True Love- Vero amore di live in love (/viewuser.php?uid=34693)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Fever ***
Capitolo 2: *** Sick mind ***
Capitolo 3: *** Light My Fire ***
Capitolo 4: *** Finzione....Attrazione ***
Capitolo 5: *** Linea Rossa ***
Capitolo 6: *** Echo ***
Capitolo 7: *** Fire ***
Capitolo 8: *** Hic et Nunc ***
Capitolo 9: *** Enjoy the Silence ***
Capitolo 10: *** Vortice ***
Capitolo 11: *** Slam ***
Capitolo 12: *** All We Are ***
Capitolo 13: *** Un passo indietro ***
Capitolo 14: *** Breathe ***
Capitolo 15: *** Cold Coffee ***
Capitolo 16: *** Confine ***
Capitolo 17: *** Obbligo o Verità ***
Capitolo 18: *** Love is in the air ***
Capitolo 19: *** Perché ***
Capitolo 1 *** Fever ***
ATTENZIONE: Qui trovate video trailer della ff fatti da
MISSDELENA97 TRAILER
1 TRAILER
2 TRAILER
3
TRUE
LOVE
– VERO AMORE
CAPITOLO
1
Fever
Braccia
incrociate e gambe mollemente allungate , appoggiata alla testiera
del letto con la schiena, guardo disattenta la televisione da ormai
più di mezzora.
Annoiata dal film di bassa qualità afferro il
telecomando , cambiando programma e facendo zapping nella speranza di
trovare qualche telefilm. Magari qualche replica di Grey’s
anatomy
o Flashforward.
Ora come ora mi andrebbe bene anche una
replica di dieci anni fa di Beautiful , probabilmente.
Mi
fermo su un talk show , dal buffo nome “Funny
Day”,
non trovando niente d’altro di interessante.
Tratta di coppie
che si fanno riprendere durante le attività quotidiane per
poi
finire col litigare per presunti tradimenti.
Se non ricordo male
me ne aveva parlato qualche volta Candice , durante una pausa
pranzo.
Questi sono decisamente i suoi tipi di
programmi.
Sconfortata poso il telecomando al mio fianco,
decidendomi a guardare questo programma.
Neanche dieci minuti e la
sonnolenza causata dalla noia inizia già a farsi sentire.
Sospiro,
sfregandomi gli occhi che hanno preso anche inspiegabilmente a
bruciarmi.
Mi piace passare del tempo a non fare niente e guardare
la tv, magari sgranocchiando qualcosa però,
d’altra parte, odio
sentirmi reclusa. Mi sento soffocare.
E non ho neanche un pezzo di
cioccolata a consolarmi, penso, mentre lo sconforto mi
assale.
Lancio un’occhiata scoraggiata fuori dalla porta
finestra, da dove si intravede uno squarcio di cielo cupo e
grigio.
Non posso neppure uscire visto che è da ieri sera che non
fa altro che piovere e di scendere giù nella hall
dell’albergo non
ne ho per niente voglia.
Inoltre se mi vedesse qualcuno dello
staff mi rispedirebbero subito in camera mia.
Sbuffo nuovamente ,
focalizzando la mia precaria attenzione sulla televisione.
Visto
che non ho nulla di meglio da fare tanto vale cercare di capire
qualcosa del programma che mi terrà compagnia per le
prossime
ore.
Una grassoccia signora dai folti capelli rossi sta inveendo
contro quello che presumo essere il marito mentre il pubblico in
studio urla divertito e la incita.
Più che un talk show sembra
una gabbia di matti.
-E
adesso la pubblicità. Il Funny Day torna tra poco - annuncia
il presentatore dal ciuffo ingellato e un sorriso scintillante, degno
delle migliori pubblicità sui dentifrici.
Perché poi l’abbiano
chiamato “Giorno
di divertimento”
quando tutto lo show si basa su litigi e urla, è un totale
mistero.
Mentre alla televisione passano spot dalle musichette
squillanti allungo il braccio oltre il bordo del letto, prendendo il
mio blackburry nero dal comodino.
Schiaccio il tasto centrale
facendo illuminare lo schermo, che mi rimanda però solo il
menù
desolato del telefono.
Con
occhi febbrili cerco il disegno di una busta gialla, non trovandola
tuttavia.
Nessun
messaggio, nessuna chiamata persa o non sentita.
Neanche un misero
sms da Paul. Niente di niente.
Sbuffo
sconsolata.
Nessuno mi ha cercata, ma d’altronde saranno tutti
in giro o impegnati a girare qualche scena sul set. Dove vorrei
essere anche io e, invece, sono obbligata a stare rinchiusa in
camera.
Scorro la rubrica velocemente.
Mi fermo poi sul numero
di mia madre indecisa, soppesando l’idea di chiamarla per
fare
almeno due chiacchiere per abbandonarla infine del tutto del
tutto.
Sono ancora troppo innervosita.
Inoltre non potrei
neanche sfogarmi del tutto, raccontandole quello che è
accaduto,
senza farla preoccupare cosa che decisamente non voglio.
Ansiosa
com’è la farei solo impensierire.
- Benissimo, non mi resta
altro che restare chiusa qui dentro a morire di noia e solitudine
–
sbuffo ancora, incrociando le braccia al petto.
Un bussare
sommesso alla porta mi distrae, però, dalle mie
elucubrazioni
qualche secondo dopo.
Lanciando un’ultima occhiata
disattenta alla grassoccia signora dai capelli rossi che inveisce
contro il marito, scendo dal letto.
Spero solo non sia qualche
petulante cameriere inviato dagli sceneggiatori per vedere se sono
realmente in camera.
O peggio Paul, sbarro leggermente gli
occhi.
Gli voglio davvero un bene dell’anima ed è come un
fratello, ma si trasforma quando è preoccupato.
Diciamo pure
che diventa una sorta di assillante stalker iperprotettivo con
improvvise manie compulsive da medico. Tanto per rendere
l’idea.
Strisciando stancamente i piedi e starnutendo
ripetutamente arrivo fino alla porta, aprendola di malavoglia con una
torsione del polso.
Davanti mi ritrovo Ian, un abbraccio
appoggiato al muro con seducente nonchalance e il solito look total
black a fasciargli armoniosamente il corpo.
Alza lo sguardo
cristallino su di me incontrando il mio, vagamente lucido.
-
Un uccellino mi ha detto che ti hanno cacciata dal set - esordisce
canzonatorio, senza neanche salutarmi. Tipico suo.
Arriccio le
labbra contrariata, decisamente non sono per nulla di buon umore per
scherzare con lui.
Mi sorride sornione, provocandosi l'attimo dopo
uno sguardo torvo da parte mia.
Incrocia le braccia al petto
appoggiandosi allo stipite della porta squadrandomi da capo ai
piedi.
- Carino - afferma ironico, vedendo che non ribatto
come al solito, verso il mio pigiama rosa con stampata sopra la
faccia sorridente di Minnie.
Non molto bello, ma decisamente
caldo. E poi ho sempre saputo il pessimo gusto di mia cugina nel fare
i regali di Natale. Davvero pessimo
Appoggio il fianco alla porta,
incrociando le braccia al seno nella sua esatta posizione
speculare.
- Cosa ti ha detto Paul? - mormoro svogliatamente,
decidendomi finalmente a parlare e percependo la gola andare a
fuoco.
- Chi ti dice che sia stato lui? - mi stuzzica subito
Ian, un brillio di divertimento a rendere ancora più vivaci
gli
occhi azzurri.
Ammicca poi verso di me con un altro sorriso, non
capendo evidentemente che non ho davvero voglia di scherzare oggi.
Lo
fisso cupa, arricciando le labbra in uno sbuffo per quel suo essere
così infantile assumendo una posa ostile.
Si morde un labbro -
cosa che, se non fossi irritata a morte, mi manderebbe gli ormoni in
giubilo - cercando di trattenere le risate.
Un accenno di riso
sfugge tuttavia dalle sue labbra serrate a forza, trasformandosi
quasi in uno soffio ilare.
Come se poi non sapessi che è
stato lui! Phmf.
Paul ha il vizio di essere troppo buono e
chiacchierone e basta poco per farlo parlare.
Inoltre Ian è
dannatamente bravo a trovare il modo di farsi dire qualcosa,
soprattutto se lo incuriosisce.
Continuiamo a fissarci in
silenzio, lui divertito e io indispettita.
- Come lo hai
corrotto, sta volta? - interrompo il nostro gioco di muti sguardi.
-
Non ce ne è stato bisogno, me lo ha raccontato di sua
volontà -
finge un atteggiamento superiore.
Faccio una smorfia scettica,
davvero dubbiosa. Certo come no e io sono Babbo Natale!
- E
poi io non corrompo la gente, sono loro che si aprono volontariamente
con me - puntualizza piccato agitando un dito davanti al mio naso.
-
Cos’altro ti ha detto? – lo fisso malamente e
corrucciata.
-
Che sei quasi svenuta mentre giravate una scena - svuota il sacco
lui, il volto inclinato nella mia direzione e uno sguardo non molto
amichevole. Ora non è più divertito, mi mordo le
labbra.
-
Phmf - sbuffo, per la sua mania di ingrandire le cose, facendo un
gesto vago con la mano - Ho solo avuto un piccolo giramento di testa
- minimizzo con una alzata di spalle.
Adesso è il suo turno di
guardarmi male. Decisamente male.
- Piccolo giramento? -
chiede sarcastico, la voce pericolosamente pacata.
Ahia, non è
per nulla un buon segno.
Con un’unica falcata entra nella
camera, fermandosi al mio fianco e chiudendo la porta con una piccola
spinta della mano.
- Mi ha anche detto che ti ha dovuto
prendere al volo per non farti finire a faccia a terra - continua,
rimproverandomi.
Sbuffo nuovamente. Paul gli ha decisamente detto
troppo.
Evidentemente il “ non azzardarti a dirlo a
nessuno”
che gli ho ringhiato contro mentre marciavo via indiavolata non
è
stato recepito a dovere.
- Non è assolutamente vero - ribatto
ostinata in un ultimo atto eroico di negare l’evidenza,
mentre un
tremito improvviso mi attraversa facendomi rabbrividire, come a
smentirmi.
Tiro le maniche della maglia cercando di coprirmi
maggiormente le mani gelide, percependo il suo sguardo infuocato su
di me.
- Quindi non è vero che hai avuto un mancamento e che
ti hanno dato la giornata libera? - mormora accusatore,
pericolosamente vicino a me.
Riesco distintamente a percepire il
suo respiro sulla mia guancia.
- Non me l’hanno data, me
l’hanno imposta - preciso spazientita , mentre il nervoso
torna a
farsi sentire per quell’ingiustizia, alzando leggermente il
volto
per guardarlo orgogliosa.
Non mi è ancora andata giù e, visto
quanto sono permalosa, ci vorranno ancora molti giorni.
- Te
l’hanno imposta perché tu sei stata
così ostinata dal voler
rimanere comunque nonostante stessi male , senza dire niente a
nessuno!- mi fulmina con gli occhi, arrabbiato, sostenendo il mio
sguardo per nulla intimorito.
Mi imbroncio, riservandogli
un’occhiata risentita assottigliando lo sguardo.
Forse era
meglio Paul e la sua apprensione, a sto punto.
Ci fissiamo
torvamente, sfidando l’altro ad abbassarlo per primo.
-
Avete entrambi troppe manie di ingrandire le cose….- mormoro
immusonita abbandonando momentaneamente il piede di guerra.
-
Tu invece sei cocciuta- afferma ammorbidendo leggermente il tono di
voce. Ora è meno duro, più carezzevole.
-…. E sei anche
melodrammatico- continuo non distogliendo lo sguardo dal suo.
-
E tu testarda- non demorde, inclinando il viso di lato e sorridendomi
lievemente.- Tremendamente testarda-
Sospira, l’alone del
sorriso ancora sulle labbra, togliendosi la giacca e lanciandola
sulla poltrona vicino alla porta.
Mi mordo l’interno del labbro,
pensando quanto sia lunatico: un attimo prima è arrabbiato
quello
dopo allegro. In questo tremendamente simile al suo personaggio.
Lo
sorpasso e mi avvicino al letto lasciandomici cadere seduta.
Mi
sfrego gli occhi con il dorso della mano mentre un senso di
spossatezza mi assale improvviso.
La testa ha ripreso a pulsare
,facendomi quasi sentire intontita.
- Come stai? - mi chiede
un attimo dopo sedendosi al mio fianco , le nostre spalle a
sfiorarsi.
- Seriamente - continua più dolce voltando il viso
verso di me.
Mi inchioda con uno sguardo attento a cui non so
sfuggire. A cui non voglio sfuggire, probabilmente.
- Bene -
alzo le spalle , schiarendomi la gola.
Aggrotta le sopracciglia
facendo una smorfia per nulla convinto di quello che ho detto,
continuando a sondarmi.
Due labbra fresche e morbide si posano
sulla mia fronte, senza quasi che me ne accorga.
Mi irrigidisco a
questo contatto inaspettato e quanto mai piacevole mentre sento il
sangue affluirmi prepotentemente alle guance. Il battito del mio
cuore diventa ancora più accelerato e la testa ora pulsa
più forte
.
Sento le sue labbra indugiare sulla mia pelle, in netto
contrasto con il calore alterato del mio corpo.
Si allontana dopo
qualche secondo guardandomi interdetto , quasi preoccupato.
-
Sei calda, sicura di non avere la febbre?- mi chiede subito,
spostandomi una ciocca di capelli e riportandola dietro
l’orecchio.
Mi mordo colpevole il labbro inferiore.
-Ho
solo un po’ di temperatura- sussurro , decidendo di dirgli
una
mezza verità – Devo aver preso un po’ di
freddo -. Non voglio si
preoccupi per un po’ di semplice
febbre.
Continua a fissarmi
per nulla sicuro , sondandomi con lo sguardo .Si volta dopo qualche
secondo alla ricerca di non so cosa.
Solo quando punta gli occhi
sull’aggeggio colorato sul comodino capisco cosa sta
cercando: il
termometro.
- Misura- mi ordina senza tanti giri di parole con
un’occhiata perentoria , porgendomelo.
Evidentemente non ha
capito che oggi non è il giorno giusto per darmi ordini, non
sono ne
dell’umore per controbattere ne ho le forze fisiche per farlo.
-
L’ho già fatto e come ti ho detto ho solo un
po’ di temperatura-
mi innervosisco, sfidandolo con lo sguardo a ribattere.
Oggi basta
niente per farmi innervosire, dev’essere
l’influenza.
-
Ora - allarga leggermente gli occhi azzurri ,assomigliando a una
versione stizzita di Damon .
Lo afferro roteando gli occhi al
cielo e sbuffando.
Me lo sistemo sotto la maglietta in attesa che
suoni sicura che darà ragione a me tanto.
Neanche qualche minuto
di silenzio, che il bip acuto ci avvisa che ha finito. Lo tiro fuori
ma non faccio neanche in tempo a guardare il display che me lo
strappa delle mani.
- Ma si fa pure- mormoro stizzita
allargando le braccia.
Non solo mi impone di misurarmela ma poi
non me lo fa neanche vedere!
- Solo un po’ di temperatura,
eh?- mi fulmina con lo sguardo, inarcando minaccioso un sopracciglio
scuro.
Mi fa oscillare davanti al naso il termometro che segna
inaspettatamente trentotto e mezzo di febbre.
Quasi sbianco
vedendolo. Non mi aspettavo di averla così alta, nemmeno
mezz’ora
fa era solo poco più di trentasette.
- Mettiti a letto -
afferma e questa volta non sembra un ordine ma più un invito.
Senza
fare tante storie, anche perché so che se no mi
obbligherebbe, mi
infilo sotto le coperte che lui tiene alzate.
Mi sistemo meglio al
centro del letto ,affondando nel cuscino mentre lui si accomoda al
mio fianco sporgendosi leggermente in avanti per sistemarmi
delicatamente le coperte fin sotto il mento.
- Bambina cattiva
- mi apostrofa malizioso , con un sorriso ammiccante in netto
contrasto con la dolcezza del gesto appena compiuto.
Gli sorrido
debolmente non trovando nessun altro modo per ringraziarlo. Si
appoggia alla testiera del letto con la schiena allungando le gambe e
fissando la televisione.
Si volta verso di me sorridendomi
-Cosa
stavi guardando?-
*************************
Mi
sveglio d’improvviso ritrovandomi seduta al centro del letto,
le
coperte scalciate in un angolo e un movimento leggero al mio
fianco.
Il cuore mi batte furioso nel petto rimbombandomi
prepotentemente nelle orecchie con uno fastidioso rombare.
Mi
porto d’istinto una mano al collo, massaggiandolo. La
sensazione di
soffocamento però rimane.
Respirando affannosamente mi guardo
intorno con occhi sbarrati e impauriti , cercando di riconoscere i
contorni sfocati del luogo in cui mi trovo.
Sbatto
un paio di volte le palpebre riconoscendo finalmente il familiare
mobilio della mia stanza.
E’ camera mia, mi ripeto mentalmente
cercando di calmarmi .
Una fitta lancinante alla testa mi fa
socchiudere gli occhi, ricordandomi il movimento troppo brusco e
avventato appena fatto. Stringo gli occhi, sperando che quel dannato
pulsare scompaia.
Un braccio scivola morbido intorno alla mia
vita facendomi sobbalzare bruscamente.
Mi volto allarmata trovando
davanti solo il volto di Ian .
Sospiro, socchiudendo un attimo gli
occhi ma continuando tuttavia ad avere il respiro affannoso.
Lui
mi fissa con le sopracciglia aggrottate, rafforzando la presa sui
miei fianchi.
-Era solo un incubo- mormora con la voce roca e
i capelli corvini scompigliati.
Doveva essersi addormentato anche
lui.
Annuisco lentamente, con ancora il battito furioso.
Mi
avvolge ancora di più con le braccia forti avvicinandomi al
suo
corpo caldo.
E io mi lascio avvolgere dal suo calore così
confortante ; appoggio la guancia nell’incavo del suo collo
stringendo involontariamente fra le dita il tessuto morbido della sua
maglietta.
Quasi completamente appoggiata a lui, chiudo gli
occhi deglutendo a fatica per la gola secca.
Sfrego
impercettibilmente la guancia contro la sua spalla, inspirando il suo
profumo.
È forte, di quel genere che rimane nell’aria anche
dopo che lui è passato , ma non è pesante anzi
è una fragranza
piacevole. Afrodisiaca.
La sua mano fresca si posa sulla mia
fronte , scostandomi delicatamente i capelli sudati.
Socchiudo gli
occhi godendo del sollievo che questo tocco mi provoca, che il suo
tocco mi provoca.
Il pulsare è scemato miracolosamente in un
lieve fastidio.
Lo fisso di sfuggita da sotto le ciglia scure,
incontrando il suo sguardo chiaro preoccupato.
- Sei ancora
calda - sospira inclinando il volto senza smettere di guardarmi
preoccupato.
Le sue dita mi sfiorano la tempia scendendo sulla
guancia prima di concludere la loro discesa.
Torna a sdraiarsi
trascinandomi lentamente con se.
Mi ritrovo avvolta nel suo
abbraccio morbido , la guancia appoggiata sulla sua spalla.
I
nostri corpi così piacevolmente vicini. Mi sistema meglio le
coperte, senza tuttavia lasciarmi andare.
Nonostante la febbre
alta la mia mente non riesce ad esimersi ad avere pensieri poco casti
su di lui. E’ più forte di me.
- Mi dispiace di averti
svegliato - mormoro rompendo il silenzio.
- Non fa niente -
risponde poco prima di sbadigliare.
- Cos’hai sognato? - mi
domanda Ian, curioso.
- Non me lo ricordo - mento.
Non
voglio sembrare certo una bambina che si spaventa per un incubo
infantile.
- Che ore sono?- chiedo ,cambiando discorso.
-Le
dieci meno venti- allunga il collo verso il comodino guardando la
radio sveglia.
Annuisco socchiudendo gli occhi, godendo della
beatitudine di questo contatto.
- Hai fame ? Ti ho preso
qualcosa da mangiare giù- mi chiede premuroso , io scuoto la
testa
in segno di diniego.
– Ah, Paul ti manda questo – afferra
qualcosa dal pavimento mostrandomi qualche istante dopo un
sacchettino bianco con il logo della farmacia – La farmacista
gli
ha detto che questo sciroppo fa miracoli- mi riporta con tono
scettico, crede molto di più nei metodi naturali lui.
Ridacchio
lieve per la sua smorfia dubbiosa, rabbrividendo per un improvviso
brivido.
Ed evidentemente se ne accorge anche Ian.
- Hai
freddo? -mi chiede infatti.
- Un po’- ammetto in un sussurro
imbarazzato.
Mi tira di più verso il suo corpo caldo, facendo
aderire completamente il mio petto al suo fianco.
Afferra poi le
mie mani gelide fra le sue sfregandole lievemente nel dolce tentativo
di scaldarle.
Con il pollice disegna cerchi concentrici ed
immaginari sull’interno del mio polso, facendomi rabbrividire
, sta
volta decisamente per altri motivi.
Chissà come devono essere le
sue carezze in altri punti del corpo, è il pensiero
immediato che
attraverso la mia mente.
Arrossisco subito, imbarazzata dal mio
stesso pensiero dandomi mentalmente della stupida.
Come diavolo è
possibile che un secondo prima io abbia dei pensieri assolutamente
spinti su di lui e quello dopo io mi imbarazzi per una semplice
carezza?
Lui continua a disegnare figure inesistenti sul palmo
della mia mano.
- Vuoi che accenda la televisione?- rompe il
silenzio.
- No, comunque se vuoi puoi anche andare- affermo
mentre l’improvviso pensiero che lui si stia annoiando mi
assale.
Non voglio certo obbligarlo a restare.
- Mi stai
forse cacciando?- ridacchia scherzoso , fingendosi offeso
-
Intendevo che se hai di meglio da fare non voglio certo trattenerti-
mi spiego meglio.
In questo momento vorrei tutto tranne che se
ne andasse ma non voglio certo annoiarlo, d’altronde stare
con una
malata non è certo il massimo della gioia.
- Non ti preoccupare ,
non mi sto annoiando. Mi fa piacere restare.- afferma leggendomi
quasi nel pensiero. – Certo , sempre che tu voglia-
-Certo che
voglio- ribatto io, forse con fin troppa enfasi
- Meno male,il
tuo letto è molto più comodo del mio- scherza,
facendomi
ridacchiare.
- Quindi mi stai solo sfruttando , eh?-
ribatto.
-Ovviamente , baby- ride anche lui appoggiando la
guancia sui miei capelli.
Restiamo in quella posizione ,
avvolti nel buio della camra mentre fuori la pioggia ticchetta sui
vetri della portafinestra.
-Guarda che così ti prenderai
anche tu la febbre- mormoro mentre il sonno torna a farsi
sentire.
-Vorrà dire che allora tu mi farai da infermiera-
dice malizioso.
Già con gli occhi chiusi e un semi sorriso sulle
labbra , gli tiro un debole pugno fra le costole provocando la sua
risata.
Sospiro lasciando che Morfeo mi accolga fra le sue
braccia,con la consapevolezza che il battere furioso del mio cuore
non è dovuto solo alla febbre.
Note:
Salve
a tutti!!
Come va?
Allora
questa è in assoluto la prima storia che scrivo su questa
coppia
fantastica e, sinceramente, non so neanche come mi sia uscita. Spero
che però vi sia piaciuta .
Direi
non c’è molto da dire se non che spero di leggere
al più presto i
vostri commenti.. alla prossima.
Besos,
Live in Love
Per
chiarimenti o domande mi trovate qui : Twitter
Salve!
Vi lascio il link di una mia storia originale che ho iniziato, fateci
un salto se vi va! ci terrei molto a sapere il vostro parere;) RITRATTO
DI TE
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** Sick mind ***
ATTENZIONE: Qui trovate video trailer della ff fatti da
MISSDELENA97 TRAILER
1 TRAILER
2 TRAILER
3
TRUE
LOVE
– VERO AMORE
CAPITOLO
2
SICK
MIND
I
miei fianchi vengono a contatto con il legno lucido del mobile mentre
i libri , che prima vi erano sopra , vengono buttati a terra
violentemente.
Probabilmente
si saranno anche rovinati ma in questo momento è
l’ultima cosa che
mi interessa.
I
suoi gesti , apparentemente lenti , nascondono una mal celata urgenza
nello spingermi a sedere sopra di esso e io obbedisco docile troppo
presa dal contatto delle sue mani calde sui miei fianchi, lasciandomi
sovrastare dal suo corpo.
Istintivamente
allargo le gambe , permettendogli di accomodarvisi in mezzo.
Un
sospiro accaldato , che non riesco più a trattenere , sfugge
dalle
mie labbra arrossate , percependo le sue indugiare sulla mia gola.
Continuano
poi la loro discesa , morbide, scendendo fino alla base del mio collo
, indugiando poco sopra la clavicola.
Mi
inumidisco le labbra con la lingua , cercando di alleviare la voglia
di farle scontrare con le sue.
Quel
dannato fastidio misto a piacere che è l’attesa di
un contatto più
diretto però non si placa, portandomi a sfregare frustata le
gambe
fasciate ancora dai jeans scuri sui suoi fianchi.
Ansimo
più forte per un suo improvviso, leggero morso subito
però lenito
dalla carezza lieve delle sue labbra , inclinando la testa indietro,
i capelli a sfiorare la superficie su cui sono ormai semi sdraiata.
Decidendo
che questa posizione passiva non mi si addice poi molto mi aggrappo
al colletto nero della sua camicia, facendo leva sulle braccia e
issandomi alla sua altezza, i nostri toraci a sfiorarsi.
Ora
va indiscutibilmente meglio, penso mentre percepisco sul collo il suo
respiro accelerare d’improvviso.
Le
sue mani vagano sulla mia schiena fino ad arrivare alle spalle per
poi riscendere e accarezzarmi con tocchi lenti e languidi il ventre.
È
il mio turno di respirare in modo frettoloso quando le sue dita
arrivano a sfiorare la base del mio seno. È solo un
accarezzare però
visto che poi riscendono
velocemente per attirarmi più vicino al
suo copro accaldato.
Sospiro
compiaciuta intanto che i palmi aperti delle mie mani vagano sui suoi
pettorali, saggiandone la consistenza soda. Decisamente soda.
Mi
mordo un labbro , torturandolo con i denti, cercando di reprime i
gemiti e socchiudendo gli occhi deliziata dalle sue attenzioni.
Abbandono
il suo corpo solo per aggrapparmi con entrambe le mani alle sue
larghe spalle , i nostri bacini a contatto ora.
Sfrego nuovamente
le gambe intorpidite contro i suoi fianchi cercando di trovare in
minima parte sollievo, richiamando la sua attenzione.
Ora
i nostri visi sono alla stessa altezza e poco distanti , tanto che i
nostri nasi quasi si sfiorano.
Mi
fissa con gli occhi scuriti ed illanguiditi dal desiderio , puntando
poi la sua attenzione sulle mie labbra .
Rialza
lo sguardo e per un breve attimo lo fa scontrare con il mio , prima
di porre fine a quella irritante distanza fra le nostre labbra.
D’istinto
affondo una mano fra i suoi capelli, accarezzandogli la nuca con le
dita mentre le mie labbra saggia la consistenza delle sue.
Facendo
scontrare il suo petto con il mio mi sbilancia indietro di nuovo e io
per non rischiare di cadere e rompere il contatto sono costretta ad
appoggiarmi su
un gomito con l’unico braccio libero che ho.
La
voracità del bacio ci lascia poco ossigeno in pochi secondi
costringendoci ad allontanarci temporaneamente per prendere una
quantità aria minima almeno per non soffocare.
Neanche
un attimo però che le sue sono già sulle mie.
Vi
state chiedendo come mi ritrovo sdraiata su un mobile eccita e su di
giri con il corpo di Ian addosso , vero? Semplice, è
incominciato
tutto questa mattina.
***************************
Saltello
allegra per la stanza facendo ondeggiare i capelli sciolti e lo
spazzolino in bocca , mentre improvviso un balletto sulle note di I
gotta feeling dei Black Eyed Peas , raggiungendo la porta.
-
Som!- mormoro sorpresa ritrovandomi Ian davanti, sorridente.
Pensierosa
aggrotto le sopracciglia togliendomi momentaneamente lo spazzolino
dalla bocca.
-
Non ci dovevamo vedere giù fra mezz’ora?- gli
domando confusa.
Magari
ho sbagliato orario.
-
Si , ma mi annoiavo – afferma con un’alzata di
spalle noncurante,
come se quella fosse una risposta più che ovvia, entrando in
camera
mia.
-
E così hai pensato di venire a rompere le scatole a me- lo
rimbeccò
ridacchiando e chiudendo la porta.
Mi
dirigo in bagno senza fare gli onori di casa, tanto conosce questa
stanza meglio di me ormai visto tutte le volte che
c’è stato.
-
Ascolti ancora questa canzone?- mormora tra il meravigliato e
l’accigliato indicando lo stereo e buttandosi senza tante
cerimonie
sul mio letto, appena fatto
oltretutto.
-
Si , perché?- urlo dal bagno sciacquandomi la bocca e
finendo di
lavarmi i denti.
-
Come “perché”?-lo sento rispondere
dall’altra stanza – E’
almeno un anno che non ascolti altro-
-
Non è vero- ribatto divertita, asciugandomi con
l’asciugamano.
Canticchiando
a mezza voce torno in camera, continuando a muovermi a tempo di
musica.
Sono
troppo di buon umore per prendermela per le sue critica sui miei
gusti musicali.
Oggi
infatti ricominciano le riprese della seconda stagione della serie.
In
verità abbiamo già iniziato da qualche giorno a
girare le prime
scene della prima puntata ma erano solo scene di circostanza o
marginali.
Oggi
inizia l’azione, penso allegra.
-
Ma non ti sei ancora stufata?- afferma realmente stupito, issandosi
sui gomiti per guardarmi spensierato.
-
E’ bella- mormoro semplicemente con un’alzata di
spalle ,
trovando in quella risposta un’estrema verità.
Mi
lascio cadere anche io sul letto , al suo fianco.
Tanto
è ancora presto per andare sul set.
-
E poi mi aiuta a rilassarmi- gli spiego voltando il volto verso di
lui, trovandolo ancora semi sdraiato a fissarmi con un sorriso
stampato sulle labbra.
Come
al solito mi perdo ad osservare lo squisito contrasto tra i capelli
corvini e gli occhi cerulei o tra il taglio morbido delle labbra e
quello più marcato e duro della mascella.
-
Se è questo il problema ci sono molti altri modi per
rilassarsi ,
sai? E alcuni di questi sono anche estremamente piacevoli-
sussurra malizioso lanciandomi un’occhiata ambigua e
inclinando il
volto leggermente verso destra, come ogni volta che fa quel tipo di
battutine.
Indignata
gli dò un pizzicotto sui fianchi, facendolo ridere.
-
Porco –
-
Parlo per esperienza guarda- si difende lui ridendo e facendomi
alzare gli occhi al cielo fintamente contrariata per quel suo essere
sempre così allegro e di buon umore, cosa che adoro.
Si
lascia cadere sul materasso con un piccolo rimbalzo.
Continuiamo
a ridere e scherzare mentre le note della canzone sfumano lasciando
il posto ad un'altra.
-
Ho lasciato Megan - afferma di punto in bianco mentre io sto ancora
ridendo convulsamente per la sua ultima battuta.
Mi
ammutolisco all'improvviso.
-
Cosa? – chiedo convinta di aver capito male.
Ha
per caso detto che si è lasciato con Megan? No, devo aver
capito
male, sicuramente.
-
Ho lasciato Megan – ripete tranquillo , come se stesse
parlando del
più o del meno e non della sua vita sentimentale.
Con
gli occhi sbarrati per la sorpresa fisso il vuoto davanti a me, quasi
a bocca aperta .
Decisamente
, questa è l’ultima cosa che mi sarei aspettata di
sentirmi dire.
Anche una proposta di matrimonio in questo momento mi sarebbe
risultato meno
sconvolgente.
No
, vabbe , magari neanche quella.
Deglutisco
preparandomi già mentalmente a trovarmi il suo sguardo
ferito e
tormentato davanti .
E
non so neanche io come mi ritrovo a pregare qualsiasi
divinità
esistente di non dovermi sorbire un suo monologo sul
“come” e il
“perché” si sono lasciati.
Decisamente
non riuscirei a sopportarlo.
Con
un sospiro affranto trovo il coraggio e mi volto, finalmente.
Lui
è ancora nella stessa esatta posizione di prima, braccia
incrociate
dietro la testa e occhi puntati sul soffitto.
-
Mi dispiace – mi sforzo di dire, cercando di apparire
quantomeno
dispiaciuta.
Una
buona amica infondo dovrebbe esserlo. Appunto, dovrebbe.
In
teoria anche lui dovrebbe esserlo visto che si è appena
lasciato con
la sua ragazza storica, noto accigliata, ma non sembra per nulla
tale.
Gli
occhi sono lo specchio dell’anima. Mi ricorda una vocina
fastidiosa
dentro di me, forse a mia coscienza.
E
sono proprio quelli che ho paura di incontrare , magari pieni di
dolore e tristezza.
Sarebbe
un vero colpo basso.
-
Oh , non devi . Era la cosa migliore da fare.- si volta anche lui a
fissarmi, la guancia su cui c’è un leggero strato
di barba scura.
E
quello che mi trovo davanti non è assolutamente
ciò che mi sarei
aspettata. Per niente.
Ha
uno sguardo limpido e sereno, l’espressione calma e rilassata
come
al solito.
Non
sembra per nulla sconvolto o turbato. In verità , sembra il
solito
scherzoso e affascinante lan.
Però
magari è solo bravo a mascherare le sue emozioni reali,
penso
rammaricata.
In
fondo è un attore, fingere è il suo mestiere.
Lo
fisso in silenzio, non sapendo decisamente cosa dire.
Mi
limito solo a guardarlo. Lascio che i miei occhi scuri incontrino i
suoi chiari e limpidi.
-
Ormai era finita da tempo- afferma in un sussurro senza distogliere i
suoi occhi dai miei, i capelli corvini a solleticargli la fronte.
Sospiro,
realizzando quanto quel dolore non trovato in fondo ai suoi occhi e
quel mezzo sussurro mi riempiano di sollievo. Piacere , quasi.
Per
fortuna a rompere il silenzio ci pensa lui, se no non avrei saputo
proprio cosa dire .
-
Andiamo?- mi domanda col sorriso sulle labbra alzandosi e porgendomi
una mano per fare altrettanto.
L’afferro
e , dopo aver preso la borsa, usciamo dalla stanza.
E
mentre siamo in ascensore lo fisso di sottecchi da sotto le ciglia
scure.
Lui
tranquillo fischietta non so quale melodia a mezza voce.
No
, non sembra per nulla turbato.
E
il mio cuore fa un’inaspettata capriola a questo pensiero.
******************************
Divertita
ridacchio all’ennesima battuta di Steven e Paul, mentre
Candice
saltella un po’ ovunque allegra chiacchierando e ridacchiando
con
tutti.
Mi
era mancato tutto questo in questi mesi lontano dal set.
Un
mano si posa improvvisamente sulla mia spalla e dei fogli bianchi mi
precludono la vista .
Alzo
il capo trovandomi davanti il volto sorridente di Kevin.
-
Ecco a voi i copioni ragazzi- ce li porge allegro insieme
all’orario
della giornata.
Fin
troppo contento forse rispetto alla sua solita espressione cupa e
introversa.
Lo
afferro fulminea sfogliandolo avida e dandogli una prima , veloce,
occhiata .
-
Ci sono colpi di scena?- mormoro subito eccitata come una bambina al
lunapark,con ancora lo sguardo perso fra le righe battute al computer
-
A quanto pare torna a fare la sua comparsa la malefica Katherine!- mi
risponde Paul anche lui con il naso affondato fra i fogli mentre
Kevin annuisce vigorosamente come conferma.
-
Ci sono un paio di scene molto interessanti- afferma con un ampio
sorriso, rimanendo però sul vago.
-Tipo
accoltellamenti e combattimenti?- chiedo frizzante ed esaltata,
stringendo al petto il copione.
-
Può darsi- mormora enigmatico con un sorrisino e per un
attimo mi
sembra quasi di scorgere una luce sadica e compiaciuta nei suoi
occhi.
-
Dai dammi qualche indizio- quasi piagnucolo appendendomi al suo
braccio e pregandolo.
-
Ci sarà anche del pizzo-
Compiaciuta
batto le mani. Le scene in costume mi sono sempre piaciute, adoro
quei vestiti antichi e pieni di pizzo.
-
Sei un genio! Grazie!- affermo allegra non vedendo l’ora di
girare
, dandogli un bacio di riconoscimento sulla guancia.
Non
sapevo ancora che di lì a qualche ora non l’avrei
pensata
esattamente così.
Non
sapevo ancora che non era esattamente dello stesso
tipo di
abbigliamento che stavamo parlando.
*************************
Con
occhi sbarrati e allucinati fisso la mia immagine riflessa nella
specchio.
La
pettinatrice se né è andata indispettita qualche
minuto fa visto
che non la smettevo di passarmi le mani fra i capelli rovinandole il
lavoro.
L’immagine
mi rimanda una ragazza dai capelli mossi e dagli abiti provocanti.
Una perfetta Katherine, insomma. Certo ,peccato per quello sguardo
impaurito
decisamente non da lei.
Sospiro
tesa afferrando una ciocca riccioluta e iniziando a fare avanti e
indietro per la piccola stanza.
Perché
mi trovo in questo stato nevrotico?
Semplice
, tutta colpa di Kevin. Avrei dovuto immaginare che quel suo mezzo
sorriso malefico avrebbe portato solo guai.
Neanche
mezz’ora fa , sprofondata nel piccolo divano e nelle
solitudine del
camerino ho sfogliato il copione , iniziando a imparare le battute.
Sulle
prime niente da dire tutto normale , solite cose.
I
guai veri sono iniziati dopo , quando alle battute si sono sostituite
le scene fisiche.
Ho
scoperto che devo girare una scena in cui devo saltare addosso ad
Ian. O meglio Katherine deve saltare addosso a Damon.
E
non è finita qua entrambi saremo mezzi nudi.
Ora
capirete anche voi che questo non è decisamente salutare per
la mia
mente visto i miei ormoni poco mansueti.
Nervosa
e ansiosa mi stropiccio le mani , maledicendo la mente malata e
perversa di Kevin.
Neanche
lo yoga , che ho provato a fare qualche minuto fa, ha dato i suoi
frutti. Niente sembra calmarmi in questo momento.
Ok,
Nina chiudi gli occhi e fai un profondo respiro.
Se
stai lucida e mantieni la calma non succederà nulla.
Certo ,
come no! Sbuffo riaprendoli senza essermi calmata nemmeno un
po’.
Perché sono così agitata? Me lo sto chiedendo
anche
io.
Infondo
è una scena come un’altra e chiunque sarebbe
felice di stare
appiccicata ad uno come Ian.
Tutti
tranne me, a quanto pare.
Mi
do mentalmente della stupida ridacchiando istericamente da sola ,
come una pazza.
Sembra quasi che io abbia paura di girare
questa scena.
Un
leggero bussare alla porta , che mi fa sobbalzare violentemente, mi
avvisa che è ora di andare.
Mi
do un ‘ultima occhiata allo specchio e poi mi avvio fuori.
Il
cuore che batte furioso nel petto e le mani tremolanti per la paura.
Ciak,
azione.
Salve
gente!! Come va?
Troverete
il seguito di questo capitolo la prossima volta perché
è venuto più
lungo di quanto credessi e così per evitare che diventasse
un
“mattone” ho preferito tagliarlo in due parti...
Come
si capisce questo momento è da collocare
all’inizio delle riprese
della seconda stagione e le cose si stanno leggermente
evolvendo…
I
pensieri di Nina dell’ultima parte sono volutamente un
po’
confusi anche se spero che abbiate capito lo stesso.
Nel
prossimo capitolo compariranno anche gli altri personaggi ..
Vi
ringrazio enormemente per le 5 ( Cavolo e io che pensavo non sarebbe
neanche piaciuta come storia!) che mi avete lasciato e a cui
risponderò tra poco, dopo aver postato il capitolo. Un
enorme grazie
anche ai lettori silenziosi!!
Allora
vi vorrei parlare di una cosa : vorrei creare una grafica per questa
storia ma dato che sono negata nel graficare se qualcuno vuole
crearla mi farebbe molto piacere… se siete interessati
contattatemi
!
Direi
che non c’è molto altro da dire se non che spero
che il capitolo
vi piaccia…se vi va lasciatemi un commentino….
Live in
Love , a presto.
Per
chiarimenti o domande mi trovate qui : Twitter
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** Light My Fire ***
ATTENZIONE: Qui trovate video trailer della ff fatti da
MISSDELENA97 TRAILER
1 TRAILER
2 TRAILER
3
TRUE
LOVE
– VERO AMORE
CAPITOLO
3
Light
my Fire
Odio
stare seduta sul set a non far niente, mi innervosisce e in questo
momento è decisamente l'ultima cosa di cui ho bisogno visto
che sono
così nervosa da farne scorta per i prossimi sei anni.
-
Nervosa? -
Sobbalzo
spaventata, voltandomi poi alla mia destra.
Paul
mi sorride divertito, sedendosi al mio fianco sulla sedia blu rimasta
libera.
-
Per nulla – mormoro noncurante , fingendo di leggere le
battute che
ormai so a memoria.
Anche
perché sono poche, per lo più gemiti e sussurri
quindi....
Mi
irrigidisco a quel pensiero. Uh, brava Nina è
così che cerchi di
calmarti?
-
Sicura ? Perché la tua gamba non sembra pensarla come te
–
insiste, inarcando scettico un sopracciglio scuro e indicando con un
cenno del capo la mia gamba irrequieta che nervosa continua a battere
sul pavimento in legno di casa Salvatore. La fermo subito, rendendomi
conto solo in quel momento del ticchio nervoso che ho assunto.
-
Sicurissima – riprendo a leggere, come se nulla fosse.
Una
mano si posa improvvisamente sul copione che ho in mano,
impedendomene la vista.
-
Nina? - mi richiama con una mezza risata .
-
Davvero Paul, sono tranquillissima – alzo lo sguardo su di
lui
sorridendogli.
Ogni
tanto le doti recitative tornano utili anche nella vita.
Lui
sospira , riservandomi un'occhiata sbiecamente divertita.
-
Ok – mormora perplesso – Ma stai leggendo il
copione al
contrario- mi fa notare prima di scoppiare in una risata
.
Arrossisco,
ma le mie guance si fanno ancora più rosse quando, in quel
medesimo
istante, incontro un paio di occhi cristallini.
Ian,
appena arrivato sul set, mi lancia un sorriso che sarebbe in grado di
sciogliere anche un iceberg.
Fa
per venire verso di me poi, ma la regista lo blocca per parlargli
-
Comunque, fingerò di crederci – afferma sarcastico
Paul ,
riportandomi alla realtà.
E
fa bene visto che non è assolutamente vero, ammetto almeno a
me
stessa.
Sono
nervosa, tanto.
Troppo.
Non
è da me esserlo.
Il
set è il mio habitat naturale, il luogo dove riesco a
esprimermi
meglio, eppure questa volta non è così.
Sono
arrivata con ben mezz'ora di anticipo e mi sono seduta su una sedia
pieghevole del regista, fingendo di leggere il copione. In
verità,
già dopo la prima riga di battute ho smesso realmente di
farlo,
lasciando che la mia mente vagasse qui e là in preda al
nervosismo.
Ho
passato tutto il tempo a passarmi le mani fra i capelli – con
grande ira della parrucchiera- e a rimuginare.
Mi
sento strana, quasi in ansia, nervosa, eccitata ed elettrizzata al
tempo stesso.; non ne capisco il motivo. Decisamente cosa non da
me.
Sospiro,
cercando di scacciare quel tumulto di sensazioni.
In
fondo è solo una scena, non c'è bisogno di essere
così nervosa; mi
convinco. O almeno ci provo.
Al
mio fianco sento Paul digitare frenetico sulla tastiera del suo
cellulare.
-
Torrey?- ipotizzò con un sorriso dolce, certa che sia lei.
Sono
così innamorati da passare ogni minuto al telefono o a
messaggiare ,
quando non sono insieme.
E
pensare che si sono visti ieri, ah l'amour!
-
Si, ti saluta – mormora preso dal messaggio che so essere
sicuramente melenso. - Ah, dice che non devi essere nervosa
perché
non ce ne è motivo- continua.
-
Le ho detto che eri un tantino in ansia per la
scena- risponde
poi alla mia occhiata assassina , allargando le braccia come per
giustificarsi.- E' la mia ragazza, è normale che le parli
dei miei
amici!-
Schiudo
le labbra, lucide del lucidalabbra preferito di Katherine, per
rispondergli di nuovo che no, non lo sono per nulla, quando un
turbine di capelli biondi e profumo di vaniglia mi travolge.
-
Scusate il ritardo, ma una folla di bambine urlanti mi ha bloccato
per una sessione intensiva di autografi al sangue - soffia Candice,
lasciandosi cadere seduta vicino a me nell'altra sedia libera.
Ridacchio
divertita della sua buffa espressione mentre mi stampa un bacio sulla
guancia come saluto.
-
Allora – si volta verso di me con un sorriso smagliante, un
po'
inquietante, che so portare nulla di buono – Nervosa?-
-
La piantate tutti con questa storia?- sbuffo alzando gli occhi al
cielo. - Non sono nervosa o in ansia o in procinto di una crisi di
nervi. Sono tranquilla e calma - cerco di sembrare il più
credibile
possibile nonostante l'espressione da pazza omicida.
Lei
mi fissa per alcuni attimi con gli occhi azzurri leggermente
sbarrati, esaminandomi con occhio critico.
-
Senza offesa eh, ma sei una pessima attrice – ridacchia
risoluta
lasciandosi andare contro lo schienale della sedia.- Quindi, buon per
te che non devi fingere più di tanto- continua schietta.
-
Mi stai implicitamente dando della stronza assassina?- ridacchio.
-
No - alza le spalle – Semplicemente sto dicendo che sei
così
nervosa perché sei attratta da lui-
-
Candice!- la riprende subito Paul, shockato quanto me da quello che
ha detto.
-
E non fare quella faccia scandalizzata! - mi riprende, puntandomi
minacciosa un indice contro – E' il tuo corpo che parla
chiaramente, Honey -
-
E
sentiamo, cosa ti direbbe
il mio corpo?
- cerco di prenderla
sul ridere ridacchiando nervosa, assomigliando sempre di più
ad una
pazza. O forse, semplicemente lo sono già.
-
Continui a passarti le mani fra i capelli e lo fai solo quando sei
nervosa. Ti mordi lebbra di continuo e non riesci a non smettere di
tamburellare con il piede sul pavimento- snocciola come se stesse
elencando le cose da comprare al supermercato.
-
Inoltre, continui a guardarti intorno come per cercare qualcosa , o
meglio qualcuno, chiaro segno che sei anche
elettrizzata-
sottolinea con un sorriso quasi felino – o dovrei dire
eccitata?-
trilla con voce squillante.
-
Candice !- mi affretto a riprenderla prima che dica qualcosa d'altro
di sconveniente.
Mi
guardo intorno allarmata che qualcuno possa averci sentito, ma , per
fortuna, nessuno sembra aver fatto caso a noi.
-
Comunque tornando a noi….Sei nervosa per questa scena, ergo
sei
attratta da lui- conclude la sua brillante tesi, con un sorriso
compiaciuto che diventa però una smorfia nel momento che sia
io che
Paul scoppiamo in una fragorosa risata.
-
Diglielo anche tu che è pazza - mi volto verso Paul con
ancora la
risata sulle labbra.
-
Un po’, in effetti- concorda con me.
-
Complimenti per la tesi Freud, ma sei totalmente fuori strada -le
dico poi sicura il suo sorriso compiaciuto tuttavia non si scioglie.
-
Non ci casco - afferma infatti , inchiodandomi con uno sguardo
risoluto.
-
Cosa vuoi sentirti dire? Che sono nervosa? Ok è vero, un po'
lo sono - ammetto dopo un secondo - ma non per il motivo che pensi
tu! - mi affretto subito a dire vedendo già un lampo di
soddisfazione nei suoi occhi vispi.
Prendo
un respiro, affondando di più nella sedia.
-
E' la prima scena che devo girare dopo mesi e per di più
sarò mezza
nuda in reggiseno davanti a trenta persone, è normale che lo
sia –
affermo, sentendo però inspiegabilmente qualcosa dentro di
me
protestare.
-
Continua a crederlo se ti fa piacere- sospira .- Ma sappi che prima o
poi il tuo corpo smetterà di sussurrare e
inizierà a urlare-
profetizza quasi con aria spirata.
-
Inizierà a urlare?- ripete Paul non
riuscendo a trattenere
una risata corposa che ci coinvolge.
-
Non è che Bonnie si è impossessata di te? - la
prende in giro.
Tuttavia
il suo cellulare inizia a squillare.
-
Scusate, ma..- indicata in cellulare con un cenno del capo.
-
Fammi indovinare... è Torrey?- lo prende in giro Candice
beccandosi
la sua occhiataccia prima di allontanarsi.
-
Tornando al discorso di prima - ricomincia a parlare, questa volta
più seria.- Non ci sarebbe nulla di male se ne fossi
attratta
veramente. Intendo andando oltre il suo bel faccino – mi
fissa
attenta, studiando la mia reazione.
-
Davvero Candice. Nulla va oltre un semplice e pura attrazione fisica-
affermo e la sensazione di protesta dentro di me torna nuovamente a
farsi sentire, ma faccio finta di nulla. Forse il pranzo saltato
inizia a farsi sentire.
-
Ok, va bene. Comunque se vuoi parlare io ci sono -
-
Grazie tesoro.- l’abbraccio.
-
Non vuoi sapere cosa penso del tuo compagno di recita?- mi chiede
maliziosa, ancora stretta nel mio abbraccio.
-
Magari dopo – ridacchio più leggera, alzandomi per
avviarmi sulla
scena.
Ride
anche lei, mentre la regista mi chiama.
-
Ah, Nina? - mi richiama.
-
Si? -
-
Come on baby, light my fire! -* canticchia la famosa canzone,
prendendomi in giro.
Le
tiro contro i pochi fogli del copione, tra l’imbarazzato e il
divertito.
-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*
-
Devi tirare leggermente qui – mi indica la costumista ,
mostrandomi
il movimento adatto per strappare la camicia di Damon. - E la stoffa
cede.-
-
Ok , Kris - annuisco sorridendole. Mancano pochi minuti alle riprese
e stiamo aggiustando le ultime cose.
-
Per la tua canottiera è la stessa cosa, solo cerca di stare
attenta
nei movimenti perché la cucitura è molto
allentata e basta un
movimento troppo brusco e…-
-
E io rimango nuda - finisco la frase con una piccola risata. Per
fortuna un po’ di tensione se ne è andata e ora
sono molto più
rilassata. Anche se l’idea di rimanere nuda davanti ad altre
persone, soprattutto Ian, non mi alletta ancora più di tanto.
-
Si, ma tanto te la strapperà Ian - ridacchia lievemente
maliziosa.
-
Cos'è che dovrei strappare, io?- chiede una voce bassa e
roca che
riconosco subito.
Fissando
tranquillo la costumista, mi passa un braccio intorno alle spalle
attirandomi a se in un mezzo abbraccio. Istintivamente allungo anche
io le braccia, abbracciandolo intorno alla vita e appoggiando il capo
sulla sua spalla.
Solo
quando alzo il volto e incontro lo sguardo sorpreso di Ian, mi rendo
conto del gesto appena fatto. Della naturalezza con
cui l'ho
fatto e soprattutto di quanto possa sembrare una gesto intimo.
Percepisco
le mie guance bruciare e spero vivamente che il trucco sia abbastanza
coprente da celare il mio imbarazzo.
Mi
mordo un labbro. Sinceramente non so cosa mi sia preso, non
è un
gesto da me. O almeno non nei suoi confronti. Sono abituata ad
abbracciare Paul, che per me è come un fratello, ma di certo
non
Ian.
Con
lui non sono mai andata oltre un bacio sulla guancia come risposta ai
suoi gesti e un suo braccio sulle spalle. Probabilmente gli devo
sembrare fredda ma qualcosa mi ha sempre frenato, impedendomi in
qualche modo di essere troppo affettuosa nei gesti.
Probabilmente era la parola Fidanzato, mi ricorda
maligna una
vocina dentro di me.
-
Pronta, Dobrev? - mi chiede allegro. Non sembra per nulla preoccupato
o in ansia, anzi è rilassato come al solito. Mi rivolto
verso di
lui, trovandomi il suo viso più vicino di quanto pensassi.
-
Prontissima, Som - ammicco con una spavalderia non mia in quel
momento che però lo fa sorridere sbieco.
Julie
richiama, improvvisamente, con voce autoritaria tutti ai propri
ruoli.
Senza
sciogliere quella sorta di semi abbraccio, mi accompagna fino al
divano, dove devo prendere posizione.
Mi
fa l'occhiolino e poi si va a posizionare anche lui vicino al
tavolino dei liquori
Intravedo
un’occhiata maliziosa di Candice, che mi mima anche qualcosa
con le
labbra che però non comprendo, prima che le luci calino
diventando
più soffuse.
Mi
lascio cadere con un sospiro sul divano mentre gli ultimi tecnici e
telecamere si muovono frenetici per abbandonare il set.
Ok,
ora devo entrare nei panni di Katherine.
Chiudo
per un momento gli occhi, cercando di concentrarmi il più
possibile,
e quando li riapro sono pronta ad impersonare una stronza
manipolatrice.
-
Ok, tutti pronti? Bene, Ciak, azione- urla la regista dandoinizio
alle riprese,mentre al suo fianco Kevin ci fissa con occhi sognati.
Questa scena l’ha scritta interamente lui e ne è
particolarmente
orgoglioso.
Come
da copione Ian si versa da bere, dirigendosi poi verso il camino ma
si ferma a metà strada percependo la mia presenza, o meglio
quella
di Katherine.
-
Sei molto coraggiosa a venire qui- afferma
voltandosi verso di
me.
-
Volevo
dirti addio
-
Mi
fissa per alcuni attimi di studiato silenzio, per poi dire le sue
battute.
-
Te ne vai di già?-
-
So capire quando non sono desiderata- mi imbroncio.
-
Non fare il broncio – si avvicina di
qualche passo – Non
è attraente per una donna della tua età-
si porta il bicchiere
alle labbra, mentre io insceno la mia miglior espressione da
“hai
ferito il mio smisurato ego”.
-
Ouch –
Lui
posa il bicchiere e fa per andarsene ma io, cercando di essere il
più
veloce possibile, gli sbarro la strada.
-
Che c’è? Niente bacio di addio?-lo
provoco.
-
Perché invece non ti uccido?- afferma in
risposta lui.
-
Cosa ci fai qui?- continua sospettoso.
-
Nostalgia, curiosità, eccetera- roteo
gli occhi con fare ovvio.
-
Sono molto più bravo io con le battute enigmatiche,
Katherine. Cosa
stai tramando?-
-
Credimi , Damon, quando starò tramando
qualcosa…te ne accorgerai-
Deglutisco
e prendo coraggio, cercando di sembrare spavalda. Mi avvicino a lui
di un paio di passi.
-
Forza, baciami…- mormoro fissandolo
provocatrice – O
uccidimi-
-
Quale delle due sceglierai, Damon?- continuo.
Mi
avvicino ancora e ora le sue labbra sono davvero troppo vicine, la
voglia di spingermi oltre quel millimetro che ci separa è
tanta, ma
riesco miracolosamente a trattenermi e pronunciare la battuta
seguente.
-
Sappiamo entrambi che sei in grado di fare solo una di quelle
due
cose – restiamo a fissarci per alcuni secondi.
-
Eeeee… Stop!- urla Julie e le luci tornano prepotenti ad
illuminare
la stanza.
Quasi
stordita mi allontano bruscamente dal calore attraente del suo corpo,
rischiando per di più di perdere l’equilibrio
visto i trampoli su
cui sono costretta a camminare.
Ian
si deve accorgere della mia precaria stabilità
perché mi afferra
per un braccio. Al contatto delle sue mani bollenti sulla mia pelle
rabbrividisco, è una reazione spontanea del mio corpo.
-
Ok ragazzi era davvero buona - afferma la regista mentre Kevin al suo
fianco annuisce vigorosamente e compiaciuto.
-
Direi che teniamo la prima e non c’è bisogno di
farne un’altra -
concorda infatti
-
Davvero?- mormoro sorpresa. Sinceramente non mi sembrava fosse uscita
così bene.
-
Si. E ora viene il divertimento- batte allegro le mani Kevin, quasi
con un non so che di scellerato nella voce.
Annuisco
fingendo un sorriso. Ora arriva la parte difficile: la fatidica scena
-
No, no e ancora No!- urla Kevin interrompendo per l’ennesima
volta
la scena, dopo neanche due minuti di riprese questa volta.
-
Cosa c’è ora che non va?- mormoro affranta
allargando le braccia.
-
Cosa c’è che non va?- urla lui con gli occhi
sbarrati. Sembra un
pazzo in questo momento.
Ok
che la scena è una sua creazione, ma direi che sta un
po’
esagerando a farcela ripetere venti volte perché secondo lui
non va
mai bene. Ormai è più di un ora che la stiamo
provando.
Sento
Ian sospirare fra i miei capelli e mi ricordo solo in quel momento di
essere seduta a cavalcioni su di lui e per di più mezza
nuda.
Velocemente scendo, sedendomi al suo fianco sul divano e mettendomi a
posto la canottiera che lasciava scoperto gran parte del mio seno
avvolto in un reggiseno in pizzo nero.
La
scena partorita dalla sua mente malata prevede che io assalga Damon e
lo spinga sul divano baciandolo per poi essere allontanata da lui per
la fatidica domanda “ ami me o mio
fratello?”.
-
C’è che questa scena fa schifo!- sbotta frustrato
- Siete rigidi
come il marmo, non c’è passionalità e
sensualità –
Sia
io che Ian lo fissiamo sconcertati e un po’ offesi per quella
sfuriata.
-
A me non sembrava tanto male - mi lascio scappare in un sussurro che
solo lui può percepire.
-
Neanche a me - afferma lui.
-
Nina, sai che ti adoro, ma non sei per nulla naturale e tu, Ian, sei
troppo meccanico. Voglio più passione e
sensualità! - continua
insoddisfatto.
-
Perché non proviamo a farli improvvisare?- se ne esce Julie
,
beccandosi una sua occhiataccia risentita - E’ evidente che
non
andremo da nessuna parte in questo modo. Loro non si trovano e noi la
prossima settimana dobbiamo mandare in onda la puntata -
-
Che cosa?- chiede Kevin sconvolto.
-
Ovviamente le battute resteranno le stesse, solo saranno liberi di
muoversi come vogliono - si affretta a precisare Julie.
-
Uhm…. Non è poi una cattiva idea - mormora lui
sovrappensiero,
soppesando l’idea – Ok, vada per
l’improvvisazione, a patto che
però la scena in cui si strappano i vestiti di dosso rimanga
intatta!- afferma dopo qualche istante.
-
Che cosa?- mormoro allarmata. E’ già difficile
recitare questo
tipo di scena, figurarsi improvvisare di sana pianta senza limiti.
-
Improvviserete! - si esalta Kevin, come se l’idea
l’avesse avuta
lui. – Cinque minuti di pausa e poi riprendiamo -
Totalmente
shockata fisso il punto, ora vuoto, in cui prima era quel pazzo
produttore.
-
Hai in mente qualcosa?- mi chiede Ian, di nuovo calmo . Ma come
diavolo fa a essere così tranquillo?
Io
mi sento tesa come una corda di violino, cosa che non aiuta molto a
essere sensuali e naturali per inciso.
Scuoto
la testa. Sono totalmente senza idee e non è decisamente un
buon
segno.
-
Oh, perfetto neanche io! - ridacchia strappandomi una piccola risata.
Quei
brevi cinque minuti di pausa passano fin troppo veloci e noi siamo
nuovamente in piedi, riprendendo dall’ultima battuta.
-
Ragazzi muovetevi come volete ma attenetevi al copione per quanto
riguarda le battute- ci ricorda la regista con un sorriso
incoraggiante.
-
E mi raccomando spogliatevi!- aggiunge Kevin.
-
Pronta - mi sussurra Ian guardandomi, per nulla turbato.
Annuisco
rilassandomi minimamente vedendolo così sicuro. E’
solo una scena,
mi convinco.
-
Sappiamo entrambi che sei in grado di fare solo una di quelle
due
cose – riprendo a recitare dall’ultima
battuta e, proprio
come prima, mi protendo verso di lui, verso le sue labbra, cercando
di essere il più sensuale possibile.
Dopo
una breve occhiata si volta di spalle e muove un passo per andarsene.
Mi sta lasciando il comando della scena, vuole che sia io a fare il
primo passo.
Penso
il più velocemente possibile a cosa fare e l’unica
cosa sensata
che mi venga in mente è sbarrargli la strada. Ok, ora cosa
farebbe
Katherine in questo momento? Non mi viene assolutamente nulla in
testa così, presa da qualche raptus suicida probabilmente,
relego
nell’angolo più lontano possibile della mia mente
tutte le paure,
paranoie e remore che ho avuto fin ora su questa scena e faccio
l’unica cosa possibile in questo momento: seguo
l’istinto.
Poggiandogli
una mano al centro del petto, lo spingo leggermente e lui capisce
subito quali sono le mie intenzioni perché si lascia cadere
per
terra.
Mi
butto praticamente sopra di lui, strusciandomici contro e
solleticandogli il volto con i capelli riccioluti.
-
Mio dolce e innocente Damon - mormoro il
più suadente
possibile, incontrando il suo sguardo sorpreso quasi come se non se
lo aspettasse.
Mi
abbasso verso il suo volto, temporeggiando prima di baciarlo come
richiesto dal copione ma questa volta è lui a sorprendere
me. Porta
una mano alla base del mio collo e, facendo leva con i fianchi,
inverte le posizioni. Ora sono io ad avere le spalle contro il
pavimento e lui è sopra di me. Percepisco la sensazione di
calore
dipanarsi a cerchi concentri nel basso ventre al contatto del suo
corpo sodo contro il mio, sensazione davvero molto gustosa.
Dopo
neanche un secondo le sue labbra calano prepotentemente sulle mie,
coinvolgendomi in un bacio vorace ma così fugace che a mala
pena ne
percepisco il sapore.
Con
la mente totalmente annebbiata dall’erotismo riesco a fatica
a
pronunciare la battuta, che esce in un soffio appena udibile dalle
mie labbra.
-
Così va meglio-
Ho
appena il tempo di prendere respiro che le sue labbra sono di nuovo
contro le mie.
Non
so come ci troviamo poi di nuovo in piedi, i bottoni della sua
camicia nera che saltano sotto mie dita e la mia canottiera viene
strappata dalle sue.
Sotto
la sua spinta, i miei
fianchi vengono a contatto con il legno lucido del mobile mentre i
libri , che prima vi erano sopra , vengono buttati a terra
violentemente.
Probabilmente si saranno anche rovinati ma in
questo momento è l’ultima cosa che mi interessa.
I
suoi gesti , apparentemente lenti , nascondono una mal celata urgenza
nello spingermi a sedere sopra di esso e io obbedisco docile troppo
presa dal contatto delle sue mani calde sui miei fianchi, lasciandomi
sovrastare dal suo corpo.
Istintivamente allargo le gambe ,
permettendogli di accomodarvisi in mezzo e – non so se
è la mia
mente malata che si immagina tutto- ma percepisco anche qualcosa
d’altro premere contro di me, facendomi arrossire.
Un
sospiro accaldato , che non riesco più a trattenere , sfugge
dalle
mie labbra arrossate , percependo le sue indugiare sulla mia
gola.
Continuano poi la loro discesa , morbide, scendendo fino
alla base del mio collo , indugiando poco sopra la clavicola.
Mi
inumidisco le labbra con la lingua , cercando di alleviare la voglia
di farle scontrare con le sue.
Quel
dannato fastidio misto a piacere che è l’attesa di
un contatto più
diretto però non si placa, portandomi a sfregare frustata le
gambe
fasciate ancora dai jeans scuri sui suoi fianchi.
Ansimo più
forte per un suo improvviso, leggero morso subito però
lenito dalla
carezza lieve delle sue labbra , inclinando la testa indietro, i
capelli a sfiorare la superficie su cui sono ormai semi sdraiata.
Decidendo
che questa posizione passiva non mi si addice poi molto mi aggrappo
al colletto nero della sua camicia, facendo leva sulle braccia e
issandomi alla sua altezza, i nostri toraci a sfiorarsi.
Ora va
indiscutibilmente meglio, penso mentre percepisco sul collo il suo
respiro accelerare d’improvviso.
Le
sue mani vagano sulla mia schiena fino ad arrivare alle spalle per
poi riscendere e accarezzarmi con tocchi lenti e languidi il
ventre.
È il mio turno di respirare in modo frettoloso quando le
sue dita arrivano a sfiorare la base del mio seno. È solo un
accarezzare però visto che poi riscendono velocemente per
attirarmi
più vicino al suo copro accaldato.
Sospiro
compiaciuta intanto che i palmi aperti delle mie mani vagano sui suoi
pettorali, saggiandone la consistenza soda. Decisamente soda.
Mi
mordo un labbro , torturandolo con i denti, cercando di reprime i
gemiti e socchiudendo gli occhi deliziata dalle sue
attenzioni.
Abbandono il suo corpo solo per aggrapparmi con
entrambe le mani alle sue larghe spalle , i nostri bacini a contatto
ora.
Sfrego
nuovamente le gambe intorpidite contro i suoi fianchi cercando di
trovare in minima parte sollievo, richiamando la sua attenzione.
Ora
i nostri visi sono alla stessa altezza e poco distanti , tanto che i
nostri nasi quasi si sfiorano.
Mi
fissa con gli occhi scuriti ed illanguiditi dal desiderio , puntando
poi la sua attenzione sulle mie labbra .
Rialza lo sguardo e per
un breve attimo lo fa scontrare con il mio , prima di porre fine a
quella irritante distanza fra le nostre labbra.
D’istinto
affondo una mano fra i suoi capelli, accarezzandogli la nuca con le
dita mentre le mie labbra saggia la consistenza delle sue.
Facendo
scontrare il suo petto con il mio mi sbilancia indietro di nuovo e io
per non rischiare di cadere e rompere il contatto sono costretta ad
appoggiarmi su un gomito con l’unico braccio libero che ho.
La
voracità del bacio ci lascia poco ossigeno in pochi secondi
costringendoci ad allontanarci temporaneamente per prendere una
quantità aria minima almeno per non soffocare.
Neanche un attimo
però che le sue sono già sulle mie.
Ci
stacchiamo ansimanti dopo qualche attimo, fissandoci sconvolti da
quello che è appena accaduto. O almeno io lo sono.
-
Okay, aspetta – mormora con
difficoltà – Breve pausa-
raccogliendo tutta la razionalità che ho, seppur molto
riluttante,
lo spingo via, proprio come doveva essere anche nella vecchia scena
di Kevin.
-
Ho una domanda. Rispondi bene e torneremo a fare i fuochi di
artificio – afferma col fiatone.
E
c’è una parte di me che vorrebbe davvero con tutto
il cuore
tornare a fare i fuochi d’artificio e scommetto che sarebbero
davvero spettacolari.
-
Rispondi bene e…dimenticherò gli ultimi
145 anni in cui mi sei
mancata. Dimenticherò quanto ti ho amata.
Dimenticherò tutto e
potremmo ricominciare da capo. –
Trovando
non so dove un briciolo di lucidità e assennatezza rientro
nel
personaggio, puntando lo sguardo scuro da un’altra parte.
Lui
si avvicina – Questo
può essere il nostro momento
decisivo- sorride lievemente – Perché
abbiamo tempo. E’
il bello dell’eternità-
Ora
è di nuovo vicino a me, mi sfiora il viso in una carezza
lieve.
-
Ma almeno per una volta mi serve la verità-
-
Fermati- lo
blocco chiudendo gli
occhi. Vedere quel suo sguardo da cucciolo ferito rende molto
più
difficile recitare la battuta da stronza insensibile. – So
già qual è la tua domanda. E la risposta-
-
La verità è che ho sempre….-
mormoro con un improvviso
vuoto mentale. Cazzo, cazzo, cazzo. La battuta quale diavolo era? Mi
spremo le meningi cercando di ricordarmela
-
La verità è che…. È che non
ti ho mai amato-
riesco infine a dire. – E’
sempre
stato Stefan
– scosto le sue mani
dal mio volto.
-
Stop !– percepisco l’urlo di Julie come lontano,
quasi ovattato,
mentre i miei occhi sono ancora incatenati ai suoi.
-
Oh si, era esattamente di questo che stavo parlando!- afferma
estasiato Kevin - E’ stata fantastica, ma che dico sublime!
Dovrei
strigliarvi un po’ più spesso se poi questo
è il risultato-
continua giulivo e esaltato.
Tutta
la troupe applaude e ci fa i complimenti per l’ottima scena.
Deglutisco
cercando di riprendermi e riacquistare autocontrollo, anche se il suo
sguardo rovente su di me non me lo permette.
Mi
allontano con la scusa di andare a prendere qualcosa da bere.
Involontariamente
mi passo la lingua sulle labbra, percependo ancora il suo sapore
mentato.
Cercando
di sfuggire dal suo stesso sguardo, incontro però i suoi
occhi color
ghiaccio.
Ci
fissiamo per alcuni secondi , incapaci di allontanare gli occhi uno
dall’altro.
Consapevoli
che quel qualcosa che prima avevamo solo intimamente e segretamente
pensato di percepire è molto più
realtà di quanto pensassimo.
Salve!
Allora andiamo per punti
1-
Innanzitutto, mi volevo scusare per l'enorme (abissale) ritardo che
ho avuto nel postare questo capitolo. In realtà era
già mezzo
scritto da molto tempo ma sono stata realmente sommersa di studio (
causa maturità) e quando mi decidevo a scrivere era il pc a
non
collaborare. Quindi scusatemi davvero per tutto questo ritardo che
non meritavate Ma finalmente ho trovato il tempo di scrivere e spero
che non sia un totale schifo. Mi faccio perdonare con un bel capitolo
lungo.
2-
spero che il capitolo vi sia piaciuto e che le varie parti non
risultino in contraddizione ra loro, visto che la prima parte risale
a marzo mentre la seconda l’ho scritta in questi giorni.
3-
Come avrete notato, ad un certo punto parlo di una scena che Kevin
aveva in mente di Katherine che assale Damon sul divano ma poi li fa
improvvisare perché sono troppo
“rigidi”. Ecco, ovviamente tutto
ciò nella realtà non è avvenuto ma mi
piaceva aggiungere qualcosa
di mio e spero che abbiate apprezzato.
4-
Allora riguardo le cose fra Ian e Nina iniziano un po’ a
smuoversi,
anche se lentamente. Non vi dico altro perché non voglio
svelarvi
nulla dei capitoli futuri.
5-
non so ancora quando posterò il prossimo capitolo ma spero
fra non
molto. Prima posterò il secondo capitolo della mia storia
Delena “I
always choose you” se ne avete voglia dateci
un’occhiata e,
magari lasciate un commento. Mi farebbe piacere
6-
la canzone che canticchia Candice e che dà il titolo al
capitolo è
Light my Fire di Will young che letteralmente vuol dire “
accendi
il mio fuoco”. Sentendola mi è venuto in mente di
intitolarlo
così. Se ne avete voglia ascoltatela!:)
7-
Vi rubo ancora un attimo per ringraziare di cuore tutte le persone
che hanno recensito, che hanno letto, messo la storia fra le seguite
o preferite, e soprattutto tutti coloro che mi hanno aspettata per
tutto questo tempo. Grazie!!!!
Se ne avete voglia vi invito a leggere anche le altre mie
storie(rigorosamente Delena).
Direi
che non ho altro da dire, se ne avete voglia guardatevi la scena
della 2x01 a cui mi riferisco.
Mi
farebbe piacere un vostro commento, quindi fatemi felice e
recensite!!
vado
a rispondere alle recensioni.....
Bacio
, Live in love.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** Finzione....Attrazione ***
ATTENZIONE: Qui trovate video trailer della ff fatti da
MISSDELENA97 TRAILER
1 TRAILER
2 TRAILER
3
AVVISO:*това е просто фантастика, Нина.": vuol dire in bulgaro "è
solo finzione, Nina.". lo trovrete nel corso del
capitolo.
ci sentiamo poi alla fine come al solito!
CAPITOLO 4
Finzione....attrazione...
Do un'ultima, veloce, occhiata alla
mia immagine riflessa allo specchio e mi decido poi ad uscire dal
camerino. O almeno mi convinco di farlo, con scarsi risultati per di
più.
Mi ci
sono rifugiata non appena abbiamo finito di girare.
Sono
letteralmente scappata dal set evitando abbracci e congratulazione per
l'ottima performance, lasciando ad Ian il compito di ricevere tutti i
complimenti.
Quasi
di corsa ho raggiunto la piccola roulotte adibita a camerino quando
giriamo scene fuori dalla sede abituale e mi ci sono chiusa dentro a
chiave. Due giri di chiave, per essere precisi.
Avevo
bisogno di pensare. Ho tutt'ora bisogno di pensare.
Quella maledetta scena tra
Katherine e Damon mi ha turbato più di quanto credessi.
E’
davvero possibile che una scena, quindi pura finzione, mi abbia
scombussolato così tanto? Continuo a chiedermi senza
riuscire a darmi una risposta sensata. L'unica risposta che ho
è che, no, non dovrebbe essere così. Appunto
dovrebbe, condizionale...
Non dovrei sentirmi così, non dovrei avere certi
pensieri non propriamente casti, non dovrei desiderare le sue labbra.
Forse, non dovrei e basta.
Mi passo frustrata una mano sul volto
e poi fra i capelli ancora riccioluti, avvolgendomene distratta uno
intorno al dito.
Troppo
sconvolta dal tumulto di sensazioni che si agitavano in me, non ho
avuto neanche la forza di farmi una doccia.
Mi
sono semplicemente tolta i vestiti provocanti di Katherine di dosso e
indossato i miei: leggins neri, ballerine basse e una maglia lunga
grigia con delle scritte argento. Uno stile semplice, da me.
Non ho la forza
di fare niente in questo momento, a dir la verità,
soprattutto di uscire da questa stanza e fingere di stare bene e
scherzare.
Vorrei
solo buttarmi sul letto e dormire per le prossime dodici ore, smorzando
la tensione e il nervosismo della giornata accumulato.
Mi lascio cadere sul piccolo divanetto
blu addossato alla parete, abbandonando laborsa
per terra e con essa la già precaria iniziativa di uscire.
Mi mordo il
labbro inferiore, ricordando cosa è accaduto poco fa.
Le
sue labbra sulla mia pelle, sulle mie stesse labbra. Le sue mani a
sfiorarmi i fianchi e ad attirarmi contro il suo corpo.
Basta,
mi impongo, era solo finzione. F-I-N-Z-I-O-N-E. Scandisco imperiosa
nella mia mente.
Reclino la testa
all’indietro, contro la testiera imbottita del piccolo
divano, sbuffando irrequieta.
- Finzione -
soffio massaggiandomi le tempie doloranti con le dita.
Magari ripeterlo ad alta voce servirà di
più.
Quella stupida sensazione di palpitazione al cuore non se
ne è ancora andata, solo la morsa allo stomaco si
è attenuta ma la percezione che qualcosa ci svolazzi dentro
è rimasta.
- Dannate
farfalle svolazzanti - impreco stringendo le labbra in un linea
serrata, infastidita da quel groviglio alla bocca dello stomaco.
Mi devo assolutamente calmare, non posso uscire da questa
stanza in queste condizioni se non voglio essere reclusa in una casa di
cura.
O peggio, sentirmi dire da una compiaciuta Candice
“ te lo avevo detto ”.
Il vibrare del mio
telefono, ancora in modalità silenziosa, mi distoglie
però dai miei pensieri e in un certo senso ne sono anche
felice.
Penso troppo, me lo dice sempre mia
mamma, e non va bene per nulla in questo caso.
“Ti sei addormentata? Perché io ho fame,
quindi MUOVITI!. C”
Rispondo a Candice che sto uscendo ora dal camerino
e che la raggiungo in pochi minuti.
Seppur
con davvero poca voglia di stare in mezzo alla gente con un sorriso
stampato in faccia, afferro di
malavoglia le chiavi.
Anche perché se non mi
muovo io verrà lei a prendermi e si accorgerebbe subito del
mio stato umorale, inchiodandomi qui a parlarne per i prossimi due
giorni.
Sentimentale, mi
corregge una vocina dentro di me che però scaccio subito.
Come se non bastasse ci si
mette anche la mia coscienza ora! Forse sto davvero diventando pazza a
interpretare due personaggi contemporaneamente.
Devo solo superare questa serata e poi una bella dormita
sistemerà tutto e domani sarò come nuova.
Più calma e convinta afferro il cellulare ed
esco tirandomi dietro la porta rossa, dopo aver spento la luce
ovviamente.
Sono un’ambientalista e non ci tengo a inquinare. Anche
perché se no Ian...
Mi blocco come paralizzata a
quel nome, mordendomi un labbro quasi fino a farlo sanguinare.
Alzo gli occhi al cielo, espirando frustrata.
Se solo il suo nome mi provoca questi effetti, come diavolo
farò a lavorarci insieme? E la domanda che mi sorge
spontanea, facendomi sbuffare.
Non
posso provare un’attrazione fisica così forte nei
suoi confronti, non é possibile nè logico.
Lui è mio amico, punto e stop.
Forse sono entrata semplicemente troppo nel personaggio, mi sono
immedesimata eccessivamente.
Si deve essere per forza così, annuisco
vigorosamente al mio stesso pensiero mentre chiudo la porta.
- това е просто фантастика,
Нина!*- mi ripeto per la milionesima volta nella speranza vana che mi
entri in testa e che in tal modo me ne convinca anche io.
- Adesso parli anche da sola? - chiede una voce bassa ma divertita alle
mie spalle, davvero vicina.
Sobbalzo spaventata, girandomi di
scatto e scontrandolo con il risultato finale di far cadere chiavi e
cellulare per terra con un piccolo tonfo e di barcollare per il mancato
equilibrio.
Come avendo previsto quella reazione mi afferra prontamente
per le braccia, impedendomi una rovinosa caduta sul cemento duro
dell'asfalto.
Ian mi sorride sfacciato, trattenendo a stento una risata.
Un sorriso che sa di presa in giro e divertimento, ma anche di
tenerezza.
Come diavolo ha fatto ad arrivare così vicino a me senza che
io me ne accorgessi?
- Sai che non si arriva di
soppiatto ? - gli chiedo in risposta, leggermente indispettita dalla
figura che mi ha fatto fare.
- E' maleducazione -
Almeno non mi sono messa urlare come una liceale spaventata, mi consolo
con una smorfia.
- Sei davvero fifona – mi
rimbecca lui , ridacchiando divertito e facendo sorridere svagata anche
me.
Mi fingo offesa,
imbronciandomi e lanciandogli un'occhiata impettita a cui lui risponde
con l'ennesimo sorriso.
Si è cambiato anche lui, indossando la solita maglietta nera
tipica del suo look total black abbinata a pantaloni scuri.
Lui e Damon hanno in comune anche l'abbigliamento, oltre che alcuni
comportamenti, come arrivare di soppiatto ad esempio.
Continua a fissarmi con il solito sorriso sbieco, senza lasciare la
presa sul mio corpo.
Dettaglio che noto solo in quel momento, provando un brivido al
contatto della sua pelle sulla mia che mi percorre dalla base della
schiena fino alla nuca.
Percepisco
distintamente quel lembo di pelle andare a fuoco, rovente al contatto
leggero e tiepido delle sue dita.
Così
diverso dai tocchi convulsi e affannati di poco prima.
In un gesto involontario e automatico i miei occhi si
posano sulla sua presa come per verificarne la veridicità.
Mi mordo un labbro
imbarazzata, non sapendo bene come muovermi o cosa dire arrossendo
ancora di più.
Ian deve aver notato l'oggetto dei
mie pensieri perché scioglie istantaneamente la presa,
lasciandomi libera di respirare nuovamente a pieni polmoni.
Mossa sbagliata però, visto che il suo profumo
mi arriva così intenso alle narici da stordirmi.
Lui impacciato e forse imbarazzato, per la prima volta da
quando lo conosco, si mette una mano in tasca e l'altra la passa fra i
capelli corvini, scompigliandoli.
Distogliendo lo sguardo e puntandolo in tutt'altra direzione, mi
stringo le braccia al petto andando a ricoprire con le mie mani il
punto esatto che prima ricoprivano le sue.
Un silenzio quasi irreale cala
fra di noi. Sa di imbarazzo e disagio, cosa che non è mai
accaduta .
Anzi, logorroici come siamo spesso finiamo per parlarci
sopra ma una cosa così non è capitata mai,
neanche la prima volta che ci siamo incontrati.
Nessun rumore lo interrompe, neanche quello di una macchina
in lontananza, e per un attimo temo che possa percepire il battito
anomalo del mio cuore.
-
Ti sono cadute le chiavi - afferma improvvisamente, rompendo
quell'opprimente silenzio.
- Oh -
è l'unica sillaba coerente che riesco ad emettere
flebilmente, notando solo ora che le chiavi e il cellulare sono
sull'asfalto.
Mi accuccio istintivamente per
afferrarle ma anche lui fa lo stesso nel medesimo istante.
Ci ritroviamo, così, entrambi accovacciati e
vicini, la mia mano a sfiorare la sua.
La sensazione di qualcosa di svolazzante nello stomaco
torna a farsi sentire prepotente, in perfetta sintonia con l'aumentare
del mio battito cardiaco.
Deglutisco a fatica, totalmente senza saliva, percependo
distintamente il suo respiro mentato infrangersi contro la mia guancia
in una carezza involontaria e leggera.
E nonostante sia così dannatamente vicino,
troppo, da confondermi, non posso fare a meno di notare come questo
contatto sia talmente diverso da quelli che abbiamo avuto prima ma per
questo non meno vero.
Spinta
da non so cosa volto leggermente il viso verso sinistra, scontrando i
miei occhi scuri con i suoi.
Sono lievemente più scuri del solito, una
sfumatura di azzurro inusuale quasi tendente all'argento brunito.
E' ancora più vicino di quanto pensassi, le sue
labbra separate solo da una manciata abbondante di centimetri dalle
mie.
Istintivamente mi passo la lingua sul labbro inferiore,
come pregustando un contatto diretto, provocando un suo sguardo. Con
gli occhi segue attentamente il mio gesto, per poi rialzarli sui miei
un secondo dopo.
Mi sembra perfino di percepire il suo sapore. O forse lo
è davvero visto tutto quello che è accaduto
neanche un ora fa.
Ipnotizzata continuo a fissarlo incapace di fare altro in
questo momento, schiudendo le labbra automaticamente.
Lo squillare energico del mio cellulare rompe,
però, il momento creatosi, frantumandolo in mille pezzi.
Come scottata, torno
violentemente alla realtà e scosto subito la mano,
mormorando un misero "scusa".
Mi alzo bruscamente dopo aver afferrato distratta il
telefonino, che smette di suonare dopo pochi secondi tuttavia, e mi
volto per non incontrare il suo sguardo. Ho quasi paura di cosa vi
potrei leggere.
Cosa diavolo mi è preso? Lo stavo per baciare,
incasinndo ancora di più le cose.
- Andiamo?- chiedo laconica
rimanendo di spalle, ancora stordita mentre il cuore continua a
ronzarmi nelle orecchie a causa del battito accelerato.
Nervosamente mi scosto un ciuffo di capelli dal volto. Erasolo
finzione, mi ripeto nuovamente.
Lui annuisce affiancandomi, rimanendo però in
silenzio per il breve tratto di strada che percorriamo.
In neanche un minuto infatti raggiungiamo gli altri nel
parcheggio.
- Finalmente - afferma Candice sorridente venendomi
incontro e facendomi alzare gli occhi da terra, dove li avevo
ostinatamente puntati.
Deve però accorgersi che
c’è qualcosa che mi turba perché si
ferma e guarda prima me e poi Ian, che si avvina a Paul, sospettosa.
- Sto
morendo di fame – mormora, priva però
dell’entusiasmo di prima e aggrottando le sopracciglia
confusa.
Cerco di sorriderle anche se tutto quello che riesco a fare
è un sorriso tremolante.
Gli altri si mettono d’accordo sulla strada da
fare e poi ci dirigiamo verso le macchina.
- Tutto ok?- mi chiede in un sussurro concitatoCandice,
prendendomi sottobraccio.
Tuttavia Paul e Ian di poco davanti a noi devono aver
sentito perché si voltano, il primo guardandomi sconcertato
l’altro sfuggente ma interessato.
- Certo – affermo decisa, tirando nuovamente fuori le mie
doti recitative. – Sono solo stanca – sorrido a
Paul che mi fa una carezza sul braccio, rassicurato, e poi entra in
auto, sistemandosi al lato del conducente.
Ian lo imita dopo neanche un secondo, evitando ilmio
sguardo.
Mi scambio poi un'occhiata più che significativa
con Candice, che capisce al volo che ne parliamo dopo e annuisce.
*****************************************
Sbuffando mi rigiro fra le coperte
senza riuscire a prendere sonno. Anche stanotte.
Lancio
sconsolata un'occhiata alla sveglia sul comodino che indica le due meno
venti. È ancora presto per alzarsi, purtroppo.
Ok, registratevi questa frase perché
probabilmente non la sentirete mai più da una dormigliona
come me.
Provo
a cambiare posizione, sistemandomi meglio e poi chiudo gli occhi con un
sospiro. Neanche un secondo dopo però fisso nuovamente il
soffitto bianco con occhi sbarrati, in preda all’insonnia
più totale.
Mi passo una mano sul volto, sospirando di nuovo e
scacciando i soliti pensieri che puntualmente mi tornano a fare visita
ogni notte.
Sono passate già due settimane esatte dalla famosa
scena e quindi dal dialogo con Ian, se così si
può chiamare quel breve scambio di parole.
- E' tutto a posto?-mi aveva chiesto davanti alla porta di
camera mia, facendomi aggrottare confusa le sopracciglia a quella
domanda apparentemente insensata.
- Certo, sono solo stanca - era stata la mia
risposta strascicata, la stessa che continuavo dare a raffica quella
sera a spiegazione del mio umore nero.
- Fra noi due intendo - aveva specificato
guardandomi attentamente. Si era appoggiato poi con una spalla contro
la porta, sbarrandomi la strada forse per paura che scappassi e
impedendomi di entrare in camera, scrutando poi ogni razione sul mio
viso.
- Certo - gli avevo detto, abbozzando un sorriso
timido, non del tutto certa però della veridicità
delle mie stesse parole.
- Sicura?-
- Cosa dovrebbe non andare? – era stata
la mia risposta, inchiodandolo con uno sguardo trasparente.
Lui aveva continuato a scandagliarmi con lo sguardo
tant’è che per un attimo avevo temuto che potesse
leggermi l’anima, per poi rilassarsi e sciogliersi in un
sorriso dolce.
- Nulla - aveva
scosso la testa, abbassando per un attimo gli occhi e poi rialzandoli
in uno sguardo talmente nitido da farmi arrossire. - Nulla-
- Ci
vediamo domani - lo avevo salutato, facendo per entrare ma
lui non si era spostato, continuando a sbarrarmi la strada.
- Scendiamo insieme a colazione domani? - mi aveva
chiesto con un sorriso accattivante, inclinando leggermente il volto
verso destra, nella mia direzione.
- Certo - avevo mormorato forse con fin troppa
enfasi, sorpresa da quell'invito.
Mi aveva
sorriso ancora, per poi scostarmi i capelli dal volto e baciarmi una
guancia, soffermandovisi per alcuni deliziosi secondi che mi avevano
fatto scalpitare il cuore.
La voglia di affondare una mano fra i suoi capelli corvini
e attirarlo più vicino era stata tanta, ma ero riuscita
miracolosamente a placare gli ormoni .
Nella penombra del corridoio gli avevo sorriso ancora
augurandogli la buona notte, entrando poi finalmente nella stanza.
La mattina dopo era passato davvero a prendermi, cosa che mi aveva
sorpreso non poco. Non che dubitassi della sua parola, solo.... boh,
non lo so neanche io.
Puntuale come un orologio svizzero aveva bussato alle otto in punto
alla mia porta e , anche se con un pò di impaccio iniziale,
abbiamo fatto colazione insieme e poi si era aggiunto, in un secondo
momento, Paul.
Il disagio e l'imbarazzo si erano lentamente sciolti, complici le
nostre solite risate, in sorrisi appena accennati e gioco di sguardi.
Quello era stato, però, l’inizio di una lunga
serie di gesti involontari e cercati fra di noi.
Ad esempio, ogni giorno quando giro fino a tardi mi porta una tazza di
the caldo sul set, quando anche lui non gira, rimanendo a volte a
seguire le riprese.
Inoltre, ogni mattina scendiamo a fare colazione insieme.
Poi ci
Tweetiamo continuamente a vicenda foto e link maliziosi, divertenti o
semplicemente commenti sulla giornata appena passata.
Anche i
contatti fisici fra di noi sono aumentati notevolmente, così
come il cercarci anche inconsapevolmente. Più abbracci,
corpi che si sfiorano in brevi carezze, baci sulla guancia.
Non che prima non ci fossero, ma io ero decisamente
più rigida e fredda, come bloccata da qualcosa, mentre ora
spesso sono io ad avvicinarmi per prima.
L'irrequietezza che provavo inizialmente, infatti, si è
trasformata lentamente in una ricerca continua di questi contatti cosa
ancora più problematica.
Problema che non dovrebbe esserci se io riuscissi a
limitare i nostri rapporti a solo quelli lavorativi , ma è
davvero difficile, se non impossibile, sopprimere l’istinto
di sfiorarlo o stargli semplicemente vicino.
E' un desiderio sempre più pressante che io sto
sopprimendo sempre meno. Riesco sempre più difficilmente a
trattenermi e poi è una sensazione così piacevole
lasciarsi andare.
Mi diverto, mi fa ridere, e forse il problema è proprio
questo: sto dannatamente bene con lui. Troppo.
Anche se faccio di tutto per non ammetterlo qualcosa è
cambiato nel nostro rapporto, almeno da parte mia.
E questa cosa mi turba terribilmente, provocandomi anche l'insonnia
oltretutto.
Mi giro su un fianco con uno sbuffo, decidendo che c'è un
unico modo per sfogarmi e alleggerirmi la mente di questi pensieri.
Scalcio via le lenzuola azzurre con una gamba, balzando poi in piedi.
Afferro distrattamente le chiavi ed esco dalla mia stanza, ritrovandomi
nel corridoio totalmente addormentato dell'hotel.
A piedi scalzi, con i capelli scompigliati e in pigiama lo percorro
interamente fino ad arrivare alla stanza che sto cercando, l'ultima a
sinistra.
Appoggio le nocche sul legno laccato di bianco e busso un paio di
volte, non ottenendo però alcuna risposta.
Riprovo, questa volta con più vigore, e percepisco
distintamente un imprecare infastidito dall'altra parte della porta.
Neanche un secondo dopo la porta si apre, rivelandomi una Candice
assonnata e scarmigliata nel suo pigiama rosa pallido.
Ho già le labbra schiuse per parlare ma le mi interrompe
subito.
- C'è un incendio?- mi chiede, spiazzandomi.
- Ehm…no - mormoro sconcertata da quella domanda.
- Un tornado?-
- No-
- Terremoto?-
- No- ripeto sempre più confusa da quel suo
comportamento. Eppure non mi sembrava avesse bevuto ieri sera.
- E allora per quale diavolo di ragione mi hai svegliato
alle due di notte?- mi chiede tra l'esasperato e l'assonnato,
incrociando imbronciata le braccia al petto.
- Parliamo?- le propongo cercando di non ridere della sua espressione.
Candicein queste settimane è stata
una perfetta amica aspettando che fossi io a volermi aprire, senza
forzarmi, nonostante avesse capito che ci fosse qualcosa che non andava
- Ora? - mormora leggermente sconsolata - Non possiamo
farlo domani ? - si strofina gli occhi, consapevole che non
desisterò.
- Ti prego, ho bisogno di sfogarmi - affermò fissandola
dritta negli occhi con la mia miglior espressione da cucciolo dolce, a
cui so lei non sa resistere.
- Sei
tremenda - sbuffa , spostandosi tuttavia e permettendomi
così di sgusciare nella camera.
A
tentoni, a causa del buio, raggiungo il letto su cui mi butto,
affondando fra i cuscini.
Lei mi
segue e si accomoda al mio fianco, rimanendo però seduta.
- Qual
è il problema?- mi chiede sistemandosi meglio il cuscino
dietro la schiena, prestandomi tutta la sua attenzione.
- Sono
confusa, Candy - ammetto con un sospiro dopo qualche attimo di
silenzio, senza nessun imbarazzo.
Posso
già percepire l'effetto rilassante di averlo detto ad alta
voce, mi sento già lo stomaco più leggero.
- Spiegati meglio - mi dice, aggrottando le sopracciglia chiare
cercando di capire appieno come mi sento.
- Sono
confusa nei confronti di Ian - ripeto giocando con il copriletto,
passandoci le dita sopra per lisciarlo. - Ho la sensazione che il
nostro rapporto sia cambiato dopo la scena fra Katherine e Damon -
- E'
normale, Nina. Tutti i rapporti cambiano - mi dice dolcemente.
- Lo so,
ma intendo cambiato in modo diverso.- specifico
calcando sull'ultima parola, passandomi una mano fra i capelli.
- Stargli vicino mi confonde. Da un lato desidero un
contatto diretto, ma dall'altro so che non dovrei, perché
siamo colleghi e amici. - le spiego gesticolando convulsamente.
– E’ grave?-
- Ne sei
semplicemente attratta, Nina - ridacchia divertita dalla mia smorfia
sconcertata.
- Ma non
può essere, siamo colleghi!- ribatto infantilmente, come se
fossero due cose incompatibili.
- Bhe,
anche fra i colleghi c'è attrazione - ride ancora - E tra
voi direi che c'è davvero tanta chimica. -
-
Davvero?- aggrotto le sopracciglia, che avessimo avuto sempre molto
feeling ce lo dicevano in tanti.
Lei
annuisce con un sorriso - E direi che la cosa è reciproca,
visto come era particolarmente teso il suo cavallo dei pantaloni dopo
quella scena - afferma maliziosa, gongolando e facendomi arrossire al
ricordo.
Mi mordo
un labbro ricordando come entrambi fossimo davvero su di giri
in quel momento.
Ne sono attratta? mi chiedo poi sorpresa, ma ancora una
volta non riesco a definire il groviglio di sensazioni che si agitano
in me
Sbuffo
esasperata da quella situazione e forse anche dal mancato sonno,
affondando il viso nel cuscino.
- Non ci
capisco niente!- affermo e la mia voce esce ovattata a causa del
cuscino.
- Tu cosa faresti?- le chiedo riemergendo con il volto e
guardandola.
-Io? Bhe, io coglierei al volo l’occasione e
andrei dritta al sodo – afferma schietta con
un’alzata di spalle.
- Candice!- le tiro contro il cuscino.
- Ehi, non intendevo che lo farei con Ian –
ribatte alzando le mani, vedendo la mia faccia scandalizzata e anche un
po’ infastidita – Per me è come un
fratello lo sai, solo quello.- precisa – Volevo dire, che io
mi butterei, ma tu sei tu e io sono io.. quindi non fa testo -
Ha ragione.
- Mi dai un consiglio?- le chiedo poi, tornando a guardarla.
- Vuoi un consiglio sincero, anche se non è
quello che vorresti sentirti dire?- mi chiede incrociando le gambe. Io
annuisco.
- Lasciati andare- afferma decisa. – E con questo
non intendo dire che ci devi andare a letto, anche se sono convinta che
a lui farebbe più che piacere, ma solo di essere te stessa.-
- Lasciarmi andare..- ripeto in un sussurro dubbioso,
cercando di convincermi della cosa.
- Si, niente pensieri o remore. Lasciati andare- mi
consiglia. - Il problema nasce dal fatto che ti blocchi, pensando
già alle conseguenze invece di pensare al presente. Lui
è libero tu pure, lasciati andare e vedi come va -
-Dici?- le chiedo timorosa.
- Dico. Questa è la mia cura- scherza poi,
strappandomi un sorriso.
- Grazie, dottoressa Candy - ridacchio chiamandola con
quello stupido soprannome che ho coniato io stessa.
*************************************
Totalmente distrutta dalla giornata pesante avuta, mi
lascio cadere sul piccolo divanetto della mia cameraproprio
davanti alla tv sintonizzata su un canale qualsiasi.
Recitare i panni di una stronza
insensibile per ben otto ore e poi calarsi nei panni di una dolce
ragazza nelle restanti quattro, distrugge.
Siamo già alle riprese della quarta puntata e i
ritmi si stanno facendo sempre più serrati, ma per fortuna
tra poco avremo qualche giorno di riposo.
Sbuffo reclinando il capo
all’indietro. Stasera mi sa che mi mangerò un bel
po’ di gelato come cena, non ho alcuna voglia di veder gente.
Dovrei avere anchedel
cioccolato fondente da qualche parte, quello aiuta sempre a tirsi su di
morale.
Un bussare leggero mi distoglie,
però, dai miei pensieri.
Indecisa se andare ad aprire o meno mi volto verso la porta.
Paul non è perché è andato a prendere
Torrey all’aeroporto mentre gli altri sono usciti e io non ho
ordinato il servizio in camera. Chi diavolo è allora?
Giuro che se è Candice che vuole farmi uscire a
tutti i costi e portarmi in qualche locale la picchio. Stasera sono
troppo stanca anche solo per arrivare fino alla hall
dell’albergo.
Scalza e
con ancora i capelli umidi di doccia mi dirigo alla porta.
Ma la persona che mi trovo davanti mi
lascia totalmente senza parole.
- Ian - mormoro sorpresa –
Pensavo fossi uscito con gli altri - aggrotto le sopracciglia.
Dopo la chiacchierata con Candice ho deciso di lasciarmi
andare, essendo semplicemente me stessa. E se possibile le cose sono
perfino migliorate. Ora sono più sicura di me o forse
semplicemente sono tornata quella di sempre, senza troppe paranoie e
con la consapevolezza che sono attratta da lui .
Mi diverto a punzecchiarlo e a vedere le sue reazioni e
anche lui lo fa.
Il risultato è quindi una provocazione reciproca
per vedere fin dove arriva l’altro a tenuta di nervi e,
soprattutto, di ormoni.
Non ci siamo mai parlati apertamente in queste settimane
riguardo questa nuova situazione, ma è come se avessimo
stipulato una tacita dichiarazione dell’attrazione sessuale
che c’è tra noi e l'avessimo accetta.
Non ci spingiamo mai oltre baci sulle guance un po’ lunghi,
carezze e abbracci e va bene così , per ora.
Devo vivere il momento, come ha detto Candice, niente d'altro.
- No ,ho finito tardi di
girare e a dir la verità non ne avevo molta voglia- ammette
facendomi sorridere.
- Neanche
io-
- Posso dormire con te?- mi chiede
poi a bruciapelo, facendomi arrossire violentemente per
l’immagine che mi si affaccia nella mente a quelle parole.
Immagini decisamente non caste e vietate ai minori.
- Si è rotto un tubo
dell’acqua sul soffitto e mi ha allagato la camera
– spiega con uno sbuffo.
Solo ora,
in effetti, noto che è mezzo bagnato e fra le braccia ha un
ammasso di vestiti umidi e spiegazzati, oltre che un borsone appeso
alla spalla.
- Posso restare qui per qualche giorno?- mi chiede inchiodandomi con
uno sguardo che farebbe tremare le gambe a chiunque, me compresa.
- Io..- fingo di esitare,
tenendolo sulle spine, anche se so già che gli
dirò si.
So benissimo che così saremo a stretto contatto praticamente
sempre e che dovrò tenere a freno gli ormoni, ma
sarà anche diverte e stimolante provocarlo.
- Non puoi chiedere a Paul?- chiedo, trattenendo a stento un sorriso
divertito alla sua faccia leggermente delusa.
-No. Domani arriva Torrey e io
di dormire fra loro due come un bambino fra mamma e papà,
non ci tengo proprio- spiega disgustato - E poi, Paul russa- continua
quasi infantilmente.
- Non puoi chiedere un’altra stanza, allora?- continuo la mia
recita con tono innocente.
Ok, ora la sua faccia
è davvero impagabile e devo mordermi un labbro per non
ridere.
- Sono finite. Comunque se non mi vuoi basta dirlo- afferma
piccato facendo per andarsene.
- Sto scherzando!- ridacchio tirandolo per un braccio
dentro la stanza – Certo che puoi restare, Som- gli sorrido.
Anche lui si apre in un sorriso. – Non era
affatto divertente-
- Oh, si che lo era!- continuo a ridere.
Alzo però poi un dito davanti al suo naso.- Però
mi lascerai magiare tutte le schifezze che voglio e non si guardano
film horror. Ah, e io dormo a destra- pongo dei paletti mentre lui
trattiene a stento un sorriso divertito.
-Va bene- ridacchia
divertito da quell'elenco.
Mi sorpassa,entrando
nella stanza e buttando le magliette sul letto e il borsone per terra.
Chiudo la
porta, appoggiandomici contro, con un sorriso guardandolo accatastare
in malo modo la roba.
- Sai che non è normale
avere ancora paura dei film horror alla tua età, vero?- si
volta verso di me con quel suo mezzo sorriso malizioso e intrigante,
prendendomi in giro.
Lo raggiungo, spintonandolo con una spalla per farlo spostare dal letto
e inizio a piegare le magliette che lui ha malamente buttato sul letto.
- Grazie- mi soffia poi sensuale all'orecchio, immergendo per qualche
secondo il volto fra i miei capelli ancora umidi e sfiorandomi il
fianco con una mano.
Inclino il volto verso di lui lanciandogli un sorriso per nulla
intimorito da quella vicinanza, che lo fa sorridere ancora
più apertamente.
Si sa all'inferno ci
sono le fiamme e chi ci gioca rischia di bruciarsi, ma io non ho mai
avuto paura del fuoco. Anzi.
Salveeeeee!!!! eccovi il nuovo capitolo
come al solito le spiegazioni arrivano a punti:)..
1-inizio con il ringraziare le persone
che hanno recensito lo scorso capitolo..GRAZIE....sono felice che il
capitolo tre vi sia piaciuto e spero sia lo stesso per questo. Vi
risponderò o stasera o domani con l'apposito meccanismo.
2- Allora questo capitolo non mi piace
per niente, se devo essere sincera. non mi convince assolutamente ma
purtroppo di meglio non sono riuscita a fare:(....Comunque Nina ha
dovuto fare i conti con l'attrazione nei confronti di Ian e ne
è uscita parecchio confusa. Alcuni punti sono volutamente un
pò confusi e contradditori, soprattutto i pensieri di Nina,
perché normalmente in queste condizioni si è
confusi.
3- Dal punto di vista temporale la
prima parte è la sera stessa in cui hanno girato la scena
fra Katherine e Damon, quindi è in continuità con
quello recedente. la seconda parte, come ho detto anche nel capitolo,
è invece due settimane dopo mentre l'ultima è
ancora più avanti cronologicamente, non ho specificato
però.
4- rapporto Ian\Nina: allora discorso
lungo.... da dove comincio.... E' un rapporto un pò
controverso, noi vediamo solo il punto di vista di Nina e non sappiamo
cosa pensa Ian, anche se lo vedremo fra qualche capitolo. Lei ne
è attratta ma, inizialmente, non riesce a capirlo
chiaramente e poi ha paura di rovinare tutto lasciandosi andare. la
chiacchierata con Candice le chiarisce le idee ed è per
questo che nell'ultima parte ha un comportamento diverso da quello
delle parti precedenti. nell'ultimo pezzo non si sente più
confusa perché è consapevole che ne è
attratta e decide di buttarsi, provocarlo per vedere se anche lui prova
lo stesso. il fatto che lui faccia lo stesso la diverte, stuzica ma
confonde anche. Quest'ultima cosa verrà però
chiarita nel prossimo capitolo. spero di essermi spiegata ma se avete
dubbi chiedete:)
5- il prossimo aggiornamento non so
quando avverrà anche se spero presto. Vi posso
erò dire che parlerà della loro convivenza e dei
problemi che essa causa...ad entrambi...
6- Per chi seguisse anche la mia storia
Delena "I WILL ALWAYS CHOOSE YOU" vi volevo dire che una mia amica
(Missdelena97) ha fatto una sorta di video trailer della storia che ne
dà anche una sorta di panoramica e ora, dopo aver postato la
storia, vado ad inserirlo nel capitolo 2 della storia delena e lo
trovere d'ora in poi in ogni cap.. Vi lascio il ink del video anche
qui:->http://www.youtube.com/watch?v=GYT66aueDaY&feature=player_embedded
.......guardatelo perchè è davvero bello!:;)
7- La prossima storia che
posterò è "I WILL ALWAYS CHOOSE YOU" e il
capitolo si intitolerà "Cena con il Testimone"...lo devo
ancora scrivere ma penso che per metà settimana sia pronto.
ok, direi che non c'è altro
se non che spero non ci siano orrori di ortografia e che vi sia
piaciuto. Recensite e fatemi sapere cosa ne pensate del capitolo!
Kiss kiss Live in Love...
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** Linea Rossa ***
AVVISO: QUI
TROVATE IL VIDEO TRAILER DELLA FANFICTION FATTO DA MISSDELENA97->->CLICCA
QUI <-
Ho
voluto postare oggi il capitolo perchè come dice Ali
è poetico
visto
che
stanotte alle 2 esce la prima puntata del telefilm negli Usa!
CAPITOLO 5
LINEA ROSSA.
Ian mi sorride apertamente
malizioso con quel suo sorriso alla Damon che fa ribollire il sangue,
raggiungendomi ai piedi del letto in una falcata ampia ed elegante.
In neanche un secondo mi
ritrovo stretta fra le sue braccia, le mie mani a vagare sulla sua
schiena dove
sotto il tessuto sottile della camicia posso distintamente percepire la
pelle
calda ed invitante.
Davvero invitante.
Mi afferra per la vita,
attirandomi ancora di più contro il suo corpo accaldato ed
eccitato.
- Sei troppo vestita, per i
miei gusti - è il suo unico, accattivante, sussurro al mio
orecchio, che mi fa
rabbrividire provocandomi la pelle d’oca in tutto il corpo.
Reclino il capo
all’indietro,
scoprendo il collo e permettendo alle sue labbra di lambirne la base in
un
tocco lento e languido.
Un sospiro estasiato esce
spontaneo dalle mie labbra a quel contatto, portandomi a socchiudere
deliziata
gli occhi.
Intanto con la mano risale
tutta la mia schiena fino ad arrivare alla zip dell’abito,
facendomi trattenere
il respiro.
Ci gioca per un lunghissimo
attimo con le dita prima di tirarla definitivamente giù in
un gesto secco e
deciso che sembra quasi rimbombare nella stanza, insieme al battito
accelerato
del mio cuore.
L’abito cade ai
miei piedi in
un fruscio di seta nera e pizzo accompagnato dalle sue mani calde ,
lasciandomi
vestita solo del suo sguardo bruciante.
Felino muove un passo in
avanti, costringendomi ad arretrare fino a quando le mie spalle non
toccano
prepotentemente il materasso.
Lui è subito su
di me,
catturandomi in un bacio vorace che mi provoca le vertigini e uno
stuzzicante
formicolio al basso ventre che mi fa inarcare contro di lui.
Con gli occhi
improvvisamente
sbarrati fisso il soffitto bianco della stanza, il battito del cuore
accelerato
e il corpo illanguidito ma insoddisfatto.
Ancora sospesa tra
la fantasia e
la realtà deglutisco, passandomi una mano fra i capelli
ancora arricciati dalla
sera precedente e arruffati.
Quelle invitanti
figure oniriche
diventano sempre più sfocate fino a sparire dalla mia mente,
lasciandomi
amareggiata e con un senso di incompletezza addosso.
Per quale diavolo di
ragione i
sogni si devono sempre interrompere sul più bello? Non
è assolutamente giusto e
particolarmente inappagante, oltretutto.
Specialmente visto
che era un
sogno fatto di labbra morbide, occhi azzurri, capelli corvini e davvero
pochi,
pochissimi, vestiti. Un vero peccato che sia finito così
presto, sbuffo.
Non è
certo la prima volta che
sogno me ed Ian in, beh, atteggiamenti decisamente intimi a fare cosa
che due
amici normali non dovrebbero fare, però questa volta
sembrava davvero reale.
Fin troppo, mi mordo
un labbro
ricordandone alcuni dettagli davvero interessanti.
Nell’ultimo
periodo mi è
capitato spesso, anche se alcune volte non facevamo niente di
sconveniente.
Inoltre, ora averlo
nello stesso
letto in cui sono io, a pochi centimetri da me a dormire placidamente,
non
aiuta a placare i miei ormoni e rende tremendamente frustrati. Molto
frustrati,
sbuffo.
Inarco
impercettibilmente la
schiena, sfregando lievemente le gambe nel tentativo di placare quel
piacevole
formicolio al basso ventre e alle gambe che continua a tormentarmi.
Ecco cosa succede a tirare
troppo la corda quando la tensione sessuale è alle stelle e
tu devi reprimerla,
roteo gli occhi al cielo rimproverandomi da sola.
Sbadiglio, ormai del
tutto
sveglia rammaricandomi ancora una volta per non aver finito quella
dannata
fantasia. Almeno così mi sarei svegliata di buon umore.
Lancio
un’occhiata alla sveglia
sul mio comodino, che con i suoi numeri rossi indica le sette meno
dieci. Posso
stare ancora un po’ a letto ad oziare, se non altro.
Sospiro voltando il
volto verso
destra, mettendomi su un fianco e immergendo una mano sotto il cuscino.
Inevitabilmente i
miei occhi
cadono sulla figura distesa al mio fianco nella penombra della camera,
in
lontananza il rumore dello sferzare della pioggia contro i vetri della
finestra
come piacevole sottofondo.
Ian dorme tranquillo
e placido
al mio fianco, con la testa lievemente inclinata a sinistra, le labbra
dischiuse e un braccio appoggiato mollemente sul cuscino poco distante
dal mio
viso.
Il suo profumo mi
giunge nitido
alle narici, stordendomi e deliziandomi al col tempo.
Socchiudo gli occhi,
prendendone
un’altra boccata quasi totalmente dipendente.
Mi piace
perché è un aroma
sensuale ma non troppo forte e indelicato , è di quelli che
rimangono impressi
nella mente.
Adoro soprattutto la
sfumatura
che assume a contatto con la sua pelle.
Ormai il suo odore
non mi ha
solo assuefatta ma ha anche riempito e pervaso ogni cosa nella mia
camera,
dalle lenzuola agli asciugamani.
Persino i miei abiti
si stanno
impregnando del suo profumo.
La cosa è
ancora più evidente
quando si entra nella stanza da fuori. L’impatto è
forte ed anche un po’
inquietante, forse.
È come se
avesse sempre abitato
qui e non fossero solo cinque giorni che conviviamo, anche se sembra
più tempo
persino a me.
Conviviamo…
E’ strano
pensarlo e ancor più
dirlo ad alta voce, ma in fondo è quello che stiamo facendo.
Conviviamo.
Ovviamente, non nel
senso
convenzionale della parola visto che non stiamo né insieme
né siamo sposati.
Viviamo insieme, a
stretto
contatto praticamente ventiquattro ore su ventiquattro anche a causa
del
lavoro, dormiamo nello stesso letto e lui lascia perennemente le sue
cose
sparse in giro, mischiandole con le mie e creando così un
incredibile caos.
Certo, poi
c’è il piccolo
particolare che non facciamo altro che stuzzicarci a vicenda per vedere
fin
dove si spinge l’altro o resiste a tensione sessuale e
cogliamo ogni occasione
per sfiorarci, per grande gioia dei miei ormoni.
No, direi che non
è
assolutamente da intendere nel modo convenzionale.
Abbiamo
però trovato subito una
sorta di equilibrio, senza sconfinare.
Ci stuzzichiamo,
provochiamo, ma
non superiamo mai il confine che abbiamo tacitamente concordato.
È come se
avessimo tracciato una
linea immaginaria che sappiamo non dover superare per non far
degenerare la
cosa in qualcosa d’altro di ingestibile.
Questo non vuol dire
che non ci
siano momenti in cui vorrei sbatterlo sul letto – Oh se lo
vorrei! E i miei
sogni davvero poco casti ne sono un chiarissimo segnale.-, decisamente
non a
parlare o a giocare a monopoli, ma tutto sommato riesco a trattenermi
seppur un
po’ a fatica in certi momenti.
Io in primis
l’ho fatto, mi sono
dovuta imporre questo limite perché se no so che non sarei
stata in grado di
gestire la cosa senza cedere alla tentazione.
Ho tracciato una
spessa linea
rossa fra quello che è consentito fare senza compromettere
nulla e quello da
cui è meglio tenersi lontana, anche se è
dannatamente attraente e seducente.
E va bene
così, per ora.
E’ la mia
parte razionale a
ricordarmi le drastiche conseguenze che potrebbero insorgere visto che
lavoriamo insieme, la stessa che è in conflitto con i miei
ormoni e con
qualcosa d’altro che però non sono ancora pronta
definire.
Nonostante mi
diverta a
provocarlo e mi stia davvero lasciando andare, sono ancora un
po’ confusa per
la nuova luce sotto cui la vedo, non più da amico.
Mi sento tuttora una
contraddizione vivente fra quello che dicono gli ormoni e quello che mi
dice la
testa.
Quando sono con lui
sembra così
semplice lasciarsi andare e non pensare ad altro se non vivere quel
momento, ma
i pensieri e i dubbi tornano sempre a farsi sentire e scacciarli non
è sempre
facile.
Ho anche una folle
paura di
spingermi troppo oltre, essere respinta e rovinare indissolubilmente il
nostro
rapporto, ma al col tempo vorrei davvero oltrepassare il limite e
vedere solo
come va fregandomene delle conseguenze.
Scoprire
com’è avere qualcosa di
più da lui, essere qualcosa un po’ oltre
l’amicizia ma non troppo importante
come un fidanzamento. Sapere semplicemente com’è viverlo
.
Sbuffo, stufa di
questi dannati
pensieri che si divertono a tormentarmi da troppi giorni.
E , beh, poi
c’è Ian con il suo
comportamento che decisamente non mi aiuta a chiarirmi le idee. Anzi,
tutt’altro.
È
criptico, imperscrutabile
sotto questo punto di vista come non l’ho mai visto. Non
riesco a decifrarlo, è
un rebus incomprensibile in questo momento.
Agisce
spontaneamente nei miei
confronti, me ne accorgo benissimo, soprattutto quando mi abbraccia,
gioca con
i miei capelli o in qualsiasi altro gesto.
Ha quella
naturalezza che lascia
un retrogusto di dolcezza anche nel gesto più semplice,
quella che ti fa
battere il cuore in modo anomalo e svolazzare le farfalle nello stomaco.
Ed è
proprio questa sua
spontaneità a scombussolarmi ancora di più. Non
sembra trattenersi nei gesti e
questo mi fa sorgere un miliardo di altri dubbi.
Il fatto che sia
così naturale
in questi piccoli gesti cosa diavolo vuole dire? Che mi vede solo come
un’amica
speciale a cui riservare attenzioni speciali ma niente di
più, oppure si
accontenta di questi momenti per paura, anche lui, di rovinare il
nostro
rapporto?
Cosa sono un
semplice passatempo,
in attesa della prossima conquista?
Sono domande a cui
non riesco – non
posso - rispondere.
Non capisco cosa
vuole dal
nostro rapporto, cosa sono per lui. Ma la cosa a destabilizzarmi
davvero non è
tanto la domanda in se, quanto piuttosto il pormi queste domande e
cercare una
risposta.
Però,
poi, ci sono dei momenti
in cui lo sorprendo a fissarmi in modo differente, come confuso e
combattuto, e
il dubbio che non sia la sola a vedere in modo diverso
l’altro si insinua
dolcemente in me, facendomi battere il cuore.
Sono solo brevi
attimi visto che
poi lui torna a scherzare e a prendermi in giro come suo solito, ma mi
lasciano
una sensazione di speranza e groviglio alla bocca dello stomaco che mi
rasserena, che mi fa quasi capire le cose più chiaramente.
Cerco di non farci
troppo caso,
vivendo solamente quello che viene, ma ci sono momenti in cui
è davvero
difficile non pensarci e non far volare la mente su immagini troppo
oltre la
realtà momentanea.
Sbuffo, voltandomi
totalmente su
un fianco, scacciando questi pensieri che decisamente non giovano alla
mia
salute mentale.
E poi, io sono
troppo presa dal
lavoro per poter pensare a qualcosa di oltre e lui
si è lasciato da poco
e non starà certamente cercando nulla in questo momento di
complicato e ingarbugliato.
Mi scappa un sorriso
al pensiero
di cosa mi direbbe Candice se avesse sentito questo mio pensiero.
Probabilmente, mi
picchierebbe e
mi direbbe che sono una stupida a non saltargli subito addosso visto
che
condividiamo lo stesso letto.
Forse parlarne con
lei mi
aiuterà come al solito.
Questi giorni non
hanno portato
solo dubbi e pensieri, però.
Ho infatti
conosciuto meglio
Ian, in quegli aspetti caratteriali che normalmente non emergono a
lavoro per
svariati motivi.
E’
lunatico, tanto, più di
quanto pensassi. Un momento prima è allegro e spensierato
mentre quello dopo è
cupo e totalmente perso nei suoi pensieri.
Cerca di mascherare
quasi sempre
tutto con lo scherzo, soprattutto il lieve alone di malinconia che gli
vela gli
occhi dopo che ha finito di parlare con sua madre o sua sorella.
Inoltre,
è tanto disordinato
nella vita di tutti i giorni quanto è puntiglioso e pignolo
sul set, quindi
davvero molto.
Lascia perennemente
magliette,
giornali e quant’altro in giro per la stanza creando un caos
allucinante, che
ovviamente sono sempre io a mettere a posto. Mio fratello a confronto
sembra la
persona più ordinata del mondo.
L’ultima
volta che gli ho
intimato di mettere in ordine la sua roba, cioè ieri, con la
minaccia di
sbatterlo fuori se non avesse dato una riordinata, ne sono rimasta
shockata.
Lui, da buon maschio
privo di un
briciolo di senso logico nel sistemare, ha accatastato magliette mal
piegate e
appallottolate su di una sedia, avendo ancora il coraggio di guardarmi
allibito
e offeso quando gli ho dato del cavernicolo.
A parte il disordine
e la sua
mania di lasciare in giro fogli di copione, mi ci trovo dannatamente
bene.
Talmente tanto che
ho paura di
abituarmici.
Nei momenti liberi
che abbiamo
avuto, a dir la verità molto pochi, abbiamo guardato per lo
più film, che lui
puntualmente ha commentato criticandone ogni aspetto, o show televisivi.
Sbadiglio
nuovamente, alzando le
braccia nel tentativo di stiracchiarmi e risvegliarmi del tutto.
Ian continua a dormire
tranquillamente, ignaro dei miei pensieri e dei miei ormoni in
subbuglio.
Il miei occhi
cadono, però,
involontariamente sulle sue labbra dischiuse e non posso fare a meno di
arrossire al ricordo di dove il mio subconscio aveva immaginato
fossero. Posti
davvero impensabili ma molto piacevoli.
Arrossisco,
mordendomi
colpevolmente le labbra e socchiudendo gli occhi deliziata, mentre la
mia mente
viene inondata dai ricordi invitanti del sogno. Ora si che sono
decisamente
sveglia.
- Perché
sei arrossita? -
sussurra una voce roca ma divertita.
Sobbalzo colta alla
sprovvista,
rischiando quasi di cadere giù dal letto per il movimento
troppo brusco.
Totalmente assorta
nelle
fantasie poco caste dei miei ormoni non mi sono accorta del suo
risveglio.
Con le guance ancora
più rosse
per essere stata beccata, incontro lo sguardo azzurro e assolutamente
vigile di
Ian, a pochi centimetri da me, che sogghigna per la mia reazione.
Disteso a pancia in
sotto e con
il viso voltato nella mia direzione, mi fissa con le sopracciglia scure
leggermente aggrottate e l’alone di un sorriso malandrino
sulle labbra, come
avesse intuito la natura dei miei pensieri. Cosa che spero vivamente
non sia
avvenuta.
Mi porto una mano al
petto ,
cercando di placare il battito accelerato del mio cuore, fulminandolo
contemporaneamente con gli occhi.
Sa che odio quando
fa le sue
comparse improvvise “alla Damon”, come le chiamo
io, e lui puntualmente si
diverte a farlo.
A questo gesto lui
sorride
ancora di più, aprendosi nel suo solito mezzo sorriso
accattivante.
Più di
una volta mi sono chiesta
se sia consapevole di essere maledettamente sexy quando lo fa o se
è una cosa
involontaria. Decisamente su di me ha l’effetto collaterale
di aizzare i miei
ormoni in entrambi i casi.
- Som, mi hai spaventato!
– lo rimprovero
con il broncio, tirandogli poi un pugno leggero sulla spalla che lo fa
ridacchiare di gusto.
Mi sistemo meglio al suo
fianco,
le nostre spalle a sfiorarsi in una involontaria carezza.
- Non è
colpa mia se ti spaventi
per nulla – è la sua unica risposta canzonatoria,
prima di passarsi una mano
fra i capelli corvini scompigliandoli maggiormente. - E sei una fifona
–
Mi lancia
un’altra occhiata
divertita, facendomi imbronciare ancora di più.
Un’idea
maliziosa e stuzzicante
di fargliela pagare mi attraversa la mente all’improvviso,
portandomi a
sorridere internamente soddisfatta.
Continuando a
fingermi
imbronciata, sporgo di più il labbro inferiore, con il
chiaro intento di
provocarlo, cosa che accade visto che le mie labbra vengono subito
lambite e
catturate dal suo sguardo.
In questi giorni
l’ho, infatti,
sorpreso più volte intento a fissarmi le labbra, mentre me
le mordevo nervosa
in un gesto ormai abituale o semplicemente quando me le inumidivo.
Subito, ho pensato
fosse solo
una mia impressione dettata dalla suggestione della situazione emotiva
in cui
sono, ma poi ho capito che il suo sguardo intrigato cadeva
volontariamente
sulle mie labbra in quei momenti in un gesto cercato e voluto.
Inutile dire che
questo ha
accresciuto le mie fantasie a dismisura, convincendomi anche del fatto
che
probabilmente io stia diventando una pervertita a tutti gli effetti.
Con ciò
non voglio però
illudermi che anche lui mi veda ora sotto una luce diversa, nuova, e
che
l’attrazione reciproca possa diventare altro.
No, è meglio non farsi
false speranze e mantenere i piedi ben piantati a terra.
Ian si volta a
pancia in su con
una torsione fluida del corpo, riportandomi alla realtà,
tornando poi a
guardarmi improvvisamente interessato ed attento, come si fosse
ricordato di
qualcosa .
- Perché
sei arrossita?- chiede
nuovamente tra il divertito e l’incuriosito.
Mi mordo un labbro a quella
domanda. E io che pensavo di averglielo fatto scordare!
- Quando?- fingo di
non capire,
ben consapevole che se ci infiliamo in questo discorso non ne
uscirò fin quando
non avrò soddisfatto la sua curiosità,
cioè mai.
Visto quindi che si
tratta di un
sogno dove i vestiti scarseggiavano e lui ne era il protagonista
indiscusso, è
meglio divagare.
- Prima, sei
arrossita – inarca
un sopracciglio come a sottolinea l’ovvio.
- Non sono arrossita
– nego
testardamente mentre, però, percepisco già le
guance andare a fuoco sotto il
suo sguardo.
Dannazione,
perché il mio corpo
mi deve sempre tradire quando si tratta di lui?
Forse Candice ha
ragione, si sta
ribellando alla mia forzatura di reprimere i miei istinti.
- Oh, si invece.
– annuisce,
sorridendo sfacciatamente sornione. È una mia impressione, o
mi ha lanciato
anche uno sguardo malizioso?
-
Stavo…stavo pensando , ecco –
affondo maggiormente il volto nel cuscino nella vana speranza di
nascondere
tutto il mio imbarazzo e che smetta di fare domande scomode.
Lui non sembra
pensarla così,
poiché si tira su puntellando il gomito sul materasso per
sostenersi e potermi
guardare meglio in volto.
- A che cosa?
– mi inchioda con
uno sguardo curioso e vispo a cui non riesco a sfuggire. Sembra un
bambino
sulle giostre in questo momento talmente è divertito.
Apro e chiudo un
paio di volte
le labbra, boccheggiando incerta e a disagio alla ricerca di una
risposta che
possa togliermi da questa situazione spinosa. E decisamente
“un sogno erotico
su di te” direi che non è una risposta appropriata
alla situazione. No, direi
di no.
- A un sogno –
è l’unica
risposta vaga che riesco a masticare, non discostandomi poi molto dalla
realtà
se non per il fatto che ho omesso che fossimo entrambi senza vestiti e
intenti
a fare tutt’altro che parlare.
Ti prego fa che non
chieda
altro, prego poi mentalmente tutti i santi del paradiso.
- Che tipo di sogno?
-
Ecco, come non detto.
- Un sogno - alzo le
spalle,
sorridendo innocente e sfuggendo al suo sguardo indagatore .
- Ce ne sono tanti tipi.
- inclina il volto verso sinistra con un sorriso malizioso, calcando
languidamente sull’ultima parola.
Mi irrigidisco
capendo benissimo
a cosa si riferisce visto che è proprio quello che ho
sognato.
Cercando di sembrare
il più
naturale possibile, torno a guardarlo.
- Certi tipi sono
propri solo di
voi maschietti. - mento spudoratamente usando tutte le mie doti
recitative.
Reggo il suo sguardo
limpido per
alcuni secondi tentando di rimanere il più possibile
impassibile e di non
cedere.
- E comunque non sei
un po’
troppo curioso? – cerco di sviare il discorso visto il suo
improvviso mutismo.
- Beh, mi hai
incuriosito.- alza
semplicemente le spalle - Da come sei arrossita doveva essere qualcosa
di
particolarmente bello – la sfumatura
maliziosa torna a farsi sentire
nella sua voce già arrochita dal sonno, provocandomi un
brivido che mi
attraversa dalla base della schiena fino alla nuca.
Ian si apre poi in
un sorriso
che, insieme alle guance velate da un sottile strato di barba e i
capelli
scompigliati, gli conferisce un’aria sbarazzina tremendamente
sexy.
- Infatti era un bel
sogno - mi
lascio sfuggire in un sussurro quasi estasiato al ricordo,
maledicendomene un
secondo dopo alla vista del suo sorriso sempre più largo e
soddisfatto.
Come se avesse
intuito la natura
del mio sogno e volesse solo trovare conferma.
- Uhm, allora devi
avermi
sicuramente sognato – afferma spudoratamente sicuro di se,
vantandosi con un
sorriso vanesio .
Non posso evitare
che le mie
guance si tingano di rosso per la verità di quelle parole,
né il sorriso
spontaneo che tende le mie labbra nonostante l’imbarazzo .
Volente o no,
scherzando o meno,
riesce a leggermi e capirmi con una facilità disarmante.
E questo mi mette un
po’ paura.
Non solo perché potrebbe comprendere la mia attrazione nei
suoi confronti, non
è il vero problema questo, ma soprattutto perché
potrebbe intuire un qualcosa che
non sono pronta ad
ammettere neanche a me stessa.
- Ho detto che era
un sogno,
Som, non un incubo – lo prendo in giro con uno sguardo
eloquente, scacciando i
pensieri .
Ridendo della sua
espressione
offesa, gli do una piccola spinta con la punta delle dita che lo
sbilancia,
facendolo finire di schiena sul letto.
Rido, genuinamente
divertita
reclinando lievemente il capo all’indietro.
- Ah, si eh? -
Non ho neanche il
tempo di
capire le sue intenzioni che mi afferra per la vita facendomi finire
addosso a
lui, imprigionandomi con il suo corpo.
Le sue dita bollenti
guizzano
velocemente sui miei fianchi, facendomi inarcare a causa del solletico.
Cerco di muovermi e
scalciare
nel tentativo di farlo smettere, ma lui blocca ogni mio movimento
afferrandomi
i polsi con un’unica mano mentre con l’altra
continua a torturarmi
spietatamente.
Ansimo a causa del
riso,
cercando di liberarmi senza riuscirci.
Sa benissimo che il
mio maggior
punto debole è il solletico e lui, ogni volta che
può, ne approfitta a suo favore.
- Som…Som
- boccheggio fra una
risata e l’altra - Smetti…smettila -
Mi muovo nuovamente
con il solo
risultato di farlo finire ancora più addosso a me.
- Ti prego - respiro
affannosamente contro la sua maglietta bianca, in debito di ossigeno.
Finalmente smette di
farmi il
solletico, permettendomi di tornare a respirare normalmente seppur col
fiatone.
Le sue mani,
tuttavia, non si
spostano, rimanendo posate in un contatto bruciante sui miei fianchi.
La maglietta si deve
essere
alzata con tutto questo movimento e i suoi polpastrelli mi solleticano
la pelle
scoperta in un contatto bruciante.
- Sei impossibile -
soffio, un
po’ ansimate, contro il suo collo.
Lui ride, non so se
per il
solletico provocato dal mio sussurro o per la mia risposta.
Il silenzio cala
però fra noi un
secondo dopo, ma non è di quelli opprimenti e imbarazzanti,
tutt’altro. È
morbido e pacato, di quelli rilassanti e confortanti. Quasi intimo.
Il mio petto si alza
aritmicamente a causa del respiro ancora irregolare , sfregando contro
il suo
in una piacevole e delicata frizione.
Socchiudo gli occhi,
sfregando
lievemente la guancia contro il tessuto morbido della sua maglia e
inspirando
il suo profumo, godendo della sensazione di pace che quel contatto mi
provoca.
Non so se sia un
bene o un male,
ma quando siamo vicini o anche solo mi sfiora smetto di pensare,
annullando
totalmente tutti i pensieri.
Lo so, è
una cosa
contraddittoria visto che sono proprio questi contatti a provocarmi
dubbi e
pensieri, ma è quello che mi accade.
- Ti sei
addormentata?- chiede
in un sussurro impercettibile Ian, come se avesse paura di svegliarmi.
Appoggia la guancia
sui miei
capelli, sistemandomene una ciocca dietro l’orecchio.
- No - sorrido dolcemente
per
quel semplice gesto.
È proprio
questo di cui parlavo
prima, di questi piccoli gesti spontanei e naturali.
La sua mano si
sposta,
muovendosi in una lunga carezza dalla base della schiena fino alle
spalle, che
circonda con un unico movimento fluido avvicinandomi di più
a lui.
Con la punta delle
dita gioca
poi con i miei capelli gonfi e scompigliati per il sonno e
l’umidità,
arrotolandosene una ciocca intorno alle dita.
Avviluppata in
questa sorta di
abbraccio mi sento tremendamente bene, calma e al sicuro. Una
sensazione
semplice e complicata al col tempo.
A interrompere
questo momento
perfetto ci pensa però il trillare acuto e fastidioso della
sveglia.
Sbuffo, mugugnando
improperi di
ogni tipo contro quell’odioso aggeggio.
- Mi sa che
è ora di alzarsi –
mormora Ian, senza tuttavia muoversi se non per spegnere la sveglia con
una
mossa secca della mano.
Annuisco e dopo un
attimo ,
seppur molto a malincuore, mi scosto da lui, sedendomi al centro del
letto con
le gambe incrociate. Il lavoro chiama, purtroppo.
Con un sospiro si
tira su anche
lui, lasciandomi un bacio sulla guancia – che mi fa
fibrillare il cuore e
socchiudere gli occhi deliziata - e poi alzandosi in piedi.
- La vuoi fare prima
tu la
doccia?- mi domanda ai piedi del letto e per un attimo la figura del
mio sogno,
nella sua stessa posizione, si sovrappone a quella di Ian.
Mi mordo il labbro
inferiore,
torturandolo con i denti.
Vorrei farla con te
la doccia, è
la risposta automatica della parte senza freni di me che preme per
uscire allo
scoperto.
- No, non ti
preoccupare. Falla
pure tu. - gli sorrido con un’espressione angelica totalmente
in disaccordo con
i miei pensieri poco casti, cercando di trattenere gli ormoni che mi
urlano di
buttarmi nella doccia con lui.
- Ok - mormora con
un’alzata di
spalle.
Con un movimento
sciolto si
toglie la maglietta del pigiama, facendomi irrigidire e trattenere il
respiro
fino quasi a soffocare.
Ecco, fare dei sogni
poco casti
su Ian e poi ritrovarselo davanti a petto nudo non aiuta per nulla a
placare
gli ormoni.
Cerco di tenere
puntati gli
occhi sul suo volto e di non farli finire in altri posti mentre lui si
dirige
verso il bagno.
Mi lascio cadere
all’indietro
sul letto con un piccolo rimbalzo non appena la porta si chiude e
percepisco
l’acqua scorrere nella doccia.
Sospiro passandomi
una mano fra
i capelli. No, non aiuta per niente.
************************
Con un sorriso smagliante ed
Ian
al mio fianco, che sta scrivendo un messaggio a non so chi, metto piede
nella
sala ristorante dell’hotel già gremita di gente.
Questa mattina
abbiamo girato
insieme alcune scene fra Damon ed Elena ed ora ho una fame da lupi.
Individuo facilmente
gli altri,
seduti al solito tavolo al fondo della sala e con pochi passi li
raggiungiamo.
- Buon giorno
ragazzi!- trillo
allegra, scoccando un bacio sulla guancia a Paul e un sorriso a Torrey.
Sempre con il
sorriso sulle
labbra mi siedo al mio solito posto, tra Ian e Paul.
Oggi mi sento
tremendamente
felice e , anche se non avrei mai pensato di dirlo in vita mia, amo la
pioggia.
- Come mai
così di buon umore?-
mi chiede Paul, notando subito il mega sorriso che mi illumina il volto.
Ho già le
labbra schiuse per
rispondere ma lui, come se gli avesse improvvisamente attraversato la
mente
un’idea, allunga il collo oltre di me fissando Ian che si
è appena seduto .
- C’entri
qualcosa, per caso ?-
gli chiede un secondo dopo sospettoso, riservandogli quasi
un’occhiataccia
diffidente.
Confusa da
quell’uscita, sbarro
gli occhi. Per quale diavolo di ragione Ian dovrebbe
c’entrare qualcosa con il
mio buon umore?
Ian si limita a
ridacchiare
divertito da quella insinuazione, alzando poi le mani e scuotendo la
testa in
segno di diniego.
- Dovrei?- chiede,
ma dalla
sfumatura divertita e dal brillio emblematico nei suoi occhi sembra
quasi che
lui sappia il perché di quell’accusa.
- Lascia perdere
– fa un gesto
vago con la mano, continuando comunque a lanciargli strane occhiate,
che
oltretutto Ian ricambia con un lieve sorriso.
Senza capirci niente
continuo a
fissarli sconcertata, non comprendendo assolutamente quello sguardo
…di intesa.
Si, sembra quasi che nasconda qualcosa dietro, ma forse è
solo una mia
impressione.
- Come mai sei
così felice?-
ripete Paul strappandomi dai miei pensieri, tornando a voltarsi verso
di me e
scrutandomi attento.
- Mi hanno dato la
giornata
libera!- affermo eccitata aprendomi in un sorriso smagliante,
suscitando subito
una smorfia immusonita da parte sua.
- Non è
giusto! Anche io la
voglio - protesta quasi infantilmente, facendo ridere me e Torrey.-
Perché solo
a te?-
- Dovevo girare una
scena
all’aperto, ma visto che piove non si può fare
– spiego con un’alzata di spalle
- Passerò tutto il pomeriggio a dormire e ad oziare -
mormoro estasiata dal mio
stesso programma, immaginandomi già immersa fra i cuscini e
le coperte del letto.
E’ una
vita che non dormo otto
ore di fila e ora che ne ho la possibilità mi sembra quasi
un miraggio.
- Potresti evitare
di vantartene
così sfacciatamente, almeno ?- sbuffa Paul mettendo su il
broncio – Io devo
girare fino alle nove di stasera e il tuo buon umore non mi aiuta molto
-
- Pensa che io
è tutta la
mattina che la sopporto - afferma Ian, beccandosi una mia occhiataccia
risentita.
- Sapete cosa
farò anche?
Guarderò un mucchio di tv, sono rimasta indietro con
Grey’s anatomy e CSI Miami
– continuo ad illustrare il mio programma, ignorando del
tutto i loro commenti
e ottenendo l’approvazione di Torrey.
- L’ultimo
episodio era
strepitoso – annuisce convinta lei.
Un dubbio interrompe
però i miei
progetti di ozio per il pomeriggio e le lamentele di Paul.
Mi volto verso Ian
con le
sopracciglia aggrottate così rapidamente da guadagnarmi un
suo sguardo stupito.
- Hai chiamato la lavanderia,
vero?- gli chiedo a brucia pelo e totalmente fuori luogo.
- Perché?
- chiede di rimando un
po’ confuso, procurandosi subito una mia occhiataccia.
- Come perché?- inarco inquisitoria
un sopracciglio.
- Dovevo pensarci
io?- mi
domanda ancora lui, sorpreso e anche un po’ confuso .
- Si - sbuffo per
questa sua
dimenticanza, roteando gli occhi al cielo. E il bello è che
gliel’ho anche
ricordato stamattina prima di uscire.
- Io ho portato in
lavanderia la
biancheria, toccava a te andarla a ritirare - gli spiego lentamente,
come se
parlassi con un bambino non troppo sveglio.
E’ proprio
un maschio, sbuffo.
- Ne sei sicura?-
afferma ancora
scettico, aggrottando le sopracciglia nel chiaro tentativo di
ricordarsi se
toccava a lui o a me.
- Certo che ne sono
sicura!-
sbotto indispettita, incrociando le braccia al petto.
- Ok, me ne sono
dimenticato -
ammette finalmente aprendo le braccia - Comunque non puoi passarci tu
visto che
hai la giornata libera? – butta lì, prendendo una
forchettata del suo risotto.
Con gli occhi
sbarrati lo fisso
incredula, come se avesse detto un’eresia.
- Stai scherzando,
vero? Non
rovinerò i miei progetti di ozio perché tu ti sei
dimenticato di passarci - mi
imbroncio, stringendo maggiormente le braccia al petto.- Sono due
settimane che
non dormo più di otto ore di fila e sono stanca morta
–
- Se per questo
anche io sono
stanco visto che qualcuno di notte
scalcia e non mi lascia dormire.- si lamenta, lanciando
un’occhiata eloquente
al mio indirizzo.
- Se non ti va bene
puoi sempre
andare a dormire da Paul - assottiglio lo sguardo offesa, stringendo le
labbra
in un broncio. – E poi io non scalcio -
- Mi dispiace amico,
ma da me
non c’è posto - afferma Paul con un sorriso
divertito dal battibecco,
appoggiando un braccio sulle spalle di Torrey.
- Grazie tante, eh -
si finge
offeso Ian, per poi voltarsi verso di me con un sorriso dolcemente
ruffiano - E
poi io adoro i tuoi calci, non saprei più dormire senza -
tenta di adularmi con
scarsi risultati.
Si protende verso di
me,
provando a darmi un bacio sulla guancia ma io mi scosto imbronciata.
Lui, testardo,
afferra
allora la mia sedia
e, facendo forza con
le braccia, mi avvicina a se con un piccolo strattone.
- Ci
passerò oggi pomeriggio.
Contenta?- mi soffia all’orecchio, avvicinandosi poi al mio
viso fino a posare
le sue labbra sulla mia guancia, in un bacio leggero e delicato
- Ti conviene farlo
– socchiudo
gli occhi, cercando di ignorare il formicolio nel punto esatto in cui
si sono
posate le sue labbra - Se no, dormi sul divano - lo minaccio facendolo
ridacchiare.
- Oggi è
la secondo volta che lo
dici, mi stai implicitamente invitando ad andarmene?- ribatte
divertito, per
nulla toccato da quello che ho detto.
Sa, infatti, che
tanto non lo
farei comunque, anche se non passasse dalla lavanderia.
Ho già le
labbra schiuse per
ribattere ma la battuta di Paul mi fulmina sul posto. Letteralmente.
- O mio Dio !
Sembrate una coppia
di sposini alle prime armi !- scherza con una risata corposa,
lanciandoci uno
sguardo divertito che però mi gela.
Allibita mi volto
verso di lui,
gli occhi sbarrati e le guance che si tingono velocemente di rosso
vermiglio
man in mano che il mio cervello assimila la frase.
Sembrate
degli sposini alle
prime armi..
Percepisco il cuore
battere
tumultuoso nel petto, provocandomi un fastidioso ronzio alle orecchie e
le
palpitazioni.
Il silenzio cala
prepotentemente
sulla tavola, dal momento che nessuno sa cosa dire.
È solo
una battuta, mi dico. Ma
allora perché mi ha colpito e imbarazzato così
tanto?
Volto lievemente il
volto verso
destra, per vedere la reazione di Ian.
Con mia grande
sorpresa lo trovo
già intento a fissarmi e, non appena si accorge del mio
sguardo, si limita a
sorridermi. Non sembra apparentemente toccato da quello che ha detto
Paul,
visto che ghigna maliziosamente divertito e anche un po’
compiaciuto.
Come se non fossi
già abbastanza
imbarazzata, ci pensa lui un secondo dopo a farmi arrossire ancora di
più.
- Te lo avevo detto che
Elena
avrebbe scelto Damon, alla fine – ammicca appoggiando il
braccio sullo
schienale della mia schiena.
Mi mordo le labbra,
boccheggiando a quelle parole enigmatiche. Cos’è
oggi, la giornata “facciamo
arrossire Nina” ?
- Oh andiamo, lo sai anche
tu
che non è vero. Lo dici solo perché tu e Nina..-
ma si interrompe bruscante,
lasciando la frase in sospeso, a causa di una gomitata della sua
fidanzata. –
Che c’è?- le chiede poi, guardandola confuso per
quel gesto.
- Buono il risotto,
vero?-
cambia repentinamente discorso Torrey, ricevendo il mio sguardo di
gratitudine.
Per fortuna, quella
conversazione cade in fretta nel dimenticatoio e fra una chiacchiera e
l’altra
arriva la fine della pausa pranzo.
- Ricordati di passare in
lavanderia - gli ricordo ancora una volta, facendolo sbuffare.
- Me lo hai già
detto tre volte
- si lamenta appoggiando un braccio contro il muro.
Stiamo aspettando che arrivi
l’ascensore. O meglio, io lo sto aspettando visto che lui
deve tornare a
girare.
- Ti aspetto per
cena?- gli
chiedo poi, voltandomi nuovamente verso di lui.
- Si, a
quell’ora penso di
esserci – annuisce, passandosi una mano fra i capelli corvini.
A queste parole un
sorriso
involontario tende le mie labbra, venendo subito intercettato dal suo
sguardo
attento. Parliamo davvero come due sposini, è il pensiero
spontaneo che mi
arrossa le guance.
- Che
c’è?- mi chiede subito Ian
aggrottando le sopracciglia a quella reazione.
- Nulla - scuoto la
testa,
sorridendogli ancora mentre le porte dell’ascensore si aprono
davanti a noi –
Ci vediamo stasera, allora. – lo saluto.
Mi alzo sulle punte
e,
puntellandomi sulle sue spalle, gli lascio un bacio sulla guancia.
- A dopo -
Entro
nell’ascensore con ancora
quel ridicolo e improbabile pensiero che mi frulla
nella mente.
Sembrate degli sposini alle
prime armi..
***********************
Canticchiando una vecchia
canzone, ripongo il phon nel cassettone del mobile del bagno e poi mi
pettino i
capelli con la spazzola, sciogliendo gli ultimi nodi.
Ah, mi sento dannatamente
bene!
Ho passato l’intero pomeriggio a non fare niente se non
guardare la tv e
dormicchiare, cosa che non mi capitava da un anno ormai.
Solo ora, senza il rumore
dell’asciuga
capelli, mi accorgo che nell’altra stanza al vociare della
televisione si è
sovrapposta la voce di Ian. Sembra che stia parlando con qualcuno, al
telefono
probabilmente.
Con le sopracciglia
aggrottate,
tendo maggiormente l’orecchio nel tentativo di capire
qualcosa, senza
riuscirci.
Indecisa,
pondero l’idea di
uscire e soddisfare la mia curiosità, ascoltando
direttamente la conversazione,
per poi abbandonarla.
Non
voglio essere invadente o,
peggio, inopportuna. Tanto sarà o la sorella o la madre
visto che le sente ogni
giorno, mi convinco.
Placando
il mio desiderio di
sapere, che oltretutto si sta facendo sempre più pressante,
continuo a
spazzolarmi i capelli.
Totalmente
rigenerata e avvolta
nel mio pigiama caldo, esco poco dopo dal bagno ritrovandomi davanti
Ian
appoggiato con la schiena alla testiera del letto e le gambe allungate.
- Finalmente!- mi
accoglie lui,
abbandonando la rivista che stava leggendo al suo fianco - Pensavo
fossi caduta
nella doccia - scherza sulla mia lentezza a farmi la doccia.
- Ahaha, simpatico -
fingo una
risata facendo il giro del letto per poi sedermici sopra.
Mi lego i capelli in una
treccia
bassa, percependo nitidamente il suo sguardo sulla mia pelle ancora
accaldata
dall’acqua calda.
Deglutisco, decidendo di
soddisfare finalmente la curiosità che mi attanaglia lo
stomaco.
- Con chi parlavi, prima? -
volto lievemente il volto nella sua direzione, cercando di sembrare il
più
disinteressata possibile.
- Oh, con tua madre
– afferma
con tutta la naturalezza di cui dispone, come se fosse
un’azione abituale
Di scatto mi volto verso di
lui,
con gli occhi sbarrati e le labbra dischiuse dalla sorpresa.
- Mia ..mia madre?
– balbetto,
arrossendo non so neanche io per cosa.
Forse per il fatto che mia
mamma
potrebbe aver frainteso la situazione, o forse per la circostanza in se
stessa,
davvero strana e ambigua.
- Si, mi stavo dimenticando
di
dirtelo – sorride tranquillo e rilassato, neanche fosse la
cosa più normale al
mondo - Ha chiamato sul tuo cellulare ma eri sotto la doccia,
così ho risposto
io -
Sempre
più allibita e sorpresa
continuo a fissarlo con le labbra dischiuse, totalmente sconcertata.
- Ti saluta. Ha
detto che ti
richiama domani, così non ci disturba stasera.- continua con
un alone di
sorriso malizioso sulle labbra, ma io sono troppo shockata dal fatto
che abbia
parlato con mia madre per rendermene conto.
Benissimo, socchiudo gli
occhi,
ci mancava solo che mia madre pensasse che avessimo un appuntamento.
Domani tenterà di strapparmi
qualche ammissione dalla bocca in ogni modo, ovviamente non credendo
assolutamente alla storia del “no, fra noi non
c’è niente perché siamo solo
amici”.
- Sei infastidita?- mi porta
a
riaprire gli occhi la voce lievemente tesa di Ian.
Rialzo gli occhi, puntandoli nei
suoi così limpidi da stordire.
- No…solo
è.. strano - ammetto
in un sussurro, sorridendogli tremendamente imbarazzata per quella
rivelazione e
stringendomi tra le spalle.
Con le dita torturo il bordo del
cuscino, spiegazzandolo nervosa per il silenzio calato fra noi.
- Comunque non mi
avevi mai
detto di avere una mamma così simpatica - afferma
scherzosamente un attimo dopo,
tentando di alleggerire l’atmosfera e, per fortuna, ci riesce.
- Da qualcuno dovevo
pur aver
preso - sorrido consapevole del fatto che l’imbarazzo di poco
prima si sta
sciogliendo del tutto.
-
Guardiamo il film?- gli chiedo
poi, allontanando definitivamente la precedente conversazione.
Lui annuisce e io mi
alzo
nuovamente per inserire il dvd nel lettore, tornando poi a sedermi.
Faccio partire il
film, che
riempie lo schermo con i titoli di testa.
Nella penombra della
stanza Ian
si volta verso di me, sorridendo e aprendo le braccia
affinché mi ci accoccoli.
Lo guardo
momentaneamente
indecisa, combattendo con me stessa. Combattendo con i soliti dubbi.
Mi lascio andare con
il rischio
di oltrepassare la linea spessa e rossa che ho tracciato oppure pongo
fine al
divertimento lasciando il nostro rapporto così come
è , da amici?
Lo fisso ancora per
un secondo,
mentre la tentazione che leggo in quegli occhi azzurri sortisce sempre
più
effetto.
Mentre quegli stessi
occhi mi
lasciano intravedere un qualcosa che prima non avevo mai
visto.
Un qualcosa
che mi rassicura e spaventa al col tempo, che è promessa
di lidi tranquilli e di furiose tempeste.
E io faccio
l’unica cosa
possibile in questo momento. L’unica che voglio fare ora.
Mi appoggio contro
di lui,
lasciandomi circondare dal suo braccio dolcemente posato sulle spalle e
dal suo
calore.
Emetto un sospiro,
percependo il
cuore fare le capriole nel petto e
le
farfalle tornare a svolazzare allegre nel mio stomaco.
Alzo gli occhi su di
lui,
trovandolo intento a scrutarmi con un sorriso svagato e luminoso.
I nostri occhi
rimango legati
per alcuni secondi, in uno strano gioco di sguardi ed emozioni.
Veniamo richiamati
alla realtà
dai protagonisti del film che parlano.
Sposto lo sguardo
sulla
televisione, sempre più consapevole che la linea rossa che
avevo tracciato si
sta assottigliando sempre di più.
Fino quasi a scomparire.
Salve!
Ed eccovi anche il quinto
capitolo della storia. Come al solito procedo con le spiegazioni per
punti:
1- 1-I
personaggi di questa storia non mi appartengo ( purtroppo) e non li
utilizzo
per alcun scopo di lucro.
2-
2- Questo capitolo mi ha provocato non pochi problemi. L’ho
riscritto più volte perché
non mi piaceva e anche ora non ne sono del tutto convinta.
E’ stato
più difficile di
quanto pensassi buttare giù le idee in modo che non
sembrassero troppo finte e
forzate. Spero , comunque, che non faccia totalmente schifo e che non
ci siano
errori di ortografia, anche se qualcuno mi scappa sempre nella
rilettura. È per
questo che ci ho messo molto a postare.
2-
3-Apparentemente
è un capitolo in cui non succede molto ma in
realtà c’è una sorta di svolta,
cche sarà ancora più chiara dal prossimo
capitolo. So che probabilmente molte
di voi si aspettavano una svolta più decisa, magari un bacio
o qualcosa di più,
e mi scuso per aver disatteso le vostre aspettative, ma non mi sembrava
coerente con la storia fare un salto del genere.
non sarebbe stato giusto nei confronti
dei personaggi. Una svolta,ripeto, c’è stata e
anche importante. Leggete bene l’ultima
parte e capirete. I pensieri di Nina sono cambiati nel corso del
capitolo. Da ora
Nina si lascerà andare perché la linea
che aveva tracciato è scomparsa. Non vuole avere
più limiti e non se ne
imporrà, perché qualcosa le ha fatto cambiare
idea e l’ha convinta a lasciarsi
andare. Questo non vuol dire che nel prossimo capitolo si baceranno
sicuramente
o si salteranno addosso perché ripeto non sarebbe coerente
con la storia, per
ora. Ma non vuol dire neanche che non accadrà. Lo so sembro
contraddittoria ma
non posso spiegarvi bene perché se no vi rovinerei la
sorpresa. Vi posso dire
che però nel prossimo capitolo ci sarà una svolta
nel bene e nel male.
