True Love- Vero amore

di live in love
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Fever ***
Capitolo 2: *** Sick mind ***
Capitolo 3: *** Light My Fire ***
Capitolo 4: *** Finzione....Attrazione ***
Capitolo 5: *** Linea Rossa ***
Capitolo 6: *** Echo ***
Capitolo 7: *** Fire ***
Capitolo 8: *** Hic et Nunc ***
Capitolo 9: *** Enjoy the Silence ***
Capitolo 10: *** Vortice ***
Capitolo 11: *** Slam ***
Capitolo 12: *** All We Are ***
Capitolo 13: *** Un passo indietro ***
Capitolo 14: *** Breathe ***
Capitolo 15: *** Cold Coffee ***
Capitolo 16: *** Confine ***
Capitolo 17: *** Obbligo o Verità ***
Capitolo 18: *** Love is in the air ***
Capitolo 19: *** Perché ***



Capitolo 1
*** Fever ***


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TRUE LOVE – VERO AMORE



CAPITOLO 1

Fever





Braccia incrociate e gambe mollemente allungate , appoggiata alla testiera del letto con la schiena, guardo disattenta la televisione da ormai più di mezzora.
Annoiata dal film di bassa qualità afferro il telecomando , cambiando programma e facendo zapping nella speranza di trovare qualche telefilm. Magari qualche replica di Grey’s anatomy o Flashforward.

Ora come ora mi andrebbe bene anche una replica di dieci anni fa di Beautiful , probabilmente.

Mi fermo su un talk show , dal buffo nome “
Funny Day”, non trovando niente d’altro di interessante.
Tratta di coppie che si fanno riprendere durante le attività quotidiane per poi finire col litigare per presunti tradimenti.
Se non ricordo male me ne aveva parlato qualche volta Candice , durante una pausa pranzo.

Questi sono decisamente i suoi tipi di programmi.

Sconfortata poso il telecomando al mio fianco, decidendomi a guardare questo programma.
Neanche dieci minuti e la sonnolenza causata dalla noia inizia già a farsi sentire.

Sospiro, sfregandomi gli occhi che hanno preso anche inspiegabilmente a bruciarmi.
Mi piace passare del tempo a non fare niente e guardare la tv, magari sgranocchiando qualcosa però, d’altra parte, odio sentirmi reclusa. Mi sento soffocare.
E non ho neanche un pezzo di cioccolata a consolarmi, penso, mentre lo sconforto mi assale.

Lancio un’occhiata scoraggiata fuori dalla porta finestra, da dove si intravede uno squarcio di cielo cupo e grigio.
Non posso neppure uscire visto che è da ieri sera che non fa altro che piovere e di scendere giù nella hall dell’albergo non ne ho per niente voglia.
Inoltre se mi vedesse qualcuno dello staff mi rispedirebbero subito in camera mia.
Sbuffo nuovamente , focalizzando la mia precaria attenzione sulla televisione.
Visto che non ho nulla di meglio da fare tanto vale cercare di capire qualcosa del programma che mi terrà compagnia per le prossime ore.
Una grassoccia signora dai folti capelli rossi sta inveendo contro quello che presumo essere il marito mentre il pubblico in studio urla divertito e la incita.
Più che un talk show sembra una gabbia di matti.
-
E adesso la pubblicità. Il Funny Day torna tra poco - annuncia il presentatore dal ciuffo ingellato e un sorriso scintillante, degno delle migliori pubblicità sui dentifrici.
Perché poi l’abbiano chiamato “
Giorno di divertimento” quando tutto lo show si basa su litigi e urla, è un totale mistero.

Mentre alla televisione passano spot dalle musichette squillanti allungo il braccio oltre il bordo del letto, prendendo il mio blackburry nero dal comodino.
Schiaccio il tasto centrale facendo illuminare lo schermo, che mi rimanda però solo il menù desolato del telefono.

Con occhi febbrili cerco il disegno di una busta gialla, non trovandola tuttavia.

Nessun messaggio, nessuna chiamata persa o non sentita.
Neanche un misero sms da Paul. Niente di niente.

Sbuffo sconsolata.
Nessuno mi ha cercata, ma d’altronde saranno tutti in giro o impegnati a girare qualche scena sul set. Dove vorrei essere anche io e, invece, sono obbligata a stare rinchiusa in camera.
Scorro la rubrica velocemente.
Mi fermo poi sul numero di mia madre indecisa, soppesando l’idea di chiamarla per fare almeno due chiacchiere per abbandonarla infine del tutto del tutto.
Sono ancora troppo innervosita.
Inoltre non potrei neanche sfogarmi del tutto, raccontandole quello che è accaduto, senza farla preoccupare cosa che decisamente non voglio.
Ansiosa com’è la farei solo impensierire.

- Benissimo, non mi resta altro che restare chiusa qui dentro a morire di noia e solitudine – sbuffo ancora, incrociando le braccia al petto.
Un bussare sommesso alla porta mi distrae, però, dalle mie elucubrazioni qualche secondo dopo.

Lanciando un’ultima occhiata disattenta alla grassoccia signora dai capelli rossi che inveisce contro il marito, scendo dal letto.
Spero solo non sia qualche petulante cameriere inviato dagli sceneggiatori per vedere se sono realmente in camera.
O peggio Paul, sbarro leggermente gli occhi.
Gli voglio davvero un bene dell’anima ed è come un fratello, ma si trasforma quando è preoccupato.

Diciamo pure che diventa una sorta di assillante stalker iperprotettivo con improvvise manie compulsive da medico. Tanto per rendere l’idea.
Strisciando stancamente i piedi e starnutendo ripetutamente arrivo fino alla porta, aprendola di malavoglia con una torsione del polso.
Davanti mi ritrovo Ian, un abbraccio appoggiato al muro con seducente nonchalance e il solito look total black a fasciargli armoniosamente il corpo.
Alza lo sguardo cristallino su di me incontrando il mio, vagamente lucido.

- Un uccellino mi ha detto che ti hanno cacciata dal set - esordisce canzonatorio, senza neanche salutarmi. Tipico suo.
Arriccio le labbra contrariata, decisamente non sono per nulla di buon umore per scherzare con lui.
Mi sorride sornione, provocandosi l'attimo dopo uno sguardo torvo da parte mia.
Incrocia le braccia al petto appoggiandosi allo stipite della porta squadrandomi da capo ai piedi.

- Carino - afferma ironico, vedendo che non ribatto come al solito, verso il mio pigiama rosa con stampata sopra la faccia sorridente di Minnie.
Non molto bello, ma decisamente caldo. E poi ho sempre saputo il pessimo gusto di mia cugina nel fare i regali di Natale. Davvero pessimo
Appoggio il fianco alla porta, incrociando le braccia al seno nella sua esatta posizione speculare.

- Cosa ti ha detto Paul? - mormoro svogliatamente, decidendomi finalmente a parlare e percependo la gola andare a fuoco.

- Chi ti dice che sia stato lui? - mi stuzzica subito Ian, un brillio di divertimento a rendere ancora più vivaci gli occhi azzurri.
Ammicca poi verso di me con un altro sorriso, non capendo evidentemente che non ho davvero voglia di scherzare oggi.
Lo fisso cupa, arricciando le labbra in uno sbuffo per quel suo essere così infantile assumendo una posa ostile.
Si morde un labbro - cosa che, se non fossi irritata a morte, mi manderebbe gli ormoni in giubilo - cercando di trattenere le risate.
Un accenno di riso sfugge tuttavia dalle sue labbra serrate a forza, trasformandosi quasi in uno soffio ilare.

Come se poi non sapessi che è stato lui! Phmf.
Paul ha il vizio di essere troppo buono e chiacchierone e basta poco per farlo parlare.
Inoltre Ian è dannatamente bravo a trovare il modo di farsi dire qualcosa, soprattutto se lo incuriosisce.
Continuiamo a fissarci in silenzio, lui divertito e io indispettita.

- Come lo hai corrotto, sta volta? - interrompo il nostro gioco di muti sguardi.

- Non ce ne è stato bisogno, me lo ha raccontato di sua volontà - finge un atteggiamento superiore.
Faccio una smorfia scettica, davvero dubbiosa. Certo come no e io sono Babbo Natale!

- E poi io non corrompo la gente, sono loro che si aprono volontariamente con me - puntualizza piccato agitando un dito davanti al mio naso.

- Cos’altro ti ha detto? – lo fisso malamente e corrucciata.

- Che sei quasi svenuta mentre giravate una scena - svuota il sacco lui, il volto inclinato nella mia direzione e uno sguardo non molto amichevole. Ora non è più divertito, mi mordo le labbra.

- Phmf - sbuffo, per la sua mania di ingrandire le cose, facendo un gesto vago con la mano - Ho solo avuto un piccolo giramento di testa - minimizzo con una alzata di spalle.
Adesso è il suo turno di guardarmi male. Decisamente male.

- Piccolo giramento? - chiede sarcastico, la voce pericolosamente pacata.
Ahia, non è per nulla un buon segno.
Con un’unica falcata entra nella camera, fermandosi al mio fianco e chiudendo la porta con una piccola spinta della mano.

- Mi ha anche detto che ti ha dovuto prendere al volo per non farti finire a faccia a terra - continua, rimproverandomi.
Sbuffo nuovamente. Paul gli ha decisamente detto troppo.
Evidentemente il “ non azzardarti a dirlo a nessuno” che gli ho ringhiato contro mentre marciavo via indiavolata non è stato recepito a dovere.

- Non è assolutamente vero - ribatto ostinata in un ultimo atto eroico di negare l’evidenza, mentre un tremito improvviso mi attraversa facendomi rabbrividire, come a smentirmi.
Tiro le maniche della maglia cercando di coprirmi maggiormente le mani gelide, percependo il suo sguardo infuocato su di me.

- Quindi non è vero che hai avuto un mancamento e che ti hanno dato la giornata libera? - mormora accusatore, pericolosamente vicino a me.
Riesco distintamente a percepire il suo respiro sulla mia guancia.

- Non me l’hanno data, me l’hanno imposta - preciso spazientita , mentre il nervoso torna a farsi sentire per quell’ingiustizia, alzando leggermente il volto per guardarlo orgogliosa.
Non mi è ancora andata giù e, visto quanto sono permalosa, ci vorranno ancora molti giorni.

- Te l’hanno imposta perché tu sei stata così ostinata dal voler rimanere comunque nonostante stessi male , senza dire niente a nessuno!- mi fulmina con gli occhi, arrabbiato, sostenendo il mio sguardo per nulla intimorito.
Mi imbroncio, riservandogli un’occhiata risentita assottigliando lo sguardo.
Forse era meglio Paul e la sua apprensione, a sto punto.
Ci fissiamo torvamente, sfidando l’altro ad abbassarlo per primo.

- Avete entrambi troppe manie di ingrandire le cose….- mormoro immusonita abbandonando momentaneamente il piede di guerra.

- Tu invece sei cocciuta- afferma ammorbidendo leggermente il tono di voce. Ora è meno duro, più carezzevole.
-…. E sei anche melodrammatico- continuo non distogliendo lo sguardo dal suo.

- E tu testarda- non demorde, inclinando il viso di lato e sorridendomi lievemente.- Tremendamente testarda-
Sospira, l’alone del sorriso ancora sulle labbra, togliendosi la giacca e lanciandola sulla poltrona vicino alla porta.
Mi mordo l’interno del labbro, pensando quanto sia lunatico: un attimo prima è arrabbiato quello dopo allegro. In questo tremendamente simile al suo personaggio.
Lo sorpasso e mi avvicino al letto lasciandomici cadere seduta.
Mi sfrego gli occhi con il dorso della mano mentre un senso di spossatezza mi assale improvviso.
La testa ha ripreso a pulsare ,facendomi quasi sentire intontita.

- Come stai? - mi chiede un attimo dopo sedendosi al mio fianco , le nostre spalle a sfiorarsi.

- Seriamente - continua più dolce voltando il viso verso di me.
Mi inchioda con uno sguardo attento a cui non so sfuggire. A cui non voglio sfuggire, probabilmente.

- Bene - alzo le spalle , schiarendomi la gola.
Aggrotta le sopracciglia facendo una smorfia per nulla convinto di quello che ho detto, continuando a sondarmi.
Due labbra fresche e morbide si posano sulla mia fronte, senza quasi che me ne accorga.
Mi irrigidisco a questo contatto inaspettato e quanto mai piacevole mentre sento il sangue affluirmi prepotentemente alle guance. Il battito del mio cuore diventa ancora più accelerato e la testa ora pulsa più forte .
Sento le sue labbra indugiare sulla mia pelle, in netto contrasto con il calore alterato del mio corpo.
Si allontana dopo qualche secondo guardandomi interdetto , quasi preoccupato.

- Sei calda, sicura di non avere la febbre?- mi chiede subito, spostandomi una ciocca di capelli e riportandola dietro l’orecchio.
Mi mordo colpevole il labbro inferiore.

-Ho solo un po’ di temperatura- sussurro , decidendo di dirgli una mezza verità – Devo aver preso un po’ di freddo -. Non voglio si preoccupi per un po’ di semplice
febbre.
Continua a fissarmi per nulla sicuro , sondandomi con lo sguardo .Si volta dopo qualche secondo alla ricerca di non so cosa.
Solo quando punta gli occhi sull’aggeggio colorato sul comodino capisco cosa sta cercando: il termometro.

- Misura- mi ordina senza tanti giri di parole con un’occhiata perentoria , porgendomelo.
Evidentemente non ha capito che oggi non è il giorno giusto per darmi ordini, non sono ne dell’umore per controbattere ne ho le forze fisiche per farlo.

- L’ho già fatto e come ti ho detto ho solo un po’ di temperatura- mi innervosisco, sfidandolo con lo sguardo a ribattere.
Oggi basta niente per farmi innervosire, dev’essere l’influenza.

- Ora - allarga leggermente gli occhi azzurri ,assomigliando a una versione stizzita di Damon .
Lo afferro roteando gli occhi al cielo e sbuffando.
Me lo sistemo sotto la maglietta in attesa che suoni sicura che darà ragione a me tanto.
Neanche qualche minuto di silenzio, che il bip acuto ci avvisa che ha finito. Lo tiro fuori ma non faccio neanche in tempo a guardare il display che me lo strappa delle mani.

- Ma si fa pure- mormoro stizzita allargando le braccia.
Non solo mi impone di misurarmela ma poi non me lo fa neanche vedere!

- Solo un po’ di temperatura, eh?- mi fulmina con lo sguardo, inarcando minaccioso un sopracciglio scuro.
Mi fa oscillare davanti al naso il termometro che segna inaspettatamente trentotto e mezzo di febbre.
Quasi sbianco vedendolo. Non mi aspettavo di averla così alta, nemmeno mezz’ora fa era solo poco più di trentasette.

- Mettiti a letto - afferma e questa volta non sembra un ordine ma più un invito.
Senza fare tante storie, anche perché so che se no mi obbligherebbe, mi infilo sotto le coperte che lui tiene alzate.
Mi sistemo meglio al centro del letto ,affondando nel cuscino mentre lui si accomoda al mio fianco sporgendosi leggermente in avanti per sistemarmi delicatamente le coperte fin sotto il mento.

- Bambina cattiva - mi apostrofa malizioso , con un sorriso ammiccante in netto contrasto con la dolcezza del gesto appena compiuto.
Gli sorrido debolmente non trovando nessun altro modo per ringraziarlo. Si appoggia alla testiera del letto con la schiena allungando le gambe e fissando la televisione.
Si volta verso di me sorridendomi

-Cosa stavi guardando?-




*************************






Mi sveglio d’improvviso ritrovandomi seduta al centro del letto, le coperte scalciate in un angolo e un movimento leggero al mio fianco.
Il cuore mi batte furioso nel petto rimbombandomi prepotentemente nelle orecchie con uno fastidioso rombare.
Mi porto d’istinto una mano al collo, massaggiandolo. La sensazione di soffocamento però rimane.
Respirando affannosamente mi guardo intorno con occhi sbarrati e impauriti , cercando di riconoscere i contorni sfocati del luogo in cui mi trovo.


Sbatto un paio di volte le palpebre riconoscendo finalmente il familiare mobilio della mia stanza.
E’ camera mia, mi ripeto mentalmente cercando di calmarmi .
Una fitta lancinante alla testa mi fa socchiudere gli occhi, ricordandomi il movimento troppo brusco e avventato appena fatto. Stringo gli occhi, sperando che quel dannato pulsare scompaia.

Un braccio scivola morbido intorno alla mia vita facendomi sobbalzare bruscamente.
Mi volto allarmata trovando davanti solo il volto di Ian .
Sospiro, socchiudendo un attimo gli occhi ma continuando tuttavia ad avere il respiro affannoso.
Lui mi fissa con le sopracciglia aggrottate, rafforzando la presa sui miei fianchi.

-Era solo un incubo- mormora con la voce roca e i capelli corvini scompigliati.
Doveva essersi addormentato anche lui.
Annuisco lentamente, con ancora il battito furioso.
Mi avvolge ancora di più con le braccia forti avvicinandomi al suo corpo caldo.
E io mi lascio avvolgere dal suo calore così confortante ; appoggio la guancia nell’incavo del suo collo stringendo involontariamente fra le dita il tessuto morbido della sua maglietta.

Quasi completamente appoggiata a lui, chiudo gli occhi deglutendo a fatica per la gola secca.
Sfrego impercettibilmente la guancia contro la sua spalla, inspirando il suo profumo.
È forte, di quel genere che rimane nell’aria anche dopo che lui è passato , ma non è pesante anzi è una fragranza piacevole. Afrodisiaca.
La sua mano fresca si posa sulla mia fronte , scostandomi delicatamente i capelli sudati.
Socchiudo gli occhi godendo del sollievo che questo tocco mi provoca, che il
suo tocco mi provoca.
Il pulsare è scemato miracolosamente in un lieve fastidio.
Lo fisso di sfuggita da sotto le ciglia scure, incontrando il suo sguardo chiaro preoccupato.

- Sei ancora calda - sospira inclinando il volto senza smettere di guardarmi preoccupato.
Le sue dita mi sfiorano la tempia scendendo sulla guancia prima di concludere la loro discesa.
Torna a sdraiarsi trascinandomi lentamente con se.
Mi ritrovo avvolta nel suo abbraccio morbido , la guancia appoggiata sulla sua spalla.
I nostri corpi così piacevolmente vicini. Mi sistema meglio le coperte, senza tuttavia lasciarmi andare.
Nonostante la febbre alta la mia mente non riesce ad esimersi ad avere pensieri poco casti su di lui. E’ più forte di me.

- Mi dispiace di averti svegliato - mormoro rompendo il silenzio.

- Non fa niente - risponde poco prima di sbadigliare.

- Cos’hai sognato? - mi domanda Ian, curioso.

- Non me lo ricordo - mento.
Non voglio sembrare certo una bambina che si spaventa per un incubo infantile.

- Che ore sono?- chiedo ,cambiando discorso.

-Le dieci meno venti- allunga il collo verso il comodino guardando la radio sveglia.
Annuisco socchiudendo gli occhi, godendo della beatitudine di questo contatto.

- Hai fame ? Ti ho preso qualcosa da mangiare giù- mi chiede premuroso , io scuoto la testa in segno di diniego.

– Ah, Paul ti manda questo – afferra qualcosa dal pavimento mostrandomi qualche istante dopo un sacchettino bianco con il logo della farmacia – La farmacista gli ha detto che questo sciroppo fa miracoli- mi riporta con tono scettico, crede molto di più nei metodi naturali lui.
Ridacchio lieve per la sua smorfia dubbiosa, rabbrividendo per un improvviso brivido.
Ed evidentemente se ne accorge anche Ian.

- Hai freddo? -mi chiede infatti.

- Un po’- ammetto in un sussurro imbarazzato.
Mi tira di più verso il suo corpo caldo, facendo aderire completamente il mio petto al suo fianco.
Afferra poi le mie mani gelide fra le sue sfregandole lievemente nel dolce tentativo di scaldarle.
Con il pollice disegna cerchi concentrici ed immaginari sull’interno del mio polso, facendomi rabbrividire , sta volta decisamente per altri motivi.
Chissà come devono essere le sue carezze in altri punti del corpo, è il pensiero immediato che attraverso la mia mente.
Arrossisco subito, imbarazzata dal mio stesso pensiero dandomi mentalmente della stupida.
Come diavolo è possibile che un secondo prima io abbia dei pensieri assolutamente spinti su di lui e quello dopo io mi imbarazzi per una semplice carezza?
Lui continua a disegnare figure inesistenti sul palmo della mia mano.

- Vuoi che accenda la televisione?- rompe il silenzio.

- No, comunque se vuoi puoi anche andare- affermo mentre l’improvviso pensiero che lui si stia annoiando mi assale.
Non voglio certo obbligarlo a restare.

- Mi stai forse cacciando?- ridacchia scherzoso , fingendosi offeso

- Intendevo che se hai di meglio da fare non voglio certo trattenerti- mi spiego meglio.

In questo momento vorrei tutto tranne che se ne andasse ma non voglio certo annoiarlo, d’altronde stare con una malata non è certo il massimo della gioia.
- Non ti preoccupare , non mi sto annoiando. Mi fa piacere restare.- afferma leggendomi quasi nel pensiero. – Certo , sempre che tu voglia-
-Certo che voglio- ribatto io, forse con fin troppa enfasi

- Meno male,il tuo letto è molto più comodo del mio- scherza, facendomi ridacchiare.

- Quindi mi stai solo sfruttando , eh?- ribatto.

-Ovviamente , baby- ride anche lui appoggiando la guancia sui miei capelli.

Restiamo in quella posizione , avvolti nel buio della camra mentre fuori la pioggia ticchetta sui vetri della portafinestra.

-Guarda che così ti prenderai anche tu la febbre- mormoro mentre il sonno torna a farsi sentire.

-Vorrà dire che allora tu mi farai da infermiera- dice malizioso.
Già con gli occhi chiusi e un semi sorriso sulle labbra , gli tiro un debole pugno fra le costole provocando la sua risata.
Sospiro lasciando che Morfeo mi accolga fra le sue braccia,con la consapevolezza che il battere furioso del mio cuore non è dovuto solo alla febbre.




Note:


Salve a tutti!!
Come va?
Allora questa è in assoluto la prima storia che scrivo su questa coppia fantastica e, sinceramente, non so neanche come mi sia uscita. Spero che però vi sia piaciuta .
Direi non c’è molto da dire se non che spero di leggere al più presto i vostri commenti.. alla prossima.
Besos, Live in Love


Per chiarimenti o domande mi trovate qui : Twitter Salve! Vi lascio il link di una mia storia originale che ho iniziato, fateci un salto se vi va! ci terrei molto a sapere il vostro parere;) RITRATTO DI TE

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Capitolo 2
*** Sick mind ***


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TRUE LOVE – VERO AMORE



CAPITOLO 2


SICK MIND





I miei fianchi vengono a contatto con il legno lucido del mobile mentre i libri , che prima vi erano sopra , vengono buttati a terra violentemente.

Probabilmente si saranno anche rovinati ma in questo momento è l’ultima cosa che mi interessa.

I suoi gesti , apparentemente lenti , nascondono una mal celata urgenza nello spingermi a sedere sopra di esso e io obbedisco docile troppo presa dal contatto delle sue mani calde sui miei fianchi, lasciandomi sovrastare dal suo corpo.

Istintivamente allargo le gambe , permettendogli di accomodarvisi in mezzo.

Un sospiro accaldato , che non riesco più a trattenere , sfugge dalle mie labbra arrossate , percependo le sue indugiare sulla mia gola.

Continuano poi la loro discesa , morbide, scendendo fino alla base del mio collo , indugiando poco sopra la clavicola.

Mi inumidisco le labbra con la lingua , cercando di alleviare la voglia di farle scontrare con le sue.

Quel dannato fastidio misto a piacere che è l’attesa di un contatto più diretto però non si placa, portandomi a sfregare frustata le gambe fasciate ancora dai jeans scuri sui suoi fianchi.

Ansimo più forte per un suo improvviso, leggero morso subito però lenito dalla carezza lieve delle sue labbra , inclinando la testa indietro, i capelli a sfiorare la superficie su cui sono ormai semi sdraiata.

Decidendo che questa posizione passiva non mi si addice poi molto mi aggrappo al colletto nero della sua camicia, facendo leva sulle braccia e issandomi alla sua altezza, i nostri toraci a sfiorarsi.

Ora va indiscutibilmente meglio, penso mentre percepisco sul collo il suo respiro accelerare d’improvviso.

Le sue mani vagano sulla mia schiena fino ad arrivare alle spalle per poi riscendere e accarezzarmi con tocchi lenti e languidi il ventre.

È il mio turno di respirare in modo frettoloso quando le sue dita arrivano a sfiorare la base del mio seno. È solo un accarezzare però visto che poi riscendono
velocemente per attirarmi più vicino al suo copro accaldato.

Sospiro compiaciuta intanto che i palmi aperti delle mie mani vagano sui suoi pettorali, saggiandone la consistenza soda. Decisamente soda.

Mi mordo un labbro , torturandolo con i denti, cercando di reprime i gemiti e socchiudendo gli occhi deliziata dalle sue attenzioni.

Abbandono il suo corpo solo per aggrapparmi con entrambe le mani alle sue larghe spalle , i nostri bacini a contatto ora.
Sfrego nuovamente le gambe intorpidite contro i suoi fianchi cercando di trovare in minima parte sollievo, richiamando la sua attenzione.


Ora i nostri visi sono alla stessa altezza e poco distanti , tanto che i nostri nasi quasi si sfiorano.

Mi fissa con gli occhi scuriti ed illanguiditi dal desiderio , puntando poi la sua attenzione sulle mie labbra .

Rialza lo sguardo e per un breve attimo lo fa scontrare con il mio , prima di porre fine a quella irritante distanza fra le nostre labbra.

D’istinto affondo una mano fra i suoi capelli, accarezzandogli la nuca con le dita mentre le mie labbra saggia la consistenza delle sue.

Facendo scontrare il suo petto con il mio mi sbilancia indietro di nuovo e io per non rischiare di cadere e rompere il contatto sono costretta ad appoggiarmi su
un gomito con l’unico braccio libero che ho.

La voracità del bacio ci lascia poco ossigeno in pochi secondi costringendoci ad allontanarci temporaneamente per prendere una quantità aria minima almeno per non soffocare.

Neanche un attimo però che le sue sono già sulle mie.

Vi state chiedendo come mi ritrovo sdraiata su un mobile eccita e su di giri con il corpo di Ian addosso , vero? Semplice, è incominciato tutto questa mattina.






***************************





Saltello allegra per la stanza facendo ondeggiare i capelli sciolti e lo spazzolino in bocca , mentre improvviso un balletto sulle note di I gotta feeling dei Black Eyed Peas , raggiungendo la porta.

- Som!- mormoro sorpresa ritrovandomi Ian davanti, sorridente.

Pensierosa aggrotto le sopracciglia togliendomi momentaneamente lo spazzolino dalla bocca.

- Non ci dovevamo vedere giù fra mezz’ora?- gli domando confusa.

Magari ho sbagliato orario.

- Si , ma mi annoiavo – afferma con un’alzata di spalle noncurante, come se quella fosse una risposta più che ovvia, entrando in camera mia.

- E così hai pensato di venire a rompere le scatole a me- lo rimbeccò ridacchiando e chiudendo la porta.

Mi dirigo in bagno senza fare gli onori di casa, tanto conosce questa stanza meglio di me ormai visto tutte le volte che c’è stato.

- Ascolti ancora questa canzone?- mormora tra il meravigliato e l’accigliato indicando lo stereo e buttandosi senza tante cerimonie sul mio letto, appena fatto
oltretutto.

- Si , perché?- urlo dal bagno sciacquandomi la bocca e finendo di lavarmi i denti.

- Come “perché”?-lo sento rispondere dall’altra stanza – E’ almeno un anno che non ascolti altro-

- Non è vero- ribatto divertita, asciugandomi con l’asciugamano.

Canticchiando a mezza voce torno in camera, continuando a muovermi a tempo di musica.

Sono troppo di buon umore per prendermela per le sue critica sui miei gusti musicali.

Oggi infatti ricominciano le riprese della seconda stagione della serie.

In verità abbiamo già iniziato da qualche giorno a girare le prime scene della prima puntata ma erano solo scene di circostanza o marginali.

Oggi inizia l’azione, penso allegra.

- Ma non ti sei ancora stufata?- afferma realmente stupito, issandosi sui gomiti per guardarmi spensierato.

- E’ bella- mormoro semplicemente con un’alzata di spalle , trovando in quella risposta un’estrema verità.

Mi lascio cadere anche io sul letto , al suo fianco.

Tanto è ancora presto per andare sul set.

- E poi mi aiuta a rilassarmi- gli spiego voltando il volto verso di lui, trovandolo ancora semi sdraiato a fissarmi con un sorriso stampato sulle labbra.

Come al solito mi perdo ad osservare lo squisito contrasto tra i capelli corvini e gli occhi cerulei o tra il taglio morbido delle labbra e quello più marcato e duro della mascella.

- Se è questo il problema ci sono molti altri modi per rilassarsi , sai? E alcuni di questi sono anche estremamente piacevoli- sussurra malizioso lanciandomi un’occhiata ambigua e inclinando il volto leggermente verso destra, come ogni volta che fa quel tipo di battutine.

Indignata gli dò un pizzicotto sui fianchi, facendolo ridere.

- Porco –

- Parlo per esperienza guarda- si difende lui ridendo e facendomi alzare gli occhi al cielo fintamente contrariata per quel suo essere sempre così allegro e di buon umore, cosa che adoro.

Si lascia cadere sul materasso con un piccolo rimbalzo.

Continuiamo a ridere e scherzare mentre le note della canzone sfumano lasciando il posto ad un'altra.

- Ho lasciato Megan - afferma di punto in bianco mentre io sto ancora ridendo convulsamente per la sua ultima battuta.

Mi ammutolisco all'improvviso.

- Cosa? – chiedo convinta di aver capito male.

Ha per caso detto che si è lasciato con Megan? No, devo aver capito male, sicuramente.

- Ho lasciato Megan – ripete tranquillo , come se stesse parlando del più o del meno e non della sua vita sentimentale.

Con gli occhi sbarrati per la sorpresa fisso il vuoto davanti a me, quasi a bocca aperta .

Decisamente , questa è l’ultima cosa che mi sarei aspettata di sentirmi dire. Anche una proposta di matrimonio in questo momento mi sarebbe risultato meno
sconvolgente.

No , vabbe , magari neanche quella.

Deglutisco preparandomi già mentalmente a trovarmi il suo sguardo ferito e tormentato davanti .

E non so neanche io come mi ritrovo a pregare qualsiasi divinità esistente di non dovermi sorbire un suo monologo sul “come” e il “perché” si sono lasciati.

Decisamente non riuscirei a sopportarlo.

Con un sospiro affranto trovo il coraggio e mi volto, finalmente.

Lui è ancora nella stessa esatta posizione di prima, braccia incrociate dietro la testa e occhi puntati sul soffitto.

- Mi dispiace – mi sforzo di dire, cercando di apparire quantomeno dispiaciuta.

Una buona amica infondo dovrebbe esserlo. Appunto, dovrebbe.

In teoria anche lui dovrebbe esserlo visto che si è appena lasciato con la sua ragazza storica, noto accigliata, ma non sembra per nulla tale.

Gli occhi sono lo specchio dell’anima. Mi ricorda una vocina fastidiosa dentro di me, forse a mia coscienza.

E sono proprio quelli che ho paura di incontrare , magari pieni di dolore e tristezza.

Sarebbe un vero colpo basso.

- Oh , non devi . Era la cosa migliore da fare.- si volta anche lui a fissarmi, la guancia su cui c’è un leggero strato di barba scura.

E quello che mi trovo davanti non è assolutamente ciò che mi sarei aspettata. Per niente.

Ha uno sguardo limpido e sereno, l’espressione calma e rilassata come al solito.

Non sembra per nulla sconvolto o turbato. In verità , sembra il solito scherzoso e affascinante lan.

Però magari è solo bravo a mascherare le sue emozioni reali, penso rammaricata.

In fondo è un attore, fingere è il suo mestiere.

Lo fisso in silenzio, non sapendo decisamente cosa dire.

Mi limito solo a guardarlo. Lascio che i miei occhi scuri incontrino i suoi chiari e limpidi.

- Ormai era finita da tempo- afferma in un sussurro senza distogliere i suoi occhi dai miei, i capelli corvini a solleticargli la fronte.

Sospiro, realizzando quanto quel dolore non trovato in fondo ai suoi occhi e quel mezzo sussurro mi riempiano di sollievo. Piacere , quasi.

Per fortuna a rompere il silenzio ci pensa lui, se no non avrei saputo proprio cosa dire .

- Andiamo?- mi domanda col sorriso sulle labbra alzandosi e porgendomi una mano per fare altrettanto.

L’afferro e , dopo aver preso la borsa, usciamo dalla stanza.

E mentre siamo in ascensore lo fisso di sottecchi da sotto le ciglia scure.

Lui tranquillo fischietta non so quale melodia a mezza voce.

No , non sembra per nulla turbato.

E il mio cuore fa un’inaspettata capriola a questo pensiero.





******************************





Divertita ridacchio all’ennesima battuta di Steven e Paul, mentre Candice saltella un po’ ovunque allegra chiacchierando e ridacchiando con tutti.

Mi era mancato tutto questo in questi mesi lontano dal set.

Un mano si posa improvvisamente sulla mia spalla e dei fogli bianchi mi precludono la vista .

Alzo il capo trovandomi davanti il volto sorridente di Kevin.

- Ecco a voi i copioni ragazzi- ce li porge allegro insieme all’orario della giornata.

Fin troppo contento forse rispetto alla sua solita espressione cupa e introversa.

Lo afferro fulminea sfogliandolo avida e dandogli una prima , veloce, occhiata .

- Ci sono colpi di scena?- mormoro subito eccitata come una bambina al lunapark,con ancora lo sguardo perso fra le righe battute al computer

- A quanto pare torna a fare la sua comparsa la malefica Katherine!- mi risponde Paul anche lui con il naso affondato fra i fogli mentre Kevin annuisce vigorosamente come conferma.

- Ci sono un paio di scene molto interessanti- afferma con un ampio sorriso, rimanendo però sul vago.

-Tipo accoltellamenti e combattimenti?- chiedo frizzante ed esaltata, stringendo al petto il copione.

- Può darsi- mormora enigmatico con un sorrisino e per un attimo mi sembra quasi di scorgere una luce sadica e compiaciuta nei suoi occhi.

- Dai dammi qualche indizio- quasi piagnucolo appendendomi al suo braccio e pregandolo.

- Ci sarà anche del pizzo-

Compiaciuta batto le mani. Le scene in costume mi sono sempre piaciute, adoro quei vestiti antichi e pieni di pizzo.

- Sei un genio! Grazie!- affermo allegra non vedendo l’ora di girare , dandogli un bacio di riconoscimento sulla guancia.

Non sapevo ancora che di lì a qualche ora non l’avrei pensata esattamente così.

Non sapevo ancora che non era esattamente dello stesso tipo di abbigliamento che stavamo parlando.




*************************





Con occhi sbarrati e allucinati fisso la mia immagine riflessa nella specchio.

La pettinatrice se né è andata indispettita qualche minuto fa visto che non la smettevo di passarmi le mani fra i capelli rovinandole il lavoro.

L’immagine mi rimanda una ragazza dai capelli mossi e dagli abiti provocanti. Una perfetta Katherine, insomma. Certo ,peccato per quello sguardo impaurito
decisamente non da lei.

Sospiro tesa afferrando una ciocca riccioluta e iniziando a fare avanti e indietro per la piccola stanza.

Perché mi trovo in questo stato nevrotico?

Semplice , tutta colpa di Kevin. Avrei dovuto immaginare che quel suo mezzo sorriso malefico avrebbe portato solo guai.

Neanche mezz’ora fa , sprofondata nel piccolo divano e nelle solitudine del camerino ho sfogliato il copione , iniziando a imparare le battute.

Sulle prime niente da dire tutto normale , solite cose.

I guai veri sono iniziati dopo , quando alle battute si sono sostituite le scene fisiche.

Ho scoperto che devo girare una scena in cui devo saltare addosso ad Ian. O meglio Katherine deve saltare addosso a Damon.

E non è finita qua entrambi saremo mezzi nudi.

Ora capirete anche voi che questo non è decisamente salutare per la mia mente visto i miei ormoni poco mansueti.

Nervosa e ansiosa mi stropiccio le mani , maledicendo la mente malata e perversa di Kevin.

Neanche lo yoga , che ho provato a fare qualche minuto fa, ha dato i suoi frutti. Niente sembra calmarmi in questo momento.

Ok, Nina chiudi gli occhi e fai un profondo respiro.

Se stai lucida e mantieni la calma non succederà nulla.

Certo , come no! Sbuffo riaprendoli senza essermi calmata nemmeno un po’.

Perché sono così agitata? Me lo sto chiedendo anche io.

Infondo è una scena come un’altra e chiunque sarebbe felice di stare appiccicata ad uno come Ian.

Tutti tranne me, a quanto pare.

Mi do mentalmente della stupida ridacchiando istericamente da sola , come una pazza.
Sembra quasi che io abbia paura di girare questa scena.

Un leggero bussare alla porta , che mi fa sobbalzare violentemente, mi avvisa che è ora di andare.

Mi do un ‘ultima occhiata allo specchio e poi mi avvio fuori.

Il cuore che batte furioso nel petto e le mani tremolanti per la paura.

Ciak, azione.











Salve gente!! Come va?

Troverete il seguito di questo capitolo la prossima volta perché è venuto più lungo di quanto credessi e così per evitare che diventasse un “mattone” ho preferito tagliarlo in due parti...

Come si capisce questo momento è da collocare all’inizio delle riprese della seconda stagione e le cose si stanno leggermente evolvendo…

I pensieri di Nina dell’ultima parte sono volutamente un po’ confusi anche se spero che abbiate capito lo stesso.

Nel prossimo capitolo compariranno anche gli altri personaggi ..

Vi ringrazio enormemente per le 5 ( Cavolo e io che pensavo non sarebbe neanche piaciuta come storia!) che mi avete lasciato e a cui risponderò tra poco, dopo aver postato il capitolo. Un enorme grazie anche ai lettori silenziosi!!

Allora vi vorrei parlare di una cosa : vorrei creare una grafica per questa storia ma dato che sono negata nel graficare se qualcuno vuole crearla mi farebbe molto piacere… se siete interessati contattatemi !

Direi che non c’è molto altro da dire se non che spero che il capitolo vi piaccia…se vi va lasciatemi un commentino….

Live in Love , a presto.



Per chiarimenti o domande mi trovate qui : Twitter

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Capitolo 3
*** Light My Fire ***


Image and video hosting by TinyPic ATTENZIONE: Qui trovate video trailer della ff fatti da MISSDELENA97 TRAILER 1 TRAILER 2 TRAILER 3 

TRUE LOVE – VERO AMORE



CAPITOLO 3



Light my Fire







Odio stare seduta sul set a non far niente, mi innervosisce e in questo momento è decisamente l'ultima cosa di cui ho bisogno visto che sono così nervosa da farne scorta per i prossimi sei anni.

- Nervosa? -
Sobbalzo spaventata, voltandomi poi alla mia destra.
Paul mi sorride divertito, sedendosi al mio fianco sulla sedia blu rimasta libera.

- Per nulla – mormoro noncurante , fingendo di leggere le battute che ormai so a memoria.
Anche perché sono poche, per lo più gemiti e sussurri quindi....
Mi irrigidisco a quel pensiero. Uh, brava Nina è così che cerchi di calmarti?

- Sicura ? Perché la tua gamba non sembra pensarla come te – insiste, inarcando scettico un sopracciglio scuro e indicando con un cenno del capo la mia gamba irrequieta che nervosa continua a battere sul pavimento in legno di casa Salvatore. La fermo subito, rendendomi conto solo in quel momento del ticchio nervoso che ho assunto.

- Sicurissima – riprendo a leggere, come se nulla fosse.
Una mano si posa improvvisamente sul copione che ho in mano, impedendomene la vista.

- Nina? - mi richiama con una mezza risata .

- Davvero Paul, sono tranquillissima – alzo lo sguardo su di lui sorridendogli.
Ogni tanto le doti recitative tornano utili anche nella vita.
Lui sospira , riservandomi un'occhiata sbiecamente divertita.

- Ok – mormora perplesso – Ma stai leggendo il copione al contrario- mi fa notare prima di scoppiare in una risata .
Arrossisco, ma le mie guance si fanno ancora più rosse quando, in quel medesimo istante, incontro un paio di occhi cristallini.
Ian, appena arrivato sul set, mi lancia un sorriso che sarebbe in grado di sciogliere anche un iceberg.

Fa per venire verso di me poi, ma la regista lo blocca per parlargli
- Comunque, fingerò di crederci – afferma sarcastico Paul , riportandomi alla realtà.
E fa bene visto che non è assolutamente vero, ammetto almeno a me stessa.
Sono nervosa, tanto.
Troppo.
Non è da me esserlo.
Il set è il mio habitat naturale, il luogo dove riesco a esprimermi meglio, eppure questa volta non è così.
Sono arrivata con ben mezz'ora di anticipo e mi sono seduta su una sedia pieghevole del regista, fingendo di leggere il copione. In verità, già dopo la prima riga di battute ho smesso realmente di farlo, lasciando che la mia mente vagasse qui e là in preda al nervosismo.
Ho passato tutto il tempo a passarmi le mani fra i capelli – con grande ira della parrucchiera- e a rimuginare.
Mi sento strana, quasi in ansia, nervosa, eccitata ed elettrizzata al tempo stesso.; non ne capisco il motivo. Decisamente cosa non da me.
Sospiro, cercando di scacciare quel tumulto di sensazioni.
In fondo è solo una scena, non c'è bisogno di essere così nervosa; mi convinco. O almeno ci provo.
Al mio fianco sento Paul digitare frenetico sulla tastiera del suo cellulare.


- Torrey?- ipotizzò con un sorriso dolce, certa che sia lei.
Sono così innamorati da passare ogni minuto al telefono o a messaggiare , quando non sono insieme.
E pensare che si sono visti ieri, ah l'amour!


- Si, ti saluta – mormora preso dal messaggio che so essere sicuramente melenso. - Ah, dice che non devi essere nervosa perché non ce ne è motivo- continua.


- Le ho detto che eri un tantino in ansia per la scena- risponde poi alla mia occhiata assassina , allargando le braccia come per giustificarsi.- E' la mia ragazza, è normale che le parli dei miei amici!-

Schiudo le labbra, lucide del lucidalabbra preferito di Katherine, per rispondergli di nuovo che no, non lo sono per nulla, quando un turbine di capelli biondi e profumo di vaniglia mi travolge.

- Scusate il ritardo, ma una folla di bambine urlanti mi ha bloccato per una sessione intensiva di autografi al sangue - soffia Candice, lasciandosi cadere seduta vicino a me nell'altra sedia libera.

Ridacchio divertita della sua buffa espressione mentre mi stampa un bacio sulla guancia come saluto.

- Allora – si volta verso di me con un sorriso smagliante, un po' inquietante, che so portare nulla di buono – Nervosa?-

- La piantate tutti con questa storia?- sbuffo alzando gli occhi al cielo. - Non sono nervosa o in ansia o in procinto di una crisi di nervi. Sono tranquilla e calma - cerco di sembrare il più credibile possibile nonostante l'espressione da pazza omicida.

Lei mi fissa per alcuni attimi con gli occhi azzurri leggermente sbarrati, esaminandomi con occhio critico.

- Senza offesa eh, ma sei una pessima attrice – ridacchia risoluta lasciandosi andare contro lo schienale della sedia.- Quindi, buon per te che non devi fingere più di tanto- continua schietta.

- Mi stai implicitamente dando della stronza assassina?- ridacchio.

- No - alza le spalle – Semplicemente sto dicendo che sei così nervosa perché sei attratta da lui-

- Candice!- la riprende subito Paul, shockato quanto me da quello che ha detto.

- E non fare quella faccia scandalizzata! - mi riprende, puntandomi minacciosa un indice contro – E' il tuo corpo che parla chiaramente, Honey -

- E sentiamo, cosa ti direbbe il mio corpo? - cerco di prenderla sul ridere ridacchiando nervosa, assomigliando sempre di più ad una pazza. O forse, semplicemente lo sono già.

- Continui a passarti le mani fra i capelli e lo fai solo quando sei nervosa. Ti mordi lebbra di continuo e non riesci a non smettere di tamburellare con il piede sul pavimento- snocciola come se stesse elencando le cose da comprare al supermercato.

- Inoltre, continui a guardarti intorno come per cercare qualcosa , o meglio qualcuno, chiaro segno che sei anche elettrizzata- sottolinea con un sorriso quasi felino – o dovrei dire eccitata?- trilla con voce squillante.

- Candice !- mi affretto a riprenderla prima che dica qualcosa d'altro di sconveniente.

Mi guardo intorno allarmata che qualcuno possa averci sentito, ma , per fortuna, nessuno sembra aver fatto caso a noi.

- Comunque tornando a noi….Sei nervosa per questa scena, ergo sei attratta da lui- conclude la sua brillante tesi, con un sorriso compiaciuto che diventa però una smorfia nel momento che sia io che Paul scoppiamo in una fragorosa risata.

- Diglielo anche tu che è pazza - mi volto verso Paul con ancora la risata sulle labbra.

- Un po’, in effetti- concorda con me.

- Complimenti per la tesi Freud, ma sei totalmente fuori strada -le dico poi sicura il suo sorriso compiaciuto tuttavia non si scioglie.

- Non ci casco - afferma infatti , inchiodandomi con uno sguardo risoluto.

- Cosa vuoi sentirti dire? Che sono nervosa? Ok è vero, un po' lo sono - ammetto dopo un secondo - ma non per il motivo che pensi tu! - mi affretto subito a dire vedendo già un lampo di soddisfazione nei suoi occhi vispi.

Prendo un respiro, affondando di più nella sedia.

- E' la prima scena che devo girare dopo mesi e per di più sarò mezza nuda in reggiseno davanti a trenta persone, è normale che lo sia – affermo, sentendo però inspiegabilmente qualcosa dentro di me protestare.

- Continua a crederlo se ti fa piacere- sospira .- Ma sappi che prima o poi il tuo corpo smetterà di sussurrare e inizierà a urlare- profetizza quasi con aria spirata.

- Inizierà a urlare?- ripete Paul non riuscendo a trattenere una risata corposa che ci coinvolge.

- Non è che Bonnie si è impossessata di te? - la prende in giro.

Tuttavia il suo cellulare inizia a squillare.

- Scusate, ma..- indicata in cellulare con un cenno del capo.

- Fammi indovinare... è Torrey?- lo prende in giro Candice beccandosi la sua occhiataccia prima di allontanarsi.

- Tornando al discorso di prima - ricomincia a parlare, questa volta più seria.- Non ci sarebbe nulla di male se ne fossi attratta veramente. Intendo andando oltre il suo bel faccino – mi fissa attenta, studiando la mia reazione.

- Davvero Candice. Nulla va oltre un semplice e pura attrazione fisica- affermo e la sensazione di protesta dentro di me torna nuovamente a farsi sentire, ma faccio finta di nulla. Forse il pranzo saltato inizia a farsi sentire.

- Ok, va bene. Comunque se vuoi parlare io ci sono -

- Grazie tesoro.- l’abbraccio.

- Non vuoi sapere cosa penso del tuo compagno di recita?- mi chiede maliziosa, ancora stretta nel mio abbraccio.

- Magari dopo – ridacchio più leggera, alzandomi per avviarmi sulla scena.

Ride anche lei, mentre la regista mi chiama.

- Ah, Nina? - mi richiama.

- Si? -

- Come on baby, light my fire! -* canticchia la famosa canzone, prendendomi in giro.

Le tiro contro i pochi fogli del copione, tra l’imbarazzato e il divertito.









-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*











- Devi tirare leggermente qui – mi indica la costumista , mostrandomi il movimento adatto per strappare la camicia di Damon. - E la stoffa cede.-

- Ok , Kris - annuisco sorridendole. Mancano pochi minuti alle riprese e stiamo aggiustando le ultime cose.

- Per la tua canottiera è la stessa cosa, solo cerca di stare attenta nei movimenti perché la cucitura è molto allentata e basta un movimento troppo brusco e…-

- E io rimango nuda - finisco la frase con una piccola risata. Per fortuna un po’ di tensione se ne è andata e ora sono molto più rilassata. Anche se l’idea di rimanere nuda davanti ad altre persone, soprattutto Ian, non mi alletta ancora più di tanto.

- Si, ma tanto te la strapperà Ian - ridacchia lievemente maliziosa.

- Cos'è che dovrei strappare, io?- chiede una voce bassa e roca che riconosco subito.

Fissando tranquillo la costumista, mi passa un braccio intorno alle spalle attirandomi a se in un mezzo abbraccio. Istintivamente allungo anche io le braccia, abbracciandolo intorno alla vita e appoggiando il capo sulla sua spalla.

Solo quando alzo il volto e incontro lo sguardo sorpreso di Ian, mi rendo conto del gesto appena fatto. Della naturalezza con cui l'ho fatto e soprattutto di quanto possa sembrare una gesto intimo.

Percepisco le mie guance bruciare e spero vivamente che il trucco sia abbastanza coprente da celare il mio imbarazzo.

Mi mordo un labbro. Sinceramente non so cosa mi sia preso, non è un gesto da me. O almeno non nei suoi confronti. Sono abituata ad abbracciare Paul, che per me è come un fratello, ma di certo non Ian.

Con lui non sono mai andata oltre un bacio sulla guancia come risposta ai suoi gesti e un suo braccio sulle spalle. Probabilmente gli devo sembrare fredda ma qualcosa mi ha sempre frenato, impedendomi in qualche modo di essere troppo affettuosa nei gesti. Probabilmente era la parola Fidanzato, mi ricorda maligna una vocina dentro di me.

- Pronta, Dobrev? - mi chiede allegro. Non sembra per nulla preoccupato o in ansia, anzi è rilassato come al solito. Mi rivolto verso di lui, trovandomi il suo viso più vicino di quanto pensassi.

- Prontissima, Som - ammicco con una spavalderia non mia in quel momento che però lo fa sorridere sbieco.

Julie richiama, improvvisamente, con voce autoritaria tutti ai propri ruoli.

Senza sciogliere quella sorta di semi abbraccio, mi accompagna fino al divano, dove devo prendere posizione.

Mi fa l'occhiolino e poi si va a posizionare anche lui vicino al tavolino dei liquori

Intravedo un’occhiata maliziosa di Candice, che mi mima anche qualcosa con le labbra che però non comprendo, prima che le luci calino diventando più soffuse.

Mi lascio cadere con un sospiro sul divano mentre gli ultimi tecnici e telecamere si muovono frenetici per abbandonare il set.

Ok, ora devo entrare nei panni di Katherine.

Chiudo per un momento gli occhi, cercando di concentrarmi il più possibile, e quando li riapro sono pronta ad impersonare una stronza manipolatrice.

- Ok, tutti pronti? Bene, Ciak, azione- urla la regista dandoinizio alle riprese,mentre al suo fianco Kevin ci fissa con occhi sognati. Questa scena l’ha scritta interamente lui e ne è particolarmente orgoglioso.

Come da copione Ian si versa da bere, dirigendosi poi verso il camino ma si ferma a metà strada percependo la mia presenza, o meglio quella di Katherine.

- Sei molto coraggiosa a venire qui- afferma voltandosi verso di me.

- Volevo dirti addio -

Mi fissa per alcuni attimi di studiato silenzio, per poi dire le sue battute.

- Te ne vai di già?-

- So capire quando non sono desiderata- mi imbroncio.

- Non fare il broncio – si avvicina di qualche passo – Non è attraente per una donna della tua età- si porta il bicchiere alle labbra, mentre io insceno la mia miglior espressione da “hai ferito il mio smisurato ego”.

- Ouch

Lui posa il bicchiere e fa per andarsene ma io, cercando di essere il più veloce possibile, gli sbarro la strada.

- Che c’è? Niente bacio di addio?-lo provoco.

- Perché invece non ti uccido?- afferma in risposta lui.

- Cosa ci fai qui?- continua sospettoso.

- Nostalgia, curiosità, eccetera- roteo gli occhi con fare ovvio.

- Sono molto più bravo io con le battute enigmatiche, Katherine. Cosa stai tramando?-

- Credimi , Damon, quando starò tramando qualcosa…te ne accorgerai-

Deglutisco e prendo coraggio, cercando di sembrare spavalda. Mi avvicino a lui di un paio di passi.

- Forza, baciami…- mormoro fissandolo provocatrice – O uccidimi-

- Quale delle due sceglierai, Damon?- continuo.

Mi avvicino ancora e ora le sue labbra sono davvero troppo vicine, la voglia di spingermi oltre quel millimetro che ci separa è tanta, ma riesco miracolosamente a trattenermi e pronunciare la battuta seguente.

- Sappiamo entrambi che sei in grado di fare solo una di quelle due cose – restiamo a fissarci per alcuni secondi.

- Eeeee… Stop!- urla Julie e le luci tornano prepotenti ad illuminare la stanza.

Quasi stordita mi allontano bruscamente dal calore attraente del suo corpo, rischiando per di più di perdere l’equilibrio visto i trampoli su cui sono costretta a camminare.

Ian si deve accorgere della mia precaria stabilità perché mi afferra per un braccio. Al contatto delle sue mani bollenti sulla mia pelle rabbrividisco, è una reazione spontanea del mio corpo.

- Ok ragazzi era davvero buona - afferma la regista mentre Kevin al suo fianco annuisce vigorosamente e compiaciuto.

- Direi che teniamo la prima e non c’è bisogno di farne un’altra - concorda infatti

- Davvero?- mormoro sorpresa. Sinceramente non mi sembrava fosse uscita così bene.

- Si. E ora viene il divertimento- batte allegro le mani Kevin, quasi con un non so che di scellerato nella voce.

Annuisco fingendo un sorriso. Ora arriva la parte difficile: la fatidica scena

- No, no e ancora No!- urla Kevin interrompendo per l’ennesima volta la scena, dopo neanche due minuti di riprese questa volta.

- Cosa c’è ora che non va?- mormoro affranta allargando le braccia.

- Cosa c’è che non va?- urla lui con gli occhi sbarrati. Sembra un pazzo in questo momento.

Ok che la scena è una sua creazione, ma direi che sta un po’ esagerando a farcela ripetere venti volte perché secondo lui non va mai bene. Ormai è più di un ora che la stiamo provando.

Sento Ian sospirare fra i miei capelli e mi ricordo solo in quel momento di essere seduta a cavalcioni su di lui e per di più mezza nuda. Velocemente scendo, sedendomi al suo fianco sul divano e mettendomi a posto la canottiera che lasciava scoperto gran parte del mio seno avvolto in un reggiseno in pizzo nero.

La scena partorita dalla sua mente malata prevede che io assalga Damon e lo spinga sul divano baciandolo per poi essere allontanata da lui per la fatidica domanda “ ami me o mio fratello?”.

- C’è che questa scena fa schifo!- sbotta frustrato - Siete rigidi come il marmo, non c’è passionalità e sensualità –

Sia io che Ian lo fissiamo sconcertati e un po’ offesi per quella sfuriata.

- A me non sembrava tanto male - mi lascio scappare in un sussurro che solo lui può percepire.

- Neanche a me - afferma lui.

- Nina, sai che ti adoro, ma non sei per nulla naturale e tu, Ian, sei troppo meccanico. Voglio più passione e sensualità! - continua insoddisfatto.

- Perché non proviamo a farli improvvisare?- se ne esce Julie , beccandosi una sua occhiataccia risentita - E’ evidente che non andremo da nessuna parte in questo modo. Loro non si trovano e noi la prossima settimana dobbiamo mandare in onda la puntata -

- Che cosa?- chiede Kevin sconvolto.

- Ovviamente le battute resteranno le stesse, solo saranno liberi di muoversi come vogliono - si affretta a precisare Julie.

- Uhm…. Non è poi una cattiva idea - mormora lui sovrappensiero, soppesando l’idea – Ok, vada per l’improvvisazione, a patto che però la scena in cui si strappano i vestiti di dosso rimanga intatta!- afferma dopo qualche istante.

- Che cosa?- mormoro allarmata. E’ già difficile recitare questo tipo di scena, figurarsi improvvisare di sana pianta senza limiti.

- Improvviserete! - si esalta Kevin, come se l’idea l’avesse avuta lui. – Cinque minuti di pausa e poi riprendiamo -

Totalmente shockata fisso il punto, ora vuoto, in cui prima era quel pazzo produttore.

- Hai in mente qualcosa?- mi chiede Ian, di nuovo calmo . Ma come diavolo fa a essere così tranquillo?

Io mi sento tesa come una corda di violino, cosa che non aiuta molto a essere sensuali e naturali per inciso.

Scuoto la testa. Sono totalmente senza idee e non è decisamente un buon segno.

- Oh, perfetto neanche io! - ridacchia strappandomi una piccola risata.

Quei brevi cinque minuti di pausa passano fin troppo veloci e noi siamo nuovamente in piedi, riprendendo dall’ultima battuta.

- Ragazzi muovetevi come volete ma attenetevi al copione per quanto riguarda le battute- ci ricorda la regista con un sorriso incoraggiante.

- E mi raccomando spogliatevi!- aggiunge Kevin.

- Pronta - mi sussurra Ian guardandomi, per nulla turbato.

Annuisco rilassandomi minimamente vedendolo così sicuro. E’ solo una scena, mi convinco.

- Sappiamo entrambi che sei in grado di fare solo una di quelle due cose – riprendo a recitare dall’ultima battuta e, proprio come prima, mi protendo verso di lui, verso le sue labbra, cercando di essere il più sensuale possibile.

Dopo una breve occhiata si volta di spalle e muove un passo per andarsene. Mi sta lasciando il comando della scena, vuole che sia io a fare il primo passo.

Penso il più velocemente possibile a cosa fare e l’unica cosa sensata che mi venga in mente è sbarrargli la strada. Ok, ora cosa farebbe Katherine in questo momento? Non mi viene assolutamente nulla in testa così, presa da qualche raptus suicida probabilmente, relego nell’angolo più lontano possibile della mia mente tutte le paure, paranoie e remore che ho avuto fin ora su questa scena e faccio l’unica cosa possibile in questo momento: seguo l’istinto.

Poggiandogli una mano al centro del petto, lo spingo leggermente e lui capisce subito quali sono le mie intenzioni perché si lascia cadere per terra.

Mi butto praticamente sopra di lui, strusciandomici contro e solleticandogli il volto con i capelli riccioluti.

- Mio dolce e innocente Damon - mormoro il più suadente possibile, incontrando il suo sguardo sorpreso quasi come se non se lo aspettasse.

Mi abbasso verso il suo volto, temporeggiando prima di baciarlo come richiesto dal copione ma questa volta è lui a sorprendere me. Porta una mano alla base del mio collo e, facendo leva con i fianchi, inverte le posizioni. Ora sono io ad avere le spalle contro il pavimento e lui è sopra di me. Percepisco la sensazione di calore dipanarsi a cerchi concentri nel basso ventre al contatto del suo corpo sodo contro il mio, sensazione davvero molto gustosa.

Dopo neanche un secondo le sue labbra calano prepotentemente sulle mie, coinvolgendomi in un bacio vorace ma così fugace che a mala pena ne percepisco il sapore.

Con la mente totalmente annebbiata dall’erotismo riesco a fatica a pronunciare la battuta, che esce in un soffio appena udibile dalle mie labbra.

- Così va meglio-

Ho appena il tempo di prendere respiro che le sue labbra sono di nuovo contro le mie.

Non so come ci troviamo poi di nuovo in piedi, i bottoni della sua camicia nera che saltano sotto mie dita e la mia canottiera viene strappata dalle sue.

Sotto la sua spinta, i miei fianchi vengono a contatto con il legno lucido del mobile mentre i libri , che prima vi erano sopra , vengono buttati a terra violentemente.
Probabilmente si saranno anche rovinati ma in questo momento è l’ultima cosa che mi interessa.

I suoi gesti , apparentemente lenti , nascondono una mal celata urgenza nello spingermi a sedere sopra di esso e io obbedisco docile troppo presa dal contatto delle sue mani calde sui miei fianchi, lasciandomi sovrastare dal suo corpo.
Istintivamente allargo le gambe , permettendogli di accomodarvisi in mezzo e – non so se è la mia mente malata che si immagina tutto- ma percepisco anche qualcosa d’altro premere contro di me, facendomi arrossire.

Un sospiro accaldato , che non riesco più a trattenere , sfugge dalle mie labbra arrossate , percependo le sue indugiare sulla mia gola.
Continuano poi la loro discesa , morbide, scendendo fino alla base del mio collo , indugiando poco sopra la clavicola.
Mi inumidisco le labbra con la lingua , cercando di alleviare la voglia di farle scontrare con le sue.

Quel dannato fastidio misto a piacere che è l’attesa di un contatto più diretto però non si placa, portandomi a sfregare frustata le gambe fasciate ancora dai jeans scuri sui suoi fianchi.
Ansimo più forte per un suo improvviso, leggero morso subito però lenito dalla carezza lieve delle sue labbra , inclinando la testa indietro, i capelli a sfiorare la superficie su cui sono ormai semi sdraiata.

Decidendo che questa posizione passiva non mi si addice poi molto mi aggrappo al colletto nero della sua camicia, facendo leva sulle braccia e issandomi alla sua altezza, i nostri toraci a sfiorarsi.
Ora va indiscutibilmente meglio, penso mentre percepisco sul collo il suo respiro accelerare d’improvviso.

Le sue mani vagano sulla mia schiena fino ad arrivare alle spalle per poi riscendere e accarezzarmi con tocchi lenti e languidi il ventre.
È il mio turno di respirare in modo frettoloso quando le sue dita arrivano a sfiorare la base del mio seno. È solo un accarezzare però visto che poi riscendono velocemente per attirarmi più vicino al suo copro accaldato.

Sospiro compiaciuta intanto che i palmi aperti delle mie mani vagano sui suoi pettorali, saggiandone la consistenza soda. Decisamente soda.
Mi mordo un labbro , torturandolo con i denti, cercando di reprime i gemiti e socchiudendo gli occhi deliziata dalle sue attenzioni.
Abbandono il suo corpo solo per aggrapparmi con entrambe le mani alle sue larghe spalle , i nostri bacini a contatto ora.

Sfrego nuovamente le gambe intorpidite contro i suoi fianchi cercando di trovare in minima parte sollievo, richiamando la sua attenzione.
Ora i nostri visi sono alla stessa altezza e poco distanti , tanto che i nostri nasi quasi si sfiorano.

Mi fissa con gli occhi scuriti ed illanguiditi dal desiderio , puntando poi la sua attenzione sulle mie labbra .
Rialza lo sguardo e per un breve attimo lo fa scontrare con il mio , prima di porre fine a quella irritante distanza fra le nostre labbra.
D’istinto affondo una mano fra i suoi capelli, accarezzandogli la nuca con le dita mentre le mie labbra saggia la consistenza delle sue.

Facendo scontrare il suo petto con il mio mi sbilancia indietro di nuovo e io per non rischiare di cadere e rompere il contatto sono costretta ad appoggiarmi su un gomito con l’unico braccio libero che ho.

La voracità del bacio ci lascia poco ossigeno in pochi secondi costringendoci ad allontanarci temporaneamente per prendere una quantità aria minima almeno per non soffocare.
Neanche un attimo però che le sue sono già sulle mie.

Ci stacchiamo ansimanti dopo qualche attimo, fissandoci sconvolti da quello che è appena accaduto. O almeno io lo sono.

- Okay, aspetta – mormora con difficoltà – Breve pausa- raccogliendo tutta la razionalità che ho, seppur molto riluttante, lo spingo via, proprio come doveva essere anche nella vecchia scena di Kevin.

- Ho una domanda. Rispondi bene e torneremo a fare i fuochi di artificio – afferma col fiatone.

E c’è una parte di me che vorrebbe davvero con tutto il cuore tornare a fare i fuochi d’artificio e scommetto che sarebbero davvero spettacolari.

- Rispondi bene e…dimenticherò gli ultimi 145 anni in cui mi sei mancata. Dimenticherò quanto ti ho amata. Dimenticherò tutto e potremmo ricominciare da capo.

Trovando non so dove un briciolo di lucidità e assennatezza rientro nel personaggio, puntando lo sguardo scuro da un’altra parte.

Lui si avvicina – Questo può essere il nostro momento decisivo- sorride lievemente – Perché abbiamo tempo. E’ il bello dell’eternità-

Ora è di nuovo vicino a me, mi sfiora il viso in una carezza lieve.

- Ma almeno per una volta mi serve la verità-

- Fermati- lo blocco chiudendo gli occhi. Vedere quel suo sguardo da cucciolo ferito rende molto più difficile recitare la battuta da stronza insensibile. – So già qual è la tua domanda. E la risposta-

- La verità è che ho sempre….- mormoro con un improvviso vuoto mentale. Cazzo, cazzo, cazzo. La battuta quale diavolo era? Mi spremo le meningi cercando di ricordarmela

- La verità è che…. È che non ti ho mai amato- riesco infine a dire. – E’ sempre stato Stefan – scosto le sue mani dal mio volto.

- Stop !– percepisco l’urlo di Julie come lontano, quasi ovattato, mentre i miei occhi sono ancora incatenati ai suoi.

- Oh si, era esattamente di questo che stavo parlando!- afferma estasiato Kevin - E’ stata fantastica, ma che dico sublime! Dovrei strigliarvi un po’ più spesso se poi questo è il risultato- continua giulivo e esaltato.

Tutta la troupe applaude e ci fa i complimenti per l’ottima scena.

Deglutisco cercando di riprendermi e riacquistare autocontrollo, anche se il suo sguardo rovente su di me non me lo permette.

Mi allontano con la scusa di andare a prendere qualcosa da bere.

Involontariamente mi passo la lingua sulle labbra, percependo ancora il suo sapore mentato.

Cercando di sfuggire dal suo stesso sguardo, incontro però i suoi occhi color ghiaccio.

Ci fissiamo per alcuni secondi , incapaci di allontanare gli occhi uno dall’altro.

Consapevoli che quel qualcosa che prima avevamo solo intimamente e segretamente pensato di percepire è molto più realtà di quanto pensassimo.







Salve! Allora andiamo per punti

1- Innanzitutto, mi volevo scusare per l'enorme (abissale) ritardo che ho avuto nel postare questo capitolo. In realtà era già mezzo scritto da molto tempo ma sono stata realmente sommersa di studio ( causa maturità) e quando mi decidevo a scrivere era il pc a non collaborare. Quindi scusatemi davvero per tutto questo ritardo che non meritavate Ma finalmente ho trovato il tempo di scrivere e spero che non sia un totale schifo. Mi faccio perdonare con un bel capitolo lungo.

2- spero che il capitolo vi sia piaciuto e che le varie parti non risultino in contraddizione ra loro, visto che la prima parte risale a marzo mentre la seconda l’ho scritta in questi giorni.

3- Come avrete notato, ad un certo punto parlo di una scena che Kevin aveva in mente di Katherine che assale Damon sul divano ma poi li fa improvvisare perché sono troppo “rigidi”. Ecco, ovviamente tutto ciò nella realtà non è avvenuto ma mi piaceva aggiungere qualcosa di mio e spero che abbiate apprezzato.

4- Allora riguardo le cose fra Ian e Nina iniziano un po’ a smuoversi, anche se lentamente. Non vi dico altro perché non voglio svelarvi nulla dei capitoli futuri.

5- non so ancora quando posterò il prossimo capitolo ma spero fra non molto. Prima posterò il secondo capitolo della mia storia Delena “I always choose you” se ne avete voglia dateci un’occhiata e, magari lasciate un commento. Mi farebbe piacere

6- la canzone che canticchia Candice e che dà il titolo al capitolo è Light my Fire di Will young che letteralmente vuol dire “ accendi il mio fuoco”. Sentendola mi è venuto in mente di intitolarlo così. Se ne avete voglia ascoltatela!:)

7- Vi rubo ancora un attimo per ringraziare di cuore tutte le persone che hanno recensito, che hanno letto, messo la storia fra le seguite o preferite, e soprattutto tutti coloro che mi hanno aspettata per tutto questo tempo. Grazie!!!! Se ne avete voglia vi invito a leggere anche le altre mie storie(rigorosamente Delena).

Direi che non ho altro da dire, se ne avete voglia guardatevi la scena della 2x01 a cui mi riferisco.

Mi farebbe piacere un vostro commento, quindi fatemi felice e recensite!!

vado a rispondere alle recensioni.....

Bacio , Live in love.

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Capitolo 4
*** Finzione....Attrazione ***


Image and video hosting by TinyPic ATTENZIONE: Qui trovate video trailer della ff fatti da MISSDELENA97 TRAILER 1 TRAILER 2 TRAILER 3 

AVVISO:*това е просто фантастика, Нина.": vuol dire in bulgaro "è solo finzione, Nina.". lo trovrete nel corso del capitolo.

ci sentiamo poi alla fine come al solito!

CAPITOLO 4

Finzione....attrazione...



Do un'ultima, veloce, occhiata alla mia immagine riflessa allo specchio e mi decido poi ad uscire dal camerino. O almeno mi convinco di farlo, con scarsi risultati per di più.

Mi ci sono rifugiata non appena abbiamo finito di girare.

Sono letteralmente scappata dal set evitando abbracci e congratulazione per l'ottima performance, lasciando ad Ian il compito di ricevere tutti i complimenti.

Quasi di corsa ho raggiunto la piccola roulotte adibita a camerino quando giriamo scene fuori dalla sede abituale e mi ci sono chiusa dentro a chiave. Due giri di chiave, per essere precisi.

Avevo bisogno di pensare. Ho tutt'ora bisogno di pensare.


Quella maledetta scena tra Katherine e Damon mi ha turbato più di quanto credessi.

E’ davvero possibile che una scena, quindi pura finzione, mi abbia scombussolato così tanto? Continuo a chiedermi senza riuscire a darmi una risposta sensata. L'unica risposta che ho è che, no, non dovrebbe essere così. Appunto dovrebbe, condizionale...

Non dovrei sentirmi così, non dovrei avere certi pensieri non propriamente casti, non dovrei desiderare le sue labbra. Forse, non dovrei e basta.

Mi passo frustrata una mano sul volto e poi fra i capelli ancora riccioluti, avvolgendomene distratta uno intorno al dito.

Troppo sconvolta dal tumulto di sensazioni che si agitavano in me, non ho avuto neanche la forza di farmi una doccia.

Mi sono semplicemente tolta i vestiti provocanti di Katherine di dosso e indossato i miei: leggins neri, ballerine basse e una maglia lunga grigia con delle scritte argento. Uno stile semplice, da me.

Non ho la forza di fare niente in questo momento, a dir la verità, soprattutto di uscire da questa stanza e fingere di stare bene e scherzare.

Vorrei solo buttarmi sul letto e dormire per le prossime dodici ore, smorzando la tensione e il nervosismo della giornata accumulato.


Mi lascio cadere sul piccolo divanetto blu addossato alla parete, abbandonando laborsa per terra e con essa la già precaria iniziativa di uscire.

Mi mordo il labbro inferiore, ricordando cosa è accaduto poco fa.

Le sue labbra sulla mia pelle, sulle mie stesse labbra. Le sue mani a sfiorarmi i fianchi e ad attirarmi contro il suo corpo.

Basta, mi impongo, era solo finzione. F-I-N-Z-I-O-N-E. Scandisco imperiosa nella mia mente.


Reclino la testa all’indietro, contro la testiera imbottita del piccolo divano, sbuffando irrequieta.

- Finzione - soffio massaggiandomi le tempie doloranti con le dita.

Magari ripeterlo ad alta voce servirà di più.

Quella stupida sensazione di palpitazione al cuore non se ne è ancora andata, solo la morsa allo stomaco si è attenuta ma la percezione che qualcosa ci svolazzi dentro è rimasta.

- Dannate farfalle svolazzanti - impreco stringendo le labbra in un linea serrata, infastidita da quel groviglio alla bocca dello stomaco.

Mi devo assolutamente calmare, non posso uscire da questa stanza in queste condizioni se non voglio essere reclusa in una casa di cura.

O peggio, sentirmi dire da una compiaciuta Candice “ te lo avevo detto ”.

Il vibrare del mio telefono, ancora in modalità silenziosa, mi distoglie però dai miei pensieri e in un certo senso ne sono anche felice.

Penso troppo, me lo dice sempre mia mamma, e non va bene per nulla in questo caso.


Ti sei addormentata? Perché io ho fame, quindi MUOVITI!. C”

Rispondo a Candice che sto uscendo ora dal camerino e che la raggiungo in pochi minuti.

Seppur con davvero poca voglia di stare in mezzo alla gente con un sorriso stampato in faccia, afferro di

malavoglia le chiavi.

Anche perché se non mi muovo io verrà lei a prendermi e si accorgerebbe subito del mio stato umorale, inchiodandomi qui a parlarne per i prossimi due giorni.

Sentimentale, mi corregge una vocina dentro di me che però scaccio subito.


Come se non bastasse ci si mette anche la mia coscienza ora! Forse sto davvero diventando pazza a interpretare due personaggi contemporaneamente.

Devo solo superare questa serata e poi una bella dormita sistemerà tutto e domani sarò come nuova.

Più calma e convinta afferro il cellulare ed esco tirandomi dietro la porta rossa, dopo aver spento la luce ovviamente.

Sono un’ambientalista e non ci tengo a inquinare. Anche perché se no Ian...


Mi blocco come paralizzata a quel nome, mordendomi un labbro quasi fino a farlo sanguinare.

Alzo gli occhi al cielo, espirando frustrata.

Se solo il suo nome mi provoca questi effetti, come diavolo farò a lavorarci insieme? E la domanda che mi sorge spontanea, facendomi sbuffare.

Non posso provare un’attrazione fisica così forte nei suoi confronti, non é possibile nè logico.

Lui è mio amico, punto e stop.

Forse sono entrata semplicemente troppo nel personaggio, mi sono immedesimata eccessivamente.

Si deve essere per forza così, annuisco vigorosamente al mio stesso pensiero mentre chiudo la porta.


- това е просто фантастика, Нина!*- mi ripeto per la milionesima volta nella speranza vana che mi entri in testa e che in tal modo me ne convinca anche io.


- Adesso parli anche da sola? - chiede una voce bassa ma divertita alle mie spalle, davvero vicina.


Sobbalzo spaventata, girandomi di scatto e scontrandolo con il risultato finale di far cadere chiavi e cellulare per terra con un piccolo tonfo e di barcollare per il mancato equilibrio.

Come avendo previsto quella reazione mi afferra prontamente per le braccia, impedendomi una rovinosa caduta sul cemento duro dell'asfalto.

Ian mi sorride sfacciato, trattenendo a stento una risata. Un sorriso che sa di presa in giro e divertimento, ma anche di tenerezza.


Come diavolo ha fatto ad arrivare così vicino a me senza che io me ne accorgessi?


- Sai che non si arriva di soppiatto ? - gli chiedo in risposta, leggermente indispettita dalla figura che mi ha fatto fare.


- E' maleducazione -


Almeno non mi sono messa urlare come una liceale spaventata, mi consolo con una smorfia.


- Sei davvero fifona – mi rimbecca lui , ridacchiando divertito e facendo sorridere svagata anche me.


Mi fingo offesa, imbronciandomi e lanciandogli un'occhiata impettita a cui lui risponde con l'ennesimo sorriso.


Si è cambiato anche lui, indossando la solita maglietta nera tipica del suo look total black abbinata a pantaloni scuri.


Lui e Damon hanno in comune anche l'abbigliamento, oltre che alcuni comportamenti, come arrivare di soppiatto ad esempio.


Continua a fissarmi con il solito sorriso sbieco, senza lasciare la presa sul mio corpo.


Dettaglio che noto solo in quel momento, provando un brivido al contatto della sua pelle sulla mia che mi percorre dalla base della schiena fino alla nuca.

Percepisco distintamente quel lembo di pelle andare a fuoco, rovente al contatto leggero e tiepido delle sue dita.


Così diverso dai tocchi convulsi e affannati di poco prima.

In un gesto involontario e automatico i miei occhi si posano sulla sua presa come per verificarne la veridicità.


Mi mordo un labbro imbarazzata, non sapendo bene come muovermi o cosa dire arrossendo ancora di più.


Ian deve aver notato l'oggetto dei mie pensieri perché scioglie istantaneamente la presa, lasciandomi libera di respirare nuovamente a pieni polmoni.

Mossa sbagliata però, visto che il suo profumo mi arriva così intenso alle narici da stordirmi.

Lui impacciato e forse imbarazzato, per la prima volta da quando lo conosco, si mette una mano in tasca e l'altra la passa fra i capelli corvini, scompigliandoli.


Distogliendo lo sguardo e puntandolo in tutt'altra direzione, mi stringo le braccia al petto andando a ricoprire con le mie mani il punto esatto che prima ricoprivano le sue.


Un silenzio quasi irreale cala fra di noi. Sa di imbarazzo e disagio, cosa che non è mai accaduta .

Anzi, logorroici come siamo spesso finiamo per parlarci sopra ma una cosa così non è capitata mai, neanche la prima volta che ci siamo incontrati.

Nessun rumore lo interrompe, neanche quello di una macchina in lontananza, e per un attimo temo che possa percepire il battito anomalo del mio cuore.

- Ti sono cadute le chiavi - afferma improvvisamente, rompendo quell'opprimente silenzio.

- Oh - è l'unica sillaba coerente che riesco ad emettere flebilmente, notando solo ora che le chiavi e il cellulare sono sull'asfalto.


Mi accuccio istintivamente per afferrarle ma anche lui fa lo stesso nel medesimo istante.

Ci ritroviamo, così, entrambi accovacciati e vicini, la mia mano a sfiorare la sua.

La sensazione di qualcosa di svolazzante nello stomaco torna a farsi sentire prepotente, in perfetta sintonia con l'aumentare del mio battito cardiaco.

Deglutisco a fatica, totalmente senza saliva, percependo distintamente il suo respiro mentato infrangersi contro la mia guancia in una carezza involontaria e leggera.

E nonostante sia così dannatamente vicino, troppo, da confondermi, non posso fare a meno di notare come questo contatto sia talmente diverso da quelli che abbiamo avuto prima ma per questo non meno vero.

Spinta da non so cosa volto leggermente il viso verso sinistra, scontrando i miei occhi scuri con i suoi.

Sono lievemente più scuri del solito, una sfumatura di azzurro inusuale quasi tendente all'argento brunito.

E' ancora più vicino di quanto pensassi, le sue labbra separate solo da una manciata abbondante di centimetri dalle mie.

Istintivamente mi passo la lingua sul labbro inferiore, come pregustando un contatto diretto, provocando un suo sguardo. Con gli occhi segue attentamente il mio gesto, per poi rialzarli sui miei un secondo dopo.

Mi sembra perfino di percepire il suo sapore. O forse lo è davvero visto tutto quello che è accaduto neanche un ora fa.

Ipnotizzata continuo a fissarlo incapace di fare altro in questo momento, schiudendo le labbra automaticamente.

Lo squillare energico del mio cellulare rompe, però, il momento creatosi, frantumandolo in mille pezzi.


Come scottata, torno violentemente alla realtà e scosto subito la mano, mormorando un misero "scusa".

Mi alzo bruscamente dopo aver afferrato distratta il telefonino, che smette di suonare dopo pochi secondi tuttavia, e mi volto per non incontrare il suo sguardo. Ho quasi paura di cosa vi potrei leggere.

Cosa diavolo mi è preso? Lo stavo per baciare, incasinndo ancora di più le cose.


- Andiamo?- chiedo laconica rimanendo di spalle, ancora stordita mentre il cuore continua a ronzarmi nelle orecchie a causa del battito accelerato.

Nervosamente mi scosto un ciuffo di capelli dal volto. Erasolo finzione, mi ripeto nuovamente.

Lui annuisce affiancandomi, rimanendo però in silenzio per il breve tratto di strada che percorriamo.

In neanche un minuto infatti raggiungiamo gli altri nel parcheggio.

- Finalmente - afferma Candice sorridente venendomi incontro e facendomi alzare gli occhi da terra, dove li avevo ostinatamente puntati.

Deve però accorgersi che c’è qualcosa che mi turba perché si ferma e guarda prima me e poi Ian, che si avvina a Paul, sospettosa.

- Sto morendo di fame – mormora, priva però dell’entusiasmo di prima e aggrottando le sopracciglia confusa.


Cerco di sorriderle anche se tutto quello che riesco a fare è un sorriso tremolante.

Gli altri si mettono d’accordo sulla strada da fare e poi ci dirigiamo verso le macchina.

- Tutto ok?- mi chiede in un sussurro concitatoCandice, prendendomi sottobraccio.

Tuttavia Paul e Ian di poco davanti a noi devono aver sentito perché si voltano, il primo guardandomi sconcertato l’altro sfuggente ma interessato.


- Certo – affermo decisa, tirando nuovamente fuori le mie doti recitative. – Sono solo stanca – sorrido a Paul che mi fa una carezza sul braccio, rassicurato, e poi entra in auto, sistemandosi al lato del conducente.


Ian lo imita dopo neanche un secondo, evitando ilmio sguardo.

Mi scambio poi un'occhiata più che significativa con Candice, che capisce al volo che ne parliamo dopo e annuisce.



*****************************************









Sbuffando mi rigiro fra le coperte senza riuscire a prendere sonno. Anche stanotte.

Lancio sconsolata un'occhiata alla sveglia sul comodino che indica le due meno venti. È ancora presto per alzarsi, purtroppo.

Ok, registratevi questa frase perché probabilmente non la sentirete mai più da una dormigliona come me.

Provo a cambiare posizione, sistemandomi meglio e poi chiudo gli occhi con un sospiro. Neanche un secondo dopo però fisso nuovamente il soffitto bianco con occhi sbarrati, in preda all’insonnia più totale.

Mi passo una mano sul volto, sospirando di nuovo e scacciando i soliti pensieri che puntualmente mi tornano a fare visita ogni notte.

Sono passate già due settimane esatte dalla famosa scena e quindi dal dialogo con Ian, se così si può chiamare quel breve scambio di parole.


- E' tutto a posto?-mi aveva chiesto davanti alla porta di camera mia, facendomi aggrottare confusa le sopracciglia a quella domanda apparentemente insensata.


- Certo, sono solo stanca - era stata la mia risposta strascicata, la stessa che continuavo dare a raffica quella sera a spiegazione del mio umore nero.


- Fra noi due intendo - aveva specificato guardandomi attentamente. Si era appoggiato poi con una spalla contro la porta, sbarrandomi la strada forse per paura che scappassi e impedendomi di entrare in camera, scrutando poi ogni razione sul mio viso.


- Certo - gli avevo detto, abbozzando un sorriso timido, non del tutto certa però della veridicità delle mie stesse parole.


- Sicura?-


- Cosa dovrebbe non andare? – era stata la mia risposta, inchiodandolo con uno sguardo trasparente.

Lui aveva continuato a scandagliarmi con lo sguardo tant’è che per un attimo avevo temuto che potesse leggermi l’anima, per poi rilassarsi e sciogliersi in un sorriso dolce.


- Nulla - aveva scosso la testa, abbassando per un attimo gli occhi e poi rialzandoli in uno sguardo talmente nitido da farmi arrossire. - Nulla-

- Ci vediamo domani - lo avevo salutato, facendo per entrare ma lui non si era spostato, continuando a sbarrarmi la strada.


- Scendiamo insieme a colazione domani? - mi aveva chiesto con un sorriso accattivante, inclinando leggermente il volto verso destra, nella mia direzione.


- Certo - avevo mormorato forse con fin troppa enfasi, sorpresa da quell'invito.

Mi aveva sorriso ancora, per poi scostarmi i capelli dal volto e baciarmi una guancia, soffermandovisi per alcuni deliziosi secondi che mi avevano fatto scalpitare il cuore.

La voglia di affondare una mano fra i suoi capelli corvini e attirarlo più vicino era stata tanta, ma ero riuscita miracolosamente a placare gli ormoni .

Nella penombra del corridoio gli avevo sorriso ancora augurandogli la buona notte, entrando poi finalmente nella stanza.


La mattina dopo era passato davvero a prendermi, cosa che mi aveva sorpreso non poco. Non che dubitassi della sua parola, solo.... boh, non lo so neanche io.


Puntuale come un orologio svizzero aveva bussato alle otto in punto alla mia porta e , anche se con un pò di impaccio iniziale, abbiamo fatto colazione insieme e poi si era aggiunto, in un secondo momento, Paul.


Il disagio e l'imbarazzo si erano lentamente sciolti, complici le nostre solite risate, in sorrisi appena accennati e gioco di sguardi.


Quello era stato, però, l’inizio di una lunga serie di gesti involontari e cercati fra di noi.


Ad esempio, ogni giorno quando giro fino a tardi mi porta una tazza di the caldo sul set, quando anche lui non gira, rimanendo a volte a seguire le riprese.

Inoltre, ogni mattina scendiamo a fare colazione insieme.

Poi ci Tweetiamo continuamente a vicenda foto e link maliziosi, divertenti o semplicemente commenti sulla giornata appena passata.

Anche i contatti fisici fra di noi sono aumentati notevolmente, così come il cercarci anche inconsapevolmente. Più abbracci, corpi che si sfiorano in brevi carezze, baci sulla guancia.

Non che prima non ci fossero, ma io ero decisamente più rigida e fredda, come bloccata da qualcosa, mentre ora spesso sono io ad avvicinarmi per prima.

L'irrequietezza che provavo inizialmente, infatti, si è trasformata lentamente in una ricerca continua di questi contatti cosa ancora più problematica.

Problema che non dovrebbe esserci se io riuscissi a limitare i nostri rapporti a solo quelli lavorativi , ma è davvero difficile, se non impossibile, sopprimere l’istinto di sfiorarlo o stargli semplicemente vicino.

E' un desiderio sempre più pressante che io sto sopprimendo sempre meno. Riesco sempre più difficilmente a trattenermi e poi è una sensazione così piacevole lasciarsi andare.


Mi diverto, mi fa ridere, e forse il problema è proprio questo: sto dannatamente bene con lui. Troppo.


Anche se faccio di tutto per non ammetterlo qualcosa è cambiato nel nostro rapporto, almeno da parte mia.


E questa cosa mi turba terribilmente, provocandomi anche l'insonnia oltretutto.


Mi giro su un fianco con uno sbuffo, decidendo che c'è un unico modo per sfogarmi e alleggerirmi la mente di questi pensieri.


Scalcio via le lenzuola azzurre con una gamba, balzando poi in piedi. Afferro distrattamente le chiavi ed esco dalla mia stanza, ritrovandomi nel corridoio totalmente addormentato dell'hotel.


A piedi scalzi, con i capelli scompigliati e in pigiama lo percorro interamente fino ad arrivare alla stanza che sto cercando, l'ultima a sinistra.


Appoggio le nocche sul legno laccato di bianco e busso un paio di volte, non ottenendo però alcuna risposta.


Riprovo, questa volta con più vigore, e percepisco distintamente un imprecare infastidito dall'altra parte della porta.


Neanche un secondo dopo la porta si apre, rivelandomi una Candice assonnata e scarmigliata nel suo pigiama rosa pallido.


Ho già le labbra schiuse per parlare ma le mi interrompe subito.

- C'è un incendio?- mi chiede, spiazzandomi.

- Ehm…no - mormoro sconcertata da quella domanda.

- Un tornado?-

- No-


- Terremoto?-

- No- ripeto sempre più confusa da quel suo comportamento. Eppure non mi sembrava avesse bevuto ieri sera.

- E allora per quale diavolo di ragione mi hai svegliato alle due di notte?- mi chiede tra l'esasperato e l'assonnato, incrociando imbronciata le braccia al petto.


- Parliamo?- le propongo cercando di non ridere della sua espressione.


Candicein queste settimane è stata una perfetta amica aspettando che fossi io a volermi aprire, senza forzarmi, nonostante avesse capito che ci fosse qualcosa che non andava

- Ora? - mormora leggermente sconsolata - Non possiamo farlo domani ? - si strofina gli occhi, consapevole che non desisterò.


- Ti prego, ho bisogno di sfogarmi - affermò fissandola dritta negli occhi con la mia miglior espressione da cucciolo dolce, a cui so lei non sa resistere.

- Sei tremenda - sbuffa , spostandosi tuttavia e permettendomi così di sgusciare nella camera.

A tentoni, a causa del buio, raggiungo il letto su cui mi butto, affondando fra i cuscini.

Lei mi segue e si accomoda al mio fianco, rimanendo però seduta.

- Qual è il problema?- mi chiede sistemandosi meglio il cuscino dietro la schiena, prestandomi tutta la sua attenzione.

- Sono confusa, Candy - ammetto con un sospiro dopo qualche attimo di silenzio, senza nessun imbarazzo.

Posso già percepire l'effetto rilassante di averlo detto ad alta voce, mi sento già lo stomaco più leggero.


- Spiegati meglio - mi dice, aggrottando le sopracciglia chiare cercando di capire appieno come mi sento.

- Sono confusa nei confronti di Ian - ripeto giocando con il copriletto, passandoci le dita sopra per lisciarlo. - Ho la sensazione che il nostro rapporto sia cambiato dopo la scena fra Katherine e Damon -

- E' normale, Nina. Tutti i rapporti cambiano - mi dice dolcemente.

- Lo so, ma intendo cambiato in modo diverso.- specifico calcando sull'ultima parola, passandomi una mano fra i capelli.

- Stargli vicino mi confonde. Da un lato desidero un contatto diretto, ma dall'altro so che non dovrei, perché siamo colleghi e amici. - le spiego gesticolando convulsamente. – E’ grave?-

- Ne sei semplicemente attratta, Nina - ridacchia divertita dalla mia smorfia sconcertata.

- Ma non può essere, siamo colleghi!- ribatto infantilmente, come se fossero due cose incompatibili.

- Bhe, anche fra i colleghi c'è attrazione - ride ancora - E tra voi direi che c'è davvero tanta chimica. -

- Davvero?- aggrotto le sopracciglia, che avessimo avuto sempre molto feeling ce lo dicevano in tanti.

Lei annuisce con un sorriso - E direi che la cosa è reciproca, visto come era particolarmente teso il suo cavallo dei pantaloni dopo quella scena - afferma maliziosa, gongolando e facendomi arrossire al ricordo.

Mi mordo un labbro ricordando come entrambi fossimo davvero su di giri in quel momento.

Ne sono attratta? mi chiedo poi sorpresa, ma ancora una volta non riesco a definire il groviglio di sensazioni che si agitano in me

Sbuffo esasperata da quella situazione e forse anche dal mancato sonno, affondando il viso nel cuscino.

- Non ci capisco niente!- affermo e la mia voce esce ovattata a causa del cuscino.

- Tu cosa faresti?- le chiedo riemergendo con il volto e guardandola.

-Io? Bhe, io coglierei al volo l’occasione e andrei dritta al sodo – afferma schietta con un’alzata di spalle.

- Candice!- le tiro contro il cuscino.

- Ehi, non intendevo che lo farei con Ian – ribatte alzando le mani, vedendo la mia faccia scandalizzata e anche un po’ infastidita – Per me è come un fratello lo sai, solo quello.- precisa – Volevo dire, che io mi butterei, ma tu sei tu e io sono io.. quindi non fa testo -

Ha ragione.

- Mi dai un consiglio?- le chiedo poi, tornando a guardarla.

- Vuoi un consiglio sincero, anche se non è quello che vorresti sentirti dire?- mi chiede incrociando le gambe. Io annuisco.

- Lasciati andare- afferma decisa. – E con questo non intendo dire che ci devi andare a letto, anche se sono convinta che a lui farebbe più che piacere, ma solo di essere te stessa.-

- Lasciarmi andare..- ripeto in un sussurro dubbioso, cercando di convincermi della cosa.

- Si, niente pensieri o remore. Lasciati andare- mi consiglia. - Il problema nasce dal fatto che ti blocchi, pensando già alle conseguenze invece di pensare al presente. Lui è libero tu pure, lasciati andare e vedi come va -

-Dici?- le chiedo timorosa.

- Dico. Questa è la mia cura- scherza poi, strappandomi un sorriso.

- Grazie, dottoressa Candy - ridacchio chiamandola con quello stupido soprannome che ho coniato io stessa.

*************************************

Totalmente distrutta dalla giornata pesante avuta, mi lascio cadere sul piccolo divanetto della mia cameraproprio davanti alla tv sintonizzata su un canale qualsiasi.


Recitare i panni di una stronza insensibile per ben otto ore e poi calarsi nei panni di una dolce ragazza nelle restanti quattro, distrugge.

Siamo già alle riprese della quarta puntata e i ritmi si stanno facendo sempre più serrati, ma per fortuna tra poco avremo qualche giorno di riposo.


Sbuffo reclinando il capo all’indietro. Stasera mi sa che mi mangerò un bel po’ di gelato come cena, non ho alcuna voglia di veder gente.


Dovrei avere anchedel cioccolato fondente da qualche parte, quello aiuta sempre a tirsi su di morale.


Un bussare leggero mi distoglie, però, dai miei pensieri.


Indecisa se andare ad aprire o meno mi volto verso la porta.


Paul non è perché è andato a prendere Torrey all’aeroporto mentre gli altri sono usciti e io non ho ordinato il servizio in camera. Chi diavolo è allora?

Giuro che se è Candice che vuole farmi uscire a tutti i costi e portarmi in qualche locale la picchio. Stasera sono troppo stanca anche solo per arrivare fino alla hall dell’albergo.

Scalza e con ancora i capelli umidi di doccia mi dirigo alla porta.


Ma la persona che mi trovo davanti mi lascia totalmente senza parole.


- Ian - mormoro sorpresa – Pensavo fossi uscito con gli altri - aggrotto le sopracciglia.

Dopo la chiacchierata con Candice ho deciso di lasciarmi andare, essendo semplicemente me stessa. E se possibile le cose sono perfino migliorate. Ora sono più sicura di me o forse semplicemente sono tornata quella di sempre, senza troppe paranoie e con la consapevolezza che sono attratta da lui .

Mi diverto a punzecchiarlo e a vedere le sue reazioni e anche lui lo fa.

Il risultato è quindi una provocazione reciproca per vedere fin dove arriva l’altro a tenuta di nervi e, soprattutto, di ormoni.

Non ci siamo mai parlati apertamente in queste settimane riguardo questa nuova situazione, ma è come se avessimo stipulato una tacita dichiarazione dell’attrazione sessuale che c’è tra noi e l'avessimo accetta.


Non ci spingiamo mai oltre baci sulle guance un po’ lunghi, carezze e abbracci e va bene così , per ora.


Devo vivere il momento, come ha detto Candice, niente d'altro.


- No ,ho finito tardi di girare e a dir la verità non ne avevo molta voglia- ammette facendomi sorridere.

- Neanche io-

- Posso dormire con te?- mi chiede poi a bruciapelo, facendomi arrossire violentemente per l’immagine che mi si affaccia nella mente a quelle parole. Immagini decisamente non caste e vietate ai minori.


- Si è rotto un tubo dell’acqua sul soffitto e mi ha allagato la camera – spiega con uno sbuffo.

Solo ora, in effetti, noto che è mezzo bagnato e fra le braccia ha un ammasso di vestiti umidi e spiegazzati, oltre che un borsone appeso alla spalla.


- Posso restare qui per qualche giorno?- mi chiede inchiodandomi con uno sguardo che farebbe tremare le gambe a chiunque, me compresa.


- Io..- fingo di esitare, tenendolo sulle spine, anche se so già che gli dirò si.


So benissimo che così saremo a stretto contatto praticamente sempre e che dovrò tenere a freno gli ormoni, ma sarà anche diverte e stimolante provocarlo.


- Non puoi chiedere a Paul?- chiedo, trattenendo a stento un sorriso divertito alla sua faccia leggermente delusa.


-No. Domani arriva Torrey e io di dormire fra loro due come un bambino fra mamma e papà, non ci tengo proprio- spiega disgustato - E poi, Paul russa- continua quasi infantilmente.


- Non puoi chiedere un’altra stanza, allora?- continuo la mia recita con tono innocente.


Ok, ora la sua faccia è davvero impagabile e devo mordermi un labbro per non ridere.

- Sono finite. Comunque se non mi vuoi basta dirlo- afferma piccato facendo per andarsene.

- Sto scherzando!- ridacchio tirandolo per un braccio dentro la stanza – Certo che puoi restare, Som- gli sorrido.

Anche lui si apre in un sorriso. – Non era affatto divertente-


- Oh, si che lo era!- continuo a ridere.


Alzo però poi un dito davanti al suo naso.- Però mi lascerai magiare tutte le schifezze che voglio e non si guardano film horror. Ah, e io dormo a destra- pongo dei paletti mentre lui trattiene a stento un sorriso divertito.

-Va bene- ridacchia divertito da quell'elenco.

Mi sorpassa,entrando nella stanza e buttando le magliette sul letto e il borsone per terra.

Chiudo la porta, appoggiandomici contro, con un sorriso guardandolo accatastare in malo modo la roba.


- Sai che non è normale avere ancora paura dei film horror alla tua età, vero?- si volta verso di me con quel suo mezzo sorriso malizioso e intrigante, prendendomi in giro.


Lo raggiungo, spintonandolo con una spalla per farlo spostare dal letto e inizio a piegare le magliette che lui ha malamente buttato sul letto.


- Grazie- mi soffia poi sensuale all'orecchio, immergendo per qualche secondo il volto fra i miei capelli ancora umidi e sfiorandomi il fianco con una mano.


Inclino il volto verso di lui lanciandogli un sorriso per nulla intimorito da quella vicinanza, che lo fa sorridere ancora più apertamente.


Si sa all'inferno ci sono le fiamme e chi ci gioca rischia di bruciarsi, ma io non ho mai avuto paura del fuoco. Anzi.


Salveeeeee!!!! eccovi il nuovo capitolo come al solito le spiegazioni arrivano a punti:)..

1-inizio con il ringraziare le persone che hanno recensito lo scorso capitolo..GRAZIE....sono felice che il capitolo tre vi sia piaciuto e spero sia lo stesso per questo. Vi risponderò o stasera o domani con l'apposito meccanismo.

2- Allora questo capitolo non mi piace per niente, se devo essere sincera. non mi convince assolutamente ma purtroppo di meglio non sono riuscita a fare:(....Comunque Nina ha dovuto fare i conti con l'attrazione nei confronti di Ian e ne è uscita parecchio confusa. Alcuni punti sono volutamente un pò confusi e contradditori, soprattutto i pensieri di Nina, perché normalmente in queste condizioni si è confusi.

3- Dal punto di vista temporale la prima parte è la sera stessa in cui hanno girato la scena fra Katherine e Damon, quindi è in continuità con quello recedente. la seconda parte, come ho detto anche nel capitolo, è invece due settimane dopo mentre l'ultima è ancora più avanti cronologicamente, non ho specificato però.

4- rapporto Ian\Nina: allora discorso lungo.... da dove comincio.... E' un rapporto un pò controverso, noi vediamo solo il punto di vista di Nina e non sappiamo cosa pensa Ian, anche se lo vedremo fra qualche capitolo. Lei ne è attratta ma, inizialmente, non riesce a capirlo chiaramente e poi ha paura di rovinare tutto lasciandosi andare. la chiacchierata con Candice le chiarisce le idee ed è per questo che nell'ultima parte ha un comportamento diverso da quello delle parti precedenti. nell'ultimo pezzo non si sente più confusa perché è consapevole che ne è attratta e decide di buttarsi, provocarlo per vedere se anche lui prova lo stesso. il fatto che lui faccia lo stesso la diverte, stuzica ma confonde anche. Quest'ultima cosa verrà però chiarita nel prossimo capitolo. spero di essermi spiegata ma se avete dubbi chiedete:)

5- il prossimo aggiornamento non so quando avverrà anche se spero presto. Vi posso erò dire che parlerà della loro convivenza e dei problemi che essa causa...ad entrambi...

6- Per chi seguisse anche la mia storia Delena "I WILL ALWAYS CHOOSE YOU" vi volevo dire che una mia amica (Missdelena97) ha fatto una sorta di video trailer della storia che ne dà anche una sorta di panoramica e ora, dopo aver postato la storia, vado ad inserirlo nel capitolo 2 della storia delena e lo trovere d'ora in poi in ogni cap.. Vi lascio il ink del video anche qui:->http://www.youtube.com/watch?v=GYT66aueDaY&feature=player_embedded .......guardatelo perchè è davvero bello!:;)

7- La prossima storia che posterò è "I WILL ALWAYS CHOOSE YOU" e il capitolo si intitolerà "Cena con il Testimone"...lo devo ancora scrivere ma penso che per metà settimana sia pronto.

ok, direi che non c'è altro se non che spero non ci siano orrori di ortografia e che vi sia piaciuto. Recensite e fatemi sapere cosa ne pensate del capitolo!

Kiss kiss Live in Love...

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Capitolo 5
*** Linea Rossa ***


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AVVISO: QUI TROVATE IL VIDEO TRAILER DELLA FANFICTION FATTO DA MISSDELENA97->->CLICCA QUI <-

Ho voluto postare oggi il capitolo perchè come dice Ali è poetico visto 

che stanotte alle 2 esce la prima puntata del telefilm negli Usa!

CAPITOLO 5

 

 

 

 

 

LINEA ROSSA.

 

 

 

 

 

 

 

Ian mi sorride apertamente malizioso con quel suo sorriso alla Damon che fa ribollire il sangue, raggiungendomi ai piedi del letto in una falcata ampia ed elegante.

 

In neanche un secondo mi ritrovo stretta fra le sue braccia, le mie mani a vagare sulla sua schiena dove sotto il tessuto sottile della camicia posso distintamente percepire la pelle calda ed invitante.

 

Davvero invitante.

 

Mi afferra per la vita, attirandomi ancora di più contro il suo corpo accaldato ed eccitato.

 

- Sei troppo vestita, per i miei gusti - è il suo unico, accattivante, sussurro al mio orecchio, che mi fa rabbrividire provocandomi la pelle d’oca in tutto il corpo.

 

Reclino il capo all’indietro, scoprendo il collo e permettendo alle sue labbra di lambirne la base in un tocco lento e languido.

 

Un sospiro estasiato esce spontaneo dalle mie labbra a quel contatto, portandomi a socchiudere deliziata gli occhi.

 

Intanto con la mano risale tutta la mia schiena fino ad arrivare alla zip dell’abito, facendomi trattenere il respiro.

 

Ci gioca per un lunghissimo attimo con le dita prima di tirarla definitivamente giù in un gesto secco e deciso che sembra quasi rimbombare nella stanza, insieme al battito accelerato del mio cuore.

 

L’abito cade ai miei piedi in un fruscio di seta nera e pizzo accompagnato dalle sue mani calde , lasciandomi vestita solo del suo sguardo bruciante.

 

Felino muove un passo in avanti, costringendomi ad arretrare fino a quando le mie spalle non toccano prepotentemente il materasso.

 

Lui è subito su di me, catturandomi in un bacio vorace che mi provoca le vertigini e uno stuzzicante formicolio al basso ventre che mi fa inarcare contro di lui.

 

 

 

 
 

 
Con gli occhi improvvisamente sbarrati fisso il soffitto bianco della stanza, il battito del cuore accelerato e il corpo illanguidito ma insoddisfatto.

 
Ancora sospesa tra la fantasia e la realtà deglutisco, passandomi una mano fra i capelli ancora arricciati dalla sera precedente e arruffati.

 
Quelle invitanti figure oniriche diventano sempre più sfocate fino a sparire dalla mia mente, lasciandomi amareggiata e con un senso di incompletezza addosso.

 
Per quale diavolo di ragione i sogni si devono sempre interrompere sul più bello? Non è assolutamente giusto e particolarmente inappagante, oltretutto.

 
Specialmente visto che era un sogno fatto di labbra morbide, occhi azzurri, capelli corvini e davvero pochi, pochissimi, vestiti. Un vero peccato che sia finito così presto, sbuffo.

 
Non è certo la prima volta che sogno me ed Ian in, beh, atteggiamenti decisamente intimi a fare cosa che due amici normali non dovrebbero fare, però questa volta sembrava davvero reale.

 
Fin troppo, mi mordo un labbro ricordandone alcuni dettagli davvero interessanti.

 
Nell’ultimo periodo mi è capitato spesso, anche se alcune volte non facevamo niente di sconveniente.

 
Inoltre, ora averlo nello stesso letto in cui sono io, a pochi centimetri da me a dormire placidamente, non aiuta a placare i miei ormoni e rende tremendamente frustrati. Molto frustrati, sbuffo.

 
Inarco impercettibilmente la schiena, sfregando lievemente le gambe nel tentativo di placare quel piacevole formicolio al basso ventre e alle gambe che continua a tormentarmi.
 

Ecco cosa succede a tirare troppo la corda quando la tensione sessuale è alle stelle e tu devi reprimerla, roteo gli occhi al cielo rimproverandomi da sola.

 
Sbadiglio, ormai del tutto sveglia rammaricandomi ancora una volta per non aver finito quella dannata fantasia. Almeno così mi sarei svegliata di buon umore.

 
Lancio un’occhiata alla sveglia sul mio comodino, che con i suoi numeri rossi indica le sette meno dieci. Posso stare ancora un po’ a letto ad oziare, se non altro.

 
Sospiro voltando il volto verso destra, mettendomi su un fianco e immergendo una mano sotto il cuscino.

 
Inevitabilmente i miei occhi cadono sulla figura distesa al mio fianco nella penombra della camera, in lontananza il rumore dello sferzare della pioggia contro i vetri della finestra come piacevole sottofondo.

 
Ian dorme tranquillo e placido al mio fianco, con la testa lievemente inclinata a sinistra, le labbra dischiuse e un braccio appoggiato mollemente sul cuscino poco distante dal mio viso.

 
Il suo profumo mi giunge nitido alle narici, stordendomi e deliziandomi al col tempo.

 
Socchiudo gli occhi, prendendone un’altra boccata quasi totalmente dipendente.

 
Mi piace perché è un aroma sensuale ma non troppo forte e indelicato , è di quelli che rimangono impressi nella mente.

 
Adoro soprattutto la sfumatura che assume a contatto con la sua pelle.

 
Ormai il suo odore non mi ha solo assuefatta ma ha anche riempito e pervaso ogni cosa nella mia camera, dalle lenzuola agli asciugamani.

 
Persino i miei abiti si stanno impregnando del suo profumo.

 
La cosa è ancora più evidente quando si entra nella stanza da fuori. L’impatto è forte ed anche un po’ inquietante, forse.

 
È come se avesse sempre abitato qui e non fossero solo cinque giorni che conviviamo, anche se sembra più tempo persino a me.

 
Conviviamo…

 
E’ strano pensarlo e ancor più dirlo ad alta voce, ma in fondo è quello che stiamo facendo. Conviviamo.

 
Ovviamente, non nel senso convenzionale della parola visto che non stiamo né insieme né siamo sposati.

 
Viviamo insieme, a stretto contatto praticamente ventiquattro ore su ventiquattro anche a causa del lavoro, dormiamo nello stesso letto e lui lascia perennemente le sue cose sparse in giro, mischiandole con le mie e creando così un incredibile caos.

 
Certo, poi c’è il piccolo particolare che non facciamo altro che stuzzicarci a vicenda per vedere fin dove si spinge l’altro o resiste a tensione sessuale e cogliamo ogni occasione per sfiorarci, per grande gioia dei miei ormoni.

 
No, direi che non è assolutamente da intendere nel modo convenzionale.

 
Abbiamo però trovato subito una sorta di equilibrio, senza sconfinare.

 
Ci stuzzichiamo, provochiamo, ma non superiamo mai il confine che abbiamo tacitamente concordato.

 
È come se avessimo tracciato una linea immaginaria che sappiamo non dover superare per non far degenerare la cosa in qualcosa d’altro di ingestibile.

 
Questo non vuol dire che non ci siano momenti in cui vorrei sbatterlo sul letto – Oh se lo vorrei! E i miei sogni davvero poco casti ne sono un chiarissimo segnale.-, decisamente non a parlare o a giocare a monopoli, ma tutto sommato riesco a trattenermi seppur un po’ a fatica in certi momenti.

 
Io in primis l’ho fatto, mi sono dovuta imporre questo limite perché se no so che non sarei stata in grado di gestire la cosa senza cedere alla tentazione.

 
Ho tracciato una spessa linea rossa fra quello che è consentito fare senza compromettere nulla e quello da cui è meglio tenersi lontana, anche se è dannatamente attraente e seducente.

 
E va bene così, per ora.

 
E’ la mia parte razionale a ricordarmi le drastiche conseguenze che potrebbero insorgere visto che lavoriamo insieme, la stessa che è in conflitto con i miei ormoni e con qualcosa d’altro che però non sono ancora pronta definire.

 
Nonostante mi diverta a provocarlo e mi stia davvero lasciando andare, sono ancora un po’ confusa per la nuova luce sotto cui la vedo, non più da amico.

 
Mi sento tuttora una contraddizione vivente fra quello che dicono gli ormoni e quello che mi dice la testa.

 
Quando sono con lui sembra così semplice lasciarsi andare e non pensare ad altro se non vivere quel momento, ma i pensieri e i dubbi tornano sempre a farsi sentire e scacciarli non è sempre facile.

 
Ho anche una folle paura di spingermi troppo oltre, essere respinta e rovinare indissolubilmente il nostro rapporto, ma al col tempo vorrei davvero oltrepassare il limite e vedere solo come va fregandomene delle conseguenze.

 
Scoprire com’è avere qualcosa di più da lui, essere qualcosa un po’ oltre l’amicizia ma non troppo importante come un fidanzamento. Sapere semplicemente com’è viverlo .

 
Sbuffo, stufa di questi dannati pensieri che si divertono a tormentarmi da troppi giorni.

 
E , beh, poi c’è Ian con il suo comportamento che decisamente non mi aiuta a chiarirmi le idee. Anzi, tutt’altro.

 
È criptico, imperscrutabile sotto questo punto di vista come non l’ho mai visto. Non riesco a decifrarlo, è un rebus incomprensibile in questo momento.

 
Agisce spontaneamente nei miei confronti, me ne accorgo benissimo, soprattutto quando mi abbraccia, gioca con i miei capelli o in qualsiasi altro gesto.

 
Ha quella naturalezza che lascia un retrogusto di dolcezza anche nel gesto più semplice, quella che ti fa battere il cuore in modo anomalo e svolazzare le farfalle nello stomaco.

 
Ed è proprio questa sua spontaneità a scombussolarmi ancora di più. Non sembra trattenersi nei gesti e questo mi fa sorgere un miliardo di altri dubbi.

 
Il fatto che sia così naturale in questi piccoli gesti cosa diavolo vuole dire? Che mi vede solo come un’amica speciale a cui riservare attenzioni speciali ma niente di più, oppure si accontenta di questi momenti per paura, anche lui, di rovinare il nostro rapporto?

 
Cosa sono un semplice passatempo, in attesa della prossima conquista?

 
Sono domande a cui non riesco – non posso - rispondere.

 
Non capisco cosa vuole dal nostro rapporto, cosa sono per lui. Ma la cosa a destabilizzarmi davvero non è tanto la domanda in se, quanto piuttosto il pormi queste domande e cercare una risposta.

 
Però, poi, ci sono dei momenti in cui lo sorprendo a fissarmi in modo differente, come confuso e combattuto, e il dubbio che non sia la sola a vedere in modo diverso l’altro si insinua dolcemente in me, facendomi battere il cuore.

 
Sono solo brevi attimi visto che poi lui torna a scherzare e a prendermi in giro come suo solito, ma mi lasciano una sensazione di speranza e groviglio alla bocca dello stomaco che mi rasserena, che mi fa quasi capire le cose più chiaramente.

 
Cerco di non farci troppo caso, vivendo solamente quello che viene, ma ci sono momenti in cui è davvero difficile non pensarci e non far volare la mente su immagini troppo oltre la realtà momentanea.

 
Sbuffo, voltandomi totalmente su un fianco, scacciando questi pensieri che decisamente non giovano alla mia salute mentale.

 
E poi, io sono troppo presa dal lavoro per poter pensare a qualcosa di oltre e lui si è lasciato da poco e non starà certamente cercando nulla in questo momento di complicato e ingarbugliato.

 
Mi scappa un sorriso al pensiero di cosa mi direbbe Candice se avesse sentito questo mio pensiero.

 
Probabilmente, mi picchierebbe e mi direbbe che sono una stupida a non saltargli subito addosso visto che condividiamo lo stesso letto.

 
Forse parlarne con lei mi aiuterà come al solito.

 
Questi giorni non hanno portato solo dubbi e pensieri, però.

 
Ho infatti conosciuto meglio Ian, in quegli aspetti caratteriali che normalmente non emergono a lavoro per svariati motivi.

 
E’ lunatico, tanto, più di quanto pensassi. Un momento prima è allegro e spensierato mentre quello dopo è cupo e totalmente perso nei suoi pensieri.

 
Cerca di mascherare quasi sempre tutto con lo scherzo, soprattutto il lieve alone di malinconia che gli vela gli occhi dopo che ha finito di parlare con sua madre o sua sorella.

 
Inoltre, è tanto disordinato nella vita di tutti i giorni quanto è puntiglioso e pignolo sul set, quindi davvero molto.

 
Lascia perennemente magliette, giornali e quant’altro in giro per la stanza creando un caos allucinante, che ovviamente sono sempre io a mettere a posto. Mio fratello a confronto sembra la persona più ordinata del mondo.

 
L’ultima volta che gli ho intimato di mettere in ordine la sua roba, cioè ieri, con la minaccia di sbatterlo fuori se non avesse dato una riordinata, ne sono rimasta shockata.

 
Lui, da buon maschio privo di un briciolo di senso logico nel sistemare, ha accatastato magliette mal piegate e appallottolate su di una sedia, avendo ancora il coraggio di guardarmi allibito e offeso quando gli ho dato del cavernicolo.

 
A parte il disordine e la sua mania di lasciare in giro fogli di copione, mi ci trovo dannatamente bene.

 
Talmente tanto che ho paura di abituarmici.

 
Nei momenti liberi che abbiamo avuto, a dir la verità molto pochi, abbiamo guardato per lo più film, che lui puntualmente ha commentato criticandone ogni aspetto, o show televisivi.

 
Sbadiglio nuovamente, alzando le braccia nel tentativo di stiracchiarmi e risvegliarmi del tutto.

 

Ian continua a dormire tranquillamente, ignaro dei miei pensieri e dei miei ormoni in subbuglio.

 
Il miei occhi cadono, però, involontariamente sulle sue labbra dischiuse e non posso fare a meno di arrossire al ricordo di dove il mio subconscio aveva immaginato fossero. Posti davvero impensabili ma molto piacevoli.

 
Arrossisco, mordendomi colpevolmente le labbra e socchiudendo gli occhi deliziata, mentre la mia mente viene inondata dai ricordi invitanti del sogno. Ora si che sono decisamente sveglia.

 
- Perché sei arrossita? - sussurra una voce roca ma divertita.

 
Sobbalzo colta alla sprovvista, rischiando quasi di cadere giù dal letto per il movimento troppo brusco.

 
Totalmente assorta nelle fantasie poco caste dei miei ormoni non mi sono accorta del suo risveglio.

 
Con le guance ancora più rosse per essere stata beccata, incontro lo sguardo azzurro e assolutamente vigile di Ian, a pochi centimetri da me, che sogghigna per la mia reazione.

 
Disteso a pancia in sotto e con il viso voltato nella mia direzione, mi fissa con le sopracciglia scure leggermente aggrottate e l’alone di un sorriso malandrino sulle labbra, come avesse intuito la natura dei miei pensieri. Cosa che spero vivamente non sia avvenuta.

 
Mi porto una mano al petto , cercando di placare il battito accelerato del mio cuore, fulminandolo contemporaneamente con gli occhi.

 
Sa che odio quando fa le sue comparse improvvise “alla Damon”, come le chiamo io, e lui puntualmente si diverte a farlo.

 
A questo gesto lui sorride ancora di più, aprendosi nel suo solito mezzo sorriso accattivante.

 
Più di una volta mi sono chiesta se sia consapevole di essere maledettamente sexy quando lo fa o se è una cosa involontaria. Decisamente su di me ha l’effetto collaterale di aizzare i miei ormoni in entrambi i casi.

 

- Som, mi hai spaventato! – lo rimprovero con il broncio, tirandogli poi un pugno leggero sulla spalla che lo fa ridacchiare di gusto.

 

Mi sistemo meglio al suo fianco, le nostre spalle a sfiorarsi in una involontaria carezza.

 
- Non è colpa mia se ti spaventi per nulla – è la sua unica risposta canzonatoria, prima di passarsi una mano fra i capelli corvini scompigliandoli maggiormente. - E sei una fifona –

 
Mi lancia un’altra occhiata divertita, facendomi imbronciare ancora di più.

 
Un’idea maliziosa e stuzzicante di fargliela pagare mi attraversa la mente all’improvviso, portandomi a sorridere internamente soddisfatta.

 
Continuando a fingermi imbronciata, sporgo di più il labbro inferiore, con il chiaro intento di provocarlo, cosa che accade visto che le mie labbra vengono subito lambite e catturate dal suo sguardo.

 
In questi giorni l’ho, infatti, sorpreso più volte intento a fissarmi le labbra, mentre me le mordevo nervosa in un gesto ormai abituale o semplicemente quando me le inumidivo.

 
Subito, ho pensato fosse solo una mia impressione dettata dalla suggestione della situazione emotiva in cui sono, ma poi ho capito che il suo sguardo intrigato cadeva volontariamente sulle mie labbra in quei momenti in un gesto cercato e voluto.

 
Inutile dire che questo ha accresciuto le mie fantasie a dismisura, convincendomi anche del fatto che probabilmente io stia diventando una pervertita a tutti gli effetti.

 
Con ciò non voglio però illudermi che anche lui mi veda ora sotto una luce diversa, nuova, e che l’attrazione reciproca possa diventare altro. No, è meglio non farsi false speranze e mantenere i piedi ben piantati a terra.

 
Ian si volta a pancia in su con una torsione fluida del corpo, riportandomi alla realtà, tornando poi a guardarmi improvvisamente interessato ed attento, come si fosse ricordato di qualcosa .

 
- Perché sei arrossita?- chiede nuovamente tra il divertito e l’incuriosito.

 

Mi mordo un labbro a quella domanda. E io che pensavo di averglielo fatto scordare!

 
- Quando?- fingo di non capire, ben consapevole che se ci infiliamo in questo discorso non ne uscirò fin quando non avrò soddisfatto la sua curiosità, cioè mai.

 
Visto quindi che si tratta di un sogno dove i vestiti scarseggiavano e lui ne era il protagonista indiscusso, è meglio divagare.

 
- Prima, sei arrossita – inarca un sopracciglio come a sottolinea l’ovvio.

 
- Non sono arrossita – nego testardamente mentre, però, percepisco già le guance andare a fuoco sotto il suo sguardo.

 
Dannazione, perché il mio corpo mi deve sempre tradire quando si tratta di lui?

 
Forse Candice ha ragione, si sta ribellando alla mia forzatura di reprimere i miei istinti.

 
- Oh, si invece. – annuisce, sorridendo sfacciatamente sornione. È una mia impressione, o mi ha lanciato anche uno sguardo malizioso?

 
- Stavo…stavo pensando , ecco – affondo maggiormente il volto nel cuscino nella vana speranza di nascondere tutto il mio imbarazzo e che smetta di fare domande scomode.

 
Lui non sembra pensarla così, poiché si tira su puntellando il gomito sul materasso per sostenersi e potermi guardare meglio in volto.

 
- A che cosa? – mi inchioda con uno sguardo curioso e vispo a cui non riesco a sfuggire. Sembra un bambino sulle giostre in questo momento talmente è divertito.

 
Apro e chiudo un paio di volte le labbra, boccheggiando incerta e a disagio alla ricerca di una risposta che possa togliermi da questa situazione spinosa. E decisamente “un sogno erotico su di te” direi che non è una risposta appropriata alla situazione. No, direi di no.

 - A un sogno – è l’unica risposta vaga che riesco a masticare, non discostandomi poi molto dalla realtà se non per il fatto che ho omesso che fossimo entrambi senza vestiti e intenti a fare tutt’altro che parlare.

 
Ti prego fa che non chieda altro, prego poi mentalmente tutti i santi del paradiso.

 
- Che tipo di sogno? -

 
Ecco, come non detto.

 
- Un sogno - alzo le spalle, sorridendo innocente e sfuggendo al suo sguardo indagatore .

 
- Ce ne sono tanti tipi. - inclina il volto verso sinistra con un sorriso malizioso, calcando languidamente sull’ultima parola.

 
Mi irrigidisco capendo benissimo a cosa si riferisce visto che è proprio quello che ho sognato.

 
Cercando di sembrare il più naturale possibile, torno a guardarlo.

 
- Certi tipi sono propri solo di voi maschietti. - mento spudoratamente usando tutte le mie doti recitative.

 
Reggo il suo sguardo limpido per alcuni secondi tentando di rimanere il più possibile impassibile e di non cedere.

 
- E comunque non sei un po’ troppo curioso? – cerco di sviare il discorso visto il suo improvviso mutismo.

 
- Beh, mi hai incuriosito.- alza semplicemente le spalle - Da come sei arrossita doveva essere qualcosa di particolarmente bello – la sfumatura maliziosa torna a farsi sentire nella sua voce già arrochita dal sonno, provocandomi un brivido che mi attraversa dalla base della schiena fino alla nuca.

 
Ian si apre poi in un sorriso che, insieme alle guance velate da un sottile strato di barba e i capelli scompigliati, gli conferisce un’aria sbarazzina tremendamente sexy.

 
- Infatti era un bel sogno - mi lascio sfuggire in un sussurro quasi estasiato al ricordo, maledicendomene un secondo dopo alla vista del suo sorriso sempre più largo e soddisfatto.

 
Come se avesse intuito la natura del mio sogno e volesse solo trovare conferma.

 
- Uhm, allora devi avermi sicuramente sognato – afferma spudoratamente sicuro di se, vantandosi con un sorriso vanesio .

 
Non posso evitare che le mie guance si tingano di rosso per la verità di quelle parole, né il sorriso spontaneo che tende le mie labbra nonostante l’imbarazzo .

 
Volente o no, scherzando o meno, riesce a leggermi e capirmi con una facilità disarmante.

 
E questo mi mette un po’ paura. Non solo perché potrebbe comprendere la mia attrazione nei suoi confronti, non è il vero problema questo, ma soprattutto perché potrebbe intuire un qualcosa che non sono pronta ad ammettere neanche a me stessa.

 
- Ho detto che era un sogno, Som, non un incubo – lo prendo in giro con uno sguardo eloquente, scacciando i pensieri .

 
Ridendo della sua espressione offesa, gli do una piccola spinta con la punta delle dita che lo sbilancia, facendolo finire di schiena sul letto.

 
Rido, genuinamente divertita reclinando lievemente il capo all’indietro.

 
- Ah, si eh? -

 
Non ho neanche il tempo di capire le sue intenzioni che mi afferra per la vita facendomi finire addosso a lui, imprigionandomi con il suo corpo.

 
Le sue dita bollenti guizzano velocemente sui miei fianchi, facendomi inarcare a causa del solletico.

 
Cerco di muovermi e scalciare nel tentativo di farlo smettere, ma lui blocca ogni mio movimento afferrandomi i polsi con un’unica mano mentre con l’altra continua a torturarmi spietatamente.

 
Ansimo a causa del riso, cercando di liberarmi senza riuscirci.

 
Sa benissimo che il mio maggior punto debole è il solletico e lui, ogni volta che può, ne approfitta a suo favore.

 
- Som…Som - boccheggio fra una risata e l’altra - Smetti…smettila -

 
Mi muovo nuovamente con il solo risultato di farlo finire ancora più addosso a me.

 
- Ti prego - respiro affannosamente contro la sua maglietta bianca, in debito di ossigeno.

 
Finalmente smette di farmi il solletico, permettendomi di tornare a respirare normalmente seppur col fiatone.

 
Le sue mani, tuttavia, non si spostano, rimanendo posate in un contatto bruciante sui miei fianchi.

 
La maglietta si deve essere alzata con tutto questo movimento e i suoi polpastrelli mi solleticano la pelle scoperta in un contatto bruciante.

 
- Sei impossibile - soffio, un po’ ansimate, contro il suo collo.

 
Lui ride, non so se per il solletico provocato dal mio sussurro o per la mia risposta.

 

Il silenzio cala però fra noi un secondo dopo, ma non è di quelli opprimenti e imbarazzanti, tutt’altro. È morbido e pacato, di quelli rilassanti e confortanti. Quasi intimo.

 
Il mio petto si alza aritmicamente a causa del respiro ancora irregolare , sfregando contro il suo in una piacevole e delicata frizione.

 
Socchiudo gli occhi, sfregando lievemente la guancia contro il tessuto morbido della sua maglia e inspirando il suo profumo, godendo della sensazione di pace che quel contatto mi provoca.

 
Non so se sia un bene o un male, ma quando siamo vicini o anche solo mi sfiora smetto di pensare, annullando totalmente tutti i pensieri.

 
Lo so, è una cosa contraddittoria visto che sono proprio questi contatti a provocarmi dubbi e pensieri, ma è quello che mi accade.

 
- Ti sei addormentata?- chiede in un sussurro impercettibile Ian, come se avesse paura di svegliarmi.

 
Appoggia la guancia sui miei capelli, sistemandomene una ciocca dietro l’orecchio.

 

- No - sorrido dolcemente per quel semplice gesto.

 
È proprio questo di cui parlavo prima, di questi piccoli gesti spontanei e naturali.

 
La sua mano si sposta, muovendosi in una lunga carezza dalla base della schiena fino alle spalle, che circonda con un unico movimento fluido avvicinandomi di più a lui.

 
Con la punta delle dita gioca poi con i miei capelli gonfi e scompigliati per il sonno e l’umidità, arrotolandosene una ciocca intorno alle dita.

 
Avviluppata in questa sorta di abbraccio mi sento tremendamente bene, calma e al sicuro. Una sensazione semplice e complicata al col tempo.

 
A interrompere questo momento perfetto ci pensa però il trillare acuto e fastidioso della sveglia.

 
Sbuffo, mugugnando improperi di ogni tipo contro quell’odioso aggeggio.

 
- Mi sa che è ora di alzarsi – mormora Ian, senza tuttavia muoversi se non per spegnere la sveglia con una mossa secca della mano.

 
Annuisco e dopo un attimo , seppur molto a malincuore, mi scosto da lui, sedendomi al centro del letto con le gambe incrociate. Il lavoro chiama, purtroppo.

 
Con un sospiro si tira su anche lui, lasciandomi un bacio sulla guancia – che mi fa fibrillare il cuore e socchiudere gli occhi deliziata - e poi alzandosi in piedi.

 
- La vuoi fare prima tu la doccia?- mi domanda ai piedi del letto e per un attimo la figura del mio sogno, nella sua stessa posizione, si sovrappone a quella di Ian.

 
Mi mordo il labbro inferiore, torturandolo con i denti.

 
Vorrei farla con te la doccia, è la risposta automatica della parte senza freni di me che preme per uscire allo scoperto.

 
- No, non ti preoccupare. Falla pure tu. - gli sorrido con un’espressione angelica totalmente in disaccordo con i miei pensieri poco casti, cercando di trattenere gli ormoni che mi urlano di buttarmi nella doccia con lui.

 
- Ok - mormora con un’alzata di spalle.

 
Con un movimento sciolto si toglie la maglietta del pigiama, facendomi irrigidire e trattenere il respiro fino quasi a soffocare.

 
Ecco, fare dei sogni poco casti su Ian e poi ritrovarselo davanti a petto nudo non aiuta per nulla a placare gli ormoni.

 
Cerco di tenere puntati gli occhi sul suo volto e di non farli finire in altri posti mentre lui si dirige verso il bagno.

 
Mi lascio cadere all’indietro sul letto con un piccolo rimbalzo non appena la porta si chiude e percepisco l’acqua scorrere nella doccia.

 
Sospiro passandomi una mano fra i capelli. No, non aiuta per niente.

 

 

 

************************

 

 

 

 

 

 

 

Con un sorriso smagliante ed Ian al mio fianco, che sta scrivendo un messaggio a non so chi, metto piede nella sala ristorante dell’hotel già gremita di gente.

 
Questa mattina abbiamo girato insieme alcune scene fra Damon ed Elena ed ora ho una fame da lupi.

 
Individuo facilmente gli altri, seduti al solito tavolo al fondo della sala e con pochi passi li raggiungiamo.

 
- Buon giorno ragazzi!- trillo allegra, scoccando un bacio sulla guancia a Paul e un sorriso a Torrey.

 
Sempre con il sorriso sulle labbra mi siedo al mio solito posto, tra Ian e Paul.

 
Oggi mi sento tremendamente felice e , anche se non avrei mai pensato di dirlo in vita mia, amo la pioggia.

 
- Come mai così di buon umore?- mi chiede Paul, notando subito il mega sorriso che mi illumina il volto.

 
Ho già le labbra schiuse per rispondere ma lui, come se gli avesse improvvisamente attraversato la mente un’idea, allunga il collo oltre di me fissando Ian che si è appena seduto .

 
- C’entri qualcosa, per caso ?- gli chiede un secondo dopo sospettoso, riservandogli quasi un’occhiataccia diffidente.

 
Confusa da quell’uscita, sbarro gli occhi. Per quale diavolo di ragione Ian dovrebbe c’entrare qualcosa con il mio buon umore?

 
Ian si limita a ridacchiare divertito da quella insinuazione, alzando poi le mani e scuotendo la testa in segno di diniego.

 
- Dovrei?- chiede, ma dalla sfumatura divertita e dal brillio emblematico nei suoi occhi sembra quasi che lui sappia il perché di quell’accusa.

 
- Lascia perdere – fa un gesto vago con la mano, continuando comunque a lanciargli strane occhiate, che oltretutto Ian ricambia con un lieve sorriso.

 
Senza capirci niente continuo a fissarli sconcertata, non comprendendo assolutamente quello sguardo …di intesa. Si, sembra quasi che nasconda qualcosa dietro, ma forse è solo una mia impressione.

 
- Come mai sei così felice?- ripete Paul strappandomi dai miei pensieri, tornando a voltarsi verso di me e scrutandomi attento.

 
- Mi hanno dato la giornata libera!- affermo eccitata aprendomi in un sorriso smagliante, suscitando subito una smorfia immusonita da parte sua.

 
- Non è giusto! Anche io la voglio - protesta quasi infantilmente, facendo ridere me e Torrey.- Perché solo a te?-

 
- Dovevo girare una scena all’aperto, ma visto che piove non si può fare – spiego con un’alzata di spalle - Passerò tutto il pomeriggio a dormire e ad oziare - mormoro estasiata dal mio stesso programma, immaginandomi già immersa fra i cuscini e le coperte del letto.

 
E’ una vita che non dormo otto ore di fila e ora che ne ho la possibilità mi sembra quasi un miraggio.

 
- Potresti evitare di vantartene così sfacciatamente, almeno ?- sbuffa Paul mettendo su il broncio – Io devo girare fino alle nove di stasera e il tuo buon umore non mi aiuta molto -

 
- Pensa che io è tutta la mattina che la sopporto - afferma Ian, beccandosi una mia occhiataccia risentita.

 
- Sapete cosa farò anche? Guarderò un mucchio di tv, sono rimasta indietro con Grey’s anatomy e CSI Miami – continuo ad illustrare il mio programma, ignorando del tutto i loro commenti e ottenendo l’approvazione di Torrey.

 
- L’ultimo episodio era strepitoso – annuisce convinta lei.

 
Un dubbio interrompe però i miei progetti di ozio per il pomeriggio e le lamentele di Paul.

 
Mi volto verso Ian con le sopracciglia aggrottate così rapidamente da guadagnarmi un suo sguardo stupito.

 
- Hai chiamato la lavanderia, vero?- gli chiedo a brucia pelo e totalmente fuori luogo.

 
- Perché? - chiede di rimando un po’ confuso, procurandosi subito una mia occhiataccia.

 
- Come perché?- inarco inquisitoria un sopracciglio.

 
- Dovevo pensarci io?- mi domanda ancora lui, sorpreso e anche un po’ confuso .

 
- Si - sbuffo per questa sua dimenticanza, roteando gli occhi al cielo. E il bello è che gliel’ho anche ricordato stamattina prima di uscire.

 
- Io ho portato in lavanderia la biancheria, toccava a te andarla a ritirare - gli spiego lentamente, come se parlassi con un bambino non troppo sveglio.

 
E’ proprio un maschio, sbuffo.

 
- Ne sei sicura?- afferma ancora scettico, aggrottando le sopracciglia nel chiaro tentativo di ricordarsi se toccava a lui o a me.

 
- Certo che ne sono sicura!- sbotto indispettita, incrociando le braccia al petto.

 
- Ok, me ne sono dimenticato - ammette finalmente aprendo le braccia - Comunque non puoi passarci tu visto che hai la giornata libera? – butta lì, prendendo una forchettata del suo risotto.

 
Con gli occhi sbarrati lo fisso incredula, come se avesse detto un’eresia.

 
- Stai scherzando, vero? Non rovinerò i miei progetti di ozio perché tu ti sei dimenticato di passarci - mi imbroncio, stringendo maggiormente le braccia al petto.- Sono due settimane che non dormo più di otto ore di fila e sono stanca morta –

 
- Se per questo anche io sono stanco visto che qualcuno di notte scalcia e non mi lascia dormire.- si lamenta, lanciando un’occhiata eloquente al mio indirizzo.

 
- Se non ti va bene puoi sempre andare a dormire da Paul - assottiglio lo sguardo offesa, stringendo le labbra in un broncio. – E poi io non scalcio -

 
- Mi dispiace amico, ma da me non c’è posto - afferma Paul con un sorriso divertito dal battibecco, appoggiando un braccio sulle spalle di Torrey.

 
- Grazie tante, eh - si finge offeso Ian, per poi voltarsi verso di me con un sorriso dolcemente ruffiano - E poi io adoro i tuoi calci, non saprei più dormire senza - tenta di adularmi con scarsi risultati.

 
Si protende verso di me, provando a darmi un bacio sulla guancia ma io mi scosto imbronciata.

 
Lui, testardo, afferra allora  la mia sedia e, facendo forza con le braccia, mi avvicina a se con un piccolo strattone.

 
- Ci passerò oggi pomeriggio. Contenta?- mi soffia all’orecchio, avvicinandosi poi al mio viso fino a posare le sue labbra sulla mia guancia, in un bacio leggero e delicato

 
- Ti conviene farlo – socchiudo gli occhi, cercando di ignorare il formicolio nel punto esatto in cui si sono posate le sue labbra - Se no, dormi sul divano - lo minaccio facendolo ridacchiare.

 
- Oggi è la secondo volta che lo dici, mi stai implicitamente invitando ad andarmene?- ribatte divertito, per nulla toccato da quello che ho detto.

 
Sa, infatti, che tanto non lo farei comunque, anche se non passasse dalla lavanderia.

 
Ho già le labbra schiuse per ribattere ma la battuta di Paul mi fulmina sul posto. Letteralmente.

 
- O mio Dio ! Sembrate una coppia di sposini alle prime armi !- scherza con una risata corposa, lanciandoci uno sguardo divertito che però mi gela.

 
Allibita mi volto verso di lui, gli occhi sbarrati e le guance che si tingono velocemente di rosso vermiglio man in mano che il mio cervello assimila la frase.

 
Sembrate degli sposini alle prime armi..

 
Percepisco il cuore battere tumultuoso nel petto, provocandomi un fastidioso ronzio alle orecchie e le palpitazioni.

 
Il silenzio cala prepotentemente sulla tavola, dal momento che nessuno sa cosa dire.

 
È solo una battuta, mi dico. Ma allora perché mi ha colpito e imbarazzato così tanto?

 
Volto lievemente il volto verso destra, per vedere la reazione di Ian.

 
Con mia grande sorpresa lo trovo già intento a fissarmi e, non appena si accorge del mio sguardo, si limita a sorridermi. Non sembra apparentemente toccato da quello che ha detto Paul, visto che ghigna maliziosamente divertito e anche un po’ compiaciuto.

 
Come se non fossi già abbastanza imbarazzata, ci pensa lui un secondo dopo a farmi arrossire ancora di più.

 - Te lo avevo detto che Elena avrebbe scelto Damon, alla fine – ammicca appoggiando il braccio sullo schienale della mia schiena.

 
Mi mordo le labbra, boccheggiando a quelle parole enigmatiche. Cos’è oggi, la giornata “facciamo arrossire Nina” ?

 - Oh andiamo, lo sai anche tu che non è vero. Lo dici solo perché tu e Nina..- ma si interrompe bruscante, lasciando la frase in sospeso, a causa di una gomitata della sua fidanzata. – Che c’è?- le chiede poi, guardandola confuso per quel gesto.

 
- Buono il risotto, vero?- cambia repentinamente discorso Torrey, ricevendo il mio sguardo di gratitudine.

 Per fortuna, quella conversazione cade in fretta nel dimenticatoio e fra una chiacchiera e l’altra arriva la fine della pausa pranzo.

 - Ricordati di passare in lavanderia - gli ricordo ancora una volta, facendolo sbuffare.

 - Me lo hai già detto tre volte - si lamenta appoggiando un braccio contro il muro.

 Stiamo aspettando che arrivi l’ascensore. O meglio, io lo sto aspettando visto che lui deve tornare a girare.

 
- Ti aspetto per cena?- gli chiedo poi, voltandomi nuovamente verso di lui.

 
- Si, a quell’ora penso di esserci – annuisce, passandosi una mano fra i capelli corvini.

 
A queste parole un sorriso involontario tende le mie labbra, venendo subito intercettato dal suo sguardo attento. Parliamo davvero come due sposini, è il pensiero spontaneo che mi arrossa le guance.

 
- Che c’è?- mi chiede subito Ian aggrottando le sopracciglia a quella reazione.

 
- Nulla - scuoto la testa, sorridendogli ancora mentre le porte dell’ascensore si aprono davanti a noi – Ci vediamo stasera, allora. – lo saluto.

 
Mi alzo sulle punte e, puntellandomi sulle sue spalle, gli lascio un bacio sulla guancia.

 - A dopo -

 Entro nell’ascensore con ancora quel ridicolo e improbabile pensiero che mi frulla  nella mente.

 

Sembrate degli sposini alle prime armi..

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

***********************

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Canticchiando una vecchia canzone, ripongo il phon nel cassettone del mobile del bagno e poi mi pettino i capelli con la spazzola, sciogliendo gli ultimi nodi.

 Ah, mi sento dannatamente bene! Ho passato l’intero pomeriggio a non fare niente se non guardare la tv e dormicchiare, cosa che non mi capitava da un anno ormai.

 Solo ora, senza il rumore dell’asciuga capelli, mi accorgo che nell’altra stanza al vociare della televisione si è sovrapposta la voce di Ian. Sembra che stia parlando con qualcuno, al telefono probabilmente.

 Con le sopracciglia aggrottate, tendo maggiormente l’orecchio nel tentativo di capire qualcosa, senza riuscirci.

 Indecisa, pondero l’idea di uscire e soddisfare la mia curiosità, ascoltando direttamente la conversazione, per poi abbandonarla.

 Non voglio essere invadente o, peggio, inopportuna. Tanto sarà o la sorella o la madre visto che le sente ogni giorno, mi convinco.

 Placando il mio desiderio di sapere, che oltretutto si sta facendo sempre più pressante, continuo a spazzolarmi i capelli.

 Totalmente rigenerata e avvolta nel mio pigiama caldo, esco poco dopo dal bagno ritrovandomi davanti Ian appoggiato con la schiena alla testiera del letto e le gambe allungate.

 
- Finalmente!- mi accoglie lui, abbandonando la rivista che stava leggendo al suo fianco - Pensavo fossi caduta nella doccia - scherza sulla mia lentezza a farmi la doccia.

 
- Ahaha, simpatico - fingo una risata facendo il giro del letto per poi sedermici sopra.

 Mi lego i capelli in una treccia bassa, percependo nitidamente il suo sguardo sulla mia pelle ancora accaldata dall’acqua calda.

Deglutisco, decidendo di soddisfare finalmente la curiosità che mi attanaglia lo stomaco.

 - Con chi parlavi, prima? - volto lievemente il volto nella sua direzione, cercando di sembrare il più disinteressata possibile.

 - Oh, con tua madre – afferma con tutta la naturalezza di cui dispone, come se fosse un’azione abituale

 Di scatto mi volto verso di lui, con gli occhi sbarrati e le labbra dischiuse dalla sorpresa.

 - Mia ..mia madre? – balbetto, arrossendo non so neanche io per cosa.

 Forse per il fatto che mia mamma potrebbe aver frainteso la situazione, o forse per la circostanza in se stessa, davvero strana e ambigua.

 - Si, mi stavo dimenticando di dirtelo – sorride tranquillo e rilassato, neanche fosse la cosa più normale al mondo - Ha chiamato sul tuo cellulare ma eri sotto la doccia, così ho risposto io -

 
Sempre più allibita e sorpresa continuo a fissarlo con le labbra dischiuse, totalmente sconcertata.

 
- Ti saluta. Ha detto che ti richiama domani, così non ci disturba stasera.- continua con un alone di sorriso malizioso sulle labbra, ma io sono troppo shockata dal fatto che abbia parlato con mia madre per rendermene conto.

 Benissimo, socchiudo gli occhi, ci mancava solo che mia madre pensasse che avessimo un appuntamento.

 
Domani tenterà di strapparmi qualche ammissione dalla bocca in ogni modo, ovviamente non credendo assolutamente alla storia del “no, fra noi non c’è niente perché siamo solo amici”.

 - Sei infastidita?- mi porta a riaprire gli occhi la voce lievemente tesa di Ian.

 
Rialzo gli occhi, puntandoli nei suoi così limpidi da stordire.

 
- No…solo è.. strano - ammetto in un sussurro, sorridendogli tremendamente imbarazzata per quella rivelazione e stringendomi tra le spalle.

 
Con le dita torturo il bordo del cuscino, spiegazzandolo nervosa per il silenzio calato fra noi.

 
- Comunque non mi avevi mai detto di avere una mamma così simpatica - afferma scherzosamente un attimo dopo, tentando di alleggerire l’atmosfera e, per fortuna, ci riesce.

 
- Da qualcuno dovevo pur aver preso - sorrido consapevole del fatto che l’imbarazzo di poco prima si sta sciogliendo del tutto.

 - Guardiamo il film?- gli chiedo poi, allontanando definitivamente la precedente conversazione.

 
Lui annuisce e io mi alzo nuovamente per inserire il dvd nel lettore, tornando poi a sedermi.

 
Faccio partire il film, che riempie lo schermo con i titoli di testa.

 
Nella penombra della stanza Ian si volta verso di me, sorridendo e aprendo le braccia affinché mi ci accoccoli.

 
Lo guardo momentaneamente indecisa, combattendo con me stessa. Combattendo con i soliti dubbi.

 
Mi lascio andare con il rischio di oltrepassare la linea spessa e rossa che ho tracciato oppure pongo fine al divertimento lasciando il nostro rapporto così come è , da amici?

 
Lo fisso ancora per un secondo, mentre la tentazione che leggo in quegli occhi azzurri sortisce sempre più effetto.

 
Mentre quegli stessi occhi mi lasciano intravedere un qualcosa  che prima non avevo mai visto.

 
Un qualcosa che mi rassicura e spaventa al col tempo, che è promessa di lidi tranquilli e di furiose tempeste.

 
E io faccio l’unica cosa possibile in questo momento. L’unica che voglio fare ora.

 
Mi appoggio contro di lui, lasciandomi circondare dal suo braccio dolcemente posato sulle spalle e dal suo calore.

 
Emetto un sospiro, percependo il cuore fare le capriole nel petto  e le farfalle tornare a svolazzare allegre nel mio stomaco.

