riesco e comincio a ridere come una iena. Questo, ragazzi, è l’effetto che mi fa l’alcol. Però non è che sono così tanto ubriaca… solo un po’ più brilla del normale. Edward si sta divertendo un mondo.
«Avevi ragione, sei adorabile da ubriaca!» dice, stringendomi di più a sé.
«Ehiiiiiii!» mi lamento ad alta voce, e cerco di scostarlo un po’. «Se ci riprovi non rispondo più di me…»
Dico davvero! Se mi stringe ancora contro il suo corpo, io lascio perdere tutto e lo violento seduta stante. Non mi interessa se poi qualcuno ci becca e ci scatta le fotografie e ci fa un video e lo carica su Youporn… io lo violento, punto e basta!
Non me ne frega un cazzo.
«Non me ne frega un cazzooooooooo!» urlo.
Edward mi tappa subito la bocca con una mano, e continua a ridere. «Sssst! Non urlare, svegli tutti così.»
Ah già, ha ragione. Siamo tornati al campo, è tardi e noi siamo gli unici scemi che vanno in giro ad urlare come ubriachi. No, mi sto sbagliando. Edward si sta comportando bene, sono io quella ubriaca che urla.
«Scusami…» sussurro quando toglie la mano, e lo abbraccio. «Scusami scusami scusami!»
«Va bene piccola, va bene…» ricambia dolcemente l’abbraccio e mi bacia la testa… e continua a ridere.
Ma non la smette più? Gli si è incantato il disco? Conosco un bel modo per sbloccarglielo… volete saperlo?
No, non volete saperlo.
«Ehi, bello, andiamo a farci il bagno nel lago?» esclamo, colpita dal lampo di genio che mi è appena venuto in mente. Non ho mai fatto il bagno di mezzanotte quest’anno, devo assolutamente recuperare. «Dai, andiamo!» Lo tiro per le braccia e cerco di farmi seguire, ma Edward non si muove. Continua a guardarmi divertito e a sorridere, ma non fa nient’altro.
«Vuoi fare il bagno a quest’ora? Non penso che sia una buona idea, Bella.» dice, finalmente, ma non è quello che mi aspettavo di sentire io.
«Perché? Io voglio fare il bagno!» mi lamento, facendo il broncio.
«Perché sei un po’ ubriaca, e ho paura che mi affoghi… lo facciamo un'altra volta, va bene?» mi tira per le braccia ed io, grazie anche allo scarso equilibrio che mi ritrovo al momento, crollo tra le sue braccia, stretta al suo petto.
Mh, mi piace la cosa.
«Va bene…» mugugno, insoddisfatta. «Che facciamo, allora?»
«Una passeggiata, così magari ti passa un po’ la sbronza… e poi dritti a nanna.» no, la nanna no. Mica sono una bambina!
«Okay.» e che cazzo! Dovevo lamentarmi, mica dirgli di sì. Perché ho bevuto tutta quella birra, perché?
Edward circonda di nuovo la mia vita con un braccio e poi comincia a camminare, portandomi chissà dove. Dovrei saperlo in realtà, sono settimane che siamo qui e ho imparato a conoscere il posto… però al momento non mi interessa sapere dove mi sta portando. Qualunque posto va bene per me… e poi comincio ad avere sonno, e questo non aiuta. Inevitabilmente, mi scappa uno sbadiglio, che non sfugge a Edward.
«Sei stanca? Se vuoi andare a dormire ti accompagno ai dormitori.» mi dice, fermandosi di botto.
Scuoto la testa. «No, voglio stare ancora un po’ con te…» dico a bassa voce, abbarbicandomi a lui. Gli circondo il collo con le braccia e senza pensarci due volte gli bacio la mascella, mi piace tanto baciare quella parte del suo viso.
Da lì, passo a baciarlo sulle labbra. Edward ricambia subito, stringendomi ancora di più a sé mentre comincia ad accarezzarmi la schiena. In poco tempo, tanto che quasi non me ne accorgo, ci ritroviamo sdraiati sul terreno e impegnati a baciarci, io sopra di lui.
Credo che la nostra passeggiata sia appena andata a farsi fottere.
Le mie mani vagano sul suo petto, coperto soltanto dalla t-shirt, mentre le sue fanno su e giù sulle mie gambe scoperte e le fanno ricoprire di brividi. Quando vanno a posarsi sul mio sedere, superato l’ostacolo del vestito, comincio a tremare per l’eccitazione.
Da quanto tempo immaginavo questo momento? Da quanto? Da poco, in effetti, dopotutto sono poche settimane che ci frequentiamo… ma ci ho comunque pensato, e anche tanto. Non riesco a credere che sto per fare sesso con Edward, in mezzo alla polvere, all’erba e a chissà quale altra sporcizia.
Oh, e chi se ne frega!
Mi ritrovo a muovermi sopra di lui, mugolando per la piacevole sensazione che comincio a sentire, e sento che anche a Edward piace quello che sto facendo… lo strano bozzo che sento sotto di me, esattamente tra le sue gambe, me ne da la conferma. Sto per approfondire il contatto tra di noi e cerco disperatamente e senza successo di sfilarmi il vestito quando Edward mi ferma, bloccandomi le braccia.
Confusa, e frustrata per l’insoddisfazione, apro gli occhi e mi ritrovo a guardare il suo viso, accaldato quanto il mio. I suoi occhi sono lucidi e scuri, sicuramente simili ai miei. Dio, è bellissimo… e da stupro. Perché mi ha fermata?
«Che…?» faccio per chiedere, respirando velocemente, ma lui mi ferma prima che possa continuare.
«Non adesso Bella, non deve succedere adesso…» sussurra, stringendomi le mani. «Lo voglio quanto lo vuoi te, credimi, ma… ma non voglio che sia qui, e che sia una cosa rapida.»
«Ma a me non importa!» esclamo, ancora più confusa di prima. Se vuole fare sesso con me, perché non vuole farlo adesso? È assurdo! Io voglio fare le cosacce zozze adesso!
«A me sì, però!» si mette seduto, e mi prende il viso tra le mani, carezzandomi le guance con i pollici. «Bella, non voglio che la nostra prima volta sia una sveltina. Sei… troppo importante per essere solo questo. Voglio qualcosa di più, per te. Per noi.»
Adesso, in questo preciso istante, vorrei sapere veramente cos’è che ho fatto per meritare un ragazzo così meraviglioso. Non sono tanti al giorno d’oggi quelli che metterebbero la loro ragazza al primo posto, e che preferiscono farle trascorrere una serata piacevole piuttosto che una di solo sesso, e forse anche sesso pessimo. Edward fa parte di questa piccola cerchia, e ne sono contenta.
Anche se avrei preferito tantissimo anche la parte del sesso sfrenato, lo ammetto.
Lo guardo fisso negli occhi, colpita da lui, dalle sue parole e dai suoi modi di fare così stupendi. Ho la mente confusa per via dell’alcol e del sonno, che è tornato tutto d’un tratto, però ho ancora un briciolo di lucidità per abbracciarlo e per lasciargli un piccolo bacio sul collo.
«Davvero vuoi qualcosa di più?» chiedo, non riuscendo proprio a frenare la mia linguaccia.
Lo sento annuire e sfregare la punta del naso sulla mia guancia. «Sì… e poi sei ubriaca, non mi sarei mai approfittato di te.»
Sorrido. È un amore, ed è tutto mio. Mi sento tanto fortunata, adesso. «Grazie.» bisbiglio.
«Dovere, amore.»
Non ho la forza necessaria né il cervello connesso alla perfezione per indagare bene su quello che ha appena detto, però… mi sbaglio, o mi ha davvero chiamata ‘amore’?
 
 
 
 


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Amore? Mh, qui gatta ci cova…

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Capitolo 11
*** Non sono mai stata più felice di così! ***


The Camp Of Love - Capitolo11

Buon pomeriggio! Capitolo nuovo per voi, e puntuale addirittura! Visto che sono stata brava? :D
Bene, bando alle ciance! In questo capitolo per i due protagonisti c’è un passo importante… forse avete già capito quale XD e volevo avvertirvi sul fatto che io non sono una cima a descrivere determinate situazioni, non le scrivo quasi mai. Credo di non aver fatto troppo schifo, però, e di essere rientrata nel rating della storia, che è arancione… se c’è qualche problema però fatemelo sapere, come vi chiedo ogni volta d’altronde :)
*inizio momento ringraziamenti*
Vi ringrazio per le recensioni che mi avete lasciato (grazieeeeee :D) e ringrazio anche chi legge soltanto! State aumentando ancora, e la cosa mi rende molto contenta! Vi ringrazio tanto *-*
*fine momento ringraziamenti*
Dopo essermi smerdata un po’ qui sopra, vi lascio leggere in pace! Buona lettura, e alla prossima! :*
P.S: la mia cara amica cessa Meredhit mi ha praticamente promesso il linciaggio se non aggiornavo presto… diciamo che quindi il merito se ho aggiornato oggi è anche suo XD il capitolo è dedicato a te, cessa, sei contenta? :3

 

 cover

 

The camp of love

 
 

Capitolo undici – Non sono mai stata più felice di così!
 
 

30/07/2010
 

«No, non se ne parla!» urlo, e scappo via dalla sua presa da piovra assatanata.
Ma che gli è saltato in mente?! Io davvero non so come gli è venuto questo lampo di genio… è pazzo, oppure ha fumato qualcosa, non c’è altra spiegazione.
«E dai, Bella! È divertente, perché fai tutte queste storie?» mi domanda Edward, guardandomi divertito mentre cerca di acciuffarmi di nuovo.
«Edward, non provarci ancora oppure ti prendo a schiaffi, hai capito?» esclamo, e intanto cammino all’indietro, fino a quando non sento la mia schiena che si schianta contro la parete di legno.

Merda!
Edward adesso ha un espressione vittoriosa stampata in faccia, e mi si avvicina in maniera a dir poco minacciosa. «Dov’è che scappi, adesso? Sei in trappola, tesoro mio!»
«Non sono mica un topo, che sono in trappola.» gli faccio notare, incrociando le braccia al petto.
«Oh sì che lo sei! Un piccolo e carino topolino indifeso…»
Mi viene da ridere: se io sono un topolino, lui è… «E tu saresti il gatto che dà la caccia al topo?»
Sorride, divertito almeno quanto me, e avanza di qualche altro passo, annuendo. «Esatto.»
Rido, chiudendo gli occhi e alzando la testa, e mentre lo faccio un tuono forte mi fa sobbalzare sul posto. Non è il primo che sento oggi, però è senza dubbio il più rumoroso: non preannuncia niente di buono.
Per tutta la giornata abbiamo avuto un cielo coperto da nuvole grigie e minacciose, che annunciavano soltanto una cosa: ‘tempesta in arrivo’. Però la presunta tempesta ci aveva dato tregua fino all’ora di cena: mentre noi mangiavamo, infatti, aveva improvvisamente cominciato a piovere e dopo due ore sembrava non voler proprio smettere.
Cominciavano ad arrivare anche i tuoni adesso, quindi le cose iniziavano ad essere davvero serie, ma serie sul serio. Insomma, se non si è capito è un temporale serio!
Sbuffo, maledicendo il tempaccio che ha impedito a me e a Edward di trascorrere la serata in giro per il campo, e abbasso lo sguardo. Facendo così, mi ritrovo il viso del mio ragazzo – il mio ragazzo! – a pochissima distanza dal mio.
Devo ancora capire come cavolo fa a muoversi e a camminare senza fare nessun rumore, è una cosa incredibile! Io quando cammino mi faccio sempre riconoscere, ho quasi lo stesso passo di un rinoceronte con i tacchi a spillo, se un animale del genere riuscisse mai ad indossarli. Lui, invece, sembra avere il passo felpato di un gatto.
Sarebbe il compagno di giochi perfetto per Principessa, la gatta della nonna. Basta che non gli rovina il bel faccino che si ritrova con le artigliate che regala gratis a tutti!
«Ma com’è che tu sei così silenzioso quando cammini?» gli domando, posando le mani sulle sue spalle. «Prima o poi non mi accorgo di te e mi viene un infarto…»
Edward ridacchia, stirando le labbra. «Non lo so, tesoro. Però, non farti venire un infarto così presto, mi servi ancora per un po’.»
Gli servo? Per cosa? «Per quanto tempo ti servo?»
«Per tanto, tanto tempo… o almeno, fino a quando questo temporale non finisce.» mi risponde, arpionando il mio fianco con una mano mentre appoggia l’altra sulla parete, accanto al mio viso.
«Solo per così poco? Uffa!» mi lamento, e faccio per allontanarmi ma lui non me lo lascia fare.
«Ehi, dov’è che scappi? Ti ho detto che mi servi! O ti sei già dimenticata quello che dobbiamo fare?» chiede, schiacciandomi di nuovo contro la parete.
No, non me ne sono affatto dimenticata, Edward! Non ho dimenticato la tua stramba, pazza, deficiente idea… ma è possibile che voglia fare una cosa del genere con tutta l’acqua che sta cadendo adesso?
«Tu sei davvero pazzo, se credi che andremo a fare il bagno nel lago con tutto il casino che sta succedendo fuori! Non lo sai che è pericoloso fare il bagno all’aperto se tuona e ci sono i fulmini?» gli faccio notare, con un sopracciglio inarcato.
Eppure, questa è una delle tante ‘regole’ che uno impara facilmente, specialmente se ti trovi in un campeggio o da qualsiasi altra parte dove è presente anche un lago… o il mare, o una piscina. È pericoloso, cazzarola! Come ha fatto a dimenticarsene?
«Oh, merda! Hai ragione!» esclama, picchiandosi la fronte con una mano. «Non ci stavo pensando…»
Ridacchio, alzandomi sulle punte e lasciandogli un bacio sul naso. «Fortuna che ci sono qui io a ricordartelo, eh? Altrimenti tu a quest’ora eri già diventato uno spiedino bruciato!»
«Già, già…» borbotta, tornando ad abbracciarmi, e appoggia il mento sulla mia spalla. «Dovevamo fare il bagno di mezzanotte l’altra volta…» aggiunge poi.
Aggrotto la fronte. Che storia è questa? «L’altra volta? Quando?» non capisco a che cosa si sta riferendo.
Edward si scosta da me e mi osserva, confuso quasi quanto me… o almeno, mi sembra così. «Non te lo ricordi?»
«Cos’è che dovrei ricordarmi?» chiedo ancora. Se andiamo avanti di questo passo, va a finire che non capisco più un’acca.
«Ricordi la sera del nostro appuntamento?» mi domanda. Ecco, questo è già un inizio: almeno so a quale giorno si sta riferendo.
Annuisco. «Sì… qualcosa mi ricordo.» non sto scherzando, sono super stra iper mega sincera!
Della sera del nostro primo appuntamento – ho le farfalle nello stomaco ogni volta che ci ripenso, mammina mia! – ricordo che siamo stati al pub, che abbiamo bevuto una birra e che ho parlato al telefono con sua madre… e basta. C’è un grosso buco nero che va poi da quel momento fino alla mattina dopo, quando mi sono svegliata nel mio letto con il vestito verde ancora addosso e un lieve mal di testa a farmi compagnia. Nient’altro.
«Ricordi che volevi andare a fare il bagno di mezzanotte insieme a me?» domanda ancora Edward, e comincia a carezzarmi la schiena con le dita.
Quello che sta facendo non mi aiuta molto a ricordare… ma tanto io non ricordo un accidente, quindi è inutile che continuo a sforzarmi tanto! «N… no. Volevo fare il bagno di mezzanotte?»
«Sì. Mi hai detto qualcosa che somigliava a: “Ehi, bello, andiamo a fare il bagno?”» mi fa anche il verso, che stronzo.
Non so se credergli o no, non ci credo che gli ho detto proprio quelle parole! Io che cerco sempre di non mostrargli mai quanto la sua presenza, la sua bellezza e tutte le sue altre qualità mi fanno uscire pazza, gli dico quelle cose! Ma ero ubriaca o cosa?!
«Mi stai prendendo in giro? Smettila di dire stronzate, Edward!» lo ammonisco, mordendomi il labbro per il nervoso.
Lui scuote la testa, e non mi è mai sembrato così serio come lo è adesso. «No no, è vero. Mi hai davvero detto così… non ti prenderei mai in giro, Bella.»

Merda!
«Non ci credo!» ho capito che mi sta dicendo la verità ed è sincero, ma voglio continuare ugualmente a non crederci... che vergogna, accidenti! «Ma quanta birra ho bevuto?»
«Non hai finito neanche il primo boccale, mia cara, sei diventata brilla quasi subito. Non scherzavi proprio quando hai detto che non reggi l’alcol!» continua a prendermi in giro, ed io giuro che se non la smette gli strappo tutti quei bei capelli che ha in testa.
«Lo so, Edward, lo so, faccio pena…» schiaccio la faccia sul suo petto, e cerco di non farmi assalire dalla vergogna. Che frana che sono, e per di più sono una produttrice di vini… che barzelletta vivente! «Non ho detto o fatto nient’altro di imbarazzante, vero?» chiedo, giusto per capire quanto sono diventata ridicola stavolta.
So che l’alcol mi rende più disinibita e per di più toglie il freno a tutto, quindi da ubriaca posso fare qualsiasi cosa che mi passa per la testa in quel preciso momento. Spero di non essermi trasformata in una specie di pagliaccio.
Edward si irrigidisce tutto d’un tratto, smette addirittura di farmi le coccole, quindi devo capire che c’è qualcos’altro di cui non sono al corrente e che devo cominciare a preoccuparmi davvero. Mamma mia, ma che cazzo ho combinato?
«A parte il fatto che mi sei quasi saltata addosso… no, non hai fatto altro.» dice infine, tornando a rilassarsi.
Lui sarà anche rilassato, ma io no! Gli sono saltata addosso? Ma che cazzo! Non ci credo di averlo fatto veramente! Questo vuol dire che Edward ha visto la mia versione ninfomane, e per di più senza freni inibitori!
«No, vaffanculo!» mi scosto in fretta e furia da lui. «Cretina, deficiente, rincoglionita! Al diavolo!»
«Bella? Ma che…? Calmati!» Edward cerca di riacchiapparmi, ma io lo scaccio via prima che possa farlo.
«No, non mi calmo!» urlo, passandomi le mani tra i capelli. «Dio, che cogliona che sono!»
«Bella…»
«Edward, stai zitto per piacere!»
Non voglio offenderlo o parlargli male, ma davvero in questo momento non riesco proprio ad evitarlo. Quello che mi ha appena raccontato mi ha scossa, tanto. Ho sempre cercato di non mostrare a Edward quanto davvero lui mi sconvolga ogni volta e riduca i miei poveri ormoni a un ammasso urlante e vaneggiante, stile zombie… a quanto pare, lui doveva scoprirlo proprio quando ero ubriaca persa.
Stanca di camminare senza una meta per la stanza, mi lascio cadere sul pavimento e mi siedo a gambe incrociate, con i gomiti ben piantati sulle ginocchia e le mani a nascondere la mia faccia.
Gli occhi bruciano, non manca molto prima che i rubinetti si aprano automaticamente… no, infatti non manca molto. Si sono già aperti.
«Ehi, piccola…» le mani di Edward si posano sulle mie, e con molta facilità lui riesce a farmele abbassare.
Non appena incontro il suo sguardo, però, abbasso il mio e torno a piangere in silenzio. Mi vergogno troppo per guardarlo tranquillamente, come se nulla fosse, ed in più ho paura di quello che potrebbe dirmi. Non so come abbia reagito quando mi ha vista sotto il completo controllo degli ormoni, non so se è scappato via da me oppure ha… come dire, assecondato le mie mosse. Non lo so, e da una parte non vorrei neanche saperlo.
«Bella, tesoro, non fare così. Non è successo niente.» mi dice dolcemente, rassicurandomi. Mi fa alzare il viso gentilmente e comincia ad asciugare le scie che hanno lasciato le lacrime sulle mie guance. «Va tutto bene, è tutto a posto, davvero…»
«No che non è tutto a posto!» esclamo, con voce rotta; tiro anche su col naso rumorosamente, e non mi interessa sapere che è una cosa disgustosa e poco carina da fare in presenza di qualcuno. «Non ricordo niente, assolutamente niente! Come può essere tutto a posto, dimmelo?»
«Ma non è successo niente, Bella! Te lo giuro, giuro che non è accaduto quello che pensi.» dice tranquillamente.
«E come fai a sapere a quello che sto pensando?» Già, come fa a sapere che sto pensando a come abbiamo fatto scintille la notte scorsa ed io non lo ricordo neanche per il cazzo?
Edward scuote la testa, senza mollare la presa sul mio viso. «Ti si legge in faccia, mia cara.» mi risponde, sorridendo subito dopo. «Non è successo niente, davvero.»
Batto le palpebre velocemente e cerco di scacciare le ultime lacrime. Mi sta dicendo la verità, oppure lo dice solo per farmi stare tranquilla e per farmi smettere di piangermi addosso? Posso fidarmi?
«Giuralo sul miele di Winnie the Pooh!» ecco, con questa uscita ho davvero toccato il fondo!
«Ma che razza di giuramento è questo?» mi chiede Edward, sconcertato. Poverino, devo dargli ragione… ma adesso, non mi devo distrarre!
«Giura, Edward! Giura sul miele di Winnie the Pooh che non abbiamo fatto niente!» insisto, passandomi una mano sotto al naso. Che schifo!
Edward sospira, alzando per un secondo gli occhi al cielo. «Va bene! Giuro sul… miele di Winnie the Pooh, che non abbiamo fatto niente la notte scorsa. Niente di niente!»
Okay, l’ha giurato, quindi deve essere per forza la verità.
«Va bene…» sospiro anche io, e passo a torturarmi i capelli con le dita. «Mi dispiace se hai visto… quello che hai visto.» spero che capisca a cosa mi riferisco.
Edward, in tutta risposta, mi abbraccia e mi fa posare la fronte sulla sua spalla, mentre mi bacia la fronte. «Non scusarti, Bella. Non serve, anche perché quello che stavi facendo… mi piaceva.»
Alzo il viso e lo guardo, sconcertata e sorpresa. «Dici sul serio?»
Lui mi dedica il sorriso strano che ogni volta mi fa sudare freddo per quanto è bello, e ride. «Sono un uomo, piccola. È normale che mi sia piaciuto vedere una ragazza che mi si strusciava addosso, e non sono gay, se mai te lo fossi dimenticata!»
E così, mi sono strusciata addosso a lui. Ogni nuova cosa che vengo a sapere da lui mi fa vergognare come se fosse la prima volta. Ho bisogno di una buca dove potermi nascondere in santa pace, e subito.
«Che vergogna!» quante volte sono che lo ripeto?
Che vergogna, che vergogna, che vergogna!
«Già, che vergogna…» mi fa eco Edward, ridendo. «Però adesso basta pensarci ancora. Non è mica arrivata la fine del mondo! Per quella c’è ancora tempo…»
«Già, mancano ancora due anni prima che arrivi…» rido insieme a lui, e accarezzo il suo collo con la punta del naso prima di lasciarci un bacio e di allontanare il viso.
Edward ride ancora, guardandomi teneramente. Avvicina il suo viso al mio e sfiora le mie labbra con le sue. «Va meglio adesso?»
Annuisco, sorridendo sulle sue labbra.
«Bene, perché adesso voglio solo concentrarmi su di te, nient’altro.» sussurra, e torna a baciarmi, ma in maniera più decisa rispetto a prima.
Ricambio prontamente il bacio, aggrappandomi ai suoi capelli e alle sue spalle per restare ben ancorata a lui. Edward, tenendomi per la schiena, mi fa stendere piano e con estrema calma sul pavimento senza interrompere il bacio, e si posiziona sopra di me senza pesarmi addosso in alcun modo.
Fino ad ora ci siamo trovati in questa posizione solo una volta, la sera del nostro primo bacio, e devo ammettere che sentirlo così vicino, in questo modo, mi è mancato molto. Lo so che siamo stati appolipati in maniera indecente durante queste settimane, ma è la prima volta che ci troviamo da soli e che siamo così vicini… in quel senso.
Sembra quasi che stiamo per compiere un nuovo passo nella nostra relazione… quel passo, sì, avete capito bene! Almeno stasera non sono ubriaca e ricordo tutto, e per di più sono super giustificata se esce fuori il mio lato da ninfomane perversa.
Edward interrompe il bacio, spostandosi sul collo, e comincia a lasciare una scia di baci umidi che mi fanno rabbrividire, e non poco. Stringo la presa sui suoi capelli, sospirando per la piacevole sensazione che comincio a sentire.
Non voglio essere l’unica che riceve le ‘coccole’, sembro una verginella che non ha mai avuto nessuna esperienza! Va bene che non sono così esperta, però ho anche io il mio repertorio di zozzerie da mettere in atto.
Io e Edward torniamo a baciarci, e mentre lo facciamo comincio ad accarezzargli il petto da sopra la maglia. Dio, ho una voglia assurda di toccare la sua pelle, non mi basta sentire tutto attraverso quello straccetto. Faccio scorrere le mani più giù, sui fianchi, e comincio a tirare su l’indumento. Edward capisce subito le mie intenzioni, e mette fine al bacio solo per potersi liberare della maglietta.
«Dritta al dunque, eh?» mormora, con voce roca, mentre torna a baciarmi lentamente.
«Ti dispiace?» gli lascio un bacio umido sulla mascella, e finalmente comincio ad accarezzargli la schiena… nuda.
Dio mio, è meraviglioso!
«No… ma adesso dobbiamo metterci in pari.» lo dice quasi ringhiando, e dopo un ultimo bacio che sembra un morso comincia a togliermi la maglietta.
Alzo un po’ la schiena per facilitare quello che sta facendo, ed in pochi secondi resto in reggiseno, davanti al suo sguardo famelico che sembra mi voglia divorare seduta stante. Non vorrei esserlo, ma mi sento un po’ a disagio.
Cioè… sono in reggiseno, e Edward mi sta guardando e non dice niente! Ha per caso notato che sono quasi senza tette? Devo dire qualcosa?
«Non… non ho le tette!» balbetto, arrossendo.

Brava Bella, tu sì che sai cosa dire in certe circostanze!
Edward scoppia a ridere, e penso quasi che mi stia prendendo in giro. Sono pronta a dargli uno schiaffo, quando lo vedo avvicinarsi a me e abbassarsi sul mio collo, sfiorandolo con le labbra.
«Chi se ne frega delle tette, Bella, sei stupenda lo stesso…» mormora, scendendo con le labbra e baciando l’incavo dei miei seni.
Un sospiro più rumoroso degli altri mi esce dalle labbra. Oh, cazzo, Edward è davvero il ragazzo che tutte vorrebbero al loro fianco! Ed è tutto mio! Che bello!
Alzo la testa per poter osservare meglio quello che Edward sta facendo al mio corpo, e mi sorreggo con i gomiti per non ricadere come una cretina sul pavimento. Adesso si sta divertendo a baciare la mia pancia, provocando ogni volta degli schiocchi sonori e lasciando una scia umida che mi lascia un senso di sollievo addosso. Mi guarda anche, sorridendomi ogni volta che lo fa.
No, questo è troppo per la mia salute mentale! È troppo… argh, è troppo, basta! Troppo tutto!
Mi mordo il labbro, alzando le mani per poterle immergere di nuovo tra i suoi capelli… ma mi dimentico che non ho nulla dietro a cui appoggiarmi, e quindi cado all’indietro, battendo la testa sulle assi dure del pavimento.
«Ahuwa! Che maleeeeee, merda!» comincio ad urlare subito, portandomi le mani sul punto che ha ricevuto il colpo. Domani avrò un bel bernoccolo, porca miseria!
«Bella…» la voce di Edward mi sembra confusa, e quando apro gli occhi lacrimanti per guardarlo vedo che anche il suo viso lo è. Un paio di secondi dopo sembra capire quello che è appena successo, e stringe le labbra per non scoppiare a ridermi in faccia, ne sono sicura.
Tutte a me capitano, tutte a me! Ho per caso il gene della sfiga dentro al DNA?
Edward allunga le braccia verso di me, e mi aiuta a mettermi seduta. «Dai, fammi vedere che ti sei fatta…» mormora dolcemente prima di scostare le mie mani e di toccare con le sue il punto che pulsa e che mi fa un male cane.
«Fai piano!» pigolo. Fa male davvero, perché sembra non capirlo?
«Scusami.» dopo che gliel’ho fatto notare, il suo tocco diventa più gentile e leggero. «Non è niente, solo una botta… fa male?»
«Insomma…» scrollo le spalle, e mi giro verso di lui.
Non appena ci troviamo con il viso uno di fronte all’altro torniamo a baciarci, e stavolta in questo nuovo bacio c’è molta più urgenza di prima. Mi abbarbico alle sue spalle, schiacciandomi contro il suo petto, e Edward mi fa quasi sedere sulle sue gambe, stringendomi i fianchi e il sedere come se le sue dita volessero entrarmi nella pelle.
«Oddio…» un ansito mi esce dalle labbra quando lui mi morde l’orecchio.
«Sul pavimento ti fai male, non è sicuro stare qui…» mormora, senza smettere di mangiucchiarmi la pelle, «… che ne dici del letto?»
Rido. Che ne penso del letto? Che va benissimo! È da tanto che ci fantastico sopra e desidero di provarlo! «Dico che va bene…» gli sorrido, e gli lascio un bacio molto poco casto sulle labbra.
«Dici che verranno a disturbarci?» mormoro tra un bacio e l’altro, stringendo la presa sul suo braccio.
«Con questo tempo? No, non credo proprio!» esclama, tuffandosi di nuovo sulle mie labbra.
Edward mi prende in braccio senza smettere di baciarmi, e dopo pochissimi secondi sento la morbidezza del materasso contro la schiena. Ecco, così va bene, almeno non rischio di dare un'altra testata sul pavimento e di rompermi la testa.
Continuiamo a baciarci freneticamente e quasi senza riprendere fiato, e nel mentre i vestiti che abbiamo ancora addosso vengono eliminati e ammucchiati chissà dove, di certo non mi metto a controllare dov’è che Edward ha tirato le mie mutandine o dove io ho lanciato i suoi jeans.
Quando siamo – finalmente! – entrambi nudi, pelle contro pelle, l’eccitazione che mi ha accompagnato fino ad ora scema tutto d’un tratto, ed al suo posto comincia a salire la tensione. Apro gli occhi, incrociando i suoi… o almeno dovrei incrociarli, ma non riesco a vedere un accidente.
Chi ha spento la luce?
«Ma… la luce…» balbetto, confusa.
«È saltata, il temporale sta peggiorando.» mi spiega lui, e le sue parole sono accompagnate da un tuono decisamente forte e poco confortante.
Sono così distratta che non sento neanche la tempesta, ma bene! Faccio progressi, non c’è che dire…
Edward si abbassa su di me e mi bacia delicatamente il viso, dalla tempia fino all’angolo della bocca, e infine mi bacia dolcemente le labbra. Cerco con tutta me stessa di nascondere o di non far trapelare troppo la strana sensazione che sento, ma non devo riuscirci molto bene perché Edward smette quasi subito di baciarmi.
«Che succede, piccola? Non vuoi…»
«No!» esclamo, fermandolo prima che possa dire altro. «No, voglio! Solo…» mi mordo le labbra, devo dirgli che fare di nuovo sesso dopo quasi due anni mi mette un po’ di paura. «Puoi… fare con attenzione? È tanto che…»
«Farò tutto quello che vuoi, tesoro, tutto quello che vuoi…» mi rassicura, e mi accarezza la fronte con la punta delle dita prima di lasciarci un bacio.
Mi stringo più forte a lui mentre sento che si fa lentamente strada dentro di me, e trattengo involontariamente il fiato quando sento un po’ di fastidio al basso ventre. Sapevo che sarebbe successo, era praticamente una vita che non facevo sesso con qualcuno ed era impossibile evitarlo. Non appena sento che svanisce, torno a rilassarmi e quello che sto provando mi sembra la cosa più bella del mondo.
Edward comincia a muoversi dentro di me non appena gli faccio capire che va tutto bene, e ben presto scompare tutto. Scompare tutta l’ansia, la preoccupazione e tutti i pensieri strani che mi ero fatta sul non essere alla sua altezza… va tutto via, e l’unica cosa che rimane alla fine è l’immenso piacere e la voglia di sentirlo ancora di più, e sempre di più.
Inarco la schiena e assecondo i movimenti del suo bacino, che cominciano a diventare sempre più profondi e veloci. Il respiro mi si mozza nei polmoni ogni volta, e sono costretta ad aprire la bocca per riuscire a respirare meglio… oltre che a gemere in modo a dir poco indecente. Non posso farci nulla… voi che fareste se foste al posto mio?
Un bel niente, perché non ci sarete mai al posto della sottoscritta! Mai!
«Non… non fermarti!» un urlo mi esce dalle labbra quando Edward morde il mio seno, spiazzandomi per l’irruenza del suo gesto. «Non fermarti, ti prego…»
«Mai…» promette, e come se volesse davvero dare dimostrazione della promessa appena fatta, intensifica ulteriormente il ritmo delle spinte.
Getto la testa all’indietro, gemendo forte, e sento Edward che bacia e morde la pelle del mio collo mentre accompagna i miei sospiri di piacere. Sono costretta ad aggrapparmi con le mani ai suoi fianchi per non perdere del tutto la ragione.
Sento che ormai non mi manca molto per arrivare al culmine del piacere, ed infatti dopo poche spinte vengo con un urletto roco che cerco di soffocare contro la spalla di Edward, e lo stringo forte mentre il mio corpo è scosso da una serie di tremori che impiegano diversi secondi prima di andare via.
Sono ancora scombussolata per l’orgasmo appena provato, ma continuo a seguire i movimenti di Edward fino a quando non viene anche lui, con un gemito basso, uscendo da me poco prima che avvenga il ‘fattaccio’.
Torno a stendermi sul letto e trascino Edward con me, abbracciandolo stretto. Entrambi abbiamo ancora il respiro accelerato, ma questo non ci vieta di baciarci e di scambiarci una buona dose di dolci effusioni. Siamo ancora al buio, la corrente non deve essere ancora tornata. Chissà da quanto tempo è che manca…
Per quanto tempo abbiamo fatto sesso? Mi sembra che siano passati solo pochi minuti, ma mi sembra impossibile… in questo momento la mia considerazione del tempo che passa si è tipo inceppata.
«Tutto bene?» mi chiede Edward dopo avermi dato un ultimo bacio, e lo sento sorridere sulle mie labbra.
Annuisco, ricambiando il sorriso. «Perfettamente!»
Gli accarezzo le guance più e più volte, che cominciando ad essere un pochino ispide per via della barba. Lui sembra non accorgersi di questo dettaglio, perché altrimenti già mi direbbe di piantarla e andrebbe a tagliarla. Meglio così, mi piace un po’ barbuto.
«Pensavo che… non lo so, forse sono stato poco gentile, o…» borbotta, scostando il viso di poco.
«No, non è vero! È… sei stato perfetto, perfetto tesoro. È stato bellissimo, sul serio.» lo rassicuro, e gli faccio riavvicinare il viso per poterlo baciare ancora una volta.
Edward sospira, poggiando la fronte sulla mia; mi sembra che sorrida. «È bello saperlo…»
Sorrido anche io. «Che è stato bellissimo?»
«No, che sono stato perfetto! Il mio orgoglio è aumentato tantissimo, grazie piccola.»
«Ma…» mi riprendo in fretta dalle sue parole e lo spingo via, irritata. «Cretino! Voi maschi non pensate ad altro? Siete degli ipocriti!»
Lui ride a gran voce, fregandosene altamente della mia arrabbiatura, e torna a stendersi su di me, abbracciandomi. «Sto scherzando, Bella! Sai che non penserei mai ad una cosa simile.»
«Beh… però sei cretino lo stesso!» lo abbraccio anche io, sommergendo la testa nell’incavo del suo collo.
«Va bene, sono un cretino» sorride tra i miei capelli e li bacia, allontanandosi subito dopo. «Mi lasci andare, piccola? Devo… andare un secondo in bagno.»
«Oh!» lo capisco, è normale che voglia andare a ‘sistemarsi’ dopo averlo fatto. E adesso che me lo ha fatto notare, devo andarci anche io… non mi è mai piaciuta questa storia di non ripulirsi dopo aver fatto sesso… fa proprio schifo, ammettiamolo. Lo lascio andare subito. «Certo, vai. Dopo devo andarci anche io.»
«Va bene allora, ci metto poco.» Edward mi accarezza una guancia e poi si alza dal letto. Non appena lo fa, un senso di abbandono mi assale e sento improvvisamente freddo: il suo corpo mi scaldava, in un certo senso, e mi accorgo solo adesso che la temperatura a causa del temporale deve essersi abbassata, anche se di poco.
Recupero il lenzuolo e mi copro con quello mentre sento risuonare i passi leggeri di Edward, e dopo un po’ sento anche un tonfo, seguito da un esclamazione di dolore.
«Edward, che è successo?» chiedo, preoccupata.
Si è per caso ammazzato da solo?
«Niente… ho battuto la fronte contro lo stipite della porta.» borbotta lui, gemendo di dolore.
Naturale che fosse successo, siamo al buio e non si vede un’acca neanche a cinque centimetri di distanza, figuriamoci per trovare la porta del bagno… ma non posso fare a meno di ridere. È la serata delle testate, questa. Prima io, e adesso lui!
 