Spero di essermi spiegata chiaramente, ma
se avete dei dubbi chiedetemi pure sia privatamente che tramite le
recensioni e
io sarò ben felice di rispondervi.
3- 4-Mi
scuso per il ritardo nel postare questo capitolo, ma sono stata un
po’
incasinata perché ho dovuto studiare per il test di
ammissione all’università.
Il prossimo capitolo non so ancora con precisione quando
arriverà, ma penso di
non metterci molto perché ho già qualche idea in
testa.
4- 5 -GRAZIE alle splendide 7 ( e dico
7!) persone che hanno recensito lo scorso capitolo. Non so che altro
dire se
non GRAZIE. Mi hanno fatto enormemente piacere i vostri pareri e i
vostri
incoraggiamenti. È la cosa più bella che uno
scrittore possa ricevere, perché
sapere che il lavoro che uno fa è apprezzato invoglia a
continuarlo e ripaga
della fatica. Devo però un grazie particolare a due persone:
a Cla, che mi ha
sopportato mentre ero in crisi per questo capitolo che non riuscivo a
scrivere
aiutandomi a capire cosa non andava, e a Missdelena97 che è
ormai la mia
designer e sponsor officiale e che mi sopporta sempre anche lei. Mi sa
che ti
devo aumentare lo stipendio tesoroJ Grazie ragazze!
5- 6-L’immagine
che trovate all’inizio è stata creata da
Missdelena97, così come anche il video
trailer ad inizio pagina che vi consiglio di vedere perché
è strepitoso. Vi
lascio il link anche qui comunque
6- 7-Come
al solito vi invito a recensire perché mi farebbe davvero
piacere sapere cosa
pensate, soprattutto di questo capitolo che non mi convince molto.
7- 8-Ho
notato che siamo già a 27 recensioni e che ne mancano solo 3
alle 30
recensioni, un traguardo a cui auspicavo come miraggio quando ho
iniziato a
scrivere questa fan fiction. Così ho pensato ad una cosa per
“festeggiare”.
Nel settimo capitolo
farà la
sua comparsa un personaggio che avrà un ruolo importante
nella storia. Ora vi
lascerò una serie di potenziali personaggi e chi
riuscirà ad indovinare
riceverà uno spoiler sul prossimo capitolo, cioè
il sesto:) . Ho disseminato
qua e là qualche velato indizio e qualcuno depistativo
…vediamo chi indovina.
I potenziali personaggi sono:
1- 1-Mamma
di Nina.
2- 2-Robin,
sorella di Ian.
3- 3-Alexander,
fratello di Nina
4- 4-Mamma
di Ian.
5- 5-Robert,
fratello di Ian.
6- 6-Megan,
ex di Ian.
Spero di non aver dimenticato
di dire nulla. Recensite, mi raccomando.
Kiss Kiss Live in love.
PS: la prossima storia che
aggiornerò è…rullo di
tamburi… I WILL ALWAYS CHOOSE
YOU…
|
Ritorna all'indice
Capitolo 6 *** Echo ***
Vorrei
dedicare
questo capitolo
Ad Ali e Jess che sono le fan numero
uno delle mie storie,
Alle magnifiche 13 persone che hanno
recensito
lo
scorso capitolo
E, infine, a tutti i lettori silenziosi.
Grazie.
PS:
Vi lascio qua i link dei video trailer della fanfiction fatti
da Missdelena97 TRAILER
1...TRAILER 2
CAPITOLO 6
ECHO.
Sorridente
e spensierata attraverso tutto il corridoio fino a raggiungerne il
fondo.
Oggi
è proprio
una giornata perfetta: ho dormito per quasi dodici ore di fila,
mangiato il mio
dolce preferito a colazione, ho passato
la mattinata a fare yoga, pranzato con Ian e, ultima cosa ma per questo
non meno
importante, ho ricevuto in anteprima esclusiva i copioni degli episodi
che
gireremo a gennaio.
Kevin
mi ha dato gli script degli episodi otto e nove, con la rigorosa
promessa di
non mostrali a nessuno e, una
volta
letti, di restituirglieli. Cosa davvero strana visto quanto
è geloso delle sue
opere, oltretutto.
L’ha
fatto perché ha detto che ci sono scene importanti sia per
Katherine che per
Elena e vuole che io mi prepari al meglio per interpretarle,
studiandole nel
minimo dettaglio.
A
giudicare dallo spessore anomalo del plico di fogli, direi che ci
saranno
davvero molti colpi di scena e cose interessanti a dissetare la mia
assetata curiosità.
O almeno lo spero.
Inoltre,
svegliarsi con il
profumo di Ian a
stordirmi e un suo braccio avvolto
mollemente intorno ai fianchi ha decisamente contribuito - oltre a
compiacere tremendamente
i miei ormoni- a rendermi di buon umore.
Si,
sorrido contenta, davvero
un giorno
fantastico.
-
Ciao
Nick !- saluto allegra l’addetto ai microfoni, che mi passa
di fianco con un
mucchio di fili ingarbugliati ad occupargli le braccia.
Con
passo spedito supero anche la porta della stanza costumi, arrivando
finalmente
alla mia ambita meta.
Mi
fermo davanti all’ultima porta bianca, su cui spicca la
vistosa targhetta rossa
a caratteri neri con su scritto “ Sala Relax”.
Nonostante
sia una saletta messa a disposizione di tutto lo staff, non ci viene
quasi mai
nessuno e io stessa l’ho usata solo qualche volta in due anni.
Oggi,
però, visto che ho mezz’ora libera prima di
iniziare a girare nuovamente e
voglio starmene in santa pace, ho deciso di sfruttarla al meglio per il
mio
scopo.
Sospiro
estasiata stringendomi al petto i fogli, attenta però a non
sgualcirli,
pregustando già di immergermi nella
lettura e fra i cuscini morbidi del piccolo divanetto.
Con
questi piani in testa appoggio la mano sulla maniglia, facendo pressione ed aprendola sgusciandovi
poi dentro.
Ciò
che
vedo manda però totalmente
in scompiglio
i miei progetti, facendomi schiudere sorpresa le labbra e aggrottare le
sopracciglia.
-
Uhh,
ci siete già voi ! - mugugno tra l’infastidito e
lo stupito, imbronciandomi
vistosamente.
Incrociando
le braccia al petto e socchiudendo gli occhi, fisso quasi in cagnesco
Paul e
Ian comodamente seduti sul divano grigio di fronte a me, proprio dove
dovrei
essere io.
E
io
che speravo di starmene in santa pace a leggere i nuovi copioni, sbuffo.
-
Anche
io sono felice di vederti, tesoro !- afferma sarcastico Paul,
sorridendo però
divertito dal mio broncio.
Ian
alza momentaneamente gli occhi dalla rivista che ha in mano,
lanciandomi un
breve sguardo e un sorriso complice che fa aumentare il battito del mio
cuore a
dismisura.
-
Non
potete andarvene?- chiedo innocentemente a brucia pelo , assomigliando
più ad
una bambina di cinque anni che ad una ragazza adulta della mia
età.
-
Cos’hai mangiato stamattina a colazione? Biscotti e
gentilezza?- scherza ancora
Paul, facendo ridacchiare divertito Ian, che abbandona del tutto la
rivista che
stava leggendo, e corrucciare di più me.
-
Ahaha
simpatico - fingo una risata, avvicinandomi e fermandomi ai piedi del
divano.
Mi
scosto una ciocca di capelli dal volto, tornando poi ad incrociare le
braccia
sotto il seno e fissare corrucciata Paul.
Il
tutto sotto lo sguardo bruciante di
due
occhi adamantini che non mi lasciano un secondo,
percorrendo interamente la mia figura e provocandomi
brividi con conseguenti pensieri davvero poco casti.
È
possibile che basti solo un suo sguardo per aizzare i miei ormoni e
azzerare i
miei pensieri?
Mi
mordo un labbro, cercando, a fatica, di non fare troppo caso al suo
sguardo
infuocato.
E’
pazzesco di come la tensione sessuale sia arrivata alle stelle fra di
noi dopo
la sera in cui abbiamo visto il film, cioè una settimana fa.
A
volte, ho la sensazione di poter cedere alla tentazione da un momento
all’altro, soprattutto quando siamo troppo vicini. Ora come
ora, anche una
carezza un po’ troppo lunga basterebbe ad accendere la miccia.
-
Mi
lasciate il posto? - chiedo un secondo dopo, accantonando quel pensiero
e
sfoderando gli occhi dolci con annessa espressione da cucciolo.
-
Non
ci penso neanche - sghignazza Paul scuotendo la testa, continuando a
prendermi
vistosamente in giro.
Ian
non
dice nulla, invece, limitandosi solamente ad un sorriso divertito sulle labbra.
-
Ti
prego, Paul. – continuo
nella mia
opera di convincimento, calcando sul suo nome col chiaro intento di
farlo
sentire in colpa e, quindi, farlo cedere. Con mio fratello funziona
ogni volta
e alla fine riesco sempre a convincerlo a fare ciò che
voglio.
Cosa
che non sembra riuscirmi con Paul visto che continua a fissarmi
divertito,
senza però muovere un solo muscolo.
-
Stefan lo farebbe per Elena – sfodero la mia ultima arma : il
broncio offeso.
-
Ho
detto di no – ridacchia.
-
Dai,
voglio solo leggere in santa pace i copioni!- protesto infine con uno
sbuffo
esasperato, guardandolo immusonita da sotto le ciglia scure.
Lo
sapevo, sarei dovuta andare nel mio camerino per avere un po’
di pace e
tranquillità. La prossima volta darò ascolto solo
al mio istinto e non alla mia
pigrizia, che ha scelto il luogo più vicino.
-
Che
copioni ? – chiede improvvisamente curioso Ian,
intromettendosi per la prima
volta nel discorso, e io solo in quel momento capisco di aver fatto un
terribile errore: mi sono tradita con le mie stesse mani.
Bene,
e
ora chi lo sente Kevin ? Come minimo mi ammazza seduta stante.
-
Non
ci hanno dato nessun nuovo copione – aggrotta confuso le
sopracciglia Paul e il
suo sguardo cade di riflesso sui fogli che ho fra le mani.
-
Infatti, mi sono sbagliata – mi mordo colpevolmente il
labbro, nascondendo
velocemente la mano con i copioni incriminati dietro alla schiena
– Intendevo dire
che …volevo leggere un… libro – tento
malamente di salvarmi in corner, finendo
solo col balbettare una scusa patetica. Speriamo solo ci credano.
-
Cos’hai dietro la schiena? – mi chiede sospettoso
Ian, con un sorriso
malandrino ad increspargli le labbra e un luccichio negli occhi che non
promette nulla di buono.
-
Nulla
- mento spudoratamente stampandomi in faccia un sorriso angelico - Oh,
si è
fatto tardi devo andare! -
Muovo
un passo indietro, tentando di allontanarmi, ma non ho neanche il tempo
di farne
un altro che Ian mi afferra fulmineo per un braccio.
Con
un
movimento fluido di minima forza mi tira verso di se, sbilanciandomi e
facendomi finire seduta sulle sue ginocchia .
-
Ehi -
ribatto offesa mentre le sue dita continuano ad avvolgermi il polso in
una
presa delicata e appena percettibile, proprio nel punto in cui si
può percepire
il battito cardiaco.
Senza
dire nulla con l’altra mano mi
ruba i
due copioni, lanciandone uno a Paul e tenendosi l’altro.
Lo
guardo sempre più allibita, con le labbra leggermente
schiuse e gli occhi
allargati.
-
Fa
pure, eh!- affermo sarcastica, inarcando un sopracciglio.
Lui
si
limita a lanciarmi un sorriso smaliziato, iniziando poi a leggere
senza,
tuttavia, mollare la presa sul mio braccio.
Sbuffo
indispettita, venendo totalmente ignorata da loro due.
Solo
un
secondo dopo, quando Ian si muove sotto di me per sistemarsi meglio, il
mio
cervello nota un particolare che aveva fin allora ignorato : sono
seduta in
braccio a lui.
Arrossisco
violentemente mentre un’improvvisa ondata
di calore mi pervade, focalizzandosi in particolar modo
nel basso ventre
in un delizioso formicolio.
Boccheggio,
sentendomi andare sempre di più a fuoco. È
normale che senta improvvisamente un
caldo insopportabile e l’impellente bisogno di togliermi i
vestiti ?
Il
mio
cuore perde un battito e la mia pelle si vela di brividi percependo il
calore
invitante del suo corpo sotto la camicia scura
Le
farfalle si agitano di più nel mio stomaco a questo
pensiero, in sincronia con
i miei ormoni che , scatenati, hanno iniziato a ballare.
Lo
fisso di sfuggita da sotto le ciglia , cercando di captare una sua
eventuale reazione.
È
tranquillo come al solito e per nulla turbato dalla posizione in cui
siamo,
come fosse la cosa più normale del mondo .
Prendo
un respiro profondo, tentando di placare i miei ormoni ma finendo, di
fatto,
col prendere una boccata del suo profumo inebriante e afrodisiaco.
È
vicino, tremendamente vicino. I nostri toraci quasi si sfiorano
talmente è
esigua la distanza fra i nostri corpi. Basterebbe semplicemente una
piccolissima spinta del busto per colmare totalmente la distanza che ci
separa.
Un
respiro più profondo degli altri e il vuoto si
trasformerebbe in un contatto
voluttuoso, eccitante.
Non
siamo mai stati così vicini, esclusi gli abbracci e quando
dormiamo. Ma in qualche
modo questo è un contatto diverso, più intimo e
profondo. Da coppia.
Arrossisco,
se è possibile, ancora di più a quel pensiero,
rendendomi conto
dell’ingestibiltà della mia mente.
Per
quanto mi imponga di andare con calma nel nostro rapporto e cerchi di
trattenermi quasi a forza, c’è una parte di me che
non può fare a meno di
vederci sotto questa luce. Una luce diversa
da cui sono sempre più attratta.
-
Katherine ha avuto un figlio? – mi riporta alla
realtà la voce sorpresa e un
po’ shockata di Paul, che mi fissa con gli occhi verdi
sbarrati come se io
fossi davvero Katherine.
-
Da
chi, scusa?- chiede subito Ian interessato, facendomi roteare gli occhi
al
cielo. E meno male che ai maschi non piace il gossip!
Ricordandomi
che loro stanno leggendo i copioni che io
dovrei leggere, tento di riprendermeli. Cosa che non mi riesce,
oltretutto.
-
No,
dai ragazzi, se Kevin scopre che ve li ho fatti leggere mi ammazza -
affermo,
protendendomi in avanti nel vano tentativo di afferrarli .
-
Vorrà
dire che faremo a meno di Elena, allora – ridacchia
maliziosamente Ian al mio
orecchio, attirandomi di più a se
e beccandosi
immediatamente una mia occhiataccia risentita.
Il
suo
sussurro caldo e divertito, che si infrange contro il mio viso, mi
provoca un
delizioso brivido, facendomi socchiudere gli occhi quasi goduta.
Non
dimenticandomi però della sua battuta, gli do, un secondo
dopo, un pugno
leggero sulla spalla fingendomi offesa.
Lui,
per rabbonirmi, mi
da un bacio sulla
guancia e io posso distintamente distinguere le sue labbra tese in un
sorriso a
contatto con la mia pelle ormai bollente.
Dio,
mi
sento andare a fuoco ogni volta che solo mi sfiora.
Ora
i
miei ormoni hanno praticamente messo su una coreografia dalla gioia.
-
Io
ancora non ho capito perché li abbia dati solo a te in
anteprima i copioni,
comunque – mormora Paul lievemente
imbronciato, riemergendo dai fogli del mio
copione e guardandomi.
-
Interpretare due personaggi, ha i suoi vantaggi!- affermo mentre i
capelli
della nuca di Ian mi sfiorano deliziosamente il palmo, invitandomi
tentatori ad
affondarvi una mano dentro.
Invito
che riesco miracolosamente a declinare.
- Sicura
che non sia perché Jared ha un debole per te? –
ribatte lui, lanciandomi
un’occhiata maliziosamente divertita.
-
Ancora
con questa storia?- roteo gli occhi al cielo per
quell’insinuazione del tutto
falsa.
Paul
è
convinto da un po’ di mesi che Jared, il segretario di Kevin,
abbia una cotta
per me solo perché è gentile e mi ha offerto una
volta un caffè. Cioè, è
assurdo!
-
Ah
si? – chiede improvvisamente interessato Ian, abbandonando
del tutto il copione
che stava leggendo e voltandosi, con gli occhi chiari lievemente
assottigliati,
verso Paul.
Reazione
che mi infonde inspiegabilmente una sensazione di compiaciuta sicurezza.
- Non
dirmi che non te ne sei mai accorto!- afferma
- Cioè le ronza sempre intorno. E poi non ti
sei mai chiesto come faccia
ad avere sempre i copioni in anteprima? – ride.
Il
mio
imbarazzo aumenta ancora di più a quelle parole e di certo
due occhi
tremendamente azzurri a lambirmi sospettosi
non mi aiutano molto. Tutt’altro.
-
Paul!
- lo riprendo tentando di tirargli un calcio col solo risultato di
andare a
vuoto e sbilanciarmi.
Ci
pensa però la mano di Ian, appoggiata saldamente alla base
della mia schiena, a
mantenermi in equilibrio.
Mi
inarco istintivamente a quel contatto, percependo il cuore accelerare
al tocco
leggero dei suoi polpastrelli.
-
E’
capitato solo due volte che avessi il copione prima degli altri, e con
questa
fanno tre in due stagioni.- puntualizzo risoluta.
Percepisco
decisamente lo sguardo indagatore di Ian su
di me e, come richiamata da suoi occhi,
inclino il volto verso di lui specchiandomi in essi.
Mi
fissano attenti, scrutatori, tentando di capire se io stia dicendo o no la verità e io
li lascio fare, non avendo
nulla da nascondere.
Così
chiari e limpidi provano a scrutarmi più in
profondità e, per un singolo attimo,
ho quasi paura che possa leggere nei miei occhi un qualcosa
di cui neanche io sono a conoscenza. O forse, che non sono
semplicemente pronta a riconoscere.
-
Come
vuoi…ma io continuo a pensare che abbia una cotta per te
– bofonchia cocciuto
Paul con una alzata di spalle, riprendendo poi in mano il copione.
Non
riuscendo a trattenere un sorriso divertito, a causa delle sue smorfie
sarcastiche,
ma volendo comunque fargliela pagare, afferro un cuscino e glielo
lancio,
beccandolo su una spalla.
Sembra
un bambino quando fa così, ha ragione Torrey.
-
Ok,
ok, la smetto – ammette in un a risata argentea, alzando le
mani in segno di
resa e tornando successivamente alla sua lettura.
-
Sarà
meglio - gli intimo.
Non
mi
piace parlare di queste cose davanti ad Ian, anche se so che Paul
scherza.
Mi
sento stranamente a disagio. Non voglio che pensi chissà
cosa, tanto più che
non è assolutamente vero.
-
Uhh -
fischia sorpreso Ian richiamandomi alla realtà, leggendo
chissà cosa nei fogli
del copione e aizzando a dismisura la mia curiosità.
- Cosa?
- chiedo subito interessata allungando il collo per vedere,
sbilanciandomi di
fatto in avanti senza, per di più, riuscire a sbirciare
niente.
La
mia
spalla finisce inevitabilmente a contatto con la parte alta del suo
torace,
facendomi percepire ancora di più il calore invitante del
suo corpo sotto la
camicia.
Mi
mordo quasi a sangue le labbra, cercando di non cedere alle pressanti
richieste
dei miei ormoni che mi dicono di fregarmene di tutto – Paul
compreso, seduto
comodamente al nostro fianco – e baciarlo fino a rimanere
senza respiro. E
magari di andare anche oltre, appagando appetiti non repressi del tutto.
Chissà
per quale miracolo divino riesco a trattenermi dal saltargli addosso,
seppur
con uno sforzo disumano.
Ecco,
ho parlato troppo presto.
Come
se
già stargli seduta in braccio non mi procurasse abbastanza
brividi di
eccitazione e piacere, lui mi passa un braccio intorno ai fianchi un
secondo
dopo.
Con
una
lieve pressione mi sistema meglio su di lui, di fatto avvicinandomi
ulteriormente
al suo corpo invitante. Troppo invitante per essere ignorato.
Di
riflesso gli appoggio l’altra mano sul petto, non riuscendo
più a trattenermi
dal toccarlo in modo diretto. Voglio
toccarlo, ne ho bisogno e la parte di me che è stufa di doversi sempre
trattenere si sta
facendo sentire in modo pressante, quasi sovrastandomi.
Percepisco
distintamente i muscoli contrarsi in modo impercettibile sotto il mio
tocco
leggero, rilassandosi un secondo dopo come deliziato da quel contatto.
Un
sorriso leggero gli increspa inspiegabilmente le labbra e la sua mano
aumenta
lievemente la presa sulla mia vita, avvolgendomi di fatto in un
abbraccio
avviluppante.
L’orgoglio
di donna che è in me non può fare altro che
sorridere per quella reazione, ma
il resto della mia mente è troppo impegnata ad ordinarmi di
non saltargli
addosso per recepire totalmente il messaggio e gioirne.
Il
suo
braccio non si muove, rimanendo avvolto alla mia vita in una fasciante
presa
salda, le sue dita posate a solleticarmi il basso ventre provocandomi
un
delizioso formicolio che vorrebbe essere saziato.
Quasi
automaticamente le mie guance si velano di rosso e il battito del mio
cuore
accelera in una corsa tumultuosa al pensiero di come potrebbe essere
placato. Modi
davvero numerosi e…piacevoli, deglutisco a vuoto priva di
salivazione.
Sospiro
impercettibilmente , ormai del tutto consapevole dell’effetto
collaterale che
la sua vicinanza mi provoca e che non può più
essere ignorata. Che
probabilmente non voglio ignorare.
Perché,
anche volendo, non ce la farei più.
- A quanto pare Damon
farà nuove conoscenze –
afferma malizioso, stuzzicandomi e la breve
occhiata intrigata che mi lancia non mi sfugge.
-
Chi
incontra? - chiedo curiosa, mentre, però, una punta di una
sensazione
sconosciuta ma fastidiosa mi stringe lo stomaco all’immagine
di lui che si
bacia con un’altra. E se dovessero anche fingere di andare
oltre un bacio? Mi
chiedo incomprensibilmente allarmata.
La
scaccio subito, dandomi della stupida per quella reazione insensata e
fuori
luogo. È il suo lavoro e io non dovrei provare comunque
questa sensazione, ad
ogni modo.
Non
sono nessuno e non ho alcun diritto di pensare queste cose, visto che
noi non
siamo null’altro che due amici.
- Una
vampira di nome Rose – afferma pacato continuando a leggere
con un sorrisino
quasi snervate.
- Chissà come la
prenderà Elena – ridacchio
mentre la punta di nervosismo rimane, immaginandomi quali reazioni
improbabili
le faranno avere gli sceneggiatori
Certo
avessi letto il copione ora lo saprei, sbuffo.
Tento
di prenderlo dalle mani di Ian ma lui riesce a sfuggire fulmineo,
bloccandomi
saldamente con il braccio che ha ancora avvolto intorno al mio corpo.
Alza
poi
gli occhi azzurri su di me, guardandomi divertito per i miei vani e
buffi
tentativi di prendere ciò che voglio.
Sono
però le sue parole un secondo dopo, a gelarmi.
-
Damon
non aspetterà Elena in eterno – afferma in
risposta a quello che ho detto io un
attimo fa, allargando gli occhi per sottolineare
l’ovvietà di quelle parole.
-
Cosa
vorresti dire, scusa?- mi sento di ribattere, quasi stizzita,
allontanandomi
lievemente da lui con il busto per poterlo guardare negli occhi.
Inspiegabilmente
quella frase mi provoca una dolorosa morsa di fastidio alla bocca dello
stomaco.
Come
se
fossi stata colpita io in prima persona e non il mio personaggio, lo
guardo
male. Delusa.
Lui
mi
trafigge con uno sguardo diretto, il solito velo di
imperscrutabilità a celare
le emozioni più vere. Anzi sembra che sia lui a voler
leggere qualcosa nei mie
occhi e io mi sento inspiegabilmente nuda sotto quello sguardo che mi
trafigge.
-
Damon
non aspetterà Elena in eterno – ripete non
distogliendo gli occhi dai miei,
come se non ci fosse bisogno di nessun’altra spiegazione.
Come
se
quelle stesse parole fossero depositarie di un’altra
verità.
E la paura che sia un
riferimento indiretto a
me si impossessa di me, sconvolgendomi.
- Non attenderà
per sempre che lei si decida.
Ed in fondo è giusto così, forse. –
continua.
Lo
trafiggo con un’occhiata offesa mentre quella sensazione
inspiegabile torna a
farsi sentire prepotente, pervadendomi di frustrazione. Il
perché mi è ancora
sconosciuto e in questo momento sono troppo impegnata a ribattere per
pensarci.
-
Allora direi che fa decisamente bene a non sceglierlo, continuando a
stare con
Stefan - ribatto tagliente, forse fin troppo , irrigidendomi fra le sue
braccia.
La
sua
presa tuttavia rimane salda, continuando ad avvolgermi in modo soffice
nonostante
io vorrei solo alzarmi e allontanarmi da lui in questo momento.
Tuttavia
non lo faccio, rimanendo dove sono.
Non
so
perché, ma ho quasi la sensazione che la discussione si sia
spostata su altri
campi, su altre persone. Semplicemente su di noi.
Non
so
se sia questa la sua intenzione ma la mia mente non può fare
a meno di
rimandarmi analogie evidenti fra i personaggi che interpretiamo e noi
stessi.
Il
parallelismo è evidente ai miei occhi, così
opprimente da togliermi quasi il
respiro.
Io
sono
indecisa proprio come il personaggio che interpreto, non fra due
ragazzi ma
bensì fra i miei stessi istinti e pensieri. Non so cosa
fare. O meglio lo so,
ma ho paura.
Una
fottuta paura di scegliere di lasciarmi andare e poi capire di aver
frainteso
tutto, facendomi male e rovinando indissolubilmente tutto.
Lui
non
mi aspetterà in eterno, non aspetterà che io mi
decida a lasciarmi andare totalmente.
E questo mi mette ancora più paura.
E
se
avessi davvero frainteso tutti i suoi comportamenti? Mi chiedo mentre
il mio
cuore per un battito per la delusione bruciante di quella
eventualità.
Dannazione, mi ricorda
però la parte istintiva
e meno razionale di me, come è possibile che abbia frainteso
quella deliziosa
luce nei suoi occhi che mi invitava a lasciarmi andare fra le sue
braccia e
tutti i suoi gesti? No, è impossibile che io abbia frainteso
tutto
quanto.
Damon
non aspetterà Elena in eterno.
Quelle
parole mi rimbombano in mente, disperdendosi in un eco ridondante che
non
smette di propagarsi.
Un
eco
da un retrogusto
dolce- amaro che mi
stringe la bocca della stomaco in
una
morsa angosciante.
Un eco che si
frastaglia in mille domande senza risposte.
Cos’era
quella frase? Una sorta di metafora per farmi capire che non posso
restare in
un limbo di indecisione se rischiare, per andare oltre
all’amicizia che abbiamo,
o accontentarmi di quello che siamo ora, semplici amici?
Era una
semplice commento oppure un invito a darmi una mossa ?
Ancora
confusa e sconcertata incontro i suoi occhi cristallini,
imperscrutabili come
non mai e, nonostante la sua vicinanza sia quasi assuefante, quelle
parole
continuano ad echeggiarmi in testa.
Forse
è
solo una mia impressione. Una suggestione dettata dalla confusione fra
ragione
e sentimento in cui staziono da un po’. Da troppo tempo ,
forse.
-
Francamente , allora, non la merita – affermo decisa
sentendomi colpita in
prima persona, mentre le mie guance si infervorano di porpora.
-
Guarda, che questo non vuol dire che non tenga a lei –
ribatte testardamente
lui , cercando i miei occhi che però sfuggono
volontariamente da quel contatto.
Sono
già confusa abbastanza di mio da questa sensazione
indefinibile e senza senso e
decisamente non ho bisogno di essere ulteriormente scombussolata dai
suoi
occhi.
Rimango
in silenzio, non sapendo cosa dire. Non sapendo cosa provo e cosa devo
fare.
-
Motivo per cui resterà per sempre con Stefan –
scherza Paul , riemergendo dalla
sua lettura con un sospiro, evidentemente senza accorgersi della
tensione che
c’è fra me ed Ian.
Gli
sorrido quasi forzatamente, non riuscendo a togliermi quella maledetta
frase
dalla testa che continua a vorticarmi fastidiosamente nella mente.
-
Questo non vuol dire che Damon non continuerà a provarci.
– afferma e ancora
una volta mi sembra che le sue parole siano indirizzate a me e non al
mio
personaggio. Non so, forse sono solo pazza a vedere tutte queste cose
dove non
ci sono. Interpretare due personaggi mi starà facendo uscire
di senno.
Mi
rivolto verso di lui, incatenando finalmente il mio sguardo scuro al
suo
cercando quasi una risposta in quegli occhi profondi.
Una
risposta che mi sembra di leggere e non
trovare al col tempo. Forse semplicemente una risposta che
ho paura di
trovare, perché comporterebbe abbandonare
l’indecisione e imboccare
definitivamente una strada. Sono pronta a farlo?
Lui
mi
sorride, spostandomi dolcemente una ciocca di capelli dal viso e
portandomela
dietro l’orecchio in una lieve carezza.
-
Dico
solo che se ha delle distrazioni non
può essere biasimato per questo, non è detto che
poi vi ceda. – afferma piano,
rilassato – Anche se visto il punto di vista di Damon
è molto probabile –
scherza, tentando di strapparmi un sorriso.
Mi
attira a se, facendomi aderire totalmente al suo corpo tonico e le
scariche
elettriche di piacere tornano a farsi sentire prepotentemente,
annebbiando e
scacciando quasi i pensieri.
Gli
passo entrambe le braccia intorno al collo, lasciandomi stringere da
lui e
affondando il capo
sulla sua spalla.
Sospiro,
accantonando quei pensieri che so dovrò affrontare prima o
poi, ma non in
questo momento.
Voglio
semplicemente godermi la sua vicinanza, adesso. Ho bisogno della
certezza di
questo contatto, forse ora più che mai.
Rimaniamo
così finché sono siamo interrotti.
-
Io
devo andare – afferma improvvisamente Paul, alzandosi e
riconsegnandomi il
copione.
Mi tiro
nuovamente su col busto, afferrandolo, ed ho già le labbra
schiuse per parlare
ma lui mi precede.
-
Non
ti preoccupare non dirò nulla a nessuno, tantomeno a Kevin
–
-
Sarà
meglio per te - gli intimo, non dubitando però della sua
segretezza al
riguardo.
Paul
scompare dietro alla porta bianca della saletta in un secondo,
lasciandoci da
soli.
Nonostante
ora ci sia un altro posto libero sul divano,
rimango dove sono.
Il
silenzio non ha neanche il tempo di cadere pacatamente su di noi che
Ian lo
rompe.
-
E
così il segretario di Kevin ha una cotta per te ,eh?- soffia
al mio orecchio,
spostandomi i capelli tutti su una spalla.
Mi
volto, ritrovandomelo a
pochi centimetri
dal mio volto.
-
Paul
si fa i film – affermo risoluta, roteando gli occhi al cielo
per la banalità di
quella insinuazione.
Ian
continua a trafiggermi col il suo sguardo, aprendosi poi in un sorriso.
-
Meglio – soffia maliziosamente enigmatico fra i miei capelli,
lasciandomi poi un
bacio per nulla casto sulla guancia che mi manda in fiamme.
Se
prima i miei ormoni avevano messo su una coreografia ora sono passati
direttamente ad allestire un musical.
Allontana
il viso dal mio, lanciandomi un’occhiata indecifrabile che
non comprendo.
Sospiro,
decidendo di lasciare perdere.
Senza
dire nulla ritorno ad appoggiare il volto nell’incavo del suo
collo e lui
subito appoggia la guancia sui miei capelli, in un gesto ormai
abituale. Nostro.
Riprende
in mano la rivista che stava leggendo quando sono entrata, lasciandomi
ai miei
pensieri. O per meglio dire ai miei numerosi tormenti.
Sfrego
il volto contro il tessuto morbido e profumato della sua camicia,
socchiudendo
gli occhi deliziata.
Nonostante
però la sua vicinanza sia tale da stordirmi e confondermi,
un pensiero torna ad
echeggiarmi nella mente prepotentemente.
Riapro
gli occhi di scatto mentre la morsa angosciosa torna a pervadermi con
le sue
spire opprimenti.
Damon
non aspetterà Elena in eterno.
***************************
Con
un sospiro stanco spingo la
porta antincendio ed esco all’aperto, trascinando fiaccamente
i piedi.
L’aria
frizzante del tardo
pomeriggio mi avvolge subito con il suo
manto fresco, per fortuna risvegliandomi almeno in parte.
Ne
prendo un lungo respiro, chiudendo
gli occhi deliziata da quel senso di rigenerazione che mi dà.
Nonostante
sia già novembre
inoltrato non fa freddissimo e io mi godo questa sensazione,
stringendomi nella
spessa felpa grigia che indosso come giacca.
Il
mal di testa che mi
ha tormentato per le
ultime due ore è miracolosamente scomparso,
dileguandosi in un fastidioso mal di collo che se ne andrà
dopo una bella
dormita. O, ancora meglio, un massaggio.
L’immagine
di Ian che mi fa un bel
massaggio si proietta istantaneamente nella mia mente, in modo
così nitido che
mi sembra quasi di percepire il suo tocco rovente e vellutato sulla
pelle.
Mi
mordo un labbro mentre la mia
fantasia poco casta mi mostra le sue mani scendere in altri posti,
decisamente
vietati ai minori.
Sospiro,
rendendomi intanto conto della
facilità con cui Ian riesce ad entrare nei miei pensieri
ormai.
Che io voglia o meno, che
siano
fantasie poco pure o semplici pensieri, il mio cervello mi porta
costantemente
a pensare a lui.
Ormai
è un dato di fatto, contro cui
non posso più andare e che non riesco più a
negare. È così punto e basta, me ne
sono fatta una ragione.
Damon
non aspetterà Elena in eterno.
Sono
le sue parole, ora, a tornarmi
arroganti in mente,
proprio come hanno
fatto inesorabilmente per tutto il pomeriggio. Non mi hanno dato un
attimo di
pace, provocandomi mille dubbi e un seccante mal di testa.
Stizzita
e angosciata al col tempo
da quell’eco, stringo le labbra per poi mordendomele
nervosamente.
Tento
di scacciare di nuovo quel
pensiero molesto, senza riuscirvi purtroppo.
So
che probabilmente è solo una
frase riferita alla story-line dei personaggi che interpretiamo, ma
più mi dico
che è così più la paura che invece Ian
si riferisse a noi due mi pervade
spietatamente.
È
una paura forse stupida ed
infantile e magari io mi sono fatta solo un mucchio di film per nulla,
ma non
posso fare a meno di rimuginarci sopra.
La
mia mente continua sovrapporre
il mio nome a quello di Elena e quello di Ian a quello di Damon,
componendo una
frase che mi provoca una dolorosa morsa al petto, all’altezza
del cuore, che
non mi lascia scampo. Mi sento ferita e disillusa come se
l’avesse indirizzata
a me.
Riapro
gli occhi, puntandoli davanti
a me e notando solo in quel momento una figura a me conosciuta seduta
sugli
ultimi gradini della scala.
-
Candice!- la chiamo, riconoscendo
subito quella vaporosa chioma bionda.
Scendo
di fretta gli scalini,
rischiando quasi di prendere una storta e ruzzolare giù da
un momento all’altro,
fino ad arrivare nel punto in cui è lei.
-
Nina - mi sorride genuina ,
abbandonando momentaneamente la sua lettura ed alzando il volto verso
di me.
Mi
siedo accanto a lei,
sorridendole e lasciandomi stringere dal suo abbraccio esuberante ,
proprio
com’è lei.
Parlare
con Candy mi distrarrà
sicuramente dai miei logorroici pensieri e , perché no,
magari me li farà anche
dimenticare, mi dico speranzosa.
-
Pensavo tornassi domani – affermo
realmente contenta di vederla, guardandola con il primo vero sorriso
del
pomeriggio.
Candice
era infatti tornata per
qualche giorno a casa, in Texas, per partecipare al matrimonio di una
sua
cugina.
Mi
è mancata tremendamente,
soprattutto i suoi indispensabili consigli senza peli sulla lingua.
Tentare
di risolvere i miei dubbi
da sola, ora come ora, è come cercare un ago microscopico in
un pagliaio di un
ettaro !
-
Lo so , ma mi annoiavo con tutti
quei parenti così ho deciso di tornare prima. - trilla
allegra con un’alzata di
spalle, facendomi ridacchiare per la sua buffa espressione.
Si,
mi è mancata davvero tanto.
-
Tu, tutto bene?- mi chiede un
secondo dopo con un mal celato sorriso malizioso ad incurvarle le
labbra.
So
benissimo a cosa si riferisce. O
meglio a chi.
Vuole
chiaramente sapere come vanno
le cose fra me ed Ian, anche se non lo ha detto esplicitamente glielo
si legge
negli occhi che muore dalla voglia di sapere della nostra
“convivenza”
-
Si – sospiro, senza aggiungere
nulla di più.
Infondo
non c’è nulla
da dire. Io sono sempre in bilico e lui non
mi aiuta a sbilanciarmi con i suoi gesti imperscrutabili e
così spontanei.
-
Dal tuo sospiro deduco che non ci
siano stati risvolti piccanti, quindi - afferma strappandomi un sorriso
leggero, seppur piccolo e velato dalle ombre dei miei dubbi.
-
Già – mi limito a questo sussurro
laconico, stirando con le mani i fogli spiegazzati del copione che
ormai
assomiglia sempre più ad un ammasso indistinto di carta
stropicciata.
Damon
non aspetterà Elena in eterno.
Quelle
parole - talmente reali
nella mia mente che mi sembra quasi che lui me le stia ripetendo - si
ripresentano
beffardamente a perseguitarmi, ancora una volta seguite da quella
angosciosa
morsa alla bocca dello stomaco.
-
E’ per questo che hai quella
faccia demoralizzata ? – mi chiede schietta, scrutandomi
attenta con i suoi
occhi limpidi.
-
No, devo imparare le battute
entro mezz’ora ma non ci riesco – dissimulo girando
intorno al reale problema,
indecisa se parlargliene o no.
Magari
è solo una mia paranoia che
mi passerà fra qualche giorno e non c’è
motivo di assillarla per questo.
Mi
passo una mano fra i capelli,
che ricadono scomposti
sulle mie spalle,
incerta.
Indecisa
su cosa dovrei fare io
stessa, infondo.
Se
continuo di questo passo
reciterò queste parole sul set e non le battute corrette.
La
sensazione fastidiosa mi stringe
di nuovo lo stomaco infondendomi un irritante senso d’ansia.
Damon
non aspetterà Elena in eterno.
-
Andiamo, non ti aspetterai che ci
creda davvero spero. È evidente che il problema sia
un’altro – afferma
inarcando un sopracciglio chiaro e lanciandomi un’occhiata
eloquente. – E
qualcosa mi fa intuire che questo problema
abbia occhi azzurri e capelli neri -
Mi
mordo un labbro, tormentandolo
con i denti, decidendomi poi a buttare fuori il rospo. Se non mi sfogo
con lei
con chi devo farlo?
-
Damon non aspetterà Elena in
eterno –
affermo con un sospiro scoraggiato,
guardandola quasi avvilita da sotto le ciglia scure.
-
Come? – mi chiede lei stranita,
non capendo assolutamente cosa centrino le mie parole –
E’ per questo che non
riesci a imparare le battute?- aggrotta scettica la fronte.
Io
scuoto la testa in segno di
diniego.
-
Damon non aspetterà Elena in
eterno – ripeto, dando voce all’eco delle sue
parole che continuano a rimbombarmi in mente
senza sosta.
È
come se si fossero marchiate a
fuoco nella mia testa. È più forte di me, il mio
pensiero cade sempre lì
Candice
si volta totalmente verso
di me, fissandomi frastornata e un po’ sorpresa.
-
Hai per caso bevuto?- mi chiede schietta
un attimo dopo, assottigliando
sospettosa gli occhi nel tentativo di vedere in me i sintomi tipici di
una
sbornia.
-
No!- ribatto quasi offesa da quella
insinuazione, affondando le mani nelle tasche della felpa e appoggiando
la
schiena al gradino precedente .
-
Sicura? – mi domanda dubbiosa.
-
Candice!-
-
Ok. – alza le mani in segno di
resa - In ogni modo non lo so. Forse dovresti parlarne con Kevin e
Julie, loro
sapranno risponderti meglio di me - mi dice sempre più
sconcertata.
-
La mia non era una domanda, ma
una affermazione - sospiro sconsolata, passandomi le dita fra i capelli.
-
Non sapevo fossi delena, comunque
– scherza lei, beccandosi subito una mia occhiataccia
risentita.
-
Non è divertente – bofonchio,
incrociando le braccia al seno e continuando a guardarla male.
L’ultima
cosa che ho voglia di fare
in questo momento è ridere.
-
Chi te lo ha detto?- mi chiede
allora lei, capendo che non sono in vena di scherzi.
-
Ian - soffio affondando la testa
fra le spalle.
-
E per questo che hai quella
faccia abbacchiata e delusa, quindi? – mi domanda, anche se
sembra più un’affermazione,
centrando perfettamente il nocciolo della questione.
-
Si-
-
E questo perché….- lascia la
frase in sospeso affinché io la concluda.
-
Perché…. Perché non lo so neanche
io - ammetto, torturando nervosamente con le dita
il bordo della mia felpa. - Mi ha dato
fastidio sentirglielo dire, mi ha innervosito. Mi ha fatto male, in
qualche
modo - continuo, aprendo il rubinetto dei miei pensieri che scorrono
veloci
attraverso le mie parole.
Candice
è davvero una psicologa
mancata, riesce sempre a capire cosa non va.
Deglutisco
prendendo fiato, ormai
incapace di trattenermi dal parlare.
-
Mi è sembrato quasi che si
riferisse alla nostra
situazione – affermo, guardandola
amareggiata.
Un’impercettibile
sensazione di
sollievo allenta la morsa che chiude il mio stomaco, che
però persiste.
-
Ho avuto la sensazione che
fossero indirizzate a me quelle parole. Una sorta di monito implicito
per
avvertirmi che non aspetterà per sempre che io mi decida.
Non mi attenderà in
eterno. –
-
Te lo ha detto lui? - mi chiede
aggrottando le sopracciglia chiare, nel tentativo di capire totalmente
il
flusso disconnesso e sconclusionato delle mie emozioni. Cosa alquanto
difficile, visto che non ci sono riuscita neanche io.
-
No – scuoto vigorosamente la
testa – Sono io che ho avuto questa percezione. Mi
è sembrato come se il
discorso andasse oltre Damon ed Elena. Come se si trattasse di noi due
–
gesticolo convulsamente.
Per
qualche secondo lei rimane in
silenzio, riprendendo poi a parlare.
-
Non credo intendesse quello -
-
E se fosse davvero così, invece?
Se mi avesse voluto dire che non aspetterà in eterno che io
mi decida a
lasciarmi andare totalmente? Infondo ne avrebbe tutte le ragioni
– mormoro buttando
fuori tutti miei dubbi - Può avere chi vuole,
perché aspettare proprio che io
capisca cosa voglio?- affermo, rendendomi conto della spietata
verità delle
miei parole.
- Nina guardami – mi invita
perentoria ad
alzare lo sguardo, che ho
ostinatamente puntato davanti a me, su
di lei.
Incontro
i suoi occhi azzurri
comprensivi e dolci. Semplicemente da vera amica.
-
Se davvero così fosse, Ian non si
comporterebbe nel modo in cui si comporta- afferma decisa e schietta,
scandendo
bene le parole affinché io me ne convinca.
-
In che senso?- le chiedo insicura,
mordendomi interdetta le labbra.
-
Non ti guarderebbe come fa, non
cercherebbe costantemente un contatto fisico con te e non compierebbe
tutti
quei piccoli gesti che fanno capire che ci tiene a te. - afferma,
facendomi
arrossire di fronte quell’evidenza.
Davvero
è così evidente l’alchimia
che c’è fra noi? Mi chiedo sorpresa e sconcertata.
Non
me ne sono mai accorta. Cioè,
percepisco che ci sia qualcosa fra noi e che abbia dei gesti diversi
nei miei
confronti, ma tutte queste cose non le ho mai notate.
Veramente
mi guarda in modo diverso? Mi
chiedo, mentre
inspiegabilmente un sorriso preme per spuntare sulle mie labbra.
-
Ian è schietto, lo sai, non è
nella sua indole parlare tramite doppi sensi. Te lo avrebbe detto senza
tanti
giri di parole, se lo pensasse veramente -
Sospiro,
soppesando attentamente le
sue parole.
Ha
ragione, Ian non è il tipo da
parlare in modo implicito o tramite parallelismi, non è
nella sua indole.
E’
sincero e diretto, forse troppo,
e se così fosse stato me lo avrebbe detto. Che senso avrebbe
avuto dirlo con
quella frase quando poteva dirmelo senza tanti giri di parole? Forse
era
davvero riferita solamente ai personaggi.
Sono
una stupida, mi dico.
Prendo
un respiro profondo quasi
rincuorata, rendendomi finalmente conto di essermi fatta delle paranoie
per
nulla probabilmente.
Mi
sono sentita semplicemente punta
sul vivo, nel mio punto debole, ma questo non vuole assolutamente dire
che la
sua intenzione fosse proprio quella.
-
Dici che mi sono fatta dei
castelli in aria quindi?- le chiedo più rasserenata dalle
sue parole.
-
Direi di si – mi sorride comprensiva
– Però, è anche normale avere dei dubbi
–
-
Sono una stupida – sbuffo un secondo
dopo, sbattendomi una mano sulla fronte.
Per
quale diavolo di ragione ora mi
appare così chiaro che la sua frase non significasse nulla
mentre prima mi
sembrava palese che si riferisse a me?
Mia
madre ha ragione: pensare
troppo porta solo altri dubbi e risposte sbagliate.
-
A volte si – ridacchia lei divertita,
beccandosi subito la mia occhiataccia offesa.
-
Ehi- protesto dandole una
spallata leggera e facendola ridere ancora più forte.
Anche
io sorrido, finalmente più
allegra e svagata.
-
Solo che ho una paura fottuta di
lasciarmi andare e sbagliare – ammetto la reale causa di
tutto quel polverone
di riflessioni, esplicando la mia angoscia più profonda.
-
E’ normale, Nina – mi dice con un
sorriso dolce e comprensivo. - Comunque il mio consiglio è
sempre lo stesso:
lasciati andare e sii te stessa. Magari del tutto questa volta
– ridacchia
maliziosamente, facendomi arrossire.
-
Grazie, dottoressa Candy – le
dico realmente grata, chiamandola
con il
suo nuovo soprannome.
L’opprimente
senso di angoscia allo
stomaco è scomparso quasi del tutto, lasciandomi
però la consapevolezza che non
posso continuare a rimanere in bilico nell’indecisione.
Non
è giusto nei miei e nei suoi
confronti. Devo capire cosa voglio davvero e so che la risposta non
sarà così
difficile da trovare dentro di me. È
lì
da qualche parte, devo solo trovarla e accettarla.
Questo
fatto mi ha decisamente
dimostrato di come
io tenga a lui, non
si spiegherebbe se no la mia esagerata reazione ad una frase innocua in
cui io
ho scorto ombre che non c’erano.
Non
posso più aspettare che sia Ian
a farmi capire qualcosa, a darmi l’input per compiere il
passo definitivo che
mi separa da lui. Non posso più aspettare che siano gli
eventi a portarmici o i
miei ormoni sconclusionati.
Devo
essere io a prendere una
decisione definitiva : o mi allontano, lasciando il nostro rapporto da
amici
semplici, oppure compio quel piccolo passo che manca per lasciarmi
andar
totalmente senza remore.
E la mia risposta
è sempre più vicina alla
seconda opzione. Tremendamente vicina ad essa e forse anche
l’unica possibile.
-
Ehm
io vado…Ci vediamo dopo.- mi riportano alla
realtà le parole di Candice, che mi
saluta velocemente guadagnandosi una mia occhiata stranita per quel
repentino
cambio di argomento.
Cioè
un
attimo prima parliamo della situazione incasinata in cui si trovano i
miei
sentimenti e quello dopo mi saluta? E meno male che poi la pazza sono
io.
- Ok - mormoro
aggrottando interdetta le
sopracciglia, confusa da quel repentino cambiamento.
Lei
si alza in piedi, spolverandosi i jeans da
inesistenti granelli di polvere e lanciandomi poi
un’occhiatina maliziosa che
io non comprendo. Di nuovo, nell’arco di due minuti per di
più.
Sconcertata
riposo gli occhi sui fogli che ho in mano,
decidendomi finalmente a imparare le battute. Anche perché
se no farò scena
muta sul set, se continuo di sto passo.
Solo un secondo dopo,
alzando gli occhi dal copione e incontrandone due
tremendamente azzurri che mi fissano, capisco questo repentino saluto
di
Candice.
Arrossisco,
rendendomi conto che non l’ho sentito
arrivare mentre una domanda sorge spontanea nella mia mente : da quanto
è qui?
Ian
è, infatti, a pochi passi da me, che mi guarda con il
solito mezzo sorriso a stendergli le labbra.
- Ciao, Ian - saltella via
ridacchiando Candice, in un turbine di capelli
biondi e risate.
La
bionda si ferma poi qualche metro dopo,
mimandomi qualcosa. Socchiudo gli occhi nel tentativo di capire.
Parlagli,
mi
sillaba con le labbra in una muta parola ed un
evidente gesto della mano ad accompagnare il tutto.
-
Hey – lo saluto, spostando gli occhi su di lui e
ignorando bellamente Candice, che si allontana.
-
Hey – ribatte lui, raggiungendomi con un’ampia
falcata
e sedendosi al mio fianco.
Improvvisamente
sento un’impellente bisogno di sorridere.
Le
nostre spalle si sfiorano in una carezza lieve e,
nonostante ci siano strati di tessuti a dividerci, quel contatto mi
provoca i
brividi.
-
Non hai freddo ? – mi chiede premuroso, toccando le mie
mani per vedere se sono fredde.
-
No – scuoto la testa con un sorriso.
Gli
rubo poi il bicchierone di carta blu che ha in mano,
sorseggiando un sorso del the caldo che vi è
all’interno.
Lui
mi lascia fare, limitandosi a guardarmi divertito ed
allungare le gambe.
Oramai è
diventato un gesto abituale assaggiare il cibo o
le bevande dell’altro. Ci capita di farlo anche a pranzo e
cena.
Gli
sorrido nuovamente , tornando poi a posare gli occhi
sul copione.
Per quanto vorrei fare
tutt’altro con lui accanto, devo
proprio imparare le battute se non voglio essere licenziata.
-
Hai da fare mercoledì ? - mi chiede improvvisamente
Ian, dopo qualche attimo di silenzio, riattirando tutta la mia
attenzione su di
lui.
-
No, finisco di girare alle cinque - faccio mente
locale, ripercorrendo tutti i miei impegni da oggi, che è
venerdì, fino al
giorno in questione.
-
Quindi sei libera? -
-Si
– mormoro distratta , tornando a leggere il copione
per la milionesima volta senza ricordarmene neanche una sillaba.
Queste dannate battute non mi entrano in testa, sbuffo.
-
Bene, allora hai un appuntamento con il sottoscritto –
afferma
sorridente, col solito tono di voce pacato e sicuro.
Interdetta alzo il capo
dalle righe scritte fittamente,
decisamente convinta di aver capito male. Deve essere sicuramente
così.
Mi fissa attento con i suoi
occhi azzurri, un mezzo
sorriso ammaliante sulle labbra.
Vorrà
vedere sicuramente qualche film o roba del genere,
non c’è altra spiegazione. Figuriamoci se lui mi
chiede di uscire in quel senso!
- Che film vorresti vedere?-
ridacchio divertita un
secondo dopo.
Ormai
vedere i film quando abbiamo serate libere è
diventata un’abitudine, così come stare
abbracciati mentre li guardiamo.
-
Ma sappi che non guarderò un film horror –
puntualizzo con
un’occhiata eloquente, ricordandomi la sua passione per essi.
-
Nessun film – ride leggero, scuotendo lievemente il
capo.
Aggrotto
le sopracciglia non capendo, ma non potendo fare
a meno di essere contagiata dalla sua risata..
-
Ah, no ? E allora cosa vuoi fare, giocare a monopoli?-
affermo sarcastica, ridacchiando alle mie stesse parole.
Lui
mi fissa per qualche secondo in silenzio, aprendosi
poi nell’ennesimo sorriso che mi incanta e mi fa battere
forte il cuore.
-
Uscire con te – mi dice con una semplicità e
naturalezza tale da lasciarmi senza parole. Totalmente senza parole.
Il
respiro mi si blocca in gola a quelle parole,
lasciandomi senza respiro mentre il mio cuore inizia a pompare
più velocemente.
Mi
lancia uno sguardo indefinibile, con quegli occhi azzurri
così limpidi
da farmi arrossire..
-
Uscire con me? – ripeto con un filo di voce e le guance
rosse, troppo incredula da quella eventualità per capire che
è reale.
Lui
annuisce senza interrompere il nostro contatto visivo,
continuando a tenere incatenati i miei occhi ai suoi.
Inclina
il volto verso di me, facendo cadere, per un
millesimo di secondo, lo sguardo chiaro sulle mie labbra dischiuse
prima di
rialzarlo sui miei occhi.
- Intendo un appuntamento
vero: io e te seduti ad un
ristorante con una bottiglia di vino e buon cibo – afferma
con la voce
sensualmente bassa, provocandomi i brividi in tutto il corpo.
Stordita
dalle sue parole lo guardo ipnotizzata, il cuore
in tumulto. Resto in silenzio ancora confusa e incredula.
Cioè,
cosa ? Vuole un appuntamento… con me? È il
pensiero
incredulo che mi attraversa la mente.
-
Lo devo prendere come un si?- azzarda sorridendomi tentennate,
una punta di nervosismo appena
percettibile nella sua voce dettata forse dal mio mutismo.
La
stessa che è chiaramente visibile nei suoi occhi.
Deglutisco,
realizzando appieno ciò che mi ha detto.
Vuole uscire con me. Mi ha chiesto un appuntamento.
Mi
specchio nei suoi occhi, così limpidi e azzurri da far
venire le vertigini, rendendomi finalmente conto del significato delle
sue
parole.
Le
farfalle tornano a svolazzare allegre e finalmente
libere nel mio stomaco, come richiamate dal solletico del suo respiro
sulla mia
guancia.
Quella
frase continua a rimbombarmi in mente in un dolce
eco che sa del suo profumo e dei suoi sussurri, lasciandomi un
retrogusto che
sa semplicemente di lui.
Io
e te in un
ristorante.
Ed
è proprio specchiandomi in essi che tutto mi diventa
inspiegabilmente più chiaro.
La
nebbia si rischiara dalla mia mente e capisco, ascoltando
l’eco dei miei pensieri e di qualcosa che si trova un
po’ più giù, nel petto.
Capisco perché il suo tocco mi provoca le farfalle alle
stomaco. Capisco perché arrossisco alle sue frecciatine
maliziose e perché la
sua vicinanza mi fa venire le vertigini.
Capisco
che l’eco della sua
essenza mi è entrata dentro, ormai.
Comprendo
semplicemente che mi
piace.
Seppur
io faccia di tutto per non ammetterlo è così e a
questo punto l’evidenza di tale fatto è
così grande da non poter più essere
nascosta.
Ian
mi continua a guardare in attesa, trattenendo il respiro,
quasi impaurito dalla mia possibile reazione.
- Ok
- è l’unica cosa che riesco a dire, a sussurrare
impalpabilmente. Forse perché è l’unica
cosa che voglio realmente.
Prima
ancora che me ne accorga le mie labbra si tendono in
un sorriso spontaneo, naturale.
Lui
mi sorride di rimando e, forse è solo una mia
impressione, si lascia andare ad un sospiro impercettibile rilassando
le spalle
contratte.
-
Perfetto - mi sorride più sciolto, facendo sciogliere
anche me come neve al sole per il sorriso che mi regala.
Un
sorriso che sa di dolcezza e malizia, pacatezza
e irrefrenabilità. Un sorriso che sa semplicemente di lui, della sua essenza più
profonda.
Ed
è proprio questo che mi fa apparire tutto tremendamente
più chiaro. La scelta che devo fare si tramuta in una
decisione che ho sempre
saputo. La strada biforcata, diventa una sola e tranquilla via.
Non
voglio più pensare ai dubbi e alle conseguenze. Non
voglio più chiedermi come sarà o cosa
accadrà. Desidero semplicemente
provare a lasciarmi andare, per
davvero questa volta. Non mi frenerò più,
perché Damon non aspetterà Elena in
eterno ed è giusto che io mi decida definitivamente per
evitare che sia così
anche per Ian.
- Va
bene per le otto?- mi chiede dolcemente euforico
e io annuisco.
Gli
sorrido ancora, inebetita dalla felicità che provo e
incapace di fare altro.
Le
farfalle si agitano armoniosamente nel mio stomaco,
scatenandosi in capriole e giri contorti.
Lui,
invece, fa
qualcosa che mi lascia totalmente basita, sorpresa per
l’ennesima volta oggi.
Inclina
ancora di più il volto verso di me, avvicinandosi. I
nostri nasi quasi si sfiorano per l’esigua distanza e i
nostri respiri si
mischiano.
Deglutisco
spaesata, irrigidendomi di riflesso, vedendolo
protendersi verso di me.
I pensieri scompaiono dalla mia
mente, come ogni volta che
viene superata la distanza di sicurezza fra di noi.
Si
accosta repentinamente al mio volto, accarezzandolo col
respiro caldo, fermandosi a pochi centimetri dalle mie labbra.
Come
un automatismo perfettamente oleato le mie guance si
arrossano mentre io sposto alternativamente lo sguardo dai suoi occhi
alle sue
labbra, così invitanti.
Dopo
un ultimo sguardo, Ian si avvicina ancora annullando
totalmente le distanze e portandomi a socchiudere istintivamente gli
occhi in
attesa di un contatto.
Le
sue labbra si posano delicatamente
all’angolo della mia bocca, in un mezzo bacio
languido e dolce al col tempo.
Le
farfalle si tranquillizzano nel mio stomaco, come placate
e il senso di completezza aumenta in sincronia col formicolio al basso
ventre.
Le
sue labbra non lambiscono le mie per un soffio,
sfiorandole impercettibilmente.
Il
cuore mi scalpita nel petto mentre l’adrenalina mi
infonde un’euforia incontrollabile nelle vene che a stento
contengo.
Ian
si allontana qualche attimo dopo, rimanendo a meno di
una spanna dal mio viso con gli occhi luminosi.
Lo
fisso senza dire nulla, totalmente sconvolta dal tumulto
interiore che quel contatto mi ha provocato.
E
nonostante la voglia di afferrarlo per il bavero della
camicia e attirarlo prepotentemente a me sia tanta mi trattengo,
godendo di
quel semplice contatto.
Sembrerà
banale e da dodicenni non dare ascolto agli ormoni
impazziti, che hanno iniziato a ballare la rumba, ora che ne ho la
possibilità, ma
mi basta questo.
Me
ne accontento perché basterebbe davvero poco per
rovinarlo e, visto che stiamo camminando su una corda sottile sospesa
nel
vuoto, è meglio non fare movimenti bruschi.
Voglio
apprezzare totalmente questo semplice mezzo bacio,
non andando oltre.
Mi
mordo allegra le labbra, tentando di percepire il suo
sapore.
L’eco
dell’invito di poco prima mi procura un dolce
svolazzio di farfalle nello stomaco e le palpitazioni, facendomi
sorridere al
cielo blu di fine pomeriggio quasi in estasi.
Intendo un appuntamento vero: io e te seduti ad un
ristorante con una bottiglia di vino e buon cibo
****************************
- Nina muoviti, sei in
ritardo – urla Jim, un addetto del
set, fuori dalla porta del mio camerino, bussandovi vigorosamente
contro.
- Arrivo, arrivo –
urlo di rimando, alzandomi dalla sedia
e raccattando frettolosamente le cose che mi servono.
Chiavi…
cellulare... burrocacao…ok, c’è tutto.
Cavolo, sono in ritardo. Per
la seconda volta nello
stesso giorno, per di più. Questa volta Julie mi ammazza sul
serio.
-
Eccomi – sorrido a Jim, chiudendomi la porta bianca del
camerino alle spalle.
Cammino veloce, per quanto
sia possibile con dei tacco
dodici su un asfalto disastrato, cercando di fare il prima possibile e
di stare
dietro all’’addetto.
Evitando
all’ultimo secondo una storta con conseguente
caduta rovinosa a terra, mi rammento mentalmente di ricordare ai
produttori di
far indossare a Katherine delle scarpe più comode e ,
soprattutto, più basse.
Magari delle ballerine.
Mi blocco improvvisamente,
chiudendo gli occhi e
sbattendomi una mano sulla fronte. Il copione. Ho dimenticato il
copione sulla
scrivania.
- Perché ti sei
fermata? – mi chiede allarmato, quasi
presagendo una mia dimenticanza.
- Ho dimenticato il copione
– gli dico, mordendomi
colpevolmente il labbro inferiore.
Lui
sbuffa, allargando le braccia.
-
Ma si può sapere dove diavolo hai la testa in sti
giorni?- mi chiede tra il divertito e l’esasperato.
Oh,
me lo chiedo anche io!
Vorrei
rispondere
sulle nuvole ma so anche io che non è vero, a meno che le
nuvole non abbiano
occhi azzurri e capelli corvini.
-
Faccio una corsa a prenderlo e sono sul set in due
minuti – prometto, iniziando ad incamminarmi indietro.
Sono
da ben due giorni che non riesco a fare altro che
pensare a mercoledì, all’appuntamento e ad Ian.
È un pensiero fisso e averlo
sempre in giro non mi aiuta molto a distrarmi dal farlo.
Non
ci
sono stati più mezzi baci dopo quello che si siamo dati
sulle scale, ma va bene
così perché, come dice Candice, spero ci
sarà tempo di rifarsi.
In
compenso, però, abbiamo iniziato a flirtare. Inizialmente io
non me ne ero
neanche accorta, dal momento che per me è una cosa naturale
fissargli le labbra
e poi sorridergli o fare le battutine a doppio senso. Il problema
è che abbiamo
iniziato a farlo anche quando siamo fra le altre persone, scatenando
frecciatine maliziose e battute che a lui non sembrano dare per nulla
fastidio.
Con
un
po’ di fiatone per la corsa spericolata arrivo nuovamente al
mio camerino.
Battendo
ogni mio record, ci metto un secondo ad entrare e a prendere
ciò che mi serve.
Sto
già
chiudendo a chiave la porta quando però qualcuno richiama la
mia attenzione.
-Scusa
?- una nitida voce femminile mi chiama, facendomi voltare
così repentinamente da
far ondeggiare i capelli in aria.
.Mi
trovo davanti una donna bionda con degli splendidi occhi azzurri e un
bambino
di poco più di tre anni in braccio.
- Dimmi
- le sorrido incoraggiante e conciliante.
Lei mi
guarda interdetta, come se avesse sbagliato persona. Anzi, come se non
si
aspettasse di trovare proprio me.
Aggrotto
confusa le sopracciglia non capendo il suo improvviso mutismo.
-Ehm,
ti serve qualcosa?- provo a chiederle indecisa. –
Perché sono in ritardo e..-
- Oh,
si . scusa .- afferma, riprendendosi e interrompendomi.
Mi
sorride gioviale sistemandosi un ciocca di capelli ricadutagli davanti
agli
occhi.
- Sto
cercando Ian, sai dove posso trovarlo? – prosegue,
continuando a fissarmi come
per studiarmi.
Il
sorriso di poco prima mi si gela sulle labbra, tramutandosi in una smorfia
Benissimo,
è una sua ex? Mi chiedo mentalmente.
Allora
, è proprio vero che gli piacciono le bionde , penso
inspiegabilmente stizzita
e acida.
Improvvisamente
nervosa, torturo con le mani una ciocca di capelli mentre una strana
morsa mi attanaglia la bocca dello stomaco, così diversa
dalle solite farfalle.
Socchiudo
le labbra per parlare ma lei mi precede, cogliendomi ancora una di
sorpresa.
-
Mi
chiamo Robin, comunque – si presenta, confondendomi ancora di
più.
Interdetta
afferro la mano che mi porge, stringendola senza molta convinzione.
Si
apre
poi in un sorriso quasi familiare, riprendendo a parlare.
-Sono
la sorella di Ian -
Note
Salve, come state? Io tutto bene. Passiamo alle solite
spiegazioni per punti:)
1- Innanzitutto
mi
vorrei scusare per l’abissale ritardo che ho avuto nel
postare questo capitolo.
Lo so, ci ho messo davvero molto ma sono stata ammessa a giornalismo ed
ho
iniziato l’università. Ho dovuto quindi capire i
nuovi ritmi universitari.
Inoltre questo è una capitolo importante e ho voluto
scriverlo con calma,
cercando di farlo uscire al meglio.
2- Passiamo al
capitolo ora…. Allora,
il titolo del
capitolo “Echo”
l’ho preso in prestito dall’omonima canzone Echo
di Jason Walker e chi avrà visto la puntata 3x02 la
collegherà al momento
delena a cui fa da sottofondo. Tuttavia, come avrete visto, non si fa
riferimento a quella scena. Echo vuol dire letteralmente
“eco” e qui il nesso è
chiaramente al fatto che le parole di Ian rimbombano nella testa a
Nina, sia
quelle della prima parte che quelle della seconda. Inoltre mi riferisco
anche
al fatto che in generale lei ce lo ha in testa, non riesce a
toglierselo dalla
mente. Ho voluto inserire questo titolo anche perché
è stata questa canzone a
ispirarmi, se così si può dire, soprattutto la
parte centrale del capitolo che
ho scritto con questa canzone nelle orecchie.
3- Questo
capitolo
rappresenta inevitabilmente
una
svolta, un passo in
avanti per Nina. Ora
Nina inizia a
essere attratta da Ian
anche mentalmente,
oltre che
fisicamente. Ci
tengo però a precisare
che lei non ne
è innamorata,
sarebbe troppo presto e in qualche modo banale. Come
ripeto sempre,odio le cose banali e tutto ha bisogno del suo tempo per
crescere, non troverete mai un capitolo nella mia storia in cui prima
dice che
non sa quello che prova e quello dopo dice ti amo. Sarebbe poco
realistico e
non da me. So che probabilmente sarete stufi di sentirvelo dire ma
ripeterlo
non fa mai male. XD Come avrete notato comunque anche questo chappy
è incentrato
in buona parte sui pensieri di Nina che a volte appaiono anche
volutamente
contradditori. La stessa Nina è contraddittoria
perché è divisa tra quello che
vorrebbe fare e quello che si impone di fare. Come ho detto questo
capitolo
rappresenta un svolta, dopo questo cambierà qualcosa in Nina.
4- Altro punto
da
chiarire … All’inizio Nina paragone se
stessa ad Elena, quasi
ritrovandosi in lei. Forse apparirà stupida come cosa ma io
l’ho voluta
inserire per mostrare al meglio i suoi dubbi più profondi.
Tutti noi ci
immedesimiamo in personaggi di telefilm e libri in qualche modo ed
anche a lei
accade. Si rivede in Elena per l’indecisione che
l’affligge, anche se è
decisamente di tipo diverso. Lei ci si immedesima perché si
sente colpita nel
vivo con quella frase. Tuttavia , come ho fatto trasparire anche dalle
parole
di Candice, Ian non si voleva riferire a lei ma è stata solo
un’impressione di
Nina. Capirete cosa intendeva lui più avanti, comunque.
Spero che non sia
risultato forzato o mediocre.
5- Per certi
versi il
dialogo fra Candice e Nina vi sarà apparso simile a quello
che c’era in qualche
capitolo fa, ma in realtà c’è una
profonda differenza. Infatti in quel capitolo
Nina non riusciva ad ammettere di esserne in qualche modo attratta
fisicamente,
mentre in questo capitolo si va oltre l’attrazione fisica.
6- Nello
scorso
capitolo vi avevo dato delle opzioni sul possibile personaggio che
sarà
presente nel capitolo 7 ma nessuno di voi ha azzeccato. Come avete
visto era la
sorella di Ian, Robin.
7- Vorrei
ringraziare
le splendide 13 persone
che hanno recensito lo scorso capitolo. Mi avete fatto davvero felici.
Non so
davvero cosa dirvi per ringraziarvi e farvi capire quanto mi abbiano
fatto
piacere. Mi sono sentita apprezzata ed invogliata ancora di
più ad andare
avanti XD Quindi GRAZIE!
8- Il prossimo
aggiornamento non so quando arriverà, anche se spero
vivamente presto (
il capitolo 7 è già mezzo scritto). Come
ormai avrete capito aggiorno una volta la fan fiction delena e una
volta
questa. Vi posso però dire che sarà dal punto di
vista di Ian. Ps: forse pubblicherò
anche il prologo di una storia nuova( ovviamente delena) che
sarà
sovrannaturale. È ancora da scrivere però, quindi
non so dirvi quando la pubblicherò.
9- La mia
designer
ufficiale Missdelena97 ha fatto un nuovo video trailer della
fan fiction. Lo
trovate all’inizio insieme all’altro.
Direi che non ho altro da dire, se non che spero vi sia
piaciuto il capitolo ( anche se a me non convince) e che mi farete
sapere che
ne pensate nelle recensioni.
Kiss kiss Live in
Love.
PS: la prossima storia che aggiornerò
è… rullo di tamburi…I WILL ALWAYS CHOOSE YOU.
Tenete però un occhio sul
mio account perché potrei
riservarvi delle sorprese.
EDIT: qua
trovate il mio account twitter, se volete seguitemi per news sui
capitoli, piccoli spoiler, video sulle ff, anteprime o anche solo per
parlare! CLICCA QUI
|
Ritorna all'indice
Capitolo 7 *** Fire ***
ATTENZIONE: qui
trovate i link dei video trailer fatti da Missdelena97 ....TRAILER
1 TRAILER
2 TRAILER
3(nuovo)
TRUE LOVE- VERO AMORE
CAPITOLO 7
FIRE
Sbuffo per la milionesima volta
nell’ultima mezz’ora,
abbandonando annoiato il cellulare sulla scrivania in legno scuro piena
zeppa
di fogli di copione.
Tediato mi passo una mano fra i
capelli corvini,
scompigliandoli e ravvivandoli.
Mi guardo poi intorno alla ricerca di
qualsiasi cosa
da fare.
Sbuffo ancora, percorrendo tutta la
stanza con gli occhi e
non trovando assolutamente nulla che possa tenermi impegnato.
Ormai ho fatto tutto quello che
dovevo fare, dall’imparare
le battute del copione a mettere in ordine il camerino. Un evento
alquanto
irripetibile per un disordinato cronico come me.
Inoltre, ho lasciato così
tanti Twett da intasare Twitter
per un mese, probabilmente.
Alla televisione non c'è
nulla da vedere e in giro non c'è
quasi nessuno visto che tutti sono sul set a girare.
Tutti tranne me, sbuffo
sonoramente indispettito
incrociando le braccia al petto e socchiudendo gli occhi.
Oggi, infatti, devo girare solo una
paio di scene esterne
nel tardo pomeriggio, roba di poco conto che mi occuperà
neanche un ora.
Ho praticamente la giornata libera
quindi, sospiro affranto
e sempre più annoiato.
Ma proprio oggi dovevano darmela?
Sbuffo nuovamente.
Dovrei esserne felice, lo so, visto
la mole di lavoro
quotidiana che abbiamo, ma ora come ora preferirei invece dover girare
tutto il
giorno. Almeno così avrei qualcosa di utile da fare.
Ancora meglio se in compagnia di Nina.
Ghigno, reclinando il capo fino ad
appoggiarlo sul
poggiatesta imbottito della sedia mentre i miei
pensieri vanno in un unica direzione.
La stessa in cui vanno
con insistenza da un po' di giorni a questa parte.
A lei.
È dannatamente divertente
e delizioso girare le scene in sua
compagnia, anche se dobbiamo impersonare Damon ed Elena che litigano o
si
rimbeccano.
Mi diverto a vedere le sue smorfie
quando sbaglia le
battute, prenderla in giro quando se le dimentica o anche passare
insieme solo
quei pochi minuti che abbiamo a disposizione per la pausa pranzo.
Forse è semplicemente bello
passare del tempo con
lei, è la riflessione spontanea e quanto mai vera che mi
attraversa celermente
la mente.
Solo un attimo dopo, soffermandomi su
quel pensiero mentre
il sorriso si tramuta in una espressione stupita, realizzo
ciò che ho appena
pensato.
Trattenendo il respiro, mi accorgo davvero
dell'entità di quello che ho pensato così
spontaneamente, senza rendermene
assolutamente conto.
Deglutisco muovendomi improvvisamente
nervoso sulla sedia,
stordito e a disagio per il mio stesso
pensiero.
E' stata una riflessione strana,
inaspettata.
Mi piace passare il tempo con lei, mi
ripeto mentalmente
cercando di prenderne coscienza e di capire cosa mi abbia portato a
formularlo.
Sono in qualche modo consapevole
– Oh, se lo sono! - di
quanto passare il tempo con lei mi renda inspiegabilmente allegro e di
buon
umore, di quella sensazione inconsueta e da vertigini che mi stringe lo
stomaco
quando ci sfioriamo, ma pensarlo è
tutta un'altra cosa. Decisamente.
Non so, è in qualche modo diverso.
Pensarlo lo rende
indubbiamente reale, quasi
tangibile con mano.
È come se acquisisse una
valenza molto più importante,
consapevole.
Frustrato dai miei stessi pensieri,
mi passo una mano sul
viso, sfregandolo come a risvegliarmi.
Magari sono solo riflessioni dettate
dalla noia, mi dico
cercando una spiegazione plausibile e consolatoria.
In questo momento forse non sono
pronto a decifrare ciò che
provo, non ancora almeno.
Mi passo una mano sul viso,
sospirando nel tentativo di
scacciare i pensieri stressanti che mi assillano.
Non è da me farmi
così tanti scrupoli, scervellarmi così
tanto.
E nonostante cerchi di pensare a
tutt'altro, la mia mente va
prepotentemente a mercoledì. Al nostro appuntamento.
L'idea di chiederle di uscire per un vero
appuntamento mi frullava in testa già da qualche giorno e ho
solo colto la
palla al balzo.
Non sarò pronto ad
ammettere quella strana emozione che sta
iniziando ad agitarsi in me, ma per un uscita lo sono decisamente. Lo
so, sono
contraddittorio.
Quello che è venuto dopo
invece non era assolutamente
programmato.
So solo che vederla arrossire in quel
modo così delizioso e
sorridermi apertamente felice per la mia proposta mi ha agitato
qualcosa
dentro.
Qualcosa dentro di me è
scattato e ho agito di puro istinto,
lasciando che fosse quello a guidarmi.
Quel mezzo bacio è stato
tremendamente piacevole. Un
qualcosa di inauditamente voluttuoso e languido per un contatto
così casto.
Non so neanche io come ho fatto a
trattenermi dal non
baciarla sul serio, a non dare ascolto al pressante desiderio che mi
travolgeva.
So solo che in quella breve frazione
di secondo mi sono
accontentato di quel semplice contatto, nonostante i miei ormoni mi
chiedessero
un contatto più diretto e profondo, anche se sembra un
comportamento di un
dodicenne alle prime armi.
Sospiro, provando tutto il calore e
l'eccitazione di quell’istante.
Per fortuna ci pensa un bussare
leggero, quasi pacato, a
distogliermi dai miei pensieri lussuriosamente poco casti.
Giro il volto , facendo
contemporaneamente pressione con il
corpo fino a far ruotare del tutto la sedia nella direzione della
porta, poco
distante da me.
- Avanti – mormoro con voce
strascicata e roca, ancora un
po' stordito dal pensiero di poco prima.
Lo scaccio del tutto imponendomi di
calmarmi, relegandolo in
un angolo remoto della mia mente e decidendo di non pensarci
più.
Prendo poi un profondo respiro per
calmare i bollenti
spiriti, che, però, mi si blocca in gola non appena la porta
rossa di apre,
rivelandomi una figura slanciata dal profumo fin troppo familiare.
Incontro due intesi occhi nocciola,
resi ancora più profondi
dal trucco scuro e accattivante che li contorna, definendoli.
- Hey - mi saluta con le guance
lievemente arrossate dal
freddo, aprendosi in un sorriso luminoso che allontana il grigiore
della noia
in cui ero sprofondato e riattiva istantaneamente gli ormoni.
Le lancio uno sguardo intrigato,
aspettandomi che si
avvicini a me come al solito.
Ultimamente è davvero
difficile stare lontani, infatti.
Sorprendendomi rimane invece vicino
alla porta e non si
avvicina, una mano appoggiata saldamente alla maniglia e l'altro
braccio lungo
il fianco.
- Hey - affermo in risposta, sentendo
qualcosa di indistinto
iniziare a muoversi agitato nello stomaco.
Ormai questo è diventato
di fatto il nostro saluto, sorrido
un secondo dopo.
Il suo sorriso si amplia quasi
simultaneamente al mio e sono
convinto che anche lei stia pensando alla stessa identica cosa.
La mia attenzione è
però attirata, un attimo dopo, da
tutt'altro e il mio sguardo vi si focalizza come una calamita.
Con gli occhi improvvisamente
brucianti di densa cupidigia
seguo le linee ammalianti del suo corpo, lambendolo minuziosamente.
Pantaloni aderenti... maglia con
profondo scollo a V che
lascia intravedere l'invitante solco fra i seni...capelli gonfi e
ondulati in
cui immergere le dita...labbra rosse e dischiuse... il sogno erotico di
ogni
uomo, praticamente.
Le lancio una nuova occhiata
decisamente languida,
percorrendo il suo corpo con occhi ardenti da capo a piedi.
Un paio di volte.
Lei arrossisce sotto il mio sguardo,
mordendosi un labbro fino
ad arrossarlo. Forse imbarazzata, forse lusingata.
Cerco il contatto visivo con i suoi,
che per alcuni secondi
sfuggono imbarazzati dai miei, per poi alla fine concedermelo.
Mi guarda da sotto le ciglia scure
con uno sguardo
innocentemente caldo, rendendo le sue iridi tremendamente simili a
cioccolato
fuso e facendomi ribollire il sangue.
Il desiderio è palpabile
nell'aria, concreto, nonostante non
ci stiamo né toccando né sfiorando.
Ci stiamo semplicemente guardando, ma
l'attrazione è così
forte da rendere elettrico ogni pensiero, ansante ogni respiro.
È una cosa assolutamente
allucinante, ma vera di come i
nostri sguardi lascino trasparire l'attrazione reciproca e di come
riesca ad
infiammarmi con una sola, semplice occhiata.
Deglutisco improvvisamente senza
salivazione, socchiudendo
gli occhi travolto da essa.
In questo momento basterebbe anche
uno sfiorarsi di mani
involontario per farla scoppiare come una bolla di sapone. O forse
anche meno.
Un ondata di calore mi pervade
togliendomi il respiro, quasi
stordendomi e risvegliandomi al col tempo.
Sospiro, spostando faticosamente gli
occhi dai suoi.
Mi crea già pensieri poco
casti quando è vestita normalmente
da Elena, ma se si presenta con gli abiti provocanti di Katherine
è davvero
dura trattenere gli ormoni scalpitanti. Molto scalpitanti.
Cerco di riprendermi da quel
delizioso torpore, prendendo
una lunga boccata di ossigeno e alzando nuovamente lo sguardo su di lei.
Incontro i suoi occhi e, per una
breve frazione di secondo,
mi sembra di scorgere lo stesso lucido illanguidimento che
c'è nei miei
attraversarle lo sguardo. O forse è solo una mia impressione.
Mi passo una mano fra i capelli,
riprendendo un minimo di
contegno e questa volta sono i suoi occhi a seguire i miei gesti.
Con scarsi risultanti tento di
rabbonirmi e calmarmi,
cercando di non dare ascolto all'invitante pensiero che mi dice di
alzarmi e
prenderla ora contro la porta.
- Per fortuna che sei arrivata, mi
sto annoiando a morte -
mormoro rompendo il silenzio, ma non il nostro gioco di sguardi,
cercando di
non far caso al caldo formicolio che mi pervade soprattutto in alcuni
punti del
corpo.
Tuttavia, sebbene me lo imponga, non
riesco ad esimermi dal
lanciarle un sorriso malizioso, decidendo di assecondare in minima
parte quella
parte di me che vuole stuzzicarla e giocare con lei.
Lo so, sono una contraddizione
vivente visto che mi sono
appena ripromesso di calmarmi, ma non posso farci nulla.
E poi flirtare con lei è
così elettrizzante, invogliante .
- Mi dispiace, ma non posso tenerti
compagnia- ridacchia
divertita inclinando il volto, in quel modo innocentemente seducente
che la
caratterizza, e guardandomi da sotto le ciglia scure, scaturendo in me
un'altra
imponente vampata di calore.
La mia mente si riempie di bollenti
immagini con protagonisti
noi due su come occupare piacevolmente il tempo.
Molto piacevolmente.
Immagini in cui non compaiono vestiti
e davvero molto
invitanti, che però non mi aiutano a darmi una calmata. Per
nulla.
- Peccato – soffio
allusivo, con la malizia ad aleggiare
nella mia voce, arrochendola lievemente.
Lei arrossisce nuovamente, forse per
il mio tono di voce,
torturandosi con i denti il labbro inferiore.
I miei occhi seguono spontaneamente
quel movimento,
delineandole e lambendole fino a farmi desiderare ardentemente di
sovrapporvi
sopra le mie.
E' un qualcosa più forte
di me.
Per quanto cerchi di non lanciarle
occhiate da censura, non
ce la faccio.
Il mio corpo- o meglio, i miei
ormoni- mi chiede contatti
con il suo che in questo momento non posso soddisfare e l'unica valvola
di
sfogo che ho sono i nostri sguardi.
Almeno con quelli mi posso sfogare
per bene.
Sospiro impercettibilmente, mentre la
parte razionale di me
mi impone di darmi una calmata.
Oggi sono particolarmente su di giri.
Placa i bollenti spiriti Ian, mi
ammonisco ma un secondo
dopo la voglia di stuzzicarla ancora si fa pressante .
Ecco gli effetti collaterali di
condividere lo stesso letto
e non fare nulla: l'attrazione gioca brutti scherzi dopo un po'.
- Già – ride,
scuotendo lievemente il capo e riempiendo il
camerino con la sua risata fresca.
Come se avessi avuto un'improvvisa
iniezione di buon umore
sorrido anche io, non dimenticandomi però del mio intento.
Socchiudo gli occhi, lanciandole una
giocosa occhiata
maliziosa che lei sostiene senza battere ciglio.
Ecco, se io sono imperscrutabilmente
contraddittorio lei non
è da meno. Un attimo prima è imbarazzata, quello
dopo mi lancia sguardi
speculari ai miei.
- Quindi non riuscirò a
corromperti con niente, vero?-
mormoro quasi felinamente, alzandomi dalla sedia e compiendo un passo
verso di
lei.
- No – afferma sicura lei
senza distogliere gli occhi dai
miei e indietreggiando di riflesso fino a toccare con le spalle la
porta.
Non trattiene però un
sorriso divertito, che le inclina le
labbra rosse e invitanti aumentando ad iperbole la mia voglia di
lambirle.
Faccio un altro passo, raggiungendola
visto la poca distanza
che ci divide.
Lei si schiaccia ancora di
più contro la porta, non
riuscendo però ad evitare che i nostri toraci si sfiorino in
un contatto lieve,
che è in grado di provocarmi i brividi.
La solita frizzante e velata
elettricità torna a pervadere
l'aria, come ogni volta che la distanza di sicurezza è
superata.
Appoggio un braccio contro la porta,
intrappolandola tra il
mio corpo e la parete rigida dell'uscio.
Il petto che le si alza in modo
anomalo, dettato dal respiro
improvvisamente ansante.
Il suo profumo mi giunge nitido alle
narici, mischiato con
quello alla lavanda del suo balsamo. Tremendamente delizioso e
afrodisiaco.
Inclino il volto verso di lei,
percependo quasi il suo
respiro infrangersi sul mio collo, riservandole un furbo sorriso
“ alla
Damon ”.
- Quindi non ci riuscirò
neanche con un gelato al
cioccolato?- sorrido sornione, sapendo che ha decisamente un debole per
quello.
Colpita nel suo punto debole, si
morde un labbro guardandomi
indecisa da sotto le ciglia scure.
Vorrebbe accettare, lo leggo nei suoi
occhi.
- Purtroppo non posso, devo girare -
afferma tentennante un
attimo dopo con un sospiro imbronciato.
La tenerezza prende il posto della
malizia e dell'attrazione
in un secondo, infondendomi una
sensazione di dolcezza alla bocca
dello stomaco disarmante.
Come se qualcosa di caldo si stesse
sciogliendo dentro di
me, provo una sensazione di morbido caldo, opposta al calore del
desiderio di
poco fa.
Le sorrido un po' tremolante,
sconcertato da questo
repentino cambiamento che mi ha travolto.
In questo periodo mi sento
particolarmente instabile.
Come un'altalena oscillo perennemente
fra sensazioni
contrastanti e opposte.
Sono un ossimoro vivente,
praticamente.
Ad esempio, ci sono momenti che sono
così attratto da lei
che credo di non riuscire a trattenermi e quello dopo, invece, che
sento un
bisogno irrefrenabile di allontanarmi, staccare la spina.
Quando però magari capita
di non vederci per tutto il
giorno, mi sembra quasi che una lievissima sensazione di vuoto mi pesi
addosso.
Non è talmente opprimente
da schiacciarmi o non farmi
pensare ad altro, però quando la rivedo scompare
magicamente, dissolvendosi
nella consueta sensazione di vertigini.
È una cosa così
strana.
Scaccio questo pensiero,
concentrandomi solo su di lei.
- Quindi non mi terrai compagnia?- le
chiedo col broncio,
inchiodandola con il mio sguardo limpido, nella speranza che faccia
leva sulla
sua indecisione e la convinca a rimanere con me.
So che è un comportamento
alquanto infantile visto che deve
lavorare, ma non posso farci niente.
Voglio passare del tempo con lei. Ancora.
Sono bulimico: più tempo
trascorro in sua compagnia, più ne
voglio.
- No – ridacchia divertita
dalla mia espressione,
sistemandosi con una ciocca di capelli ricadutale sul viso.
Un secondo dopo i suoi occhi
però si illuminano di una luce
improvvisa e misteriosa, un po' cospiratoria.
Alza un dito davanti al mio volto e
si apre in un sorriso
così dolce e puro che quasi mi ipnotizza.
- Però ti ho portato
qualcuno che vuole tenertela - afferma
dolcemente allegra.
Aggrotto confuso le sopracciglia, non
capendo a cosa si stia
riferendo.
- Eh?- le chiedo infatti senza capire.
- C'è posta per te!-
afferma con una risata argentea,
aprendo improvvisamente la porta rossa del mio camerino.
Prima ancora che possa vedere cosa
c'è fuori un'ondata di
aria fredda mi colpisce, facendomi rabbrividire per il repentino cambio
di
temperatura.
L'attimo dopo mi ritrovo a sbarrare
gli occhi sorpreso
davanti alla persona che ho di fronte.
Una donna dai capelli biondo miele e
gli occhi tremendamente
simili ai miei, ora lucidi di gioia, mi fissa sorridente.
- Robin ? - è l'unica cosa
che riesco a dire, mentre le mie
labbra si stirano in un sorriso così spontaneo e grande che
mi fanno male le
guance.
Mi ritrovo stretto nel suo abbraccio
stritolante e caldo un
secondo dopo, sbilanciato all'indietro a causa dell'impeto con cui mi
si è
gettata addosso e il profumo di famiglia ad avvolgermi.
- Mi sei mancato - mi sussurra
stringendomi a se.
Senza una ragione precisa mi ritrovo
a ridere, stringendola
a mia volta in un abbraccio avviluppante .
- Anche tu - sorrido fra i suoi
capelli vaporosi, rendendomi
conto di quanto sia vero.
Mi è mancata
più di quanto pensassi.
Si allontana qualche secondo dopo e
la mia attenzione si
focalizza sullo scricciolo biondo che mi sta tirando il pantalone nero
che
indosso per richiamare la mia attenzione.
- Hey campione - gli scompiglio i
capelli biondi e fini,
identici a quelli di Robin.
Mi piego sulle gambe, abbassandomi
alla sua altezza.
Lui mi fissa in silenzio, gli occhi
verdi dilatati dalla
curiosità senza però dire nulla. Ha decisamente
preso la timidezza da mio
cognato, visto come era irrequieta e per nulla timida mia sorella.
Tratto che
le è rimasto anche ora.
- Non si usa più salutare
lo zio?- gli chiedo sorridente,
allungando poi una mano a fargli il solletico
sulla pancia.
Lui ride, gli occhi vispi stretti
dalle risate tentando di
sfuggire alla mia presa.
Rido anche io, prendendolo in braccio
e alzandomi nuovamente
in piedi.
Le sue piccole e paffute mani si
aggrappano al mio collo,
tirandomi un po' i capelli.
Alzo poi lo sguardo, incontrando due
dolci occhi scuri che
mi scrutano imperscrutabili.
E' uno sguardo diverso dai soliti
voraci e un po' lussuriosi
– Oh, si, perché a volte lo sono davvero molto!-
che ci scambiamo.
È ipnotizzante per la sua
intensità e insistente per la sua
imperscrutabilità.
Non stiamo flirtando, ma ci stiamo
solo guardando,
semplicemente questo.
Il battito del mio cuore accelera
improvvisamente, nello
stesso identico modo di quando ci sfioriamo e la sensazione di
groviglio torna
a stringermi lo stomaco.
Incateno il mio sguardo al suo,
profondo e leggermente
velato da un alone di imperscrutabilità che li oscura, e la
sensazione strana
di qualcosa che si agita in me torna a farsi sentire.
Le sorrido lievemente, senza una
ragione ben precisa. Ho
solo voglia di sorridere, tutto qui.
Sento però altri
due occhi scrutarmi attenti e
indagatori, puntati ostinatamente sulla mia nuca.
Mi volto verso Robin, rompendo, mio
mal grado, il contatto
visivo con Nina.
Un sorriso scaltramente vispo che non
promette nulla di
buono le inclina le labbra, lo sguardo interessato puntato su di me.
Inspiegabilmente mi sento come se
fossi stato beccato con le
dita nella marmellata. Una deliziosa marmellata al frutto della
passione, per
di più.
Nel giro di un secondo mi ritrovo a
sperare che il suo sesto
senso femminile non si sia attivato.
Anche se qualcosa mi fa capire tutto
il contrario.
- Ehm, io vado - mormora Nina,
rompendo il silenzio, ed
entrambi ci voltiamo verso di lei trovandola intenta a stropicciare con
le mani
i fogli del copione, di cui solo ora mi accorgo.
- Non rimani con noi?- afferma subito
mia sorella, facendomi
inarcare confuso un sopracciglio.
Da dove spunta tutta questa voglia di
stare con lei?
Nina la guarda sorpresa, aprendosi
poi in un timido sorriso
lusingato.
- Ehm, no. Mi dispiace, devo girare-
afferma leggermente
imbarazzata, spostando il peso da un piede all'altro – E sono
già in ritardo di
mezz'ora, oltretutto. Oggi Julie mi uccide, mi sa – continua
con una smorfia,
dando un'occhiata all'orologio al polso.
- Oh, ok. - afferma un po' delusa mia
sorella, quasi
imbronciandosi.
Cosa che mi allarma ancora di
più.
- Comunque è stato un
piacere conoscerti – trilla un secondo
dopo, aprendosi in un sorriso sincero.
- Anche per me - risponde lei prima
di scomparire oltre la
porta.
Mi rivolto verso Robin, pronto a
parlare e chiederle cosa ci
fa qui, ma una testa riccioluta ricompare.
- Ah Ian, hai le chiavi vero?- mi
richiama Nina, riapparendo
- Perché giro fino a tardi- continua poi.
- Si, non preoccuparti –
annuisco e lei scompare nuovamente
dietro la porta un secondo dopo.
Il silenzio cala nella stanza per
alcuni brevi attimi.
Un innaturale silenzio che
è carico di mille domande e a cui
io non sono sicuro di avere delle risposte. Non ancora.
Sospiro, preparandomi mentalmente
alle sue domande, perché
so che ci saranno.
E, infatti, non aspetta neanche che
la porta si sia chiusa
per parlare.
- Le chiavi?- mi
domanda calcando sulle parole, lo
stupore e la curiosità così chiare nella sua voce
da renderla quasi più alta di
un’ottava.
Inarca un sopracciglio chiaro,
guardandomi in attesa di una
risposta.
- Ehm si – mormoro
fievolmente mentre un pizzicante e lieve
imbarazzo mi avvolge.
Lei mi guarda quasi a bocca aperta
per la mia affermazione,
neanche avessi detto chissà che.
- Chiudi la bocca o ti ci entreranno
le mosche – la prendo
in giro con una piccola risata, nel vano
tentativo di distogliere la sua
attenzione dal discorso.
- Convivete?- ignora la mia ultima
battuta, aprendosi in un
sorriso sornione che non promette nulla di buono.
- Dividiamo solo la stessa stanza.
– affermo specificando la
situazione, mentre la sensazione di
imbarazzo torna a farsi sentire
prepotente.
Prima che si faccia strane idee
è meglio chiarire subito.
Anche perché conoscendola sarà partita in quarta
a fantasticare.
- Si è rotto un tubo in
camera mia due settimane fa e, dal
momento che non c'erano camere libere, mi sta gentilmente ospitando.-
puntualizzo un attimo dopo, sistemandomi meglio Colin fra le braccia,
che ha
preso a giocare interessato coi miei braccialetti.
- Non c’erano camere
libere, eh?- inarca scetticamente un
sopracciglio, appoggiandosi con i fianchi alla scrivania senza
distogliere lo
sguardo divertito dal mio e io annuisco, confermando ciò che
ho appena detto.
- Strano, però. A me
invece l'hanno data subito – mormora
quasi canzonatoria.
Un’ondata di puro imbarazzo
mi pervade, sentendomi colpito
sul vivo.
- Guarda che è vero -
affermo leggermente stizzito,
distogliendo però lo sguardo dal suo.
Lo sposto da tutt'altra parte,
fissando interessato il muro.
E poi non c’è
motivo di esserlo, è la pura verità.
Ho solo omesso di dire che ci sono
stanza libere
nell’albergo da una settimana. Ma perché occupare
un’altra stanza quando c’è
quella di Nina generosamente a disposizione?
- Condividete anche lo stesso letto?-
mi chiede maliziosamente
a bruciapelo Robin con un sorriso furbetto sulle labbra, risvegliandomi
bruscamente dalle mie riflessioni.
Preso in contro piede boccheggio,
sentendo le guance
scaldarsi di imbarazzo.
Meno male che non mi sono fatto la
barba oggi, mi ritrovo a
pensare nella speranza che lo strato leggero che mi copre le guance lo
nasconda
adeguatamente.
Sospiro poi, decidendo di ignorare le
sue battute impiccione
e maliziose e non darle corda.
- Che ne dici di vedere il set,
Colin?- mi rivolgo
direttamente a mio nipote.
I suoi occhi si illuminano
velocemente di gioia e annuisce
vigorosamente con un sorriso.
- Benissimo allora andiamo!- affermo
afferrando la mia
giacca e aprendo poi la porta, aspettando che mia sorella ci raggiunga
ed esca.
Lei si ferma al mio fianco,
aggiustandosi la sciarpa verde
che ha il collo e lanciandomi uno sguardo allusivo.
- Si scappa, scappa. Ma sappi che non
potrai sfuggirmi
all’infinito!- afferma con una risata che promette
però domande imbarazzanti e
indagatrici.
Pensandoci bene, assomiglia
tremendamente ad una minaccia.
- E poi dovresti saperlo, chi tace
acconsente- afferma con
un sorriso vittorioso, passandomi accanto e uscendo finalmente.
- Ma io non ho taciuto - protesto con
una risata che
scioglie i miei nervi tesi istintivamente dall’imbarazzo.
Robin non dice altro e io mi chiudo
la porta alle spalle.
Si, mi erano decisamente mancati
ammetto a me stesso con un
sospiro. Anche questi momenti imbarazzanti e le domande impiccione.
Mi apro poi in un sorriso.
- Allora cosa volete vedere per
primo? –
**************
Muovo le ginocchia su e
giù facendo ridere di gusto Colin
che è seduto su di esse, imitando la corsa di un cavallo al
trotto.
Con un acceso attacco di ridarella
cerca di svincolarsi
dalla mie mani che gli fanno contemporaneamente il solletico, le guance
rosse
di risate.
Mi è mancato il mio
nipotino, come del resto anche mia
sorella, e passare tutto il giorno con loro è servito a
ricaricarmi le pile di
ottimismo e buon umore.
Robin, seduta all’altro
lato del tavolo, ci guarda
sorridente e divertita scuotendo tuttavia la testa.
- Ian basta, se continui a farlo
ridere così vomiterà- mi
rimprovera vedendo i singhiozzi del figlio a causa delle troppe risate,
non
trattenendo però neanche lei un sorriso bonario.
Alzo lo sguardo chiaro e limpido,
fingendomi fintamente
indignato per aver interrotto il nostro divertimento, su di lei e
incontrando
il suo invece deciso e fermo.
Sospiro, capendo subito che neanche
con tutte le suppliche
di questo mondo ci farà continuare.
Quando decide una cosa, Robin
è irremovibile. È fatta così.
Ha decisamente ereditato questo
tratto da mia madre, penso
con una piccola smorfia ricordando di tutte le volte che da piccolo le
chiedevo
di comprarmi un cavallo e lei ha sempre rifiutato.
- Mi dispiace campione, il
divertimento è finito- affermo
abbassando lo sguardo su di lui, scompigliandogli i capelli con una
carezza.
A mia sorella riservo invece un
broncio degno di un bambino
di cinque anni.
- Sei una guasta feste, comunque
– freccio immusonito al suo
indirizzo, continuando a sfoggiare la mia espressione corrucciata.
- No, no – protesta
guardandomi dal basso verso l’alto
Colin, tirandomi la manica della maglia nera che indosso
affinché continui.
- Ancora cinque minuti - implora poi,
voltandosi verso la
madre .
- Ancora cinque minuti?- ricalco le
sue parole, dando man
forte a mio nipote e sfoderando il mio miglior sorriso con tanto di
annessi
occhioni dolci.
Sguardo a cui neanche Nina sa
resistere, modestamente.
Ma questo evito di dirlo a mia
sorella, visto che è tutto il
giorno che mi lancia battutine maliziose neanche tanto velate.
Mi ha praticamente massacrato
ininterrottamente.
Per non parlare di quando le ho fatto
vedere il set e casualmente
Nina stava girando. Ha iniziato una sfilza di frecciatine a doppio
senso
infinita, che io ho ovviamente dribblato.
Le lancio un'occhiata di sottecchi.
Non so come l'abbia capito visto che
ci ha visti insieme
praticamente cinque minuti, ma ha intuito che c'è
dell'attrazione, e forse non
solo, tra me e Nina.
È un comportamento tipico
di Robin questo.
Lo ha da quando ho incominciato a
uscire con la mia prima
ragazza a tredici anni e da allora non ha più smesso.
Se poi l'argomento la interessa
particolarmente e le va a
genio, come mi sembra stia accadendo, è davvero
insopportabile e cerca di
sapere le cose prendendomi per sfinimento.
Forse è solo un suo modo
di essere protettiva, ma così
decisamente non mi aiuta a non pensare a lei.
Cosa che, oltretutto, succede di
continuo.
Per fortuna, sono, però,
un paio d'ore che mi sta
miracolosamente lasciando stare, permettendomi di respirare
tranquillamente e
non aver sempre i nervi tesi in attesa della prossima frecciatina o
domanda
curiosa ficcata in ogni discorso.
Sono già abbastanza
scombussolato e confuso di mio senza le
sue insinuazioni, mi passo una mano fra i capelli.
- E’ inutile che fai il
broncio, non sono la mamma.- agita
il capo con un'occhiata ilare, facendo muovere i capelli biondi
racchiusi in
una coda e richiamandomi alla realtà.
Ridacchio, rivedendo in lei la stessa
ragazzina spensierata
che mi veniva a svegliare all’alba della mattina di Natale
per aprire i regali.
Stesso sguardo furbetto e ricattatore.
- Con me non
funziona - mi sorride furba calcando
sulla parola “me” fino a conferirle una
inclinazione allusiva e il riferimento
a Nina pare lampante ai miei occhi.
O forse è solo la mia
mente malata che mi riporta
costantemente a lei, per ogni cosa.
Il sorriso malizioso e acuto torna a
fare capolino sulle sue
labbra, accompagnato da uno sguardo identico che le anima gli occhi
azzurri.
Ecco, come non detto
sospiro:intendeva proprio alludere a
lei.
Era proprio questo tipo di
atteggiamento che intendevo
prima.
Roteo gli occhi al cielo, ignorando
la sua ultima battutina
nella speranza che così si stufi e smetta.
Anche se ne dubito fortemente
conoscendola.
Colin con un piccolo balzo scende
dalle mie gambe,
probabilmente annoiato dal nostro parlare e rompendo così il
siparietto
creatosi.
Si siede poi tranquillo al fianco
della madre, riprendendo a
scarabocchiare un albero sui fogli appoggiati disordinatamente sul
tavolo
mentre mia sorella sorseggia la sua bevanda.
Un pacato silenzio cala fra di noi,
l'argomento di poco
prima sembra fortunatamente dimenticato e io lancio uno sguardo attorno
a me,
guardandomi intorno.
Siamo seduti ad un tavolino appartato
nell’angolo bar
dell’albergo, quasi totalmente vuoto nonostante sia solo
metà serata.
Dopo aver portato Robin in giro per
tutto il set, siamo
andati a mangiare in un ristorante di cucina italiana ad Atlanta non
molto lontano
da qui.
Dal momento che però
abbiamo finito di cenare presto, ci
siamo seduti a bere qualcosa in attesa di ordinare il dolce e abbiamo
parlato,
visto tutte le cose che abbiamo da raccontarci.
- A che pensi ?-
Rialzo lo sguardo su di lei, che mi
sorride dolcemente e
serena, nessuna traccia di malizia o allusione nella voce.
- A nulla di preciso, in
verità- affermo sinceramente con
un'alzata di spalle.
Lei annuisce e io allungo un braccio
fino ad afferrare il
mio bicchiere di the freddo.
Probabilmente sono l'unico al mondo
che, col freddo che fa e
a Novembre inoltrato, beve ancora una bevanda tipicamente estiva.
- Cosa sei venuta fare ad Atlanta ? -
le chiedo prima di
prenderne un lungo sorso.
- E’ un modo carino per
dirmi che non sono desiderata ?-
ribatte subito divertita, aggrottando buffamente le sopracciglia chiare.
Rido anche io, lanciandole una finta
occhiataccia offesa.
- No, è un modo carino per
dirti “ Cosa sei venuta a fare ad
Atlanta”?- la prendo in giro, continuando a ridere
sommessamente.
- Avevo un lavoro in radio da queste
parti – mi spiega con
una semplice alzata di spalle e un gesto ovvio della mano .
Io annuisco.
- E poi volevo far vedere a Colin
dove girano lo show-
continua tranquilla, prendendo un sorso della sua bevanda e guardandomi
da
sopra la tazza in porcellana blu.
- Gli fai vedere il telefilm?-
è la mia sorpresa e spontanea
affermazione, sbarrando leggermente gli occhi per lo stupore.
Mi sembra strano che glielo lasci
guardare visto che secondo
lei perfino l'Uomo Ragno è un cartone animato violento. E
decisamente The
Vampire Diaries non è un telefilm adatto ai bambini.
- Solo alcune scene in cui
c’è il suo zietto Iaia-
è
il suo turno di prendermi in giro, chiamandomi con il nomignolo con cui
mi
chiama Colin da quando praticamente ha incominciato a parlare.
- Le scene più hot le
tengo per me, tranquillo .- sussurra
maliziosa un secondo dopo, ridacchiando divertita probabilmente per la
mia
espressione scandalizzata.
La ammonisco con una occhiataccia,
corrugando le
sopracciglia scure.
- Non ci sono scene hot- ribatto
quasi infantilmente,
negando e mentendo spudoratamente.
Oh, ce ne sono fin troppe invece per
la gioia dei miei
ormoni recalcitranti.
La mia mente, che in questi giorni
sembra essere governata
più dai ferormoni che dalla parte razionale, viene subito
inondata da un sacco
di esse, come a voler ulteriormente smentire ciò che ho
appena detto.
Deglutisco improvvisamente accaldato,
rivendendole davanti a
me una ad una neanche fosse una sorta di film.
Beh se lo fosse sarebbe decisamente a
luci rosse, è il
pensiero stupido e senza senso che mi attraversa la mente.
Lo stesso identico turbinio di
negazione e attrazione di
quando le ho girate mi assale, avvolgendomi con le sue spire
conturbanti e
sensuali fino a quasi farmi dimenticare dove sono.
E le immagini continuano a
susseguirsi nella mia testa.
Io e Nina che ci baciamo sono un
portico.
Noi due che ci baciamo contro un
mobile, che ci tocchiamo a
vicenda e che ansimiamo per quei tocchi lievi così eccitanti
e che mi hanno
provocato così tanti pensieri impuri.
E poi ancora...Io e Nina che ci
sfioriamo in un letto sfatto
con addosso gli abiti ottocenteschi.
A questa ultima immagine una morsa
dolorosamente piacevole
mi stringe lo stomaco e il battito del mio cuore diventa anomalo,
pompando
sangue più velocemente.
Il ricordo di quella carezza rubata
sul suo seno candido,
messo deliziosamente in vista dal corpetto ottocentesco, mi folgora,
provocandomi una miriade di brividi di eccitazione.
Boccheggio, quasi travolto dallo
stesso desiderio di quel
momento e i pantaloni diventato insopportabilmente fastidiosi.
Mi inumidisco le labbra, come a
ricercare il suo
sapore e il gusto di quei baci.
Lo stesso che mi è rimasto
impresso nella mente così limpido
da sembrare reale, tormentandomi per giorni interi.
All’epoca stavo ancora con
Megan e quel turbinio di emozioni
mi aveva sconvolto non poco, portandomi a essere scostante e scontroso
per
giorni.
Il sapore delle sue labbra mi torna
in mente, così nitido
che mi sembra di percepirlo perfino ora, a distanza di mesi da quando
è
accaduto.
E la voglia di baciarla in questo
momento è così forte che
mi sembra di non poter resistere.
Probabilmente, se fosse ora qua la
bacerei sotto gli occhi
sorpresi di mia sorella.
E forse non saprei neanche fermarmi a
quello.
Cerco di placare i bollenti spiriti,
tentando di convincermi
inutilmente che sono sensazioni indotte dalla recitazione.
Non siamo noi, ma Damon ed Elena.
Damon ed Elena, mi ripeto
come un mantra non credendoci neanche io stesso, però.
E allora perché sembrava
così reale, se stavamo impersonando
solo Damon ed Elena? È la domanda canzonatoria della mia
coscienza, che torna a
ronzarmi in testa, frantumando in mille pezzi il pensiero di un secondo
fa.
Sospiro impercettibilmente,
rendendomi conto di quanto ormai
mi destabilizzi anche solo pensare a lei.
È una cosa quanto mai
improbabile e strana, ma anche
dannatamente reale. Anche solo pensare a lei mi scombussola, per non
parlare di
quando ci sfioriamo.
Capisco semplicemente che non posso
più fare finta che sia
solo attrazione, per quanto questo mi spaventi.
- Ah no? A me sembra di aver visto
scene in cui vi rotolate
in un letto e in cui vi strappate i vestiti di dosso.- afferma con gli
occhi
vispi e l'espressione furba di chi sa che ti ha incastrato,
riportandomi
bruscamente alla realtà.
Sbuffo per la sua ennesima
frecciatina, non rispondendo
nulla e rimanendo semplicemente in silenzio.
- E mi sembravate anche piuttosto
presi - continua
disinvolta, come se stesse parlando del meteo e non stesse alludendo ad
altro,
ampliando il suo sorriso sornione alla mia espressione colpevole.
Un qualcosa d'altro
che mi sembra la soddisfi e
compiaccia molto per di più
Un’imponente ondata di
imbarazzo mi travolge
inaspettatamente, pervadendomi con le sue fiamme.
Cosa alquanto strana per di
più. È difficile mettermi in
imbarazzo, visto come sono sfacciato.
E anche se lo sono, comunque sono
molto bravo a mascherarlo.
Cosa che, invece, non sembra
riuscirmi con Robin. Forse è
una delle poche persone al mondo che ci riesce così
facilmente.
E tutto ciò accade
perché so che è dannatamente vero.
Eravamo presi, tanto, soprattutto nella scena tra Damon e Katherine
della prima
puntata della seconda stagione.
Le lancio l'ennesima occhiataccia
ammonitrice della
giornata, facendola scoppiare a ridere di gusto.
- Sei insopportabile - l'apostrofo
mentre però un sorriso
spunta anche sulle mia labbra.
- Lo so - ammette allegra,
scambiandolo per un complimento.
Scuoto la testa, spostando lo sguardo
oltre di lei e
facendolo vagare per il salone.
Parli, o meglio pensi, al diavolo e
spuntano le corna.
Il mio sguardo cade casualmente
su una figura
slanciate e snella, appoggiata al bancone nelle vicinanze del reparto
dolci.
Sorrido istintivamente, lambendole il
corpo in una lunga
occhiata e le fiammelle dell'attrazione tornano ad accendersi in me.
Nina è al bancone del bar,
dandoci le spalle. Probabilmente
non ci ha neanche visto.
Sicuramente sta ordinando qualcosa di
dolce da mangiare,
sorrido ancora ricordandomi di quando è golosa.
Senza che io me ne accorga, troppo
preso da ciò che guardo,
anche Robin si volta, seguendo interessata la direzione del mio sguardo.
Prima che io abbia tempo di dire o
fare nulla una voce mi
anticipa sul tempo.
- Nina!- la chiama ad alta voce,
alzando una mano per farsi
vedere.
- Robin - l'ammonisco subito in un
sussurro imbarazzato,
sbarrando gli occhi stupito dal suo gesto.
Le poche persone presenti nel locale
insieme a noi si volta
nella nostra direzione, fissandoci attente e aumentando il mio disagio.
Ecco, l'unica cosa che ci manca
è un bel articoletto al
riguardo su quei giornali di gossip da quattro soldi.
Le lancio uno sguardo truce, nella
speranza che smetta di
sventolare il braccio e attirare l'attenzione.
Ma cosa diavolo le prende oggi? Non
è mai stata così, anzi è
sempre stata più discreta di me e, quando finivo sui
giornali per qualche
cavolata, era la prima a riprendermi.
Oggi, invece, mi sembra abbastanza
euforica e allegra,
troppo persino per i suoi standard.
- Shh – mi zittisce con un
gesto della mano, lasciandomi
sempre più basito.
Quasi quasi la preferisco quando non
sopporta le persone con
cui sto, rifletto rendendomi conto di ciò che ho appena
pensato solo un attimo
dopo.
Ho detto persone con cui
sto, mi ripeto mentalmente
sbigottito. Ma noi non stiamo insieme, puntualizza una vocina acuta e
fastidiosa dentro di me.
Persone con cui sto da amico, mi
convinco correggendomi. Si
volevo dire così, annuisco.
Nina si gira confusa, proprio come
tutte le altre persone,
cercando con gli occhi chi l'abbia chiamata.
Ci individua un attimo dopo,
aprendosi in un sorriso timido
che mi provoca la solita sensazione di vertigini e, come ogni volta che
c’è lei
nei paraggi, tutta la mia attenzione si focalizza su di lei.
Lei alza la mano in segno di saluto,
senza però muoversi dal
punto in cui è ed è, ancora una volta, mia
sorella a sorprendermi.
Robin, infatti, le fa palesemente
segno di avvicinarsi
sventolando la mano.
Nina fra l’imbarazzato e
l'indecisione si morde un labbro,
per poi avvicinarsi a noi con passo deciso
all'ennesima insistenza di mia
sorella.
- Ciao - sorride fermandosi vicino al
nostro tavolo,
scostandosi imbarazzata una ciocca dal volto fino a portarla dietro
l'orecchio.
Le sorrido anche io, inclinando
leggermente il volto.
- Hey - la saluto, precedendo, almeno
questa volta, di
qualche secondo mia sorella.
- Nina!- trilla allegra –
Oggi ti ho visto sul set, sei
davvero brava- si complimenta sorridente.
- Grazie- ride lei - Io non vi ho
visti, invece – aggrotta
le sopracciglia, nel tentativo di ricordarsi.
- Perché siamo stati poco-
rispondo in fretta, prima che
Robin se ne esca con qualche altra frecciatina che possa mettermi in
imbarazzo
di fronte a lei.
E' una bella e grossa bugia, lo so
benissimo.
In verità siamo rimasti
una buona mezz'ora a guardare le
riprese della puntata, solo non voglio che lo sappia, anche se non so
bene il perché.
È una cosa contorta e
contraddittoria, me ne rendo benissimo
conto visto che a volte sono io stesso ad andare sul set per vederla
mentre
gira con la banale scusa di portarle qualcosa di caldo da bere o da
mangiare.
Soltanto che mi sento in imbarazzo
sotto gli occhi di mia
sorella, che non ci perde di vista neanche per un attimo.
Nina si volta verso di me, facendo
ondeggiare lievemente i
capelli e incrociando il suo sguardo profondo con il mio.
La sensazione di calore torna a farsi
sentire prepotente,
sciogliendomi quasi.
- Però ha ragione, sei
brava- mi ritrovo ad affermare prima
ancora che io l'abbia pensato, un sorriso un po' adulatore e svagato a
tendermi
le labbra.
- Ruffiano- mi apostrofa lei
socchiudendo giocosamente gli
occhi, mentre però le sue guance si velano di un leggero e
delizioso rossore.
La solita sensazione di compiaciuto
orgoglio per essere
stato io a farla arrossire, in quel modo che dedica solo a me, mi
coglie.
Ghigno ancora più
apertamente e non so cosa legga nel mio
sguardo ma arrossisce maggiormente, mordendosi un labbro in un modo
così
sensuale da annebbiarmi momentaneamente la vista.
E nonostante sappia che mia sorella
ci sta studiando attentamente
in cerca di risposte e che prima o poi quelle risposte dovrò
darle a lei, ma
soprattutto a me stesso, le lancio un altro sguardo infuocato, sentendo
il
fuoco dell’attrazione divampare in me.
E non so cosa, forse l'istinto o
forse il fatto che lei abbia
trattenuto violentemente il respiro, mi dice che lo stesso fuoco sta
attizzando
anche in lei.
Qualcosa di dannatamente invitante
nel suo sguardo me lo
dice.
- Stavamo giusto per ordinare il
dolce - mi riscuote la voce
gaia di mia sorella, richiamandomi ancora una volta alla
realtà. - Rimani con
noi , Nina?- le chiede poi con un sorriso bonario, appoggiando il mento
al
palmo della mano e guardandola in attesa.
Nina solo allora, dopo un attimo di
indugio, rompe il
contatto visivo con i miei occhi, riprendendosi anche lei.
- Non vorrei disturbare- cerca di
declinare l’invito,
spostandosi imbarazzata una ciocca di capelli dagli occhi, e, se la
conosco
bene come credo, avrà paura di essere di troppo e di
invadere la nostra
intimità. - E poi tra poco devo ...-
- Non disturbi tranquilla - la
interrompe sicura Robin.
Non ancora del tutto convinta si
volta verso di me con le
labbra dischiuse, quasi a chiedermi il permesso con lo sguardo.
- Dai resta - le dico sorridendole
ammaliante, nel tentativo
palese di farla cedere.
Vedo chiaramente l'indecisione
attraversarle gli occhi, ma
alla fine capitola del tutto annuendo delicatamente.
Contento e compiaciuto, sposto la mia
giacca dalla sedia
affianco alla mia, permettendole così di sedervisi.
Lei si siede, iniziando a sciogliersi
la sciarpa dal collo e
inondandomi con il suo profumo delizioso.
- Anche perché non la
sopporto già più- sussurro
scherzosamente al suo orecchio, un'improvvisa voglia di scherzare,
ammiccando
con un gesto del capo verso Robin che ci fissa attenta.
Nina scoppia a ridere di gusto e il
fatto di essere stato io
a farla ridere, di essere la causa di quel suono così
armonioso mi gonfia
l’orgoglio, infondendomi una pacata sensazione di compiacenza.
- Guarda che ti ho sentito!- ribatte
la diretta interessata,
fintamente offesa – E poi, se è per questo neanche
io ti sopporto più - ribatte
Robin con aria risoluta iniziando a leggere il menù, prima
di scoppiare a
ridere insieme a noi.
Continuando a ridacchiare si sbottona
la giacca pesante,
sfilandosela poi.
In un gesto quanto mai istintivo e
così spontaneamente
galante da non essere da me, allungo una mano e l'aiuto a togliersela.
Non so come e del tutto casualmente
le mie dita sfiorano le
sue, quasi incrociandole in una presa morbida.
Un brivido mi pervade
istantaneamente, come una scossa
elettrica, prima che un'imponente ondata di calore mi sconvolga da capo
a
piedi.
Lei volta la testa come scottata,
abbassando lo sguardo
sulle nostre mani che si sfiorano per poi alzarlo , qualche secondo
dopo, su di
me.
I nostri sguardi si incateno e un
insieme di emozioni
sconcertanti mi travolgono, destabilizzandomi a tal punto da dar voce
al primo
pensiero senza senso che mi attraversa l'anticamera del cervello.
- Ordiniamo il dolce?- è
l'unica cosa stupida e senza senso
che riesco a dire in un sussurro appena udibile, la prima che mi passa
per la
testa e a cui io do voce.
Lei mi guarda confusa, aggrottando le
sopracciglia per
quella mia uscita fuori luogo, dettata forse dalla paura dell'emozione
nuova
che ho provato.
Un emozione che mi ha convinto ancora
di più che non sia
solo attrazione quello che provo e questo mi spaventa, in qualche modo.
- Ok- è la sua unica e
laconica affermazione, una punta di
perplessità nella voce e io mi ritrovo a darmi mentalmente
del cretino. Sono un
emerito stupido.
La presa sulla sua giacca, e quindi
sulle mie dita, si
scioglie gradualmente fino ad abbandonarla del tutto.
Si, sono davvero un cretino, mi
rammarico mentre lei si
volta dall'altra parte, rompendo definitivamente il contatto con i miei
occhi.
E la paura che abbia frainteso mi
coglie spietata,
infondendomi una strana morsa di ansia allo stomaco.
Non volevo rompere il contatto o il
momento, solo...solo non
lo so neanche io, mi passo frustrato una mano fra i capelli.
Mi raschio poi la gola cercando con
scarsi risultati di
riprendermi.
- Sei così ansioso di
mangiare il dolce, Ian?- mi
chiede Robin ridacchiando maliziosa, riservandomi un’occhiata
furba che mi fa
capire sempre più che ha capito e facendo aggrottare confusa
le sopracciglia a
Nina.
Alzo gli occhi su di lei,
trucidandola con lo sguardo.
Decisamente non mi aiuta molto così.
- Cosa ordini, tu Nina?- le chiede un
attimo dopo,
delocalizzando la sua attenzione da me e puntandola tutta sul
menù che sta
sfogliando.
- Torta al cioccolato- sorride
sicura, stringendo poi le
braccia al petto.
- Io Tiramisù –
affermo invece, accorgendomi solo in quel
momento del cameriere affianco al tavolo che prende le ordinazioni.
Stasera sono così svampito
che non l’ho neanche visto
arrivare. Sono proprio su un altro pianeta: Pianeta Nina Dobrev.
- Ian mi ha detto che hai un fratello
maggiore - afferma
Robin cambiando repentinamente discorso, curiosa come solo una donna
può
essere.
- Si, è più
grande di me di tre anni- sorride dolcemente
lei, incassando il volto fra le spalle in quel modo un po’
infantile e morbido
che la caratterizza quando parla della sua famiglia.
Il mio sguardo si posa ancora una
volta da lei,
ipnotizzandomi.
Mia sorella riprende a parlare,
dicendo un qualcosa che però
giunge solo come un lontano vociare alle mie orecchie.
Sono assorbito dal vortice senza
scampo dei miei pensieri e
troppo impegnato a guardare Nina per accorgermene davvero.
Ne accarezzo con lo sguardo il
profilo dolce, partendo
dall’attaccatura dei capelli sulla fronte e scendendo poi
sugli occhi, intenti
a fissare con attenzione mia sorella.
La solita luce vivace ad animarli
tipica di quando racconta
qualcosa che le interessa particolarmente..
Continuo poi la mia discesa, seguendo
la linea dritta e
perfetta del naso, arrivando alla fine sulle labbra.
Morbide e soffici sono
intrigantemente dischiuse, il labbro
inferiore imperfettamente più gonfio di quello superiore.
Come avvolto improvvisamente dal
fuoco provo un improvviso
caldo, venendo travolto da un’ondata di attrazione
implacabile e insopibile.
La tipica sensazione vibrante ed
elettrica del desiderio mi
destabilizza, sopendo la parte più razionale di me e
fomentando quella più
irruenta e istintiva.
La voglia di toccarla si fa
così insistente da quasi soffocarmi,
spaventandomi per un attimo per la sua vorace insistenza.
Spaventandomi per quel sentimento
strano che si agita in me,
oltre la semplice e viscerale attrazione.
Deglutisco cercando di calmarmi,
mentre il loro vociare
continua ad arrivarmi alle orecchie sfocato, non facendomi capire nulla
di cosa
stanno dicendo.
Asfissianti dubbi si fanno largo in
me, sconcertandomi più
di quanto io non sia già.
Che cosa è questa
sensazione nuova e indefinibile? È un
groviglio indecifrabile di sensazioni, strettamente connesse
l’una all’altra.
Attrazione…sconcerto…paura…desiderio…sorpresa…languore…
I nostri dolci arrivano in quello che
mi pare un baleno,
interrompendo il flusso sconnesso della mia mente.
Prima che io possa chiederglielo
è lei a parlare, spazzando
via ogni dubbio che potevo avere se lei si fosse sentita ferita o
offesa e il
sollievo mi annulla il peso allo stomaco che avevo.
- Me lo fai assaggiare?- mi chiede
adocchiando il mio dolce
con occhi bramosi, gli stessi che invece io riservo a lei.
- Solo se tu fai lo stesso- la
ricatto con un mezzo sorriso
ammiccante e furbo.
Lei sbuffa, roteando gli occhi al
cielo per poi spezzare a
metà con la forchetta il suo.
- Grazie - affermo in un sussurro
compiaciuto, lasciandole
un bacio sulla guancia.
Mi allontano un secondo dopo,
consapevole del mio scarso
autocontrollo quando si parla di lei.
Per fortuna mia sorella è
troppo impegnata a imboccare Colin
per accorgersi del nostro gesto abituale.
Inizio tranquillo a mangiare il mio
dolce, lanciandole di
tanto in tanto delle occhiate di sottecchi.
È infatti diventato un
gesto consueto e quotidiano
scambiarci il cibo o assaggiare quello che ha ordinato
l’altro.
Non mi ricordo neanche come sia nato,
ma contribuisce
enormemente a far salire la tensione sessuale già alle
stelle fra di noi.
E, nonostante sia una lenta ed
estenuante tortura, non posso
esserne più felice.
Allungo la forchetta per prendere
un'altra forchettata del
suo invitante dolce, avendo già finito il mio, ma lei mi
ferma, contrapponendo
la sua forchetta alla mia.
- Che stai facendo?- mi chiede con
un'occhiata truce,
aggrottando pericolosamente le sopracciglia.
Toccatele tutto ma non i dolci, penso
divertito dalla sua
espressione corrucciata e sdegnata.
Sorrido, tentando di districare la
sua forchetta dalla mia e
prendere un pezzo di torta, ma lei me lo impedisce ancora.
- Ian - mi ammonisce pericolosa,
assottigliando gli occhi.
- Sto prendendo la mia parte di dolce
– affermo tranquillo,
un sorriso sfacciatamente divertito sulle mie labbra.
- Hai già avuto la tua
parte di dolce - ribatte
decisa – Questa è la mia- scuote risoluta il capo,
facendo ondeggiare i capelli
sciolti.
Stringe poi le labbra in
un’espressione corrucciata
dannatamente seducente.
- Si ma tu me nei hai dato una parte
piccolissima!- protesto
divertito, cercando con tutte le forze di ignorare il pensiero fulmineo
e
irrazionale che mi dice di afferrarla e baciarla fino a rimanere senza
fiato,
fregandomene delle conseguenze e di mia sorella che ci fissa attenti.
Vorrei solo baciarla e non pensare
più a niente, ecco.
- Non è vero!- mi rimbecca
lei offesa, gonfiando le guance –
Il fatto che tu l'abbia divorata in un secondo non vuol dire che fosse
piccola-
afferma.
- In effetti sei sempre stato goloso
di dolci- le dà man
forte mia sorella, ridacchiando divertita ed intromettendosi nel nostro
battibecco.
Le due si scambiano uno sguardo di
solidale complicità,
ridendo divertite.
- Grazie tante, eh - sbuffo,
lasciandole un'occhiata offesa
e un po' torva aumentando maggiormente le loro risate.
Dopo un secondo mi lascio andare
anche io ad una risata
sommessa.
Mi rivolto poi verso Nina, che ride
divertita per una
battuta di mia sorella che però io non sento, ancora una
volta troppo preso ad
osservarla.
La guardo ridere, le labbra
dischiuse, il capo leggermente
reclinato all'indietro e quella tipica fossetta sulla guancia. La
sensazione
sconosciuta di poco prima torna a farsi sentire prepotente, scalciando
per
essere riconosciuta con chiarezza.
Mi avvolge fra le sue spire invitanti
e ingannatrici,
costringendomi a trattenere il respiro.
È una sensazione atipica,
diversa dalle altre.
Piacevole, dannatamente piacevole, ma
anche con uno strano
retrogusto di ansia e paura che mi fa tendere i nervi.
Continuo a guardala
inconsapevolmente, troppo preso dai miei
pensieri, e lei, forse sentendosi osservata si volta facendo scontrare
i nostri
sguardi.
Si deve accorgere anche lei della
strana, imperscrutabile
emozione che anima i miei occhi, incupendoli, perché
aggrotta lievemente le
sopracciglia e posso distintamente leggere una muta domanda nei suoi.
Il suo sguardo cambia quasi in
sincronia con il mio,
passando dalla confusione ad una criptica imperscrutabilità,
la forchetta
ancora piena immobile a mezz'aria.
Cosa ci sta
succedendo?
A interrompere ancora una volta il
nostro gioco di sguardi è
però una terza voce, cosa che mi irrita non poco.
- Buona sera - esordisce Paul,
comparendo dal nulla e
all’improvviso vicino a noi.
Sposto lo sguardo da Nina a lui.
- Paul – afferma invece lei
sorpresa, voltandosi verso di
lui.
- Che ci fai qui?- gli chiedo non
spostando però il braccio
dallo schienale della sua sedia.
Ormai tanto lui è abituato
ad atteggiamenti ben più intimi
di questo.
- Sono venuto a prendere la mia Elena
- scherza con un
sorriso divertito facendoci scoppiare a ridere e allentando la tensione
di poco
prima .
Come per magia la sensazione anomala
di poco prima scompare,
sciogliendo i pensieri e dubbi, e la voglia di scherzare con leggerezza
torna.
- E' già ora?- mormora
Nina sorpresa adocchiando l'ora sullo
schermo del cellulare.
- Vedi, il tempo vola in compagnia di
Damon- mi vanto
all'indirizzo di Paul.
Ormai è diventato
un'abitudine fare questo genere di
discorsi con Paul, ipotizzando storie future improbabili sui personaggi
che
interpretiamo.
- Meglio che non dico nulla va-
mormora con un sorriso
enigmatico che non comprendo del tutto.
Il suo cellulare però
squilla, interrompendo il nostro
piccolo siparietto.
- E' Torrey - afferma mentre un
sorriso dolce e un po’
smielato, semplicemente da innamorato, gli spunta
sulle labbra.
Ogni tanto mi aspetto che i suoi
occhi si trasformino in
cuoricini rosa come nei cartoni animati per quanto è perso
di quella ragazza.
Sinceramente spero di non arrivare
mai a quei livelli
qualora un giorno, molto lontano, mi innamori davvero, rabbrividisco.
Allontano poi dalla mente questo
pensiero così distante da
me ora, riconcentrandomi sulla situazione.
- Ti aspetto fuori- fa segno a Nina,
rispondendo poi al
telefono e incamminandosi verso l’uscita, oltre cui scompare
un secondo dopo.
Lei annuisce con un sorriso.
Nello stesso attimo anche il
cellulare di mia sorella
squilla.
- Scusate è una chiamata
di lavoro- sbuffa sonoramente,
alzandosi e lasciandoci con la sola compagnia di Colin, troppo preso
dal
colorare per fare caso a noi.
- Ma cos’è, il
momento delle telefonate?- rido voltandomi
verso di lei.
Anche lei scoppia a ridere e io solo
in quel momento noto
che ha ancora il braccio sollevato a reggere la forchetta con un pezzo
di
torta.
Un pensiero fulmineo e birichino mi
attraversa la mente,
facendomi tendere le labbra in un sorriso sbarazzino, e io lo attuo un
attimo
dopo.
Velocemente mi protendo verso di lei,
schiudendo le labbra e
assaggiando il pezzo di dolce.
Nina si volta appena in tempo per
accorgersene, sbarrando
sorpresa gli occhi.
- Ian - protesta indignata,
imbronciandosi offesa.
- Che c’è?- le
chiedo facendo il finto tonto una volta
ingoiato il delizioso pezzettino, rispondendo al suo sguardo offeso con
un
sorrisino giocoso.
- Era l’ultimo pezzo di
torta!- si lamenta.
- Oh, scusa. Non me ne ero accorto-
sghignazzo facendola
arrabbiare maggiormente.
Lei, indignata, mi dà un
pugno sulla spalla facendomi ridere
ancora più forte.
- Sei tremendo- sbuffa un secondo
dopo, scoppiando però a
ridere anche lei.
- Lo so- affermo vanesio, facendo
scontrare le nostre spalle
in un contatto tanto lieve quando piacevole.
Robin ritorna al nostro tavolo,
trovandoci intenti a ridere
divertiti e rimbeccarci come al solito.
- Scusate, ma il lavoro mi perseguita
anche di sera .-
afferma risedendosi al suo posto e facendo una carezza materna sulla
testolina
di Colin.
- Figurati- le risponde con ancora il
sorriso svagato sulle
labbra Nina – A proposito di lavoro…
sarà meglio che vada anche io – continua
un attimo dopo.
Io annuisco, sospirando.
Quando sto con lei il tempo sembra
volare sul serio, noto
guardando di sfuggita l’orologio che ho al polso e rendendomi
conto che invece
è già passata un ora.
A me sono sembrati solo pochi minuti,
invece.
Nina si alza, infilandosi il giaccone
pesante.
- Domani pranziamo insieme?- chiede
improvvisamente Robin,
rompendo il silenzio che è calato.
- Domani per pranzo non posso, devo
girare alcune scene- le
ricordo.
Afferro poi il mio bicchiere di the,
prendendo un lungo
sorso che rischia di farmi soffocare un attimo dopo.
- Infatti non dicevo a te, ma a Nina
– afferma lei decisa e
chiara con tutta la naturalezza che possiede, spiazzandomi.
Il the mi va per traverso a questa
affermazione così decisa,
facendomi tossire.
Nina si blocca come fulminata
smettendo di avvolgersi la
sciarpa intorno al collo, shoccata almeno quanto me da ciò
che ha appena detto
mia sorella.
La fissa senza dire nulla, le labbra
dischiuse e il rossore
che si intensifica sulle guance man in mano che capisce il senso della
frase.
- Cosa?- le domando in un sussurro
sorpreso, riuscendo
pronunciare correttamente solo questa espressione spontanea.
Vuole pranzare con Nina?
Perché? Sono le uniche, sospettose
domande che mi frullano in testa. Infondo si sono conosciute solo oggi
e hanno
parlato ben poco...che sia già scattata una amicizia? Mi
domando sconvolto.
Nina continua invece a fissarci con
le sopracciglia
aggrottate dallo stupore, totalmente senza parole.
Inspiegabilmente cerca ancora una
volta il mio sguardo,
voltandosi verso di me come a voler trovare un appoggio.
E io le do quel sostegno, reggendo il
suo sguardo cioccolato
un po' confuso.
Ancora una volta non so cosa vi
trovi, cosa vi legga, ma una
strana emozione le attraversa lo sguardo, spaventosamente simile a
quella che
ho provato prima io.
- Ti va?- le chiede ancora Robin,
insistendo per una
risposta e lasciandomi sempre più a bocca aperta e
perplesso. – Solo se ne hai
voglia, ovvio - le sorride poi lievemente imbarazzata, forse non
volendo
sembrare troppo invadente.
Cosa ancora più strana
visto che stiamo parlando di Robin.
Oggi è proprio strana.
Nina cerca di nuovo il contatto
visivo con me e la
sensazione che mi stia quasi chiedendo il permesso mi travolge
nuovamente.
- Si, volentieri- sorride lei,
accentando con le guance
dolcemente arrossate dopo un attimo di esitazione.
- Ok - si apre in un sorriso
vittorioso e compiaciuto mia
sorella.
- A domani allora- afferma al suo
indirizzo, affondando le
mani nelle tasche della giacca.
- Dai Colin, dai il bacio della buona
notte a Nina -
incoraggia invece il figlio Robin .
- Buona notte – mormora
imbarazzato lui, stringendosi fra le
spalle.
- Buona notte- afferma Nina,
abbassandosi alla sua altezza
per stampargli un bacio sulla guancia.
Si rialza un attimo dopo e fa per
parlare ma io la batto sul
tempo.
- Anche io voglio il bacio della
buona notte- affermo
malizioso, ammiccando vistosamente verso di lei.
Lei arrossisce lievemente, roteando
gli occhi al cielo.
Non mi sfugge però il
gesto automatico di mordersi le
labbra, che mi manda letteralmente in visibilio gli ormoni.
Con uno sbuffo si abbassa verso di
me.
Il suo profumo mi avvolge prima
ancora che le sue morbide
labbra di posino sulla mia guancia, in un contatto così
innocentemente
voluttuoso da annebbiarmi la mente di desiderio.
Dannazione ma come diavolo fa a
essere innocente e seducente
allo stesso tempo?
Indugia qualche secondo di
più, prolungando questo delizioso
contatto che mi toglie il respiro.
Il mio battito accelera
simultaneamente all’iniezione di
adrenalina nel mio corpo scaturita dal contatto seppur minimale dei
nostri
corpi.
Socchiudo gli occhi, annebbiato dal
suo profumo e
dall’elettrica attrazione che mi sta divorando come un fuoco
ardente, sempre
più caldo.
E se non fossi troppo preso dal
godermi appieno ogni singolo
momento di questo contatto, mi accorgerei di due occhi azzurri
tremendamente
simile ai miei scrutare attenti ogni mia più piccola
reazione.
Nina si allontana un attimo dopo,
lasciandomi avvolto solo
da un improvvisa sensazione di freddo.
Un sospiro impercettibile e affranto
sfugge dalle mie
labbra.
- Ehm..ci vediamo dopo- mormora al
mio indirizzo,
nascondendo il viso fra i capelli.
- A dopo- le sorrido, non vedendo
l’ora che sia quel
momento. Quel dopo.
Ok, la situazione sta peggiorando
alla grande, mi rendo
conto.
Forse la troppa attrazione mi ha
iniziato a dare alla testa.
La seguo con lo sguardo raggiungere
alla porta, gli occhi
calamitati su di lei in uno sguardo caldo e leggero al col tempo.
-Vuoi un po’ della mia
camomilla?- afferma Robin con una
risata, riscuotendomi dai miei pensieri non appena Nina si allontana di
qualche
passo.
- No, grazie- mormoro disinteressato,
non cogliendo la
frecciatina nascosta nella domanda.
- Sicuro? Perché mi sembra
che tu debba calmare i bollenti
spiriti- ridacchia maliziosa.
La fulmino con gli occhi prima di
voltarmi nuovamente verso
Nina, che è ormai arrivata alle porte scorrevoli di uscita
dell’hotel.
Alza lo sguardo su di me, come
richiamata mutamente dal mio,
e mi saluta con la mano sorridendomi e io faccio lo stesso , prima che
vi
scompaia oltre.
Un sospiro beato arriva alle mie
orecchie , quasi
risvegliandomi dallo stato catatonico in cui sono caduto.
Mi volto trovando mia sorella che mi
fissa attenta, il volto
appoggiato al palmo della mano e gli occhi azzurri dilatati.
-Che c’è?- le
domando confuso, aggrottando le sopracciglia e
non capendo assolutamente la sua occhiata enigmatica.
So benissimo che quando fa
così c’è qualcosa sotto e in
questo momento ho quasi paura di scoprire cos'è.
-Nulla - risponde lei evasiva con una
alzata di spalle,
spostando lo sguardo sulla sua tazza ormai vuota.
- Robin – mormoro
ammonitorio, sapendo benissimo che c’è
dell’altro e invitandola a parlare.
Lei rialza gli occhi improvvisamente
seri su di me,
puntandoli dritto nei miei.
- Mi piace , ok?- controbatte
schietta, fissandomi di
sottecchi, come temendo una mia reazione.
Mi specchio per qualche attimo nei
suoi occhi, così simili
ai miei in questo momento da spaventarmi.
Mi sembra quasi di leggere il
riflesso dei miei. Il riflesso
di quanto piaccia a me.
E ancora una volta mi ritrovo a
pensare una cosa
spontaneamente senza che me ne renda conto davvero ma di un valore
importante.
Ho pensato che mi piace… mi
piace, mi ripeto
mentalmente, cercando di capire se è davvero così
e la risposta appare così
chiara da essere in netto contrasto con le emozioni confuse e mischiate
che
provo in questo periodo.
-Non sapevo avessi questi gusti-
ridacchio nervoso cercando
di alleggerire la tensione che provo in questo esatto momento,
scaturita dalla
riflessione che ho appena avuto.
E il fatto di affrontare in qualche
modo questo argomento
con mia sorella mi mette in imbarazzo.
Tremendamente.
Mi sento stranamente agitato, mi
gratto la nuca.
Cosa diavolo mi sta succedendo?
-Sai benissimo cosa intendo
– afferma, continuando ad
inchiodarmi con uno sguardo indagatore beccandosi una mia occhiata
oltraggiata
e improvvisamente innervosita.
- Non guardarmi così Ian,
hai iniziato tu questo discorso-
afferma e infondo ha ragione.
Sapevo benissimo che c’era
qualcosa dietro quel sospiro e
avrei potuto non chiedere nulla, accontentandomi dei miei pensieri, ma
invece
ho insistito per capire cosa fosse.
Forse, però, parlarne con
lei mi farà bene. Mi schiarirà le
idee, finalmente.
La guardo senza dire nulla, non
avendo niente da dire.
Cosa alquanto bizzarra visto la
miriade di pensieri che mi
affollano la mente ora.
Lo reggo per qualche minuto prima di
spostarlo, fissando
confuso le vie buie della città oltre la vetrata che
fiancheggia il bar.
- Mi sembra una brava ragazza -
riprende a parlare lieve,
con tono basso. E so che lo pensa davvero.
- Lo è –
confermo in un sussurro, continuando tuttavia a
guardare ostinatamente fuori senza vedere nulla realmente.
Ho la paura senza senso e innata di
alzare lo sguardo su di
lei e trovare la stessa risposta che mi sono dato io.
- Ed è anche bella, cosa
che non guasta mai - ridacchia
tentando di alleggerire un po’ l’atmosfera e per
fortuna ci riesce.
Sorrido istintivamente grato per
questo. Possibile che
l’abbia inquadrata così in fretta?
- Lo è - concordo con lei,
riportando finalmente il mio
sguardo nel suo e lasciando che possa leggervi ogni più
piccola emozione che mi
attraversa.
Lei non dice nulla, lasciando che il
silenzio cali.
- Ne sono fottutamente attratto-
ammetto per la prima volta
ad alta voce con un sospiro, prendendo appieno coscienza del fatto.
Un fievole sensazione di sollievo
scioglie il nervosismo che
provo, rilassandomi in minima parte.
E capisco che è
così e basta. È inutile scappare
dall'evidenza e lo è ancora di più credere che
sia solo attrazione.
So che non è solo quello,
percepisco che c’è dell’altro
anche se non riesco a riconoscere cosa è. Che ho paura di
riconoscere, perché
comporterebbe essere davvero coinvolto.
Ma questo lo tengo gelosamente per me
e non glielo dico.
- Me ne ero accorta- ride lei,
stemperando ancora una volta
la tensione causata dalla delicatezza dell’argomento e io non
potrei
essergliene più riconoscente.
Sorrido anche io, forse un po'
imbarazzato e tremolante,
inclinando leggermente il volto.
Non sono abituato a parlare di donne
con mia sorella, non in
questi termini.
-E poi ti fa sorridere -
Come folgorato alzo lo sguardo su di
lei, ma mi ritrovo a
non aver nulla da dire. Ancora.
E' vero anche questo, infatti.
- E poi se mi posso permettere, mi
piace più dell'ultima-
afferma decisa con una piccola smorfia – Era troppo scialba
per te -
E un’affermazione mi viene
spontanea a queste parole.
- Non stiamo insieme- mormoro subito
sulla difensiva, così
in automatico che mi dimentico di ricordarle che l'ultima
si chiama
Megan, ma non gli è mai piaciuta quindi non me ne stupisco
neanche più di
tanto.
Una sensazione un po' fastidiosa mi
stringe lo stomaco in
una morsa irritante non appena pronuncio questa frase.
Ma infondo è la pura
verità, penso mentre il rammarico
continua inspiegabilmente a pervadermi.
- Lo so – afferma
dolcemente lei, lasciandomi sempre più
sconcertato dopo tutte le allusive frecciatine che mi ha lanciato oggi.
Dischiudo le labbra, come per dire
qualcosa ma non riesco a
pronunciare neanche una sillaba.
Non riesco a dare voce alla miriade
di pensieri che mi
sconvolgono la mente.
Sospiro senza dire niente d'altro,
troppo preso dal
codificare e capire i miei pensieri che vanno ormai sempre
più in un unica
direzione. Forse l'unica possibile.
Nella confusione più
totale che vige nella mia testa un
pensiero emerge prepotentemente fra gli altri, facendosi spazio quasi a
spallate. Lo stesso di prima.
Cerco di capire se è
davvero così, se la riflessione che mi
vortica incessantemente in testa è vera.
Sospiro pesantemente, puntando gli
occhi in quelli di mia
sorella cercando una risposta a tutto questo.
E la trovo. Tutto si fa
irragionevolmente più chiaro e la
nebbia si dirada lasciando il posto ad uno splendente e caldo sole.
Ma è così, che
lo ignori o che lo accetti, è così.
Un pensiero che ha il potere di
infondermi un senso
destabilizzante di calma e che mi fa sorridere genuinamente.
Un pensiero che, inaspettatamente,
non mi mette ne ansia ne
paura ma solo una calda e soffice consapevolezza.
Mi piace.
*********************
-
Pensi di farcela entro domani
mattina? - ridacchio all'indirizzo di una figura snella vicino alla
porta che
sta tentando di aprirla, giungendo di soppiatto vicino a lei.
Nina
sobbalza vistosamente
sorpresa mentre le chiavi le cadono rovinosamente a terra con un
piccolo tonfo.
Mi
lascio andare a una risata argentea
divertita, appoggiandomi con la spalla contro lo stipite della porta
mentre lei
si volta verso di me così velocemente da produrre un'ondata
d'aria.
Un profumo intenso di lavanda mi
giunge alle narici,
pervadendomi i sensi fino quasi a stordirmi.
Ed eccolo, il solito fuoco del
desiderio iniziare ad ardere
in me.
Socchiudo lievemente gli occhi,
incapace di non prenderne
un'altra boccata.
Il profumo di Nina Dobrev dovrebbe
essere etichettato come
“droga” visto l'assuefazione che ne scaturisce,
è il mio unico, sconnesso,
pensiero senza molto senso.
La dannata voglia di
attirarla a me, di toccarla o
semplicemente di sfiorarla si impossessa violentemente di me,
stringendomi in
quella morsa dolce ed eccitante a cui fatico a tener testa.
Per un breve attimo trattengo di
riflesso il respiro,
credendo ingenuamente che non respirando il suo profumo quella morsa
allo
stomaco passi, che semplicemente scemi via.
Praticamente un'utopia.
Quella sensazione, quella voglia
di volerla stringere
non se ne va , tutt'altro.
Anzi, se possibile, si accentua
quando il mio sguardo cade
sulle sue labbra gonfie e morbide, curvate in un broncio irresistibile.
L'attrazione pulsa nelle mie vene,
infondendomi quello
strano tipico miscuglio di euforia, caldo e leggerezza.
Le lancio un'occhiata rovente,
rendendomi benissimo conto di
come la sto guardando. Solo non posso proprio farne a meno e la
consapevolezza
che ora mi piace non fa altro che aumentare la mia attrazione nei suoi
confronti.
Lei
invece non sembra accorgersi
del mio sguardo, continuando a fissarmi torvamente imbronciata. O forse
è solo
molto brava a mascherarlo.
-
Ian – sospira, gli occhi
dilatati dallo spavento e io non posso fare a meno di immaginare quello
stesso
sospiro pronunciato in un momento del tutto diverso e molto
più languido. - Mi
hai fatto prendere un colpo- mi fulmina con lo sguardo scuro portandosi
una
mano al petto, facendomi ridere ancora di più.
-
Dovevi vedere la tua faccia-
rido sommessamente, abbandonando per un momento i bollenti spiriti e i
pensieri
da censura.
-
Non è per nulla divertente, Som-
Mi tira indispettita un pugno leggero sul petto, aumentando le mie
risate.
Le
blocco facilmente la mano,
stringendola divertito fra le mie in una presa solida e leggera al col
tempo.
-
Oh, si che lo era!- rido.
Corrucciata,
la strattona cercando
di sfuggire alla mia presa che, però, ben salda non la
lascia andare.
Con un movimento fluido l'attiro
ancora di più contro di me, i nostri corpi
pressati uno sull’altro.
Ora
come ora, ogni scusa è buona
per toccarla.
Una
scarica imponente di brividi e
attrazione mi attraversa, partendo dalla base della schiena fino alla
nuca,
rizzandomi i capelli.
Nina
indispettita tenta di divincolarsi
dalla mia presa, desistendo dopo pochi secondi, col solo risultato
finale di
aumentare i punti di contatto fra di noi.
Adesso
davvero molti.
Non
sazio del contatto che abbiamo
le passo anche un braccio intorno ai fianchi, percependo con il polso la morbida
consistenza del suo
sedere.
Stringo
automaticamente le labbra
in una linea tesa, cercando di non muovere il bacino verso il suo in un
gesto
istintivo.
Lei
si irrigidisce di scatto,
indurendo la postura e i muscoli, ma dopo qualche secondo si scioglie,
allentandosi.
Le
sue dite, fra le mie,
abbandonano il pugno in cui si erano strette rilassandosi contro il mio
torace,
proprio poco sopra il mio cuore che martella furiosamente.
Abbasso
lo sguardo su di lei,
intenta a fissare da tutt’altra parte con le guance in fiamme.
E
adesso, in questo strano
abbraccio, capisco ancora di più la veridicità
della constatazione di poco
prima e non posso far altro che ringraziare mia sorella.
Se non mi avesse
costretto ad affrontare, seppur indirettamente, il problema sarai
ancora nella
confusione più totale.
Probabilmente
mi starei ancora
dimenando nella convinzione banale e orai superata della semplice
attrazione.
Nina mi piace, ammetto nuovamente dentro di me.
Ormai
è una verità insindacabile e
più ci penso e più la sensazione di adrenalinica
gioia mi pervade. Cosa
alquanto strana visto che fino a poco fa, solo pensarlo lontanamente,
mi
provocava un’ansia allucinante.
Mi ritrovo a sorridere mentre il mio
stomaco si contorce
nella familiare morsa.
- Sei insopportabile - bofonchia
guardandomi imbronciata da
sotto le ciglia scure, le guance ancora bollenti.
Il suo corpo morbidamente
condiscendente si modella al mio,
provocandomi scariche elettriche.
La sua mano si rilassa del tutto
sotto la mia, permettendomi
di far scivolare le dita fra le sue in una stretta languida. Siamo
stretti in un
contatto più intimo di quello che vogliamo ammettere
probabilmente.
Inclino il volto verso destra, verso
di lei, aprendomi in un
sorriso sfacciatamente malizioso.
- Ma mi adori anche per questo, no? -
ribatto in un sussurro
basso e roco.
Lei, al contrario di quanto mi
aspetti, non replica
scherzosa ma arrossisce furiosamente come colta sul vivo. E questo mi
lascia
totalmente senza parole, portandomi a dilatare stupito gli occhi da
questo muto
consenso.
Le sue guance si velano ancora di un
rosso così intenso che
sembra stia andando a fuoco.
I suoi occhi sfuggono dai miei, non
permettendomi di leggere
risposte che già so ma che ho bisogno di trovare.
Aumento la stretta sulla sua mano,
invitandola mutamente a
rincontrare il mio sguardo e quando lo fa mi manca letteralmente il
fiato.
I suoi occhi sono animati da un fuoco
latente ma sempre
presente, così caldo da renderle liquido lo sguardo.
È lo stesso identico che
anima me, che mi pervade spietatamente e che mi sconvolge ogni volta
che ci
sfioriamo.
È la stessa esatta
emozione che sto provando io ora.
Si morde poi il labbro, facendomi
venire un'insopportabile
voglia di sovrapporvi le mie. Una fuoco che, coadiuvato anche dalla sua
silente
ammissione, però ora non riesco a contenere. Che non voglio
reprimere
Deglutisco a vuoto senza riuscire
però a distogliere lo
sguardo da lei, l'attrazione che mi sfoca i sensi acutizzando
però
inaspettatamente le sensazioni.
Il suo respiro caldo e un
po’ scellerato si infrange contro
la base del mio collo, solleticandomi dolcemente la pelle, e uno strano
paragone appare lampante ai miei occhi in questo momento.
Lei è come il fuoco.