 
Alzo gli occhi su di lui, trovandolo intento a scrutarmi con un sorriso svagato e luminoso.

 
I nostri occhi rimango legati per alcuni secondi, in uno strano gioco di sguardi ed emozioni.

 
Veniamo richiamati alla realtà dai protagonisti del film che parlano.

 
Sposto lo sguardo sulla televisione, sempre più consapevole che la linea rossa che avevo tracciato si sta assottigliando sempre di più.

 
Fino quasi a scomparire.

 

 

 

 

 

Salve!

 

Ed eccovi anche il quinto capitolo della storia. Come al solito procedo con le spiegazioni per punti:

 

1- 1-I personaggi di questa storia non mi appartengo ( purtroppo) e non li utilizzo per alcun scopo di lucro.

2- 2- Questo capitolo mi ha provocato non pochi problemi. L’ho riscritto più volte perché non mi piaceva e anche ora non ne sono del tutto convinta.

E’ stato più difficile di quanto pensassi buttare giù le idee in modo che non sembrassero troppo finte e forzate. Spero , comunque, che non faccia totalmente schifo e che non ci siano errori di ortografia, anche se qualcuno mi scappa sempre nella rilettura. È per questo che ci ho messo molto a postare.

 

2-   3-Apparentemente è un capitolo in cui non succede molto ma in realtà c’è una sorta di svolta, cche sarà ancora più chiara dal prossimo capitolo. So che probabilmente molte di voi si aspettavano una svolta più decisa, magari un bacio o qualcosa di più, e mi scuso per aver disatteso le vostre aspettative, ma non mi sembrava coerente con la storia fare un salto del genere.

      non sarebbe stato giusto nei confronti dei personaggi. Una svolta,ripeto, c’è stata e anche importante. Leggete bene l’ultima parte e capirete. I pensieri di Nina sono cambiati nel corso del capitolo.  Da ora Nina si lascerà andare perché la linea che aveva tracciato è scomparsa. Non vuole avere più limiti e non se ne imporrà, perché qualcosa le ha fatto cambiare idea e l’ha convinta a lasciarsi andare. Questo non vuol dire che nel prossimo capitolo si baceranno sicuramente o si salteranno addosso perché ripeto non sarebbe coerente con la storia, per ora. Ma non vuol dire neanche che non accadrà. Lo so sembro contraddittoria ma non posso spiegarvi bene perché se no vi rovinerei la sorpresa. Vi posso dire che però nel prossimo capitolo ci sarà una svolta nel bene e nel male.

     Spero di essermi spiegata chiaramente, ma se avete dei dubbi chiedetemi pure sia privatamente che tramite le recensioni e io sarò ben felice di rispondervi.

 

3- 4-Mi scuso per il ritardo nel postare questo capitolo, ma sono stata un po’ incasinata perché ho dovuto studiare per il test di ammissione all’università. Il prossimo capitolo non so ancora con precisione quando arriverà, ma penso di non metterci molto perché ho già qualche idea in testa.

 

4- 5 -GRAZIE alle splendide 7 ( e dico 7!) persone che hanno recensito lo scorso capitolo. Non so che altro dire se non GRAZIE. Mi hanno fatto enormemente piacere i vostri pareri e i vostri incoraggiamenti. È la cosa più bella che uno scrittore possa ricevere, perché sapere che il lavoro che uno fa è apprezzato invoglia a continuarlo e ripaga della fatica. Devo però un grazie particolare a due persone: a Cla, che mi ha sopportato mentre ero in crisi per questo capitolo che non riuscivo a scrivere aiutandomi a capire cosa non andava, e a Missdelena97 che è ormai la mia designer e sponsor officiale e che mi sopporta sempre anche lei. Mi sa che ti devo aumentare lo stipendio tesoroJ Grazie ragazze!

 

5- 6-L’immagine che trovate all’inizio è stata creata da Missdelena97, così come anche il video trailer ad inizio pagina che vi consiglio di vedere perché è strepitoso. Vi lascio il link anche qui comunque 

 

6- 7-Come al solito vi invito a recensire perché mi farebbe davvero piacere sapere cosa pensate, soprattutto di questo capitolo che non mi convince molto.

 

7- 8-Ho notato che siamo già a 27 recensioni e che ne mancano solo 3 alle 30 recensioni, un traguardo a cui auspicavo come miraggio quando ho iniziato a scrivere questa fan fiction. Così ho pensato ad una cosa per “festeggiare”.

 

Nel settimo capitolo farà la sua comparsa un personaggio che avrà un ruolo importante nella storia. Ora vi lascerò una serie di potenziali personaggi e chi riuscirà ad indovinare riceverà uno spoiler sul prossimo capitolo, cioè il sesto:) . Ho disseminato qua e là qualche velato indizio e qualcuno depistativo …vediamo chi indovina.

 

I potenziali personaggi sono:

 

1- 1-Mamma di Nina.

 

2- 2-Robin, sorella di Ian.

 

3- 3-Alexander, fratello di Nina

 

4- 4-Mamma di Ian.

 

5- 5-Robert, fratello di Ian.

 

6- 6-Megan, ex di Ian.

 

Spero di non aver dimenticato di dire nulla. Recensite, mi raccomando.

 

Kiss Kiss Live in love.

 

PS: la prossima storia che aggiornerò è…rullo di tamburi… I WILL ALWAYS CHOOSE YOU

 

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Capitolo 6
*** Echo ***


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 Vorrei dedicare questo capitolo

Ad Ali e Jess che sono le fan numero uno delle mie storie,

Alle magnifiche 13 persone che hanno recensito

 lo scorso capitolo

E, infine, a tutti i lettori silenziosi.

Grazie.

PS:  Vi lascio qua i link dei video trailer della fanfiction fatti da Missdelena97 TRAILER 1...TRAILER 2

                

 

 

 CAPITOLO 6

 

 

ECHO.

 

 

 

Sorridente e spensierata attraverso tutto il corridoio fino a raggiungerne il fondo.

 Oggi è proprio una giornata perfetta: ho dormito per quasi dodici ore di fila, mangiato il mio dolce preferito a colazione, ho  passato la mattinata a fare yoga, pranzato con Ian e, ultima cosa ma per questo non meno importante, ho ricevuto in anteprima esclusiva i copioni degli episodi che gireremo a gennaio.

 Kevin mi ha dato gli script degli episodi otto e nove, con la rigorosa promessa di non mostrali a nessuno e,  una volta letti, di restituirglieli. Cosa davvero strana visto quanto è geloso delle sue opere, oltretutto.

 L’ha fatto perché ha detto che ci sono scene importanti sia per Katherine che per Elena e vuole che io mi prepari al meglio per interpretarle, studiandole nel minimo dettaglio.

 A giudicare dallo spessore anomalo del plico di fogli, direi che ci saranno davvero molti colpi di scena e cose interessanti a dissetare la mia assetata curiosità. O almeno lo spero.

 Inoltre, svegliarsi  con il profumo di  Ian a stordirmi e un suo braccio avvolto mollemente intorno ai fianchi ha decisamente contribuito - oltre a compiacere tremendamente i miei ormoni- a rendermi di buon umore.

Si, sorrido contenta,  davvero un giorno fantastico.

 - Ciao Nick !- saluto allegra l’addetto ai microfoni, che mi passa di fianco con un mucchio di fili ingarbugliati ad occupargli le braccia.

 Con passo spedito supero anche la porta della stanza costumi, arrivando finalmente alla mia ambita meta.

 Mi fermo davanti all’ultima porta bianca, su cui spicca la vistosa targhetta rossa a caratteri neri con su scritto “ Sala Relax”.

 Nonostante sia una saletta messa a disposizione di tutto lo staff, non ci viene quasi mai nessuno e io stessa l’ho usata solo qualche volta in due anni. 

 Oggi, però, visto che ho mezz’ora libera prima di iniziare a girare nuovamente e voglio starmene in santa pace, ho deciso di sfruttarla al meglio per il mio scopo.

 Sospiro estasiata stringendomi al petto i fogli, attenta però a non sgualcirli, pregustando già di immergermi  nella lettura e fra i cuscini morbidi del piccolo divanetto.

 Con questi piani in testa appoggio la mano sulla maniglia, facendo pressione  ed aprendola sgusciandovi poi dentro.

 Ciò che vedo manda però totalmente  in scompiglio i miei progetti, facendomi schiudere sorpresa le labbra e aggrottare le sopracciglia.

 - Uhh, ci siete già voi ! - mugugno tra l’infastidito e lo stupito, imbronciandomi vistosamente.

 Incrociando le braccia al petto e socchiudendo gli occhi, fisso quasi in cagnesco Paul e Ian comodamente seduti sul divano grigio di fronte a me, proprio dove dovrei essere io.

 E io che speravo di starmene in santa pace a leggere i nuovi copioni, sbuffo.

 - Anche io sono felice di vederti, tesoro !- afferma sarcastico Paul, sorridendo però divertito dal mio broncio.

 Ian alza momentaneamente gli occhi dalla rivista che ha in mano, lanciandomi un breve sguardo e un sorriso complice che fa aumentare il battito del mio cuore a dismisura.

 - Non potete andarvene?- chiedo innocentemente a brucia pelo , assomigliando più ad una bambina di cinque anni che ad una ragazza adulta della mia età.

 - Cos’hai mangiato stamattina a colazione? Biscotti e gentilezza?- scherza ancora Paul, facendo ridacchiare divertito Ian, che abbandona del tutto la rivista che stava leggendo, e corrucciare di più me.

 - Ahaha simpatico - fingo una risata, avvicinandomi e fermandomi ai piedi del divano.

Mi scosto una ciocca di capelli dal volto, tornando poi ad incrociare le braccia sotto il seno e fissare corrucciata Paul.

 Il tutto sotto lo sguardo bruciante  di due occhi adamantini che non mi lasciano un secondo,  percorrendo interamente la mia figura e provocandomi brividi con conseguenti pensieri davvero poco casti.

 È possibile che basti solo un suo sguardo per aizzare i miei ormoni e azzerare i miei pensieri?

Mi mordo un labbro, cercando, a fatica, di non fare troppo caso al suo sguardo infuocato.

 E’ pazzesco di come la tensione sessuale sia arrivata alle stelle fra di noi dopo la sera in cui abbiamo visto il film, cioè una settimana fa.

 A volte, ho la sensazione di poter cedere alla tentazione da un momento all’altro, soprattutto quando siamo troppo vicini. Ora come ora, anche una carezza un po’ troppo lunga basterebbe ad accendere la miccia.

 - Mi lasciate il posto? - chiedo un secondo dopo, accantonando quel pensiero e sfoderando gli occhi dolci con annessa espressione da cucciolo.

 - Non ci penso neanche - sghignazza Paul scuotendo la testa, continuando a prendermi vistosamente in giro.

 Ian non dice nulla, invece, limitandosi solamente ad un sorriso divertito  sulle labbra.

 - Ti prego, Paul. – continuo nella mia opera di convincimento, calcando sul suo nome col chiaro intento di farlo sentire in colpa e, quindi, farlo cedere. Con mio fratello funziona ogni volta e alla fine riesco sempre a convincerlo a fare ciò che voglio.

 Cosa che non sembra riuscirmi con Paul visto che continua a fissarmi divertito, senza però muovere un solo muscolo.

 - Stefan lo farebbe per Elena – sfodero la mia ultima arma : il broncio offeso.

 - Ho detto di no – ridacchia.

 - Dai, voglio solo leggere in santa pace i copioni!- protesto infine con uno sbuffo esasperato, guardandolo immusonita da sotto le ciglia scure.

 Lo sapevo, sarei dovuta andare nel mio camerino per avere un po’ di pace e tranquillità. La prossima volta darò ascolto solo al mio istinto e non alla mia pigrizia, che ha scelto il luogo più vicino.

 - Che copioni ? – chiede improvvisamente curioso Ian, intromettendosi per la prima volta nel discorso, e io solo in quel momento capisco di aver fatto un terribile errore: mi sono tradita con le mie stesse mani.

 Bene, e ora chi lo sente Kevin ? Come minimo mi ammazza seduta stante.

 - Non ci hanno dato nessun nuovo copione – aggrotta confuso le sopracciglia Paul e il suo sguardo cade di riflesso sui fogli che ho fra le mani.

 - Infatti, mi sono sbagliata – mi mordo colpevolmente il labbro, nascondendo velocemente la mano con i copioni incriminati dietro alla schiena – Intendevo dire che …volevo leggere un… libro – tento malamente di salvarmi in corner, finendo solo col balbettare una scusa patetica. Speriamo solo ci credano.

 - Cos’hai dietro la schiena? – mi chiede sospettoso Ian, con un sorriso malandrino ad increspargli le labbra e un luccichio negli occhi che non promette nulla di buono.

 - Nulla - mento spudoratamente stampandomi in faccia un sorriso angelico - Oh, si è fatto tardi devo andare! -

 Muovo un passo indietro, tentando di allontanarmi, ma non ho neanche il tempo di farne un altro che Ian mi afferra fulmineo per un braccio.

 Con un movimento fluido di minima forza mi tira verso di se, sbilanciandomi e facendomi finire seduta sulle sue ginocchia .

 - Ehi - ribatto offesa mentre le sue dita continuano ad avvolgermi il polso in una presa delicata e appena percettibile, proprio nel punto in cui si può percepire il battito cardiaco.

 Senza dire nulla con l’altra mano  mi ruba i due copioni, lanciandone uno a Paul e tenendosi l’altro.

 Lo guardo sempre più allibita, con le labbra leggermente schiuse e gli occhi allargati.

 - Fa pure, eh!- affermo sarcastica, inarcando un sopracciglio.

 Lui si limita a lanciarmi un sorriso smaliziato, iniziando poi a leggere senza, tuttavia, mollare la presa sul mio braccio.

 Sbuffo indispettita, venendo totalmente ignorata da loro due.

 Solo un secondo dopo, quando Ian si muove sotto di me per sistemarsi meglio, il mio cervello nota un particolare che aveva fin allora ignorato : sono seduta in braccio a lui.

 Arrossisco violentemente mentre un’improvvisa ondata  di calore mi pervade, focalizzandosi in particolar modo nel basso ventre in un delizioso formicolio.

 Boccheggio, sentendomi andare sempre di più a fuoco. È normale che senta improvvisamente un caldo insopportabile e l’impellente bisogno di togliermi i vestiti ?

 Il mio cuore perde un battito e la mia pelle si vela di brividi percependo il calore invitante del suo corpo sotto la camicia scura

 Le farfalle si agitano di più nel mio stomaco a questo pensiero, in sincronia con i miei ormoni che , scatenati, hanno iniziato a ballare.

 Lo fisso di sfuggita da sotto le ciglia , cercando di captare una sua eventuale reazione.

 È tranquillo come al solito e per nulla turbato dalla posizione in cui siamo, come fosse la cosa più normale del mondo .

 Prendo un respiro profondo, tentando di placare i miei ormoni ma finendo, di fatto, col prendere una boccata del suo profumo inebriante e afrodisiaco.

 È vicino, tremendamente vicino. I nostri toraci quasi si sfiorano talmente è esigua la distanza fra i nostri corpi. Basterebbe semplicemente una piccolissima spinta del busto per colmare totalmente la distanza che ci separa.

 Un respiro più profondo degli altri e il vuoto si trasformerebbe in un contatto voluttuoso, eccitante.

 Non siamo mai stati così vicini, esclusi gli abbracci e quando dormiamo. Ma in qualche modo questo è un contatto diverso, più intimo e profondo. Da coppia.

 Arrossisco, se è possibile, ancora di più a quel pensiero, rendendomi conto dell’ingestibiltà della mia mente.

 Per quanto mi imponga di andare con calma nel nostro rapporto e cerchi di trattenermi quasi a forza, c’è una parte di me che non può fare a meno di vederci sotto questa luce. Una luce diversa da cui sono sempre più attratta.

 - Katherine ha avuto un figlio? – mi riporta alla realtà la voce sorpresa e un po’ shockata di Paul, che mi fissa con gli occhi verdi sbarrati come se io fossi davvero Katherine.

 - Da chi, scusa?- chiede subito Ian interessato, facendomi roteare gli occhi al cielo. E meno male che ai maschi non piace il gossip!

 Ricordandomi che loro stanno leggendo i copioni che io dovrei leggere, tento di riprendermeli. Cosa che non mi riesce, oltretutto.

 - No, dai ragazzi, se Kevin scopre che ve li ho fatti leggere mi ammazza - affermo, protendendomi in avanti nel vano tentativo di afferrarli .

 - Vorrà dire che faremo a meno di Elena, allora – ridacchia maliziosamente Ian al mio orecchio, attirandomi di più a se  e beccandosi immediatamente una mia occhiataccia risentita.

 Il suo sussurro caldo e divertito, che si infrange contro il mio viso, mi provoca un delizioso brivido, facendomi socchiudere gli occhi quasi goduta.

 Non dimenticandomi però della sua battuta, gli do, un secondo dopo, un pugno leggero sulla spalla fingendomi offesa.

 Lui, per rabbonirmi,  mi da un bacio sulla guancia e io posso distintamente distinguere le sue labbra tese in un sorriso a contatto con la mia pelle ormai bollente.

 Dio, mi sento andare a fuoco ogni volta che solo mi sfiora.

 Ora i miei ormoni hanno praticamente messo su una coreografia dalla gioia.

 - Io ancora non ho capito perché li abbia dati solo a te in anteprima i copioni, comunque – mormora Paul lievemente  imbronciato, riemergendo dai fogli del mio copione e guardandomi.

 - Interpretare due personaggi, ha i suoi vantaggi!- affermo mentre i capelli della nuca di Ian mi sfiorano deliziosamente il palmo, invitandomi tentatori ad affondarvi una mano dentro.

 Invito che riesco miracolosamente a declinare.

- Sicura che non sia perché Jared ha un debole per te? – ribatte lui, lanciandomi un’occhiata maliziosamente divertita.

 - Ancora con questa storia?- roteo gli occhi al cielo per quell’insinuazione del tutto falsa.

 Paul è convinto da un po’ di mesi che Jared, il segretario di Kevin, abbia una cotta per me solo perché è gentile e mi ha offerto una volta un caffè. Cioè, è assurdo!

 - Ah si? – chiede improvvisamente interessato Ian, abbandonando del tutto il copione che stava leggendo e voltandosi, con gli occhi chiari lievemente assottigliati, verso Paul.

 Reazione che mi infonde inspiegabilmente una sensazione di compiaciuta sicurezza.

- Non dirmi che non te ne sei mai accorto!- afferma  - Cioè le ronza sempre intorno. E poi non ti sei mai chiesto come faccia ad avere sempre i copioni in anteprima? – ride.

 Il mio imbarazzo aumenta ancora di più a quelle parole e di certo due occhi tremendamente azzurri a lambirmi sospettosi  non mi aiutano molto. Tutt’altro.

 - Paul! - lo riprendo tentando di tirargli un calcio col solo risultato di andare a vuoto e sbilanciarmi.

 Ci pensa però la mano di Ian, appoggiata saldamente alla base della mia schiena, a mantenermi in equilibrio.

 Mi inarco istintivamente a quel contatto, percependo il cuore accelerare al tocco leggero dei suoi polpastrelli.

 - E’ capitato solo due volte che avessi il copione prima degli altri, e con questa fanno tre in due stagioni.- puntualizzo risoluta.

 Percepisco decisamente lo sguardo indagatore di Ian  su di me e, come richiamata da suoi occhi, inclino il volto verso di lui specchiandomi in essi.

 Mi fissano attenti, scrutatori, tentando di capire se io stia dicendo o no  la verità e io li lascio fare, non avendo nulla da nascondere.

 Così chiari e limpidi provano a scrutarmi più in profondità e, per un singolo attimo, ho quasi paura che possa leggere nei miei occhi un qualcosa di cui neanche io sono a conoscenza. O forse, che non sono semplicemente pronta a riconoscere.

 - Come vuoi…ma io continuo a pensare che abbia una cotta per te – bofonchia cocciuto Paul con una alzata di spalle, riprendendo poi in mano il copione.

 Non riuscendo a trattenere un sorriso divertito, a causa delle sue smorfie sarcastiche, ma volendo comunque fargliela pagare, afferro un cuscino e glielo lancio, beccandolo su una spalla.

 Sembra un bambino quando fa così, ha ragione Torrey.

 - Ok, ok, la smetto – ammette in un a risata argentea, alzando le mani in segno di resa e tornando successivamente alla sua lettura.

 - Sarà meglio - gli intimo.

 Non mi piace parlare di queste cose davanti ad Ian, anche se so che Paul scherza.

 Mi sento stranamente a disagio. Non voglio che pensi chissà cosa, tanto più che non è assolutamente vero.

 - Uhh - fischia sorpreso Ian richiamandomi alla realtà, leggendo chissà cosa nei fogli del copione e aizzando a dismisura la mia curiosità.

- Cosa? - chiedo subito interessata allungando il collo per vedere, sbilanciandomi di fatto in avanti senza, per di più, riuscire a sbirciare niente.

 La mia spalla finisce inevitabilmente a contatto con la parte alta del suo torace, facendomi percepire ancora di più il calore invitante del suo corpo sotto la camicia.

 Mi mordo quasi a sangue le labbra, cercando di non cedere alle pressanti richieste dei miei ormoni che mi dicono di fregarmene di tutto – Paul compreso, seduto comodamente al nostro fianco – e baciarlo fino a rimanere senza respiro. E magari di andare anche oltre, appagando appetiti non repressi del tutto.

 Chissà per quale miracolo divino riesco a trattenermi dal saltargli addosso, seppur con uno sforzo disumano.

 Ecco, ho parlato troppo presto.

 Come se già stargli seduta in braccio non mi procurasse abbastanza brividi di eccitazione e piacere, lui mi passa un braccio intorno ai fianchi un secondo dopo.

 Con una lieve pressione mi sistema meglio su di lui, di fatto avvicinandomi ulteriormente al suo corpo invitante. Troppo invitante per essere ignorato.

 Di riflesso gli appoggio l’altra mano sul petto, non riuscendo più a trattenermi dal toccarlo in modo diretto. Voglio toccarlo, ne ho bisogno e la parte di me che è  stufa di doversi sempre trattenere si sta facendo sentire in modo pressante, quasi sovrastandomi.

 Percepisco distintamente i muscoli contrarsi in modo impercettibile sotto il mio tocco leggero, rilassandosi un secondo dopo come deliziato da quel contatto.

 Un sorriso leggero gli increspa inspiegabilmente le labbra e la sua mano aumenta lievemente la presa sulla mia vita, avvolgendomi di fatto in un abbraccio avviluppante.

 L’orgoglio di donna che è in me non può fare altro che sorridere per quella reazione, ma il resto della mia mente è troppo impegnata ad ordinarmi di non saltargli addosso per recepire totalmente il messaggio e gioirne.

 Il suo braccio non si muove, rimanendo avvolto alla mia vita in una fasciante presa salda, le sue dita posate a solleticarmi il basso ventre provocandomi un delizioso formicolio che vorrebbe essere saziato.

 Quasi automaticamente le mie guance si velano di rosso e il battito del mio cuore accelera in una corsa tumultuosa al pensiero di come potrebbe essere placato. Modi davvero numerosi e…piacevoli, deglutisco a vuoto priva di salivazione.

 Sospiro impercettibilmente , ormai del tutto consapevole dell’effetto collaterale che la sua vicinanza mi provoca e che non può più essere ignorata. Che probabilmente non voglio ignorare.

Perché, anche volendo, non ce la farei più.

 -  A quanto pare Damon farà nuove conoscenze – afferma malizioso, stuzzicandomi e la breve  occhiata intrigata che mi lancia non mi sfugge.

 - Chi incontra? - chiedo curiosa, mentre, però, una punta di una sensazione sconosciuta ma fastidiosa mi stringe lo stomaco all’immagine di lui che si bacia con un’altra. E se dovessero anche fingere di andare oltre un bacio? Mi chiedo incomprensibilmente allarmata.

 La scaccio subito, dandomi della stupida per quella reazione insensata e fuori luogo. È il suo lavoro e io non dovrei provare comunque questa sensazione, ad ogni modo.

 Non sono nessuno e non ho alcun diritto di pensare queste cose, visto che noi non siamo null’altro che due amici.

- Una vampira di nome Rose – afferma pacato continuando a leggere con un sorrisino quasi snervate.

 -  Chissà come la prenderà Elena – ridacchio mentre la punta di nervosismo rimane, immaginandomi quali reazioni improbabili le faranno avere gli sceneggiatori

 Certo avessi letto il copione ora lo saprei, sbuffo.

 Tento di prenderlo dalle mani di Ian ma lui riesce a sfuggire fulmineo, bloccandomi saldamente con il braccio che ha ancora avvolto intorno al mio corpo.

 Alza poi gli occhi azzurri su di me, guardandomi divertito per i miei vani e buffi tentativi di prendere ciò che voglio.

Sono però le sue parole un secondo dopo, a gelarmi.

 - Damon non aspetterà Elena in eterno – afferma in risposta a quello che ho detto io un attimo fa, allargando gli occhi per sottolineare l’ovvietà di quelle parole.

 - Cosa vorresti dire, scusa?- mi sento di ribattere, quasi stizzita, allontanandomi lievemente da lui con il busto per poterlo guardare negli occhi.

 Inspiegabilmente quella frase mi provoca una dolorosa morsa di fastidio alla bocca dello stomaco.

 Come se fossi stata colpita io in prima persona e non il mio personaggio, lo guardo male. Delusa.

 Lui mi trafigge con uno sguardo diretto, il solito velo di imperscrutabilità a celare le emozioni più vere. Anzi sembra che sia lui a voler leggere qualcosa nei mie occhi e io mi sento inspiegabilmente nuda sotto quello sguardo che mi trafigge.

 - Damon non aspetterà Elena in eterno – ripete non distogliendo gli occhi dai miei, come se non ci fosse bisogno di nessun’altra spiegazione.

 Come se quelle stesse parole fossero depositarie di un’altra verità.

  E la paura che sia un riferimento indiretto a me si impossessa di me, sconvolgendomi.

  - Non attenderà per sempre che lei si decida. Ed in fondo è giusto così, forse. – continua.

 Lo trafiggo con un’occhiata offesa mentre quella sensazione inspiegabile torna a farsi sentire prepotente, pervadendomi di frustrazione. Il perché mi è ancora sconosciuto e in questo momento sono troppo impegnata a ribattere per pensarci.

 - Allora direi che fa decisamente bene a non sceglierlo, continuando a stare con Stefan - ribatto tagliente, forse fin troppo , irrigidendomi fra le sue braccia.

 La sua presa tuttavia rimane salda, continuando ad avvolgermi in modo soffice nonostante io vorrei solo alzarmi e allontanarmi da lui in questo momento.

 Tuttavia non lo faccio, rimanendo dove sono.

 Non so perché, ma ho quasi la sensazione che la discussione si sia spostata su altri campi, su altre persone. Semplicemente su di noi.

 Non so se sia questa la sua intenzione ma la mia mente non può fare a meno di rimandarmi analogie evidenti fra i personaggi che interpretiamo e noi stessi.

 Il parallelismo è evidente ai miei occhi, così opprimente da togliermi quasi il respiro.

 Io sono indecisa proprio come il personaggio che interpreto, non fra due ragazzi ma bensì fra i miei stessi istinti e pensieri. Non so cosa fare. O meglio lo so, ma ho paura.

 Una fottuta paura di scegliere di lasciarmi andare e poi capire di aver frainteso tutto, facendomi male e rovinando indissolubilmente tutto.

 Lui non mi aspetterà in eterno, non aspetterà che io mi decida a lasciarmi andare totalmente. E questo mi mette ancora più paura.

 E se avessi davvero frainteso tutti i suoi comportamenti? Mi chiedo mentre il mio cuore per un battito per la delusione bruciante di quella eventualità.

  Dannazione, mi ricorda però la parte istintiva e meno razionale di me, come è possibile che abbia frainteso quella deliziosa luce nei suoi occhi che mi invitava a lasciarmi andare fra le sue braccia e tutti i suoi gesti? No, è impossibile che io abbia frainteso tutto quanto.

 Damon non aspetterà Elena in eterno.

 Quelle parole mi rimbombano in mente, disperdendosi in un eco ridondante che non smette di propagarsi.

 Un eco da un  retrogusto dolce- amaro che mi stringe la bocca della stomaco  in una morsa  angosciante. Un eco che si frastaglia in mille domande senza risposte.

 Cos’era quella frase? Una sorta di metafora per farmi capire che non posso restare in un limbo di indecisione se rischiare, per andare oltre all’amicizia che abbiamo, o accontentarmi di quello che siamo ora, semplici amici?

Era una semplice commento oppure un invito a darmi una mossa ?

 Ancora confusa e sconcertata incontro i suoi occhi cristallini, imperscrutabili come non mai e, nonostante la sua vicinanza sia quasi assuefante, quelle parole continuano ad echeggiarmi in testa.

 Forse è solo una mia impressione. Una suggestione dettata dalla confusione fra ragione e sentimento in cui staziono da un po’. Da troppo tempo , forse.

 - Francamente , allora, non la merita – affermo decisa sentendomi colpita in prima persona, mentre le mie guance si infervorano di porpora.

 - Guarda, che questo non vuol dire che non tenga a lei – ribatte testardamente lui , cercando i miei occhi che però sfuggono volontariamente da quel contatto.

 Sono già confusa abbastanza di mio da questa sensazione indefinibile e senza senso e decisamente non ho bisogno di essere ulteriormente scombussolata dai suoi occhi.

 Rimango in silenzio, non sapendo cosa dire. Non sapendo cosa provo e cosa devo fare.

 - Motivo per cui resterà per sempre con Stefan – scherza Paul , riemergendo dalla sua lettura con un sospiro, evidentemente senza accorgersi della tensione che c’è fra me ed Ian.

 Gli sorrido quasi forzatamente, non riuscendo a togliermi quella maledetta frase dalla testa che continua a vorticarmi fastidiosamente nella mente.

 - Questo non vuol dire che Damon non continuerà a provarci. – afferma e ancora una volta mi sembra che le sue parole siano indirizzate a me e non al mio personaggio. Non so, forse sono solo pazza a vedere tutte queste cose dove non ci sono. Interpretare due personaggi mi starà facendo uscire di senno.

 Mi rivolto verso di lui, incatenando finalmente il mio sguardo scuro al suo cercando quasi una risposta in quegli occhi profondi.

 Una risposta che mi sembra di leggere e non  trovare al col tempo. Forse semplicemente una risposta che ho paura di trovare, perché comporterebbe abbandonare l’indecisione e imboccare definitivamente una strada. Sono pronta a farlo?

  Lui mi sorride, spostandomi dolcemente una ciocca di capelli dal viso e portandomela dietro l’orecchio in una lieve carezza.

 - Dico solo che se ha delle distrazioni non può essere biasimato per questo, non è detto che poi vi ceda. – afferma piano, rilassato – Anche se visto il punto di vista di Damon è molto probabile – scherza, tentando di strapparmi un sorriso.

 Mi attira a se, facendomi aderire totalmente al suo corpo tonico e le scariche elettriche di piacere tornano a farsi sentire prepotentemente, annebbiando e scacciando quasi i pensieri.

 Gli passo entrambe le braccia intorno al collo, lasciandomi stringere da lui e affondando  il capo sulla sua spalla.

 Sospiro, accantonando quei pensieri che so dovrò affrontare prima o poi, ma non in questo momento.

 Voglio semplicemente godermi la sua vicinanza, adesso. Ho bisogno della certezza di questo contatto, forse ora più che mai.

 Rimaniamo così finché sono siamo interrotti.

 - Io devo andare – afferma improvvisamente Paul, alzandosi e riconsegnandomi il copione.

Mi tiro nuovamente su col busto, afferrandolo, ed ho già le labbra schiuse per parlare ma lui mi precede.

 - Non ti preoccupare non dirò nulla a nessuno, tantomeno a Kevin –

 - Sarà meglio per te - gli intimo, non dubitando però della sua segretezza al riguardo.

 Paul scompare dietro alla porta bianca della saletta in un secondo, lasciandoci da soli.

 Nonostante ora ci sia un altro posto libero sul divano,  rimango dove sono.

 Il silenzio non ha neanche il tempo di cadere pacatamente su di noi che Ian lo rompe.

 - E così il segretario di Kevin ha una cotta per te ,eh?- soffia al mio orecchio, spostandomi i capelli tutti su una spalla.

 Mi volto, ritrovandomelo  a pochi centimetri dal mio volto.

 - Paul si fa i film – affermo risoluta, roteando gli occhi al cielo per la banalità di quella insinuazione.

 Ian continua a trafiggermi col il suo sguardo, aprendosi poi in un sorriso.

 - Meglio – soffia maliziosamente enigmatico fra i miei capelli, lasciandomi poi un bacio per nulla casto sulla guancia che mi manda in fiamme.

 Se prima i miei ormoni avevano messo su una coreografia ora sono passati direttamente ad allestire un musical.

 Allontana il viso dal mio, lanciandomi un’occhiata indecifrabile che non comprendo.

 Sospiro, decidendo di lasciare perdere.

 Senza dire nulla ritorno ad appoggiare il volto nell’incavo del suo collo e lui subito appoggia la guancia sui miei capelli, in un gesto ormai abituale. Nostro.

 Riprende in mano la rivista che stava leggendo quando sono entrata, lasciandomi ai miei pensieri. O per meglio dire ai miei numerosi tormenti.

 Sfrego il volto contro il tessuto morbido e profumato della sua camicia, socchiudendo gli occhi deliziata.

Nonostante però la sua vicinanza sia tale da stordirmi e confondermi, un pensiero torna ad echeggiarmi nella mente prepotentemente.

 Riapro gli occhi di scatto mentre la morsa angosciosa torna a pervadermi con le sue spire opprimenti.

 

 

Damon non aspetterà Elena in eterno.

 

 

 

 

 

 

 

***************************

 

 

 

 

 

Con un sospiro stanco spingo la porta antincendio ed esco all’aperto, trascinando fiaccamente i piedi.

 L’aria frizzante del tardo pomeriggio mi avvolge subito con il suo  manto fresco, per fortuna risvegliandomi almeno in parte.

 Ne prendo un lungo respiro, chiudendo gli occhi deliziata da quel senso di rigenerazione che mi dà.

Nonostante sia già novembre inoltrato non fa freddissimo e io mi godo questa sensazione, stringendomi nella spessa felpa grigia che indosso come giacca.

 Il mal di testa che  mi ha tormentato per  le ultime due ore è miracolosamente scomparso, dileguandosi in un fastidioso mal di collo che se ne andrà dopo una bella dormita. O, ancora meglio, un massaggio.

 L’immagine di Ian che mi fa un bel massaggio si proietta istantaneamente nella mia mente, in modo così nitido che mi sembra quasi di percepire il suo tocco rovente e vellutato sulla pelle.

 Mi mordo un labbro mentre la mia fantasia poco casta mi mostra le sue mani scendere in altri posti, decisamente vietati ai minori.

 Sospiro, rendendomi intanto conto della facilità con cui Ian riesce ad entrare nei miei pensieri ormai.

 Che io voglia o meno, che siano fantasie poco pure o semplici pensieri, il mio cervello mi porta costantemente a pensare a lui.

 Ormai è un dato di fatto, contro cui non posso più andare e che non riesco più a negare. È così punto e basta, me ne sono fatta una ragione.

 Damon non aspetterà Elena in eterno.

 Sono le sue parole, ora, a tornarmi  arroganti in mente, proprio come hanno fatto inesorabilmente per tutto il pomeriggio. Non mi hanno dato un attimo di pace, provocandomi mille dubbi e un seccante mal di testa.

 Stizzita e angosciata al col tempo da quell’eco, stringo le labbra per poi mordendomele nervosamente.

 Tento di scacciare di nuovo quel pensiero molesto, senza riuscirvi purtroppo.

 So che probabilmente è solo una frase riferita alla story-line dei personaggi che interpretiamo, ma più mi dico che è così più la paura che invece Ian si riferisse a noi due mi pervade spietatamente.

 È una paura forse stupida ed infantile e magari io mi sono fatta solo un mucchio di film per nulla, ma non posso fare a meno di rimuginarci sopra.

 La mia mente continua sovrapporre il mio nome a quello di Elena e quello di Ian a quello di Damon, componendo una frase che mi provoca una dolorosa morsa al petto, all’altezza del cuore, che non mi lascia scampo. Mi sento ferita e disillusa come se l’avesse indirizzata a me.

 Riapro gli occhi, puntandoli davanti a me e notando solo in quel momento una figura a me conosciuta seduta sugli ultimi gradini della scala.

 - Candice!- la chiamo, riconoscendo subito quella vaporosa chioma bionda.

 Scendo di fretta gli scalini, rischiando quasi di prendere una storta e ruzzolare giù da un momento all’altro, fino ad arrivare nel punto in cui è lei.

 - Nina - mi sorride genuina , abbandonando momentaneamente la sua lettura ed alzando il volto verso di me.

Mi siedo accanto a lei, sorridendole e lasciandomi stringere dal suo abbraccio esuberante , proprio com’è lei.

 Parlare con Candy mi distrarrà sicuramente dai miei logorroici pensieri e , perché no, magari me li farà anche dimenticare, mi dico speranzosa.

 - Pensavo tornassi domani – affermo realmente contenta di vederla, guardandola con il primo vero sorriso del pomeriggio.

 Candice era infatti tornata per qualche giorno a casa, in Texas, per partecipare al matrimonio di una sua cugina.

 Mi è mancata tremendamente, soprattutto i suoi indispensabili consigli senza peli sulla lingua.

 Tentare di risolvere i miei dubbi da sola, ora come ora, è come cercare un ago microscopico in un pagliaio di un ettaro !

 - Lo so , ma mi annoiavo con tutti quei parenti così ho deciso di tornare prima. - trilla allegra con un’alzata di spalle, facendomi ridacchiare per la sua buffa espressione.

 Si, mi è mancata davvero tanto.

 - Tu, tutto bene?- mi chiede un secondo dopo con un mal celato sorriso malizioso ad incurvarle le labbra.

 So benissimo a cosa si riferisce. O meglio a chi.

 Vuole chiaramente sapere come vanno le cose fra me ed Ian, anche se non lo ha detto esplicitamente glielo si legge negli occhi che muore dalla voglia di sapere della nostra “convivenza”

 - Si – sospiro, senza aggiungere nulla di più.

 Infondo non c’è nulla  da dire. Io sono sempre in bilico e lui non mi aiuta a sbilanciarmi con i suoi gesti imperscrutabili e così spontanei.

 - Dal tuo sospiro deduco che non ci siano stati risvolti piccanti, quindi - afferma strappandomi un sorriso leggero, seppur piccolo e velato dalle ombre dei miei dubbi.

 - Già – mi limito a questo sussurro laconico, stirando con le mani i fogli spiegazzati del copione che ormai assomiglia sempre più ad un ammasso indistinto di carta stropicciata.

  Damon non aspetterà Elena in eterno.

 Quelle parole - talmente reali nella mia mente che mi sembra quasi che lui me le stia ripetendo - si ripresentano beffardamente a perseguitarmi, ancora una volta seguite da quella angosciosa morsa alla bocca dello stomaco.

 - E’ per questo che hai quella faccia demoralizzata ? – mi chiede schietta, scrutandomi attenta con i suoi occhi limpidi.

 - No, devo imparare le battute entro mezz’ora ma non ci riesco – dissimulo girando intorno al reale problema, indecisa se parlargliene o no.

 Magari è solo una mia paranoia che mi passerà fra qualche giorno e non c’è motivo di assillarla per questo.

 Mi passo una mano fra i capelli, che ricadono  scomposti sulle mie spalle, incerta.

 Indecisa su cosa dovrei fare io stessa, infondo.

 Se continuo di questo passo reciterò queste parole sul set e non le battute corrette.

La sensazione fastidiosa mi stringe di nuovo lo stomaco infondendomi un irritante senso d’ansia.

 Damon non aspetterà Elena in eterno.

 - Andiamo, non ti aspetterai che ci creda davvero spero. È evidente che il problema sia un’altro – afferma inarcando un sopracciglio chiaro e lanciandomi un’occhiata eloquente. – E qualcosa mi fa intuire che questo problema abbia occhi azzurri e capelli neri -

Mi mordo un labbro, tormentandolo con i denti, decidendomi poi a buttare fuori il rospo. Se non mi sfogo con lei con chi devo farlo?

 - Damon non aspetterà Elena in eterno  – affermo con un sospiro scoraggiato, guardandola quasi avvilita da sotto le ciglia scure.

 - Come? – mi chiede lei stranita, non capendo assolutamente cosa centrino le mie parole – E’ per questo che non riesci a imparare le battute?- aggrotta scettica la fronte.

 Io scuoto la testa in segno di diniego.

 - Damon non aspetterà Elena in eterno – ripeto, dando voce all’eco delle sue  parole che continuano a rimbombarmi in mente senza sosta.

 È come se si fossero marchiate a fuoco nella mia testa. È più forte di me, il mio pensiero cade sempre lì

 Candice si volta totalmente verso di me, fissandomi frastornata e un po’ sorpresa.

 - Hai per caso bevuto?- mi chiede  schietta un attimo dopo, assottigliando sospettosa gli occhi nel tentativo di vedere in me i sintomi tipici di una sbornia.

 - No!- ribatto quasi offesa da quella insinuazione, affondando le mani nelle tasche della felpa e appoggiando la schiena al gradino precedente .

 - Sicura? – mi domanda dubbiosa.

 - Candice!-

 - Ok. – alza le mani in segno di resa - In ogni modo non lo so. Forse dovresti parlarne con Kevin e Julie, loro sapranno risponderti meglio di me - mi dice sempre più sconcertata.

 - La mia non era una domanda, ma una affermazione - sospiro sconsolata, passandomi le dita fra i capelli.

 - Non sapevo fossi delena, comunque – scherza lei, beccandosi subito una mia occhiataccia risentita.

 - Non è divertente – bofonchio, incrociando le braccia al seno e continuando a guardarla male.

 L’ultima cosa che ho voglia di fare in questo momento è ridere.           

- Chi te lo ha detto?- mi chiede allora lei, capendo che non sono in vena di scherzi.

 - Ian - soffio affondando la testa fra le spalle.

 - E per questo che hai quella faccia abbacchiata e delusa, quindi? – mi domanda, anche se sembra più un’affermazione, centrando perfettamente il nocciolo della questione.

 - Si-

 - E questo perché….- lascia la frase in sospeso affinché io la concluda.

 - Perché…. Perché non lo so neanche io - ammetto, torturando nervosamente con le dita  il bordo della mia felpa. - Mi ha dato fastidio sentirglielo dire, mi ha innervosito. Mi ha fatto male, in qualche modo - continuo, aprendo il rubinetto dei miei pensieri che scorrono veloci attraverso le mie parole.

Candice è davvero una psicologa mancata, riesce sempre a capire cosa non va.

 Deglutisco prendendo fiato, ormai incapace di trattenermi dal parlare.

 - Mi è sembrato quasi che si riferisse alla nostra  situazione – affermo, guardandola amareggiata.

 Un’impercettibile sensazione di sollievo allenta la morsa che chiude il mio stomaco, che però persiste.

 - Ho avuto la sensazione che fossero indirizzate a me quelle parole. Una sorta di monito implicito per avvertirmi che non aspetterà per sempre che io mi decida. Non mi attenderà in eterno.  

 - Te lo ha detto lui? - mi chiede aggrottando le sopracciglia chiare, nel tentativo di capire totalmente il flusso disconnesso e sconclusionato delle mie emozioni. Cosa alquanto difficile, visto che non ci sono riuscita neanche io.

 - No – scuoto vigorosamente la testa – Sono io che ho avuto questa percezione. Mi è sembrato come se il discorso andasse oltre Damon ed Elena. Come se si trattasse di noi due – gesticolo convulsamente.

 Per qualche secondo lei rimane in silenzio, riprendendo poi a parlare.

- Non credo intendesse quello -

 - E se fosse davvero così, invece? Se mi avesse voluto dire che non aspetterà in eterno che io mi decida a lasciarmi andare totalmente? Infondo ne avrebbe tutte le ragioni – mormoro buttando fuori tutti miei dubbi - Può avere chi vuole, perché aspettare proprio che io capisca cosa voglio?- affermo, rendendomi conto della spietata verità delle miei parole.

 
- Nina guardami – mi invita perentoria  ad alzare lo sguardo, che ho ostinatamente puntato davanti a me,  su di lei.

 Incontro i suoi occhi azzurri comprensivi e dolci. Semplicemente da vera amica.

 - Se davvero così fosse, Ian non si comporterebbe nel modo in cui si comporta- afferma decisa e schietta, scandendo bene le parole affinché io me ne convinca.

 - In che senso?- le chiedo insicura, mordendomi interdetta le labbra.

 - Non ti guarderebbe come fa, non cercherebbe costantemente un contatto fisico con te e non compierebbe tutti quei piccoli gesti che fanno capire che ci tiene a te. - afferma, facendomi arrossire di fronte quell’evidenza.

 Davvero è così evidente l’alchimia che c’è fra noi? Mi chiedo sorpresa e sconcertata.

 Non me ne sono mai accorta. Cioè, percepisco che ci sia qualcosa fra noi e che abbia dei gesti diversi nei miei confronti, ma tutte queste cose non le ho mai notate.

 Veramente mi guarda in modo diverso? Mi chiedo, mentre inspiegabilmente un sorriso preme per spuntare sulle mie labbra.

 - Ian è schietto, lo sai, non è nella sua indole parlare tramite doppi sensi. Te lo avrebbe detto senza tanti giri di parole, se lo pensasse veramente -

 Sospiro, soppesando attentamente le sue parole.

Ha ragione, Ian non è il tipo da parlare in modo implicito o tramite parallelismi, non è nella sua indole.

 E’ sincero e diretto, forse troppo, e se così fosse stato me lo avrebbe detto. Che senso avrebbe avuto dirlo con quella frase quando poteva dirmelo senza tanti giri di parole? Forse era davvero riferita solamente ai personaggi.

 Sono una stupida, mi dico.

 Prendo un respiro profondo quasi rincuorata, rendendomi finalmente conto di essermi fatta delle paranoie per nulla probabilmente.

 Mi sono sentita semplicemente punta sul vivo, nel mio punto debole, ma questo non vuole assolutamente dire che la sua intenzione fosse proprio quella.

 - Dici che mi sono fatta dei castelli in aria quindi?- le chiedo più rasserenata dalle sue parole.

 - Direi di si – mi sorride comprensiva – Però, è anche normale avere dei dubbi –

 - Sono una stupida – sbuffo un secondo dopo, sbattendomi una mano sulla fronte.

 Per quale diavolo di ragione ora mi appare così chiaro che la sua frase non significasse nulla mentre prima mi sembrava palese che si riferisse a me?

 Mia madre ha ragione: pensare troppo porta solo altri dubbi e risposte sbagliate.

- A volte si – ridacchia lei divertita, beccandosi subito la mia occhiataccia offesa.

 - Ehi- protesto dandole una spallata leggera e facendola ridere ancora più forte.

 Anche io sorrido, finalmente più allegra e svagata.

 - Solo che ho una paura fottuta di lasciarmi andare e sbagliare – ammetto la reale causa di tutto quel polverone di riflessioni, esplicando la mia angoscia più profonda.

 - E’ normale, Nina – mi dice con un sorriso dolce e comprensivo. - Comunque il mio consiglio è sempre lo stesso: lasciati andare e sii te stessa. Magari del tutto questa volta – ridacchia maliziosamente, facendomi arrossire.

 - Grazie, dottoressa Candy – le dico realmente grata, chiamandola  con il suo nuovo soprannome.

 L’opprimente senso di angoscia allo stomaco è scomparso quasi del tutto, lasciandomi però la consapevolezza che non posso continuare a rimanere in bilico nell’indecisione.

 Non è giusto nei miei e nei suoi confronti. Devo capire cosa voglio davvero e so che la risposta non sarà così difficile da trovare dentro di me.  È lì da qualche parte, devo solo trovarla e accettarla.

 Questo fatto mi ha decisamente dimostrato  di come io tenga a lui, non si spiegherebbe se no la mia esagerata reazione ad una frase innocua in cui io ho scorto ombre che non c’erano.

 Non posso più aspettare che sia Ian a farmi capire qualcosa, a darmi l’input per compiere il passo definitivo che mi separa da lui. Non posso più aspettare che siano gli eventi a portarmici o i miei ormoni sconclusionati.

 Devo essere io a prendere una decisione definitiva : o mi allontano, lasciando il nostro rapporto da amici semplici, oppure compio quel piccolo passo che manca per lasciarmi andar totalmente senza remore.

  E la mia risposta è sempre più vicina alla seconda opzione. Tremendamente vicina ad essa e forse anche l’unica possibile.

 - Ehm io vado…Ci vediamo dopo.- mi riportano alla realtà le parole di Candice, che mi saluta velocemente guadagnandosi una mia occhiata stranita per quel repentino cambio di argomento.

 Cioè un attimo prima parliamo della situazione incasinata in cui si trovano i miei sentimenti e quello dopo mi saluta? E meno male che poi la pazza sono io.

- Ok - mormoro aggrottando interdetta le sopracciglia, confusa da quel repentino cambiamento.

 Lei si alza in piedi, spolverandosi i jeans da inesistenti granelli di polvere e lanciandomi poi un’occhiatina maliziosa che io non comprendo. Di nuovo, nell’arco di due minuti per di più.

 Sconcertata riposo gli occhi sui fogli che ho in mano, decidendomi finalmente a imparare le battute. Anche perché se no farò scena muta sul set, se continuo di sto passo.

Solo un secondo dopo, alzando gli occhi dal copione e incontrandone due tremendamente azzurri che mi fissano, capisco questo repentino saluto di Candice.

 Arrossisco, rendendomi conto che non l’ho sentito arrivare mentre una domanda sorge spontanea nella mia mente : da quanto è qui?

 Ian è, infatti, a pochi passi da me, che mi guarda con il solito mezzo sorriso a stendergli le labbra.

- Ciao, Ian - saltella via ridacchiando Candice, in un turbine di capelli biondi e risate.

La bionda si ferma poi qualche metro dopo, mimandomi qualcosa. Socchiudo gli occhi nel tentativo di capire.

Parlagli, mi sillaba con le labbra in una muta parola ed un evidente gesto della mano ad accompagnare il tutto.

 - Hey – lo saluto, spostando gli occhi su di lui e ignorando bellamente Candice, che si allontana.

 - Hey – ribatte lui, raggiungendomi con un’ampia falcata e sedendosi al mio fianco.

 Improvvisamente sento un’impellente bisogno di sorridere.

 Le nostre spalle si sfiorano in una carezza lieve e, nonostante ci siano strati di tessuti a dividerci, quel contatto mi provoca i brividi.

 - Non hai freddo ? – mi chiede premuroso, toccando le mie mani per vedere se sono fredde.

 - No – scuoto la testa con un sorriso.

 Gli rubo poi il bicchierone di carta blu che ha in mano, sorseggiando un sorso del the caldo che vi è all’interno.

 Lui mi lascia fare, limitandosi a guardarmi divertito ed allungare le gambe.

Oramai è diventato un gesto abituale assaggiare il cibo o le bevande dell’altro. Ci capita di farlo anche a pranzo e cena.

 Gli sorrido nuovamente , tornando poi a posare gli occhi sul copione.

Per quanto vorrei fare tutt’altro con lui accanto, devo proprio imparare le battute se non voglio essere licenziata.

 - Hai da fare mercoledì ? - mi chiede improvvisamente Ian, dopo qualche attimo di silenzio, riattirando tutta la mia attenzione su di lui.

 - No, finisco di girare alle cinque - faccio mente locale, ripercorrendo tutti i miei impegni da oggi, che è venerdì, fino al giorno in questione.

 - Quindi sei libera? -

 -Si – mormoro distratta , tornando a leggere il copione per la milionesima volta senza ricordarmene neanche una sillaba.

 
Queste dannate battute non mi entrano in testa, sbuffo.

 - Bene, allora hai un appuntamento con il sottoscritto – afferma sorridente, col solito tono di voce pacato e sicuro.

 Interdetta alzo il capo dalle righe scritte fittamente, decisamente convinta di aver capito male. Deve essere sicuramente così.

 Mi fissa attento con i suoi occhi azzurri, un mezzo sorriso ammaliante sulle labbra.

 Vorrà vedere sicuramente qualche film o roba del genere, non c’è altra spiegazione. Figuriamoci se lui mi chiede di uscire in quel senso!

 - Che film vorresti vedere?- ridacchio divertita un secondo dopo.

 Ormai vedere i film quando abbiamo serate libere è diventata un’abitudine, così come stare abbracciati mentre li guardiamo.

 - Ma sappi che non guarderò un film horror – puntualizzo con un’occhiata eloquente, ricordandomi la sua passione per essi.

 - Nessun film – ride leggero, scuotendo lievemente il capo.

 Aggrotto le sopracciglia non capendo, ma non potendo fare a meno di essere contagiata dalla sua risata..

 - Ah, no ? E allora cosa vuoi fare, giocare a monopoli?- affermo sarcastica, ridacchiando alle mie stesse parole.

 Lui mi fissa per qualche secondo in silenzio, aprendosi poi nell’ennesimo sorriso che mi incanta e mi fa battere forte il cuore.

 - Uscire con te – mi dice con una semplicità e naturalezza tale da lasciarmi senza parole. Totalmente senza parole.

 Il respiro mi si blocca in gola a quelle parole, lasciandomi senza respiro mentre il mio cuore inizia a pompare più velocemente.

 Mi lancia uno sguardo indefinibile, con quegli occhi azzurri così  limpidi da farmi arrossire..

 - Uscire con me? – ripeto con un filo di voce e le guance rosse, troppo incredula da quella eventualità per capire che è reale.

 Lui annuisce senza interrompere il nostro contatto visivo, continuando a tenere incatenati i miei occhi ai suoi.

 Inclina il volto verso di me, facendo cadere, per un millesimo di secondo, lo sguardo chiaro sulle mie labbra dischiuse prima di rialzarlo sui miei occhi.

 - Intendo un appuntamento vero: io e te seduti ad un ristorante con una bottiglia di vino e buon cibo – afferma con la voce sensualmente bassa, provocandomi i brividi in tutto il corpo.

 Stordita dalle sue parole lo guardo ipnotizzata, il cuore in tumulto. Resto in silenzio ancora confusa e incredula.

 Cioè, cosa ? Vuole un appuntamento… con me? È il pensiero incredulo che mi attraversa la mente.

 - Lo devo prendere come un si?- azzarda sorridendomi  tentennate, una punta di nervosismo appena percettibile nella sua voce dettata forse dal mio mutismo.

 La stessa che è chiaramente visibile nei suoi occhi.

 Deglutisco, realizzando appieno ciò che mi ha detto. Vuole uscire con me. Mi ha chiesto un appuntamento.

 Mi specchio nei suoi occhi, così limpidi e azzurri da far venire le vertigini, rendendomi finalmente conto del significato delle sue parole.

 Le farfalle tornano a svolazzare allegre e finalmente libere nel mio stomaco, come richiamate dal solletico del suo respiro sulla mia guancia.

 Quella frase continua a rimbombarmi in mente in un dolce eco che sa del suo profumo e dei suoi sussurri, lasciandomi un retrogusto che sa semplicemente di lui.

 Io e te in un ristorante.

 Ed è proprio specchiandomi in essi che tutto mi diventa inspiegabilmente più chiaro.

 La nebbia si rischiara dalla mia mente e capisco, ascoltando l’eco dei miei pensieri e di qualcosa che si trova un po’ più giù, nel petto.

 
Capisco perché il suo tocco mi provoca le farfalle alle stomaco. Capisco perché arrossisco alle sue frecciatine maliziose e perché la sua vicinanza mi fa venire le vertigini.

 Capisco che l’eco della sua essenza mi è entrata dentro, ormai.

 Comprendo  semplicemente che mi piace.

 Seppur io faccia di tutto per non ammetterlo è così e a questo punto l’evidenza di tale fatto è così grande da non poter più essere nascosta.

 Ian mi continua a guardare in attesa, trattenendo il respiro, quasi impaurito dalla mia possibile reazione.

 - Ok - è l’unica cosa che riesco a dire, a sussurrare impalpabilmente. Forse perché è l’unica cosa che voglio realmente.

 Prima ancora che me ne accorga le mie labbra si tendono in un sorriso spontaneo, naturale.

 Lui mi sorride di rimando e, forse è solo una mia impressione, si lascia andare ad un sospiro impercettibile rilassando le spalle contratte.

 - Perfetto - mi sorride più sciolto, facendo sciogliere anche me come neve al sole per il sorriso che mi regala.

 Un sorriso che sa di dolcezza e malizia, pacatezza  e irrefrenabilità. Un sorriso che sa  semplicemente di lui, della sua essenza più profonda.

 Ed è proprio questo che mi fa apparire tutto tremendamente più chiaro. La scelta che devo fare si tramuta in una decisione che ho sempre saputo. La strada biforcata, diventa una sola e tranquilla via.

 Non voglio più pensare ai dubbi e alle conseguenze. Non voglio più chiedermi come sarà o cosa accadrà. Desidero  semplicemente provare a lasciarmi andare, per davvero questa volta. Non mi frenerò più, perché Damon non aspetterà Elena in eterno ed è giusto che io mi decida definitivamente per evitare che sia così anche per Ian.

 - Va bene per le otto?- mi chiede dolcemente euforico  e io annuisco.

 Gli sorrido ancora, inebetita dalla felicità che provo e incapace di fare altro.

 Le farfalle si agitano armoniosamente nel mio stomaco, scatenandosi in capriole e giri contorti.

 Lui, invece,  fa qualcosa che mi lascia totalmente basita, sorpresa per l’ennesima volta oggi.

 Inclina ancora di più il volto verso di me, avvicinandosi. I nostri nasi quasi si sfiorano per l’esigua distanza e i nostri respiri si mischiano.

 Deglutisco spaesata, irrigidendomi di riflesso, vedendolo protendersi verso di me.

I pensieri scompaiono dalla mia mente, come ogni volta che viene superata la distanza di sicurezza fra di noi.

 Si accosta repentinamente al mio volto, accarezzandolo col respiro caldo, fermandosi a pochi centimetri dalle mie labbra.

 Come un automatismo perfettamente oleato le mie guance si arrossano mentre io sposto alternativamente lo sguardo dai suoi occhi alle sue labbra, così invitanti.

 Dopo un ultimo sguardo, Ian si avvicina ancora annullando totalmente le distanze e portandomi a socchiudere istintivamente gli occhi in attesa di un contatto.

 Le sue labbra si posano delicatamente  all’angolo della mia bocca, in un mezzo bacio languido e dolce al col tempo.

 Le farfalle si tranquillizzano nel mio stomaco, come placate e il senso di completezza aumenta in sincronia col formicolio al basso ventre.

 Le sue labbra non lambiscono le mie per un soffio, sfiorandole impercettibilmente.

 Il cuore mi scalpita nel petto mentre l’adrenalina mi infonde un’euforia incontrollabile nelle vene che a stento contengo.

 Ian si allontana qualche attimo dopo, rimanendo a meno di una spanna dal mio viso con gli occhi luminosi.

 Lo fisso senza dire nulla, totalmente sconvolta dal tumulto interiore che quel contatto mi ha provocato.

 E nonostante la voglia di afferrarlo per il bavero della camicia e attirarlo prepotentemente a me sia tanta mi trattengo, godendo di quel semplice contatto.

 Sembrerà banale e da dodicenni non dare ascolto agli ormoni impazziti, che hanno iniziato a ballare la rumba, ora che ne ho la possibilità, ma mi basta questo.

 Me ne accontento perché basterebbe davvero poco per rovinarlo e, visto che stiamo camminando su una corda sottile sospesa nel vuoto, è meglio non fare movimenti bruschi.

 Voglio apprezzare totalmente questo semplice mezzo bacio, non andando oltre.

 Mi mordo allegra le labbra, tentando di percepire il suo sapore.

 L’eco dell’invito di poco prima mi procura un dolce svolazzio di farfalle nello stomaco e le palpitazioni, facendomi sorridere al cielo blu di fine pomeriggio quasi in estasi.

 
Intendo un appuntamento vero: io e te seduti ad un ristorante con una bottiglia di vino e buon cibo

 

 

 

 

 

****************************

 

 

 

 

 

- Nina muoviti, sei in ritardo – urla Jim, un addetto del set, fuori dalla porta del mio camerino, bussandovi vigorosamente contro.

 - Arrivo, arrivo – urlo di rimando, alzandomi dalla sedia e raccattando frettolosamente le cose che mi servono.

 Chiavi… cellulare... burrocacao…ok, c’è tutto.

 Cavolo, sono in ritardo. Per la seconda volta nello stesso giorno, per di più. Questa volta Julie mi ammazza sul serio.

 - Eccomi – sorrido a Jim, chiudendomi la porta bianca del camerino alle spalle.

 Cammino veloce, per quanto sia possibile con dei tacco dodici su un asfalto disastrato, cercando di fare il prima possibile e di stare dietro all’’addetto.

 Evitando all’ultimo secondo una storta con conseguente caduta rovinosa a terra, mi rammento mentalmente di ricordare ai produttori di far indossare a Katherine delle scarpe più comode e , soprattutto, più basse. Magari delle ballerine.

 Mi blocco improvvisamente, chiudendo gli occhi e sbattendomi una mano sulla fronte. Il copione. Ho dimenticato il copione sulla scrivania.

 - Perché ti sei fermata? – mi chiede allarmato, quasi presagendo una mia dimenticanza.

 - Ho dimenticato il copione – gli dico, mordendomi colpevolmente il labbro inferiore.

 Lui sbuffa, allargando le braccia.

 - Ma si può sapere dove diavolo hai la testa in sti giorni?- mi chiede tra il divertito e l’esasperato.

 Oh, me lo chiedo anche io!

 Vorrei  rispondere sulle nuvole ma so anche io che non è vero, a meno che le nuvole non abbiano occhi azzurri e capelli corvini.

 - Faccio una corsa a prenderlo e sono sul set in due minuti – prometto, iniziando ad incamminarmi indietro.

 Sono da ben due giorni che non riesco a fare altro che pensare a mercoledì, all’appuntamento e ad Ian. È un pensiero fisso e averlo sempre in giro non mi aiuta molto a distrarmi dal farlo.

 Non ci sono stati più mezzi baci dopo quello che si siamo dati sulle scale, ma va bene così perché, come dice Candice, spero ci sarà tempo di rifarsi.

 In compenso, però, abbiamo iniziato a flirtare. Inizialmente io non me ne ero neanche accorta, dal momento che per me è una cosa naturale fissargli le labbra e poi sorridergli o fare le battutine a doppio senso. Il problema è che abbiamo iniziato a farlo anche quando siamo fra le altre persone, scatenando frecciatine maliziose e battute che a lui non sembrano dare per nulla fastidio.

 Con un po’ di fiatone per la corsa spericolata arrivo nuovamente al mio camerino.

 Battendo ogni mio record, ci metto un secondo ad entrare e a prendere ciò che mi serve.

 Sto già chiudendo a chiave la porta quando però qualcuno richiama la mia attenzione.

 -Scusa ?- una nitida voce femminile mi chiama, facendomi voltare così repentinamente da far ondeggiare i capelli in aria.

.Mi trovo davanti una donna bionda con degli splendidi occhi azzurri e un bambino di poco più di tre anni in braccio.

 - Dimmi - le sorrido incoraggiante e conciliante.

 Lei mi guarda interdetta, come se avesse sbagliato persona. Anzi, come se non si aspettasse di trovare proprio me.

Aggrotto confusa le sopracciglia non capendo il suo improvviso mutismo.

 -Ehm, ti serve qualcosa?- provo a chiederle indecisa. – Perché sono in ritardo e..-

 - Oh, si . scusa .- afferma, riprendendosi e interrompendomi.

 Mi sorride gioviale sistemandosi un ciocca di capelli ricadutagli davanti agli occhi.

 - Sto cercando Ian, sai dove posso trovarlo? – prosegue, continuando a fissarmi come per studiarmi.

 Il sorriso di poco prima mi si gela sulle labbra, tramutandosi  in una smorfia

 Benissimo, è una sua ex? Mi chiedo mentalmente.

 Allora , è proprio vero che gli piacciono le bionde , penso inspiegabilmente stizzita e acida.

 Improvvisamente nervosa, torturo con le mani una ciocca di capelli mentre una strana morsa mi attanaglia la bocca dello stomaco, così diversa dalle solite farfalle.

 Socchiudo le labbra per parlare ma lei mi precede, cogliendomi ancora una di sorpresa.

 - Mi chiamo Robin, comunque – si presenta, confondendomi ancora di più.

 Interdetta afferro la mano che mi porge, stringendola senza molta convinzione.

 Si apre poi in un sorriso quasi familiare, riprendendo a parlare.

 

-Sono la sorella di Ian -

 

 

 

Note

 
Salve, come state? Io tutto bene. Passiamo alle solite spiegazioni per punti:)

 

1-      Innanzitutto mi vorrei scusare per l’abissale ritardo che ho avuto nel postare questo capitolo. Lo so, ci ho messo davvero molto ma sono stata ammessa a giornalismo ed ho iniziato l’università. Ho dovuto quindi capire i nuovi ritmi universitari. Inoltre questo è una capitolo importante e ho voluto scriverlo con calma, cercando di farlo uscire al meglio.

2-      Passiamo al capitolo ora….  Allora, il titolo del capitolo “Echo” l’ho preso in prestito dall’omonima canzone Echo di Jason Walker e chi avrà visto la puntata 3x02 la collegherà al momento delena a cui fa da sottofondo. Tuttavia, come avrete visto, non si fa riferimento a quella scena. Echo vuol dire letteralmente “eco” e qui il nesso è chiaramente al fatto che le parole di Ian rimbombano nella testa a Nina, sia quelle della prima parte che quelle della seconda. Inoltre mi riferisco anche al fatto che in generale lei ce lo ha in testa, non riesce a toglierselo dalla mente. Ho voluto inserire questo titolo anche perché è stata questa canzone a ispirarmi, se così si può dire, soprattutto la parte centrale del capitolo che ho scritto con questa canzone nelle orecchie.

 
3-      
Questo capitolo rappresenta  inevitabilmente una svolta,  un passo in avanti per Nina. Ora Nina  inizia a essere attratta da Ian anche  mentalmente, oltre che fisicamente.  Ci tengo però a precisare che lei non ne è innamorata, sarebbe troppo presto e in qualche modo banale. Come ripeto sempre,odio le cose banali e tutto ha bisogno del suo tempo per crescere, non troverete mai un capitolo nella mia storia in cui prima dice che non sa quello che prova e quello dopo dice ti amo. Sarebbe poco realistico e non da me. So che probabilmente sarete stufi di sentirvelo dire ma ripeterlo non fa mai male. XD Come avrete notato comunque anche questo chappy è incentrato in buona parte sui pensieri di Nina che a volte appaiono anche volutamente contradditori. La stessa Nina è contraddittoria perché è divisa tra quello che vorrebbe fare e quello che si impone di fare. Come ho detto questo capitolo rappresenta un svolta, dopo questo cambierà qualcosa in Nina.

4-      Altro punto da chiarire …   All’inizio Nina paragone se stessa ad Elena, quasi ritrovandosi in lei. Forse apparirà stupida come cosa ma io l’ho voluta inserire per mostrare al meglio i suoi dubbi più profondi. Tutti noi ci immedesimiamo in personaggi di telefilm e libri in qualche modo ed anche a lei accade. Si rivede in Elena per l’indecisione che l’affligge, anche se è decisamente di tipo diverso. Lei ci si immedesima perché si sente colpita nel vivo con quella frase. Tuttavia , come ho fatto trasparire anche dalle parole di Candice, Ian non si voleva riferire a lei ma è stata solo un’impressione di Nina. Capirete cosa intendeva lui più avanti, comunque. Spero che non sia risultato forzato o mediocre.

    5-      Per certi versi il dialogo fra Candice e Nina vi sarà apparso simile a quello che c’era in qualche capitolo fa, ma in realtà c’è una profonda differenza. Infatti in quel capitolo Nina non riusciva ad ammettere di esserne in qualche modo attratta fisicamente, mentre in questo capitolo si va oltre l’attrazione fisica.

    6-      Nello scorso capitolo vi avevo dato delle opzioni sul possibile personaggio che sarà presente nel capitolo 7 ma nessuno di voi ha azzeccato. Come avete visto era la sorella di Ian, Robin.                                                                  

 
7-      
Vorrei ringraziare le splendide 13 persone che hanno recensito lo scorso capitolo. Mi avete fatto davvero felici. Non so davvero cosa dirvi per ringraziarvi e farvi capire quanto mi abbiano fatto piacere. Mi sono sentita apprezzata ed invogliata ancora di più ad andare avanti XD Quindi GRAZIE!

 
8-      
Il prossimo aggiornamento non so quando arriverà, anche se spero vivamente presto  ( il capitolo 7 è già mezzo scritto). Come ormai avrete capito aggiorno una volta la fan fiction delena e una volta questa. Vi posso però dire che sarà dal punto di vista di Ian. Ps: forse pubblicherò anche il prologo di una storia nuova( ovviamente delena) che sarà sovrannaturale. È ancora da scrivere però, quindi non so dirvi quando la pubblicherò.

 
9-      
La mia designer ufficiale Missdelena97 ha fatto un nuovo video trailer della fan fiction. Lo trovate all’inizio insieme all’altro.

 
Direi che non ho altro da dire, se non che spero vi sia piaciuto il capitolo ( anche se a me non convince) e che mi farete sapere che ne pensate nelle recensioni.

Kiss kiss Live in Love.

 
PS: la prossima storia che aggiornerò è… rullo di tamburi…
I WILL ALWAYS CHOOSE YOU.

Tenete però un occhio sul mio account perché potrei riservarvi delle sorprese.

EDIT: qua trovate il mio account twitter, se volete seguitemi per news sui capitoli, piccoli spoiler, video sulle ff, anteprime o anche solo per parlare! CLICCA QUI

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Capitolo 7
*** Fire ***


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ATTENZIONE: qui trovate i link dei video trailer fatti da Missdelena97 ....TRAILER 1 TRAILER 2 TRAILER 3(nuovo)

TRUE LOVE- VERO AMORE

CAPITOLO 7

 

 

FIRE

 

 

Sbuffo per la milionesima volta nell’ultima mezz’ora, abbandonando annoiato il cellulare sulla scrivania in legno scuro piena zeppa di fogli di copione.

Tediato mi passo una mano fra i capelli corvini, scompigliandoli e ravvivandoli.

Mi guardo poi intorno alla ricerca di qualsiasi cosa da fare.

Sbuffo ancora, percorrendo tutta la stanza con gli occhi e non trovando assolutamente nulla che possa tenermi impegnato.

Ormai ho fatto tutto quello che dovevo fare, dall’imparare le battute del copione a mettere in ordine il camerino. Un evento alquanto irripetibile per un disordinato cronico come me.

Inoltre, ho lasciato così tanti Twett da intasare Twitter per un mese, probabilmente.

Alla televisione non c'è nulla da vedere e in giro non c'è quasi nessuno visto che tutti sono sul set a girare.

Tutti tranne me, sbuffo sonoramente indispettito incrociando le braccia al petto e socchiudendo gli occhi.

Oggi, infatti, devo girare solo una paio di scene esterne nel tardo pomeriggio, roba di poco conto che mi occuperà neanche un ora.

Ho praticamente la giornata libera quindi, sospiro affranto e sempre più annoiato.

Ma proprio oggi dovevano darmela? Sbuffo nuovamente.

Dovrei esserne felice, lo so, visto la mole di lavoro quotidiana che abbiamo, ma ora come ora preferirei invece dover girare tutto il giorno. Almeno così avrei qualcosa di utile da fare.

Ancora meglio se in compagnia di Nina.

Ghigno, reclinando il capo fino ad appoggiarlo sul poggiatesta imbottito della sedia mentre i miei

pensieri vanno in un unica direzione. La stessa in cui vanno con insistenza da un po' di giorni a questa parte.

A lei.

È dannatamente divertente e delizioso girare le scene in sua compagnia, anche se dobbiamo impersonare Damon ed Elena che litigano o si rimbeccano.

Mi diverto a vedere le sue smorfie quando sbaglia le battute, prenderla in giro quando se le dimentica o anche passare insieme solo quei pochi minuti che abbiamo a disposizione per la pausa pranzo.

Forse è semplicemente bello passare del tempo con lei, è la riflessione spontanea e quanto mai vera che mi attraversa celermente la mente.

Solo un attimo dopo, soffermandomi su quel pensiero mentre il sorriso si tramuta in una espressione stupita, realizzo ciò che ho appena pensato.

Trattenendo il respiro, mi accorgo davvero dell'entità di quello che ho pensato così spontaneamente, senza rendermene assolutamente conto.

Deglutisco muovendomi improvvisamente nervoso sulla sedia, stordito e a disagio per il mio stesso

pensiero.

E' stata una riflessione strana, inaspettata.

Mi piace passare il tempo con lei, mi ripeto mentalmente cercando di prenderne coscienza e di capire cosa mi abbia portato a formularlo.

Sono in qualche modo consapevole – Oh, se lo sono! - di quanto passare il tempo con lei mi renda inspiegabilmente allegro e di buon umore, di quella sensazione inconsueta e da vertigini che mi stringe lo stomaco quando ci sfioriamo, ma pensarlo è tutta un'altra cosa. Decisamente.

Non so, è in qualche modo diverso.

Pensarlo lo rende indubbiamente reale, quasi tangibile con mano.

È come se acquisisse una valenza molto più importante, consapevole.

Frustrato dai miei stessi pensieri, mi passo una mano sul viso, sfregandolo come a risvegliarmi.

Magari sono solo riflessioni dettate dalla noia, mi dico cercando una spiegazione plausibile e consolatoria.

In questo momento forse non sono pronto a decifrare ciò che provo, non ancora almeno.

Mi passo una mano sul viso, sospirando nel tentativo di scacciare i pensieri stressanti che mi assillano.

Non è da me farmi così tanti scrupoli, scervellarmi così tanto.

E nonostante cerchi di pensare a tutt'altro, la mia mente va prepotentemente a mercoledì. Al nostro appuntamento.

L'idea di chiederle di uscire per un vero appuntamento mi frullava in testa già da qualche giorno e ho solo colto la palla al balzo.

Non sarò pronto ad ammettere quella strana emozione che sta iniziando ad agitarsi in me, ma per un uscita lo sono decisamente. Lo so, sono contraddittorio.

Quello che è venuto dopo invece non era assolutamente programmato.

So solo che vederla arrossire in quel modo così delizioso e sorridermi apertamente felice per la mia proposta mi ha agitato qualcosa dentro.

Qualcosa dentro di me è scattato e ho agito di puro istinto, lasciando che fosse quello a guidarmi.

Quel mezzo bacio è stato tremendamente piacevole. Un qualcosa di inauditamente voluttuoso e languido per un contatto così casto.

Non so neanche io come ho fatto a trattenermi dal non baciarla sul serio, a non dare ascolto al pressante desiderio che mi travolgeva.

So solo che in quella breve frazione di secondo mi sono accontentato di quel semplice contatto, nonostante i miei ormoni mi chiedessero un contatto più diretto e profondo, anche se sembra un comportamento di un dodicenne alle prime armi.

Sospiro, provando tutto il calore e l'eccitazione di quell’istante.

Per fortuna ci pensa un bussare leggero, quasi pacato, a distogliermi dai miei pensieri lussuriosamente poco casti.

Giro il volto , facendo contemporaneamente pressione con il corpo fino a far ruotare del tutto la sedia nella direzione della porta, poco distante da me.

- Avanti – mormoro con voce strascicata e roca, ancora un po' stordito dal pensiero di poco prima.

Lo scaccio del tutto imponendomi di calmarmi, relegandolo in un angolo remoto della mia mente e decidendo di non pensarci più.

Prendo poi un profondo respiro per calmare i bollenti spiriti, che, però, mi si blocca in gola non appena la porta rossa di apre, rivelandomi una figura slanciata dal profumo fin troppo familiare.

Incontro due intesi occhi nocciola, resi ancora più profondi dal trucco scuro e accattivante che li contorna, definendoli.

- Hey - mi saluta con le guance lievemente arrossate dal freddo, aprendosi in un sorriso luminoso che allontana il grigiore della noia in cui ero sprofondato e riattiva istantaneamente gli ormoni.

Le lancio uno sguardo intrigato, aspettandomi che si avvicini a me come al solito.

Ultimamente è davvero difficile stare lontani, infatti.

Sorprendendomi rimane invece vicino alla porta e non si avvicina, una mano appoggiata saldamente alla maniglia e l'altro braccio lungo il fianco.

- Hey - affermo in risposta, sentendo qualcosa di indistinto iniziare a muoversi agitato nello stomaco.

Ormai questo è diventato di fatto il nostro saluto, sorrido un secondo dopo.

Il suo sorriso si amplia quasi simultaneamente al mio e sono convinto che anche lei stia pensando alla stessa identica cosa.

La mia attenzione è però attirata, un attimo dopo, da tutt'altro e il mio sguardo vi si focalizza come una calamita.

Con gli occhi improvvisamente brucianti di densa cupidigia seguo le linee ammalianti del suo corpo, lambendolo minuziosamente.

Pantaloni aderenti... maglia con profondo scollo a V che lascia intravedere l'invitante solco fra i seni...capelli gonfi e ondulati in cui immergere le dita...labbra rosse e dischiuse... il sogno erotico di ogni uomo, praticamente.

Le lancio una nuova occhiata decisamente languida, percorrendo il suo corpo con occhi ardenti da capo a piedi.

Un paio di volte.

Lei arrossisce sotto il mio sguardo, mordendosi un labbro fino ad arrossarlo. Forse imbarazzata, forse lusingata.

Cerco il contatto visivo con i suoi, che per alcuni secondi sfuggono imbarazzati dai miei, per poi alla fine concedermelo.

Mi guarda da sotto le ciglia scure con uno sguardo innocentemente caldo, rendendo le sue iridi tremendamente simili a cioccolato fuso e facendomi ribollire il sangue.

Il desiderio è palpabile nell'aria, concreto, nonostante non ci stiamo né toccando né sfiorando.

Ci stiamo semplicemente guardando, ma l'attrazione è così forte da rendere elettrico ogni pensiero, ansante ogni respiro.

È una cosa assolutamente allucinante, ma vera di come i nostri sguardi lascino trasparire l'attrazione reciproca e di come riesca ad infiammarmi con una sola, semplice occhiata.

Deglutisco improvvisamente senza salivazione, socchiudendo gli occhi travolto da essa.

In questo momento basterebbe anche uno sfiorarsi di mani involontario per farla scoppiare come una bolla di sapone. O forse anche meno.

Un ondata di calore mi pervade togliendomi il respiro, quasi stordendomi e risvegliandomi al col tempo.

Sospiro, spostando faticosamente gli occhi dai suoi.

Mi crea già pensieri poco casti quando è vestita normalmente da Elena, ma se si presenta con gli abiti provocanti di Katherine è davvero dura trattenere gli ormoni scalpitanti. Molto scalpitanti.

Cerco di riprendermi da quel delizioso torpore, prendendo una lunga boccata di ossigeno e alzando nuovamente lo sguardo su di lei.

Incontro i suoi occhi e, per una breve frazione di secondo, mi sembra di scorgere lo stesso lucido illanguidimento che c'è nei miei attraversarle lo sguardo. O forse è solo una mia impressione.

Mi passo una mano fra i capelli, riprendendo un minimo di contegno e questa volta sono i suoi occhi a seguire i miei gesti.

Con scarsi risultanti tento di rabbonirmi e calmarmi, cercando di non dare ascolto all'invitante pensiero che mi dice di alzarmi e prenderla ora contro la porta.

- Per fortuna che sei arrivata, mi sto annoiando a morte - mormoro rompendo il silenzio, ma non il nostro gioco di sguardi, cercando di non far caso al caldo formicolio che mi pervade soprattutto in alcuni punti del corpo.

Tuttavia, sebbene me lo imponga, non riesco ad esimermi dal lanciarle un sorriso malizioso, decidendo di assecondare in minima parte quella parte di me che vuole stuzzicarla e giocare con lei.

Lo so, sono una contraddizione vivente visto che mi sono appena ripromesso di calmarmi, ma non posso farci nulla.

E poi flirtare con lei è così elettrizzante, invogliante .

- Mi dispiace, ma non posso tenerti compagnia- ridacchia divertita inclinando il volto, in quel modo innocentemente seducente che la caratterizza, e guardandomi da sotto le ciglia scure, scaturendo in me un'altra imponente vampata di calore.

La mia mente si riempie di bollenti immagini con protagonisti noi due su come occupare piacevolmente il tempo. Molto piacevolmente.

Immagini in cui non compaiono vestiti e davvero molto invitanti, che però non mi aiutano a darmi una calmata. Per nulla.

- Peccato – soffio allusivo, con la malizia ad aleggiare nella mia voce, arrochendola lievemente.

Lei arrossisce nuovamente, forse per il mio tono di voce, torturandosi con i denti il labbro inferiore.

I miei occhi seguono spontaneamente quel movimento, delineandole e lambendole fino a farmi desiderare ardentemente di sovrapporvi sopra le mie.

E' un qualcosa più forte di me.

Per quanto cerchi di non lanciarle occhiate da censura, non ce la faccio.

Il mio corpo- o meglio, i miei ormoni- mi chiede contatti con il suo che in questo momento non posso soddisfare e l'unica valvola di sfogo che ho sono i nostri sguardi.

Almeno con quelli mi posso sfogare per bene.

Sospiro impercettibilmente, mentre la parte razionale di me mi impone di darmi una calmata.

Oggi sono particolarmente su di giri.

Placa i bollenti spiriti Ian, mi ammonisco ma un secondo dopo la voglia di stuzzicarla ancora si fa pressante .

Ecco gli effetti collaterali di condividere lo stesso letto e non fare nulla: l'attrazione gioca brutti scherzi dopo un po'.

- Già – ride, scuotendo lievemente il capo e riempiendo il camerino con la sua risata fresca.

Come se avessi avuto un'improvvisa iniezione di buon umore sorrido anche io, non dimenticandomi però del mio intento.

Socchiudo gli occhi, lanciandole una giocosa occhiata maliziosa che lei sostiene senza battere ciglio.

Ecco, se io sono imperscrutabilmente contraddittorio lei non è da meno. Un attimo prima è imbarazzata, quello dopo mi lancia sguardi speculari ai miei.

- Quindi non riuscirò a corromperti con niente, vero?- mormoro quasi felinamente, alzandomi dalla sedia e compiendo un passo verso di lei.

- No – afferma sicura lei senza distogliere gli occhi dai miei e indietreggiando di riflesso fino a toccare con le spalle la porta.

Non trattiene però un sorriso divertito, che le inclina le labbra rosse e invitanti aumentando ad iperbole la mia voglia di lambirle.

Faccio un altro passo, raggiungendola visto la poca distanza che ci divide.

Lei si schiaccia ancora di più contro la porta, non riuscendo però ad evitare che i nostri toraci si sfiorino in un contatto lieve, che è in grado di provocarmi i brividi.

La solita frizzante e velata elettricità torna a pervadere l'aria, come ogni volta che la distanza di sicurezza è superata.

Appoggio un braccio contro la porta, intrappolandola tra il mio corpo e la parete rigida dell'uscio.

Il petto che le si alza in modo anomalo, dettato dal respiro improvvisamente ansante.

Il suo profumo mi giunge nitido alle narici, mischiato con quello alla lavanda del suo balsamo. Tremendamente delizioso e afrodisiaco.

Inclino il volto verso di lei, percependo quasi il suo respiro infrangersi sul mio collo, riservandole un furbo sorriso “ alla Damon ”.

- Quindi non ci riuscirò neanche con un gelato al cioccolato?- sorrido sornione, sapendo che ha decisamente un debole per quello.

Colpita nel suo punto debole, si morde un labbro guardandomi indecisa da sotto le ciglia scure.

Vorrebbe accettare, lo leggo nei suoi occhi.

- Purtroppo non posso, devo girare - afferma tentennante un attimo dopo con un sospiro imbronciato.

La tenerezza prende il posto della malizia e dell'attrazione in un secondo, infondendomi una

sensazione di dolcezza alla bocca dello stomaco disarmante.

Come se qualcosa di caldo si stesse sciogliendo dentro di me, provo una sensazione di morbido caldo, opposta al calore del desiderio di poco fa.

Le sorrido un po' tremolante, sconcertato da questo repentino cambiamento che mi ha travolto.

In questo periodo mi sento particolarmente instabile.

Come un'altalena oscillo perennemente fra sensazioni contrastanti e opposte.

Sono un ossimoro vivente, praticamente.

Ad esempio, ci sono momenti che sono così attratto da lei che credo di non riuscire a trattenermi e quello dopo, invece, che sento un bisogno irrefrenabile di allontanarmi, staccare la spina.

Quando però magari capita di non vederci per tutto il giorno, mi sembra quasi che una lievissima sensazione di vuoto mi pesi addosso.

Non è talmente opprimente da schiacciarmi o non farmi pensare ad altro, però quando la rivedo scompare magicamente, dissolvendosi nella consueta sensazione di vertigini.

È una cosa così strana.

Scaccio questo pensiero, concentrandomi solo su di lei.

- Quindi non mi terrai compagnia?- le chiedo col broncio, inchiodandola con il mio sguardo limpido, nella speranza che faccia leva sulla sua indecisione e la convinca a rimanere con me.

So che è un comportamento alquanto infantile visto che deve lavorare, ma non posso farci niente.

Voglio passare del tempo con lei. Ancora.

Sono bulimico: più tempo trascorro in sua compagnia, più ne voglio.

- No – ridacchia divertita dalla mia espressione, sistemandosi con una ciocca di capelli ricadutale sul viso.

Un secondo dopo i suoi occhi però si illuminano di una luce improvvisa e misteriosa, un po' cospiratoria.

Alza un dito davanti al mio volto e si apre in un sorriso così dolce e puro che quasi mi ipnotizza.

- Però ti ho portato qualcuno che vuole tenertela - afferma dolcemente allegra.

Aggrotto confuso le sopracciglia, non capendo a cosa si stia riferendo.

- Eh?- le chiedo infatti senza capire.

- C'è posta per te!- afferma con una risata argentea, aprendo improvvisamente la porta rossa del mio camerino.

Prima ancora che possa vedere cosa c'è fuori un'ondata di aria fredda mi colpisce, facendomi rabbrividire per il repentino cambio di temperatura.

L'attimo dopo mi ritrovo a sbarrare gli occhi sorpreso davanti alla persona che ho di fronte.

Una donna dai capelli biondo miele e gli occhi tremendamente simili ai miei, ora lucidi di gioia, mi fissa sorridente.

- Robin ? - è l'unica cosa che riesco a dire, mentre le mie labbra si stirano in un sorriso così spontaneo e grande che mi fanno male le guance.

Mi ritrovo stretto nel suo abbraccio stritolante e caldo un secondo dopo, sbilanciato all'indietro a causa dell'impeto con cui mi si è gettata addosso e il profumo di famiglia ad avvolgermi.

- Mi sei mancato - mi sussurra stringendomi a se.

Senza una ragione precisa mi ritrovo a ridere, stringendola a mia volta in un abbraccio avviluppante .

- Anche tu - sorrido fra i suoi capelli vaporosi, rendendomi conto di quanto sia vero.

Mi è mancata più di quanto pensassi.

Si allontana qualche secondo dopo e la mia attenzione si focalizza sullo scricciolo biondo che mi sta tirando il pantalone nero che indosso per richiamare la mia attenzione.

- Hey campione - gli scompiglio i capelli biondi e fini, identici a quelli di Robin.

Mi piego sulle gambe, abbassandomi alla sua altezza.

Lui mi fissa in silenzio, gli occhi verdi dilatati dalla curiosità senza però dire nulla. Ha decisamente preso la timidezza da mio cognato, visto come era irrequieta e per nulla timida mia sorella. Tratto che le è rimasto anche ora.

- Non si usa più salutare lo zio?- gli chiedo sorridente, allungando poi una mano a fargli il solletico

sulla pancia.

Lui ride, gli occhi vispi stretti dalle risate tentando di sfuggire alla mia presa.

Rido anche io, prendendolo in braccio e alzandomi nuovamente in piedi.

Le sue piccole e paffute mani si aggrappano al mio collo, tirandomi un po' i capelli.

Alzo poi lo sguardo, incontrando due dolci occhi scuri che mi scrutano imperscrutabili.

E' uno sguardo diverso dai soliti voraci e un po' lussuriosi – Oh, si, perché a volte lo sono davvero molto!- che ci scambiamo.

È ipnotizzante per la sua intensità e insistente per la sua imperscrutabilità.

Non stiamo flirtando, ma ci stiamo solo guardando, semplicemente questo.

Il battito del mio cuore accelera improvvisamente, nello stesso identico modo di quando ci sfioriamo e la sensazione di groviglio torna a stringermi lo stomaco.

Incateno il mio sguardo al suo, profondo e leggermente velato da un alone di imperscrutabilità che li oscura, e la sensazione strana di qualcosa che si agita in me torna a farsi sentire.

Le sorrido lievemente, senza una ragione ben precisa. Ho solo voglia di sorridere, tutto qui.

Sento però altri due occhi scrutarmi attenti e indagatori, puntati ostinatamente sulla mia nuca.

Mi volto verso Robin, rompendo, mio mal grado, il contatto visivo con Nina.

Un sorriso scaltramente vispo che non promette nulla di buono le inclina le labbra, lo sguardo interessato puntato su di me.

Inspiegabilmente mi sento come se fossi stato beccato con le dita nella marmellata. Una deliziosa marmellata al frutto della passione, per di più.

Nel giro di un secondo mi ritrovo a sperare che il suo sesto senso femminile non si sia attivato.

Anche se qualcosa mi fa capire tutto il contrario.

- Ehm, io vado - mormora Nina, rompendo il silenzio, ed entrambi ci voltiamo verso di lei trovandola intenta a stropicciare con le mani i fogli del copione, di cui solo ora mi accorgo.

- Non rimani con noi?- afferma subito mia sorella, facendomi inarcare confuso un sopracciglio.

Da dove spunta tutta questa voglia di stare con lei?

Nina la guarda sorpresa, aprendosi poi in un timido sorriso lusingato.

- Ehm, no. Mi dispiace, devo girare- afferma leggermente imbarazzata, spostando il peso da un piede all'altro – E sono già in ritardo di mezz'ora, oltretutto. Oggi Julie mi uccide, mi sa – continua con una smorfia, dando un'occhiata all'orologio al polso.

- Oh, ok. - afferma un po' delusa mia sorella, quasi imbronciandosi.

Cosa che mi allarma ancora di più.

- Comunque è stato un piacere conoscerti – trilla un secondo dopo, aprendosi in un sorriso sincero.

- Anche per me - risponde lei prima di scomparire oltre la porta.

Mi rivolto verso Robin, pronto a parlare e chiederle cosa ci fa qui, ma una testa riccioluta ricompare.

- Ah Ian, hai le chiavi vero?- mi richiama Nina, riapparendo - Perché giro fino a tardi- continua poi.

- Si, non preoccuparti – annuisco e lei scompare nuovamente dietro la porta un secondo dopo.

Il silenzio cala nella stanza per alcuni brevi attimi.

Un innaturale silenzio che è carico di mille domande e a cui io non sono sicuro di avere delle risposte. Non ancora.

Sospiro, preparandomi mentalmente alle sue domande, perché so che ci saranno.

E, infatti, non aspetta neanche che la porta si sia chiusa per parlare.

- Le chiavi?- mi domanda calcando sulle parole, lo stupore e la curiosità così chiare nella sua voce da renderla quasi più alta di un’ottava.

Inarca un sopracciglio chiaro, guardandomi in attesa di una risposta.

- Ehm si – mormoro fievolmente mentre un pizzicante e lieve imbarazzo mi avvolge.

Lei mi guarda quasi a bocca aperta per la mia affermazione, neanche avessi detto chissà che.

- Chiudi la bocca o ti ci entreranno le mosche – la prendo in giro con una piccola risata, nel vano

tentativo di distogliere la sua attenzione dal discorso.

- Convivete?- ignora la mia ultima battuta, aprendosi in un sorriso sornione che non promette nulla di buono.

- Dividiamo solo la stessa stanza. – affermo specificando la situazione, mentre la sensazione di

imbarazzo torna a farsi sentire prepotente.

Prima che si faccia strane idee è meglio chiarire subito. Anche perché conoscendola sarà partita in quarta a fantasticare.

- Si è rotto un tubo in camera mia due settimane fa e, dal momento che non c'erano camere libere, mi sta gentilmente ospitando.- puntualizzo un attimo dopo, sistemandomi meglio Colin fra le braccia, che ha preso a giocare interessato coi miei braccialetti.

- Non c’erano camere libere, eh?- inarca scetticamente un sopracciglio, appoggiandosi con i fianchi alla scrivania senza distogliere lo sguardo divertito dal mio e io annuisco, confermando ciò che ho appena detto.

- Strano, però. A me invece l'hanno data subito – mormora quasi canzonatoria.

Un’ondata di puro imbarazzo mi pervade, sentendomi colpito sul vivo.

- Guarda che è vero - affermo leggermente stizzito, distogliendo però lo sguardo dal suo.

Lo sposto da tutt'altra parte, fissando interessato il muro.

E poi non c’è motivo di esserlo, è la pura verità.

Ho solo omesso di dire che ci sono stanza libere nell’albergo da una settimana. Ma perché occupare un’altra stanza quando c’è quella di Nina generosamente a disposizione?

- Condividete anche lo stesso letto?- mi chiede maliziosamente a bruciapelo Robin con un sorriso furbetto sulle labbra, risvegliandomi bruscamente dalle mie riflessioni.

Preso in contro piede boccheggio, sentendo le guance scaldarsi di imbarazzo.

Meno male che non mi sono fatto la barba oggi, mi ritrovo a pensare nella speranza che lo strato leggero che mi copre le guance lo nasconda adeguatamente.

Sospiro poi, decidendo di ignorare le sue battute impiccione e maliziose e non darle corda.

- Che ne dici di vedere il set, Colin?- mi rivolgo direttamente a mio nipote.

I suoi occhi si illuminano velocemente di gioia e annuisce vigorosamente con un sorriso.

- Benissimo allora andiamo!- affermo afferrando la mia giacca e aprendo poi la porta, aspettando che mia sorella ci raggiunga ed esca.

Lei si ferma al mio fianco, aggiustandosi la sciarpa verde che ha il collo e lanciandomi uno sguardo allusivo.

- Si scappa, scappa. Ma sappi che non potrai sfuggirmi all’infinito!- afferma con una risata che promette però domande imbarazzanti e indagatrici.

Pensandoci bene, assomiglia tremendamente ad una minaccia.

- E poi dovresti saperlo, chi tace acconsente- afferma con un sorriso vittorioso, passandomi accanto e uscendo finalmente.

- Ma io non ho taciuto - protesto con una risata che scioglie i miei nervi tesi istintivamente dall’imbarazzo.

Robin non dice altro e io mi chiudo la porta alle spalle.

Si, mi erano decisamente mancati ammetto a me stesso con un sospiro. Anche questi momenti imbarazzanti e le domande impiccione.

Mi apro poi in un sorriso.

- Allora cosa volete vedere per primo? –

 

 

 

 

**************

 

 

 

 

Muovo le ginocchia su e giù facendo ridere di gusto Colin che è seduto su di esse, imitando la corsa di un cavallo al trotto.

Con un acceso attacco di ridarella cerca di svincolarsi dalla mie mani che gli fanno contemporaneamente il solletico, le guance rosse di risate.

Mi è mancato il mio nipotino, come del resto anche mia sorella, e passare tutto il giorno con loro è servito a ricaricarmi le pile di ottimismo e buon umore.

Robin, seduta all’altro lato del tavolo, ci guarda sorridente e divertita scuotendo tuttavia la testa.

- Ian basta, se continui a farlo ridere così vomiterà- mi rimprovera vedendo i singhiozzi del figlio a causa delle troppe risate, non trattenendo però neanche lei un sorriso bonario.

Alzo lo sguardo chiaro e limpido, fingendomi fintamente indignato per aver interrotto il nostro divertimento, su di lei e incontrando il suo invece deciso e fermo.

Sospiro, capendo subito che neanche con tutte le suppliche di questo mondo ci farà continuare.

Quando decide una cosa, Robin è irremovibile. È fatta così.

Ha decisamente ereditato questo tratto da mia madre, penso con una piccola smorfia ricordando di tutte le volte che da piccolo le chiedevo di comprarmi un cavallo e lei ha sempre rifiutato.

- Mi dispiace campione, il divertimento è finito- affermo abbassando lo sguardo su di lui, scompigliandogli i capelli con una carezza.

A mia sorella riservo invece un broncio degno di un bambino di cinque anni.

- Sei una guasta feste, comunque – freccio immusonito al suo indirizzo, continuando a sfoggiare la mia espressione corrucciata.

- No, no – protesta guardandomi dal basso verso l’alto Colin, tirandomi la manica della maglia nera che indosso affinché continui.

- Ancora cinque minuti - implora poi, voltandosi verso la madre .

- Ancora cinque minuti?- ricalco le sue parole, dando man forte a mio nipote e sfoderando il mio miglior sorriso con tanto di annessi occhioni dolci.

Sguardo a cui neanche Nina sa resistere, modestamente.

Ma questo evito di dirlo a mia sorella, visto che è tutto il giorno che mi lancia battutine maliziose neanche tanto velate.

Mi ha praticamente massacrato ininterrottamente.

Per non parlare di quando le ho fatto vedere il set e casualmente Nina stava girando. Ha iniziato una sfilza di frecciatine a doppio senso infinita, che io ho ovviamente dribblato.

Le lancio un'occhiata di sottecchi.

Non so come l'abbia capito visto che ci ha visti insieme praticamente cinque minuti, ma ha intuito che c'è dell'attrazione, e forse non solo, tra me e Nina.

È un comportamento tipico di Robin questo.

Lo ha da quando ho incominciato a uscire con la mia prima ragazza a tredici anni e da allora non ha più smesso.

Se poi l'argomento la interessa particolarmente e le va a genio, come mi sembra stia accadendo, è davvero insopportabile e cerca di sapere le cose prendendomi per sfinimento.

Forse è solo un suo modo di essere protettiva, ma così decisamente non mi aiuta a non pensare a lei.

Cosa che, oltretutto, succede di continuo.

Per fortuna, sono, però, un paio d'ore che mi sta miracolosamente lasciando stare, permettendomi di respirare tranquillamente e non aver sempre i nervi tesi in attesa della prossima frecciatina o domanda curiosa ficcata in ogni discorso.

Sono già abbastanza scombussolato e confuso di mio senza le sue insinuazioni, mi passo una mano fra i capelli.

- E’ inutile che fai il broncio, non sono la mamma.- agita il capo con un'occhiata ilare, facendo muovere i capelli biondi racchiusi in una coda e richiamandomi alla realtà.

Ridacchio, rivedendo in lei la stessa ragazzina spensierata che mi veniva a svegliare all’alba della mattina di Natale per aprire i regali. Stesso sguardo furbetto e ricattatore.

- Con me non funziona - mi sorride furba calcando sulla parola “me” fino a conferirle una inclinazione allusiva e il riferimento a Nina pare lampante ai miei occhi.

O forse è solo la mia mente malata che mi riporta costantemente a lei, per ogni cosa.

Il sorriso malizioso e acuto torna a fare capolino sulle sue labbra, accompagnato da uno sguardo identico che le anima gli occhi azzurri.

Ecco, come non detto sospiro:intendeva proprio alludere a lei.

Era proprio questo tipo di atteggiamento che intendevo prima.

Roteo gli occhi al cielo, ignorando la sua ultima battutina nella speranza che così si stufi e smetta.

Anche se ne dubito fortemente conoscendola.

Colin con un piccolo balzo scende dalle mie gambe, probabilmente annoiato dal nostro parlare e rompendo così il siparietto creatosi.

Si siede poi tranquillo al fianco della madre, riprendendo a scarabocchiare un albero sui fogli appoggiati disordinatamente sul tavolo mentre mia sorella sorseggia la sua bevanda.

Un pacato silenzio cala fra di noi, l'argomento di poco prima sembra fortunatamente dimenticato e io lancio uno sguardo attorno a me, guardandomi intorno.

Siamo seduti ad un tavolino appartato nell’angolo bar dell’albergo, quasi totalmente vuoto nonostante sia solo metà serata.

Dopo aver portato Robin in giro per tutto il set, siamo andati a mangiare in un ristorante di cucina italiana ad Atlanta non molto lontano da qui.

Dal momento che però abbiamo finito di cenare presto, ci siamo seduti a bere qualcosa in attesa di ordinare il dolce e abbiamo parlato, visto tutte le cose che abbiamo da raccontarci.

- A che pensi ?-

Rialzo lo sguardo su di lei, che mi sorride dolcemente e serena, nessuna traccia di malizia o allusione nella voce.

- A nulla di preciso, in verità- affermo sinceramente con un'alzata di spalle.

Lei annuisce e io allungo un braccio fino ad afferrare il mio bicchiere di the freddo.

Probabilmente sono l'unico al mondo che, col freddo che fa e a Novembre inoltrato, beve ancora una bevanda tipicamente estiva.

- Cosa sei venuta fare ad Atlanta ? - le chiedo prima di prenderne un lungo sorso.

- E’ un modo carino per dirmi che non sono desiderata ?- ribatte subito divertita, aggrottando buffamente le sopracciglia chiare.

Rido anche io, lanciandole una finta occhiataccia offesa.

- No, è un modo carino per dirti “ Cosa sei venuta a fare ad Atlanta”?- la prendo in giro, continuando a ridere sommessamente.

- Avevo un lavoro in radio da queste parti – mi spiega con una semplice alzata di spalle e un gesto ovvio della mano .

Io annuisco.

- E poi volevo far vedere a Colin dove girano lo show- continua tranquilla, prendendo un sorso della sua bevanda e guardandomi da sopra la tazza in porcellana blu.

- Gli fai vedere il telefilm?- è la mia sorpresa e spontanea affermazione, sbarrando leggermente gli occhi per lo stupore.

Mi sembra strano che glielo lasci guardare visto che secondo lei perfino l'Uomo Ragno è un cartone animato violento. E decisamente The Vampire Diaries non è un telefilm adatto ai bambini.

- Solo alcune scene in cui c’è il suo zietto Iaia- è il suo turno di prendermi in giro, chiamandomi con il nomignolo con cui mi chiama Colin da quando praticamente ha incominciato a parlare.

- Le scene più hot le tengo per me, tranquillo .- sussurra maliziosa un secondo dopo, ridacchiando divertita probabilmente per la mia espressione scandalizzata.

La ammonisco con una occhiataccia, corrugando le sopracciglia scure.

- Non ci sono scene hot- ribatto quasi infantilmente, negando e mentendo spudoratamente.

Oh, ce ne sono fin troppe invece per la gioia dei miei ormoni recalcitranti.

La mia mente, che in questi giorni sembra essere governata più dai ferormoni che dalla parte razionale, viene subito inondata da un sacco di esse, come a voler ulteriormente smentire ciò che ho appena detto.

Deglutisco improvvisamente accaldato, rivendendole davanti a me una ad una neanche fosse una sorta di film.

Beh se lo fosse sarebbe decisamente a luci rosse, è il pensiero stupido e senza senso che mi attraversa la mente.

Lo stesso identico turbinio di negazione e attrazione di quando le ho girate mi assale, avvolgendomi con le sue spire conturbanti e sensuali fino a quasi farmi dimenticare dove sono.

E le immagini continuano a susseguirsi nella mia testa.

Io e Nina che ci baciamo sono un portico.

Noi due che ci baciamo contro un mobile, che ci tocchiamo a vicenda e che ansimiamo per quei tocchi lievi così eccitanti e che mi hanno provocato così tanti pensieri impuri.

E poi ancora...Io e Nina che ci sfioriamo in un letto sfatto con addosso gli abiti ottocenteschi.

A questa ultima immagine una morsa dolorosamente piacevole mi stringe lo stomaco e il battito del mio cuore diventa anomalo, pompando sangue più velocemente.

Il ricordo di quella carezza rubata sul suo seno candido, messo deliziosamente in vista dal corpetto ottocentesco, mi folgora, provocandomi una miriade di brividi di eccitazione.

Boccheggio, quasi travolto dallo stesso desiderio di quel momento e i pantaloni diventato insopportabilmente fastidiosi.

Mi inumidisco le labbra, come a ricercare il suo sapore e il gusto di quei baci.

Lo stesso che mi è rimasto impresso nella mente così limpido da sembrare reale, tormentandomi per giorni interi.

All’epoca stavo ancora con Megan e quel turbinio di emozioni mi aveva sconvolto non poco, portandomi a essere scostante e scontroso per giorni.

Il sapore delle sue labbra mi torna in mente, così nitido che mi sembra di percepirlo perfino ora, a distanza di mesi da quando è accaduto.

E la voglia di baciarla in questo momento è così forte che mi sembra di non poter resistere.

Probabilmente, se fosse ora qua la bacerei sotto gli occhi sorpresi di mia sorella.

E forse non saprei neanche fermarmi a quello.

Cerco di placare i bollenti spiriti, tentando di convincermi inutilmente che sono sensazioni indotte dalla recitazione.

Non siamo noi, ma Damon ed Elena. Damon ed Elena, mi ripeto come un mantra non credendoci neanche io stesso, però.

E allora perché sembrava così reale, se stavamo impersonando solo Damon ed Elena? È la domanda canzonatoria della mia coscienza, che torna a ronzarmi in testa, frantumando in mille pezzi il pensiero di un secondo fa.

Sospiro impercettibilmente, rendendomi conto di quanto ormai mi destabilizzi anche solo pensare a lei.

È una cosa quanto mai improbabile e strana, ma anche dannatamente reale. Anche solo pensare a lei mi scombussola, per non parlare di quando ci sfioriamo.

Capisco semplicemente che non posso più fare finta che sia solo attrazione, per quanto questo mi spaventi.

- Ah no? A me sembra di aver visto scene in cui vi rotolate in un letto e in cui vi strappate i vestiti di dosso.- afferma con gli occhi vispi e l'espressione furba di chi sa che ti ha incastrato, riportandomi

bruscamente alla realtà.

Sbuffo per la sua ennesima frecciatina, non rispondendo nulla e rimanendo semplicemente in silenzio.

- E mi sembravate anche piuttosto presi - continua disinvolta, come se stesse parlando del meteo e non stesse alludendo ad altro, ampliando il suo sorriso sornione alla mia espressione colpevole.

Un qualcosa d'altro che mi sembra la soddisfi e compiaccia molto per di più

Un’imponente ondata di imbarazzo mi travolge inaspettatamente, pervadendomi con le sue fiamme.

Cosa alquanto strana per di più. È difficile mettermi in imbarazzo, visto come sono sfacciato.

E anche se lo sono, comunque sono molto bravo a mascherarlo.

Cosa che, invece, non sembra riuscirmi con Robin. Forse è una delle poche persone al mondo che ci riesce così facilmente.

E tutto ciò accade perché so che è dannatamente vero. Eravamo presi, tanto, soprattutto nella scena tra Damon e Katherine della prima puntata della seconda stagione.

Le lancio l'ennesima occhiataccia ammonitrice della giornata, facendola scoppiare a ridere di gusto.

- Sei insopportabile - l'apostrofo mentre però un sorriso spunta anche sulle mia labbra.

- Lo so - ammette allegra, scambiandolo per un complimento.

Scuoto la testa, spostando lo sguardo oltre di lei e facendolo vagare per il salone.

Parli, o meglio pensi, al diavolo e spuntano le corna.

Il mio sguardo cade casualmente su una figura slanciate e snella, appoggiata al bancone nelle vicinanze del reparto dolci.

Sorrido istintivamente, lambendole il corpo in una lunga occhiata e le fiammelle dell'attrazione tornano ad accendersi in me.

Nina è al bancone del bar, dandoci le spalle. Probabilmente non ci ha neanche visto.

Sicuramente sta ordinando qualcosa di dolce da mangiare, sorrido ancora ricordandomi di quando è golosa.

Senza che io me ne accorga, troppo preso da ciò che guardo, anche Robin si volta, seguendo interessata la direzione del mio sguardo.

Prima che io abbia tempo di dire o fare nulla una voce mi anticipa sul tempo.

- Nina!- la chiama ad alta voce, alzando una mano per farsi vedere.

- Robin - l'ammonisco subito in un sussurro imbarazzato, sbarrando gli occhi stupito dal suo gesto.

Le poche persone presenti nel locale insieme a noi si volta nella nostra direzione, fissandoci attente e aumentando il mio disagio.

Ecco, l'unica cosa che ci manca è un bel articoletto al riguardo su quei giornali di gossip da quattro soldi.

Le lancio uno sguardo truce, nella speranza che smetta di sventolare il braccio e attirare l'attenzione.

Ma cosa diavolo le prende oggi? Non è mai stata così, anzi è sempre stata più discreta di me e, quando finivo sui giornali per qualche cavolata, era la prima a riprendermi.

Oggi, invece, mi sembra abbastanza euforica e allegra, troppo persino per i suoi standard.

- Shh – mi zittisce con un gesto della mano, lasciandomi sempre più basito.

Quasi quasi la preferisco quando non sopporta le persone con cui sto, rifletto rendendomi conto di ciò che ho appena pensato solo un attimo dopo.

Ho detto persone con cui sto, mi ripeto mentalmente sbigottito. Ma noi non stiamo insieme, puntualizza una vocina acuta e fastidiosa dentro di me.

Persone con cui sto da amico, mi convinco correggendomi. Si volevo dire così, annuisco.

Nina si gira confusa, proprio come tutte le altre persone, cercando con gli occhi chi l'abbia chiamata.

Ci individua un attimo dopo, aprendosi in un sorriso timido che mi provoca la solita sensazione di vertigini e, come ogni volta che c’è lei nei paraggi, tutta la mia attenzione si focalizza su di lei.

Lei alza la mano in segno di saluto, senza però muoversi dal punto in cui è ed è, ancora una volta, mia sorella a sorprendermi.

Robin, infatti, le fa palesemente segno di avvicinarsi sventolando la mano.

Nina fra l’imbarazzato e l'indecisione si morde un labbro, per poi avvicinarsi a noi con passo deciso

all'ennesima insistenza di mia sorella.

- Ciao - sorride fermandosi vicino al nostro tavolo, scostandosi imbarazzata una ciocca dal volto fino a portarla dietro l'orecchio.

Le sorrido anche io, inclinando leggermente il volto.

- Hey - la saluto, precedendo, almeno questa volta, di qualche secondo mia sorella.

- Nina!- trilla allegra – Oggi ti ho visto sul set, sei davvero brava- si complimenta sorridente.

- Grazie- ride lei - Io non vi ho visti, invece – aggrotta le sopracciglia, nel tentativo di ricordarsi.

- Perché siamo stati poco- rispondo in fretta, prima che Robin se ne esca con qualche altra frecciatina che possa mettermi in imbarazzo di fronte a lei.

E' una bella e grossa bugia, lo so benissimo.

In verità siamo rimasti una buona mezz'ora a guardare le riprese della puntata, solo non voglio che lo sappia, anche se non so bene il perché.

È una cosa contorta e contraddittoria, me ne rendo benissimo conto visto che a volte sono io stesso ad andare sul set per vederla mentre gira con la banale scusa di portarle qualcosa di caldo da bere o da mangiare.

Soltanto che mi sento in imbarazzo sotto gli occhi di mia sorella, che non ci perde di vista neanche per un attimo.

Nina si volta verso di me, facendo ondeggiare lievemente i capelli e incrociando il suo sguardo profondo con il mio.

La sensazione di calore torna a farsi sentire prepotente, sciogliendomi quasi.

- Però ha ragione, sei brava- mi ritrovo ad affermare prima ancora che io l'abbia pensato, un sorriso un po' adulatore e svagato a tendermi le labbra.

- Ruffiano- mi apostrofa lei socchiudendo giocosamente gli occhi, mentre però le sue guance si velano di un leggero e delizioso rossore.

La solita sensazione di compiaciuto orgoglio per essere stato io a farla arrossire, in quel modo che dedica solo a me, mi coglie.

Ghigno ancora più apertamente e non so cosa legga nel mio sguardo ma arrossisce maggiormente, mordendosi un labbro in un modo così sensuale da annebbiarmi momentaneamente la vista.

E nonostante sappia che mia sorella ci sta studiando attentamente in cerca di risposte e che prima o poi quelle risposte dovrò darle a lei, ma soprattutto a me stesso, le lancio un altro sguardo infuocato, sentendo il fuoco dell’attrazione divampare in me.

E non so cosa, forse l'istinto o forse il fatto che lei abbia trattenuto violentemente il respiro, mi dice che lo stesso fuoco sta attizzando anche in lei.

Qualcosa di dannatamente invitante nel suo sguardo me lo dice.

- Stavamo giusto per ordinare il dolce - mi riscuote la voce gaia di mia sorella, richiamandomi ancora una volta alla realtà. - Rimani con noi , Nina?- le chiede poi con un sorriso bonario, appoggiando il mento al palmo della mano e guardandola in attesa.

Nina solo allora, dopo un attimo di indugio, rompe il contatto visivo con i miei occhi, riprendendosi anche lei.

- Non vorrei disturbare- cerca di declinare l’invito, spostandosi imbarazzata una ciocca di capelli dagli occhi, e, se la conosco bene come credo, avrà paura di essere di troppo e di invadere la nostra intimità. - E poi tra poco devo ...-

- Non disturbi tranquilla - la interrompe sicura Robin.

Non ancora del tutto convinta si volta verso di me con le labbra dischiuse, quasi a chiedermi il permesso con lo sguardo.

- Dai resta - le dico sorridendole ammaliante, nel tentativo palese di farla cedere.

Vedo chiaramente l'indecisione attraversarle gli occhi, ma alla fine capitola del tutto annuendo delicatamente.

Contento e compiaciuto, sposto la mia giacca dalla sedia affianco alla mia, permettendole così di sedervisi.

Lei si siede, iniziando a sciogliersi la sciarpa dal collo e inondandomi con il suo profumo delizioso.

- Anche perché non la sopporto già più- sussurro scherzosamente al suo orecchio, un'improvvisa voglia di scherzare, ammiccando con un gesto del capo verso Robin che ci fissa attenta.

Nina scoppia a ridere di gusto e il fatto di essere stato io a farla ridere, di essere la causa di quel suono così armonioso mi gonfia l’orgoglio, infondendomi una pacata sensazione di compiacenza.

- Guarda che ti ho sentito!- ribatte la diretta interessata, fintamente offesa – E poi, se è per questo neanche io ti sopporto più - ribatte Robin con aria risoluta iniziando a leggere il menù, prima di scoppiare a ridere insieme a noi.

Continuando a ridacchiare si sbottona la giacca pesante, sfilandosela poi.

In un gesto quanto mai istintivo e così spontaneamente galante da non essere da me, allungo una mano e l'aiuto a togliersela.

Non so come e del tutto casualmente le mie dita sfiorano le sue, quasi incrociandole in una presa morbida.

Un brivido mi pervade istantaneamente, come una scossa elettrica, prima che un'imponente ondata di calore mi sconvolga da capo a piedi.

Lei volta la testa come scottata, abbassando lo sguardo sulle nostre mani che si sfiorano per poi alzarlo , qualche secondo dopo, su di me.

I nostri sguardi si incateno e un insieme di emozioni sconcertanti mi travolgono, destabilizzandomi a tal punto da dar voce al primo pensiero senza senso che mi attraversa l'anticamera del cervello.

- Ordiniamo il dolce?- è l'unica cosa stupida e senza senso che riesco a dire in un sussurro appena udibile, la prima che mi passa per la testa e a cui io do voce.

Lei mi guarda confusa, aggrottando le sopracciglia per quella mia uscita fuori luogo, dettata forse dalla paura dell'emozione nuova che ho provato.

Un emozione che mi ha convinto ancora di più che non sia solo attrazione quello che provo e questo mi spaventa, in qualche modo.

- Ok- è la sua unica e laconica affermazione, una punta di perplessità nella voce e io mi ritrovo a darmi mentalmente del cretino. Sono un emerito stupido.

La presa sulla sua giacca, e quindi sulle mie dita, si scioglie gradualmente fino ad abbandonarla del tutto.

Si, sono davvero un cretino, mi rammarico mentre lei si volta dall'altra parte, rompendo definitivamente il contatto con i miei occhi.

E la paura che abbia frainteso mi coglie spietata, infondendomi una strana morsa di ansia allo stomaco.

Non volevo rompere il contatto o il momento, solo...solo non lo so neanche io, mi passo frustrato una mano fra i capelli.

Mi raschio poi la gola cercando con scarsi risultati di riprendermi.

- Sei così ansioso di mangiare il dolce, Ian?- mi chiede Robin ridacchiando maliziosa, riservandomi un’occhiata furba che mi fa capire sempre più che ha capito e facendo aggrottare confusa le sopracciglia a Nina.

Alzo gli occhi su di lei, trucidandola con lo sguardo. Decisamente non mi aiuta molto così.

- Cosa ordini, tu Nina?- le chiede un attimo dopo, delocalizzando la sua attenzione da me e puntandola tutta sul menù che sta sfogliando.

- Torta al cioccolato- sorride sicura, stringendo poi le braccia al petto.

- Io Tiramisù – affermo invece, accorgendomi solo in quel momento del cameriere affianco al tavolo che prende le ordinazioni.

Stasera sono così svampito che non l’ho neanche visto arrivare. Sono proprio su un altro pianeta: Pianeta Nina Dobrev.

- Ian mi ha detto che hai un fratello maggiore - afferma Robin cambiando repentinamente discorso, curiosa come solo una donna può essere.

- Si, è più grande di me di tre anni- sorride dolcemente lei, incassando il volto fra le spalle in quel modo un po’ infantile e morbido che la caratterizza quando parla della sua famiglia.

Il mio sguardo si posa ancora una volta da lei, ipnotizzandomi.

Mia sorella riprende a parlare, dicendo un qualcosa che però giunge solo come un lontano vociare alle mie orecchie.

Sono assorbito dal vortice senza scampo dei miei pensieri e troppo impegnato a guardare Nina per accorgermene davvero.

Ne accarezzo con lo sguardo il profilo dolce, partendo dall’attaccatura dei capelli sulla fronte e scendendo poi sugli occhi, intenti a fissare con attenzione mia sorella.

La solita luce vivace ad animarli tipica di quando racconta qualcosa che le interessa particolarmente..

Continuo poi la mia discesa, seguendo la linea dritta e perfetta del naso, arrivando alla fine sulle labbra.

Morbide e soffici sono intrigantemente dischiuse, il labbro inferiore imperfettamente più gonfio di quello superiore.

Come avvolto improvvisamente dal fuoco provo un improvviso caldo, venendo travolto da un’ondata di attrazione implacabile e insopibile.

La tipica sensazione vibrante ed elettrica del desiderio mi destabilizza, sopendo la parte più razionale di me e fomentando quella più irruenta e istintiva.

La voglia di toccarla si fa così insistente da quasi soffocarmi, spaventandomi per un attimo per la sua vorace insistenza.

Spaventandomi per quel sentimento strano che si agita in me, oltre la semplice e viscerale attrazione.

Deglutisco cercando di calmarmi, mentre il loro vociare continua ad arrivarmi alle orecchie sfocato, non facendomi capire nulla di cosa stanno dicendo.

Asfissianti dubbi si fanno largo in me, sconcertandomi più di quanto io non sia già.

Che cosa è questa sensazione nuova e indefinibile? È un groviglio indecifrabile di sensazioni, strettamente connesse l’una all’altra.

Attrazione…sconcerto…paura…desiderio…sorpresa…languore…

I nostri dolci arrivano in quello che mi pare un baleno, interrompendo il flusso sconnesso della mia mente.

Prima che io possa chiederglielo è lei a parlare, spazzando via ogni dubbio che potevo avere se lei si fosse sentita ferita o offesa e il sollievo mi annulla il peso allo stomaco che avevo.

- Me lo fai assaggiare?- mi chiede adocchiando il mio dolce con occhi bramosi, gli stessi che invece io riservo a lei.

- Solo se tu fai lo stesso- la ricatto con un mezzo sorriso ammiccante e furbo.

Lei sbuffa, roteando gli occhi al cielo per poi spezzare a metà con la forchetta il suo.

- Grazie - affermo in un sussurro compiaciuto, lasciandole un bacio sulla guancia.

Mi allontano un secondo dopo, consapevole del mio scarso autocontrollo quando si parla di lei.

Per fortuna mia sorella è troppo impegnata a imboccare Colin per accorgersi del nostro gesto abituale.

Inizio tranquillo a mangiare il mio dolce, lanciandole di tanto in tanto delle occhiate di sottecchi.

È infatti diventato un gesto consueto e quotidiano scambiarci il cibo o assaggiare quello che ha ordinato l’altro.

Non mi ricordo neanche come sia nato, ma contribuisce enormemente a far salire la tensione sessuale già alle stelle fra di noi.

E, nonostante sia una lenta ed estenuante tortura, non posso esserne più felice.

Allungo la forchetta per prendere un'altra forchettata del suo invitante dolce, avendo già finito il mio, ma lei mi ferma, contrapponendo la sua forchetta alla mia.

- Che stai facendo?- mi chiede con un'occhiata truce, aggrottando pericolosamente le sopracciglia.

Toccatele tutto ma non i dolci, penso divertito dalla sua espressione corrucciata e sdegnata.

Sorrido, tentando di districare la sua forchetta dalla mia e prendere un pezzo di torta, ma lei me lo impedisce ancora.

- Ian - mi ammonisce pericolosa, assottigliando gli occhi.

- Sto prendendo la mia parte di dolce – affermo tranquillo, un sorriso sfacciatamente divertito sulle mie labbra.

- Hai già avuto la tua parte di dolce - ribatte decisa – Questa è la mia- scuote risoluta il capo, facendo ondeggiare i capelli sciolti.

Stringe poi le labbra in un’espressione corrucciata dannatamente seducente.

- Si ma tu me nei hai dato una parte piccolissima!- protesto divertito, cercando con tutte le forze di ignorare il pensiero fulmineo e irrazionale che mi dice di afferrarla e baciarla fino a rimanere senza fiato, fregandomene delle conseguenze e di mia sorella che ci fissa attenti.

Vorrei solo baciarla e non pensare più a niente, ecco.

- Non è vero!- mi rimbecca lei offesa, gonfiando le guance – Il fatto che tu l'abbia divorata in un secondo non vuol dire che fosse piccola- afferma.

- In effetti sei sempre stato goloso di dolci- le dà man forte mia sorella, ridacchiando divertita ed intromettendosi nel nostro battibecco.

Le due si scambiano uno sguardo di solidale complicità, ridendo divertite.

- Grazie tante, eh - sbuffo, lasciandole un'occhiata offesa e un po' torva aumentando maggiormente le loro risate.

Dopo un secondo mi lascio andare anche io ad una risata sommessa.

Mi rivolto poi verso Nina, che ride divertita per una battuta di mia sorella che però io non sento, ancora una volta troppo preso ad osservarla.

La guardo ridere, le labbra dischiuse, il capo leggermente reclinato all'indietro e quella tipica fossetta sulla guancia. La sensazione sconosciuta di poco prima torna a farsi sentire prepotente, scalciando per essere riconosciuta con chiarezza.

Mi avvolge fra le sue spire invitanti e ingannatrici, costringendomi a trattenere il respiro.

È una sensazione atipica, diversa dalle altre.

Piacevole, dannatamente piacevole, ma anche con uno strano retrogusto di ansia e paura che mi fa tendere i nervi.

Continuo a guardala inconsapevolmente, troppo preso dai miei pensieri, e lei, forse sentendosi osservata si volta facendo scontrare i nostri sguardi.

Si deve accorgere anche lei della strana, imperscrutabile emozione che anima i miei occhi, incupendoli, perché aggrotta lievemente le sopracciglia e posso distintamente leggere una muta domanda nei suoi.

Il suo sguardo cambia quasi in sincronia con il mio, passando dalla confusione ad una criptica imperscrutabilità, la forchetta ancora piena immobile a mezz'aria.

Cosa ci sta succedendo?

A interrompere ancora una volta il nostro gioco di sguardi è però una terza voce, cosa che mi irrita non poco.

- Buona sera - esordisce Paul, comparendo dal nulla e all’improvviso vicino a noi.

Sposto lo sguardo da Nina a lui.

- Paul – afferma invece lei sorpresa, voltandosi verso di lui.

- Che ci fai qui?- gli chiedo non spostando però il braccio dallo schienale della sua sedia.

Ormai tanto lui è abituato ad atteggiamenti ben più intimi di questo.

- Sono venuto a prendere la mia Elena - scherza con un sorriso divertito facendoci scoppiare a ridere e allentando la tensione di poco prima .

Come per magia la sensazione anomala di poco prima scompare, sciogliendo i pensieri e dubbi, e la voglia di scherzare con leggerezza torna.

- E' già ora?- mormora Nina sorpresa adocchiando l'ora sullo schermo del cellulare.

- Vedi, il tempo vola in compagnia di Damon- mi vanto all'indirizzo di Paul.

Ormai è diventato un'abitudine fare questo genere di discorsi con Paul, ipotizzando storie future improbabili sui personaggi che interpretiamo.

- Meglio che non dico nulla va- mormora con un sorriso enigmatico che non comprendo del tutto.

Il suo cellulare però squilla, interrompendo il nostro piccolo siparietto.

- E' Torrey - afferma mentre un sorriso dolce e un po’ smielato, semplicemente da innamorato, gli spunta sulle labbra.

Ogni tanto mi aspetto che i suoi occhi si trasformino in cuoricini rosa come nei cartoni animati per quanto è perso di quella ragazza.

Sinceramente spero di non arrivare mai a quei livelli qualora un giorno, molto lontano, mi innamori davvero, rabbrividisco.

Allontano poi dalla mente questo pensiero così distante da me ora, riconcentrandomi sulla situazione.

- Ti aspetto fuori- fa segno a Nina, rispondendo poi al telefono e incamminandosi verso l’uscita, oltre cui scompare un secondo dopo.

Lei annuisce con un sorriso.

Nello stesso attimo anche il cellulare di mia sorella squilla.

- Scusate è una chiamata di lavoro- sbuffa sonoramente, alzandosi e lasciandoci con la sola compagnia di Colin, troppo preso dal colorare per fare caso a noi.

- Ma cos’è, il momento delle telefonate?- rido voltandomi verso di lei.

Anche lei scoppia a ridere e io solo in quel momento noto che ha ancora il braccio sollevato a reggere la forchetta con un pezzo di torta.

Un pensiero fulmineo e birichino mi attraversa la mente, facendomi tendere le labbra in un sorriso sbarazzino, e io lo attuo un attimo dopo.

Velocemente mi protendo verso di lei, schiudendo le labbra e assaggiando il pezzo di dolce.

Nina si volta appena in tempo per accorgersene, sbarrando sorpresa gli occhi.

- Ian - protesta indignata, imbronciandosi offesa.

- Che c’è?- le chiedo facendo il finto tonto una volta ingoiato il delizioso pezzettino, rispondendo al suo sguardo offeso con un sorrisino giocoso.

- Era l’ultimo pezzo di torta!- si lamenta.

- Oh, scusa. Non me ne ero accorto- sghignazzo facendola arrabbiare maggiormente.

Lei, indignata, mi dà un pugno sulla spalla facendomi ridere ancora più forte.

- Sei tremendo- sbuffa un secondo dopo, scoppiando però a ridere anche lei.

- Lo so- affermo vanesio, facendo scontrare le nostre spalle in un contatto tanto lieve quando piacevole.

Robin ritorna al nostro tavolo, trovandoci intenti a ridere divertiti e rimbeccarci come al solito.

- Scusate, ma il lavoro mi perseguita anche di sera .- afferma risedendosi al suo posto e facendo una carezza materna sulla testolina di Colin.

- Figurati- le risponde con ancora il sorriso svagato sulle labbra Nina – A proposito di lavoro… sarà meglio che vada anche io – continua un attimo dopo.

Io annuisco, sospirando.

Quando sto con lei il tempo sembra volare sul serio, noto guardando di sfuggita l’orologio che ho al polso e rendendomi conto che invece è già passata un ora.

A me sono sembrati solo pochi minuti, invece.

Nina si alza, infilandosi il giaccone pesante.

- Domani pranziamo insieme?- chiede improvvisamente Robin, rompendo il silenzio che è calato.

- Domani per pranzo non posso, devo girare alcune scene- le ricordo.

Afferro poi il mio bicchiere di the, prendendo un lungo sorso che rischia di farmi soffocare un attimo dopo.

- Infatti non dicevo a te, ma a Nina – afferma lei decisa e chiara con tutta la naturalezza che possiede, spiazzandomi.

Il the mi va per traverso a questa affermazione così decisa, facendomi tossire.

Nina si blocca come fulminata smettendo di avvolgersi la sciarpa intorno al collo, shoccata almeno quanto me da ciò che ha appena detto mia sorella.

La fissa senza dire nulla, le labbra dischiuse e il rossore che si intensifica sulle guance man in mano che capisce il senso della frase.

- Cosa?- le domando in un sussurro sorpreso, riuscendo pronunciare correttamente solo questa espressione spontanea.

Vuole pranzare con Nina? Perché? Sono le uniche, sospettose domande che mi frullano in testa. Infondo si sono conosciute solo oggi e hanno parlato ben poco...che sia già scattata una amicizia? Mi domando sconvolto.

Nina continua invece a fissarci con le sopracciglia aggrottate dallo stupore, totalmente senza parole.

Inspiegabilmente cerca ancora una volta il mio sguardo, voltandosi verso di me come a voler trovare un appoggio.

E io le do quel sostegno, reggendo il suo sguardo cioccolato un po' confuso.

Ancora una volta non so cosa vi trovi, cosa vi legga, ma una strana emozione le attraversa lo sguardo, spaventosamente simile a quella che ho provato prima io.

- Ti va?- le chiede ancora Robin, insistendo per una risposta e lasciandomi sempre più a bocca aperta e perplesso. – Solo se ne hai voglia, ovvio - le sorride poi lievemente imbarazzata, forse non volendo sembrare troppo invadente.

Cosa ancora più strana visto che stiamo parlando di Robin.

Oggi è proprio strana.

Nina cerca di nuovo il contatto visivo con me e la sensazione che mi stia quasi chiedendo il permesso mi travolge nuovamente.

- Si, volentieri- sorride lei, accentando con le guance dolcemente arrossate dopo un attimo di esitazione.

- Ok - si apre in un sorriso vittorioso e compiaciuto mia sorella.

- A domani allora- afferma al suo indirizzo, affondando le mani nelle tasche della giacca.

- Dai Colin, dai il bacio della buona notte a Nina - incoraggia invece il figlio Robin .

- Buona notte – mormora imbarazzato lui, stringendosi fra le spalle.

- Buona notte- afferma Nina, abbassandosi alla sua altezza per stampargli un bacio sulla guancia.

Si rialza un attimo dopo e fa per parlare ma io la batto sul tempo.

- Anche io voglio il bacio della buona notte- affermo malizioso, ammiccando vistosamente verso di lei.

Lei arrossisce lievemente, roteando gli occhi al cielo.

Non mi sfugge però il gesto automatico di mordersi le labbra, che mi manda letteralmente in visibilio gli ormoni.

Con uno sbuffo si abbassa verso di me.

Il suo profumo mi avvolge prima ancora che le sue morbide labbra di posino sulla mia guancia, in un contatto così innocentemente voluttuoso da annebbiarmi la mente di desiderio.

Dannazione ma come diavolo fa a essere innocente e seducente allo stesso tempo?

Indugia qualche secondo di più, prolungando questo delizioso contatto che mi toglie il respiro.

Il mio battito accelera simultaneamente all’iniezione di adrenalina nel mio corpo scaturita dal contatto seppur minimale dei nostri corpi.

Socchiudo gli occhi, annebbiato dal suo profumo e dall’elettrica attrazione che mi sta divorando come un fuoco ardente, sempre più caldo.

E se non fossi troppo preso dal godermi appieno ogni singolo momento di questo contatto, mi accorgerei di due occhi azzurri tremendamente simile ai miei scrutare attenti ogni mia più piccola reazione.

Nina si allontana un attimo dopo, lasciandomi avvolto solo da un improvvisa sensazione di freddo.

Un sospiro impercettibile e affranto sfugge dalle mie labbra.

- Ehm..ci vediamo dopo- mormora al mio indirizzo, nascondendo il viso fra i capelli.

- A dopo- le sorrido, non vedendo l’ora che sia quel momento. Quel dopo.

Ok, la situazione sta peggiorando alla grande, mi rendo conto.

Forse la troppa attrazione mi ha iniziato a dare alla testa.

La seguo con lo sguardo raggiungere alla porta, gli occhi calamitati su di lei in uno sguardo caldo e leggero al col tempo.

-Vuoi un po’ della mia camomilla?- afferma Robin con una risata, riscuotendomi dai miei pensieri non appena Nina si allontana di qualche passo.

- No, grazie- mormoro disinteressato, non cogliendo la frecciatina nascosta nella domanda.

- Sicuro? Perché mi sembra che tu debba calmare i bollenti spiriti- ridacchia maliziosa.

La fulmino con gli occhi prima di voltarmi nuovamente verso Nina, che è ormai arrivata alle porte scorrevoli di uscita dell’hotel.

Alza lo sguardo su di me, come richiamata mutamente dal mio, e mi saluta con la mano sorridendomi e io faccio lo stesso , prima che vi scompaia oltre.

Un sospiro beato arriva alle mie orecchie , quasi risvegliandomi dallo stato catatonico in cui sono caduto.

Mi volto trovando mia sorella che mi fissa attenta, il volto appoggiato al palmo della mano e gli occhi azzurri dilatati.

-Che c’è?- le domando confuso, aggrottando le sopracciglia e non capendo assolutamente la sua occhiata enigmatica.

So benissimo che quando fa così c’è qualcosa sotto e in questo momento ho quasi paura di scoprire cos'è.

-Nulla - risponde lei evasiva con una alzata di spalle, spostando lo sguardo sulla sua tazza ormai vuota.

- Robin – mormoro ammonitorio, sapendo benissimo che c’è dell’altro e invitandola a parlare.

Lei rialza gli occhi improvvisamente seri su di me, puntandoli dritto nei miei.

- Mi piace , ok?- controbatte schietta, fissandomi di sottecchi, come temendo una mia reazione.

Mi specchio per qualche attimo nei suoi occhi, così simili ai miei in questo momento da spaventarmi.

Mi sembra quasi di leggere il riflesso dei miei. Il riflesso di quanto piaccia a me.

E ancora una volta mi ritrovo a pensare una cosa spontaneamente senza che me ne renda conto davvero ma di un valore importante.

Ho pensato che mi piace… mi piace, mi ripeto mentalmente, cercando di capire se è davvero così e la risposta appare così chiara da essere in netto contrasto con le emozioni confuse e mischiate che provo in questo periodo.

-Non sapevo avessi questi gusti- ridacchio nervoso cercando di alleggerire la tensione che provo in questo esatto momento, scaturita dalla riflessione che ho appena avuto.

E il fatto di affrontare in qualche modo questo argomento con mia sorella mi mette in imbarazzo.

Tremendamente.

Mi sento stranamente agitato, mi gratto la nuca.

Cosa diavolo mi sta succedendo?

-Sai benissimo cosa intendo – afferma, continuando ad inchiodarmi con uno sguardo indagatore beccandosi una mia occhiata oltraggiata e improvvisamente innervosita.

- Non guardarmi così Ian, hai iniziato tu questo discorso- afferma e infondo ha ragione.

Sapevo benissimo che c’era qualcosa dietro quel sospiro e avrei potuto non chiedere nulla, accontentandomi dei miei pensieri, ma invece ho insistito per capire cosa fosse.

Forse, però, parlarne con lei mi farà bene. Mi schiarirà le idee, finalmente.

La guardo senza dire nulla, non avendo niente da dire.

Cosa alquanto bizzarra visto la miriade di pensieri che mi affollano la mente ora.

Lo reggo per qualche minuto prima di spostarlo, fissando confuso le vie buie della città oltre la vetrata che fiancheggia il bar.

- Mi sembra una brava ragazza - riprende a parlare lieve, con tono basso. E so che lo pensa davvero.

- Lo è – confermo in un sussurro, continuando tuttavia a guardare ostinatamente fuori senza vedere nulla realmente.

Ho la paura senza senso e innata di alzare lo sguardo su di lei e trovare la stessa risposta che mi sono dato io.

- Ed è anche bella, cosa che non guasta mai - ridacchia tentando di alleggerire un po’ l’atmosfera e per fortuna ci riesce.

Sorrido istintivamente grato per questo. Possibile che l’abbia inquadrata così in fretta?

- Lo è - concordo con lei, riportando finalmente il mio sguardo nel suo e lasciando che possa leggervi ogni più piccola emozione che mi attraversa.

Lei non dice nulla, lasciando che il silenzio cali.

- Ne sono fottutamente attratto- ammetto per la prima volta ad alta voce con un sospiro, prendendo appieno coscienza del fatto.

Un fievole sensazione di sollievo scioglie il nervosismo che provo, rilassandomi in minima parte.

E capisco che è così e basta. È inutile scappare dall'evidenza e lo è ancora di più credere che sia solo attrazione.

So che non è solo quello, percepisco che c’è dell’altro anche se non riesco a riconoscere cosa è. Che ho paura di riconoscere, perché comporterebbe essere davvero coinvolto.

Ma questo lo tengo gelosamente per me e non glielo dico.

- Me ne ero accorta- ride lei, stemperando ancora una volta la tensione causata dalla delicatezza dell’argomento e io non potrei essergliene più riconoscente.

Sorrido anche io, forse un po' imbarazzato e tremolante, inclinando leggermente il volto.

Non sono abituato a parlare di donne con mia sorella, non in questi termini.

-E poi ti fa sorridere -

Come folgorato alzo lo sguardo su di lei, ma mi ritrovo a non aver nulla da dire. Ancora.

E' vero anche questo, infatti.

- E poi se mi posso permettere, mi piace più dell'ultima- afferma decisa con una piccola smorfia – Era troppo scialba per te -

E un’affermazione mi viene spontanea a queste parole.

- Non stiamo insieme- mormoro subito sulla difensiva, così in automatico che mi dimentico di ricordarle che l'ultima si chiama Megan, ma non gli è mai piaciuta quindi non me ne stupisco neanche più di tanto.

Una sensazione un po' fastidiosa mi stringe lo stomaco in una morsa irritante non appena pronuncio questa frase.

Ma infondo è la pura verità, penso mentre il rammarico continua inspiegabilmente a pervadermi.

- Lo so – afferma dolcemente lei, lasciandomi sempre più sconcertato dopo tutte le allusive frecciatine che mi ha lanciato oggi.

Dischiudo le labbra, come per dire qualcosa ma non riesco a pronunciare neanche una sillaba.

Non riesco a dare voce alla miriade di pensieri che mi sconvolgono la mente.

Sospiro senza dire niente d'altro, troppo preso dal codificare e capire i miei pensieri che vanno ormai sempre più in un unica direzione. Forse l'unica possibile.

Nella confusione più totale che vige nella mia testa un pensiero emerge prepotentemente fra gli altri, facendosi spazio quasi a spallate. Lo stesso di prima.

Cerco di capire se è davvero così, se la riflessione che mi vortica incessantemente in testa è vera.

Sospiro pesantemente, puntando gli occhi in quelli di mia sorella cercando una risposta a tutto questo.

E la trovo. Tutto si fa irragionevolmente più chiaro e la nebbia si dirada lasciando il posto ad uno splendente e caldo sole.

Ma è così, che lo ignori o che lo accetti, è così.

Un pensiero che ha il potere di infondermi un senso destabilizzante di calma e che mi fa sorridere genuinamente.

Un pensiero che, inaspettatamente, non mi mette ne ansia ne paura ma solo una calda e soffice consapevolezza.

 

Mi piace.

 

 

*********************

 

 

 

- Pensi di farcela entro domani mattina? - ridacchio all'indirizzo di una figura snella vicino alla porta che sta tentando di aprirla, giungendo di soppiatto vicino a lei.

Nina sobbalza vistosamente sorpresa mentre le chiavi le cadono rovinosamente a terra con un piccolo tonfo.

Mi lascio andare a una risata argentea divertita, appoggiandomi con la spalla contro lo stipite della porta mentre lei si volta verso di me così velocemente da produrre un'ondata d'aria.

Un profumo intenso di lavanda mi giunge alle narici, pervadendomi i sensi fino quasi a stordirmi.

Ed eccolo, il solito fuoco del desiderio iniziare ad ardere in me.

Socchiudo lievemente gli occhi, incapace di non prenderne un'altra boccata.

Il profumo di Nina Dobrev dovrebbe essere etichettato come “droga” visto l'assuefazione che ne scaturisce, è il mio unico, sconnesso, pensiero senza molto senso.

La dannata voglia di attirarla a me, di toccarla o semplicemente di sfiorarla si impossessa violentemente di me, stringendomi in quella morsa dolce ed eccitante a cui fatico a tener testa.

Per un breve attimo trattengo di riflesso il respiro, credendo ingenuamente che non respirando il suo profumo quella morsa allo stomaco passi, che semplicemente scemi via.

Praticamente un'utopia.

Quella sensazione, quella voglia di volerla stringere non se ne va , tutt'altro.

Anzi, se possibile, si accentua quando il mio sguardo cade sulle sue labbra gonfie e morbide, curvate in un broncio irresistibile.

L'attrazione pulsa nelle mie vene, infondendomi quello strano tipico miscuglio di euforia, caldo e leggerezza.

Le lancio un'occhiata rovente, rendendomi benissimo conto di come la sto guardando. Solo non posso proprio farne a meno e la consapevolezza che ora mi piace non fa altro che aumentare la mia attrazione nei suoi confronti.

Lei invece non sembra accorgersi del mio sguardo, continuando a fissarmi torvamente imbronciata. O forse è solo molto brava a mascherarlo.

- Ian – sospira, gli occhi dilatati dallo spavento e io non posso fare a meno di immaginare quello stesso sospiro pronunciato in un momento del tutto diverso e molto più languido. - Mi hai fatto prendere un colpo- mi fulmina con lo sguardo scuro portandosi una mano al petto, facendomi ridere ancora di più.

- Dovevi vedere la tua faccia- rido sommessamente, abbandonando per un momento i bollenti spiriti e i pensieri da censura.

- Non è per nulla divertente, Som- Mi tira indispettita un pugno leggero sul petto, aumentando le mie risate.

Le blocco facilmente la mano, stringendola divertito fra le mie in una presa solida e leggera al col tempo.

- Oh, si che lo era!- rido.

Corrucciata, la strattona cercando di sfuggire alla mia presa che, però, ben salda non la lascia andare.

 Con un movimento fluido l'attiro ancora di più contro di me, i nostri corpi  pressati uno sull’altro.

Ora come ora, ogni scusa è buona per toccarla.

Una scarica imponente di brividi e attrazione mi attraversa, partendo dalla base della schiena fino alla nuca, rizzandomi i capelli.

Nina indispettita tenta di divincolarsi dalla mia presa, desistendo dopo pochi secondi, col solo risultato finale di aumentare i punti di contatto fra di noi. 

Adesso davvero molti.

Non sazio del contatto che abbiamo le passo anche un braccio intorno ai fianchi, percependo con  il polso la morbida consistenza del suo sedere.

Stringo automaticamente le labbra in una linea tesa, cercando di non muovere il bacino verso il suo in un gesto istintivo.

Lei si irrigidisce di scatto, indurendo la postura e i muscoli, ma dopo qualche secondo si scioglie, allentandosi.

Le sue dite, fra le mie, abbandonano il pugno in cui si erano strette rilassandosi contro il mio torace, proprio poco sopra il mio cuore che martella furiosamente.

Abbasso lo sguardo su di lei, intenta a fissare da tutt’altra parte con le guance in fiamme.

