I'll bring you back to a star

di Niallbestshirt
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 - Letters from past ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


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PROLOGO

“Come ti chiami?” chiese la piccola bimba dai capelli rossi, tentando di costruire un castello di sabbia, non riuscendoci. “Mi chiamo Niall” rispose il biondino, distruggendole il mucchietto di sabbia accumulato. La rossa gli fece una linguaccia, riprendendo a fare piccoli mucchietti, e poi riprese a parlare. “Quanti anni hai?” “Così!” indicò il biondino, facendo un quattro con la mano. “Io così” la rossa fece un tre anche lei con la mano. Niall le diede un bacio e la rossa rispose con uno schiaffo. “Non si fa!” disse imbronciata. Lui si porto l’indice alla bocca “Shh!” e scoppiarono entrambi a ridere.

“Rivoglio la mia bambina!” una donna dai lunghi capelli neri, probabilmente extension, si dimenava contro un uomo calvo, di alta statura, dal fisico massiccio. Era visibilmente ubriaca. “Non puoi tenerla Barbara. E lo sai”. Rispose scuotendo la testa l’assistente sociale. “Lei è mia, non me la potete togliere!” il mascara colato, per via delle lacrime. Era uno dei suoi soliti attacchi di isteria, peggiorato dall’ebrezza dell’alcohol. “Portatela via”. Sussurrò all’uomo che la teneva. “Rebecca! Io sono tua madre!” lanciò una piccola collana sulla moquette, in un lontano angolo della stanza, un movimento impercettibile agli occhi degli altri.

“Tutto bene bimbi?” Bobby rivolse un caloroso sorriso ai due piccoli, che giocavano teneramente mano nella mano. Sapeva della situazione della bimba, e si era dimostrato più affettuoso che mai in quei giorni, mentre sua moglie, Maura, le trovava una nuova famiglia. Anche lei si era affezionata molto a lei, e nonostante la bimba era molto chiusa e stava cominciando a dimostrare il suo carattere avrebbe voluto tenerla con sè. Ma non poteva, era la legge.

“Bobby, devo parlarti.” Maura posò la forchetta accanto al piatto di polpettone. Il marito la capì con un solo sguardo. “Bimbi, finite la cena, altrimenti niente favola della buonanotte!” Niall mostrò la lingua, scatenando la risata della sua amichetta e un sorriso affettuoso, come sempre, del padre.

“Le ho trovato una famiglia.” Maura accenna un timido sorriso. “È fantastico tesoro! Quindi...?” “È a New York... La bambina ha un volo accompagnato da un hostess domani alle 8.00” e il suo viso dimostrò una punta di dolore. Il marito la abbracciò. “Sarà meglio non dire nulla a Niall...”

“Ti voglio bene Niall” “Anche io Becky!” il biondino diede un altro bacio alla piccola. E di conseguenza ricevette un altro schiaffo. “Ahi!” “Ma perchè lo fai?” “Perchè la mamma e il papà lo fanno quando si vogliono bene, shh!” la rossa gli sorrise, e gli diede un altro piccolo bacio. I due bimbi si addormentarono abbracciati, sentendo ognuno il respiro dell’altro. Maura entrò nella cameretta, e qualche lacrima le rigò il volto.

“Mamma! Dov’è Becky?” il piccolo Niall si svegliò piangendo, non sapendo dove fosse la sua amichetta. La mamma lo strinse al cuore “Sai, ora è con la sua mamma...” il bimbo guardò la madre con enormi occhi color oceano “Non sei tu sua mamma?”

FINE PROLOGO

My Corner

Allora, ragassuole, purtroppo la mia collega @stylesoxygen mi ha costretto a fare una FF ç_ç quindi, eccomi qui. Questa FF è ispirata alla mia os "If i were him, I would make you happy" (trailer: http://www.youtube.com/watch?v=GGlyGstImGU ) e alla os della mia amica "My addiction" (trailer: http://www.youtube.com/watch?v=nf-TpT3OMls ) che trovate nei nostri account di EFP. Beh, che dire, già dal prologo si fa interessante, ma attenzione: nel capitolo uno Becky sarà cresciuta, ho voluto fare un piccolo flashback per farvi capire come stanno le cose. Passate dalla mia collega http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2013417 che al più presto ci farà avere il trailer di questa FF (spero) Mettete la FF nelle seguite, recensite per farmi sapere che ne pensate e contattatemi se avete bisogno di chiarimenti! questo è il mio account twittah: https://twitter.com/liamsblouse love ya all!

-Niallbestshirt

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


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CAPITOLO 1



Ero stufa di stare qui in ufficio a lavorare per mio padre. Sono una segretaria, ma sembra che i documenti arrivino solo a me. Scartoffie, su scartoffie, su scartoffie. È quasi nauseante. Ma io a quell’uomo dovevo la vita. Ogni giorno, quando prendevo qualche capriccio da bambina mi ripeteva “Se tu non fossi qui, saresti in mezzo alla strada ad elemosinare!”. Perchè in effetti non è il mio vero padre, e se non fossi qui a firmare cartacce e a vivere negli agi della mia famiglia io sarei veramente in mezzo alla strada. Nonostante questo sono rimasta una ragazza semplice. Insomma, come tutti gli altri, vado a prendere un sandwich per pranzo, non è che mi piace crogiolarmi nella ricchezza mangiando pescespada o roba simile per pranzo.

“Hey Bob!” “Rebecca! Il solito?” “Sisi, grazie”. Amavo quella paninoteca, aveva di tutto e di più. E poi aveva un vetro trasparente, e amavo vedere come preparavano il mio panino. Mi sedetti al tavolo con la mia amata busta di carta con dentro il mio pranzo, e cominciai a mangiare. Mi guardai intorno: gli stessi tavoli di acciaio, gli stessi divanetti di pelle per le serate con gli amici, lo stesso bancone, lo stesso frigo per le bibite... ma un cartello prese tutta la mia attenzione “Cercasi cameriera”. Uhm... il mio sogno è sempre stato di essere più o meno autonoma... Che poi ho 18 anni, i miei dovrebbero lasciarmi un po’ libera.

“Che cosa?!?” mio padre continuava a sbraitare, e a lanciare i documenti che avevo firmato e riordinato accuratamente. Mandai giù il nodo che avevo alla gola, senza riuscirci, e incominciai a parlare “Sai, pensavo, cioè voglio, cioè si... vorrei essere dipendente”. E riecco qui la solita frase, la solita faccia, la solita espressione... “Se tu non fossi qui, saresti in mezzo alla strada ad elemosinare!” Odiavo quella frase, mi faceva venire i sensi di colpa. Così rimasi in silenzio, sotto lo sguardo di mio padre, che mi faceva i raggi x dalla testa ai piedi. “Facciamo un patto.” Disse alla fine. “Va a vivere nell’appartamento che avevo comprato a tuo fratello sulla 32esima. Per sei mesi, non di più. Se ti trovi male e ritornerai da me entro questi sei mesi ti detrarrò metà dello stipendio”. Ghignò. Ero riluttante a questa idea, ma ero pronta a tutto per la libertà. Odiavo la vita che vivevo ogni giorno. Risveglio, lavoro pesante, pranzo alla panetteria (che probabilmente era la parte più interessante della giornata) e ogni sera feste organizzate dai miei genitori per pubblicizzare l’azienda. Morivo di noia! Rischiavo il soffocamento, come Rose in Titanic, ma non credo che sarei mai arrivata al suicidio.

“Dai mamma smettila di piangere, è snervante!” sbuffai mentre chiudevo il trolley con le ultime cose. “Ma tesoro, perchè?”. Alzai gli occhi al cielo. Quanto poteva essere appiccicosa a volte mia madre. Sorrisi, ingenuamente, e la abbracciai. Non potevo dirle la verità, le avrei spezzato il cuore. Il suono del clacson dell’auto di mio fratello mi fece sobbalzare. A volte Harry era troppo impaziente! Marcel, il nostro “maggiordomo”, mi aiutò con le valige. “Arrivederci signorina.” Marcel era giovanissimo, ed era uno di quei ragazzi con un sorriso mozzafiato, incorniciato da due splendide fossette ai lati del viso. Caricò le valige nel cofano ed erano tutti sul portone a salutarmi, un’intera folla!

“Just Married!”. La voce roca di Harry risuonò per tutta la macchina, sopra la musica in sottofondo, e altrettanto la mia risata. Probabilmente mio fratello, anche se sapevamo di non essere dello stesso sangue, era l’unico che mi capiva. Aveva ventitrè anni, ed era il mio fratellone, era sempre lui a darmi consigli su tutto, ed era sempre pronto a immischiarsi in una rissa se qualcuno mi faceva soffrire. “Allora cucciola, com’è questa storia della libertà? Sei diventata hippy?” Ghignò. Lo riconoscevo, era lo stesso che faceva mio padre. “Bhè... ho pensato di passare un po’ di tempo da sola. Sai che odio le feste di mamma” rabbrividii solo al pensiero dello champagne. Solo qualcuno avrebbe potuto farmi stare bene... “Ehi, tutto ok?” “Sisi, pensavo...” “Ancora sogni con quel tipo biondo?” Harry inarcò un sopracciglio guardandomi. Sospirai, maledicendo il riccio del fatto di essere molto perspicace. Erano notti che quel sogno mi perseguitava. Ogni sera, stesso sogno, stessa storia. Io da bambina, con un piccolo biondino che mi ricopriva di baci, che mi faceva ridere e che mi faceva stare bene e poi ogni notte ci incontravamo in un bar e io gli raccontavo come avevo passato la giornata. Poi la sveglia suonava, e il sogno finiva lasciandomi ogni volta nella confusione più totale. Eppure quel ragazzo mi conosceva meglio di chiunque altro. Ma era un sogno. Un amico immaginario? Ricordi offuscati? “AHI!” Lo scapellotto di Harry mi fece girare la testa. “Pensavo fossi entrata in trance, allora sei davvero hippy?” ridacchiò. A volte era davvero stupido, ma come biasimare un fratellone preoccupato? “Comunque siamo arrivati!” Il riccio fermo di colpo l’auto, facendomi sobbalzare in avanti. “Perchè non hai messo la cintura? Dannazione...” Aprì lo sportello, e io feci lo stesso, dirigendomi verso il bagagliaio. “No signorina, tu prendi queste...” mi lanciò al volo un paio di chiavi “...e mi apri la porta prima che mister muscolo faccia cadere queste pesantissime valigie... ma che ci hai messo, i mobili qua dentro?” Lo guardai imbarazzata... povero ricciolino. Mi diressi verso il portone dell’appartamento, che era in un complesso di case a schiera vecchissime, quindi non mi aspettai granchè sull’interno, ma quando entrai rimasi a bocca aperta. Il corridoio si apriva verso un ampio salone con una gigantesca libreria a muro e un televisore al plasma. Davanti alla libreria un divano a “elle” in pelle bianca molto moderno, come tutto il salotto. Senza barriere dietro il salotto c’era la sala da pranzo con un enorme tavolo di vetro con sopra un centro tavola di natura morta e le sedie nere. Sulla destra si apriva una porta che conduceva alla cucina, ovviamente anche questa modernissima. In balia dell’eccitazione, salii le scale. Di sopra c’erano il bagno, e tre stanze da letto per gli ospiti che erano quasi tutte uguali: una dipinta sui toni del rosa, con un letto a una piazza, l’altra lo stesso sui toni del blu e l’altra con un letto matrimoniale con i toni del verde. L’ultima stanza sulla destra era la mia molto probabilmente. Vi entrai, e rimasi delusa, scoprendo che era tutta grigia e bianca, una cosa che mi spegneva molto. Sono sempre stata una ragazza vivace, a cui piace ridere sempre, ma anche molto sensibile. Avevo paura del grigio, per me rappresentava il dolore. Una mano sulla spalla mi fece sobbalzare. “Allora, ti piace?” sbuffai “Grigia?” quasi piagnucolai. “Becky, sai che papà è fissato con le cose moderne e bla bla.” Scoppiammo entrambi a ridere. “E non hai ancora visto la mansarda!” mi prese per mano e mi condusse sopra un’altra rampa di scale. La forma del tetto spiovente era il nostro soffitto mentre sul pavimento vi erano pesi, tapirulan e attrezzi da palestra. “Gli uomini e i loro giocattoli...” sospirai e mio fratello mi diede una pacca sulla spalla. “Ehi! Questi giocattoli mi rendono bellissimo!” sollevò un bicipite e lo baciò. “Comunque seriamente. Fratello, perchè te ne sei andato di qui?” Harry sorrise timido. “Sai, stavo pensando di chiedere ad Emma di andare a vivere insieme e...” non lo lasciai finire di parlare. Io adoravo la sua ragazza! Era perfetta per lui, e speravo si sposassero al più presto... certo, un passo per volta.

“E anche questo è al suo posto.” Sistemai i miei vestiti nell’armadio della stanza grigia. Quel colore mi piaceva sempre meno.
“Mi mancherai!” Mio fratello ormai piagnucolava da cinque eterni minuti sulla soglia di casa mia. Che bell’effetto dire casa mia. Potrei ripeterlo all’infinito. Finalmente libera! “Dai riccio, abitiamo solo a quindici minuti di distanza!” sbuffai. A quanto pare riuscii a farlo staccare. “Va bene cucciola. Chiamami!” mi schioccò un rumoroso bacio sulla fronte prima di sfrecciare via con la sua Range Rover. “Ti voglio bene anche io!” gli urlai a ritroso, non convinta che potesse sentirmi. Mi chiusi il portone alle spalle. Che giornata!

Il suono del campanello mi distrasse dal programma esilarante che stavo guardando, mentre mangiavo del cibo cinese. “Chi è?” urlai in prossimità della porta, ma la risposta mi arrivò solo quando la aprii. Un uomo, con un grande cappello, una maglietta blu e degli occhiali da sole alle nove di sera era sulla soglia. “C’è posta per lei!” mi porse un pacchetto. “Non sapevo che le poste lavorassero anche di sera.” Lo guardai con sospetto. L’uomo aprì la bocca, ma poi la richiuse, fuggendo via. Entrai in casa, intenta nel scartare il pacchetto.


MY CORNER

Buonsalve ragazze! Eccomi qui con il primo capitolo della FF. Il trailer arriverà presto, non appena le cose cominceranno a farsi un po’ più chiare e i fatti ad accadere. Ho deciso che Bella Thorne rapresenterà Becky, perchè è davvero una bellissima ragazza. Secondo voi cosa contiene il pacchetto? Qui c’è la FF di Emma, la ragazza di Harry, il nostro amorevole fratellone
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1908147&i=1 che io adoro! Lei è la mia fornitrice di trailer, nonchè scrittrice, quindi passateci. Su twitter sono @liamsblouse seguitemi, e chiedete lì per qualsiasi chiarimento! Aspetto anche qualche recensione, per sapere se la storia vi piaccia :33

-Niallbestshirt

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Image and video hosting by TinyPic CAPITOLO 2
 

Entrai in casa, intenta nel scartare il pacchetto. Cavolo, era uno scherzo o cosa? L’oggetto era avvolto in numerosi pezzi di carta di giornale, come lo scherzo che ogni anno mio fratello mi faceva ad ogni compleanno. Tolto l’ultimo pezzo di carta, ne estrassi il contenuto. Una bellissima collanina dorata luccicava alla luce del lampadario ultramoderno. Il ciondolo era quello che brillava di più, facendo invidia ad ogni collana che avevo nel beauty di sopra. Era un piccolo medaglione, circondato dai miei fiori preferiti, le calle. Faticai ad aprirlo, pur essendo molto bello doveva essere anche molto vecchio. Ma alla fine ci riuscii. Dentro vi erano due foto. Un neonato e una bambina di cinque anni circa, con la lingua da fuori, mentre si teneva i lunghi capelli neri stretti in due codini. Rovistai nel pacchetto in cerca d’altro, qualcosa che mi potesse dare un indizio su questo misterioso ciondolo. Trovai un bigliettino, piegato con cura tra la carta di giornale e lo lessi tutto d’un fiato:

“L’ho trovata a casa mia,
speravo che un giorno ci saremo riincontrati
quel giorno è arrivato.

-J.H”

Non ho mai avuto paura per cose del genere. Ero una ragazza forte, mi era capitato di tutto e quindi avevo le mie esperienze. Quasi sarcasticamente, per prendermi gioco di questo fantomatico “stalker” presi uno dei post-it che mio fratello usava in quantità, e che non potevano mancare nella sua vecchia casa. Scrissi velocemente ma con cura un semplice “Chi sei”, firmandomi con -B.S. e lo lasciai sullo zerbino. Avrei dovuto togliere quello zerbino. C’era scritto “benvenuti”, e qui gli stalker non erano i benvenuti. Rientrai in casa, sentendomi sciocca per quello scherzo strano fatto ad un estraneo. Ma sentivo anche una scarica di adrenalina pazzesca. Non avevo mai fatto nulla del genere! Ero su di giri, quindi per calmarmi lasciai la collana sul primo mobile a caso e tornai a guardare il programma e a mangiare cinese.

Mi alzai di scatto, battendo la testa contro la mensola sopra il letto della stanza grigia. Il suono del campanello mi aveva fatto sobbalzare. Guardai la sveglia, massaggiandomi il punto dolorante. Ma chi diamine disturberebbe alle tre di notte? Mi venne in mente solo un pensiero... “J.H” mormorai a me stessa, precipitandomi giù per le scale, ignorando la piccola quantità di sangue che aveva lasciato la ferita alla testa sulla mia mano. Aprii la porta, e il leggero venticello freddo di ottobre mi sferzò il viso mentre io guardai ovunque, in cerca di un ombra o di qualcosa che potesse rivelare la sua presenza. Alla fine, delusa, guardai in basso, trovando una rosa rossa con affianco un pezzo di carta. Il mio biglietto era sparito. Aprii quello legato alla rosa e notai una scrittura molto veloce ma facilmente comprensibile:

“E se non te lo volessi dire?

-J.H”


Che colpo basso... suonare alle tre di notte, mi ero svegliata su di giri, pensando di scoprire chi fosse questa persona misteriosa... e invece nulla. E solo ora mi accorsi che ero accasciata a terra, piegata in due dal dolore per quella botta improvvisa. Chiusi gli occhi, e svenni a causa dell’indolenzimento lancinante alla testa. L’ultima cosa che sentii furono dei passi veloci di due paia di converse blu davanti alla mia porta lasciata ancora aperta.

Mi svegliai nella stanza grigia, nelle poche luci che illuminavano quella giornata d’autunno. Guardai nuovamente la sveglia, come l’ultima volta, stavolta facendo attenzione alla mensola maledetta. Sospirai di sollievo. Era il 31 ottobre, erano le 10 e mezzo, e quello che mi era successo non poteva essere altro che un incubo di halloween. Mi tastai la testa e la trovai fasciata. Ero nel panico, non poteva essere! Quel maniaco era probabilmente entrato in casa mia, avrà rubato qualcosa e se ne sarà andato. Eppure mi chiedevo perchè avesse avuto la premura di fasciarmi la testa. Il dolore era completamente sparito, deve aver fatto un ottimo lavoro. Mi guardai meglio intorno, e sul comodino dietro la sveglia, vi era il vaso di cristallo che era in cucina la sera prima. Era riempito d’acqua, e dentro c’era un enorme mazzo di calle, e il loro profumo invadeva tutta la stanza. Il mio cellulare emise un piccolo suono, segno che mi era arrivato un messaggio. Mi tremavano le mani, ma il coraggio non mancava:

“Ben svegliata tesoro,
spero si aver fatto un buon lavoro con le garze
sanguinavi, molto. Ti piacciono le calle? Sono i tuoi fiori
preferiti. Buon haloween!

-J.H”

Era estremamente irritante. Cominciavo ad odiare quello sconosciuto che entrava in casa mia come se niente fosse. E poi come faceva a sapere che mi ero appena svegliata? Mi diressi velocemente verso la finestra, guardando prima a destra, poi a sinistra e poi in basso. Però dovevo ammettere che il pensiero delle calle era stato veramente carino. Controllai nuovamente il cellulare, trovando due messaggi in segreteria. Li misi in vivavoce mentre andavo in bagno per lavarmi i denti. Uno era di Emma, diceva che a casa sua ci sarebbe stato un party per halloween e che dovevamo andare a pranzo insieme per poi ritirare il suo costume, e che ci saremmo dovute vedere da Nando’s a mezzogiorno. L’altro era di Harry, che faceva l’isterico perchè non rispondevo a Emma. Tipico del riccio, voleva tutto e subito.

La musica di MTV risuonava per tutta la casa mentre facevo colazione con i cereali, che erano l’unica cosa che mio fratello aveva lasciato nella credenza. Sbuffai, perchè ero in cerca di qualcosa di più sostanzioso, dato che odiavo i cereali. Sapevo benissimo che potevo andare allo starbucks a dieci minuti da qui, ma dopo quello che era successo ieri, avevo paura di uscire di casa. Ma dovevo farmi forza: se volevo mangiare dovevo fare la spesa.

Uscii di casa, ancora titubante e mi diressi verso la mia Audi, che ieri il riccio aveva portato passandomi inosservato. Amavo quella macchina, era la mia bambina, e da quando la vidi il giorno dei miei diciotto anni con quell’enorme fiocco rosso sul parabrezza me ne innamorai perdutamente. Mi portava ovunque, era una delle mie ragioni per sentirmi libera. Aprii lo sportello, e trovai uno di quei post-it gialli vicino al contachilometri.

“Guida piano

-J.H”

Grugnii nervosa. Non era possibile!

 
MY CORNER

Ciao splendori! Questa è la prima volta he pubblico un capitolo ad un orario decente, quindi mi sento “aw yeah!” ok, scusate se è corto, ma vado di fretta dato che tra circa venti minuti devo andare al cinema, ma non importa, sono troppo felice! Ieri appena ho pubblicato il capitolo mi sono arrivate subito due recensioni, e quai non riuscivo a dormire! Ero troppo su di giri! Quindi ho deciso di postarvi subito il secondo capitolo, fregandomene degli impegni. Sto pregando ancora Emma per farmi il trailer il più presto possibile! (ecco qui la sua storia, passate, è veramente stupenda http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1908147&i=1) e quindi eccoci qui! Ricordate che quando recensite la mia storia mi fate veramente felice, dato che ho una ragione per mandarla avanti. Seguitemi su twitter (@liamsblouse) e vi lascio con una gif dell’unica protagonista (per ora) ciao bellissime!

-Niallbestshirt


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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


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CAPITOLO 3


Estrassi le chiavi dal nottolino. Il post-it era ancora appallottolato sul sedile di fianco al mio, simbolo del mio nervoso verso quello sconosciuto. Ora decideva anche come dovevo guidare! Neanche mia madre era così asfissiante. Aprii lo sportello e mi diressi verso il cofano, intenta a svuotarlo dalle numerose buste della spesa che lo riempivano. Mio fratello, come me, aveva una buona forchetta, e dentro la cucina aveva lasciato solo la polvere.

Chiusi il frigo, sfinita. Non avevo mai fatto la spesa, nè avevo dovuto riordinare niente quando vivevo con i miei genitori. Era sfiancante, ma la libertà andava pagata. Erano le 11 e 50... Merda! L’appuntamento con Emma! Me n’ero quasi dimenticata. Mi versai velocemente del succo d’arancia, dato che morivo di sete, e mi affrettai a ritornare in auto. Emma era sempre molto puntuale, e non perdonava mai i ritardatari!

“So che sono in ritardo, ma posso spiegare!” Emma era già seduta al tavolo e picchiettava le dita sul menù, segno che era nervosissima. Ma nonostante tutto, da brava quasi-cognata, mi rivolse un caloroso sorriso e mi abbracciò forte. Poi si allontanò a 10 centimetri dal mio viso, alzando gli occhi al cielo. Pensai che era arrabbiata perchè ero in ritardo, poi mi accorsi che stava “ammirando” le garze che mi fasciavano la testa. “Semmai quella che deve spiegare qualcosa qui sei tu! Cosa hai combinato alla testa?” inarcò un sopracciglio, era visibilmente preoccupata. “Ho battuto la testa contro la mensola nella stanza grigia” feci spallucce, scatenando una sua risata. “Ho sempre detto a quel degenerato di tuo fratello di togliere quella mensola! Guarda qui!” si sollevò qualche ricciolo moro vicino all’attaccatura dei capelli e mi mostrò una piccola cicatrice di due o tre centimetri. Non volevo affatto immaginare cosa stessero facendo nella stanza grigia. Emma si ravvivò i capelli, come se volesse scacciare quei ricordi. Arrivarono le nostre due lattine di gazzosa, che probabilmente la mora aveva già ordinato, stufa di aspettarmi. “Beh, vedi il lato positivo Becky, stasera potrai travestirti da mummia.” Scoppiai letteralmente a ridere, rovesciando la lattina sul tavolo e ricevetti un profondo sguardo d’odio dal cameriere che avrebbe dovuto pulire tutto. Diventai rossa per l’imbarazzo, e mimai un “mi dispiace” con le labbra. Il cameriere si avvicinò con un panno “Intanto potete sedervi in quel tavolo lì” sbuffò. “Vi porto un’altra lattina.” Io e paola, ormai entrambe rosse ci accomodammo dove ci aveva indicato il cameriere. “Sei un danno Rebecca Drew Styles!” e scatenò un altra valanga di risate. Il tempo con lei passava velocemente, ma si sa che quando vuoi bene ad una persona il tempo da trascorrere insieme si esauriva in un attimo. Portarono i nostri piatti, e tra una risata e l’altra, chiacchierammo parlando di tutto e di più, ma soprattutto di Harry, che era sempre il centro dei nostri discorsi.