E’ avvolgente e forte,
calda, pericolosa ma anche attraente.
Molto attraente, sospiro e i pantaloni dolorosamente stretti
all’altezza del
cavallo ne sono la prova.
È impetuosa in
ciò che fa con passione e se ti entra dentro
non riesci più a scacciarla.
Nel bene e nel male, ti entra dentro,
così tanto da
annullare quasi totalmente gli altri pensieri. E lei lo ha fatto,
riesco ad
ammettere in un angolo nascosto e profondo di me.
Il fuoco è attraente ma a
cercare di toccarlo troppo ci si
brucia. Solo che non posso proprio fare a meno di cercare di toccarlo.
Mi piace...è
l'unico pensiero che mi rimbomba nella testa, fomentando il desiderio
che ho di
lei.
L'elettricità è
palpabile nell'aria, così come l'attrazione
che aleggia incontenibile fra di noi.
E non ho più voglia di
giocare, ma solo di appoggiare le mie
labbra sulle sue. Di baciarla fino a non avere più fiato.
Inclino il volto verso di lei,
abbassandolo e trattenendo
simultaneamente il respiro.
Perché nonostante
percepisca che non mi rifiuterà, c’è
una
piccolissima, spaventosa percentuale che lo faccia.
Il suo respiro aumenta, diventando
irregolare e facendo
sfiorare i nostri petti in continuazione in una frizione frivolamente
libidinosa. E la morbida consistenza del suo seno che continua a
premere contro
di me non mi aiuta a trattenermi quanto basta per aspettare una sua
mossa.
Il cuore inizia a pompare
più veloce nel petto e la
sensazione di groviglio allo stomaco aumenta.
I nostri sguardi si incontrano,
iniziando un gioco di
sguardi ineluttabile e malizioso.
Un imponente e nuova ondata di
eccitazione si riversa nelle
mie vene, annebbiandomi la mente.
E decido di appagare e placare il
fuoco che divampa in me.
Al diavolo se vorrà
respingermi lo farà ma non posso
continuare questa tortura.
Abbasso ancora il viso fino a far
sfiorare i nostri nasi, le
labbra distanti solo pochissimi centimetri.
I nostri respiri affrettati si
mischiano e, per un breve
attimo, mi sembra di percepire già il suo sapore sulle
labbra, provocandomi una
dolente fitta languida al basso ventre.
Alzo lo sguardo dalle sue labbra
già dischiuse, incontrando
il suo sguardo illanguidito e decido che l’attesa
è già stata fin troppa.
- Ian c'è Colin vorreb...-
ci interrompe una voce, facendoci
allontanare come scottati.
La magia, così come
è arrivata, si spezza lasciando il posto
all’amarezza del mancato contatto
e un
buco fastidioso allo stomaco.
Nina si irrigidisce fra le mie
braccia, voltando velocemente
il capo nella direzione opposta alla mia.
Mentre percepisco la bruciante
irritazione per
l’interruzione, la mia presa sul suo corpo scema
permettendole di allontanarsi.
Lei compie un passo indietro,
distanziandosi da me.
- Che c’è?-
ringhio innervosito voltandomi verso chi ha
osato interrompermi.
Con lo sguardo pericolosamente
assottigliato incontro quello
stupito di mia sorella, che ci fissa basita e dispiaciuta.
- Scusate...- mormora senza parole in
un sussurro
dispiaciuto, lanciandomi uno sguardo di scuse.
- Non... non preoccuparti- afferma
Nina, balbettando
imbarazzata con le guance in fiamme.
Si accuccia poi a raccogliere le
chiavi dal suolo,
nascondendo il viso fra i capelli.
Sospiro pesantemente, frustrato per
non essere riuscito a
portare a termine ciò che voglio di più in questo
momento: baciarla.
- Che c’è?-
chiedo nuovamente a Robin, questa volta meno
bruscamente.
- Ehm… ero
venuta…a dirti che Colin vorrebbe che gli
augurassi… la buona notte. – mormora imbarazzata
lei, alternando continuamente
lo sguardo tra me e Nina.
Forse è la prima volta in
tutta la mia vita che la vedo
balbettare.
- Certo - mormoro con un altro
sospiro.
Un momento di imbarazzante silenzio
cala fra di noi dal
momento che nessuno sa cosa dire.
Mi rivolto verso Nina, che sta
fissando da tutt’altra parte.
- Ci…ci vediamo dopo-
mormoro grattandomi a disagio la nuca.
- Certo- afferma lei in sussurro,
facendo scontrare solo per
un breve attimo i nostri sguardi, prima di scomparire velocemente
dentro alla
camera.
Lentamente e quasi strascicando i
piedi inizio a
incamminarmi verso la stanza di Robin.
Dannazione, l’unica volta
che mi decido a baciarla veniamo
interrotti. È proprio sfiga questa.
- Ho interrotto qualcosa vero?- mi
chiede dispiaciuta mia
sorella non appena abbiamo svolto l’angolo del corridoio.
- No, tranquilla- mento
con una scarsità tale che neanche la
più ingenua delle persone mi
crederebbe e non è proprio il caso di mia sorella.
- Mi dispiace Ian, non mi ero accorta
che ci fosse anche
lei- continua come se non mi avesse neanche sentito, scusandosi
realmente
amareggiata.
- Tranquilla – ripeto in un
sussurro.
Sospiro poi, passandomi una mano sul
viso.
Con tutta l’eccitazione che
ho in corpo mi dovrò fare una
bella e lunga doccia gelata, nella speranza che quando rientri Nina
dorma già
se no non so se riuscirei a rispondere dei miei gesti.
Una doccia che non servirà
però a spegnere il fuoco che
continua ad ardere implacabile dentro di me.
Salve
a tutti!! Come va?
1- Mi
scuso innanzitutto per tutto il tempo
che vi ho fatto aspettare per leggere questo capitolo. Mi dispiace
davvero
molto, ma ho avuto un periodo infernale
all’università e sono stata piuttosto
incasinata. Spero di essermi fatta perdonare con questo chappy super
lungo. Ci
ho messo un po’ a scriverlo perché volevo uscisse
bene e spero sia così.
2-
Allora, questo capitolo è
stato un po’ difficile da scrivere. Anzi, no, non difficile
ma strano. Sono
abituata a scrivere dal punto di vista di Nina, un punto di vista
femminile. In
questi primi sette capitoli ho costruito un suo percorso emotivo e
scrivere dal
punto di vista di Ian è stato un po’
più difficile non solo perché è un
punto
di vista maschile ma anche perché ho dovuto rassodare il suo
percorso in un
unico capitolo tentando di non farlo risultare poco reale. E’
stato anche molto
stimolante
però. La cosa che mi premeva
di più era dare uno scorcio dei suoi pensieri, del suo modo
si pensare e spero
di essere stata il più reale, verosimile e meno
contraddittoria possibile.
Spero che
i suoi pensieri si siano capiti:)
e di aver reso in modo realistico i pensieri di un uomo.
3-
Ho voluto scrivere questo
capitolo dal punto di vista di Ian per spiegare come vede lui la
situazione. Allora
Ian, al contrario di Nina, è consapevole che anche lei provo
le stesse cose che
prova lui. Il suo problema ora non è capire se
c’è interesse anche dall’altra
parte ma accettare il fatto che non sia solo attrazione e ammettere che
Nina
gli piace. Se ricordate bene il problema di Nina era un altro: lei
aveva paura
che Ian on la corrispondesse, dubbio parzialmente scacciato dalla sua
richiesta
di un appuntamento. In alcuni punti i pensieri di Ian possono sembrare
simili a
quelli di Nina negli altri capitoli, non preoccupatevi non è
una mia
distrazione ma è una cosa voluta. Ci tornerà
utile in futuro e mi serve
sostanzialmente a far capire come nonostante il loro approccio
all'altro sia
fondamentalmente diverso per alcune cose sono simili. Lo so,
è spiegato confusamente
ma spero che abbiate capito lo stesso. Non posso essere più
precisa perché se
no svelerei cose future:)
4-
So che molti di voi si
aspettavano che questo capitolo trattasse il loro appuntamento ma ho
voluto
farlo partire praticamente subito dopo da dove finiva il capitolo 6
“Echo”.
Spero di non aver deluso le vostre aspettative…
l’argomento appuntamento
tornerà nel prossimo capitolo, tranuilli!
5-
Ok, questo è stato il
capitolo più lungo che io abbia mai scritto probabilmente e
spero che non sia
risultato noioso o prolisso, ma avevo bisogno di spiegare per bene la
situazione emotiva e non solo di Ian. Finalmente sappiamo cosa frulla
dentro
quella testolina corvina.
6-
Come dico sempre riguardo
Nina, vorrei sottolinearlo anche per Ian una cosa: lui non è innamorato di lei.
Ne è attratta certo, ma non innamorato. Sarebbe troppo
presto e contradditorio,
oltre che banale e fuori trama. Ha ammesso che Nina le piace, quindi ha
fatto
anche lui un netto passo avanti, andando oltre l’attrazione
pura e semplice.
Inoltre questo capitolo è praticamente parallelo, dal punto
di vista emotivo,
al 6 “Echo” perché in entrambi i due
protagonisti ammettono che qualcosa è
cambiato e ciò che provano ora.
7-
il capitolo originariamente
si doveva chiamare “Sister” in riferimento al ruolo
di Robin, ma poi mi sono
accorta che paragonavo spesso il desiderio e ciò che prova
Ian al fuoco e ho
pensato che fosse meglio intitolarlo “Fire”,
cioè fuoco.
8-
Un Grazie particolare a tutte
le magnifiche 11
persone che hanno commentato il capitolo scorso. Siete fantastici e vi
risponderò appena possibile, come al solito.
Inoltre
vorrei dedicare questo
capitolo, oltre che a voi che leggete, ad Alice perché il
sei novembre era il
suo compleanno ( lo so, sono un bel po’ in ritardo) e
perché ha aspettato con
ansia questo capitolo. Un grazie gigante anche alle persone che mi
hanno
sostenuto durante la stesura da Lia e Mimma, Laura e Jess, fino agli
amici di
twitter ( Moana in PrimisXD!): GRAZIE!!!!!
9- Su twitter avevo lasciato un'immagine
spoiler ma nella stesura del capitolo mi sono accorta che veniva troppo
lungo così lo metterò nel prossimo capitolo. Non
ho riletto il capitolo per postarlo subito e spero non ci siano errori
e che tutti fili coerentemente.
Ok,
direi che non ho altro da
dire se non che spero recensiate e che vi sia piaciuto
PS:
La prossima storia che
aggiornerò sarà la nuova storia delena (che vi
invito a leggere se non lo avete
già fatto) DESTINED
FOR ETERNITY.
Pps:
come avrete notato ho
cambiato l’immagine iniziale, celebrando il bacio Nian e ho
inserito un’immagine
celebrative per la 50 recensioni superate! GRAZIE!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 8 *** Hic et Nunc ***
CAPITOLO
8
HIC ET
NUNC.
Questo
capitolo è il mio regalo
di
Natale per voi (anche se un po' in ritardo XD),
che
mi seguite e mi supportate con il vostro calore.
Spero
lo gradirete.
Auguri!!!
- Che ne dici di questo? -
Mi volto verso Candice con una
piccola piroetta, sventolando
l'abito nero appeso alla cruccetta e trovandola bellamente stravaccata
sul mio
letto.
Lei alza gli occhi chiari su di me,
abbandonando
momentaneamente la rivista, che stava sfogliando annoiata, al suo
fianco.
Resto in attesa del suo giudizio,
esattamente come ho fatto
nell'ultima ora e mezza.
Con un'occhiata veloce lo esamino
anche io mentre lo tolgo
dall’appendi abiti per analizzarlo in modo migliore.
Questo non mi sembra tanto male,
è il mio pensiero immediato
O almeno è meglio degli
ultimi che ho visto e provato.
E' elegantemente semplice e
abbastanza pesante da non farmi
sentire freddo.
È nel mio stile, certo,
però…
Già,
c’è di nuovo un “ma”,
che mi sembra grosso come
una casa, per di più.
Non so, c’è
qualcosa che non mi convince e che non me lo fa
piacere del tutto, sospiro stancamente.
Mi sembra che nessun abito sia adatto
all'occasione per cui
serve, ora come ora.
Candy mi fissa attenta e in silenzio
per qualche istante,
inclinando la testa verso destra e socchiudendo gli occhi chiari
nell'atto
complicato di decidere.
Alterna poi enigmaticamente lo
sguardo da me all'abito di
lana leggera, aprendosi, infine, in una evidente smorfia contrariata.
- No - decreta risoluta, scuotendo il
capo in un frusciare
di capelli biondi– Non va bene neanche questo
…è troppo formale – si corruccia,
annuendo poi compiaciuta della definizione che ne ha dato.
- Ok - sbuffo sonoramente io,
roteando gli occhi al cielo
ormai sull'orlo della disperazione.
Come se non bastasse il lieve
nervosismo che ho, ci
si mette anche la scelta dell’abito ad agitarmi maggiormente.
Butto anche questo vestito sul
mucchio alla mia destra, già
stracolmo per altro, degli indumenti che non vanno bene e che abbiamo
scartato.
Se continuiamo di sto passo
probabilmente finirò con andarci
in pigiama, noto lanciando un occhiata torva e intimidatoria
all'armadio.
Mi passo una mano fra i capelli,
ravvivandoli.
Non mi era mai capitato di essere
così indecisa in fatto di
abiti, neanche quando devo andare a degli eventi o a delle premier.
Nessun evento mi era parso mai
così spinoso come questa
occasione.
Sto cercando, infatti, di trovare un
vestito adatto per il
pranzo con Robin, che devo incontrare fra meno di un ora.
Impresa alquanto ardua.
Mi passo una mano fra i capelli,
spostandomi una ciocca dal
viso.
Pensavo sarebbe stato più
semplice, sinceramente, e invece
si è rivelata una cosa più difficile del previsto.
Ogni abito visto fin ora non sembra
piacermi così tanto da
convincermi e le scorte di vestiario nel mio armadio si stanno
esaurendo per
quanto siano ben fornite.
Sembra sempre presentarsi un qualcosa
che non me lo fa
piacere, che lo rende inadeguato.
Candice è qui da questa
mattina, nel tentativo di aiutarmi,
ma non abbiamo risolto niente purtroppo.
Non è un comportamento per
nulla da me, me ne rendo
benissimo conto, ma è anche facile trovarne la causa di
tutta questa
irrequietezza.
La verità è una
sola, infatti : sono nervosa per questo
incontro.
È una cosa alquanto
paradossale visto che l’ho già
conosciuta, ma è comunque così.
Nonostante l'abbia già
conosciuta e abbia passato del
piacevole tempo con lei ed Ian anche ieri pomeriggio, mi sento agitata
come se
dovessi incontrare il presidente d'America.
Robin è’ una
persona semplice, che sa metterti subito a tuo
agio - caratteristica che deve essere di famiglia, visto che la
possiede anche
Ian – ed è divertente.
Mi sta simpatica e mi piace, ma resta
il fatto che mi sento
inspiegabilmente in ansia.
Sovrappensiero, torturo con le dite
le punte dei miei
capelli accarezzandoli più volte.
Ho come la sensazione che abbia
percepito che ci sia
qualcosa di più, oltre la semplice attrazione, fra noi due e
questo mi mette un
po' in imbarazzo.
Non so, è una percezione
che ho avuto a pelle e gli strani
sguardi che ci lancia, non fanno altro che confermare le mie ipotesi.
Inoltre, il fatto che ieri ci abbia
beccati e, soprattutto,
interrotti mentre ci stavamo quasi per baciare, non aiuta molto a far
passare
il disagio.
Anzi, lo aumenta così come
anche la stizza per il contatto
mancato.
Ma non è semplicemente
questo.
Infatti, non è il solito
imbarazzo che si ha quando si deve
cenare con una persona che non si conosce o importante per il lavoro.
È
diverso.
Non so neanche io esattamente come
spiegarlo.
È un nervosismo dettato
dal voler fare buona impressione,
ecco.
E non ci vuole decisamente un genio
per capire tutto ciò è
legato al fatto che Ian mi piace. È inutile negarlo.
E se mi facesse qualche domanda
imbarazzante su noi due,
sulla nostra complicatamente semplice situazione?
Non saprei proprio cosa risponderle,
cosa dirle, visto che
non ho neanche io una risposta precisa e chiara per definirci.
So solo che mi piace e che ne sono
dannatamente attratta,
tutto qui.
Non voglio cercare altri sentimenti
dentro di me che sono
agli albori, forzare possibili risposte a domande troppo premature.
Non avrebbe senso e, dopo tutti i
dubbi, voglio
semplicemente godermi la constatazione che mi piace.
Solo questo.
Ancora una volta, come ha fatto senza
sosta in questi
giorni, la mia mente mi ripropone quel non-bacio sfumato per un no
nulla.
Se ripenso a quell'esigua distanza
che divideva le nostre
labbra e quanto poco mancava al bacio, mi viene male.
Mi voleva baciare, semplicemente
quello, e questo mi ha in
qualche modo sorpreso, destabilizzandomi.
Niente flirt o giochi, non mi
aspettavo un approccio così
diretto.
Sospiro. Dannazione, sarebbe bastato
un soffio per farle
incontrare.
Ero così sconvolta e
travolta dal tumulto di sensazioni di
quel momento che sono riuscita a prendere sonno solo dopo l'una
inoltrata,
nonostante abbia fatto finta di essere nel mondo dei sogni da un bel
pezzo
quando Ian è rientrato in camera.
So, che è un comportamento
non molto coraggioso e infantile
ma avevo bisogno di riflettere un attimo senza la pressione
dell'attrazione che
mi avrebbe sicuramente spinto a azioni affrettate.
E poi è inutile nascondere
che ci fosse anche una punta di
cocente imbarazzo a dettare il mio atteggiamento.
Non avrei saputo cosa dirgli o cosa
fare e, visto la poca
affidabilità del mio corpo quando è soggetto
all’attrazione, ho pensato che
fosse la cosa migliore ragionare a mente fredda e ormoni mansueti.
Avevo percepito i suoi occhi
indugiare languidi, per alcuni
lunghi attimi, sul mio profilo, come indeciso su cosa fare, e proprio
quando
avevo creduto che fosse pronto ad agire si era diretto verso il bagno.
Mi ero addormentata con la testa
piena di pensieri, il corpo
illanguidito dall'attrazione non sfogata e con il rumore dell'acqua che
scorreva nelle orecchie.
Il mattino dopo, quando mi sono
svegliata, lui era già in
piedi ma, a discapito di quello che pensavo e delle mie previsioni, non
c'è
stato alcun imbarazzo fra di noi.
Lui si è comportato
normalmente, come se quello della sera
prima fosse una cosa normalissima fra di noi.
Ed il sollievo è stato
immediato al suo solito sorriso di
buon giorno, lo stesso a cui mi sono ormai abituata.
Abbandono questi piacevoli pensieri,
rifocalizzando
l'attenzione sul pranzo con Robin e il problema dell'abito.
Voglio fare bella figura, una buona
impressione.
È una cosa alquanto
stupida visto che non stiamo neanche
insieme io e Ian, sospiro.
Con una scrollata di capelli
allontano anche questa
riflessione, rendendomi però conto che, pur non avendo molto
senso logico, per
me questo incontro ha un valore.
Basta con i pensieri, mi impongo
perentoria, soprattutto se
non hanno senso.
Mi avvicino poi nuovamente al mio
armadio, frugando fra i
pochi vestiti rimanenti ancora appesi.
Tiro fuori una camicetta verde bosco
con una scollatura
abbastanza profonda, che fisso poco convinta con un sopracciglio
inarcato.
- E se abbinassi quella con una gonna
?- propone con voce
allegra Candice, portandomi a voltarmi nuovamente nella sua direzione.
- Questa?- le chiedo scetticamente
dubbiosa.- Non avrò
freddo?- continuo perplessa, lanciando un'occhiata preoccupata fuori
dalla
finestra dove un forte vento imperversa gelidamente.
Infatti, nonostante sia ancora fine
novembre, fa già un
freddo allucinante e le temperature sono vertiginosamente calate fino a
rasentare lo zero.
Ormai sono lontani l'aria mite e il
sole tiepido della
scorsa settimana.
È davvero incredibile di
come il tempo possa cambiare da un
giorno all'altro.
Proprio come la situazione fra me ed
Ian, è il rimando
istantaneo della mia mente che mi provoca un leggero e piacevole
sfarfallio
nello stomaco.
Lo stesso che caratterizza ogni
pensiero dedicato a lui.
Siamo passati da semplici amici ad
un'attrazione
incontenibile e forse non solo.
Mi mordo un labbro, rendendomi conto
solo un secondo dopo di
come ormai sia automatico per me pensare a lui.
Lo associo a tutto, praticamente.
Penso davvero troppo
a Ian, noto non riuscendo però a
non esserne in qualche modo felice.
Qualsiasi cosa mi ci rimanda e
ciò, ormai, è diventato una
semplice, deliziosa constatazione.
Molto faticosamente cerco di
allontanare il suo invitante
pensiero, senza riuscirci per di più.
Ora perfino le questioni
meteorologiche mi fanno pensare a
lui!
Sbuffo passandomi una mano fra i
capelli.
Non è una cosa umanamente
normale.
Credo proprio che quel dannato
Somerhalder abbia preso
residenza fissa nei miei pensieri, casti o seri che siano.
- Già forse hai ragione -
concorda lei dopo un secondo,
squadrandolo meglio e distogliendomi dalle mie riflessioni che sembrano
avere
un unico nome. Il suo.
- Forse è un po' troppo
provocante- continua con una
smorfia, prima che un brillio di divertito la porti a sorridere
– E' più adatto
ad un appuntamento, tanto più se è un vero
appuntamento- ridacchia
calcando maliziosamente sulle ultime parole, ricalcando di fatto quelle
di Ian
e sapendo benissimo l'effetto che mi fanno.
Le lancio un'occhiataccia ammonitrice.
Non mi sfugge la sua bonaria presa in
giro, ma sono troppo
presa dal ricordo della sua voce calda che sussurrava quelle parole per
risponderle davvero.
Intendo un appuntamento
vero:
io e te seduti ad un ristorante con una bottiglia di vino e buon cibo
Ed è' un ricordo
così vividamente reale che l'esatto turbine
di emozioni sconclusionate che ho provato in quel momento mi pervade,
così come
il calore violento che mi aveva avvolta insieme all'euforia immediata .
È un insieme di sensazioni
uniche inarrestabile, avvolgente.
Ed, esattamente come allora, un
brivido mi pervade
prepotentemente e le farfalle fedeli svolazzano nel mio stomaco.
- Sinceramente pensavo che vi sareste
saltati addosso molto
prima di avere un appuntamento.- ride divertita Candice, guardandomi
allegra da
sotto le ciglia chiare.
Sorrido anche io per la sua battuta
fin troppo verosimile
alla realtà.
Visto tutta l'attrazione repressa e
sempre velatamente
nell'aria, non ci sarebbe stato nulla di cui stupirsi infatti se fosse
finita
così.
Anche se l'eventualità
descritta da lei non mi sarebbe per
nulla dispiaciuta, emetto un sospiro quasi sognante. Sono una
pervertita, me ne
rendo benissimo conto.
- Io invece che non sarebbe mai
successo- le rispondo con
una piccola alzata di spalle,
prendendo posto al suo fianco.
- Oh andiamo Nina! Era praticamente
impossibile, qualcosa
sarebbe accaduto comunque.- afferma con tono sicuro e ovvio
gesticolando
convulsamente, come a sottolineare la veridicità delle sue
parole. - Cioè fate
praticamente sesso con lo sguardo ogni volta che i vostri occhi si
incontrano.
– continua schietta e sincera come suo solito, provocandomi
però un'imponente
ondata di rossore sulle guance a queste parole.
È davvero così
evidente l'attrazione che traspare dai nostri
sguardi? Mi domando imbarazzata dal fatto che qualcun altro se ne sia
accorto.
La mia espressione deve essere
alquanto buffamente
imbarazzata perchè lei scoppiare a ridere dopo un secondo.
Per quanto so che in parte sia vero
non posso fare a meno di
essere imbarazzata per come l'ha detto .
- A quanto pare però Ian
mi ha smentito ed è riuscito a
tenere gli ormoni a freno abbastanza per non saltarti addosso- mi dice
con un
sorriso sornione e furbo, la risata ancora sulle labbra.- Quindi gli
devi proprio
piacere- afferma sicura con un sorriso più dolce che
malizioso ora a tenderle
le labbra.
Presa in contro piede dall'argomento
non dico nulla,
sentendo però le guance prendere fuoco a questa
affermazione,che assomiglia
dannatamente ad una constatazione.
Una constatazione che mi sconvolge
decisamente troppo e che
mi rende incontrollabilmente felice.
Cerco di calmare il battito frenetico
che sembra essere
impazzito a queste parole, nello stesso identico modo in cui impazzisce
quando
c'è lui nei dintorni.
- Comunque...- mi raschio la gola,
tentando di non lasciare
che i pensieri partano in quarta e inizino a fantasticare e di non fare
caso al
senso di euforica compiacenza che mi ha pervaso.
Cosa alquanto difficile.
- Possiamo non toccare il tasto
appuntamento?- sospiro
guardandola quasi implorante.
Non che non mi vada di parlarne,
solo...
- Perchè?- ride lei,
divertita dalla mia smorfia
corrucciata.
Sbuffo affranta, torturando con le
dita il bordo della
camicia che indosso.
- Non so cosa mettermi neanche domani
sera- le confesso
mordendomi un labbro e guardandola in attesa di un consiglio che spazzi
via
tutti i miei dubbi al riguardo.- Non so se è meglio che
metta qualcosa di
elegante o magari un semplice paio di jeans. Sono indecisa - le
confido,
lasciando che i miei dubbi parlino da soli - Non so neanche dove mi
vuole
portare- allargo le braccia.
- Beh, se vuoi andare sul sicuro
mettiti solo un completino
intimo addosso, sono sicura che è l'abbigliamento che ti
preferisce !-
ridacchia sfacciatamente maliziosa facendomi arrossire nuovamente, un
po'
imbarazzata.
- Candice!- la riprendo, lanciandole
contro la camicetta che
ho fra le mani e che lei riesce a parare in tempo, afferrandola.
Non so perchè o come mai,
ma ogni volta che c'è un rimando
diretto alla nostra attrazione le mie guance si velano sempre di
consapevole
rossore. Non ci posso fare nulla, è più forte di
me.
Un attimo dopo è un'altra
cosa a sconvolgermi e il mio
rossore non + più d imbarazzo ma di cupidigia.
Il pensiero del suo sguardo rovente
addosso viene proiettato
subito nella mia mente, diventando quasi reale in una connessione
istantanea
tra parole ed immagini da togliere il respiro.
Un pensiero che, proprio come tutti
gli altri, è vietato ai
minori e non si conclude per nulla castamente.
- Hai ragione- annuisce, facendomi
pensare per un attimo che
abbia davvero capito di smetterla - Ti preferirebbe direttamente nuda
–
continua con una maliziosa risata argentea, ritirandomi contro il pezzo
di
stoffa sgualcita che è diventata la mia camicia.
La fulmino con lo sguardo.
- Candice!- ripeto ancora,
riprendendola, con la voce
un'ottava più alta a causa dell'imbarazzo e gli occhi
sbarrati.
Lei si limita a continuare a ridere
di gusto questa volta,
beccandosi l'ennesima mia occhiataccia truce.
Decido allora di passare al
contrattacco.
- Chissà cosa ne
penserebbe Zach, invece- freccio, sapendo
del suo interesse nei confronti del ragazzo.
Al contrario mio lei non si imbarazza
più di tanto,
continuando a ridere.
L'unico indizio che mi fa capire di
aver colto nel segno
sono le sue guance improvvisamente rosse,e di certo non a causa delle
risate.
- Ok, tregua- mi dice, alzando le
mani in segno di resa.
- Cosa mi metto?- le chiedo,
ricordandomi del mio problema
originario.
- Io il mio consiglio te l'ho dato e
sono sicura che Ian mi
ringrazierà- mi prende maliziosamente in giro,
contraddicendo quello che ha
appena detto,
- La prossima volta
chiederò un consiglio a Paul su come
vestirmi, lui mi sarà sicuramente più di aiuto di
te- mormoro imbronciata e
offesa, incrociando le braccia al petto e lanciandole un'occhiataccia
corrucciata.
- Allora preparati ad andare in giro
sempre in tuta –
afferma risoluta, riuscendo a strapparmi un sorriso divertito
però . - O forse,
visto il suo istinto da Stefan geloso, ti
costringerà a mettere un burqa
-
E' vero Paul è un po'
protettivo e geloso nei miei
confronti, come un vero e proprio fratello geloso.
Mi ricorda il mio per questo aspetto
e, in qualche modo, me
ne fa sentire anche meno la mancanza.
- Comunque non ho sul serio la
più pallida idea di cosa
indossare in entrambi i casi – mi passo frustrata una mano
sul volto,
spostandomi poi una ciocca di capelli dal viso e alzando lo sguardo su
di lei.
- Un problema alla volta –
si tira a sedere sul letto,
guardandomi risoluta e mettendomi un dito davanti al naso,facendomi
segno di aspettare
Prima pensiamo al pranzo con la futura cognata e poi a quello- afferma
decisa e
risoluta.
- Non è la mia futura
cognata- ribatto con un filo di voce,
prendendo letteralmente fuoco questa volta.
Non posso negare infatti, seppur
internamente e molto
nascostamente, però che una parte di me non tanto piccola
vorrebbe esserlo
davvero.
E non solo perché mi sta
simpatica ma perché comporterebbe
essere la fidanzata di Ian .
Sospiro rendendomi conto che i miei
pensieri diventano ogni
giorno che passa sempre più ingovernabili e senza freno.
Ora oltre ai pensieri indecenti e
decisamente poco casti, ci
si mettono anche queste riflessioni inappropriate e del tutto senza
senso.
Ok,oggi dormire troppo mi ha fatto
decisamente male, mi
conforto con questa spiegazione poco plausibile. O forse sto diventando
semplicemente pazza.
Si, ma di lui.
Candice non dice nulla, limitandosi
ad un sorriso malizioso
di chi la sa lunga.
- E allora perchè sei
così nervosa? Infondo è solo la
sorella di un ragazzo che neanche ti piace- mi punzecchia con tono
ironico un
attimo dopo, beccando come ogni dannata volta il punto debole.
Sinceramente non so come diavolo
faccia, ma a volte sembra
conoscermi più di quanto io conosca me stessa.
- Non ho mai detto che non mi piace -
mormoro piccata,
puntualizzando la situazione e stringendomi infantilmente fra le spalle
- E' un
bel ragazzo, sarebbe impossibile negare che io ne sia attratta
– affermo con
una scrollata del capo, arrampicandomi un po' sugli specchi.
So bene che non è solo
questo, ormai ne ho piena coscienza
ma non mi va di parlarne.
Ammetterlo a me stessa è
già stato un enorme passo avanti,
ma sono in qualche modo gelosa di questa constatazione.
La voglio tenere per me ora,
nonostante so che Candice sa
perfettamente cosa provo.
- E poi... non sono nervosa- ribatto
punta sul vivo, tenendo
però ben lontano il mio sguardo dal suo.
Per fortuna non ribatte nulla in
risposta, cambiando
argomento.
-Comunque, tornando al nostro
problema... Di tutti i vestiti
che abbiamo visto non ne va bene nessuno.- afferma convinta e sicura,
spazzando
via le mie speranze di apparire almeno presentabile.
- Già – mormoro
sconsolata con un sonoro sbuffo.- Tu non hai
nulla da prestarmi?- le chiedo poi,
speranzosa di risolvere
così la questione.
Lei per tutta risposta si limita a
squadrarmi con
un'occhiata attenta, rimanendo in silenzio per alcuni secondi.
- Candy, mi stai ascoltando?-
aggrotto confusa le
sopracciglia dalla sua espressione pensierosa.
- Perché invece non resti
vestita così?- mi domanda in
risposta lei, indicando con un cenno del capo gli abiti che indosso,
cioè una
semplice camicia azzurra e dei jeans abbinati con degli stivali fino al
ginocchio.
- Non è troppo
… semplice?- le domando dubbiosa guardando
con occhi critici miei stessi abiti.
Non sono nulla di particolare o
elegante ma decisamente sono
abiti da me.
- Secondo me sei perfetta, invece
– annuisce vigorosamente
con un sorriso gaio e rassicurante.
Qualche incertezza rimane, dettate
dallo stesso motivo che
mi rende nervosa.
Ma quelle non potrebbero essere
spazzate vie neanche da Ian
in persona, quindi direi che l'opzione migliore sia rimanere vestita in
questo
modo.
- Ok, vada per questo- allargo le
braccia mentre lei batte
allegra le mani, approvando.
- Non potevi dirmelo prima , scusa?-
mormoro dopo un secondo
, rendendomi conto di aver messo sottosopra il mio armadio per nulla
praticamente.
Lei ridacchia divertita, beccandosi
un'altra mia
occhiataccia.
Non faccio però in tempo a
dire altro e lei a rispondermi,
perchè il rumore di una chiave infilata nella serratura e ,
poi, di una porta
che si apre ci interrompono.
- Mi sa che il tuo principe azzurro
sta rincasando -
sussurra divertita Candice, indicando la porta con un cenno del capo e
beccandosi un secondo dopo la mia occhiata truce.
Neanche un attimo dopo infatti la
porta si apre e Ian,
sudato e con le guance lievemente arrossate per la fatica della corsa,
compare
davanti a noi.
Deve essere tornato da poco
perchè un leggero fiatone lo
scuote, facendogli alzare in modo aritmico il petto.
- Cos'è, hai preso la
residenza nella nostra camera?- è il
suo saluto ilare all'indirizzo di Candice.
Si richiude poi la porta alle spalle,
rivoltandosi e
compiendo qualche passo verso di noi.
A me, invece, riserva un'occhiata
limpida e un mezzo sorriso
mozzafiato che mi provoca una dolce e lieve tachicardia.
Batticuore che aumenta, per
tutt'altri motivi, non appena i
miei occhi cadono volontariamente sulla maglietta sudata che aderisce
perfettamente e mette in mostra i suoi pettorali scolpiti.
Il fatto che abbia parlato al plurale
non sfugge però a
Candice, così come invece è accaduto a me.
- Nostra?- lo
rimbecca infatti la bionda calcando
maliziosamente sulla parola fino a conferirle una cadenza allusiva.
Si volta poi verso di me, lanciandomi
un occhiata allusiva
che sembra voler dire “te lo aveva detto”, ma che
io non comprendo del tutto.
E solo ora noto il pronome che ha
usato. È al plurale. Nostra.
Ha detto nostra, mi ripeto
mentalmente e il senso di inspiegabile
euforia automaticamente aumenta.
È un'iniezione di buon
umore impagabile e, più ne prendo
coscienza, più essa cresce.
Mi ritrovo a sorridere genuinamente
ed incontro fugacemente
il suo sguardo per qualche secondo.
Ian non dice nulla, limitandosi a
sorridermi enigmaticamente
di rimando.
È un sorriso strano, fra
l'imbarazzato e il compiaciuto. Lo
stesso che ha quando gli fanno un complimento che gradisce
particolarmente o
quando racconta aneddoti della sua infanzia.
- Comunque lo sarà ancora
per poco, se è per questo.-
sospira -Mi hanno detto che la mia stanza da domani è pronta
– afferma senza
nessuna gaiezza o ironia nella voce, quasi pesantemente e quelle parole
hanno
per me il peso di un macigno.
Deglutisco, mentre la mia mente
registra il sapore amaro di
queste parole.
Da domani non condivideremo
più la stessa stanza.
Da domani non condivideremo
più lo stesso letto e lo stesso
bagno.
È un dubbio atterrante mi
attraversa.
E se da domani non condividessimo
più nulla? È il pensiero
immediato e spaventoso che mi avvolge in una morsa deprimente.
Una paura familiare che è
sempre in grado di provocarmi
mille dubbi.
Dannazione ma perché
dovevano ridargliela proprio ora che
le cose si stanno smuovendo? È il mio rammarico immediato.
Questa sarà la nostra
ultima notte insieme quindi ed è
paradossale che accada proprio ora.
Lui non dice nulla, lasciando che un
silenzio appesantito
dalle mie riflessioni piombi nella stanza.
Sospiro, cercando di non lasciarmi
travolgere e schiacciare
da queste paure.
Non avrebbe alcun senso ora che ho
ammesso internamente ciò
che provo.
Non sarebbe semplicemente giusto ora
che ho fatto
chiarezza nella mia testa e non solo lì.
Non sono ancora sazia del tempo
passato insieme. Ne voglio
ancora, non mi è bastato questo.
Ian mi lancia poi un'occhiata di
sottecchi, come a studiare
la mia reazione e io li rialzo dal pavimento dove li avevo puntati
ostinatamente fino a incontrare i suoi.
E sono proprio i suoi occhi, in
qualche strano modo, a darmi
una risposta inaspettata ma di cui ho bisogno come l'acqua per un
assetato nel
deserto.
Sono lievemente più cupi
del normale, scuriti.
Vi scorgo dentro le mie stesse
sensazioni, la mia stessa
tristezza, i miei stessi dubbi ma soprattutto la stessa voglia di
passare del
tempo insieme. Ancora.
È uno sguardo speculare al
mio, che riflette le mie stesse
emozioni. E anche qualcosa di più, che inspiegabilmente mi
tranquillizza
spazzando via quelle insinuanti domande.
E capisco che nulla
cambierà.
Così come non
cambierà la volontà di passare del tempo
insieme e tutto quello che abbiamo raggiunto emotivamente.
- Ok, io vado.- scende dal letto con
un saltello Candice,
rompendo il momento e anche il nostro gioco di sguardi. Probabilmente
vuole
lasciarci da soli.
Mi alzo anche io in piedi,
incontrando solo per un breve
attimo lo sguardo di Ian, che torna imperscrutabile.
Accompagno Candice alla porta e,
proprio quando sta per
uscire, mi sussurra qualcosa.
- Comunque stai tranquilla,
andrà benissimo – mi fa
l'occhiolino la bionda prima di scomparire oltre la porta, nel
corridoio.
Le sorrido grata, lievemente
più rincuorata dai suoi
consigli anche se non del tutto.
- Lo spero -
Chiudo poi la porta, rivoltandomi
verso Ian che trovo
esattamente nella stessa posizione in cui l'ho lasciato.
Punta i suoi occhi adamantini
interessati nei miei,
facendomi trattenere il respiro perchè capisco che ha
intuito qualcosa di
quello che ci siamo dette.
Mi fissa con le sopracciglia scure
leggermente aggrottate,
come a cercare di capire il senso dei sussurri che mi sono scambiata
con
Candice.
Mi mordo un labbro strizzando gli
occhi mentre spero
vivamente che non li abbia sentiti e che non abbia capito a cosa ci
riferissimo. Anche perché sarebbe piuttosto imbarazzante.
La sua espressione cambia un attimo
dopo, tornando quella di
sempre tra il maliziosamente enigmatico e divertito.
- Credo che andrò a farmi
una doccia, ora - si passa una
mano fra i capelli umidi e scompigliati.
Io annuisco, rimanendo in silenzio
ancora persa nei miei
pensieri.
In bilico fra la paura che abbia
captato le nostre parole e
la voglia, opposta, che mi incita quasi a esternargli i miei dubbi.
Mi sposto una ciocca di capelli,
rimettendola dietro
l'orecchio.
Ed è proprio quando mi
decido a muovermi che qualcos'altro
mi blocca, facendomi trattenere violentemente il respiro .
Ian con un gesto fluido si toglie la
maglietta leggera e
sudata che indossa, restando a petto nudo e mandando in visibilio i
miei ormoni
recalcitrati.
A questa paradisiaca visione un
imponente ondata di calore
mi pervade, focalizzandosi in particolar modo nel basso ventre e un
impellente
bisogno di spogliarmi si impossessa di me.
Mi sento come se l'aria mi mancasse e
tutto il mio corpo
stesse prendendo fuoco, attraversato dalla lava di voluttuoso desiderio.
Boccheggio, scoprendo solo ora di
aver trattenuto il
respiro.
Automaticamente i miei occhi seguono
le linee decise e
definite dei pettorali e degli addominali, fino ad arrivare alla
leggera
striscia di peluria che termina in parti proibite nascoste dai
pantaloni e che
in questo momento non vorrei fossero così nascoste.
Arrossisco un secondo dopo per il mio
stesso pensiero,
riscoprendomi una pervertita e come se non bastasse ci pensa lui un
secondo
dopo a farmi ulteriormente prendere fuoco.
- Cos'è ti sei incollata
al pavimento?- mi punzecchia con un
sorriso così malizioso e birichino da far impallidire il
miglior Damon in
modalità seduzione attivata.
Ghigna, lanciandomi uno sguardo quasi
lussurioso.
È consapevole della nostra
attrazione e ci gioca su,
stuzzicandomi. Non che non lo faccia anche io, ma questo è
giocare davvero
sporco!
Arrossisco violentemente sotto il suo
sguardo divertito,
presa totalmente in contro piede, e in cui la malizia la fa da padrone,
scoprendomi paralizzata dall'attrazione. È come se non
riuscissi a muovermi.
So infatti che se lo facessi non
saprei più contenermi e
agirei di istinto, lasciando che i miei ormoni mi guidino.
Forse sarebbe anche l'ora, come dice
Candice, ma non voglio
fare nulla che muti il nostro equilibrio ora.
Non fino a domani sera, al nostro
appuntamento, almeno. In
qualche modo voglio aspettare.
Un giorno in più non mi
ucciderà di certo. O almeno lo spero
vivamente.
In più mi sembra che i
miei ormoni siano meno mansueti e
controllabili del solito, come a volermi ancora di più
complicare le cose,
soprattutto a causa del contatto mancato di ieri sera, quindi meglio
mantenere
le distanze.
Deglutisco a vuoto, la gola
improvvisamente riarsa,
spostando il peso da un piede all'altro.
Il velo di malinconica di poco prima
è scomparso dal suo
sguardo, che è tornato giocoso e provocatoriamente languido.
- Simpatico- cerco di sembrare
normale e non tesa come una
corda di violino dal desiderio che mi provoca, riuscendo
però a soffiare solo
un sussurro appena palpabile.
Si apre in un mezzo sorriso
mozzafiato, inclinando
lievemente il volto e guardandomi dritta negli occhi, che sono
attraversati da
un guizzo malizioso che li illumina.
Cerco di non far cadere i miei occhi
oltre la linea del suo
mento, ma, come ogni volta che si tratta di lui, il mio corpo agisce
per conto
suo.
Infatti per un breve attimo i miei
istinti scappano dai
freni imposti dalla ragione, permettendo agli ormoni di prevalere e
servendo ai
miei occhi un'altra occhiata da far girare la testa.
Il mio sguardo cade sul suo petto
scoperto, percorrendolo in
una lunga e rapida occhiata che mi provoca un'ulteriore ondata di
calore così
violenta che mi sembra di andare letteralmente a fuoco.
Mi mordo quasi a sangue il labbro
inferiore torturandolo con
i denti nel tentativo di trattenermi, col solo risultato di arrossarlo.
Ian con gli occhi segue questo mio
gesto, facendomi quasi
venire i brividi per l'occhiata infuocata e decisamente non casta che
mi
lancia.
Il ghigno sulle sue labbra si amplia
maggiormente cogliendo
la mia espressione e diventando un vero e proprio sorriso
sfacciatamente
malizioso.
Rimane immobile, continuando a
rimanere fermo vicino al
letto come ad aspettare che lo raggiunga e che risponda alla sua
provocazione.
Mi impongo di calmarmi, di placare
gli ormoni e cercare di
essere il più normale possibile.
Devo solo fare finta che lui non sia
seducentemente sudato e
a petto nudo a pochi passi dal letto, lo stesso su cui vorrei sbatterlo
e non
di certo a giocare a carte.
Certo, se poi penso che il sudore che
gli imperla il corpo
potrei causarglielo per tutt'altra fatica che
quella della corsa di
certo le cose non migliorano.
Lui non è seminudo nella
mia stanza, mi ripeto prendendo un
profondo respiro e puntando lo sguardo nella direzione opposta alla sua
e
tenendoli lontano dal suo corpo.
Sospiro poi, decidendomi finalmente a
smuovermi dalla
posizione statica che ho assunto.
Leggermente in imbarazzo mi avvicino
alla scrivania,
prendendo però il percorso alla larga da lui e aggirandolo.
Mi avvicino alla sedia e inizio a
piegare gli abiti che ho
ammucchiato disordinatamente su di essa,
tentando di trovare un impiego che
possa tenermi occupata la
mente.
Percepisco due perforanti occhi color
ghiaccio seguirmi in
ogni movimento, senza perderne uno, e studiare ogni singola, piccola
mia
movenza in una carezza ammaliante.
Con le guance calde di languido
imbarazzo continuo nelle mie
faccende, facendo finta di nulla e sperando internamente che vada a
farsi
questa dannata doccia.
Anche perchè non so per
quanto ancora riuscirò razionalmente
a frenarmi, non saltandogli addosso.
Non pensarci Nina, mi impongo
piegando un'altra maglietta e
appoggiandola sul piano della scrivania.
- Non si dovrebbe aspettare la
primavera per fare il cambio
di armadio?- afferma sarcasticamente Ian, quasi canzonatorio, facendomi
sobbalzare sorpresa.
La sua voce è vicina,
più di quanto dovrebbe, tanto che
percepisco il suo respiro infrangersi contro di me e perdersi fra i
miei
capelli in un sussurro velato.
Persa come ero nei miei pensieri non
l'ho assolutamente
sentito arrivare, deglutisco percependo già il battito del
mio cuore accelerare
bruscamente diventando irrequieto.
- Non...lo è, infatti -
mormoro quasi balbettando,
scoprendomi tesa e irrigidita.
L'attrazione vibra già
nell'aria, rendendola elettricamente
su di giri, nonostante non ci stiamo neanche toccando.
Come se mi avesse letto nel pensiero
mi sfiora con le dita,
spostandomi delicatamente i capelli dalla spalla fino a farli ricadere
tutti
dall'altro lato e lasciandomi così il collo scoperto.
Una scarica elettrica parte
dall'esatto punto in cui i suoi
polpastrelli mi toccano, dipanandosi poi in tutto il mio corpo con
spirali
concentriche e voluttuose.
E' come il domino: un'emozione tira
l'altra e la paura di
non riuscire a contenermi aumenta.
- Ah, no?- mi domanda in un sussurro
languido che si
infrange contro la pelle delicata del mio collo , provocandomi dei
languidi
brividi in tutto il corpo.
Deglutisco, il respiro già
accelerato dall'eccitazione che
cerco di reprimere
La mia pelle si vela di pelle d'oca
non appena la distanza
fra i nostri corpi diminuisce ancora, mentre lui appoggia lieve il suo
petto
alla mia schiena.
È uno sfiorarsi appena
percepibile ma basta a provocarmi
pensieri impuri.
Un sospiro sfugge incontrollato dalle
mie labbra, percependo
il calore invitante del suo corpo, che mi porta a socchiudere
lievemente gli
occhi improvvisamente pesanti di cupidigia.
- Stavo cercando qualcosa da mettere
– affermo in un
sussurro velato, quasi roco, cercando di riprendermi e di non fare caso
alla
sua pericolosa vicinanza.
Cosa alquanto impossibile, quindi.
Non pensarci mi dico ancora, senza
riuscirci però.
Il suo profumo mi avvolge, seducente,
stordendomi i sensi
della ragione e ricordandomi fin troppo chiaramente il motivo per cui
lo chiamo
Somerhotter.
Tutto di lui mi manda su di giri, dal
sorriso all'odore.
Ne prendo una lunga boccata, capendo
che sono davvero vicino
al limite.
Col briciolo di
razionalità che mi rimane, appoggio
l'indumento che ho ancora in mano e, di cui solo ora mi ricordo, sulla
scrivania.
Decidendo poi che è meglio
allontanarmi da lui prima che
l'irrazionalità del desiderio mi travolga del tutto.
Mi volto dopo qualche secondo, con
l'intento di allontanarmi
ma me lo ritrovo più vicino di quanto pensassi, ad ostruirmi
ogni possibile via
di fuga.
Indietreggio, allora, scontrando con
i fianchi il bordo duro
della scrivania.
Un senso si deja-vù mi
pervade, riportandomi alla mente la
situazione di quando abbiamo girato la prima puntata della seconda
stagione.
Allora però le cose erano
un po' diverse da ora, era
semplice attrazione.
Deglutisco spiazzata dalla sua
vicinanza che supera di gran
lunga quella di sicurezza, le guance imporporate e il basso ventre
pervaso da
un irrequieto formicolio di cupidigia non saziata.
Appoggia le braccia contro la
scrivania, intrappolandomi di
fatto fra il suo invitante corpo e il mobile.
Mi inchioda con uno sguardo limpido,
dai riflessi quasi
argentati.
- Stavo cercando qualcosa da mettere
per il pranzo con Robin
- mi ritrovo a dire prima ancora che lo abbia pensato, fornendogli su
un piatto
d'argento quella verità che fino a qualche minuta prima
avevo fatto di tutto
per non fargli notare.
La sua vicinanza mi manda
semplicemente in confusione,
sembra che non capisca quasi più nulla.
Nulla se non lui e le emozioni che mi
suscita.
Per un breve attimo aggrotta le
sopracciglia, cercando di
capire il senso intrinseco delle mie parole e io mi ritrovo a maledirmi
mentalmente per essermelo lasciato scappare.
Ora mi prenderà per una
stupida che si è fatta chissà quale
film in testa ed è proprio l'ultima cosa che voglio.
Ian rimane in silenzio per qualche
interminabile secondo,
tenendo lo sguardo lontano dal mio mentre un sorriso dolce si delinea
lentamente sulle sue labbra, curvandole e facendomi battere forte il
cuore.
Lo rialza poi un secondo dopo e
ciò che vedo mi lascia
semplicemente senza fiato.
Non vi è alcuna traccia di
divertimento o ironia, sono
illanguiditi da una dolcezza diversa dal solito, nuova.
E' caldo, ma non bollente del
consueto desiderio, mosso da
una emozione che fin ora non ho mai visto così nitidamente.
Sembrano voler dire un'unica cosa,
una verità che ho
percepito, ma mai così chiara.
Gli piaccio...
Ed è l'unica
verità di cui ho bisogno ora.
Tornano però nuovamente
imperscrutabili un attimo dopo,
celandomela.
Le farfalle si muovono nel mio
stomaco, sfarfallando vivaci
e rinvigorite da ciò che ho appena visto.
Un'iniezione di sconvolgente euforia
mi travolge, riuscendo
a spazzare via tutti i dubbi che mi frullavano in mente fino ad ora.
Una tranquillità
incredibile mi pervade, sopendoli
definitivamente e sento che posso lasciarmi andare per davvero ora.
Inclina il volto verso sinistra,
verso il mio, ritornando a
guardarmi negli occhi.
E ancora una volta siamo
così vicini che basterebbe un
soffio per unire le nostre labbra, mandano al diavolo le mie promesse
di non
fare nulla fino al nostro appuntamento.
I nostri nasi si sfiorano e i respiri
si mischiano, mentre
le palpebre si chiudono gradualmente.
Per fortuna lui ha più
autocontrollo di me e si allontana
dopo un ultimo sguardo voglioso, mettendo qualche metro fra me e lui.
- E' meglio che vada a farmi una
doccia, prima che prenda
freddo- sospira, passandosi una mano fra i capelli e compiendo un altro
passo
indietro.
Annuisco, cercando di riprendermi dal
mix letale di
sensazioni scaturite da quello sguardo e dalla sua
vicinanza, fin troppo
deleteria per i miei nervi.
Un giorno all'altro se continua
così ci lascerò le penne.
Incrocio le braccia al petto mentre
lui si avvia verso il
bagno, cercando di non pensare a cosa comporti l'abbinamento
“Ian” e “sotto la
doccia”.
Proprio quando è
sull'uscio della porta si volta verso di
me.
- Comunque Candice ha ragione- rompe
il silenzio creatosi,
ma i miei pensieri sconci.
Confusa e non capendo a cosa si stia
riferendo aggrotto le
sopracciglia.
- Su cosa?- gli chiedo ingenuamente.
- Sei bellissima vestita
così- mormora con una sincerità e
una dolcezza disarmante.
E il mio cuore semplicemente si
scioglie nel petto.
********************
Il
rumore del mio cellulare, che
suona con la sua musichetta allegra, rompe il silenzio creatosi nel mio
camerino, richiamandomi alla realtà.
Alzo
gli occhi dalla lettura
dell'ennesimo copione, guardando in giro alla ricerca di quell'aggeggio
che ha
disturbato la mia quiete.
Con
gli occhi percorro l'intera
stanza senza vederlo, scorgendolo infine illuminarsi fra i fogli e le
cianfrusaglie sparse sul tavolo del mio camerino.
Con
uno sbuffo e una piccola
pressione della gamba mi alzo in piedi, abbandonando il posto caldo e
confortante
del divano su cui mi sono rifugiata a imparare le battute.
Odio
quando mi interrompono mentre
le ripasso.
Perdo
la concentrazione e poi devo
ricominciare da capo a impararle visto che sono una perfezionista
cronica nel
lavoro.
Con
la mano sposto un pacchetto
vuoto di patatine abbandonato disordinatamente, rovistando poi tra i
fogli
sparsi, e infine finalmente lo trovo.
Senza
neanche leggere il nome sul
display rispondo, pronta a ringhiare contro a chiunque abbia osato
disturbarmi.
Che
mi serva da lezione, mi dico,
la prossima volta lo spegnerò direttamente.
-
Pronto- mugugno un po'
scontrosa, rispondendo.
-
Ti ho interrotto mentre imparavi
le battute ? - è la risposta della voce gaiamente allegra di
Ian, la risata
percepibile e mal trattenuta.
Mi
conosce così bene da capire il
perché del mio nervosismo anche solo
dall’inclinazione della mia voce, è il
risalto che la mia mente dà a questa frase, portandomi a
sbarrare stupita gli
occhi.
Il
battito del mio cuore accelera,
diventando anomalo.
Una
sensazione calda si insinua
lentamente dentro di me, come miele fuso, appesantendomi il corpo di
una
dolcezza inaudita.
Come
se già non bastasse il tono
basso e un po' roco della sua voce a farmi sciogliere, contribuisce
anche
questo pensiero irrazionalmente vero.
-
Ian – mormoro in un sussurro
sorpreso per questa constatazione, che ha avuto il poter di
sconvolgermi.
-
E' così, vero?- ridacchia lui, divertito,
riempiendomi le orecchie di quel suono cristallino e ammaliante che
è la sua
risata.
-
Si – sbuffo non riuscendo però a
trattenere un sorriso luminoso e allegro.
Ian
ride ancora, forse per il mio
tono un po' imbronciato o forse perché semplicemente di buon
umore.
-
Robin, mi ha detto che si è
divertita e avete passato, testuali parole, un
piacevolissimo pranzo – mi dice dopo un
attimo di silenzio, modellando la voce come per imitarla e facendomi
ridere.
Sorrido
in risposta, neanche fosse
davanti a me e potesse
vedermi.
-
Anche io sono stata bene -
Ed
è vero.
Ho
passato un paio di ore
tranquille e svaganti, divertenti.
Non
mi ha fatto alcuna domanda
scomoda o battutina allusiva che mi abbia messo in
difficoltà.
È
stato semplicemente un pranzo,
come fra due vecchie amiche.
Parlare
con lei si è rivelato più
semplice del previsto e, dopo qualche primo secondo di imbarazzo, mi
sono
sciolta, parlando a mio agio della mia famiglia e raccontandole di me,
delle
mie esperienze.
-
Mi fa piacere -
Anche
se non posso vederlo, sono
sicura che sta tendendo le labbra nel mezzo sorriso che lo caratterizza.
-
Comunque non ti ho chiamato per
questo - afferma, cambiando improvvisamente il tono della voce che
diventa più
seria.
-
Ah, no?- mormoro interdetta,
raggiungendo nuovamente il divano su cui mi accomodo .
-
E allora per cosa ?- gli chiedo
confusa e curiosa al col tempo, incrociando le gambe in attesa che mi
risponda.
L'unica
risposta che mi arriva
alle orecchie però è il suo sospiro, cosa che mi
allarma istintivamente ancora
di più.
Non
so perché ma ho una brutta
sensazione.
-
Ho un problema per domani sera…
dobbiamo rimandare la cena – afferma schietto, ma non per
questo indolore, con
voce grave dopo un secondo, gelandomi.
Tutte
le fantasie che avevo fatto,
i progetti, per il nostro appuntamento si frantumano come un castello
di sabbia
viene spazzato via dalla marea.
Crollano
e il peso di tutte
queste macerie mi sembra di sentirlo
sulle spalle, sul cuore.
Deglutisco,
non riuscendo a dire
nulla e venendo sommersa dalle paure
che
tutto ciò comporta.
Perché?
È il mio primo istantaneo
pensiero, ma uno in particolare, poi, si spazio fra gli altri.
E
se fosse solo una scusa per
annullarlo, poiché si è reso conto di non volerlo
veramente? Si domanda la
parte più insicura di me, prendendo il sopravvento.
Le
mie sicurezze vacillano.
Magari
si è lasciato prendere dal
momento, ma poi si è accorto che non vuole andare oltre
l'amicizia.
E
questa improvvisa eventualità mi
provoca una dolorosa e angosciosa morsa allo stomaco, togliendomi il
fiato.
Eppure
quel sentimento identico al
mio io l'ho visto, non era un miraggio né
un’illusione.
Era
lì, concreto e speculare al
mio.
- Mi stai per caso dando buca?- rido
con una punta di acuto
e stridente nervosismo ad appesantirmi la voce, non riuscendo e dire
altro.
- No, lo sto solo rimandando.-
risponde lui tranquillo
dall'altro lato della cornetta, non cogliendo probabilmente il
nervosismo che
mi pervade.
Non vi è nulla nella sua
voce che mi appaia falsa o solo una
scusa, è il solito tono sincero e velatamente divertito.
Un attimo, mi richiama la mia mente,
bloccando il flusso di riflessioni
incoerenti.
Rimandare…
Ha detto rimandare, non annullare,
chiudo gli occhi
prendendone coscienza e percependo già il sollievo
distendermi i nervi
rigidamente tesi.
Vuole solo rimandarlo, mi dico
percependo la morsa allo
stomaco dissolversi nella spossatezza di uno spavento preso per nulla.
Sospiro rincuorata, fregandomene, per
una volta, se lui
se ne sia accorto o meno, avvertendo un
peso disperdersi istantaneamente e abbandonare il mio cuore.
Questa semplice frase, detta quasi
giocosamente, ha infatti il
potere di tranquillizzarmi.
- Ti spiace se rimandiamo a
venerdì, quindi?- mi chiede, rasserenandomi
sempre di più – Ho già chiamato il
ristorante e per loro non ci sono problemi-
- No tranquillo, va benissimo.-
sospiro ancora.
Rilasso i muscoli mentre il battito
del mio cuore torna
lentamente normale.
E ancora una volta tutto
ciò mi mostra quanto io sia
dannatamente coinvolta. Presa da lui.
È una cosa che mi
è talmente evidente da far luce, ormai.
- Mi dispiace rinviarlo....solo che
c'è sciopero dei mezzi e
Robin non sa come arrivare all'aeroporto – riprende a
parlare, così affannato
nell’atto di spiegarmi che quasi si
mangia le parole.
- Ian non mi devi alcuna spiegazione-
ribatto, sentendomi
però felice per il fatto che me le abbia date e che mi abbia
incluso nei suoi
progetti.
Mi rende dannatamente allegra, tanto
che la paura e
l'angoscia di poco prima sembrano lontane anni luce.
- Quindi l'accompagno io. Mi spiace
che coincida con il
nostro appuntamento…davvero – continua, sospirando
infine.
- Non lo sto cancellando, lo sto
semplicemente rinviando. Voglio
che sia chiaro – afferma andando dritto al punto dolente,
riprendendo a parlare
e non dandomi neanche il tempo di rispondere.
E non ci potrebbe essere niente
d’altro al mondo che
potrebbe eliminare ancora il più piccolo dubbio insito in
me, come queste
parole.
- Dovrai escogitare ben altro per
liberarti di me – ride un
attimo dopo, non sapendo che io non ho alcuna intenzione di liberarmi
di lui,
tanto più che non l’ho neanche assaporato.
Rido anche io, dando sfogo e
liberando il nervosismo accumulato
in questi minuti.
È quasi una risata
liberatoria, catartica.
- Vorrà dire, allora, che per farti perdonare mi
dovrai offrire una
fetta di torta al cioccolato domani a colazione- scherzo, ritrovando il
solito
spirito allegro che mi caratterizza.
- Come se non lo
facessi ogni
giorno – bofonchia divertito lui.
- Allora facciamo che diventano due-
ridacchio, col morale
che sale di un ottava man in mano che parliamo.
Infondo, un paio di giorni in
più o in meno non cambiano
molto, l'importante è che accada.
Che poi sia in un ristorante o in un
cinema poco importa, mi
interessa solo che avvenga come fra due persone che si piacciono.
Tutto qui.
Voglio passare una serata con lui in
modo ufficiale.
Intendo
per il
nostro rapporto, non che lo sia a livello mediatico anche
perché se no sarebbe
la fine.
Giornalisti e media non ci
lascerebbero neanche respirare,
rischiando di soffocare quel qualcosa che sta
nascendo prima ancora che
venga alla luce.
- Allora prima che diventi
direttamente una torta, ti lascio
alle tue battute da imparare -
- Ok-
C’è un attimo di
silenzio e , ancora una volta, ho la
sensazione che stia sorridendo.
- Ci vediamo tra poco sul set, Elena
-
- A dopo, Damon -
chiudo la chiamata, lasciando poi
cadere il cellulare al mio fianco
Spossata, reclino la testa indietro
fino ad appoggiarla sul
bracciolo, lasciandomi scivolare semi-sdraiata e cercando di svuotare
la mente.
Dopo questo sono sempre
più convinta che un giorno o l’altro
ci resterò secca per le troppe emozioni.
Mi passo una mano sul viso poi,
chiudendo gli occhi ed
espirando lentamente, lasciando andare il respiro mentre l'evidenza
della causa
di tutti questi pensieri diventa nitida.
Non mi piace solamente.
Oh no, ne sono anche dannatamente coinvolta.
******************
Cercando
di essere il meno
rumorosa possibile, tento di raggiungere la porta della mia stanza per
uscire e
andare al lavoro.
Lancio
un breve sguardo verso il
letto, dove Ian riposa placidamente addormentato nella tipica posizione
che ha
quando dorme.
Con
passi lenti e cadenzati lo aggiro,
ma proprio quando l'ho superato mi accorgo di non aver preso le chiavi.
Dannazione,
devo fare una cura di
fosforo per la memoria!
Mi
maledico mentalmente per la mia
sbadataggine, imprecando silenziosamente con uno sbuffo.
Cercando
di non picchiare da
nessuna parte e di destreggiarmi fra i mobili della stanza, fievolmente
illuminati dalla debole luce che filtra tra le tende, torno indietro.
A
fatica arrivo fino al mio
comodino, dove le lascio di solito, e le afferro.
Ripercorro
la strada appena fatta,
ma, improvvisamente, scontro il piede contro qualcosa di duro e
spigoloso,
sbilanciandomi in avanti.
Per
non cadere rovinosamente a
terra come un sacco di patate, mi appoggio istintivamente alla prima
cosa che
trovo a tiro, trovando la sedia girevole della scrivania.
Tuttavia,
a causa del movimento
brusco, tutto ciò che vi era sopra cade al suolo in un
rumoroso botto.
-
Dannazione - sussurro concitata,
ritrovando l'equilibrio e abbassandomi subito a raccoglierla.
Cosa
che al buio non è proprio
facile, sbuffo tastando il pavimento alla ricerca di ciò che
è caduto.
-
Sei ancora viva?- mi domanda una
voce arrochita dal sonno, ma comunque divertita mentre la stanza viene
improvvisamente illuminata dalla luce dorata dell' abajour.
Sobbalzo
colta di sorpresa,
voltando istintivamente il
capo nella
direzione della voce, verso il letto, dove fra le coperte fa capolino
un assonnato
Ian.
Con
i capelli scompigliati e gli
occhi lievemente socchiusi per non essere feriti dall'improvvisa luce
mi guarda
curioso, reggendosi sui gomiti.
Con
l'espressione ancora insonnolita
si tira poi a sedere
-
Ti ho svegliato?- gli domando
dispiaciuta mordendomi colpevolmente il labbro inferiore, rialzandomi
in piedi
e raggiungendolo sul letto.
Mi
seggo al suo fianco, sfiorando
il suo corpo con il mio e abbandonando la borsa ai miei piedi.
-
Un elefante in una cristalleria
sarebbe stato più silenzioso- ride divertito, beccandosi
prima la mia
occhiataccia di protesta e poi un pugno leggero sul petto, che acutizza
le sue
risate a dismisura.
Con
una torsione del polso, intrappola
facilmente la mia mano nella sua.
È
una morsa lieve, pacatamente deliziosa che
basta però a
riaccendere il focolaio mai sopito dei miei ormoni.
-
Comunque ero già sveglio da un
po' – mi rassicura un attimo dopo, continuando a sorridere
divertito dalla mia
espressione imbronciata.
Come
diavolo faccia ad essere di
buon umore già appena sveglio per me è un
mistero.
Gli
sorrido anche io, cercando di
non pensare che siamo entrambi svegli in un letto e invece di parlare
potremmo
fare altro di molto più piacevole e
soddisfacente.
Un
silenzio mattutino cala fra di
noi, ma non passano neanche pochi secondi che viene interrotto.
- Mi dispiace aver dovuto rimandare
il nostro appuntamento,
comunque- afferma dolcemente, la voce calda e soffice di chi si
è svegliato da
poco.
Tiene però lo sguardo
lontano dal mio, distogliendolo e puntandolo
in un punto indefinito del copriletto azzurro.
Con il pollice mi accarezza la pelle
delicata del polso,
solleticandomela quasi con i cerchi concentrici ed immaginari che sta
tracciando.
È un tocco ipnotizzante.
Non abbiamo più sfiorato
questo argomento ieri dopo la
telefonata, troppo impegnati con il lavoro sul set.
E quando abbiamo finito eravamo
così stanchi che abbiamo
utilizzato le ultime forze per raggiungere la stanza e buttarci sul
letto a
dormire.
E sinceramente non pensavo che lo
avremmo ritirato fuori
dopo le cose che ci siamo dette ieri al telefono e che mi hanno
tranquillizzato,
rendendomi più sicura.
O, in ogni modo, non pensavo che
sarebbe stato lui a
parlarne per primo, di nuovo.
Lo rialza poi improvvisamente,
incatenandolo magneticamente
al mio.
- Era l'ultima cosa che avrei voluto
fare – mormora delicatamente
sincero inclinando il volto lievemente verso destra, senza rompere il
contatto
né visivo né corporale fra di noi.
Un senso immediato di vertigini e
calore mi pervade all'istante
a queste parole, travolgendomi impetuosamente.
E, chissà
perché, mi sento come se mi avesse aperto una
parte nascosta di se. Quella dei suoi pensieri.
- Anche io – ammetto
onesta. - Ma lo abbiamo solo rimandato,
quindi il problema non sussiste- gli sorrido, ricordandogliele e totalmente convinta di
queste parole.
- Già - mormora lui e il
suo sguardo si intensifica,
diventando quasi metallo fuso.
Un brivido mi attraversa, partendo
dalla base della schiena
e accapponandomi la pelle di emozioni.
Non è solo
perché stiamo parlando della nostra uscita, ma
per il modo stesso in cui lo ha detto.
Per il tono della sua voce.
Per il modo in cui mi sta guardando.
Non distoglie i suoi occhi dai miei neanche per un secondo.
È uno sguardo limpido e calmo, così azzurro da
risultare quasi irreale per la
sua intensità e che mi provoca le palpitazioni.
Le farfalle si muovono nel mio
stomaco, ricordandomi la loro
presenza e aumentando quel senso di irrevocabile vertigine.
È un gioco di sguardi in qualche modo diverso dagli altri.
Non che manchi la
solita punta di languido desiderio, ma è differente.
È significativo, ora.
Vuol dire qualcosa che non ha più necessità di
essere nascosto.
I suoi occhi infatti non sono enigmaticamente celati da un velo di
imperscrutabilità, come ogni volta, ma lasciano trasparire
qualcosa di nuovo.
Mi permette di leggere tutte le
emozioni che lo
attraversano. In particolare una.
Mi lascia vedere questa emozione, la stessa di questa mattina, che
è in grado
di togliermi totalmente il respiro, bloccandomelo in gola.
Schiudo le labbra per parlare, per dire neanche io so cosa, ma non ci
riesco.
Non esce alcun suono, così
come non riesco a pensare a
niente se non a lui.
A quanto mi renda ingenuamente felice.
Prendo un respiro profondo, respirando il suo profumo che quasi mi
stordisce.
Mi annebbia i sensi, portandomi a
socchiudere gli occhi.
E ancora una volta mi ritrovo a
chiedermi se sia normale il
fatto che il suo profumo riesca a farmi impazzire.
Quell'emozione si intensifica ancora,
scurendogli l'iride e
diventando quasi palpabile.
Sorride lievemente, enigmatico.
Con l’altra mano mi scosta
una ciocca di capelli dal volto,
portandomela dietro l’orecchio.
Con le dita poi vira verso la mia
guancia, percorrendola
lentamente in una carezza fino ad arrivare alle mie labbra.
Mi afferra il mento con
l’indice e il medio mentre io
rimango totalmente immobile.
Con il pollice poi mi sfiora il
labbro inferiore, seguendo
ipnotizzato e intrigato la linea della sua carezza.
Le guance iniziano a bruciare
insistentemente, arrossandosi
e aumentando il senso di vertigine che mi pervade.
Il cuore, impazzito, continua a
battere freneticamente
ronzandomi nelle orecchie.
Con il dito fa una voluttuosa
pressione su di esso,
portandomi istintivamente a socchiudere lussuriosamente le labbra.
L'aria è satura di
desiderio, un'attrazione ormai
incontenibile che sta per scoppiare.
Ora,
più che mai,
basterebbe un respiro a farla esplodere.
- Credo di non riuscire
più a trattenermi – sussurra rocamente,
quasi sovrapensiero, la voce velata e graffiata di desiderio mal
represso.
E il mio cuore perde direttamente un
battito.
Ma non è puramente solo questo.
L'emozione è vibrante
nell'aria, palpabile, così come l’attrazione,
e io faccio davvero fatica a contenerlo.
Il mio sguardo cade inspiegabilmente sul suo avambraccio scoperto dalla
maglietta a mezze maniche grigia e dove il suo tatuaggio fa bella
mostra di se.
Hic et Nunc.
Qui e ora.
E capisco che non vorrei essere in
nessun altro posto al
mondo se non qui, ora.
Voglio che mi baci, che mi tocchi.
Voglio lui.
E accade. Semplicemente accade.
Nel momento meno probabile e inaspettato, tutto va al suo posto.
Il puzzle si completa, l'ultimo pezzo si incastra perfettamente fra gli
altri.
Il battito del mio cuore aumenta
trasformandosi in dolci
palpitazioni e un calore improvviso mi avvolge.
Ian inclina ancora il viso fino a che
le nostre non si
scontrano, in un contatto lieve che le sovrappone.
Un'euforia immediata, sconvolgente,
mi avvolge con le sue
spire togliendomi il respiro.
Mi sembra che il cuore mi stia
scoppiando talmente corre
veloce, le farfalle impazzite nel mio stomaco fanno le capriole
più improbabili
per poi placarsi del tutto, finalmente in pace.
Mi sembra di essere estremamente
leggera, la mente priva di
pensieri.
Nonostante sia un contatto alquanto
puro e casto, appena
percepibile, mi manda gli ormoni in visibilio.
Il formicolio al basso ventre si
intensifica, diventando una
morsa dolorosamente piacevole che vuole essere finalmente saziata.
Lui rimane totalmente immobile, senza
tentare di
approfondirlo tuttavia.
I muscoli rigidamente tesi in una
posa quasi plastica e,
solo ora, capisco il perché della sua staticità.
Mi sta aspettando. Aspetta la mia
reazione, vuole che sia io
a fare la prima mossa.
È come se mi aspettasse e
avesse paura di un possibile
rifiuto.
Ha paura che possa tirarmi indietro,
che possa rifiutarlo.
E allora faccio io la prima mossa.
Schiudo le labbra, rispondendo al suo
bacio prima
timidamente e poi sempre più sicura.
Ian mi risponde neanche un secondo
dopo, succhiandomi il
labbro inferiore e mordicchiandomelo.
La presa sul mio volto scivola via,
finendo fra i mie
capelli.
Ed è meglio di quanto io
mi sia mai potuta immaginare in
ogni mia più vivida fantasia.
È diverso da quelli che ci
siamo scambiati sul set, neanche
lontanamente paragonabile a questo.
E' semplicemente vero.
Ci stacchiamo ansimanti qualche attimo dopo. Non si sposta
però di molto, solo
lo stretto necessario per prendere di nuovo fiato.
Le sue labbra si riposano sulle mie, già dischiuse,
cercandole freneticamente
piene di desiderio un millesimo di secondo dopo.
Il contatto ora è
più profondo, passionale e travolgente.
Con un gesto secco della mano sposta
le coperte che ancora
coprono la parte inferiore del suo corpo, in un frusciare che ci fa
solo da
lontano sottofondo.
Le mie orecchie non lo percepiscono
quasi, impegnate a
sentire altro.
Percepisco solo lui. Tutto il mio
corpo sente solo lui.
Con una dolce irruenza che mal cela
tutto il suo desiderio,
mi avvolge la vita fino a far scontrare i nostri corpi, ora incollati.
Gli passo le braccia intorno al
collo, attirandolo ancora
più vicino a me mentre il bacio si fa sempre più
vorace e il mio seno si
schiaccia contro il suo torace.
I nostri bacini vengono
prepotentemente a contatto,
facendomi gemere sulle sue labbra per le scariche di elettrico
desiderio che
questa frizione mi provoca.
Immergo le mani fra i suoi capelli
corvini, accarezzandogli
la nuca con i polpastrelli.
E ci baciamo, fino a rimanere senza
fiato. Ancora.
Con una lieve pressione mi spinge
indietro, facendomi cadere
sdraiata sul materasso e fra le coperte sfatte.
Mi segue un attimo dopo,
sovrastandomi con il suo corpo
muscolo e portandomi istintivamente a fargli posto fra le mie gambe
schiuse.
Eccitata sfrego le gambe contro i
suoi fianchi,
imprigionandoli, e percependo già quella frivola
umidità tipica del desiderio.
Con mani frenetiche e calde si
insinua sotto la maglietta
che indosso, accarezzandomi i fianchi e portandomi ad inarcare
istintivamente
il corpo contro di lui sotto i suoi tocchi bollenti.
Risale poi verso la mia schiena, in
una lunga carezza che mi
porta a gemere nuovamente e cercare sollievo nella frizione fra i
nostri
bacini.
Sospira anche lui a questo contatto
primordialmente
eccitante, interrompendo solo per questo soffio l'ennesimo bacio
infuocato.
Lo attiro nuovamente verso di me un
secondo dopo, per nulla
sazia di baciarlo.
Le nostre lingue guizzano in una
danza che sembra fare da
preludio a quella dei nostri corpi, fin troppo vestiti ancora.
Gli artiglio la maglia, facendogli
capire quanto
quell'inutile indumento che ricopre il suo petto mi sia di impiccio.
Sorride, ansimante, contro le mie
labbra abbandonando il mio
corpo quel tanto che basta per togliersela e poi torna a sovrastarmi.
Non mi bacia però,
cambiando direzione all'ultimo momento e
deviando sul mio collo, lambendolo con tocchi frenetici e brevi, per
poi
arrivare alla scollatura, ora messa più in evidenza dal mio
respiro irregolare.
Mi solletica la pelle con il suo
respiro eccitato, prima
ancora che con le labbra, facendo trasparire tutta la sua eccitazione.
Come se il rigonfiamento che preme
deliziosamente contro la
mia parte più sensibile non fosse abbastanza eloquente.
E io mi lascio andare del tutto,
priva di freni ed
inibizione.
Perché non ha alcun senso
pensare al domani quando si può
vivere l'oggi.
Perché è
semplicemente giusto così.
Qui ed ora.
Salve!!! come va?
Spero che abbiate passato delle
buone vacanze! Lo so avevo detto che avrei postato il capitolo il 22
dicembre
ma non ce l'ho proprio fatta, travolta da mille impegni. Vi ho fatto il
regalo
di buon anno però, invece che di Natale!
Allora,
inizialmente non avrei
voluto scrivere alcuna nota e lasciarvi alle vostre riflessioni post
capitolo
ma poi ho pensato fosse meglio chiarire alcuni punti. Passiamo, quindi,
alla
solita spiegazione per punti:
1-
Ebbene si, ecco il fatidico bacio. Dopo ben 7 ( 8 con
questo) capitoli, fra dubbi, attrazione e molti pensieri il bacio
è finalmente
arrivato. Non so se l'ho descritto bene o male, se è come ve
lo aspettavate o
meno ma era così che volevo accadesse: in modo naturale.
È stata una
conseguenza delle scelte emotive fatte fin qui dai personaggi e non
viceversa.
Ora era il momento giusto perchè accadesse e il titolo ( che
letteralmente vuol
dire “qui e ora”) non è una pura
casualità.
Il
bacio l'ho voluto mettere
volontariamente alla fine, non per creare suspance o cosa, ma
perchè era la
giusta conclusione del capitolo, soprattutto dopo il bacio mancato
dell'altra
volta. Non avrei potuto scrivere una fine diversa.
Inizialmente
l'avevo concepito
come un bacio semplice ma poi mi sono detta che non li avrebbe
rispecchiati,
così come la loro situazioni, e così, di getto,
ho aggiunto un pezzo un po'
più...focoso.
Spero
vi sia piaciuto come è
accaduto.
2-
Ho scritto questo capitolo
mentre ascoltavo la canzone “Your Song” di Elton John, soprattutto
la parte finale del capitolo ma
mi ha ispirato anche la canzone “Temptation” di Moby, che ho riscoperto
da poco. Non ho riletto il
capitolo e spero
non ci siano errori,
parti brusche o noiose e che tutto fili coerentemente.
3-
Il titolo è preso
direttamente dal tatuaggio di Ian “Hic et nunc” che
ha tatuato
sull'avambraccio. L'idea è nata mentre parlavo con delle
amiche di tatuaggi e
mi è venuta in mente la traduzione di quello di Ian, che
calzava a pennello con
il capitolo in questo caso.
4-
Come sottolineo ormai in ogni
capitolo, non siamo ancora a livelli di innamoramento. Si piacciono e
sono
attratti l'uno dall'altro ora, ma nulla di più.
Non sono innamorati l'uno dell'altra.
Non sarebbe realistico e coerente ora se fossero già
innamorati, ma credo che
oramai abbiate capito il mio pensiero al riguardo XD.
5-
Questa volta le note sono più
corte perchè non voglio dire molto, ma vorrei davvero sapere
cosa ne pensate
quindi se volete farmi un regalo recensite!!!
ATTENZIONE:
la prossima storia
che aggiornerò sarà …..I WILL ALWAYS CHOOSE YOU...e penso di fare due aggiornamenti
consecutivi di questa
storia perchè è davvero un bel po' che non
l'aggiorno.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 9 *** Enjoy the Silence ***
Salve!
No, non sono un miraggio tranquille e non è neanche un
avviso...è
un capitolo vero!
Dopo
molto molto tempo finalmente riesco ad aggiornare!!
Questa
volta le note le metto
all'inizio perchè
non voglio rovinare la fine del chappy con i miei interminabili
sproloqui. Saranno comunque più corte del solito
perchè non voglio
anticipare nulla e credo che non ci siano molte spiegazioni da dare
su ciò che accadrà, tirerete voi le conclusioni
alla fine.
Vorrei
però premettere che questo capitolo ha un raiting
più alto degli
altri.
Troverete
infatti scene o parti che sono da raiting rosso
e non arancione come di consueto.
Sicuramente
vi devo poi delle infinite scuse
perchè
sono davvero imperdonabile. Vi ho fatto aspettare tantissimo per
questo aggiornamento e spero che ne sia valsa almeno un pochino la
pena. Fra esami, università e crisi da scrittura varie ho
scritto
questo capitolo in più fasi, a pezzi quasi, andando a
rilento fra
dubbi e ripensamenti.
Scusatemi
quindi per l'immenso ritardo.
Spero
vivamente che non sia uscito un caos totale e che sia leggibile,
capibile almeno.
Il
titolo del capitolo è preso in prestito dalla famosa canzone
dei
Depeche Mode “Enjoy the
Silence”. Vi
invito a leggere il testo della canzone e la sua traduzione
perchè
lo ritroverete nel corso del capitolo in vari punti.
Un
GRAZIE gigante a tutte
le persone che mi
hanno sostenuto, sopportato e ascoltato le mie interminabili paranoie
nel corso della stesura del capitolo e a tutti coloro che hanno
aspettato questo aggiornamento, che leggono e che ogni volta
recensiscono. Grazie
davvero.
C'è
poi un grazie speciale
che voglio fare ad una persona per me
speciale(anche se Ian è sempre Ian), perchè mi ha
spronato per
tutto questo tempo e anche se mi risponderà
“grazie di che?” io
lo ringrazio lo stesso.
La
persona interessata capirà a cosa mi riferisco.
Direi
che non c'è altro da dire se non augurarvi buona lettura!
PS:
Ho deciso di sospendere la ff delena Destined
For Eternity per mancanza di tempo. Ho invece pubblicato
una
one-shot delena intitolata “Give
me Love”
TRUE
LOVE-VERO AMORE
CAPITOLO 9
ENJOY
THE SILENCE
- E' una stupidata!-
Ridacchio
allegramente, riservando un'occhiata tra lo svagato e il divertito a
Candice da sopra il bicchiere traslucido che ho fra le mani.
Solo
un'ombra leggera, appena palpabile, nella mia risata fanno da spia
rivelatrice dei mille, contorti pensieri che mi frullano in testa.
Come al solito davvero troppi e petulanti, ma che io decido di
persevero ad ignorare.
Lo
faccio da tutto il pomeriggio continuare non cambierà nulla,
mi dico
con un'alzata di spalle.
Lei
fa una buffa smorfia, un po' confusa e un po' scettica, corrucciando
le labbra in un broncio e gesticolando convulsamente con una mano,
come a sottolineare la veemenza di ciò che sta dicendo.
-
E’ un telefilm.- le ricordo con un pacato tono di
ovvietà non
riuscendo, però, a fare a meno di ridere ancora, inclinando
leggermente la testa verso di lei.
Candice
sbarra gli occhi azzurri, di una tonalità leggermente
più scura del
vestito color carta da zucchero che indossa stasera, esibendosi in
seguito nell'ennesima smorfia contrariata.
Mi
mordo le labbra quasi a sangue cercando di soffocare sul nascere
un'altra corposa risata, nascondendo poi un sorriso divertito e
insopprimibile nel bicchiere stracolmo che ho in mano.
Non
ce la faccio, è troppo buffa quando fa così.
Sorseggio
in silenzio, per qualche secondo, la mia bevanda, un punch
rigorosamente analcolico.
Domani,
infatti, devo girare tutto il giorno e un bel mal di testa post
sbornia è l’ultima cosa di cui ho bisogno per
essere concentrata
sul lavoro.
Una
vocina fastidiosa e petulante nella mia testa, che assomiglia
terribilmente alla voce di Candice per di più, mi rimarca
subito,
però, di come questa sia una bugia. Bella e buona.
O
meglio, è una scusa colossale dietro cui mi nascondo anche
nei miei
stessi pensieri.
Mi
stringo fra le spalle, spostandomi i capelli scuri su una spalla
mentre una sensazione elettrica e vibrante mi vela la pelle alla
constatazione che sto per fare.
La
nuda verità è un'altra, molto più
intima e languida. Seducente.
Emetto
un sospiro quasi sognante, lasciando scivolare via l'aria fra le mie
labbra semi dischiuse e inclinando leggermente il viso di lato.
Voglio
essere lucida questa notte, sobria, vivere ogni minima cosa.
Godere
di ogni singola, impercettibile sensazione. Di ogni gesto e di ogni
piacevole respiro.
Mi
mordo inconsapevolmente le labbra, in un atto istintivo che mi porta
a torturale con i denti, rendendomi conto di come stia sperando con
tutta me stessa che quei sospiri siano molti e implacabili.
Le
mie guance si surriscaldano all'istante, arrossandosi lievemente a
questo pensiero a tal punto invitante da provocarmi quel consueto
solletico al basso ventre.
Lo
stesso che agogna di essere placato al più presto e che
è rimasto
desolatamente insoddisfatto questa mattina. Molto insoddisfatto,
penso con una smorfia irritata e un po' nervosa.
Quei
ricordi, quei brividi e la tensione vibrante del desidero mi tornano
prepotentemente in mente, travolgendomi quasi con la stessa
impetuosità e stordendomi.
Mi
pervadono senza via di scampo, chiudendomi in quella morsa
così
piacevolmente occludente da farmi mancare il fiato.
Tuttavia,
non ho il tempo di assaporarla appieno che la voce di Candy mi
richiama alla realtà purtroppo.
E
il sapore di amaro in bocca, di un velato nervosismo dovuto
all'ennesima interruzione mi pervade ed è ridicolmente
simile a
quello di questa mattina.
Ne
sembra una continuazione quasi beffarda, come se neanche nei miei
pensieri potessi bearmi in santa pace di quei pochi piacevoli
ricordi.
Evidentemente
tutti hanno l'hobby di interromperci, deduco ripercorrendo
mentalmente la lista di tutte le persone che ci hanno interrotto fin
ora. Davvero troppe, sbuffo sonoramente.
-
Chi è
che si sposa con un post- it?- mormora indignata la bionda,
continuando a parlare e no notando apparentemente il mio stato
d'animo.
Inarca
scetticamente le
sopracciglia chiare, infervorandosi buffamente e portandomi a
sorridere sempre più divertita mentre il nervosismo scema
via in
minima parte.
-
E’ irreale e alquanto
improbabile persino per un telefilm!- trilla con veemenza, le guance
un po' arrossate e l'espressione determinata stampata in volto.
Scuoto
la testa divertita non riuscendo a trattenermi ancora dal ridere e
prendendo poi un altro sorso dal bicchiere, finendo quasi del tutto
la mia bevanda.
Dopo
molto tempo e, soprattutto, molte suppliche sono riuscita a
convincerla a vedere Grey's Anatomy ed ora si sta mettendo in pari
con la sua trasmissione.
Anche
se, penso con una smorfia interdetta, ad averlo saputo prima che
avrebbe criticato ogni minima cosa, probabilmente non glielo avrei
consigliato.
Roteo
gli occhi al cielo, mentre lei continua a parlare. O meglio
criticare.
-
Anche il nostro show, se è per questo, non è
molto realistico- la
contraddico con un sopracciglio inarcato, voltandomi nuovamente verso
di lei e decidendo di difendere quel telefilm che mi piace
così
tanto.
-
Non è assolutamente vero!- ribatte subito lei, allargando
gli occhi
chiari come se le avessi mosso chissà quale accusa
infamatoria - È
molto attendibile invece- si indigna, facendo muovere i capelli
biondi in un frusciare vaporoso e incrociando imbronciata le braccia
al petto.
Da
un momento all'altro mi aspetto quasi che sbatta indignata i piedi
per terra come i bambini.
-
Parla di amore, amicizia, legame fra fratelli e di molte altre cose-
elenca, snocciolando tutte le caratteristiche che le vengono in
mente una dietro l'altra e tendendone il conto con una mano.
-
Quindi fammi capire – ridacchio, non riuscendo proprio a
farne a
meno - Credi ai vampiri e non a due persone che si sposano con un
pezzo di carta?- mormoro sarcastica e questa volta è il mio
turno di
sbarrare leggermente gli occhi per l'incredulità.
-
Certo!- afferma decisa in risposta, scoppiando però a ridere
l'attimo dopo insieme a me.
Continuiamo
a ridacchiare per qualche secondo, mentre qualche membro del cast e
della troupe ci passa davanti e ci saluta.
Parte
del nervosismo e dell'irritazione mi abbandona, scivolando
silenziosamente via con la risata e permettendomi di rilassare almeno
un po' i nervi dolorosamente contratti.
Per
qualche attimo cala poi il silenzio fra di noi, interrotto solo dalla
musica ritmata e dal chiacchiericcio delle persone intorno a noi.
Con
sguardo un po' disattento e svagato mi guardo intorno, percorrendo
velocemente l'ariosa sala in cui ci troviamo con gli occhi.
La
dirigenza ha voluto dare un piccolo party, anche se non c'è
nessun
motivo particolare da festeggiare se non i buoni ascolti che abbiamo
raggiunto fin qui.
-
Comunque...- riprende a parlare con tono calmo Candice, portandomi a
voltarmi verso di lei con le sopracciglia aggrottate in attesa che
continui. - Se proprio vogliamo parlare di cose che credevo
impossibili è il fatto che tu e Ian siate riusciti a dormire
nello
stesso letto con tutti i vestiti addosso e senza fare assolutamente
nulla- prosegue, aprendosi in un sorriso allusivo e un brillio
malizioso che le anima gli occhi chiari.
Mi
mordo istintivamente le labbra, presa in contro piede da ciò
che ha
appena detto, come al solito, in modo diretto e senza tanti giri di
parole.
Forse
è meglio omettere il piccolo particolare che lui dormisse
solo con
una maglietta e i boxer addosso, penso.
-
Chiunque gli sarebbe saltata addosso senza tanti giri di parole dopo
due secondi– mi ricorda scherzando maliziosamente
provocandomi una
sensazione di leggero fastidio alla bocca dello stomaco.
Le
lancio un'occhiata torva, per nulla contenta di questa
eventualità
che spero sia il più remota possibile.
Ora
hai anche gli attacchi di gelosia, Nina? Mi chiedo da sola
rimanendone in qualche modo sorpresa.
Sbuffo
in risposta sia a lei che a questo strano e immotivato pensiero.
-
Anche se stamattina ci siete andati molto vicini - ridacchia
maliziosamente, ricordandosi di ciò che le ho raccontato
poco fa. -
Sicura di non aver qualche pianeta contro nel tuo oroscopo?- mi
domanda beccandosi la mia occhiata stranita e imbronciata, che la fa
ridacchiare ancora più forte.
-
Non è bello ridere delle disgrazie altrui- bofonchio
corrucciata,
incrociando le braccia al seno.
Le
lancio poi un'occhiataccia, non potendo tuttavia fare a meno di
arrossire al pensiero di cosa è accaduto. Di cosa poteva
accadere.
-
Si in effetti non deve essere stato per nulla appagante rimanere
insoddisfatta – continua a ridere prendendomi allegramente in
giro.
Molto
insoddisfatta, la correggo silenziosamente nella mia mente mentre una
poderosa ondata di irritazione mi pervade.
-
Puoi non girare il coltello nella piaga, per favore ?- sospiro
pesantemente in risposta, quasi rammaricata, spostandomi una ciocca
di capelli dal viso e portandola dietro l'orecchio mentre lei
continua a ridacchiare.
-
Dai Nina, avrete tempo per recuperare - afferma sicura e rassicurante
– Magari questa sera stessa- conclude con un'innocente alzata
di
spalle e un altro sguardo malizioso accompagnato dall'ennesimo
sorriso allusivo.
Io
non dico nulla, lasciando che cada semplicemente il silenzio fra di
noi.
Non
ho voglia di dire nulla, forse.
Sposto
poi lo sguardo lontano dal suo, puntandolo davanti a me, mentre i
ricordi mi invadono prepotenti la mente, prendono possesso di ogni
mio singolo pensiero e più piccola riflessione.
Perché
non posso farci nulla, che io voglia o no sono sempre li. Lui
è
sempre li.
Socchiudo
lievemente gli occhi mentre mi avvolgono vellutati.
E
mi ritrovo in un secondo a stamattina, le stesse sensazione a
pervadermi e stravolgermi.
L'identico
formicolio al basso ventre, quel groviglio di aspettativa e ansia
allo stomaco e il desiderio insopprimibile di essere toccata da lui.
La
stessa eccitazione dovuta alle sue mani che audaci hanno toccato
posti impensabili, ma dannatamente piacevoli.
Deglutisco
a fatica, la gola improvvisamente secca e la salivazione azzerata,
sospesa fra la penombra mattutina della mia camera e la sala
festosamente illuminata in cui sono ora.
L'immagine
fin troppo nitida del suo corpo semi nudo e caldo, che preme contro
il mio, è impressa a fuoco nella mia mente, marchiata
indelebilmente. Esattamente come tutti i posti che hanno toccato le
sue labbra, che hanno baciato.
Istintivamente
trattengo il respiro, percependo la pelle bruciare terribilmente
ancora in quei punti e il mio intimo inumidirsi inesorabilmente.
Quasi
senza accorgermene mi porto automaticamente una mano al collo,
nell'esatto punto che lui ha baciato intensamente questa mattina.
Mi
sembra quasi ancora di percepire il suo respiro caldo contro la mia
pelle sensibile e le sue labbra umide.
Tutto
ciò ha un effetto devastante sui miei ormoni già
poco mansueti e
insoddisfatti oggi.
E
mi ritrovo per l'ennesima volta a chiedermi se sia normale che anche
solo pensare a lui mi destabilizzi, mi sconvolga così tanto.
Sospiro,
mentre la mia mente mi ripropone anche come è andato a
finire il
tutto. L'unico modo al mondo che proprio non avrei mai voluto come
conclusione.
Ma
evidentemente il mio oroscopo non deve essere dei migliori in questo
periodo, ha ragione Candice.
Chiudo
per un attimo gli occhi, riaprendoli l'attimo dopo e ritrovandomi
proiettato quasi davanti a me ciò che è successo.
Il
mio telefono aveva incominciato a squillare, rompendo con la sua
musichetta insistente e fastidiosa quel gracile silenzio fatto di
respiri ansati intrecciati a gemiti. Nessuna canzone dei Black Eyed
Peas, che io adoro alla follia, mi era sembrata tanto odiosa come in
quel momento.
Inizialmente
lo avevo volutamente ignorato, troppo concentrata su ciò che
stavano
facendo le sue mani in parti del mio corpo decisamente sensibili per
pensarci seriamente.
Avevo
cercato di sprofondare del tutto fra le sue braccia e in
quell'ammasso incoerente di emozioni che mi pervadevano, sperando che
smettesse da un momento all'altro.
Aveva
invece continuato a suonare e, nonostante fosse l'ultima cosa al
mondo che avrei voluto fare in quel momento, una parte remota della
mia mente, quella ancora razionale, mi aveva ordinato di rispondere.
Con
le labbra gonfie e i capelli scompigliati dalle sue mani avevo
tentato di prenderlo, sporgendomi oltre il bordo del letto su cui
eravamo sdraiati per recuperarlo nella borsa.
Non
avevo, però, fatto in tempo a rispondere dal momento che Ian
mi
aveva tolto il telefono dalle mani in un secondo, lanciandolo alle
sue spalle senza troppa delicatezza.
Il
tonfo della sua caduta sulla moquette aveva raggiunto le mie orecchie
nell'attimo esatto in cui mi aveva spinto nuovamente sdraiata sul
materasso, premendo le labbra contro le mie in un bacio famelico e
vorace che mi aveva tolto il respiro. E anche ogni pensiero coerente.
Il
suo corpo era tornato a pressarmi desideroso contro e le scariche di
elettrica eccitazione mi avevano annebbiato maggiormente la testa,
partendo dal basso ventre e diradandosi in bollenti onde
concentriche.
Mi
ero lasciata trasportare da quel contatto, che mi aveva confuso
più
di quanto non fossi già, mentre le sue mani avevano ripreso
a vagare
nuovamente sulla mia schiena in una languida carezza che sapeva di
studiata lentezza.
La
corsa era terminata alla chiusura del mio reggiseno, con cui aveva
brevemente giocato con le dita.
Eccitata
e fremente avevo ansimato più forte, totalmente persa ormai
nell'oblio dell'eccitazione.
Fortunatamente
il mio telefono aveva smesso finalmente di suonare, non che ci
avessi badato molto in quel momento.
Con
gesti frenetici ma esperti lo aveva slacciato in un solo tocco,
scendendo poi a baciarmi languidamente la clavicola.
Mi
ero inarcata contro di lui, facendo sfregare involontariamente i
nostri bacini e comportando un'altra scarica di elettrica eccitazione
al basso ventre che mi aveva inumidito ancora di più.
Le
mie mani avevano artigliato istintivamente le sue spalle, scendendo
poi sul petto in una carezza lenta e languida che era stata
espressione perfetta del bisogno che avevano le mie dita di toccarlo.
Era
una necessità quasi ancestrale quello di avere un contatto,
di
sfiorarlo, baciarlo. Averlo. Ne avevo bisogno. Ne ho bisogno.
Le
sue mani si erano spostate nuovamente, percorrendo il profilo appena
visibile delle costole e solleticando il bordo inferiore del mio seno
ancora celato parzialmente alla sua vista.
Avevo
trattenuto violentemente il respiro, sentendomi andare a fuoco, nel
momento esatto in cui le sue labbra erano scese ancora, succhiando e
baciando la porzione di pelle scoperta e visibile.
Continuando
quella lenta tortura aveva cercato di sfilarmi quell'inutile ostacolo
fra i nostri corpi, ma non ne aveva avuto il tempo materiale
purtroppo visto che il mio telefono aveva ripreso a suonare.
Evidentemente
avevo davvero contro un pianeta contro, probabilmente Venere visto la
situazione.
Devo
rispondere.
Era
stato questo il mio istintivo pensiero e forse lo avevo anche
sussurrato dal momento che Ian si era spostato, lasciandosi cadere
pesantemente al mio fianco mentre imprecava qualcosa a denti stretti.
Dopo
qualche secondo di totale immobilità mi ero mossa anche io,
recuperando, ancora ansimante e scarmigliata, quell'aggeggio
infernale dal pavimento.
Con
un filo di voce appena udibile avevo risposto mentre la voce
squillante e acuta di Julie mi aveva inondato le orecchie, quasi
stordendomi.
Mi
aveva chiamato perchè ero in ritardo sul set e tutti si
chiedevano
dove fossi finita visto che dovevamo girare e io sono sempre stata
puntuale.
Credo
di non aver mai odiato così tanto il mio lavoro come in quel
momento, è il pensiero che mi fa riemergere da quei ricordi
piacevoli e irritanti al tempo stesso, lasciandomi lo stesso identico
sapore amaro in bocca.
Mi
passo una mano fra i capelli, continuando a fissare le persone
davanti a me senza vederle davvero e con ancora l'eco ammaliante dei
suoi sospiri nelle orecchie.
Mi
ero chiusa poi la porta alle spalle con ancora le guance rosse e quel
senso di insoddisfazione a stringermi dolorosamente il basso ventre,
lasciando Ian sul letto semi nudo e visibilmente eccitato.
Inutile
dire che non ero riuscita a concentrarmi assolutamente sul set,
dimenticandomi continuamente le battute e perdendo la concentrazione
ogni due per tre.
La
mia testa mi riportava in continuazione lì, in quella
stanza. Era
come un eterno ritorno, piacevole e frustrante contemporaneamente.
Sospiro,
cercando di riemergere del tutto dai miei pensieri e di allontanarli
almeno per qualche attimo.
Paul
mi saluta con un breve cenno del capo e un sorriso allegro mentre
dall'altra parte della sala chiacchiera con Torrey.
Gli
sorrido anche io in risposta, facendo scivolare poi lo sguardo fra le
persone che gli sono intorno e involontariamente i miei occhi cercano
qualcun altro.
Cercano
lui in un'azione automatica e istintiva, un riflesso
assodato
ormai fra le priorità dei miei occhi.
Ma
non lo trovo, non c'è.
E
un senso di inconfondibile e lieve fastidio a questa constatazione mi
stringe lo stomaco in una morsa snervante che mi rende irrequieta.
Molto irrequieta.
La
stessa che sembra essersi affezionata a me visto che mi perseguita da
tutto il giorno con il suo opprimente senso di ansia e angoscia,
aggrotto le sopracciglia corrucciata.
Dopo
quello che è successo in camera non ci siamo più
sentiti o visti.
Neanche un messaggio o una rapida occhiata.
Niente
di niente. Il vuoto più assoluto.
Mi
sarebbe andato bene anche un piccione viaggiatore a questo punto.
E
questo in qualche modo mi lascia addosso una assurda sensazione di
ansia, mi preoccupa .
Getta
dubbi su dubbi, che si accumulano inesorabilmente su quelli
già
irrisolti che ho e che continuato a tormentarmi implacabilmente.
La
mia mente mi ripropone, come sempre, una miriade di versioni e
spiegazioni possibili a tutto ciò.
Ho
mille domande e zero risposte. Troppi pensieri senza un filo logico
che si mischiano al tumulto di sensazioni insensate che mi pervadono.
O forse hanno fin troppo senso ed è questo il problema.
Prendo
un respiro profondo, cercando di non allarmarmi troppo e di non
partire in quarta con i pensieri.
Contraddicendomi
da sola, però, la mia testa mi rimarca un fatto quantomai
evidente
ai miei occhi.
L'unica
cosa certa che so, infatti, è che oggi era libero, non
doveva girare
o essere impegnato sul set.
Ho
sbirciato sulla tabella degli orari di Lucy, l'assistente di Julie,
per esserne totalmente sicura e il mio sentore era giusto.
E
qui la domanda sorge spontanea: perchè allora non si
è fatto né
vedere né sentire visto che era libero?
Non
so darmi una risposta sensata e rassicurante a questo, tutt'altro.
Tutte quelle che mi do sono insicure e angosciose, una peggio
dell'altra.
Vago
dalla possibilità che un impegno improvviso lo abbia
occupato e non
abbia avuto il tempo di contattarmi a quella, più drastica e
dolorosa, che non mi voglia vedere per chissà quale ragione
che non
comprendo assolutamente.
Magari
si è stufato di aspettarmi ed è irritato, mi
allarmo se possibile
ancora di più.
È
più grande di me e di certo non ha problemi a trovare
qualcuna che
gli scaldi il letto visto che gli basta schioccare le dita e dozzine
di donne gli cadono ai piedi.
Ovviamente
io da orgogliosa codarda non l'ho chiamato né contattato.
Forse
un po' ferita dal non essere cercata da lui, dopo quello che non
è
accaduto, non l'ho fatto.
Non
lo so neanche io, mi passo una mano fra i capelli.
Sbuffo,
non capendoci assolutamente nulla e non riuscendo a fare un minimo di
chiarezza nella mia testa. Come al solito, aggiungerei.
So
solo che il mio unico desiderio è quello di vederlo,
toccarlo,
parlare o anche solo scambiare un mezzo sguardo con lui.
Ho
bisogno di vederlo.
È
una strana sensazione di apnea quella che provo ora, angosciante e un
po' stritolante che ancora una volta è però
riprova del fatto che
mi piace.
Emozione
che si è amplificata ulteriormente da stamattina.
È come quando
vuoi mangiare un dolce che ti piace, lo vedi e lo desideri per molto
tempo e quando finalmente hai la possibilità di mangiarlo ti
viene
negata.
Il
desiderio di assaggiarla aumenta ancora di più dopo e se
prima
volevi solo assaggiarne un pezzo ora la vuoi divorare del tutto. Ed
è
proprio quello che sta capitando a me.
E
il fatto che lui non si è ancora fatto vedere non mi aiuta
per
niente, sospiro espirando l'aria fra le labbra in quello che sembra
più uno sbuffo tormentato che un respiro normale.
Candice
al mio fianco mi lancia un'occhiata veloce e indagatrice, finendo di
sgranocchiare delle patatine che non mi ero accorta avesse preso.
-
Ok, basta pensieri ora- sfrega le mani fra di loro per pulirle e
togliere le briciole, intuendo probabilmente cosa mi assilla. Ci
riesce sempre d'altronde. - Ora ci divertiamo - afferma risoluta e
convinta con uno sguardo divertito che non vuole essere contraddetto.
Afferra
poi il bicchiere finendo quel poco di alcool che ancora c'è
dentro
tutto di un sorso.
-
Andiamo a ballare - esordisce allegra un attimo dopo, riposandolo sul
tavolino in un tintinnio di vetro e alcool e voltandosi poi verso di
me con un sorriso smagliante a trentadue denti.
Le
rivolgo un'occhiata dubbiosa, che anticipa di qualche secondo la mia
risposta negativa.
-
Non ne ho molta voglia, a dire il vero Candy– ribatto con un
piccolo sospiro e un lieve sorriso di scuse .
Lei
mette quasi il broncio, incrociando le braccia e ammonendomi con uno
sguardo severo.
-
Non è stando qui in piedi come un lampione che il tuo
principe
azzurro arriverà- mi dice con un'occhiata ovvia e tono
schietto.
So
che ha ragione in qualche modo, ma evidentemente sono masochista e mi
piace tormentarmi.
-
Non è il mio principe azzurro – ribatto
istintivamente, ripetendo
quella che ormai sembra essere diventata la frase tormentone degli
ultimi giorni.
Le
mie guance non possono, però, fare a meno di arrossire
lievemente,
scaldandosi.
Mi
stringo fra le spalle mentre lei ridacchia divertita probabilmente
dalla mia espressione imbronciata e corrucciata.
-
Comunque stai tranquilla, se ti ha detto che viene arriverà
– mi
dice dopo un secondo di interminabile silenzio, scorgendo forse
l'ansia e le insicurezze, dettate dal fatto di non vederlo, nel mio
comportamento. Nel silenzio del mio sguardo.
-
Non mi ha detto che viene, è questo il problema –
sospiro quasi
pesantemente, guardando dritto davanti a me le persone che ballano
senza però vederle realmente.
E
se fosse per quello che è successo questa mattina? O,
meglio, per
quello che non è successo? Mi chiedo ancora, incapace di non
farlo,
mentre un senso di ansia mi avvolge velocemente trascinandomi nel
baratro dell'angoscia e provocandomi pensieri su pensieri. Dubbi su
dubbi.
Come
se non ne avessi già abbastanza.
Magari
si è stufato di aspettare.
Non
ci posso fare niente, per quanto me lo imponga finisco sempre a
trovarmene sommersa.
-
Nina davvero stai tranquilla. Avrà avuto un contrattempo o
qualcosa
lo avrà tenuto impegnato. – mi mette una mano
sulla spalla in un
gesto confortante. Ma non è il suo tocco che vorrei ora ma
un altro,
di tutt'altra natura.
-
Magari gli è rimasto il mantello impigliato da qualche parte
o al
suo cavallo bianco si è rotto uno zoccolo- scherza nel
tentativo di
tirarmi su di morale e strapparmi un sorriso.
Giro
il volto verso di lei, incontrando il suo sguardo rassicurante e
sereno.
L'opposto
del mio, che probabilmente risulta tormentato e inquieto. Anche un
po' cupo.
-
Mi sto facendo delle paranoie per nulla vero?- le chiedo sperando che
mi risponda di si.
-
Quando mai non te le fai?- mi domanda in risposta con un sorriso
bonario.
Ha
ragione basta tormentarsi e arrovellarsi, mi dico risoluta.
-
Andiamo a ballare dai.- affermo non troppo contenta mentre un sorriso
vittorioso le tende le labbra e le illumina il volto.
-
Così mi piaci, Dobrev!- dice allegra facendo un gesto di
incoraggiamento con la mano che mi strappa un sorriso.
Ci
mischiamo così alle altre persone che si muovono sulla pista
da
ballo mentre la canzone sfuma e il dj ne mette un'altra.
Un
po' svogliatamente mi muovo a ritmo di musica mentre Candice si
scatena senza freni davanti a me.
Come
richiamata da un istinto o da una forza invisibile alzo lo sguardo
puntandolo improvvisamente verso l'entrata della sala, dove scorgo
brevemente una figura slanciata dai capelli corvini.
Istintivamente
il mio cuore accelera i battiti, pompando più veloce e
provocandomi
una leggera tachicardia.
Per
un breve secondo mi sembra quasi di scorgere il suo
sguardo
fra la folla, una tonalità di azzurro particolare e
ineguagliabile.
Un
senso di piacevole gioia mi pervade all'idea che sia arrivato, che
sia qui, stringendomi lo stomaco e facendomi mancare la salivazione.
Neanche
il tempo, però, che io sbatta le ciglia che già
non c'è più, come
scomparso nel nulla.
Confusa
e accigliata allungo leggermente la testa mettendomi quasi in punta
di piedi e protendendomi in avanti per vedere meglio.
Mi
guardo attentamente attorno, vagando con lo sguardo, cercando di
scorgerlo, ma non lo trovo e il dubbio che io mi sia sognata tutto
sorge spontaneo.
È
possibile che la mia voglia di vederlo sia così intensa da
portarmi
ad immaginarmi le cose?
Lancio
un'ultima occhiata intorno a me convincendomene sempre di
più visto
che di Ian non ce ne è neanche una minima traccia.
Bene
ora inizio anche ad avere le allucinazioni e vedere cose che non ci
sono, penso un po' stizzita e abbattuta sbuffando.
-
Che c'è?- mi domanda Candice chiedendo il motivo della mia
espressione scura e ombrosa.
-
Nulla - mormoro scuotendo il capo mentre la possibilità che
lui sia
davvero qui o che arrivi si allontanano sempre di più,
facendomi
sprofondare nello sconforto più buio. Anzi, sono
praticamente
remote.
Prima
me ne convinco e meno ci rimarrò male quando non lo
vedrò arrivare,
perchè mi sa proprio che finirà così.
Un
senso di sconforto e aspettativa delusa mi pervade spietatamente,
avvilendomi.
Candy
si apre, invece, all'improvviso in un sorriso divertito puntando gli
occhi oltre di me, come se stesse fissando qualcosa o qualcuno.
Inarco
scettica un sopracciglio chiedendomi cosa ci sia di così
strano da
provocarle quell'espressione meravigliata.
Non
ho però il tempo di chiederle cosa guarda o di voltarmi che
qualcuno
mi afferra improvvisamente per un polso, facendomi voltare quasi in
modo brusco con una mezza piroetta.
Ancora
imbronciata incontro uno sguardo limpido, di una sfumatura azzurra
particolare attraversato ora da un brillio di improvvisa malizia.
E
il respiro mi si blocca in gola, raschiandola, mentre le mie guance
si arrossano e sbarro gli occhi nocciola stupita.
È
qui, mi dico sorpresa.
-
Ei – mi saluta subito, aprendosi in un sorriso che mi toglie
il
fiato e mi fa perdere un battito.
-
Ei – emetto, in risposta, un sussurro appena udibile mentre
il
sollievo di vederlo qui davanti a me mi inebria. Mi avvolge caldo e
vellutato quasi stordendomi.
Rimaniamo
fermi per qualche secondo, le altre persone che continuano a muoversi
intorno a noi.
Intanto
la canzone in sottofondo cambia ancora, ma io sono troppo presa dal
nostro gioco di sguardi, da lui e dal tumulto di sensazioni che provo
per accorgermene davvero.
-
Questa la balli con me - mi sorride improvvisamente malizioso posando
una mano sul mio fianco e l'altra poco più sopra.
Sorrido
notando solo ora la canzone in sottofondo. Enjoy the Silence dei
Depeche Mode.
E
non posso impedire alla mia mente di tornare al pensiero malizioso e
precursore dell'attrazione che poi sarebbe sfociata solo mesi dopo
fra di noi che ho avuto molto tempo fa.
Qualcosa
di istintivamente irrazionale mi aveva forse avvertito già
allora di
cosa mi sarei ritrovata a provare nei suoi confronti in poco tempo.
Era stato il primo, fievole campanello di allarme che io, da ingenua
quale sono, non avevo assolutamente colto però.
L'avrei
voluta ballare con lui questa canzone, già quando l'ho vista
in
televisione durante la trasmissione dell'episodio. Affondata tra i
morbidi cuscini del mio letto mi ero ritrovata ad invidiare
ardentemente Kyla, ad esserne anche un po' gelosa probabilmente.
Improvvisamente
mi ritorna il buon umore, come se mi fosse stato iniettato
direttamente nelle vene ed entrasse velocemente in circolo pervadendo
rapidamente ogni mia cellula.
E
ora una cosa appare lampante ai miei occhi, tremendamente nitida.
È
lui che mi fa venir voglia di sorridere anche quando non ce l'ho,
anche quando è lui stesso la causa dei miei odiosi dubbi e
dei miei
assillanti pensieri.
È
un pensiero che un po' mi sorprende e che un po' conoscevo
già in
qualche modo ero già consapevole prima dell'effetto che mi
fa averlo
vicino.
Solo
che ora l'ho ammesso, ne sono consapevole del tutto forse.
-
Non so se ne ho molta voglia - lo sfido con lo sguardo, allargando
provocatoriamente gli occhi muovendomi tuttavia a ritmo ora molto
più invogliata a ballare.
Ghigna
facendomi fare un’improvvisa giravolta e sbattere poi contro
di
lui.
Trattengo
istintivamente il respiro mentre i nostri corpi entrano in contatto,
strusciando brevemente l'uno contro l'altro in uno strofinio
dannatamente piacevole.
Ho
infatti la schiena completamente contro il suo petto, mentre le sue
braccia mi avvolgono in un abbraccio seducente.
Sono
appoggiata praticamente a lui.
Nonostante
il vestito grigio che indosso sia abbastanza spesso, mi sembra
comunque di percepire il calore delle sue mani su di me.
La
mia pelle brucia in quei punti, surriscaldandosi.
E
i brividi di piacere, eccitazione, mi pervadono spietatamente.
O
forse sono solo io che scorgo qualcosa di tremendamente erotico in
questi movimenti a causa del desiderio insoddisfatto e dei miei
ormoni.
Avvolge
un braccio intorno ai miei fianchi poi, dettando il ritmo del
movimento. I nostri bacini sfregano tra loro, ondeggiando
pericolosamente a contatto e le scariche di eccitazione aumentano ad
iperbole.
Socchiudo
leggermente gli occhi, mordendomi le labbra mentre cerco di non
sospirare troppo rumorosamente, anche se forse non si sentirebbe
neanche visto il volume alto della musica.
Percepisco
il suo respiro infrangersi contro i miei capelli, arrivando fino alla
pelle sensibile della mia nuca.
Inclino
la testa in un gesto istintivo, non calcolato e che non so frenare,
scoprendo di fatto il collo ed esponendolo.
-
Attenta , potrei sempre morderti - ridacchia al mio orecchio
provocandomi un'altra ondata di brividi ed eccitazione.
C'è
qualcosa di lui che non sia eccitante? Mi chiedo e so già
che la
risposta è no.
Il
suo respiro accelerato mi sfiora ora direttamente la pelle sensibile
in quel punto e non riesco più a trattenermi dal non
sospirare.
Un
sospiro piacevole ed eccitato sfugge dalle mie labbra infatti.
Continuiamo
a muoverci a tempo di musica intanto mentre parte l’inciso
della
canzone e ancora una volta mi sorprende.
-All
i ever wanted, all I ever needed , is here in my harm - canticchia con
voce bassa e un po' roca, togliendomi nuovamente il fiato.
Questa
volta però non per l'eccitazione ma per il significato di
quello che
ha appena detto .
Tutto
ciò che ho sempre voluto, tutto ciò di cui ho
sempre avuto bisogno
è qui nelle mie braccia.
Continuiamo
a dondolare sul posto in questo abbraccio un po' erotico e un po'
dolce mentre rifletto su queste parole, quantomai vere in questo
momento.
E
mi chiedo anche cosa mi abbia voluto dire. Anche lui prova quello che
provo io? Mi domando e capisco però, dopo un attimo, che che
sia
così o no so cosa voglio io.
Voglio
lui.
Solo
questo. Ne ho bisogno
Più
ci rifletto e più mi accorgo di quanto le parole di questa
canzone
siano dannatamente vere, azzeccate. Sembrano esprimere alla
perfezione il mio stato d'animo ora, i miei pensieri.
Quello
che voglio di più mi stra stringendo fra le sue braccia e
non sono
più disposta ad aspettare per averlo.
Mi
rigiro fra le sue braccia improvvisamente decisa e sicura di me fino
a far scontrare il nostro sguardo, il suo leggermente confuso e
sorpreso da questo mio gesto.
Lo
guardo negli occhi rendendomi conto di ciò che sto per
dirgli, per
fare.
Va
contro tutto quello che mi sono sempre imposta. Quando ho iniziato
questa avventura mi ero ripromessa che non mi sarei lasciata
distrarre da altre cose, tanto meno di provare qualcosa per il mio
partner sul lavoro.
Le
promesse sono fatte per essere spezzate.
Le
parole della canzone mi risuonano in testa, sovrapponendosi ai miei
sconclusionati pensieri e mischiandosi con essi.
E
in qualche modo sono la risposta a quello che sto per fare.
Sto
spezzando la mia promessa di non avere mai rapporti sul lavoro che
andassero oltre l'amicizia e di lasciarmi coinvolgere da un mio
collega, ma ora è l'ultima cosa di cui mi importa.
-
Credo di non riuscire più a trattenermi – dico in
un sussurro
insopprimibile, che ricalca esattamente le sue parole roche e
desiderose di questa mattina.
Posso
distintamente percepire il battito del suo cuore accelerare sotto il
palmo della mia mano.
E
non c'è bisogno di dire altro perchè lui capisce
subito.
Il
nostro sguardo parla per noi.
********************
Le
sue labbra premono bramose contro le mie senza quasi neanche darmi il
tempo di chiudere la porta, soffocando sul nascere il mio respiro
affrettato.
Le
trova già dischiuse, frementi e pronte. Probabilmente in
attesa di
questo contatto da tutta la sera.
La
pochette nera scivola via dalle presa improvvisamente molle delle mie
mani, cadendo inerme sul pavimento con un tonfo sordo che,
però, non
sento realmente. Arriva sbiadito alle mie orecchie, attutito forse
dalla moquette. O forse semplicemente offuscato dal desiderio sordo
che mi assilla spietatamente senza lasciarmi vie di scampo.
È
un bacio un po' frettoloso, specchio della mal celata voglia che ci
pervade e che non può essere frenata.
Non
più. Non ora.
Immergo
le dita fra i suoi capelli fini e corvini, che mi solleticano
piacevolmente i polpastrelli e il palmo della mano, scompigliandoli e
attirandolo più vicino.
Lo
voglio sentire addosso, voglio sentirlo. È questo il mio
unico
pensiero, quasi un'ossessione che si ripete nel silenzio della mia
mente.
Il
contatto fra le nostre bocche si approfondisce maggiormente, mentre
le nostre lingue si scontrano e si accarezzano languide.
Il
bacio diventa meno vorace, facendosi più lento e voluttuoso
e
permettendoci di godere appieno di ogni singolo istante.
E
la mia unica, incoerente ed istintiva riflessione è solo
questa
adesso, sempre la stessa: lo voglio.
Come
se avesse letto nella mia mente, fra i miei pensieri, questo
ancestrale desiderio, Ian dimezza la distanza fra i nostri corpi,
quasi annullandola del tutto.
Con
il suo preme contro il mio schiacciandomi contro la superficie un po'
ruvida e dura della porta, che si chiude del tutto sotto questa
pressione in un rumore un po' metallico.
Nuovamente,
però, le mie orecchie non lo percepiscono se non come un
lontano eco
nel corridoio ormai deserto vista l'ora tarda.
Sento
solo lui, le sue labbra e i suoi respiri irregolari sulla mia pelle.
Esattamente
come è accaduto questa mattina non riesco a percepire altro,
infatti.
Tutta
me stessa, dal mio corpo alla mia testa, è concentrata solo
su di
lui.
Probabilmente
avremo svegliato anche qualcuno, mi ricordo in un ultimo vago
bagliore di razionalità, ma, ora come ora, mi importa di
tutt'altro
che del silenzio notturno che abbiamo interrotto.
Ansimanti
e in debito di ossigeno ci stacchiamo dopo qualche secondo, il
vibrare dell'attrazione sulla pelle e la voglia di riprendere subito
a baciarci ad attanagliarmi lo stomaco.
Il
suo sapore è percepibile distintamente sulle labbra,
già arrossate
e gonfie.
Me
le mordo istintivamente, gli occhi ancora socchiusi in una
espressione di voluttuosa goduria che non riesco a placare,
passandoci sopra la lingua a ricercarlo smaniosamente.
Un
sapore delizioso, dannatamente buono. Il suo sapore.
La
morsa al basso ventre inspiegabilmente si intensifica a questo
pensiero irrazionale, aumentando quel languido, insopprimibile
formicolio che mi perseguita ininterrottamente da giorni.
E
posso già percepire il mio intimo inumidirsi e le mie membra
appesantirsi di desiderio.
Apro
gli occhi poi, ancora incastrata contro la porta dal suo corpo caldo
e tonico, facendoli scontrare con i suoi.
Intorno
a noi solo il silenzio, leggermente interrotto dai frusciare dei
nostri respiri affrettati che si mischiano e dal picchiettare pacato
della pioggia contro i vetri. Un binomio perfetto, afrodisiaco.
Si
incatenano in un gioco di sguardi languido, privo di tutte le
inibizioni che ci hanno fino ad ora frenato nel tentativo di evitare
una fine inevitabile.
E'
voluttuoso, anticipando quasi quello che sta per succedere.
Perché
sta volta deve accadere. Lo voglio, fisicamente e mentalmente. Tutta
me stessa vuole solo ed esclusivamente lui.
Ed
è una cosa che mi spaventa ed esalta allo stesso tempo, che
mi
travolge e mi frena contemporaneamente.
Qualsiasi
altro pensiero viene sopito, però, un attimo dopo
dall'ennesimo suo
bacio mentre le sue mani si intrufolano sotto il mio cappotto nero
ancora umido di pioggia.
Mi
accarezza delicatamente i fianchi, risalendo poi lentamente, in un
tocco leggero ma dannatamente eccitante che mi fa fremere, fino ad
arrivare alle mie spalle.
La
mia pelle brucia sotto il calore della sua mano, come se una scia di
fuoco si diradasse dal suo tocco.
Con
un gesto deciso e delicato al col tempo lo fa scivolare via dal mio
corpo, sfilandomelo.
Deglutisco
con il cuore che batte furioso nel mio petto mentre cade ai miei
piedi in un tonfo soffice, seguito a ruota un secondo dopo dalla sua
giacca nera.
Un
brivido mi pervade partendo dalla base della schiena, forse per il
fatto che c'è uno strato in meno di vestiti che ci separa o
forse causato semplicemente dall'improvvisa mancanza di calore.
Non
lo so ed è l'ultima cosa a cui voglio pensare ora.
Passo
le mie braccia intorno al suo collo, premendo il mio seno contro il
suo petto e riprendendo a baciarlo, incapace di tenere le labbra
lontane dalle sue per troppo tempo.
Senza
staccarci e continuando a rimanere uno contro l'altro, muoviamo
qualche timido e confuso passo in avanti, raggiungendo il letto nel
buio della stanza.
Le
sue labbra ansimanti abbandonano le mie dopo qualche secondo e io in
un gesto del tutto istintivo le seguo, protendendomi smaniosa verso
di lui.
Percorrono
semi dischiuse e languide la mia guancia, scendendo e virando
lentamente sul collo che inizia a baciare intensamente.
Sembrano
quasi movimenti frenetici fatti a rallentatore nella penombra scura
del tempo uggioso di questa notte, noto distrattamente.
Sospiro
non riuscendo a farne a meno, socchiudendo poi gli occhi e sentendomi
ad andare sempre più a fuoco, soprattutto nei punti in cui
sono
posate le sue labbra.
Con
mani frementi e trepidanti inizio a sbottonargli la camicia azzurra,
facendo scivolare velocemente i bottoni nelle asole e forse nella
foga qualcuno salta anche via finendo sul pavimento.
Una
volta aperta del tutto con le dita artiglio, ansiosa di toccarlo, la
stoffa chiara e morbida, strattonandola leggermente in modo da
sfilargliela finalmente.
E
il mio unico pensiero è che lo voglio nudo e addosso a me il
prima
possibile.
Le
sue labbra intanto non smettono neanche per un attimo di baciarmi,
lasciando una scia infuocata sulla mia pelle che mi rende ancora
più
vogliosa di un contatto più profondo fra di noi e che mi fa
ansimare.
Sospirando
per l'attesa e il piacere gli passo le mani sul petto tonico e sodo,
beandomi di questo delizioso contatto che ho agognato e desiderato
per davvero troppo tempo.
Soddisfatta
soffio l'aria fra i denti, rendendomi conto di essere sempre
più
eccitata e su di giri. Forse troppo.
Lo
accarezzo lentamente, prima le spalle e poi scendo verso i
pettorali, sentendolo irrigidirsi impercettibilmente sotto i miei
polpastrelli per poi rilassarsi del tutto.
E
mi tornano inspiegabilmente in mente tutte le volte che ho sognato
questo contatto, che l'ho agognato svegliandomi poi sudata ed
eccitata nel cuore della notte.
Ma
decisamente nessuna ha reso giustizia alla sensazione di appagamento
e irrequieto desiderio che sto provando, mi mordo leggermente le
labbra.
Il
suo respiro accelera quasi in sincrono con la discesa intraprendente
delle mie mani, che iniziano ad accarezzare zone particolarmente
sensibili fino a fermarsi al bordo dei suoi pantaloni neri.
Vorrei
fare molte cose e un variegato insieme di idee maliziose mi
attraversa la mente ma non ho tempo di attuarne nessuna.
Non
ho, infatti, il tempo di fare altro perchè lui preme una
mano contro
la mia schiena, schiacciandomi contro il suo corpo e facendomi quindi
sentire tutta la sua eccitazione.
La
mia mente si svuota totalmente a questo contatto, appannandomi quasi
la vista, mentre mi ritrovo ad essere sempre più eccitata e
bagnata.
Ho
la testa leggera, quasi vuota.
Mi
mordo le labbra, trattenendo malamente un gemito di piacere e
voluttuosa aspettativa che però sfugge comunque in un soffio
gutturale.
Istintivamente
mi sfrego contro di lui facendolo sospirare contro le mie labbra
prima di baciarle languidamente e a lungo.
Con
le dita sfiora poi la cerniera del mio vestito facendomi trattenere
il respiro in attesa che la apra e mi spogli finalmente, ma non lo fa
subito facendomi fremere maggiormente.
-
Hai spento il cellulare vero?- soffia al mio orecchio con voce un po'
roca, baciandomi poi la spalla e facendomi smaniare ancora di
più
sotto il suo tocco.
-
Si - sospiro con il cuore che mi martella nel petto pompando
velocemente l'eccitazione nelle mie vene, che vi si riversa a
fiotti.
In
verità l'ho fatto non appena abbiamo messo piede fuori dal
locale
sotto quella pioggia fine e leggera, ben decisa a non voler essere
disturbata da niente e da nessuno.
È
stata la prima cosa che ho fatto, prima che lui mi trascinasse
frettolosamente dentro il primo taxi che si è fermato.
Stavolta
non voglio nessuna interruzione.
Anche
perchè potrei avere una crisi di nervi in quel caso.
-
Bene- mormora compiaciuto e accompagna le sue parole con il gesto
deciso della sue dita che abbassa lentamente la zip.
Trattengo
istintivamente il respiro che rimane bloccato nella mia gola.
Man
in mano che la cerniera viene aperta l'aria fredda mi solletica la
pelle accaldata in un contrasto tra caldo e freddo delizioso, che
aumenta a dismisura la morsa al mio basso ventre.
Intanto
non lascia per un secondo i miei occhi, non perdendo o sciogliendo il
contatto fra i nostri sguardi.
E
io mi sento nuda sotto il suo sguardo bruciante prima ancora che mi
tolga il vestito.
Mi
sembra che mi scruti molto più profondamente, dentro di me.
Lo
fa l'attimo dopo, spogliandomi e accompagnandolo lungo il mio corpo
in una carezza bollente, che mi porta a inarcarmi istintivamente,
fino a sfilarmelo del tutto.
Deglutisco
a fatica, ritrovandomi improvvisamente senza salivazione sotto il suo
sguardo infuocato che mi scruta attentamente.
Mi
studia percorrendo ogni singola curva del mio corpo in un'occhiata
languida e interessata.
Si,
molto interessata quasi sorrido mentre l'occhio mi cade
inspiegabilmente sui suoi pantaloni decisamente tesi all'altezza del
cavallo.
E
non so come sia possibile, ma mi scatena un'ulteriore tumulto di
sensazioni ingovernabili e l'attrazione aumenta ancora a dismisura
alla constatazione che sono io a fargli questo effetto.
Forse
è solo orgoglio da donna o un pensiero del tutto incoerente
provocato dall'attrazione, ma mi dico non badandoci più di
tanto.
Lo
rialzo poi, puntandolo nel suo e quasi mi ci perdendo. Ancora.
Sono
scuriti dall'attrazione, tendenti al grigio, incupiti da un
desiderio sordo che sembra insopprimibile e incontentabile.
È
uno sguardo caldo, che mi scalda e che mi provoca un brivido
incontenibile .
Le
farfalle, mie fidate compagne ormai, svolazzano irrequiete nel mio
stomaco acutizzando il groviglio allo stomaco e la sensazione di
vertigine.
Anche
la sensazione di calore aumenta maggiormente, facendomelo bramare
ancora di più. Sono quasi smaniosa di averlo.
Ci
baciamo nuovamente, incapaci di non farlo e in un gesto istintivo
sfrego il mio corpo semi nudo contro il suo.
È
normale che abbia il potere di eccitarmi con un solo bacio?
È il
pensiero disconnesso, incoerente che mi attraversa la mente ma che non
noto veramente.
Anche
volendo non ci riuscirei, forse. La mia mente, il mio corpo, sono
tutti impegnati in altro. Tutto di me percepisce solo lui ora.
Unicamente questo.
C'è
finalmente il silenzio nella mia testa. I dubbi
sono lontani
anni luce e nessun pensiero angoscioso mi assilla.
Immergo
le mani fra i suoi capelli, accarezzandogli la nuca, mentre i nostri
corpi si sfiorano nuovamente, premendo maggiormente l'uno sull'altro
nella chiara espressione della voglia che abbiamo dell'altro.
Una
vibrante scarica elettrica mi attraversa a questo contatto,
percorrendomi la schiena e provocandomi la pelle d'oca in tutto il
corpo.
Ian
si siede poi sul bordo del letto, premendo le mani sui miei fianchi
fino a farmi sedere a cavalcioni su di lui.
Con
le labbra dischiuse e il petto che si alza irregolarmente lo guardo
per qualche breve secondo negli occhi, sistemandomi inconsciamente
meglio su di lui.
I
nostri bacini, deliziosamente a stretto contatto, entrano
direttamente in contatto provocando una frizione dannatamente
piacevole.
Come
drogata da questa sensazione e ansiosa di averne ancora, mi muovo
istintivamente aumentando la frizione e gemendo per questa
sensazione.
Anche
lui ansima contro la mia spalla prima di baciarmela, passando un
braccio intorno ai miei fianchi e schiacciandomi di più
contro di
lui.
Il
mio intimo umido preme sfacciatamente contro la sua eccitazione
inumidendosi di più e le sue mani calde che scendono ad
accarezzarmi
le cosce decisamente non mi aiutano a calmarmi.
E
mi ritrovo a odiare quei pochi strati che ancora ci separano e a
pregare che mi tolga quell'inutile indumento il prima possibile.
Sospiro
ancora, reclinando la testa indietro e scoprendo il collo che Ian
prontamente bacia.
Con
le mani intanto percorre la mia schiena, provocandomi una deliziosa
pelle d'oca, e arriva fino al mio reggiseno.
Istintivamente
trattengo il respiro, in attesa che me lo tolga.
Una
sensazione di leggero deja-vù mi avvolge, riportandomi alla
mente,
in un barlume di razionalità, la stessa identica situazione
di
questa mattina.
Al
contrario di cosa è accaduto, però, in quella
occasione non ci
gioca o esita, sganciandomelo subito con un gesto deciso del polso.
Me
lo sfila, lasciandolo poi cadere poco lontano da noi ai piedi dal
letto.
Le
mie guance si scaldano all'istante sotto il suo sguardo pieno di
cupidigia, arrossandosi violentemente mentre mi accarezza
delicatamente il seno per poi iniziare a baciarlo.
Ansimo,
sfregando istintivamente le cosce contro i suoi pantaloni un po'
ruvidi che però danno una sensazione piacevo a contatto con
la pelle
sensibile.
Immergo
una mano fra i suoi capelli ritrovandomi ad ansimare ancora.
Non
so come finiamo sdraiati, il suo corpo che preme contro il mio e i
miei ormoni sempre più impazziti che si scatenano in una
danza
sfrenata.
Stanno
dando un festino praticamente dalla gioia, è il pensiero
ridicolo e
incoerente che mi attraversa la mente.
Schiudo
leggermente le gambe, permettendogli di prendervi posto in mezzo
mentre gli accarezzo la schiena fino ad arrivare al suo sedere che
palpo senza alcun pudore.
Il
pudore e l'imbarazzo li ho lasciati alla festa, ora solo il desiderio
e la voglia di averlo mi posseggono.
Lo
sento sospirare contro le mie labbra mentre i nostri bacini entrano
direttamente a contatto portandomi ad inarcarmi contro di lui e
sfregare le cosce contro i suoi fianchi ancora fasciati dai
pantaloni.
Con
le dita percorro le linee del suo bacino fino ad arrivare alla
chiusura dei suoi pantaloni e sbottonarli, iniziando ad accarezzarlo
lievemente da sopra i boxer.
Lo
sento ansimare più forte contro la pelle sensibile del mio
seno, che
solletica, mentre il suo respiro diventa accelerato e irregolare.
Continuo
ad accarezzarlo con una mano, abbassandogli intanto con l'altra gli
inutili pantaloni neri che indossa.
Si
lascia andare quasi ad un sospiro liberatorio quando lo faccio.
Riprendo
poi ad accarezzarlo.
Ian
si morde le labbra in un gesto tremendamente sensuale che mi manda
gli ormoni in subbuglio e mi eccita incredibilmente.
Vi
infilo allora una mano dentro entrando direttamente in contatto con
l'espressione più palpabile del suo desiderio, iniziando ad
toccarlo
in modo più intimo.
Lo
sento gemere più forte quasi in sincrono con l'accelerare
dei miei
movimenti.
Dopo
qualche minuto però le sue dita si stringono delicatamente
intorno
al mio polso, allontanando la mia mano da lui mentre riprende a
baciarmi.
Reclino
la testa indietro socchiudendo gli occhi e immergendo una mano fra i
suoi capelli mentre lui mi bacia.
Con
una carezza appena palpabile ma dannatamente eccitante percorre tutto
il mio corpo
Gliele
mordo lievemente, soffocando sul nascere un gemito insopprimibile
mentre le sue dita raggiungono intraprendenti il bordo dei miei slip.
Lo
sfiorano lentamente, seguendone la linea con i polpastrelli e io mi
ritrovo a gemere ansante sulle sue labbra, la pelle che sembra aver
preso fuoco al contatto con la sua.
Continua
con quella lenta carezza, una dolce tortura di aspettativa e
desiderio, per poi scomparivi dentro.
Il
respiro mi si blocca in gola, in un singulto mentre ora mi sottopone
ad un altro tipo di tortura. Molto più intensa e piacevole.
Le
sue dita mi sfiorano nel mio punto più intimo, nascosto, e
ora anche
il più sensibile scivolando dentro di me in un tocco
intenso, lungo.
Socchiudo
gli occhi mentre una leggera sensazione di soddisfazione mi avvolge
ed emetto un sospiro insopprimibile.
Continua
a muovere le dita dentro di me, prima più lentamente e poi
con
tocchi più veloci e intensi facendomi letteralmente
impazzire.
E
l'attrazione pulsa nel silenzio della stanza, si scioglie in un
desiderio così forte da annebbiare tutta la
razionalità che
posseggo.
Zittisce
tutti i pensieri, acutizza ogni impercettibile sensazione senza
lasciarmi via di scampo.
Solo
un pensiero, dettato da una voglia ancestrale e insopprimibile.
-
Ti voglio – ansimo senza imbarazzo o pudore, dandogli
semplicemente
voce.
Ed
è la pura verità. Lo voglio, ora.
Le
sue dita scivolano via, uscendo lentamente e lasciandomi quasi una
sensazione di freddo e vuoto addosso.
Ansimante
ed eccitata lo guardo, ricambiando il suo sguardo così
incupito dal
desiderio da sembrare quasi grigio, simile al metallo imbrunito.
Quasi
in un soffio gli ultimi, inutili indumenti che ci dividono
scompaiono, sfilati dalle sue mani esperte.
Mi
da un bacio leggero, quasi a fior di labbra, mentre si sistema meglio
su di me.
I
nostri occhi si scontrano, parlando forse come al solito più
delle
parole stesse e tutto il resto sembra perdere importanza mentre siamo
sospesi in questo limbo silenzioso di attesa e aspettativa.
E
proprio mentre le nostre labbra si scontrano ancora e i nostri
respiri eccitati si mischiano con un'unica e fluida spinta entra
dentro di me.
Mi
mordo le labbra, non riuscendo a trattenere del tutto un gemito e
socchiudendo gli occhi.
Rimaniamo
per un attimo totalmente fermi, le labbra premute e i corpi
incastrati.
E
per un breve, interminabile secondo è solo silenzio.
Niente
sospiri, gemiti o parole. Nessun movimento affrettato o lento.
Solo
silenzio.
Tutto
sembra come fermarsi per un attimo, cristallizzando questo momento in
un ricordo indelebile nella mia mente, sulla mia pelle. Nel mio
cuore.
Riprende
poi a muoversi, riprendendo con le spinte ad addentrarsi dentro di
me, prima lentamente e poi aumentando pian piano il ritmo dei
movimenti.
Il
desiderio aumenta sempre di più, diffondendosi velocemente e
intensamente a spirale dall'esatto punto in cui i nostri corpi si
incontrano.
Ansimo
nell'espressione speculare alla sua di quello che stiamo provando.
Mi
sento inspiegabilmente completa e non è solo un fattore
puramente
fisico.
Mi
sento davvero completa nel silenzio di questa stanza, fra le sue
braccia.
In
un riflesso incondizionato della mia mente mi tornano in modo
disconnesso in mente le parole della canzone.
E proprio
mentre ansima roco e gutturalmente nell'incavo del mio collo
capisco la profonda realtà di tutto ciò.
Che
sia proprio una canzone in questo momento a farmelo capire è
una
cosa alquanto paradossale.
Tutto
quello che voglio è davvero fra le mie braccia, dentro di
me. É
solo lui.
Una
fitta di lancinante piacere mi attraversa a questa constatazione,
aumentando ancora di più il mio desiderio che è
vicino ad essere
finalmente appagato.
Il
mio respiro accelera sempre di più, mentre i nostri sospiri
si
mischiano riempiendo la stanza e sovrapponendosi al rumore leggero
della pioggia che imperversa fuori.
Le
sue labbra non lasciano per un secondo le mie e, se lo fanno,
scendono a baciarmi il collo o il seno.
Mi
inarco sotto il suo corpo sudato, ansimando più forte e
assecondando
i suoi movimenti vicina alla fine.
Sospiro
istintivamente il suo nome mentre i movimenti si fanno più
frenetici e sono prossima all'orgasmo.
-
Baciami - mormoro con la voce spezzata dal piacere, i nostri corpi
che continuano a sfregare l'uno contro l'altro e a incastrarsi.
Lui
lo fa continuando a spingersi in me in un fondersi di anima e corpo
così profondo che il confne fra le due cose si confonde,
diventando
terribilmente labile.
E
poi, all'improvviso, nel momento esatto in cui le nostre labbra si
scontrano tutto va al suo posto.
È
un incastrarsi di emozioni, di movimenti, di corpi.
I
miei muscoli si tendono nello spasmo istintivo dell'apice del piacere
mentre una girandola di sensazioni indefinibili mi travolge
prepotentemente, togliendomi il fiato.
Le
spire del piacere mi avvolgono così violentemente da
annebbiarmi la
vista, stringendomi in una morsa voluttuosa e languida impagabile.
Ian
mi crolla addosso qualche istante dopo, gravandomi deliziosamente
addosso con il suo peso.
La
pelle sensibile dell'incavo del mio collo è solleticata dal
suo
respiro accelerato e irregolare, provocandomi un'ulteriore ondata di
brividi che si vanno a sommare a quelli dovuti al piacere.
Il
cuore continua a battere furioso nel petto, scalmanato, il calore
dell'amplesso ad appesantirmi le membra ora placidamente rilassata
dalla dolcezza del desiderio soddisfatto.
Lui
si sposta poi lievemente, alleggerendomi dal suo peso senza
abbandonare del tutto però il mio corpo e lasciandosi cadere
ancora
ansimante al mio fianco.
Un
suo braccio rimane languidamente appoggiato sul mio ventre,
avvolgendolo quasi possessivamente, mentre rimaniamo in silenzio.
Non
diciamo assolutamente nulla. Ogni parola sarebbe vana, vuota, ora.
Non avrebbe semplicemente senso, forse.
È
una quiete leggera, vellutata, flebilmente interrotta dal frusciare
dei nostri respiri e del pompare ancora anomalo dei nostri cuori.
Socchiudo
gli occhi, appesantiti da un caldo languore e mi rendo conto di una
cosa.
È
un silenzio giusto, questo. Non è opprimente né
di quelli
imbarazzanti.
E'
solo appagante, totale, nostro.
È
il silenzio del dopo che mi sono sempre immaginata.
E'
un silenzio desiderato, agognato.
Ancora
sconvolta riapro gli occhi, incontrando il suo sguardo incupito dal
desiderio ma comunque visibile nel buio della stanza e non ci sono
bisogno di parole, pensieri. Non più. Non ora.
Le
sue labbra si tendono, aprendosi in un lieve sorriso che mi provoca
le palpitazioni.
Non
è né dolce né malizioso. Vuol dire
niente e tutto.
È
solo un suo sorriso. Semplicemente questo.
Gli
sorrido istintivamente anche io, non potendone fare a meno, mentre le
mie guance continuano a bruciare.
Mentre
tutto il mio corpo, la mia anima, arde ancora per le sue carezze, per
ciò che è appena accaduto.
-
Ei - sussurra in modo fievole ma tremendamente dolce , la voce ancora
arrochita dal desiderio e gli occhi che cadono sulle mie labbra
arrossate e dischiuse.
-
Ei- rispondo con un sorriso leggero, lasciandomi poi andare ad un
sospiro appagato.
E
mentre lui si sporge verso di me, facendo scontrare le nostre labbra
in un contatto che di casto e di desiderio placato non ha nulla, uno
stuzzicante auspicio mi sembra chiaramente insito in esso.
E
non potrei essere più eccitata da questa realtà
quantomai
appetibile e maliziosa.
Perché
questo è un silenzio che non durerà per molto
probabilmente, presto
interrotto da nuovi sospiri.
E
nonostante sia solo il silenzio ad avvolgerci adesso, alle mie
orecchie appare come il suono perfetto, accogliente.
Mi
allontano quel tanto che basta per incatenare i nostri sguardi, i
nostri respiri che si mischiano provocandomi un delizioso solletico
sulle labbra.
Un
pensiero irrazionale mi attraversa la mente senza che quasi me ne
renda conto.
Non
ne capisco assolutamente il motivo ma per me, questo, è il silenzio
più meraviglioso del mondo.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 10 *** Vortice ***
TRUE LOVE- VERO AMORE
CAPITOLO
10
Dedicato
ad una persona speciale.
VORTICE
È
una sensazione di calda spossatezza la prima cosa che percepisco
emergendo dal buio del breve, ma profondo, sonno in cui ero immersa
fino a qualche secondo fa.
Un braccio sotto il cuscino e l’altro
piegato placidamente vicino al mio viso, mugugno qualcosa di
indistinto contro l’entità sconosciuta che mi ha
svegliato mentre
dormivo così bene.
Ancora assopita e un po’ intontita, mi
accorgo a mala pena di una fonte di rassicurante calore alle mie
spalle che mi abbraccia, avvolgendomi, e di un braccio posato
silenziosamente sul mio fianco.
Mi muovo un po', leggermente
infreddolita, alla ricerca di calore mentre però il tepore
del sonno
inizia a scivolare via. Forse è questo che mi ha svegliato,
mi dico
distrattamente.
Senza aprire gli occhi mi sistemo meglio,
stringendomi fra le spalle ed emergendo dalle coperte solo il tempo
necessario per tirarle più su, quasi fin sotto il mento.
Soddisfatta
e di nuovo avvolta dal caldo e dal torpore sospiro fievolmente,
rilassandomi e cercando di riaddormentarmi.
Tuttavia, non passa
neanche qualche minuto che mi muovo di nuovo, improvvisamente
scomoda.
Cambio posizione allora, girandomi e mettendomi a pancia
in su nel tentativo di trovare finalmente una posizione migliore,
più
comoda, visto che questa in cui sono ora non sembra funzionare
molto.
Ben decisa a ricadere fra le braccia di Morfeo muovo
inconsciamente le gambe, sfregandole istintivamente fra di loro e
scoprendole indolenzite e un po' doloranti.
Leggermente più
sveglia, ora, noto come tutto il mio corpo sia in generale un po'
indolenzito, appesantito quasi.
Mi sfrego distrattamente gli
occhi, ancora chiusi, con una mano, cercando di ricordarne la
causa.
Mi sento come se avessi dormito solo poche ore o come se
avessi corso una maratona talmente mi sento spossata .
Un insieme
di immagini confuse e un po' slegate fra di loro mi riempiono la
mente senza che io riesca a darvi subito un ordine coerente.
Carezze
fugaci... baci languidi... lenti sfioramenti.... corpi che si muovono
sinuosi.
Sospiro stancamente, il cervello che ancora deve
riattivarsi e riempirsi di pensieri logici e razionali, dando un
senso a tutto questo.
Se sono così stanca perché mi sono
svegliata? Mi domando leggermente frustrata e rammaricata, ponendomi
quest'unica domanda.
Vorrei solo tornare a dormire e non ci
riesco, emetto un piccolo sbuffo innervosito.
Socchiudo lievemente
gli occhi poi, rendendomi conto che la stanza è ancora
avvolta da un
buio cupo rotto solo da una tenue e fievole luce.
Chissà che ora
è, è la mia prima confusa, ma in minima parte
sensata,
riflessione.
Forse è mattina presto o forse ancora notte e la
luce che vedo è semplicemente quella dei lampioni in
strada.
Qualunque ora sia è comunque troppo presto visto che la
sveglia deve ancora suonare e io posso dormire ancora un po’,
mi
dico mentre la mia vena di dormigliona emerge prepotentemente insieme
ad uno sbadiglio.
Li richiudo, troppo assonnata per tenerli aperti
per più di qualche secondo e per il tempo necessario di
guardare che
ora segna il mio telefono. Troppa fatica.
Mugugnando leggermente,
volto il viso e sfrego la guancia contro il cuscino sprofondandovi
nuovamente.
Neanche così però le braccia avvolgenti del sonno
tornano a stringermi, facendomi rimanere in un frustrante
dormiveglia.
Vorrei davvero tanto riuscire a riaddormentarmi, ma
mi sa che rimarrà solo un desiderio purtroppo.
Odio quando sono
stanca, desidero dormire e non ci riesco. È snervante,
sbuffo.
Socchiudo gli occhi, perdendo lo sguardo nel buio.
Piove
ancora.
Il rumore della pioggia, che picchietta contro i vetri
scudisciandoli, mi arriva, infatti, distinto alle orecchie.
Sarebbe
il sottofondo perfetto per dormire, sospiro scoraggiata.
Solo ora,
leggermente più sveglia, mi accorgo di un profumo ben
conosciuto
impresso nel mio cuscino.
È il profumo di Ian, lo riconosco
immediatamente, quasi automaticamente, prendendone sorpresa un'altra
deliziosa boccata.
Lo riconoscerei anche in mezzo ad una folla di
persone ormai.
Un corpo caldo improvvisamente si muove contro la
mia schiena, come richiamato dai miei stessi pensieri, in uno
sfregamento lieve, ma delizioso.
Una mano si intrufola birichina
poi sotto la mia maglietta grigia, fermandosi possessivamente poco
sopra il mio bacino.
Delle dita affusolate mi accarezzano quel
delicato lembo di pelle, disegnando degli astratti cerchi
concentrici. Quasi dei piccoli vortici immaginari.
- Già sveglia
?- bofonchia una voce arrochita dal sonno al mio orecchio,
sfiorandomi i capelli con il naso.
Una voce che so benissimo a chi
appartiene e che mi sveglia del tutto ora, dando senso ai ricordi un
po' sfocati di prima.
Le immagini sfocate di prima si trasformano
ora in nitide figure e ciò che è successo
stanotte diventa
tremendamente chiaro nella mia testa.
Mi mordo le labbra,
percependo quasi la voluttuosa sensazione del desiderio illanguidirmi
di nuovo e stringermi lo stomaco in una morsa languida. Un istintivo
sorriso malizioso si delinea sulle mie labbra mentre i suoi
polpastrelli continuano a disegnare immaginarie linee sulla mia
pelle.
Ora capisco molto di più la sensazione di spossatezza, la
stanchezza.
Siamo andati a letto insieme, prendo definitivamente
coscienza di questo fatto.
Le mie guance si arrossano leggermente,
forse più per il ricordo voluttuoso che per imbarazzo, e mi
ritrovo
a ringraziare il buio della pioggia che lo cela ai suoi occhi.
Ancora
mezzo addormentato Ian affonda il viso fra i miei capelli
scompigliati, lasciandomi un delicato bacio sulla nuca poi.
Così
diverso da quelli voraci di questa notte
- Non riuscivo più a
dormire – mormoro socchiudendo maggiormente gli occhi,
aprendoli
quasi del tutto ora, mentre la pelle inizia ad andare a fuoco sotto
il suo tocco delicato e innocuo.
Anche un semplice sfioramento mi
eccita e mi manda in subbuglio gli ormoni ormai.
Sospiro, non
riuscendo più a trattenerlo fra le labbra.
Lo sento muoversi poi
alle mie spalle, avvicinandosi di più fino a quasi
schiacciarsi
contro di me e il suo braccio avvolgermi di più.
Con una mano mi
sposta i capelli, scoprendo il mio collo e portandomi ad irrigidirmi
istintivamente in attesa del tocca delle sue labbra. Che
però,
purtroppo, non arriva.
- Potevi svegliarmi così continuavamo il
discorso di stanotte- ridacchia suadente e il suo respiro lento, che
si infrange contro la pelle sensibile del mio collo, mi provoca dei
languidi brividi.
Spinta da non so quale istinto provocatore mi
rigiro fra le sue braccia, improvvisamente sveglia e spigliata, fino
a ritrovarmelo di fronte e fronteggiarlo.
- A si?- inarco
provocatoriamente un sopracciglio sorridendogli con malizia.
Gli
lancio una veloce occhiata, apprezzandone ogni tratto.
Ha i
capelli scompigliati, lo sguardo malizioso e un velo leggero di barba
sulle guance che lo rende ancora più irresistibile
nonostante si sia
appena svegliato.
Entrambi su un fianco ci guardiamo per qualche
secondo negli occhi in silenzio.
- Si- mi lancia un’occhiata
languida prima di far scontrare repentinamente le nostre labbra,
cogliendomi di sorpresa.