***

 
Apro gli occhi quando sento un movimento al mio fianco, restando un po’ disorientata per via del buio che c’è all’interno della camera. Sbadiglio, e con una mano mi strofino gli occhi assonnati mentre con l’altra cerco il corpo di Edward nel letto, ma non c’è.
«Edward?» lo chiamo con voce ancora bassa e roca per via del sonno, girando la testa.
«Sono qui.» la sua voce, bassa almeno quanto la mia, è molto vicina e infatti dopo qualche istante lo sento mentre si siede sul letto, accanto a me. «Sono andato a recuperare il cellulare…»
«Ah…» sbadiglio di nuovo, forse un po’ più forte di quanto dovrebbe essere. «Siamo ancora al buio?»
«Sì, credo che ci sia un guasto da qualche parte.» la sua mano mi accarezza i capelli, dolcemente. «È tardi, torna a dormire…»
«Solo se lo fai anche tu.» sulle mie labbra prende forma un sorriso divertito, anche se so che lui forse non riesce a vederlo.
Edward sospira, muovendosi sul letto. «Va bene, fammi un po’ di posto.»
Mi sposto su un lato del materasso mentre Edward prende posto in quell’altro, coprendo entrambi con il lenzuolo. Il letto è piccolo, e noi siamo costretti a restare sdraiati su di un fianco per entrarci entrambi, ma non è un problema. In questo modo siamo  molto più vicini del dovuto, e la cosa mi piace tanto.
Non appena Edward si è sistemato bene nel letto mi accoccolo contro di lui, poggiando la testa sotto la sua. Lui mi abbraccia, e stende un braccio sotto alla mia testa come se fosse un cuscino per me. Non appena lo fa, mi bacia la fronte.
«Adesso dormiamo, sono le tre e mezza… tra un po’ c’è la sveglia.»
Sbuffo, scocciata: la sveglia del campeggio è davvero una tortura per le nostre orecchie. «Odio quella sveglia!»
Ride, con la bocca ancora premuta sulla mia pelle. «Già, la odio anche io… non ha senso secondo me.»
«Sì che ce l’ha! Serve a romperci i coglioni, vedi tu se non ha un senso!» gli faccio notare. Con le dita comincio a tracciare un disegno indefinito sulla parte alta del suo petto.
«Non hai tutti i torti…» ammette.
Restiamo in silenzio, l’unica cosa che si sente nella stanza è il rumore leggero dei nostri respiri; Edward mi stringe ancora più forte contro di sé, e mi accarezza piano i capelli. Il movimento della sua mano mi rilassa, e sembra che se va avanti di questo passo posso anche addormentarmi di nuovo.
Chiudo gli occhi, sistemandomi meglio contro di lui.
«Ma che mi stai facendo, piccola strega, che mi stai facendo?» domanda Edward in un sussurro così basso che a stento riesco a sentire. Continua ad accarezzarmi i capelli, e sento che avvicina il viso al mio, baciandomi una guancia. «Stai diventando così importante per me…»
Va bene. Edward si sta praticamente confessando e sta ammettendo che per lui sono importante, una cosa che mi mette i brividi e che mi fa venire voglia di sommergerlo di baci… ed io che faccio? La bella addormentata nel bosco, visto che ci stiamo in mezzo ai boschi? No, non va bene per niente!
«Lo sei anche tu.» ammetto, aprendo gli occhi. Mi sposto su di lui e gli prendo il viso tra le mani, avvicinandomi fino a quando i nostri nasi non si sfiorano. «Sei importante per me, Edward. Ti voglio un bene così grande che potrei impazzire da un momento all’altro.»
«Io lo sono già invece, pazzo. Sono pazzo di te, mia Bella…» mi stringe forte, baciandomi profondamente.
Oh, al diavolo il dormire e la sveglia che suonerà tra meno di quattro ore! Al diavolo tutto!
Rispondo con estremo piacere al bacio, e nel giro di poco tempo siamo di nuovo impegnati a rotolarci tra le lenzuola.
 
  


__________________

Sono carini, non è vero? *w*

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Capitolo 12
*** Coccole, giochi e... amore? ***


The Camp Of Love - Capitolo12

Ciao, ciao!
Eccomi qui, con un nuovo capitolo tutto per voi! È solo una cosina di passaggio e non succedono molte cose, ma spero che vi piaccia ugualmente ;)
Il prossimo sarà già più importante, dovrei cominciare a scriverlo già domani … vediamo poi come vanno le cose u.u
Vi ringrazio per le recensioni, e per i nuovi lettori che continuano ad arrivare nonostante la storia sia già in fase inoltrata e prossima alla fine :’) grazie tante, vi voglio bene!
Un bacio, e buona lettura! Ci sentiamo presto :*

 
 
 

The camp of love

 
 

Capitolo dodici – Coccole, giochi e … amore?
 

31/07/2010
 

Emergo dallo stato di torpore in cui sono immersa quando la tanto odiata sveglia raggiunge le mie orecchie. Vorrei tanto sapere chi è quell’intelligentone che la suona ogni mattina … mi piacerebbe molto fargli sapere quanto l’apprezzo. Magari dandogli una legnata in testa.
Mugugno, infastidita, e mi copro la faccia con le braccia. Ho sonno, voglio dormire ancora! Non mi interessa se poi non trovo più nulla per colazione o se faccio tardi per le attività del giorno … io voglio dormire in santa pace e senza essere disturbata, magari fino a mezzogiorno!
Sono decisamente più contenta quando la sveglia smette di risuonare per tutto il campeggio, perché almeno posso tornare a fare quello che stavo facendo con estremo piacere: dormire! Mi accoccolo meglio e stringo il lenzuolo tra le mani, preparandomi a tornare nel mondo dei sogni.
Comincio ad incazzarmi sul serio quando sento qualcosa che mi solletica la punta del naso: non capisco che cosa sia, forse è una mosca. Quella cosa zampetta fino alla guancia, e sento che va oltre, verso la fronte.
Prima che possa disturbarmi ancora la elimino, con un colpo secco della mano … e non appena lo faccio, quella cosa si mette a urlare.
«Ahia!»
Apro gli occhi di scatto, sorpresa: le mosche non urlano, non sanno parlare, figuriamoci urlare! Ma quello che vedo mi lascia sorpresa, confusa e quasi impaurita. Di fianco a me, con il viso chinato e con le mani a coppa sul viso, c’è Edward.
Oddio, ho picchiato Edward! Ma che ci fa lui qui …?
La risposta a questa domanda può anche aspettare, devo prima vedere quanto male ho fatto al mio ragazzo – Ma quanto suona bene? Il mio ragazzo! -, che sembra stia patendo davvero le pene dell’inferno.
«Edward! Edward, ti ho fatto male?» chiedo, azzerando la poca distanza che ci divide.
Lui apre gli occhi, molto ma molto umidi, e mi lancia uno sguardo assassino. «Mi hai fatto male? Certo che sì! Mi hai quasi rotto il naso!» esclama, con la voce attutita dalle mani che tiene davanti alla bocca.

Merda, ne ho rifatta un’altra delle mie!
«Edward, davvero non volevo! Scusami!» mi affretto ad accarezzargli il viso e i capelli, oltre che a baciargli la fronte e a scusarmi ancora una volta. «Non sapevo che eri tu, credevo che fosse una mosca.»
«Una mosca un po’ troppo cresciuta, direi …» borbotta.
Sbuffo. «Senti, togli quelle mani, fammi vedere che ti sei fatto … che ti ho fatto.» mi correggo all’ultimo secondo, e non appena Edward toglie le mani controllo i danni che ha riportato grazie al mio colpo.
Non c’è sangue, per fortuna, e a parte la pelle arrossata del naso sembra che non ci sia neanche qualcosa di rotto … ha preso solo una bella botta.
«È tutto a posto, tesoro.» accarezzo con molta delicatezza la punta del suo naso prima di baciarla piano. «Non c’è niente che non va.»
«Meno male! Non mi andava proprio di andare all’ospedale oggi.» mi sembra abbastanza sarcastico, il ragazzo … oppure è soltanto una mia impressione.
«Non volevo farti male …» sussurro, abbracciandolo mentre gli bacio una tempia. «Ma che ci fai qui? Ti ha fatto entrare Angela?»
Edward alla mia domanda alza il viso, guardandomi in modo scettico. «Angela? Che c’entra Angela adesso?»
«Scusa, sei nella nostra stanza ed io non ti ho fatto entrare di certo, quindi è stata per forza lei …» muovo le braccia e mi guardo attorno mentre parlo, ma devo fermarmi quando noto un piccolo, ma proprio piccolo, particolare.
Non sono nella mia stanza.
Sgrano gli occhi, e improvvisamente la consapevolezza di quello che è accaduto la notte scorsa tra me e Edward mi invade il cervello: io e lui che facciamo l’amore, che ridiamo come cretini, di lui che va a sbattere contro la porta del bagno e … ancora noi due che facciamo l’amore.
Arrossisco, e abbasso lo sguardo. Mossa sbagliata! Mi accorgo di essere ancora nuda come mamma mi ha fatto! La vergogna sale a livelli altissimi, ed è con questo nuovo stato d’animo che mi copro fino alla fronte con il lenzuolo e che mi sdraio sul letto.
Ci avrò messo più o meno venti secondi a fare tutto questo.
«Bella, che hai adesso?» sento le mani di Edward che cercano di scostare la coperta, ma io la tengo stretta tra le dita. Non voglio che mi scopra, sono nuda. Nuda!
«Non provarci, Edward! Mi vergogno!» pigolo, arrotolando le lenzuola intorno al mio corpo e creando una specie di bozzolo.
«E di che ti vergogni? Ho già visto tutto quello che dovevo vedere!» esclama con fare ovvio, e ridendo.
Grazie alle sue parole, arrossisco ancora di più; apro un piccolo spiraglio tra le lenzuola, all’altezza degli occhi, e lo fulmino con lo sguardo. «Non mi aiuti così!»
Edward ridacchia di nuovo, abbassandosi verso di me. «Dai, piccola, esci da lì! Non ti devi vergognare … come vedi, anche io sono nudo e non me ne vergogno!»
È nudo?! Davvero, non me ne ero accorta! Non sto scherzando, non me ne sono davvero resa conto! Però, Bella, adesso basta fare la pudica con Edward … la notte scorsa non lo eri per niente!
Con lentezza, e con imbarazzo, allontano le lenzuola da me fino a quando non resto nuda davanti a lui, che mi sorride incoraggiante e che mi prende tra le braccia non appena sono libera da quella specie di bozzolo bianco.
«Eccoti qui, birichina! Buongiorno …» mormora, baciandomi dolcemente l’angolo della bocca.
Sorrido, stringendomi contro di lui. «Buongiorno.» ricambio il bacio. «Come va il naso adesso?»
«Un po’ meglio … ma non voglio ripetere l’esperienza tanto presto.» ammette, carezzandomi la schiena con entrambe le mani.
Che piacevole sensazione! Voglio restare tutta la giornata così, nuda tra le sue braccia, a fare scorta di coccole … ovviamente, anche Edward deve essere nudo, altrimenti si rovina tutta l’atmosfera.
Percorro con le labbra una leggera scia lungo la sua mascella, ispida di barba, prima di baciargliela in modo poco casto. Ridacchio. «Possiamo stare qui tutto il giorno?»
«Credo di no. Il brutto tempo è passato, quindi non c’è bisogno di stare chiusi dentro.» mi dice, e inarca le sopracciglia non appena nota lo scontento che è ben evidente sul mio viso. «Non ti va di andare in giro oggi?»
Scuoto le spalle, seppellendo il viso nel suo collo. «Volevo stare qui, con te … ma non fa niente.»
«Ehi …» mi fa rialzare il viso ed incrociare i suoi occhi. «Anche io voglio stare con te, sempre! Credimi, preferirei stare qui dentro con te tutto il giorno piuttosto che andare a controllare un branco di ragazzini maleducati.»
«E allora restiamo qui, diamo buca agli altri!» propongo, speranzosa.
Edward comincia a ridere, alzando il viso verso il soffitto. «Dio, sei una forza Bella!» esclama, tornando a guardarmi prima di baciarmi sulle labbra.
Questo è decisamente il primo vero bacio della giornata, ed è molto più infuocato e passionale di quanto sperassi. Mi aggrappo alle sue spalle mentre le nostre lingue cominciano una lotta all’interno delle nostre bocche.
Questo è un bacio da vietato ai minori, serve la censura!
Mugolo, con le labbra intrappolate in quelle di Edward, quando lui mi fa sdraiare e mi fa appoggiare la testa sul cuscino. Lo abbraccio, graffiandogli le spalle e ansimando quando sento i nostri sessi che si sfiorano. Mmm, qualcuno laggiù è già sveglio! Le voci sull’alzabandiera mattutina sono vere, allora!
«Faremo tardi … tardi!» gemo, per nulla convinta delle mie parole. Sti gran cazzi se facciamo tardi, non voglio assolutamente scendere da questo letto … o almeno, non prima di aver ricevuto la mia dose di porcaggine mattutina!
«Salteremo la colazione, allora.» è deciso mentre parla, e sono contenta di assecondare il suo volere.
Edward mi bacia il mento, il collo, la clavicola, poi scende sui miei seni e continua la sua discesa fino ad arrivare alla mia pancia. Lo osservo, con gli occhi socchiusi, mentre percorre con dovizia il bordo del mio ombelico prima di inumidirlo con la lingua. Chiudo gli occhi, a causa della scossa di piacere che quel gesto mi ha procurato.
Quando li riapro, Edward sta baciando ripetutamente le mie anche e con le mani mi accarezza le natiche. I suoi occhi, diventati improvvisamente più scuri, sono puntati nei miei e sembrano domandarmi qualcosa. Se è quello a cui sto pensando anche io … oh, ti prego, se è quello a cui sto pensando anche io, che si spicciasse a farlo!
«Lo vuoi, Bella?» domanda con voce roca, spostandosi con le labbra sul mio pube e baciando quel punto ripetutamente, mozzandomi il fiato ogni volta che lo fa.
«Oh!» di certo non è la risposta che si aspetta lui, ma al momento è l’unica cosa che riesco a formulare. Mi schiarisco la gola, e mi mordo le labbra. «Ti prego, Edward … fallo!» esclamo, abbandonando completamente ogni pudore.
Lui sorride, facendomi l’occhiolino, e dopo avermi fatto allargare le gambe abbassa il viso sulla mia intimità … ed io muoio.
«Oh, porca merda!» esclamo senza fiato, aggrappandomi ai suoi capelli.
Questo sì che è un buon modo per cominciare la giornata!
 

***

 
Io e Edward ci siamo persi la colazione, ma come mi ha fatto gentilmente notare lui, è stato per una buona causa. Già, una buona causa!
Abbiamo passato più di un’ora e mezza su quel letto, scoprendo meglio il corpo l’uno dell’altro e capendo cosa ci fa veramente impazzire. Beh, io una cosa l’ho scoperta: amo alla follia il modo in cui Edward usa la bocca e le dita su una parte ben precisa del mio corpo!
Non vi spiego quale, tanto avete già capito da sole … porcelle!
A parte gli scherzi, la sessione di sesso di questa mattina mi ha aiutato tantissimo: mi sono lasciata andare completamente, mettendo da parte l’imbarazzo e godendomi tutto quello che Edward mi stava regalando … e non sono rimasta delusa per niente, anzi, tutto il contrario!
E pensare che più andremo avanti, e più le cose si faranno interessanti … oddio, devo assolutamente fermare la mia mente perversa prima di perdere il controllo e di riportare Edward in camera sua.

Basta, Bella. Per fare le zozzerie avete tutto il tempo del mondo … ma adesso dovete svolgere il vostro compito di accompagnatori!
Già, la mia vocina/coscienza ha ragione. Hey, ma da quanto tempo non ti sentivo! Come stai?
Bene, grazie.
Oh, perfetto, adesso parlo anche con il mio cervello … Edward, mi hai rincoglionito alla perfezione! Ma grazie lo stesso.
Scuoto la testa, grattandomi la fronte.
Edward stringe forte la mia mano mentre andiamo verso il centro operativo del campo: in sala mensa non c’era nessuno quando siamo passati a controllare e a prendere qualcosa da mangiare – e certo che non c’era nessuno, mica aspettavano noi! -, e visto il casino che c’è qui non penso che siano andati a svolgere qualche bella attività.
Il temporale di ieri notte ha rovinato i piani, anche se non ha fatto tutto il macello che mi ero aspettata. Il cielo è ancora coperto da nuvoloni grigi, ma sono quelli innocenti che non portano pioggia … e l’aria è più fresca, piacevole dopo tutte quelle settimane di caldo infernale. Ho persino messo i pantaloni della tuta, io che ho sempre indossato shorts e bermuda fino a ieri.
«Dici che sono tutti lì?» chiedo, lanciando una veloce occhiata al viso di Edward.
«Penso di sì … Ben mi ha mandato un sms, dice che ci stanno aspettando.» risponde.
«Quindi non lo pensi, ne sei sicuro!» esclamo, prima di sgranare gli occhi ricordando la seconda parte della frase. «“Ci stanno aspettando”? Quindi sanno che stiamo arrivando insieme?»
«Visto che stamattina abbiamo dato buca alla colazione, hanno fatto due più due.» Edward mi guarda e inarca un sopracciglio verso l’alto, sorridendo sghembo. «Perché, ti preoccupa?»
«Non mi preoccupa questo.» tutti ormai sanno che facciamo coppia fissa, sarei una stupida a vergognarmi per questo motivo. «Non è che pensano che … avevamo di meglio da fare piuttosto che fare colazione?»
«Secondo me, lo stanno già pensando.» la risposta di Edward mi lascia spiazzata.
Bene, adesso tutti sanno che, mentre loro facevano colazione con calma, noi eravamo impegnati a fare ‘fiki fiki’ come due conigli in calore.
Come farò a guardarli in faccia come se niente fosse? Che imbarazzo!
«Oh merda!» squittisco, sentendo le guance andare a fuoco. Le copro con le mani, come se questo possa bastare a farle tornare normali.
«Che ti prende adesso?» mi chiede Edward sconsolato, voltandosi verso di me. Lui, rispetto alla sottoscritta, è tranquillo e non sembra che gli dia fastidio che tutti sappiano quello che stavamo facendo poche ore fa.
Lo guardo, sconcertata e ancora imbarazzata. «A te non da fastidio che tutti sappiano?»
Scuote le spalle, sorridendomi. «No … non siamo né i primi né gli ultimi a fare un po’ di sesso, piccola.» mi raggiunge e poggia le mani sulla mia schiena, facendomi così avvicinare a lui. «E poi noi siamo più belli e bravi, devono essere invidiosi!»
Scoppio a ridere, con la fronte poggiata al suo petto. Devo capire come riesce a farmi ridere ogni volta che sono imbarazzata o a disagio per qualcosa … è un genio, non c’è niente da fare.
«Sei sempre modesto, tu, chissà perché …» mormoro. Alzo il viso, e dopo averglielo circondato con le mie mani lo bacio.
Edward risponde al bacio e lo approfondisce, facendo incontrare le nostre lingue e muovendo le labbra in sincrono con le mie. Mi stringo di più a lui e mi godo questo nuovo bacio, non molto innocente ma neanche infuocato e da film porno come quelli che ci siamo scambiati mentre eravamo ‘impegnati’ nella sua camera.
«Okay, okay …» Edward mi bacia un’ultima volta le labbra e mi lascia andare, con il respiro corto come il mio. «Raggiungiamo gli altri prima che ti riporti in stanza.»
«Perché non lo fai?» lo provoco, accarezzando con le labbra la sua mano, che ho intrappolato nella mia.
«Non mi stuzzicare, Bella, potresti pentirtene.» mi ammonisce, e con una risata riprende a camminare e mi trascina con sé.
Quando arriviamo nello spiazzo che ci aveva accolto durante il nostro arrivo al campeggio, troviamo tutti i bambini e i vari accompagnatori riuniti lì, che chiacchierano tra di loro. Sembra che stiano aspettando qualcuno … spero che quel ‘qualcuno’ non siamo io e Edward.
Dopo aver individuato Angela, Ben e gli altri – Seth e Tanya –, li raggiungiamo e mentre ci spostiamo sono sollevata di notare che nessuno sembra darci troppa attenzione. Siamo quasi invisibili … forse prima mi stavo facendo troppe paranoie per niente.
Tipico di me.
«Buongiorno ragazzi.» Edward saluta il gruppo prima che possa farlo io, quindi mi limito ad agitare la mano in segno di saluto.
«Alla buon’ora! Cosa stavate facendo, si può sapere?» ci sgrida Seth, guardandomi alla ricerca di spiegazioni. Ma una manica di affaracci tuoi no, eh?
«Non ti racconterò niente, puoi anche smetterla di guardarmi in quel modo.» rovino subito le sue aspettative, sorridendo malignamente.
«Beh, vorrà dire che mi racconterà tutto Edward … vero?» guarda speranzoso il mio ragazzo, ma resta deluso anche da lui.
«Scordatelo, Seth!»
«Che stronzi che siete, proprio stronzi!» sbuffa, e infastidito se ne va via.
«Non si aspettava davvero che gli raccontassimo tutto?» domando in un sussurro a Edward, osservando divertita Seth che nel frattempo ha raggiunto Tyler.
«Credo di sì … è pazzo.»
«Cugino, smettila di tubare con la tua picciona e vieni qui, ti devo parlare.» Tanya interrompe i nostri discorsi sussurrati e fa cenni in direzione di Edward, invitandolo a raggiungerla.
Lui sbuffa, scocciato. «Che palle che sei, Tanya.»
«Non dire così, sono tua cugina!» si lamenta lei.
«Appunto, che palle!» esclama, raggiungendola.
Divertita da quel battibecco tra cugini, mi sposto di pochi metri e raggiungo Angela, che è rimasta in disparte con suo marito. Ben mi saluta con un sorriso e dopo aver dato un bacio sulla guancia della moglie scappa via, come se volesse evitarmi.
Guardo confusa la mia amica. «Perché è andato via?»
«Perché sa che ti voglio parlare, e ci ha lasciato sole per farlo.» mi sorride, e mi circonda le spalle con un braccio. «Allora? Com’è stato? Racconta!»
«Cosa devo raccontarti?» faccio la vaga: voglio vedere se mi sta chiedendo proprio quello a cui sto pensando.
«Su, non farti pregare! Tu e Edward avete fatto sesso … com’è andata?» domanda ancora, socchiudendo gli occhi.
«Chi ti dice che abbiamo fatto sesso?»
«La tua faccia!» risponde prontamente, indicando il mio viso con un dito. «Sei rilassata, felice e allegra … hai provato più di un orgasmo, si nota a chilometri di distanza bella mia!»

Merda!
«Si nota così tanto?» chiedo allarmata, coprendomi le guance con le mani.
«Sì, ma … non è così brutto come pensi! Significa che va tutto bene … va tutto bene, vero?»
Annuisco, arrossendo: non posso fare a meno di ricordare gli avvenimenti della notte scorsa e di questa mattina. «Sì, va tutto bene.»
Angela sorride, contagiando anche me. «Quindi, credo che non ti vedrò molto spesso da ora in avanti …»
Ridacchio. «Credi bene, carissima!»
Un paio di minuti dopo, ci raggiungono Odette ed il suo squadrone di animatori; quindi, sono loro quelli che stavamo aspettando. Io non lo sapevo, l’ho appena scoperto! Li osservo mentre salutano qualcuno e prendono posto al centro dello spiazzo, con tutti noi a circondarli.
«Tu sai cos’è che devono dirci?» chiedo ad Angela.
Lei scuote la testa, mordendosi le labbra. «No. Forse ha qualcosa a che fare con il temporale della scorsa notte …»
Annuisco, forse ha ragione lei.
Odette, una volta che ha finalmente finito di sorridere a tutti, comincia a parlare … oddio, non ricordavo che la sua voce fosse così nasale! Deve aver preso freddo la notte scorsa, sì.
«Buongiorno a tutti! Oggi avevamo in programma una nuova escursione, ma visto il maltempo della scorsa notte ho deciso, insieme agli altri, di rinviarla alla prossima settimana …» spiega, scostandosi dalla fronte una lunga e ribelle ciocca ricciuta. «… e per oggi, abbiamo deciso di dare il via a un torneo!»
Inarco le sopracciglia: un torneo? È una novità.
«Un torneo di cosa, signorina Odette?» chiede una bambina minuscola, in prima fila. Potrebbe essere la figlia di Odette per via di tutti i capelli che si ritrova sulla testa.
Odette sorride, alla bambina, battendo le mani. «Un torneo di football! Voi bambini siete in tanti, abbastanza per creare otto squadre e per sfidarvi. La squadra vincente verrà premiata con un trofeo …»
«Un torneo di football, wow!» esclama Angela, entusiasta. «Mi sono sempre piaciuti, al liceo ho cercato persino di entrare nella squadra maschile ma non mi hanno accettata!» sbuffa, forse ripensando a quell’episodio.
Sorrido, divertita. «Forse era strano vedere una ragazza in campo …»
«No, era strano vedere che una ragazza era più forte di tutta la squadra messa insieme!» ribatte lei, piccata. «Non sai quante volte mi sono intrufolata ai loro allenamenti solo per poterli intimidire! Era troppo divertente!»
«Ma dai, non ci credo!»
Troppo prese dalla nostra discussione, non ci rendiamo conto subito che Odette ha smesso di parlare e che tutti quanti stanno andando via: è Edward a farmelo notare, prendendomi sottobraccio e trascinandomi via.
«Perché mi distraggo sempre quando parla quella?» gli chiedo, davvero voglio capire perché succede sempre così!
«Perché è noiosa, forse?»
«Un po’ noiosa lo è davvero.» annuisco tra me, prima di guardarmi intorno. «Dov’è che stiamo andando?»
«Al campo da football che hanno improvvisato … dove eri con la testa quando lo hanno spiegato, scusa?» mi sa che Edward non ha capito in pieno quanto mi distraggo quando parla la capa.
«Mi sono distratta, non è colpa mia!» mi giustifico, alzando in aria le mani.
«E invece sì, è colpa tua!» esclama, e dopo due secondi mi abbraccia, sollevandomi da terra.
«No, Edward! Mettimi giù, mettimi giù!» delle urla stridule escono dalle mie labbra, insieme alle risate, mentre mi dibatto per liberarmi.
«Dammi un bacio prima, poi ti lascio andare.» Edward mi sorride, facendomi l’occhiolino.
Se me lo dice così, non posso proprio dirgli di no … che carino che è. Gli circondo il collo con le braccia e lo bacio, avvinghiandomi con le gambe alla sua vita.
Se continuiamo così, al campo di football non ci arriviamo … cambiamo strada e torniamo in camera a divertirci come piace a noi!
 

***

 
No, alla fine in camera non ci siamo tornati. Gli altri ci hanno beccato ad amoreggiare prima ancora che potessi avere il tempo di proporlo a Edward, e quindi dopo che ci hanno fatto scollare le labbra ci hanno trascinato al campo di football improvvisato.
L’idea di Odette di organizzare un torneo per i bambini è stata davvero carina, anzi, davvero grande! È stato divertente vederli correre, urlare e azzuffare per guadagnare la palla e per segnare punti … mi sono divertita persino io, che di sport non capisco un acca e che non l’ho mai praticato.
Il mio massimo è stato prendere lezioni di nuoto, mia madre mi ci portò la prima volta quando avevo appena quattro anni e da allora non mi sono mai più mossa da una piscina. Adoro nuotare, anche se non ho mai provato a gareggiare a livello agonistico. Il mio è un hobby, e nuotare mi rilassa moltissimo: mi aiuta a scaricare lo stress che, spesso e volentieri, accumulo con il lavoro.
È un bene che a casa della nonna ci sia la piscina … non ringrazierò mai abbastanza il nonno per averla fatta costruire!
Tornando al torneo che si sta ancora disputando, quattro squadre sono appena state eliminate, mentre le altre quattro sono entrate in semifinale e si sfideranno per andare in finale. Sono contenta e super accanita in questo preciso momento, perché tra le quattro c’è anche quella formata dai miei ragazzi!
Se sapessi come funziona bene il gioco e se sapessi a memoria le sue regole, chiederei di diventare il loro coach! Regalerei loro anche l’attrezzatura necessaria e le divise con il logo della mia azienda … ma non posso farlo. Qui non servirebbero a molto, e ormai è tardi per pensarci. Siamo quasi alla finale, non c’è più tempo!
«Ma che bravi che sono! Che bravi!» esclamo, battendo le mani mentre osservo i miei bambini uscire dal campo, contenti per aver appena vinto la partita. «Una partita fantastica!»
«Ma se mi hai chiesto tutto il tempo cosa stava succedendo! Non ci hai capito un cazzo!» mi rimprovera Seth, smontando così il mio entusiasmo.
Lo fulmino con lo sguardo. «Non dire così, ho capito quello che basta. Abbiamo vinto, e … e siamo arrivati in semifinale!»
«Questo è tutto quello che hai capito?» adesso lui mi sembra sconcertato, e alza gli occhi al cielo. «Quanto sei messa male, amica mia!»
«EHI!»
«Non dire ‘Hey!’ con quel tono! Sei un disonore per tuo padre e tuo fratello, loro amano lo sport … ma da chi hai ripreso?»
«Da mia madre, senza dubbio.» rispondo prontamente. «Lei odia lo sport, e mentre papà e Jasper guardavano il canale sportivo io e lei … facevamo l’uncinetto.»
Seth si sta sforzando di non ridermi in faccia, senza successo però: si capisce anche a distanza di chilometri. «L’uncinetto, roba forte. Almeno adesso so a chi rivolgermi se mi serve una bomboniera …»
«Seth, vai a farti fottere!» urlo. Non mi piace il modo in cui mi sta prendendo in giro.
«Seth, perché stai facendo arrabbiare la mia ragazza?» Edward si avvicina a noi due e mi cinge i fianchi con le braccia, osservando Seth.
Oh, mio salvatore! Meno male che sei arrivato! Difendi la tua ragazza dalle prese per il culo di questo zoticone!
«Perché invece di imparare ad amare lo sport, faceva la maglia e l’uncinetto.»
«COSA?! Bella! Non va bene questo!» il mio ragazzo, quello che dovrebbe difendermi e così mandare a quel paese Seth, mi guarda scioccato e mi rimprovera.
Mio salvatore di merda, tornatene da dove sei venuto!
«Oh, senti, non cominciare anche tu!» sbotto, irritata. «Non è colpa mia se lo sport è così complicato e non lo capisco!»
«Complicato? Non è complicato per niente!»
«Smettetela di urlare come cretini! Odette sta per dire qualcosa, quindi state zitti!» Angela, con un tono che non ammette repliche, mette fine al nostro battibecco.
Dopo aver lanciato un ultima occhiata di fuoco al mio amico, riporto lo sguardo sul campo dove fino a pochi minuti fa stavano giocando i bambini, e dove adesso c’è Odette che sta aspettando che tutti smettano di parlare prima di prendere lei stessa la parola. Non appena questo accade, comincia un altro dei suoi soliti discorsi di cui io perdo sempre la fine. Stavolta prometto di fare la brava e di ascoltare fino alla fine quello che ha da dire.
«Visto che il pomeriggio sta finendo, la seconda parte del torneo si terrà domani. I bambini che sono ancora in gara così hanno il tempo di riposarsi un po’ … e adesso che abbiamo ancora un po’ di tempo, si disputerà l’ultima partita: accompagnatori contro animatori!»
Aspettate un momento: ho capito bene quello che ha detto oppure mi sono immaginata tutto? Accompagnatori contro … animatori?! Devo giocare anche io?!
Non se ne parla!
«AW che bello! Si gioca, si gioca! Finalmente!» Angela, al mio fianco, comincia a battere le mani e a saltare sul posto, euforica per quella notizia.
«Io non gioco, non gioco.» mormoro tra me, allarmata.
È assolutamente escluso che io giochi quella partita, assolutamente! Non so giocare a football, sono negata in qualsiasi gioco di squadra e non … tranne quelli da tavolo, a Monopoli vinco sempre! E l’unica volta in cui ho preso parte a una partita di football, ho dovuto portare il gesso al braccio per sei settimane.
No, io non gioco.
Tutti quelli che saranno coinvolti nella partita sono contento quasi allo stesso livello di Angela, e già cominciano a decidere chi giocherà e chi resterà invece come riserva per il momento. Nessuno sembra accorgersi di me, l’unica che ha la faccia da funerale.
Forse, se mi allontano senza dare nell’occhio, nessuno ci farà caso.
Mi volto e faccio qualche passo, allontanandomi da tutta quella confusione … ma qualcuno mi prende per la vita e mi solleva, rendendo vano il mio tentativo di fuga.
«Aaaaaaah! Lasciami, lasciami! Mettimi giù!» non so chi sia la persona che mi ha bloccato, ma questo non mi vieta di prendendo a calci e pugni. Tié, beccati questo!
«Bella … smettila! Ahia!» oh mamma, è Edward! Oggi è la seconda volta che lo prendo a botte, che vergogna!
«Edward?! Lasciami andareeeeee per favore!» smetto di dimenarmi e lo imploro di rimettermi a terra … ma lui non lo fa.
«No, devi venire a giocare. Ci servi in squadra, piccola!»
«No che non vi servo! Non so giocare, lasciami andare via!»
«Dai, che ti diverti! Siamo anche in squadra insieme, ti aiuto io … promesso!» Edward mi bacia i capelli e, con me ancora tra le braccia, mi conduce verso gli altri.
Incrocio le braccia al petto, immusonita. «Edward Cullen, sei una testa di cazzo! Ti odio!»
Lo sento ridere. «Ti voglio bene anche io, tesoro mio.»
 