“Vieni qui Becky!” eravamo da almeno mezz’ora nel negozio di costumi, ed Emma non faceva altro che ammirarsi allo specchio. Beh, almeno lei poteva. Era davvero una bellissima donna, e, ci avrei giurato, mio fratello era cotto di lei. Che poi non sarebbe male avere una cognata come lei. Era la mia migliore amica, a lei dicevo tutto. Ma sicuramente non le avrei parlato del maniaco. Se era veramente quello che pensavo che fosse, avrebbe messo in pericolo chiunque sapesse di lui, o lei, e non volevo. L’immagine di quelle converse blu mi perseguita ogni volta che mi fermo a pensare. “Yo, Becky, ci sei?” Emma mi schioccava due dita davanti agli occhi, come se mi volesse svegliare da un sogno. “Ti ho già vista, quante volte devo ripeterti che sei bellissima Cleopatra?” “Io e Harry abbiamo preso i costumi in coppia, lui l’ha ritirato stamattina... ma ora basta pensare a me, pensiamo a te!” Oddio. Non ero mai stata un’amante dello shopping. “Hai carta bianca” i suoi occhi si illuminarono. “Vada per la mummia?” sghignazzò. Entrò il commesso del negozio, un uomo sulla cinquantina. “Potrebbe darmi cortesemente il suo nome?” mi chiese. Aggrottai la fronte “Rebecca Drew Styles” mormorai incerta. L’uomo si grattò la nuca, visibilmente nervoso. “Quindi è lei... qui è venuto un uomo misterioso, occhiali neri, un grande cappello e un felpone con il cappuccio che gli copriva il volto. Ha pagato un vestito per lei.” Il commesso si diresse verso la cabina armadio, che conteneva un’enormita di vestiti, e ne uscì quasi subito con uno avvolto in una tela nera. Emma mi guardava stranita, ma capì dal mio sguardo che ne sapevo quanto lei. “Oh, e ha lasciato anche questo per lei” mi rivolse un bigliettino piegato con cura. “Ma mi ha raccomandato di farglielo leggere solo dopo che avrà indossato questo” così, anzichè il biglietto, mi porse la gruccia. Torturata dalla curiosità, e probabilmente Emma quanto me, andai a passo veloce verso il camerino.
Chiusi gli occhi, e li riaprii lentamente. Perchè mai il vestito di Alice nel paese delle meraviglie? Aprii il biglietto.

“Come sei innocente con questo addosso
mettitelo, per favore

-J.H”


Ancora lui? Mi sciolsi con rabbia le trecce. Emma si alzò velocemente dalla poltroncina da dove mi ammirava e mi prese un braccio. “Tesoro, sei bellissima! Che succede?” La mia rabbia fece il suo effetto. Qualche lacrima rigava le mie guancie. Lo odiavo a morte! Asciugai velocemente con la mano il frutto della mia tristezza... prima che Emma potesse accorgersene. Vivevo tutto questo da solo un giorno, e già ero all’esasperazione più totale. Poi alzai lo sguardo, e mi guardai meglio allo specchio. Quel vestito azzurro faceva risaltare il colore dei miei capelli, appena disfatti  dalle trecce. Sorrisi a malapena. Questa persona, stava facendo sia il bene che il male. Ripensai a ieri notte, e i miei occhi guizzarono sulla testa ancora fasciata dalle garze. Scesi dal piedistallo, e mi avvicinai allo specchio sciogliendo il nodo e liberando la mia testa. Sulla fronte, quasi nello stesso punto della mora, qualcuno mi aveva messo tre punti di sutura. Non aveva un cattivo aspetto, e non mi faceva per niente male. Che J.H. sia un infermiere? Dovevo indagare.

“Allora Beck, che fai qui imbambolata, lo prendi o no?” mi risvegliai di colpo, vedendo Emma che batteva un piede a terra, guardando nervosamante il quadrante del suo orologio. Annuii nervosamente, e ci dirigemmo verso il banco all’entrata del negozio. “Signorine, perchè qui? I vostri vestiti sono già stati pagati!” Em sorrise, e pensò ad Harry. Io feci una smorfia, pensando a quel maniaco.
Emma e Harry correvano da una parte all’altra della grande sala della casa della mora. Tipico, erano fatti l’uno per l’altra. Mentre io, da brava pigrona, cominciavo a mangiare le scorte per la festa davanti alla televisione, aspettando che arrivassero gli ospiti. Ed ecco che arriva il guastafeste. “Cosa ci fai qui sul divano?” mi tolse la ciotola “E non sei neanche vestita!” si passò una mano nei riccioli e si posizionò la corona di alloro, prima che potessi sputargli i pop corn in faccia dal ridere. “Che c’è? Guarda che questo costume è molto virile” disse sottolineando l’ultima parola baciandosi il bicipite, scatenando ancora di più la mia risata. Prima che il petto mi scoppiasse, decisi di andarmi a vestire per la festa. Ma prima di tutto, mi precipitai in bagno per una doccia. Io ed Em condividevamo tutto, come sorelle.

Scesi le scale, mentre ogni mio passo rimbombava sul legno per via delle scarpe di vernice nera di Alice. Le calze di velluto mi coprivano fino alle ginocchia, da dove partiva la gonna con il grembiule blu. Ma le trecce erano ciò che rendevano il mio travestimento ancora più bello. Dalla grande sala arrivava la musica, segno che la festa era iniziata, ma anche che avevo impiegato più del necessario a prepararmi.

C’era molta gente, la maggior parte la conoscevo grazie a mio fratello che in quel periodo non faceva che scarrozzarmi con lui. E poco dopo riconobbi anche la coppietta, sempre al centro dell’attenzione, vestiti da Cleopatra e Marcantonio. Il cellulare vibrò contro la mia pelle, attaccata per il sudore nonostante avessi appena fatto la doccia, alla mia pelle. Rovistai nella tasca del grembiule, tirandolo fuori. Un messaggio.

“Sono qui, dietro la colonna
di marmo

-J.H.”


Ommioddio.


MY CORNER

Salve bellezze :3 ok, so che sono trasgressiva, ma la notte faccio party hard, e dato che non so cosa fare aggiorno, dato che le vostre recensioni mi hanno motivata, e quindi continuo a scrivere e scrivere. Ci siamo! Non volevo portare troppo a lungo questa cosa della suspence, anche perchè sarebbe diventato noioso e incoerente a ciò che voglio scrivere dopo. Quindi aspettatevi qualsiasi cosa, perchè le sorprese non sono finite, anzi, la trama diventerà più fitta. Vi ringrazio per le vostre meravigliose recensioni, e vorrei che ne scriveste altre, mi fate battere il cuore e mi  motivate, davvero! Oh e vi dico già che una delle mie amiche più care (passate dalla sua FF, è meravigliosa http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1908147&i=1) tra oggi (perchè sono le 4 hahhahaha) e domani avrà pronto il trailer! Sono su di giri! Detto questo, vi saluto, un bacione, e spero che continuiate a seguire la mia storia, amo i vostri commenti!

-Niallbestshirt


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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Image and video hosting by TinyPic Bellissimeeee! È arrivato il trailer della mia FF! http://www.youtube.com/watch?v=7rLpdATx0Bc guardatelo, è fhnjngfvnb mi sono emozionata! Poi leggete il “my corner” è importante! Trailer made by @stylesoxygen

CAPITOLO 4


Girai per la sala, ancora più sconvolta. Lui era qui. E probabilmente mi stava fissando. Cercavo ancora di capire di quale colonna stesse parlando. La sala era antica, ed aveva un enorme soffitto retto da circa sei colonne sparse qua e là per distribuire il peso. E poi con tutta questa gente, e uno sconosciuto che dovrei “riconoscere” non è che sia tanto facile. “Me lo dai un bacio, piccola Marijane?” Un uomo sui vent’anni era appoggiato alla colonna vestito da spiderman. Strabuzzai gli occhi, capendo chi fosse, e cercai di farmi spazio tra la folla per fuggire via. Senza riuscirci, ovviamente, perchè tutto doveva capitare a me. Spidey mi afferrò con forza il braccio, quasi stritolandomelo, attirandomi a se. Si sollevò la maschera di gomma fino al naso, e mi baciò castamente sulle labbra. Mi ritirai indietro, e lo colpii in viso con uno schiaffo dolorosissimo. Ero imbarazzata, stavo prendendo a botte uno sconosciuto, che per di più senza volerlo, mi aveva fatto recitare una piccola parte di un grande film che amavo da bambina. Con mia grande sorpresa, si portò l’indice alle labbra, mimando il silenzio. Ebbi un tuffo al cuore, solo un bambino faceva così. Il mio primo bacio, il bambino e poi il ragazzo che vedevo ogni notte nei sogni. Qualche lacrima rigò il mio viso, ma mi affrettai ad asciugarle, avvicinandomi poco di più al ragazzo. Presi i lembi della maschera, e li tirai su. Non avrei dovuto farlo. Il mio cuore cominciò a battere sempre più velocemente. Era lui, era il mio bambino. Tutta la mia mente ripercorse i nostri ricordi, i nostri giochi, i nostri abbracci e i nostri momenti di tenerezza. Strinsi a me il mio Spidey, come se avessi paura che scappasse via “Niall!” mormorai contro il suo orecchio, tra i singhiozzi di felicità e di tristezza, per l’affetto mancato. Mi strinse anche lui, ma poi con molta riluttanza mi scansò, prendendomi la mano.

Mi portò bruscamente fuori e camminammo fino ad un vicolo dove la musica era più bassa e dove nessuno ci vedeva. Prese un lungo respiro, e poi cominciò a parlare. “Tu mi hai abbandonato.” Disse a denti stretti. Inarcai un sopracciglio, confusa. “Hai lasciato me e mia madre in lacrime. Pensavo ti importasse di noi.” Cominciava a respirare a fatica. “Poi la mamma mi ha detto che eri volata via”. Continuò a stringere i denti, forse per evitare che una forza più grande di lui spingesse le lacrime fuori dai suoi occhi. “Perchè hai fatto tutto questo?” gli chiesi con un filo di voce. Mi rivolse un sorriso malizioso, e si avvicinò a me, prendendomi il viso tra le mani, accarezzandomelo. “Non immagini quanto sia pericoloso farti vedere in giro con me, signorina.” Soffiò sul mio labbrò inferiore, causandomi mille brividi lungo la schiena. “Non hai risposto alla mia domanda.” Mormorai coraggiosa. Si avvicinò al mio orecchio, e lo morse con delicatezza. “Non sai cosa ho fatto per trovarti, cose molto pericolose.” Si sollevò una manica del costume, rivelandomi delle cicatrici tonde, come se fossero fatte da... sigari, e sigarette! Quanto dolore, povero Niall... e sapere che la colpa era la mia, mi faceva stare ancora più male. “Non devi piangere.” Disse con durezza, a due centimetri dal mio viso, a distanza di un bacio. “Ora devi promettermi una cosa.” Si allontanò leggermente da me, afferrandomi i polsi, stringendoli intorno alle sue grandi mani. “Resta con me.” I suoi occhi si tramutarono in ghiaccio, segno che non stava scherzando. “Io... non ti conosco bene. È da troppo che non ci vediamo.” Lasciò i miei polsi. Era difficile ammetterlo, ma era così. Anche se ero felice di rivederlo, ricordavo solo una piccola parte del piccolo Niall, e non conoscevo per niente la grande parte della sua vita da ragazzo. Sentii il suo sguardo addosso, mentre mi stringevo nelle spalle, colpita dall’aria fredda di quella notte. “E allora conosciamoci. Piacere, Niall James Horan, tu sei Rebecca Drew Styles ma il tuo vero cognome è Jones, ami fare i castelli di sabbia per poi ucciderli calpestandoli. Il tuo cartone animato preferito è Alice nel paese delle meraviglie. Ti piacciono le caramelle all’arancia e trovi sempre il modo per far sorridere la gente. Ami dormire abbracciata a qualcuno e...” lo interruppi imbarazzata, posandogli una mano sul petto. “Sai biondino, tu ricordi tanto di me, anche se sono cambiate molte cose... ma io di te non ricordo quasi nulla.” Prese nuovamente i miei polsi, inchiodandomi al muro, con uno sguardo di dolore. “Perchè?” sussurrò contro il mio collo. Gli presi la testa tra le mani. “Preferisco rimuovere i ricordi dolorosi.” Non ce la facevo più. Ero sotto pressione. Mi liberai dalla sua presa, e mi avviai all’uscita del vicolo. C’era troppa ansia in quelle parole, e io non volevo soffrire ancora. Non mi seguì. Forse aveva capito che avevo bisogno di tempo, che era successo tutto all’improvviso.

Ritornai in sala, che era ancora immersa nella confusione più totale. Al lato c’era un numeroso gruppo di persone che attirò la mia attenzione. Provai a dare qualche spintone, ma non riuscii a passare, il gruppo era molto fitto. Così, rischiando di venire calpestata, passai sotto le gambe di un tizio, e poi di un altro, finchè qualcosa mi bloccò. Provai ad andare avanti e sentii qualcosa strapparsi. Oh no! Il mio vestito era rovinato! Mi alzai di scatto per controllare i danni. Ora la gonna mi arrivava fino all’inguine. “Ehi, bel sedere!” ricevetti uno schiaffo sul mio didietro, e riconobbi un uomo sulla trentina vestito da robot. “Schifoso!” mormorai, poi mi girai verso il motivo per il quale la folla era in desibilio. Un uomo calvo stava picchiando mio fratello. Che orrore! Era una festa di halloween, non un incontro di boxe. Mi gettai nel mezzo non appena vidi Emma in lacrime. “La festa è finita!” urlai e la musica cessò di rimbombare tra i muri della sala. “Uscite di qui, subito.” Aggiunsi con un tono più minaccioso, mentre la folla, con delle somme di denaro alquanto alte ancora in mano uscì dal portone urlandomi qualche bestemmia. “Oh Harry!” Emma si gettò su di lui a braccia aperte. “Sei Cleopatra?” Bene, era anche ubriaco. Lo osservai meglio in viso. Aveva un labbro spaccato e dal naso uscivano fiotti di sangue. Emma si alzò subito, tornando poco dopo con del ghiaccio e un fazzoletto, che tamponò sul labbro di Harry. Vi posò un piccolo bacio, e il riccio cadde nel sonno più profondo, infatti sentimmo subito il suo russare. Rivolsi un sorriso alla mora, che guardava mio fratello dormire. “Com’è successo?” chiesi, un po’ più tranquilla. La sala vuota faceva un certo effetto, anche se vi era molto disordine. “Scommesse.” Em fece spallucce, ancora visibilmente sconvolta. “Penso che dovremmo portarlo a letto.” Guardai Marcantonio, con un ombra di sorriso sul volto. Chissà, forse stava sognando. “Hai ragione, ma credo sia un po’ pesante.” La guardai, e vidi un leggero risolino sul suo viso. Ora era tranquilla. Ci posizionammo ai lati del riccio. “Al mio tre” disse Emma. “uno... due... tre...” entrambe emettemmo un rumoroso gemito per la fatica, ma riuscimmo lo stesso a sollevarlo e a metterlo in piedi, aiutandolo a “camminare” nel sonno. Mio fratello era magrissimo, poteva sembrare leggero, ma faticavo a reggere il peso morto di un suo solo braccio. Salimmo le scale, e per fortuna la loro camera da letto era la più vicina. Che invidia. Era tutta colorata. Poggiammo Harry sul letto, e gli togliemmo il costume.

“Sei sicura che non vuoi dormire qui Becky?” Annuii subito in risposta, dirigendomi verso la mia auto con il costume tra le braccia. Era stata una giornata molto intensa. Il cellulare vibrò nella tasca dei miei jeans, causando dei brividi contro la mia pelle.

“Incontriamoci allo Starbucks
vicino casa tua? Ti prego...

-Niall xx”

Stavolta il numero non era sconosciuto, e lo memorizzai per evitare altre sorprese. Non sapevo se accettare o meno. Il ragazzo dagli occhi color oceano aveva perso tutta l’ingenuità che trasmetteva con quei baci da piccolo, perchè ora era avvolto da una nube cupa di mistero. Mi riportava a galla troppi ricordi.

“Becky, devi svegliarti!” il papà di Niall portava in braccio la piccola dai capelli rossi, che si svegliò presto al suono della sua dolce voce, trovandosi in un luogo illuminato solo da luci al neon bianche, troppo luminose, facevano male agli occhi. Il disegnino di un aereo troneggiava vicino alla grande scritta:”Partenze”. “Questa non è casa, papà di Niall!” mormorò la piccola, con la vocina impastata dal sonno. Il signor Horan la guardò con un velo di tristezza. “Tesoro, ora andrai in cielo, ti piacciono le farfalle?” la piccola annuì. “Sarai come una piccola farfalla!” L’uomo posò a terra la piccola, dandole la mano. Poco dopo furono vicino ad una donna in uniforme. “Lei è il signor Horan?” Lui scosse il capo. “E invece lei è la piccola, giusto?” Lui annuì di nuovo. “Bene, attenda un momento.” Alzò la cornetta del telefono. “Jenny?... Si, è qui” Riattaccò, e un altra donna arrivò pochi minuti dopo. Si inginocchiò vicino alla piccola, rivolgendole un caloroso sorriso. “Sei proprio una bella bimba, sai? Vieni con me.” Il signor Horan diede il piccolo zainetto della bambina alla donna, e schioccò a Becky un bacio sulla fronte. “Sii forte farfallina mia.” Chiuse gli occhi e sospirò. La donna la stava trascinando su quel mezzo infernale. La bimba piangeva, non voleva andare. Gridava un nome... “Niall!”


“Niall! Niall! Niall!” mi alzai di scatto, sfiorando appena la mensola. Avevo l’affanno, probabilmente avevo urlato... mi mancava la voce... quei ricordi, che dolore. Avevo sognato.

MY CORNER

Ciao bellissimissime! Come al solito mi ritrovo ad aggiornare ad un orario deficente (come me del resto) ma si sa che chi è pazzo, ha una mente con i confini più ampi. Bhè, che dire, un taboo è svelato. Ora restano da scoprire i misteri che aleggiano intorno al nostro biondino :33 ad inizio pagina vi ho postato il trailer che quell’amore di @stylesoxygen ha fatto (ecco la sua FF http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1908147&i=1) e dove ci ha messo anima e corpo, quindi ringraziamola di cuore *clap clap* LA AMO! Questo capitolo mi piace molto, è molto corposo e pieno di dettagli. Fatemi sapere che ne pensate, lasciatemi una recensione, perchè le vostre recensioni sono ciò che mi mandano avanti, altrimenti non sarei qui ç_ç e insieme alla vostra recensione fatemi sapere che ne pensate del trailer e se avete domande c: mi piacerebbe rispondervi!

Un bacione,

-Niallbestshirt.

Ps: non credo che domani aggiornerò, perchè andrò da mia cugina a Margherita di Savoia a fare il party hard in discoteca e tornerò dopodomani, quindi auguro un buon weekend a tutte amori!


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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


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CAPITOLO 5

Ero sveglia dalle cinque e mezzo del mattino, e dopo quell’incubo non ero più riuscita ad addormentarmi. Il mio petto si alzava e abbassava ripetutamente al ritmo dei singhiozzi. Avevo sepolto quei ricordi nell’abisso più profondo della mia mente, ma il suo ritorno, con quegli occhi color oceano, li aveva riportati a galla con tutto il dolore che racchiudevano. E quasi ad abbinarsi al mio umore oggi pioveva come se ci fosse il diluvio universale. Il tè che avevo in mano si era raffredato mentre mi schiarivo la mente. Cosa avrei dovuto fare oggi? Uscire o non uscire con il mio passato?

Mi ero leggermente calmata, e ora ero seduta sul divano davanti alla televisione in cerca di un programma che andasse in onda alle otto, oltre alle repliche, per deviare il mio cervello verso orizzonti lontani con dei programmi demenziali. Il campanello mi fece sobbalzare. Il mio cuore batteva all’impazzata. Ora sapevo chi era, ma lui sapeva dov’era casa mia e come contattarmi dato che aveva il mio numero di cellulare. Cercai velocemente una scusa, oppure una risposta possibile. Non c’era tempo, i miei piedi correvano velocemente verso la porta. “Niall... io...” alzai lo sguardo. “Marcel?” inarcai un sopracciglio. “Che ci fai qui?” Lo feci entrare, altrimenti avrebbe rischiato di bagnarsi tutto. “Grazie signorina” chinò leggermente il capo. “Sua madre mi ha mandato qui per vedere se era tutto apposto. E se ha bisogno delle mie mansioni, io sono qui.” Mi sorrise leggermente. Marcel era uno di quei pochi ragazzi timidi ma molto belli. Si nascondeva sempre dietro a quegli enormi occhiali scuri, e magari, mentre spazzava e lavava, vedeva il mondo da tutta un’altra prospettiva. Questo pensiero mi fece sorridere, perchè io cercavo proprio di essere come lui. E in effetti non vedevo l’ora di iniziare il mio nuovo lavoro lunedì. Per ora mi godevo il weekend. Tornai alla realtà quando vidi Marcel arrossire, dato che, inconsciamente, lo stavo fissando. “Allora vado, signorina.” Disse impacciato, ma sempre con il sorriso sulle labbra.

Ero ritornata sul divano, sempre con il pigiama, stavolta mangiando pop corn. Ora che c’era il maggiordomo in casa mentre passava l’aspirapolvere potevo scambiarci qualche chiacchiera e non sentirmi sola in quel grande appartamento. Il campanello suonò di nuovo. Mi venne l’ansia, e i miei battiti accellerarono. Stavolta non era Marcel. Ne ero sicura. Respirai profondamente. Non dovevo farmi prendere dal panico. Dovevo dimostrarmi tranquilla, come avevo sempre fatto in tutti questi anni. Ok? Ok. No, niente era ok. E ancora una volta il cervello non era collegato alle mie gambe che continuavano a correre verso la porta. Riformulai la risposta veloce che avevo in mente circa un’oretta fa. “Niall... senti...” alzai nuovamente lo sguardo “Mamma?” Un grande sorriso si fece spazio sulle mie labbra, anche se una punta di delusione prese posto nel mio sguardo. “Tesoro! Sono così felice di vederti! Fatti abbracciare!” Mia madre era alquanto eccitata, infatti quando mi rifugiai tra le sue braccia sentii il suo cuore quasi le scoppiava in petto. Anne Cox era la donna più amorevole di questo mondo. “La casa senza voi piccini è vuota. E poi sono venuta a controllare a che punto fosse Marcel, sai, per la festa di stasera lui è importante.” “Ho finito signora!” Sempre impeccabile, il nostro maggiordomo scese le scale impacciato, ma con una sua eleganza. Mi sorrise nuovamente, facendomi arrossire senza motivo. “Adesso andiamo tesoro, scusaci il disturbo!” sorrisi ancora a mia madre. “Grazie per la breve visita.” Li abbracciai entrambi. E dopo un cenno con il capo chiusi la porta.

La delusione mi stava mangiando dietro. Camminavo avanti e indietro per il corridoio, cercando di prendere una decisione. Andare o non andare? Di certo se quella punta di delusione vagava ancora dentro di me, vuol dire che c’era qualcosa. E lui era lì, e mi stava aspettando. Al diavolo tutto. Andai in bagno a farmi una doccia, cercando di fare il più in fretta possibile. Erano le nove meno un quarto. Potevo, dovevo farcela.

Presi il cappotto appeso all’attaccapanni all’ingresso. Con fare sbrigativo cercai le chiavi dell’auto nella tasca dei miei jeans e uscii abbottonandomi il piumino. Si gelava, ma erano i primi di novembre, quindi era chiaro che fosse così. Ero così nervosa che per due minuti buoni non riuscii a infilare le chiavi nel nottolino. Quando ci riuscii tirai un respiro di sollievo, e girai la chiave. Niente, l’auto non si metteva in moto. Ma che diavolo...? Guardai il contatore che mostrava i litri di benzina. La scritta “empty” lampeggiava in giallo. “Cazzo.” Mormorai, tirando un calcio verso l’acceleratore. Sarei dovuta andare a piedi, bene. Lo starbucks era vicino, ma la pioggia mi rallentava. Presi l’ombrello, e camminai a fatica, tirata dal vento che spingeva nel verso opposto.
Arrivai a buon punto, riuscendo ad andare di corsa. Un tizio con un kway blu stava correndo nella mia direzione, e appena lo vidi era troppo tardi. Il marciappiede era troppo stretto per evitarlo. Così, inevitabilmente, finii con il sedere per terra. Lo guardai con un profondo sguardo d’odio, anche se lui non mi guardava, si stava solo accertando che stessi bene, per poi continuare a correre verso la sua strada. Presi velocemente il telefono. Avrei avvisato Niall che avrei ritardato ulteriormente. Un cellulare vicino prese a squillare, ma non ci feci caso, dato che poteva trattarsi solo di una banale coincidenza. Guardai in alto, quando le mani del ragazzo cominciarono a frugare nella tasca della sua giacca. I suoi occhi si illuminarono alla vista del nome sul display. “Pronto?” sentii l’eco, eravamo molto vicini. “Hai fatto cadere una ragazza? Abbassati, guardala negli occhi.” Il suo sguardo andò dritto su di me, senza fare alcuna obiezione. Un sorriso caloroso, che avrebbe potuto riscaldare quella giornata invernale si fece largo sul suo viso. Chiudemmo entrambi il telefono e lui si chinò su di me. “Sai che non è educato disturbare la quiete pubblica correndo per strada?” “Senti chi parla” mormorai, prima che lui mi posasse l’indice sulle labbra. Si avvicinò al mio orecchio “Io lo facevo per una buona causa.” Sussurrò mordendomi il lobo, con una voce roca che pochi ragazzi potevano avere. Sentii le mie guance avvampare, forse per l’imbarazzo, forse perchè stavo per prendermi un raffreddore. E come se mi leggesse nel pensiero, mi baciò sul collo e mi prese in braccio. “Sei tutta rossa, ti stai raffreddando” scosse la testa, e poi con un sorriso malizioso “oppure sono io che ti faccio quell’effetto?” inarcai un sopracciglio. Non mi ricordavo che Niall aveva questo carattere pieno di doppi sensi.