Le trova già dischiuse, desiderose di
quel contatto che è fin da subito passionale e travolgente.
La
presa sul mio fianco diventa quasi possessiva mentre affondo le mani
nei suoi capelli, scompigliandoli ulteriormente nell’impeto
del
bacio.
Senza smettere un secondo di stringermi si sposta,
mettendosi su di me e sostenendosi sulle braccia per non gravarmi
addosso.
Circondo i suoi fianchi con le gambe con il profondo
desiderio di sentirlo il più addosso possibile, inarcandomi
contro
di lui.
Ci ansiamo a vicenda sulle labbra per questo delizioso
contatto.
Il vortice del desiderio inizia ad avvolgermi
prepotentemente, ricordandomi quasi beffardamente quanto poco basti
per travolgermi.
È una sensazione di avviluppante desiderio
quella che mi stringe, togliendomi quasi il respiro e annullando ogni
pensiero.
Il suono acuto e disturbatore della sveglia infrange il
momento, rompendolo bruscamente e interrompendoci.
Lui allontana
di qualche centimetro le labbra dalle mie, respirandovi contro
leggermente affannato.
Lo guardo un'ultima volta negli occhi, la
consapevolezza di dovermi alzare addosso che si mischia con il
desiderio, per poi, con un sospiro pesante e leggermente frustrato,
allungare il braccio per spegnerla.
Ma perché qualcuno o qualcosa
ci deve sempre interrompere? Forse qualcuno ci ha lanciato contro una
sorta di maledizione.
- Dobbiamo alzarci- affermo a malincuore
mentre lui torna a baciarmi il collo e accarezzarmi il fianco sotto
il tessuto della maglia, alzandola fin sotto il mio seno.
E
cercare di dare retta a quello che ho appena detto è davvero
difficile in questo momento, socchiudo languidamente gli occhi.
-
Ancora cinque minuti dai – protesta in un mormorio un po'
infantile
contro la pelle sensibile del mio collo, provocandomi un leggero,
piacevole solletico e l'intensificarsi della morsa al mio basso
ventre.
Il collo è il mio punto debole e lui deve averlo
capito.
- E' tardi – ribatto con voce fievole mentre un sospiro
mal trattenuto sfugge dalle mie labbra.
Con molta fatica cerco di
non dare ascolto ai miei ormoni, che mi stanno urlando a gran voce di
fregarmene del lavoro e dare ascolto solo al suo corpo eccitato che
preme voglioso contro il mio.
Facendo leva su un gomito e,
soprattutto sulla mia forza di volontà, che non so davvero
dove sto
trovando, tento di alzarmi, ma Ian mi riporta sdraiata nel giro di
due secondi facendo pressione con la mano sulla mia spalla destra.
-
Som – lo chiamo mordendomi quasi a sangue le labbra per non
cedere
e rimanere nel letto con lui, anche se lo vorrei moltissimo.
Ma
devo lavorare purtroppo e arrivare nuovamente in ritardo per la
quinta volta in due giorni non mi sembra il caso.
- Dimmi – mi
risponde con voce suadente, melliflua, al mio orecchio, come se non
sapesse cosa sta facendo e perché l'ho richiamato.
Il suo respiro
caldo si infrange contro i miei capelli, provocandomi una nuova
ondata di brividi.
- E'...- mi interrompo ritrovandomi a deglutire
improvvisamente senza salivazione mentre l'eccitazione inizia a
diffondersi nel mio corpo quando lo sfregamento fra i nostri corpi
aumenta. Sto affondando sempre di più nel vortice del
desiderio. -
... tardi- concludo la frase in un sospiro, quasi ansimandolo, non
potendo fare a meno di inarcarmi istintivamente contro di lui e
aumentare la frizione tra di noi.
- Smettila di fare
ostruzionismo- mi ammonisce accarezzandomi con le dita il fianco per
poi passarmi un braccio intorno ai fianchi e tirarmi più
vicino a
lui.
Appoggio una mano sul suo petto nudo e caldo, invogliante,
tastandone la tonicità con i polpastrelli.
- Io non facc...- non
ho però il tempo di ribattere e protestare del tutto
perchè lui
sopisce la mia risposta, intrattenendomi con un bacio che di casto
non ha nulla.
Sospiro sorpresa contro le sue labbra, mettendogli
una mano sul viso e ricambiando il bacio.
E la mia mente diventa
sempre più leggera e vuota.
Se prima era difficile, ora è
decisamente complicato staccarsi da lui.
Gli occhi si socchiudono
quasi in automatico, appesantiti dal languore del contatto mentre le
membra iniziano spietatamente a illanguidirsi.
Il tipico vortice
di attrazione, desiderio e voglia insopprimibile di toccarlo inizia
ad avvolgermi sempre più strettamente fra le sue spire,
sfocando i
pensieri e acutizzando ogni più piccola sensazioni.
La solita
sensazione di non riuscire più a pensare mi pervade,
stordendomi
quasi, mentre l'impetuosità voluttuosa del desiderio mi
assale
spietata.
Il mio corpo si rilassa istintivamente sotto il suo,
ammorbidendo la postura mentre con la mano libera gli accarezzo la
schiena.
Sono gesti istintivi, spontanei i miei.
Fatti così in
automatico che quasi non me ne accorgo.
Il pensiero di alzarsi dal
letto si allontana sempre di più, confondendosi con il
mobilio e il
buio della stanza.
Ian, soddisfatto e incentivato dalla risposta
del mio corpo, continua a baciarmi abbandonando le mie labbra giusto
il tempo necessario per riprendere fiato e respirare.
Mi succhia
maliziosamente il labbro inferiore facendomi quasi ansimare e
provocandomi un fiotto di desiderio che si riversa nella mie
vene.
Scende poi a baciarmi nuovamente il collo, percorrendolo
lentamente mentre le sue mani alzano ancora la mia maglietta.
No,
devo alzarmi mi impone quel briciolo di razionalità che mi
rimane,
anche se annebbiato dal sonno e dal desiderio che mi pervade.
Riapro
gli occhi di scatto, quasi sbarrandoli mentre il suo corpo tonico e
caldo continua a gravare su di me.
Cerco nuovamente di alzarmi,
allontanando con un mugolio le mie labbra dalle sue anche se molto
controvoglia.
Mi sembra quasi di sentire i miei ormoni protestare
e urlare veementemente contro questa mia decisione. O forse il poco
sonno e l'attrazione sessuale non placata mi hanno fatto diventare
semplicemente pazza.
- Devo alzarmi - mormoro di nuovo, la voce
fievole che mi raschia la gola.
Questa volta, con più successo di
quella precedente, riesco a spostare Ian, che smette di gravarmi
addosso, facendolo rotolare alla mia sinistra e finire sul letto.
-
Sei troppo diligente – sbuffa sonoramente infastidito
lanciandomi
poi una mezza occhiataccia torva mentre io sgattaiolo via dal letto.
Rido
divertita della sua espressione imbronciata e corrucciata, portandolo
ad accentuarla ancora di più. Si passa una mano fra i
capelli
scompigliati, riprendendo a parlare.
- Mi hai appena rifiutato, mi
reputo offeso- bofonchia imbronciato, le sopracciglia aggrottate e lo
sguardo chiaro corrucciato visibile anche nella penombra della
stanza.
- Devo essere sul set fra meno di venti minuti, devo farmi
ancora una doccia e fuori piove quindi ci sarà un traffico
allucinante- affermo con ancora la risata sulle labbra e le gambe a
penzoloni giù dal letto vagando con lo sguardo sul pavimento
alla
ricerca dei miei pantaloni.
Eppure mi sembrava di averli messi
sulla sedia ieri pomeriggio, dico distrattamente fra me e
me.
Percepisco Ian muoversi fra le lenzuola alle mie spalle, non
demordendo dal suo intento e avvicinandosi nuovamente a me.
Lancio
un'occhiata oltre la mia spalla, notando che si è messo su
un fianco
con un gomito piegato per sorreggersi e la testa appoggiata sulla
mano mentre mi guarda.
- E devi farla da sola la doccia?- mi
domanda con un finto tono ingenuo che nasconde un intento decisamente
malizioso, le dita che si appoggiano sulla mia schiena.
Accompagnate
dal suo sguardo percorrono lente e diligenti la linea della spina
dorsale, dall'alto verso il basso, facendomi inarcare
istintivamente.
Mi mordo le labbra, cercando di non cedere sotto
quel tocco e di non notare la pelle che ha preso fuoco sotto il suo
tocco, nonostante a dividerci ci sia uno strato leggero di
tessuto.
Arrivate alla base della mia schiena seguono per qualche
secondo il bordo dei mie slip, percorrendolo interamente e virando
poi la direzione sul mio fianco.
La morsa dei miei denti aumenta
ancora sul mio labbro, torturandolo per reprimere quasi a forza un
sospiro.
Un attimo dopo le sue dita si posano sulla mia gamba
nuda, poco sopra il ginocchio, e un'imponente ondata di calore mi
avvolge.
E decisamente non è colpa del riscaldamento troppo
alto.
- Appunto, troverai traffico e arriverai comunque in
ritardo- afferma con voce melliflua, morbida e seducente mentre la
sua mano inizia una lenta risalita con il palmo aperto ora–
Tanto
vale che ti rimetti a letto con me allora.- la sua carezza continua,
arrivando all'altezza della coscia e un brivido mi pervade la
schiena, velandomi la pelle e portandomi ad irrigidirmi
lievemente.
Il respiro mi si blocca violentemente in gola, le
guance che iniziano a bruciare di desiderio in cui sto sprofondando
sempre di più.
Un lieve spostamento d'aria alle mie spalle mi
avvisa che si è mosso.
Si è infatti messo a sedere dietro di me,
la mia schiena appoggiata involontariamente contro il suo petto e il
segno tangibile della sua eccitazione contro di me.
- Hai anche la
scusa perfetta del traffico- soffia suadente sulla mia nuca, cercando
di convincermi mentre le sue dita sono ormai arrivate ai miei slip,
che artiglia e tira leggermente giocandoci.
Deglutisco a vuoto con
la salivazione pari a zero ormai, percependo la pelle andare a fuoco
dove è a contatto con il suo corpo.
Mi sposta i capelli
baciandomi lentamente il collo e provocandomi un’altra ondata
di
eccitazione.
Non cedere... non cedere...devi lavorare...
Mi
continuo a ripetere queste parole, trasformandole quasi in una
cantilena silenziosa cercando di metterle in pratica, ma è
davvero
sempre più difficile non chiudere gli occhi e lasciarmi
avvolgere
dal vortice insaziabile del desiderio.
Mi mordo le labbra
combattendo una battaglia interna, divisa sempre più tra
volere e
dovere.
Qualsiasi altra donna sana mentalmente si ributterebbe a
letto con lui senza farsi pregare troppo e questo è conferma
del
fatto che io sia totalmente impazzita ormai.
E se è successo è
solo colpa sua, dei pensieri e delle emozioni che mi provoca!
Con
l'indice percorre il bordo dei miei slip, provocandomi la pelle d'oca
e una vigorosa ondata di eccitazione, che ha l'impellente bisogno di
essere placata.
E proprio quando le mie convinzioni da brava
lavoratrice sembrano vacillare, proprio quando il mio corpo e la mia
irrazionalità prendono il sopravvento qualcosa ci interrompe
ancora.
La mia sveglia suona nuovamente, illuminando fiocamente la
stanza con la sua luce azzurrina e rompendo nuovamente la magia
creatasi.
Sospiro, forse un po' frustrata o forse sollevata. La
sveglia l’ha presa per me la decisione.
Ian sbuffa alle mie
spalle, infastidito dall’ennesima interruzione.
Inclino il volto
fino a far scontrare le nostre labbra in un bacio leggero e un
po’
frettoloso che zittisce le sue proteste.
Mi alzo poi quasi di
scatto dal letto prima che le sue braccia mi stringano di nuovo,
sentendomi tremendamente simile ad una molla, per spegnerla mentre
lui torna ad imprecare alle mie spalle.
Mi allontano di qualche
passo dal letto e da quell'essere tentatore che lo occupa, fin troppo
consapevole che se rimango un secondo di più vicino a lui
cedo
definitivamente. Mi fermo poi al centro della stanza, i suoi occhi
che mi seguono e percorrendo brucianti la mia figura.
E a
giudicare da come sono tesi i suoi boxer il desiderio non gli
è
passato e non si è sopito.
Leggermente imbarazzata e con ancora
l'eccitazione addosso mi sposto una ciocca arruffata di capelli dal
viso, portandola dietro l'orecchio.
- Salvata dalla campanella –
afferma tra lo scocciato e il canzonatorio, sbuffando ancora e
lasciandosi cadere sul letto.
- Devo farmi la doccia – mi
stringo fra le spalle abbozzando un leggero sorriso di scuse.
Gli
lancio un’ultima occhiata e poi mi avvio verso la porta del
bagno,
divisa fra i miei ormoni che protestano vigorosamente e la
razionalità che invece si complimenta per l'autocontrollo
dimostrato.
- Allora sicura di volerla fare da sola?- mi domanda
un'ultima volta, portandomi a voltarmi nuovamente verso di lui.
Lo
trovo semi sdraiato appoggiato sui gomiti per mantenersi sollevato, i
capelli corvini scompigliati a conferirgli un’aria sbarazzina
e
tremendamente sexy.
Il suo tipico mezzo sorriso stampato in volto
e lo sguardo malizioso che mi scalda.
E proprio non ce la faccio a
non lasciarmi avvolgere dal vortice di sensazioni irrazionali che mi
provoca. Non voglio forse. Qualcosa dentro di me mi impedisce di non
assecondarlo, di non lasciarmi avvolgere da lui.
I miei occhi
cadono senza volere sulla radio sveglia, che segna l'ora con chiari
numeri rossi.
Fra cinque minuti sarò comunque in ritardo, noto
inclinando leggermente il capo da un lato.
La lotta fra
irrazionale e razionale continua dentro di me.
Risposto lo sguardo
su di lui, incontrando il suo e perdendomici.
E allora, se sarò
lo stesso in ritardo, perché privarmi di lui? Mi domando e
la
risposta arriva immediata, decretando la mia definitiva decisione.
Al
diavolo il lavoro, arriverò in ritardo di nuovo. Fa niente.
Tanto
ormai sono abituati a vedermi arrivare in ritardo in questi giorni,
una volta in più o una in meno non cambierà nulla.
Inclino
leggermente la testa tendendo le labbra in un sorriso malizioso,
mentre una malandrina idea mi vortica in testa.
Con le dita
stropiccio il bordo della maglia grigia che indosso, aprendomi in un
sorriso e ricambiando la sua occhiata languida.
- Forse - lo
guardo maliziosamente mentre mi mordo allusiva le labbra.
Con un
gesto fluido, che spero essere anche il più sensuale
possibile, me
la sfilo e ridendo gliela lancio addosso.
Gli lancio un’ultima
occhiata poi, incontrando il suoi occhi quasi spalancati che mi
restituiscono uno sguardo stupito e decisamente sorpreso.
Si, non
se lo aspettava.
Mi infilo nel bagno con ancora il sorriso
soddisfatto dalla sua reazione sulle labbra, percependo dei passi
affrettati seguirmi velocemente.
Non ho, infatti, neanche quasi il
tempo di spogliarmi del tutto e infilarmi nella doccia che Ian mi
raggiunge.
Senza tanti giri di parole mi spinge contro il muro
freddo della doccia, schiacciandosi eccitato contro il mio corpo.
E
la differenza tra il suo corpo caldo, quasi bollente, che preme
contro di me, e il muro gelido, che preme invece contro le mie
spalle, è deliziosa.
Un sorriso sorge spontaneo, stendendo le mie
labbra e il mio orgoglio femminile scalpita contento a questa
reazione.
Alzandomi leggermente sulle punte gli passo le braccia
intorno al collo, schiacciandomi maggiormente contro di lui e unendo
le nostre labbra in un bacio travolgente, vorace.
Il getto
dell'acqua calda ci colpisce in pieno, bagnandoci e rendendo il
contatto ancora più voluttuoso ed eccitante.
E in pochi minuti la
stanza si riempie ancora dei nostri sospiri mischiati sensualmente al
vapore, mentre il vortice della passione torna ad
avvolgerci
prepotente.
******************
Spalanco
la porta rossa mentre la piccola stanza relax si apre davanti a me
con le sue pareti color crema e il piccolo divano scuro.
Con un
sorriso smagliante, la postura rilassata e canticchiando a mezza un
motivetto di una canzone appena inventata entro nella camera quasi
saltellando.
Se non si fosse notato sono allegra. Ha anche smesso
di piovere.
- Buongiorno a tutti! - trillo allegra e di buon
umore, lasciando cadere con un tonfo sordo la mia borsa nera sul
tavolino in legno scuro vicino all'entrata.
Due paia di occhi, di
tonalità differenti e opposte, si voltano nella mia
direzione e si
posano su di me scrutandomi attenti e incuriositi.
- Ciao Nina- è
il saluto pacato accompagnato da un sorriso allegro di Sara, che alza
gli occhi scuri dai fogli un po' stropicciati che ha fra le mani.
Il
mio sorriso si allarga in risposta, diventando quasi accecante e
snervante probabilmente.
- Se mai buon pomeriggio vista l'ora - è
il saluto ridacchiante di Candice, già truccata e vestita da
Caroline Forbes.
E’ poco lontano dalla finestra, i fianchi
appoggiati al tavolo mentre sorseggia tranquilla il suo
caffè
rigorosamente decaffeinato.
E oserei dire per fortuna visto quanto
è già sveglia e pimpante di suo e di certo non ha
bisogno di
caffeina per essere più reattiva. Ci farebbe finire tutti al
manicomio nel giro di un paio di giorni in quel caso
probabilmente.
Non ha però tutti i torti visto che è mattina
inoltrata ormai e io sono arrivata da poco, passando di corsa sul set
solo per scusarmi dell'immenso ritardo.
Ho ancora i capelli umidi
di doccia forse, constato passandoci una mano nel tentativo di
sistemarli. Decisamente ora ci penserò ogni volta che mi
farò una
doccia, e non solo mi sa.
Mi mordo le labbra, ricordando cosa è
accaduto in quella doccia e non posso reprimere un brivido di
voluttuoso desiderio, che insopprimibile mi attraversa la schiena
facendomi rabbrividire.
Distrattamente mi vedo riflessa nel
riflesso della finestra, che mi rimanda una figura femminile con una
chioma ingestibile e scarmigliata e un sorriso smagliante.
Sono
uscita così di corsa dalla stanza che non mi sono neanche
guardata
allo specchio, noto continuando a pettinarmi i capelli con le dita
per sistemarli il meglio possibile e dargli una forma sensata.
Se
rimanevo un minuto di più lì con lui
probabilmente mi lasciavo
convincere a rimanere a letto e non andare a lavorare.
E visto le
armi molto persuasive che ha usato per tentare di convincermi so che
ci sarebbe riuscito con molta facilità, quindi sono
praticamente
scappata da quella stanza.
Ho ancora la sua risata divertita che
mi ronza nelle orecchie in risposta a questa mia reazione.
- Ti
hanno assunto per la pubblicità di un dentifricio?- mi
domanda
Candice, prendendomi bonariamente in giro e lanciandomi
un’occhiata
stranita, non spiegandosi tutta questa mia allegria forse. –
Di
certo non per una pubblicità di cosmetici visto le occhiaie
che hai-
continua indicandole con un cenno del capo.
Istintivamente mi
porto una mano al viso, tastando i segni, ben visibili nonostante il
copri occhiaie, del mancato sonno.
Avrò anche le occhiaie, ma
sono sicuramente soddisfatta e appagata. E direi che vale la pena non
dormire se in cambio ho questo.
Tuttavia questo non lo dico,
facendolo rimanere solo un silenzioso pensiero.
- Ah ah simpatica-
fingo una risata tirando fuori dalla mia borsa il mio copione per una
rilettura veloce prima di girare.
Mi volto nuovamente poi verso di
lei ridacchiando allegra la mia risposta.
- Ammettilo sei solo
invidiosa del mio bellissimo sorriso- rido esibendolo di
nuovo.
Candice ridacchia in risposta mentre io mi avvicino al
divano. I suoi occhi non mi abbandonano però neanche per un
secondo,
facendomi sentire osservata.
E la mia mente perversa mi riporta
subito l’immagine di Ian che mi scruta attento dal letto in
tutt’altro modo.
Molto più malizioso e languido.
- Che c’è?-
le chiedo aggrottando le sopracciglia, non capendo il motivo di
quello sguardo.
O meglio, lo so benissimo ma spero che non l’abbia
colto, mi mordo speranzosa le labbra.
- Sembri di buon umore -
afferma lei, scrutandomi con un'occhiata attenta proprio nel momento
in cui mi sembra di aver stampato in faccia quello che è
successo.
Ma perché ha il potere di cogliermi sempre in fallo?
-
Lo sono – sorrido con una semplice alzata di spalle mentre mi
lascio cadere sul piccolo divano a due posti, affondando fra i
cuscini colorati.
E in fondo è vero, sono di buon umore. Molto di
buon umore, sospiro mentre i ricordi di stanotte e di stamattina si
sovrappongono.
- Lo yoga aiuta moltissimo – sorrido nel modo più
innocente possibile, sperando di convincerla.
Candice continua a
scrutarmi mentre finisce di sorseggiare il suo caffè.
Annuisce
poi lentamente, aprendosi infine in un sorriso malizioso e furbo che
mi fa chiaramente intendere che ha capito quello che è
successo.
E
sono dolori per me perché mi farà duemila domande
e vorrà sapere
ogni minimo particolare, da quanti sospiri ha fatto lui a come ci
siamo spogliati.
Una tortura praticamente per una come me, una
smorfia si delinea sulle mie labbra.
Ma tanto fino a quando siamo
in compagnia di altre persone non mi chiederà nulla e si
limiterà a
qualche frecciatina maliziosa, aspettando di essere sola con me per
passare al terzo grado.
Lascio andare i nervi che non mi ero
accorta di irrigidire, rilassandomi quindi contro lo schienale del
divano e iniziando a leggere il mio copione.
Tre meno di venti
minuti iniziano le riprese e io ho il vuoto totale in testa.
La
mia mente è popolata solo dalle immagini di stanotte,
esclusivamente
quelle. Non riesco a focalizzarmi su nient'altro, sospiro.
-
Ragazze io vado a fare una chiamata, ci vediamo dopo sul set- afferma
Sara con un sorriso, alzandosi e uscendo.
Ecco come non detto. La
mia unica speranza di scampare ad un bombardamento intensivo di
domande è appena andata via.
Neanche il tempo che la porta si
richiuda che infatti Candy riprende a parlare, portandomi ad alzare
gli occhi scuri su di lei.
- Tu non hai la faccia di una che ha
fatto yoga- afferma schietta e diretta mentre un sorriso malizioso si
delinea sulle sue labbra – Hai la faccia di chi ha fatto
sesso –
ridacchia sbarrando allusivamente gli occhi azzurri e puntandomi
accusatoria un dito contro.
Mi mordo istintivamente le labbra,
distogliendo lo sguardo e arrossendo lievemente mentre mi si stampa
in faccia un'espressione di piena colpevolezza.
- Io non ho
specificato che tipo di yoga fosse – mi difendo malamente,
stringendomi fra le spalle.
Lei però non sembra darmi molto
ascolto, continuando a guardarmi con gli occhi leggermente
assottigliati.
Mi sento quasi sotto esame, mi muovo irrequieta sul
posto distogliendo lo sguardo dal suo.
- E più di una volta
anche!- trilla ridacchiando equivocamente.
L'espressione di
consapevole colpa si accentua con il mio sorriso, che fa capolino
sulle mie labbra.
Me le mordo ricordandole una ad una, ricordando
ogni singola sensazione, il suo sapore. Ogni singolo punto che le sue
mani hanno sfiorato.
- Quante? - mi chiede curiosa con gli occhi
azzurri maliziosi e un sorriso malandrino, interrompendo il mio
ricordo.
Quasi si sfrega le mani compiaciuta dalla contentezza.
-
Ma che razza di domanda è?- ribatto in risposta con le
guance un po'
rosse, leggermente imbarazzata e decisamente meno sfacciata di
lei.
Lei mi sorride quasi spudorata.
Con gli occhi vago per la
stanza alla ricerca di un appiglio che mi permetta di sfuggire a
questa tortura.
E i miei occhi lo trovano posandosi sull'orologio
appeso alla parete.
- Oh è tardi – affermo, salvandomi
praticamente in corner ed evitando in dribbling la domanda.- Sono le
12 e tra mezz’ora iniziano le riprese- le dico sentendo il
sollievo
pervadermi alla possibilità di aver scampato un
interrogatorio.
Lei
si imbroncia, aggrottando corrucciata le sopracciglia mentre io mi
alzo velocemente dal divano.
- Dai rispondi!- protesta Candice,
assomigliando quasi ad una bambina indispettita.
Mi aspetto quasi
che da un momento all’altro si appenda alla mia maglia e mi
strattoni per trattenermi.
- Sono già arrivata in ritardo una
volta oggi, non mi sembra il caso che ricapiti di nuovo- ribatto in
risposta, afferrando la borsa dal tavolo e avviandomi verso la
porta.
Lei sbuffa, spostandosi una ciocca di capelli biondi dal
viso.
- Allora ti accompagno- afferma risoluta seguendomi caparbia
nel lungo corridoio che porta al set.
Roteo gli occhi al cielo.
Se
possibile è più cocciuta di me e quando si
impunta su qualcosa non
molla la presa fin quando non la ottiene.
- Va bene, ma dalle mie
labbra non uscirà neanche una sillaba al riguardo
– le dico non
riuscendo fare a meno di sorridere del suo comportamento
però.
Mi
prende sottobraccio, camminando al mio fianco.
- Allora...-
riprende a parlare – Quante volte?- mi domanda di nuovo con
tono
petulante e uno sguardo curioso.
Le lancio un’occhiataccia
torva, corrucciata.
- Almeno dimmi se è stato più di due volta!-
afferma in risposta alla mia smorfia.
- Si – mi mordo le labbra
ripercorrendole nuovamente tutte nella mia testa.
- Si, Ian non mi
sembra il tipo che si ferma solo ad una volta- afferma con tono
pensieroso, ridacchiando poi maliziosa.
- Mmm no, non lo è –
mormoro quasi sovrappensiero persa in ricordi davvero deliziosi.
Lei
sbarra gli occhi azzurri mentre un sorriso malizioso le stende le
labbra velate dal lucidalabbra.
- Più di tre quindi ?-
- Vuoi
sapere anche dove?- ribatto in risposta, voltandomi a guardarla ed
eludendo la domanda
- Beh la prossima domanda era quella in
effetti -
Non reprimo uno sbuffo mentre mettiamo piede sul set,
accolte dal consueto brusio concitato e dal rumore di cavi e
attrezzature spostate.
Attraversandolo interamente, raggiungiamo
le tipiche sedie da regista nonché nostre consuete
postazioni.
-
Dai dammi qualche particolare!- si impunta cocciutamente, protestando
– Me lo merito visto che ho sopportato tutti i tuoi sfoghi-
incrocia le braccia sotto il seno imbronciata, rimanendo in piedi di
fronte a me mentre io prendo posto su una sedia.
Sospiro, sapendo
che ha perfettamente ragione. Infondo ha sempre ascoltato ogni mio
dubbio, tormento ed è stata a sentire tutte le mie paranoie
anche
nel cuore della notte. Davvero molte, troppe forse.
Senza contare
tutti i consigli e le spronate che mi ha sempre dato.
Si, sospiro,
se lo merita.
Probabilmente deve aver capito di aver fatto leva
nel punto giusto perché si apre in un sorriso vittorioso e
gli occhi
chiari si illuminano.
Pronta al “come, quando e perché”
schiudo le labbra, parlando.
- Cosa vuoi sap..-
Ma non ho
neanche il tempo di finire di porle la domanda che mi interrompe
bruscamente, troppo curiosa per aspettare.
- E’ bravo come
sembra a letto? Ci sa fare? Bacia bene?-
- Si, decisamente si-
annuisco emettendo un sospiro deliziato. – Molto bravo
– la
guardo, lanciandole un’occhiata eloquente accompagnato da un
sorriso.
Lei ridacchia afferrando subito il concetto.
-
Immagino che si sia stata spesso la tua risposta -
- Soprattutto
nella doccia – soffio allusiva, accavallando le gambe e
sfregando
il palmo della mano contro il tessuto un po’ ruvido dei jeans
che
indosso.
Ne ho detti decisamente molti.
- E brava Nina che si
da fare nella doccia!- afferma lei con una risata, facendomi
sorridere divertita.
- Quindi ora cosa siete?- snocciola
l’ennesima domanda a raffica, non prendendo quasi fiato.
Si
siede i accanto a me sulla sedia con il suo nome stampato a chiare
lettere sullo schienale.
Schiudo le labbra pronta a rispondere
decisa, ma solo quando prendo un profondo respiro, prima di
rispondere, mi accorgo di non avere una risposta.
Rimango con la
bocca aperta, un muto respiro in risposta a ciò che mi ha
appena
chiesto.
Cosa siamo siamo?
Aggrotto le sopracciglia, cercandola
voracemente dentro di me, fra i miei pensieri ma non la
trovo.
Semplicemente non c’è.
Una morsa mi stringe
improvvisamente lo stomaco a questa constatazione. È quasi
dolorosa
talmente è stretta, soffocante.
Non mi lascia respirare, rendendo
pesante ogni respiro.
Non so cosa siamo. Sono cambiate le cose per
lui? Come mi vede ora?
Per me lo sono? E almeno a questo credo di
avere una risposta.
Non sono più come prima le cose. Non voglio
lo siano.
E lui cosa vuole?
- Amanti? Amici?- continua a
chiedermi lei non comprendendo forse la mia esitazione e la mia
espressione sconfortata e pensierosa.
Che cosa siamo?
Mi
domando ancora quasi angosciata.
- Non… non lo.. so- quasi
balbetto mentre la morsa non fa altro che accentuarsi, stringendosi
intorno a me.
Mi volto, come richiamata silenziosamente da
qualcosa.
Una sorta di forza invisibile che mi attrae.
Trovo
Ian, dall’altro lato della sala, intento a fissarmi, ma non
appena
i nostri occhi si scontrano lui li punta da tutt’altra parte.
Né
un cenno di saluto, un sorriso o un cenno. Nulla che mi possa aiutare
a trovare una risposta a questa domanda.
Niente di niente.
Anzi
sembra quasi ignorarmi, noto guardandolo scherzare allegro e
spensierato con un addetto alle luci.
O forse è solo una mia
suggestione e io mi sto facendo un’inutile paranoia.
Mi passo
una mano fra i capelli, ravvivandoli nervosamente.
Che cosa siamo?
Mi domando di nuovo, percependo quest’unica domanda
vorticarmi in
testa accompagnata dalla odiosa sensazione che mi stia bellamente
evitando.
E questa volta vengo avvolta solo dal vortice
cupo dei pensieri.
*****************
Stanca
e spossata, forse più mentalmente che fisicamente distrutta,
mi
lascio cadere con un piccolo rimbalzo sul letto.
Finalmente sono
a “casa”, mi dico con un sospiro pesante sulle
labbra.
Posso
riposarmi, socchiudo esausta gli occhi.
È tutto il giorno che
aspetto di fare una doccia, sprofondare fra le morbide coperte del
mio letto e spegnere la mente.
Sarebbe decisamente bello avere un
bottone on- off per i pensieri, spegnerli definitivamente per un po'
di tempo. Mi farebbe molto comodo rilassarmi e basta per una volta.
Niente distrazioni, paranoie o noiose riflessioni.
Chiudere
gli occhi e semplicemente svuotare la testa da angosce, dubbi e
quant’altro godendomi un pacifico vuoto mentale.
Si sarebbe
dannatamente bello, mi passo una mano fra i capelli ancora un po'
gonfi a causa dell'umidità della doccia.
Anche se sarà davvero
difficile riuscirci stasera. Molto difficile.
Braccia aperte e
occhi appena schiusi sospiro nuovamente, buttando fuori tutta
l'aria.
Anche se più che un sospiro sembra uno sbuffo frustrato a
dire la verità.
E vorrei davvero con tutta me stessa poter
buttare fuori ugualmente tutti i tormenti che ho.
Spingerli via
uno ad uno fino a rimanerne totalmente priva. Sarebbe di grande
aiuto.
Mi muovo irrequieta, girandomi nervosamente su un fianco e
abbracciando un po' infantilmente uno dei due cuscini vivacemente
colorati.
Perché devo sempre pensare così tanto? Potrei
ottenere
il primato mondiale al riguardo.
Solo un secondo dopo, prendendo
un profondo respiro per cercare di scacciare il nervosismo, mi
accorgo che c’è ancora il suo
profumo impresso sul morbido
tessuto della federa.
Stringo le labbra, frenando forzatamente il
desiderio pressante di prenderne un’altra deliziosa boccata.
Lo
allontanano l'attimo seguente, quasi stizzita, prima di sprofondare
nel vortice di sensazioni che mi scaturisce. Troppe
e
imponenti con la loro sproporzionata portata di significato
incomprensibile.
Mi muovo nuovamente, un po’ agitata, cambiando
un'altra volta posizione e mettendomi a pancia in su questa volta,
gli occhi puntati sul soffitto bianco senza vederlo realmente e quel
profumo ossessionante nelle narici.
Ora mi perseguita anche nella
mia stessa camera, è ridicolo! Come se già non
bastasse tormentarmi
nei miei pensieri e ritrovarlo in ogni singola cosa, inveisco
silenziosamente contro di lui.
No, lui deve seguirmi anche nella
mia stanza lasciando il suo odioso - delizioso-
profumo
ovunque.
Mi sembra di sentirlo ovunque, percepirlo sui vestiti e
sulle cose.
Probabilmente
ce l’ho anche addosso, sulla pelle, nonostante mi sia fatta
due
docce oggi.
E decisamente stare immersa fra le lenzuola in cui è
stato lui fino a non molte ore fa non mi aiuta a non
pensarci.
Incasso la testa fra le spalle mentre un'espressione tra
lo scocciato e il corrucciato si delinea stizzita sulle mie labbra,
stendendole in una smorfia.
Certo, come no, perché ovviamente è
solo questo che mi porta a pensare a lui, fingo di credere a me
stessa rendendomi conto di essere una pessima bugiarda perfino nei
miei pensieri.
Forse dovrei cambiarle in modo da non essere più
circondata dal suo odore, ma lo farò domani. Ora sono troppo
stanca
per farlo, mi dico nascondendo la verità dietro un semplice
pretesto.
In realtà, invece, non lo faccio per un semplice
motivo: mi piace avere il suo profumo intorno, esserci immersa fino
ad esserne quasi stordita. Anche se mi provoca mille tormenti e
pensieri, portandomi praticamente allo sfinimento.
Frustrata
sbuffo, chiudendo del tutto gli occhi e sprofondando per un attimo in
un pacato buio.
Mi passo poi una mano sul collo, massaggiandolo
lentamente nel vano tentativo di rilassare i nervi dolorosamente
contratti.
La doccia non è servita a molto, purtroppo. Anzi quasi
a niente.
Mi ha rilassato fisicamente, ma non mentalmente.
Il
nervosismo misto a scottante delusione, dettato dal suo comportamento
indecifrabile e sconcertante, è rimasto intatto nonostante
l'acqua
calda e il bagnoschiuma profumato.
Anzi, se possibile è
aumentato maggiormente al ricordo di stamattina e al riscontro,
invece, del suo comportamento discordante di oggi sul set.
Bruciante
mi vibra sulla pelle, lasciandomi un'odiosa sensazione di amaro in
bocca e irrigidendomi spietatamente tutti i muscoli in una morsa
quasi spasmodica.
Mi ha praticamente ignorata per tutto il giorno,
stringo le labbra in una linea serrata, infastidita e delusa. Un
nuovo fiotto di nervoso si riversa prepotentemente nelle mie vene,
vanificando i già pochi effetti rilassanti della doccia.
Si è
comportato come ogni altra giornata lavorativa, scherzando con tutti
e atteggiandosi come se nulla fosse.
Non mi ha calcolato più di
tanto, privandomi persino del consueto bacio sulla guancia come
saluto e parlandomi quasi il minimo indispensabile escluse le battute
del copione.
Ha limitato i contatti strettamente a quelli
lavorativi e, nonostante io l’abbia cercato più
volte con lo
sguardo per capirne la causa, ho incontrato i suoi occhi solo
pochissime volte.
Ho come avuto la sensazione che mi stesse
ignorando di proposito, allontanandosi il prima possibile dal set
finite le riprese e lasciandomi decisamente basita e sconcertata.
E
questo oltre a farmi innervosire terribilmente mi fa anche un
po’
male. Delude in qualche modo.
Non
mi aspettavo di certo che mi chiedesse di sposarlo dopo una notte
insieme o andasse in giro a dire che siamo ufficialmente fidanzati,
ma di certo neanche che mi ignorasse dando più attenzioni
perfino
alla tappezzeria.
Con che coraggio dopo quello che è successo
lui si comporta normalmente, come se niente fosse successo?
E non
so se è più l'indignazione o la sensazione di
dispiacere e
rammarico.
Quindi ora cosa siete?
La domanda di Candice,
buttata li curiosamente, mi continua a vorticare beffardamente in
testa, intrufolandosi in ogni pensiero e sbattendomi quasi in faccia
la realtà dei fatti.
E
il suo comportamento sembra una risposta quasi lampante, chiara.
Mi
mordo dolorosamente le labbra, affondandovi i denti.
Evidentemente
tutto ciò che è successo non ha avuto lo stesso
significato che ha
avuto per me.
Tutto
mi riporta solo a quest'unica e sola sentenza: non ha avuto molta
importanza per lui.
Una smorfia di delusione si delinea
istantaneamente sulle mie labbra, che si accentua al pensiero
successivo che la mia mente mi presenta.
Perché, che significato
ha avuto per te invece? Mi incalza subito subdolamente una vocina
insinuatrice e maliziosa, ingarbugliando maggiormente i miei pensieri
e le mie sensazioni.
Come se non lo fossero già poi, sbuffo.
Significa
che...cerco febbrilmente una risposta dentro di me accorgendomi, solo
dopo qualche secondo, di una cruda verità. Ma tanto che
importanza
ha se per lui non ha alcun significato? Anzi, dovrei pensarci di meno
forse. Dovrei togliermelo dalla testa prima che sia troppo tardi.
Davvero tardi.
Sempre
che non lo sia già.
Scaccio questo pensiero inopportuno con una
vigorosa scrollata di capo, muovendo i capelli in un fievole
frusciare contro il cuscino.
Dietro
le palpebre ostinatamente chiuse, mi si ripresentano in sequenza
tutti i fotogrammi del suo atteggiamento innervosendomi
inverosimilmente.
Frustrata sbatto le gambe sbuffando stizzita
l'aria fra le labbra, assomigliando tremendamente ad una bambina di
sei anni e mezzo piuttosto che ad una ragazza adulta della mia
età.
-
Basta pensare a lui!- mi impongo perentoria ad alta voce, sperando
che almeno così mi entri in testa e funzioni finalmente.
Ovviamente
le mie speranze sono del tutto vane e assomigliano più a
utopia pura
che alla realtà.
Mi passo fiaccamente una mano sul viso,
sbuffando sonoramente infastidita.
Com'è possibile che sia sempre
lì, fra i miei pensieri? È una costante, quasi
inquietante
oramai.
Qualunque cosa faccio, ovunque io sia e qualunque sia il
mio stato d'animo lui è sempre li.
Che sia arrabbiata, felice o
triste è fisso nei miei pensieri. Ormai ne è
diventato parte
integrante. Come un vortice che mi ha risucchiato, prima lentamente,
quasi senza che me ne accorgessi, e poi sempre più
intensamente fino
ad assorbirmi quasi totalmente.
È come una spirale Ian, mi
assorbe.
È
un vortice.
Tutte
le mie energie, i miei pensieri e le mie riflessioni sembrano
destinate a lui in qualche astruso e incomprensibile modo che non
comprendo.
Ed è sconvolgente e destabilizzante come cosa,
sconcertante.
Sbuffo ancora, girandomi a pancia in giù e
affondando il volto nel cuscino come a voler sopire i pensieri.
Cosa
impossibile visto quanti sono.
E
quel suo dannato profumo che continua a ronzarmi intorno mi irrita
ulteriormente.
Forse una bella dormita ristoratrice mi farà bene.
Sono
distrutta e alle spalle ho solo poche ore di sonno e davvero troppe
di lavoro. Ho bisogno veramente di riposare, spegnere il cervello nel
tepore del sonno per un po' e soprattutto non pensare.
Magari
tutte queste riflessioni sono dettate dal mancato sonno e dalla
pesante fatica della giornata lavorativa. O semplicemente fare due
personaggi contemporaneamente mi sta facendo diventare pazza,
possibilità più concreta e probabile di tutte.
In pochi minuti
le palpebre diventano pesanti, chiudendosi placide mentre lentamente
il mio corpo si rilassa sotto il peso della spossatezza.
Ho, però,
a mala pena il tempo di socchiudere gli occhi, che un leggero bussare
alla porta interrompe i miei programmi mandandoli in frantumi.
Chi
diavolo è?
Sbuffo
sonoramente infastidita, riaprendoli di scatto e fissando quasi in
cagnesco in direzione della porta.
Probabilmente
se il mio sguardo avesse qualche potere paranormale in questo momento
la porta sarebbe incenerita e con lei il disturbatore che vi si cela
dietro.
Giustamente nell’unico momento in cui cerco di non
pensare a nulla – a lui- , riuscendoci
soprattutto, qualcuno
mi interrompe.
Non ho nuovamente il tempo di pensare anche solo di
ignorare il disturbatore del mio sonno che lo sconosciuto bussa
ancora, questa volta in modo più deciso e vigoroso
aumentando a
dismisura la mia irritazione.
Oltre
che disturbatore è anche un caparbio rompiscatole,
assottiglio
pericolosamente gli occhi.
Sbuffando e maledicendolo sottovoce
con un piccolo balzo scendo dal letto, avvicinandomi alla porta
strisciando i piedi sul pavimento.
Con uno sguardo corrucciato e
uno sbadiglio ancora sulle labbra appoggio la mano sulla maniglia,
facendo leva e aprendola senza neanche curarmi di chiedere chi
è,
troppo spossata dalla giornata appena trascorsa per ricordarmi di
farlo e troppo corrucciata per il sonno interrotto per
interessarmene.
Mi ritrovo davanti una figura slanciata e un paio
di inconfondibili occhi azzurri puntati su di me ,accompagnati da un
mezzo sorriso che si allarga all'istante quando mi vede.
È
un po' malizioso e un po' dolce.
Un sorriso da togliere il fiato
in poche parole.
Il mio cuore accelera i battiti all'istante,
trasformando il suo placido battere quasi in una tachicardia. Un
singolare senso di sollievo misto a deliziosa languidezza mi stringe
lo stomaco, prima ancora che il mio cervello lo abbia riconosciuto
quasi e la solita sensazione di destabilizzazione mi pervade insieme
alla fibrillazione.
Ovviamente cerco di darlo a vedere il meno
possibile, mascherandolo dietro un'espressione neutra e forse un po'
troppo distaccata. Ma, in fondo, se lo merita.
Se
pensa che basti presentarsi alla mia porta e un sorriso a cancellare
oggi pomeriggio – ieri sera- si sbaglia di grosso.
Oh no, è
tutto impresso nella mia testa.
Non
mi sono infatti dimenticata di come non mi ha
guardata, di
come si è comportato e di come mi ha bellamente ignorata.
Come
se non fosse successo nulla, assottiglio involontariamente gli occhi
a questo pensiero lanciandogli un'occhiataccia un po' truce.
- Non
dovevi lavorare stasera?- esordisco un po’ bruscamente, quasi
in un
ringhio, senza nessun saluto particolare.
Inarco
scetticamente un sopracciglio scuro poi, incrociando intanto le
braccia sotto il seno in una postura un po' rigida e forse ostile
sbarrandogli la strada.
Sul
ciglio della porta, avvolto da una maglietta grigia leggera
nonostante sia quasi dicembre ormai, Ian mi guarda per qualche
secondo interdetto.
Forse si aspettava che gli saltassi addosso
baciandolo, beh si sbagliava di grosso. Il mio orgoglio femminile,
ferito e offeso dopo oggi, quasi gongola a questa constatazione
scalpitando per avere un'altra gustosa rivincita.
Per un secondo
mi sembra quasi di scorgere un lampo di consapevolezza e
constatazione nel suo sguardo azzurro, che però scompare un
secondo
dopo mischiandosi alla consueta imperscrutabilità e gaiezza.
Solo
ora, guardandoli più attentamente mi accorgo di come siano
di un
azzurro limpido, intenso e non scuri, leggermente ingrigiti, come
ogni volta che piove o il tempo è brutto.
Li distolgo l’attimo
dopo però, puntandoli da tutt’altra parte,
nell’esatto momento
in cui il mio cuore accelera ancora il suo battito e la consueta
sensazione di calore inizia a pervadermi e stordirmi.
So
già, infatti, che basterebbero ancora pochi secondi per
dimenticare
il nervoso e non voglio.
- Ciao anche a te – ribatte in risposta
lui con la solita voce leggermente roca e lenta, il sorriso
smagliante intaccato, ma fintamente offeso dal mio mancato saluto ad
incurvargli le labbra in un piccolo, irresistibile broncio.
Il mio
sguardo cade involontariamente proprio sulla sua bocca, quasi
corrucciata.
Rilasso istintivamente le spalle a questa visione paradisiaca,
rilasciando i muscoli contratti.
Le stesse labbra che
ho baciato così tante volte questa notte, il cui sapore mi
sembra
ancora di percepire sulle mie.
Me le mordo istintivamente,
trattenendo il respiro e non riuscendo a distogliere lo sguardo per
qualche interminabile secondo.
No, non cedere Nina! Mi impongo
silenziosamente perentoria dentro di me, irrigidendo nuovamente la
schiena in una perfetta posizione eretta e distogliendo gli
occhi.
Non è normale che mi faccia questo effetto disarmante,
penso con le guance leggermente arrossate da questa constatazione.
Stavolta non cederò al primo sorriso ammaliatore
però, mi dico
scuotendo lievemente il capo.
Anche
se so benissimo che non andrà propriamente così.
- No io sto
bene grazie, sei davvero molto gentile ad interessarti della mia
salute- continua a parlare, rispondendo ad una immaginaria
conversazione in cui gli ho chiesto come sta.
Mi mordo l'interno
della guancia, graffiandola leggermente con i denti nel tentativo di
non scoppiare a ridere e, soprattutto, di rimanere impassibile per
qualche altro secondo almeno.
- Sei un pessimo attore sai?- gli
dico non molto cordiale, mentendo spudoratamente e lanciandogli una
mezza occhiataccia.
Ian aggrotta lievemente le sopracciglia
corvine accentuando il broncio, che diventa ancora più
irresistibile.
Bacialo.
È
questo il sottile imperativo, quasi un dolce sibilo, che la parte
più
irrazionale e fisica di me mi impone. Ovviamente è la parte
più
soggetta al suo fascino a parlare, mi dico cercando di convincermene
davvero.
Certo, come se non ne fossi dannatamente attratta anche
mentalmente. A chi voglio darla a bere.
- Ahia - si porta lui una
mano al petto, sul cuore, in modo estremamente melodrammatico mentre
una smorfia teatralmente ferita gli si disegna in volto - Mi hai
ferito profondamente Dobrev. Il mio cuore sanguina per il dolore.
–
Roteo gli occhi al cielo, cercando di non fare troppo caso al
punto in cui le sue dita hanno increspato la maglietta e da cui si
nota un petto particolarmente tonico.
Si
molto tonico, le mie dita si stringono di riflesso come a ricercare
un contatto.
- Non so cosa ci abbiano trovato in te Julie e Kevin-
rincaro pungente la dose.
Se escludo il fatto che sei
tremendamente sexy, bello, intelligente e affascinante.
Ma questo
non glielo dico, continuando a tenere su la maschera
dell’offesa
quando in realtà mi è passata il secondo dopo che
l'ho visto.
Non
che non sia ancora delusa e tremendamente infastidita dal suo
comportamento, ma non posso farci nulla: lui ha un effetto
incredibile su di me. Solo… è così.
Non
so come o cosa faccia, ma riesce a farmi passare il nervoso e
l’arrabbiatura in poco tempo.
E
questo non fa che ricordarmi ancora di più il fatto che
forse
dovrei pormi delle domande importanti.
- Ti piace sempre il
gelato, vero?- cambia repentinamente discorso, facendo oscillare
davanti al mio naso un sacchetto verde con un sgargiante logo di una
gelateria.
La mia gelateria preferita per di più, allargo
sorpresa gli occhi.
Ed è davvero difficile non cedere, come mi
sono imposta, davanti ad una implicita ammissione di scuse. Forse
è
impossibile.
Perché
è così, è il suo modo un po’
contorto per dirmi che gli dispiace
e decisamente ha più effetto che dirlo a parole su di me. Ma
tutto
ciò che fa ha effetto amplificato su di me, in effetti.
- Che
gusti?- chiedo cercando di non risultare troppo curiosa e smaniosa di
avere entrambi, lui e il gelato. Possibilmente insieme in un letto
magari, mi mordo maliziosamente le labbra mentre l’immagine
voluttuosa e attraente di noi nudi in un letto che mangiamo il gelato
si delinea nella mia testa.
E il brivido di eccitazione è
insopprimibile a questa visione.
- Secondo te?- ribatte lui con un
sorriso vittorioso per aver attirato finalmente la mia attenzione,
inclinando lievemente il viso verso destra.
Non
smette però neanche un secondo di guardarmi mentre io
continuo ad
evitare, invece, un contatto troppo lungo e diretto con i suoi occhi
consapevole dell'effetto che mi fanno.
-
Stracciatella?- domando interessata pregustandone già il
sapore.
-
No, ritenta e sarai più fortunata - mi sorride divertito.
Pensierosa,
mi mordo le labbra pensandoci fino a quando un'illuminazione
improvvisa mi balena in testa.
- Cocco e cioccolato?- gli chiedo
sorpresa, anche se più che una domanda sembra
un’affermazione.
Ed
è quasi paradossale e ironico che questo tipo di gelato si
chiami
proprio vortice.
È quasi beffardo che richiami quello stesso vortice
in cui sprofondo ogniqualvolta c'è lui. Lo stesso che mi
avvolge
spietatamente anche adesso.
Il suo sorriso si amplia maggiormente,
accentuandosi e assumendo una sfumatura più dolce, morbida.
Forse
sta pensando la stessa cosa che sto pensando io.
La
mia mente mi ripropone quasi istantaneamente l’immagine di
noi in
una apparentemente anonima gelateria di Atlanta.
È
stata una delle nostre prime uscite, lui all’epoca era ancora
fidanzato.
L'invito
era capitato per caso, in una anonima pausa fra una ripresa e l'altra
lui se ne era uscito con questa improvvisata e io avevo accettato
senza tanti giri di parole.
Avere
la possibilità di passare altro tempo con lui e mangiare uno
dei
miei cibi preferiti mi era sembrato una delle cose più
piacevoli in
quel momento e avevo così accettato.
Eravamo
stati talmente bene che l'uscita si era ripetuto qualche giorno dopo,
trasformandosi però in un pranzo.
Forse
quello è stato l'inizio vero e proprio della nostra
frequentazione,
dal momento che da lì in poi il nostro rapporto si
è approfondito.
Mi
sorprende il fatto che se ne sia ricordato, non me lo aspettavo.
-
Sta volta però ho preso direttamente la vaschetta
– afferma
rompendo il flusso contorto e non molto coerente dei miei
pensieri.
Compie poi un passo verso di me, entrando di fatto nella
stanza con una semplice falcata.
Sorrido, dimenticandomi del
nervosismo, della delusione e di tutto il resto. Mi lascio assorbire
solo da lui, dal suo sorriso, dal suo profumo. E il vortice
ancora una volta mi .
Lo guardo negli occhi, ricambiando uno
sguardo imperscrutabile e mi accorgo che alcuni suoi comportamenti
non riesco proprio a decifrarli. Un secondo prima è allegro
quello
dopo no. Fa come se non gliene importasse nulla di me e di quello che
è successo e poi si ricorda particolari che non pensavo si
ricordasse. A volte è un completo rebus per me.
Inclina il viso
verso di me, abbassandolo alla mia altezza ma senza far scontrare le
nostre labbra e lasciandomi quindi fremere in attesa di quel
contatto.
Percepisco il suo respiro infrangersi placido contro la
mia guancia, caldo me la solletica in una carezza invisibile e appena
percepibile.
Alzo nuovamente lo sguardo, spostandolo a fatica
dalle sue labbra, dove si era focalizzato, e scontrandolo con il suo.
Restiamo a guardarci per qualche secondo, senza muoverci o
toccarci.
È lui a rompere questo equilibrio fatto di occhiate e
respiri che si mischiano, mettendo una mano sul mio fianco e
avvicinandosi ulteriormente.
I nostri toraci si sfregano in una
leggera, piacevole frizione mentre la distanza fra le nostre labbra
si dimezza ulteriormente.
E
non resisto più.
Mi alzo sulle punte, appoggiando una mano sulla
sua spalle e facendole scontrare finalmente.
E la sensazione di
sollievo e appagamento è impagabile. Mi era mancato
tremendamente il
suo sapore sulle labbra, ne ero in astinenza.
La solita
insaziabile voracità che ha caratterizzato quasi ogni nostro
precedente bacio lo vela fin da subito, portandoci ad approfondire il
contatto.
Forse
gli sono mancata anche io, sorrido quasi .
Sospiro contro le sue
labbra mentre riprendiamo respiro, le guance che bruciano e il cuore
che scalpita nel mio petto.
Ritorniamo a baciarci l’attimo dopo,
la mia mano affondata fra i suoi capelli e un suo braccio che scivola
languido intorno alla mia vita, tirandomi più vicina.
Artiglio la
stoffa sottile della sua maglietta, stropicciandola fra le dita
mentre l’impellente bisogna di averlo torna a farsi
prepotentemente
vivo.
È un bisogno ancestrale quasi, il desiderio mi brucia sulla
pelle talmente è intenso e tutto il resto cade velocemente
del
dimenticatoio.
Il
nervoso, la frustrazione e la stanchezza si volatilizzano in un
secondo.
Le ultime cose che sento, mentre mi spinge impaziente sul
letto, sono il rumore della porta che si chiude e il suono del
sacchetto che cade inerme sulla moquette.
E
poi sprofondo semplicemente nel vortice.
NOTE
Salve!!
Come va? Eccomi qui con un nuovo capitolo, abbiamo raggiunto la cifra
doppia!
1-
Allora questo capitolo si intitola “Vortice” e come
avete notato
è un concetto che torna più volte nel capitolo.
All'inizio
ci si riferisce ad un vortice più fisico, passionale, nella
parte
centrale
al vortice dei pensieri e, alla fine,
ad un vortice più sentimentale, un misto tra fisico e
mentale.
E
poi beh si riferisce anche ad un gelato, che esiste davvero! Spero
non sia considerata pubblicità occulta questa!
2-
Ci ho messo meno dell'altra volta a pubblicare il capitolo, ma sono
comunque in ritardo e mi scuso per questo. In realtà era
già pronto
sabato ma la mia connessione ha deciso di abbandonarmi e sono
riuscita a pubblicarlo solo ora. Il prossimo capitolo non so quando
sarà pronto, è ancora interamente da scrivere e
mi prenderò un
paio di giorni di riposo perché ne ho proprio bisogno!
Magari
scriverò qualcosa di altro o scriverò un capitolo
di un’altra ff
(delena)
Spero
di non farvi aspettare comunque troppo.
3-
Io e una mia amica ( si purtroppo la mia socia è Donnie, ma
la
convertirò!) abbiamo aperto un blog in cui troverete le
nostre
storie ( non solo ff ma anche storie originali), curiosità e
aggiornamenti sulle storie da noi scritte e molto altro. C'è
anche
una piccola chat in cui potete lasciare un commento senza
registrarvi. Vi lascio il Link blog
4-
Forse questo è un capitolo un po' di transizione, non
succede nulla
di eclatante o di sconvolgente per gli equilibri createsi. Diciamo
che serve a gettare le basi per i capitoli futuri.
La
domanda che
cosa siamo
è stata un po’ un input per l’evolversi
della storia nei
prossimi capitoli, da questo partiranno tutta una serie di eventi ma
non anticipo nulla!
5-Allora,
devo delle scuse ad una persona importante
e, anche se gliel'ho già fatte circa un centinaio di volte,
le
voglio rifare pubblicamente per fargli capire quanto mi dispiaccia di
non aver mantenuto fede ad una promessa fatta. So che ci tenevi e mi
spiace davvero tanto. Doveva essere un “regalo” di
compleanno e
sono arrivata in ritardo e mi spiace moltissimo anche di questo.
Quindi
questo capitolo è dedicato a te, la mia persona speciale
(perchè si
lo sei anche se Jovanotti dice “non
ci credere quando ti dicono che sei speciale”).
Ho
anche scelto un numero dispari di proposito, perchè so che
ti
piacciono di più di quelli pari.
E
grazie poi, come sempre, per avermi sopportato, spronato e
ascoltato.
6-
Questo è il capitolo numero 10
e siamo arrivati alla cifra doppia!
Sono
sorpresa perchè quando ho iniziato a scrivere questa storia
non so
se sarebbe durata o no. Vorrei quindi ringraziare tutti coloro che
mi hanno seguito fin qui dall'inizio e chi si è aggiunto in
corsa,
supportato e sopportato e chi mi legge ogni volta o lascia un
commento. Grazie!
7-
La mia creatrice di video (ninandian2) ha fatto un video sullo scorso
capitolo, dateci un’occhiata perchè è
molto carino. E grazie Ali
per averlo fatto!! VIDEO
TRAILER CAPITOLO 9
Ok,
direi che non c’è altro da dire. Spero che vi sia
piaciuto il
capitolo e troverete le risposte alle recensioni al più
presto.
Baciotti,
Live in Love.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 11 *** Slam ***
Note:
nel corso del capitolo troverete l'espressione "Slam"
presa in
prestito dal gergo dei fumetti e che indica una porta che sbatte. Buona
lettura!
CAPITOLO 11
SLAM
Prendo un respiro profondo e chiudo
gli occhi per qualche secondo, alla ricerca della giusta concentrazione
mentale
che solo il buio delle mie palpebre mi consente.
L'attimo dopo chiudo anche il
copione, appoggiandolo delicatamente sulle mie gambe e sentendomi
finalmente
pronta a ripetere le battute nel modo corretto.
Schiudo allora le labbra permettendo
all'aria, modulata, di uscire e diventare parole.
Recito in modo sciolto le prime
battute,
concedendomi anche di aggiustare l'espressione. Tuttavia, mi blocco
inevitabilmente
a metà della frase successiva, percependo l'incertezza
pervadermi nel
constatare che non so assolutamente come continuarla.
Rimango semplicemente con le labbra
dischiuse e gli occhi puntati davanti a me, non vedendo realmente
ciò che ho
davanti e non sapendo cosa dire mentre la mia mente si svuota
totalmente e all'istante.
Improvvisamente non mi invia più alcun impulso, rimanendo
inesorabilmente inerme.
Mi sento terribilmente simile ad un pesce d'acqua dolce in questo
momento, penso
aprendo e chiudendo la bocca un paio di volte.
E' come se fossero bloccate,
censurate dalla mia stessa testa che si rifiuta di impararle.
Dannazione.
Mi mordo le labbra, cercando di fare
mente locale e ricordarmi
quel maledetto
pezzo che non vuole proprio saperne di entrarmi in testa.
E' da un'infinità di minuti
che ci
provo senza concludere nulla.
Riprovo ancora, un'ultima volta,
ripetendole tutte dall'inizio. Magari così avrò
un filone logico e la mia
memoria si deciderà a collaborare. Foglio per foglio
scorrono veloci e sciolte,
ma, quando arrivo a quel benedetto punto, mi fermo come tutte le volte
precedenti.
Non
passa neanche infatti un secondo che mi accorgo che di nuovo non mi sta
rimanendo nulla in testa se non il vuoto più totale. Mi
ritrovo così a
chiedermi come sia possibile che non mi ricordi niente visto tutte le
volte che,
ormai, le ho ripetute. Davvero troppe ed estenuanti. Sospiro, spostando
lo
sguardo sulle mie dita che nervose e agitate stropicciano l'angolo del
foglio
in alto a destra.
Manca
meno di un ora all'inizio delle riprese e io ancora non so
completamente le battute. Mi toccherà improvvisare, sospiro
stringendomi corrucciata
tra le spalle. O peggio, fare scena muta.
Lo
liscio, tentando di stirare le pieghe che io stessa ho creato finendo,
però, per tornare a spiegazzarlo con nervosismo l'attimo
dopo. Forse sto semplicemente
sbagliando metodo, magari leggendo ad alta voce mi entrerà
finalmente in testa.
In fondo è scientificamente testato che si impara di
più così, no?
Sono
distratta
e poco concentrata. E' questa la verità, c'è poco
da fare.
Sei
distratta
da lui, subito mi ricorda sibillina
una voce acuta e petulante nella mia testa innervosendomi ancora di
più. La
zittisco con un sonoro sbuffo che mi gonfia le guance, scacciandola e
non
badandoci più di tanto. Mi distrae già
indirettamente figuriamoci se mi metto
anche a pensarlo volontariamente. Mi inumidisco poi le labbra,
rifocalizzando
l'attenzione sul copione.
-
Damon entra
nella stanza...- inizio a leggere ad alta voce ben decisa a tentare
ancora una
volta, portandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
Mi
blocco, però,
l'attimo dopo mentre il mio cervello
associa simultaneamente un volto al personaggio che ho appena citato.
Un paio
di occhi azzurri, soprattutto, si proiettano nitidi nella mia mente,
sorprendentemente azzurri e ipnotici, guardandomi maliziosi e
stordendomi come
ogni volta che li incrocio.
Mi
mordo il
labbro inferiore, torturandolo con i denti, mentre un'ondata di
piacevole
calore mi pervade al solo pensarlo. E mi rendo conto che non riesco
fare a meno
di pensare a lui.
-
Al diavolo,
improvviserò - dico lasciando cadere il plico di fogli sul
divano, che si apre
quasi a ventaglio.
E
tutta la mia
determinazione e la mia buona volontà va a farsi friggere
grazie ad un paio di
occhi azzurri e uno sguardo maliziosamente invitante. Li
guardo torvamente fulminandoli con lo sguardo neanche fossero persone
in carne
ossa invece che semplici e ostili fogli, spiegazzati e abbandonati poco
lontano
da me.
Incrocio poi le braccia al seno,
nervosa e irritata dalla situazione in cui mi trovo. E non è
solo colpa del
copione, purtroppo.
Non è, infatti,
semplicemente
questo a infastidirmi, un paio di battute che non riesco a imparare. Oh
no.
La verità è
un'altra, che più sottilmente
ne nasconde un'altra ancora al suo interno. Come le scatole cinesi, un
problema
ne contiene sempre un altro. Non sono solamente distratta, sono
distratta da lui.
Cosa decisamente diversa visto come
assorbe ogni mio pensiero e tutta la mia attenzione.
Non sono le solite riflessioni, i
dubbi infondati e le insicurezze.
Sono domande che mi frullano in
testa e a cui non riesco a dare delle risposte rassicuranti. Eppure
sembrano
così facili, semplici, e, invece, le risposte sono
l'opposto, criptiche e
difficili.
Allungo le gambe davanti a me,
distendendole placidamente e cercando di rilassarmi mentre sprofondo
nei miei
pensieri, abbandonando del tutto l'idea di prepararmi in modo almeno
decente
per il lavoro.
Il suo comportamento non me ne da,
sospiro torturando il bordo del mio maglione blu scuro.
Ha un atteggiamento ambiguo, quasi
bipolare. Un secondo prima è di buon umore e scherza con me,
quello dopo
non mi calcola di
striscio tenendomi a
distanza e parlandomi solo il minimo necessario.
Lo ha fatto di nuovo anche ieri
sera sul set. Mentre eravamo nel corridoio, deserto vista l'ora, ha
scherzato
prendendomi in giro e siamo finiti persino a flirtare. Non appena
invece
abbiamo messo piede sul set si è subito allontanato con la
prima scusa,
cambiando immediatamente registro.
Che abbia un bipolarismo alla
dottor Jackie e Mr Hide? Mi domando, scoppiando quasi a ridere a questo
assurdo
pensiero.
Con ancora un sorriso leggero sulle
labbra torno a immergermi tra i miei nebbiosi pensieri, sprofondandovi
totalmente.
La mia mente mi ripropone tutti i
suoi comportamenti, snocciolandoli e ripresentandomeli uno ad uno.
Sono passate ben due settimane
ormai dalla prima volta che siamo stati insieme. Due settimane in cui
ha avuto
un atteggiamento davvero ambiguo. Caldo e freddo.
Ci siamo visti in ogni attimo
libero, finendo per rotolarci tra le lenzuola dopo poco.
E anche nei camerini, mi mordo le
labbra ricordandomi di qualche giorno fa quando, in una pausa tra una
ripresa e
l'altra mi ha trascinato nella prima stanza vuota che gli è
capitata sottomano.
Un velo di amarezza vela quel
ricordo, però, mentre
mi ricordo anche
di come dopo sul set mi ha praticamente ignorato. Di nuovo.
Non è infatti la prima
volta che
succede, tutt'altro.
Onestamente pensavo che dopo quella
sera e quelle scuse nascoste dietro uno squisito gelato avesse capito.
E invece
no.
Continua ad essere con me una
persona e in pubblico un'altra, diversa e abbastanza distante. Niente
più
occhiate di intesa o sorrisi complici, per non parlare degli abbracci o
degli
sfioramenti casuali che si sono praticamente azzerati.
Si limita ad un comportamento
normale, quasi lavorativo. E io non ne comprendo davvero il motivo.
Inizialmente pensavo di aver fatto
indirettamente qualcosa che lo avesse infastidito, ma col passare dei
giorni ho
poi capito che non era così.
A questo punto mi chiedo se
è
davvero un bravo attore o se semplicemente non ci vede nulla di
più in questo
rapporto, fatto di sesso e comportamenti ambigui.
Un'improvvisa morsa fastidiosa mi
stringe lo stomaco a questa possibilità, infastidendomi e
infondendomi un senso
di acuto sconforto.
Sospiro, portandomi dietro
l'orecchio un ciuffo di capelli.
E poi c'è la domanda di
Candice. Continua
a vorticarmi in testa, combinandosi con possibili risposte confuse e
disorganiche che non fanno altro che aumentare il mio senso di
nervosismo. Che
è decisamente fin troppo. Una smorfia stende le mie labbra,
arricciandole in
una sorta di broncio contrariato.
Che cosa siamo? Mi chiedo per la milionesima volta,
non riuscendo a
togliermela dalla testa.
Più ci provo meno ci riesco.
Ho passato interi giorni a
chiedermelo.
Inizialmente l'avevo accantonata, convinta semplicemente che sarebbe
mutato in
qualche modo il suo atteggiamento dopo quella sera e, di conseguenza,
anche il
nostro rapporto. Era logico e naturale pensarlo, infondo. Invece non
è stato
così, i giorni passavano inesorabilmente e lui continuava a
mostrare due facce
della stessa medaglia.
Lentamente si è insinuato
allora un
dubbio più profondo, radicandosi nelle mie insicurezze che
erano però
comprovate dai fatti questa volta. Non sono io che mi faccio dei film o
delle
paranoie inesistenti come al solito, c'è davvero qualcosa che non va. Non
è un comportamento normale,
da Ian.
Non ho pensato solo al suo
comportamento e cosa vede lui in noi, ma anche a cosa ci vedo io.
Magari era
semplicemente quello il problema, quel senso di vuoto scaturito da una
mancata
risposta. Ci avevo riflettuto attentamente allora.
I primi albori della convinzione
che non volevo un semplice rapporto di amici di letto si era
affacciata,
prendendo sempre più vigore e trasformandosi in una certezza
vera e propria.
Mi stringo nelle spalle rendendomi
sempre più conto che non lo voglio davvero. Non mi basta.
Si era radicato così in
profondità
fin quasi a corrodermi, comportando una sequela infinita di domande.
Io una risposta me la sono data,
lui avrà fatto lo stesso?
Si sarà posto la mia stessa
domanda? O forse non gli importa e il suo atteggiamento ne è
un chiarissimo
segnale?Infondo cosa c'è di più diretto di un
comportamento per farlo capire?
Va dritto al punto, non
lascia fraintendimenti
e non ha neanche bisogno di spiegazioni.
Che cosa siamo per lui? Io
che cosa sono per lui? Sprofondo
nell'imbottitura del divano con un sospiro stanco, sentendo tutto il
peso di
queste domande sulle spalle.
Sono tutti quesiti irrisolvibili,
senza una risposta precisa che le annulli definitivamente. Sono
dannatamente
snervanti.
Ci sono troppe possibilità,
molte
soluzioni che potrebbero rendermi felice o l'opposto.
Sbuffo, chiudendo per un secondo
gli occhi mentre mi ripeto di stare tranquilla. Cosa che sembra davvero
impossibile. Mi sento tesa e nervosa, un misto di sconforto e
irritazione
ineguagliabile.
La stessa identica sensazione che
mi pervade spietata quando noto il suo comportamento distaccato e
freddo.
Devo pensare alle battute ora,
svuotare la mente e imparare quella maledetta frase.
Non posso mettere il lavoro in
secondo piano, devo essere professionale.
Professionale, mi ripeto scandendo
le parole come a convincermene del tutto.
Ok, svuota la testa e stai
tranquilla Nina.
Purtroppo, però, i pensieri
non se
ne vanno, le domande rimangono sempre li subdolamente in agguato ad
ostacolarmi
quasi volontariamente.
Evidentemente pensare troppo fa
venire sete, noto l'attimo dopo percependo la gola asciutta che reclama
acqua.
Pigramente mi alzo, avvicinandomi
alla piccola scrivania in legno chiaro nell'angolo su cui ho ammassato
la
borsa, dei fogli e tanta altra roba.
Chissà perché
non riesco mai a
tenere in ordine il mio camerino, noto distrattamente mentre mi lego i
capelli
in una coda precaria.
Prendo poi la bottiglietta d'acqua
mezza vuota e la apro con una torsione lieve del polso.
Ne prendo un piccolo sorso,
cercando di concentrarmi e svuotare la mente del tutto la mente da ogni
cosa.
La riposo e porto poi una mano sul
mio collo, massaggiandolo lievemente e tentando di sciogliere i nervi
accavallati per la tensione e la postura. Ci mancava giusto il male al
collo.
Socchiudo gli occhi, appoggiando i
fianchi contro il bordo della scrivania
Ed è proprio quando mi
sembra di
aver trovato quel briciolo di concentrazione che mi serve per farmi
entrare in
testa finalmente queste dannate battute che la persona per antonomasia
che mi
distrae mi compare davanti. O meglio alle spalle.
- Vuoi un massaggio?- la sua voce
suadente e bassa mi arriva nitida e vicina, assomigliando
più a una decisa
affermazione che ad una domanda vera e propria e rompendo il silenzio.
Sobbalzo leggermente,
riconoscendolo subito dal solo timbro della voce.
Ian.
- Lo sai che sono bravo - mormora
malizioso alludendo a tutte le volte che le sue dita mi hanno
accarezzato. Anche
se non lo vedo so che sta sorridendo, stendendo le labbra in quel mezzo
ghigno
che lo contraddistingue.
E che mi provoca inesorabilmente le
palpitazioni.
Non l'ho sentito arrivare, noto
deglutendo mentre il mio cuore incomincia a pompare il sangue
più velocemente e
il mio battito si trasforma in una corsa sfrenata e aritmica.
E' vicino come suono, troppo,
facendomi intendere che è davvero in prossimità
del mio corpo.
Trattengo il respiro, percependo il
nervosismo dettato dall'irritazione abbandonarmi e lasciare il posto ad
un
fremito dettato dall'attesa. Perché è questa la
cosa assurda, è lui a causarmi
il nervoso ed è l'unico che me lo fa passare con la sua sola
presenza. E'
assurdamente stupefacente.
Istintivamente raddrizzo la
schiena, il corpo che si tende automaticamente quando lui è
nelle vicinanze in
una sorta di vogliosa allerta.
Forse basterebbe semplicemente un
lieve sbilanciamento all'indietro, un'arcuatura della schiena per
toccarlo come
mi fa notare il calore del suo corpo appena percepibile, ma che arriva
distinto,
scaldandomi. O forse è la sua stessa presenza a scaldarmi.
E' come se il mio corpo lo
riconoscesse, presentando i consueti "sintomi".
I brividi per la schiena, le
palpitazioni e quel senso di qualcosa che si scioglie alla bocca dello
stomaco
e che mi fa ineluttabilmente fremere.
Per non parlare di quando mi tocca,
mi mordo le labbra continuando a non voltarmi e dargli le spalle.
Le sue mani si posano sulle mie
spalle qualche secondo dopo con una lieve pressione.
Calde, mi toccano e mi
massaggiano lentamente nel tentativo di
sciogliermi le contratture.
Il mio corpo si tende ancora di
più
sotto il suo delizioso tocco, anelandole subito uno più
diretto.
Con le dita solletica la porzione
di pelle sensibile lasciata scoperta dallo scollo rotondo della mia
maglia,
continuando a massaggiarmi.
- Sei tesa - sussurra sorpreso
constatando l'ovvietà portandomi ad annuire lievemente.
La sua voce mi arriva ancora
più
vicina, nitida e sensuale all'orecchio facendomi rabbrividire.
Eccoli qui i famosi brividi e le
consuete farfalle nello stomaco, non posso fare a meno di sospirare
mentre le
sento arrivare.
Il suo respiro che lento e
cadenzato continua a infrangersi sensuale contro di me poi non mi aiuta
di certo
a darmi una calmata.
Socchiudo gli occhi, chiudendoli
quasi del tutto mentre mi beo di questo contatto sentendo tutti i miei
nervi
rilassarsi sotto il suo tocco leggero e vellutato.
E dannatamente erotico. Come fa un
tocco ad essere allo stesso tempo rilassante e sensuale?Non lo so, ma
anche il
più casto dei suoi gesti nasconde un'eroticità
insita e implicita.
Del tutto istintivamente muovo un
passo indietro, alla ricerca di un contatto maggiore con il suo corpo,
facendo
scontrare la mia schiena contro il suo petto. Mi rilasso contro di lui
mentre
continua a massaggiare la pelle delicata del mio collo.
L'ormai familiare formicolio al
basso ventre si presenta, portandomi a sfregare leggermente le cosce
tra loro e
inarcarmi contro di lui.
Il
momento
viene, però, interrotto l'attimo dopo, quando una voce
divertita e ilare rompe
il silenzio e una figura compare sull'uscio della porta.
-
Ehi piccioncini!-
esordisce Paul, palesandosi sulla porta accompagnando le sue parole ad
un
leggero bussare delle nocche contro il legno.
Colta
di
sorpresa mi giro di scatto, finendo per scontrare la bottiglia con il
braccio e
facendola cadere per terra, fortunatamente chiusa.
Lui
aggrotta le
sopracciglia non appena nota come siamo messi, terribilmente vicini e
intimi.
Di certo le mie guance rosse e l'espressione colpevole stampata in
faccia
devono avvalorare quello che sta pensando, che non è
difficile da intuire.
-
Che c'è?-
mormoro con la voce leggermente spezzata, che fatica a uscire.
-
Ci aspettano
sul set- dice in risposta ai miei occhi spalancati con un'espressione
ovvia
accompagnata da un sorriso un po' imbarazzato.
Sospiro,
annuendo e soffiando
l'aria tremolante
tra le labbra mentre mi rendo conto che siamo sempre perennemente
interrotti.
Tuttavia, è ben altro ad attirare la mia attenzione l'attimo
dopo.
Ian
quasi
sobbalza a questo breve scambio di parole, irrigidendosi all'improvviso
e senza
alcuna spiegazione coerente. Percepisco distintamente il suo corpo
tendersi inconsuetamente
nervoso come una corda di violino. Come se tutto questo non bastasse a
stranirmi, lui si allontana di un paio di passi qualche secondo dopo
prendendo
le dovute distanze da me.
Un
freddo senso
di vuoto mi pervade subito insieme ad una punta di nervosismo che mi
porta ad
assottigliare leggermente gli occhi
e
fissarlo corrucciata. Eccolo qui il comportamento da bipolare, noto non
potendo
fare a meno di tendere le mie labbra in una smorfia infastidita. E si,
anche un
po' ferita.
Si,
c'è
decisamente qualcosa che non va. Non è un modo di fare
normale. Non si è mai
fatto problemi a toccarmi o starmi vicino in presenza di Paul. E'
assolutamente
una reazione fuori luogo, esagerata.
Non
dico nulla,
lasciando che un pesante silenzio cada nella stanza Mi limito a
fissarlo
silenziosamente, cercando di capire cos'ha e sperando intimamente che
alzi gli
occhi su di me e mi guardi. Invece non lo fa, continuando a puntare
ostinatamente lo sguardo nella direzione opposta alla mia e privandomi
così
della possibilità di capire qualcosa in più
proprio da quello.
Mi
sta evitando.
-
Mi dispiace interrompervi, ma il grande capo mi ha mandato
a chiamarvi – ci dice riferendosi a Julie ed esibendo un
sorriso un po'
imbarazzato, che assomiglia terribilmente a quelli di circostanza.
Forse
si sente a disagio per averci interrotto, noto
silenziosamente continuando a non staccare gli occhi dalla figura
contratta di
Ian.
Distoglie
poi lo sguardo da noi, dischiudendo le labbra per
parlare ancora, ma Ian non gliene da tempo, infliggendomi una
stilettata
spietata.
-
Non hai interrotto nulla
– ribatte lui con un tono deciso e non so se è
solo frutto del mio subconscio ferito,
ma mi sembra che abbia calcato dolorosamente su nulla.
Quella
parola mi rimbomba in testa in un eco infinito,
provocandomi una sensazione dolorosa alla bocca dello stomaco che mi
opprime.
E
ancora una volta le sue parole pesano, gravandomi addosso e
innervosendomi inverosimilmente.
Nulla,
penso amara ripetendo le sue stesse parole.
Arrabbiata
e delusa lo guardo male, ma lui non mi da neanche
la possibilità di sfogarmi con un'occhiataccia continuando a
non guardarmi. E
l'irritazione divampa, aumentando ancora.
La
cosa che mi fa innervosire davvero è che non siamo ad una
premier 0o in pubblico, ma davanti ad un nostro amico che ha visto
comportamenti molto più intimi di un semplice massaggio.
Ci
ha persino visto dormire insieme, direi che di certo non
si scandalizza per un mezzo abbraccio.
Ian
compie un altro passo lontano da me, recuperando la
giacca dal divano e di cui non mi ero accorta.
Rigido
come un pezzo di marmo si ferma poi poco lontano da
Paul, pronto ad uscire ed andarsene. Se crede che lo lascerò
sfuggire ancora
dopo un comportamento del genere si sbaglia di grosso. Sono decisamente
al
limite, non mi sta più bene. Voglio una spiegazione. Ne ho
bisogno.
Perché
fa così? Mi chiedo per l'ennesima volta non capendolo
e non capacitandone.
Davvero
non lo comprendo.
-
Quindi smettetela di tubare e venite- ride prendendoci
bonariamente in giro e cercando probabilmente di sciogliere la tensione
che si
percepisce nell'aria.
Nessuno
dei due ride o risponde alla sua battuta, tanto meno
Ian che evita di scherzare come fa di solito, ribattendo ironico con
una
frecciatina divertente.
Cala
semplicemente il silenzio, di nuovo, che
appesantisce l'atmosfera rendendola tesa e
opprimente.
Paul
aggrotta confuso le sopracciglia, non capendo il perché
di questa tensione nervosa mentre alterna lo sguardo tra di noi. Non
l'ho
capita neanche io in verità.
Poi
mi sorride lievemente, capendo che non tira una buona
aria e che vogliamo rimanere da soli.
Ricambio
il suo sorriso stendendo le labbra in una smorfia
forzata e tesa, per nulla naturale. Il mio sguardo si posa su Ian, di
nuovo, lontano
da me e dolorosamente rigido.
Lui
non mi guarda, tenendo gli occhi ostinatamente lontani
dai miei e puntati contro la parete opposta. E il mio istinto mi porta
a
pensare che lo sta facendo volontariamente,
-
Ehm... io vado, vi aspetto sul set- mormora Paul,
grattandosi la nuca con una mano e intuendo che qualcosa non va.
Annuisco,
sorridendogli debolmente mentre Ian lo saluta con
un vago cenno del capo.
-
Si, arrivo subito-
E
in meno di un secondo esce dalla porta da cui è entrato
neanche qualche minuto fa, chiudendosela alle spalle e restituendoci un
minimo
di intimità.
Mi
volto verso Ian, caparbiamente decisa a capire cosa non
va.
Lui
non si avvicina, rimanendo sempre a qualche passo di
distanza da me e costringendomi compiere il primo passo.
-
C'è qualcosa che non va?- gli domando diretta, senza tanti
giri di parole guardandolo attentamente.
-
No – ribatte freddo e con un tono incolore, non muovendo un
muscolo.
-
Sicuro?- aggrotto le sopracciglia, scrutandolo con cautela
nel tentativo di capire se è davvero così.
Lo
squadro cercando di decifrare la sua espressione, che
risulta però imperscrutabile e illeggibile.
-
Non è che se me lo chiedi più di una volta la
risposta
cambia- ribatte velenosamente lanciandomi un'occhiata glaciale.
Un'ondata
di caldo nervoso mi travolge, facendomi avvampare e
arrossandomi le guance.
Mi
mordo l'interno della guancia per non ribattere acidamente
che potrebbe anche starci visto che fra i due è lui quello
bipolare. Ma non lo
dico rimanendo semplicemente in silenzio.
Lui
non dice nulla, rimanendo chiuso nel suo mutismo.
-
Ian - lo chiamo sbuffando, pronta a parlare e chiedergli il
perché di questo comportamento assurdo ed esasperante.
-
E' tardi-
ribatte lui in risposta, continuando a non guardarmi negli occhi e ad
essere
rigido. - Ci aspettano-
Non
mi ha
neanche lasciato parlare, espiro violentemente l'aria tra i denti
percependo
l'irritazione montare a spirale dentro di me.
E
l'arrabbiatura si riversa a fiotti nelle mie vene, irritandomi ed
eliminando
qualsiasi freno alle mie parole, che scappano dalle mie labbra
dischiuse.
-
Ah, ora sei diventato
improvvisamente
promotore della puntualità? Non mi sembrava ti interessasse
molto- soffio
tagliente riferendomi a tutte le volte che mi ha fatto arrivare in
ritardo.
Davvero
molte
in queste ultime settimane. Ormai non mi dicono neanche più
nulla sul set,
limitandosi semplicemente ad aspettarmi.
-
Scusa?- il
suo sopracciglio scuro saetta pericolosamente verso l'alto, inarcandosi
mentre
mi inchioda con un occhiata inquisitrice.
-
Non ti fai
tutti questi problemi quando mi devi scopare nella doccia- sibilo
arrabbiata ed
inverosimilmente irritata dal suo comportamento, assottigliando gli
occhi e
trucidandolo con lo sguardo.
-
Al contrario
tuo io ci tengo alla mia professionalità- sibila duro e
freddo, trafiggendomi
con le sue parole.
In
credula sbarro
gli occhi, mentre il nervoso arriva a livelli così
impensabili da togliermi
ogni replica, lasciandomi muta. Mi ha appena detto che non sono
professionale.
Ma
chi diavolo
si crede di essere?Penso furente e punta nel vivo. Come si permette!
Senza
dire
altro si muove sotto i miei occhi sbalorditi, uscendo dal mio camerino
con la
stessa velocità con cui è entrato e sbattendosi
violentemente la porta alle
spalle.
E rimane solo il rumore della porta
del mio camerino che sbatte violentemente, che mi echeggia nelle
orecchie e che
si mischia al mio nervosismo.
Slam.
************
"Il
bel tenebroso Ian Somerhalder, attore di successo della serie
televisiva The
Vampire Diaries, sembra aver rotto la storia con la sua ex fidanzata,
Megan
Auld, conosciuta qualche anno prima. Le fans di tutto il mondo sono
curiose ora
di sapere se ha già fatto conquiste il bell'Ian o se
qualcuna ha già rapito il
suo cuore.
"
Colta da un
insopprimibile moto di stizza e nervoso chiudo con un gesto secco il
giornale
di gossip che ho fra le mani, interrompendone bruscamente la lettura.
Giustamente il
bel tenebroso mi tormenta e mi
perseguita anche quando non c'è, sbuffo torva e scura in
volto.
E meno male
che avevo deciso di dare un'occhiata a quel giornalino per teenager dal
bassissimo profilo culturale proprio per distrarmi e non pensare a
nulla, non
accorgendomi della sua faccia stampata in bella mostra sulla copertina
e del
titolo a caratteri fluorescenti e cubitali. Infondo in qualche modo
dovevo pur
ingannare l'attesa.
Lo avevo
sfogliato distratta e annoiata, vagando tra una dieta dimagrante a base
di uva
e un test sulla coppia fino ad arrivare a metà giornale,
dove una foto di Ian
campeggiava occupando quasi tutta la pagina. E la curiosità
aveva prevalso su
tutto il resto.
E' uno dei
soliti articoli, in cui attribuiscono presunti flirt e storie mancate
ma come
non mai mi ha innervosito e irritato.
Le fans di tutto il mondo sono curiose
ora di sapere se qualcuna ha già
rapito il suo cuore, scimmiotto
nella mia testa parte di quell'articolo deridendolo e prendendolo in
giro,
sperando intimamente che almeno questo mi faccia stare meglio e allenti
la
presa che mi stringe lo stomaco.
Lancio
un'occhiataccia alla rivista, allontanandola ancora da me come se la
sua sola
vicinanza potesse innervosirmi maggiormente. Incrocio poi le braccia al
petto
mentre il mio flusso di pensieri stizziti e nervosi è
interrotto l'attimo dopo
da un turbinio di capelli biondi e da un'ondata di profumo femminile.
Chanel.
- Non sapevo
ti interessassi al gossip – ridacchia una voce acuta e
divertita, attraversata
da una nota affettuosamente ironica, che conosco fin troppo bene.
Alzo lo
sguardo scuro trovando la figura slanciata e sgargiante di Candice in
piedi di
fianco a me che mi guarda attenta.
- Anzi, visto
il soggetto in copertina mi stupisco che tu non l'abbia ancora
infilzato con
gli stuzzicadenti - afferma tra il serio e il divertito, lanciando
un'occhiata
significativa al giornale appoggiato poco lontano da lei.
Assottiglio
gli occhi innervosita dalla sua sola presenza, anche se staticamente
impressa
su un giornale.
Ovunque vada,
qualsiasi cosa faccia lui è sempre presente.
- Si era il
prossimo passo dopo gli insulti mentali in effetti- bofonchio facendola
ridacchiare mentre si sfila il cappotto rosso e lo appoggia
accuratamente sulla
sedia alla sua sinistra, su cui è presente anche la mia
borsa. - Grazie del
consiglio-
Si siede di
fronte a me l'attimo seguente, sfregando le mani tra di loro per
scaldarle
mentre punta gli occhi azzurro cielo su di me.
E' in arrivo
la seconda parte di interrogatorio, mi dico riconoscendo quello sguardo
furbetto a cui mi sottopone quando è in procinto di
massacrarmi con una sfilza
infinita di domande.
Mi lancia
infatti un'occhiata attenta, squadrandomi. Arriccia poi leggermente le
labbra
alzando l'angolo sinistro della bocca verso l'alto stendendole in una
smorfia
contrariata mentre intanto aggrotta le sopracciglia.
- Dall'umore
nero, il cipiglio da " non avvicinatevi che mordo" e lo sguardo
assassino, suppongo tu sia ancora arrabbiata- sentenzia alla fine della
sua
accurata analisi, appoggiando il mento al palmo della mano e
continuando a
guardarmi scrutatrice.
Ecco che
inizia.
Incasso la
testa fra le spalle, distogliendo istintivamente lo sguardo dal suo e
puntandolo sul cielo cupo e grigio che la vetrata mi permette di
intravedere.
E' scurito,
con sfumature quasi metalliche e argentee preannunciando pioggia
imminente. E
io non ho l'ombrello.
Proprio come i
suoi occhi quando sono cupi e intorbiditi dal desiderio. Il respiro mi
si ferma
in gola e la morsa che mi stringe lo stomaco aumenta togliendomi quel
poco di
appetito che già avevo.
- Si - soffio
con un sospiro appena udibile, che probabilmente si perde nel brusio
del
locale.
- Ho anche il
ciclo- aggiungo con un'evidente smorfia infastidita che la fa
ridacchiare.
- Non ti manca
niente allora-
- Il mio umore
non potrebbe essere più nero di così-
- Vampire
Barbie deve entrare in azione e fare una strage?- scherza cercando di
strapparmi
un sorriso e stranamente ci riesce, facendomi ridacchiare leggermente.
Sorriso che
scompare però l'attimo dopo, sostituito da una smorfia cupa
che mi adombra il
volto non appena mi ricordo del motivo principale che mi rende
così scorbutica.
La mia mente non perde occasione di ripropormi in sequenza tutte le
cose che ci
siamo detti culminate con la porta del mio camerino sbattuta e che mi
rimbomba
ancora nelle orecchie.
- Si sarebbe
di aiuto- bofonchio sorseggiando il mio fumante the nero.- Anche se
probabilmente
ti accuserebbero di crimine contro l'umanità visto tutte le
fans che si ritrova
al seguito- affermo qualche attimo dopo, il sapore un po' amaro sulle
labbra e
un sopracciglio inarcato accompagnato da una smorfia stizzita.
Lei ride
girando il cucchiaino nella tazza rossa che ha davanti, soffiandoci
leggermente
sopra per raffreddarla.
Le lancio
un'occhiataccia percependo un ulteriore senso di fastidio pervadermi
istantaneamente e inondarmi. Non ci trovo assolutamente nulla da
ridere, mi
mordo nervosamente le labbra.
Non è un
nervosismo da arrabbiatura o irritazione, è diverso e
più subdolo. E' fastidioso.
La cosa davvero preoccupante
è che non è
neanche la prima volta che
mi capita, tutt'altro.
E' successo
anche la settimana scorsa quando la truccatrice ha fatto un po' troppo
la
svenevole con Ian.
E non fa altro
che innervosirmi di più dal momento che non so definirlo ed
etichettarlo. Forse
non voglio semplicemente dargli un nome. Scaccio questo pensiero con
una
scrollata di capo, decidendo di relegarlo il più lontano
possibile dalla mia
attenzione e allontanandolo subito. Direi che il livello di nervosismo
è già
fin troppo alto oggi anche senza questo.
E poi ho già fin troppi pensieri.
Dopo un
ultimo, caldo sorso poso sul tavolino anche la mia tazza, tenendola poi
fra le
mani e beandomi del lieve tepore che emana. Davvero molto piacevole e
che mi
riscalda in minima parte, provocandomi un caldo brivido lungo la
schiena.
Fa veramente
freddo oggi, noto decidendo di virare bruscamente i miei pensieri su
altri
argomenti.
Con sguardo
attento scruto il cielo notando come sia cupo non c'è
neanche un raggio di sole
che filtra fra le nuvole a riscaldare l'aria rendendola più
briosa. Decisamente
è in linea con il mio umore nero.
Benvenuto
dicembre, sospiro.
- E' inutile
che fai quella faccia!- mi riporta alla realtà la voce
accusatoria di Candice,
facendomi voltare verso di lei - La prima a incriminarmi saresti tu -
soffia
con un sorriso trionfante stampato sulle labbra di chi sa di aver
ragione,
beccandosi subito dopo la mia occhiataccia.
- Simpatica -
affermo ironica, per nulla divertita dalla sua presa in giro anche se
so che è
terribilmente vera.
Scaccio subito
questo pensiero, inopportuno e fastidioso più che mai in
questo momento.
Inclino
leggermente il viso, giocando distrattamente con le dita con la bustina
vuota
di zucchero.
- Lo sai anche
tu che è vero - continua Candy - Come faresti senza il tuo Som- mi prende bonariamente in giro,
usando e calcando sul
soprannome con cui chiamo Ian.
E' nato
fortuitamente, una sera di fine estate in cui faceva davvero troppo
caldo
mentre eravamo sul balcone della sua camera. Tra una chiacchiera e
l'altra
aveva scherzato, prendendomi in giro, portandomi a rabbonirlo con un
pugno
sulla spalla e quel nomignolo era uscito fuori istintivamente dalle mie
labbra
mentre lo chiamavo. Da allora lo avevo sempre chiamato così,
era diventato il
suo soprannome.
Sospiro
pesantemente mentre il ricordo indelebile di noi due allegri e svagati
svanisce
lentamente dalla mia mente lasciandomi addosso solo un senso di
sconforto e
un'ombra scura che mi adombra il volto. All'epoca eravamo davvero solo
semplici
amici con una sensuale attrazione fisica che rendeva l'aria
tremendamente
elettrica quando eravamo troppo vicini.
Ora quasi
neanche mi saluta più in pubblico, penso amara.
La mia
espressione diventa ancora più scura e introversa a questo
pensiero,
incupendosi maggiormente e provocandomi un'ondata di pensieri negativi.
- Non lo so,
ma evidentemente lui non fa molta fatica a stare senza di me- le
rispondo
aspra, sibilando l'aria tra i denti il nervosismo si acutizza.
Mi stringe
opprimente lo stomaco, snervandomi
e
facendomi passare del tutto l'appetito. Con una mano spingo leggermente
lontano
da me il piatto decorato dei biscotti al cioccolato.
I miei occhi
si soffermano per un attimo sulle forme di pastafrolla mentre mi
ricordo di
tutte le volte che ci siamo scambiati i dolci, dividendoli a
metà
Candice mi
guarda per qualche secondo interdetta, lo sguardo che da divertito
diventa
serio. Non sta più scherzando ora.
- Nina, magari
lui...- inizia a parlare ribattendo a quello che ho appena detto, ma
non la
lascio finire interrompendola.
- No, Candy -
sbotto arrabbiata, percependo l'irritazione aumentare e dilaniarmi.
Ora lo
giustifica?Dopo come si è comportato con me? Penso irritata
assottigliando gli
occhi mentre avvampo per il nervoso.
L'irritazione
aumenta così tanto da scaldarmi le guance, arrossandole e
arrivando a livelli
impensabili.
Lei richiude
le labbra l'attimo seguente, rimanendo in silenzio per qualche secondo
e
limitandosi a guardarmi dispiaciuta.
Chiudo un
secondo gli occhi, accorgendomi di aver esagerato
e di essermi lasciata travolgere dal
nervosismo. Mi sento così tesa e contratta, sospiro
passandomi una mano tra i
capelli.
- Scusami - mi
scuso l'attimo dopo con un filo di voce, riaprendo gli occhi e
guardandola
realmente dispiaciuta.
Me la prendo
con Candice quando non ha nessuna colpa, anzi cerca solo di aiutarmi.
Prendo un
profondo respiro, cercando di calmarmi e ti allontanare l'irritazione
dal mio
corpo. Davvero troppa e ingombrante.
- Non lo
giustificare per favore - aggiungo, però, l'attimo dopo,
lanciandole
un'occhiata che è tra il supplicante e il frustrato.
- Non lo stavo
giustificando - ribatte lei pacata e calma, la stessa che vorrei
davvero
possedere anche io in questo momento.
Non sembra
essersela presa davvero, noto.
- Solo ...
penso ci sia una spiegazione dietro il suo comportamento. La gente non
cambia
comportamento da un minuto all'altro, c'è sempre dietro una
ragione.- continua
stringendosi nelle spalle e non distogliendo lo sguardo da me neanche
per un
secondo mentre parla.
Faccio una
smorfia di evidente dissenso e fastidio, piegando le labbra.
- Si, ma
stiamo parlando di Mr bipolare. Lui cambia umore e comportamento alla
velocità
della luce- mormoro irritata e nervosa mentre la mia mente mi ripropone
tutte
le volte che con me era in un modo e in pubblico in un altro. Troppe,
assottiglio gli occhi incassando la testa fra le spalle e sprofondando
il mento
nella mia morbida sciarpa.
- Comunque non
penso farà molta fatica a trovare qualcuna che mi rimpiazzi
e gli scaldi il
letto- sibilo aspra mentre quella strana stretta aumenta ancora la sua
morsa,
opprimendomi, all'idea di qualcun'altra con lui. E' lo stesso
incomprensibile
fastidio di prima, acuto e stridente.
Le parole di
quel dannato articolo, poi, continuano a vorticarmi in testa,
rimbombando.
Evidentemente
non ha perso tempo, assottiglio gli occhi imbronciandomi ancora di
più se
possibile.
Candice
aggrotta confusa le sopracciglia chiare, non capendo esattamente a cosa
io mi
stia riferendo.
In risposta
lancio un'occhiata torva, ma significativa alla rivista sul tavolino di
vetro,
ancora aperta sulla pagina dell'articolo, indicandola con un cenno
lieve del
capo.
Lei la afferra
l'attimo seguente, l'espressione corrucciata che continua ad corrugarle
la
fronte.
- - legge un
pezzo dell'articolo ad alta voce, alzando poi lo sguardo un po'
interrogativo
su di me.
- A quanto
pare il bel tenebroso - calco
aspramente sulle ultime parole, ripetendo le esatte parole di quel
trafiletto.
Una punta di acidità e
durezza mi
inasprisce la voce, rendendola più tagliente. - Ha
già fatto conquiste.-
concludo stizzita la frase, stringendo le labbra in una linea netta.
Incrocio le
braccia al seno poi, espirando violentemente l'aria dalle labbra e
chiudendomi
in un cupo mutismo.
Lei mi guarda
per qualche secondo, scrutandomi attentamente per poi, infine, annuire
esibendosi in una espressione convinta.
- Qualcuno qui
è per caso geloso?- allarga gli occhi azzurri mentre non
riesce a sopprimere un
sorriso divertito che le stende simultaneamente le labbra.
Sono gelosa?
Mi domando subito un po' sorpresa mentre mi viene servita su un piatto
d'argento la risposta al quel strano senso di nervosismo che mi stringe
maggiormente lo stomaco.
E' abbastanza
lampante come soluzione.
Non che ci
volesse un genio a capire da cosa derivasse quella morsa occludente e i
malumore crescente, ma decisamente sentirlo dire
è tutta un'altra storia.
Esprimerlo a
parole lo rende in qualche modo più reale, definitivo.
Deglutisco un po'
stordita, il nervoso che continua a pervadermi e tenermi dolorosamente
il corpo
in tensione.
In risposta io
mi esibisco in una smorfia di evidente disappunto, roteando gli occhi e
sbuffando.
- Figuriamoci
- nego spudoratamente risultando poco credibile persino alle mie stesse
orecchie.
Perché se
sentirselo dire lo rende reale, ammetterlo e dirlo ad alta voce lo
è ancora di
più.
E sarebbe solo
un'altra prova del fatto che sono coinvolta da lui e dopo stamattina,
dopo
quella porta sbattuta, fa terribilmente male pensarci.
Ammettere di
essere gelosi vuol dire ammettere di aver un determinato tipo di
coinvolgimento. Lo stesso che non dovrei e vorrei avere proprio ora
visto il
suo comportamento.
Forse siamo
semplicemente su piani differenti e lui non vuole quello che voglio io,
penso
amara percependo la gola chiudersi leggermente sotto la morsa
dell'imminente
magone.
Senza vederlo
realmente fisso il tavolino davanti a me, continuando a perdermi e
vagare nei
miei contorti pensieri.
Candice torna
all'attacco, riprendendo a parlare sapendo benissimo che sto mentendo.
- Quindi non
ti suscita alcun fastidio sapere che in questo stesso momento potrebbe
essere
con qualcuna, magari una bionda.- fa leva sul mio nervo scoperto,
portandomi a
stringere istintivamente le labbra.
Cerca di
farmelo ammettere usandola come mezzo, lo so benissimo, ma non posso
neanche
fare a meno di esserlo.
E onestamente
non pensavo neanche di esserlo così tanto, di non poter fare
a meno di
infastidirmi anche se so che lo fa di proposito.
Assottiglio
gli occhi, fulminandola con lo sguardo.
- Devi andare
avanti ancora tanto?- mormoro scorbutica fingendomi il più
possibile
disinteressata e adocchiando il menù.
So benissimo
che il suo intento è quello di pungermi nel vivo, infatti, e
farmi ammettere
quella cosa. E ci sta dannatamente
riuscendo.
Tra le due
possibilità di reazione che mi si presentano davanti, negare
o ammetterlo,
scelgo ottusamente la prima, troppo orgogliosa per ammetterlo ad alta
voce dopo
il trattamento che ho ricevuto stamattina.
- Magari è una
modella. Tipo quella dell'ultimo servizio fotografico che ha fatto -
continua
lei imperterrita, snocciolando tutte le terribili
possibilità che potrebbero configurarsi.
La mia mente,
subdola alleata di Candice, me le ripropone subito una per una.
- Sai quelle
in cui sono così vicini
e poco vestiti
no?- va avanti lei a parlare, facendo aumentare a dismisura quel misto
di
sconforto e nervosismo.
Mi mordo le
labbra, torturandole spietatamente con i denti, mentre cerco in tutti i
modi di
scacciare quelle immagini dalla mia testa. E non reggo oltre.
- Puoi
gentilmente smetterla?- cedo alla fine guardandola esasperata e sfinita.
Lei inarca
scetticamente un sopracciglio, inchiodandomi con uno sguardo perentorio
e
deciso.
- E tu la
smetti di negare l'evidenza?- ribatte ostinata e cocciuta -
Perché non ti credo
e non ti serve assolutamente
a nulla-
conclude.
Contraccambio
la sua occhiata con una occhiataccia torva, chiudendomi in un ostinato
mutismo
e non aprendo bocca.
- Allora? Sto
aspettando- mi punge lei, contrariata dalla mia mancata ammissione.
E' odiosa
quando fa così, penso continuando a fulminarla con lo
sguardo. E so per certo
che non la smetterà di tormentarmi fin qua non
avrà quello che vuole.
E meno male
che doveva essere un pomeriggio di svago per non farmi pensare a Mr
bipolare.
Sbuffo
sonoramente indispettita, roteando gli occhi al cielo e accingendomi,
finalmente, a parlare.
- Si, sono
gelosa - ammetto con un sospiro pesante, allargando le braccia e
lasciando
cadere con un sonoro tonfo il menù porpora finemente
rilegato sul tavolino.
La guardo di
sfuggita, distogliendo subito dopo lo sguardo dal suo e puntandolo in
un punto
indefinito della folla che cammina sul marciapiede al di là
della vetrata.
- Bene, ammettere
il problema è il primo passo verso la soluzione- trilla
compiaciuta con un
sorriso e con un tono che la fanno assomigliare terribilmente ad una di
quelle
terapiste pagate centinaia di dollari l'ora.
Afferra poi la
sua cioccolata calda, sorseggiandola tranquillamente sotto il mio
sguardo
torvo.
- Questo non
cambia il fatto che sia stato un emerito stronzo - continua, dandomi
ragione.
Le ho
raccontato cosa era successo nel mio camerino poco dopo il fatto
stesso,
sfogandomi tra una pausa e l'altra. E' stata proprio sua l'idea di
uscire e
svagarci con dello sano shopping.
- Un
grandissimo stronzo decisamente - rincaro la dose io. - Si comporta
così da due
settimane e se lo trovavo strano prima come comportamento, figurati
quando lo
ha fatto davanti a Paul .-
- Si infatti.
Lo sanno praticamente anche i muri che c'è qualcosa tra di
voi - conferma con
voce melliflua, facendomi arrossire lievemente nonostante
l'arrabbiatura.
- E non fare
quella faccia - continua a parlare l'attimo dopo, puntandomi un dito
contro -
Lo sai che è vero.-
Per qualche
secondo cala il silenzio e io mi lascio sprofondare nuovamente nel
flusso
disconnesso dei miei pensieri.
Sembra che non
gliene importi nulla e l'attimo dopo che invece gli importi. E la cosa
che più
mi fa innervosire è che non ne comprendo il motivo.
- Non capisco
il suo comportamento - ripeto ancora, soffiando fiaccamente le parole
tra le
labbra e rompendo il silenzio.
- Perché fa
così?- le domando sperando davvero che abbia la risposta. Ne
ho dannatamente
bisogno - Davvero non lo capisco-
- Nina la vera
domanda non è questa, è un'altra- mi dice con un
tono di voce basso e pacato.
Aggrotto le
sopracciglia non capendo cosa mi vuole dire, rimanendo in silenzio in attesa che continui.
E lo fa
l'attimo dopo.
- Che cosa
siete?-
Socchiudo gli
occhi massaggiandomi le tempie. Ancora questa dannata domanda. E' nato
tutto da
questo, infondo.
- Non lo so -
sospiro dopo qualche minuto - Non so cosa sono per lui- mormoro mentre
lo sconforto
mi assale spietato e mi avvilisce, deprimendomi inesorabilmente con
tutto il
suo peso.
Lei rimane per
qualche secondo in silenzio, guardandomi sinceramente intristita dal
mio
precario stato emotivo. Un minuto prima sono così nervosa
che vorrei usarlo come
pungiball e quello dopo mi viene quasi da piangere. Forse la bipolare
qui sono
io.
- E
decisamente lui con il suo comportamento da bipolare...stronzo non mi
aiuta-
continuo riversando un millesimo dei miei pensieri e dei miei dubbi su
di lei,
non trovando altro modo per definirlo che non così.
- Forse la
risposta me l'ha data lui stesso sbattendomi la porta in faccia-
mormoro non
riuscendo a capire se è più la rabbia o la
tristezza che mi bruciano dentro,
marchiandomi dolorosamente.
- Comunque
devi anche capire cosa vuoi tu, non solo perché li fa
così e cosa vuole dal
vostro rapporto- mi consiglia, schietta come sempre.
- Io so cosa
voglio- ribatto decisa.
Voglio lui, è
il pensiero istantaneo che si delinea nella mia testa.
E allora
capisco a cosa è dovuto tutto il nervoso e l'insofferenza al
suo comportamento,
perch mi ingelosisco e perchè mi rende nervosa non sapere
cosa vuole lui da me.
Voglio di più
di un semplice rapporto lavorativo e di andarci a letto. Voglio un
rapporto
veri, che vada oltre l'amicizia e che diventi serio. Non sto dicendo
che voglio
un fidanzamento con tanto di anello, ma solo che voglio frequentarlo
seriamente
e voglio che ci definiamo.
E decisamente
voglio essere l'unica, un fiotto di nervoso si riversa nelle mie vene
mentre la
mia gelosia scalpitante si fa sentire.
- Tu, quindi,
una risposta ce l'hai?- mi domanda cercando probabilmente di capire
cosa mi
frulla nella testa.
- Si- mormoro
con un tono di voce basso, un po' strascicato, rispondendole a
monosillabo
quasi.
Prendo un respiro
profondo, parlando l'attimo dopo.
-
Non voglio non sapere chi mi trovo davanti.-
affermo decisa- Voglio che ci diamo un nome. -
- Vuoi di più-
nota attenta, inclinando leggermente il viso.
Annuisco determinata,
rendendomene conto sempre di più man in mano che passano i
minuti.
- Voglio di più-
ripeto con un filo di voce, essendone totalmente consapevole.
- E' una
pretese così assurda?- le domando, cercando disperatamente
una rassicurazione
nei suoi occhi azzurri.
- Decisamente
no -
E io rimango
semplicemente in silenzio. Di nuovo.
Il discorso
finisce qui. Candice capisce che non ne voglio più parlare e
che il mio umore è
sempre più nero e si limita a un piccolo sospiro prima di
vertere la nostra
conversazione su altri argomenti, cambiandola drasticamente.
Il restante
tempo scorre via sciolto e fluente mentre le lancette dell'orologio
giranno
inesorabilmente e il mio umore rimane fisso sul nero pece. In minima
parte mi
svago parlando di come procede la trama dello show e ascoltandola
mentre
critica le scelte della cugina in fatto di uomini. Non tocchiamo
più
l'argomento "Mr bipolare" e cerco di fare lo stesso anche fra i miei
pensieri, evitandolo e relegandolo forzatamente in un angolo buio e
remoto
della mia mente.
La morsa allo
stomaco invece non si placa, rimanendo fin troppo presente ad
opprimermi così
come la sensazione di cupo sconforto e il nervoso. Un mix davvero
deleterio.
Dopo aver
pagato ed esserci rivestite, mettiamo piede fuori dal locale.
Il vento
freddo di inizio dicembre mi sferza il viso, arrossandomi le guance e
facendomi
tremendamente rimpiangere il calore confortante del piccolo bar.
Mi stringo nel
mio cappotto nero rabbrividendo mentre Candice si volta esaltata e
sorridente
verso di me aggiustandosi il cappello. E io mi ritrovo a ringraziare
silenziosamente il brutto tempo che mi ha fatto scegliere un paio di
stivali
bassi, evitandomi un bel male ai piedi visto il lungo pomeriggio di
shopping
che mi aspetta. Conosco, infatti, benissimo quello sguardo esaltato e
non
promette nulla di buono.
Pensandoci
assomiglia più a una maratona con tanto di corsa agli
ostacoli che ad un
semplice giro, noto distrattamente mentre il suo sorriso diventa ancora
più
grande e mi guarda.
-Da dove
iniziamo?-
*****************
Portafoglio.
Fazzoletti. Una penna. Assorbenti. L'agenda.
Ma
dove diavolo sono finite?
Con
le sopracciglia aggrottate e le labbra dolcemente corrucciate,
che mi conferiscono un'aria scocciata e nervosa, continuo a far vagare
la mia
mano all'interno della borsa.
Sbuffo,
spazientita dalla ricerca senza risultato delle
chiavi della mia stanza. Sembrano essersi improvvisamente volatilizzate
nel
nulla.
Eppure
mi sembrava di averle messe proprio qui, i miei
polpastrelli tastano apprensivi ogni centimetro della tasca interna non
trovando,
tuttavia, assolutamente niente.
Dopo
aver lanciato un veloce sguardo al corridoio deserto che
si apre davanti a me, sposto gli occhi all'interno della borsa.
Così le
possibilità di non trovarle si riducono ancora rasentando
praticamente lo zero,
mi dico cercando di distinguerle nel buio totale che vi regna.
Continuo
intanto a rovistare, notando accigliata come ora sia
totalmente in disordine. Non che prima fosse ordinata, ma almeno non
era
ridotta in questo stato di totale caos.
Mentalmente,
passo poi in rassegna tutte le cose che mi
capitano tra le dita nella speranza di riconoscere tra di esse qualcosa
di
metallico e freddo. Cosa che invece decisamente non accade.
Il
cellulare. Altri fazzoletti. Un lucidalabbra.
Tutto
tranne quelle dannate chiavi! Espiro esasperata l'aria
tra i denti riempiendo il corridoio, ormai totalmente deserto, del
piano con il
mio sonoro sbuffo.
E
il mio umore non fa altro che peggiorare drasticamente,
diventando sempre più nero.
Incasso
cupamente la testa fra le spalle, cercando di
espirare via parte dell'irritazione che mi attraversa.
Ormai
ho praticamente rivoltato tutta la borsa senza
trovarle.
Da
qualche parte dovranno pur essere, mi dico determinata a
trovarle. L'idea di dormire sul pianerottolo, infatti, non mi alletta
per niente.
Certo, potrei sempre andare a prendere il mazzo di riserva alla
reception, ma
non ho per nulla voglia di passare per una svampita che non riesce
neanche a
custodire un paio di chiavi.
E'
già la seconda volta, infatti, che mi capita questo mese.
Leggermente
traballante continuo a muovermi, compiendo un
lento passo dopo l'altro verso la mia stanza ben attenta,
però, a non
inciampare.
Cosa
che accade matematicamente l'attimo dopo, quando
inciampo nei miei stessi piedi.
Barcollo
per qualche interminabile secondo, ritrovandomi in
precario equilibrio, mentre il mio cuore aumenta all'improvviso i
battiti.
Fortunatamente
lo ritrovo l'attimo dopo, mentre maledico
silenziosamente la mia sbadataggine.
Oggi
il karma gira decisamente nel senso opposto al mio, sbuffo
abbassandomi a raccogliere il sacchetto di carta verde che mi
è appena caduto.
Riprendo la mia lenta avanzata, ringraziando tacitamente
l'ora tarda della notte che mi ha
evitato, oltre a una brutta figuraccia, di scontrarmi anche con
qualcuno.
Sarebbe
stata la ciliegina sulla torta decisamente di una
pessima giornata.
Con
un sospiro stanco mi sistemo poi la sciarpa, stringendola
maggiormente intorno al mio collo colta da un improvviso brivido di
freddo che
mi attraversa nonostante il riscaldamento.
Colpa
della pioggia e del freddo, lo etichetto distrattamente
non badandoci più di tanto.
Il
ticchettio del poco tacco dei miei stivali è il sottofondo
cadenzato della mia affannosa ricerca, che mi porta a stravolgere
sempre di più
l'ordine già precario della mia borsa.
Nell'esatto
momento in cui arrivo davanti alla mia porta la
borsa scivola poi lentamente giù dalla mia spalla, finendo
all'altezza del
gomito e complicando ancora di più la mia concitata ricerca.
Sbuffando
rialzo lo sguardo, lanciando un'occhiata truce e
ostile alla porta bianca che, davanti a me, spicca nella penombra del
corridoio. Quasi mi sbeffeggia.
E'
da tutto il pomeriggio che sogno di sprofondare nel mio
letto e chiudere gli occhi, spegnendo finalmente il cervello e zittendo
tutti i
pensieri, e ora che sono ad un passo dal realizzare il mio tanto
agognato
desiderio non posso farlo. Si, decisamente il mio karma mi odia
sentenzio con
un gesto del capo.
Affondo
ancora di più la mano nella borsa, scuotendola con un
gesto secco del polso e finalmente le mie dita artigliano qualcosa di
metallico
portandomi a sorridere trionfalmente soddisfatta.
Bingo.
Il
mio umore migliora istantaneamente di un millesimo grazie
all'acuto di allegra soddisfazione che mi penetra.
Ritiro
impazientemente fuori la mano, permettendo alla luce
fioca e soffusa del corridoio di illuminare e quindi di identificare
del tutto
l'oggetto sconosciuto.
Sorriso
che scema inesorabilmente via, sciogliendosi in una
smorfia imbronciata e delusa non appena le tiro fuori e noto che non
sono le
chiavi di camera mia, ma, bensì, solo quelle del mio
camerino.
Sbuffo.
Oggi non me ne va davvero una dritta.
Sconfortata
guardo il portachiavi a forma di cuore che risalta
desolatamente contro il palmo pallido della mia mano, portando le mie
labbra ad
incurvarsi in un broncio sconsolato.
Neanche
avessi la borsa di Mary Poppins, mi dico irritata
lanciando un'occhiataccia alla mia tracolla.
Sospiro.
Vorrei solo mettere definitivamente da parte i
pensieri e tutto ciò che lui mi suscita per qualche ora,
sprofondando in un
placido dormire. Semplicemente questo.
Una
punta di sorda amarezza, seguita dalla fedele delusione,
mi attraversa perfidamente non appena la mia mente mi sottolinea
spietata come
fino a qualche ora fa non ci sarebbe stato nessun problema logistico.
Sarei
andata semplicemente da lui. Deglutisco
percependo quel senso di spossante tristezza stringermi con la sua
morsa
avviluppante e non lasciarmi scampo, togliendomi perfino il respiro.
Senza
neanche rendermene conto il mio sguardo scivola lentamente
dalla porta alla punta dei miei stivali, abbassandosi abbattuto.
Non
posso farci nulla purtroppo, è tutto il pomeriggio che
cerco di scacciarla con scarsissima risultati. Non ci riesco.
Per
quanto io sia arrabbiata con lui, per quanto sia delusa
dal suo comportamento lunatico e dalle mancate certezze che mi da
è sempre
l'amara tristezza ad emergere su tutto.
Prepotentemente
prevale tra tutte le sensazioni, facendosi
largo e prendendo possesso di ogni mia più piccola
riflessione.
Sono
pensieri che lasciano un sordo retrogusto di amarezza,
che corrompono anche il pensiero più dolce che lo riguarda
ricordandomi il
comportamento che ha avuto in seguito.
Perché
ogni sorriso intimo e dolce è sempre seguito da una
rigida postura in pubblico che lo fa stare
ben attento a non sfiorarmi neanche per sbaglio, ogni
bacio nel camerino
ha come conseguenza un freddo distacco.
Dopo
un po' l'arrabbiatura scema via, semplicemente passa e
rimane solo una desolante tristezza a farmi compagnia.
E'
un senso di vuoto disarmante, così diverso dal senso di
impetuoso calore che, invece, ha sempre caratterizzato anche ogni
più piccolo
pensiero che lo riguardava.
Ora,
al contrario, anche il ricordo più svagato mi provoca un
forte senso di vuoto e solitudine che mi stringe lo stomaco in una
morsa.
Con
un respiro profondo e un po' tremolante cerco di
scacciare questo ingombrante bagaglio di emozioni, tornando a
focalizzare la
mia attenzione sul problema che ho da risolvere: trovare le chiavi.
L'unica
alternativa valida oltre a dormire sul pianerottolo è
chiedere a Candice ospitalità, cosa che preferirei
decisamente evitare.
So
già che finiremmo, infatti, a parlare ancora di lui, del
suo comportamento insensatamente bipolare e di quello che provo io.
Cosa che
preferirei risolutamente evitare.
Se
non ero pronta prima ad ammettere un coinvolgimento di un determinato tipo assolutamente non lo
sono ora visto come sono le cose.
So
solo che vorrei di più dal nostro rapporto e che lui non
sembra per nulla dello stesso avviso. E'
inutile pensare a quel tipo di coinvolgimento se tanto lui non vuole
altro dal
nostro rapporto e, purtroppo, mi sta dimostrando proprio questo.
Sono
solo quella che gli scalda il letto la notte, mi dico
spietatamente sincera non potendo fare a meno di stare male per questa
cruda
realtà. Probabilmente è questo che vuol dire il
suo comportamento. Non ho fatto
altro che rifletterci e pensarci tutto il giorno, arrivando
silenziosamente a
questa conclusione. Mentre i minuti continuavano a scorrere
inesorabilmente
trasformandosi in ore, io rimanevo paralizzata su questa acre
riflessione.
Gli
va bene venire a letto con me, ma non vuole fare un
ulteriore passo verso un possibile noi. E' evidentemente troppo per lui.
Deglutisco,
percependo il magone stringermi improvvisamente
la gola.
Socchiudo
per qualche secondo gli occhi, diventati
improvvisamente lucidi.
Mi
mordo le labbra, cercando di sopprimere quel senso di
soffocante delusione che, al contrario, si acutizza, pervadendomi
sinuoso e
rendendo difficoltoso persino il semplice atto di respirare.
Voglio
solo sprofondare nel mio caldo letto e farmi una
dormita il più lunga possibile, prima che i pensieri
arrivino a disturbarmi con
la loro mole di tormenti.
E
poi ho anche bisogno di rimanere un po' da sola. Candice è
stata davvero carina e mi ha aiutato moltissimo con i suoi ottimi
consigli, fungendo
anche da valvola di sfogo per il mio nervosismo.
Parlare
con lei mi è davvero servito a chiarire ancora di
più
cosa voglio dal nostro rapporto, ma ho anche la pressante
necessità di stare da
sola.
Ne
ho dannatamente bisogno.
Lasciarmi
cadere ancora vestita sul letto, avvolta solo da un
confortante buio e crogiolarmi nella pacifica solitudine della mia
camera
sembra la cosa più bella al mondo in questo momento.
I
pochi minuti di solitudine di un bagno o di qualche
camerino dell'ennesimo negozio non mi sono, infatti, bastati per
riflettere in
tranquillità e, si, starci anche male.
Perché
dopo la rabbia, quando l'irritazione scivola via fino
ad andarsene del tutto rimane solo lo sconforto. O forse è
semplicemente
dolore.
E'
inevitabile e le cause sono davvero troppe per essere analizzate
tutte nei minimi dettagli. C'è lo sconforto dettato dal
fatto che, se si
comporta così, un motivo c'è e che,
probabilmente, vuol dire che non gliene importa
poi molto di noi.
Sempre
che di noi
si possa parlare.
C'è,
inoltre, la tremenda delusione che si presenta come un
pugno nello stomaco ogni volta che la mia testa inciampa nel suo
pensiero.
Infine,
c'è un'intima e silenziosa voglia di piangere, sfogarsi
almeno in minima parte. Voglia che io continuo, tuttavia, a reprime
forzatamente. Non voglio piangere, il mio orgoglio mi impone di non
lasciarmi
andare.
Con
l'ennesimo sospiro della serata abbandono il sacchetto ai
miei piedi, che ingombra e rende ancora più difficile la mia
ricerca.
Il
mio sguardo si sofferma senza volere su tutti gli altri
sacchetti che ho fra le mani, perdendosi tra i loro colori sgargianti.
Candice
non ha tutti i torti, però: lo shopping è davvero
terapeutico. Certo, non fa scomparire il nervoso o la delusione, che
continuano
purtroppo a bruciarmi dolorosamente addosso, ma almeno lo
alleggeriscono in
minima parte.
E'
uno sfogo che dovrei decisamente tenere in considerazione
più spesso.
Un
leggero sorriso aleggia sulle mie labbra al ricordo di
come ha fatto di tutto per tirarmi su di morale, finendo per stancarmi
terribilmente trascinandomi da un negozio all'altro.
Affondo
il mento nella sciarpa nera che ho al collo,
dell'esatta tonalità del mio umore, percependo la stanchezza
gravarmi
inevitabilmente addosso.
E'
terapeutico, si, ma anche terribilmente stancante,
soprattutto se si è in compagnia di una pazza bionda devota
alla dea della
moda.
Di
certo l'umidità non mi ha aiutato, provocandomi un
fastidiosissimo male al collo.
Mi
sento come se un camion mi fosse passato sopra,
lasciandomi a pezzi. Un paio di volte.
Inclino
il viso, stringendomi fra le spalle ed emettendo un
sospiro lieve.
E
non so cosa darei per attribuire il mio stato emotivo
semplicemente alla stanchezza e non ad altro, che
continua comunque a
pulsare per lui nonostante tutto.
Basta
compiangersi, mi dico nell'esatto momento in cui mi
accorgo di non essere messa affatto bene. E soprattutto basta pensare a
lui, è
decisamente deleterio.
Uno
strano senso di disagio mi pervade all'improvviso,
scuotendomi e portandomi ad alzare lo sguardo, ora confuso, per
guardarmi
intorno.
Sobbalzo,
sgranando gli occhi e percependo il mio corpo
irrigidirsi spasmodicamente.
Il
mio cuore perde quasi un battito un attimo dopo alla vista
di una presenza imponente vicino a me, prendendo poi a battere
furiosamente nel
momento esatto in cui lo riconosce.
Una
figura slanciata, infatti, mi fissa attento, puntando i
suoi occhi sorprendentemente azzurri u di me.
In
un lampo distratto della mia mente noto come siano in
netto contrasto con i capelli corvini che gli contornano il viso.
Sconcertata,
lo guardo leggermente sorpresa, scrutando con
attenzione la sua figura fasciata da un paio di jeans scuri e da
un'insolita
maglietta grigia, che ne mette in risalto la tonicità.
Lievemente
boccheggiante deglutisco, ritrovandomi
improvvisamente con la salivazione azzerata.
Come
diavolo ha fatto a materializzarsi così in fretta? Mi
domando sorpresa continuando a fissarlo con gli occhi sbarrati dallo
stupore mentre
il mio battito aumenta improvvisamente.
Si
trasforma in un pulsare irregolare, abbandonando il ritmo
cadenzato che lo ha caratterizzato fino a un secondo fa. Deve essere
colpa
dello spavento. O almeno mi illudo che sia semplicemente quello, anche
se so
benissimo che non è così. Batte così
per lui.
Respingo
questo pensiero e prendo un brusco respiro, cercando
di scacciare quel senso di vacillante insicurezza che mi pervade
istantaneamente.
Riesce
sempre ad avvicinarsi senza che io me ne accorga,
sembra spuntare dal nulla ogni volta. Un
attimo prima non c'è e quello dopo è vicino a me.
E io che pensavo fosse solo
un tratto del suo affascinante personaggio.
Passo
nervosamente la mano libera tra i miei capelli, ancora
umidi di pioggia, portandomi agitata una ciocca dietro l'orecchio.
Ed
ecco il consueto senso di destabilizzazione che mi
attraversa, facendomi sentire terribilmente vulnerabile in sua
presenza. Quasi
fragile. E' una sensazione che non posso né prevenire
né bloccare.
Semplicemente arriva, mi mordo le labbra.
E'
un insieme di frenesia, calore e insicurezza. Un mix
insolito che ho, però, imparato ormai a riconoscere.
E'
come se fossi in precario equilibrio, un gesto qualunque
potrebbe farmi vacillare e cadere, spingendomi inevitabilmente verso di
lui.
Fino
ad ora mi è andato bene abbandonarmi tra le sue braccia
nonostante i comportamenti e le mancate certezze, passandoci sopra. Ma
ora è
decisamente l'ultima cosa che voglio.
Sono
arrabbiata e stanca del suo modo di fare, coronato tristemente
dalla porta sbattuta del mio camerino questa stessa mattina.
Non
mi va più di permettere a me stessa di cedere sotto il
suo sensuale tocco e lasciargliela passare liscia ancora. L'ho
ininterrottamente
fatto per quasi due settimane, direi che è arrivato il
momento di pretendere un
cambiamento o, quantomeno, una spiegazione.
Con
le braccia incrociate Ian continua a guardarmi, facendo
scivolare dolcemente lo sguardo sul mio viso e poi sul mio corpo.
I
suoi occhi sono attraversati poi da un velo di incomprensione
nel constatare la mia postura rigida e il mio mancato saluto. Assumono
allora
un'inclinazione curiosamente confusa, scrutandomi attenti e cercando
probabilmente di decifrare la mia espressione.
Il
tutto senza dire
assolutamente nulla.
Le
sopracciglia e la fronte si
corrugano lentamente, in risposta al mio
ostinato mutismo.
Ho
un bisogno quasi spasmodico di una spiegazione e lui non
sembra decisamente molto intenzionato a darmela visto l'espressione
confusa che
ha stampata in faccia,
Onestamente,
non sembra neanche capire il perché del mio
comportamento.
Il
nervoso, che non se ne è mai andato del tutto rimanendo
sempre presente e latente, riaffiora impulsivamente divampando senza
scampo
dentro di me nel giro di pochi secondi.
Se
pensa che sarò io a rompere il silenzio e parlare per
prima si sbaglia decisamente, mi dico mentre il mio orgoglio prende il
sopravvento.
Stizzita
rompo anche il contatto con i suoi occhi, puntando
lo sguardo nella parte opposta alla sua.
Benissimo
vuoi giocare al gioco del silenzio? Ti accontento
subito.
Come
se non ci fosse nessuno torno poi a cercare le chiavi
nella mia borsa, trovando la scusa perfetta per ignorarlo.
-
Non si usa più salutare?- mi domanda con tono canzonatorio,
rompendo l'assoluto mutismo in cui eravamo caduti.
Percepisco
distintamente i suoi occhi fissi su di me,
provocandomi un imponente vampata di disagio.
Io
assottiglio lo sguardo mentre una punta di acuta
irritazione mi pervade nel constatare che mi prende anche in giro. Fa
come se
nulla fosse, come se non avesse sbattuto quella dannata porta
stamattina.
Beh,
lo ha fatto e io non me ne sono assolutamente
dimenticata come evidentemente spera.
-
Ciao - ribatto freddamente distaccata, limitandomi solo
alla semplice educazione che mi impone di assecondarlo e salutarlo.
Niente di
più.
Cercando
di sembrare il più impassibile possibile continuo a
cercare le chiavi nella mia borsa, che dondola leggermente per l'impeto
con cui
lo faccio lasciando
trapelare un mal
celato nervosismo .
Tentare
di sembrare distaccati e menefreghisti quando invece
importa, persino troppo, e non dar libero sfogo alla rabbia non
è semplice. Per
niente.
Perché
l'irritazione è lì che preme scalpitante per
uscire,
irrigidendomi spasmodicamente e avviluppandomi in una morsa senza
scampo che si
va a sommare a quella delusa che mi stringe lo stomaco.
Mi
mordo le labbra, cercando disperatamente quelle dannate
chiavi. Perché quando si cerca di fare qualcosa di fretta
alla fine la si fa
sempre più lentamente?
Percepisco
distintamente i suoi occhi attenti su di me,
seguirmi in ogni più piccolo, frenetico gesto. Non mi
lasciano neanche per un
momento.
Cosa
che mi rende ancora più nervosa, soprattutto a causa di
quelle sensazioni positive che non smettono di palesarsi quando lui
è vicino a
me.
Perché
non possono semplicemente zittirsi? Mi domando
frustrata ed esasperata dalle troppe emozioni che mi pervadono. Lo
vorrei
davvero molto.
Con
la coda dell'occhio vedo Ian aprirsi in un lieve sorriso,
schiudendo le labbra e parlando.
-Ti
dico sempre di metterle nella taschina interna - mi dice,
ammonendomi con un tono che è a metà tra il
morbido e il rigido accompagnato da
un sospiro pesante.
Volto
di scatto il viso nella sua direzione nell'esatto
momento in cui fa un passo verso di me, avvicinandosi ancora e
permettendomi di
riconoscere più nitidamente il suo profumo.
Incasso
maggiormente la testa fra le spalle, incupendomi terribilmente
a questa sua ammonizione.
Ora
mi bacchetta anche?
E
non riesco a trattenere uno dei molti pensieri aspri che
popolano la mia mente, dandogli libero sfogo.
-
Ora mi dici anche come organizzare la mia borsa?- ribatto
forse un po' troppo acida, fulminandolo con un'occhiata truce che
vorrebbe
trapassarlo da parte a parte.
Lui
mi restituisce uno sguardo stranito, quasi risentito
inarcando un sopracciglio scuro.
Mi
fissa come se non comprendesse il perché del mio umore
nero pece o il nervosismo.
E
ciò non fa altro che aumentare a dismisura la mia
irritazione.
Lui
può comportarsi come vuole, fare il bello e il cattivo
gioco e io no?
Con
uno strattone che mal nasconde il mio nervosismo riapro
la borsa, ricominciando nuovamente la mia ricerca.
Per
qualche secondo rimaniamo immersi un'altra volta nel
totale silenzio del corridoio, avvolti da una luce soffusa e dolce che
mal si
addice alla tensione che c'è fra di noi. E' rigida e pesante.
Se
pensa che mi sia passata si sbaglia decisamente, inveisco
silenziosamente contro di lui.
I
capelli mi ricadono sul viso, offuscandomi momentaneamente
la vista e costringendomi a rialzarlo per scostarli e portarli indietro.
Lui
è ancora li che mi fissa, fermo con gli occhi puntati su
di me. Non ha mosso un muscolo, noto scontrando imprudentemente il mio
sguardo
con il suo.
Una
punta di disagio incrina e contamina il mio nervosismo,
pervadendomi e asciugandomi la gola.
Dannazione,
perché mi continua a fare questo effetto
nonostante tutto?
-
Che vuoi Ian?- gli chiedo senza tanti giri di parole,
abbandonando momentaneamente la mia ricerca e limitandomi a guardarlo
con un
sopracciglio seccamente inarcato, decisamente sul piede di guerra.
-
Nulla - ribatte lui con una leggera alzata di spalle, non
schiodando i suoi occhi da me ed esibendo un leggero, morbido sorriso.
Una
smorfia amara mi vena le labbra specularmente al suo
sorriso, portandomi a scuotere leggermente la testa.
Nulla.
Sa
dire solo questo, è la risposta a tutto praticamente.
Non
ha nulla, non
vuole nulla, Paul non ha interrotto
nulla. E così mi ritrovo
a chiedermi se
anche io, se anche noi, siamo nulla per lui. Mi irrigidisco, rendendomi
conto
di come faccia male anche solo pensarlo.
Un
senso di sordo sconforto mi stringe lo stomaco a questo
pensiero, incupendomi e facendomi sentire ancora di più il
peso della
stanchezza sulle spalle.
-
C'è qualcosa che non va?- mi domanda attento, continuando a
scrutarmi con cautela.
-Nulla - ribatto
con tono neutro, quasi sarcastico ricalcando volutamente le sue esatte
parole.
Ed
è quasi beffarda, poi, come situazione visto che sono le
esatte parole che ci siamo detti questa mattina. Solo a ruoli invertiti.
Quando
si dice l'ironia della sorte, stringo le labbra in una
linea netta e aspra.
Inevitabilmente
la mia mente mi ripropone la sua immagine che
sbatte violentemente la porta del camerino davanti ai miei occhi
sconcertati e
feriti.
L'ondata
di nervoso aumenta ancora, sconvolgendomi
internamente e facendomi avvampare indignata. E' come un fuoco che mi
divora
continuamente, scaldandomi prepotentemente.
Lo
trafiggo con l'ennesima occhiataccia truce, che tuttavia
lui non sembra comprendere a pieno visto il cipiglio confuso che
esibisce. Cosa
che mi fa infuriare ancora di più, se possibile.
Non
solo ha un comportamento altalenante e pretende
assurdamente che io me ne dimentichi o ci passi sopra quando gli
comoda, ma
finge anche di non sapere il perché del mio nervosismo.
Assurdo,
è assurdo.
-
Puoi sempre venire a dormire da me, comunque - ammicca
piegando le labbra nel mezzo sorriso sensuale che lo contraddistingue.
E' quasi
il suo marchio di fabbrica.
Mi
lancia un'occhiata languida, che accompagna il suo sorriso,
percorrendo interamente il mio corpo con una carezza calda e invisibile.
Diversamente
dalle altre volte però non mi fa piacere,
provocandomi al contrario un senso di indignazione e rabbia. Ma
pretende che mi
dimentichi dei suoi comportamenti lunatici a comando?
E
l'irritazione arriva a livelli incontenibili, facendomi
scoppiare.
-
Guarda stasera ti va male ho il ciclo- soffio stizzita, una
punta di nervosa collera che mi tinge la voce fino ad inasprirla.
Sdegnata
e senza guardarlo in faccia continuo a cercare le
chiavi nella borsa.
Mi
ha preso per una bambola? Non può prendermi quando gli va
di giocare con me e lasciarmi in un angola quando non vuole. Non sono
un
giocattolo!
Finalmente
le mie dita agguantano le chiavi, tintinnanti e
metalliche contro la mia pelle.
Bene,
ora decisamente non ho più nessuno motivo per stare un
secondo di più in una presenza.
-
Devo avere un motivo per voler passare del tempo con te,
adesso?- mi domanda dopo un paio di secondi, probabilmente incapace di
non
parlare.
Evidentemente
la mia espressione scocciata e nervosa non è
sufficiente a farlo girare alla larga da me.
Una
punta di tensione vibra nella sua voce, senza però
scomporla.
-
Visto come ti comporti ultimamente direi di si - ribatto
sibillina, infilando le chiavi nella toppa e continuando a tenere i
miei occhi
lontano dai suoi.
Lui
allunga una mano, appoggiandola sulla porta e facendo
pressione in modo tale da ostruirmi la strada, impedendomi di fatto di
entrare.
Sempre
più nervosa espiro violentemente l'aria tra i denti,
guardandolo decisamente male.
Percepisco
la rabbia e la frustrazione montare prepotente
dentro di me.
Lui
mi restituisce uno sguardo rilassato, preannunciando
l'ennesimo cambiamento di comportamento.
-
Perché come mi comporto?- mi sorride sensuale, inclinando
il capo verso di me e avvicinando le sue labbra alle mie.
Mi
vuole baciare, noto shoccata sbarrando gli occhi mentre il
suo respiro lento si infrange contro il mio viso.
Il
mio corpo reagisce istintivamente irrigidendosi prima che
una collera opprimente e bollente mi pervada, facendomi avvampare le
guance.
Prima
ha un comportamento da bipolare e poi mi vuole baciare
come se niente fosse? Penso così oltraggiata da sentire le
guance
surriscaldarsi furiosamente.
-
Buonanotte - soffio con un sorriso tagliente e aspro sulle
labbra, troncando di fatto il momento sul nascere.
Un'evidente
smorfia di delusione gli stende le labbra,
corrucciandole quasi, mentre io mi allontano di un paio di passi.
-
Sono stanca - aggiungo, non riuscendo a trattenermi dal non
replicare anche se non ha alcun diritto di chiedermi spiegazioni. Tutta
colpa
di quella cosa che continua a
pulsare
per lui.
La
sua espressione diventa improvvisamente più dura mentre i
suoi occhi si assottigliano leggermente.
-
Se eri stanca potevi tornare prima, allora - soffia
pungente continuando a trafiggermi con uno sguardo tagliente.
-
Scusami?- ribatto subito indignata, esibendo un cipiglio
rabbioso e guardandolo torvamente.
Mi
sta facendo la paternale per caso?Distolgo nuovamente lo
sguardo dal suo una manciata di secondi dopo, tornando a fissare
indignata la
serratura.
-
E' tardi - mormora a supporto del suo discorso, appoggiando
la spalla contro il muro e lasciandomi così libera di aprire
la porta
finalmente.
Torna,
poi, a incrociare le braccia al petto, inchiodandomi
con uno sguardo scocciato e seccato che mi fa venire un insopprimibile
e
latente rabbia. Sembra irrequieto.
Una
nota dura gli incrina leggermente la voce, irrigidendola,
ma è così sottile che è appena
percepibile .
E'
sconcertante la velocità con cui riesce a cambiare umore.
Un secondo fa quasi scherzava e ora è incomprensibilmente
nervoso.
E
io non so nuovamente chi ho davanti. Non è semplicemente il
fatto di essere lunatici, cambiare repentinamente umore. Lui lo fa
anche nei
miei confronti. E' bipolare con me, nel modo di rapportarsi o di
atteggiarsi. E
non mi sta più bene.
Percepisco
i suoi occhi azzurri fissarmi insistentemente,
senza allontanarli da me neanche per un secondo aspettando che mi volti.
Lo
faccio l'attimo dopo, inarcando infastidita il
sopracciglio e riservandogli un'occhiata accigliata e contrariata.
-E
quindi?- ribatto non capendo assolutamente dove vuole
andare a parare.
Ian
non dice nulla per qualche secondo, limitandosi semplice
a scrutarmi con la fronte leggermente aggrottata e l'espressione
indecifrabile
stampata in viso.
La
tensione è chiarissima, si percepisce nitida nell'aria.
Non
è la solita tensione sessuale, che vibra elettricamente e
riempie i pochi centimetri che ci separano. È semplicemente
emotiva. Si sente
che c'è qualcosa di incrinato e non risolto fra di noi.
Forse
l'unico ad ignorarlo è proprio lui. Cosa che mi fa
terribilmente innervosire.
Non
è che non lo sa, finge volutamente di
non saperlo.
-
Se eri così stanca potevi tornare prima, allora - afferma
aspro e duro, indurendo la mascella e guardandomi con ammonimento.
Ancora.
Boccheggiante,
lo guardo shoccata con gli occhi dilatati
dallo sconcerto e dallo stupore.
Dopo
questa mattina ha ancora il coraggio di essere geloso e
avanzare pretese? Mi dico continuando a fissarlo allibita con le labbra
dischiuse dallo stupore.
Probabilmente
in un altro momento questo suo tono geloso e un
po' possessivo mi avrebbe anche fatto terribilmente piacere. Ora
decisamente mi
suscita l'effetto opposto.
Beh,
non può fare il cattivo e il bel gioco quando gli pare.
Non mi sta decisamente bene,
-
Buonanotte Ian - sibilo fredda, ripetendomi mentre la
bollente arrabbiatura mi pervade fino quasi a togliermi il respiro.
Mi
mordo l'interno della guancia, facendomi persino male, per
non ribattere e contenere la rabbia furente che mi attraversa.
Confonde
le emozioni, mischiandosi con il nervoso, la
stanchezza, la delusione e un'infinità di altre cose.
Mi
sconvolge, scuotendomi internamente e faccio di tutto per
non abbandonarmici.
E
mi ritrovo a notare, in un lampo stranamente lucido della
mia mente, come sia sempre in grado di suscitarmi emozioni imponenti,
seppur
opposte.
Giro
le chiavi nella toppa della porta, iniziando
a togliere i giri ed aprirla.
-
Ma si può sapere che hai?- mi domanda ancora, la voce
sempre più contratta.
Si
sta evidentemente innervosendo anche lui.
Non
mi volto, continuando a non guardarlo e non degnarlo
neanche di uno sguardo.
Silenziosamente
inveisco contro di lui intanto, mandandolo
mentalmente a quel paese.
Con
una torsione lieve del polso tolgo l'ultimo giro alla
porta, che si apre con un suono metallico davanti a me permettendomi di
intravedere, dalla fessura, il silenzioso buio in cui è
avvolta la mia stanza.
-
Sei strana - continua lui, afferrandomi un polso al fine di
farmi voltare verso di lui.
La
sua espressione si indurisce ancora, diventando sempre più
contratta e rigida non appena incontra il mio sguardo furente.
Ha
anche il coraggio di fare l'arrabbiato e il geloso?
E
non reggo più, il nervoso arriva a livelli insostenibili e
scoppio.
-Ah
io sono strana?- sbotto con un tono di voce acuto
e nervoso, quasi irriverente, strattonando il polso per liberarmi dalla
presa
delle sue dita.
Lui
non cede, fronteggiandomi con uno sguardo spavaldo che è
speculare al mio senza, tuttavia, lasciarmi andare.
Stringe
le labbra, come se volesse trattenersi dallo
sbottare.
Sempre
più tesa e irritata, do un altro strattone, più
forte,
e finalmente la sua morsa si scioglie, scivolando via.
-
Si può sapere che problema hai?- mi domanda ancora con dono
duro, assottigliando gli occhi fino a ridurli a due fessure azzurre.
Lo
fulmino con lo sguardo, percependo l'irritazione pervadermi
così irruentemente da farmi
vacillare. E il limite di sopportazione è davvero troppo
vicino, sto camminando
sul filo del rasoio.
Basterebbe
una semplice frase, un commento fuori posto a
farmi sbottare.
-
Volevo solo stare con te - soffia lui, allargando le
braccia e pronunciando le parole con un modo talmente sciolto da farle
sembrare
la cosa più normale al mondo.
L'ondata
di rabbia e
frustrazione mi pervade all'istante, eliminando ogni briciolo di
razionalità e
calma che mi erano rimaste.
-
Ovvio perché io sono sempre disponibile per te, non
è
vero?- affermo aspra, riservandogli un'occhiata furente. –
Quando ti va bene
posso scaldarti il letto e quando non ti va bene mi tratti da estranea?
-
continuo, anche se suona più come un'affermazione che come
una domanda.
-
Ma che stai dicendo?- ribatte prontamente lui sentendosi
punto nel vivo, contraddicendomi.
Peccato
che sono proprio i suoi comportamenti a smentirlo.
E
non so se è più grave il fatto che continui
testardamente a
negare o che non se ne accorga.
Stringo istintivamente le dita,
chiudendole in dei pugni così
stretti da far sbiancare le nocche e il suo sguardo chiaro, ora
leggermente
adombrato, segue fedelmente questo gesto.
Il
mio
nervosismo aumenta ancora, diventando insopprimibile e violento.
-
Ma non te
ne accorgi davvero?- assottiglio pericolosamente gli occhi, non capendo
ancora
una volta se finge di non saperlo o se non se ne è realmente
accorto.
Lui
non
dice nulla, rimanendo rigidamente teso vicino a me. Il solito velo di
imperscrutabilità che rende impenetrabile il suo sguardo.
-
Guarda
che non è...-
-
Beh, non mi sta bene Ian di essere trattata così - lo
interrompo bruscamente, togliendogli il tempo matematico di rabbonirmi
con
qualche scusa. Sono due settimane che va avanti sta storia
Non
sono
una bambola che prende quando vuole e lascia in un angolo quando non ha
voglia
di giocare con me. Se crede di avere a che fare con una persona simile
si
sbaglia.
Scuoto
la
testa, guardandolo delusa, irritata e un'infinità di altre
cose.
Non
può
tenere la porta socchiusa. O la apre e la attraversa, o la chiude e mi
lascia
stare.
Con
il
cuore il gola e il nervoso che mi tende continuo a guardarlo, ormai
quasi
totalmente schiacciata dal peso delle mie stesse emozioni.
-
Sono
stufa di essere trattata in un modo in pubblico e in un altro in
privato-
continuo incapace di arrestare tutta la frustrazione e il nervoso che
ho
accumulato in questi lunghi giorni e di cui lui è la causa
principale. - Sono
stufa di non sapere quale Ian mi trovo davanti-
Lui
si tira quasi indietro a questa mia affermazione,
riservandomi un'occhiata risentita e ferita come se non si aspettasse
un
commento di questo tipo.
Mi
guarda
rimanendo impassibile nella penombra del corridoio, fermo e immobile a
una
manciata di passi da me. Non dice nulla. E io mi ritrovo schiacciata da
un
senso di sconforto disarmante notando che non prova neanche a dire
nulla, a
difendersi. Non fa nulla.
-
Sono
stufa Ian di non sapere cosa sono per te- mormoro dopo qualche secondo,
sperando
di scuoterlo in minima parte e indurlo a qualche reazione.
La
voce è improvvisamente
fievole e appena udibile, quasi incrinata.
Il
magone
inizia a farsi sentire, noto tristemente mentre lo percepisco
stringermi suadente
la gola.
-
Cosa sono
per te?- gli domando nella speranza che mi risponda e che mi stringa
tra le sue
braccia l'attimo dopo.
Lo
vorrei
così tanto e ne ho terribilmente bisogno, ma non succede.
-
Lo sai
benissimo cosa sei per me - ribatte lui con un tono che lascia
trasparire un
certa ovvietà, continuando a non muoversi e rimanere
staticamente fermo a pochi
passi da me.
Le
sue
parole non mi scaldano come sempre, infondendomi quel calore tipico
delle
certezze e delle rassicurazioni.
Anzi,
un
senso di vuoto mi colpisce acutizzando quel senso di delusione che mi
stringe
lo stomaco.
-
No, non
lo so - affermo con un disperato bisogno di una risposta allargando
nervosa le
braccia. - E' proprio questo il problema non capisci? Non me lo fai
capire!-
allargo gli occhi.
Ian
stringe
le labbra, irrigidendo l'espressione e continuando a trafiggermi con
uno
sguardo quasi seccato.
E
quella
domanda esce spontanea dalle mie labbra un secondo dopo.
Scivola
fuori senza che quasi io me ne accorga, dettata da un bisogno
spasmodico di
risposte.
-
Che cosa
siamo?- gli domando rompendo il breve silenzio creatosi, il respiro
leggermente
affrettato a causa dell'insieme di emozioni che mi chiudono la gola.
Lui
non
dice assolutamente nulla, limitandosi
solo a distogliere lo sguardo dal mio. Lo punta lontano dal mio e il
mio
istinto lo legge come un cupissimo presagio.
L'espressione
neutra che gli solca le labbra gli conferisce un'aria taciturna proprio
nel momento
in cui avrebbe dovuto invece chiarire ogni mio dubbio, parlando.
Continua
a
non farlo, penso allarmata. Non sta dicendo nulla.
E i dubbi e le ansie aumentano a dismisura, intrecciandosi saldamente e
infondendomi uno strano senso di perforante agitazione.
Il
mio
cuore perde un battito, facendomi vacillare pericolosamente non appena
comprendo il perchè del suo silenzio.
Gli occhi diventano
inevitabilmente lucidi,
come lampante segno che il pianto che ho tanto testardamente evitato
è
purtroppo vicino.
Ricaccio
però indietro le lacrime.
-
Che cosa
siamo?- ripeto, l'ansia che mi stringe sempre di più fino a
quasi soffocarmi
con il suo ingombrante peso.
La
mia voce
traballa pericolosamente, facendo suonare la mia domanda quasi
disperata.
Forse
per
la rabbia, o forse semplicemente per la delusione. Sono entrambe
dannatamente
presenti, finendo per mischiarsi confusamente rendendo vano ogni
confine.
Torturo
le
labbra con i denti, mordendole fino a farle arrossare mentre
il mio corpo rimane rigidamente teso in
attesa che parli.
Trattengo
il respiro, continuando a fissarlo agitata e arrabbiata. Un mix davvero
devastante.
E
la
mazzata arriva puntualmente l'attimo dopo, facendomi dolorosamente male.
Ian
rialza
lo sguardo dal pavimento e lo punta su di me, schiudendo le labbra
pronto per
parlare.
-
Non lo so
- afferma distaccato
con un'espressione
indecifrabile stampata sfacciatamente in viso. - Non ci ho mai pensato
-
La
gola
brucia improvvisamente, ricordandomi che non sto respirando. Lo faccio,
sentendo l'ossigeno graffiarmi quasi simultaneamente alle mie unghie
che
affondano nel mio palmo.
Le
sue
parole penetrano spietate dentro di me, così tanto da
ferirmi. Una ferita
profondissima.
Deglutisco
sconvolta dall'insieme di sensazioni che mi stanno travolgendo.
Rabbia.
Frustrazione. Tristezza. Dolore. Delusione. Sconforto.
Sono
così
tante e così sconvolgenti.
Non
lo sa.
Tante domande, tante ipotesi e tanti pensieri e lui non lo sa. Tutti i
desideri
e le speranze vanificate.
Non
ci ha
mai pensato.
Un
leggero strato
di lacrime vela i miei occhi, rendendoli tristemente lucidi e
aggiungendo una
punta ti tristezza al mio sguardo arrabbiato, che continua a
trafiggerlo.
E
il motivo
che lo ha spinto a non pensarci, a comportarsi così mi
risulta palesemente
chiaro: non vuole alcun rapporto.
Ha
solo
giocato probabilmente, usandomi come passatempo. Mi sono illusa con le
mie
stesse mani.
Il
magone
diventa insopportabile e le lacrime premono scalpitanti per uscire, rimanendo
imbrigliate tra le mie
ciglia.
Le
emozioni
si fanno sentire in blocco, facendomi quasi scoppiare in un pianto
imminente
che cerco in tutti i modi di trattenermi.
Non
voglio
piangere davanti a lui, venendo etichettata magari come una stupida
ragazzina
emotiva.
Il
mio
orgoglio scalpita a questo pensiero denigrante, ribellandosi.
Voglio
andarmene subito, penso amareggiata.
La
ferita
che le sue parole hanno aperto continua ad allargarsi, sanguinando
copiosamente
e diventando sempre più dolorosa man in mano che i minuti
scorrono via.
Sbatto
le
palpebre, cercando di scacciare l'immagine sfocata dalle lacrime della
sua
figura che mi guarda tra l'apprensivo e l'arrabbiato.
-
Dovresti
pensarci allora - gli ringhio contro, sputando a denti stretti le
parole con un
tono di vibrante sofferenza e collera.
Senza
dargli il tempo di replicare gli volto le spalle entrando in camera mia
nell'esatto momento in cui una lacrima scappa dalla presa delle mie
ciglia e
rotola silenziosa sulla mia guancia.
Con
un
gesto secco della mano la cancello stizzita, cercando di asciugarmi. Un
altra
la segue però l'attimo dopo e poi un'altra ancora,
offuscandomi del tutto la
vista mentre diventa un pianto silenzioso.