E adesso, in questo strano abbraccio, capisco ancora di più la veridicità della constatazione di poco prima e non posso far altro che ringraziare mia sorella.

Se non mi avesse costretto ad affrontare, seppur indirettamente, il problema sarai ancora nella confusione più totale.

Probabilmente mi starei ancora dimenando nella convinzione banale e orai superata della semplice attrazione.

Nina mi piace, ammetto nuovamente dentro di me.

Ormai è una verità insindacabile e più ci penso e più la sensazione di adrenalinica gioia mi pervade. Cosa alquanto strana visto che fino a poco fa, solo pensarlo lontanamente, mi provocava un’ansia allucinante.

Mi ritrovo a sorridere mentre il mio stomaco si contorce nella familiare morsa.

- Sei insopportabile - bofonchia guardandomi imbronciata da sotto le ciglia scure, le guance ancora bollenti.

Il suo corpo morbidamente condiscendente si modella al mio, provocandomi scariche elettriche.

La sua mano si rilassa del tutto sotto la mia, permettendomi di far scivolare le dita fra le sue in una stretta languida. Siamo stretti in un contatto più intimo di quello che vogliamo ammettere probabilmente.

Inclino il volto verso destra, verso di lei, aprendomi in un sorriso sfacciatamente malizioso.

- Ma mi adori anche per questo, no? - ribatto in un sussurro basso e roco.

Lei, al contrario di quanto mi aspetti, non replica scherzosa ma arrossisce furiosamente come colta sul vivo. E questo mi lascia totalmente senza parole, portandomi a dilatare stupito gli occhi da questo muto consenso.

Le sue guance si velano ancora di un rosso così intenso che sembra stia andando a fuoco.

I suoi occhi sfuggono dai miei, non permettendomi di leggere risposte che già so ma che ho bisogno di trovare.

Aumento la stretta sulla sua mano, invitandola mutamente a rincontrare il mio sguardo e quando lo fa mi manca letteralmente il fiato.

I suoi occhi sono animati da un fuoco latente ma sempre presente, così caldo da renderle liquido lo sguardo. È lo stesso identico che anima me, che mi pervade spietatamente e che mi sconvolge ogni volta che ci sfioriamo.

È la stessa esatta emozione che sto provando io ora.

Si morde poi il labbro, facendomi venire un'insopportabile voglia di sovrapporvi le mie. Una fuoco che, coadiuvato anche dalla sua silente ammissione, però ora non riesco a contenere. Che non voglio reprimere

Deglutisco a vuoto senza riuscire però a distogliere lo sguardo da lei, l'attrazione che mi sfoca i sensi acutizzando però inaspettatamente le sensazioni.

Il suo respiro caldo e un po’ scellerato si infrange contro la base del mio collo, solleticandomi dolcemente la pelle, e uno strano paragone appare lampante ai miei occhi in questo momento.

Lei è come il fuoco.

E’ avvolgente e forte, calda, pericolosa ma anche attraente. Molto attraente, sospiro e i pantaloni dolorosamente stretti all’altezza del cavallo ne sono la prova.

È impetuosa in ciò che fa con passione e se ti entra dentro non riesci più a scacciarla.

Nel bene e nel male, ti entra dentro, così tanto da annullare quasi totalmente gli altri pensieri. E lei lo ha fatto, riesco ad ammettere in un angolo nascosto e profondo di me.

Il fuoco è attraente ma a cercare di toccarlo troppo ci si brucia. Solo che non posso proprio fare a meno di cercare di toccarlo.

 

Mi piace...è l'unico pensiero che mi rimbomba nella testa, fomentando il desiderio che ho di lei.

L'elettricità è palpabile nell'aria, così come l'attrazione che aleggia incontenibile fra di noi.

E non ho più voglia di giocare, ma solo di appoggiare le mie labbra sulle sue. Di baciarla fino a non avere più fiato.

Inclino il volto verso di lei, abbassandolo e trattenendo simultaneamente il respiro.

Perché nonostante percepisca che non mi rifiuterà, c’è una piccolissima, spaventosa percentuale che lo faccia.

Il suo respiro aumenta, diventando irregolare e facendo sfiorare i nostri petti in continuazione in una frizione frivolamente libidinosa. E la morbida consistenza del suo seno che continua a premere contro di me non mi aiuta a trattenermi quanto basta per aspettare una sua mossa.

Il cuore inizia a pompare più veloce nel petto e la sensazione di groviglio allo stomaco aumenta.

I nostri sguardi si incontrano, iniziando un gioco di sguardi ineluttabile e malizioso.

Un imponente e nuova ondata di eccitazione si riversa nelle mie vene, annebbiandomi la mente.

E decido di appagare e placare il fuoco che divampa in me.

Al diavolo se vorrà respingermi lo farà ma non posso continuare questa tortura.

Abbasso ancora il viso fino a far sfiorare i nostri nasi, le labbra distanti solo pochissimi centimetri.

I nostri respiri affrettati si mischiano e, per un breve attimo, mi sembra di percepire già il suo sapore sulle labbra, provocandomi una dolente fitta languida al basso ventre.

Alzo lo sguardo dalle sue labbra già dischiuse, incontrando il suo sguardo illanguidito e decido che l’attesa è già stata fin troppa.

- Ian c'è Colin vorreb...- ci interrompe una voce, facendoci allontanare come scottati.

La magia, così come è arrivata, si spezza lasciando il posto all’amarezza del mancato contatto  e un buco fastidioso allo stomaco.

Nina si irrigidisce fra le mie braccia, voltando velocemente il capo nella direzione opposta alla mia.

Mentre percepisco la bruciante irritazione per l’interruzione, la mia presa sul suo corpo scema permettendole di allontanarsi.

Lei compie un passo indietro, distanziandosi da me.

- Che c’è?- ringhio innervosito voltandomi verso chi ha osato interrompermi.

Con lo sguardo pericolosamente assottigliato incontro quello stupito di mia sorella, che ci fissa basita e dispiaciuta. 

- Scusate...- mormora senza parole in un sussurro dispiaciuto, lanciandomi uno sguardo di scuse.

- Non... non preoccuparti- afferma Nina, balbettando imbarazzata con le guance in fiamme.

Si accuccia poi a raccogliere le chiavi dal suolo, nascondendo il viso fra i capelli.

Sospiro pesantemente, frustrato per non essere riuscito a portare a termine ciò che voglio di più in questo momento: baciarla.

- Che c’è?- chiedo nuovamente a Robin, questa volta meno bruscamente.

- Ehm… ero venuta…a dirti che Colin vorrebbe che gli augurassi… la buona notte. – mormora imbarazzata lei, alternando continuamente lo sguardo tra me e Nina.

Forse è la prima volta in tutta la mia vita che la vedo balbettare.

- Certo - mormoro con un altro sospiro.

Un momento di imbarazzante silenzio cala fra di noi dal momento che nessuno sa cosa dire.

Mi rivolto verso Nina, che sta fissando da tutt’altra parte.

- Ci…ci vediamo dopo- mormoro grattandomi a disagio la nuca.

- Certo- afferma lei in sussurro, facendo scontrare solo per un breve attimo i nostri sguardi, prima di scomparire velocemente dentro alla camera.

Lentamente e quasi strascicando i piedi inizio a incamminarmi verso la stanza di Robin.

Dannazione, l’unica volta che mi decido a baciarla veniamo interrotti. È proprio sfiga questa.

- Ho interrotto qualcosa vero?- mi chiede dispiaciuta mia sorella non appena abbiamo svolto l’angolo del corridoio.

- No, tranquilla- mento  con una scarsità tale che neanche la più ingenua delle persone mi crederebbe e non è proprio il caso di mia sorella.

- Mi dispiace Ian, non mi ero accorta che ci fosse anche lei- continua come se non mi avesse neanche sentito, scusandosi realmente amareggiata.

- Tranquilla – ripeto in un sussurro.

Sospiro poi, passandomi una mano sul viso.

Con tutta l’eccitazione che ho in corpo mi dovrò fare una bella e lunga doccia gelata, nella speranza che quando rientri Nina dorma già se no non so se riuscirei a rispondere dei miei gesti.

 

Una doccia che non servirà però a spegnere il fuoco che continua ad ardere implacabile dentro di me.

 

 

 

 

 

 

Salve a tutti!! Come va?
1- Mi scuso innanzitutto per tutto il tempo che vi ho fatto aspettare per leggere questo capitolo. Mi dispiace davvero molto, ma ho avuto un periodo infernale all’università e sono stata piuttosto incasinata. Spero di essermi fatta perdonare con questo chappy super lungo. Ci ho messo un po’ a scriverlo perché volevo uscisse bene e spero sia così.

2- Allora, questo capitolo è stato un po’ difficile da scrivere. Anzi, no, non difficile ma strano. Sono abituata a scrivere dal punto di vista di Nina, un punto di vista femminile. In questi primi sette capitoli ho costruito un suo percorso emotivo e scrivere dal punto di vista di Ian è stato un po’ più difficile non solo perché è un punto di vista maschile ma anche perché ho dovuto rassodare il suo percorso in un unico capitolo tentando di non farlo risultare poco reale. E’ stato anche molto  stimolante però. La cosa che mi premeva di più era dare uno scorcio dei suoi pensieri, del suo modo si pensare e spero di essere stata il più reale, verosimile e meno contraddittoria possibile.
Spero che i suoi pensieri si siano capiti:) e di aver reso in modo realistico i pensieri di un uomo.

3- Ho voluto scrivere questo capitolo dal punto di vista di Ian per spiegare come vede lui la situazione. Allora Ian, al contrario di Nina, è consapevole che anche lei provo le stesse cose che prova lui. Il suo problema ora non è capire se c’è interesse anche dall’altra parte ma accettare il fatto che non sia solo attrazione e ammettere che Nina gli piace. Se ricordate bene il problema di Nina era un altro: lei aveva paura che Ian on la corrispondesse, dubbio parzialmente scacciato dalla sua richiesta di un appuntamento. In alcuni punti i pensieri di Ian possono sembrare simili a quelli di Nina negli altri capitoli, non preoccupatevi non è una mia distrazione ma è una cosa voluta. Ci tornerà utile in futuro e mi serve sostanzialmente a far capire come nonostante il loro approccio all'altro sia fondamentalmente diverso per alcune cose sono simili. Lo so, è spiegato confusamente ma spero che abbiate capito lo stesso. Non posso essere più precisa perché se no svelerei cose future:)

4- So che molti di voi si aspettavano che questo capitolo trattasse il loro appuntamento ma ho voluto farlo partire praticamente subito dopo da dove finiva il capitolo 6 “Echo”. Spero di non aver deluso le vostre aspettative… l’argomento appuntamento tornerà nel prossimo capitolo, tranuilli!

5- Ok, questo è stato il capitolo più lungo che io abbia mai scritto probabilmente e spero che non sia risultato noioso o prolisso, ma avevo bisogno di spiegare per bene la situazione emotiva e non solo di Ian. Finalmente sappiamo cosa frulla dentro quella testolina corvina.

6- Come dico sempre riguardo Nina, vorrei sottolinearlo anche per Ian una cosa: lui non è innamorato di lei. Ne è attratta certo, ma non innamorato. Sarebbe troppo presto e contradditorio, oltre che banale e fuori trama. Ha ammesso che Nina le piace, quindi ha fatto anche lui un netto passo avanti, andando oltre l’attrazione pura e semplice. Inoltre questo capitolo è praticamente parallelo, dal punto di vista emotivo, al 6 “Echo” perché in entrambi i due protagonisti ammettono che qualcosa è cambiato e ciò che provano ora.

7- il capitolo originariamente si doveva chiamare “Sister” in riferimento al ruolo di Robin, ma poi mi sono accorta che paragonavo spesso il desiderio e ciò che prova Ian al fuoco e ho pensato che fosse meglio intitolarlo “Fire”, cioè fuoco.

8- Un Grazie particolare a tutte le magnifiche 11 persone che hanno commentato il capitolo scorso. Siete fantastici e vi risponderò appena possibile, come al solito.

Inoltre vorrei dedicare questo capitolo, oltre che a voi che leggete, ad Alice perché il sei novembre era il suo compleanno ( lo so, sono un bel po’ in ritardo) e perché ha aspettato con ansia questo capitolo. Un grazie gigante anche alle persone che mi hanno sostenuto durante la stesura da Lia e Mimma, Laura e Jess, fino agli amici di twitter ( Moana in PrimisXD!): GRAZIE!!!!!

9- Su twitter avevo lasciato un'immagine spoiler ma nella stesura del capitolo mi sono accorta che veniva troppo lungo così lo metterò nel prossimo capitolo. Non ho riletto il capitolo per postarlo subito e spero non ci siano errori e che tutti fili coerentemente.

 

Ok, direi che non ho altro da dire se non che spero recensiate e che vi sia piaciuto

 

PS: La prossima storia che aggiornerò sarà la nuova storia delena (che vi invito a leggere se non lo avete già fatto) DESTINED FOR ETERNITY.

 

Pps: come avrete notato ho cambiato l’immagine iniziale, celebrando il bacio Nian e ho inserito un’immagine celebrative per la 50 recensioni superate! GRAZIE!

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Capitolo 8
*** Hic et Nunc ***


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CAPITOLO 8

 

HIC ET NUNC.

 

Questo capitolo è il mio regalo

di Natale per voi (anche se un po' in ritardo XD),

che mi seguite e mi supportate con il vostro calore.

Spero lo gradirete.

Auguri!!!

 

- Che ne dici di questo? -

Mi volto verso Candice con una piccola piroetta, sventolando l'abito nero appeso alla cruccetta e trovandola bellamente stravaccata sul mio letto.

Lei alza gli occhi chiari su di me, abbandonando momentaneamente la rivista, che stava sfogliando annoiata, al suo fianco.

Resto in attesa del suo giudizio, esattamente come ho fatto nell'ultima ora e mezza.

Con un'occhiata veloce lo esamino anche io mentre lo tolgo dall’appendi abiti per analizzarlo in modo migliore.

Questo non mi sembra tanto male, è il mio pensiero immediato

O almeno è meglio degli ultimi che ho visto e provato.

E' elegantemente semplice e abbastanza pesante da non farmi sentire freddo.

È nel mio stile, certo, però…

Già, c’è di nuovo un “ma”, che mi sembra grosso come una casa, per di più.

Non so, c’è qualcosa che non mi convince e che non me lo fa piacere del tutto, sospiro stancamente.

Mi sembra che nessun abito sia adatto all'occasione per cui serve, ora come ora.

Candy mi fissa attenta e in silenzio per qualche istante, inclinando la testa verso destra e socchiudendo gli occhi chiari nell'atto complicato di decidere.

Alterna poi enigmaticamente lo sguardo da me all'abito di lana leggera, aprendosi, infine, in una evidente smorfia contrariata.

- No - decreta risoluta, scuotendo il capo in un frusciare di capelli biondi– Non va bene neanche questo …è troppo formale – si corruccia, annuendo poi compiaciuta della definizione che ne ha dato.

- Ok - sbuffo sonoramente io, roteando gli occhi al cielo ormai sull'orlo della disperazione.

Come se non bastasse il lieve nervosismo che ho, ci si mette anche la scelta dell’abito ad agitarmi maggiormente.

Butto anche questo vestito sul mucchio alla mia destra, già stracolmo per altro, degli indumenti che non vanno bene e che abbiamo scartato.

Se continuiamo di sto passo probabilmente finirò con andarci in pigiama, noto lanciando un occhiata torva e intimidatoria all'armadio.

Mi passo una mano fra i capelli, ravvivandoli.

Non mi era mai capitato di essere così indecisa in fatto di abiti, neanche quando devo andare a degli eventi o a delle premier.

Nessun evento mi era parso mai così spinoso come questa occasione.

Sto cercando, infatti, di trovare un vestito adatto per il pranzo con Robin, che devo incontrare fra meno di un ora.

Impresa alquanto ardua.

Mi passo una mano fra i capelli, spostandomi una ciocca dal viso.

Pensavo sarebbe stato più semplice, sinceramente, e invece si è rivelata una cosa più difficile del previsto.

Ogni abito visto fin ora non sembra piacermi così tanto da convincermi e le scorte di vestiario nel mio armadio si stanno esaurendo per quanto siano ben fornite.

Sembra sempre presentarsi un qualcosa che non me lo fa piacere, che lo rende inadeguato.

Candice è qui da questa mattina, nel tentativo di aiutarmi, ma non abbiamo risolto niente purtroppo.

Non è un comportamento per nulla da me, me ne rendo benissimo conto, ma è anche facile trovarne la causa di tutta questa irrequietezza.

La verità è una sola, infatti : sono nervosa per questo incontro.

È una cosa alquanto paradossale visto che l’ho già conosciuta, ma è comunque così.

Nonostante l'abbia già conosciuta e abbia passato del piacevole tempo con lei ed Ian anche ieri pomeriggio, mi sento agitata come se dovessi incontrare il presidente d'America.

Robin è’ una persona semplice, che sa metterti subito a tuo agio - caratteristica che deve essere di famiglia, visto che la possiede anche Ian – ed è divertente.

Mi sta simpatica e mi piace, ma resta il fatto che mi sento inspiegabilmente in ansia.

Sovrappensiero, torturo con le dite le punte dei miei capelli accarezzandoli più volte.

Ho come la sensazione che abbia percepito che ci sia qualcosa di più, oltre la semplice attrazione, fra noi due e questo mi mette un po' in imbarazzo.

Non so, è una percezione che ho avuto a pelle e gli strani sguardi che ci lancia, non fanno altro che confermare le mie ipotesi.

Inoltre, il fatto che ieri ci abbia beccati e, soprattutto, interrotti mentre ci stavamo quasi per baciare, non aiuta molto a far passare il disagio.

Anzi, lo aumenta così come anche la stizza per il contatto mancato.

Ma non è semplicemente questo.

Infatti, non è il solito imbarazzo che si ha quando si deve cenare con una persona che non si conosce o importante per il lavoro. È diverso.

Non so neanche io esattamente come spiegarlo.

È un nervosismo dettato dal voler fare buona impressione, ecco.

E non ci vuole decisamente un genio per capire tutto ciò è legato al fatto che Ian mi piace. È inutile negarlo.

E se mi facesse qualche domanda imbarazzante su noi due, sulla nostra complicatamente semplice situazione?

Non saprei proprio cosa risponderle, cosa dirle, visto che non ho neanche io una risposta precisa e chiara per definirci.

So solo che mi piace e che ne sono dannatamente attratta, tutto qui.

Non voglio cercare altri sentimenti dentro di me che sono agli albori, forzare possibili risposte a domande troppo premature.

Non avrebbe senso e, dopo tutti i dubbi, voglio semplicemente godermi la constatazione che mi piace.

Solo questo.

Ancora una volta, come ha fatto senza sosta in questi giorni, la mia mente mi ripropone quel non-bacio sfumato per un no nulla.

Se ripenso a quell'esigua distanza che divideva le nostre labbra e quanto poco mancava al bacio, mi viene male.

Mi voleva baciare, semplicemente quello, e questo mi ha in qualche modo sorpreso, destabilizzandomi.

Niente flirt o giochi, non mi aspettavo un approccio così diretto.

Sospiro. Dannazione, sarebbe bastato un soffio per farle incontrare.

Ero così sconvolta e travolta dal tumulto di sensazioni di quel momento che sono riuscita a prendere sonno solo dopo l'una inoltrata, nonostante abbia fatto finta di essere nel mondo dei sogni da un bel pezzo quando Ian è rientrato in camera.

So, che è un comportamento non molto coraggioso e infantile ma avevo bisogno di riflettere un attimo senza la pressione dell'attrazione che mi avrebbe sicuramente spinto a azioni affrettate.

E poi è inutile nascondere che ci fosse anche una punta di cocente imbarazzo a dettare il mio atteggiamento.

Non avrei saputo cosa dirgli o cosa fare e, visto la poca affidabilità del mio corpo quando è soggetto all’attrazione, ho pensato che fosse la cosa migliore ragionare a mente fredda e ormoni mansueti.

Avevo percepito i suoi occhi indugiare languidi, per alcuni lunghi attimi, sul mio profilo, come indeciso su cosa fare, e proprio quando avevo creduto che fosse pronto ad agire si era diretto verso il bagno.

Mi ero addormentata con la testa piena di pensieri, il corpo illanguidito dall'attrazione non sfogata e con il rumore dell'acqua che scorreva nelle orecchie.

Il mattino dopo, quando mi sono svegliata, lui era già in piedi ma, a discapito di quello che pensavo e delle mie previsioni, non c'è stato alcun imbarazzo fra di noi.

Lui si è comportato normalmente, come se quello della sera prima fosse una cosa normalissima fra di noi.

Ed il sollievo è stato immediato al suo solito sorriso di buon giorno, lo stesso a cui mi sono ormai abituata.

Abbandono questi piacevoli pensieri, rifocalizzando l'attenzione sul pranzo con Robin e il problema dell'abito.

Voglio fare bella figura, una buona impressione.

È una cosa alquanto stupida visto che non stiamo neanche insieme io e Ian, sospiro.

Con una scrollata di capelli allontano anche questa riflessione, rendendomi però conto che, pur non avendo molto senso logico, per me questo incontro ha un valore.

Basta con i pensieri, mi impongo perentoria, soprattutto se non hanno senso.

Mi avvicino poi nuovamente al mio armadio, frugando fra i pochi vestiti rimanenti ancora appesi.

Tiro fuori una camicetta verde bosco con una scollatura abbastanza profonda, che fisso poco convinta con un sopracciglio inarcato.

- E se abbinassi quella con una gonna ?- propone con voce allegra Candice, portandomi a voltarmi nuovamente nella sua direzione.

- Questa?- le chiedo scetticamente dubbiosa.- Non avrò freddo?- continuo perplessa, lanciando un'occhiata preoccupata fuori dalla finestra dove un forte vento imperversa gelidamente.

Infatti, nonostante sia ancora fine novembre, fa già un freddo allucinante e le temperature sono vertiginosamente calate fino a rasentare lo zero.

Ormai sono lontani l'aria mite e il sole tiepido della scorsa settimana.

È davvero incredibile di come il tempo possa cambiare da un giorno all'altro.

Proprio come la situazione fra me ed Ian, è il rimando istantaneo della mia mente che mi provoca un leggero e piacevole sfarfallio nello stomaco.

Lo stesso che caratterizza ogni pensiero dedicato a lui.

Siamo passati da semplici amici ad un'attrazione incontenibile e forse non solo.

Mi mordo un labbro, rendendomi conto solo un secondo dopo di come ormai sia automatico per me pensare a lui.

Lo associo a tutto, praticamente.

Penso davvero troppo a Ian, noto non riuscendo però a non esserne in qualche modo felice.

Qualsiasi cosa mi ci rimanda e ciò, ormai, è diventato una semplice, deliziosa constatazione.

Molto faticosamente cerco di allontanare il suo invitante pensiero, senza riuscirci per di più.

Ora perfino le questioni meteorologiche mi fanno pensare a lui!

Sbuffo passandomi una mano fra i capelli.

Non è una cosa umanamente normale.

Credo proprio che quel dannato Somerhalder abbia preso residenza fissa nei miei pensieri, casti o seri che siano.

 

- Già forse hai ragione - concorda lei dopo un secondo, squadrandolo meglio e distogliendomi dalle mie riflessioni che sembrano avere un unico nome. Il suo.

- Forse è un po' troppo provocante- continua con una smorfia, prima che un brillio di divertito la porti a sorridere – E' più adatto ad un appuntamento, tanto più se è un vero appuntamento- ridacchia calcando maliziosamente sulle ultime parole, ricalcando di fatto quelle di Ian e sapendo benissimo l'effetto che mi fanno.

Le lancio un'occhiataccia ammonitrice.

Non mi sfugge la sua bonaria presa in giro, ma sono troppo presa dal ricordo della sua voce calda che sussurrava quelle parole per risponderle davvero.

Intendo un appuntamento vero: io e te seduti ad un ristorante con una bottiglia di vino e buon cibo

Ed è' un ricordo così vividamente reale che l'esatto turbine di emozioni sconclusionate che ho provato in quel momento mi pervade, così come il calore violento che mi aveva avvolta insieme all'euforia immediata .

È un insieme di sensazioni uniche inarrestabile, avvolgente.

Ed, esattamente come allora, un brivido mi pervade prepotentemente e le farfalle fedeli svolazzano nel mio stomaco.

- Sinceramente pensavo che vi sareste saltati addosso molto prima di avere un appuntamento.- ride divertita Candice, guardandomi allegra da sotto le ciglia chiare.

Sorrido anche io per la sua battuta fin troppo verosimile alla realtà.

Visto tutta l'attrazione repressa e sempre velatamente nell'aria, non ci sarebbe stato nulla di cui stupirsi infatti se fosse finita così.

Anche se l'eventualità descritta da lei non mi sarebbe per nulla dispiaciuta, emetto un sospiro quasi sognante. Sono una pervertita, me ne rendo benissimo conto.

- Io invece che non sarebbe mai successo- le rispondo con una piccola alzata di spalle,

prendendo posto al suo fianco.

- Oh andiamo Nina! Era praticamente impossibile, qualcosa sarebbe accaduto comunque.- afferma con tono sicuro e ovvio gesticolando convulsamente, come a sottolineare la veridicità delle sue parole. - Cioè fate praticamente sesso con lo sguardo ogni volta che i vostri occhi si incontrano. – continua schietta e sincera come suo solito, provocandomi però un'imponente ondata di rossore sulle guance a queste parole.

È davvero così evidente l'attrazione che traspare dai nostri sguardi? Mi domando imbarazzata dal fatto che qualcun altro se ne sia accorto.

La mia espressione deve essere alquanto buffamente imbarazzata perchè lei scoppiare a ridere dopo un secondo.

Per quanto so che in parte sia vero non posso fare a meno di essere imbarazzata per come l'ha detto .

- A quanto pare però Ian mi ha smentito ed è riuscito a tenere gli ormoni a freno abbastanza per non saltarti addosso- mi dice con un sorriso sornione e furbo, la risata ancora sulle labbra.- Quindi gli devi proprio piacere- afferma sicura con un sorriso più dolce che malizioso ora a tenderle le labbra.

Presa in contro piede dall'argomento non dico nulla, sentendo però le guance prendere fuoco a questa affermazione,che assomiglia dannatamente ad una constatazione.

Una constatazione che mi sconvolge decisamente troppo e che mi rende incontrollabilmente felice.

Cerco di calmare il battito frenetico che sembra essere impazzito a queste parole, nello stesso identico modo in cui impazzisce quando c'è lui nei dintorni.

- Comunque...- mi raschio la gola, tentando di non lasciare che i pensieri partano in quarta e inizino a fantasticare e di non fare caso al senso di euforica compiacenza che mi ha pervaso.

Cosa alquanto difficile.

- Possiamo non toccare il tasto appuntamento?- sospiro guardandola quasi implorante.

Non che non mi vada di parlarne, solo...

- Perchè?- ride lei, divertita dalla mia smorfia corrucciata.

Sbuffo affranta, torturando con le dita il bordo della camicia che indosso.

- Non so cosa mettermi neanche domani sera- le confesso mordendomi un labbro e guardandola in attesa di un consiglio che spazzi via tutti i miei dubbi al riguardo.- Non so se è meglio che metta qualcosa di elegante o magari un semplice paio di jeans. Sono indecisa - le confido, lasciando che i miei dubbi parlino da soli - Non so neanche dove mi vuole portare- allargo le braccia.

- Beh, se vuoi andare sul sicuro mettiti solo un completino intimo addosso, sono sicura che è l'abbigliamento che ti preferisce !- ridacchia sfacciatamente maliziosa facendomi arrossire nuovamente, un po' imbarazzata.

- Candice!- la riprendo, lanciandole contro la camicetta che ho fra le mani e che lei riesce a parare in tempo, afferrandola.

Non so perchè o come mai, ma ogni volta che c'è un rimando diretto alla nostra attrazione le mie guance si velano sempre di consapevole rossore. Non ci posso fare nulla, è più forte di me.

Un attimo dopo è un'altra cosa a sconvolgermi e il mio rossore non + più d imbarazzo ma di cupidigia.

Il pensiero del suo sguardo rovente addosso viene proiettato subito nella mia mente, diventando quasi reale in una connessione istantanea tra parole ed immagini da togliere il respiro.

Un pensiero che, proprio come tutti gli altri, è vietato ai minori e non si conclude per nulla castamente.

- Hai ragione- annuisce, facendomi pensare per un attimo che abbia davvero capito di smetterla - Ti preferirebbe direttamente nuda – continua con una maliziosa risata argentea, ritirandomi contro il pezzo di stoffa sgualcita che è diventata la mia camicia.

La fulmino con lo sguardo.

- Candice!- ripeto ancora, riprendendola, con la voce un'ottava più alta a causa dell'imbarazzo e gli occhi sbarrati.

Lei si limita a continuare a ridere di gusto questa volta, beccandosi l'ennesima mia occhiataccia truce.

Decido allora di passare al contrattacco.

- Chissà cosa ne penserebbe Zach, invece- freccio, sapendo del suo interesse nei confronti del ragazzo.

Al contrario mio lei non si imbarazza più di tanto, continuando a ridere.

L'unico indizio che mi fa capire di aver colto nel segno sono le sue guance improvvisamente rosse,e di certo non a causa delle risate.

- Ok, tregua- mi dice, alzando le mani in segno di resa.

- Cosa mi metto?- le chiedo, ricordandomi del mio problema originario.

- Io il mio consiglio te l'ho dato e sono sicura che Ian mi ringrazierà- mi prende maliziosamente in giro, contraddicendo quello che ha appena detto,

- La prossima volta chiederò un consiglio a Paul su come vestirmi, lui mi sarà sicuramente più di aiuto di te- mormoro imbronciata e offesa, incrociando le braccia al petto e lanciandole un'occhiataccia corrucciata.

- Allora preparati ad andare in giro sempre in tuta – afferma risoluta, riuscendo a strapparmi un sorriso divertito però . - O forse, visto il suo istinto da Stefan geloso, ti costringerà a mettere un burqa -

E' vero Paul è un po' protettivo e geloso nei miei confronti, come un vero e proprio fratello geloso.

Mi ricorda il mio per questo aspetto e, in qualche modo, me ne fa sentire anche meno la mancanza.

- Comunque non ho sul serio la più pallida idea di cosa indossare in entrambi i casi – mi passo frustrata una mano sul volto, spostandomi poi una ciocca di capelli dal viso e alzando lo sguardo su di lei.

- Un problema alla volta – si tira a sedere sul letto, guardandomi risoluta e mettendomi un dito davanti al naso,facendomi segno di aspettare Prima pensiamo al pranzo con la futura cognata e poi a quello- afferma decisa e risoluta.

- Non è la mia futura cognata- ribatto con un filo di voce, prendendo letteralmente fuoco questa volta.

Non posso negare infatti, seppur internamente e molto nascostamente, però che una parte di me non tanto piccola vorrebbe esserlo davvero.

E non solo perché mi sta simpatica ma perché comporterebbe essere la fidanzata di Ian .

Sospiro rendendomi conto che i miei pensieri diventano ogni giorno che passa sempre più ingovernabili e senza freno.

Ora oltre ai pensieri indecenti e decisamente poco casti, ci si mettono anche queste riflessioni inappropriate e del tutto senza senso.

Ok,oggi dormire troppo mi ha fatto decisamente male, mi conforto con questa spiegazione poco plausibile. O forse sto diventando semplicemente pazza.

Si, ma di lui.

Candice non dice nulla, limitandosi ad un sorriso malizioso di chi la sa lunga.

- E allora perchè sei così nervosa? Infondo è solo la sorella di un ragazzo che neanche ti piace- mi punzecchia con tono ironico un attimo dopo, beccando come ogni dannata volta il punto debole.

Sinceramente non so come diavolo faccia, ma a volte sembra conoscermi più di quanto io conosca me stessa.

- Non ho mai detto che non mi piace - mormoro piccata, puntualizzando la situazione e stringendomi infantilmente fra le spalle - E' un bel ragazzo, sarebbe impossibile negare che io ne sia attratta – affermo con una scrollata del capo, arrampicandomi un po' sugli specchi.

So bene che non è solo questo, ormai ne ho piena coscienza ma non mi va di parlarne.

Ammetterlo a me stessa è già stato un enorme passo avanti, ma sono in qualche modo gelosa di questa constatazione.

La voglio tenere per me ora, nonostante so che Candice sa perfettamente cosa provo.

- E poi... non sono nervosa- ribatto punta sul vivo, tenendo però ben lontano il mio sguardo dal suo.

Per fortuna non ribatte nulla in risposta, cambiando argomento.

-Comunque, tornando al nostro problema... Di tutti i vestiti che abbiamo visto non ne va bene nessuno.- afferma convinta e sicura, spazzando via le mie speranze di apparire almeno presentabile.

- Già – mormoro sconsolata con un sonoro sbuffo.- Tu non hai nulla da prestarmi?- le chiedo poi,

speranzosa di risolvere così la questione.

Lei per tutta risposta si limita a squadrarmi con un'occhiata attenta, rimanendo in silenzio per alcuni secondi.

- Candy, mi stai ascoltando?- aggrotto confusa le sopracciglia dalla sua espressione pensierosa.

- Perché invece non resti vestita così?- mi domanda in risposta lei, indicando con un cenno del capo gli abiti che indosso, cioè una semplice camicia azzurra e dei jeans abbinati con degli stivali fino al ginocchio.

- Non è troppo … semplice?- le domando dubbiosa guardando con occhi critici miei stessi abiti.

Non sono nulla di particolare o elegante ma decisamente sono abiti da me.

- Secondo me sei perfetta, invece – annuisce vigorosamente con un sorriso gaio e rassicurante.

Qualche incertezza rimane, dettate dallo stesso motivo che mi rende nervosa.

Ma quelle non potrebbero essere spazzate vie neanche da Ian in persona, quindi direi che l'opzione migliore sia rimanere vestita in questo modo.

- Ok, vada per questo- allargo le braccia mentre lei batte allegra le mani, approvando.

- Non potevi dirmelo prima , scusa?- mormoro dopo un secondo , rendendomi conto di aver messo sottosopra il mio armadio per nulla praticamente.

Lei ridacchia divertita, beccandosi un'altra mia occhiataccia.

Non faccio però in tempo a dire altro e lei a rispondermi, perchè il rumore di una chiave infilata nella serratura e , poi, di una porta che si apre ci interrompono.

- Mi sa che il tuo principe azzurro sta rincasando - sussurra divertita Candice, indicando la porta con un cenno del capo e beccandosi un secondo dopo la mia occhiata truce.

Neanche un attimo dopo infatti la porta si apre e Ian, sudato e con le guance lievemente arrossate per la fatica della corsa, compare davanti a noi.

Deve essere tornato da poco perchè un leggero fiatone lo scuote, facendogli alzare in modo aritmico il petto.

- Cos'è, hai preso la residenza nella nostra camera?- è il suo saluto ilare all'indirizzo di Candice.

Si richiude poi la porta alle spalle, rivoltandosi e compiendo qualche passo verso di noi.

A me, invece, riserva un'occhiata limpida e un mezzo sorriso mozzafiato che mi provoca una dolce e lieve tachicardia.

Batticuore che aumenta, per tutt'altri motivi, non appena i miei occhi cadono volontariamente sulla maglietta sudata che aderisce perfettamente e mette in mostra i suoi pettorali scolpiti.

Il fatto che abbia parlato al plurale non sfugge però a Candice, così come invece è accaduto a me.

- Nostra?- lo rimbecca infatti la bionda calcando maliziosamente sulla parola fino a conferirle una cadenza allusiva.

Si volta poi verso di me, lanciandomi un occhiata allusiva che sembra voler dire “te lo aveva detto”, ma che io non comprendo del tutto.

E solo ora noto il pronome che ha usato. È al plurale. Nostra.

Ha detto nostra, mi ripeto mentalmente e il senso di inspiegabile euforia automaticamente aumenta.

È un'iniezione di buon umore impagabile e, più ne prendo coscienza, più essa cresce.

Mi ritrovo a sorridere genuinamente ed incontro fugacemente il suo sguardo per qualche secondo.

Ian non dice nulla, limitandosi a sorridermi enigmaticamente di rimando.

È un sorriso strano, fra l'imbarazzato e il compiaciuto. Lo stesso che ha quando gli fanno un complimento che gradisce particolarmente o quando racconta aneddoti della sua infanzia.

- Comunque lo sarà ancora per poco, se è per questo.- sospira -Mi hanno detto che la mia stanza da domani è pronta – afferma senza nessuna gaiezza o ironia nella voce, quasi pesantemente e quelle parole hanno per me il peso di un macigno.

Deglutisco, mentre la mia mente registra il sapore amaro di queste parole.

Da domani non condivideremo più la stessa stanza.

Da domani non condivideremo più lo stesso letto e lo stesso bagno.

È un dubbio atterrante mi attraversa.

E se da domani non condividessimo più nulla? È il pensiero immediato e spaventoso che mi avvolge in una morsa deprimente.

Una paura familiare che è sempre in grado di provocarmi mille dubbi.

Dannazione ma perché dovevano ridargliela proprio ora che le cose si stanno smuovendo? È il mio rammarico immediato.

Questa sarà la nostra ultima notte insieme quindi ed è paradossale che accada proprio ora.

Lui non dice nulla, lasciando che un silenzio appesantito dalle mie riflessioni piombi nella stanza.

Sospiro, cercando di non lasciarmi travolgere e schiacciare da queste paure.

Non avrebbe alcun senso ora che ho ammesso internamente ciò che provo.

Non sarebbe semplicemente giusto ora che ho fatto chiarezza nella mia testa e non solo lì.

Non sono ancora sazia del tempo passato insieme. Ne voglio ancora, non mi è bastato questo.

Ian mi lancia poi un'occhiata di sottecchi, come a studiare la mia reazione e io li rialzo dal pavimento dove li avevo puntati ostinatamente fino a incontrare i suoi.

E sono proprio i suoi occhi, in qualche strano modo, a darmi una risposta inaspettata ma di cui ho bisogno come l'acqua per un assetato nel deserto.

Sono lievemente più cupi del normale, scuriti.

Vi scorgo dentro le mie stesse sensazioni, la mia stessa tristezza, i miei stessi dubbi ma soprattutto la stessa voglia di passare del tempo insieme. Ancora.

È uno sguardo speculare al mio, che riflette le mie stesse emozioni. E anche qualcosa di più, che inspiegabilmente mi tranquillizza spazzando via quelle insinuanti domande.

E capisco che nulla cambierà.

Così come non cambierà la volontà di passare del tempo insieme e tutto quello che abbiamo raggiunto emotivamente.

- Ok, io vado.- scende dal letto con un saltello Candice, rompendo il momento e anche il nostro gioco di sguardi. Probabilmente vuole lasciarci da soli.

Mi alzo anche io in piedi, incontrando solo per un breve attimo lo sguardo di Ian, che torna imperscrutabile.

Accompagno Candice alla porta e, proprio quando sta per uscire, mi sussurra qualcosa.

- Comunque stai tranquilla, andrà benissimo – mi fa l'occhiolino la bionda prima di scomparire oltre la porta, nel corridoio.

Le sorrido grata, lievemente più rincuorata dai suoi consigli anche se non del tutto.

- Lo spero -

Chiudo poi la porta, rivoltandomi verso Ian che trovo esattamente nella stessa posizione in cui l'ho lasciato.

Punta i suoi occhi adamantini interessati nei miei, facendomi trattenere il respiro perchè capisco che ha intuito qualcosa di quello che ci siamo dette.

Mi fissa con le sopracciglia scure leggermente aggrottate, come a cercare di capire il senso dei sussurri che mi sono scambiata con Candice.

Mi mordo un labbro strizzando gli occhi mentre spero vivamente che non li abbia sentiti e che non abbia capito a cosa ci riferissimo. Anche perché sarebbe piuttosto imbarazzante.

La sua espressione cambia un attimo dopo, tornando quella di sempre tra il maliziosamente enigmatico e divertito.

- Credo che andrò a farmi una doccia, ora - si passa una mano fra i capelli umidi e scompigliati.

Io annuisco, rimanendo in silenzio ancora persa nei miei pensieri.

In bilico fra la paura che abbia captato le nostre parole e la voglia, opposta, che mi incita quasi a esternargli i miei dubbi.

Mi sposto una ciocca di capelli, rimettendola dietro l'orecchio.

Ed è proprio quando mi decido a muovermi che qualcos'altro mi blocca, facendomi trattenere violentemente il respiro .

Ian con un gesto fluido si toglie la maglietta leggera e sudata che indossa, restando a petto nudo e mandando in visibilio i miei ormoni recalcitrati.

A questa paradisiaca visione un imponente ondata di calore mi pervade, focalizzandosi in particolar modo nel basso ventre e un impellente bisogno di spogliarmi si impossessa di me.

Mi sento come se l'aria mi mancasse e tutto il mio corpo stesse prendendo fuoco, attraversato dalla lava di voluttuoso desiderio.

Boccheggio, scoprendo solo ora di aver trattenuto il respiro.

Automaticamente i miei occhi seguono le linee decise e definite dei pettorali e degli addominali, fino ad arrivare alla leggera striscia di peluria che termina in parti proibite nascoste dai pantaloni e che in questo momento non vorrei fossero così nascoste.

Arrossisco un secondo dopo per il mio stesso pensiero, riscoprendomi una pervertita e come se non bastasse ci pensa lui un secondo dopo a farmi ulteriormente prendere fuoco.

- Cos'è ti sei incollata al pavimento?- mi punzecchia con un sorriso così malizioso e birichino da far impallidire il miglior Damon in modalità seduzione attivata.

Ghigna, lanciandomi uno sguardo quasi lussurioso.

È consapevole della nostra attrazione e ci gioca su, stuzzicandomi. Non che non lo faccia anche io, ma questo è giocare davvero sporco!

Arrossisco violentemente sotto il suo sguardo divertito, presa totalmente in contro piede, e in cui la malizia la fa da padrone, scoprendomi paralizzata dall'attrazione. È come se non riuscissi a muovermi.

So infatti che se lo facessi non saprei più contenermi e agirei di istinto, lasciando che i miei ormoni mi guidino.

Forse sarebbe anche l'ora, come dice Candice, ma non voglio fare nulla che muti il nostro equilibrio ora.

Non fino a domani sera, al nostro appuntamento, almeno. In qualche modo voglio aspettare.

Un giorno in più non mi ucciderà di certo. O almeno lo spero vivamente.

In più mi sembra che i miei ormoni siano meno mansueti e controllabili del solito, come a volermi ancora di più complicare le cose, soprattutto a causa del contatto mancato di ieri sera, quindi meglio mantenere le distanze.

Deglutisco a vuoto, la gola improvvisamente riarsa, spostando il peso da un piede all'altro.

Il velo di malinconica di poco prima è scomparso dal suo sguardo, che è tornato giocoso e provocatoriamente languido.

- Simpatico- cerco di sembrare normale e non tesa come una corda di violino dal desiderio che mi provoca, riuscendo però a soffiare solo un sussurro appena palpabile.

Si apre in un mezzo sorriso mozzafiato, inclinando lievemente il volto e guardandomi dritta negli occhi, che sono attraversati da un guizzo malizioso che li illumina.

Cerco di non far cadere i miei occhi oltre la linea del suo mento, ma, come ogni volta che si tratta di lui, il mio corpo agisce per conto suo.

Infatti per un breve attimo i miei istinti scappano dai freni imposti dalla ragione, permettendo agli ormoni di prevalere e servendo ai miei occhi un'altra occhiata da far girare la testa.

Il mio sguardo cade sul suo petto scoperto, percorrendolo in una lunga e rapida occhiata che mi provoca un'ulteriore ondata di calore così violenta che mi sembra di andare letteralmente a fuoco.

Mi mordo quasi a sangue il labbro inferiore torturandolo con i denti nel tentativo di trattenermi, col solo risultato di arrossarlo.

Ian con gli occhi segue questo mio gesto, facendomi quasi venire i brividi per l'occhiata infuocata e decisamente non casta che mi lancia.

Il ghigno sulle sue labbra si amplia maggiormente cogliendo la mia espressione e diventando un vero e proprio sorriso sfacciatamente malizioso.

Rimane immobile, continuando a rimanere fermo vicino al letto come ad aspettare che lo raggiunga e che risponda alla sua provocazione.

Mi impongo di calmarmi, di placare gli ormoni e cercare di essere il più normale possibile.

Devo solo fare finta che lui non sia seducentemente sudato e a petto nudo a pochi passi dal letto, lo stesso su cui vorrei sbatterlo e non di certo a giocare a carte.

Certo, se poi penso che il sudore che gli imperla il corpo potrei causarglielo per tutt'altra fatica che quella della corsa di certo le cose non migliorano.

Lui non è seminudo nella mia stanza, mi ripeto prendendo un profondo respiro e puntando lo sguardo nella direzione opposta alla sua e tenendoli lontano dal suo corpo.

Sospiro poi, decidendomi finalmente a smuovermi dalla posizione statica che ho assunto.

Leggermente in imbarazzo mi avvicino alla scrivania, prendendo però il percorso alla larga da lui e aggirandolo.

Mi avvicino alla sedia e inizio a piegare gli abiti che ho ammucchiato disordinatamente su di essa,

tentando di trovare un impiego che possa tenermi occupata la mente.

Percepisco due perforanti occhi color ghiaccio seguirmi in ogni movimento, senza perderne uno, e studiare ogni singola, piccola mia movenza in una carezza ammaliante.

Con le guance calde di languido imbarazzo continuo nelle mie faccende, facendo finta di nulla e sperando internamente che vada a farsi questa dannata doccia.

Anche perchè non so per quanto ancora riuscirò razionalmente a frenarmi, non saltandogli addosso.

Non pensarci Nina, mi impongo piegando un'altra maglietta e appoggiandola sul piano della scrivania.

- Non si dovrebbe aspettare la primavera per fare il cambio di armadio?- afferma sarcasticamente Ian, quasi canzonatorio, facendomi sobbalzare sorpresa.

La sua voce è vicina, più di quanto dovrebbe, tanto che percepisco il suo respiro infrangersi contro di me e perdersi fra i miei capelli in un sussurro velato.

Persa come ero nei miei pensieri non l'ho assolutamente sentito arrivare, deglutisco percependo già il battito del mio cuore accelerare bruscamente diventando irrequieto.

- Non...lo è, infatti - mormoro quasi balbettando, scoprendomi tesa e irrigidita.

L'attrazione vibra già nell'aria, rendendola elettricamente su di giri, nonostante non ci stiamo neanche toccando.

Come se mi avesse letto nel pensiero mi sfiora con le dita, spostandomi delicatamente i capelli dalla spalla fino a farli ricadere tutti dall'altro lato e lasciandomi così il collo scoperto.

Una scarica elettrica parte dall'esatto punto in cui i suoi polpastrelli mi toccano, dipanandosi poi in tutto il mio corpo con spirali concentriche e voluttuose.

E' come il domino: un'emozione tira l'altra e la paura di non riuscire a contenermi aumenta.

- Ah, no?- mi domanda in un sussurro languido che si infrange contro la pelle delicata del mio collo , provocandomi dei languidi brividi in tutto il corpo.

Deglutisco, il respiro già accelerato dall'eccitazione che cerco di reprimere

La mia pelle si vela di pelle d'oca non appena la distanza fra i nostri corpi diminuisce ancora, mentre lui appoggia lieve il suo petto alla mia schiena.

È uno sfiorarsi appena percepibile ma basta a provocarmi pensieri impuri.

Un sospiro sfugge incontrollato dalle mie labbra, percependo il calore invitante del suo corpo, che mi porta a socchiudere lievemente gli occhi improvvisamente pesanti di cupidigia.

- Stavo cercando qualcosa da mettere – affermo in un sussurro velato, quasi roco, cercando di riprendermi e di non fare caso alla sua pericolosa vicinanza.

Cosa alquanto impossibile, quindi.

Non pensarci mi dico ancora, senza riuscirci però.

Il suo profumo mi avvolge, seducente, stordendomi i sensi della ragione e ricordandomi fin troppo chiaramente il motivo per cui lo chiamo Somerhotter.

Tutto di lui mi manda su di giri, dal sorriso all'odore.

Ne prendo una lunga boccata, capendo che sono davvero vicino al limite.

Col briciolo di razionalità che mi rimane, appoggio l'indumento che ho ancora in mano e, di cui solo ora mi ricordo, sulla scrivania.

Decidendo poi che è meglio allontanarmi da lui prima che l'irrazionalità del desiderio mi travolga del tutto.

Mi volto dopo qualche secondo, con l'intento di allontanarmi ma me lo ritrovo più vicino di quanto pensassi, ad ostruirmi ogni possibile via di fuga.

Indietreggio, allora, scontrando con i fianchi il bordo duro della scrivania.

Un senso si deja-vù mi pervade, riportandomi alla mente la situazione di quando abbiamo girato la prima puntata della seconda stagione.

Allora però le cose erano un po' diverse da ora, era semplice attrazione.

Deglutisco spiazzata dalla sua vicinanza che supera di gran lunga quella di sicurezza, le guance imporporate e il basso ventre pervaso da un irrequieto formicolio di cupidigia non saziata.

Appoggia le braccia contro la scrivania, intrappolandomi di fatto fra il suo invitante corpo e il mobile.

Mi inchioda con uno sguardo limpido, dai riflessi quasi argentati.

- Stavo cercando qualcosa da mettere per il pranzo con Robin - mi ritrovo a dire prima ancora che lo abbia pensato, fornendogli su un piatto d'argento quella verità che fino a qualche minuta prima avevo fatto di tutto per non fargli notare.

La sua vicinanza mi manda semplicemente in confusione, sembra che non capisca quasi più nulla.

Nulla se non lui e le emozioni che mi suscita.

Per un breve attimo aggrotta le sopracciglia, cercando di capire il senso intrinseco delle mie parole e io mi ritrovo a maledirmi mentalmente per essermelo lasciato scappare.

Ora mi prenderà per una stupida che si è fatta chissà quale film in testa ed è proprio l'ultima cosa che voglio.

Ian rimane in silenzio per qualche interminabile secondo, tenendo lo sguardo lontano dal mio mentre un sorriso dolce si delinea lentamente sulle sue labbra, curvandole e facendomi battere forte il cuore.

Lo rialza poi un secondo dopo e ciò che vedo mi lascia semplicemente senza fiato.

Non vi è alcuna traccia di divertimento o ironia, sono illanguiditi da una dolcezza diversa dal solito, nuova.

E' caldo, ma non bollente del consueto desiderio, mosso da una emozione che fin ora non ho mai visto così nitidamente.

Sembrano voler dire un'unica cosa, una verità che ho percepito, ma mai così chiara.

Gli piaccio...

Ed è l'unica verità di cui ho bisogno ora.

Tornano però nuovamente imperscrutabili un attimo dopo, celandomela.

Le farfalle si muovono nel mio stomaco, sfarfallando vivaci e rinvigorite da ciò che ho appena visto.

Un'iniezione di sconvolgente euforia mi travolge, riuscendo a spazzare via tutti i dubbi che mi frullavano in mente fino ad ora.

Una tranquillità incredibile mi pervade, sopendoli definitivamente e sento che posso lasciarmi andare per davvero ora.

Inclina il volto verso sinistra, verso il mio, ritornando a guardarmi negli occhi.

E ancora una volta siamo così vicini che basterebbe un soffio per unire le nostre labbra, mandano al diavolo le mie promesse di non fare nulla fino al nostro appuntamento.

I nostri nasi si sfiorano e i respiri si mischiano, mentre le palpebre si chiudono gradualmente.

Per fortuna lui ha più autocontrollo di me e si allontana dopo un ultimo sguardo voglioso, mettendo qualche metro fra me e lui.

- E' meglio che vada a farmi una doccia, prima che prenda freddo- sospira, passandosi una mano fra i capelli e compiendo un altro passo indietro.

Annuisco, cercando di riprendermi dal mix letale di sensazioni scaturite da quello sguardo e dalla sua vicinanza, fin troppo deleteria per i miei nervi.

Un giorno all'altro se continua così ci lascerò le penne.

Incrocio le braccia al petto mentre lui si avvia verso il bagno, cercando di non pensare a cosa comporti l'abbinamento “Ian” e “sotto la doccia”.

Proprio quando è sull'uscio della porta si volta verso di me.

- Comunque Candice ha ragione- rompe il silenzio creatosi, ma i miei pensieri sconci.

Confusa e non capendo a cosa si stia riferendo aggrotto le sopracciglia.

- Su cosa?- gli chiedo ingenuamente.

- Sei bellissima vestita così- mormora con una sincerità e una dolcezza disarmante.

E il mio cuore semplicemente si scioglie nel petto.

 

 

 

********************

 

Il rumore del mio cellulare, che suona con la sua musichetta allegra, rompe il silenzio creatosi nel mio camerino, richiamandomi alla realtà.

Alzo gli occhi dalla lettura dell'ennesimo copione, guardando in giro alla ricerca di quell'aggeggio che ha disturbato la mia quiete.

Con gli occhi percorro l'intera stanza senza vederlo, scorgendolo infine illuminarsi fra i fogli e le cianfrusaglie sparse sul tavolo del mio camerino.

Con uno sbuffo e una piccola pressione della gamba mi alzo in piedi, abbandonando il posto caldo e confortante del divano su cui mi sono rifugiata a imparare le battute.

Odio quando mi interrompono mentre le ripasso.

Perdo la concentrazione e poi devo ricominciare da capo a impararle visto che sono una perfezionista cronica nel lavoro.

Con la mano sposto un pacchetto vuoto di patatine abbandonato disordinatamente, rovistando poi tra i fogli sparsi, e infine finalmente lo trovo.

Senza neanche leggere il nome sul display rispondo, pronta a ringhiare contro a chiunque abbia osato disturbarmi.

Che mi serva da lezione, mi dico, la prossima volta lo spegnerò direttamente.

- Pronto- mugugno un po' scontrosa, rispondendo.

- Ti ho interrotto mentre imparavi le battute ? - è la risposta della voce gaiamente allegra di Ian, la risata percepibile e mal trattenuta.

Mi conosce così bene da capire il perché del mio nervosismo anche solo dall’inclinazione della mia voce, è il risalto che la mia mente dà a questa frase, portandomi a sbarrare stupita gli occhi.

Il battito del mio cuore accelera, diventando anomalo.

Una sensazione calda si insinua lentamente dentro di me, come miele fuso, appesantendomi il corpo di una dolcezza inaudita.

Come se già non bastasse il tono basso e un po' roco della sua voce a farmi sciogliere, contribuisce anche questo pensiero irrazionalmente vero.

- Ian – mormoro in un sussurro sorpreso per questa constatazione, che ha avuto il poter di sconvolgermi.

- E' così, vero?- ridacchia lui, divertito, riempiendomi le orecchie di quel suono cristallino e ammaliante che è la sua risata.

- Si – sbuffo non riuscendo però a trattenere un sorriso luminoso e allegro.

Ian ride ancora, forse per il mio tono un po' imbronciato o forse perché semplicemente di buon umore.

- Robin, mi ha detto che si è divertita e avete passato, testuali parole,  un piacevolissimo pranzo – mi dice dopo un attimo di silenzio, modellando la voce come per imitarla e facendomi ridere.

Sorrido in risposta, neanche fosse davanti a me e  potesse vedermi.

- Anche io sono stata bene -

Ed è vero.

Ho passato un paio di ore tranquille e svaganti, divertenti.

Non mi ha fatto alcuna domanda scomoda o battutina allusiva che mi abbia messo in difficoltà.

È stato semplicemente un pranzo, come fra due vecchie amiche.

Parlare con lei si è rivelato più semplice del previsto e, dopo qualche primo secondo di imbarazzo, mi sono sciolta, parlando a mio agio della mia famiglia e raccontandole di me, delle mie esperienze.

- Mi fa piacere -

Anche se non posso vederlo, sono sicura che sta tendendo le labbra nel mezzo sorriso che lo caratterizza.

- Comunque non ti ho chiamato per questo - afferma, cambiando improvvisamente il tono della voce che diventa più seria.

- Ah, no?- mormoro interdetta, raggiungendo nuovamente il divano su cui mi accomodo .

- E allora per cosa ?- gli chiedo confusa e curiosa al col tempo, incrociando le gambe in attesa che mi risponda.

L'unica risposta che mi arriva alle orecchie però è il suo sospiro, cosa che mi allarma istintivamente ancora di più.

Non so perché ma ho una brutta sensazione.

- Ho un problema per domani sera… dobbiamo rimandare la cena – afferma schietto, ma non per questo indolore, con voce grave dopo un secondo, gelandomi.

Tutte le fantasie che avevo fatto, i progetti, per il nostro appuntamento si frantumano come un castello di sabbia viene spazzato via dalla marea.

Crollano e il peso  di tutte queste macerie mi sembra di sentirlo sulle spalle, sul cuore.

Deglutisco, non riuscendo a dire nulla e venendo sommersa dalle  paure che tutto ciò comporta.

Perché? È il mio primo istantaneo pensiero, ma uno in particolare, poi, si spazio fra gli altri.

E se fosse solo una scusa per annullarlo, poiché si è reso conto di non volerlo veramente? Si domanda la parte più insicura di me, prendendo il sopravvento.

Le mie sicurezze vacillano.

Magari si è lasciato prendere dal momento, ma poi si è accorto che non vuole andare oltre l'amicizia.

E questa improvvisa eventualità mi provoca una dolorosa e angosciosa morsa allo stomaco, togliendomi il fiato.

Eppure quel sentimento identico al mio io l'ho visto, non era un miraggio né un’illusione.

Era lì, concreto e speculare al mio.

- Mi stai per caso dando buca?- rido con una punta di acuto e stridente nervosismo ad appesantirmi la voce, non riuscendo e dire altro.

- No, lo sto solo rimandando.- risponde lui tranquillo dall'altro lato della cornetta, non cogliendo probabilmente il nervosismo che mi pervade.

Non vi è nulla nella sua voce che mi appaia falsa o solo una scusa, è il solito tono sincero e velatamente divertito.

Un attimo, mi richiama la mia mente, bloccando il flusso di  riflessioni incoerenti.

Rimandare…

Ha detto rimandare, non annullare, chiudo gli occhi prendendone coscienza e percependo già il sollievo distendermi i nervi rigidamente tesi.

Vuole solo rimandarlo, mi dico percependo la morsa allo stomaco dissolversi nella spossatezza di uno spavento preso per nulla.

Sospiro rincuorata, fregandomene, per una volta,  se lui se ne sia accorto o meno, avvertendo un peso disperdersi istantaneamente e abbandonare il mio cuore.

Questa semplice frase, detta quasi giocosamente, ha infatti il potere di tranquillizzarmi.

- Ti spiace se rimandiamo a venerdì, quindi?- mi chiede, rasserenandomi sempre di più – Ho già chiamato il ristorante e per loro non ci sono problemi-

- No tranquillo, va benissimo.- sospiro ancora.

Rilasso i muscoli mentre il battito del mio cuore torna lentamente normale.

E ancora una volta tutto ciò mi mostra quanto io sia dannatamente coinvolta. Presa da lui.

È una cosa che mi è talmente evidente da far luce, ormai.

- Mi dispiace rinviarlo....solo che c'è sciopero dei mezzi e Robin non sa come arrivare all'aeroporto – riprende a parlare, così  affannato nell’atto di spiegarmi che quasi si mangia le parole.

- Ian non mi devi alcuna spiegazione- ribatto, sentendomi però felice per il fatto che me le abbia date e che mi abbia incluso nei suoi progetti.

Mi rende dannatamente allegra, tanto che la paura e l'angoscia di poco prima sembrano lontane anni luce.

- Quindi l'accompagno io. Mi spiace che coincida con il nostro appuntamento…davvero – continua, sospirando infine.

- Non lo sto cancellando, lo sto semplicemente rinviando. Voglio che sia chiaro – afferma andando dritto al punto dolente, riprendendo a parlare e non dandomi neanche il tempo di rispondere.

E non ci potrebbe essere niente d’altro al mondo che potrebbe eliminare ancora il più piccolo dubbio insito in me, come queste parole.

- Dovrai escogitare ben altro per liberarti di me – ride un attimo dopo, non sapendo che io non ho alcuna intenzione di liberarmi di lui, tanto più che non l’ho neanche assaporato.

Rido anche io, dando sfogo e liberando il nervosismo accumulato in questi minuti.

È quasi una risata liberatoria, catartica.

- Vorrà dire, allora,  che per farti perdonare mi dovrai offrire una fetta di torta al cioccolato domani a colazione- scherzo, ritrovando il solito spirito allegro che mi caratterizza.

- Come se non lo facessi ogni giorno – bofonchia divertito lui.                                         

- Allora facciamo che diventano due- ridacchio, col morale che sale di un ottava man in mano che parliamo.

Infondo, un paio di giorni in più o in meno non cambiano molto, l'importante è che accada.

Che poi sia in un ristorante o in un cinema poco importa, mi interessa solo che avvenga come fra due persone che si piacciono.

Tutto qui.

Voglio passare una serata con lui in modo ufficiale.

 Intendo per il nostro rapporto, non che lo sia a livello mediatico anche perché se no sarebbe la fine.

Giornalisti e media non ci lascerebbero neanche respirare, rischiando di soffocare quel qualcosa che sta nascendo prima ancora che venga alla luce.

- Allora prima che diventi direttamente una torta, ti lascio alle tue battute da imparare -

- Ok-

C’è un attimo di silenzio e , ancora una volta, ho la sensazione che stia sorridendo.

- Ci vediamo tra poco sul set, Elena -

- A dopo, Damon - chiudo la chiamata, lasciando poi cadere il cellulare al mio fianco

Spossata, reclino la testa indietro fino ad appoggiarla sul bracciolo, lasciandomi scivolare semi-sdraiata e cercando di svuotare la mente.

Dopo questo sono sempre più convinta che un giorno o l’altro ci resterò secca per le troppe emozioni.

Mi passo una mano sul viso poi, chiudendo gli occhi ed espirando lentamente, lasciando andare il respiro mentre l'evidenza della causa di tutti questi pensieri diventa nitida.

Non mi piace solamente.

Oh no, ne sono anche dannatamente coinvolta.

 

******************

 

Cercando di essere il meno rumorosa possibile, tento di raggiungere la porta della mia stanza per uscire e andare al lavoro.

Lancio un breve sguardo verso il letto, dove Ian riposa placidamente addormentato nella tipica posizione che ha quando dorme.

Con passi lenti e cadenzati lo aggiro, ma proprio quando l'ho superato mi accorgo di non aver preso le chiavi.

Dannazione, devo fare una cura di fosforo per la memoria!

Mi maledico mentalmente per la mia sbadataggine, imprecando silenziosamente con uno sbuffo.

Cercando di non picchiare da nessuna parte e di destreggiarmi fra i mobili della stanza, fievolmente illuminati dalla debole luce che filtra tra le tende, torno indietro.

A fatica arrivo fino al mio comodino, dove le lascio di solito, e le afferro.

Ripercorro la strada appena fatta, ma, improvvisamente, scontro il piede contro qualcosa di duro e spigoloso, sbilanciandomi in avanti.

Per non cadere rovinosamente a terra come un sacco di patate, mi appoggio istintivamente alla prima cosa che trovo a tiro, trovando la sedia girevole della scrivania.

Tuttavia, a causa del movimento brusco, tutto ciò che vi era sopra cade al suolo in un rumoroso botto.

- Dannazione - sussurro concitata, ritrovando l'equilibrio e abbassandomi subito a raccoglierla.

Cosa che al buio non è proprio facile, sbuffo tastando il pavimento alla ricerca di ciò che è caduto.

- Sei ancora viva?- mi domanda una voce arrochita dal sonno, ma comunque divertita mentre la stanza viene improvvisamente illuminata dalla luce dorata dell' abajour.

Sobbalzo colta di sorpresa, voltando istintivamente  il capo nella direzione della voce, verso il letto, dove fra le coperte fa capolino un assonnato Ian.

Con i capelli scompigliati e gli occhi lievemente socchiusi per non essere feriti dall'improvvisa luce mi guarda curioso, reggendosi sui gomiti.

Con l'espressione ancora insonnolita si tira poi a sedere

- Ti ho svegliato?- gli domando dispiaciuta mordendomi colpevolmente il labbro inferiore, rialzandomi in piedi e raggiungendolo sul letto.

Mi seggo al suo fianco, sfiorando il suo corpo con il mio e abbandonando la borsa ai miei piedi.

- Un elefante in una cristalleria sarebbe stato più silenzioso- ride divertito, beccandosi prima la mia occhiataccia di protesta e poi un pugno leggero sul petto, che acutizza le sue risate a dismisura.

Con una torsione del polso, intrappola facilmente la mia mano nella sua.

È  una morsa lieve,  pacatamente deliziosa che basta però a riaccendere il focolaio mai sopito dei miei ormoni.

- Comunque ero già sveglio da un po' – mi rassicura un attimo dopo, continuando a sorridere divertito dalla mia espressione imbronciata.

Come diavolo faccia ad essere di buon umore già appena sveglio per me è un mistero.

Gli sorrido anche io, cercando di non pensare che siamo entrambi svegli in un letto e invece di parlare potremmo fare altro di molto più piacevole e soddisfacente.

Un silenzio mattutino cala fra di noi, ma non passano neanche pochi secondi che viene interrotto.

- Mi dispiace aver dovuto rimandare il nostro appuntamento, comunque- afferma dolcemente, la voce calda e soffice di chi si è svegliato da poco.

Tiene però lo sguardo lontano dal mio, distogliendolo e puntandolo in un punto indefinito del copriletto azzurro.

Con il pollice mi accarezza la pelle delicata del polso, solleticandomela quasi con i cerchi concentrici ed immaginari che sta tracciando.

È un tocco ipnotizzante.

Non abbiamo più sfiorato questo argomento ieri dopo la telefonata, troppo impegnati con il lavoro sul set.

E quando abbiamo finito eravamo così stanchi che abbiamo utilizzato le ultime forze per raggiungere la stanza e buttarci sul letto a dormire.

E sinceramente non pensavo che lo avremmo ritirato fuori dopo le cose che ci siamo dette ieri al telefono e che mi hanno tranquillizzato, rendendomi più sicura.

O, in ogni modo, non pensavo che sarebbe stato lui a parlarne per primo, di nuovo.

Lo rialza poi improvvisamente, incatenandolo magneticamente al mio.

- Era l'ultima cosa che avrei voluto fare – mormora delicatamente sincero inclinando il volto lievemente verso destra, senza rompere il contatto né visivo né corporale fra di noi.

Un senso immediato di vertigini e calore mi pervade all'istante a queste parole, travolgendomi impetuosamente.

E, chissà perché, mi sento come se mi avesse aperto una parte nascosta di se. Quella dei suoi pensieri.

- Anche io – ammetto onesta. - Ma lo abbiamo solo rimandato, quindi il problema non sussiste- gli sorrido, ricordandogliele e  totalmente convinta di queste parole.

- Già - mormora lui e il suo sguardo si intensifica, diventando quasi metallo fuso.

Un brivido mi attraversa, partendo dalla base della schiena e accapponandomi la pelle di emozioni.

Non è solo perché stiamo parlando della nostra uscita, ma per il modo stesso in cui lo ha detto.
Per il tono della sua voce.

Per il modo in cui mi sta guardando.
Non distoglie i suoi occhi dai miei neanche per un secondo.
È uno sguardo limpido e calmo, così azzurro da risultare quasi irreale per la sua intensità e che mi provoca le palpitazioni.

Le farfalle si muovono nel mio stomaco, ricordandomi la loro presenza e aumentando quel senso di irrevocabile vertigine.
È un gioco di sguardi in qualche modo diverso dagli altri. Non che manchi la solita punta di languido desiderio, ma è differente.

È significativo, ora. Vuol dire qualcosa che non ha più necessità di essere nascosto.
I suoi occhi infatti non sono enigmaticamente celati da un velo di imperscrutabilità, come ogni volta, ma lasciano trasparire qualcosa di nuovo.

Mi permette di leggere tutte le emozioni che lo attraversano. In particolare una.
Mi lascia vedere questa emozione, la stessa di questa mattina, che è in grado di togliermi totalmente il respiro, bloccandomelo in gola.
Schiudo le labbra per parlare, per dire neanche io so cosa, ma non ci riesco.

Non esce alcun suono, così come non riesco a pensare a niente se non a lui.
A quanto mi renda ingenuamente felice.
Prendo un respiro profondo, respirando il suo profumo che quasi mi stordisce.

Mi annebbia i sensi, portandomi a socchiudere gli occhi.

E ancora una volta mi ritrovo a chiedermi se sia normale il fatto che il suo profumo riesca a farmi impazzire.

Quell'emozione si intensifica ancora, scurendogli l'iride e diventando quasi palpabile.
Sorride lievemente, enigmatico.

Con l’altra mano mi scosta una ciocca di capelli dal volto, portandomela dietro l’orecchio.

Con le dita poi vira verso la mia guancia, percorrendola lentamente in una carezza fino ad arrivare alle mie  labbra.

Mi afferra il mento con l’indice e il medio mentre io rimango totalmente immobile.

Con il pollice poi mi sfiora il labbro inferiore, seguendo ipnotizzato e intrigato la linea della sua carezza.

Le guance iniziano a bruciare insistentemente, arrossandosi e aumentando il senso di vertigine che mi pervade.

Il cuore, impazzito, continua a battere freneticamente ronzandomi nelle orecchie.

Con il dito fa una voluttuosa pressione su di esso, portandomi istintivamente a socchiudere lussuriosamente le labbra.

L'aria è satura di desiderio, un'attrazione ormai incontenibile che sta per scoppiare.

Ora, più che mai, basterebbe un respiro a farla esplodere.

- Credo di non riuscire più a trattenermi – sussurra rocamente, quasi sovrapensiero, la voce velata e graffiata di desiderio mal represso.

E il mio cuore perde direttamente un battito.
Ma non è puramente solo questo.

L'emozione è vibrante nell'aria, palpabile, così come l’attrazione, e io faccio davvero fatica a contenerlo.
Il mio sguardo cade inspiegabilmente sul suo avambraccio scoperto dalla maglietta a mezze maniche grigia e dove il suo tatuaggio fa bella mostra di se.

Hic et Nunc.

Qui e ora.

E capisco che non vorrei essere in nessun altro posto al mondo se non qui, ora.

Voglio che mi baci, che mi tocchi. Voglio lui.

E accade. Semplicemente accade.
Nel momento meno probabile e inaspettato, tutto va al suo posto.
Il puzzle si completa, l'ultimo pezzo si incastra perfettamente fra gli altri.

Il battito del mio cuore aumenta trasformandosi in dolci palpitazioni e un calore improvviso mi avvolge.

Ian inclina ancora il viso fino a che le nostre non si scontrano, in un contatto lieve che le sovrappone.

Un'euforia immediata, sconvolgente, mi avvolge con le sue spire togliendomi il respiro.

Mi sembra che il cuore mi stia scoppiando talmente corre veloce, le farfalle impazzite nel mio stomaco fanno le capriole più improbabili per poi placarsi del tutto, finalmente in pace.

Mi sembra di essere estremamente leggera, la mente priva di pensieri.

Nonostante sia un contatto alquanto puro e casto, appena percepibile, mi manda gli ormoni in visibilio.

Il formicolio al basso ventre si intensifica, diventando una morsa dolorosamente piacevole che vuole essere finalmente saziata.

Lui rimane totalmente immobile, senza tentare di approfondirlo tuttavia.

I muscoli rigidamente tesi in una posa quasi plastica e, solo ora, capisco il perché della sua staticità.

Mi sta aspettando. Aspetta la mia reazione, vuole che sia io a fare la prima mossa.

È come se mi aspettasse e avesse paura di un possibile rifiuto.

Ha paura che possa tirarmi indietro, che possa rifiutarlo.

E allora faccio io la prima mossa.

Schiudo le labbra, rispondendo al suo bacio prima timidamente e poi sempre più sicura.

Ian mi risponde neanche un secondo dopo, succhiandomi il labbro inferiore e mordicchiandomelo.

La presa sul mio volto scivola via, finendo fra i mie capelli.

Ed è meglio di quanto io mi sia mai potuta immaginare in ogni mia più vivida fantasia.

È diverso da quelli che ci siamo scambiati sul set, neanche lontanamente paragonabile a questo.
E' semplicemente vero.
Ci stacchiamo ansimanti qualche attimo dopo. Non si sposta però di molto, solo lo stretto necessario per prendere di nuovo fiato.
Le sue labbra si riposano sulle mie, già dischiuse, cercandole freneticamente piene di desiderio un millesimo di secondo dopo.

Il contatto ora è più profondo, passionale e travolgente.

Con un gesto secco della mano sposta le coperte che ancora coprono la parte inferiore del suo corpo, in un frusciare che ci fa solo da lontano sottofondo.

Le mie orecchie non lo percepiscono quasi, impegnate a sentire altro.

Percepisco solo lui. Tutto il mio corpo sente solo lui.

Con una dolce irruenza che mal cela tutto il suo desiderio, mi avvolge la vita fino a far scontrare i nostri corpi, ora incollati.

Gli passo le braccia intorno al collo, attirandolo ancora più vicino a me mentre il bacio si fa sempre più vorace e il mio seno si schiaccia contro il suo torace.

I nostri bacini vengono prepotentemente a contatto, facendomi gemere sulle sue labbra per le scariche di elettrico desiderio che questa frizione mi provoca.

Immergo le mani fra i suoi capelli corvini, accarezzandogli la nuca con i polpastrelli.

E ci baciamo, fino a rimanere senza fiato. Ancora.

Con una lieve pressione mi spinge indietro, facendomi cadere sdraiata sul materasso e fra le coperte sfatte.

Mi segue un attimo dopo, sovrastandomi con il suo corpo muscolo e portandomi istintivamente a fargli posto fra le mie gambe schiuse.

Eccitata sfrego le gambe contro i suoi fianchi, imprigionandoli, e percependo già quella frivola umidità tipica del desiderio.

Con mani frenetiche e calde si insinua sotto la maglietta che indosso, accarezzandomi i fianchi e portandomi ad inarcare istintivamente il corpo contro di lui sotto i suoi tocchi bollenti.

Risale poi verso la mia schiena, in una lunga carezza che mi porta a gemere nuovamente e cercare sollievo nella frizione fra i nostri bacini.

Sospira anche lui a questo contatto primordialmente eccitante, interrompendo solo per questo soffio l'ennesimo bacio infuocato.

Lo attiro nuovamente verso di me un secondo dopo, per nulla sazia di baciarlo.

Le nostre lingue guizzano in una danza che sembra fare da preludio a quella dei nostri corpi, fin troppo vestiti ancora.

Gli artiglio la maglia, facendogli capire quanto quell'inutile indumento che ricopre il suo petto mi sia di impiccio.

Sorride, ansimante, contro le mie labbra abbandonando il mio corpo quel tanto che basta per togliersela e poi torna a sovrastarmi.

Non mi bacia però, cambiando direzione all'ultimo momento e deviando sul mio collo, lambendolo con tocchi frenetici e brevi, per poi arrivare alla scollatura, ora messa più in evidenza dal mio respiro irregolare.

Mi solletica la pelle con il suo respiro eccitato, prima ancora che con le labbra, facendo trasparire tutta la sua eccitazione.

Come se il rigonfiamento che preme deliziosamente contro la mia parte più sensibile non fosse abbastanza eloquente.

E io mi lascio andare del tutto, priva di freni ed inibizione.

Perché non ha alcun senso pensare al domani quando si può vivere l'oggi.

Perché è semplicemente giusto così.

Qui ed ora.





Salve!!! come va? Spero che abbiate passato delle buone vacanze! Lo so avevo detto che avrei postato il capitolo il 22 dicembre ma non ce l'ho proprio fatta, travolta da mille impegni. Vi ho fatto il regalo di buon anno però, invece che di Natale!

Allora, inizialmente non avrei voluto scrivere alcuna nota e lasciarvi alle vostre riflessioni post capitolo ma poi ho pensato fosse meglio chiarire alcuni punti. Passiamo, quindi, alla solita spiegazione per punti:

1- Ebbene si, ecco il fatidico bacio. Dopo ben 7 ( 8 con questo) capitoli, fra dubbi, attrazione e molti pensieri il bacio è finalmente arrivato. Non so se l'ho descritto bene o male, se è come ve lo aspettavate o meno ma era così che volevo accadesse: in modo naturale. È stata una conseguenza delle scelte emotive fatte fin qui dai personaggi e non viceversa. Ora era il momento giusto perchè accadesse e il titolo ( che letteralmente vuol dire “qui e ora”) non è una pura casualità.

Il bacio l'ho voluto mettere volontariamente alla fine, non per creare suspance o cosa, ma perchè era la giusta conclusione del capitolo, soprattutto dopo il bacio mancato dell'altra volta. Non avrei potuto scrivere una fine diversa.

Inizialmente l'avevo concepito come un bacio semplice ma poi mi sono detta che non li avrebbe rispecchiati, così come la loro situazioni, e così, di getto, ho aggiunto un pezzo un po' più...focoso.

Spero vi sia piaciuto come è accaduto.

2- Ho scritto questo capitolo mentre ascoltavo la canzone “Your Song” di Elton John, soprattutto la parte finale del capitolo ma mi ha ispirato anche la canzone “Temptation” di Moby, che ho riscoperto da poco. Non ho riletto il capitolo  e spero non ci siano errori, parti brusche o noiose e che tutto fili coerentemente.

 

3- Il titolo è preso direttamente dal tatuaggio di Ian “Hic et nunc” che ha tatuato sull'avambraccio. L'idea è nata mentre parlavo con delle amiche di tatuaggi e mi è venuta in mente la traduzione di quello di Ian, che calzava a pennello con il capitolo in questo caso.

4- Come sottolineo ormai in ogni capitolo, non siamo ancora a livelli di innamoramento. Si piacciono e sono attratti l'uno dall'altro ora, ma nulla di più. Non sono innamorati l'uno dell'altra. Non sarebbe realistico e coerente ora se fossero già innamorati, ma credo che oramai abbiate capito il mio pensiero al riguardo XD.

5- Questa volta le note sono più corte perchè non voglio dire molto, ma vorrei davvero sapere cosa ne pensate quindi se volete farmi un regalo recensite!!!

 

ATTENZIONE: la prossima storia che aggiornerò sarà …..I WILL ALWAYS CHOOSE YOU...e penso di fare due aggiornamenti consecutivi di questa storia perchè è davvero un bel po' che non l'aggiorno.

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Capitolo 9
*** Enjoy the Silence ***


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Salve! No, non sono un miraggio tranquille e non è neanche un avviso...è un capitolo vero!

Dopo molto molto tempo finalmente riesco ad aggiornare!!

Questa volta le note le metto all'inizio perchè non voglio rovinare la fine del chappy con i miei interminabili sproloqui. Saranno comunque più corte del solito perchè non voglio anticipare nulla e credo che non ci siano molte spiegazioni da dare su ciò che accadrà, tirerete voi le conclusioni alla fine.

Vorrei però premettere che questo capitolo ha un raiting più alto degli altri.

Troverete infatti scene o parti che sono da raiting rosso e non arancione come di consueto.

Sicuramente vi devo poi delle infinite scuse perchè sono davvero imperdonabile. Vi ho fatto aspettare tantissimo per questo aggiornamento e spero che ne sia valsa almeno un pochino la pena. Fra esami, università e crisi da scrittura varie ho scritto questo capitolo in più fasi, a pezzi quasi, andando a rilento fra dubbi e ripensamenti.

Scusatemi quindi per l'immenso ritardo.

Spero vivamente che non sia uscito un caos totale e che sia leggibile, capibile almeno.

Il titolo del capitolo è preso in prestito dalla famosa canzone dei Depeche Mode “Enjoy the Silence”. Vi invito a leggere il testo della canzone e la sua traduzione perchè lo ritroverete nel corso del capitolo in vari punti.

Un GRAZIE gigante a tutte le persone che mi hanno sostenuto, sopportato e ascoltato le mie interminabili paranoie nel corso della stesura del capitolo e a tutti coloro che hanno aspettato questo aggiornamento, che leggono e che ogni volta recensiscono. Grazie davvero.

C'è poi un grazie speciale che voglio fare ad una persona per me speciale(anche se Ian è sempre Ian), perchè mi ha spronato per tutto questo tempo e anche se mi risponderà “grazie di che?” io lo ringrazio lo stesso.

La persona interessata capirà a cosa mi riferisco.


Direi che non c'è altro da dire se non augurarvi buona lettura!


PS: Ho deciso di sospendere la ff delena Destined For Eternity per mancanza di tempo. Ho invece pubblicato una one-shot delena intitolata “Give me Love



TRUE LOVE-VERO AMORE


CAPITOLO 9

ENJOY THE SILENCE






- E' una stupidata!-

Ridacchio allegramente, riservando un'occhiata tra lo svagato e il divertito a Candice da sopra il bicchiere traslucido che ho fra le mani.

Solo un'ombra leggera, appena palpabile, nella mia risata fanno da spia rivelatrice dei mille, contorti pensieri che mi frullano in testa. Come al solito davvero troppi e petulanti, ma che io decido di persevero ad ignorare.

Lo faccio da tutto il pomeriggio continuare non cambierà nulla, mi dico con un'alzata di spalle.

Lei fa una buffa smorfia, un po' confusa e un po' scettica, corrucciando le labbra in un broncio e gesticolando convulsamente con una mano, come a sottolineare la veemenza di ciò che sta dicendo.

- E’ un telefilm.- le ricordo con un pacato tono di ovvietà non riuscendo, però, a fare a meno di ridere ancora, inclinando leggermente la testa verso di lei.

Candice sbarra gli occhi azzurri, di una tonalità leggermente più scura del vestito color carta da zucchero che indossa stasera, esibendosi in seguito nell'ennesima smorfia contrariata.

Mi mordo le labbra quasi a sangue cercando di soffocare sul nascere un'altra corposa risata, nascondendo poi un sorriso divertito e insopprimibile nel bicchiere stracolmo che ho in mano.

Non ce la faccio, è troppo buffa quando fa così.

Sorseggio in silenzio, per qualche secondo, la mia bevanda, un punch rigorosamente analcolico.

Domani, infatti, devo girare tutto il giorno e un bel mal di testa post sbornia è l’ultima cosa di cui ho bisogno per essere concentrata sul lavoro.

Una vocina fastidiosa e petulante nella mia testa, che assomiglia terribilmente alla voce di Candice per di più, mi rimarca subito, però, di come questa sia una bugia. Bella e buona.

O meglio, è una scusa colossale dietro cui mi nascondo anche nei miei stessi pensieri.

Mi stringo fra le spalle, spostandomi i capelli scuri su una spalla mentre una sensazione elettrica e vibrante mi vela la pelle alla constatazione che sto per fare.

La nuda verità è un'altra, molto più intima e languida. Seducente.

Emetto un sospiro quasi sognante, lasciando scivolare via l'aria fra le mie labbra semi dischiuse e inclinando leggermente il viso di lato.

Voglio essere lucida questa notte, sobria, vivere ogni minima cosa.

Godere di ogni singola, impercettibile sensazione. Di ogni gesto e di ogni piacevole respiro.

Mi mordo inconsapevolmente le labbra, in un atto istintivo che mi porta a torturale con i denti, rendendomi conto di come stia sperando con tutta me stessa che quei sospiri siano molti e implacabili.

Le mie guance si surriscaldano all'istante, arrossandosi lievemente a questo pensiero a tal punto invitante da provocarmi quel consueto solletico al basso ventre.

Lo stesso che agogna di essere placato al più presto e che è rimasto desolatamente insoddisfatto questa mattina. Molto insoddisfatto, penso con una smorfia irritata e un po' nervosa.

Quei ricordi, quei brividi e la tensione vibrante del desidero mi tornano prepotentemente in mente, travolgendomi quasi con la stessa impetuosità e stordendomi.

Mi pervadono senza via di scampo, chiudendomi in quella morsa così piacevolmente occludente da farmi mancare il fiato.

Tuttavia, non ho il tempo di assaporarla appieno che la voce di Candy mi richiama alla realtà purtroppo.

E il sapore di amaro in bocca, di un velato nervosismo dovuto all'ennesima interruzione mi pervade ed è ridicolmente simile a quello di questa mattina.

Ne sembra una continuazione quasi beffarda, come se neanche nei miei pensieri potessi bearmi in santa pace di quei pochi piacevoli ricordi.

Evidentemente tutti hanno l'hobby di interromperci, deduco ripercorrendo mentalmente la lista di tutte le persone che ci hanno interrotto fin ora. Davvero troppe, sbuffo sonoramente.

- Chi è che si sposa con un post- it?- mormora indignata la bionda, continuando a parlare e no notando apparentemente il mio stato d'animo.

Inarca scetticamente le sopracciglia chiare, infervorandosi buffamente e portandomi a sorridere sempre più divertita mentre il nervosismo scema via in minima parte.

- E’ irreale e alquanto improbabile persino per un telefilm!- trilla con veemenza, le guance un po' arrossate e l'espressione determinata stampata in volto.

Scuoto la testa divertita non riuscendo a trattenermi ancora dal ridere e prendendo poi un altro sorso dal bicchiere, finendo quasi del tutto la mia bevanda.

Dopo molto tempo e, soprattutto, molte suppliche sono riuscita a convincerla a vedere Grey's Anatomy ed ora si sta mettendo in pari con la sua trasmissione.

Anche se, penso con una smorfia interdetta, ad averlo saputo prima che avrebbe criticato ogni minima cosa, probabilmente non glielo avrei consigliato.

Roteo gli occhi al cielo, mentre lei continua a parlare. O meglio criticare.

- Anche il nostro show, se è per questo, non è molto realistico- la contraddico con un sopracciglio inarcato, voltandomi nuovamente verso di lei e decidendo di difendere quel telefilm che mi piace così tanto.

- Non è assolutamente vero!- ribatte subito lei, allargando gli occhi chiari come se le avessi mosso chissà quale accusa infamatoria - È molto attendibile invece- si indigna, facendo muovere i capelli biondi in un frusciare vaporoso e incrociando imbronciata le braccia al petto.

Da un momento all'altro mi aspetto quasi che sbatta indignata i piedi per terra come i bambini.

- Parla di amore, amicizia, legame fra fratelli e di molte altre cose- elenca, snocciolando tutte le caratteristiche che le vengono in mente una dietro l'altra e tendendone il conto con una mano.

- Quindi fammi capire – ridacchio, non riuscendo proprio a farne a meno - Credi ai vampiri e non a due persone che si sposano con un pezzo di carta?- mormoro sarcastica e questa volta è il mio turno di sbarrare leggermente gli occhi per l'incredulità.

- Certo!- afferma decisa in risposta, scoppiando però a ridere l'attimo dopo insieme a me.

Continuiamo a ridacchiare per qualche secondo, mentre qualche membro del cast e della troupe ci passa davanti e ci saluta.

Parte del nervosismo e dell'irritazione mi abbandona, scivolando silenziosamente via con la risata e permettendomi di rilassare almeno un po' i nervi dolorosamente contratti.

Per qualche attimo cala poi il silenzio fra di noi, interrotto solo dalla musica ritmata e dal chiacchiericcio delle persone intorno a noi.

Con sguardo un po' disattento e svagato mi guardo intorno, percorrendo velocemente l'ariosa sala in cui ci troviamo con gli occhi.

La dirigenza ha voluto dare un piccolo party, anche se non c'è nessun motivo particolare da festeggiare se non i buoni ascolti che abbiamo raggiunto fin qui.

- Comunque...- riprende a parlare con tono calmo Candice, portandomi a voltarmi verso di lei con le sopracciglia aggrottate in attesa che continui. - Se proprio vogliamo parlare di cose che credevo impossibili è il fatto che tu e Ian siate riusciti a dormire nello stesso letto con tutti i vestiti addosso e senza fare assolutamente nulla- prosegue, aprendosi in un sorriso allusivo e un brillio malizioso che le anima gli occhi chiari.

Mi mordo istintivamente le labbra, presa in contro piede da ciò che ha appena detto, come al solito, in modo diretto e senza tanti giri di parole.

Forse è meglio omettere il piccolo particolare che lui dormisse solo con una maglietta e i boxer addosso, penso.

- Chiunque gli sarebbe saltata addosso senza tanti giri di parole dopo due secondi– mi ricorda scherzando maliziosamente provocandomi una sensazione di leggero fastidio alla bocca dello stomaco.

Le lancio un'occhiata torva, per nulla contenta di questa eventualità che spero sia il più remota possibile.

Ora hai anche gli attacchi di gelosia, Nina? Mi chiedo da sola rimanendone in qualche modo sorpresa.

Sbuffo in risposta sia a lei che a questo strano e immotivato pensiero.

- Anche se stamattina ci siete andati molto vicini - ridacchia maliziosamente, ricordandosi di ciò che le ho raccontato poco fa. - Sicura di non aver qualche pianeta contro nel tuo oroscopo?- mi domanda beccandosi la mia occhiata stranita e imbronciata, che la fa ridacchiare ancora più forte.

- Non è bello ridere delle disgrazie altrui- bofonchio corrucciata, incrociando le braccia al seno.

Le lancio poi un'occhiataccia, non potendo tuttavia fare a meno di arrossire al pensiero di cosa è accaduto. Di cosa poteva accadere.

- Si in effetti non deve essere stato per nulla appagante rimanere insoddisfatta – continua a ridere prendendomi allegramente in giro.

Molto insoddisfatta, la correggo silenziosamente nella mia mente mentre una poderosa ondata di irritazione mi pervade.

- Puoi non girare il coltello nella piaga, per favore ?- sospiro pesantemente in risposta, quasi rammaricata, spostandomi una ciocca di capelli dal viso e portandola dietro l'orecchio mentre lei continua a ridacchiare.

- Dai Nina, avrete tempo per recuperare - afferma sicura e rassicurante – Magari questa sera stessa- conclude con un'innocente alzata di spalle e un altro sguardo malizioso accompagnato dall'ennesimo sorriso allusivo.

Io non dico nulla, lasciando che cada semplicemente il silenzio fra di noi.

Non ho voglia di dire nulla, forse.

Sposto poi lo sguardo lontano dal suo, puntandolo davanti a me, mentre i ricordi mi invadono prepotenti la mente, prendono possesso di ogni mio singolo pensiero e più piccola riflessione.

Perché non posso farci nulla, che io voglia o no sono sempre li. Lui è sempre li.

Socchiudo lievemente gli occhi mentre mi avvolgono vellutati.

E mi ritrovo in un secondo a stamattina, le stesse sensazione a pervadermi e stravolgermi.

L'identico formicolio al basso ventre, quel groviglio di aspettativa e ansia allo stomaco e il desiderio insopprimibile di essere toccata da lui.

La stessa eccitazione dovuta alle sue mani che audaci hanno toccato posti impensabili, ma dannatamente piacevoli.

Deglutisco a fatica, la gola improvvisamente secca e la salivazione azzerata, sospesa fra la penombra mattutina della mia camera e la sala festosamente illuminata in cui sono ora.

L'immagine fin troppo nitida del suo corpo semi nudo e caldo, che preme contro il mio, è impressa a fuoco nella mia mente, marchiata indelebilmente. Esattamente come tutti i posti che hanno toccato le sue labbra, che hanno baciato.

Istintivamente trattengo il respiro, percependo la pelle bruciare terribilmente ancora in quei punti e il mio intimo inumidirsi inesorabilmente.

Quasi senza accorgermene mi porto automaticamente una mano al collo, nell'esatto punto che lui ha baciato intensamente questa mattina.

Mi sembra quasi ancora di percepire il suo respiro caldo contro la mia pelle sensibile e le sue labbra umide.

Tutto ciò ha un effetto devastante sui miei ormoni già poco mansueti e insoddisfatti oggi.

E mi ritrovo per l'ennesima volta a chiedermi se sia normale che anche solo pensare a lui mi destabilizzi, mi sconvolga così tanto.

Sospiro, mentre la mia mente mi ripropone anche come è andato a finire il tutto. L'unico modo al mondo che proprio non avrei mai voluto come conclusione.

Ma evidentemente il mio oroscopo non deve essere dei migliori in questo periodo, ha ragione Candice.

Chiudo per un attimo gli occhi, riaprendoli l'attimo dopo e ritrovandomi proiettato quasi davanti a me ciò che è successo.

Il mio telefono aveva incominciato a squillare, rompendo con la sua musichetta insistente e fastidiosa quel gracile silenzio fatto di respiri ansati intrecciati a gemiti. Nessuna canzone dei Black Eyed Peas, che io adoro alla follia, mi era sembrata tanto odiosa come in quel momento.

Inizialmente lo avevo volutamente ignorato, troppo concentrata su ciò che stavano facendo le sue mani in parti del mio corpo decisamente sensibili per pensarci seriamente.

Avevo cercato di sprofondare del tutto fra le sue braccia e in quell'ammasso incoerente di emozioni che mi pervadevano, sperando che smettesse da un momento all'altro.

Aveva invece continuato a suonare e, nonostante fosse l'ultima cosa al mondo che avrei voluto fare in quel momento, una parte remota della mia mente, quella ancora razionale, mi aveva ordinato di rispondere.

Con le labbra gonfie e i capelli scompigliati dalle sue mani avevo tentato di prenderlo, sporgendomi oltre il bordo del letto su cui eravamo sdraiati per recuperarlo nella borsa.

Non avevo, però, fatto in tempo a rispondere dal momento che Ian mi aveva tolto il telefono dalle mani in un secondo, lanciandolo alle sue spalle senza troppa delicatezza.

Il tonfo della sua caduta sulla moquette aveva raggiunto le mie orecchie nell'attimo esatto in cui mi aveva spinto nuovamente sdraiata sul materasso, premendo le labbra contro le mie in un bacio famelico e vorace che mi aveva tolto il respiro. E anche ogni pensiero coerente.

Il suo corpo era tornato a pressarmi desideroso contro e le scariche di elettrica eccitazione mi avevano annebbiato maggiormente la testa, partendo dal basso ventre e diradandosi in bollenti onde concentriche.

Mi ero lasciata trasportare da quel contatto, che mi aveva confuso più di quanto non fossi già, mentre le sue mani avevano ripreso a vagare nuovamente sulla mia schiena in una languida carezza che sapeva di studiata lentezza.

La corsa era terminata alla chiusura del mio reggiseno, con cui aveva brevemente giocato con le dita.

Eccitata e fremente avevo ansimato più forte, totalmente persa ormai nell'oblio dell'eccitazione.

Fortunatamente il mio telefono aveva smesso finalmente di suonare, non che ci avessi badato molto in quel momento.

Con gesti frenetici ma esperti lo aveva slacciato in un solo tocco, scendendo poi a baciarmi languidamente la clavicola.

Mi ero inarcata contro di lui, facendo sfregare involontariamente i nostri bacini e comportando un'altra scarica di elettrica eccitazione al basso ventre che mi aveva inumidito ancora di più.

Le mie mani avevano artigliato istintivamente le sue spalle, scendendo poi sul petto in una carezza lenta e languida che era stata espressione perfetta del bisogno che avevano le mie dita di toccarlo.

Era una necessità quasi ancestrale quello di avere un contatto, di sfiorarlo, baciarlo. Averlo. Ne avevo bisogno. Ne ho bisogno.

Le sue mani si erano spostate nuovamente, percorrendo il profilo appena visibile delle costole e solleticando il bordo inferiore del mio seno ancora celato parzialmente alla sua vista.

Avevo trattenuto violentemente il respiro, sentendomi andare a fuoco, nel momento esatto in cui le sue labbra erano scese ancora, succhiando e baciando la porzione di pelle scoperta e visibile.

Continuando quella lenta tortura aveva cercato di sfilarmi quell'inutile ostacolo fra i nostri corpi, ma non ne aveva avuto il tempo materiale purtroppo visto che il mio telefono aveva ripreso a suonare.

Evidentemente avevo davvero contro un pianeta contro, probabilmente Venere visto la situazione.

Devo rispondere.

Era stato questo il mio istintivo pensiero e forse lo avevo anche sussurrato dal momento che Ian si era spostato, lasciandosi cadere pesantemente al mio fianco mentre imprecava qualcosa a denti stretti.

Dopo qualche secondo di totale immobilità mi ero mossa anche io, recuperando, ancora ansimante e scarmigliata, quell'aggeggio infernale dal pavimento.

Con un filo di voce appena udibile avevo risposto mentre la voce squillante e acuta di Julie mi aveva inondato le orecchie, quasi stordendomi.

Mi aveva chiamato perchè ero in ritardo sul set e tutti si chiedevano dove fossi finita visto che dovevamo girare e io sono sempre stata puntuale.

Credo di non aver mai odiato così tanto il mio lavoro come in quel momento, è il pensiero che mi fa riemergere da quei ricordi piacevoli e irritanti al tempo stesso, lasciandomi lo stesso identico sapore amaro in bocca.

Mi passo una mano fra i capelli, continuando a fissare le persone davanti a me senza vederle davvero e con ancora l'eco ammaliante dei suoi sospiri nelle orecchie.

Mi ero chiusa poi la porta alle spalle con ancora le guance rosse e quel senso di insoddisfazione a stringermi dolorosamente il basso ventre, lasciando Ian sul letto semi nudo e visibilmente eccitato.

Inutile dire che non ero riuscita a concentrarmi assolutamente sul set, dimenticandomi continuamente le battute e perdendo la concentrazione ogni due per tre.

La mia testa mi riportava in continuazione lì, in quella stanza. Era come un eterno ritorno, piacevole e frustrante contemporaneamente.

Sospiro, cercando di riemergere del tutto dai miei pensieri e di allontanarli almeno per qualche attimo.

Paul mi saluta con un breve cenno del capo e un sorriso allegro mentre dall'altra parte della sala chiacchiera con Torrey.

Gli sorrido anche io in risposta, facendo scivolare poi lo sguardo fra le persone che gli sono intorno e involontariamente i miei occhi cercano qualcun altro.

Cercano lui in un'azione automatica e istintiva, un riflesso assodato ormai fra le priorità dei miei occhi.

Ma non lo trovo, non c'è.

E un senso di inconfondibile e lieve fastidio a questa constatazione mi stringe lo stomaco in una morsa snervante che mi rende irrequieta. Molto irrequieta.

La stessa che sembra essersi affezionata a me visto che mi perseguita da tutto il giorno con il suo opprimente senso di ansia e angoscia, aggrotto le sopracciglia corrucciata.

Dopo quello che è successo in camera non ci siamo più sentiti o visti. Neanche un messaggio o una rapida occhiata.

Niente di niente. Il vuoto più assoluto.

Mi sarebbe andato bene anche un piccione viaggiatore a questo punto.

E questo in qualche modo mi lascia addosso una assurda sensazione di ansia, mi preoccupa .

Getta dubbi su dubbi, che si accumulano inesorabilmente su quelli già irrisolti che ho e che continuato a tormentarmi implacabilmente.

La mia mente mi ripropone, come sempre, una miriade di versioni e spiegazioni possibili a tutto ciò.

Ho mille domande e zero risposte. Troppi pensieri senza un filo logico che si mischiano al tumulto di sensazioni insensate che mi pervadono. O forse hanno fin troppo senso ed è questo il problema.

Prendo un respiro profondo, cercando di non allarmarmi troppo e di non partire in quarta con i pensieri.

Contraddicendomi da sola, però, la mia testa mi rimarca un fatto quantomai evidente ai miei occhi.

L'unica cosa certa che so, infatti, è che oggi era libero, non doveva girare o essere impegnato sul set.

Ho sbirciato sulla tabella degli orari di Lucy, l'assistente di Julie, per esserne totalmente sicura e il mio sentore era giusto.

E qui la domanda sorge spontanea: perchè allora non si è fatto né vedere né sentire visto che era libero?

Non so darmi una risposta sensata e rassicurante a questo, tutt'altro. Tutte quelle che mi do sono insicure e angosciose, una peggio dell'altra.

Vago dalla possibilità che un impegno improvviso lo abbia occupato e non abbia avuto il tempo di contattarmi a quella, più drastica e dolorosa, che non mi voglia vedere per chissà quale ragione che non comprendo assolutamente.

Magari si è stufato di aspettarmi ed è irritato, mi allarmo se possibile ancora di più.

È più grande di me e di certo non ha problemi a trovare qualcuna che gli scaldi il letto visto che gli basta schioccare le dita e dozzine di donne gli cadono ai piedi.

Ovviamente io da orgogliosa codarda non l'ho chiamato né contattato.

Forse un po' ferita dal non essere cercata da lui, dopo quello che non è accaduto, non l'ho fatto.

Non lo so neanche io, mi passo una mano fra i capelli.

Sbuffo, non capendoci assolutamente nulla e non riuscendo a fare un minimo di chiarezza nella mia testa. Come al solito, aggiungerei.

So solo che il mio unico desiderio è quello di vederlo, toccarlo, parlare o anche solo scambiare un mezzo sguardo con lui.

Ho bisogno di vederlo.

È una strana sensazione di apnea quella che provo ora, angosciante e un po' stritolante che ancora una volta è però riprova del fatto che mi piace.

Emozione che si è amplificata ulteriormente da stamattina. È come quando vuoi mangiare un dolce che ti piace, lo vedi e lo desideri per molto tempo e quando finalmente hai la possibilità di mangiarlo ti viene negata.

Il desiderio di assaggiarla aumenta ancora di più dopo e se prima volevi solo assaggiarne un pezzo ora la vuoi divorare del tutto. Ed è proprio quello che sta capitando a me.

E il fatto che lui non si è ancora fatto vedere non mi aiuta per niente, sospiro espirando l'aria fra le labbra in quello che sembra più uno sbuffo tormentato che un respiro normale.

Candice al mio fianco mi lancia un'occhiata veloce e indagatrice, finendo di sgranocchiare delle patatine che non mi ero accorta avesse preso.

- Ok, basta pensieri ora- sfrega le mani fra di loro per pulirle e togliere le briciole, intuendo probabilmente cosa mi assilla. Ci riesce sempre d'altronde. - Ora ci divertiamo - afferma risoluta e convinta con uno sguardo divertito che non vuole essere contraddetto.

Afferra poi il bicchiere finendo quel poco di alcool che ancora c'è dentro tutto di un sorso.

- Andiamo a ballare - esordisce allegra un attimo dopo, riposandolo sul tavolino in un tintinnio di vetro e alcool e voltandosi poi verso di me con un sorriso smagliante a trentadue denti.

Le rivolgo un'occhiata dubbiosa, che anticipa di qualche secondo la mia risposta negativa.

- Non ne ho molta voglia, a dire il vero Candy– ribatto con un piccolo sospiro e un lieve sorriso di scuse .

Lei mette quasi il broncio, incrociando le braccia e ammonendomi con uno sguardo severo.

- Non è stando qui in piedi come un lampione che il tuo principe azzurro arriverà- mi dice con un'occhiata ovvia e tono schietto.

So che ha ragione in qualche modo, ma evidentemente sono masochista e mi piace tormentarmi.

- Non è il mio principe azzurro – ribatto istintivamente, ripetendo quella che ormai sembra essere diventata la frase tormentone degli ultimi giorni.

Le mie guance non possono, però, fare a meno di arrossire lievemente, scaldandosi.

Mi stringo fra le spalle mentre lei ridacchia divertita probabilmente dalla mia espressione imbronciata e corrucciata.

- Comunque stai tranquilla, se ti ha detto che viene arriverà – mi dice dopo un secondo di interminabile silenzio, scorgendo forse l'ansia e le insicurezze, dettate dal fatto di non vederlo, nel mio comportamento. Nel silenzio del mio sguardo.

- Non mi ha detto che viene, è questo il problema – sospiro quasi pesantemente, guardando dritto davanti a me le persone che ballano senza però vederle realmente.

E se fosse per quello che è successo questa mattina? O, meglio, per quello che non è successo? Mi chiedo ancora, incapace di non farlo, mentre un senso di ansia mi avvolge velocemente trascinandomi nel baratro dell'angoscia e provocandomi pensieri su pensieri. Dubbi su dubbi.

Come se non ne avessi già abbastanza.

Magari si è stufato di aspettare.

Non ci posso fare niente, per quanto me lo imponga finisco sempre a trovarmene sommersa.

- Nina davvero stai tranquilla. Avrà avuto un contrattempo o qualcosa lo avrà tenuto impegnato. – mi mette una mano sulla spalla in un gesto confortante. Ma non è il suo tocco che vorrei ora ma un altro, di tutt'altra natura.

- Magari gli è rimasto il mantello impigliato da qualche parte o al suo cavallo bianco si è rotto uno zoccolo- scherza nel tentativo di tirarmi su di morale e strapparmi un sorriso.

Giro il volto verso di lei, incontrando il suo sguardo rassicurante e sereno.

L'opposto del mio, che probabilmente risulta tormentato e inquieto. Anche un po' cupo.

- Mi sto facendo delle paranoie per nulla vero?- le chiedo sperando che mi risponda di si.

- Quando mai non te le fai?- mi domanda in risposta con un sorriso bonario.

Ha ragione basta tormentarsi e arrovellarsi, mi dico risoluta.

- Andiamo a ballare dai.- affermo non troppo contenta mentre un sorriso vittorioso le tende le labbra e le illumina il volto.

- Così mi piaci, Dobrev!- dice allegra facendo un gesto di incoraggiamento con la mano che mi strappa un sorriso.

Ci mischiamo così alle altre persone che si muovono sulla pista da ballo mentre la canzone sfuma e il dj ne mette un'altra.

Un po' svogliatamente mi muovo a ritmo di musica mentre Candice si scatena senza freni davanti a me.

Come richiamata da un istinto o da una forza invisibile alzo lo sguardo puntandolo improvvisamente verso l'entrata della sala, dove scorgo brevemente una figura slanciata dai capelli corvini.

Istintivamente il mio cuore accelera i battiti, pompando più veloce e provocandomi una leggera tachicardia.

Per un breve secondo mi sembra quasi di scorgere il suo sguardo fra la folla, una tonalità di azzurro particolare e ineguagliabile.

Un senso di piacevole gioia mi pervade all'idea che sia arrivato, che sia qui, stringendomi lo stomaco e facendomi mancare la salivazione.

Neanche il tempo, però, che io sbatta le ciglia che già non c'è più, come scomparso nel nulla.

Confusa e accigliata allungo leggermente la testa mettendomi quasi in punta di piedi e protendendomi in avanti per vedere meglio.

Mi guardo attentamente attorno, vagando con lo sguardo, cercando di scorgerlo, ma non lo trovo e il dubbio che io mi sia sognata tutto sorge spontaneo.

È possibile che la mia voglia di vederlo sia così intensa da portarmi ad immaginarmi le cose?

Lancio un'ultima occhiata intorno a me convincendomene sempre di più visto che di Ian non ce ne è neanche una minima traccia.

Bene ora inizio anche ad avere le allucinazioni e vedere cose che non ci sono, penso un po' stizzita e abbattuta sbuffando.

- Che c'è?- mi domanda Candice chiedendo il motivo della mia espressione scura e ombrosa.

- Nulla - mormoro scuotendo il capo mentre la possibilità che lui sia davvero qui o che arrivi si allontanano sempre di più, facendomi sprofondare nello sconforto più buio. Anzi, sono praticamente remote.

Prima me ne convinco e meno ci rimarrò male quando non lo vedrò arrivare, perchè mi sa proprio che finirà così.

Un senso di sconforto e aspettativa delusa mi pervade spietatamente, avvilendomi.

Candy si apre, invece, all'improvviso in un sorriso divertito puntando gli occhi oltre di me, come se stesse fissando qualcosa o qualcuno.

Inarco scettica un sopracciglio chiedendomi cosa ci sia di così strano da provocarle quell'espressione meravigliata.

Non ho però il tempo di chiederle cosa guarda o di voltarmi che qualcuno mi afferra improvvisamente per un polso, facendomi voltare quasi in modo brusco con una mezza piroetta.

Ancora imbronciata incontro uno sguardo limpido, di una sfumatura azzurra particolare attraversato ora da un brillio di improvvisa malizia.

E il respiro mi si blocca in gola, raschiandola, mentre le mie guance si arrossano e sbarro gli occhi nocciola stupita.

È qui, mi dico sorpresa.

- Ei – mi saluta subito, aprendosi in un sorriso che mi toglie il fiato e mi fa perdere un battito.

- Ei – emetto, in risposta, un sussurro appena udibile mentre il sollievo di vederlo qui davanti a me mi inebria. Mi avvolge caldo e vellutato quasi stordendomi.

Rimaniamo fermi per qualche secondo, le altre persone che continuano a muoversi intorno a noi.

Intanto la canzone in sottofondo cambia ancora, ma io sono troppo presa dal nostro gioco di sguardi, da lui e dal tumulto di sensazioni che provo per accorgermene davvero.

- Questa la balli con me - mi sorride improvvisamente malizioso posando una mano sul mio fianco e l'altra poco più sopra.

Sorrido notando solo ora la canzone in sottofondo. Enjoy the Silence dei Depeche Mode.

E non posso impedire alla mia mente di tornare al pensiero malizioso e precursore dell'attrazione che poi sarebbe sfociata solo mesi dopo fra di noi che ho avuto molto tempo fa.

Qualcosa di istintivamente irrazionale mi aveva forse avvertito già allora di cosa mi sarei ritrovata a provare nei suoi confronti in poco tempo. Era stato il primo, fievole campanello di allarme che io, da ingenua quale sono, non avevo assolutamente colto però.

L'avrei voluta ballare con lui questa canzone, già quando l'ho vista in televisione durante la trasmissione dell'episodio. Affondata tra i morbidi cuscini del mio letto mi ero ritrovata ad invidiare ardentemente Kyla, ad esserne anche un po' gelosa probabilmente.

Improvvisamente mi ritorna il buon umore, come se mi fosse stato iniettato direttamente nelle vene ed entrasse velocemente in circolo pervadendo rapidamente ogni mia cellula.

E ora una cosa appare lampante ai miei occhi, tremendamente nitida.

È lui che mi fa venir voglia di sorridere anche quando non ce l'ho, anche quando è lui stesso la causa dei miei odiosi dubbi e dei miei assillanti pensieri.

È un pensiero che un po' mi sorprende e che un po' conoscevo già in qualche modo ero già consapevole prima dell'effetto che mi fa averlo vicino.

Solo che ora l'ho ammesso, ne sono consapevole del tutto forse.

- Non so se ne ho molta voglia - lo sfido con lo sguardo, allargando provocatoriamente gli occhi muovendomi tuttavia a ritmo ora molto più invogliata a ballare.

Ghigna facendomi fare un’improvvisa giravolta e sbattere poi contro di lui.

Trattengo istintivamente il respiro mentre i nostri corpi entrano in contatto, strusciando brevemente l'uno contro l'altro in uno strofinio dannatamente piacevole.

Ho infatti la schiena completamente contro il suo petto, mentre le sue braccia mi avvolgono in un abbraccio seducente.

Sono appoggiata praticamente a lui.

Nonostante il vestito grigio che indosso sia abbastanza spesso, mi sembra comunque di percepire il calore delle sue mani su di me.

La mia pelle brucia in quei punti, surriscaldandosi.

E i brividi di piacere, eccitazione, mi pervadono spietatamente.

O forse sono solo io che scorgo qualcosa di tremendamente erotico in questi movimenti a causa del desiderio insoddisfatto e dei miei ormoni.

Avvolge un braccio intorno ai miei fianchi poi, dettando il ritmo del movimento. I nostri bacini sfregano tra loro, ondeggiando pericolosamente a contatto e le scariche di eccitazione aumentano ad iperbole.

Socchiudo leggermente gli occhi, mordendomi le labbra mentre cerco di non sospirare troppo rumorosamente, anche se forse non si sentirebbe neanche visto il volume alto della musica.

Percepisco il suo respiro infrangersi contro i miei capelli, arrivando fino alla pelle sensibile della mia nuca.

Inclino la testa in un gesto istintivo, non calcolato e che non so frenare, scoprendo di fatto il collo ed esponendolo.

- Attenta , potrei sempre morderti - ridacchia al mio orecchio provocandomi un'altra ondata di brividi ed eccitazione.

C'è qualcosa di lui che non sia eccitante? Mi chiedo e so già che la risposta è no.

Il suo respiro accelerato mi sfiora ora direttamente la pelle sensibile in quel punto e non riesco più a trattenermi dal non sospirare.

Un sospiro piacevole ed eccitato sfugge dalle mie labbra infatti.

Continuiamo a muoverci a tempo di musica intanto mentre parte l’inciso della canzone e ancora una volta mi sorprende.

-All i ever wanted, all I ever needed , is here in my harm - canticchia con voce bassa e un po' roca, togliendomi nuovamente il fiato.

Questa volta però non per l'eccitazione ma per il significato di quello che ha appena detto .

Tutto ciò che ho sempre voluto, tutto ciò di cui ho sempre avuto bisogno è qui nelle mie braccia.

Continuiamo a dondolare sul posto in questo abbraccio un po' erotico e un po' dolce mentre rifletto su queste parole, quantomai vere in questo momento.

E mi chiedo anche cosa mi abbia voluto dire. Anche lui prova quello che provo io? Mi domando e capisco però, dopo un attimo, che che sia così o no so cosa voglio io.

Voglio lui.

Solo questo. Ne ho bisogno

Più ci rifletto e più mi accorgo di quanto le parole di questa canzone siano dannatamente vere, azzeccate. Sembrano esprimere alla perfezione il mio stato d'animo ora, i miei pensieri.

Quello che voglio di più mi stra stringendo fra le sue braccia e non sono più disposta ad aspettare per averlo.

Mi rigiro fra le sue braccia improvvisamente decisa e sicura di me fino a far scontrare il nostro sguardo, il suo leggermente confuso e sorpreso da questo mio gesto.

Lo guardo negli occhi rendendomi conto di ciò che sto per dirgli, per fare.

Va contro tutto quello che mi sono sempre imposta. Quando ho iniziato questa avventura mi ero ripromessa che non mi sarei lasciata distrarre da altre cose, tanto meno di provare qualcosa per il mio partner sul lavoro.

Le promesse sono fatte per essere spezzate.

Le parole della canzone mi risuonano in testa, sovrapponendosi ai miei sconclusionati pensieri e mischiandosi con essi.

E in qualche modo sono la risposta a quello che sto per fare.

Sto spezzando la mia promessa di non avere mai rapporti sul lavoro che andassero oltre l'amicizia e di lasciarmi coinvolgere da un mio collega, ma ora è l'ultima cosa di cui mi importa.

- Credo di non riuscire più a trattenermi – dico in un sussurro insopprimibile, che ricalca esattamente le sue parole roche e desiderose di questa mattina.

Posso distintamente percepire il battito del suo cuore accelerare sotto il palmo della mia mano.

E non c'è bisogno di dire altro perchè lui capisce subito.

Il nostro sguardo parla per noi.





********************




Le sue labbra premono bramose contro le mie senza quasi neanche darmi il tempo di chiudere la porta, soffocando sul nascere il mio respiro affrettato.

Le trova già dischiuse, frementi e pronte. Probabilmente in attesa di questo contatto da tutta la sera.

La pochette nera scivola via dalle presa improvvisamente molle delle mie mani, cadendo inerme sul pavimento con un tonfo sordo che, però, non sento realmente. Arriva sbiadito alle mie orecchie, attutito forse dalla moquette. O forse semplicemente offuscato dal desiderio sordo che mi assilla spietatamente senza lasciarmi vie di scampo.

È un bacio un po' frettoloso, specchio della mal celata voglia che ci pervade e che non può essere frenata.

Non più. Non ora.

Immergo le dita fra i suoi capelli fini e corvini, che mi solleticano piacevolmente i polpastrelli e il palmo della mano, scompigliandoli e attirandolo più vicino.

Lo voglio sentire addosso, voglio sentirlo. È questo il mio unico pensiero, quasi un'ossessione che si ripete nel silenzio della mia mente.

Il contatto fra le nostre bocche si approfondisce maggiormente, mentre le nostre lingue si scontrano e si accarezzano languide.

Il bacio diventa meno vorace, facendosi più lento e voluttuoso e permettendoci di godere appieno di ogni singolo istante.

E la mia unica, incoerente ed istintiva riflessione è solo questa adesso, sempre la stessa: lo voglio.

Come se avesse letto nella mia mente, fra i miei pensieri, questo ancestrale desiderio, Ian dimezza la distanza fra i nostri corpi, quasi annullandola del tutto.

Con il suo preme contro il mio schiacciandomi contro la superficie un po' ruvida e dura della porta, che si chiude del tutto sotto questa pressione in un rumore un po' metallico.

Nuovamente, però, le mie orecchie non lo percepiscono se non come un lontano eco nel corridoio ormai deserto vista l'ora tarda.

Sento solo lui, le sue labbra e i suoi respiri irregolari sulla mia pelle.

Esattamente come è accaduto questa mattina non riesco a percepire altro, infatti.

Tutta me stessa, dal mio corpo alla mia testa, è concentrata solo su di lui.

Probabilmente avremo svegliato anche qualcuno, mi ricordo in un ultimo vago bagliore di razionalità, ma, ora come ora, mi importa di tutt'altro che del silenzio notturno che abbiamo interrotto.

Ansimanti e in debito di ossigeno ci stacchiamo dopo qualche secondo, il vibrare dell'attrazione sulla pelle e la voglia di riprendere subito a baciarci ad attanagliarmi lo stomaco.

Il suo sapore è percepibile distintamente sulle labbra, già arrossate e gonfie.

Me le mordo istintivamente, gli occhi ancora socchiusi in una espressione di voluttuosa goduria che non riesco a placare, passandoci sopra la lingua a ricercarlo smaniosamente.

Un sapore delizioso, dannatamente buono. Il suo sapore.

La morsa al basso ventre inspiegabilmente si intensifica a questo pensiero irrazionale, aumentando quel languido, insopprimibile formicolio che mi perseguita ininterrottamente da giorni.

E posso già percepire il mio intimo inumidirsi e le mie membra appesantirsi di desiderio.

Apro gli occhi poi, ancora incastrata contro la porta dal suo corpo caldo e tonico, facendoli scontrare con i suoi.

Intorno a noi solo il silenzio, leggermente interrotto dai frusciare dei nostri respiri affrettati che si mischiano e dal picchiettare pacato della pioggia contro i vetri. Un binomio perfetto, afrodisiaco.

Si incatenano in un gioco di sguardi languido, privo di tutte le inibizioni che ci hanno fino ad ora frenato nel tentativo di evitare una fine inevitabile.

E' voluttuoso, anticipando quasi quello che sta per succedere. Perché sta volta deve accadere. Lo voglio, fisicamente e mentalmente. Tutta me stessa vuole solo ed esclusivamente lui.

Ed è una cosa che mi spaventa ed esalta allo stesso tempo, che mi travolge e mi frena contemporaneamente.

Qualsiasi altro pensiero viene sopito, però, un attimo dopo dall'ennesimo suo bacio mentre le sue mani si intrufolano sotto il mio cappotto nero ancora umido di pioggia.

Mi accarezza delicatamente i fianchi, risalendo poi lentamente, in un tocco leggero ma dannatamente eccitante che mi fa fremere, fino ad arrivare alle mie spalle.

La mia pelle brucia sotto il calore della sua mano, come se una scia di fuoco si diradasse dal suo tocco.

Con un gesto deciso e delicato al col tempo lo fa scivolare via dal mio corpo, sfilandomelo.

Deglutisco con il cuore che batte furioso nel mio petto mentre cade ai miei piedi in un tonfo soffice, seguito a ruota un secondo dopo dalla sua giacca nera.

Un brivido mi pervade partendo dalla base della schiena, forse per il fatto che c'è uno strato in meno di vestiti che ci separa o forse causato semplicemente dall'improvvisa mancanza di calore.

Non lo so ed è l'ultima cosa a cui voglio pensare ora.

Passo le mie braccia intorno al suo collo, premendo il mio seno contro il suo petto e riprendendo a baciarlo, incapace di tenere le labbra lontane dalle sue per troppo tempo.

Senza staccarci e continuando a rimanere uno contro l'altro, muoviamo qualche timido e confuso passo in avanti, raggiungendo il letto nel buio della stanza.

Le sue labbra ansimanti abbandonano le mie dopo qualche secondo e io in un gesto del tutto istintivo le seguo, protendendomi smaniosa verso di lui.

Percorrono semi dischiuse e languide la mia guancia, scendendo e virando lentamente sul collo che inizia a baciare intensamente.

Sembrano quasi movimenti frenetici fatti a rallentatore nella penombra scura del tempo uggioso di questa notte, noto distrattamente.

Sospiro non riuscendo a farne a meno, socchiudendo poi gli occhi e sentendomi ad andare sempre più a fuoco, soprattutto nei punti in cui sono posate le sue labbra.

Con mani frementi e trepidanti inizio a sbottonargli la camicia azzurra, facendo scivolare velocemente i bottoni nelle asole e forse nella foga qualcuno salta anche via finendo sul pavimento.

Una volta aperta del tutto con le dita artiglio, ansiosa di toccarlo, la stoffa chiara e morbida, strattonandola leggermente in modo da sfilargliela finalmente.

E il mio unico pensiero è che lo voglio nudo e addosso a me il prima possibile.

Le sue labbra intanto non smettono neanche per un attimo di baciarmi, lasciando una scia infuocata sulla mia pelle che mi rende ancora più vogliosa di un contatto più profondo fra di noi e che mi fa ansimare.

Sospirando per l'attesa e il piacere gli passo le mani sul petto tonico e sodo, beandomi di questo delizioso contatto che ho agognato e desiderato per davvero troppo tempo.

Soddisfatta soffio l'aria fra i denti, rendendomi conto di essere sempre più eccitata e su di giri. Forse troppo.

Lo accarezzo lentamente, prima le spalle e poi scendo verso i pettorali, sentendolo irrigidirsi impercettibilmente sotto i miei polpastrelli per poi rilassarsi del tutto.

E mi tornano inspiegabilmente in mente tutte le volte che ho sognato questo contatto, che l'ho agognato svegliandomi poi sudata ed eccitata nel cuore della notte.

Ma decisamente nessuna ha reso giustizia alla sensazione di appagamento e irrequieto desiderio che sto provando, mi mordo leggermente le labbra.

Il suo respiro accelera quasi in sincrono con la discesa intraprendente delle mie mani, che iniziano ad accarezzare zone particolarmente sensibili fino a fermarsi al bordo dei suoi pantaloni neri.

Vorrei fare molte cose e un variegato insieme di idee maliziose mi attraversa la mente ma non ho tempo di attuarne nessuna.

Non ho, infatti, il tempo di fare altro perchè lui preme una mano contro la mia schiena, schiacciandomi contro il suo corpo e facendomi quindi sentire tutta la sua eccitazione.

La mia mente si svuota totalmente a questo contatto, appannandomi quasi la vista, mentre mi ritrovo ad essere sempre più eccitata e bagnata.

Ho la testa leggera, quasi vuota.

Mi mordo le labbra, trattenendo malamente un gemito di piacere e voluttuosa aspettativa che però sfugge comunque in un soffio gutturale.

Istintivamente mi sfrego contro di lui facendolo sospirare contro le mie labbra prima di baciarle languidamente e a lungo.

Con le dita sfiora poi la cerniera del mio vestito facendomi trattenere il respiro in attesa che la apra e mi spogli finalmente, ma non lo fa subito facendomi fremere maggiormente.

- Hai spento il cellulare vero?- soffia al mio orecchio con voce un po' roca, baciandomi poi la spalla e facendomi smaniare ancora di più sotto il suo tocco.

- Si - sospiro con il cuore che mi martella nel petto pompando velocemente l'eccitazione nelle mie vene, che vi si riversa a fiotti.

In verità l'ho fatto non appena abbiamo messo piede fuori dal locale sotto quella pioggia fine e leggera, ben decisa a non voler essere disturbata da niente e da nessuno.

È stata la prima cosa che ho fatto, prima che lui mi trascinasse frettolosamente dentro il primo taxi che si è fermato.

Stavolta non voglio nessuna interruzione.

Anche perchè potrei avere una crisi di nervi in quel caso.

- Bene- mormora compiaciuto e accompagna le sue parole con il gesto deciso della sue dita che abbassa lentamente la zip.

Trattengo istintivamente il respiro che rimane bloccato nella mia gola.

Man in mano che la cerniera viene aperta l'aria fredda mi solletica la pelle accaldata in un contrasto tra caldo e freddo delizioso, che aumenta a dismisura la morsa al mio basso ventre.

Intanto non lascia per un secondo i miei occhi, non perdendo o sciogliendo il contatto fra i nostri sguardi.

E io mi sento nuda sotto il suo sguardo bruciante prima ancora che mi tolga il vestito.

Mi sembra che mi scruti molto più profondamente, dentro di me.

Lo fa l'attimo dopo, spogliandomi e accompagnandolo lungo il mio corpo in una carezza bollente, che mi porta a inarcarmi istintivamente, fino a sfilarmelo del tutto.

Deglutisco a fatica, ritrovandomi improvvisamente senza salivazione sotto il suo sguardo infuocato che mi scruta attentamente.

Mi studia percorrendo ogni singola curva del mio corpo in un'occhiata languida e interessata.

Si, molto interessata quasi sorrido mentre l'occhio mi cade inspiegabilmente sui suoi pantaloni decisamente tesi all'altezza del cavallo.

E non so come sia possibile, ma mi scatena un'ulteriore tumulto di sensazioni ingovernabili e l'attrazione aumenta ancora a dismisura alla constatazione che sono io a fargli questo effetto.

Forse è solo orgoglio da donna o un pensiero del tutto incoerente provocato dall'attrazione, ma mi dico non badandoci più di tanto.

Lo rialzo poi, puntandolo nel suo e quasi mi ci perdendo. Ancora.

Sono scuriti dall'attrazione, tendenti al grigio, incupiti da un desiderio sordo che sembra insopprimibile e incontentabile.

È uno sguardo caldo, che mi scalda e che mi provoca un brivido incontenibile .

Le farfalle, mie fidate compagne ormai, svolazzano irrequiete nel mio stomaco acutizzando il groviglio allo stomaco e la sensazione di vertigine.

Anche la sensazione di calore aumenta maggiormente, facendomelo bramare ancora di più. Sono quasi smaniosa di averlo.

Ci baciamo nuovamente, incapaci di non farlo e in un gesto istintivo sfrego il mio corpo semi nudo contro il suo.

È normale che abbia il potere di eccitarmi con un solo bacio? È il pensiero disconnesso, incoerente che mi attraversa la mente ma che non noto veramente.

Anche volendo non ci riuscirei, forse. La mia mente, il mio corpo, sono tutti impegnati in altro. Tutto di me percepisce solo lui ora. Unicamente questo.

C'è finalmente il silenzio nella mia testa. I dubbi sono lontani anni luce e nessun pensiero angoscioso mi assilla.

Immergo le mani fra i suoi capelli, accarezzandogli la nuca, mentre i nostri corpi si sfiorano nuovamente, premendo maggiormente l'uno sull'altro nella chiara espressione della voglia che abbiamo dell'altro.

Una vibrante scarica elettrica mi attraversa a questo contatto, percorrendomi la schiena e provocandomi la pelle d'oca in tutto il corpo.

Ian si siede poi sul bordo del letto, premendo le mani sui miei fianchi fino a farmi sedere a cavalcioni su di lui.

Con le labbra dischiuse e il petto che si alza irregolarmente lo guardo per qualche breve secondo negli occhi, sistemandomi inconsciamente meglio su di lui.

I nostri bacini, deliziosamente a stretto contatto, entrano direttamente in contatto provocando una frizione dannatamente piacevole.

Come drogata da questa sensazione e ansiosa di averne ancora, mi muovo istintivamente aumentando la frizione e gemendo per questa sensazione.

Anche lui ansima contro la mia spalla prima di baciarmela, passando un braccio intorno ai miei fianchi e schiacciandomi di più contro di lui.

Il mio intimo umido preme sfacciatamente contro la sua eccitazione inumidendosi di più e le sue mani calde che scendono ad accarezzarmi le cosce decisamente non mi aiutano a calmarmi.

E mi ritrovo a odiare quei pochi strati che ancora ci separano e a pregare che mi tolga quell'inutile indumento il prima possibile.

Sospiro ancora, reclinando la testa indietro e scoprendo il collo che Ian prontamente bacia.

Con le mani intanto percorre la mia schiena, provocandomi una deliziosa pelle d'oca, e arriva fino al mio reggiseno.

Istintivamente trattengo il respiro, in attesa che me lo tolga.

Una sensazione di leggero deja-vù mi avvolge, riportandomi alla mente, in un barlume di razionalità, la stessa identica situazione di questa mattina.

Al contrario di cosa è accaduto, però, in quella occasione non ci gioca o esita, sganciandomelo subito con un gesto deciso del polso.

Me lo sfila, lasciandolo poi cadere poco lontano da noi ai piedi dal letto.

Le mie guance si scaldano all'istante sotto il suo sguardo pieno di cupidigia, arrossandosi violentemente mentre mi accarezza delicatamente il seno per poi iniziare a baciarlo.

Ansimo, sfregando istintivamente le cosce contro i suoi pantaloni un po' ruvidi che però danno una sensazione piacevo a contatto con la pelle sensibile.

Immergo una mano fra i suoi capelli ritrovandomi ad ansimare ancora.

Non so come finiamo sdraiati, il suo corpo che preme contro il mio e i miei ormoni sempre più impazziti che si scatenano in una danza sfrenata.

Stanno dando un festino praticamente dalla gioia, è il pensiero ridicolo e incoerente che mi attraversa la mente.

Schiudo leggermente le gambe, permettendogli di prendervi posto in mezzo mentre gli accarezzo la schiena fino ad arrivare al suo sedere che palpo senza alcun pudore.

Il pudore e l'imbarazzo li ho lasciati alla festa, ora solo il desiderio e la voglia di averlo mi posseggono.

Lo sento sospirare contro le mie labbra mentre i nostri bacini entrano direttamente a contatto portandomi ad inarcarmi contro di lui e sfregare le cosce contro i suoi fianchi ancora fasciati dai pantaloni.

Con le dita percorro le linee del suo bacino fino ad arrivare alla chiusura dei suoi pantaloni e sbottonarli, iniziando ad accarezzarlo lievemente da sopra i boxer.

Lo sento ansimare più forte contro la pelle sensibile del mio seno, che solletica, mentre il suo respiro diventa accelerato e irregolare.

Continuo ad accarezzarlo con una mano, abbassandogli intanto con l'altra gli inutili pantaloni neri che indossa.

Si lascia andare quasi ad un sospiro liberatorio quando lo faccio.

Riprendo poi ad accarezzarlo.

Ian si morde le labbra in un gesto tremendamente sensuale che mi manda gli ormoni in subbuglio e mi eccita incredibilmente.

Vi infilo allora una mano dentro entrando direttamente in contatto con l'espressione più palpabile del suo desiderio, iniziando ad toccarlo in modo più intimo.

Lo sento gemere più forte quasi in sincrono con l'accelerare dei miei movimenti.

Dopo qualche minuto però le sue dita si stringono delicatamente intorno al mio polso, allontanando la mia mano da lui mentre riprende a baciarmi.

Reclino la testa indietro socchiudendo gli occhi e immergendo una mano fra i suoi capelli mentre lui mi bacia.

Con una carezza appena palpabile ma dannatamente eccitante percorre tutto il mio corpo

Gliele mordo lievemente, soffocando sul nascere un gemito insopprimibile mentre le sue dita raggiungono intraprendenti il bordo dei miei slip.

Lo sfiorano lentamente, seguendone la linea con i polpastrelli e io mi ritrovo a gemere ansante sulle sue labbra, la pelle che sembra aver preso fuoco al contatto con la sua.

Continua con quella lenta carezza, una dolce tortura di aspettativa e desiderio, per poi scomparivi dentro.

Il respiro mi si blocca in gola, in un singulto mentre ora mi sottopone ad un altro tipo di tortura. Molto più intensa e piacevole.

Le sue dita mi sfiorano nel mio punto più intimo, nascosto, e ora anche il più sensibile scivolando dentro di me in un tocco intenso, lungo.

Socchiudo gli occhi mentre una leggera sensazione di soddisfazione mi avvolge ed emetto un sospiro insopprimibile.

Continua a muovere le dita dentro di me, prima più lentamente e poi con tocchi più veloci e intensi facendomi letteralmente impazzire.

E l'attrazione pulsa nel silenzio della stanza, si scioglie in un desiderio così forte da annebbiare tutta la razionalità che posseggo.

Zittisce tutti i pensieri, acutizza ogni impercettibile sensazione senza lasciarmi via di scampo.

Solo un pensiero, dettato da una voglia ancestrale e insopprimibile.

- Ti voglio – ansimo senza imbarazzo o pudore, dandogli semplicemente voce.

Ed è la pura verità. Lo voglio, ora.

Le sue dita scivolano via, uscendo lentamente e lasciandomi quasi una sensazione di freddo e vuoto addosso.

Ansimante ed eccitata lo guardo, ricambiando il suo sguardo così incupito dal desiderio da sembrare quasi grigio, simile al metallo imbrunito.

Quasi in un soffio gli ultimi, inutili indumenti che ci dividono scompaiono, sfilati dalle sue mani esperte.

Mi da un bacio leggero, quasi a fior di labbra, mentre si sistema meglio su di me.

I nostri occhi si scontrano, parlando forse come al solito più delle parole stesse e tutto il resto sembra perdere importanza mentre siamo sospesi in questo limbo silenzioso di attesa e aspettativa.

E proprio mentre le nostre labbra si scontrano ancora e i nostri respiri eccitati si mischiano con un'unica e fluida spinta entra dentro di me.

Mi mordo le labbra, non riuscendo a trattenere del tutto un gemito e socchiudendo gli occhi.

Rimaniamo per un attimo totalmente fermi, le labbra premute e i corpi incastrati.

E per un breve, interminabile secondo è solo silenzio.

Niente sospiri, gemiti o parole. Nessun movimento affrettato o lento.

Solo silenzio.

Tutto sembra come fermarsi per un attimo, cristallizzando questo momento in un ricordo indelebile nella mia mente, sulla mia pelle. Nel mio cuore.

Riprende poi a muoversi, riprendendo con le spinte ad addentrarsi dentro di me, prima lentamente e poi aumentando pian piano il ritmo dei movimenti.

Il desiderio aumenta sempre di più, diffondendosi velocemente e intensamente a spirale dall'esatto punto in cui i nostri corpi si incontrano.

Ansimo nell'espressione speculare alla sua di quello che stiamo provando.

Mi sento inspiegabilmente completa e non è solo un fattore puramente fisico.

Mi sento davvero completa nel silenzio di questa stanza, fra le sue braccia.

In un riflesso incondizionato della mia mente mi tornano in modo disconnesso in mente le parole della canzone.

E proprio mentre ansima roco e gutturalmente nell'incavo del mio collo capisco la profonda realtà di tutto ciò.

Che sia proprio una canzone in questo momento a farmelo capire è una cosa alquanto paradossale.

Tutto quello che voglio è davvero fra le mie braccia, dentro di me. É solo lui.

Una fitta di lancinante piacere mi attraversa a questa constatazione, aumentando ancora di più il mio desiderio che è vicino ad essere finalmente appagato.

Il mio respiro accelera sempre di più, mentre i nostri sospiri si mischiano riempiendo la stanza e sovrapponendosi al rumore leggero della pioggia che imperversa fuori.

Le sue labbra non lasciano per un secondo le mie e, se lo fanno, scendono a baciarmi il collo o il seno.

Mi inarco sotto il suo corpo sudato, ansimando più forte e assecondando i suoi movimenti vicina alla fine.

Sospiro istintivamente il suo nome mentre i movimenti si fanno più frenetici e sono prossima all'orgasmo.

- Baciami - mormoro con la voce spezzata dal piacere, i nostri corpi che continuano a sfregare l'uno contro l'altro e a incastrarsi.

Lui lo fa continuando a spingersi in me in un fondersi di anima e corpo così profondo che il confne fra le due cose si confonde, diventando terribilmente labile.

E poi, all'improvviso, nel momento esatto in cui le nostre labbra si scontrano tutto va al suo posto.

È un incastrarsi di emozioni, di movimenti, di corpi.

I miei muscoli si tendono nello spasmo istintivo dell'apice del piacere mentre una girandola di sensazioni indefinibili mi travolge prepotentemente, togliendomi il fiato.

Le spire del piacere mi avvolgono così violentemente da annebbiarmi la vista, stringendomi in una morsa voluttuosa e languida impagabile.

Ian mi crolla addosso qualche istante dopo, gravandomi deliziosamente addosso con il suo peso.

La pelle sensibile dell'incavo del mio collo è solleticata dal suo respiro accelerato e irregolare, provocandomi un'ulteriore ondata di brividi che si vanno a sommare a quelli dovuti al piacere.

Il cuore continua a battere furioso nel petto, scalmanato, il calore dell'amplesso ad appesantirmi le membra ora placidamente rilassata dalla dolcezza del desiderio soddisfatto.

Lui si sposta poi lievemente, alleggerendomi dal suo peso senza abbandonare del tutto però il mio corpo e lasciandosi cadere ancora ansimante al mio fianco.

Un suo braccio rimane languidamente appoggiato sul mio ventre, avvolgendolo quasi possessivamente, mentre rimaniamo in silenzio.

Non diciamo assolutamente nulla. Ogni parola sarebbe vana, vuota, ora. Non avrebbe semplicemente senso, forse.

È una quiete leggera, vellutata, flebilmente interrotta dal frusciare dei nostri respiri e del pompare ancora anomalo dei nostri cuori.

Socchiudo gli occhi, appesantiti da un caldo languore e mi rendo conto di una cosa.

È un silenzio giusto, questo. Non è opprimente né di quelli imbarazzanti.

E' solo appagante, totale, nostro.

È il silenzio del dopo che mi sono sempre immaginata.

E' un silenzio desiderato, agognato.

Ancora sconvolta riapro gli occhi, incontrando il suo sguardo incupito dal desiderio ma comunque visibile nel buio della stanza e non ci sono bisogno di parole, pensieri. Non più. Non ora.

Le sue labbra si tendono, aprendosi in un lieve sorriso che mi provoca le palpitazioni.

Non è né dolce né malizioso. Vuol dire niente e tutto.

È solo un suo sorriso. Semplicemente questo.

Gli sorrido istintivamente anche io, non potendone fare a meno, mentre le mie guance continuano a bruciare.

Mentre tutto il mio corpo, la mia anima, arde ancora per le sue carezze, per ciò che è appena accaduto.

- Ei - sussurra in modo fievole ma tremendamente dolce , la voce ancora arrochita dal desiderio e gli occhi che cadono sulle mie labbra arrossate e dischiuse.

- Ei- rispondo con un sorriso leggero, lasciandomi poi andare ad un sospiro appagato.

E mentre lui si sporge verso di me, facendo scontrare le nostre labbra in un contatto che di casto e di desiderio placato non ha nulla, uno stuzzicante auspicio mi sembra chiaramente insito in esso.

E non potrei essere più eccitata da questa realtà quantomai appetibile e maliziosa.

Perché questo è un silenzio che non durerà per molto probabilmente, presto interrotto da nuovi sospiri.

E nonostante sia solo il silenzio ad avvolgerci adesso, alle mie orecchie appare come il suono perfetto, accogliente.

Mi allontano quel tanto che basta per incatenare i nostri sguardi, i nostri respiri che si mischiano provocandomi un delizioso solletico sulle labbra.

Un pensiero irrazionale mi attraversa la mente senza che quasi me ne renda conto.

Non ne capisco assolutamente il motivo ma per me, questo, è il silenzio più meraviglioso del mondo.








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Capitolo 10
*** Vortice ***


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TRUE LOVE- VERO AMORE

CAPITOLO 10



Dedicato ad una persona speciale.