A metà strada mi sentivo ancora più in imbarazzo. Sapevo di non essere un peso piuma, e avevo paura delle sue battutine. “Mettimi giù... sono pesante!” “Stai scherzando?” Il biondino aggrottò la fronte. “Ho preso in braccio donne più ciccione” disse con spavalderia. “Hai preso in braccio altre donne?” chiesi curiosa. “Bhe vedi... non è il momento di parlarne, ora”. Cambiò posizione, caricandomi in spalle come un sacco di patate. “Mettimi giù!” gli tirai dei pugnetti sulla schiena, per farmi mettere a terra. Odiavo stare così, non lo sopportavo neanche quando lo faceva mio padre quand’ero piccola. Scoppiai a ridere in una risata che nessuno poteva fermare, che forse avevo represso da anni, che forse era scoppiata in quel momento, grazie a lui. Com’era possibile che un ragazzo ti facesse così bene e male allo stesso tempo? No, non era possibile. Eppure continuavo a ridere irrefrenabilmente. Niall mi mise giù, guardandomi divertito con quegli occhi blu oceano. “Guarda che se volevi bere, potevamo prendere un drink insieme!” fece la faccia da finto offeso, facendomi ridere ancora di più. Il petto mi stava per scoppiare, e per fermarmi dovetti tapparmi la bocca con una mano. A poco a poco il mio respiro tornò regolare. Mi asciugai una piccola lacrima vicino alle ciglia, sotto lo sguardo ardente del biondo, che si mordeva il labbro inferiore. “E comunque siamo arrivati a casa tua Becky.” Mise le mani nelle tasche, andando su e giù con i talloni. “Posso entrare?” chiese, e per la prima volta vidi un ragazzo timido. Quante personalità aveva questo ragazzo dagli occhi profondi? Lo osservai, cercando di rispondere mentalmente alla mia domanda. Poi mi risvegliai, era impossibile rispondere. “Vado a cambiarmi” sorrisi, e salii le scale, trovandomi dietro Horan. “Pensavo che avrei potuto darti una mano” ancora quel sorrisetto. “Fila via.” Grugnii divertita.

Tornai giù con il mio amato pigiama con gli orsacchiotti, l’unico capo del mio guardaroba che mi faceva sentire veramente a mio agio. “Direi sexy” osservò sarcastico Niall. E io, nuovamente, sbuffai alla sua affermazione. Poi mi venne in mente una domanda che volevo porgli da tanto tempo. Corsi un attimo nell’altra stanza, e, recuperato l’oggetto che mi interessava, tornai da lui. “Volevo chiederti spiegazioni su questa.” Gli mostrai la collana, che luccicava alla fioca luce che proveniva dalla finestra.
 

MY CORNER

E per la vostra gioia.. (spero) *rullo di tamburi* SONO TORNATA! Ragazze, mi siete mancate tantissimo! Ç_ç ok, non voglio dilungarmi molto perchè sono stanchissima, ma credo che mi lapiderete perchè questo capitolo mette un’ansia boia! Haahhaha ma io scrivo così, quindi amatemi per quella che sono! Recensite, voglio sapere il vostro momento di panico OuO intanto vi lascio una gif del mio amato brother troppo figo :33 buonanotte amori! (vi lascio la fan fiction di Emma, che è qualcosa di meraviglioso! http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1908147&i=1)

-Niallbestshirt

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


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CAPITOLO 6

Niall inarcò un sopracciglio, prendendo la collana in una mano. Ci giocò un po’, e poi aprì il piccolo medaglione come feci io la prima volta. Osservò quelle immagini meravigliato, scorrendoci il dito sopra per rimuovere la polvere sulla superficie. “Sei bellissima in questa foto.” Mi sorrise, e mi riconsegnò il medaglione. Lo guardai stupita, ma allo stesso tempo spaventata, le mie pupille si dilatarono. “V-vuoi dire che quella bimba... sono io?” riaprii il ciondolo, guardando meglio. Il biondo annuì. “Mi ricordo come se fosse ieri il giorno in cui mamma ti portò per la prima volta a casa. Tu eri ancora troppo piccola per parlare. Ma ogni volta che ti addormentavi ti fissavo ore e ore dal bordo della culla.” Puntò lo sguardo verso il basso, come se avesse vergogna. Sorrisi anche io imbarazzata. “Poi un giorno mamma ti portò di nuovo a casa, ero così felice! Eri anche cresciuta, e potevi parlare. Ma io no. No perchè non volessi, ma avevo paura. Poi ricordo il giorno in cui facevamo i castelli di sabbia. Tu mi parlasti, ed ero felice come se fosse arrivato Babbo Natale, e ti baciai, e ricordo il dolore dello schiaffo di dopo.” Si massaggiò la guancia, ormai da adulto, con una mascella pronunciata, come se sentisse ancora il dolore. “Beh biondo, ricordo anch’io quando ti ho schiaffeggiato, non mi credere così smemorata.” Mi sedetti vicino a lui, sul divano, sorridendogli. Lui si posizionò pericolosamente su di me, facendomi stendere. Poi si avvicinò al mio orecchio. “E se ora ti baciassi?” mormorò, prendendo il lobo tra i denti. Gemetti al suo contatto, lo accarezzai e poi gli tirai un piccolo schiaffo. “Ehi, perchè l’hai fatto?” si alzò subito, mettendosi a sedere. “Prevenire è meglio che curare, Horan. E comunque, prima non hai risposto alla mia domanda. Chi è l’altra nella foto?” Ci guardammo negli occhi. Io per sapere, lui per cercare di capire cosa rispondere. “Lo scoprirai.” Mormoro semplicemente, facendo spallucce, come se lui sapesse già tutto. “Sai Niall...” mi misi a gambe incrociate sul divano, osservandolo. “Non mi piacciono le sorprese.” Lui mi gelò con un solo sguardo. “E a me non piace spifferare segreti.” Disse lentamente, e anche duramente. Quel tono scosse qualcosa dentro di me, come se fosse timore. Rimanemmo a fissarci, occhi blu oceano dentro occhi castani, occhi castani dentro occhi blu oceano, non sapendo più cosa dirci. “Perchè sei ritornato?” Dissi, rompendo quel silenzio imbarazzante, con una punta di dolore nella voce. Stavo ripensando all’incubo di questa notte. “Vuoi saperlo veramente?” pronunciò quelle parole anche lui dolorosamente, lasciando sciogliere il ghiaccio freddo dei suoi occhi. Scossi la testa leggermente, continuando a fissare le sue iridi, come se fossero loro a raccontarmi qualcosa. “A me faceva troppo male il fatto che ti avevo perso. Ogni giorno a scuola ero sempre solo perchè pensavo che non potesse esserci amica migliore di te e sottovalutavo tutti. Per riparare al dolore sono entrato in brutti giri, e sono andato a letto con le persone sbagliate. Quando compii diciotto anni la prima cosa che feci fu cercarti. Ho ricorso ai giri che frequentavo per trovarti, finchè non scoprii una persona che mi ha aiutato tanto. E ora sono qui. Ora posso farti io una domanda?” Lo fissavo ancora a bocca aperta. Non pensavo avesse fatto tutto questo per me. Non ci potevo credere. E non volevo crederci. Annuii ancora scossa dalla risposta alla mia di domanda. “Perchè hai dimenticato?” E fissando il suo viso, non vidi altro che angoscia. Forse eravamo diversi, ma gli opposti si attraggono. Non avevo il coraggio di rispondere, o forse non avevo una risposta a quella domanda perchè me lo stavo chiedendo anche io? Perchè avevo dimenticato? Ancora una volta in quella giornata i miei pensieri ritornavano all’incubo. Poi andarono avanti veloce sui miei anni a scuola, da sola. E poi ancora quando conobbi Emma, la mia unica vera amica, la sola persona di cui mi potevo fidare. Poi il mio sguardo cadde sugli occhi del biondo. “Tu hai voglia di combattere. Io non potevo, ero straziata dal dolore, perchè mi avevano tolto via tutto, portandomi in un posto che non era mio, che non conoscevo, come se fossi un giocattolo strattonato da tanti bambini.” Il suo sguardo ciondolò nuovamente verso il basso, stavolta non per la vergogna, ma perchè non avevamo coraggio di ammettere che il dolore che provavamo era lo stesso. Si alzò e venne verso di me. Con nessun sorriso, con nessuna intenzione maliziosa. Mi prese le mani tra le sue, e giocò con il dorso della mie strofinandovi dolcemente i pollici. Poi le lasciò cadere dopo avermi tirata verso di lui e la mia testa era sulla sua clavicola, nel punto dove si sentivano le pulsazioni, e il suo cuore batteva fortissimo. E così senza accorgene, qualche lacrima incominciò ad uscire, e mentre mi accarezzava la schiena vennero anche i singhiozzi. Si staccò da me, prendendo di nuovo le mie mani, ma evitai che finissero nella sua presa per potermi asciugare gli occhi. “Piccola, perchè piangi?” E quel nomignolo mi fece piangere ancora di più. Lui era qui, lui era reale! Lui era quel bambino a cui raccontavo tutto nei miei sogni, ogni notte, perchè non volevo rassegnarmi all’idea di aver perso l’unico amico che avevo. E forse piangevo di gioia, di rabbia per non aver lottato, ma sapevo che dentro di me stavo combattendo. Il suo pollice accarezzò la mia guancia, raccogliendo una lacrima, e poi si avvicinò all’occhio fermandone una seconda. “Non devi MAI piangere. Hai capito?” E non lo lasciai finire, perchè lo presi tra le mie braccia, e lo strinsi perchè non volevo che andasse via mai più.

“Allora, cosa ti preparo?” gli chiesi dolcemente. L’avevo invitato a rimanere a pranzo, ma non sapevo ancora cosa mangiasse. “Oh beh, una cosa che dovresti sapere di me è che mangio tutto” scosse la testa convinto, scatenando la mia irrefrenabile risata. Mi guardò curioso. “Cosa c’è? Io amo il cibo, ci sono sposato praticamente.” Sorrisi calorosamente, pensando che fosse molto dolce. “E poi mi piace fare un’altra cosa oltre mangiare” fece quel sorrisetto che non sopportavo proprio. “Oh, e allora perchè non vai?” Si alzò dal tavolo e venne verso di me. “Preferisci ora, o vuoi mangiare?” sussurrò al mio orecchio. “Oh Niall!” Lo spinsi via con entrambe le mani. “Lo prendo per un ‘voglio mangiare’”.

“Ehi, penso che divorzierò dal cibo per sposarti!” Disse mangiando l’ultimo boccone di pasta, mentre io ridevo per l’ennesima volta in quella giornata. “Sono serio! Cucini da Dio!” “Sono felice che ti piaccia.” Commentai, anche se non andavo molto fiera di come cucinavo. Ero sempre stata abituata ai piatti ricchi che preparavano a casa mia, e ora che mi ritrovavo a cucinare da sola, faceva uno strano effetto. Però dovevo ammettere che proprio male non me la cavavo. Sparecchiai la tavola, e Niall mi seguì portando il suo piatto da mettere nella lavastoviglie. Sfregai le mani l’una contro l’altra, soddisfatta del pranzo. “Vuoi il dolce?” Chiesi, piegando la testa di lato, in attesa della risposta. “Oh piccola, ci sono io per il dolce.” Mormorò avvicinandosi alle mie labbra, quando io alzai la mano e gli diedi uno schiaffo. “Ahi!” “Non si fanno queste cose!” dissi con il tono di una bimba arrabbiata, proprio come facevo da piccola. “Shh.” Sorrise il biondino, portandosi l’indice alla bocca, ricordando anche lui i vecchi tempi. Lo abbracciai, felice che il nostro vecchio rituale fosse tornato. “Quanto ti voglio bene biondino mio!”

NIALL’S POV

Ti voglio bene? Era solo questo? Aveva pianto perchè mi voleva bene? Mi sentii ad un certo punto vuoto. Avrei voluto risponderle ‘visto che schifo? Io invece ti amo!’, ma mi limitai ad un “Ti voglio bene anch’io piccola.”

MY CORNER

And Niall, for the shimmy, for the shimmy, for the shimmy! Aw yeah babes, eccomi qui! Allora, partendo dal fatto che questo capitolo è dolcissimo, con un pizzico di perversione da parte del nostro horannuccio, spero di non avervi annoiato con le mie romanticherie, dato che io sono dolce. Molto. Anyway, abituatevi al fatto che aggiorno ad orari indecenti, ma amatemi perchè scrivo(?). Forse a qualcuno può dare fastidio questo lato malizioso del biondo, ma lui nella mia storia è così, perchè voglio dimostrare che le storie che valgono non sono solo quelle con Harry, anzi, dovrebbero essere con tutti dato che li amiamo allo stesso modo, vero? Coooomunque, volevo chiedervi una cosa c: come avete “conosciuto” la mia fanfiction? Scusate se mi faccio i vostri pifferi, ma sarebbe bello leggere qualcosa, anche se è già tanto che recensite, non mi sarei mai aspettata di stupire qualcuno! VI AMO BAMBOLINE! SHIPPIAMO NECKY!

PS: emma è qui con una nuova FF! http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2028329&i=1

-Niallbestshirt

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


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CAPITOLO 7


BECKY’S POV

Era così bello stringerlo! Sentivo come se una parte del mio vecchio passato era ritornata, e anche se mi aveva causato tanto dolore, ora non poteva fare altro che farmi sorridere. “Allora, questo dolce lo vuoi o no?” chiesi staccandomi. “C’è sempre posto nel pancione di Niall Horan” disse facendomi sorridere, con una voce da Babbo Natale. “Bhè, c’è un problema...” affermai riemergendo dalle risate. “Dobbiamo prepararlo”. Il biondino strabuzzò gli occhi a quell’affermazione. “Baby, io non cucino, io mangio e basta.” Fece con voce da duro, sistemandosi il ciuffo. “C’è sempre una prima volta Horan!” presi un mestolo che campeggiava sul tavolo e glielo diedi in testa. “Ehi, ma ti diverti a farmi male? E mi hai anche rovinato il ciuffo!” piagnucolò. Gli diedi un bacio sulla testa, alzandomi in punta di piedi. “Ora va meglio?” “Sai cos’altro potrebbe farmi stare meglio?” sbuffai. “Zitto e prendi le uova dal frigo!”

Continuavo a battere il composto con la frusta. Ero veloce ed energica, ma non sapevo se facevo così perchè lo chiedeva la ricetta, oppure perchè ero entusiasta di quella giornata. Stavo quasi montando il tutto a neve, quindi lasciai la frusta per controllare come se la cavasse Niall con la panna da montare. Alzai lo sguardo e non lo vidi, ma poi sentii due mani cingermi i fianchi, attirandomi a lui. “Smettila. Sai che non mi piace essere toccata così.” Rabbrividii sotto il suo tocco, facendomi venire la pelle d’oca. Lo allontanai istintivamente, prima che ogni mia terminazione nervosa potesse esplodere.

“Uffi! Quando è pronto? Io ho fame!” Sorrisi. Si lamentava come un bambino di cinque anni, e quasi come se lo stesse chiamando, il timer del forno trillò indicando che il dolce era pronto. “Evvai!” le mie pupille si dilatarono, guardando i suoi occhi stranamente felici. “Mi nascondi qualcosa su come controllare le arti oscure del cibo?” E per la prima volta quel giorno lo vidi sganasciarsi dalle risate. Alzai gli occhi al cielo, e andai a passo svelto in cucina, intenta a tagliare il dolce prima che potesse freddarsi. Lo disposi in due piccoli piattini di porcellana, e disegnai sopra dei fiorellini con la panna. “È pronto biondino!” mi affrettai a chiamarlo dall’ingresso della cucina.

“Ok, ora oltre te e il cibo, posso sposare anche me stesso! Cioè, è buonissimo! Se solo la poligamia fosse legale...” scosse la testa come se fosse un dispiacere. Lo guardai sorniona “Pensavo fossi abituato a fare le cose proibite, Horan.” Misi in bocca un pezzetto di dolce e si, era buono. “Che intendi?” “Nessuno ti ha chiesto di baciarmi quando ero piccola, quando ti faccio una domanda ci giri intorno senza rispondermi, sei molto malizioso e misterioso e...” mi portò l’indice sulla bocca “Piccola, quello che faccio non sono cose che dovresti sapere, ora conta l’attimo, siamo io e te, carpe diem!” Volevo sapere di più, ma la morsa in cui mi tenevano le sue iridi color oceano mandò tutto a monte.

“Cosa facciamo adesso?” chiesi riponendo i piattini nella lavastoviglie, mentre Niall guardava fuori dall’ampia finestra che si apriva in cucina. “Ha smesso di piovere!” Gridò entusiasta. “Che ne dici di andare a fare un giro?” Sospirai. “Ma io veramente...” “Shh! Muoviti!” mi diede una pacca sul sedere, che mi diede così fastidio che mi girai guardandolo con occhi ardenti, quasi lo volessi incenerire con lo sguardo. “Non. Ci provare. Mai. Più.” Alzò le mani in segno di difesa. “Colpa mia, hai un bel sedere, lo sai?” “Smettila biondo, altrimenti questo sedere non lo vedrai più.” “Chiedo perdono signorina.” Mi baciò la mano e io alzai gli occhi al cielo. Era così maledettamente lunatico!

“Ehi, ma qui si scivola!” urlai vedendo l’enorme chiazza di ghiaccio vicino al mio garage. Faceva così freddo che probabilmente le pozzanghere si erano ghiacciate. “Dammi la mano! Sei peggio di una bambina.” Sbuffò il biondo, ma come se qualcuno volesse smentire la sua affermazione, cadde poco dopo avermi dato la mano. Scoppiai a ridere, come se nessuno potesse fermarmi, apparte lo sguardo imbronciato di Niall. “Almeno dammi una mano!” ancora piegata in due dalle risate mi diressi verso di lui, e appena mi afferrò la mano mi fece cadere a terra sulle sue gambe. “Ahi! Sei uno scemo!” “Io scemo? Questa me la paghi!” Feci un urletto euforico, come quando ridi troppo, ed hai voglia di ridere ancora. Provai a scappare, ancora ridendo, ma lui si posizionò su di me, come un animale blocca la sua preda. Sospirai incantata dalle sue iridi, mentre il mio sbuffo sembrava fumo, a causa del troppo freddo. Mi fissava anche lui, ed era impossibile distogliere lo sguardo, perchè ci stavamo leggendo dentro, uno scambio muto di parole. Alla fine si chinò su di me, e io pregai con tutte le mie forze che non mi baciasse. Non volevo rovinasse tutto. Poi si avvicinò alla mia guancia, lasciandovi sopra un bacio e uno splendido torpore che mi lasciò piacevolmente sorpresa.

“Ho passato una bellissima giornata.” Il biondo dondolava sui talloni, con un sorriso ebete stampato in faccia. Beh, in effetti non era tanto diverso dal mio. “Grazie di tutto.” Lo abbracciai, e in quel momento focalizzai solamente il suono delle nostre risate.

Mi sedetti sul divano, intenta a guardare uno di quei programmi demenziali che davano la sera in tv. Il freddo di quel pomeriggio mi era entrato sottopelle, e mi avvolsi nel plaid che avevo lasciato sul bracciolo del divano. E mentre mi cullavo nei miei pensieri, fui risvegliata dal suono del campanello. Pensai fosse di nuovo lui, forse aveva dimenticato qualcosa. Ma con mia impressione trovai di gronte a me il maggiordomo di casa Styles. “Marcel? Che ci fai qui?” Strano che venisse qui a quest’ora... “Mi ha mandato sua madre signorina.” Sorrise, sconvolgendomi. “Ah, ok, entra.” Dissi perplessa. Salì al piano di sopra prendendo al volo l’aspirapolvere. Mi lasciò interdetta. Era strano che mia madre l’avesse mandato a quell’ora, e soprattutto perchè lei non era una maniaca dell’ordine, soprattutto quando non era casa sua. Caminai a passo lento verso il salone, abbandonandomi ai miei pensieri, e decisi di chiamare mia madre.

“Tesoro! Che piacere sentirti!” La voce, a quanto pare sempre eccitata, di mia madre, si sentì poco dopo dall’altro capo del telefono. “Mamma, è necessario mandare Marcel due volte al giorno?” “Che intendi tesoro? Io non ho mandato nessuno...” le parole di mia madre mi lasciarono con il fiato sospeso “Perchè? Che succede piccola?” Non volevo che Marcel finisse nei guai... in un certo senso, gli volevo bene. “No, niente mamma. Buonanotte!” riattaccai subito, evitando altre domande.

Il programma che stavo guardando, o meglio il canale su cui era ferma la tv accesa mentre pensavo, finì, così decisi di andare nel mio letto caldo, provando a mandare via il freddo che avevo nelle ossa. Non sentivo nessun rumore, forse il maggiordomo se n’era andato dopo aver finito il suo lavoro e io non l’avevo sentito a causa del volume troppo alto.

Dopo aver messo il mio pigiamone con gli orsacchiotti, mi sentii felice, perchè niente mi teneva più caldo... beh, apparte gli abbracci di quel biondino speciale. Mi distesi sul letto con un sorriso rilassato, e ormai c’eravamo solo io e a trapunta. Non volevo pensare a nulla.

Sentii un respiro ansimante vicino al mio orecchio, un braccio cingermi la vita, e qualcosa di duro, verso il basso. Una voce raccapricciante. “Ciao Becky.”

MY CORNER

 
CUTE AS A BOTTON EVERY SINGLE ONE OF YOU!
 


Ommioddio! Ma... ma... questo capitolo è noioso! Cioè, me ne vergogno, e non so neanche perchè lo stia pubblicando, mi faccio pena da sola cwc COOOMUNQUE, che dire, un pomeriggio romantico, moolto romantico. E niall che vuole essere poligamico (o poligamo, non so come si scriva :c ) rivelazione scioccante. Intorno a lui aleggia ancora del mistero, vuole nascondere qualcosa sul suo passato e come ha fatto a trovare Becky. Strano eh? Poi c'è il finale che ci lascia con il fiato sospeso. Cosa pensate che succederà? Ma lo scopriremo nella prossima puntata di I’ll, bring you, back, to a staaar (soffritemi, sono Chris Mclane!) ok, sto sclerando tesori... apparte gli scherzi mi sento un botto sola... scrivere questi capitoli (di fretta, scusate se sono corti) mi riempie. sono sempre sola, sono stata così trattata male da molte persone che immaginare la vita che vorrei è un sogno, e lo faccio scrivendo, e voi me lo permettere recensendo, VI VOGLIO BENE! <3 <3

-Niallbesthirt


PS: passate da Emma! La adoro! http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2028329&i=1

PS2: vorrei scusarmi con MatMatt98 per la grandissima figuraccia, scusascusascusa!