Non
voglio
piangere per lui, mi dico con il respiro ansante e tremolante. E allora
perché
non riesco a farne proprio a meno?
Lui
non fa
nulla per fermarmi, rimanendo inerme.
E
la porta
sbatte violentemente alle mie spalle, echeggiando nel corridoio.
Slam.
Note:
Salve! Come state? Dopo "solo" 3 mesi
eccomi qui
ad aggiornare.
1- Innanzitutto vi devo delle
gigantesche scuse. Sono
imperdonabile decisamente visto quanto vi faccio aspettare ogni volta.
Scusatemi davvero ma tra impegni vari e poca ispirazione ci ho
impiegato
un'eternità. Mi dispiace veramente molto di avervi fatto
attendere così tanto,
spero ne sia valsa in qualche modo l pena
2- Allora riguardo il capitolo partiamo
direttamente dal
titolo. Come ho spiegato nella nota a inizio pagina “Slam”è una parola, o
meglio
un suono, che ho preso in prestito dal linguaggio dei fumetti. Indica
una porta
che sbatte e, come avrete capito, è una cosa che torna sia
all'inizio che alla
fine del capitolo. Mi sembrava, inoltre, molto chiaro per indicare un
gesto
dettato dalla rabbia, quindi particolarmente adatto a
questo cappi. Ebbene si,
ecco le prime nuvole che addensano il cielo dei nostri piccioncini. Ma
andiamo
con ordine. Nella prima parte troviamo una Nina un po' nervosa ed
esasperata
dal fatto che Ian continua ad avere un comportamento contraddittorio:
con lei è
in un modo e in pubblico in un altro. I modi stessi con cui la tratta
sono
differenti e non concordano con quello che era il suo modo di
approcciarsi
prima che finissero a rotolarsi nel letto. Decisamente il modo in cui
si stacca
da lei e reagisce quando Paul li interrompe è la goccia che
fa traboccare il
vaso e che la spinge ad un confronto diretto. Ha bisogno di sapere cosa
c'è che
non va.
Finiscono così per litigare
e lei si sfoga con Candice e
tira le sue conclusioni. Non le va più bene avere una
“cosa” a metà e vuole
avere una risposta. Nina è infatti arrivata ad un
coinvolgimento tale che vuole
che si prenda una svolta, nel bene o nel male che sia. Non le sta
più bene che
Ian tenga il piede in due scarpe, soprattutto se ha un comportamento
del
genere. Questo, unito al fatto che si è sentita un po'
trattata come una
bambola, l'ha portata a reagire come ha reagito nell'ultima parte e a
sganciare
la bomba del “cosa siamo?”. Come vi avevo
anticipato nello scorso capitolo era una domanda che avrebbe portato
molte
conseguenze.
3- Altra cosa importante che vorrei
sottolineare e chiarire.
Quello di Ian non è un comportamento piovuto dal cielo,
c'è un chiaro motivo
dietro che
ovviamente
non svelo. Non è stata una scelta del momento
perchè non
sapevo come riempire questo capitolo, ma
ci ho ragionato ed era giusto così. Non prendetelo quindi
come un comportamento
improvviso o pazzo. Ne troviamo le radici già in quello
scorso e nelle due
settimane che intercorrono temporalmente tra gli eventi dei due
capitoli questa
cosa si è accentuata, diventanto estenuante per Nina. Nei
prossimi si capirà di
più. Vorrei sottolineare ancora una volta che tutto
ha il suo perchè.
Anche il comportamento di Mr Bipolare!
4- In questo capitolo, nella seconda e
nella terza parte,
c'è anche un piccolo accenno di gelosia da parte di entrambi. Non è
messa a caso, leggete tra le righe
e avrete un piccolo indizio sul prossimo capitolo.
5- Questo capitolo è stato
davvero difficoltoso di scrivere
e onestamente sono abbastanza insicura sul prodotto finale. E' stato
quasi un
parto, ho scritto e riscritto più volte le parte non
riuscendo mai ad esserne
davvero convinta. Come avrete notato è venuto davvero lungo
ma non me la sono
sentita di tagliare nessuna scena o descrizione.
6- Il prossimo aggiornamento di preciso
non so quando
arriverà, ma cercherò di pubblicare entro fine
mese accorciando il più
possibile i tempi visto che ho già la scaletta degli eventi
pronta.
7- Vorrei ancora ringraziarvi per
avermi aspettato per tutti
questi mesi. Un grazie a chi commenta, a chi mi segue e chi
semplicemente
legge.
Non ho riletto il capitolo, spero non
vi siano errori di
ortografia o ripetizioni e in tal caso mi scuso in anticipo.
8- Infine, una dedica speciale va al
mio "editore"
che mi sopporta sempre. Grazie
Xoxoxo
Live in Love.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 12 *** All We Are ***
ATTENZIONE:
Questo capitolo è dal punto di vista di Ian e non di
Nina come di consueto.
Buona
lettura!
CAPITOLO
13
ALL
WE ARE
Annuisco
distratto, acconsentendo a una domanda che
non ho neanche ascoltato davvero.
Cosa
mi ha chiesto?Mi ritrovo domandarmi più per
distratta curiosità che per reale interesse.
A
dire il vero, non ho proprio ascoltato il discorso
in generale e non ho neanche preso in considerazione l'idea di farlo.
Totalmente
disinteressato continuo a fissare un punto
imprecisato davanti a me, chiuso in un silenzio di apparente
cordialità, ma di
reale noncuranza.
Non
so neanche di cosa sta parlando la bionda seduta
in una posa plastica vicino a me, che assomiglia terribilmente ad una
Barbie.
So solo che continua a gesticolare e a blaterare qualcosa con voce
acuta e
particolarmente fastidiosa.
Cosa
diavolo vuole ancora da me? Mi domando esasperato
mentre la mia mente si rifiuta di prestarle attenzione.
Ho
finto di ascoltarla per quasi venti minuti
ininterrotti e le ho dedicato cinque secondi di attenzione, dovrebbe
essere già
contenta di questo.
In
fondo non ci vado mica a letto, cosa diavolo vuole
a me?
Le
lancio un'occhiata cupa e annoiata, continuando ad
annuire mentre silenziosamente confermo il mio pensiero: è
una rompiscatole
insopportabile.
Dovrebbero
vietare per legge ad alcune donne di aprire
bocca e parlare, soprattutto a quelle che non solo dicono
cose ovvie ma
anche inutili.
Sprofondando
sempre di più nel baratro della noia
socchiudo gli occhi, portandomi il bicchiere alle labbra e accorgendomi
che è
vuoto. Bene, di male in peggio.
Le
parole, la voce che esce dalle sue labbra, tinte di
un innaturale rosa, non arrivano davvero alle mie orecchie, perdendosi
e
mischiandosi con il vociare di sottofondo che anima la sala.
Per
fortuna, oserei dire.
La
Barbie smette per un attimo di parlare, dando pace
alle mie orecchie, che quasi sanguinano e facendomi per un attimo
credere che
la tortura sia finita, ma ho cantato vittoria troppo presto dal momento
che, il
secondo dopo, prende un profondo respiro e ricomincia a parlare a
mitraglia, se
possibile più intensamente di prima.
osa
ho fatto di male per meritarmi questo? Mi domando
e qualcosa dentro di me, forse la mia coscienza, mi mostra un
paio di
occhi scuri come risposta.
Istintivamente
il mio sguardo cade con maggior
attenzione sulla folla davanti a me, cercandola tra gli invitati. Non
c'è,
sibilo silenziosamente dentro di me mentre l'espressione si indurisce e
l'ombra
scura sul mio volto si scurisce maggiormente.
Non
si è neanche presentata al mio compleanno. Meno
male che dovevo essere io a dare una risposta a lei, stringo il
bicchiere vuoto
fra le mani e lasciando chiaramente trasparire il mio nervoso.
La
mia irritazione aumenta a dismisura a questo
pensiero, facendomi diventare nervoso e, se possibile, ancora
più indisponente.
-
Capisci no Ian? - afferma la Barbie con il chiaro
intento di richiamare la mia attenzione, cosa che non accade
irritandomi ancora
di più.
Sbuffo,
non preoccupandomi di offenderla e di mostrare
tutta la mia noia mentre continua a parlare.
Ok,
decreto perentoriamente, basta così.
Senza
degnarla di ulteriore attenzione o di premurarmi
di scusarmi, appoggio le mani sulle gambe e faccio leva per alzarmi dal
divanetto in cui ero sprofondando. Una volta in piedi raddrizzo la
schiena e
muovo un passo in avanti, allontanandomi e lasciando la bionda attonita
e la
mia agente che mi fissa confusa.
-
Ian, ma dov...- mormora sorpresa dalla mia
improvvisa interruzione tentando di ricevere spiegazioni, che io non
sono
intenzionato a darle.
Tutti
sembrano volere spiegazioni e risposte da me
ultimamente, penso esasperato e stizzito mentre la mia mente mi riporta
di
nuovo a lei.
-
A dopo - taglio corto io, interrompendola con una
inclinazione della voce perentoria e decisa che non ammette repliche
mentre con
la mano le faccio un cenno di saluto.
Basta
chiacchiere inutili, mi dico sbuffando.
Ne
sono terribilmente stufo, annoiato, e il mio
bicchiere vuoto ha decisamente bisogno di essere riempito.
Io
ho bisogno di essere riempito, forse. Riempire
quella sensazione di noioso e apatico vuoto che mi segue ovunque. Mi
perseguita.
Emetto
un sospiro gutturale, che mi raschia
provocatoriamente la gola mentre scanso le persone in cui mi imbatto.
E'
tutto contorno. La ragazza bionda, gli invitati e
il mio stesso compleanno fanno parte di un grigio sottofondo. Sembra
tutto
sbiadito, posseduto da una confusione noiosa che mi irrita
particolarmente. E'
tutta inutile tappezzeria.
Con
passi strascicati raggiungo finalmente il mio
obiettivo, l'angolo bar, appoggiandomi distrattamente al bancone senza
far
troppo caso a chi ho vicino.
Infondo
è la mia festa, mi stringo nelle spalle, posso
fare quello che voglio.
Fai
sempre quello che vuoi, mi ricorda una parte di me
con voce presuntuosa e saccente.
Con
un cenno chiamo il barista e faccio il mio ordine,
che viene posato davanti a me dopo una manciata di secondi.
Finalmente
qualcosa di piacevole in questa piatta
serata, penso iniziando a sorseggiare il mio bicchiere. Socchiudo poi
gli
occhi, godendo del piacevole intorpidimento che produce.
I
miei pensieri spariscono per qualche secondo,
annebbiati e dissolti dal calore bruciante dell'alcool giù
per la gola che ha,
infatti, il potere di riscuotermi e , allo stesso tempo, di annullare
le
angosce che mi tormentano.
Adoro
quando la vodka intorpidisce
i miei sensi e al primo sorso ne segue un altro,
più lungo e smanioso che
mi permette di assaporarla meglio.
Mi
procura un lieve e sinuoso senso di benessere
che inizia a propagarsi dentro di me, sopprimendo dolcemente la noia.
Una
vampata di calore mi avvolge subito dopo,
scaldandomi le guance e provocandomi la tipica sensazione di leggerezza.
Dura
solo una manciata di secondi però, non appena lo
ingoio del tutto svanisce anche quello. Divorato nuovamente da quel
vuoto
assordante, logorante, scompare lasciandomi in balia del flusso di
travolgenti
e stressanti pensieri che mi riempiono in modo spossante la mente.
Qualcuno
di indistinto passa poi vicino a me, ridendo
e facendomi gli auguri, a cui rispondo con un sorriso finto, per
sparire nella
folla l'attimo seguente.
Sospiro,
lanciando un'occhiataccia al mio bicchiere
già vuoto e accorgendomi che sembra l'unica cosa positiva
della serata.
Non
sono molto in vena di festeggiare questa sera,
anzi proprio per niente.
Mi
chiedo come mai i compleanni, a volte, capitano
sempre nei momenti meno opportuni, è quasi ironico.
Sono
di pessimo umore,infatti, e la causa di tutto
questo risiede, ancora una volta, in due occhioni scuri e in una chioma
castana
che sembrano essere la mia rovina.
Ancora
più frustrato e irritato passo la mano sulla
mia nuca, sfregando il palmo contro i capelli e lasciandomi andare
nuovamente
ad un sospiro pesante.
Dannazione
a lei e alle sue dannate domande, brontolo
nel silenziosamente tormentato.
Il
barista riempie nuovamente il mio bicchiere, dileguandosi
l'attimo dopo probabilmente consapevole che non tira una buona aria.
Lo
riafferro, prendendo un altro lungo sorso e
guardandomi svogliatamente intorno. Non ho voglia di fare neanche
questo minimo
sforzo. Sono decisamente indolente stasera, noto.
Sbuffo
innervosito dalla mia stessa noia, muovendomi
irrequieto sullo sgabello e decidendomi a guardarmi intorno con un
minimo di
serietà in più.
Lo
faccio vagare per la sala: il barista che serve
altre persone, alcuni invitati che scherzano e ridono poco lontano.
I
miei occhi continuano a vagare alla ricerca di
qualcosa da osservare, non soffermandosi su nulla in particolare mentre
mi
rendo silenziosamente conto di conoscere solo di vista molte di quelle
persone.
Qualcosa,
improvvisamente li attira portandoli a fare
una brusca virata: un frusciare di capelli castani e un abito blu
richiamano
istantaneamente tutta la mia attenzione, calamitando il mio sguardo.
Affascinati,
si soffermano con più attenzione su
questa vista beandosene per qualche secondo.
Un
inaspettato senso di calore mi pervade
repentinamente con la velocità di una frustrata, cogliendomi
impreparato mentre
il mio sguardo segue la linea dolce della schiena, lasciata
parzialmente
scoperta da una scollatura a v.
Incapaci
di staccarsi da questa immagine, continuando
a fissarla ammaliati.
I
capelli sono spostati morbidamente su una spalla,
fatta eccezione per qualche ciocca che, dispettosa, le sfiora la spalla
e le
lambisce la pelle, non permettendomi di andare oltre con lo sguardo.
Le
imprecazioni istintive per questa interruzione non
voluta si sciolgono presto in un'altra lunga occhiata, languida.
Scendo,
allora, sulla linea sinuosa dei fianchi e poi
ancora più giù, posandomi sul suo sedere che si
intravede appena. Il ricordo
della sua consistenza tonica e morbida e di tutte le volte che le mie
mani vi
ci sono posate sopra mi pervade, provocandomi una imponente ondata di
languido
calore.
Per
una frazione di secondo ringrazio un'entità
sconosciuta che nella piena distrazione in cui ero mi ha fatto
scegliere un
posto da cui si ha una così ottima visuale.
Appoggio
nuovamente le labbra sul bicchiere,
leggermente stirate in un sorriso sottile e voluttuoso, percependone il
freddo
del vetro.
Muove
poi improvvisamente il campo, inclinandolo e
lasciandomi intravedere l'alone di un sorriso.
Ne
prendo un lento sorso mentre i miei occhi non si
staccano da lei. E, qualcosa, sembra sciogliersi ancora dentro di me
alla vista
del suo sorriso.
Qualcosa
di indistinto pulsa di più, si contorce e si
scalda confondendomi con quel senso di naturale calore che ne deriva.
E'
l'alcool mi dico, solo quello, rinnegando un
qualcosa che so che non può essere rinnegato.
Inclino
leggermente il viso verso destra poi,
sistemandomi meglio senza, tuttavia, interrompere mai il contatto con
il suo
corpo.
Ed
è impossibile non pensare a come quello stesso
sorriso l'ho visto rarissime volte in questi giorni sul suo viso,
incredibilmente cupo e rabbuiato. A causa mia, probabilmente.
Deglutisco,
il desiderio leggermente velato da un
nervoso e da una consapevolezza che non se ne sono mai andati davvero.
E non lo
hanno fatto neanche ora, leggermente illanguiditi dall'ardore che
questa
visione mi provoca. E' come un sensazione scottante e, per un
attimo
ancora, mi beo del ricordo di quel corpo, del suo calore e del suo
tocco sulla
mia pelle.
Un
senso di tepore mi pervade, avvampa, stringendomi
languido e iniziando a diffondersi in lente spirali nel momento esatto
in cui
la mia mente mi ripropone subdolamente l'immagine di noi a letto
insieme.
Mi
coglie impreparato, in uno stato di intorpidimento
dei sensi che mi confonde.
Forse
è a causa sua, è lei che mi confonde.
Scuoto
il capo, scacciando questo pensiero l'attimo
dopo.
E'
decisamente colpa dell'alcool che ha iniziato a
fare effetto, sciogliendo il nervoso ed appannandomi i sensi, mi
dico più
appagato da questa realtà fittizia che dalla
verità.
Ha
sopito per un attimo le sensazioni negative
amplificando solo un piacevole e positivo calore, agognato come non mai
dopo
tutti questi giorni di stress fisico e mentale in cui il nervoso e
l'irritazione l'hanno fatta da padrona.
E'
come se un dolce sapore mi avesse invaso la bocca,
scacciando quello meno piacevole della rabbia.
E'
l'effetto che mi fa lei.
Inclino
lievemente la testa, sistemandomi meglio e
continuando a guardarla. Infondo ultimamente posso fare solo questo,
guardarla
da lontano.
E'
quello che siamo, distanti e separati da uno spazio
che non è unicamente quello fisico.
E
il mio sguardo cade proprio lì, sulla distanza che
ci separa, occupata da persone allegre che scherzano ignare
dell'angoscia che
mi affligge.
Una
punta di amarezza, che minaccia di incrinare la
mia precaria tranquillità d'animo, mi pervade, insidiandosi
alla bocca dello
stomaco e sostituendosi al bruciore confortante dell'alcool. La scaccio
l'attimo dopo, tendendo le labbra in una piccola smorfia. Voglio
godermi questo
briciolo di tranquillità ancora per qualche secondo, fino a
quando almeno la
vodka non sarà svanito via del tutto insieme al suo torpore
e la realtà dei
fatti mi porterà ad essere il solito bipolare di questi
giorni.
Emetto
un piccolo sospiro, tornando a crogiolarmi
nella sua visione. Con lo sguardo torno a percorrerne il profilo
sinuoso che
collega il sedere alla schiena. Risalgo ancora, incontrando quella
deliziosa
scollatura e fermandomi sulla sua spalla.
All'improvviso
qualcosa attira la mia attenzione,
fulmineo come solo un gesto può essere.
Una
mano si posa sul suo braccio nudo in un tocco
lieve, ma dannatamente morbido.
Intimo.
I
miei occhi si assottigliano all'istante diventando
due gelide fessure di ghiaccio mentre l'irritazione mi stringe lo
stomaco in
una morsa soffocante e lacerante.
E'
una mano maschile.
Un'imponente
ondata di fastidio mi pervade, bruciando
terribilmente.
Irritazione
che aumenta a dismisura l'attimo dopo, non
appena il mio sguardo si sposta di pochi centimetri per vedere di chi
è quella
mano. E una bruciante e sconcertante scoperta mi innervosisce: non
è sola.
Deglutisco,
percependo quel dolce sapore abbandonarmi
e lasciare il posto all'amaro in bocca che lascia una bella sensazione
quando
se ne va.
Qualcosa
dentro di me scalpita. E' il mio orgoglio che
si divincola sotto il peso di questa constatazione cercando di non
lasciarsi
schiacciare da una subdola emozione che però preme troppo
forte.
E
il mio sguardo cade lì, su di loro. Ancora. Su come
lui guarda lei. Un inaspettato fastidio mi scuote, insidiandosi alla
bocca
dello stomaco.
Digrigno
quasi i denti, l'espressione che
inevitabilmente diventa più dura, netta e la mascella che si
contrae.
Non
me ne frega nulla, in realtà. So che è
così, me ne
convinco ripetendomelo consecutivamente in testa per una
infinità di volta.
Non
è sola. E' alla mia festa e fa la svenevole con
quel tipo.
Innervosito
trangugio il contenuto del mio bicchiere,
ordinandone poi un altro con un cenno del capo al barista.
E
non posso fare a meno di pensare a come fino a
qualche giorno fa ero io a guardarla così, a farla ridere.
Parlava
a me.
Sorrideva
a me.
Rideva
con me.
Guardava
me.
Voleva
baciare me. Le mie dita si contraggono
istintivamente, chiudendosi in un pugno che lascia chiaramente
trasparire il
mio malessere.
Ora
non è più così.
Non
mi parla, non mi sorride e se mi guarda, lo fa in
modo decisamente non affettuoso.
E'
lo sguardo di una persona che soffre, rancoroso e
cupo di una rabbia non espressa.
La
morsa fastidiosa che mi stringe lo stomaco aumenta
ancora, alimentata da una malinconia latente che più scaccio
e più ritorna.
Cosa che non fa altro che aumentare il mio nervoso.
E
non posso fare a meno di pensare di come siamo stati
amanti, la mia mente mi ci rimanda tramite qualcosa inconscia
connessione.
Nello sguardo, nelle parole, nelle carezze.
L'ho
toccata, l'ho baciata, l'ho avuta.
Tutto
quello che eravamo chiusi in una stanza, al buio
mentre ansimavamo sulle labbra dell'altro. Amanti.
Era
mia in qualche modo. E' stata mia.
Un
sentimento pungente, subdolo mi stringe lo stomaco
in una morsa sempre più forte e snervante.
Lo
riconosco benissimo.
Gelosia,
tendo le labbra in un sorriso amaro.
Non
voglio esserlo, non mi piace sentirmi fragile in
qualche modo e vulnerabile.
Non
sono geloso mi dico allora con una convinzione
innaturale, rinnegando quella sensazione che per protesta scalpita
ancora più
forte.
I
miei occhi però non ne vogliono sapere di staccarsi
da lei, anche se non fa altro che accrescere questo senso di nervoso e
di
rabbia corrodente.
Il
momento è fortunatamente interrotto l'attimo dopo
da una figura che compare al mio fianco.
-
Allora... fammi morire di invidia- Paul si lascia
cadere seduto vicino a me, un braccio appoggiato sul bancone e lo
sguardo
puntato dritto su di me. - Quante donne si sono già gettate
ai tuoi piedi come
regalo di compleanno?- mi dà una pacca sulla spalla,
scuotendomi leggermente.
Gli
rivolgo un'occhiata altera e fredda, un po'
scocciata quasi, dettata più dal mio stato emotivo che
da lui.
-
Sto ancora aspettando che la spogliarellista esca
dalla torta, a dire il vero - affermo con un umorismo tagliente,
incrinato da una
punta di nervosismo che mi inumidisce il timbro di voce rendendola
fredda e
incolore.
-
Quante sono? Dieci? - azzarda ridacchiando, fingendo
di non avermi sentito e soprattutto di non aver compreso il mio
malumore.
Cosa
impossibile dal momento che è visibile
probabilmente anche a chilometri di distanza.
-
Fratellino - mi fermo, calcando su una
pausa teatrale voluta e studiata - Non tutte le donne mi vedono come un
vibratore - affermo con una finta saggezza, come se stessi rivelando
chissà
quale segreto.
Lui
mi lancia un'occhiata dubbiosa e poi scoppiamo
entrambi a ridere.
Divertimento
che dura poco, venato da una nota stonata
di artificio e falsità. Non è la mia
solita risata, naturale e spontanea.
E' un divertimento tagliente, artificiale quasi.
Per
qualche secondo cala poi il silenzio e io porto il
bicchiere pieno di liquore ambrato alle labbra, prendendo un lungo
sorso. Il
sapore dell'alcool non sopisce però quel bruciore che provo
al fondo dello
stomaco, logorante e corrodente.
Mi
sembra quasi di sentirne il retrogusto amaro sul
palato persino.
Nessuno
dei due sa cosa dire e io ho decisamente
voglia zero di impelagarmi in discorsi spinosi e difficili da sostenere.
-
Non è che vuoi un regalo speciale? - mi
domanda, voltando leggermente il viso verso di me.
Ecco,
come non detto, ci ha pensato lui.
Io
continuo a guardarmi intorno con fare
disinteressato, lanciando occhiate di sottecchi e di sbieco alla mia
destra.
Continuano
a ridere, noto. Lei sembra persino
divertita. E pensare che faceva la parte della cerbiattina fragile e
abbattuta
fino a qualche secondo fa.
Allontano
lo sguardo da lei, convincendomi che non ne
vale assolutamente la pena.
Non
merita il mio sguardo né la mia attenzione.
-
Magari bruno e con gli occhi scuri?- infierisce lui,
non capendo che non voglio toccare l'argomento.
Non
l'ho fatto per giorni interi e non voglio iniziare
di certo ora.
Tutto
di un fiato trangugio il liquido ambrato nel mio
bicchiere, finendolo. Per qualche secondo percepisco solo il bruciore
corroborante dell'alcool. Tremendamente piacevole, socchiudo gli occhi.
Peccato
che svanisce l'attimo dopo, lasciandomi solo
il bruciore bruciante di altro.
Gelosia,
cantilena una vocina subdola e ambigua dentro
di me.
-
Non voglio assolutamente nessun regalo!- sibilo
perentorio, negando decisamente con una scrollata del capo e cercando
di
zittire entrambi, lui e la vocina.
Più
lontano mi sta, meglio sto. Le lancio una veloce
occhiata risentita, convincendomene sempre di più.
Come
tutte le donne, mi dico, è deleteria per la
salute mentale.
Lei
continua a ridere con quel bamboccio e il mio
fastidio cresce ancora, arrivando a livelli impensabili.
-
Sicuro?- mi canzona Paul, lanciandomi un'occhiata
ambigua mentre continua a sorseggiare la sua bevanda non credendo
minimamente a
quello che ho detto.
Stendo
le labbra in una smorfia, continuando a tenerle
serrate per poi allungarle in un sorriso ironico.
-
Il regalo - continuo a chiamarla, ingoiando
un altro bruciante sorso di alcool, con l'intento di non far capire a
chi c'è
intorno a noi a chi mi sto riferendo. - Mi ha sbattuto la porta in
faccia -
sibilo, soffiando l'aria tra i denti in un sussurro aspro e tagliente .
La
mia voce si vela di risentimento, assumendo
un'inclinazione seccata e arrabbiata. Inevitabilmente un'ondata di
rabbia mi
pervade, penetrando nelle mie vene e corrodendole come lava
incandescente.
Percepisco
lo sguardo di Paul su di me, ma non mi
volto continuando a tenere il mio puntato davanti a me. Il barista fa
freneticamente avanti e indietro dietro il bancone, destreggiandosi tra
i
bicchieri e gli alcolici più svariati.
Appoggio
i gomiti contro il legno lucido del bancone,
continuando a guardarmi intorno.
-
Non lo voglio. - affermo deciso, il chiacchiericcio
intorno a noi che quasi mi sovrasta.
-
A quanto so sei stato tu a sbattere la porta in
faccia al regalo - controbatte lui con un tono
calmo e tranquillo, come
se stessimo parlando del tempo e non del regalo.
Mi
volto verso di lui, fulminandolo con uno sguardo al
vetriolo.
-
Di sicuro non sono io a dover andare dal regalo per
scartarlo!- affermo astioso - Se vuole vieni lei da
me - bofonchio
l'attimo dopo, continuando mentre le mie labbra premono con il vetro
freddo del
bicchiere e prendo un lungo sorso di alcool.- Se no per quanto mi
riguarda può
stare dov'è e scartarsi da solo-
-
Mmm non ho mai sentito di un regalo che si scarta da
solo - ride lui, scherzando con il probabile intento di strapparmi una
risata.
Non
ci riesce, le mie labbra rimangono incollate in
una smorfia plastica che non viene neanche minimamente smossa dalla sua
ilarità.
Cala
per qualche secondo il silenzio, di nuovo, mentre
le persone intorno a noi continuano a ridere e muoversi.
-
Comunque, se ti ha sbattuto la porta in faccia hai
fatto qualcosa per meritartelo ...evidentemente - afferma riservandomi
un'occhiata penetrante ed eloquente.
Uno
sguardo di chi sa come sono andate le cose, di chi
ha entrambe le versioni. e un dubbio sorge spontaneo. Cosa gli ha
raccontato
lei? Mi ha fatto passare come il lupo cattivo?
Assottiglio
ancora di più gli occhi, rendendoli simili
a due fessure taglienti.
-
Ora la colpa è mia?- sbotto bruscamente puntando un
dito contro il mio petto. - La difendi?-
Lui
mi rivolge un'occhiataccia.
-
Potevi risponderle - si appoggia con il fianco al bancone,
continuando a guardarmi - E non lo hai fatto-
Incasso
stizzito la testa fra le spalle,
indurendo l'espressione.
-
Scusa - affermo mellifluo, il tono fintamente
cordiale. - Avevo dimenticato il cartello "definiamo il nostro
rapporto" in camerino. - mimo le virgolette con le dita, il sorriso
ironico che si scioglie e torna a comporre la mia espressione
impassibile e un
po' seccata.
Paul,
al mio fianco, sospira stancamente anche se a
dire il vero sembra più uno sbuffo sconsolato.
Il
mio sguardo cade di nuovo lì, su di lei.
L'assistente
patetico di Kevin continua a parlare e la
guarda come un cagnolino. Mi aspetto quasi che tra poco inizi a
scodinzolare.
Sbuffo,
diventando sempre più cupo e torvo mentre quel
logorante nervoso non mi abbandona.
Sembra
una lenta e spasmodica corrosione. Subdola,
lavora in silenzio anche quando il mio sguardo non è posato
su di loro.
-
Attento che il regalo non lo scarti qualcun altro
però-
-
Non me ne frega nulla.- ribatto rabbioso,
trangugiando tutto di un fiato il contenuto del mio bicchiere.
Lo
poso poi con uno schiocco secco sul legno del
bancone, facendo tintinnare il vetro e guadagnandomi l'occhiata
stranita e
confusa di Paul.
-
Un altro - ordino subito con tono perentorio, la
voce decisa e inasprita da quella corrosione che non mi abbandona.
Paul
inarca un sopraciglio, trafiggendomi con uno
sguardo schietto che non fa altro che innervosirmi ulteriormente.
-
Che vuoi?- gli chiedo senza tanti giri di parole,
risultando brusco e alzando altezzosamente il mento verso di lui.
-
Sei geloso?-
Scoppio
in una risata ironica, gracchiante e che non
ha nulla di naturale. Non assomiglia neanche lontanamente alla mia
solita
risata, spontanea e divertita.
-
Carina come battuta-
-
Non era una battuta- non si scompone lui - Sei
chiaramente geloso …e ubriaco - ribatte deciso, non
staccando i suoi occhi
verdi dai miei.
Sbuffo,
esibendomi in un'espressione ironica e
scocciata che vuole palesemente contraddirlo.
Cala
nuovamente il silenzio e capisco dal suo sguardo
che non dirà più nulla.
Forse
ha compreso che un muro ha più voglia di parlare
di me, finalmente.
Sospiro,
mentre la curiosità batte quella sensazione
fastidiosa logorandomi fino al punto di vincere sull'orgoglio e
portarmi a
voltarmi.
Lo
faccio solo per vedere cosa fa, non perché mi
interessa.
Crogiolandomi
nel calore di questa palese scusa mi
volto, incapace di non farlo, trovo solo una triste verità.
Il
vuoto.
Se
ne sono andati, sbarro leggermente gli occhi mentre
noto i loro posti vuoti e i bicchieri abbandonati inesorabilmente sul
bancone.
Quella
sensazione pulsa più forte, diventando
lancinante.
Amanti...Gelosia...
Se
ne sono andati insieme.
Qualcosa
dentro di me scalpita, avvampa e divora.
Amanti...
Gelosia...
Corrode.
E
tutto quello che siamo viene dolorosamente e
tristemente sottolineato da questo.
Quell'essere
amanti brucia più che mai.
*******
Con
passi lenti e cadenzati mi trascino lungo il
corridoio, mettendo un piede davanti all'altro nel tentativo di
raggiungere
l'ascensore.
E'
stata una serata tremendamente lunga. Troppo.
Allungo
il braccio, lasciandolo penzolare al mio
fianco. La giacca, appesa alle mie dita, ondeggia ad ogni mio passo
sfiorando
il pavimento e rischiando di sporcarsi.
Non
curante di questo fatto continuo la mia avanzata,
leggermente rallentata dal mal di testa dovuto al troppo alcool.
Socchiudo
lievemente gli occhi, gemendo mentre una fitta più acuminata
delle altre mi
trafigge, portandomi ad arrestare momentaneamente la mia avanzata.
Mi
inumidisco le labbra, passandoci leggermente la
lingua e trovandovi ancora il sapore di alcool sopra.
Ho
bevuto un po' troppo forse, noto sbattendo gli
occhi nel tentativo di scacciare il senso di torpore e confusione che
mi
appannano la vista. Ma era l'unico modo per scacciare e zittire quel
fastidio
lancinante che lei mi ha provocato.
Al
suo pensiero qualcosa stride dentro di me, gracchia
quasi in modo difettoso, provocandomi un'ulteriore fitta di irritazione
e
conseguentemente di mal di testa.
Sbuffo
sonoramente infastidito da tutto. E' snervante.
Vederla andare via con un altro lo è.
Inspiro
bruscamente l'aria, percependola invadermi i
polmoni mentre simultaneamente un fastidio sordo e tagliente mi pervade.
Non
se ne è mai andato in realtà, è sempre
rimasto in
modo latente presente anche se ho cercato di schiacciarlo in tutti i
modi.
Anche annegandolo nell'alcool.
Cosa
che non sembra aver funzionato poi molto visto
che al fastidio psicologico si è aggiunto anche quello
fisico.
O,
molto più probabilmente, sono tutti gli accidenti
che mi ha tirato dietro lei.
Uno
scrosciare di risate irrompe improvvisamente nel
corridoio, portandomi istintivamente ad arrestare la mia camminata.
Mi
blocco, rimanendo immobile e con l'orecchio in
attesa di captare qualche altro rumore.
Non
ho voglia di vedere assolutamente nessuno. Sono
stato già fin troppo in mezzo alla gente ed è
decisamente l'ultima cosa che è
di aiuto al mio umore nero pece.
Per
un lungo interminabile attimo è solo il silenzio a
riempire il corridoio, facendomi quasi temere di aver avuto le
allucinazioni.
Sono
messo addirittura così male? Mi domando con una
punta di ironico allarmismo a pervadermi.
Tuttavia
le mie sarcastiche paure sono scacciate via
l'attimo seguente, quando delle voci sis sostituiscono alla calma
notturna.
-
Hai visto che se ne è andata con quel tipo
biondo?- mormora in modo cospiratorio una voce femminile, lasciandomi
intendere
che probabilmente sono in due.
Raddrizzo
improvvisamente la schiena, mentre la mia
curiosità viene pungolata e il mio istinto mi dice che
questa conversazione
potrebbe inspiegabilmente interessarmi.
E
decido di seguirlo, assecondandolo, rimanendo in
ascolto e aspettando la risposta.
-
Si...e non gli ha fatto neanche gli auguri -
risponde l'altra con tono smorfioso e saccente, ricordandomi
terribilmente le
protagoniste di quei programmi spazzatura e di basso livello dove
passano la
maggior parte del tempo a criticare e starnazzare.
Il
tasso di falsità e quoziente intellettivo pari a
zero è lo stesso infatti, stendo le labbra in una smorfia
disgustata.
-
Era alla sua festa con un altro- soffia malignamente
la prima e le mie supposizioni sono confermate.
Si
riferiscono a lei.
Il
mio interesse si quadruplica, aumentando a
dismisura, mentre allungo quasi il collo nel tentativo di percepire
meglio
quello che dicono.
Quasi
mi ritrovo a ringraziare il loro spettegolare.
Le persone sono davvero incapaci di farsi gli affari propri, anzi sono
praticamente naturalmente portate per non farseli.
Una
punta di fastidio stride improvvisamente contro la
mia curiosità, venandola e mettendola in secondo piano.
La
gente non si fa i fatti suoi, ripeto
silenziosamente nella mia testa.
E'
proprio questo il problema, penso amareggiato da
una realtà che conosco fin troppo bene.
Ci
sono persone che sembrano non capire cosa vuol dire
la parola intimità, finendo per travisarla e sparlarci sopra.
-
Si vede che non se la porta più a letto- ridacchia
una delle due, interrompendo in principio il flusso dei miei pensieri.
Muovo
un passo in avanti, rimanendo rasente al muro,
nel modo più silenzioso possibile in modo da sentire meglio
e loro non sembrano
accorgersi di me visto che continuano a ridere tranquillamente.
Aggrottando
leggermente le sopracciglia inclino il
viso, puntando lo sguardo sul pavimento in attesa del seguito che
arriva
proprio l'attimo dopo.
-
O, magari, dal momento che non c'erano fotografi in
giro, non era necessario fingere- riprende a parlare una delle due con
aria
presuntuosa, di chi la sa lunga.
Trafitto
da una punta di fastidio mi irrigidisco,
comprendendo cosa vogliono dire davvero.
Pensano
che ci facciamo vedere insieme per pubblicità,
che sia semplicemente una facciata.
Il
fastidio aumenta ancora, acutizzandosi e
confermando i miei timori più profondi
Ma
non è semplice questo. Pensano che stia con me solo
per farsi pubblicità, per arrivare più in alto in
qualche modo.
Ed
è esattamente come pensavo.
Un
sospiro frustrato esce dalle mie labbra nell'esatto
momento in cui l'altra risponde, frantumando i miei pensieri, ma non il
mio
nervoso.
-
Pensi stia con lui solo per convenienza?- cerca
conferma con tono sorpreso e anche io aspetto la prova effettiva i miei
dubbi,
anche se ne ho praticamente la certezza.
La
mia espressione si indurisce, assumendo una
sfumatura seccata e pensierosamente irritata.
-
Ovvio! Dai Sasha... è Hollywood - afferma lei, come
se quella parole racchiudesse un significato intrinseco e, dopo una
breve
pausa, riprende a parlare - Tutti agiscono per convenienza,
è risaputo -Un
ulteriore moto di mi attraversa nel vederla dipinta come una
arrampicatrice in cerca di successo e pronta ad ottenerlo a qualsiasi
costo.
Non
è così. Lei è decisamente tutto che
questo, non ne
ho assolutamente alcun dubbio.
Io
so com'è, i motivo per cui agisce e il perché lo
fa. La conosco e posso affermare con certezza che è
l'opposto di come la
dipingono.
Un
pensiero, più razionale e freddo degli altri,
emerge e si erge sullo stato confusionale ed emozionale in cui sono,
rendendomi
in minima parte più lucido suggerendomi una
realtà quanto mai vera.
Il
nervoso per vederla derisa e critica viene per un
attimo accantonato mentre la mia attenzione si punta su altro.
Io
lo so perfettamente quanto tiene al suo lavoro, i
sacrifici che ha fatto e quanto ha sudato per ottenere ciò
che voleva, ma gli
altri? Lo sanno?
Sono
in grado di andare oltre degli stupidi
pettegolezzi o li fomentano?
E
la terribile consapevolezza che non è così nella
maggior parte dei casi mi gela sul posto, svegliandomi con la stessa
immediatezza
di una doccia fredda.
Il
flusso dei miei pensieri è interrotto nuovamente,
però. Il dialogo continua, infatti, e io sono costretto ad
abbandonare le mie
cupe e protettive riflessioni per sentire come va avanti.
-
E poi Ian non è mica nuovo a queste cose -
Una
smorfia ironica, tagliente mi piega le labbra,
stendendole in un linea dura e irritata.
Eccolo
qui il fatidico discorso, chissà perché me lo
aspettavo: non è in grado di lavorare con qualcuna senza
farsela.
E'
l'etichetta che mi porto dietro da non so quanto,
ormai.
Mi
ci sono abituato, ci ho convissuto fino ad ora
senza lasciare mai che mi toccasse più di tanto.
La
gente può pensare quello che vuole alla fine di me,
non me ne importa molto.
Il
discorso è diverso se però tirano in ballo
persone
a cui tengo e lei è decisamente una di queste.
E
il pensiero che lei potrebbe essere descritta non
solo come una arrampicatrice ma anche come la ragazza di turno che mi
porto a
letto non mi piace, mi infastidisce.
Se
prima avevo solo l'irritante dubbio di tutto ciò
ora ne ho la terribile certezza.
Un'ondata
di improvvisa inquietudine mi attraversa,
andandosi ad aggiungere a quello che già c'era e incupendomi
maggiormente.
-
Si beh è stato con tutte le colleghe con cui ha
lavorato praticamente- rincara la dose l'altra, irritandomi
inverosimilmente.
-
Comunque - riprendono a parlare - Ha poco da andare
in giro con quella faccia da cane bastonato...insomma stiamo parlando
di Ian!
Non le va decisamente male in ogni caso-
-
Infatti...cioè ti soddisfa anche solo con lo
sguardo- ride l'altra e una punta di compiacimento mi pervade,
aumentando il
mio orgoglio e gonfiando il mio ego.
Nonostante
l'incazzatura sia a livelli stratosferici ,
il mio sorriso si vela di vanesia ilarità.
Sensazione
di divertimento che svanisce l'attimo dopo,
dissolvendosi velocemente in un cupo nervoso. La mia attenzione torna
ad essere
catturata dalla conversazione, assorbendo tutte le mie
riflessioni e
tutte le mie energie mentali.
Direbbero
questo in giro, la vedrebbero esattamente
così. Ormai ne ho la certezza tangibile.
Magari
i nostri amici non direbbero nulla e ci
supporterebbero, ma io sarei in grado di proteggerla dalla pioggia di
critiche
delle malelingue?
Voglio
proteggerla da tutto questo, dalle critiche e
dalle voci di corridoio.
E'
impossibile frequentarsi con qualcuno senza che
almeno sul set si sappia. E' difficile tenere nascosto una cosa minima
figuriamoci una cosa di tale portata. E le voci avvampano per niente,
si sa.
Un
ritardo di pochi minuti viene trasformato in un ritardo
di ore e si mette subito in dubbio la professionalità delle
persone.
Io
lo so.
Ho
già vissuto situazioni simili e nessuna è
decisamente andata a buon fine. Vale la pena di rischiare di
compromettere o
addirittura distruggere la sua carriera, quindi? Farla passare come
quella che
va a letto con chi è già affermato per diventare
famosa.
Forse
rischierei di distruggere anche lei, così.
Ed
è decisamente l'ultima cosa che voglio, passo
frustrato una mano fra i miei capelli.
Lasciarsi
coinvolgere sul lavoro è un arma a doppio
taglio, ci si può stufare presto e compromettere il lavoro
non solo nostro, ma
di una intera troupe.
E'
visibile già ora. C'è un'aria tesa sul set, quasi
irrespirabile. Tutti sanno che è successo qualcosa che ha
incrinato il nostro
rapporto, ma nessuno dice nulla.
Non
oso immaginare cosa potrebbe accadere dopo una
rottura. Anzi lo so perché mi è capitato, l'ho
vissuto sulla mia pelle e non
voglio che capiti a lei.
La
voglio proteggere anche da questo. Io devo
farlo in qualche modo, mi dico convinto e deciso a portare avanti il
mio
proposito. Non mi importa se sarà difficile, lo faccio per
lei.
In
qualche modo devo proteggerla anche da me, da
un possibile noi che potrebbe essere più nocivo
che benevolo.
Perché se lei non lo vede o non lo vuole vedere lo devo fare
io. Devo essere io
a proteggerla da un qualcosa che potrebbe trascinarla in una cosa
più grande
di lei e ingestibile.
Voglio
e devo farlo.
Una
sensazione angosciante mi stringe, avviluppandomi
e tenendomi stretto fra le sue spirali.
So
benissimo che dopo, quando il rapporto si logora,
non è più lo stesso. Non si riesce più
a lavorare più come prima, la chimica
svanisce e con essa un lavoro convincente.
E
se poi finisse in mano ai giornali? Potrebbero distruggerla
mediaticamente, etichettandolo come una arrampicatrice. Lo
sopporterebbe? Mi
domando ancora mentre la morsa aumenta.
E
di certo i miei precedenti al riguardo non aiutano.
E' vero ho avuto qualche - diciamo anche parecchie- storie con le mie
colleghe
e nessuna è durata per più di qualche settimana,
massimo qualche mese.
Ok,
è vero, ammetto, sono stato a letto con
praticamente tutte le mie colleghe.
Alcune
non hanno neanche superato un giorno, annoto
mentalmente mentre il mio umore precipita in picchiata.
Io
posso sopportarlo, lo so perché ci sono già
passato, ma lei? Rischierei di trascinarla nel baratro con me.
Finirei
io stesso a metterle il bastone tra le ruote
ed è l'ultima cosa che voglio
Distruggerei
tutto quello per cui ha lavorato.
Deglutisco,
la gola asciutta e chiusa dalla pesante
consapevolezza che prima di tutto siamo colleghi.
Ora,
più che mai, siamo solo questo.
Ed
è giusto così.
Il
tintinnio mi avvisa che un ascensore è arrivato al
piano e le loro risate scemano via fino a scomparire l'attimo dopo.
Passo
una mano sulla mia nuca, scompigliandomi i
capelli mentre con un sospiro pesante mi appresto a girare l'angolo
dopo
qualche attimo di totale immobilità.
Mi
fermo poi in attesa dell'ascensore, chiamandolo. La
mano rimane appoggiata contro la parete mentre mi convinco sempre di
più della
mia scelta.
Solo
colleghi.
Inaspettatamente
l'ascensore arriva subito e le sue
porte si aprono silenziosamente davanti a me, permettendomi di entrare.
Mi
blocco, gelato sul posto, incontrando un paio di
occhi castani che si alzano su di me quasi simultaneamente al mio. Si
scontrano
per una frazione di secondo e tutti i pensieri che ho avuto fino ad ora
si
rafforzano nel constatare il suo sguardo ferito e nervoso, in parte
anche
malinconico.
E'
visibilmente stanca, provata fisicamente e
mentalmente. Indugio su di lei rendendomi conto di una
verità che ferisce,
brucia terribilmente sulla pelle: ci sta male ed è colpa mia.
Una
morsa mi stringe spietata, pressandomi e
irritandomi inverosimilmente perché sono costretto a
rinunciare a lei.
Non
vorrei farlo, ma mi rendo conto che non lo
sopporterebbe, non sarebbe in grado di sopportarlo. Deglutisco,
spingendo
indietro l'istinto che mi dice di abbracciarla e farla finita con le
cazzate
sulla protezione.
Ma
non lo faccio, rimango fermo e lascio prevalere la
mia decisione. Non posso cedere.
Siamo
questo prima di tutto, colleghi.
Tutto
quello che siamo.
Le
porte dell'ascensore si chiudono alle mie spalle
non appena vi metto piede, premurandomi di scegliere l'angolo opposto
al suo.
Tutto
quello che possiamo essere.
***************
Con
le dita tamburello sul volante, seguendo il ritmo
della canzone che sta passando in questo momento alla radio e che
riempie
l'abitacolo dell'auto. All We Are, la riconosco subito dal
momento che
rientra nella mia playlist.
Ne
vena leggermente il silenzio, incrinandolo
positivamente e alleggerendo debolmente la tensione che filtra tra di
noi. E'
palese, corposa e oppressiva. E' quasi fisicamente pesante, un fardello
che
pesa addosso come un macigno.
Irrequieto
mi muovo sul sedile, tentando di non
assecondare quella punta di curiosità che mi spinge a
voltarmi e a scrutarla
per vedere se la cosa pesa anche a lei.
Sbatto
le palpebre, imponendomi forzatamente di non
farlo o di parlare e di tenere gli occhi puntati, invece, sulla strada.
Solo su
quello. Le ultime note della canzone svaniscono, lasciando il posto al
vociare
sottile e inutile del dj.
Silenzio.
Io non parlo, lei neppure.
Prendo
un profondo respiro, cercando di non farmi innervosire
ulteriormente da questo ostinato mutismo che sembra non volerla
abbandonare. I
muscoli delle braccia si tendono leggermente, irrigidendomi, mentre un
lento
nervoso si espande dentro di me come un chiazza d'olio. E la lenta,
placida
corrosione inizia.
La
sento, la riconoscono. Quel logorare nervoso e al
tempo stesso calmo che il nervoso mi provoca. Il nervoso provocato dal
suo
ostinato silenzio.
Dannazione.
La
strada davanti a me scompare per qualche attimo
dalla mia visuale, sostituita subito da altro di più
piacevole.
Le
lancio una veloce occhiata di sottecchi, cercando
di passare il più inosservato possibile.
Ho
ancora un po' di orgoglio, infondo. Orgoglio che
scalpita leggermente sotto il peso dolce e spossante dell'aver ceduto
ed
essermi voltato a guardarla, assecondando proprio quel desiderio
lancinante che
mi pervade.
Con
lo sguardo percorro poi la linea dolce ed esile
delle spalle, lievemente curvate e semi nascoste dalla giacca pesante
che
indossa e dai capelli sciolti che ci ricadono morbidi sopra.
Non
mi guarda, totalmente voltata verso il finestrino.
Quasi piegata in un guscio protettivo guarda fuori, assorta e distratta
da
chissà cosa. Solo un leggero respiro, che le riempie i
polmoni e le alza
ritmicamente il petto, la scuote lievemente dalla sua
immobilità.
Solo
per una manciata di secondi, che cerco di ridurre
il più possibile, la mia visuale torna ad essere occupata
dalla strada, ma,
fortunatamente, il traffico intasato mi permette di indugiare ancora su
di lei
senza incappare in qualche incidente.
Per
qualche interminabile secondo cerco di scorgerne
l'espressione, ma, ancora una volta, i suoi capelli me lo impediscono.
Dannati
capelli lunghi, buffo leggermente mentre il
mio tamburellare si acutizza. Ne intravedo solo il profilo lieve e
delicato.
Neanche il riflesso del finestrino mi aiuta, rimandando solo il
panorama che vi
è fuori.
Improvvisamente
emette un piccolo sospiro, che, appena
percepibile, le solca le labbra. Leggero e indecifrabile si scontra
contro una
ciocca soffice dei suoi capelli, appoggiati contro la guancia pallida.
E' così
angosciato e nervoso che mi porta a trattenere bruscamente il respiro
per una
frazione di secondo.
Per
un lungo attimo mi preparo a vederla girarsi
verso di me e guardarmi con uno sguardo accusatorio. Cosa che non
accade.
Non
si volta verso di me e non parla. Ancora. Un senso
di corrodente frustrazione mi pervade, stringendomi in modo lancinante
lo
stomaco. Mi provocherà l'ulcera di sto passo, mi dico
distrattamente, non
badandoci poi molto.
Lei
continua a rimanere chiusa in un ostinante
silenzio, lo sguardo che si perde nel buio delle strade fiocamente
illuminate
dai lampioni. Così imperturbabile da risultare irritante.
Cosa
sta pensando? Ormai me lo chiedo
ininterrottamente da quando siamo usciti dall'ospedale, senza riuscire
a darmi
davvero una risposta.
Sta
diventando come un logorio, una lenta corrosione
mentale e psicologica che rischia di snervarmi e farmi uscire di senno.
E'
quasi fisica, noto percependo lo stomaco come chiuso da un nodo.
Volto
il capo nella direzione opposta alla sua, colto
da un imprevisto e improvviso fiotto di nervosismo, fissando anche io
fuori dal
finestrino. Mi specchio nel mio stesso riflesso per qualche attimo,
scoprendomi
stanco e con l'espressione seccata stampata in faccia. Sembro provato,
noto.
Oltrepasso
poi con gli occhi la sottile ed esile
barriera del vetro, perdendomi al di là di essa. Si posano
su un gruppo di
passanti che attende, vicino alle strisce pedonali, di passare mentre
sono
sferzati dal freddo vento di dicembre. E' un'occhiata distratta, quasi
assente.
Esattamente come sono io visto che il semaforo diventa verde e le auto
dietro
di noi iniziano a suonare veementemente il clacson.
Quasi
sobbalzando riparto, fissando la strada davanti
a me con occhi sbarrati dalla sorpresa e il battito del cuore
leggermente
accelerato. Nina, al contrario, non fa una piega, rimanendo immobile e
taciturna. Resta chiusa e protetta da un silenzio imperscrutabile,
celandomi il
suo viso e il suo sguardo. I suoi pensieri, soprattutto.
Cosa
che non fa altro che aumentare il mio nervoso,
stringo maggiormente il volante fra le mani tendendo la pelle
e facendo
sbiancare quasi le nocche.
Non
ha proferito parola da quando siamo usciti
praticamente, se non un flebile grazie per la porta che le ho tenuto
gentilmente aperta. Dopo aver attraversato tutto il parcheggio sotto
una fine
pioggia invernale, siamo saliti in macchina e anche qui lei non ha
aperto
bocca. Spinto dalla preoccupazione e da un moto di un sentimento
indefinito che
mi opprimeva il petto mi ero preoccupato allora di chiederle se aveva
male.
Lei
aveva semplicemente scosso la testa, sussurrando
un appena percepibile "no" che aveva rotto fragilmente il silenzio per
meno di un secondo. Sono rimasto allora a guardarla, cercando di
comprendere
cosa si agitasse in lei in quel momento. Non me ne aveva dato modo,
voltandosi
e celandomi del tutto quei pensieri che avevo solo ipotizzato.
Nessuno
dei due ha più aperto bocca da allora.
E,
di nuovo, mi ritrovo a chiedermi se i suoi pensieri
mi riguardano. Mi chiedo, soprattutto, se sono positivi o negativi.
Anche se
non faccio fatica a comprendere, visto come sono andate le cose
ultimamente tra
di noi, che sia la seconda tra le due. Le mie labbra si corrucciano,
piegandosi
in una smorfia amara e contrariata.
Forse
è anche colpa mia, mi dico silenziosamente
riconoscendomene la colpa solo in una parte nascosta e intima della mia
mente.
In
ogni caso è una cosa insolita. Così...non da noi.
Sospiro,
rendendomi conto di tante cose. Cose che
questo silenzio, pur non pronunciando nessuna parola, dice.
Prima
di tutto, prima di essere colleghi e amanti,
siamo stati amici. Prendo un respiro profondo, lasciandomi riempire i
polmoni.
Non credo ci sia mai capitato un viaggio così noioso e
silenzioso. Sembra
persino più lungo, noto nervoso e annoiato, quando in
realtà sono solo pochi
chilometri, una manciata. Cosa ci è successo?
Abbiamo
sempre riso, scherzato o semplicemente parlato
riempiendo tutti i silenzi. E quelle poche volte in cui c'era
è sempre stato
interrotto da sospiri e baci. Ogni più piccolo incontro
è sempre stato pervaso
dal piacere del stare con l'altro, di godersi quel momento.
I
nostri momenti, infatti, sono sempre stati caratterizzati
da un sacco di parole, di discorsi e considerazioni complici. Ora non
è più
così.
Un
senso di amarezza mi lambisce, stordendomi e
pervadendomi quasi più intensamente del nervosismo.
Qualcosa
sembra essersi venato, incrinato e infine
rotto. Quella dannata domanda lo ha fatto.
Istintivamente
la rabbia aumenta, amplificata da un
profondo e bruciante rammarico.
Perché
ha dovuto a tutti i costi cercare una
definizione di un qualcosa che non può essere etichettato?
Ha voluto e dovuto a
tutti i costi cercare un perché, un nome che ci definisse.
Ha voluto
ostinatamente rompere il nostro equilibrio e cercando uno
nuovo, crearlo.
E
ora cosa rimane? Un rapporto fatto di silenzio,
sguardi sfuggenti e momenti di imbarazzo. C'è disagio tra di
noi ora, oltre le
estenuanti litigate che sono ormai sempre più presenti.
Che
fine ha fatto la complicità? Tutto quello che
eravamo lo siamo ancora? E ancora una volta non riesco ad astenermi dal
chiedere perché ha dovuto cercare una modifica. Quel
divenire e continuo mutare
che non si può arrestare e che incrina le cose.
Ha
cercato un'etichetta.
Sempre
più contratto, nervoso, svolto all'incrocio,
avvicinandomi all'arrivo e una punta di ansia mi attraversa
spietatamente nel
constatare che il momento della verità è sempre
più vicino.
Mi
ha detto che dobbiamo parlare, deglutisco scoprendo
la gola improvvisamente secca e arsa. E una sensazione cupa, negativa,
che
assomiglia terribilmente ad un nero presagio mi scuote.
E'
sembrata esasperata e al tempo stesso decisa quando
lo ha detto. Non dobbiamo semplicemente parlare, lei
vuole parlarmi. E
la sensazione aumenta, stringendomi lo stomaco e acutizzando
un'irritazione
innaturale e irrazionale snervante. Non è mai
decisamente una cosa buona
quando una donna ti deve parlare. Per nulla.
E
un'improvvisa consapevolezza mi attraversa la mente.
Sta pensando a questo? A come liquidarmi? E' la domanda
spontanea dettata
da questo miscuglio di nervoso e rabbia. E' per questo che resta in
silenzio?
Dannazione
voglio sapere cosa pensa. Viziatamente
irritato sbuffo di nuovo mentre mi accorgo che l'ennesimo semaforo
è diventato
rosso.
Il
mio tamburellare diventa più nervoso quasi
nevrotico, perdendo il ritmo della canzone e trasformandosi in un
anonimo
sottofondo.
Lei
sospira, pensando chissà cosa, e non fa altro che
aumentare il mio nervosismo.
Sono
chiuso fuori dai suoi pensieri e sapere che mi
riguardano in modo decisamente poco positivo mi innervosisce
tremendamente, mi
rende irrequieto. Lei mi ci ha chiuso nell'attimo stesso in cui mi ha
sbattuto
la porta in faccia. O forse sono stato io a farmela chiudere in faccia,
con il
mio comportamento.
Prendo
un respiro profondo cercando di farmi passare
questo senso di nervoso e irritazione latente
Stendo
poi le dita, abbandonando momentaneamente il
volante mentre il semaforo diventa rosso
Istintivamente,
quasi senza pensarci e seguendo
semplicemente il mio istinto e il mio desiderio, mi volto nuovamente
verso di
lei.
Il
braccio sinistro, prima piegato e conserto sotto il
seno è ora disteso mollemente sulle sue gambe.
Il
mio sguardo cade sulla sua mano, dove un piccolo
livido inizia ad ombreggiare la pelle e a mostrarsi, stonando con il
colore
chiaro della sua pelle.
La
voglia di prenderla e afferrarla inizia a palesarsi
e diventare sempre più corposa con il passare dei minuti, ma
qualcosa ancora
una volta la blocca.
Quella
dannata domanda che mi ha posto mi
innervosisce, mi rende irrequieto e vena anche i moti più
dolci che ho
portandomi a essere nervoso e dispotico.
E
così la mia mano rimane ancorata al volante, le dita
che lo artigliano sempre più nervosamente e in modo
spasmodico come a frenare
un istinto che emerge ma non vuole essere esaudito.
Rimango
fermo così, di nuovo. Tutto quello che
eravamo lo siamo ancora?
E
la mia mente si riempie di pensieri e ricordi.
Risate
leggere sulle labbra e scherzi in grigi
pomeriggi di lavoro e allegre serate di divertimento.
Amici.
Sguardi
che si cercano in mezzo ad un'infinità di
persone sul set e che si trovano, scoprendo che si stavano cercando a
vicenda.
Complici.
Battute
e gesti predefiniti da un copione, scritti da
una mano estranea ma a volte così nostri.
Colleghi.
Sussurri
affini concitati nel'oscurità di una stanza,
riflessioni che si perdono nel buio e che si ritrovano nel pensiero
dell'altro.
Compagni.
Baci
rotti da sospiri, mani che si cercano e si
intrecciano sul cuscino mentre un letto sfatto ospita un bruciante e
divorante
desiderio.
Amanti.
Forse
richiamata dal mio sguardo insistente e carico
di pensieri lei si volta.
Quasi
sorpresa di trovarmi a fissarla allarga
leggermente gli occhi color nocciola. Per qualche attimo rimaniamo
fermi a
fissarci e per la prima volta questo silenzio non sembra essere troppo
pressante. Ritorna ad essere per una frazione di secondo un nostro
silenzio.
L'alone
dei suoi pensieri è ancora presente nel suo
sguardo, lo vela, senza però lasciarmi intravedere la loro
natura o in cosa
consistono.
Le
restituisco uno sguardo apparentemente neutro,
dietro cui nascondo abilmente la volontà di sapere cosa
pensa e cosa vuole
dirmi. La mia curiosità si sta ritorcendo contro di me, noto
amaramente mentre
la sento scalpitare.
I
suoi occhi sono allora attraversati da un lampo
ferito, quasi dolorante e la piega imbronciata dalle labbra non fa
altro che
aumentarla. E appare fragile e ferita come non mai davanti a me,
triste.
Posseduta da una tristezza rammaricante tipica di qualcuno che ti
delude e ti
fa del male. E' lo sguardo di chi non vuole più lasciarsi
far male o ferire.
E
ha ragione. Una sensazione sconfortante mi pervade,
inquietandomi e rendendomi ancora più irrequieto.
Ritrae
il suo sguardo fuggente dal mio l'attimo dopo,
ripiegando in ritirata e celandomi nuovamente le sue emozioni e i suoi
pensieri. Abbassa gli occhi sulle sue mani, che torturano il bordo
della giacca,
e io con lei seguo questo gesto nervoso. Vorrei dire qualcosa, ma
invece non
dico nulla, rimanendo in silenzio. Semplicemente, rimango immobile a
fissarla e
a sperare che lei si volti e mi guardi ancora.
Come
consapevole del mio sguardo posato su di lei, lo
nasconde tra i capelli non prmettendomi di indugiare oltre sul suo
viso. E la
speranza di vederla rivoltarsi si frantuma del tutto.
Un
potente e caldo moto di nervoso e rabbia mi pervade
ancora, aumentando e frustrandomi più di quanto io non sia
già. Stringo i
denti, indurendo la mascella e l'espressione mente torno a fissare
davanti a me
e abbandono la sua sagoma infagottata.
E'
una rabbia dettata dal fatto che non eravamo così,
non siamo mai stati così e ora lo siamo invece. Ma, nel
profondo, so che è
colpa mia.
Con
l'auto percorro infine gli ultimi metri,
parcheggiando.
Il
momento è arrivato, penso mentre il mio cuore
aumenta leggermente i battiti per l'angoscia. Mi sembra quasi di
sentire
l'ansia che sale in contemporanea con il tempo che inesorabile scorre.
Mi
volto verso di lei, incapace di non farlo,
lasciando prevalere la mia irrazionalità.
E'
ancora voltata e continua a darmi le spalle, il mio
sguardo cade inspiegabilmente sulla sua mano e qualcosa dentro di me
spinge
affinché io la afferri.
E
lo faccio. Mi lascio guidare dal mio istinto,
allungando la mano verso di lei e oltrepassando il cambio.
Le
sfioro leggermente la mano, appoggiata sulla sua
gamba. Con la punta delle dita lambisco il dorso in una carezza lieve e
appena
accennata, quasi cauta.
Nina
si volta verso di me con una torsione lenta del
capo. Il velo di fragilità e tristezza è
scomparso, c'è solo uno sguardo
appannato e vagamente deciso.
Senza
dire nulla e continuando a guardarla, faccio
scivolare poi le mie dita sulle sue, intrecciandole.
I
suoi occhi sono attraversati da un lampo di
sorpresa, subito sostituito da una sensazione più forte.
Non
vuole cedere.
La
sua mano, sottile ed esile, tenta allora di
scivolare via dalla mia presa, ritraendosi.
Peccato
che io non ho assolutamente intenzione di
permetterglielo.
Invece
di lasciarla scivolare via, come ho fatto
fin troppe volte in questi giorni, la trattengo testardamente,
rafforzando la
presa e intrecciando le dita con le sue.
Il
suo sguardo cade proprio li l'attimo dopo, rimanendoci
posato per una sequela infinita di secondi . L'espressione si incupisce
leggermente, diventando ancora più pensierosa. Alza
nuovamente lo sguardo su di
me dopo, trovandoli già puntati su di lei. Un lampo di
sorpresa le attraversa
gli occhi color nocciola. Un leggero rossore le vela le guance,
contrastando
con l'insolito pallore della sua pelle.
E
comprendo che in questi giorni sono scappato da
quella domanda, l'ho evitata ancora prima di sentirla pronunciata da
lei, ma in
realtà c'è sempre stata.
Ci
guardiamo, i miei occhi nei suoi e i suoi nei miei.
Semplicemente questo, basta parole o litigate.
Un
senso angosciante di ansia e nostalgia mi
attanaglia lo stomaco mentre la consapevolezza che dentro di me ho la
risposta
mi pervade.
C'è.
Posso
continuare a ignorarla, fingermi indifferente e
ignaro, ma essa rimane fin troppo presente nelle mie giornate.
E
lei sembra quasi capirlo, lo sguardo si addensa
diventando liquido. Il nervosismo si scioglie nell'ansia di sapere,
allontanando qualsiasi altra emozione.
-
Siamo arrivati – sussurro, il tono deciso e al
tempo stesso venato dalla paura di rompere quel momento di insolita
tranquillità.
La
quiete prima della tempesta, la etichetto.
Lei
annuisce, deglutendo visibilmente nervosa e tesa.
Una punta di senso di colpa mi pervade perché so che ne sono
la causa.
Sono
io che l'ho resa così in questi giorni, forse non
sono molto salutare per lei.
Abbassa
lo sguardo per qualche secondo, celandomi un
lampo di fragilità e insicurezza che non ho il tempo di
intravedere ma solo di
intuire.
Lo
rialza l'attimo dopo guardandomi in modo più deciso
e fermo, quasi perentorio.
-
Siamo arrivati- mormora lei ripetendo le mie stesse
parole, quasi cariche di un altro significato.
Annuisco
lentamente, consapevole, guardandola dritto
negli occhi.
Perché
tutto quello che eravamo ora non c'è più.
C'è
questo, che piaccia o no.
Tutto
quello che siamo.
NOTE:
Salve!
Come state?
Ecco finalmente il tredicesimo capitolo
ì1. Come
ho detto nella nota all'inizio questo capitolo è dal punto
di vista di Ian. In
molte me lo avete chiesto e onestamente anche io pensavo di inserirlo
da tempo
per chiarire il suo punto di vista. Tuttavia, il suo comportamento e
soprattutto i motivi che vi sono dietro non si esauriscono qui, ne
abbiamo
visto solo un piccolo scorcio. E' stato particolarmente difficile
scrivere da
un punto di vista maschile e spero di esserci riuscita almeno in minima
parte.
Alcuni punti, come ad esempio la parte centrale, sono volutamente
confusi: è
arrabbiato e ubriaco, non tutti i pensieri quindi risultano coerenti o
legati
tra loro. Spero comunque che il tutto sia leggibile e capibile, mi
scuso in
anticipo se così non fosse.
2. Le
tre parti in
cui è diviso il capitolo rimandano chiaramente al capitolo
precedente: la prima
e la seconda si svolgono temporalmente in contemporanea con il capitolo
12 dal
momento che sono composte dalla festa per il compleanno di Ian e dal
post
festa, mentre la terza si svolge dopo il momento in ospedale presente
nello
scorso capitolo. Non mi soffermo sui motivi per cui Ian agisce
così questa
volta, preferisco lasciare tutte le spiegazioni al prossimo capitolo
che come
avete capito sarà quello del confronto.
3. Mi
scuso per
tutto il ritardo che ho impiegato anche questa volta nel pubblicare il
nuovo
capitolo, ho cercato di fare il prima possibile. Vorrei ringraziare
tutte le
persone che mi hanno scritto e hanno recensito lo scorso capitolo:
grazie
davvero! Ho aperto inoltre una piccola chat sul mio blog se volete
chiarimenti
sulla storia, sui capitoli o anche solo parlare contattatemi pure qui :
:CHAT
4. Il
titolo è
preso in prestito dall'omonima canzone "all we are" dei OneRepubblic.
Ho scelto proprio questo titolo perché Ian
riflette su quello che sono,
che sono stati e potrebbero essere.Inoltre, anche il testo della
canzone è
appropriato alla situazione in cui sono.
Spero
di avervi
trasmesso qualcosa in questo capitolo, che non ci siano errori e che
soprattutto vi sia piaciuto. Il prossimo aggiornamento non so quando
arriverà,
spero entro Natale.
Kiss kiss
|
Ritorna all'indice
Capitolo 13 *** Un passo indietro ***
CAPITOLO
12
UN
PASSO INDIETRO
L'acqua,
calda e languida, scivola silenziosamente sul mio corpo, vezzeggiandolo
con una carezza bagnata e iniziando inevitabilmente a inumidirlo.
Prendo
un respiro profondo, rimanendo immobile e sbattendo un paio di volte
le palpebre nel tentativo di allontanare le piccole goccioline che si
sono
impigliate tra le mie ciglia, ora scurite e bagnate. Continuo poi a
rimanere
ferma, la schiena appoggiata stancamente contro la parete della doccia
mentre
il getto dell'acqua continua a picchiarmi addosso. Tento di non pensare
a nulla,
godendo solo del calore emanato dal vapore.
E
sembra apparentemente facile, fin troppo, riuscirci grazie alla mente
ancora intorpidita dal sonno e dalla stanchezza. Ho dormito poco e male, ma, stranamente,
sono grata al lavoro
massacrante e doppio a cui sono sottoposta perché mi aiuta a
non pensare, a
tenere la testa concentrata e occupata.
Mi
aiuta a non farla finire inevitabilmente lì.
Certo,
c'è anche il risvolto negativo della medaglia
cioè il ritrovarselo costantemente
sotto gli occhi e quella stretta allo stomaco, nervosa e nostalgica,
che mi
opprime come inevitabile conseguenza. Per una volta, almeno, il mio
personaggio
mi facilita i compiti dal momento che Elena e Damon non sono in
rapporti idilliaci.
Lui,
beh, lui semplicemente mi ignora. Mi mordo le labbra improvvisamente
innervosita da una frustrazione e da una irritazione snervante.
E
io tento di ripagarlo con la stessa moneta, ci provo davvero.
E'
tremendamente facile, semplice, fare lo stesso, fingere che non ci sia
quando non lo vedo; basta pensare ad altro e tenersi costantemente
occupati.
Poi, però, basta anche solo intravederlo in lontananza,
scorgere la sua figura
tra la gente e il senso di malinconia e rabbia mi assale nuovamente in
modo
prepotente.
Tutto
per una banale e triste verità: non riesco ad essergli
indifferente,
non riesco a fare come fa lui.
Sospiro
mentre quel peso continua ad opprimermi in modo spossante.
Non
ne ho più parlato con nessuno, tenendo tutto per me. Non ho
neanche più
pianto dopo quelle lacrime sfuggite dopo quella porta sbattuta. Lacrime
di
nervoso e tristezza. Candice ha provato qualche volta a intavolare un
discorso
o a fare pressione affinché mi sfogassi, ma non l'ho fatto
rimanendo
semplicemente chiusa in me stessa.
Sinuosamente,
l'acqua continua a percorre ogni mia più piccola curva.
Scivola placida e calda nell'incavo dei miei seni, bagnandoli del tutto
ora.
Percepisco
i capelli inzupparsi, diventando pesanti e carichi d'acqua sulle
mie spalle.
Emetto
un sospiro, soffiando l'aria fra le labbra dischiuse e chiudendo
ancora di più gli occhi mentre il mio respiro si confonde
con il vapore acqueo.
-
Buongiorno Atlanta, Sono le 6 e 45 -
La
voce dello speaker di una anonima stazione radiofonica, scelta a caso,
riempie il bagno, leggermente sovrastato dal sciabordare dell'acqua,
interrompendo il silenzio e fortunatamente anche i miei pensieri.
-Altro
che buongiorno - bofonchio torvamente mentre mi insapono il corpo,
il vapore che riempie sempre di più la stanza.
E'
davvero troppo presto e io sono già in piedi dopo una notte
di lavoro,
mi passo una mano sul volto bagnandolo. E me ne aspetta una altrettanto
pesante
oggi.
Goccia
dopo goccia fa scivolare via il torpore del sonno e il calore del
letto che mi abbandona, lasciandomi addosso solo un senso di freddo. Mi
pervade, entrandomi nelle ossa nonostante l'acqua bollente e
lasciandomi
addosso uno strano senso di malumore.
Forse
è semplicemente la stanchezza, mi dico mentre con la mano mi
insapono
distrattamente i capelli.
Un
profumo dolce e fiorato riempie il vano della doccia, acutizzato dal
calore
dell'acqua.
Stando
ben attenta a non far finire lo shampoo negli occhi li risciacquo,
reclinando il viso indietro e lasciandomi investire in pieno dal getto
d'acqua.
Non
prendiamoci in giro, mi dico con la malinconica consapevolezza che
negli ultimi giorni sembra non riuscire ad abbandonarmi. Non
è il mancato sonno
a rendermi frustrata, irrequieta e malinconica. No, non è
questo.
Perché
si, c'è la rabbia, ma c'è anche una bruciante
punta di tristezza che
mi continua a pungere nel profondo nel constatare di come
Quella
sensazione sembra contaminare tutto, penso amara appoggiando la
schiena alle piastrelle.
Fredde
premono contro la mia pelle surriscaldata, risvegliandomi, ma non
abbastanza da destarmi dal flusso dei miei pensieri.
-
Iniziamo questo 8 dicembre con "The
Reason" degli Hoobastank -
La
radio lancia l'ennesima canzone, ma io sono troppo concentrata su
altro,
su ciò che ho decisamente evitato in tutti questi giorni.
E'
l'8 dicembre oggi, ripeto lentamente nella mia testa. E' il suo
compleanno, sospiro mestamente.
E
il ricordo di cosa è accaduto l'anno scorso, esattamente
trecentosessantacinque giorni fa mi trafigge spietato. La punta di
malinconia
che mi pervade da una sequela di giorni infinita aumenta, espandendosi
ed
allargandosi come una chiazza di inchiostro nero.
Mi
sporca le dita, le mani, penetrando nella mia pelle e macchiandomi
internamente.
Un
principio di magone mi attraversa, chiudendomi la gola e stringendomi
lo
stomaco. Mi toglie quasi il respiro.
E'
il suo compleanno, mi dico ancora.
Reclino
poi la testa all'indietro, lasciando che il getto mi investa in
pieno il viso e mi bagni.
E
una cocente constatazione mi avvilisce ancora di più, se
possibile. Da
quel giorno, esattamente un anno prima, abbiamo fatto molti passi
avanti nel
nostro rapporto.
Ora,
invece, cosa rimane? Solo aria stretta tra le dita.
Chiudo
gli occhi, il pensiero che si interrompe sotto il peso massacrante
del nodo alla gola.
Le
prime sfumature di un ricordo iniziano a infiltrarsi tra gli altri
pensieri, confondendoli fino a sfocarli. Li rende vacui e confusi
mentre quel
filone disconnesso composto da immagini, suoni e pensieri si
intensifica fino a
prendere forma, diventando tangibile.
E
mi pervade.
-
Come non sai che giorno è?-
Due
occhi sorprendentemente azzurri si posano su di me, fissandomi attenti
e sconcertati. Sono dilatati dalla sorpresa e dall'indignazione, che li
scurisce appena intorno alla pupilla.
Alzo
lo sguardo dalla cioccolata calda e fumante che ho fra le mani,
puntandoli su di lui con un'espressione innocente e dubbiosa stampata
in
faccia.
Aggrotto
poi le sopracciglia, fingendo
di pensarci nella perfetta imitazione di qualcuno che non sta capendo.
-
E' martedì - ribatto con finta non curanza dopo una pausa
studiata,
cercando di apparire il più credibile e naturale possibile.
Mi
complimento con me stessa, notando la sua espressione palesemente
indignata.
So
benissimo, invece, che giorno è oggi, ma è
decisamente troppo divertente
vedere la piega offesa che prendono le sue labbra e il suo sguardo
diventare
oltraggiosamente spassoso.
Mi
mordo l'interno della guancia, lanciandogli un'occhiata veloce e
scrutatrice da sopra la tazza. Non si è accorto di nulla a
quanto pare, troppo
punto nel vivo per farlo davvero.
Sorrido,
allontanando con una scrollata di spalle la risata che sembra
nascere spontanea e cercando di non scoppiare a ridergli in faccia e
mandare a
monte la mia recita.
Ian
sbarra ancora di più gli occhi, fissandomi quasi shoccato ed
allibito.
Ed è davvero terribilmente difficile non ridacchiare, mi
mordo quasi a sangue
le labbra
-
Perché quella faccia, Som? - lo pungolo allegra, lo sguardo
vivace e la
voce che tradisce lievemente il mio divertimento.
Lui,
tuttavia, non sembra accorgersene limitandosi a fulminarmi piccato con
uno sguardo indispettito.
Un
principio di riso, che mi affretto velocemente a nascondere, si
infrange
contro la porcellana della tazza producendo un suono ambiguo. Alzo
nuovamente
gli occhi su di lui, incapace di non farlo.
E'
così...buffo.
Prendo
un lungo sorso della mia bevanda, sperando di soffocare con la
dolcezza amara del cioccolato, che mi invade il palato, il mio
divertimento.
-
Martedì? - ribatte sbigottito con le labbra dischiuse dallo
stupore,
inclinando la voce fino a conferirgli un'intonazione accigliata e
sorpresa, di
chi proprio non riesce a credere che qualcuno si sia dimenticato del
suo
compleanno.
Io
lo fisso di rimando con una perfetta espressione innocente e naturale
che lo fa indispettire ulteriormente.
Oggi
è infatti l'8 dicembre, nonché il compleanno di
Ian. Gli ho fatto
credere di essermelo dimenticato, cosa del tutto impossibile visto
tutte le
volte che me lo ha ripetuto. Per non parlare dei suoi continui e
ripetuti tentativi
di scoprire cosa gli ho regalato.
E
poi, beh, è entrato a far parte della mia vita,
ritagliandosi uno spazio
sempre più importante. Abbiamo un rapporto speciale,
complice. Cosa che non
credo vada molto a genio alla sua fidanzata visto le occhiate assassine
che mi
lancia di solito. Decisamente poco amichevoli e del tutto immotivate
visto che
noi siamo semplici e buoni amici. Amici.
Solo
con una sintonia superiore alla norma, mi dico stringendomi fra le
spalle e puntando lo sguardo lontano dal suo, improvvisamente difficile
da
sostenere.
Ian
però parla di nuovo, costringendomi ad alzare nuovamente lo
sguardo su
di lui.
-
Non è semplicemente martedì
-
bofonchia imbronciato, incrociando le braccia al petto e lanciandomi
una torva
occhiata di sottecchi, come a studiare una mia possibile reazione.
Faccio
spallucce, continuando a portare avanti il mio scherzo.
-
A me sembra un semplice giorno settimanale - affermo e non ridere di
fronte alla sua espressione sbigottita diventa sempre più
difficile. - Uno come
un tanti altri - aggiungo, rendendomi conto che oggi la mia vena
scherzosa e
vagamente sadica è peggio del solito.
-
Non è un giorno normale! - protesta veementemente lui,
fissandomi
torvamente con le labbra dischiuse dallo sdegno. - E' molto speciale,
invece.
Specialissimo! - si infervora finendo per imbronciare le labbra.
Non
ce la faccio davvero più e scoppio così in una
risata cristallina e
genuinamente divertita, fissandolo con gli occhi leggermente dischiusi
dal
troppo sogghignare.
Ian
mi guarda con le sopracciglia aggrottate, non comprendendo subito la
mia
improvvisa ilarità.
-
Sei davvero esilarante – gli dico, la voce, spezzata dal
riso, che si
inceppa e riparte un paio di volte.
Un
velo di leggera consapevolezza gli attraversa allora lo sguardo,
rendendolo incredibilmente sveglio ed esuberante.
-
Te lo ricordavi! - tuona puntandomi un dito contro e allargando gli
occhi, prima di socchiuderli minacciosamente l'attimo dopo. - Era uno scherzo - sibila
guardandomi
decisamente male.
Le
mie risate aumentano ancora, acutizzandosi e provocandomi il tipico
dolore al basso ventre di quando si ride troppo.
La
sua espressione, accigliata e immusonita per la presa in giro, si
accentua, facendomi quasi venire le lacrime agli occhi dal troppo
ridere.
-
Cos'è la vecchiaia inizia a farsi sentire? - freccio
divertita
riferendomi al fatto che non ha riconosciuto lo scherzo, giocando.
Lui,
offeso, non dice nulla limitandosi ad appoggiare una mano sul tavolino
e a guardarmi male. Assolutamente male.
Prendo
un respiro profondo e un po' tremolante, cercando di darmi un
contegno e calmarmi sotto il suo sguardo permaloso.
-
Buon compleanno, Som - gli sorrido sincera mentre gli ultimi strascichi
della risata mi rimangono ancora sulle labbra, stendendole allegramente.
-
Sei tremenda - soffia in risposta, riservandomi un'occhiata
apparentemente imbronciata, ma anche stranamente criptica, complicata.
Si
apre poi in un sorriso lieve, appena accennato e terribilmente
complicato, insolito, mentre continua a fissarmi in quel modo
così singolare.
Gli
restituisco uno sguardo venato da una punta di confusione, non capendo
assolutamente cosa voglia dire il suo.
Rimaniamo
così a guardarci per alcuni interminabili secondi,
completamente
in silenzio. Sembra vagamente perso tra i suoi pensieri, noto scrutando
l'ombra
dettata dalle sue misteriose riflessioni scurirgli appena l'iride. E'
uno
sguardo strano.
Mi
sta guardando in un modo strano.
Deglutisco,
sentendomi improvvisamente centro di qualche stravagante
pensiero e una punta di imbarazzo mi pervade. La scaccio l'attimo
seguente,
dandomi mentalmente della stupida anche solo per aver pensato di essere
al
centro dei suoi pensieri.
E'
lui a interrompere il contatto visivo con i miei occhi, abbassandolo
sul
suo caffè macchiato e prendendone poi un lungo sorso prima
di rivolgersi di
nuovo a me, rialzandosi.
L'ombra
scura è sparita, dissolta come nel nulla e soppiantata da un
brillio di malizioso divertimento.
-
Spero, almeno, che il regalo mi ripaghi – afferma, piantando
i suoi occhi nei
miei prima di aprirsi nel
consueto mezzo sorriso malizioso.
L'inconsueta
tensione di prima è improvvisamente scomparsa, rimanendo
solo
un singolare ricordo. Per una infinitesimale frazione di secondo mi ero
quasi
crogiolata nel piacere di essere il punto di gravità dei
suoi pensieri.
Cosa
del tutto insensata visto che siamo solo buoni amici, mi dico sapendo
che è vero. Quel strano senso di nervoso però fa
fatica ad andarsene e mi ci
vuole tutta la mia forza di volontà per scacciarlo del tutto
e definitivamente.
-
Chi ti dice che ti ho fatto un regalo?- scherzo
con un sorriso che nascondo subito
nella mia tazza, prendendo un altro sorso di cioccolata, ormai fredda.
Ian
mi trafigge con un'occhiataccia, tornando poi a ghignare.
-
E' uno spogliarello? - mi domanda maliziosamente curioso, sorridendo
languidamente.
Roteo
gli occhi al cielo, sbuffando.
-
E' in camera mia che aspetta di essere scartato - affermo, abbandonando
lo scherzo e sorridendogli divertita.
E'
così facile sorridergli, quasi naturale.
-
E cos'è? - mi domanda con un tono spumeggiante, curioso fino
all'inverosimile.
-
Non te l'ho detto per due settimane, non te lo dico certo ora -
arriccio
le labbra in una espressione decisa e irremovibile. E poi è
divertente
lasciarlo ancora un po' sulle spine, è la mia piccola
vendetta visto quanto mi
ha tormentato per saperlo.
Mi
sono dovuta persino inventare dei falsi regali per depistarlo.
Chissà
che faccia farà, mi domando assorta e curiosa di vederla.
Lui
sbuffa, assomigliando terribilmente a quello che deve essere stato da
bambino: curioso e testardo.
-
Andiamo a prenderlo?- insiste, troppo euforico e interessato per
aspettare.
Lancio
una veloce occhiata all'orologio, rendendomi conto che è ora
di
andare .
-
Dovrai aspettare fino a stasera perché mi aspettano sul set
- gli dico
cercando di rabbonirlo con un sorriso, alzandomi e infilandomi
velocemente la
pesante giacca. - Puoi sopportare questo enorme fardello?- non riesco a
trattenermi dal prenderlo bonariamente in giro con un tono teatralmente
tragico,
finendo per ridacchiare.
Ian
mi lancia una finta occhiataccia, fissandomi risentito per l'ennesima
volta questa mattina.
-
Uffa – sbuffa poi palesemente imbronciato, tendendo le labbra
in una
smorfia immusonita - Stasera mi tieni compagnia. - si impunta, il tono
che
lascia chiaramente intendere che non è una domanda, ma solo
una decisa
affermazione. Tipico suo.
Faccio
per prendere il mio telefono, appoggiato sul tavolino, e infilarmelo
in tasca, ma non ho il tempo di allungare la mano che lui lo afferra
fulmineo
prima di me.
Lo
guardo male, incontrando un paio di occhi attraversati da una vena
giocosa e birichina. Come diavolo fa a cambiare umore così
in fretta ?
-
Dammelo - tento di acchiapparlo, ma lui ritrae ancora di più
il braccio,
allontanandolo da me e frapponendo il suo corpo tra me e il telefono.
-
Ian! - protesto con uno sbuffo e un tono perentorio.
Lui
si apre in un sorriso maliziosamente accattivante, sorridendomi ancora.
-
Tu cosa mi dai in cambio?- soffia con un mezzo ghigno a stendergli
languidamente le labbra.
-
Mi aspettano sul set - ripeto tentando di indurlo a restituirmelo,
lanciandogli un'occhiata perentoria.
Emette
un sospiro teatralmente drammatico e dispiaciuto, guardandomi con
una finta espressione costernata.
-
Allora andrai senza telefono - fa spallucce, rigirandosi il mio
cellulare
tra le mani con un sorriso quasi sadico.
Roteo
gli occhi al cielo, esibendomi in un piccolo sbuffo. E' dannatamente
testardo.
-
Un bacio va bene?- lo guardo in attesa decidendo di contrattare, il
sopracciglio leggermente inarcato verso l'alto.
Ian
si apre in un sorriso vittorioso, inchiodando il suo sguardo al mio per
un paio di secondi come indeciso se accettare o meno. E io mio ritrovo
a
sperare che lo faccia in fretta perché non voglio arrivare
in ritardo.
-
Ne voglio almeno due - mi sorride, il solito brillio malizioso ad
illuminargli gli occhi azzurri.- Sono pur sempre il festeggiato -
inclina il
viso, continuando a ghignare e sapendo benissimo che sto per cedere.
Continuando
a sorridere divertito mi porge la guancia. Mi abbasso allora su
di lui con un sospiro, stampandogli due baci in sequenza, leggeri e
appena
percepibili.
Il
lieve strato di barba che la ricopre mi solletica piacevolmente le
labbra, invitandomi quasi a sostare ancora e a baciarlo di nuovo.
E,
spinta da qualcosa di indecifrabile che mi muove, lo faccio. Con la
bocca indugio per qualche secondo in più, lambendo ancora
quella porzione di
pelle.
E'
un bacio lento, pervaso da una punta languidezza.
Mi
allontano, percependo le guance bruciare improvvisamente, attraversate
da un calore scottante.
Con
una leggera tachicardia lo guardo, le labbra ancora dischiuse e
l'espressione lievemente sconvolta stampata in volto.
Cosa
mi è preso?Mi domando sorpresa, mentre quella sensazione
insolita mi abbandona
velocemente,, per fortuna.
Deglutisco
sconcertata, decidendo l'attimo dopo di non badarci più di
tanto.
Ian
alza poi lo sguardo azzurro su di me, ravvivato da una punta di
malizia.
Percepisco il mio corpo improvvisamente pesante, come inchiodato al
pavimento
dai suoi occhi. Così freddi, eppure così caldi.
Inclina
poi il volto, sorridendomi suadente e riservandomi un'occhiata
divertita, soffice, Il viso avvolto da una chioma corvina e sbarazzina
e su cui
è impresso un seducente sorriso.
Perché
le mie guance sembrano aver improvvisamente preso fuoco?
-Me...me
lo dai, ora?- mi schiarisco la voce, inizialmente traballante, con
un colpo di tosse.
Allungo
la mano, il palmo rivolto in attesa verso il soffitto.
-
Un attimo - ribatte lui, allontanando lo sguardo dal mio e iniziando a
trafficare con il mio telefono.
-
Che stai facendo?- gli domando, le sopracciglia confusamente aggrottate
mentre cerco di sbirciare oltre la sua spalla e intravedere cosa sta
combinando.
Tentativo
che fallisce miseramente.
Lui
continua a digitare qualcosa per un paio di minuti, voltandosi infine
verso di me.
-
Così non c'è il rischio che il prossimo anno ti
dimentichi - me lo porge,
appoggiandolo sul mio palmo e rivolgendomi un sorriso tranquillo,
contornato da
un'occhiata compiaciuta.
Le
sue dita solleticano lievemente il mio polso, sfiorandolo in un tocco
indefinibile.
I
nostri occhi si incatenato ancora, mischiando sensazioni diverse,
indefinibili, e quel principio di emozione indecifrabile si fa di nuovo
sentire, bussando alla mia porta. Lieve scalpita dentro di me mentre i
nostri
sguardi si fondono maggiormente, diventando più intensi.
-
E' un giorno da ricordare - mi sorride, ammiccando al mio indirizzo con
l'ennesima occhiata.
Le
mie guance si scaldano ancora di più e sono sicura di aver
stampata in
faccia un'espressione imbambolata, intontita.
A
fatica, sposto lo sguardo sullo schermo del mio telefono e un sorriso
spontaneo si apre sul mio volto, illuminandolo.
-
Si, da ricordare – sussurro, puntando nuovamente gli occhi
nei suoi e non
smettendo di sorridere.
E
la sua mano rimane li, sopra la mia.
Con
un piccolo rimbalzo, accompagnato da un sospiro, mi lascio cadere
seduta sul bordo del letto, l'accappatoio umido che mi preme ancora
addosso e
un senso di lancinante malinconia che mi stringe possessivamente lo
stomaco.
Non
so come o perché mi sia ricordata proprio di quel momento,
ma so solo
che c'è con tutto il suo
ingombrante
bagaglio di emozioni che mi provoca. La tristezza prevale su tutte e
non sembra
volersene andare, noto mestamente passando le dita tra i capelli
bagnati. Si
sarà affezionata, penso con una triste ironia a farmi
compagnia.
In
bilico pericolosamente tra il ricordo e la realtà
deglutisco, un po'
frastornata.
E'
stato così nitido, quasi reale. L'ho rivissuto. Ho
riassaporato per
qualche dolce attimo l' essere spensierati, la tranquillità
di un rapporto
definito, chiaro. O forse semplicemente ho riassaporato la sensazione
di star
bene con lui. E ora mi rimane solo un disgustoso amaro in bocca e una
stretta
allo stomaco che, asfissiante, mi stritola.
Con
dita distratte gioco con la cintura dell'accappatoio, torturandolo. Mi
rendo ancora più conto di come sia tutto scomparso, di come
sia bastato poco a
tornare ancora più indietro.
Niente
più risate, niente più prese in giro. Niente di
niente.
Ma,
soprattutto, niente più rapporto definito. Sempre se di
rapporto si può
parlare visto come stanno le cose ora. Il respiro fa improvvisamente
fatica ad
attraversare la mia gola, chiusa e stretta. E'
il magone, lo riconosco subito.
Il nervosismo, dettato dalla situazione e dall'impotenza dettata dal
fatto di
non poterlo scacciare davvero del tutto mi assale, irrigidendomi.
Tutto
il peso di quel ricordo mi curva le spalle, facendosi sentire in modo
imponente. E' soprattutto la consapevolezza che quel essere svagati e
complici
ora non c'è più, è andato distrutto
con un solo passo indietro. A cui ne sono
seguiti molti altri, troppi.
Il
suo essere scostante. Il volere di più e dimostrare di meno.
Il rapporto
distaccato. La porta sbattuta da lui. La porta sbattuta da me.
Li
ripercorro tutti nella mia mente. Rispetto ad un anno fa siamo nella
situazione opposta, inversa.
Da
allora abbiamo messo in fila tutta una seria di piccoli passi che hanno
formato un piccolo percorso. La fiducia verso l'altro è
aumentata così come
l'attrazione e ciò che ci legava. E poi è
arrivata quella domanda, la bruciante
consapevolezza che non mi stava più bene aver un rapporto
ibrido, tenere i
piedi in due scarpe.
E'
bastato quello a innescare tutto. Sospiro, frizionando i capelli con
l'asciugamano nel tentativo di asciugarli. Probabilmente è
stata solo la
miccia, solo il primo dei suoi passi indietro.
Il
semibuio della stanza continua ad avvolgermi come un guanto e io non ho
voglia di alzarmi e accendere la luce, preferisco il buio. E
così rimango
semplicemente seduta, impietrita e intristita.
Abbandono
l'asciugamano vicino a me, che scivola ai miei piedi mentre mi
dico che è l'ora di muoversi, di agire e rialzarsi. O almeno
riprovarci.
Con
un sospiro allungo la mano, prendendo il cellulare dal comodino alla
mia destra.
Socchiudo
leggermente gli occhi, feriti dall'improvvisa luce bianca dello
schermo. Non appena si sono abituati inizio a leggere le mail e le
varie
notifiche che riempiono la schermata principale: Alcuni messaggi di
ieri sera e
una chiamata persa di mia madre.
La
chiamerò dopo, mi dico, magari tra una ripresa e l'altra.
Con un tocco
del dito apro poi la lista di promemoria, pronta a vedere quali impegni
ho
oggi,
Il
mio cuore perde quasi un battito l'attimo dopo, prendendo a martellare
in modo aritmico quello seguente.
Un
promemoria fa bella mostra di se, spiccando tra tutti gli altri per il
suo contenuto.
8
dicembre: Un giorno da ricordare!
La
gola si chiude all'improvviso, il respiro bloccato a metà e
un senso
inconfondibile di malinconia che mi pervade fulmineo. Mi trafigge,
trapassandomi da parte a parte.
Sibilante
mi stringe nella sua morsa soffocante, lasciandomi immobile a
fissare con gli occhi socchiusi quel promemoria. E ora c'è
solo la malinconica
tristezza, che sopprime persino la rabbia e il rammarico.
Il
peso del ricordo si fa sentire ancora, diventando quasi insopportabile.
I
miei occhi abbandonano la sfilza di punti esclamativi, andando a
ricercare istintivamente un pacchetto argentato dal scintillante fiocco
blu
nella penombra della stanza.
E'
appoggiato sul comò, proprio dove lo avevo lasciato. Lo
accarezzo con lo
sguardo percependo quella dolorosa morsa tornare a farmi visita in modo
lancinante, desolante.
Sospiro,
passando una mano tra i miei capelli scompigliati e bagnati,
ancora zuppi d'acqua.
Sono
decisamente cambiate le cose, mi dico. Di tutti quei passi avanti cosa
è rimasto? Mi domando mentre gli occhi diventano leggermente
lucidi e la morsa
si accentua ancora di più.
Mi
lascio cadere indietro, sprofondando fra le coperte sfatte del mio
letto
e fra i cuscini mentre la consapevolezza della realtà
sottolineata dal ricordo
mi pervade.
Un
sospiro tremolante che preannuncia il magone e un pianto che non
arriverà
fuorisce desolante dalle mie labbra.
Rimane
solo una cosa, oltre il dolore e la malinconia.
Un
passo indietro.
************
Appoggio
il pacchetto colorato sul tavolo posto subito all'entrata, sopra
tutti gli altri. Il vociare concitato mi investe subito, stordendomi.
Stando
poi ben attenta a non sciuparlo, lo sistemo sul mucchio più
basso e
nascosto, accarezzando per l'ultima volta il ricciolo colorato del
nastro.
Sospiro.
In un altro momento probabilmente mi sarei arrovellata e
interrogata molto sul fatto che potesse piacergli o meno, ora invece
è una cosa
del tutto superflua.
Il
mio sguardo cade ancora sul pacchetto. L'ho comprato due settimane fa,
ormai. Girando fra i negozi in un anonimo pomeriggio grigio, mi ero
fermata
davanti ad una vetrina di un consueto negozio di abbigliamento e un
sorriso era
sorto spontaneo sulle mie labbra qualche attimo dopo.
L'idea
si era così configurata nitida nella mia testa.
Ian
ha organizzato una raccolta di beneficenza per la sua fondazione in
occasione del suo compleanno, che si terrà proprio stasera.
Un sorriso amaro mi
vela le labbra al ricordo di come l'ho aiutato ad organizzarla a volte,
consigliandolo su dei piccoli dettagli.
Una
voce acuta e sorpresa alle mie spalle sovrasta il caotico
chiacchiericcio
della sala, innalzandosi al di sopra.
-
Alla fine sei venuta -
Mi
volto, ritrovandomi davanti una sorridente Candice che mi guarda
genuinamente contenta fasciata nel suo abito rosso.
E
anche un po' sollevata, noto scrutandola con un'occhiata veloce e un
po'
stravolta.
-
Già - mormoro semplicemente, riservandole un'occhiata
loquace che non ha bisogno
dell'aggiunta di altre parole.
Sa
come la penso infatti. Lei sospira, il sorriso che si incrina
leggermente e che perde il brillio gaio che lo ha caratterizzato fino
ad un
attimo fa.
Fino
ad un paio di ore fa ero, infatti, dell'idea di dare buca alla festa,
evitandola e soprattutto evitando lui.
Candice
ha insistito un po' all'inizio, ma sapendo in che condizioni di
nero pece è il mio umore alla fine ha desistito, uscendo dal
mio camerino con
aria desolata e dispiaciuta.
Non
mi stupisco quindi che sia sorpresa di trovarmi qui. Lo sono anche io
infondo. Deglutisco, ricambiando il suo sguardo leggermente rabbuiato
che è solo
lo specchio del mio.
Tendo
le labbra in un sorriso forzato e del tutto falso.
-
Guarda che sto bene, Candy - le dico cercando di suonare il
più
convincente possibile.
Lei
non dice nulla, lanciandomi un'occhiata severa di chi sa che
è
decisamente tutto il contrario e si arrabbia perché si
continua a fare così, a
nascondere.
Mi
ero ripromessa di non venire, di ignorarlo e di mettere un muro a
dividerci fino a quando non si fosse scusato, o quanto meno posto fine
al suo
atteggiamento bipolare.
Una
smorfia tende le mie labbra, di bipolare non ha poi più
nulla visto che
ha eretto direttamente un muro tra di noi.
Stizzita,
mi sono allora detta che non valeva la pena privarsi della
compagnia dei miei amici e dargliela vinta così facilmente.
Perché è evidente
che lui vuole decisamente evitarmi, che preferisce non avermi intorno
perché
così è più facile. Beh, io non voglio
rendergli facile proprio un bel niente. I
miei sentimenti, quello che provo io, non è facile proprio
per nulla.
Se
vuole ignorarmi lo deve fare con me presente, affrontandomi.
-
Andiamo dagli altri? - Candice mi afferra improvvisamente il polso con
la
mano, facendola suonare come una decisa affermazione più che
come una domanda e
interrompendo le mie elucubrazioni.
Senza
aspettare il mio assenso inizia a camminare in mezzo alla gente,
attraversando la sala e dribblando accuratamente i tavoli. Si ferma
infine
davanti ad un divano, nella parte meno affollata della sala, e oltre la
sua
spalla e la chioma bionda riesco a scorgere dei visi conosciuti.
-
Guarda un po' chi si vede - mi saluta Paul con una risata, guardandomi
come sempre allegro. - Hai deciso di degnarci della tua presenza, Miss
Gilbert?
- ride, prendendomi vistosamente in giro.
-
Ciao anche a te Paul - gli sorrido, forse uno dei pochi sinceri di
questi
giorni.
Torrey,
seduta vicino a lui, mi sorride a sua volta, tranquilla e svagata
appoggiata al suo fidanzato. Lui le circonda di più le
spalle, avvicinandola a
se.
Per
un attimo mi ritrovo ad invidiare la sintonia che li lega, che traspare
da ogni movimento. Mi punge nel profondo, facendomi sentire
terribilmente sola.
-Te
lo avevo detto che veniva- afferma Candice, lanciandogli un'ironica
occhiata di superiorità e riportandomi alla
realtà.
Lui
la guarda leggermente male, replicando.
-
Si ma, beh, dopo quello che è successo con Ian pensavo che
non ne avesse
molta voglia - Paul si accorge di aver toccato un tasto dolente solo
dopo che
le parole sono uscite dalle sue labbra, lanciandomi uno sguardo di
scuse.
Candice
lo fulmina immediatamente con occhi furenti, guardandolo decisamente
male.
Un
sorriso amaro mi vela le labbra mentre abbasso lo sguardo, quella
sensazione che mi stinge un po' di più lo stomaco.
-
Nina scusa non volevo... ricordartelo – si affretta a
scusarsi,
guardandomi realmente dispiaciuto mentre tra noi cala un improvviso
silenzio,
dettato dal disagio. Nessuno sa cosa dire e si lanciano occhiate
silenziose e
imbarazzanti.
Ecco,
era proprio questo che volevo evitare.
-Tranquillo
– mormoro, la voce che suona stranamente falsa e incolore. -
Non ti devi scusare, non c'è nulla da ricordare-continuo con
una punta di
malinconica enigmaticità. - Nulla-
Forzo
le labbra, improvvisamente plastiche, fino a tenderle nella brutta
copia di un sorriso nel vano tentativo di tranquillizzarlo.
Non
mi stupisco che sappia cosa è successo anche se io ne ho
parlato solo
con Candice. Sicuramente lei gli avrà accennato qualcosa di
più delle mezze
parole che ho pronunciato io di malavoglia e ringhiate fra i denti. Il
mio
malumore parla poi da solo ultimamente e non è difficile
intuire quale sia la
causa.
Persino
sul set si sono accorti dell'improvvisa freddezza che c'è
tra me e
Ian e collegare il mio improvviso umore nero a quello è
stato terribilmente
facile, tanto da produrre qualche voce di corridoio. Candy ha cercato
di non
farmele premurosamente arrivare alle orecchie e di proteggermi, ma sono
circolate comunque. Non che me ne importi molto, anzi.
-
Che ne dite di organizzare un bel week end fra donne durante le
vacanze?-
propone Candice con il chiaro intento di spostare su altro la
conversazione. E
io gliene sono immensamente grata.
Annuisco
poco convinta mentre il discorso prende presto il sopravvento,
incentrandosi sui dettagli e sul posto, e lasciandomi libera di
continuare a
guardarmi intorno e perdermi tra i miei pensieri.
Mi
guardo intorno, riconoscendo volti conosciuti e altri sconosciuti.
Il
fatto che sia venuta alla fine non vuole assolutamente dire che io sia
di buona compagnia, infatti. Tutt'altro. Mi sento eccessivamente
noiosa, in
bilico tra la malinconia e un nervosismo latente che mi porta a
prendermela con
chiunque mi capiti sotto mano nel momento sbagliato. Cosa che accade
sempre più
spesso ormai.
Il
mio sguardo è improvvisamente catturato da una figura
slanciata e un
paio di occhi azzurri che conosco fin troppo bene.
Lo
individuo subito nella folla in un angolo, circondato da una manciata
di
persone che gli parlano energicamente. Probabilmente i suoi
collaboratori. Ci
sono un'infinità di passi a dividerci, esiliandoci ai lati
opposti della sala.
La
mia espressione si indurisce e diventa più torva qualche
minuto dopo,
non appena noto una ragazza bionda al suo fianco che fa la civettuola e
evidentemente
di tutto per farsi notare.
-
Sai chi è?- non riesco a trattenermi dal chiedere a Candice,
che è vicino
a me, lanciando un'occhiata torva all'indirizzo della bionda in
questione.
-
Chi la bambola gonfiabile?- mi domanda di rimando, volgendo lo sguardo
azzurro
nella mia stessa direzione, una vena critica ad attraversarle gli occhi.
Annuisco,
continuando a lanciare occhiatine poco carine in quella
direzione.
Candice
non ha tutti i torti, assomiglia vagamente ad una bambola
gonfiabile.
-
Poi ci domandiamo perché gli uomini pensano che le bionde
abbiano poco
sale in zucca - continua con tono astioso, irritata quasi quanto me.
-
Comunque, lavora per la ISF. Credo sia la segretaria dell'assistente di
Ian -afferma sorseggiando il suo drink e non distogliendo lo sguardo da
loro
due esattamente come faccio io.
Rimano
in silenzio, un 'ombra torva e scura ad adombrarmi il volto mentre
continuo a fissarli.
La
bionda ride facendo assumere una posa svenevole alla mano, che si
poggia
poi sul braccio di Ian. Istintivamente le mie labbra si stringono,
assottigliandosi e assumendo una smorfia nervosa, stizzita.
Lui
le dice qualcosa, i visi che hanno superato la decenza della distanza
di sicurezza e qualcosa dentro di me scalpita, protestando fortemente.
Ed
è terribilmente snervante il fatto che nonostante tutto non
riesco a
fare a meno di essere infastidita da quella vicinanza. Non riesco a non
essere
gelosa, constato innervosendomi ancora di più a questa
constatazione.
-Te
lo dico io cosa vorrebbe regalargli quella per il suo compleanno
–afferma Candice al mio fianco mentre un altro fiotto di
irritante gelosia si
riversa nelle mie vene, corrodendole.
Perché
si, è gelosia.
Assottiglio
gli occhi, non staccandoli dalle loro figure.
-
Odio le bionde – bofonchio all'improvviso, la voce che esce
sottile e
secca soffiata tra i denti.
-
Ei! - protesta piccata Candice al mio fianco, lanciandomi
un'occhiataccia
oltraggiata – Cos'hai contro le bionde?-
Non
le presto attenzione, i pensieri incentrati solo su quello che vedo.
-
E odio anche i maschi – sibilo irritata, maledicendoli
mentalmente.
-
Ei! - questa volta è il turno delle proteste di Paul, che
zittisco
un'occhiataccia.
Al
diavolo lui e tutti i maschi del mondo mi dico, voltandogli le spalle
seppur con una certa fatica. La mia gelosia, punta dalla
curiosità di sapere
cosa sta accadendo, protesta cercando di impedirmelo. Se si sono
avvicinati
ancora? Incasso la testa fra le spalle sempre più irritata
mentre quel tarlo mi
divora.
No,
non mi volterò e non gli darò la soddisfazione di
mostrarmi gelosa.
Seppur
a fatica, quindi continuo a rimanere voltata zittendola bruscamente.
Matt
Davis spunta all'improvviso, esordendo con una delle sue solite
battute e facendoci scoppiare a ridere.
I
minuti passano fortunatamente e il disagio diminuisce. Le patatine che
ho
smangiucchiato per tutto il tempo mi provocano un'improvvisa sete.
Lasciando
momentaneamente la compagnia degli altri, mi allontano
avvicinandomi all'angolo bar.
In
attesa della mia ordinazione mi appoggio al bancone, sospirando.
-
Nina -
Una
voce maschile, leggermente sorpresa, pronuncia il mio nome, portandomi
a voltarmi. Contraddetta fisso il ragazzo che si erge davanti a me.
Solo
l'attimo seguente, dopo averlo scrutato attentamente, lo riconosco. Per
un
attimo ho sperato che fosse qualcun altro a chiamarmi, penso
sconfortata.
E'
l'assistente di Kevin, quello che di solito si occupa di consegnarci i
copioni e delle questioni logistiche. Come è che si chiama?
Mi domando non
riuscendo ad associare il suo viso a nessun nome.
Mi
mordo le labbra percependo l'imbarazzo propagarsi a onde e anticipare
la
figuraccia che sto per fare mentre lui mi guarda in attesa.
-Ciao...
– esito indecisa mentre cerco di tendere le labbra in un
sorriso quanto
meno credibile, avendo la terribile percezione di aver stampato in
faccia la
scritta “ non mi ricordo il tuo nome”.
La
mia mente continua a non collaborare, rimanendo totalmente vuole.
Rimango così con le labbra dischiuse, non sapendo cosa dire
o come continuare.
-
Leonard – afferma sorridendo ancora e venendomi incontro,
capendo
probabilmente le mie difficoltà – Mi chiamo
Leonard-
Le
mie guance si arrossano subito, surriscaldandosi per l'imbarazzo della
figura appena fatta. Sono un disastro totale.
-
Scusa, ho avuto un attimo un vuoto – gli sorrido realmente
dispiaciuta.
Infondo ci lavoro da due anni e non mi ricordo ancora il suo nome. Non
voglio
passare come l'attrice snob che non sa neanche il nome delle persone,
mi
stringo fra le spalle.
-
Scusami davvero. Di solito non mi capita- passo nervosamente una mano
tra
i miei capelli mentre lui continua a guardarmi.
-
Beviamo qualcosa insieme?- mi sorride nuovamente in modo affabile e
gioviale, prendendo posto accanto a me. - Così ti fai
perdonare di questa
dimenticanza- aggiunge con una risata lieve.
Non
sapendo cosa rispondere lo guardo per qualche secondo in attesa.
Perché
no? Infondo è una “nuova” conoscenza,
scambiare quattro chiacchiere
non può che farmi bene.
Aria
nuova, meno pensieri. O almeno così spero.
Non
accorgendomi di due occhi azzurri che mi fissano attenti, scrutandomi,
annuisco aprendomi in un sorriso.
-Volentieri
– accetto, un sospiro leggero che mi esce dalle labbra.
La
distanza fra me e quello sguardo ghiacciato cresce. Entrambi muoviamo
un
ulteriore passo indietro, allontanandoci.
E
i passi fra di noi aumentano ancora.
***********
Muovo
un passo in avanti, mettendo piede dentro l'abitacolo dell'ascensore
desolatamente vuoto. Infonde quasi un senso di angoscia, sospiro,
così vuoto e
abbandonato. Aggrotto poi le sopracciglia, interdetta. Può
un ascensore essere
desolato e abbandonato? Mi domando, rendendomi conto l'attimo dopo che
rifletto
la mia malinconia in un anonimo ascensore. Non sono messa decisamente
bene, mi
corruccio.
Con
un sospiro stanco premo poi il pulsante corrispondente al mio piano,
decidendo che è meglio evitare le strane elucubrazioni delle
2 del mattino almeno
per qualche minuto. Sono terribilmente stufa di pensare, arrovellarmi
continuamente su di lui e sul suo dannato comportamento.
Piccata
e frustrata premo ancora il tasto, forse con un po' troppa forza, e,
finalmente, le porte si chiudono e l'ascensore inizia la sua corsa con
un metallico
ronzare.
Spossata
e mentalmente sfinita dalla serata mi volto, specchiandomi
distrattamente nello specchio presente sul fondo dell'abitacolo.
Nitido,
rimanda il mio riflesso solcato da un'espressione neutra e
terribilmente
desolata. Semplicemente triste.
Prendo
un respiro profondo, cercando di racimolare le ultime forze necessarie
per arrivare fino alla mia camera. Lo lascio andare poco dopo.
Sembra
paradossale, ma ignorare qualcuno è terribilmente difficile
e
faticoso, estenuante. Tanto più se si è
sentimentalmente coinvolti.
Mi
mordo il labbro inferiore, torturandolo leggermente con gli incisi
mentre il mio sguardo si abbassa distrattamente fino a puntarsi sul
pavimento.
Non
è solo questione di arrabbiarsi, non parlarsi e ignorarsi.
E' molto più
intricata e spossante la situazione. E' difficile ignorare qualcuno
quando è il
tuo corpo a richiederlo pressantemente, quando ne si ha bisogno come
l'aria.
Ma
l'aria ora è intossicata da discorsi pieni di parole
avvelenate, troppe,
ed è così pesante che non permette di respirare.
L'ha contaminata lui stesso
con il suo comportamento, iniziando a fare passi indietro e a
privarmene. E
allora ho fatto io un passo indietro alla fine, nel vano tentativo di
avere
aria pulita e respirabile. La situazione è precipitata
ancora di più però,
diventando opprimente.
Ma
ne abbiamo fatti così tanto, di passi indietro, che ora
abbiamo perso
l'equilibrio, totalmente allo sbando.
Ci
siamo ignorati totalmente questa sera, non ci siamo neanche saluti per
mancanza di occasioni. Non gli ho fatto neanche gli auguri, emetto un
piccolo
sbuffo che assomiglia ad un sospiro stanco. Non so neanche se ha visto
e aperto
il regalo ed è ridicolo che io pensi a queste cose assurde.
C'è stato solo
qualche sfuggevole sguardo da parte mia, dettato da un 'emozione che,
nonostante tutto, non so reprimere. Non ci riesco.
Un'infinità
di passi a dividerci. Un'infinità di passi
indietro a vanificare tutti quelli fatti in avanti.
Le
porte dell'ascensore si aprono all'improvviso davanti a me, stridendo
contro il silenzio tranquillo e piacevole e bloccando sul nascere altri
nuovi
pensieri.
Mi
ritrovo così silenziosamente a sperare che non sia Leonard,
gentile e
tutto, ma anche terribilmente asfissiante.
Istintivamente
alzo gli occhi dal pavimento, dove li avevo
disinteressatamente puntati, apaticamente curiosa di capire chi
è il mio
prossimo compagno di corsa.
Ed
è decisamente l'ultima persona che vorrei.
Un'ombra
cupa mi adombra velocemente il viso, imbronciandomi e stendendomi
le labbra in una visibile smorfia di disappunto.
Fra
tutti proprio lui? Mi domando
con un improvviso nervoso addosso, che bruciante vibra sulla pelle.
-
Dobrev - mormora con voce strascicata, quasi disinteressata
riservandomi
un'occhiata lucida mentre con un'unica, ampia falcata entra anche lui
nell'ascensore.
Istintivamente
il mio fianco aderisce alla parete fredda e metallica nell'attimo
esatto in cui le porte si richiudono e la corsa riprende
tranquillamente il suo
tragitto.
Con
un'ospite indesiderato in più, però, incasso
cupamente la testa fra le
spalle mentre Ian preme il tasto del suo piano.
Piego
le labbra in una smorfia lieve, che sembra accentuarsi maggiormente
man in mano che i secondi trascorrono e scivolano inesorabilmente via.
Purtroppo fin troppo lentamente. Anche il tempo ora si mette contro di
me?
-
Somerhalder - lo saluto di rimando con qualche attimo di ritardo, non
guardandolo e continuando a mantenere lo sguardo fisso davanti a me.
Cala
inevitabilmente il silenzio, avvolgendoci e rendendo persino l'aria
pesante, irrespirabile.
Ancora.
Spinoso
appesantisce l'abitacolo, facendolo sembrare ancora più
piccolo e
angusto.
Non
è facile non guardarlo. I miei occhi sono abituati a farlo
in
automatico non appena percepiscono la sua presenza. Dribblano tra la
gente fino
a scovare la sua figura tonica e scura.
Ma
ci sono riuscita per quasi tutta la serata, non è poi
così difficile
quindi. E' solo questione di abitudine, mi dico così sicura
da convincermene.
-
Ti sei divertita alla mia festa?- rompe il silenzio
Ian e io,
colta di sorpresa e con la guardia abbassata, non riesco ad impedirmi
di
voltarmi nella sua direzione.
Dannazione,
mi mordo le labbra rendendomi conto che tutta la mia
convinzione è andata a farsi benedire.
E'
al fondo dell'abitacolo, le spalle appoggiate contro lo specchio contro
cui si riflette la sua figura. E' il lato
esatto opposto il mio.
Mi
guarda in attesa, l'espressione contrita. Un caldo fiotto di nervoso,
il
primo di una lunga serie, si riversa nelle mie vene surriscaldandomi e
iniziando a diffondersi con lente ondate.
-
Moltissimo - soffio con un tono tagliente, enfatizzandolo e sfoderando
un
sorriso ironico e tagliente che spero essere anche il più
smagliante possibile.
E'
una bugia colossale visto il disagio e la velata noia che mi ha pervaso
per gran parte del tempo, ma di certo fargli capire quanto male ci sto
è
l'ultima cosa che voglio fare.
Ed
evidentemente le mie doti recitative non sono poi così
scarse dal
momento che la sua espressione cambia, indurendosi.
Contrae,
infatti, la mascella, la cui linea decisa è in netto
contrasto con
la piega forzatamente morbida delle labbra, riservandomi infine uno
sguardo di
gelida sfida. Un velo di risentimento mischiato a nervoso gli
attraversa lo
sguardo, rendendolo incredibilmente freddo.
-
Si, ho notato come ti divertivi con ...come si chiama?- finge una certa
non curanza, muovendo la mano e continuando a non distogliere i suoi
occhi,
freddi e caldi allo stesso tempo, dai miei. - Ah si,
sonoL'AssistenteDiKevineTisbavoDietroGuardamiTiPrego
- afferma ironicamente, riservandomi uno sguardo tagliente.
Stranita
e nervosa, inarco un sopracciglio lanciandogli poi
un'occhiataccia. Sta scherzando o fa sul serio? Mi domando, arrivando a
trarre
la conclusione che in entrambi i casi non è divertente.
Anzi.
-
La prossima volta potrebbe venire direttamente con una maglietta con
scritto Team Elena! - continua con tono beffardo e
acido, calcando
aspramente sul nome del mio personaggio.
Paralizzata
dallo shock e dal nervoso rimango ferma a guardarlo, gli occhi
leggermente sbarrati.
Assomigliando
terribilmente alla copia reale di Damon Salvatore, lui mi
trafigge con uno sguardo freddo e tagliente.
Gli
occhi sono resi particolarmente lucidi da un velo di alcool e
irrazionalità e quell'emozione cupa e bassa che gli addensa
lo sguardo
rendendolo, però freddo.
Le labbra tese
in una smorfia tagliente.
Non
ho il tempo di pensare o dire altro perché lui riprende a
parlare,
raggelandomi.
-
Te lo porti anche a letto?
- mi
domanda acidamente a bruciapelo, la voce pericolosamente bassa,
tranquilla, e
gli occhi puntati nei miei che bruciano velenosamente di rabbia. - Sai
com'è
non vorrei mai venire in camera tua e assistere ad una scena porno!-
continua,
la voce vibrante di irritazione.
Boccheggiante
di rabbia e indignazione mando al diavolo i buoni propositi
di non dargli corda, desiderando sempre più ardentemente di
mandarci anche lui.
E' davvero un desiderio insopprimibile in questo momento.
Lo
fulmino con gli occhi, trafiggendolo con uno sguardo di consumante
indignazione e sdegno. Mi corrode quasi, frantumando e facendo svanire
quel
poco di razionalità che ho.
Inclino
leggermente il viso, voltandomi totalmente verso di lui.
-
Hai ragione - mormoro con una calma tagliente, assottigliando gli occhi
fino
a ridurli a due fessure.
Per
qualche secondo ci scambiamo sguardi esattamente speculari, pieni di
irritazione e rabbia.
-
Non vorrei mai provocarti un ulteriore trauma, perché è evidente che ne hai
già molti- freccio
sprezzante e, si, anche un po' stronza.
Lui
allarga leggermente gli occhi palesemente indignato, la mascella che si
contrae maggiormente, rendendo ancora più dura la sua
espressione.
Nessuno
dice più nulla, Ian non replica e io non infierisco
ulteriormente.
Non ho voglia di dire altro, le parole rimangono bloccate in gola dalla
collera
e da tutte le altre emozioni che mi sovrastano in questo momento.
Solo
ora, alzando lo sguardo, noto che manca un solo piano al mio.
La
discussione - lui- mi ha
distolto, distraendomi.
Proprio
quando l'ascensore si ferma e le porte si aprono, il silenzio viene
spezzato nuovamente.
Ian
parla di nuovo, bloccandomi sul posto.
-
Grazie del regalo,
comunque - afferma, la voce leggermente roca che graffia l'apparente
quieta,
rompendola.
Alzo lo sguardo su di lui, un sopracciglio seccamente inarcato e
l'espressione
nervosa, stampata in faccia, venata da una punta di sorpresa.
Mi sta ringraziando? Prima mi insulta e mi ferisce e poi mi ringrazia?
Soffre
davvero di un grave bipolarismo.
- Davvero originale - calca ironicamente
sull'ultima parola l'attimo
dopo, conferendogli un'inclinazione canzonatoria e beffarda. Quasi
denigratoria.
Qualcosa
dentro di me si
incrina improvvisamente, prevalendo sulla rabbia. Cigola dolorante sotto le sue parole, che
sembrano far tacere
tutto il resto e accentuare solo questo.
-
Potevi spendere qualcosa in più e farmi un regalo migliore -
continua
mentre le porte si richiudo alle mie spalle senza che io me ne accorga
- O non
farmelo proprio, avrei apprezzato di più - mi ferisce e
quella sensazione di
delusione aumenta ancora, diventando più forte. Si tramuta
in furente rabbia,
così potente da sconvolgermi.
E
semplicemente scoppia.
Il limite tra fare lo stronzo e farmi decisamente male è
superato, oltrepassato
abbondantemente.
-
Non hai capito un cazzo - mormoro, la voce pericolosamente bassa e
calma.
- Non hai capito proprio niente Ian.-
Scuoto
leggermente il capo facendo muovere i capelli mentre ormai ho smesso
di pensare, le emozioni che hanno preso il sopravvento.
-
Non hai capito che non è una stupida
camicia- sputo le parole con
risentimento e rabbia, forse solo una punta di tutto quello che ho
covato in
questi giorni.
E
la delusione è troppa, così tanta da annebbiarmi
la vista e appesantirmi.
L'aria
intorno a noi diventa ancora di più irrespirabile e satura
di risentimento,
in perfetta sincronia con il mio crescente tumulto di rabbia e
frustrazione.
Per
un attimo mi sento io la causa di questa situazione, sono io la stupida
che ha visto un significato in qualcosa che per lui non ha alcun senso.
E'
evidente, palese.
Mi
mordo le labbra, la delusione e la tristezza che mi corrode fino quasi
a
consumarmi.
Non
l'ha capito. Ancora. Non si è chiesto il perché.
Di nuovo.
Sembra
una storia già vista, un terribile deja-vù di
ciò che è avvenuto
davanti alla porta di camera mia. E' un estenuante circolo vizioso.
Come
allora, una porta sbattuta in faccia. Un passo indietro. L'ennesimo.
Probabilmente l'ultimo, quello definitivo.
Una
morsa mi attanaglia lo stomaco a questo pensiero, togliendomi il
respiro. Le lacrime di rabbia e delusione premono per uscire, ma io
deglutisco
rispedendole indietro insieme al magone seppur a fatica.
Con
un gesto secco della mano premo un pulsate a caso. Non voglio restare
qui dentro con lui neanche per un secondo in più. Voglio
andarmene, trovarmi il
più lontano
possibile da lui.
Le
emozioni diventano sempre più insostenibili e pesanti da
sopportare.
Finalmente
le porto grigie e metalliche dell'ascensore si aprono davanti a
me, presentandomi una bocca di aria fresca.
La
stessa aria che fino a qualche giorno fa era lui per me, ossigeno puro.
Prima così vitale, ora così deleterio.
La
rabbia strabocca ancora dagli argini razionali che mi sono imposta,
riversandosi nelle mie parole.
Mi
volto così verso di lui, un respiro tremolante che mi gonfia
il petto.
-
Non hai capito nulla -
E'
solo un filo di voce il mio, gelido e tagliente attraversato da una
malinconica punta di tristezza. La incrina, facendola suonare meno
decisa e più
fragile.
Muovo
un passo avanti, allontanandomi e compiendo un altro passo lontano da
lui.
Un
altro passo ad aumentare la distanza fra di noi.
Un
altro passo indietro .
Esco
da quell'ascensore senza curarmi del fatto che non sia il mio piano.
La piena consapevolezza del significato di quello che ci siamo appena
detti, le
ferite aperte dalle sue parole che bruciano e cercano di soffocare
tutto il
resto.
E
rimane solo la consapevolezza di ciò che è appena
accaduto, di ciò che
resta sgretolato e ferito in un cumulo di macerie. Quel muro, costruito
con
tanti piccoli passi avanti è crollato sotto il peso e la
durezza dei colpi
inferti dalle sue parole
Con
ancora l'eco sbiadito delle nostre risate, dei baci, della sua pelle
contro la mia mi confondo con il buio del corridoio, desiderando
ardentemente di
sprofondarci dentro.
E
rimane solo la consapevolezza di ciò che è appena
successo, di quello che
abbiamo appena abbattuto con l'ennesimo passo.
Mi
lascio inghiottire dal buio del corridoio e, soprattutto, delle mie
emozioni.
Dal
buio scaturito dalla verità che non c'è
più nulla.
Un
ultimo passo indietro.
****************
Silenzio.
Solo un catartico e pacifico silenzio.
Con
gli occhi chiusi prendo un profondo respiro beandomi del freddo che mi
pizzica il viso, arrossandomi le guance e penetrando facilmente nella
maglietta
sottile che indosso.
Ho
sempre odiato il freddo, in verità. Troppo gelido e
fastidioso per
piacermi davvero, eppure oggi lo trovo estremamente piacevole.
Mi
fa sentire piacevolmente leggera, senza pensieri.
Mi
stringo istintivamente fra le spalle, continuando a bearmi di questo
rarissimo momento di tranquillità. L'unico di questi giorni.
Ha,
infatti, anche lo strano potere di zittire i miei pensieri, congelando
le mie emozioni più profonde. Sembrano come coperte da un
manto di neve,
sopite. Ed è davvero l'unico momento di pausa dai miei
tormenti interiori che
ho da non so quanto.
Passi
affrettati e una porta che sbatte in malo modo in lontananza mi
avvisano che il mio piccolo angolino di tranquillità e
quiete sta per essere
interrotto.
-
Nina, 5 minuti e si inizia -
Apro
gli occhi con un sospiro pesante, incontrando solo la fitta
vegetazione che occupa la mia visuale.
Espiro
poi l'aria tra le labbra che crea una piccola nuvola di calore
davanti alla mia bocca, beandomi del freddo che mi pervade per gli ultimi secondi.
Pace
finita. E' stato bello finché è durato, mi dico
un po' teatralmente
voltandomi verso l'assistente di scena che mi guarda in attesa.
-
Eccomi- sbuffo muovendo un passo dietro l'altro e raggiungendola.
Mi
tiene la porta aperta con il braccio libero, aspettandomi come un
secondino. Neanche fossi in carcere, mi dico esasperata.
Sospiro,
prendendo l'ultima boccata di aria fresca sperando di inspirare
anche un po' gi coraggio insieme all'ossigeno. Senza accorgermene
rallento il
mio cammino, fermandomi quasi del tutto.
Preferirei
di gran lunga rimanere qui fuori al freddo. Meglio il gelo di
dicembre che il gelo del suo
sguardo,
così freddo da ricordare un ghiacciaio.
-
Nina? - mi chiamano ancora spazientita, lanciandomi un'occhiata
impaziente.
-
Arrivo, arrivo - roteo gli occhi al cielo e mi affretto a rientrare in
quella che è casa Salvatore, abbandonando i miei pensieri e
la tranquillità
nell'aria frizzante alle mie spalle.
Stampandomi
in faccia un sorriso preconfezionato faccio il mio ingresso sul
set, venendo accolta da vari saluti e da un intenso e concitato vociare.
Stando
ben attenta a non inciampare in qualche cavo raggiungo già
la mia
postazione, riservando u cenno del capo a Julie come saluto. Quasi non
si
accorge di me, troppo presa a sfogliare concitatamente dei fogli.
Le
ultime cose vengono sistemate in fretta e anche Lauren, l'attrice che
interpreta Rose, prende posto.
-
Tutti pronti?- urla il regista e un coro di assensi si alza.
Il
tipico mormorio che precede ogni ripresa si zittisce in fretta,
lasciando
il posto a frizzante silenzio.
-
Sicura Nina che vuoi girarla tu?- mi domanda ancora il regista per la
milionesima volta. - Se no la facciamo girare tranquillamente alla tua
controfigura- la indica con un cenno del capo.
-
No, davvero voglio girarla io- sospiro leggermente stanca di dare
sempre
la stessa risposta ogni volta.
E'
una semplice corsa, la cosa più pericolosa che
può succedere è che
prenda una storta. Non capisco tutta questa ansia ogni volta che
giriamo una
scena più movimentata del solito. Anzi, io le trovo
particolarmente divertenti
e stimolanti.
Finalmente
sembra convincersene anche lui, facendomi tirare un sospiro di
sollievo.
La
telecamera si posiziona poco lontano da noi e il tipico nervosismo
prima
del ciack mi pervade, pervadendomi.
Muovo
un passo in avanti, sistemandomi esattamente nel punto prestabilito.
Raddrizzo
poi la schiena, prendendo un respiro profondo e cercando di sciogliere
le
spalle rigidamente contratte.
Le
scrollo leggermente tentando di assumere una postura più
naturale.
Ok,
mi dico l'attimo dopo cercando di entrare nella parte, ho paura e un
vampiro che mi crede la mia sosia cattiva vuole mangiarmi.
Silenziosamente
e un po' persa nella concentrazione annuisco, sentendomi
pronta e pienamente nella parte.
Mentre
il regista dà le ultime dritte al cameraman sulle riprese da
fare io
mi guardo intorno, cercando di ammazzare in questo modo la noia e non
perdere
nello stesso tempo la concentrazione.
Il
mio sguardo, attirato come una calamita, cade inspiegabilmente su di
lui. E' appoggiato contro il muro con una spalla e semi avvolto dalla
penombra
della libreria.
Non
sembra essersi accorto di me, noto con un'amarezza che stride e mi
avvilisce. E' qui solo parchè dopo deve girare le sue scene
con Rose.
Assisterà
alle riprese, mi dico deglutendo improvvisamente nervosa. Un
sottile ed insinuante nervosismo mi pervade infiltrandosi tra le crepe
aperte
dai miei pensieri. Sembra quasi agitazione o forse irrequietezza.
Prendo
un respiro profondo cercando di scacciarlo. Dopo ieri sera non
merita neanche un briciolo delle mie emozioni. Peccato che sia
più facile a
dire che a farsi, lancio un'altra occhiata nella sua direzione.
Non
ci siamo più parlati dalla sera del suo compleanno, dalla
litigata. Se
prima era solo un semplice ignorarsi ora è proprio un
evitarsi. Lui mi evita,
solo per le esigenze di scena mi sta vicino.
Una
smorfia triste e amara mi tende le labbra, incupendo la mia
espressione.
E
non posso fare a meno di pensare alla litigata di ieri sera, la mia
testa
va in automatico a quel momento.
Il
più grosso dei passi indietro che abbiamo fatto
probabilmente. I denti
affondano nel mio labbro in un gesto che lascia trasparire tutta la mia
rabbia,
il mio nervoso rammarico.
Riesco
solo a pensare a lui, a questo, anche ora.
Lo
guardo e mi rendo conto dei passi indietro che abbiamo fatto.
Così
tanti, così pesanti.
Un
addetto mi passa vicino, scontrandomi involontariamente e facendomi
perdere l'equilibrio.
Irrazionalmente
cerco di riacquistarlo, compiendo un passo indietro e
distogliendo lo sguardo da lui.
Prendo
poi un profondo respiro, cercando di ritrovare calma e
concentrazione.
Lui
non è qui, mi dico nel vano tentativo di convincermene
davvero. Perché
mi mette così in soggezione averlo qui ? Probabilmente
neanche mi fissa ed è chiaro
che gli importa poco o nulla quindi non dovrei neanche preoccuparmi.
Fortunatamente
il regista chiama il primo ciack, interrompendo i miei
pensieri e le mie paranoie.
chiudo
per un attimo gli occhi, espirando via l'aria, e quando li riapro
sono Elena Gilbert, non Nina.
Un
perfetto silenzio ci circonda e Lauren fa un passo verso di me,
guardandomi famelica e furente.
Deglutisco,
cercando di sembrare agitata.
-
Rose ferma. Ferma. - recito tentando di apparire in più
spaventata e preoccupata
possibile.
Allungo
un braccio davanti a me, sperando di indurla ad arrestarsi mentre
lei mi guarda in modo rabbioso e, beh, affamato.
La
telecamera ci segue e io cerco di non spostare lo sguardo alla mia
destra dove sono sicura due occhi azzurri mi stanno fissando
pallidamente. Non
voltarti Nina, mi ammonisco imperiosamente cercando di tenere a mente
le mie
battute e di non dare retta al mio istinto.
Rose
fa un altro passo avanti, verso di me, e io di riflesso ne compio uno
nell'opposta direzione, facendo un passo indietro.
Deglutisco
nervosamente, proprio come da copione, pronta a continuare la
scena.
-
Sono Elena - mormoro affannata, il petto che si alza in modo aritmico
mentre
lei non arresta la sua avanzata avvicinandosi ulteriormente.
Con
gli occhi spalancati da un terrore fittizio e lo sguardo forzatamente
agitato
la guardo finalmente fermarsi davanti a me.
Per una manciata di secondi
sembra
ritornare in se, guardandomi interessata.
-
Non sono Katherine.- le dico con un tono più pacato,
parlando più
lentamente con l'intento di farmi capire perfettamente.
Le
lancio uno sguardo guardingo, non fidandomi della sua apparente
lucidità
mentale.
-
Hai le allucinazioni.- affermo cercando di risultare il più
convinte
possibile.
Muovo
ancora un passo indietro, cercando di allontanarmi da lei mentre
invece lei mi fissa interdetta. Il viso sporco di sangue e i finti
canini che
spuntano minacciosi dalle labbra.
-
Non sono Katherine.- ripeto un'ultima volta con un tono falsamente
calmo,
attraversato però da
una visibile
venatura di allarmismo e ansia.
All'improvviso
la sua espressione torna furente e rabbiosa, lo sguardo cupo
e minaccioso mentre perde nuovamente lucidità, lasciandosi
travolgere dal suo
essere vampiro.
Si
esibisce in un ringhio minaccioso
e agisce, attaccandomi.
E
accade tutto in un secondo poi, troppo velocemente
per essere anche solo captato.
Basta
un unico movimento e finisce tutto.
Un
solo passo
indietro.
Percepisco
in modo sfocato qualcuno chiamarmi in
lontananza, il tappeto che scivola sotto la mia suola e l'aria che mi
fischia
nelle orecchie mentre si sposta. Istintivamente chiudo gli occhi,
serrandoli e
celando tutto oltre il buio delle palpebre.
Accade
tutto quasi a rallentatore, i sensi che
perdono p ercezione del tempo e il mio equilibrio che svanisce in un
soffio.
L'impatto
arriva l'attimo dopo, sordo e secco.
Mi
ritrovo per terra senza quasi neanche
accorgermene, la testa che sbatte violentemente contro il pavimento e
un
insieme di voci concitate che mi chiamano e urlano il mio nome.
E
poi solo il vuoto. Per un interminabile e
lunghissimo attimo non sento nulla, la testa totalmente vuota e il
corpo così
pesante da non riconoscerlo come mio.
Il
mio cuore perde un battito e io mi chiedo
distrattamente cosa mi è successo.
Tutto
torna poi alla sua velocità naturale,
riaccelerando improvvisamente.
Il
cuore pompa sangue così velocemente
da produrre un ronzio ovattato che mi
stordisce, confondendomi.
Percepisco
solo sensazioni disconnesse, messe in
fila in modo disordinato e troppo veloci per essere comprese dalla mia
mente
improvvisamente lenta.
Lentamente,
riconosco il pavimento duro e scomodo
premere contro la mia schiena.
Deglutisco
a fatica, sbattendo le palpebre e
incontrando il soffitto bianco intervallato dalle facce preoccupate dei
miei
colleghi.
Devo
essere caduta, penso cercando di capire cosa mi
è appena successo.
Provo
a parlare ma dalle mie labbra non esce alcun
suono e le loro voci aumentano ancora, diventando quasi insopportabili
e
acutizzando il pulsare alla testa.
-
Stai bene tesoro?- la voce di Julie si erge sulle
altre e io annuisco lentamente.
Il
viso di Lauren mi ostruisce improvvisamente quel
poco di visuale che ho mentre sempre più gente si accalca
intorno a me.
-
Oddio Nina scusami - mi dice realmente
mortificata, guardandomi costernata.
E
solo ora il mio cervello collega tutto.
La
scena. Il piede mal messe. Il passo indietro. La
caduta.
Cerco
di stendere le labbra in un sorriso per
tranquillizzarla mentre la testa non smette di pulsare, producendo solo
una
smorfia lieve.
-
Voglio alzarmi - mormoro con un filo di voce.
Qualcuno
mi porge una mano e io un po' tremante la
afferro, facendo forza e mettendomi in piedi.
La
stanza intorno a me inizia a girare e un senso di
nausea mi colpisce lo stomaco. anche il pulsare aumenta e io sono
costretta a
chiudere per un attimo gli occhi nel tentativo di stabilizzarmi.
-
Sicura di star bene?- mi domanda ancora Julie,
evidentemente preoccupata.
-
Si - soffio in risposta con un filo di voce, ma
non riesco ad aggiungere altro perchè la vista si sfoca e
tutto intorno a me
diventa velocemente indefinito.
Una
miriade di puntini neri iniziano ad offuscarmi
la vista mentre le gambe diventano improvvisamente molli e le forze mi
abbandonano.
L'ultima
cosa che percepisco è il mio nome in
lontananza.
Poi
più nulla.
E
c'è solo il buio.
***********
Noia,
noia e ancora sconfortante noia.
Seduta
su uno scomodo e plastico lettino bianco mi ritrovo a fissare
tediata la parete perfettamente intonacata davanti a me. E il dolore,
che
continua a presentarsi sotto forma di un irritante e costante pulsare,
non fa
altro che aumentarla. Mi servirebbe qualcosa per distrarmi e non ho
altro che
un frastornante silenzio intorno a me.
Mi
hanno tolto persino il cellulare e il dottore- la brutta e attempata
copia di Derek Sheperd - è scappato ormai
un'eternità di tempo fa, sotto la mia
pressante richiesta di essere dimessa, con la scusa di andare a
prendere i
documenti. Peccato che i suoi dieci minuti si siano raddoppiati
diventando
infine un'infinità in più.
Sospiro
nervosamente, solo il mal di testa a farmi noiosamente compagnia.
Inclino
poi lievemente il capo verso destra, tornando a fissare il muro
bianco davanti a me. Con gli occhi riprendo a seguire la lieve crepa
che lo
attraversa al centro, percorrendolo quasi da parte a parte. E' lieve,
appena
accennata, così tanto da sfuggire probabilmente ad un
anonimo e frettoloso
sguardo.
Le
gambe che penzolano oziosamente e che si muovono in un leggero, ritmico
dondolio mentre le spalle si incurvano ulteriormente sotto il peso del
mal di
testa. Opprimente e scalpitante continua a pulsare, intensificandosi
nella zona
più sensibile. E mal ridotta, aggiungo mentalmente
ricordandomi del lieve
trauma cranico che mi hanno diagnosticato.
Nulla
di grave, una semplice botta in testa, ma per precauzione mi hanno
sottoposto a un'infinita e noiosissima sequela di esami.
Allungo
mestamente una mano fino a sfiorarmi con dita tremanti la fronte.
Mi sento un po' debole, intontita e stordita come sotto l'effetto di un
anestetico. Tutto mi sembra ovattato e il minimo rumore mi provoca
un'odiosissima fitta alla tempia, aumentando il mio mal di testa.
Con
dita incerte la percorro tutta, tastandola cautamente e preventivando
un imminente dolore che puntuale arriva esattamente l'attimo dopo. Una
fitta,
acuta, seguita subito da un dolore lancinante mi attraversa,
trapassandomi come
una lama.
Con
un impeto particolarmente masochista continuo a toccare la parte lesa
con i polpastrelli, cercando di intuire la vastità. Visto
che non c'è neanche
uno specchio e il mal di testa è talmente gravoso e pesante
da rendere
impossibile arrivare persino fino al bagno questo è l'unico
metodo che mi
rimane.
Per
di più ho il terribile sentore che sia bello grande, tendo
le labbra in
una smorfia.
Persino
pensare, mettere infila le silenziose parole nella mia mente sembra
spaventosamente troppo difficoltoso. Quasi non mi ricordo neanche
quello che è
successo. E' stato tutto così...veloce.
Il
piede messo male, la suola della scarpa che slitta e scivola facendomi
sentire in precario equilibrio e poi il buio. Solo il buio per alcuni
interminabili secondi.
I
ricordi sono ancora un po' sfocati. A dire il vero
più di un po'.
Il
percorso della mia mano cambia direzione, virando verso i miei occhi;
li
sfrego, cercando di allontanare quello stato di caotica confusione che,
però,
persiste nella mia testa.
Rinunciando
a capire l'entità dell'ematoma in bella mostra sul mio viso
riabbasso la mano, appoggiandola vicino alle mie gambe.
Odio
questo odore così da...ospedale. E' forte e un aspro, quasi
fastidioso.
Nitido
mi solletica le narici mentre il mio cervello tenta di riconoscerlo
e identificarlo con scarso successo.
Improvvisamente
il silenzio che mi circonda viene rotto da una voce che mi
fa sobbalzare, colta di sorpresa.
-
Il viola ti dona.-
Il
ticchettio ritmico della mia scarpa si ferma all'istante, nel momento
esatto in cui una voce bassa interrompe il silenzio. Lo frantuma,
percorsa da
una lieve sfumatura ironica, canzonatoria.
Il
mio cuore aumenta improvvisamente il battito, che diventa
irrazionalmente scalmanato e veloce. E' solo la sorpresa, mi dico, non
lui.
Alzo
gli occhi, in un gesto automatico ormai assodato. E' la reazione
istintiva del mio corpo al suono di quella
voce. Le mie labbra si schiudono leggermente prima di serrarsi
improvvisamente
in una linea dura e sottile.
E'
venuto a deridermi e a prendersi gioco della mia sbadataggine? Mi
chiedo
squadrandolo con uno sguardo che spero essere il più
distaccato e altero
possibile.
Per
una frazione infinitesimale, ma tremendamente lunga, di un secondo non
riesco a staccare gli occhi dalla sue labbra, il cui sapore
è ancora nitido
sulle mie
Una
bocca che ho baciato infinite volte.
Distolgo
stancamente lo sguardo, alzandolo sui suoi occhi e inarcando un
sopracciglio. Non dico nulla, rimanendo in silenzio e costringendolo a
parlare
ancora.
-
Si intona al rosso delle tue labbra - continua, una punta di bramosia
che
gli incrina lo sguardo imperscrutabile e che lui si affretta a far
scomparire
dietro un'occhiata indecifrabile,
Non
abbandonano le mie labbra, seguendone la piega un po' amara che hanno
assunto. Non riesco poi ad impedirmi dal lanciargli un'occhiataccia,
fulminandolo con uno sguardo torvo e carico di malumore. Sono
già abbastanza di
cattivo umore vista la situazione senza che ci si metta lui con le sue
battutine ironiche.
-
Devo ridere? -mormoro torvamente, lasciando trasparire tutto il mio
malumore.
E
decisamente non è solo a causa dell'incidente.
Ian
continua a fissarmi, restituendomi uno sguardo scuro, tendente al
grigio, impregnato di imperscrutabile stanchezza. Ha un aspetto
abbastanza
stanco, infatti. I capelli sono scompigliati in modo sbarazzino, come
se vi
avesse passato più volte le dita.
-
Come stai? - mi domanda avvicinandosi di un passo al letto, un velo di
ansia e preoccupazione che sembra trasparire dalla sua voce.
Mi
guarda con gli occhi leggermente spalancati, cercando di decifrare ogni
mia più piccola espressione. E per un attimo, un lento e
suadente attimo,
quell'espressione mi toglie il respiro, provocandomi un'ondata di
calore.
-Bene
- gli rispondo laconica distogliendo subito lo sguardo dal suo, fin
troppo consapevole che dietro la rabbia e il rammarico saprebbe
riconoscere la
mia bugia
E'
fin troppo bravo, incasso immusonita la testa fra le spalle.
Cala
il silenzio fra di noi, spinoso e ingombrante. E' talmente muto da
permetterci di percepire le voci nel corridoio e nella sala d'attesa
qua di
fianco. Una voce di una donna prevale sulle altre. Julie? Mi domando
cercando
di percepirla meglio.
-
Non si direbbe dalla tua espressione e da quel livido- indica con un
cenno del capo la mia fronte tumefatta e leggermente gonfia.
Si
avvicina di un passo a me, compiendo un passo avanti. Sembra teso e
provato, noto riuscendolo a vedere meglio in volto.
-
Non è niente - sibilo innervosita dalla sua vicinanza e dal
fatto che il
mio corpo continua a rispondere al suo fisico.
-
Sei svenuta - ribatte lui, ammonendomi con un'occhiataccia.
-
Non sono svenuta, ho avuto solo un giramento – minimizzo e
per un attimo
ho una sensazione di déjà-vu, come di una
conversazione già avuta.
Non
ho, però, il tempo di rifletterci oltre che lui riprende a
parlare, non
dandomene il tempo.
Ha
ragione lui, lo so benissimo, ma non voglio dargliela vinta. E'
tremendamente infantile come cosa, me ne rendo conto.
-
Sei venuto per farmi la paternale?- sospiro stanca, il tono di voce che
risulta più duro di quello che volevo. - Perché
la fila è lunga– bofonchio
corrucciata, riferendomi a tutte le persone che mi hanno detto che
dovevo stare
più attenta e usare una controfigura.
-Volevo
solo vedere come stavi- afferma leggermente risentito dal mio tono
aggressivo. - Ci hai fatto preoccupare- continua.
Schiudo
le labbra pronta a ribattere, ma lui mi anticipa parlando ancora.
-Mi
hai fatto preoccupare – afferma con un tono disarmante,
rivolgendomi
uno sguardo che lascia trasparire quella che deve essere stata la sua
preoccupazione.
E
qualcosa dentro di me si stringe, la rabbia e il nervosismo
improvvisamente si dimezzano rendendomi più mite.
Lo
guardo, puntando i miei occhi nei suoi e gli riservo uno sguardo
dispiaciuto.
Non
è solo per via del mio tono. Mi dispiace per come sono
andate le cose,
per quello che ci siamo detti e per le porte sbattute in faccia.
Mi
dispiace terribilmente di ogni singolo passo indietro che hanno portato
a questo.
Sospiro,
rendendomi conto di quante cose ha innescato la mia domanda quello
che mi appare ormai un secolo fa. Ci siamo allontanati, abbiamo
litigato e io
sono arrivata alla piena e matura consapevolezza che non mi basta un
rapporto
di amici di letto. O di più o, beh, nulla.
Peccato
che la sua risposta sia più vicina al nulla che ad altro.
Lui
compie ancora un passo in avanti, avvicinandosi ulteriormente a me. Le
mie ginocchia che quasi lo sfiorano.
-Sto
bene – mormoro con una punta di sincerità in
più. - Ho... solo un po'
di mal di testa -
Porto
una ciocca di capelli dietro l'orecchio, distogliendo lo sguardo dal
suo per poi tornare a guardarlo l'attimo dopo. E' più forte
di me.
Lui
sospira continuando a fissarmi in modo enigmatico.
Con
le dita scende ancora, attraversando il mio viso con una carezza e
fermandosi sul mio mento. Lo tiene fra le dita, sfiorandolo appena con
il
pollice in un tocco così soffice da essere appena
percepibile.
-Stai
bene davvero?- mi domanda, non distogliendo i suoi occhi dai miei,
impregnati di un indecifrabile magnetismo ora.
Non
sembra neanche lo stesso Ian che mi ha sbattuto una porta in faccia,
che non ha capito il mio regalo e che mi ha fatto una scenata di
gelosia da
ubriaco. Sembra solo preoccupato, noto.
-Si-
mormoro, soffiando le parole fra le labbra in un sussurro.
Il
suo viso si abbassa all'improvviso, avvicinandosi al mio.
Mi
vuole baciare, penso allarmata sbarrando gli occhi mentre il mio
battito
aumenta provocandomi delle lancinanti e acute fitte alla testa.
E
mi rendo conto di non volerlo, non così almeno. Ci sono
troppe cose
irrisolte, domande senza risposte e un miscuglio di sensazioni
ingestibili.
Vorrei davvero assaggiare nuovamente quelle labbra carnose,
riassaporare quel
senso di languida completezza, ma so che non è giusto. Non
ora.
E
poi la rabbia non mi è ancora passata del tutto. Non
è davvero il momento
adatto.
Allontano
il volto in fiamme dal suo, inclinandolo dalla parte opposta. Lo
sento sospirare contro a mia guancia e allontanarsi quel che basta per
permettermi di tornare a respirare in modo normale
-
Dobbiamo...parlare- deglutisco scacciando l'istinto di baciarlo.
Dobbiamo
chiarire prima, mi dico pienamente convinta, i miei ormoni
aspetteranno.
-
Voglio delle...spiegazioni- farfuglio lanciandogli un'occhiata che
spero
essere il più severa possibile. Peccato che però
risulti soltanto stanca, quasi
implorante.
Perché
deve sempre stordirmi e confondermi così? Un attimo prima
sono
arrabbiata e frustrata e quello dopo intontita e contenta di vederlo.
Lui
inclina il viso, rivolgendomi uno sguardo che è tra il dolce
e il
divertito.
-Riposati-
mi accarezza i capelli, sfiorandone con le dita le punte.
Sbuffo
sonoramente contrariata dall'essere trattata come una malata o,
peggio come una bambina
-
Ma io sto be...-
-
E' un ordine- mi interrompe però lui perentoriamente,
riservandomi uno
sguardo severo.
Se
non fossi troppo stanca probabilmente risponderei, mentre riesco solo a
soffiare poche parole tra le labbra. E decisamente non con il tono che
vorrei.
-
Dobbiamo parlare-gli ricordo ancora, fissandolo con gli occhi socchiusi.
La
luce infatti continua a infastidirmi e il mal di testa mi fa sentire
terribilmente stanca anche se non vorrei ammetterlo.
Cercando
di esibire il mio miglior cipiglio testardo e determinato, non
distolgo gli occhi da lui neanche per un momento fronteggiandolo.
Anche
se sono in un letto di ospedale non ho cambiato idea: voglio delle
spiegazioni.
E
se lui non è intenzionato a darmele me le
prenderò.
Si,
la botta in testa mi ha fatto bene.
-Parleremo-
mi dice lui, il tono caldo e sicuro che mi scalda,
ammorbidendomi.
Lo
sguardo azzurro rimane però deciso, fisso nel mio.
-
Ora però riposati-
Sbuffo,
appoggiando le mani sopra il freddo copriletto bianco e davvero
ruvido. Più che cotone, sembra cartone.
-
Va bene - acconsento, assecondandolo con un piccolo sbuffo.
Ma
lo faccio solo perché sono troppo sfinita per discutere non
per lui, mi
dico non credendoci neanche io.
-
E lasciati abbracciare - mi sorride, gli occhi che diventano
più liquidi
e dolci sotto la spinta di una
dolcezza disarmante.
Allarga
leggermente le braccia, aspettando che mi ci accomodi. Non riesco a
reprimere un sorriso, naturale e sincero, che mi stende le labbra
mentre
abbasso leggermente lo sguardo. Il primo da non so quanto. Lo rialzo
l'attimo
seguente, incontrando il suo, e la piega delle mie labbra aumenta
ancora, dando
vita a un sorriso ancora più luminoso.
Le
sue mani trovano i miei fianchi nello stesso momento, facendoci
scivolare intorno le braccia e stringendomi a lui. Mi appoggio contro
il suo
petto, lasciandomi stringere.