***

 
«Piano … ah! Fai piano, per favore!» stringo gli occhi, per via del dolore che ho provato quando mi ha toccato.
«Scusami, faccio più attenzione.» Edward torna a sfiorare il livido che ho sullo zigomo, ma lo fa con più delicatezza, e sento che comincia a spalmare su di esso la crema per le contusioni.
«Se dovevo beccarmi una gomitata in faccia, facevo prima a non giocare …» borbotto, aprendo gli occhi. Comincio ad osservare il viso rilassato e concentrato del mio ragazzo, tutto assorto nel suo compito di infermiere improvvisato. Lui ha un taglio sopra al sopracciglio, ma è una ferita superficiale di cui mi sono già occupata …
«Capita, con questo tipo di gioco … però ti sei divertita, dì la verità!»
Sorrido, è inutile che lo nasconda. «Sì, mi sono divertita.»
Non so giocare a football, e questo va bene, però è stato troppo bello prendere parte a quella partita. Ognuno di noi, in squadra, si è dato un sacco da fare e alla fine siamo riusciti a raggiungere l’obiettivo che ci eravamo prefissati … ossia, vincere!
Il mio ruolo nella partita? Quello di distruggere gli altri avversari … però alla fine mi sono distrutta io. Il livido viola e giallo sul mio viso ne è la testimonianza, oltre alle ossa indolenzite.
«Ecco fatto! Se ti fa male, o si gonfia, ci mettiamo sopra un po’ di ghiaccio …» Edward posa la pomata sul comodino e mi sorride, dandomi un bacino sul naso.
«Grazie, infermiere! Non so cosa avrei fatto senza di lei …» dico, abbracciandolo all’altezza delle spalle.
«Eh già, cosa avrebbe fatto senza di me, signorina Swan? Sa, sono davvero curioso di saperlo.»
«Mah … avrei trovato qualcun altro, e più bravo di lei! Forse Tyler …»
Il viso di Edward muta di espressione non appena dico quel nome, e aggrotta le sopracciglia. «No, niente Tyler! Mi pesa ancora il fatto che ti veniva dietro!»
«Ma io gli ho sempre detto di no, ho fatto la brava.» gli sorrido, tirandogli le orecchie. «Lui … non mi è mai piaciuto. Preferivo te, di gran lunga!»
«Ma mi odiavi!»
«Eri uno stronzo, ma … no, non ti odiavo.» arrossisco, dicendo la verità sui primi giorni di campeggio, dove non riuscivo a sopportarlo ma intanto provavo già attrazione per lui. «Mi sei piaciuto da subito, a dire la verità.»
Un enorme sorriso prende vita davanti ai miei occhi, ed è così contagioso che comincio a sorridere anche io. Dio mio, possibile che ogni volta sia così? «Davvero? Sai che vale la stessa cosa per me?»
«Sì?»
Annuisce. «Ti avevo notata quando stavi litigando con le tue valige, e quando ti sei voltata … wow! Non pensavo che …»
«Che fossi così rimbambita?» domando, ricordando la frase che ha dato inizio alle nostre scaramucce.
Ride, scuotendo la testa. «No. Non pensavo che fossi così bella … e bassa.»
«Ma sentilo! Non riesci a restare serio per più di due minuti di seguito!» ridacchio, stringendomi meglio nel suo abbraccio e appoggiando il mento sulla sua spalla.
Edward, grazie alla posizione in cui ci troviamo, comincia a solleticarmi il collo con le labbra ed io, come sempre, comincio a pensare cose impure. Ogni volta che siamo così vicini, così intimi, il mio cervello va in pappa e non penso a nulla che non riguardi il fare sesso con lui in tutti i modi, in tutti i luoghi e in tutti i laghi.
C’è una canzone che fa così … o mi sbaglio?
«Edward …» mugolo, cominciando a mordermi il labbro inferiore.
«Sì …» mormora in risposta, non smettendo però di torturarmi il collo.
«Non smettere, ti prego …»
«Non ne ho la minima intenzione, amore mio.»

Amore mio? Ha davvero detto … amore mio? Dio, credo di essermi sbagliata! O si è sbagliato lui? Ho anche paura di farglielo notare. E se non si è sbagliato e lo ha detto perché ne è consapevole, io che faccio? Lui mi ama … ma io lo amo?
Oddio, non lo so! E le sue labbra, che stanno scendendo verso i miei seni, non aiutano per niente! Com’è piacevole, però …
Le forze mi abbandonano, e sono costretta a cedere all’iniziale piacere che comincio a sentire. Non se sono dispiaciuta, però, ne sono davvero ma davvero felice!
Forse gli chiederò di quell’“Amore mio” più tardi …
 
 
 
 

________________

Stavolta Bella l’ha sentito eccome, l’“Amore mio”! Vorrà pur dire qualcosa, no? Io lo so … ma per adesso non dico niente u.u

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Capitolo 13
*** Oltre al danno, la dichiarazione... dichiarazione? ***


The Camp Of Love - Capitolo13

*toc toc* c’è nessuno?
Sì, sono tornata tra voi!
Il motivo per cui ho tardato ad aggiornare questa volta non è stato il solito blocco dello scrittore, o la mancanza di ispirazione. Ho avuto alcuni problemi familiari che mi hanno colpita molto, e che di conseguenza mi hanno fatto passare la voglia di scrivere. Adesso però si è tutto sistemato, diciamo così, e ho ripreso a scrivere con calma … pensate che ho quasi ultimato questa storia! Mi manca un capitolo da scrivere e poi metterò la parola ‘fine’ anche qui °-°
Quindi, gli aggiornamenti per ‘The campo f love’ saranno più o meno puntuali, conto di aggiornare una volta a settimana :D
Bene, e adesso vi lascio leggere. Però, prima voglio dirvi un paio di cose: questo capitolo è quello più importante, e devo scusarmi con voi se vi sembrerà un po’ strano. C’è una ‘situazione’ che io non ho mai provato, e su cui ho dovuto fare delle ricerche per scriverla al meglio … se non ci ho preso, o se fa schifo, mi scuso con tutte voi °-°
E, per ultimo, vi lascio un paio di link che potrebbero tornarvi utili: sono il mio profilo Facebook, per chi volesse aggiungermi tra gli amici, e quello del gruppo delle mie storie! L’ho fondato da poco, ed è ancora vuoto XD ma se volete entrare a farne parte basta che mi mandiate la richiesta ed io lo farò subito :) ecco a voi Little Talks.
Bene, adesso vado che le note sono abbastanza lunghe stavolta XD vi ringrazio per avermi aspettato – ancora una volta XD – e … buona lettura!
Alla prossima :*

 
 
 

The camp of love

 
 

Capitolo tredici – Oltre al danno, la dichiarazione… dichiarazione?
 

02/08/2010
 

«Avete fatto sesso?! Ma mi prendi per il culo o stai dicendo la verità?» l’esclamazione sorpresa di Alice giunge fino al mio povero orecchio, rischiando quasi di rompermi il timpano.
«Alice, non urlare! Potrebbe sentirti qualcuno!» la sgrido.
«Tranquilla, non mi sente nessuno … sono in auto, da sola, quindi posso urlare quanto mi pare e piace!» dice, compiaciuta di quel fatto.
«Sei in auto? E dov’è che stai andando?» domando, e dopo che l’ho fatto mi viene in mente un’altra cosa. «E che ci fai in piedi a quest’ora?»
A Napa sono passate da poco le sette del mattino: nel Maine siamo tre ore avanti, e alcune volte mi dimentico del fuso orario. Mi chiedo cosa stia facendo quella pazza di mia cognata in giro a quest’ora …
«Devo andare in agenzia, ho un po’ di lavoro da sbrigare … ma non provare a cambiare discorso! Tu e il tuo spasimante avete fatto sesso e me lo racconti solo adesso?! Sei pessima, cognata, davvero pessima!»
Sbuffo. «Alice, non mi piace mettere i manifesti sulla mia vita sessuale! Mi conosci, pensavo che lo avevi capito da sola …»
«Sì, lo so … ma sono la tua confidente! E tu sei la mia, o mi sbaglio?»
«Purtroppo sì, lo sei …» rabbrividisco al ricordo di come Alice, appena tornata dalla luna di miele, mi ha raccontato per filo e per segno la maratona di sesso sfrenato che ha avuto con mio fratello.
Non è bello sentire le prestazioni di Jasper, per niente! Mi ha bloccato la crescita! Beh, quella in realtà si è bloccata già da tempo, adesso che ci penso …
«Ecco, quindi raccontami tutto! È bravo a letto?» domanda Alice, interrompendo così i miei pensieri.
«Ma che cazzo di domande fai? Fatti gli affaracci tuoi!» squittisco, sentendo le guance andare a fuoco.
«Oh Bella, ti imbarazzi per così poco? Non oso immaginare quando ti sei trovata davanti a Edward, allora!» scoppia a ridere, ed io mi arrabbio.
Come osa?!
«Alice, piantala subito! E sì, è bravo a letto, più di Jasper!» esclamo.
Dall’altra parte della cornetta non sento più niente. Forse Alice è morta. Oh, madonna mia! Ho ucciso mia cognata! E adesso chi glielo dice a Jasper? E a Rosalie? E ai signori Brandon, piuttosto! Quelli mi uccidono!
Okay, mantieni la calma …
«Che ne sai tu di com’è tuo fratello a letto?» bisbiglia – finalmente! – lei, ed io sospiro di sollievo. Non ho ucciso nessuno, evvai!
«Ricordo i … tuoi discorsi interessanti sulla tua luna di miele. Purtroppo.» le spiego. Mi appoggio contro la corteccia di un albero, mi sono stufata di camminare senza una meta.
«Ah già, è vero, ti ho raccontato tutto! Quindi Edward è super dotato … se è davvero così ti invidio, cognatina!» dice, entusiasta.
Arrossisco di nuovo, e devo persino schiarirmi la gola per evitare di strozzarmi con la mia stessa saliva. «Mi avvalgo della facoltà di non replicare a questa affermazione, Alice. E adesso scusami, ma devo proprio andare … sai com’è, la vita di campeggio …»
«Certo, Bella, certo … usa i preservativi, mi raccomando! Non voglio vedere tuo padre incazzato se ritorni a casa incinta, e neanche tuo fratello se è per questo …»
«Alice, smettila! Pensa per te, piuttosto!»
«Lo farò, non preoccuparti. Ci sentiamo più tardi, tesoro.»
«Certo, certo.»
Chiudo la telefonata, e resto per qualche secondo ad osservare lo schermo oscurato del telefonino prima di riposarlo nella tasca degli short. Un sorriso mi aleggia sulle labbra, mentre ripenso alle parole di Alice.

“Se è davvero così ti invidio, cognatina!”, ha detto. Beh, cara Alice, io non te lo dirò mai – mi vergogno troppo per farlo! -, ma … ma invidiami pure quanto vuoi. Io Edward non me lo faccio scappare di certo, e non solo perché il sesso con lui è spettacolare … ma perché sento che è la persona giusta per me.
Non sono ancora sicura dei sentimenti che provo per lui, ma so che gli voglio molto bene e che è qualcosa che non ho mai provato veramente in tutta la mia vita. È intenso. Non so se è amore, o qualcosa che gli va molto vicino … ma so che è qualcosa per cui vale la pena trascorrere insieme queste ultime settimane di vacanza prima di tornare alle nostre vite di sempre, e di affrontare una relazione a distanza.
Questa storia della relazione a distanza mi preoccupa un po’, ad essere sincera. Non ne ho mai affrontata una, e non so come ci si deve comportare in una simile circostanza … non so neanche se avrò la pazienza necessaria per sopportare la distanza che ci separerà dalla metà di agosto in avanti! Però so che ce la devo mettere tutta per farla funzionare … devo farlo per noi due.
Io non voglio perderlo, per nessuna ragione al mondo.
Con questi pensieri che continuano a girarmi in testa, mi stacco dall’albero e riprendo il mio vagabondare per il campo. Oggi sono tutti impegnati in uno pseudo torneo di scherma – dannata Odette ed i suoi tornei! -, ma io me ne sono andata quasi subito. Mi annoiava terribilmente.
Ho avuto anche paura che facessero partecipare anche me, lo ammetto. Mi è bastato e avanzato il torneo dell’altro giorno, e non sarei stata molto entusiasta se avrei dovuto prendere parte anche a questo.
Ho ancora i segni della mia ‘impresa titanica’: il livido sul mio zigomo da viola è diventato di un orrendo color verde marcio, non sono riuscita a coprirlo neanche con il correttore. Mi fa schifo solo guardarlo, e non capisco come faccia Edward a vedere la mia faccia senza schifarsi anche lui.

Perché lui ti ama!, mi suggerisce la mia vocina/cervello/coscienza.
Già, lui mi ama.
Ormai ripenso sempre più spesso a quelle due misere parole che Edward mi ha detto un paio di sere fa, anche se credo che non si sia reso conto di averlo fatto.
Dopo aver fatto di nuovo sesso, presi com’eravamo in una nuova performance di coccole innocenti, sarebbe stata l’occasione perfetta per chiedergli cosa intendeva con quelle parole … ma non l’ho fatto.
Questo perché sono una codarda, e perché ho avuto paura di sentire di nuovo quell’‘Amore’ uscire dalle sue labbra perfette. E poi, come vi ho detto poco fa, non so bene cosa provo io nei suoi confronti … ho temuto di offenderlo, se dopo avermi confessato il suo amore per me gli avessi detto quelle cose.
Che figura ci avrei fatto?
Per fortuna mi sono trattenuta, e ho preferito evitare una spiacevole situazione. Se riuscissi a capire meglio la portata dei miei sentimenti verso di lui, potrei anche evitarmi tutte queste ed inutili seghe mentali e confessarglieli direttamente! Almeno così saremmo tutti e due contenti.
«Bella! Bella! Aspettami!» sento la voce di Angela che mi chiama, e voltandomi la vedo che sta correndo verso di me. Ha un sorriso enorme sulle labbra e gli occhiali di traverso, e penso che non si sia accorta di quest’ultimo particolare.
«Ehi, Ang! Che succede?» chiedo, e per la prima volta uso il nomignolo che ho scoperto piacergli particolarmente.
Angela non ama, come dire, i diminutivi troppo femminili e troppo carini del suo nome, come Angie, Angelina e via dicendo: lei, per tutti, è Ang. Una volta mi sono sbagliata e l’ho chiamata Angie, e mi è quasi saltata addosso come una pazza, con tanto di unghie scoperte come i gatti.
Ci ho ripensato due volte prima di chiamarla di nuovo in questo modo.
Angela mi raggiunge e si raddrizza gli occhiali, scrollando le spalle. «Niente! Ho abbandonato anche io quel torneo, non mi piaceva … tra poco arrivano anche Edward e Ben.»
«Ah, perfetto!» le sorrido, almeno non resterò da sola per chissà quanto tempo.
«Sì, ho detto loro di aspettarci in mensa … chissà, forse è avanzato qualcosa dalla colazione.» mormora, prendendomi sottobraccio.
«Hai di nuovo fame? Ma … abbiamo fatto colazione poco fa!»
«Quasi due ore fa, per essere precisi. E poi ho un metabolismo veloce, brucio tutto subito. Devo assolutamente mettere qualcosa sotto i denti!»
Una ventina di minuti dopo, più o meno, io e Angela siamo sedute sui gradini del portico, fuori dalla mensa; io sto bevendo un cappuccino, lei invece sta facendo fuori il terzo cornetto.
«Sei un pozzo senza fondo!» esclamo, guardandola dare un morso enorme al cornetto.
«Ho fame, non posso farci niente!» ribatte lei, e a malapena riesco a capire cosa mi ha detto: ha la bocca talmente piena che mi stupisco che non sputi niente mentre parla.
«Lo vedo che hai fame.» rido tra me e me, e prendo un altro sorso dal bicchierone di carta che ho in mano.
«Ah, eccole qui, le nostre donne!» esclama Ben, che sta venendo verso di noi insieme a Edward.
Non appena incrocio il suo sguardo, un sorriso timido si forma sulle mie labbra e viene subito ricambiato dal suo, quello sghembo, il mio preferito. Sembrerà una cosa strana, ma in questa piccola manciata di minuti in cui siamo stati separati mi è mancato.
Sono sulla buona strada per capire cos’è che provo veramente per lui, se ho capito che mi da fastidio non averlo accanto per poco tempo … un’altra cosa da aggiungere alla lista.
«Ciao ragazzi!» li saluta Angela, sempre con il boccone in bocca. Ma come fa a parlare? Io avrei già rinunciato da tempo a farlo!
«Sempre a mangiare, eh, moglie?» la sfotte Ben, arruffandole i capelli una volta che si è avvicinato a noi.
«Taci, marito!» Angela gli da una manata sul petto e poi, come se niente fosse, gli manda un bacio volante.
Sorrido, davanti a quella scena, prima di venire interrotta dal mio ragazzo che mi si inginocchia davanti, posando le mani sulle mie cosce scoperte.
Ogni momento è buono per lui per palparmi, ammettiamolo!
«Ciao, piccola.» Edward mi saluta, sorridendomi nel modo che mi piace tanto. Glielo mangerei quel sorriso per quanto è bello!
«Ciao, piccolo … oddio, non è che sei così piccolo!» rido, e se non la smetto di parlare rischio di fare un'altra delle mie figure di merda.
«Già, in confronto a te sono un gigante!» mi prende in giro e si sporge verso il mio viso per baciarmi dolcemente le labbra. «Che fate di bello sole solette?»
«Vi stavamo aspettando, e intanto Angela si è ingozzata come un maiale!»
«Dovresti farlo anche tu, sai? Sei un pochino magra, per i miei gusti …» mi fa notare Edward, strizzandomi un fianco.
«Non è vero, non sono così magra! Sei tu che … mi stai facendo fare un sacco di ginnastica ultimamente!» meglio non specificare il tipo di ginnastica che facciamo insieme, anche se so che ha capito perfettamente a cosa mi sto riferendo.
Edward annuisce, dando conferma alle mie parole. «Uh, è vero … ma visto che non ho intenzione di smettere di ‘fare ginnastica’ con te, vado a prenderti qualcosa da mangiare. Cos’è che preferisci?»
Alzo gli occhi al cielo: è inutile cercare di protestare se si è messo in testa una cosa. «Quello che vuoi, hai libera scelta.»
«Benissimo, torno subito.» mi bacia di nuovo le labbra e si alza, salendo i gradini del portico. «Ben, prendi qualcosa anche tu?»
«Certo, aspetta che ti accompagno …»
I due si allontanano così come sono arrivati, e ci lasciano di nuovo sole. Bevo ancora del cappuccino e mi volto verso Angela, che mi sta guardando con un sorriso furbo sulle labbra e che cerca malamente di coprire con il suo bicchiere di caffè.
«Che c’è?» le chiedo, con un sopracciglio che si inarca verso l’alto.
Lei scuote le spalle e fa la vaga, ma non le riesce molto bene. «Niente, niente …» dice, voltando lo sguardo. «Tu e Edward siete davvero carini insieme!» esclama alla fine, e volta di poco la testa per guardarmi e per sorridermi maliziosamente.
«Quanto sei scema! Ma grazie.» mi viene da ridere guardandola in faccia, quindi abbasso lo sguardo per non sembrare maleducata.
«Ah! Brutta stronza, sparisci!» torno a voltarmi quando sento Angela sbraitare contro qualcosa, e vedo che sta agitando le mani per scacciare via un insetto … dai colori, si direbbe una vespa.
«Ang, non fare così! Se la provochi ti punge!» esclamo, alzandomi in piedi con uno scatto a dir poco fulmineo: ho la fobia per quegli esseri di merda, per me dovrebbero morire tutte, nessuna esclusa! Ogni volta che ne vedo una, quando sono in mezzo alle mie viti, scappo via per paura che mi possa pungere.
«No, Bella, se stai ferma ti punge! E con le punture di vespa non si scherza, questi sono esseri maledetti!» ringhia, alzandosi in piedi come me e guardandosi attorno, come un cane. «È andata via? Bene!»
«Sì, sembra di s … AHIA!» sono costretta a smettere di parlare quando sento un pizzicotto terribile sul collo.
Porto la mano sul punto che mi fa male, e nel farlo sento che qualcosa va via. Oh, merda! Quella vespa di merda ha scelto me come cavia della giornata! Ah, ma me la pagherà, eccome se me la pagherà!
«Bastarda! Stronza! Ah, brucia!» mi lamento, e sento che la pelle comincia a gonfiarsi nel punto in cui quella merdosa vespa ha colpito.
«Oddio, non dirmi che ti ha punto! Fa vedere!» Angela mi si avvicina e mi scosta i capelli dal collo, e fa la stessa cosa con la mia mano. «Guarda qua, si sta gonfiando! Dobbiamo metterci una crema a base di cortisone, e subito!» detto questo, comincia ad armeggiare con il suo inseparabile marsupio.
Non ho mai fatto caso a quello che contiene, ma adesso vedo che è pieno di … creme e scatole di medicinali.
«Ma hai svaligiato una farmacia?» chiedo, facendo una smorfia quando provo a toccare quella strana bolla che ho sul collo. Mi schiarisco la gola, sentendo che c’è qualcosa che mi da fastidio.
«Più o meno … ma è tutta roba utile, non si sa mai cosa può accadere no?» dopo aver recuperato quello che cercava, torna a guardarmi e lo fa in modo quasi preoccupato. «Non sei allergica alle punture di insetti, vero?»
«No, non penso … perché?» sono costretta a schiarirmi di nuovo la gola, c’è qualcosa che non va.
«Perché se lo sei, una semplice crema non basta.»
Scuoto la testa. «No, ti assicuro che non è questo il caso …»
E tutto succede non appena finisco di parlare.
Il respiro comincia a mancarmi da un secondo all’altro e la cosa mi spaventa un sacco. Provo a tossire e a cercare di respirare più forte per risolvere la situazione, ma non ci riesco … è come se ci fosse qualcosa in gola che mi impedisce di farlo bene. Rantolo peggio di un cane che si sta strozzando. Barcollo, e mi appoggio alla ringhiera di legno per evitare di cadere a terra.
Comincio a preoccuparmi, non mi è mai successa prima una cosa simile.
«Ecco, vedi? È questo che intendevo!» esclama Angela, allarmata. «Non restare in piedi, siediti … BEN! EDWARD!» urla subito dopo.
«Angela, che … oh, Dio! Ma che è successo?» Ben è tornato fuori e, come ha visto la situazione, si è precipitato da noi. Nonostante le lacrime agli occhi, che mi offuscano un po’ la vista, riesco a scorgere il suo sguardo terrorizzato. «Che cos’ha Bella?»
«È stata punta da una vespa, credo che stia avendo una reazione allergica …» la voce della mia amica è tremolante e spaventata. «Su Bella, su, non avere paura …»
Come diavolo faccio a non avere paura?! Per colpa di quella stronza mi sta venendo chissà che cosa! Vorrei vedere te al posto mio, che cosa faresti?
Tossisco di nuovo, e come per le altre volte ottengo come risultato un bel niente. Mi sembra di stare peggio, invece … oh, mamma, vi prego non ditemi che sto morendo! Sto morendo, vero? No, non rispondetemi per favore!
«Bella, ehi, piccola! Stai tranquilla, ok?» ci ha raggiunti anche Edward adesso, e forse è l’unica persona che voglio veramente accanto in questo momento. Incrocio il suo sguardo e anche se è spaventato quasi come quello degli altri due, mi sembra anche fiducioso e tranquillo. «Stai tranquilla, e vedrai che andrà tutto bene. Ben ha appena chiamato un ambulanza, sarà qui a momenti …»
Cerco di annuire, anche se non sono così sicura di averlo fatto veramente. Edward prende la mia mano nella sua e la stringe, mentre mi sostiene la schiena con un braccio. «Sono qui, va bene? Non ti lascio sola, resto con te.»
Sapere che lui è accanto a me mi aiuta moltissimo. Non può fare nulla per risolvere la situazione, ma almeno mi da un po’ di forza.
 

***

 
Alla fine Angela aveva ragione: ho avuto davvero una reazione allergica per colpa di quella stronza puntura di vespa. Uno shock anafilattico con i fiocchi ed i controfiocchi! Non pensavo proprio di essere sensibile al veleno di quegli insetti rompiballe, ma a quanto pare è così. Non ero mai stata punta da un insetto prima d’ora, e non mi è mai saltato per la testa di fare delle prove allergiche per sapere se ero o meno allergica a qualcosa.
Se lo sapevo prima, avremmo evitato tutta questa spiacevole vicenda … o forse sarebbe accaduta ugualmente.
Mah, vallo a sapere!
Dopo essere stata portata urgentemente al pronto soccorso, mi hanno soccorsa – gran bel gioco di parole! – e mi hanno somministrato una cura a base di cortisone, che ha risolto in gran parte la crisi respiratoria e che mi ha anche leggermente gonfiato. Sembro più grassa di dieci chili, a giudicare dall’aspetto delle mie mani, ma è una cosa passeggera e un classico effetto collaterale del farmaco, quindi non mi preoccupo più di tanto.
Il medico che mi ha sotto cura mi ha anche avvertito che mi terranno l’intera giornata sotto osservazione, per evitare una eventuale ricaduta, e forse resterò in ospedale anche per la notte. Io odio gli ospedali, però questa volta non posso proprio evitare di andare via: devo fare la brava, e aspettare che si risolva tutto quanto.
Ho pensato di annoiarmi, stesa sul letto a non fare praticamente niente, ma alla fine ho risolto questo problema … anzi, lo ha risolto la cura al posto mio. Ho riposato praticamente tutto il giorno, entrando di tanto in tanto in una specie di dormiveglia che mi ha lasciata rimbambita e confusa ogni volta che tornavo ad aprire gli occhi.
Il mix di farmaci, che mi stanno ancora somministrando tra l’altro, mi ha stesa letteralmente. Sembra una specie di sedativo per gli elefanti! Almeno adesso so che c’è qualcosa che mi fa stare zitta e buona … ma è meglio che mi tenga questa novità per me.
Qualcuno potrebbe approfittarsene.
Mi risveglio dopo l’ennesimo pisolino della giornata. Ho la testa leggermente pesante e gli occhi che bruciano, per non parlare della gola secca. Se proverei a parlare in questo momento, uscirebbe solo un suono gracchiante da strega. Roba spaventosa, senza contare che la notte di Halloween è ancora lontana: qualcuno potrebbe anche pensare che mi sono preparata in largo anticipo.
Volto la testa mentre mi gratto distrattamente un occhio, e cerco con quell’altro la presenza di una misera bottiglietta d’acqua che possa alleviare il fastidio che sento all’interno della mia bocca. Ne trovo una posizionata sul comodino accanto al letto, e faccio per allungare un braccio per afferrarla … ma qualcuno lo fa prima di me.
Confusa più di prima, cerco di capire a chi appartiene la mano … e scopro che il proprietario è Edward. A beh, dovevo aspettarmi che ci fosse anche lui, qui con me: è venuto in ospedale insieme ad Angela e Ben, e non mi ha mollato un secondo da quando mi hanno sistemata in questa minuscola stanzetta. Gli altri sono tornati al campo, ma lui è voluto restare qui a farmi compagnia.
«Non ti sforzare, ti aiuto io.» mormora, ma abbastanza forte in modo che io possa udirlo. Beh, io lo sento chiaro e conciso, non sono mica diventata sorda!
«Va bene …» gracchio. Visto, che vi avevo detto prima? Voce da strega!
Edward, dopo aver riempito un bicchiere con l’acqua, mi aiuta a mettermi in posizione semiseduta e mi passa il bicchiere. Mentre bevo l’acqua a piccoli sorsi, i miei occhi si posano sulle mie dita che stringono il bicchiere di carta. Mi sembrano tanti piccoli salsicciotti … spero che il gonfiore passi in fretta.
«Come ti senti?» mi domanda dopo che ho finito di bere e gli ho restituito il bicchiere.
«Bene … rimbambita, ma bene.» borbotto, strofinandomi il viso con le mani e appoggiando la schiena contro i cuscini.
«Hai dormito tutto il giorno, è normale. L’infermiera prima mi ha detto che ti tratterranno anche per la notte, piccola …» Edward mi accarezza dolcemente i capelli e mi sorride altrettanto dolcemente. Gli verranno le carie un giorno o l’altro, se continua così … o forse verranno a me.
Sbuffo, scocciata. «Non sono nella posizione adatta per dire di no, giusto?»
Ridacchia. «No, direi proprio di no. Queste ore passeranno in fretta, vedrai … neanche te ne accorgi, secondo me.»
«Ci credo poco.» mi volto su di un fianco, in modo così da stare con il viso di fronte al suo, e appoggio nuovamente la testa sui cuscini. Facendo così, strofino il collo contro la federa e sento che la puntura comincia a farmi male. Dalle mie labbra fuoriesce un gemito di dolore, che non sfugge a Edward.
«Che succede?» chiede subito, preoccupato.
«Niente, è la bolla … brucia un po’.»
«Non servo io per dirti che è normale, vero?» Edward si sporge sul letto e si avvicina con il viso al mio, facendo strofinare tra di loro i nostri nasi. Quando fa così è troppo dolce. Ho il serio dubbio che le carie verranno a me, per la troppa dolcezza che mette in ogni suo gesto rivolto alla sottoscritta.
Scuoto la testa, divertita, e mi godo tutte le coccole che mi fa. Edward mi bacia il naso, le guance, la fronte, l’attaccatura delle sopracciglia … insomma, bacia ogni parte del mio viso e riserva per ultimo quello sulle mie labbra, quello che bramo di più. Il contatto però dura poco, cosa che non mi piace per niente.
«Perché hai smesso?» chiedo, scocciata.
«Perché devi riposare, e per i baci c’è sempre tempo.» mi risponde lui, con fare da saputello.
«Ho riposato abbastanza, per oggi … avvicinati, per favore!» lo supplico, e alzo le braccia verso di lui, cercando di afferrarlo per le spalle.
«Bella, attenta alla flebo!» esclama, indicando l’ago della flebo che ho sul dorso della mano.
«Ci sto attenta, ma tu vieni qui!» dico risoluta, e vedendo che non cederò tanto presto Edward mi accontenta.
Ci scambiamo un altro bacio, dolce e delicato quanto il primo ma di diversa durata. Quando ci separiamo abbiamo entrambi le guance arrossate ed il respiro corto … quest’ultimo ormai è diventato una parte di me, visto che è tutto il giorno che me lo porto dietro.
«Grazie.» gli dico, sorridendo.
«E di che, scusa? Adoro baciarti, l’ho fatto con piacere!»
Comincio a ridere e anche lui lo fa, posando per qualche istante la sua fronte contro la mia. Ad interrompere questo momento così tranquillo e tenero è un ‘bip’, che riconosco provenire dal mio cellulare. Il mio cellulare?!
«Dov’è il mio cellulare?» chiedo, guardandomi attorno. Lo sguardo si sposta sul comodino, ma di quel piccolo ammasso di ferraglia non c’è traccia … dove lo hanno nascosto?
«Ce l’ho io, Bella.» Edward viene in mio soccorso, e dalla tasca dei jeans fa uscire fuori il mio cellulare. «Mi sono occupato delle chiamate che hai ricevuto … ah, più tardi dovrebbe chiamarti la tua famiglia.» mi informa, porgendomi l’apparecchio.
«La mia famiglia?» chiedo, prendendo il telefono dalle sue mani. «Non sapranno mica di quello che è successo, vero?»
«Lo sanno, invece, li ha avvertiti Seth. Ho passato più di mezz’ora a convincere tua nonna ed i tuoi genitori che sei fuori pericolo, erano spaventati a morte!» alza gli occhi al cielo, ricordando molto probabilmente quelle telefonate, prima di tornare a guardarmi. «Tua nonna sa che stiamo insieme, o sbaglio?»
Annuisco in fretta, e arrossisco. Merda, mi sono dimenticata di raccontarglielo! «Ho sbagliato a dirglielo?»
«No no, va bene! Mi ha solo preso alla sprovvista, ecco perché sono rimasto sorpreso! I tuoi invece non lo sanno ancora … come mai?»
Inarco un sopracciglio verso l’alto. «Mio padre è un poliziotto. Ho voluto evitare che facesse indagini e rapporti sul tuo conto per vedere che sei un bravo ragazzo, e che non ti stai approfittando di me …»
«Ah! Hai fatto bene, allora. Una cosa per volta …» mormora, poggiando i gomiti sul materasso e prendendo una mia mano tra le sue.
La stringe forte, la accarezza e poi la bacia una, due, tre volte prima di portarsela alla guancia. Comincio ad accarezzargliela delicatamente mentre lui, con gli occhi fissi nei miei, comincia a piangere.
Oddio, e adesso perché lo fa? Mi fa preoccupare e spaventare, questa sua reazione. E quei lacrimoni che scendono sul suo viso non mi piacciono per niente.
«Tesoro, che succede?» sussurro, mentre una lacrima raggiunge le mie dita.
Edward asciuga subito quelle prime gocce, e scuote energicamente la testa. «Niente, niente.»
«Non può essere ‘niente’, se ti fa piangere …» gli faccio notare, preoccupata. «Edward, ti prego, parlami. Che c’è che non va?»
Lui torna a guardarmi, con gli occhi lucidi e con lo sguardo triste. «È che … ho avuto paura quando ti ho visto … stare male, prima.» mormora, abbassando gli occhi.
All’improvviso non so cosa dire, troppo spaesata e presa in contropiede per rispondere prontamente. Ha avuto paura, cosa più che comprensibile … anche io ne ho avuta tanta, ho creduto di morire, cavolo!
«Ne ho avuta anch’io, tesoro … ma è andato tutto bene. Adesso sto meglio.»
«E se invece non fosse successo?» esclama ad un tratto, tornando con gli occhi fissi nei miei. «Ci sono persone che muoiono tutti i giorni per questi incidenti, Bella. E se fosse accaduto anche a te? Se non ce l’avessi fatta … che avrei fatto io?» nuove lacrime escono dai suoi occhi, scendendo lungo le sue guance, e mi sento così male a vederlo così che comincio a piangere anche io.
«Ma non è successo, Edward, non è successo … io sto bene, guardami! Sono solo un po’ acciaccata, ma sto bene. Perché dici così?»
«Perché per un attimo ho provato ad immaginare la mia vita senza di te, e non ci sono riuscito. Credo che, adesso che ti ho conosciuta, non posso proprio pensare di riuscire a vivere senza averti al mio fianco … e credo di essermi innamorato di te, Bella.» mormora, senza smettere di guardarmi negli occhi.
Non so che dire. Ho smesso persino di respirare, le sue parole mi hanno lasciata … senza parole, per l’appunto!
Si è innamorato di me. Edward si è innamorato di me. Dovrei essere la ragazza più felice di questo mondo, adesso, ma chissà per quale oscuro motivo non lo sono.
Non sono felice perché io, a differenza sua, non so se sono innamorata di lui. So di provare qualcosa di forte per lui, ma non so se è amore. Non mi sono mai innamorata, quindi non so riconoscere questo sentimento così bello, complicato e potente allo stesso tempo.
«Sei … sei innamorato di me?» mentre lo domando, una lacrima mi scende sulla guancia, e Edward la asciuga prontamente con le sue dita.
Annuisce. «Credo di averlo capito solo adesso, ma forse mi sono innamorato di te dalla prima volta che ti ho baciata.» torna di nuovo con il viso accanto al mio, e poggia la fronte contro la mia. «Credo di amarti, Isabella Swan … anzi, no, io so di amarti! E sono sicuro che non amerò nessun’altra nel modo in cui amo te. Ti amo.»
Oh, merda!
«Io … io non so se ti amo, Edward …» dico, chiudendo gli occhi per evitare il suo sguardo. «Non so se ti amo … non lo so, non sono così esperta di sentimenti …» il mio è un piccolo tentativo di fargli capire come stanno le cose. Spero che non lo prenda come un rifiuto perché il mio non è affatto un rifiuto! E non voglio perderlo proprio adesso che sento di essermi affezionata così tanto a lui.
«Non ti agitare, piccola, va bene così. Non devi dirmelo adesso anche tu …» mormora, baciandomi la testa. «Posso aspettare.»
Annuisco, stringendo forte la presa sulle sue spalle, e lo faccio con così tanta convinzione che sento bruciare la mano in cui c’è l’ago della flebo. Riapro gli occhi, scontrandomi con i suoi, verdi e ancora lucidi per le lacrime che ha versato poco fa.
«Io non so se ti amo … ma so di volerti bene, e che c’è qualcosa di forte dentro di me che non ho mai provato prima in vita mia. Non so se è amore, ma credo che sia qualcosa che ci va molto vicino.»
Edward sorride, carezzandomi la guancia con il pollice. «E a me basta quello che mi hai appena detto. Davvero, mi basta. Per il resto, se è vero amore, posso aspettare tutto il tempo che vuoi.»
Ricambio il suo sorriso, e lo abbraccio forte, seppellendo il viso nella sua spalla.
Non mi sarei mai aspettata una cosa simile, oggi. Edward mi ama, e mi esce una lacrima mentre ci ripenso. Mi ama, è sicuro dei suoi sentimenti ed io non posso che essere felice di questo …
Un po’ mi dispiace, però, che non possa ancora ricambiare a pieno questo amore. A lui sembra non interessare, ma per me è importante. Devo capire se lo amo o no, e voglio mettercela davvero tutta per scoprirlo.