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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


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Capitolo 8


Quella voce mi fece semplicemente accapponare la pelle. Mi girai di scatto, perchè ero sicura che non poteva essere Niall. Lui aveva finito con questa storia di stalkerarmi, l’aveva solo fatto per attirare attenzione. E con mia sorpresa trovai qualcuno che non conoscevo, o che meglio, pensavo di non conoscere. La luce delle sue iridi risplendeva nella chiarezza della notte con la luna piena, però non riuscivo a capire di che colore fossero i suoi occhi, dato che era ancora troppo buio. Tentai di liberarmi dalla presa, con una, due mani, mettendo tutta la forza che avevo in corpo, ma due avambracci mi tenevano ferma, rendendo i miei sforzi vani. “Sai da quanto ti aspetto qui?” Mormorò con voce roca tendendosi verso il mio orecchio, mentre sfregava la sua erezione contro il mio fianco, facendomi sentire quello che voleva. Una lampadina si accese nella mia mente, come se fosse la cosa più ovvia del mondo. “M-marcel?” scossi meglio la testa, liberandola da qualche ciocca, per cercare di osservarlo meglio. Si allungò verso l’abat-jour sul mio comodino, dove scorsi anche i suoi occhiali. “Va meglio ora?” Chiese sardonico. Lo fissai a lungo. Soprattutto il suo corpo, coperto solamente dai pantaloni. E devo ammettere che non era un brutto ragazzo. Fisico asciutto, braccia muscolose e aveva un accenno di addominali. E mi chiedo come abbia fatto a nascondere tutto questo sotto un impeccabile completo da maggiordomo. I capelli erano tirati ancora all’indietro, a causa dell’enorme quantità di gel che si metteva ogni mattina. Ma anche se fosse maledettamente bello, non cambiava la situazione. Era malato, mi conosceva da tre anni, e ora si stava strusciando su di me. Un brivido partì dal fondo della mia schiena quando si avventò sul mio collo, scostando il pigiama, stuzzicandolo con i denti, succhiandolo e passandoci la lingua. Provai ad allontanarlo, e mentre lo facevo mi uscì un gemito sordo dalla gola. Lasciando il mio collo, morse il lobo del mio orecchio per poi sussurrarmi qualcosa. Ogni mia terminazione nervosa era tesa al suono della sua voce. “So che ti piace. È inutile che ti divincoli. E poi, non è educato fissare le persone, sai?” Mi colpì forte il sedere, scatenando un urlo incontrollato di dolore. “Questo sedere... lo contemplo da quando sono entrato in casa vostra.” “Fermati Marcel, sei un maniaco!” Si avvicinò alla mia bocca, e sospirò. Sentii quell’odore inconfondibile di alcohol, e fissando un punto lontano della stanza, controllai che la bottiglia di brandy di Harry era stata scolata a metà. Lo guardai dolcemente, accarezzandogli una guancia. “Marcel, stai calmo, hai solo bevuto troppo. Ora ti accompagno in una delle stanze da letto di là.” Scossi la testa. Era solo un suo momento di debolezza, era sempre stato impeccabile. Gli afferrai la mano, e lo condussi fuori dalla stanza grigia verso la stanza verde. Lo aiutai a infilarsi sotto il piumone, e ritornai a passo svelto verso la mia camera. Chiusi la porta a chiave, per sentirmi più sicura. Tirai un sospiro di sollievo. Ormai era finita, e potevo finalmente dormire assaporando il tepore della mia camera.

Erano le due del mattino, quando un rumore brusco mi svegliò. Qualcuno si stava sfogando contro la mia porta. Marcel la stava prendendo a calci. “Fammi entrare, dolcezza! Voglio farti le coccole!” Rabbrividii al solo tono della sua voce, e non persi tempo ad alzarmi e dirigermi verso la porta. Era da fare in fretta, ma poteva funzionare. Spostai il grande comodino che era al lato della parete verso la porta. Ma troppo tardi. La porta fu sfondata, e il maggiordomo si stava guardando intorno, cercandomi. Il suo sorriso pieno di qualcosa che non era buono, brillava alla luce fioca dell’abat-jour rimasto acceso. I miei occhi si mossero verso la porta, per poi ritornare sul suo viso. Le mie gambe, che probabilmente quel giorno non ne volevano sapere di rispondere agli ordini del mio cervello, scelsero la via più ovvia, scappare. Due enormi mani afferrarono entrambi i miei polsi, scaraventandomi con violenza sul letto a due piazze. “Pensavi davvero di sfuggirmi con qualche carezza ed un ‘vieni Marcel, ti porto di là’?” Si sedette sul bordo del letto, cingendomi con un braccio i fianchi, e con una mano mi teneva i polsi sollevati sopra la testa. “Bhe, hai sbagliato” Fiondò il naso tra i miei capelli, aspirandone il profumo come se fosse droga. Poi la punta del suo naso scese lungo la mia mascella, lasciando umidi baci arrivando sul mio collo. “Mh, questo pigiama sembra essere di troppo” sorrise, lasciandomi intendere cosa volesse fare. Urlai forte, come se qualcuno potesse sentirmi, ma invano, perchè le pareti erano insonorizzate. “Non lo fare Marcel! Ti prego, no!” Mi gelò con lo sguardo, tendendo la mascella. “Per una volta sarò io a dare ordini qui, signorina.” Fece scivolare le mani, facendo increspare il tessuto in pile del pigiama, scoprendomi i seni. I suoi occhi si illuminarono, avventandosi con i denti nella scanalatura che vi era in mezzo. “Marcel, smettila!” Tentai di spingerlo via con le mani, ma questo fece solo aumentare la sua presa sulle mie curve. Un rumore però mi distrasse, come un suono di vetri rotti. L’aria gelida dell’inverno cominciò di nuovo ad entrarmi nelle ossa. Girai lentamente la testa, in preda a quell’agonia e vidi Niall. Le sue iridi erano di ghiaccio, ma allo stesso tempo ardevano di rabbia. Si avventò su Marcel tenendolo per il collo con le sue mani muscolose. Ed io, finamente libera, non potevo fare altro che guardare. Il biondo si mise a cavalcioni su di lui, per avere maggior controllo, e per non far scappare il maggiordomo. Lasciandogli il collo gli sferrò un destro dritto sul naso, rendendoglielo storto, e subito un fiotto di sangue macchiò la sua impeccabile maglietta bianca. Ma a lui non importava, si vedeva dal viso, tutto contratto, che voleva solo fargliela pagare, per quello che aveva fatto. Alzandosi, gli sferrò un calcio nello stomaco, e un gemito di dolore partì dalla gola di Marcel. Niall lo prese per i polsi, e trascinandolo giù per le scale gli sferrò un altro destro sulla mascella, gettandolo fuori di casa sbattendo la porta. I suoi passi, veloci e sbrigativi, salivano i gradini a due a due, mentre io fissavo sconvolta tutta la scena. Ora ero coperta solo dalla trapunta, che avevo poggiato sulle spalle per il freddo glaciale, ma la lasciai cadere a terra per gettarmi nelle sue braccia, sfogandomi in un pianto irrefrenabile. Non sapevo più cosa stesse succedendo alla mia vita, tutto era cambiato da quando avevo fatto pace con il mio passato. Nella vita non tutto può essere rose e fiori. Ma se ero sicura di una cosa, era che ora Niall ci sarebbe stato sempre. Perchè se lui non ci fosse stato, io ora sarei stata violentata da una delle persone di cui mi fidavo di più. Lui mi accarezzava i capelli, intrecciando le sue dita intorno ai miei capelli, sfiorandoli. “Ti ha lasciato il segno, quello stronzo.” Sputò tra i denti, prima di chinarsi per lasciarvi un delicato bacio. “Che ci facevi lì fuori?” sussurrai, con la voce spezzata. Le sue pupille si dilatarono, come prese da una strana contentezza. “Beh... io amo vederti dormire... sembri un angelo.” Ammise con timidezza, ma allo stesso tempo felice, mostrandomi uno dei suoi sorrisi più belli. “Non la smetterai mai di stalkerarmi vero?” “Ti ricordo che se io non fossi stato qui a fare una delle cose che amo di più ora saresti...” Scosse la testa solo al pensiero. “Come posso ringraziarti?” Niall mi guardò negli occhi, come se stesse cercando di percepire la verità di quella frase. “Dammi un bacio.” Disse duro, ma allo stesso tempo serio, come se fosse una delle cose che desiderava di più al mondo. “Sai che non posso.” Risposi con altrettanta durezza. Mi staccai da lui, scendendo le scale per andare a prendere un bicchiere d’acqua. Io non potevo, non potevo mischiare il dolore, insieme alla felicità con un pizzico di amore. Ero insicura, a volte fin troppo, mi facevo delle paranoie su migliaia di cose, e non coglievo mai un’occasione al volo, perchè bloccata a terra ferma per via dei miei pensieri. “Oh, al diavolo.” Mormorai a me stessa, facendo volare via le mie fissazioni, come fece quel giorno mio padre in ufficio con le scartoffie. Salii velocemente le scale, buttandomi tra le sue braccia fissando le mie labbra sulle sue. Era un bacio giocoso, tra due persone adulte, ma era una bomba che avrebbe fatto scattare qualcosa. Le sue mani erano sui miei fianchi, mentre mi accarezzava la schiena lasciando dietro ogni suo tocco dei brividi. E io stringevo nelle mie i suoi capelli, giocando con ogni ciocca bionda. Era un bacio che forse entrambi avevamo sognato. Era un bacio che andava scambiato molto tempo fa, senza che qualcuno o qualcosa ci avesse strappato via niente. Interruppi il bacio, unendo la mia fronte con la sua. “Niente schiaffi questa volta?” disse con una punta di sarcasmo nella voce. La mia mano scese verso il suo petto, coperto dalla tshirt sporca di sangue. Il suo cuore correva. “Non ti lascerò mai andare.” Disse.
 

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“...You look like an angel” he admitted shyly.


“I’ll never let you go.” He said.


MY CORNER

Yabadabadooo! Salve gente, rieccomi gente troppo figa! Ok, il capitolo fa sempre più pena, ma spero di avervi fatto felici con questa scena finale che probabilmente molti aspettavano da tempo kjlfhk *-* che dire, forse Marcel non è un impeccabile maggiordomo come tutti pensavano, e Niall non è affatto un angioletto che tiene le mani apposto. E diciamocelo, Becky è sempre più sconvolta, povera ragazza! Ma arriverà un giorno in cui faremo luce sui misteri del signor Horan, e quindi potrà aspettarsi di tutto hahahahah! Anyway, sto avendo dei problemi con la rete internet, ed è solo fortuna se sto riuscendo ad aggiornare, non ammazzatemi se non aggiorno in fretta qualche volta ç_ç anyway parte 2, ho notato che mi cagate il mio spazio a fine pagina! Cioè, molti lettori leggerebbero solo il capitolo, ma voi leggete anche quello che penso! Aw, vi amo, e non potrò mai ringraziarvi abbastanza. Vorrei abbracciarvi tutti, ma come ho detto in una recensione, abito in culonia (?) che per i comuni mortali si chiama Bari. Voi dove vivete? Detto questo vi saluto con un enorme kiss kiss, perchè non mi troverete mai ad aggiornare ad un orario decente :c quindi SORRY :c sopra vi ho lasciato le mie frasi preferite di questo capitolo, spero vi piacciano! Un enorme abbracciobacio <3

-Niallbestshirt

Ps: vi lascio qui il link della mia FF preferita *-* è meeeeravigliosa! http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2028329&i=1

Ps2: SHIPPIAMO NECKY! <3
 

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


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Capitolo 9


Perchè mi diceva questo? Era troppo presto per innamorarsi, e di certo non ero pronta ad un rapporto così forte... Dalla vita avevo solo imparato che l’amore faceva male, lacerava tutti i tuoi pensieri fino a mandarti in pappa il cervello. L’amore era doloroso come la sigaretta che mi spensero da piccola sulla mano, e di cui ho ancora la cicatrice, che in quel momento Niall stava accarezzando, guardando i miei occhi scuri, che a tutti potevano sembrare caldi e mielosi, profondi, ma in quel momento erano piatti, senza alcuna emozione, perchè mi stavo ancora chiedendo perchè l’avessi baciato. Quel bacio era dolce, giocoso, non avevo mai baciato nessuno così. Era diverso dai baci violenti che avevo sempre ricevuto. Non avevo mai amato nessuno, e non sapevo come ci si sentisse, ma non lo amavo, oppure stavo impedendo a me stessa con tutte le forze di non amarlo?

“Sarebbe meglio che tu andassi a dormire.” Mi sussurrò dolcemente all’orecchio. “Non voglio, ora ho paura.” Dissi con la voce ancora tremante. “Se vuoi rimango qui con te.” Chiese, ma io non ero sicura se fosse una domanda o una affermazione. Annuii velocemente, ancora sconvolta per quello che era successo, ma in qualche modo quel bacio mi aveva rassicurata.

“È un altro ritorno ai vecchi tempi.” Ammise il biondino, sempre con quella punta di timidezza negli occhi. E speravo mille volte di non averlo messo in imbarazzo con quel bacio. In fondo, lui me lo chiedeva sempre. Mi teneva ancora la mano, quando ci stendemmo sul letto della stanza grigia. Con l’altra mano afferrò la mia maglietta che era stata appallottolata come un foglio di carta. Me la misi girandomi dall’altro lato, insomma, si, eravamo amici da tanto, ma per me era sempre stato imbarazzante mostrarmi a qualcuno, quando facevo la doccia mi apprestavo subito a coprirmi, facendo in modo che neanche io mi vedessi. Era strano, perchè odiavo il mio corpo. Le sue grandi mani mi cinsero i fianchi, costringendomi a rimanere accanto a lui. Poggiai la mia testa sul suo petto, dato che non so in che modo, il cuscino era stato lacerato e alcune piume svolazzavano rendendo la stanza un po’ più allegra. Niall strinse ancora di più le braccia, facendomi male. Emisi un gemito di dolore, cercando di allentare la presa. “Scusa...” mi sistemai meglio, stringendo la sua mano, per rassicurarlo. “Ehi, è tutto ok.” “Se non ci fossi stato lì... quel maniaco... non ci voglio neanche pensare!” strinse i pugni lungo i fianchi, tenendomi ancora la mano. Vedendo la mia smorfia di dolore, me la prese portandosela alle labbra, baciandomi le nocche. “Immagino di non essere molto delicato.” Sospirò. Gli posai un bacio sulla guancia, prima di addormentarmi profondamente.

“Becky! Svegliati!” il biondo mi scuoteva leggermente le spalle, mentre io sbadigliavo ancora assonnata, cercavo un cuscino, per coprirmi gli occhi e per far si che Niall non mi desse fastidio. Poi improvvisamente mi ricordai che erano spariti per non so quale motivo. Cercai a tentoni il suo petto, e afferando i lembi della sua t-shirt lo costrinsi a stendersi sopra di me, ficcando la testa sotto la sua maglietta. Sbuffò sonoramente, ma io sentii che sulle sue labbra era spuntato un sorriso. Ormai, anche se ci eravamo incontrati di nuovo da poco, pensavo di conoscere ogni tratto del suo viso, l’avrei riconosciuto addirittura in mezzo alla folla del concerto della band più famosa dell’universo. E non lo dico per vantarmene. “Sai che può sembrare una cosa sconcia?” grugnii e gli diedi un pugno da sotto la maglietta, facendolo gemere per il dolore. “Che vuoi?” mormorai alla fine scocciata, uscendo da sotto la t-shirt. “Vieni, ti voglio portare in un posto.” Aprii pian piano gli occhi, fissando le sue iridi finchè la sua voce non mi portò alla realtà. “Guarda che puoi venire con il pigiama se preferisci.” “Non mi va di uscire!” “Eddai, so che ti piacerà!” ci pensai un attimo su, e trovai il modo perfetto per ricattarlo. “Prendimi in braccio e vengo.” Affermai convinta. Ero pesante, non ci sarebbe mai riuscito a sollevarmi. “Solo questo?” Prese la trapunta che ormai era stata piegata malamente e poggiata a terra, dato che quella notte non ne avevo avuto bisogno. Le braccia del biondino sprigionavano un calore estivo, che andava in contrasto con l’inverno che c’era fuori. Stavo morendo di caldo, infatti non capivo perchè stesse prendendo la coperta, ma quando si staccò da me per sollevarmi, sentii una punta di freddo accarezzarmi la pelle. La finestra era ancora rotta, ed ero sempre più convinta che avrei dovuto chiamare mio fratello al più presto per qualche lavoretto in casa. Mi avvolse la trapunta intorno al busto, e ricevetti di nuovo il tepore delle sue braccia. Ero nella confusione più totale. Dove diavolo mi stava portando? “Stiamo andando sul tuo tetto.” Rispose velocemente alla mia domanda inespressa. E ora, cosa diavolo ci stavamo andando a fare sul tetto? Ma non mi rispose, mi lasciò semplicemente guardare. L’aria fresca di novembre mi accarezzava dolcemente il viso, ma stranamente non c’erano nuvole di prima mattina. Tutto era tinto di un colore che non avevo mai visto, qualcosa tra un celeste e un grigio molto caldo. Le stelle stavano scomparendo, ma la luna si vedeva quasi chiaramente ancora. E poi c’era il sole che sorgeva, che aggiungeva quel tepore in più a quella giornata. Era uno spettacolo mozzafiato, che non poteva essere egualiato a niente, neanche ad un concerto di Michael Jackson. Rimasi a bocca aperta, senza parole e senza aria nei polmoni per esprimere la bellezza del paesaggio che avevo davanti. “Immaginavo ti piacesse, ma non che ti avesse fatta morire. Non spiccichi una parola.” Rise, dandomi un buffetto sulla spalla. Non me la presi “è bellissimo...” riuscii solamente a mormorare. “Lo so...” rimanemmo in silenzio, seduti sulle tegole del tetto, mentre vedevamo pian piano il sole sorgere, e quel bellissimo colore scurirsi, occupato poi dalle cupe nubi invernali.

“Cosa vuoi per colazione?” dissi dalla cucina, in attesa che il biondino, dal salotto potesse sentirmi e urlarmi la risposta. “Quello che prendi tu!” “Uova e bacon...” mormorai a me stessa. Una colazione all’americana, insomma. “Addobbai” la tavola come se fosse una festa, per me era una giornata speciale perchè la mattina era iniziata veramente bene. Misi una delle calle del suo mazzo al centro e i piatti uno di fronte all’altro, per offrirgli il mio regalo speciale, una colazione, anche se non era come il suo, ma ormai sapevo che lui amava il cibo. “Sai, sono sempre più convinto all’idea di sposarti, il profumo è delizioso...” sbuffai a quell’affermazione. Avevo solo 18 anni, non ci pensavo nemmeno a sposarmi. Nè ora, e neanche tra un milione di anni.
Misi i piatti nel lavandino, e tornai nel salotto dove Niall stava guardando la televisione. Mi accoccolai accanto a lui, poggiando annoiata la testa sulla sua spalla. “Ehi, ma per caso fumi?” quell’odore sulla sua maglia mi aveva lasciata perplessa. Eppure non lo avevo mai visto fumare. Mi guardò come se stessi dicendo chissà quale pazzia. “Io non fumo Becky. La maglia è di mio fratello.” Disse atono. “Meglio per te, io odio le persone che fumano.” “Infatti non fumo.” Alzò gli occhi al cielo. Sbuffai rumorosamente e posai il mio sguardo sullo schermo, ancora fisso su uno di quei canali che trasmettono reality show noiosi.

Ero sul ciglio della porta, e stavo salutando Niall. Di Marcel nemmeno l’ombra e mi stavo facendo mille paranoie su dove poteva essere. Forse era dietro il cespuglio pronto ad aspettarmi? Ed era per questa paura che ci stavo impiegando così tanto a salutare il biondino? “Grazie ancora... per ieri.” “Non c’è di che.” Disse ancora duro... non sapevo se la mia domanda di prima sul fumo l’avesse lasciato turbato. Continuava a guardarmi. E nei suoi occhi non riuscivo a capire quale emozione provasse. Mi prese i fianchi “Vieni più vicina...” grugnì. Il mio cuore batteva a mille, e forse anche lui riusciva a sentirlo. Si morse un labbro e si avvicinò al mio viso. E mentre stava per posare le sue labbra sulle mie, sentii squillare il mio cellulare. “Scusami, devo rispondere.” Fece un cenno con il capo. “A presto rossa!” Arrossii al suono del soprannome che mi aveva dato, e mi diressi verso la mia borsa in camera da letto, in cerca dell’apparecchio infernale.

“Cosa vuol dire che ti ha detto che deve parlarti?” Sbottai al telefono.

“Non lo so... brutto segno?” si lamentò Emma al telefono, ormai in linea da 10 minuti. Mi ravvivai i capelli, cercando di ricordare le vecchie storie d’amore smielate di mio fratello.

“Veramente non lo so... vuoi che ci parli io?” conclusi, cercando di mettere fine alla conversazione

“Si! Davvero, mi faresti un favore!” esclamò su di giri. Povera Emma. Era completamente innamorata. Eppure io avrei pagato oro per sentirmi come lei.

Mi picchiettai il dito sul mento, in cerca di una scusa per parlare con mio fratello. Ci sono!

Il campanello suonò nel giro di un quarto d’ora dopo la chiusura della telefonata. “Fratellone! Come mai così presto?” Harry accolse il mio abbraccio caloroso. “Ero nei paraggi. Quali sarebbero questi lavoretti casalinghi da ‘uomo virile come te’?” risi al suono della mia voce interpretata da lui. Gli presi la mano, portandolo nella stanza grigia. “Allora, quella mensola infernale” gliela indicai “è la causa di questa” indicai subito dopo la mia ferita che si stava rimarginando velocemente grazie ai punti. “E dopo mi spiegherai come diavolo ti è venuto in mente di montarla lì.” Si passò una mano tra i ricci, prendendo nota mentalmente di quell’incarico. “Io non faccio incubi, sorella. Che altro poi?” Ci pensai su. “Il colore della stanza, è da depressi! Devi riverniciarla!” “Mh, e scommetto che devo anche montare un vetro nuovo lì, vero?” mi voltai verso la finestra rotta. “Si, anche quella.” “Come hai fatto a romperla? Sono vetri infrangibili!” Questa domanda dovresti farla a Niall, fratello, pensai. “Comunque, per fare tutto questo ho bisogno del materiale. Vuoi venire con me a fare un giro per comprarlo?” annuii felice. Il mio piano stava andando a gonfie vele. E se voleva lasciare una ragazza perfetta come Emma l’avrei ucciso, anche se era mio fratello.

“Quindi, Harry, come va con Emma?” chiesi, sorseggiando il mio cappuccino, e quasi non gliene feci sputare mezzo del suo che aveva in bocca. Rise quasi fino a non fermarsi. “Vedo che voi due spettegolate come due galline e le notizie corrono velocemente.” Disse, asciugandosi una lacrima per le risate. “Sono seria fratello, se la vuoi lasciare io ti ammazzo, a prescindere che c’è un legame di quasi-sangue tra noi.” Mi guardò inarcando un sopracciglio. “Scherzi? Mi picchierei da solo se la lasciassi! Ma è una sorpresa, e rimarrà tale fino alla prossima cena di famiglia.” Sbuffai, mio fratello era fin troppo perspicace, ed ero triste per via del fatto che non potevo dire nulla di nuovo ad Emma, ma almeno avevo la buona notizia che non sarebbe rimasta single. O almeno speravo.

Ormai io e il riccioluto giravamo in periferia da un’ora. “Ma che ci facciamo qui? Ci sono tanti negozi di ferramenta in città.” Affermai ormai annoiata. “Taci sorella, per i lavori virili come questi il tuo fratellone ha i suoi rifornitori. Vieni, andiamo a prendere la vernice.” Ci incamminammo verso una via fatta di piccole botteghe da un lato e di porticati e portoni dall’altro. Finchè lo vidi, lì, con il suo ciuffo che avrei riconosciuto tra miliardi. E quella sulla sua maglietta non era puzza di sigaretta.

 

MY CORNER

Yaeeeehy! Bellezze! I’m heree! Sono qui, siete felici? No, non lo siete, perchè domani parto :c quindi ho allungato questo capitolo, ma vi lascio sempre nel mistero perchè sono antipatica :c sono triste :c ci ho messo due giorni per mettere in stesura questo capitolo, perchè volevo schiarirmi le idee sugli avvenimenti da metterci. C’è sempre suspence, ma (come sempre) penso sia noioso, e vorrei ancora capire perchè vi piaccia... COOOMUNQUE si accettano scommesse: di cosa sente la puzza Becky agli ultimi versi:

A: sigaretta di diversa marca    B: sudore virile    C: frittura di hamburger


Lasciate una lettera nella recensione! Anyway, partirò domani e tornerò il 10, andrò a... città sant’angelo (pescara) spero di divertirmi, anche se sono nella depressione più totale (infatti se andate sul mio account, vedrete che ho scritto una lettera a Niall....) poi una cosa kjfnkjfn : ho aggiunto il banner, yeeeee! Fatto sempre da quella figona di Emma (@stylesoxygen), che noi ringraziamo, VERO BAMBINI? *clap clap*! Detto questo, vi saluto, recensite, rispondete al quizzettone scrivendo a, b o c in una recensione e poi commenteremo il sondaggio nel prossimo capitolo! vi amo tantissimo fans :33, buone vacanze!

-Niallbestshirt

PS: passate da Emma!
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2028329&i=1


 

SHIPPIAMO NECKY!