Socchiudo
istintivamente gli occhi mentre il mio sorriso si smorza
leggermente sciogliendosi fino ad assumere una piega più
dolce e rilassata.
E
rimaniamo semplicemente così, lui in piedi di fronte al
lettino che mi
stringe e io fra le sue braccia.
Sfrego
la guancia contro i suoi pettorali, percependone la consistenza
tonica sotto il tessuto
i
miei polpastrelli riconoscono subito quel tipo di stoffa particolare,
morbida.
Sorpresa
sbarro gli occhi, aggrottando confusa e stupita le sopracciglia.
Mi
allontano poi leggermente dal suo corpo caldo e invitante, quel che
basta per poterlo scrutare meglio. Ed è proprio come avevo
intuito, penso
sbarrando gli occhi e continuando a guardarlo.
E'
la camicia che gli ho regalato io. Il mio cuore aumenta leggermente i
battiti mentre lo stomaco è solleticato da un leggero
sfarfallio.
Con
occhi semi sbarrati continuo a fissare la camicia azzurra che indossa.
E
una domanda sorge subito spontanea, alimentando e smorzando al tempo
stesso le farfalle nel mio stomaco. Perché l'ha messa? Se
era un regalo così
stupido perché ora la indossa? Cosa vuol dire?
I
pensieri e le ipotesi dentro la mia testa si moltiplicano e si
arrovellano, mescolandosi alla confusione già presente e
dovuta alla caduta.
-
Beh, è la mia preferita infondo - afferma Ian, rompendo il
flusso dei
miei pensieri e portandomi ad alzare lo sguardo.
Incontro
i suoi occhi, incatenandoli ai miei.
E'
leggermente teso nonostante cerchi di nascondere quella punta di
nervosismo dietro un mezzo sorriso affabile.
L'ha
capito? Mi chiedo, scoprendo di essere terribilmente speranzosa nel
profondo.
E
qualcosa nei suoi occhi mi dice che è così.
Qualcosa mi dice che è un
passo verso di me questo, un passo avanti.
-
Te l'avevo rubata .- ricordo con un sorriso leggero sulle labbra, un
misto di stupore e nostalgia.
E'
infatti la camicia che Ian indossava la prima notte che siamo stati
insieme e con cui ho dormito. Alla fine era rimasta in camera mia e io,
troppo
legata a quel ricordo e al suo profumo, non gliel'ho più
restituita, usandola
come pigiama.
Mi
ha preso in giro una infinità di volte rinfacciandomi
scherzosamente di
quel piccolo furto. Mi era sembrato il regalo migliore, con un
significato dietro
e non banale.
Una
punta di acuta malinconia mi pervade al ricordo delle sue parole in
ascensore, ma lo scaccio subito.
La
sorpresa è troppo dolce e non voglio renderla amara, venarla
con quel
ricordo spiacevole e doloroso.
E
improvvisamente il desiderio di spiegargli il perché di quel
dono
prevale, portandomi a schiudere le labbra pronta a parlare.
-
Te l'ho regalata perché - inizio prendendo un respiro
profondo, pronta
per un discorsone lunghissimo.
Lui
però mi interrompe subito, appoggiando un dito sulle mie
labbra.
-
Shhh- soffia guardandomi dritto negli occhi e io lo assecondo di nuovo,
non dicendo nulla-
Rimango
così in silenzio esalando un leggero sospiro contro il suo
polpastrello.
-Mmm
Nina Dobrev che fa quello che le viene detto- mormora, il sorriso che
aleggia leggero nel tono della sua voce e che mi porta a riaprire gli
occhi,
incontrandolo sulle sue labbra.
-E'
davvero un giorno da ricordare- scherza nel tentativo di strapparmi un
sorriso, guardandomi nervosamente in attesa.
E
ci riesce.
Nonostante
la posa morbida delle braccia le sue spalle sono tese, lasciando
trasparire un minimo di nervosismo che ancora aleggia su di lui.
Allungo
la mano, facendola scivolare silenziosamente oltre il mio fianco
fino ad incontrare la sua.
Leggermente
esitante ne accarezzo il dorso con i polpastrelli. La morsa sul
mio fianco si allenta fino a sciogliersi del tutto. Le mie dita
scivolano
allora sul suo palmo, accarezzandolo con un tocco lieve che porta fino
alle sue
dita.
percepisco
il suo petto gonfiare sotto la mia guancia, rilasciando il
respiro poco dopo e con esso anche il lieve nervosismo che lo
stringeva.
Intreccia le dita con le mie con un gesto sciolto, naturale che sembra
consolidare qualcosa di nuovo.
-
Si, un giorno da ricordare -
mormoro in risposto e
anche se non lo vedo so che sta sorridendo.
E
l'alone di quel ricordo, così simile torna a pervadermi.
Sono sicura che
entrambi ci stiamo pensando.
-
Buon compleanno, Som - la presa sulla sua mano aumenta leggermente,
diventando più solita e forte.
-
Era ieri, guarda - afferma lievemente divertito - La vecchiaia inizia a
farsi sentire?- scherza, ricalcando le esatte parole che gli ho detto
io un
anno fa.
Gli
do un pizzicotto sul fianco, percependo un senso di
tranquillità
pervadermi suadente.
-
Sull'isola di Nina è ancora l'8 dicembre - sospiro
riappoggiandomi contro
di lui. - Quindi auguri - lo abbraccio con l'unico braccio libero.
Lui
appoggia il mento sui miei capelli, accarezzandomi con il pollice la
piccola porzione di pelle tra il pollice e l'indice.
Cala
un piacevole silenzio, così diverso dagli ultimi che hanno
caratterizzato i nostri incontri.
E
la sensazione di benessere e completezza mi pervade, accompagnata da
una
dolce consapevolezza.
Dopo
tutti i passi indietro abbiamo invertito la tendenza. Lui lo ha fatto
compiendo un passo nella direzione opposta.
Sorrido,
chiudendo gli occhi. E rimane solo quello.
Un
passo avanti.
NOTE
1-
Mi scuso innanzitutto per l'abissale ritardo che caratterizza
ultimamente i miei aggiornamenti. Mi sento terribilmente in colpa a
farvi
attendere così tanto da un capitolo all'altro. A volte
è colpa degli impegni e
a volte, in tutta onestà, è colpa mia e della
mancata voglia di mettersi
davanti al pc a scrivere. Quindi vi devo delle gigantesche scuse
e un altrettanto gigantesco grazie
perché nonostante
questo siete sempre presenti in numerosi e molto caldi. Un grazie
particolare a
chi recensisce, chi segue la storia e chi l'ha messa nei preferiti.
Risponderò
alle recensioni appena possibile!
2-
Passando al capitolo il titolo è preso in prestito dalla
canzone Un
passo Indietro dei
Negramaro. Tutto il capitolo,
come avrete compreso, è basato sui passi indietro e in ogni
parte ha un
significato diverso. Nella prima parte Nina riflette sul fatto che
hanno fatto
dei passi indietro, la porta sbattuta da entrambi nello scorso capitolo
lo è
stato. Nella seconda invece capisce che non riesce a sopire
ciò che prova, che
non riesce semplicemente ad ignorarlo come Ian fa con lei e che i passi
che li
distanziano sono tanti e continuano ad aumentare: da un lato lui con la
ragazza
bionda e dall'altro lei con Leonard. La terza rappresenta il passo
indietro
vero e proprio dal momento che vi è la litigata, si dicono
cose pesanti e vi è
in qualche modo una rottura. La quarta è una parte di
collegamento ed è giocata
anche questa sul passo indietro, presente anche nella caduta. L'ultima
parte,
invece, è incentrata sul duplice passo avanti: Ian fa un
passo in avanti
andando da lei e dicendole che si è preoccupato e Nina mette
da parte tutto per
un attimo e si gode il momento.
Vi
invito ad ascoltare la canzone perché il testo è
molto simile
al capitolo e ha un bellissimo testo.
3-
Vorrei spendere un minuto per parlare di Ian e Nina come
personaggi singoli. Il comportamento di Ian non è buttato
lì a casaccio, ha un
suo perchè solo non è ancora il momento di
spiegarlo. Nina dal canto suo è
arrabbiata e frustrata, delusa dal comportamento di una persona che le
piace e
verso cui prova qualcosa. All'inizio è intristita e
malinconica per la
situazione, al centro è arrabbiata perché si
sente oltraggiata e alla fine si
nota davvero il suo
cambiamento. Infatti
nonostante acconsenta a parlarne dopo e più tranquillamente
non si lascia
sopraffare dal sentimento che prova ma rimane ferma e decisa sulla sua
decisione. E' importante come punto perché dimostra la forza
della posizione
che ha scelto di prendere, in qualche modo ha dettato le condizioni.
Non è
contraddittoria o debole alla fine quando si lascia abbracciare, solo
ne ha
bisogno.
4-
Punto fondamentale oltre la litigata è la scena finale.
vorrei sottolineare che loro non
hanno chiarito,
anzi. E' stato semplicemente un momento di riavvicinamento
senza cui nessun chiarimento può avvenire. Nina non lo ha
perdonato con
quell'abbraccio. Semplicemente entrambi avevano bisogno di quel momento.
5-
Mi
sono presa una piccola licenza poetica dal
momento che Nina ha subito davvero un piccolo incidente sul set ma non
durante
la stagione 2 ma durante la stagione 3. L'assistente di Kevin (
Leonard),
inoltre, viene nominato da Paul nel capitolo 6.
6-
Un grazie speciale va a tutti coloro che mi supportano e
sopportano e che mi incitano sempre.
Spero
che il capitolo vi piaccia, che non vi siano errori e
soprattutto che vi trasmetta qualcosa! Studio e impegni permettendo
cercherò di
impiegarci il meno possibile per il prossimo capitolo.
Alla
prossima.
Xoxoxo
Live
in Love
|
Ritorna all'indice
Capitolo 14 *** Breathe ***
CAPITOLO
14
BREATHE
La
porta si chiude dietro di noi, uno scatto metallico
che frantuma la tranquillità della mia stanza.
Con
un'occhiata veloce la percorro tutta, ritrovandola
esattamente come l'avevo lasciata questa mattina. Tutto è al
suo posto.
Muovo
un passo in avanti l'attimo dopo, avvicinandomi
al letto intatto e perfettamente in ordine.
Percepisco
la sua presenza dietro di me, ma non
mi volto continuando a rimanere in silenzio e a dargli le spalle come
ho fatto
per la maggior parte del tempo fino ad ora.
Non
mi va di parlare di cose futili e del tutto
inutili. Non dopo come si è comportato in questi giorni.
Stringo
innervosita le labbra, torturandole l'attimo
seguente con i denti.
Non
può fare quello che vuole e poi pretendere di fare
conversazione come se niente fosse, non mi sta decisamente
più bene.
Con
un sospiro velato di stanchezza tiro giù la zip
della giacca, aprendola e sfilandomela l'attimo dopo.
Un
senso di freddo mi avvolge velocemente,
sostituendosi al calore confortante che mi avvolgeva.
La
lascio cadere sul piumone con un soffice
spostamento d'aria che mi investe dolcemente.
La
sua voce, bassa e sottile, rompe il silenzio
l'attimo dopo arrivandomi alle orecchie con la consistenza di un
respiro.
-
Come ti senti? -
Mi
volto verso di lui con una torsione lieve e lenta
del corpo, per evitare acute fitte di mal di testa,
trovandolo in piedi
vicino alla porta.
Le
mani affondate nelle tasche della giacca e gli
occhi azzurri puntati ostinatamente su di me.
Per
qualche secondo mi guarda silenziosamente, chiuso
nei suoi pensieri, che puntualmente mi cela. scrutandomi attento.
Un
lieve nervoso mi pervade nel constatare il suo
ennesimo sguardo imperscrutabile.
Troppo
spesso ultimamente mi ha guardato in questo
modo criptico, esattamente come il suo comportamento, cosa che inizia
ad
irritarmi profondamente.
E,
ancora una volta, mi ritrovo a pensare che non può
fare quello che vuole. Non sono una bambola.
-
Bene - ribatto io in un sussurro appena palpabile,
neutro, stringendo fra le dita il bordo della mia maglia.
Con
i polpastrelli ne percorro la cucitura, giocandoci
in modo nervoso e irrequieto.
Non
mi sento per nulla tranquilla, vorrei chiarire e
parlargli, ma lui non sembra dello stesso avviso. Anzi, sembra avere
l'intento
opposto al mio.
Cosa
che mi innervosisce ulteriormente.
Ian
annuisce pensieroso, chiuso in un silenzio
ermetico e ineluttabile, mentre per qualche breve istante i nostri
occhi si
scontrano.
E'
uno sguardo fugace e attento, guardingo, volto a
capire come vuole agire l'altro o cosa prova.
E
mi ritrovo a chiedermi, come ho fatto fin troppe
volte in questi giorni, perché diavolo fa così.
Qual
è il motivo di fondo? Non lo capisco e lui, i
suoi atteggiamenti, mi confondono ancora di più.
Mi
ignora, mi tratta male e poi si presenta in
ospedale con un sorriso dolce e, soprattutto, con la camicia che gli ho
regalato per il suo compleanno addosso.
Cosa
vuol dire tutto ciò? Ha un valore anche per lui?
Un
secondo prima sono sicura che non gliene importi
nulla di me e, quello dopo, invece, ho la sensazione che sia l'opposto.
Dov'è
la verità?
Cerco
risposta alle mie domande senza un'apparente
soluzione nei suoi occhi, intensificando lo sguardo, che da freddo
diventa più
caldo e corposo.
I
suoi occhi rimangono, infatti, neutri ed
imperscrutabili, quasi piatti.
Risposte
che non ottengo, noto amaramente dispiaciuta
e anche un po' frustrata.
I
suoi occhi rimangono, infatti, neutri ed
imperscrutabili, quasi piatti.
Continuiamo
a fissarci ancora per una manciata di
secondi, fino a quando lui non distoglie lo sguardo dal mio puntandolo
da
tutt'altra parte.
Qualcosa
di indistinto mi stringe allora lo stomaco in
una morsa nervosa e spasmodica, sostituendo le abituali farfalle che,
invece,
mi provocava. Forse rammarico, forse consapevolezza del fatto che mi
sta
evitando anche ora.
Cala
nuovamente un pesante silenzio tra di noi,
rotto solo dal rumore dei nostri respiri.
Odio
questi momenti, sospiro pesantemente.
Entrambi
sappiamo che dobbiamo parlare, solo io ne
sono consapevole lui, invece, evita il momento, rimandandolo.
Si
chiude dietro un apparente tranquillità e aspetta
che sia io a sbilanciarmi. Cosa assolutamente irritante.
Un
altro lento fiotto di nervoso si riversa dentro di
me, rendendomi più inquieta di quanto io non sia
già.
-
Vuoi qualcosa?- mi chiede ancora con una premura che
suona quasi nevrotica, spasmodica - Hai fame, per caso?-
Sta
evitando palesemente l'argomento e il momento del
chiarimento, so che è così.
Gli
lancio un' occhiata di sottecchi, studiandolo.
-
No, va bene così - replico, leggermente seccata e
innervosita dal suo modo di fare.
E'
assurdo il modo in cui riesce a innervosirmi pur
dicendo poco o niente, veramente incredibile.
Frustrata
sbuffo, soffiando stizzita l'aria fra le
labbra in un sibilo acuto.
Basta,
non ho intenzione di stare ai suoi giochetti.
Evita
l'argomento da troppo, non mi sta più bene .
Che
voglia o no, il momento è arrivato.
La
Nina arrendevole se ne è andata con la caduta.
Socchiudo
le labbra, parlando con tono deciso l'attimo
dopo.
-
Dobbiamo parlare, Ian -
Gli
riservo uno sguardo fermo, che non ammette
repliche e così accade, sorprendendomi.
-
Ok...- afferma fin troppo pacato, stupendomi ancora
di più.
E'
diventato improvvisamente promotore dei chiarimenti
e delle discussioni? Mi domando ironicamente sorpresa.
Magari
ha capito anche lui l'importanza di risolvere
questa cosa.
Forse
è più facile del previsto, mi dico realmente
sorpresa. Non me lo aspettavo decisamente, anzi pensavo che avrei
dovuto
lottare parecchio solo per convincerlo a parlare.
Pensiero
che si rivela un'illusione l'attimo dopo.
-
Se proprio ci tieni parliamo - continua lui
con uno sbuffo seccato, come se gli avessi proposto una delle peggiori
torture
invece che un semplice dialogo.
La
mia espressione muta velocemente, trasformandosi da
stupita a seccata.
-
Si, ci tengo - soffio aspra, riservandogli
un'occhiataccia cupa e irritata.
Come
non detto, ho parlato troppo presto.
-
Come vuoi - ribatte lui, facendomi innervosire
ancora di più.
Stringo
le labbra, guardandolo visibilmente
contrariata e innervosita dalla sua affermazione noncurante,
lasciandomi andare
l'attimo dopo ad un respiro profondo.
Odio
quando ha questo atteggiamento non curante e
indifferente, come se tutto gli passasse sopra senza lasciare traccia.
E
odio questo "come vuoi" con
questo tono menefreghista. E'
così stronzo quando si comporta in questo modo
così...da stronzo.
Si
lascia cadere sulla poltrona, dalla parte opposta
della stanza, vicino alla finestra.
-
Di cosa vuoi parlare, allora? - mi domanda quasi
spazientito dal mio silenzio, l'espressione innocente stampata in
faccia che mi
fa saltare letteralmente i nervi.
Incasso
la testa fra le spalle, incupendo
l'espressione mentre il mio sguardo diventa sempre più al
vetriolo e
contrariato.
Sa
benissimo di cosa dobbiamo parlare, fa solo il
finto tonto.
-
Di noi, Ian. -
Calco
volutamente sulla parola noi, mordendomi quasi a
sangue le labbra per non continuare acidamente la frase, alludendo al
fatto che
forse per lui non siamo nulla.
Peggiorerei
solo le cose, lo so, e visto che non si
stanno mettendo bene decisamente è meglio evitare.
Devo
stare calma, mi dico lentamente.
Come
previsto si irrigidisce ulteriormente,
assomigliando più ad un pezzo di marmo che ad una persona.
Non
è una reazione normale, mi ritrovo a riflettere e
il mio istinto mi sussurra, ancora una volta, che non finirà
bene questa
discussione.
E'
una sensazione a pelle proprio.
Un'ombra
gli scurisce il viso, adombrandolo. Allarga,
poi, leggermente gli occhi, invitandomi quasi a parlare.
Non
capisco se è calmo e pronto a discutere o
semplicemente indifferente. In ogni caso abbiamo molte cose da chiarire.
Stavolta
non desisto, non ne ho alcuna intenzione.
Pronta
e determinata riprendo quindi a parlare.
-
Perché fai così?- gli domando diretta e a brucia
pelo, incrociando poi le braccia sotto il seno in una posa decisa e
testarda.
Continuo
a guardarlo cocciutamente convinta a
conoscerne il motivo, non desistendo neanche quando ricambia lo sguardo
con'un'occhiata profondamente infastidita.
-
Così come?- ribatte Ian come se non ne sapesse
realmente il motivo, quando, al contrario. lo conosce benissimo.
Sempre
più irritata inarco un sopracciglio,
trafiggendolo con un'occhiata truce e seccata. Ancora una volta sa e
finge di
non sapere.
Odio
questo suo comportamento, quasi infantile.
-
Perché non ti siedi anche tu?- mi domanda
velocemente l'attimo dopo, indicando con un cenno del capo il letto di
fronte a
lui e cambiando abilmente argomento.
Assottiglio
pericolosamente gli occhi, inverosimilmente
irritata, trafiggendolo con un'occhiataccia al vetriolo.
-
No - ribatto secca e dura, provocando su di me un
suo sguardo offeso.
Cambia
argomento, ha sbalzi di umore allucinanti e
cerca in tutti i modi di evitare la discussione e vuole ancora avere
ragione?
Mi domando totalmente allibita.
E'
davvero bipolare.
-
E smettila di fare ostruzionismo, Ian - continuo
l'attimo dopo, incapace di non rispondergli acidamente.
Con
una nota nervosa e acuta nella voce sottolineo il
suo nome, facendolo suonare come un suono stizzito.
-
Non faccio ostruzionismo, mi preoccupo solo di
sapere come stai- mi risponde lui infastidito - Sai
com'è..hai preso una
botta in testa- afferma ironico, piegando lievemente il capo verso
destra e
persistendo ad avere uno sguardo torvo.
Stringo
le labbra, mentre corruccio la fronte in una
espressione cupa.
-
La botta in testa non mi ha fatto perdere la memoria
anche se vorresti!- ribatto seccata e acida.
Ian
mi trafigge allora con un'occhiataccia,
guardandomi decisamente male.
Mi
mordo l'interno della guancia, cercando di sfogare
in parte così il nervoso e di trattenermi dal continuare.
Sospiro,
rendendomi conto di essere contratta e
rigida. Molto.
Devo
calmarmi, non concluderò nulla se no.
Sospiro
nuovamente, alzando lo sguardo che non mi ero
accorta di aver puntato sul pavimento su di lui.
Faccio
scontrare i miei occhi con i suoi e qualcosa
sembra finalmente smuoversi, fortunatamente.
La
sua espressione si addolcisce leggermente, non
perdendo, però, la piega contratta e nervosa.
Tutto
questo mi infonde un minimo di coraggio,
spronandomi a continuare a parlare.
-
Per favore, ho bisogno di parlare- mormoro con un
tono più tranquillo, quasi pacato, che lascia trasparire
tutto il mio bisogno
di chiarire questa situazione incasinata.
Prendo
un profondo respiro, trattenendolo in attesa di
un suo assenso o qualsiasi altro segno che mi faccia capire che anche
lui vuole
questo.
Annuisce
lentamente, portandosi le dita alle labbra e
sfregandole contro di esse. Il mio sguardo segue istintivamente questo
movimento.
Tuttavia,
al contrario delle altre volte, non mi ci
perdo e neanche mi sciolgo per un semplice gesto, continuando a
conservare
tutta la mia decisa determinazione.
-
Parliamo- ribatte lui con il mio stesso tono e, per
una frazione di secondo, sembra anche meno indifferente.
Allarga
leggermente le braccia poi, allontanando
quindi la mano dalle labbra, che lascia in seguito ricadere sui
braccioli della
poltrona.
-
Ti ascolto - sussurra soffiando l'aria fra le labbra
in modo stizzito e frustrato, come a volersi scaricare.
Prendo
un altro respiro profondo allora mentre il mio
battito aumenta lievemente e anche l'ansia cresce.
E'
arrivato, il momento del chiarimento è arrivato.
-
Perché fai così?- gli domando rammaricata e
realmente confusa dal suo comportamento, soffiando le parole tra le
labbra in
modo diretto.
Non
è da me girarci intorno, se c'è un problema o
qualcosa che mi assilla devo dirlo.
-
Prima mi ignori e poi ti presenti in ospedale e mi
abbracci.- gesticolo convulsamente quasi, continuando a parlare -
Perché?-
domando ancora, rendendomi conto che tutto gira intorno ad un motivo.
Ad
un perché che risulta di vitale importanza,
esattamente come un respiro che riempie i polmoni. Senza si soffoca.
Man
in mano che i giorni passano e il perché non
arriva, soffoco.
Noi
soffochiamo
Lui
non dice nulla, rimanendo chiuso in un logorante
silenzio per una sequela di secondi che mi sembrano infiniti,
interminabili.
Il
suo mutismo continua mentre si irrigidisce ancora
di più, le dita che si chiudono nella morsa di un pugno e
l'espressione che si
contrae fino a storcere le sue labbra in una smorfia amara.
-
Perché? - lo incalzo di nuovo, spinta dalla mia
determinazione che mi sprona a non lasciare perdere e buttare
giù il muro che
ha interposto tra di noi.
-
Ma che razza di domanda è!- sbotta improvvisamente,
rompendo il suo silenzio con un tono rabbioso e più alto del
solito.
Totalmente
spiazzata mi stringo nelle spalle,
guardandolo interdetta per qualche attimo.
Gli
occhi leggermente sbarrati che lo fissano
sorpresi, mentre una bruciante irritazione mi pervade poi velocemente
annullando la sorpresa.
-
Perché fai così? - ribatto, ripetendo ancora
questa
domanda che suona quasi come una litania irritata e frustrata.
Se
pensa che basti un tono più brusco del normale per
farmi desistere e abbandonare il discorso, si sbaglia di grosso.
Sorprendendomi
ulteriormente si alza dalla poltrona su
cui era seduto e con una falcata ampia e nervosa si sposta,
raggiungendo la
finestra. Rimanendo immerso in un silenzio impermeabile si volta,
dandomi le
spalle e guardando assorto fuori dalla finestra.
Prendo
un profondo respiro, schiudendo le labbra
pronta a parlare, ma lui mi interrompe, anticipandomi e battendomi sul
tempo,
-
Non faccio in nessun modo guarda- riprende a parlare
proprio nel momento in cui ero pronta a farlo nuovamente io, la voce
strascicata e incolore.
Anche
se non mi sta guardando socchiudo gli occhi,
guardando torvamente la sua figura
-
Si invece - mi impunto io decisa e testarda,
rasentando probabilmente la cocciutaggine.
-
Non faccio così, sono così -
sospira innervosito dal
mio insistere.
Scuoto
il capo, esibendomi in una espressione seccata
anche se lui non può vedermi.
-
No, non è vero. Tu non sei così, lo so che non lo
sei- affermo in risposta io - Non sempre almeno. mi stringo fra le
spalle,
spostando un ciuffo di capelli dal mio viso.
Ian
non apre più bocca e io lo prendo come un
invito silenzioso e implicito a continuare a parlare.
-
Vorrei solo capire perché diventi mr. bipolare -
-
Mr bipolare?- si volta verso di me con un lieve
sorriso sulle labbra, amaro, ma quasi divertito.
Sorriso
che scompare l'attimo dopo, però, sotto il
peso di una smorfia cupa e quasi oltraggiata velata da una punta di
sorpresa
che gli anima lo sguardo altrimenti imperscrutabile.
-
Mi hai anche fatto la diagnosi?-
E
il sorriso lieve compare ancora sulle sua labbra.
Leggero
e velato sulle sua bocca smuove qualcosa
dentro di me, allentando in minima parte la tensione che mi attanaglia.
Per
qualche secondo ci guardiamo e quella domanda
sorge nuovamente spontanea.
-
Ian...perché?- la voce mi graffia la gola, uscendo
rammaricata e quasi sfinita.
E
in effetti lo sono.
Sono
stanca di trovarmi in questa situazione, in un
modo o in un altro voglio che finisca definitivamente. Positiva o
negativa che
sia la soluzione.
A
questo pensiero l'agitazione aumenta maggiormente
dentro di me, trasformandosi quasi in ansia.
E'
innegabile però che in caso di risposta negativa
prenderei una batosta allucinante, ne uscirei distrutta probabilmente.
Con
un scrollata del capo cerco di scacciare questo
pensiero, che, però, ritorna ad assillarmi più
potente e corposo di prima
l'attimo dopo.
E'
come il respiro non posso a farne a meno. E non so
se è più un bene o un male.
Forse
più la seconda, una smorfia seccata mi tende le
labbra.
Ian,
agitato, si muove sul posto, irrigidendo la
postura e le spalle. E' contratto, come pervaso da un nervoso bruciante
che lo
logora e lo divora.
-
Perchè....- sussurra nervoso, la voce fievole
inclinata in modo ambiguo tanto che non si capisce se è una
domanda o
un'affermazione.
Sembra
quasi assorto, un'intonazione da cui traspare
un'inquietudine mal celata.
Istintivamente
muovo un passo in avanti e poi un altro
ancora, avvicinandomi a lui.
Quando
la distanza è ormai dimezzata Ian riprende a
parlare.
-
Perché...che ne so perché!- sbotta infine
frustrato, allargando le braccia fulminandomi con lo sguardo
non appena
si accorge della nostra vicinanza.
Il
tono assorto e quasi pacato di prima mandato in
frantumi da un'improvvisa rabbia, frustrazione.
Sorreggo
ostinatamente il tuo sguardo, ricambiandolo
senza paura con un'occhiata cocciuta e torva.
-
Non sai il perché di come ti comporti ?- lo incalzo
io, decisa a non permettergli di eludere ancora una volta le mie
domande.
Inarco
scetticamente il sopracciglio, non credendoci
assolutamente.
-
No, non lo so- soffia tagliente lui, inclinando il
viso e guardandomi male - Non sempre c'è un
perché sai -
-
A no? Non eri tu quello che diceva che c'è sempre un
perché dietro ogni azione?- continuo a pressarlo
riservandogli uno sguardo
deciso.
Sto
usando le sue stesse parole contro di lui e Ian lo
sa benissimo visto lo sguardo al vetriolo che mi riserva.
Lo
so che è una cosa che lo irrita, glielo leggo nello
sguardo, ma non me ne importa decisamente nulla al momento.
Una
smorfia amara gli stende poi le labbra.
-
Vuoi sapere il perché?- mi chiede ironicamente,
sbeffeggiandomi quasi e provocandomi una imponente ondata di nervoso
che mi
scalda e mi arrossa le guance. - Bene ti accontento! -
Fa
un passo in avanti, incombendo quasi su di me.
L'ondata
di nervoso aumenta ancora, stordendomi quasi.
-
Perché ogni volta qualcosa mi ricorda perché
è
sbagliato- afferma duro e brusco, muovendo bruscamente la mano.
La
gola mi si chiude improvvisamente sotto il peso
delle sue parole. Una punta di dolorosa sincerità le pervade.
E'
sincero, mi dico mentre il mio cuore batte
furiosamente allarmato.
Mi
sta dicendo la verità.
Non
è che non ci ha pensato, deglutisco sconvolta, lo
ha fatto e ne ha tratto conclusioni negative.
Improvvisamente
mi sento quasi presa in giro e alla
tristezza sconsolante si aggiunge anche la rabbia, che mi punge e mi
irrigidisce.
E
la stoccata definitiva arriva l'attimo dopo,
affondando spietata nella mia fragilità.
-
Mi ricorda il perché non dovremmo stare insieme.-
Incasso
il colpo, guardandolo stupita e ferita da
questa rivelazione. Non mi aspettavo una dichiarazione d'amore, ma
decisamente
neanche questo,
Vacillo
per qualche attimo, sentendo le emozioni
esplodere e mischiarsi dentro di me in un mix stordente.
-
Sei contenta ora che lo sai?- mi punge acidamente
lui.
-
Ah - è l'unico soffio che esce dalle mie labbra, la
consistenza di un respiro appena percepibile.
-
Perchè lavoriamo insieme e se va male è un casino
-
riprende a parlare lui, incapace di non farlo, ma io lo interrompo.
-
Potevi pensarci prima di venire a letto con me -
soffio tagliante e provocatoria, provocandolo.
Lui
mi rivolge un 'occhiata assassina, trafiggendomi.
-
Perchè la gente parla, parla male di te - continua,
il tono della voce teso e visibilmente nervoso.
-
Ah, ora ti interessa il parere della gente?-
ribatto mentre il nervoso mi travolge sempre di
più
-
Non mi sembra che ti sei fatto tutti questi scrupoli
in passato - freccio tagliente riferendomi a tutte le relazioni, lunghe
o meno,
che ha avuto con le sue colleghe.
Lui
mi fissa nuovamente male, ma io sostengo il suo
sguardo, non abbassandolo e sfidandolo a farlo primo. Nessuno dei due
lo fa e
rimaniamo a guardarci male, emozioni diverse ma al col tempo simili ad
animare
i nostri sguardi.
Ha
un'espressione seccata stampata in faccia, quasi
rancorosa e rammaricata.
-
Ma cosa centrano ora i miei precedenti? Non è la
stessa cosa - sibila laconico lui, irrigidendo l'espressione e la
mascella fino
a ridurla in una linea netta.
-
Non è la stessa cosa? Che diavolo vuol dire che non
è la stessa cosa? Spiegamelo!- quasi gli urlo contro
infervorata, la rabbia che
ormai si è impossessata di me.
Lui
indurisce la mascella contraendola prima di
riservarmi un'occhiataccia.
-
Perché tu non sei loro - parla con un tono basso e
roco, quasi intimo che mi sorprende. – Con te è
diverso -
Cosa
che noterei meglio se la rabbia e la frustrazione
non avessero la meglio su di me, togliendomi ogni briciolo di
razionalità.
-
Non è la stessa cosa?- sibilo arrabbiata e furente
mentre il tono della mia voce sale di un'ottava e gli occhi si
assottigliano
contemporaneamente - Con te è diverso?! Hai finito i luoghi
comuni?-
L'irritazione
aumenta ancora, arrivando a livelli
impensabili.
Mi
annebbia quasi la vista talmente è intensa e
potente.
-
Ci manca che mi dici che lo fai per me e li abbiamo
messi tutti.- chiudo le dita in un pugno serrato, percependo le unghie
affondare nel mio palmo - Per una volta, una soltanto, cerca di essere
sincero.- sibilo tagliente al suo indirizzo.
Lui
non dice nulla, guardandomi semplicemente.
E'
uno sguardo travagliato, espressione di una
infinità di emozioni. E' anche ferito, lo so
-
Cosa ho che non va?- torno alla carica, incapace di
frenare il flusso di pensieri che si sono tramutati in parole - Cosa?
È
questione di età?- lo incalzo ancora.
-
Anche - ammette quasi con uno sguardo colpevole -
Hai dieci anni meno di me -
Questa
improvvisa sottolineatura brucia
prepotentemente, innervosendomi.
Brucia
sulla pelle, nell'orgoglio, nel sentimento.
Mi
sta dando della bambina? Lo sta facendo davvero? Mi
domando mentre il cuore aumenta i suoi battiti sotto il peso del
nervoso.
-
Ora è questo il problema principale? E' questo che
ti blocca?-
-
Non mettermi in bocca cose che non ho mai detto.- mi
guarda male, ammonendomi –
Questo è uno dei tanti
motivi , sono diversi -
-
Se pensi che ci siano così tanti motivi
per non stare insieme possiamo anche farla finita qui... - la voce si
incrina
leggermente, ma, imperterrita, continuo a parlare passando sopra il
magone -
Possiamo finire tutto -
Lui
allarga lievemente gli occhi,
sbarrandoli.
-
Perché è evidente che tu vuoi andare a parare
lì- affermo,
incapace di smettere di parlare -Vuoi che la finiamo qui? Bene
finiamola qui-
Allargo
esasperata le braccia, la rabbia che pulsa
vigorosamente in ogni singola cellula del mio corpo.
Sono
io il problema, mi sta praticamente dicendo
questo solo con parole più pacate.
Mi
sta addolcendo la pillola. E il mio corpo si tende
al pensiero che la stoccata definitivo e dolorosa sta per arrivare.
Mi
irrigidisco, pervasa da un nervoso lancinante e
opprimente che mi stringe lo stomaco.
-
E onestamente non capisco la pagliacciata di venire
in ospedale se pensi questo - mormoro percependo un lieve nodo
stringermi la
gola.
E'
il magone che sopraggiunge e, subdolo, mi travolge
senza lasciarmi scampo.
Cerco
di scacciarlo, ignorandolo.
Mi
ha solo illuso? Mi domando sconfortata, vedendo
tutto come una falsa illusione.
-
Se era questo il tuo scopo potevi anche
risparmiartelo -
-
Ma quale scopo?- ribatte subito lui, esasperato da
un qualcosa che non sembra capire
-
Di farla finita Ian - soffio aspra, calcando ancora
una volta sul suo nome.
So
benissimo che gli da fastidio, ma mi viene
spontaneo mettere un po' di distanza tra me e lui.
Ora
più che mai.
O
forse lo faccio semplicemente per infastidirlo.
-
Discorso chiuso - affermo decisa, ingoiando di forza
il magone.
Non
me lo sogno neanche di piangere davanti a lui.
-
Puoi anche andartene - affermo brusca, la voce che
contrasta con la mia espressione e vacilla.
-
Cosa? - ribatte lui compiendo un passo verso di me e
avanzando.
-
Vattene.- ribatto percependo il magone tornare a
galla, occludendomi la gola.
Non
voglio piangere, mi dico mentre l'ansia mi inizia
a pervadere. Non lo voglio qui.
Lui
non vuole me.
E
questa dolorosa verità affonda spietata dentro di
me, trafiggendomi.
Una
sensazione simile al panico mi travolge,
offuscandomi la mente e intorpidendomi.
Ian
si avvicina ancora a me, così tanto da permettermi
di sentire il calore del suo corpo.
Alzo
lo sguardo su di lui, fissandolo sconfortata
mentre lui appare incomprensibilmente calmo.
E
questa vicinanza, non voluta, non fa altro che
aumentare il mio magone, la mia tristezza abbattendomi incredibilmente.
Perchè
non se ne va e basta visto che non mi vuole?
Non
mi vuole, mi dico ancora, ripetendolo nella mia
mente, provocandomi un'ondata di dolorosa malinconia.
-
Lasciami parlare - afferma deciso, riservandomi uno
sguardo sicuro che non mi lascia scampo.
Non
dico nulla rimanendo in silenzio mentre lo fisso
torvamente.
Anche
volendo non saprei cosa dire. Molto
probabilmente non uscirebbe neanche nulla dalle mie labbra.
-
Non interrompermi... non è una cosa facile da
dire - continua suonando angosciato e logorato quasi.
-
Non voglio starti a sentire- ribatto io scuotendo il
capo, percependo le lacrime premere ai lati degli occhi - Basta
già quello che
hai detto.
Mi
sento incredibilmente fragile, spaccata in due
quasi.
Lui
stringe le labbra, guardandomi in modo quasi
apprensivo e alzando le mani, come a sedare una mia eventuale fuga.
-
Nina... lasciami parlare - afferma sicuro, il tono
della voce che assume un'inclinazione più morbida e
ammaliante.
E
io non dico nulla, rimanendo in silenzio mentre lo
fisso torvamente.
Non
me ne importa nulla di quello che ha da dirmi, mi
dico sicura, ma vale la pena ascoltarlo.
-
Non so da dove incominciare... non è una cosa
facile da dire - continua suonando angosciato e logorato quasi.
Un
improvvisa angoscia assale anche me, stringendomi
lo stomaco in una morsa dolorosa e pressante.
Si
passa la mano sulla nuca, sospirando inquieto prima
di riprendere a parlare.
-
Io... ci ho pensato- afferma - ci ho riflettuto e
sono giunto alla conclusione...-
Si
ferma ancora, facendomi trattenere bruscamente il
respiro.
-
Non andiamo bene- mi guarda dritto negli occhi
mentre l'espressione dispiaciuta aumenta sul suo volto, solcandolo.
Il
mio cuore quasi si ferma, perdendo un battito
mentre le mani diventano velocemente fredde e contemporaneamente
un'ondata di
calore mi investe.
Un
contrasto devastante, dilaniante.
Gli
occhi si velano involontariamente di lacrime e io
non riesco a fare nulla, se non ricacciarle forzatamente indietro.
Il
mal di testa, da lieve qual era, torna a pulsare
più forte, intenso, infastidendomi ulteriormente.
Non
andiamo bene.
Le
sue parole mi rimbombano in testa, echeggiando
dolorosamente.
Per
lui non andiamo bene, ripeto ancora come se
dovessi prenderne coscienza del tutto.
La
morsa lancinante allo stomaco aumenta maggiormente,
diventando quasi insostenibile.
Vorrei
parlare, dirgli di andarsene e non farsi vedere
mai più, ma non ci riesco.
Non
esce alcun suono dalle mie labbra appena dischiuse
se non un respiro ansate, piena espressione del dolore che mi sconvolge.
Le
parole sono tutte bloccate in gola, ostruite e
ostacolate dal magone.
Non
piango, non gli urlo contro di andarsene, non
parlo. Niente di niente.
Non
faccio nulla di tutto ciò, non ci riesco. Così
rimango ferma, solo questo.
A
malapena riesco a respirare.
Ian
continua a guardarmi per qualche lungo secondo,
cercando di intercettare con gli occhi il mio sguardo per capire,
probabilmente,
come sto.
Cosa
che gli nego.
Se
possibile sembra quasi più angosciato di me, noto
distrattamente con un pensiero vago e confuso. Mi sento, infatti,
terribilmente
in preda alle emozioni, totalmente in loro balia.
Vuole
mollarti, per questo è angosciato.
E'
una vocina subdola e sibilante a suggermi queste
parole nella mia testa, echeggiando nella voragine che le sue parole
hanno
appena creato e sottolineando una realtà che so essere
verità.
Questo
pensiero continua ad assillarmi mentre i miei
occhi continuano a rimanere lontano dai suoi
Sta
per mollarmi
Riprende
allora a parlare l'attimo dopo,
sovrapponendosi ai miei pensieri.
-
Ci sono molte cose che non vanno bene... il
lavoro...la gente che sparla...la tua età- si passa una mano
sulla nuca,
puntando nuovamente lo sguardo su di me e cercando il mio.
La
lama affonda sempre di più nella mia ferita, spinta
dalle sue parole, e il respiro si blocca in gola ancora una volta,
graffiandola
per uscire.
-
Noi non andiamo bene.- affonda l'ennesima
stoccata, guardandomi rammaricato.
Mi
irrigidisco, aspettandomi da un momento o l'altro
la battuta definitiva. Lo so che deve arrivare.
E
onestamente non capisco perché deve girarci così
intorno.
Senza
quasi accorgermene alzo allora gli occhi su di
lui, trovando i suoi già puntati sui miei. Mi guarda
dispiaciuto, provato e la
smorfia nervosa che gli tende le labbra mi fa intuire l'angoscia che
deve
pervaderlo.
Lo
guardo confusa ed esausta, spossata da tutte le
emozioni che mi stanno assalendo.
Rabbia.
Dolore. Tristezza. Malinconia. Frustrazione.
Rammarico.
Sono
troppe per essere catalogate e, soprattutto,
distinte dal momento che si fondono, intersecandosi,
Si
lascia poi andare all'ennesimo respiro angosciato
mentre una sua mano si posa sul mio braccio.
Un'altra
ondata di ansia mi pervade spietatamente,
aumentando la morsa che mi stringe lo stomaco e facendomi desiderare
terribilmente di essere dall'altra parte del mondo.
-
Dillo e basta - affermo in risposta io con la voce
leggermente rotta, incrinata da un pianto imminente a cui non voglio
dare
sfogo.
Non
davanti a lui, non ora.
E
mi ritrovo quasi ad implorare me stessa di non
scoppiare a piangere proprio ora, apparendo ancora più
fragile di come mi vede
lui. E forse di come sono realmente in questo momento.
Perché
Ian mi vede indifesa, troppo gracile per non
cavarsela da sola e passare sopra i problemi o la gente che sparla.
Beh
non è così! E non so se è
più doloroso il pensiero
che vuole lasciarmi o il fatto che mi vede in un modo che non mi
appartiene,
non in questo campo.
Sono
abbastanza forte sa sopportarlo.
Scaccio
poi il suo braccio con un movimento secco,
brusco e quasi rabbioso.
Non
voglio essere toccata, confortata dalla persona
che mi sta per lasciare.
Non
voglio sentire il suo tocco e ripensare a tutte le
volte in cui è stato dolce o passionale, sarebbe solo peggio.
Una
tortura straziante.
Ian
serra le labbra, quasi ferito dal mio gesto.
Prende
poi un respiro profondo, allontanando per un
attimo i suoi occhi dai miei mentre si porta la mano alla nuca,
passandoci le
dita.
Ecco,
sta per arrivare.
Se
possibile il mio corpo si irrigidisce ancora di
più, tutti i nervi si contraggono.
E
nel momento esatto in cui lui riprende a parlare io
trattengo bruscamente il respiro, bloccandolo nei polmoni fino a quasi
farli
bruciare.
-
Non respiro senza di te -
Sbarro
gli occhi sorpresa, colta quasi impreparata.
Non
mi aspettavo queste parole decisamente per essere
mollata.
Cosa
vuol dire?
Punto
gli occhi nei suoi, in uno sguardo volto a
scoprire e capire.
E
la sua figura mi appare per qualche secondo sfocata
dal velo di lacrime che vela i miei occhi, intrappolato tra le ciglia.
Li
sbatto, cercando di scacciare insieme agli occhi
lucidi anche il magone e l'ansia che mi avvolgo spietati.
-
Ho provato a non pensarti, ad allontanarti, ma
qualcosa mi spinge sempre verso di te. -
Sempre
più confusa scuoto leggermente il capo,
continuando a non capire il senso del suo discorso.
E
forse non credendogli molto.
Mi
aspetto ancora il colpo mortale da un momento
all'altro, lo sento quasi dietro l'angolo.
Infondo
sembra la spiegazione più logica a tutto ciò
che mi ha detto e fatto, a come si è comportato con me.
Ma
Ian interrompe nuovamente il flusso dei miei
pensieri.
-
Non mi piace dipendere dalle persone - sospira
l'attimo dopo, cambiando ancora discorso e continuando a
tenere i suoi
occhi incatenati ai miei. E la mia confusione aumenta ancora di pari
passo con
l'angoscia di sapere cosa mi deve dire.
-
Non mi piace aver bisogno di loro...non saper
stare senza qualcuno- deglutisce visibilmente contratto, come se fosse
una cosa
terribilmente difficile da dire - Le persone prima o dopo se ne vanno e
non mi
piace sentirne la mancanza -
Schiudo
le labbra, ritrovando la voce non so dove
dentro di me e pronta a chiedergli cosa vuol dire tutto questo discorso
sconclusionato, ma lui mi interrompe ancora
-
E' vero -. continua a parlare con un tono di voce
basso e quasi intimo - Ci sono tanti motivi per cui non andiamo bene.
Siamo
diversi e non dovremmo stare insieme, ma ...-
Si
ferma all'improvviso facendo fermare anche il mio
cuore insieme alle sue parole. Trattengo bruscamente il respiro mentre
continuiamo a fissarci.
Ma?
-
Ma ce ne è uno solo che li batte tutti - afferma
deciso con uno sguardo intenso, gli occhi azzurri incatenati saldamente
ai
miei.
-
Io non respiro senza di te. -
La
sua mano calda, rassicurante come solo lui sa
essere, si posa sulla mia guancia in una lieve carezza nel momento
stesso in
cui le parole abbandonano le sue labbra, perdendosi nell'aria.
La
sfiora lentamente con il pollice mentre i nostri
sguardi si legano in un gioco caldo e inteso.
Inclina
leggermente il viso verso destra, verso di me,
non smettendo di fissarmi.
Si
umetta poi le labbra e il mio sguardo cade proprio
lì per una frazione infinitesimale di secondo.
Il
desiderio di riassaporarle mi pervade sinuoso,
tornando presente dentro di me come solo una voglia sa essere.
Tende
le labbra in un sorriso lieve, caldo, che mi
travolge, sconvolgendomi.
E
l'emozione pulsa forte, scorre nelle vene e mi
scalda, avvolgendomi nella sua spirale emotiva.
-
Sei come l'ossigeno..quando tu non ci sei io non
respiro-
E
tutto esplode.
Un'infinità
di sensazioni mi pervadono, cozzando le
une contro le altre e mischiandosi fra di loro.
Le
farfalle nello stomaco tornano a farsi sentire,
svolazzando prima timidamente e poi più intensamente.
Il
mio respiro accelera in concomitanza con il mio
battito, che diventa furioso e aritmico. Pulsa velocemente il sangue
nelle
vene, arrossandomi le guance e conferendo colore al mio viso prima
pallido.
E
senza quasi accorgermene mi ritrovo a chiudere gli
occhi, la sconvolgente sensazione di perdere l'equilibrio che mi invade.
Mi
sento stordita da tutte le sensazioni che mi
abitano, che mi fanno quasi traballare e vacillare sotto il loro
possente peso.
Riapro
gli occhi dopo una manciata di secondi,
puntandoli su di lui, esattamente nei suoi.
Lo
scopro in attesa di una mia risposta e scoprendolo
come in attesa.
E
le parole escono in automatico dalle mie labbra
senza che io possa controllarle, in un flusso diretto tra pensiero e
bocca.
-
Sei uno stronzo- mormoro, il tono dolce che tradisce
il significato della mia frase.
Ian
mi guarda sbalordito, quasi sgomento allargando
gli occhi azzurri.
Non
si aspettava decisamente una risposta simile.
-
Scusa?- inarca un sopracciglio corvino,
invitandomi a ripetere e parlare.
Deglutisco,
mentre il magone inizia lentamente a
dissolversi e scomparire con la stessa velocità con cui
è arrivato.
-
Sei uno stronzo- ripeto guardandolo un po'
torvamente, un po' divertita.
Lui
schiude le labbra sempre più incredulo, shoccato
quasi.
Lo
continuo a fissare, capendo che la voglia che ho di
riassaporare le sue labbra è troppo forte per essere
ignorata e non
assecondata.
E
cedo.
L'attimo
dopo lo afferro per la camicia, tirandolo
contro di me e facendo scontrare le sue labbra con le mie. Finalmente.
Stringendo
il tessuto fra le dita lo bacio e lui, dopo
un attimo di esitante sorpresa, risponde prontamente al bacio.
Ci
baciamo a lungo, voracemente, per interminabili
secondi perdendoci solo nell'altro.
Niente
parole, niente gesti o comportamenti.
Solo
questo.
In
debito di ossigeno ci stacchiamo, quasi ansimanti a
causa dall'intensità del bacio e delle emozioni.
-
Mi hai fatto spaventare da morire - sussurro contro
le sue labbra, riassaporandole l'attimo dopo.
Ian
sorride contro le mie labbra, coinvolgendomi
in un bacio leggero.
Ci
guardiamo poi per un lungo attimo negli
occhi, lasciando che i nostri sguardi si incrocino e si incatenino in
un gioco
ineluttabile e denso di emozioni e pensieri.
I
nostri respiri si mischiano, infrangendosi sulle
labbra socchiuse dell'altro mentre continuiamo a fissarci intensamente.
E
poi accade.
La
sua bocca incombe vorace e vogliosa sulla mia,
trovandola già dischiusa e permettendo al bacio di essere
fin dal principio
intenso e passionale. Un piccolo sospiro si infrange contro il suo
labbro
inferiore
Con
la mano artiglio la sua maglia, trascinandolo più
vicino e costringendolo ad inclinarsi più contro di me.
I
nostri corpi si sfiorano, strusciando lievemente
l'uno contro l'altro
La
sua lingua si scontra contro la mia, sfiorandola e
massaggiandola in modo lento e languido, nel momento esatto in cui il
suo
desiderio inizia a premere languido contro il mio ventre.
Quasi
fremo a questo contatto, rispondendo al bacio
con la stessa voglia e intensità.
La
scintilla scatta, l'aria diventa improvvisamente
satura di desiderio e la chimica torna a farsi sentire in modo
prepotente.
Toglie quasi il respiro.
La
sua mano preme prepotentemente contro la mia
schiena, spingendomi contro di lui smanioso di una vicinanza maggiore.
Istintivamente,
mi inarco aumentando la pressione e
l'attrito tra i nostri corpi e la prima lunga e languida scarica di
desiderio
si fa sentire, risvegliandomi i sensi.
Mi
travolge, sconvolgendomi e provocandomi una serie
di brividi sulla pelle nel momento esatto in cui la sua mano calda mi
sfiora la
pelle.
Ci
allontaniamo quel tanto che basta per riprendere
fiato, tornando a baciarci a lungo l'attimo dopo.
E
mi accorgo che la sensazione calda che pulsa e vibra
dentro di me mi è mancata terribilmente.
Mi
è mancato baciarlo, toccarlo. Mi è mancato
semplicemente lui.
In
una frazione di secondo finiamo sul letto, le
nostre bocche che si cercano bramose e le mani che toccano tutte le
porzioni di
pelle scoperta disponibile con una voracità tremendamente
eccitante.
Le
mia gambe scivolano intorno ai suoi fianchi in un
gesto istintivo e spontaneo, permettendomi di sedermi a cavalcioni su
di lui.
I
nostri bacini, a contatto, si sfiorano in una lenta
e languida frizione che mi fa sospirare eccitata e fremente contro le
sue
labbra, appena dischiuse.
Mi
provoca un'intensa ondata di piacere, simile ad una
scarica elettrica.
Il
calore al basso ventre aumenta ancora mentre i miei
slip diventano sempre più umidi.
La
sua mano mi accarezza i fianchi in una carezza
lenta e vogliosa mentre le sue labbra non mi lasciano scampo,
sopprimendo i
miei sospiri in baci voraci.
Con
le dita artiglia poi il bordo della mia maglia,
strattonandola e sfilandomela l'attimo. Cade a terra in un posto
indistinto
della stanza, ma la mia attenzione è tutta puntata su di lui.
Mentre
il mio bacino continua a sfregarsi contro il
suo in un dondolio languido e invitante, le nostre labbra si scontrano
di
nuovo.
E'
un bacio smanioso e lussurioso che lascia
trasparire tutto il desiderio che ci anima, che brucia sulla pelle e ci
divora.
Gli
succhio lentamente il labbro inferiore, percependo
le sue mani artigliarsi di più ai miei fianchi e il suo
bacino premere di più
contro il mio.
Eccitata
sospiro contro le sue labbra, socchiudendo
leggermente gli occhi e reclinando il capo indietro.
Le
sue labbra si posano poi sul mio collo, scoperto,
baciandolo languidamente in un tocco voluttuoso.
Una
frazione di secondo dopo è il turno della sua
maglia di finire per terra, poco lontano dalla mia.
Gli
accarezzo le spalle con le mani mentre la sua
bocca scende ancora, arrivando al mio seno, ancora inguainato dal
reggiseno
bianco.
Le
mie dita solleticano per qualche secondo la sua
nuca, sfiorandola, per poi scendere nuovamente sulle spalle e, infine,
lungo la
sua schiena.
Vira
poi sul suo fianco e, in seguito, sui pantaloni.
Sfioro
l'evidente rigonfiamento dei suoi pantaloni,
che lascia trapelare in modo mal celato il suo desiderio.
Una
punta di orgoglio si fa sentire, pulsando, al
pensiero che sono stata io provocarlo, a suscitargli quella voglia
bruciante. A
questo tocco Ian trattiene il respiro, rilasciando bruscamente in un
gemito
l'attimo dopo.
Il
suo ansimare sfiora e solletica la pelle
delicata del mio seno, facendomi fremere e portandomi istintivamente ad
aumentare le carezze.
Con
un movimento veloce della mano sbottono i suoi
pantaloni, aprendoli e infilandoci subito la mano dentro.
Lo
accarezzo ancora in un tocco più intimo e deciso,
che lo fa sospirare maggiormente.
Le
mie labbra si posano sulla sua mandibola,
lambendola lentamente mentre le mie dita continuano a sfiorarlo,
massaggiando
il suo desiderio.
La
sua mano, invece, si posa sul mio sedere a palmo
aperto, palpandolo languidamente,
Dopo
una serie infinita di baci e carezze la mia mano
si allontana solo il tempo necessario per afferrare il tessuto dei suoi
pantaloni neri e abbassarli insieme ai boxer.
Con
le labbra lambisco vogliosamente il collo,
baciandolo a lungo mentre le mie dita si chiudono intorno al suo
piacere.
Ian
si lascia andare a un sospiro gutturale, ansimando
e mordendosi le labbra.
-
Sdraiati – gli sussurro all'orecchio mentre continuo
a baciargli il collo e con la mano lo accarezzo nuovamente, aumentando
poi il
ritmo.
-
Nina – ansima lui in un soffio che sembra quasi
un'invocazione.
Allontano
il viso dal suo collo quel tanto che basta
per guardarlo negli occhi.
-
Sdraiati – ripeto ancora in un sussurro deciso ed
eccitato.
Premo
poi la mano libera contro il suo petto,
spingendolo sdraiato sul letto mentre percepisco il suo battito
accelerato
sotto la pelle calda.
I
suoi occhi azzurri, scuriti ora dal desiderio che li
illanguidisce, mi fissano eccitati mentre io mi abbasso su di lui e gli
sfilo
totalmente i pantaloni e i boxer.
Ci
scambiamo ancora uno sguardo, facendo scontrare i
nostri occhi, mentre la mia bocca si posa sul suo basso ventre.
Bacio
lentamente quella porzione di pelle mentre le
carezze intanto riprendono. Lo sento trattenere bruscamente il respiro,
lasciandolo poi andare tra le labbra in un soffio eccitato.
Con
la bocca scendo ancora poi, lasciando una scia
umida e vogliosa di baci sulla sua pelle.
Bacio
piano il suo inguine, sentendolo fremere sotto
di me e, dopo, mi abbasso ancora, sostituendo la labbra alla mia mano.
I
suoi sospiri si acutizzano allora, diventando veri e
propri gemiti eccitati e rochi mentre il ritmo aumenta gradualmente.
L'aria
si surriscalda, diventando rovente e bollente.
Il desiderio, percepibile ad ogni tocco o sfioramento, pulsa nelle
vene,
stordendomi quasi.
Dopo
un'infinità di carezze la mia bocca si allontana
da lui, lasciando dietro di se solo una scia umida.
Ian
mi riserva un'occhiata rovente di voglia,
mordendosi le labbra e guardandomi bramoso.
Velocemente
mi sfilo le culottes, risalendo sul letto
con le ginocchia e mettendomi nuovamente seduta a cavalcioni su di lui.
Le
sue mani si posano subito sulla mia schiena e sui
miei fianchi mentre un desiderio profondo e divorante continua ad
animargli lo
sguardo.
Guardandolo
negli occhi mi sollevo leggermente,
permettendogli di scivolare dentro di me con una spinta lunga e decisa.
Entrambi
ansiamo mentre mi inizio a muovere su di lui
e le sue labbra si posano nuovamente sul mio collo.
Poggio
la mano sulla sua nuca, affondando le dita tra
i suoi capelli mentre i movimenti da languidi e lenti crescono di
intensità, diventando
più intensi.
Le
emozioni crescono di pari passo con il piacere
fisico, facendomi sentire incredibilmente completa.
Spinta
dalla voglia insopprimibile di averne ancora di
più aumento il ritmo, ansimando più forte.
All'improvviso
e senza alcun preavviso la sua presa
sui miei fianchi si rafforza, permettendogli di invertire le posizioni.
Mettendomi
con le spalle contro il materasso premo il
suo corpo contro il mio, spingendo ancora dentro di me.
Affonda
ancora più intensamente dentro di me mentre le
sue labbra si posano sul mio seno, lambendolo con la bocca.
Le
mie mani si posano sulla sua schiena mentre con il
bacino assecondo le sue spinte sempre più vigorose e veloci.
Le mie unghie
affondano leggermente nella sua pelle, graffiandola lievemente.
Butto
poi la testa indietro mentre la spinta
definitiva e intensa arriva, provocandomi un'ondata di piacere
così intensa da
stordirmi.
I
nostri respiri si fondono mentre lui mi ansima sulle
labbra, esattamente come noi.
E
il piacere assoluto arriva, sconvolgendomi. I miei
muscoli si tendono spasmodicamente per una frazione di
secondo
rilassandosi l'attimo dopo sotto la spinta imponente dell'orgasmo.
Ansimo
forte, gemendo e la girandola di colori del
piacere totale e dell'appagamento dei sensi si apre davanti a me.
Dopo
qualche secondo e un paio di spinte Ian si lascia
cadere su di me, schiacciandomi dolcemente sotto il suo peso.
Ancora
ansimante poggio una mano sulla sua nuca
accarezzandola lentamente con la punta delle dita mentre lui affonda il
viso
nel mio collo, baciandolo teneramente.
I
suoi capelli mi solleticano piacevolmente i
polpastrelli portandomi a sospirare mentre il piacere mi appesantisce
il corpo
e il respiro torna gradualmente normale.
Socchiudo
gli occhi, godendomi il momento e
abbandonandomi alla dolce tranquillità che c'è.
La
mente totalmente vuota e il corpo appagato e
rilassato.
Il
suo respiro si infrange dolcemente contro il mio
collo, solleticandomi leggermente la pelle e portandomi a sorridere
spensierata.
Ian
si alza lievemente l'attimo dopo solo il
necessario per guardarmi in volto, sovrastandomi-.
Riapro
allora gli occhi, percependo i suoi scrutarmi
attenti.
Si
esibisce nel suo tipico mezzo sorriso malizioso,
venato questa volta da una languida punta di dolcezza che mi porta a
sorridergli di rimando.
Inclina
poi il viso, abbassandolo su di me e facendomi
intuire che sta per baciarmi.
Si
ferma invece a pochi centimetri dalle mie labbra,
facendomi fremere in attesa di quel contatto.
-
Mi sei mancata - sussurra contro le mie labbra, un
soffio leggero che le solletica lievemente.
La
voce dolce e sincera che mi riscalda nel profondo.
Il
mio cuore perde deliziosamente un battito,
riprendendo a pulsare velocemente l'attimo dopo.
Con
le guance rosse di desiderio passo le braccia
intorno al suo collo, stringendo e continuando a sorrider.
Intrappola
dolcemente le mie labbra fra le sue,
succhiandole delicatamente.
Il
desiderio di riassaporarle mi pervade l'attimo dopo
che ci stacchiamo, in debito di ossigeno.
Faccio
scontrare i miei occhi con i suoi, trovandoli
chiari e sinceri puntati su di me. Una punta di desiderio vorace e non
ancora
sopito si fa sentire, mischiandosi al sollievo e ad una inaspettata
allegria.
Gli
sorrido nuovamente, sentendomi spensierata dopo
una serie lunghissima di giorni cupi.
E
torno a respirare finalmente.
-
Anche tu -
**************************
Mi
muovo, sfregando lentamente le gambe contro il
lenzuolo. Un respiro profondo, lento e incredibilmente tranquillo,
accompagna
il momento esatto in cui riapro gli occhi.
Li
socchiudo l'attimo dopo, incontrando una figura
slanciata coperta unicamente dal lenzuolo e da nient'altro.
Deliziosamente
nudo, sorrido leggermente compiaciuta.
Emetto
un sospiro fievole, ancora avvolta dal torpore
del piacere e del sonno in cui ero sprofondata fino a qualche secondo
fa.
Con
ancora le labbra distese in un sorriso leggero e
goduto allungo la mano alla mia destra, verso di lui.
La
appoggio sopra il piumone, tastandone la forma
appena visibile. Con un gesto silenzioso e sinuoso, appena birichino,
la infilo
poi sotto le coperte, facendola finire nascostamente a contatto con la
sua
schiena.
I
miei polpastrelli si posano sulla pelle calda e
invitante della sua schiena, sfiorandola leggermente.
-
Ti vuoi per caso approfittare di me?- la sua voce,
arrochita e bassa, si scontra contro il cuscino, interrompendo e
arrestando la
mia discesa, facendomi quasi sobbalzare.
Apro
di più gli occhi, guardandolo attentamente mentre
la mia mano si ferma del tutto.
Due
occhi incredibilmente azzurri sono puntati dritti
su di me, ancora scuriti lievemente dal desiderio che ci ha travolti.
Mi
apro in un'espressione innocente, mordendomi poi le
labbra in modo colpevole e malizioso.
-
Non sto facendo nulla- mormoro disinvolta, nel modo
più candido che mi riesce.
Ian
piega le labbra in un mezzo sorriso furbo, tirando
fuori un braccio dalle coperte e portandolo sotto il cuscino. Il tutto
senza
distogliere mai gli occhi da me.
La
stanza è ancora avvolta da una dolce penombra,
serale, che la scurisce leggermente.
-
Perché in tal caso basta chiedere - soffia
malizioso, riservandomi un'occhiata languida e lenta che mi sfiora il
corpo.
I
miei denti affondano ancora di più nel mio labbro
inferiore, mentre le mie guance si scaldano arrossandosi.
Un'ondata
di desiderio e calore mi pervade,
insidiandosi nel mio basso ventre con una morsa leggera che invita ad
essere
sopita.
Sfrego
ancora le gambe tra di loro, serrandole e
premendo le cosce le une contro le altre per sopirlo.
Lui
si gira poi su un fianco, continuando a non
staccare i suoi occhi dai miei.
-
A si?- sto al suo gioco, la mano che riprende il suo
cammino e scivola ancora più in basso.
-
Dovremmo litigare più spesso se poi il risultato
è
questo - sussurra con voce bassa, attirandomi contro di lui con un
gesto
fulmineo del braccio.
E
in un secondo mi ritrovo addosso a lui.
Lo
avvolge intorno ai miei fianchi, premendomi contro
di se e contro, soprattutto, l'espressione materiale e pulsante del suo
desiderio, che inizia a premere contro il mio basso ventre.
Mi
bacia poi l'angolo della bocca, facendomi fremere e
istintivamente inarcare.
La
mia mano scivola istintivamente ancora più giù,
finendo sul suo sedere.
Lo
accarezzo lentamente con il palmo, sfiorandolo.
Le
sue labbra finiscono allora sul mio collo, che
bacia a lungo in un modo che sa di desiderio e dolcezza.
E'
lento, languido quasi, ma venato da una punta di
tenerezza dettata dal volermi vicino.
-
Mi è mancato - mormoro leggermente intorpidita dalla
sinuosa voglia che si insidia sempre di più dentro di me.
Ian
ridacchia contro il mio collo, solleticandolo con
il suo respiro spezzato dalle risate.
Rido
anche io, facendo assumere all'atmosfera un'aria
spensierata e svagata.
Cosa
che mi era tremendamente mancata.
Mi
era mancato lui, semplicemente.
Ai
baci languidi si sostituiscono dei baci leggeri e
teneri e posso ancora percepire il suo sorriso contro la mia pelle.
Si
allontana poi leggermente l'attimo dopo,
appoggiando il viso contro il cuscino e anche io faccio lo stesso.
Con
i visi vicini, che quasi si sfiorano, e i respiri
che si intrecciano e si mischiano.
Ed
è uno sguardo che vuol dire molto, che significa
che ad entrambi è mancato tutto questo.
Vuol
dire che non sono la sola a provare determinate
cose e a volerne altre. A volere di più.
La
mia determinata cocciutaggine e una risposta che
ancora manca come l'ultimo tassello del puzzle mi spinge a parlare,
interrompendo il momento.
-
Che cosa siamo?- sussurro con voce sottile e
fievole, appena udibile.
Una
punta di paura mi travolge poi, facendomi temere
per una frazione di secondo una reazione negativa o, peggio, un suo
nuovo
allontanamento.
Non
voglio accada, non dopo tutto quello che mi ha
detto e il nostro riavvicinamento.
Allungo
allora la mano sfiorando lentamente il suo
braccio.
Con
le dita risalgo poi verso la sua spalla,
sfiorandola dolcemente con i polpastrelli.
gli
chiedo girandomi a pancia in su, senza
interrompere il nostro giochi di sguardi.
Lui
mi rivolge uno sguardo criptico facendomi per un
attimo temere il peggio. Trattengo allora il respiro.
-
Sul serio?- ride lui, sorprendendomi e facendomi
tirare un sospiro di sollievo.
Deglutisco,
percependo la paura allentarsi e
dileguarsi quasi con la stessa velocità con cui è
arrivata.
Quasi
come a rassicurarmi mi stringe di più a se,
prendendo ad accarezzarmi lentamente il fianco compiendo dei piccoli
cerchi con
le dita.
Stendo
le labbra in un sorriso leggermente tremolante,
trovando convinzione e determinazione.
-
Il mio avatar si è suicidato a questa domanda -
afferma con un ironico tono drammatico, cercando di conferire spessore
a ciò
che sta dicendo.
-
Hai un avatar?- inarco scettica un sopracciglio,
guardandolo interdetta.
Lui
ride divertito.
-
Ovvio!- ribatte con enfasi, facendomi ridacchiare.
Torno
seria l'attimo seguente, quella domanda che mi
pressa e mi logora.
Ho
bisogno di una spiegazione.
-
Lo sai vero che quello che mi hai detto prima non
basta?- mormoro guardandolo e sperando di non incrinare il momento.- O
almeno
non totalmente.- soffio
Lui
sospira consapevole, l'ansia e il nervoso di prima
apparentemente lontani anni luce.
-
Lo so - afferma semplicemente, le sue dita che
continuano a solleticarmi la pelle in un modo rassicurante, dolce.
-
Cosa siamo?- gli chiedo nuovamente, rendendomi conto
di aver bisogno di quella risposta come l'aria.
Ian
sospira ancora, l'espressione pensierosa stampata
in faccia.
-
Ho così tante domande - sospiro quasi angosciata,
portandolo a rialzare lo sguardo su di me.
Con
un gesto dolce, che tradisce una mal celata
emozione, mi sposta un ciuffo di capelli scuri dal viso, portandolo
dietro
l'orecchio.
Lo
guardo, chiedendogli un silenzioso consenso ad
esprimerle.
-
Dimmele.- mormora unicamente, continuando ad
accarezzarmi piano la guancia.
Al
desiderio velato e alla dolcezza si sostituisce
così la consapevolezza che il momento delle risposte
è arrivato, finalmente.
-
Cosa siamo? Ho...- mi fermo cercando di trovare le
parole giuste e, soprattutto, di non farlo metaforicamente scappare.
Non
voglio che rialzi nuovamente un muro tra di noi.
-
Ho bisogno di sapere cosa sono per te - ammetto
riprendendo a parlare - Di sentirmelo dire - sussurro.
Lui
per un attimo esita.
-
Siamo...- afferma - Siamo noi -
Mi
guarda sorridendo leggermente, come se queste
parole esprimessero tutto quello che siamo per lui alla perfezione.
Gli
sorrido anche io, spensierata e sollevata mentre
il mio cuore inizia a scalpitare nel mio petto.
E
la consapevolezza che anche per lui esiste un noi mi
scalda, mi conforta.
All'improvviso
questa domanda, che mi ha perseguitato
così tanto, perde di importanza, passando in secondo piano.
La
languida e bollente sensazione che mi ha scatenato
la allontana, facendola quasi scomparire.
Perché,
alla fine, è tutto ciò di cui avevo bisogno.
Di lui, di sapere che siamo qualcosa.
Mi
abbasso sul suo viso facendo scontrare le
nostre labbra in un bacio dolce e leggero.
Sospiro
poi, rilassandomi contro di lui.
-
Hai altre domande? - mi chiede dopo qualche secondo,
guardandomi interessato.
Inclino
timidamente il capo, guardandolo di sottecchi.
In
effetti ce ne sarebbe ancora una, più spinosa e
subdola delle altre.
Fastidiosa,
mi assilla, premendo contro le mie labbra
per essere liberata. Torturo le labbra con i denti,
scoprendomi
nuovamente nervosa. Questa volta non per la domanda in se, ma a causa
della
risposta.
-
C'è ....stato qualcuno in questi giorni?- mormoro
confusamente, leggermente nervosa mentre il pungolo della gelosia mi
pizzica e
mi rende irrequieta - Sei stato con qualcuna?- mi spiego meglio mentre
il
fastidio aumenta a questo pensiero.
Quasi
apprensivamente lo guardo, in attesa che mi
risponda.
-
E' questa la domanda?- mi prende dolcemente in giro,
ridacchiando.
La
mia occhiataccia ammonitrice acutizza la sua
risata, che si placa però l'attimo seguente.
-
No - afferma deciso e dal suo sguardo capisco che è
sincero. - Non sono stato con nessuna -
Sospiro
realmente sollevata, annuendo lentamente e non
preoccupando di apparire rincuorata.
Non
sarei decisamente riuscita a sopportarlo, gelosa
come sono mi avrebbe perseguitato fino a logorarmi.
Deglutisco,
sentendomi più leggera ora.
-
E tu?- mi chiede all'improvviso lui, sorprendendomi
e facendomi allargare stupita gli occhi.
-
Io cosa?-
-
Sei stata con qualcuno?- afferma, il tono serio che
mi avvisa che non sta scherzando.
-
No!- ribatto subito io con enfasi, negando decisa.
-
Mmm ho visto come ti ronzava intorno l'assistente di
Kevin - bofonchia lui, l'espressione leggermente torva e le labbra
imbronciate.
-
Non è successo assolutamente nulla - io.
Una
punta di soddisfazione puramente dettata dal mio
orgoglio femminile mi avvolge nel constatare che anche lui è
geloso di me.
Mi
sporgo poi verso di lui, facendo scontrare le
nostre labbra in un bacio dolce e leggero.
Dopo
gli sorrido, accarezzandogli la nuca mentre
continuiamo a guardarci.
Il
suo sguardo cade improvvisamente sulle mie
labbra, fissandole.
Istintivamente
mi mordo il labbro inferiore in
risposta. Percepisco allora il suo sguardo scaldarsi, diventando
rovente e
languido di voglia.
Nel
tempo di un respiro allontana con un movimento
secco del polso le coperte che ricoprono il mio corpo, sostituendosi ad
esse.
Preme
contro di me poi, intrappolandomi sotto di lui e
sorridendomi in modo malizioso e furbo.
Gli
occhi, nuovamente scuriti dal desiderio, gli
conferiscono quasi un'aria peccaminosa.
Avvolgo
le gambe intorno ai sui fianchi in un gesto
naturale, aumentando il nostro contatto e rendendolo più
diretto.
-
Basta parlare ora - sussurra con voce bassa e roca,
appoggiando le labbra sul mio collo e baciandolo lentamente.
Sospiro,
socchiudendo la bocca mentre mi inarco contro
di lui.
Faccio
per rispondergli, ma Ian zittisce la mia
risposta ancora prima che io la dica.
-
Voglio stare con te- soffia contro la mi pelle,
lambendola nuovamente.
Mordo
languidamente le sue labbra, rispondendo
voracemente al bacio e facendo scontrare le nostre lingue.
-
Voglio te -
E
proprio mentre le sue labbra scendono ancora più
giù, sul mio seno,
mi accorgo che sono tornata a respirare.
Niente
angosce, niente rabbia o paura.
Solo
Ian e Nina.
Tutto
il resto chiuso fuori dalla porta.
Solo
io e lui.
Niente
chiacchiere o giudizi.
Solo
noi.
Solo
i nostri respiri a riempire la stanza.
E
posso finalmente respirare a pieni polmoni.
Note:
Salve!
Il mondo non è finito come invece
avevano predetto i Maya e spero di non averla provocata io con questo
capitolo!
1. Questo
capitolo, come avete notato, è a raiting rosso dal momento
che sono presenti
delle scene di sesso abbastanza dettagliate. La scelta di non scriverlo
all'inizio è stata dettata dal fatto che non volevo
rovinarvi la sorpresa,
poichè sarebbe stato facilmente intuibile a cosa era
riferito. Spero di non
aver turbato nessuno e in tal caso mi scuso, ma ho fatto prevalere una
ragione
"narrativa".
2. Passiamo
ora al capitolo in sé. E' diviso solo in due parti invece
che nelle solite tre.
La più importante e lunga è la prima, dove
finalmente avviene il tanto atteso confronto.
In parte avevamo capito le ragioni di Ian nel capitolo precedente, ma,
solo
ora, sono più chiare e definite. Il chiarimento
più grosso è avvenuto in questo
capitolo, alcune cose saranno definite e spiegate ancora meglio in
seguito.
Spero di essere stata chiara.
3. Ho
scritto questo capitolo in pochi giorni, spero che non ci
siano errori e
che tutto risulti chiaro. Il prossimo aggiornamento non so di preciso
quando
arriverà, ma spero di non metterci troppo.
Grazie
a chi mi segue
e ogni volta mi fa sapere il suo parere tramite le recensioni. Un
grazie
particolare al mio Someditore, che mi sopporta sempre e che
è fonte di
ispirazione.
Vi
auguro buon Natale e un Felice anno
Nuovo!
A
presto!
Live
in Love
|
Ritorna all'indice
Capitolo 15 *** Cold Coffee ***
CAPITOLO 16
COLD COFFEE
-Ecco a voi il vostro tavolo -
Con un gesto fluido del braccio, accompagnato da un ampio quanto plastico sorriso, il cameriere non troppo giovane davanti a noi ci indica il nostro tavolo, allungando la mano l'attimo seguente per togliere il cartellino della prenotazione.
Ricambio il sorriso di cortesia e affabile gentilezza, guardandomi il secondo dopo intorno incuriosita ciò che mi circonda. Con un'occhiata veloce e ingorda di indizi percorro tutta la stanza, inclinando silenziosamente il viso per riuscirci meglio.
E' un bel ristorante, decreto infine allegramente dopo un veloce esame a prima vista. Rimane leggermente fuori dal centro di Atlanta, immerso nel verde e avvolto da una bolla di tranquillità quasi surreale e lontana dalla caotica confusione del locali più in della città. Cosa decisamente fantastica, penso mentre il mio sguardo continua a vagare analizzando i particolari più caratteristici che lo rendono così unico.
Le luci non troppo soffuse e i colori caldi delle pareti conferiscono un'atmosfera intima e dolce all'ambiente senza scadere, però, nella banalità di un romanticismo melenso e preconfezionato. Anzi appare fresco e frizzante.
Un luogo perfetto per un primo appuntamento insomma.
E a questo pensiero non posso fare a meno di ritrovarmi a sorridere come un ebete, elettrizzata.
Una densa sensazione di contentezza mi pervade, insinuandosi dentro di me e provocandomi una dolce sensazione di vertigini che non so frenare. O forse semplicemente non voglio.
Dopo giorni, settimane, interminabili è finalmente arrivato quelgiorno. Il nostro primo e vero appuntamento. Niente pranzi frettolosi sulle scale antincendio del set o bocconi mangiati al volo nel mio camerino tra un bacio e l'altro. Una vera cena, solo io e lui.
Le mie labbra si stendono maggiormente, l'aria di incontenibile allegria che si accentua e mi ravviva l'espressione e mi illumina lo sguardo. Forse la cena in sé non è nulla di importante o basilare per la nostra relazione... Come se improvvisamente venisse a mancare la luce il mio pensiero si blocca a metà, rimanendo in sospeso e concentrato sull'ultima parola pensata, che assume un'inclinazione compiaciuta man in mano che me la ripeto silenziosamente.
Relazione.
Ne assaporo il dolce retrogusto, abbeverandomi emotivamente assetata di tutte le emozioni confuse, ma positivissime che mi scaturisce questa riflessione. Con l'umore ancora più alto di un'ottava mi mordo le labbra, riprendendo il filo logico delle mie elucubrazioni sentimentali.
Un brivido leggero mi attraversa la schiena, assalendomi, non appena la mia mente si rifocalliza sull'evento di questa sera. Finalmente è arrivato questo giorno.
Un lieve e incomprensibile nervosismo mi stringe lo stomaco da questa mattina, infondendomi un leggero senso di ansia che neanche la doccia calda o il suo sorriso sono riusciti a scacciare veramente.
E' anche normale forse, mi dico rendendomi conto che è la tipica agitazione da primo incontro.
Emetto quasi un piccolo sospiro, soffiando impercettibilmente l'aria tra le labbra e cercando di allontanarlo del tutto con una scrollata del capo. O, almeno, di non pensarci troppo. Voglio godermi questa serata tranquilla e, soprattutto, godermi semplicemente lui.
E' questo il mio desiderio più profondo, intimo.
Come richiamata silenziosamente dalla presenza maschile al mio fianco riemergo dai miei pensieri, notando che Ian mi ha spostato la sedia e mi sta guardando in attesa.
Leggermente imbarazzata e al tempo stesso lusingata le mie guance avvampano, il sorriso svagato sulle mie labbra che subisce subito la morsa dei miei denti che le torturano appena per sopire la tensione.
-Come siamo galanti stasera – lo schernisco dolcemente, allegra e allettata dai suoi modi sensuali ed eleganti.
E' infatti inutile sottolineare di come sia affascinante e sexy vestito elegante e semplice al tempo stesso.
I miei ormoni si fanno sentire a questa riflessione, manifestando la loro presenza con un lieve solletico al mio basso ventre.
Cercando di calmare i miei bollenti spiriti mi siedo l'attimo seguente, prendendo posto. Ridacchio poi divertita dall'espressione leggermente torva che mi rivolge accompagnata da un'occhiata altera e sbarazzina. Mi trafigge con i suoi occhi azzurri, questa sera ancora più intensi e magnetici del solito, che mi fanno avvampare ulteriormente.
Inclino leggermente il viso per guardarlo meglio in volto, aprendomi in un sorriso smaliziato.
-Certo, però, mi aspettavo almeno le candele – soffio con una nota birichina che mi inclina la voce, rendendola involontariamente languida e maliziosa.
Ian mi lancia uno sguardo speculare, inclinando poi un angolo della bocca fino a piegarla in un ghigno malizioso.
-Quelle sono per il dopo cena – soffia continuando a guardarmi dall'alto, alludendo a quando torneremo in camera.
Il pensiero di noi nudi in un letto mi attraversa la mente come un fulmine a ciel sereno, facendomi avvampare a causa di un desiderio bollente che mi scuote.
Appoggia in seguito le mani sullo schienale in legno scuro della mia sedia, sporgendo il busto in avanti fino a quasi farlo scontrare con le mie spalle in un lento e voluttuoso strusciare che mi porta a irrigidire istintivamente la postura.
Trattenendo quasi il respiro e con i muscoli spasmodicamente testi rimango in attesa, anelando un contatto maggiore con il suo corpo o anche solo la tua pelle.
-E, comunque, io sono sempre galante – sussurra sensualmente al mio orecchio, la voce bassa arrochita da una punta di sensualità che la rende ancora più bollente.
Il suo respiro caldo si insinua fra i miei capelli sciolti sulle mie spalle fino ad arrivare a solleticare la pelle delicata e sensibile del mio collo, un soffio appena percepibile che mi provoca un lungo e intenso brivido lungo la schiena. Improvvisamente il mio corpo si vela si una impalpabile e quasi invisibile pelle d'oca, che lo ricopre come un guanto, segno tangibile dell'effetto che mi fa.
Ed è decisamente molto forte.
Come se avessi bisogno di un promemoria per rammentarmelo, mi dico interiormente in modo ironico e sarcastico. La morsa al basso ventre che si palesa ogni qualvolta mi sfiora e il mio intimo quasi perennemente umido a causa delle sue preoccupazioni me lo ricordano benissimo ogni giorno.
Spiazzata e presa in contropiede dal suo gesto deglutisco, la salivazione che sembra essere improvvisamente svanita simultaneamente alla comparsa della vampata di calore che mi ha avvolto velocemente.
Una imponente ondata di tensione sessuale, forse mai sopita davvero, inizia a vibrare tra di noi, rendendo l'aria elettrica e fremente di un contatto maggiore la nostra inaspettata vicinanza. Ci avvolge con la sua fiammata, lambendoci e tendendo istintivamente i nostri corpi.
Mi inumidisco istintivamente le labbra, passandoci sopra la punta della lingua quasi a richiamare il sapore della sua bocca. Cosa che mi scalda ancora di più, facendomi bruciare le guance.
Cercando di ricordarmi che sono in un luogo pubblico emetto un piccolo sospiro, tentando vanamente di non cedere alla tentazione sempre più pressante di scoprire il collo e godere dei suoi baci.
Quasi a volermi tentare maggiormente le sue dita mi sfiorano improvvisamente in una carezza lieve e appena percepibile, quasi inesistente che mi solletica la scapola sinistra.
Forse non la capterei nemmeno visto la quasi assenza di pressione sulla mia pelle se non fosse per i miei sensi troppo tesi e volti alla disperata ricerca di un contatto.
Ed è davvero difficile trattenere un fievole mugolio di piacere, che preme contro le mie labbra per uscire.
Adoro i suoi baci sul collo, mi ricorda quasi simultaneamente un pensiero dispettoso che emerge tra gli altri portandomi ad affondare ancora di più nelle spire di una desiderosa voglia che proprio non riesco a scacciare.
Con la postura irrigidita da un desiderio velato, ma incredibilmente tangibile prendo un respiro profondo, proprio nello stesso momento in cui lui si allontana.
In una frazione di secondo il calore del suo corpo mi abbandona, provocandomi un brivido di tutt'altra natura questa volta e che mi lascia un po' l'amaro in bocca. Infatti, una piccola punta di delusione rende amara la morsa languida che mi punge in modo accattivante il basso ventre, lasciandola desolatamente insoddisfatta.
Con un'ampia falcata prende posto anche lui, esattamente davanti a me mentre l'aria tentatrice e sexy non scompare dal suo viso. Anzi se possibile si rafforza, aumentando e rendendo il suo provocarmi terribilmente simile al flirtare.
Mi rivolge subito dopo un sorriso malizioso, seducente e quasi vittorioso mentre inclina leggermente il viso.
E solo ora comprendo che mi ha provocato di proposito in risposta alla mia battuta, come a voler marcare il fatto che è pienamente consapevole dell'effetto che mi fa.
L'aria soddisfatta continua ad aleggiare sul suo viso, probabilmente alimentata anche dall'evidente e malcelato desiderio che il mio sguardo bruciante non riesce a nascondere.
È impossibile farlo, penso. È qualcosa di così irrazionale e ancestrale che non può essere soppresso.
Imbronciata a causa del mancato contatto e con un desiderio insoddisfatto addosso, gli lancio un'occhiata corrucciata e quasi sbieca.
Ian ricambia con una di opposta natura, un ghigno leggero che aleggia sulle sue labbra e lo sguardo vivo e tremendamente azzurro che accentua la sua espressione sbarazzina.
Terribilmente attraente, sospiro non riuscendo a placare i miei ormoni in subbuglio. La cosa sorprendente è che più passa il tempo, più questa cosa si accentua.
Non riuscendo a staccare gli occhi da lui scruto la sua figura con una occhiata attenta e lenta, percorrendo i lineamenti decisi e al tempo stesso eleganti del suo viso.
E il desiderio si intensifica maggiormente, portandomi ad accavallare istintivamente le gambe per trovarvi in qualche modo soddisfazione seppur in modo parziale.
Accompagnata da questa leggera e piacevole frizione delle mie cosce continuo la discesa.
Seguo così la piega morbida della sua bocca stesa in un ghigno allegro e tranquillo e le sue guance sbarbate e lisce. Proseguo ancora, scendendo sulla piega decisa della sua mandibola e poi più giù sulla sua gola.
L'istinto di alzarmi e baciare quel punto così invitante diventa quasi insostenibile, martellante.
Il colletto della camicia bianca, visibile oltre la giacca del completo nero, gli solletica appena il collo, fasciandogli alla perfezione il corpo e mettendone deliziosamente in risalto tutti i muscoli.
Decisamente una bella visione, mi mordo compiaciuta e sempre più accaldata le labbra.
Risalgo intanto con gli occhi, scontrandoli nuovamente con i suoi e legandoli in un gioco intenso e magnetico fatto di sguardi più lunghi e occhiatine sfuggenti.
E quel senso di totale abbandono mi assale ancora, sorprendendomi.
Alla voglia carnale si mischia un'emozione indecifrabile e conosciuta al tempo stesso, indecifrabile e chiara contemporaneamente.
Intensa e bollente, pulsa talmente forte da stordirmi quasi annebbiando la mia razionalità e i miei pensieri.
E' come se calasse la nebbia, rifletto, provocandomi non il consueto senso di ansia e soffocamento, ma bensì una sensazione morbida e soffice.
Mi coglie di sorpresa o forse semplicemente è così piacevole da stupirmi ogni volta, portandomi a non riuscire ad abituarmici davvero.
Ian aggrotta leggermente le sopracciglia corvine, tentando probabilmente di decifrare il mio sguardo e intuire cosa mi frulla nella testa.
E, forse, non solo lì.
Cercando di rassicurarlo e, soprattutto, di tranquillizzare me stessa gli sorrido ancora, inclinando lievemente il viso.
Il cameriere torna all'improvviso con i menù in mano, interrompendoci e trovandoci intenti a fissarci negli occhi come due quattordicenni alla prima cotta.
-I menù –afferma semplicemente, appoggiandoli alla mia sinistra sul tavolo.
Distolgo gli occhi da quelli adamantini di Ian, ringraziandolo educatamente.
-Grazie -
Scompare poi il secondo seguente fra gli altri tavoli, servendo i clienti che hanno riempito da poco la sala.
Con un sospiro allungo istintivamente la mano per afferrarne uno e leggere la lista dei piatti, ma non faccio tuttavia in tempo neanche a sfiorarli con le dita. Ian, difatti, me li toglie praticamente da sotto il naso con una velocità disarmanti. Lasciandomi unicamente ad afferrare il vuoto.
Con le labbra dischiuse dalla sorpresa e leggermente imbronciate lo fisso con la fronte aggrottata, guardandolo torvamente stupita dal suo gesto.
Lui, dopo averli tranquillamente allontanati da me, si volta nuovamente verso il cameriere, poco lontano da noi, richiamandolo con un gesto deciso della mano.
Sempre più confusa lo continuo a guardare, non capendo assolutamente cosa voglia fare.
Perché li ha tolti prima ancora di ordinare?Mi domando interdetta, cercando di decifrare la sua espressione, ma, soprattutto, le sue intenzioni.
-Prendiamo il solito – afferma con melliflua fermezza, restituendogli i menù e lasciandomi totalmente basita a fissarlo.
Genuinamente sconvolta da quello che ha appena fatto lo guardo con gli occhi leggermente sbarrati dallo stupore, sempre più stupita man in mano che i secondi trascorrono e scivolano inesorabilmente via.
-Cosa?- mi domanda lui con naturalezza e nonchalance, non comprendendo il mio sguardo stralunato e vagamente torvo.
-Io volevo leggere il menù – ribatto in risposta, spostando una ciocca di capelli scuri dal viso e portandola dietro l'orecchio.
-Non ce ne è bisogno – afferma lui, la voce bassa e decisa accompagnata da un sorriso appena accennato – Sono già stato qui - mi dice come semplice spiegazione, non aggiungendo null'altro se non un'occhiata al mio indirizzo.
Inarco un sopracciglio, guardandolo scetticamente contrariata.
-Ma io no, Som –gli rispondo cocciutamente con tono quasi ovvio e vagamente piccato, scoccandogli un'altra occhiataccia.
Mi piace scegliere e sperimentare i piatti di un ristorante, tanto più se non ci sono mai stata e non lo conosco, e lui me lo ha impedito chissà per quale contorto e sconosciuto motivo.
Ian si apre in un ghigno sornione, puntando i suoi occhi azzurri dritti nei miei.
-Penso di conoscere i tuoi gusti dopo due anni di pranzi sul set –ribatte lui, puntualizzando acutamente e ricambiando il mio sguardo scuro e torvo. - Anche se avrei da ridire su molti di essi – continua prendendomi bonariamente in giro, distendendo il tono fino a renderlo sereno e giocoso.
Non è infatti un segreto che consideri strani i miei gusti, ci ha scherzato più volte sul set facendo comunella persino con Paul nelle sue giornate migliori e più allegre.
Tuttavia, per nulla rabbonita e, anzi, stuzzicata dal nostro scambio di battute, gli rispondo.
-Potrei dire lo stesso dei tuoi – scherzo lanciandogli un'occhiata convinta, stringendomi fra le spalle.
Mi ammonisce leggermente con lo sguardo, appoggiando un braccio sul tavolo.
In tutta risposta io roteo gli occhi al cielo, rompendo per un attimo il nostro gioco di sguardi.
-Magari sono diventata vegetariana proprio in questi giorni e tu non lo sai–ribatto immusonita dalla mancata scelta, incrociando quasi infantilmente le braccia sotto il seno.
Rimaniamo per qualche secondo a guardarci silenziosamente, scambiandoci divertite occhiate di sfida.
Ian infine sbuffa, cedendo ed espirando l'aria tra le labbra.
-Sei diventata vegetariana?- mi domanda allora, assecondandomi e inarcando un sopracciglio scuro e trafiggendomi con uno sguardo azzurro dove un guizzo di lampante scetticismo li anima. - Perché mi sembra di ricordare che la carne ti piacesse parecchio– aggiunge allusivo socchiudendo in maliziosamente gli occhi, con il chiaro intendo di conferire un doppio senso alla frase.
Non si riferisce solo al semplice alimento, ma anche ad altro di ben più carnale e voluttuoso. Arrossisco appena a questo pensiero, sentendomi avvampare velocemente da un fuoco che parte dal mio basso ventre e si irradia in tutto il mio corpo con delle lente e sinuose spirali.
Inclina ancora il viso, ampliando il ghigno malizioso e lanciandomi un'occhiatagiocosa.
Imbronciata stringo le labbra, la prepotente voglia di rispondere di si, anche se non è per nulla vero, che si insinua violentemente dentro di me.
-No – soffio corrucciata, abbandonando all'ultimo momento l'idea di contraddirlo e di non dargliela vinta.
Una punta di vittoriosa compiacenza gli attraversa gli occhi, illuminandoli e rendendoli ancora più liquidi.
-Allora fidati e aspetta -
Per nulla zittita ribatto riprendo a parlare, anche interiormente divertita da questo stuzzicarsi che ci caratterizza così tanto. E' infatti stata una cosa tipica del nostro rapporto fin da subito.
-Lo sai che nel ventunesimo secolo le donne hanno il diritto di scelta e parola? -freccio al suo indirizzo, provocandolo ancora mentre con le dita gioco con una ciocca di capelli.
Il mio orgoglio femminile applaude veementemente a questa mia affermazione.
Non perdendo affatto l'occasione di ribattere lui coglie la palla al balzo, rispondendomi con lo stesso tono dolce, ma arguto.
-Alle donne piace anche essere sorprese, però – mormora inclinando leggermente il viso, le parole impregnate di una sorta di saggia seduzione che gestisce benissimo.
E che riesce anche dannatamente bene ad esercitare su di me. La sua occhiata languida, resa ancora più viva da una punta di bruciante e sensuale vivacità, mi provoca, infatti, un lieve accenno di palpitazioni.
-E tu non fai per nulla eccezione, curiosona – mi sorride senza staccare i suoi occhi dai miei.
Maschero il sorriso spontaneo, dettato dal fatto che mi piace anche essere sedotta e sorpresa in qualche contorto modo, con una piccola smorfia, corrucciando la bocca. Decido comunque di non sventolare bandiera bianca così facilmente, evitando di dargli apertamente ragione e gonfiargli l'ego già abbastanza grande.
Ripiego così su un'espressione imbronciata.
-Ma non so neanche cosa hai ordinato – mugolo l'attimo seguente, scoccandogli un'occhiataccia poco convinta e incrinata dal sorriso dolce e misterioso che mi rivolge.
Dannazione non può sciogliermi così facilmente, penso quasi indignata da quel senso di calore e languida calma che mi infonde.
E' una sensazione strana, quasi un ossimoro di tranquillità e irrequietezza. Un'emozione che proviene dal profondo e che mi vibra sulla pelle.
Vagamente sconcertata, come ogni volta che mi soffermo ad analizzare quello che provo nei suoi confronti e che mi suscita, scuoto la testa, allontanando la matassa di pensieri e riflessioni che mi riempiono la testa.
Stasera niente paranoie e pensieri tormentosi, mi dico ripromettendomi di non ritornaci più sopra.
-Fidati di me e basta – sussurra con un alone misterioso che gli permea lo sguardo e le parole, rendendole fluide e melliflue. – Ti sorprenderò – continua con tono carezzevole dopo una manciata di secondi di silenzio, il sorriso che aumenta e diventa più luminoso, dolce.
Emetto un sospiro, decidendo di stare buona e aspettare semplicemente.
Proprio in questo momento il cameriere passa vicino al nostro tavolo con delle ordinazioni per gli altri clienti e come una bambina curiosa in cerca di indizi allungo lo sguardo per sbirciarne il contenuto.
Sul vassoio spiccano due coppe di gelato bianco, probabilmente crema, e dall'aspetto tremendamente invitante. Tuttavia, è quello che c'è sopra che mi sorprende maggiormente.
Come guarnizione infatti vi sono dei popcorn al caramello e un dolce languore si fa subito sentire, facendo quasi brontolare il mio stomaco affamato e vuoto.
Con gli occhi sbarrati e stupiti mi volto verso Ian, ancora incredula da ciò che ho appena visto.
-Quello è nel menù? - gli domando quasi fremente, indicando il tavolo vicino al nostro con una poco discreto cenno del capo e calcando con enfasi su “quello”.
Ian punta confuso lo sguardo in quella direzione, scoppiando quasi a ridere l'attimo seguente non appena capisce a cosa mi sto riferendo.
La sua risata leggera mi provoca una deliziosa e piacevole morsa allo stomaco, accentuando la sensazione di farfalle nello stomaco
In attesa, io continuo a fissarlo mordendomi le labbra.
-Perchè te lo dico, senza io non esco di qui – mormoro ridacchiando in modo lieve e divertito.
-Forse si –ammette finalmente lui con uno sguardo dolce e divertito che mi accarezza teneramente il viso. - Comunque, hai proprio gusti assurdi– continua, prendendomi bonariamente in giro mentre io sorrido compiaciuta e vittoriosa di avergli strappato un prezioso indizio.
Mi stringo in seguito fra le spalle, troppo allegra per prendermela seppur per finta.
Con una riflessione quasi distratta e di sottofondo mi ritrovo a soffermarmi su come riesce a sorprendermi.
Ci riesce, infatti, dannatamente bene, con un sorriso o anche con solo un piccolo gesto. apparentemente innocuo e semplice.
Mi stupisce con la sua sola presenza quasi, suscitandomi emozioni inaspettate e veementi. Troppo presa dal onda di pensieri che mi ha travolto mi ritrovo a fissarlo senza realmente vederlo, lo sguardo vagamente vacuo.
Mi emoziona.
E' qualcosa che mi scuote nel profondo, che si sprigiona dentro di me con una intensità disarmante.
Lui mi travolge, mi sconvolge interiormente a tal punto dal farmi mettere in discussione.
E, quasi beffardamente, quell'emozione pulsa più forte, come a sottolineare la sua presenza. Come per dirmi sono qui, anche se cerchi di evitarmi e non definirmi.
-Tu lo avresti mai detto ? -
La voce di Ian mi riscuote, risvegliandomi bruscamente dal flusso corposo e intricato dei miei pensieri.
-Cosa?- mormoro non capendo a cosa si riferisce, socchiudendo appena gli occhi questa sera inconsuetamente truccati.
Come avendo percepito le mie riflessioni lui mi coglie ancora una volta di sorpresa, riprendendo a parlare.
-Questo, noi.-sussurra con uno sguardo così limpido e sincero da togliermi il respiro, mozzandomi il fiato. - Ci avresti creduto due anni fa se te lo avessero detto? - mi chiede continuando a fissarmi.
Mi trafigge con uno sguardo chiaro e stupito, quasi sorpreso dalle sue stesse parole e dalla loro concretezza. O forse semplicemente dalla meravigliosa realtà dei fatti.
Schiudo le labbra, un insieme di emozioni che mi assalgono simultaneamente portandomi a non riuscire a formulare nessuna frase coerente di risposta.
E la mia mente proietta istantaneamente quelle immagini, il nostro primo incontro. Ritorno in una fraziona di secondo a quel giorno in cui ci siamo conosciuti e che in qualche modo ci ha cambiati.
Il mio cuore perde un battito nel momento stesso in cui il ricordo mi assale prepotentemente, assorbendomi.
Sospinta da un bagaglio di sensazioni inimmaginabili mi lascio semplicemente trascinare nell'oblio della mia memoria.
-Ti presento la nostra Elena Gilbert -
La voce solare di Paul, proveniente da un punto indistinto alle mie spalle, mi chiama inaspettatamente in causa, portandomi a voltarmi incuriosita in quella direzione con una piccola torsione del busto.
Il mio sguardo incontra subito due figure maschili, una conosciuta e una, invece, no al suo fianco.
E' Paul uno dei due, lo riconosco immediatamente ricambiando il sorriso semplice che mi rivolge. E' l'attore che dopo tanti provini hanno finalmente scelto per interpretare Stefan Salvatore, uno dei coprotagonisti della serie tv.
Vicino a lui svetta un altro ragazzo dai capelli corvini e la pelle chiara che non sembra essere troppo interessato dal momento che traffica con il telefono.
Non è troppo alto e ha un'aria sbarazzina che gli conferisce un'espressione vagamente maliziosa, noto con una rapida occhiata percorrendolo velocemente.
Ed è anche decisamente carino, aggiungo mentalmente. Mi mordo poi istintivamente le labbra non riuscendo a non guardarlo per cercare di coglierne altri dettagli, un gesto spontaneo che non sono in grado di sopprimere.
Il ragazzo sconosciuto e dall'aria intrigante alza inaspettatamente gli occhi su di me, facendoli scontrare con i miei e cogliendomi di fatto a fissarlo. Mi trafigge con un paio di occhi incredibilmente azzurri, color del ghiaccio quasi.
Un'ondata di imbarazzo per essere stata colta in fallo mi pervade però velocemente, rendendomi irrequieta e arrossandomi le guance.
Un lieve e appena accennato ghigno gli piega la bocca, non facendomi capire se è irrisorio o semplicemente smaliziato. Cosa mi spinge a virare altrove l'attenzione seppur con un minimo di fatica.
E la paura di aver appena fatto una figuraccia ed essere passata per una sorta di maniaca che va in palla davanti un bel faccino mi trafigge.
Inclino così il viso, spostando poi lo sguardo su Paul mentre un'espressione di circostanza e cordialità si delinea sulle mie labbra l'attimo seguente.
Nessuno dei due ragazzi dice tuttavia nulla per una manciata di secondi, lasciando cadere un opaco silenzio che viene interrotto unicamente dal brusio di sottofondo.
Al contrario mio lui non abbassa lo sguardo, continuando a tenerlo sfacciatamente puntato su di me ed incrementando a dismisura il mio imbarazzo.
Odio essere fissata in totale silenzio, tanto più se a farlo è un irritante quanto affascinante estraneo.
Sfoggiando un'espressione sicura grazie alle mie doti recitative, schiudo le labbra pronta per parlare, ma una voce bassa e leggermente altezzosa mi batte sul tempo.
-Non doveva essere bionda?- mormora finalmente il ragazzo misterioso, puntando gli occhi nei miei.
E, nuovamente, mi ritrovo a sorprendermi per il loro colore e l'incredibile attrazione che suscitano.
Sono grandi, di un azzurro così intenso da risultare quasi irreale. Nonostante assomiglino tremendamente ad una pozza d'acqua ghiacciata non trasmettono freddezza o gelida superbia come mi aspettavo, ma, al contrario, un senso sorprendente di bollente calore che li rende liquidi e sensuali.
Presa in contropiede dalle sue parole, ma, soprattutto, dal suo sguardo, lo fisso interdetta per qualche secondo senza dire nulla. O meglio senza trovare qualcosa da ribattere.
Infatti, una delle poche che so riguardo i libri da cui nasce la serie è che la protagonista è bionda con gli occhi azzurri mentre io sono praticamente il suo opposto dal momento che sono bruna con gli occhi nocciola. La tipica ragazza della porta accanto in pratica, mi dico ricordandomi proprio le parole con cui i produttori hanno motivato la mia scelta nonostante non rientrassi propriamente nei canoni.
Con le labbra mutamente dischiuse tento di cercare velocemente qualcosa da ribattere e l'unica cosa che mi viene in mente è un banale collegamento che il mio cervello mi propone.
-Gli uomini preferiscono le bionde, ma sposano le more - rispondo con lo stesso tono provocatorio, scoccandogli un'occhiata leggera e vivace che si conclude con un spontaneo ammiccamento che non so davvero da dove spunta fuori.
Lui stringe leggermente le labbra, corrucciandole in modo divertito mentre socchiude gli occhi quasi in modo felino.
-Touché – soffia poi la risposta tra le labbra, continuando a guardarmi in modo criptico ed indecifrabile.
Quasi intrigato e incuriosito mi lancia una lunga occhiata, studiandomi ancora come se tentasse di definirmi o decifrarmi.
Cercando di non farci caso e di sembrare sciolta e a mio agio mi volto nuovamente verso Paul, che riprende a parlare interrompendoci.
E quello sguardo non mi abbandona, anzi si intensifica.
-Comunque, lui interpreterà Damon Salvatore – afferma sfregando le mani e sorridendo in modo affabile e cordiale – Il mio rivale in amore – allarga poi buffamente gli occhi, facendomi quasi scoppiare a ridere divertita.
E così il ragazzo misterioso farà parte del cast, rifletto silenziosamente cercando di ricordarmelo tra i troppi e indistinti volti con cui ho fatto il provino senza tuttavia riuscirci. La mia mente non riesce a trovarlo tra tutti gli attori con cui ho dovuto recitare, cosa che mi provoca una piccola smorfia di disapprovazione.
Un paio di occhi così me li sarei sicuramente ricordati, mi dico convinta.
Lui si esibisce in un sorrisino smagliante, che gli illumina il viso e ne distende l'espressione, rendendolo più solare.
Compie poi un passo avanti, il viso lievemente inclinato verso destra e i capelli corvini che gli solleticano la fronte in modo sbarazzino.
-In ogni caso – afferma con voce decisa e calda, lievemente arrochita da una nota sensuale che la incrina rendendola ancora più suadente. - Io sono Ian, Elena– mormora allungando la mano verso di me, con il chiaro intento di presentarsi.
Il mezzo sorriso malizioso continua ad aleggiare sulla bocca, portandomi a considerare che questo deve essere un suo chiaro marchio di fabbrica in qualche modo.
Mi lancia poi un'occhiata smaliziata e vagamente ammaliante, distogliendolo dai miei occhi solo i tempo necessario per puntarlo in un punto indefinito su di me che non comprendo.
Lievemente sotto esame, ma contemporaneamente divertita dal modo inconsueto di presentarsi sorrido, abbandonando il positivo imbarazzo che mi pervade e scacciandolo via con una leggera scrollata di capo.
-Nina, Damon-
Il suo sorriso sorpreso e divertito aumenta ancora, ammiccando maggiormente al mio indirizzo.
Allungo poi la mano, afferrando la sua e permettendo alle nostra dita di sfiorarsi, intrecciandosi.
Un brivido mi attraversa non appena la mia pelle viene a contatto con la sua, come una scossa elettrica mi pervade sconcertandomi e confondendomi.
Leggermente stupita gli sorrido anche io.
Forse non sarà così male lavorare con lui, alla fine.
E la sua presa si rafforza sulla mia mano.
Il lieve solletico delle sue dita sul mio polso, che esercitano una tenera e pacata pressione, mi riportano dolcemente al presente. Risvegliata dal morbido torpore dei miei ricordi lo fisso leggermente stordita, una piega nostalgica che mi vela le labbra e che si vena appena di una punta di tenerezza non appena i miei occhi incontrano i suoi.
Ian ricambia il mio sguardo, impregnato di una languida dolcezza che lo rende liquido e tremendamente azzurro.
E che mi fa capire che anche lui sta pensando a quell'esatto momento, provocandomi un leggero senso di palpitazioni. Un confortante calore mi stringe, avvolgendomi con le sue morbide spire nel constatare la nostra connessione di pensiero. Mi infonde uno strano, ma piacevole senso di compiacimento e sollievo il fatto di non essere la sola ad aver ripensato a quel momento. Dolce come il miele e vivo come un fuoco che non si spegne mai, quell'emozione oscura e profonda mi pervade nuovamente.
-Già, chi lo avrebbe mai detto –mormoro io, frammenti di passato che si mischiano al presente in un intricato gioco di figure che mi crea un tumulto di sensazioni contorte e indescrivibili.
Distratta e sovrappensiero gioco con una ciocca dei miei capelli, arricciandola intorno al mio dito.
Nessuno vedendoci quel giorno, probabilmente, avrebbe detto che più di un anno dopo saremmo stati qui, seduti ad un tavolo con una relazione in atto e uno show di successo in corso.
-Comunque, la maglietta grigia che indossavi era orrenda – affermo risoluta con una smorfia di disapprovazione – Con quella scritta nera – storco il naso, arricciandolo leggermente e provocandomi la sua occhiataccia offesa.
-Quella maglietta è bellissima –ribatte piccato, difendendo strenuamente e con affetto quell'indumento improponibile che a volte mette anche per venire sul set.
Roteo divertita gli occhi al cielo, esibendomi in una smorfia teatrale che viene leggermente contaminata da un sorriso silenziosamente allietato dal suo broncio appena accennato.
- Meno male che ti lamenti sempre che non ti ricordi le battute sul set – mi lancia un'occhiata torva, portandomi a mordermi colpevolmente le labbra.
Si riferisce al fatto che ho sempre paura di dimenticarmi la mia parte di copione, cosa che mi porta a tormentarlo abbastanza assiduamente a volte.
Lo fisso di rimando imbronciata, corrucciando buffamente le labbra.
- Hai una memoria da elefante –scherza con una risata leggera.
In tutta risposta io ribatto imitando con scarsi risultati il verso dell'elefante, il barrito. Riesco infatti a produrre solo una sorta di verso gutturale, scoppiando a ridere di gusto l'attimo seguente insieme ad Ian.
Con gli occhi socchiusi quasi singhiozzo a causa delle risate che mi scuotono, non riuscendo a parlare per qualche secondo.
L'ilarità scompare dopo un attimo, lasciando sulle nostre labbra solo un sorriso leggero e rilassato che accompagna i nostri sguardi, ancora una volta incatenati.
Il cameriere arriva finalmente con le nostre ordinazioni, interrompendo il momento e posando davanti a noi due piatti finemente lavorati e dal profumo tremendamente invitante.
Un trancio di salmone spicca su un letto colorato di carote e spinaci, facendomi venire una fame pazzesca e, si, sorprendendomi anche proprio come aveva auspicato Ian.
Mentre prendo in mano la forchetta e il coltello alzo lo sguardo su di lui, trovandolo inaspettatamente già intento a fissarmi attentamente e non a mangiare come mi aspettavo.
Arrossisco leggermente, sorridendo imbarazzata mentre ricambio la sua occhiata con una vagamente interdetta e confusa.
Lui non distoglie gli occhi da me, persistendo nel guardarmi come a voler decifrare la mia espressione.
-Assaggia – mi esorta lui quasi sornione.
E io non indugio, portando alla bocca un primo boccone ed assaporandolo.
Mi si scioglie praticamente in bocca, invadendo il mio palato con un gusto sublime che risveglia deliziosamente le mie papille gustative.
- E' buonissimo – affermo estasiata, allargando leggermente gli occhi e prendendone un altro boccone.
-Allora, ti ho sorpreso?- sorride fissandomi in attesa e compiaciuto al tempo stesso, essendo consapevole perfettamente della mia risposta affermativa.
E non trovo altro da dire se non la pura e semplice verità, che scoppia dentro di me insieme a quella sensazione sconosciuta che si accende e avvampa ancora alla vista del suo sguardo contento a causa della mia espressione.
- Si– gli sorrido inclinando leggermente il viso verso la mia spalla e rivolgendogli uno sguardo dolce.
Allungo istintivamente la mano verso di lui, che ha iniziato a mangiare, cercando la sua.
Senza interrompere il nostro gioco di sguardi la sfioro nuovamente, facendo scivolare le mie dita fra le sue in un intreccio stretto. Questo apparentemente semplice contatto mi provoca emozioni dalle mille sfaccettature, in netto contrasto con l'innocuità del gesto.
Intense mi sconvolgono silenziose e suadenti, dimenandosi dentro di me per emergere prepotentemente. E ci riescono.
Mi pervadono e mi stringono nella loro morsa avviluppante, stringendomi lo stomaco e insinuandosi nel mio io più profondo e intimo.
Un leggero nodo mi chiude la gola mentre il mio cuore pompa più velocemente il sangue nel mio corpo, pervaso scosso dal vibrare di queste sensazioni.
L'atmosfera viene però bruscamente interrotta una frazione di secondo dopo, facendo scoppiare la bolla di intimità che ci avvolgeva.
Un improvviso brusio, infatti, si diffonde velocemente nella sala, aumentando e facendomi inaspettatamente sentire al centro dell'attenzione. E' una cosa naturale, come se il mio istinto mi suggerisse di rimanere in guardia.
Confusa e incuriosita al tempo stesso lo seguo.
Mi guardo intorno, interrompendo il nostro gioco di sguardi. La stretta fra le nostre mani invece rimane, infondendomi un senso di calore che in qualche modo tranquillizza l'albore di irrequietezza che è sorta dentro di me.
Con occhi attenti osservo velocemente in giro, scorgendo qualche persona intenta a fissarci decisamente poco discretamente. Incontrando le loro occhiate un po' invadenti e scrutatrici mi mordo irrazionalmente le labbra, il senso di disagio che aumenta esponenzialmente secondo dopo secondo.
In modo quasi proporzionale cresce anche il dubbio di essere l'oggetto di tanto interesse, non trovando altra ragione per essere fissata se no in maniera così insistente.
Sono io la causa di tutta questa attenzione? Mi chiedo dubbiosa e innervosita, continuando a lanciare sguardi di sottecchi ai tavoli vicino ai nostri. Siamo noi? Mi suggerisce la mia mente, un quesito che emerge sui tanti altri che affollano ormai la mia mente.
E questa riflessione sembra essere terribilmente simile alla realtà dei fatti. Un principio di delusione e amarezza vena il mio buon umore, incrinandolo dolorosamente e facendo cadere la tranquillità che mi ha fino ad ora pervaso nel dimenticatoio.
Ci hanno riconosciuto forse, mi dico pensierosa mentre quel senso di disagio aumenta ancora.
E' questo il problema? O forse è solo una mia impressione e sono paranoica? Mi domando interdetta, aggrottando la fronte.
Mi volto così nuovamente verso Ian, trovando uno sguardo speculare al mio che mi blocca le parole in gola: confuso e a disagio.
- Ci stanno fissando?- mi chiede in un sussurro concitato, anticipandomi sul tempo e suonando, però, più come una affermazione che una domanda.
Nascondendo quasi il viso tra i capelli annuisco, storcendo le labbra in una lieve smorfia per poi mordermele quasi a sangue.
- Si -
E da semplice pensiero paranoico si tramuta purtroppo in una concreta verità, così snervante e sincera da ferire.
Un imponente senso di fastidio mi pervade, rendendomi irrequieta e ancora più nervosa.
E' causato dalla situazione, dall'essere perennemente sotto un'attenzione mediatica continua e snervante. La delusione aumenta ancora l'attimo seguente, non appena mi rendo conto che in qualche modo la nostra cena si è incrinata.
Non è certo il massimo avere gli occhi puntati addosso da degli sconosciuti per il primo appuntamento, che dovrebbe avvenire circondato da un'aura di tranquillità e intimità.
Emetto un sospiro pesante, deglutendo e mandando giù un nodo di emozioni negative miste a nervoso che mi chiudono la gola.
Incassando torvamente la testa fra le spalle decido di non badarci, fregandomene di tutto. O almeno di provarci.
Cosa non propriamente facile e semplice, ma questa serata è troppo importante per me per essere rovinata.
Schiudo le labbra, pronta per parlare seppur a fatica e proporre un argomento che ci distolga da tutto questo, ma qualcosa mi precede lasciandomi sbigottita.
L'attimo dopo, infatti, una ragazza dai corti capelli biondi ad un paio di tavoli di distanza dal nostro tira fuori il telefonino, puntandolo nella nostra direzione e scattando una foto con tanto di flash.
Negativamente stupita dal gesto e amareggiata rimango inerme, le labbra dischiuse senza che vi esca alcun suono e l'espressione che diventa velocemente sconfortata.
Tutti i buoni propositi di ignorare il brusio vanno a farsi benedire, frantumandosi miseramente insieme alla mia speranza di passare una serata tranquilla in compagnia del mio ragazzo.
Abbasso istintivamente lo sguardo, puntandolo sulla tovaglia immacolata mentre un insieme di sensazioni negative e malinconiche mi occludono la gola.
Alle mie orecchie giunge il sospiro scocciato di Ian, quasi rabbioso che mi fa intuire che anche lui è innervosito da tutto ciò.
Alle tristi riflessioni riguardo il nostro appuntamento parzialmente rovinato si aggiungono quelle amara e angoscianti riguardo i titoli che la stampa monterebbe se quella foto finisse in mano alle persone sbagliate.
Leggermente spaventata da questa prospettiva sbarro gli occhi, il cuore che pulsa più veloce nel mio petto.
Un senso di leggera ansia si somma così al nervoso, mischiandosi con esso e facendo definitivamente finire sotto i piedi il mio umore.
-Parlano di noi...credo – sussurro dopo un attimo di esitazione e silenzio, la voce che risulta inaspettatamente esitante e incrinata dalla delusione.
Il disagio aumenta ancora facendomi sentire imbarazzata e nervosa, quasi violata nella mia intimità.
Nervosa mi muovo sulla sedia, abbandonando la forchetta vicino al piatto insieme al mio appetito totalmente svanito.
Ma la vera sorpresa della serata arriva dopo un secondo, cogliendomi impreparata.
Ian infatti alza la mano all'indirizzo del cameriere, richiamandolo con un gesto secco della mano vicino al nostro tavolo.
Alzo quasi di scatto la testa, lanciandogli una lunga e confusa occhiata da sotto le ciglia scure.
- Ci può portare il conto, per favore?- afferma con tono grave, intuendo il mio malumore e il mio malessere. - E anche il dolce – aggiunge dopo un secondo.
Si volta poi verso di me, riservandomi uno sguardo così dolce da sciogliermi.
Per una impalpabile frazione di secondo scaccia persino il nervoso e l'amarezza, scaldandomi nel profondo.
Una scintilla in particolare li attraversa, illuminandoli in modo indecifrabile.
Sa di intimità e di rassicurazione.
Sa di qualcosa di speciale, unico e inusuale nel suo calore.
Sa di noi.
Gli rivolgo uno sguardo di sincero ringraziamento, il disagio che viene intaccato dal suo gesto premuroso e che mi apre davanti agli occhi una realtà che non avevo considerato.
L'appuntamento in fin dei conti non è il ristorante e il buon cibo, non è l'atmosfera carina e romantica.
Non è questo ciò che conta. Non è questo che importa a me.
E' lui.
E il sorriso torna sulle mie labbra.
********************
- Cosa vuoi, allora? - afferma Ian, inclinando appena il viso verso di me e rivolgendomi una sguardo di attesa mentre la mano artiglia già la maniglia della portiera della macchina.
Giro il volto nella sua direzione, rispondendo spontaneamente al suo sorriso. E un pensiero divertito mi attraversa la mente, portandomi quasi a ridacchiare nel momento esatto in cui schiudo le labbra pronta a parlare.
Una ritrovata serenità mi avvolge morbida, tornando a pervadere ogni singola cellula del mio corpo. Il momento di poco fa che sembra essere scivolato nel dimenticatoio.
Ed è assolutamente merito di Ian, del suo sorriso e del suo modo scherzoso che mi ha fatto tornare il buon umore.
- Sorprendimi– affermo inarcando leggermente un sopracciglio e rivolgendogli un dolce sguardo di sfida, ricalcando di fatto le parole che mi ha detto lui stesso quando ha ordinato per me al ristorante.
Ian, in risposta, ride, scuotendo lievemente il capo e scomparendo nella penombra del parcheggio di Starbucks l'attimo seguente. L'eco della sua risata sfuma via dopo una frazione di secondo, lasciandomi sola all'interno dell'auto, i miei pensieri a farmi momentaneamente compagnia.
Con un sospiro appoggio le mani sulle mie ginocchia, incontrando con le dita la carta rossa dell'incarto del dolce.
È stato un peccato dover interrompere così bruscamente la cena, ma iniziavo seriamente a sentirmi a disagio con tutti quegli occhi puntati su di me.
La mia vita privata deve rimanere tale, non voglio intromissioni o, peggio, finire sui giornali.
Emetto un piccolo sospiro, passando distrattamente una mano tra i miei capelli mentre mi rilasso definitivamente contro il sedile dell'auto.
Quel senso di malinconia nel veder sfumare via un momento che aspettavo decisamente da molto tempo è svanito di pari passo con la privata tranquillità che abbiamo riacquistato non appena abbiamo messo piede fuori dal locale, scacciato via dall'aria fredda e frizzante.
La scelta di prendere qualcosa e non finire in questo modo amaro la serata era sorto così spontaneo, sospinto da una voglia di non concludere lì la serata, portandomi a proporglielo.
Ian era apparso quasi sollevato alla vista del mio sorriso seppur leggero, accettando teneramente la mia proposta.
Tranne questo piccolo contrattempo sono stata bene, però. Quello che ha riguardato unicamente me e lui lo ha reso un bel momento, noto reclinando il capo indietro e puntando gli occhi sul
Proprio nello stesso momento la portiera si riapre, ma questa volta dei sedili posteriori, e Ian si infila velocemente nell'auto.
- Che freddo – afferma lui rabbrividendo e scrollando le spalle come a voler allontanare la gelida umidità della notte. - Ha anche iniziato a piovere–continua il secondo dopo, portandomi a rivolgere momentaneamente lo sguardo sul finestrino dove delle fini goccioline hanno iniziato a scorre inseguendosi e mischiandosi l'una con l'altra.
Non ho tuttavia il tempo di dire nulla in risposta che lui riprende a parlare.
-Vieni dietro – ammicca al mio indirizzo con un sorriso sbarazzino e un cenno del capo, tenendo lo sguardo puntato su di me.
- Si– sorrido, sganciando simultaneamente la cintura di sicurezza e ruotando il busto verso di lui.
Senza uscire mi muovo, scavalcando con un'ampia falcata i sedili e finendo al suo fianco.
Prima di sistemarmi contro lo schienale mi allungo nuovamente in avanti, agguantando il dolce e appoggiandolo tra di noi.
Con un movimento semplice della caviglia scalcio via le scarpe con il tacco che indosso, sfilandomele e incrociando le gambe l'attimo seguente.
Decisamente più comoda sorrido, inclinando appena il viso.
Percepisco subito i suoi occhi su di me, lo sguardo bruciante che segue ogni mio spostamento focalizzandosi in particolar modo sulle mie gambe.
Sono, infatti, semi scoperte dal vestito che indosso, lasciate alla merce del suo sguardo che diventa più cupo e bruciante.
L'ombra languida di un desiderio viscerale e intimo li attraversa, rendendoli più liquidi e simili al metallo mentre tende leggermente la mandibola.
E' intenso e i brividi si irradiano istantaneamente dal quel punto in tutto il corpo con delle lente spirali che mi scuotono nel profondo.
Deglutisco, momentaneamente paralizzata dai suoi occhi azzurri che mi tolgono il respiro. Come sempre, d'altronde.
L'aria diventa improvvisamente elettrica, densa di vibrante voluttuosità. Così presente e percepibile da risultare quasi tangibile, concreta.
Sorrido, stendendo involontariamente le labbra in una piega maliziosa che sembra aizzarlo maggiormente.
La sua occhiata, se possibile diventa ancora più rovente, saettando dai miei occhi, alla mia bocca dischiusa e infine nuovamente alle mie gambe. Le accarezza ancora silenziosamente, con un tocco invisibile che mi fa avvampare.
Tutto intorno a noi sembra farsi più intenso, rarefatto da una voglia che non sembra sopirsi ma acutizzarsi. Giorno dopo giorno si fomenta sempre di più, alimentata dal conoscersi a vicenda sia a livello fisico che mentale.
Più mi ha, più mi vuole. E a questa riflessione i miei ormoni quasi esplodono, scoppiando nel mio basso ventre e palesandosi con una lunga e lenta morsa che mi annebbia quasi la vista.
Con le guance rosse di languido desiderio inclino leggermente il viso, continuando a tenere i miei occhi incollati ai suoi mentre passo una mano tra i miei capelli per scostarli dal viso.
Prendo un respiro profondo, aspirando in modo tremolante l'aria tra le labbra con l'intento di darmi una calma.
Cercando di non far prevalere spudoratamente i miei istinti -che invece lascerò liberi non appena tornati in camera -, mi umetto le labbra parlando l'attimo dopo.
- Cosa mi hai preso? - gli domando allargando curiosa gli occhi, la voce che esce inizialmente vacillante dalla mia gola.
Abbasso poi lo sguardo sul sacchetto di carta che ha fra le mani, umido di pioggia e vistosamente rigonfio che attira ancora di più la mia curiosità.
Una serie di ipotesi mi attraversano la mente, venendo snocciolate silenziosamente.
-Indovina? - mi domanda con un guizzo ilare negli occhi e l'espressione giocosa che gli si addice perfettamente.
E' leggermente in contrasto con la camicia e la giacca classica che indossa, conferendogli un'aria svagata e serena.
Gli lancio uno sguardo torvo, ammonendolo silenziosamente mentre il mio interesse raggiunge livelli impensabili.
- Se ho indovinato i tuoi gusti cosa vinco? - mi stuzzica ancora, provocandomi con un mezzo sorriso malizioso.
Io inarco un sopracciglio mentre le mie labbra si stendono in un sorriso fremente e di sfida.
- Un bacio – ribatto io in trepida attesa di conoscere cosa mi ha preso.
- Solo uno? - mi risponde lui, una smorfia imbronciata e fintamente delusa che mi fa ridacchiare e roteare gli occhi al cielo.
-Più di uno – mormoro allegra, sorridendogli mentre ruoto il busto nella sua direzione in modo da avvicinarmi maggiormente.
La parte più sensuale di me emerge, mischiandosi con quella giocosa e rendendomi un leggero mix di seduzione e divertimento.
-A cominciare da ora – soffio suadente, il tono sexy che accompagna l'avvicinarsi delle nostre labbra.
Le nostre bocche si scontrano l'attimo seguente in un bacio lento venato da una punta di languidezza che mi aggroviglia lo stomaco. E' vorace, mal celando la voglia di lui che si insidia nella mia intimità.
La sua mano si posa subito dopo sul mio viso, affondando le dita tra i miei capelli sciolti e gonfi a causa dell'umidità. I suoi polpastrelli freddi mi sfiorano la pelle, solleticandola e facendomi rabbrividire eccitata.
Il desiderio si riaccende infatti in un secondo, avvampando dalla semplice scintilla di un bacio.
Con il respiro leggermente affrettato assaporo ancora le sue labbra, facendo scontrare le nostre lingue in un gioco sensuale che manifesta tutta la voglia che abbiamo dell'altro.
Ci allontaniamo dopo qualche secondo in carenza di ossigeno, il petto che si alza in modo aritmico e le guance che bruciano leggermente.
I nostri occhi si incontrano, proprio come il nostro respiro che si mischia, e le bocche quasi si sfiorano talmente siamo vicini.
Istintivamente passo la lingua sulle mie labbra, ricercando il suo delizioso sapore. E lui non perde neanche un istante di questo gesto irrazionale, seguendolo intrigato e visibilmente attratto.
- Se continuiamo così ti ritroverai a breve nuda sui sedili posteriori di un'auto in un parcheggio desolato– mormora con voce roca e desiderosa lanciandomi uno sguardo bruciante prima di riappropriarsi della mia bocca.
Passa poi un braccio intorno ai miei fianchi, attirandomi maggiormente contro di lui e facendo scontrare i nostri petti.
- Ora me lo dici? - soffio contro le sue labbra, guardandolo languidamente mentre con le dita gioco con il colletto immacolato della sua camicia, ora un po' spiegazzato.
- Corrompitrice– sussurra in risposta lui, un sorriso che gli illumina il viso e quel senso di svagata giocosità che non lo abbandona neanche in questo momento.
E che io adoro profondamente,
In tutta risposta gli mordo il labbro inferiore, aumentando ancora il desiderio di entrambi. Tuttavia, cerco di ricompormi e di calmarmi non allontanandomi però dal suo corpo.
- Dai dimmelo – mormoro quasi implorandolo, ormai impaziente di saperlo.
Ianghigna, una luce misteriosa che gli anima lo sguardo e che mi attira ancora di più.
Scioglie un braccio dalla presa vogliosa sul mio corpo, riprendendo il sacchetto che era scivolato ai nostri piedi
Vi infila una mano dentro senza spezzare il legame tra i nostri occhi che, anzi, se possibile si intensifica ulteriormente.
Si vela, infatti, di una nota di dolce cripticità che non comprendo appieno,ma da cui mi sento terribilmente attratta.
Mi mordo leggermente le labbra, gli occhi dilatati che non perdono neanche il suo più piccolo movimento.
Ian, al contrario, sembra parecchio divertito dal mio nervosismo da attesa dal momento che finge di tirare fuori la mano un paio di volte senza tuttavia farlo davvero.
Sbuffo, imbronciandomi lievemente e lanciandogli un'occhiataccia ammonitrice che lo fa ridacchiare sommessamente.
Il desiderio scema via con la stessa velocità con cui si è palesato, lasciando il posto ad una atmosfera ilare.
Perchè noi siamo così, un attimo prima siamo quasi sul punto di fare sesso in un luogo pubblico e quello dopo invece ci punzecchiamo.
- Ian dai! - lo rimbecco mentre anche il mio stomaco protesta con un piccolo e fortunatamente silenzioso brontolio per via della fame.
Lui ride ancora di più, decidendosi finalmente però a mostrarmi cosa mi ha preso.
Con un movimento fluido del polso accompagnato dallo scricchiolare della carta ne tira fuori un bicchiere.
Il tipico di Starbucks a dire il vero, noto con un'occhiata critica e attenta scrutandolo in ogni minimo dettaglio.
Solo dopo un attimo di attenta osservazione mi accorgo realmente di cosa mi ha preso a causa della scritta che vi spicca.
Cold coffee.
E beh, mi ha decisamente sorpreso.
Sgrano gli occhi, sorpresa e sconcertata.
- Un caffè freddo?- mormoro alzando gli occhi su di lui, che mi guarda attentamente. - Non lo prendo da una eternità – sussurro rigirandomi il bicchiere tra le labbra.
Un dubbio mi porta ad aggrottare le sopracciglia l'attimo seguente, confusa e interdetta.
- Come facevi a sapere che mi piace?-
Velocemente ripercorro silenziosamente tutte le volte che siamo stati in una caffetteria insieme, cercando di scavare tra i ricordi e scovarne uno in cui ne ho bevuto uno.
Particolare che proprio non compare nella mia memoria.
-Visto che sono anche io un elefante ?- alza lo sguardo su di me, sorridendomi in modo svagato e dolce–E non solo per la proboscide – ride l'attimo dopo, scherzando in modo allusivo e malizioso.
Divertita e fintamente oltraggiata gli do un pizzicotto leggero sul fianco, unendomi alla sua risata smaliziata e genuina subito dopo.
Lui mi rivolge un'occhiataccia offesa, continuando tuttavia a sfoggiare un mezzo sorriso allegro che ha il potere di coinvolgermi e infondermi un senso di pacato benessere. Così dolce e suadente che mi toglie le parole e, forse, anche il fiato.
E rimango allora semplicemente in silenzio, la risposta divertita che mi muore in gola, soppressa da un emozione indistinta che mi annoda i pensieri ogni volta che i nostri sguardi si scontrano in questi momenti così nostri. Proprio come adesso.
Ogni volta che c'è lui, semplicemente.
La piega giocosa sulle mie labbra si scioglie inesorabilmente, tramutandosi in una smorfia dolce e morbida che sa di fibrillanti emozioni e parole non dette. Solca appena la mia bocca, velandola leggermente e conferendomi un'aria trasognata e quasi pensierosa.
E, improvvisamente, è come se tutto si fermasse. Quel contorto e inaspettato senso di essere in una bolla di sapone torna a farci visita, accogliendoci nella sua voluttuosa e calda morsa che ci estrania dal mondo.
Tutto perde importanza tranne lui e quello che sento nei suoi confronti.
Istintivamente i miei occhi si posano sulle sue labbra, ancora dischiuse a causa delle risate e invitanti come non mai. A quel senso di torpore dei sensi e della mente si aggiunge allora il desiderio innato e torbido di assaggiarle ancora, di sentirlo contro di me a tal punto da perdere il confine materiale dei nostri corpi.
E poi c'è quell'emozione sinuosa, mai sopita e in qualche modo misteriosa che pulsa più forte, quasi simultaneamente al ritmo del battito del mio cuore. E' enigmatica, indecifrabile e indissolubile come sensazione, quasi incomprensibile.
Emetto un piccolo sospiro, così leggero da risultare impalpabile, che si perde nella poca distanza tra i nostri corpi.
Alzo poi lo sguardo, facendolo scontrare con il suo e incatenandolo ad esso in un gioco un po' sfuggente e profondo al tempo stesso.
E quell'emozione torna più forte di prima a battere e sconcertarmi. E assomiglia terribilmente all'essere serena e spensierata. Felice.
In modo così semplice e naturale, spontaneo, da risultare disarmante
I pensieri si aggrovigliano ancora, offuscandosi quasi l'uno con l'altro per prevalere.
Ma uno vince su tutti con una forza disarmante: io sto bene con lui.
Il respiro all'improvviso mi viene a mancare del tutto, il corpo che avvampa e brucia sotto la spinta di qualcosa di indefinito che mi porta a sbarrare quasi gli occhi proprio nel momento in cui una domanda mi attraversa i pensieri con la velocità di un lampo, tagliandoli a metà.
Mi sto…
Tuttavia non riesco a completare la frase, neanche nel silenzio scuro e privato della mia intimità.
Apro e chiudo un paio di volte le labbra, sorpresa dalla mia stessa riflessione a cui non so dare una risposta esplicita e definita.
Ma ha forse qualche importanza capirlo ora? Mi domando intontita e lucida al tempo stesso a causa delle mie stesse emozioni.
E una consapevolezza sempre più corposa, chiara e concreta mi pervade, scoppiando dentro di me con una potenza sconcertante e stupefacente risultando essere proprio la risposta a questa mia domanda.
E no, mi dico, non mi importa decifrarlo ora, ma solo viverne ogni attimo. Ogni singolo secondo.
Perchè lui è imprescindibile e unico.
E' il mio cold coffee, realizzo semplicemente mentre un insieme eterogeneo di emozioni mi assalgono velocemente avvolgendomi sinuosamente.
Ian, quasi confuso dal mio sguardo carico e denso di frasi non dette e sensazioni provate, ricambia la mia occhiata, continuando a guardarmi in silenzio.
E se per tanto tempo ho sperato che i miei occhi risultassero indecifrabili in alcuni momenti dinnanzi al suo scrutare, mi ritrovo invece a sperare di risultare leggibile e trasparente.
Di trasmettergli tutto quello che sto provando e che forse non sono in grado di dire o esprimere, mettendo in sequenza una parola dopo l'altro.
Perché è questo che voglio, questa sensazione così potente e bella.
Ne voglio diventare ingorda, insaziabile di lui e di quello che mi suscita. Voglio essere sorpresa con gesti inaspettata.
Voglio essere svegliata nel cuore della notte per fare l'amore con lui ed essere baciata nei sedili posteriori di un'auto.
Desidero ardentemente dare sfogo e seguito a questa sensazione nuova e nascente, così calda.
Voglio semplicemente lui.
Con la gola chiusa da tutte queste emozioni sorrido, cercando di apparire serena e spensierata ai suoi occhi.
- Il nostro primo incontro non è stato quello che hai detto tu prima – mormora interrompendo il silenzio che si è venuto a creare tra di noi. - O almeno non totalmente –aggiunge dopo un secondo di riflessione.
- Ah no? - affermo - E come è andata?- gli domando, riferendomi a quello che lui dice essere il nostro primo incontro.
Deglutisco, nel tentativo un po' banale di apparire normale.
Ian mi riserva un ultimo sguardo criptico, quasi indagatore forse nell'estremo tentativo di decifrarmi, per poi lasciarsi andare ad un mezzo ghigno sornione.
Passa un braccio intorno ai miei fianchi, tirandomi nuovamente di più a sé.
-Posso saltare il c'era una volta,principessa? - mi domanda con una risata argentea che infrange contro i miei capelli, prendendomi giocosamente in giro.
- Si principe azzurro –ribatto io, rispondendo con lo stesso tono,
Lui storce leggermente il naso a questo appellativo, appoggiando poi la mano sulla mia pancia in una carezza appena accennata e lenta che mi fa rabbrividire.
Mi stringo nel suo abbraccio, alzando il viso per guardarlo in volto mentre lui inizia a parlare.
- E' stato durante una delle lunghe pause durante i provini maschili – mormora con voce bassa, iniziando tranquillamente il suo racconto catturandomi a tal punto da farmi pendere dalle sue labbra. - Un paio di giorni prima che Paul ci presentasse.-
Sorrido, annuendo leggermente mentre ripenso a quel momento con dolcezza.
- E' successo in una caffetteria poco lontano dal teatro in cui facevano i casting - continua
Interessata e in attesa di gustarmi il suo discorso parola per parola lo fisso, giocando distrattamente con i suoi capelli mentre tutta la mia attenzione è focalizzata su di lui.
E' catalizzata dalla sua bocca in particolare e decisamente non solo a causa del fatto che sta parlando, mi dico silenziosamente scoppiando quasi a ridacchiare. Un lieve solletico mi stuzzica il basso ventre, proprio laddove sono nascosti i miei desideri più carnali ed è appoggiata dolcemente la sua mano.
Convivendo con questa languida presenza rimango in ascolto.
- Tu eri di fretta probabilmente, che io ricordi non ti sei neppure guardata intorno e sei andata spedita alla cassa – procede con il racconto, inclinando il viso e sorridendo leggermente in modo divertito, come se si stesse perdendo in quello stesso ricordo o rincorrendo un dettaglio in particolare.
Ancora più desiderosa di saperne di più aggrotto le sopracciglia, cercando di decifrare la sua espressione quasi pensierosa.
Si passa poi la lingua sul labbro inferiore, umettandolo, prima di riprendere a parlare e io seguo questo gesto tremendamente sensuale con lo sguardo.
-Avevi i capelli scompigliati, un po' arruffati – il suo sorriso si amplia maggiormente mentre con la mano gesticola convulsamente – E io ero seduto ad un tavolino a rileggere il copione di prova -
Appoggio il mento sulla sua spalla, gli occhi leggermente socchiusi nel tentativo di ricordare.
Inaspettatamente qualcosa riaffiora alla mia mente riguardo quel giorno, invadendola frammento dopo frammento fino a legarsi in un ricordo unico e coerente.
Sorpresa dilato gli occhi, ripercorrendo gli eventi silenziosamente alla ricerca della sua figura slanciata.
Ian mi fissa di rimando, lo sguardo denso di un qualcosa di indistinto e indecifrabile che sembra essere tremendamente speculare a quello che provo io.
Forse sa solo mascherarlo meglio, mi dico distrattamente mentre i miei denti affondando nel mio labbro inferiore.
Ma è qualcosa che illumina il suo sguardo l'attimo dopo a sorprendermi davvero, a far perdere un battito al mio cuore.
- Eri bellissima – soffia con trasporto, inchiodandomi con uno sguardo limpido e sincero che mi provoca la tachicardia.
Le mie guance si surriscaldano, velandosi di rosso, mentre io stessa vado quasi a fuoco colta in contropiede.
Gli occhi sono lo specchio dell'anima, mi ricorda con un sussurro sibillino una vocina dentro la mia testa.
Spinta da questo tumulto interiore mi allungo verso di lui, baciandolo di slancio e passando le braccia intorno al tuo collo per stringerlo ulteriormente senza lasciargli il tempo di parlare e continuare il discorso.
E' un bacio dolce, impregnato da quel sentimento che brucia dentro di me e che ha origine proprio nella parte sinistra nel mio petto.
Nel mio cuore.
Mi stacco da lui dopo una manciata di secondi, trovandolo sorpreso a fissarmi.
- E poi ? - lo sollecito a parlare.
Appoggio le labbra sul suo collo, non riuscendo a stargli lontana e a non baciarlo per più di qualche secondo.
Bacio dolcemente quella porzione di pelle, restando in ascolto.
- E poi il mio sono alzato – mi risponde pacato.
E il brillio di quella emozione intensa e forte non anima solo i miei occhi, ma anche i suoi.
Con una scrollata del capo e un gesto distratto della mano cerco di sistemarmi nel migliore dei modi i capelli, arruffati e un po' annodati che mi conferiscono un'aria vagamente da pazza.
Cosa che però non intacca minimamente il mio buon umore, troppo forte e allegro per essere rovinato da questa stupidata.
Ho ottenuto la parte, mi dico silenziosamente euforica stentando a trattenere la mia allegria.
Sarò la protagonista.
Incredula allargo gli occhi, sbarrandoli leggermente e suscitando probabilmente la confusa curiosità di chi ho intorno.
Un sorriso genuino e solare mi illumina il viso mentre la fila davanti a me scorre lentamente.
Ancora fatico a credere di aver ottenuto il ruolo principale di una nuova serie tv, intitola The Vampire Diaries ed ispirata ad una collana di libri che ha avuto molto successo negli ultimi anni.
Forse dovrei leggerli anche io per entrare meglio nella parte, mi dico soppesando l'idea di una nuova lettura.
La parte più razionale di me mi frena però l'attimo seguente, ricordandomi che prima di fare progetti forse dovrei vedere come va il Pilot.
Infatti, prima della conferma della serie la casa produttrice ha deciso di girare e mandare in onda un episodio pilota come indice di interesse tra il pubblico.
Mi stringo nelle spalle, inclinando leggermente il viso mentre compio un altro passo avanti.
Mal che vada sarà una lettura in più, mi dico con una scrollata del capo decidendo di cogliere la palla al balzo per leggere un libro visto che a causa del poco tempo a disposizione di solito non è una cosa che faccio abitualmente.
Finalmente inizio ad intravedere distintamente la cassa, la folla di persone davanti a me che sembra essersi improvvisamente dispersa insieme al vociare caotico.
Emetto un piccolo sospiro, stropicciando distrattamente i soldi che ho in mano con le dita.
Ho decisamente bisogno di un buon caffè freddo, che mi dia una bella svegliata dopo tutte queste ore di provini incessanti e, soprattutto, estenuanti.
Dover ripetere di continuo e per ore la stessa identica battuta cercando di risultare sempre convincente è alquanto difficile, tanto più se gli interpreti maschili cambiano a rotazione e di continuo.
Fortunatamente sembra essere arrivato il mio turno, noto con sollievo incontrando lo sguardo di attesa del commesso.
-Un caffè freddo – ordino con voce ferma, sorridendo leggermente mentre,in quella che sembra una frazione di secondo,lui lo prepara.
Con la stessa velocità pago, apprestandomi poi con un sospiro pesante e un po' stanco a ritornare nel teatro in cui si svolgono le audizioni.
Non faccio,tuttavia,in tempo quasi a compiere un passo che qualcuno mi scontra, urtando la mia spalla e facendo traballare pericolosamente la tazza di carta nella mia mano.
Con occhi sbarrati la fisso, temendo da un momento all'altro di vederla rovesciarsi sulla mia maglietta rosa come nelle scene a rallentatore dei film di azione.
Cosa che inaspettatamente non accade con mio grande sollievo.
Il liquido scuro rimane per fortuna all'interno del contenitore, intatto e fresco mentre qualcuno mormora delle scuse affrettate e quasi evanescenti.
Troppo presa dal fissare il mio caffè non ci bado più di tanto, annuendo senza alzare gli occhi sulla figura misteriosa che mi supera l'attimo dopo disperdendosi tra le altre persone.
Con un sospiro sollevato e più confortata dal fatto di essere presentabile, mi muovo ed esco dalla caffetteria subito dopo.
Il momento che cade in fretta nel dimenticatoio della mia testa non appena incontro l'aria fresca e frizzante di Atlanta, che catalizza tutta la mia fievole attenzione.
Imbocco la strada sorseggiando il mio cold coffee, totalmente ignara di due occhi incredibilmente azzurri e indecifrabili oltre la vetrata che mi seguono.
Note:
Salve!
Ed ecco qui il sedicesimo capitolo della storia, che in qualche modo rappresenta un giro di boa visto che tratta del primo appuntamento. Le parti in corsivo come avrete notato sono i ricordi.
Mi scuso in anticipo per la presenza di errori o sviste ma a volte scappano durante la rilettura.
In ogni caso domani riprenderò in mano il capitolo e lo correggerò, oltre inserire delle note più accurate e dettagliate che chiariscano tutti i punti più salienti.
A domani e buona lettura!
Live in Love
Edit
del 28\04\13
1-
Il titolo si ispira all'omonima canzone di Ed Sheeran “Cold
Coffee”. Al contrario dei precedenti capitoli
non compare in
tutte le parti, ma solo in quella finale quando Ian porta a Nina un
caffè freddo. Tuttavia, oltre questo lampante motivo ho
deciso di
scegliere questo titolo perchè secondo me la canzone e il
suo testo
trasmettono tutto quello che volevo far trasparire io: tenerezza,
dolcezza, voglia di stare con una persona e anche la
semplicità di
star bene con qualcuno pur facendo cose apparentemente banali e, si,
anche quella parolina con la A che Nina fatica ad ammettere.
Il
senso del capitolo oltre quello più evidente del primo
appuntamento
è proprio il stare bene con qualcuno a prescindere dal
contesto e da
ciò che vi è intorno: Nina pensa questo, fatto
che la porta anche a
iniziare a capire quello strano sentimento che prova ogniqualvolta
è
Ian.
Vorrei
sottolineare, però, che lei sta
iniziando a decifrare di provare
qualcosa di importante
e forte, ma non ha ancora maturato una consapevolezza tale da
esternalo esplicitamente. Tutto ha i suoi tempi.
2-
Come ho detto, siamo giunti ad un momento importante a livello di
coppia. Dopo che sono passate le nuvole nere della litigata li
troviamo sereni (nonostante qualche piccolo momento di tensione a
causa della gente che li fissava) a godersi il loro rapporto. Spero
che sia apparso tutto coerente con ciò che è
accaduto fino ad ora e
verosimile. In caso di dubbi comunque contattatemi pure per qualsiasi
chiarimento.
3-
Un altro punto che tengo a chiarire è quello riguardo i
ricordi. Non
li ho inseriti a caso per abbellire semplicemente o allungare il
testo, ma hanno un preciso significato che con il tempo noterete. Il
primo ricordo che incontriamo è quello che Nina crede essere
il loro
primo incontro, quello ufficiale in cui Paul li presenta. Io ho
immaginato un Ian un po' sbarazzino e sornione che esordisce con una
battutina, forse trovandola già all'epoca interessante o
forse
semplicemente divertendosi ad avere questo comportamento. In qualche
modo è iniziato tutto da quel momento, tutto ha avuto
origine lì
con una chimica che era già evidente.
L'ultimo
ricordo, quello che si collega al cold coffee,
invece sembra
apparentemente banale, forse persino inutile alla trama. Al contrario
è di grande importanza, perchè pur non comparendo
ci fa capire come
Ian l'avesse già notata e spiega quindi in qualche modo
anche lo
scambio di battutine che è avvenuto nell'incontro
“ufficiale”.
4-
Ringrazio infine di cuore le persone che hanno recensito lo scorso
capitolo, vi risponderò al più presto! Il
prossimo aggiornamento
non so di preciso quando avverrà, ma inizierò in
questi giorni a
buttare giù il capitolo 17. Sto intanto scrivendo anche una
Os e non
so quindi quale aggiornamento avverrà per primo.
Spero
che questo capitolo un po' più leggero dei precedenti e
tranquillo
vi sia piaciuto.
Oggi
pomeriggio rileggerò ulteriormente il capitolo per eliminare
gli
errori di battitura o le ripetizioni che mi sono sfuggite.
A
presto!
Live
in Love
PS:
Per chiarire quali storie sto portando avanti e quali invece no vi
lascio l'elenco qui sotto :)
True
Love- Vero Amore: Storia Nian, In corso.
Trama: Tratto
dal Primo Capitolo:
-Certo che voglio- ribatto io, forse con fin troppa enfasi
- Meno male,il tuo letto è molto più comodo del
mio- scherza, facendomi ridacchiare.
- Quindi mi stai solo sfruttando , eh?- ribatto.
-Ovviamente , baby- ride anche lui appoggiando la guancia sui miei
capelli
DESTINED
FOR ETERNITY: Storia Delena, In corso (momentaneamente
sospesa)
Trama: Dal
primo capitolo
Elena
è scomparsa.
Ero stato io l’ultima a vederla, quindi.
-
E se provassi a chiamarla di nuovo? – mi chiede la bionda con
un velo di acuta speranza a velarle la voce, puntando i suoi occhi
chiari su di me e spostando il peso da un piede all’altro.
-
Hai ragione, non ha risposto alle altre seicento chiamate magari alla
seicentunesima risponde – affermo acidamente sarcastico, una
smorfia a piegarmi le labbra.
........
Il mio cellulare squilla improvvisamente, rompendo il silenzio e i miei
pensieri con la sua tipica musichetta allegra.
Elena. È il nome che fa bella mostra di se sullo
schermo
Sollievo:
OS delena (accenni al
triangolo Stefan-Elena-Damon), conclusa
Trama: -Mi dispiace , non
ce la faccio più-
Erano state queste le tue
prima parole , ripetute due volte in risposta al suo sguardo
più che giustamente confuso. In fondo vi eravate lasciati
felici e spensierati neanche un’ora prima, un bacio a fior di
labbra come saluto.
Lo stesso bacio che ti
aveva fatto sentire così in colpa , quasi sporca, nei suoi
confronti da spingerti a raccontargli la verità.
Give
Me Love : OS
delena, conclusa.
Trama: Tratto dal capitolo.
- Sarebbe scortese non ballare – ti dico forse con un tono
più brusco di quello che voglio, interrompendo il breve
silenzio creatosi e portandoti ad alzare gli occhi su di me.
Inclino poi le labbra in un leggero sorriso, che addolcisce
impercettibilmente le parole che ho appena pronunciato e che, molto
intimamente, spero ti faccia cedere e accettare.
Lo spero davvero.
Storia dal punto di vista
di Damon. Spoiler puntata 3x14
I
WILL ALWAYS CHOOSE YOU: Storia
Delena, In corso (momentaneamente sospesa)
Trama: Tratto dal Prologo:
- Portane uno anche a
lei, va - la indicò con un gesto del capo ridacchiando,
indignandola lievemente per quel suo modo sbruffone.
Il barista le
posò davanti in meno di un secondo un bicchiere dello stesso
liquore, felice che avesse ordinato qualcosa di più forte
della sua coca-cola.
............
- E sentiamo, Mr- sono-bravo-a-leggere-le-persone, cosa te lo fa
capire?- chiese pungente e sarcastica, guardandolo con un sopracciglio
inarcato. Di solito non rispondeva così, se non quando una
persona la provocava particolarmente.
Lui, tuttavia, sembrò divertito dalla sua risposta.
Per chiarimenti o domande mi trovate qui : Twitter
|
Ritorna all'indice
Capitolo 16 *** Confine ***
Note:
Salve!
No, non sono un miraggio anche se dopo tutto questo tempo lo potrei
sembrare. Eccoci qui con il capitolo 15 di questa storia,
finalmente, ma prima ancora che lo leggiate ho delle cose da dire.
Mi
vorrei infatti scusare perchè vi ho fatto attendere davvero
molto.
Troppo. E vi devo quindi delle immense, gigantesche scuse.
L'ultimo
aggiornamento è avvenuto alla fine di dicembre mentre ora
siamo
quasi ad aprile, un'attesa davvero molto lunga, ma causata da
molteplici fattori. I primi di gennaio ho infatti iniziato a scrivere
il capitolo, ma per vari motivi, non sono riuscita a finirlo. Non ne
ero soddisfatta e così ho deciso di cancellare e riscrivere,
andando
però incontro ad una sorta di blocco dello scrittore che mi
ha
abbastanza fermata e da cui non riuscivo molto a uscire. Facevo
fatica a scrivere e focalizzare il punto del discorso, a descrivere
in modo leggibile ciò che i personaggi pensavano o come
agivano. Lo
studio e gli esami mi hanno portato poi via ulteriore spazio,
allungando maggiormente tempo . Ho iniziato così una seconda
stesura
di questo capitolo, cambiando qualche evento e lasciando intatta
l'idea di fondo, che mi piaceva, ed è andata meglio, ma non
benissimo.