VORTICE






È una sensazione di calda spossatezza la prima cosa che percepisco emergendo dal buio del breve, ma profondo, sonno in cui ero immersa fino a qualche secondo fa.
Un braccio sotto il cuscino e l’altro piegato placidamente vicino al mio viso, mugugno qualcosa di indistinto contro l’entità sconosciuta che mi ha svegliato mentre dormivo così bene.
Ancora assopita e un po’ intontita, mi accorgo a mala pena di una fonte di rassicurante calore alle mie spalle che mi abbraccia, avvolgendomi, e di un braccio posato silenziosamente sul mio fianco.
Mi muovo un po', leggermente infreddolita, alla ricerca di calore mentre però il tepore del sonno inizia a scivolare via. Forse è questo che mi ha svegliato, mi dico distrattamente.
Senza aprire gli occhi mi sistemo meglio, stringendomi fra le spalle ed emergendo dalle coperte solo il tempo necessario per tirarle più su, quasi fin sotto il mento.
Soddisfatta e di nuovo avvolta dal caldo e dal torpore sospiro fievolmente, rilassandomi e cercando di riaddormentarmi.
Tuttavia, non passa neanche qualche minuto che mi muovo di nuovo, improvvisamente scomoda.
Cambio posizione allora, girandomi e mettendomi a pancia in su nel tentativo di trovare finalmente una posizione migliore, più comoda, visto che questa in cui sono ora non sembra funzionare molto.
Ben decisa a ricadere fra le braccia di Morfeo muovo inconsciamente le gambe, sfregandole istintivamente fra di loro e scoprendole indolenzite e un po' doloranti.
Leggermente più sveglia, ora, noto come tutto il mio corpo sia in generale un po' indolenzito, appesantito quasi.
Mi sfrego distrattamente gli occhi, ancora chiusi, con una mano, cercando di ricordarne la causa.
Mi sento come se avessi dormito solo poche ore o come se avessi corso una maratona talmente mi sento spossata .
Un insieme di immagini confuse e un po' slegate fra di loro mi riempiono la mente senza che io riesca a darvi subito un ordine coerente.
Carezze fugaci... baci languidi... lenti sfioramenti.... corpi che si muovono sinuosi.
Sospiro stancamente, il cervello che ancora deve riattivarsi e riempirsi di pensieri logici e razionali, dando un senso a tutto questo.
Se sono così stanca perché mi sono svegliata? Mi domando leggermente frustrata e rammaricata, ponendomi quest'unica domanda.
Vorrei solo tornare a dormire e non ci riesco, emetto un piccolo sbuffo innervosito.
Socchiudo lievemente gli occhi poi, rendendomi conto che la stanza è ancora avvolta da un buio cupo rotto solo da una tenue e fievole luce.
Chissà che ora è, è la mia prima confusa, ma in minima parte sensata, riflessione.
Forse è mattina presto o forse ancora notte e la luce che vedo è semplicemente quella dei lampioni in strada.
Qualunque ora sia è comunque troppo presto visto che la sveglia deve ancora suonare e io posso dormire ancora un po’, mi dico mentre la mia vena di dormigliona emerge prepotentemente insieme ad uno sbadiglio.
Li richiudo, troppo assonnata per tenerli aperti per più di qualche secondo e per il tempo necessario di guardare che ora segna il mio telefono. Troppa fatica.
Mugugnando leggermente, volto il viso e sfrego la guancia contro il cuscino sprofondandovi nuovamente.
Neanche così però le braccia avvolgenti del sonno tornano a stringermi, facendomi rimanere in un frustrante dormiveglia.
Vorrei davvero tanto riuscire a riaddormentarmi, ma mi sa che rimarrà solo un desiderio purtroppo.
Odio quando sono stanca, desidero dormire e non ci riesco. È snervante, sbuffo.
Socchiudo gli occhi, perdendo lo sguardo nel buio.
Piove ancora.
Il rumore della pioggia, che picchietta contro i vetri scudisciandoli, mi arriva, infatti, distinto alle orecchie.
Sarebbe il sottofondo perfetto per dormire, sospiro scoraggiata.
Solo ora, leggermente più sveglia, mi accorgo di un profumo ben conosciuto impresso nel mio cuscino.
È il profumo di Ian, lo riconosco immediatamente, quasi automaticamente, prendendone sorpresa un'altra deliziosa boccata.
Lo riconoscerei anche in mezzo ad una folla di persone ormai.
Un corpo caldo improvvisamente si muove contro la mia schiena, come richiamato dai miei stessi pensieri, in uno sfregamento lieve, ma delizioso.
Una mano si intrufola birichina poi sotto la mia maglietta grigia, fermandosi possessivamente poco sopra il mio bacino.
Delle dita affusolate mi accarezzano quel delicato lembo di pelle, disegnando degli astratti cerchi concentrici. Quasi dei piccoli vortici immaginari.
- Già sveglia ?- bofonchia una voce arrochita dal sonno al mio orecchio, sfiorandomi i capelli con il naso.
Una voce che so benissimo a chi appartiene e che mi sveglia del tutto ora, dando senso ai ricordi un po' sfocati di prima.
Le immagini sfocate di prima si trasformano ora in nitide figure e ciò che è successo stanotte diventa tremendamente chiaro nella mia testa.
Mi mordo le labbra, percependo quasi la voluttuosa sensazione del desiderio illanguidirmi di nuovo e stringermi lo stomaco in una morsa languida. Un istintivo sorriso malizioso si delinea sulle mie labbra mentre i suoi polpastrelli continuano a disegnare immaginarie linee sulla mia pelle.
Ora capisco molto di più la sensazione di spossatezza, la stanchezza.
Siamo andati a letto insieme, prendo definitivamente coscienza di questo fatto.
Le mie guance si arrossano leggermente, forse più per il ricordo voluttuoso che per imbarazzo, e mi ritrovo a ringraziare il buio della pioggia che lo cela ai suoi occhi.
Ancora mezzo addormentato Ian affonda il viso fra i miei capelli scompigliati, lasciandomi un delicato bacio sulla nuca poi.
Così diverso da quelli voraci di questa notte
- Non riuscivo più a dormire – mormoro socchiudendo maggiormente gli occhi, aprendoli quasi del tutto ora, mentre la pelle inizia ad andare a fuoco sotto il suo tocco delicato e innocuo.
Anche un semplice sfioramento mi eccita e mi manda in subbuglio gli ormoni ormai.
Sospiro, non riuscendo più a trattenerlo fra le labbra.
Lo sento muoversi poi alle mie spalle, avvicinandosi di più fino a quasi schiacciarsi contro di me e il suo braccio avvolgermi di più.
Con una mano mi sposta i capelli, scoprendo il mio collo e portandomi ad irrigidirmi istintivamente in attesa del tocca delle sue labbra. Che però, purtroppo, non arriva.
- Potevi svegliarmi così continuavamo il discorso di stanotte- ridacchia suadente e il suo respiro lento, che si infrange contro la pelle sensibile del mio collo, mi provoca dei languidi brividi.
Spinta da non so quale istinto provocatore mi rigiro fra le sue braccia, improvvisamente sveglia e spigliata, fino a ritrovarmelo di fronte e fronteggiarlo.
- A si?- inarco provocatoriamente un sopracciglio sorridendogli con malizia.
Gli lancio una veloce occhiata, apprezzandone ogni tratto.
Ha i capelli scompigliati, lo sguardo malizioso e un velo leggero di barba sulle guance che lo rende ancora più irresistibile nonostante si sia appena svegliato.
Entrambi su un fianco ci guardiamo per qualche secondo negli occhi in silenzio.
- Si- mi lancia un’occhiata languida prima di far scontrare repentinamente le nostre labbra, cogliendomi di sorpresa.
Le trova già dischiuse, desiderose di quel contatto che è fin da subito passionale e travolgente.
La presa sul mio fianco diventa quasi possessiva mentre affondo le mani nei suoi capelli, scompigliandoli ulteriormente nell’impeto del bacio.
Senza smettere un secondo di stringermi si sposta, mettendosi su di me e sostenendosi sulle braccia per non gravarmi addosso.
Circondo i suoi fianchi con le gambe con il profondo desiderio di sentirlo il più addosso possibile, inarcandomi contro di lui.
Ci ansiamo a vicenda sulle labbra per questo delizioso contatto.
Il vortice del desiderio inizia ad avvolgermi prepotentemente, ricordandomi quasi beffardamente quanto poco basti per travolgermi.
È una sensazione di avviluppante desiderio quella che mi stringe, togliendomi quasi il respiro e annullando ogni pensiero.
Il suono acuto e disturbatore della sveglia infrange il momento, rompendolo bruscamente e interrompendoci.
Lui allontana di qualche centimetro le labbra dalle mie, respirandovi contro leggermente affannato.
Lo guardo un'ultima volta negli occhi, la consapevolezza di dovermi alzare addosso che si mischia con il desiderio, per poi, con un sospiro pesante e leggermente frustrato, allungare il braccio per spegnerla.
Ma perché qualcuno o qualcosa ci deve sempre interrompere? Forse qualcuno ci ha lanciato contro una sorta di maledizione.
- Dobbiamo alzarci- affermo a malincuore mentre lui torna a baciarmi il collo e accarezzarmi il fianco sotto il tessuto della maglia, alzandola fin sotto il mio seno.
E cercare di dare retta a quello che ho appena detto è davvero difficile in questo momento, socchiudo languidamente gli occhi.
- Ancora cinque minuti dai – protesta in un mormorio un po' infantile contro la pelle sensibile del mio collo, provocandomi un leggero, piacevole solletico e l'intensificarsi della morsa al mio basso ventre.
Il collo è il mio punto debole e lui deve averlo capito.
- E' tardi – ribatto con voce fievole mentre un sospiro mal trattenuto sfugge dalle mie labbra.
Con molta fatica cerco di non dare ascolto ai miei ormoni, che mi stanno urlando a gran voce di fregarmene del lavoro e dare ascolto solo al suo corpo eccitato che preme voglioso contro il mio.
Facendo leva su un gomito e, soprattutto sulla mia forza di volontà, che non so davvero dove sto trovando, tento di alzarmi, ma Ian mi riporta sdraiata nel giro di due secondi facendo pressione con la mano sulla mia spalla destra.
- Som – lo chiamo mordendomi quasi a sangue le labbra per non cedere e rimanere nel letto con lui, anche se lo vorrei moltissimo.
Ma devo lavorare purtroppo e arrivare nuovamente in ritardo per la quinta volta in due giorni non mi sembra il caso.
- Dimmi – mi risponde con voce suadente, melliflua, al mio orecchio, come se non sapesse cosa sta facendo e perché l'ho richiamato.
Il suo respiro caldo si infrange contro i miei capelli, provocandomi una nuova ondata di brividi.
- E'...- mi interrompo ritrovandomi a deglutire improvvisamente senza salivazione mentre l'eccitazione inizia a diffondersi nel mio corpo quando lo sfregamento fra i nostri corpi aumenta. Sto affondando sempre di più nel vortice del desiderio. - ... tardi- concludo la frase in un sospiro, quasi ansimandolo, non potendo fare a meno di inarcarmi istintivamente contro di lui e aumentare la frizione tra di noi.
- Smettila di fare ostruzionismo- mi ammonisce accarezzandomi con le dita il fianco per poi passarmi un braccio intorno ai fianchi e tirarmi più vicino a lui.
Appoggio una mano sul suo petto nudo e caldo, invogliante, tastandone la tonicità con i polpastrelli.
- Io non facc...- non ho però il tempo di ribattere e protestare del tutto perchè lui sopisce la mia risposta, intrattenendomi con un bacio che di casto non ha nulla.
Sospiro sorpresa contro le sue labbra, mettendogli una mano sul viso e ricambiando il bacio.
E la mia mente diventa sempre più leggera e vuota.
Se prima era difficile, ora è decisamente complicato staccarsi da lui.
Gli occhi si socchiudono quasi in automatico, appesantiti dal languore del contatto mentre le membra iniziano spietatamente a illanguidirsi.
Il tipico vortice di attrazione, desiderio e voglia insopprimibile di toccarlo inizia ad avvolgermi sempre più strettamente fra le sue spire, sfocando i pensieri e acutizzando ogni più piccola sensazioni.
La solita sensazione di non riuscire più a pensare mi pervade, stordendomi quasi, mentre l'impetuosità voluttuosa del desiderio mi assale spietata.
Il mio corpo si rilassa istintivamente sotto il suo, ammorbidendo la postura mentre con la mano libera gli accarezzo la schiena.
Sono gesti istintivi, spontanei i miei.
Fatti così in automatico che quasi non me ne accorgo.
Il pensiero di alzarsi dal letto si allontana sempre di più, confondendosi con il mobilio e il buio della stanza.
Ian, soddisfatto e incentivato dalla risposta del mio corpo, continua a baciarmi abbandonando le mie labbra giusto il tempo necessario per riprendere fiato e respirare.
Mi succhia maliziosamente il labbro inferiore facendomi quasi ansimare e provocandomi un fiotto di desiderio che si riversa nella mie vene.
Scende poi a baciarmi nuovamente il collo, percorrendolo lentamente mentre le sue mani alzano ancora la mia maglietta.
No, devo alzarmi mi impone quel briciolo di razionalità che mi rimane, anche se annebbiato dal sonno e dal desiderio che mi pervade.
Riapro gli occhi di scatto, quasi sbarrandoli mentre il suo corpo tonico e caldo continua a gravare su di me.
Cerco nuovamente di alzarmi, allontanando con un mugolio le mie labbra dalle sue anche se molto controvoglia.
Mi sembra quasi di sentire i miei ormoni protestare e urlare veementemente contro questa mia decisione. O forse il poco sonno e l'attrazione sessuale non placata mi hanno fatto diventare semplicemente pazza.
- Devo alzarmi - mormoro di nuovo, la voce fievole che mi raschia la gola.
Questa volta, con più successo di quella precedente, riesco a spostare Ian, che smette di gravarmi addosso, facendolo rotolare alla mia sinistra e finire sul letto.
- Sei troppo diligente – sbuffa sonoramente infastidito lanciandomi poi una mezza occhiataccia torva mentre io sgattaiolo via dal letto.

Rido divertita della sua espressione imbronciata e corrucciata, portandolo ad accentuarla ancora di più. Si passa una mano fra i capelli scompigliati, riprendendo a parlare.
- Mi hai appena rifiutato, mi reputo offeso- bofonchia imbronciato, le sopracciglia aggrottate e lo sguardo chiaro corrucciato visibile anche nella penombra della stanza.
- Devo essere sul set fra meno di venti minuti, devo farmi ancora una doccia e fuori piove quindi ci sarà un traffico allucinante- affermo con ancora la risata sulle labbra e le gambe a penzoloni giù dal letto vagando con lo sguardo sul pavimento alla ricerca dei miei pantaloni.
Eppure mi sembrava di averli messi sulla sedia ieri pomeriggio, dico distrattamente fra me e me.
Percepisco Ian muoversi fra le lenzuola alle mie spalle, non demordendo dal suo intento e avvicinandosi nuovamente a me.
Lancio un'occhiata oltre la mia spalla, notando che si è messo su un fianco con un gomito piegato per sorreggersi e la testa appoggiata sulla mano mentre mi guarda.
- E devi farla da sola la doccia?- mi domanda con un finto tono ingenuo che nasconde un intento decisamente malizioso, le dita che si appoggiano sulla mia schiena.
Accompagnate dal suo sguardo percorrono lente e diligenti la linea della spina dorsale, dall'alto verso il basso, facendomi inarcare istintivamente.
Mi mordo le labbra, cercando di non cedere sotto quel tocco e di non notare la pelle che ha preso fuoco sotto il suo tocco, nonostante a dividerci ci sia uno strato leggero di tessuto.
Arrivate alla base della mia schiena seguono per qualche secondo il bordo dei mie slip, percorrendolo interamente e virando poi la direzione sul mio fianco.
La morsa dei miei denti aumenta ancora sul mio labbro, torturandolo per reprimere quasi a forza un sospiro.
Un attimo dopo le sue dita si posano sulla mia gamba nuda, poco sopra il ginocchio, e un'imponente ondata di calore mi avvolge.
E decisamente non è colpa del riscaldamento troppo alto.
- Appunto, troverai traffico e arriverai comunque in ritardo- afferma con voce melliflua, morbida e seducente mentre la sua mano inizia una lenta risalita con il palmo aperto ora– Tanto vale che ti rimetti a letto con me allora.- la sua carezza continua, arrivando all'altezza della coscia e un brivido mi pervade la schiena, velandomi la pelle e portandomi ad irrigidirmi lievemente.
Il respiro mi si blocca violentemente in gola, le guance che iniziano a bruciare di desiderio in cui sto sprofondando sempre di più.
Un lieve spostamento d'aria alle mie spalle mi avvisa che si è mosso.
Si è infatti messo a sedere dietro di me, la mia schiena appoggiata involontariamente contro il suo petto e il segno tangibile della sua eccitazione contro di me.
- Hai anche la scusa perfetta del traffico- soffia suadente sulla mia nuca, cercando di convincermi mentre le sue dita sono ormai arrivate ai miei slip, che artiglia e tira leggermente giocandoci.
Deglutisco a vuoto con la salivazione pari a zero ormai, percependo la pelle andare a fuoco dove è a contatto con il suo corpo.
Mi sposta i capelli baciandomi lentamente il collo e provocandomi un’altra ondata di eccitazione.
Non cedere... non cedere...devi lavorare...
Mi continuo a ripetere queste parole, trasformandole quasi in una cantilena silenziosa cercando di metterle in pratica, ma è davvero sempre più difficile non chiudere gli occhi e lasciarmi avvolgere dal vortice insaziabile del desiderio.
Mi mordo le labbra combattendo una battaglia interna, divisa sempre più tra volere e dovere.
Qualsiasi altra donna sana mentalmente si ributterebbe a letto con lui senza farsi pregare troppo e questo è conferma del fatto che io sia totalmente impazzita ormai.
E se è successo è solo colpa sua, dei pensieri e delle emozioni che mi provoca!
Con l'indice percorre il bordo dei miei slip, provocandomi la pelle d'oca e una vigorosa ondata di eccitazione, che ha l'impellente bisogno di essere placata.
E proprio quando le mie convinzioni da brava lavoratrice sembrano vacillare, proprio quando il mio corpo e la mia irrazionalità prendono il sopravvento qualcosa ci interrompe ancora.
La mia sveglia suona nuovamente, illuminando fiocamente la stanza con la sua luce azzurrina e rompendo nuovamente la magia creatasi.
Sospiro, forse un po' frustrata o forse sollevata. La sveglia l’ha presa per me la decisione.
Ian sbuffa alle mie spalle, infastidito dall’ennesima interruzione.
Inclino il volto fino a far scontrare le nostre labbra in un bacio leggero e un po’ frettoloso che zittisce le sue proteste.
Mi alzo poi quasi di scatto dal letto prima che le sue braccia mi stringano di nuovo, sentendomi tremendamente simile ad una molla, per spegnerla mentre lui torna ad imprecare alle mie spalle.
Mi allontano di qualche passo dal letto e da quell'essere tentatore che lo occupa, fin troppo consapevole che se rimango un secondo di più vicino a lui cedo definitivamente. Mi fermo poi al centro della stanza, i suoi occhi che mi seguono e percorrendo brucianti la mia figura.
E a giudicare da come sono tesi i suoi boxer il desiderio non gli è passato e non si è sopito.
Leggermente imbarazzata e con ancora l'eccitazione addosso mi sposto una ciocca arruffata di capelli dal viso, portandola dietro l'orecchio.
- Salvata dalla campanella – afferma tra lo scocciato e il canzonatorio, sbuffando ancora e lasciandosi cadere sul letto.
- Devo farmi la doccia – mi stringo fra le spalle abbozzando un leggero sorriso di scuse.
Gli lancio un’ultima occhiata e poi mi avvio verso la porta del bagno, divisa fra i miei ormoni che protestano vigorosamente e la razionalità che invece si complimenta per l'autocontrollo dimostrato.
- Allora sicura di volerla fare da sola?- mi domanda un'ultima volta, portandomi a voltarmi nuovamente verso di lui.
Lo trovo semi sdraiato appoggiato sui gomiti per mantenersi sollevato, i capelli corvini scompigliati a conferirgli un’aria sbarazzina e tremendamente sexy.
Il suo tipico mezzo sorriso stampato in volto e lo sguardo malizioso che mi scalda.
E proprio non ce la faccio a non lasciarmi avvolgere dal vortice di sensazioni irrazionali che mi provoca. Non voglio forse. Qualcosa dentro di me mi impedisce di non assecondarlo, di non lasciarmi avvolgere da lui.
I miei occhi cadono senza volere sulla radio sveglia, che segna l'ora con chiari numeri rossi.
Fra cinque minuti sarò comunque in ritardo, noto inclinando leggermente il capo da un lato.
La lotta fra irrazionale e razionale continua dentro di me.
Risposto lo sguardo su di lui, incontrando il suo e perdendomici.
E allora, se sarò lo stesso in ritardo, perché privarmi di lui? Mi domando e la risposta arriva immediata, decretando la mia definitiva decisione.
Al diavolo il lavoro, arriverò in ritardo di nuovo. Fa niente. Tanto ormai sono abituati a vedermi arrivare in ritardo in questi giorni, una volta in più o una in meno non cambierà nulla.
Inclino leggermente la testa tendendo le labbra in un sorriso malizioso, mentre una malandrina idea mi vortica in testa.
Con le dita stropiccio il bordo della maglia grigia che indosso, aprendomi in un sorriso e ricambiando la sua occhiata languida.
- Forse - lo guardo maliziosamente mentre mi mordo allusiva le labbra.
Con un gesto fluido, che spero essere anche il più sensuale possibile, me la sfilo e ridendo gliela lancio addosso.
Gli lancio un’ultima occhiata poi, incontrando il suoi occhi quasi spalancati che mi restituiscono uno sguardo stupito e decisamente sorpreso.
Si, non se lo aspettava.
Mi infilo nel bagno con ancora il sorriso soddisfatto dalla sua reazione sulle labbra, percependo dei passi affrettati seguirmi velocemente.
Non ho, infatti, neanche quasi il tempo di spogliarmi del tutto e infilarmi nella doccia che Ian mi raggiunge.
Senza tanti giri di parole mi spinge contro il muro freddo della doccia, schiacciandosi eccitato contro il mio corpo.
E la differenza tra il suo corpo caldo, quasi bollente, che preme contro di me, e il muro gelido, che preme invece contro le mie spalle, è deliziosa.
Un sorriso sorge spontaneo, stendendo le mie labbra e il mio orgoglio femminile scalpita contento a questa reazione.
Alzandomi leggermente sulle punte gli passo le braccia intorno al collo, schiacciandomi maggiormente contro di lui e unendo le nostre labbra in un bacio travolgente, vorace.
Il getto dell'acqua calda ci colpisce in pieno, bagnandoci e rendendo il contatto ancora più voluttuoso ed eccitante.
E in pochi minuti la stanza si riempie ancora dei nostri sospiri mischiati sensualmente al vapore, mentre il vortice della passione torna ad avvolgerci prepotente.






******************






Spalanco la porta rossa mentre la piccola stanza relax si apre davanti a me con le sue pareti color crema e il piccolo divano scuro.
Con un sorriso smagliante, la postura rilassata e canticchiando a mezza un motivetto di una canzone appena inventata entro nella camera quasi saltellando.
Se non si fosse notato sono allegra. Ha anche smesso di piovere.
- Buongiorno a tutti! - trillo allegra e di buon umore, lasciando cadere con un tonfo sordo la mia borsa nera sul tavolino in legno scuro vicino all'entrata.
Due paia di occhi, di tonalità differenti e opposte, si voltano nella mia direzione e si posano su di me scrutandomi attenti e incuriositi.
- Ciao Nina- è il saluto pacato accompagnato da un sorriso allegro di Sara, che alza gli occhi scuri dai fogli un po' stropicciati che ha fra le mani.
Il mio sorriso si allarga in risposta, diventando quasi accecante e snervante probabilmente.
- Se mai buon pomeriggio vista l'ora - è il saluto ridacchiante di Candice, già truccata e vestita da Caroline Forbes.
E’ poco lontano dalla finestra, i fianchi appoggiati al tavolo mentre sorseggia tranquilla il suo caffè rigorosamente decaffeinato.
E oserei dire per fortuna visto quanto è già sveglia e pimpante di suo e di certo non ha bisogno di caffeina per essere più reattiva. Ci farebbe finire tutti al manicomio nel giro di un paio di giorni in quel caso probabilmente.
Non ha però tutti i torti visto che è mattina inoltrata ormai e io sono arrivata da poco, passando di corsa sul set solo per scusarmi dell'immenso ritardo.
Ho ancora i capelli umidi di doccia forse, constato passandoci una mano nel tentativo di sistemarli. Decisamente ora ci penserò ogni volta che mi farò una doccia, e non solo mi sa.
Mi mordo le labbra, ricordando cosa è accaduto in quella doccia e non posso reprimere un brivido di voluttuoso desiderio, che insopprimibile mi attraversa la schiena facendomi rabbrividire.
Distrattamente mi vedo riflessa nel riflesso della finestra, che mi rimanda una figura femminile con una chioma ingestibile e scarmigliata e un sorriso smagliante.
Sono uscita così di corsa dalla stanza che non mi sono neanche guardata allo specchio, noto continuando a pettinarmi i capelli con le dita per sistemarli il meglio possibile e dargli una forma sensata.
Se rimanevo un minuto di più lì con lui probabilmente mi lasciavo convincere a rimanere a letto e non andare a lavorare.
E visto le armi molto persuasive che ha usato per tentare di convincermi so che ci sarebbe riuscito con molta facilità, quindi sono praticamente scappata da quella stanza.
Ho ancora la sua risata divertita che mi ronza nelle orecchie in risposta a questa mia reazione.
- Ti hanno assunto per la pubblicità di un dentifricio?- mi domanda Candice, prendendomi bonariamente in giro e lanciandomi un’occhiata stranita, non spiegandosi tutta questa mia allegria forse. – Di certo non per una pubblicità di cosmetici visto le occhiaie che hai- continua indicandole con un cenno del capo.
Istintivamente mi porto una mano al viso, tastando i segni, ben visibili nonostante il copri occhiaie, del mancato sonno.
Avrò anche le occhiaie, ma sono sicuramente soddisfatta e appagata. E direi che vale la pena non dormire se in cambio ho questo.
Tuttavia questo non lo dico, facendolo rimanere solo un silenzioso pensiero.
- Ah ah simpatica- fingo una risata tirando fuori dalla mia borsa il mio copione per una rilettura veloce prima di girare.
Mi volto nuovamente poi verso di lei ridacchiando allegra la mia risposta.
- Ammettilo sei solo invidiosa del mio bellissimo sorriso- rido esibendolo di nuovo.
Candice ridacchia in risposta mentre io mi avvicino al divano. I suoi occhi non mi abbandonano però neanche per un secondo, facendomi sentire osservata.
E la mia mente perversa mi riporta subito l’immagine di Ian che mi scruta attento dal letto in tutt’altro modo.
Molto più malizioso e languido.
- Che c’è?- le chiedo aggrottando le sopracciglia, non capendo il motivo di quello sguardo.
O meglio, lo so benissimo ma spero che non l’abbia colto, mi mordo speranzosa le labbra.
- Sembri di buon umore - afferma lei, scrutandomi con un'occhiata attenta proprio nel momento in cui mi sembra di aver stampato in faccia quello che è successo.
Ma perché ha il potere di cogliermi sempre in fallo?
- Lo sono – sorrido con una semplice alzata di spalle mentre mi lascio cadere sul piccolo divano a due posti, affondando fra i cuscini colorati.
E in fondo è vero, sono di buon umore. Molto di buon umore, sospiro mentre i ricordi di stanotte e di stamattina si sovrappongono.
- Lo yoga aiuta moltissimo – sorrido nel modo più innocente possibile, sperando di convincerla.
Candice continua a scrutarmi mentre finisce di sorseggiare il suo caffè.
Annuisce poi lentamente, aprendosi infine in un sorriso malizioso e furbo che mi fa chiaramente intendere che ha capito quello che è successo.
E sono dolori per me perché mi farà duemila domande e vorrà sapere ogni minimo particolare, da quanti sospiri ha fatto lui a come ci siamo spogliati.
Una tortura praticamente per una come me, una smorfia si delinea sulle mie labbra.
Ma tanto fino a quando siamo in compagnia di altre persone non mi chiederà nulla e si limiterà a qualche frecciatina maliziosa, aspettando di essere sola con me per passare al terzo grado.
Lascio andare i nervi che non mi ero accorta di irrigidire, rilassandomi quindi contro lo schienale del divano e iniziando a leggere il mio copione.
Tre meno di venti minuti iniziano le riprese e io ho il vuoto totale in testa.
La mia mente è popolata solo dalle immagini di stanotte, esclusivamente quelle. Non riesco a focalizzarmi su nient'altro, sospiro.
- Ragazze io vado a fare una chiamata, ci vediamo dopo sul set- afferma Sara con un sorriso, alzandosi e uscendo.
Ecco come non detto. La mia unica speranza di scampare ad un bombardamento intensivo di domande è appena andata via.
Neanche il tempo che la porta si richiuda che infatti Candy riprende a parlare, portandomi ad alzare gli occhi scuri su di lei.
- Tu non hai la faccia di una che ha fatto yoga- afferma schietta e diretta mentre un sorriso malizioso si delinea sulle sue labbra – Hai la faccia di chi ha fatto sesso – ridacchia sbarrando allusivamente gli occhi azzurri e puntandomi accusatoria un dito contro.
Mi mordo istintivamente le labbra, distogliendo lo sguardo e arrossendo lievemente mentre mi si stampa in faccia un'espressione di piena colpevolezza.
- Io non ho specificato che tipo di yoga fosse – mi difendo malamente, stringendomi fra le spalle.
Lei però non sembra darmi molto ascolto, continuando a guardarmi con gli occhi leggermente assottigliati.
Mi sento quasi sotto esame, mi muovo irrequieta sul posto distogliendo lo sguardo dal suo.
- E più di una volta anche!- trilla ridacchiando equivocamente.
L'espressione di consapevole colpa si accentua con il mio sorriso, che fa capolino sulle mie labbra.
Me le mordo ricordandole una ad una, ricordando ogni singola sensazione, il suo sapore. Ogni singolo punto che le sue mani hanno sfiorato.
- Quante? - mi chiede curiosa con gli occhi azzurri maliziosi e un sorriso malandrino, interrompendo il mio ricordo.
Quasi si sfrega le mani compiaciuta dalla contentezza.
- Ma che razza di domanda è?- ribatto in risposta con le guance un po' rosse, leggermente imbarazzata e decisamente meno sfacciata di lei.
Lei mi sorride quasi spudorata.
Con gli occhi vago per la stanza alla ricerca di un appiglio che mi permetta di sfuggire a questa tortura.
E i miei occhi lo trovano posandosi sull'orologio appeso alla parete.
- Oh è tardi – affermo, salvandomi praticamente in corner ed evitando in dribbling la domanda.- Sono le 12 e tra mezz’ora iniziano le riprese- le dico sentendo il sollievo pervadermi alla possibilità di aver scampato un interrogatorio.
Lei si imbroncia, aggrottando corrucciata le sopracciglia mentre io mi alzo velocemente dal divano.
- Dai rispondi!- protesta Candice, assomigliando quasi ad una bambina indispettita.
Mi aspetto quasi che da un momento all’altro si appenda alla mia maglia e mi strattoni per trattenermi.
- Sono già arrivata in ritardo una volta oggi, non mi sembra il caso che ricapiti di nuovo- ribatto in risposta, afferrando la borsa dal tavolo e avviandomi verso la porta.
Lei sbuffa, spostandosi una ciocca di capelli biondi dal viso.
- Allora ti accompagno- afferma risoluta seguendomi caparbia nel lungo corridoio che porta al set.
Roteo gli occhi al cielo.
Se possibile è più cocciuta di me e quando si impunta su qualcosa non molla la presa fin quando non la ottiene.
- Va bene, ma dalle mie labbra non uscirà neanche una sillaba al riguardo – le dico non riuscendo fare a meno di sorridere del suo comportamento però.
Mi prende sottobraccio, camminando al mio fianco.
- Allora...- riprende a parlare – Quante volte?- mi domanda di nuovo con tono petulante e uno sguardo curioso.
Le lancio un’occhiataccia torva, corrucciata.
- Almeno dimmi se è stato più di due volta!- afferma in risposta alla mia smorfia.
- Si – mi mordo le labbra ripercorrendole nuovamente tutte nella mia testa.
- Si, Ian non mi sembra il tipo che si ferma solo ad una volta- afferma con tono pensieroso, ridacchiando poi maliziosa.
- Mmm no, non lo è – mormoro quasi sovrappensiero persa in ricordi davvero deliziosi.
Lei sbarra gli occhi azzurri mentre un sorriso malizioso le stende le labbra velate dal lucidalabbra.
- Più di tre quindi ?-
- Vuoi sapere anche dove?- ribatto in risposta, voltandomi a guardarla ed eludendo la domanda
- Beh la prossima domanda era quella in effetti -
Non reprimo uno sbuffo mentre mettiamo piede sul set, accolte dal consueto brusio concitato e dal rumore di cavi e attrezzature spostate.
Attraversandolo interamente, raggiungiamo le tipiche sedie da regista nonché nostre consuete postazioni.
- Dai dammi qualche particolare!- si impunta cocciutamente, protestando – Me lo merito visto che ho sopportato tutti i tuoi sfoghi- incrocia le braccia sotto il seno imbronciata, rimanendo in piedi di fronte a me mentre io prendo posto su una sedia.
Sospiro, sapendo che ha perfettamente ragione. Infondo ha sempre ascoltato ogni mio dubbio, tormento ed è stata a sentire tutte le mie paranoie anche nel cuore della notte. Davvero molte, troppe forse.
Senza contare tutti i consigli e le spronate che mi ha sempre dato.
Si, sospiro, se lo merita.
Probabilmente deve aver capito di aver fatto leva nel punto giusto perché si apre in un sorriso vittorioso e gli occhi chiari si illuminano.
Pronta al “come, quando e perché” schiudo le labbra, parlando.
- Cosa vuoi sap..-
Ma non ho neanche il tempo di finire di porle la domanda che mi interrompe bruscamente, troppo curiosa per aspettare.
- E’ bravo come sembra a letto? Ci sa fare? Bacia bene?-
- Si, decisamente si- annuisco emettendo un sospiro deliziato. – Molto bravo – la guardo, lanciandole un’occhiata eloquente accompagnato da un sorriso.
Lei ridacchia afferrando subito il concetto.
- Immagino che si sia stata spesso la tua risposta -
- Soprattutto nella doccia – soffio allusiva, accavallando le gambe e sfregando il palmo della mano contro il tessuto un po’ ruvido dei jeans che indosso.
Ne ho detti decisamente molti.
- E brava Nina che si da fare nella doccia!- afferma lei con una risata, facendomi sorridere divertita.
- Quindi ora cosa siete?- snocciola l’ennesima domanda a raffica, non prendendo quasi fiato.
Si siede i accanto a me sulla sedia con il suo nome stampato a chiare lettere sullo schienale.
Schiudo le labbra pronta a rispondere decisa, ma solo quando prendo un profondo respiro, prima di rispondere, mi accorgo di non avere una risposta.
Rimango con la bocca aperta, un muto respiro in risposta a ciò che mi ha appena chiesto.
Cosa siamo siamo?
Aggrotto le sopracciglia, cercandola voracemente dentro di me, fra i miei pensieri ma non la trovo.
Semplicemente non c’è.
Una morsa mi stringe improvvisamente lo stomaco a questa constatazione. È quasi dolorosa talmente è stretta, soffocante.
Non mi lascia respirare, rendendo pesante ogni respiro.
Non so cosa siamo. Sono cambiate le cose per lui? Come mi vede ora?
Per me lo sono? E almeno a questo credo di avere una risposta.
Non sono più come prima le cose. Non voglio lo siano.
E lui cosa vuole?
- Amanti? Amici?- continua a chiedermi lei non comprendendo forse la mia esitazione e la mia espressione sconfortata e pensierosa.
Che cosa siamo?
Mi domando ancora quasi angosciata.
- Non… non lo.. so- quasi balbetto mentre la morsa non fa altro che accentuarsi, stringendosi intorno a me.
Mi volto, come richiamata silenziosamente da qualcosa.
Una sorta di forza invisibile che mi attrae.
Trovo Ian, dall’altro lato della sala, intento a fissarmi, ma non appena i nostri occhi si scontrano lui li punta da tutt’altra parte.
Né un cenno di saluto, un sorriso o un cenno. Nulla che mi possa aiutare a trovare una risposta a questa domanda.
Niente di niente.
Anzi sembra quasi ignorarmi, noto guardandolo scherzare allegro e spensierato con un addetto alle luci.
O forse è solo una mia suggestione e io mi sto facendo un’inutile paranoia.
Mi passo una mano fra i capelli, ravvivandoli nervosamente.
Che cosa siamo? Mi domando di nuovo, percependo quest’unica domanda vorticarmi in testa accompagnata dalla odiosa sensazione che mi stia bellamente evitando.
E questa volta vengo avvolta solo dal
vortice cupo dei pensieri.




*****************






Stanca e spossata, forse più mentalmente che fisicamente distrutta, mi lascio cadere con un piccolo rimbalzo sul letto.
Finalmente sono a “casa”, mi dico con un sospiro pesante sulle labbra.
Posso riposarmi, socchiudo esausta gli occhi.
È tutto il giorno che aspetto di fare una doccia, sprofondare fra le morbide coperte del mio letto e spegnere la mente.
Sarebbe decisamente bello avere un bottone on- off per i pensieri, spegnerli definitivamente per un po' di tempo. Mi farebbe molto comodo rilassarmi e basta per una volta.
Niente distrazioni, paranoie o noiose riflessioni.
Chiudere gli occhi e semplicemente svuotare la testa da angosce, dubbi e quant’altro godendomi un pacifico vuoto mentale.
Si sarebbe dannatamente bello, mi passo una mano fra i capelli ancora un po' gonfi a causa dell'umidità della doccia.
Anche se sarà davvero difficile riuscirci stasera. Molto difficile.
Braccia aperte e occhi appena schiusi sospiro nuovamente, buttando fuori tutta l'aria.
Anche se più che un sospiro sembra uno sbuffo frustrato a dire la verità.
E vorrei davvero con tutta me stessa poter buttare fuori ugualmente tutti i tormenti che ho.
Spingerli via uno ad uno fino a rimanerne totalmente priva. Sarebbe di grande aiuto.
Mi muovo irrequieta, girandomi nervosamente su un fianco e abbracciando un po' infantilmente uno dei due cuscini vivacemente colorati.
Perché devo sempre pensare così tanto? Potrei ottenere il primato mondiale al riguardo.
Solo un secondo dopo, prendendo un profondo respiro per cercare di scacciare il nervosismo, mi accorgo che c’è ancora il suo profumo impresso sul morbido tessuto della federa.
Stringo le labbra, frenando forzatamente il desiderio pressante di prenderne un’altra deliziosa boccata.
Lo allontanano l'attimo seguente, quasi stizzita, prima di sprofondare nel vortice di sensazioni che mi scaturisce. Troppe e imponenti con la loro sproporzionata portata di significato incomprensibile.
Mi muovo nuovamente, un po’ agitata, cambiando un'altra volta posizione e mettendomi a pancia in su questa volta, gli occhi puntati sul soffitto bianco senza vederlo realmente e quel profumo ossessionante nelle narici.
Ora mi perseguita anche nella mia stessa camera, è ridicolo! Come se già non bastasse tormentarmi nei miei pensieri e ritrovarlo in ogni singola cosa, inveisco silenziosamente contro di lui.
No, lui deve seguirmi anche nella mia stanza lasciando il suo odioso - delizioso- profumo ovunque.
Mi sembra di sentirlo ovunque, percepirlo sui vestiti e sulle cose.

Probabilmente ce l’ho anche addosso, sulla pelle, nonostante mi sia fatta due docce oggi.
E decisamente stare immersa fra le lenzuola in cui è stato lui fino a non molte ore fa non mi aiuta a non pensarci.
Incasso la testa fra le spalle mentre un'espressione tra lo scocciato e il corrucciato si delinea stizzita sulle mie labbra, stendendole in una smorfia.
Certo, come no, perché ovviamente è solo questo che mi porta a pensare a lui, fingo di credere a me stessa rendendomi conto di essere una pessima bugiarda perfino nei miei pensieri.
Forse dovrei cambiarle in modo da non essere più circondata dal suo odore, ma lo farò domani. Ora sono troppo stanca per farlo, mi dico nascondendo la verità dietro un semplice pretesto.
In realtà, invece, non lo faccio per un semplice motivo: mi piace avere il suo profumo intorno, esserci immersa fino ad esserne quasi stordita. Anche se mi provoca mille tormenti e pensieri, portandomi praticamente allo sfinimento.
Frustrata sbuffo, chiudendo del tutto gli occhi e sprofondando per un attimo in un pacato buio.
Mi passo poi una mano sul collo, massaggiandolo lentamente nel vano tentativo di rilassare i nervi dolorosamente contratti.
La doccia non è servita a molto, purtroppo. Anzi quasi a niente.
Mi ha rilassato fisicamente, ma non mentalmente.
Il nervosismo misto a scottante delusione, dettato dal suo comportamento indecifrabile e sconcertante, è rimasto intatto nonostante l'acqua calda e il bagnoschiuma profumato.
Anzi, se possibile è aumentato maggiormente al ricordo di stamattina e al riscontro, invece, del suo comportamento discordante di oggi sul set.
Bruciante mi vibra sulla pelle, lasciandomi un'odiosa sensazione di amaro in bocca e irrigidendomi spietatamente tutti i muscoli in una morsa quasi spasmodica.
Mi ha praticamente ignorata per tutto il giorno, stringo le labbra in una linea serrata, infastidita e delusa. Un nuovo fiotto di nervoso si riversa prepotentemente nelle mie vene, vanificando i già pochi effetti rilassanti della doccia.
Si è comportato come ogni altra giornata lavorativa, scherzando con tutti e atteggiandosi come se nulla fosse.
Non mi ha calcolato più di tanto, privandomi persino del consueto bacio sulla guancia come saluto e parlandomi quasi il minimo indispensabile escluse le battute del copione.
Ha limitato i contatti strettamente a quelli lavorativi e, nonostante io l’abbia cercato più volte con lo sguardo per capirne la causa, ho incontrato i suoi occhi solo pochissime volte.
Ho come avuto la sensazione che mi stesse ignorando di proposito, allontanandosi il prima possibile dal set finite le riprese e lasciandomi decisamente basita e sconcertata.
E questo oltre a farmi innervosire terribilmente mi fa anche un po’ male. Delude in qualche modo.

Non mi aspettavo di certo che mi chiedesse di sposarlo dopo una notte insieme o andasse in giro a dire che siamo ufficialmente fidanzati, ma di certo neanche che mi ignorasse dando più attenzioni perfino alla tappezzeria.
Con che coraggio dopo quello che è successo lui si comporta normalmente, come se niente fosse successo?
E non so se è più l'indignazione o la sensazione di dispiacere e rammarico.
Quindi ora cosa siete?
La domanda di Candice, buttata li curiosamente, mi continua a vorticare beffardamente in testa, intrufolandosi in ogni pensiero e sbattendomi quasi in faccia la realtà dei fatti.

E il suo comportamento sembra una risposta quasi lampante, chiara.

Mi mordo dolorosamente le labbra, affondandovi i denti.
Evidentemente tutto ciò che è successo non ha avuto lo stesso significato che ha avuto per me.

Tutto mi riporta solo a quest'unica e sola sentenza: non ha avuto molta importanza per lui.
Una smorfia di delusione si delinea istantaneamente sulle mie labbra, che si accentua al pensiero successivo che la mia mente mi presenta.
Perché, che significato ha avuto per te invece? Mi incalza subito subdolamente una vocina insinuatrice e maliziosa, ingarbugliando maggiormente i miei pensieri e le mie sensazioni.
Come se non lo fossero già poi, sbuffo.

Significa che...cerco febbrilmente una risposta dentro di me accorgendomi, solo dopo qualche secondo, di una cruda verità. Ma tanto che importanza ha se per lui non ha alcun significato? Anzi, dovrei pensarci di meno forse. Dovrei togliermelo dalla testa prima che sia troppo tardi. Davvero tardi.

Sempre che non lo sia già.
Scaccio questo pensiero inopportuno con una vigorosa scrollata di capo, muovendo i capelli in un fievole frusciare contro il cuscino.

Dietro le palpebre ostinatamente chiuse, mi si ripresentano in sequenza tutti i fotogrammi del suo atteggiamento innervosendomi inverosimilmente.
Frustrata sbatto le gambe sbuffando stizzita l'aria fra le labbra, assomigliando tremendamente ad una bambina di sei anni e mezzo piuttosto che ad una ragazza adulta della mia età.
- Basta pensare a lui!- mi impongo perentoria ad alta voce, sperando che almeno così mi entri in testa e funzioni finalmente.
Ovviamente le mie speranze sono del tutto vane e assomigliano più a utopia pura che alla realtà.
Mi passo fiaccamente una mano sul viso, sbuffando sonoramente infastidita.
Com'è possibile che sia sempre lì, fra i miei pensieri? È una costante, quasi inquietante oramai.
Qualunque cosa faccio, ovunque io sia e qualunque sia il mio stato d'animo lui è sempre li.
Che sia arrabbiata, felice o triste è fisso nei miei pensieri. Ormai ne è diventato parte integrante. Come un vortice che mi ha risucchiato, prima lentamente, quasi senza che me ne accorgessi, e poi sempre più intensamente fino ad assorbirmi quasi totalmente.
È come una spirale Ian, mi assorbe.

È un vortice.

Tutte le mie energie, i miei pensieri e le mie riflessioni sembrano destinate a lui in qualche astruso e incomprensibile modo che non comprendo.
Ed è sconvolgente e destabilizzante come cosa, sconcertante.
Sbuffo ancora, girandomi a pancia in giù e affondando il volto nel cuscino come a voler sopire i pensieri.
Cosa impossibile visto quanti sono.

E quel suo dannato profumo che continua a ronzarmi intorno mi irrita ulteriormente.
Forse una bella dormita ristoratrice mi farà bene.

Sono distrutta e alle spalle ho solo poche ore di sonno e davvero troppe di lavoro. Ho bisogno veramente di riposare, spegnere il cervello nel tepore del sonno per un po' e soprattutto non pensare.
Magari tutte queste riflessioni sono dettate dal mancato sonno e dalla pesante fatica della giornata lavorativa. O semplicemente fare due personaggi contemporaneamente mi sta facendo diventare pazza, possibilità più concreta e probabile di tutte.
In pochi minuti le palpebre diventano pesanti, chiudendosi placide mentre lentamente il mio corpo si rilassa sotto il peso della spossatezza.
Ho, però, a mala pena il tempo di socchiudere gli occhi, che un leggero bussare alla porta interrompe i miei programmi mandandoli in frantumi.
Chi diavolo è?

Sbuffo sonoramente infastidita, riaprendoli di scatto e fissando quasi in cagnesco in direzione della porta.

Probabilmente se il mio sguardo avesse qualche potere paranormale in questo momento la porta sarebbe incenerita e con lei il disturbatore che vi si cela dietro.
Giustamente nell’unico momento in cui cerco di non pensare a nulla – a lui- , riuscendoci soprattutto, qualcuno mi interrompe.
Non ho nuovamente il tempo di pensare anche solo di ignorare il disturbatore del mio sonno che lo sconosciuto bussa ancora, questa volta in modo più deciso e vigoroso aumentando a dismisura la mia irritazione.

Oltre che disturbatore è anche un caparbio rompiscatole, assottiglio pericolosamente gli occhi.
Sbuffando e maledicendolo sottovoce con un piccolo balzo scendo dal letto, avvicinandomi alla porta strisciando i piedi sul pavimento.
Con uno sguardo corrucciato e uno sbadiglio ancora sulle labbra appoggio la mano sulla maniglia, facendo leva e aprendola senza neanche curarmi di chiedere chi è, troppo spossata dalla giornata appena trascorsa per ricordarmi di farlo e troppo corrucciata per il sonno interrotto per interessarmene.
Mi ritrovo davanti una figura slanciata e un paio di inconfondibili occhi azzurri puntati su di me ,accompagnati da un mezzo sorriso che si allarga all'istante quando mi vede.

È un po' malizioso e un po' dolce.
Un sorriso da togliere il fiato in poche parole.
Il mio cuore accelera i battiti all'istante, trasformando il suo placido battere quasi in una tachicardia. Un singolare senso di sollievo misto a deliziosa languidezza mi stringe lo stomaco, prima ancora che il mio cervello lo abbia riconosciuto quasi e la solita sensazione di destabilizzazione mi pervade insieme alla fibrillazione.
Ovviamente cerco di darlo a vedere il meno possibile, mascherandolo dietro un'espressione neutra e forse un po' troppo distaccata. Ma, in fondo, se lo merita.

Se pensa che basti presentarsi alla mia porta e un sorriso a cancellare oggi pomeriggio – ieri sera- si sbaglia di grosso.
Oh no, è tutto impresso nella mia testa.

Non mi sono infatti dimenticata di come non mi ha guardata, di come si è comportato e di come mi ha bellamente ignorata.
Come se non fosse successo nulla, assottiglio involontariamente gli occhi a questo pensiero lanciandogli un'occhiataccia un po' truce.
- Non dovevi lavorare stasera?- esordisco un po’ bruscamente, quasi in un ringhio, senza nessun saluto particolare.

Inarco scetticamente un sopracciglio scuro poi, incrociando intanto le braccia sotto il seno in una postura un po' rigida e forse ostile sbarrandogli la strada.

Sul ciglio della porta, avvolto da una maglietta grigia leggera nonostante sia quasi dicembre ormai, Ian mi guarda per qualche secondo interdetto.
Forse si aspettava che gli saltassi addosso baciandolo, beh si sbagliava di grosso. Il mio orgoglio femminile, ferito e offeso dopo oggi, quasi gongola a questa constatazione scalpitando per avere un'altra gustosa rivincita.
Per un secondo mi sembra quasi di scorgere un lampo di consapevolezza e constatazione nel suo sguardo azzurro, che però scompare un secondo dopo mischiandosi alla consueta imperscrutabilità e gaiezza.
Solo ora, guardandoli più attentamente mi accorgo di come siano di un azzurro limpido, intenso e non scuri, leggermente ingrigiti, come ogni volta che piove o il tempo è brutto.
Li distolgo l’attimo dopo però, puntandoli da tutt’altra parte, nell’esatto momento in cui il mio cuore accelera ancora il suo battito e la consueta sensazione di calore inizia a pervadermi e stordirmi.

So già, infatti, che basterebbero ancora pochi secondi per dimenticare il nervoso e non voglio.
- Ciao anche a te – ribatte in risposta lui con la solita voce leggermente roca e lenta, il sorriso smagliante intaccato, ma fintamente offeso dal mio mancato saluto ad incurvargli le labbra in un piccolo, irresistibile broncio.
Il mio sguardo cade involontariamente proprio sulla sua bocca, quasi corrucciata.
Rilasso istintivamente le spalle a questa visione paradisiaca, rilasciando i muscoli contratti.
Le stesse labbra che ho baciato così tante volte questa notte, il cui sapore mi sembra ancora di percepire sulle mie.
Me le mordo istintivamente, trattenendo il respiro e non riuscendo a distogliere lo sguardo per qualche interminabile secondo.
No, non cedere Nina! Mi impongo silenziosamente perentoria dentro di me, irrigidendo nuovamente la schiena in una perfetta posizione eretta e distogliendo gli occhi.
Non è normale che mi faccia questo effetto disarmante, penso con le guance leggermente arrossate da questa constatazione.
Stavolta non cederò al primo sorriso ammaliatore però, mi dico scuotendo lievemente il capo.

Anche se so benissimo che non andrà propriamente così.
- No io sto bene grazie, sei davvero molto gentile ad interessarti della mia salute- continua a parlare, rispondendo ad una immaginaria conversazione in cui gli ho chiesto come sta.
Mi mordo l'interno della guancia, graffiandola leggermente con i denti nel tentativo di non scoppiare a ridere e, soprattutto, di rimanere impassibile per qualche altro secondo almeno.
- Sei un pessimo attore sai?- gli dico non molto cordiale, mentendo spudoratamente e lanciandogli una mezza occhiataccia.
Ian aggrotta lievemente le sopracciglia corvine accentuando il broncio, che diventa ancora più irresistibile.
Bacialo.
È questo il sottile imperativo, quasi un dolce sibilo, che la parte più irrazionale e fisica di me mi impone. Ovviamente è la parte più soggetta al suo fascino a parlare, mi dico cercando di convincermene davvero.
Certo, come se non ne fossi dannatamente attratta anche mentalmente. A chi voglio darla a bere.
- Ahia - si porta lui una mano al petto, sul cuore, in modo estremamente melodrammatico mentre una smorfia teatralmente ferita gli si disegna in volto - Mi hai ferito profondamente Dobrev. Il mio cuore sanguina per il dolore. –
Roteo gli occhi al cielo, cercando di non fare troppo caso al punto in cui le sue dita hanno increspato la maglietta e da cui si nota un petto particolarmente tonico.

Si molto tonico, le mie dita si stringono di riflesso come a ricercare un contatto.
- Non so cosa ci abbiano trovato in te Julie e Kevin- rincaro pungente la dose.
Se escludo il fatto che sei tremendamente sexy, bello, intelligente e affascinante.
Ma questo non glielo dico, continuando a tenere su la maschera dell’offesa quando in realtà mi è passata il secondo dopo che l'ho visto.
Non che non sia ancora delusa e tremendamente infastidita dal suo comportamento, ma non posso farci nulla: lui ha un effetto incredibile su di me. Solo… è così.

Non so come o cosa faccia, ma riesce a farmi passare il nervoso e l’arrabbiatura in poco tempo.

E questo non fa che ricordarmi ancora di più il fatto che forse dovrei pormi delle domande importanti.

- Ti piace sempre il gelato, vero?- cambia repentinamente discorso, facendo oscillare davanti al mio naso un sacchetto verde con un sgargiante logo di una gelateria.
La mia gelateria preferita per di più, allargo sorpresa gli occhi.
Ed è davvero difficile non cedere, come mi sono imposta, davanti ad una implicita ammissione di scuse. Forse è impossibile.

Perché è così, è il suo modo un po’ contorto per dirmi che gli dispiace e decisamente ha più effetto che dirlo a parole su di me. Ma tutto ciò che fa ha effetto amplificato su di me, in effetti.
- Che gusti?- chiedo cercando di non risultare troppo curiosa e smaniosa di avere entrambi, lui e il gelato. Possibilmente insieme in un letto magari, mi mordo maliziosamente le labbra mentre l’immagine voluttuosa e attraente di noi nudi in un letto che mangiamo il gelato si delinea nella mia testa.
E il brivido di eccitazione è insopprimibile a questa visione.
- Secondo te?- ribatte lui con un sorriso vittorioso per aver attirato finalmente la mia attenzione, inclinando lievemente il viso verso destra.

Non smette però neanche un secondo di guardarmi mentre io continuo ad evitare, invece, un contatto troppo lungo e diretto con i suoi occhi consapevole dell'effetto che mi fanno.

- Stracciatella?- domando interessata pregustandone già il sapore.

- No, ritenta e sarai più fortunata - mi sorride divertito.

Pensierosa, mi mordo le labbra pensandoci fino a quando un'illuminazione improvvisa mi balena in testa.
- Cocco e cioccolato?- gli chiedo sorpresa, anche se più che una domanda sembra un’affermazione.
Ed è quasi paradossale e ironico che questo tipo di gelato si chiami proprio
vortice. È quasi beffardo che richiami quello stesso vortice in cui sprofondo ogniqualvolta c'è lui. Lo stesso che mi avvolge spietatamente anche adesso.
Il suo sorriso si amplia maggiormente, accentuandosi e assumendo una sfumatura più dolce, morbida.
Forse sta pensando la stessa cosa che sto pensando io.

La mia mente mi ripropone quasi istantaneamente l’immagine di noi in una apparentemente anonima gelateria di Atlanta.

È stata una delle nostre prime uscite, lui all’epoca era ancora fidanzato.

L'invito era capitato per caso, in una anonima pausa fra una ripresa e l'altra lui se ne era uscito con questa improvvisata e io avevo accettato senza tanti giri di parole.

Avere la possibilità di passare altro tempo con lui e mangiare uno dei miei cibi preferiti mi era sembrato una delle cose più piacevoli in quel momento e avevo così accettato.

Eravamo stati talmente bene che l'uscita si era ripetuto qualche giorno dopo, trasformandosi però in un pranzo.

Forse quello è stato l'inizio vero e proprio della nostra frequentazione, dal momento che da lì in poi il nostro rapporto si è approfondito.

Mi sorprende il fatto che se ne sia ricordato, non me lo aspettavo.
- Sta volta però ho preso direttamente la vaschetta – afferma rompendo il flusso contorto e non molto coerente dei miei pensieri.
Compie poi un passo verso di me, entrando di fatto nella stanza con una semplice falcata.
Sorrido, dimenticandomi del nervosismo, della delusione e di tutto il resto. Mi lascio assorbire solo da lui, dal suo sorriso, dal suo profumo. E il
vortice ancora una volta mi .
Lo guardo negli occhi, ricambiando uno sguardo imperscrutabile e mi accorgo che alcuni suoi comportamenti non riesco proprio a decifrarli. Un secondo prima è allegro quello dopo no. Fa come se non gliene importasse nulla di me e di quello che è successo e poi si ricorda particolari che non pensavo si ricordasse. A volte è un completo rebus per me.
Inclina il viso verso di me, abbassandolo alla mia altezza ma senza far scontrare le nostre labbra e lasciandomi quindi fremere in attesa di quel contatto.
Percepisco il suo respiro infrangersi placido contro la mia guancia, caldo me la solletica in una carezza invisibile e appena percepibile.
Alzo nuovamente lo sguardo, spostandolo a fatica dalle sue labbra, dove si era focalizzato, e scontrandolo con il suo. Restiamo a guardarci per qualche secondo, senza muoverci o toccarci.
È lui a rompere questo equilibrio fatto di occhiate e respiri che si mischiano, mettendo una mano sul mio fianco e avvicinandosi ulteriormente.
I nostri toraci si sfregano in una leggera, piacevole frizione mentre la distanza fra le nostre labbra si dimezza ulteriormente.

E non resisto più.
Mi alzo sulle punte, appoggiando una mano sulla sua spalle e facendole scontrare finalmente.
E la sensazione di sollievo e appagamento è impagabile. Mi era mancato tremendamente il suo sapore sulle labbra, ne ero in astinenza.
La solita insaziabile voracità che ha caratterizzato quasi ogni nostro precedente bacio lo vela fin da subito, portandoci ad approfondire il contatto.

Forse gli sono mancata anche io, sorrido quasi .
Sospiro contro le sue labbra mentre riprendiamo respiro, le guance che bruciano e il cuore che scalpita nel mio petto.
Ritorniamo a baciarci l’attimo dopo, la mia mano affondata fra i suoi capelli e un suo braccio che scivola languido intorno alla mia vita, tirandomi più vicina.
Artiglio la stoffa sottile della sua maglietta, stropicciandola fra le dita mentre l’impellente bisogna di averlo torna a farsi prepotentemente vivo.
È un bisogno ancestrale quasi, il desiderio mi brucia sulla pelle talmente è intenso e tutto il resto cade velocemente del dimenticatoio.

Il nervoso, la frustrazione e la stanchezza si volatilizzano in un secondo.
Le ultime cose che sento, mentre mi spinge impaziente sul letto, sono il rumore della porta che si chiude e il suono del sacchetto che cade inerme sulla moquette.

E poi sprofondo semplicemente nel vortice.




NOTE
Salve!! Come va? Eccomi qui con un nuovo capitolo, abbiamo raggiunto la cifra doppia!
1- Allora questo capitolo si intitola “Vortice” e come avete notato è un concetto che torna più volte nel capitolo.
All'inizio ci si riferisce ad un vortice più fisico, passionale, nella parte centrale al vortice dei pensieri e, alla fine, ad un vortice più sentimentale, un misto tra fisico e mentale.
E poi beh si riferisce anche ad un gelato, che esiste davvero! Spero non sia considerata pubblicità occulta questa!

2- Ci ho messo meno dell'altra volta a pubblicare il capitolo, ma sono comunque in ritardo e mi scuso per questo. In realtà era già pronto sabato ma la mia connessione ha deciso di abbandonarmi e sono riuscita a pubblicarlo solo ora. Il prossimo capitolo non so quando sarà pronto, è ancora interamente da scrivere e mi prenderò un paio di giorni di riposo perché ne ho proprio bisogno! Magari scriverò qualcosa di altro o scriverò un capitolo di un’altra ff (delena)
Spero di non farvi aspettare comunque troppo.

3- Io e una mia amica ( si purtroppo la mia socia è Donnie, ma la convertirò!) abbiamo aperto un blog in cui troverete le nostre storie ( non solo ff ma anche storie originali), curiosità e aggiornamenti sulle storie da noi scritte e molto altro. C'è anche una piccola chat in cui potete lasciare un commento senza registrarvi. Vi lascio il  Link blog

4- Forse questo è un capitolo un po' di transizione, non succede nulla di eclatante o di sconvolgente per gli equilibri createsi. Diciamo che serve a gettare le basi per i capitoli futuri.

La domanda che cosa siamo è stata un po’ un input per l’evolversi della storia nei prossimi capitoli, da questo partiranno tutta una serie di eventi ma non anticipo nulla!

5-Allora, devo delle scuse ad una persona importante e, anche se gliel'ho già fatte circa un centinaio di volte, le voglio rifare pubblicamente per fargli capire quanto mi dispiaccia di non aver mantenuto fede ad una promessa fatta. So che ci tenevi e mi spiace davvero tanto. Doveva essere un “regalo” di compleanno e sono arrivata in ritardo e mi spiace moltissimo anche di questo.
Quindi questo capitolo è dedicato a te, la mia persona speciale (perchè si lo sei anche se Jovanotti dice “non ci credere quando ti dicono che sei speciale”).

Ho anche scelto un numero dispari di proposito, perchè so che ti piacciono di più di quelli pari.
E grazie poi, come sempre, per avermi sopportato, spronato e ascoltato.

6- Questo è il capitolo numero 10 e siamo arrivati alla cifra doppia!

Sono sorpresa perchè quando ho iniziato a scrivere questa storia non so se sarebbe durata o no. Vorrei quindi ringraziare tutti coloro che mi hanno seguito fin qui dall'inizio e chi si è aggiunto in corsa, supportato e sopportato e chi mi legge ogni volta o lascia un commento. Grazie!

7- La mia creatrice di video (ninandian2) ha fatto un video sullo scorso capitolo, dateci un’occhiata perchè è molto carino. E grazie Ali per averlo fatto!! VIDEO TRAILER CAPITOLO 9 



Ok, direi che non c’è altro da dire. Spero che vi sia piaciuto il capitolo e troverete le risposte alle recensioni al più presto.

Baciotti, Live in Love.


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Capitolo 11
*** Slam ***


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 Note: nel corso del capitolo troverete l'espressione "Slam" presa in prestito dal gergo dei fumetti e che indica una porta che sbatte. Buona lettura!

 

 

 

CAPITOLO 11

 

SLAM

 

 

Prendo un respiro profondo e chiudo gli occhi per qualche secondo, alla ricerca della giusta concentrazione mentale che solo il buio delle mie palpebre mi consente.

L'attimo dopo chiudo anche il copione, appoggiandolo delicatamente sulle mie gambe e sentendomi finalmente pronta a ripetere le battute nel modo corretto.

Schiudo allora le labbra permettendo all'aria, modulata, di uscire e diventare parole.

Recito in modo sciolto le prime battute, concedendomi anche di aggiustare l'espressione. Tuttavia, mi blocco inevitabilmente a metà della frase successiva, percependo l'incertezza pervadermi nel constatare che non so assolutamente come continuarla.

Rimango semplicemente con le labbra dischiuse e gli occhi puntati davanti a me, non vedendo realmente ciò che ho davanti e non sapendo cosa dire mentre la mia mente si svuota totalmente e all'istante. Improvvisamente non mi invia più alcun impulso, rimanendo inesorabilmente inerme. Mi sento terribilmente simile ad un pesce d'acqua dolce in questo momento, penso aprendo e chiudendo la bocca un paio di volte.

E' come se fossero bloccate, censurate dalla mia stessa testa che si rifiuta di impararle.

Dannazione.

Mi mordo le labbra, cercando di fare mente locale e  ricordarmi quel maledetto pezzo che non vuole proprio saperne di entrarmi in testa.

E' da un'infinità di minuti che ci provo senza concludere nulla.

Riprovo ancora, un'ultima volta, ripetendole tutte dall'inizio. Magari così avrò un filone logico e la mia memoria si deciderà a collaborare. Foglio per foglio scorrono veloci e sciolte, ma, quando arrivo a quel benedetto punto, mi fermo come tutte le volte precedenti.

Non passa neanche infatti un secondo che mi accorgo che di nuovo non mi sta rimanendo nulla in testa se non il vuoto più totale. Mi ritrovo così a chiedermi come sia possibile che non mi ricordi niente visto tutte le volte che, ormai, le ho ripetute. Davvero troppe ed estenuanti. Sospiro, spostando lo sguardo sulle mie dita che nervose e agitate stropicciano l'angolo del foglio in alto a destra.

Manca meno di un ora all'inizio delle riprese e io ancora non so completamente le battute. Mi toccherà improvvisare, sospiro stringendomi corrucciata tra le spalle. O peggio, fare scena muta.

Lo liscio, tentando di stirare le pieghe che io stessa ho creato finendo, però, per tornare a spiegazzarlo con nervosismo l'attimo dopo. Forse sto semplicemente sbagliando metodo, magari leggendo ad alta voce mi entrerà finalmente in testa. In fondo è scientificamente testato che si impara di più così, no?

Sono distratta e poco concentrata. E' questa la verità, c'è poco da fare.

Sei distratta da lui, subito mi ricorda sibillina una voce acuta e petulante nella mia testa innervosendomi ancora di più. La zittisco con un sonoro sbuffo che mi gonfia le guance, scacciandola e non badandoci più di tanto. Mi distrae già indirettamente figuriamoci se mi metto anche a pensarlo volontariamente. Mi inumidisco poi le labbra, rifocalizzando l'attenzione sul copione.

- Damon entra nella stanza...- inizio a leggere ad alta voce ben decisa a tentare ancora una volta, portandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

Mi blocco,  però, l'attimo dopo mentre il mio cervello associa simultaneamente un volto al personaggio che ho appena citato. Un paio di occhi azzurri, soprattutto, si proiettano nitidi nella mia mente, sorprendentemente azzurri e ipnotici, guardandomi maliziosi e stordendomi come ogni volta che li incrocio.

Mi mordo il labbro inferiore, torturandolo con i denti, mentre un'ondata di piacevole calore mi pervade al solo pensarlo. E mi rendo conto che non riesco fare a meno di pensare a lui.

- Al diavolo, improvviserò - dico lasciando cadere il plico di fogli sul divano, che si apre quasi a ventaglio.

E tutta la mia determinazione e la mia buona volontà va a farsi friggere grazie ad un paio di occhi azzurri e uno sguardo maliziosamente invitante. Li guardo torvamente fulminandoli con lo sguardo neanche fossero persone in carne ossa invece che semplici e ostili fogli, spiegazzati e abbandonati poco lontano da me.

Incrocio poi le braccia al seno, nervosa e irritata dalla situazione in cui mi trovo. E non è solo colpa del copione, purtroppo.

Non è, infatti, semplicemente questo a infastidirmi, un paio di battute che non riesco a imparare. Oh no.

La verità è un'altra, che più sottilmente ne nasconde un'altra ancora al suo interno. Come le scatole cinesi, un problema ne contiene sempre un altro. Non sono solamente distratta, sono distratta da lui.

Cosa decisamente diversa visto come assorbe ogni mio pensiero e tutta la mia attenzione.

Non sono le solite riflessioni, i dubbi infondati e le insicurezze.

Sono domande che mi frullano in testa e a cui non riesco a dare delle risposte rassicuranti. Eppure sembrano così facili, semplici, e, invece, le risposte sono l'opposto, criptiche e difficili.

Allungo le gambe davanti a me, distendendole placidamente e cercando di rilassarmi mentre sprofondo nei miei pensieri, abbandonando del tutto l'idea di prepararmi in modo almeno decente per il lavoro.

Il suo comportamento non me ne da, sospiro torturando il bordo del mio maglione blu scuro.

Ha un atteggiamento ambiguo, quasi bipolare. Un secondo prima è di buon umore e scherza con me, quello dopo non  mi calcola di striscio tenendomi a distanza e parlandomi solo il minimo necessario.

Lo ha fatto di nuovo anche ieri sera sul set. Mentre eravamo nel corridoio, deserto vista l'ora, ha scherzato prendendomi in giro e siamo finiti persino a flirtare. Non appena invece abbiamo messo piede sul set si è subito allontanato con la prima scusa, cambiando immediatamente registro.

Che abbia un bipolarismo alla dottor Jackie e Mr Hide? Mi domando, scoppiando quasi a ridere a questo assurdo pensiero.

Con ancora un sorriso leggero sulle labbra torno a immergermi tra i miei nebbiosi pensieri, sprofondandovi totalmente.

La mia mente mi ripropone tutti i suoi comportamenti, snocciolandoli e ripresentandomeli uno ad uno.

Sono passate ben due settimane ormai dalla prima volta che siamo stati insieme. Due settimane in cui ha avuto un atteggiamento davvero ambiguo. Caldo e freddo.

Ci siamo visti in ogni attimo libero, finendo per rotolarci tra le lenzuola dopo poco.

E anche nei camerini, mi mordo le labbra ricordandomi di qualche giorno fa quando, in una pausa tra una ripresa e l'altra mi ha trascinato nella prima stanza vuota che gli è capitata sottomano.

Un velo di amarezza vela quel ricordo, però,  mentre mi ricordo anche di come dopo sul set mi ha praticamente ignorato. Di nuovo.

Non è infatti la prima volta che succede, tutt'altro.

Onestamente pensavo che dopo quella sera e quelle scuse nascoste dietro uno squisito gelato avesse capito. E invece no.

Continua ad essere con me una persona e in pubblico un'altra, diversa e abbastanza distante. Niente più occhiate di intesa o sorrisi complici, per non parlare degli abbracci o degli sfioramenti casuali che si sono praticamente azzerati.

Si limita ad un comportamento normale, quasi lavorativo. E io non ne comprendo davvero il motivo.

Inizialmente pensavo di aver fatto indirettamente qualcosa che lo avesse infastidito, ma col passare dei giorni ho poi capito che non era così.

A questo punto mi chiedo se è davvero un bravo attore o se semplicemente non ci vede nulla di più in questo rapporto, fatto di sesso e comportamenti ambigui.

Un'improvvisa morsa fastidiosa mi stringe lo stomaco a questa possibilità, infastidendomi e infondendomi un senso di acuto sconforto.

Sospiro, portandomi dietro l'orecchio un ciuffo di capelli.

E poi c'è la domanda di Candice. Continua a vorticarmi in testa, combinandosi con possibili risposte confuse e disorganiche che non fanno altro che aumentare il mio senso di nervosismo. Che è decisamente fin troppo. Una smorfia stende le mie labbra, arricciandole in una sorta di broncio contrariato.

Che cosa siamo? Mi chiedo per la milionesima volta, non riuscendo a togliermela dalla testa.

Più ci provo meno ci riesco.

Ho passato interi giorni a chiedermelo. Inizialmente l'avevo accantonata, convinta semplicemente che sarebbe mutato in qualche modo il suo atteggiamento dopo quella sera e, di conseguenza, anche il nostro rapporto. Era logico e naturale pensarlo, infondo. Invece non è stato così, i giorni passavano inesorabilmente e lui continuava a mostrare due facce della stessa medaglia.

Lentamente si è insinuato allora un dubbio più profondo, radicandosi nelle mie insicurezze che erano però comprovate dai fatti questa volta. Non sono io che mi faccio dei film o delle paranoie inesistenti come al solito, c'è davvero qualcosa  che non va. Non è un comportamento normale, da Ian.

Non ho pensato solo al suo comportamento e cosa vede lui in noi, ma anche a cosa ci vedo io. Magari era semplicemente quello il problema, quel senso di vuoto scaturito da una mancata risposta. Ci avevo riflettuto attentamente allora.

I primi albori della convinzione che non volevo un semplice rapporto di amici di letto si era affacciata, prendendo sempre più vigore e trasformandosi in una certezza vera e propria.

Mi stringo nelle spalle rendendomi sempre più conto che non lo voglio davvero. Non mi basta.

Si era radicato così in profondità fin quasi a corrodermi, comportando una sequela infinita di domande.

Io una risposta me la sono data, lui avrà fatto lo stesso?

Si sarà posto la mia stessa domanda? O forse non gli importa e il suo atteggiamento ne è un chiarissimo segnale?Infondo cosa c'è di più diretto di un comportamento per farlo capire? Va dritto al punto,  non lascia fraintendimenti e non ha neanche bisogno di spiegazioni.

Che cosa siamo per lui? Io che cosa sono per lui? Sprofondo nell'imbottitura del divano con un sospiro stanco, sentendo tutto il peso di queste domande sulle spalle.

Sono tutti quesiti irrisolvibili, senza una risposta precisa che le annulli definitivamente. Sono dannatamente snervanti.

Ci sono troppe possibilità, molte soluzioni che potrebbero rendermi felice o l'opposto.

Sbuffo, chiudendo per un secondo gli occhi mentre mi ripeto di stare tranquilla. Cosa che sembra davvero impossibile. Mi sento tesa e nervosa, un misto di sconforto e irritazione ineguagliabile.

La stessa identica sensazione che mi pervade spietata quando noto il suo comportamento distaccato e freddo.

Devo pensare alle battute ora, svuotare la mente e imparare quella maledetta frase.

Non posso mettere il lavoro in secondo piano, devo essere professionale.

Professionale, mi ripeto scandendo le parole come a convincermene del tutto.

Ok, svuota la testa e stai tranquilla Nina.

Purtroppo, però, i pensieri non se ne vanno, le domande rimangono sempre li subdolamente in agguato ad ostacolarmi quasi volontariamente.

Evidentemente pensare troppo fa venire sete, noto l'attimo dopo percependo la gola asciutta che reclama acqua.

Pigramente mi alzo, avvicinandomi alla piccola scrivania in legno chiaro nell'angolo su cui ho ammassato la borsa, dei fogli e tanta altra roba.

Chissà perché non riesco mai a tenere in ordine il mio camerino, noto distrattamente mentre mi lego i capelli in una coda precaria.

Prendo poi la bottiglietta d'acqua mezza vuota e la apro con una torsione lieve del polso.

Ne prendo un piccolo sorso, cercando di concentrarmi e svuotare la mente del tutto la mente da ogni cosa.

La riposo e porto poi una mano sul mio collo, massaggiandolo lievemente e tentando di sciogliere i nervi accavallati per la tensione e la postura. Ci mancava giusto il male al collo.

Socchiudo gli occhi, appoggiando i fianchi contro il bordo della scrivania

Ed è proprio quando mi sembra di aver trovato quel briciolo di concentrazione che mi serve per farmi entrare in testa finalmente queste dannate battute che la persona per antonomasia che mi distrae mi compare davanti. O meglio alle spalle.

- Vuoi un massaggio?- la sua voce suadente e bassa mi arriva nitida e vicina, assomigliando più a una decisa affermazione che ad una domanda vera e propria e rompendo il silenzio.

Sobbalzo leggermente, riconoscendolo subito dal solo timbro della voce.

Ian.

- Lo sai che sono bravo - mormora malizioso alludendo a tutte le volte che le sue dita mi hanno accarezzato. Anche se non lo vedo so che sta sorridendo, stendendo le labbra in quel mezzo ghigno che lo contraddistingue.

E che mi provoca inesorabilmente le palpitazioni.

Non l'ho sentito arrivare, noto deglutendo mentre il mio cuore incomincia a pompare il sangue più velocemente e il mio battito si trasforma in una corsa sfrenata e aritmica.

E' vicino come suono, troppo, facendomi intendere che è davvero in prossimità del mio corpo.

Trattengo il respiro, percependo il nervosismo dettato dall'irritazione abbandonarmi e lasciare il posto ad un fremito dettato dall'attesa. Perché è questa la cosa assurda, è lui a causarmi il nervoso ed è l'unico che me lo fa passare con la sua sola presenza. E' assurdamente stupefacente.

Istintivamente raddrizzo la schiena, il corpo che si tende automaticamente quando lui è nelle vicinanze in una sorta di vogliosa allerta.

Forse basterebbe semplicemente un lieve sbilanciamento all'indietro, un'arcuatura della schiena per toccarlo come mi fa notare il calore del suo corpo appena percepibile, ma che arriva distinto, scaldandomi. O forse è la sua stessa presenza a scaldarmi.

E' come se il mio corpo lo riconoscesse, presentando i consueti "sintomi".

I brividi per la schiena, le palpitazioni e quel senso di qualcosa che si scioglie alla bocca dello stomaco e che mi fa ineluttabilmente fremere.

Per non parlare di quando mi tocca, mi mordo le labbra continuando a non voltarmi e dargli le spalle.

Le sue mani si posano sulle mie spalle qualche secondo dopo con una lieve pressione.

Calde, mi toccano e  mi massaggiano lentamente nel tentativo di sciogliermi le contratture.

Il mio corpo si tende ancora di più sotto il suo delizioso tocco, anelandole subito uno più diretto.

Con le dita solletica la porzione di pelle sensibile lasciata scoperta dallo scollo rotondo della mia maglia, continuando a massaggiarmi.

- Sei tesa - sussurra sorpreso constatando l'ovvietà portandomi ad annuire lievemente.

La sua voce mi arriva ancora più vicina, nitida e sensuale all'orecchio facendomi rabbrividire.

Eccoli qui i famosi brividi e le consuete farfalle nello stomaco, non posso fare a meno di sospirare mentre le sento arrivare.

Il suo respiro che lento e cadenzato continua a infrangersi sensuale contro di me poi non mi aiuta di certo a darmi una calmata.

Socchiudo gli occhi, chiudendoli quasi del tutto mentre mi beo di questo contatto sentendo tutti i miei nervi rilassarsi sotto il suo tocco leggero e vellutato.

E dannatamente erotico. Come fa un tocco ad essere allo stesso tempo rilassante e sensuale?Non lo so, ma anche il più casto dei suoi gesti nasconde un'eroticità insita e implicita.

Del tutto istintivamente muovo un passo indietro, alla ricerca di un contatto maggiore con il suo corpo, facendo scontrare la mia schiena contro il suo petto. Mi rilasso contro di lui mentre continua a massaggiare la pelle delicata del mio collo.

L'ormai familiare formicolio al basso ventre si presenta, portandomi a sfregare leggermente le cosce tra loro e inarcarmi contro di lui.

Il momento viene, però, interrotto l'attimo dopo, quando una voce divertita e ilare rompe il silenzio e una figura compare sull'uscio della porta.

- Ehi piccioncini!- esordisce Paul, palesandosi sulla porta accompagnando le sue parole ad un leggero bussare delle nocche contro il legno.

Colta di sorpresa mi giro di scatto, finendo per scontrare la bottiglia con il braccio e facendola cadere per terra, fortunatamente chiusa.

Lui aggrotta le sopracciglia non appena nota come siamo messi, terribilmente vicini e intimi. Di certo le mie guance rosse e l'espressione colpevole stampata in faccia devono avvalorare quello che sta pensando, che non è difficile da intuire.

- Che c'è?- mormoro con la voce leggermente spezzata, che fatica a uscire.

- Ci aspettano sul set- dice in risposta ai miei occhi spalancati con un'espressione ovvia accompagnata da un sorriso un po' imbarazzato.

Sospiro, annuendo e  soffiando l'aria tremolante tra le labbra mentre mi rendo conto che siamo sempre perennemente interrotti. Tuttavia, è ben altro ad attirare la mia attenzione l'attimo dopo.

Ian quasi sobbalza a questo breve scambio di parole, irrigidendosi all'improvviso e senza alcuna spiegazione coerente. Percepisco distintamente il suo corpo tendersi inconsuetamente nervoso come una corda di violino. Come se tutto questo non bastasse a stranirmi, lui si allontana di un paio di passi qualche secondo dopo prendendo le dovute distanze da me.

Un freddo senso di vuoto mi pervade subito insieme ad una punta di nervosismo che mi porta ad assottigliare leggermente gli occhi  e fissarlo corrucciata. Eccolo qui il comportamento da bipolare, noto non potendo fare a meno di tendere le mie labbra in una smorfia infastidita. E si, anche un po' ferita.

Si, c'è decisamente qualcosa che non va. Non è un modo di fare normale. Non si è mai fatto problemi a toccarmi o starmi vicino in presenza di Paul. E' assolutamente una reazione fuori luogo, esagerata.

Non dico nulla, lasciando che un pesante silenzio cada nella stanza Mi limito a fissarlo silenziosamente, cercando di capire cos'ha e sperando intimamente che alzi gli occhi su di me e mi guardi. Invece non lo fa, continuando a puntare ostinatamente lo sguardo nella direzione opposta alla mia e privandomi così della possibilità di capire qualcosa in più proprio da quello.                   Mi sta evitando.

- Mi dispiace interrompervi, ma il grande capo mi ha mandato a chiamarvi – ci dice riferendosi a Julie ed esibendo un sorriso un po' imbarazzato, che assomiglia terribilmente a quelli di circostanza.

Forse si sente a disagio per averci interrotto, noto silenziosamente continuando a non staccare gli occhi dalla figura contratta di Ian.

Distoglie poi lo sguardo da noi, dischiudendo le labbra per parlare ancora, ma Ian non gliene da tempo, infliggendomi una stilettata spietata.

- Non hai interrotto nulla – ribatte lui con un tono deciso e non so se è solo frutto del mio subconscio ferito, ma mi sembra che abbia calcato dolorosamente su nulla.

Quella parola mi rimbomba in testa in un eco infinito, provocandomi una sensazione dolorosa alla bocca dello stomaco che mi opprime.

E ancora una volta le sue parole pesano, gravandomi addosso e innervosendomi inverosimilmente.

Nulla, penso amara ripetendo le sue stesse parole.

Arrabbiata e delusa lo guardo male, ma lui non mi da neanche la possibilità di sfogarmi con un'occhiataccia continuando a non guardarmi. E l'irritazione divampa, aumentando ancora.

La cosa che mi fa innervosire davvero è che non siamo ad una premier 0o in pubblico, ma davanti ad un nostro amico che ha visto comportamenti molto più intimi di un semplice massaggio.

Ci ha persino visto dormire insieme, direi che di certo non si scandalizza per un mezzo abbraccio.

Ian compie un altro passo lontano da me, recuperando la giacca dal divano e di cui non mi ero accorta.

Rigido come un pezzo di marmo si ferma poi poco lontano da Paul, pronto ad uscire ed andarsene. Se crede che lo lascerò sfuggire ancora dopo un comportamento del genere si sbaglia di grosso. Sono decisamente al limite, non mi sta più bene. Voglio una spiegazione. Ne ho bisogno.

Perché fa così? Mi chiedo per l'ennesima volta non capendolo e non capacitandone.

Davvero non lo comprendo.

 

- Quindi smettetela di tubare e venite- ride prendendoci bonariamente in giro e cercando probabilmente di sciogliere la tensione che si percepisce nell'aria.

Nessuno dei due ride o risponde alla sua battuta, tanto meno Ian che evita di scherzare come fa di solito, ribattendo ironico con una frecciatina divertente.

Cala semplicemente il silenzio, di nuovo,  che appesantisce l'atmosfera rendendola tesa e opprimente.

Paul aggrotta confuso le sopracciglia, non capendo il perché di questa tensione nervosa mentre alterna lo sguardo tra di noi. Non l'ho capita neanche io in verità.

Poi mi sorride lievemente, capendo che non tira una buona aria e che vogliamo rimanere da soli.

Ricambio il suo sorriso stendendo le labbra in una smorfia forzata e tesa, per nulla naturale. Il mio sguardo si posa su Ian, di nuovo, lontano da me e dolorosamente rigido.

Lui non mi guarda, tenendo gli occhi ostinatamente lontani dai miei e puntati contro la parete opposta. E il mio istinto mi porta a pensare che lo sta facendo volontariamente,

- Ehm... io vado, vi aspetto sul set- mormora Paul, grattandosi la nuca con una mano e intuendo che qualcosa non va.

Annuisco, sorridendogli debolmente mentre Ian lo saluta con un vago cenno del capo.

- Si, arrivo subito-

E in meno di un secondo esce dalla porta da cui è entrato neanche qualche minuto fa, chiudendosela alle spalle e restituendoci un minimo di intimità.

Mi volto verso Ian, caparbiamente decisa a capire cosa non va.

Lui non si avvicina, rimanendo sempre a qualche passo di distanza da me e costringendomi compiere il primo passo.

- C'è qualcosa che non va?- gli domando diretta, senza tanti giri di parole guardandolo attentamente.

- No – ribatte freddo e con un tono incolore, non muovendo un muscolo.

- Sicuro?- aggrotto le sopracciglia, scrutandolo con cautela nel tentativo di capire se è davvero così.

Lo squadro cercando di decifrare la sua espressione, che risulta però imperscrutabile e illeggibile.

- Non è che se me lo chiedi più di una volta la risposta cambia- ribatte velenosamente lanciandomi un'occhiata glaciale.

Un'ondata di caldo nervoso mi travolge, facendomi avvampare e arrossandomi le guance.

Mi mordo l'interno della guancia per non ribattere acidamente che potrebbe anche starci visto che fra i due è lui quello bipolare. Ma non lo dico rimanendo semplicemente in silenzio.

Lui non dice nulla, rimanendo chiuso nel suo mutismo.

- Ian - lo chiamo sbuffando, pronta a parlare e chiedergli il perché di questo comportamento assurdo ed esasperante.

- E' tardi- ribatte lui in risposta, continuando a non guardarmi negli occhi e ad essere rigido. - Ci aspettano-

Non mi ha neanche lasciato parlare, espiro violentemente l'aria tra i denti percependo l'irritazione montare a spirale dentro di me.

E l'arrabbiatura si riversa a fiotti nelle mie vene, irritandomi ed eliminando qualsiasi freno alle mie parole, che scappano dalle mie labbra dischiuse.

- Ah, ora sei diventato improvvisamente promotore della puntualità? Non mi sembrava ti interessasse molto- soffio tagliente riferendomi a tutte le volte che mi ha fatto arrivare in ritardo.

Davvero molte in queste ultime settimane. Ormai non mi dicono neanche più nulla sul set, limitandosi semplicemente ad aspettarmi.

- Scusa?- il suo sopracciglio scuro saetta pericolosamente verso l'alto, inarcandosi mentre mi inchioda con un occhiata inquisitrice.

- Non ti fai tutti questi problemi quando mi devi scopare nella doccia- sibilo arrabbiata ed inverosimilmente irritata dal suo comportamento, assottigliando gli occhi e trucidandolo con lo sguardo.

- Al contrario tuo io ci tengo alla mia professionalità- sibila duro e freddo, trafiggendomi con le sue parole.

In credula sbarro gli occhi, mentre il nervoso arriva a livelli così impensabili da togliermi ogni replica, lasciandomi muta. Mi ha appena detto che non sono professionale.

Ma chi diavolo si crede di essere?Penso furente e punta nel vivo. Come si permette!

Senza dire altro si muove sotto i miei occhi sbalorditi, uscendo dal mio camerino con la stessa velocità con cui è entrato e sbattendosi violentemente la porta alle spalle.

E rimane solo il rumore della porta del mio camerino che sbatte violentemente, che mi echeggia nelle orecchie e che si mischia al mio nervosismo.

 

Slam.

 

 

 

 

************

 

 

 

"Il bel tenebroso Ian Somerhalder, attore di successo della serie televisiva The Vampire Diaries, sembra aver rotto la storia con la sua ex fidanzata, Megan Auld, conosciuta qualche anno prima. Le fans di tutto il mondo sono curiose ora di sapere se ha già fatto conquiste il bell'Ian o se qualcuna ha già rapito il suo cuore. "

 

 

Colta da un insopprimibile moto di stizza e nervoso chiudo con un gesto secco il giornale di gossip che ho fra le mani, interrompendone bruscamente la lettura.

Giustamente il bel tenebroso mi tormenta e mi perseguita anche quando non c'è, sbuffo torva e scura in volto.

E meno male che avevo deciso di dare un'occhiata a quel giornalino per teenager dal bassissimo profilo culturale proprio per distrarmi e non pensare a nulla, non accorgendomi della sua faccia stampata in bella mostra sulla copertina e del titolo a caratteri fluorescenti e cubitali. Infondo in qualche modo dovevo pur ingannare l'attesa.

Lo avevo sfogliato distratta e annoiata, vagando tra una dieta dimagrante a base di uva e un test sulla coppia fino ad arrivare a metà giornale, dove una foto di Ian campeggiava occupando quasi tutta la pagina. E la curiosità aveva prevalso su tutto il resto.

E' uno dei soliti articoli, in cui attribuiscono presunti flirt e storie mancate ma come non mai mi ha innervosito e irritato.

Le fans di tutto il mondo sono curiose ora di sapere se qualcuna ha già rapito il suo cuore, scimmiotto nella mia testa parte di quell'articolo deridendolo e prendendolo in giro, sperando intimamente che almeno questo mi faccia stare meglio e allenti la presa che mi stringe lo stomaco.

Lancio un'occhiataccia alla rivista, allontanandola ancora da me come se la sua sola vicinanza potesse innervosirmi maggiormente. Incrocio poi le braccia al petto mentre il mio flusso di pensieri stizziti e nervosi è interrotto l'attimo dopo da un turbinio di capelli biondi e da un'ondata di profumo femminile. Chanel.

- Non sapevo ti interessassi al gossip – ridacchia una voce acuta e divertita, attraversata da una nota affettuosamente ironica, che conosco fin troppo bene.

Alzo lo sguardo scuro trovando la figura slanciata e sgargiante di Candice in piedi di fianco a me che mi guarda attenta.

- Anzi, visto il soggetto in copertina mi stupisco che tu non l'abbia ancora infilzato con gli stuzzicadenti - afferma tra il serio e il divertito, lanciando un'occhiata significativa al giornale appoggiato poco lontano da lei.

Assottiglio gli occhi innervosita dalla sua sola presenza, anche se staticamente impressa su un giornale.

Ovunque vada, qualsiasi cosa faccia lui è sempre presente.

- Si era il prossimo passo dopo gli insulti mentali in effetti- bofonchio facendola ridacchiare mentre si sfila il cappotto rosso e lo appoggia accuratamente sulla sedia alla sua sinistra, su cui è presente anche la mia borsa. - Grazie del consiglio-

Si siede di fronte a me l'attimo seguente, sfregando le mani tra di loro per scaldarle mentre punta gli occhi azzurro cielo su di me.

E' in arrivo la seconda parte di interrogatorio, mi dico riconoscendo quello sguardo furbetto a cui mi sottopone quando è in procinto di massacrarmi con una sfilza infinita di domande.

Mi lancia infatti un'occhiata attenta, squadrandomi. Arriccia poi leggermente le labbra alzando l'angolo sinistro della bocca verso l'alto stendendole in una smorfia contrariata mentre intanto aggrotta le sopracciglia.

- Dall'umore nero, il cipiglio da " non avvicinatevi che mordo" e lo sguardo assassino, suppongo tu sia ancora arrabbiata- sentenzia alla fine della sua accurata analisi, appoggiando il mento al palmo della mano e continuando a guardarmi scrutatrice.

Ecco che inizia.

Incasso la testa fra le spalle, distogliendo istintivamente lo sguardo dal suo e puntandolo sul cielo cupo e grigio che la vetrata mi permette di intravedere.

E' scurito, con sfumature quasi metalliche e argentee preannunciando pioggia imminente. E io non ho l'ombrello.

Proprio come i suoi occhi quando sono cupi e intorbiditi dal desiderio. Il respiro mi si ferma in gola e la morsa che mi stringe lo stomaco aumenta togliendomi quel poco di appetito che già avevo.

- Si - soffio con un sospiro appena udibile, che probabilmente si perde nel brusio del locale.

- Ho anche il ciclo- aggiungo con un'evidente smorfia infastidita che la fa ridacchiare.

- Non ti manca niente allora-

- Il mio umore non potrebbe essere più nero di così-

- Vampire Barbie deve entrare in azione e fare una strage?- scherza cercando di strapparmi un sorriso e stranamente ci riesce, facendomi ridacchiare leggermente.

Sorriso che scompare però l'attimo dopo, sostituito da una smorfia cupa che mi adombra il volto non appena mi ricordo del motivo principale che mi rende così scorbutica. La mia mente non perde occasione di ripropormi in sequenza tutte le cose che ci siamo detti culminate con la porta del mio camerino sbattuta e che mi rimbomba ancora nelle orecchie.

- Si sarebbe di aiuto- bofonchio sorseggiando il mio fumante the nero.- Anche se probabilmente ti accuserebbero di crimine contro l'umanità visto tutte le fans che si ritrova al seguito- affermo qualche attimo dopo, il sapore un po' amaro sulle labbra e un sopracciglio inarcato accompagnato da una smorfia stizzita.

Lei ride girando il cucchiaino nella tazza rossa che ha davanti, soffiandoci leggermente sopra per raffreddarla.

Le lancio un'occhiataccia percependo un ulteriore senso di fastidio pervadermi istantaneamente e inondarmi. Non ci trovo assolutamente nulla da ridere, mi mordo nervosamente le labbra.

Non è un nervosismo da arrabbiatura o irritazione, è diverso e più subdolo. E' fastidioso. La cosa davvero preoccupante è che non  è neanche la prima volta che mi capita, tutt'altro.

E' successo anche la settimana scorsa quando la truccatrice ha fatto un po' troppo la svenevole con Ian.

E non fa altro che innervosirmi di più dal momento che non so definirlo ed etichettarlo. Forse non voglio semplicemente dargli un nome. Scaccio questo pensiero con una scrollata di capo, decidendo di relegarlo il più lontano possibile dalla mia attenzione e allontanandolo subito. Direi che il livello di nervosismo è già fin troppo alto oggi anche senza questo.  E poi ho già fin troppi pensieri.

Dopo un ultimo, caldo sorso poso sul tavolino anche la mia tazza, tenendola poi fra le mani e beandomi del lieve tepore che emana. Davvero molto piacevole e che mi riscalda in minima parte, provocandomi un caldo brivido lungo la schiena.

Fa veramente freddo oggi, noto decidendo di virare bruscamente i miei pensieri su altri argomenti.

Con sguardo attento scruto il cielo notando come sia cupo non c'è neanche un raggio di sole che filtra fra le nuvole a riscaldare l'aria rendendola più briosa. Decisamente è in linea con il mio umore nero.

Benvenuto dicembre, sospiro.

- E' inutile che fai quella faccia!- mi riporta alla realtà la voce accusatoria di Candice, facendomi voltare verso di lei - La prima a incriminarmi saresti tu - soffia con un sorriso trionfante stampato sulle labbra di chi sa di aver ragione, beccandosi subito dopo la mia occhiataccia.

- Simpatica - affermo ironica, per nulla divertita dalla sua presa in giro anche se so che è terribilmente vera.

Scaccio subito questo pensiero, inopportuno e fastidioso più che mai in questo momento.

Inclino leggermente il viso, giocando distrattamente con le dita con la bustina vuota di zucchero.

- Lo sai anche tu che è vero - continua Candy - Come faresti senza il tuo Som- mi prende bonariamente in giro, usando e calcando sul soprannome con cui chiamo Ian.

E' nato fortuitamente, una sera di fine estate in cui faceva davvero troppo caldo mentre eravamo sul balcone della sua camera. Tra una chiacchiera e l'altra aveva scherzato, prendendomi in giro, portandomi a rabbonirlo con un pugno sulla spalla e quel nomignolo era uscito fuori istintivamente dalle mie labbra mentre lo chiamavo. Da allora lo avevo sempre chiamato così, era diventato il suo soprannome.

Sospiro pesantemente mentre il ricordo indelebile di noi due allegri e svagati svanisce lentamente dalla mia mente lasciandomi addosso solo un senso di sconforto e un'ombra scura che mi adombra il volto. All'epoca eravamo davvero solo semplici amici con una sensuale attrazione fisica che rendeva l'aria tremendamente elettrica quando eravamo troppo vicini.

Ora quasi neanche mi saluta più in pubblico, penso amara.

La mia espressione diventa ancora più scura e introversa a questo pensiero, incupendosi maggiormente e provocandomi un'ondata di pensieri negativi.

- Non lo so, ma evidentemente lui non fa molta fatica a stare senza di me- le rispondo aspra, sibilando l'aria tra i denti il nervosismo si acutizza.

Mi stringe opprimente lo stomaco, snervandomi  e facendomi passare del tutto l'appetito. Con una mano spingo leggermente lontano da me il piatto decorato dei biscotti al cioccolato.

I miei occhi si soffermano per un attimo sulle forme di pastafrolla mentre mi ricordo di tutte le volte che ci siamo scambiati i dolci, dividendoli a metà

Candice mi guarda per qualche secondo interdetta, lo sguardo che da divertito diventa serio. Non sta più scherzando ora.

- Nina, magari lui...- inizia a parlare ribattendo a quello che ho appena detto, ma non la lascio finire interrompendola.

- No, Candy - sbotto arrabbiata, percependo l'irritazione aumentare e dilaniarmi.

Ora lo giustifica?Dopo come si è comportato con me? Penso irritata assottigliando gli occhi mentre avvampo per il nervoso.

L'irritazione aumenta così tanto da scaldarmi le guance, arrossandole e arrivando a livelli impensabili.

Lei richiude le labbra l'attimo seguente, rimanendo in silenzio per qualche secondo e limitandosi a guardarmi dispiaciuta.

Chiudo un secondo gli occhi, accorgendomi di aver esagerato  e di essermi lasciata travolgere dal nervosismo. Mi sento così tesa e contratta, sospiro passandomi una mano tra i capelli.

- Scusami - mi scuso l'attimo dopo con un filo di voce, riaprendo gli occhi e guardandola realmente dispiaciuta.

Me la prendo con Candice quando non ha nessuna colpa, anzi cerca solo di aiutarmi. Prendo un profondo respiro, cercando di calmarmi e ti allontanare l'irritazione dal mio corpo. Davvero troppa e ingombrante.

- Non lo giustificare per favore - aggiungo, però, l'attimo dopo, lanciandole un'occhiata che è tra il supplicante e il frustrato.

- Non lo stavo giustificando - ribatte lei pacata e calma, la stessa che vorrei davvero possedere anche io in questo momento.

Non sembra essersela presa davvero, noto.

- Solo ... penso ci sia una spiegazione dietro il suo comportamento. La gente non cambia comportamento da un minuto all'altro, c'è sempre dietro una ragione.- continua stringendosi nelle spalle e non distogliendo lo sguardo da me neanche per un secondo mentre parla.

Faccio una smorfia di evidente dissenso e fastidio, piegando le labbra.

- Si, ma stiamo parlando di Mr bipolare. Lui cambia umore e comportamento alla velocità della luce- mormoro irritata e nervosa mentre la mia mente mi ripropone tutte le volte che con me era in un modo e in pubblico in un altro. Troppe, assottiglio gli occhi incassando la testa fra le spalle e sprofondando il mento nella mia morbida sciarpa.

- Comunque non penso farà molta fatica a trovare qualcuna che mi rimpiazzi e gli scaldi il letto- sibilo aspra mentre quella strana stretta aumenta ancora la sua morsa, opprimendomi, all'idea di qualcun'altra con lui. E' lo stesso incomprensibile fastidio di prima, acuto e stridente.

Le parole di quel dannato articolo, poi, continuano a vorticarmi in testa, rimbombando.

Evidentemente non ha perso tempo, assottiglio gli occhi imbronciandomi ancora di più se possibile.

Candice aggrotta confusa le sopracciglia chiare, non capendo esattamente a cosa io mi stia riferendo.

In risposta lancio un'occhiata torva, ma significativa alla rivista sul tavolino di vetro, ancora aperta sulla pagina dell'articolo, indicandola con un cenno lieve del capo.

Lei la afferra l'attimo seguente, l'espressione corrucciata che continua ad corrugarle la fronte.

- - legge un pezzo dell'articolo ad alta voce, alzando poi lo sguardo un po' interrogativo su di me.

- A quanto pare il bel tenebroso - calco aspramente sulle ultime parole, ripetendo le esatte parole di quel trafiletto. Una punta di acidità  e durezza mi inasprisce la voce, rendendola più tagliente. - Ha già fatto conquiste.- concludo stizzita la frase, stringendo le labbra in una linea netta.

Incrocio le braccia al seno poi, espirando violentemente l'aria dalle labbra e chiudendomi in un cupo mutismo.

Lei mi guarda per qualche secondo, scrutandomi attentamente per poi, infine, annuire esibendosi in una espressione convinta.

- Qualcuno qui è per caso geloso?- allarga gli occhi azzurri mentre non riesce a sopprimere un sorriso divertito che le stende simultaneamente le labbra.

Sono gelosa? Mi domando subito un po' sorpresa mentre mi viene servita su un piatto d'argento la risposta al quel strano senso di nervosismo che mi stringe maggiormente lo stomaco.

E' abbastanza lampante come soluzione.

Non che ci volesse un genio a capire da cosa derivasse quella morsa occludente e i malumore crescente, ma decisamente sentirlo dire  è tutta un'altra storia.

Esprimerlo a parole lo rende in qualche modo più reale, definitivo. Deglutisco un po' stordita, il nervoso che continua a pervadermi e tenermi dolorosamente il corpo in tensione.

In risposta io mi esibisco in una smorfia di evidente disappunto, roteando gli occhi e sbuffando.

- Figuriamoci - nego spudoratamente risultando poco credibile persino alle mie stesse orecchie.

Perché se sentirselo dire lo rende reale, ammetterlo e dirlo ad alta voce lo è ancora di più.

E sarebbe solo un'altra prova del fatto che sono coinvolta da lui e dopo stamattina, dopo quella porta sbattuta, fa terribilmente male pensarci.

Ammettere di essere gelosi vuol dire ammettere di aver un determinato tipo di coinvolgimento. Lo stesso che non dovrei e vorrei avere proprio ora visto il suo comportamento.

Forse siamo semplicemente su piani differenti e lui non vuole quello che voglio io, penso amara percependo la gola chiudersi leggermente sotto la morsa dell'imminente magone.

Senza vederlo realmente fisso il tavolino davanti a me, continuando a perdermi e vagare nei miei contorti pensieri.

Candice torna all'attacco, riprendendo a parlare sapendo benissimo che sto  mentendo.

- Quindi non ti suscita alcun fastidio sapere che in questo stesso momento potrebbe essere con qualcuna, magari una bionda.- fa leva sul mio nervo scoperto, portandomi a stringere istintivamente le labbra.

Cerca di farmelo ammettere usandola come mezzo, lo so benissimo, ma non posso neanche fare a meno di esserlo.

E onestamente non pensavo neanche di esserlo così tanto, di non poter fare a meno di infastidirmi anche se so che lo fa di proposito.

Assottiglio gli occhi, fulminandola con lo sguardo.

- Devi andare avanti ancora tanto?- mormoro scorbutica fingendomi il più possibile disinteressata e adocchiando il menù.

So benissimo che il suo intento è quello di pungermi nel vivo, infatti, e farmi ammettere quella cosa. E ci sta dannatamente riuscendo.

Tra le due possibilità di reazione che mi si presentano davanti, negare o ammetterlo, scelgo ottusamente la prima, troppo orgogliosa per ammetterlo ad alta voce dopo il trattamento che ho ricevuto stamattina.

- Magari è una modella. Tipo quella dell'ultimo servizio fotografico che ha fatto - continua lei imperterrita, snocciolando tutte le terribili possibilità che potrebbero configurarsi.

La mia mente, subdola alleata di Candice, me le ripropone subito una per una.

- Sai quelle in cui sono così vicini  e poco vestiti no?- va avanti lei a parlare, facendo aumentare a dismisura quel misto di sconforto e nervosismo.

Mi mordo le labbra, torturandole spietatamente con i denti, mentre cerco in tutti i modi di scacciare quelle immagini dalla mia testa. E non reggo oltre.

- Puoi gentilmente smetterla?- cedo alla fine guardandola esasperata e sfinita.

Lei inarca scetticamente un sopracciglio, inchiodandomi con uno sguardo perentorio e deciso.

- E tu la smetti di negare l'evidenza?- ribatte ostinata e cocciuta - Perché non ti credo e non ti serve  assolutamente a nulla- conclude.

Contraccambio la sua occhiata con una occhiataccia torva, chiudendomi in un ostinato mutismo e non aprendo bocca.

- Allora? Sto aspettando- mi punge lei, contrariata dalla mia mancata ammissione.

E' odiosa quando fa così, penso continuando a fulminarla con lo sguardo. E so per certo che non la smetterà di tormentarmi fin qua non avrà quello che vuole.

E meno male che doveva essere un pomeriggio di svago per non farmi pensare a Mr bipolare.

Sbuffo sonoramente indispettita, roteando gli occhi al cielo e accingendomi, finalmente, a parlare.

- Si, sono gelosa - ammetto con un sospiro pesante, allargando le braccia e lasciando cadere con un sonoro tonfo il menù porpora finemente rilegato sul tavolino.

La guardo di sfuggita, distogliendo subito dopo lo sguardo dal suo e puntandolo in un punto indefinito della folla che cammina sul marciapiede al di là della vetrata.

- Bene, ammettere il problema è il primo passo verso la soluzione- trilla compiaciuta con un sorriso e con un tono che la fanno assomigliare terribilmente ad una di quelle terapiste pagate centinaia di dollari l'ora.

Afferra poi la sua cioccolata calda, sorseggiandola tranquillamente sotto il mio sguardo torvo.

- Questo non cambia il fatto che sia stato un emerito stronzo - continua, dandomi ragione.

Le ho raccontato cosa era successo nel mio camerino poco dopo il fatto stesso, sfogandomi tra una pausa e l'altra. E' stata proprio sua l'idea di uscire e svagarci con dello sano shopping.

- Un grandissimo stronzo decisamente - rincaro la dose io. - Si comporta così da due settimane e se lo trovavo strano prima come comportamento, figurati quando lo ha fatto davanti a Paul .-

- Si infatti. Lo sanno praticamente anche i muri che c'è qualcosa tra di voi - conferma con voce melliflua, facendomi arrossire lievemente nonostante l'arrabbiatura.

- E non fare quella faccia - continua a parlare l'attimo dopo, puntandomi un dito contro - Lo sai che è vero.-

Per qualche secondo cala il silenzio e io mi lascio sprofondare nuovamente nel flusso disconnesso dei miei pensieri.

Sembra che non gliene importi nulla e l'attimo dopo che invece gli importi. E la cosa che più mi fa innervosire è che non ne comprendo il motivo.

- Non capisco il suo comportamento - ripeto ancora, soffiando fiaccamente le parole tra le labbra e rompendo il silenzio.

- Perché fa così?- le domando sperando davvero che abbia la risposta. Ne ho dannatamente bisogno - Davvero non lo capisco-

- Nina la vera domanda non è questa, è un'altra- mi dice con un tono di voce basso e pacato.

Aggrotto le sopracciglia non capendo cosa mi vuole dire, rimanendo in silenzio  in attesa che continui.

E lo fa l'attimo dopo.

- Che cosa siete?-

Socchiudo gli occhi massaggiandomi le tempie. Ancora questa dannata domanda. E' nato tutto da questo, infondo.

- Non lo so - sospiro dopo qualche minuto - Non so cosa sono per lui- mormoro mentre lo sconforto mi assale spietato e mi avvilisce, deprimendomi inesorabilmente con tutto il suo peso.

Lei rimane per qualche secondo in silenzio, guardandomi sinceramente intristita dal mio precario stato emotivo. Un minuto prima sono così nervosa che vorrei usarlo come pungiball e quello dopo mi viene quasi da piangere. Forse la bipolare qui sono io.

- E decisamente lui con il suo comportamento da bipolare...stronzo non mi aiuta- continuo riversando un millesimo dei miei pensieri e dei miei dubbi su di lei, non trovando altro modo per definirlo che non così.

- Forse la risposta me l'ha data lui stesso sbattendomi la porta in faccia- mormoro non riuscendo a capire se è più la rabbia o la tristezza che mi bruciano dentro, marchiandomi dolorosamente.

- Comunque devi anche capire cosa vuoi tu, non solo perché li fa così e cosa vuole dal vostro rapporto- mi consiglia, schietta come sempre.

- Io so cosa voglio- ribatto decisa.

Voglio lui, è il pensiero istantaneo che si delinea nella mia testa.

E allora capisco a cosa è dovuto tutto il nervoso e l'insofferenza al suo comportamento, perch mi ingelosisco e perchè mi rende nervosa non sapere cosa vuole lui da me.

Voglio di più di un semplice rapporto lavorativo e di andarci a letto. Voglio un rapporto veri, che vada oltre l'amicizia e che diventi serio. Non sto dicendo che voglio un fidanzamento con tanto di anello, ma solo che voglio frequentarlo seriamente e voglio che ci definiamo.

E decisamente voglio essere l'unica, un fiotto di nervoso si riversa nelle mie vene mentre la mia gelosia scalpitante si fa sentire.

- Tu, quindi, una risposta ce l'hai?- mi domanda cercando probabilmente di capire cosa mi frulla nella testa.

- Si- mormoro con un tono di voce basso, un po' strascicato, rispondendole a monosillabo quasi.

Prendo un respiro profondo, parlando l'attimo dopo.

 - Non voglio non sapere chi mi trovo davanti.- affermo decisa- Voglio che ci diamo un nome. -

- Vuoi di più- nota attenta, inclinando leggermente il viso.

Annuisco determinata, rendendomene conto sempre di più man in mano che passano i minuti.

- Voglio di più- ripeto con un filo di voce, essendone totalmente consapevole.

- E' una pretese così assurda?- le domando, cercando disperatamente una rassicurazione nei suoi occhi azzurri.

- Decisamente no -

E io rimango semplicemente in silenzio. Di nuovo.

Il discorso finisce qui. Candice capisce che non ne voglio più parlare e che il mio umore è sempre più nero e si limita a un piccolo sospiro prima di vertere la nostra conversazione su altri argomenti, cambiandola drasticamente.

Il restante tempo scorre via sciolto e fluente mentre le lancette dell'orologio giranno inesorabilmente e il mio umore rimane fisso sul nero pece. In minima parte mi svago parlando di come procede la trama dello show e ascoltandola mentre critica le scelte della cugina in fatto di uomini. Non tocchiamo più l'argomento "Mr bipolare" e cerco di fare lo stesso anche fra i miei pensieri, evitandolo e relegandolo forzatamente in un angolo buio e remoto della mia mente.

La morsa allo stomaco invece non si placa, rimanendo fin troppo presente ad opprimermi così come la sensazione di cupo sconforto e il nervoso. Un mix davvero deleterio.

Dopo aver pagato ed esserci rivestite, mettiamo piede fuori dal locale.

Il vento freddo di inizio dicembre mi sferza il viso, arrossandomi le guance e facendomi tremendamente rimpiangere il calore confortante del piccolo bar.

Mi stringo nel mio cappotto nero rabbrividendo mentre Candice si volta esaltata e sorridente verso di me aggiustandosi il cappello. E io mi ritrovo a ringraziare silenziosamente il brutto tempo che mi ha fatto scegliere un paio di stivali bassi, evitandomi un bel male ai piedi visto il lungo pomeriggio di shopping che mi aspetta. Conosco, infatti, benissimo quello sguardo esaltato e non promette nulla di buono.

Pensandoci assomiglia più a una maratona con tanto di corsa agli ostacoli che ad un semplice giro, noto distrattamente mentre il suo sorriso diventa ancora più grande e mi guarda.

-Da dove iniziamo?-

 

 

 

*****************

 

 

 

Portafoglio. Fazzoletti. Una penna. Assorbenti. L'agenda.

Ma dove diavolo sono finite?

Con le sopracciglia aggrottate e le labbra dolcemente corrucciate, che mi conferiscono un'aria scocciata e nervosa, continuo a far vagare la mia mano all'interno della borsa.

Sbuffo, spazientita dalla ricerca senza risultato delle chiavi della mia stanza. Sembrano essersi improvvisamente volatilizzate nel nulla.

Eppure mi sembrava di averle messe proprio qui, i miei polpastrelli tastano apprensivi ogni centimetro della tasca interna non trovando, tuttavia, assolutamente niente.

Dopo aver lanciato un veloce sguardo al corridoio deserto che si apre davanti a me, sposto gli occhi all'interno della borsa. Così le possibilità di non trovarle si riducono ancora rasentando praticamente lo zero, mi dico cercando di distinguerle nel buio totale che vi regna.

Continuo intanto a rovistare, notando accigliata come ora sia totalmente in disordine. Non che prima fosse ordinata, ma almeno non era ridotta in questo stato di totale caos.

Mentalmente, passo poi in rassegna tutte le cose che mi capitano tra le dita nella speranza di riconoscere tra di esse qualcosa di metallico e freddo. Cosa che invece decisamente non accade.

Il cellulare. Altri fazzoletti. Un lucidalabbra.

Tutto tranne quelle dannate chiavi! Espiro esasperata l'aria tra i denti riempiendo il corridoio, ormai totalmente deserto, del piano con il mio sonoro sbuffo.

E il mio umore non fa altro che peggiorare drasticamente, diventando sempre più nero.

Incasso cupamente la testa fra le spalle, cercando di espirare via parte dell'irritazione che mi attraversa.

Ormai ho praticamente rivoltato tutta la borsa senza trovarle.

Da qualche parte dovranno pur essere, mi dico determinata a trovarle. L'idea di dormire sul pianerottolo, infatti, non mi alletta per niente. Certo, potrei sempre andare a prendere il mazzo di riserva alla reception, ma non ho per nulla voglia di passare per una svampita che non riesce neanche a custodire un paio di chiavi.

E' già la seconda volta, infatti, che mi capita questo mese.

Leggermente traballante continuo a muovermi, compiendo un lento passo dopo l'altro verso la mia stanza ben attenta, però, a non inciampare.

Cosa che accade matematicamente l'attimo dopo, quando inciampo nei miei stessi piedi.

Barcollo per qualche interminabile secondo, ritrovandomi in precario equilibrio, mentre il mio cuore aumenta all'improvviso i battiti.

Fortunatamente lo ritrovo l'attimo dopo, mentre maledico silenziosamente la mia sbadataggine.

Oggi il karma gira decisamente nel senso opposto al mio, sbuffo abbassandomi a raccogliere il sacchetto di carta verde che mi è appena caduto. Riprendo la mia lenta avanzata, ringraziando  tacitamente l'ora tarda della notte che mi ha evitato, oltre a una brutta figuraccia, di scontrarmi anche con qualcuno.

Sarebbe stata la ciliegina sulla torta decisamente di una pessima giornata.

Con un sospiro stanco mi sistemo poi la sciarpa, stringendola maggiormente intorno al mio collo colta da un improvviso brivido di freddo che mi attraversa nonostante il riscaldamento.

Colpa della pioggia e del freddo, lo etichetto distrattamente non badandoci più di tanto.

Il ticchettio del poco tacco dei miei stivali è il sottofondo cadenzato della mia affannosa ricerca, che mi porta a stravolgere sempre di più l'ordine già precario della mia borsa.

Nell'esatto momento in cui arrivo davanti alla mia porta la borsa scivola poi lentamente giù dalla mia spalla, finendo all'altezza del gomito e complicando ancora di più la mia concitata ricerca.

Sbuffando rialzo lo sguardo, lanciando un'occhiata truce e ostile alla porta bianca che, davanti a me, spicca nella penombra del corridoio. Quasi mi sbeffeggia.

E' da tutto il pomeriggio che sogno di sprofondare nel mio letto e chiudere gli occhi, spegnendo finalmente il cervello e zittendo tutti i pensieri, e ora che sono ad un passo dal realizzare il mio tanto agognato desiderio non posso farlo. Si, decisamente il mio karma mi odia sentenzio con un gesto del capo.

Affondo ancora di più la mano nella borsa, scuotendola con un gesto secco del polso e finalmente le mie dita artigliano qualcosa di metallico portandomi a sorridere trionfalmente soddisfatta.

Bingo.

Il mio umore migliora istantaneamente di un millesimo grazie all'acuto di allegra soddisfazione che mi penetra.

Ritiro impazientemente fuori la mano, permettendo alla luce fioca e soffusa del corridoio di illuminare e quindi di identificare del tutto l'oggetto sconosciuto.

Sorriso che scema inesorabilmente via, sciogliendosi in una smorfia imbronciata e delusa non appena le tiro fuori e noto che non sono le chiavi di camera mia, ma, bensì, solo quelle del mio camerino.

Sbuffo. Oggi non me ne va davvero una dritta.

Sconfortata guardo il portachiavi a forma di cuore che risalta desolatamente contro il palmo pallido della mia mano, portando le mie labbra ad incurvarsi in un broncio sconsolato.

Neanche avessi la borsa di Mary Poppins, mi dico irritata lanciando un'occhiataccia alla mia tracolla.

Sospiro. Vorrei solo mettere definitivamente da parte i pensieri e tutto ciò che lui mi suscita per qualche ora, sprofondando in un placido dormire. Semplicemente questo.

Una punta di sorda amarezza, seguita dalla fedele delusione, mi attraversa perfidamente non appena la mia mente mi sottolinea spietata come fino a qualche ora fa non ci sarebbe stato nessun problema logistico.

Sarei andata semplicemente da lui. Deglutisco percependo quel senso di spossante tristezza stringermi con la sua morsa avviluppante e non lasciarmi scampo, togliendomi perfino il respiro.

Senza neanche rendermene conto il mio sguardo scivola lentamente dalla porta alla punta dei miei stivali, abbassandosi abbattuto.

Non posso farci nulla purtroppo, è tutto il pomeriggio che cerco di scacciarla con scarsissima risultati. Non ci riesco.

Per quanto io sia arrabbiata con lui, per quanto sia delusa dal suo comportamento lunatico e dalle mancate certezze che mi da è sempre l'amara tristezza ad emergere su tutto.

Prepotentemente prevale tra tutte le sensazioni, facendosi largo e prendendo possesso di ogni mia più piccola riflessione.

Sono pensieri che lasciano un sordo retrogusto di amarezza, che corrompono anche il pensiero più dolce che lo riguarda ricordandomi il comportamento che ha avuto in seguito.

Perché ogni sorriso intimo e dolce è sempre seguito da una rigida postura in pubblico che lo fa stare  ben attento a non sfiorarmi neanche per sbaglio, ogni bacio nel camerino ha come conseguenza un freddo distacco.

Dopo un po' l'arrabbiatura scema via, semplicemente passa e rimane solo una desolante tristezza a farmi compagnia.

E' un senso di vuoto disarmante, così diverso dal senso di impetuoso calore che, invece, ha sempre caratterizzato anche ogni più piccolo pensiero che lo riguardava.

Ora, al contrario, anche il ricordo più svagato mi provoca un forte senso di vuoto e solitudine che mi stringe lo stomaco in una morsa.

Con un respiro profondo e un po' tremolante cerco di scacciare questo ingombrante bagaglio di emozioni, tornando a focalizzare la mia attenzione sul problema che ho da risolvere: trovare le chiavi.

L'unica alternativa valida oltre a dormire sul pianerottolo è chiedere a Candice ospitalità, cosa che preferirei decisamente evitare.

So già che finiremmo, infatti, a parlare ancora di lui, del suo comportamento insensatamente bipolare e di quello che provo io. Cosa che preferirei risolutamente evitare.

Se non ero pronta prima ad ammettere un coinvolgimento di un determinato tipo assolutamente non lo sono ora visto come sono le cose.

So solo che vorrei di più dal nostro rapporto e che lui non sembra per nulla dello stesso avviso.       E' inutile pensare a quel tipo di coinvolgimento se tanto lui non vuole altro dal nostro rapporto e, purtroppo, mi sta dimostrando proprio questo.

Sono solo quella che gli scalda il letto la notte, mi dico spietatamente sincera non potendo fare a meno di stare male per questa cruda realtà. Probabilmente è questo che vuol dire il suo comportamento. Non ho fatto altro che rifletterci e pensarci tutto il giorno, arrivando silenziosamente a questa conclusione. Mentre i minuti continuavano a scorrere inesorabilmente trasformandosi in ore, io rimanevo paralizzata su questa acre riflessione.

Gli va bene venire a letto con me, ma non vuole fare un ulteriore passo verso un possibile noi. E' evidentemente troppo per lui.

Deglutisco, percependo il magone stringermi improvvisamente la gola.

Socchiudo per qualche secondo gli occhi, diventati improvvisamente lucidi.

Mi mordo le labbra, cercando di sopprimere quel senso di soffocante delusione che, al contrario, si acutizza, pervadendomi sinuoso e rendendo difficoltoso persino il semplice atto di respirare.

Voglio solo sprofondare nel mio caldo letto e farmi una dormita il più lunga possibile, prima che i pensieri arrivino a disturbarmi con la loro mole di tormenti.

E poi ho anche bisogno di rimanere un po' da sola. Candice è stata davvero carina e mi ha aiutato moltissimo con i suoi ottimi consigli, fungendo anche da valvola di sfogo per il mio nervosismo.

Parlare con lei mi è davvero servito a chiarire ancora di più cosa voglio dal nostro rapporto, ma ho anche la pressante necessità di stare da sola.

Ne ho dannatamente bisogno.

Lasciarmi cadere ancora vestita sul letto, avvolta solo da un confortante buio e crogiolarmi nella pacifica solitudine della mia camera sembra la cosa più bella al mondo in questo momento.

I pochi minuti di solitudine di un bagno o di qualche camerino dell'ennesimo negozio non mi sono, infatti, bastati per riflettere in tranquillità e, si, starci anche male.

Perché dopo la rabbia, quando l'irritazione scivola via fino ad andarsene del tutto rimane solo lo sconforto. O forse è semplicemente dolore.

E' inevitabile e le cause sono davvero troppe per essere analizzate tutte nei minimi dettagli. C'è lo sconforto dettato dal fatto che, se si comporta così, un motivo c'è e che, probabilmente, vuol dire che non gliene importa poi molto di noi.

Sempre che di noi si possa parlare.

C'è, inoltre, la tremenda delusione che si presenta come un pugno nello stomaco ogni volta che la mia testa inciampa nel suo pensiero.

Infine, c'è un'intima e silenziosa voglia di piangere, sfogarsi almeno in minima parte. Voglia che io continuo, tuttavia, a reprime forzatamente. Non voglio piangere, il mio orgoglio mi impone di non lasciarmi andare.

Con l'ennesimo sospiro della serata abbandono il sacchetto ai miei piedi, che ingombra e rende ancora più difficile la mia ricerca.

Il mio sguardo si sofferma senza volere su tutti gli altri sacchetti che ho fra le mani, perdendosi tra i loro colori sgargianti.

Candice non ha tutti i torti, però: lo shopping è davvero terapeutico. Certo, non fa scomparire il nervoso o la delusione, che continuano purtroppo a bruciarmi dolorosamente addosso, ma almeno lo alleggeriscono in minima parte.

E' uno sfogo che dovrei decisamente tenere in considerazione più spesso.

Un leggero sorriso aleggia sulle mie labbra al ricordo di come ha fatto di tutto per tirarmi su di morale, finendo per stancarmi terribilmente trascinandomi da un negozio all'altro.

Affondo il mento nella sciarpa nera che ho al collo, dell'esatta tonalità del mio umore, percependo la stanchezza gravarmi inevitabilmente addosso.

E' terapeutico, si, ma anche terribilmente stancante, soprattutto se si è in compagnia di una pazza bionda devota alla dea della moda.

Di certo l'umidità non mi ha aiutato, provocandomi un fastidiosissimo male al collo.

Mi sento come se un camion mi fosse passato sopra, lasciandomi a pezzi. Un paio di volte.

Inclino il viso, stringendomi fra le spalle ed emettendo un sospiro lieve.

E non so cosa darei per attribuire il mio stato emotivo semplicemente alla stanchezza e non ad altro, che continua comunque a pulsare per lui nonostante tutto.

Basta compiangersi, mi dico nell'esatto momento in cui mi accorgo di non essere messa affatto bene. E soprattutto basta pensare a lui, è decisamente deleterio.

Uno strano senso di disagio mi pervade all'improvviso, scuotendomi e portandomi ad alzare lo sguardo, ora confuso, per guardarmi intorno.

Sobbalzo, sgranando gli occhi e percependo il mio corpo irrigidirsi spasmodicamente.

Il mio cuore perde quasi un battito un attimo dopo alla vista di una presenza imponente vicino a me, prendendo poi a battere furiosamente nel momento esatto in cui lo riconosce.

Una figura slanciata, infatti, mi fissa attento, puntando i suoi occhi sorprendentemente azzurri u di me.

In un lampo distratto della mia mente noto come siano in netto contrasto con i capelli corvini che gli contornano il viso.

Sconcertata, lo guardo leggermente sorpresa, scrutando con attenzione la sua figura fasciata da un paio di jeans scuri e da un'insolita maglietta grigia, che ne mette in risalto la tonicità.

Lievemente boccheggiante deglutisco, ritrovandomi improvvisamente con la salivazione azzerata.

Come diavolo ha fatto a materializzarsi così in fretta? Mi domando sorpresa continuando a fissarlo con gli occhi sbarrati dallo stupore mentre il mio battito aumenta improvvisamente.

Si trasforma in un pulsare irregolare, abbandonando il ritmo cadenzato che lo ha caratterizzato fino a un secondo fa. Deve essere colpa dello spavento. O almeno mi illudo che sia semplicemente quello, anche se so benissimo che non è così. Batte così per lui.

Respingo questo pensiero e prendo un brusco respiro, cercando di scacciare quel senso di vacillante insicurezza che mi pervade istantaneamente.

Riesce sempre ad avvicinarsi senza che io me ne accorga, sembra spuntare dal nulla ogni volta.    Un attimo prima non c'è e quello dopo è vicino a me. E io che pensavo fosse solo un tratto del suo affascinante personaggio.

Passo nervosamente la mano libera tra i miei capelli, ancora umidi di pioggia, portandomi agitata una ciocca dietro l'orecchio.

Ed ecco il consueto senso di destabilizzazione che mi attraversa, facendomi sentire terribilmente vulnerabile in sua presenza. Quasi fragile. E' una sensazione che non posso né prevenire né bloccare. Semplicemente arriva, mi mordo le labbra.

E' un insieme di frenesia, calore e insicurezza. Un mix insolito che ho, però, imparato ormai a riconoscere.

E' come se fossi in precario equilibrio, un gesto qualunque potrebbe farmi vacillare e cadere, spingendomi inevitabilmente verso di lui.

Fino ad ora mi è andato bene abbandonarmi tra le sue braccia nonostante i comportamenti e le mancate certezze, passandoci sopra. Ma ora è decisamente l'ultima cosa che voglio.

Sono arrabbiata e stanca del suo modo di fare, coronato tristemente dalla porta sbattuta del mio camerino questa stessa mattina.

Non mi va più di permettere a me stessa di cedere sotto il suo sensuale tocco e lasciargliela passare liscia ancora. L'ho ininterrottamente fatto per quasi due settimane, direi che è arrivato il momento di pretendere un cambiamento o, quantomeno, una spiegazione.

Con le braccia incrociate Ian continua a guardarmi, facendo scivolare dolcemente lo sguardo sul mio viso e poi sul mio corpo.

I suoi occhi sono attraversati poi da un velo di incomprensione nel constatare la mia postura rigida e il mio mancato saluto. Assumono allora un'inclinazione curiosamente confusa, scrutandomi attenti e cercando probabilmente di decifrare la mia espressione.

Il tutto  senza dire assolutamente nulla.

Le sopracciglia e la fronte  si corrugano lentamente, in risposta al mio ostinato mutismo.

Ho un bisogno quasi spasmodico di una spiegazione e lui non sembra decisamente molto intenzionato a darmela visto l'espressione confusa che ha stampata in faccia,

Onestamente, non sembra neanche capire il perché del mio comportamento.

Il nervoso, che non se ne è mai andato del tutto rimanendo sempre presente e latente, riaffiora impulsivamente divampando senza scampo dentro di me nel giro di pochi secondi.

Se pensa che sarò io a rompere il silenzio e parlare per prima si sbaglia decisamente, mi dico mentre il mio orgoglio prende il sopravvento.

Stizzita rompo anche il contatto con i suoi occhi, puntando lo sguardo nella parte opposta alla sua.

Benissimo vuoi giocare al gioco del silenzio? Ti accontento subito.

Come se non ci fosse nessuno torno poi a cercare le chiavi nella mia borsa, trovando la scusa perfetta per ignorarlo.

- Non si usa più salutare?- mi domanda con tono canzonatorio, rompendo l'assoluto mutismo in cui eravamo caduti.

Percepisco distintamente i suoi occhi fissi su di me, provocandomi un imponente vampata di disagio.

Io assottiglio lo sguardo mentre una punta di acuta irritazione mi pervade nel constatare che mi prende anche in giro. Fa come se nulla fosse, come se non avesse sbattuto quella dannata porta stamattina.

Beh, lo ha fatto e io non me ne sono assolutamente dimenticata come evidentemente spera.

- Ciao - ribatto freddamente distaccata, limitandomi solo alla semplice educazione che mi impone di assecondarlo e salutarlo. Niente di più.

Cercando di sembrare il più impassibile possibile continuo a cercare le chiavi nella mia borsa, che dondola leggermente per l'impeto con cui lo faccio  lasciando trapelare un mal celato nervosismo .

Tentare di sembrare distaccati e menefreghisti quando invece importa, persino troppo, e non dar libero sfogo alla rabbia non è semplice. Per niente.

Perché l'irritazione è lì che preme scalpitante per uscire, irrigidendomi spasmodicamente e avviluppandomi in una morsa senza scampo che si va a sommare a quella delusa che mi stringe lo stomaco.

Mi mordo le labbra, cercando disperatamente quelle dannate chiavi. Perché quando si cerca di fare qualcosa di fretta alla fine la si fa sempre più lentamente?

Percepisco distintamente i suoi occhi attenti su di me, seguirmi in ogni più piccolo, frenetico gesto. Non mi lasciano neanche per un momento.

Cosa che mi rende ancora più nervosa, soprattutto a causa di quelle sensazioni positive che non smettono di palesarsi quando lui è vicino a me.

Perché non possono semplicemente zittirsi? Mi domando frustrata ed esasperata dalle troppe emozioni che mi pervadono. Lo vorrei davvero molto.

Con la coda dell'occhio vedo Ian aprirsi in un lieve sorriso, schiudendo le labbra e parlando.

-Ti dico sempre di metterle nella taschina interna - mi dice, ammonendomi con un tono che è a metà tra il morbido e il rigido accompagnato da un sospiro pesante.

Volto di scatto il viso nella sua direzione nell'esatto momento in cui fa un passo verso di me, avvicinandosi ancora e permettendomi di riconoscere più nitidamente il suo profumo.

Incasso maggiormente la testa fra le spalle, incupendomi terribilmente a questa sua ammonizione.

Ora mi bacchetta anche?

E non riesco a trattenere uno dei molti pensieri aspri che popolano la mia mente, dandogli libero sfogo.

- Ora mi dici anche come organizzare la mia borsa?- ribatto forse un po' troppo acida, fulminandolo con un'occhiata truce che vorrebbe trapassarlo da parte a parte.

Lui mi restituisce uno sguardo stranito, quasi risentito inarcando un sopracciglio scuro.

Mi fissa come se non comprendesse il perché del mio umore nero pece o il nervosismo.

E ciò non fa altro che aumentare a dismisura la mia irritazione.

Lui può comportarsi come vuole, fare il bello e il cattivo gioco e io no?

Con uno strattone che mal nasconde il mio nervosismo riapro la borsa, ricominciando nuovamente la mia ricerca.

Per qualche secondo rimaniamo immersi un'altra volta nel totale silenzio del corridoio, avvolti da una luce soffusa e dolce che mal si addice alla tensione che c'è fra di noi. E' rigida e pesante.

Se pensa che mi sia passata si sbaglia decisamente, inveisco silenziosamente contro di lui.

I capelli mi ricadono sul viso, offuscandomi momentaneamente la vista e costringendomi a rialzarlo per scostarli e portarli indietro.

Lui è ancora li che mi fissa, fermo con gli occhi puntati su di me. Non ha mosso un muscolo, noto scontrando imprudentemente il mio sguardo con il suo.

Una punta di disagio incrina e contamina il mio nervosismo, pervadendomi e asciugandomi la gola.

Dannazione, perché mi continua a fare questo effetto nonostante tutto?

- Che vuoi Ian?- gli chiedo senza tanti giri di parole, abbandonando momentaneamente la mia ricerca e limitandomi a guardarlo con un sopracciglio seccamente inarcato, decisamente sul piede di guerra.

- Nulla - ribatte lui con una leggera alzata di spalle, non schiodando i suoi occhi da me ed esibendo un leggero, morbido sorriso.

Una smorfia amara mi vena le labbra specularmente al suo sorriso, portandomi a scuotere leggermente la testa.

Nulla.

Sa dire solo questo, è la risposta a tutto praticamente.

Non ha nulla, non vuole nulla, Paul non ha interrotto nulla. E così mi ritrovo a chiedermi se anche io, se anche noi, siamo nulla per lui. Mi irrigidisco, rendendomi conto di come faccia male anche solo pensarlo.

Un senso di sordo sconforto mi stringe lo stomaco a questo pensiero, incupendomi e facendomi sentire ancora di più il peso della stanchezza sulle spalle.

- C'è qualcosa che non va?- mi domanda attento, continuando a scrutarmi con cautela.

-Nulla - ribatto con tono neutro, quasi sarcastico ricalcando volutamente le sue esatte parole.

Ed è quasi beffarda, poi, come situazione visto che sono le esatte parole che ci siamo detti questa mattina. Solo a ruoli invertiti.

Quando si dice l'ironia della sorte, stringo le labbra in una linea netta e aspra.

Inevitabilmente la mia mente mi ripropone la sua immagine che sbatte violentemente la porta del camerino davanti ai miei occhi sconcertati e feriti.

L'ondata di nervoso aumenta ancora, sconvolgendomi internamente e facendomi avvampare indignata. E' come un fuoco che mi divora continuamente, scaldandomi prepotentemente.

Lo trafiggo con l'ennesima occhiataccia truce, che tuttavia lui non sembra comprendere a pieno visto il cipiglio confuso che esibisce. Cosa che mi fa infuriare ancora di più, se possibile.

Non solo ha un comportamento altalenante e pretende assurdamente che io me ne dimentichi o ci passi sopra quando gli comoda, ma finge anche di non sapere il perché del mio nervosismo.

Assurdo, è assurdo.

- Puoi sempre venire a dormire da me, comunque - ammicca piegando le labbra nel mezzo sorriso sensuale che lo contraddistingue. E' quasi il suo marchio di fabbrica.

Mi lancia un'occhiata languida, che accompagna il suo sorriso, percorrendo interamente il mio corpo con una carezza calda e invisibile.

Diversamente dalle altre volte però non mi fa piacere, provocandomi al contrario un senso di indignazione e rabbia. Ma pretende che mi dimentichi dei suoi comportamenti lunatici a comando?

E l'irritazione arriva a livelli incontenibili, facendomi scoppiare.

- Guarda stasera ti va male ho il ciclo- soffio stizzita, una punta di nervosa collera che mi tinge la voce fino ad inasprirla.

Sdegnata e senza guardarlo in faccia continuo a cercare le chiavi nella borsa.

Mi ha preso per una bambola? Non può prendermi quando gli va di giocare con me e lasciarmi in un angola quando non vuole. Non sono un giocattolo!

Finalmente le mie dita agguantano le chiavi, tintinnanti e metalliche contro la mia pelle.

Bene, ora decisamente non ho più nessuno motivo per stare un secondo di più in una presenza.

- Devo avere un motivo per voler passare del tempo con te, adesso?- mi domanda dopo un paio di secondi, probabilmente incapace di non parlare.

Evidentemente la mia espressione scocciata e nervosa non è sufficiente a farlo girare alla larga da me.

Una punta di tensione vibra nella sua voce, senza però scomporla.

- Visto come ti comporti ultimamente direi di si - ribatto sibillina, infilando le chiavi nella toppa e continuando a tenere i miei occhi lontano dai suoi.

Lui allunga una mano, appoggiandola sulla porta e facendo pressione in modo tale da ostruirmi la strada, impedendomi di fatto di entrare.

Sempre più nervosa espiro violentemente l'aria tra i denti, guardandolo decisamente male.

Percepisco la rabbia e la frustrazione montare prepotente dentro di me.

Lui mi restituisce uno sguardo rilassato, preannunciando l'ennesimo cambiamento di comportamento.

- Perché come mi comporto?- mi sorride sensuale, inclinando il capo verso di me e avvicinando le sue labbra alle mie.

Mi vuole baciare, noto shoccata sbarrando gli occhi mentre il suo respiro lento si infrange contro il mio viso.

Il mio corpo reagisce istintivamente irrigidendosi prima che una collera opprimente e bollente mi pervada, facendomi avvampare le guance.

Prima ha un comportamento da bipolare e poi mi vuole baciare come se niente fosse? Penso così oltraggiata da sentire le guance surriscaldarsi furiosamente.

- Buonanotte - soffio con un sorriso tagliente e aspro sulle labbra, troncando di fatto il momento sul nascere.

Un'evidente smorfia di delusione gli stende le labbra, corrucciandole quasi, mentre io mi allontano di un paio di passi.

- Sono stanca - aggiungo, non riuscendo a trattenermi dal non replicare anche se non ha alcun diritto di chiedermi spiegazioni. Tutta colpa di quella cosa che continua a pulsare per lui.

La sua espressione diventa improvvisamente più dura mentre i suoi occhi si assottigliano leggermente.

- Se eri stanca potevi tornare prima, allora - soffia pungente continuando a trafiggermi con uno sguardo tagliente.

- Scusami?- ribatto subito indignata, esibendo un cipiglio rabbioso e guardandolo torvamente.

Mi sta facendo la paternale per caso?Distolgo nuovamente lo sguardo dal suo una manciata di secondi dopo, tornando a fissare indignata la serratura.

- E' tardi - mormora a supporto del suo discorso, appoggiando la spalla contro il muro e lasciandomi così libera di aprire la porta finalmente.

Torna, poi, a incrociare le braccia al petto, inchiodandomi con uno sguardo scocciato e seccato che mi fa venire un insopprimibile e latente rabbia. Sembra irrequieto.

Una nota dura gli incrina leggermente la voce, irrigidendola, ma è così sottile che è appena percepibile .

E' sconcertante la velocità con cui riesce a cambiare umore. Un secondo fa quasi scherzava e ora è incomprensibilmente nervoso.

E io non so nuovamente chi ho davanti. Non è semplicemente il fatto di essere lunatici, cambiare repentinamente umore. Lui lo fa anche nei miei confronti. E' bipolare con me, nel modo di rapportarsi o di atteggiarsi. E non mi sta più bene.

Percepisco i suoi occhi azzurri fissarmi insistentemente, senza allontanarli da me neanche per un secondo aspettando che mi volti.

Lo faccio l'attimo dopo, inarcando infastidita il sopracciglio e riservandogli un'occhiata accigliata e contrariata.

-E quindi?- ribatto non capendo assolutamente dove vuole andare a parare.

Ian non dice nulla per qualche secondo, limitandosi semplice a scrutarmi con la fronte leggermente aggrottata e l'espressione indecifrabile stampata in viso.

La tensione è chiarissima, si percepisce nitida nell'aria.

Non è la solita tensione sessuale, che vibra elettricamente e riempie i pochi centimetri che ci separano. È semplicemente emotiva. Si sente che c'è qualcosa di incrinato e non risolto fra di noi.

Forse l'unico ad ignorarlo è proprio lui. Cosa che mi fa terribilmente innervosire.

Non è che non lo sa, finge volutamente di non saperlo.

- Se eri così stanca potevi tornare prima, allora - afferma aspro e duro, indurendo la mascella e guardandomi con ammonimento. Ancora.

Boccheggiante, lo guardo shoccata con gli occhi dilatati dallo sconcerto e dallo stupore.

Dopo questa mattina ha ancora il coraggio di essere geloso e avanzare pretese? Mi dico continuando a fissarlo allibita con le labbra dischiuse dallo stupore.

Probabilmente in un altro momento questo suo tono geloso e un po' possessivo mi avrebbe anche fatto terribilmente piacere. Ora decisamente mi suscita l'effetto opposto.

Beh, non può fare il cattivo e il bel gioco quando gli pare. Non mi sta decisamente bene,

- Buonanotte Ian - sibilo fredda, ripetendomi mentre la bollente arrabbiatura mi pervade fino quasi a togliermi il respiro.

Mi mordo l'interno della guancia, facendomi persino male, per non ribattere e contenere la rabbia furente che mi attraversa.

Confonde le emozioni, mischiandosi con il nervoso, la stanchezza, la delusione e un'infinità di altre cose.

Mi sconvolge, scuotendomi internamente e faccio di tutto per non abbandonarmici.

E mi ritrovo a notare, in un lampo stranamente lucido della mia mente, come sia sempre in grado di suscitarmi emozioni imponenti, seppur opposte.

Giro le chiavi nella toppa della porta,  iniziando a togliere i giri ed aprirla.

- Ma si può sapere che hai?- mi domanda ancora, la voce sempre più contratta.

Si sta evidentemente innervosendo anche lui.

Non mi volto, continuando a non guardarlo e non degnarlo neanche di uno sguardo.

Silenziosamente inveisco contro di lui intanto, mandandolo mentalmente a quel paese.

Con una torsione lieve del polso tolgo l'ultimo giro alla porta, che si apre con un suono metallico davanti a me permettendomi di intravedere, dalla fessura, il silenzioso buio in cui è avvolta la mia stanza.

- Sei strana - continua lui, afferrandomi un polso al fine di farmi voltare verso di lui.

La sua espressione si indurisce ancora, diventando sempre più contratta e rigida non appena incontra il mio sguardo furente.

Ha anche il coraggio di fare l'arrabbiato e il geloso?

E non reggo più, il nervoso arriva a livelli insostenibili e scoppio.

-Ah io sono strana?- sbotto con un tono di voce acuto e nervoso, quasi irriverente, strattonando il polso per liberarmi dalla presa delle sue dita.

Lui non cede, fronteggiandomi con uno sguardo spavaldo che è speculare al mio senza, tuttavia, lasciarmi andare.

Stringe le labbra, come se volesse trattenersi dallo sbottare.

Sempre più tesa e irritata, do un altro strattone, più forte, e finalmente la sua morsa si scioglie, scivolando via.

- Si può sapere che problema hai?- mi domanda ancora con dono duro, assottigliando gli occhi fino a ridurli a due fessure azzurre.

Lo fulmino con lo sguardo, percependo l'irritazione  pervadermi così irruentemente da farmi vacillare. E il limite di sopportazione è davvero troppo vicino, sto camminando sul filo del rasoio.

Basterebbe una semplice frase, un commento fuori posto a farmi sbottare.

- Volevo solo stare con te - soffia lui, allargando le braccia e pronunciando le parole con un modo talmente sciolto da farle sembrare la cosa più normale al mondo.

L'ondata di rabbia  e frustrazione mi pervade all'istante, eliminando ogni briciolo di razionalità e calma che mi erano rimaste.

- Ovvio perché io sono sempre disponibile per te, non è vero?- affermo aspra, riservandogli un'occhiata furente. – Quando ti va bene posso scaldarti il letto e quando non ti va bene mi tratti da estranea? - continuo, anche se suona più come un'affermazione che come una domanda.

- Ma che stai dicendo?- ribatte prontamente lui sentendosi punto nel vivo, contraddicendomi.

Peccato che sono proprio i suoi comportamenti a smentirlo.

E non so se è più grave il fatto che continui testardamente a negare o che non se ne accorga.

Stringo istintivamente le dita, chiudendole in dei pugni così stretti da far sbiancare le nocche e il suo sguardo chiaro, ora leggermente adombrato, segue fedelmente questo gesto.

Il mio nervosismo aumenta ancora, diventando insopprimibile e violento.

- Ma non te ne accorgi davvero?- assottiglio pericolosamente gli occhi, non capendo ancora una volta se finge di non saperlo o se non se ne è realmente accorto.

Lui non dice nulla, rimanendo rigidamente teso vicino a me. Il solito velo di imperscrutabilità che rende impenetrabile il suo sguardo.

- Guarda che non è...-

- Beh, non mi sta bene Ian di essere trattata così - lo interrompo bruscamente, togliendogli il tempo matematico di rabbonirmi con qualche scusa. Sono due settimane che va avanti sta storia

Non sono una bambola che prende quando vuole e lascia in un angolo quando non ha voglia di giocare con me. Se crede di avere a che fare con una persona simile si sbaglia.

Scuoto la testa, guardandolo delusa, irritata e un'infinità di altre cose.

Non può tenere la porta socchiusa. O la apre e la attraversa, o la chiude e mi lascia stare.

Con il cuore il gola e il nervoso che mi tende continuo a guardarlo, ormai quasi totalmente schiacciata dal peso delle mie stesse emozioni.

- Sono stufa di essere trattata in un modo in pubblico e in un altro in privato- continuo incapace di arrestare tutta la frustrazione e il nervoso che ho accumulato in questi lunghi giorni e di cui lui è la causa principale. - Sono stufa di non sapere quale Ian mi trovo davanti-

Lui si tira quasi indietro a questa mia affermazione, riservandomi un'occhiata risentita e ferita come se non si aspettasse un commento di questo tipo.

Mi guarda rimanendo impassibile nella penombra del corridoio, fermo e immobile a una manciata di passi da me. Non dice nulla. E io mi ritrovo schiacciata da un senso di sconforto disarmante notando che non prova neanche a dire nulla, a difendersi. Non fa nulla.

- Sono stufa Ian di non sapere cosa sono per te- mormoro dopo qualche secondo, sperando di scuoterlo in minima parte e indurlo a qualche reazione.

La voce è improvvisamente fievole e appena udibile, quasi incrinata.

Il magone inizia a farsi sentire, noto tristemente mentre lo percepisco stringermi suadente la gola.

- Cosa sono per te?- gli domando nella speranza che mi risponda e che mi stringa tra le sue braccia l'attimo dopo.

Lo vorrei così tanto e ne ho terribilmente bisogno, ma non succede.

- Lo sai benissimo cosa sei per me - ribatte lui con un tono che lascia trasparire un certa ovvietà, continuando a non muoversi e rimanere staticamente fermo a  pochi passi da me.

Le sue parole non mi scaldano come sempre, infondendomi quel calore tipico delle certezze e delle rassicurazioni.

Anzi, un senso di vuoto mi colpisce acutizzando quel senso di delusione che mi stringe lo stomaco.

- No, non lo so - affermo con un disperato bisogno di una risposta allargando nervosa le braccia. - E' proprio questo il problema non capisci? Non me lo fai capire!- allargo gli occhi.

Ian stringe le labbra, irrigidendo l'espressione e continuando a trafiggermi con uno sguardo quasi seccato.

E quella domanda esce spontanea dalle mie labbra un secondo dopo.

Scivola fuori senza che quasi io me ne accorga, dettata da un bisogno spasmodico di risposte.

- Che cosa siamo?- gli domando rompendo il breve silenzio creatosi, il respiro leggermente affrettato a causa dell'insieme di emozioni che mi chiudono la gola.

Lui non dice assolutamente nulla, limitandosi solo a distogliere lo sguardo dal mio. Lo punta lontano dal mio e il mio istinto lo legge come un cupissimo presagio.

L'espressione neutra che gli solca le labbra gli conferisce un'aria taciturna proprio nel momento in cui avrebbe dovuto invece chiarire ogni mio dubbio, parlando.

Continua a non farlo, penso allarmata. Non sta dicendo nulla. E i dubbi e le ansie aumentano a dismisura, intrecciandosi saldamente e infondendomi uno strano senso di perforante agitazione.