Spero che possa capirlo in tempo, prima che queste ultime settimane di vacanza finiscano e prima di essere costretti a separarci per tornare alle nostre vite di sempre.

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Capitolo 14
*** Ultimo giorno insieme ***


The Camp Of Love - Capitolo14

Buonasera! Avrei aggiornato oggi pomeriggio ma tra la cuginetta che faceva i compiti insieme a me e il maltempo che ha fatto andare via la luce ci riesco solo adesso X’D
Bene, vi faccio leggere subito e non mi metto a scrivere i papiri nelle note! Solo… fatemi sapere se la scena rossa è abbastanza censurata da rientrare nel rating della storia ;)
Ah, giusto! Se volete aggiungermi su Facebook o se volete far parte del mio gruppo, cliccate sui link che vi lascio qui sotto, vi aspetto :D

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The camp of love

 
Capitolo quattordici – Ultimo giorno insieme
 

15/08/2010
 

Dal giorno dell’incidente sono passate quasi due settimane, e forse queste sono state le più belle e perfette che ho trascorso qui in campeggio. Non che le altre non mi siano piaciute o che non mi sia divertita, questo è assolutamente escluso, è solo che … le ho vissute sotto un aspetto diverso.
E devo ammettere che Edward, con le sue parole, ha contribuito molto in questo.
Spesso e volentieri mi ritrovo a soffermarmi sui ricordi di quella sera, trascorsa in ospedale. Edward è rimasto al mio fianco per tutta la notte, non mi ha lasciata neanche per un istante. Se non avessi avuto il bagno in stanza, molto probabilmente non si sarebbe allontanato neanche per liberare la vescica.
Mi ha riempita di attenzioni, anche se non servivano più di tanto visto che sono tornata a dormire dopo neanche due ore, ed è rimasto ad ascoltare in silenzio quando la mia famiglia ha chiamato – di nuovo – per sapere come stavo. Mi ha stretto la mano tutto il tempo, e si è sorbito una notevole dose di ringraziamenti e di lodi per tutto quello che stava facendo per me, che ero solo un’amica per lui.
Beh, più di un’amica, ma mamma e papà questo non lo sanno ancora … la nonna invece sì.
È inutile dire che lei lo sta già considerando un nipote acquisito, come d’altronde considera Alice, e sta aspettando con impazienza che Edward la vada a trovare a Napa per poterlo conoscere di persona.
Secondo me non vede l’ora di poterselo spupazzare e di tirargli le guance … oltre che a riempirlo di ogni genere di cibo cucinato da lei. Povero tesoro mio!
Anche Esme quella sera ha chiamato suo figlio e ha chiesto mie notizie: a quanto sembrava, lui doveva averla informata prima e lei si era preoccupata moltissimo, ma non appena le ho parlato e le ho detto che stavo bene si è tranquillizzata, e mi ha anche detto che non dovevo fare più scherzi del genere. Forse ha paura che io potessi lasciare solo suo figlio prima del previsto … cosa che non accadrà molto facilmente.
Se c’è una cosa che ho capito durante questi ultimi giorni, è che forse io amo Edward. Dico forse perché non ne sono ancora del tutto sicura, ma dentro di me sento che se non è amore quello che provo per Edward, allora non so proprio cosa possa essere.
Una persona estranea potrebbe anche dire che mi sto sbagliando, che sto confondendo l’amore con un altro genere di sentimento, ma so che non è davvero così. Tengo così tanto a questo ragazzo, che in pochissime settimane è riuscito ad entrarmi dentro ed a sconvolgermi profondamente come hanno fatto solo poche persone in tutta la mia vita, e so che non potrei mai sbagliarmi su questo.
Sento di amarlo, e so di non voler stare lontana da lui … ma questo è un problema che da domani cominceremo ad affrontare.
Domani, infatti, tutti quanti lasceremo il campeggio e torneremo a casa, e questo vuol dire che io tornerò a Napa e Edward tornerà a Chicago. Ci saranno qualcosa come più di 3000 chilometri a dividerci, e sarà difficile, se non impossibile, incontrarci di persona per più di un week-end al mese. Entrambi abbiamo il lavoro che ci impegna quasi tutta la settimana, senza parlare delle nostre famiglie e del costo del viaggio.
Abbiamo affrontato questo argomento più di una volta, e ogni volta siamo arrivati alla conclusione che è più facile per entrambi sentirci via telefono e via Skype ed incontrarci nei week-end non appena i nostri impegni lavorativi ce lo permettono.
Potremmo fare a turno: lui viene per un week-end a Napa, ed io vado per un week-end a Chicago. Non ci sono mai stata, quindi è un po’ come se stessi facendo una mini vacanza … una mini vacanza che comprende anche trascorrere il poco tempo a disposizione con il proprio ragazzo.
Continuo a pensarci ininterrottamente, anche adesso che sto finendo di riporre tutti i miei vestiti dentro ai borsoni. Sono appena passate le cinque del pomeriggio, e tutti gli altri sono impegnati più o meno come me a prepararsi per la partenza di domani. Certo, c’è anche chi farà questo lavoro stasera, dopo cena, ma io ho altri programmi per la serata.
Ormai dormo insieme a Edward, noi due abbiamo bellamente sfrattato Ben e lo abbiamo costretto a dormire con sua moglie … beh, è sua moglie, quindi non è che si è sentito risentito per questo. Anzi, secondo me si divertono anche parecchio, come noi due insomma!
La settimana scorsa abbiamo dovuto dare un taglio alle nostre ‘effusioni’ perché ho avuto il solito problema che ogni mese colpisce ogni donna, ma non appena sono tornata ‘disponibile’ ci siamo dati davvero alla pazza gioia. Cinque giorni senza sesso avevano reso Edward abbastanza arrapato e fantasioso, cosa che non mi è dispiaciuta affatto. Ho voluto anche replicare, pensate un po’!
Edward ha avuto anche l’onore di conoscere la ‘stella marina’. Se io nel momento in cui l’ho indossata mi sono vergognata a morte, lui l’ha adorata e ci ha letteralmente sbavato sopra. Sembrava che non aveva mai visto una diavoleria di quel tipo, o forse non si aspettava che io potessi avere una simile diavoleria nascosta in valigia.
Sono più propensa per la seconda ipotesi, e non appena torno a casa devo assolutamente ringraziare Alice per questo regalo che ho odiato e temuto per così tanti giorni … adesso invece lo adoro, indovinate un po’ perché?
Non posso neanche rimetterlo in borsa per portarlo a casa perché Edward ha preso quello straccetto striminzito sotto sequestro. Dice che vuole averlo come ricordo mio e di questa vacanza, ma secondo me non me la racconta giusta. Ho come l’impressione che voglia usarlo per … per darsi al fai da te mentre siamo lontani, e la cosa mi imbarazza alquanto.
Ma è meglio che non ci penso adesso, altrimenti va a finire che non combino un bel niente e domani, quando arriva l’ora di partire, io devo ancora finire di fare le valige.
Torno a sistemare nel borsone la piccola pila di shorts che ho in precedenza poggiato sul letto e poi mi dedico a piegare le maglie che ho lavato ieri. Metto anche quelle dentro al borsone e chiudo la zip, visto che non centra più nulla la dentro e che sembra stia per scoppiarmi in faccia.
Sistemo gli altri vestiti nell’altro borsone, sopra ai tanti libri che mi sono trascinata dietro e di cui non ho letto neanche una pagina. Nel borsone c’è anche il computer, non l’ho acceso neanche una volta da quando sono arrivata … no, una volta l’ho acceso, ma non ricordo bene quando.
Per fortuna che io, se trovavo un po’ di tempo libero, ero quella che doveva mettersi a lavorare e a controllare l’andamento dell’azienda su Internet. È bello vedere che non l’ho fatto per niente, e questo grazie alla presenza di una sola persona, ma non lo rimpiango per niente.
Ho preferito di gran lunga trascorrere questi momenti insieme a Edward piuttosto che passare ore e ore davanti allo schermo del pc, con il rischio di rovinarmi la vista e di uscire pazza per paura che qualcosa a casa potesse andare storto.
È stato di gran lunga meglio stare con Edward!
Sorrido, con la mente occupata completamente da lui. Poco prima di lasciarmi andare nel mio ex bungalow mi ha avvertito, dicendomi che ha in mente un bel programmino per questa nostra ultima serata in campeggio … cerco in tutti i modi di non aggiungere che è anche l’ultima serata che trascorriamo insieme prima di partire, ma è difficile. Quest’ultimo pensiero è sempre lì, davanti a tutto il resto.
Comincio a odiarlo profondamente.
 

***

 
«Come ci starebbe bene adesso una bella guerra con il cibo!» esclama Seth, ridendo, mentre si diverte a giocare con il purè che ha ancora nel piatto.
«Oh sì, eccome! Mi sono stupito che nessuno la abbia fatta prima … è strano.» osserva Ben.
Angela, osservando il viso del marito, arriccia il naso. «No, io non penso che sia una buona idea.»
«Perché no? È divertente!»
«Perché dopo Odette e compagnia bella faranno pulire tutto a noi, che abbiamo avuto la brillante idea. Non ho intenzione di passare la mia ultima sera qui a pulire il pavimento!»
«Sempre meglio pulire il pavimento piuttosto che vedere quei due che si divorano le bocche a vicenda!» Seth indica con il dito me e Edward, con sguardo orripilato.
Inarco un sopracciglio, ricambiando la sua occhiata.
Stasera non mi interessa un fico secco se lui mi prende in giro, può fare tutto quello che si sente di fare … e poi, ha anche torto: io e Edward non ci stiamo affatto divorando le bocche a vicenda, anzi, non ci stiamo neanche baciando! Io ho la testa abbandonata sulla sua spalla, e lui ogni tanto mi accarezza il fianco con la punta delle dita.
Ci stiamo gustando tranquillamente questa ultima serata in compagnia, quindi non sarà Seth con le sue scaramucce da quattro soldi a rovinare l’atmosfera che si è creata.
«Oh, ma che balle enormi che racconti! Lascia stare il piccione e la picciona.» Tanya arriva in nostro soccorso, fulminando Seth e guardando poi noi sorridendo, con i pollici in alto.
Si è tipo nominata nostra fan numero uno e supporter speciale, e se le risultasse possibile metterebbe anche i manifesti con la nostra foto per tutto il campeggio. È pazza, senza dubbio, ma da una parte è anche dolce e carina.
Beh, almeno non mi ha presa a pesci in faccia quando ha saputo che la credevo la scopamica del cugino … sì, quell’impiastro del mio ragazzo gliel’ha raccontato, ma Tanya per fortuna ha trovato la storia un sacco divertente e ci ha fatto quattro risate sopra.
E adesso ci chiama in questo modo, ‘piccione’ e ‘picciona’: è divertente, sì, ma ad essere onesta io non mi sento affatto una picciona. Mi da l’idea di una persona grassa, ed io non lo sono! Quello lo diventerò una volta che sarò tornata a casa e che, per compensare la nostalgia di Edward, mi sbaferò tutti i manicaretti che prepara la nonna.
«Sì, Seth, smettila di raccontare balle.» Edward asseconda la cugina, ridendo.
«La smetterò solo quando me lo dirà Bella.» continua lui, osservandomi con un sorriso accattivante sulle labbra.
Ricambio il sorriso, e cerco di non ridergli in faccia. «Smettila di dire stronzate.»
«Ok, adesso che l’hai detto va bene, la smetto.» alza le mani in segno di resa, e torna a giocare con il purè.
Io mi accoccolo meglio contro la spalla di Edward, e sento quasi subito il suo braccio che mi circonda la schiena. Mi sfiora la fronte con le labbra, che sento stirarsi in un sorriso. «Non dirmi che sei stanca.»
Scuoto la testa, alzando gli occhi verso di lui. «No, niente affatto. Sto aspettando che andiamo via di qui per stare sola con te …» ammetto, sorridendogli maliziosa.
«Ah, è così? Stavo pensando la stessa cosa, signorina.» mormora, abbassandosi con il viso e sfiorando appena le mie labbra con il naso.
«Pensiamo anche le stesse cose, siamo proprio la coppia perfetta!» scherzo, ma in fondo lo penso veramente. Sento che insieme creiamo davvero una bella coppia … un po’ strana, ma bella da vedere.
«Mhm, proprio perfetta …» Edward sorride, e poi mi bacia. Un piccolo bacio a stampo, del tutto innocente, ma sono sicura che si sta soltanto trattenendo per via degli altri, che si trovano insieme a noi.
Ormai ho imparato a conoscerlo bene, abbastanza da capire che è un tipo abbastanza passionale e che in determinate situazioni ama osare un po’ più del solito. Sono rimasta piacevolmente scioccata quando ho visto – e provato! – le cose che gli piace fare; sono stata anche contenta di averle condivise con lui, anche se ripensandoci provo ancora della vergogna.
No, non racconterò mai a nessuno cos’è che combiniamo insieme … dopo, non avrei più il coraggio di mettere il naso fuori di casa.
Siamo ancora impegnati a scambiarci queste piccole effusioni, dolci ed innocenti, quando sento qualcosa di freddo che si spiaccica sulla mia faccia, seguita da una serie di esclamazioni tipo “Cazzo!” e “Fanculo, Seth!”.
Sobbalzo per la sorpresa, staccandomi così da Edward, e mi passo una mano sulla guancia per capire cos’è che ho sul viso … riconosco subito il purè di patate, lo stesso con cui prima stava pasticciando Seth.
Alzo lo sguardo e lo vedo che agita la forchetta in aria, in segno di avvertimento, con un sorriso diabolico sul viso.
«Seth, sei morto!» urlo, alzandomi in piedi per potergli saltare addosso.
Adesso ha proprio rotto i coglioni! Al diavolo tutto quello che ho pensato prima!
Seth si alza in piedi di scatto, e comincia a urlare a squarciagola.
«Battaglia di cibo! BATTAGLIA DI CIBO!»
Un secondo dopo, dentro la mensa si scatena il finimondo. Tutti i bambini cominciano ad urlare, contenti, e cominciano a lanciarsi il cibo che ancora hanno dentro ai piatti. Nessuno ha più intenzione di mangiare, e sono tutti entusiasti di tirarsi gli spaghetti addosso.
«Seth, ti avevo detto che non e-AAAAH!» Angela viene fermata prima che potesse terminare di rimproverare Seth, grazie ad una mossa agile di suo marito che le rovescia sulla testa un vassoio intero, pieno di pasta. Dove lo ha recuperato?
«Amore, smettila di urlare e divertiti!»
«Qui sono tutti impazziti!» esclamo, finendo di pulirmi il viso dal purè, ma i miei sforzi sono vani perché Tanya me ne lancia dell’altro sui capelli. «TANYA!»
«Scusami Bella, ma sei ancora troppo pulita per i miei gusti!» urla, ridendo come una scema, prima di andare ad imbrattare suo cugino, che rispetto a me si sta divertendo di più e che in breve tempo si è completamente ricoperto di cibo.
«Basta, io me la squaglio!» borbotto, allontanandomi dal tavolo con calma.
Dovrei camminare più veloce, ma non posso farlo perché il pavimento è diventato tutto d’un tratto sporco e scivoloso, e non vorrei finire con il culo per terra. Almeno le chiappe voglio salvarle, che diamine!
Riesco a guadagnare l’uscita della mensa e finalmente posso mettermi a camminare rapidamente, non rischio più di scivolare. Mi tolgo altre tracce di purè dal viso e dai capelli mentre cammino, facendo una smorfia. «Che schifo!»
«Non è vero, è divertente!»
Mi volto, osservando il proprietario della voce che mi sta raggiungendo. Edward ride, correndo, e quando mi è abbastanza vicino mi prende tra le braccia, imbrattandomi di tutto quello che gli hanno spiaccicato addosso.
«No, NO! Edward, lasciami!» urlo, divincolandomi dalla sua presa. Cerco di sembrare indignata, ma in realtà mi piace stare tra le sue braccia, anche se è più sporco di un maiale e odora di spaghetti al sugo. Rido, arrendendomi.
«Non fare la sciocchina, amore.» ridacchia, baciandomi una guancia. «Mh, sei buona. Sai di patate!»
«Tu invece sai di …» gli bacio il collo, il punto più alto di lui che riesco a raggiungere senza essere costretta ad alzarmi sulle punte dei piedi. «… polpette?»
«Polpette? Ma non c’erano stasera le polpette!»
«Ah, allora non lo so di cosa sai … ma sei buono.» mi aggrappo ai suoi capelli, disgustosamente impiastrati di cibo, e gli bacio il naso. «Sei buonissimo …»
«Non ne avevo dubbi.» dice a bassa voce prima di intrappolare le mie labbra tra le sue.
Se il bacio che ci siamo scambiati prima era super innocente, beh, questo invece non lo è. Sin da subito le nostre lingue si incontrano e si accarezzano senza sosta, provocandomi una scossa piacevole e forte al basso ventre. So già come andremo a finire, noi due: dentro alle lenzuola.
O forse non ci arriviamo neanche, stavolta, alle lenzuola.
Gli mordo il labbro inferiore, facendo mugolare Edward, e mi allontano di un paio di centimetri per riprendere fiato. Poggio la fronte sulla sua spalla, sentendo quasi subito che qualcosa di non meglio identificato ci si è appiccicato sopra.
«Che schifo.» borbotto, scoppiando a ridere per quest’uscita che non centra un bel niente con quello che stiamo facendo.
Anche Edward ride. «Sì, lo so, facciamo un po’ pena.» mi dice, poi con una mossa agile mi prende in braccio e mi fa aggrappare al suo collo con le braccia. «E adesso facciamo qualcosa per darci una ripulita.»
«Cosa?» domando, soppesando il suo sguardo: non mi fido di lui, ha in mente qualcosa di strano, ne sono sicura.
«Aspetta e vedrai.» mi sorride mentre comincia a camminare, per portarmi chissà dove.
Quando capisco dov’è che mi vuole portare e capisco il senso delle sue parole, è troppo tardi.
«No, non ci provare! Mettimi giù!» esclamo, pizzicandogli le braccia. Provo anche a picchiarlo, ma non mi molla. «Edward!»
«Dimmi, amore!» esclama tranquillamente, come se non stesse per nulla progettando di buttarmi in acqua.
«Amore un cazzo! Non provare a buttarmi nel lago o giuro che a domani mattina non ci arrivi! Ti ammazzo prima!»
Edward comincia a ridermi in faccia, senza replicare alle mie parole, dopodiché comincia a correre verso il pontile. Ormai so che non ho più scampo, e faccio in tempo a nascondere la faccia nel collo di Edward prima di sentire l’impatto con l’acqua gelata.
Riemergo dopo diversi secondi battendo i denti, infreddolita, e lancio un urlo bestiale: qualcuno nel sentirmi potrebbe pensare che nel lago è appena uscito fuori il mostro di Lochness. Mi muovo dentro l’acqua e cerco di scaldarmi un po’ prima di venire bloccata dalle braccia di Edward, che non mi fa allontanare.
«Dove scappi, stellina?» domanda, con un sorriso rilassato sul volto.
«Fanculo, Edward!» mi getto addosso a lui e comincio a picchiarlo, oltre che a schizzarlo. «Mi si stanno gelando le chiappe, ed è tutta colpa tua!»
«Davvero? Se vuoi posso scaldartele io …» con fare malizioso si avvicina a me, e sento subito le sue mani che artigliano i miei fianchi prima di spostarsi sul sedere. L’effetto è subito istantaneo, e un sospiro mi esce involontario dalle labbra mentre sento che quella precisa parte del mio comincia inspiegabilmente a scaldarsi.

No, Bella, resisti. Sei incazzata con lui, non puoi cedere per una carezzuccia da niente!
«Va meglio?» sussurra, abbassandosi con le labbra sul mio mento e mordicchiandolo piano.
Oh, sì che va meglio! Ma non voglio farglielo sapere proprio adesso … sono ancora arrabbiata con lui, ricordate?
«No …» la mia voce è talmente bassa che rischio di non sentirla neanche io.
«E adesso?» una sua mano si stacca dal mio sedere e sento che va ad intrufolarsi dentro alla t-shirt, raggiungendo poi il mio seno al di sotto del reggiseno. Mi mordo con decisione le labbra per non gemere, non voglio dargli anche questa soddisfazione … ma è troppo difficile!
Alla fine, sconfitta, gli prendo il viso tra le mani e comincio a baciarlo, senza dolcezza né delicatezza. C’è solo passione, questa volta, ed è l’unica cosa che voglio al momento. Queste sono le ultime ore in cui possiamo stare insieme, e voglio trascorrerle nel modo migliore possibile.
Ben presto, le uniche cose che si sentono sono i nostri sospiri eccitati ed i gemiti che ci sfuggono dalle labbra.
 

***

 
«Così, piccola. Non fermarti, non fermarti …» mormora Edward, con gli occhi chiusi ed il viso distorto dal piacere.
Un sospiro estasiato esce dalle mie labbra, e spostando le mani sul suo petto riprendo a dondolarmi su di lui. Le sue mani si posano sui miei glutei e mi aiutano nei movimenti, intensificando il ritmo delle mie spinte e, di conseguenza, anche il piacere in entrambi.
Dopo il sesso che abbiamo consumato al lago, ci siamo ritirati nel bungalow di Edward e ci siamo buttati sul letto prima ancora che la porta si chiudesse alle nostre spalle. Da lì, ci siamo fiondati sotto la doccia – la doccia! -, e poi siamo tornati di nuovo sul letto.
Non ho mai fatto così tanto sesso in una serata sola, ed i miei muscoli stanno protestando per la lunga attività fisica a cui li sto sottoponendo … ma non mi interessa. Non sarà la stanchezza ad impedirmi di godermi questi ultimi momenti intimi con il mio ragazzo prima di separarci.
«Ah!» una spinta più profonda delle altre mi fa quasi urlare, ed inarco la schiena per via dei brividi che la stanno percorrendo. Strizzo gli occhi, mordendomi le labbra per non urlare di nuovo.
Mi chino su Edward fino a raggiungere il suo viso, e cominciamo a baciarci e ad ansimare insieme, bocca contro bocca, mentre aumento le spinte. Sento che mi manca poco per arrivare all’orgasmo, e sento che anche Edward non è da meno. Quando poi sento la sua mano che si fa strada tra i nostri corpi, e raggiunge il punto in cui siamo ancora uniti, è la fine per me.
Gli mordo le labbra, ansimando, ed in pochi secondi vengo, grazie alla stimolazione delle sue dita e della sua erezione unite insieme. Edward non smette un secondo di accarezzarmi, e questo mi provoca una serie di brividi e di tremori lungo tutto il corpo che faccio fatica a controllare.
Con uno scatto di reni Edward ribalta le posizioni, e comincia a spingere dentro di me sempre più forte, stringendo le mie cosce tra le mani e alzando la testa verso il soffitto. Sono ancora sconvolta per l’orgasmo che ho appena provato, ma sento che una nuova scarica di piacere si sta accumulando nel mio basso ventre e non posso fare altro che assecondare i suoi movimenti con il bacino, per intensificarla.
Edward torna ad osservarmi, gli occhi diventati più scuri per via del piacere, e mi sorride. Ha la fronte imperlata di sudore, e non mi è mai sembrato più bello di così. Sposta le mani e le appoggia ai lati della mia testa, inarcando la schiena mentre riprende a spingere con più forza.
«Sei meraviglioso …» mormoro, aggrappandomi alle sue spalle. Ci poso un bacio sopra, senza smettere di muovere il bacino verso il suo.
«Tu sei meravigliosa, amore!» dice con voce decisa, baciandomi le labbra in modo febbrile.
Edward intensifica ancora di più il movimento del suo bacino, e quasi senza rendermene conto mi ritrovo a stringere i suoi fianchi e a gemere come in una cantilena il suo nome, in preda ad un nuovo orgasmo. Sento che anche lui sta venendo, irrigidendosi tra le mie braccia, ed incrocio le caviglie dietro la sua schiena, stringendomi a lui ed evitando così che si allontani troppo.
Non voglio lasciarlo andare.
Edward comincia a baciarmi delicatamente una tempia, circondandomi la schiena con le braccia, e dopo essere uscito da me rotola nel letto in modo da farmi ritrovare distesa sopra di lui … o meglio, abbarbicata contro il suo petto.
Fortuna che abbiamo unito i letti, altrimenti ci ritroveremmo entrambi con le chiappe per terra!
Alzo la testa, poggiando il mento sul suo sterno ricoperto da un velo di sudore, e gli sorrido; lui ricambia, respirando velocemente con la bocca socchiusa. Mi avvicino per baciargli un'altra volta le labbra, senza sciogliere quello strano abbraccio in cui siamo intrappolati, prima di tornare a poggiare la testa sul suo petto.
Lui mi accarezza i capelli con mosse delicate, scostandomeli dal viso e passandoci in mezzo le dita. Mi sembra molto rilassato e tranquillo, e non fa trasparire per niente il dispiacere ed il dolore per la nostra prossima partenza. È davvero bravo a mascherare questi sentimenti … non come me, che non faccio altro che pensarci tutto il tempo e che ogni volta rischio di scoppiare a piangere come una bambina.
Ecco, come volevasi dimostrare. I miei occhi cominciano a pungere, e se non la pianto di soffermarmi su questi tristi pensieri mi ritroverò prestissimo a versare calde lacrime sul petto di Edward.
Mi muovo sopra di lui, a disagio, e cerco di pensare ad altro; cerco anche di celare la tristezza che sto provando, non voglio che Edward se ne accorga. Però, lui ha una specie di radar incorporato che capta le mie emozioni, quindi è impossibile per me fare finta di niente quando mi fa alzare il viso per poterlo guardare. La sua espressione mi fa capire che ha capito che c’è qualcosa che non va in me.
«Sei triste per domani?» domanda, accarezzando con il dito la ruga che si è formata sulla mia fronte. Come avevo detto, lui è capace di captare le mie emozioni, e non sbaglia … forse ha un potere nascosto, come l’Uomo ragno o qualche altro supereroe che in questo momento mi sfugge.
«Se ti dico di ‘no’, tu ci crederai?» rispondo, soffermandomi ad osservare i suoi occhi. L’unica luce che illumina la stanza è quella della luna, ma riesco comunque a vedere bene e riesco anche a scorgere i suoi occhi, tristi almeno quanto i miei.
Quindi, non è così bravo a celare le sue emozioni come credevo.
Sorride mestamente, continuando a passare il dito sulla ruga. «No, non ci crederei. Sei una pessima bugiarda, ricordi?»
Già, sono una pessima bugiarda. «A volte me ne dimentico …»
Edward sorride di nuovo, stringendomi un po’ più forte di prima e sfiorandomi la fronte con le labbra, stavolta. Torna a guardarmi, e adesso non c’è più quel piccolo sorriso che mi ha regalato pochi secondi fa: al suo posto c’è uno sguardo risoluto, fermo e maledettamente innamorato.
«Vedrai che andrà tutto bene, okay? Ci sentiremo sempre, tutti i giorni.» è anche maledettamente sincero quando dice queste cose, è impossibile dubitare delle sue parole … è impossibile dubitare di lui.
Una lacrima scende sulla mia guancia, mi è praticamente impossibile riuscire a controllarla. «Io vorrò sentirti tutte le ore del giorno e della notte.» mormoro, e cerco le sue mani per poter intrecciare le nostre dita.
Non ho mai desiderato così tanto avere qualcuno accanto, o sentirlo soltanto. Edward è il primo, e vorrei che fosse anche l’ultimo. Sembrerò pazza ad ammettere questo, dato che ci conosciamo da qualcosa come sei settimane e che abbiamo iniziato la nostra relazione da pochissimo, ma sento che per me non può esserci qualcun altro dopo di lui. Sento che è la persona giusta, e al diavolo chi dice o pensa il contrario.
Che ne sanno loro dei sentimenti che provo per Edward?
«Anche io, amore, anche io. Se potessi resterei con il telefono incollato all’orecchio tutto il giorno, anche quando faccio la doccia!» ridacchia, chiudendo gli occhi per un istante. «Sarà difficile tornare a casa, sapendo che tu sei lontana da me … e non piangere, non mi piaci quando lo fai.» dice infine, asciugando quelle poche lacrime che mi sono uscite dagli occhi.
Tiro su col naso, spostando le mani che sono ancora intrecciate alle sue e poggiandole ai lati della sua testa. «Non posso farne a meno. Mi si stringe il cuore al pensiero che domani saremo in due stati diversi.»
«A tanti chilometri di distanza …»
«Per favore, non peggiorare il mio umore!» lo rimprovero, con voce stridula.
«Non voglio farlo, Bella. Sto solo cercando di sdrammatizzare un po’ …»
«Beh, non ci stai riuscendo.» ha un senso dell’umorismo che fa pena, il ragazzo.
«Okay, niente battutine allora. Però, fammi vedere un sorriso, piccola. Non mi piaci così seria e triste … mi sono innamorato del tuo sorriso, vorrà pur dire qualcosa no?»
La dolcezza di Edward mi fa sciogliere ogni volta, è capace di risollevarmi il morale e di intristirmi nello stesso momento, è una delle tante cose che solo lui è capace di provocarmi. E come mi ha chiesto lui, gli regalo un nuovo sorriso, e cerco di renderlo abbastanza carino e non piagnucoloso.
Gli regalo anche un’altra cosa, una cosa che non sa ancora e che non posso nascondere ancora per molto. Domani dobbiamo andare via, dobbiamo lasciarci senza che noi lo vogliamo veramente e passerà chissà quanto tempo prima che possiamo di nuovo rivederci faccia a faccia … è l’unica occasione buona che ho per confessargli tutto quello che provo, ho già aspettato troppo per farlo e non voglio che lui lo sappia solamente cinque minuti prima di prendere l’aereo.
«Io mi sono innamorata dei tuoi occhi, invece …» mormoro, mordendomi il labbro inferiore. Resto ad osservarlo per tutto il tempo che impiega per elaborare quello che gli ho appena detto.
Il suo sguardo, dapprima rilassato, viene percorso da tante emozioni diverse nello stesso momento, e se la situazione fosse diversa comincerei a ridere all’impazzata guardandolo … ma non lo faccio perché sto aspettando che lui mi dica qualcosa, e anche perché ho paura di aver aspettato troppo per confessargli i miei sentimenti.
Infine, quando ormai penso di essermi giocata tutto, le sue braccia mi circondano il corpo e mi fanno avvicinare di più a lui, nonostante la distanza che si è esaurita del tutto. Mi osserva il viso attentamente, come per vedere se lo sto prendendo in giro od altro, e le sue labbra si aprono in un enorme sorriso che fa perdere alcuni battiti al mio cuore per quanto è bello e felice.
Balbetta diverse volte prima di riuscire a dire qualcosa di sensato. «Ti … piacciono i miei occhi?» chiede, infine.
Annuisco, passando i pollici sulle sue sopracciglia. «Amo i tuoi occhi. Non ho mai visto un colore più bello di questo … ma, cosa più importante, amo te.»
«Mi ami?» chiede ancora.
Inarco le sopracciglia: fa sul serio, o sta soltanto scherzando? «Cosa di quello che ti ho appena detto non hai capito?»
Edward comincia a ridere, rafforzando la presa delle sue braccia. «Ho capito tutto, Bella, tutto! Mi piace sentirtelo dire, però … ripetilo ancora, ti prego.»
Sorrido, sentendo le guance scaldarsi. «Ti amo, Edward Cullen. Ti amo tantissimo, come non ho mai amato nessun altro.»
«Ed io amo te, Isabella Swan, più della mia vita.»
Mi fa uno strano effetto sentire che mi ama dopo che gliel’ho detto anche io: sento uno strano calore invadermi il corpo, percorre ogni più piccola e insignificante cellula e sembra riempirmi nel profondo. È quasi come se fosse la prima volta che sento pronunciare queste parole da lui, come se non le avessi mai sentite prima d’ora e fosse una sorpresa inaspettata.
Persa come sono nei miei pensieri, mi accorgo a malapena dei movimenti che fa Edward e torno in me solo quando sento la morbidezza del cuscino sotto la testa, e del suo corpo che preme senza forza e con gentilezza sul mio. Le sue labbra, leggere come piume, percorrono il profilo del mio viso e giungono sulle labbra, lasciandoci un bacio ancora più leggero dei precedenti.
«Ti amo, ti amo, ti amo …» mormora, scatenando una nuova ondata di calore e di brividi nel mio corpo.
«Ti amo, ti amo, ti amo …» lo imito, intrecciando le dita sulla sua nuca e trascinandolo completamente su di me, mentre lo bacio con tutta la forza e l’amore che possiedo.
Torniamo ad amarci, e so che per questa notte nessuno dei due dormirà, ma trascorrerà queste ultime ore che ci restano a disposizione sveglio, per godere l’uno della vicinanza dell’altro, per sentire il calore che i nostri corpi emanano e per imprimere nei ricordi il volto della persona amata, per non dimenticarla del tutto mentre saremo così lontani.