Non
essendone nuovamente pienamente soddisfatta ho ricancellato tutto,
arrivando ai primi di marzo praticamente e alla prima stesura della
versione che trovate pubblicata.
Questa
mi soddisfa molto di più, mi sono sentita io più
sciolta nello
scrivere e anche se per scaramanzia non dovrei dirlo credo di aver
superato con successo il blocco che mi aveva assalita. Vorrei inoltre
precisare che non ho MAI pensato di abbandonare la
storia o
lasciarla incompleta.
Mi
dispiace davvero infinitamente di avervi fatto aspettare
così tanto,
ma era anche giusto proporvi qualcosa di leggibile e coerente con la
storia e non buttato a casaccio solo per aggiornare. In un certo
senso lo dovevo anche voi, che leggete e mi seguite sempre.
Ho
voluto spiegare tutto ciò ancora prima del capitolo per
evitare di
occupare gran parte delle note finali con le scuse e dedicarle invece
esclusivamente agli eventi del capitolo, come è giusto che
sia.
Un
grazie speciale va chi mi ha spronato e supportato in questi mesi.
Grazie!
Detto
questo vi lascio alla lettura, sperando che vi piaccia il capitolo!!
:)
CAPITOLO
15
CONFINI
-
Comunque, è una tortura dover rimanere rinchiusi in hotel
quando
potremmo girare per le vie di New York-
La
voce annoiata e vagamente lamentosa di Candice giunge chiara alle mie
orecchie, subito accompagnata da un sonoro, tediato sbuffo. Quasi
scocciato.
Senza
prestarle molta attenzione annuisco distrattamente, le parole che
diventano solo un ovattato sottofondo ai miei pensieri.
-
In effetti – aggiungo semplicemente, il tono basso e
strascicato di
chi poi non sta ascoltando molto e risponde per inerzia.
Tuttavia,
lei non sembra notarlo dal momento che continua a snocciolare tutte
le cose che potevamo fare o meno, descrivendole minuziosamente una ad
una.
Siamo
a New York per motivi di lavoro, una intervista nel pomeriggio e poi
un party di beneficenza alla sera, ma ci hanno detto di evitare di
uscire per non incorrere in ritardi o intoppi.
Quindi
siamo costretti in hotel, con la sola compagnia della nostra noia e
di un'ottima colazione. Mi passo la lingua sulle labbra, ricordando
il sapore delizioso e zuccherino del cornetto al cioccolato.
Il
vociare di Candy diventa definitivamente un lontano ronzio mentre io
mi immergo senza accorgermene nuovamente nei miei pensieri,
così
densi da assorbirmi del tutto.
La
mia attenzione si concentra su tutt'altra cosa, in particolare su due
occhi azzurri che non vedo da quasi più di un giorno ormai.
La cui
assenza inizia a farsi sentire. Ma non ho il tempo di assaporare
questa deliziosa visione dal momento che vengo interrotta.
-
Blu o rosso? -
Avendo
ormai perso totalmente il filo del discorso e non capendo
assolutamente a cosa si sta riferendo la guardo interdetta, alzando
gli occhi dallo schermo luminoso, ma privo di messaggi, del mio
telefonino.
Lei
mi guarda in attesa, un sopracciglio biondo inarcato mentre cerca di
decifrare la mia espressione confusa.
-
Mmm – affermo mentre freneticamente cerco indizi che possano
aiutarmi a capire cosa mi sta chiedendo e salvarmi così
dalla sua
ira funesta.
A
cosa diavolo si riferisce? Mi domando dubbiosa e interdetta, sapendo
benissimo quanto odia essere ignorata.
Aggrotto
leggermente le sopracciglia mentre le mie labbra si corrucciano
automaticamente in un broncio pensieroso appena accennato, gli occhi
che saettano velocemente su di lei. Percorro i lineamenti del suo
viso struccato alla ricerca di qualche segnale e un lieve senso di
colpa si insinua dentro di me constatando che non la stavo
ascoltando. Ancora.
Non
è la prima volta stamattina, infatti, che i miei pensieri si
focalizzano su tutt'altro, distraendosi da lei con una
facilità
disarmante.
Prendo
un respiro profondo, rilasciandolo l'attimo dopo sotto forma di un
sospiro pesante, quasi stanco.
Ed
è proprio quando i miei occhi si posano finalmente sulle sue
mani
dalle unghie laccate di due colori differenti e la soluzione si
palesa evidente nella mia testa che Candice mi anticipa sul tempo.
-
Non mi stavi ascoltando!- tuona rivolgendomi uno sguardo accusatorio
e torvo, abbastanza offeso.
In
tutta risposta mi mordo colpevolmente le labbra, incassando
silenziosamente la testa fra le spalle.
-
Di nuovo!- continua lei, gli occhi azzurri assottigliati che la fanno
sembrare terribilmente simile ad una bambina indispettita che non
viene considerata.
-
Si che ti ascoltavo – mento spudoratamente con una calma
dissuadente, facendomi tornare utile le mie doti recitative, mentre
deglutisco alla vistosa ricerca di una scusa attendibile e
accettabile almeno apparentemente, tentando di difendermi –
Ero
solo distratta, ecco – mormoro inclinando leggermente il viso
verso
sinistra, sfuggendo al suo sguardo.
Nello
stesso momento il mio telefono richiama la mia attenzione con un
acuto e breve squillare, suonando ripetutamente.
Improvvisamente
i battiti del mio cuore aumentano, una dolce frenesia che mi
attanaglia.
Un
senso di leggera e acuta ansia mi pervade, poi, velocemente,
facendomi sentire insolitamente irrequieta. E una timida, ma quanto
mai concreta, speranza mi attraversa pulsando più forte via
a via
che passano i secondi.
-
Stai messaggiando con il principe azzurro, vero?- mi domanda con un
inaspettato sorriso a stenderle le labbra un po' divertito e un po'
malizioso, riservandomi un'occhiata ambigua. - Anzi, sicuramente
è
lui – bofonchia l'attimo seguente.
-
C'è sempre di mezzo Ian quando non mi ascolti.- aggiunge con
un'occhiata cupa e un po' ammonitrice.
Le
rivolgo uno sguardo offeso, fulminandola con lo sguardo. Tuttavia, il
peso dell'attesa e della curiosità è troppa,
quasi insostenibile e
mi porta ad abbandonare questo frivolo fastidio.
Riabbasso
gli occhi sul mio cellulare, ancora stretto nella mia mano, tentando
di scorgere il mittente del messaggio. Rizzando la schiena e con dita
frenetiche lo apro, gli occhi dilatati pronti a leggere finalmente
qualcosa di suo. Una visibile smorfia di delusione
si delinea però sulle mie labbra non appena ne leggo il
contenuto, l'attimo
dopo.
Una
bruciante amarezza si propaga in tutto il mio corpo, portandomi a
sospirare quasi tristemente.
Non
è lui, purtroppo.
-
E' mio fratello – soffio sconfortata, leggermente imbronciata
mentre mi appoggio nuovamente ai cuscini del letto.
Ian
non si fa sentire da ieri, ormai, e il mio umore inizia molto poco
discretamente a risentirne, incupendosi drammaticamente. Comincio
quasi a dubitare che lo farà a breve, emetto un piccolo
sbuffo
stizzito.
Inutile
dire che inizia a rendermi impaziente questa cosa, facendomi sentire
quasi agitata.
E
prima ancora che possa anche solo pensarlo o constatarlo Candice
interrompe il flusso dei miei pensieri, anticipandomi ancora.
-
Ti manca? - mi domanda la bionda con una freschezza disarmante,
centrando inaspettatamente il nocciolo del problema.
E'
tremendamente abile in effetti a farlo, constato con una riflessione
distratta.
Inclino
poi la testa, mordendomi le labbra e allontanando per un momento lo
sguardo da quello azzurro e sincero della mia amica. Lo punto sul
copriletto blu del mio letto, stropicciandolo lievemente con le dita
in un gesto poco attento e che lascia trasparire tutto il mio
nervosismo. Davvero molto.
Mi
manca decisamente tanto, nonostante ci siamo sentiti fino a ieri sera
praticamente.
E'
questa la verità. Anche se faccio di tutto per non darlo a
vedere
esteriormente, è così.
-
Si – ammetto mentre le rivolgo uno sguardo consapevole
rialzandolo
su di lei con un movimento fluido del capo, i capelli che mi
finiscono sugli occhi.
Candice
ricambia la mia occhiata, esibendosi poi in un sorriso dolcemente
divertito e vagamente rassicurante.
-
Hai quasi gli occhi a cuoricino, Nina – ride, prendendomi
bonariamente in giro e so che dietro le sue parole di apparente
ilarità si nasconde una profonda verità.
Forse
l'unica a non notarlo sono solo io, mi dico.
Mi
lascio, tuttavia, andare anche io ad una lieve risata, cercando di
abbandonare e scacciare quel senso di irrequieta malinconia che
sembra essere sempre in agguato quando non lo vedo.
Ed
è stato così per ogni singolo momento in cui non
ci siamo visti. In
un pensiero distratto mi domando anche se è normale o se, al
contrario, è qualcosa di patologico.
-
Resta il fatto che non mi stavi ascoltando, comunque –
afferma con
voce decisa, venata quasi da un'inclinazione svagatamente petulante.
Mi
stringo fra le spalle, riservandole uno sguardo colpevole e di scuse
mentre i miei denti affondano nel labbro inferiore in una perfetta
espressione responsabile.
-
Va bene, hai ragione – ammetto spostandomi i capelli dal viso
con
una scrollata del capo - Non ti stavo ascoltando – continuo
allargando le braccia.
Candy
mi sorride vittoriosamente soddisfatta, girandosi poi a pancia in
giù
con una torsione del busto e sdraiandosi totalmente sul letto.
-
Ti perdono solo se mi racconti tutti i particolari –
ridacchia
soffiando sulle dita per far asciugare perfettamente lo smalto. -
Soprattutto quelli piccanti – trilla divertita portandomi a
roteare
gli occhi al cielo.
-
Ma se li sai già – ribatto bofonchiando le parole
tra le labbra,
incrociando le braccia al seno e abbandonando il telefonino sul
copriletto.
-
Parla – mi intima lei, non lasciando però di fatto
il tempo di
aprire bocca dal momento che parla di nuovo. - E non darmi risposte
da interrogatorio, voglio i dettagli – continua con un cenno
deciso
del capo, accompagnato da un'occhiata risoluta che non ammette
repliche.
Io
prendo nuovamente respiro, venendo interrotto ancora una volta
però.
-
Quindi state insieme?- mi incalza subito, quasi come se non sapesse
trattenersi.
Inarco
un sopracciglio, fissandola interdetta. Prima mi dice di non
costringerla a fare un interrogatorio e poi finisce per farlo. Tipico
suo, scuoto lievemente il capo non riuscendo a trattenere un sorriso
divertito.
Infondo
le voglio bene anche per questo.
-
Ma non avevi detto niente interrogatorio?- ribatto in risposta, in un
banale e vano tentativo di defocalizzare la sua attenzione.
Cosa
che non accade, purtroppo.
-
D-e-t-t-a-g-l-i – scandisce ogni lettera lei, corrucciando le
labbra rosate portandomi a roteare gli occhi al cielo.
Un
lieve senso di imbarazzo mi pervade, facendomi muovere leggermente
irrequieta e a disagio sul posto, portandomi a riflettere per una
frazione di secondo.
Sentirlo
dire da Ian, pensarlo, è un conto ma, beh, doverlo dire ad
alta
voce è decisamente diverso. Diventa inaspettatamente
concreto, come
se superare i confini
della
mia intimità ed essere tramutato in parole lo rendesse
più vivo.
Più reale.
Un
senso di frizzante contentezza mi pervade, provocandomi una
sensazione di caldo piacere e portandomi a sorriderle in modo lieve.
Come un'iniezione di allegria direttamente nelle vene il mio umore si
alza istantaneamente di una tacca, trasformandosi quasi in un
benessere mistico e catartico.
E'
inutile negare che pensare a come si sono sistemate le cose mi causi
un inconfondibile senso di felicità e gioia.
Ripensare
a quei stessi momenti di chiarimento e a tutti quelli successivi me
lo provoca, stordendomi quasi.
Ed
è una sensazione a cui non riesco ancora ad abituarmi e a
cui non
so resistere, nonostante siano passati parecchi giorni.
Ogni
giorno, ogni momento
in cui ci penso mi riscopro sorpresa e intimamente stupita dal senso
di tranquilla contentezza che mi suscita. Così naturale e
spontanea
da risultare inaspettata, sorprendente.
La
mia mente mi ricorda distrattamente l'attimo dopo che Candy
è ancora
in attesa di una risposta, spezzando il flusso di elucubrazioni che
mi stavano scuotendo.
Almeno
per una volta non pessimiste e cupe, noto serena
-
Beh, credo di si – soffio con voce bassa e pacata mentre
percepisco
le guance scaldarsi lievemente, velandosi di un leggero, ma bruciante
rossore.
Mi
stringo nelle spalle, continuando a sorreggere il suo sguardo azzurro
e vivace animato da una punta di visibile allegria.
Lei
esibisce un sorriso luminoso e ampio, romantico, riservandomi
un'occhiata attenta che non è solo impregnata di
rassicurante
serenità.
Mi
sta anche studiando, infatti, tentando di decifrare le mie parole e
la mia espressione. Cosa che mi fa sentire inaspettatamente oggetto
di riflessioni e ipotesi.
-
Credi? Pensavo che Mr bipolare avesse detto che voleva stare con te
–
soffia lei dopo una frazione di secondo, punzecchiandomi
maliziosamente. - In tutti i sensi – continua, calcando il
tono
della voce in una inclinazione decisamente allusiva e insinuante.
-
Si, ma non abbiamo parlato molto – ribatto io maliziosa,
lanciandole un'occhiata volutamente ambigua mentre ridacchiare
divertita.
Anche
lei ride, gli occhi animati da un furbo brillio di malizia. Ha capito
benissimo a cosa mi riferisco, noto, anche perchè conosce la
stragrande maggior parte dei dettagli.
Mi
mordo le labbra, continuando a sorridere compiaciuta da questa
realtà
quanto mai piacevole e invitante. E con la mente ripercorro a
ritroso tutti quei momenti, riassaporandoli uno ad uno fino a
perdermici totalmente.
Non
abbiamo praticamente lasciato quasi mai il letto nei momenti liberi
che abbiamo avuto in queste due ultime settimane, fatte di lavoro
frenetico e, beh, sesso. Decisamente tanto.
La
passione non è infatti mai mancata, fomentando anzi un
desiderio che
invece di placarsi si acutizzava languidamente.
Inclino
leggermente il viso, inumidendomi le labbra mentre un senso di
calore, di tutt'altra natura mi scuote con delle lente e suadenti
spirali. Una placida stretta mi attanaglia maliziosamente lo stomaco
nel momento stesso in cui la mia mente mi ripropone i ricordi di
qualche settimana fa, facendomi riassaporare le nostre sinuose figure
nel letto della mia camera ad Atlanta.
E
il confine tra presente e ricordo diventa fragile, quasi intangibile
finendo per svanire e fondere i due mondi in una sola labile
presenza.
Voglio
stare con te.
Le
sue parole, sussurrate in un impeto di passione fisica ed emotiva, mi
invadono la mente prepotentemente, stordendomi anche a distanza di
giorni per la loro imponente portata emozionale.
Emetto
un piccolo sospiro, fievole e beato mentre tutte le altre riflessioni
scompaiono all'istante, dissolvendosi nel nulla come una bolla di
sapone.
Mi
aveva colto di sorpresa. Nonostante la mia ostinata ricerca di
confini che ci delineassero in modo sicuro e nitido, difatti, non mi
aspettavo una simile frase. Così diretta e schietta da
togliere il
fiato. Sul momento poi il desiderio reciproco aveva sovrastato tutto
e impegnato ogni energia, fino a quando non ero crollata in un sonno
profondo sotto le impetuose spinte del piacere che mi illanguidiva il
corpo fino a spossarlo.
Solo
la mattina dopo, trovandolo ancora tra le lenzuola a dormire
beatamente avevo realizzato che non era solo un bisogno fisico,
quello che aveva espresso, ma anche e soprattutto sentimentale.
Ne
avevo preso coscienza totalmente, finendo per esserne quasi
destabilizzata. Il carico di emozioni era stato forte, sconvolgente,
così tanto da portarmi a fissarlo con occhi lievemente
sorpresi per
una sequela di minuti interminabili.
Dopo
tutte le litigate, le cose orrende e pesanti che ci eravamo detti, era
lì, stanco e dormiente al mio fianco.
E'
al mio fianco. Nessun limite, nessun muro tra di noi. Finalmente.
Aveva
abbattuto i suoi confini interiori, in qualche modo
persino i
suoi dubbi e aveva fatto un passo verso di me, dopo tutti quelli
fatti in senso inverso. Certo, probabilmente non del tutto, ma era
sicuramente un progresso.
Emetto
l'ennesimo breve e leggero sospiro, soffiando l'aria tra le labbra in
un sibilo impercepibile mentre percepisco quelle stesse intense
emozioni pervadermi con un brivido.
Così
forti da provocarmi nuovamente quel senso di farfalle nello stomaco,
che svolazzano allegre e spensierate. Senza accorgermene gioco
distrattamente con una ciocca dei miei capelli, arricciandomela
intorno all'indice e srotolandolo l'attimo seguente mentre un'altra
poderosa ondata di riflessioni mi invade.
I
giorni sono poi passati velocemente, il ritmi lavorativi massacranti
prima della pausa natalizia che ci hanno tolto praticamente il
respiro e i preziosi minuti di sonno li abbiamo speso in tutt'altro,
languido modo. Non abbiamo più parlato direttamente da
allora, né
della discussione né della nostra situazione.
Non
ci siamo, infatti, definiti a parole, discutendo ampiamente su
ciò
che siamo o meno, ma ci siamo basati su ciò che è
emerso in qualche
modo spontaneamente: una forte e lampante voglia di stare insieme e
provare a frequentarsi. Tentare di andare oltre quel limbo in cui
alla fine ci eravamo impantanati, vittime delle nostre stesse paure,
e che ci aveva portato a litigare violentemente.
Abbiamo
superato quel confine ristretto, ponendocene tacitamente un'altro
più
vasto.
Un
noi.
E
il mio cuore perde quasi un battito a questa riflessione, iniziando a
pulsare in modo anomalo l'attimo seguente e trasformandosi in
tachicardia.
Tuttavia,
i miei pensieri vengono frantumati subito dopo da Candice, che
riprende a parlare.
-
Anche il sesso è una forma di linguaggio – ride
maliziosamente lei
– E visto quanto ne avete fatto avete parlato decisamente
tanto –
mi prende allusivamente in giro, facendomi scoppiare a ridere.
La
nostra risata genuina riempie momentaneamente la stanza. Cala poi il
silenzio mentre il sorriso leggero che mi stende le labbra scema via,
lasciando il posto ad una espressione rilassata e compiaciuta.
Candice
socchiude le labbra, sussurrando qualcosa che risulta essere un
fulmine a ciel sereno. Mi guarda dritta negli occhi, fissandomi in un
modo anomalo e insolito.
-
Ne sei innamorata?- mi domanda a brucia pelo, schiettamente,
cogliendomi di sorpresa con la stessa potenza di un fulmine a ciel
sereno.
Presa
totalmente in contro piede avvampo, il sangue che affluisce
velocemente sulle mie guance rendendole scarlatte.
Ne
sei innamorata?
L'eco
di quella domanda echeggia nella mia mente, creando il vuoto intorno
a se. Il mio cuore perde un battito, portandomi a trattenere
bruscamente il respiro che rimane bloccato in gola, raschiandola.
Con
gli occhi dilatati la fisso sorpresa, sconvolta quasi, mentre i miei
pensieri ruotano solo intorno alla sua domanda. Riesco a pensare
unicamente a questo.
Ne
sono innamorata?
E
la risposta questa volta non so darmela. La cerco disperatamente, ma
non la trovo.
Boccheggio
lievemente, aprendo e chiudendo le labbra un paio di volte senza
trovare nulla da dire. Senza sapere cosa ribattere.
Senza
riuscire a delineare un confine dentro di me, fare
chiarezza
nella matassa di elucubrazioni che si aggrovigliano nella mia mente.
-
Non lo so - balbetto impacciata mentre qualcosa dentro di me protesta
violentemente, scalciando e scalpitando come per farsi sentire,
notare.
Non
lo so davvero o fingo di non saperlo? Mi domando confusa, rintronata.
E
il confine
è così
sottile che non so capirlo.
-
Non lo sai davvero?- mi incalza ancora lei, inarcando un sopracciglio
e inchiodandomi con uno sguardo indagatore da cui non so sfuggire.
Non ci riesco.
Mi
stringo nelle spalle.
-
Forse - sussurro semplicemente, il cuore che batte scalmanato nel mio
petto.
Scalpita
e stride contro una sorta di irrazionale razionalità che non
sa dare
una risposta se non questo semplice sussurro.
-
O forse non vuoi saperlo?- preme lei senza scampo, volendo quasi
cercare una risposta a tutti i costi.
Cosa
che, al momento, non posso darle.
-
Forse - mormoro guardandola per una frazione di secondo negli occhi,
cambiando celermente però direzione con lo sguardo l'attimo
seguente.
Lo
punto fuori dalla finestra, dove svettano i grattacieli di NY, non
riuscendo a sostenerlo. O forse semplicemente non volendo essere
letta più in profondità, penso mentre una forma
di pudore mi
pervade con una potenza sconcertante.
-
Ad entrambe le domande – soffio con tono sottile e appena
percepibile, quasi inudibile.
La
voce che fa fatica ad uscire, raschiando contro la mia gola dove
anche il respiro vi rimane bloccato.
Deglutisco
scoprendola secca e la bocca impastata da una frenesia di emozioni
che mi sconquassano, mi sconvolgono.
Tutte
le riflessioni si ingarbugliano maggiormente tra di loro, si
mischiano al mio stato d'animo e mi confondono ancora di più.
Sospiro,
scrollando vigorosamente il capo e decidendo di cambiare l'argomento,
spostando la sua attenzione e riportandola sulla discussione
originaria.
-
Comunque, è in ritardo di più di un'ora- affermo
irrequieta,
reclinando la testa all'indietro e abbandonandolo sul morbido cuscino
contro cui sono comodamente appoggiata.
Sbuffo,
controllando per l'ennesima volta il telefono per poi abbandonarlo
definitivamente sul copriletto convincendomi che, almeno per il
momento, non riceverò nessuna sua chiamata o messaggio.
E
l'irritante ansia dovuta al fatto di non vederlo torna a farsi
sentire, purtroppo, bussando alla mia porta.
Candice
mi rivolge uno sguardo interrogativo, che diventa poco dopo
consapevole non appena comprende a cosa mi sto riferendo. O meglio a
chi.
E
le sono silenziosamente grata di non essere andata oltre con le
domande, persistendo ottusamente.
-
Magari è scappato con una hostess – afferma con
tono serio,
guardandomi dritta negli occhi con l'espressione di chi ti sta
dicendo una grande verità.
Io
allargo lievemente gli occhi, sbigottita e infastidita da questa
remota possibilità. E proprio quando il tarlo della gelosia
inizia a
bussare erodere le basi della mia insicurezza lei scoppia a ridere.
La
sua risata cristallina, divertita genuinamente e ilare invade la
stanza e le mie orecchie, scacciando via quell'albore di irritazione.
Stringo
stizzita le labbra, afferrando un cuscino azzurro vicino a me e
tirandoglielo contro.
-
Non è divertente!- bofonchio la mia protesta con tono
imbronciato e
vagamente offeso.
I
battiti del mio cuore rallentano lentamente, tornando normali e
cadenzati.
Anche
solo pensarlo, per scherzo, in compagnia di un'altra donna mi provoca
fastidio, infondendomi un senso di latente nervosismo vago e
paradossalmente al tempo stesso molto presente.
-
Dovevi vedere la tua faccia – continua a ridere di me la
bionda, i
capelli prima perfetti ora scompigliati dalla mia cuscinata mentre si
porta una mano al petto, come per calmare le sue risa
incontrollabili.
Le
lancio un'occhiataccia torva, scoprendomi più innervosita
dal fatto
che abbia ragione che dalla frecciatina in sé. E la sua
assenza
prolungata non fa altro che acuire e peggiorare il mio nervosismo.
Possibile che mi manchi già terribilmente? Mi domando
sorpresa e
confusa, cercando di decifrare il mio stato d'animo e i miei
pensieri. Così contorti e intrinsecamente impregnati di
emozioni,
sbuffo leggermente.
Forse
mi sono solo abituato ad averlo sempre intorno e ora mi manca di
più
anche per questo, mi dico cercando di convincermene davvero. O forse
illudermene?
Sospiro
nuovamente, soffiando l'aria tra le labbra. Come si può
trovare un
confine tra interessamento e qualcosa di
più?
Mi
ritrovo a chiedermi confusa, non riuscendo a trovare una risposta se
non il fatto che mi manca terribilmente e non lo vedo solo da un
giorno.
Le
nostre chiacchiere e, soprattutto, i miei pensieri vengono tuttavia
spazzati via l'attimo seguente
La
porta in legno scuro si apre infatti all'improvviso, portandoci a
voltarci istintivamente in quella direzione.
Con
una torsione lieve del capo inclino leggermente il viso, beandomi
della figura tonia e slanciata, vestita come di consueto di scuro,
che compare davanti a me, sulla soglia. Con un'occhiata attenta e
particolarmente interessata la percorro interamente. E un senso di
dolce e pacifico sollievo mi pervade subito, entrando in circolo.
Un
sorriso leggero, illanguidito da una punta di desiderio, mi vela le
labbra, stendendole in modo quasi felino. I miei denti vi affondano
nel momento stesso in cui i miei occhi si posano sulla sua bocca,
carnosamente invitante.
Ian,
il telefono tra la spalla e l'orecchio e un borsone appeso al
braccio, compare dinnanzi a noi, entrando nella stanza con una sola,
semplice falcata.
Emette
qualche piccolo cenno affermativo, probabilmente in risposta
all'interlocutore che lo sta tenendo occupato al cellulare mentre
intanto richiude la porta alle sue spalle. Alza poi lo sguardo su di
noi, facendo un cenno con il capo come saluto.
-
Parli del diavolo e spuntano le corna – sussurra ironicamente
e
piano Candice, in modo tale che lo possa percepire solo io.
Rido
sommessamente, lanciandole una finta occhiataccia che appare quasi
cospiratoria e non accorgendomi che lui si è avvicinato.
-
Ti ho sentito Candito – ribatte Ian,
scherzando e
chiamandola con il soprannome che ha coniato lui stesso visto i
vestiti sgargianti che indossa di solito e l'assonanza con il suo
nome.
Candice
in risposta assottiglia gli occhi indispettita, non scomponendosi
però più di tanto e rimanendo sdraiata
comodamente nella parte di
letto in cui di solito dorme Ian.
Ian,
invece, continua a sfoggiare il suo ghigno malizioso e divertito,
raggiungendo i piedi del letto e sfilandosi la giacca.
-
Ciao piccolo grande Ian – freccia lei
l'attimo seguente,
punzecchiandolo maliziosamente e difendendosi.
Io
sbarro all'istante gli occhi, il sangue che affluisce velocemente
sulle mie guance e lo sgomento che prende possesso della mia mente
non appena mi rendo conto a cosa si sta riferendo.
O
meglio a quale parte del corpo.
Lo
ha detto davvero? Mi chiedo totalmente senza parole.
Con
occhi sgranati rimango per una frazione di secondo immobile, cercando
di comprendere se Candice lo ha chiamato realmente in quel
modo o
se me lo sono solo immaginato.
Mi
volto lentamente verso di lei, lo stupore intatto stampato
nitidamente sul mio viso
Cosa
diavolo le è saltato in mente?Mi domando allibita e
shoccata, lo
shock iniziale che si tramuta quasi in panico non appena il mio
cervello mi ricorda che anche Ian ha sentito.
-
Scusa?- inarca lui un sopracciglio scuro, guardandola scetticamente.
In
tutta risposta lei ride ancora più forte mentre Ian la
guarda
interdetto, probabilmente non capendo, e io vorrei letteralmente
sotterrarmi sotto i cuscini.
Imbarazzata
rivolgo uno sguardo di scuse a Ian, che, al contrario delle mie
previsioni, sorride vagamente divertito.
-
E comunque quella è mia parte di letto- afferma pungente
accompagnando un gesto della mano alle parole – Smamma
–
ribadisce, beccandosi subito l'occhiataccia al vetriolo e offesa di
Candice.
Schiude
le labbra, fissandolo torvamente prima di rizzarsi a sedere.
-
Me ne vado solo perchè non voglio vedervi in
modalità piccioncini-
afferma con voce sibillina – O peggio in modalità
accoppiamento!-
Rido
punzecchiata dalla frecciatina maliziosa mentre lei si alza dal letto
con un saltello, avvicinandosi alla porta.
-
Ci sentiamo dopo, Nina – mi saluta con una scrollata del
capo, che
le muove i capelli biondi, guardandomi da sopra la spalla. - E non
fate troppo rumore, ho la camera qui affianco-
Senza
lasciarmi il tempo di ribattere scompare dietro la porta,
chiudendosela alle spalle, accompagnata da una risata cristallina e
maliziosa che svanisce nel corridoio silenzioso.
Con
ancora le labbra dischiuse dalla sorpresa e le guance arrossate di
imbarazzo mi volto nuovamente verso di Ian, ancora in piedi.
-
Piccolo grande Ian? - mi domanda con voce bassa e apparentemente
tranquilla, appena venata da una nota di tensione mentre inarca un
sopracciglio corvino.
Schiudendo
le labbra mi inginocchio sul letto, sedendomi sui talloni mentre mi
stringo imbarazzata tra le spalle e lo fisso senza saper bene come
giustificarmi.
E
meno male che le avevo detto che erano confidenze, mi dico
-
Mi dispiace, Som – lo sguardo realmente dispiaciuta e a
disagio.
Lui
strabuzza gli occhi, guardandomi incredulo e quasi stralunato mentre
con un gesto fluido allarga le braccia.
-
Cioè...piccolo?- stringe gli occhi,
stendendo le labbra in
una smorfia offesa e quasi oltraggiata.
Le
arriccia, corrucciandole e assumendo una espressione offesa, come se
avesse subito un tremendo affronto.
E
anche tremendamente buffa.
Scoppio
infatti a ridere il secondo dopo, non riuscendo più a
trattenermi.
Lui
mi guarda male, avvicinandosi con un'ampia falcata alla parte del
letto in cui sono io. Assottiglia giocosamente gli occhi, rendendoli
simili a due fessure, portandomi ad allungare istintivamente le mani
in avanti.
-
Mi prendi anche in giro, Dobrev?- afferma scherzoso appoggiando in
modo fulmineo le mani sui miei fianchi, dove con dita abiti si infila
sotto la maglietta nera che indosso e inizia a farmi il solletico.
Improvvisamente
scossa dai singulti delle risate mi muovo in modo scomposto fra le
sue braccia nel tentativo di liberarmi, ma finendo, di fatto, per
essere ancora più intrappolata nella sua morsa. Lui continua
difatti
a torturami in questo modo, facendomi mancare quasi il respiro.
-
No... no … il solletico no – ansimo balbettando a
causa delle
risa, implorandolo quasi di lasciarmi stare.
Lui
indugia ancora qualche attimo.
-
Mmm, per questa volta, ti risparmio – acconsente dopo un
secondo di
esitazione, lasciandomi accaldata e ansimante tra le sue braccia. -
Solo perchè mi sei mancata – soffia poi al mio
orecchio, il suo
respiro fresco che si infrange contro la pelle sudata del mio collo.
Questo
contatto mi provoca inaspettatamente un lungo brivido di piacere su
per la schiena, facendomi rabbrividire mentre un sorriso si delinea
spontaneamente sulle mie labbra.
Irrazionalmente
mi inarco leggermente contro di lui, infilando silenziosamente le
mani sotto la sua camicia e cercando un contatto maggiore con il suo
corpo muscoloso. Non appena i miei polpastrelli incontrano la sua
pelle morbida e bollente alzo lo sguardo su di lui, mentre qualcosa
di indistinto si muove dentro di me.
Una
sensazione suadente e languida mi stringe il cuore, provocandomi la
tachicardia e una morsa dolce allo stomaco che assomiglia
terribilmente alle vertigini.
E
mi sento tranquilla e spensierata, sollevata dalla sua presenza.
È
come se tutto andasse al suo posto in un istante.
Finalmente
è qui, con me. Nessun confine territoriale a dividerci,
nessun
limite tra di noi.
Ian
contraccambia il mio sorriso, esibendo il consueto mezzo ghigno
malizioso e vagamente dolce che lo contraddistingue.
Sposta
poi una ciocca di capelli scuri dal mio viso, portandomela dietro
l'orecchio in una carezza leggera ma tremendamente deliziosa che mi
fa quasi perdere un battito.
Appoggio
il viso contro al suo palmo, percependo la pelle calda adagiarsi
contro la mia guancia mentre continuiamo con il nostro gioco di
sguardi. Quella sensazione piacevole e forte torna a farsi sentire,
questa volta più forte e vigorosa.
E
mi rendo allora conto che non è solo un mio pensiero,
comprendo che
non ci sono davvero confini tra noi.
Lo
leggo nei suoi gesti, nel suo sguardo. Lui inclina poi il viso,
guardandomi in modo languido e voluttuoso mentre avvicina lentamente
il volto al mio.
Dopo
neanche una frazione di secondo appoggia le labbra all'angolo della
mia bocca, portandomi istintivamente a socchiudere gli occhi mentre
lambisce quella piccola porzione di pelle.
E
mi ritrovo ad agognare un suo bacio come un assetato nel deserto, ne
sento il bisogno pulsare nelle vene diventando sempre più
intenso.
E' bisogno di lui, che si palesa concretamente in un delizioso
solletico al basso ventre.
Istintivamente
inclino il capo verso destra, facendo scontrare i nostri respiri e
soprattutto le nostre labbra che finalmente si incontrano.
E'
un bacio vorace, intenso e carico di desiderio represso. Una
elettrica voglia vibra improvvisamente nell'aria, tra di noi,
appesantendo i nostri corpi ed illanguidendoli. Appoggio una mano sul
suo viso mentre con una leggera pressione mi spinge all'indietro,
fino a farmi sdraiare sul materasso con un lieve rimbalzo.
E'
subito su di me, fra le mie gambe che si aprono e lo accolgono
nonostante l'impedimento dei vestiti, stringendosi intorno ai suoi
fianchi mentre l'ennesimo bacio si consuma focosamente.
Improvvisamente
tutto intorno a noi diventa superfluo, come se ogni cosa si sbiadisse
lentamente fino a perdere la sua forma.
Il
confine
temporale svanisce,
rinchiudendoci e accogliendoci in una languida bolla atemporale dove
nulla ha importanza.
La
sua mano cerca la mia sul copriletto, intrecciandosi con essa mentre
struscia i fianchi contro i miei in una voluttuosa frizione che mi
provoca una imponente scarica di piacere e desiderio.
Rimaniamo
solo noi, divisi da uno strato di abiti che tra pochissimo
scomparirà.
Sorrido
maggiormente mentre la sua bocca lambisce ancora una volta la mia,
intrappolandola in un bacio lento e voluttuoso che sopprime il primo
dei miei sospiri.
In
un lampo di remota razionalità la mia mente palesa un
pensiero che
non so decifrare.
Esiste
ancora un confine tra me e lui?
***********************************
Un
sorriso allegramente cordiale e svagato compare sulle mie labbra nel
momento stesso in cui una piccola lucina rossa lampeggia, segnalando
che siamo di nuovo in onda. Il pubblico in studio ci accoglie
nuovamente con un fragoroso applauso, così vivace e veemente
da
risultare quasi assordante.
Sorrido
lievemente frastornata, ma comunque a mio agio, mentre mi sistemo una
ciocca di capelli scuri dietro l'orecchio.
La
conduttrice dalla folta capigliatura bionda riprende intanto a
parlare, ammiccando affabilmente al cameraman.
-
Ben tornati con noi – saluta i telespettatori, sfoggiando un
sorriso così smagliante da risultare accecante oltre che
finto.
Ian
seduto al suo fianco sul divanetto invece rimane in silenzio,
mostrando semplicemente un mezzo ghigno.
Con
un vago occhio critico la studio, squadrandola leggermente da capo a
piedi mentre snocciola l'ennesima domanda sullo show a Julie. E' una
donna sulla trentina, decisamente avvenente e con un un forte
carisma. E probabilmente è anche consapevole di esserlo
visto il
modo di ostentata seducenza con cui si pone.
Soprattutto
con Ian, assottiglio gli occhi mentre il mio sguardo diventa
tagliente e una punta di fastidio mi attraversa, trafiggendomi da
parte a parte. Lo ha fatto sedere fin da subito vicino a lei,
intrattenendolo per gran parte del tempo dell'intervista.
Cosa
che non mi è passata decisamente inosservata. Anzi,
tutt'altro. E
l'irritazione torna a farsi sentire, manifestandosi in modo
più
forte e sotto forma di una irritante stretta allo stomaco che non mi
lascia scampo. Mi attanaglia, tormentandomi e rendendomi irrequieta.
Gelosia,
soffia con tono canzonatorio una vocina petulante dentro la mia
testa, riconoscendola subito ed etichettandola. Scrollo leggermente
il capo, mordendomi l'interno della guancia nel tentativo di
scacciarla e sopprimerla.
Sono
davvero gelosa? Mi domando sconcertata, tentando vanamente di
comprendere meglio il tumulto di emozioni che si agita dentro di me.
Lancio
un'occhiata di sottecchi ad Ian, sperando che passi il più
inosservato possibile. Non mi va decisamente che mezza America
speculi su queste cose, creando supposizioni e gossip di basso
livello.
Correndo
comunque questo piccolo rischio con lo sguardo seguo la sua figura
snella e tonica, vestita come sempre di scuro. Sembra tranquillo e
non particolarmente interessato a ciò che gli sta intorno.
Né
all'intervista, né a chi la fa, noto con un piccolo sospiro
rincuorato.
Tuttavia,
la morsa fastidiosa e irritante non scompare, continuando a rimare
vigile e fin troppo presente. Mi tende lievemente, facendomi apparire
tesa e contratta.
E
fissandolo la domanda sorge spontanea: perchè sono
così gelosa?
Dubbiosa
e incerta prendo un piccolo respiro, tentando di apparire naturale e
attenta nonostante il tumulto interiore delle mie emozioni che
sembrano non volerne sapere di smetterla di agitarsi.
Come
se non fossero già abbastanza intricati e contorti di loro,
a questo
pensiero si aggiunge un'ulteriore domanda che vibra con una potenza
allarmante dentro di me.
Ne
sei innamorata?
La
voce di Candice, il suo quesito, echeggia nella mia mente per qualche
lungo istante, così nitida e chiara da zittire all'istante
tutte le
altre rumorose riflessioni. Il mio cuore aumenta leggermente i
battiti, diventando uno scalpitare irrequieto e aritmico che mi
confonde ulteriormente.
Deglutisco,
mentre l'agitazione sale ancora rendendomi terribilmente nervosa e
contribuisce anche il non sapermi dare una risposta. Non riesco,
infatti, a tracciare un confine netto, a dividere i pensieri dalle
emozioni e fare di conseguenza chiarezza.
E'
per questo che la gelosia si manifesta in modo così
violento? Mi
domando ancora, accatastando quesiti su quesiti senza risposte.
Forse,
mi dico incerta e confusa. Di certo non mi aiuta a rimanere calma e
razionale, ragionando in tal modo più chiaramente. E' questa
la
risposta risolutiva?
A
complicare ulteriormente il mio stato d'animo, contribuendo ad
alimentare il caos totale della mia mente, ci pensano un paio di
occhi azzurri.
Ian
alza improvvisamente lo sguardo su me, come richiamato dal vociare
rumoroso e paradossalmente al tempo stesso silenzioso del mio
rimuginare. Lo fa scontrare con il mio, intrappolandomi in un gioco
indissolubile e indecifrabile da cui non so sfuggire.
O
forse non voglio, semplicemente.
Per
una frazione di secondo rimaniamo così a guardarci da
lontano, gli
occhi incatenati. Si fondono in uno scambio silenzioso di pensieri
che non sono certa di aver compreso appieno.
E
quella domanda imponente, ingombrante torna a farsi sentire come un
monito.
A
rompere bruscamente sia il turbinio delle mie elucubrazioni sia il
nostro gioco di sguardi ci pensa la voce acuta di Emily, la
conduttrice.
L'attimo
dopo i riflettori e tutta l'attenzione vengono puntati su di me,
cogliendomi di sorpresa.
-
E tu Nina cosa ne pensi? Gran parte del lavoro è tuo
quest'anno - afferma al mio indirizzo lei, la voce acuta e incalzante
che mi
risulta quasi irritante.
Totalmente
presa in contropiede socchiudo le labbra, rimanendo in silenzio
mentre un imponente ondata di imbarazzo mi coglie.
Dannazione
a me e ai miei pensieri, mi ritrovo ad imprecare silenziosamente
contro me stessa mentre tento freneticamente ricordarmi la domanda.
Mentre
la telecamera mi inquadra mi sistemo meglio sul divanetto in cui sono
seduta, tra Paul e Candice, accavallando le gambe in modo tale che il
vestito blu che indosso non le scopra del tutto.
-
Ci dobbiamo aspettare colpi di scena nelle prossime puntate?- mi
sollecita ancora a parlare, consentendomi fortunatamente di capire di
cosa parla.
Mi
umetto le labbra, accingendomi a rispondere.
-
Sicuramente si – affermo con un ampio sorriso, apparendo
tranquilla
mentre gesticolo lievemente mentre parlo – Julie e Kevin
hanno
fatto un ottimo lavoro e i prossimi episodi lasceranno davvero con il
fiato sospeso -
Lei,
apparentemente soddisfatta, commenta allegramente la mia risposta,
ponendo poi la domanda seguente dopo aver sbirciato velocemente sulla
cartellina che ha appoggiato sulle gambe.
-
Fino ad ora abbiamo parlato dello show, adesso passiamo quindi a
qualcosa di più personale - afferma e per un attimo un
brillio quasi
sadico le attraversa lo sguardo verde.
Mi
scambio una veloce occhiata con Candice, seduta al mio fianco, che si
esibisce in una smorfia non proprio contenta. Sono domande di rito
queste, fin troppo presenti nelle interviste e altrettanto
fastidiose.
E
proprio quando mi aspetto da un momento all'altro qualche quesito
sulla mia vita privata, lei si volta rifocalizzando tutta la sua
attenzione su Ian.
Irrazionalmente
la morsa che mi stringe nervosamente lo stomaco torna a palesarsi,
acutizzandosi lievemente.
-
Normalmente quando si affronta il successo si ha sempre una presenza
femminile vicino, tu, Ian, hai qualcuno? - soffia con voce melliflua,
quasi seducente, accompagnando le parole ad un vigoroso sbattimento
di ciglia.
Lui
aggrotta leggermente le sopracciglia, come se non si aspettasse
questa domanda o, almeno, non così diretta. E sinceramente
neanche
io.
Socchiudo
lievemente le labbra, mentre istintivamente trattengo il respiro. In
fibrillante attesa di una sua risposa lo fisso con gli occhi dilatati,
il cuore che scalpita ansioso nel petto e il respiro
bloccato in gola.
Sono
domande frequenti nelle interviste ma è la prima volta che
succede
dopo il nostro rappacificamento. E mi ritrovo a chiedermi cosa
risponderà. Non abbiamo mai parlato di cosa dire o fare in
pubblico
in queste settimane, non abbiamo in qualche modo neanche concordato
una linea comune da tenere.
Cercando
di riacquistare un minimo di contegno mi mordo le labbra l'attimo
seguente. Sembrare imbarazzata e colta da un attacco d'ansia per una
domanda simile in pubblico non è decisamente un'ottima idea,
attirerebbe ancora più l'attenzione su di noi.
Ian
si esibisce in un ghigno malizioso, stendendo le labbra nel solito
mezzo sorriso birichino che mi fa impazzire. Allarga poi le braccia
l'attimo seguente, inclinando lievemente il capo verso sinistra.
-
Decisamente no – ride lui, il tono della voce sicuro e
morbido come
sempre e qualcosa dentro di me protesta a queste parole.
-
Non sono assolutamente il tipo da relazioni lunghe o durature
–
aggiunge lanciando un'occhiata languida all'intervistatrice, mentre
il pubblico femminile in studio rumoreggia contento.
Una
punta di delusione mi pervade, trafiggendomi da parte a parte e
pervadendomi.
Amareggiata
e irrazionalmente infastidita continuo a guardarlo in modo cupo,
tutto il resto che diventa sottofondo sbiadito dei miei pensieri.
Non
mi aspettavo di certo che confermasse e dicesse che ero io, ma
neanche sinceramente una risposta simile. Così dura e netta.
Che
bisogno c'era di calcare così la mano? Mi domando
sconcertata mentre
il mio fastidio aumenta ancora non appena la conduttrice chiude la
trasmissione continuando a lanciare occhiatine a Ian.
Lo
studio si svuota velocemente, in modo direttamente proporzionale
all'acutizzarsi del mio fastidio.
Senza
degnare nessuno di uno sguardo, soprattutto Ian, mi alzo dal
divanetto su cui ero seduta e con Candice mi allontano, avviandomi
verso i camerini.
-
Che intervista noiosa – sbuffa Candy al mio fianco,
raggiungendomi
accompagnata dal ticchettio acuto dei tacchi.
Le
rivolgo un leggero sorriso, inclinando appena le labbra in quello che
sembra più una smorfia che un sorriso.
Non le dico nulla, stringendomi
unicamente nelle
spalle mentre la ascolto.
-
Meno male che è finita, non ne potevo più
– passa una mano fra i
capelli biondi, sistemandoli.
Ed
è proprio quando sono sul punto di parlare che qualcosa
attira la
mia attenzione, portandomi a tendere l'orecchio.
-
Grazie mille – afferma all'improvviso una voce femminile
bassa e suadente, che riconosco subito come quella dell'intervistatrice
e che
riprende a parlare l'attimo dopo. - Ho visto le prime statistiche
sugli ascolti e sono fenomenali -
Mi
mordo le labbra, compiendo istintivamente un passo indietro per
cercare di captare qualche altra parola in più e,
soprattutto, in
modo più nitido e chiaro.
So
che non è propriamente educato e corretto origliare una
conversazione altrui, ma il mio istinto mi sprona a continuare e
rimanere in ascolto. Mi spinge in questa direzione.
E
io lo seguo.
-
Non mi stai di nuovo ascoltando – protesta Candy al
contrario,
bacchettandomi con un'occhiata che però zittisco con un
gesto.
Alzo
un dito, facendo silenziosamente segno a Candice di stare zitta e
permettermi così di captare il dialogo alle mie spalle
nonostante il
vociare caotico che ci circonda.
Lei
aggrotta le sopracciglia, guardandomi confusa e non capendo, ma
assecondandomi.
-
Figurati, tesoro – le risponde qualcuno l'attimo seguente, il
tono
suadente e roco che io conosco benissimo.
Allargo
leggermente gli occhi, espirando. È Ian, riconosco subito
mentre la
morsa allo stomaco diventa quasi insopportabile culminando .
Irrazionalmente
una pizzicante irritazione mi pervade nel sentire il tono seducente
e il nomignolo con cui l'ha chiamata.
Tesoro?
Inarco infastidita un sopracciglio mentre un'altra ondata di fastidio
si riversa nelle mie vene, bruciando terribilmente in tutto il mio
corpo.
Quasi
al limite della sopportazione stringo le labbra, indurendo
l'espressione e decidendo che il carico di emozioni negative per oggi
è decisamente abbastanza.
Innervosita
terribilmente e stretta della morsa della gelosia muovo un passo in
avanti, tentando di andarmene ma la frase successiva mi tiene
inaspettatamente incollata al pavimento.
-
Allora che ne dici di festeggiare uscendo a cena? L'ultima volta
è
andata alla grande – ride maliziosamente, il tono ambiguo e
terribilmente irritante che mi da i nervi.
Stringo
istintivamente le mani, chiudendo le dita in un pugno e percependo le
unghie affondare spietatamente nella pelle chiara e delicata del mio
palmo.
E
una bruciante consapevolezza mi avvolge, rendendomi finalmente
più
chiaro tutte quelle occhiate maliziose e i mezzi sorrisi. La
confidenza innaturale per due persone che si conoscono appena trova
spiegazione, in qualcosa che avrei decisamente preferito sapere prima
invece di scoprirla così.
Ci
è andato a letto.
Mi
mordo quasi a sangue le labbra, irritata da una molteplicità
di
fattori e pensieri. E prima fra tutte spicca la gelosia, bruciante e
divorante che mi soffoca tra le sue spire, non lasciandomi via di
scampo e respiro.
Ormai
al limite, decido di andarmene.
-
Senti, ci vediamo dopo – dico a Candice, l'umore che cade a
picco
man in mano che dettagli e ipotesi affollano la mia mente.
Senza
degnare Ian o ancora peggio l'intervistatrice di uno sguardo allungo
il passo, superandoli ad ampie falcate ed uscendo dallo studio
televisivo in una frazione di secondo.
Imbocco
velocemente il corridoio scuro, lasciandomi alle spalle tutto il
caotico vociare.
Ci
è andato a letto e non
mi ha detto nulla, mi dico mentre una smorfia amara mi solca le
labbra.
Scuoto
leggermente il capo, i piedi che si muovono da soli in direzione del
camerino o di qualsiasi posto tranquillo e possibilmente senza la
loro presenza irritante.
Socchiudo
leggermente gli occhi a causa del passaggio alla penombra dopo la
luce accecante di poco fa. Rimane solo un'ombra scura, torva, sul mio
volto che soppianta bruscamente il sorriso di circostanza di poco
fa, conferendomi un'aria imbronciata e seccata.
Un
imponente senso di irritazione mi pervade non appena il muro di
contenimento che mi ero costruita per non apparire pubblicamente
nervosa crolla, lasciando spazio all'ondata violenta di gelosia.
Non
mi ha detto nulla, mi ripeto ancora mentre il nervoso aumenta
maggiormente acutizzandosi violentemente.
E
una domanda sorge spontanea: ha negato di avere qualcuno anche per
questo?
Con
il cuore in gola deglutisco, le sicurezze create fino ad ora che
improvvisamente vacillano fragilmente, rischiando di cadere e
frantumarsi miseramente.
Deglutisco,
passandomi una mano tra i capelli nel tentativo di calmarmi e pensare
razionalmente. Ma non ci riesco, quel sentimento di fastidio
imponente che mi pervade me lo impedisce.
Espiro
violentemente, la camminata che diventa sempre più frenetica
e
veloce nonostante le scarpe con il tacco che indosso.
-
Nina - una voce che conosco fin troppo bene mi chiama con tono chiaro
e forte, cercando intenzionalmente la mia attenzione.
Cosa
che forse non ho intensione di dargli. Assottiglio istintivamente gli
occhi, rallentando leggermente la mia marcia verso il camerino dove
abbiamo lasciato i nostri effetti personali senza , tuttavia,
arrestarla del tutto.
Cosa
diavolo vuole ora? Mi domando quasi rabbiosamente .
-
Nina! - mi chiama nuovamente, questa volta in modo più
deciso e
qualcosa mi spinge a fermarmi e aspettarlo.
Forse
il mio istinto, o forse semplicemente una forma innata di masochismo.
Mi
raggiunge dopo una manciata di secondi, materializzandosi davanti a
me.
-
Ei - sussurra Ian, un leggero accenno di fiatone che gli incrina la
voce e rende affrettato il suo respiro.
Io
non dico nulla, limitandomi a voltarmi verso di lui e fissarlo. Molto
probabilmente è la mia espressione seccata a parlare da
sola, visto
che sfoggia il suo mezzo sorriso con l'intento palese di farmi
cedere.
E
ciò mi irrita ulteriormente.
-
Dove vai così di fretta?- mi domanda sfoderando un sorriso
affabile,
quasi dolce.
-
In camerino, vado a prendere la giacca – mormoro in risposta,
il
tono di voce abbastanza freddo e neutrale. Forse persino vagamente
meccanico.
Lui
aggrotta le sopracciglia, sfoggiando un'espressione confusa e
interdetta.
-
Potevi aspettarmi – afferma cercando i miei occhi, forse per
comprendere il sentimento che mi sta agitando.
Non
glielo permetto, sfuggendogli e puntando lo sguardo alle sue spalle,
sullo studio ancora illuminato.
E
un confine nasce spontaneo tra di noi, qualcosa che in un certo senso
ci divide.
Una
distanza che pongo io stessa, ma di cui in questo momento ho bisogno.
E
così non dico nulla, rimanendo semplicemente in silenzio
mentre
quella sensazione bruciante mi pervade, divorandomi.
E
quel tarlo interiore pulsa, scalpitando e mischiandosi alla
curiosità
divorante che non riesco a sopire, allontanare.
-
Ci sei andato a letto?- gli domando schiettamente, senza giri di
parole.
Lui
sbarra leggermente gli occhi, preso in contropiede per poi esibirsi
in un sorriso malizioso che mi manda letteralmente il sangue al
cervello.
-
Che domanda è? - ribatte, il sorriso che continua ad
aleggiare sulle
sue labbra.
E
quel suo evadere vale più di ogni altra parola. Non ho
bisogno di
una risposta perchè me la da già il suo modo di
porsi, di
guardarmi.
Indurisco
l'espressione, stringendo le labbra in una linea seccata.
E'
un si.
-
A dopo – soffio semplicemente prima di voltarmi e dargli le
spalle,
imboccando definitivamente il corridoio senza dargli modo di
rispondermi o fermarmi.
Lui
non dice nulla.
Rimane
semplicemente in silenzio e immobile, statico e fermo mentre io mi
allontano del tutto.
E
il confine diventa concreto.
*****************************
Le
luci di una notturna New York, adornata con le luminose natalizie, si
riflette sui finestrini scuri dell'auto in cui siamo, conferendo
all'atmosfera una nota romantica e vagamente malinconica.
Il
rumore di una portiera che si chiude con uno scatto metallico
accompagna l'improvvisa assenza di urla e caos, proprio mentre la
vettura inizia a muoversi. Istantaneamente tutto il fragore e la
confusione cessano, facendomi piacevolmente sprofondare solo in un
sublime silenzio.
Finalmente,
sospiro stanca accomodandomi meglio contro il sedile mentre una dolce
tranquillità inizia ad avvolgermi. Mi circonda come una
bolla
vellutata di calma e serenità, spingendomi a socchiudere
leggermente
gli occhi per bearmene appieno per alcuni lunghi attimi.
Una
morbida pacatezza in netto contrasto, però, con il mio stato
mentale
e interiore, non proprio calmo e sereno. Anzi, tutt'altro.
Dopo
l'intervista di oggi non mi ha proprio contraddistinto, mi mordo le
labbra mentre istintivamente la mia espressione si indurisce
lievemente. Non era, infatti, bastato averla intorno per durante lo
svolgersi del programma televisivo, ma era anche venuta al party di
beneficenza.
Cosa
che non ha fatto altro che irritarmi ulteriormente visto come ha
cercato spesso Ian, che io, invece, ho accuratamente cercato di
evitare.
Senza
voltarmi alla mia destra, dove una silenziosa presenza mi fa
compagnia appoggio le dita contro il vetro gelido del finestrino,
seguendo con gli occhi le vetture che sfrecciano nel senso opposto al
nostro nell'altra corsia.
Rabbrividisco
leggermente a questo contatto, lievemente infreddolita a causa
dell'abito che indosso e che mi lascia la schiena scoperta. Molto
bello, ma decisamente poco caldo.
-
Hai freddo? -
Una
voce bassa e pacata, tremendamente calda e avvolgente, riempie il
piccolo abitacolo in cui siamo, in netto contrasto con il mio
infreddolimento. E anche con il mio umore, noto mentre una lieve
smorfia si delinea sulle mie labbra e le stende.
Interrompendo
il flusso distratto dei miei pensieri mi volto in quella direzione,
incontrando il suo sguardo attento puntato dritto su di me. E anche
vagamente premuroso, constato con una rapida occhiata.
Silenziosamente
lo contraccambio, venendone comunque ammaliata nonostante il
nervosismo.
Una
punta di silenziosa tenerezza lo vena appena, riuscendo ad incrinare
per una frazione di secondo anche il mio malumore.
Mi
sembra quasi di essere divisa a metà, dilaniata da un
poderoso
nervoso da un lato e da un innato senso di dolce calore che il suo
sguardo mi suscita dall'altro.
E'
solo un attimo però, quel mostro che mi
attanaglia
subdolamente lo stomaco torna a tormentarmi il secondo successivo.
Esattamente come ha fatto tutta la sera.
Dopo
l'intervista di oggi pomeriggio, difatti, non mi ha lasciato un
attimo di pace, seguendomi fedelmente in ogni momento.
Solo
il passare dei minuti e una buona dose di chiacchiere con Candice mi
avevano portato a smorzarla, placandola lievemente, ma non del tutto.
Soffio
via l'aria tra le labbra, esibendomi in un piccolo sospiro che attira
ancora di più la sua attenzione.
Ian
mi fissa con occhi incredibilmente azzurri, la cravatta leggermente
allentata che spicca sulla camicia bianca e candida e un sopracciglio
leggermente inarcato in attesa, ricordandomi solo ora di non avergli
risposto.
-
Un po' - mi limito a sussurrare impalpabilmente, quasi un soffio,
mentre mi stringo istintivamente fra le spalle, l'ennesimo brivido mi
assale e mi scuote.
Complimenti
a me che non mi porto mai una giacca a questi eventi, soprattutto di
inverno, sbuffo leggermente.
Passo
allora le mani sulle mie braccia, in un banale tentativo di
riscaldarmi. Un lieve sorriso stende al contrario le sue labbra,
dolce e quasi intenerito dal mio gesto.
Un
po' a disagio e nervosa porto poi una ciocca riccioluta di capelli
dietro l'orecchio, distogliendo momentaneamente lo sguardo dal suo.
Tuttavia, sono costretta a rialzarlo il secondo dopo, quando, con un
gesto fluido e tremendamente elegante della mano appoggia la sua
giacca nera sulle mie spalle.
Subito
un'imponente ondata del suo profumo mi avvolge insieme al calore che
ancora impregna il tessuto, avendo quasi il potere di stordirmi e di
placare le tumultuose emozioni che mi scuotono.
Istintivamente
affondo in questo abbraccio improvvisato, godendo dell'improvviso
caldo confortante che mi circonda. Socchiudo gli occhi, prendendo un
respiro profondo e cercando di rilassare le spalle contratte dal
freddo e dal nervoso, che non è ancora scomparso totalmente.
Forse è
anche il peso della tensione e della stanchezza dovuta alla giornata
pesante a rendermi così, mi dico riconoscendo interiormente
che
probabilmente sto esagerando.
Ciononostante
non faccio nulla, rimanendo chiusa nel mio statico mutismo. Il
fastidio derivante dalla gelosia acuta che mi ha pervaso che mi rende
terribilmente cupa e mogia.
-
Grazie -
E'
infatti la mia unica risposta, prima di voltare nuovamente il viso
verso il panorama. Non mi va di discutere e so già che il
mio stato
d'animo pressato dalla gelosia mi porterebbe a quello, quindi meglio
evitare una situazione che so già svanirà dopo
una bella dormita.
Però
Ian non sembra essere d'accordo con la mia silenziosa decisione visto
che mi chiede delucidazioni il secondo dopo.
-
Qualcosa non va? - mi domanda lanciandomi un'occhiata di sottecchi,
con l'evidente intento di studiarmi e capirmi. Forse anche
decifrarmi.
-
No - sussurro con una scrollata del capo, cercando di apparire il
più
normale possibile e celando dietro questo mormorio le mie
riflessioni.
Decisamente
impregnate di gelosia. Le mie labbra si piegano irrazionalmente in
una lieve smorfia a questo pensiero, così vero e
così fastidioso.
E'
irritante scoprire di essere gelosi nel momento stesso in cui lo si
è, ancora di più constatarlo a mente fredda. E la
mia mente mi
ripropone subdolamente l'immagine di Ian che scherza e flirta con
quella giornalista, proiettando davanti a me le loro risate e gli
sguardi decisamente lascivi che lei gli lanciava.
Esattamente
come nel momento in cui li ho visto torturo nervosamente le labbra
con i denti, venendo invasa da un improvviso e quanto mai potente
istinto omicida.
-
Mi hai ignorato stasera - rompe nuovamente il silenzio lui, soffiando
le parole tra le labbra con un tono calmo, ma velatamente interdetto.
Quasi
confuso e in qualche modo contorto e questo non fa altro che
aumentare il mio fastidio, dal momento che vuol dire che non capisce
cosa mi rende così irritata.
Affondo
nello schienale del sedile con un sospiro stanco e consapevole mentre
mantengo lo sguardo fisso davanti a me, i capelli, legati in un
elaborato chignon, dietro cui non posso nascondere la mia espressione
seccata questa volta.
Ah,
sarei io ad averlo ignorato? Mi domando ironicamente e in modo
tagliente mentre assottiglio istintivamente gli occhi, riducendoli a
due fessure affilate che manifestano tutto il mio rinvigorito
fastidio.
-
Strano che tu ne sia accorto - soffio melliflua non riuscendo a
trattenermi del tutto dal ribadire in modo acuto e pungente, mandando
così in fumo tutti i buoni propositi di non litigare dal
momento che
lo abbiamo fatto spesso nelle ultime settimane.
Con
dita nervose artiglio il tessuto raffinato del mio abito,
scoccandogli un'occhiata palesemente seccata.
Ian,
confuso, aggrotta le sopracciglia socchiudendo le labbra per
ribattere, ma io non gliene do il tempo, parlando nuovamente.
-
Si, beh, eri impegnato con miss InveceDiIntervistareFlirto - continuo
sibilando le parole tra i denti - Non volevo disturbare –
mormoro
con finta cortesia, quasi sinuosamente.
Un
fiotto di nervoso si riversa nelle mie viene più caldo e
bruciante
che mai, diffondendosi dentro di me e alimentando il mio malumore.
Mi
mordo irrequietamente l'interno della guancia, torturandolo con i
denti, mentre faccio scontrare il mio sguardo seccato con il suo in
una occhiata ammonitrice.
Ian
allarga leggermente gli occhi, mettendoli ancora di più in
risalto,
e posso distintamente intercettare la confusione, prima, e la
consapevolezza, dopo, attraversarli.
Sta
cercando di capire cosa mi sta succedendo o, meglio, cosa mi ha
irritato così tanto.
Infine,
un lampo di una emozione indecifrabile e controversa gli anima
l'iride, confondendo me questa volta
E'
divertimento? Mi domando silenziosamente interdetta l'attimo dopo,
inarcando scetticamente un sopracciglio mentre continuo a fissarlo
sbigottita.
E
la risposta alla mia domanda arriva il secondo seguente, quando un
sorriso divertito gli solca le labbra anticipando una risata.
Sempre
più scioccata e stupita dalla sua reazione lo fisso con la
bocca
dischiusa, espirando violentemente.
Lui
si esibisce in un piccolo ghigno, mal trattenendo palesemente una
mezza risata svagata e spensierata.
-
Sei gelosa ? - mormora con uno strascico di risa ad inclinargli quasi
buffamente la voce, facendo apparire la sua come una affermazione
più
che una domanda.
Ma
oggi cosa hanno tutti con questa domanda? Un leggero rossore mi vela
le guance, che bruciano improvvisamente di imbarazzo e
consapevolezza.
So
benissimo che ha ragione lui, che non sono semplicemente gelosa. Oh
no, io sono gelosa marcia di lui.
Cosa
non propriamente facile da ammettere.
Mi
mordo le labbra, mentre il mio orgoglio scalpita cercando di annegare
quel fastidio pungente dietro una apparentemente semplice negazione.
-
No - ribatto infatti, stringendomi nelle spalle e riservandogli
un'occhiata che spero essere il più sicuro e credibile
possibile.
Spero
vanamente che il confine di quel no, appena sussurrato e pensato
possa fungere da muro e trattenere quell'onda di bruciante fastidio
che mi investe ogni volta che vedo qualche essere di sesso femminile
intorno a lui.
Il
suo sorriso si amplia, diventando quasi smagliante e producendo
un'altra imponente ondata di calore e imbarazzo. Le mie guance
bruciano di più e un generale senso di andare a fuoco sotto
il suo
sguardo mi pervade come un vortice, risucchiandomi quasi.
Infastidita
da una molteplicità di cose mi irrigidisco leggermente
mentre
emozioni di natura diversa mi attraversano da capo a piedi.
Tutte
terribilmente irritanti.
-
Non sono gelosa – ribatto ancora, quasi stizzita in una
ostinata
determinazione nel volerlo contraddire.
Sono
consapevole che è un comportamento infantile e oltretutto
inutile,
ma in questo momento ammetterlo brucia terribilmente.
-
Mmm quindi sei davvero arrabbiata per quella storia?- mi domanda
tranquillamente, apparentemente per nulla infastidito o irritato dal
mio comportamento.
Gli
lancio un'occhiataccia, sconcertata dalla facilità che ha
nel rende
banali anche le cose più importanti.
-
Me lo stai chiedendo seriamente?- lo fulmino con lo sguardo, per
nulla divertita. - Potevi almeno dirmelo che te la sei portata a
letto – bofonchio torvamente, incassando la testa fra le
spalle.
Ian
puntella il gomito contro il sedile, inclinando il viso e fissandomi
con un leggero sorriso a stendergli le labbra. E non capisco
nuovamente se è divertito o solo non la reputa una cosa di
così
fondamentale importanza.
-
E smettila di cercare di sedurmi – tuono, tentando di
guardando
male ma riuscendo solo a lanciargli un'occhiata di sbieco poco
credibile.
Nonostante
tutto il nervosismo ha sempre ascendente su di me, noto mordendomi
l'interno della guancia. Con una facilità disarmante riesce
a farmi
cedere, a incrinare il muro di nervoso e rabbia che mi circondava
fino ad un secondo fa.
Mi
lascio poi andare ad un piccolo sospiro, facendo scontrare nuovamente
i nostri occhi. Lui continua a guardarmi in un modo indecifrabile,
tra una dolce seducenza e una punta di divertimento.
-
E ci riesco, almeno?- mi chiede con l'evidente intento di strapparmi
un sorriso.
E
ci riesce anche se controvoglia. Roteo infatti gli occhi al cielo
mentre le mie labbra si tendono però in un sorriso lieve e
leggero, appena accennato ma decisamente presente.
-
Stai eludendo il discorso – gli faccio notare mentre
inaspettatamente il mio nervoso inizia a scemare leggermente .
E'
sempre presente solo in modo minore, più pacato.
-
Non avevo capito che dovevo elencarti tutti i nomi di quelle con cui
sono stato – afferma con tono serio – Anche
perchè ci vorrebbe
troppo tempo – ride maliziosamente il secondo dopo,
continuando a
parlare.
-
Si, immagino ci vorrebbero giorni – soffio in risposta io,
roteando
gli occhi al cielo mentre, tuttavia, nono riesco a trattenere un
piccolo sorriso.
-
Cosa ti devo dire? Ci sono andato a letto, è stato una sera
e basta.
- afferma con un sospiro stanco, stringendosi nelle spalle e
riservandomi un'occhiata annoiata. - Nulla di importante o degno di
nota. Tutto qui – conclude, persistendo a guardarmi dritto
negli
occhi.
E
so che è sincero, lo comprendo dal suo sguardo limpido e
nitido
puntato nel mio. Non sta mentendo
Sbuffo,
riservandogli un'occhiata ammonitrice mentre un residuo di gelosia si
fa sentire, palesandosi lievemente. Mi muovo leggermente sul posto,
nuovamente irrequieta.
-
Voglio saperlo – mormoro determinata e decisa, guardandolo
dritto
negli occhi.
-
Te lo sto dicendo, guarda – ribatte lui, sulla difensiva.
-
La prossima volta voglio saperlo prima –
continuo,
spiegandomi meglio e calcando sull'ultima parola.
Accompagno
la mia frase con una occhiata eloquente, che spero gli faccia
comprendere che non accetterò un'altra situazione simile.
Non voglio
più essere impreparata, fare in qualche modo la figura
dell'ingenua
o altro. La chiarezza prima di tutto.
E,
intimamente, spero che mi serva anche per placare la mia gelosia in
qualche modo.
-
Va bene – acconsente lui, il tono morbido e caldo.
Annuisco,
rimanendo in silenzio per qualche secondo nel tentativo di scacciare
via il nervosismo che mi ha attanagliato per tutto il giorno.
Emetto
un piccolo sospiro, soffiando l'aria tra le labbra ed insieme ad essa
anche all'irritazione, non distogliendo lo sguardo dal suo.
-
Non mi baci da oggi pomeriggio – mormoro esibendo un sorriso
leggero, cambiando improvvisamente discorso.
Accantono
quello precedente, decidendo che non mi va più di essere
arrabbiata
e imbronciata.
Ian
mi sorride luminosamente, visibilmente sollevato. Passa poi un
braccio intorno alla mia vita e mi attira contro di se, stringendomi
a lui.
Mi
sorride maliziosamente mentre inclina ulteriormente il viso,
continuando a non interrompere il nostro gioco di sguardi. Appoggio
una mano sul suo viso, accarezzando lentamente la sua guancia mentre
i nostri visi si avvicinano. I respiri si mischiano, confondendosi
fino ad annullarsi sulle labbra dell'altro.
E'
un bacio dolce, lento e leggero che sa di mancanza e
riappacificazione.
La
mia mano scivola oltre il suo viso, finendo sulla sua nuca dove le
mie dita vengono solleticate maliziosamente dai suoi capelli corvini.
Gli succhio leggermente il labbro, assaporando la sua bocca mentre il
bacio diventa più intenso.
Ci
stacchiamo dopo una manciata di secondi ansimanti, respirando
praticamente sulle labbra dell'altro.
Deglutisco,
a corto di ossigeno mentre continua ad accarezzargli il collo con i
polpastrelli in un tocco leggero e appena percepibile.
Alzo
poi lo sguardo dalla sua bocca, così invitante dopo tutte
queste ore
di astinenza, e lo punto nei suoi occhi. E prima ancora che possa
pensarlo lo dico, sussurrando quelle parole con tenace
determinazione.
-
Dobbiamo stabilire delle regole, comunque- affermo diretta, andando
dritta al sodo senza tanti giri di parole. - Dei confini
-
mormoro spiegandomi meglio, inclinando il viso e stringendomi tra le
spalle.
Ci
ho pensato tutta la sera, rendendomi conto che questa situazione non
è solo una cosa sporadica ma un momento da cui trarre
qualcosa di
concreto.
Abbiamo
vissuto in un limbo idilliaco e fantastico nelle ultime due
settimane, pensando solo a viverci e assaporare ogni secondo passato
insieme.
Ma
ora non mi basta più, non basta più al nostro
rapporto. Servono dei
paletti in qualche modo, che delimitino determinate cose. Qualcosa
che tracci un confine tra noi e gli altri, ecco.
Ne
abbiamo bisogno per crescere e consolidarci, diventare qualcosa di
importante e non più vacillante e momentaneo. E anche io ne
ho
bisogno, per evitare insicurezze o altro.
-
Confini ?- domanda in risposta lui, interrompendo le mie riflessioni
e dal tono comprendo che oltre che sorpreso e confuso è
anche
scettico.
Forse
persino non troppo convinto. Mi umetto le labbra, prendendo un
profondo respiro e riprendendo a parlare.
-
Si - mi stringo nelle spalle continuando a guardarlo - Soprattutto
tra te e le altre – aggiungo lanciandogli un'occhiataccia, un
po'
ammonitrice e un po' gelosa.
Lui
in risposta ride, stringendo maggiormente il braccio intorno ai miei
fianchi e attirandomi di più contro di lui. L'improvvisa
tensione
che sembrava essersi creata si dissolve con le sue risa, dando
più
leggerezza alla conversazione.
Appoggio
istintivamente la mano sul suo petto, artigliando con le dita i bordi
candidi della sua camicia.
Mi
inumidisco poi le labbra, sospirando e cercando di fare chiarezza
nella mia testa per spiegarmi coerentemente e in modo chiaro.
-
So che non ami definire troppo i rapporti, ma...- esito per un
attimo, cercando di trovare u modo per continuare la frase - credo
che dovremmo mettere dei paletti – affermo mentre abbasso lo
sguardo sul suo petto, dove le mie dita torturando distrattamente un
bottone della sua camicia.
Alzo
nuovamente lo sguardo su di lui, facendo scontrare i nostri occhi e
legandoli in un gioco di sguardi.
-
Dei confini - sussurro lieve e pacata, il tono leggero che spero non
faccia suonare la mia frase come una imposizione.
-
Si - annuisce lui, rimanendo silenzioso e per un attimo temo che ci
sia rimasto male.
Mi
mordo le labbra rendendomi conto che magari ha frainteso, capendo che
io non mi fido di lui e voglio ingabbiarlo.
-
Non sto dicendo che voglio chiuderti in una gabbia, incatenarti-
aggiungo insicura – O qualsiasi altra cosa -
Deglutisco,
passando una mano tra i miei capelli nel tentativo di scaricare il
velo di ansia che mi ha assalito.
-
Solo credo che ogni rapporto deve fondarsi su determinate cose
–
affermo.
-
E che confini vorresti mettere?- mi domanda tranquillo, continuando a
fissarmi attento e vagamente divertito.
Gli
occhi azzurri puntati su di me mentre con la mano mi accarezza
lentamente il fianco. Con le dita ne segue piano la linea.
E
il sollievo si mischia ora ad una sensazione più
primordiale, una
voglia che trova origine nel mio basso ventre.
Mi
mordo le labbra mentre un brivido di irrazionale piacere mi
attraversa dal fondo della schiena fino alla nuca, provocandomi un
tremito.
-
Regola numero uno?- mi sollecita a parlare, appoggiando le labbra
sulla mia guancia e distogliendomi dai miei pensieri.
Socchiudo
leggermente gli occhi, godendo ancora per una frazione di secondo
della sensazione calda e veemente che mi provoca il suo tocco,
accingendomi a parlare dopo un attimo di esitazione.
-
Ci devo essere solo io - affermo decisa, la sicurezza che mi
attraversa la voce. - Devi frequentare solo me -
Lui
imbroncia leggermente le labbra, corrucciandole.
-
Quindi non posso più uscire con altre donne?- mi domanda
ridendo -
No perché l'intervistatrice mi ha detto se volevo usc ...-
Non
lasciandolo finire allungo una mano, dandogli un pizzicotto sul
fianco che lo zittisce.
-
Ahia!- protesta lui, imbronciandosi offeso.
Mi
guarda male, fulminandomi torvamente con lo sguardo.
-
Sono seria - ribatto in risposta io, contraccambiando la sua
occhiataccia.
-
Anche io -
Un'occhiataccia
torva accompagna un'altro pizzicotto.
Le
mie dita perdono la presa sul suo fianco l 'attimo seguente, quando
una sua mano afferra il mio polso e lo imprigiona in una presa lieve
ma da cui non posso scappare.
Gli
lancio un'occhiataccia, l'ennesima, mentre imprigiona i miei polsi
fra le sue mani.
-
Così fai la brava – ridacchia, sfoggiando un
sorriso vittorioso e
smaliziato che mi provoca un'ondata di calore prima di rubarmi un
bacio a stampo.
-
Devo essere l'unica -affermo risoluta, non ammettendo repliche.
-
Ritira gli artigli gattina - sorride contro il mio collo, baciandolo
in modo dolce e lento – Sei l'unica- sussurra al mio orecchio
e il
mio cuore perde quasi un battito a queste parole calde e vellutate.
L'attimo
dopo il mio battito viene travolto dalle palpitazioni, facendomi
avvampare.
-
E poi mi hai già graffiato abbastanza la schiena –
ridacchia
contro la mia pelle, alludendo maliziosamente a tutte le volte che,
travolta dal piacere ho lasciato dei segni rossi sulla sua pelle
delicata.
E
mi strappa un sorriso, la morsa della gelosia, sempre in agguato, si
allenta lievemente, lasciandomi respirare tranquillamente.
-
Miao - miagolo divertita, finendo per ridacchiare l'attimo seguente
insieme a lui.
-
Sei l'unica, gattina -
Un
sorriso spontaneo e goduto mi stende le labbra, soffocato l'attimo
dopo da un suo bacio.
L'ennesimo.
Lambisco le sue labbra, rispondendo al bacio con lo stesso impeto.
Dopo
qualche istante si allontanata, esibendosi in un sorriso dolce
accompagnando dal tocco gentile delle sue dita sulla mia guancia.
-
Regola numero due? - mi domanda dolcemente, continuando a percorrere
il mio viso con quella
Mi
mordo le labbra pensierosa, riflettendo sui possibili paletti da
mettere.
-
Non voglio che sia una storia troppo pubblica - affermo inclinando
leggermente il capo mentre intreccio le dita con le sue.
-
Non voglio che finisca sui giornali o che ne esca un caso nazionale -
continuo con un sospiro immaginando tutto il calvario e lo stress
ulteriore che ci spetterebbe in quella eventualità che spero
essere
il più remoto possibile.
Voglio
vivere la nostra storia tranquilla, senza gossip spazzatura intorno
per quanto possibile- anche se so che i pettegolezzi non mancheranno
e che prima o dopo arriverà quel momento.
Per
ora voglio rimandarlo il più possibile. Mi stringo tra le
spalle,
prendendo un respiro profondo e venendo solleticata dall'intenso
profumo che lo caratterizza.
-
Solo gli amici - ammetto con un sospiro.
-
Si, concordo in pieno- mormora lui contro i miei capelli, portandomi
a rilassarmi contro di lui.
Per
una frazione di secondo ho quasi temuto che l'avesse presa male, come
un non volermi esporre o peggio che mi vergogno di lui.
Cosa
assolutamente non vera.
Semplicemente
voglio vivere la nostra storia tranquillamente e quindi risulta un
confine indispensabile da tracciare.
Per
qualche secondo rimaniamo in silenzio, godendo semplicemente della
vicinanza dell'altro e, finalmente, di un po' di
tranquillità.
-
Tu hai qualche regola da aggiungere?- gli domando reclinando il viso
indietro, quel tanto che basta per guardarlo meglio in viso.
-
Niente nomiglioli sdolcinati - afferma quasi rabbrividendo - Quindi
scordati tutti i soprannomi stile cioccolatino o biscottino...o
peggio orsacchiotto!-
Divertita
vengo scossa da una risata leggera e cristallina che mi solca le
labbra.
-
Va bene...orsacchiotto- mi mordo quasi a sangue le labbra per non
scoppiare a ridere.
Cosa
che succede puntualmente l'attimo seguente.
Lui
in risposta mi morde giocosamente il collo, stringendomi ancora a se.
Le
mie risate si accentuano, diventando fragorose e divertite.
Qualcosa
dentro di me si è rilassato, calmandosi.
Era
necessario porre delle regole, di basilare importanza per un rapporto
nascente.
Sono
le basi, sospiro appoggiandomi contro di lui.
-
Ho ancora una richiesta, comunque - sussurra con voce lieve.
-
Mmm cosa?- bofonchio troppo rilassata e compiaciuta dalle sue coccole
per aprire gli occhi o parlare più chiaramente.
-
Mi devi un appuntamento - afferma deciso, la dolce carezza che
persiste nel tracciare il profilo del mio fianco destro.
All'improvviso
apro gli occhi, sbarrandoli e fissando il vuoto davanti a me.
Totalmente
sorpresa dalla sua richiesta trattengo il respiro mentre il mio cuore
inizia ad aumentare improvvisamente il battito, trasformando il suo
dolce cadenzare in una corsa quasi sfrena.
Vuole
un appuntamento? Mi chiedo stupita mentre la mia sorpresa non
diminuisce.
Anzi
se possibile aumenta ancora, diventano sconcertante.
-
Cosa ? - sussurro con un filo di voce, le guance rosse e calde.
-
Voglio un appuntamento serio con te - ripete con fermezza, la voce
calda e decisa.
Sempre
più sorpresa boccheggio, aprendo e chiudendo un paio di
volte le
labbra non sapendo bene cosa dire.
I
miei pensieri sono confusi, stordenti quasi. Non so cosa pensare, non
capisco questa sua improvvisa richiesta.
-
Un appuntamento?-ribatto ancora stordita, la voce traballante e gli
occhi dilatati dallo stupore.
Una
lenta e placida consapevolezza si insinua lentamente dentro di me,
tra i miei pensieri confusi.
-
Si, io e te seduti ad un ristorante - continua mentre le sue labbra
scivolano sulla mia spalla nuda e ormai bagnata.
E
il rimando alle stesse parole che aveva usato la prima volta per
invitarmi a cena risuonano nella mia testa. Mi invadono con un
inconfondibile senso di calore e allegria.
Un
sorriso spontaneo e sinceramente allegro si delinea sulle mie labbra
simultaneamente. E' semplicemente contento, sollevato quasi.
-
Un primo appuntamento - sussurro quasi sovrappensiero mentre quella
sensazione di dolce spensieratezza pulsa forte dentro di me, in
sincronia con il battito scalmanato del mio cuore.
Sinceramente
sorpresa e stupita inclino il volto verso di lui, guardandolo dritto
negli occhi.
Ian
mi sorride leggermente, il ghigno divertito dalla mia espressione.
Pensavo
se ne fosse dimenticato, infondo sono successe così tante
cose in
queste ultime settimane.
Credevo
che fosse caduto nel dimenticatoio della sua mente, accantonato in un
angolo fino a farlo scomparire dalle priorità. E invece no.
Gli
sorrido ancora, stendendo le labbra in un sorriso luminoso ed
emozionato.
Un
insieme indecifrabile e contorto di sensazioni mi stringe lo stomaco,
provocandomi quella sensazione indescrivibile di vertigini che mi
suscita.
Si
incastrano le une nelle altre, mischiandosi e facendo perdere il
confine di dove inizia una finisce l'altra.
E'
un qualcosa solo di intenso, sorprendente e caldo.
-
Me lo concedi allora?- mi incalza con voce bassa e suadente, cercando
una mia risposta.
con
gli occhi ancora allargati dallo stupore continuo a guardarlo mentre
quell'insieme di emozioni si intensificano ancora di più
davanti al
suo sorriso leggermente teso dall'attesa di una mia affermazione.
Si
addensano nella mia gola, ostruendola quasi e provocandomi un
languido e dolce nodo di emozioni.
E
così l'unica cosa che riesco a fare è guardarlo,
cercando di
trasmettergli con lo sguardo tutto ciò che con le parole non
riesco
a dire, ad esprimere.
Perché
in fondo le parole sono solo un confine ristretto che intrappola le
sensazioni che lui mi suscita, che mi provoca e che mi sconvolgono.
Perché relegare tutto dietro ad un semplice si sarebbe
riduttivo, quasi banale.
Senza
dire nulla compio una torsione lieve del busto, rigirandomi fra le
sue braccia fino a ritrovarmelo davanti.
I
nostri occhi si incatenano subito in un gioco di sguardi intenso e
profondamente intrinseco di emozioni e sensazioni.
Appoggio
una mano sulla sua guancia, accarezzandola lievemente con le dita
umide e finendo per bagnarla.
Ma
tutto sembra quasi scomparire, relegato dietro un confine immaginario
ma tremendamente reale che relega il resto del mondo fuori da questa
macchina.
Ci
siamo solo noi, avvinghiati in un abbraccio caldo e intimo con i
nostri sguardi che parlano da soli.
E
capisco che anche per lui è così, che anche per
lui non esiste
confine che tenga per quanto io mi ostini a cercarli.
Non
esistono limiti che possano interferire con quello che c'è,
che
sentiamo.
Il
mio cuore aumenta i suoi battiti, pulsando aritmicamente e riversando
a fiotti quel caldo sentimento dentro di me.
Inclino
leggermente il viso rivolgendogli un'ultima intensa occhiata prima di
socchiudere gli occhi e appoggiare le mie labbra sulle sue.
Le
sue mani si appoggiano sulla mia schiena mentre le mie finiscono
intorno al suo collo e le nostre bocche si scontrano in un contatto
che sa di desiderio soppresso troppo a lungo.
Ed
è un bacio vorace, caldo e piena espressione della voglia
non solo
fisica che abbiamo dell'altro.
E
ogni confine tra di noi si azzera, si spezza.
I
nostri respiri si mischiano e la percezione del tempo si dilata,
perdendo la propria consistenza cadenzata.
Mani
che si intrecciano, labbra che si scontrano in contatti voraci e
corpi che vorrebbero fondersi. Qui, ora.
E
rimangono solo i nostri sospiri ansimanti a tracciare il confine
tra realtà e desiderio.
Le
nostre labbra si scontrano ancora, in un bacio intenso e languido.
E
il limite fra i nostri corpi scompare.
E
il confine tra le nostre anima si annulla.
Note:
Rieccoci
qui, finalmente con il capitolo ultimato e pubblicato. Dopo la
lunghissima nota introduttiva passiamo al capitolo in sé:
1-
Ho scelto il titolo Confine
per vari
motivi. Innanzitutto, si riferisce alle “regole”
che Nina decide
di porre nell'ultima parte per definire il loro rapporto in modo
più
nitido. Vorrei fosse chiaro che non è un modo per
inquadrarli o una
forzatura, ma solo un modo diverso per definirli in quanto coppia.
Inoltre, ho tentato di creare un filo conduttore che percorresse
tutto il capitolo facendo assumere a questo termine sfumature
differenti: inizialmente scompare il confine fisico dal momento che
finalmente sono insieme, nella seconda invece si crea un confine
dovuto alla gelosia che in qualche modo le fa tirare su le difese e
mettere quindi dei limiti ed infine, nell'ultima parte, oltre i
paletti troviamo anche l'accettazione del fatto che non vi sono
confini tra di loro, sia sentimentalmente che mentalmente.
2-
In questo capitolo ho introdotto una domanda importante e che
ritroveremo nei capitoli futuri, cioè se Nina è
innamorata o meno.
Lei non è riuscita a darsi una risposta ed è
stata una cosa voluta.
Non è una cosa che si può decidere o decifrare in
un capitolo, le
cose maturano con il tempo e loro hanno iniziato a viversi come
coppia solo ora.
3-
Il prossimo aggiornamento non so di preciso quando avverrà,
ma
decisamente non dopo così tanti mesi. Ho un esame a breve ma
conto
di iniziare già da ora a progettare e iniziare la stesura
del
capitolo 16, che sarà incentrato sull'agognato appuntamento
.
Detto
ciò spera che vi sia piaciuto il capitolo e che non siamo
presenti
errori o ripetizioni. Vi auguro una buona Pasqua, a presto.
Live
in love
|
Ritorna all'indice
Capitolo 17 *** Obbligo o Verità ***
CAPITOLO 17
OBBLIGO O VERITA
Apro il pacchetto di patatine mentre Candice si lascia cadere sulla poltrona vicino alla finestra con una risata allegra dettata dall'ennesima battuta della serata, rannicchiando poi le gambe contro il petto e circondandole con un braccio.
Amo queste serate tra ragazze, tranquille e per una volta fortunatamente prive di scene notturne da girare. Una vera rarità, addendo l'ennesima patatina.
- Comunque sono profondamente offesa, Torrey - afferma improvvisamente Candy con voce acuta e squillante, portando entrambe ad alzare il capo verso di lei.
Intente a scherzare e mangiare schifezze mentre siamo semi sdraiate sul letto la guardiamo in attesa, aspettando che parli.
– Ti sei sposata senza dire nulla – lancia un'occhiataccia risentita alla fidanzata di Paul, seduta vicino a me.
O meglio, dovrei dire moglie ora.
Torrey e Paul si sono infatti sposati durante le vacanze di Natale senza dire nulla a nessuno per evitare di far finire la loro vita privata sui giornali scandalistici di mezza America. E come dargli torto, sospiro silenziosamente ricordandomi dell'attenzione riservata a me ed Ian per il nostro primo appuntamento qualche settimana fa.
Decisamente poco discreta e molto imbarazzante. Non è il massimo essere sotto i riflettori anche quando si è in intimità con qualcuno, ma è un effetto collaterale del lavoro che abbiamo scelto alla fine.
Abbandonando questo fastidioso pensiero in un angolo remoto della mia mente sorrido divertita, mordendomi le labbra per trattenere una corposa risata dovuta all'espressione piccata e offesa della mia bionda amica.
Allegra e svagata continuo a mangiucchiare tranquillamente mentre Torrey al mio fianco avvampa, diventando rossa in viso.
- Non lo sapeva nessuno – si difende lei con tono calmo e pacato, stringendosi nelle spalle e rivolgendole uno sguardo di scuse – C'erano solo i testimoni e i nostri genitori – continua, quasi giustificandosi, la voce che improvvisamente si incrina e gli occhi che si perdono trasognati nei ricordi.
- Romantico – mormoro sinceramente serafica, troppo impegnata sgranocchiare per aggiungere altro mentre incrocio le gambe e mi immagino bene la scena.
Candice sbuffa fintamente oltraggiata, esibendo un broncio che, accompagnato alle due trecce in cui sono legati i suoi capelli biondi, la fa assomigliare terribilmente ad una bambina indispettita.
E non ridere a questa riflessione diventa davvero difficile.
- Ok – soffia desolata, allargando le braccia e annuendo leggermente con il capo – Ma mi hai negato il divertimento di organizzarti un addio al nubilato fantastico – ride l'attimo seguente trascinandoci in una risata corposa che mi scuote dolcemente.
Con lo sguardo lucido a causa del divertimento mi giro verso Torrey, un brillio di maliziosa gioia che lo anima.
- E anche quello di farti da damigella – affermo ilare, sapendo quanto Candice ama i matrimoni – Non so se riuscirà a perdonarti, in effetti – mormoro poi con tono grave, una giocosa inclinazione drammatica che mi vena la voce rendendola seria e autorevole.
Accompagno le parole con un'espressione teatrale, le labbra corrucciate e il capo lievemente inclinato.
- Anche se forse, visto la sua propensione per il rosa, è stato meglio così – affermo in modo cospiratorio e lieve rivolgendomi a Torrey, prendendo, invece, in giro Candice.
Mentre noi ridacchiamo divertite lei ci fulmina con lo sguardo prima di rivolgermi un'occhiata superiore attraversata da un brillio di pericolosa furbizia.
- Tanto mi rifarò al tuo matrimonio, Nina – scherza con tono frizzante e frivolo, gli occhi cerulei allargati e lucidi di allegria.
Le mie guance avvampano all'istante, chiazzandosi di rosso e del bollente imbarazzo che mi pervade spietato mentre le mie labbra si dischiudono senza però emettere neanche una sillaba. Totalmente ammutolita a causa dello stupore rimango in silenzio, una sensazione di disagio che mi attraversa velocemente. Percorrendomi interamente mi fa sentire inaspettatamente disorienta da questo pensiero così inaspettato. Le farfalle tornano prontamente a tormentarmi, svolazzando allegre nel mio stomaco mentre il battito del mio cuore accelera bruscamente, provocandomi le palpitazioni e delle vampate di caldo che non riesco a sopprimere. Così come i pensieri che sinuosi e sibilanti si insinuano nella mia testa, tra i miei sentimenti.
Un principio di fantasia si affaccia infatti nella mia mente, subito ricacciato indietro dall'obbligo di non affondarvici. Ma è difficile, troppo, non cadere nelle brame tentatrici di queste riflessioni.
Fiori...pizzo bianco... smoking nero...il suo sorriso...
Solo quando la gola inizia a bruciare mi rendo conto di aver trattenuto istintivamente il respiro, gli occhi dilatati da uno stupore intenso e corposo che mi vibra dentro non lasciandomi scampo.
Ho davvero pensato a quel momento? Deglutisco sorpresa, la bocca impastata e un tumulto di sensazioni che si mischiano e annodano tra loro.
Non mi è mai capitato di fare quel tipo di fantasie su di noi. Quasi annaspando in cerca di ossigeno e di razionalità scuoto vigorosamente il capo, tentando vanamente di riprendermi e di fermare la tachicardia. Mi sento strana, trepidante quasi. Cosa diavolo mi prende?
Ancora sconcertata emetto un piccolo sospiro, allontanandolo dai miei pensieri e nascondendo la verità di quel desiderio dietro l'obbligo di non cedervi.
Le lancio un'occhiataccia, subito accompagnata da un piccolo cuscino che le finisce addosso e su cui scaricato tutto ciò che sto provocando.
Dannazione a lei che mi fa pensare certe cose!
- Ei! - ribatte Candice piccata, rispedendolo indietro e facendolo finire sul sacchetto di patatine, ormai vuoto, con un leggero gracchiare.
- E non guardarmi come se non ci avessi mai fantasticato – soffia poi al mio indirizzo, centrando come sempre il nocciolo del problema e puntandomi in modo accusatorio un dito contro.
Mi mordo colpevolmente le labbra, socchiudendo gli occhi in due fessure per intimarle di smetterla.
- Non è divertente – mormoro, tentando di nascondere il tumulto interiore di emozioni che mi vibrano dentro.
Decisamente confuse e indecifrate.
Divisa tra obbligo e verità sospiro pesantemente, sentendomi interiormente divisa e spaccata a metà da due istinti opposti, differenti.
Per nulla dello stesso avviso lei raddrizza la schiena, sorridendo maliziosa e allegra.
- Farò anche da madrina sai Torrey? - ride, tirando in ballo anche l'altra nostra amica e accatastando ancora immagini astratte sulle mie riflessioni.
- Immaginateli – soffia con tono quasi mistico muovendo le mani in aria, perdendosi nella propria fantasia – Capelli scuri e occhioni azzurri, il sorriso di Ian e le labbra di Nina – continua prendendomi in giro e beccandosi le mie occhiatine al vetriolo che, però, non accennano a farla desistere.
I miei pensieri virano subito su questa visione, figurandosi dei bambini con quei tratti che giocano allegramente. E l'effetto è devastante.
Le farfalle nel mio stomaco quasi scalpitano a questa riflessione, agitandosi maggiormente e alimentando il rossore delle mie guance. Quasi scoppiano, alimentante da una visione che tento forzatamente di rispedire indietro.
- Simpatica – ribatto con tono asciutto, stizzita più dal fatto che la mia mente ci stia pensando con così tanta insistenza che dalla sua giocosa provocazione.
- Quanti ne volete? - mi incalza ancora la bionda, scherzando – Due? Tre? Magari Ian vuole una squadra di calcio – mormora subito dopo pensierosa, come se ci stesse riflettendo davvero.
- Se sono gemelli li potete chiamare Damon ed Elena – ride di punto in bianco Torrey, dandole manforte e facendomi arrossire ancora di più.
- Io sono qui guardate – protesto alzando le mani e muovendole leggermente per farmi notare, inarcando in modo scettico e ironico le sopracciglia.
Loro scoppiando definitivamente a ridere, continuando a mormorare parole sconnesse e a prendersi gioco di me con il solo risultato di farmi imbronciare.
- Non è divertente – bofonchio accigliata, incrociando le braccia al seno.
- Oh si che lo è!- mi contraddice subito la bionda con una risata, facendo comparire un sorriso divertito anche sul mio viso e incrinando del tutto la mia espressione imbronciata.
Devo solo non pensarci, mi dico risoluta. Infondo si sa, più si cerca di non pensare a qualcosa e più si finisce per farlo.
- Piuttosto, quella che sta mettendo su famiglia è lei – ribatto, indicando con un cenno del capo Torrey e virando tutta l'attenzione su di lei – Magari tra un po' avremo un baby Paul che gironzola sul set– rido maliziosamente, provocando la sua replica negativa accompagnata da uno sguardo ammonitore.
- Spero non prenda i suoi canini, sono inquietanti – afferma Candice, facendoci ridere a tal punto da provocarci le lacrime agli occhi.
Proprio nello stesso istante la porta si apre dopo un lieve bussare, facendo irrompere due figure snelle nella stanza che riconosco perfettamente.
Alla vista di Paul e Ian le nostre risate si acutizzano ancora di più, portandoli a rivolgerci occhiate confuse ed interdette senza capire il reale motivo del divertimento.
Probabilmente, se lo sapessero, non sarebbero così contenti e svagati.
Con ancora gli occhi socchiusi a causa delle risa alzo lo sguardo su di lui, incapace di non farlo, incontrando il suo già puntato su di me.
Il mio cuore perde irrazionalmente un battito, portandomi a stendere le labbra in un sorriso dolce e spontaneo che mi illumina. L'istinto di alzarsi dal letto e andarlo a baciare è molto, forte, ma riesco fortunatamente a trattenermi limitandomi a lanciargli solo delle occhiatine di sottecchi che esprimono chiaramente questo mio torbido desiderio. Infondo, siamo sempre davanti ai nostri amici e non mi sembra propriamente il caso.
Lui mi rivolge un mezzo sorriso privo di malizia, un sentimento speculare al mio che gli anima lo sguardo e che mi fa capire che anche lui è contento di vedermi. E questa cosa mi scalda dentro, alimentando quel fuoco fatto di emozioni bollenti che mi fa ardere violentemente per lui. È come se tutto il resto scomparisse, svanendo in una confusione di sottofondo che non conta nulla
Inaspettatamente quell'accenno di fantasie tornano ad emergere, cogliendomi di sorpresa e inondandomi nuovamente la mente.
A questo pensiero le palpitazioni tornano a farmi visita, travolgendomi spietatamente con la loro frenesia.
La voce di Candice interrompe, però, il breve momento di intimità di sguardi creatosi, parlando e, per fortuna, anche quelle strane riflessioni.
- Che ci fate qui? È una serata tra donne – bofonchia inarcando sorpresa un sopracciglio, facendoli bloccare sulla soglia.
- Grazie del benvenuto, eh – ride Paul in risposta mentre Ian ghigna leggermente, lanciandomi uno sguardo bruciante che mi provoca i brividi e che io ricambio.
- Voi avete avuto la vostra serata tra uomini – li rimbecca ancora la bionda, le sopracciglia aggrottate in modo quasi buffo e le braccia incrociate minacciosamente sotto il seno. - Ora che avete finito vi ricordate di noi? -
- Si, ma non è stato poi così divertente – le risponde Ian avvicinandosi a me con un'ampia falcata e un sorriso birichino sulle labbra che non promette nulla di buono, anzi – Paul non ha voluto provarci con nessuna visto che è sposato ora – ride prendendo in giro l'amico.
- Ma piantala – lo rimprovera Paul – La spogliarellista aveva un evidente debole per te - aggiunge dopo un attimo, prendendo posto vicino alla moglie e aizzando subito la mia gelosia.
Tesa e improvvisamente nervosa gli lancio un'occhiataccia, inarcando un sopracciglio.
- Spogliarellista?- chiedo con tono basso, tagliente e pericolosamente dolce tradendo il mio irrazionale nervosismo.
Quel senso di fastidio si agita ancora dentro di me, intrappolandomi dentro la sua morsa fastidiosa, nevrotica. L'immagine di un'altra donna che gli si struscia addosso mi provoca una imponente ondata di irragionevole fastidio, facendomi irrigidire istintivamente le spalle.
Ian in tutta risposta ridacchia maliziosamente, abbassandosi alla mia altezza e depositando un bacio sulla mia guancia come per rabbonirmi. La mia pelle avvampa subito sotto il tocco morbido delle sue labbra, ma tento orgogliosamente di non cedervi. Sono troppo impettita dai fiotti di irritazione infantile che si riversano dentro di me per abbandonarmi al suo tocco morbido e delicato.
Quel fastidio geloso non me lo permette in qualche modo, mi obbliga a rimanere rigida e contratta. Lui scivola dietro di me, tra il mio corpo e la spalliera, prendendo posto alle mie spalle e abbracciandomi dolcemente.
Paul parla ancora, facendomi riemergere dai miei pensieri, ma non dalle sensazioni scalpitanti che mi suscita.
- Me lo ricorderò per il tuo matrimonio, allora- ride lui, rimarcando inspiegabilmente le parole di Candice di poco fa e riportandomele alla mente.
Quasi paralizzata e con le labbra dischiuse la mia mente mi riporta nuovamente a quell'irrazionale fantasia che solo qualche minuto fa mi ha travolta, sconcertandomi. E rivedo quell'albore di riflessione, che mi assorbe attirandomi in un vortice di sorpresa e sconcerto che mi travolgono.
Tuttavia, non ho il tempo di pensare altro perché Ian scoppia fragorosamente a ridere contro i miei capelli.
- Non credo accadrà – ribatte Ian con una corposa risata, come divertito da questa improbabile possibilità. - Anzi, è proprio impossibile -
E qualcosa dentro di me protesta veementemente, ferito nel profondo. Una fitta acuta, causata da un fendente invisibile, mi trafigge il petto, portandomi ad essere sempre più irrequieta ed agitata.
Le mie fantasie si spezzano istantaneamente, si frantumano sgretolandosi sotto le mie dita prima ancora che io riesca ad afferrarle davvero.
Qualcosa si incrina dentro di me, piegandosi sotto il peso della sua frase e infondendomi un senso di malinconica rabbia che mi pervade e mi abbatte.
E rimane solo una domanda assordante, che provoca un disorientante vuoto intorno a te: non mi vede in quel tipo di futuro? E, soprattutto, perché mi da così fastidio?
- Comunque che si fa? - afferma all'improvviso Torrey, sfregandosi le mani e interrompendo il flusso dei miei pensieri.
E io gliene sono intimamente grata.
- Facciamo qualche gioco? - propone ancora.
Stordita le rivolgo uno sguardo smarrito, non dicendo nulla mentre Ian continua a stringermi a sé, ignaro delle considerazioni contorte che ha scatenato.
- Niente gioco della bottiglia per favore ragazzi – protesta subito lui, il respiro caldo che si infrange contro i miei capelli provocandomi i brividi.- Niente baci e bacetti vari – continua e la mia gelosia è infinitamente contenta, tirando lievemente su il mio umore improvvisamente nero.
- No vi prego, bacio già Paul sul set – gli do man forte io con una scrollata di spalle – Risparmiatemelo almeno qui – ridacchio in modo lieve e candido, nessuna malizia nella voce tentando di riprendermi totalmente.
Paul mi lancia un'occhiataccia risentita, mentre la presa del mio ragazzo si accentua sul mio corpo..
- Bacio molto meglio di Ian, dovresti esserne contenta – afferma con tono sbruffone e pieno di sé, beccandosi una pacca poco delicata di Torrey sul petto, accompagnata da una occhiata decisamente amorevolmente.
- Obbligo o verità - propone dopo un attimo Candice con voce frizzate ed elettrizzata mentre io sorrido appena.
Rilassandomi leggermente la schiena contro il suo petto sospiro, cercando di non focalizzarmi troppo sul pensiero che mi tormenta. Non voglio finire per ingarbugliarmi tra le mie elucubrazioni.
Un coro di assensi si leva subito e così decidiamo di optare per questo.
- Obbligo o verità? - chiede immediatamente la bionda all'indirizzo di Paul, sistemandosi meglio sulla poltrona e non dando tempo a nessuno di ribattere o parlare.
Tipico suo, mi dico sospirando.
- Verità – afferma lui sicuro, appoggiando il secondo dopo un braccio sulle spalle della moglie.
- Come hai chiesto a Torrey di sposarti? – chiede lei sgranocchiando intanto delle patatine. - Sono curiosa – bofonchia con gli occhi spalancati e interessati come se stesse guardando un film romantico più che assistendo ad una conversazione.
Gli occhi di Paul si illuminano all'istante, attraversati da una venatura dolce che li rende più caldi e liquidi.
Una tangibile aurea dolce quasi lo avvolge, rendendo più tenera la sua espressione.
- E' stato inaspettato, non avevo neanche l'anello. – mormora sprofondando nel ricordo e gli occhi quasi sfavillano per l'emozione che li abita. - Eravamo a casa, come sempre, e non stavamo facendo nulla di che. Le solite cose insomma – continua, accompagnando le parole con un gesto vago della mano.
- Una noia insomma – scherza Ian, schernendolo bonariamente e scatenando una risata generale.
Al contrario di quello che ha appena detto, invece, so quanto ama la tranquilla intimità della quotidianità.
Per un lungo attimo cala poi il silenzio, la voce che si incrina appena e gli occhi verdi del mio amico che cercano in modo complice quelli di Torrey, trovandoli. Per una irrazionale manciata di secondi mi sento quasi invidiosa di quello sguardo, impregnato di promesse importanti e durature.
- Poi mi sono semplicemente reso conto che tutto quello che volevo era lei – soffia con un sorriso così smagliante da illuminare la stanza – E così l'ho fatto, mi sono inginocchiato sul tappeto e le ho fatto una proposta di matrimonio, anche se parecchio sgangherata – sogghigna, continuando a raccontarci.
Un sorriso dolce e vagamente sognante mi inclina velocemente le labbra, l'emozione malinconica di poco fa che rimane sul sottofondo facendole assumere un retrogusto un po' amaro.
Mi guarda anche lui con quell'emozione forte e corposa nello sguardo? Mi domando incuriosita da un pensiero che spero essere tremendamente verità.
Mi guarda con quel sentimento adorante che gli illumina lo sguardo?
Istintivamente alzo leggermente il viso, inclinando in modo tale da poter vedere negli occhi Ian.
Lo trovo intento a fissare davanti a se mentre ascolta interessato, le mani appoggiate dolcemente sui miei fianchi in una presa tenere e amorevole che mi rassicura, rabbonendo i miei pensieri più bui.
Tuttavia, non appena si accorge del mio sguardo lo abbassa su di me facendolo scontrare con il mio ed sorridendomi lievemente. Piega un angolo della bocca verso l'alto, un po' malizioso e un po' dolce, probabilmente senza accorgersi del mio tumulto interiore. Lo stesso di cui è la causa indiscussa.
Socchiude leggermente gli occhi, come per scrutarmi meglio e io mi sento scavare dentro, nel profondo. Vulnerabile ed esposta al suo esame mi mordo le labbra, temendo quasi per un attimo che scorga quelle fantasie che lui stesso rifugge, che non vuole.
E una fitta di malinconica consapevolezza mi trafigge, rabbuiandomi lievemente.
Perché non vuole quel tipo di futuro? Mi domando ancora, incapace di non farlo, non trovando una risposta cerca e sicura che scacci i miei dubbi. O semplicemente non vuole me?
- Tutto ok?- mi sussurra all'orecchio con tono lieve e premuroso, muovendo appena le labbra. Diventa quasi come un salvagente rassicurante in mezzo alla tempesta dei miei pensieri la sua voce calda. Tentando di apparire normale annuisco, scrollando le spalle e voltandomi nuovamente verso i nostri amici, giusto in tempo per essere rimbeccata dalla battutina di Candice.
- Come siamo romantici – trilla lei, ridendo divertita e provocandosi l'occhiataccia risentita di Paul. - E voi due piantatela di tubare! - ci rimbecca lanciandoci contro in modo scherzoso un paio di patatine.
- Lasciala perdere, Stef – afferma in sua difesa Ian, interrompendo il nostro gioco di sguardi ma non la stretta su di me – E' solo invidiosa visto che lei non ha un fidanzato – la punzecchia malignamente.
Candice avvampa indignata, riducendo gli occhi azzurri a due fessure taglienti mentre lo fulmina con lo sguardo.
- Ma piantala! - protesta lei – Al contrario di voi piccioncini, io sto benissimo single – afferma alzando altezzosamente il mento. - Stupendamente – scandisce ogni lettera, tentando probabilmente di convincersene.
Una risata leggera mi scuote, facendomi tornare in minima parte il buonumore.
La serata scorre poi via tranquilla, tra risate, obblighi assurdi da sostenere e le battutine maliziose di Ian che fanno da contorno.
Quel senso di agitazione, tuttavia, rimane ben presente, un alone che adombra appena ogni mio sorriso, ogni mio gesto o occhiata. Non mi permette di rilassarmi davvero, di abbandonare quel senso di tensione.
- Tocca ad Ian – afferma Torrey con un sorriso, risvegliandomi dal flusso dei miei pensieri. - Obbligo o verità? -
Questa mi interessa parecchio, penso silenziosamente interessata, soprattutto dopo l'obbligo astruso e assurdo a cui mi ha sottoposto poco fa.
Sistemandomi meglio sul letto e fra le sue braccia tendo l'orecchio, pronta ad ascoltare
- Verità -
Vediamo che si inventa, penso, e la risposta arriva subito dopo.
- La volta tua volta migliore – afferma risoluto dopo un attimo di esitazione Paul, rubando la parola alla moglie – Perché e con chi- muove il capo, torturandosi pensierosamente il mento con le dita.
Trattengo istintivamente il respiro a questa domanda così inaspettata, non riuscendo ad immaginare una possibile risposta.
O meglio una la immagino, ma assomiglia più ad una speranza che ad una riflessione.
Non era di certo il quesito che mi aspettavo, deglutisco, e non sono troppo sicura di voler sentire ciò che dirà.
La risata cristallina e maliziosa di Ian si infrange contro la mia nuca subito dopo, nello stesso esatto momento in cui il mio corpo si tende preventivamente. Una sorta di istinto innato mi porta a farlo, rendendomi irrequieta.
Forse stasera è destino che io non debba stare tranquilla stasera, sospiro stancamente.
L'ansia da attesa pulsa nelle mie vene, stordendomi e provocandomi un insolito ronzio
Il mio doloroso fremere viene interrotto nuovamente l'attimo dopo, quando lui, in seguito ad una breve pausa, riprende a parlare.
- Ines, una modella spagnola – sogghigna malizioso provocandomi una morsa dolorosa allo stomaco che mi blocca il respiro in gola - E' stata favolosa come volta e lei era una bomba - continua visibilmente compiaciuto e soddisfatto.
Non sono io, mi ripeto con una lentezza disarmante e preludio di una gelosia torbida che non mi lascerà scampo.
Il sangue mi ribolle quasi nelle vene, innervosendomi inverosimilmente e facendomi avvampare furiosamente.
Ines? Mi domando quasi con gli occhi sbarrati, espirando violentemente l'aria tra le labbra in un sibilo minaccioso. Chi diavolo è sta qui?
Probabilmente intuendo la mia irritazione Candice mi rivolge uno sguardo allarmato, studiando velocemente la mia espressione scusa e torva. Sa perfettamente riconoscere quello che si agita dentro di me, a volte ci riesce forse persino meglio di me.
Divorata da una dilaniante gelosia cerco di imbrigliare il mio orgoglio dolente, tentando di non farlo prevalere.
Non è solo il fatto che pensarlo con un'altra mi provoca sensazioni irritanti e destabilizzanti, ma è anche a causa del fatto che la sua miglior volta non mi comprende. Me lo sta dicendo così, davanti agli altri oltretutto.
Delusa e amareggiata stringo le labbra, scoprendomi più irritata di quanto forse dovrei essere razionalmente. Ma non riesco a non farlo, a non apparire visibilmente innervosita da una verità che mi brucia addosso.
Marchia a fuoco il mio orgoglio, dilaniandomi lentamente. E tutto ciò non fa altro che aumentare il mio nervoso.
- Eravamo sul divano di una camera di hotel se non sbaglio – sogghigna pieno di sé, innervosendomi a dismisura.
- Vuoi dirci anche l'ora esatta e quanto è durato?- sibilo irritata, suonando più acida di quanto voglia forse.
Ma non mi importa, non ora che quel demone mi sta consumando lentamente senza pietà corrodendomi dall'interno.
Muovendomi leggermente tra le sue braccia riesco a rompere la presa sul mio corpo, spezzandola e sistemandomi poco più in là, lontano da lui.
E questa volta le sue parole non sono fungono da ancora di salvezza in mezzo al mare di irritazione in cui sto annegando.
- Beh l'ora precisa non me la ricordo – ride allegramente, profondamente divertito dalla mia espressione furibonda – Ma ricordo perfettamente che è finito il cd intanto – ridacchia maliziosamente, alludendo in modo tremendamente irritante e sfacciato
E brucia, brucia da morire. L'irrazionale gelosia che mi abita mi afferra saldamente e mi trascina tra le sue spire, facendomi affondare senza speranze dentro un vortice cupo e denso di emozioni istintive che mi sbranano quasi.
Non riesco però a dire nulla, a ribattere qualcosa di acido ed offeso. Rimango ferma, interiormente divorata da un mostro che cresce minuto dopo minuto e che non so domare. Forse non ne sono in grado.
Con lo sguardo fisso senza realmente vedere ciò che ho davanti sprofondo in una oscurità mentale
fatta di quesiti irrisolti ed elucubrazioni che mi isola, estraniandomi dal gioco che continua e da ciò che ho intorno.
Non sento Candice che cambia bruscamente argomento o Paul che le da corda, non percepisco nulla. Solo i miei pensieri, unicamente il loro vociare caotico.
Percepisco unicamente la verità delle sue parole
E quella domanda non fa altro che peggiorare le cose, il mio stato d'animo.
E diventa un obbligo non dare a vedere quello che sento.
**********
Con un sospiro leggero e vagamente incrinato da una stanchezza latente poso le chiavi sulla scrivania, lasciandovi accanto l'attimo dopo anche il telefono.
Non è vero, riconosco nell'intimità sicura dei miei pensieri, così oscura e torbida da risultare quasi rassicurante.
Non è solo stanchezza, sospiro, come sempre infondo. C'è ben altro dietro ad una serata apparentemente tranquilla passata in compagnia di amici e fette di pizza, tra risate e battutine.
La verità è diversa, più irrazionale e nascosta. È annidata dietro la torva volontà di non dare a vedere il mio stato d'animo, di celarlo a sguardi indiscreti e soprattutto a due particolari occhi azzurri fin troppo abili nel leggermi e decifrarmi.
E ora proprio non mi va, voglio rimanere chiusa nella sfera introversa della mia mente. Risulta quasi un obbligo, una necessità intrinseca. Non mi va di lasciargli intravedere tutte le fantasie che ho fatto, su cui ho fantasticato quasi in modo trasognato nonostante abbia cercato in tutti i modi di non farlo, di frenarmi.
Aspiro lentamente l'aria, prendendo un respiro profondo e rilasciandolo subito dopo sottoforma di un leggero sbuffo, che lascia perfettamente trasparire il mio stato d'animo agitato e tumultuoso.
Sono nervosa. Tanto. Troppo. Incomprensibilmente forse.
E' tutto un agitarsi interiore, un miscuglio di fantasie non espresse e in qualche modo stroncate prima ancora di essere assaporate. E poi c'è quel tarlo, quella subdola sensazione che proprio non vuole saperne di smettere di tormentarmi con la sibilante irritazione che mi provoca.
Un silenzioso nervosismo mi attaglia infatti lo stomaco, stridendo con la mia espressione di superficiale tranquillità.
Appoggio distrattamente una mano sulla mia spalla, nel punto esatto in cui termina il collo, massaggiandomi appena i nervi contratti e dolorosamente tesi.
Sapere quelle cose mi ha reso così, nervosa ed irritata. Non saperle ha fatto il resto, portandomi quasi sull'orlo di una cervicale a causa della tensione che mi pervade senza pietà.
E poi, si, c'è anche un orgoglio dolorante e ferito che urla quasi vendetta, colpito nel profondo della sua femminilità. Trafitto dalle sue parole brucia ancora, facendomi quasi sentire oltraggiata e ferita nella mia sensualità.
A questo pensiero l'eco muto di ciò che ha detto torna a tormentarmi, ronzandomi prepotentemente nelle orecchie.
Non ho tuttavia il tempo di scacciarlo o formulare un qualsivoglia pensiero coerente che un movimento alle mie spalle mi distrae, catalizzando la mia attenzione.
Un improvviso senso di calore mi investe simultaneamente a due braccia possenti che mi circondano la vita, attirandomi contro un corpo tonico e caldo tramite una morsa suadente. Una stretta dolce e allo stesso tempo invitante mi circonda, provocandomi un lieve senso di sorpresa e smarrimento a causa del contatto inaspettato. Sobbalzo lievemente, totalmente impreparata, tenendo se possibile ancora di più i muscoli del mio corpo.
Ian mi tira contro di sé con un movimento fluido che mi fa traballare, appoggiando leggermente le labbra sulla mia nuca per un bacio tenero e sfuggente che sa di tenerezza. E io vacillo ancora, soprattutto interiormente.
Mi stringo allora fra le spalle, affondando involontariamente nel suo abbraccio divisa tra la volontà di cedere alle sue coccole e quella, invece, opposta di sfuggire al suo tocco. Quel sottile nervoso, difatti, mi spacca a metà, rendendomi indecisa e irrequieta.
E la domanda sorge spontanea, quasi beffarda : obbligo o verità?
Devo seguire l'obbligo che mi sono auto-imposta di non sembrare toccata da ciò che ha detto oppure devo lasciar prevalere la verità del sentimento che provo?
E non trovo risposta, rimanendo in bilico in un limbo emotivo che mi confonde e al tempo stesso mi irrita inverosimilmente.
Lievemente frustata soffio l'aria tra le labbra, non facendo nulla e lasciandomi andare con la schiena contro il suo petto. Forse è semplicemente il mio corpo a decidere, il mio istinto che mi spinge ad abbandonarmi contro di lui.
Tentando di allentare momentaneamente un nervoso cerco di rilassarmi. Tentativo che fallisce miseramente l'attimo seguente.
Un lieve, ma quanto mai presente fastidio mi solletica la pelle come un irritante pizzicore che proprio non ne vuole sapere di abbandonarmi. Con la sua presenza snervante mi punge nel profondo, portandomi a mordermi tormentosamente le labbra. A completare il quadro del mio umore ci pensa il mio orgoglio che protesta, dolendo e infastidendomi ulteriormente.
Come se già non bastasse la mia mente che mi riporta quasi di continuo alle sue parole.
O forse dovrei dire pensiero? Mi chiedo in modo masochista, aizzando inverosimilmente la mia irritazione.
E quella domanda torna prepotente nella mia testa, confondendomi emotivamente.
Obbligo o verità.
- Vado a fare la doccia – soffia lui al mio orecchio, riscuotendomi dai mie torbidi e confusi pensieri.
Sceglie lui per me, togliendomi da un impaccio che so essere solo momentaneo.
Annuisco semplicemente come risposta, non dicendo nulla e risprofondando nelle mie riflessioni.
Nei miei dubbi. Nella mia gelosia, mi ricorda una vocina interiore pungendomi con il suo tono acuto e terribilmente veritiero. E proprio nel momento stesso in cui io assottiglio stizzita gli occhi Ian mi sorpassa, passandomi vicino. Senza dire nulla e apparentemente ignaro di ciò che penso entra in bagno, lasciando una scia di profumo dietro di sé e il rumore della porta che si chiude.
Istintivamente ne prendo una lunga boccata, beandomene e sperando silenziosamente che sortisca il consueto effetto di frizzante calma che riesce ad infondermi.
Senza vederlo realmente punto lo sguardo sul legno scuro della porta, ritrovandomi a scuotere frustrata l'attimo seguente il capo.
Passo una mano tra i miei capelli e sbuffando sonoramente decido di abbandonare tutti i pensieri e le elucubrazioni in un angolo della mia mente, che spero essere anche il più lontano possibile.
Con un gesto fluido e semplice mi sfilo le ballerine nere che indosso, lasciandole vicino alla scrivania.
Scalza e pensierosa raggiungo poi la sedia dal lato opposta della camera, togliendomi intanto la maglia e subito dopo i jeans scuri.
Allungo inseguito la mano, afferrando la maglia leggera del pigiama e infilandomela velocemente per sfuggire ai leggeri brividi di freddo che mi attraversano.
Leggermente infreddolita mi avvicino al letto con passi veloci e affrettati, le gambe fasciate solo da un paio di culotte blu e le piante dei piedi solleticate appena dal freddo del parquet.
Con un sospiro stanco alzo le coperte, non vedendo l'ora di infilarmici e di sprofondare in un sonno privo di pensieri possibilmente.
Nello stesso istante la porta del bagno si apre ed Ian appare sulla soglia con indosso già gli abiti con cui dorme abitualmente: una maglietta grigia e un paio di boxer neri. Semplice e sexy al punto giusto.
Immersa come ero nei miei pensieri devo aver perso la percezione del tempo dal momento che lui ha già finito di farsi la doccia ed è asciutto e profumato davanti a me.
Mi giro istintivamente verso di lui, scrutandolo con le sopracciglia aggrottate e un'espressione non troppo amichevole stampata in faccia che mi adombra il viso.
Lui mi sorride leggermente, piegando le labbra in un ghigno appena accennato attraversato da una punta di consueta malizia.
Tentando di apparire indifferente mi rivolto, facendolo scomparire dal mio campo visivo. Ignoro bellamente quel senso di fastidio lancinante che mi tende spasmodicamente e soprattutto quel quesito a cui non so dare risposta.
Mi sdraio il secondo dopo, tirando il piumone fin sopra le mie spalle e girandomi su un fianco mentre affondo il viso nel cuscino, venendo circondata da un intenso profumo di biancheria pulita.
Socchiudo leggermente gli occhi mentre il materasso si abbassa sotto il peso di un altro corpo l'attimo dopo, intuendo unicamente la sua vicinanza. Si è messo anche lui a letto, noto silenziosa.
Continuando a rimanere chiusa in un mutismo ostinato e persistente, che non ho intenzione di interrompere, non dico nulla, affondando semplicemente di più il viso nella federa.
Ed ' lui a farlo subito dopo, mandandolo in frantumi con un tono pacato e tranquillo che mi riscuote vigorosamente.
- Non vuoi la mia maglia stasera? - mormora al mio indirizzo, la voce morbida che arriva ovattata alle mie orecchie a causa dell'imbottitura del cuscino forse con l'intento vano di farmi voltare.
Ma non accade dal momento persisto nella mia rigida postura ribollendo interiormente a causa di un subbuglio di emozioni che si agitano. Bollenti scalpitano come chiuse in una pentola a pressione, non dandomi pace e alimentando la mia agitazione.
Fa tutto come sempre, come se nulla fosse.
Con una abitudinarietà svagata e una disarmante disattenzione per il mio umore fa esattamente come ogni sera.
E per un attimo mi chiedo interdetta se davvero non ha capito che sono infastidita da ciò che ha detto o fa solo finta, aspettando che sia io a parlare. Qual è delle due?
L'ennesima domanda senza risposta si accatasta sulle altre, aggrovigliandosi in una matassa di parole e pensieri senza logica e di cui non riesco a trovare il filo conduttore. Perchè mi dà così fastidio la sua risposta? Mi chiedo ancora, incapace di non farlo e di non girare il coltello nella piaga in modo masochista. E quella fantasia distrutta in qualche modo brucia più di tutto, forse persino più concretamente della divorante gelosia che mi attanaglia.
L'obbligo che mi sono imposta diventa così necessità, tendendomi impercettibilmente e portandomi a cercare di apparire indifferente.
- No, grazie – rispondo con un sussurro appena udibile, le labbra visibilmente imbronciate e l'orgoglio che continua a scalpitare irrequieto dentro di me.
E non solo quello.
Mi ritrovo così silenziosamente a ringraziare di avere i capelli lunghi dietro cui posso nascondere la mia espressione corrucciata.
Alle mie orecchie giunge improvvisamente un sospiro stanco e un po' pesante, che mi coglie di sorpresa. Un moto di pressante fastidio mi travolge, stringendomi nella sua morsa inquietante fin quasi a stritolarmi.
Ora è lui ad essere infastidito? Mi chiedo piccata sbarrando lievemente gli occhi, strabiliata dal suo comportamento. Stringo irrazionalmente le dita sul tessuto azzurro della federa, artigliandolo e finendo per spiegazzarlo a causa di una presa nervosa e rancorosa.
- C'è qualcosa che non va?- mormora puntellando un gomito contro il cuscino per tirarsi leggermente a sedere e potermi così guardare meglio in viso. - Sembri...infastidita - continua dopo una breve pausa di esitazione, come volendomi decifrare.
Continuando a rimanere su un fianco e celando sfacciatamente la mia espressione mugugno mal volentieri una risposta, negando affannosamente e nel modo più credibile possibile.
- No - soffio con voce bassa, strascicata.- E non sono neanche infastidita - continuo a negare spudoratamente, risultando poco credibile alle mie stesse orecchie.
Le parole che fuoriescono come un sibilo allarmante dalle mie labbra e che contraddicono spudoratamente la scritta a caratteri cubitali che indica l'opposto sulla mia fronte.
E Ian sembra percepire finalmente almeno in parte cosa mi tormenta ormai da troppi minuti, andando dritto al nocciolo del problema.
Un problema tremendamente fastidioso e ingarbugliato, assottiglio gli occhi mentre stringo contemporaneamente le labbra in una linea netta e sottile.
- Quindi non sei gelosa per la storia di Ines - afferma interessato, una punta di ironico divertimento che incrina il suo tono serio e che mi pungola dispettosamente.
E inaspettatamente coglie parzialmente i miei tormenti, andando a prendere proprio quello più superficiale ed odioso.
- No – ribatto ancora io, mordendomi l'interno della guancia mentre la mia espressione diventa ancora più torva e scura, ombrosa.
Incassando la testa fra le spalle la scuoto in segno di diniego come a sottolineare le mie parole, sfregando i capelli contro la federa e con la viva speranza di scacciare tutti i pensieri che mi affollano la mente. E' una cosa passeggera, mi dico, con una lunga dormita passerà.
Quasi a volermi contraddire la mia gelosia si agita maggiormente dentro di me, stringendomi lo stomaco in una morsa snervante e che stride con la mia espressione apparentemente superiore.
E il pensiero che quella sia stata davvero la sua volta preferita non fa altro che peggiorare le cose.
Non è infatti solo semplice gelosia, ma anche orgoglio di donna ferito e sottovalutato. Le due cose si mischiano, intrecciandosi saldamente e facendone scaturire un mix letale.
Mi travolge come un fiume in piena, prendendomi in pieno e trascinandomi in un baratro senza scampo con le sue domande.
Non mi vede nel suo futuro? E lo sconforto semplicemente mi assale.
Non contento Ian parla ancora, socchiudendo le labbra e soffiando fuori le parole con tono mellifluo.
- Meno male, perchè è stata davvero fantastica quella volta – afferma compiaciuto e con l'ego gonfio con il chiaro intento di provocarmi, il tono un po' divertito e un po' serio che mi porta a rifocalizzare la mia attenzione sul problema gelosia, abbandonando momentaneamente il resto.
E ci riesce perfettamente, punzecchiando un nervo dolente e scoperto che mi letteralmente saltare i aria. Forse a causa delle mie elucubrazioni o per via del mio stato di irrazionale emotività scatto, non riuscendo a resistere ad una provocazione troppo forte e diretta per essere sopita e relegata dietro un semplice scherzo. Non ne sono in grado. La mia gelosia non ne è capace e forse anche il mio orgoglio femminile.
E lui lo sa benissimo, è perfettamente consapevole che pungolandomi farà cadere il mio ostinato mutismo ed emergerà il vero problema che mi affligge.
Stizzita e infiammata dalla sua battuta mi volto quasi di botto, girandomi a pancia in su con una torsione secca del busto. Il movimento è così brusco da far aggrovigliare le coperte intorno alle mie gambe, rendendole un cumulo indistinto di tessuto.
Lo trovo inaspettatamente appoggiato con la schiena alla testiera del letto, le braccia incrociate al petto che fanno tendere la maglia che indossa e mettono in risalto il suo fisico. Un'espressione maliziosa gli aleggia sul viso, piegandogli le labbra in un sorriso divertito mal trattenuto.
Socchiudo minacciosamente gli occhi inverosimilmente irritata dalla sua battuta, ma soprattutto colpita intimamente nel vivo, senza però trovare nulla da ribattere per un lunghissimo attimo.
Una piega divertita gli inclina le labbra, come se stesse trattenendo una corposa risata a causa del mio comportamento. Cosa che mi irrita ancora di più, incendiandomi maggiormente.
La mia gelosia si accentua, diventando sempre più palese e visibile man in mano che il nervoso aumenta e la mia razionalità sparisce del tutto.
L'irrazionalità prende infatti il sopravvento, portandomi ad arricciare le labbra in una smorfia per nulla divertita come invece sembra essere lui.
Un guizzo di ilarità attraversa i suoi occhi adamantini, illuminandoli e rendendoli tremendamente azzurri.
E prima che io possa dire qualcosa o semplicemente maledirlo lui parla ancora, non lasciandomi il tempo di ribattere.
- Cosa c'è? - mi domanda come se nulla fosse, rivolgendomi un finto sguardo angelico accompagnato da un ghigno furbo che lo contraddice.
Si morde poi leggermente le labbra, tentando a stento di trattenere le risate seppur con visibile fatica.
In risposta lo trucido maggiormente con lo sguardo, sperando di far sparire quel sorrisino divertito e di zittirlo. Inarco torvamente un sopracciglio, tentando di fargli capire di piantarla cosa che però non accade. Anzi.
La sua risata argentea e corposa, attraversata da un chiaro divertimento, riempie la stanza l'attimo seguente, interrompendo il silenzio fatto di occhiatacce che si era creato.
- Ti sei appena giocato la possibilità di fare sesso stasera – sputo minacciosa le parole con un sibilo tra le labbra, riservandogli un'occhiataccia torva.
L'espressione ilare scompare dal suo volto, lasciando il posto ad una smorfia sgomenta e corrucciata che risolleva infantilmente di una tacca il mio umore. La mia gelosia gioisce, calmandosi leggermente.
Cercando di apparire sicura e decisa inarco entrambe le sopracciglia, guardandolo come se non capissi il motivo della sua occhiata torva.
L'atteggiamento contrariato scivola, però, velocemente via dal suo viso, non lasciandomi il tempo di assaporare la vittoria e aprendosi in un mezzo sorriso che mi coglie di sorpresa.
- Ah si, ne sei sicura? - mi domanda per nulla convinto dalle mie parole, la voce affabile e morbida che scalfisce leggermente il mio nervoso.
Potere che sembra avere incredibilmente solo lui, noto continuando però a guardarlo corrucciata e scura in viso mentre i capelli arruffati fanno da cornice al mio viso, facendomi probabilmente apparire stralunata.
Non è infatti un mistero che Ian abbia un incredibile ascendente su di me, riuscendo a farmi passare il cattivo umore in una frazione di secondo. Certo, con la stessa facilità con cui scatena emozioni forti e bollenti dentro di me, è anche in grado di provocare facilmente la mia gelosia.
Emetto un piccolo sospiro, quasi inudibile, che si perde nell'aria. Quel sottile dubbio dentro di me però rimane, aleggiando nella mia mente e lasciando dietro di sé una serie di dubbi irrisolti.
Cogliendomi con le guardia abbassata e momentaneamente persa tra i miei pensieri, si allunga verso di me. Con un gesto veloce e sciolto fa scivolare le braccia in modo fulmineo intorno alla mia vita snella, attirandomi contro di lui apparentemente con il minimo sforzo. Mi tira parzialmente su di lui, facendo scontrare i nostri petti.
Ancora leggermente inviperita a causa delle sue battutine per nulla divertenti, lo fulmino con un'occhiataccia dando sfogo più al mio nervosismo che per reali motivi.
Cosa che lo fa nuovamente scoppiare a ridere. Una risata profondamente svagata gli solca le labbra, illuminandogli il viso e irradiandosi fino ai suoi occhi. Un'allegria disarmate li attraversa, rendendo il suo sguardo ancora più liquido e magnetico di quanto non sia già.
E per un attimo mi toglie le parole, il respiro. Quasi stordita rimango a fissarlo in silenzio per una lunga manciata di secondi, che sembrano scorrere in modo incredibilmente lento.
La smorfia infastidita sulle mie labbra scompare quasi del tutto, scemando inesorabilmente via fino a farle rimanere semplicemente dischiuse e afone.
L'obbligo di sembrare neutrale e non toccata da nulla si incrina, spezzandosi e vacillando fino ad indebolirlo.
Sconcertata dal repentino cambio di emozioni che mi pervadono, deglutisco continuando ad alimentare il nostro gioco di sguardi. E la domanda sorge spontanea: sono io a prendermela inutilmente o è lui ad essere tremendamente abile a farmi stare meglio?
Continuando a tenermi contro il suo corpo caldo e tremendamente invitante preme maggiormente il palmo della mano contro la parte bassa della mia schiena, attirandomi ancora di più se possibile su di lui.
Sempre più imbambolata e persa in pensieri che riguardano unicamente lui rimango a fissarlo ammutolita, continuando a riflettere.
Il motivo del mio malumore non è solo la gelosia, riconosco. E' stata quella negazione di un futuro insieme, seppur lontano, che in qualche modo mi ha turbato rendendomi incomprensibilmente cupa e infastidita. Il pensiero che possa non vedermi nel suo futuro mi ha trafitto, trapassandomi da parte a parte all'altezza del cuore.
La gelosia è stata solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso del mio nervosismo, portandomi ad una irritazione contorta e intricata di riflessioni tormentanti.
Emetto un lungo sospiro, distogliendo lo sguardo dal suo nel tentativo di scrollarmi di dosso tutte queste sensazioni.
Le mie emozioni, al contrario del mio apparente stato di tranquillità esteriore, urlano dentro di me, scuotendomi. Subdole e traditrici esplodono proprio nel momento in cui dovrei sembrare impassibile, indifferente a lui e a ciò che mi scatena. Cosa decisamente impossibile.
La verità è questa. E' che voglio essere nel suo futuro, farne parte. Lui fa parte del mio e l'emozione che mi vibra intensamente dentro ne è la tangibile testimonianza.
Tuttavia, ci pensa Ian a far riaccendere l'espressione di contrito fastidio sul mio viso subito dopo.
- Peggio per te, allora - mormora con finta sufficienza, fingendo di non essere per nulla toccato dalla prospettiva di essere mandato in bianco stanotte e anzi di snobbarmi giocosamente.
Deglutisco, cercando di rispedire indietro il nodo di sensazioni importanti che mi stringono la gola. Inarco poi scetticamente un sopracciglio, sicura che continuerà a parlare.
- Ines non se lo farebbe di certo ripetere – mi provoca palesemente, non riuscendo tuttavia a trattenere l'ennesima risata.
Sorpresa e sbigottita sbarro gli occhi, stupita che stia continuando a stuzzicarmi seppur scherzosamente.
- Ian! - ribatto piccata, le guance che avvampano violentemente e che si arrossano a causa del nervoso.
E ancora una volta anche solo pensarlo con un'altra donna mi innervosisce inverosimilmente. Stizzita gli do un pizzicotto sul fianco, scatenando un aumento delle sue risa. Un ciuffo di capelli corvini ancora umido gli solletica la fronte a causa del lieve movimento, gli occhi socchiusi e lucidi a causa del divertimento. E sorridere davanti a questa visione diventa semplice, spontaneo.
Quel senso di calore mi stringe ancora, sciogliendo gli ultimi strascichi di nervoso.
- Perché te la stai prendendo?- soffia lui contro la mia guancia prima di stamparvi un bacio leggero, la voce ancora incrinata dall'ilarità che la pervade.
E' serio, lo percepisco dalla piega rilassata della sua bocca contro la mia pelle e dal tono calmo che ha usato. E non sono sicura che si riferisca solo alla gelosia, ma a qualcosa di più profondo che vi ci cela dietro.
Non sapendo cosa ribattere e troppo turbata dalla verità dei miei pensieri non dico nulla, stringendomi semplicemente tra le spalle mentre le mie labbra si schiudono.
Cosa dovrei dirgli? Mi domando senza trovare una risposta valida da dargli senza apparire in qualche modo infantile o banale. E così rimango zitta, alzando lo sguardo su di lui.
Lui mi scruta per qualche attimo, rivolgendomi un'occhiata speculare e criptica.
- Pensavi fossi ancora vergine? - mi chiede scherzosamente, prendendomi bonariamente in giro e mandando in frantumi l'imbarazzante silenzio che si era creato.
E io gliene sono intimamente grata. Più sollevata gli sorrido leggermente mentre alzo giocosamente gli occhi al cielo, fingendomi scocciata.
La sua presa sui miei fianchi si rafforza, rimanendo salda e solleticandomi dolcemente la pelle lasciata scoperta dalla maglietta che indosso.
Comunque non troppo divertita inclino il viso, scoccandogli un'occhiata eloquente che gli intima di non toccare più il tasto gelosia per stasera. E' stato fin troppo pungolato oggi e non ho ancora dimenticato le sue parole, nonostante siano state oscurate da altri pensieri.
Non è solo il fatto di averlo saputo ora o che me lo abbia detto pungendo la mia femminilità e la mia gelosia con il chiaro intento di riuscirci. La verità è che mi ha infastidito venirlo a sapere davanti ai nostri amici, apparendo ignara dei fatti e visibilmente sorpresa. E lo sa anche lui.
- Potevi almeno evitare di dirlo davanti agli altri – soffio sincera e diretta, non girandoci troppo intorno e cogliendo al volo l'occasione di chiarire subito questa piccola incomprensione.
Abbandonando le mie irrazionali reazioni e le mie istintive emozioni lo guardo negli occhi, cercando di scorgere ciò che pensa realmente.
Ian ricambia il mio sguardo, il brillio divertito che scema momentaneamente via lasciando spazio alla serietà.
- Ti avrebbe dato meno fastidio se te lo avessi detto in privato? - mormora acuto e curioso, sfiorando le punte dei miei capelli, che oscillano sulla mia schiena ad ogni mio più piccolo movimento, con i polpastrelli.
Colta un po' alla sprovvista dalla sua domanda mi mordo le labbra, cercando una risposta nell'intimità sicura e razionale della mia mente.
No.
- Si – ribatto, invece, io in risposta, mentendo e contraddicendo la veridicità dei fatti.
So benissimo che è un comportamento infantile e che sto negando solo l'evidenza dei fatti, mi stringo dolcemente tra le spalle.
Non troppo convinto da ciò che ho detto persiste a guardarmi di sottecchi, fissandomi dubbioso e alla ricerca di una verità che anche lui sa non essere questa.
- E' successo a 15 anni – afferma pacato di punto in bianco, confondendomi e non facendomi capire a cosa si riferisce - Con Leslie, un gran bella bionda. -
Allargando sbigottita e gelosa gli occhi lo trucido con lo sguardo, mettendogli di slancio la mano sulla bocca per non farlo parlare mentre una fitta acuta di fastidio torna a trafiggermi.
- Non voglio sentire - gli intimo fulminandolo con una occhiataccia bieca.
La barba leggera e un accenno di risata mal trattenuta mi solleticano il palmo, provocandomi una dolce frizione che mi fa rabbrividire.
Ian socchiude leggermente gli occhi azzurri, rendendoli simili a due fessure azzurre lucide di divertimento.
- Non è divertente - aggiungo mugolando contrariata.
Lui non deve essere del mio stesso avviso visto che l'attimo seguente un morso giocoso si scontra con la pelle delicata della mia mano, provocando un'espressione piccata sul mio viso.
Ammonendolo con un'occhiata allontanano dolorante la mano dalla sua bocca, liberandolo dalla mia presa.
- Non voglio sapere nulla - gli ricordo ancora testardamente, sottolineando il mio volere.
Lui mi osserva tranquillo per una frazione di secondo, un ghigno malizioso e decisamente allietato che gli inclina le labbra. E che non promette assolutamente nulla di buono, mi appunto mentalmente.
- Ok - acconsente facendo sospirare di sollievo la mia gelosia, che finalmente può respirare tranquilla. - Ora che ci penso meglio era Mary, Leslie è stata dopo – continua, non ascoltandomi e proseguendo a provocarmi scherzosamente mentre gesticola con leggerezza con una mano, come a voler sottolineare l'ovvietà della cosa.
Inclina in seguito delicatamente il viso, sfoggiando una smorfia sbarazzina e un po' irriverente che mi fa perdere un battito.
- Ian!- protesto guardandolo ostile - Parla ancora e ti mando in bianco per una settimana - gli punto contro un dito, aggrottando torvamente le sopracciglia.
- Come siamo suscettibili - mi schernisce lui, scherzando.
Faccio per ribattere pungente, ma lui mi batte lui tempo, avvicinando repentinamente il suo viso al mio e portandomi a trattenere bruscamente il respiro. Avvolta da un improvviso calore mi mordo le labbra, irrigidendomi istintivamente e fissandolo ammutolita.
- Non ci credo, però, che mi stai lontana così tanto - sussurra languido al mio orecchio, una punta di vanità gongolante che impregna la sua voce rendendola inaspettatamente roca.
Appoggia subito dopo la bocca sul mio lobo, tenendolo leggermente fra le labbra e facendo scontrare il suo respiro contro la pelle sensibile del mio collo. Vi deposita un bacio leggero, ma tremendamente sensuale, erotico. Lento, si sofferma quasi ad assaporare la mia pelle facendomi fremere sotto il suo tocco e provocandomi le palpitazioni. Un lungo, voluttuoso brivido mi attraversa la schiena, trafiggendomi e andandosi ad insidiare subito nel mio basso ventre. Le spirali di una nascente voglia si insinuano dentro di me, dipanandosi placidamente.
Possibile che mi ecciti con un solo, semplice bacio? Mi domando sconcertata dal subbuglio ormonale che mi ha suscitato in un secondo.
Quasi annaspando in cerca di ossigeno e con la mente totalmente annebbiata rimango immobile, il cuore che scalpita nel mio petto mentre lui si tira leggermente indietro, facendo scontrare i nostri sguardi e mischiare i nostri respiri. Per un lunghissimo attimo le nostre labbra rimangono ad un millimetro di distanza le une dalle altre, facendomi anelare disperatamente un bacio.
Dura, tuttavia, troppo poco questa dolce tortura. Lasciandomi con le guance rosse e bollenti si allontana, infatti, repentinamente, sfoggiando un sorrisino sexy che di casto non ha decisamente nulla e che mi provoca un'altra poderosa ondata ormonale.
Mi mordo istintivamente le labbra, torturandole con i denti.
- Smettila di guardarmi così – mormoro fissandolo e piegando leggermente la bocca in un broncio deluso per il suo bacio negato.
So, infatti, benissimo cosa significa quello sguardo: vuole sedurmi. Il problema è che ci riesce, mandando definitivamente in fumo i miei propositi di sembrare insensibile al suo fascino almeno ancora per qualche secondo.
Lui si apre in un sorriso ammaliante con il sfacciato intento di imbambolarmi più di quanto io non sia già.
- Così come? - mi domanda con una espressione angelica stampata in faccia, gli occhi leggermente socchiusi apparentemente innocenti.
Piego il capo, stringendo sarcasticamente la bocca.
- Lo sai benissimo – ribatto in risposta – Lo sguardo alla Damon – continuo sicura.
Conosco alla perfezione quel leggero ghigno malizioso e le occhiatine languide, profondamente ambigue ma apparentemente innocue, che lancia quando vuol fare colpo su di me. Il vero problema è che ci riesce perfettamente anche senza impegnarsi.
- Non è uno sguardo alla Damon, guarda – afferma lui, stringendosi candidamente fra le spalle mentre l'espressione innocente persiste sul suo viso.
Inarco un sopracciglio, guardandolo scetticamente e non credendogli assolutamente.
- Era più alla Derek Sheperd – ridacchia divertito dopo un secondo, riprendendo a parlare e portandomi a roteare gli occhi al cielo con l'accenno di una risata sulle labbra che proprio non riesco a trattenere.
Appoggio la mano sulla sua spalla con l'intento di dargli una spinta giocosa, ma all'ultimo momento desisto godendo unicamente del calore del suo corpo e della sua vicinanza.
Il nervoso di prima sembra improvvisamente lontano, la gelosia distante anni luce da me e da questo momento. Si, i dubbi rimangono irrisolti e forse lo rimarranno ancora per molto, ma in qualche modo sono smorzati dalla sua presenza. Mi rassicura, mi fa sentire sua.
- Faccio il buono, va bene - soffia successivamente, il brillio seducente che persiste nei suoi occhi.
Tendo le labbra in una piccola smorfia ironica, cercando di ignorare quel senso di voglioso desiderio che proprio non riesco a sopprimere. O forse, semplicemente, non voglio.
- Proprio buonissimo, guarda - lo rimbecco in modo canzonatorio, giocoso.
- Eh, Jessica me lo diceva sempre - sospira quasi in modo teatrale, sorridendo affabilmente divertito dalla situazione rilassata e dalle mie smorfie di disappunto - Sei troppo buono Ian - continua poi.
Tuttavia, non ho il tempo di ribattere perché lui mi anticipa sul tempo parlando ancora.
- Secondo te a cosa si riferiva?- mormora languidamente con un chiaro doppio senso.
Afferro un cuscino candido al mio fianco, lanciandoglielo contro senza riuscire a trattenere una risata.
Lui mi abbraccia quasi di slancio, intrappolandomi in una stretta dolce e confortante accompagnata da dei baci rumorosi sul collo che mi fanno cedere del tutto alle sue tenere lusinghe. Per una manciata rimaniamo semplicemente in silenzio, godendo solo della nostra vicinanza.
- Comunque è vero - soffio pacata e con una tranquillità ritrovata nella voce, appoggiando debolmente il viso alla sua spalla. - Ero infastidita -
Ian mi tira di più su di lui, facendo scontrare i nostri corpi e cingendomi maggiormente i fianchi con le braccia.
- Si, me ne ero accorto - afferma con una nota dolce che gli incrina la voce rendendola morbida e calda, tremendamente lenente per gli squarci gelosi che mi sono creata io stessa.
Con le dita gioco distrattamente con la sua maglia, mentre affondo totalmente nella calma di questo momento. Emettendo un sospiro fiacco mi rilasso contro di lui.
- Stai giocando con la mia maglia - mi fa notare, confondendomi - La stessa che non hai voluto-
Un sorriso spontaneo mi tende le labbra nel momento stesso in cui mi rigiro nel suo abbraccio. Premo poi il palmo della mano contro il suo petto per sciogliere la sua morsa sul mio corpo. Con un pensiero deciso e determinato in testa mi tiro poi del tutto a sedere, inginocchiandomi al suo fianco e sedendomi sui talloni. Percepisco distintamente lo sguardo confuso di Ian accarezzarmi intrigato.
Senza la minima esitazione artiglio il bordo della mia maglia, sfilandola con un movimento fluido e rimanendo unicamente in reggiseno e slip alla merce dei suoi occhi.
- Mi dai la tua maglia ora? - gli domando allungando la mano e guardandolo dritto negli occhi, tentando di apparire spavalda e sicura.
Ian inclina leggermente il viso percorrendomi totalmente un paio di volte con delle lunghe occhiate, l'aria sbarazzina e i capelli che accentuano la sua espressione maliziosamente interessata.
- Mmm ora sei tu che non fai la brava – mormora con tono languido, ripuntando i suoi occhi nei miei.
La voce esce arrochita dalla sue labbra appena dischiuse e, visceralmente attratta, non riesco a non fissarle rapita per un lunghissimo minuto.
Il mio cuore aumenta irrazionalmente i battiti, pompando più velocemente il sangue del mio corpo e acutizzando il senso di calore che mi attanaglia senza scampo, facendomi avvampare. I suoi occhi seguono ancora le mie curve, soffermandosi per qualche secondo sul mio seno inguainato da un reggiseno blu che lo metto in mostra. Il respiro mi si blocca in gola, raschiandola leggermente mentre dei placidi brividi di eccitazione mi percorrono facendomi rizzare i capelli sulla nuca.
Il suo sguardo continua ulteriormente il suo percorso immaginario, scendendo ancora e soffermandosi sul mio basso ventre, dove si annida una morsa voluttuosa e vogliosa che è lui stesso a scatenarmi. Trattengo istintivamente il respiro, tendendomi irrazionalmente e stringendo lievemente le cosce tra di loro per trovarvi sollievo tramite una innocua frizione.
Vittima del mio stesso gioco di seduzione, il mio corpo anela a un contatto più intenso, profondo e appagante che diventa quasi un bisogno ancestrale, primordiale.
- Obbligo o verità – soffia affascinato Ian, risalendo fino a far legare i nostri sguardi in un gioco indissolubile, carico di chimica ed elettrica voglia – Voglio giocare – sorride sornione, bruciante come non mai e facendomi perdere totalmente la percezione del tempo e delle cose.
- Verità – rispondo istintivamente io rimanendo immobile, l'attrazione che pulsa più forte dentro di me e mi divora attimo dopo attimo.
Elettrizzante e corposa rende l'aria più spessa, frizzante e carica di desiderio represso. Vibra tra di noi una voglia intima e bollente, attirandoci l'una all'altro come calamite. Suadente, ci attira sempre di più tra le sue spire voluttuose facendomi perdere immediatamente la cognizione del tempo.
Ian stringe pensieroso le labbra, l'espressione intrigata che rimane intatta sul suo viso mentre probabilmente cerca una domanda da pormi e lasciandomi in una fremente attesa.
Un brillio luminoso gli attraversa subito dopo gli occhi, schiudendo le labbra per chiedermi proprio l'ultima cosa che vorrei esternare.
- Quanto sei gelosa di me?- mi domanda schietto e diretto, andando a pungolare ancora quel nervo dolorante e scoperto.
Colta di sorpresa dischiudo la bocca, tentando di formulare una risposta senza trovarla. Le richiudo l'attimo seguente, stringendole e decidendo ostinatamente che ha già giocato abbastanza per stasera con la mia rovente gelosia.
- Ho cambiato idea – affermo risolutamente scrollando il capo e rivolgendogli una mezza occhiata superba e altera, esibendo un broncio leggero che deve farmi apparire ai suoi occhi quasi capricciosa. - Scelgo obbligo -
Lui socchiude gli occhi in un modo così accattivante da mettermi irrazionalmente in allerta, portandomi a rizzare la schiena istintivamente. E il mio istinto non si sbaglia.
- Benissimo – soffia mellifluo, lanciandomi l'ennesima occhiata languida che mi fa rabbrividire. - Allora pagherai penitenza – continua con voce calma che sfocia quasi in un mormorio concitato e smanioso mentre muove leggermente la mano sulla sua gamba.
Istintivamente il mio sguardo cade sui suoi boxer, dove un visibile gonfiore fa orgogliosamente mostra di sé provocandomi un folle senso di piacere e compiacimento.
Tentando di non farmi sopraffare dai miei scalpitante ormoni che mi urlano di sbatterlo a letto, riprendo a parlare.
- Penitenza? - domando quasi con tono sottile, sicura che sarà qualcosa di intrigante visto il suo sorrisino soddisfatto.
- Spogliati - afferma con tono basso, trafiggendomi con uno sguardo desideroso che mi avvolge placidamente.
Allargo sorpresa leggermente gli occhi, stuzzicata al tempo stesso dalla sua provocazione erotica e maliziosa. Senza dire nulla o protestare e riservandogli uno sguardo di sfida allungo le mani oltre la mia schiena, artigliando con le dita il gancetto del reggiseno. Con un gesto semplice lo sgancio del tutto, sfilandomelo l'attimo seguente. Rimanendo fieramente a seno nudo davanti a lui continuo a fissarlo negli occhi, le guance bollenti e rosse che accompagnano il mo sguardo lucido.
Un pensiero stuzzicante e malizioso mi attraversa all'improvviso la testa, risvegliandomi dal torpore languido della mia mente ed esortandomi ad osare di più. Il desiderio di sedurlo, di scaturire lo stesso effetto che lui ha su di me mi pervade spietatamente facendo emergere la parte più femminile e donna di me.