Il mio cuore perde un battito, facendomi vacillare pericolosamente non appena comprendo il perchè del suo silenzio.

 Gli occhi diventano inevitabilmente lucidi, come lampante segno che il pianto che ho tanto testardamente evitato è purtroppo vicino.

Ricaccio però indietro le lacrime.

- Che cosa siamo?- ripeto, l'ansia che mi stringe sempre di più fino a quasi soffocarmi con il suo ingombrante peso.

La mia voce traballa pericolosamente, facendo suonare la mia domanda quasi disperata.

Forse per la rabbia, o forse semplicemente per la delusione. Sono entrambe dannatamente presenti, finendo per mischiarsi confusamente rendendo vano ogni confine.

Torturo le labbra con i denti, mordendole fino a farle arrossare  mentre il mio corpo rimane rigidamente teso in attesa che parli.

Trattengo il respiro, continuando a fissarlo agitata e arrabbiata. Un mix davvero devastante.

E la mazzata arriva puntualmente l'attimo dopo, facendomi dolorosamente male.

Ian rialza lo sguardo dal pavimento e lo punta su di me, schiudendo le labbra pronto per parlare.

- Non lo so - afferma  distaccato con un'espressione indecifrabile stampata sfacciatamente in viso. - Non ci ho mai pensato -  

La gola brucia improvvisamente, ricordandomi che non sto respirando. Lo faccio, sentendo l'ossigeno graffiarmi quasi simultaneamente alle mie unghie che affondano nel mio palmo.

Le sue parole penetrano spietate dentro di me, così tanto da ferirmi. Una ferita profondissima.

Deglutisco sconvolta dall'insieme di sensazioni che mi stanno travolgendo.

Rabbia. Frustrazione. Tristezza. Dolore. Delusione. Sconforto.

Sono così tante e così sconvolgenti.

Non lo sa. Tante domande, tante ipotesi e tanti pensieri e lui non lo sa. Tutti i desideri e le speranze vanificate.

Non ci ha mai pensato.

Un leggero strato di lacrime vela i miei occhi, rendendoli tristemente lucidi e aggiungendo una punta ti tristezza al mio sguardo arrabbiato, che continua a trafiggerlo.

E il motivo che lo ha spinto a non pensarci, a comportarsi così mi risulta palesemente chiaro: non vuole alcun rapporto.

Ha solo giocato probabilmente, usandomi come passatempo. Mi sono illusa con le mie stesse mani.

Il magone diventa insopportabile e le lacrime premono scalpitanti  per uscire, rimanendo imbrigliate tra le mie ciglia.

Le emozioni si fanno sentire in blocco, facendomi quasi scoppiare in un pianto imminente che cerco in tutti i modi di trattenermi.

Non voglio piangere davanti a lui, venendo etichettata magari come una stupida ragazzina emotiva.

Il mio orgoglio scalpita a questo pensiero denigrante, ribellandosi.

Voglio andarmene subito, penso amareggiata.

La ferita che le sue parole hanno aperto continua ad allargarsi, sanguinando copiosamente e diventando sempre più dolorosa man in mano che i minuti scorrono via.

Sbatto le palpebre, cercando di scacciare l'immagine sfocata dalle lacrime della sua figura che mi guarda tra l'apprensivo e l'arrabbiato.

- Dovresti pensarci allora - gli ringhio contro, sputando a denti stretti le parole con un tono di vibrante sofferenza e collera.

Senza dargli il tempo di replicare gli volto le spalle entrando in camera mia nell'esatto momento in cui una lacrima scappa dalla presa delle mie ciglia e rotola silenziosa sulla mia guancia.

Con un gesto secco della mano la cancello stizzita, cercando di asciugarmi. Un altra la segue però l'attimo dopo e poi un'altra ancora, offuscandomi del tutto la vista mentre diventa un pianto silenzioso.

Non voglio piangere per lui, mi dico con il respiro ansante e tremolante. E allora perché non riesco a farne proprio a meno?

Lui non fa nulla per fermarmi, rimanendo inerme.

E la porta sbatte violentemente alle mie spalle, echeggiando nel corridoio.

 

 

Slam.

 

 

 

 

 

Note:

 

Salve! Come state? Dopo "solo" 3 mesi eccomi qui ad aggiornare.

 

1- Innanzitutto vi devo delle gigantesche scuse. Sono imperdonabile decisamente visto quanto vi faccio aspettare ogni volta. Scusatemi davvero ma tra impegni vari e poca ispirazione ci ho impiegato un'eternità. Mi dispiace veramente molto di avervi fatto attendere così tanto, spero ne sia valsa in qualche modo l pena

2- Allora riguardo il capitolo partiamo direttamente dal titolo. Come ho spiegato nella nota a inizio pagina “Slam”è una parola, o meglio un suono, che ho preso in prestito dal linguaggio dei fumetti. Indica una porta che sbatte e, come avrete capito, è una cosa che torna sia all'inizio che alla fine del capitolo. Mi sembrava, inoltre, molto chiaro per indicare un gesto dettato dalla rabbia, quindi particolarmente adatto a questo cappi. Ebbene si, ecco le prime nuvole che addensano il cielo dei nostri piccioncini. Ma andiamo con ordine. Nella prima parte troviamo una Nina un po' nervosa ed esasperata dal fatto che Ian continua ad avere un comportamento contraddittorio: con lei è in un modo e in pubblico in un altro. I modi stessi con cui la tratta sono differenti e non concordano con quello che era il suo modo di approcciarsi prima che finissero a rotolarsi nel letto. Decisamente il modo in cui si stacca da lei e reagisce quando Paul li interrompe è la goccia che fa traboccare il vaso e che la spinge ad un confronto diretto. Ha bisogno di sapere cosa c'è che non va.

Finiscono così per litigare e lei si sfoga con Candice e tira le sue conclusioni. Non le va più bene avere una “cosa” a metà e vuole avere una risposta. Nina è infatti arrivata ad un coinvolgimento tale che vuole che si prenda una svolta, nel bene o nel male che sia. Non le sta più bene che Ian tenga il piede in due scarpe, soprattutto se ha un comportamento del genere. Questo, unito al fatto che si è sentita un po' trattata come una bambola, l'ha portata a reagire come ha reagito nell'ultima parte e a sganciare la bomba del “cosa siamo?”. Come vi avevo anticipato nello scorso capitolo era una domanda che avrebbe portato molte conseguenze.

 

3- Altra cosa importante che vorrei sottolineare e chiarire. Quello di Ian non è un comportamento piovuto dal cielo, c'è un chiaro motivo dietro che ovviamente non svelo. Non è stata una scelta del momento perchè  non sapevo come riempire questo capitolo, ma ci ho ragionato ed era giusto così. Non prendetelo quindi come un comportamento improvviso o pazzo. Ne troviamo le radici già in quello scorso e nelle due settimane che intercorrono temporalmente tra gli eventi dei due capitoli questa cosa si è accentuata, diventanto estenuante per Nina. Nei prossimi si capirà di più. Vorrei sottolineare ancora una volta che tutto ha il suo perchè. Anche il comportamento di Mr Bipolare!

 

4- In questo capitolo, nella seconda e nella terza parte, c'è anche un piccolo accenno di gelosia da parte di entrambi. Non è messa a caso, leggete tra le righe e avrete un piccolo indizio sul prossimo capitolo.

 

5- Questo capitolo è stato davvero difficoltoso di scrivere e onestamente sono abbastanza insicura sul prodotto finale. E' stato quasi un parto, ho scritto e riscritto più volte le parte non riuscendo mai ad esserne davvero convinta. Come avrete notato è venuto davvero lungo ma non me la sono sentita di tagliare nessuna scena o descrizione.

 

6- Il prossimo aggiornamento di preciso non so quando arriverà, ma cercherò di pubblicare entro fine mese accorciando il più possibile i tempi visto che ho già la scaletta degli eventi pronta.

 

7- Vorrei ancora ringraziarvi per avermi aspettato per tutti questi mesi. Un grazie a chi commenta, a chi mi segue e chi semplicemente legge.

Non ho riletto il capitolo, spero non vi siano errori di ortografia o ripetizioni e in tal caso mi scuso in anticipo.

 

8- Infine, una dedica speciale va al mio "editore" che mi sopporta sempre. Grazie

 

Xoxoxo

 

Live in Love.

 

 

 

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Capitolo 12
*** All We Are ***


 

ATTENZIONE: Questo capitolo è dal punto di vista di Ian e non di Nina come di consueto.

Buona lettura!

CAPITOLO 13

 

ALL WE ARE

 

 


Annuisco distratto, acconsentendo a una domanda che non ho neanche ascoltato davvero.

Cosa mi ha chiesto?Mi ritrovo domandarmi più per distratta curiosità che per reale interesse.

A dire il vero, non ho proprio ascoltato il discorso in generale e non ho neanche preso in considerazione l'idea di farlo.

Totalmente disinteressato continuo a fissare un punto imprecisato davanti a me, chiuso in un silenzio di apparente cordialità, ma di reale noncuranza.

Non so neanche di cosa sta parlando la bionda seduta in una posa plastica vicino a me, che assomiglia terribilmente ad una Barbie. So solo che continua a gesticolare e a blaterare qualcosa con voce acuta e particolarmente fastidiosa.

Cosa diavolo vuole ancora da me? Mi domando esasperato mentre la mia mente si rifiuta di prestarle attenzione.

Ho finto di ascoltarla per quasi venti minuti ininterrotti e le ho dedicato cinque secondi di attenzione, dovrebbe essere già contenta di questo.

In fondo non ci vado mica a letto, cosa diavolo vuole a me?

Le lancio un'occhiata cupa e annoiata, continuando ad annuire mentre silenziosamente confermo il mio pensiero: è una rompiscatole insopportabile.

Dovrebbero vietare per legge ad alcune donne di aprire bocca e parlare,  soprattutto a quelle che non solo dicono cose ovvie ma anche inutili.

Sprofondando sempre di più nel baratro della noia socchiudo gli occhi, portandomi il bicchiere alle labbra e accorgendomi che è vuoto. Bene, di male in peggio.

Le parole, la voce che esce dalle sue labbra, tinte di un innaturale rosa, non arrivano davvero alle mie orecchie, perdendosi e mischiandosi con il vociare di sottofondo che anima la sala.

Per fortuna, oserei dire.

La Barbie smette per un attimo di parlare, dando pace alle mie orecchie, che quasi sanguinano e facendomi per un attimo credere che la tortura sia finita, ma ho cantato vittoria troppo presto dal momento che, il secondo dopo, prende un profondo respiro e ricomincia a parlare a mitraglia, se possibile più intensamente di prima.

osa ho fatto di male per meritarmi questo? Mi domando e qualcosa dentro di me, forse la mia coscienza, mi  mostra un paio di occhi scuri come risposta.

Istintivamente il mio sguardo cade con maggior attenzione sulla folla davanti a me, cercandola tra gli invitati. Non c'è, sibilo silenziosamente dentro di me mentre l'espressione si indurisce e l'ombra scura sul mio volto si scurisce maggiormente.

Non si è neanche presentata al mio compleanno. Meno male che dovevo essere io a dare una risposta a lei, stringo il bicchiere vuoto fra le mani e lasciando chiaramente trasparire il mio nervoso.

La mia irritazione aumenta a dismisura a questo pensiero, facendomi diventare nervoso e, se possibile, ancora più indisponente.

- Capisci no Ian? - afferma la Barbie con il chiaro intento di richiamare la mia attenzione, cosa che non accade irritandomi ancora di più.

Sbuffo, non preoccupandomi di offenderla e di mostrare tutta la mia noia mentre continua a parlare.

Ok, decreto perentoriamente, basta così.

Senza degnarla di ulteriore attenzione o di premurarmi di scusarmi, appoggio le mani sulle gambe e faccio leva per alzarmi dal divanetto in cui ero sprofondando. Una volta in piedi raddrizzo la schiena e muovo un passo in avanti, allontanandomi e lasciando la bionda attonita e la mia agente che mi fissa confusa.

- Ian, ma dov...- mormora sorpresa dalla mia improvvisa interruzione tentando di ricevere spiegazioni, che io non sono intenzionato a darle.

Tutti sembrano volere spiegazioni e risposte da me ultimamente, penso esasperato e stizzito mentre la mia mente mi riporta di nuovo a lei.

- A dopo - taglio corto io, interrompendola con una inclinazione della voce perentoria e decisa che non ammette repliche mentre con la mano le faccio un cenno di saluto.

Basta chiacchiere inutili, mi dico sbuffando.

Ne sono terribilmente stufo, annoiato, e il mio bicchiere vuoto ha decisamente bisogno di essere riempito.

Io ho bisogno di essere riempito, forse. Riempire quella sensazione di noioso e apatico vuoto che mi segue ovunque. Mi perseguita.

Emetto un sospiro gutturale, che mi raschia provocatoriamente la gola mentre scanso le persone in cui mi imbatto.

E' tutto contorno. La ragazza bionda, gli invitati e il mio stesso compleanno fanno parte di un grigio sottofondo. Sembra tutto sbiadito, posseduto da una confusione noiosa che mi irrita particolarmente. E' tutta inutile tappezzeria.

Con passi strascicati raggiungo finalmente il mio obiettivo, l'angolo bar, appoggiandomi distrattamente al bancone senza far troppo caso a chi ho vicino.

Infondo è la mia festa, mi stringo nelle spalle, posso fare quello che voglio.

Fai sempre quello che vuoi, mi ricorda una parte di me con voce presuntuosa e saccente.

Con un cenno chiamo il barista e faccio il mio ordine, che viene posato davanti a me dopo una manciata di secondi.

Finalmente qualcosa di piacevole in questa piatta serata, penso iniziando a sorseggiare il mio bicchiere. Socchiudo poi gli occhi, godendo del piacevole intorpidimento che produce.

I miei pensieri spariscono per qualche secondo, annebbiati e dissolti dal calore bruciante dell'alcool giù per la gola che ha, infatti, il potere di riscuotermi e , allo stesso tempo, di annullare le angosce che mi tormentano.

Adoro quando la vodka intorpidisce i miei sensi  e al primo sorso ne segue un altro, più lungo e smanioso che mi permette di assaporarla meglio.

 Mi procura un lieve e sinuoso senso di benessere che inizia a propagarsi dentro di me, sopprimendo dolcemente la noia.

Una vampata di calore mi avvolge subito dopo, scaldandomi le guance e provocandomi la tipica sensazione di leggerezza.

Dura solo una manciata di secondi però, non appena lo ingoio del tutto svanisce anche quello. Divorato nuovamente da quel vuoto assordante, logorante, scompare lasciandomi in balia del flusso di travolgenti e stressanti pensieri che mi riempiono in modo spossante la mente.

Qualcuno di indistinto passa poi vicino a me, ridendo e facendomi gli auguri, a cui rispondo con un sorriso finto, per sparire nella folla l'attimo seguente.

Sospiro, lanciando un'occhiataccia al mio bicchiere già vuoto e accorgendomi che sembra l'unica cosa positiva della serata.

Non sono molto in vena di festeggiare questa sera, anzi proprio per niente.

Mi chiedo come mai i compleanni, a volte, capitano sempre nei momenti meno opportuni, è quasi ironico.

Sono di pessimo umore,infatti, e la causa di tutto questo risiede, ancora una volta, in due occhioni scuri e in una chioma castana che sembrano essere la mia rovina.

Ancora più frustrato e irritato passo la mano sulla mia nuca, sfregando il palmo contro i capelli e lasciandomi andare nuovamente ad un sospiro pesante.

Dannazione a lei e alle sue dannate domande, brontolo nel silenziosamente tormentato.

Il barista riempie nuovamente il mio bicchiere, dileguandosi l'attimo dopo probabilmente consapevole che non tira una buona aria.

Lo riafferro, prendendo un altro lungo sorso e guardandomi svogliatamente intorno. Non ho voglia di fare neanche questo minimo sforzo. Sono decisamente indolente stasera, noto.

Sbuffo innervosito dalla mia stessa noia, muovendomi irrequieto sullo sgabello e decidendomi a guardarmi intorno con un minimo di serietà in più.

Lo faccio vagare per la sala: il barista che serve altre persone, alcuni invitati che scherzano e ridono poco lontano.

I miei occhi continuano a vagare alla ricerca di qualcosa da osservare, non soffermandosi su nulla in particolare mentre mi rendo silenziosamente conto di conoscere solo di vista molte di quelle persone.

Qualcosa, improvvisamente li attira portandoli a fare una brusca virata: un frusciare di capelli castani e un abito blu richiamano istantaneamente tutta la mia attenzione, calamitando il mio sguardo.

Affascinati, si soffermano con più attenzione su questa vista beandosene per qualche secondo.

Un inaspettato senso di calore mi pervade repentinamente con la velocità di una frustrata, cogliendomi impreparato mentre il mio sguardo segue la linea dolce della schiena, lasciata parzialmente scoperta da una scollatura a v.

Incapaci di staccarsi da questa immagine, continuando a fissarla ammaliati.

I capelli sono spostati morbidamente su una spalla, fatta eccezione per qualche ciocca che, dispettosa, le sfiora la spalla e le lambisce la pelle, non permettendomi di andare oltre con lo sguardo.

Le imprecazioni istintive per questa interruzione non voluta si sciolgono presto in un'altra lunga occhiata, languida.

Scendo, allora, sulla linea sinuosa dei fianchi e poi ancora più giù, posandomi sul suo sedere che si intravede appena. Il ricordo della sua consistenza tonica e morbida e di tutte le volte che le mie mani vi ci sono posate sopra mi pervade, provocandomi una imponente ondata di languido calore.

Per una frazione di secondo ringrazio un'entità sconosciuta che nella piena distrazione in cui ero mi ha fatto scegliere un posto da cui si ha una così ottima visuale.

Appoggio nuovamente le labbra sul bicchiere, leggermente stirate in un sorriso sottile e voluttuoso, percependone il freddo del vetro.

Muove poi improvvisamente il campo, inclinandolo e lasciandomi intravedere l'alone di un sorriso.

Ne prendo un lento sorso mentre i miei occhi non si staccano da lei. E, qualcosa, sembra sciogliersi ancora dentro di me alla vista del suo sorriso.

Qualcosa di indistinto pulsa di più, si contorce e si scalda confondendomi con quel senso di naturale calore che ne deriva.

E' l'alcool mi dico, solo quello, rinnegando un qualcosa che so che non può essere rinnegato.

Inclino leggermente il viso verso destra poi, sistemandomi meglio senza, tuttavia, interrompere mai il contatto con il suo corpo.

Ed è impossibile non pensare a come quello stesso sorriso l'ho visto rarissime volte in questi giorni sul suo viso, incredibilmente cupo e rabbuiato. A causa mia, probabilmente.

Deglutisco, il desiderio leggermente velato da un nervoso e da una consapevolezza che non se ne sono mai andati davvero. E non lo hanno fatto neanche ora, leggermente illanguiditi dall'ardore che questa visione mi provoca. E' come un sensazione  scottante e, per un attimo ancora, mi beo del ricordo di quel corpo, del suo calore e del suo tocco sulla mia pelle.

Un senso di tepore mi pervade, avvampa, stringendomi languido e iniziando a diffondersi in lente spirali nel momento esatto in cui la mia mente mi ripropone subdolamente l'immagine di noi a letto insieme.

Mi coglie impreparato, in uno stato di intorpidimento dei sensi che mi confonde.

Forse è a causa sua, è lei che mi confonde.

Scuoto il capo, scacciando questo pensiero l'attimo dopo.

E' decisamente colpa dell'alcool che ha iniziato a fare effetto, sciogliendo il nervoso ed appannandomi i sensi, mi dico  più appagato da questa realtà fittizia che dalla verità.

Ha sopito per un attimo le sensazioni negative amplificando solo un piacevole e positivo calore, agognato come non mai dopo tutti questi giorni di stress fisico e mentale in cui il nervoso e l'irritazione l'hanno fatta da padrona.

E' come se un dolce sapore mi avesse invaso la bocca, scacciando quello meno piacevole della rabbia.

E' l'effetto che mi fa lei.

Inclino lievemente la testa, sistemandomi meglio e continuando a guardarla. Infondo ultimamente posso fare solo questo, guardarla da lontano.

E' quello che siamo, distanti e separati da uno spazio che non è unicamente quello fisico.

E il mio sguardo cade proprio lì, sulla distanza che ci separa, occupata da persone allegre che scherzano ignare dell'angoscia che mi affligge.

Una punta di amarezza, che minaccia di incrinare la mia precaria tranquillità d'animo, mi pervade, insidiandosi alla bocca dello stomaco e sostituendosi al bruciore confortante dell'alcool. La scaccio l'attimo dopo, tendendo le labbra in una piccola smorfia. Voglio godermi questo briciolo di tranquillità ancora per qualche secondo, fino a quando almeno la vodka non sarà svanito via del tutto insieme al suo torpore e la realtà dei fatti mi porterà ad essere il solito bipolare di questi giorni.

Emetto un piccolo sospiro, tornando a crogiolarmi nella sua visione. Con lo sguardo torno a percorrerne il profilo sinuoso che collega il sedere alla schiena. Risalgo ancora, incontrando quella deliziosa scollatura e fermandomi sulla sua spalla.

All'improvviso qualcosa attira la mia attenzione, fulmineo come solo un gesto può essere.

Una mano si posa sul suo braccio nudo in un tocco lieve, ma dannatamente morbido.

Intimo.

I miei occhi si assottigliano all'istante diventando due gelide fessure di ghiaccio mentre l'irritazione mi stringe lo stomaco in una morsa soffocante e lacerante.

E' una mano maschile.

Un'imponente ondata di fastidio mi pervade, bruciando terribilmente.

Irritazione che aumenta a dismisura l'attimo dopo, non appena il mio sguardo si sposta di pochi centimetri per vedere di chi è quella mano. E una bruciante e sconcertante scoperta mi innervosisce: non è sola.

Deglutisco, percependo quel dolce sapore abbandonarmi e lasciare il posto all'amaro in bocca che lascia una bella sensazione quando se ne va.

Qualcosa dentro di me scalpita. E' il mio orgoglio che si divincola sotto il peso di questa constatazione cercando di non lasciarsi schiacciare da una subdola emozione che però preme troppo forte.

 

E il mio sguardo cade lì, su di loro. Ancora. Su come lui guarda lei. Un inaspettato fastidio mi scuote, insidiandosi alla bocca dello stomaco.

Digrigno quasi i denti, l'espressione che inevitabilmente diventa più dura, netta e la mascella che si contrae.

Non me ne frega nulla, in realtà. So che è così, me ne convinco ripetendomelo consecutivamente in testa per una infinità di volta.

Non è sola. E' alla mia festa e fa la svenevole con quel tipo.

Innervosito trangugio il contenuto del mio bicchiere, ordinandone poi un altro con un cenno del capo al barista.

E non posso fare a meno di pensare a come fino a qualche giorno fa ero io a guardarla così, a farla ridere.

Parlava a me.

Sorrideva a me.

Rideva con me.

Guardava me.

Voleva baciare me. Le mie dita si contraggono istintivamente, chiudendosi in un pugno che lascia chiaramente trasparire il mio malessere.

Ora non è più così.

Non mi parla, non mi sorride e se mi guarda, lo fa in modo decisamente non affettuoso.

E' lo sguardo di una persona che soffre, rancoroso e cupo di una rabbia non espressa.

La morsa fastidiosa che mi stringe lo stomaco aumenta ancora, alimentata da una malinconia latente che più scaccio e più ritorna. Cosa che non fa altro che aumentare il mio nervoso.

E non posso fare a meno di pensare di come siamo stati amanti, la mia mente mi ci rimanda tramite qualcosa inconscia connessione. Nello sguardo, nelle parole, nelle carezze.

L'ho toccata, l'ho baciata, l'ho avuta.

Tutto quello che eravamo chiusi in una stanza, al buio mentre ansimavamo sulle labbra dell'altro. Amanti.

Era mia in qualche modo. E' stata mia.

Un sentimento pungente, subdolo mi stringe lo stomaco in una morsa sempre più forte e snervante.

Lo riconosco benissimo.

Gelosia, tendo le labbra in un sorriso amaro.

Non voglio esserlo, non mi piace sentirmi fragile in qualche modo e vulnerabile.

Non sono geloso mi dico allora con una convinzione innaturale, rinnegando quella sensazione che per protesta scalpita ancora più forte.

I miei occhi però non ne vogliono sapere di staccarsi da lei, anche se non fa altro che accrescere questo senso di nervoso e di rabbia corrodente.

Il momento è fortunatamente interrotto l'attimo dopo da una figura che compare al mio fianco.

 

- Allora... fammi morire di invidia- Paul si lascia cadere seduto vicino a me, un braccio appoggiato sul bancone e lo sguardo puntato dritto su di me. - Quante donne si sono già gettate ai tuoi piedi come regalo di compleanno?- mi dà una pacca sulla spalla, scuotendomi leggermente.

Gli rivolgo un'occhiata altera e fredda, un po' scocciata quasi, dettata più dal mio stato emotivo che da  lui.

- Sto ancora aspettando che la spogliarellista esca dalla torta, a dire il vero - affermo con un umorismo tagliente, incrinato da una punta di nervosismo che mi inumidisce il timbro di voce rendendola fredda e incolore.

- Quante sono? Dieci? - azzarda ridacchiando, fingendo di non avermi sentito e soprattutto di non aver compreso il mio malumore.

Cosa impossibile dal momento che è visibile probabilmente anche a chilometri di distanza.

- Fratellino -  mi fermo, calcando su una pausa teatrale voluta e studiata - Non tutte le donne mi vedono come un vibratore - affermo con una finta saggezza, come se stessi rivelando chissà quale segreto.

Lui mi lancia un'occhiata dubbiosa e poi scoppiamo entrambi a ridere.

Divertimento che dura poco, venato da una nota stonata di artificio e falsità. Non è  la mia solita risata, naturale e spontanea. E' un divertimento tagliente, artificiale quasi.

Per qualche secondo cala poi il silenzio e io porto il bicchiere pieno di liquore ambrato alle labbra, prendendo un lungo sorso. Il sapore dell'alcool non sopisce però quel bruciore che provo al fondo dello stomaco, logorante e corrodente.

Mi sembra quasi di sentirne il retrogusto amaro sul palato persino.

Nessuno dei due sa cosa dire e io ho decisamente voglia zero di impelagarmi in discorsi spinosi e difficili da sostenere.

- Non è che vuoi un regalo speciale? - mi domanda, voltando leggermente il viso verso di me.

Ecco, come non detto, ci ha pensato lui.

Io continuo a guardarmi intorno con fare disinteressato, lanciando occhiate di sottecchi e di sbieco alla mia destra.

Continuano a ridere, noto. Lei sembra persino divertita. E pensare che faceva la parte della cerbiattina fragile e abbattuta fino a qualche secondo fa.

Allontano lo sguardo da lei, convincendomi che non ne vale assolutamente la pena.

Non merita il mio sguardo né la mia attenzione.

- Magari bruno e con gli occhi scuri?- infierisce lui, non capendo che non voglio toccare l'argomento.

Non l'ho fatto per giorni interi e non voglio iniziare di certo ora.

Tutto di un fiato trangugio il liquido ambrato nel mio bicchiere, finendolo. Per qualche secondo percepisco solo il bruciore corroborante dell'alcool. Tremendamente piacevole, socchiudo gli occhi.

Peccato che svanisce l'attimo dopo, lasciandomi solo il bruciore bruciante di altro.

Gelosia, cantilena una vocina subdola e ambigua dentro di me.

- Non voglio assolutamente nessun regalo!- sibilo perentorio, negando decisamente con una scrollata del capo e cercando di zittire entrambi, lui e la vocina.

Più lontano mi sta, meglio sto. Le lancio una veloce occhiata risentita, convincendomene sempre di più.

Come tutte le donne, mi dico, è deleteria per la salute mentale.

Lei continua a ridere con quel bamboccio e il mio fastidio cresce ancora, arrivando a livelli impensabili.

- Sicuro?- mi canzona Paul, lanciandomi un'occhiata ambigua mentre continua a sorseggiare la sua bevanda non credendo minimamente a quello che ho detto.

Stendo le labbra in una smorfia, continuando a tenerle serrate per poi allungarle in un sorriso ironico.

- Il regalo - continuo a chiamarla, ingoiando un altro bruciante sorso di alcool, con l'intento di non far capire a chi c'è intorno a noi a chi mi sto riferendo. - Mi ha sbattuto la porta in faccia - sibilo, soffiando l'aria tra i denti in un sussurro aspro e tagliente .

La mia voce si vela di risentimento, assumendo un'inclinazione seccata e arrabbiata. Inevitabilmente un'ondata di rabbia mi pervade, penetrando nelle mie vene e corrodendole come lava incandescente.

Percepisco lo sguardo di Paul su di me, ma non mi volto continuando a tenere il mio puntato davanti a me. Il barista fa freneticamente avanti e indietro dietro il bancone, destreggiandosi tra i bicchieri e gli alcolici più svariati.

Appoggio i gomiti contro il legno lucido del bancone, continuando a guardarmi intorno.

- Non lo voglio. - affermo deciso, il chiacchiericcio intorno a noi che quasi mi sovrasta.

- A quanto so sei stato tu a sbattere la porta in faccia al regalo - controbatte lui con un tono calmo e tranquillo, come se stessimo parlando del tempo e non del regalo.

Mi volto verso di lui, fulminandolo con uno sguardo al vetriolo.

- Di sicuro non sono io a dover andare dal regalo per scartarlo!- affermo astioso - Se vuole vieni lei da me - bofonchio l'attimo dopo, continuando mentre le mie labbra premono con il vetro freddo del bicchiere e prendo un lungo sorso di alcool.- Se no per quanto mi riguarda può stare dov'è e scartarsi da solo-

- Mmm non ho mai sentito di un regalo che si scarta da solo - ride lui, scherzando con il probabile intento di strapparmi una risata.

Non ci riesce, le mie labbra rimangono incollate in una smorfia plastica che non viene neanche minimamente smossa dalla sua ilarità.

Cala per qualche secondo il silenzio, di nuovo, mentre le persone intorno a noi continuano a ridere e muoversi.

- Comunque, se ti ha sbattuto la porta in faccia hai fatto qualcosa per meritartelo ...evidentemente - afferma riservandomi un'occhiata penetrante ed eloquente.

Uno sguardo di chi sa come sono andate le cose, di chi ha entrambe le versioni. e un dubbio sorge spontaneo. Cosa gli ha raccontato lei? Mi ha fatto passare come il lupo cattivo?

Assottiglio ancora di più gli occhi, rendendoli simili a due fessure taglienti.

- Ora la colpa è mia?- sbotto bruscamente puntando un dito contro il mio petto. - La difendi?-

Lui mi rivolge un'occhiataccia.

- Potevi risponderle - si appoggia con il fianco al bancone, continuando a guardarmi - E non lo hai fatto-

Incasso stizzito la testa fra  le spalle, indurendo l'espressione.

- Scusa - affermo mellifluo, il tono fintamente cordiale. - Avevo dimenticato il cartello "definiamo il nostro rapporto" in camerino. - mimo le virgolette con le dita, il sorriso ironico che si scioglie e torna a comporre la mia espressione impassibile e un po' seccata.

Paul, al mio fianco, sospira stancamente anche se a dire il vero sembra più uno sbuffo sconsolato.

Il mio sguardo cade di nuovo lì, su di lei.

L'assistente patetico di Kevin continua a parlare e la guarda come un cagnolino. Mi aspetto quasi che tra poco inizi a scodinzolare.

Sbuffo, diventando sempre più cupo e torvo mentre quel logorante nervoso non mi abbandona.

Sembra una lenta e spasmodica corrosione. Subdola, lavora in silenzio anche quando il mio sguardo non è posato su di loro.

- Attento che il regalo non lo scarti qualcun altro però-

- Non me ne frega nulla.- ribatto rabbioso, trangugiando tutto di un fiato il contenuto del mio bicchiere.

Lo poso poi con uno schiocco secco sul legno del bancone, facendo tintinnare il vetro e guadagnandomi l'occhiata stranita e confusa di Paul.

- Un altro - ordino subito con tono perentorio, la voce decisa e inasprita da quella corrosione che non mi abbandona.

Paul inarca un sopraciglio, trafiggendomi con uno sguardo schietto che non fa altro che innervosirmi ulteriormente.

- Che vuoi?- gli chiedo senza tanti giri di parole, risultando brusco e alzando altezzosamente il mento verso di lui.

- Sei geloso?-

Scoppio in una risata ironica, gracchiante e che non ha nulla di naturale. Non assomiglia neanche lontanamente alla mia solita risata, spontanea e divertita.

- Carina come battuta-

- Non era una battuta- non si scompone lui - Sei chiaramente geloso …e ubriaco - ribatte deciso, non staccando i suoi occhi verdi dai miei.

Sbuffo, esibendomi in un'espressione ironica e scocciata che vuole palesemente contraddirlo.

Cala nuovamente il silenzio e capisco dal suo sguardo che non dirà più nulla.

Forse ha compreso che un muro ha più voglia di parlare di me, finalmente.

Sospiro, mentre la curiosità batte quella sensazione fastidiosa logorandomi fino al punto di vincere sull'orgoglio e portarmi a voltarmi.

Lo faccio solo per vedere cosa fa, non perché mi interessa.

Crogiolandomi nel calore di questa palese scusa mi volto, incapace di non farlo, trovo solo una triste verità.

Il vuoto.

Se ne sono andati, sbarro leggermente gli occhi mentre noto i loro posti vuoti e i bicchieri abbandonati inesorabilmente sul bancone.

Quella sensazione pulsa più forte, diventando lancinante.

Amanti...Gelosia...

Se ne sono andati insieme.

Qualcosa dentro di me scalpita, avvampa e divora.

Amanti... Gelosia...

Corrode.

E tutto quello che siamo viene dolorosamente e tristemente sottolineato da questo.

Quell'essere amanti brucia più che mai.

 

 

*******

 

 

 

Con passi lenti e cadenzati mi trascino lungo il corridoio, mettendo un piede davanti all'altro nel tentativo di raggiungere l'ascensore.

E' stata una serata tremendamente lunga. Troppo.

Allungo il braccio, lasciandolo penzolare al mio fianco. La giacca, appesa alle mie dita, ondeggia ad ogni mio passo sfiorando il pavimento e rischiando di sporcarsi.

Non curante di questo fatto continuo la mia avanzata, leggermente rallentata dal mal di testa dovuto al troppo alcool. Socchiudo lievemente gli occhi, gemendo mentre una fitta più acuminata delle altre mi trafigge, portandomi ad arrestare momentaneamente la mia avanzata.

Mi inumidisco le labbra, passandoci leggermente la lingua e trovandovi ancora il sapore di alcool sopra.

Ho bevuto un po' troppo forse, noto sbattendo gli occhi nel tentativo di scacciare il senso di torpore e confusione che mi appannano la vista. Ma era l'unico modo per scacciare e zittire quel fastidio lancinante che lei mi ha provocato.

Al suo pensiero qualcosa stride dentro di me, gracchia quasi in modo difettoso, provocandomi un'ulteriore fitta di irritazione e conseguentemente di mal di testa.

Sbuffo sonoramente infastidito da tutto. E' snervante. Vederla andare via con un altro lo è.

Inspiro bruscamente l'aria, percependola invadermi i polmoni mentre simultaneamente un fastidio sordo e tagliente mi pervade.

Non se ne è mai andato in realtà, è sempre rimasto in modo latente presente anche se ho cercato di schiacciarlo in tutti i modi. Anche annegandolo nell'alcool.

Cosa che non sembra aver funzionato poi molto visto che al fastidio psicologico si è aggiunto anche quello fisico.

O, molto più probabilmente, sono tutti gli accidenti che mi ha tirato dietro lei.

Uno scrosciare di risate irrompe improvvisamente nel corridoio, portandomi istintivamente ad arrestare la mia camminata.

Mi blocco, rimanendo immobile e con l'orecchio in attesa di captare qualche altro rumore.

Non ho voglia di vedere assolutamente nessuno. Sono stato già fin troppo in mezzo alla gente ed è decisamente l'ultima cosa che è di aiuto al mio umore nero pece.

Per un lungo interminabile attimo è solo il silenzio a riempire il corridoio, facendomi quasi temere di aver avuto le allucinazioni.

Sono messo addirittura così male? Mi domando con una punta di ironico allarmismo a pervadermi.

Tuttavia le mie sarcastiche paure sono scacciate via l'attimo seguente, quando delle voci sis sostituiscono alla calma notturna.

- Hai visto che se ne è andata  con quel tipo biondo?- mormora in modo cospiratorio una voce femminile, lasciandomi intendere che probabilmente sono in due.

Raddrizzo improvvisamente la schiena, mentre la mia curiosità viene pungolata e il mio istinto mi dice che questa conversazione potrebbe inspiegabilmente interessarmi.

E decido di seguirlo, assecondandolo, rimanendo in ascolto e aspettando la risposta.

- Si...e non gli ha fatto neanche gli auguri - risponde l'altra con tono smorfioso e saccente, ricordandomi terribilmente le protagoniste di quei programmi spazzatura e di basso livello dove passano la maggior parte del tempo a criticare e starnazzare.

Il tasso di falsità e quoziente intellettivo pari a zero è lo stesso infatti, stendo le labbra in una smorfia disgustata.

- Era alla sua festa con un altro- soffia malignamente la prima e le mie supposizioni sono confermate.

Si riferiscono a lei.

Il mio interesse si quadruplica, aumentando a dismisura, mentre allungo quasi il collo nel tentativo di percepire meglio quello che dicono.

Quasi mi ritrovo a ringraziare il loro spettegolare. Le persone sono davvero incapaci di farsi gli affari propri, anzi sono praticamente naturalmente portate per non farseli.

Una punta di fastidio stride improvvisamente contro la mia curiosità, venandola e mettendola in secondo piano.

La gente non si fa i fatti suoi, ripeto silenziosamente nella mia testa.

E' proprio questo il problema, penso amareggiato da una realtà che conosco fin troppo bene.

Ci sono persone che sembrano non capire cosa vuol dire la parola intimità, finendo per travisarla e sparlarci sopra.

 

- Si vede che non se la porta più a letto- ridacchia una delle due, interrompendo in principio il flusso dei miei pensieri.

Muovo un passo in avanti, rimanendo rasente al muro, nel modo più silenzioso possibile in modo da sentire meglio e loro non sembrano accorgersi di me visto che continuano a ridere tranquillamente.

Aggrottando leggermente le sopracciglia inclino il viso, puntando lo sguardo sul pavimento in attesa del seguito che arriva proprio l'attimo dopo.

- O, magari, dal momento che non c'erano fotografi in giro, non era necessario fingere- riprende a parlare una delle due con aria presuntuosa, di chi la sa lunga.

Trafitto da una punta di fastidio mi irrigidisco, comprendendo cosa vogliono dire davvero.

Pensano che ci facciamo vedere insieme per pubblicità, che sia semplicemente una facciata.

Il fastidio aumenta ancora, acutizzandosi e confermando i miei timori più profondi

Ma non è semplice questo. Pensano che stia con me solo per farsi pubblicità, per arrivare più in alto in qualche modo.

Ed è esattamente come pensavo.

Un sospiro frustrato esce dalle mie labbra nell'esatto momento in cui l'altra risponde, frantumando i miei pensieri, ma non il mio nervoso.

- Pensi stia con lui solo per convenienza?- cerca conferma con tono sorpreso e anche io aspetto la prova effettiva i miei dubbi, anche se ne ho praticamente la certezza.

La mia espressione si indurisce, assumendo una sfumatura seccata e pensierosamente irritata.

- Ovvio! Dai Sasha... è Hollywood - afferma lei, come se quella parole racchiudesse un significato intrinseco e, dopo una breve pausa, riprende a parlare - Tutti agiscono per convenienza, è risaputo -Un ulteriore moto di  mi attraversa nel vederla dipinta come una arrampicatrice in cerca di successo e pronta ad ottenerlo a qualsiasi costo.

Non è così. Lei è decisamente tutto che questo, non ne ho assolutamente alcun dubbio.

Io so com'è, i motivo per cui agisce e il perché lo fa. La conosco e posso affermare con certezza che è l'opposto di come la dipingono.

Un pensiero, più razionale e freddo degli altri, emerge e si erge sullo stato confusionale ed emozionale in cui sono, rendendomi in minima parte più lucido  suggerendomi una realtà quanto mai vera.

Il nervoso per vederla derisa e critica viene per un attimo accantonato mentre la mia attenzione si punta su altro.

Io lo so perfettamente quanto tiene al suo lavoro, i sacrifici che ha fatto e quanto ha sudato per ottenere ciò che voleva, ma gli altri? Lo sanno?

Sono in grado di andare oltre degli stupidi pettegolezzi o li fomentano?

E la terribile consapevolezza che non è così nella maggior parte dei casi mi gela sul posto, svegliandomi con la stessa immediatezza di una doccia fredda.

Il flusso dei miei pensieri è interrotto nuovamente, però. Il dialogo continua, infatti, e io sono costretto ad abbandonare le mie cupe e protettive riflessioni per sentire come va avanti.

- E poi Ian non è mica nuovo a queste cose -

Una smorfia ironica, tagliente mi piega le labbra, stendendole in un linea dura e irritata.

Eccolo qui il fatidico discorso, chissà perché me lo aspettavo: non è in grado di lavorare con qualcuna senza farsela.

E' l'etichetta che mi porto dietro da non so quanto, ormai.

Mi ci sono abituato, ci ho convissuto fino ad ora senza lasciare mai che mi toccasse più di tanto.

La gente può pensare quello che vuole alla fine di me, non me ne importa molto.

Il discorso è diverso se però tirano in ballo persone a cui tengo e lei è decisamente una di queste.

E il pensiero che lei potrebbe essere descritta non solo come una arrampicatrice ma anche come la ragazza di turno che mi porto a letto non mi piace, mi infastidisce.

Se prima avevo solo l'irritante dubbio di tutto ciò ora ne ho la terribile certezza.

Un'ondata di improvvisa inquietudine mi attraversa, andandosi ad aggiungere a quello che già c'era e incupendomi maggiormente.

- Si beh è stato con tutte le colleghe con cui ha lavorato praticamente- rincara la dose  l'altra, irritandomi inverosimilmente.

- Comunque - riprendono a parlare - Ha poco da andare in giro con quella faccia da cane bastonato...insomma stiamo parlando di Ian! Non le va decisamente male in ogni caso-

- Infatti...cioè ti soddisfa anche solo con lo sguardo- ride l'altra e una punta di compiacimento mi pervade, aumentando il mio orgoglio e gonfiando il mio ego.

Nonostante l'incazzatura sia a livelli stratosferici , il mio sorriso si vela di vanesia ilarità.

Sensazione di divertimento che svanisce l'attimo dopo, dissolvendosi velocemente in un cupo nervoso. La mia attenzione torna ad essere catturata  dalla conversazione, assorbendo tutte le mie riflessioni e tutte le mie energie mentali.

Direbbero questo in giro, la vedrebbero esattamente così. Ormai ne ho la certezza tangibile.

Magari i nostri amici non direbbero nulla e ci supporterebbero, ma io sarei in grado di proteggerla dalla pioggia di critiche delle malelingue?

Voglio proteggerla da tutto questo, dalle critiche e dalle voci di corridoio.

E' impossibile frequentarsi con qualcuno senza che almeno sul set si sappia. E' difficile tenere nascosto una cosa minima figuriamoci una cosa di tale portata. E le voci avvampano per niente, si sa.

Un ritardo di pochi minuti viene trasformato in un ritardo di ore e si mette subito in dubbio la professionalità delle persone.

Io lo so.

Ho già vissuto situazioni simili e nessuna è decisamente andata a buon fine. Vale la pena di rischiare di compromettere o addirittura distruggere la sua carriera, quindi? Farla passare come quella che va a letto con chi è già affermato per diventare famosa.

Forse rischierei di distruggere anche lei, così.

Ed è decisamente l'ultima cosa che voglio, passo frustrato una mano fra i miei capelli.

Lasciarsi coinvolgere sul lavoro è un arma a doppio taglio, ci si può stufare presto e compromettere il lavoro non solo nostro, ma di una intera troupe.

E' visibile già ora. C'è un'aria tesa sul set, quasi irrespirabile. Tutti sanno che è successo qualcosa che ha incrinato il nostro rapporto, ma nessuno dice nulla.

Non oso immaginare cosa potrebbe accadere dopo una rottura. Anzi lo so perché mi è capitato, l'ho vissuto sulla mia pelle e non voglio che capiti a lei.

La voglio proteggere anche da questo.  Io devo farlo in qualche modo, mi dico convinto e deciso a portare avanti il mio proposito. Non mi importa se sarà difficile, lo faccio per lei.

In qualche modo devo proteggerla anche da me, da un  possibile noi che potrebbe essere più nocivo che  benevolo. Perché se lei non lo vede o non lo vuole vedere lo devo fare io. Devo essere io a proteggerla da un qualcosa che potrebbe trascinarla in una cosa più grande di  lei e ingestibile.

Voglio e devo farlo.

Una sensazione angosciante mi stringe, avviluppandomi e tenendomi stretto fra le sue spirali.

So benissimo che dopo, quando il rapporto si logora, non è più lo stesso. Non si riesce più a lavorare più come prima, la chimica svanisce e con essa un lavoro convincente.

E se poi finisse in mano ai giornali? Potrebbero distruggerla mediaticamente, etichettandolo come una arrampicatrice. Lo sopporterebbe? Mi domando ancora mentre la morsa aumenta.

E di certo i miei precedenti al riguardo non aiutano. E' vero ho avuto qualche - diciamo anche parecchie- storie con le mie colleghe e nessuna è durata per più di qualche settimana, massimo qualche mese.

Ok, è vero, ammetto, sono stato a letto con praticamente tutte le mie colleghe.

Alcune non hanno neanche superato un giorno, annoto mentalmente mentre il mio umore precipita in picchiata.

Io posso sopportarlo, lo so perché ci sono già passato, ma lei? Rischierei di trascinarla nel baratro con me.

Finirei io stesso a metterle il bastone tra le ruote ed è l'ultima cosa che voglio

Distruggerei tutto quello per cui ha lavorato.

Deglutisco, la gola asciutta e chiusa dalla pesante consapevolezza che prima di tutto siamo colleghi.

Ora, più che mai, siamo solo questo.

Ed è giusto così.

Il tintinnio mi avvisa che un ascensore è arrivato al piano e le loro risate scemano via fino a scomparire l'attimo dopo.

Passo una mano sulla mia nuca, scompigliandomi i capelli mentre con un sospiro pesante mi appresto a girare l'angolo dopo qualche attimo di totale immobilità.

Mi fermo poi in attesa dell'ascensore, chiamandolo. La mano rimane appoggiata contro la parete mentre mi convinco sempre di più della mia scelta.

Solo colleghi.

Inaspettatamente l'ascensore arriva subito e le sue porte si aprono silenziosamente davanti a me, permettendomi di entrare.

Mi blocco, gelato sul posto, incontrando un paio di occhi castani che si alzano su di me quasi simultaneamente al mio. Si scontrano per una frazione di secondo e tutti i pensieri che ho avuto fino ad ora si rafforzano nel constatare il suo sguardo ferito e nervoso, in parte anche malinconico.

E' visibilmente stanca, provata fisicamente e mentalmente. Indugio su di lei rendendomi conto di una verità che ferisce, brucia terribilmente sulla pelle: ci sta male ed è colpa mia.

Una morsa mi stringe spietata, pressandomi e irritandomi inverosimilmente perché sono costretto a rinunciare a lei.

Non vorrei farlo, ma mi rendo conto che non lo sopporterebbe, non sarebbe in grado di sopportarlo. Deglutisco, spingendo indietro l'istinto che mi dice di abbracciarla e farla finita con le cazzate sulla protezione.

Ma non lo faccio, rimango fermo e lascio prevalere la mia decisione. Non posso cedere.

Siamo questo prima di tutto, colleghi.

Tutto quello che siamo.

Le porte dell'ascensore si chiudono alle mie spalle non appena vi metto piede, premurandomi di scegliere l'angolo opposto al suo.

Tutto   quello che possiamo essere.

 

 

***************

Con le dita tamburello sul volante, seguendo il ritmo della canzone che sta passando in questo momento alla radio e che riempie l'abitacolo dell'auto.  All We Are, la riconosco subito dal momento che rientra nella mia playlist.

Ne vena leggermente il silenzio, incrinandolo positivamente e alleggerendo debolmente la tensione che filtra tra di noi. E' palese, corposa e oppressiva. E' quasi fisicamente pesante, un fardello che pesa addosso come un macigno.

Irrequieto mi muovo sul sedile, tentando di non assecondare quella punta di curiosità che mi spinge a voltarmi e a scrutarla per vedere se la cosa pesa anche a lei.

Sbatto le palpebre, imponendomi forzatamente di non farlo o di parlare e di tenere gli occhi puntati, invece, sulla strada. Solo su quello. Le ultime note della canzone svaniscono, lasciando il posto al vociare sottile e inutile del dj.

Silenzio. Io non parlo, lei neppure.

Prendo un profondo respiro, cercando di non farmi innervosire ulteriormente da questo ostinato mutismo che sembra non volerla abbandonare. I muscoli delle braccia si tendono leggermente, irrigidendomi, mentre un lento nervoso si espande dentro di me come un chiazza d'olio. E la lenta, placida corrosione inizia.

La sento, la riconoscono. Quel logorare nervoso e al tempo stesso calmo che il nervoso mi provoca. Il nervoso provocato dal suo ostinato silenzio.

Dannazione.

La strada davanti a me scompare per qualche attimo dalla mia visuale, sostituita subito da altro di più piacevole.

Le lancio una veloce occhiata di sottecchi, cercando di passare il più inosservato possibile.

Ho ancora un po' di orgoglio, infondo. Orgoglio che scalpita leggermente sotto il peso dolce e spossante dell'aver ceduto ed essermi voltato a guardarla, assecondando proprio quel desiderio lancinante che mi pervade.

Con lo sguardo percorro poi la linea dolce ed esile delle spalle, lievemente curvate e semi nascoste dalla giacca pesante che indossa e dai capelli sciolti che ci ricadono morbidi sopra.

Non mi guarda, totalmente voltata verso il finestrino. Quasi piegata in un guscio protettivo guarda fuori, assorta e distratta da chissà cosa. Solo un leggero respiro, che le riempie i polmoni e le alza ritmicamente il petto, la scuote lievemente dalla sua immobilità.

Solo per una manciata di secondi, che cerco di ridurre il più possibile, la mia visuale torna ad essere occupata dalla strada, ma, fortunatamente, il traffico intasato mi permette di indugiare ancora su di lei senza incappare in qualche incidente.

Per qualche interminabile secondo cerco di scorgerne l'espressione, ma, ancora una volta, i suoi capelli me lo impediscono.

Dannati capelli lunghi, buffo leggermente mentre il mio tamburellare si acutizza. Ne intravedo solo il profilo lieve e delicato. Neanche il riflesso del finestrino mi aiuta, rimandando solo il panorama che vi è fuori.

Improvvisamente emette un piccolo sospiro, che, appena percepibile, le solca le labbra. Leggero e indecifrabile si scontra contro una ciocca soffice dei suoi capelli, appoggiati contro la guancia pallida. E' così angosciato e nervoso che mi porta a trattenere bruscamente il respiro per una frazione di secondo.

Per un lungo attimo  mi preparo a vederla girarsi verso di me e guardarmi con uno sguardo accusatorio. Cosa che non accade.

Non si volta verso di me e non parla. Ancora. Un senso di corrodente frustrazione mi pervade, stringendomi in modo lancinante lo stomaco. Mi provocherà l'ulcera di sto passo, mi dico distrattamente, non badandoci poi molto.

Lei continua a rimanere chiusa in un ostinante silenzio, lo sguardo che si perde nel buio delle strade fiocamente illuminate dai lampioni. Così imperturbabile da risultare irritante.

Cosa sta pensando?  Ormai me lo chiedo ininterrottamente da quando siamo usciti dall'ospedale, senza riuscire a darmi davvero una risposta.

Sta diventando come un logorio, una lenta corrosione mentale e psicologica che rischia di snervarmi e farmi uscire di senno. E' quasi fisica, noto percependo lo stomaco come chiuso da un nodo.

Volto il capo nella direzione opposta alla sua, colto da un imprevisto e improvviso fiotto di nervosismo, fissando anche io fuori dal finestrino. Mi specchio nel mio stesso riflesso per qualche attimo, scoprendomi stanco e con l'espressione seccata stampata in faccia. Sembro provato, noto.

Oltrepasso poi con gli occhi la sottile ed esile barriera del vetro, perdendomi al di là di essa. Si posano su un gruppo di passanti che attende, vicino alle strisce pedonali, di passare mentre sono sferzati dal freddo vento di dicembre. E' un'occhiata distratta, quasi assente. Esattamente come sono io visto che il semaforo diventa verde e le auto dietro di noi iniziano a suonare veementemente il clacson.

Quasi sobbalzando riparto, fissando la strada davanti a me con occhi sbarrati dalla sorpresa e il battito del cuore leggermente accelerato. Nina, al contrario, non fa una piega, rimanendo immobile e taciturna. Resta chiusa e protetta da un silenzio imperscrutabile, celandomi il suo viso e il suo sguardo. I suoi pensieri, soprattutto.

Cosa che non fa altro che aumentare il mio nervoso, stringo maggiormente il volante fra le mani  tendendo la pelle e facendo sbiancare quasi le nocche.

Non ha proferito parola da quando siamo usciti praticamente, se non un flebile grazie per la porta che le ho tenuto gentilmente aperta. Dopo aver attraversato tutto il parcheggio sotto una fine pioggia invernale, siamo saliti in macchina e anche qui lei non ha aperto bocca. Spinto dalla preoccupazione e da un moto di un sentimento indefinito che mi opprimeva il petto mi ero preoccupato allora di chiederle se aveva male.

Lei aveva semplicemente scosso la testa, sussurrando un appena percepibile "no" che aveva rotto fragilmente il silenzio per meno di un secondo. Sono rimasto allora a guardarla, cercando di comprendere cosa si agitasse in lei in quel momento. Non me ne aveva dato modo, voltandosi e celandomi del tutto quei pensieri che avevo solo ipotizzato.

Nessuno dei due ha più aperto bocca da allora.

E, di nuovo, mi ritrovo a chiedermi se i suoi pensieri mi riguardano. Mi chiedo, soprattutto, se sono positivi o negativi. Anche se non faccio fatica a comprendere, visto come sono andate le cose ultimamente tra di noi, che sia la seconda tra le due. Le mie labbra si corrucciano, piegandosi in una smorfia amara e contrariata.

Forse è anche colpa mia, mi dico silenziosamente riconoscendomene la colpa solo in una parte nascosta e intima della mia mente.

In ogni caso è una cosa insolita. Così...non da noi.

Sospiro, rendendomi conto di tante cose. Cose che questo silenzio, pur non pronunciando nessuna parola, dice.

Prima di tutto, prima di essere colleghi e amanti, siamo stati amici. Prendo un respiro profondo, lasciandomi riempire i polmoni. Non credo ci sia mai capitato un viaggio così noioso e silenzioso. Sembra persino più lungo, noto nervoso e annoiato, quando in realtà sono solo pochi chilometri, una manciata. Cosa ci è successo?

Abbiamo sempre riso, scherzato o semplicemente parlato riempiendo tutti i silenzi. E quelle poche volte in cui c'era è sempre stato interrotto da sospiri e baci. Ogni più piccolo incontro è sempre stato pervaso dal piacere del stare con l'altro, di godersi quel momento.

I nostri momenti, infatti, sono sempre stati caratterizzati da un sacco di parole, di discorsi e considerazioni complici. Ora non è più così.

Un senso di amarezza mi lambisce, stordendomi e pervadendomi quasi più intensamente del nervosismo.

Qualcosa sembra essersi venato, incrinato e infine rotto. Quella dannata domanda lo ha fatto.

Istintivamente la rabbia aumenta, amplificata da un profondo e bruciante rammarico.

Perché ha dovuto a tutti i costi cercare una definizione di un qualcosa che non può essere etichettato? Ha voluto e dovuto a tutti i costi cercare un perché, un nome che ci definisse. Ha voluto ostinatamente rompere il nostro equilibrio  e cercando uno nuovo, crearlo.

E ora cosa rimane? Un rapporto fatto di silenzio, sguardi sfuggenti e momenti di imbarazzo. C'è disagio tra di noi ora, oltre le estenuanti litigate che sono ormai sempre più presenti.

Che fine ha fatto la complicità? Tutto quello che eravamo lo siamo ancora? E ancora una volta non riesco ad astenermi dal chiedere perché ha dovuto cercare una modifica. Quel divenire e continuo mutare che non si può arrestare e che incrina le cose.

Ha cercato un'etichetta.

Sempre più contratto, nervoso, svolto all'incrocio, avvicinandomi all'arrivo e una punta di ansia mi attraversa spietatamente nel constatare che il momento della verità è sempre più vicino.

Mi ha detto che dobbiamo parlare, deglutisco scoprendo la gola improvvisamente secca e arsa. E una sensazione cupa, negativa, che assomiglia terribilmente ad un nero presagio mi scuote.

E' sembrata esasperata e al tempo stesso decisa quando lo ha detto. Non dobbiamo semplicemente parlare, lei vuole parlarmi. E la sensazione aumenta, stringendomi lo stomaco e acutizzando un'irritazione innaturale e  irrazionale snervante. Non è mai decisamente una cosa buona quando una donna ti deve parlare. Per nulla.

E un'improvvisa consapevolezza mi attraversa la mente. Sta pensando a questo?  A come liquidarmi? E' la domanda spontanea dettata da questo miscuglio di nervoso e rabbia. E' per questo che resta in silenzio?

Dannazione voglio sapere cosa pensa. Viziatamente irritato sbuffo di nuovo mentre mi accorgo che l'ennesimo semaforo è diventato rosso.

Il mio tamburellare diventa più nervoso quasi nevrotico, perdendo il ritmo della canzone e trasformandosi in un anonimo sottofondo.

Lei sospira, pensando chissà cosa, e non fa altro che aumentare il mio nervosismo.

Sono chiuso fuori dai suoi pensieri e sapere che mi riguardano in modo decisamente poco positivo mi innervosisce tremendamente, mi rende irrequieto. Lei mi ci ha chiuso nell'attimo stesso in cui mi ha sbattuto la porta in faccia. O forse sono stato io a farmela chiudere in faccia, con il mio comportamento.

Prendo un respiro profondo cercando di farmi passare questo senso di nervoso e irritazione latente

Stendo poi le dita, abbandonando momentaneamente il volante mentre il semaforo diventa rosso

Istintivamente, quasi senza pensarci e seguendo semplicemente il mio istinto e il mio desiderio, mi volto nuovamente verso di lei.

Il braccio sinistro, prima piegato e conserto sotto il seno è ora disteso mollemente sulle sue gambe.

Il mio sguardo cade sulla sua mano, dove un piccolo livido inizia ad ombreggiare la pelle e a mostrarsi, stonando con il colore chiaro della sua pelle.

La voglia di prenderla e afferrarla inizia a palesarsi e diventare sempre più corposa con il passare dei minuti, ma qualcosa ancora una volta la blocca.

Quella dannata domanda che mi ha posto mi innervosisce, mi rende irrequieto e vena anche i moti più dolci che ho portandomi a essere nervoso e dispotico.

E così la mia mano rimane ancorata al volante, le dita che lo artigliano sempre più nervosamente e in modo spasmodico come a frenare un istinto che emerge ma non vuole essere esaudito.

Rimango fermo così, di nuovo. Tutto quello che eravamo lo siamo ancora?

E la mia mente si riempie di pensieri e ricordi.

Risate leggere sulle labbra e scherzi in grigi pomeriggi di lavoro e allegre serate di divertimento.

Amici.

Sguardi che si cercano in mezzo ad un'infinità di persone sul set e che si trovano, scoprendo che si stavano cercando a vicenda.

Complici.

Battute e gesti predefiniti da un copione, scritti da una mano estranea ma a volte così nostri.

Colleghi.

Sussurri affini concitati nel'oscurità di una stanza, riflessioni che si perdono nel buio e che si ritrovano nel pensiero dell'altro.

Compagni.

Baci rotti da sospiri, mani che si cercano e si intrecciano sul cuscino mentre un letto sfatto ospita un bruciante e divorante desiderio.

Amanti.

Forse richiamata dal mio sguardo insistente e carico di pensieri lei si volta.

Quasi sorpresa di trovarmi a fissarla allarga leggermente gli occhi color nocciola. Per qualche attimo rimaniamo fermi a fissarci e per la prima volta questo silenzio non sembra essere troppo pressante. Ritorna ad essere per una frazione di secondo un nostro silenzio.

L'alone dei suoi pensieri è ancora presente nel suo sguardo, lo vela, senza però lasciarmi intravedere la loro natura o in cosa consistono.

Le restituisco uno sguardo apparentemente neutro, dietro cui nascondo abilmente la volontà di sapere cosa pensa e cosa vuole dirmi. La mia curiosità si sta ritorcendo contro di me, noto amaramente mentre la sento scalpitare.

I suoi occhi sono allora attraversati da un lampo ferito, quasi dolorante e la piega imbronciata dalle labbra non fa altro che aumentarla. E appare fragile e ferita come non mai davanti a me, triste. Posseduta da una tristezza rammaricante tipica di qualcuno che ti delude e ti fa del male. E' lo sguardo di chi non vuole più lasciarsi far male o ferire.

E ha ragione. Una sensazione sconfortante mi pervade, inquietandomi e rendendomi ancora più irrequieto.

Ritrae il suo sguardo fuggente dal mio l'attimo dopo, ripiegando in ritirata e celandomi nuovamente le sue emozioni e i suoi pensieri. Abbassa gli occhi sulle sue mani, che torturano il bordo della giacca, e io con lei seguo questo gesto nervoso. Vorrei dire qualcosa, ma invece non dico nulla, rimanendo in silenzio. Semplicemente, rimango immobile a fissarla e a sperare che lei si volti e mi guardi ancora.

Come consapevole del mio sguardo posato su di lei, lo nasconde tra i capelli non prmettendomi di indugiare oltre sul suo viso. E la speranza di vederla rivoltarsi si frantuma del tutto.

Un potente e caldo moto di nervoso e rabbia mi pervade ancora, aumentando e frustrandomi più di quanto io non sia già. Stringo i denti, indurendo la mascella e l'espressione mente torno a fissare davanti a me e abbandono la sua sagoma infagottata.

E' una rabbia dettata dal fatto che non eravamo così, non siamo mai stati così e ora lo siamo invece. Ma, nel profondo, so che è colpa mia.

Con l'auto percorro infine gli ultimi metri, parcheggiando.

Il momento è arrivato, penso mentre il mio cuore aumenta leggermente i battiti per l'angoscia. Mi sembra quasi di sentire l'ansia che sale in contemporanea con il tempo che inesorabile scorre.

Mi volto verso di lei, incapace di non farlo, lasciando prevalere la mia irrazionalità.

E' ancora voltata e continua a darmi le spalle, il mio sguardo cade inspiegabilmente sulla sua mano e qualcosa dentro di me spinge affinché io la afferri.

E lo faccio. Mi lascio guidare dal mio istinto, allungando la mano  verso di lei e oltrepassando il cambio.

Le sfioro leggermente la mano, appoggiata sulla sua gamba. Con la punta delle dita lambisco il dorso in una carezza lieve e appena accennata, quasi cauta.

Nina si volta verso di me con una torsione lenta del capo. Il velo di fragilità e tristezza è scomparso, c'è solo uno sguardo appannato e vagamente deciso.

Senza dire nulla e continuando a guardarla, faccio scivolare poi le mie dita sulle sue, intrecciandole.

I suoi occhi sono attraversati da un lampo di sorpresa, subito sostituito da una sensazione più forte.

Non vuole cedere.

La sua mano, sottile ed esile, tenta allora di scivolare via dalla mia presa, ritraendosi.

Peccato che io non ho assolutamente intenzione di permetterglielo.

 Invece di lasciarla scivolare via, come ho fatto fin troppe volte in questi giorni, la trattengo testardamente, rafforzando la presa e intrecciando le dita con le sue.

Il suo sguardo cade proprio li l'attimo dopo, rimanendoci posato per una sequela infinita di secondi . L'espressione si incupisce leggermente, diventando ancora più pensierosa. Alza nuovamente lo sguardo su di me dopo, trovandoli già puntati su di lei. Un lampo di sorpresa le attraversa gli occhi color nocciola. Un leggero rossore le vela le guance, contrastando con l'insolito pallore della sua pelle.

E comprendo che in questi giorni sono scappato da quella domanda, l'ho evitata ancora prima di sentirla pronunciata da lei, ma in realtà c'è sempre stata.

Ci guardiamo, i miei occhi nei suoi e i suoi nei miei. Semplicemente questo, basta parole o litigate.

Un senso angosciante di ansia e nostalgia mi attanaglia lo stomaco mentre la consapevolezza che dentro di me ho la risposta mi pervade.

C'è.

Posso continuare a ignorarla, fingermi indifferente e ignaro, ma essa rimane fin troppo presente nelle mie giornate.

E lei sembra quasi capirlo, lo sguardo si addensa diventando liquido. Il nervosismo si scioglie nell'ansia di sapere, allontanando qualsiasi altra emozione.

-  Siamo arrivati – sussurro, il tono deciso e al tempo stesso venato dalla paura di rompere quel momento di insolita tranquillità.

La quiete prima della tempesta, la etichetto.

Lei annuisce, deglutendo visibilmente nervosa e tesa. Una punta di senso di colpa mi pervade perché so che ne sono la causa.

Sono io che l'ho resa così in questi giorni, forse non sono molto salutare per lei.

Abbassa lo sguardo per qualche secondo, celandomi un lampo di fragilità e insicurezza che non ho il tempo di intravedere ma solo di intuire.

Lo rialza l'attimo dopo guardandomi in modo più deciso e fermo, quasi perentorio.

- Siamo arrivati- mormora lei ripetendo le mie stesse parole, quasi cariche di un altro significato.

Annuisco lentamente, consapevole, guardandola dritto negli occhi.

Perché tutto quello che eravamo ora non c'è più. C'è questo, che piaccia o no.

 

Tutto quello che siamo.

 

NOTE:

Salve! Come state? Ecco finalmente il tredicesimo capitolo

ì1.      Come ho detto nella nota all'inizio questo capitolo è dal punto di vista di Ian. In molte me lo avete chiesto e onestamente anche io pensavo di inserirlo da tempo per chiarire il suo punto di vista. Tuttavia, il suo comportamento e soprattutto i motivi che vi sono dietro non si esauriscono qui, ne abbiamo visto solo un piccolo scorcio. E' stato particolarmente difficile scrivere da un punto di vista maschile e spero di esserci riuscita almeno in minima parte. Alcuni punti, come ad esempio la parte centrale, sono volutamente confusi: è arrabbiato e ubriaco, non tutti i pensieri quindi risultano coerenti o legati tra loro. Spero comunque che il tutto sia leggibile e capibile, mi scuso in anticipo se così non fosse.

2.      Le tre parti in cui è diviso il capitolo rimandano chiaramente al capitolo precedente: la prima e la seconda si svolgono temporalmente in contemporanea con il capitolo 12 dal momento che sono composte dalla festa per il compleanno di Ian e dal post festa, mentre la terza si svolge dopo il momento in ospedale presente nello scorso capitolo. Non mi soffermo sui motivi per cui Ian agisce così questa volta, preferisco lasciare tutte le spiegazioni al prossimo capitolo che come avete capito sarà quello del confronto.

3.      Mi scuso per tutto il ritardo che ho impiegato anche questa volta nel pubblicare il nuovo capitolo, ho cercato di fare il prima possibile. Vorrei ringraziare tutte le persone che mi hanno scritto e hanno recensito lo scorso capitolo: grazie davvero! Ho aperto inoltre una piccola chat sul mio blog se volete chiarimenti sulla storia, sui capitoli o anche solo parlare contattatemi pure qui :  :CHAT

4.      Il titolo è preso in prestito dall'omonima canzone "all we are" dei OneRepubblic. Ho scelto  proprio questo titolo perché Ian riflette su quello che sono, che sono stati e potrebbero essere.Inoltre, anche il testo della canzone è appropriato alla situazione in cui sono.

Spero di avervi trasmesso qualcosa in questo capitolo, che non ci siano errori e che soprattutto vi sia piaciuto. Il prossimo aggiornamento non so quando arriverà, spero entro Natale.

Kiss kiss

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Capitolo 13
*** Un passo indietro ***


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CAPITOLO 12

UN PASSO INDIETRO

 

L'acqua, calda e languida, scivola silenziosamente sul mio corpo, vezzeggiandolo con una carezza bagnata e iniziando inevitabilmente a inumidirlo.

Prendo un respiro profondo, rimanendo immobile e sbattendo un paio di volte le palpebre nel tentativo di allontanare le piccole goccioline che si sono impigliate tra le mie ciglia, ora scurite e bagnate. Continuo poi a rimanere ferma, la schiena appoggiata stancamente contro la parete della doccia mentre il getto dell'acqua continua a picchiarmi addosso. Tento di non pensare a nulla, godendo solo del calore emanato dal vapore.

E sembra apparentemente facile, fin troppo, riuscirci grazie alla mente ancora intorpidita dal sonno e dalla stanchezza. Ho dormito poco  e male, ma, stranamente, sono grata al lavoro massacrante e doppio a cui sono sottoposta perché mi aiuta a non pensare, a tenere la testa concentrata e occupata.

Mi aiuta a non farla finire inevitabilmente .

Certo, c'è anche il risvolto negativo della medaglia cioè il ritrovarselo costantemente sotto gli occhi e quella stretta allo stomaco, nervosa e nostalgica, che mi opprime come inevitabile conseguenza. Per una volta, almeno, il mio personaggio mi facilita i compiti dal momento che Elena e Damon non sono in rapporti idilliaci.

Lui, beh, lui semplicemente mi ignora. Mi mordo le labbra improvvisamente innervosita da una frustrazione e da una irritazione snervante.

E io tento di ripagarlo con la stessa moneta, ci provo davvero.

E' tremendamente facile, semplice, fare lo stesso, fingere che non ci sia quando non lo vedo; basta pensare ad altro e tenersi costantemente occupati. Poi, però, basta anche solo intravederlo in lontananza, scorgere la sua figura tra la gente e il senso di malinconia e rabbia mi assale nuovamente in modo prepotente.

Tutto per una banale e triste verità: non riesco ad essergli indifferente, non riesco a fare come fa lui.

Sospiro mentre quel peso continua ad opprimermi in modo spossante.

Non ne ho più parlato con nessuno, tenendo tutto per me. Non ho neanche più pianto dopo quelle lacrime sfuggite dopo quella porta sbattuta. Lacrime di nervoso e tristezza. Candice ha provato qualche volta a intavolare un discorso o a fare pressione affinché mi sfogassi, ma non l'ho fatto rimanendo semplicemente chiusa in me stessa.

Sinuosamente, l'acqua continua a percorre ogni mia più piccola curva. Scivola placida e calda nell'incavo dei miei seni, bagnandoli del tutto ora.

Percepisco i capelli inzupparsi, diventando pesanti e carichi d'acqua sulle mie spalle.

Emetto un sospiro, soffiando l'aria fra le labbra dischiuse e chiudendo ancora di più gli occhi mentre il mio respiro si confonde con il vapore acqueo.

- Buongiorno Atlanta, Sono le 6 e 45 -

La voce dello speaker di una anonima stazione radiofonica, scelta a caso, riempie il bagno, leggermente sovrastato dal sciabordare dell'acqua, interrompendo il silenzio e fortunatamente anche i miei pensieri.

-Altro che buongiorno - bofonchio torvamente mentre mi insapono il corpo, il vapore che riempie sempre di più la stanza.

E' davvero troppo presto e io sono già in piedi dopo una notte di lavoro, mi passo una mano sul volto bagnandolo. E me ne aspetta una altrettanto pesante oggi.

Goccia dopo goccia fa scivolare via il torpore del sonno e il calore del letto che mi abbandona, lasciandomi addosso solo un senso di freddo. Mi pervade, entrandomi nelle ossa nonostante l'acqua bollente e lasciandomi addosso uno strano senso di malumore.

Forse è semplicemente la stanchezza, mi dico mentre con la mano mi insapono distrattamente i capelli.

Un profumo dolce e fiorato riempie il vano della doccia, acutizzato dal calore dell'acqua.

Stando ben attenta a non far finire lo shampoo negli occhi li risciacquo, reclinando il viso indietro e lasciandomi investire in pieno dal getto d'acqua.

Non prendiamoci in giro, mi dico con la malinconica consapevolezza che negli ultimi giorni sembra non riuscire ad abbandonarmi. Non è il mancato sonno a rendermi frustrata, irrequieta e malinconica. No, non è questo.

Perché si, c'è la rabbia, ma c'è anche una bruciante punta di tristezza che mi continua a pungere nel profondo nel constatare di come

Quella sensazione sembra contaminare tutto, penso amara appoggiando la schiena alle piastrelle.

Fredde premono contro la mia pelle surriscaldata, risvegliandomi, ma non abbastanza da destarmi dal flusso dei miei pensieri.

- Iniziamo questo 8 dicembre con "The Reason" degli Hoobastank -

La radio lancia l'ennesima canzone, ma io sono troppo concentrata su altro, su ciò che ho decisamente evitato in tutti questi giorni.

E' l'8 dicembre oggi, ripeto lentamente nella mia testa. E' il suo compleanno, sospiro mestamente.

E il ricordo di cosa è accaduto l'anno scorso, esattamente trecentosessantacinque giorni fa mi trafigge spietato. La punta di malinconia che mi pervade da una sequela di giorni infinita aumenta, espandendosi ed allargandosi come una chiazza di inchiostro nero.

Mi sporca le dita, le mani, penetrando nella mia pelle e macchiandomi internamente.

Un principio di magone mi attraversa, chiudendomi la gola e stringendomi lo stomaco. Mi toglie quasi il respiro.

E' il suo compleanno, mi dico ancora.

Reclino poi la testa all'indietro, lasciando che il getto mi investa in pieno il viso e mi bagni.

E una cocente constatazione mi avvilisce ancora di più, se possibile. Da quel giorno, esattamente un anno prima, abbiamo fatto molti passi avanti nel nostro rapporto.

Ora, invece, cosa rimane? Solo aria stretta tra le dita.

Chiudo gli occhi, il pensiero che si interrompe sotto il peso massacrante del nodo alla gola.

Le prime sfumature di un ricordo iniziano a infiltrarsi tra gli altri pensieri, confondendoli fino a sfocarli. Li rende vacui e confusi mentre quel filone disconnesso composto da immagini, suoni e pensieri si intensifica fino a prendere forma, diventando tangibile.

E mi pervade.

 

 

- Come non sai che giorno è?-

Due occhi sorprendentemente azzurri si posano su di me, fissandomi attenti e sconcertati. Sono dilatati dalla sorpresa e dall'indignazione, che li scurisce appena intorno alla pupilla.

Alzo lo sguardo dalla cioccolata calda e fumante che ho fra le mani, puntandoli su di lui con un'espressione innocente e dubbiosa stampata in faccia.

Aggrotto poi le sopracciglia,  fingendo di pensarci nella perfetta imitazione di qualcuno che non sta capendo.

- E' martedì - ribatto con finta non curanza dopo una pausa studiata, cercando di apparire il più credibile e naturale possibile.

Mi complimento con me stessa, notando la sua espressione palesemente indignata.

So benissimo, invece, che giorno è oggi, ma è decisamente troppo divertente vedere la piega offesa che prendono le sue labbra e il suo sguardo diventare oltraggiosamente spassoso.

Mi mordo l'interno della guancia, lanciandogli un'occhiata veloce e scrutatrice da sopra la tazza. Non si è accorto di nulla a quanto pare, troppo punto nel vivo per farlo davvero.

Sorrido, allontanando con una scrollata di spalle la risata che sembra nascere spontanea e cercando di non scoppiare a ridergli in faccia e mandare a monte la mia recita.

Ian sbarra ancora di più gli occhi, fissandomi quasi shoccato ed allibito. Ed è davvero terribilmente difficile non ridacchiare, mi mordo quasi a sangue le labbra

- Perché quella faccia, Som? - lo pungolo allegra, lo sguardo vivace e la voce che tradisce lievemente il mio divertimento.

Lui, tuttavia, non sembra accorgersene limitandosi a fulminarmi piccato con uno sguardo indispettito.

Un principio di riso, che mi affretto velocemente a nascondere, si infrange contro la porcellana della tazza producendo un suono ambiguo. Alzo nuovamente gli occhi su di lui, incapace di non farlo.

E' così...buffo.

Prendo un lungo sorso della mia bevanda, sperando di soffocare con la dolcezza amara del cioccolato, che mi invade il palato, il mio divertimento.

- Martedì? - ribatte sbigottito con le labbra dischiuse dallo stupore, inclinando la voce fino a conferirgli un'intonazione accigliata e sorpresa, di chi proprio non riesce a credere che qualcuno si sia dimenticato del suo compleanno.

Io lo fisso di rimando con una perfetta espressione innocente e naturale che lo fa indispettire ulteriormente.

Oggi è infatti l'8 dicembre, nonché il compleanno di Ian. Gli ho fatto credere di essermelo dimenticato, cosa del tutto impossibile visto tutte le volte che me lo ha ripetuto. Per non parlare dei suoi continui e ripetuti tentativi di scoprire cosa gli ho regalato.

E poi, beh, è entrato a far parte della mia vita, ritagliandosi uno spazio sempre più importante. Abbiamo un rapporto speciale, complice. Cosa che non credo vada molto a genio alla sua fidanzata visto le occhiate assassine che mi lancia di solito. Decisamente poco amichevoli e del tutto immotivate visto che noi siamo semplici e buoni amici. Amici.

Solo con una sintonia superiore alla norma, mi dico stringendomi fra le spalle e puntando lo sguardo lontano dal suo, improvvisamente difficile da sostenere.

 

Ian però parla di nuovo, costringendomi ad alzare nuovamente lo sguardo su di lui.

 

- Non è semplicemente martedì - bofonchia imbronciato, incrociando le braccia al petto e lanciandomi una torva occhiata di sottecchi, come a studiare una mia possibile reazione.

Faccio spallucce, continuando a portare avanti il mio scherzo.

- A me sembra un semplice giorno settimanale - affermo e non ridere di fronte alla sua espressione sbigottita diventa sempre più difficile. - Uno come un tanti altri - aggiungo, rendendomi conto che oggi la mia vena scherzosa e vagamente sadica è peggio del solito.

- Non è un giorno normale! - protesta veementemente lui, fissandomi torvamente con le labbra dischiuse dallo sdegno. - E' molto speciale, invece. Specialissimo! - si infervora finendo per imbronciare le labbra.

Non ce la faccio davvero più e scoppio così in una risata cristallina e genuinamente divertita, fissandolo con gli occhi leggermente dischiusi dal troppo sogghignare.

Ian mi guarda con le sopracciglia aggrottate, non comprendendo subito la mia improvvisa ilarità.

- Sei davvero esilarante – gli dico, la voce, spezzata dal riso, che si inceppa e riparte un paio di volte.

Un velo di leggera consapevolezza gli attraversa allora lo sguardo, rendendolo incredibilmente sveglio ed esuberante.

- Te lo ricordavi! - tuona puntandomi un dito contro e allargando gli occhi, prima di socchiuderli minacciosamente l'attimo dopo.  - Era uno scherzo - sibila guardandomi decisamente male.

Le mie risate aumentano ancora, acutizzandosi e provocandomi il tipico dolore al basso ventre di quando si ride troppo.

La sua espressione, accigliata e immusonita per la presa in giro, si accentua, facendomi quasi venire le lacrime agli occhi dal troppo ridere.

- Cos'è la vecchiaia inizia a farsi sentire? - freccio divertita riferendomi al fatto che non ha riconosciuto lo scherzo, giocando.

Lui, offeso, non dice nulla limitandosi ad appoggiare una mano sul tavolino e a guardarmi male. Assolutamente male.

Prendo un respiro profondo e un po' tremolante, cercando di darmi un contegno e calmarmi sotto il suo sguardo permaloso.

 

- Buon compleanno, Som - gli sorrido sincera mentre gli ultimi strascichi della risata mi rimangono ancora sulle labbra, stendendole allegramente.

- Sei tremenda - soffia in risposta, riservandomi un'occhiata apparentemente imbronciata, ma anche stranamente criptica, complicata.

 

Si apre poi in un sorriso lieve, appena accennato e terribilmente complicato, insolito, mentre continua a fissarmi in quel modo così singolare.

Gli restituisco uno sguardo venato da una punta di confusione, non capendo assolutamente cosa voglia dire il suo.

Rimaniamo così a guardarci per alcuni interminabili secondi, completamente in silenzio. Sembra vagamente perso tra i suoi pensieri, noto scrutando l'ombra dettata dalle sue misteriose riflessioni scurirgli appena l'iride. E' uno sguardo strano.

Mi sta guardando in un modo strano.

Deglutisco, sentendomi improvvisamente centro di qualche stravagante pensiero e una punta di imbarazzo mi pervade. La scaccio l'attimo seguente, dandomi mentalmente della stupida anche solo per aver pensato di essere al centro dei suoi pensieri.

E' lui a interrompere il contatto visivo con i miei occhi, abbassandolo sul suo caffè macchiato e prendendone poi un lungo sorso prima di rivolgersi di nuovo a me, rialzandosi.

L'ombra scura è sparita, dissolta come nel nulla e soppiantata da un brillio di malizioso divertimento.

- Spero, almeno, che il regalo mi ripaghi – afferma, piantando i  suoi occhi nei miei prima di aprirsi nel consueto mezzo sorriso malizioso.

L'inconsueta tensione di prima è improvvisamente scomparsa, rimanendo solo un singolare ricordo. Per una infinitesimale frazione di secondo mi ero quasi crogiolata nel piacere di essere il punto di gravità dei suoi pensieri.

Cosa del tutto insensata visto che siamo solo buoni amici, mi dico sapendo che è vero. Quel strano senso di nervoso però fa fatica ad andarsene e mi ci vuole tutta la mia forza di volontà per scacciarlo del tutto e definitivamente.

- Chi ti dice che ti ho fatto un regalo?-  scherzo con un sorriso che nascondo subito nella mia tazza, prendendo un altro sorso di cioccolata, ormai fredda.

Ian mi trafigge con un'occhiataccia, tornando poi a ghignare.

- E' uno spogliarello? - mi domanda maliziosamente curioso, sorridendo languidamente.

Roteo gli occhi al cielo, sbuffando.

- E' in camera mia che aspetta di essere scartato - affermo, abbandonando lo scherzo e sorridendogli divertita.

E' così facile sorridergli, quasi naturale.

- E cos'è? - mi domanda con un tono spumeggiante, curioso fino all'inverosimile.

- Non te l'ho detto per due settimane, non te lo dico certo ora - arriccio le labbra in una espressione decisa e irremovibile. E poi è divertente lasciarlo ancora un po' sulle spine, è la mia piccola vendetta visto quanto mi ha tormentato per saperlo.

Mi sono dovuta persino inventare dei falsi regali per depistarlo. Chissà che faccia farà, mi domando assorta e curiosa di vederla.

Lui sbuffa, assomigliando terribilmente a quello che deve essere stato da bambino: curioso e testardo.

- Andiamo a prenderlo?- insiste, troppo euforico e interessato per aspettare.

Lancio una veloce occhiata all'orologio, rendendomi conto che è ora di andare .

- Dovrai aspettare fino a stasera perché mi aspettano sul set - gli dico cercando di rabbonirlo con un sorriso, alzandomi e infilandomi velocemente la pesante giacca. - Puoi sopportare questo enorme fardello?- non riesco a trattenermi dal prenderlo bonariamente in giro con un tono teatralmente tragico, finendo per ridacchiare.

Ian mi lancia una finta occhiataccia, fissandomi risentito per l'ennesima volta questa mattina.

- Uffa – sbuffa poi palesemente imbronciato, tendendo le labbra in una smorfia immusonita - Stasera mi tieni compagnia. - si impunta, il tono che lascia chiaramente intendere che non è una domanda, ma solo una decisa affermazione. Tipico suo.

Faccio per prendere il mio telefono, appoggiato sul tavolino, e infilarmelo in tasca, ma non ho il tempo di allungare la mano che lui lo afferra fulmineo prima di me.

Lo guardo male, incontrando un paio di occhi attraversati da una vena giocosa e birichina. Come diavolo fa a cambiare umore così in fretta ?

- Dammelo - tento di acchiapparlo, ma lui ritrae ancora di più il braccio, allontanandolo da me e frapponendo il suo corpo tra me e il telefono.

- Ian! - protesto con uno sbuffo e un tono perentorio.

Lui si apre in un sorriso maliziosamente accattivante, sorridendomi ancora.

- Tu cosa mi dai in cambio?- soffia con un mezzo ghigno a stendergli languidamente le labbra.

- Mi aspettano sul set - ripeto tentando di indurlo a restituirmelo, lanciandogli un'occhiata perentoria.

Emette un sospiro teatralmente drammatico e dispiaciuto, guardandomi con una finta espressione costernata.

- Allora andrai senza telefono - fa spallucce, rigirandosi il mio cellulare tra le mani con un sorriso quasi sadico.

Roteo gli occhi al cielo, esibendomi in un piccolo sbuffo. E' dannatamente testardo.

- Un bacio va bene?- lo guardo in attesa decidendo di contrattare, il sopracciglio leggermente inarcato verso l'alto.

Ian si apre in un sorriso vittorioso, inchiodando il suo sguardo al mio per un paio di secondi come indeciso se accettare o meno. E io mio ritrovo a sperare che lo faccia in fretta perché non voglio arrivare in ritardo.

- Ne voglio almeno due - mi sorride, il solito brillio malizioso ad illuminargli gli occhi azzurri.- Sono pur sempre il festeggiato - inclina il viso, continuando a ghignare e sapendo benissimo che sto per cedere.

Continuando a sorridere divertito mi porge la guancia. Mi abbasso allora su di lui con un sospiro, stampandogli due baci in sequenza, leggeri e appena percepibili.

Il lieve strato di barba che la ricopre mi solletica piacevolmente le labbra, invitandomi quasi a sostare ancora e a baciarlo di nuovo.

E, spinta da qualcosa di indecifrabile che mi muove, lo faccio. Con la bocca indugio per qualche secondo in più, lambendo ancora quella porzione di pelle.

E' un bacio lento, pervaso da una punta languidezza.

 

Mi allontano, percependo le guance bruciare improvvisamente, attraversate da un calore scottante.

Con una leggera tachicardia lo guardo, le labbra ancora dischiuse e l'espressione lievemente sconvolta stampata in volto.

Cosa mi è preso?Mi domando sorpresa, mentre quella sensazione insolita mi abbandona velocemente,, per fortuna.

Deglutisco sconcertata, decidendo l'attimo dopo di non badarci più di tanto.

Ian alza poi lo sguardo azzurro su di me, ravvivato da una punta di malizia. Percepisco il mio corpo improvvisamente pesante, come inchiodato al pavimento dai suoi occhi. Così freddi, eppure così caldi.

Inclina poi il volto, sorridendomi suadente e riservandomi un'occhiata divertita, soffice, Il viso avvolto da una chioma corvina e sbarazzina e su cui è impresso un seducente sorriso.

Perché le mie guance sembrano aver improvvisamente preso fuoco?

-Me...me lo dai, ora?- mi schiarisco la voce, inizialmente traballante, con un colpo di tosse.

Allungo la mano, il palmo rivolto in attesa verso il soffitto.

- Un attimo - ribatte lui, allontanando lo sguardo dal mio e iniziando a trafficare con il mio telefono.

- Che stai facendo?- gli domando, le sopracciglia confusamente aggrottate mentre cerco di sbirciare oltre la sua spalla e intravedere cosa sta combinando.

Tentativo che fallisce miseramente.

Lui continua a digitare qualcosa per un paio di minuti, voltandosi infine verso di me.

- Così non c'è il rischio che il prossimo anno ti dimentichi - me lo porge, appoggiandolo sul mio palmo e rivolgendomi un sorriso tranquillo, contornato da un'occhiata compiaciuta.

 

Le sue dita solleticano lievemente il mio polso, sfiorandolo in un tocco indefinibile.

I nostri occhi si incatenato ancora, mischiando sensazioni diverse, indefinibili, e quel principio di emozione indecifrabile si fa di nuovo sentire, bussando alla mia porta. Lieve scalpita dentro di me mentre i nostri sguardi si fondono maggiormente, diventando più intensi.

- E' un giorno da ricordare - mi sorride, ammiccando al mio indirizzo con l'ennesima occhiata.

Le mie guance si scaldano ancora di più e sono sicura di aver stampata in faccia un'espressione imbambolata, intontita.

A fatica, sposto lo sguardo sullo schermo del mio telefono e un sorriso spontaneo si apre sul mio volto, illuminandolo.

- Si, da ricordare – sussurro, puntando nuovamente gli occhi nei suoi e non smettendo di sorridere.

E la sua mano rimane li, sopra la mia.

 

 

 

Con un piccolo rimbalzo, accompagnato da un sospiro, mi lascio cadere seduta sul bordo del letto, l'accappatoio umido che mi preme ancora addosso e un senso di lancinante malinconia che mi stringe possessivamente lo stomaco.

Non so come o perché mi sia ricordata proprio di quel momento, ma so solo che c'è con tutto il suo ingombrante bagaglio di emozioni che mi provoca. La tristezza prevale su tutte e non sembra volersene andare, noto mestamente passando le dita tra i capelli bagnati. Si sarà affezionata, penso con una triste ironia a farmi compagnia.

In bilico pericolosamente tra il ricordo e la realtà deglutisco, un po' frastornata.

E' stato così nitido, quasi reale. L'ho rivissuto. Ho riassaporato per qualche dolce attimo l' essere spensierati, la tranquillità di un rapporto definito, chiaro. O forse semplicemente ho riassaporato la sensazione di star bene con lui. E ora mi rimane solo un disgustoso amaro in bocca e una stretta allo stomaco che, asfissiante, mi stritola.

 

Con dita distratte gioco con la cintura dell'accappatoio, torturandolo. Mi rendo ancora più conto di come sia tutto scomparso, di come sia bastato poco a tornare ancora più indietro.

Niente più risate, niente più prese in giro. Niente di niente.

Ma, soprattutto, niente più rapporto definito. Sempre se di rapporto si può parlare visto come stanno le cose ora. Il respiro fa improvvisamente fatica ad attraversare la mia gola, chiusa e stretta.            E' il magone, lo riconosco subito. Il nervosismo, dettato dalla situazione e dall'impotenza dettata dal fatto di non poterlo scacciare davvero del tutto mi assale, irrigidendomi.

 

Tutto il peso di quel ricordo mi curva le spalle, facendosi sentire in modo imponente. E' soprattutto la consapevolezza che quel essere svagati e complici ora non c'è più, è andato distrutto con un solo passo indietro. A cui ne sono seguiti molti altri, troppi.

Il suo essere scostante. Il volere di più e dimostrare di meno. Il rapporto distaccato. La porta sbattuta da lui. La porta sbattuta da me.

 

Li ripercorro tutti nella mia mente. Rispetto ad un anno fa siamo nella situazione opposta, inversa.

Da allora abbiamo messo in fila tutta una seria di piccoli passi che hanno formato un piccolo percorso. La fiducia verso l'altro è aumentata così come l'attrazione e ciò che ci legava. E poi è arrivata quella domanda, la bruciante consapevolezza che non mi stava più bene aver un rapporto ibrido, tenere i piedi in due scarpe.

E' bastato quello a innescare tutto. Sospiro, frizionando i capelli con l'asciugamano nel tentativo di asciugarli. Probabilmente è stata solo la miccia, solo il primo dei suoi passi indietro.

Il semibuio della stanza continua ad avvolgermi come un guanto e io non ho voglia di alzarmi e accendere la luce, preferisco il buio. E così rimango semplicemente seduta, impietrita e intristita.

Abbandono l'asciugamano vicino a me, che scivola ai miei piedi mentre mi dico che è l'ora di muoversi, di agire e rialzarsi. O almeno riprovarci.

 

Con un sospiro allungo la mano, prendendo il cellulare dal comodino alla mia destra.

Socchiudo leggermente gli occhi, feriti dall'improvvisa luce bianca dello schermo. Non appena si sono abituati inizio a leggere le mail e le varie notifiche che riempiono la schermata principale: Alcuni messaggi di ieri sera e una chiamata persa di mia madre.

La chiamerò dopo, mi dico, magari tra una ripresa e l'altra. Con un tocco del dito apro poi la lista di promemoria, pronta a vedere quali impegni ho oggi,

Il mio cuore perde quasi un battito l'attimo dopo, prendendo a martellare in modo aritmico quello seguente.

Un promemoria fa bella mostra di se, spiccando tra tutti gli altri per il suo contenuto.

 

8 dicembre: Un giorno da ricordare!

 

La gola si chiude all'improvviso, il respiro bloccato a metà e un senso inconfondibile di malinconia che mi pervade fulmineo. Mi trafigge, trapassandomi da parte a parte.

Sibilante mi stringe nella sua morsa soffocante, lasciandomi immobile a fissare con gli occhi socchiusi quel promemoria. E ora c'è solo la malinconica tristezza, che sopprime persino la rabbia e il rammarico.

Il peso del ricordo si fa sentire ancora, diventando quasi insopportabile.

I miei occhi abbandonano la sfilza di punti esclamativi, andando a ricercare istintivamente un pacchetto argentato dal scintillante fiocco blu nella penombra della stanza.

E' appoggiato sul comò, proprio dove lo avevo lasciato. Lo accarezzo con lo sguardo percependo quella dolorosa morsa tornare a farmi visita in modo lancinante, desolante.

Sospiro, passando una mano tra i miei capelli scompigliati e bagnati, ancora zuppi d'acqua.

Sono decisamente cambiate le cose, mi dico. Di tutti quei passi avanti cosa è rimasto? Mi domando mentre gli occhi diventano leggermente lucidi e la morsa si accentua ancora di più.

Mi lascio cadere indietro, sprofondando fra le coperte sfatte del mio letto e fra i cuscini mentre la consapevolezza della realtà sottolineata dal ricordo mi pervade.

Un sospiro tremolante che preannuncia il magone e un pianto che non arriverà fuorisce desolante dalle mie labbra.

Rimane solo una cosa, oltre il dolore e la malinconia.

Un passo indietro.

 

 

 

 

 

************

 

 

 

Appoggio il pacchetto colorato sul tavolo posto subito all'entrata, sopra tutti gli altri. Il vociare concitato mi investe subito, stordendomi.

Stando poi ben attenta a non sciuparlo, lo sistemo sul mucchio più basso e nascosto, accarezzando per l'ultima volta il ricciolo colorato del nastro.

Sospiro. In un altro momento probabilmente mi sarei arrovellata e interrogata molto sul fatto che potesse piacergli o meno, ora invece è una cosa del tutto superflua.

Il mio sguardo cade ancora sul pacchetto. L'ho comprato due settimane fa, ormai. Girando fra i negozi in un anonimo pomeriggio grigio, mi ero fermata davanti ad una vetrina di un consueto negozio di abbigliamento e un sorriso era sorto spontaneo sulle mie labbra qualche attimo dopo.

L'idea si era così configurata nitida nella mia testa.

Ian ha organizzato una raccolta di beneficenza per la sua fondazione in occasione del suo compleanno, che si terrà proprio stasera. Un sorriso amaro mi vela le labbra al ricordo di come l'ho aiutato ad organizzarla a volte, consigliandolo su dei piccoli dettagli.

Una voce acuta e sorpresa alle mie spalle sovrasta il caotico chiacchiericcio della sala, innalzandosi al di sopra.

- Alla fine sei venuta -

Mi volto, ritrovandomi davanti una sorridente Candice che mi guarda genuinamente contenta fasciata nel suo abito rosso.

E anche un po' sollevata, noto scrutandola con un'occhiata veloce e un po' stravolta.

- Già - mormoro semplicemente, riservandole un'occhiata loquace che non ha bisogno dell'aggiunta di altre parole.

Sa come la penso infatti. Lei sospira, il sorriso che si incrina leggermente e che perde il brillio gaio che lo ha caratterizzato fino ad un attimo fa.

Fino ad un paio di ore fa ero, infatti, dell'idea di dare buca alla festa, evitandola e soprattutto evitando lui.

Candice ha insistito un po' all'inizio, ma sapendo in che condizioni di nero pece è il mio umore alla fine ha desistito, uscendo dal mio camerino con aria desolata e dispiaciuta.

Non mi stupisco quindi che sia sorpresa di trovarmi qui. Lo sono anche io infondo. Deglutisco, ricambiando il suo sguardo leggermente rabbuiato che è solo lo specchio del mio.

Tendo le labbra in un sorriso forzato e del tutto falso.

- Guarda che sto bene, Candy - le dico cercando di suonare il più convincente possibile.

Lei non dice nulla, lanciandomi un'occhiata severa di chi sa che è decisamente tutto il contrario e si arrabbia perché si continua a fare così, a nascondere.

Mi ero ripromessa di non venire, di ignorarlo e di mettere un muro a dividerci fino a quando non si fosse scusato, o quanto meno posto fine al suo atteggiamento bipolare.

Una smorfia tende le mie labbra, di bipolare non ha poi più nulla visto che ha eretto direttamente un muro tra di noi.

Stizzita, mi sono allora detta che non valeva la pena privarsi della compagnia dei miei amici e dargliela vinta così facilmente. Perché è evidente che lui vuole decisamente evitarmi, che preferisce non avermi intorno perché così è più facile. Beh, io non voglio rendergli facile proprio un bel niente. I miei sentimenti, quello che provo io, non è facile proprio per nulla.

Se vuole ignorarmi lo deve fare con me presente, affrontandomi.

- Andiamo dagli altri? - Candice mi afferra improvvisamente il polso con la mano, facendola suonare come una decisa affermazione più che come una domanda e interrompendo le mie elucubrazioni.

Senza aspettare il mio assenso inizia a camminare in mezzo alla gente, attraversando la sala e dribblando accuratamente i tavoli. Si ferma infine davanti ad un divano, nella parte meno affollata della sala, e oltre la sua spalla e la chioma bionda riesco a scorgere dei visi conosciuti.

- Guarda un po' chi si vede - mi saluta Paul con una risata, guardandomi come sempre allegro. - Hai deciso di degnarci della tua presenza, Miss Gilbert? - ride, prendendomi vistosamente in giro.

- Ciao anche a te Paul - gli sorrido, forse uno dei pochi sinceri di questi giorni.

Torrey, seduta vicino a lui, mi sorride a sua volta, tranquilla e svagata appoggiata al suo fidanzato. Lui le circonda di più le spalle, avvicinandola a se.

Per un attimo mi ritrovo ad invidiare la sintonia che li lega, che traspare da ogni movimento. Mi punge nel profondo, facendomi sentire terribilmente sola.

-Te lo avevo detto che veniva- afferma Candice, lanciandogli un'ironica occhiata di superiorità e riportandomi alla realtà.

Lui la guarda leggermente male, replicando.

- Si ma, beh, dopo quello che è successo con Ian pensavo che non ne avesse molta voglia - Paul si accorge di aver toccato un tasto dolente solo dopo che le parole sono uscite dalle sue labbra, lanciandomi uno sguardo di scuse.

Candice lo fulmina immediatamente con occhi furenti, guardandolo decisamente male.

Un sorriso amaro mi vela le labbra mentre abbasso lo sguardo, quella sensazione che mi stinge un po' di più lo stomaco.

- Nina scusa non volevo... ricordartelo – si affretta a scusarsi, guardandomi realmente dispiaciuto mentre tra noi cala un improvviso silenzio, dettato dal disagio. Nessuno sa cosa dire e si lanciano occhiate silenziose e imbarazzanti.

Ecco, era proprio questo che volevo evitare.

-Tranquillo – mormoro, la voce che suona stranamente falsa e incolore. - Non ti devi scusare, non c'è nulla da ricordare-continuo con una punta di malinconica enigmaticità. - Nulla-

Forzo le labbra, improvvisamente plastiche, fino a tenderle nella brutta copia di un sorriso nel vano tentativo di tranquillizzarlo.

Non mi stupisco che sappia cosa è successo anche se io ne ho parlato solo con Candice. Sicuramente lei gli avrà accennato qualcosa di più delle mezze parole che ho pronunciato io di malavoglia e ringhiate fra i denti. Il mio malumore parla poi da solo ultimamente e non è difficile intuire quale sia la causa.

Persino sul set si sono accorti dell'improvvisa freddezza che c'è tra me e Ian e collegare il mio improvviso umore nero a quello è stato terribilmente facile, tanto da produrre qualche voce di corridoio. Candy ha cercato di non farmele premurosamente arrivare alle orecchie e di proteggermi, ma sono circolate comunque. Non che me ne importi molto, anzi.

- Che ne dite di organizzare un bel week end fra donne durante le vacanze?- propone Candice con il chiaro intento di spostare su altro la conversazione. E io gliene sono immensamente grata.

Annuisco poco convinta mentre il discorso prende presto il sopravvento, incentrandosi sui dettagli e sul posto, e lasciandomi libera di continuare a guardarmi intorno e perdermi tra i miei pensieri.

Mi guardo intorno, riconoscendo volti conosciuti e altri sconosciuti.

Il fatto che sia venuta alla fine non vuole assolutamente dire che io sia di buona compagnia, infatti. Tutt'altro. Mi sento eccessivamente noiosa, in bilico tra la malinconia e un nervosismo latente che mi porta a prendermela con chiunque mi capiti sotto mano nel momento sbagliato. Cosa che accade sempre più spesso ormai.

Il mio sguardo è improvvisamente catturato da una figura slanciata e un paio di occhi azzurri che conosco fin troppo bene.

Lo individuo subito nella folla in un angolo, circondato da una manciata di persone che gli parlano energicamente. Probabilmente i suoi collaboratori. Ci sono un'infinità di passi a dividerci, esiliandoci ai lati opposti della sala.

La mia espressione si indurisce e diventa più torva qualche minuto dopo, non appena noto una ragazza bionda al suo fianco che fa la civettuola e evidentemente di tutto per farsi notare.

 

- Sai chi è?- non riesco a trattenermi dal chiedere a Candice, che è vicino a me, lanciando un'occhiata torva all'indirizzo della bionda in questione.

- Chi la bambola gonfiabile?- mi domanda di rimando, volgendo lo sguardo azzurro nella mia stessa direzione, una vena critica ad attraversarle gli occhi.

Annuisco, continuando a lanciare occhiatine poco carine in quella direzione.

Candice non ha tutti i torti, assomiglia vagamente ad una bambola gonfiabile.

- Poi ci domandiamo perché gli uomini pensano che le bionde abbiano poco sale in zucca - continua con tono astioso, irritata quasi quanto me.

- Comunque, lavora per la ISF. Credo sia la segretaria dell'assistente di Ian -afferma sorseggiando il suo drink e non distogliendo lo sguardo da loro due esattamente come faccio io.

Rimano in silenzio, un 'ombra torva e scura ad adombrarmi il volto mentre continuo a fissarli.

La bionda ride facendo assumere una posa svenevole alla mano, che si poggia poi sul braccio di Ian. Istintivamente le mie labbra si stringono, assottigliandosi e assumendo una smorfia nervosa, stizzita.

Lui le dice qualcosa, i visi che hanno superato la decenza della distanza di sicurezza e qualcosa dentro di me scalpita, protestando fortemente.

Ed è terribilmente snervante il fatto che nonostante tutto non riesco a fare a meno di essere infastidita da quella vicinanza. Non riesco a non essere gelosa, constato innervosendomi ancora di più a questa constatazione.

-Te lo dico io cosa vorrebbe regalargli quella per il suo compleanno –afferma Candice al mio fianco mentre un altro fiotto di irritante gelosia si riversa nelle mie vene, corrodendole.

Perché si, è gelosia.

Assottiglio gli occhi, non staccandoli dalle loro figure.

- Odio le bionde – bofonchio all'improvviso, la voce che esce sottile e secca soffiata tra i denti.

- Ei! - protesta piccata Candice al mio fianco, lanciandomi un'occhiataccia oltraggiata – Cos'hai contro le bionde?-

Non le presto attenzione, i pensieri incentrati solo su quello che vedo.

- E odio anche i maschi – sibilo irritata, maledicendoli mentalmente.

- Ei! - questa volta è il turno delle proteste di Paul, che zittisco un'occhiataccia.

Al diavolo lui e tutti i maschi del mondo mi dico, voltandogli le spalle seppur con una certa fatica. La mia gelosia, punta dalla curiosità di sapere cosa sta accadendo, protesta cercando di impedirmelo. Se si sono avvicinati ancora? Incasso la testa fra le spalle sempre più irritata mentre quel tarlo mi divora.

No, non mi volterò e non gli darò la soddisfazione di mostrarmi gelosa.

Seppur a fatica, quindi continuo a rimanere voltata zittendola bruscamente.

Matt Davis spunta all'improvviso, esordendo con una delle sue solite battute e facendoci scoppiare a ridere.

I minuti passano fortunatamente e il disagio diminuisce. Le patatine che ho smangiucchiato per tutto il tempo mi provocano un'improvvisa sete.

Lasciando momentaneamente la compagnia degli altri, mi allontano avvicinandomi all'angolo bar.

In attesa della mia ordinazione mi appoggio al bancone, sospirando.

- Nina -

Una voce maschile, leggermente sorpresa, pronuncia il mio nome, portandomi a voltarmi. Contraddetta fisso il ragazzo che si erge davanti a me. Solo l'attimo seguente, dopo averlo scrutato attentamente, lo riconosco. Per un attimo ho sperato che fosse qualcun altro a chiamarmi, penso sconfortata.

E' l'assistente di Kevin, quello che di solito si occupa di consegnarci i copioni e delle questioni logistiche. Come è che si chiama? Mi domando non riuscendo ad associare il suo viso a nessun nome.

Mi mordo le labbra percependo l'imbarazzo propagarsi a onde e anticipare la figuraccia che sto per fare mentre lui mi guarda in attesa.

-Ciao... – esito indecisa mentre cerco di tendere le labbra in un sorriso quanto meno credibile, avendo la terribile percezione di aver stampato in faccia la scritta “ non mi ricordo il tuo nome”.

La mia mente continua a non collaborare, rimanendo totalmente vuole. Rimango così con le labbra dischiuse, non sapendo cosa dire o come continuare.

- Leonard – afferma sorridendo ancora e venendomi incontro, capendo probabilmente le mie difficoltà – Mi chiamo Leonard-

Le mie guance si arrossano subito, surriscaldandosi per l'imbarazzo della figura appena fatta. Sono un disastro totale.

- Scusa, ho avuto un attimo un vuoto – gli sorrido realmente dispiaciuta. Infondo ci lavoro da due anni e non mi ricordo ancora il suo nome. Non voglio passare come l'attrice snob che non sa neanche il nome delle persone, mi stringo fra le spalle.

- Scusami davvero. Di solito non mi capita- passo nervosamente una mano tra i miei capelli mentre lui continua a guardarmi.

- Beviamo qualcosa insieme?- mi sorride nuovamente in modo affabile e gioviale, prendendo posto accanto a me. - Così ti fai perdonare di questa dimenticanza- aggiunge con una risata lieve.

Non sapendo cosa rispondere lo guardo per qualche secondo in attesa.

Perché no? Infondo è una “nuova” conoscenza, scambiare quattro chiacchiere non può che farmi bene.

Aria nuova, meno pensieri. O almeno così spero.

Non accorgendomi di due occhi azzurri che mi fissano attenti, scrutandomi, annuisco aprendomi in un sorriso.

-Volentieri – accetto, un sospiro leggero che mi esce dalle labbra.

La distanza fra me e quello sguardo ghiacciato cresce. Entrambi muoviamo un ulteriore passo indietro, allontanandoci.

 

E i passi fra di noi aumentano ancora.

 

 

***********

 

 

 

Muovo un passo in avanti, mettendo piede dentro l'abitacolo dell'ascensore desolatamente vuoto. Infonde quasi un senso di angoscia, sospiro, così vuoto e abbandonato. Aggrotto poi le sopracciglia, interdetta. Può un ascensore essere desolato e abbandonato? Mi domando, rendendomi conto l'attimo dopo che rifletto la mia malinconia in un anonimo ascensore. Non sono messa decisamente bene, mi corruccio.

Con un sospiro stanco premo poi il pulsante corrispondente al mio piano, decidendo che è meglio evitare le strane elucubrazioni delle 2 del mattino almeno per qualche minuto. Sono terribilmente stufa di pensare, arrovellarmi continuamente su di lui e sul suo dannato comportamento.

Piccata e frustrata premo ancora il tasto, forse con un po' troppa forza, e, finalmente, le porte si chiudono e l'ascensore inizia la sua corsa con un metallico ronzare.

Spossata e mentalmente sfinita dalla serata mi volto, specchiandomi distrattamente nello specchio presente sul fondo dell'abitacolo. Nitido, rimanda il mio riflesso solcato da un'espressione neutra e terribilmente desolata. Semplicemente triste.

Prendo un respiro profondo, cercando di racimolare le ultime forze necessarie per arrivare fino alla mia camera. Lo lascio andare poco dopo.

Sembra paradossale, ma ignorare qualcuno è terribilmente difficile e faticoso, estenuante. Tanto più se si è sentimentalmente coinvolti.

Mi mordo il labbro inferiore, torturandolo leggermente con gli incisi mentre il mio sguardo si abbassa distrattamente fino a puntarsi sul pavimento.

Non è solo questione di arrabbiarsi, non parlarsi e ignorarsi. E' molto più intricata e spossante la situazione. E' difficile ignorare qualcuno quando è il tuo corpo a richiederlo pressantemente, quando ne si ha bisogno come l'aria.

Ma l'aria ora è intossicata da discorsi pieni di parole avvelenate, troppe, ed è così pesante che non permette di respirare. L'ha contaminata lui stesso con il suo comportamento, iniziando a fare passi indietro e a privarmene. E allora ho fatto io un passo indietro alla fine, nel vano tentativo di avere aria pulita e respirabile. La situazione è precipitata ancora di più però, diventando opprimente.

Ma ne abbiamo fatti così tanto, di passi indietro, che ora abbiamo perso l'equilibrio, totalmente allo sbando.

Ci siamo ignorati totalmente questa sera, non ci siamo neanche saluti per mancanza di occasioni. Non gli ho fatto neanche gli auguri, emetto un piccolo sbuffo che assomiglia ad un sospiro stanco. Non so neanche se ha visto e aperto il regalo ed è ridicolo che io pensi a queste cose assurde. C'è stato solo qualche sfuggevole sguardo da parte mia, dettato da un 'emozione che, nonostante tutto, non so reprimere. Non ci riesco.

Un'infinità di passi a dividerci. Un'infinità di passi indietro a vanificare tutti quelli fatti in avanti.

Le porte dell'ascensore si aprono all'improvviso davanti a me, stridendo contro il silenzio tranquillo e piacevole e bloccando sul nascere altri nuovi pensieri.

Mi ritrovo così silenziosamente a sperare che non sia Leonard, gentile e tutto, ma anche terribilmente asfissiante.

Istintivamente alzo gli occhi dal pavimento, dove li avevo disinteressatamente puntati, apaticamente curiosa di capire chi è il mio prossimo compagno di corsa.

Ed è decisamente l'ultima persona che vorrei.

Un'ombra cupa mi adombra velocemente il viso, imbronciandomi e stendendomi le labbra in una visibile smorfia di disappunto.

Fra tutti proprio lui? Mi domando con un improvviso nervoso addosso, che bruciante vibra sulla pelle.

- Dobrev - mormora con voce strascicata, quasi disinteressata riservandomi un'occhiata lucida mentre con un'unica, ampia falcata entra anche lui nell'ascensore.

Istintivamente il mio fianco aderisce alla parete fredda e metallica nell'attimo esatto in cui le porte si richiudono e la corsa riprende tranquillamente il suo tragitto.

Con un'ospite indesiderato in più, però, incasso cupamente la testa fra le spalle mentre Ian preme il tasto del suo piano.

Piego le labbra in una smorfia lieve, che sembra accentuarsi maggiormente man in mano che i secondi trascorrono e scivolano inesorabilmente via. Purtroppo fin troppo lentamente. Anche il tempo ora si mette contro di me?

- Somerhalder - lo saluto di rimando con qualche attimo di ritardo, non guardandolo e continuando a mantenere lo sguardo fisso davanti a me.

Cala inevitabilmente il silenzio, avvolgendoci e rendendo persino l'aria pesante, irrespirabile.

Ancora.

Spinoso appesantisce l'abitacolo, facendolo sembrare ancora più piccolo e angusto.

Non è facile non guardarlo. I miei occhi sono abituati a farlo in automatico non appena percepiscono la sua presenza. Dribblano tra la gente fino a scovare la sua figura tonica e scura.

Ma ci sono riuscita per quasi tutta la serata, non è poi così difficile quindi. E' solo questione di abitudine, mi dico così sicura da convincermene.

- Ti sei divertita alla mia festa?- rompe il silenzio Ian e io, colta di sorpresa e con la guardia abbassata, non riesco ad impedirmi di voltarmi nella sua direzione.

Dannazione, mi mordo le labbra rendendomi conto che tutta la mia convinzione è andata a farsi benedire.

E' al fondo dell'abitacolo, le spalle appoggiate contro lo specchio contro cui si riflette la sua figura. E' il  lato esatto opposto il mio.

Mi guarda in attesa, l'espressione contrita. Un caldo fiotto di nervoso, il primo di una lunga serie, si riversa nelle mie vene surriscaldandomi e iniziando a diffondersi con lente ondate.

- Moltissimo - soffio con un tono tagliente, enfatizzandolo e sfoderando un sorriso ironico e tagliente che spero essere anche il più smagliante possibile.

E' una bugia colossale visto il disagio e la velata noia che mi ha pervaso per gran parte del tempo, ma di certo fargli capire quanto male ci sto è l'ultima cosa che voglio fare.

Ed evidentemente le mie doti recitative non sono poi così scarse dal momento che la sua espressione cambia, indurendosi.

Contrae, infatti, la mascella, la cui linea decisa è in netto contrasto con la piega forzatamente morbida delle labbra, riservandomi infine uno sguardo di gelida sfida. Un velo di risentimento mischiato a nervoso gli attraversa lo sguardo, rendendolo incredibilmente freddo.

 

- Si, ho notato come ti divertivi con ...come si chiama?- finge una certa non curanza, muovendo la mano e continuando a non distogliere i suoi occhi, freddi e caldi allo stesso tempo, dai miei. - Ah si, sonoL'AssistenteDiKevineTisbavoDietroGuardamiTiPrego - afferma ironicamente, riservandomi uno sguardo tagliente.

Stranita e nervosa, inarco un sopracciglio lanciandogli poi un'occhiataccia. Sta scherzando o fa sul serio? Mi domando, arrivando a trarre la conclusione che in entrambi i casi non è divertente. Anzi.

- La prossima volta potrebbe venire direttamente con una maglietta con scritto Team Elena! - continua con tono beffardo e acido, calcando aspramente sul nome del mio personaggio.

Paralizzata dallo shock e dal nervoso rimango ferma a guardarlo, gli occhi leggermente sbarrati.

Assomigliando terribilmente alla copia reale di Damon Salvatore, lui mi trafigge con uno sguardo freddo e tagliente.

Gli occhi sono resi particolarmente lucidi da un velo di alcool e irrazionalità e quell'emozione cupa e bassa che gli addensa lo sguardo rendendolo, però  freddo. Le labbra tese in una smorfia tagliente.

Non ho il tempo di pensare o dire altro perché lui riprende a parlare, raggelandomi.

- Te lo porti anche a  letto? - mi domanda acidamente a bruciapelo, la voce pericolosamente bassa, tranquilla, e gli occhi puntati nei miei che bruciano velenosamente di rabbia. - Sai com'è non vorrei mai venire in camera tua e assistere ad una scena porno!- continua, la voce vibrante di irritazione.

Boccheggiante di rabbia e indignazione mando al diavolo i buoni propositi di non dargli corda, desiderando sempre più ardentemente di mandarci anche lui. E' davvero un desiderio insopprimibile in questo momento.

Lo fulmino con gli occhi, trafiggendolo con uno sguardo di consumante indignazione e sdegno. Mi corrode quasi, frantumando e facendo svanire quel poco di razionalità che ho.

Inclino leggermente il viso, voltandomi totalmente verso di lui.

- Hai ragione - mormoro con una calma tagliente, assottigliando gli occhi fino a ridurli a due fessure.

Per qualche secondo ci scambiamo sguardi esattamente speculari, pieni di irritazione e rabbia.

 

- Non vorrei mai provocarti un ulteriore trauma, perché è evidente che ne hai già molti- freccio sprezzante e, si, anche un po' stronza.

Lui allarga leggermente gli occhi palesemente indignato, la mascella che si contrae maggiormente, rendendo ancora più dura la sua espressione.

Nessuno dice più nulla, Ian non replica e io non infierisco ulteriormente. Non ho voglia di dire altro, le parole rimangono bloccate in gola dalla collera e da tutte le altre emozioni che mi sovrastano in questo momento.

Solo ora, alzando lo sguardo, noto che manca un solo piano al mio.

La discussione - lui- mi ha distolto, distraendomi.

Proprio quando l'ascensore si ferma e le porte si aprono, il silenzio viene spezzato nuovamente.

Ian parla di nuovo, bloccandomi sul posto.

- Grazie del regalo, comunque - afferma, la voce leggermente roca che graffia l'apparente quieta, rompendola.
Alzo lo sguardo su di lui, un sopracciglio seccamente inarcato e l'espressione nervosa, stampata in faccia, venata da una punta di sorpresa.
Mi sta ringraziando? Prima mi insulta e mi ferisce e poi mi ringrazia? Soffre davvero di un grave bipolarismo.
- Davvero originale - calca ironicamente sull'ultima parola l'attimo dopo, conferendogli un'inclinazione canzonatoria e beffarda. Quasi denigratoria.

Qualcosa dentro di me si incrina improvvisamente, prevalendo sulla rabbia. Cigola dolorante  sotto le sue parole, che sembrano far tacere tutto il resto e accentuare solo questo.

 

- Potevi spendere qualcosa in più e farmi un regalo migliore - continua mentre le porte si richiudo alle mie spalle senza che io me ne accorga - O non farmelo proprio, avrei apprezzato di più - mi ferisce e quella sensazione di delusione aumenta ancora, diventando più forte. Si tramuta in furente rabbia, così potente da sconvolgermi.

E semplicemente scoppia.
Il limite tra fare lo stronzo e farmi decisamente male è superato, oltrepassato abbondantemente.

- Non hai capito un cazzo - mormoro, la voce pericolosamente bassa e calma. - Non hai capito proprio niente Ian.-

Scuoto leggermente il capo facendo muovere i capelli mentre ormai ho smesso di pensare, le emozioni che hanno preso il sopravvento.

- Non hai capito che non è una stupida camicia- sputo le parole con risentimento e rabbia, forse solo una punta di tutto quello che ho covato in questi giorni.

E la delusione è troppa, così tanta da annebbiarmi la vista e appesantirmi.

L'aria intorno a noi diventa ancora di più irrespirabile e satura di risentimento, in perfetta sincronia con il mio crescente tumulto di rabbia e frustrazione.

Per un attimo mi sento io la causa di questa situazione, sono io la stupida che ha visto un significato in qualcosa che per lui non ha alcun senso. E' evidente, palese.

Mi mordo le labbra, la delusione e la tristezza che mi corrode fino quasi a consumarmi.

Non l'ha capito. Ancora. Non si è chiesto il perché. Di nuovo.

Sembra una storia già vista, un terribile deja-vù di ciò che è avvenuto davanti alla porta di camera mia. E' un estenuante circolo vizioso.

Come allora, una porta sbattuta in faccia. Un passo indietro. L'ennesimo. Probabilmente l'ultimo, quello definitivo.

Una morsa mi attanaglia lo stomaco a questo pensiero, togliendomi il respiro. Le lacrime di rabbia e delusione premono per uscire, ma io deglutisco rispedendole indietro insieme al magone seppur a fatica.

Con un gesto secco della mano premo un pulsate a caso. Non voglio restare qui dentro con lui neanche per un secondo in più. Voglio andarmene, trovarmi il più  lontano possibile da lui.

Le emozioni diventano sempre più insostenibili e pesanti da sopportare.

Finalmente le porto grigie e metalliche dell'ascensore si aprono davanti a me, presentandomi una bocca di aria fresca.

La stessa aria che fino a qualche giorno fa era lui per me, ossigeno puro. Prima così vitale, ora così deleterio.

La rabbia strabocca ancora dagli argini razionali che mi sono imposta, riversandosi nelle mie parole.

Mi volto così verso di lui, un respiro tremolante che mi gonfia il petto.

- Non hai capito nulla -

E' solo un filo di voce il mio, gelido e tagliente attraversato da una malinconica punta di tristezza. La incrina, facendola suonare meno decisa e più fragile.

Muovo un passo avanti, allontanandomi e compiendo un altro passo lontano da lui.

Un altro passo ad aumentare la distanza fra di noi.

Un altro passo indietro .

Esco da quell'ascensore senza curarmi del fatto che non sia il mio piano. La piena consapevolezza del significato di quello che ci siamo appena detti, le ferite aperte dalle sue parole che bruciano e cercano di soffocare tutto il resto.

E rimane solo la consapevolezza di ciò che è appena accaduto, di ciò che resta sgretolato e ferito in un cumulo di macerie. Quel muro, costruito con tanti piccoli passi avanti è crollato sotto il peso e la durezza dei colpi inferti dalle sue parole

Con ancora l'eco sbiadito delle nostre risate, dei baci, della sua pelle contro la mia mi confondo con il buio del corridoio, desiderando ardentemente di sprofondarci  dentro.

E rimane solo la consapevolezza di ciò che è appena successo, di quello che abbiamo appena abbattuto con l'ennesimo passo.

Mi lascio inghiottire dal buio del corridoio e, soprattutto, delle mie emozioni.

Dal buio scaturito dalla verità che non c'è più nulla.

Un ultimo passo indietro.

 

 

 

****************

 

 

 

Silenzio. Solo un catartico e pacifico silenzio.

Con gli occhi chiusi prendo un profondo respiro beandomi del freddo che mi pizzica il viso, arrossandomi le guance e penetrando facilmente nella maglietta sottile che indosso.

Ho sempre odiato il freddo, in verità. Troppo gelido e fastidioso per piacermi davvero, eppure oggi lo trovo estremamente piacevole.

Mi fa sentire piacevolmente leggera, senza pensieri.  

Mi stringo istintivamente fra le spalle, continuando a bearmi di questo rarissimo momento di tranquillità. L'unico di questi giorni.

Ha, infatti, anche lo strano potere di zittire i miei pensieri, congelando le mie emozioni più profonde. Sembrano come coperte da un manto di neve, sopite. Ed è davvero l'unico momento di pausa dai miei tormenti interiori che ho da non so quanto.

Passi affrettati e una porta che sbatte in malo modo in lontananza mi avvisano che il mio piccolo angolino di tranquillità e quiete sta per essere interrotto.

- Nina, 5 minuti e si inizia -

Apro gli occhi con un sospiro pesante, incontrando solo la fitta vegetazione che occupa la mia visuale.

Espiro poi l'aria tra le labbra che crea una piccola nuvola di calore davanti alla mia bocca, beandomi del freddo che mi pervade  per gli ultimi secondi.

Pace finita. E' stato bello finché è durato, mi dico un po' teatralmente voltandomi verso l'assistente di scena che mi guarda in attesa.

- Eccomi- sbuffo muovendo un passo dietro l'altro e raggiungendola.

Mi tiene la porta aperta con il braccio libero, aspettandomi come un secondino. Neanche fossi in carcere, mi dico esasperata.

Sospiro, prendendo l'ultima boccata di aria fresca sperando di inspirare anche un po' gi coraggio insieme all'ossigeno. Senza accorgermene rallento il mio cammino, fermandomi quasi del tutto.

Preferirei di gran lunga rimanere qui fuori al freddo. Meglio il gelo di dicembre che il gelo del suo sguardo, così freddo da ricordare un ghiacciaio.

- Nina? - mi chiamano ancora spazientita, lanciandomi un'occhiata impaziente.

- Arrivo, arrivo - roteo gli occhi al cielo e mi affretto a rientrare in quella che è casa Salvatore, abbandonando i miei pensieri e la tranquillità nell'aria frizzante alle mie spalle.

Stampandomi in faccia un sorriso preconfezionato faccio il mio ingresso sul set, venendo accolta da vari saluti e da un intenso e concitato vociare.

Stando ben attenta a non inciampare in qualche cavo raggiungo già la mia postazione, riservando u cenno del capo a Julie come saluto. Quasi non si accorge di me, troppo presa a sfogliare concitatamente dei fogli.

Le ultime cose vengono sistemate in fretta e anche Lauren, l'attrice che interpreta Rose, prende posto.

- Tutti pronti?- urla il regista e un coro di assensi si alza.

Il tipico mormorio che precede ogni ripresa si zittisce in fretta, lasciando il posto a frizzante silenzio.

- Sicura Nina che vuoi girarla tu?- mi domanda ancora il regista per la milionesima volta. - Se no la facciamo girare tranquillamente alla tua controfigura- la indica con un cenno del capo.

- No, davvero voglio girarla io- sospiro leggermente stanca di dare sempre la stessa risposta ogni volta.

E' una semplice corsa, la cosa più pericolosa che può succedere è che prenda una storta. Non capisco tutta questa ansia ogni volta che giriamo una scena più movimentata del solito. Anzi, io le trovo particolarmente divertenti e stimolanti.

Finalmente sembra convincersene anche lui, facendomi tirare un sospiro di sollievo.

La telecamera si posiziona poco lontano da noi e il tipico nervosismo prima del ciack mi pervade, pervadendomi.

Muovo un passo in avanti, sistemandomi esattamente nel punto prestabilito. Raddrizzo poi la schiena, prendendo un respiro profondo e cercando di sciogliere le spalle rigidamente contratte.

Le scrollo leggermente tentando di assumere una postura più naturale.

Ok, mi dico l'attimo dopo cercando di entrare nella parte, ho paura e un vampiro che mi crede la mia sosia cattiva vuole mangiarmi.

Silenziosamente e un po' persa nella concentrazione annuisco, sentendomi pronta e pienamente nella parte.

Mentre il regista dà le ultime dritte al cameraman sulle riprese da fare io mi guardo intorno, cercando di ammazzare in questo modo la noia e non perdere nello stesso tempo la concentrazione.

Il mio sguardo, attirato come una calamita, cade inspiegabilmente su di lui. E' appoggiato contro il muro con una spalla e semi avvolto dalla penombra della libreria.

Non sembra essersi accorto di me, noto con un'amarezza che stride e mi avvilisce. E' qui solo parchè dopo deve girare le sue scene con Rose.

Assisterà alle riprese, mi dico deglutendo improvvisamente nervosa. Un sottile ed insinuante nervosismo mi pervade infiltrandosi tra le crepe aperte dai miei pensieri. Sembra quasi agitazione o forse irrequietezza.

Prendo un respiro profondo cercando di scacciarlo. Dopo ieri sera non merita neanche un briciolo delle mie emozioni. Peccato che sia più facile a dire che a farsi, lancio un'altra occhiata nella sua direzione.

Non ci siamo più parlati dalla sera del suo compleanno, dalla litigata. Se prima era solo un semplice ignorarsi ora è proprio un evitarsi. Lui mi evita, solo per le esigenze di scena mi sta vicino.

Una smorfia triste e amara mi tende le labbra, incupendo la mia espressione.

E non posso fare a meno di pensare alla litigata di ieri sera, la mia testa va in automatico a quel momento.

Il più grosso dei passi indietro che abbiamo fatto probabilmente. I denti affondano nel mio labbro in un gesto che lascia trasparire tutta la mia rabbia, il mio nervoso rammarico.

Riesco solo a pensare a lui, a questo, anche ora.

Lo guardo e mi rendo conto dei passi indietro che abbiamo fatto. Così tanti, così pesanti.

Un addetto mi passa vicino, scontrandomi involontariamente e facendomi perdere l'equilibrio.

Irrazionalmente cerco di riacquistarlo, compiendo un passo indietro e distogliendo lo sguardo da lui.

Prendo poi un profondo respiro, cercando di ritrovare calma e concentrazione.

Lui non è qui, mi dico nel vano tentativo di convincermene davvero. Perché mi mette così in soggezione averlo qui ? Probabilmente neanche mi fissa ed è chiaro che gli importa poco o nulla quindi non dovrei neanche preoccuparmi.

Fortunatamente il regista chiama il primo ciack, interrompendo i miei pensieri e le mie paranoie.

chiudo per un attimo gli occhi, espirando via l'aria, e quando li riapro sono Elena Gilbert, non Nina.

Un perfetto silenzio ci circonda e Lauren fa un passo verso di me, guardandomi famelica e furente.

Deglutisco, cercando di sembrare agitata.

- Rose ferma. Ferma. - recito tentando di apparire in più spaventata e preoccupata possibile.

Allungo un braccio davanti a me, sperando di indurla ad arrestarsi mentre lei mi guarda in modo rabbioso e, beh, affamato.

La telecamera ci segue e io cerco di non spostare lo sguardo alla mia destra dove sono sicura due occhi azzurri mi stanno fissando pallidamente. Non voltarti Nina, mi ammonisco imperiosamente cercando di tenere a mente le mie battute e di non dare retta al mio istinto.

Rose fa un altro passo avanti, verso di me, e io di riflesso ne compio uno nell'opposta direzione, facendo un passo indietro.

Deglutisco nervosamente, proprio come da copione, pronta a continuare la scena.

- Sono Elena - mormoro affannata, il petto che si alza in modo aritmico mentre lei non arresta la sua avanzata avvicinandosi ulteriormente.

Con gli occhi spalancati da un terrore fittizio e lo sguardo forzatamente agitato la guardo finalmente fermarsi davanti a me.

 Per una manciata di secondi sembra ritornare in se, guardandomi interessata.

- Non sono Katherine.- le dico con un tono più pacato, parlando più lentamente con l'intento di farmi capire perfettamente.

Le lancio uno sguardo guardingo, non fidandomi della sua apparente lucidità mentale.

- Hai le allucinazioni.- affermo cercando di risultare il più convinte possibile.

Muovo ancora un passo indietro, cercando di allontanarmi da lei mentre invece lei mi fissa interdetta. Il viso sporco di sangue e i finti canini che spuntano minacciosi dalle labbra.

- Non sono Katherine.- ripeto un'ultima volta con un tono falsamente calmo, attraversato però  da una visibile venatura di allarmismo e ansia.

All'improvviso la sua espressione torna furente e rabbiosa, lo sguardo cupo e minaccioso mentre perde nuovamente lucidità, lasciandosi travolgere dal suo essere vampiro.

Si esibisce in un ringhio  minaccioso e agisce, attaccandomi.

E accade tutto in un secondo poi, troppo velocemente per essere anche solo captato.

 

Basta un unico movimento e finisce tutto.

Un solo passo indietro.

Percepisco in modo sfocato qualcuno chiamarmi in lontananza, il tappeto che scivola sotto la mia suola e l'aria che mi fischia nelle orecchie mentre si sposta. Istintivamente chiudo gli occhi, serrandoli e celando tutto oltre il buio delle palpebre.

Accade tutto quasi a rallentatore, i sensi che perdono p ercezione del tempo e il mio equilibrio che svanisce in un soffio.

L'impatto arriva l'attimo dopo, sordo e secco.

Mi ritrovo per terra senza quasi neanche accorgermene, la testa che sbatte violentemente contro il pavimento e un insieme di voci concitate che mi chiamano e urlano il mio nome.

E poi solo il vuoto. Per un interminabile e lunghissimo attimo non sento nulla, la testa totalmente vuota e il corpo così pesante da non riconoscerlo come mio.

Il mio cuore perde un battito e io mi chiedo distrattamente cosa mi è successo.

Tutto torna poi alla sua velocità naturale, riaccelerando improvvisamente.

Il cuore pompa sangue così velocemente  da produrre un ronzio ovattato che mi stordisce, confondendomi.

Percepisco solo sensazioni disconnesse, messe in fila in modo disordinato e troppo veloci per essere comprese dalla mia mente improvvisamente lenta.

Lentamente, riconosco il pavimento duro e scomodo premere contro la mia schiena.

Deglutisco a fatica, sbattendo le palpebre e incontrando il soffitto bianco intervallato dalle facce preoccupate dei miei colleghi.

Devo essere caduta, penso cercando di capire cosa mi è appena successo.

Provo a parlare ma dalle mie labbra non esce alcun suono e le loro voci aumentano ancora, diventando quasi insopportabili e acutizzando il pulsare alla testa.

- Stai bene tesoro?- la voce di Julie si erge sulle altre e io annuisco lentamente.

Il viso di Lauren mi ostruisce improvvisamente quel poco di visuale che ho mentre sempre più gente si accalca intorno a me.

- Oddio Nina scusami - mi dice realmente mortificata, guardandomi costernata.

E solo ora il mio cervello collega tutto.

La scena. Il piede mal messe. Il passo indietro. La caduta.

Cerco di stendere le labbra in un sorriso per tranquillizzarla mentre la testa non smette di pulsare, producendo solo una smorfia lieve.

- Voglio alzarmi - mormoro con un filo di voce.

Qualcuno mi porge una mano e io un po' tremante la afferro, facendo forza e mettendomi in piedi.

La stanza intorno a me inizia a girare e un senso di nausea mi colpisce lo stomaco. anche il pulsare aumenta e io sono costretta a chiudere per un attimo gli occhi nel tentativo di stabilizzarmi.

- Sicura di star bene?- mi domanda ancora Julie, evidentemente preoccupata.

- Si - soffio in risposta con un filo di voce, ma non riesco ad aggiungere altro perchè la vista si sfoca e tutto intorno a me diventa velocemente indefinito.

Una miriade di puntini neri iniziano ad offuscarmi la vista mentre le gambe diventano improvvisamente molli e le forze mi abbandonano.

L'ultima cosa che percepisco è il mio nome in lontananza.

Poi più nulla.

E c'è solo il buio.

 

***********

 

 

 

Noia, noia e ancora sconfortante noia.

Seduta su uno scomodo e plastico lettino bianco mi ritrovo a fissare tediata la parete perfettamente intonacata davanti a me. E il dolore, che continua a presentarsi sotto forma di un irritante e costante pulsare, non fa altro che aumentarla. Mi servirebbe qualcosa per distrarmi e non ho altro che un frastornante silenzio intorno a me.

Mi hanno tolto persino il cellulare e il dottore- la brutta e attempata copia di Derek Sheperd - è scappato ormai un'eternità di tempo fa, sotto la mia pressante richiesta di essere dimessa, con la scusa di andare a prendere i documenti. Peccato che i suoi dieci minuti si siano raddoppiati diventando infine un'infinità in più.

Sospiro nervosamente, solo il mal di testa a farmi noiosamente compagnia.

Inclino poi lievemente il capo verso destra, tornando a fissare il muro bianco davanti a me. Con gli occhi riprendo a seguire la lieve crepa che lo attraversa al centro, percorrendolo quasi da parte a parte. E' lieve, appena accennata, così tanto da sfuggire probabilmente ad un anonimo e frettoloso sguardo.

Le gambe che penzolano oziosamente e che si muovono in un leggero, ritmico dondolio mentre le spalle si incurvano ulteriormente sotto il peso del mal di testa. Opprimente e scalpitante continua a pulsare, intensificandosi nella zona più sensibile. E mal ridotta, aggiungo mentalmente ricordandomi del lieve trauma cranico che mi hanno diagnosticato.

Nulla di grave, una semplice botta in testa, ma per precauzione mi hanno sottoposto a un'infinita e noiosissima sequela di esami.

Allungo mestamente una mano fino a sfiorarmi con dita tremanti la fronte. Mi sento un po' debole, intontita e stordita come sotto l'effetto di un anestetico. Tutto mi sembra ovattato e il minimo rumore mi provoca un'odiosissima fitta alla tempia, aumentando il mio mal di testa.

Con dita incerte la percorro tutta, tastandola cautamente e preventivando un imminente dolore che puntuale arriva esattamente l'attimo dopo. Una fitta, acuta, seguita subito da un dolore lancinante mi attraversa, trapassandomi come una lama.

Con un impeto particolarmente masochista continuo a toccare la parte lesa con i polpastrelli, cercando di intuire la vastità. Visto che non c'è neanche uno specchio e il mal di testa è talmente gravoso e pesante da rendere impossibile arrivare persino fino al bagno questo è l'unico metodo che mi rimane.

Per di più ho il terribile sentore che sia bello grande, tendo le labbra in una smorfia.

Persino pensare, mettere infila le silenziose parole nella mia mente sembra spaventosamente troppo difficoltoso. Quasi non mi ricordo neanche quello che è successo. E' stato tutto così...veloce.

Il piede messo male, la suola della scarpa che slitta e scivola facendomi sentire in precario equilibrio e poi il buio. Solo il buio per alcuni interminabili secondi.

I ricordi sono ancora un po' sfocati. A dire il vero  più di un po'.

Il percorso della mia mano cambia direzione, virando verso i miei occhi; li sfrego, cercando di allontanare quello stato di caotica confusione che, però, persiste nella mia testa.

Rinunciando a capire l'entità dell'ematoma in bella mostra sul mio viso riabbasso la mano, appoggiandola vicino alle mie gambe.

Odio questo odore così da...ospedale. E' forte e un aspro, quasi fastidioso.

Nitido mi solletica le narici mentre il mio cervello tenta di riconoscerlo e identificarlo con scarso successo.

Improvvisamente il silenzio che mi circonda viene rotto da una voce che mi fa sobbalzare, colta di sorpresa.

- Il viola ti dona.-

Il ticchettio ritmico della mia scarpa si ferma all'istante, nel momento esatto in cui una voce bassa interrompe il silenzio. Lo frantuma, percorsa da una lieve sfumatura ironica, canzonatoria.

Il mio cuore aumenta improvvisamente il battito, che diventa irrazionalmente scalmanato e veloce. E' solo la sorpresa, mi dico, non lui.

Alzo gli occhi, in un gesto automatico ormai assodato. E' la reazione istintiva del mio corpo al suono di quella voce. Le mie labbra si schiudono leggermente prima di serrarsi improvvisamente in una linea dura e sottile.

E' venuto a deridermi e a prendersi gioco della mia sbadataggine? Mi chiedo squadrandolo con uno sguardo che spero essere il più distaccato e altero possibile.

Per una frazione infinitesimale, ma tremendamente lunga, di un secondo non riesco a staccare gli occhi dalla sue labbra, il cui sapore è ancora nitido sulle mie

Una bocca che ho baciato infinite volte.

Distolgo stancamente lo sguardo, alzandolo sui suoi occhi e inarcando un sopracciglio. Non dico nulla, rimanendo in silenzio e costringendolo a parlare ancora.

- Si intona al rosso delle tue labbra - continua, una punta di bramosia che gli incrina lo sguardo imperscrutabile e che lui si affretta a far scomparire dietro un'occhiata indecifrabile,

Non abbandonano le mie labbra, seguendone la piega un po' amara che hanno assunto. Non riesco poi ad impedirmi dal lanciargli un'occhiataccia, fulminandolo con uno sguardo torvo e carico di malumore. Sono già abbastanza di cattivo umore vista la situazione senza che ci si metta lui con le sue battutine ironiche.

- Devo ridere? -mormoro torvamente, lasciando trasparire tutto il mio malumore.

E decisamente non è solo a causa dell'incidente.

Ian continua a fissarmi, restituendomi uno sguardo scuro, tendente al grigio, impregnato di imperscrutabile stanchezza. Ha un aspetto abbastanza stanco, infatti. I capelli sono scompigliati in modo sbarazzino, come se vi avesse passato più volte le dita.

- Come stai? - mi domanda avvicinandosi di un passo al letto, un velo di ansia e preoccupazione che sembra trasparire dalla sua voce.

Mi guarda con gli occhi leggermente spalancati, cercando di decifrare ogni mia più piccola espressione. E per un attimo, un lento e suadente attimo, quell'espressione mi toglie il respiro, provocandomi un'ondata di calore.

-Bene - gli rispondo laconica distogliendo subito lo sguardo dal suo, fin troppo consapevole che dietro la rabbia e il rammarico saprebbe riconoscere la mia bugia

E' fin troppo bravo, incasso immusonita la testa fra le spalle.

Cala il silenzio fra di noi, spinoso e ingombrante. E' talmente muto da permetterci di percepire le voci nel corridoio e nella sala d'attesa qua di fianco. Una voce di una donna prevale sulle altre. Julie? Mi domando cercando di percepirla meglio.

- Non si direbbe dalla tua espressione e da quel livido- indica con un cenno del capo la mia fronte tumefatta e leggermente gonfia.

Si avvicina di un passo a me, compiendo un passo avanti. Sembra teso e provato, noto riuscendolo a vedere meglio in volto.

- Non è niente - sibilo innervosita dalla sua vicinanza e dal fatto che il mio corpo continua a rispondere al suo fisico.

- Sei svenuta - ribatte lui, ammonendomi con un'occhiataccia.

- Non sono svenuta, ho avuto solo un giramento – minimizzo e per un attimo ho una sensazione di déjà-vu, come di una conversazione già avuta.

Non ho, però, il tempo di rifletterci oltre che lui riprende a parlare, non dandomene il tempo.

Ha ragione lui, lo so benissimo, ma non voglio dargliela vinta. E' tremendamente infantile come cosa, me ne rendo conto.

- Sei venuto per farmi la paternale?- sospiro stanca, il tono di voce che risulta più duro di quello che volevo. - Perché la fila è lunga– bofonchio corrucciata, riferendomi a tutte le persone che mi hanno detto che dovevo stare più attenta e usare una controfigura.

-Volevo solo vedere come stavi- afferma leggermente risentito dal mio tono aggressivo. - Ci hai fatto preoccupare- continua.

Schiudo le labbra pronta a ribattere, ma lui mi anticipa parlando ancora.

-Mi hai fatto preoccupare – afferma con un tono disarmante, rivolgendomi uno sguardo che lascia trasparire quella che deve essere stata la sua preoccupazione.

E qualcosa dentro di me si stringe, la rabbia e il nervosismo improvvisamente si dimezzano rendendomi più mite.

Lo guardo, puntando i miei occhi nei suoi e gli riservo uno sguardo dispiaciuto.

Non è solo per via del mio tono. Mi dispiace per come sono andate le cose, per quello che ci siamo detti e per le porte sbattute in faccia.

Mi dispiace terribilmente di ogni singolo passo indietro che hanno portato a questo.

Sospiro, rendendomi conto di quante cose ha innescato la mia domanda quello che mi appare ormai un secolo fa. Ci siamo allontanati, abbiamo litigato e io sono arrivata alla piena e matura consapevolezza che non mi basta un rapporto di amici di letto. O di più o, beh, nulla.

Peccato che la sua risposta sia più vicina al nulla che ad altro.

Lui compie ancora un passo in avanti, avvicinandosi ulteriormente a me. Le mie ginocchia che quasi lo sfiorano.

-Sto bene – mormoro con una punta di sincerità in più. - Ho... solo un po' di mal di testa -

Porto una ciocca di capelli dietro l'orecchio, distogliendo lo sguardo dal suo per poi tornare a guardarlo l'attimo dopo. E' più forte di me.

Lui sospira continuando a fissarmi in modo enigmatico.

Con le dita scende ancora, attraversando il mio viso con una carezza e fermandosi sul mio mento. Lo tiene fra le dita, sfiorandolo appena con il pollice in un tocco così soffice da essere appena percepibile.

-Stai bene davvero?- mi domanda, non distogliendo i suoi occhi dai miei, impregnati di un indecifrabile magnetismo ora.

Non sembra neanche lo stesso Ian che mi ha sbattuto una porta in faccia, che non ha capito il mio regalo e che mi ha fatto una scenata di gelosia da ubriaco. Sembra solo preoccupato, noto.