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Capitolo 15
*** Ritorno alla realtà ***


The Camp Of Love - Capitolo15

Eccomi qui :D

Posto il nuovo capitolo dopo appena quattro giorni dall’ultimo aggiornamento, sono fiera di me :3 piccolo regalo per voi e per me, visto che oggi è il mio compleanno :)
Questo è il capitolo della separazione di Edward e Bella… separazione momentanea, naturalmente :D poi presto vedrete cosa ha architettato la mia mente ;)
Vi lascio leggere con calma, noi ci sentiamo presto presto :*
  

The camp of love

 
Capitolo quindici – Ritorno alla realtà
 

16/08/2010
 

Apro gli occhi, infastidita dalla luce del primo mattino che entra dalla finestra. A prima vista, direi che è passata da poco l’alba, e che quindi è davvero troppo presto per alzarsi e per mettersi a combinare qualcosa.
Ma poi, chi ha davvero voglia di fare qualcosa oggi? Per me, quella che sto per affrontare è in assoluto la giornata più brutta della mia vita. Sto per tornare a casa, dalla mia famiglia, e per farlo devo abbandonare Edward. Edward, che ho capito di amare e che ricambia appieno il mio sentimento.
Non ho il coraggio di vedere la sua faccia quando sarà arrivato il momento di separarci … per di più, rischio di dare vita ad una crisi isterica che sarà difficile, se non impossibile, tentare di calmare.
Mi rigiro nel letto, trovandomi così faccia a faccia con il mio ragazzo, ancora addormentato. Quando dorme, il suo viso si rilassa completamente ed i suoi lineamenti diventano così delicati e belli da assomigliare a quelli di un angelo.
Sì, sto vaneggiando, ma a me sembra davvero un angelo quando dorme.
Edward ha un braccio allungato sul cuscino, che sfiora di poco la mia testa, e l’altro invece mi cinge la vita, in un abbraccio appena percettibile che forse non sa neanche di star compiendo. Dalle labbra socchiuse fuoriesce il suo respiro, che si infrange sul mio naso.
Accarezzo con delicatezza il profilo della sua guancia, sorridendo mestamente: sarà dura dirgli addio una volta che si sarà svegliato. Ho più paura della mia reazione che della sua, ad essere del tutto sincera … vorrei tanto aggrapparmi alla sua schiena, in stile koala, e non lasciarlo andare mai via.
Ma siccome non è possibile, forse è meglio che lo lasci dormire tranquillamente e che vada a consumare le mie seghe mentali da tutt’altra parte. Posso sempre vestirmi, prendere il cambio che ho lasciato qui ieri e andarmene da sola a zonzo per il campeggio … sì, forse farò proprio così.
E per i saluti ci rincontriamo quando è arrivata l’ora di partire.

Non pensarci, Bella, non pensarci.
Già, facile per te, vocina!

Così, cercando di non fare troppo rumore o troppo movimento, mi alzo dal letto e nuda come sono venuta al mondo mi dirigo al bagno. Nel giro di pochi minuti sono vestita, con i capelli stretti in una treccia disordinata, la borsa del cambio sottobraccio e gli scarponcini in mano, per evitare di fare chiasso mentre cammino.
Resto imbambolata per un po’ a guardare Edward, che ancora dorme, indecisa se lasciargli un bacio oppure rimandare anche questo momento a più tardi. Ho anche paura che se lo faccio, lui potrebbe svegliarsi. So che neanche le cannonate lo svegliano, ma non si può mai sapere.
Alla fine mi decido, e dopo essermi chinata sul suo viso gli lascio un leggero bacio sulla tempia; gli accarezzo anche i capelli, più scompigliati del solito, e questo gesto non lo disturba per niente.
Sorridendo e mordendomi le labbra allo stesso tempo, mi allontano da lui e mi volto per raggiungere la porta del bungalow. L’ho appena aperta, e sto per uscire fuori a piedi nudi, quando sento la voce roca di Edward.

Merda, si è svegliato!
«Dov’è che vai alle … sei e mezza di mattina?» gracchia, ancora mezzo addormentato.
Mi volto lentamente verso di lui, sentendomi la fuggiasca di una delle tante commedie romantiche che ho visto insieme ad Alice. Ecco, sì, mi sento tanto Meg Ryan in “Harry ti presento Sally”! Okay, in quel film non è lei quella che scappa … oh, ma lasciatemi almeno la licenza poetica!
«Vado a … a fare colazione?» azzardo, osservando la sua faccia sconcertata ed assonnata. «Prendo qualcosa anche per te, se vuoi.»
Edward sbadiglia, sbuffando e grattandosi la testa mentre mi guarda. Non mi ha creduto per niente … e certo, io sono una frana a dire le bugie! Me lo dice sempre, me lo dicono tutti a dire la verità, ma io insisto a mentire e mi faccio sgamare sempre.
Quand’è che imparerò una volta per tutte?
«Bella, per favore, vieni qui e dimmi dov’è che stai andando.» dice, calmo. Non sembra arrabbiato, dal suo tono capisco che vuole soltanto che sia sincera con lui e che gli dica quello che mi passa per la testa.
Sarà difficile da spiegare, non lo so nemmeno io cos’è che mi passa per la testa!
Con un sospiro, richiudo la porta e torno ad avvicinarmi al letto. Getto da una parte le scarpe e la borsa e mi siedo sul letto, accanto ad Edward. Lui mi osserva, con gli occhi ancora lucidi di stanchezza e con una mano immersa nei capelli, il gomito poggiato sul ginocchio. È ancora nudo, come me non ha avuto nessuna intenzione di dormire vestito – chiamalo scemo! -, e ha soltanto il lenzuolo leggero che lo copre dai fianchi in giù …
Già che c’è, potrebbe benissimo abbassarlo … io non mi scandalizzo mica!
Edward sorride, come per rassicurarmi. «Allora? Mi dici che succede?»
Deglutisco, abbassando gli occhi sulle mie mani intrecciate in grembo. Non so quali parole usare per descrivergli quello che sto sentendo dentro di me in questo momento: sono confusa, perché vorrei fare tante cose insieme e so che non posso farne neanche mezza. Vorrei non allontanarmi da lui, vorrei stare da sola, vorrei poter andare a Chicago, a casa sua, e vorrei tornare a casa mia, ma vorrei andarci insieme a lui.
Come ho detto, non posso farne neanche mezza. Sarebbe da pazzi riuscire a fare tutte queste cose adesso, e non ho la Giratempo come Hermione, per riuscire a modificare il tempo come mi pare e piace. Io, purtroppo, sono una Babbana sfigata e lo sarò per tutto il resto della mia vita!
La mia lettera per Hogwarts deve essersi persa per strada, così come lo stupido piccione pennuto che la stava portando.
«Non voglio affrontare questa giornata.» dico infine, tornando a guardarlo.
Edward batte le palpebre velocemente, restando per qualche secondo in silenzio. «Non voglio farlo neanche io … ma dobbiamo.» sospira, voltando il viso.
Sospiro anche io, vedere il modo in cui cerca di evitare il mio sguardo mi fa male. «Non voglio lasciarti.»
«Non voglio farlo neanche io.» ripete di nuovo, senza voltarsi.
Ecco, sono arrivata al punto in cui non so che altro dirgli, e lui con il suo non filarmi di striscio non mi aiuta affatto. Rende tutto ancora più difficile da affrontare, e lo sconforto vedendo il suo comportamento aumenta, portandomi alle lacrime.
Queste cominciano a scendere quasi subito, speravo di riuscire a trattenermi ancora per qualche ora prima di cominciare il piagnisteo ma a quanto pare non posso riuscirci. Stringo le ginocchia al petto e le circondo con le braccia, poggiandoci il mento sopra mentre continuo a piangere in silenzio. Per fortuna, non è ancora arrivato il momento dei singhiozzi.
«Ho paura di quello che potrebbe succederci. Ho paura di questa lontananza, di tutti questi chilometri che ci dividono e del fatto di non vivere nella stessa città. Ho paura che col tempo, il nostro legame potrebbe risentirne e finiremmo con il perderci. Non voglio perderti, ti amo troppo per rischiare che succeda.» mormoro, sicura del fatto che lui riesce a sentirmi.
In un batter d’occhio, prima ancora che finissi di parlare e che potessi chiudere gli occhi, sento le braccia di Edward che mi circondano e che mi stringono a sé. La sua testa si posa sulla mia, e comincia a cullarmi come se fossi una bimba piccola che ha paura del buio, e che ha bisogno di essere tranquillizzata.
Ricambio il suo abbraccio, stringendo con le mani i suoi avambracci, e poso la testa sul suo petto mentre continuo a piangere … e stavolta, comincio anche a singhiozzare. Ci sdraiamo entrambi sul letto e restiamo in silenzio, senza dire niente, io troppo impegnata a piangere per dire qualcosa di sensato mentre lui … lui non lo so, ma resta in silenzio e continua a cullarmi lentamente.
«Ho paura anche io, amore. Ho le tue stesse paure, non pensare che questa situazione mi faccia piacere.» mormora, con le labbra a contatto con la mia fronte.
«Io … non so se sarò forte abbastanza …» ammetto, tirando su col naso.
«Lo sarai. So che lo sarai, sarai bravissima.» mi fa alzare il viso usando due dita, e mi sorride incoraggiante, con gli occhi lucidi.
Mi stupisco ogni volta che vedo che anche Edward ci sta male per via della relazione a distanza che stiamo per affrontare. Forse sono così abituata ai pregiudizi che vedono gli uomini più forti delle donne, che faccio fatica a vedere un ragazzo che si abbatte e che si commuove per via dei problemi che la vita mette sul nostro cammino.
Edward invece è diverso, e non è la prima volta che me lo fa notare: è successo in ospedale, quando mi ha confessato di amarmi, è successo ieri notte, e sta succedendo anche adesso … anche lui fa fatica ad accettare la nostra situazione, solo che rispetto a me cerca di nasconderlo e di non darlo a vedere.
Ma quando lo fa, mi fa stringere il cuore.
«E se non lo sono? Se un giorno …»
«Se quel giorno arriverà, allora ci penseremo. Amore, vedrai che andrà tutto bene e riusciremo a cavarcela. Non siamo ne i primi ne gli ultimi a vivere un amore a distanza, e se ce l’hanno fatta gli altri … perché non dovremmo farlo noi?» mi fa notare, con il sorriso ben visibile sulle labbra, e con il dito passa a percorrere le scie che hanno lasciato le lacrime sulle mie guance.
Già, ha ragione … non siamo le uniche persone che hanno un amore lontano da casa. Chissà quanti altri, come noi, si stanno disperando e si stanno ponendo le mie stesse domande!
Osservo il suo viso in ogni minimo dettaglio, e mai come adesso vorrei avere una memoria fotografica: non sarei costretta a rimbecillirmi così tanto per poter imprimere bene in testa il suo viso. Certo, potrei fargli una fotografia … ma una foto non potrà mai competere con il suo vero viso.
Gli stringo le orecchie tra le dita, piegando la cartilagine, e mi viene da ridere quando vedo comparire una smorfia di fastidio sul suo viso. Alzo di poco il viso e gli bacio le labbra, chiudendo gli occhi.
«Sai che ti amo, vero?»
«Certo che lo so!» mi risponde, quasi scioccato per la domanda che gli ho posto. «E tu, invece? Tu lo sai che ti amo?»
Annuisco, baciandolo di nuovo e mettendo in questo nuovo contatto di labbra più dolcezza e tenerezza rispetto al precedente. Mi stacco di pochi millimetri solo per potergli domandare un'altra cosa.
«Fai di nuovo l’amore con me?»
È la prima volta che lo dico: fino ad ora, ho sempre detto che con Edward ci ho fatto sesso … ma lo amo, ci amiamo, quindi non può essere solo sesso tra noi. C’è anche amore, ed il nostro è fare l’amore, non fare sesso. So che alla fine il meccanismo è lo stesso, ma il sentimento che c’è dentro è completamente diverso, è più forte e coinvolgente.
Cambia ogni cosa.
«Farei l’amore con te in ogni momento della giornata, amore mio …» mormora, mordendomi le labbra, e passa a sollevare la mia t-shirt. «Però, potevi fare anche a meno di vestirti!» aggiunge, con disappunto.
Rido, prima di pensare a fare l’amore con il mio ragazzo.
 

***

 
Chiudo con uno scatto la zip dello zaino dopo averci messo il minimo indispensabile per il viaggio, e con lo sguardo passo in rassegna il bungalow che ho diviso con Angela per tutta la durata delle vacanze … o quasi.
Mi fa un certo effetto vederlo così vuoto, senza i nostri oggetti a renderlo disordinato e vissuto. Sembra che, adesso che stiamo andando via, finirà in malora e abbandonato a se stesso.
Mamma mia, come sono sentimentale oggi!
Reprimo una risata prima di mettere lo zaino in spalla, e sistemo gli occhiali da sole sulla testa. Ho una sensazione di dejà vu, e mi sembra solo ieri il giorno in cui sono uscita di casa con la nonna per venire in vacanza qui, quando invece sono passate già sei lunghe settimane.
Sono volate, quasi non me ne sono resa conto.
Mi allontano dal mio ex letto, e mi chino per prendere i miei borsoni, di nuovo pieni fino a scoppiare. Prima ancora che possa afferrare le maniglie del primo, la porta si apre ed io mi volto per vedere chi è.
È Angela.
Anche lei, come me, è pronta per partire: la partenza del suo aereo diretto a Seattle è fissata per le 11:17, pochi minuti dopo il mio, e per noi è arrivato il momento dei saluti. Dietro le lenti dei suoi occhiali da vista, vedo che ha gli occhi lucidi.
«Ang …» sussurro, allargando le braccia, invitandola a raggiungermi.
Angela non se lo fa ripetere due volte, ed in un secondo ci stiamo già stritolando in un abbraccio strappalacrime. Oggi sono davvero di lacrima facile, non smetterò di piangere molto facilmente.
«Oh, Bella, mi mancherai così tanto! Sono stata davvero contenta di averti conosciuta …» dice, rafforzando l’abbraccio e stritolandomi ancora di più. Cavolo, avevo dimenticato che Angela è più forte di me, e adesso mi sta soffocando!
«Vale lo stesso per me, Angela.» dico, a corto di aria. Torno a respirare meglio quando smettiamo di abbracciarci, e le sorrido passandomi una mano sulle costole … spero che lei non abbia notato il mio gesto. «Non appena torno a casa passo a spedirti il vino, ho ancora il tuo bigliettino da visita.»
Angela si porta una mano alla fronte, chiudendo gli occhi. «Me ne ero dimenticata! Ti ho fatto un ordine, è vero.»
Sorrido, che smemorata! «Penso a tutto io, non preoccuparti … e non provare a pagarmi, è un mio regalo.»
Lei mi lancia un occhiata raggelante mentre si aggiusta gli occhiali sul naso. «Per questo ti manderò una mail più avanti, così litighiamo quanto ti pare e piace … adesso non abbiamo proprio tempo!» sospira. «Quando vai via?»
«Tra una decina di minuti, il tempo di prendere queste e di portarle al pullmino.» le indico le grandi borse, e ne sollevo una. «Mi dai una mano?»
«Certo! Ci penso io …» Angela solleva l’altro borsone ed insieme usciamo dal bungalow. Mi mancherà, da una parte, questa piccola stanzetta.
Una volta fuori, scendiamo i pochi gradini e raggiungiamo Edward e Ben, che si trovano a poca distanza da noi, appoggiati ad un albero. Edward, non appena vede che siamo cariche di bagagli, ci viene incontro e ci libera dall’ingombro, caricandoseli sulle spalle.
«Sei pronta?» mi domanda, carezzandomi la treccia.
Annuisco. «Fammi prima salutare Ben, e poi andiamo.»
Dopo avermi fatto cenno che va bene, vado dal mio nuovo amico e lo abbraccio. Non ho mai trascorso molto tempo con Ben, a parte quando ci trovavamo tutti insieme durante i pasti o durante le attività ricreative, e la cosa un po’ mi dispiace. Mi sarebbe piaciuto molto conoscerlo meglio … non in quel senso, naturalmente, altrimenti Angela mi avrebbe già uccisa da un bel pezzo.
«Ciao, Ben. Trattami bene Angela, mi raccomando.» gli dico, sciogliendo l’abbraccio.
«Non preoccuparti, la tratterò come una regina.» mi fa l’occhiolino.
Gli sorrido, e dopo aver salutato ancora una volta Angela mi allontano da loro insieme a Edward, che carico dei miei bagagli sembra un facchino. Un facchino molto bello e anche molto sexy, devo ammetterlo.
Restiamo in silenzio per tutto il tragitto fino al pullmino, dove i bambini e Seth hanno già preso posto per la partenza: io sono l’ultima ad arrivare. Non ho notato strano prima il fatto che Seth si sia preso la responsabilità di radunare i nostri pargoli e di accompagnarli fin qui, ma adesso ho capito per quale motivo l’ha fatto.
In questo modo, io ed Edward abbiamo avuto qualche minuto in più da trascorrere insieme. Dovrò ringraziarlo per bene non appena saremmo partiti per l’aeroporto.
Ci fermiamo quando raggiungiamo il mezzo di trasporto, e l’autista aiuta Edward a caricare i miei borsoni. Non appena hanno finito, si allontana e ci lascia da soli, come se avesse capito che abbiamo bisogno di ancora qualche istante insieme prima di mettere in moto e di accompagnarci fuori dal campeggio.
«Beh, ci siamo.» Edward è il primo a parlare. Prende le mie mani tra le sue e le stringe, facendo intrecciare le nostre dita.
Ho il magone, e sento gli occhi pungere un'altra volta. Finirò mai di piangere, oggi? «Già, ci siamo.» dico, a bassa voce.
Lui mi sorride tristemente, e con uno slancio mi abbraccia, sprofondando la faccia nel mio collo. Io mi aggrappo con le mani alla sua maglietta e respiro a pieni polmoni l’odore della sua pelle, così buono e particolare … forse, insieme al suo viso, sarà la cosa che più mi mancherà di lui.
«Ti telefonerò tutti i giorni, a tutte le ore se vorrai … e ci vedremo presto, te lo prometto, prima di quanto immagini.» mormora, tornando ad osservarmi attentamente. Stavolta non trattiene le sue emozioni, e vedo una lacrima scendere dai suoi occhi e cadere sulla mia mano.
Annuisco, carezzandogli una guancia, dopodiché mi alzo sulle punte dei piedi e con urgenza quasi febbrile premo le mie labbra sulle sue. Le lacrime scendono anche dai miei occhi quando realizzo che questa è l’ultima volta che bacio il mio ragazzo … l’ultima volta, poi non so per quanto tempo non potrò più farlo.
Ci stringiamo a vicenda mentre cerchiamo di prendere da questo bacio quanta più forza che possiamo, per poter riuscire così ad affrontare i giorni e le settimane che ci separano prima di incontrarci di nuovo. Vorrei non smettere mai di baciarlo, ma è impossibile … il tempo a nostra disposizione ormai è scaduto, e non possiamo andare oltre.
Poso la fronte contro quella di Edward, a corto di fiato, e sento altre lacrime che mi rigano le guance. Sospiro, stringendo la presa sul tessuto della sua maglia.
Edward strofina il naso contro il mio, chiudendo gli occhi. «Ti amo, Bella. Non dimenticarlo mai.»
Annuisco, regalandogli un piccolo sorriso: sarei una pazza se dimenticassi una cosa così importante. «Anche tu non te lo dimenticare … ti amo con tutta me stessa.»
Edward riapre gli occhi, e mi preme sulle labbra un ultimo bacio a stampo prima di lasciarmi andare via. Indica con la testa il pullmino, sorridendo tristemente. «Vai, sali o farai tardi.»
Prima di fare come mi ha suggerito, gli sorrido un ultima volta e gli mando un bacio con la mano. «Ti amo!»
Lui mi imita, mandandomi un bacio e mimando un “Ti amo anch’io” con le labbra prima di sorridermi e di andare via. È una visione che mi fa sanguinare il cuore, per quanto è triste.
Salgo sul pullmino solo dopo che la sua figura è sparita dalla mia visuale, asciugandomi gli occhi.
 

***

 
Osservo con disinteresse la strada, gli alberi ed il cielo, di un azzurro intenso, sfrecciare fuori dal finestrino. Quello di osservare il paesaggio che mi circonda è sempre stato un buon diversivo, quando non sono io quella impegnata a guidare, ma adesso … adesso non mi interessa proprio. Mi sento più asociale del solito, e penso che anche la nonna se ne sia accorta.
Non appena siamo arrivati davanti al palazzetto dello sport e l’ho vista, con un sorriso emozionato sulle labbra, sono scesa di corsa dall’autobus e mi sono buttata tra le sue braccia, piangendo. Sono stata contenta di rivederla dopo sei lunghe settimane, ma devo ammettere che le lacrime che ho versato quando mi sono trovata tra le sue braccia non sono state causate solo per via della nostalgia che avevo di lei … ma anche per quello che è accaduto poche ore prima.
Nonna sa che tra me ed Edward è nato qualcosa, ma non sa che mi sono innamorata di lui: sono l’unica a saperlo, oltre ad Edward naturalmente. Ma penso che dovrei dirglielo, più per rispetto che per altro … ma non penso di farlo nell’immediato momento. La ferita è ancora troppo fresca per far sì che io ne parli liberamente.
Il cellulare, che ho acceso non appena ho messo piede fuori dall’aereo, comincia a squillare ed io mi affretto a recuperarlo dallo zaino, che ho poggiato accanto ai miei piedi. Edward mi ha inviato un sms poco prima che io salissi sull’aereo, dicendomi che mi avrebbe chiamato non appena lui sarebbe arrivato a casa. Quindi, è per questo motivo che sto smanettando come una pazza per trovare il mio Blackberry.
Forse è Edward che mi sta chiamando!
Gioisco con un urletto quando lo prendo in mano, ma l’euforia scompare tutta quando leggo il nome che lampeggia sul display: ‘Mamma’. Ed io che pensavo che fosse Edward … Rispondo alla telefonata a malincuore. Lo so, è mia madre, e dovrei essere felice di sentirla … ma adesso non sono proprio in vena di parlare con lei. A dire la verità, non sono in vena di parlare con nessuno.
«Ciao, mamma.» rispondo, immusonita.
«Bella, amore della mamma, cos’è quella voce? Qualcosa non va?» domanda subito, preoccupata. In effetti, sembra che mi è appena morto qualcuno.
«No no, va tutto bene. Sono solo un po’ stanca …» piccola bugia, ma che vista la circostanza può passare come verità. Sono tornata da una vacanza, e ho persino preso l’aereo … dovrei essere stanca, no?
«Oh, immagino tesoro! Quindi, è per questo che non sei ancora passata a casa a salutare, vero?»
Annuisco, anche se lei non può vedermi … ma la nonna sì, e sento i suoi occhi che mi stanno fissando. Nonna, please, torna a guidare!
«Sì, è per questo. Ho preferito tornare subito a casa.»
«Va bene, Bella, hai ragione … vorrà dire che ci vedremo domani! Ma dimmi, è andato tutto bene? Il viaggio, la vacanza … ti sei divertita?» chiede, curiosa come una scimmia.
Chiudo gli occhi, stringendoli forte, per cercare di non farmi sopraffare di nuovo dalle emozioni. Sì, mamma, certo che mi sono divertita. Ho conosciuto un sacco di persone, ho trovato nuovi amici … ho trovato l’amore, ma adesso è lontano chilometri e chilometri da me.
E mi manca moltissimo.
«Bella? Tesoro, sei ancora lì? Non ti sento …»
Deglutisco, scacciando via il magone che mi si è formato in gola. «Sì, è andato tutto bene. Tutto a meraviglia.»
Lei ride, allegra. «Bene, sono contenta. Adesso ti lascio, mi raccomando riposati! Ci sentiamo domani … e saluta la nonna!»
Annuisco di nuovo. «Certo, mamma. A domani.» riattacco, e getto il telefono nello zaino. Mi ha stancato anche lui. «Mamma ti saluta.» aggiungo, rivolta alla nonna.
«Mhm.» borbotta lei, e mi volto per osservarla. Ha un cipiglio sul viso che la fa sembrare un'altra persona, e non la solita cara e dolce nonnina a cui sono abituata e che assomiglia tanto a quella dei Looney Tunes.
Mi lancia un occhiata strana prima di tornare ad osservare la strada. «Sai che non si dicono le bugie? E che tu non le sai dire, vero?»
Sbuffo, e comincio a mordicchiare l’unghia del pollice: che brutto vizio, pensavo di essermelo lasciato alle spalle ormai. «Sì, me lo dicono in tanti …»
«Quindi, non è troppo chiederti per quale motivo hai mentito a tua madre. E non provare a mentirmi.»
Mentire alla nonna … impresa impossibile.
«È successa … una cosa, al campeggio, e ci sto male adesso se ci ripenso.» non aggiungo altro, non riuscirei ad entrare nei dettagli della storia adesso.
«E questa … cosa che è successa, riguarda anche Edward?» chiede la nonna, incuriosita.
«Sì, riguarda anche lui.»
La nonna resta in silenzio per un po’, prima di chiedermi: «Non mi dirai nient’altro, vero?»
Scuoto la testa, grattandomi gli occhi che pizzicano leggermente. Non voglio piangere ancora. «No, non adesso.»
«Okay, non insisto oltre tesoro. Ma … se vorrai raccontarmi tutto, o se vorrai un po’ di compagnia, sappi che io sono qui per te. Va bene?» mi sorride, dandomi una leggera pacca sul ginocchio scoperto.
Annuisco, sorridendole: sì, so che lei per me c’è sempre, e non lo dico solo perché abitiamo insieme e, quindi, stiamo sempre insieme … lo dico perché quando ho avuto bisogno di parlare con qualcuno, o anche solo per avere una spalla su sui piangere, o per qualsiasi altra cosa che mi è successa in tutti questi anni, la nonna c’è sempre stata.
È una specie di mio angelo custode.
«Grazie.» mormoro, stringendo la sua mano per qualche istante.
Lei sorride, facendomi l’occhiolino, poi torna a guidare in silenzio.
 

***

 
«Non vuoi proprio nient’altro da mangiare, Bella?» mi chiede la nonna, osservandomi preoccupata.
Scuoto la testa. «No, va bene così.» non sono sicura che un toast con marmellata e burro d’arachidi possa considerarsi una buona cena, ma per adesso questo è tutto quello di cui ho bisogno. Non ho molta fame.
Sento la nonna sospirare. «Se cambi idea, il frigo è pieno di cibo.» mi informa, sconsolata.
Annuisco, terminando di spalmare la marmellata su un lato del toast ed unendolo all’altro, già cosparso di burro d’arachidi. Prendo il piatto, insieme ad un bicchiere di latte, e mi preparo ad uscire dalla cucina. «Nonna, ti dispiace se mangio fuori? Voglio … restare un po’ da sola.»
«Vai pure, tesoro, non preoccuparti. C’è Principessa qui che mi fa compagnia!» esclama, indicando la gatta che, fregandosene di tutto e di tutti, dorme acciambellata su quella che in teoria dovrebbe essere la mia sedia.
Dopo averle regalato un sorrisino debole, esco fuori e mi dirigo verso il tavolino in vimini del giardino, a poca distanza dalla piscina. Mi lascio cadere su una delle sedie, che assomigliano più a delle poltroncine in realtà, e do un morso al toast. Mangiare adesso è più uno sfogo, per me, visto che quel poco di fame che avevo è andata a farsi benedire … ma qualcosa sotto i denti devo pur metterla. Non posso restare a digiuno per tutta la notte.
Prendo un sorso di latte e getto un occhiata distratta al cellulare, che mi trascino dietro da quando sono entrata in casa: Edward non ha ancora chiamato.
Comincio a preoccuparmi, perché mi ha promesso che lo avrebbe fatto non appena sarebbe arrivato a Chicago. Ho paura che possa essergli accaduto qualcosa, come ad esempio un incidente aereo! Ma i notiziari non hanno dato nessuna notizia del genere, quindi l’ho esclusa a priori … ma continuo ad essere preoccupata per lui.
Sobbalzo quando il cellulare comincia a vibrare ed a squillare sul tavolino, e lo afferro e lo porto all’orecchio prima che possa controllare chi mi sta chiamando. «Edward!» esclamo, con il cuore in gola.
«Ehi, piccola …» la sua voce giunge al mio orecchio, ed io non sono mai stata così felice di sentirla.
«Finalmente, ti stavo aspettando! Credevo che fosse successo qualcosa di brutto.» dico, sospirando di sollievo.
Lo sento ridacchiare dall’altra parte della linea. «Sei troppo pessimista, amore, davvero troppo. Cosa pensavi che fosse successo?»
«Un … incidente aereo.» gesticolo con le mani, arrossendo di colpo: mi rendo conto solo adesso quanto possa essere assurda la mia idea, e la risata di Edward me lo fa capire ancora di più. «Scusa, è stupido lo so!»
«Già, è stupido.»
«Hai avuto qualche contrattempo, prima?» gli domando, mentre comincio a giocare con il toast.
Lo sento sospirare. «Oh, sì. Sono stato rapito dai miei zii, i genitori di Tanya, poi da mio fratello … e poi dai miei genitori. Solo adesso ho trovato il tempo di accendere il telefono e di chiamarti. Scusami se non l’ho fatto prima.»
Scuoto la testa, sorridendo. «Non preoccuparti, non fa niente … sei da solo, adesso?»
«Sì, sto per andare a fare un bagno. Tu, invece? Cosa stai facendo di interessante?» domanda, incuriosito.
«Mah, nulla a dire la verità. Ho già fatto il bagno, e adesso sto mangiando qualcosa per cena.»
«Ah già, da te è ancora ora di cena. Ti ho disturbato, quindi. Mi dispiace …»
«Macché disturbo, tu non disturbi mai!» lo rimprovero bonariamente, ridendo. «Disturbami pure quando vuoi, a me fa sempre piacere.»
Ride anche lui, insieme a me. «Chissà perché, ma ci avrei scommesso!» borbotta.
Mi mordo le labbra, stravaccandomi sulla sedia/poltrona. Dio, è ancora più difficile di quanto pensassi! Parlare via telefono con lui non è la stessa cosa di quando parliamo faccia a faccia. Dovevo provarlo per rendermene davvero conto.
Sospiro, passandomi una mano sulla fronte. «Mi manchi tanto, Edward.»
«Per quanto sia scontato ripeterlo, mi manchi tanto anche tu.» Edward resta in silenzio per diversi istanti prima di riprendere a parlare. «E mia madre vuole conoscerti, non si regge più! Penso che prima o poi te la ritroverai davanti alla porta di casa!»
Scoppio a ridere, immaginandomi la scena. «Scherzi, vero?»
«No, non sto scherzando! Ti conosce soltanto grazie ad una fotografia e per le poche telefonate che avete avuto insieme, ma già non vede l’ora di conoscere la sua futura nuora!»
Futura nuora? Esme è impazzita per caso? «È … è un po’ troppo presto per chiamarmi già così, no?»
«Sì, lo so, ma lei già sa che noi finiremo con lo sposarci … quindi, ti vuole conoscere di persona.»
Arrossisco, davanti a questa affermazione della mia ‘futura suocera’. «Che carina tua mamma … salutala da parte mia, ti prego.»
«Lo farò, tesoro … e non appena saprà che l’hai salutata, uscirà pazza per la gioia.» che burlone, si prende gioco di sua madre!
Ridacchio. «Non prenderla in giro …»
«Ma non la prendo in giro, è la verità.»
«Certo, certo.»
Il magone torna a farmi visita, sento che la telefonata sta per terminare ed io non voglio che succeda. Vorrei tanto poter restare davvero 24 ore su 24 a parlare con lui, senza fermarmi ne stancarmi mai, ma non è possibile.
«Ti … ti lascio mangiare tranquilla, piccola.» dice Edward, abbattuto. Anche lui ha capito che dobbiamo lasciarci, per il momento?
Annuisco, mordendomi le labbra. «Va bene. Ci sentiamo domani, vero?»
«Ma certo, domani mattina la prima cosa che farò appena sveglio sarà chiamarti per darti il buongiorno.» mi promette dolcemente, la sua voce mi sembra calda nonostante la stia sentendo soltanto per telefono. «Ti amo Bella, non dimenticarlo. Ti amo.»
L’ennesima lacrima della giornata scende dai miei occhi, fermandosi all’angolo della bocca. «Ti amo anche io. Tanto.»
«Ti amo.» questo piccolo sussurro è l’ultima cosa che sento prima che Edward metta fine alla chiamata, e forse è un bene che lo abbia fatto perché altrimenti io non sarei mai riuscita a farlo.
«Ti amo …» mormoro, a nessuno in particolare, mentre getto il telefono sul tavolino e mi asciugo quella lacrima rompiballe.
Torno a poggiare la schiena contro il vimini fresco e resto ad osservare il cielo, che a questa precisa ora della giornata si sta tingendo di un arancione acceso. Il sole sta finendo di tramontare, e lo spettacolo che ho davanti agli occhi è quasi devastante. Da dove mi trovo, riesco a scorgere anche la grande distesa dei miei vigneti, diventati rossi anche loro grazie alla luce del sole.

Mi stringo le ginocchia al petto e chiudo gli occhi, immaginando Edward accanto a me che mi stringe a sé con le sue braccia, mentre osserviamo insieme il tramonto.

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Capitolo 16
*** Sì, è proprio un ritorno alla realtà ***


The Camp Of Love - Capitolo16

Salve :3
Ecco a voi il capitolo numero 16: ormai ci avviciniamo davvero alla fine! Se tutto va bene, penso di postare l’ultimo – il 18 – il giorno di Natale: altro piccolo regalo per voi :D
Quello di oggi è un capitolo allegro: rivediamo un po’ di personaggi già accennati e conoscerete anche una nuova persona… chi? Lo scoprirete più avanti ;)
Prima di andare via, vi ricordo come sempre il mio profilo Facebook e il gruppo delle mie storie! I link, per chi è interessata, li potete trovare nella mia pagina autore :3 vi ricordo anche che un paio di giorni fa ho aggiornato ‘Solo il tempo…’ ;)
Buona lettura, gioie! Mentre voi leggete, io vado a rispondere alle vostre recensioni :*

 
 
 

The camp of love

 
 

Capitolo sedici – Sì, è proprio un ritorno alla realtà
 

17/08/2010
 

La prima cosa che vedo non appena apro gli occhi, la mattina, è la sveglia sul mio comodino che segna le 10:25 del mattino. È strano, perché io non mi sveglio più a quest’ora da chissà quanto tempo. Abituata come sono a buttarmi già dal letto all’alba per fare la mia solita passeggiata tra i vigneti, questa è una sorpresa e una novità insieme.
Mi metto a sedere sul letto, stirando le braccia in avanti ed osservando fuori dalla finestra: il sole è bello alto nel cielo, privo di nuvole, e l’aria è già abbastanza calda ed afosa da far desiderare di buttarsi in acqua e di non uscire per un bel pezzo.
Più o meno, quello che ho fatto io la notte scorsa.
Ho passato diverse ore a nuotare in piscina, visto che il sonno non sembrava voler venire a trovarmi, e stare a mollo dentro l’acqua si è rivelato essere un buon diversivo. Ci sono rimasta fino alle tre del mattino, con Principessa che mi osservava appollaiata sul bordo della piscina.
Sono stata più volte tentata di prenderla e di buttarla in acqua, ma dopo chi la voleva sentire la nonna che mi accusava di averle annegato la gatta? Ho fatto bene a farmi gli affari miei.
Mi volto per prendere il cellulare, che ho lasciato sul comodino, e illumino il display: noto che sono presenti una chiamata senza risposta e un sms. La chiamata è di Edward, e risale alle 7 di questa mattina.
È vero, mi aveva detto che mi avrebbe telefonato per darmi il buongiorno! Ma … io alle 7 dormivo.
Fuso orario di merda!
Sbuffando, e rimpiangendo il fatto di non essermi svegliata all’alba stamattina, vado ad aprire l’sms: anche questo è di Edward, e quando lo apro subito un sorriso prende forma sulle mie labbra.
 