Sospinta da un istinto irrazionale, gli metto una mano sulla spalla incontrando con i polpastrelli il tessuto morbido della sua maglia. Senza interrompere il nostro gioco di sguardi mi muovo, facendo scivolare le mie cosce ai lati dei suoi fianchi. Seduta a cavalcioni su di lui raddrizzo la schiena, facendo scontrare totalmente i nostri corpi.
Il tessuto leggero dei miei slip si scontra con quello dei suoi boxer, facendo sfiorare lentamente i punti più sensibili dei nostri corpi. Un debole sospiro che non riesco ad intrappolare sfugge dalle mie labbra, scontrandosi contro il suo viso terribilmente vicino.
Continuando a non dire nulla e limitandomi a fissarlo spavaldamente faccio scendere la mia mano, percorrendo il suo petto con una carezza lenta che parte dai suoi pettorali fino ad arrivare al bordo della sua maglia. Lo artiglio con le dita, lanciandogli una occhiata di sottecchi per studiare la sua reazione. Lo trovo intento a guardarmi intrigato e attento, gli occhi così intensi e liquidi da assomigliare a metallo fuso. Non appena sfioro leggermente la sua pancia, Ian si irrigidisce contraendo la mandibola e tendendo le spalle.
Intimamente compiaciuta dalla sua reazione afferro il tessuto e la sfilo, persistendo con il mio intento di sedurlo.
Mi mordo le labbra nello stesso esatto istante in cui il suo petto rimane nudo davanti a me in tutta la sua invitante tonicità. Improvvisamente pervasa da una spudoratezza insolita gli sorrido maliziosamente, per nulla imbarazzata dalla quasi totale nudità dei nostri corpi. Muovo così i fianchi, strusciandomi lievemente contro di lui in una suadente frizione che mi provoca un formicolio al bassoventre.
Mi sporgo poi in avanti, facendo aderire i nostri toraci e il mio seno preme contro il suo petto in una fievole, ma quanto mai eccitante frizione.
L'albore della sua eccitazione preme maggiormente contro di me, provocandomi un languido formicolio al basso ventre che anela di essere soddisfatto. Seguendo unicamente un irrazionale istinto mi muovo ancora su di lui, sfregando il seno contro la pelle del suo torace, dando vita ad un lento strusciare che mi annebbia quasi la vista. I miei ormoni si palesano maggiormente, iniziando a scalpitare ferocemente e intorpidendomi la mente. Avvolta da un turbinio di emozioni vi sprofondo totalmente, perdendo quasi totalmente percezione di ciò che ho intorno.
Con la razionalità ormai pressoché sbiadita schiudo le labbra, pronta per sussurragli una accattivante provocazione che però non faccio neanche in tempo a formulare. Ian infatti reagisce, interrompendo la sua momentanea immobilità.
Appoggia saldamente le mani sui miei fianchi nudi e con un colpo deciso e improvviso di reni inverte velocemente la posizione, finendomi addosso e schiacciandomi contro il materasso.
- Mi provochi? - sussurra contro le mie labbra con voce alterata, venata da un sospiro mal trattenuto che la arrochisce nel momento stesso in cui la sua eccitazione affonda tra le mie gambe.
Nonostante la sottile divisione del nostro intimo la scarica di desiderio è intensa e poderosa, portandomi a reclinare il capo indietro e soffiare l'aria tra le labbra in un lungo sospiro.
Come a voler sottolineare le sue parole spinge ancora i fianchi contro i miei, scontrandosi contro la mia intimità ormai umida e gonfia di voglia, togliendomi il respiro.
- Forse – non riesco ad esimermi dal ribattere, tendendo le labbra in modo malizioso e lanciandogli un sguardo di languida sfida nonostante la vicinanza dei nostri visi.
Le sue labbra sono sulle mie l'attimo dopo, stroncando sul nascere le mie parole con un bacio vorace e passionale che mi provoca una lunga scarica di piacere, accentuando il desiderio che ho di lui. Le sue mani vagano affannose sul mio corpo, incontrando la morbida consistenza del mio seno e torturandolo sensualmente.
Ci baciamo ancora, facendo scontrare le nostre lingue e mischiando i nostri respiri affrettati mentre i nostri corpi si incastrano maggiormente, anticipando un incastro molto più intimo ed agognato. Le mie gambe scivolano istintivamente contro i suoi fianchi, attirandolo di più contro di me mentre i nostri centri sfregano ancora tra di loro e la sua bocca lambisce la pelle sensibile del mio collo.
E il fuoco che brucia dentro di me aumenta, divampa e mi divora con le sue fiamme. Sospirando pesantemente mi inarco contro di lui, cercando un contatto maggiore per appagare una voglia che urla di essere soddisfatta.
- Mettiti in ginocchio – ansima improvvisamente al mio orecchio dopo quelli che sembrano lunghissimi momenti di passione, provocandomi un lungo brivido di piacere lungo la schiena.
Il desiderio si acutizza contemporaneamente all'aumentare del formicolio che mi attanaglia le membra, appesantendole languidamente e causandomi delle prolungate scariche di piacere.
Ansimo sfacciatamente mentre il suo respiro affrettato si scontra contro la mia pelle, non riuscendo a trattenere un ansito che si infrange contro la pelle bollente della sua spalla.
Ian spinge maggiormente il bacino contro il mio, strusciandosi ancora contro il centro del mio piacere, ormai terribilmente umido. Istintivamente mi inarco, stringendo irrazionalmente le cosce contro i suoi fianchi cercando di soddisfare minimamente la primordiale voglia che ho di lui.
L'attimo seguente il suo corpo abbandona il mio, lasciandomi avvolta solo da un improvviso freddo causato dal contatto svanito. Eccitata e vogliosa lo guardo con occhi bramanti, facendo scontrare i e intrecciandoli in un gioco sensuale e voluttuoso. Lui mi fissa di rimando, i boxer visibilmente gonfi che lasciano intravedere tutta la sua eccitazione e ciò non fa altro che aizzare inverosimilmente il mio desiderio.
Ricordandomi della sua intrigante richiesta mi tiro poi a sedere, voltandomi poi con una leggera torsione. Quasi gattonando sul letto gli do le spalle, percependo le sue occhiate ardenti percorrere la mia schiena fino al mio sedere ancora coperto dalle culotte. Mi metto poi in ginocchio, davanti a lui appoggiando istintivamente una mano sulla testiera del letto per tenermi in equilibrio.
Le mie ginocchia affondano lievemente nel materasso mentre tutto il mio corpo è teso spasmodicamente dal desiderio che mi brucia dentro. Mi divora, ardendo dentro di me senza campo e togliendomi ogni briciolo di razionalità.
Riesco a pensare solo a lui, a quanto lo voglio.
Emettendo un lungo sospiro inclino il capo, lasciando scivolare tutti i capelli in avanti. Ian è su di me il secondo dopo, riavvolgendomi con il calore bollente del suo corpo e il suo profumo afrodisiaco, che mi da alla testa e mi stordisce.
Appoggia le labbra sulla mia spalla nuda, portandomi a reclinare leggermente la testa indietro mentre, nello stesso momento, appoggia una mano sulla mia pancia. La pelle, languidamente scottata dal suo tocco, avvampa, provocandomi dei lenti brividi di attesa e desiderio. Con i polpastrelli solletica il mio basso ventre, scendendo lentamente verso i miei slip e lasciando dietro di se una via di fuoco che mi scuote.
Il respiro mi si mozza in gola non appena le sue dita giocano distrattamente con il fiocchetto delle mie culotte, tendendo tutti i muscoli del mio corpo. Emozioni contrastanti e intense vibrano sulla mia pelle, provocandomi la pelle d'oca e acutizzando tutti i miei sensi.
Persa in un oblio di emozioni irrigidisco istintivamente la schiena, finendo per premere il sedere contro la sua eccitazione.
Un gutturale verso di apprezzamento giunge dalle mie spalle, infrangendosi contro la mia nuca
Spinta dalla parte più sensuale e femminile di me mi muovo ancora contro di lui, strusciando lievemente le natiche contro la sua eccitazione. Esaltata e quasi su di giri a causa del desiderio voluttuoso che mi pervade continuo con questa lenta frizione.
Lui si irrigidisce alle mie spalle, sospirando visibilmente compiaciuto contro il mio collo. Un'altra ondata di brividi mi investe, sconvolgendomi.
Nello stesso attimo le sue dita scompaiano dentro i miei slip, portandomi ad ansimare in modo irrazionale e sconsiderato. Un gemito roco esce dalla mia bocca dischiusa e gonfia di baci, gli occhi socchiusi e i movimenti circolari delle sue dita che non mi lasciano scampo.
Una spirale di piacere poderoso e incontrollabile mi avvolge, stringendomi e dando finalmente soddisfazione al placido formicolio che tormentava il mio basso ventre. Le sue labbra continua ad assaporare la pelle sensibile e accaldata del mio corpo, scivolando da collo alla spalla mentre con l'altra mano fa cadere lungo le mie gambe i miei slip blu.
Subito dopo le sue dita affondando finalmente dentro di me, portandomi a sospirare ancora più forte. Colta da una imponente ondata di piacere chiudo gli occhi, stringendo istintivamente il legno della testiera tra le dita. Senza quasi accorgermene mi piego leggermente in avanti, allargando maggiormente le gambe e scontrandomi ancora contro la sua eccitazione.
Lui continua con questa deliziosa e languida tortura, muovendole dentro di me e accentuando inverosimilmente il desiderio di essere completata da lui.
Lo voglio, ansimo silenziosamente mentre le mie membra risultano essere sempre più appesantite da una smania senza controllo.
Sprofondo sempre di più nel piacere che questo semplice movimento mi da, godendone appieno mentre il mio petto nudo si alza in modo aritmico a causa del respiro accelerato e aritmico.
- Prendimi - ansimo improvvisamente con voce spezzata, non riuscendo più a trattenermi mentre l'ennesima fitta di piacere mi trafigge. - Ti voglio - soffio ancora ansante, reclinando la testa e lasciandomi andare ad un lungo sospiro.
Assecondandomi lui sfila le dita, lasciandomi un senso di vuoto e l'amaro in bocca per la soddisfazione dei sensi non ancora raggiunta. Prendo un profondo respiro, cercando di riprendere fiato mentre il cuore mi sbatte nel petto e il seno mi si alza in modo aritmico a causa del respiro accelerato.
Un movimento alle mie spalle e un frusciare frenetico di tessuto mi fanno intuire che Ian si è sfilato i boxer, rimanendo finalmente nudo.
Non ho, tuttavia, il tempo di pensare altro poiché, afferrandomi i fianchi con le mani, entra dentro di me con un movimento fluido e deciso del bacino.
Un gemito roco e sensuale si infrange contro la mia nuca, acutizzando la lunga scarica di elettrico piacere che cresce con lo scorrere dei secondi. Tutti i pensieri si azzerano all'istante e rimane solo lui. Percepisco solo l'incastro languido e passionale dei nostri corpi che si completano. Rimane solo questa verità, nient'altro.
Ansimo più forte scoprendo il collo, subito lambito dalle sue labbra smaniose e dai suoi sospiri bollenti. Con gli occhi socchiusi dal torpore del desiderio mi mordo le labbra, assecondando le sue spinte sempre più frenetiche e convulse.
Un turbinio di emozioni e di piacere fisico mi avvolge sempre di più, travolgendomi insaziabilmente tra le sue spire. Le sue dita affondano di più nei miei fianchi, passionale testimonianza della voglia che ha di me. Il piacere cresce sempre di più, divorandomi spietatamente.
Il respiro mi si blocca all'improvviso in gola, mozzandosi bruscamente mentre mormoro debolmente il suo nome. Il mio corpo si tende spasmodicamente, contraendo ogni singolo muscolo del mio corpo e preannunciando l'appagamento imminente dei sensi mentre lui affonda dentro di me con maggior impeto.
E poi arriva. L'orgasmo scoppia dentro di me in una frazione di secondo, pervadendomi con delle spirali che si dipanano in modo concentrico dal mio basso ventre. Un desiderio sordo e impetuoso mi sconvolge, mi stordisce, investendomi con tutta la sua potenza.
Una girandola di emozioni intense e variopinte si apre davanti a me, travolgendomi totalmente. Ian si muove ancora dentro di me, raggiungendo anche lui il piacere dopo un paio di spinte e svuotandosi dentro di me.
Ansanti rimaniamo immobili per qualche lungo attimo, i corpi ancora uniti e incastrati perfettamente.
Mentre gli ultimi strascichi di languida voglia scivolano via, lasciandomi intorpidita, lui si appoggia totalmente contro di me pesandomi dolcemente addosso. Il suo petto aderisce perfettamente alla mia schiena, circondandomi la vita con le braccia e attirandomi ancora più vicino a sé. Un sorriso lieve mi aleggia sulle labbra, il senso di completezza che non mi abbandona nonostante l'amplesso si sia consumato.
Ancora stravolta dall'orgasmo e con il respiro accelerato sospiro, soffiando compiaciuta l'aria tra le labbra mentre mi rilasso contro di lui e reclino la testa contro la sua spalla.
- Ne avevo voglia da quando ti sei inginocchiata sul letto – soffia lascivo al mio orecchio e, anche se non posso vederlo direttamente in viso, intuisco che sta sorridendo debolmente.
Ridacchio, le membra intorpidite e pesanti ma soddisfatte, e non dico nulla in risposta, godendo semplicemente della sua deliziosa vicinanza. Ian deposita un bacio tra il casto e l'appagato sulla mia nuca, accarezzandomi leggermente le braccia prima di lasciarsi cadere a letto e trascinarmi con te.
Rigirandomi fra le sue braccio appoggio il viso sul suo petto, respirando a pieni polmoni il suo profumo mentre con un gesto semplice e dolce ci copre con il piumone.
Mi stringo istintivamente di più a lui, gli occhi chiusi e l'espressione beata stampata in faccia.
Appagati e sudati rimaniamo per qualche attimo avvolti dal dolce silenzio e dal buio della notte, i corpi avvinghiati ancora impregnati della passione che ci ha travolti.
- Dovremmo giocare più spesso ad Obbligo e Verità – rido improvvisamente io, scherzando e alludendo al risvolto piccante che ha assunto. - E' molto più piacevole di come ricordavo -
La sua risata allegra si infrange contro i miei capelli, che bacia subito dopo, mentre la mia mano vaga su di lui in una carezza lenta e tranquilla. Con i polpastrelli disegno dei cerchi immaginari sulla sua pelle ancora bollente, socchiudendo gli occhi a causa di un pressante torpore che mi appesantisce il corpo.
- Vuoi giocare ancora? - mi domanda Ian portandomi a riaprire gli occhi dopo quella che sembra una frazione di secondo o forse di più.
Lievemente stordita da un sonno leggero che mi aveva avvoltoli riapro, inclinando il viso in modo da poterlo guardare in faccia. Incontro il suo sorriso dolce nella penombra della stanza, accompagnato da uno sguardo appagato e tranquillo.
- Tocca a me, però – gli ricordo, rivolgendogli un sorriso dolce e sinceramente rilassato.
- Va bene – afferma amabilmente lui mentre io aggrotto la fronte pensierosamente, riflettendo su qualche possibile domanda. - Obbligo o verità?- gli domando intanto.
- Verità -
Frugando tra i miei pensieri e tra le varie idee una emerge prepotentemente, incuriosendomi con la sua apparente semplicità.
- Mmm qual è il tuo ricordo più bello da bambino? - gli domando sinceramente interessata.
Mi muovo poi leggermente nel letto, girandomi con una piccola torsione del busto in modo da poterlo guardare meglio in viso.
Lui stringe pensieroso le labbra, l'espressione di chi sta scavando nei ricordi e riflettendo stampata in faccia. Io lo guardo in attesa, seguendo il profilo del suo viso e i suoi lineamenti aspettando che parli.
- Quando avevo dieci anni andavo con i miei fratelli sul lago – afferma dopo un attimo di esitazione, appoggiando la sua mano sulla mia ancora appoggiata sul suo petto – Abitavamo poco lontano e a Bob piaceva pescare – continua tranquillo, alludendo alla città in cui è cresciuto.
L'immagine di un Ian bambino con dei grandi occhi azzurri mi invade subito la mente, suscitandomi un senso di tenerezza disarmante. Una dolce morsa mi stringe appena il cuore, aumentando il senso di pacato calore che questo pensiero mi provoca.
Non ho mai visto sue foto da bambino, ma non è difficile immaginarselo vivace e con un caschetto corvino a fare da contorno ad un sorriso vispo e dolce mentre saltella o corre in giro per casa.
Riprende però a parlare l'attimo dopo, facendo sfumare inesorabilmente via il suo viso in versione infantile e portandomi a rifocalizzare l'attenzione sulle sue parole.
- Eri già un bimbo animalista – rido, prendendolo leggermente in giro e riconoscendo quei tratti di lui già così marcati nella sua infanzia.
Lui sorride, lanciandomi un'occhiata di sottecchi. Le nostre dita si sfiorano ancora, finendo per unirsi in una stretta salda che le intreccia.
Totalmente rilassata e calma mi sistemo meglio contro di lui, facendo scontrare le nostre gambe in una involontaria carezza.
Cala poi un momentaneo silenzio tra di noi, che ci avvolge come una guaina cullandoci in un pacato dormiveglia.
- Io mi divertivo a fingermi una spia in missione a quell'età, invece – affermo all'improvviso, ricordando con una lieve malinconia quando spiavo mio fratello credendo di non essere vista. - Cercavo di arrivare di soppiatto e non farmi sentire per ascoltare i discorsi dei miei genitori e poi tornavo in camera -
Alzo il viso, incontrando gli occhi azzurri di Ian puntati su di me e l'espressione di chi sta trattenendo una corposa risata.
- Ei – protesto fintamente risentita – Ero una spia bellissima – rido subito dopo, soffiando le parole tra le labbra con un tono che mi esce un po' infantile e un po' pieno di sé .
Le sue labbra si posano sulle mie l'attimo seguente, strappandomi un bacio dolce e leggero. Quasi in estasi mi ritrovo a sorridere con gli occhi dischiusi, quel sentimento che si agita ancora dentro di me provocandomi una piacevole sensazione di smarrimento. Ed è così facile, naturale, lasciarsi andare nella sua morsa soffice e voluttuosa, affondarci senza pietà.
- Dimmi una cosa di te che non so – affermo all'improvviso con tono curioso e deciso, la sete di sapere altre cose su di lui che non mi abbandona.
Anzi, se possibile aumenta ancora.
Continuando a tenere le nostre mani unite in una presa salda mi volto, mettendomi su un fianco e affondando il viso nel cuscino.
Lui ha leggermente il viso inclinato verso di me, gli occhi socchiusi e i capelli arruffati disordinatamente che gli conferiscono un'aria sbarazzina e intrigante. Piega poi impercettibilmente un angolo della bocca verso l'alto, sorridendo appena, e posso distintamente percepire un velo di stanchezza intorpidirgli lo sguardo, che però cerca di combattere.
- Il fatto che penso che sei bellissima vale come risposta? - soffia adulante, facendomi ridere leggermente.
- Ruffiano – ribatto io dandogli un leggero pugno sul petto, che non scalfisce per nulla la sua espressione languida e adulatoria. - Sono seria. - affermo contro il suo collo, lambendogli la pelle in un bacio leggero e dolce.
- Non do a nessuno il mio ultimo pezzo di dolce – mormora lanciandomi un'occhiata di sottetticchi quasi ammonitrice e so perfettamente che si riferisce a tutte le volte che gli ho rubato qualche morso di torta – Quindi non provare a portarmelo via, potrei sbranarti una mano – ride cercando di far assumere alla sua voce una inclinazione seria e minacciosa.
- Non lo lasci neanche a me? - gli domando sdegnata in risposta, le labbra buffamente dischiuse dallo stupore.
Lui si apre in un sorriso luminoso e solare che mi provoca una dolce morsa.
- No – ride – Non sono pronto a rinunciare al mio ultimo pezzo per te – mi canzona giocosamente, provocando la mia smorfia.
Intrigato Ian si gira anche lui su un fianco, così vicino da far sfiorare ancora i nostri corpi e mischiare i nostri respiri caldi.
Un dolce torpore ci avvolge insieme ad un silenzio morbido che ci circonda
Infilo silenziosamente un braccio sotto il cuscino mentre Ian al mio fianco sbadiglia stancamente.
E quel dubbio torna ad affliggermi come un tarlo, tormentandomi proprio ora che tutto sembra almo e tranquillo. Come un fulmine a ciel sereno arriva a turbare la mia tranquillità fisica e mentale, adombrandomi leggermente pensieri scuri e carichi di domande irrisolte. Quel dubbio preme per uscire con una una forza disarmante, per trovare risposta e avere soddisfazione.
Mi pressa, portando a mettere in dubbio anche la mia reazione.
Obbligo o verità?
E semplicemente cedo.
- Cosa vedi nel tuo futuro? - gli domando non riuscendo a frenare le parole, che mi solcano le labbra prima ancora che io possa pensarle.
Con occhi febbrili e frementi cerco una sua immediata reazione, puntandoli dritti su di lui e non staccandoli dalla sua longilinea figura neanche per una frazione di secondo. Il cuore mi scalpita ansioso nel petto, attendendo una sua replica chiusa in un religioso silenzio.
Inaspettatamente Ian si tende, irrigidendosi all'improvviso come se avessi toccato un tasto dolente. La linea elegante della mandibola diventa più netta, dura, mentre contrae impercettibilmente le spalle e le labbra si serrano. Un senso di ansia e confusione mi pervade subito, scuotendomi interiormente e facendomi sentire irrazionalmente allarmata e agitata. Quel senso di cupo nervosismo torna a tormentarmi, sibilando malignamente dubbi insinuanti. E il mio istinto infierisce, sussurrandomi che non si era sbagliato: per lui è un problema parlarne, probabilmente.
Ma lo è anche pensarci? Mi chiedo confusa, interdetta alla ricerca di risposte che sembra quasi non volermi concedere. Persiste nel non guardarmi, continuando a tenere ostinatamente gli occhi puntati contro il soffitto bianco della mia stanza.
- Lavorativo, dico – aggiungo velocemente scorgendo il suo sguardo confuso, venendo colta da un moto di panico e cedendo alle dolci e pressanti fantasie che la mia mente si è fatta al riguardo.
Pensieri fatti di me e di lui, di noi e di un futuro lavorativo condiviso.
La voce che esce a malapena percepibile dalla mia bocca in un sibilo inudibile che incrina solo per un attimo il silenzio che vige.
Teso come una corda di violino non dice nulla per un lunghissimo attimo, facendomi trattenere bruscamente il respiro. Perché reagisce così? Mi chiedo turbata dal suo sguardo adombrato e torbido, affollato di risposte indecifrabili.
Sempre più sconcertata lo fisso con gli occhi leggermente socchiusi, studiandolo attentamente nel tentativo di decifrarlo e capirlo. Ma non ci riesco, l'espressione impermutabile sul suo volto non me lo permette e la penombra della mia camera da letto non mi aiuta poi molto, celandomi sfumature del suo sguardo che, invece, sarebbe di vitale importanza. Il lato più scuro e indecifrabile di lui torna ad adombrarlo, rendendolo quasi illeggibile ai miei occhi.
Ian schiude improvvisamente le labbra, pronto per parlare, portandomi ad anelare disperatamente una sua risposta, un suo cenno.
Obbligo o verità? Cosa sceglierà di seguire ?
- Non ho molti progetti – risponde finalmente con tono strascicato, sintetico e laconico. - Magari qualche documentario per la ISF – aggiunge sbrigativo dopo un attimo di esitazione.
Come a volermi rassicurare inclina poi il viso verso di me, girandolo appena e riservandomi uno sguardo criptico che sa di cose non dette e di dolcezza. Mi confonde ancora di più, scatenando dentro di me la consueta reazione di calore e di groviglio indistinto di emozioni.
Annuisco lentamente mentre quella domanda mi divora, scavando una voragine dentro di me e portandosi dietro la sua mezza risposta come ancora a cui aggrapparsi. Non ha chiarito i miei dubbi, rifletto pensierosa mentre mi abbandono al flusso imponente dei miei pensieri.
O forse la verità è semplicemente questa. La sua verità è questa, progetti lavorativi e non ancora non ben definiti al momento.
Emetto un sospiro leggero, cercando di soffiare fuori anche tutte le elucubrazioni che mi tormentano fastidiosamente. Ed è lui a farlo, a scacciarli via e a disarmarmi inesorabilmente l'attimo dopo. Proprio quando sembra che il suo essere indecifrabile non mi consentirà di capirlo, lui mi stupisce fornendomela in un altro modo, più criptico ma anche più significativo.
- Vieni più vicino – soffia con tono dolce e calmo, cogliendomi di sorpresa nel momento stesso in cui mi attira maggiormente contro di te, facendomi sprofondare fra le sue braccia calde e rassicuranti.
Un senso di calore inimmaginabile e di qualcosa che si scioglie mi attanaglia il petto all'altezza del cuore, rendendomi arrendevole e tremendamente indifesa. Affondo istintivamente il viso nel suo collo, respirando il suo profumo e beando delle sensazioni forti e indescrivibili che il solo contatto con la sua pelle mi crea. Rassicura i miei dubbi, li scaccia, li annienta. Mi da risposte.
Appoggia una mano fra i miei capelli, accarezzandoli piano e forse intuendo i miei dubbi che svaniscono via dissolvendosi nel nulla.
La mia mente improvvisamente si svuota, rimanendo disadorna di pensieri cupi e problematici e lasciando spazio ad una semplice verità, quella dei suoi gesti.
È vero, non mi ha detto esplicitamente che mi vuole nel suo futuro, di qualsiasi tipo esso sia, ma me l'ha fatto capire in modo più intimo. E allora è davvero così importante cercare disperatamente una risposta, obbligarlo a dire una verità nascosta,quando è palese nei suoi gesti? Mi domando capendo, che no, non lo è forse.
Non ha scelto l'obbligo di dirmi parole studiate, forzate, ma la verità di una azione che lo rappresenta molto di più.
E io cosa scelgo, invece? Obbligo o verità?
Uno dei due prevale nettamente sull'altro in una frazione di secondo, sovrastandolo in modo deciso e spietato.
- Mi piace averti intorno quando giro – affermo improvvisamente, interrompendo il momentaneo silenzio che si era creato – Mi piace sapere che mi guardi, che ci sei. Mi fa recitare meglio, do il meglio di me – continuo allontanando il viso dal suo collo per guardarlo dritto negli occhi mentre qualcosa dentro di me urla che non saprei fare a meno di lui.
E non solo sul set. Quel sentimento che mi stringe il cuore lo grida a squarciagola, sibilando una verità che risulta essere un obbligo per il mio benessere. È fondamentale, lui lo è.
Lui mi guarda, un sorriso lieve, luminoso, che finalmente gli stende le labbra e che torna ad illuminargli gli occhi e a far palpitare irrazionalmente il mio cuore.
Con una espressione vagamente ebete e imbambolata continuo a tenere i nostri sguardi saldamente incatenati, cercando di trasmettergli la mia verità.
- Questa è una cosa che non ti ho mai detto – soffio dolcemente, riferendomi al gioco e riservandogli uno sguardo carico di emozioni e sensazioni forti.
Ian appoggia una mano sulla mia guancia, accarezzandola delicatamente mentre quel ghigno dolce persiste sulla sua bocca. Mi scalda, conquistandomi ancora, minuto dopo minuto, con quel suo modo intrinsecamente romantico e affabile che lo caratterizza.
Mi rapisce, mi fa ancora sua possedendomi con una sensazione disarmante che gli anima gli occhi.
Il momento viene però spezzato l'attimo seguente dall'acuto squillare della sveglia.
Smarriti e sorpresi ci voltiamo verso il comodino, dove con un gesto secco della mano Ian la zittisce.
- Mmm tra meno di quarantacinque minuti devo essere sul set – sbuffa lui lasciandosi nuovamente andare tra i cuscini e le coperte disfatte, la voce bassa da cui traspare un accenno di stanchezza.
Istintivamente lancio un'occhiata veloce all'orologio scorgendone l'ora: le cinque e diedi di mattina.
Stupita sgrano gli occhi, notando con sorpresa che è già passata una notte intera fatta di passione e parole.
Siamo rimasti a parlare per tutto questo tempo e a me sono sembrati solo pochi minuti. Le ore sono scivolate via in modo dannatamente veloce, noto, praticamente senza che me ne accorgessi.
Lui passa poi una mano sul viso come per risvegliarsi, facendo scivolare in seguito le dita tra i capelli corvini scompigliati e un po' arruffati.
Mi mordo le labbra, seguendo con gli occhi questo gesto e rendendomi conto che sono state anche le mie frequenti carezze ad acconciarli in questo modo scomposto.
- Rimani ancora un po' a letto – protesto con un mugolio supplicante, quasi imbronciato facendolo ridere divertito.
E finalmente tutto diventa chiaro. Guardandolo ridere affianco a me, così rilassato e mio , capisco che non si può ricondurre tutto ad un prevalere di obbligo e verità.
Capisco che non per forza si deve scegliere tra uno o l'altro, ma che invece possono coesistere. Perchè sono cose imprescindibili e complementari, una chiama l'altra.
Esattamente come me e lui, ci attiriamo. Ci incastriamo. Ci completiamo.
E' un obbligo ammettere certe cose a se stessi, venire a patti con i propri demoni interiori.
Lo è affrontare le proprie emozioni, capire cosa si prova e il perchè.
Lo è accettare certe fantasie importanti, prenderne coscienza e desiderarle ardentemente.
Alzo istintivamente lo sguardo su di lui, facendolo scivolare sul suo profilo. Ne seguo ogni tratto, ogni più piccola imperfezione.
E' un obbligo affrontare le proprie paure, le insicurezza che in modo razionale ci spingono verso la persona che vogliamo come una calamita.
Sono quelle cose che consolidano ciò che proviamo, lo manifestano, seppur sembrino indebolirci o renderci fragili.
E' un obbligo cercare le proprie verità, dolci e bello o più amare che siano.
Perché per superare quel gradino che mi divide da lui, per compiere l'ultimo passo verso di lui, si devono ammettere le cose.
E la verità è una sola al momento. E' un sentimento unico e ineguagliabile che mi scoppia dentro, che mi rende viva. Che mi rende felice, serena e completa.
Ian si volta all'improvviso verso di me, inclinando il viso e puntando i suoi occhi nei miei. Come richiamato dal mio sguardo insistente e pensieroso fa scontrare il mio con il suo. Un lampo curioso e interdetto lo anima, probabilmente a causa della mia indecifrabilità
- Cosa c'è? - mi chiede infatti, cercando forse risposta ai suoi pensieri.
- Nulla – mormoro con un filo di voce, dolce e carica di un qualcosa non poi più così sconosciuto.
Sorrido.
E la verità più bella è lui.
Note
Salve! Come state? Spero bene! Eccoci qui con un nuovo aggiornamento con un capitolo che non è importantissimo ma neanche di passaggio. E' una via di mezzo. Questa volta non ci saranno le consuete note, ho deciso che è anche giusto non stare sempre lì a spiegare tutto ma lasciare anche spazio a chi legge.
Vorrei solo precisare alcune cose: in primis Nina non pensa già al matrimonio dal momento che mi ha fantasticato, solo come è anche normale che sia ha avuto quel pensiero. In secondo luogo tramite le parole e i pensieri di Nina si capisce che sono trascorse due settimane dal primo appuntamento, quindi la loro storia sta procedendo tranquillamente. Credo sia necessario fare dei salti temporali, spero siano chiari.
Inoltre, non so se davvero Paul e Torrey si siano sposati nelle vacanze di Natale e in gran segreto, se così non fosse consideratela una licenza poetica;)
Causa influenza non ho riletto benissimo, ma spero non ci siano errori. In ogni caso nei prossimi giorni provvederò a rileggere e correggere gli eventuali errori.
Il prossimo aggiornamento non so bene quando arriverà a causa degli esami all'università imminenti, ma non dovrei impiegarci troppo.
Comunque, ho in cantiere un nuovo progetto che conto di iniziare a pubblicare tra non molto e che è una storia originale;)
Un grazie speciale va al mio Editore, che mi sopporta sempre.
Spero che il capitolo vi piaccia, buona lettura.
Live in Love
Salve!
Vi lascio il link di una mia storia originale che ho iniziato, fateci
un salto se vi va! ci terrei molto a sapere il vostro parere;) RITRATTO
DI TE
|
Ritorna all'indice
Capitolo 18 *** Love is in the air ***
ATTENZIONE: Nel corso del capitolo troverete delle frasi scritte in grassetto, sono le battute dell'episodio 2x18. Buona lettura!
CAPITOLO 18
LOVE IS IN THE AIR
- Non sanno cosa sta accadendo - mormora, sporgendosi lievemente verso di me per farsi sentire e superare così il fragore rumoroso della musica che riempie la stanza - Dobbiamo dirglielo - continua quasi concitatamente, portandomi ad alzare gli occhi su di lui e incontrare il suo sguardo verde preoccupato, ansioso.
Fintamente preoccupato.
- Ci penso io -
Paul recita la sua battuta con disinvoltura, fingendosi angosciato e seguitando a tenere i suoi occhi puntati alle mie spalle come se stesse fissando una persona.
L'operatore con la telecamera si muove intorno a noi, continuando con le riprese e probabilmente con i primi piani mentre io tento di apparire indifferente e di non guardare direttamente in camera.
Cosa che, fortunatamente, mi riesce alla perfezione e con una semplicità stupefacente. Non ci faccio però poi troppo caso, tentando di rimanere totalmente concentrata sulla scena che stiamo girando e di non deconcentrarmi.
Continuando a muovermi leggermente sul posto al tempo di musica lo fisso, come da copione, limitandomi ad annuire mentre i miei capelli, legati in una coda, sfiorano la mia schiena e le mie spalle con un dolce frusciare.
Lui fa poi un cenno del capo a qualcuno dietro di me, continuando ad osservare in quella direzione.
Mi agguanta in seguito all'improvviso la mano, seguendo le indicazioni che ci erano state date dal regista, chiudendola in una presa leggera e debolmente percepibile. Con delicata scioltezza rotea appena il polso, facendomi ruotare su messa stessa in una perfetta piroetta fino a farmi voltare totalmente nella direzione opposta.
Il secondo dopo un'altra mano calda afferra la mia, decisamente famigliare, assecondando il mio movimento e facendo ondeggiare pericolosamente la corta gonna del mio vestito con le mie cosce.
Ian.
Un sorriso quasi sfugge all'imperativo della mia razionalità di apparire pensierosa non appena mi rendo conto che lo avrei riconosciuto anche senza sapere che era lui. Il suo tocco mi risulta, infatti, inconfondibile, marchiato a fuoco su di me. Sulla mia pelle, sul mio corpo e sulla mia anima.
Nel tempo di un respiro mi scontro contro il suo corpo tonico, le braccia solide e forti che mi afferrano per la vita circondandola subito dopo e attirandomi maggiormente nella sua morsa. Forse a causa dello slancio o semplicemente per un fortuito caso mi ritrovo ad una manciata di millimetri dalla sua bocca, che risulta invitante come non mai. L'aria diventa improvvisamente elettrica, densa di un qualcosa di carnale e nascosto che vibra spontaneamente tra di noi. Brucia dentro di me, portandomi a socchiudere leggermente gli occhi mentre istintivamente mi ritrovo a fissarle.
Fortunatamente, per una volta, tutto ciò va anche a vantaggio visto che Kevin ci ha espressamente raccomandato di sembrare complici. Tentando di non aggrottare le sopracciglia mi ricordo anche della sua risatina ambigua che aveva seguito le sue parole, altrettanto vaghe.
Non vi verrà difficile, era stata questa la sua frase esatta.
Mi tendo leggermente a questo delizioso contatto, agognandone disperatamente un altro mentre i brividi, che partono istantaneamente dal punto esatto in cui mi sta toccando, mi dilaniano.
Sperando silenziosamente di non essere arrossita vistosamente e di non avere un'espressione imbambolata stampata in viso scrollo appena il capo, scacciando bruscamente il senso di vertigini che mi avvolge. Quel senso di snervante svolazzare rimane, però, presente, ben radicato nei miei sentimenti, accompagnandomi fedelmente di fatto nella mia recitazione.
Istintivamente appoggio la mano sulla sua spalla fingendomi colta in contropiede mentre rimango con le labbra dischiuse, lo sguardo puntato su un petto tonico che appena si intravede dalla camicia nera che indossa. Risalgo poi lentamente fino a scontrarmi con un paio di occhi incredibilmente azzurri puntati dritti nei miei.
Ian, nelle perfette vesti di un Damon Salvatore anni'70, contraccambia il mio sguardo con un'occhiata tranquilla. Senza apparentemente sentire il peso e l'ansia della recitazione che stiamo sostenendo mi guarda in modo calmo, pacato. L'iride adamantina appena venata da una punta di languida furbizia che mi fa intuire che non gli è affatto passato inosservato la mia affannosa reazione.
Le sue dita scivolano fra le mie, intrecciandosi in una morsa lieve ma salda che mi conduce in un movimento cadenzato che segue il ritmo non troppo veloce della canzone.
- Come va? - afferma l'attimo seguente, rompendo il silenzio creatosi fra noi mentre continua a trascinarmi in una danza lenta che fa sfregare i nostri corpi.
Cosa che non mi aiuta decisamente a riemergere dal torpore mentale in cui sono sprofondata, dimenticando all'istante ciò che devo dire o fare.
E' vero che quando c'è lui giro meglio, visto che viene inspiegabilmente tutto più facile. Forse a causa della chimica che abbiamo, o forse, semplicemente, perché mi rilassa. Ma, così come riesce a facilitare la mia concentrazione, riesce anche perfettamente a distrarmi con la sua espressione sbarazzina e quel sorrisino che sembra invitarmi sfacciatamente ad affondare le labbra nelle sue.
Come se mi avesse letto nel pensiero le stringe lievemente, umettandosele in modo quasi impercettibile e provocando lo scalpitare irrefrenabile dei miei ormoni. Il mio cuore li segue subito dopo, iniziando ad accelerare i battiti mentre con sguardo avido seguo questo gesto apparentemente innocuo. Con la gola improvvisamente arsa e la mente stordita dalla sua sola presenza, dal suo seducente modo di stuzzicarmi in pubblico, deglutisco, tentando a fatica di ricordare ciò che devo dire.
Sono perfettamente sicura che lui si sta divertendo un sacco a vedermi in queste condizioni precarie e spinose, lo maledico mentalmente. Non è, infatti, la prima volta che capita da quando stiamo insieme e, forse, è capitato anche prima. Ian si diverte a stuzzicarmi, punzecchiandomi con battutine languide dall'evidente doppio senso e da contatti fugati ma tremendamente brucianti.
Imponendomi un certo contegno mi inclino leggermente indietro, reclinando appena il capo e mugolando dei versi indistinti nel tentativo di acquistare tempo prezioso. Mentre tutta la troupe, colleghi compresi, mi fissa in attesa che la scena prosegua come da copione io scavo nella mia memoria alla ricerca disperata delle battute che sembro, improvvisamente, aver scordato.
Meno male che ho una buona memoria, mi schernisco da sola in modo ironico e sarcastico.
Fortunatamente, un lampo attraversa la mia mente l'istante seguente, facendomi ricordare.
- Sto andando un po' fuori di testa - mormoro, salvandomi in calcio d'angolo con una battuta che sembra esprimere anche il mio stato emotivo attuale, seppur in modo totalmente differente - E tu? - continuo con maggior scioltezza, più tranquilla, accompagnando il tutto con un sospiro che spero risulti angosciato.
Ondeggiando e approssimando una sorta di ballo lo guardo in attesa che parli ancora, recitando la sua parte.
Quasi sorprendendomi accenna con le braccia proprio le mosse tipiche di quell'epoca, muovendosi con una scioltezza che appare tremendamente spontanea e per nulla costruita.
- Calmo come l'acqua di un lago - afferma continuando a muoversi, una pacatezza naturale che traspare dalla sua voce come se fosse davvero reale e non finzione.
Stende poi le labbra in un ghigno leggero, appena percepibile che però gli conferisce un'aria tremendamente sorniona. Si muove ancora, alzando pollici in modo così buffo che mi fa quasi scappare una risata.
Intorno a noi le comparse continuano a muoversi, fornendoci un perfetto contesto. Fingendomi non troppo convinta e vagamente preoccupata appoggio una mano sul suo collo, sciogliendo del tutto la nostra presa.
Inclino leggermente il viso mentre Ian parla ancora, corrucciando appena le labbra.
- Andiamo, ricordi l'ultimo ballo a tema? - mi esorta lui, attirandosi il mio sguardo silenzioso mentre le mie dita vagano sulla mia nuca.
Piega poi il volto, sorridendo appena nello stesso esatto istante in cui un brillio di smaliziato divertimento gli anima gli occhi adamantini.
-I vampiri facevano argh - piega la bocca in una smorfia buffa nel tentativo di impersonare vampiro pauroso mentre oscilla in aria le mani - E voi facevate ahhh - continua rendendo più acuta la voce per simulare un urlo spaventato.
Malamente riesco a trattenere un sorriso divertito, che si scontra contro il palmo delle mie mani che scorrono velocemente sul mio viso.
- Giusto - recito con voce fintamente stanca - E poi vinceste - lo guardo nuovamente negli occhi, le dita che premono sulla pelle del mio collo come per stemperare la tensione con un lieve massaggio.
Rivolgendomi un'occhiata di sottecchi, resa più intensa dai suoi occhi allargati, si sporge in avanti, afferrandomi i polsi. Attirandomi contro di sé fa scivolare le sue dita tra le mie, appoggiandole poi sul suo petto e trafiggendomi con uno sguardo vivo, languido. Fa poi scontrare di nuovo i nostri corpi, provocando una dolce frizione tra i nostri bacini per seguire il ritmo della canzone in sottofondo.
I nostri occhi rimangono incatenati indissolubilmente e io mi ritrovo a chiedermi, ancora una volta, se dall'esterno l'elettrica sintonia che abbiamo si nota. Quesito che forse non avrà mai una risposta.
- Vincemmo - soffia suadente, mellifluo spingendo ancora il suo corpo contro il mio e facendo avvicinare pericolosamente i nostri visi.
La voglia di mordere il suo labbro inferiore diventa pressante, corposa e forte, quasi rinvigorita dal nostro strusciare fievole. Miracolosamente riesco a trattenermi, beandomi semplicemente di questo contatto lieve ma gustoso.
Il mio petto inizia a gonfiarsi in modo aritmico nel momento stesso in cui Ian mi tira a sé prima di allentare la presa sulla pelle delicata del mio polso e farmi fare l'ennesima giravolta della giornata.
Non è, difatti, la prima volta che la giriamo. Al contrario l'abbiamo dovuta ripetere un paio di volte a causa di alcuni errori e per renderla più credibile.
Spero sia l'ultima, mi dico mentre giro su me stessa ripiombando fra le sue braccia calde subito dopo. Questa volta, però, mi ritrovo di tre quarti, quasi di spalle contro il suo petto intrappolata in un contorto abbraccio.
Sorrido spontaneamente deliziata, alzando il mento per vederlo meglio in viso.
- Sei bravo - interpreto, un guizzo di piacere ad animarmi lo sguardo che è puramente reale, per nulla finto.
Le mie labbra si tendono di più, allargando il mio sorriso allegro e dolce.
Neanche tu sei male, recito nella mia mente anche la battuta di Ian che dovrebbe seguire la mia.
Cosa che, tuttavia, non accade.
E ho solo il tempo di notare di sfuggita un brillio di pura malizia animargli lo sguardo chiaro prima di ritrovarmi ancora più stretta contro di lui.
Sorprendendomi totalmente avvicina la sua bocca al mio orecchio, lasciando spiazzata e tesa con le labbra dischiuse in attesa di capire cosa vuole fare.
- Conosco mosse che non hai mai visto - soffia provocando un caldo brivido lungo la schiena e la pelle d'oca, improvvisando totalmente e abbandonando le istruzioni del copione.
Prima ancora che possa realizzare l'evidente doppio senso delle sue parole lui mi fa ruotare nuovamente sul posto, riportandomi faccia a faccia con lui.
Tentando di mascherare lo stupore che ancora mi pervade sorrido, aumentando la presa sulle sue mani calde che ancora stringono le mie.
Con gli occhi azzurri frizzanti e divertiti dalla mia espressione, tra lo stupito e il deliziato, ghigna, inclinando appena il viso ed esibendo la sua consueta espressione sexy.
- E stop! - urla improvvisamente una voce decisa, imponendosi sul vociare di sottofondo ed interrompendo la scena proprio quando una lieve risata mi sale alle labbra.
Fortunatamente il regista apprezza la scena, salvandomi dal dover improvvisare a mia volta e soprattutto dal dover ripetere tutto da capo.
Ian non allenta la morsa sulle mie mani per una frazione di secondo, prolungando il nostro contatto.
Alzo gli occhi su di lui, il respiro ancora trattenuto bruscamente in gola e le guance velate da un leggero rossore che me le scalda.
Impudentemente ghigna in modo più vistoso, riservandomi uno sguardo di consapevole sensualità che fa esplodere i miei ormoni. Spinge poi leggermente il bacino contro il mio, provocandomi sfacciatamente nel bel mezzo del set.
Avvampando mi mordo le labbra, sgranando sorpresa gli occhi mentre un'ondata di calore e tensione sessuale mi trafigge.
Non mi lascia, però, nuovamente il tempo di dire o fare nulla, allontanandosi subito dopo da me ridacchiando leggermente.
Gli lancio un'occhiataccia al vetriolo, un broncio appena accennato che mi curva le labbra a causa del suo scherzetto. O forse, semplice, per via del contatto interrotto.
Tentando di darmi un contegno afferro la mia coda, portando i capelli sulla mia spalla e giocandoci distrattamente con le dita.
Emetto poi un sospiro mentre le luci si riaccendono e le comparse sciolgono rumorosamente i ranghi, disperdendosi intorno a noi. Il silenzio irreale e sacro che vigeva prima sul set si rompe, venendo sostituito dal vociare dei tecnici che discutono riguardando la scena e degli attori che gironzolano in giro.
- Potevi avvisarmi - affermo all'indirizzo di Ian riferendomi alla sua improvvisazione mentre muovo un passo verso di lui, accorciando nuovamente le distanze tra di noi.
Fa spallucce, piegando la bocca in una lieve sorriso svagato.
- Lo sai che mi piace improvvisare - mi risponde semplicemente.
Piego un angolo della bocca, spostando momentaneamente lo sguardo dalla sua snella figura per guardarmi intorno.
- Si, ma se il regista non chiamava lo stop non sapevo cosa rispondere - mormoro tranquillamente, entrando nei panni dell'attrice professionale e abbandonando per un istante quelli della sua ragazza. - Avvisami la prossima volta - gli dico convinta, tornando a puntare i miei occhi nei suoi.
Lui annuisce.
- Hai ragione - afferma con un sospiro leggero, spontaneo.
Gli sorrido dolcemente, il desiderio di toccarlo che si fa impellente e che a stento freno. Cosa che evidentemente non riesce a fare lui, tuttavia.
Il secondo dopo, infatti, Ian si sporge in avanti, appoggiando velocemente le labbra sulla mia guancia.
In un gesto del tutto istintivo piego leggermente il viso verso di lui, percependo il suo respiro caldo contro di me e le sue labbra indugiare sulla mia pelle.
Un pensiero fugace mi ricorda però che siamo in un luogo pubblico, affollato più che mai oggi, fulminandomi sul posto. Mi irrigidisco istintivamente, contraendomi totalmente mentre una punta di panico mi investe.
- Ian - lo ammonisco in modo concitato, quasi angosciata dalla paura che qualcuno ci noti nella moltitudine.
Con il cuore che batte all'impazzata stringo le dita sulla sua camicia nera, una presa ibrida che sembra volerlo trattenere e al tempo stesso allontanarlo.
- Non ci ha visto nessuno, stai tranquilla - afferma al mio orecchio con tono dolce e morbido, tentando di calmarmi e farmi rilassare.
Annuisco appena, guardandomi velocemente intorno e non scorgendo nessuno a guardarci fortunatamente.
Mi rilasso lievemente, sciogliendo la postura tesa e le mie spalle contratte. E il calore del suo corpo mi aiuta incredibilmente, facendomi tirare un sospiro di sollievo.
La sua bocca indugia ancora sulla mia guancia, solleticandomi e deliziandomi con un altro bacio leggero, ma terribilmente delizioso.
Deglutisco, tentando di calmare il mio batticuore scalmanato.
Lui si allontana subito dopo, la mano che segue la linea sinuosa del mio fianco in una carezza languida e desiderosa in netto contrasto con la dolcezza del suo bacio.
Con le guance probabilmente rosse lo fisso attentamente mettersi davanti a me in modo da coprirmi la visuale e nascondermi dietro la sua figura.
Il suo sguardo si illanguidisce all'improvviso, diventando più liquido ed imbrunendosi appena. Una contrattura che ormai conosco perfettamente gli vela il viso, adombrandogli gli occhi con un'emozione indecifrabile ma tremendamente palpabile.
Una sottile tensione sessuale torna a impregnare l'aria, saturandola di un qualcosa che sembra indistinto e al tempo stesso chiarissimo.
Senza quasi rendermene conto mi umetto le labbra, sfiorando appena con la lingua il mio labbro superiore senza interrompere il nostro gioco di sguardi.
- Ti sta bene questo vestito - afferma con voce sorprendentemente bassa, intima e arrochita dall'attrazione e da quel qualcosa che sembra abitare anche lui, oltre che me.
Irrigidita ora dal desiderio mai sopito e non più dall'ansia di essere vista da qualcuno lo guardo. intensificando lo sguardo.
- Appena torniamo in camerino te lo tolgo io - sussurra con voce languida, percorrendomi da capo a piedi con un'occhiata bruciante e avida.
L'ennesima ondata di calore mi scuote, facendomi sentire quasi in debito di ossigeno e sul punto di avvampare.
I suoi occhi percorrono le mie gambe nude appena solleticate dalla gonna corta del mio abito viola, risalendo fino alla mia scollatura e infine al mio viso.
- Sai - ghigna inclinando leggermente il viso, continuando a riservarmi occhiate bollenti - Conosco mosse che non hai mai visto - mormora languido e ambiguo, richiamando le battute del copione.
- Oh amore alcune le conosco - ridacchio appena in modo malizioso alludendo a tutte le volte che siamo stati a letto insieme ultimamente.
Divertita mi stringo nelle spalle, scossa da una risata leggera e allusiva che non riesco a sopprime.
L'espressione di Ian muta però drasticamente in un secondo, cambiando bruscamente di segno. Da sorridente e malizioso diventa confuso e sorpreso. Quasi sconvolto. Aggrotto le sopracciglia, il divertimento che scivola inesorabilmente via lasciando il posto solo alla confusione.
Tuttavia, non ho il tempo di comprendere appieno la sua reazione perché qualcosa mi distrae, attirando la mia attenzione. O meglio, qualcuno.
- Complimenti, ragazzi, la scena è ... - Kevin si palesa davanti a noi, gli occhi sgranati e una evidente sorpresa che gli aleggia sul viso.
Come se avesse visto qualcosa di sconvolgente esita per qualche attimo, la bocca dischiuse e afona mentre indugia su di noi con lo sguardo come per volerci scrutare attentamente.
Non capendo mi volto nuovamente verso Ian, trovandolo intento a passarsi una mano sulla nuca in modo quasi imbarazzato.
Cosa diavolo ho detto per sconvolgerli e addirittura ammutolirli? Mi domando sconcertata senza capire il filo conduttore di questa situazione.
Quasi senza rendermene conto mi ritrovo a riavvolgere silenziosamente a ritroso il nastro dei miei pensieri e dei miei discorsi alla ricerca di ciò che li ha destabilizzati in questo modo sconcertante.
Parola dopo parola scorro velocemente tutto ciò che ho detto, ripetendomi quasi le frasi che ho detto ad Ian poco fa. E improvvisamente tutto si completa, le parole mancanti si incastrano perfettamente nel quadro costruito dalla mia razionalità.
Oh amore alcune le conosco.
Il mio cuore perde all'istante un battito, accelerando bruscamente subito dopo e trasformandosi in una corsa sfrenata che mi provoca un ronzio nelle orecchie.
Amore.
Allargo gli occhi, la tachicardia che non mi abbandona e una vampata di calore che mi sale al viso, arrossandomi furiosamente le guance.
L'ho chiamato amore, mi dico quasi non capacitandomene. E' successo con una naturalezza così disarmante che non me ne sono praticamente accorta.
Le mie labbra si sono mosse quasi in modo autonomo, spinte da quel sentimento che cresce giorno dopo giorno dentro di me realizzandosi.
Stupita da me stessa deglutisco, tentando di rallentare il mio battito e di calmarmi.
Mi sento strana, euforica ed agitata al tempo stesso. Un mix di emozioni e sentimenti che pulsano, si dimenano e si mischiano rendendomi fremente.
Un pensiero attraversa però fulmineo la mia mente, paralizzandomi.
E Ian come l'ha presa? Mi domando sprofondando in un flusso di pensieri che mi estrania dal resto del mondo, facendo passare in sottofondo tutto ciò che ho intorno.
Quasi ansiosamente alzo lo sguardo su di lui, trovandolo nella stessa posizione di prima e con lo sguardo puntato in tutt'altra direzione. Sembra un po' teso, forse imbarazzato, noto con un'occhiata accurata e vibrante.
Agognando disperatamente dei dettagli che mi facciano intuire il suo umore e, soprattutto, la sua reazione lo studio, percorrendo il suo viso con occhi aviti di indizi. Ha la mandibola appena contratta, le labbra che contrariamente sono distese nella consueta piega morbida e gli abbassati che sfuggono ai miei, impedendomi di leggerlo meglio.
L'espressione indecifrabile stampata in volto non mi aiuta a decifrarlo, provocandomi una leggera stretta allo stomaco che mi attanaglia vigorosamente.
L'avrà presa bene? Mi domando ancora, incapace di non farlo.
I miei dubbi rimangono però tali visto che Kevin riprende a parlare subito dopo, ricordandomi della sua presenza.
- E' uscita molto bene – completa infine la frase, continuando a fissarci e scrutarci in modo quasi indagatore – E complimenti Ian, davvero ottima l'improvvisazione. - continua schiacciandogli l'occhiolino, riprendendosi in minima parte.
Istintivamente lo guardo mentre parla, scorgendo Ian annuire appena con la coda dell'occhio mentre continua a passarsi nervosamente la mano tra i capelli.
- Mi hai...sorpreso – afferma ancora scombussolato, come realmente stupito da una verità che non si aspettava, non guardando tuttavia il mio collega e fidanzato ma rivolgendo lo sguardo su di me.
E un dubbio molto più grosso e insidioso rispetto alla reazione di Ian mi fulmina sul posto, raggelandomi dolorosamente.
Ha sentito, sgrano scioccata gli occhi. Kevin ha sentito.
Solo in questo momento, con un imbarazzo pressante e una paura latente ad abitarmi, ricollego tutto, ricordandomi della sua comparsa proprio nello stesso esatto momento in cui ho pronunciato quelle parole.
Alla fremente euforia si mischia ora l'angoscia di cosa potrebbe dire, di come potrebbe riprenderci. Le relazioni sul set non sono mai state buon viste di buon occhio, proprio perchè potrebbero mettere a repentaglio la riuscita ottimale dello show creando attriti e problemi.
Totalmente senza parole rimango in silenzio, interiormente sconvolta dalle conseguenze pubbliche che potrebbero insorgere.
E se qualcun altro lo avesse sentito? Mi chiedo ancora, scrutando con occhi febbrili le cuffie appoggiate sul suo collo.
Abbiamo il microfono dannazione, mi maledico mentalmente frustrata. Potrebbe avermi sentita anche il regista e chissà chi altro, emetto un piccolo sbuffo allarmato.
Una punta di panico vena totalmente la mia tranquillità, portando a non sentire cosa sta dicendo Kevin.
Con il cuore che pulsa in modo aritmico e un miscuglio di emozioni indistinte che si agitano dentro di me guardo Ian.
Come percependo il mio sguardo lo alza su di me, permettendomi finalmente di scrutarlo meglio. Ricambia la mia occhiata, legando i miei occhi con i suoi. Tesa e nervosa cerco di capire la sua reazione, ciò che pensa o prova. La calma magia che ci ha caratterizzati fino a poco fa mandata in frantumi da una angoscia sottile, ma tremendamente presente.
Disattendendo le mie speranze mi guarda in modo indecifrabile, gli occhi azzurri appena dilati e uno stupore velato ancora ben presente nella sua espressione.
E l'eco delle mie parole rimane nell'aria, così come il battere del mio cuore.
Oh amore alcune le conosco.
Amore.
*******
Con una torsione semplice del polso mi tiro dietro la porta bianca del mio camerino, chiudendola subito dopo a chiave. Avvolta da un silenzio quasi religioso prendo un lungo sospiro, lasciandolo andare subito dopo con una scrollata di spalle. Non c'è nessuno in giro e, vista l'ora, non c'è da stupirsi. E' stata una giornata pesante, impregnata di tensione emotiva e lavorativa. Come se non bastassero le scene massacranti ci si mette anche la mia vita privata, quasi sull'orlo di essere resa pubblica ora.
Ho praticamente passato la giornata ad evitare Kevin per paura che mi fermasse per dirmi qualcosa, richiamarci o anche solo esprimere il suo parere contrario. In qualche modo mi rende irrequieta questa concreta possibilità, non facendomi vivere serenamente
Per non parlare di Ian poi. Non ci siamo praticamente più beccati per tutto il pomeriggio dal momento che io ho dovuto girare delle scene con Paul e lui era impegnato sul set.
La promessa di spogliarmi dell'abito di scena nella pausa non si era avverata, sfumando in un silenzio dettato da qualcosa che sembrava averlo destabilizzato.
Amore.
Nell'intimo silenzio della mia mente mi ripeto questa parola, esattamente come ho fatto per tutto il giorno in modo quasi incredulo, assaporandola dolcemente.
Era stato questo, la sorpresa di sentirsi chiamare così a destabilizzarlo? Ian era apparso quasi imbarazzato più che confuso, stupito da un qualcosa che non si aspettava forse.
E di certo la presenza di Kevin ha complicato drasticamente le cose, ingigantendo un qualcosa invece semplice e spontaneo.
Non si è fatto sentire e io non l'ho cercato, rifugiandomi quasi nella frenetica calma delle riprese.
Emetto un lungo sospiro, cercando di scacciare la tensione e preparandomi mentalmente ad affrontarlo non appena metterò piede in camera mia. Pronta per tornare in camera e finalmente rilassarmi tra le calde e candide coperte del mio letto, mi volto muovendo un passo in avanti.
Tuttavia, sono costretta a rivoltare subito dopo, ricordandomi distrattamente che ho lasciato le chiavi inserite nella toppa.
Dannazione a me e alla mia testa distratta che si perde sul pianeta Ian, mi maledico mentre le recupero infilandole subito dopo nella tasca interna della borsa.
Ciò nonostante, non faccio neanche in tempo ad alzare lo sguardo e muovere un passo che l'ultima persona che vorrei vedere compare davanti a me.
- Oddio Kevin – mi porto spaventata una mano al petto, il cuore che scalpita furioso e un urlo strozzato che mi muore sulle labbra. - Mi hai spaventata – mormoro con un filo di voce, prendendo poi un respiro profondo nel tentativo di calmarmi.
Allo spavento si mischia subito una punta di imbarazzo, portandomi a torturarmi il labbro inferiore con i denti. Con il cupo presagio che possa iniziare il fatidico discorso riguardo ciò che ha visto stamattina lo guardo, ricambiando la sua occhiata delicata con una di febbrile attesa.
Lui sorride in modo gentile, il disagio di oggi pomeriggio che sembra solo un lontano ricordo sul suo viso.
- Scusami tesoro, non volevo – afferma con voce calma e serena, piegando le labbra in un sorriso velato che però non mi tranquillizza – Ti ho chiamato un paio di volte, ma sembravi sovrappensiero – mi rivela avvicinandosi di un passo, ostruendomi così del tutto la via di fuga così.
Sentendomi quasi in trappola deglutisco, tentando di usufruire delle mie doti recitative per apparire rilassata e soprattutto di calmarmi.
- Si – ammetto semplicemente, annuendo appena. - Non ti avevo sentito -
Le mie dita si chiudono nervosamente intorno alla tracolla in tessuto della mia borsa, tentando di scaricare e stemperare la tensione. Cosa che però non accade, purtroppo.
Per un lungo attimo cala un silenzio carico di imbarazzo, il corridoio deserto ed illuminato che ci circonda aumentando maggiormente il mio disagio.
Mi vorrà parlare di oggi? Mi domando quasi ansiosa, non riuscendo a non farlo ma non trovando comunque una risposta a questo quesito insidioso.
E forse non voglio saperlo, mi dico riconoscendomi come una perfetta codarda ma stasera e con la stanchezza che mi grava addosso è decisamente l'ultima cosa che ho voglia di fare.
- Ehm, io andrei – affermo con tono vagamente esitante, piegando appena la testa di lato ed indicando con un cenno del capo l'uscita che mi appare quasi come un miraggio in questo momento.
Cercando di apparire normale e tranquilla stendo le labbra, ottenendo come unico risultato una smorfia mal celata al posto di un sorriso disteso.
Lui, tuttavia, continua ad ostruirmi la strada, facendomi sentire tremendamente braccata.
- Aspetta – dice deciso, allungando una mano come per fermare la mia imminente fuga. - Vorrei parlarti prima, Nina – continua con tono pericolosamente serio, facendomi drizzare le orecchie.
Sentendomi in fallo e pronta ad essere colpita nel vivo mi irrigidisco impercettibilmente, stringendo ancora le dita intorno al tessuto della mia borsa nera.
- Hai un minuto? - mi domanda.
- Si, certo - mormoro in risposta io, fingendomi tranquilla.
Cosa che decisamente non sono. Per nulla.
Il cuore mi scalpita ansioso ed agitato nel petto, facendomi sentire sul punto di essere scoperta.
- Dobbiamo affrontare un discorso – afferma ancora, iniettandomi direttamente in vena una dose incredibile di panico con le sue parole.
Mi pervade, soffocandomi e privandomi quasi del respiro. Non sapendo cosa fare o dire mi mordo le labbra, percependo il momento della verità farsi sempre più vicino. Un confronto inevitabile si avvicina minuto dopo minuto, intrappolandomi contro la porta del mio camerino e con il senso di angoscia che comporta.
E il peso di tutto ciò si fa sentire. L'angoscia preme inesorabilmente su di me, calcata dal fatto che Kevin non è solo un mio datore di lavoro ma anche un amico.
Semplicemente non riesco a sopportarlo, cedendo e battendolo sul tempo.
- Senti Kevin se è per quello che hai sentito oggi – inizio a parlare, frantumando bruscamente il silenzio che si è creato tra di noi mentre muovo freneticamente una mano.
Non sapendo bene come continuare esito un attimo, indugiando alla ricerca convulsa di qualcosa da dire, da spiegare.
- Te lo avremmo detto – affermo ancora, dilatando appena gli occhi mentre dentro di me spero ardentemente che non se la prenda. - Solo non volevamo diventasse troppo pubblica – continuo inclinando appena il viso, stringendomi tra le spalle.
Lui aggrotta le sopracciglia, probabilmente non capendo all'istante a cosa mi riferisco, distendendo poi la fronte subito dopo.
- Di me ed Ian – aggiungo io, tentando di spiegarmi meglio e di chiarire a cosa mi sto riferendo.
Emetto poi un sospiro, stringendo la bocca in una linea netta e attendendo la sua imminente reazione
- Oh – afferma semplicemente lui, facendomi fremere a causa dell'attesa. - Non negherò di essere rimasto parecchio sorpreso da oggi – mi dice con un'occhiata eloquente riferendosi alla situazione venutasi a creare sul set e io arrossisco furiosamente, mordendomi colpevolmente le labbra nel ricordarlo.
Silenziosamente in attesa lo guardo, aspettandomi da un momento all'altro una sfuriata sul perché va contro la politica dello show.
- E non ti dirò neanche che è una cosa che fa bene allo show perché sai benissimo le conseguenze in cui potreste incorrere - mi guardo ancora in modo serio, ammonendomi quasi.
Ecco qui la famosa ramanzina, mi dico torvamente incassando la testa fra le spalle.
So perfettamente quali possono essere le conseguenze di eventuali nostri problemi, ma so altrettanto bene che non li lasceremmo influire sul nostro lavoro.
Professionalità prima di tutto, è questo quello che ci siamo sempre detti. La nostra vita privata non deve influire sul nostro lavoro se non positivamente. In fondo uno dei motivi per cui abbiamo tenuta nascosta la nostra storia è anche questo: non creare problemi sul posto di lavoro causati magari da cause esterne.
Tuttavia quel lieve senso di ansia permane dentro di me, agitandomi interiormente nonostante io abbia la coscienza pulita a riguardo. Irrequieta mi muovo leggermente sul posto, continuando a fissare Kevin ed ascoltarlo.
Ci potrebbero essere conseguenze effettive? Mi ritrovo però a chiedermi, vagliando tutte le possibilità eventuali ed immaginabili.
Non c'era nessuna clausola nel contratto, penso riuscendo a calmare in minima parte il mio allarmismo.
- In ogni caso anche i muri se ne erano accorti, cara - si apre in un sorriso luminoso e vagamente divertito, lasciandomi più ammutolita di quanto io non sia già.
Non è arrabbiato? Mi domando spiazzata, totalmente stupita dalla piega che hanno preso le sue parole dopo l'inizio intimidatorio e scuro.
Per qualche lungo istante lo guardo con le labbra dischiuse e ammutolite dallo stupore provocato dalla sua reazione.
- Io non so che dire se non mi dispiace - sussurro realmente costernata, soffiando l'aria tra le labbra in un sospiro dispiaciuto.
Un corposo sollievo mi coglie tuttavia l'attimo seguente, pervadendomi in modo concentrico con le sue spire.
Come se un peso mi avesse abbandonato mi sento quasi più leggera, non più afflitta da ombrosi dubbi e torvi pensieri.
- Non volevamo che finisse sui giornali - affermo, giustificandomi quasi - Volevamo mantenere la nostra privacy, solo per questo non lo abbiamo detto né a te né a Julie - continuo con un sospiro.
Lui, incomprensibilmente tranquillo, mi sorride ancora, tentando forse di calmare il mio confuso giustificarsi.
- Nina, non sarò certo il re del gossip come Candice, ma non sono nemmeno nato ieri- afferma bonariamente divertito, prendendomi poi sottobraccio e conducendomi lungo il corridoio.
Una lieve risata mi sale alle labbra al pensiero di Candice e delle sue manie di saper sempre tutto su tutti, stemperando leggermente la tensione.
- Tra di voi c'è una tensione sessuale che va oltre le mie scene Delena - ride ancora, facendomi arrossire nuovamente. - Modestamente splendide - aggiunge con un finto tonno vanesio che fa ridacchiare.
Non sono nuova a queste battute dal momento che Candice me le fa di continuo, ma sentirsele dire dal proprio capo, per quanto sia anche un amico, è strano, imbarazzante.
Con le guance rosse corruccio appena le labbra, sentendomi vagamente a disagio.
Con passi lenti e tranquilli attraversiamo intanto il corridoio, giungendo fino alla porta antincendio che dà sull'esterno.
- Si nota davvero così tanto? - gli chiedo realmente stupita.
- Decisamente si- mi risponde lui annuendo vigorosamente – Non mi fraintendere siete dei bravissimi attori – afferma mettendo quasi le mani avanti rispetto a ciò che sta per dire. -Ma non so quanto Ian finga soltanto di essere … beh innamorato della sua Elena -
Calca sul nome della protagonista che interpreto, facendolo suonare ambiguo e allusivo.
Un lieve sorriso mi vela le labbra a queste parole, sfuggendo alla presa del mio nervosismo e scaldandomi inverosimilmente. Un senso di languido calore si insinua infatti dentro di me, divorando quel senso di angoscia che mi ha abitato fino ad ora.
- Pensa che i fan su internet vi hanno ribattezzati Nian - sogghigna divertito - Non so se in una guerra tra fandom chi vincerebbe visto che piacete una sacco. Dovrei sentire Julie a tal proposito–
Aggrotto leggermente la fronte, stupita e al tempo stesso divertita dalla buffa fusione del mio nome e di quello di Ian.
Nian, ripeto silenziosamente decretando infine che mi piace.
Un po' orientale come suono ma mi piace.
- Persino loro si sono accorti che l'amore è nell'aria - mi sorride in modo complice, allargando allusivamente gli occhi e portandomi a sorridere mentre continuiamo a camminare.
- Come la canzone, sai - mi dice appoggiando la mano sulla maniglia della porta antincendio per aprirla.
Aggrotto le sopracciglia, non seguendolo.
- Canzone? -
- Love is in the air - canticchia leggermente, non propriamente intonato.
Per completare il quadro improvvisa anche alcuni passi, continuando a canticchiare buffamente mentre muove le spalle.
Neanche il tempo di un secondo che scoppiamo entrambi a ridere.
- Comunque non volevo parlare di voi, per stavolta sei salva.- afferma, tornando improvvisamente serio non appena usciamo all'aperto.
L'aria fresca di marzo ci investe, provocandomi la pelle d'oca e facendomi rabbrividire-
Confusa e al tempo stesso incuriosita alzo lo sguardo su di lui, in attesa che parli e si spieghi meglio mentre mi stringo nella giacca leggera che indosso.
Kevin in tutta risposta abbassa momentaneamente gli occhi, puntandoli in un punto indistinto davanti a noi.
- Ho deciso di lasciare lo show - lancia la bomba senza mezzi termini, lasciandomi basita.
- Che cosa? - gli domando di rimando sbarrando gli occhi, non capendo questa sua scelta improvvisa e apparentemente senza senso visto il successo che sta riscontrando - Perché? - gli chiedo ancora, fissandolo sbalordita e onestamente anche dispiaciuta.
Lui sospira ancora, pesantemente, stringendosi fra le spalle.
- Ho bisogno di stimoli - mormoro con semplicità tornando a guardarmi negli occhi - Ho un progetto in corso e hanno accettato di produrlo - continua.
Rimanendo in silenzio lo ascolto, tentando di capirlo e comprenderlo.
Annuisco silenziosamente.
- E poi lo show è già avviato - mi sorride leggermente, in modo quasi malinconico - Julie se la caverà alla grande .
E, in fondo, so anche io che è così
- Certo, cosa ne sarà delle tue bellissime scene? - gli domando calcando volutamente su bellissime in modo ironico e scherzoso, tentando di stemperare l'aria malinconica che si è venuta a creare.
Mi mordo le labbra per non scoppiare a ridere, continuando a guardarlo mentre rimaniamo fermi davanti dall'uscita.
- Ci penseranno i Nian – ride divertito, prendendomi bonariamente in giro. - Tanto l'amore è nell'aria -
Una risata mi scuote vigorosamente, portandomi ad alzare gli occhi verso il cielo plumbeo e ormani scuro.
E, chissà per quale strana ragione, quel motivetto continua a vorticarmi in testa.
******
- Love is in the air, everywhere I look around . Love is in the air every sight and every sound -
La voce bassa e corposa del cantante riempie la mia stanza, inondandola con le sue note e il suo ritmo caldo.
Canticchiando a bassa voce mi muovo leggermente sul posto, ancheggiando appena e continuando intanto a sistemare e piegare le magliette pulite sul letto. Amo l'odore delicato della biancheria pulita che impregna il tessuto, noto con un lieve sorriso a piegarmi le labbra.
Il buon umore sembra apparentemente essere tornato ad illuminarmi grazie in parte alla doccia rilassante che ho fatto appena tornata in camera, che ha avuto il rivitalizzante merito di scacciare la tensione e la stanchezza lavorativa.
Ed è, decisamente, grazie anche alle parole di Kevin che hanno spazzato via le nuvole dei miei dubbi e dei miei timori.
Non appena, infatti, ci siamo salutati per tornare rispettivamente alle proprie questioni mi sono sentita subito meglio, come se un grosso peso mi avesse abbandonata e si fosse dissolto nel nulla.
E' inutile negare che il fatto che abbia in qualche modo approvato la nostra relazione, confidando nel nostro comportamento professionale, mi abbia tranquillizzato.
Ha stemperato il nervosismo della giornata, lasciandomi rilassata e tranquilla.
E così eccomi qui, ad ascoltare la stessa canzone che Kevin ha citato solo qualche ora fa mentre riordino e ballo buffamente.
- Love is in the air - canto ancora il ritornello, sovrapponendomi alla voce del cantante.
- Ti dai alle canzoni anni'70? - mi schernisce all'improvviso una voce che conosco alla perfezione in ogni sua sfumatura, portandomi ad alzare bruscamente la testa in quella direzione.
Colta alla sprovvista guardo Ian con gli sbarrati, trovandolo sull'uscio della porta che si richiude subito dopo alla spalla.
Mi rivolge un lieve e sfacciato sorriso divertito, piegando appena l'angolo della bocca, che segue alla fronte leggermente aggrottata in modo confuso.
La musica sfuma via subito dopo, lasciandomi con le guance rosse di imbarazzo e la stanza terribilmente silenziosa.
Visibilmente divertito dalla mia esilarante performance mi fissa, un scintillio di allegro divertimento che gli anima lo sguardo azzurro.
Mi mordo le labbra, continuando a guardarlo come folgorata sul posto.
Per una frazione di secondo rimango così immobile e in silenzio, la mano ancora a mezz'aria che regge una maglietta rossa e le labbra dischiuse mentre l'imbarazzo divampa bruciante dentro di me.
La mia mente, fortunatamente, elabora velocemente una risposta, seppur buffa.
- Me l'ha suggerita Kevin – ammetto stringendomi fra le spalle, l'espressione innocente stampata in viso mentre continuo a torturare il mio labbro inferiore con i denti.
Ometto, però, il piccolo particolare che riguarda il perché me l'ha consigliata, tenendolo gelosamente per me.
Dopo quello che è successo oggi, che ho detto, non so come la potrebbe prendere.
A dire il vero non so neanche come ha preso quello, mi ricorda la mia mente portandomi a sospirare pesantemente.
Questo dubbio mi colpisce come un pugno allo stomaco, mischiandosi all'imbarazzo
Ed eccoli li i soliti pensieri, che tornano a vorticarmi in testa senza lasciarmi scampo.
Divisa tra la piena consapevolezza di quello che ho detto e il dubbio della sua reazione emotiva deglutisco, abbandonando i miei indumenti puliti sul copriletto e decidendo di scoprirmi.
Lo scruto attentamente mentre il sorriso scema via dal suo viso e si muove per la camera con una scioltezza e confidenza che sa di quotidianità.
Non sembra teso o nervoso, nessuna tensione era presente nella sua voce, noto aggrottando appena le sopracciglia.
Prendo poi un respiro profondo, facendomi coraggio e decretando che è arrivato il momento di parlarne senza troppi giri di parole.
Basta attese e silenzi, ho aspettato tutto il giorno.
- Kevin mi ha fermato per parlarmi – affermo improvvisamente, interrompendo il breve silenzio che si è creato tra di noi.
Incuriosito lui alza il capo verso di me, lasciando andare lo zainetto blu dove tiene i suoi abiti di ricambio ai piedi del letto. E' un'abitudine che ha preso da qualche settimana quella di portarsi i vestiti dietro in modo tale da non dover fare tutto in fretta e furia al mattino.
Seguo quel gesto con gli occhi, rialzandoli subito dopo su di lui e legandoli ai suoi.
Mi fissa in attesa, aspettando che parli, ma apparentemente calmo e tranquillo. Nessun tumulto interiore sembra agitarsi dentro di lui.
Piegando appena il viso verso destra prendo un altro respiro, pronta per continuare il mio discorso, ma lui mi batte sul tempo, anticipandomi.
- Si, ha fermato anche me – afferma con tranquillità, piegando appena le labbra in una smorfia non curante e serena.
Ha fermato anche lui ? Mi dico sorpresa, non comprendendo totalmente se per parlare di noi o semplicemente per comunicargli la sua decisione.
Tuttavia, ci pensa lui stesso a togliermi ogni dubbio il secondo dopo.
- Mi ha detto che lascia lo show – continua stiracchiandosi leggermente.
Aggrotto delicatamente la fronte, tentando vanamente di scrutare la sua espressione per capire in qualche modo cosa si sono detti.
Una punta di acuta e lancinante curiosità mi trafigge, pervadendomi e facendomi quasi sentire in fremente attesa di saperlo. Cosa che però non accade.
Ian non dice, infatti, nulla, persistendo con il suo pacato silenzio.
- Si - affermo semplicemente, perdendomi tra le elucubrazioni della mia mente.
L'impellente bisogno di dirgli cosa è accaduto in sua assenza si fa più presente, pressante, mischiandosi alla tensione dovuta al fatto che non so come potrebbe prenderla.
Spinta, però, da un innato spirito di masochismo decido di svuotare totalmente il sacco, rivelandogli anche l'altra parte del discorso.
- E io gli ho detto di noi - ammetto dopo un attimo di esitazione, risultando più brusca di quanto vorrei davvero.
Attendendo fremente una sua reazione torturo il bordo della mia maglia con le dita, sperando ardentemente che non se la prenda. Lo guardo insistentemente, attendendo che parli mentre i miei denti affondando colpevolmente nel mio labbro inferiore.
Ian non dice nulla per qualche lunghissimo secondo, rimanendo immobile con la fronte aggrottata e l'espressione indecifrabile stampata in viso. Forse stupito, forse basito.
- E' stato involontario - mi affretto ad aggiungere freneticamente, facendo velocemente il giro del letto per raggiungerlo - Mi ha fermato e pensavo mi volesse parlare di quello che ha sentito stamattina - continuo la mia convulsa spiegazione agitando le mani, la voce venata da una percepibile nota ansiosa.
Lui mi rivolge uno sguardo attento, quasi curioso, studiandomi accuratamente la mia espressione.
Il mio impaccio aumenta ancora di più sotto la spinta delle sue occhiatine indagatrici, arrossandomi lievemente le guance.
In fervida attesa continuo a torturarmi colpevolmente le labbra con i denti, sperando intimamente che parli e mi risponda. Qualsiasi cosa va bene, basta che lo faccia.
- Sembri preoccupata - afferma improvvisamente, rompendo finalmente il silenzio e facendomi trattenere il respiro.
A spazzare via, però, la mia tensione ci pensa lui stesso subito dopo, piegando leggermente l'angolo della bocca verso l'alto.
- Ti è venuta anche una rughetta sulla fronte - mi prende giocosamente in giro, una risata appena accennata che gli vela le labbra e il tono dolce che fa assumere alle sue parole una sfumatura quasi tenera.
Con un sorriso abbozzato appoggia l'indice sulla mia fronte, distendendo appena con il polpastrello caldo la mia pelle corrugata.
E io posso finalmente tirare un vigoroso e lungo sospiro di sollievo, rilassando le spalle e la postura
- Mi dispiace davvero, avrei voluto parlatene prima - ammetto sinceramente sollevata che l'abbia presa bene, scuotendo leggermente il capo.
Tuttavia, non ho il tempo materiale di prendere respiro e continuare che Ian mi anticipa, ancora.
Con un movimento fluido e veloce mi circonda i fianchi, tirandomi contro di sé e zittendo qualsiasi mia ulteriore replica con un bacio quasi famelico.
Le nostre bocche si scontrano, facendo incontrare le nostre lingue ed intrattenendosi a vicenda in un contatto languido venato da una punta di incredibile dolcezza.
Inclino lievemente il viso, permettendogli un accesso maggiore alla mia bocca mentre un turbinio di emozioni mi attraversano, pervadendomi.
Come isolata all'improvviso dal resto del mondo appoggio una mano sul suo petto, beandomi finalmente del sapore delle sue labbra dopo una intera giornata di astinenza.
Si allontana dopo quelli che mi sembrano interminabili secondi e io, spinta dalla voglia insaziabile di baciarlo ancora, lo seguo istintivamente.
Sbilanciata in avanti e leggermente in punta di piedi alzo lo sguardo su di lui, percependo il calore del suo corpo contro il mio e la sua presa farsi ancora più serrata e avvolgente.
I nostri occhi si incatenano, legandosi in modo indissolubile mentre cala un tranquillo silenzio tra di noi che ci avvolge.
- Comunque mi piace - afferma, mandandolo in frantumi e portandomi ad aggrottare la fronte.
- Cosa? - gli chiedo di rimando io, continuando a rimanere appoggiata languidamente su di lui.
Ian sorride apertamente, in modo disteso e luminoso, trafiggendomi con uno sguardo intenso prima di ripiombare sulla mia bocca dischiusa e vogliosa di lui, dei suoi baci.
- Mi piace che mi chiami amore - mormora contro le mie labbra mentre quel sorriso dolcemente irriverente e sensuale permane, lasciandomi totalmente basita.
La voce suadente risulta quasi un sussurro impercettibile, calcata appena sull'ultima parola e solleticandomi il volto con il suo respiro caldo.
Senza parole sbarro leggermente gli occhi nocciola nel momento esatto in cui lui mi bacia, ancora, in modo lento e contemporaneamente dolce il labbro inferiore, affondando maggiormente subito dopo nella mia bocca.
Il cuore mi scoppia quasi nel petto, battendo in modo accelerato e anomalo, accompagnato dallo svolazzare incontrollato delle farfalle nel mio stomaco.
Sorpresa e sconvolto dalla sua reazione rispondo al bacio dopo un attimo di esitante attesa, iniziando a percepire l'euforia pervadermi poderosamente insieme al delicato senso di vertigini che mi attanaglia.
Come se mi avessero iniettato l'adrenalina direttamente nelle vene passo di slancio le braccia intorno al suo collo, saltandogli quasi addosso nell'impeto del bacio e della gioia.
L'ha presa bene, mi dico prendendone totalmente coscienza mentre l'ennesimo bacio vorace ci consuma e le mie dita vagano tra i suoi capelli corvini.
E nell'aria vibra qualcosa di diverso, di intimo e forte che sembra pulsare dentro di noi fino ad estendersi al di fuori dei nostri corpi, delle nostre anime.
Non è la solita elettricità, il consueto e voluttuoso desiderio che ci attanaglia le membra quando siamo vicini.
E' altro.
Qualcosa che si esprime anche perfettamente rimanendo semplicemente occhi negli occhi, brucia labbra contro labbra.
Le sue mani vagano intanto sul mio corpo, appoggiandosi sui miei fianchi mentre un bacio passionale e intenso si consuma.
Un frizzante desiderio inizia a bruciare dentro di noi, avvolgendoci sinuosamente con le sue spire e facendoci sprofondare nella voglia intima dell'altro.
Mentre la mia bocca lambisce la pelle del suo collo Ian fa leggermente pressione contro di me, tentando di farmi indietreggiare per arrivare al letto.
E la sua intenzione è chiarissima, perfettamente leggibile nei suoi gesti: mi vuole, così come io voglio lui.
Una mal celata voluttuosità impregna i nostri gesti, rendendoli frenetici e languidi.
Tuttavia, non appena compio un passo indietro mi scontro contro una superficie rigida e ingombrante che interrompe bruscamente l'atmosfera oltre che il nostro cammino.
Quasi rischiando di cadere mi aggrappo alle sue spalle, tentando di riacquistare il mio precario equilibrio.
Abbasso subito dopo lo sguardo sull'oggetto che ha rovinato il momento, ritrovandomi a fulminare torvamente con gli occhi lo zainetto di Ian.
Visibilmente indispettita sbuffo sonoramente, palesando tutto il mio dissenso.
Dannato zaino, impreco silenziosamente.
Un paio di occhi azzurri seguono la mia stessa traiettoria, la presa sul mio corpo che però rimane ben salda.
- Ho portato il cambio - afferma al mio indirizzo, portandomi a guardarlo nuovamente in viso.
E un'idea improvvisa attraversa come un fulmine a ciel sereno la mia mente, non trovando assolutamente alcuna opposizione da parte della mia razionalità.
Scostandomi una ciocca di capelli scuri dal viso e portandola dietro all'orecchio gli do voce, parlando serenamente soddisfatta.
- Il secondo cassetto del mio comò è libero - affermo con semplicità e naturalezza, stringendosi appena tra spalle mentre l'altra mia mano rimane appoggiata su di lui. - E' tuo - gli sorrido dolcemente, indicando con un cenno del capo il mobile alle mie spalle.
Pienamente consapevole del significato velato che traspare tra le righe lo fisso, in attesa di una sua reazione.
In qualche modo la sua presenza nella mia stanza si concretizza, diventando palpabile e stabile.
Un'emozione indefinita e incredibilmente contorta attraversa i suoi occhi azzurri sorpresi, rendendoli incredibilmente liquidi e intensi.
Stupita dall'intensità del suo sguardo, che mi inchioda, mi mordo le labbra.
- Un cassetto? - mormora sorpreso, un mezzo sorriso sensuale e solare che gli inclina le labbra.
Lievemente imbarazzata dalla piega romantica e dolce che hanno assunto le mie parole annuisco lentamente, inclinando appena il viso.
- Ma lo faccio solo perché adoro rubarti le maglie - scherzo l'attimo seguente, tentando di stemperare lievemente l'atmosfera che sa di qualcosa di importante.
Apparentemente disteso e sereno ridacchia leggermente, sopendo poi l'accenno di risa nuovamente contro le mie labbra per un bacio dolce e fugace.
- Lo so che ti piace, amore - mi risponde lui, soffiando dolcemente l'ultima parola contro la mia guancia.
Il mio cuore perde all'istante un battito, facendomi trattenere bruscamente il respiro. Avvampo all'istante.
Mi ha chiamato amore, mi dico piacevolmente basita mentre un sorriso ebete si delinea sulla mia bocca.
E' questo che ha provato stamattina, questo mix letale di gioia, sorpresa e sentimento? Mi chiedo quasi in estasi, quell'emozione intensa che pulsa più forte dentro di me finendo quasi per stordirmi.
Mi scalda, insidiandosi dentro di me ed andando a riaccendere il calore del desiderio che ci ha infiammati non più di qualche minuto fa.
Le due sensazioni si mischiano, diventando inscindibili e un tutt'uno. Come noi.
Ian appoggia poi le labbra all'angolo della mia bocca, depositandovi un bacio leggero e dolce che mi provoca dei lunghi brividi.
Sorrido mentre le sue labbra creano un percorso bollente sulla mia pelle, percorrendo il mio viso e il mio collo fino alla clavicola dove indugia di più, in modo più languido e voglioso.
L'aria torna elettrica, vibrante di desiderio e sentimento.
E mi rendo conto, ora più che mai, che Kevin non ha poi tutti i torti.
Love is in the air.
EDIT: Vi lascio il link di una mia nuova storia, con personaggi
interamente originali ambientata a New York. Fateci un salto se vi va;)
Ritratto
di Te
|
Ritorna all'indice
Capitolo 19 *** Perché ***
CAPITOLO
19
PERCHE'
-
Buongiorno! -
Kevin
fa il suo pimpante ingresso nella sala riunioni con passo spedito e
un grosso, raggiante sorriso stampato in faccia che quasi ci acceca.
Il
tavolo ovale, capitanato da Julie intenta a sorseggiare un
caffè
bollente, si apre davanti a lui, affollato da tutti gli attori
principali della serie. Kevin ci ha convocati infatti di prima
mattina per una riunione urgente. Anzi, urgentissima
a detta
sua.
Il
perché di tutta questa segretezza ed urgenza però
non ci è stata
svelata, lasciandoci pensierosi e confusi.
Cosa
ci deve comunicare, difatti, resta però un mistero, visto
che tutti
già sanno che abbandonerà lo show a fine
stagione. Mi stringo
appena tra spalle, confusa e vagamente interdetta mentre con la mente
vaglio tutte le possibili risposte senza trovarne veramente una
soddisfacente.
Accompagnata
dai mormorii del resto cast lo guardo, voltandomi leggermente verso
la porta con una lieve torsione e ricambiando il suo saluto seppur con
minor enfasi.
-
Buongiorno – bofonchio con voce bassa, socchiudendo
leggermente gli
occhi feriti dalla luce dei faretti posti sul soffitto che illuminano
la stanza.
Mi
sento ancora parzialmente nel mondo dei sogni, il corpo intorpidito e
la mente assonnata.
Quanto
vorrei essere rimasta a letto, sospiro lentamente agognando di
tornarci il prima possibile.
Un
sorriso birichino e malizioso fa però capolino sul mio viso
l'attimo
seguente, non appena la mia memoria mi ricorda perchè ho
così
sonno. Dopo giorni di riprese estenuanti fatte quasi senza prendere
respiro io ed Ian abbiamo finalmente avuto la nostra sana dose di
intimità, passando buona parte della notte a fare l'amore
nel letto
della mia stanza.
Anche
se forse, ormai, si può dire nostra visto che siamo
praticamente
sempre lì.
Mi
mordo le labbra, affondandomi i denti e iniziando a torturare
languidamente il labbro inferiore.
Le
immagini dei nostri corpi nudi, avvinghiati e sudati a causa
dell'amplesso che sta arrivando al culmine invadono prepotentemente
la mia testa, inondandola e causandomi sensazioni furiose ed
imponenti.
Istintivamente mi ritrovo ad inclinare leggermente
il viso, abbandonando la figura
di Kevin per posare lo sguardo su un paio di occhi azzurri che trovo
già intenti a fissarmi. Intensi e limpidi mi studiano,
percorrendo
il mio volto con una lunga e lenta carezza silenziosa che mi provoca
un brivido.
Impertinente
mi attraversa tutta la schiena, andandosi a soffermare nel mio basso
ventre. Come di consueto quella sensazione deliziosa e solleticante
mi prende lo stomaco, stringendolo in una lieve morsa che mi provoca
quasi le vertigini.
Suadente
e sibillina si insinua dentro di me, pervadendomi totalmente fino
quasi a farmi perdere il contatto con il mondo esterno. Diventa
sempre più pressante, così calda e bollente da
darmi la sensazione
di bruciare. Il mio cuore inizia a battere lievemente più
forte,
accelerando i battiti e trasformando la sua corsa placida in un
frenetico scalpitare.
Il
mio sguardo si lega al suo in modo indissolubile, lasciando che le
nostre emozioni si fondano. Quel poderoso senso di chimica e sintonia
torna possente a farsi sentire, impregnando l'aria e facendo
apparire la distanza che ci separa e il tavolo in legno chiaro solo
come un inutile ostacolo.
Emetto
un lieve sospiro desideroso, passandomi una mano tra i capelli nel
tentativo di scostare una ciocca di capelli scuri dai miei occhi.
Improvvisamente irrequieta a causa del suo sguardo caldo su di me li
porto dietro l'orecchio, decidendo solo infine di spostare tutta la
mia chioma sulla spalla sinistra, coperta appena dalla maglia che
indosso.
Un
mezzo sorriso malizioso gli inclina le labbra a questo mio gesto,
piegando all'insù un angolo della sua bocca e non faccio
fatica a
comprendere che sta pensando anche lui a questa notte. Un leggero
rossore, lussurioso e compiaciuto, mi vela le guance facendomi
apparire più accaldata di quanto vorrei.
Ed
è impossibile non pensare alla smorfia languida delle sue
labbra
mentre raggiungeva l'orgasmo, riversandosi dentro di me.
La
morsa al mio basso ventre si acutizza, portandomi istintivamente a
stringere le cosce coperte da un paio di jeans scuri.
Ripunto
gli occhi su Ian, che non mi ero accorta di aver distolto, trovandolo
intento a ghignare sornione e compiaciuto. E non è
decisamente
difficile comprendere il perchè, tutt'altro.
Deglutendo
quasi a fatica noto un brillio di pura e lasciva malizia
attraversargli l'iride adamantina, animandola e rendendola ancora
più
languidamente divertita.
Sospiro,
scrollando appena il capo mentre un angolo remoto della mia mente mi
ricorda che sono in un luogo pubblico, circondata dai miei amici e
colleghi.
Quasi
istintivamente mi ritrovo ad indirizzare un'occhiata di sottecchi a
Candice, seduta al mio fianco che ricambia, fissandomi con uno
sguardo vispo e un sopracciglio inarcato. Per una frazione di secondo
rimaniamo a fissarci, parlando silenziosamente con gli occhi, e il
sogghigno malizioso che mi rivolge mi fa chiaramente intendere che
non è sfuggito questo nostro scambio di sguardi bollenti.
Colta
in fragrante mi stringo appena tra le spalle, arrossendo
maggiormente.
E
ora chi li sente i suoi commenti, penso freneticamente rendendomi
conti che ci ha praticamente beccati mentre ci spogliavamo con gli
occhi.
Tentando
di ricompormi passo le dita tra i miei capelli lisci e sciolti,
pettinandoli distrattamente mentre i miei denti affondano nuovamente
nel labbro inferiore nel tentativo di sopire la voglia suadente che
mi insidia.
Prendendo
poi un lungo sospiro mi stiracchio leggermente, allungando le braccia
oltre la sedia ed inarcandomi contro di essa. Mentre il mio seno e il
mio fisico vengono messi maggiormente in risalto a causa di questo
mio gesto decido di non guardare entrambi, soprattutto Ian, ben
conscia dell'espressione vogliosa che potrebbe stamparsi sul mio
viso.
Ed
è decisamente meglio evitare visto che sto lavorando,
sospiro
piegando appena il collo di lato e, inconsapevolmente, esponendolo di
più al suo sguardo.
L'attimo
seguente percepisco distintamente il suo sguardo scaldarsi,
arroventarsi a causa di un sottile desiderio che vibra nei suoi occhi
liquidi e nel respiro che mi fa bruscamente trattenere. Mi si blocca
in gola, accentuando il calore torbido che mi suscita.
Mi
umetto le labbra, passando leggermente la lingua sulle labbra mentre
la crescente voglia di guardarlo in viso esplode dentro di me e cedo.
Semplicemente cedo a questo mio intimo imperativo, non mantenendo
fede alla promessa che mi ero fatta.
Una
sensazione intensa e spontanea, la stessa che mi fa sbattere il cuore
nella cassa toracica provocandomi una poderosa ondata di calore che
mi divora.
Alzo
gli occhi, scontrandomi con i suoi così bollenti ed
illanguiditi da
apparire come metallo fuso. Appena imbruniti risultano quasi scuriti,
una punta di grigio che contamina il consueto azzurro.
Incapace
di non farlo lo incateno al mio, perdendomi tra le sensazioni intense
che mi provoca.
Kevin
interrompe però il flusso dei miei pensieri appoggiando un
plico di
fogli sul tavolo, richiamando facilmente la nostra attenzione.
Affiancando
la posizione di capotavola si apre in un leggero sorriso, iniziando
poi a parlare con voce alta e decisa per richiamare la nostra
attenzione.
-
Allora, vi ho riuniti qui perchè vi devo parlare di alcune
cose –
afferma con voce decisa, congiungendo le mani e rimanendo in piedi
vicino a Julie – Come sapete la stagione sta volgendo al
termine,
manca poco ormai – continua, indicando con un cenno del capo
la
lavagna alle sue spalle su cui spiccano i titoli scritti degli ultimi
episodi.
Istintivamente
con lo sguardo seguo quella direzione, guardando alle sue spalle e
leggendo per alcuni secondi ciò che vi è scritto.
Con una lenta e
fugace occhiata percorro la scrittura fine e un po' riccioluta,
decisamente non troppo limpida e comprensibile, che appartiene a
Julie.
-
E, beh, decisamente stiamo andando alla grande – ride dopo un
attimo di esitazione, un'espressione compiaciuta che gli si stampa in
viso.
Mormorii
compiaciuti ed esaltati si alzano all'istante, portandomi a sorridere
vittoriosa.
Ho
lavorato tanto in questa seconda stagione dello show, sopportando
orari sfiancanti e un doppio ruolo che ha pesato decisamente molto
sulle mie spalle.
-
Siamo ufficialmente lo show di punta dello !- continuo quasi
esaltato, complimentandosi con noi subito dopo – Complimenti
davvero ragazzi – mormora, sorridendo ampiamente.
A
queste parole un fragoroso applauso, accompagnato dagli urletti
esaltati di Candice e Kath a cui mi aggiungo subito anche io,
allargando il mio sorriso mentre batto le mani.
-
Ora ci aspetta lo sprint finale, che sono sicuro riuscirete a rendere
al meglio – afferma, riprendendo a parlare e sovrastando il
nostro
vociare – Avete già i copioni e sapete cosa
accadrà- continua,
fermandosi tuttavia l'attimo seguente con le labbra dischiuse.
Esita
infatti un millesimo di secondo, cercando lo sguardo della sua
collaboratrice, Julie come se volesse averne l'appoggio.
-
Ed è per questo che abbiamo pensato – afferma,
indicandola con un
cenno del capo mentre muove ancora la mano in un ampio gesto
– Di
lasciarvi qualche giorno di vacanza – conclude mentre un
irreale
silenzio di stupore e attesa permea la stanza all'improvviso,
paralizzandoci.
Al
posto del sottile chiacchiericcio si sostituisce un lieve
stupore, dettato dalle sue parole non previste e assolutamente
inaspettate.
Qualche
giorno di vacanza? Sbarro leggermente gli occhi mentre questa domanda
stupita riecheggia nella mia testa, sconcertandomi positivamente.
Sembra
quasi un miraggio più che realtà, a dire il vero.
-
Vacanze? - gli domanda in risposta Paul, inarcando
entrambe le
sopracciglia castane visibilmente stupito, quasi come se non si
aspettasse queste parole.
Per
una frazione di secondo l'espressione che gli si stampa in viso
appare tremendamente simile a quella del suo personaggio, Stefan,
facendomi ridacchiare in modo silenzioso e sommesso.
Lo
prendiamo spesso giocosamente in giro sul set e anche fuori,
schernendolo per la smorfia corrucciata che sembra assumere ogni
volta che recita le sue battute.
Mi
mordo le labbra, tentando di sopprimere una corposa risata nel
momento seguente, quando aggrotta la fronte in quel serio e buffo
modo tipico del personaggio che interpreta. Quasi imbronciato,
pensieroso.
-
Si, un week-end di riposo – afferma Kevin spiegandosi meglio
mentre
Julie sogghigna al suo fianco, il viso pieno che la rende ancora
più
sorniona.
Lei,
infatti, vestita con una maglia rosso intenso e con le braccia
appoggiate sul legno chiaro e lucido del tavolo ovale, annuisce
lentamente mentre un'espressione convinta le si delinea sul viso.
Decisamente
contenta mi apro in un sorriso smagliante, pregustandomi giù
due
giorni di assoluto relax. Cosa che non capitava probabilmente da
interi mesi.
-
Ve lo meritate – interviene lei, rompendo il rigoroso mutismo
in
cui si era chiusa. - E anche noi – ride l'attimo dopo
allegra,
socchiudendo appena i piccoli occhi.
Una
leggera risata si leva all'istante, riempiendo la stanza. Lei torna
però seria subito dopo,
-
Ci rivediamo lunedì pomeriggio per le scene esterne
– continua,
alludendo chiaramente alle scene all'aperto che dobbiamo girare.
Sono
quasi sempre le più faticose ed estenuanti, ma anche quelle
che io
trovo più divertenti ed appaganti. Per fortuna la devo
girare con
Ian, mi ricorda con un pensiero fulmineo e distratto la mia mente. Un
senso di calore mi pervade a questo pensiero, insinuandosi tra le mie
riflessioni lavorative ed impregnandole di una dolcezza intima che
appartiene solo a ciò che riguardo lui.
Istintivamente
lancio una occhiata di sottecchi ad Ian, trovandolo intento a
sorridere compiaciuto mentre fissa i nostri capi. Non si accorge
probabilmente che lo sto guardando dal momento che mantiene lo
sguardo dritto davanti a se, perso chissà tra quali
pensieri. Per
una frazione di secondo mi ritrovo a chiedermi cosa sta pensando,
tentando di intercettarne lo sguardo e intuire la portata delle
elucubrazioni che lo rendono riflessivo.
Cosa
che mi permette di continuare ad osservarlo tuttavia, lasciandomi il
tempo di studiarlo con tutta calma e comprendere ogni sua
più
piccola espressione o smorfia.
Un
senso di calma e dolcezza mi pervade, portandomi a rilassarmi contro
lo schienale della sedia nera, leggermente imbottita.
Appoggiando
una mano sul bracciolo scivolo così sulla linea semplice del
suo
profilo, i capelli corvini che gli solleticano appena la fronte in
una carezza leggera ed impercettibile. Continuo poi il mio silenzioso
cammino sul suo volto, oltrepassando il naso e il lieve strato di
barba che gli vela le guance chiare. Non ha avuto il tempo di
farsela questa mattina, sorrido intimamente compiaciuta dall'avergli
fatto perdere tempo sotto la doccia.
Per
una frazione di secondo il mio cuore accelera i battiti, portandomi
ad arrossire teneramente nel ricordare il modo in cui mi ha tenuta
stretta a lui dopo l'amplesso, depositando un bacio a fior di labbra
sulla mia bocca che era risultato incredibilmente sconvolgente e
casto al tempo stesso. Quasi lo stessi rivivendo quello stesso
tumulto di emozioni scalpitano violentemente dentro di me,
avvolgendomi con le loro spire calde e sicure.
Si
aggrovigliano dentro di me mentre con la mente ripercorro quel senso
disarmante di abbandono che mi sconvolge quando sono tra le sue
braccia. È un qualcosa di bruciante, un lento e piacevole
divorare
che trova soddisfazione nei suoi baci, nel suo tocco.
Lo
trova semplicemente avendolo al fianco. E il perchè
è molto
semplice, così lampante da risultare assordante.
Rilascio
un respiro profondo che non mi ero accorta di aver trattenuto,
soffiandolo fuori dalle labbra appena dischiuse mentre impongo ai
miei pensieri di fermarsi, di arrestarsi prima di arrivare a quel
perchè.
Torno
così a rifocalizzarmi su di lui, puntando totalmente la mia
attenzione sulla sua figura fasciata da una semplice maglia nera in
cotone a maniche lunghe.
La
smorfia dolce e allietata che tende le mie labbra si accentua
maggiormente nel momento stesso in cui i miei occhi si posano sulla
sua bocca piene, appena arricciate in un ghigno rilassato e deliziato
che lo fa apparire tremendamente sbarazzino.
Tuttavia,
non ho il tempo materiale di gustarmi davvero la visione che ho
davanti dal momento che Kevin continua a parlare, richiamandomi
forzatamente all'attenzione.
-
E con te Nina, invece, giriamo quella a casa Salvatore il mattino
dopo – afferma al mio indirizzo, cogliendomi di sorpresa.
Presa
come ero dai miei pensieri non mi sono accorta che mi stava parlando,
risultando probabilmente svampita e disinteressata.
A
malincuore inclino leggermente il viso, indirizzando velocemente lo
sguardo su di lui mentre le mie labbra sono solcate da un leggero
sospiro mentre mi fingo sicura di me.
L'attenzione
di tutti i presenti vira così su di me, puntandomi un numero
indefiniti di occhi sul mio viso. Frastornata e imbarazzata
arrossisco furiosamente, sperando vivamente che nessuno abbia notato
l'oggetto dei miei pensieri e, soprattutto, di non avere una
espressione colpevole stampata in faccia.
Incontro
il viso tondo di Kevin, il sorriso appena accennato e le braccia
aperte in attesa di una risposta.
-
Per te va bene? - mi incalza portandomi ad annuire non so neanche io
per cosa.
-
Perfetto – aggiungo dopo una fraziona di secondo,
stringendomi
timidamente tra le spalle nel momento stesso in cui sfoggio una
smorfia decisa.
Lui
mi fissa ancora per un lungo attimo, come se volesse studiarmi,
annuendo subito dopo e posando il suo sguardo su Candice, facendomi
tirare finalmente un vigoroso sospiro di sollievo.
Decisamente
non era il caso di farsi beccare distratta mentre fisso il mio
fidanzato, sarebbe stato poco professionale.
Tuttavia,
proprio colui che mi causa tutto questo miscuglio di emozioni
indefinite ed indecifrabili mi rivolge una divertita occhiata di
sottecchi, inchiodandomi con il suo sguardo azzurro e limpido.
E
non è difficile decifrare il brillio di malizia e
divertimento che
li attraversa, vivacizzandoli e facendomi intuire che ha
perfettamente intuito il mio momento di sbandamento. Una punta di
compiacimento li attraversa l'attimo dopo, rendendolo vanesio e
birichino come se avesse anche compreso di essere proprio lui la
causa.
Possibile
che mi conosca così bene? Mi ritrovo a chiedermi in uno
slancio
spontaneo e sorpreso, trovando una semplice e naturale risposta
subito dopo: si.
-
Vorrei inoltre approfittare di questa riunione improvvisata per
ringraziare anche Joseph Morgan di essersi unito al cast nei panni di
Klaus – indica l'attore con un ampio gesto della mano Kevin,
distogliendomi dal fissare Ian e, soprattutto, dai miei pensieri
torbidi.
Joseph
si stringe appena tra le spalle, facendo un cenno del capo con la
testa come saluto mentre ci rivolge uno sguardo rilassato e un
sorriso semplice e cordiale.
Ho
avuto modo di girare già qualche spezzone di scena in sua
compagnia,
trovandolo preparato e simpatico nonché caratterizzato da un
inconfondibile accento inglese.
Quasi
con la coda dell'occhio trovo Candice rivolgergli un'occhiata
decisamente interessata, aprendosi in un sorriso leggero che mi
appare al tempo stesso anche terribilmente sornione.
Tuttavia,
non ho il tempo materiale di studiarla meglio poiché Kevin
continua
a spiegare il programma dei prossimi giorni.
-
Inoltre, vorrei fare un grandissimo in bocca al lupo ad Ian –
inizia a parlare dove aver snocciolato una sequela infinita di cose
da fare e raccomandazioni, la voce sicura impregnata di contentezza
che si alza di una ottava.
Sbarro
gli occhi, il respiro che mi si blocca istintivamente in gola
raschiandola.
In
bocca al lupo? Mi domando confusa, non capendo assolutamente a cosa
si stia riferendo. In bocca al lupo per cosa? Mi chiedo nuovamente,
incapace di non farlo.
Troppo
confusa e sorpresa anche solo per pensare lucidamente e in modo
razionale mi ritrovo a fissare Kevin con le labbra dischiuse,
un'espressione sbalordita stampata in viso.
Perché
sta dicendo queste cose? La sequela infinita di domande che mi popola
la mente continua, finendo quasi per stordirmi con il loro vociare.
Sibilanti
e dubbiose si infiltrano tra i miei pensieri, annodandosi tra di loro
fino a diventare un groviglio indistinguibile di riflessioni e
quesiti.
Deglutisco,
trovando la bocca asciutta e leggermente impastata.
Uno
strano e inconsueto senso di agitazione ed ansia si insinua
lentamente dentro di me, stringendomi leggero lo stomaco. In modo
irrazionale e spontaneo mi permea, portandomi istintivamente ad
irrigidirmi contro la sedia.
Quasi
con occhi
sbarrati mi ritrovo ad alternare lo sguardo tra Ian e Kevin, senza
capire cosa stia davvero succedendo.
Un
inverosimile silenzio cala tra di noi, in concomitanza con lo
scalpitare di questa emozione indecifrabile dentro di me.
Deglutisco,
inarcando appena un sopracciglio nel tentativo di comprendere meglio,
di essere lucida e razionale. Cosa che però non accade dal
momento
che la mia speranza rimane vana.
La
netta sensazione che qualcosa mi stia sfuggendo, mi attanaglia
poderosamente.
Ian
non dice o fa nulla, persistendo nel non guardarmi e portandomi ad
allertarmi maggiormente. Rimane immobile, così statico da
apparire
quasi impassibile, lo sguardo puntato davanti a se in un punto
indefinito. Solo una cosa mi fa capire che qualcosa lo turba.
Indurisce
infatti leggermente la mandibola, tendendo l'espressione come se si
stessa trattenendo o qualcosa lo infastidisse. E l'istinto mi dice
che qualcosa non va, rafforzando quello che fino ad un secondo fa era
solo un pensiero.
Quasi
angosciata sospiro, mordendomi nervosamente le labbra mentre inizio
torturarmi irrazionalmente le dita.
E
la risposta alle mie domande, ai perchè
che mi assillano
arriva subito dopo, ghiacciandomi.
-
So che sosterrai il provino conclusivo per la parte protagonista in
un film – afferma Kevin visibilmente contento –
Quindi
complimenti! - inizia un applauso a cui io non partecipo.
Paralizzata,
ghiacciata sul posto, il mio cuore perde irrazionalmente un battito
mentre sbarro stupita gli occhi, riprendendo a battere dolorante
l'attimo seguente.
La
morsa al mio stomaco si accentua, diventando stringente e soffocante.
Provino
conclusivo per la parte protagonista in un film....Protagonista...
Film... Provino conclusivo...
Il
senso di ansia e agitazione si accentua a questo pensiero, a questa
constatazione dolorosa. Un sottile senso di panico vibra vigoroso
dentro di me, stordendomi.
Le
parole di Kevin riecheggiano nella mia testa, lasciando un vuoto
assordante dietro di se.
Percepiscono
unicamente le sue parole, gli occhi puntati in un punto indefinito
mentre l'applauso si esaurisce e le voci si alzano per i complimenti.
Al
senso di ansia subentrano però subito dopo le domande,
diventando
assordanti.
Deve
sostenere un provino? Mi ritrovo a sbarrare gli occhi, non riuscendo
a capacitarmi i questa improvvisa verità. Quando? Che film?
Qualcosa
di bruciante inizia però ad insidiarsi dentro di me,
bruciando
incredibilmente.
Perché
non me lo ha detto?
Una
silenziosa domanda che suona però più come una
bollente
constatazione.
Non
me lo ha detto.
A
questa riflessione qualcosa scalpita dentro di me, divorandomi. Un
sordo nervosismo mi scuote, portando il mio cuore sbattere
furiosamente nella mia cassa toracica.
Con
le guance rosse e una bollente irritazione che mi vibra sulla pelle
alzo lo sguardo su Ian, gli occhi che bruciano e divorando
nervosamente la distanza che ci separa.
Cerco
voracemente i suoi occhi, per potermici specchiare e leggervi una
verità che sia una risposta valida e concreta.
Lo
faccio per trovarmi un perchè che anelo disperatamente, quel
dolore
nel petto che continua a perforarmi. Una stilettata invisibile che mi
ha trafitto da parte a parte, non lasciandomi scampo.
Lui
non mi fissa, persistendo nel mantenere gli occhi puntati in una
direzione opposta alla mia. Non dice nulla, non fa alcun cenno.
E
a questa visione la rabbia, sorda e possente, mi scuote,
annebbiandomi la mente con il nervosismo che ne consegue.
Istintivamente mi ritrovo a stringere la dita a pugno, le nocche che
sbiancano appena mentre la lucida consapevolezza che non sapevo nulla
sibila nella mia testa lasciando il vuoto dietro di se.
Qualcosa
dentro di me scalpita e tutto ciò che rimane è la
voragine che una
sola, unica domanda crea tra i miei pensieri.
Perché?
E
il perchè che è risposta al battito del mio
cuore, delle mie mie
emozioni brucia più che mai.
Perché?
*****
È
solo il rumore fievole appena percepibile del mio respiro, agitato e
fremente, che rompe lo statico silenzio della stanza in cui sono,
riempiendomi i polmoni e facendomi alzare ritmicamente il petto.
Scivola fuori dalle mie labbra lievemente dischiuse, scontrandosi
contro la torbida fermezza della penombra che mi circonda senza
scampo. Occludente e al tempo stesso pacifica mi avvolge tra le sue
spire, facendomi desiderare di sprofondarvici mentalmente e
fisicamente per trovare pace al tumulto che si agita dentro di me.
La
stessa oscurità che mi abita anche interiormente, oscura e
densa di
dubbi e domande che sembrano essere privi di risposta.
Perché?
Appoggiata
con i fianchi contro la scrivania del camerino di Ian non faccio
altro che chiedermelo ininterrottamente, non sono in grado di non
farlo o di puntare la mia attenzione su altro. Ho bisogno di sapere
perché non m ha detto che girerà un film, che ha
sostenuto già dei
provini e a giorni avrà quello conclusivo.
Una
profonda amarezza mi pervade, stridendo dolorosamente con
ciò che
provo nei suoi confronti e acuendo il mio nervosismo.
Sospiro
pesantemente
E tutta questa snervante attesa decisamente non fa
altro che irritarmi ulteriormente, tendendomi e irrigidendomi in modo
innaturale.
Perché?
Mi
sono tormentata tutta la mattina, chiedendomi cosa lo aveva portato a
non dirmi una cosa così importante per la sua carriera e la
risposta
non è arrivata, rimanendo avvolta da un alone di nebbia e
mistero
che non mi permette di leggerla davvero. Sfuggente come il suo
padrone, piego stizzita le labbra in una smorfia nervosa.
L'ho
dovuto sapere da Kevin, mi ripeto per la milionesima volta
non
capacitandomene davvero. Il mio sguardo si abbassa istintivamente,
finendo sulla punta dei miei stivali neri.
Alla
rabbia si è così mischiata una fitta lancinante
di tristezza,
sottile e devastante mi aveva lentamente dilaniato interiormente
facendo insidiare domande su domande. E quella stretta
all'altezza del cuore torna a farmi visita, provocandomi un nodo alla
gola quasi soffocante.
Stanca
di pensare e frustrata dal fatto di non poter spegnare il
cervello neanche un attimo sbuffo, passando nervosamente una mano tra
i miei lunghi capelli, districando le ciocche. La appoggio poi sul
bordo della scrivania, restando immobile. La stessa su cui abbiamo
fatto l'amore tra una pausa e l'altra più di una volta nel
corso di
questi mesi.
La
morsa che mi stringe lo stomaco aumenta nel ricordare la sua bocca
affamata di me sulla mia pelle e il suo corpo seminudo contro il mio.
Il
nodo in gola si intensifica, impedendomi quasi di respirare talmente
tanto è pressante, soffocante.
Perché?
E
il perché non lo so davvero, non lo comprendo. Non riesco
neanche a
ipotizzarlo.
Il
bisogno di parlargli, di guardarlo negli occhi e scorgervi una
verità
taciuta a lungo è nata da tutto ciò. Peccato,
però, che il lavoro
me lo abbia sfacciatamente impedito, sottraendolo alle mie domande.
La
porta si apre però all'improvviso, facendo entrare uno
spiraglio di
luce nella stanza. Fioco e fievole contamina appena il buio che mi
circonda.
Rimango
tutta via immobile, il cuore che sbatte nervosamente nel mio petto
mentre riconosco immediatamente i suoi passi strascicati.
Lo
vedo mettervi piede, la postura appena curvata e il tintinnio delle
chiavi nella mano che fanno da sfondo ai suoi movimenti.
Sembra
però notarmi l'attimo successivo, alzando i suoi occhi
azzurri su di
me.
-
Ei – afferma lui, l'espressione sorpresa ben stampata in viso
che
lo fa apparire interdetto e confuso al tempo stesso.
Non si
aspettava di trovarmi qui, noto con un'occhiata veloce che lo scruta
da capo a piedi.
Qualcosa
dentro di me si muove ancora, provocando un acutizzarsi della morsa
snervante che mi stringe lo stomaco senza lasciarmi scampo.
Con
gli occhi azzurri leggermente allargati mi fissa, la mano ancora
appoggiata sulla maniglia della porta rossa del suo camerino mentre
le sue labbra rimangono stupite e dischiuse.
Avvolti da una
leggera penombra stringo le braccia sotto il seno, un nervoso latente
che mi pervade e mi offusca la vista.
- Ciao – soffio in
risposta lasciando cadere nel vuoto quello che è diventato
ormai il
nostro saluto, soppiantato da uno più semplice.
La
voce sottile esce a fatica dalla mia gola, occlusa da un mix di
emozioni che stridono tra di loro e che non so distinguere
davvero.
Forse semplice non voglio, questa volta più che
mai.
Perché farebbe male, troppo probabilmente.
Alla nitidezza
della razionalità preferisco questa nebbia corposa e infida
che mi
offusca i sensi, dettata dalla rabbia e dal nervoso. È quasi
confortante potervi sprofondare, non doversi chiedere perché.
Deglutisco,
rimanendo in silenzio per una lunga frazione di secondo. La testa
strapiena di domande e pensieri che non mi lasciano scampo e uno
strano sento di rabbia che mi pervade.
Non
è solo irritazione. Oh no, è qualcosa di
più forte e corposo,
quasi divorante.
Lui
si apre in un lieve sorriso che sono in grado di vedere nonostante la
penombra, piegando dolcemente un angolo della bocca mentre con un
gesto veloce delle dita accende la luce.
La
stanza viene rischiarata subito dopo, portandomi a socchiudere
lievemente gli occhi che vengono feriti da questo improvviso
chiarore.
Tuttavia,
mi da anche la possibilità di vederlo meglio, scoprendolo
vestito
inaspettatamente con una maglietta nera. Non ci bado però
più di
tanto, troppo concentrata sul tumulto interiore che si sta scatenando
senza di me e che non vede l'ora di uscire, di scoppiare.
Reprimo
tutto, però, con un lungo sospiro che solca le mie labbra,
subito
torturate nervosamente dai miei denti.
Ian
riprende a parlare l'attimo seguente, piegando appena il capo mentre
mi scruta attentamente.
-
Cosa ci fai qui? Pensavo dovessi...-
Tuttavia,
non ha il tempo materiale di finire la frase perchè il suo
telefono
inizia a squillare insistentemente.
Mi
irrigidisco maggiormente a questo suono, tendendomi fino quasi allo
spasimo.
Con
un gesto frenetico e veloce infila la mano in tasca, agguantandolo e
scrutando velocemente lo schermo del cellulare per vedere,
probabilmente, chi lo sta chiamando.
Contratta
trattengo quasi il respiro, lo sguardo affilato e glaciale che lo
trafigge.
Sentendo
forse il peso del mio sguardo su di sé lui alza gli occhi,
scontrandoli con i miei.
E
qualcosa dentro di me scatta, raggiungo il limite di sopportazione e
scoppio. Semplicemente scoppio.
-
Non rispondi alla tua agente?- sibilo fredda e tagliente,
assottigliando maggiormente gli occhi fino a renderle due fessure -
Magari voleva darti gli ultimi dettagli del contratto - continuo
glacialmente ironica, innervosita dalla calma con cui continua a
porsi nei miei confronti.
Lui
aggrotta le sopracciglia mentre una sequela di emozioni scorrono
veloci e leggibili sul suo viso.
All'iniziale
confusione si sostituisce dopo una frazione di secondo un genuino
stupore, venato da una punta di colpevolezza che suona quasi come ad
una ammissione. Dura però solo un attimo, troppo breve per
scalfire
la mia rabbia.
Un'espressione
tesa prende il sopravvento sul suo viso, svettando sul resto.
-
E' mia madre, vuoi parlarle per accertarti che sia lei? - ribatte
lui, visibilmente interdetto e con una punta di freddo sarcasmo nella
voce.
Irritata
stringo le labbra in una linea netta e stizzita, chiudendo
istintivamente a pugno le mani mentre le mie braccia rimangono
strette sotto il mio seno, conferendo staticità alla mia
posizione.
-
Voglio parlare del perché non mi hai
detto che hai
praticamente firmato un contratto per un film!- sbotto non riuscendo
a trattenermi dal non farlo, allargando furiosa le braccia.
Con
gli occhi allargati dalla rabbia e le labbra arrossate
dall'irritazione lo fisso, espirando violentemente l'aria tra le
labbra.
Ian
non dice nulla, irrigidendosi ed assomigliando alla mia speculare
figura. Contrae la mandibola, il viso che diventa improvvisamente
serio e teso da un nervosismo che non sembra abitare unicamente me.
-
Perché? - lo incalzo ancora, non lasciandogli forse il tempo
di
parlare - Perché diavolo non mi hai detto che hai un
progetto in
ballo da quasi un mese? - gli sputo contro le parole, agitando la
mano.
Avvampo,
bruciando a causa di una rabbia intensa che mi annebbia la ragione, i
sensi.
-
Devo venirlo a sapere da Kevin! - tuono ancora, non riuscendo a
frenare il flusso corposo e imponente di pensieri che si tramutano in
parole.
-
Ma cosa ti dovevo dire sentiamo! - sbotta a sua volta lui, reagendo
veementemente. - Non ho ancora firmato nulla, comunque. - puntualizza
subito dopo, rivolgendomi un'occhiata bruciata che accolgo quasi come
una giustificazione.
Cosa
che mi fa arrabbiare maggiormente, portandomi a vedere quasi nero.
Allarga
le braccia, sfibrato dal mio incalzare probabilmente e con gli occhi
animati da una agitazione che li rende terribilmente torbidi e
indecifrabili.
Irritata
stringo le labbra, arricciandole nervosamente prima di parlare a mia
volta.
-
Mi dovevi dire che stavi valutando la possibilità di fare un
film,
che hai fatto dei provini - gli urlo quasi contro, non riuscendo a
contenermi e facendomi sentire probabilmente da vari addetti -
Dannazione, Ian me lo hai praticamente tenuto nascosto! -
E
questa consapevolezza brucia più che mai, risultando
terribilmente
dolorosa.
Con
occhi lucidi di rabbia lo fisso, raggelata incomprensibilmente dalla
bruciante ira che mi divora, dilaniandomi interiormente.
Mi
corrode con le sue domande, con i dubbi che comporta. Con i suoi
perché senza risposta.
-
Perché? - mi ritrovo ad incalzarlo ancora, le unghie che
affondano
leggermente nella carne morbida e delicata del mio palmo mentre le
dita si chiudono serrate in un pugno.
Lui
continua a non dire nulla, rimanendo chiuso in un ostinato mutismo
che mi manda in bestia. La mia mente si annebbia ulteriormente,
pervasa da un mix letale di nervoso e irritazione che è
sconvolgente. Elimina quasi totalmente ogni mia razionalità,
rendendomi fragilmente irrequieta e pronta a scoppiare da un momento
all'altro.
Non
ha neanche niente da dirmi per giustificarsi, sbarro gli occhi
davanti alla sua palese ammissione di colpa.
Lui
allarga esasperato le braccia, guardandomi in viso.
I
suoi occhi, cupi ed ingrigiti dal nervoso, sono puntati dritti su di
me, come se volesse trapassarmi da parte a parte.
Mi
risultano però terribilmente imperscrutabili, illeggibili.
È come
se vi fosse una patina invisibile di cripticità che mi
impedisce di
capire o anche solo intuire cosa pensa.
Cosa
che mi innervosisce maggiormente, portandomi ad irrigidire fin quasi
allo spasimo la schiena.
Con
la postura terribilmente rigida e contratta lo fisso ancora,
l'espressione contrita e irosa.
-
Cosa vuoi che ti dica, Nina? - mi chiede, la voce che traballa a
causa di un nervoso e di una irritazione corposa che la venano. - Che
mi dispiace? - sbotta ancora, sbeffeggiandomi con tono ironico.
Totalmente
basita lo guardo, una furiosa rabbia che mi brucia sulla pelle,
marchiandola.
Prossima
al limite lo fulmino con lo sguardo, lanciandogli uno sguardo al
vetriolo che lo trafigge. Ian sostiene orgogliosamente il mio
sguardo, socchiudendo appena gli occhi mentre ricambia
silenziosamente la portata dei miei.
Innervosita
e furente stringo le labbra, quella dispettosa domanda che continua a
vorticare nella mia testa acutizzando il mio nervosismo. Il mio cuore
scalpita nel petto, provocandomi un fastidioso ronzio alle orecchie.
-
Quando pensavi di dirmelo? - sbotto io in risposta, allargando le
braccia e gesticolando furiosamente.
Il
mio stomaco si stringe dolorosamente, un senso di devastante
tristezza che mi sconvolge, stringendomi tra le sue spire finendo
quasi per stritolarmi.
Annaspo,
alla ricerca della verità che i suoi occhi mi negano, alla
ricerca
di una pallida ombra di razionalità che mi mantenga calma e
lucida.
Ma
tutto ciò rimane una speranza vana. Il suo sguardo rimane
impassibile e il mio stato di rabbiosa ansia ed agitazione non si
placa, tutt'altro. Anzi, se possibile si acutizza, crescendo ancora
dentro di me.
-
Pensavi di non dirmelo magari? - lo incalzo ancora, incapace di non
farlo mentre quell'acido corrosivo che deriva dalla rabbia.
- Ma
che domanda è? - mi chiede in risposta io, una latente
irritazione
che mal nasconde dietro un tono esasperato.
Io
non aspetto altri secondi, non indugio, continuando invece a parlare.
-
Vorrei sapere il perché – sibilo glaciale, gli
occhi puntati su di
lui mentre gli riservo un'occhiataccia torva e cupa –
Perché Ian?
- mi ritrovo a chiedergli ancora il millesimo di secondo dopo, una
voracità nel parlare che mi porta quasi a mangiarmi le
parole.
Perché?
Dannazione perchè?
Ringhio
nel silenzio della mia mente, stringendo i pungi fino a far sbiancare
le nocche delle mia mani.
L'eco
disarmante di queste parole che non mi lascia scampo.
E
lui ancora una volta non dice nulla. Tace. Non cancella il
riecheggiare delle mie domande, non zittisce i miei pensieri con
delle calde parole.
Non
fa nulla. Ancora.
Sta
semplicemente zitto.
Scuoto
vigorosamente il capo, i capelli che si muovono sulle mie spalle in
un lieve ondeggiare che a malapena riesce a trasmettere tutto il
tumulto interiore che mi travolge.
Con
il respiro affretta e sconvolto dalla rabbia furiosa che mi pervade
alzo aritmicamente il petto, perforandolo con uno sguardo glaciale.
Espiro
poi violentemente l'aria tra le labbra, rilasciandola con un sospiro
pesante e sibilante.
Non
mi vuole dare spiegazioni, mi dico non riuscendo a comprendere il
perchè.
E io
raggiungo il limite, prossima a scoppiare.
- Io
me ne vado visto che non vuoi parlare – sibilo impulsivamente
subito dopo, lo sguardo alterato da una glaciale rabbia che non lo
abbandona neanche per un momento.
Non
dico altro, frenando a forza l'istinto di dirgli che sa dove
trovarmi.
Mmi
mordo quasi a sangue le labbra, compiendo un passo in avanti.
Distolgo
lo sguardo dal suo, così imperscrutabile e criptico da
risultare
doloroso. Non mi lasciano intravedere i suoi pensieri, le sue
emozioni.
Non
mi lascia vedere i suoi perchè.
Senza
dire altro mi muovo ancora, avvicinandomi a lui. Non lo tocco o
sfioro, però, sorpassandolo e dirigendomi verso la porta.
Qualcosa
nel mio petto stride dolorosamente, come trafitto da una stilettata e
solo dopo un attimo comprendo cos'è.
Quel
perchè che mi muove, che mi fa agire.
Quel
perchè che riguarda lui.
Con
delle pungenti lacrime che premono improvvisamente contro i miei
occhi per uscire deglutisco a fatica, respingendo il magone mentre
appoggio la mano sulla maniglia della porta, aprendola.
Me
la richiudo subito dopo alle spalle con un movimento secco e furioso,
facendola sbattere.
E
mentre l'eco di questo rumore sconvolge la tranquillità del
corridoio rimbombando un'altra cosa riecheggia dentro di me, nella
mia testa.
Perché?
******
Gioco
distrattamente con una patatina nel mio piatto, lasciando che,
croccante e appena intrisa di olio, mi unga i polpastrelli insieme ad
un lieve strato di sale. Il cibo ancora perfettamente intatto e ormai
freddo fa bella mostra di se senza aizzare il mio appetito,
attirandosi solo il mio sguardo vacuo e disincantato. Anzi, fa
praticamente l'opposto.
Lo
stomaco, infatti, continua a rimanere chiuso in una morsa stringente
e opprimente che mi opprime, facendomi passare decisamente la voglia
di mangiare.
Quel
miscuglio di emozioni e sensazioni differenti annodate
intrinsecamente tra di loro mi occludono la gola, avviluppanti e
stordenti come non mai. Tutto ruota intorno a quella domanda, a quel perché
che mi è stato negato. Che mi ha negato.
E
questa constatazione brucia più che mai, vibrando soffocante
sulla
mia pelle e nella mia mente, non lasciandomi di fatto scampo. Mi
riecheggia nella mente, nell'anima, rendendomi irrequieta al massimo.
Tentando
di scacciarlo emetto un leggero sospiro, espirando esasperata l'aria
fuori dalle labbra.
Vorrei
davvero poter allontanare i pensieri e tutto ciò che
comporta quel
quesito snervante almeno per qualche secondo, ma non ci riesco. Mi
risulta quasi impossibile farlo.
Non
riesco ad esimermi dal chiedermelo, non riesco a non pensare a lui.
Stizzita
dalle mie stesse riflessioni abbandono la patatina nel piatto con un
gesto secco, allontanandolo lievemente da me e premendo le dita sul
tovagliolo per pulirle subito dopo.
Cosa
che mi fa guadagnare un'occhiata interdetta.
-
Tutto ok? - mi domanda, difatti, una voce interessata, portandomi ad
alzare istintivamente gli occhi ed incontrare quelli verdi smeraldo
di Paul.
Inclino
appena il capo, alzandolo e lasciando che i capelli mi investano il
viso, mentre un'espressione quasi colpevole si palesa sul mio viso,
portandomi ad allargare gli occhi.
Non
stavo ascoltando, mi rendo colpevolmente contro stringendo appena le
labbra. Di nuovo.
Non
è, infatti, la prima volta che capita oggi, ma resistere al
flusso
di domande ed elucubrazioni appare decisamente troppo complicato,
portandomi così a sprofondarvici senza troppe resistenze.
Leggermente
spaesata riemergo così dai miei pensieri, torbidi e intensi,
che mi
avevano assorbito fino a farmi estraniare dalla realtà.
-
Si - soffio, non sforzandomi troppo di suonare sicura e decisa,
sincera - Perché? - domando subito dopo, usando
beffardamente quella
stessa domanda che mi sta tormentando, perforandomi con le sue
considerazioni.
Forse
sono masochista, mi dico con un piccolo sbuffo. O forse,
semplicemente, il karma si sta rivoltando verso di me.
Mi
stringo appena tra le spalle, appoggiando un braccio sul bracciolo
della sedia rosso scuro su cui sono seduta.
Lui
aggrotta leggermente le sopracciglia castane, corrugando la fronte
mentre mi fissa interdetto e vagamente confuso.
Le
persone intorno a noi continuano a parlare, fornendo il loro
chiacchiericcio come sfondo al silenzio che è appena sceso
sul
nostro tavolo.
Sono
infatti a pranzo con Candice e Paul in un piccolo ristorante di
Atlanta. Calmo e tranquillo è diametralmente opposto ai miei
consueti pasti sul set, fugaci e frenetici tra una ripresa e l'altra.
Spinta da non so cosa mi guardo brevemente intorno, facendo vagare lo
sguardo intorno a me.
Delle
pareti di un color panna appena accennato ci circondano, creando
un'atmosfera semplice e pacata che risulta terribilmente rilassante
nonostante il mio umore nero pece.
Dei
tavoli, in legno scuro ricoperti da delle tovaglie azzurro chiaro,
sono sparsi per l'ampia sala, in parte vicino al muro e in parte,
come il nostro, vicino alle finestre che danno sul panorama. La
strada, difatti, compare oltre la vetrata trasparente, lasciandomi
scorgere una leggera nebbia impregnare il cielo nonostante l'ora
tarda del mattino.
Un
sole pallido filtra tra le nuvole, illuminando la via poco affollata
e apparendo tremendamente speculare e simile al mio umore: sbiadito e
fiacco, quasi scuro.
Rimanendo
chiusa in un ermetico silenzio mi volto, abbandonando il paesaggio e
puntando gli occhi sui miei amici, intenti a mangiare tranquilli.
-
Non so, magari perchè non hai toccato il tuo cibo preferito?
- mi
domanda in modo sarcastico Candice, inarcando inquisitoria ed ironica
un sopracciglio biondo.
Il
vestito blu che indossa le mette in risalto lo sguardo ed io, per un
lungo attimo, mi ritrovo a pensare ai suoi occhi.
Penso alla
sfumatura torbida e calda di grigio che assumo quando mi guarda,
quando mi accarezza in quel modo passionale ed invisibile. Quella
stessa sfumatura che aveva questa mattina, prima che succedesse
tutto.
La
stretta allo stomaco si accentua, diventando quasi dolorosa a questo
pensiero. Con una incredibile sensazione di amaro in bocca mi ritrovo
a scuotere appena il capo, allontanandolo dalla mia mente. O meglio,
tentando di farlo seppur con scarsi risultati.
Sotto
la spinta delle sue parole abbasso lo sguardo sul mio piatto di
porcellana colorata, nuovamente, trovando la mia porzione di patatine
totalmente intatta, praticamene non toccata.
Una
piccola smorfia piega le mie labbra, storcendole e oscurando il mio
volto con un'ombra di scuro disappunto.
-
Ed è grave – ride subito dopo Paul, prendendomi
bonariamente in
giro e dando man forte a Candice.
Un
pallido sorriso fa capolino sul mio viso, senza incrinare tuttavia la
maschera di imperscrutabile oscurità che mi pervade. Non mi
illumina, non raggiungendo gli occhi e rimanendo delimitato ad una
smorfia facciale.
La
mia bionda amica mi scruta silenziosamente da sopra il bicchiere che
sta sorseggiando, perforandomi con uno sguardo azzurro attento e
indagatore.
Un
leggero vibrare, fugace e intenso, interrompe momentaneamente il
silenzio che si è creato. Istintivamente il mio sguardo
scuro si
posa sul tavolino, dove, vicino al tovagliolo di Paul, il suo
cellulare si illumina, suonando in modalità silenzioso con
un
vibrante ronzio.
Paul
si affretta subito ad agguantarlo, prendendolo in mano ed iniziando a
pigiare i tasti in quello che deve essere il testo di un messaggio. E
intuire il destinatario non è poi così difficile:
Torrey.
Candice
rotea gli occhi al cielo, sbuffando e abbandonando il bicchiere sul
tavolo con una espressione stizzita stampata sul viso fine e
delicato.
-
Non mi stai ascoltando! - tuona indispettita all'indirizzo del nostro
amico e collega, facendomi ridacchiare lievemente.
Cosa
che mi provoca subito la sua occhiataccia ammonitrice.
-
Tu che ridi? Non hai praticamente ascoltato nulla di quello che
abbiamo detto – si infervora scrollando il capo, i capelli
biondi
che si muovono sulle sue spalle – Di nuovo – mi
lancia l'ennesima
occhiataccia, alludendo sfacciatamente al fatto che persisto nel
perdermi tra i miei pensieri.
Non
dico nulla in risposta, limitandomi a fare leggermente spallucce. Le
mie labbra si imbronciano appena, curvandosi lievemente al in
giù.
L'ombra scura e torva torna ad ombreggiarmi il viso prepotentemente,
scurendolo.
-
Scusate, era Torrey – si giustifica Paul, tornando a porre
l'attenzione tra di noi. - E' mia moglie! - sbotta poi giocosamente
all'indirizzo di Candice, stringendosi tra le spalle come se questo
solo fatto valesse le sue distrazioni.
E
io, per un attimo, mi ritrovo ad essere invidiosa del sorriso
smagliante e vagamente trasognato che sfoggia con calma e
tranquillità. La verità, intima e nascosta,
è che vorrei poterlo
avere anche io in questo momento.
Il
mio umore scende ulteriormente a questo pensiero, finendo in
picchiata verso la tonalità pece.
Sbuffo
ancora, abbandonando totalmente l'idea di mangiare. Nervosa e
irrequieta incrocio le braccia sotto il seno, stringendomi in una
sorta di abbraccio. Con le dita torturo il bordo del mio maglioncino
verde bosco, tirando leggermente il polsino verso il palmo della mano
nel tentativo di scaldarle.
Non
fa freddo, tutt'altro visto il caldo tepore che c'è in
questo
locale, eppure io sento il bisogno fisico di scaldarmi.
Perché
la realtà è che vorrei il suo calore a
stringermi, essere avvolta
dalle sue braccia in un contatto intimo e dolce che solo lui sa
creare con i suoi abbracci. È questo il perchè
che detta la mia
azione. Forse è semplicemente lui il mio perchè.
Un
sospiro che non so trattenere solca le mie labbra, gli occhi che si
fanno inspiegabilmente lucidi e quel nodo alla gola che diventa
insopportabile. Stringente e soffocante rende difficile anche il
semplice atto di prendere un respiro profondo, aumentando il mio
nervoso e la mia irritazione.
I
miei occhi, traditori del mio stato d'animo, iniziano
inspiegabilmente a bruciare, velandosi leggermente a causa del magone
che mi attanaglia.
Una
domanda arriva però a squarciare i miei pensieri subito
dopo,
suonando come un fulmine a ciel sereno.
-
Tu e Ian avete litigato -
Come
scottata alzo bruscamente la testa, facendo finire una ciocca di
capelli castani ad offuscarmi la vista. La scosto velocemente subito
dopo, puntandoli su Candice.
-
No – nego testardamente, non avendo assolutamente voglia di
parlare
di cosa è successo.
Semplicemente
non mi va.
Il
sorriso finto e tirato che avevo fino ad un secondo fa si è
sciolto,
lasciando il posto ad una espressione apparentemente neutrale che
cela dietro ad una labile apparenza una tristezza sorda e tagliente.
Nonostante la discussione che ho avuto con Ian nulla si è
risolto, i
dubbi sono rimasti tale e senza risposta.
La
sua indecifrabilità è diventata impermeabile,
risultando un muro di
gomma a difesa dei suoi pensieri.
-
Non era una domanda - mi dice lei con voce sicura e decisa,
genuinamente consapevole che è così.
E,
ripensandoci, mi rendo conto che le sue parole sono suonate infatti
più come una affermazione che come una domanda vera e
propria.
Io
non dico nulla per un lungo, lunghissimo attimo guardando dritta
davanti a me.
Cosa
dovrei rispondere? Mi chiedo non sapendolo davvero, gli occhi verdi e
caldi di Paul puntati dritti su di me.
-
Non abbiamo litigato, Candice – ribatto io, finendo per
risultare
più brusca e tagliente di quanto vorrei chiamandola per nome.
Lei,
tuttavia, sembra non farci molto caso continuando a fissarmi
cocciutamente interessata a strapparmi le parole fuori dalla bocca.
-
Litigare implica uno scambio di battute – continuo con un
mormorio
gelidamente sarcastico che lascia malamente trapelare il mio
più
intimo e torbido nervosismo. - Ian non ha detto nulla, per cui no,
non abbiamo litigato – concludo decisa, indurendo
l'espressione.
Le
mie labbra si stringono infatti in una linea netta, serrandosi quasi
come a non voler far scappare altre parole rabbiose dette tra i
denti.
E
l'immagine di Ian, fermo ed impassibile, mentre gli inveisco contro
brucia nella mia memoria, irritandomi maggiormente. Il nervoso
cresce, la mancanza di un perché come
sua beffarda causa. Un
ulteriore fiotto di bollente irritazione si riversa nelle mie vene,
corrodendomi con il suo calore innaturale che mi fa quasi avvampare.
Perché
non ha detto nulla? Mi domando ancora, incapace di non farlo mentre
la morsa si stringe, schiacciandomi con le sue spire fino a quasi a
stritolarmi.
Come
intuendo la portata dei miei pensieri e il quesito che affolla la mia
mente, Paul parla, rompendo lo statico silenzio che si è
creato.
-
Forse, sapendo di essere in torto, non sapeva neanche lui cosa dire
–
afferma il mio amico, stringendosi appena tra le spalle mentre
gesticola, la forchetta ancora stretta tra le dita.
Un'espressione
dispiaciuta fa capolino sul suo viso, rendendolo costernato quasi.
È
molto amico di entrambi, mi dico, è normale che gli
dispiaccia
vederci così.
Candice
non dice invece nulla, lasciandomi lo spazio per parlare e
continuando a fissarmi senza alcun timore di irritarmi.
-
Non lo difendere – gli ringhio quasi contro, assottigliando
gli
occhi in due fessure che quasi lo fulminano – Non lo
difendere –
ripeto, una calma disarmante che nasconde una rabbia latente pronta
ad esplodere.
Vibra
dentro di me, sconcertandomi e facendomi tendere come una corda di
violino. Il pensiero remoto che loro non centrano nulla e sto solo
sfogando il mio nervoso emerge da un angolo buio della mia mente,
venendo però soppresso velocemente dal nervosismo.
Candice
emette un lungo sospiro, quasi pensieroso, distogliendo per una breve
frazione di secondo gli occhi da me.
-
Ma non ti ha detto proprio nulla? - mi chiede con calma, incitandomi
probabilmente a parlare.
Mi
stringo tra le spalle, i polpastrelli che affondano nel tessuto
morbido del polsino fino a creare una stretta nervosa .
Scuoto
il capo in segno di diniego, non riuscendo a dire altro.
-
Già - soffio unicamente come aggiunta, il magone che ho
respinto con
così tanta fatica che torna facilmente a galla.
E
respingerlo è tremendamente faticoso, forse impossibile. Uno
sforzo
che mi appare quasi disumano mentre il mio corpo, tutto il mio corpo,
preme con forza per sfogarsi e trovare liberazione in delle bollenti
lacrime. Cosa che, però, gli nego.
Con
uno spossante senso di fragile nervosismo mi stringo tra le spalle,
piegando il viso senza tuttavia guardarli negli occhi.
Trovo
il coraggio di farlo dopo una manciata di minuti di totale silenzio,
guardandolo sconfortata e rabbiosa allo stesso tempo.
-
Non mi ha detto nulla - mormoro, alludendo chiaramente al progetto di
cui Ian mi ha tenuto allo scuro.
Per
una breve frazione di secondo mi ritrovo a chiedermi se sono io che
sto semplicemente facendo storie per una cosa del genere. No, mi dico
dandomi una risposta.
Mi
ha volutamente tenuto nascosta una cosa che lo riguarda.
-
Magari voleva essere semplicemente sicuro di essere preso prima -
afferma pacato Paul, capendo subito a cosa mi riferisco e finendo di
fatto per difenderlo in qualche modo.
-
No - gli dico subito, fermando sul nascere il resto del discorso che
mi appare quasi irritante- Paul, non me lo ha detto perché
non ha
voluto - sibilo, il nodo alla gola che si intensifica diventando
quasi soffocante.
È
questa la verità
È
questo il perché.
Lui
sbuffa, soffiando l'aria fuori dalle labbra senza però
aggiungere
nulla.
Candice
rimane specularmente in silenzio, apparentemente avvolta e persa tra
i suoi pensieri.
Una
atmosfera irreale e silenziosa cala così tra di noi, corposa
e
possente risulta quasi imbarazzante
-
Dovresti parlargli – mi dice Candice, una nota di innata
saggezza,
che le impregna la voce.
Le
mie labbra si tendono in una smorfia di vistoso dissenso.
-
Non mi parla – ribatto sconsolata in riposta io,
l'espressione
amara che rende appieno il mio stato d'animo demoralizzato. - E poi
è già partito per Los Angeles – sospiro
pesantemente, soffiando
con un sibilo le parole fuori.
Vorrei
davvero poterlo fare, parlargli e sentire i suoi perché.
Probabilmente è una delle cose che voglia di più
al momento.
Prendo
un respiro profondo, rilasciandolo tremolante subito dopo.
Quell'insieme opprimente di sensazioni persiste nel chiudermi la
gola, infondendomi uno strano senso di agitazione che non riesco a
scacciare. Subdolo e suadente si insinua dentro di me, trai miei
pensieri non lasciandomi di fatto scampo.
Distolgo
poi lo sguardo dalla tavola imbandita davanti a me, puntandoli
nuovamente su Candice.
Le
rivolgo un'occhiata quasi implorante di un consiglio che faccia
chiarezza tra le mie riflessioni, in modo da pensare in modo
più
nitido.
Lei
si stringe leggermente tra le spalle, facendo arricciare appena la
scollatura casta del vestito blu di cotone che indossa.
-
Se no puoi sempre passare qualche giorno di relax e aspettare che
torni – afferma lei, scoccandomi un'occhiata eloquente che
fatico
subito a decifrare.
Mi
sta implicitamente dicendo di prendere e andare da lui o di fare
l'opposto? Mi domando interdetta, non capendolo realmente.
Inspiro
profondamente, prendendo una lunga bocca d'aria.
Paul
non dice nulla, rimanendo per un lungo attimo in silenzio mentre
mangia.
-
Io voterei per la prima – mi consiglia con voce calda e
pacata,
riservandomi un sorriso dolce e tranquillo che sa di vera amicizia.
Annuisco,
non sapendo neanche io cosa fare. L'unica cosa che voglio al momento
è tornare in albergo e sprofondare nel letto, senza avere
confusione
e gente intorno.
Senza
prendere decisioni, senza pensare a lui. Cosa che probabilmente
è
pura utopia dal momento che impossibile per me non farlo.
-
Io vado a pagare e poi in albergo, ragazzi – mormoro di punto
in
bianco, puntellando i piedi contro il pavimento per alzarmi in piedi.
Lo
faccio l'attimo dopo, spingendo indietro la sedia e appoggiando le
mani sul tavolino. Il tessuto in cotone della tovaglia mi solletica
momentaneamente il palmo mentre i miei amici alzano simultaneamente
gli occhi su di me.
-
Tranquilla, offro io – mi sorride ancora Paul, risultando
più
carino e premurosa di quanto io oggi sia stata con lui.
Gli
rivolgo un sorriso sincero, grato. Forse il primo della giornata, mi
dico con un pensiero distratto.
Allungo
poi la mano, agguantando il mio cappotto nero ed infilandomelo
velocemente,
subito
dopo aver preso la borsa faccio il giro del tavolo, scoccando un
bacio sulla guancia a Paul come ringraziamento.
-
Grazie – affermo in un sussurro e non è
chiaramente solo per il
pranzo.
Lui
mi sorride, inclinando dolcemente il viso.
-
Ci sentiamo dopo, ok? - mi domanda invece Candice, guadagnandosi
subito la mia attenzione mentre raddrizzo la schiena e mi tiro su.
Tento
di sorriderle, riuscendo a produrre solo una lieve smorfia che non
raggiunge i miei occhi lasciandoli cupi e impassibili.
-
Si – soffio con sincerità.
Probabilmente
la chiamerò dopo una bella dormita, finendo qualche ora dopo
a
mangiare con lei schifezze mentre parliamo.
-
Ciao – li saluto infine con un breve cenno del capo,
girandomi
subito dopo.
Senza
dire null'altro muovo un passo in avanti, lasciandomi alle spalle i
loro saluti e il vociare della sala.
Evitando
abilmente un cameriere con delle portate arrivo finalmente
all'uscita, appoggiando la mano sulla maniglia ed aprendola.
Con
il capo chino e lo sguardo puntato sul marciapiede esco all'aperto,
richiudendomi la porta in vetro e acciaio del locale alle spalle.
L'aria fresca e frizzante del primo pomeriggio mi investe,
accarezzandomi con il suo tiepido vento mentre fa smuovere le fronde
degli alberi.
Deglutendo
muovo un passo in avanti, iniziando a camminare e percorrere la via
quasi totalmente deserta.
Dopo
neanche un secondo mi ritrovo però ad affondare la mano
all'interno
della tasca del mio cappotto alla ricerca del mio telefono. Lo tiro
fuori subito dopo, rigirandolo per un lungo attimo tra le dita,
quasi come se stessi soppesando l'idea di fare qualcosa. Forse,
semplicemente, la portata dei miei pensieri.
La
spontanea voglia di chiamarlo e chiarire si insinua leggermente
dentro di me, sovrastando per un attimo la rabbia e la frustrazione.
È
solo un secondo, tuttavia, dal momento che quella domanda
sconvolgente e subdola torna a tormentarmi.
Perché?
Sospiro,
posando gli occhi sullo schermo ancora oscurato del mio cellulare,
l'eco dei miei dubbi che cozza contro la sicurezza del mio sentimento
in uno scontro che risulta devastante.
Cosa
dovrei fare? Mi chiedo, ricercando dentro di me la risposta.
E
la cosa da fare appare apparentemente limpida l'attimo seguente,
cristallina.
Senza
pensarci troppo o ragionarci premo i numeri, componendo velocemente
un numero telefonico. Me lo porto poi all'orecchio, percependo gli
squilli suonare a vuoto fino a quando una voce femminile risponde.
Esito
un attimo, le labbra dischiuse mentre rimango immobile al centro del
marciapiede con i capelli scompigliati dalla brezza.
-
Pronto -
Deglutisco,
trovando un perché come risposta a ciò che sto
per fare.
Il
mio istinto si rafforza, portandomi a parlare.
Parlo
decisa, soffiando le parole fuori dalle labbra senza alcuna
incertezza.
-
Buongiorno, vorrei prenotare un volo –
Perchè.
-Note:
Buona
domenica! No, non sono un miraggio dovuto al soffocante caldo estivo
e questo aggiornamento esiste davvero ;) A parte gli scherzi e il
fatto che probabilmente non ci speravate più, eccoci qui con
un
nuovo capitolo.
1-
Mi vorrei scusa per l'immenso ritardo che ho avuto nel pubblicare e
non c'è molto da dire come giustificazione se non un immenso
SCUSA a
chi legge, a chi recensisce e a chi mi segue. Mi dispiace davvero
molto di averci messo così tanto, spero che questo capitolo
vi sia
piaciuto e che in qualche modo vi abbia ripagato dell'attesa.
2-
Passando al capitolo dopo qualche momento di tenera
tranquillità
sono arrivate le prime nuvole su Ian e Nina. Saranno di passaggio o
permanenti? Questo non ve lo posso dire, lo scoprirete solo leggendo
i prossimi capitoli.
3-
Il prossimo capitolo non so di preciso quando arriverà, ma
vi
anticipo che sarà in qualche moda un giro di boa, nel bene o
nel
male e la casualità vuole che sia proprio il numero 20. non
mi svelo
il titolo, anche se ce l'ho già pronto da mesi interi.
4-
Vi volevo informare che ho iniziato anche una storia originale, in
collaborazione con un'altra persona. E' di genere romantico ed
è il
mio primo tentativo al riguardo, se vi va datele un'occhiata mi
farebbe piacere avere il vostro parere. Ho già pubblicato
quattro
capitolo e qui di seguito vi lascio il link e la trama introduttiva;)
Ritratto
di Te
"
Certe persone sono come un famoso ritratto: per comprendere l'insieme
si deve comprendere la sfumatura di ogni pennellata "
Tratto
dal Prologo:
[ - Mi dispiace signorina Cornelia - afferma con
finta voce costernata, continuando imperterrito a fare il suo
lavoro.
Indignata al massimo avvampo violentemente, scoccandogli
un'occhiata al vetriolo che spero lo faccia definitivamente
tacere.
Mi ha chiamato con il mio secondo nome! Penso irritata al
massimo dalla sua persona, così tranquilla e ironica da
risultare
arrogante.
- Emma - lo correggo asciutta e stizzita, pervasa da un
imponente voglia di picchiarlo.
Tentando di placare i miei istinti
omicidi lo guardo male, di sbieco, mentre ridacchia divertito.
-
In ogni caso, Emma, ho fatto medicina non scuola di estetica -
ribatte lui, calcando volutamente sul mio nome e conferendogli un
alone quasi sarcastico. ]
Detto
questo spero che il capitolo vi sia piaciuto, che non ci siano errori
o ripetizioni e che mi farete sapere che ne pensate se vi va;)
A
presto!
Xoxoxo
Live
in Love
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=665226
|