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


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CAPITOLO 10

“Cosa diavolo stai facendo?” Era da tanto che non urlavo così, o meglio, non l’avevo mai fatto. Ma la rabbia usciva da ogni poro dalla mia pelle e le parole uscivano a malapena dai miei denti stretti, quasi sputate. Gli occhi si erano ridotti a due fessure, mentre diedi una rapida occhiata a mio fratello a qualche metro da me, con aria interrogativa. Avevo sempre odiato le persone che fumavano, forse il tabacco era passabile, e per me ora era sconvolgente vedere Niall radunato con dei ragazzi –molto- più grandi di lui mentre si passavano una canna. Sobbalzò dalla cassa vuota di birra su cui era seduto, scosso dal suono della mia voce. E voltò la testa di scatto, anche lui con aria interrogativa. Fosse non si aspettava che una ragazza di città facesse un bel giretto in perifieria. E invece eccomi qui, e il biondino era stato colto con le mani nel sacco. Passò con delicatezza la canna all’amico che gli era di fianco e, alzandosi barcollando, venne verso di me. Osservai il suo viso, gli occhi rossi e gonfi, capelli scompigliati, e mentre provava a parlare, uno sbuffo di fumo gli uscì dalla bocca. Mi poggiò una mano sulla guancia, accarezzandola delicatamente, mentre io ero ancora contratta per la rabbia. Si fiondò carnalmente sulle mie labbra, strappandone morsi e lasciando allo stesso tempo baci delicati. Le sue mani perlustravano ogni centimetro della mia schiena, e mentre gli amici lo incitavano, sentii qualcosa di superiore alla sua forza staccarlo da me. E in quel momento vidi mio fratello rosso di rabbia mentre sferrava dei pugni in pieno viso al mio “assalitore”, quello che credevo mio amico. Gli amici di Niall si alzarono presto anche loro, pronti a godersi lo spettacolo, e qualcuno era intento anche a parteciparvi. Presi Harry per il colletto della giacca, prima che finisse in guai seri, e riuscendo ad alzarlo, vidi sul volto del biondo una risata soffocata. “Non farti più vedere!” sibilai, usando tutto l’odio che avevo in corpo. Ma in verità io non lo odiavo, ero semplicemente delusa.
“Devi spiegarmi qualcosa?” Harry quasi urlava, pulendosi un rivolo di sangue che gli scendeva dal naso. “Da quando frequenti gente così? Anche tu ti fai di quella roba?” Era così stupido da non capire? Non sapevo neanche cosa rispondere, mi sentivo soffocare, come quando un esploratore finisce in una di quelle trappole maya dove tutti i muri vogliono schiacciarti. Cosa avrei dovuto fare? Mi leccai le labbra, e immediatamente sentii quel sapore metallico, inconfondibile. Quello del sangue.
Accostai delicatamente la portiera, stanca ormai della ramanzina di mio fratello. Era successo troppo in una giornata sola.
“Aprimi la porta, devo portare tutto dentro.” Disse alla fine esasperato, mentre teneva tra le braccia muscolose l’enorme quantità di materiali. Eppure non sapevo di aver fatto così tanti danni. Feci entrare Harry, e chiusi la porta alle mie spalle. Anche se faceva freddo avevo bisogno di prendere aria, per schiarirmi le idee, e ovviamente speravo di non trovare niente di più sconvolgente in giro, altrimenti sarei diventata matta.
Feci scivolare le dita ormai ruvide per il freddo sul metallo della panchina a pochi isolati da casa mia, sciogliendo con il mio calore il sottile strato di brina. “Dovresti essere a casa.” La voce del biondo mi fece sussultare, facendomi venire i brividi senza che il freddo di quella giornata contribuisse. “Non sono fatti tuoi, Horan.” Affermai con altrettanta durezza. “Quanta formalità, signorina. A cosa devo tutto questo?” si avvicinò cautamente. “Sei uno stronzo Niall, disintossicati.” La rabbia usciva da ogni sillaba, e feci per andarmene, quando il mio polso fu stretto in una morsa d’acciaio dalla sua mano. “Abbassa il tono, signorina, a te non importa di ciò che faccio. Hai capito bene?” mi prese per il mento, costringendolo a guardarlo negli occhi, mentre le sue iridi diventavano più fredde di come lo erano sempre. I suoi occhi erano ancora gonfi, il fumo gli faceva troppo male, perchè non lo avevo mai visto così. E non avevo più intenzione di vederlo così. Sfilai la mano dalla sua presa, e gli mollai uno schiaffo, in preda al panico corsi via, ma lui mi inseguì, prendendomi ancora, sdrainadomi e facendomi sbattere alla panchina ghiacciata. “Tu...” “Becky! Che ci fai lì? Levati di dosso, maniaco!” La voce di Emma risuonava limpida in confronto al minaccioso tono di Niall. E in un attimo fui tra le braccia della mora, e lui era sparito, come se niente fosse successo. Stavo sognando?

NIALL’S POV

Mi risvegliai nel mio letto, con le coperte sul pavimento, e cominciai ad avere freddo. E poi non sapevo come diamine mi trovavo lì. Stavo fumando con i miei “amici” come ogni fine settimana. E poi lei mi aveva visto. E ora che ci facevo qui? Mi guardai intorno. Un vaso rotto, lo specchio era in frantumi, l’abat-jour come se fosse stato calpestato... Di solito i danni erano molto di meno. Cosa avevo combinato? Mi ritrovai le lettere che ormai mi rigiravo tra le mani da giorni di fianco al cuscino. Quelle lettere che forse avrei dovuto darle dal primo giorno...

EMMA’S POV

Era almeno mezz’ora che stringevo la mia migliore amica tra le braccia. Era distrutta, confusa e fragile. Non avevo mai visto questo suo lato “oscuro”. Ora i ruoli erano capovolti. Non ero più io a piangere e lei a conosolarmi. La mia mano correva su e giù per la sua schiena, tentando di calmare i singhiozzi, misti a parole incomprensibili. Becky era tanto cambiata da quando ha deciso di essere indipendente. E io volevo solo esserle vicina, non perchè mi piacesse suo fratello, ma perchè per me era come se fosse una sorella.

Dei passi frettolosi mi distrassero, costringendomi ad interrompere le mie carezze per girarmi. “Becky io ho fatto, penso che sia carino ora...” gli occhi di Harry guizzarono vispi sui miei “Em, amore, che ci fai qui?” tutta la rabbia che avevo accumulato per ciò che era successo alla mia migliore amica e la rabbia che provavo per Harry, che voleva lasciarmi con una scusa stupida come “dobbiamo parlare” vennero fuori. “Che t’importa? Tanto vuoi mollarmi come hai sempre fatto con tutte le altre, brutto stronzo! Lo sapevo che non avrei mai dovuto fidarmi di te! Ed è assurdo che non ti accorgi che tua sorella, una delle donne più importanti della tua vita, è stata appena aggredita da un maniaco o non so cosa! E ti preoccupi solo di farti bello davanti allo specchio. Ora io e tua sorella usciamo di casa, e se non vuoi vedermi più basta dirlo, ciao!” Ero così triste per tutto ciò che avevo tirato fuori che bastò battere le palpebre una volta per lasciar cadere abbondanti lacrime sul maglioncino. Presi la mano di Becky, scuotendo la sua bellissima chioma rossa. “Andiamo a prendere un caffè.” Tirai fuori senza pensarci, in un singhiozzo. Superai l’enorme sagoma del riccio, ancora immobile.

NIALL’S POV

Andai a farmi una doccia. Non potevo tenere quelle lettere, era lei a doverle avere. Non le avevo aperte, e neanche mia madre l’aveva fatto, ma sapevo chi era il mittente. E la cosa riguardava Becky.
Camminavo vicino alle vetrine dei negozi, osservando le macchine ricoperte di brina. Oggi faceva veramente tanto freddo, ed ero sicuro che l’indomani tutto sarebbe stato ricoperto di bianco. Fui attirato da una vetrina dai colori caldi. Ma guardandola meglio capii che ero attirato da quello, o quel qualcuno che era dentro. Lei era lì.

BECKY’S POV

Sentii la campanella vicino all’entrata della caffetteria, segno che qualcuno era entrato, ma non ci feci caso, dato che era almeno una ventina di volte che suonava. Qui era molto accogliente e stranamente caldo, al contrario di fuori. Vidi i grandi occhi verdi e arrossati di Emma sollevarsi e inarcare le sopracciglia. Mi girai lentamente, fino ad incrociare quegli occhi di ghiaccio così familiari. “Gira a largo, maniaco.” Sibilò Em, ancora scossa dai singhiozzi. “Sta tranquilla, è tutto apposto.” “Dobbiamo parlare.” Disse con fermezza, quasi fosse calmo, tirandomi per il gomito. Gemetti per il dolore, quasi sicura che qualche ora fa sulla panchina mi aveva provocato un livido. Mi portò a qualche metro da Emma, sicuro che ormai non ci potesse sentire. Frugò nella tasca del suo giaccone, fino ad estrarre circa una decina di lettere. “Mi dispiace per oggi.” Mormorò, con un’espressione contrita. “So di averti fatto male, mi dispiace... non volevo...” “Niall, tu mi hai semplicemente delusa. E nessuna ferita fa più male di una persona a cui tieni che ti delude. E se hai scritto queste lettere per farti perdonare, sappi che è fatica sprecata. Finchè non smetti di... fumare, con me hai chiuso. Odio le persone così. La droga non è una soluzione.” Sospirai, lo vidi accigliarsi. “Quelle lettere non sono mie...” morsa dalla curiosità, gliele sfilai cautamente di mano e incominciai a strappare la busta della prima. Lessi le prime righe, senza capire... alla fine della lettera tutto mi fu più chiaro... “Mamma?”

MY CORNER

*rullo di tamburi* paraparaparaparapaaaaaaammm SONO TORNATAAA! Dopo aver avuto vari problemi per la rete sono tornata, e scusate se aggiorno così tardi... sono stata vincolata alla rete del cellulare per taando tempo. E oggi, giorno in cui esce this is us, amatemi perchè ricorderete che ho aggiornato. Ebbene si, è un orario decente, ma non avevo niente da fare... devo aspettare fino alle 6 e mezza per andare al cinema che poi è praticamente sotto casa mia... ho tipo dovuto prenotare due settimane e passa prima, e siccome ho prenotato da sola ho paura di chi trovarmi a fianco D: il posto però è perfettamente centrato *-* anyway, conoscendoci, io sono di bari (voi di dove siete?) :33 e oggi andrò al cinema showville, ci andrò alle 6 penso, una mezzoretta prima, avrò una maglia bianca con la foto dei ragazzi il 22 luglio in bianco e nero, ho i capelli corti e rossi, non vi mangio, se mi vedete salutatemi OuO parlando del capitolo, è sempre pieno di suspence, vorrete sapere cosa c’è scritto in questa lettera quindi ditemi: volete le lettere scritte, oppure becky che parla a grandi linee delle lettere? Se scriverò le lettere non mi dilungherò molto però, quindi... lasciate una recensione e fatemi sapere babeees! Vi amo tantoss :3

-Niallsbestshirt

 
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Capitolo 12
*** Capitolo 11 - Letters from past ***


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CAPITOLO 11 – Letters from past
 
10 marzo 1994

Caro tesoro,

mi addolora tanto che tu sia dovuto partire così presto... in fondo quel richiamo alla base militare poteva aspettare... la tua bambina cresce piano piano nella mia pancia, ma i miei genitori non sanno ancora che la aspetto. Sto cercando di nasconderla in tutti i modi, non voglio che si arrabbino con me. Devo ancora finire il liceo, e so che non approverebbero la nostra relazione. Spero che tu torni presto, e che queste lettere ti arrivino e che non ti siano sequestrate.

Un bacio, Barbara.
 
23 marzo 1994

Shawn,

i miei hanno scoperto che sono incinta... e mi hanno cacciato di casa. Non so dove andare. Hanno trovato il test nella spazzatura, mi hanno chiesto se fosse mio e sono scoppiata in lacrime. Ora sono da mia zia, ma ha avuto l’avviso di sfratto e ora non so veramente dove andare. Ho cominciato ad avere delle nausee, che non mi erano capitate prima, e penso che debba andare dal medico, ma non ho denaro. Sono disperata, spero che tu torna presto.

Barbara.
1 aprile 1994

Tesoro mio, non so come ringraziarti!

Ero seduta sulla mia misera valigia, tenendomi la pancia tra le mani, per coprire la piccola dal freddo, quando è arrivato un uomo in divisa blu, con cucito sulla giacca lo stemma delle poste americane. E quando mi ha consegnato il tuo pacco, sono saltata dalla gioia, e penso che anche la bambina sia felice, dato che ha scalciato! Sono andata dal ginecologo, e lei è in ottima salute. E ora sono qui, al caldo in casa tua, reggendo ancora i risultati delle sue analisi.

Un abbraccio, Barbara
 
8 aprile 1994

Auguri a noi amore!

Non mi sembra vero che ora hai 35 anni e che io ora ne abbia 17! È spettacolare, e mi sento ancora più vicina all’essere adulta, anche se un figlio ti rende adulta. E ho una buona notizia, ho scelto che nome darle! Ma non te lo dirò fino a quando nascerà, sarà una sorpresa! Vorrei che tu fossi qui, come l’estate scorsa, ad abbracciarci e coccolarci come facevamo nella tenda. E lei è il più bel dono che tu mi abbia fatto, quindi grazie, grazie mille!

Tua, Barbara.
20 settembre 1994

Shawn,

la bambina sta ritardando a nascere... il dottore mi ha programmato un cesario d’urgenza per domani mattina perchè dall’ecografia sembra che lei abbia il cordone intorno al collo... continuerò a scrivere questa lettera tra qualche giorno...
 
Amore, Rebecca Drew Dust è nata! È alta 55 cm e pesa 300 chilogrammi. È piccolina, ma ha un viso di cui ti innamorerai sicuramente. È l’esserino più carino che io abbia mai visto, ha i tuoi occhi e due bellissime guance paffute. Ha un ciuffetto di capelli adorabile e ti assomiglia molto! Non vedo l’ora che torni, così potrai abbracciarla, e sono sicura che sarai un ottimo padre.

A presto, Barbara.

25 settembre 1994

Cosa cazzo pensavi di fare?

Perchè ti scrivo così? Perchè TUA MOGLIE mi ha appena cacciato da casa tua chiamandomi senzatetto. Stai scherzando spero! Mi hai dato le chiavi della casa di tua moglie, e non mi hai neanche detto che eri sposato? Mi fai semplicemente schifo, e non rivedrai tua figlia mai più! Devi semplicemente vergognarti di quello che hai fatto!

Barbara.

BECKY’S POV

Mi rigiravo quelle lettere per almeno la terza volta di fila. La luce dell’abat jour era accesa da un paio d’ore, e i miei occhi erano ancora in fiamme. Forse per la rabbia, forse per la tristezza, forse per la stanchezza. Sapevo di essere stata adottata, ma di solito va tutto normalmente: una bambina viene adottata perchè la mamma non vuole o non può tenerla, poi cresce e si cercano a vicenda. Per me era totalmente diverso. Ero stata presa da mia madre perchè era malata mentalmente, affidata per poco ad un assistente sociale, cercata ancora da mia madre, e poi sbattuta in una famiglia normale. E tutto questo lo sapevo solo per via di Niall, e non sapevo neanche come lui avesse le lettere di mia madre. Era tutto un mistero, era tutto così falso e io non ci capivo più niente. L’indomani sarei andata al lavoro, e forse era l’unica cosa normale che mi stava capitando. Buttai le lettere nel cassetto, insieme al medaglione con quella foto, che ormai avevo intuito fosse mia madre. Niall me l’aveva detto, ma io non sapevo se volevo avere a che fare qualcosa con mia madre. O con lui.

Mi pulii le mani sul grembiule della nuova divisa da lavoro, per poi strofinarmi gli occhi, attenta a non diventare un piccolo panda il mio primo giorno alla paninoteca. Adoravo quel posto, era così moderno e profumato... e poi ispirava creatività. Il cibo è colore e sapore, e quando i clienti mi danno fiducia e mi fanno scegliere cosa mettere nel loro panino mi sento una piccola artista. È bello avere un contatto con loro. Un bel sorriso, che ispira calore in questo inverno gelido, ed hai un contatto armonioso con il cliente. Che poi come primo giorno non è andato male, sempre meglio che compilare e riordinare scartoffie su scartoffie...

Finii il mio turno, andai negli spogliatoi del personale, e mi cambiai lasciando la divisa nell’armadietto, tornando in jeans, camicia e maglioncino di cachemire.

Guardandomi intorno, vidi Emma che mi cercava con lo sguardo, mentre teneva in mano due lattine di soda. “Cos’è, siamo ritornate bambine?” tamburellai le mani sulle gambe, in segno di apprezzamento per la mia bevanda preferita. “Buon primo giorno di lavoro tesoro!” la mia migliore amica mi abbracciò calorosamente, portando il mio collo al contatto con le lattine ghiacciate. Rabbrividii, staccandomi lentamente da lei. “Vieni a sederti, dobbiamo parlare, e molto.” Disse sottolineando l’ultima parola. Mi accomodai su uno dei divanetti insieme a lei, aprendo la mia lattina. Iniziai a sorseggiarla dopo un breve brindisi, pronta a calmarmi per rispondere alle sue domande, che sapevo già cosa riguardassero... o forse no. “Lo sai che tra poco è Natale, vero?” mi guardò con una certa enfasi, da spensierata adolescente, perchè in fondo in fondo, era quello che eravamo. “Si.” Ammisi anche io, trasportata dal suo entusiasmo. “Che hai intenzione di fare, Em? Ti si legge in faccia che hai un idea.” Sorseggiai ancora un altro po’ di soda, pronta a sentire una delle sue rare idee pazze. “Tu... mi accompagnerai a farmi bella e a fare shopping natalizio! Perchè mi inviterai alla tua cena di famiglia e con la mia bellezza riconquisterò tuo fratello!” tirò fuori tutto d’un fiato, e io sobbalzai al seguente suono di una risata malefica ben imitata. “Em, sai che mio fratello è innamorato di te, lui si è innamorato di te per intero!” feci un cenno dalla sua testa mora, fino ai suoi stivali di pelle. Sospirò malinconica. “Sai che mi manca” disse atona, ma poi il suo sguardo si illuminò, cercando ancora una volta il mio. “Allora, mi accompagnerai?” sporse il labbro in avanti, in segno di supplica, e sapeva che non resistevo a quel faccino infinitamente dolce. “E va bene, devo fare compere anche io!” “Ma io non voglio vedere il mio regalo!” sogghignò. “E chi ti dice che io te ne faccia uno?” la stuzzicai. “ah ah, divertente! Comunque, hai un appuntamento?” bevvi l’ultimo sorso di soda, schiacciando la lattina e buttandola, facendo canestro, nel bidone poco distante. “No, perchè?” si girò verso la finestra, scrutando tra la candida neve che aveva popolato le strade durante la notte, e che era decisa a rimanere per il Natale. Fissai anch’io fuori dalla vetrina, e notai due occhi, color ghiaccio, fissarmi curiosamente.

MY CORNER

Asdfghjkl! Ok, sono matta, ma voi mi amate per questo, no? Sisi, lo so che mi amate u.u anywaaay (sapete che in ogni my corner ci devono essere per forza due o più anyway) ecco le lettere che tanto aspettavate OuO sembrano da schizzate mentali, ma chiariamo che Becky è stata tolta dalla madre Barbara perchè dopo aver scoperto che lei era stata solo una scappatella per il padre della nostra protagonista (che aveva già una moglie) si era malata mentalmente, e vedremo anche le conseguenze, perchè il nostro horan sa MOLTO PIU DI QUANTO DOVREBBE. Ma non vi voglio rovinare la sorpresa, dato che più andiamo avanti, più si scopriranno particolari sul passato di Becky e sulla vita di Nialluzzo(?). sto ricominciando ad aggiornare, e spero siate HAPPYYY perchè io sono HAPPYYY!! Amo leggere le vostre recensioni, sono droga OuO, dato che era un capitolo di passaggio, penso che vi siate annoiate, quindi farò qualcosa di interezzante :3 vi posto una foto dei miei occhi, così iniziate a scoprirmi ewe. Poi (non so se vi frega, ma devo sfogarmi con qualcuno) ho un problemaaa! Io sto con un ragazzo da una settimana... ma questo tipo mi soffoca! Ieri siamo usciti lui, la mia migliore amica, un suo amico e altri amici miei. Io non vedo quasi mai la mia migliore amica perchè abita in un paesino a mezz’ora da me... e lui mi ha fatto stare praticamente tutta la sera con lui, non mi ha fatto abbracciare i miei amici, e ho passato poco tempo con la mia migliore amica... non so che fare, è accaduto tutto troppo in fretta e mi tiene sotto torchio... e non so neanche se mi piace! È ovvio che preferirei i miei amici a lui... ok, mi sono dilungata fin troppo, ma mi piace parlare con voi! Penso che aprirò un diario, all’inizio del liceo, dove vi racconterò della mia vita (se vi interessa) perchè a volte la mia vita è davvero figa(?) che ne dite? Rispondetemi in una recensione!

Baci, baci, Niallbestshirt

PS: una cosuzza per voi ouo http://sketchtoy.com/49794516
 
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Capitolo 13
*** Capitolo 12 ***


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CAPITOLO 12
Questa volta quello sguardo non era come gli altri. I suoi occhi non erano freddi, al di fuori della tonalità color ghiaccio, ma erano caldi, come se lui capisse e sapesse tutto. Accennò un timido sorriso, avvicinandosi alla porta d’ingresso, spingendola ed entrando. “Penso proprio che devo andare.” Sussurrò Em, avvicinandosi al mio orecchio. Mi guardò con un sorriso complice, e capii che mi stava nascondendo qualcosa. “Pensavo che tu pensassi che lui fosse un maniaco!” quasi urlai, ma mi trattenni evitando che Niall mi sentisse. “Oh Becky, evita questi giochi di parole, sai che mi mandano in pappa il cervello. Ieri ci ho parlato, e... non è così male!” “Ma...” tentai di ribattere, lui era a pochi secondi da me. “Ci vediamo oggi tesoro! Ehi Niall!” battè il cinque al biondo, varcando la soglia facendo entrare un aria gelida. Rabbrividii, ma non sapevo se era per il piccolo cambiamento d’atmosfera o per la persona che si stava elegantemente accomodando di fronte a me. “Ciao.” Mi disse con un sorriso timido, ed era raro per lui sorridere così. Ero ancora arrabbiata con lui per il fatto del fumo, perchè io ho sempre odiato le persone che fumano. Non vorrei mai ritrovarmi in ospedale ad assistere un amico con un cancro ai polmoni o ad un funerale per overdose. “Che cosa c’è?” “Volevo vederti.” Fece spallucce, guardandomi ancora. “Non è già abbastanza che tu mi abbia portato quelle lettere? Sono abbastanza sconvolta, Niall.” Lo guardai come se mi potesse capire, ma era ovvio che non poteva. “Senti, io so esattamente cosa stai passando... insomma, tuo padre era un pedofilo e...” “Tu hai letto...?!” il dolore dello schiaffo della realtà a causa delle sue parole si trasformarono in rabbia. Mi guardò, scuotendo leggermente il capo annuendo. “Era una cosa personale!” tentai di ribattere, mentre mi pizzicavano gli occhi. “Ho passato intere giornate a cercare i miei genitori... senza che nessuno lo sapesse... pensavo di essere normale, io... li avrei trovati e...” cominciai a singhiozzare, quasi in silenzio, non volevo che nessuno mi sentisse. “Tu non sei normale, sei speciale...” la sua grande mano si posò sul mio viso, e i polpastrelli caldi e morbidi portarono via una lacrima vicino alle labbra. Sorrisi inconsciamente, attratta dal suo sorriso, e ricordai del ferro e della calamita... io non volevo, ma per qualche strana ragione mi piaceva, pur sapendo che era sbagliato. “Io non ne posso più dei tuoi cambi d’umore. Insomma, fumi, fai il maniaco, il depresso, il dolce, il timido... che cosa c’è di sbagliato?” “Dovresti stare lontana dalle persone come me...” mi disse, avvicinandosi lentamente. “Dovresti stare molto lontana da me...” si avvicinò al mio orecchio, stuzzicando il mio lobo con la punta del suo naso, e sentii mille brividi colpire ogni mia terminazione nervosa. “Non va bene, sai piccola?” mormorò, lasciando un piccolo bacio nell’incavo del mio collo. “So cosa stai facendo.” Pronunciai lentamente e duramente, interrompendo i brividi che fiorivano fino alla punta dei capelli. Voleva distrarmi, voleva farmi dimenticare di essere arrabbiata con lui... ma io non ero una tipa che mollava. Mi prese per mano e mi trascinò fuori.

“Dobbiamo parlare.” Lasciai con riluttanza la mano, fermandomi tra uno starbucks e un negozio di H&M divisi da un vicolo. Lui mi guardò con aria interrogativa, aggrottando le sopracciglia. “Dove le hai trovate?” “Cosa?” “Le lettere.” Dissi atona. “è un segreto.” Mormorò duramente, facendomi credere che lo fosse davvero, ma io volevo sapere. “Dimmelo ora.” “Se te lo dico devi pagare.” Ghignò. “Quanto vuoi, Horan?” “Non intendevo con i soldi... Baciami...” “Niall, io...” “Zitta e baciami” si lamentò disperato, come se volesse questa cosa chissà da quanto tempo. Era come in un film, i clacson, i passi della gente, era tutto sparito, sentivo solo il mio cuore accelerare, mentre disegnavo il contorno delle sue labbra dischiuse con gli occhi. Mi avvicinai lentamente, seguendo il ritmo altilenante dei battiti. “Tesoro!” mi girai di scatto, all’improvviso spaventata e in imbarazzo, e mi sentivo come una bambina colta con le mani nel sacco. Riconobbi subito gli occhi di quella amorevole donna. “Becky!” “Maura!” urlammo quasi all’unisono, abbracciandoci fino a farmi mancare il respiro. “Sapevo che mio figlio tramava qualcosa, ma pensavo qualcosa tipo alcol o droga... e invece... che sorpresa! Sei diventata davvero una bellissima donnina!” “Grazie...” appena si voltò verso il figlio alzai gli occhi al cielo, sapendo che aveva ragione anche sulle prime due cose che aveva detto. “Amore, puoi venire un attimo?” mi girai di scatto, sentendo la voce di Niall, ma non di Maura, che mi guardava sbalordita con un enorme sorriso. Feci un sorriso tirato, e mi diressi vicino ad Horan, che mi prese per mano portandomi in fondo al vicolo senza che sua madre ci seguisse. “Hai presente che mi devi un favore per sapere delle lettere?” “Vai dritto al punto.” “Sono andato via di casa a 16 anni... ora ne ho 19 e mia madre è venuta a controllarmi” fece delle virgolette con due dita “le ho detto che tu sei la mia ragazza e che viviamo insieme.” Disse tutto d’un fiato. “C-cosa? Non ne hai il diritto... io...” “Shh.” Mi posò l’indice sulle labbra, mettendomi a tacere. “Quindi non ti devo nessun bacio?” “Se proprio insisti...” si sporse verso di me, con le labbra a cuoricino. “Non ci tengo.” Mormorai atona, temendo che Maura ci sentisse. “Sappi che lo devi fare, in teoria sei la mia ragazza.” “Dannazione Horan, l’hai fatto apposta!” “Bhè, in effetti...” “Non ti bacio, ci limiteremo ai casti abbracci.” Mi gelò con lo sguardo, rilassando però un debole sorriso. “Cazzo Becky, sei una suora!” “E dopo, a questa suora dirai tutto.” Prese una mia mano e la intrecciò alla sua, portandole al cuore. “Lo giuro su Nando’s.” Pronunciò fedelmente. “E niente saccarina.” “Che sarebbe?” “Odio le cose troppo dolci...” dissi titubante, cercando di dimenticare il passato. “Prossima tappa?” cambiai discorso. “Casa tua, suppongo.”