-Si- mormoro, soffiando le parole fra le labbra in un sussurro.

Il suo viso si abbassa all'improvviso, avvicinandosi al mio.

Mi vuole baciare, penso allarmata sbarrando gli occhi mentre il mio battito aumenta provocandomi delle lancinanti e acute fitte alla testa.

E mi rendo conto di non volerlo, non così almeno. Ci sono troppe cose irrisolte, domande senza risposte e un miscuglio di sensazioni ingestibili. Vorrei davvero assaggiare nuovamente quelle labbra carnose, riassaporare quel senso di languida completezza, ma so che non è giusto. Non ora.

E poi la rabbia non mi è ancora passata del tutto. Non è davvero il momento adatto.

Allontano il volto in fiamme dal suo, inclinandolo dalla parte opposta. Lo sento sospirare contro a mia guancia e allontanarsi quel che basta per permettermi di tornare a respirare in modo normale

- Dobbiamo...parlare- deglutisco scacciando l'istinto di baciarlo.

Dobbiamo chiarire prima, mi dico pienamente convinta, i miei ormoni aspetteranno.

- Voglio delle...spiegazioni- farfuglio lanciandogli un'occhiata che spero essere il più severa possibile. Peccato che però risulti soltanto stanca, quasi implorante.

Perché deve sempre stordirmi e confondermi così? Un attimo prima sono arrabbiata e frustrata e quello dopo intontita e contenta di vederlo.

Lui inclina il viso, rivolgendomi uno sguardo che è tra il dolce e il divertito.

-Riposati- mi accarezza i capelli, sfiorandone con le dita le punte.

Sbuffo sonoramente contrariata dall'essere trattata come una malata o, peggio come una bambina

- Ma io sto be...-

- E' un ordine- mi interrompe però lui perentoriamente, riservandomi uno sguardo severo.

Se non fossi troppo stanca probabilmente risponderei, mentre riesco solo a soffiare poche parole tra le labbra. E decisamente non con il tono che vorrei.

- Dobbiamo parlare-gli ricordo ancora, fissandolo con gli occhi socchiusi.

La luce infatti continua a infastidirmi e il mal di testa mi fa sentire terribilmente stanca anche se non vorrei ammetterlo.

Cercando di esibire il mio miglior cipiglio testardo e determinato, non distolgo gli occhi da lui neanche per un momento fronteggiandolo.

Anche se sono in un letto di ospedale non ho cambiato idea: voglio delle spiegazioni.

E se lui non è intenzionato a darmele me le prenderò.

Si, la botta in testa mi ha fatto bene.

-Parleremo- mi dice lui, il tono caldo e sicuro che mi scalda, ammorbidendomi.

Lo sguardo azzurro rimane però deciso, fisso nel mio.

- Ora però riposati-

Sbuffo, appoggiando le mani sopra il freddo copriletto bianco e davvero ruvido. Più che cotone, sembra cartone.

- Va bene - acconsento, assecondandolo con un piccolo sbuffo.

Ma lo faccio solo perché sono troppo sfinita per discutere non per lui, mi dico non credendoci neanche io.

- E lasciati abbracciare - mi sorride, gli occhi che diventano più  liquidi e dolci sotto la spinta di una dolcezza disarmante.

Allarga leggermente le braccia, aspettando che mi ci accomodi. Non riesco a reprimere un sorriso, naturale e sincero, che mi stende le labbra mentre abbasso leggermente lo sguardo. Il primo da non so quanto. Lo rialzo l'attimo seguente, incontrando il suo, e la piega delle mie labbra aumenta ancora, dando vita a un sorriso ancora più luminoso.

Le sue mani trovano i miei fianchi nello stesso momento, facendoci scivolare intorno le braccia e stringendomi a lui. Mi appoggio contro il suo petto, lasciandomi stringere.

Socchiudo istintivamente gli occhi mentre il mio sorriso si smorza leggermente sciogliendosi fino ad assumere una piega più dolce e rilassata.

E rimaniamo semplicemente così, lui in piedi di fronte al lettino che mi stringe e io fra le sue braccia.

Sfrego la guancia contro i suoi pettorali, percependone la consistenza tonica sotto il tessuto

i miei polpastrelli riconoscono subito quel tipo di stoffa particolare, morbida.

Sorpresa sbarro gli occhi, aggrottando confusa e stupita le sopracciglia.

Mi allontano poi leggermente dal suo corpo caldo e invitante, quel che basta per poterlo scrutare meglio. Ed è proprio come avevo intuito, penso sbarrando gli occhi e continuando a guardarlo.

E' la camicia che gli ho regalato io. Il mio cuore aumenta leggermente i battiti mentre lo stomaco è solleticato da un leggero sfarfallio.

Con occhi semi sbarrati continuo a fissare la camicia azzurra che indossa.

E una domanda sorge subito spontanea, alimentando e smorzando al tempo stesso le farfalle nel mio stomaco. Perché l'ha messa? Se era un regalo così stupido perché ora la indossa? Cosa vuol dire?

I pensieri e le ipotesi dentro la mia testa si moltiplicano e si arrovellano, mescolandosi alla confusione già presente e dovuta alla caduta.

- Beh, è la mia preferita infondo - afferma Ian, rompendo il flusso dei miei pensieri e portandomi ad alzare lo sguardo.

Incontro i suoi occhi, incatenandoli ai miei.

E' leggermente teso nonostante cerchi di nascondere quella punta di nervosismo dietro un mezzo sorriso affabile.

L'ha capito? Mi chiedo, scoprendo di essere terribilmente speranzosa nel profondo.

E qualcosa nei suoi occhi mi dice che è così. Qualcosa mi dice che è un passo verso di me questo, un passo avanti.

- Te l'avevo rubata .- ricordo con un sorriso leggero sulle labbra, un misto di stupore e nostalgia.

E' infatti la camicia che Ian indossava la prima notte che siamo stati insieme e con cui ho dormito. Alla fine era rimasta in camera mia e io, troppo legata a quel ricordo e al suo profumo, non gliel'ho più restituita, usandola come pigiama.

Mi ha preso in giro una infinità di volte rinfacciandomi scherzosamente di quel piccolo furto. Mi era sembrato il regalo migliore, con un significato dietro e non banale.

Una punta di acuta malinconia mi pervade al ricordo delle sue parole in ascensore, ma lo scaccio subito.

La sorpresa è troppo dolce e non voglio renderla amara, venarla con quel ricordo spiacevole e doloroso.

E improvvisamente il desiderio di spiegargli il perché di quel dono prevale, portandomi a schiudere le labbra pronta a parlare.

- Te l'ho regalata perché - inizio prendendo un respiro profondo, pronta per un discorsone lunghissimo.

Lui però mi interrompe subito, appoggiando un dito sulle mie labbra.

- Shhh- soffia guardandomi dritto negli occhi e io lo assecondo di nuovo, non dicendo nulla-

Rimango così in silenzio esalando un leggero sospiro contro il suo polpastrello.

-Mmm Nina Dobrev che fa quello che le viene detto- mormora, il sorriso che aleggia leggero nel tono della sua voce e che mi porta a riaprire gli occhi, incontrandolo sulle sue labbra.

-E' davvero un giorno da ricordare- scherza nel tentativo di strapparmi un sorriso, guardandomi nervosamente in attesa.

E ci riesce.

Nonostante la posa morbida delle braccia le sue spalle sono tese, lasciando trasparire un minimo di nervosismo che ancora aleggia su di lui.

Allungo la mano, facendola scivolare silenziosamente oltre il mio fianco fino ad incontrare la sua.

Leggermente esitante ne accarezzo il dorso con i polpastrelli. La morsa sul mio fianco si allenta fino a sciogliersi del tutto. Le mie dita scivolano allora sul suo palmo, accarezzandolo con un tocco lieve che porta fino alle sue dita.

percepisco il suo petto gonfiare sotto la mia guancia, rilasciando il respiro poco dopo e con esso anche il lieve nervosismo che lo stringeva. Intreccia le dita con le mie con un gesto sciolto, naturale che sembra consolidare qualcosa di nuovo.

- Si, un giorno da ricordare - mormoro in risposto e anche se non lo vedo so che sta sorridendo.

E l'alone di quel ricordo, così simile torna a pervadermi. Sono sicura che entrambi ci stiamo pensando.

- Buon compleanno, Som - la presa sulla sua mano aumenta leggermente, diventando più solita e forte.

- Era ieri, guarda - afferma lievemente divertito - La vecchiaia inizia a farsi sentire?- scherza, ricalcando le esatte parole che gli ho detto io un anno fa.

Gli do un pizzicotto sul fianco, percependo un senso di tranquillità pervadermi suadente.

- Sull'isola di Nina è ancora l'8 dicembre - sospiro riappoggiandomi contro di lui. - Quindi auguri - lo abbraccio con l'unico braccio libero.

Lui appoggia il mento sui miei capelli, accarezzandomi con il pollice la piccola porzione di pelle tra il pollice e l'indice.

Cala un piacevole silenzio, così diverso dagli ultimi che hanno caratterizzato i nostri incontri.

E la sensazione di benessere e completezza mi pervade, accompagnata da una dolce consapevolezza.

Dopo tutti i passi indietro abbiamo invertito la tendenza. Lui lo ha fatto compiendo un passo nella direzione opposta.

Sorrido, chiudendo gli occhi. E rimane solo quello.

Un passo avanti.

 

 

 

NOTE

 

1- Mi scuso innanzitutto per l'abissale ritardo che caratterizza ultimamente i miei aggiornamenti. Mi sento terribilmente in colpa a farvi attendere così tanto da un capitolo all'altro. A volte è colpa degli impegni e a volte, in tutta onestà, è colpa mia e della mancata voglia di mettersi davanti al pc a scrivere. Quindi vi devo delle gigantesche scuse e un altrettanto gigantesco grazie perché nonostante questo siete sempre presenti in numerosi e molto caldi. Un grazie particolare a chi recensisce, chi segue la storia e chi l'ha messa nei preferiti. Risponderò alle recensioni appena possibile!

 

2- Passando al capitolo il titolo è preso in prestito dalla canzone Un passo Indietro dei Negramaro. Tutto il capitolo, come avrete compreso, è basato sui passi indietro e in ogni parte ha un significato diverso. Nella prima parte Nina riflette sul fatto che hanno fatto dei passi indietro, la porta sbattuta da entrambi nello scorso capitolo lo è stato. Nella seconda invece capisce che non riesce a sopire ciò che prova, che non riesce semplicemente ad ignorarlo come Ian fa con lei e che i passi che li distanziano sono tanti e continuano ad aumentare: da un lato lui con la ragazza bionda e dall'altro lei con Leonard. La terza rappresenta il passo indietro vero e proprio dal momento che vi è la litigata, si dicono cose pesanti e vi è in qualche modo una rottura. La quarta è una parte di collegamento ed è giocata anche questa sul passo indietro, presente anche nella caduta. L'ultima parte, invece, è incentrata sul duplice passo avanti: Ian fa un passo in avanti andando da lei e dicendole che si è preoccupato e Nina mette da parte tutto per un attimo e si gode il momento.

Vi invito ad ascoltare la canzone perché il testo è molto simile al capitolo e ha un bellissimo testo.

 

3- Vorrei spendere un minuto per parlare di Ian e Nina come personaggi singoli. Il comportamento di Ian non è buttato lì a casaccio, ha un suo perchè solo non è ancora il momento di spiegarlo. Nina dal canto suo è arrabbiata e frustrata, delusa dal comportamento di una persona che le piace e verso cui prova qualcosa. All'inizio è intristita e malinconica per la situazione, al centro è arrabbiata perché si sente oltraggiata e alla fine si nota davvero  il suo cambiamento. Infatti nonostante acconsenta a parlarne dopo e più tranquillamente non si lascia sopraffare dal sentimento che prova ma rimane ferma e decisa sulla sua decisione. E' importante come punto perché dimostra la forza della posizione che ha scelto di prendere, in qualche modo ha dettato le condizioni. Non è contraddittoria o debole alla fine quando si lascia abbracciare, solo ne ha bisogno.

 

4- Punto fondamentale oltre la litigata è la scena finale. vorrei sottolineare che loro non hanno chiarito, anzi. E' stato semplicemente un momento di riavvicinamento senza cui nessun chiarimento può avvenire. Nina non lo ha perdonato con quell'abbraccio. Semplicemente entrambi avevano bisogno di quel momento.

 

5-  Mi  sono presa una piccola licenza poetica dal momento che Nina ha subito davvero un piccolo incidente sul set ma non durante la stagione 2 ma durante la stagione 3. L'assistente di Kevin ( Leonard), inoltre, viene nominato da Paul nel capitolo 6.

 

6- Un grazie speciale va a tutti coloro che mi supportano e sopportano e che mi incitano sempre. 

Spero che il capitolo vi piaccia, che non vi siano errori e soprattutto che vi trasmetta qualcosa! Studio e impegni permettendo cercherò di impiegarci il meno possibile per il prossimo capitolo.

 

Alla prossima.

 

Xoxoxo

 

Live in Love

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Capitolo 14
*** Breathe ***


CAPITOLO 14

BREATHE









La porta si chiude dietro di noi, uno scatto metallico che frantuma la tranquillità della mia stanza.

Con un'occhiata veloce la percorro tutta, ritrovandola esattamente come l'avevo lasciata questa mattina. Tutto è al suo posto.

Muovo un passo in avanti l'attimo dopo, avvicinandomi al letto intatto e perfettamente in ordine.

Percepisco la sua presenza dietro di me, ma non mi volto continuando a rimanere in silenzio e a dargli le spalle come ho fatto per la maggior parte del tempo fino ad ora.

Non mi va di parlare di cose futili e del tutto inutili. Non dopo come si è comportato in questi giorni.

Stringo innervosita le labbra, torturandole l'attimo seguente con i denti.

Non può fare quello che vuole e poi pretendere di fare conversazione come se niente fosse, non mi sta decisamente più bene.

Con un sospiro velato di stanchezza tiro giù la zip della giacca, aprendola e  sfilandomela l'attimo dopo.

Un senso di freddo mi avvolge velocemente, sostituendosi al calore confortante che mi avvolgeva.

La lascio cadere sul piumone con un soffice spostamento d'aria che mi investe dolcemente.

La sua voce, bassa e sottile, rompe il silenzio l'attimo dopo arrivandomi alle orecchie con la consistenza di un respiro.

- Come ti senti? -

Mi volto verso di lui con una torsione lieve e lenta del corpo, per evitare acute fitte di mal di testa, trovandolo  in piedi vicino alla porta.

Le mani affondate nelle tasche della giacca e gli occhi azzurri puntati ostinatamente su di me.

Per qualche secondo mi guarda silenziosamente, chiuso nei suoi pensieri, che puntualmente mi cela. scrutandomi attento.

Un lieve nervoso mi pervade nel constatare il suo ennesimo sguardo imperscrutabile.

Troppo spesso ultimamente mi ha guardato in questo modo criptico, esattamente come il suo comportamento, cosa che inizia ad irritarmi profondamente.

E, ancora una volta, mi ritrovo a pensare che non può fare quello che vuole. Non sono una bambola.

- Bene - ribatto io in un sussurro appena palpabile, neutro, stringendo fra le dita il bordo della mia maglia.

Con i polpastrelli ne percorro la cucitura, giocandoci in modo nervoso e irrequieto.

Non mi sento per nulla tranquilla, vorrei chiarire e parlargli, ma lui non sembra dello stesso avviso. Anzi, sembra avere l'intento opposto al mio.

Cosa che mi innervosisce ulteriormente.

Ian annuisce pensieroso, chiuso in un silenzio ermetico e ineluttabile, mentre per qualche breve istante i nostri occhi si scontrano.

E' uno sguardo fugace e attento, guardingo, volto a capire come vuole agire l'altro o cosa prova.

E mi ritrovo a chiedermi, come ho fatto fin troppe volte in questi giorni, perché diavolo fa così.

Qual è il motivo di fondo? Non lo capisco e lui, i suoi atteggiamenti, mi confondono ancora di più.

Mi ignora, mi tratta male e poi si presenta in ospedale con un sorriso dolce e, soprattutto, con la camicia che gli ho regalato per il suo compleanno addosso.

Cosa vuol dire tutto ciò? Ha un valore anche per lui?

Un secondo prima sono sicura che non gliene importi nulla di me e, quello dopo, invece, ho la sensazione che sia l'opposto. Dov'è la verità?

Cerco risposta alle mie domande senza un'apparente soluzione nei suoi occhi, intensificando lo sguardo, che da freddo diventa più caldo e corposo.

I suoi occhi rimangono, infatti, neutri ed imperscrutabili, quasi piatti.

Risposte che non ottengo, noto amaramente dispiaciuta e anche un po' frustrata.

I suoi occhi rimangono, infatti, neutri ed imperscrutabili, quasi piatti.

 

Continuiamo a fissarci ancora per una manciata di secondi, fino a quando lui non distoglie lo sguardo dal mio puntandolo da tutt'altra parte.

Qualcosa di indistinto mi stringe allora lo stomaco in una morsa nervosa e spasmodica, sostituendo le abituali farfalle che, invece, mi provocava. Forse rammarico, forse consapevolezza del fatto che mi sta evitando anche ora.

Cala nuovamente un pesante silenzio tra di noi,  rotto solo dal rumore dei nostri respiri.

Odio questi momenti, sospiro pesantemente.

Entrambi sappiamo che dobbiamo parlare, solo io ne sono consapevole lui, invece, evita il momento, rimandandolo.

Si chiude dietro un apparente tranquillità e aspetta che sia io a sbilanciarmi. Cosa assolutamente irritante.

Un altro lento fiotto di nervoso si riversa dentro di me, rendendomi più inquieta di quanto io non sia già.

- Vuoi qualcosa?- mi chiede ancora con una premura che suona quasi nevrotica, spasmodica - Hai fame, per caso?-

Sta evitando palesemente l'argomento e il momento del chiarimento, so che è così.

Gli lancio un' occhiata di sottecchi, studiandolo.

- No, va bene così - replico, leggermente seccata e innervosita dal suo modo di fare.

E' assurdo il modo in cui riesce a innervosirmi pur dicendo poco o niente, veramente incredibile.

Frustrata sbuffo, soffiando stizzita l'aria fra le labbra in un sibilo acuto.

Basta, non ho intenzione di stare ai suoi giochetti.

Evita l'argomento da troppo, non mi sta più bene .

Che voglia o no, il momento è arrivato.

La Nina arrendevole se ne è andata con la caduta.

Socchiudo le labbra, parlando con tono deciso l'attimo dopo.

- Dobbiamo parlare, Ian -

Gli riservo uno sguardo fermo, che non ammette repliche e così accade, sorprendendomi.

- Ok...- afferma fin troppo pacato, stupendomi ancora di più.

E' diventato improvvisamente promotore dei chiarimenti e delle discussioni? Mi domando ironicamente sorpresa.

Magari ha capito anche lui l'importanza di risolvere questa cosa.

Forse è più facile del previsto, mi dico realmente sorpresa. Non me lo aspettavo decisamente, anzi pensavo che avrei dovuto lottare parecchio solo per convincerlo a parlare.

Pensiero che si rivela un'illusione l'attimo dopo.

 - Se proprio ci tieni parliamo - continua lui con uno sbuffo seccato, come se gli avessi proposto una delle peggiori torture invece che un semplice dialogo.

La mia espressione muta velocemente, trasformandosi da stupita a seccata.

- Si, ci tengo - soffio aspra, riservandogli un'occhiataccia cupa e irritata.

Come non detto, ho parlato troppo presto.

- Come vuoi - ribatte lui, facendomi innervosire ancora di più.

Stringo le labbra, guardandolo visibilmente contrariata e innervosita dalla sua affermazione noncurante, lasciandomi andare l'attimo dopo ad un respiro profondo.

Odio quando ha questo atteggiamento non curante e indifferente, come se tutto gli passasse sopra senza lasciare traccia.

E odio questo "come vuoi" con questo tono menefreghista. E' così stronzo quando si comporta in questo modo così...da stronzo.

Si lascia cadere sulla poltrona, dalla parte opposta della stanza, vicino alla finestra.

- Di cosa vuoi parlare, allora? - mi domanda quasi spazientito dal mio silenzio, l'espressione innocente stampata in faccia che mi fa saltare letteralmente i nervi.

Incasso la testa fra le spalle, incupendo l'espressione mentre il mio sguardo diventa sempre più al vetriolo e contrariato.

Sa benissimo di cosa dobbiamo parlare, fa solo il finto tonto.

- Di noi, Ian. -

Calco volutamente sulla parola noi, mordendomi quasi a sangue le labbra per non continuare acidamente la frase, alludendo al fatto che forse per lui non siamo nulla.

Peggiorerei solo le cose, lo so, e visto che non si stanno mettendo bene decisamente è meglio evitare.

Devo stare calma, mi dico lentamente.

Come previsto si irrigidisce ulteriormente, assomigliando più ad un pezzo di marmo che ad una persona.

Non è una reazione normale, mi ritrovo a riflettere e il mio istinto mi sussurra, ancora una volta, che non finirà bene questa discussione.

E' una sensazione a pelle proprio.

Un'ombra gli scurisce il viso, adombrandolo. Allarga, poi, leggermente gli occhi, invitandomi quasi a parlare.

Non capisco se è calmo e pronto a discutere o semplicemente indifferente. In ogni caso abbiamo molte cose da chiarire.

Stavolta non desisto, non ne ho alcuna intenzione.

Pronta e determinata riprendo quindi a parlare.

- Perché fai così?- gli domando diretta e a brucia pelo, incrociando poi le braccia sotto il seno in una posa decisa e testarda.

Continuo a guardarlo cocciutamente convinta a conoscerne il motivo, non desistendo neanche quando ricambia lo sguardo con'un'occhiata profondamente infastidita.

- Così come?- ribatte Ian come se non ne sapesse realmente il motivo, quando, al contrario. lo conosce benissimo.

 

Sempre più irritata inarco un sopracciglio, trafiggendolo con un'occhiata truce e seccata. Ancora una volta sa e finge di non sapere.

Odio questo suo comportamento, quasi infantile.

- Perché non ti siedi anche tu?- mi domanda velocemente l'attimo dopo, indicando con un cenno del capo il letto di fronte a lui e cambiando abilmente argomento.

Assottiglio pericolosamente gli occhi, inverosimilmente irritata, trafiggendolo con un'occhiataccia al vetriolo.

- No - ribatto secca e dura, provocando su di me un suo sguardo offeso.

Cambia argomento, ha sbalzi di umore allucinanti e cerca in tutti i modi di evitare la discussione e vuole ancora avere ragione? Mi domando totalmente allibita.

E' davvero bipolare.

- E smettila di fare ostruzionismo, Ian - continuo l'attimo dopo, incapace di non rispondergli acidamente.

Con una nota nervosa e acuta nella voce sottolineo il suo nome, facendolo suonare come un suono stizzito.

- Non faccio ostruzionismo, mi preoccupo solo di sapere come stai- mi risponde lui infastidito -  Sai com'è..hai preso una botta in testa- afferma ironico, piegando lievemente il capo verso destra e persistendo ad avere uno sguardo torvo.

Stringo le labbra, mentre corruccio la fronte in una espressione cupa.

- La botta in testa non mi ha fatto perdere la memoria anche se vorresti!- ribatto seccata e acida.

Ian mi trafigge allora con un'occhiataccia, guardandomi decisamente male.

Mi mordo l'interno della guancia, cercando di sfogare in parte così il nervoso e di trattenermi dal continuare.

Sospiro, rendendomi conto di essere contratta e rigida. Molto.

Devo calmarmi, non concluderò nulla se no.

Sospiro nuovamente, alzando lo sguardo che non mi ero accorta di aver puntato sul pavimento su di lui.

Faccio scontrare i miei occhi con i suoi e qualcosa sembra finalmente smuoversi, fortunatamente.

La sua espressione si addolcisce leggermente, non perdendo, però, la piega contratta e nervosa.

Tutto questo mi infonde un minimo di coraggio, spronandomi a continuare a parlare.

- Per favore, ho bisogno di parlare- mormoro con un tono più tranquillo, quasi pacato, che lascia trasparire tutto il mio bisogno di chiarire questa situazione incasinata.

Prendo un profondo respiro, trattenendolo in attesa di un suo assenso o qualsiasi altro segno che mi faccia capire che anche lui vuole questo.

Annuisce lentamente, portandosi le dita alle labbra e sfregandole contro di esse. Il mio sguardo segue istintivamente questo movimento.

Tuttavia, al contrario delle altre volte, non mi ci perdo e neanche mi sciolgo per un semplice gesto, continuando a conservare tutta la mia decisa determinazione.

- Parliamo- ribatte lui con il mio stesso tono e, per una frazione di secondo, sembra anche meno indifferente.

Allarga leggermente le braccia poi, allontanando quindi la mano dalle labbra, che lascia in seguito ricadere sui braccioli della poltrona.

- Ti ascolto - sussurra soffiando l'aria fra le labbra in modo stizzito e frustrato, come a volersi scaricare.

Prendo un altro respiro profondo allora mentre il mio battito aumenta lievemente e anche l'ansia cresce.

E' arrivato, il momento del chiarimento è arrivato.

- Perché fai così?- gli domando rammaricata e realmente confusa dal suo comportamento, soffiando le parole tra le labbra in modo diretto.

Non è da me girarci intorno, se c'è un problema o qualcosa che mi assilla devo dirlo.

- Prima mi ignori e poi ti presenti in ospedale e mi abbracci.- gesticolo convulsamente quasi, continuando a parlare - Perché?- domando ancora, rendendomi conto che tutto gira intorno ad un motivo.

Ad un perché che risulta di vitale importanza, esattamente come un respiro che riempie i polmoni. Senza si soffoca.

Man in mano che i giorni passano e il perché non arriva, soffoco.

Noi soffochiamo

Lui non dice nulla, rimanendo chiuso in un logorante silenzio per una sequela di secondi che mi sembrano infiniti, interminabili.

Il suo mutismo continua mentre si irrigidisce ancora di più, le dita che si chiudono nella morsa di un pugno e l'espressione che si contrae fino a storcere le sue labbra in una smorfia amara.

- Perché? - lo incalzo di nuovo, spinta dalla mia determinazione che mi sprona a non lasciare perdere e buttare giù il muro che ha interposto tra di noi.

- Ma che razza di domanda è!- sbotta improvvisamente, rompendo il suo silenzio con un tono rabbioso e più alto del solito.

Totalmente spiazzata mi stringo nelle spalle, guardandolo interdetta per qualche attimo.

Gli occhi leggermente sbarrati che lo fissano sorpresi, mentre una bruciante irritazione mi pervade poi velocemente annullando la sorpresa.

- Perché fai così? - ribatto, ripetendo ancora questa domanda che suona quasi come una litania irritata e frustrata.

Se pensa che basti un tono più brusco del normale per farmi desistere e abbandonare il discorso, si sbaglia di grosso.

Sorprendendomi ulteriormente si alza dalla poltrona su cui era seduto e con una falcata ampia e nervosa si sposta, raggiungendo la finestra. Rimanendo immerso in un silenzio impermeabile si volta, dandomi le spalle e guardando assorto fuori dalla finestra.

Prendo un profondo respiro, schiudendo le labbra pronta a parlare, ma lui mi interrompe, anticipandomi e battendomi sul tempo,

- Non faccio in nessun modo guarda- riprende a parlare proprio nel momento in cui ero pronta a farlo nuovamente io, la voce strascicata e incolore.

Anche se non mi sta guardando socchiudo gli occhi, guardando torvamente la sua figura

- Si invece - mi impunto io decisa e testarda, rasentando probabilmente la cocciutaggine.

 - Non faccio così, sono così - sospira innervosito dal mio insistere.

Scuoto il capo, esibendomi in una espressione seccata anche se lui non può vedermi.

- No, non è vero. Tu non sei così, lo so che non lo sei- affermo in risposta io - Non sempre almeno. mi stringo fra le spalle, spostando un ciuffo di capelli dal mio viso.

Ian non apre più  bocca e io lo prendo come un invito silenzioso e implicito a continuare a parlare.

- Vorrei solo capire perché diventi mr. bipolare -

- Mr bipolare?- si volta verso di me con un lieve sorriso sulle labbra, amaro, ma quasi divertito.

Sorriso che scompare l'attimo dopo, però, sotto il peso di una smorfia cupa e quasi oltraggiata velata da una punta di sorpresa che gli anima lo sguardo altrimenti imperscrutabile.

- Mi hai anche fatto la diagnosi?-

E il sorriso lieve compare ancora sulle sua labbra.

Leggero e velato sulle sua bocca smuove qualcosa dentro di me, allentando in minima parte la tensione che mi attanaglia.

Per qualche secondo ci guardiamo e quella domanda sorge nuovamente spontanea.

- Ian...perché?- la voce mi graffia la gola, uscendo rammaricata e quasi sfinita.

E in effetti lo sono.

Sono stanca di trovarmi in questa situazione, in un modo o in un altro voglio che finisca definitivamente. Positiva o negativa che sia la soluzione.

A questo pensiero l'agitazione aumenta maggiormente dentro di me, trasformandosi quasi in ansia.

E' innegabile però che in caso di risposta negativa prenderei una batosta allucinante, ne uscirei distrutta probabilmente.

Con un scrollata del capo cerco di scacciare questo pensiero, che, però, ritorna ad assillarmi più potente e corposo di prima l'attimo dopo.

E' come il respiro non posso a farne a meno. E non so se è più un bene o un male.

Forse più la seconda, una smorfia seccata mi tende le labbra.

 

Ian, agitato, si muove sul posto, irrigidendo la postura e le spalle. E' contratto, come pervaso da un nervoso bruciante che lo logora e lo divora.

- Perchè....- sussurra nervoso, la voce fievole inclinata in modo ambiguo tanto che non si capisce se è una domanda o un'affermazione.

Sembra quasi assorto, un'intonazione da cui traspare un'inquietudine mal celata.

Istintivamente muovo un passo in avanti e poi un altro ancora, avvicinandomi a lui.

Quando la distanza è ormai dimezzata Ian riprende a parlare.

 - Perché...che ne so perché!- sbotta infine frustrato, allargando le braccia  fulminandomi con lo sguardo non appena si accorge della nostra vicinanza.

Il tono assorto e quasi pacato di prima mandato in frantumi da un'improvvisa rabbia, frustrazione.

Sorreggo ostinatamente il tuo sguardo, ricambiandolo senza paura con un'occhiata cocciuta e torva.

- Non sai il perché di come ti comporti ?- lo incalzo io, decisa a non permettergli di eludere ancora una volta le mie domande.

Inarco scetticamente il sopracciglio, non credendoci assolutamente.

- No, non lo so- soffia tagliente lui, inclinando il viso e guardandomi male - Non sempre c'è un perché sai -

- A no? Non eri tu quello che diceva che c'è sempre un perché dietro ogni azione?- continuo a pressarlo riservandogli uno sguardo deciso.

Sto usando le sue stesse parole contro di lui e Ian lo sa benissimo visto lo sguardo al vetriolo che mi riserva.

Lo so che è una cosa che lo irrita, glielo leggo nello sguardo, ma non me ne importa decisamente nulla al momento.

Una smorfia amara gli stende poi le labbra.

- Vuoi sapere il perché?- mi chiede ironicamente, sbeffeggiandomi quasi e provocandomi una imponente ondata di nervoso che mi scalda e mi arrossa le guance. - Bene ti accontento! -

Fa un passo in avanti, incombendo quasi su di me.

L'ondata di nervoso aumenta ancora, stordendomi quasi.

- Perché ogni volta qualcosa mi ricorda perché è sbagliato- afferma duro e brusco, muovendo bruscamente la mano.

La gola mi si chiude improvvisamente sotto il peso delle sue parole. Una punta di dolorosa sincerità le pervade.

E' sincero, mi dico mentre il mio cuore batte furiosamente allarmato.

Mi sta dicendo la verità.

Non è che non ci ha pensato, deglutisco sconvolta, lo ha fatto e ne ha tratto conclusioni negative.

Improvvisamente mi sento quasi presa in giro e alla tristezza sconsolante si aggiunge anche la rabbia, che mi punge e mi irrigidisce.

E la stoccata definitiva arriva l'attimo dopo, affondando spietata nella mia fragilità.

- Mi ricorda il perché non dovremmo stare insieme.-

Incasso il colpo, guardandolo stupita e ferita da questa rivelazione. Non mi aspettavo una dichiarazione d'amore, ma decisamente neanche questo,

Vacillo per qualche attimo, sentendo le emozioni esplodere e mischiarsi dentro di me in un mix stordente.

- Sei contenta ora che lo sai?- mi punge acidamente lui.

- Ah - è l'unico soffio che esce dalle mie labbra, la consistenza di un respiro appena percepibile.

- Perchè lavoriamo insieme e se va male è un casino - riprende a parlare lui, incapace di non farlo, ma io lo interrompo.

- Potevi pensarci prima di venire a letto con me - soffio tagliante e provocatoria, provocandolo.

Lui mi rivolge un 'occhiata assassina, trafiggendomi.

- Perchè la gente parla, parla male di te - continua, il tono della voce teso e visibilmente nervoso.

- Ah, ora ti interessa il parere della gente?- ribatto  mentre il nervoso mi travolge sempre di più 

- Non mi sembra che ti sei fatto tutti questi scrupoli in passato - freccio tagliente riferendomi a tutte le relazioni, lunghe o meno, che ha avuto con le sue colleghe.

Lui mi fissa nuovamente male, ma io sostengo il suo sguardo, non abbassandolo e sfidandolo a farlo primo. Nessuno dei due lo fa e rimaniamo a guardarci male, emozioni diverse ma al col tempo simili ad animare i nostri sguardi.

Ha un'espressione seccata stampata in faccia, quasi rancorosa e rammaricata.

- Ma cosa centrano ora i miei precedenti? Non è la stessa cosa - sibila laconico lui, irrigidendo l'espressione e la mascella fino a ridurla in una linea netta.

- Non è la stessa cosa? Che diavolo vuol dire che non è la stessa cosa? Spiegamelo!- quasi gli urlo contro infervorata, la rabbia che ormai si è impossessata di me.

Lui indurisce la  mascella contraendola prima di riservarmi un'occhiataccia.

- Perché tu non sei loro - parla con un tono basso e roco, quasi intimo che mi sorprende. – Con te è diverso -

Cosa che noterei meglio se la rabbia e la frustrazione non avessero la meglio su di me, togliendomi ogni briciolo di razionalità.

- Non è la stessa cosa?- sibilo arrabbiata e furente mentre il tono della mia voce sale di un'ottava e gli occhi si assottigliano contemporaneamente - Con te è diverso?! Hai finito i luoghi comuni?-

L'irritazione aumenta ancora, arrivando a livelli impensabili.

Mi annebbia quasi la vista talmente è intensa e potente.

- Ci manca che mi dici che lo fai per me e li abbiamo messi tutti.- chiudo le dita in un pugno serrato, percependo le unghie affondare nel mio palmo - Per una volta, una soltanto, cerca di essere sincero.- sibilo tagliente al suo indirizzo.

Lui non dice nulla, guardandomi semplicemente.

E' uno sguardo travagliato, espressione di una infinità di emozioni. E' anche ferito, lo so

- Cosa ho che non va?- torno alla carica, incapace di frenare il flusso di pensieri che si sono tramutati in parole - Cosa? È questione di età?- lo incalzo ancora.

- Anche - ammette quasi con uno sguardo colpevole - Hai dieci anni meno di me -

Questa improvvisa sottolineatura brucia prepotentemente, innervosendomi.

Brucia sulla pelle, nell'orgoglio, nel sentimento.

Mi sta dando della bambina? Lo sta facendo davvero? Mi domando mentre il cuore aumenta i suoi battiti sotto il peso del nervoso.

- Ora è questo il problema principale? E' questo che ti blocca?-

- Non mettermi in bocca cose che non ho mai detto.- mi guarda male, ammonendomi – Questo è uno dei tanti motivi , sono diversi -

- Se pensi che ci siano così tanti motivi per non stare insieme possiamo anche farla finita qui... - la voce si incrina leggermente, ma, imperterrita, continuo a parlare passando sopra il magone - Possiamo finire tutto -

Lui allarga lievemente gli occhi, sbarrandoli.

- Perché è evidente che tu vuoi andare a parare lì- affermo, incapace di smettere di parlare -Vuoi che la finiamo qui? Bene finiamola qui-

Allargo esasperata le braccia, la rabbia che pulsa vigorosamente in ogni singola cellula del mio corpo.

Sono io il problema, mi sta praticamente dicendo questo solo con parole più pacate.

Mi sta addolcendo la pillola. E il mio corpo si tende al pensiero che la stoccata definitivo e dolorosa sta per arrivare.

Mi irrigidisco, pervasa da un nervoso lancinante e opprimente che mi stringe lo stomaco.

- E onestamente non capisco la pagliacciata di venire in ospedale se pensi questo - mormoro percependo un lieve nodo stringermi la gola.

E' il magone che sopraggiunge e, subdolo, mi travolge senza lasciarmi scampo.

Cerco di scacciarlo, ignorandolo.

Mi ha solo illuso? Mi domando sconfortata, vedendo tutto come una falsa illusione.

- Se era questo il tuo scopo potevi anche risparmiartelo -

- Ma quale scopo?- ribatte subito lui, esasperato da un qualcosa che non sembra capire

- Di farla finita Ian - soffio aspra, calcando ancora una volta sul suo nome.

So benissimo che gli da fastidio, ma mi viene spontaneo mettere un po' di distanza tra me e lui.

Ora più che mai.

O forse lo faccio semplicemente per infastidirlo.

- Discorso chiuso - affermo decisa, ingoiando di forza il magone.

Non me lo sogno neanche di piangere davanti a lui.

- Puoi anche andartene - affermo brusca, la voce che contrasta con la mia espressione e vacilla.

- Cosa? - ribatte lui compiendo un passo verso di me e avanzando.

- Vattene.- ribatto percependo il magone tornare a galla, occludendomi la gola.

Non voglio piangere, mi dico mentre l'ansia mi inizia a pervadere. Non lo voglio qui.

Lui non vuole me.

E questa dolorosa verità affonda spietata dentro di me, trafiggendomi.

Una sensazione simile al panico mi travolge, offuscandomi la mente e intorpidendomi.

Ian si avvicina ancora a me, così tanto da permettermi di sentire il calore del suo corpo.

Alzo lo sguardo su di lui, fissandolo sconfortata mentre lui appare incomprensibilmente calmo.

E questa vicinanza, non voluta, non fa altro che aumentare il mio magone, la mia tristezza abbattendomi incredibilmente.

Perchè non se ne va e basta visto che non mi vuole?

Non mi vuole, mi dico ancora, ripetendolo nella mia mente, provocandomi un'ondata di dolorosa malinconia.

- Lasciami parlare - afferma deciso, riservandomi uno sguardo sicuro che non mi lascia scampo.

Non dico nulla rimanendo in silenzio mentre lo fisso torvamente.

Anche volendo non saprei cosa dire. Molto probabilmente non uscirebbe neanche nulla dalle mie labbra.

 - Non interrompermi... non è una cosa facile da dire - continua suonando angosciato e logorato quasi.

- Non voglio starti a sentire- ribatto io scuotendo il capo, percependo le lacrime premere ai lati degli occhi - Basta già quello che hai detto.

Mi sento incredibilmente fragile, spaccata in due quasi.

Lui stringe le labbra, guardandomi in modo quasi apprensivo e alzando le mani, come a sedare una mia eventuale fuga.

- Nina... lasciami parlare - afferma sicuro, il tono della voce che assume un'inclinazione più morbida e ammaliante.

E io non dico nulla, rimanendo in silenzio mentre lo fisso torvamente.

Non me ne importa nulla di quello che ha da dirmi, mi dico sicura, ma vale la pena ascoltarlo.

 - Non so da dove incominciare... non è una cosa facile da dire - continua suonando angosciato e logorato quasi.

Un improvvisa angoscia assale anche me, stringendomi lo stomaco in una morsa dolorosa e pressante.

Si passa la mano sulla nuca, sospirando inquieto prima di riprendere a parlare.

- Io... ci ho pensato- afferma - ci ho riflettuto e sono giunto alla conclusione...-

Si ferma ancora, facendomi trattenere bruscamente il respiro.

- Non andiamo bene- mi guarda dritto negli occhi mentre l'espressione dispiaciuta aumenta sul suo volto, solcandolo.

Il mio cuore quasi si ferma, perdendo un battito mentre le mani diventano velocemente fredde e contemporaneamente un'ondata di calore mi investe.

Un contrasto devastante, dilaniante.

Gli occhi si velano involontariamente di lacrime e io non riesco a fare nulla, se non ricacciarle forzatamente indietro.

Il mal di testa, da lieve qual era, torna a pulsare più forte, intenso, infastidendomi ulteriormente.

Non andiamo bene.

Le sue parole mi rimbombano in testa, echeggiando dolorosamente.

Per lui non andiamo bene, ripeto ancora come se dovessi prenderne coscienza del tutto.

La morsa lancinante allo stomaco aumenta maggiormente, diventando quasi insostenibile.

Vorrei parlare, dirgli di andarsene e non farsi vedere mai più, ma non ci riesco.

Non esce alcun suono dalle mie labbra appena dischiuse se non un respiro ansate, piena espressione del dolore che mi sconvolge.

Le parole sono tutte bloccate in gola, ostruite e ostacolate dal magone.

Non piango, non gli urlo contro di andarsene, non parlo. Niente di niente.

Non faccio nulla di tutto ciò, non ci riesco. Così rimango ferma, solo questo.

A malapena riesco a respirare.

Ian continua a guardarmi per qualche lungo secondo, cercando di intercettare con gli occhi il mio sguardo per capire, probabilmente, come sto.

Cosa che gli nego.

Se possibile sembra quasi più angosciato di me, noto distrattamente con un pensiero vago e confuso. Mi sento, infatti, terribilmente in preda alle emozioni, totalmente in loro balia.

Vuole mollarti, per questo è angosciato.

E' una vocina subdola e sibilante a suggermi queste parole nella mia testa, echeggiando nella voragine che le sue parole hanno appena creato e sottolineando una realtà che so essere verità.

Questo pensiero continua ad assillarmi mentre i miei occhi continuano a rimanere lontano dai suoi

Sta per mollarmi

Riprende allora a parlare l'attimo dopo, sovrapponendosi ai miei pensieri.

- Ci sono molte cose che non vanno bene... il lavoro...la gente che sparla...la tua età- si passa una mano sulla nuca, puntando nuovamente lo sguardo su di me e cercando il mio.

La lama affonda sempre di più nella mia ferita, spinta dalle sue parole, e il respiro si blocca in gola ancora una volta, graffiandola per uscire.

- Noi non andiamo bene.- affonda l'ennesima stoccata, guardandomi rammaricato.

Mi irrigidisco, aspettandomi da un momento o l'altro la battuta definitiva. Lo so che deve arrivare.

E onestamente non capisco perché deve girarci così intorno.

Senza quasi accorgermene alzo allora gli occhi su di lui, trovando i suoi già puntati sui miei. Mi guarda dispiaciuto, provato e la smorfia nervosa che gli tende le labbra mi fa intuire l'angoscia che deve pervaderlo.

Lo guardo confusa ed esausta, spossata da tutte le emozioni che mi stanno assalendo.

Rabbia. Dolore. Tristezza. Malinconia. Frustrazione. Rammarico.

Sono troppe per essere catalogate e, soprattutto, distinte dal momento che si fondono, intersecandosi,

Si lascia poi andare all'ennesimo respiro angosciato mentre una sua mano si posa sul mio braccio.

Un'altra ondata di ansia mi pervade spietatamente, aumentando la morsa che mi stringe lo stomaco e facendomi desiderare terribilmente di essere dall'altra parte del mondo.

- Dillo e basta - affermo in risposta io con la voce leggermente rotta, incrinata da un pianto imminente a cui non voglio dare sfogo.

Non davanti a lui, non ora.

E mi ritrovo quasi ad implorare me stessa di non scoppiare a piangere proprio ora, apparendo ancora più fragile di come mi vede lui. E forse di come sono realmente in questo momento.

Perché Ian mi vede indifesa, troppo gracile per non cavarsela da sola e passare sopra i problemi o la gente che sparla.

Beh non è così! E non so se è più doloroso il pensiero che vuole lasciarmi o il fatto che mi vede in un modo che non mi appartiene, non in questo campo.

Sono abbastanza forte sa sopportarlo.

Scaccio poi il suo braccio con un movimento secco, brusco e quasi rabbioso.

Non voglio essere toccata, confortata dalla persona che mi sta per lasciare.

Non voglio sentire il suo tocco e ripensare a tutte le volte in cui è stato dolce o passionale, sarebbe solo peggio.

Una tortura straziante.

Ian serra le labbra, quasi ferito dal mio gesto.

Prende poi un respiro profondo, allontanando per un attimo i suoi occhi dai miei mentre si porta la mano alla nuca, passandoci le dita.

Ecco, sta per arrivare.

Se possibile il mio corpo si irrigidisce ancora di più, tutti i nervi si contraggono.

E nel momento esatto in cui lui riprende a parlare io trattengo bruscamente il respiro, bloccandolo nei polmoni fino a quasi farli bruciare.

- Non respiro senza di te -

Sbarro gli occhi sorpresa, colta quasi impreparata.

Non mi aspettavo queste parole decisamente per essere mollata.

Cosa vuol dire?

Punto gli occhi nei suoi, in uno sguardo volto a scoprire e capire.

E la sua figura mi appare per qualche secondo sfocata dal velo di lacrime che vela i miei occhi, intrappolato tra le ciglia.

Li sbatto, cercando di scacciare insieme agli occhi lucidi anche il magone e l'ansia che mi avvolgo spietati.

- Ho provato a non pensarti, ad allontanarti, ma qualcosa mi spinge sempre verso di te. -

Sempre più confusa scuoto leggermente il capo, continuando a non capire il senso del suo discorso.

E forse non credendogli molto.

Mi aspetto ancora il colpo mortale da un momento all'altro, lo sento quasi dietro l'angolo.

Infondo sembra la spiegazione più logica a tutto ciò che mi ha detto e fatto, a come si è comportato con me.

Ma Ian interrompe nuovamente il flusso dei miei pensieri.

- Non mi piace dipendere dalle persone - sospira l'attimo dopo, cambiando ancora discorso e  continuando a tenere i suoi occhi incatenati ai miei. E la mia confusione aumenta ancora di pari passo con l'angoscia di sapere cosa mi deve dire.

 - Non mi piace aver bisogno di loro...non saper stare senza qualcuno- deglutisce visibilmente contratto, come se fosse una cosa terribilmente difficile da dire - Le persone prima o dopo se ne vanno e non mi piace sentirne la mancanza -

Schiudo le labbra, ritrovando la voce non so dove dentro di me e pronta a chiedergli cosa vuol dire tutto questo discorso sconclusionato, ma lui mi interrompe ancora

- E' vero -. continua a parlare con un tono di voce basso e quasi intimo - Ci sono tanti motivi per cui non andiamo bene. Siamo diversi e non dovremmo stare insieme, ma ...-

Si ferma all'improvviso facendo fermare anche il mio cuore insieme alle sue parole. Trattengo bruscamente il respiro mentre continuiamo a fissarci.

Ma?

- Ma ce ne è uno solo che li batte tutti - afferma deciso con uno sguardo intenso, gli occhi azzurri incatenati saldamente ai miei.

 - Io non respiro senza di te. -

La sua mano calda, rassicurante come solo lui sa essere, si posa sulla mia guancia in una lieve carezza nel momento stesso in cui le parole abbandonano le sue labbra, perdendosi nell'aria.

La sfiora lentamente con il pollice mentre i nostri sguardi si legano in un gioco caldo e inteso.

Inclina leggermente il viso verso destra, verso di me, non smettendo di fissarmi.

Si umetta poi le labbra e il mio sguardo cade proprio lì per una frazione infinitesimale di secondo.

Il desiderio di riassaporarle mi pervade sinuoso, tornando presente dentro di me come solo una voglia sa essere.

Tende le labbra in un sorriso lieve, caldo, che mi travolge, sconvolgendomi.

E l'emozione pulsa forte, scorre nelle vene e mi scalda, avvolgendomi nella sua spirale emotiva.

- Sei come l'ossigeno..quando tu non ci sei io non respiro-

E tutto esplode.

Un'infinità di sensazioni mi pervadono, cozzando le une contro le altre e mischiandosi fra di loro.

Le farfalle nello stomaco tornano a farsi sentire, svolazzando prima timidamente e poi più intensamente.

Il mio respiro accelera in concomitanza con il mio battito, che diventa furioso e aritmico. Pulsa velocemente il sangue nelle vene, arrossandomi le guance e conferendo colore al mio viso prima pallido.

E senza quasi accorgermene mi ritrovo a chiudere gli occhi, la sconvolgente sensazione di perdere l'equilibrio che mi invade.

Mi sento stordita da tutte le sensazioni che mi abitano, che mi fanno quasi traballare e vacillare sotto il loro possente peso.

Riapro gli occhi dopo una manciata di secondi, puntandoli su di lui, esattamente nei suoi.

Lo scopro in attesa di una mia risposta e scoprendolo come in attesa.

E le parole escono in automatico dalle mie labbra senza che io possa controllarle, in un flusso diretto tra pensiero e bocca.

- Sei uno stronzo- mormoro, il tono dolce che tradisce il significato della mia frase.

Ian mi guarda sbalordito, quasi sgomento allargando gli occhi azzurri.

Non si aspettava decisamente una risposta simile.

- Scusa?- inarca  un sopracciglio corvino, invitandomi a ripetere e parlare.

Deglutisco, mentre il magone inizia lentamente a dissolversi e scomparire con la stessa velocità con cui è arrivato.

- Sei uno stronzo- ripeto guardandolo un po' torvamente, un po' divertita.

Lui schiude le labbra sempre più incredulo, shoccato quasi.

Lo continuo a fissare, capendo che la voglia che ho di riassaporare le sue labbra è troppo forte per essere ignorata e non assecondata.

E cedo.

L'attimo dopo lo afferro per la camicia, tirandolo contro di me e facendo scontrare le sue labbra con le mie. Finalmente.

Stringendo il tessuto fra le dita lo bacio e lui, dopo un attimo di esitante sorpresa, risponde prontamente al bacio.

Ci baciamo a lungo, voracemente, per interminabili secondi perdendoci solo nell'altro.

Niente parole, niente gesti o comportamenti.

Solo questo.

In debito di ossigeno ci stacchiamo, quasi ansimanti a causa dall'intensità del bacio e delle emozioni.

- Mi hai fatto spaventare da morire - sussurro contro le sue labbra, riassaporandole l'attimo dopo.

Ian sorride contro le mie labbra, coinvolgendomi in  un bacio leggero.

Ci guardiamo  poi per un lungo attimo negli occhi, lasciando che i nostri sguardi si incrocino e si incatenino in un gioco ineluttabile e denso di emozioni e pensieri.

I nostri respiri si mischiano, infrangendosi sulle labbra socchiuse dell'altro mentre continuiamo a fissarci intensamente.

E poi accade.

La sua bocca incombe vorace e vogliosa sulla mia, trovandola già dischiusa e permettendo al bacio di essere fin dal principio intenso e passionale. Un piccolo sospiro si infrange contro il suo labbro inferiore

Con la mano artiglio la sua maglia, trascinandolo più vicino e costringendolo ad inclinarsi più contro di me.

I nostri corpi si sfiorano, strusciando lievemente l'uno contro l'altro

La sua lingua si scontra contro la mia, sfiorandola e massaggiandola in modo lento e languido, nel momento esatto in cui il suo desiderio inizia a premere languido contro il mio ventre.

Quasi fremo a questo contatto, rispondendo al bacio con la stessa voglia e intensità.

La scintilla scatta, l'aria diventa improvvisamente satura di desiderio e la chimica torna a farsi sentire in modo prepotente. Toglie quasi il respiro.

La sua mano preme prepotentemente contro la mia schiena, spingendomi contro di lui smanioso di una vicinanza maggiore.

Istintivamente, mi inarco aumentando la pressione e l'attrito tra i nostri corpi e la prima lunga e languida scarica di desiderio si fa sentire, risvegliandomi i sensi.

Mi travolge, sconvolgendomi e provocandomi una serie di brividi sulla pelle nel momento esatto in cui la sua mano calda mi sfiora la pelle.

Ci allontaniamo quel tanto che basta per riprendere fiato, tornando a baciarci a lungo l'attimo dopo.

E mi accorgo che la sensazione calda che pulsa e vibra dentro di me mi è mancata terribilmente.

Mi è mancato baciarlo, toccarlo. Mi è mancato semplicemente lui.

In una frazione di secondo finiamo sul letto, le nostre bocche che si cercano bramose e le mani che toccano tutte le porzioni di pelle scoperta disponibile con una voracità tremendamente eccitante.

Le mia gambe scivolano intorno ai suoi fianchi in un gesto istintivo e spontaneo, permettendomi di sedermi a cavalcioni su di lui.

I nostri bacini, a contatto, si sfiorano in una lenta e languida frizione che mi fa sospirare eccitata e fremente contro le sue labbra, appena dischiuse.

Mi provoca un'intensa ondata di piacere, simile ad una scarica elettrica.

Il calore al basso ventre aumenta ancora mentre i miei slip diventano sempre più umidi.

La sua mano mi accarezza i fianchi in una carezza lenta e vogliosa mentre le sue labbra non mi lasciano scampo, sopprimendo i miei sospiri in baci voraci.

Con le dita artiglia poi il bordo della mia maglia, strattonandola e sfilandomela l'attimo. Cade a terra in un posto indistinto della stanza, ma la mia attenzione è tutta puntata su di lui.

Mentre il mio bacino continua a sfregarsi contro il suo in un dondolio languido e invitante, le nostre labbra si scontrano di nuovo.

E' un bacio smanioso e lussurioso che lascia trasparire tutto il desiderio che ci anima, che brucia sulla pelle e ci divora.

Gli succhio lentamente il labbro inferiore, percependo le sue mani artigliarsi di più ai miei fianchi e il suo bacino premere di più contro il mio.

Eccitata sospiro contro le sue labbra, socchiudendo leggermente gli occhi e reclinando il capo indietro.

Le sue labbra si posano poi sul mio collo, scoperto, baciandolo languidamente in un tocco voluttuoso.

Una frazione di secondo dopo è il turno della sua maglia di finire per terra, poco lontano dalla mia.

Gli accarezzo le spalle con le mani mentre la sua bocca scende ancora, arrivando al mio seno, ancora inguainato dal reggiseno bianco.

Le mie dita solleticano per qualche secondo la sua nuca, sfiorandola, per poi scendere nuovamente sulle spalle e, infine, lungo la sua schiena.

Vira poi sul suo fianco e, in seguito, sui pantaloni.

Sfioro l'evidente rigonfiamento dei suoi pantaloni, che lascia trapelare in modo mal celato il suo desiderio.

Una punta di orgoglio si fa sentire, pulsando, al pensiero che sono stata io provocarlo, a suscitargli quella voglia bruciante. A questo tocco Ian trattiene il respiro, rilasciando bruscamente in un gemito l'attimo dopo.

Il suo ansimare  sfiora e solletica la pelle delicata del mio seno, facendomi fremere e portandomi istintivamente ad aumentare le carezze.

Con un movimento veloce della mano sbottono i suoi pantaloni, aprendoli e infilandoci subito la mano dentro.

Lo accarezzo ancora in un tocco più intimo e deciso, che lo fa sospirare maggiormente.

Le mie labbra si posano sulla sua mandibola, lambendola lentamente mentre le mie dita continuano a sfiorarlo, massaggiando il suo desiderio.

La sua mano, invece, si posa sul mio sedere a palmo aperto, palpandolo languidamente,

Dopo una serie infinita di baci e carezze la mia mano si allontana solo il tempo necessario per afferrare il tessuto dei suoi pantaloni neri e abbassarli insieme ai boxer.

Con le labbra lambisco vogliosamente il collo, baciandolo a lungo mentre le mie dita si chiudono intorno al suo piacere.

Ian si lascia andare a un sospiro gutturale, ansimando e mordendosi le labbra.

- Sdraiati – gli sussurro all'orecchio mentre continuo a baciargli il collo e con la mano lo accarezzo nuovamente, aumentando poi il ritmo.

- Nina – ansima lui in un soffio che sembra quasi un'invocazione.

Allontano il viso dal suo collo quel tanto che basta per guardarlo negli occhi.

- Sdraiati – ripeto ancora in un sussurro deciso ed eccitato.

Premo poi la mano libera contro il suo petto, spingendolo sdraiato sul letto mentre percepisco il suo battito accelerato sotto la pelle calda.

I suoi occhi azzurri, scuriti ora dal desiderio che li illanguidisce, mi fissano eccitati mentre io mi abbasso su di lui e gli sfilo totalmente i pantaloni e i boxer.

Ci scambiamo ancora uno sguardo, facendo scontrare i nostri occhi, mentre la mia bocca si posa sul suo basso ventre.

Bacio lentamente quella porzione di pelle mentre le carezze intanto riprendono. Lo sento trattenere bruscamente il respiro, lasciandolo poi andare tra le labbra in un soffio eccitato.

Con la bocca scendo ancora poi, lasciando una scia umida e vogliosa di baci sulla sua pelle.

Bacio piano il suo inguine, sentendolo fremere sotto di me e, dopo, mi abbasso ancora, sostituendo la labbra alla mia mano.

I suoi sospiri si acutizzano allora, diventando veri e propri gemiti eccitati e rochi mentre il ritmo aumenta gradualmente.

L'aria si surriscalda, diventando rovente e bollente. Il desiderio, percepibile ad ogni tocco o sfioramento, pulsa nelle vene, stordendomi quasi.

Dopo un'infinità di carezze la mia bocca si allontana da lui, lasciando dietro di se solo una scia umida.

Ian mi riserva un'occhiata rovente di voglia, mordendosi le labbra e guardandomi bramoso.

Velocemente mi sfilo le culottes, risalendo sul letto con le ginocchia e mettendomi nuovamente seduta a cavalcioni su di lui.

Le sue mani si posano subito sulla mia schiena e sui miei fianchi mentre un desiderio profondo e divorante continua ad animargli lo sguardo.

Guardandolo negli occhi mi sollevo leggermente, permettendogli di scivolare dentro di me con una spinta lunga e decisa.

Entrambi ansiamo mentre mi inizio a muovere su di lui e le sue labbra si posano nuovamente sul mio collo.

Poggio la mano sulla sua nuca, affondando le dita tra i suoi capelli mentre i movimenti da languidi e lenti crescono di intensità, diventando più intensi.

Le emozioni crescono di pari passo con il piacere fisico, facendomi sentire incredibilmente completa.

Spinta dalla voglia insopprimibile di averne ancora di più aumento il ritmo, ansimando più forte.

All'improvviso e senza alcun preavviso la sua presa sui miei fianchi si rafforza, permettendogli di invertire le posizioni.

Mettendomi con le spalle contro il materasso premo il suo corpo contro il mio, spingendo ancora dentro di me.

Affonda ancora più intensamente dentro di me mentre le sue labbra si posano sul mio seno, lambendolo con la bocca.

Le mie mani si posano sulla sua schiena mentre con il bacino assecondo le sue spinte sempre più vigorose e veloci. Le mie unghie affondano leggermente nella sua pelle, graffiandola lievemente.

Butto poi la testa indietro mentre la spinta definitiva e intensa arriva, provocandomi un'ondata di piacere così intensa da stordirmi.

I nostri respiri si fondono mentre lui mi ansima sulle labbra, esattamente come noi.

E il piacere assoluto arriva, sconvolgendomi. I miei muscoli si tendono spasmodicamente  per una frazione di secondo rilassandosi l'attimo dopo sotto la spinta imponente dell'orgasmo.

Ansimo forte, gemendo e la girandola di colori del piacere totale e dell'appagamento dei sensi si apre davanti a me.

Dopo qualche secondo e un paio di spinte Ian si lascia cadere su di me, schiacciandomi dolcemente sotto il suo peso.

Ancora ansimante poggio una mano sulla sua nuca accarezzandola lentamente con la punta delle dita mentre lui affonda il viso nel mio collo, baciandolo teneramente.

I suoi capelli mi solleticano piacevolmente i polpastrelli portandomi a sospirare mentre il piacere mi appesantisce il corpo e il respiro torna gradualmente normale.

Socchiudo gli occhi, godendomi il momento e abbandonandomi alla dolce tranquillità che c'è.

La mente totalmente vuota e il corpo appagato e rilassato.

Il suo respiro si infrange dolcemente contro il mio collo, solleticandomi leggermente la pelle e portandomi a sorridere spensierata.

Ian si alza lievemente l'attimo dopo solo il necessario per guardarmi in volto, sovrastandomi-.

Riapro allora gli occhi, percependo i suoi scrutarmi attenti.

Si esibisce nel suo tipico mezzo sorriso malizioso, venato questa volta da una languida punta di dolcezza che mi porta a sorridergli di rimando.

Inclina poi il viso, abbassandolo su di me e facendomi intuire che sta per baciarmi.

Si ferma invece a pochi centimetri dalle mie labbra, facendomi fremere in attesa di quel contatto.

- Mi sei mancata - sussurra contro le mie labbra, un soffio leggero che le solletica lievemente.

La voce dolce e sincera che mi riscalda nel profondo.

Il mio cuore perde deliziosamente un battito, riprendendo a pulsare velocemente l'attimo dopo.

Con le guance rosse di desiderio passo le braccia intorno al suo collo, stringendo e continuando a sorrider.

Intrappola dolcemente le mie labbra fra le sue, succhiandole delicatamente.

 

Il desiderio di riassaporarle mi pervade l'attimo dopo che ci stacchiamo, in debito di ossigeno.

Faccio scontrare i miei occhi con i suoi, trovandoli chiari e sinceri puntati su di me. Una punta di desiderio vorace e non ancora sopito si fa sentire, mischiandosi al sollievo e ad una inaspettata allegria.

Gli sorrido nuovamente, sentendomi spensierata dopo una serie lunghissima di giorni cupi.

E torno a respirare finalmente.

- Anche tu -

 

 

 

 

 

 

**************************

 

 

 

 

 

 

 

 

Mi muovo, sfregando lentamente le gambe contro il lenzuolo. Un respiro profondo, lento e incredibilmente tranquillo, accompagna il momento esatto in cui riapro gli occhi.

Li socchiudo l'attimo dopo, incontrando una figura slanciata coperta unicamente dal lenzuolo e da nient'altro.

Deliziosamente nudo, sorrido leggermente compiaciuta.

Emetto un sospiro fievole, ancora avvolta dal torpore del piacere e del sonno in cui ero sprofondata fino a qualche secondo fa.

Con ancora le labbra distese in un sorriso leggero e goduto allungo la mano alla mia destra, verso di lui.

La appoggio sopra il piumone, tastandone la forma appena visibile. Con un gesto silenzioso e sinuoso, appena birichino, la infilo poi sotto le coperte, facendola finire nascostamente a contatto con la sua schiena.

I miei polpastrelli si posano sulla pelle calda e invitante della sua schiena, sfiorandola leggermente.

- Ti vuoi per caso approfittare di me?- la sua voce, arrochita e bassa, si scontra contro il cuscino, interrompendo e arrestando la mia discesa, facendomi quasi sobbalzare.

Apro di più gli occhi, guardandolo attentamente mentre la mia mano si ferma del tutto.

Due occhi incredibilmente azzurri sono puntati dritti su di me, ancora scuriti lievemente dal desiderio che ci ha travolti.

Mi apro in un'espressione innocente, mordendomi poi le labbra in modo colpevole e malizioso.

- Non sto facendo nulla- mormoro disinvolta, nel modo più candido che mi riesce.

Ian piega le labbra in un mezzo sorriso furbo, tirando fuori un braccio dalle coperte e portandolo sotto il cuscino. Il tutto senza distogliere mai gli occhi da me.

La stanza è ancora avvolta da una dolce penombra, serale, che la scurisce leggermente.

- Perché in tal caso basta chiedere - soffia malizioso, riservandomi un'occhiata languida e lenta che mi sfiora il corpo.

I miei denti affondano ancora di più nel mio labbro inferiore, mentre le mie guance si scaldano arrossandosi.

Un'ondata di desiderio e calore mi pervade, insidiandosi nel mio basso ventre con una morsa leggera che invita ad essere sopita.

Sfrego ancora le gambe tra di loro, serrandole  e premendo le cosce le une contro le altre per sopirlo.

Lui si gira poi su un fianco, continuando a non staccare i suoi occhi dai miei.

- A si?- sto al suo gioco, la mano che riprende il suo cammino e scivola ancora più in basso.

- Dovremmo litigare più spesso se poi il risultato è questo - sussurra con voce bassa, attirandomi contro di lui con un gesto fulmineo del braccio.

E in un secondo mi ritrovo addosso a lui.

Lo avvolge intorno ai miei fianchi, premendomi contro di se e contro, soprattutto, l'espressione materiale e pulsante del suo desiderio, che inizia a premere contro il mio basso ventre.

Mi bacia poi l'angolo della bocca, facendomi fremere e istintivamente inarcare.

La mia mano scivola istintivamente ancora più giù, finendo sul suo sedere.

Lo accarezzo lentamente con il palmo, sfiorandolo.

Le sue labbra finiscono allora sul mio collo, che bacia a lungo in un modo che sa di desiderio e dolcezza.

E' lento, languido quasi, ma venato da una punta di tenerezza dettata dal volermi vicino.

- Mi è mancato - mormoro leggermente intorpidita dalla sinuosa voglia che si insidia sempre di più dentro di me.

Ian ridacchia contro il mio collo, solleticandolo con il suo respiro spezzato dalle risate.

Rido anche io, facendo assumere all'atmosfera un'aria spensierata e svagata.

Cosa che mi era tremendamente mancata.

Mi era mancato lui, semplicemente.

Ai baci languidi si sostituiscono dei baci leggeri e teneri e posso ancora percepire il suo sorriso contro la mia pelle.

Si allontana poi leggermente l'attimo dopo, appoggiando il viso contro il cuscino e anche io faccio lo stesso.

Con i visi vicini, che quasi si sfiorano, e i respiri che si intrecciano e si mischiano.

Ed è uno sguardo che vuol dire molto, che significa che ad entrambi è mancato tutto questo.

Vuol dire che non sono la sola a provare determinate cose e a volerne altre. A volere di più.

La mia determinata cocciutaggine e una risposta che ancora manca come l'ultimo tassello del puzzle mi spinge a parlare, interrompendo il momento.

- Che cosa siamo?- sussurro con voce sottile e fievole, appena udibile.

Una punta di paura mi travolge poi, facendomi temere per una frazione di secondo una reazione negativa o, peggio, un suo nuovo allontanamento.

Non voglio accada, non dopo tutto quello che mi ha detto e il nostro riavvicinamento.

Allungo allora la mano sfiorando lentamente il suo braccio.

Con le dita risalgo poi verso la sua spalla, sfiorandola dolcemente con i polpastrelli.

gli chiedo girandomi a pancia in su, senza interrompere il nostro giochi di sguardi.

Lui mi rivolge uno sguardo criptico facendomi per un attimo temere il peggio. Trattengo allora il respiro.

- Sul serio?- ride lui, sorprendendomi e facendomi tirare un sospiro di sollievo.

Deglutisco, percependo la paura allentarsi e dileguarsi quasi con la stessa velocità con cui è arrivata.

Quasi come a rassicurarmi mi stringe di più a se, prendendo ad accarezzarmi lentamente il fianco compiendo dei piccoli cerchi con le dita.

Stendo le labbra in un sorriso leggermente tremolante, trovando convinzione e determinazione.

- Il mio avatar si è suicidato a questa domanda - afferma con un ironico tono drammatico, cercando di conferire spessore a ciò che sta dicendo.

- Hai un avatar?- inarco scettica un sopracciglio, guardandolo interdetta.

Lui ride divertito.

- Ovvio!- ribatte con enfasi, facendomi ridacchiare.

Torno seria l'attimo seguente, quella domanda che mi pressa e mi logora.

Ho bisogno di una spiegazione.

- Lo sai vero che quello che mi hai detto prima non basta?- mormoro guardandolo e sperando di non incrinare il momento.- O almeno non totalmente.- soffio

Lui sospira consapevole, l'ansia e il nervoso di prima apparentemente lontani anni luce.

- Lo so - afferma semplicemente, le sue dita che continuano a solleticarmi la pelle in un modo rassicurante, dolce.

- Cosa siamo?- gli chiedo nuovamente, rendendomi conto di aver bisogno di quella risposta come l'aria.

Ian sospira ancora, l'espressione pensierosa stampata in faccia.

- Ho così tante domande - sospiro quasi angosciata, portandolo a rialzare lo sguardo su di me.

Con un gesto dolce, che tradisce una mal celata emozione, mi sposta un ciuffo di capelli scuri dal viso, portandolo dietro l'orecchio.

Lo guardo, chiedendogli un silenzioso consenso ad esprimerle.

- Dimmele.- mormora unicamente, continuando ad accarezzarmi piano la guancia.

Al desiderio velato e alla dolcezza si sostituisce così la consapevolezza che il momento delle risposte è arrivato, finalmente.

- Cosa siamo? Ho...- mi fermo cercando di trovare le parole giuste e, soprattutto, di non farlo metaforicamente scappare.

Non voglio che rialzi nuovamente un muro tra di noi.

- Ho bisogno di sapere cosa sono per te - ammetto riprendendo a parlare - Di sentirmelo dire - sussurro.

Lui per un attimo esita.

- Siamo...- afferma - Siamo noi -

Mi guarda sorridendo leggermente, come se queste parole esprimessero tutto quello che siamo per lui alla perfezione.

Gli sorrido anche io, spensierata e sollevata mentre il mio cuore inizia a scalpitare nel mio petto.

E la consapevolezza che anche per lui esiste un noi mi scalda, mi conforta.

All'improvviso questa domanda, che mi ha perseguitato così tanto, perde di importanza, passando in secondo piano.

La languida e bollente sensazione che mi ha scatenato la allontana, facendola quasi scomparire.

Perché, alla fine, è tutto ciò di cui avevo bisogno. Di lui, di sapere che siamo qualcosa.

Mi abbasso sul suo viso facendo scontrare  le nostre labbra in un bacio dolce e leggero.

Sospiro poi, rilassandomi contro di lui.

- Hai altre domande? - mi chiede dopo qualche secondo, guardandomi interessato.

Inclino timidamente il capo, guardandolo di sottecchi.

In effetti ce ne sarebbe ancora una, più spinosa e subdola delle altre.

Fastidiosa, mi assilla, premendo contro le mie labbra per essere  liberata. Torturo le labbra con i denti, scoprendomi nuovamente nervosa. Questa volta non per la domanda in se, ma a causa della risposta.

- C'è ....stato qualcuno in questi giorni?- mormoro confusamente, leggermente nervosa mentre il pungolo della gelosia mi pizzica e mi rende irrequieta - Sei stato con qualcuna?- mi spiego meglio mentre il fastidio aumenta a questo pensiero.

Quasi apprensivamente lo guardo, in attesa che mi risponda.

- E' questa la domanda?- mi prende dolcemente in giro, ridacchiando.

La mia occhiataccia ammonitrice acutizza la sua risata, che si placa però l'attimo seguente.

- No - afferma deciso e dal suo sguardo capisco che è sincero. - Non sono stato con nessuna -

Sospiro realmente sollevata, annuendo lentamente e non preoccupando di apparire rincuorata.

Non sarei decisamente riuscita a sopportarlo, gelosa come sono mi avrebbe perseguitato fino a logorarmi.

Deglutisco, sentendomi più leggera ora.

- E tu?- mi chiede all'improvviso lui, sorprendendomi e facendomi  allargare stupita gli occhi.

- Io cosa?-

- Sei stata con qualcuno?- afferma, il tono serio che mi avvisa che non sta scherzando.

- No!- ribatto subito io con enfasi, negando decisa.

- Mmm ho visto come ti ronzava intorno l'assistente di Kevin - bofonchia lui, l'espressione leggermente torva e le labbra imbronciate.

- Non è successo assolutamente nulla - io.

Una punta di soddisfazione puramente dettata dal mio orgoglio femminile mi avvolge nel constatare che anche lui è geloso di me.

Mi sporgo poi verso di lui, facendo scontrare le nostre labbra in un bacio dolce e leggero.

Dopo gli sorrido, accarezzandogli la nuca mentre continuiamo a guardarci.

Il suo sguardo cade improvvisamente  sulle mie labbra, fissandole.

Istintivamente mi mordo il labbro inferiore in risposta. Percepisco allora il suo sguardo scaldarsi, diventando rovente e languido di voglia.

Nel tempo di un respiro allontana con un movimento secco del polso le coperte che ricoprono il mio corpo, sostituendosi ad esse.

Preme contro di me poi, intrappolandomi sotto di lui e sorridendomi in modo malizioso e furbo.

Gli occhi, nuovamente scuriti dal desiderio, gli conferiscono quasi un'aria peccaminosa.

Avvolgo le gambe intorno ai sui fianchi in un gesto naturale, aumentando il nostro contatto e rendendolo più diretto.

- Basta parlare ora - sussurra con voce bassa e roca, appoggiando le labbra sul mio collo e baciandolo lentamente.

Sospiro, socchiudendo la bocca mentre mi inarco contro di lui.

Faccio per rispondergli, ma Ian zittisce la mia risposta ancora prima che io la dica.

- Voglio stare con te- soffia contro la mi pelle, lambendola nuovamente.

Mordo languidamente le sue labbra, rispondendo voracemente al bacio e facendo scontrare le nostre lingue.

- Voglio te -

E proprio mentre le sue labbra scendono ancora più giù, sul mio seno, mi accorgo che sono tornata a respirare.

Niente angosce, niente rabbia o paura.

Solo Ian e Nina.

Tutto il resto chiuso fuori dalla porta.

Solo io e lui.

Niente chiacchiere o giudizi.

Solo noi.

Solo i nostri respiri a riempire la stanza.

E posso finalmente respirare a pieni polmoni.

 

 

 

 

 

 

 

 

Note:

Salve! Il mondo non è finito come invece avevano predetto i Maya e spero di non averla provocata io con questo capitolo!

1.      Questo capitolo, come avete notato, è a raiting rosso dal momento che sono presenti delle scene di sesso abbastanza dettagliate. La scelta di non scriverlo all'inizio è stata dettata dal fatto che non volevo rovinarvi la sorpresa, poichè sarebbe stato facilmente intuibile a cosa era riferito. Spero di non aver turbato nessuno e in tal caso mi scuso, ma ho fatto prevalere una ragione "narrativa".

2.      Passiamo ora al capitolo in sé. E' diviso solo in due parti invece che nelle solite tre. La più importante e lunga è la prima, dove finalmente avviene il tanto atteso confronto. In parte avevamo capito le ragioni di Ian nel capitolo precedente, ma, solo ora, sono più chiare e definite. Il chiarimento più grosso è avvenuto in questo capitolo, alcune cose saranno definite e spiegate ancora meglio in seguito. Spero di essere stata chiara.

3.      Ho scritto  questo capitolo in pochi giorni, spero che non ci siano errori e che tutto risulti chiaro. Il prossimo aggiornamento non so di preciso quando arriverà, ma spero di non metterci troppo.

Grazie a chi mi segue e ogni volta mi fa sapere il suo parere tramite le recensioni. Un grazie particolare al mio Someditore, che mi sopporta sempre e che è fonte di ispirazione.

 

Vi auguro buon Natale e un Felice anno Nuovo!

A presto!

 

Live in Love

 

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Capitolo 15
*** Cold Coffee ***


CAPITOLO 16

COLD COFFEE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

-Ecco a voi il vostro tavolo -

 Con un gesto fluido del braccio, accompagnato da un ampio quanto plastico sorriso, il cameriere non troppo giovane davanti a noi ci indica il nostro tavolo, allungando la mano l'attimo seguente per togliere il cartellino della prenotazione.
 Ricambio il sorriso di cortesia e affabile gentilezza, guardandomi il secondo dopo intorno incuriosita ciò che mi circonda. Con un'occhiata veloce e ingorda di indizi percorro tutta la stanza, inclinando silenziosamente il viso per riuscirci meglio.
E' un bel ristorante, decreto infine allegramente dopo un veloce esame a prima vista. Rimane leggermente fuori dal centro di Atlanta, immerso nel verde e avvolto da una bolla di tranquillità quasi surreale e lontana dalla caotica confusione del locali più in della città. Cosa decisamente fantastica, penso mentre il mio sguardo continua a vagare analizzando i particolari più caratteristici che lo rendono così unico.
Le luci non troppo soffuse e i colori caldi delle pareti conferiscono un'atmosfera intima e dolce all'ambiente senza scadere, però, nella banalità di un romanticismo melenso e preconfezionato. Anzi appare fresco e frizzante.
Un luogo perfetto per un primo appuntamento insomma.
E a questo pensiero non posso fare a meno di ritrovarmi a sorridere come un ebete, elettrizzata.
Una densa sensazione di contentezza mi pervade, insinuandosi dentro di me e provocandomi una dolce sensazione di vertigini che non so frenare. O forse semplicemente non voglio.
Dopo giorni, settimane, interminabili è finalmente arrivato quelgiorno. Il nostro primo e vero appuntamento. Niente pranzi frettolosi sulle scale antincendio del set o bocconi mangiati al volo nel mio camerino tra un bacio e l'altro. Una vera cena, solo io e lui.
Le mie labbra si stendono maggiormente, l'aria di incontenibile allegria che si accentua e mi ravviva l'espressione e mi illumina lo sguardo. Forse la cena in sé non è nulla di importante o basilare per la nostra relazione... Come se improvvisamente venisse a mancare la luce il mio pensiero si blocca a metà, rimanendo in sospeso e concentrato sull'ultima parola pensata, che assume un'inclinazione compiaciuta man in mano che me la ripeto silenziosamente.
Relazione.
Ne assaporo il dolce retrogusto, abbeverandomi emotivamente assetata di tutte le emozioni confuse, ma positivissime che mi scaturisce questa riflessione. Con l'umore ancora più alto di un'ottava mi mordo le labbra, riprendendo il filo logico delle mie elucubrazioni sentimentali.
Un brivido leggero mi attraversa la schiena, assalendomi, non appena la mia mente si rifocalliza sull'evento di questa sera. Finalmente è arrivato questo giorno.
Un lieve e incomprensibile nervosismo mi stringe lo stomaco da questa mattina, infondendomi un leggero senso di ansia che neanche la doccia calda o il suo sorriso sono riusciti a scacciare veramente.
E' anche normale forse, mi dico rendendomi conto che è la tipica agitazione da primo incontro.
Emetto quasi un piccolo sospiro, soffiando impercettibilmente l'aria tra le labbra e cercando di allontanarlo del tutto con una scrollata del capo. O, almeno, di non pensarci troppo. Voglio godermi questa serata tranquilla e, soprattutto, godermi semplicemente lui.
E' questo il mio desiderio più profondo, intimo.
Come richiamata silenziosamente dalla presenza maschile al mio fianco riemergo dai miei pensieri, notando che Ian mi ha spostato la sedia e mi sta guardando in attesa.
Leggermente imbarazzata e al tempo stesso lusingata le mie guance avvampano, il sorriso svagato sulle mie labbra che subisce subito la morsa dei miei denti che le torturano appena per sopire la tensione.
-Come siamo galanti stasera – lo schernisco dolcemente, allegra e allettata dai suoi modi sensuali ed eleganti.
E' infatti inutile sottolineare di come sia affascinante e sexy vestito elegante e semplice al tempo stesso.
I miei ormoni si fanno sentire a questa riflessione, manifestando la loro presenza con un lieve solletico al mio basso ventre.
Cercando di calmare i miei bollenti spiriti mi siedo l'attimo seguente, prendendo posto. Ridacchio poi divertita dall'espressione leggermente torva che mi rivolge accompagnata da un'occhiata altera e sbarazzina. Mi trafigge con i suoi occhi azzurri, questa sera ancora più intensi e magnetici del solito, che mi fanno avvampare ulteriormente.
Inclino leggermente il viso per guardarlo meglio in volto, aprendomi in un sorriso smaliziato.
-Certo, però, mi aspettavo almeno le candele – soffio con una nota birichina che mi inclina la voce, rendendola involontariamente languida e maliziosa.
Ian mi lancia uno sguardo speculare, inclinando poi un angolo della bocca fino a piegarla in un ghigno malizioso.
-Quelle sono per il dopo cena – soffia continuando a guardarmi dall'alto, alludendo a quando torneremo in camera.
Il pensiero di noi nudi in un letto mi attraversa la mente come un fulmine a ciel sereno, facendomi avvampare a causa di un desiderio bollente che mi scuote.
Appoggia in seguito le mani sullo schienale in legno scuro della mia sedia, sporgendo il busto in avanti fino a quasi farlo scontrare con le mie spalle in un lento e voluttuoso strusciare che mi porta a irrigidire istintivamente la postura.
Trattenendo quasi il respiro e con i muscoli spasmodicamente testi rimango in attesa, anelando un contatto maggiore con il suo corpo o anche solo la tua pelle.
-E, comunque, io sono sempre galante – sussurra sensualmente al mio orecchio, la voce bassa arrochita da una punta di sensualità che la rende ancora più bollente.
 

Il suo respiro caldo si insinua fra i miei capelli sciolti sulle mie spalle fino ad arrivare a solleticare la pelle delicata e sensibile del mio collo, un soffio appena percepibile che mi provoca un lungo e intenso brivido lungo la schiena. Improvvisamente il mio corpo si vela si una impalpabile e quasi invisibile pelle d'oca, che lo ricopre come un guanto, segno tangibile dell'effetto che mi fa.

Ed è decisamente molto forte.
Come se avessi bisogno di un promemoria per rammentarmelo, mi dico interiormente in modo ironico e sarcastico. La morsa al basso ventre che si palesa ogni qualvolta mi sfiora e il mio intimo quasi perennemente umido a causa delle sue preoccupazioni me lo ricordano benissimo ogni giorno.
Spiazzata e presa in contropiede dal suo gesto deglutisco, la salivazione che sembra essere improvvisamente svanita simultaneamente alla comparsa della vampata di calore che mi ha avvolto velocemente.
Una imponente ondata di tensione sessuale, forse mai sopita davvero, inizia a vibrare tra di noi, rendendo l'aria elettrica e fremente di un contatto maggiore la nostra inaspettata vicinanza. Ci avvolge con la sua fiammata, lambendoci e tendendo istintivamente i nostri corpi.
Mi inumidisco istintivamente le labbra, passandoci sopra la punta della lingua quasi a richiamare il sapore della sua bocca. Cosa che mi scalda ancora di più, facendomi bruciare le guance.
Cercando di ricordarmi che sono in un luogo pubblico emetto un piccolo sospiro, tentando vanamente di non cedere alla tentazione sempre più pressante di scoprire il collo e godere dei suoi baci.
Quasi a volermi tentare maggiormente le sue dita mi sfiorano improvvisamente in una carezza lieve e appena percepibile, quasi inesistente che mi solletica la scapola sinistra.
Forse non la capterei nemmeno visto la quasi assenza di pressione sulla mia pelle se non fosse per i miei sensi troppo tesi e volti alla disperata ricerca di un contatto.
Ed è davvero difficile trattenere un fievole mugolio di piacere, che preme contro le mie labbra per uscire.
Adoro i suoi baci sul collo, mi ricorda quasi simultaneamente un pensiero dispettoso che emerge tra gli altri portandomi ad affondare ancora di più nelle spire di una desiderosa voglia che proprio non riesco a scacciare.
Con la postura irrigidita da un desiderio velato, ma incredibilmente tangibile prendo un respiro profondo, proprio nello stesso momento in cui lui si allontana.
In una frazione di secondo il calore del suo corpo mi abbandona, provocandomi un brivido di tutt'altra natura questa volta e che mi lascia un po' l'amaro in bocca. Infatti, una piccola punta di delusione rende amara la morsa languida che mi punge in modo accattivante il basso ventre, lasciandola desolatamente insoddisfatta.
Con un'ampia falcata prende posto anche lui, esattamente davanti a me mentre l'aria tentatrice e sexy non scompare dal suo viso. Anzi se possibile si rafforza, aumentando e rendendo il suo provocarmi terribilmente simile al flirtare.
Mi rivolge subito dopo un sorriso malizioso, seducente e quasi vittorioso mentre inclina leggermente il viso.
E solo ora comprendo che mi ha provocato di proposito in risposta alla mia battuta, come a voler marcare il fatto che è pienamente consapevole dell'effetto che mi fa.
L'aria soddisfatta continua ad aleggiare sul suo viso, probabilmente alimentata anche dall'evidente e malcelato desiderio che il mio sguardo bruciante non riesce a nascondere.
È impossibile farlo, penso. È qualcosa di così irrazionale e ancestrale che non può essere soppresso.
Imbronciata a causa del mancato contatto e con un desiderio insoddisfatto addosso, gli lancio un'occhiata corrucciata e quasi sbieca.
Ian ricambia con una di opposta natura, un ghigno leggero che aleggia sulle sue labbra e lo sguardo vivo e tremendamente azzurro che accentua la sua espressione sbarazzina.
Terribilmente attraente, sospiro non riuscendo a placare i miei ormoni in subbuglio. La cosa sorprendente è che più passa il tempo, più questa cosa si accentua.
Non riuscendo a staccare gli occhi da lui scruto la sua figura con una occhiata attenta e lenta, percorrendo i lineamenti decisi e al tempo stesso eleganti del suo viso.
E il desiderio si intensifica maggiormente, portandomi ad accavallare istintivamente le gambe per trovarvi in qualche modo soddisfazione seppur in modo parziale.
Accompagnata da questa leggera e piacevole frizione delle mie cosce continuo la discesa.
Seguo così la piega morbida della sua bocca stesa in un ghigno allegro e tranquillo e le sue guance sbarbate e lisce. Proseguo ancora, scendendo sulla piega decisa della sua mandibola e poi più giù sulla sua gola.
L'istinto di alzarmi e baciare quel punto così invitante diventa quasi insostenibile, martellante.
Il colletto della camicia bianca, visibile oltre la giacca del completo nero, gli solletica appena il collo, fasciandogli alla perfezione il corpo e mettendone deliziosamente in risalto tutti i muscoli.
Decisamente una bella visione, mi mordo compiaciuta e sempre più accaldata le labbra.
Risalgo intanto con gli occhi, scontrandoli nuovamente con i suoi e legandoli in un gioco intenso e magnetico fatto di sguardi più lunghi e occhiatine sfuggenti.
E quel senso di totale abbandono mi assale ancora, sorprendendomi.
Alla voglia carnale si mischia un'emozione indecifrabile e conosciuta al tempo stesso, indecifrabile e chiara contemporaneamente.
Intensa e bollente, pulsa talmente forte da stordirmi quasi annebbiando la mia razionalità e i miei pensieri.
E' come se calasse la nebbia, rifletto, provocandomi non il consueto senso di ansia e soffocamento, ma bensì una sensazione morbida e soffice.
Mi coglie di sorpresa o forse semplicemente è così piacevole da stupirmi ogni volta, portandomi a non riuscire ad abituarmici davvero.
Ian aggrotta leggermente le sopracciglia corvine, tentando probabilmente di decifrare il mio sguardo e intuire cosa mi frulla nella testa.

E, forse, non solo lì.

Cercando di rassicurarlo e, soprattutto, di tranquillizzare me stessa gli sorrido ancora, inclinando lievemente il viso.

Il cameriere torna all'improvviso con i menù in mano, interrompendoci e trovandoci intenti a fissarci negli occhi come due quattordicenni alla prima cotta.

-I menù –afferma semplicemente, appoggiandoli alla mia sinistra sul tavolo.
Distolgo gli occhi da quelli adamantini di Ian, ringraziandolo educatamente.
-Grazie -
Scompare poi il secondo seguente fra gli altri tavoli, servendo i clienti che hanno riempito da poco la sala.
Con un sospiro allungo istintivamente la mano per afferrarne uno e leggere la lista dei piatti, ma non faccio tuttavia in tempo neanche a sfiorarli con le dita. Ian, difatti, me li toglie praticamente da sotto il naso con una velocità disarmanti. Lasciandomi unicamente ad afferrare il vuoto.
Con le labbra dischiuse dalla sorpresa e leggermente imbronciate lo fisso con la fronte aggrottata, guardandolo torvamente stupita dal suo gesto.
Lui, dopo averli tranquillamente allontanati da me, si volta nuovamente verso il cameriere, poco lontano da noi, richiamandolo con un gesto deciso della mano.
Sempre più confusa lo continuo a guardare, non capendo assolutamente cosa voglia fare.
Perché li ha tolti prima ancora di ordinare?Mi domando interdetta, cercando di decifrare la sua espressione, ma, soprattutto, le sue intenzioni.
-Prendiamo il solito – afferma con melliflua fermezza, restituendogli i menù e lasciandomi totalmente basita a fissarlo.
Genuinamente sconvolta da quello che ha appena fatto lo guardo con gli occhi leggermente sbarrati dallo stupore, sempre più stupita man in mano che i secondi trascorrono e scivolano inesorabilmente via.
-Cosa?- mi domanda lui con naturalezza e nonchalance, non comprendendo il mio sguardo stralunato e vagamente torvo.
-Io volevo leggere il menù – ribatto in risposta, spostando una ciocca di capelli scuri dal viso e portandola dietro l'orecchio.
-Non ce ne è bisogno – afferma lui, la voce bassa e decisa accompagnata da un sorriso appena accennato – Sono già stato qui - mi dice come semplice spiegazione, non aggiungendo null'altro se non un'occhiata al mio indirizzo.
Inarco un sopracciglio, guardandolo scetticamente contrariata.
-Ma io no, Som –gli rispondo cocciutamente con tono quasi ovvio e vagamente piccato, scoccandogli un'altra occhiataccia.
Mi piace scegliere e sperimentare i piatti di un ristorante, tanto più se non ci sono mai stata e non lo conosco, e lui me lo ha impedito chissà per quale contorto e sconosciuto motivo.
Ian si apre in un ghigno sornione, puntando i suoi occhi azzurri dritti nei miei.
-Penso di conoscere i tuoi gusti dopo due anni di pranzi sul set –ribatte lui, puntualizzando acutamente e ricambiando il mio sguardo scuro e torvo. - Anche se avrei da ridire su molti di essi – continua prendendomi bonariamente in giro, distendendo il tono fino a renderlo sereno e giocoso.
Non è infatti un segreto che consideri strani i miei gusti, ci ha scherzato più volte sul set facendo comunella persino con Paul nelle sue giornate migliori e più allegre.
Tuttavia, per nulla rabbonita e, anzi, stuzzicata dal nostro scambio di battute, gli rispondo.
-Potrei dire lo stesso dei tuoi – scherzo lanciandogli un'occhiata convinta, stringendomi fra le spalle.
Mi ammonisce leggermente con lo sguardo, appoggiando un braccio sul tavolo.
In tutta risposta io roteo gli occhi al cielo, rompendo per un attimo il nostro gioco di sguardi.
-Magari sono diventata vegetariana proprio in questi giorni e tu non lo sai–ribatto immusonita dalla mancata scelta, incrociando quasi infantilmente le braccia sotto il seno.
Rimaniamo per qualche secondo a guardarci silenziosamente, scambiandoci divertite occhiate di sfida.
Ian infine sbuffa, cedendo ed espirando l'aria tra le labbra.
-Sei diventata vegetariana?- mi domanda allora, assecondandomi e inarcando un sopracciglio scuro e trafiggendomi con uno sguardo azzurro dove un guizzo di lampante scetticismo li anima. - Perché mi sembra di ricordare che la carne ti piacesse parecchio– aggiunge allusivo socchiudendo in maliziosamente gli occhi, con il chiaro intendo di conferire un doppio senso alla frase.
Non si riferisce solo al semplice alimento, ma anche ad altro di ben più carnale e voluttuoso. Arrossisco appena a questo pensiero, sentendomi avvampare velocemente da un fuoco che parte dal mio basso ventre e si irradia in tutto il mio corpo con delle lente e sinuose spirali.
Inclina ancora il viso, ampliando il ghigno malizioso e lanciandomi un'occhiatagiocosa.
Imbronciata stringo le labbra, la prepotente voglia di rispondere di si, anche se non è per nulla vero, che si insinua violentemente dentro di me.
-No – soffio corrucciata, abbandonando all'ultimo momento l'idea di contraddirlo e di non dargliela vinta.
Una punta di vittoriosa compiacenza gli attraversa gli occhi, illuminandoli e rendendoli ancora più liquidi.
-Allora fidati e aspetta -
Per nulla zittita ribatto riprendo a parlare, anche interiormente divertita da questo stuzzicarsi che ci caratterizza così tanto. E' infatti stata una cosa tipica del nostro rapporto fin da subito.
-Lo sai che nel ventunesimo secolo le donne hanno il diritto di scelta e parola? -freccio al suo indirizzo, provocandolo ancora mentre con le dita gioco con una ciocca di capelli.
Il mio orgoglio femminile applaude veementemente a questa mia affermazione.
Non perdendo affatto l'occasione di ribattere lui coglie la palla al balzo, rispondendomi con lo stesso tono dolce, ma arguto.
-Alle donne piace anche essere sorprese, però – mormora inclinando leggermente il viso, le parole impregnate di una sorta di saggia seduzione che gestisce benissimo.
E che riesce anche dannatamente bene ad esercitare su di me. La sua occhiata languida, resa ancora più viva da una punta di bruciante e sensuale vivacità, mi provoca, infatti, un lieve accenno di palpitazioni.
-E tu non fai per nulla eccezione, curiosona – mi sorride senza staccare i suoi occhi dai miei.
Maschero il sorriso spontaneo, dettato dal fatto che mi piace anche essere sedotta e sorpresa in qualche contorto modo, con una piccola smorfia, corrucciando la bocca. Decido comunque di non sventolare bandiera bianca così facilmente, evitando di dargli apertamente ragione e gonfiargli l'ego già abbastanza grande.
Ripiego così su un'espressione imbronciata.
-Ma non so neanche cosa hai ordinato – mugolo l'attimo seguente, scoccandogli un'occhiataccia poco convinta e incrinata dal sorriso dolce e misterioso che mi rivolge.
Dannazione non può sciogliermi così facilmente, penso quasi indignata da quel senso di calore e languida calma che mi infonde.
E' una sensazione strana, quasi un ossimoro di tranquillità e irrequietezza. Un'emozione che proviene dal profondo e che mi vibra sulla pelle.
Vagamente sconcertata, come ogni volta che mi soffermo ad analizzare quello che provo nei suoi confronti e che mi suscita, scuoto la testa, allontanando la matassa di pensieri e riflessioni che mi riempiono la testa.
Stasera niente paranoie e pensieri tormentosi, mi dico ripromettendomi di non ritornaci più sopra.
-Fidati di me e basta – sussurra con un alone misterioso che gli permea lo sguardo e le parole, rendendole fluide e melliflue. – Ti sorprenderò – continua con tono carezzevole dopo una manciata di secondi di silenzio, il sorriso che aumenta e diventa più luminoso, dolce.
Emetto un sospiro, decidendo di stare buona e aspettare semplicemente.
Proprio in questo momento il cameriere passa vicino al nostro tavolo con delle ordinazioni per gli altri clienti e come una bambina curiosa in cerca di indizi allungo lo sguardo per sbirciarne il contenuto.
Sul vassoio spiccano due coppe di gelato bianco, probabilmente crema, e dall'aspetto tremendamente invitante. Tuttavia, è quello che c'è sopra che mi sorprende maggiormente.
Come guarnizione infatti vi sono dei popcorn al caramello e un dolce languore si fa subito sentire, facendo quasi brontolare il mio stomaco affamato e vuoto.
Con gli occhi sbarrati e stupiti mi volto verso Ian, ancora incredula da ciò che ho appena visto.
-Quello è nel menù? - gli domando quasi fremente, indicando il tavolo vicino al nostro con una poco discreto cenno del capo e calcando con enfasi su “quello”.
Ian punta confuso lo sguardo in quella direzione, scoppiando quasi a ridere l'attimo seguente non appena capisce a cosa mi sto riferendo.
La sua risata leggera mi provoca una deliziosa e piacevole morsa allo stomaco, accentuando la sensazione di farfalle nello stomaco
 

In attesa, io continuo a fissarlo mordendomi le labbra.

-Perchè te lo dico, senza io non esco di qui – mormoro ridacchiando in modo lieve e divertito.
-Forse si –ammette finalmente lui con uno sguardo dolce e divertito che mi accarezza teneramente il viso. - Comunque, hai proprio gusti assurdi– continua, prendendomi bonariamente in giro mentre io sorrido compiaciuta e vittoriosa di avergli strappato un prezioso indizio.
Mi stringo in seguito fra le spalle, troppo allegra per prendermela seppur per finta.
Con una riflessione quasi distratta e di sottofondo mi ritrovo a soffermarmi su come riesce a sorprendermi.
Ci riesce, infatti, dannatamente bene, con un sorriso o anche con solo un piccolo gesto. apparentemente innocuo e semplice.
Mi stupisce con la sua sola presenza quasi, suscitandomi emozioni inaspettate e veementi. Troppo presa dal onda di pensieri che mi ha travolto mi ritrovo a fissarlo senza realmente vederlo, lo sguardo vagamente vacuo.
Mi emoziona.
E' qualcosa che mi scuote nel profondo, che si sprigiona dentro di me con una intensità disarmante.
Lui mi travolge, mi sconvolge interiormente a tal punto dal farmi mettere in discussione.
E, quasi beffardamente, quell'emozione pulsa più forte, come a sottolineare la sua presenza. Come per dirmi sono qui, anche se cerchi di evitarmi e non definirmi.
-Tu lo avresti mai detto ? -
La voce di Ian mi riscuote, risvegliandomi bruscamente dal flusso corposo e intricato dei miei pensieri.
-Cosa?- mormoro non capendo a cosa si riferisce, socchiudendo appena gli occhi questa sera inconsuetamente truccati.
Come avendo percepito le mie riflessioni lui mi coglie ancora una volta di sorpresa, riprendendo a parlare.
-Questo, noi.-sussurra con uno sguardo così limpido e sincero da togliermi il respiro, mozzandomi il fiato. - Ci avresti creduto due anni fa se te lo avessero detto? - mi chiede continuando a fissarmi.
Mi trafigge con uno sguardo chiaro e stupito, quasi sorpreso dalle sue stesse parole e dalla loro concretezza. O forse semplicemente dalla meravigliosa realtà dei fatti.
Schiudo le labbra, un insieme di emozioni che mi assalgono simultaneamente portandomi a non riuscire a formulare nessuna frase coerente di risposta.
E la mia mente proietta istantaneamente quelle immagini, il nostro primo incontro. Ritorno in una fraziona di secondo a quel giorno in cui ci siamo conosciuti e che in qualche modo ci ha cambiati.
Il mio cuore perde un battito nel momento stesso in cui il ricordo mi assale prepotentemente, assorbendomi.
Sospinta da un bagaglio di sensazioni inimmaginabili mi lascio semplicemente trascinare nell'oblio della mia memoria.
 

 

 

 

-Ti presento la nostra Elena Gilbert -
 

La voce solare di Paul, proveniente da un punto indistinto alle mie spalle, mi chiama inaspettatamente in causa, portandomi a voltarmi incuriosita in quella direzione con una piccola torsione del busto.

Il mio sguardo incontra subito due figure maschili, una conosciuta e una, invece, no al suo fianco.
E' Paul uno dei due, lo riconosco immediatamente ricambiando il sorriso semplice che mi rivolge. E' l'attore che dopo tanti provini hanno finalmente scelto per interpretare Stefan Salvatore, uno dei coprotagonisti della serie tv.
Vicino a lui svetta un altro ragazzo dai capelli corvini e la pelle chiara che non sembra essere troppo interessato dal momento che traffica con il telefono.
Non è troppo alto e ha un'aria sbarazzina che gli conferisce un'espressione vagamente maliziosa, noto con una rapida occhiata percorrendolo velocemente.
Ed è anche decisamente carino, aggiungo mentalmente. Mi mordo poi istintivamente le labbra non riuscendo a non guardarlo per cercare di coglierne altri dettagli, un gesto spontaneo che non sono in grado di sopprimere.
Il ragazzo sconosciuto e dall'aria intrigante alza inaspettatamente gli occhi su di me, facendoli scontrare con i miei e cogliendomi di fatto a fissarlo. Mi trafigge con un paio di occhi incredibilmente azzurri, color del ghiaccio quasi.
Un'ondata di imbarazzo per essere stata colta in fallo mi pervade però velocemente, rendendomi irrequieta e arrossandomi le guance.
Un lieve e appena accennato ghigno gli piega la bocca, non facendomi capire se è irrisorio o semplicemente smaliziato. Cosa mi spinge a virare altrove l'attenzione seppur con un minimo di fatica.
E la paura di aver appena fatto una figuraccia ed essere passata per una sorta di maniaca che va in palla davanti un bel faccino mi trafigge.
Inclino così il viso, spostando poi lo sguardo su Paul mentre un'espressione di circostanza e cordialità si delinea sulle mie labbra l'attimo seguente.
 

Nessuno dei due ragazzi dice tuttavia nulla per una manciata di secondi, lasciando cadere un opaco silenzio che viene interrotto unicamente dal brusio di sottofondo.

Al contrario mio lui non abbassa lo sguardo, continuando a tenerlo sfacciatamente puntato su di me ed incrementando a dismisura il mio imbarazzo.
Odio essere fissata in totale silenzio, tanto più se a farlo è un irritante quanto affascinante estraneo.
Sfoggiando un'espressione sicura grazie alle mie doti recitative, schiudo le labbra pronta per parlare, ma una voce bassa e leggermente altezzosa mi batte sul tempo.
-Non doveva essere bionda?- mormora finalmente il ragazzo misterioso, puntando gli occhi nei miei.
E, nuovamente, mi ritrovo a sorprendermi per il loro colore e l'incredibile attrazione che suscitano.
Sono grandi, di un azzurro così intenso da risultare quasi irreale. Nonostante assomiglino tremendamente ad una pozza d'acqua ghiacciata non trasmettono freddezza o gelida superbia come mi aspettavo, ma, al contrario, un senso sorprendente di bollente calore che li rende liquidi e sensuali.
Presa in contropiede dalle sue parole, ma, soprattutto, dal suo sguardo, lo fisso interdetta per qualche secondo senza dire nulla. O meglio senza trovare qualcosa da ribattere.
Infatti, una delle poche che so riguardo i libri da cui nasce la serie è che la protagonista è bionda con gli occhi azzurri mentre io sono praticamente il suo opposto dal momento che sono bruna con gli occhi nocciola. La tipica ragazza della porta accanto in pratica, mi dico ricordandomi proprio le parole con cui i produttori hanno motivato la mia scelta nonostante non rientrassi propriamente nei canoni.
Con le labbra mutamente dischiuse tento di cercare velocemente qualcosa da ribattere e l'unica cosa che mi viene in mente è un banale collegamento che il mio cervello mi propone.
-Gli uomini preferiscono le bionde, ma sposano le more - rispondo con lo stesso tono provocatorio, scoccandogli un'occhiata leggera e vivace che si conclude con un spontaneo ammiccamento che non so davvero da dove spunta fuori.
Lui stringe leggermente le labbra, corrucciandole in modo divertito mentre socchiude gli occhi quasi in modo felino.
-Touché – soffia poi la risposta tra le labbra, continuando a guardarmi in modo criptico ed indecifrabile.
Quasi intrigato e incuriosito mi lancia una lunga occhiata, studiandomi ancora come se tentasse di definirmi o decifrarmi.
Cercando di non farci caso e di sembrare sciolta e a mio agio mi volto nuovamente verso Paul, che riprende a parlare interrompendoci.
E quello sguardo non mi abbandona, anzi si intensifica.
-Comunque, lui interpreterà Damon Salvatore – afferma sfregando le mani e sorridendo in modo affabile e cordiale – Il mio rivale in amore – allarga poi buffamente gli occhi, facendomi quasi scoppiare a ridere divertita.
E così il ragazzo misterioso farà parte del cast, rifletto silenziosamente cercando di ricordarmelo tra i troppi e indistinti volti con cui ho fatto il provino senza tuttavia riuscirci. La mia mente non riesce a trovarlo tra tutti gli attori con cui ho dovuto recitare, cosa che mi provoca una piccola smorfia di disapprovazione.
Un paio di occhi così me li sarei sicuramente ricordati, mi dico convinta.
Lui si esibisce in un sorrisino smagliante, che gli illumina il viso e ne distende l'espressione, rendendolo più solare.
Compie poi un passo avanti, il viso lievemente inclinato verso destra e i capelli corvini che gli solleticano la fronte in modo sbarazzino.
-In ogni caso – afferma con voce decisa e calda, lievemente arrochita da una nota sensuale che la incrina rendendola ancora più suadente. - Io sono Ian, Elena– mormora allungando la mano verso di me, con il chiaro intento di presentarsi.
Il mezzo sorriso malizioso continua ad aleggiare sulla bocca, portandomi a considerare che questo deve essere un suo chiaro marchio di fabbrica in qualche modo.
Mi lancia poi un'occhiata smaliziata e vagamente ammaliante, distogliendolo dai miei occhi solo i tempo necessario per puntarlo in un punto indefinito su di me che non comprendo.
Lievemente sotto esame, ma contemporaneamente divertita dal modo inconsueto di presentarsi sorrido, abbandonando il positivo imbarazzo che mi pervade e scacciandolo via con una leggera scrollata di capo.
 

-Nina, Damon-

 

Il suo sorriso sorpreso e divertito aumenta ancora, ammiccando maggiormente al mio indirizzo.

Allungo poi la mano, afferrando la sua e permettendo alle nostra dita di sfiorarsi, intrecciandosi.
Un brivido mi attraversa non appena la mia pelle viene a contatto con la sua, come una scossa elettrica mi pervade sconcertandomi e confondendomi.
Leggermente stupita gli sorrido anche io.
Forse non sarà così male lavorare con lui, alla fine.
E la sua presa si rafforza sulla mia mano.
 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il lieve solletico delle sue dita sul mio polso, che esercitano una tenera e pacata pressione, mi riportano dolcemente al presente. Risvegliata dal morbido torpore dei miei ricordi lo fisso leggermente stordita, una piega nostalgica che mi vela le labbra e che si vena appena di una punta di tenerezza non appena i miei occhi incontrano i suoi.

Ian ricambia il mio sguardo, impregnato di una languida dolcezza che lo rende liquido e tremendamente azzurro.
E che mi fa capire che anche lui sta pensando a quell'esatto momento, provocandomi un leggero senso di palpitazioni. Un confortante calore mi stringe, avvolgendomi con le sue morbide spire nel constatare la nostra connessione di pensiero. Mi infonde uno strano, ma piacevole senso di compiacimento e sollievo il fatto di non essere la sola ad aver ripensato a quel momento. Dolce come il miele e vivo come un fuoco che non si spegne mai, quell'emozione oscura e profonda mi pervade nuovamente.
-Già, chi lo avrebbe mai detto –mormoro io, frammenti di passato che si mischiano al presente in un intricato gioco di figure che mi crea un tumulto di sensazioni contorte e indescrivibili.
Distratta e sovrappensiero gioco con una ciocca dei miei capelli, arricciandola intorno al mio dito.
Nessuno vedendoci quel giorno, probabilmente, avrebbe detto che più di un anno dopo saremmo stati qui, seduti ad un tavolo con una relazione in atto e uno show di successo in corso.
-Comunque, la maglietta grigia che indossavi era orrenda – affermo risoluta con una smorfia di disapprovazione – Con quella scritta nera – storco il naso, arricciandolo leggermente e provocandomi la sua occhiataccia offesa.
 -Quella maglietta è bellissima –ribatte piccato, difendendo strenuamente e con affetto quell'indumento improponibile che a volte mette anche per venire sul set.
 

Roteo divertita gli occhi al cielo, esibendomi in una smorfia teatrale che viene leggermente contaminata da un sorriso silenziosamente allietato dal suo broncio appena accennato.

- Meno male che ti lamenti sempre che non ti ricordi le battute sul set – mi lancia un'occhiata torva, portandomi a mordermi colpevolmente le labbra.
 

Si riferisce al fatto che ho sempre paura di dimenticarmi la mia parte di copione, cosa che mi porta a tormentarlo abbastanza assiduamente a volte.

Lo fisso di rimando imbronciata, corrucciando buffamente le labbra.
- Hai una memoria da elefante –scherza con una risata leggera.
In tutta risposta io ribatto imitando con scarsi risultati il verso dell'elefante, il barrito. Riesco infatti a produrre solo una sorta di verso gutturale, scoppiando a ridere di gusto l'attimo seguente insieme ad Ian.
Con gli occhi socchiusi quasi singhiozzo a causa delle risate che mi scuotono, non riuscendo a parlare per qualche secondo.
L'ilarità scompare dopo un attimo, lasciando sulle nostre labbra solo un sorriso leggero e rilassato che accompagna i nostri sguardi, ancora una volta incatenati.
Il cameriere arriva finalmente con le nostre ordinazioni, interrompendo il momento e posando davanti a noi due piatti finemente lavorati e dal profumo tremendamente invitante.
Un trancio di salmone spicca su un letto colorato di carote e spinaci, facendomi venire una fame pazzesca e, si, sorprendendomi anche proprio come aveva auspicato Ian.
Mentre prendo in mano la forchetta e il coltello alzo lo sguardo su di lui, trovandolo inaspettatamente già intento a fissarmi attentamente e non a mangiare come mi aspettavo.
Arrossisco leggermente, sorridendo imbarazzata mentre ricambio la sua occhiata con una vagamente interdetta e confusa.
Lui non distoglie gli occhi da me, persistendo nel guardarmi come a voler decifrare la mia espressione.
-Assaggia – mi esorta lui quasi sornione.
E io non indugio, portando alla bocca un primo boccone ed assaporandolo.
Mi si scioglie praticamente in bocca, invadendo il mio palato con un gusto sublime che risveglia deliziosamente le mie papille gustative.
- E' buonissimo – affermo estasiata, allargando leggermente gli occhi e prendendone un altro boccone.
-Allora, ti ho sorpreso?- sorride fissandomi in attesa e compiaciuto al tempo stesso, essendo consapevole perfettamente della mia risposta affermativa.
E non trovo altro da dire se non la pura e semplice verità, che scoppia dentro di me insieme a quella sensazione sconosciuta che si accende e avvampa ancora alla vista del suo sguardo contento a causa della mia espressione.
- Si– gli sorrido inclinando leggermente il viso verso la mia spalla e rivolgendogli uno sguardo dolce.
Allungo istintivamente la mano verso di lui, che ha iniziato a mangiare, cercando la sua.
Senza interrompere il nostro gioco di sguardi la sfioro nuovamente, facendo scivolare le mie dita fra le sue in un intreccio stretto. Questo apparentemente semplice contatto mi provoca emozioni dalle mille sfaccettature, in netto contrasto con l'innocuità del gesto.
Intense mi sconvolgono silenziose e suadenti, dimenandosi dentro di me per emergere prepotentemente. E ci riescono.
Mi pervadono e mi stringono nella loro morsa avviluppante, stringendomi lo stomaco e insinuandosi nel mio io più profondo e intimo.
Un leggero nodo mi chiude la gola mentre il mio cuore pompa più velocemente il sangue nel mio corpo, pervaso scosso dal vibrare di queste sensazioni.
L'atmosfera viene però bruscamente interrotta una frazione di secondo dopo, facendo scoppiare la bolla di intimità che ci avvolgeva.
Un improvviso brusio, infatti, si diffonde velocemente nella sala, aumentando e facendomi inaspettatamente sentire al centro dell'attenzione. E' una cosa naturale, come se il mio istinto mi suggerisse di rimanere in guardia.
Confusa e incuriosita al tempo stesso lo seguo.
Mi guardo intorno, interrompendo il nostro gioco di sguardi. La stretta fra le nostre mani invece rimane, infondendomi un senso di calore che in qualche modo tranquillizza l'albore di irrequietezza che è sorta dentro di me.
Con occhi attenti osservo velocemente in giro, scorgendo qualche persona intenta a fissarci decisamente poco discretamente. Incontrando le loro occhiate un po' invadenti e scrutatrici mi mordo irrazionalmente le labbra, il senso di disagio che aumenta esponenzialmente secondo dopo secondo.
 In modo quasi proporzionale cresce anche il dubbio di essere l'oggetto di tanto interesse, non trovando altra ragione per essere fissata se no in maniera così insistente.
Sono io la causa di tutta questa attenzione? Mi chiedo dubbiosa e innervosita, continuando a lanciare sguardi di sottecchi ai tavoli vicino ai nostri. Siamo noi? Mi suggerisce la mia mente, un quesito che emerge sui tanti altri che affollano ormai la mia mente.
E questa riflessione sembra essere terribilmente simile alla realtà dei fatti. Un principio di delusione e amarezza vena il mio buon umore, incrinandolo dolorosamente e facendo cadere la tranquillità che mi ha fino ad ora pervaso nel dimenticatoio.
Ci hanno riconosciuto forse, mi dico pensierosa mentre quel senso di disagio aumenta ancora.
E' questo il problema? O forse è solo una mia impressione e sono paranoica? Mi domando interdetta, aggrottando la fronte.
Mi volto così nuovamente verso Ian, trovando uno sguardo speculare al mio che mi blocca le parole in gola: confuso e a disagio.
- Ci stanno fissando?- mi chiede in un sussurro concitato, anticipandomi sul tempo e suonando, però, più come una affermazione che una domanda.
Nascondendo quasi il viso tra i capelli annuisco, storcendo le labbra in una lieve smorfia per poi mordermele quasi a sangue.
- Si -
 

E da semplice pensiero paranoico si tramuta purtroppo in una concreta verità, così snervante e sincera da ferire.

Un imponente senso di fastidio mi pervade, rendendomi irrequieta e ancora più nervosa.
E' causato dalla situazione, dall'essere perennemente sotto un'attenzione mediatica continua e snervante. La delusione aumenta ancora l'attimo seguente, non appena mi rendo conto che in qualche modo la nostra cena si è incrinata.
Non è certo il massimo avere gli occhi puntati addosso da degli sconosciuti per il primo appuntamento, che dovrebbe avvenire circondato da un'aura di tranquillità e intimità.
Emetto un sospiro pesante, deglutendo e mandando giù un nodo di emozioni negative miste a nervoso che mi chiudono la gola.

Incassando torvamente la testa fra le spalle decido di non badarci, fregandomene di tutto. O almeno di provarci.

Cosa non propriamente facile e semplice, ma questa serata è troppo importante per me per essere rovinata.
Schiudo le labbra, pronta per parlare seppur a fatica e proporre un argomento che ci distolga da tutto questo, ma qualcosa mi precede lasciandomi sbigottita.
L'attimo dopo, infatti, una ragazza dai corti capelli biondi ad un paio di tavoli di distanza dal nostro tira fuori il telefonino, puntandolo nella nostra direzione e scattando una foto con tanto di flash.
Negativamente stupita dal gesto e amareggiata rimango inerme, le labbra dischiuse senza che vi esca alcun suono e l'espressione che diventa velocemente sconfortata.
Tutti i buoni propositi di ignorare il brusio vanno a farsi benedire, frantumandosi miseramente insieme alla mia speranza di passare una serata tranquilla in compagnia del mio ragazzo.
Abbasso istintivamente lo sguardo, puntandolo sulla tovaglia immacolata mentre un insieme di sensazioni negative e malinconiche mi occludono la gola.
Alle mie orecchie giunge il sospiro scocciato di Ian, quasi rabbioso che mi fa intuire che anche lui è innervosito da tutto ciò.
Alle tristi riflessioni riguardo il nostro appuntamento parzialmente rovinato si aggiungono quelle amara e angoscianti riguardo i titoli che la stampa monterebbe se quella foto finisse in mano alle persone sbagliate.
Leggermente spaventata da questa prospettiva sbarro gli occhi, il cuore che pulsa più veloce nel mio petto.
Un senso di leggera ansia si somma così al nervoso, mischiandosi con esso e facendo definitivamente finire sotto i piedi il mio umore.
-Parlano di noi...credo – sussurro dopo un attimo di esitazione e silenzio, la voce che risulta inaspettatamente esitante e incrinata dalla delusione.
Il disagio aumenta ancora facendomi sentire imbarazzata e nervosa, quasi violata nella mia intimità.
Nervosa mi muovo sulla sedia, abbandonando la forchetta vicino al piatto insieme al mio appetito totalmente svanito.
Ma la vera sorpresa della serata arriva dopo un secondo, cogliendomi impreparata.
Ian infatti alza la mano all'indirizzo del cameriere, richiamandolo con un gesto secco della mano vicino al nostro tavolo.
Alzo quasi di scatto la testa, lanciandogli una lunga e confusa occhiata da sotto le ciglia scure.
- Ci può portare il conto, per favore?- afferma con tono grave, intuendo il mio malumore e il mio malessere. - E anche il dolce – aggiunge dopo un secondo.
Si volta poi verso di me, riservandomi uno sguardo così dolce da sciogliermi.
 

Per una impalpabile frazione di secondo scaccia persino il nervoso e l'amarezza, scaldandomi nel profondo.

Una scintilla in particolare li attraversa, illuminandoli in modo indecifrabile.
Sa di intimità e di rassicurazione.
Sa di qualcosa di speciale, unico e inusuale nel suo calore.
Sa di noi.
Gli rivolgo uno sguardo di sincero ringraziamento, il disagio che viene intaccato dal suo gesto premuroso e che mi apre davanti agli occhi una realtà che non avevo considerato.
L'appuntamento in fin dei conti non è il ristorante e il buon cibo, non è l'atmosfera carina e romantica.
Non è questo ciò che conta. Non è questo che importa a me.
 

E' lui.

E il sorriso torna sulle mie labbra.
 
 

 

 

********************

 

 

 

 

  
 

- Cosa vuoi, allora? - afferma Ian, inclinando appena il viso verso di me e rivolgendomi una sguardo di attesa mentre la mano artiglia già la maniglia della portiera della macchina.

Giro il volto nella sua direzione, rispondendo spontaneamente al suo sorriso. E un pensiero divertito mi attraversa la mente, portandomi quasi a ridacchiare nel momento esatto in cui schiudo le labbra pronta a parlare.
Una ritrovata serenità mi avvolge morbida, tornando a pervadere ogni singola cellula del mio corpo. Il momento di poco fa che sembra essere scivolato nel dimenticatoio.
Ed è assolutamente merito di Ian, del suo sorriso e del suo modo scherzoso che mi ha fatto tornare il buon umore.
- Sorprendimi– affermo inarcando leggermente un sopracciglio e rivolgendogli un dolce sguardo di sfida, ricalcando di fatto le parole che mi ha detto lui stesso quando ha ordinato per me al ristorante.
Ian, in risposta, ride, scuotendo lievemente il capo e scomparendo nella penombra del parcheggio di Starbucks l'attimo seguente. L'eco della sua risata sfuma via dopo una frazione di secondo, lasciandomi sola all'interno dell'auto, i miei pensieri a farmi momentaneamente compagnia.
Con un sospiro appoggio le mani sulle mie ginocchia, incontrando con le dita la carta rossa dell'incarto del dolce.
È stato un peccato dover interrompere così bruscamente la cena, ma iniziavo seriamente a sentirmi a disagio con tutti quegli occhi puntati su di me.
La mia vita privata deve rimanere tale, non voglio intromissioni o, peggio, finire sui giornali.
Emetto un piccolo sospiro, passando distrattamente una mano tra i miei capelli mentre mi rilasso definitivamente contro il sedile dell'auto.
Quel senso di malinconia nel veder sfumare via un momento che aspettavo decisamente da molto tempo è svanito di pari passo con la privata tranquillità che abbiamo riacquistato non appena abbiamo messo piede fuori dal locale, scacciato via dall'aria fredda e frizzante.
La scelta di prendere qualcosa e non finire in questo modo amaro la serata era sorto così spontaneo, sospinto da una voglia di non concludere lì la serata, portandomi a proporglielo.
Ian era apparso quasi sollevato alla vista del mio sorriso seppur leggero, accettando teneramente la mia proposta.
Tranne questo piccolo contrattempo sono stata bene, però. Quello che ha riguardato unicamente me e lui lo ha reso un bel momento, noto reclinando il capo indietro e puntando gli occhi sul
Proprio nello stesso momento la portiera si riapre, ma questa volta dei sedili posteriori, e Ian si infila velocemente nell'auto.
- Che freddo – afferma lui rabbrividendo e scrollando le spalle come a voler allontanare la gelida umidità della notte. - Ha anche iniziato a piovere–continua il secondo dopo, portandomi a rivolgere momentaneamente lo sguardo sul finestrino dove delle fini goccioline hanno iniziato a scorre inseguendosi e mischiandosi l'una con l'altra.
Non ho tuttavia il tempo di dire nulla in risposta che lui riprende a parlare.
-Vieni dietro – ammicca al mio indirizzo con un sorriso sbarazzino e un cenno del capo, tenendo lo sguardo puntato su di me.
- Si– sorrido, sganciando simultaneamente la cintura di sicurezza e ruotando il busto verso di lui.
Senza uscire mi muovo, scavalcando con un'ampia falcata i sedili e finendo al suo fianco.
Prima di sistemarmi contro lo schienale mi allungo nuovamente in avanti, agguantando il dolce e appoggiandolo tra di noi.
Con un movimento semplice della caviglia scalcio via le scarpe con il tacco che indosso, sfilandomele e incrociando le gambe l'attimo seguente.
Decisamente più comoda sorrido, inclinando appena il viso.
Percepisco subito i suoi occhi su di me, lo sguardo bruciante che segue ogni mio spostamento focalizzandosi in particolar modo sulle mie gambe.
Sono, infatti, semi scoperte dal vestito che indosso, lasciate alla merce del suo sguardo che diventa più cupo e bruciante.
L'ombra languida di un desiderio viscerale e intimo li attraversa, rendendoli più liquidi e simili al metallo mentre tende leggermente la mandibola.
E' intenso e i brividi si irradiano istantaneamente dal quel punto in tutto il corpo con delle lente spirali che mi scuotono nel profondo.
Deglutisco, momentaneamente paralizzata dai suoi occhi azzurri che mi tolgono il respiro. Come sempre, d'altronde.
L'aria diventa improvvisamente elettrica, densa di vibrante voluttuosità. Così presente e percepibile da risultare quasi tangibile, concreta.
Sorrido, stendendo involontariamente le labbra in una piega maliziosa che sembra aizzarlo maggiormente.
La sua occhiata, se possibile diventa ancora più rovente, saettando dai miei occhi, alla mia bocca dischiusa e infine nuovamente alle mie gambe. Le accarezza ancora silenziosamente, con un tocco invisibile che mi fa avvampare.
Tutto intorno a noi sembra farsi più intenso, rarefatto da una voglia che non sembra sopirsi ma acutizzarsi. Giorno dopo giorno si fomenta sempre di più, alimentata dal conoscersi a vicenda sia a livello fisico che mentale.
Più mi ha, più mi vuole. E a questa riflessione i miei ormoni quasi esplodono, scoppiando nel mio basso ventre e palesandosi con una lunga e lenta morsa che mi annebbia quasi la vista.
Con le guance rosse di languido desiderio inclino leggermente il viso, continuando a tenere i miei occhi incollati ai suoi mentre passo una mano tra i miei capelli per scostarli dal viso.
Prendo un respiro profondo, aspirando in modo tremolante l'aria tra le labbra con l'intento di darmi una calma.
Cercando di non far prevalere spudoratamente i miei istinti -che invece lascerò liberi non appena tornati in camera -, mi umetto le labbra parlando l'attimo dopo.
- Cosa mi hai preso? - gli domando allargando curiosa gli occhi, la voce che esce inizialmente vacillante dalla mia gola.
Abbasso poi lo sguardo sul sacchetto di carta che ha fra le mani, umido di pioggia e vistosamente rigonfio che attira ancora di più la mia curiosità.
Una serie di ipotesi mi attraversano la mente, venendo snocciolate silenziosamente.
-Indovina? - mi domanda con un guizzo ilare negli occhi e l'espressione giocosa che gli si addice perfettamente.
E' leggermente in contrasto con la camicia e la giacca classica che indossa, conferendogli un'aria svagata e serena.
Gli lancio uno sguardo torvo, ammonendolo silenziosamente mentre il mio interesse raggiunge livelli impensabili.
- Se ho indovinato i tuoi gusti cosa vinco? - mi stuzzica ancora, provocandomi con un mezzo sorriso malizioso.
Io inarco un sopracciglio mentre le mie labbra si stendono in un sorriso fremente e di sfida.
- Un bacio – ribatto io in trepida attesa di conoscere cosa mi ha preso.
- Solo uno? - mi risponde lui, una smorfia imbronciata e fintamente delusa che mi fa ridacchiare e roteare gli occhi al cielo.
-Più di uno – mormoro allegra, sorridendogli mentre ruoto il busto nella sua direzione in modo da avvicinarmi maggiormente.
La parte più sensuale di me emerge, mischiandosi con quella giocosa e rendendomi un leggero mix di seduzione e divertimento.
-A cominciare da ora – soffio suadente, il tono sexy che accompagna l'avvicinarsi delle nostre labbra.
 

Le nostre bocche si scontrano l'attimo seguente in un bacio lento venato da una punta di languidezza che mi aggroviglia lo stomaco. E' vorace, mal celando la voglia di lui che si insidia nella mia intimità.

La sua mano si posa subito dopo sul mio viso, affondando le dita tra i miei capelli sciolti e gonfi a causa dell'umidità. I suoi polpastrelli freddi mi sfiorano la pelle, solleticandola e facendomi rabbrividire eccitata.
Il desiderio si riaccende infatti in un secondo, avvampando dalla semplice scintilla di un bacio.
Con il respiro leggermente affrettato assaporo ancora le sue labbra, facendo scontrare le nostre lingue in un gioco sensuale che manifesta tutta la voglia che abbiamo dell'altro.
Ci allontaniamo dopo qualche secondo in carenza di ossigeno, il petto che si alza in modo aritmico e le guance che bruciano leggermente.
I nostri occhi si incontrano, proprio come il nostro respiro che si mischia, e le bocche quasi si sfiorano talmente siamo vicini.
Istintivamente passo la lingua sulle mie labbra, ricercando il suo delizioso sapore. E lui non perde neanche un istante di questo gesto irrazionale, seguendolo intrigato e visibilmente attratto.
- Se continuiamo così ti ritroverai a breve nuda sui sedili posteriori di un'auto in un parcheggio desolato– mormora con voce roca e desiderosa lanciandomi uno sguardo bruciante prima di riappropriarsi della mia bocca.
Passa poi un braccio intorno ai miei fianchi, attirandomi maggiormente contro di lui e facendo scontrare i nostri petti.
- Ora me lo dici? - soffio contro le sue labbra, guardandolo languidamente mentre con le dita gioco con il colletto immacolato della sua camicia, ora un po' spiegazzato.
- Corrompitrice– sussurra in risposta lui, un sorriso che gli illumina il viso e quel senso di svagata giocosità che non lo abbandona neanche in questo momento.
E che io adoro profondamente,
In tutta risposta gli mordo il labbro inferiore, aumentando ancora il desiderio di entrambi. Tuttavia, cerco di ricompormi e di calmarmi non allontanandomi però dal suo corpo.
- Dai dimmelo – mormoro quasi implorandolo, ormai impaziente di saperlo.
Ianghigna, una luce misteriosa che gli anima lo sguardo e che mi attira ancora di più.
Scioglie un braccio dalla presa vogliosa sul mio corpo, riprendendo il sacchetto che era scivolato ai nostri piedi
Vi infila una mano dentro senza spezzare il legame tra i nostri occhi che, anzi, se possibile si intensifica ulteriormente.
Si vela, infatti, di una nota di dolce cripticità che non comprendo appieno,ma da cui mi sento terribilmente attratta.
Mi mordo leggermente le labbra, gli occhi dilatati che non perdono neanche il suo più piccolo movimento.

Ian, al contrario, sembra parecchio divertito dal mio nervosismo da attesa dal momento che finge di tirare fuori la mano un paio di volte senza tuttavia farlo davvero.

Sbuffo, imbronciandomi lievemente e lanciandogli un'occhiataccia ammonitrice che lo fa ridacchiare sommessamente.
Il desiderio scema via con la stessa velocità con cui si è palesato, lasciando il posto ad una atmosfera ilare.
Perchè noi siamo così, un attimo prima siamo quasi sul punto di fare sesso in un luogo pubblico e quello dopo invece ci punzecchiamo.
 

- Ian dai! - lo rimbecco mentre anche il mio stomaco protesta con un piccolo e fortunatamente silenzioso brontolio per via della fame.

 

Lui ride ancora di più, decidendosi finalmente però a mostrarmi cosa mi ha preso.

Con un movimento fluido del polso accompagnato dallo scricchiolare della carta ne tira fuori un bicchiere.
Il tipico di Starbucks a dire il vero, noto con un'occhiata critica e attenta scrutandolo in ogni minimo dettaglio.
Solo dopo un attimo di attenta osservazione mi accorgo realmente di cosa mi ha preso a causa della scritta che vi spicca.
Cold coffee.
E beh, mi ha decisamente sorpreso.
Sgrano gli occhi, sorpresa e sconcertata.
- Un caffè freddo?- mormoro alzando gli occhi su di lui, che mi guarda attentamente. - Non lo prendo da una eternità – sussurro rigirandomi il bicchiere tra le labbra.
Un dubbio mi porta ad aggrottare le sopracciglia l'attimo seguente, confusa e interdetta.
- Come facevi a sapere che mi piace?-
Velocemente ripercorro silenziosamente tutte le volte che siamo stati in una caffetteria insieme, cercando di scavare tra i ricordi e scovarne uno in cui ne ho bevuto uno.
Particolare che proprio non compare nella mia memoria.
-Visto che sono anche io un elefante ?- alza lo sguardo su di me, sorridendomi in modo svagato e dolce–E non solo per la proboscide – ride l'attimo dopo, scherzando in modo allusivo e malizioso.
Divertita e fintamente oltraggiata gli do un pizzicotto leggero sul fianco, unendomi alla sua risata smaliziata e genuina subito dopo.
Lui mi rivolge un'occhiataccia offesa, continuando tuttavia a sfoggiare un mezzo sorriso allegro che ha il potere di coinvolgermi e infondermi un senso di pacato benessere. Così dolce e suadente che mi toglie le parole e, forse, anche il fiato.
E rimango allora semplicemente in silenzio, la risposta divertita che mi muore in gola, soppressa da un emozione indistinta che mi annoda i pensieri ogni volta che i nostri sguardi si scontrano in questi momenti così nostri. Proprio come adesso.
Ogni volta che c'è lui, semplicemente.
La piega giocosa sulle mie labbra si scioglie inesorabilmente, tramutandosi in una smorfia dolce e morbida che sa di fibrillanti emozioni e parole non dette. Solca appena la mia bocca, velandola leggermente e conferendomi un'aria trasognata e quasi pensierosa.
E, improvvisamente, è come se tutto si fermasse. Quel contorto e inaspettato senso di essere in una bolla di sapone torna a farci visita, accogliendoci nella sua voluttuosa e calda morsa che ci estrania dal mondo.
Tutto perde importanza tranne lui e quello che sento nei suoi confronti.
Istintivamente i miei occhi si posano sulle sue labbra, ancora dischiuse a causa delle risate e invitanti come non mai. A quel senso di torpore dei sensi e della mente si aggiunge allora il desiderio innato e torbido di assaggiarle ancora, di sentirlo contro di me a tal punto da perdere il confine materiale dei nostri corpi.
E poi c'è quell'emozione sinuosa, mai sopita e in qualche modo misteriosa che pulsa più forte, quasi simultaneamente al ritmo del battito del mio cuore. E' enigmatica, indecifrabile e indissolubile come sensazione, quasi incomprensibile.
Emetto un piccolo sospiro, così leggero da risultare impalpabile, che si perde nella poca distanza tra i nostri corpi.
Alzo poi lo sguardo, facendolo scontrare con il suo e incatenandolo ad esso in un gioco un po' sfuggente e profondo al tempo stesso.
E quell'emozione torna più forte di prima a battere e sconcertarmi. E assomiglia terribilmente all'essere serena e spensierata. Felice.
In modo così semplice e naturale, spontaneo, da risultare disarmante
I pensieri si aggrovigliano ancora, offuscandosi quasi l'uno con l'altro per prevalere.
Ma uno vince su tutti con una forza disarmante: io sto bene con lui.
Il respiro all'improvviso mi viene a mancare del tutto, il corpo che avvampa e brucia sotto la spinta di qualcosa di indefinito che mi porta a sbarrare quasi gli occhi proprio nel momento in cui una domanda mi attraversa i pensieri con la velocità di un lampo, tagliandoli a metà.
Mi sto…
Tuttavia non riesco a completare la frase, neanche nel silenzio scuro e privato della mia intimità.
Apro e chiudo un paio di volte le labbra, sorpresa dalla mia stessa riflessione a cui non so dare una risposta esplicita e definita.
Ma ha forse qualche importanza capirlo ora? Mi domando intontita e lucida al tempo stesso a causa delle mie stesse emozioni.
E una consapevolezza sempre più corposa, chiara e concreta mi pervade, scoppiando dentro di me con una potenza sconcertante e stupefacente risultando essere proprio la risposta a questa mia domanda.
E no, mi dico, non mi importa decifrarlo ora, ma solo viverne ogni attimo. Ogni singolo secondo.
Perchè lui è imprescindibile e unico.
E' il mio cold coffee, realizzo semplicemente mentre un insieme eterogeneo di emozioni mi assalgono velocemente avvolgendomi sinuosamente.

Ian, quasi confuso dal mio sguardo carico e denso di frasi non dette e sensazioni provate, ricambia la mia occhiata, continuando a guardarmi in silenzio.

E se per tanto tempo ho sperato che i miei occhi risultassero indecifrabili in alcuni momenti dinnanzi al suo scrutare, mi ritrovo invece a sperare di risultare leggibile e trasparente.
Di trasmettergli tutto quello che sto provando e che forse non sono in grado di dire o esprimere, mettendo in sequenza una parola dopo l'altro.
Perché è questo che voglio, questa sensazione così potente e bella.
Ne voglio diventare ingorda, insaziabile di lui e di quello che mi suscita. Voglio essere sorpresa con gesti inaspettata.
Voglio essere svegliata nel cuore della notte per fare l'amore con lui ed essere baciata nei sedili posteriori di un'auto.
Desidero ardentemente dare sfogo e seguito a questa sensazione nuova e nascente, così calda.
Voglio semplicemente lui.
Con la gola chiusa da tutte queste emozioni sorrido, cercando di apparire serena e spensierata ai suoi occhi.
- Il nostro primo incontro non è stato quello che hai detto tu prima – mormora interrompendo il silenzio che si è venuto a creare tra di noi. - O almeno non totalmente –aggiunge dopo un secondo di riflessione.
- Ah no? - affermo - E come è andata?- gli domando, riferendomi a quello che lui dice essere il nostro primo incontro.
Deglutisco, nel tentativo un po' banale di apparire normale.
Ian mi riserva un ultimo sguardo criptico, quasi indagatore forse nell'estremo tentativo di decifrarmi, per poi lasciarsi andare ad un mezzo ghigno sornione.
Passa un braccio intorno ai miei fianchi, tirandomi nuovamente di più a sé.
-Posso saltare il c'era una volta,principessa? - mi domanda con una risata argentea che infrange contro i miei capelli, prendendomi giocosamente in giro.
- Si principe azzurro –ribatto io, rispondendo con lo stesso tono,
Lui storce leggermente il naso a questo appellativo, appoggiando poi la mano sulla mia pancia in una carezza appena accennata e lenta che mi fa rabbrividire.
Mi stringo nel suo abbraccio, alzando il viso per guardarlo in volto mentre lui inizia a parlare.
- E' stato durante una delle lunghe pause durante i provini maschili – mormora con voce bassa, iniziando tranquillamente il suo racconto catturandomi a tal punto da farmi pendere dalle sue labbra. - Un paio di giorni prima che Paul ci presentasse.-
Sorrido, annuendo leggermente mentre ripenso a quel momento con dolcezza.
- E' successo in una caffetteria poco lontano dal teatro in cui facevano i casting - continua
Interessata e in attesa di gustarmi il suo discorso parola per parola lo fisso, giocando distrattamente con i suoi capelli mentre tutta la mia attenzione è focalizzata su di lui.
E' catalizzata dalla sua bocca in particolare e decisamente non solo a causa del fatto che sta parlando, mi dico silenziosamente scoppiando quasi a ridacchiare. Un lieve solletico mi stuzzica il basso ventre, proprio laddove sono nascosti i miei desideri più carnali ed è appoggiata dolcemente la sua mano.
Convivendo con questa languida presenza rimango in ascolto.
- Tu eri di fretta probabilmente, che io ricordi non ti sei neppure guardata intorno e sei andata spedita alla cassa – procede con il racconto, inclinando il viso e sorridendo leggermente in modo divertito, come se si stesse perdendo in quello stesso ricordo o rincorrendo un dettaglio in particolare.
Ancora più desiderosa di saperne di più aggrotto le sopracciglia, cercando di decifrare la sua espressione quasi pensierosa.
Si passa poi la lingua sul labbro inferiore, umettandolo, prima di riprendere a parlare e io seguo questo gesto tremendamente sensuale con lo sguardo.
-Avevi i capelli scompigliati, un po' arruffati – il suo sorriso si amplia maggiormente mentre con la mano gesticola convulsamente – E io ero seduto ad un tavolino a rileggere il copione di prova -
Appoggio il mento sulla sua spalla, gli occhi leggermente socchiusi nel tentativo di ricordare.
Inaspettatamente qualcosa riaffiora alla mia mente riguardo quel giorno, invadendola frammento dopo frammento fino a legarsi in un ricordo unico e coerente.
Sorpresa dilato gli occhi, ripercorrendo gli eventi silenziosamente alla ricerca della sua figura slanciata.
Ian mi fissa di rimando, lo sguardo denso di un qualcosa di indistinto e indecifrabile che sembra essere tremendamente speculare a quello che provo io.
Forse sa solo mascherarlo meglio, mi dico distrattamente mentre i miei denti affondando nel mio labbro inferiore.
Ma è qualcosa che illumina il suo sguardo l'attimo dopo a sorprendermi davvero, a far perdere un battito al mio cuore.
- Eri bellissima – soffia con trasporto, inchiodandomi con uno sguardo limpido e sincero che mi provoca la tachicardia.
Le mie guance si surriscaldano, velandosi di rosso, mentre io stessa vado quasi a fuoco colta in contropiede.
Gli occhi sono lo specchio dell'anima, mi ricorda con un sussurro sibillino una vocina dentro la mia testa.
Spinta da questo tumulto interiore mi allungo verso di lui, baciandolo di slancio e passando le braccia intorno al tuo collo per stringerlo ulteriormente senza lasciargli il tempo di parlare e continuare il discorso.
E' un bacio dolce, impregnato da quel sentimento che brucia dentro di me e che ha origine proprio nella parte sinistra nel mio petto.
Nel mio cuore.
Mi stacco da lui dopo una manciata di secondi, trovandolo sorpreso a fissarmi.
- E poi ? - lo sollecito a parlare.
Appoggio le labbra sul suo collo, non riuscendo a stargli lontana e a non baciarlo per più di qualche secondo.
Bacio dolcemente quella porzione di pelle, restando in ascolto.
- E poi il mio sono alzato – mi risponde pacato. 

E il brillio di quella emozione intensa e forte non anima solo i miei occhi, ma anche i suoi.

 

 

 

 

 

Con una scrollata del capo e un gesto distratto della mano cerco di sistemarmi nel migliore dei modi i capelli, arruffati e un po' annodati che mi conferiscono un'aria vagamente da pazza.

Cosa che però non intacca minimamente il mio buon umore, troppo forte e allegro per essere rovinato da questa stupidata.
Ho ottenuto la parte, mi dico silenziosamente euforica stentando a trattenere la mia allegria.
Sarò la protagonista.
Incredula allargo gli occhi, sbarrandoli leggermente e suscitando probabilmente la confusa curiosità di chi ho intorno.
Un sorriso genuino e solare mi illumina il viso mentre la fila davanti a me scorre lentamente.
 

Ancora fatico a credere di aver ottenuto il ruolo principale di una nuova serie tv, intitola The Vampire Diaries ed ispirata ad una collana di libri che ha avuto molto successo negli ultimi anni.

Forse dovrei leggerli anche io per entrare meglio nella parte, mi dico soppesando l'idea di una nuova lettura.
La parte più razionale di me mi frena però l'attimo seguente, ricordandomi che prima di fare progetti forse dovrei vedere come va il Pilot.
Infatti, prima della conferma della serie la casa produttrice ha deciso di girare e mandare in onda un episodio pilota come indice di interesse tra il pubblico.
Mi stringo nelle spalle, inclinando leggermente il viso mentre compio un altro passo avanti.
Mal che vada sarà una lettura in più, mi dico con una scrollata del capo decidendo di cogliere la palla al balzo per leggere un libro visto che a causa del poco tempo a disposizione di solito non è una cosa che faccio abitualmente.
Finalmente inizio ad intravedere distintamente la cassa, la folla di persone davanti a me che sembra essersi improvvisamente dispersa insieme al vociare caotico.
Emetto un piccolo sospiro, stropicciando distrattamente i soldi che ho in mano con le dita.
Ho decisamente bisogno di un buon caffè freddo, che mi dia una bella svegliata dopo tutte queste ore di provini incessanti e, soprattutto, estenuanti.
Dover ripetere di continuo e per ore la stessa identica battuta cercando di risultare sempre convincente è alquanto difficile, tanto più se gli interpreti maschili cambiano a rotazione e di continuo.
Fortunatamente sembra essere arrivato il mio turno, noto con sollievo incontrando lo sguardo di attesa del commesso.
 

-Un caffè freddo – ordino con voce ferma, sorridendo leggermente mentre,in quella che sembra una frazione di secondo,lui lo prepara.

 

Con la stessa velocità pago, apprestandomi poi con un sospiro pesante e un po' stanco a ritornare nel teatro in cui si svolgono le audizioni.

Non faccio,tuttavia,in tempo quasi a compiere un passo che qualcuno mi scontra, urtando la mia spalla e facendo traballare pericolosamente la tazza di carta nella mia mano.
Con occhi sbarrati la fisso, temendo da un momento all'altro di vederla rovesciarsi sulla mia maglietta rosa come nelle scene a rallentatore dei film di azione. 

Cosa che inaspettatamente non accade con mio grande sollievo.

Il liquido scuro rimane per fortuna all'interno del contenitore, intatto e fresco mentre qualcuno mormora delle scuse affrettate e quasi evanescenti.
Troppo presa dal fissare il mio caffè non ci bado più di tanto, annuendo senza alzare gli occhi sulla figura misteriosa che mi supera l'attimo dopo disperdendosi tra le altre persone.
Con un sospiro sollevato e più confortata dal fatto di essere presentabile, mi muovo ed esco dalla caffetteria subito dopo.
Il momento che cade in fretta nel dimenticatoio della mia testa non appena incontro l'aria fresca e frizzante di Atlanta, che catalizza tutta la mia fievole attenzione.
Imbocco la strada sorseggiando il mio cold coffee, totalmente ignara di due occhi incredibilmente azzurri e indecifrabili oltre la vetrata che mi seguono.
 

 

 

 

 

Note:

 

Salve!

 

Ed ecco qui il sedicesimo capitolo della storia, che in qualche modo rappresenta un giro di boa visto che tratta del primo appuntamento. Le parti in corsivo come avrete notato sono i ricordi.

 Mi scuso in anticipo per la presenza di errori o sviste ma a volte scappano durante la rilettura.
In ogni caso domani riprenderò in mano il capitolo e lo correggerò, oltre inserire delle note più accurate e dettagliate che chiariscano tutti i punti più salienti.
A domani e buona lettura!
 