Ho provato a chiamarti, ma molto probabilmente stai ancora dormendo … quindi, ti lascio il mio buongiorno qui, pronto per te non appena ti sveglierai.
Tuo, E.
P.S: ti amo, piccola.
 

La sua dolcezza è disarmante, persino per messaggio si nota. Mi affretto a mandargli una risposta, impicciandomi con i tasti più del dovuto per la foga e la fretta.
 

Buongiorno anche a te, anche se in ritardo.
Ti amo anche io, B.
P.S: mi manchi da morire.
 

Poso il cellulare di nuovo sul comodino, poggiando la testa sulle ginocchia: è passato solo un giorno da quando ci siamo lasciati, e siamo già a questi livelli … tra una settimana, o tra un mese, a che punto arriveremo?
Resto per alcuni minuti immobile, con le braccia a circondare le ginocchia, e alla fine decido di uscire dalle coperte e di scendere di sotto: stare tutto il giorno a letto, per quanto possa essere rilassante, non è roba da me. E poi, devo tornare a svolgere l’efficiente compito di produttrice di vini.
Roba seria, eh!
Dopo essermi buttata di nuovo sotto la doccia – fa davvero caldo, oggi! – e dopo essermi sistemata in modo da non sembrare una stracciona, scendo al piano inferiore con ancora i capelli umidi, che mi ricadono sulle spalle. Fa troppo caldo persino per asciugarli con il phon, e non sono così pazza da voler provare l’esperienza.
Scendo le scale con calma maniacale, praticamente uno scalino al secondo; al trentesimo secondo, o scalino, quello che più vi piace insomma, sono arrivata nell’ingresso. Do una rapida sbirciata al salottino, e constato che è vuoto … c’è solo Principessa, una nuvola bianca di pelo che occupa il posto centrale del divano.
Arriccio il naso, osservandola. «Non hai nient’altro da fare tu, eh?»
Lei, come a volermi rispondere, agita la coda una volta e mi osserva con gli occhi socchiusi. Ha un aria minacciosa, sembra quasi che mi voglia aggredire. Mah, meglio lasciarla in pace prima che mi regali un nuovo tatuaggio a forma di graffio.
Gatto schizofrenico.
Vado in cucina, sicura di trovarci la nonna impegnata nella sua solita preparazione di manicaretti quotidiana, ma mi stupisco quando vedo che lei non c’è. È tutto in ordine, come al solito, i vassoi con i muffin sono disposti sull’isola e una bella ed invitante torta alle nocciole fa la sua gran figura sul davanzale della finestra … ma lei non c’è.
Che sia uscita a fare spese? Mi avrebbe avvertita, in quel caso.
Prendo un muffin al cioccolato dal vassoio e lo mangiucchio, rigirandomelo ogni tanto tra le mani. Possibile che non abbia molta fame neanche stamattina? Sto per caso cercando di affrontare la relazione a distanza restando a digiuno, è questo che ho deciso senza rendermene conto?
Bel modo! Va a finire che quando io ed Edward ci rivedremo, io sarò diventata anoressica.
Do un enorme morso al muffin, non voglio diventare uno scheletro anche se so che non lo diventerò neanche tra cento anni: i manicaretti di nonna sono troppo buoni, non puoi non mangiarli a sbafo! Rischio di strozzarmi con il boccone abnorme, e sono costretta a prendere una tazza di caffè per rimediare. Insomma, lo avrei bevuto comunque il caffè.
La porta di servizio si apre quando ho finito il primo muffin e ne sto per prendere un altro. Mi volto distrattamente, ma la mia attenzione viene subito catturata dall’omaccione abbronzato e sorridente che occupa tutta la soglia della porta.
«Bentornata, Bells!» Jacob fa un inchino goffo, ridendo.
«Jake!» esclamo, felice di vederlo. Corro verso di lui e gli butto le braccia al collo, mentre lui mi afferra per la vita e comincia a girare in tondo. Rido, alzando i piedi per aria: mi è mancato un sacco il mio migliore amico.
«Ah, qui è stato un mortorio senza di te!» ammette non appena mi fa posare i piedi sul pavimento, e mi regala un buffetto sulla guancia. «Ci siamo annoiati un sacco, vedendo che non gironzolavi comandandoci a bacchetta.»
Inarco un sopracciglio, ma non riesco a stare imbronciata a lungo, non adesso che lo rivedo dopo più di un mese e mezzo. Non mi importa neanche se lui, insieme agli altri, si divertirà a prendermi in giro.
«Sì, ci credo parecchio infatti!» ribatto, mollandogli un pugno sulla spalla. «Ma dimmi, hai fatto saltare in aria l’azienda mentre io non c’ero?»
«Pfffft!» Jacob alza gli occhi al cielo. «Non ho fatto saltare in aria niente, è tutto come l’hai lasciato tu prima che partissi … più o meno.»
«Più o meno? Che hai combinato, impiastro?» lo rimprovero, cominciando a sentire un po’ di paura per quello che può aver combinato durante la mia assenza.
«Ma, alla fine, nulla di ché …» scrolla le spalle, indifferente, ma smette di farlo non appena nota il mio viso minaccioso e in vena di omicidi. «Okay. Stavo girando con il muletto dentro la cantina …»
«È vietato entrare con il muletto dentro la cantina!» gli faccio notare, inorridita. «Ma che ti è saltato in mente!?»
«Non è stata tutta colpa mia, c’erano anche Ted, Tiffany e Edmund insieme a me! Vuoi sapere cosa è successo oppure mi rimproveri, prima?»
Sbuffo, incrociando le braccia al petto. «Continua.»
«Bene. Come ti stavo dicendo, stavo girando con il muletto dentro la cantina … e sugli altri tre c’erano gli altri. Stavamo facendo una gara a chi arrivava prima alle barrique di vino, quelle dell’anno scorso …»
Inorridisco ancora di più sentendo il suo racconto, ma lo lascio continuare perché so che se comincio adesso ad urlare e ad imprecare, poi non mi fermo più.
«… ma, ho perso la concentrazione per un secondo e sono andato a sbattere. Non preoccuparti, il muletto funziona ancora, anche se è un po’ ammaccato sul davanti.»
«Cosa si è rovinato, invece?» chiedo, fulminandolo con gli occhi. Sento che c’è qualche disastro in vista, ne sono sicura.
«Le, ehm … le barrique che contenevano la produzione di tre anni fa, quella che dovevamo cominciare a vendere da Dicembre. Ma non tutte, tranquilla, solo una ventina!»
«Jacob William Black, sai questo che cosa significa!?» urlo, scuotendolo per la maglia. «Venti barrique rovinate e da ricomprare, insieme a 4500 e passa litri di vino persi … sono un sacco di soldi, imbecille!»
Che bel ritorno a casa che mi ha riservato questo zoticone del mio ex migliore amico! Solo lui poteva avere la brillante idea di dar vita ad una stupida scommessa dentro la mia preziosa cantina! Oh, ma perché capitano tutte a me? Già sto male perché mi manca Edward … adesso devo pensare anche a quanto questa perdita peserà sul bilancio annuale.
Fantastico.
«Tranquilla, Bella, è stato un incidente! Se vuoi, posso ripagarti qualcosa …» Jacob mi guarda, dispiaciuto, e mi accarezza le braccia mentre cerca di calmarmi. «Mi dispiace.»
«Va bene, vuoi ripagare qualcosa? Allora comincia a sborsare 180.000 $! È il valore del vino che contenevano quelle barrique.» lo informo, inacidita.
Voi penserete che abbia sparato una cifra a caso, per mettere un po’ di paura a Jacob, ma in realtà non è così.
Io so i prezzi del vino che vendiamo, quindi mi è bastato fare un rapido calcolo per trovare la cifra perduta. 180.000 $ sono tanti, tanti soldi, accidenti a Jake! Per quest’anno dovremmo aumentare di una piccola percentuale il prezzo del vino, a causa di questa perdita.
Dovrò parlarne con Monique, la contabile dell’azienda.
«Ragazzi, che succede qui?» l’arrivo inaspettato di nonna interrompe la mia sfuriata, salvando così Jacob dalla mia rabbia distruttrice. Ah, ma non si salverà ancora per molto.
Lo giuro sul vino andato perduto!
«Ho spiegato a sua nipote l’incidente delle barrique, ma non l’ha presa molto bene.» la informa Jake, allontanandosi da me e rifugiandosi dietro a nonna.
Che cuor di leone!
La nonna mi osserva, preoccupata, e toglie dalla testa il cappello di paglia. «Oh, lo immaginavo. Tesoro, non è nulla di grave, alla fine.»
«È una perdita considerevole, nonna, non posso lasciar correre ignorandola.» dico, scorbutica, e vado a prendere un'altra tazza di caffè.
«Lasciala stare, caro, è da ieri che è un po’ giù di morale.»
«Capisco. Forse le manca il campeggio …»
«No, le manca Edward!»
«Okay, adesso basta!» mi giro verso di loro, che civettano peggio di due comari. «Smettetela di parlare di me come se non ci fossi, vi sento, sapete?»
Jacob scoppia a ridere, avvicinandosi a me ed avvolgendomi in un nuovo abbraccio. Cerco di mandarlo via a suon di gomitate, visto che sono ancora arrabbiata – no, incazzata! – con lui, ma lui è più forte di me e quindi i miei tentativi non hanno effetto su di lui.
«Ah, Bella Bella Bella … le manca il suo boyfriend, e chi lo avrebbe mai detto?»
«Non provare a prendermi per il culo, cretino!»
«Bella!» urla nonna, scandalizzata. «Non voglio sentirti parlare così!»
«Già, Bella, che parole sono? Sulla bocca di una signorina, poi, ma insomma!» Jacob continua a prendermi in giro, e per punizione si becca una bella gomitata sulle costole, che lo fa boccheggiare.
Ah, ben ti sta!
«Sempre manesca, sei! Ed io che credevo che un po’ di sesso con quell’Edward ti avrebbe tolto un po’ di acido dal corpo!» commenta, massaggiandosi le costole.
Arrossisco, distogliendo lo sguardo da lui e dalla nonna: Dio, ma come può dire certe cose così, come se niente fosse? E poi davanti alla nonna! Insomma … un po’ di rispetto! Che vergogna, ragazzi.
«Jake, smettila!» urlo, passandomi le mani sulle guance che vanno a fuoco.
«Oh, cara, non vergognarti! È normale, non si scandalizza nessuno per così poco.» mi rassicura la nonna, sorridendomi.
Arrossisco ancora di più, alle sue parole. Non dovrebbe rimproverarmi o, che ne so, preoccuparsi se ho avuto o meno rapporti protetti?
«Già, siamo tutti adulti e vaccinati! Ma … scusa se te lo chiedo, Bella, ma è una voglia quella?» domanda Jake, indicando un punto sul mio petto.
Abbasso lo sguardo, intimidita, ed osservo il punto che mi sta indicando … merda! Era meglio se non lo facevo!
C’è un succhiotto viola ben visibile, nascosto per metà dalla canotta che indosso, ma è visibile ugualmente! Oddio, Edward deve essersi divertito a lasciarmi dei marchi addosso ed io non me ne sono neanche accorta! Ma a che cazzo pensavo, mentre lui mi faceva queste cose?

Difficile da indovinare, eh Bella?
No, la vocina no, per favore!
Copro quella orrida macchia con le mani mentre Jacob da il via alle risate, e sono così forti che comincia a piangere ed a tenersi la pancia con le mani. Lo guardo male, imbarazzata e infuriata allo stesso tempo, e lancio un occhiata di aiuto alla nonna.
Lei mi sorride, avvicinandosi a me. «Non ho visto nulla, Bella, assolutamente nulla! Però … forse è meglio se ti cambi la maglia, quando vai a trovare i tuoi genitori.» mi consiglia.
Annuisco. «Già, forse è meglio.»
Almeno fino a quando mamma e papà non conosceranno Edward, è meglio che eviti loro di far vedere quanto sono entrata in sintonia con un ragazzo che loro neanche sanno della sua esistenza … beh, lo sanno, ma non sanno che ci ho fatto sesso e che ci siamo innamorati.
Meglio evitare che papà cominci a dare la caccia ad Edward.
 

***

 
Il pranzo a casa dei miei è stato tranquillo, come sempre d’altronde, a parte l’euforia della mamma che voleva sapere tutto quello che è accaduto in campeggio. Ho dovuto ripetere all’infinito anche la storia del mio incidente con la vespa – l’insetto, non lo scooter -, e rassicurarla all’infinito che sto bene. Le ho anche mostrato il collo, dove quella stronza mi ha punto, e le ho fatto vedere che al posto del bubbone/bolla adesso c’e solo un puntino microscopico, dove è entrato il pungiglione.
Papà è stato più tranquillo di lei, ed è stato contento di rivedermi … ringrazio il fatto di aver seguito il consiglio della nonna e di aver cambiato la maglia, altrimenti a quest’ora papà sarebbe stato in piena crisi isterica perché qualcuno “ha rubato la virtù della sua unica bambina”.
Sì, mio padre è un tipo un po’ all’antica.
E per fortuna che a pranzo non è stato presente Jasper, altrimenti mi sarei beccata una ramanzina anche da lui. Ho fatto bene a non parlare loro di Edward … povero amore mio, a quest’ora avrebbe avuto già papà alle calcagna!
E adesso, dopo aver passato diverse ore insieme alla mia famiglia, sono pronta per affrontare la mia cara e pazza cognata. Mi ha inviato un sms un paio di ore fa, mentre stavo ancora mangiando, dicendomi di raggiungerla in agenzia per scambiare due chiacchiere … e per prendere un gelato alla gelateria di fronte, lasciando tutto il lavoro nelle manine delicate e carine di Lauren.
Sì, è tornata a lavorare da Alice quando ha visto che non riusciva a trovare un mestiere che la aggradasse … per quanto mi riguarda, poteva anche andare a battere i marciapiedi.
Troppo cattiva? No, è quello che si merita.
Parcheggio la mia Mini – quanto mi è mancata! – a qualche metro di distanza dall’agenzia di viaggi di Alice, e percorro quella poca distanza tranquillamente, sentendo il calore del sole sulla pelle. Fortuna che durante le vacanze sono riuscita ad abbronzarmi un po’, altrimenti a quest’ora dovevo ancora girare imbrattata di crema protettiva … beh, l’abbronzatura su di me non si nota poi molto, giusto qualcosina qua e là.
Va bene, lo ammetto, sono ancora cadaverica.
Ma … ho il segno del costume, quindi qualcosa c’è davvero!
Entro nell’agenzia, e ringrazio il cielo non appena percepisco la frescura causata dall’aria condizionata. Fuori fa davvero troppo caldo, è il periodo più caldo dell’estate … forse. Non ne sono sicura, visto che l’ho trascorsa quasi tutta in un altro stato, e si sa che nel Maine le temperature sono diverse rispetto a quelle della California.
Faccio per salutare Alice, ma lei non c’è: la sua scrivania è vuota. Quella di Lauren invece è occupata, ovviamente da Lauren. Ha le mani sospese a mezz’aria, sopra alla tastiera del computer, e mi osserva con gli occhi socchiusi.
Bene, non vedevo davvero l’ora di incontrarla!
«Buon pomeriggio, Lauren.» tolgo gli occhiali da sole, sorridendole. Non mi è simpatica, e lei penso che lo sappia già, ma è comunque meglio mostrarsi cortesi: non voglio passare per maleducata. «Alice non c’è?»
«È in bagno, torna subito.» dice lei, continuando a osservarmi.
Non ha neanche ricambiato il mio saluto, potevo fare a meno di farlo a questo punto.
Poso la borsa sulla scrivania di mia cognata, ignorando gli occhi gialli da gatto di Lauren che mi perforano la schiena. La nuca comincia a prudermi, per la sensazione di essere osservata, e comincio a grattarmi distrattamente mentre vado a prendere qualcosa da bere nel minifrigo.
«Sei tornata dal campeggio.» dice ad un certo punto lei, senza entusiasmo né nessun altro tipo di emozione nella voce.
La osservo, inarcando un sopracciglio. «Sono qui, mi vedi, quindi sono tornata per forza.»
Scusatela, ma poverina ha qualche problema a comprendere le cose … sapete, è caduta dal seggiolone da bambina.
Bevo un sorso dalla lattina di Pepsi che ho aperto, mentre Lauren continua ad osservarmi senza battere ciglio. Forse non ha captato l’ironia nelle mie parole. Abbassa le mani – finalmente! -, e comincia a giocare con una penna a scatto.
«Ti sei divertita?» chiede, senza interesse.
Ma una porzione di cazzi tuoi no, eh? Ma tu guarda questa che vuole farsi gli affari miei a tutti i costi!
«Molto. Perché vuoi saperlo?»
Lei scrolla le spalle, con la penna che ancora gira tra le sue dita. «Curiosità. Alice mi ha accennato ad un ragazzo …»
Ah, quindi è questo che voleva sapere! Brutta gallina spennacchiata. Da me non verrà a sapere un bel niente! Non sono solita raccontare le vicende della mia vita privata a degli estranei, e per me Lauren è un estranea, quindi me ne sto zitta.
«Ma davvero?» me ne sto zitta, va bene, ma voglio anche sapere cosa Alice ha raccontato a questa gallinella.
«Oh, sì!» Lauren comincia a battere le ciglia e a sorridere malignamente, e la sua faccia diventa ancora più odiosa del solito. «Mi ha detto che c’è stato del tenero tra te e lui … ma io non le credo.»
«E perché non dovresti crederle? Alice non racconta mai frottole.»
«Perché nessun ragazzo ci proverebbe mai con te, frigida come sei. Al liceo scacciavi via tutti, neanche avessero la peste! Mi chiedo chi possa essere questa povera anima che è capitolato con te.» terminato il suo discorsetto, appoggia la schiena contro la sedia e incrocia le mani sul seno – finto! – e sorride.
Beh, certo, adesso dovrei sentirmi offesa per quello che mi ha detto. Guardate, non riesco più a smettere di piangere! In realtà, sono divertita e irritata per come si sta comportando: e dovrei anche risponderle?
Oh sì, devo! Voglio sputtanarla!
«Già, al liceo ero frigida … ma meglio frigida che sgualdrina. Almeno, io non cercavo di farmi tutti i giocatori della squadra di football nei corridoi di scuola, davanti a tutti!»
Il viso di Lauren arrossisce di colpo, e perde tutta la sicurezza e spavalderia che aveva fino a poco fa. Inarca le sopracciglia, e cerca di non cedere. «Sei invidiosa, solo invidiosa. Non parleresti così, altrimenti.»
«Invidiosa?» comincio a ridere, guardandola ad occhi spalancati. «Ma sei seria? Invidiosa, e di te scommetto! Ma neanche morta! Preferisco crepare da vergine e con venti gatti in giro per casa piuttosto che essere te!»
Lauren, indignata, non fa in tempo a replicare che viene interrotta dal ticchettare di un paio di scarpe, che annunciano l’arrivo di Alice. Quest’ultima, impeccabile come sempre, non appena entra nella stanza comincia ad urlare e correndo mi raggiunge, abbracciandomi.
«Tesoro, bentornata! Devi raccontarmi tutto!» esclama, saltellando. «Anche su di Edward!» aggiunge, sottovoce.
Rido, sciogliendo l’abbraccio. «Va bene, Alice. Ma puoi parlare ad alta voce, anche Lauren deve sapere di Edward!»
«Ah, ma io devo sapere tutto prima! Posso sempre raccontarle tutto dopo!» dice, strizzando l’occhio in mia direzione subito dopo.
La nana mi sta reggendo il gioco, e credo che abbia anche sentito il nostro piccolo scambio di battute di poco fa. Le sorrido, trattenendo una risata.
Ci voltiamo entrambe verso Lauren, che adesso è livida di rabbia e penso anche di invidia. Alice, come se niente fosse, si avvicina alla sua scrivania e le indica alcuni plichi enormi che sono posti lì sopra, davanti a lei.
«Questi sono i documenti per i viaggi dei signori Johnson, Malcolm e Adams, devono essere registrati entro stasera. Dovevo farlo io stamattina, ma …» scrolla le spalle, ridacchiando, «… me ne sono dimenticata! Pensaci tu, e non deludermi, mi raccomando!»
Lauren la guarda attentamente, confusa e ancora arrabbiata per prima, e annuisce senza aprire bocca. Ah, con Alice non ci prova troppo a fare la strafottente. Sa che se prova a lamentarsi, la mia amica non ci penserebbe su due volte prima di sbatterla fuori dall’agenzia! Non è la prima volta che le fa le ramanzine, la mia Alice.
«Perfetto! Bella, andiamo a prendere il gelato? Non vedo l’ora di sapere cos’hai combinato di bello in campeggio …» dice, andando a recuperare la sua borsa.
Faccio la stessa cosa anch’io, e quando stiamo per uscire fuori mi fermo, e mi volto di nuovo verso Lauren. «Ehi, Lauren?» la chiamo, mordendomi le labbra.
Lei, decisamente nervosa, alza il viso dalla pila di documenti e mi osserva. «Sì?»
«Una piccola cosa, poi ti lascio lavorare in pace.» sorrido, picchiettando con le unghie sul vetro della porta. «Ricordi quando ti vantavi e parlavi tanto delle ‘enormi doti’ di Adam Leeson? Beh, il mio Edward lo batte … ed è molto più bello di lui!»
Le faccio ‘ciao ciao’ con la mano, dopo averla lasciata a bocca aperta, e raggiungo Alice al di fuori dell’agenzia. Lei sta ridendo come una scema, e mi guarda come se fosse la prima volta che lo fa.
«Dici sul serio? Adam Leeson?» fa, tra le risate.
«Non so nulla sulle sue doti, ma su quelle di Edward sono sicura al 100%!»
«Aaaah, pervertita! Non devi saltare nulla, devi proprio dirmi tutto Bella!» Alice mi afferra per un braccio e dopo aver blaterato ancora un po’, mi guida verso la gelateria.
 

***

 
«Lo ami davvero? Davvero davvero?» chiede Alice per la decima volta, con gli occhi a cuoricino. Non li ha veramente a cuoricino, ma se fosse un cartone animato i suoi occhi sarebbero di questa forma, adesso.
«Sì, Alice, lo amo. E sono seria, non chiedermelo ancora!» esclamo, un po’ seccata per il suo continuo ripetere le cose.
Lei, incurante delle mie proteste, sorride alla stregatto e unisce le mani, portandole davanti alle labbra. Comincia anche a saltellare sulla sedia, e a me viene l’improvvisa voglia di cercare sul suo corpo il pulsante ‘reset’ per metterla così a tacere … ma lei non è un robot, o una specie di cyborg, quindi non lo posso fare.
Mannaggia, siamo ancora così obsoleti con la tecnologia!
«Non ci credo che ti sei innamorata! Davvero, è un evento speciale, da segnare sul calendario!» cinguetta, posando le mani sul tavolino con uno scatto. «Però … ricordati che io te l’avevo detto, che qualcuno ti avrebbe rimorchiato!»
Sbuffo. «No, tu mi hai detto che dovevo portarmi in vacanza un sacco di bei vestiti nel caso che qualcuno volesse portarmi fuori.»
«Beh, non è un po’ quello che intendevo io? Per portarti fuori, questo qualcuno doveva per forza rimorchiarti, no?»
Oh, i discorsi con Alice non mi sono mancati per niente, durante queste settimane! Mi sono risparmiata un sacco di insulti da rivolgerle, e lei mi ha risparmiato un gran numero di mal di testa.
Ecco, sento che uno verrà a trovarmi tra poco, se Alice continua a chiacchierare con questo ritmo.
«Sì, Alice, sì, è proprio come intendevi tu …» mormoro, sfregandomi gli occhi con le dita.
«Non dirmi che sei ancora stanca, o confusa per il fuso! No, perché io e te abbiamo ancora un sacco di cose di cui parlare!»
Sbuffo di nuovo. «No, non sono stanca … ho solo un po’ di fastidio agli occhi.» sto dicendo la verità e mentendo nello stesso momento.
Sto dicendo la verità, perché è vero che non sono stanca; ma sto mentendo riguardo al fastidio agli occhi. I miei occhi vanno alla grande! È la parlantina di Alice che comincia a darmi fastidio, e dopo sei settimane di quiete è normale che cominci a perdere le staffe sentendola parlare senza pause.
Devo farci di nuovo l’abitudine, e devo anche cercare di non farglielo capire … mi ammazzerebbe, se le dicessi “Alice, tappati la bocca!”
«Comunque … di cos’altro dobbiamo parlare? Se vuoi i particolari di quello che abbiamo fatto io ed Edward, puoi anche scordarteli!» metto in chiaro le cose prima che possa chiedermi qualsiasi cosa.
Alice, frustrata, fa schioccare la lingua e arriccia le labbra. «Non sei simpatica, no no. Perché non vuoi dirmi niente?»
«Perché sono affari miei, e perché mi vergogno!»
«No, non devi vergognarti! Non farò nessun commento, lo giuro!» Alice cerca di convincermi e a farmi cambiare idea, ma i suoi futili tentativi con me non funzionano.
Incrocio le braccia al petto, inarcando le sopracciglia verso l’alto. «Ho detto di no, Alice, non insistere.»
«Bastarda!» il suo urlo è così forte che riesce a far voltare diverse persone che, come noi, sono sedute ai tavolini della gelateria per godersi un po’ di tranquillità e per mangiare il loro gelato in pace.
«Alice! Abbassa la voce!» soffio, chinandomi su di lei e afferrandola per le braccia.
«Io abbasserò la voce, ma tu resti comunque una bastarda!» sussurra, guardandomi male.
«Aaaaa! Senti, non mi va di raccontare le mie esperienze sessuali … e non mi piace dirle in un luogo pubblico. Va bene?» getto la spugna, quando ci si mette è impossibile parlare con lei.
Alice batte un paio di volte le palpebre, guardandomi, e alla fine sorride e torna a sistemarsi tranquillamente sulla sua sedia. «Ah, allora va bene. Cambiamo discorso! Ho un sacco di aggiornamenti da farti!»
«Che tipo di aggiornamenti?» mi tranquillizzo adesso che lei ha deciso di passare ad altro. Almeno per un po’, non starò sotto la sua completa attenzione.
«Gossip, naturalmente!» risponde, facendomi capire che avrei dovuto intuirlo non appena mi aveva accennato di questi aggiornamenti. «Sai che Mike Newton ha beccato sua moglie a letto con un altro?»
«NO!» sgrano gli occhi, davanti a questa affermazione. Jessica Newton, la stronza che mi ha presa a pizze in faccia appena un mese fa … ha un amante? «E chi è questo sfigato?»
«Non si sa, ma Mike ha chiesto il divorzio! Mia madre ha parlato con lui l’altro giorno – sai che lei non sa farsi gli impicci suoi! -, e lui le ha detto che l’ha anche sopportata per troppo tempo.»
«Da una parte sono contenta per lui.» ammetto, anche se potrò sembrare meschina nel dirlo. «Ma … mi dispiace per i bambini. Andranno a vivere con la madre, vero?»
«Sì, penso di sì, poveri bambini … e, a proposito di bambini! Sai la novità?»
Scuoto la testa: non so più nulla di quello che è accaduto a Napa, quindi è inutile che mi pone queste domande senza senso.
Alice mi sorride, usando uno di quei sorrisi tutto labbra e tutto denti, e comincia ad agitare le mani davanti a sé. «Io e Jasper stiamo provando ad avere un bambino!»
«Aw! Davvero, sul serio? Non scherzi? AW!» mi unisco alla sua euforia e afferro le sue mani, cominciando a produrre orribili urletti.
Non mi interessa se qualcuno si lamenta dei nostri schiamazzi o se pensano che siamo due povere pazze – perché sì, da una parte lo siamo veramente -, ma volete mettere queste insulse voci con la notizia bomba che mi ha dato Alice?
Sto per diventare zia!
«Oddio, Alice! Diventerò zia, diventerò zia!» esclamo, pazza di gioia.
«Beh, tecnicamente non lo diventerai ancora per un bel pezzo … ci stiamo provando, non ho detto che sono già incinta.» mi fa notare lei, con calma.
«Sì, ma se ci state provando vuol dire che state comunque per regalarmi un nipotino! Spero che sia femmina, sarà la mia piccola assistente.»
Già, la mia piccola assistente! Già mi vedo che vago per i vigneti e per le cantine con lei alle calcagna, pronta ad imparare tutti i segreti del mestiere … oddio, forse un giorno potrà diventare la mia erede! Erediterà tutto quello che oggi è mio, e che un tempo è stato del nonno …
«Bella, non montarti la testa! Potrebbe anche essere un maschietto.»
«Oh, è vero …» non ci avevo pensato, non posso mica decidere io di che sesso sarà mio nipote. «Mah, non fa nulla. Maschio o femmina, diventerà il mio erede!»
Alice comincia a ridere, osservandomi divertita. «Ma sentiti, stai già fantasticando! Dovevo dare ragione a tuo fratello e non dirti ancora nulla …» scuote la testa, sorridendo. «Va beh, lasciamo stare … e poi, scommetto che cambierai idea sul conto dell’erede.»
«Perché dici così?»
«Beh, prima o poi anche tu avrai dei figli, e saranno loro quelli che erediteranno tutto.» dice, con fare ovvio, afferrando poi uno dei biscotti che ci sono avanzati da prima e mordendolo.
Ecco, adesso mi ha messo anche la pulce nell’orecchio! Però, ha ragione: anche io un giorno avrò dei figli, e alla fine saranno loro quelli che avranno diritto alla mia eredità … ma non per forza.
Basta, non voglio pensarci adesso o va a finire che impazzisco!
«Possiamo fare un eredità enorme, e tutti avranno qualcosa.» scuoto le spalle, prendendo anche io un biscotto.
«Mhm.» Alice deglutisce il boccone, e torna a parlare. «Sono davvero curiosa di vedere come saranno i miei futuri nipoti! Tu ed Edward siete dei bei ragazzi, quindi c’è una buona materia prima con cui lavorare.»
Quasi mi strozzo con il biscotto che ho in bocca. Alice, sempre pronta a farmi questi attentati! Ma come può già cominciare a pensare a come saranno i bambini miei e di Edward, è troppo presto! Stiamo insieme da poco più di un mese, è decisamente fuori dai miei programmi diventare mamma proprio adesso.
Credo che il suo desiderio di maternità la stia facendo uscire un po’ fuori di testa.
Però … non posso fare a meno di pensarci. Chissà come saranno i nostri bambini. Sicuramente belli come il loro papà. Aaaaaa, dannata Alice!
 