“Maura, gradisci del caffè?” sollevai la caffettiera mostrandogliela, fiera dell’odore che emanava per tutta la casa. Avevo anche farcito dei piccoli cannoli. Non c’era dubbio, amavo la cucina italiana. “Si grazie!” la sua voce risuonò per tutto il salone, sovrastando il rumorio della televisione. Mi diressi dai miei ‘ospiti’ con un grande vassoio in mano. Niall era seduto su un bracciolo, che chiacchierava con sua madre di suo padre. “Wow, Becky, quelli sono proprio cannoli italiani?” la donna mi fissò ad occhi spalancati, e io annuì debolmente, fiera di me e della mia cucina. E anche Niall sembrava avesse l’acquolina in bocca. “Raramente li avevo visti questi... ami cucinare?” mi si illuminò lo sguardo “Certo, lo adoro!” prese un dolcetto dal vassoio, masticandolo lentamente, poi bevve un sorso di caffè. “Adoro la cucina italiana, è tra le mie preferite... tesoro, che aspetti a metterle un anello al dito?” ridemmo entrambi piuttosto imbarazzati, Niall si grattò la nuca, sorridendo timidamente. “Mamma... ho diciannove anni... è presto...” “Da quanto tempo state insieme?” “Un anno, mamma.” Disse rapidamente e freddamente gelandola con gli occhi, cercando di farle cambiare discorso. Così provai a farlo io. “Maura, non hai ancora visto la casa...”  “Oh piccola, saresti così gentile da mostrarmela?” “Ovviamente!” balzai in piedi con un sorriso, Niall mi cinse la vita con il braccio. “Prima voi” obiettò la signora, quando ci scostammo davanti alle scale per farla passare. Le avevo già mostrato la cucina e il salotto, ora dovevo farle vedere il piano di sopra. Le mostrai le stanze degli ospiti, che servivano a mio fratello o probabilmente ad Em se avessero deciso di passare una notte qui con me. Arrivammo nella stanza grigia. Era tutto ordinato, apparte l’armadio che avevo lasciato aperto distrattamente. “Dove sono i tuoi vestiti?” osservò la madre, vedendo dentro il mobile solo vestiti da donna... “Ehm... sono in lavanderia! Niall fa molta attività fisica, e suda sempre... sono costretta a fare due lavaggi al giorno...” sospirai come una vera casalinga, cercando di risultare credibile. Maura scoppiò a ridere. “Sai, mi ricordi me, alle prese con questo biondino da piccolo. Non sudava, ma sbavava appena lo mettevo nel seggiolone per mangiare. E prendeva le cucchiaiate così in fretta e furia che si macchiava tutto...” risi, e per la prima volta mi sentivo bene, e non sulle spine costretta a mentire. “Le vecchie abitudini non muoiono mai.” Niall fece spallucce, evidentemente imbarazzato da quella conversazione tra donne.  Guardai distrattamente la radiosveglia vicino al comodino, e vidi che erano le cinque e mezzo. “Oh merda...” i due inarcarono insieme le sopracciglia, e ora sembravano ancora di più madre e figlio. “Ho un appuntamento con Emma... mi dispiace dovervi lasciare.” “Chi è Emma?” chiese Maura. “La mia quasi cognata.” Dissi sognante. “Oh tesoro, non ti preoccupare, rimarrò qui in città per qualche giorno, ora io e il mio bambino andiamo a fare un giro. Se ti serve un aiuto con la lavatrice chiamami, va bene?” sorridemmo entrambe, abbracciandoci. “Ciao piccola, a stasera.” Mormorò il biondino, lasciandomi un bacio all’angolo della bocca.

NIALL’S POV

Ero sorpreso dalla visita di mia madre. Finalmente avevo trovato un modo per baciarla, poi arriva lei e boom, addio. Ma se era qui doveva essere importante, anche le altre poche volte che era venuta si trattava di qualcosa di... delicato. “Spara, che succede?” mamma rigirò la cannuccia nel frappuccino, poi mi guardò negli occhi. “Qualcuno è venuto a cercarla.” I miei cinque –o forse sei- sensi ora erano in allerta. Avevo subito capito chi era il soggetto di quella frase. “Continua.” Dissi duramente. “Ha rotto una finestra con un mattone per entrare. È entrata nella tua vecchia camera e ha messo tutto in disordine, rompendo qualcosa, ma niente di grave.” “Se sei venuta a parlarmene, qualcosa di grave ci deve essere.” Esitò, guardando ancora il suo bicchiere. “Dimmelo, mamma!” sbottai, quasi sputando tra i denti. “Bhe... è entrata anche nella camera da letto mia e di tuo padre. Ha bruciato il mio lato del letto.” Sussurrò sconvolta, con gli occhi lucidi. Fui colto di sorpresa, e i miei pensieri si tramutarono subito in parole. “Come fai a sapere che è una donna?” mia madre rovistò nella sua borsa nera, abbinata all’impermeabile. Ne estrasse un fascicolo, e ne tirò fuori delle foto. “Non aveva badato alle nostre telecamere del sistema di sicurezza. Sai che ho sempre avuto paura di... chi potesse entrare in casa nostra. La mia paura era fondata.” Osservai da vicino le foto e mi venne quasi un attacco di cuore. “Non ci credo... non può essere...” mamma mi poggiò una mano sulla spalla, per confortarmi. “è lei.” “Cosa possiamo fare?” “Non lo so, tu cosa vuoi fare?” “Voglio proteggerla.”

BECKY’S POV

Em mi aveva già sgridato per il notevole ritardo, e come se non bastasse ora mi aveva trascinato in un salone di bellezza e non la smetteva di parlare dei suoi piani ‘diabolici’ su come riconquistare mio fratello. Non ci potevo fare niente, era proprio cotta. “...e poi una cosa che mi ha lasciato sotto shock! È stato lui a invitarmi alla vostra cena di Natale, cioè, capisci? Ma mi stai acoltando?” mi risveglia dal mio quasi sonno profondo. “...Certo.... capito, e dopo lo shatush cosa vuoi fare?” “Ho capito, non mi stavi ascoltando... è successo qualcosa?” mi guardò dubbiosa, e io ero ancora più in dubbio se dirle o no di Maura. “Pensavo dovessimo comprare dei regali...” la parrucchiera mi tolse la mantellina e mi mostrò il suo capolavoro finito. Wow. E non mi ero mai sentita così bella. Feci una piroetta, rischiando di cadere, e salutai il mio riflesso con un sorriso. “Sei bellissima amore! Se Niall ti vedesse, ti salterebbe addosso!” arrossii di colpo “Smettila Em! Lui non è il mio ragazzo!” “Ma potrebbe diventarlo...” “Zitta!” risi nervosamente, grattandomi la nuca sollevandomi un po’ i ricci. “Che te ne pare?” Si alzò anche lei, a lavoro completo, e dovevo ammettere che la mia quasi cognata era meravigliosa, e capivo perchè mio fratello se n’era innamorato. “Comunque cara, mi sono dimenticata di dirti che stanotte dormo da te!” mi mormorò all’orecchio, realizzando quello che stavo pensando oggi pomeriggio. “E ora... shopping!” mi prese per mano e mi condusse fuori.

Sfilai le chiavi dal nottolino, scendendo dall’auto per aiutare Emma con l’enorme quantità di buste. Avevamo davvero esagerato. Vedendo le luci accese, capii che Niall era in casa, e che la mia migliore amica si sarebbe trovata davanti una bella sorpresa.

“Perchè non me l’hai detto?” piagnucolò Em “Sono la tua migliore amica, ho il diritto di sapere!” fece il labbruccio, e sapeva che non resistevo a quel faccino. “Chiariamo: io e lui non stiamo insieme. È una montatura per sua madre che ha frainteso.” “Capisco, ma secondo me lui è molto bravo a fingere... sembra che state insieme anche quando non c’è sua madre.” Disse sottolineando l’ultima parte della frase. Eravamo in una delle stanze degli ospiti, quando vedemmo Niall sulla porta, in pigiama e con un cuscino sottobraccio. “Becky, posso parlarti?” mi alzai dal letto con addosso la coperta, oggi si gelava. Lo raggiunsi in fondo al corridoio. “Dimmi...” “Devi dormire con Emma?” “Non penso, a lei da fastidio perchè dice di russare e non vuole svegliarmi.” Dopo questa veloce spiegazione mi ricordai di chiedere “Perchè?” Fece spallucce. “Posso dormire con te?” chiese in modo dolce. “Che? N-no...” balbettai a disagio. “Hai fatto i capelli?” cambiò discorso. “Si..” “Sei bellissima.” Disse in un soffio. “Buonanotte.”

Per chi voleva vedere lo sguardo di Nelloh eccolo qua:
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NO OK, HAHAHHAHAAHAHA
 
“What we could do?”

“I don’t know, what do you want to do?”

“I want to protect her”

 
MY CORNER

Salveeeh bellah genteeh! Ormai sapete che aggiornerò sempre a orari indecenti... cooomunque, QUESTO CAPITOLO ME PIASA, ME PIASA PE DAVEROO! A VOI VE PIASAA? Ok, la smetto, dovrei dormire, ma sono emozionata, domani è il primo giorno di scuola media per il mio patatone... si, ok, chiamo così mio fratello, problems? Anyway... il 16 incomincia la scuola (oddio che bello...) e forse aggiornerò un giorno si e uno no, ma dipende dalle vostre recensioni, non sono una di quelle scrittrici tipo “ooooh, se non lasciate 399484 recensioni non aggiorno!” no, non sono così, dipende se vi  piacciono o no i capitoli, perchè la mia fonte di ispirazione siete voi! Questo capitolo è stato interessate, vi aspettavate Maura? Veramente neanche io, ma è stato un colpo di genio alla Einstein OuO sono pazza, amatemi! :33 secondo voi chi è la psicopatica che è entrata in casa Horan? Fate delle ipotesi e scrivete nelle recensioni!

Alla prossima,

la vostra amata(?) Niallsbestshirt <3

 
I miei collage fanno schifo, ma ci provo ç_ç
 
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Capitolo 14
*** Capitolo 13 ***


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CAPITOLO 13

NIALL’S POV

Non riuscivo a dormire. Era la seconda volta che dormivo nella stanza grigia, ma lei non era con me. Mi misi ad osservare la finestra che suo fratello aveva riparato, e dovetti ammettere che aveva fatto davvero un ottimo lavoro, non era per niente male. Chissà che lavoro faceva, o che lavoro non faceva. Mi sembrava un tipo che non avrebbe gradito neanche un granello di polvere tra i suoi capelli. Ma come poterlo biasimare, in fondo io mi tingevo i capelli. Ma non lo facevo per vizio, mia madre lo faceva da quando ero piccolo e poi mi aveva insegnato a farlo, e non mi aveva mai detto il perché, mi diceva solo che era come nascondino, e che questo era un ‘trucchetto’. E nonostante fossi cresciuto, continuavo a farlo perché mia madre diceva che era importante, lasciandomi pieno di domande. Anche se sentivo le palpebre pesanti, non riuscivo ancora a dormire. Avevo lo stomaco chiuso e la gola secca. Mi alzai e scesi lentamente le scale, con una calma che mi metteva quasi ansia, ma non volevo svegliare le ragazze. La mia fronte grondava di sudore, e mi sentivo particolarmente stordito, come una mosca colpita con uno strofinaccio, che non muore subito, ma comincia a volare lentamente aspettando il colpo di grazia. E io quel colpo di grazia stavo proprio andando a cercarlo. Salii le scale con maggior lentezza, fino a raggiungere la loro porta. Era socchiusa, e si aprì con un cigolio lancinante. Entrai ed ebbi un tuffo al cuore, perché vidi un’ombra spaventosa fuori dalla finestra. Vi corsi subito vicino, facendo cadere mezzo bicchiere d’acqua in terra. L’ombra divenne un po’ sfocata, e quando vi fui più vicino mi sentii stupido, perché erano le cime degli alberi mosse dal vento, segno che stava arrivando un temporale. Che tempo strano che c’è qui… eppure mi sembrava… sentii qualcuno muoversi. Guardai Becky, ma dormiva beata, nonostante il gran casino. Guardai Emma, che si era messa a sedere sul letto, ad occhi chiusi e con i capelli sconvolti. “Ciao!” disse, e poi crollò a dormire sul letto. Le rimisi la coperta, scostandole i capelli dalla fronte. In fondo se conoscevo le paure della rossa era merito suo. Mi riavvicinai all’altro letto. Aveva un’espressione tranquilla, i capelli che si allargavano per tutto il cuscino come raggi di sole, il viso che sembrava morbido anche senza toccarlo e le ciglia lunghe che accarezzavano le guance. E quelle labbra naturalmente rosse e carnose, che illuminavano il tutto insieme agli occhi coperti dalle palpebre. Non sapevo perché la stessi proteggendo, e se me lo avesse chiesto – quando avrebbe scoperto tutto – le avrei detto come mi diceva mia madre, che stavamo giocando a nascondino. Ma evidentemente era troppo grande per credermi, e io troppo stordito per restare qui a pensare. Avevo paura di quell’ombra. Scostai pian piano la trapunta, calda al tatto. Aveva un adorabile pigiamino rosa con i coniglietti e stringeva il suo secondo cuscino in un forte abbraccio. Tipico, Becky non era una di quelle ragazze che andava a dormire con completini intimi striminziti come le mie ex. Lei era una delle tante ‘diverse’ quelle che amavano l’inverno per coprirsi, e non l’estate per scoprirsi. Quelle che amavano bere una cioccolata calda sul divano mentre guardavano un film, anziché andare in discoteca. Quelle che andavano a letto stringendo un cuscino. Lei era quella che piaceva a me, e che ho imparato a conoscere a distanza e in segreto, senza che lei sapesse nulla di me. Non una di quelle che venivano a scuola che mi giravano in torno solo per il sesso. La sollevai tra le braccia con un po’ di fatica, ma la stanza grigia non era lontana. Infatti vi arrivammo subito, la poggiai sul letto e cominciai a cercare nell’armadio qualche coperta in più, perché stavo gelando. Le buttai sul letto, e le sistemai una ad una sul suo piccolo corpo. Dopo mi infilai sotto le coperte, accanto a lei, ma dato che non aveva voluto dormire con me presi le mie distanze. Mi sorpresi però, quando qualche minuto dopo stava tastando lo spazio che c’era tra di noi. Cos’era che non trovava? Ah, già, il cuscino. Sporse ancora di più le mani, toccandomi il petto. Forse pensava che fossi il cuscino, o forse sapeva che ero io… non ne avevo la più pallida idea. “Vieni qui.” Sussurrò duramente nel sonno. Si spostò verso di me aggrappandosi al mio fianco, lasciando l’altro cuscino e poggiando la testa sul mio torace. Aggrovigliò le sue gambe intorno alle mie, e mi strinse forte. “Tum tum, tum tum” ridacchiò. Sorrisi, non sapendo se dormiva o no. Mi addormentai stringendola, goffamente, anche io.

BECKY’S POV

Aprii lentamente gli occhi, per abituarli al colore acceso della stanza degli ospiti. Mi ritrovai davanti un comodino con delle calle appassite, e una stanza completamente grigia. Cercai il cuscino, mio compagno di sogni, ma sotto le mie dita trovai lui. Che diamine ci facevo lì? Un brivido percorse la mia schiena, e una punta di rabbia cominciò a farsi strada nei miei pensieri. Mi alzai pronto a sgridarlo, ma vidi che il suo viso era coperto da goccioline di sudore e la sua espressione non era affatto serena. Gli poggiai una mano sulla fronte, che ritrassi subito perché scottava. “Niall! Sei bollente!” sobbalzai, mettendomi a sedere sul letto. “Tutto per te, tesoro..” riuscì a mormorare, prima di essere interrotto dalla tosse. “Vado a prendere un termometro, non muoverti di qui.” “Come vuoi..” uscii correndo dalla stanza, così veloce che da un momento all’altro potevo inciampare nei miei stessi piedi, finchè non andai a sbattere in qualcosa di… umano. “Em, fammi passare.” “Che succede Reb?” “Oh, beh, nulla, cioè si, ma tutto ok?” “Non sembro io la pazza qui…” lasciò sospesa la frase, e guardò oltre le mie spalle, e lo feci anche io quando sentii qualcosa cingermi in fianchi. “Ti avevo detto di rimanere a letto!” “Oddio! Voi due… cioè, finalmente!” la guardai esasperata, ultimamente era angosciante. “No, Emma, Niall ha un febbrone da cavallo, e sta seriamente delirando…” mi sentii avvampare, mentre lei mi guardava da capo a piedi come se volesse capire se stavo mentendo. “Vabene, comunque mi ha chiamato Harry.” Volse lo sguardo verso il basso, intrecciandosi le mani. “E…?” cercai di capire, non intuendo se avevano chiarito o no. “Dice che vuole parlarmi.” Disse atona, forse tratteneva un singhiozzo. Dall’ultima volta che avevamo visto mio fratello Em gliene aveva cantate quattro in preda al panico. Forse anche io avrei dovuto farci una chiacchierata. “Quindi stai uscendo?” domandai esitante, mentre Niall appoggiava la sua fronte bollente sul mio collo, lasciando baci con le sue labbra secche. “Si, ma prima vado a farmi una doccia… se hai bisogno del bagno ora o mai più!” sollevò lo sguardo sorridendo, capendo che ero un po’ a disagio. Prese il biondino portandosi un suo braccio dietro il collo e lo portò nella stanza grigia. Io corsi verso il bagno, alla stessa andatura di prima, e sentivo il mio battito accelerare. Aprii il piccolo mobile, che non era molto ben fornito di medicine. Presi il termometro, e le poche pillole che erano rimaste per far abbassare la febbre. Corsi per tutto il corridoio delle stanze da letto, e passando da quella dove avevamo dormito io ed Emma vidi un bicchiere poggiato su comodino. Ripensai alle sue labbra secche, e ritornai verso il bagno per riempirlo. Questa volta camminai lentamente per non farlo versare fino a raggiungere la mia stanza. “Finito in bagno? Devo farmi una bella doccia…” disse, lasciando in sospeso la frase e ravvivando i capelli. “Si, vai. Mi raccomando con quel riccio!” “Ci proverò.” Annuì avvampando. Mi girai verso di lui, che sembrava ridotto uno straccio. “Bevi l’acqua, hai le labbra screpolate.” Dissi porgendoglielo. Lo afferrò, bevendo a grandi sorsi, come se non bevesse da una vita. “Piano!” lo sgridai. “Sei arrabbiata?” mi chiese di punto in bianco, guardandomi con la stessa intensità, nonostante stesse male. “Per cosa?” dissi in un soffio, un misto tra il preoccupato e la curiosità. “Perché ti sei svegliata qui.” Rispose duramente. Tentai di cambiare discorso, prendendo il termometro. “Solleva il braccio.” “Non lo farò finché non mi rispondi.” “Ora lo sono.” “Perché?” chiese allarmato. “Perché hai un febbrone da cavallo e non vuoi misurarti la temperatura!” “Rispondimi, ti costa tanto?” “Infilati il termometro e ti rispondo.” Alzò di scatto il braccio, sfiorandomi il viso. “Scusa…” mormorò infilai il termometro e glielo abbassai. “Ora tienilo fermo, e non ti agitare. Un minuto.” “Allora, sei arrabbiata?” “A dire la verità, no.” “Stamattina mi hai svegliato urlando!” sobbalzò, io gli poggiai le mani sul petto, cercando di calmarlo. “Non ti agitare. Il fatto è che non ho mai dormito con nessuno che non fosse il mio cuscino… è stato, diverso.” Marcai quella parola, che trovavo strana e al tempo stesso piacevole. Diverso significava che non era uguale a tutti, significa distinguersi e non omologarsi alla massa sentendosi unici. Mi piaceva accarezzare quel suono con la lingua. Diverso. Il suono del termometro digitale mi distrasse dai miei pensieri. Pronto, Niall sollevò il braccio e presi il termometro. Dei brividi mi scesero per tutta la colonna vertebrale. “Allora?” mi chiese lui ansioso. “N-niall… hai 39° e mezzo di febbre…” dissi balbettando. “Ehi, tranquilla, passerà… che cosa sono quelle pillole?” stava cercando di tranquillizzarmi, ma ero letteralmente immobile. “Pianeta terra chiama Becky, soldato a terra, soccorsi immediati, passo.” Disse scherzando con voce roca. Gli misi due pillole in mano, presi il bicchiere vuoto, e andai con estrema lentezza verso il bagno, sentendomi il suo sguardo confuso addosso.

“Raccontami qualcosa.” Gli avevo chiesto di riposare, così quando si sarebbe alzato dopo l’effetto delle medicine sarebbe stato meglio. “Ho dormito benissimo con te, quindi se non mi racconti qualcosa non penso che riuscirò ad addormentarmi.” Insistette. “Stanotte ho fatto un sogno, ma… è imbarazzante…” “Piccola, ricordati, io non giudico mai nessuno.” Mi fece un debole occhiolino, e pensai a quanto fosse naturale anche in una situazione simile. Nonostante tutto, sentii le mie guance arrossarsi. “Ho sognato una ragazza che correva in mezzo ad un prato. Faceva caldo, e il sole spendeva, e i fiori sembravano più colorati.” Incominciai. “E poi?” provai a ricordarmi il sogno in ogni minimo particolare. “Poi quella ragazza è sparita e mi sono ritrovata io al suo posto. E… ho visto…” ricordavo il suo viso con tanto dolore. “Il mio ex ragazzo.” Questa frase sembrò colpire anche lui, perché spalancò immediatamente gli occhi, e trovai le sue iridi glaciali a fissarmi. “Ti ha lasciata lui?” sentii un tuffo al cuore. “Si, ma non in quel senso… lui ha avuto un cancro ai polmoni e se n’è andato.” Parlai con la voce bassa di chi voleva trattenere le lacrime. “Continua” disse lui atono, cercando di evitare l’argomento. “Poi lui si è messo a correre, e io gli gridavo con il fiatone ‘Vieni qui!’. Alla fine mi sono fermata, e mi sono messa una mano sul petto. ‘Tum tum, tum tu’ e ridevo, in preda all’allegria. Poi lui si è girato ed è diventato pallido, ed è scomparso in una nube di fumo.” Sospirai, incurvando le spalle. Non avevo neanche il coraggio di guardare Niall. “Poi?” chiese lui esitante. “Dopo mi sono girata, e ho visto un angelo. Era a torso nudo, con dei jeans che gli cadevano alla perfezione sui fianchi. Era a piedi nudi, ed era bellissimo. Mi stava porgendo la mano, ma io avevo paura ad accettare. Non volevo che nessun’altro mi spezzasse il cuore.” Non riuscii ancora ad alzare lo sguardo, ma sapevo che mi stava guardando. Sentii il cigolio delle molle del letto, e l’ombra della sua testa su di me. Le sue dita sfiorarono il mio mento, fino a sollevarlo delicatamente. “Va tutto bene, piccola?” “No…” sussurrai, sentendo la prima lacrima lasciare l’occhio per dirigersi verso la guancia. “Io sono qui per proteggerti, ok? Qualsiasi cosa ti accada, io ci sarò.” Incastrai il suo sguardo. “Cosa sei, Niall James Horan?” “Sono il tuo angelo.” Strinse la sua mano calda nella mia.