 

 

Live in Love

Edit del 28\04\13


1- Il titolo si ispira all'omonima canzone di Ed Sheeran “Cold Coffee”. Al contrario dei precedenti capitoli non compare in tutte le parti, ma solo in quella finale quando Ian porta a Nina un caffè freddo. Tuttavia, oltre questo lampante motivo ho deciso di scegliere questo titolo perchè secondo me la canzone e il suo testo trasmettono tutto quello che volevo far trasparire io: tenerezza, dolcezza, voglia di stare con una persona e anche la semplicità di star bene con qualcuno pur facendo cose apparentemente banali e, si, anche quella parolina con la A che Nina fatica ad ammettere.

Il senso del capitolo oltre quello più evidente del primo appuntamento è proprio il stare bene con qualcuno a prescindere dal contesto e da ciò che vi è intorno: Nina pensa questo, fatto che la porta anche a iniziare a capire quello strano sentimento che prova ogniqualvolta è Ian.

Vorrei sottolineare, però, che lei sta iniziando a decifrare di provare qualcosa di importante e forte, ma non ha ancora maturato una consapevolezza tale da esternalo esplicitamente. Tutto ha i suoi tempi.

2- Come ho detto, siamo giunti ad un momento importante a livello di coppia. Dopo che sono passate le nuvole nere della litigata li troviamo sereni (nonostante qualche piccolo momento di tensione a causa della gente che li fissava) a godersi il loro rapporto. Spero che sia apparso tutto coerente con ciò che è accaduto fino ad ora e verosimile. In caso di dubbi comunque contattatemi pure per qualsiasi chiarimento.

3- Un altro punto che tengo a chiarire è quello riguardo i ricordi. Non li ho inseriti a caso per abbellire semplicemente o allungare il testo, ma hanno un preciso significato che con il tempo noterete. Il primo ricordo che incontriamo è quello che Nina crede essere il loro primo incontro, quello ufficiale in cui Paul li presenta. Io ho immaginato un Ian un po' sbarazzino e sornione che esordisce con una battutina, forse trovandola già all'epoca interessante o forse semplicemente divertendosi ad avere questo comportamento. In qualche modo è iniziato tutto da quel momento, tutto ha avuto origine lì con una chimica che era già evidente.

L'ultimo ricordo, quello che si collega al cold coffee, invece sembra apparentemente banale, forse persino inutile alla trama. Al contrario è di grande importanza, perchè pur non comparendo ci fa capire come Ian l'avesse già notata e spiega quindi in qualche modo anche lo scambio di battutine che è avvenuto nell'incontro “ufficiale”.


4- Ringrazio infine di cuore le persone che hanno recensito lo scorso capitolo, vi risponderò al più presto! Il prossimo aggiornamento non so di preciso quando avverrà, ma inizierò in questi giorni a buttare giù il capitolo 17. Sto intanto scrivendo anche una Os e non so quindi quale aggiornamento avverrà per primo.

Spero che questo capitolo un po' più leggero dei precedenti e tranquillo vi sia piaciuto.

Oggi pomeriggio rileggerò ulteriormente il capitolo per eliminare gli errori di battitura o le ripetizioni che mi sono sfuggite.

A presto!


Live in Love


PS: Per chiarire quali storie sto portando avanti e quali invece no vi lascio l'elenco qui sotto :)

True Love- Vero Amore: Storia Nian, In corso.

 Trama: Tratto dal Primo Capitolo:
-Certo che voglio- ribatto io, forse con fin troppa enfasi
- Meno male,il tuo letto è molto più comodo del mio- scherza, facendomi ridacchiare.
- Quindi mi stai solo sfruttando , eh?- ribatto.
-Ovviamente , baby- ride anche lui appoggiando la guancia sui miei capelli

DESTINED FOR ETERNITY: Storia Delena, In corso (momentaneamente sospesa)

Trama: Dal primo capitolo 

Elena è scomparsa.
Ero stato io l’ultima a vederla, quindi.
- E se provassi a chiamarla di nuovo? – mi chiede la bionda con un velo di acuta speranza a velarle la voce, puntando i suoi occhi chiari su di me e spostando il peso da un piede all’altro.
- Hai ragione, non ha risposto alle altre seicento chiamate magari alla seicentunesima risponde – affermo acidamente sarcastico, una smorfia a piegarmi le labbra.
........
Il mio cellulare squilla improvvisamente, rompendo il silenzio e i miei pensieri con la sua tipica musichetta allegra.
Elena. È il nome che fa bella mostra di se sullo schermo 

Sollievo: OS delena (accenni al triangolo Stefan-Elena-Damon), conclusa

Trama: -Mi dispiace , non ce la faccio più-
Erano state queste le tue prima parole , ripetute due volte in risposta al suo sguardo più che giustamente confuso. In fondo vi eravate lasciati felici e spensierati neanche un’ora prima, un bacio a fior di labbra come saluto.
Lo stesso bacio che ti aveva fatto sentire così in colpa , quasi sporca, nei suoi confronti da spingerti a raccontargli la verità.

Give Me Love : OS delena, conclusa.

Trama: Tratto dal capitolo.
- Sarebbe scortese non ballare – ti dico forse con un tono più brusco di quello che voglio, interrompendo il breve silenzio creatosi e portandoti ad alzare gli occhi su di me.
Inclino poi le labbra in un leggero sorriso, che addolcisce impercettibilmente le parole che ho appena pronunciato e che, molto intimamente, spero ti faccia cedere e accettare.
Lo spero davvero. 
Storia dal punto di vista di Damon. Spoiler puntata 3x14

I WILL ALWAYS CHOOSE YOU: Storia Delena, In corso (momentaneamente sospesa)
Trama: Tratto dal Prologo:
- Portane uno anche a lei, va - la indicò con un gesto del capo ridacchiando, indignandola lievemente per quel suo modo sbruffone.
Il barista le posò davanti in meno di un secondo un bicchiere dello stesso liquore, felice che avesse ordinato qualcosa di più forte della sua coca-cola.
............
- E sentiamo, Mr- sono-bravo-a-leggere-le-persone, cosa te lo fa capire?- chiese pungente e sarcastica, guardandolo con un sopracciglio inarcato. Di solito non rispondeva così, se non quando una persona la provocava particolarmente.
Lui, tuttavia, sembrò divertito dalla sua risposta.
Per chiarimenti o domande mi trovate qui : Twitter

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Capitolo 16
*** Confine ***




Note:

Salve! No, non sono un miraggio anche se dopo tutto questo tempo lo potrei sembrare. Eccoci qui con il capitolo 15 di questa storia, finalmente, ma prima ancora che lo leggiate ho delle cose da dire.

Mi vorrei infatti scusare perchè vi ho fatto attendere davvero molto. Troppo. E vi devo quindi delle immense, gigantesche scuse.

L'ultimo aggiornamento è avvenuto alla fine di dicembre mentre ora siamo quasi ad aprile, un'attesa davvero molto lunga, ma causata da molteplici fattori. I primi di gennaio ho infatti iniziato a scrivere il capitolo, ma per vari motivi, non sono riuscita a finirlo. Non ne ero soddisfatta e così ho deciso di cancellare e riscrivere, andando però incontro ad una sorta di blocco dello scrittore che mi ha abbastanza fermata e da cui non riuscivo molto a uscire. Facevo fatica a scrivere e focalizzare il punto del discorso, a descrivere in modo leggibile ciò che i personaggi pensavano o come agivano. Lo studio e gli esami mi hanno portato poi via ulteriore spazio, allungando maggiormente tempo . Ho iniziato così una seconda stesura di questo capitolo, cambiando qualche evento e lasciando intatta l'idea di fondo, che mi piaceva, ed è andata meglio, ma non benissimo.

Non essendone nuovamente pienamente soddisfatta ho ricancellato tutto, arrivando ai primi di marzo praticamente e alla prima stesura della versione che trovate pubblicata.

Questa mi soddisfa molto di più, mi sono sentita io più sciolta nello scrivere e anche se per scaramanzia non dovrei dirlo credo di aver superato con successo il blocco che mi aveva assalita. Vorrei inoltre precisare che non ho MAI pensato di abbandonare la storia o lasciarla incompleta.

Mi dispiace davvero infinitamente di avervi fatto aspettare così tanto, ma era anche giusto proporvi qualcosa di leggibile e coerente con la storia e non buttato a casaccio solo per aggiornare. In un certo senso lo dovevo anche voi, che leggete e mi seguite sempre.

Ho voluto spiegare tutto ciò ancora prima del capitolo per evitare di occupare gran parte delle note finali con le scuse e dedicarle invece esclusivamente agli eventi del capitolo, come è giusto che sia.

Un grazie speciale va chi mi ha spronato e supportato in questi mesi. Grazie!

Detto questo vi lascio alla lettura, sperando che vi piaccia il capitolo!! :)



CAPITOLO 15



CONFINI





- Comunque, è una tortura dover rimanere rinchiusi in hotel quando potremmo girare per le vie di New York-

La voce annoiata e vagamente lamentosa di Candice giunge chiara alle mie orecchie, subito accompagnata da un sonoro, tediato sbuffo. Quasi scocciato.

Senza prestarle molta attenzione annuisco distrattamente, le parole che diventano solo un ovattato sottofondo ai miei pensieri.

- In effetti – aggiungo semplicemente, il tono basso e strascicato di chi poi non sta ascoltando molto e risponde per inerzia.

Tuttavia, lei non sembra notarlo dal momento che continua a snocciolare tutte le cose che potevamo fare o meno, descrivendole minuziosamente una ad una.

Siamo a New York per motivi di lavoro, una intervista nel pomeriggio e poi un party di beneficenza alla sera, ma ci hanno detto di evitare di uscire per non incorrere in ritardi o intoppi.

Quindi siamo costretti in hotel, con la sola compagnia della nostra noia e di un'ottima colazione. Mi passo la lingua sulle labbra, ricordando il sapore delizioso e zuccherino del cornetto al cioccolato.

Il vociare di Candy diventa definitivamente un lontano ronzio mentre io mi immergo senza accorgermene nuovamente nei miei pensieri, così densi da assorbirmi del tutto.

La mia attenzione si concentra su tutt'altra cosa, in particolare su due occhi azzurri che non vedo da quasi più di un giorno ormai. La cui assenza inizia a farsi sentire. Ma non ho il tempo di assaporare questa deliziosa visione dal momento che vengo interrotta.

- Blu o rosso? -

Avendo ormai perso totalmente il filo del discorso e non capendo assolutamente a cosa si sta riferendo la guardo interdetta, alzando gli occhi dallo schermo luminoso, ma privo di messaggi, del mio telefonino.

Lei mi guarda in attesa, un sopracciglio biondo inarcato mentre cerca di decifrare la mia espressione confusa.

- Mmm – affermo mentre freneticamente cerco indizi che possano aiutarmi a capire cosa mi sta chiedendo e salvarmi così dalla sua ira funesta.

A cosa diavolo si riferisce? Mi domando dubbiosa e interdetta, sapendo benissimo quanto odia essere ignorata.

Aggrotto leggermente le sopracciglia mentre le mie labbra si corrucciano automaticamente in un broncio pensieroso appena accennato, gli occhi che saettano velocemente su di lei. Percorro i lineamenti del suo viso struccato alla ricerca di qualche segnale e un lieve senso di colpa si insinua dentro di me constatando che non la stavo ascoltando. Ancora.

Non è la prima volta stamattina, infatti, che i miei pensieri si focalizzano su tutt'altro, distraendosi da lei con una facilità disarmante.

Prendo un respiro profondo, rilasciandolo l'attimo dopo sotto forma di un sospiro pesante, quasi stanco.

Ed è proprio quando i miei occhi si posano finalmente sulle sue mani dalle unghie laccate di due colori differenti e la soluzione si palesa evidente nella mia testa che Candice mi anticipa sul tempo.

- Non mi stavi ascoltando!- tuona rivolgendomi uno sguardo accusatorio e torvo, abbastanza offeso.

In tutta risposta mi mordo colpevolmente le labbra, incassando silenziosamente la testa fra le spalle.

- Di nuovo!- continua lei, gli occhi azzurri assottigliati che la fanno sembrare terribilmente simile ad una bambina indispettita che non viene considerata.

- Si che ti ascoltavo – mento spudoratamente con una calma dissuadente, facendomi tornare utile le mie doti recitative, mentre deglutisco alla vistosa ricerca di una scusa attendibile e accettabile almeno apparentemente, tentando di difendermi – Ero solo distratta, ecco – mormoro inclinando leggermente il viso verso sinistra, sfuggendo al suo sguardo.

Nello stesso momento il mio telefono richiama la mia attenzione con un acuto e breve squillare, suonando ripetutamente.

Improvvisamente i battiti del mio cuore aumentano, una dolce frenesia che mi attanaglia.

Un senso di leggera e acuta ansia mi pervade, poi, velocemente, facendomi sentire insolitamente irrequieta. E una timida, ma quanto mai concreta, speranza mi attraversa pulsando più forte via a via che passano i secondi.

- Stai messaggiando con il principe azzurro, vero?- mi domanda con un inaspettato sorriso a stenderle le labbra un po' divertito e un po' malizioso, riservandomi un'occhiata ambigua. - Anzi, sicuramente è lui – bofonchia l'attimo seguente.

- C'è sempre di mezzo Ian quando non mi ascolti.- aggiunge con un'occhiata cupa e un po' ammonitrice.

Le rivolgo uno sguardo offeso, fulminandola con lo sguardo. Tuttavia, il peso dell'attesa e della curiosità è troppa, quasi insostenibile e mi porta ad abbandonare questo frivolo fastidio.

Riabbasso gli occhi sul mio cellulare, ancora stretto nella mia mano, tentando di scorgere il mittente del messaggio. Rizzando la schiena e con dita frenetiche lo apro, gli occhi dilatati pronti a leggere finalmente qualcosa di suo. Una visibile smorfia di delusione si delinea però sulle mie labbra non appena ne leggo il contenuto, l'attimo dopo.

Una bruciante amarezza si propaga in tutto il mio corpo, portandomi a sospirare quasi tristemente.

Non è lui, purtroppo.

- E' mio fratello – soffio sconfortata, leggermente imbronciata mentre mi appoggio nuovamente ai cuscini del letto.

Ian non si fa sentire da ieri, ormai, e il mio umore inizia molto poco discretamente a risentirne, incupendosi drammaticamente. Comincio quasi a dubitare che lo farà a breve, emetto un piccolo sbuffo stizzito.

Inutile dire che inizia a rendermi impaziente questa cosa, facendomi sentire quasi agitata.

E prima ancora che possa anche solo pensarlo o constatarlo Candice interrompe il flusso dei miei pensieri, anticipandomi ancora.

- Ti manca? - mi domanda la bionda con una freschezza disarmante, centrando inaspettatamente il nocciolo del problema.

E' tremendamente abile in effetti a farlo, constato con una riflessione distratta.

Inclino poi la testa, mordendomi le labbra e allontanando per un momento lo sguardo da quello azzurro e sincero della mia amica. Lo punto sul copriletto blu del mio letto, stropicciandolo lievemente con le dita in un gesto poco attento e che lascia trasparire tutto il mio nervosismo. Davvero molto.

Mi manca decisamente tanto, nonostante ci siamo sentiti fino a ieri sera praticamente.

E' questa la verità. Anche se faccio di tutto per non darlo a vedere esteriormente, è così.

- Si – ammetto mentre le rivolgo uno sguardo consapevole rialzandolo su di lei con un movimento fluido del capo, i capelli che mi finiscono sugli occhi.

Candice ricambia la mia occhiata, esibendosi poi in un sorriso dolcemente divertito e vagamente rassicurante.

- Hai quasi gli occhi a cuoricino, Nina – ride, prendendomi bonariamente in giro e so che dietro le sue parole di apparente ilarità si nasconde una profonda verità.

Forse l'unica a non notarlo sono solo io, mi dico.

Mi lascio, tuttavia, andare anche io ad una lieve risata, cercando di abbandonare e scacciare quel senso di irrequieta malinconia che sembra essere sempre in agguato quando non lo vedo.

Ed è stato così per ogni singolo momento in cui non ci siamo visti. In un pensiero distratto mi domando anche se è normale o se, al contrario, è qualcosa di patologico.

- Resta il fatto che non mi stavi ascoltando, comunque – afferma con voce decisa, venata quasi da un'inclinazione svagatamente petulante.

Mi stringo fra le spalle, riservandole uno sguardo colpevole e di scuse mentre i miei denti affondano nel labbro inferiore in una perfetta espressione responsabile.

- Va bene, hai ragione – ammetto spostandomi i capelli dal viso con una scrollata del capo - Non ti stavo ascoltando – continuo allargando le braccia.

Candy mi sorride vittoriosamente soddisfatta, girandosi poi a pancia in giù con una torsione del busto e sdraiandosi totalmente sul letto.

- Ti perdono solo se mi racconti tutti i particolari – ridacchia soffiando sulle dita per far asciugare perfettamente lo smalto. - Soprattutto quelli piccanti – trilla divertita portandomi a roteare gli occhi al cielo.

- Ma se li sai già – ribatto bofonchiando le parole tra le labbra, incrociando le braccia al seno e abbandonando il telefonino sul copriletto.

- Parla – mi intima lei, non lasciando però di fatto il tempo di aprire bocca dal momento che parla di nuovo. - E non darmi risposte da interrogatorio, voglio i dettagli – continua con un cenno deciso del capo, accompagnato da un'occhiata risoluta che non ammette repliche.

Io prendo nuovamente respiro, venendo interrotto ancora una volta però.

- Quindi state insieme?- mi incalza subito, quasi come se non sapesse trattenersi.

Inarco un sopracciglio, fissandola interdetta. Prima mi dice di non costringerla a fare un interrogatorio e poi finisce per farlo. Tipico suo, scuoto lievemente il capo non riuscendo a trattenere un sorriso divertito.

Infondo le voglio bene anche per questo.

- Ma non avevi detto niente interrogatorio?- ribatto in risposta, in un banale e vano tentativo di defocalizzare la sua attenzione.

Cosa che non accade, purtroppo.

- D-e-t-t-a-g-l-i – scandisce ogni lettera lei, corrucciando le labbra rosate portandomi a roteare gli occhi al cielo.

Un lieve senso di imbarazzo mi pervade, facendomi muovere leggermente irrequieta e a disagio sul posto, portandomi a riflettere per una frazione di secondo.

Sentirlo dire da Ian, pensarlo, è un conto ma, beh, doverlo dire ad alta voce è decisamente diverso. Diventa inaspettatamente concreto, come se superare i confini della mia intimità ed essere tramutato in parole lo rendesse più vivo. Più reale.

Un senso di frizzante contentezza mi pervade, provocandomi una sensazione di caldo piacere e portandomi a sorriderle in modo lieve. Come un'iniezione di allegria direttamente nelle vene il mio umore si alza istantaneamente di una tacca, trasformandosi quasi in un benessere mistico e catartico.

E' inutile negare che pensare a come si sono sistemate le cose mi causi un inconfondibile senso di felicità e gioia.

Ripensare a quei stessi momenti di chiarimento e a tutti quelli successivi me lo provoca, stordendomi quasi.

Ed è una sensazione a cui non riesco ancora ad abituarmi e a cui non so resistere, nonostante siano passati parecchi giorni.

Ogni giorno, ogni momento in cui ci penso mi riscopro sorpresa e intimamente stupita dal senso di tranquilla contentezza che mi suscita. Così naturale e spontanea da risultare inaspettata, sorprendente.

La mia mente mi ricorda distrattamente l'attimo dopo che Candy è ancora in attesa di una risposta, spezzando il flusso di elucubrazioni che mi stavano scuotendo.

Almeno per una volta non pessimiste e cupe, noto serena

- Beh, credo di si – soffio con voce bassa e pacata mentre percepisco le guance scaldarsi lievemente, velandosi di un leggero, ma bruciante rossore.

Mi stringo nelle spalle, continuando a sorreggere il suo sguardo azzurro e vivace animato da una punta di visibile allegria.

Lei esibisce un sorriso luminoso e ampio, romantico, riservandomi un'occhiata attenta che non è solo impregnata di rassicurante serenità.

Mi sta anche studiando, infatti, tentando di decifrare le mie parole e la mia espressione. Cosa che mi fa sentire inaspettatamente oggetto di riflessioni e ipotesi.

- Credi? Pensavo che Mr bipolare avesse detto che voleva stare con te – soffia lei dopo una frazione di secondo, punzecchiandomi maliziosamente. - In tutti i sensi – continua, calcando il tono della voce in una inclinazione decisamente allusiva e insinuante.

- Si, ma non abbiamo parlato molto – ribatto io maliziosa, lanciandole un'occhiata volutamente ambigua mentre ridacchiare divertita.

Anche lei ride, gli occhi animati da un furbo brillio di malizia. Ha capito benissimo a cosa mi riferisco, noto, anche perchè conosce la stragrande maggior parte dei dettagli.

Mi mordo le labbra, continuando a sorridere compiaciuta da questa realtà quanto mai piacevole e invitante. E con la mente ripercorro a ritroso tutti quei momenti, riassaporandoli uno ad uno fino a perdermici totalmente.

Non abbiamo praticamente lasciato quasi mai il letto nei momenti liberi che abbiamo avuto in queste due ultime settimane, fatte di lavoro frenetico e, beh, sesso. Decisamente tanto.

La passione non è infatti mai mancata, fomentando anzi un desiderio che invece di placarsi si acutizzava languidamente.

Inclino leggermente il viso, inumidendomi le labbra mentre un senso di calore, di tutt'altra natura mi scuote con delle lente e suadenti spirali. Una placida stretta mi attanaglia maliziosamente lo stomaco nel momento stesso in cui la mia mente mi ripropone i ricordi di qualche settimana fa, facendomi riassaporare le nostre sinuose figure nel letto della mia camera ad Atlanta.

E il confine tra presente e ricordo diventa fragile, quasi intangibile finendo per svanire e fondere i due mondi in una sola labile presenza.

Voglio stare con te.

Le sue parole, sussurrate in un impeto di passione fisica ed emotiva, mi invadono la mente prepotentemente, stordendomi anche a distanza di giorni per la loro imponente portata emozionale.

Emetto un piccolo sospiro, fievole e beato mentre tutte le altre riflessioni scompaiono all'istante, dissolvendosi nel nulla come una bolla di sapone.

Mi aveva colto di sorpresa. Nonostante la mia ostinata ricerca di confini che ci delineassero in modo sicuro e nitido, difatti, non mi aspettavo una simile frase. Così diretta e schietta da togliere il fiato. Sul momento poi il desiderio reciproco aveva sovrastato tutto e impegnato ogni energia, fino a quando non ero crollata in un sonno profondo sotto le impetuose spinte del piacere che mi illanguidiva il corpo fino a spossarlo.

Solo la mattina dopo, trovandolo ancora tra le lenzuola a dormire beatamente avevo realizzato che non era solo un bisogno fisico, quello che aveva espresso, ma anche e soprattutto sentimentale.

Ne avevo preso coscienza totalmente, finendo per esserne quasi destabilizzata. Il carico di emozioni era stato forte, sconvolgente, così tanto da portarmi a fissarlo con occhi lievemente sorpresi per una sequela di minuti interminabili.

Dopo tutte le litigate, le cose orrende e pesanti che ci eravamo detti, era lì, stanco e dormiente al mio fianco.

E' al mio fianco. Nessun limite, nessun muro tra di noi. Finalmente.

Aveva abbattuto i suoi confini interiori, in qualche modo persino i suoi dubbi e aveva fatto un passo verso di me, dopo tutti quelli fatti in senso inverso. Certo, probabilmente non del tutto, ma era sicuramente un progresso.

Emetto l'ennesimo breve e leggero sospiro, soffiando l'aria tra le labbra in un sibilo impercepibile mentre percepisco quelle stesse intense emozioni pervadermi con un brivido.

Così forti da provocarmi nuovamente quel senso di farfalle nello stomaco, che svolazzano allegre e spensierate. Senza accorgermene gioco distrattamente con una ciocca dei miei capelli, arricciandomela intorno all'indice e srotolandolo l'attimo seguente mentre un'altra poderosa ondata di riflessioni mi invade.

I giorni sono poi passati velocemente, il ritmi lavorativi massacranti prima della pausa natalizia che ci hanno tolto praticamente il respiro e i preziosi minuti di sonno li abbiamo speso in tutt'altro, languido modo. Non abbiamo più parlato direttamente da allora, né della discussione né della nostra situazione.

Non ci siamo, infatti, definiti a parole, discutendo ampiamente su ciò che siamo o meno, ma ci siamo basati su ciò che è emerso in qualche modo spontaneamente: una forte e lampante voglia di stare insieme e provare a frequentarsi. Tentare di andare oltre quel limbo in cui alla fine ci eravamo impantanati, vittime delle nostre stesse paure, e che ci aveva portato a litigare violentemente.

Abbiamo superato quel confine ristretto, ponendocene tacitamente un'altro più vasto.

Un noi.

E il mio cuore perde quasi un battito a questa riflessione, iniziando a pulsare in modo anomalo l'attimo seguente e trasformandosi in tachicardia.

Tuttavia, i miei pensieri vengono frantumati subito dopo da Candice, che riprende a parlare.

- Anche il sesso è una forma di linguaggio – ride maliziosamente lei – E visto quanto ne avete fatto avete parlato decisamente tanto – mi prende allusivamente in giro, facendomi scoppiare a ridere.

La nostra risata genuina riempie momentaneamente la stanza. Cala poi il silenzio mentre il sorriso leggero che mi stende le labbra scema via, lasciando il posto ad una espressione rilassata e compiaciuta.

Candice socchiude le labbra, sussurrando qualcosa che risulta essere un fulmine a ciel sereno. Mi guarda dritta negli occhi, fissandomi in un modo anomalo e insolito.

- Ne sei innamorata?- mi domanda a brucia pelo, schiettamente, cogliendomi di sorpresa con la stessa potenza di un fulmine a ciel sereno.

Presa totalmente in contro piede avvampo, il sangue che affluisce velocemente sulle mie guance rendendole scarlatte.

Ne sei innamorata?

L'eco di quella domanda echeggia nella mia mente, creando il vuoto intorno a se. Il mio cuore perde un battito, portandomi a trattenere bruscamente il respiro che rimane bloccato in gola, raschiandola.

Con gli occhi dilatati la fisso sorpresa, sconvolta quasi, mentre i miei pensieri ruotano solo intorno alla sua domanda. Riesco a pensare unicamente a questo.

Ne sono innamorata?

E la risposta questa volta non so darmela. La cerco disperatamente, ma non la trovo.

Boccheggio lievemente, aprendo e chiudendo le labbra un paio di volte senza trovare nulla da dire. Senza sapere cosa ribattere.

Senza riuscire a delineare un confine dentro di me, fare chiarezza nella matassa di elucubrazioni che si aggrovigliano nella mia mente.

- Non lo so - balbetto impacciata mentre qualcosa dentro di me protesta violentemente, scalciando e scalpitando come per farsi sentire, notare.

Non lo so davvero o fingo di non saperlo? Mi domando confusa, rintronata.

E il confine è così sottile che non so capirlo.

- Non lo sai davvero?- mi incalza ancora lei, inarcando un sopracciglio e inchiodandomi con uno sguardo indagatore da cui non so sfuggire. Non ci riesco.

Mi stringo nelle spalle.

- Forse - sussurro semplicemente, il cuore che batte scalmanato nel mio petto.

Scalpita e stride contro una sorta di irrazionale razionalità che non sa dare una risposta se non questo semplice sussurro.

- O forse non vuoi saperlo?- preme lei senza scampo, volendo quasi cercare una risposta a tutti i costi.

Cosa che, al momento, non posso darle.

- Forse - mormoro guardandola per una frazione di secondo negli occhi, cambiando celermente però direzione con lo sguardo l'attimo seguente.

Lo punto fuori dalla finestra, dove svettano i grattacieli di NY, non riuscendo a sostenerlo. O forse semplicemente non volendo essere letta più in profondità, penso mentre una forma di pudore mi pervade con una potenza sconcertante.

- Ad entrambe le domande – soffio con tono sottile e appena percepibile, quasi inudibile.

La voce che fa fatica ad uscire, raschiando contro la mia gola dove anche il respiro vi rimane bloccato.

Deglutisco scoprendola secca e la bocca impastata da una frenesia di emozioni che mi sconquassano, mi sconvolgono.

Tutte le riflessioni si ingarbugliano maggiormente tra di loro, si mischiano al mio stato d'animo e mi confondono ancora di più.

Sospiro, scrollando vigorosamente il capo e decidendo di cambiare l'argomento, spostando la sua attenzione e riportandola sulla discussione originaria.

- Comunque, è in ritardo di più di un'ora- affermo irrequieta, reclinando la testa all'indietro e abbandonandolo sul morbido cuscino contro cui sono comodamente appoggiata.

Sbuffo, controllando per l'ennesima volta il telefono per poi abbandonarlo definitivamente sul copriletto convincendomi che, almeno per il momento, non riceverò nessuna sua chiamata o messaggio.

E l'irritante ansia dovuta al fatto di non vederlo torna a farsi sentire, purtroppo, bussando alla mia porta.

Candice mi rivolge uno sguardo interrogativo, che diventa poco dopo consapevole non appena comprende a cosa mi sto riferendo. O meglio a chi.

E le sono silenziosamente grata di non essere andata oltre con le domande, persistendo ottusamente.

- Magari è scappato con una hostess – afferma con tono serio, guardandomi dritta negli occhi con l'espressione di chi ti sta dicendo una grande verità.

Io allargo lievemente gli occhi, sbigottita e infastidita da questa remota possibilità. E proprio quando il tarlo della gelosia inizia a bussare erodere le basi della mia insicurezza lei scoppia a ridere.

La sua risata cristallina, divertita genuinamente e ilare invade la stanza e le mie orecchie, scacciando via quell'albore di irritazione.

Stringo stizzita le labbra, afferrando un cuscino azzurro vicino a me e tirandoglielo contro.

- Non è divertente!- bofonchio la mia protesta con tono imbronciato e vagamente offeso.

I battiti del mio cuore rallentano lentamente, tornando normali e cadenzati.

Anche solo pensarlo, per scherzo, in compagnia di un'altra donna mi provoca fastidio, infondendomi un senso di latente nervosismo vago e paradossalmente al tempo stesso molto presente.

- Dovevi vedere la tua faccia – continua a ridere di me la bionda, i capelli prima perfetti ora scompigliati dalla mia cuscinata mentre si porta una mano al petto, come per calmare le sue risa incontrollabili.

Le lancio un'occhiataccia torva, scoprendomi più innervosita dal fatto che abbia ragione che dalla frecciatina in sé. E la sua assenza prolungata non fa altro che acuire e peggiorare il mio nervosismo. Possibile che mi manchi già terribilmente? Mi domando sorpresa e confusa, cercando di decifrare il mio stato d'animo e i miei pensieri. Così contorti e intrinsecamente impregnati di emozioni, sbuffo leggermente.

Forse mi sono solo abituato ad averlo sempre intorno e ora mi manca di più anche per questo, mi dico cercando di convincermene davvero. O forse illudermene?

Sospiro nuovamente, soffiando l'aria tra le labbra. Come si può trovare un confine tra interessamento e qualcosa di più?

Mi ritrovo a chiedermi confusa, non riuscendo a trovare una risposta se non il fatto che mi manca terribilmente e non lo vedo solo da un giorno.

Le nostre chiacchiere e, soprattutto, i miei pensieri vengono tuttavia spazzati via l'attimo seguente

La porta in legno scuro si apre infatti all'improvviso, portandoci a voltarci istintivamente in quella direzione.

Con una torsione lieve del capo inclino leggermente il viso, beandomi della figura tonia e slanciata, vestita come di consueto di scuro, che compare davanti a me, sulla soglia. Con un'occhiata attenta e particolarmente interessata la percorro interamente. E un senso di dolce e pacifico sollievo mi pervade subito, entrando in circolo.

Un sorriso leggero, illanguidito da una punta di desiderio, mi vela le labbra, stendendole in modo quasi felino. I miei denti vi affondano nel momento stesso in cui i miei occhi si posano sulla sua bocca, carnosamente invitante.

Ian, il telefono tra la spalla e l'orecchio e un borsone appeso al braccio, compare dinnanzi a noi, entrando nella stanza con una sola, semplice falcata.

Emette qualche piccolo cenno affermativo, probabilmente in risposta all'interlocutore che lo sta tenendo occupato al cellulare mentre intanto richiude la porta alle sue spalle. Alza poi lo sguardo su di noi, facendo un cenno con il capo come saluto.

- Parli del diavolo e spuntano le corna – sussurra ironicamente e piano Candice, in modo tale che lo possa percepire solo io.

Rido sommessamente, lanciandole una finta occhiataccia che appare quasi cospiratoria e non accorgendomi che lui si è avvicinato.

- Ti ho sentito Candito – ribatte Ian, scherzando e chiamandola con il soprannome che ha coniato lui stesso visto i vestiti sgargianti che indossa di solito e l'assonanza con il suo nome.

Candice in risposta assottiglia gli occhi indispettita, non scomponendosi però più di tanto e rimanendo sdraiata comodamente nella parte di letto in cui di solito dorme Ian.

Ian, invece, continua a sfoggiare il suo ghigno malizioso e divertito, raggiungendo i piedi del letto e sfilandosi la giacca.

- Ciao piccolo grande Ian – freccia lei l'attimo seguente, punzecchiandolo maliziosamente e difendendosi.

Io sbarro all'istante gli occhi, il sangue che affluisce velocemente sulle mie guance e lo sgomento che prende possesso della mia mente non appena mi rendo conto a cosa si sta riferendo.

O meglio a quale parte del corpo.

Lo ha detto davvero? Mi chiedo totalmente senza parole.

Con occhi sgranati rimango per una frazione di secondo immobile, cercando di comprendere se Candice lo ha chiamato realmente in quel modo o se me lo sono solo immaginato.

Mi volto lentamente verso di lei, lo stupore intatto stampato nitidamente sul mio viso

Cosa diavolo le è saltato in mente?Mi domando allibita e shoccata, lo shock iniziale che si tramuta quasi in panico non appena il mio cervello mi ricorda che anche Ian ha sentito.

- Scusa?- inarca lui un sopracciglio scuro, guardandola scetticamente.

In tutta risposta lei ride ancora più forte mentre Ian la guarda interdetto, probabilmente non capendo, e io vorrei letteralmente sotterrarmi sotto i cuscini.

Imbarazzata rivolgo uno sguardo di scuse a Ian, che, al contrario delle mie previsioni, sorride vagamente divertito.

- E comunque quella è mia parte di letto- afferma pungente accompagnando un gesto della mano alle parole – Smamma – ribadisce, beccandosi subito l'occhiataccia al vetriolo e offesa di Candice.

Schiude le labbra, fissandolo torvamente prima di rizzarsi a sedere.

- Me ne vado solo perchè non voglio vedervi in modalità piccioncini- afferma con voce sibillina – O peggio in modalità accoppiamento!-

Rido punzecchiata dalla frecciatina maliziosa mentre lei si alza dal letto con un saltello, avvicinandosi alla porta.

- Ci sentiamo dopo, Nina – mi saluta con una scrollata del capo, che le muove i capelli biondi, guardandomi da sopra la spalla. - E non fate troppo rumore, ho la camera qui affianco-

Senza lasciarmi il tempo di ribattere scompare dietro la porta, chiudendosela alle spalle, accompagnata da una risata cristallina e maliziosa che svanisce nel corridoio silenzioso.

Con ancora le labbra dischiuse dalla sorpresa e le guance arrossate di imbarazzo mi volto nuovamente verso di Ian, ancora in piedi.

- Piccolo grande Ian? - mi domanda con voce bassa e apparentemente tranquilla, appena venata da una nota di tensione mentre inarca un sopracciglio corvino.

Schiudendo le labbra mi inginocchio sul letto, sedendomi sui talloni mentre mi stringo imbarazzata tra le spalle e lo fisso senza saper bene come giustificarmi.

E meno male che le avevo detto che erano confidenze, mi dico

- Mi dispiace, Som – lo sguardo realmente dispiaciuta e a disagio.

Lui strabuzza gli occhi, guardandomi incredulo e quasi stralunato mentre con un gesto fluido allarga le braccia.

- Cioè...piccolo?- stringe gli occhi, stendendo le labbra in una smorfia offesa e quasi oltraggiata.

Le arriccia, corrucciandole e assumendo una espressione offesa, come se avesse subito un tremendo affronto.

E anche tremendamente buffa.

Scoppio infatti a ridere il secondo dopo, non riuscendo più a trattenermi.

Lui mi guarda male, avvicinandosi con un'ampia falcata alla parte del letto in cui sono io. Assottiglia giocosamente gli occhi, rendendoli simili a due fessure, portandomi ad allungare istintivamente le mani in avanti.

- Mi prendi anche in giro, Dobrev?- afferma scherzoso appoggiando in modo fulmineo le mani sui miei fianchi, dove con dita abiti si infila sotto la maglietta nera che indosso e inizia a farmi il solletico.

Improvvisamente scossa dai singulti delle risate mi muovo in modo scomposto fra le sue braccia nel tentativo di liberarmi, ma finendo, di fatto, per essere ancora più intrappolata nella sua morsa. Lui continua difatti a torturami in questo modo, facendomi mancare quasi il respiro.

- No... no … il solletico no – ansimo balbettando a causa delle risa, implorandolo quasi di lasciarmi stare.

Lui indugia ancora qualche attimo.

- Mmm, per questa volta, ti risparmio – acconsente dopo un secondo di esitazione, lasciandomi accaldata e ansimante tra le sue braccia. - Solo perchè mi sei mancata – soffia poi al mio orecchio, il suo respiro fresco che si infrange contro la pelle sudata del mio collo.

Questo contatto mi provoca inaspettatamente un lungo brivido di piacere su per la schiena, facendomi rabbrividire mentre un sorriso si delinea spontaneamente sulle mie labbra.

Irrazionalmente mi inarco leggermente contro di lui, infilando silenziosamente le mani sotto la sua camicia e cercando un contatto maggiore con il suo corpo muscoloso. Non appena i miei polpastrelli incontrano la sua pelle morbida e bollente alzo lo sguardo su di lui, mentre qualcosa di indistinto si muove dentro di me.

Una sensazione suadente e languida mi stringe il cuore, provocandomi la tachicardia e una morsa dolce allo stomaco che assomiglia terribilmente alle vertigini.

E mi sento tranquilla e spensierata, sollevata dalla sua presenza. È come se tutto andasse al suo posto in un istante.

Finalmente è qui, con me. Nessun confine territoriale a dividerci, nessun limite tra di noi.

Ian contraccambia il mio sorriso, esibendo il consueto mezzo ghigno malizioso e vagamente dolce che lo contraddistingue.

Sposta poi una ciocca di capelli scuri dal mio viso, portandomela dietro l'orecchio in una carezza leggera ma tremendamente deliziosa che mi fa quasi perdere un battito.

Appoggio il viso contro al suo palmo, percependo la pelle calda adagiarsi contro la mia guancia mentre continuiamo con il nostro gioco di sguardi. Quella sensazione piacevole e forte torna a farsi sentire, questa volta più forte e vigorosa.

E mi rendo allora conto che non è solo un mio pensiero, comprendo che non ci sono davvero confini tra noi.

Lo leggo nei suoi gesti, nel suo sguardo. Lui inclina poi il viso, guardandomi in modo languido e voluttuoso mentre avvicina lentamente il volto al mio.

Dopo neanche una frazione di secondo appoggia le labbra all'angolo della mia bocca, portandomi istintivamente a socchiudere gli occhi mentre lambisce quella piccola porzione di pelle.

E mi ritrovo ad agognare un suo bacio come un assetato nel deserto, ne sento il bisogno pulsare nelle vene diventando sempre più intenso. E' bisogno di lui, che si palesa concretamente in un delizioso solletico al basso ventre.

Istintivamente inclino il capo verso destra, facendo scontrare i nostri respiri e soprattutto le nostre labbra che finalmente si incontrano.

E' un bacio vorace, intenso e carico di desiderio represso. Una elettrica voglia vibra improvvisamente nell'aria, tra di noi, appesantendo i nostri corpi ed illanguidendoli. Appoggio una mano sul suo viso mentre con una leggera pressione mi spinge all'indietro, fino a farmi sdraiare sul materasso con un lieve rimbalzo.

E' subito su di me, fra le mie gambe che si aprono e lo accolgono nonostante l'impedimento dei vestiti, stringendosi intorno ai suoi fianchi mentre l'ennesimo bacio si consuma focosamente.

Improvvisamente tutto intorno a noi diventa superfluo, come se ogni cosa si sbiadisse lentamente fino a perdere la sua forma.

Il confine temporale svanisce, rinchiudendoci e accogliendoci in una languida bolla atemporale dove nulla ha importanza.

La sua mano cerca la mia sul copriletto, intrecciandosi con essa mentre struscia i fianchi contro i miei in una voluttuosa frizione che mi provoca una imponente scarica di piacere e desiderio.

Rimaniamo solo noi, divisi da uno strato di abiti che tra pochissimo scomparirà.

Sorrido maggiormente mentre la sua bocca lambisce ancora una volta la mia, intrappolandola in un bacio lento e voluttuoso che sopprime il primo dei miei sospiri.

In un lampo di remota razionalità la mia mente palesa un pensiero che non so decifrare.



Esiste ancora un confine tra me e lui?









***********************************



Un sorriso allegramente cordiale e svagato compare sulle mie labbra nel momento stesso in cui una piccola lucina rossa lampeggia, segnalando che siamo di nuovo in onda. Il pubblico in studio ci accoglie nuovamente con un fragoroso applauso, così vivace e veemente da risultare quasi assordante.

Sorrido lievemente frastornata, ma comunque a mio agio, mentre mi sistemo una ciocca di capelli scuri dietro l'orecchio.

La conduttrice dalla folta capigliatura bionda riprende intanto a parlare, ammiccando affabilmente al cameraman.

- Ben tornati con noi – saluta i telespettatori, sfoggiando un sorriso così smagliante da risultare accecante oltre che finto.

Ian seduto al suo fianco sul divanetto invece rimane in silenzio, mostrando semplicemente un mezzo ghigno.

Con un vago occhio critico la studio, squadrandola leggermente da capo a piedi mentre snocciola l'ennesima domanda sullo show a Julie. E' una donna sulla trentina, decisamente avvenente e con un un forte carisma. E probabilmente è anche consapevole di esserlo visto il modo di ostentata seducenza con cui si pone.

Soprattutto con Ian, assottiglio gli occhi mentre il mio sguardo diventa tagliente e una punta di fastidio mi attraversa, trafiggendomi da parte a parte. Lo ha fatto sedere fin da subito vicino a lei, intrattenendolo per gran parte del tempo dell'intervista.

Cosa che non mi è passata decisamente inosservata. Anzi, tutt'altro. E l'irritazione torna a farsi sentire, manifestandosi in modo più forte e sotto forma di una irritante stretta allo stomaco che non mi lascia scampo. Mi attanaglia, tormentandomi e rendendomi irrequieta.

Gelosia, soffia con tono canzonatorio una vocina petulante dentro la mia testa, riconoscendola subito ed etichettandola. Scrollo leggermente il capo, mordendomi l'interno della guancia nel tentativo di scacciarla e sopprimerla.

Sono davvero gelosa? Mi domando sconcertata, tentando vanamente di comprendere meglio il tumulto di emozioni che si agita dentro di me.

Lancio un'occhiata di sottecchi ad Ian, sperando che passi il più inosservato possibile. Non mi va decisamente che mezza America speculi su queste cose, creando supposizioni e gossip di basso livello.

Correndo comunque questo piccolo rischio con lo sguardo seguo la sua figura snella e tonica, vestita come sempre di scuro. Sembra tranquillo e non particolarmente interessato a ciò che gli sta intorno. Né all'intervista, né a chi la fa, noto con un piccolo sospiro rincuorato.

Tuttavia, la morsa fastidiosa e irritante non scompare, continuando a rimare vigile e fin troppo presente. Mi tende lievemente, facendomi apparire tesa e contratta.

E fissandolo la domanda sorge spontanea: perchè sono così gelosa?

Dubbiosa e incerta prendo un piccolo respiro, tentando di apparire naturale e attenta nonostante il tumulto interiore delle mie emozioni che sembrano non volerne sapere di smetterla di agitarsi.

Come se non fossero già abbastanza intricati e contorti di loro, a questo pensiero si aggiunge un'ulteriore domanda che vibra con una potenza allarmante dentro di me.

Ne sei innamorata?

La voce di Candice, il suo quesito, echeggia nella mia mente per qualche lungo istante, così nitida e chiara da zittire all'istante tutte le altre rumorose riflessioni. Il mio cuore aumenta leggermente i battiti, diventando uno scalpitare irrequieto e aritmico che mi confonde ulteriormente.

Deglutisco, mentre l'agitazione sale ancora rendendomi terribilmente nervosa e contribuisce anche il non sapermi dare una risposta. Non riesco, infatti, a tracciare un confine netto, a dividere i pensieri dalle emozioni e fare di conseguenza chiarezza.

E' per questo che la gelosia si manifesta in modo così violento? Mi domando ancora, accatastando quesiti su quesiti senza risposte.

Forse, mi dico incerta e confusa. Di certo non mi aiuta a rimanere calma e razionale, ragionando in tal modo più chiaramente. E' questa la risposta risolutiva?

A complicare ulteriormente il mio stato d'animo, contribuendo ad alimentare il caos totale della mia mente, ci pensano un paio di occhi azzurri.

Ian alza improvvisamente lo sguardo su me, come richiamato dal vociare rumoroso e paradossalmente al tempo stesso silenzioso del mio rimuginare. Lo fa scontrare con il mio, intrappolandomi in un gioco indissolubile e indecifrabile da cui non so sfuggire.

O forse non voglio, semplicemente.

Per una frazione di secondo rimaniamo così a guardarci da lontano, gli occhi incatenati. Si fondono in uno scambio silenzioso di pensieri che non sono certa di aver compreso appieno.

E quella domanda imponente, ingombrante torna a farsi sentire come un monito.

A rompere bruscamente sia il turbinio delle mie elucubrazioni sia il nostro gioco di sguardi ci pensa la voce acuta di Emily, la conduttrice.

L'attimo dopo i riflettori e tutta l'attenzione vengono puntati su di me, cogliendomi di sorpresa.

- E tu Nina cosa ne pensi? Gran parte del lavoro è tuo quest'anno - afferma al mio indirizzo lei, la voce acuta e incalzante che mi risulta quasi irritante.

Totalmente presa in contropiede socchiudo le labbra, rimanendo in silenzio mentre un imponente ondata di imbarazzo mi coglie.

Dannazione a me e ai miei pensieri, mi ritrovo ad imprecare silenziosamente contro me stessa mentre tento freneticamente ricordarmi la domanda.

Mentre la telecamera mi inquadra mi sistemo meglio sul divanetto in cui sono seduta, tra Paul e Candice, accavallando le gambe in modo tale che il vestito blu che indosso non le scopra del tutto.

- Ci dobbiamo aspettare colpi di scena nelle prossime puntate?- mi sollecita ancora a parlare, consentendomi fortunatamente di capire di cosa parla.

Mi umetto le labbra, accingendomi a rispondere.

- Sicuramente si – affermo con un ampio sorriso, apparendo tranquilla mentre gesticolo lievemente mentre parlo – Julie e Kevin hanno fatto un ottimo lavoro e i prossimi episodi lasceranno davvero con il fiato sospeso -

Lei, apparentemente soddisfatta, commenta allegramente la mia risposta, ponendo poi la domanda seguente dopo aver sbirciato velocemente sulla cartellina che ha appoggiato sulle gambe.

- Fino ad ora abbiamo parlato dello show, adesso passiamo quindi a qualcosa di più personale - afferma e per un attimo un brillio quasi sadico le attraversa lo sguardo verde.

Mi scambio una veloce occhiata con Candice, seduta al mio fianco, che si esibisce in una smorfia non proprio contenta. Sono domande di rito queste, fin troppo presenti nelle interviste e altrettanto fastidiose.

E proprio quando mi aspetto da un momento all'altro qualche quesito sulla mia vita privata, lei si volta rifocalizzando tutta la sua attenzione su Ian.

Irrazionalmente la morsa che mi stringe nervosamente lo stomaco torna a palesarsi, acutizzandosi lievemente.

- Normalmente quando si affronta il successo si ha sempre una presenza femminile vicino, tu, Ian, hai qualcuno? - soffia con voce melliflua, quasi seducente, accompagnando le parole ad un vigoroso sbattimento di ciglia.

Lui aggrotta leggermente le sopracciglia, come se non si aspettasse questa domanda o, almeno, non così diretta. E sinceramente neanche io.

Socchiudo lievemente le labbra, mentre istintivamente trattengo il respiro. In fibrillante attesa di una sua risposa lo fisso con gli occhi dilatati, il cuore che scalpita ansioso nel petto e il respiro bloccato in gola.

Sono domande frequenti nelle interviste ma è la prima volta che succede dopo il nostro rappacificamento. E mi ritrovo a chiedermi cosa risponderà. Non abbiamo mai parlato di cosa dire o fare in pubblico in queste settimane, non abbiamo in qualche modo neanche concordato una linea comune da tenere.

Cercando di riacquistare un minimo di contegno mi mordo le labbra l'attimo seguente. Sembrare imbarazzata e colta da un attacco d'ansia per una domanda simile in pubblico non è decisamente un'ottima idea, attirerebbe ancora più l'attenzione su di noi.

Ian si esibisce in un ghigno malizioso, stendendo le labbra nel solito mezzo sorriso birichino che mi fa impazzire. Allarga poi le braccia l'attimo seguente, inclinando lievemente il capo verso sinistra.

- Decisamente no – ride lui, il tono della voce sicuro e morbido come sempre e qualcosa dentro di me protesta a queste parole.

- Non sono assolutamente il tipo da relazioni lunghe o durature – aggiunge lanciando un'occhiata languida all'intervistatrice, mentre il pubblico femminile in studio rumoreggia contento.

Una punta di delusione mi pervade, trafiggendomi da parte a parte e pervadendomi.

Amareggiata e irrazionalmente infastidita continuo a guardarlo in modo cupo, tutto il resto che diventa sottofondo sbiadito dei miei pensieri.

Non mi aspettavo di certo che confermasse e dicesse che ero io, ma neanche sinceramente una risposta simile. Così dura e netta.

Che bisogno c'era di calcare così la mano? Mi domando sconcertata mentre il mio fastidio aumenta ancora non appena la conduttrice chiude la trasmissione continuando a lanciare occhiatine a Ian.

Lo studio si svuota velocemente, in modo direttamente proporzionale all'acutizzarsi del mio fastidio.

Senza degnare nessuno di uno sguardo, soprattutto Ian, mi alzo dal divanetto su cui ero seduta e con Candice mi allontano, avviandomi verso i camerini.

- Che intervista noiosa – sbuffa Candy al mio fianco, raggiungendomi accompagnata dal ticchettio acuto dei tacchi.

Le rivolgo un leggero sorriso, inclinando appena le labbra in quello che sembra più una smorfia che un sorriso. Non le dico nulla, stringendomi unicamente nelle spalle mentre la ascolto.

- Meno male che è finita, non ne potevo più – passa una mano fra i capelli biondi, sistemandoli.

Ed è proprio quando sono sul punto di parlare che qualcosa attira la mia attenzione, portandomi a tendere l'orecchio.

- Grazie mille – afferma all'improvviso una voce femminile bassa e suadente, che riconosco subito come quella dell'intervistatrice e che riprende a parlare l'attimo dopo. - Ho visto le prime statistiche sugli ascolti e sono fenomenali -

Mi mordo le labbra, compiendo istintivamente un passo indietro per cercare di captare qualche altra parola in più e, soprattutto, in modo più nitido e chiaro.

So che non è propriamente educato e corretto origliare una conversazione altrui, ma il mio istinto mi sprona a continuare e rimanere in ascolto. Mi spinge in questa direzione.

E io lo seguo.

- Non mi stai di nuovo ascoltando – protesta Candy al contrario, bacchettandomi con un'occhiata che però zittisco con un gesto.

Alzo un dito, facendo silenziosamente segno a Candice di stare zitta e permettermi così di captare il dialogo alle mie spalle nonostante il vociare caotico che ci circonda.

Lei aggrotta le sopracciglia, guardandomi confusa e non capendo, ma assecondandomi.

- Figurati, tesoro – le risponde qualcuno l'attimo seguente, il tono suadente e roco che io conosco benissimo.

Allargo leggermente gli occhi, espirando. È Ian, riconosco subito mentre la morsa allo stomaco diventa quasi insopportabile culminando .

Irrazionalmente una pizzicante irritazione mi pervade nel sentire il tono seducente e il nomignolo con cui l'ha chiamata.

Tesoro? Inarco infastidita un sopracciglio mentre un'altra ondata di fastidio si riversa nelle mie vene, bruciando terribilmente in tutto il mio corpo.

Quasi al limite della sopportazione stringo le labbra, indurendo l'espressione e decidendo che il carico di emozioni negative per oggi è decisamente abbastanza.

Innervosita terribilmente e stretta della morsa della gelosia muovo un passo in avanti, tentando di andarmene ma la frase successiva mi tiene inaspettatamente incollata al pavimento.

- Allora che ne dici di festeggiare uscendo a cena? L'ultima volta è andata alla grande – ride maliziosamente, il tono ambiguo e terribilmente irritante che mi da i nervi.

Stringo istintivamente le mani, chiudendo le dita in un pugno e percependo le unghie affondare spietatamente nella pelle chiara e delicata del mio palmo.

E una bruciante consapevolezza mi avvolge, rendendomi finalmente più chiaro tutte quelle occhiate maliziose e i mezzi sorrisi. La confidenza innaturale per due persone che si conoscono appena trova spiegazione, in qualcosa che avrei decisamente preferito sapere prima invece di scoprirla così.

Ci è andato a letto.

Mi mordo quasi a sangue le labbra, irritata da una molteplicità di fattori e pensieri. E prima fra tutte spicca la gelosia, bruciante e divorante che mi soffoca tra le sue spire, non lasciandomi via di scampo e respiro.

Ormai al limite, decido di andarmene.

- Senti, ci vediamo dopo – dico a Candice, l'umore che cade a picco man in mano che dettagli e ipotesi affollano la mia mente.

Senza degnare Ian o ancora peggio l'intervistatrice di uno sguardo allungo il passo, superandoli ad ampie falcate ed uscendo dallo studio televisivo in una frazione di secondo.

Imbocco velocemente il corridoio scuro, lasciandomi alle spalle tutto il caotico vociare.

Ci è andato a letto e non mi ha detto nulla, mi dico mentre una smorfia amara mi solca le labbra.

Scuoto leggermente il capo, i piedi che si muovono da soli in direzione del camerino o di qualsiasi posto tranquillo e possibilmente senza la loro presenza irritante.

Socchiudo leggermente gli occhi a causa del passaggio alla penombra dopo la luce accecante di poco fa. Rimane solo un'ombra scura, torva, sul mio volto che soppianta bruscamente il sorriso di circostanza di poco fa, conferendomi un'aria imbronciata e seccata.

Un imponente senso di irritazione mi pervade non appena il muro di contenimento che mi ero costruita per non apparire pubblicamente nervosa crolla, lasciando spazio all'ondata violenta di gelosia.

Non mi ha detto nulla, mi ripeto ancora mentre il nervoso aumenta maggiormente acutizzandosi violentemente.

E una domanda sorge spontanea: ha negato di avere qualcuno anche per questo?

Con il cuore in gola deglutisco, le sicurezze create fino ad ora che improvvisamente vacillano fragilmente, rischiando di cadere e frantumarsi miseramente.

Deglutisco, passandomi una mano tra i capelli nel tentativo di calmarmi e pensare razionalmente. Ma non ci riesco, quel sentimento di fastidio imponente che mi pervade me lo impedisce.

Espiro violentemente, la camminata che diventa sempre più frenetica e veloce nonostante le scarpe con il tacco che indosso.

- Nina - una voce che conosco fin troppo bene mi chiama con tono chiaro e forte, cercando intenzionalmente la mia attenzione.

Cosa che forse non ho intensione di dargli. Assottiglio istintivamente gli occhi, rallentando leggermente la mia marcia verso il camerino dove abbiamo lasciato i nostri effetti personali senza , tuttavia, arrestarla del tutto.

Cosa diavolo vuole ora? Mi domando quasi rabbiosamente .

- Nina! - mi chiama nuovamente, questa volta in modo più deciso e qualcosa mi spinge a fermarmi e aspettarlo.

Forse il mio istinto, o forse semplicemente una forma innata di masochismo.

Mi raggiunge dopo una manciata di secondi, materializzandosi davanti a me.

- Ei - sussurra Ian, un leggero accenno di fiatone che gli incrina la voce e rende affrettato il suo respiro.

Io non dico nulla, limitandomi a voltarmi verso di lui e fissarlo. Molto probabilmente è la mia espressione seccata a parlare da sola, visto che sfoggia il suo mezzo sorriso con l'intento palese di farmi cedere.

E ciò mi irrita ulteriormente.

- Dove vai così di fretta?- mi domanda sfoderando un sorriso affabile, quasi dolce.

- In camerino, vado a prendere la giacca – mormoro in risposta, il tono di voce abbastanza freddo e neutrale. Forse persino vagamente meccanico.

Lui aggrotta le sopracciglia, sfoggiando un'espressione confusa e interdetta.

- Potevi aspettarmi – afferma cercando i miei occhi, forse per comprendere il sentimento che mi sta agitando.

Non glielo permetto, sfuggendogli e puntando lo sguardo alle sue spalle, sullo studio ancora illuminato.

E un confine nasce spontaneo tra di noi, qualcosa che in un certo senso ci divide.

Una distanza che pongo io stessa, ma di cui in questo momento ho bisogno.

E così non dico nulla, rimanendo semplicemente in silenzio mentre quella sensazione bruciante mi pervade, divorandomi.

E quel tarlo interiore pulsa, scalpitando e mischiandosi alla curiosità divorante che non riesco a sopire, allontanare.

- Ci sei andato a letto?- gli domando schiettamente, senza giri di parole.

Lui sbarra leggermente gli occhi, preso in contropiede per poi esibirsi in un sorriso malizioso che mi manda letteralmente il sangue al cervello.

- Che domanda è? - ribatte, il sorriso che continua ad aleggiare sulle sue labbra.

E quel suo evadere vale più di ogni altra parola. Non ho bisogno di una risposta perchè me la da già il suo modo di porsi, di guardarmi.

Indurisco l'espressione, stringendo le labbra in una linea seccata.

E' un si.

- A dopo – soffio semplicemente prima di voltarmi e dargli le spalle, imboccando definitivamente il corridoio senza dargli modo di rispondermi o fermarmi.

Lui non dice nulla.

Rimane semplicemente in silenzio e immobile, statico e fermo mentre io mi allontano del tutto.

E il confine diventa concreto.





*****************************







Le luci di una notturna New York, adornata con le luminose natalizie, si riflette sui finestrini scuri dell'auto in cui siamo, conferendo all'atmosfera una nota romantica e vagamente malinconica.

Il rumore di una portiera che si chiude con uno scatto metallico accompagna l'improvvisa assenza di urla e caos, proprio mentre la vettura inizia a muoversi. Istantaneamente tutto il fragore e la confusione cessano, facendomi piacevolmente sprofondare solo in un sublime silenzio.

Finalmente, sospiro stanca accomodandomi meglio contro il sedile mentre una dolce tranquillità inizia ad avvolgermi. Mi circonda come una bolla vellutata di calma e serenità, spingendomi a socchiudere leggermente gli occhi per bearmene appieno per alcuni lunghi attimi.

Una morbida pacatezza in netto contrasto, però, con il mio stato mentale e interiore, non proprio calmo e sereno. Anzi, tutt'altro.

Dopo l'intervista di oggi non mi ha proprio contraddistinto, mi mordo le labbra mentre istintivamente la mia espressione si indurisce lievemente. Non era, infatti, bastato averla intorno per durante lo svolgersi del programma televisivo, ma era anche venuta al party di beneficenza.

Cosa che non ha fatto altro che irritarmi ulteriormente visto come ha cercato spesso Ian, che io, invece, ho accuratamente cercato di evitare.

Senza voltarmi alla mia destra, dove una silenziosa presenza mi fa compagnia appoggio le dita contro il vetro gelido del finestrino, seguendo con gli occhi le vetture che sfrecciano nel senso opposto al nostro nell'altra corsia.

Rabbrividisco leggermente a questo contatto, lievemente infreddolita a causa dell'abito che indosso e che mi lascia la schiena scoperta. Molto bello, ma decisamente poco caldo.

- Hai freddo? -

Una voce bassa e pacata, tremendamente calda e avvolgente, riempie il piccolo abitacolo in cui siamo, in netto contrasto con il mio infreddolimento. E anche con il mio umore, noto mentre una lieve smorfia si delinea sulle mie labbra e le stende.

Interrompendo il flusso distratto dei miei pensieri mi volto in quella direzione, incontrando il suo sguardo attento puntato dritto su di me. E anche vagamente premuroso, constato con una rapida occhiata.

Silenziosamente lo contraccambio, venendone comunque ammaliata nonostante il nervosismo.

Una punta di silenziosa tenerezza lo vena appena, riuscendo ad incrinare per una frazione di secondo anche il mio malumore.

Mi sembra quasi di essere divisa a metà, dilaniata da un poderoso nervoso da un lato e da un innato senso di dolce calore che il suo sguardo mi suscita dall'altro.

E' solo un attimo però, quel mostro che mi attanaglia subdolamente lo stomaco torna a tormentarmi il secondo successivo. Esattamente come ha fatto tutta la sera.

Dopo l'intervista di oggi pomeriggio, difatti, non mi ha lasciato un attimo di pace, seguendomi fedelmente in ogni momento.

Solo il passare dei minuti e una buona dose di chiacchiere con Candice mi avevano portato a smorzarla, placandola lievemente, ma non del tutto.

Soffio via l'aria tra le labbra, esibendomi in un piccolo sospiro che attira ancora di più la sua attenzione.

Ian mi fissa con occhi incredibilmente azzurri, la cravatta leggermente allentata che spicca sulla camicia bianca e candida e un sopracciglio leggermente inarcato in attesa, ricordandomi solo ora di non avergli risposto.

- Un po' - mi limito a sussurrare impalpabilmente, quasi un soffio, mentre mi stringo istintivamente fra le spalle, l'ennesimo brivido mi assale e mi scuote.

Complimenti a me che non mi porto mai una giacca a questi eventi, soprattutto di inverno, sbuffo leggermente.

Passo allora le mani sulle mie braccia, in un banale tentativo di riscaldarmi. Un lieve sorriso stende al contrario le sue labbra, dolce e quasi intenerito dal mio gesto.

Un po' a disagio e nervosa porto poi una ciocca riccioluta di capelli dietro l'orecchio, distogliendo momentaneamente lo sguardo dal suo. Tuttavia, sono costretta a rialzarlo il secondo dopo, quando, con un gesto fluido e tremendamente elegante della mano appoggia la sua giacca nera sulle mie spalle.

Subito un'imponente ondata del suo profumo mi avvolge insieme al calore che ancora impregna il tessuto, avendo quasi il potere di stordirmi e di placare le tumultuose emozioni che mi scuotono.

Istintivamente affondo in questo abbraccio improvvisato, godendo dell'improvviso caldo confortante che mi circonda. Socchiudo gli occhi, prendendo un respiro profondo e cercando di rilassare le spalle contratte dal freddo e dal nervoso, che non è ancora scomparso totalmente. Forse è anche il peso della tensione e della stanchezza dovuta alla giornata pesante a rendermi così, mi dico riconoscendo interiormente che probabilmente sto esagerando.

Ciononostante non faccio nulla, rimanendo chiusa nel mio statico mutismo. Il fastidio derivante dalla gelosia acuta che mi ha pervaso che mi rende terribilmente cupa e mogia.

- Grazie -

E' infatti la mia unica risposta, prima di voltare nuovamente il viso verso il panorama. Non mi va di discutere e so già che il mio stato d'animo pressato dalla gelosia mi porterebbe a quello, quindi meglio evitare una situazione che so già svanirà dopo una bella dormita.

Però Ian non sembra essere d'accordo con la mia silenziosa decisione visto che mi chiede delucidazioni il secondo dopo.

- Qualcosa non va? - mi domanda lanciandomi un'occhiata di sottecchi, con l'evidente intento di studiarmi e capirmi. Forse anche decifrarmi.

- No - sussurro con una scrollata del capo, cercando di apparire il più normale possibile e celando dietro questo mormorio le mie riflessioni.

Decisamente impregnate di gelosia. Le mie labbra si piegano irrazionalmente in una lieve smorfia a questo pensiero, così vero e così fastidioso.

E' irritante scoprire di essere gelosi nel momento stesso in cui lo si è, ancora di più constatarlo a mente fredda. E la mia mente mi ripropone subdolamente l'immagine di Ian che scherza e flirta con quella giornalista, proiettando davanti a me le loro risate e gli sguardi decisamente lascivi che lei gli lanciava.

Esattamente come nel momento in cui li ho visto torturo nervosamente le labbra con i denti, venendo invasa da un improvviso e quanto mai potente istinto omicida.

- Mi hai ignorato stasera - rompe nuovamente il silenzio lui, soffiando le parole tra le labbra con un tono calmo, ma velatamente interdetto.

Quasi confuso e in qualche modo contorto e questo non fa altro che aumentare il mio fastidio, dal momento che vuol dire che non capisce cosa mi rende così irritata.

Affondo nello schienale del sedile con un sospiro stanco e consapevole mentre mantengo lo sguardo fisso davanti a me, i capelli, legati in un elaborato chignon, dietro cui non posso nascondere la mia espressione seccata questa volta.

Ah, sarei io ad averlo ignorato? Mi domando ironicamente e in modo tagliente mentre assottiglio istintivamente gli occhi, riducendoli a due fessure affilate che manifestano tutto il mio rinvigorito fastidio.

- Strano che tu ne sia accorto - soffio melliflua non riuscendo a trattenermi del tutto dal ribadire in modo acuto e pungente, mandando così in fumo tutti i buoni propositi di non litigare dal momento che lo abbiamo fatto spesso nelle ultime settimane.

Con dita nervose artiglio il tessuto raffinato del mio abito, scoccandogli un'occhiata palesemente seccata.

Ian, confuso, aggrotta le sopracciglia socchiudendo le labbra per ribattere, ma io non gliene do il tempo, parlando nuovamente.

- Si, beh, eri impegnato con miss InveceDiIntervistareFlirto - continuo sibilando le parole tra i denti - Non volevo disturbare – mormoro con finta cortesia, quasi sinuosamente.

Un fiotto di nervoso si riversa nelle mie viene più caldo e bruciante che mai, diffondendosi dentro di me e alimentando il mio malumore.

Mi mordo irrequietamente l'interno della guancia, torturandolo con i denti, mentre faccio scontrare il mio sguardo seccato con il suo in una occhiata ammonitrice.

Ian allarga leggermente gli occhi, mettendoli ancora di più in risalto, e posso distintamente intercettare la confusione, prima, e la consapevolezza, dopo, attraversarli.

Sta cercando di capire cosa mi sta succedendo o, meglio, cosa mi ha irritato così tanto.

Infine, un lampo di una emozione indecifrabile e controversa gli anima l'iride, confondendo me questa volta

E' divertimento? Mi domando silenziosamente interdetta l'attimo dopo, inarcando scetticamente un sopracciglio mentre continuo a fissarlo sbigottita.

E la risposta alla mia domanda arriva il secondo seguente, quando un sorriso divertito gli solca le labbra anticipando una risata.

Sempre più scioccata e stupita dalla sua reazione lo fisso con la bocca dischiusa, espirando violentemente.

Lui si esibisce in un piccolo ghigno, mal trattenendo palesemente una mezza risata svagata e spensierata.

- Sei gelosa ? - mormora con uno strascico di risa ad inclinargli quasi buffamente la voce, facendo apparire la sua come una affermazione più che una domanda.

Ma oggi cosa hanno tutti con questa domanda? Un leggero rossore mi vela le guance, che bruciano improvvisamente di imbarazzo e consapevolezza.

So benissimo che ha ragione lui, che non sono semplicemente gelosa. Oh no, io sono gelosa marcia di lui.

Cosa non propriamente facile da ammettere.

Mi mordo le labbra, mentre il mio orgoglio scalpita cercando di annegare quel fastidio pungente dietro una apparentemente semplice negazione.

- No - ribatto infatti, stringendomi nelle spalle e riservandogli un'occhiata che spero essere il più sicuro e credibile possibile.

Spero vanamente che il confine di quel no, appena sussurrato e pensato possa fungere da muro e trattenere quell'onda di bruciante fastidio che mi investe ogni volta che vedo qualche essere di sesso femminile intorno a lui.

Il suo sorriso si amplia, diventando quasi smagliante e producendo un'altra imponente ondata di calore e imbarazzo. Le mie guance bruciano di più e un generale senso di andare a fuoco sotto il suo sguardo mi pervade come un vortice, risucchiandomi quasi.

Infastidita da una molteplicità di cose mi irrigidisco leggermente mentre emozioni di natura diversa mi attraversano da capo a piedi.

Tutte terribilmente irritanti.

- Non sono gelosa – ribatto ancora, quasi stizzita in una ostinata determinazione nel volerlo contraddire.

Sono consapevole che è un comportamento infantile e oltretutto inutile, ma in questo momento ammetterlo brucia terribilmente.

- Mmm quindi sei davvero arrabbiata per quella storia?- mi domanda tranquillamente, apparentemente per nulla infastidito o irritato dal mio comportamento.

Gli lancio un'occhiataccia, sconcertata dalla facilità che ha nel rende banali anche le cose più importanti.

- Me lo stai chiedendo seriamente?- lo fulmino con lo sguardo, per nulla divertita. - Potevi almeno dirmelo che te la sei portata a letto – bofonchio torvamente, incassando la testa fra le spalle.

Ian puntella il gomito contro il sedile, inclinando il viso e fissandomi con un leggero sorriso a stendergli le labbra. E non capisco nuovamente se è divertito o solo non la reputa una cosa di così fondamentale importanza.

- E smettila di cercare di sedurmi – tuono, tentando di guardando male ma riuscendo solo a lanciargli un'occhiata di sbieco poco credibile.

Nonostante tutto il nervosismo ha sempre ascendente su di me, noto mordendomi l'interno della guancia. Con una facilità disarmante riesce a farmi cedere, a incrinare il muro di nervoso e rabbia che mi circondava fino ad un secondo fa.

Mi lascio poi andare ad un piccolo sospiro, facendo scontrare nuovamente i nostri occhi. Lui continua a guardarmi in un modo indecifrabile, tra una dolce seducenza e una punta di divertimento.

- E ci riesco, almeno?- mi chiede con l'evidente intento di strapparmi un sorriso.

E ci riesce anche se controvoglia. Roteo infatti gli occhi al cielo mentre le mie labbra si tendono però in un sorriso lieve e leggero, appena accennato ma decisamente presente.

- Stai eludendo il discorso – gli faccio notare mentre inaspettatamente il mio nervoso inizia a scemare leggermente .

E' sempre presente solo in modo minore, più pacato.

- Non avevo capito che dovevo elencarti tutti i nomi di quelle con cui sono stato – afferma con tono serio – Anche perchè ci vorrebbe troppo tempo – ride maliziosamente il secondo dopo, continuando a parlare.

- Si, immagino ci vorrebbero giorni – soffio in risposta io, roteando gli occhi al cielo mentre, tuttavia, nono riesco a trattenere un piccolo sorriso.

- Cosa ti devo dire? Ci sono andato a letto, è stato una sera e basta. - afferma con un sospiro stanco, stringendosi nelle spalle e riservandomi un'occhiata annoiata. - Nulla di importante o degno di nota. Tutto qui – conclude, persistendo a guardarmi dritto negli occhi.

E so che è sincero, lo comprendo dal suo sguardo limpido e nitido puntato nel mio. Non sta mentendo

Sbuffo, riservandogli un'occhiata ammonitrice mentre un residuo di gelosia si fa sentire, palesandosi lievemente. Mi muovo leggermente sul posto, nuovamente irrequieta.

- Voglio saperlo – mormoro determinata e decisa, guardandolo dritto negli occhi.

- Te lo sto dicendo, guarda – ribatte lui, sulla difensiva.

- La prossima volta voglio saperlo prima – continuo, spiegandomi meglio e calcando sull'ultima parola.

Accompagno la mia frase con una occhiata eloquente, che spero gli faccia comprendere che non accetterò un'altra situazione simile. Non voglio più essere impreparata, fare in qualche modo la figura dell'ingenua o altro. La chiarezza prima di tutto.

E, intimamente, spero che mi serva anche per placare la mia gelosia in qualche modo.

- Va bene – acconsente lui, il tono morbido e caldo.

Annuisco, rimanendo in silenzio per qualche secondo nel tentativo di scacciare via il nervosismo che mi ha attanagliato per tutto il giorno.

Emetto un piccolo sospiro, soffiando l'aria tra le labbra ed insieme ad essa anche all'irritazione, non distogliendo lo sguardo dal suo.

- Non mi baci da oggi pomeriggio – mormoro esibendo un sorriso leggero, cambiando improvvisamente discorso.

Accantono quello precedente, decidendo che non mi va più di essere arrabbiata e imbronciata.

Ian mi sorride luminosamente, visibilmente sollevato. Passa poi un braccio intorno alla mia vita e mi attira contro di se, stringendomi a lui.

Mi sorride maliziosamente mentre inclina ulteriormente il viso, continuando a non interrompere il nostro gioco di sguardi. Appoggio una mano sul suo viso, accarezzando lentamente la sua guancia mentre i nostri visi si avvicinano. I respiri si mischiano, confondendosi fino ad annullarsi sulle labbra dell'altro.

E' un bacio dolce, lento e leggero che sa di mancanza e riappacificazione.

La mia mano scivola oltre il suo viso, finendo sulla sua nuca dove le mie dita vengono solleticate maliziosamente dai suoi capelli corvini. Gli succhio leggermente il labbro, assaporando la sua bocca mentre il bacio diventa più intenso.

Ci stacchiamo dopo una manciata di secondi ansimanti, respirando praticamente sulle labbra dell'altro.

Deglutisco, a corto di ossigeno mentre continua ad accarezzargli il collo con i polpastrelli in un tocco leggero e appena percepibile.

Alzo poi lo sguardo dalla sua bocca, così invitante dopo tutte queste ore di astinenza, e lo punto nei suoi occhi. E prima ancora che possa pensarlo lo dico, sussurrando quelle parole con tenace determinazione.

- Dobbiamo stabilire delle regole, comunque- affermo diretta, andando dritta al sodo senza tanti giri di parole. - Dei confini - mormoro spiegandomi meglio, inclinando il viso e stringendomi tra le spalle.

Ci ho pensato tutta la sera, rendendomi conto che questa situazione non è solo una cosa sporadica ma un momento da cui trarre qualcosa di concreto.

Abbiamo vissuto in un limbo idilliaco e fantastico nelle ultime due settimane, pensando solo a viverci e assaporare ogni secondo passato insieme.

Ma ora non mi basta più, non basta più al nostro rapporto. Servono dei paletti in qualche modo, che delimitino determinate cose. Qualcosa che tracci un confine tra noi e gli altri, ecco.

Ne abbiamo bisogno per crescere e consolidarci, diventare qualcosa di importante e non più vacillante e momentaneo. E anche io ne ho bisogno, per evitare insicurezze o altro.

- Confini ?- domanda in risposta lui, interrompendo le mie riflessioni e dal tono comprendo che oltre che sorpreso e confuso è anche scettico.

Forse persino non troppo convinto. Mi umetto le labbra, prendendo un profondo respiro e riprendendo a parlare.

- Si - mi stringo nelle spalle continuando a guardarlo - Soprattutto tra te e le altre – aggiungo lanciandogli un'occhiataccia, un po' ammonitrice e un po' gelosa.

Lui in risposta ride, stringendo maggiormente il braccio intorno ai miei fianchi e attirandomi di più contro di lui. L'improvvisa tensione che sembrava essersi creata si dissolve con le sue risa, dando più leggerezza alla conversazione.

Appoggio istintivamente la mano sul suo petto, artigliando con le dita i bordi candidi della sua camicia.

Mi inumidisco poi le labbra, sospirando e cercando di fare chiarezza nella mia testa per spiegarmi coerentemente e in modo chiaro.

- So che non ami definire troppo i rapporti, ma...- esito per un attimo, cercando di trovare u modo per continuare la frase - credo che dovremmo mettere dei paletti – affermo mentre abbasso lo sguardo sul suo petto, dove le mie dita torturando distrattamente un bottone della sua camicia.

Alzo nuovamente lo sguardo su di lui, facendo scontrare i nostri occhi e legandoli in un gioco di sguardi.

- Dei confini - sussurro lieve e pacata, il tono leggero che spero non faccia suonare la mia frase come una imposizione.

- Si - annuisce lui, rimanendo silenzioso e per un attimo temo che ci sia rimasto male.

Mi mordo le labbra rendendomi conto che magari ha frainteso, capendo che io non mi fido di lui e voglio ingabbiarlo.

- Non sto dicendo che voglio chiuderti in una gabbia, incatenarti- aggiungo insicura – O qualsiasi altra cosa -

Deglutisco, passando una mano tra i miei capelli nel tentativo di scaricare il velo di ansia che mi ha assalito.

- Solo credo che ogni rapporto deve fondarsi su determinate cose – affermo.

- E che confini vorresti mettere?- mi domanda tranquillo, continuando a fissarmi attento e vagamente divertito.

Gli occhi azzurri puntati su di me mentre con la mano mi accarezza lentamente il fianco. Con le dita ne segue piano la linea.

E il sollievo si mischia ora ad una sensazione più primordiale, una voglia che trova origine nel mio basso ventre.

Mi mordo le labbra mentre un brivido di irrazionale piacere mi attraversa dal fondo della schiena fino alla nuca, provocandomi un tremito.

- Regola numero uno?- mi sollecita a parlare, appoggiando le labbra sulla mia guancia e distogliendomi dai miei pensieri.

Socchiudo leggermente gli occhi, godendo ancora per una frazione di secondo della sensazione calda e veemente che mi provoca il suo tocco, accingendomi a parlare dopo un attimo di esitazione.

- Ci devo essere solo io - affermo decisa, la sicurezza che mi attraversa la voce. - Devi frequentare solo me -

Lui imbroncia leggermente le labbra, corrucciandole.

- Quindi non posso più uscire con altre donne?- mi domanda ridendo - No perché l'intervistatrice mi ha detto se volevo usc ...-

Non lasciandolo finire allungo una mano, dandogli un pizzicotto sul fianco che lo zittisce.

- Ahia!- protesta lui, imbronciandosi offeso.

Mi guarda male, fulminandomi torvamente con lo sguardo.

- Sono seria - ribatto in risposta io, contraccambiando la sua occhiataccia.

- Anche io -

Un'occhiataccia torva accompagna un'altro pizzicotto.

Le mie dita perdono la presa sul suo fianco l 'attimo seguente, quando una sua mano afferra il mio polso e lo imprigiona in una presa lieve ma da cui non posso scappare.

Gli lancio un'occhiataccia, l'ennesima, mentre imprigiona i miei polsi fra le sue mani.

- Così fai la brava – ridacchia, sfoggiando un sorriso vittorioso e smaliziato che mi provoca un'ondata di calore prima di rubarmi un bacio a stampo.

- Devo essere l'unica -affermo risoluta, non ammettendo repliche.

- Ritira gli artigli gattina - sorride contro il mio collo, baciandolo in modo dolce e lento – Sei l'unica- sussurra al mio orecchio e il mio cuore perde quasi un battito a queste parole calde e vellutate.

L'attimo dopo il mio battito viene travolto dalle palpitazioni, facendomi avvampare.

- E poi mi hai già graffiato abbastanza la schiena – ridacchia contro la mia pelle, alludendo maliziosamente a tutte le volte che, travolta dal piacere ho lasciato dei segni rossi sulla sua pelle delicata.

E mi strappa un sorriso, la morsa della gelosia, sempre in agguato, si allenta lievemente, lasciandomi respirare tranquillamente.

- Miao - miagolo divertita, finendo per ridacchiare l'attimo seguente insieme a lui.

- Sei l'unica, gattina -

Un sorriso spontaneo e goduto mi stende le labbra, soffocato l'attimo dopo da un suo bacio.

L'ennesimo. Lambisco le sue labbra, rispondendo al bacio con lo stesso impeto.

Dopo qualche istante si allontanata, esibendosi in un sorriso dolce accompagnando dal tocco gentile delle sue dita sulla mia guancia.

- Regola numero due? - mi domanda dolcemente, continuando a percorrere il mio viso con quella

Mi mordo le labbra pensierosa, riflettendo sui possibili paletti da mettere.

- Non voglio che sia una storia troppo pubblica - affermo inclinando leggermente il capo mentre intreccio le dita con le sue.

- Non voglio che finisca sui giornali o che ne esca un caso nazionale - continuo con un sospiro immaginando tutto il calvario e lo stress ulteriore che ci spetterebbe in quella eventualità che spero essere il più remoto possibile.

Voglio vivere la nostra storia tranquilla, senza gossip spazzatura intorno per quanto possibile- anche se so che i pettegolezzi non mancheranno e che prima o dopo arriverà quel momento.

Per ora voglio rimandarlo il più possibile. Mi stringo tra le spalle, prendendo un respiro profondo e venendo solleticata dall'intenso profumo che lo caratterizza.

- Solo gli amici - ammetto con un sospiro.

- Si, concordo in pieno- mormora lui contro i miei capelli, portandomi a rilassarmi contro di lui.

Per una frazione di secondo ho quasi temuto che l'avesse presa male, come un non volermi esporre o peggio che mi vergogno di lui.

Cosa assolutamente non vera.

Semplicemente voglio vivere la nostra storia tranquillamente e quindi risulta un confine indispensabile da tracciare.

Per qualche secondo rimaniamo in silenzio, godendo semplicemente della vicinanza dell'altro e, finalmente, di un po' di tranquillità.

- Tu hai qualche regola da aggiungere?- gli domando reclinando il viso indietro, quel tanto che basta per guardarlo meglio in viso.

- Niente nomiglioli sdolcinati - afferma quasi rabbrividendo - Quindi scordati tutti i soprannomi stile cioccolatino o biscottino...o peggio orsacchiotto!-

Divertita vengo scossa da una risata leggera e cristallina che mi solca le labbra.

- Va bene...orsacchiotto- mi mordo quasi a sangue le labbra per non scoppiare a ridere.

Cosa che succede puntualmente l'attimo seguente.

Lui in risposta mi morde giocosamente il collo, stringendomi ancora a se.

Le mie risate si accentuano, diventando fragorose e divertite.

Qualcosa dentro di me si è rilassato, calmandosi.

Era necessario porre delle regole, di basilare importanza per un rapporto nascente.

Sono le basi, sospiro appoggiandomi contro di lui.

- Ho ancora una richiesta, comunque - sussurra con voce lieve.

- Mmm cosa?- bofonchio troppo rilassata e compiaciuta dalle sue coccole per aprire gli occhi o parlare più chiaramente.

- Mi devi un appuntamento - afferma deciso, la dolce carezza che persiste nel tracciare il profilo del mio fianco destro.

All'improvviso apro gli occhi, sbarrandoli e fissando il vuoto davanti a me.

Totalmente sorpresa dalla sua richiesta trattengo il respiro mentre il mio cuore inizia ad aumentare improvvisamente il battito, trasformando il suo dolce cadenzare in una corsa quasi sfrena.

Vuole un appuntamento? Mi chiedo stupita mentre la mia sorpresa non diminuisce.

Anzi se possibile aumenta ancora, diventano sconcertante.

- Cosa ? - sussurro con un filo di voce, le guance rosse e calde.

- Voglio un appuntamento serio con te - ripete con fermezza, la voce calda e decisa.

Sempre più sorpresa boccheggio, aprendo e chiudendo un paio di volte le labbra non sapendo bene cosa dire.

I miei pensieri sono confusi, stordenti quasi. Non so cosa pensare, non capisco questa sua improvvisa richiesta.

- Un appuntamento?-ribatto ancora stordita, la voce traballante e gli occhi dilatati dallo stupore.

Una lenta e placida consapevolezza si insinua lentamente dentro di me, tra i miei pensieri confusi.

- Si, io e te seduti ad un ristorante - continua mentre le sue labbra scivolano sulla mia spalla nuda e ormai bagnata.

E il rimando alle stesse parole che aveva usato la prima volta per invitarmi a cena risuonano nella mia testa. Mi invadono con un inconfondibile senso di calore e allegria.

Un sorriso spontaneo e sinceramente allegro si delinea sulle mie labbra simultaneamente. E' semplicemente contento, sollevato quasi.

- Un primo appuntamento - sussurro quasi sovrappensiero mentre quella sensazione di dolce spensieratezza pulsa forte dentro di me, in sincronia con il battito scalmanato del mio cuore.

Sinceramente sorpresa e stupita inclino il volto verso di lui, guardandolo dritto negli occhi.

Ian mi sorride leggermente, il ghigno divertito dalla mia espressione.

Pensavo se ne fosse dimenticato, infondo sono successe così tante cose in queste ultime settimane.

Credevo che fosse caduto nel dimenticatoio della sua mente, accantonato in un angolo fino a farlo scomparire dalle priorità. E invece no.

Gli sorrido ancora, stendendo le labbra in un sorriso luminoso ed emozionato.

Un insieme indecifrabile e contorto di sensazioni mi stringe lo stomaco, provocandomi quella sensazione indescrivibile di vertigini che mi suscita.

Si incastrano le une nelle altre, mischiandosi e facendo perdere il confine di dove inizia una finisce l'altra.

E' un qualcosa solo di intenso, sorprendente e caldo.

- Me lo concedi allora?- mi incalza con voce bassa e suadente, cercando una mia risposta.

con gli occhi ancora allargati dallo stupore continuo a guardarlo mentre quell'insieme di emozioni si intensificano ancora di più davanti al suo sorriso leggermente teso dall'attesa di una mia affermazione.

Si addensano nella mia gola, ostruendola quasi e provocandomi un languido e dolce nodo di emozioni.

E così l'unica cosa che riesco a fare è guardarlo, cercando di trasmettergli con lo sguardo tutto ciò che con le parole non riesco a dire, ad esprimere.

Perché in fondo le parole sono solo un confine ristretto che intrappola le sensazioni che lui mi suscita, che mi provoca e che mi sconvolgono. Perché relegare tutto dietro ad un semplice si sarebbe riduttivo, quasi banale.

Senza dire nulla compio una torsione lieve del busto, rigirandomi fra le sue braccia fino a ritrovarmelo davanti.

I nostri occhi si incatenano subito in un gioco di sguardi intenso e profondamente intrinseco di emozioni e sensazioni.

Appoggio una mano sulla sua guancia, accarezzandola lievemente con le dita umide e finendo per bagnarla.

Ma tutto sembra quasi scomparire, relegato dietro un confine immaginario ma tremendamente reale che relega il resto del mondo fuori da questa macchina.

Ci siamo solo noi, avvinghiati in un abbraccio caldo e intimo con i nostri sguardi che parlano da soli.

E capisco che anche per lui è così, che anche per lui non esiste confine che tenga per quanto io mi ostini a cercarli.

Non esistono limiti che possano interferire con quello che c'è, che sentiamo.

Il mio cuore aumenta i suoi battiti, pulsando aritmicamente e riversando a fiotti quel caldo sentimento dentro di me.

Inclino leggermente il viso rivolgendogli un'ultima intensa occhiata prima di socchiudere gli occhi e appoggiare le mie labbra sulle sue.

Le sue mani si appoggiano sulla mia schiena mentre le mie finiscono intorno al suo collo e le nostre bocche si scontrano in un contatto che sa di desiderio soppresso troppo a lungo.

Ed è un bacio vorace, caldo e piena espressione della voglia non solo fisica che abbiamo dell'altro.

E ogni confine tra di noi si azzera, si spezza.

I nostri respiri si mischiano e la percezione del tempo si dilata, perdendo la propria consistenza cadenzata.

Mani che si intrecciano, labbra che si scontrano in contatti voraci e corpi che vorrebbero fondersi. Qui, ora.

E rimangono solo i nostri sospiri ansimanti a tracciare il confine tra realtà e desiderio.

Le nostre labbra si scontrano ancora, in un bacio intenso e languido.

E il limite fra i nostri corpi scompare.

E il confine tra le nostre anima si annulla.



Note:

Rieccoci qui, finalmente con il capitolo ultimato e pubblicato. Dopo la lunghissima nota introduttiva passiamo al capitolo in sé:

1- Ho scelto il titolo Confine per vari motivi. Innanzitutto, si riferisce alle “regole” che Nina decide di porre nell'ultima parte per definire il loro rapporto in modo più nitido. Vorrei fosse chiaro che non è un modo per inquadrarli o una forzatura, ma solo un modo diverso per definirli in quanto coppia. Inoltre, ho tentato di creare un filo conduttore che percorresse tutto il capitolo facendo assumere a questo termine sfumature differenti: inizialmente scompare il confine fisico dal momento che finalmente sono insieme, nella seconda invece si crea un confine dovuto alla gelosia che in qualche modo le fa tirare su le difese e mettere quindi dei limiti ed infine, nell'ultima parte, oltre i paletti troviamo anche l'accettazione del fatto che non vi sono confini tra di loro, sia sentimentalmente che mentalmente.

2- In questo capitolo ho introdotto una domanda importante e che ritroveremo nei capitoli futuri, cioè se Nina è innamorata o meno. Lei non è riuscita a darsi una risposta ed è stata una cosa voluta. Non è una cosa che si può decidere o decifrare in un capitolo, le cose maturano con il tempo e loro hanno iniziato a viversi come coppia solo ora.

3- Il prossimo aggiornamento non so di preciso quando avverrà, ma decisamente non dopo così tanti mesi. Ho un esame a breve ma conto di iniziare già da ora a progettare e iniziare la stesura del capitolo 16, che sarà incentrato sull'agognato appuntamento .



Detto ciò spera che vi sia piaciuto il capitolo e che non siamo presenti errori o ripetizioni. Vi auguro una buona Pasqua, a presto.

Live in love





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Capitolo 17
*** Obbligo o Verità ***


CAPITOLO 17
 
OBBLIGO O VERITA
 
Apro il pacchetto di patatine mentre Candice si lascia cadere sulla poltrona vicino alla finestra con una risata allegra dettata dall'ennesima battuta della serata, rannicchiando poi le gambe contro il petto e circondandole con un braccio.
Amo queste serate tra ragazze, tranquille e per una volta fortunatamente prive di scene notturne da girare. Una vera rarità, addendo l'ennesima patatina.
- Comunque sono profondamente offesa, Torrey -  afferma improvvisamente Candy con voce acuta e squillante, portando entrambe ad alzare il capo verso di lei.
Intente a scherzare e mangiare schifezze mentre siamo semi sdraiate sul letto la guardiamo in attesa, aspettando che parli.
– Ti sei sposata senza dire nulla – lancia un'occhiataccia risentita alla fidanzata di Paul, seduta vicino a me.
O meglio, dovrei dire moglie ora.
Torrey e Paul si sono infatti sposati durante le vacanze di Natale senza dire nulla a nessuno per evitare di far finire la loro vita privata sui giornali scandalistici di mezza America. E come dargli torto, sospiro silenziosamente ricordandomi dell'attenzione riservata a me ed Ian per il nostro primo appuntamento qualche settimana fa.
Decisamente poco discreta e molto imbarazzante. Non è il massimo essere sotto i riflettori anche quando si è in intimità con qualcuno, ma è un effetto collaterale del lavoro che abbiamo scelto alla fine.
Abbandonando questo fastidioso pensiero in un angolo remoto della mia mente sorrido divertita, mordendomi le labbra per trattenere una corposa risata dovuta all'espressione piccata e offesa della mia bionda amica.
Allegra e svagata continuo a mangiucchiare tranquillamente mentre Torrey al mio fianco avvampa, diventando rossa in viso.
- Non lo sapeva nessuno – si difende lei con tono calmo e pacato, stringendosi nelle spalle e rivolgendole uno sguardo di scuse – C'erano solo i testimoni e i nostri genitori – continua, quasi giustificandosi, la voce che improvvisamente si incrina e gli occhi che si perdono trasognati nei ricordi.
- Romantico – mormoro sinceramente serafica, troppo impegnata sgranocchiare per aggiungere altro mentre incrocio le gambe e mi immagino bene la scena.
Candice sbuffa fintamente oltraggiata, esibendo un broncio che, accompagnato alle due trecce in cui sono legati i suoi capelli biondi, la fa assomigliare terribilmente ad una bambina indispettita.
E non ridere a questa riflessione diventa davvero difficile.
- Ok – soffia desolata, allargando le braccia e annuendo leggermente con il capo – Ma mi hai negato il divertimento di organizzarti un addio al nubilato fantastico – ride l'attimo seguente trascinandoci in una risata corposa che mi scuote dolcemente.
Con lo sguardo lucido a causa del divertimento mi giro verso Torrey, un brillio di maliziosa gioia che lo anima.
- E anche quello di farti da damigella – affermo ilare, sapendo quanto Candice ama i matrimoni – Non so se riuscirà a perdonarti, in effetti – mormoro poi con tono grave, una giocosa inclinazione drammatica che mi vena la voce rendendola seria e autorevole.
Accompagno le parole con un'espressione teatrale, le labbra corrucciate e il capo lievemente inclinato.
- Anche se  forse, visto la sua propensione per il rosa, è stato meglio così – affermo in modo cospiratorio e lieve rivolgendomi a Torrey, prendendo, invece, in giro Candice.
Mentre noi ridacchiamo divertite lei ci fulmina con lo sguardo prima di rivolgermi un'occhiata superiore attraversata da un brillio di pericolosa furbizia.
- Tanto mi rifarò al tuo matrimonio, Nina – scherza  con tono frizzante e frivolo, gli occhi cerulei allargati e lucidi di allegria.
Le mie guance avvampano all'istante, chiazzandosi di rosso e del bollente imbarazzo che mi pervade spietato mentre le mie labbra si dischiudono senza però emettere neanche una sillaba. Totalmente ammutolita a causa dello stupore rimango in silenzio, una sensazione di disagio che mi attraversa velocemente. Percorrendomi interamente mi fa sentire inaspettatamente disorienta da questo pensiero così inaspettato. Le farfalle tornano prontamente a tormentarmi, svolazzando allegre nel mio stomaco mentre il battito del mio cuore accelera bruscamente, provocandomi le palpitazioni e delle vampate di caldo che non riesco a sopprimere. Così come i pensieri che sinuosi e sibilanti si insinuano nella mia testa, tra i miei sentimenti.
Un principio di fantasia si affaccia infatti nella mia mente, subito ricacciato indietro dall'obbligo di non affondarvici. Ma è difficile, troppo, non cadere nelle brame tentatrici di queste riflessioni.
Fiori...pizzo bianco... smoking nero...il suo sorriso...
Solo quando la gola inizia a bruciare mi rendo conto di aver trattenuto istintivamente il respiro, gli occhi dilatati da uno stupore intenso e corposo che mi vibra dentro non lasciandomi scampo.
Ho davvero pensato a quel momento? Deglutisco sorpresa, la bocca impastata e un tumulto di sensazioni che si mischiano e annodano tra loro.
Non mi è mai capitato di fare quel tipo di fantasie su di noi.  Quasi annaspando in cerca di ossigeno e di razionalità scuoto vigorosamente il capo, tentando vanamente di riprendermi e di fermare la tachicardia. Mi sento strana, trepidante quasi. Cosa diavolo mi prende?
Ancora sconcertata emetto un piccolo sospiro, allontanandolo dai miei pensieri e nascondendo la verità di quel desiderio dietro l'obbligo di non cedervi.
Le lancio un'occhiataccia, subito accompagnata da un piccolo cuscino che le finisce addosso e su cui scaricato tutto ciò che sto provocando.
Dannazione a lei che mi fa pensare certe cose!
- Ei! - ribatte Candice piccata, rispedendolo indietro e facendolo finire sul sacchetto di patatine, ormai vuoto, con un leggero gracchiare.
- E non guardarmi come se non ci avessi mai fantasticato – soffia poi  al mio indirizzo, centrando come sempre il nocciolo del problema e puntandomi in modo accusatorio un dito contro.
Mi mordo colpevolmente le labbra, socchiudendo gli occhi in due fessure per intimarle di smetterla.
- Non è divertente – mormoro, tentando di nascondere il tumulto interiore di emozioni che mi vibrano dentro.
Decisamente confuse e indecifrate.
Divisa tra obbligo e verità sospiro pesantemente, sentendomi interiormente divisa e spaccata a metà da due istinti opposti, differenti.
Per nulla dello stesso avviso lei raddrizza la schiena, sorridendo maliziosa e allegra.
- Farò anche da madrina sai Torrey? - ride, tirando in ballo anche l'altra nostra amica e accatastando ancora immagini astratte  sulle mie riflessioni.
- Immaginateli – soffia con tono quasi mistico muovendo le mani in aria, perdendosi nella propria fantasia  – Capelli scuri e occhioni azzurri, il sorriso di Ian e le labbra di Nina – continua prendendomi in giro e beccandosi le mie occhiatine al vetriolo che, però, non accennano a farla desistere.
I miei pensieri virano subito su questa visione, figurandosi dei bambini con quei tratti che giocano allegramente. E l'effetto è devastante. 
Le farfalle nel mio stomaco quasi scalpitano a questa riflessione, agitandosi maggiormente e alimentando il rossore delle mie guance. Quasi scoppiano, alimentante da una visione che tento forzatamente di rispedire indietro.
- Simpatica – ribatto con tono asciutto, stizzita più dal fatto che la mia mente ci stia pensando con così tanta insistenza che dalla sua giocosa provocazione.
- Quanti ne volete? - mi incalza ancora la bionda, scherzando – Due? Tre? Magari Ian vuole una squadra di calcio – mormora subito dopo pensierosa, come se ci stesse riflettendo davvero.
- Se sono gemelli li potete chiamare Damon ed Elena – ride di punto in bianco Torrey, dandole manforte e facendomi arrossire ancora di più.
- Io sono qui guardate – protesto alzando le mani e muovendole leggermente per farmi notare, inarcando in modo scettico e ironico le sopracciglia.
Loro scoppiando definitivamente a ridere, continuando a mormorare parole sconnesse e a prendersi gioco di me con il solo risultato di farmi imbronciare.
- Non è divertente – bofonchio accigliata, incrociando le braccia al seno.
- Oh si che lo è!- mi contraddice subito la bionda con una risata, facendo comparire un sorriso divertito anche sul mio viso e incrinando del tutto la mia espressione imbronciata.
Devo solo non pensarci, mi dico risoluta. Infondo si sa, più si cerca di non pensare a qualcosa e più si finisce per farlo.
 - Piuttosto, quella che sta mettendo su famiglia  è lei – ribatto, indicando con un cenno del capo Torrey e virando tutta l'attenzione su di lei – Magari tra un po' avremo un baby Paul che gironzola sul set– rido maliziosamente, provocando la sua replica negativa accompagnata da uno sguardo ammonitore.
- Spero non prenda i suoi canini, sono inquietanti – afferma Candice, facendoci ridere a tal punto da provocarci le lacrime agli occhi.
Proprio nello stesso istante la porta si apre dopo un lieve bussare, facendo irrompere due figure snelle nella stanza che riconosco perfettamente.
Alla vista di Paul e Ian le nostre risate si acutizzano ancora di più, portandoli a rivolgerci occhiate confuse ed interdette senza capire il reale motivo del divertimento.
Probabilmente, se lo sapessero, non sarebbero così contenti e svagati.
Con ancora gli occhi socchiusi a causa delle risa alzo lo sguardo su di lui, incapace di non farlo, incontrando il suo già puntato su di me.
Il mio cuore perde irrazionalmente un battito, portandomi a stendere le labbra in un sorriso dolce e spontaneo che mi illumina. L'istinto di alzarsi dal letto e andarlo a baciare è molto, forte, ma riesco fortunatamente a trattenermi limitandomi a lanciargli solo delle occhiatine di sottecchi che esprimono chiaramente questo mio torbido desiderio. Infondo, siamo sempre davanti ai nostri amici  e non mi sembra propriamente il caso.
Lui mi rivolge un mezzo sorriso privo di malizia, un sentimento speculare al mio che gli anima lo sguardo e che mi fa capire che anche lui è contento di vedermi. E questa cosa mi scalda dentro, alimentando quel fuoco fatto di emozioni bollenti che mi fa ardere violentemente per lui. È come se tutto il resto scomparisse, svanendo in una confusione di sottofondo che non conta nulla
Inaspettatamente quell'accenno di fantasie tornano ad emergere, cogliendomi di sorpresa e inondandomi nuovamente la mente.
A questo pensiero le palpitazioni tornano a farmi visita, travolgendomi spietatamente con la loro frenesia.
La voce di Candice interrompe, però, il breve momento di intimità di sguardi creatosi, parlando e, per fortuna, anche quelle strane riflessioni.
- Che ci fate qui? È una serata tra donne – bofonchia inarcando sorpresa un sopracciglio, facendoli bloccare sulla soglia.
- Grazie del benvenuto, eh – ride Paul in risposta mentre Ian ghigna leggermente, lanciandomi uno sguardo bruciante che mi provoca i brividi e che io ricambio.
- Voi avete avuto la vostra serata tra uomini – li rimbecca ancora la bionda, le sopracciglia aggrottate in modo quasi buffo e le braccia incrociate minacciosamente sotto il seno. - Ora che avete finito vi ricordate di noi? -
- Si, ma non è stato poi così divertente – le risponde Ian avvicinandosi a me con un'ampia falcata e un sorriso birichino sulle labbra che non promette nulla di buono, anzi – Paul non ha voluto provarci con nessuna visto che è sposato ora – ride prendendo in giro l'amico.
- Ma piantala – lo rimprovera Paul – La spogliarellista aveva un evidente debole per te - aggiunge dopo un attimo, prendendo posto vicino alla moglie e aizzando subito la mia gelosia.
Tesa e improvvisamente nervosa gli lancio un'occhiataccia, inarcando un sopracciglio.
- Spogliarellista?- chiedo con tono basso, tagliente e pericolosamente dolce tradendo il mio irrazionale nervosismo.
Quel senso di fastidio si agita ancora dentro di me, intrappolandomi dentro la sua morsa fastidiosa, nevrotica. L'immagine di un'altra donna che gli si struscia addosso mi provoca una imponente ondata di irragionevole fastidio, facendomi irrigidire istintivamente le spalle.
Ian in tutta risposta ridacchia maliziosamente, abbassandosi alla mia altezza e depositando un bacio sulla mia guancia come per rabbonirmi. La mia pelle avvampa subito sotto il tocco morbido delle sue labbra, ma tento orgogliosamente di non cedervi. Sono troppo impettita dai fiotti di irritazione infantile che si riversano dentro di me per abbandonarmi al suo tocco morbido e delicato.
Quel fastidio geloso non me lo permette in qualche modo, mi obbliga a rimanere rigida e contratta. Lui scivola dietro di me,  tra il mio corpo e la spalliera, prendendo posto alle mie spalle e abbracciandomi dolcemente.
Paul parla ancora, facendomi riemergere dai miei pensieri, ma non dalle sensazioni scalpitanti che mi suscita.
- Me lo ricorderò per il tuo matrimonio, allora- ride lui, rimarcando inspiegabilmente  le parole di Candice di poco fa e riportandomele alla mente.
Quasi paralizzata e con le labbra dischiuse la mia mente mi riporta nuovamente a quell'irrazionale fantasia che solo qualche minuto fa mi ha travolta, sconcertandomi. E rivedo quell'albore di riflessione, che mi assorbe attirandomi in un vortice di sorpresa e sconcerto che mi travolgono.
Tuttavia, non ho il tempo di pensare altro perché Ian scoppia fragorosamente a ridere contro i miei capelli.
- Non credo accadrà – ribatte Ian con una corposa risata, come divertito da questa improbabile possibilità. - Anzi, è proprio impossibile -
E qualcosa dentro di me protesta veementemente, ferito nel profondo. Una fitta acuta, causata da un fendente invisibile, mi trafigge il petto, portandomi ad essere sempre più irrequieta ed agitata.
Le mie fantasie si spezzano istantaneamente, si frantumano sgretolandosi sotto le mie dita prima ancora che io riesca ad afferrarle davvero.
Qualcosa si incrina dentro di me, piegandosi sotto il peso della sua frase e infondendomi un senso di malinconica rabbia che mi pervade e mi abbatte.
E rimane solo una domanda assordante, che provoca un disorientante vuoto intorno a te: non mi vede in quel tipo di futuro? E, soprattutto, perché mi da così fastidio?
- Comunque che si fa? - afferma all'improvviso Torrey, sfregandosi le mani e interrompendo il flusso dei miei pensieri.
E io gliene sono intimamente grata.
- Facciamo qualche gioco? - propone ancora.
Stordita le rivolgo uno sguardo smarrito, non dicendo nulla mentre Ian continua a stringermi a sé, ignaro delle considerazioni contorte che ha scatenato.
- Niente gioco della bottiglia per favore ragazzi – protesta subito lui, il respiro caldo che si infrange contro i miei capelli provocandomi i brividi.- Niente baci e bacetti vari – continua e la mia gelosia  è infinitamente contenta, tirando lievemente su il mio umore improvvisamente nero.
- No vi prego, bacio già Paul sul set – gli do man forte io con una scrollata di spalle – Risparmiatemelo almeno qui – ridacchio in modo lieve e candido, nessuna malizia nella voce tentando di riprendermi totalmente.
Paul mi lancia un'occhiataccia risentita, mentre la presa del mio ragazzo si accentua sul mio corpo..
- Bacio molto meglio di Ian, dovresti esserne contenta – afferma con tono sbruffone e pieno di sé, beccandosi una pacca poco delicata di Torrey sul petto, accompagnata da una occhiata decisamente amorevolmente.
- Obbligo o verità - propone dopo un attimo Candice con voce frizzate ed elettrizzata mentre io sorrido appena.
Rilassandomi leggermente la schiena contro il suo petto sospiro, cercando di non focalizzarmi troppo sul pensiero che mi tormenta. Non voglio finire per ingarbugliarmi tra le mie elucubrazioni.
Un coro di assensi si leva subito e così decidiamo di optare per questo.
- Obbligo o verità? - chiede immediatamente la bionda all'indirizzo di Paul, sistemandosi meglio sulla poltrona e non dando tempo a nessuno di ribattere o parlare.
Tipico suo, mi dico sospirando.
- Verità – afferma lui sicuro, appoggiando il secondo dopo un braccio sulle spalle della moglie.
- Come hai chiesto a Torrey di sposarti? – chiede lei sgranocchiando intanto  delle patatine. - Sono curiosa – bofonchia con gli occhi spalancati e interessati come se stesse guardando un film romantico più che assistendo ad una conversazione.
Gli occhi di Paul si illuminano all'istante,  attraversati da una venatura dolce che li rende più caldi e liquidi.
Una tangibile aurea dolce quasi lo avvolge, rendendo più tenera la sua espressione.
- E' stato inaspettato, non avevo neanche l'anello. – mormora sprofondando nel ricordo  e gli occhi quasi sfavillano per l'emozione che li abita. - Eravamo a casa, come sempre, e non stavamo facendo nulla di che. Le solite cose insomma – continua, accompagnando le parole con un gesto vago della mano.
- Una noia insomma – scherza Ian, schernendolo bonariamente e scatenando una risata generale.
Al contrario di quello che ha appena detto, invece, so quanto ama la tranquilla intimità della quotidianità.
Per un lungo attimo cala poi il silenzio, la voce che si incrina appena e gli occhi verdi del mio amico che cercano in modo complice quelli di Torrey, trovandoli. Per una irrazionale manciata di secondi mi sento quasi invidiosa di quello sguardo, impregnato di promesse importanti e durature.
- Poi mi sono semplicemente reso conto che tutto quello che volevo era lei – soffia con un sorriso così smagliante da illuminare la stanza – E così l'ho fatto, mi sono inginocchiato sul tappeto e le ho fatto una proposta di matrimonio, anche se parecchio sgangherata – sogghigna, continuando a raccontarci.
Un sorriso dolce e vagamente sognante mi inclina velocemente le labbra, l'emozione malinconica di poco fa che rimane sul sottofondo facendole assumere un retrogusto un po' amaro.
Mi guarda anche lui con quell'emozione forte e corposa nello sguardo? Mi domando incuriosita da un pensiero che spero essere tremendamente verità.
Mi guarda con quel sentimento adorante che gli illumina lo sguardo?
Istintivamente alzo leggermente il viso, inclinando in modo tale da poter vedere negli occhi Ian.
Lo trovo  intento a fissare davanti a se mentre ascolta interessato, le mani appoggiate dolcemente sui miei fianchi in una presa tenere e amorevole che mi rassicura, rabbonendo i miei pensieri più bui.
Tuttavia, non appena si accorge del mio sguardo lo abbassa su di me facendolo scontrare con il mio ed sorridendomi lievemente. Piega un angolo della bocca verso l'alto, un po' malizioso e un po' dolce, probabilmente senza accorgersi del mio tumulto interiore. Lo stesso di cui è la causa indiscussa.
Socchiude leggermente gli occhi, come per scrutarmi meglio e io mi sento  scavare dentro, nel profondo. Vulnerabile ed esposta al suo esame mi mordo le labbra, temendo quasi per un attimo che scorga quelle fantasie che lui stesso rifugge, che non vuole.
E una fitta di malinconica consapevolezza mi trafigge, rabbuiandomi lievemente.
Perché non vuole quel tipo di futuro? Mi domando ancora, incapace di non farlo, non trovando una risposta cerca e sicura che scacci i miei dubbi. O semplicemente non vuole me?
- Tutto ok?- mi sussurra all'orecchio con tono lieve e premuroso, muovendo appena le labbra. Diventa quasi come un salvagente rassicurante in mezzo alla tempesta dei miei pensieri la sua voce calda. Tentando di apparire normale annuisco, scrollando le spalle e voltandomi nuovamente verso i nostri amici, giusto in tempo per essere rimbeccata dalla battutina di Candice.
- Come siamo romantici – trilla lei, ridendo divertita  e provocandosi l'occhiataccia risentita di Paul. - E voi due piantatela di tubare! - ci rimbecca lanciandoci contro in modo scherzoso un paio di patatine.
- Lasciala perdere, Stef – afferma in sua difesa Ian, interrompendo il nostro gioco di sguardi ma non la stretta su di me  – E' solo invidiosa visto che lei non ha un fidanzato – la punzecchia malignamente.
Candice avvampa indignata, riducendo gli occhi azzurri a due fessure taglienti mentre lo fulmina con lo sguardo.
- Ma piantala! - protesta lei – Al contrario di voi piccioncini, io sto benissimo single – afferma alzando altezzosamente il mento. - Stupendamente – scandisce ogni lettera, tentando probabilmente di convincersene.
Una risata leggera mi scuote, facendomi tornare in minima parte il buonumore.
La serata scorre poi via tranquilla, tra risate, obblighi assurdi da sostenere e le battutine maliziose di Ian che fanno da contorno.
Quel senso di agitazione, tuttavia, rimane ben presente, un alone che adombra appena ogni mio sorriso, ogni mio gesto o occhiata. Non mi permette di rilassarmi davvero, di abbandonare quel senso di tensione.
- Tocca ad Ian – afferma Torrey con un sorriso, risvegliandomi dal flusso dei miei pensieri. - Obbligo o verità? -
Questa mi interessa parecchio, penso silenziosamente interessata, soprattutto dopo l'obbligo astruso e assurdo a cui mi ha sottoposto poco fa.
Sistemandomi meglio sul letto e fra le sue braccia tendo l'orecchio, pronta ad ascoltare
- Verità -
Vediamo che si inventa, penso, e la risposta arriva subito dopo.
- La volta tua volta migliore – afferma risoluto dopo un attimo di esitazione Paul, rubando la parola alla moglie – Perché e con chi- muove il capo, torturandosi pensierosamente il mento con le dita.
Trattengo istintivamente il respiro a questa domanda così inaspettata, non riuscendo ad immaginare una possibile risposta.
O meglio una la immagino, ma assomiglia più ad una speranza che ad una riflessione.
Non era di certo il quesito che mi aspettavo, deglutisco, e non sono troppo sicura di voler sentire ciò che dirà.
La risata cristallina e maliziosa di Ian si infrange contro la mia nuca subito dopo, nello stesso esatto momento in cui il mio corpo si tende preventivamente. Una sorta di istinto innato mi porta a farlo, rendendomi irrequieta.
Forse stasera è destino che io non debba stare tranquilla stasera, sospiro stancamente.
L'ansia da attesa pulsa nelle mie vene, stordendomi e provocandomi un insolito ronzio
Il mio doloroso fremere viene interrotto nuovamente l'attimo dopo, quando lui, in seguito ad una breve pausa, riprende a parlare.
- Ines, una modella spagnola – sogghigna malizioso provocandomi una morsa dolorosa allo stomaco che mi blocca il respiro in gola - E' stata favolosa come volta e lei era una bomba - continua visibilmente compiaciuto e soddisfatto.
Non sono io, mi ripeto con una lentezza disarmante e preludio di una gelosia torbida che non mi lascerà scampo.
Il sangue mi ribolle quasi nelle vene, innervosendomi inverosimilmente e facendomi avvampare furiosamente.


Ines? Mi domando quasi con gli occhi sbarrati, espirando violentemente l'aria tra le labbra in un sibilo minaccioso. Chi diavolo è sta qui?
Probabilmente intuendo la mia irritazione Candice mi rivolge uno sguardo allarmato, studiando velocemente la mia espressione scusa e torva. Sa perfettamente riconoscere quello che si agita dentro di me, a volte ci riesce forse persino meglio di me.
Divorata da una dilaniante gelosia cerco di imbrigliare il mio orgoglio dolente, tentando di non farlo prevalere.
Non è solo il fatto che pensarlo con un'altra mi provoca sensazioni irritanti e destabilizzanti, ma è anche a causa del fatto che la sua miglior volta non mi comprende. Me lo sta dicendo così, davanti agli altri oltretutto.
Delusa e amareggiata stringo le labbra, scoprendomi più irritata di quanto forse dovrei essere razionalmente. Ma non riesco a non farlo, a non apparire visibilmente innervosita da una verità che mi brucia addosso.
Marchia a fuoco il mio orgoglio, dilaniandomi lentamente. E tutto ciò non fa altro che aumentare il mio nervoso.
- Eravamo sul divano di una camera di hotel se non sbaglio – sogghigna pieno di sé, innervosendomi a dismisura.
- Vuoi dirci anche l'ora esatta e quanto è  durato?- sibilo irritata, suonando più acida di quanto voglia forse.
Ma non mi importa, non ora che quel demone mi sta consumando lentamente senza pietà corrodendomi dall'interno.
Muovendomi leggermente tra le sue braccia riesco a rompere la presa sul mio corpo, spezzandola e sistemandomi poco più in  là, lontano da lui.
E questa volta le sue parole non sono fungono da ancora di salvezza in mezzo al mare di irritazione in cui sto annegando.
- Beh l'ora precisa non me la ricordo – ride allegramente, profondamente divertito dalla mia espressione furibonda – Ma ricordo perfettamente che è finito il cd intanto – ridacchia maliziosamente, alludendo in modo tremendamente irritante e sfacciato
E brucia, brucia da morire. L'irrazionale gelosia che mi abita mi afferra saldamente e mi trascina tra le sue spire, facendomi affondare senza speranze dentro un vortice cupo e denso di emozioni istintive che mi sbranano quasi.
Non riesco però a dire nulla, a ribattere qualcosa di acido ed offeso. Rimango ferma, interiormente divorata da un mostro che cresce minuto dopo minuto e che non so domare. Forse non ne sono in grado.
Con lo sguardo fisso  senza realmente vedere ciò che ho davanti sprofondo in una oscurità mentale
fatta di quesiti irrisolti ed elucubrazioni che mi isola, estraniandomi dal gioco che continua e da ciò che ho intorno.
Non sento Candice che cambia bruscamente argomento o Paul che le da corda, non percepisco nulla. Solo i miei pensieri, unicamente il loro vociare caotico.
Percepisco unicamente la verità delle sue parole
E quella domanda non fa altro che peggiorare le cose, il mio stato d'animo.
E diventa un obbligo non dare a vedere quello che sento.
 

 

  
 

 
**********

 

 

 
 