 

__________________

Che zuccherino Lauren, vero? XD

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Capitolo 17
*** Parlando, parlando ***


The Camp Of Love - Capitolo17

Buon pomeriggio :3 e buona fine del mondo a tutte! Siete sopravvissute, voi? Io no, i Maya mi hanno fatto un brutto scherzo… infatti, sto aggiornando la ff dal Paradiso, LOL
Okay, basta con gli scherzi adesso ù_ù
Penultimo aggiornamento di questa storia! Il 25, se riesco a trovare un piccolo ritaglio di tempo, posterò l’ultimo ç.ç lo so, che presa a male ç.ç ma ho un paio di sorprese per voi, che vi svelerò quel giorno :3
Adesso vi lascio leggere in pace XD il capitolo di oggi è leggero, molto leggero… anche stupido, se vogliamo chiamarlo così XD ma spero che vi piaccia :3
Ci sentiamo il 25, per l’ultimo capitolo e per gli auguri di Natale :*
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The camp of love

 
Capitolo diciassette – Parlando, parlando
 

20/08/2010
 

Percorro il corridoio di casa con il mio pc sotto braccio, diretta in cucina: ho intenzione di prendere qualcosa da mangiucchiare. Oggi sono in vena di schifezze, e penso proprio di andare a prelevare qualche buon manicaretto della nonna … tanto, lei ne lascia sempre la cucina piena.
Il motivo per cui ho voglia di schifezze è uno solo, che mi ha lasciata leggermente irritata – ma proprio leggermente! -, e che vi spiegherò più avanti: non siete le uniche a cui devo raccontarlo.
Entro velocemente in cucina, appoggio momentaneamente il pc sul tavolo e vado al frigo per prendere qualcosa da bere. Voglio anche una bibita calorica e dolce, insieme alle schifezze, devo fare le cose per benino. Aggrotto le sopracciglia, e prelevo una lattina di pepsi e una di limonata.
Le poggio su un vassoio di legno, quello che di solito usiamo io e la nonna per portarci il cibo in camera, e poi vado a prendere qualcosa da mangiare. La mia attenzione viene occupata tutta dalla torta che la nonna ha sfornato stamattina, fatta interamente di cioccolato e con la glassa all’arancia, e ne prendo una bella fetta, che poggio sul vassoio insieme a diversi muffin.
Mia nonna, che fino a poco fa si trovava in giardino a sistemare le piante, mi raggiunge in cucina quando io ho appena terminato di sistemare i miei viveri e sto per andare nello studio al pian terreno, dove vado di solito a lavorare.
Lei mi guarda con un sopracciglio inarcato, che scorgo bene anche se ha ancora il cappello in testa e le copre un po’ il viso. «Dove vai con tutto questo cibo?» mi chiede, sospettosa e curiosa insieme.
«Nello studio. Ho bisogno di sfogarmi con qualcosa.» rispondo, e cerco di trovare il modo migliore per trasportare vassoio e pc insieme.
Merda, sarà una bella impresa!
«Ma … sono le sei del pomeriggio! Se mangi tutto questo adesso, poi non mangerai nulla per cena.» esclama, un po’ scandalizzata.
«Vorrà dire che questa sarà la mia cena!» replico, forse in modo un po’ troppo sgarbato.
Non voglio rispondere male alla nonna, è sicuramente l’ultima delle cose che vorrei fare … è che sono ancora così nervosa e irritata per quello che è successo e non riesco proprio a trattenermi! Sospiro, voltandomi verso di lei. «Scusami, non volevo risponderti in questo modo.»
La nonna mi sorride tranquillamente, scuotendo la testa. «Non preoccuparti, Bella, non è successo nulla.» si avvicina al tavolo e si toglie il cappello di paglia, poggiandolo sulla superficie di legno. «Sei ancora arrabbiata per prima, vero?»
Annuisco, inarcando le sopracciglia. «Penso che resterò così fino a quando non andrò a dormire! Forse il sonno mi farà sbollire un po’ la rabbia.»
Annuisce, e mentre la osservo il suo sguardo cambia, diventando serio tutto d’un tratto. «Sai che io ti do ragione? Hai tutto il diritto di essere arrabbiata con tuo padre! Lo sono anche io, e non mi interessa se è mio figlio … non doveva attaccarti in questo modo, è stato un comportamento esagerato ed errato.»
«Lo so, anche la mamma la pensa così.»
«Reneè è una santa, visto che deve sopportare Charlie ed il suo caratteraccio tutti i giorni!» dice, così convinta da farmi ridere. Mi sorride, e da un occhiata alla roba che ho accumulato nel vassoio. «Va bene, per una volta ti puoi anche concedere una cena a base di dolci! Vai a parlare con Edward?»
«Sì, ci siamo dati appuntamento su Skype.» prendo il vassoio tra le mani, e lancio uno sguardo al pc grigio. Annuisco tra me e me. «Poi vengo a prendere il computer.»
Una decina di minuti dopo, sono seduta comodamente sulla sedia in pelle dello studio e sto sbocconcellando un muffin ai mirtilli, mentre aspetto che Edward si connetta a Skype.
È la seconda videochiamata che facciamo nel giro di due giorni, questa, e devo dire che è molto meglio parlarci e vederci, anche se soltanto attraverso una webcam, invece di sentirci soltanto per telefono. È tutta un'altra cosa, e poi così risparmiamo anche un sacco di soldi sulle tariffe dei cellulari … non che questo sia un problema.
Non ringrazierò mai abbastanza quel genio che ha inventato Skype! Se lo conoscete, o se sapete dov’è che abita, ditemelo subito per favore! Gli spedirò una cassa del mio vino migliore come ringraziamento!
Un ‘bip’, proveniente dal pc, mi fa voltare lo sguardo e spostare così la mia attenzione dal muffin mezzo mangiato che ho in mano. Un icona mi sta avvertendo che Edward si è appena connesso, e una nuova finestra, che si è aperta da sola, mostra il faccione sorridente e allegro del mio ragazzo.
Mi affretto ad ingrandirla, sorridendo, e appoggio il muffin sulla scrivania. «Ciao amore!» lo saluto, e mi sistemo meglio sulla poltrona.
«Ciao piccola!» la sua risata mette allegria, ed è anche contagiosa. Un po’ dell’irritazione che provo da questo pomeriggio va via, lasciandomi più serena.
«Pensavo che volevi darmi buca, non ti facevi vivo!» esclamo, giocando con una ciocca dei miei capelli.
«Stavo preparando qualcosa per cena.» dicendo così, si sporge verso sinistra – o a destra? -, e afferra il piatto che ha accanto, dove c’è un panino. «Non sono un gran cuoco, questo è il massimo che riesco a combinare da solo!» ammette, scrollando le spalle.
Sorrido. «Io invece so cucinare, ma per stasera ho optato per qualcosa di dolce!» e dicendo così, prendo il piatto pieno di muffin e di torta e glielo mostro.
«‘Qualcosa’ di dolce? Beh, è più di qualcosa, Bella!» scoppia a ridere, e mi regala il sorriso sghembo che mi piace tanto. «Com’è andata la tua giornata?»
La rabbia torna a trovarmi. La mia giornata, proprio quello di cui volevo parlare con lui! Voglio proprio raccontargli la mia giornata, così si fa più o meno un idea di quello che lo aspetta non appena verrà a trovarmi a Napa … ma forse, dopo che gli avrò raccontato tutto se ne resterà a Chicago, al sicuro.
«La mia giornata è stata … movimentata.» inizio. Afferro il muffin che avevo lasciato sulla scrivania e gli do un morso enorme, finendolo quasi tutto.
«Che intendi per movimentata? Raccontami.» come se volesse farmi compagnia mentre mangio, Edward da un morso al suo panino. È confortante vederlo mangiare, sembra quasi che stiamo cenando insieme … via webcam, va bene, ma sembra davvero che stiamo cenando insieme.
«Stamattina è andato tutto bene, tutto liscio come l’olio. Ho litigato con Jacob, come al solito, ma non è successo nulla di che. Questo pomeriggio, invece, sono venuti a trovarmi i miei genitori e mio fratello, insieme a sua moglie.» la scena è ancora vivida nella mia testa, sembra che sia appena accaduta e invece sono passate già diverse ore.
Edward sorride, e vedo che comincia già a non capirci più niente. «Non ci vedo nulla di male, in questo …» dice, prima di mangiare.
Già, che c’è di male?
«Sono venuti a sapere che sono incinta, e che ho preso l’herpes al campeggio.» dico, imbronciando le labbra.
La reazione di Edward è istantanea: boccheggia, rischia di strozzarsi con il boccone che ha appena morso e sbianca in volto. Incrocio le braccia al petto, e abbasso lo sguardo, mentre aspetto che lui si riprenda dal colpo che gli ho appena fatto prendere.
Dopo un minuto, più o meno, ritorno ad osservare lo schermo del pc: non lo sento più tossire, quindi è un buon segno.
A meno che non sia morto.
Edward, che per fortuna è vivo e vegeto, anche se un po’ pallidino, mi sta osservando con gli occhi sgranati ed impauriti. «Stai scherzando?» domanda.
Scuoto la testa. «No, non sto scherzando.»
«Sei incinta sul serio? E hai l’herpes? Te l’ho attaccato io? Ma … ma io non ce l’ho, l’herpes!» okay, sta andando nel panico. Meglio intervenire.
«Edward, fermati! Non sono incinta, e non ho l’herpes.» dico, fermando il suo fiume di parole.
Il sospiro che esce dalle sue labbra è il più rumoroso che gli ho sentito fare. Si passa una mano sulla fronte, ridendo nervosamente. «Oh, mi hai ridato dieci anni di vita! Ma perché mi hai detto queste cose, allora?»
«Perché loro mi hanno attaccato dicendomelo.»
«Ma se non è vero!»
«Gliel’ha raccontato Lauren, quella stronza! Ha fatto quasi prendere un infarto a papà, ha fatto svenire mia madre e ha istigato in mio fratello istinti omicidi verso di te! Se la prendo le tolgo tutte le extension che ha in testa!» mi sfogo ad alta voce, battendo un pugno sulla scrivania.
Edward resta in silenzio prima di arricciare le labbra. «Fai un passo indietro, amore: chi è Lauren?»
Così, dopo aver messo da parte le vicende di questo pomeriggio, racconto a Edward dell’incontro che ho avuto con Lauren l’altro giorno, del piccolo battibecco che c’è stato tra di noi e della risposta che le ho dato prima di andare via.
Da quello che mi ha detto Alice, a lei non è andato giù il fatto che io potessi avere un ragazzo carino e per vendicarsi, quindi, ha spifferato in giro questa storia del cazzo. Mia cognata è rimasta così incazzata che l’ha licenziata in tronco, ma visto che non ha nessun altro ad aiutarla nell’agenzia l’ha dovuta riassumere quasi subito … però, le ha dimezzato lo stipendio e tolto le ferie fino all’anno prossimo.
Convincere i miei genitori e mio fratello che tutto quello che ha detto Lauren è una menzogna è stato difficile e snervante, ho rischiato persino di mettermi a piangere per la frustrazione di non essere creduta dalla mia stessa famiglia, che dovrebbe supportarmi in ogni cosa che faccio e non attaccarmi alla prima storiella che sentono su di me.
Per fortuna che nonna, quando ha sentito il pandemonio che si è creato, è intervenuta e ha fatto una lavata di capo a tutti. Jasper e mamma si sono calmati quasi subito, sollevati per la notizia falsa e porgendomi le loro scuse, ma papà ha continuato a non credermi.
Nonna, alla fine, lo ha cacciato via e gli ha consigliato di non farsi vedere fino a quando non avrebbe capito a chi credere, se a sua figlia o a quella cretina senza cervello di Lauren.
«Beh, almeno adesso sanno che non li stai per rendere nonni!» Edward cerca di scherzare e di alleggerire il momento.
«Sì, ma hanno creduto prima a quella stupida che a me! E sono la loro figlia! Bel modo di comportarsi …» faccio per prendere un pezzo di torta, ma scopro che non ce n’è più. Mentre raccontavo tutto a Edward, mi sono spazzolata tutto il contenuto del piatto.
Sono un pozzo senza fondo!
«Forse è stato lo shock a farli reagire così, ma non pensarci più di tanto adesso … è andato tutto bene, alla fine, no?» mi sorride, sporgendosi verso lo schermo. Se fosse qui, accanto a me, lo abbraccerei e lo stringerei per ore, senza stancarmi mai.
Annuisco. «Però questa vicenda alla fine è servita a una cosa …»
«A cosa?»
Sorrido. «Adesso sanno che ho un ragazzo. Almeno su questo Lauren è stata sincera.»
«Oh, bene. Non è così male, alla fine.»
«Già, non è male. Ma vogliono tutti conoscerti il prima possibile, non appena verrai qui.» lo informo, poggiando i gomiti sulla scrivania.
«E tutti vogliono conoscere te non appena verrai a Chicago. Siamo pari!» Edward ride, contagiando anche me.
«La tua famiglia è meno pazza della mia.» su questo non ho dubbi.
«Non ne sarei così sicuro, se fossi in te: mio fratello è un cretino, mia madre è un po’ pazza e mio padre è già pazzo di te. Bel quadretto familiare, non trovi?»
Mi mordo le labbra, osservando il suo viso. «Oh sì, proprio carino.»
Se mi sta dicendo la verità, vuol dire che anche lui non ha una famiglia molto normale. Bene, abbiamo un'altra cosa in comune di cui andare fieri.
 

***

 
28/08/2010
 

«Come va al lavoro? Io ti rimbambisco sempre parlandoti dell’azienda e di tutto il resto, fallo un po’ anche tu!» gli chiedo, poggiando la testa sulla mano.
Sono sdraiata sul mio letto, rilassata, e come succede da diversi giorni a questa parte sto parlando con Edward tramite Skype. Ormai è il nostro rituale quotidiano, quello di connetterci e parlarci prima di andare a dormire.
Edward ride, passandosi una mano tra i capelli. «Ma il mio lavoro è noioso, il tuo è di gran lunga più interessante! Cosa dovrei mai raccontarti?»
«Qualsiasi cosa! Quello che vuoi, non so praticamente niente di quello che fai quando lavori. Illuminami, dai.» sorrido, osservandolo.
Edward fa schioccare la lingua e incrocia le mani sotto il mento, pensandoci. «Beh, io non faccio granché. Io e mio fratello gestiamo il negozio, siamo i ‘piani alti’ per intenderci, poi c’è chi lavora nei vari reparti e chi aiuta i clienti in caso di bisogno … e basta.»
Inarco le sopracciglia. «Tutto qui? Non ci credo che è tutto qui!»
«E invece sì, è tutto qui. Te l’ho detto, piccola, il mio lavoro è noioso.»
Sbuffo. «Mia nonna lavora più di te, e ha sessantacinque anni.»
«Però, giovane tua nonna! La mia ha ottantadue anni e non fa altro che pizzicarmi le guance ogni volta che mi vede!»
Rido, a questa informazione. «Ma dai, che carina! Mi piacerebbe tanto conoscerla.»
«Non appena verrai qui ti porterò a trovarla, così mi salvi da quella tortura.»
«Ah, quindi io sarei il capro espiatorio? Ma grazie, Edward!»
«Sai che scherzo, vero amore mio?» domanda, guardandomi maliziosamente.
Ruffiano di merda.
«Lo so, lo so.» gli sorrido, poggiando il mento sul materasso.
«Bella, alza la testa. Sei sparita dallo schermo!»
«Eccomi, eccomi!» mi affretto a fare come mi dice.
L’unico, piccolo inconveniente delle videochiamate è che non puoi muoverti o fare liberamente quello che vuoi, perché corri il rischio di uscire dal campo visivo della webcam e di scomparire.
«Eccoti qui! Ciao, dolcezza.» Edward mi fa l’occhiolino.
«Quanto sei pazzo!»
«Sei tu che mi hai fatto diventare pazzo. Pazzo di te, amore mio.»
Arrossisco, mi succede sempre quando Edward ha queste uscite così dolci e romantiche … ma arrossisco anche quando dice qualcosa di sconcio che vorrebbe farmi. Dio, quand’è così vorrei tanto averlo davanti a me per baciarlo e per ringraziarlo a dovere!
«Sai che Jacob mi ha fatto perdere 20 botti di vino?» gli domando, tanto per cambiare argomento.
«20? Ugh, 20 botti sono tante! E a quanto ammonta la perdita?»
«Intorno ai 183.000 $.» la cifra che ho detto a Jacob l’altro giorno non era esatta, ma mi sono avvicinata ugualmente a quella reale. Monique, poi, mi ha dato la conferma.
«Oh!» fa Edward, scandalizzato.
«Già, ‘oh’!»
E scoppiamo a ridere come due ebeti.
 

***

 
31/08/2010
 

«I miei genitori vogliono parlare con te.» mi dice Edward, osservando qualcosa di interessante sulla tastiera del suo pc. O almeno, mi sembra che stia guardando lì.
«Sul serio?» domando, sorpresa.
Lui annuisce, alzando lo sguardo. «Sì.»
«Va … va bene.» non sono così sicura di voler parlare con i genitori del mio ragazzo, ma non posso mica dirglielo! Forse ci resterebbe male.
«Li chiamo?» il suo sguardo è mezzo terrorizzato, mentre mi pone questa domanda.
«Vogliono parlarmi adesso!?» faccio, sgranando gli occhi.
Perché non mi ha fatto capire prima che i suoi vogliono parlarmi adesso, in questo fottuto istante!? Cioè, poteva benissimo farlo! E poi, in che condizioni mi faccio trovare dai miei – forse – futuri suoceri?
Ho i capelli sconvolti, una canotta tutta sbrillentata addosso, senza reggiseno e … sono in mutande! Fortuna che sono seduta alla scrivania e non si vede nulla, ma sono comunque un disastro ambulante e non voglio farmi vedere conciata in questo modo!
«Se non vuoi rimandiamo ad un altro giorno, tesoro. Non devi per forza parlare con loro adesso.»
Vorrei tantissimo accettare il consiglio di Edward e così rimandare il momento delle presentazioni via webcam a data da destinarsi, ma da una parte non voglio farlo. Non voglio rimandare, voglio conoscere adesso Carlisle ed Esme Cullen.
Insomma, via il dente, via il dolore! Non è così che si dice?
«No, chiamali. Voglio conoscerli!» sorrido, cercando di non dare a vedere che sono terrorizzata per questo quasi faccia a faccia con i suoi genitori.
Dopo avermi osservato attentamente per alcuni secondi, Edward si allontana dal pc e va chissà dove. Sì, so dov’è che è andato, ma io non ho mai visto casa sua – non so neanche in che quartiere di Chicago abita! – e quindi non so se è andato in cucina, in salotto, o in qualsiasi altra parte della casa.
Sto vaneggiando, e se ancora non lo sto facendo ci manca davvero molto poco. Aiuto, va a finire che farò un'altra figura di merda. Me lo sento.
Impegnata come sono a torturarmi le mani in grembo, sento a malapena delle voci provenire dalle casse del pc: una la riconosco, è quella di Edward, le altre invece non le ho mai sentite, anche se quella di Esme mi sembra lievemente familiare.
In preda al panico, sistemo dietro le orecchie i pochi ciuffi che sono fuoriusciti dalla crocchia disastrata e sospiro. So di non essere nella mia più perfetta mise casalinga, ma ormai è troppo tardi per pensarci e per rimediare.
Edward torna a sedersi davanti al suo computer, e quindi torna dentro l’obiettivo della webcam. Mi osserva, e inarca le sopracciglia. «Bella, sciogliti i capelli.»
Lo guardo male. «Perché devo sciogliermi i capelli?»
«Perché come sono adesso fanno pena. Senza offesa, piccola.»
«Ah!» strappo l’elastico dai capelli con foga un po’ eccessiva, forse, perché sento che insieme al fermacapelli vanno via anche una buona percentuale di capelli. Imprecando a bassa voce, agito la mia chioma e cerco di sistemarla alla bene e meglio sulle spalle.
«Così va molto meglio, Bella!» Edward alza i pollici in alto e mi sorride, in una brutta imitazione di Fonzie.
«Bene …» prendo un altro sospiro, e comincio a torturare le punte dei miei capelli.
Oh, sono agitata, ho tutto il diritto di rovinarmi da sola la capigliatura!
Sono ancora impegnata a tirare, ad arricciare e a stringere i miei capelli quando, alle spalle di Edward, compaiono due perfetti sconosciuti … insomma, non sono proprio dei perfetti sconosciuti. Sono i genitori di Edward, che riconosco grazie alle poche foto che lui mi ha mostrato quando eravamo in campeggio.
Entrambi mi stanno sorridendo gentilmente; Carlisle, un uomo sulla cinquantina biondo e attraente, agita persino la mano in maniera convulsa, da pazzo! Esme, invece, ha una mano poggiata sulla spalla del figlio e noto solo in questo momento quanto è simile a Edward. Hanno lo stesso colore di capelli, e gli stessi lineamenti. Quelli di Esme sono più dolci e femminili, ma sono identici! È come se stessi vedendo Edward con la gonna …
«Ciao Bella, finalmente ci conosciamo!» Carlisle rompe il ghiaccio e avvicina una mano allo schermo, come se volesse prendere la mia e stringerla.
«Carlisle, come pensi di stringerle la mano? Non essere sciocco!» lo rimprovera Esme, scuotendo la testa.
Divertita, allungo anche io la mia e la metto in corrispondenza di quella di Carlisle, ricambiando il suo gesto. «Piacere di conoscerla, signor Cullen.»
«Ma sentila, mi da del ‘lei’! Bella, per te sono semplicemente Carlisle, d’accordo? Lasciamo da parte questi convenevoli.»
È così risoluto mentre lo dice che non posso fare a meno di annuire. Mi piace il padre di Edward, e non solo perché è un bell’uomo … oh, questo particolare è meglio che lo tenga per me! Non vorrei che Esme, o Edward, mi uccidano per averlo pensato!
«Ciao Bella, è fantastico sentirti ancora!» fa Esme, sporgendosi verso lo schermo.
«Anche per me, Esme.» dico, sincera. «La prossima volta forse potremmo farlo di persona.»
«Oh, sarebbe meraviglioso! Quand’è che vieni? Non vedo l’ora di abbracciarti e di conoscerti meglio!»
«Mamma, per favore …» Edward alza gli occhi al cielo.
«Oh, piantala Edward! Sto solo parlando con la tua fidanzata, che c’è di male?»

Fidanzata.
Vista sotto questo aspetto, sembra che la nostra relazione sia più importante di quello che in realtà è. Voglio dire, è importante, ma da come ha detto Esme sembra che io e Edward siamo a un passo dal matrimonio.
Non è un po’ troppo presto?
Cerco di non pensarci troppo, e decido di cambiare argomento. «Ehm … Carlisle, è arrivato il pacco che ho spedito la settimana scorsa?»
Non mi sono dimenticata quello che mi ha detto Edward, ossia che suo padre ama alla follia i vini della mia azienda, quindi ho pensato che gli avrebbe fatto piacere ricevere un pacco con una piccola scorta di bottiglie di vino.
Carlisle è l’unico che mi ascolta, visto che Edward e sua madre stanno ancora battibeccando come gatto e cane. «Sì, è arrivato ieri! Ti ringrazio moltissimo, sei stata davvero gentile! Sai che adoro i tuoi vini?»
Annuisco, sorridendo. «Sì, Edward me lo ha accennato.»
«Lo sapevi?» sospira, lanciando un occhiataccia alla nuca di suo figlio. «Ho un figlio pettegolo! Comunque, adesso ho messo tutte le bottiglie al sicuro, in cantina.»
«Tranne due, ieri ha fatto baldoria e se l’è scolate insieme a James!» Edward, tornato tra noi, prende in giro suo padre.
«Ma ti sembra il modo di parlare così di tuo padre?» lo rimprovera Carlisle.
E cominciano a battibeccare.
Esme, sconsolata, li fa allontanare e prende il posto di Edward sulla sedia, scuotendo la testa in mia direzione. «Scusami tanto, ma fanno sempre così!»
«Non preoccuparti, è divertente ascoltarli.»
«Sì, ma se la scena si ripete quattro volte al giorno, tutti i giorni, diventa insopportabile!» scuote di nuovo la testa, e alla fine sorride, incrociando le dita e poggiandoci sopra il mento. «Lasciamoli stare, adesso, e parliamo di altro! Dimmi, va tutto bene lì a Napa?»
«Oh, sì, va tutto bene.»
E mi butto a capofitto nella conversazione con Esme. È davvero dolce e simpatica, mi piace tantissimo anche lei! Chissà, forse diventeremo inseparabili come nuora e suocera …
 

***

 
01/09/2010
 

«Incredibile, sono passate già due settimane.»
«Già, due lunghe settimane.»
Osservo il viso di Edward, con una mano poggiata alla guancia. Due settimane che siamo lontani, e ancora nessuno di noi due sta organizzando qualcosa di interessante per incontrarci.
Sembra quasi che nessuno dei due voglia farlo.
«Sai, da una parte credevo che fosse difficile questa situazione …» mormoro, abbassando gli occhi per un istante.
«E invece hai visto che è andato tutto bene? Te l’avevo detto, io.» mi fa notare lui, con un sorriso dolcissimo sulle labbra.
Ridacchio, coprendomi la bocca con le mani. «Sì, è andato tutto bene! Ma, io voglio rivederti al più presto.» confesso.
«Lo vorrei anche io, ma qui c’è un bel po’ di lavoro da fare … non penso di potermi muovere fino alla fine del mese.»
Imbroncio le labbra. «Sembra una scusa patetica per non volermi vedere!»
«E invece non lo è! Sono davvero impegnato!» ho-oh! Si sta arrabbiando, brutto segno.
«Edward, scherzavo. Scusami …» mormoro. L’ultima cosa che voglio fare è farlo arrabbiare. Già ci sentiamo poco, e questo grazie al pc e ai cellulari. Se lo faccio arrabbiare, va a finire che non lo sentirò per un bel pezzo.
Lui sospira, annuendo. «D’accordo, ho capito. Scuse accettate.»
«Sai che anche qui siamo tutti impegnati? Si avvicina il periodo della vendemmia!»
Edward sorride, più tranquillo rispetto a prima. «Quindi anche tu avrai un bel po’ da fare, in questo periodo …»
«Sì, molto da fare. Devo controllare che tutto vada bene. Voglio che tutto sia al meglio!» non gli racconto quello che mi dice sempre Jacob in questi giorni, ovvero che lui odia il periodo della vendemmia perché io, a detta sua, durante quei particolari giorni divento una specie di generale nazista.
Ed io odio quando mi chiama in questo modo.
«Lo immagino! Adesso ti lascio, vado a dormire un po’ …» mormora, sbadigliando.
Lancio un occhiata all’orologio del pc: sono quasi le undici, ma da lui è quasi l’una del mattino. Merda! Anche il tempo è contro di noi.
«Tranquillo, amore, vai. Ci sentiamo domani.»
«Al 100%, piccola. Ti amo.»
«Ti amo anche io …»
Il tempo di scambiarci la buonanotte e qualche altra smanceria, e ci sconnettiamo entrambi. Chiudo il pc, sovrappensiero. Edward è impegnato con il lavoro, e presto lo sarò anche io per via della vendemmia, della produzione del vino e per tutto il resto. Chissà quando arriverà il momento in cui troveremo un attimo di pace, dove potremmo dedicarci totalmente a noi due …
Mi metto a sedere sul letto, poggiando i gomiti sulle ginocchia e la testa tra le mani. Forse qualcosa si può fare … sì, forse sì.
Devo assolutamente parlare con Alice, domattina.
 

***

 
07/09/2010
 

«Quindi hai fatto tutto? Prenotazione, biglietti … tutto pronto?» chiedo per l’ennesima volta.
«Sì, Bella, ho fatto tutto. Ho prenotato i biglietti, il volo, l’hotel. Me ne sono occupata io perché non mi fido di quella psicopatica di Lauren – so che sei qui, ci vedo ancora sai?! -, e se provi a domandarlo un'altra volta, mando tutto nel cesso, okay?» mi minaccia Alice, esasperata.
«Va bene, va bene, non te lo chiedo più! Volevo solo essere sicura che era tutto a posto.»
«Te lo avrei fatto sapere se qualcosa era andato storto, non pensi? Smettila di preoccuparti tanto, mi fai venire le ansie anche a me altrimenti!»
«Okay. Quindi …»
«Non provare a chiedermelo di nuovo!» Alice mi urla contro prima che possa dire altro.
«Fammi finire prima, cavolo!» sbraito, alzando la mano libera in alto. «Stavo dicendo … quindi, posso dire a Edward che il prossimo week-end andrò da lui.»
«Sì, puoi dirglielo!» esclama, più tranquilla rispetto a prima. «Il 17 a sera sarai a Chicago, carissima! Secondo me sarà felicissimo, non appena saprà la notizia!»
Sorrido, contenta ed eccitata: tra dieci giorni sarò di nuovo tra le braccia di Edward, e non vedo l’ora! «Sì, lo penso anche io!»
E invece mi sbaglio. Mi sbaglio eccome!
Non appena informo Edward del mio prossimo viaggio a Chicago, lui fa una faccia da funerale. Davvero, non ho mai visto una persona reagire in questo modo alla notizia che entro pochi giorni rivedrà la ragazza che ama! Come dovrei rimanerci, secondo voi?
Di merda, esatto.
«Verrai … verrai qui?» domanda. Anche la sua voce ha un tono funebre, e non mi stupirei più di tanto se scoppiasse a piangere da un momento all’altro.
«Sì, pensavo di passare il week-end prossimo a Chicago.» il sorriso che avevo sulle labbra è sparito da un pezzo, e il dispiacere nel vedere che la mia idea non gli è piaciuta contagia anche la mia voce. Mi schiarisco la gola, a disagio. «Non … non vuoi che venga a Chicago?» chiedo.
Da una parte non vorrei sapere la sua risposta. Davvero, preferisco non sapere nulla piuttosto che sentire un “No” uscire dalla sua bocca.
Mi sentirei più umiliata di come mi sento adesso.
«Amore, non dire sciocchezze! Certo che voglio che vieni qui!» mi risponde, accorato.
«E allora perché hai reagito così? Sembra che hai appena ricevuto la notizia più brutta della tua vita, o che ti è appena morto il pesce rosso!»
Edward sbuffa, grattandosi la testa con fare nervoso. «Tesoro, calmati. Lascia in pace i pesci rossi e ascoltami.»
Non rispondo, mi limito ad incrociare le braccia al petto e ad inarcare le sopracciglia verso l’alto, in attesa che riprenda a parlare. Sono curiosa di sapere cos’è che ha da dirmi … e al diavolo quello che ho pensato prima! Voglio sapere cosa lo rende così restio ad accettare il fatto che voglio andare a trovarlo a Chicago.
«Io, voglio davvero che tu venga qui, Bella. Sul serio, in questo momento darei non so che cosa per averti qui, nella stessa stanza dove mi trovo io.» dice, sincero, osservandomi intensamente.
E per fortuna che ci stiamo osservando grazie alle webcam: se fossimo davvero faccia a faccia, mi sarei già ritrovata con il cervello disconnesso e con le gambe di gelatina per quanto mi lascia sconvolta.
«E allora perché non vuoi che venga?» pigolo, quasi implorante. «I biglietti sono già pronti ed è tutto prenotato, dimmi per quale motivo non posso partire venerdì prossimo!»
«Perché … perché lavoro, Bella. Davvero, abbiamo un sacco di gatte da pelare e siamo tutti messi sottosopra! In questo periodo passo più tempo qui in negozio che a casa. È già tanto se trovo il tempo per dormire e per farmi una doccia …» mi spiega, accompagnando le sue parole con uno sguardo dispiaciuto.
Annuisco, chinando il capo. «Okay, ho capito. Non lo sapevo …»
«Come potevi saperlo, piccola? Io non ho neanche pensato di spiegarti la situazione lavorativa adesso, ma te ne avrei parlato più avanti.» ridacchia, passandosi le mani nei capelli, un gesto che vorrei tanto fare io adesso. Mi manca la sua chioma ribelle, tanto!
«Scommetto che non immaginavi neanche che stavo per organizzare questo viaggio!» ribatto, ridendo nervosamente.
«Infatti, mi hai sorpreso davvero.» Edward mi sorride, poggiando il dito su un lato dello schermo. Imito il suo gesto, come per far toccare le nostre dita … potrebbe anche funzionare, se non fosse che a dividerci ci sono più di 3000 chilometri di distanza.
«Chissà quando potremmo incontrarci …» mormoro, abbattuta.
Ci stavo davvero riversando tutte le mie energie in questo week-end, per far sì che potessi partire e che potessi passare quei due giorni scarsi insieme a lui. Ma, a quanto pare, devo rimandare anche questo a data da destinarsi …
«Non lo so, ma spero presto. Comincio a sentire la tua mancanza, Bella.»
Le sue parole scacciano via la malinconia e la tristezza, che vengono rimpiazzate dalla confusione e dal sospetto. Assottiglio gli occhi, guardandolo. «Vuoi dire che fino a stasera non ti sono mai mancata?»
«NO!» esclama, alzando le mani. «Non fraintendermi, mi sei mancata! Mi manchi moltissimo, tutti i giorni … ma, cominci a mancarmi anche in quell’altro senso. Capisci, Bella?»
Batto le palpebre, improvvisamente consapevole di quello che mi sta dicendo, e un sorrisino malizioso mi spunta sul viso. «Ti … ti manco in quel senso. Sei in astinenza, per caso?»
«Non credo, ma ci entrerò presto, senza dubbio.» Edward ride e abbassa il viso, imbarazzato.
Rido anche io, passandomi una mano sulle guance. Che carino quando mi dice queste cose! «Beh, puoi sempre ricorrere al fai-da-te, no?»
«Che squallore, il fai-da-te. Se ti sentisse mio fratello, userebbe le tue parole per prendermi per il culo a vita!» sorride, più imbarazzato di prima.
«Adesso lui non c’è, quindi sei ancora salvo!» sorrido, divertita.
Una decina di minuti dopo, quando cioè abbiamo smesso di parlarci e ci siamo disconnessi da Skype, prendo il cellulare e compongo il numero di Alice. Lei risponde al terzo squillo, allegra come sempre.
«Qual buon vento, tesoro?»
«Vento di merda, Alice! Devi annullare tutto … non parto più.»
«Ma, come? È successo qualcosa? Hai litigato con Edward?» domanda, preoccupata.
Scuoto la testa, anche se non può vedermi. «No, ma lui lavora. Ha un sacco di impegni, poverino, quindi non ha senso partire.»
«Mi dispiace, Bella. Ci tenevi così tanto a partire!»
«Puoi anche evitare di ricordarmelo, grazie Alice!» cattiva, ci mette anche le sue zampacce lerce sopra! Non fa che rovinarmi l’umore, così.
«Va bene, scusa! Domani provvederò ad annullare biglietti e tutto il resto … ma mi dispiace davvero tanto, Bella. Sembra che la sfiga sia tua alleata.»
«Questo lo so da parecchio. Ci sentiamo domani, buonanotte.»
«Buonanotte, Bella.»
Riaggancio, sedendomi sul letto. Osservo il cellulare, con la testa piena di pensieri vaganti e uno più confuso dell’altro. Ci tenevo davvero tanto a questo viaggio, e non solo perché così avrei potuto rivedere Edward, anche se per poco tempo … ma perché così avrei potuto festeggiare insieme a lui il mio compleanno, anche se in ritardo di pochi giorni.

Il 13 settembre, infatti, compio gli anni: 23, per essere precisi, e mi sarebbe piaciuto tantissimo festeggiare questo mio traguardo insieme a lui. Il mio primo compleanno da fidanzata, come ha deciso di chiamarmi Esme … l’idea mi piaceva, ma anche per quest’anno penso di dovermi accontentare di festeggiare insieme alla mia famiglia e ai miei amici.

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Capitolo 18
*** Sorprese di compleanno ***


The Camp Of Love - Capitolo18

Eccomiiiiiiiii! :D ve l’avevo promesso che passavo!
Innanzitutto, vi auguro tanti auguri di buon Natale *-* e quello che vi lascio oggi è il mio regalo per voi. È l’ultimo capitolo, me misera ç.ç
Ci sentiamo di sotto, ho un sacco di cose da aggiungere oggi XD buona lettura!