EMMA’S POV

Chiusi delicatamente la porta di casa. Non volevo disturbarli. Avevo fatto tutto il più silenziosamente possibile, e l’ultima cosa che ho sentito da Becky è stato il suo sogno, dove parlava di Matt… soffrivo per lei, dopo quello che era successo a quel povero ragazzo. Ricordo ancora tutte le volte che lei gli diceva di non fumare, e lui la zittiva… non ha parlato con nessuno per settimane, e si era chiusa in se stessa. Aveva staccato il cellulare, e non mangiava molto. Rimaneva nella sua stanza al buio. Scrollai le spalle da quei pensieri malinconici e mi diressi verso il Bar vicino casa.
Appena arrivata, riconobbi la sua chioma così familiare. Mi prudevano le dita, volevo toccare i suoi capelli, e giocarci come una volta. Sospirai, sapendo che tutto sarebbe finito tra tre… due… uno… “Ehi, Em!” “Ciao” sussurrai. Era incredibile come dopo tanto tempo riusciva ancora a mettermi in soggezione facendomi sentire come al primo appuntamento. “Vieni, entriamo, si congela qui fuori.” Sfregò le mani sorridendomi, mostrandomi le sue adorabili fossette.

Il posto era carino e caldo, come sempre nei mesi invernali. “Come sta mia sorella?” bene, non voleva sentire parlare di me. “Sta bene… è un po’ sconvolta.” “Chi era quel maniaco?” aggrottò le sopracciglia, evidentemente preoccupato. “Lui è Niall… è un amico di tua sorella.” “Mia sorella farebbe bene a non farsi certi amici. Stava fumando una canna. E sai come è finita con Matt…” “Harry, è tutto ok, ci sono io con lei.” Mi sorrise timidamente, quel sorriso che rivolgeva solo a me. “La chiamerò. Tu come stai?” “Io… ehm… bene, si.” “Stai balbettando, quando sei nervosa balbetti. Sei nervosa, Em?” “Andiamo, vai dritto al punto…” dissi nervosa, ancora una volta per oggi, lasciando la frase in sospeso. “So che mi vuoi lasciare…” dissi tutto d’un fiato. “Era di questo che mi volevi parlare, no?” mi guardai le mani coperte dai guanti. “Emma… io non voglio lasciarti. Io ti amo! Dimmi solo che ci sarai alla festa di Natale, dopodomani.” “io…” “Promettimelo, ti prego.” Chiese con espressione ansiosa, pregando. “Te lo prometto.” “Bene.” Si alzò, premendomi un bacio sulle labbra, necessario per entrambi, che suggellava il patto. Quanto mi era mancato il suo tocco…

MY CORNER

ASDFGHJKL ASDFGHJKL! Un altro capitolo che lascia col fiato sospeso, no? E poi il numero è il tredici, come il compleanno del nostro Horan che ha fatto lalalalalala vent'anni lalalalalalaaa non sentooo! Ora i capitoli sono più lunghi, perché ho più ispirazione *--* me piasaaaaa! Soprattutto il sogno di Becky, voi come lo interpretate? Datemi un’interpretazione, sono curiosa u.u poi, che ne pensate del passato oscuro dei nostri due protagonisti? Ok, ok, mi calmo, troppe domande… il fatto è che sono nervosa… domani incomincio il mio primo anno di liceo… e ho paura che mi succeda come in prima media, che ho avuto una classe a dir poco schifosa… poi sono anche triste, perché ho sentito della belieber che è stata picchiata a Milano, mi pare… e non riesco a nascondere il disgusto per queste persone… scusate, scusate, troppo nervosa.. un bel respiro… uff, ok! A voi com’è andato il primo giorno di scuola? Rispondetemi in recensione!

Un bacio,

-niallbestshirt

PS: scusate se ho scritto da schifo, ma sono le 4 e non riesco a dormire per colpa di una discoteca vicino casa con la musica a palla… sono stanchissima ç_ç

piccolo mio...
 
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Capitolo 15
*** Capitolo 14 ***


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CAPITOLO 14

Questo capitolo potrebbe avere contenuti a rating rosso che potrebbe infastidire qualche lettore. Vi prego allora di saltare la parte indesiderata e di leggere il resto. Comunque il capitolo è molto lungo, quindi accoccolate il vostro culetto nandoso in una poltrona supermorbida con dei pop-corn e godetevelo :3 ps: leggete a fine pagina, NEWS IMPORTANTI!

BECKY’S POV


Il rumore del coltello sul tagliere, mentre tagliavo le carote per il brodo. Ma sembrava nullo, dato che nella mia testa rimbombavano ben altri pensieri. Stava delirando per la febbre o faceva sul serio? Da quando era piombato così, sconvolgendomi non aveva portato altro che confusione. E poi quel sogno… speravo di averlo dimenticato. E quell’angelo sembrava così vero…

“Piccola?” sentii dei passi lenti e pesanti colpire le scale. Ero così distratta che lasciai cadere il coltello sobbalzando, facendomi un piccolo taglio sul dito. “Merda…” mormorai. “Lo sai che se dici le parolacce prima di Natale finisci nella lista dei cattivi?” infilò un dito tra i miei capelli giocando con qualche ciocca. “Piantala.” Dissi dura, imprecando ancora mentalmente per il dolore al dito. “Nervosetta?” “Ti ho detto di smetterla.” “Hai il ciclo?” “Oh, vaffanculo Niall! Perché diamine sei qui?” la mano gli cadde sul fianco, guardandomi e gelandomi allo stesso tempo. “Lo sai.” “E invece non è solo per tua madre. Tu non è che DEVI stare qui, tu VUOI stare qui!” dissi marcando quelle parole. “Perché sei così? Cazzo Becks!” “Voglio sapere di quelle lettere!” “Tutto a tempo debito.” Ghignò. “Ti odio.” Sospirai impaziente. “So che non è vero.” Prese i miei fianchi e li scontrò con i suoi. “E invece lo è.” Aggrottai le sopracciglia, riflettendo su ciò che diceva. “Ti odio tanto.” Mi strinse ancora di più. “Non ci credo.” Incrociai le sue iridi glaciali. “Ti odio tantissimo.” Accentuò ancor più la presa. “Non ci crederò mai e poi mai.” “Perché?” chiesi esasperata, in preda a quei giochi di parole. “Perché…” fummo colti come due bambini con le mani nel sacco da Maura che entrava con i sacchetti della spesa. “Ragazzi… ho ehm… interrotto qualcosa?” vidi un leggero rossore sulle sue guancie paffute e dopo qualche secondo arrossii anche io. “No, Maura… tranquilla” mi ricomposi, e sistemai una ciocca rossa dietro l’orecchio. “Oh, bene! Qui c’è tutto tesoro! Pomodori, cavoletti di bruxelles, sedano…” “Mamma! Sai che odio le verdure!” disse il biondino, lasciandomi andare con un certo fastidio. “Niall, Becky mi ha detto che hai avuto la febbre questa notte, e…” “Come? Febbre?” chiese lui incredulo, socchiudendo li occhi. “Non ricordi niente?” chiesi io con il suo stesso tono interrogativo. “No…” “Tesoro, penso che io e Niall dobbiamo avere un momento tra madre e figlio… vieni di là.” Prese la parola Maura,
chiamando il biondino.

NIALL’S POV

“Mamma… io…” “Hai avuto un attacco di panico.” “Ma… io pensavo di essere guarito!” “Ogni tanto ritornano, non si guarisce mai completamente da queste cose…” “Ma come mai non ricordo niente?” “Devi esserti agitato proprio tanto, che è successo?” la guardai come se non capisse come mi sentivo, e infatti non capiva. “Non. Lo. So.” Dissi scandendo le parole, irritato dal fatto che la mia stupida mente non facesse venire a galla i ricordi. Anche da piccolo succedeva, ma non così gravi… mi ricordavo tutto lucidamente, anche ora. Mi sentii una mano sulla palla, leggera ma allo stesso tempo con una presa salda. “e a te, che succede?” chiese enfatizzando quelle parole. Feci spallucce, scostandole di poco la mano. “mi piace davvero tanto…” dissi in un certo senso fingendo. Ero così scombussolato.

BECKY’S POV

Sentii la porta chiudersi, seguita dai passi di Niall e Maura che entravano in cucina. “Ho fame… amore, è pronto?” in un certo senso mi diede fastidio quando esitò a chiamarmi così. Spensi il fornello e tolsi la pentola con il brodo prendendo un mestolo. “Scusami Maura, penso che dovremmo accontentarci del brodo… l’avevo preparato per il malatino” sorrisi, mentre lei si ravvivava la sua chioma a caschetto biondo cenere e scoppiava a ridere. “Sai, sono come mio figlio, mi basta mangiare” apparecchiai la tavola e porsi a ciascuno il suo piatto. “Allora, ragazzi, come lo passate il Natale? Voglio dire, è tra pochissimo!” “Io…” “Io e Niall andremo alla cena di famiglia.” Dissi togliendogli la parola di bocca, e prendendo una cucchiaiata di brodo. “Maura, se vuoi puoi venire! Ci farebbe molto piacere” le sorrisi rassicurante. “Tesoro, mi piacerebbe tanto, ma io e Bobby andremo a cena dalla nonna, ma grazie lo stesso.” Il biondino mi mandò un calcio alla sedia. “Non sapevo niente.” Mi sussurrò. “Forse lo hai dimenticato” sbuffai. “Ehi, è un sgreto della CIA forse?” sorrise amabilmente il nostro ospite. “Non preoccuparti mamma.”

“Piccola, se vuoi posso aiutarti a fare i piatti” “Non ti preoccupare, la aiuto io!” era da cinque minuti che madre e figlio litigavano. “Posso fare da sola dai…” “Insisto! Niall, se non vai a guardare la tv, niente cibo per un mese, e lo faccio per davvero!” il biondino corse come una scheggia andandosi a schiantare dritto sul divano. “Bene, ora abbiamo del tempo per parlare di cose da donne” mi sorrise, e arrossii per l’ennesima volta quel giorno. “Sai Becky, non mi aspettavo proprio che tu e Niall… bhe, hai capito. “ “Non me lo aspettavo neanche io…” “Che buffa coincidenza, non trovi?” “Già.” “Non mi sembri convinta.” “Maura, sono un po’ scombussolata in questo periodo.” “Per cosa? Sai che puoi dirmi tutto, ti conosco da quando eri piccola” mi guardò teneramente. Che cosa faccio adesso? Lui non mi aveva detto ancora nulla, e forse era meglio non dirglielo. No, non glielo dico. “Nulla… mia madre ha una strana tosse.” “Mi dispiace molto per Anne tesoro… portale i miei auguri di guarigione.” Sorrisi “Oggi parto, sai, non voglio disturbarvi ancora.” “Maura, tu non disturbi mai!” “Sai, è stata proprio un’emozione rivederti dopo tanto tempo” si asciugò una lacrima che le stava uscendo. “Ho comprato un regalo di Natale per entrambi” rise in preda al nervosismo. Prese lo strofinaccio e si asciugò le mani passandomelo. “Vieni!” si diresse verso la borsa con l’eccitazione di una bimba di due anni davanti alla pila di doni di compleanno. Ne estrasse una confezione sottile, che sembrava leggera e aveva la carta da regalo coloratissima. Mi prese per mano e mi portò in salotto, posizionandosi davanti alla televisione. “Ho il vostro regalo, e voglio che voi lo aprite insieme, adesso!” battè le mani e porgendomelo. Lo presi saldamente, e la curiosità ebbe la meglio e cominciai a scartare velocemente la velina. Niall mi guardò stupito non appena la foto risaltò colorata sulla cornice d’argento. Mi sorrise teneramente, abbassando lo sguardo, così lo feci anche io. Mi pizzicarono subito gli occhi. Non avevo molte foto di quando ero bambina. Non avevo molte foto così. C’ero io con con un grazioso vestitino rosa e due codini fermati dai nastrini rossi come i miei capelli. Sorridevo con i miei dentini nuovi da latte, mentre un piccolo bimbo biondo, forse uno o due anni più grande di me, mi stampava un bacio sulla guancia. Chi scattava la foto forse stava ridendo, perché l’inquadratura era piegata di lato. Era tutto luminosissimo e pieno di fiori, sembrava un paradiso. E un angelo. “Maura… è… non ho parole. Grazie.” Le lacrime cominciarono a rigarmi le guance, che poi finivano sul cachemire grigio della donna mentre mi abbracciava forte. “Vi voglio bene ragazzi, continuate a volervi tanto bene. È importante.”

Maura era partita, era passato a prenderla Bobby verso le sei, ed è stato veramente straziante. Era rassicurante parlarle, mi metteva al centro dell’universo, e mi dava una calma indescrivibile. Avevo mandato Niall a fare la spesa, e sinceramente non mi fidavo tanto. Lui e il cibo insieme, qualcosa di catastrofica… il telefono mi vibrò nella tasca dei jeans risvegliandomi ancora una volta. “Becks, so che hai risposto, quindi ascolta attentamente.” La voce autoritaria di Em rimbalzò nella mia testa vuota. “In verità stavo per chiamarti riccia… puoi venire da me?” “Huh? Tutto bene?” “Non lo so…”

“Senti, so che hai sognato Matt, ti ho sentito. Ma tu non puoi andare avanti così!” mise un cucchiaino di zucchero nel tè caldo e cominciò a girarlo quasi ritmicamente. “Non può succedere ancora, ho promesso che non sarebbe successo.” “Becky, non tutte le promesse possono rimanere intatte, non quando ti succede qualcosa di bello.” “Potrebbe anche non essere bello! Sai quanto ho pianto quando è successo? Perché io non ho potuto fare niente!” “Certo che so quanto hai pianto, io ero lì con te!” “E sai anche quanto era frustrante vedere te e mio fratello felici? Mentre io dentro morivo?” “Becks… io… mi dispiace…” “Non ti devi dispiacere, non è colpa tua!” “Ora non ti devi colpevolizzare, è passato, devi colpevolizzarti perché stai perdendo qualcosa che forse non ritornerà mai più…” “Lo so, e sto di merda.”

1 giorno dopo

I bicchieri dello champagne cozzavano e tintinnavano allo stesso tempo, e si sentiva anche da fuori alla porta rossa brillante, che spiccava dalla neve gelida. Le calze nere, come il vestito stretto in vita da un sottile cinturino, pizzicavano e le scarpe erano altissime. Ma l’abbinamento era veramente perfetto. Emma era bella, come sempre. Il suo vestito color crema metteva in risalto il colore dei suoi ricci, e mentre camminava sui tacchi dimostrava tanta sicurezza, anche se aveva estremamente paura di quello che sarebbe successo stasera. I capelli sciolti di entrambe svolazzavano al vento mentre Niall suonava il campanello. E a parte averlo visto con il trench quel giorno al bar, stasera mozzava il fiato. Era veramente elegante. Mia madre, aprì con un gran sorriso la porta, con un bicchiere in mano che sul bordo aveva le tracce del suo rossetto rosso. “Buona Vigilia a tutti!” mia madre abbracciò prima me e poi la riccia, poi si soffermò sulla porta a guardare il biondino “Cavoli Niall… sei tu?” chiese con un tono di eccitazione nella voce “è…è da molto tempo che non ti vedo.. sei diventato proprio un bell’uomo” si sporse verso di lui abbracciandolo calorosamente. “Venite con me nel salone, vi stavamo aspettando!” nel salone c’era tutta la famiglia Styles, non mancava nessuno all’appello. E anche se non era una vera famiglia per me, avevo imparato a farla mia. E poi vidi mio fratello, che rigirava le mani nervoso nelle tasche, e ogni tanto si asciugava la fronte. “Fratellone!” corsi verso di lui stringendogli le braccia al collo. “Ehi!” “Sei nervoso?” “abbastanza…” “Dai, andrà tutto bene” gli feci un occhiolino sorridendogli. “Per me si, non sono venuto a cena con un amico d’infanzia psicopatico” “Harry, non fare il sarcastico e comportati bene.” Lo rimproverai, dirigendomi verso gli altri parenti prendendo Niall per il polso. In un angolo, vicino al camino, c’era qualcuno che mi fissava. Si leccò il labbro. Non ci feci caso, forse era un prozio o un cugino di mia madre.

“Allora Rebecca, com’è vivere da dipendenti?” accennò mio padre ironico. Sapevo che voleva ancora avere il controllo su di me, ma non ce l’avrebbe fatta. “Sai, non mi sono mai sentita così libera in vita mia, papà.” Accentuai la parola libera, che finalmente era entrata nel mio vocabolario. “Anche preparare toast in una paninoteca è bello?” chiese mia zia, la sorella di mio padre, che in famiglia era la persona che giudicava tutto e tutti. “Sai, zia, io penso che cucinare sia un’arte dolce o salata, ma mai acida.” Mia madre chiamò all’ordine il cameriere. “Sai tesoro, da quando te ne sei andata non ho più visto Marcel, non lo trovi strano?” io e il biondino ci guardammo con un’occhiata di intesa e cominciammo a ridacchiare in silenzio. “Cosa c’è di divertente, vorrei saperlo anch’io!” esclamò ad alta voce la nonna, con le guance rosse forse per aver bevuto troppo vino. “Nulla nonna.” Troncò la questione Harry. “Leeroy, potresti portarmi la cosa?” il nuovo cameriere fece l’occhiolino al riccio “Certo, monsieur, tutto sarà per-fect!” si avviò con i piatti sporchi verso la cucina, e ritornò in sala con un carrellino per i dolci con al centro un copri pietanza. Lo poggiò sul tavolo di fronte a Harry ed Emma che erano seduti vicini. “Ho un annuncio da fare, e desidero condividerlo con tutta la mia famiglia in questo giorno speciale.” Prese tra le mani e poi sollevò la grande cupola di acciaio. E con lo stupore di tutti, specialmente quello della mora che scoppiò in lacrime vedemmo una scritta. “Vuoi sposarmi, Em?” lei boccheggiò qualcosa, ma presa dall’emozione ebbe un giramento di testa e cadde direttamente nelle braccia di mio fratello. “Spero sia un si, perché devi rimanere viva se vuoi sposarmi!” la fece sorridere, come sempre. Ebbi un tuffo al cuore, perché vederli felici era straziante… avrei voluto tanto avere quello che avevano loro. Ci fu un boato nella sala, gli uomini andarono da Harry sommergendolo di pacche sulle spalle e di “congratulazioni, figliolo.” Mentre mia madre e tutte le altre donne andarono da Em che era ancora in preda all’emozione. Io rimasi seduta, a guardarmi le scarpe. “Che hai, piccola?” scostò la sedia fino a girarla verso di me. “Vorrei la loro felicità…” “Fidati, prima o poi accadrà anche a te, non arriva tutto e subito, arriva quando meno te lo aspetti!” “Fidati Niall, ho aspettato tanto, ma la vita non ha fatto altro che darmi dolore, e non riuscirò mai più ad innamorarmi perché potrebbe scivolarmi tutto tra le mani…” tutti intanto si erano riseduti a tavola, felicemente sorpresi ed emozionati. “Adesso ho io un annuncio da fare!” prese la parola mio padre, facendo tintinnare leggermente una posata sul bicchiere. “C’è un pretendente alla mano di mia figlia Rebecca qui a cena con noi, ho l’onore di presentarvi Marcus Black, presidente e amministratore della MB Company.” Tutti si girarono verso l’ospite seduto a qualche metro da me nella lunga tavolata. E guardandolo in viso ebbi un brivido lungo la spina dorsale, stringendo di colpo la mano di Niall. Era il maniaco della festa di Halloween.

“Papà, cosa cazzo ti salta in mente?” ricevetti pochi secondi dopo uno schiaffo sulla guancia, che fece pizzicare gli occhi. Mio padre non mi aveva mai picchiato. “Non usare questo tono con me. Dovresti essermi mille volte riconoscente! È lo scapolo più ambito della città, è ricchissimo e le nostre aziende in società farebbero degli ottimi affari insieme.” Lo guardai con gli occhi fuori dalle orbite per l’orrore “Papà, non siamo più nel Medioevo, non si da in sposa una figlia per agganciare due società!” ero quasi in lacrime. “Qui si fa come dico io, e dopodomani avete un appuntamento, quindi non mancare o peggio per te.” “Preferisco qualcosa di peggio a questa buffonata!” gli urlai sputando le parole, ma ciò che ottenni fu un altro schiaffo. Non ce la feci più e le lacrime cominciarono a colare sulle mie guance, lasciandomi un sapore salato in bocca. Mi tolsi le scarpe ferocemente, scaraventandole a terra e correndo più veloce possibile. Aprii una porta a caso e mi ritrovai nella lavanderia. Mi gettai a terra e piansi fino a tirare fuori l’anima, e i miei singhiozzi sarebbero potuti arrivare in Cina. Odiavo me stessa, odiavo la mia famiglia e tutto per me andava storto. Forse lassù qualcuno mi odiava. Sentii bussare alla porta, e pensai subito a Niall… non poteva che essere lui, lui era venuto a salvarmi. La aprii di scatto, e mi gettai tra le sue, o quelle che pensavo fossero le sue braccia. Perché quello non era il suo profumo, era puzza di sigaro. “Ciao piccolina. Cos’è non ti piaccio?” mise qualcosa davanti alla porta, bloccandola. Odiavo quel soprannome detto da quella voce, volevo quella del biondo. “Vai via schifoso bastardo!” sibilai tra i denti. “Ops…” mi stritolò i fianchi portandomi dritta contro il muro. “Se vuoi possiamo dare alla signorina una dimostrazione di quello che faremo insieme…” cominciò a sollevarmi il  vestito, mordendomi il collo provocandomi dolore. Mi toccò ovunque, provando a mettermi una mano sul pube da sotto le mutandine, che io respinsi con un pugno sulla mascella barbuta. “Abbiamo una verginella qui, eh?” si mise a ridere, e lì ebbi la certezza che era ubriaco marcio. “Becky!” una voce familiare, quella che sentivo ogni giorno, mi arrivò alle orecchie, e i miei occhi si riempirono di speranza. “Aprimi, o sfondo la porta!” “Non…” prima di finire la frase l’uomo mi tappò la bocca. Anche la sua mano puzzava di sigaro. Mi ricompose mettendomi giù il vestito e sistemandomi i capelli. Poi infilò la sua lingua secca e porosa nella mia bocca con un bacio che neanche si poteva definire tale, prima che il biondino sfondò la porta. “Rassegnati pivello, lei vuole me!” gli fece l’occhiolino prima di sistemarsi la camicia. “Buonanotte piccoletta.” Se ne andò congedandosi, lasciandomi paralizzata. Ma prima che Niall potesse dire qualcosa, scappai dalla porta sul retro.

Corsi a piedi nudi nella neve, mentre i piccoli fiocchi cadevano tra i miei capelli. Correvo, scivolavo, cadevo, mi rimettevo in piedi e ripartivo, non sentendo neanche il freddo. Nulla era paragonabile a quello che stavo provando. Caddi per l’ennesima volta, ma non avevo la forza di rialzarmi. Piansi ancora, e mi sembrava che le lacrime diventavano piccoli cristalli di brina. “Bambolina, ma che succede?” sollevai lo sguardo, e vidi una donna anziana, che aveva l’aria di una chiromante. “Stai morendo di freddo, vieni qui!” mi offrì il suo scialle, che io accettai disperata. “Perché stai piangendo?” e per tutta risposta singhiozzai ancora di più. “Dammi la mano, bambina, io so leggerla.” gliela porsi, non sapendo più cosa fare. Se la rigirò per qualche istante, e poi mi guardò con un sorriso comprensivo. “Ora capisco. Prendi questa, e dalla a lui. Capirà.” Mi porse un ciondolo e alzai lo sguardo. Ma lei non c’era più.

NIALL’S POV

Ero in preda al panico. Non poteva venirmi un altro attacco, non ora. Mi tenevo la testa tra le mani, e non avevo fiato per la voce. Non m’importava, spalancai la porta e seguii le sue tracce. Svoltai un angolo, poi un altro, fino alla fine delle sue orme. Trovai una donna avvolta in uno scialle seduta su una panchina. “Io so chi sei. Vieni qui.” Mi avvicinai. Forse aveva visto Becky. “Prendi questo e dallo a lei.” Mi diede un piccolo anello in mano. Alzai lo sguardo per ringraziarla. Ma lei non c’era più.

BECKY’S POV

Svoltai ancora un altro angolo. Non avevo ancora guardato il ciondolo, che stringevo in un pugno nella mia mano destra. Non ci potevo credere. Lui era lì, alla
fine dell’isolato, che tra la neve e la luce fioca dei lampioni sembrava un angelo. Gli corsi incontro piangendo, scontrandomi contro il suo petto, facendomi stringere dalle sue possenti braccia. “Questo è per te.” Pronunciammo entrambi a cappella, il che mi fece sorridere. Gli feci passare il ciondolo da sopra la testa. Era meraviglioso. Erano due ali d’angelo, e sopra c’era un’incisione: “Save me”

NIALL’S POV

Lei era tra le mie braccia, e la musica più bella era il mio battito accelerato. Le presi una mano tra le mie grandi. Ora capivo perché l’anello era così piccolo. Glielo infilai al dito. Ma prima notai che dentro c’era un’incisione “I will”


MY CORNER

SCUSAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAATEEEE
! So che non mi perdonerete mai, ma plis, perdonatemi :c il fatto è che ho cominciato il liceo, e non ho molto tempo per aggiornare… tra diritto, francese, matematica, psicologia e italiano…. È un casino, e poi ci sono anche le interrogazioni! Poi la mia scuola è in culonia… ogni mattina devo alzarmi alle sei, quindi per me è molto difficile dormire e aggiornare. Però l’ho fatto c: e per farmi perdonare l’ho fatto un pochinino più lungo, sperando di non annoiarvi e di non avervi fatto venire i sederi quadrati… anyway, qualcuno di voi va al concerto? Non voglio demoralizzarvi se qualcuna/o non ci va… io ci andrò! È stata una botta di sedere per mio padre che li ha trovati per il 29 su livenation. Sono nel blocco 350 del settore verde, e si vede bene direi c: detto questo, volevo informarvi che aggiornerò ogni domenica e non più ogni due giorni come in estate… scusate, ma la scuola è proprio una merda… ora vado a nanna, e se ho aggiornato è grazie a @stylesoxygen ! vi amo tutti, continuate a recensire!

Un bacio, niallbestshirt

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Capitolo 16
*** Capitolo 15 ***


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CAPITOLO 15
 
NIALL’S POV

“Che significa?” chiese con le sopracciglia aggrottate e l’aria confusa. “Non sai leggere?” le chiesi sarcastico. Ero troppo nervoso, quel tipo che aveva almeno il doppio e passa della sua età la stava per violentare, quella donna che è apparsa e scomparsa nel nulla più totale. Non potrei essere più allegro. Ecco, ora anche i miei pensieri erano sarcastici. Non va bene. La presi tra le mie braccia non appena la vidi tremare. “Scusami, non volevo…” “Tranquillo, è ok, ti capisco, anche io lo sono.” “Nervosa?” “No, impaurita.” Mi strinse più forte, prendendomi i lembi della camicia che mi cingevano le scapole. Cominciò a singhiozzare, bagnandomi il petto con le lacrime ghiacciate. “Non volevo che andasse così, doveva essere una bella serata, dovevamo essere tutti felici per Hazza ed Em…” le accarezzai la schiena, prendendole un fianco con la mano sinistra. “Ehi…” le posai il pollice sul labbro, catturando una lacrima che esplose sotto il calore del mio polpastrello. “Io sono qui, per qualsiasi cosa, tu puoi chiedermi… io posso…” bloccai un urlo che mi morì in gola. No, cosa potevo fare? Niente. Nulla. Ormai lei era una Styles. Era di loro proprietà. Un attimo… proprietà? Ebbi un sussulto. “Cosa? Niall?” mi staccai da lei, e solo in quel momento entrambi ci accorgemmo del freddo glaciale di quella sera. Mi sbottonai la camicia bottone per bottone. “Cosa fai, fa freddissimo!” “Tieni.” Le porsi l’indumento con sguardo serio, quello che forse era più ferreo del vento che le stava per alzare la gonna. “Andiamo a casa.” Mi sussurrò nell’orecchio, sospirando caldamente.

BECKY’S POV

Sentii la luce del mattino pizzicarmi gli occhi. Mi risvegliai avvolta in due coperte di lana, e la salda presa delle braccia di Niall intorno al corpo. Mi girai silenziosamente. Era a torso nudo, dato che io avevo ancora la sua camicia. Avvicinai una mano tremante vicino al lobo del suo orecchio, giocherellando con il piccolo dilatatore nero. Con l’indice scesi verso la mascella ben pronunciata e definita per la sua giovane età. Scesi ancora, notando i pettorali, contornati da piccole… cicatrici. Alcune tonde, forse fatte da sigarette e altre un po’ più allungate. Allontanai quei brutti pensieri dalla mente, come se la mia vita non fosse già abbastanza schifosa. Poco dopo notai un cerotto bianco sul braccio. Conoscevo quel tipo di cerotti, mio fratello aveva parecchi tatuaggi che avevano scatenato la rabbia di papà. Mia madre era ammirata dai tatuaggi di Haz, diceva che erano arte su pelle. Non resistetti alla curiosità, così lo sollevai da un angolino. Non contenta lo sollevai ancora, e poi ancora. Poi alla fine lo tolsi completamente, rimanendone incantata. Aveva proprio ragione mia madre, i tatuaggi erano arte su pelle. C’era uno stormo di rondini, che seguiva due uccelli più grandi. Univano i due becchi, dove stringevano lo ying e lo yang. Il bene e il male. La luce e il buio. Le parti che si completano. “Ti piace?” sollevai la testa, accorgendomi di quanto ero bassa quando catturai il suo sguardo. “È stato difficile farselo fare in questo periodo, dato che è tutto chiuso. Ma ho parecchi amici.” Mi fece l’occhiolino, tornando a guardare il tatuaggio. Accarezzai le piccole rondini con il pollice, e scesi ancora, seguendo le vene in evidenza sull’avambraccio, fino ad arrivare al polso dove trovai altre piccole cicatrici. “Come te le sei fatte?” aggrottai le sopracciglia, interrogandolo. Fece spallucce. “Non lo so sinceramente.” Chiuse gli occhi, abbandonandosi al mio tocco. Arrivai al palmo della mano, che in confronto alla mia era enorme. Intrecciò le sue dita alle mie, portandomi il braccio dietro la sua nuca. “Posso… darti un bacio?” “Niall io…” sentii un leggero tremore alla punta di ogni mia terminazione nervosa. Guardai in basso, e poi riguardai le sue iridi magnetiche. “Ho chiesto il permesso, non ti ho costretta.” Ribattè con durezza. Sospirai, soffiando sulle sue labbra, così vicine, ma allo stesso tempo così lontane. Ripensai a ieri. Black non mi aveva chiesto il permesso, Black stava per violentarmi. Lui mi stava chiedendo il permesso, per una cosa così innocente ed ovvia. Osservai le sue labbra, che erano invitanti. Mi avvicinai con una lentezza lancinante, fino ad unirci. E le farfalle nello stomaco, quelle che non sentivo da tanto, troppo tempo, cominciarono a rilasciare il loro dolce e inebriante veleno, che stordiva la mia testa con… felicità? Non ne ricordavo più gli effetti. Mi strinsi ancora di più a lui, sentendo il suo sapore. Volevo di più. E quando la sua lingua picchiettò contro di me nel bacio, non esitai a lasciarle il libero accesso. Era un bacio sentito, uno che cercavamo, entrambi, da molto tempo. Unii anche i nostri corpi, legandogli le braccia intorno al collo e immergendo le mie mani tra le sue ciocche bionde, intrecciandone alcune tra le dita, facendo provenire un grugnito di approvazione dalla sua gola. Un ronzio proveniente da destra mi incominciò a disturbare. Pensai che fosse un’ape, anche se era strano che di inverno ce ne fossero. Alzai una mano per scacciarla, ma ci misi un secondo a capire che era la vibrazione del mio cellulare. Lui mi lasciò un casto bacio all’angolo della bocca, permettendomi di rispondere. Tastai il comodino fino a sentire lo schermo freddo del mio cellulare. “Pronto?” “Becks, dove sei?” mi gridò Emma con voce isterica nelle orecchie, e non sapevo se lo era perché era felice, o perché volesse uccidermi dopo la scomparsa di ieri sera. “Sono a casa mia.” Risposi tranquillamente, non riuscendo a trattenere un sorriso. “Che diamine ti è saltato in mente ieri sera? Quel tipo ci ha detto che gli hai dato uno schiaffo e sei scappata con Niall! Tuo padre è andato su tutte le furie e…” “Non vi ha detto che mi stava per violentare e se non c’era Niall” accentuai il suo nome, catturandone l’attenzione. “Ci sarebbe riuscito?” “Cosa?” La mora alzò la voce di un’ottava, strillandomi nell’orecchio. Allontanai leggermente il telefono. “Si, hai capito” sbuffai. “Dobbiamo assolutamente vederci e parlarne. E dobbiamo anche parlare di altro.” Sentivo la felicità che le sprizzava da tutti i pori anche al telefono. “Più tardi, da me?” le chiesi. “Perfetto! E… Becky?” “Si?” “Buon Natale piccola” sorrisi ancora. “Anche a te Em.” Riagganciai, rimettendo il telefono sul comodino. Il biondino mi guardò con aria interrogativa. “Non ho voglia di spiegare nulla a nessuno. Voglio godermi questo momento, è droga.” “Sei felice?” sussurrò vicino al mio orecchio “…Si” esitai un po’ a rispondere, pensandoci. Era vera droga. Cominciò a lasciare una scia di baci umidi sulla mascella, che scendevano sul collo. Mugulai, mi piacevano quelle piccole cose. Con un dito, disegnò piccoli cerchi intorno alle mie clavicole. “Sono ali!” disse con la tenerezza di un bambino. Ci pensai. Sarebbe così bello volare. “Sai cosa farebbe felice me?” mugugnò. “Cosa?” “Dei pancakes!” battè le mani.

“Ehi biondino, guarda qui!” richiamai la sua attenzione, per rompere il ghiaccio dopo quello strano momento, che sembrava troppo sbagliato… o troppo giusto. Presi il manico della padella, facendola oscillare, e con un balzo il pancake cadde… a terra. “Dannazione!” “Mi dicevano che eri una cuoca provetta!” disse trattenendo a stento le risate. Alla fine non ce la feci a tenere il broncio e mi unii al suono cristallino della sua risata, che venne interrotta dal campanello. Corsi a piedi nudi verso la porta, con ancora la camicia di Niall addosso. “Emma!” le saltai addosso abbracciandola. Lei mi prese a fatica, ricambiando lo stesso l’abbraccio. “Ehi rossa, fai attenzione, qui ho il tuo regalo!” poggiò la scatola a terra, che subito cominciò a muoversi. “Che diavolo è? Mi hai comprato un ragno? Lo sai che odio gli insetti!” strillai, ricordando quando, da piccola, Harry mi mise un nido di ragno tra i capelli. La scatola, come se vedesse, si diresse in cucina, vicino a Niall, seguita con curiosità da me e dalla mora. Si fermò davanti al pancake spiaccicato a terra, come se avesse visto una piccola miniera d’oro. “Che cos’è?” chiese lui, chinandosi verso la scatola, sollevandola. “Wow, piccolo, ora penso che tu ci veda meglio!” “È una femminuccia…” protestò Em, ma io ero ancora senza parole, con gli occhi che brillavano per la felicità. “Oddio, ma… è un cucciolo! Cioè… una cucciola! Grazie Em!” “Buon Natale, piccina” mi abbracciò ancora, baciandomi la fronte. “Come la chiamiamo?” chiesi battendo le mani. Guardai Niall, in cerca di una risposta, ma era troppo occupato a giocarci. “Ho capito, ci penserò più tardi! Em, vado a prendere il tuo regalo…” le urlai già salendo di corsa le scale. Lo avevo tenuto ben nascosto sotto il letto, preoccupandomene in segreto ogni giorno. Trovai la scatola… ma dentro non c’era niente. “Vieni qui, batuffolino…” cercai sotto il letto ancora, dietro ogni mobile ed angolo… niente. “Cerchi qualcosa?” le sue grandi mani mi cinsero i fianchi, solleticandomi l’orecchio. “Si… il regalo di Emma” mi ravvivai i capelli nervosamente. “Merda… si!” esclamai, non appena vidi il micio entrare dalla finestra. “Cavolo, che spavento!” presi il gattino in braccio, rimettendolo nella scatola, precipitandomi giù per le scale seguita a grandi passi dal biondo. “Ecco qua!” feci un sorriso a trentadue denti porgendoglielo. “Wow! Ma è un micetto!” lo prese dalla scatola avvicinandoselo al viso. “Ed è… morbidissimo.” “Em, dato che ho fantasia con i nomi, bhè… si chiama Curly*” “Sei dolcissima! Oddio… troppe cose tutte insieme…” “Ehi, non piangere! Buon…” il mio augurio fu interrotto da un leggero ringhiare. Il gatto si mise a soffiare, balzando dalle braccia della sua padrona sullo scaffale della cucina. “Penso proprio che dobbiamo andare…” prese il suo micetto e si avviò verso la porta. “Ma non dovevamo parlare?” “Parleremo quando qualche cane o gatto non tenti di distruggerti casa!” “Va bene… ci sentiamo eh!” “Ci conto!” si chiuse la porta d’ingresso alle spalle, lasciandoci tutti e tre da soli. Mi chinai vicino a Niall e alla cucciola, osservandola meglio. Aveva le orecchie lunghe e nere, e gli occhietti vispi. Correva ovunque, così veloce che sembrava inciampasse nelle sue stesse zampe. Aveva il pelo lucido e a chiazze nere e bianche. “Come la chiamiamo?” chiesi a Niall, ora che eravamo soli e poteva sentirmi. “Mi piace Hope. È un bel nome.” “Speranza. Non bisogna mai perderla, vero?”

MY CORNER

Ok, so che anche oggi ho ritardato…. Ma sto avendo dei problemi  tra i miei che sono separati e tra amici coglioni a cui sto sulle palle e mi hanno fatto male. E tanto per cambiare il mio capitolo fa sempre schifo :c solo che è di passaggio, perché nel prossimo succederà qualcosa… ma non vi spoilero nulla, anche perché ci sarà una piccola sorpresa :3 ora sono enormemente stanca, dato che mi alzo ogni giorno alle 6 per prendere due pullman (stupida scuola grr…) quindi vi saluto con un’enorme bacio della buonanotte a tutti!

Bacioni, Niallbestshirt

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Capitolo 17
*** Capitolo 16 ***


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CAPITOLO 16
BECKY’S POV

“Hope!” questa cucciola era veramente instancabile. Correva da una parte all’altra della casa. Sembrava che al biondino piacesse farla impazzire. La invitava a rincorrerlo, e quando lo beccava gli scompigliava i peli della testolina, mettendogli all’indietro le orecchie, come se una raffica di vento fosse entrata dalla finestra. Mi piaceva guardarli, sembravano due bambini. Quello che io non ero mai stata. “Becky, penso proprio di portarla a fare una passeggiata, che ne dici?” “Ma… fuori fa freddo…” protestai, guardando la finestra appannata dalla brina. “Dai, camminare le farà bene, e non ti farà i bisogni in casa… e poi non è che può continuare a mangiare pancakes da terra.” “E tu che ne sai?” puntai le braccia sui fianchi, trattenendo una risata. “Ho avuto tanti cani da piccolo. Ogni volta che trovavo un cucciolo lo portavo a casa. Non immagini mia madre.” Rise scuotendo la testa, probabilmente ricordando i bei becchi tempi. “Niall?” “Si?” “Devi ancora parlarmi… sai, delle lettere.” “Giusto… ma non ora… sento un brontolio nello stomaco…” “Va bene…non comprare schifezze” “Certo! Nando’s, arriviamo!” sospirai. “Guarda che ti ho sentito!” non feci in tempo a finire la frase che sentii la porta di casa sbattere. Tipico, gli uomini scappano sempre per evitare broccoletti e cavolfiori. Mi piegai in terra, per raccogliere le poche briciole del mio povero pancake. Dopo aver svuotato i resti nella pattumiera, sentii suonare il campanello. Feci una corsa dal bancone fino alla porta. “Ehi, biondo, hai dimentic…. Papà?” “Già, sono io. Levati e fammi entrare.” Mi scostai lasciandogli lo spazio per passare. Ero meravigliata dalla freddezza di mio padre. Anche se d’altronde era sempre stato così, con me. “Vorresti un thè?” chiesi con gentilezza. “Smettila di sparare stronzate. Sai perché sono qui.” Sobbalzai quando prese la manica del mio maglioncino, strattonandolo. “Che diamine hai combinato ieri?” “Così mi fai male… lasciami stare, ti prego!” “È il minimo che possa fare! Ti ricordi quando ti ho praticamente salvato dalla strada, eh? Da quella puttana di tua madre!” “Ti prego…” “Questo è il minimo che tu possa fare! Con questo matrimonio entreranno un sacco di soldi nel nostro conto! Ripaga quello che ho fatto per te!” lo guardai smarrita, per tutto ciò che aveva detto. Ero confusa, volevo arrabbiarmi, piangere e ridere allo stesso tempo. “Siamo nel ventunesimo secolo papà… i matrimoni non sono combinati.” “Stronzate. Sei come tua madre, la vera. Una sgualdrinella.” Quelle parole bruciarono più dello schiaffo che mi arrivò qualche secondo dopo. E anche gli occhi bruciavano, e la testa, e i battiti che crollavano. Finalmente mi lasciò la manica del maglione. “Se domani non ti presenti a cena ti toglierò tutto. Casa, lavoro e dignità. E un’ultima cosa.” Alzai lo sguardo, pesantemente, come se ormai la mia testa fosse fatta solo di piombo. “Non voglio più che tu veda quel ragazzo, quello biondo. È un pericolo per te, ti fa ragionare male.” Attraversò a grandi falcate il salone, come se non fosse successo nulla. Si chiuse con un colpo secco la porta alle spalle, facendomi sobbalzare. Forse però era un singhiozzo. “NO!” urlai, come se i muri potessero sentirmi, gli unici testimoni di quelle parole. Stavo per perdere tutto. Ma in fondo non ci avevo mai creduto nell’amore. Insomma, ero solo una banale ragazza, banalmente adottata, in crisi adolescenziale avanzata. Che chiedeva libertà, ma che gli veniva negata. E ora urlava come una stupida, perché le urla non avrebbero calmato il suo dolore. Mi diressi verso il cassetto delle posate, sfiorando con le dita bagnate da lacrime mescolate a mascara, i coltelli. Ce n’erano di tutte le misure. Grandi, piccoli, sottili, affilati. Ne scelsi uno a caso. Volevo davvero finirla così? Sarebbe stata una seccatura in meno per tutti, forse quel tipo avrebbe trovato un’altra a cui dare il suo denaro sporco. Toccai la punta della lama con l’indice, che era fredda. La esaminai con lo sguardo, portandola al polso, sulle piccole venature blu chiamate vene, chiaramente visibili sulla mia pelle diafana. “Ora mi spieghi quel che diavolo stai facendo.” Mi girai lentamente, con la testa che era ancora più pesante. Hope era a terra, che mi guardava con la testolina piegata da un lato, vicino a una busta che a prima vista sembrava contenere dei croccantini. Accanto a lei c’erano due gambe fasciate da un jeans, ma i miei occhi erano appannati. Riuscii solo a riconoscere la sua indimenticabile chioma bionda, che servì solo a farmi crollare ancora di più. Gettai il coltello nel lavello, buttandomi a terra urlando. “Becks… che succede?” mi si avvicinò in ginocchio, ma io gli misi una mano sul petto, spostandolo nonostante la poca forza che avevo. Mi coprii il viso con le mani, cercando di tirarmelo via. Le unghie scavavano nella carne, e anche se mi facevo male lo ignoravo. “Cazzo, parlami!”  “NO! Vai via!” riuscii ad urlare in agonia. “No, io resto.” “Vaffanculo, voglio morire ora!” “Stai zitta.” “Se muoio è meglio per tutti, così te ne vai.” “Perché dovrei andarmene?” “Perché soffrirai a causa mia.” “E pensare che all’inizio doveva essere il contrario.” Mi alzai, cercando di riprendere quella lama affilata, che luccicava sotto la luce della cucina. Ma non so come scivolai, e divenne tutto buio.

Mi risvegliai, ma era tutto buio. Provai a chiudere e riaprire le palpebre, ma niente. Un’enorme macchia nera. Provai a muovere gambe e braccia, ma erano tese, come se fossero tenute da corde. “Adesso che ti sei svegliata mi ascolti. Altrimenti non ti tolgo niente.” “Che cos’hai fatto?” ridacchiò, ma non capii dalla sua espressione se rideva per divertimento o no. Non vedevo. “Una benda e dei laccetti di pelle. Divertente no?” sentii dei sorsi tirati da una bottiglia, che poi fu appoggiata poco delicatamente sul pavimento. “Sei ubriaco.” Dissi a denti stretti. “Vuoi sapere la verità sulle lettere, o no?” “La vorrei sapere da qualcuno con la mente lucida.” Sbuffai. “Non sono brillo. Io riesco a reggere l’alcohol.” Strattonai ancora una volta i polsi, ma i laccetti di pelle si strinsero. Sentii che scavavano nella carne, così decisi di lasciar perdere. “Spara.” Riuscii a mormorare alla fine. “Sai, da piccolo suonavo. La musica è arte. Continuo a suonare ancora.” Dove voleva andare a parare? “Fu a teatro che incontrai quell’uomo.” Sentii qualcosa strozzarmi, qualcosa graffiarmi la gola, un urlo che voleva uscire ma che io ero pronta a controllare.

FLASHBACK (NIALL’S POV)

“Ragazzino?” Rimettevo la chitarra nella custodia, dandole un buffetto sulle corde, come si fa ad una vecchia amica. Mi girai verso la voce profonda che mi aveva chiamato, provando ad abbinarle un volto. Il teatro era vuoto, il mio piccolo concerto di chiusura era terminato in applausi scroscianti. Vidi un uomo che si avvicinava dalle ultime file. Un fisico slanciato, avvolto in un trench nero e con una sciarpa di cotone rossa. Poteva avere una cinquantina d’anni, forse di meno, ma ne dimostrava quaranta. “Ottima performance. Posso offrirti un caffè?” “Ho sedici anni, non posso bere il caffè.” Replicai. “Oh, avanti, a sedici anni io già mi facevo di erba.” Sentii una punta di fastidio nella sua voce, qualcosa che mi faceva sentire a disagio. “Posso sapere con chi avrei il piacere di parlare?” sottolineai la parola piacere con sarcasmo. “Non ti interessa il mio nome. Penso ti interessi qualcos’altro di me.”

Più che un bar da caffè e biscotti, sembrava una tavola calda per motociclisti di passaggio. Sentivo l’umidità trapanarmi le ossa, e c’era una perdita fastidiosa che cadeva da un foro nei condotti dell’aria. “Leggi queste, e forse capirai di che cosa parlo.” Lì mi diede le tue lettere. Ne lessi una ad una capendo tutto. Lui era il tuo vero padre, e quelle lettere le aveva ricevute veramente. Incurante che avesse un’altra moglie o no. Tua madre per lui era stata un divertimento. Tua madre si prostituiva per pagarsi la marjuana.

FINE FLASHBACK (BECKY’S POV)

Quelle parole mi colpirono come una fiammella contro una scheggia di ghiaccio. Un dolore che si scioglieva lentamente, evaporava, ma poi tornava più doloroso di prima. E sarebbe rimasto, perché il passato non si poteva cambiare. Il mio padre adottivo aveva ragione, e per quanto provassi a contrastarlo non potevo fare nulla. Era vero, ed ero nata da un errore. Magari un preservativo rotto, una pillola mancata… ma io in questo mondo non ci dovevo essere. Niall sorseggiò ancora un po’ dalla sua bottiglia, gettandola violentemente nel cestino che era nel bagno della camera. “Come ti aveva trovato mio… padre?” chiesi con un filo di voce, con quel po’ di voce che mi era rimasta. Come se qualcuno mi avesse pugnalato, e questa fosse la mia ultima preghiera. Il dolore c’era, ma non era fisico. “Posso solo dirti che tuo padre è in un brutto giro… e ha una notevole rete di contatti.” Ebbi un sussulto. “Sei… entrato in quel giro?” la risposta ci mise un po’ ad arrivare, forse ci stava pensando. “Si. Ho dovuto.” “Perché l’hai fatto?” strizzai le palpebre. ‘È un brutto sogno’, continuavo a ripetermi. “Altrimenti, ti avrebbero uccisa.” “Oh, vorrei che l’avessero fatto.” Mormorai, pensando che il mio sussurro fosse impercettibile. “Solo se morirai me ne andrò. E se continuerai a ripetere di voler morire come hai fatto prima nel sonno, alla fine ti ucciderò io.” “Allora penso proprio che ucciderò. Sei esasperante, prima dolce, poi sfrontato, prima pieno di attenzioni, poi ubriaco e incurante. Cosa diavolo sei?” “Sono Niall James Horan, e non ti libererai tanto facilmente di me, piccola.”

MY CORNER

Ciau, sono sbucata da un piccolo angoletto dell’inferno, dove mi avete spedito. Perché ora mi odiate, vero? Lo so, ma per aggiornare ho preso 4 e mezzo in francese, 5 in diritto e 5 e mezzo in matematica. Lo so, non sono il massimo ma questo liceo è esasperatamente difficile, ma almeno non ho latino, yeeee! Anyway, ho preso 8 e mezzo in inglese, e ciò mi rende mlml… ok, parlando del capitolo, so che ci sono tante allusioni al suicidio… ma il fatto è che non sto passando un bel periodo… e più quei patatoni pubblicano video commuoventi come SOML e io crollo, davvero. Mi sento troppo sola. Ho perso la mia migliore amica, non ho un ragazzo, sono infinitamente brutta e a scuola mi hanno detto anche: “Perché non ti uccidi?” davanti alla professoressa… con il silenzio della classe… è stato schifoso… so che non leggerete mai l’angolino a fine pagina, ma voi siete gli unici con cui mi posso sfogare. Non ho nessuno, dato che sono fottutamente sola. Mi sento un panda in via d’estinzionee! Vi racconto una cosa divertente, per ravvivare un po’: io ho un orecchino a forma di cerniera, e in classe c’è un tipo che mi dice sempre “Alza la cerniera!” io un giorno mi sono scocciata e gli ho detto “E tu tira la catenella, cesso!” OK, MA IO SONO NORMALE AHHAAHHAHA!

-Niallbestshirt

Ps: su twitter ho cambiato nick, ora mi chiamo @niallbestshirt e dovreste vedere il mio bg è kjfhjkjfh

Ps2: ecco a voi una mia foto… faccio schifo ma accettatemi u.u
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