 
 
 

The camp of love

 
 
 

Capitolo diciotto - Sorprese di compleanno
 

13/09/2010
 

Il campanello di casa suona di nuovo: è la terza volta che succede, oggi, e sempre per la terza volta sono io quella che deve andare ad aprire. La nonna mi sta praticamente obbligando a farlo, e solo perché oggi è un giorno un po’ più particolare rispetto agli altri.
«Bella, cara, vai ad aprire per favore.» dice lei dopo un paio di secondi, con le mani immerse nella pasta che, più avanti, userà per preparare le sue famose tagliatelle.
«Già, Bella, non far aspettare gli ospiti!» mi sgrida mia madre, che sta aiutando la nonna in cucina.
Con uno sbuffo, e con un alzata di occhi al soffitto, mormoro un «Va bene.» strascicato ed esco dalla cucina. Percorro il corridoio, dove le mie orecchie captano il mormorare frenetico e scorbutico di papà, impegnato a guardare lo sport alla tv, e non appena raggiungo la porta d’ingresso la apro per far entrare i nuovi arrivati.
Ma guarda, sono Alice e Jasper! Non lo avrei mai detto!
«Ciao, ragazzi.» dico, senza usare molto entusiasmo nella voce.
«Ciao, sorellina mia! Buon compleanno!» Jasper, un sorriso enorme ad occupare le sue labbra, mi abbraccia e mi regala un bacio sulla guancia.
Ricambio l’abbraccio, dandogli diverse pacche sulla spalla. «Grazie, fratellone, grazie.»
«Ehi, come siamo allegri! Che succede, è morta Principessa per caso?» domanda, squadrandomi attentamente.
«Ma che dici, tesoro, quella gatta morirà dopo di noi per quanto è … in forma!» so che Alice voleva dire ‘stronza’ al posto di ‘in forma’, e questo mi strappa un sorriso. «So io per quale motivo Bella è così mogia, oggi.»
«Beh, spero che non sia nulla di brutto. Nessuno dovrebbe essere mogio il giorno del suo compleanno!» ribatte, regalandomi un buffetto sulla guancia prima di entrare in casa. «Nonna, sono a casa!» urla, lasciando me e sua moglie davanti alla porta.
«Allora, tanti auguri tesoro!» Alice mi abbraccia, stringendomi forte. «Come ti senti, con un anno in più?»
«In questo momento vorrei tanto sbattere la testa da qualche parte … ma a parte questo va tutto bene, Alice, grazie.»
Lei scioglie l’abbraccio, guardandomi in segno di rimprovero. «Non dire così! È il tuo compleanno, dovresti essere allegra!»
«Lo sarei di più se Edward si fosse degnato di chiamarmi, o di mandarmi un sms stamattina.» mi lamento, a bassa voce, chinando il capo.
«Oh, è come pensavo allora.» Alice mi passa un braccio sulle spalle e chiude la porta dopo essere entrata di nuovo in casa, insieme a me. «Non ti ha detto nulla, proprio nulla? Sa che è il tuo compleanno?»
«Certo che lo sa! Ha tirato fuori l’argomento non so quante volte, in questo giorni, e oggi si è come volatilizzato!» esclamo, osservando il suo viso. «Ha anche il cellulare staccato, è come se non volesse sentirmi per niente oggi!» aggiungo.
«Magari ha qualche impegno, non deve essere per forza come dici tu.» Alice cerca di consolarmi, anche se ci riesce poco. «Dai, non pensarci troppo e andiamo di là. Devo salutare tua madre e la nonna, è tanto che non le sento! Ah!» mi porge una busta rossa, dove spicca una coccarda enorme e argentata. «Questo è per te!»
Odio i regali, lo sanno tutti qui, ma tutti si ostinano comunque a regalarmi qualcosa. Afferro il pacchetto, riluttante, e fingo di essere contenta: non ingannerò nessuno, visto che tutti conoscono la mia avversione per i regali, ma almeno ci provo. «Grazie, Alice! Lo apro più tardi, insieme agli altri.»
Lei sorride, abbracciandomi di nuovo prima di lasciarmi andare e di incamminarsi verso la cucina. Io, invece, resto in corridoio e resto a guardare il regalo che ho tra le mani.
Oggi, come avrete ormai capito benissimo, è il mio compleanno.
Compio 23 anni, e avrei sperato di trascorrere questo giorno in maniera diversa. Innanzitutto, non volevo essere così mogia e depressa proprio il giorno del mio compleanno, ma purtroppo la sfiga che mi perseguita mi costringe ad esserlo.
Avrei anche voluto che questa giornata potesse iniziare in maniera diversa. Nella mia testa, che si è rammollita tutto d’un tratto, ho immaginato per giorni e giorni di svegliarmi e di trovare una sorpresa accanto al mio letto: la sorpresa, naturalmente, era Edward. Possibilmente nudo, visto che i miei ormoni stanno impazzendo un pochino e stanno facendo impazzire anche me.
Come volevasi dimostrare, la sorpresa non c’è stata neanche per il cazzo.
Senza contare che la persona che più premevo di sentire, ossia Edward, non si è fatto vivo. Speravo almeno in una sua telefonata, o un piccolo messaggino di auguri, e invece niente. Niente di niente! Di questo passo, farò prima ad aspettare che passi questa giornata e che arrivi la sera, il momento in cui di solito entrambi ci colleghiamo a Skype per chiacchierare un po’.
Ma … seriamente, chi ce la fa ad aspettare stasera?
Mordendo il labbro inferiore, prendo il cellulare – oggi io e lui vivremo in intensa simbiosi – e premo il tasto di chiamata rapida che corrisponde al numero di Edward. Vado in salotto per riporre il pacchetto insieme agli altri, quelli che mi hanno già dato i miei genitori e la nonna, e aspetto di sentire la sua voce.
«Il numero da lei chiamato non è raggiungibile.»
«Merda!» esclamo, gettando il pacchetto senza tante cerimonie sopra agli altri.
«Bells, non ricominciare per favore …» dice papà, sconsolato.
«Io non ricomincio proprio niente.» sbotto, voltandomi verso di lui. Mi avvicino al divano, dove è seduto da un sacco di tempo ormai, e mi siedo al suo fianco con le braccia conserte.
Lui, come per consolarmi, mi da un paio di pacche sulla spalla.
Abbiamo fatto la pace, dopo tutte le cattiverie che ha riversato su di me per colpa di Lauren, ma io ce l’ho ancora un po’ con lui perché non ha ancora accettato il fatto che io mi sia innamorata e legata a qualcuno.
Doveva succedere, prima o poi, perché fa così tante storie?
«Ah, che carini che siete!» Jasper entra in salotto e sorride, vedendoci seduti vicini sul divano. Lui, invece, va a sedersi sulla poltrona e sobbalza, urlando, un secondo dopo.
«Ma che … Principessa! Mi ha quasi graffiato le chiappe!» esclama, osservando la gatta bianca che se ne sta appollaiata sul bracciolo della poltrona, adesso che lui l’ha disturbata.
«Non sapevi che era lì?» domanda papà, riportando lo sguardo sulla tv. C’è una partita di baseball … ma c’è lo sport tutti i santi giorni? Non lo sapevo!
«Mi sembrava un cuscino …» borbotta, tornando a sedersi. Comincia ad osservare Principessa, che a sua volta osserva Jasper in modo minaccioso. Sembra un uccello del malaugurio, in questo caso sotto le spoglie di un gatto super peloso.
«Un cuscino molto vivo, ragazzo!» papà ride sotto i baffi, che sono spariti dal suo viso da un bel pezzo.
Mentre loro sono impegnati a guardare la partita e a commentare chissà quale passaggio di chissà quale giocatore, riprendo il telefono e chiamo di nuovo Edward. Come prima, a rispondermi è quella insopportabile voce registrata.
«Umpf!» borbotto, fulminando il cellulare con lo sguardo.
«“Umpf” lo dico io, Bella! Dacci un taglio, per favore!» esclama papà, scocciato.
«Che succede? Non comincerete a litigare di nuovo, eh?» Jasper si affretta ad ammonirci, prima che le cose degenerino. E poi, perché ammonisce anche me? Sta facendo tutto papà, io mi sto semplicemente lamentando con il telefono!
«Succede che tua sorella sta rompendo per via di quel damerino di cui si è innamorata.» il tono con cui papà sta dando questa informazione a Jasper mi infastidisce, e per questo si becca un occhiataccia anche lui.
«Adesso capisco perché sei così scorbutica, sorellina! Che c’è, non ti ha ancora chiamato?» sembra serio mentre parla, ma io so che mi sta prendendo per il culo.
«Okay, ne ho abbastanza di voi due!» mi alzo in piedi velocemente e mi avvicino a Jasper, che alza le mani per difendersi.
«Ehi, IsyBelly, stavo scherzando!»
Grazie a quel nomignolo, che odio da morire, si guadagna uno scapaccione tra capo e collo che gli scompiglia anche i capelli biondi. «Piantala! E non chiamarmi così!»
«Manesca …» mormora mio fratello.
Gli faccio la linguaccia, e dopo aver preso tra le braccia Principessa esco dal salotto. Le accarezzo la testa pelosa e morbida, e lei si accoccola placidamente sulle mie braccia. Peggio di una bambina! E poi dicono che gli animali non capiscono niente …
Sto tornando in cucina, dalle altre, quando il campanello suona di nuovo. Alzo gli occhi al cielo, stufa di questa tiritera, e prima che qualcuno mi urli dietro vado ad aprire la porta. Questa volta, i nuovi arrivati sono Emmett, sua moglie Rosalie e la loro bambina Amy.
«Buon compleanno, Bella!» esclamano allegramente in coro.
«Ciao, grazie di essere venuti!» esclamo, sorridendo.
Meglio non far vedere anche a loro che ho la luna un po’ storta, oggi.
Emmett, un ragazzone che nasconde un cervello da bambino, mi sorride e mi stritola abbracciandomi. Mi fa anche girare in tondo, e lui non si è accorto minimamente che ho Principessa in braccio. Io sì, invece, e non perché percepisco il suo corpicino caldo … ma perché mi ha conficcato le unghiette affilate nel braccio.
«Emmett, mollami per favore! Stai uccidendo la gatta della nonna!» miagolo, sembrando un gatto io stessa.
«Subito, festeggiata!»
Dopo avermi liberata, prendo un respiro sollevato e, dopo aver controllato le condizioni del mio braccio, mi rivolgo alle altre ragazze che sono sulla soglia di casa. Rosalie ha un sorriso enorme sul viso, più paffuto di quanto ricordassi, senza contare della pancia che spicca al di sotto dell’abito a fiori blu che indossa.
«Waw, Rose! Sei …»
«Grassa, cicciona, brufolosa, brutta?» fa lei, abbassando gli occhi sulla sua pancia. «Scegli tu, ormai uno vale l’altro.»
«Ehm … veramente stavo per dire bellissima, ma se vuoi cambio …»
«No no, bellissima va benissimo!» e mi sorride, prima di abbracciarmi.
«Vedi, prosciuttina? Sei stupenda, non è come pensi tu.» Emmett annuisce, ridacchiando.
«Silenzio, Emmett! Fino a ieri sera mi chiamavi ‘ciccia molliccia’.» lo ammonisce lei.
«Ma sai che scherzo, tesoro mio!»
«Ciao, zia Bella!» la piccola Amy, che non vedo da un mesetto scarso, allunga le braccia verso di me ed io mi abbasso alla sua altezza per ricambiare il suo abbraccio. Ha avuto un buon tempismo, salvandomi dal battibecco che stanno avendo i suoi genitori.
«Amore, ciao! Vuoi prendere in braccio Principessa?» le chiedo.
Con lei, Principessa non ha nessun problema isterico. Chissà perché, con i bambini si comporta sempre bene … è con i grandi che le prendono spesso e volentieri gli attacchi di pazzia.
Amy, contenta, prende in braccio la gatta e comincia ad accarezzarla mentre entra in casa. Emmett e Rosalie la seguono subito dopo, sempre battibeccando: credo che non facciano altro tutto il giorno, ma sono carinissimi da guardare. Secondo me, con loro nei paraggi non ci si annoierebbe mai!
«Allora, che si dice lì sotto?» domando, accarezzando la pancia di Rosalie.
Lei, strizzando un occhio, ridacchia. «Femmina!»
«Uh, un'altra!»
«Già, un'altra!» Emmett sbuffa, e dopo aver baciato la guancia di sua moglie se ne va in salotto. Quella parte della casa è diventata il luogo di ritrovo dei maschietti.
«In realtà è un maschio, ma voglio che per lui sia una sorpresa.» mi sussurra Rose all’orecchio non appena Emmett è andato via.
«Poverino, così in sala parto gli verrà un infarto! Sei perfida!» le do una manata sulla spalla.
«No, sono innamorata! Tieni, questo è per te.» Rose mi porge un pacchetto avvolto in carta argentata, che prendo un po’ titubante.
«Non dovevate, grazie. Più tardi lo aggiungo agli altri …» di certo, non torno ad avventurarmi nella tana dei lupi adesso che sono quasi al completo. Manca il lupo master, ossia Jacob, che arriverà a momenti insieme a Leah.
Ho invitato anche Seth a pranzo oggi, ma lui non può venire: è tornato alla sua vita al college. Devo ammettere che quel ragazzo dispettoso, impiccione e simpatico sta cominciando a mancarmi … le sue buffonate, invece, no.
Verso l’ora di pranzo, quando ormai sono arrivati anche Jacob e Leah e tutta la casa è piena di persone che urlano, parlano, ridono e si litigano i posti a tavola, il campanello – indovinate un po’? – suona di nuovo.
«Oh, questa volta ha rotto davvero!» esclamo, irritata.
«Bella! Modera i termini, per favore!» mi rimprovera mia madre.
«Aspetti qualcun altro, tesoro? Potevi avvertirmi, avrei cucinato qualcosa in più.» la nonna mi guarda in preda al panico, con le mani ancora impegnate a mescolare le tagliatelle al sugo nell’enorme terrina di porcellana del servizio buono.
«No, non aspetto nessuno … e poi, nonna, c’è cibo a sufficienza per un esercito.» le faccio notare.
«Non ci giurerei, Bella. Dimentichi che qui c’è chi mangia per quattro!» esclama Emmett.
Sua moglie gli da una gomitata nelle costole, irritata.
«Rosie, piccola, non stavo parlando di te!»
Marito e moglie tornano a bisticciare, ed il campanello suona ancora una volta.
Sbatto il tovagliolo sul tavolo, seccata, e mi alzo in piedi. «Ora basta! Vado a vedere chi è.»
«Vai, tesoro, ma sbrigati altrimenti la pasta si raffredda!»
Alzo gli occhi al cielo: ah, le preoccupazioni della nonna!
Torno in corridoio – l’ho percorso così tante volte oggi che comincia seriamente a darmi la nausea – e non appena arrivo alla porta d’ingresso la apro di slancio. Sono pronta a sistemare per benino la persona che è arrivata qui senza prima informare … ma sono costretta a bloccarmi, e le parole si bloccano nella mia gola non appena riconosco la persona che ho davanti.
È Edward!
Si volta non appena ha capito che la porta è aperta, e si blocca anche lui non appena mi vede. A rallentatore, come se non ci credesse quasi, si toglie gli occhiali da sole, scoprendo i suoi occhi che adoro da impazzire, e dopo qualche altro secondo di smarrimento mi sorride.
Con il sorriso sghembo che amo tanto.
Oddio, è davvero davanti ai miei occhi! È davvero davanti a me! Non sto sognando, o avendo un allucinazione, vero?
«E-Edward …» balbetto, passandomi una mano sulla guancia accaldata.
Lui accentua il suo sorriso, avvicinandosi a me. Mi accarezza la mano con la punta delle dita, e comincia a ridere. «Ciao, piccola.»
E non mi trattengo più.
Mi butto su di lui, aggrappandomi con le braccia al suo collo e stringendolo forte. Edward mi afferra prontamente e sospira, seppellendo il viso nell’incavo del mio collo. Abbracciarlo, e sentire che lui è davvero qui, a casa mia, in California, rende tutto più bello e meraviglioso. È come se stessi dentro ad una mia fantasia! Comincio a piangere quasi senza accorgermene, e continuo ad abbracciarlo.
Edward, però, non è della mia stessa opinione e scioglie l’abbraccio, ma lo fa solo perché così ha la possibilità di baciarmi. Le nostre labbra si incontrano, e non appena questo accade mi sembra di essere appena tornata a casa.
In teoria, io sono già a casa, ma adesso che c’è anche Edward sembra tutto ancora più vero.
«Amore mio, amore mio …» sussurra a fior di labbra non appena smettiamo di baciarci.
Tiro su col naso, aggrappandomi alle sue guance. «Che … che ci fai qui? Non dovevi lavorare?» lo accuso, ridendo.
Ride anche lui. «Una piccola bugia, volevo farti una sorpresa … ci sono riuscito?»
Annuisco senza dire nulla, la voce sembra essere sparita di colpo. Faccio scontrare i nostri nasi per qualche istante, poi torno ad abbracciarlo. Poggio il capo sul suo petto, mentre Edward mi circonda la schiena con le mani e poggia il mento sulla mia testa.
Mi bacia i capelli. «Buon compleanno, Bella.»
Sorrido: adesso sì che è davvero tutto perfetto.
«Bella, cara, ti stiamo aspettando tutti! Che ci fai ancora … oh!» la voce della nonna rovina il nostro piccolo momento di intimità, ma per una volta posso anche passarci sopra. Sono troppo felice per sgridarla!
Mi volto verso di lei, che ha un sorriso deliziato sulle labbra e gli occhi lucidi, e stringo forte la mano di Edward mentre mi avvicino. Gli occhi della nonna si posano subito sulla figura alta del mio ragazzo, poi si posano di nuovo su di me. Sta aspettando che glielo presenti, per caso?
Sì, sta davvero aspettando!
«Nonna, lui è … è Edward.» dico, semplicemente. Non serve che dica altro, visto che lei sa già tutto.
«Oh, è Edward!» fa lei, in un pigolio. Oddio, anche la nonna è rimasta sconvolta!
Edward sorride, allungando la mano verso mia nonna. «Piacere di conoscerla, signora Isabella.»
Nonna, invece di stringere la mano che Edward le sta porgendo, lo abbraccia e lo stritola, in quello che io chiamo ‘lo strizzabbraccio’. Edward resta sorpreso, ma si riprende subito e ricambia l’abbraccio.
«Caro ragazzo, caro ragazzo! Speravo davvero di incontrarti! E chiamami Isabella, caro, anzi, chiamami nonna!»
Sgrano gli occhi. «Nonna!»
Non starà un po’ esagerando?
«Che c’è?» domanda, confusa.
Edward comincia a ridere, staccandosi dall’abbraccio della nonna e tornando a stringermi la mano. Guardo il suo viso rilassato, dove campeggia un sorriso dolcissimo, e non posso fare a meno di sorridere anche io.
«Siete bellissimi, ragazzi miei! Ma, Edward, arrivi adesso da Chicago?»
Lui annuisce, tornando a guardare la nonna. «Il mio aereo è atterrato un paio di ore fa, Isabella.»
Improvvisamente capisco per quale motivo non sono riuscita a mettermi in contatto con lui: era su un aereo, e sugli aerei in generale gli aggeggi elettronici vanno spenti. Solo io me ne frego di questa regola, ma a quanto pare gli altri la seguono alla lettera.
«Allora avrai di certo fame! Hai fame, vero? Venite dentro, su, così cominciamo a mangiare e aggiungiamo anche un posto a tavola! Non restate lì impalati!» borbottando ancora qualcos’altro, che non riesco a capire, la nonna torna dentro e ci lascia sulla porta di casa.
Scuoto la testa, sorridendo a Edward. «Scusala, è … un po’ eccitata.»
«Non preoccuparti, va bene. È simpatica tua nonna!»
«Già, la nonna è 'okay' …» tirandolo per la mano lo guido dentro casa, e mi volto per chiudere la porta. «Ma, ti avverto: di là è pieno di gente, ci sono la mia famiglia ed i miei amici a pranzo … e loro non sono così 'okay' come lei.»
Edward mi guarda, dubbioso. «Devo preoccuparmi?»
Scuoto la testa. «Non molto … preoccupati solo di mio padre, e forse anche di mio fratello.»
«Gli uomini di casa. Va bene, starò attento.»
Sorrido, e mi arrampico su di lui per stampargli un sonoro bacio sulle labbra. «Sei pronto, allora?»
Lui annuisce, stringendo la mia mano. «Andiamo, piccola.»
 

***

 
«Ma che bel ragazzo che è, Edward! Mia figlia se l’è scelto proprio bene!»
«E hai visto che sedere sodo? Batte persino quello di Emmett …»
«Rose!»
«Oh, sta un po’ zitto tu!»
«Credi che si sposeranno presto, Reneè?»
«L’anno del mai potrebbe andare bene come data.»
«Charlie, nessuno ti ha interpellato! Torna a cuccia, forza!»
«Io sarò la damigella d’onore! E Jazz il testimone, vero Jazz?»
«Certo, stellina mia, certo.»
«Ma che stai dicendo, ragazzo! Mi deludi.»
«Papà, non posso ribattere! Lei mi tiene legato per le palle!»
«Ti sei venduto per del sesso? Sei la vergogna di tuo padre!»
«No, devi essere fiero di tuo figlio, Charlie. Jasper, continua così!»
«Guardateli, sono così innamorati! Uh, adesso si baciano! Aw!»
*sospiro generale*
«Ah, le donne! Chi le capisce è bravo …»
 

Stringo le mani di Edward tra le mie, mentre le nostre labbra si incontrano ancora una volta. È la prima volta durante questa giornata che riusciamo a stare insieme per più di due minuti di fila, senza essere interrotti da qualcuno.
Durante il pranzo Edward è stato messo letteralmente sotto torchio da mio padre, ed è stato inutile ricordargli che non ci trovavamo nella stazione di polizia e che non c’era nessun interrogatorio in corso … lui ha continuato a fargli domande su domande, restando deluso quando ha capito che Edward è un ragazzo esemplare e che non mi sta affatto usando, come invece pensava.
La sua faccia in quel momento era da fotografare e da incorniciare!
Gli altri, invece, non hanno avuto nulla da ridire su di lui. Anzi, sono rimasti tutti contenti di conoscerlo e sembrano andare molto d’accordo. Jacob mi ha già dato la sua benedizione, e Jasper ha fatto la stessa cosa.
La nonna e la mamma si sono innamorate di lui, e stanno cercando di convincere Edward a restare a dormire qui. Non appena hanno saputo che ha preso una camera d’albergo, giù a Napa, si sono coalizzate per fargli cambiare idea.
Credo che abbia capito perfettamente che la mia famiglia è un po’ pazza.
Edward smette di baciarmi, sorridendo. «Ho un regalo per te.»
«Un altro? Credo di averne ricevuti abbastanza, per quest’anno.» metto il broncio.
«Beh, fai un piccolo sforzo e accetta anche il mio.» dopo aver portato una mano nella tasca dei suoi jeans, la ritira e noto che stringe un piccolo sacchetto di velluto nero, chiuso da dei nastri argentati. Me lo porge, sorridendo. «Tanti auguri, amore.»
Prendo il sacchetto, arrossendo. «Grazie …»
 

«Le ha fatto un regalo! Ma quanto è dolce, quanto?»
«Oh, è stata così fortunata ad averlo incontrato …»
«Durante i primi tempi del nostro fidanzamento, Emmett si è dimenticato del mio compleanno e mi ha fatto gli auguri, con tanto di rose rosse, tre mesi dopo! Roba da non credere!»
«Rosie, ma ce l’hai con me oggi?»
«Oh, sta un po’ zitto tu!»
 

Apro il sacchetto con dita tremanti – io, che odio aprire i regali, ho le dita tremanti! -, e lo inclino verso il palmo della mia mano. Subito dopo, con un fruscio, vedo comparire un piccolo braccialetto d’argento e scintillante.
«Oh!»
Edward lo prende dalle mie mani, stendendolo per tutta la sua lunghezza: è una semplice catenina sottile, d’argento per l’appunto, e da essa pendono diversi ciondoli. Sono questi che lo fanno scintillare così tanto.
«Sono cristalli Swarovski. C’è la luna, la stella, il sole … una farfalla, e un cuore.» mi spiega Edward, indicando ogni ciondolo mentre li descrive. «Ti piace?»
«È meraviglioso, lo adoro! Ma … ma chissà quanto ti è costato!» dico davvero, gli Swarovski non sono cosette da niente.
«A questo pensi, a quanto ho speso per regalarti un braccialetto?» mi prende le mani e avvicina il viso al mio, soffiandomi sul naso. «Non te lo dirò mai, ma ti basta sapere che l’ho scelto pensando a te e a tutto l’amore che provo nei tuoi confronti.»
Mi mordo le labbra: accidenti, è davvero bravo a circuirmi quando vuole. Azzero la piccola distanza che separa le nostre bocche e lo bacio, mordendogli il labbro superiore. «Grazie. Mi aiuti ad indossarlo?»
«Certo!»
Con gesti brevi e agili, Edward mi assicura il braccialetto al polso, ed io resto per diversi secondi ad osservare i riflessi dai mille colori che provoca la luce del sole a contatto con i ciondoli. Sorrido, agitandoli.
«Ti sta un po’ largo …» nota Edward, con una nota di disappunto.
«Non fa niente, va bene così. Grazie!» mi sporgo verso di lui e ricomincio a baciarlo. In men che non si dica, sono seduta sulle sue gambe e gli circondo le spalle con le braccia. Le mani di Edward, invece, si posano sul mio sedere.
Che pervertito!
«Giù le mani da mia figlia!»
«PAPÀ!» urlo, indignata.
Mi volto e vedo che la mia famiglia ed i miei amici sono tutti posizionati davanti alla porta finestra, intenti ad osservarci. Mia madre, Alice e Rosalie stanno picchiando mio padre, adesso, e la nonna gli agita un dito contro, arrabbiata, e sembra che lo stia rimproverando.
Oddio, ma perché devono comportarsi così?
«Abbiamo un po’ di pubblico …» commenta Edward, divertito, baciandomi una guancia. Comincia a ridere non appena vede Emmett che, davanti a tutti gli altri, annuisce guardando verso di noi, con fare serio, e alza i pollici in alto.
«Anche troppo!» mi alzo in piedi, tendendogli una mano. «Vieni, voglio mostrarti una cosa.»
«Cosa?» domanda, alzandosi in piedi e prendendo la mia mano.
Sorrido, cominciando ad incamminarmi verso la mia meta. «Il mio mondo.»
 

«Vedi cosa hai combinato, Charlie? Li hai fatti scappare via!»
«Ma lui stava palpando mia figlia, e senza mostrare nessuna vergogna! Non potevo permetterlo!»
«Tu alla loro età facevi di peggio! Ricordi che avevamo la loro stessa età quando è nato Jasper?»
«Ma quello è stato un incidente!»
«Ehm … mamma, papà, io sono qui.»
«Oh, Jazz, tu sei il mio grande e adorato incidente!»
«Ma adesso non possiamo più vederli …»
«Non siamo mica al cinema, sai Jacob?»
«Già, il cinema è più noioso.»
«Rosie, non mi dici di stare zitto adesso?»
«No, sono troppo annoiata per farlo.»
 

Scendiamo i gradini che dal giardino portano al vigneto, e resto in silenzio mentre aspetto che Edward capisca cos’è che sta guardando. Sorrido, contenta, osservando la grande distesa di piante che abbiamo davanti e che pian piano il sole calante colora di arancione. Mi volto verso di lui, aspettando la sua reazione che non tarda ad arrivare.
«Wow!» soffia Edward, lo sguardo incantato rivolto al vigneto. «È questo, il tuo mondo?»
Annuisco. «Sì, è questo.»
Lascia andare la mia mano e si avvia verso il filare più vicino, guardandosi intorno e accarezzando di tanto in tanto le foglie delle viti. Io lo seguo a distanza, con le mani intrecciate dietro la schiena e con un sorriso divertito sulle labbra. Sembro quasi una baby-sitter che sta tenendo d’occhio il suo piccolo pargolo.
Edward, ridendo, si volta verso di me e allarga le braccia. «Ma … è enorme! Mi ci potrei perdere, in mezzo a tutte queste piante!» esclama, un po’ sconvolto e anche un po’ sorpreso.
Rido anche io, insieme a lui, e mi avvicino ancora di più. «Le coltivazioni occupano i 4/5 dell’azienda, più o meno … sono 17 ettari e mezzo. Il resto è tutto occupato dallo stabilimento, dalle cantine e dalla casa.» gli spiego.
La faccia di Edward diventa ancora più sorpresa, tanto che spalanca anche la bocca. «Wow! Non so neanche a quanto corrispondono 17 ettari e mezzo …»
«Te lo spiegherò con calma.» mi mordo le labbra, divertita.
Senza dirgli altro, mi avvicino ad una delle tante viti che ci circondano e strappo una foglia, passando poi a staccare una piccola parte di un raspo. Poggio le piccole bacche rosse, quasi viola, sulla foglia e poi torno da Edward, che ha osservato i miei movimenti senza battere ciglio.
Gli porgo la foglia, invitandolo a prenderla. «Assaggia, e dimmi se è matura o meno.»
Lui inarca le sopracciglia. «Non sono un esperto …»
«Beh, puoi sempre imparare. Ti aiuterò io … ma adesso assaggia, forza!»
Dopo avermi rivolto un'altra alzata di sopracciglia, Edward strappa dal raspo un paio di acini e li porta alle labbra, mangiandoli. Resta in silenzio per diversi secondi mentre mastica, e nel frattempo anche io ne mangio alcuni.
«È un po’ acre, ma è anche dolce.» mi dice, dopo averci pensato un po’.
Annuisco, sorridendogli. «Sì, è esatto. È quasi pronta per la vendemmia … forse la prossima settimana possiamo già cominciare a raccoglierla.»
«Non ho mai partecipato ad una vendemmia!» commenta, osservando attentamente un altro acino prima di mangiarlo.
Abbasso lo sguardo di colpo, alle sue parole, e comincio a giocherellare con il raspo vuoto che tengo ancora tra le mani. Il suo commento mi ha lasciato una brutta sensazione dentro, visto che mi ha ricordato che molto probabilmente la prossima settimana lui non sarà più qui con me.
Deve pur tornare a casa, dalla sua famiglia, e mi rendo conto che non gli ho neanche domandato per quanti giorni ha intenzione di fermarsi qui a Napa.
Scuoto la testa, scacciando via il pensiero dalla mente. Non serve a nulla fasciarsi la testa adesso, ancora prima di romperla. Devo godermi appieno i pochi giorni che abbiamo davanti, e solo dopo che saranno trascorsi potrò tornare a preoccuparmi di tutte le altre cose.
«Puoi sempre prendere parte alla prossima …» faccio. È troppo per me illudermi che Edward sarà presente per questa imminente vendemmia, ma una parte di me lo fa ugualmente.
Lui annuisce, guardandomi divertito. Con un paio di passi mi si avvicina, e mi prende le mani tra le sue, liberandole dagli oggetti che ancora stringevo. «Dici che sarò bravo? Devi spiegarmi tutto, ma proprio tutto, la prossima settimana …»
Resto un po’ spaesata, cosa che deve essersi riflessa anche sul mio viso. «Che … che vuoi dire?»
«Voglio dire che la prossima settimana ti aiuterò a lavorare, e che devi spiegarmi ogni cosa. Voglio evitare di compiere qualche pasticcio!»
«Resterai qui anche la prossima settimana?» strillo, euforica. Non mi sembra vero … abbiamo più di una settimana da trascorrere insieme! Ed io che quasi non ci speravo!
«C’è più di un motivo per cui mi trovo qui adesso, piccola. Il primo, ovviamente, sei tu, ma il secondo riguarda alcune questioni di lavoro …» mi spiega, stringendo le mie mani.
«C’è qualche problema?» domando, improvvisamente preoccupata.
Edward scuote la testa, rassicurandomi. «Nessun problema, anzi, le cose vanno a meraviglia, più di quanto immaginassimo io e James. E sono diversi mesi che stiamo pensando di espanderci, di creare un nuovo centro di articoli sportivi in un'altra città.» il suo sorriso si allarga, diventando enorme ed eccitato. «Sono venuto qui a Napa per vedere se ci sono alcuni edifici da comprare, o da affittare, per creare qui il nostro nuovo punto vendita!»
«Ma dici sul serio?» non riesco a contenere la gioia.
Se Edward riesce a trovare quello che cerca, se riesce a trovare i locali adatti … vuol dire davvero quello che penso?
«Non sono mai stato più serio di così! Naturalmente, se ci riusciamo sarei io a gestire interamente questi nuovi locali. Dovrò tornare a Chicago di tanto in tanto per parlare con James di alcune cose, ma per la maggior parte del tempo starò qui.»
«Qui?» oddio, è veramente come stavo pensando!
Edward annuisce. «Qui, sì. Qui con te …»
«Qui con me.» sto diventando una specie di pappagallo, e me ne sto rendendo conto anche da sola, ma non so che altro dire. Sono troppo felice e scombussolata, per riuscire a dire qualcosa di veramente sensato.
«E al diavolo questa storia della relazione a distanza, staremo sempre insieme che sarai costretta a mandarmi a quel paese per quanto ti starò appiccicato!»
Scoppio a ridere, buttandomi tra le sue braccia. Edward rafforza la presa sul mio corpo e ride insieme a me, sollevandomi di peso e cominciando a girare come una trottola. Smette solo quando, credo, comincia a girargli la testa ed è costretto a farlo per con cadere a terra.
Alzo il viso verso il suo, che rispecchia la stessa ed identica felicità che provo io adesso, e dopo avergli afferrato le orecchie lo bacio sulla bocca. Questo, rispetto ai baci che ci siamo scambiati poco fa, è più coinvolgente, più vivo.
Siamo soli, quindi non siamo costretti a trattenerci per evitare scandali. Per fortuna che gli altri si sono fatti sgamare!
Smettiamo di baciarci sono quando siamo a corto d’aria, e poggio la fronte contro la sua. Chiudo gli occhi, in pace con me stessa. Li riapro di colpo quando un lampo di genio mi illumina il cervello.
«Qui a Napa c’è già un negozio rifornito, come il tuo. È quello dei Newton.» sussurro, osservandolo.
Edward sbuffa, baciandomi le labbra prima di rispondermi. «Credi che abbia paura di un po’ di concorrenza?»
Scuoto la testa. «No, no. Anzi, impegnati più che puoi! Stracciali!»
Ride di cuore, stringendomi ancora più forte di prima tra le sue braccia. «Ogni tuo desiderio è un ordine, amore mio.»
Chiudo di nuovo gli occhi, poggiando la testa sul suo petto, all’altezza del cuore. Lo sento battere forte come un tamburo contro le mie orecchie, sicuramente fa eco al mio. Poggio la mano su quel punto preciso, carezzandolo con la punta delle dita al di sopra della camicia azzurra che indossa.
«Se ti trasferisci qui, non vedrai spesso la tua famiglia …» osservo. Questo mi dispiace, per stare accanto a me è costretto a trasferirsi ed a lasciare Chicago. Non deve essere facile lasciare la città in cui sei nato e cresciuto, e abbandonare di conseguenza tutti gli affetti e le persone che ti sono care.
«Lo so, ma non è un vero sacrificio. Ne ho parlato tanto con mia madre, e lei è d’accordo con la mia decisione di venire qui.» mi fa alzare il viso, e mi osserva con i suoi occhi meravigliosi. «Bella, io per te farei qualsiasi cosa. Anche trasferirmi dall’altra parte del mondo, se tu lo vuoi. Non sarà mai un sacrificio per me, se ad attendermi ci sei tu.»
Oh, bene. Adesso ho di nuovo i lacrimoni agli occhi! «Ma da dove sei saltato fuori, si può sapere?»
Ridacchia, carezzandomi la guancia con il pollice. «Stavo soltanto aspettando il momento giusto per farlo, e che arrivasse una fanciulla indifesa bisognosa del mio aiuto … ed un bel giorno, ecco che è successo.»
«Quel giorno è stato la nostra rovina!»
«Ma anche la nostra salvezza. Non riuscirò a ringraziare mai abbastanza questa estate, perché mi ha fatto incontrare te, che sei importante per me, perché ti amo e so che ti amerò fino a quando ne avrò la possibilità.»
Deglutisco, a disagio: lui è bravissimo con le parole, ed io non riuscirò mai a dire qualcosa di altrettanto intenso.
«So che è banale da dire, ma ti amo anche io, ti amo immensamente e sarai l’unico uomo che amerò così tanto in tutta la mia vita …»
Edward mi sorride dolcemente, da persona innamorata. «E questo è banale? Non direi proprio, è perfetto.» mi bacia la fronte, restando fermo in questo modo mentre torna a stringermi forte. «Ti amo, piccola.»
«Ti amo anche io, tanto.» mormoro, allacciando le mani dietro il suo collo.
E ce ne restiamo fermi in questa posizione per non so quanto tempo, in mezzo alle viti, mentre davanti a noi il sole continua a tramontare e ci inonda con la sua intensa luce arancione.
 
 

Fine

 
 
 
 

________________

Arieccomi!
Edward e Bella di nuovo insieme, quanto sono belli *-* io mi sono innamorata di loro, e quasi mi dispiace di aver terminato così presto questa storia…
…e adesso, arriviamo alle novità di cui vi ho accennato così tante volte.
La prima novità è: ci saranno degli extra di ‘The camp of love’. Non so bene quando arriveranno, forse tra un paio di mesi – così ho la possibilità di gestire bene sia questi che l’altra mia storia -, ma arriveranno, state tranquille :D
L’altra novità, invece, riguarda una nuova trama che ho stilato e da cui vorrei trarne una nuova long – sempre Edward/Bella. Anche questa penso che arriverà tra un paio di mesi, devo ancora cominciare a scriverla e vorrei portarmi avanti con un po’ di capitoli prima di pubblicarla. Spero che mi seguirete ancora, anche in queste nuove ‘avventure di EFP’ ;)
Tornando alla fine della storia, voglio ringraziarvi tutte, nessuna esclusa! È grazie a voi che questa ff è andata avanti. Lo so, l’avrete sentita chissà quante volte questa solfa XD ma non so che altro dire… sono una frana nei ringraziamenti °-° però davvero, ho apprezzato ogni singolo commento che ho ricevuto e le letture che con l’avanzare dei capitoli aumentavano. Grazie di cuore, a tutte *-*
Vi lascio – come al solito XD – i link per contattarmi e per seguirmi su Facebook, se vi va… quello del gruppo e quello del mio profilo ;) come sempre, vi aspetto!
Ci sentiamo alla prossima – storia o aggiornamento di ‘Solo il tempo…’, dipende XD – e… ancora auguri di felice Natale a tutte! :*
P.S: fate come me, mangiate come porche tanto la dieta comincia il 7 Gennaio ahahahahah XD

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Capitolo 19
*** Avviso ***


avviso

Salve!
Passo per comunicarvi che ho pubblicato il primo extra della storia! Lo trovate a questo link http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1716948&i=1 :)
Spero che ci farete un salto, mi farebbe molto piacere ;)
Un bacione!

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