Con un sospiro leggero e vagamente incrinato da una stanchezza latente poso le chiavi sulla scrivania, lasciandovi accanto l'attimo dopo anche il telefono.
Non è vero, riconosco nell'intimità sicura dei miei pensieri, così oscura e torbida da risultare quasi rassicurante.
Non è solo stanchezza, sospiro, come sempre infondo. C'è ben altro dietro ad una serata apparentemente tranquilla passata in compagnia di amici e fette di pizza, tra risate e battutine.
La verità è diversa, più irrazionale e  nascosta. È annidata dietro la torva volontà di non dare a vedere il mio stato d'animo, di celarlo a sguardi indiscreti e soprattutto a due particolari occhi azzurri fin troppo abili nel leggermi e decifrarmi.
E ora proprio non mi va, voglio rimanere chiusa nella sfera introversa della mia mente. Risulta quasi un obbligo, una necessità intrinseca. Non mi va di lasciargli intravedere tutte le fantasie che ho fatto, su cui ho fantasticato quasi in modo trasognato  nonostante abbia cercato in tutti i modi di non farlo, di frenarmi.
Aspiro lentamente l'aria, prendendo un respiro profondo e rilasciandolo subito dopo sottoforma di un leggero sbuffo, che lascia perfettamente trasparire il mio stato d'animo agitato e tumultuoso.
Sono nervosa. Tanto. Troppo. Incomprensibilmente forse.
E' tutto un agitarsi interiore, un miscuglio di fantasie non espresse e in qualche modo stroncate prima ancora di essere assaporate. E poi c'è quel tarlo, quella subdola sensazione che proprio non vuole saperne di smettere di tormentarmi con la sibilante irritazione che mi provoca.
Un silenzioso nervosismo mi attaglia infatti lo stomaco, stridendo con la mia espressione di superficiale tranquillità.
Appoggio distrattamente una mano sulla mia spalla, nel punto esatto in cui termina il collo, massaggiandomi appena i nervi contratti e dolorosamente tesi.
Sapere quelle cose mi ha reso così, nervosa ed irritata. Non saperle ha fatto il resto, portandomi quasi sull'orlo di una cervicale a causa della tensione che mi pervade senza pietà.
E poi,  si, c'è anche un orgoglio dolorante e ferito che urla quasi vendetta, colpito nel profondo della sua femminilità. Trafitto dalle sue parole brucia ancora, facendomi quasi sentire oltraggiata e ferita nella mia sensualità.
A questo pensiero l'eco muto di ciò che ha detto torna a tormentarmi, ronzandomi prepotentemente nelle orecchie.
Non ho tuttavia il tempo di scacciarlo o formulare un qualsivoglia pensiero coerente che un movimento alle mie spalle mi distrae, catalizzando la mia attenzione.
Un improvviso senso di calore mi investe simultaneamente a due braccia possenti che mi circondano la vita, attirandomi contro un corpo tonico e caldo tramite una morsa suadente. Una stretta dolce e allo stesso tempo invitante mi circonda, provocandomi un lieve senso di sorpresa e smarrimento a causa del contatto inaspettato. Sobbalzo lievemente, totalmente impreparata, tenendo se possibile ancora di più i muscoli del mio corpo.
Ian mi tira contro di sé con un movimento fluido che mi fa traballare, appoggiando leggermente le labbra sulla mia nuca per un bacio tenero e sfuggente che sa di tenerezza. E io vacillo ancora, soprattutto interiormente.
Mi stringo allora fra le spalle, affondando involontariamente nel suo abbraccio divisa tra la volontà di cedere alle sue coccole e quella, invece, opposta di sfuggire al suo tocco. Quel sottile nervoso, difatti, mi spacca a metà, rendendomi indecisa e irrequieta.
E la domanda sorge spontanea, quasi beffarda : obbligo o verità?
Devo seguire l'obbligo che mi sono auto-imposta di non sembrare toccata da ciò che ha detto oppure devo lasciar prevalere la verità del sentimento che provo?
E non trovo risposta, rimanendo in bilico in un limbo emotivo che mi confonde e al tempo stesso mi irrita inverosimilmente.
Lievemente frustata soffio l'aria tra le labbra, non facendo nulla e lasciandomi andare con la schiena contro il suo petto. Forse è semplicemente il mio corpo a decidere, il mio istinto che mi spinge ad abbandonarmi contro di lui.
Tentando di allentare momentaneamente un nervoso cerco di rilassarmi. Tentativo che fallisce miseramente l'attimo seguente.
Un lieve, ma quanto mai presente fastidio mi solletica la pelle come un irritante pizzicore che proprio non ne vuole sapere di abbandonarmi. Con la sua presenza snervante mi punge nel profondo, portandomi a mordermi tormentosamente le labbra. A completare il quadro del mio umore ci pensa il mio orgoglio che protesta, dolendo e infastidendomi ulteriormente.
Come se già non bastasse la mia mente che mi riporta quasi di continuo alle sue parole.
O forse dovrei dire pensiero? Mi chiedo in modo masochista, aizzando inverosimilmente la mia irritazione.
E quella domanda torna prepotente nella mia testa, confondendomi emotivamente.
Obbligo o verità.
- Vado a fare la doccia – soffia lui al mio orecchio, riscuotendomi  dai mie torbidi e confusi pensieri.
Sceglie lui per me, togliendomi da un impaccio che so essere solo momentaneo.
Annuisco semplicemente come risposta, non dicendo nulla e risprofondando nelle mie riflessioni.
Nei miei dubbi. Nella mia gelosia, mi ricorda una vocina interiore pungendomi con il suo tono acuto e terribilmente veritiero. E proprio nel momento stesso in cui io assottiglio stizzita gli occhi Ian mi sorpassa, passandomi vicino. Senza dire nulla e apparentemente ignaro di ciò che penso entra in bagno, lasciando una scia di profumo dietro di sé e il rumore della porta che si chiude.
Istintivamente ne prendo una lunga boccata, beandomene e sperando silenziosamente che sortisca il consueto effetto di frizzante calma che riesce ad infondermi.
Senza vederlo realmente punto lo sguardo sul legno scuro della  porta, ritrovandomi a scuotere frustrata l'attimo seguente il capo.
Passo una mano tra i miei capelli e sbuffando sonoramente decido di abbandonare tutti i pensieri e le elucubrazioni in un angolo della mia mente, che spero essere anche il più lontano possibile.
Con un gesto fluido e semplice mi sfilo le ballerine nere che indosso, lasciandole vicino alla scrivania.
Scalza e pensierosa raggiungo poi la sedia dal lato opposta della camera, togliendomi intanto la maglia e subito dopo i jeans scuri.
Allungo inseguito la mano, afferrando la maglia leggera del pigiama e infilandomela velocemente per sfuggire ai leggeri brividi di freddo che mi attraversano.
Leggermente infreddolita mi avvicino  al letto con passi veloci e affrettati, le gambe fasciate solo da un paio di culotte blu e le piante dei piedi solleticate appena dal freddo del parquet.
Con un sospiro stanco alzo le coperte, non vedendo l'ora di infilarmici e di sprofondare in un sonno privo di pensieri possibilmente.
Nello stesso istante la porta del bagno si apre ed Ian appare sulla soglia con indosso già gli abiti con cui dorme abitualmente: una maglietta grigia e un paio di boxer neri. Semplice e sexy al punto giusto.
Immersa come ero nei miei pensieri devo aver perso la percezione del tempo dal momento che lui ha già finito di farsi la doccia ed è asciutto e profumato davanti a me.
Mi giro istintivamente verso di lui, scrutandolo con le sopracciglia aggrottate e un'espressione non troppo amichevole stampata in faccia che mi adombra il viso.
Lui mi sorride leggermente, piegando le labbra in un ghigno appena accennato attraversato da una punta di consueta malizia.
Tentando di apparire indifferente mi rivolto, facendolo scomparire dal mio campo visivo. Ignoro bellamente quel senso di fastidio lancinante che mi tende spasmodicamente e soprattutto quel quesito a cui non so dare risposta.
Mi sdraio il secondo dopo, tirando il piumone fin sopra le mie spalle e girandomi su un fianco mentre affondo il viso nel cuscino, venendo circondata da un intenso profumo di biancheria pulita.
Socchiudo leggermente gli occhi mentre il materasso si abbassa sotto il peso di un altro corpo l'attimo dopo, intuendo unicamente la sua vicinanza. Si è messo anche lui a letto, noto silenziosa.
Continuando a rimanere chiusa in un mutismo ostinato e persistente, che non ho intenzione di interrompere, non dico nulla, affondando semplicemente di più il viso nella federa.
Ed ' lui a farlo subito dopo, mandandolo in frantumi con un tono pacato e tranquillo che mi riscuote vigorosamente.
- Non vuoi la mia maglia stasera? - mormora al mio indirizzo, la voce morbida che  arriva ovattata alle mie orecchie a causa dell'imbottitura del cuscino forse con l'intento vano di farmi voltare.
Ma non accade dal momento persisto nella mia rigida postura ribollendo interiormente a causa di un subbuglio di emozioni che si agitano. Bollenti scalpitano come chiuse in una pentola a pressione, non dandomi pace e alimentando la mia agitazione.
Fa tutto come sempre, come se nulla fosse.
Con una abitudinarietà svagata e una disarmante disattenzione per il mio umore fa esattamente come ogni sera.
E per un attimo mi chiedo interdetta se davvero non ha capito che sono infastidita da ciò che ha detto o fa solo finta, aspettando che sia io a parlare. Qual è delle due?
L'ennesima domanda senza risposta si accatasta sulle altre, aggrovigliandosi in una matassa di parole e pensieri senza logica e di cui non riesco a trovare il filo conduttore. Perchè mi dà così fastidio la sua risposta? Mi chiedo ancora, incapace di non farlo e di non girare il coltello nella piaga in modo masochista. E quella fantasia distrutta in qualche modo brucia più di tutto, forse persino più concretamente della divorante gelosia che mi attanaglia.
L'obbligo che mi sono imposta diventa così necessità, tendendomi impercettibilmente e portandomi a cercare di apparire indifferente.
- No, grazie – rispondo con un sussurro appena udibile, le labbra visibilmente imbronciate e l'orgoglio che continua a scalpitare irrequieto dentro di me.
E non solo quello.
Mi ritrovo così silenziosamente a ringraziare di avere i capelli lunghi dietro cui posso nascondere la mia espressione corrucciata.
Alle mie orecchie giunge improvvisamente un sospiro stanco e un po' pesante, che mi coglie di sorpresa. Un moto di pressante fastidio mi travolge, stringendomi nella sua morsa inquietante fin quasi a stritolarmi.
Ora è lui ad essere infastidito? Mi chiedo piccata sbarrando lievemente gli occhi, strabiliata dal suo comportamento. Stringo irrazionalmente le dita sul tessuto azzurro della federa, artigliandolo e finendo per spiegazzarlo a causa di una presa nervosa e rancorosa.
- C'è qualcosa che non va?- mormora puntellando un gomito contro il cuscino per tirarsi leggermente a sedere e potermi così guardare meglio  in viso. - Sembri...infastidita - continua dopo una breve pausa di esitazione, come volendomi decifrare.
Continuando a rimanere su un fianco e celando sfacciatamente la mia espressione  mugugno mal volentieri una risposta, negando affannosamente e nel modo più credibile possibile.
- No - soffio con voce bassa, strascicata.- E non sono neanche infastidita - continuo a negare spudoratamente, risultando poco credibile alle mie stesse orecchie.
Le parole che fuoriescono come un sibilo allarmante dalle mie labbra e che contraddicono spudoratamente la scritta a caratteri cubitali che indica l'opposto sulla mia fronte.
E Ian sembra percepire finalmente almeno in parte cosa mi tormenta ormai da troppi minuti, andando dritto al nocciolo del problema.
Un problema tremendamente fastidioso e ingarbugliato, assottiglio gli occhi mentre stringo contemporaneamente le labbra in una linea netta e sottile.
- Quindi non sei gelosa per la storia di Ines - afferma interessato, una punta di ironico divertimento che incrina il suo tono serio e che mi pungola dispettosamente.
E inaspettatamente coglie parzialmente i miei tormenti, andando a prendere proprio quello più superficiale ed odioso.
- No – ribatto ancora io, mordendomi l'interno della guancia mentre la mia espressione diventa ancora più torva e scura, ombrosa.
Incassando la testa fra le spalle la scuoto in segno di diniego come a sottolineare le mie parole, sfregando i capelli contro la federa e con la viva speranza di scacciare tutti i pensieri che mi affollano la mente. E' una cosa passeggera, mi dico, con una lunga dormita passerà.
Quasi a volermi contraddire la mia gelosia si agita maggiormente dentro di me, stringendomi lo stomaco in una morsa snervante e che stride con la mia espressione apparentemente superiore.
E il pensiero che quella sia stata davvero la sua volta preferita non fa altro che peggiorare le cose.
Non è infatti solo semplice gelosia, ma anche orgoglio di donna ferito e sottovalutato. Le due cose si mischiano, intrecciandosi saldamente e facendone scaturire un mix letale.
Mi travolge come un fiume in piena, prendendomi in pieno e trascinandomi in un baratro senza scampo con le sue domande.
Non mi vede nel suo futuro? E lo sconforto semplicemente mi assale.
Non contento Ian parla ancora, socchiudendo le labbra e soffiando fuori le parole con tono mellifluo.
- Meno male, perchè è stata davvero fantastica quella volta – afferma compiaciuto e con l'ego  gonfio con il chiaro intento di provocarmi, il tono un po' divertito e un po' serio che mi porta a rifocalizzare la mia attenzione sul problema gelosia, abbandonando momentaneamente il resto.
E ci riesce perfettamente, punzecchiando un nervo dolente e scoperto che mi letteralmente saltare i aria. Forse a causa delle mie elucubrazioni o per via del mio stato di irrazionale emotività scatto, non riuscendo a resistere ad una provocazione  troppo forte e diretta per essere sopita e relegata dietro un semplice scherzo. Non ne sono in grado. La mia gelosia non ne è capace e forse anche il mio orgoglio femminile.
E lui lo sa benissimo, è perfettamente consapevole che pungolandomi farà cadere il mio ostinato mutismo ed emergerà il vero problema che mi affligge.
Stizzita e infiammata dalla sua battuta mi volto quasi di botto, girandomi a pancia in su con una torsione secca del busto. Il movimento è così brusco da far aggrovigliare le coperte intorno alle mie gambe, rendendole un cumulo indistinto di tessuto.
Lo trovo inaspettatamente appoggiato con la schiena alla testiera del letto, le braccia incrociate al petto che fanno tendere la maglia che indossa e mettono in risalto il suo fisico. Un'espressione maliziosa gli aleggia sul viso, piegandogli le labbra in un sorriso divertito mal trattenuto.
Socchiudo minacciosamente gli occhi inverosimilmente irritata dalla sua battuta, ma soprattutto colpita intimamente nel vivo, senza però trovare nulla da ribattere per un lunghissimo attimo.
Una piega divertita gli inclina le labbra, come se stesse trattenendo una corposa risata a causa del mio comportamento. Cosa che mi irrita ancora di più, incendiandomi maggiormente.
La mia gelosia si accentua, diventando sempre più palese e visibile man in mano che il nervoso aumenta e la mia razionalità sparisce del tutto.
L'irrazionalità prende infatti il sopravvento, portandomi ad arricciare le labbra in una smorfia per nulla divertita come invece sembra essere lui.
Un guizzo di ilarità attraversa i suoi occhi adamantini, illuminandoli e rendendoli tremendamente azzurri.
E prima che io possa dire qualcosa o semplicemente maledirlo lui parla ancora, non lasciandomi il tempo di ribattere.
- Cosa c'è? - mi domanda come se nulla fosse, rivolgendomi un finto sguardo angelico accompagnato da un ghigno furbo che lo contraddice.
Si morde poi leggermente le labbra, tentando a stento di trattenere le risate seppur con visibile fatica.
In risposta lo trucido maggiormente con lo sguardo, sperando di far sparire quel sorrisino divertito e di zittirlo. Inarco torvamente un sopracciglio, tentando di fargli capire di piantarla cosa che però non accade. Anzi.
La sua risata argentea e corposa, attraversata da un chiaro divertimento, riempie la stanza l'attimo seguente, interrompendo il silenzio fatto di occhiatacce che si era creato.
- Ti sei appena giocato la possibilità di fare sesso stasera – sputo minacciosa le parole con un sibilo tra le labbra, riservandogli un'occhiataccia torva.
L'espressione ilare scompare dal suo volto, lasciando il posto ad una smorfia sgomenta e corrucciata che risolleva infantilmente di una tacca il mio umore. La mia gelosia gioisce, calmandosi leggermente.
Cercando di apparire sicura e decisa inarco entrambe le sopracciglia, guardandolo come se non capissi il motivo della sua occhiata torva.
L'atteggiamento contrariato scivola, però, velocemente via dal suo viso, non lasciandomi il tempo di assaporare la vittoria e aprendosi in un mezzo sorriso che mi coglie di sorpresa.
- Ah si, ne sei sicura? - mi domanda per nulla convinto dalle mie parole, la voce affabile e morbida che scalfisce leggermente il mio nervoso.
Potere che sembra avere incredibilmente solo lui, noto continuando però a guardarlo corrucciata e scura in viso mentre i capelli arruffati fanno da cornice al mio viso, facendomi probabilmente apparire stralunata.
Non è infatti un mistero che Ian abbia un incredibile ascendente su di me, riuscendo a farmi passare il cattivo umore in una frazione di secondo. Certo, con la stessa facilità con cui scatena emozioni forti e bollenti dentro di me, è anche in grado di provocare facilmente la mia gelosia.
Emetto un piccolo sospiro, quasi inudibile, che si perde nell'aria. Quel sottile dubbio dentro di me però rimane, aleggiando nella mia mente e lasciando dietro di sé una serie di dubbi irrisolti.
Cogliendomi con le guardia abbassata e momentaneamente persa tra i miei pensieri, si allunga verso di me. Con un gesto veloce e sciolto fa scivolare le braccia in modo fulmineo intorno alla mia vita snella, attirandomi contro di lui apparentemente con il minimo sforzo. Mi tira parzialmente su di lui, facendo scontrare i nostri petti.
Ancora leggermente inviperita a causa delle sue battutine per nulla divertenti, lo fulmino con un'occhiataccia  dando sfogo più al mio nervosismo che per reali motivi.
Cosa che lo fa nuovamente scoppiare a ridere. Una risata profondamente svagata gli solca le labbra, illuminandogli il viso e irradiandosi fino ai suoi occhi. Un'allegria disarmate li attraversa, rendendo il suo sguardo ancora più  liquido e magnetico di quanto non sia già.
E per un attimo mi toglie le parole, il respiro. Quasi stordita rimango a fissarlo in silenzio per una lunga manciata di secondi, che sembrano scorrere in modo incredibilmente lento.
La smorfia infastidita sulle mie labbra scompare quasi del tutto, scemando inesorabilmente via fino a farle rimanere semplicemente dischiuse e afone.
L'obbligo di sembrare neutrale e non toccata da nulla si incrina, spezzandosi e vacillando fino ad indebolirlo.
Sconcertata dal repentino cambio  di emozioni che mi pervadono, deglutisco continuando ad alimentare il nostro gioco di sguardi. E la domanda sorge spontanea: sono io a prendermela inutilmente o è lui ad essere tremendamente abile a farmi stare meglio?
Continuando a tenermi contro il suo corpo caldo e tremendamente invitante preme maggiormente il palmo della mano contro la parte bassa della mia schiena, attirandomi ancora di più se possibile su di lui.
Sempre più imbambolata e persa in pensieri che riguardano unicamente lui rimango a fissarlo ammutolita, continuando a riflettere.
Il motivo del mio malumore non è solo la gelosia, riconosco. E' stata quella negazione di un futuro insieme, seppur lontano, che in qualche modo mi ha turbato rendendomi incomprensibilmente cupa e infastidita. Il pensiero che possa non vedermi nel suo futuro mi ha trafitto, trapassandomi da parte a parte all'altezza del cuore.
La gelosia è stata solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso del mio nervosismo, portandomi ad una irritazione contorta e intricata di riflessioni tormentanti.
Emetto un lungo sospiro, distogliendo lo sguardo dal suo nel tentativo di scrollarmi di dosso tutte queste sensazioni.
Le mie emozioni, al contrario del mio apparente stato di tranquillità esteriore, urlano dentro di me, scuotendomi. Subdole e traditrici esplodono proprio nel momento in cui dovrei sembrare impassibile, indifferente a lui e a ciò che mi scatena. Cosa decisamente impossibile.
La verità è questa. E' che voglio essere nel suo futuro, farne parte. Lui fa parte del mio e l'emozione che mi vibra intensamente dentro ne è la tangibile testimonianza.
Tuttavia, ci pensa Ian a far riaccendere l'espressione di contrito fastidio sul mio viso subito dopo.
- Peggio per te, allora - mormora con finta sufficienza, fingendo di non essere per nulla toccato dalla prospettiva di essere mandato in bianco stanotte e anzi di snobbarmi giocosamente.
Deglutisco, cercando di rispedire indietro il nodo di sensazioni importanti che mi stringono la gola. Inarco poi scetticamente un sopracciglio, sicura che continuerà a parlare.
- Ines non se lo farebbe di certo ripetere – mi provoca palesemente, non riuscendo tuttavia a trattenere l'ennesima risata.
Sorpresa e sbigottita sbarro gli occhi, stupita che stia continuando a stuzzicarmi seppur scherzosamente.
- Ian! - ribatto piccata, le guance che avvampano violentemente e che si arrossano a causa del nervoso.
E ancora una volta anche solo pensarlo con un'altra donna mi innervosisce inverosimilmente. Stizzita gli do un pizzicotto sul fianco, scatenando un aumento delle sue risa. Un ciuffo di capelli corvini ancora umido gli solletica la fronte a causa del lieve movimento, gli occhi socchiusi e lucidi a causa del divertimento. E sorridere davanti a questa visione diventa semplice, spontaneo.
Quel senso di calore mi stringe ancora, sciogliendo gli ultimi strascichi di nervoso.
- Perché te la stai prendendo?- soffia lui contro la mia guancia prima di stamparvi un bacio leggero, la voce ancora incrinata dall'ilarità che la pervade.
E' serio, lo percepisco dalla piega rilassata della sua bocca contro la mia pelle e dal tono calmo che ha usato. E non sono sicura che si riferisca solo alla gelosia, ma a qualcosa di più profondo che vi ci cela dietro.
Non sapendo cosa ribattere e troppo turbata dalla verità dei miei pensieri non dico nulla, stringendomi semplicemente tra le spalle mentre le mie labbra si schiudono.
Cosa dovrei dirgli? Mi domando senza trovare una risposta valida da dargli senza apparire in qualche modo infantile o banale. E così rimango zitta, alzando lo sguardo su di lui.
Lui mi scruta per qualche attimo, rivolgendomi un'occhiata speculare e criptica.
- Pensavi fossi ancora vergine? - mi chiede scherzosamente, prendendomi bonariamente in giro e mandando in frantumi l'imbarazzante silenzio che si era creato.
E io gliene sono intimamente grata. Più sollevata gli sorrido leggermente mentre alzo giocosamente gli occhi al cielo, fingendomi scocciata.
La sua presa sui miei fianchi si rafforza, rimanendo salda e solleticandomi dolcemente la pelle lasciata scoperta dalla maglietta che indosso.
Comunque non troppo divertita inclino il viso, scoccandogli un'occhiata eloquente che gli intima di non toccare più il tasto gelosia per stasera. E' stato fin troppo pungolato oggi e non ho ancora dimenticato le sue parole, nonostante siano state oscurate da altri pensieri.
Non è solo il fatto di averlo saputo ora o che me lo abbia detto pungendo la mia femminilità e la mia gelosia con il chiaro intento di riuscirci. La verità è che mi ha infastidito venirlo a sapere davanti ai nostri amici, apparendo ignara dei fatti e visibilmente sorpresa. E lo sa anche lui.
- Potevi almeno evitare di dirlo davanti agli altri – soffio sincera e diretta, non girandoci troppo intorno e cogliendo al volo l'occasione di chiarire subito questa piccola incomprensione.
Abbandonando le mie irrazionali reazioni e le mie istintive emozioni lo guardo negli occhi, cercando di scorgere ciò che pensa realmente.
Ian ricambia il mio sguardo, il brillio divertito che scema momentaneamente via lasciando spazio alla serietà.
- Ti avrebbe dato meno fastidio se te lo avessi detto in privato? - mormora acuto e curioso, sfiorando le punte dei miei capelli, che oscillano sulla mia schiena ad ogni mio più piccolo movimento, con i polpastrelli.
Colta un po' alla sprovvista dalla sua domanda mi mordo le labbra, cercando una risposta nell'intimità sicura e razionale della mia mente.
No.
- Si – ribatto, invece, io in risposta, mentendo e contraddicendo la veridicità dei fatti.
So benissimo che è un comportamento infantile e che sto negando solo l'evidenza dei fatti, mi stringo dolcemente tra le spalle.
Non troppo convinto da ciò che ho detto persiste a guardarmi di sottecchi, fissandomi dubbioso e alla ricerca di una verità che anche lui sa non essere questa.
- E' successo a 15 anni – afferma pacato di punto in bianco, confondendomi e non facendomi capire a cosa si riferisce - Con Leslie, un gran bella bionda. -
Allargando sbigottita e gelosa gli occhi lo trucido con lo sguardo, mettendogli di slancio la mano sulla bocca per non farlo parlare mentre una fitta acuta di fastidio torna a trafiggermi.
- Non voglio sentire - gli intimo fulminandolo con una occhiataccia bieca.
La barba leggera e un accenno di risata mal trattenuta mi solleticano il palmo, provocandomi una dolce frizione che mi fa rabbrividire.
Ian socchiude leggermente gli occhi azzurri, rendendoli simili a due fessure azzurre lucide di divertimento.
- Non è divertente - aggiungo mugolando contrariata.
Lui non deve essere del mio stesso avviso visto che l'attimo seguente un morso giocoso si scontra con la pelle delicata  della mia mano, provocando un'espressione piccata sul mio viso.
Ammonendolo con un'occhiata  allontanano dolorante la mano dalla sua bocca, liberandolo dalla mia presa.
- Non voglio sapere nulla - gli ricordo ancora testardamente, sottolineando il mio volere.
Lui mi osserva tranquillo per una frazione di secondo, un ghigno malizioso e decisamente allietato che gli inclina le labbra. E che non promette assolutamente nulla di buono, mi appunto mentalmente.
- Ok - acconsente facendo sospirare di sollievo la mia gelosia, che finalmente può respirare tranquilla. - Ora che ci penso meglio era Mary, Leslie è stata dopo – continua, non ascoltandomi e proseguendo a provocarmi scherzosamente mentre gesticola con leggerezza con una mano, come a voler sottolineare l'ovvietà della cosa.
Inclina in seguito delicatamente il viso, sfoggiando una smorfia sbarazzina e un po' irriverente che mi fa perdere un battito.
- Ian!- protesto  guardandolo ostile - Parla ancora e ti mando in bianco per una settimana - gli punto contro un dito, aggrottando torvamente le sopracciglia.
- Come siamo suscettibili - mi schernisce lui, scherzando.
Faccio per ribattere pungente, ma lui mi batte lui tempo, avvicinando repentinamente il suo viso al mio e portandomi a trattenere bruscamente  il respiro. Avvolta da un improvviso calore mi mordo le labbra, irrigidendomi istintivamente e fissandolo ammutolita.
- Non ci credo, però, che mi stai lontana così tanto - sussurra languido al mio orecchio, una punta di vanità gongolante che impregna la sua voce rendendola inaspettatamente roca.
Appoggia subito dopo la bocca sul mio lobo, tenendolo leggermente fra le labbra e facendo scontrare il suo respiro contro la pelle sensibile del mio collo. Vi deposita un bacio leggero, ma tremendamente sensuale, erotico. Lento, si sofferma quasi ad assaporare la mia pelle facendomi fremere sotto il suo tocco e provocandomi le palpitazioni. Un lungo, voluttuoso brivido mi attraversa la schiena, trafiggendomi e andandosi ad insidiare subito nel mio basso ventre. Le spirali di una nascente voglia si insinuano dentro di me, dipanandosi placidamente.
Possibile che mi ecciti con un solo, semplice bacio? Mi domando sconcertata dal subbuglio ormonale che mi ha suscitato in un secondo.
Quasi annaspando in cerca di ossigeno e con la mente totalmente annebbiata rimango immobile, il cuore che scalpita nel mio petto mentre lui si tira leggermente indietro, facendo scontrare i nostri sguardi e mischiare i nostri respiri. Per un lunghissimo attimo le nostre labbra rimangono ad un millimetro di distanza le une dalle altre, facendomi anelare disperatamente un bacio.
Dura, tuttavia, troppo poco questa dolce tortura. Lasciandomi con le guance rosse e bollenti  si allontana, infatti,  repentinamente, sfoggiando un sorrisino sexy che di casto non ha decisamente nulla e che mi provoca un'altra poderosa ondata ormonale.
Mi mordo istintivamente le labbra, torturandole con i denti.
- Smettila di guardarmi così – mormoro fissandolo e piegando leggermente la bocca in un broncio deluso per il suo bacio negato.
So, infatti, benissimo cosa significa quello sguardo: vuole sedurmi. Il problema è che ci riesce, mandando definitivamente in fumo i miei propositi di sembrare insensibile al suo fascino almeno ancora per qualche secondo.
Lui si apre in un sorriso ammaliante con il sfacciato intento di imbambolarmi più di quanto io non sia già.
- Così come? - mi domanda con una espressione angelica stampata in faccia, gli occhi leggermente socchiusi apparentemente innocenti.
Piego il capo, stringendo sarcasticamente la bocca.
- Lo sai benissimo – ribatto in risposta – Lo sguardo alla Damon – continuo sicura.
Conosco alla perfezione quel leggero ghigno malizioso e le occhiatine languide, profondamente ambigue ma apparentemente innocue, che lancia quando vuol fare colpo su di me. Il vero problema è che ci riesce perfettamente anche senza impegnarsi.
- Non è uno sguardo alla Damon, guarda – afferma lui, stringendosi candidamente fra le spalle mentre l'espressione innocente persiste sul suo viso.
Inarco un sopracciglio, guardandolo scetticamente e non credendogli assolutamente.
- Era più alla Derek Sheperd – ridacchia divertito dopo un secondo, riprendendo a parlare e portandomi a roteare gli occhi al cielo con l'accenno di una risata sulle labbra che proprio non riesco a trattenere.
Appoggio la mano sulla sua spalla con l'intento di dargli una spinta giocosa, ma all'ultimo momento desisto godendo unicamente del calore del suo corpo e della sua vicinanza.
Il nervoso di prima sembra improvvisamente lontano, la gelosia distante anni luce da me e da questo momento. Si, i dubbi rimangono irrisolti e forse lo rimarranno ancora per molto, ma in qualche modo sono smorzati dalla sua presenza. Mi rassicura, mi fa sentire sua.
- Faccio il buono, va bene - soffia successivamente, il brillio seducente che persiste nei suoi occhi.
Tendo le labbra in una piccola smorfia ironica, cercando di ignorare quel senso di voglioso desiderio che proprio non riesco a sopprimere. O forse, semplicemente, non voglio.
- Proprio buonissimo, guarda - lo rimbecco in modo canzonatorio, giocoso.
- Eh, Jessica me lo diceva sempre - sospira quasi in modo teatrale, sorridendo affabilmente divertito dalla situazione rilassata e dalle mie smorfie di disappunto - Sei troppo buono Ian - continua poi.
Tuttavia, non ho il tempo di ribattere perché lui mi anticipa sul tempo parlando ancora.
- Secondo te a cosa si riferiva?- mormora languidamente con un chiaro doppio senso.
Afferro un cuscino candido al mio fianco, lanciandoglielo contro senza riuscire a trattenere una risata.
Lui mi abbraccia quasi di slancio, intrappolandomi in una stretta dolce e confortante accompagnata da dei baci rumorosi sul collo che mi fanno cedere del tutto alle sue tenere lusinghe. Per una manciata rimaniamo semplicemente in silenzio, godendo solo della nostra vicinanza.
- Comunque è vero - soffio pacata e con una tranquillità ritrovata nella voce, appoggiando debolmente il viso alla sua spalla. - Ero infastidita -
Ian mi tira di più su di lui, facendo scontrare i nostri corpi e cingendomi maggiormente i fianchi con le braccia.
- Si, me ne ero accorto - afferma con una nota dolce che gli incrina la voce rendendola morbida e calda, tremendamente lenente per gli squarci gelosi che mi sono creata io stessa.
Con le dita gioco distrattamente con la sua maglia, mentre affondo totalmente nella calma di questo momento. Emettendo un sospiro fiacco mi rilasso contro di lui.
- Stai giocando con la mia maglia - mi fa notare, confondendomi  - La stessa che non hai voluto-
Un sorriso spontaneo mi tende le labbra nel momento stesso in cui mi rigiro nel suo abbraccio. Premo poi il palmo della mano contro il suo petto per sciogliere la sua morsa sul mio corpo. Con un pensiero deciso e determinato in testa mi tiro poi del tutto a sedere, inginocchiandomi al suo fianco e sedendomi sui talloni. Percepisco distintamente lo sguardo confuso di Ian accarezzarmi intrigato.
Senza la minima esitazione artiglio il bordo della mia maglia, sfilandola con un movimento fluido e rimanendo unicamente in reggiseno e slip alla merce dei suoi occhi.
- Mi dai la tua maglia ora? - gli domando allungando la mano e guardandolo dritto negli occhi, tentando di apparire spavalda e sicura.
Ian inclina leggermente il viso percorrendomi totalmente un paio di volte con delle lunghe occhiate, l'aria sbarazzina e i capelli che accentuano la sua espressione maliziosamente interessata.
- Mmm ora sei tu che non fai la brava – mormora con tono languido, ripuntando i suoi occhi nei miei.
La voce esce arrochita dalla sue labbra appena dischiuse e, visceralmente attratta, non riesco a non fissarle rapita per un lunghissimo minuto.
Il mio cuore aumenta irrazionalmente i battiti, pompando più velocemente il sangue del mio corpo e acutizzando il senso di calore che mi attanaglia senza scampo, facendomi avvampare. I suoi occhi seguono ancora le mie curve, soffermandosi per qualche secondo sul mio seno inguainato da un reggiseno blu che lo metto in mostra. Il respiro mi si blocca in gola, raschiandola leggermente mentre dei placidi brividi di eccitazione mi percorrono facendomi rizzare i capelli sulla nuca.
Il suo sguardo continua ulteriormente il suo percorso immaginario, scendendo ancora  e soffermandosi sul mio basso ventre, dove si annida una morsa voluttuosa e vogliosa che è lui stesso a scatenarmi. Trattengo istintivamente il respiro, tendendomi irrazionalmente  e stringendo lievemente le cosce tra di loro per trovarvi sollievo tramite una innocua frizione.
Vittima del mio stesso gioco di seduzione, il mio corpo anela a un contatto più intenso, profondo e appagante che diventa quasi un bisogno ancestrale, primordiale.
- Obbligo o verità – soffia affascinato Ian, risalendo fino a far legare i nostri sguardi in un gioco indissolubile, carico di chimica ed elettrica voglia – Voglio giocare – sorride sornione,  bruciante come non mai e facendomi perdere totalmente la percezione del tempo e delle cose.
- Verità – rispondo istintivamente io rimanendo immobile, l'attrazione che pulsa più forte dentro di me e mi divora attimo dopo attimo.
Elettrizzante e corposa rende l'aria più spessa, frizzante e carica di desiderio represso. Vibra tra di noi una voglia  intima e bollente, attirandoci l'una all'altro come calamite. Suadente, ci attira sempre di più tra le sue spire voluttuose facendomi perdere immediatamente la cognizione del tempo.
Ian stringe pensieroso le labbra, l'espressione intrigata che rimane intatta sul suo viso mentre probabilmente cerca una domanda da pormi e lasciandomi in una fremente attesa.
Un brillio luminoso gli attraversa subito dopo gli occhi, schiudendo le labbra per chiedermi proprio l'ultima  cosa che vorrei esternare.
- Quanto sei gelosa di me?- mi domanda schietto e diretto, andando a pungolare ancora quel nervo dolorante e scoperto.
Colta di sorpresa dischiudo la bocca, tentando di formulare una risposta senza trovarla. Le richiudo l'attimo seguente, stringendole e decidendo ostinatamente che ha già giocato abbastanza per stasera con la mia rovente gelosia.
- Ho cambiato idea – affermo risolutamente scrollando il capo e rivolgendogli una mezza occhiata superba e altera, esibendo un broncio leggero che deve farmi apparire ai suoi occhi quasi capricciosa. - Scelgo obbligo -
Lui socchiude gli occhi in un modo così accattivante da mettermi irrazionalmente in allerta, portandomi a rizzare la schiena istintivamente. E il mio istinto non si sbaglia.
- Benissimo – soffia mellifluo, lanciandomi l'ennesima occhiata languida che mi fa rabbrividire. - Allora pagherai penitenza – continua con voce calma che sfocia quasi in un mormorio concitato e smanioso mentre muove leggermente la mano sulla sua gamba.
Istintivamente il mio sguardo cade sui suoi boxer, dove un visibile gonfiore fa orgogliosamente mostra di sé provocandomi un folle senso di piacere e compiacimento.
Tentando di non farmi sopraffare dai miei scalpitante ormoni che mi urlano di sbatterlo a letto, riprendo a parlare.
- Penitenza? - domando quasi con tono sottile, sicura che sarà qualcosa di  intrigante  visto il suo sorrisino soddisfatto.
- Spogliati - afferma con tono basso, trafiggendomi con uno sguardo desideroso che mi avvolge placidamente.
Allargo sorpresa leggermente gli occhi, stuzzicata al tempo stesso dalla sua provocazione erotica e maliziosa. Senza dire nulla o protestare e riservandogli uno sguardo di sfida allungo le mani oltre la mia schiena, artigliando con le dita il gancetto del reggiseno. Con un gesto semplice lo sgancio del tutto, sfilandomelo l'attimo seguente. Rimanendo fieramente a seno nudo davanti a lui continuo a fissarlo negli occhi, le guance bollenti e rosse che accompagnano il mo sguardo lucido.
Un pensiero stuzzicante e malizioso mi attraversa all'improvviso  la testa, risvegliandomi dal torpore languido della mia mente ed esortandomi ad osare di più. Il desiderio di sedurlo, di scaturire lo stesso effetto che lui ha su di me mi pervade spietatamente facendo emergere la parte più femminile e donna di me.
Sospinta da un istinto irrazionale, gli metto una mano sulla spalla incontrando con i polpastrelli  il tessuto morbido della sua maglia. Senza interrompere il nostro gioco di sguardi mi muovo,  facendo scivolare le mie cosce ai lati dei suoi fianchi. Seduta a cavalcioni su di lui raddrizzo la schiena, facendo scontrare totalmente i nostri corpi.
Il tessuto leggero dei miei slip si scontra con quello dei suoi boxer, facendo sfiorare lentamente i punti più sensibili dei nostri corpi. Un debole sospiro che non riesco ad intrappolare sfugge dalle mie labbra, scontrandosi contro il suo viso terribilmente vicino.
Continuando a non dire nulla e limitandomi a fissarlo spavaldamente  faccio scendere la mia mano, percorrendo il suo petto con una carezza lenta che parte dai suoi pettorali fino ad arrivare al bordo della sua maglia. Lo artiglio con le dita, lanciandogli una occhiata di sottecchi per studiare la sua reazione. Lo trovo intento a guardarmi intrigato e attento, gli occhi così intensi e liquidi da assomigliare a metallo fuso. Non appena sfioro leggermente la sua pancia, Ian si irrigidisce contraendo la mandibola e tendendo le spalle.
Intimamente compiaciuta dalla sua reazione afferro il tessuto e la sfilo, persistendo con il mio intento di sedurlo.
Mi mordo le labbra nello stesso esatto istante in cui il suo petto rimane nudo davanti a me in tutta la sua invitante tonicità. Improvvisamente pervasa da una spudoratezza insolita gli sorrido maliziosamente, per nulla imbarazzata dalla quasi totale nudità dei nostri corpi. Muovo così i fianchi, strusciandomi lievemente contro di lui in una suadente frizione che mi provoca un formicolio al bassoventre.
Mi sporgo poi in avanti, facendo aderire i nostri toraci e il mio seno preme contro il suo petto in una fievole, ma quanto mai eccitante frizione.
L'albore della sua eccitazione preme maggiormente contro di me, provocandomi un languido formicolio al basso ventre che anela di essere soddisfatto. Seguendo unicamente un irrazionale istinto mi muovo ancora su di lui, sfregando il seno contro la pelle del suo torace, dando vita ad un lento strusciare che mi annebbia quasi la vista. I miei ormoni si palesano maggiormente, iniziando a scalpitare ferocemente e intorpidendomi la mente. Avvolta da un turbinio di emozioni vi sprofondo totalmente, perdendo quasi totalmente percezione di ciò che ho intorno.
Con la razionalità ormai pressoché sbiadita schiudo le labbra,  pronta per sussurragli una accattivante provocazione che però non faccio neanche in tempo a formulare.  Ian infatti reagisce,  interrompendo la sua momentanea immobilità.
Appoggia saldamente le mani sui miei fianchi nudi e con un colpo deciso e improvviso di reni inverte velocemente la posizione, finendomi addosso e schiacciandomi contro il materasso.
- Mi provochi? - sussurra contro le mie labbra con voce alterata, venata da un sospiro mal trattenuto che la arrochisce nel momento stesso in cui la sua eccitazione affonda tra le mie gambe.
Nonostante la sottile divisione del nostro intimo la scarica di desiderio è intensa e poderosa, portandomi a reclinare il capo indietro e soffiare l'aria tra le labbra in un lungo sospiro.
Come a voler sottolineare le sue parole spinge ancora i fianchi contro i miei, scontrandosi contro la mia intimità ormai umida e gonfia di voglia, togliendomi il respiro.
- Forse – non riesco ad esimermi dal ribattere, tendendo le labbra in modo malizioso e lanciandogli un sguardo di languida sfida nonostante la vicinanza dei nostri visi.
Le sue labbra sono sulle mie l'attimo dopo, stroncando sul nascere le mie parole con un bacio vorace e passionale che mi provoca una lunga scarica di piacere, accentuando il desiderio che ho di lui. Le sue mani vagano affannose sul mio corpo, incontrando la morbida consistenza del mio seno e torturandolo sensualmente.
Ci baciamo ancora, facendo scontrare le nostre lingue e mischiando i nostri respiri affrettati mentre i nostri corpi si incastrano maggiormente, anticipando un incastro molto più intimo ed agognato. Le mie gambe scivolano istintivamente contro i suoi fianchi, attirandolo di più contro di me mentre i nostri centri sfregano ancora tra di loro e la sua bocca lambisce la pelle sensibile del mio collo.
E il fuoco che brucia dentro di me aumenta, divampa e mi divora con le sue fiamme. Sospirando pesantemente mi inarco contro di lui, cercando un contatto maggiore per appagare una voglia che urla di essere soddisfatta.
- Mettiti in ginocchio – ansima improvvisamente al mio orecchio dopo quelli che sembrano lunghissimi momenti di passione, provocandomi un lungo brivido di piacere lungo la schiena.
Il desiderio si acutizza contemporaneamente all'aumentare del formicolio che mi attanaglia le membra, appesantendole languidamente e causandomi delle prolungate scariche di piacere.
Ansimo sfacciatamente mentre il suo respiro affrettato si scontra contro la mia pelle, non riuscendo a trattenere un ansito che si infrange contro la pelle bollente della sua spalla.
Ian spinge maggiormente il bacino contro il mio, strusciandosi ancora contro il centro del mio piacere, ormai terribilmente umido. Istintivamente mi inarco, stringendo irrazionalmente le cosce contro i suoi fianchi cercando di soddisfare minimamente la primordiale voglia che ho di lui.
L'attimo seguente il suo corpo abbandona il mio, lasciandomi avvolta solo da un improvviso freddo causato dal contatto svanito. Eccitata e vogliosa lo guardo con occhi bramanti, facendo scontrare i e intrecciandoli in un gioco sensuale e voluttuoso. Lui mi fissa di rimando, i boxer visibilmente gonfi che lasciano intravedere tutta la sua eccitazione e ciò non fa altro che aizzare inverosimilmente il mio desiderio.
Ricordandomi della sua intrigante richiesta mi tiro poi a sedere, voltandomi poi con una leggera torsione. Quasi gattonando sul letto gli do le spalle, percependo le sue occhiate ardenti percorrere la mia schiena fino al mio sedere ancora coperto dalle culotte. Mi metto poi in ginocchio, davanti a lui appoggiando istintivamente una mano sulla testiera del letto per tenermi in equilibrio.
Le mie ginocchia affondano lievemente nel materasso mentre tutto il mio corpo è teso spasmodicamente dal desiderio che mi brucia dentro. Mi divora, ardendo dentro di me senza campo e togliendomi ogni briciolo di razionalità.
Riesco a pensare solo a lui, a quanto lo voglio.
Emettendo un lungo sospiro inclino il capo, lasciando scivolare tutti i capelli in avanti. Ian è su di me il secondo dopo, riavvolgendomi con il calore bollente del suo corpo e il suo profumo afrodisiaco, che mi da alla testa e mi stordisce.
Appoggia le labbra sulla mia spalla nuda, portandomi a reclinare leggermente la testa indietro mentre, nello stesso momento, appoggia una mano sulla mia pancia. La pelle, languidamente scottata dal suo tocco, avvampa, provocandomi dei lenti brividi di attesa e desiderio. Con i polpastrelli solletica il mio basso ventre, scendendo lentamente verso i miei slip e lasciando dietro di se una via di fuoco che mi scuote.
Il respiro mi si mozza in gola non appena le sue dita giocano distrattamente con il fiocchetto delle mie culotte, tendendo tutti i muscoli del mio corpo. Emozioni contrastanti e intense vibrano sulla mia pelle, provocandomi la pelle d'oca e acutizzando tutti i miei sensi.
Persa in un oblio di emozioni irrigidisco istintivamente la schiena, finendo per premere il sedere contro la sua eccitazione.
Un gutturale verso di apprezzamento giunge dalle mie spalle, infrangendosi contro la mia nuca
Spinta dalla parte più sensuale e femminile di me mi muovo ancora contro di lui, strusciando lievemente le natiche contro la sua eccitazione. Esaltata e quasi su di giri a causa del desiderio voluttuoso che mi pervade continuo con questa lenta frizione.
Lui si irrigidisce alle mie spalle, sospirando visibilmente compiaciuto contro il mio collo. Un'altra ondata di brividi mi investe, sconvolgendomi.
Nello stesso attimo le sue dita scompaiano dentro i miei slip, portandomi ad ansimare in modo irrazionale e sconsiderato. Un gemito roco esce dalla mia bocca dischiusa e gonfia di baci, gli occhi socchiusi e i movimenti circolari delle sue dita che non mi lasciano scampo.
Una spirale di piacere poderoso e incontrollabile mi avvolge, stringendomi e dando finalmente soddisfazione  al placido formicolio che tormentava il mio basso ventre. Le sue labbra continua ad assaporare la pelle sensibile e accaldata del mio corpo, scivolando da collo alla spalla mentre con l'altra mano fa cadere lungo le mie gambe i miei slip blu.
Subito dopo le sue dita affondando finalmente dentro di me, portandomi a sospirare ancora più forte. Colta da una imponente ondata di piacere chiudo gli occhi, stringendo istintivamente il legno della testiera tra le dita. Senza quasi accorgermene mi piego leggermente in avanti, allargando maggiormente le gambe e scontrandomi ancora contro la sua eccitazione.
Lui continua con questa deliziosa e languida tortura, muovendole dentro di me e accentuando inverosimilmente il desiderio di essere completata da lui.
Lo voglio, ansimo silenziosamente mentre le mie membra risultano essere sempre più appesantite da una smania senza controllo.
Sprofondo sempre di più nel piacere che questo semplice movimento mi da, godendone appieno mentre il mio petto nudo si alza in modo aritmico a causa del respiro accelerato e aritmico.
- Prendimi - ansimo improvvisamente con voce spezzata, non riuscendo più a trattenermi mentre l'ennesima fitta di piacere mi trafigge. - Ti voglio - soffio ancora ansante, reclinando la testa e lasciandomi andare ad un lungo sospiro.
Assecondandomi lui sfila le dita, lasciandomi un senso di vuoto e l'amaro in bocca per la soddisfazione dei sensi non ancora raggiunta. Prendo un profondo respiro, cercando di riprendere fiato mentre il cuore mi sbatte nel petto e il seno mi si alza in modo aritmico a causa del respiro accelerato.
Un movimento alle mie spalle e un frusciare frenetico di tessuto mi fanno intuire che Ian si è sfilato i boxer, rimanendo finalmente nudo.
Non ho, tuttavia, il tempo di pensare altro poiché, afferrandomi i fianchi con le mani, entra dentro di me con un movimento fluido e deciso del bacino.
Un gemito roco e sensuale si infrange contro la mia nuca, acutizzando la lunga scarica di elettrico piacere che cresce con lo scorrere dei secondi. Tutti i pensieri si azzerano all'istante e rimane solo lui. Percepisco solo l'incastro languido e passionale dei nostri corpi che si completano.                  Rimane solo questa verità, nient'altro.
Ansimo più forte scoprendo il collo, subito lambito dalle sue labbra smaniose e dai suoi sospiri bollenti. Con gli occhi socchiusi dal torpore del desiderio mi mordo le labbra, assecondando le sue spinte sempre più frenetiche e convulse.
Un turbinio di emozioni e di piacere fisico mi avvolge sempre di più, travolgendomi insaziabilmente tra le sue spire. Le sue dita affondano di più nei miei fianchi, passionale testimonianza della voglia che ha di me. Il piacere cresce sempre di più, divorandomi spietatamente.
Il respiro mi si blocca all'improvviso in gola, mozzandosi  bruscamente mentre mormoro debolmente il suo nome. Il mio corpo si tende spasmodicamente, contraendo ogni singolo muscolo del mio corpo e preannunciando l'appagamento imminente dei sensi mentre lui affonda dentro di me con maggior impeto.
E poi arriva. L'orgasmo scoppia dentro di me in una frazione di secondo, pervadendomi  con delle spirali che si dipanano in modo concentrico dal mio basso ventre. Un desiderio sordo e impetuoso mi sconvolge, mi stordisce, investendomi con tutta la sua potenza.
Una girandola di emozioni intense e variopinte si apre davanti a me, travolgendomi totalmente. Ian si muove ancora dentro di me, raggiungendo anche lui il piacere dopo un paio di spinte e svuotandosi dentro di me.
Ansanti rimaniamo immobili per qualche lungo attimo, i corpi ancora uniti e incastrati perfettamente.
Mentre gli ultimi strascichi di languida voglia scivolano via, lasciandomi intorpidita, lui si appoggia totalmente contro di me pesandomi dolcemente addosso. Il suo petto aderisce perfettamente alla mia schiena, circondandomi la vita con le braccia e attirandomi ancora più vicino a sé. Un sorriso lieve mi aleggia sulle labbra, il senso di completezza che non mi abbandona nonostante l'amplesso si sia consumato.
Ancora stravolta dall'orgasmo e con il respiro accelerato sospiro, soffiando compiaciuta l'aria tra le labbra mentre mi rilasso contro di lui e reclino la testa contro la sua spalla.
- Ne avevo voglia da quando ti sei inginocchiata sul letto – soffia lascivo al mio orecchio e, anche se non posso vederlo direttamente in viso, intuisco che sta sorridendo debolmente.
Ridacchio, le membra intorpidite e pesanti ma soddisfatte, e non dico nulla in risposta, godendo semplicemente della sua deliziosa vicinanza. Ian deposita un bacio tra il casto e l'appagato sulla mia nuca, accarezzandomi leggermente le braccia prima di lasciarsi cadere a letto e trascinarmi con te.
Rigirandomi fra le sue braccio appoggio il viso sul suo petto, respirando a pieni polmoni il suo profumo mentre con un gesto semplice e dolce ci copre con il piumone.
Mi stringo istintivamente di più a lui, gli occhi chiusi e l'espressione beata stampata in faccia.
Appagati e sudati rimaniamo per qualche attimo avvolti dal dolce silenzio e dal buio della notte, i corpi avvinghiati ancora impregnati della passione che ci ha travolti.
- Dovremmo giocare più spesso ad Obbligo e Verità – rido improvvisamente io, scherzando e alludendo al risvolto piccante che ha assunto. - E' molto più piacevole di come ricordavo -
La sua risata allegra si infrange contro i miei capelli, che bacia subito dopo, mentre la mia mano vaga su di lui in una carezza lenta e tranquilla. Con i polpastrelli disegno dei cerchi immaginari sulla sua pelle ancora bollente, socchiudendo gli occhi a causa di un pressante torpore che mi appesantisce il corpo.
- Vuoi giocare ancora? - mi domanda Ian portandomi a riaprire gli occhi dopo quella che sembra una frazione di secondo o forse di più.
Lievemente stordita da un sonno leggero che mi aveva avvoltoli riapro, inclinando il viso in modo da poterlo guardare in faccia. Incontro il suo sorriso dolce nella penombra della stanza, accompagnato da uno sguardo appagato e tranquillo.
- Tocca a me, però – gli ricordo, rivolgendogli un sorriso dolce e sinceramente rilassato.
- Va bene – afferma amabilmente lui mentre io aggrotto la fronte pensierosamente, riflettendo su qualche possibile domanda. - Obbligo o verità?- gli domando intanto.
- Verità -
Frugando tra i miei pensieri e tra le varie idee una emerge prepotentemente, incuriosendomi con la sua apparente semplicità.
- Mmm qual è il tuo ricordo più bello da bambino? - gli domando sinceramente interessata.
Mi muovo poi leggermente nel letto, girandomi con una piccola torsione del busto in modo da poterlo guardare meglio in viso.
Lui stringe pensieroso le labbra, l'espressione di chi sta scavando nei ricordi e riflettendo stampata in faccia. Io lo guardo in attesa, seguendo il profilo del suo viso e i suoi lineamenti aspettando che parli.
- Quando avevo dieci anni andavo con i miei fratelli sul lago – afferma dopo un attimo di esitazione, appoggiando la sua mano sulla mia ancora appoggiata sul suo petto – Abitavamo poco lontano e a Bob piaceva pescare – continua tranquillo, alludendo alla città in cui è cresciuto.
L'immagine di un Ian bambino con dei grandi occhi azzurri mi invade subito la mente, suscitandomi un senso di tenerezza disarmante. Una dolce morsa mi stringe appena il cuore, aumentando il senso di pacato calore che questo pensiero mi provoca.
Non ho mai visto sue foto da bambino, ma non è difficile immaginarselo vivace e con un caschetto corvino a fare da contorno ad un sorriso vispo e dolce mentre saltella o corre in giro per casa.
Riprende però a parlare l'attimo dopo, facendo sfumare inesorabilmente via il suo viso in versione infantile e portandomi a rifocalizzare l'attenzione sulle sue parole.
- Eri già un bimbo animalista – rido, prendendolo leggermente in giro e riconoscendo quei tratti di lui già così marcati nella sua infanzia.
Lui sorride, lanciandomi un'occhiata di sottecchi. Le nostre dita si sfiorano ancora, finendo per unirsi in una stretta salda  che le intreccia.
Totalmente rilassata e calma mi sistemo meglio contro di lui, facendo scontrare le nostre gambe in una involontaria carezza.    
Cala poi un momentaneo silenzio tra di noi, che ci avvolge come una guaina cullandoci in un pacato dormiveglia.
- Io mi divertivo a fingermi una spia in missione a quell'età, invece – affermo all'improvviso, ricordando con una lieve malinconia quando spiavo mio fratello credendo di non essere vista. - Cercavo di arrivare di soppiatto e non farmi sentire per ascoltare i discorsi dei miei genitori e poi tornavo in camera -
Alzo il viso, incontrando gli occhi azzurri di Ian puntati su di me e l'espressione di chi sta trattenendo una corposa risata.              
- Ei – protesto fintamente risentita – Ero una spia bellissima – rido subito dopo, soffiando le parole tra le labbra con un tono che mi esce un po' infantile e un po' pieno di sé .
Le sue labbra si posano sulle mie l'attimo seguente, strappandomi un bacio dolce e leggero. Quasi in estasi mi ritrovo a sorridere con gli occhi dischiusi, quel sentimento che si agita ancora dentro di me provocandomi una piacevole sensazione di smarrimento. Ed è così facile, naturale, lasciarsi andare nella sua morsa soffice e voluttuosa, affondarci senza pietà.
- Dimmi una cosa di te che non so – affermo all'improvviso con tono curioso e deciso,  la sete di sapere altre cose su di lui che non mi abbandona.
Anzi, se possibile aumenta ancora.
Continuando a tenere le nostre mani unite in una presa salda mi volto, mettendomi su un fianco e affondando il viso nel cuscino.
Lui ha leggermente il viso inclinato verso di me, gli occhi socchiusi e i capelli arruffati disordinatamente che gli conferiscono un'aria sbarazzina e intrigante. Piega poi impercettibilmente un angolo della bocca verso l'alto, sorridendo appena, e posso distintamente percepire un velo di stanchezza intorpidirgli lo sguardo, che però cerca di combattere.
- Il fatto che penso che sei bellissima vale come risposta? - soffia adulante, facendomi ridere leggermente.
- Ruffiano – ribatto io dandogli un leggero pugno sul petto, che non scalfisce per nulla la sua espressione languida e adulatoria. - Sono seria. - affermo contro il suo collo, lambendogli la pelle in un bacio leggero e dolce.
 
- Non do a nessuno il mio ultimo pezzo di dolce – mormora lanciandomi un'occhiata di sottetticchi quasi ammonitrice e so perfettamente che si riferisce a tutte le volte che gli ho rubato qualche morso di torta – Quindi non provare a portarmelo via, potrei sbranarti una mano – ride cercando di far assumere alla sua voce una inclinazione seria e minacciosa.
- Non lo lasci neanche a me? - gli domando sdegnata in risposta, le labbra buffamente dischiuse dallo stupore.
Lui si apre in un sorriso luminoso e solare che mi provoca una dolce morsa.
- No – ride – Non sono pronto a rinunciare al mio ultimo pezzo per te – mi canzona giocosamente, provocando la mia smorfia.
Intrigato Ian si gira anche lui su un fianco, così vicino da far sfiorare ancora i nostri corpi e mischiare i nostri respiri caldi.
Un dolce torpore ci avvolge insieme ad un silenzio morbido che ci circonda
Infilo silenziosamente un braccio sotto il cuscino mentre Ian al mio fianco sbadiglia stancamente.
E quel dubbio torna ad affliggermi come un tarlo, tormentandomi proprio ora che tutto sembra almo e tranquillo. Come un fulmine a ciel sereno arriva a turbare la mia tranquillità fisica e mentale, adombrandomi leggermente pensieri scuri e carichi di domande irrisolte. Quel dubbio preme per uscire con una una forza disarmante, per trovare risposta e avere soddisfazione.
Mi pressa, portando a mettere in dubbio anche la mia reazione.
Obbligo o verità?
E semplicemente cedo.
- Cosa vedi nel tuo futuro? - gli domando non riuscendo a frenare le parole, che mi solcano le labbra prima ancora che io possa pensarle.
Con occhi febbrili e frementi cerco una sua immediata reazione, puntandoli dritti su di lui e non staccandoli dalla sua longilinea figura neanche per una frazione di secondo. Il cuore mi scalpita ansioso nel petto, attendendo una sua replica chiusa in un religioso silenzio.
Inaspettatamente Ian si tende, irrigidendosi all'improvviso come se avessi toccato un tasto dolente. La linea elegante della mandibola diventa più netta, dura, mentre contrae impercettibilmente le spalle e le labbra si serrano. Un senso di ansia e confusione mi pervade subito, scuotendomi interiormente e facendomi sentire irrazionalmente allarmata e agitata. Quel senso di cupo nervosismo torna a tormentarmi, sibilando malignamente dubbi insinuanti. E il mio istinto infierisce, sussurrandomi che non si era sbagliato: per lui è un problema parlarne, probabilmente.
Ma lo è anche pensarci? Mi chiedo confusa, interdetta alla ricerca di risposte che sembra quasi non volermi concedere. Persiste nel non guardarmi, continuando a tenere ostinatamente gli occhi puntati contro il soffitto bianco della mia stanza.
- Lavorativo, dico – aggiungo velocemente scorgendo il suo sguardo confuso, venendo colta da un moto di panico e cedendo alle dolci e pressanti fantasie che la mia mente si è fatta al riguardo.
Pensieri fatti di me e di lui, di noi e di un futuro lavorativo condiviso.
La voce che esce a malapena percepibile dalla mia bocca in un sibilo inudibile che incrina solo per un attimo il silenzio che vige.
Teso come una corda di violino non dice nulla per un lunghissimo attimo, facendomi trattenere bruscamente il respiro. Perché reagisce così? Mi chiedo turbata dal suo sguardo adombrato e torbido, affollato di risposte indecifrabili.
Sempre più sconcertata lo fisso con gli occhi leggermente socchiusi, studiandolo attentamente nel tentativo di decifrarlo e capirlo. Ma non ci riesco, l'espressione impermutabile sul suo volto non me lo permette e la penombra della mia camera da letto non mi aiuta poi molto, celandomi sfumature del suo sguardo che, invece, sarebbe di vitale importanza. Il lato più scuro e indecifrabile di lui torna ad adombrarlo, rendendolo quasi illeggibile ai miei occhi.
Ian schiude improvvisamente le labbra, pronto per parlare, portandomi ad anelare  disperatamente una sua risposta, un suo cenno.
Obbligo o verità? Cosa sceglierà di seguire ?
- Non ho molti progetti – risponde finalmente con tono strascicato, sintetico e laconico. - Magari qualche documentario per la ISF – aggiunge sbrigativo dopo un attimo di esitazione.
Come a volermi rassicurare inclina poi il viso verso di me, girandolo appena e riservandomi uno sguardo criptico che sa di cose non dette e di dolcezza. Mi confonde ancora di più, scatenando dentro di me la consueta reazione di calore  e di groviglio indistinto di emozioni.
Annuisco lentamente mentre quella domanda mi divora, scavando una voragine dentro di me e portandosi dietro la sua mezza risposta come ancora a cui aggrapparsi. Non ha chiarito i miei dubbi, rifletto pensierosa mentre mi abbandono al flusso imponente dei miei pensieri.
O forse la verità è semplicemente questa. La sua verità è questa, progetti lavorativi e non ancora non ben definiti al momento.
Emetto un sospiro leggero, cercando di soffiare fuori anche tutte le elucubrazioni che mi tormentano fastidiosamente. Ed è lui a farlo, a scacciarli via e a disarmarmi inesorabilmente l'attimo dopo. Proprio quando sembra che il suo essere indecifrabile non mi consentirà di capirlo, lui mi stupisce fornendomela in un altro modo, più criptico ma anche più significativo.
- Vieni più vicino – soffia con tono dolce e calmo, cogliendomi di sorpresa nel momento stesso in cui mi attira maggiormente contro di te, facendomi sprofondare fra le sue braccia calde e rassicuranti.
Un senso di calore inimmaginabile e di qualcosa che si scioglie mi attanaglia il petto all'altezza del cuore, rendendomi arrendevole e tremendamente indifesa. Affondo istintivamente il viso nel suo collo, respirando il suo profumo e beando delle sensazioni forti e indescrivibili che il solo contatto con la sua pelle mi crea. Rassicura i miei dubbi, li scaccia, li annienta. Mi da risposte.
Appoggia una mano fra i miei capelli, accarezzandoli piano e forse intuendo i miei dubbi che svaniscono via dissolvendosi nel nulla.
La mia mente improvvisamente si svuota, rimanendo disadorna di pensieri cupi e problematici e lasciando spazio ad una semplice verità, quella dei suoi gesti.
È vero, non mi ha detto esplicitamente che mi vuole nel suo futuro, di qualsiasi tipo esso sia, ma me l'ha fatto capire in modo più intimo. E allora è davvero così importante cercare disperatamente una risposta, obbligarlo a dire una verità nascosta,quando è palese nei suoi gesti? Mi domando capendo, che no, non lo è forse.
Non ha scelto l'obbligo di dirmi parole studiate, forzate, ma la verità di una azione che lo rappresenta molto di più.
E io cosa scelgo, invece? Obbligo o verità?
Uno dei due prevale nettamente sull'altro in una frazione di secondo, sovrastandolo in modo deciso e spietato.
- Mi piace averti intorno quando giro – affermo improvvisamente, interrompendo il momentaneo silenzio che si era creato – Mi piace sapere che mi guardi, che ci sei. Mi fa recitare meglio, do il meglio di me – continuo allontanando il viso dal suo collo per guardarlo dritto negli occhi mentre qualcosa dentro di me urla che non saprei fare a meno di lui.
E non solo sul set. Quel sentimento che mi stringe il cuore lo grida a squarciagola, sibilando una verità che risulta essere un obbligo per il mio benessere. È fondamentale, lui lo è.
Lui mi guarda, un sorriso lieve, luminoso, che finalmente gli stende le labbra e che torna ad illuminargli gli occhi e a far palpitare irrazionalmente il mio cuore.
Con una espressione vagamente ebete e imbambolata continuo a tenere i nostri sguardi saldamente incatenati, cercando di trasmettergli la mia verità.
- Questa è una cosa che non ti ho mai detto – soffio dolcemente, riferendomi al gioco e riservandogli uno sguardo carico di emozioni e sensazioni forti.
Ian appoggia una mano sulla mia guancia, accarezzandola delicatamente mentre quel ghigno dolce persiste sulla sua bocca. Mi scalda, conquistandomi ancora, minuto dopo minuto,  con quel suo modo intrinsecamente romantico e affabile che lo caratterizza.
Mi rapisce, mi fa ancora sua possedendomi con una sensazione disarmante che gli anima gli occhi.
Il momento viene però spezzato l'attimo seguente dall'acuto squillare della sveglia.
Smarriti e sorpresi ci voltiamo verso il comodino, dove con un gesto secco della mano Ian la zittisce.
- Mmm tra meno di quarantacinque minuti devo essere sul set – sbuffa lui lasciandosi nuovamente andare tra i cuscini e le coperte disfatte, la voce bassa da cui traspare un accenno di stanchezza.
Istintivamente lancio un'occhiata veloce all'orologio scorgendone l'ora: le cinque e diedi di mattina.
Stupita sgrano  gli occhi, notando con sorpresa che è già passata una notte intera fatta di passione e parole.
Siamo rimasti a parlare per tutto questo tempo e a me sono sembrati solo pochi minuti. Le ore sono scivolate via in modo dannatamente veloce, noto, praticamente senza che me ne accorgessi.
Lui passa poi una mano sul viso come per risvegliarsi, facendo scivolare in seguito le dita tra i capelli corvini scompigliati e un po' arruffati.
Mi mordo le labbra, seguendo con gli occhi questo gesto e rendendomi conto che sono state anche le mie frequenti carezze ad acconciarli in questo modo scomposto.
- Rimani ancora un po' a letto – protesto con un mugolio supplicante, quasi imbronciato facendolo ridere divertito.
E finalmente tutto diventa chiaro. Guardandolo ridere affianco a me, così rilassato e mio , capisco che non si può ricondurre tutto ad un prevalere di obbligo e verità.
Capisco che non per forza si deve scegliere tra uno o l'altro, ma che invece possono coesistere. Perchè sono cose imprescindibili e complementari, una chiama l'altra.
Esattamente come me e lui, ci attiriamo. Ci incastriamo. Ci completiamo.
E' un obbligo ammettere certe cose a se stessi, venire a patti con i propri demoni interiori.
Lo è affrontare le proprie emozioni, capire cosa si prova e il perchè.
Lo è accettare certe fantasie importanti, prenderne coscienza e desiderarle ardentemente.
Alzo istintivamente lo sguardo su di lui, facendolo scivolare sul suo profilo. Ne seguo ogni tratto, ogni più piccola imperfezione.
E' un obbligo affrontare le proprie paure, le insicurezza che in modo razionale ci spingono verso la persona che vogliamo come una calamita.
Sono quelle cose che consolidano ciò che proviamo, lo manifestano, seppur sembrino indebolirci o renderci fragili.
E' un obbligo cercare le proprie verità, dolci e bello o più amare che siano.
Perché per superare quel gradino che mi divide da lui, per compiere l'ultimo passo verso di lui, si devono ammettere le cose.
E la verità è una sola al momento. E' un sentimento unico e ineguagliabile che mi scoppia dentro, che mi rende viva. Che mi rende felice, serena e completa.
Ian si volta all'improvviso verso di  me, inclinando il viso e puntando i suoi occhi nei miei. Come  richiamato dal mio sguardo insistente e pensieroso fa scontrare il mio con il suo. Un lampo curioso e interdetto lo anima, probabilmente a causa della mia indecifrabilità
- Cosa c'è? - mi chiede infatti, cercando forse risposta ai suoi pensieri.
- Nulla – mormoro con un filo di voce, dolce e carica di un qualcosa non poi più così sconosciuto.
Sorrido.
E la verità più bella è lui.


 
 
 
 
Note
Salve! Come state? Spero bene! Eccoci qui con un nuovo aggiornamento con un capitolo che non è importantissimo ma neanche di passaggio. E' una via di mezzo. Questa volta non ci saranno le consuete note, ho deciso che è anche giusto non stare sempre lì a spiegare tutto ma lasciare anche spazio a chi legge.
Vorrei solo precisare alcune cose: in primis Nina non  pensa già al matrimonio dal momento che mi ha fantasticato, solo come è anche normale che sia ha avuto quel pensiero. In secondo luogo tramite le parole e i pensieri di Nina si capisce che sono trascorse due settimane dal primo appuntamento, quindi la loro storia sta procedendo tranquillamente. Credo sia necessario fare dei salti temporali, spero siano chiari.
Inoltre, non so se davvero Paul e  Torrey si siano sposati nelle vacanze di Natale e in gran segreto, se così non fosse consideratela una licenza poetica;)
Causa influenza non ho riletto benissimo, ma spero non ci siano errori. In ogni caso nei prossimi giorni provvederò a rileggere e correggere gli eventuali errori.
Il prossimo aggiornamento non so bene quando arriverà a causa degli esami all'università imminenti, ma non dovrei impiegarci troppo.
Comunque, ho in cantiere un
nuovo progetto che conto di iniziare a pubblicare tra non molto e che è una storia originale;)
Un grazie speciale va al mio
Editore, che mi sopporta sempre.
 
Spero che il capitolo vi piaccia, buona lettura.
 

Live in Love

Salve! Vi lascio il link di una mia storia originale che ho iniziato, fateci un salto se vi va! ci terrei molto a sapere il vostro parere;) RITRATTO DI TE

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Capitolo 18
*** Love is in the air ***


ATTENZIONE: Nel corso del capitolo troverete delle frasi scritte in grassetto, sono le battute dell'episodio 2x18. Buona lettura!
 
 

CAPITOLO 18
 
LOVE IS IN THE AIR

 
 
 
 
 
 
 
- Non sanno cosa sta accadendo - mormora, sporgendosi lievemente verso di me per farsi sentire e superare così il fragore rumoroso della musica che riempie la stanza - Dobbiamo dirglielo - continua quasi concitatamente, portandomi ad alzare gli occhi su di lui e incontrare il suo sguardo verde preoccupato, ansioso.

Fintamente preoccupato.

- Ci penso io -

Paul recita la sua battuta con disinvoltura, fingendosi angosciato e seguitando a tenere i suoi occhi puntati alle mie spalle come se stesse fissando una persona.

L'operatore con la telecamera si muove intorno a noi, continuando con le riprese e probabilmente con i primi piani mentre io tento di apparire indifferente e di non guardare direttamente in camera.

Cosa che, fortunatamente, mi riesce alla perfezione e con una semplicità stupefacente. Non ci faccio però poi troppo caso, tentando di rimanere totalmente concentrata sulla scena che stiamo girando e di non deconcentrarmi.

Continuando a muovermi leggermente sul posto al tempo di musica lo fisso, come da copione, limitandomi ad annuire mentre i miei capelli, legati in una coda, sfiorano la mia schiena e le mie spalle con un dolce frusciare.

Lui fa poi un cenno del capo a qualcuno dietro di me, continuando ad osservare in quella direzione.

Mi agguanta in seguito all'improvviso la mano, seguendo le indicazioni che ci erano state date dal regista, chiudendola in una presa leggera e debolmente percepibile. Con delicata scioltezza rotea appena il polso, facendomi ruotare su messa stessa in una perfetta piroetta fino a farmi voltare totalmente nella direzione opposta.

Il secondo dopo un'altra mano calda afferra la mia, decisamente famigliare, assecondando il mio movimento e facendo ondeggiare pericolosamente la corta gonna del mio vestito con le mie cosce.

Ian.

Un sorriso quasi sfugge all'imperativo della mia razionalità di apparire pensierosa non appena mi rendo conto che lo avrei riconosciuto anche senza sapere che era lui. Il suo tocco mi risulta, infatti, inconfondibile, marchiato a fuoco su di me. Sulla mia pelle, sul mio corpo e sulla mia anima.

Nel tempo di un respiro mi scontro contro il suo corpo tonico, le braccia solide e forti che mi afferrano per la vita circondandola subito dopo e attirandomi maggiormente nella sua morsa. Forse a causa dello slancio o semplicemente per un fortuito caso mi ritrovo ad una manciata di millimetri dalla sua bocca, che risulta invitante come non mai. L'aria diventa improvvisamente elettrica, densa di un qualcosa di carnale e nascosto che vibra spontaneamente tra di noi. Brucia dentro di me, portandomi a socchiudere leggermente gli occhi mentre istintivamente mi ritrovo a fissarle.

Fortunatamente, per una volta, tutto ciò va anche a vantaggio visto che Kevin ci ha espressamente raccomandato di sembrare complici. Tentando di non aggrottare le sopracciglia mi ricordo anche della sua risatina ambigua che aveva seguito le sue parole, altrettanto vaghe.

Non vi verrà difficile, era stata questa la sua frase esatta.

Mi tendo leggermente a questo delizioso contatto, agognandone disperatamente un altro mentre i brividi, che partono istantaneamente dal punto esatto in cui mi sta toccando, mi dilaniano.

Sperando silenziosamente di non essere arrossita vistosamente e di non avere un'espressione imbambolata stampata in viso scrollo appena il capo, scacciando bruscamente il senso di vertigini che mi avvolge. Quel senso di snervante svolazzare rimane, però, presente, ben radicato nei miei sentimenti, accompagnandomi fedelmente di fatto nella mia recitazione.

Istintivamente appoggio la mano sulla sua spalla fingendomi colta in contropiede mentre rimango con le labbra dischiuse, lo sguardo puntato su un petto tonico che appena si intravede dalla camicia nera che indossa. Risalgo poi lentamente fino a scontrarmi con un paio di occhi incredibilmente azzurri puntati dritti nei miei.

Ian, nelle perfette vesti di un Damon Salvatore anni'70, contraccambia il mio sguardo con un'occhiata tranquilla. Senza apparentemente sentire il peso e l'ansia della recitazione che stiamo sostenendo mi guarda in modo calmo, pacato. L'iride adamantina appena venata da una punta di languida furbizia che mi fa intuire che non gli è affatto passato inosservato la mia affannosa reazione.

Le sue dita scivolano fra le mie, intrecciandosi in una morsa lieve ma salda che mi conduce in un movimento cadenzato che segue il ritmo non troppo veloce della canzone.

- Come va? - afferma l'attimo seguente, rompendo il silenzio creatosi fra noi mentre continua a trascinarmi in una danza lenta che fa sfregare i nostri corpi.

Cosa che non mi aiuta decisamente a riemergere dal torpore mentale in cui sono sprofondata, dimenticando all'istante ciò che devo dire o fare.

E' vero che quando c'è lui giro meglio, visto che viene inspiegabilmente tutto più facile. Forse a causa della chimica che abbiamo, o forse, semplicemente, perché mi rilassa. Ma, così come riesce a facilitare la mia concentrazione, riesce anche perfettamente a distrarmi con la sua espressione sbarazzina e quel sorrisino che sembra invitarmi sfacciatamente ad affondare le labbra nelle sue.

Come se mi avesse letto nel pensiero le stringe lievemente, umettandosele in modo quasi impercettibile e provocando lo scalpitare irrefrenabile dei miei ormoni. Il mio cuore li segue subito dopo, iniziando ad accelerare i battiti mentre con sguardo avido seguo questo gesto apparentemente innocuo. Con la gola improvvisamente arsa e la mente stordita dalla sua sola presenza, dal suo seducente modo di stuzzicarmi in pubblico, deglutisco, tentando a fatica di ricordare ciò che devo dire.

Sono perfettamente sicura che lui si sta divertendo un sacco a vedermi in queste condizioni precarie e spinose, lo maledico mentalmente. Non è, infatti, la prima volta che capita da quando stiamo insieme e, forse, è capitato anche prima. Ian si diverte a stuzzicarmi, punzecchiandomi con battutine languide dall'evidente doppio senso e da contatti fugati ma tremendamente brucianti.

Imponendomi un certo contegno mi inclino leggermente indietro, reclinando appena il capo e mugolando dei versi indistinti nel tentativo di acquistare tempo prezioso. Mentre tutta la troupe, colleghi compresi, mi fissa in attesa che la scena prosegua come da copione io scavo nella mia memoria alla ricerca disperata delle battute che sembro, improvvisamente, aver scordato.

Meno male che ho una buona memoria, mi schernisco da sola in modo ironico e sarcastico.

Fortunatamente, un lampo attraversa la mia mente l'istante seguente, facendomi ricordare.

- Sto andando un po' fuori di testa - mormoro, salvandomi  in calcio d'angolo con una battuta che sembra esprimere anche il mio stato emotivo attuale, seppur in modo totalmente differente - E tu? - continuo con maggior scioltezza, più tranquilla, accompagnando il tutto con un sospiro che spero risulti angosciato.

Ondeggiando e approssimando una sorta di ballo lo guardo in attesa che parli ancora, recitando la sua parte.

Quasi sorprendendomi accenna con le braccia proprio le mosse tipiche di quell'epoca, muovendosi con una scioltezza che appare tremendamente spontanea e per nulla costruita.

- Calmo come l'acqua di un lago - afferma continuando a muoversi, una pacatezza naturale che traspare dalla sua voce come se fosse davvero reale e non finzione.

Stende poi le labbra in un ghigno leggero, appena percepibile che però gli conferisce un'aria tremendamente sorniona. Si muove ancora, alzando pollici in modo così buffo che mi fa quasi scappare una risata.

Intorno a noi le comparse continuano a muoversi, fornendoci un perfetto contesto. Fingendomi non troppo convinta e vagamente preoccupata appoggio una mano sul suo collo, sciogliendo del tutto la nostra presa.

Inclino leggermente il viso mentre Ian parla ancora, corrucciando appena le labbra.

- Andiamo, ricordi l'ultimo ballo a tema? - mi esorta lui, attirandosi il mio sguardo silenzioso mentre le mie dita vagano sulla mia nuca.

Piega poi il volto, sorridendo appena nello stesso esatto istante in cui un brillio di smaliziato divertimento gli anima gli occhi adamantini.

-I vampiri facevano argh - piega la bocca in una smorfia buffa nel tentativo di impersonare vampiro pauroso mentre oscilla in aria le mani - E voi facevate ahhh - continua rendendo più acuta la voce per simulare un urlo spaventato.

Malamente riesco a trattenere un sorriso divertito, che si scontra contro il palmo delle mie mani che scorrono velocemente sul mio viso.

- Giusto - recito  con voce fintamente stanca - E poi vinceste - lo guardo nuovamente negli occhi, le dita che premono sulla pelle del mio collo come per stemperare la tensione con un lieve massaggio.

Rivolgendomi un'occhiata di sottecchi, resa più intensa dai suoi occhi allargati, si sporge in avanti, afferrandomi i polsi. Attirandomi contro di sé fa scivolare le sue dita tra le mie, appoggiandole poi sul suo petto e trafiggendomi con uno sguardo vivo, languido. Fa poi scontrare di nuovo i nostri corpi, provocando una dolce frizione tra i nostri bacini per seguire il ritmo della canzone in sottofondo.

I nostri occhi rimangono incatenati indissolubilmente e io mi ritrovo a chiedermi, ancora una volta, se dall'esterno l'elettrica sintonia che abbiamo si nota. Quesito che forse non avrà mai una risposta.

- Vincemmo - soffia suadente, mellifluo spingendo ancora il suo corpo contro il mio e facendo avvicinare pericolosamente i nostri visi.

La voglia di mordere il suo labbro inferiore diventa pressante, corposa e forte, quasi rinvigorita dal nostro strusciare fievole. Miracolosamente riesco a trattenermi, beandomi semplicemente di questo contatto lieve ma gustoso.

Il mio petto inizia a gonfiarsi in modo aritmico nel momento stesso in cui Ian mi tira a sé prima di allentare la presa sulla pelle delicata del mio polso e farmi fare l'ennesima giravolta della giornata.

Non è, difatti, la prima volta che la giriamo. Al contrario l'abbiamo dovuta ripetere un paio di volte a causa di alcuni errori e per renderla più credibile.

Spero sia l'ultima, mi dico mentre giro su me stessa ripiombando fra le sue braccia calde subito dopo. Questa volta, però, mi ritrovo di tre quarti, quasi di spalle contro il suo petto intrappolata in un contorto abbraccio.

Sorrido spontaneamente deliziata, alzando il mento per vederlo meglio in viso.

- Sei bravo - interpreto, un guizzo di piacere ad animarmi lo sguardo che è puramente reale, per nulla finto.

Le mie labbra si tendono di più, allargando il mio sorriso allegro e dolce.

Neanche tu sei male, recito nella mia mente anche la battuta di Ian che dovrebbe seguire la mia.

Cosa che, tuttavia, non accade.

E ho solo il tempo di notare di sfuggita un brillio di pura malizia animargli lo sguardo chiaro prima di ritrovarmi ancora più stretta contro di lui.

Sorprendendomi totalmente avvicina la sua bocca al mio orecchio, lasciando spiazzata e tesa con le labbra dischiuse in attesa di capire cosa vuole fare.

- Conosco mosse che non hai mai visto - soffia provocando un caldo brivido lungo la schiena e la pelle d'oca, improvvisando totalmente e abbandonando le istruzioni del copione.

Prima ancora che possa realizzare l'evidente doppio senso delle sue parole lui mi fa ruotare nuovamente sul posto, riportandomi faccia a faccia con lui.

Tentando di mascherare lo stupore che ancora mi pervade sorrido, aumentando la presa sulle sue mani calde che ancora stringono le mie.

Con gli occhi azzurri frizzanti e divertiti dalla mia espressione, tra lo stupito e il deliziato, ghigna, inclinando appena il viso ed esibendo la sua consueta espressione sexy.

- E stop! - urla improvvisamente una voce decisa, imponendosi sul vociare di sottofondo ed interrompendo la scena proprio quando una lieve risata mi sale alle labbra.

Fortunatamente il regista apprezza la scena, salvandomi dal dover improvvisare a mia volta e soprattutto dal dover ripetere tutto da capo.

Ian non allenta la morsa sulle mie mani per una frazione di secondo, prolungando il nostro contatto.

Alzo gli occhi su di lui, il respiro ancora trattenuto bruscamente in gola e le guance velate da un leggero rossore che me le scalda.

Impudentemente ghigna in modo più vistoso, riservandomi uno sguardo di consapevole sensualità che fa esplodere i miei ormoni. Spinge poi leggermente il bacino contro il mio, provocandomi sfacciatamente nel bel mezzo del set.

Avvampando mi mordo le labbra, sgranando sorpresa gli occhi mentre un'ondata di calore e tensione sessuale mi trafigge.

Non mi lascia, però, nuovamente il tempo di dire o fare nulla, allontanandosi subito dopo da me ridacchiando leggermente.

Gli lancio un'occhiataccia al vetriolo, un broncio appena accennato che mi curva le labbra  a causa del suo scherzetto. O forse, semplice, per via del contatto interrotto.

Tentando di darmi un contegno afferro la mia coda, portando i capelli sulla mia spalla e giocandoci distrattamente con le dita.

Emetto poi un sospiro mentre le luci si riaccendono e le comparse sciolgono rumorosamente i ranghi, disperdendosi intorno a noi. Il silenzio irreale e sacro che vigeva prima sul set si rompe, venendo sostituito dal vociare dei tecnici che discutono riguardando la scena e degli attori che gironzolano in giro.

- Potevi avvisarmi - affermo all'indirizzo di Ian riferendomi alla sua improvvisazione mentre muovo un passo verso di lui, accorciando nuovamente le distanze tra di noi.

Fa spallucce, piegando la bocca in una lieve sorriso svagato.

- Lo sai che mi piace improvvisare - mi risponde semplicemente.

Piego un angolo della bocca, spostando momentaneamente lo sguardo dalla sua snella figura per guardarmi intorno.

- Si, ma se il regista non chiamava lo stop non sapevo cosa rispondere - mormoro tranquillamente, entrando nei panni dell'attrice professionale e abbandonando per un istante quelli della sua ragazza. - Avvisami la prossima volta - gli dico convinta, tornando a puntare i miei occhi nei suoi.

Lui annuisce.

- Hai ragione - afferma con un sospiro leggero, spontaneo.

Gli sorrido dolcemente, il desiderio di toccarlo che si fa impellente e che a stento freno. Cosa che evidentemente non riesce a fare lui, tuttavia.

Il secondo dopo, infatti, Ian si sporge in avanti, appoggiando velocemente le labbra sulla mia guancia.

In un gesto del tutto istintivo piego leggermente il viso verso di lui, percependo il suo respiro caldo contro di me e le sue labbra indugiare sulla mia pelle.

Un pensiero fugace mi ricorda però che siamo in un luogo pubblico, affollato più che mai oggi, fulminandomi sul posto. Mi irrigidisco istintivamente, contraendomi totalmente mentre una punta di panico mi investe.

- Ian - lo ammonisco in modo concitato, quasi angosciata dalla paura che qualcuno ci noti nella moltitudine.

Con il cuore che batte all'impazzata stringo le dita sulla sua camicia nera, una presa ibrida che sembra volerlo trattenere e al tempo stesso allontanarlo.

- Non ci ha visto nessuno, stai tranquilla - afferma al mio orecchio con tono dolce e morbido, tentando di calmarmi e farmi rilassare.

Annuisco appena, guardandomi velocemente intorno e non scorgendo nessuno a guardarci fortunatamente.

Mi rilasso lievemente, sciogliendo la postura tesa e le mie spalle contratte. E il calore del suo corpo mi aiuta incredibilmente, facendomi tirare un sospiro di sollievo.

La sua bocca indugia ancora sulla mia guancia, solleticandomi e deliziandomi con un altro bacio leggero, ma terribilmente delizioso.

Deglutisco, tentando di calmare il mio batticuore scalmanato.

Lui si allontana subito dopo, la mano che segue la linea sinuosa del mio fianco in una carezza languida e desiderosa in netto contrasto con la dolcezza del suo bacio.

Con le guance probabilmente rosse lo fisso attentamente mettersi davanti a me in modo da coprirmi la visuale e nascondermi dietro la sua figura.

Il suo sguardo si illanguidisce all'improvviso, diventando più liquido ed imbrunendosi appena. Una contrattura che ormai conosco perfettamente gli vela il viso,  adombrandogli gli occhi con un'emozione indecifrabile ma tremendamente palpabile.

Una sottile tensione sessuale torna a impregnare l'aria, saturandola di un qualcosa che sembra indistinto e al tempo stesso chiarissimo.

Senza quasi rendermene conto mi umetto le labbra, sfiorando appena con la lingua il mio labbro superiore senza interrompere il nostro gioco di sguardi.

- Ti sta bene questo vestito - afferma con voce sorprendentemente bassa, intima e arrochita dall'attrazione e da quel qualcosa che sembra abitare anche lui, oltre che me.

Irrigidita ora dal desiderio mai sopito e non più dall'ansia di essere vista da qualcuno lo guardo. intensificando lo sguardo.

- Appena torniamo in camerino te lo tolgo io - sussurra con voce languida, percorrendomi da capo a piedi con un'occhiata bruciante e avida.

L'ennesima ondata di calore mi scuote, facendomi sentire quasi in debito di ossigeno e sul punto di avvampare.

I suoi occhi percorrono le mie gambe nude appena solleticate dalla gonna corta del mio abito viola, risalendo fino alla mia scollatura e infine al mio viso.

- Sai - ghigna inclinando leggermente il viso, continuando a riservarmi occhiate bollenti - Conosco mosse che non hai mai visto - mormora languido e ambiguo, richiamando le battute del copione.

- Oh amore alcune le conosco - ridacchio appena in modo malizioso alludendo a tutte le volte che siamo stati a letto insieme ultimamente.

Divertita mi stringo nelle spalle, scossa da una risata leggera e allusiva che non riesco a sopprime.

L'espressione di Ian muta però drasticamente in un secondo, cambiando bruscamente di segno. Da sorridente e malizioso diventa confuso e sorpreso. Quasi sconvolto. Aggrotto le sopracciglia, il divertimento che scivola inesorabilmente via lasciando il posto solo alla confusione.

Tuttavia, non ho il tempo di comprendere appieno la sua reazione perché qualcosa mi distrae, attirando la mia attenzione. O meglio, qualcuno.

- Complimenti, ragazzi, la scena è ... - Kevin si palesa davanti a noi, gli occhi sgranati e una evidente sorpresa che gli aleggia sul viso.

Come se avesse visto qualcosa di sconvolgente esita per qualche attimo, la bocca dischiuse e afona mentre indugia su di noi con lo sguardo come per volerci scrutare attentamente.

Non capendo mi volto nuovamente verso Ian, trovandolo intento a passarsi una mano sulla nuca in modo quasi imbarazzato.

Cosa diavolo ho detto per sconvolgerli e addirittura ammutolirli? Mi domando sconcertata senza capire il filo conduttore di questa situazione.

Quasi senza rendermene conto mi ritrovo a riavvolgere silenziosamente a ritroso il nastro dei miei pensieri e dei miei discorsi alla ricerca di ciò che li ha destabilizzati in questo modo sconcertante.

Parola dopo parola scorro velocemente tutto ciò che ho detto, ripetendomi quasi le frasi che ho detto ad Ian poco fa. E improvvisamente tutto si completa, le parole mancanti si incastrano perfettamente nel quadro costruito dalla mia razionalità.

Oh amore alcune le conosco.

Il mio cuore perde all'istante un battito, accelerando bruscamente subito dopo e trasformandosi in una corsa sfrenata che mi provoca un ronzio nelle orecchie.

Amore.

Allargo gli occhi, la tachicardia che non mi abbandona e una vampata di calore che mi sale al viso, arrossandomi furiosamente le guance.

L'ho chiamato amore, mi dico quasi non capacitandomene. E' successo con una naturalezza così disarmante che non me ne sono praticamente accorta.

Le mie labbra si sono mosse quasi in modo autonomo, spinte da quel sentimento che cresce giorno dopo giorno dentro di me realizzandosi.

Stupita da me stessa deglutisco, tentando di rallentare il mio battito e di calmarmi.

Mi sento strana, euforica ed agitata al tempo stesso. Un mix di emozioni e sentimenti che pulsano, si dimenano e si mischiano rendendomi fremente.

Un pensiero attraversa però fulmineo la mia mente, paralizzandomi.

E Ian come l'ha presa? Mi domando sprofondando in un flusso di pensieri che mi estrania dal resto del mondo, facendo passare in sottofondo tutto ciò che ho intorno.

Quasi ansiosamente alzo lo sguardo su di lui, trovandolo nella stessa posizione di prima e con lo sguardo puntato in tutt'altra direzione. Sembra un po' teso, forse imbarazzato, noto con un'occhiata accurata e vibrante.

Agognando disperatamente dei dettagli che mi facciano intuire il suo umore e, soprattutto, la sua reazione lo studio, percorrendo il suo viso con occhi aviti di indizi. Ha la mandibola appena contratta, le labbra che contrariamente sono distese nella consueta piega morbida e gli abbassati che sfuggono ai miei, impedendomi di leggerlo meglio.

L'espressione indecifrabile stampata in volto non mi aiuta a decifrarlo, provocandomi una leggera stretta allo stomaco che mi attanaglia vigorosamente.

L'avrà presa bene? Mi domando ancora, incapace di non farlo.

I miei dubbi rimangono però tali visto che Kevin riprende a parlare subito dopo, ricordandomi della sua presenza.

- E' uscita molto bene – completa infine la frase, continuando a fissarci e scrutarci in modo quasi indagatore  – E complimenti Ian, davvero ottima l'improvvisazione. - continua schiacciandogli l'occhiolino, riprendendosi in minima parte.

Istintivamente lo guardo mentre parla, scorgendo Ian annuire appena con la coda dell'occhio mentre continua a passarsi nervosamente la mano tra i capelli.

- Mi hai...sorpreso – afferma ancora scombussolato, come realmente stupito da una verità che non si aspettava, non guardando tuttavia il mio collega e fidanzato ma rivolgendo lo sguardo su di me.

E un dubbio molto più grosso e insidioso rispetto alla reazione di Ian mi fulmina sul posto, raggelandomi dolorosamente.

Ha sentito, sgrano scioccata gli occhi. Kevin ha sentito.

Solo in questo momento, con un imbarazzo pressante e una paura latente ad abitarmi, ricollego tutto, ricordandomi della sua comparsa proprio nello stesso esatto momento in cui ho pronunciato quelle parole.

Alla fremente euforia si mischia ora l'angoscia di cosa potrebbe dire, di come potrebbe riprenderci. Le relazioni sul set non sono mai state buon viste di buon occhio, proprio perchè potrebbero mettere a repentaglio la riuscita ottimale dello show creando attriti e problemi.

Totalmente senza parole rimango in silenzio, interiormente sconvolta dalle conseguenze pubbliche che potrebbero insorgere.

E se qualcun altro lo avesse sentito? Mi chiedo ancora, scrutando con occhi febbrili le cuffie appoggiate sul suo collo.

Abbiamo il microfono dannazione, mi maledico mentalmente frustrata. Potrebbe avermi sentita anche il regista e chissà chi altro, emetto un piccolo sbuffo allarmato.

Una punta di panico vena totalmente la mia tranquillità, portando a non sentire cosa sta dicendo Kevin.

Con il cuore che pulsa in modo aritmico e un miscuglio di emozioni indistinte che si agitano dentro di me guardo Ian.

Come percependo il mio sguardo lo alza su di me, permettendomi finalmente di scrutarlo meglio. Ricambia la mia occhiata, legando i miei occhi con i suoi. Tesa e nervosa cerco di capire la sua reazione, ciò che pensa o prova. La calma magia che ci ha caratterizzati fino a poco fa mandata in frantumi da una angoscia sottile, ma tremendamente presente.

Disattendendo le mie speranze mi guarda in modo indecifrabile, gli occhi azzurri appena dilati e uno stupore velato ancora ben presente nella sua espressione.
E l'eco delle mie parole rimane nell'aria, così come il battere del mio cuore.
Oh amore alcune le conosco.
Amore.










*******
 






 
 


Con una torsione semplice del polso mi tiro dietro la porta bianca del mio camerino, chiudendola subito dopo a chiave. Avvolta da un silenzio quasi religioso prendo un lungo sospiro, lasciandolo andare subito dopo con una scrollata di spalle. Non c'è nessuno in giro e, vista l'ora, non c'è da stupirsi. E' stata una giornata pesante, impregnata di tensione emotiva e lavorativa. Come se non bastassero le scene massacranti ci si mette anche la mia vita privata, quasi sull'orlo di essere resa pubblica ora.

Ho praticamente passato la giornata ad evitare Kevin per paura che mi fermasse per dirmi qualcosa, richiamarci o anche solo esprimere il suo parere contrario. In qualche modo mi rende irrequieta questa concreta possibilità, non facendomi vivere serenamente
Per non parlare di Ian poi. Non ci siamo praticamente più beccati per tutto il pomeriggio dal momento che io ho dovuto girare delle scene con Paul e lui era impegnato sul set.

La promessa di spogliarmi dell'abito di scena nella pausa non si era avverata, sfumando in un silenzio dettato da qualcosa che sembrava averlo destabilizzato.

Amore.

Nell'intimo silenzio della mia mente mi ripeto questa parola, esattamente come ho fatto per tutto il giorno in modo quasi incredulo, assaporandola dolcemente.

Era stato questo, la sorpresa di sentirsi chiamare così a destabilizzarlo? Ian era apparso quasi imbarazzato più che confuso, stupito da un qualcosa che non si aspettava forse.

E di certo la presenza di Kevin ha complicato drasticamente le cose, ingigantendo un qualcosa invece semplice e spontaneo.

Non si è fatto sentire e io non l'ho cercato, rifugiandomi quasi nella frenetica calma delle  riprese.

Emetto un lungo sospiro, cercando di scacciare la tensione e preparandomi mentalmente ad affrontarlo non appena metterò piede in camera mia. Pronta per tornare in camera e finalmente rilassarmi tra le calde e candide coperte del mio letto, mi volto muovendo un passo in avanti.

Tuttavia, sono costretta a rivoltare subito dopo, ricordandomi distrattamente che ho lasciato le chiavi inserite nella toppa.

Dannazione a me e alla mia testa distratta che si perde sul pianeta Ian, mi maledico mentre le recupero infilandole subito dopo nella tasca interna della borsa.

Ciò nonostante, non faccio neanche in tempo ad alzare lo sguardo e muovere un passo che l'ultima persona che vorrei vedere compare davanti a me.

- Oddio Kevin – mi porto spaventata una mano al petto, il cuore che scalpita furioso e un urlo strozzato che mi muore sulle labbra. - Mi hai spaventata – mormoro con un filo di voce, prendendo poi un respiro profondo nel tentativo di calmarmi.

Allo spavento si mischia subito una punta di imbarazzo, portandomi a torturarmi il labbro inferiore con i denti. Con il cupo presagio che possa iniziare il fatidico discorso riguardo ciò che ha visto stamattina lo guardo, ricambiando la sua occhiata delicata con una di febbrile attesa.

Lui sorride in modo gentile, il disagio di oggi pomeriggio che sembra solo un lontano ricordo sul suo viso.

- Scusami tesoro, non volevo – afferma con voce calma e serena, piegando le labbra in un sorriso velato che però non mi tranquillizza – Ti ho chiamato un paio di volte, ma sembravi sovrappensiero – mi rivela avvicinandosi di un passo, ostruendomi così del tutto la via di fuga così.

Sentendomi quasi in trappola deglutisco, tentando di usufruire delle mie doti recitative per apparire rilassata e soprattutto di calmarmi.

- Si – ammetto semplicemente, annuendo appena. - Non ti avevo  sentito -

Le mie dita si chiudono nervosamente intorno alla tracolla in tessuto  della mia borsa, tentando di scaricare e stemperare la tensione. Cosa che però non accade, purtroppo.

Per un lungo attimo cala un silenzio carico di imbarazzo, il corridoio deserto ed illuminato che ci circonda aumentando maggiormente il mio disagio.

Mi vorrà parlare di oggi? Mi domando quasi ansiosa, non riuscendo a non farlo ma non trovando comunque una risposta a questo quesito insidioso.

E forse non voglio saperlo, mi dico riconoscendomi come una perfetta codarda ma stasera e con la stanchezza che mi grava addosso è decisamente l'ultima cosa che ho voglia di fare.

- Ehm, io andrei – affermo con tono vagamente esitante, piegando appena la testa di lato ed indicando con un cenno del capo l'uscita che mi appare quasi come un miraggio in questo momento.

Cercando di apparire normale e tranquilla stendo le labbra, ottenendo come unico risultato una smorfia mal celata al posto di un sorriso disteso.

Lui, tuttavia, continua ad ostruirmi la strada, facendomi sentire tremendamente braccata.

- Aspetta – dice deciso, allungando una mano come per fermare la mia imminente fuga. - Vorrei parlarti prima, Nina – continua con tono pericolosamente serio, facendomi drizzare le orecchie.

Sentendomi in fallo e pronta ad essere colpita nel vivo mi irrigidisco impercettibilmente, stringendo ancora le dita intorno al tessuto della mia borsa nera.

- Hai un minuto? - mi domanda.

- Si, certo - mormoro in risposta io, fingendomi tranquilla.
Cosa che decisamente non sono. Per nulla.

Il cuore mi scalpita ansioso ed agitato nel petto, facendomi sentire sul punto di essere scoperta.

- Dobbiamo affrontare un discorso – afferma ancora, iniettandomi direttamente in vena una dose incredibile di panico con le sue parole.

Mi pervade, soffocandomi e privandomi quasi del respiro. Non sapendo cosa fare o dire mi mordo le labbra, percependo il momento della verità farsi sempre più vicino. Un confronto inevitabile si avvicina minuto dopo minuto, intrappolandomi contro la porta del mio camerino e con il senso di angoscia che comporta.

E il peso di tutto ciò si fa sentire. L'angoscia preme inesorabilmente su di me, calcata dal fatto che Kevin non è solo un mio datore di lavoro ma anche un amico.

Semplicemente non riesco a sopportarlo, cedendo e battendolo sul tempo.

- Senti Kevin se è per quello che hai sentito oggi – inizio a parlare, frantumando bruscamente il silenzio che si è creato tra di noi mentre muovo freneticamente una mano.

Non sapendo bene come continuare esito un attimo, indugiando alla ricerca convulsa di qualcosa da dire, da spiegare.

- Te lo avremmo detto – affermo ancora, dilatando appena gli occhi mentre dentro di me spero ardentemente che non se la prenda. - Solo non volevamo diventasse troppo pubblica – continuo inclinando appena il viso, stringendomi tra le spalle.

Lui aggrotta le sopracciglia, probabilmente non capendo all'istante a cosa mi riferisco, distendendo poi la fronte subito dopo.

- Di me ed Ian – aggiungo io, tentando di spiegarmi meglio e di chiarire a cosa mi sto riferendo.

Emetto poi un sospiro, stringendo la bocca in una linea netta e attendendo la sua imminente reazione

- Oh – afferma semplicemente lui, facendomi fremere a causa dell'attesa. - Non negherò di essere rimasto parecchio sorpreso da oggi – mi dice con un'occhiata eloquente riferendosi alla situazione venutasi a creare sul set e io arrossisco furiosamente, mordendomi colpevolmente le labbra nel ricordarlo.

Silenziosamente in attesa lo guardo, aspettandomi da un momento all'altro una sfuriata sul perché va contro la politica dello show.

- E non ti dirò neanche che è una cosa che fa bene allo show perché sai benissimo le conseguenze in cui potreste incorrere - mi guardo ancora in modo serio, ammonendomi quasi.
Ecco qui la famosa ramanzina, mi dico torvamente incassando la testa fra le spalle.
So perfettamente quali possono essere le conseguenze di eventuali nostri problemi, ma so altrettanto bene che non li lasceremmo influire sul nostro lavoro.
Professionalità prima di tutto, è questo quello che ci siamo sempre detti. La nostra vita privata non deve influire sul nostro lavoro se non positivamente. In fondo uno dei motivi per cui abbiamo tenuta nascosta la nostra storia è anche questo: non creare problemi sul posto di lavoro causati magari da cause esterne.
Tuttavia quel lieve senso di ansia permane dentro di me, agitandomi interiormente nonostante io abbia la coscienza pulita a riguardo. Irrequieta mi muovo leggermente sul posto, continuando a fissare Kevin ed ascoltarlo.
Ci potrebbero essere conseguenze effettive? Mi ritrovo però a chiedermi, vagliando tutte le possibilità eventuali ed immaginabili.
Non c'era nessuna clausola nel contratto, penso riuscendo a calmare in minima parte il mio allarmismo.
- In ogni caso anche i muri se ne erano accorti, cara - si apre in un sorriso luminoso e vagamente divertito, lasciandomi più ammutolita di quanto io non sia già.
Non è arrabbiato? Mi domando spiazzata, totalmente stupita dalla piega che hanno preso le sue parole dopo l'inizio intimidatorio e scuro.
Per qualche lungo istante lo guardo con le labbra dischiuse e ammutolite dallo stupore provocato dalla sua reazione.
- Io non so che dire se non mi dispiace - sussurro realmente costernata, soffiando l'aria tra le labbra in un sospiro dispiaciuto.
Un corposo sollievo mi coglie tuttavia l'attimo seguente, pervadendomi in modo concentrico con le sue spire.
Come se un peso mi avesse abbandonato mi sento quasi più leggera, non più afflitta da ombrosi dubbi e torvi pensieri.
- Non volevamo che finisse sui giornali - affermo, giustificandomi quasi - Volevamo mantenere la nostra privacy, solo per questo non lo abbiamo detto né a te né a Julie - continuo con un sospiro.
Lui, incomprensibilmente tranquillo, mi sorride ancora, tentando forse di calmare il mio confuso giustificarsi.
- Nina, non sarò certo il re del gossip come Candice, ma non sono nemmeno nato ieri- afferma bonariamente divertito, prendendomi poi sottobraccio e conducendomi lungo il corridoio.
Una lieve risata mi sale alle labbra al pensiero di Candice e delle sue manie di saper sempre tutto su tutti, stemperando leggermente la tensione.
- Tra di voi c'è una tensione sessuale che va oltre le mie scene Delena - ride ancora, facendomi arrossire nuovamente. - Modestamente splendide - aggiunge con un finto tonno vanesio che fa ridacchiare.
Non sono nuova a queste battute dal momento che Candice me le fa di continuo, ma sentirsele dire dal proprio capo, per quanto sia anche un amico, è strano, imbarazzante.
Con le guance rosse corruccio appena le labbra, sentendomi vagamente a disagio.
Con passi lenti e tranquilli attraversiamo intanto il corridoio, giungendo fino alla porta antincendio che dà sull'esterno.
- Si nota davvero così tanto? - gli chiedo realmente stupita.
- Decisamente si- mi risponde lui annuendo vigorosamente – Non mi fraintendere siete dei bravissimi attori – afferma mettendo quasi le mani avanti rispetto a ciò che sta per dire. -Ma non so quanto Ian finga soltanto di essere … beh innamorato della sua Elena -
Calca sul nome della protagonista che interpreto, facendolo suonare ambiguo e allusivo.
Un lieve sorriso mi vela le labbra a queste parole, sfuggendo alla presa del mio nervosismo e scaldandomi inverosimilmente. Un senso di languido calore si insinua infatti dentro di me, divorando quel senso di angoscia che mi ha  abitato fino ad ora.
- Pensa che i fan su internet vi hanno ribattezzati Nian - sogghigna divertito - Non so se in una guerra tra fandom chi vincerebbe visto che piacete una sacco. Dovrei sentire Julie a tal proposito–
Aggrotto leggermente la fronte, stupita e al tempo stesso divertita dalla buffa fusione del mio nome e di quello di Ian.
Nian, ripeto silenziosamente decretando infine che mi piace.
Un po' orientale come suono ma mi piace.
- Persino loro si sono accorti che l'amore è nell'aria - mi sorride in modo complice, allargando allusivamente gli occhi e portandomi a sorridere mentre continuiamo a camminare.
- Come la canzone, sai - mi dice appoggiando la mano sulla maniglia della porta antincendio per aprirla.
Aggrotto le sopracciglia, non seguendolo.
- Canzone? -
- Love is in the air - canticchia leggermente, non propriamente intonato.
Per completare il quadro improvvisa anche alcuni passi, continuando a canticchiare buffamente mentre muove le spalle.
Neanche il tempo di un secondo che scoppiamo entrambi a ridere.
- Comunque non volevo parlare di voi, per stavolta sei salva.- afferma, tornando improvvisamente serio non appena usciamo all'aperto.
L'aria fresca di marzo ci investe, provocandomi la pelle d'oca e facendomi rabbrividire-
Confusa e al tempo stesso incuriosita alzo lo sguardo su di lui, in attesa che parli e si spieghi meglio mentre mi stringo nella giacca leggera che indosso.
Kevin in tutta risposta abbassa momentaneamente gli occhi, puntandoli in un punto indistinto davanti a noi.
- Ho deciso di lasciare lo show - lancia la bomba senza mezzi termini, lasciandomi basita.
- Che cosa? - gli domando di rimando sbarrando gli occhi, non capendo questa sua scelta improvvisa e apparentemente senza senso visto il successo che sta riscontrando - Perché? - gli chiedo ancora, fissandolo sbalordita e onestamente anche dispiaciuta.
Lui sospira ancora, pesantemente,  stringendosi fra le spalle.
- Ho bisogno di stimoli - mormoro con semplicità tornando a guardarmi negli occhi - Ho un progetto in corso e hanno accettato di produrlo - continua.
Rimanendo in silenzio lo ascolto, tentando di capirlo e comprenderlo.
Annuisco silenziosamente.
- E poi lo show è già avviato - mi sorride leggermente, in modo quasi malinconico - Julie se la caverà alla grande .
E, in fondo, so anche io che è così
- Certo, cosa ne sarà delle tue bellissime scene? - gli domando calcando volutamente su bellissime in modo ironico e scherzoso, tentando di stemperare l'aria malinconica che si è venuta a creare.
Mi mordo le labbra per non scoppiare a ridere, continuando a guardarlo mentre rimaniamo fermi davanti dall'uscita.
- Ci penseranno i Nian – ride divertito, prendendomi bonariamente in giro. - Tanto l'amore è nell'aria -
Una risata mi scuote vigorosamente, portandomi ad alzare gli occhi verso il cielo plumbeo e ormani scuro.
E, chissà per quale strana ragione, quel motivetto continua a vorticarmi in testa.






                                                                      ******



 

- Love is in the air, everywhere I look around . Love is in the air every sight and every sound -

La voce bassa e corposa del cantante riempie la mia stanza, inondandola con le sue note e il suo ritmo caldo.
Canticchiando a bassa voce mi muovo leggermente sul posto, ancheggiando appena e continuando intanto a sistemare e piegare le magliette pulite sul letto. Amo l'odore delicato della biancheria pulita che impregna il tessuto, noto con un lieve sorriso a piegarmi le labbra.
Il buon umore sembra apparentemente essere tornato ad illuminarmi grazie in parte alla doccia rilassante che ho fatto appena tornata in camera,  che ha avuto il rivitalizzante merito di scacciare la tensione e la stanchezza lavorativa.
Ed è, decisamente, grazie anche alle parole di Kevin che hanno spazzato via le nuvole dei miei dubbi e dei miei timori.
Non appena, infatti, ci siamo salutati per tornare rispettivamente alle proprie questioni mi sono sentita subito meglio, come se un grosso peso mi avesse abbandonata e si fosse dissolto nel nulla.
E' inutile negare che il fatto che abbia in qualche modo approvato la nostra relazione, confidando nel nostro comportamento professionale, mi abbia tranquillizzato.
Ha stemperato il nervosismo della giornata, lasciandomi rilassata e tranquilla.
E così eccomi qui, ad ascoltare la stessa canzone che Kevin ha citato solo qualche ora fa mentre riordino e ballo buffamente.
- Love is in the air - canto ancora il ritornello, sovrapponendomi alla voce del cantante.
- Ti dai alle canzoni anni'70? - mi schernisce all'improvviso una voce che conosco alla perfezione in ogni sua sfumatura, portandomi ad alzare bruscamente la testa in quella direzione.
Colta alla sprovvista guardo Ian con gli sbarrati, trovandolo sull'uscio della porta che si richiude subito dopo alla spalla.
Mi rivolge un lieve e sfacciato sorriso divertito, piegando appena l'angolo della bocca, che segue alla fronte leggermente aggrottata in modo confuso.
La musica sfuma via subito dopo, lasciandomi con le guance rosse di imbarazzo e la stanza terribilmente silenziosa.
Visibilmente divertito dalla mia esilarante performance mi fissa, un scintillio di allegro divertimento che gli anima lo sguardo azzurro.
Mi mordo le labbra, continuando a guardarlo come folgorata sul posto.
Per una frazione di secondo rimango così immobile e in silenzio, la mano ancora a mezz'aria che regge una maglietta rossa e le labbra dischiuse mentre l'imbarazzo divampa bruciante dentro di me.
La mia mente, fortunatamente, elabora velocemente una risposta, seppur buffa.
- Me l'ha suggerita Kevin – ammetto stringendomi fra le spalle, l'espressione innocente stampata in viso mentre continuo a torturare il mio labbro inferiore con i denti.
Ometto, però, il piccolo particolare che riguarda il perché me l'ha consigliata, tenendolo gelosamente per me.
Dopo quello che è successo oggi, che ho detto, non so come la potrebbe prendere.
A dire il vero non so neanche come ha preso quello, mi ricorda la mia mente portandomi a sospirare pesantemente.
Questo dubbio mi colpisce come un pugno allo stomaco, mischiandosi all'imbarazzo
Ed eccoli li i soliti pensieri, che tornano a vorticarmi in testa senza lasciarmi scampo.
Divisa tra la piena consapevolezza di quello che ho detto e il dubbio della sua reazione emotiva deglutisco, abbandonando i miei indumenti puliti sul copriletto e decidendo di scoprirmi.
Lo scruto attentamente mentre il sorriso scema via dal suo viso e si muove per la camera con una scioltezza e confidenza che sa di quotidianità.
Non sembra teso o nervoso, nessuna tensione era presente nella sua voce, noto aggrottando appena le sopracciglia.
Prendo poi un respiro profondo, facendomi coraggio e decretando che è arrivato il momento di parlarne senza troppi giri di parole.
Basta attese e silenzi, ho aspettato tutto il giorno.
- Kevin mi ha fermato per parlarmi – affermo improvvisamente, interrompendo il breve silenzio che si è creato tra di noi.
Incuriosito lui alza il capo verso di me, lasciando andare lo zainetto blu dove tiene i suoi abiti di ricambio ai piedi del letto. E' un'abitudine che ha preso da qualche settimana quella di portarsi i vestiti dietro in modo tale da non dover fare tutto in fretta e furia al mattino.
Seguo quel gesto con gli occhi, rialzandoli subito dopo su di lui e legandoli ai suoi.
Mi fissa in attesa, aspettando che parli, ma apparentemente calmo e tranquillo. Nessun tumulto interiore sembra agitarsi dentro di lui.
Piegando appena il viso verso destra prendo un altro respiro, pronta per continuare il mio discorso, ma lui mi batte sul tempo, anticipandomi.
- Si, ha fermato anche me – afferma con tranquillità, piegando appena le labbra in una smorfia non curante e serena.
Ha fermato anche lui ? Mi dico sorpresa, non comprendendo totalmente se per parlare di noi o semplicemente per comunicargli la sua decisione.
Tuttavia, ci pensa lui stesso a togliermi ogni dubbio il secondo dopo.
- Mi ha detto che lascia lo show – continua stiracchiandosi leggermente.
Aggrotto delicatamente la fronte, tentando vanamente di scrutare la sua espressione per capire in qualche modo cosa si sono detti.
Una punta di acuta e lancinante curiosità mi trafigge, pervadendomi e facendomi quasi sentire in fremente attesa di saperlo. Cosa che però non accade.
Ian non dice, infatti, nulla, persistendo con il suo pacato silenzio.
- Si - affermo semplicemente, perdendomi tra le elucubrazioni della mia mente.
L'impellente bisogno di dirgli cosa è accaduto in sua assenza si fa più presente, pressante, mischiandosi alla tensione dovuta al fatto che non so come potrebbe prenderla.
Spinta, però, da un innato spirito di masochismo decido di svuotare totalmente il sacco, rivelandogli anche l'altra parte del discorso.
- E io gli ho detto di noi - ammetto dopo un attimo di esitazione, risultando più brusca di quanto vorrei davvero.
Attendendo fremente una sua reazione torturo il bordo della mia maglia con le dita, sperando ardentemente che non se la prenda. Lo guardo insistentemente, attendendo che parli mentre i miei denti affondando colpevolmente nel mio labbro inferiore.
Ian non dice nulla per qualche lunghissimo secondo, rimanendo immobile con la fronte aggrottata e l'espressione indecifrabile stampata in viso. Forse stupito, forse basito.
- E' stato involontario - mi affretto ad aggiungere freneticamente, facendo velocemente il giro del letto per raggiungerlo - Mi ha fermato e pensavo mi volesse parlare di quello che ha sentito stamattina - continuo la mia convulsa spiegazione agitando le mani, la voce venata da una percepibile nota ansiosa.
Lui mi rivolge uno sguardo attento, quasi curioso, studiandomi accuratamente la mia espressione.
Il mio impaccio aumenta ancora di più sotto la spinta delle sue occhiatine indagatrici, arrossandomi lievemente le guance.
In fervida attesa continuo a torturarmi colpevolmente le labbra con i denti, sperando intimamente che parli e mi risponda. Qualsiasi cosa va bene, basta che lo faccia.
- Sembri preoccupata - afferma improvvisamente, rompendo finalmente il silenzio e facendomi trattenere il respiro.
A spazzare via, però, la mia tensione ci pensa lui stesso subito dopo, piegando leggermente l'angolo della bocca verso l'alto.
- Ti è venuta anche una rughetta sulla fronte - mi prende giocosamente in giro, una risata appena accennata che gli vela le labbra e il tono dolce che fa assumere alle sue parole una sfumatura quasi tenera.
Con un sorriso abbozzato appoggia l'indice sulla mia fronte, distendendo appena con il polpastrello caldo la mia pelle corrugata.
E io posso finalmente tirare un vigoroso e lungo sospiro di sollievo, rilassando le spalle e la postura
- Mi dispiace davvero, avrei voluto parlatene prima - ammetto sinceramente sollevata che l'abbia presa bene, scuotendo leggermente il capo.
Tuttavia, non ho il tempo materiale di prendere respiro e continuare che Ian mi anticipa, ancora.
Con un movimento fluido e veloce mi circonda i fianchi, tirandomi contro di sé e zittendo qualsiasi mia ulteriore replica con un bacio quasi famelico.
Le nostre bocche si scontrano, facendo incontrare le nostre lingue ed intrattenendosi a vicenda in un contatto languido venato da una punta di incredibile dolcezza.
Inclino lievemente il viso, permettendogli un accesso maggiore alla mia bocca mentre un turbinio di emozioni mi attraversano, pervadendomi.
Come isolata all'improvviso dal resto del mondo appoggio una mano sul suo petto, beandomi finalmente del sapore delle sue labbra dopo una intera giornata di astinenza.
Si allontana dopo quelli che mi sembrano interminabili secondi e io, spinta dalla voglia insaziabile di baciarlo ancora, lo seguo istintivamente.
Sbilanciata in avanti e leggermente in punta di piedi alzo lo sguardo su di lui, percependo il calore del suo corpo contro il mio e la sua presa farsi ancora più serrata e avvolgente.
I nostri occhi si incatenano, legandosi in modo indissolubile mentre cala un tranquillo silenzio tra di noi che ci avvolge.
- Comunque mi piace - afferma, mandandolo in frantumi e portandomi ad aggrottare la fronte.
- Cosa? - gli chiedo di rimando io, continuando a rimanere appoggiata languidamente su di lui.
Ian sorride apertamente, in modo disteso e luminoso, trafiggendomi con uno sguardo intenso prima di ripiombare sulla mia bocca dischiusa e vogliosa di lui, dei suoi baci.
- Mi piace che mi chiami amore - mormora contro le mie labbra mentre quel sorriso dolcemente irriverente e sensuale permane, lasciandomi totalmente basita.
La voce suadente risulta quasi un sussurro impercettibile, calcata appena sull'ultima parola e solleticandomi il volto con il suo respiro caldo.
Senza parole sbarro leggermente gli occhi nocciola nel momento esatto in cui lui mi bacia, ancora, in modo lento e contemporaneamente dolce il labbro inferiore, affondando maggiormente subito dopo nella mia bocca.
Il cuore mi scoppia quasi nel petto, battendo in modo accelerato e anomalo, accompagnato dallo svolazzare incontrollato delle farfalle nel mio stomaco.
Sorpresa e sconvolto dalla sua reazione rispondo al bacio dopo un attimo di esitante attesa, iniziando a percepire l'euforia pervadermi poderosamente insieme al delicato senso di vertigini che mi attanaglia.
Come se mi avessero iniettato l'adrenalina direttamente nelle vene passo di slancio le braccia intorno al suo collo, saltandogli quasi addosso nell'impeto del bacio e della gioia.
L'ha presa bene, mi dico prendendone totalmente coscienza mentre l'ennesimo bacio vorace ci consuma e le mie dita vagano tra i suoi capelli corvini.
E nell'aria vibra qualcosa di diverso, di intimo e forte che sembra pulsare dentro di noi fino ad estendersi al di fuori dei nostri corpi, delle nostre anime.
Non è la solita elettricità, il consueto e voluttuoso desiderio che ci attanaglia le membra quando siamo vicini.
E' altro.
Qualcosa che si esprime anche perfettamente rimanendo semplicemente occhi negli occhi, brucia labbra contro labbra.
 
Le sue mani vagano intanto sul mio corpo, appoggiandosi sui miei fianchi mentre un bacio passionale e intenso si consuma.
Un frizzante desiderio inizia a bruciare dentro di noi, avvolgendoci sinuosamente con le sue spire e facendoci sprofondare nella voglia intima dell'altro.
Mentre la mia bocca lambisce la pelle del suo collo Ian fa leggermente pressione contro di me, tentando di farmi indietreggiare per arrivare al letto.
E la sua intenzione è chiarissima, perfettamente leggibile nei suoi gesti: mi vuole, così come io voglio lui.
Una mal celata voluttuosità impregna i nostri gesti, rendendoli frenetici e languidi.
Tuttavia, non appena compio un passo indietro  mi scontro contro una superficie rigida e ingombrante che interrompe bruscamente l'atmosfera oltre che il nostro cammino.
Quasi rischiando di cadere mi aggrappo alle sue spalle, tentando di riacquistare il mio precario equilibrio.
Abbasso subito dopo lo sguardo sull'oggetto che ha rovinato il momento, ritrovandomi a fulminare torvamente con gli occhi lo zainetto di Ian.
Visibilmente indispettita sbuffo sonoramente, palesando tutto il mio dissenso.
Dannato zaino, impreco silenziosamente.
Un paio di occhi azzurri seguono la mia stessa traiettoria, la presa sul mio corpo che però rimane ben salda.
- Ho portato il cambio - afferma al mio indirizzo, portandomi a guardarlo nuovamente in viso.
E un'idea improvvisa attraversa come un fulmine a ciel sereno la mia mente, non trovando assolutamente alcuna opposizione da parte della mia razionalità.
Scostandomi una ciocca di capelli scuri dal viso e portandola dietro all'orecchio gli do voce, parlando serenamente soddisfatta.
- Il secondo cassetto del mio comò è libero - affermo con semplicità e naturalezza, stringendosi appena tra spalle mentre l'altra mia mano rimane appoggiata su di lui. - E' tuo - gli sorrido dolcemente, indicando con un cenno del capo il mobile alle mie spalle.
Pienamente consapevole del significato velato che traspare tra le righe lo fisso, in attesa di una sua reazione.
In qualche modo la sua presenza nella mia stanza si concretizza, diventando palpabile e stabile.
Un'emozione indefinita e incredibilmente contorta attraversa i suoi occhi azzurri sorpresi, rendendoli incredibilmente liquidi e intensi.
Stupita dall'intensità del suo sguardo, che mi inchioda, mi mordo le labbra.
- Un cassetto? - mormora sorpreso, un mezzo sorriso sensuale e solare che gli inclina le labbra.
Lievemente imbarazzata dalla piega romantica e dolce che hanno assunto le mie parole annuisco lentamente, inclinando appena il viso.
- Ma lo faccio solo perché adoro rubarti le maglie - scherzo l'attimo seguente, tentando di stemperare lievemente l'atmosfera che sa di qualcosa di importante.
Apparentemente disteso e sereno ridacchia leggermente, sopendo poi l'accenno di risa nuovamente contro le mie labbra per un bacio dolce e fugace.
- Lo so che ti piace, amore - mi risponde lui, soffiando dolcemente l'ultima parola contro la mia guancia.
Il mio cuore perde all'istante un battito, facendomi trattenere bruscamente il respiro. Avvampo all'istante.
Mi ha chiamato amore, mi dico piacevolmente basita mentre un sorriso ebete si delinea sulla mia bocca.
E' questo che ha provato stamattina, questo mix letale di gioia, sorpresa e sentimento? Mi chiedo quasi in estasi, quell'emozione intensa che pulsa più forte dentro di me finendo quasi per stordirmi.
Mi scalda, insidiandosi dentro di me ed andando a riaccendere il calore del desiderio che ci ha infiammati non più di qualche minuto fa.
Le due sensazioni si mischiano, diventando inscindibili e un tutt'uno. Come noi.
Ian appoggia poi le labbra all'angolo della mia bocca, depositandovi un bacio leggero e dolce che mi provoca dei lunghi brividi.
Sorrido mentre le sue labbra creano un percorso bollente sulla mia pelle, percorrendo il mio viso e il mio collo fino alla clavicola dove indugia di più, in modo più languido e voglioso.
L'aria torna elettrica, vibrante di desiderio e sentimento.
E mi rendo conto, ora più che mai,  che Kevin non ha poi tutti i torti.
Love is in the air.




EDIT: Vi lascio il link di una mia nuova storia, con personaggi interamente originali ambientata a New York. Fateci un salto se vi va;) Ritratto di Te

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Capitolo 19
*** Perché ***


CAPITOLO 19


PERCHE'





- Buongiorno! -

Kevin fa il suo pimpante ingresso nella sala riunioni con passo spedito e un grosso, raggiante sorriso stampato in faccia che quasi ci acceca.

Il tavolo ovale, capitanato da Julie intenta a sorseggiare un caffè bollente, si apre davanti a lui, affollato da tutti gli attori principali della serie. Kevin ci ha convocati infatti di prima mattina per una riunione urgente. Anzi, urgentissima a detta sua.

Il perché di tutta questa segretezza ed urgenza però non ci è stata svelata, lasciandoci pensierosi e confusi.

Cosa ci deve comunicare, difatti, resta però un mistero, visto che tutti già sanno che abbandonerà lo show a fine stagione. Mi stringo appena tra spalle, confusa e vagamente interdetta mentre con la mente vaglio tutte le possibili risposte senza trovarne veramente una soddisfacente.

Accompagnata dai mormorii del resto cast lo guardo, voltandomi leggermente verso la porta con una lieve torsione e ricambiando il suo saluto seppur con minor enfasi.

- Buongiorno – bofonchio con voce bassa, socchiudendo leggermente gli occhi feriti dalla luce dei faretti posti sul soffitto che illuminano la stanza.

Mi sento ancora parzialmente nel mondo dei sogni, il corpo intorpidito e la mente assonnata.

Quanto vorrei essere rimasta a letto, sospiro lentamente agognando di tornarci il prima possibile.

Un sorriso birichino e malizioso fa però capolino sul mio viso l'attimo seguente, non appena la mia memoria mi ricorda perchè ho così sonno. Dopo giorni di riprese estenuanti fatte quasi senza prendere respiro io ed Ian abbiamo finalmente avuto la nostra sana dose di intimità, passando buona parte della notte a fare l'amore nel letto della mia stanza.

Anche se forse, ormai, si può dire nostra visto che siamo praticamente sempre lì.

Mi mordo le labbra, affondandomi i denti e iniziando a torturare languidamente il labbro inferiore.

Le immagini dei nostri corpi nudi, avvinghiati e sudati a causa dell'amplesso che sta arrivando al culmine invadono prepotentemente la mia testa, inondandola e causandomi sensazioni furiose ed imponenti.

Istintivamente mi ritrovo ad inclinare leggermente il viso, abbandonando la figura di Kevin per posare lo sguardo su un paio di occhi azzurri che trovo già intenti a fissarmi. Intensi e limpidi mi studiano, percorrendo il mio volto con una lunga e lenta carezza silenziosa che mi provoca un brivido.

Impertinente mi attraversa tutta la schiena, andandosi a soffermare nel mio basso ventre. Come di consueto quella sensazione deliziosa e solleticante mi prende lo stomaco, stringendolo in una lieve morsa che mi provoca quasi le vertigini.

Suadente e sibillina si insinua dentro di me, pervadendomi totalmente fino quasi a farmi perdere il contatto con il mondo esterno. Diventa sempre più pressante, così calda e bollente da darmi la sensazione di bruciare. Il mio cuore inizia a battere lievemente più forte, accelerando i battiti e trasformando la sua corsa placida in un frenetico scalpitare.

Il mio sguardo si lega al suo in modo indissolubile, lasciando che le nostre emozioni si fondano. Quel poderoso senso di chimica e sintonia torna possente a farsi sentire, impregnando l'aria e facendo apparire la distanza che ci separa e il tavolo in legno chiaro solo come un inutile ostacolo.

Emetto un lieve sospiro desideroso, passandomi una mano tra i capelli nel tentativo di scostare una ciocca di capelli scuri dai miei occhi. Improvvisamente irrequieta a causa del suo sguardo caldo su di me li porto dietro l'orecchio, decidendo solo infine di spostare tutta la mia chioma sulla spalla sinistra, coperta appena dalla maglia che indosso.

Un mezzo sorriso malizioso gli inclina le labbra a questo mio gesto, piegando all'insù un angolo della sua bocca e non faccio fatica a comprendere che sta pensando anche lui a questa notte. Un leggero rossore, lussurioso e compiaciuto, mi vela le guance facendomi apparire più accaldata di quanto vorrei.

Ed è impossibile non pensare alla smorfia languida delle sue labbra mentre raggiungeva l'orgasmo, riversandosi dentro di me.

La morsa al mio basso ventre si acutizza, portandomi istintivamente a stringere le cosce coperte da un paio di jeans scuri.

Ripunto gli occhi su Ian, che non mi ero accorta di aver distolto, trovandolo intento a ghignare sornione e compiaciuto. E non è decisamente difficile comprendere il perchè, tutt'altro.

Deglutendo quasi a fatica noto un brillio di pura e lasciva malizia attraversargli l'iride adamantina, animandola e rendendola ancora più languidamente divertita.

Sospiro, scrollando appena il capo mentre un angolo remoto della mia mente mi ricorda che sono in un luogo pubblico, circondata dai miei amici e colleghi.

Quasi istintivamente mi ritrovo ad indirizzare un'occhiata di sottecchi a Candice, seduta al mio fianco che ricambia, fissandomi con uno sguardo vispo e un sopracciglio inarcato. Per una frazione di secondo rimaniamo a fissarci, parlando silenziosamente con gli occhi, e il sogghigno malizioso che mi rivolge mi fa chiaramente intendere che non è sfuggito questo nostro scambio di sguardi bollenti.

Colta in fragrante mi stringo appena tra le spalle, arrossendo maggiormente.

E ora chi li sente i suoi commenti, penso freneticamente rendendomi conti che ci ha praticamente beccati mentre ci spogliavamo con gli occhi.

Tentando di ricompormi passo le dita tra i miei capelli lisci e sciolti, pettinandoli distrattamente mentre i miei denti affondano nuovamente nel labbro inferiore nel tentativo di sopire la voglia suadente che mi insidia.

Prendendo poi un lungo sospiro mi stiracchio leggermente, allungando le braccia oltre la sedia ed inarcandomi contro di essa. Mentre il mio seno e il mio fisico vengono messi maggiormente in risalto a causa di questo mio gesto decido di non guardare entrambi, soprattutto Ian, ben conscia dell'espressione vogliosa che potrebbe stamparsi sul mio viso.

Ed è decisamente meglio evitare visto che sto lavorando, sospiro piegando appena il collo di lato e, inconsapevolmente, esponendolo di più al suo sguardo.

L'attimo seguente percepisco distintamente il suo sguardo scaldarsi, arroventarsi a causa di un sottile desiderio che vibra nei suoi occhi liquidi e nel respiro che mi fa bruscamente trattenere. Mi si blocca in gola, accentuando il calore torbido che mi suscita.

Mi umetto le labbra, passando leggermente la lingua sulle labbra mentre la crescente voglia di guardarlo in viso esplode dentro di me e cedo. Semplicemente cedo a questo mio intimo imperativo, non mantenendo fede alla promessa che mi ero fatta.

Una sensazione intensa e spontanea, la stessa che mi fa sbattere il cuore nella cassa toracica provocandomi una poderosa ondata di calore che mi divora.

Alzo gli occhi, scontrandomi con i suoi così bollenti ed illanguiditi da apparire come metallo fuso. Appena imbruniti risultano quasi scuriti, una punta di grigio che contamina il consueto azzurro.

Incapace di non farlo lo incateno al mio, perdendomi tra le sensazioni intense che mi provoca.

Kevin interrompe però il flusso dei miei pensieri appoggiando un plico di fogli sul tavolo, richiamando facilmente la nostra attenzione.

Affiancando la posizione di capotavola si apre in un leggero sorriso, iniziando poi a parlare con voce alta e decisa per richiamare la nostra attenzione.

- Allora, vi ho riuniti qui perchè vi devo parlare di alcune cose – afferma con voce decisa, congiungendo le mani e rimanendo in piedi vicino a Julie – Come sapete la stagione sta volgendo al termine, manca poco ormai – continua, indicando con un cenno del capo la lavagna alle sue spalle su cui spiccano i titoli scritti degli ultimi episodi.

Istintivamente con lo sguardo seguo quella direzione, guardando alle sue spalle e leggendo per alcuni secondi ciò che vi è scritto. Con una lenta e fugace occhiata percorro la scrittura fine e un po' riccioluta, decisamente non troppo limpida e comprensibile, che appartiene a Julie.

- E, beh, decisamente stiamo andando alla grande – ride dopo un attimo di esitazione, un'espressione compiaciuta che gli si stampa in viso.

Mormorii compiaciuti ed esaltati si alzano all'istante, portandomi a sorridere vittoriosa.

Ho lavorato tanto in questa seconda stagione dello show, sopportando orari sfiancanti e un doppio ruolo che ha pesato decisamente molto sulle mie spalle.

- Siamo ufficialmente lo show di punta dello !- continuo quasi esaltato, complimentandosi con noi subito dopo – Complimenti davvero ragazzi – mormora, sorridendo ampiamente.

A queste parole un fragoroso applauso, accompagnato dagli urletti esaltati di Candice e Kath a cui mi aggiungo subito anche io, allargando il mio sorriso mentre batto le mani.

- Ora ci aspetta lo sprint finale, che sono sicuro riuscirete a rendere al meglio – afferma, riprendendo a parlare e sovrastando il nostro vociare – Avete già i copioni e sapete cosa accadrà- continua, fermandosi tuttavia l'attimo seguente con le labbra dischiuse.

Esita infatti un millesimo di secondo, cercando lo sguardo della sua collaboratrice, Julie come se volesse averne l'appoggio.

- Ed è per questo che abbiamo pensato – afferma, indicandola con un cenno del capo mentre muove ancora la mano in un ampio gesto – Di lasciarvi qualche giorno di vacanza – conclude mentre un irreale silenzio di stupore e attesa permea la stanza all'improvviso, paralizzandoci.

Al posto del sottile chiacchiericcio si sostituisce un lieve stupore, dettato dalle sue parole non previste e assolutamente inaspettate.

Qualche giorno di vacanza? Sbarro leggermente gli occhi mentre questa domanda stupita riecheggia nella mia testa, sconcertandomi positivamente.

Sembra quasi un miraggio più che realtà, a dire il vero.

- Vacanze? - gli domanda in risposta Paul, inarcando entrambe le sopracciglia castane visibilmente stupito, quasi come se non si aspettasse queste parole.

Per una frazione di secondo l'espressione che gli si stampa in viso appare tremendamente simile a quella del suo personaggio, Stefan, facendomi ridacchiare in modo silenzioso e sommesso.

Lo prendiamo spesso giocosamente in giro sul set e anche fuori, schernendolo per la smorfia corrucciata che sembra assumere ogni volta che recita le sue battute.

Mi mordo le labbra, tentando di sopprimere una corposa risata nel momento seguente, quando aggrotta la fronte in quel serio e buffo modo tipico del personaggio che interpreta. Quasi imbronciato, pensieroso.

- Si, un week-end di riposo – afferma Kevin spiegandosi meglio mentre Julie sogghigna al suo fianco, il viso pieno che la rende ancora più sorniona.

Lei, infatti, vestita con una maglia rosso intenso e con le braccia appoggiate sul legno chiaro e lucido del tavolo ovale, annuisce lentamente mentre un'espressione convinta le si delinea sul viso.

Decisamente contenta mi apro in un sorriso smagliante, pregustandomi giù due giorni di assoluto relax. Cosa che non capitava probabilmente da interi mesi.

- Ve lo meritate – interviene lei, rompendo il rigoroso mutismo in cui si era chiusa. - E anche noi – ride l'attimo dopo allegra, socchiudendo appena i piccoli occhi.

Una leggera risata si leva all'istante, riempiendo la stanza. Lei torna però seria subito dopo,

- Ci rivediamo lunedì pomeriggio per le scene esterne – continua, alludendo chiaramente alle scene all'aperto che dobbiamo girare.

Sono quasi sempre le più faticose ed estenuanti, ma anche quelle che io trovo più divertenti ed appaganti. Per fortuna la devo girare con Ian, mi ricorda con un pensiero fulmineo e distratto la mia mente. Un senso di calore mi pervade a questo pensiero, insinuandosi tra le mie riflessioni lavorative ed impregnandole di una dolcezza intima che appartiene solo a ciò che riguardo lui.

Istintivamente lancio una occhiata di sottecchi ad Ian, trovandolo intento a sorridere compiaciuto mentre fissa i nostri capi. Non si accorge probabilmente che lo sto guardando dal momento che mantiene lo sguardo dritto davanti a se, perso chissà tra quali pensieri. Per una frazione di secondo mi ritrovo a chiedermi cosa sta pensando, tentando di intercettarne lo sguardo e intuire la portata delle elucubrazioni che lo rendono riflessivo.

Cosa che mi permette di continuare ad osservarlo tuttavia, lasciandomi il tempo di studiarlo con tutta calma e comprendere ogni sua più piccola espressione o smorfia.

Un senso di calma e dolcezza mi pervade, portandomi a rilassarmi contro lo schienale della sedia nera, leggermente imbottita.

Appoggiando una mano sul bracciolo scivolo così sulla linea semplice del suo profilo, i capelli corvini che gli solleticano appena la fronte in una carezza leggera ed impercettibile. Continuo poi il mio silenzioso cammino sul suo volto, oltrepassando il naso e il lieve strato di barba che gli vela le guance chiare. Non ha avuto il tempo di farsela questa mattina, sorrido intimamente compiaciuta dall'avergli fatto perdere tempo sotto la doccia.

Per una frazione di secondo il mio cuore accelera i battiti, portandomi ad arrossire teneramente nel ricordare il modo in cui mi ha tenuta stretta a lui dopo l'amplesso, depositando un bacio a fior di labbra sulla mia bocca che era risultato incredibilmente sconvolgente e casto al tempo stesso. Quasi lo stessi rivivendo quello stesso tumulto di emozioni scalpitano violentemente dentro di me, avvolgendomi con le loro spire calde e sicure.

Si aggrovigliano dentro di me mentre con la mente ripercorro quel senso disarmante di abbandono che mi sconvolge quando sono tra le sue braccia. È un qualcosa di bruciante, un lento e piacevole divorare che trova soddisfazione nei suoi baci, nel suo tocco.

Lo trova semplicemente avendolo al fianco. E il perchè è molto semplice, così lampante da risultare assordante.

Rilascio un respiro profondo che non mi ero accorta di aver trattenuto, soffiandolo fuori dalle labbra appena dischiuse mentre impongo ai miei pensieri di fermarsi, di arrestarsi prima di arrivare a quel perchè.

Torno così a rifocalizzarmi su di lui, puntando totalmente la mia attenzione sulla sua figura fasciata da una semplice maglia nera in cotone a maniche lunghe.

La smorfia dolce e allietata che tende le mie labbra si accentua maggiormente nel momento stesso in cui i miei occhi si posano sulla sua bocca piene, appena arricciate in un ghigno rilassato e deliziato che lo fa apparire tremendamente sbarazzino.

Tuttavia, non ho il tempo materiale di gustarmi davvero la visione che ho davanti dal momento che Kevin continua a parlare, richiamandomi forzatamente all'attenzione.

- E con te Nina, invece, giriamo quella a casa Salvatore il mattino dopo – afferma al mio indirizzo, cogliendomi di sorpresa.

Presa come ero dai miei pensieri non mi sono accorta che mi stava parlando, risultando probabilmente svampita e disinteressata.

A malincuore inclino leggermente il viso, indirizzando velocemente lo sguardo su di lui mentre le mie labbra sono solcate da un leggero sospiro mentre mi fingo sicura di me.

L'attenzione di tutti i presenti vira così su di me, puntandomi un numero indefiniti di occhi sul mio viso. Frastornata e imbarazzata arrossisco furiosamente, sperando vivamente che nessuno abbia notato l'oggetto dei miei pensieri e, soprattutto, di non avere una espressione colpevole stampata in faccia.

Incontro il viso tondo di Kevin, il sorriso appena accennato e le braccia aperte in attesa di una risposta.

- Per te va bene? - mi incalza portandomi ad annuire non so neanche io per cosa.

- Perfetto – aggiungo dopo una fraziona di secondo, stringendomi timidamente tra le spalle nel momento stesso in cui sfoggio una smorfia decisa.

Lui mi fissa ancora per un lungo attimo, come se volesse studiarmi, annuendo subito dopo e posando il suo sguardo su Candice, facendomi tirare finalmente un vigoroso sospiro di sollievo.

Decisamente non era il caso di farsi beccare distratta mentre fisso il mio fidanzato, sarebbe stato poco professionale.

Tuttavia, proprio colui che mi causa tutto questo miscuglio di emozioni indefinite ed indecifrabili mi rivolge una divertita occhiata di sottecchi, inchiodandomi con il suo sguardo azzurro e limpido.

E non è difficile decifrare il brillio di malizia e divertimento che li attraversa, vivacizzandoli e facendomi intuire che ha perfettamente intuito il mio momento di sbandamento. Una punta di compiacimento li attraversa l'attimo dopo, rendendolo vanesio e birichino come se avesse anche compreso di essere proprio lui la causa.

Possibile che mi conosca così bene? Mi ritrovo a chiedermi in uno slancio spontaneo e sorpreso, trovando una semplice e naturale risposta subito dopo: si.

- Vorrei inoltre approfittare di questa riunione improvvisata per ringraziare anche Joseph Morgan di essersi unito al cast nei panni di Klaus – indica l'attore con un ampio gesto della mano Kevin, distogliendomi dal fissare Ian e, soprattutto, dai miei pensieri torbidi.

Joseph si stringe appena tra le spalle, facendo un cenno del capo con la testa come saluto mentre ci rivolge uno sguardo rilassato e un sorriso semplice e cordiale.

Ho avuto modo di girare già qualche spezzone di scena in sua compagnia, trovandolo preparato e simpatico nonché caratterizzato da un inconfondibile accento inglese.

Quasi con la coda dell'occhio trovo Candice rivolgergli un'occhiata decisamente interessata, aprendosi in un sorriso leggero che mi appare al tempo stesso anche terribilmente sornione.

Tuttavia, non ho il tempo materiale di studiarla meglio poiché Kevin continua a spiegare il programma dei prossimi giorni.

- Inoltre, vorrei fare un grandissimo in bocca al lupo ad Ian – inizia a parlare dove aver snocciolato una sequela infinita di cose da fare e raccomandazioni, la voce sicura impregnata di contentezza che si alza di una ottava.

Sbarro gli occhi, il respiro che mi si blocca istintivamente in gola raschiandola.

In bocca al lupo? Mi domando confusa, non capendo assolutamente a cosa si stia riferendo. In bocca al lupo per cosa? Mi chiedo nuovamente, incapace di non farlo.

Troppo confusa e sorpresa anche solo per pensare lucidamente e in modo razionale mi ritrovo a fissare Kevin con le labbra dischiuse, un'espressione sbalordita stampata in viso.

Perché sta dicendo queste cose? La sequela infinita di domande che mi popola la mente continua, finendo quasi per stordirmi con il loro vociare.

Sibilanti e dubbiose si infiltrano tra i miei pensieri, annodandosi tra di loro fino a diventare un groviglio indistinguibile di riflessioni e quesiti.

Deglutisco, trovando la bocca asciutta e leggermente impastata.

Uno strano e inconsueto senso di agitazione ed ansia si insinua lentamente dentro di me, stringendomi leggero lo stomaco. In modo irrazionale e spontaneo mi permea, portandomi istintivamente ad irrigidirmi contro la sedia.

Quasi con occhi sbarrati mi ritrovo ad alternare lo sguardo tra Ian e Kevin, senza capire cosa stia davvero succedendo.

Un inverosimile silenzio cala tra di noi, in concomitanza con lo scalpitare di questa emozione indecifrabile dentro di me.

Deglutisco, inarcando appena un sopracciglio nel tentativo di comprendere meglio, di essere lucida e razionale. Cosa che però non accade dal momento che la mia speranza rimane vana.

La netta sensazione che qualcosa mi stia sfuggendo, mi attanaglia poderosamente.

Ian non dice o fa nulla, persistendo nel non guardarmi e portandomi ad allertarmi maggiormente. Rimane immobile, così statico da apparire quasi impassibile, lo sguardo puntato davanti a se in un punto indefinito. Solo una cosa mi fa capire che qualcosa lo turba.

Indurisce infatti leggermente la mandibola, tendendo l'espressione come se si stessa trattenendo o qualcosa lo infastidisse. E l'istinto mi dice che qualcosa non va, rafforzando quello che fino ad un secondo fa era solo un pensiero.

Quasi angosciata sospiro, mordendomi nervosamente le labbra mentre inizio torturarmi irrazionalmente le dita.

E la risposta alle mie domande, ai perchè che mi assillano arriva subito dopo, ghiacciandomi.

- So che sosterrai il provino conclusivo per la parte protagonista in un film – afferma Kevin visibilmente contento – Quindi complimenti! - inizia un applauso a cui io non partecipo.

Paralizzata, ghiacciata sul posto, il mio cuore perde irrazionalmente un battito mentre sbarro stupita gli occhi, riprendendo a battere dolorante l'attimo seguente.

La morsa al mio stomaco si accentua, diventando stringente e soffocante.

Provino conclusivo per la parte protagonista in un film....Protagonista... Film... Provino conclusivo...

Il senso di ansia e agitazione si accentua a questo pensiero, a questa constatazione dolorosa. Un sottile senso di panico vibra vigoroso dentro di me, stordendomi.

Le parole di Kevin riecheggiano nella mia testa, lasciando un vuoto assordante dietro di se.

Percepiscono unicamente le sue parole, gli occhi puntati in un punto indefinito mentre l'applauso si esaurisce e le voci si alzano per i complimenti.

Al senso di ansia subentrano però subito dopo le domande, diventando assordanti.

Deve sostenere un provino? Mi ritrovo a sbarrare gli occhi, non riuscendo a capacitarmi i questa improvvisa verità. Quando? Che film?

Qualcosa di bruciante inizia però ad insidiarsi dentro di me, bruciando incredibilmente.

Perché non me lo ha detto?

Una silenziosa domanda che suona però più come una bollente constatazione.

Non me lo ha detto.

A questa riflessione qualcosa scalpita dentro di me, divorandomi. Un sordo nervosismo mi scuote, portando il mio cuore sbattere furiosamente nella mia cassa toracica.

Con le guance rosse e una bollente irritazione che mi vibra sulla pelle alzo lo sguardo su Ian, gli occhi che bruciano e divorando nervosamente la distanza che ci separa.

Cerco voracemente i suoi occhi, per potermici specchiare e leggervi una verità che sia una risposta valida e concreta.

Lo faccio per trovarmi un perchè che anelo disperatamente, quel dolore nel petto che continua a perforarmi. Una stilettata invisibile che mi ha trafitto da parte a parte, non lasciandomi scampo.

Lui non mi fissa, persistendo nel mantenere gli occhi puntati in una direzione opposta alla mia. Non dice nulla, non fa alcun cenno.

E a questa visione la rabbia, sorda e possente, mi scuote, annebbiandomi la mente con il nervosismo che ne consegue. Istintivamente mi ritrovo a stringere la dita a pugno, le nocche che sbiancano appena mentre la lucida consapevolezza che non sapevo nulla sibila nella mia testa lasciando il vuoto dietro di se.

Qualcosa dentro di me scalpita e tutto ciò che rimane è la voragine che una sola, unica domanda crea tra i miei pensieri.

Perché?

E il perchè che è risposta al battito del mio cuore, delle mie mie emozioni brucia più che mai.

Perché?







*****





È solo il rumore fievole appena percepibile del mio respiro, agitato e fremente, che rompe lo statico silenzio della stanza in cui sono, riempiendomi i polmoni e facendomi alzare ritmicamente il petto. Scivola fuori dalle mie labbra lievemente dischiuse, scontrandosi contro la torbida fermezza della penombra che mi circonda senza scampo. Occludente e al tempo stesso pacifica mi avvolge tra le sue spire, facendomi desiderare di sprofondarvici mentalmente e fisicamente per trovare pace al tumulto che si agita dentro di me.

La stessa oscurità che mi abita anche interiormente, oscura e densa di dubbi e domande che sembrano essere privi di risposta.

Perché?

Appoggiata con i fianchi contro la scrivania del camerino di Ian non faccio altro che chiedermelo ininterrottamente, non sono in grado di non farlo o di puntare la mia attenzione su altro. Ho bisogno di sapere perché non m ha detto che girerà un film, che ha sostenuto già dei provini e a giorni avrà quello conclusivo.

Una profonda amarezza mi pervade, stridendo dolorosamente con ciò che provo nei suoi confronti e acuendo il mio nervosismo.

Sospiro pesantemente
E tutta questa snervante attesa decisamente non fa altro che irritarmi ulteriormente, tendendomi e irrigidendomi in modo innaturale.

Perché?

Mi sono tormentata tutta la mattina, chiedendomi cosa lo aveva portato a non dirmi una cosa così importante per la sua carriera e la risposta non è arrivata, rimanendo avvolta da un alone di nebbia e mistero che non mi permette di leggerla davvero. Sfuggente come il suo padrone, piego stizzita le labbra in una smorfia nervosa.

L'ho dovuto sapere da Kevin, mi ripeto per la milionesima volta non  capacitandomene davvero. Il mio sguardo si abbassa istintivamente, finendo sulla punta dei miei stivali neri.

Alla rabbia si è così mischiata una fitta lancinante di tristezza, sottile e devastante mi aveva lentamente dilaniato interiormente facendo insidiare domande su domande. E quella stretta  all'altezza del cuore torna a farmi visita, provocandomi un nodo alla gola quasi soffocante.

Stanca di pensare e frustrata dal fatto di  non poter spegnare il cervello neanche un attimo sbuffo, passando nervosamente una mano tra i miei lunghi capelli, districando le ciocche. La appoggio poi sul bordo della scrivania, restando immobile. La stessa su cui abbiamo fatto l'amore tra una pausa e l'altra più di una volta nel corso di questi mesi.

La morsa che mi stringe lo stomaco aumenta nel ricordare la sua bocca affamata di me sulla mia pelle e il suo corpo seminudo contro il mio.

Il nodo in gola si intensifica, impedendomi quasi di respirare talmente tanto è pressante, soffocante.

Perché?

E il perché non lo so davvero, non lo comprendo. Non riesco neanche a ipotizzarlo.

Il bisogno di parlargli, di guardarlo negli occhi e scorgervi una verità taciuta a lungo è nata da tutto ciò. Peccato, però, che il lavoro me lo abbia sfacciatamente impedito, sottraendolo alle mie domande.

La porta si apre però all'improvviso, facendo entrare uno spiraglio di luce nella stanza. Fioco e fievole contamina appena il buio che mi circonda.

Rimango tutta via immobile, il cuore che sbatte nervosamente nel mio petto mentre riconosco immediatamente i suoi passi strascicati.

Lo vedo mettervi piede, la postura appena curvata e il tintinnio delle chiavi nella mano che fanno da sfondo ai suoi movimenti.

Sembra però notarmi l'attimo successivo, alzando i suoi occhi azzurri su di me.

- Ei – afferma lui, l'espressione sorpresa ben stampata in viso che lo fa apparire interdetto e confuso al tempo stesso.
Non si aspettava di trovarmi qui, noto con un'occhiata veloce che lo scruta da capo a piedi.

Qualcosa dentro di me si muove ancora, provocando un acutizzarsi della morsa snervante che mi stringe lo stomaco senza lasciarmi scampo.
Con gli occhi azzurri leggermente allargati mi fissa, la mano ancora appoggiata sulla maniglia della porta rossa del suo camerino mentre le sue labbra rimangono stupite e dischiuse.
Avvolti da una leggera penombra stringo le braccia sotto il seno, un nervoso latente che mi pervade e mi offusca la vista.
- Ciao – soffio in risposta lasciando cadere nel vuoto quello che è diventato ormai il nostro saluto, soppiantato da uno più semplice.

La voce sottile esce a fatica dalla mia gola, occlusa da un mix di emozioni che stridono tra di loro e che non so distinguere davvero.
Forse semplice non voglio, questa volta più che mai.
Perché farebbe male, troppo probabilmente.
Alla nitidezza della razionalità preferisco questa nebbia corposa e infida che mi offusca i sensi, dettata dalla rabbia e dal nervoso. È quasi confortante potervi sprofondare, non doversi chiedere perché.

Deglutisco, rimanendo in silenzio per una lunga frazione di secondo. La testa strapiena di domande e pensieri che non mi lasciano scampo e uno strano sento di rabbia che mi pervade.

Non è solo irritazione. Oh no, è qualcosa di più forte e corposo, quasi divorante.

Lui si apre in un lieve sorriso che sono in grado di vedere nonostante la penombra, piegando dolcemente un angolo della bocca mentre con un gesto veloce delle dita accende la luce.

La stanza viene rischiarata subito dopo, portandomi a socchiudere lievemente gli occhi che vengono feriti da questo improvviso chiarore.

Tuttavia, mi da anche la possibilità di vederlo meglio, scoprendolo vestito inaspettatamente con una maglietta nera. Non ci bado però più di tanto, troppo concentrata sul tumulto interiore che si sta scatenando senza di me e che non vede l'ora di uscire, di scoppiare.

Reprimo tutto, però, con un lungo sospiro che solca le mie labbra, subito torturate nervosamente dai miei denti.

Ian riprende a parlare l'attimo seguente, piegando appena il capo mentre mi scruta attentamente.

- Cosa ci fai qui? Pensavo dovessi...-

Tuttavia, non ha il tempo materiale di finire la frase perchè il suo telefono inizia a squillare insistentemente.

Mi irrigidisco maggiormente a questo suono, tendendomi fino quasi allo spasimo.

Con un gesto frenetico e veloce infila la mano in tasca, agguantandolo e scrutando velocemente  lo schermo del cellulare per vedere, probabilmente, chi lo sta chiamando.

Contratta trattengo quasi il respiro, lo sguardo affilato e glaciale che lo trafigge.

Sentendo forse il peso del mio sguardo su di sé lui alza gli occhi, scontrandoli con i miei.

E qualcosa dentro di me scatta, raggiungo il limite di sopportazione e scoppio. Semplicemente scoppio.

- Non rispondi alla tua agente?- sibilo fredda e tagliente, assottigliando maggiormente gli occhi fino a renderle due fessure - Magari voleva darti gli ultimi dettagli del contratto - continuo glacialmente ironica, innervosita dalla calma con cui continua a porsi nei miei confronti.

Lui aggrotta le sopracciglia mentre una sequela di emozioni scorrono veloci e leggibili sul suo viso.

All'iniziale confusione si sostituisce dopo una frazione di secondo un genuino stupore, venato da una punta di colpevolezza che suona quasi come ad una ammissione. Dura però solo un attimo, troppo breve per scalfire la mia rabbia.

Un'espressione tesa prende il sopravvento sul suo viso, svettando sul resto.

- E' mia madre, vuoi parlarle per accertarti che sia lei? - ribatte lui, visibilmente interdetto e con una punta di freddo sarcasmo nella voce.

Irritata stringo le labbra in una linea netta e stizzita, chiudendo istintivamente a pugno le mani mentre le mie braccia rimangono strette sotto il mio seno, conferendo staticità alla mia posizione.

- Voglio parlare del perché non mi hai detto che hai praticamente firmato un contratto per un film!- sbotto non riuscendo a trattenermi dal non farlo, allargando furiosa le braccia.

Con gli occhi allargati dalla rabbia e le labbra arrossate dall'irritazione lo fisso, espirando violentemente l'aria tra le labbra.

Ian non dice nulla, irrigidendosi ed assomigliando alla mia speculare figura. Contrae la mandibola, il viso che diventa improvvisamente serio e teso da un nervosismo che non sembra abitare unicamente me.

- Perché? - lo incalzo ancora, non lasciandogli forse il tempo di parlare - Perché diavolo non mi hai detto che hai un progetto in ballo da quasi un mese? - gli sputo contro le parole, agitando la mano.

Avvampo, bruciando a causa di una rabbia intensa che mi annebbia la ragione, i sensi.

- Devo venirlo a sapere da Kevin! - tuono ancora, non riuscendo a frenare il flusso corposo e imponente di pensieri che si tramutano in parole.

- Ma cosa ti dovevo dire sentiamo! - sbotta a sua volta lui, reagendo veementemente. - Non ho ancora firmato nulla, comunque. - puntualizza subito dopo, rivolgendomi un'occhiata bruciata che accolgo quasi come una giustificazione.

Cosa che mi fa arrabbiare maggiormente, portandomi a vedere quasi nero.

Allarga le braccia, sfibrato dal mio incalzare probabilmente e con gli occhi animati da una agitazione che li rende terribilmente torbidi e indecifrabili.

Irritata stringo le labbra, arricciandole nervosamente prima di parlare a mia volta.

- Mi dovevi dire che stavi valutando la possibilità di fare un film, che hai fatto dei provini - gli urlo quasi contro, non riuscendo a contenermi e facendomi sentire probabilmente da vari addetti - Dannazione, Ian me lo hai praticamente tenuto nascosto! -

E questa consapevolezza brucia più che mai, risultando terribilmente dolorosa.

Con occhi lucidi di rabbia lo fisso, raggelata incomprensibilmente dalla bruciante ira che mi divora, dilaniandomi interiormente.

Mi corrode con le sue domande, con i dubbi che comporta. Con i suoi perché senza risposta.

- Perché? - mi ritrovo ad incalzarlo ancora, le unghie che affondano leggermente nella carne morbida e delicata del mio palmo mentre le dita si chiudono serrate in un pugno.

Lui continua a non dire nulla, rimanendo chiuso in un ostinato mutismo che mi manda in bestia. La mia mente si annebbia ulteriormente, pervasa da un mix letale di nervoso e irritazione che è sconvolgente. Elimina quasi totalmente ogni mia razionalità, rendendomi fragilmente irrequieta e pronta a scoppiare da un momento all'altro.

Non ha neanche niente da dirmi per giustificarsi, sbarro gli occhi davanti alla sua palese ammissione di colpa.

Lui allarga esasperato le braccia, guardandomi in viso.

I suoi occhi, cupi ed ingrigiti dal nervoso, sono puntati dritti su di me, come se volesse trapassarmi da parte a parte.

Mi risultano però terribilmente imperscrutabili, illeggibili. È come se vi fosse una patina invisibile di cripticità che mi impedisce di capire o anche solo intuire cosa pensa.

Cosa che mi innervosisce maggiormente, portandomi ad irrigidire fin quasi allo spasimo la schiena.

Con la postura terribilmente rigida e contratta lo fisso ancora, l'espressione contrita e irosa.

- Cosa vuoi che ti dica, Nina? - mi chiede, la voce che traballa a causa di un nervoso e di una irritazione corposa che la venano. - Che mi dispiace? - sbotta ancora, sbeffeggiandomi con tono ironico.

Totalmente basita lo guardo, una furiosa rabbia che mi brucia sulla pelle, marchiandola.

Prossima al limite lo fulmino con lo sguardo, lanciandogli uno sguardo al vetriolo che lo trafigge. Ian sostiene orgogliosamente il mio sguardo, socchiudendo appena gli occhi mentre ricambia silenziosamente la portata dei miei.

Innervosita e furente stringo le labbra, quella dispettosa domanda che continua a vorticare nella mia testa acutizzando il mio nervosismo. Il mio cuore scalpita nel petto, provocandomi un fastidioso ronzio alle orecchie.

- Quando pensavi di dirmelo? - sbotto io in risposta, allargando le braccia e gesticolando furiosamente.

Il mio stomaco si stringe dolorosamente, un senso di devastante tristezza che mi sconvolge, stringendomi tra le sue spire finendo quasi per stritolarmi.

Annaspo, alla ricerca della verità che i suoi occhi mi negano, alla ricerca di una pallida ombra di razionalità che mi mantenga calma e lucida.

Ma tutto ciò rimane una speranza vana. Il suo sguardo rimane impassibile e il mio stato di rabbiosa ansia ed agitazione non si placa, tutt'altro. Anzi, se possibile si acutizza, crescendo ancora dentro di me.

- Pensavi di non dirmelo magari? - lo incalzo ancora, incapace di non farlo mentre quell'acido corrosivo che deriva dalla rabbia.

- Ma che domanda è? - mi chiede in risposta io, una latente irritazione che mal nasconde dietro un tono esasperato.

Io non aspetto altri secondi, non indugio, continuando invece a parlare.

- Vorrei sapere il perché – sibilo glaciale, gli occhi puntati su di lui mentre gli riservo un'occhiataccia torva e cupa – Perché Ian? - mi ritrovo a chiedergli ancora il millesimo di secondo dopo, una voracità nel parlare che mi porta quasi a mangiarmi le parole.



Perché? Dannazione perchè?

Ringhio nel silenzio della mia mente, stringendo i pungi fino a far sbiancare le nocche delle mia mani.

L'eco disarmante di queste parole che non mi lascia scampo.

E lui ancora una volta non dice nulla. Tace. Non cancella il riecheggiare delle mie domande, non zittisce i miei pensieri con delle calde parole.

Non fa nulla. Ancora.

Sta semplicemente zitto.

Scuoto vigorosamente il capo, i capelli che si muovono sulle mie spalle in un lieve ondeggiare che a malapena riesce a trasmettere tutto il tumulto interiore che mi travolge.

Con il respiro affretta e sconvolto dalla rabbia furiosa che mi pervade alzo aritmicamente il petto, perforandolo con uno sguardo glaciale.

Espiro poi violentemente l'aria tra le labbra, rilasciandola con un sospiro pesante e sibilante.

Non mi vuole dare spiegazioni, mi dico non riuscendo a comprendere il perchè.

E io raggiungo il limite, prossima a scoppiare.

- Io me ne vado visto che non vuoi parlare – sibilo impulsivamente subito dopo, lo sguardo alterato da una glaciale rabbia che non lo abbandona neanche per un momento.

Non dico altro, frenando a forza l'istinto di dirgli che sa dove trovarmi.

Mmi mordo quasi a sangue le labbra, compiendo un passo in avanti.

Distolgo lo sguardo dal suo, così imperscrutabile e criptico da risultare doloroso. Non mi lasciano intravedere i suoi pensieri, le sue emozioni.

Non mi lascia vedere i suoi perchè.

Senza dire altro mi muovo ancora, avvicinandomi a lui. Non lo tocco o sfioro, però, sorpassandolo e dirigendomi verso la porta.

Qualcosa nel mio petto stride dolorosamente, come trafitto da una stilettata e solo dopo un attimo comprendo cos'è.

Quel perchè che mi muove, che mi fa agire.

Quel perchè che riguarda lui.

Con delle pungenti lacrime che premono improvvisamente contro i miei occhi per uscire deglutisco a fatica, respingendo il magone mentre appoggio la mano sulla maniglia della porta, aprendola.

Me la richiudo subito dopo alle spalle con un movimento secco e furioso, facendola sbattere.

E mentre l'eco di questo rumore sconvolge la tranquillità del corridoio rimbombando un'altra cosa riecheggia dentro di me, nella mia testa.

Perché?





******







Gioco distrattamente con una patatina nel mio piatto, lasciando che, croccante e appena intrisa di olio, mi unga i polpastrelli insieme ad un lieve strato di sale. Il cibo ancora perfettamente intatto e ormai freddo fa bella mostra di se senza aizzare il mio appetito, attirandosi solo il mio sguardo vacuo e disincantato. Anzi, fa praticamente l'opposto.

Lo stomaco, infatti, continua a rimanere chiuso in una morsa stringente e opprimente che mi opprime, facendomi passare decisamente la voglia di mangiare.

Quel miscuglio di emozioni e sensazioni differenti annodate intrinsecamente tra di loro mi occludono la gola, avviluppanti e stordenti come non mai. Tutto ruota intorno a quella domanda, a quel perché che mi è stato negato. Che mi ha negato.

E questa constatazione brucia più che mai, vibrando soffocante sulla mia pelle e nella mia mente, non lasciandomi di fatto scampo. Mi riecheggia nella mente, nell'anima, rendendomi irrequieta al massimo.

Tentando di scacciarlo emetto un leggero sospiro, espirando esasperata l'aria fuori dalle labbra.

Vorrei davvero poter allontanare i pensieri e tutto ciò che comporta quel quesito snervante almeno per qualche secondo, ma non ci riesco. Mi risulta quasi impossibile farlo.

Non riesco ad esimermi dal chiedermelo, non riesco a non pensare a lui.

Stizzita dalle mie stesse riflessioni abbandono la patatina nel piatto con un gesto secco, allontanandolo lievemente da me e premendo le dita sul tovagliolo per pulirle subito dopo.

Cosa che mi fa guadagnare un'occhiata interdetta.

- Tutto ok? - mi domanda, difatti, una voce interessata, portandomi ad alzare istintivamente gli occhi ed incontrare quelli verdi smeraldo di Paul.

Inclino appena il capo, alzandolo e lasciando che i capelli mi investano il viso, mentre un'espressione quasi colpevole si palesa sul mio viso, portandomi ad allargare gli occhi.

Non stavo ascoltando, mi rendo colpevolmente contro stringendo appena le labbra. Di nuovo.

Non è, infatti, la prima volta che capita oggi, ma resistere al flusso di domande ed elucubrazioni appare decisamente troppo complicato, portandomi così a sprofondarvici senza troppe resistenze.

Leggermente spaesata riemergo così dai miei pensieri, torbidi e intensi, che mi avevano assorbito fino a farmi estraniare dalla realtà.

- Si - soffio, non sforzandomi troppo di suonare sicura e decisa, sincera - Perché? - domando subito dopo, usando beffardamente quella stessa domanda che mi sta tormentando, perforandomi con le sue considerazioni.

Forse sono masochista, mi dico con un piccolo sbuffo. O forse, semplicemente, il karma si sta rivoltando verso di me.

Mi stringo appena tra le spalle, appoggiando un braccio sul bracciolo della sedia rosso scuro su cui sono seduta.

Lui aggrotta leggermente le sopracciglia castane, corrugando la fronte mentre mi fissa interdetto e vagamente confuso.

Le persone intorno a noi continuano a parlare, fornendo il loro chiacchiericcio come sfondo al silenzio che è appena sceso sul nostro tavolo.

Sono infatti a pranzo con Candice e Paul in un piccolo ristorante di Atlanta. Calmo e tranquillo è diametralmente opposto ai miei consueti pasti sul set, fugaci e frenetici tra una ripresa e l'altra. Spinta da non so cosa mi guardo brevemente intorno, facendo vagare lo sguardo intorno a me.

Delle pareti di un color panna appena accennato ci circondano, creando un'atmosfera semplice e pacata che risulta terribilmente rilassante nonostante il mio umore nero pece.

Dei tavoli, in legno scuro ricoperti da delle tovaglie azzurro chiaro, sono sparsi per l'ampia sala, in parte vicino al muro e in parte, come il nostro, vicino alle finestre che danno sul panorama. La strada, difatti, compare oltre la vetrata trasparente, lasciandomi scorgere una leggera nebbia impregnare il cielo nonostante l'ora tarda del mattino.

Un sole pallido filtra tra le nuvole, illuminando la via poco affollata e apparendo tremendamente speculare e simile al mio umore: sbiadito e fiacco, quasi scuro.

Rimanendo chiusa in un ermetico silenzio mi volto, abbandonando il paesaggio e puntando gli occhi sui miei amici, intenti a mangiare tranquilli.

- Non so, magari perchè non hai toccato il tuo cibo preferito? - mi domanda in modo sarcastico Candice, inarcando inquisitoria ed ironica un sopracciglio biondo.

Il vestito blu che indossa le mette in risalto lo sguardo ed io, per un lungo attimo, mi ritrovo a pensare ai suoi occhi. Penso alla sfumatura torbida e calda di grigio che assumo quando mi guarda, quando mi accarezza in quel modo passionale ed invisibile. Quella stessa sfumatura che aveva questa mattina, prima che succedesse tutto.

La stretta allo stomaco si accentua, diventando quasi dolorosa a questo pensiero. Con una incredibile sensazione di amaro in bocca mi ritrovo a scuotere appena il capo, allontanandolo dalla mia mente. O meglio, tentando di farlo seppur con scarsi risultati.

Sotto la spinta delle sue parole abbasso lo sguardo sul mio piatto di porcellana colorata, nuovamente, trovando la mia porzione di patatine totalmente intatta, praticamene non toccata.

Una piccola smorfia piega le mie labbra, storcendole e oscurando il mio volto con un'ombra di scuro disappunto.

- Ed è grave – ride subito dopo Paul, prendendomi bonariamente in giro e dando man forte a Candice.

Un pallido sorriso fa capolino sul mio viso, senza incrinare tuttavia la maschera di imperscrutabile oscurità che mi pervade. Non mi illumina, non raggiungendo gli occhi e rimanendo delimitato ad una smorfia facciale.

La mia bionda amica mi scruta silenziosamente da sopra il bicchiere che sta sorseggiando, perforandomi con uno sguardo azzurro attento e indagatore.

Un leggero vibrare, fugace e intenso, interrompe momentaneamente il silenzio che si è creato. Istintivamente il mio sguardo scuro si posa sul tavolino, dove, vicino al tovagliolo di Paul, il suo cellulare si illumina, suonando in modalità silenzioso con un vibrante ronzio.

Paul si affretta subito ad agguantarlo, prendendolo in mano ed iniziando a pigiare i tasti in quello che deve essere il testo di un messaggio. E intuire il destinatario non è poi così difficile: Torrey.

Candice rotea gli occhi al cielo, sbuffando e abbandonando il bicchiere sul tavolo con una espressione stizzita stampata sul viso fine e delicato.

- Non mi stai ascoltando! - tuona indispettita all'indirizzo del nostro amico e collega, facendomi ridacchiare lievemente.

Cosa che mi provoca subito la sua occhiataccia ammonitrice.

- Tu che ridi? Non hai praticamente ascoltato nulla di quello che abbiamo detto – si infervora scrollando il capo, i capelli biondi che si muovono sulle sue spalle – Di nuovo – mi lancia l'ennesima occhiataccia, alludendo sfacciatamente al fatto che persisto nel perdermi tra i miei pensieri.

Non dico nulla in risposta, limitandomi a fare leggermente spallucce. Le mie labbra si imbronciano appena, curvandosi lievemente al in giù. L'ombra scura e torva torna ad ombreggiarmi il viso prepotentemente, scurendolo.

- Scusate, era Torrey – si giustifica Paul, tornando a porre l'attenzione tra di noi. - E' mia moglie! - sbotta poi giocosamente all'indirizzo di Candice, stringendosi tra le spalle come se questo solo fatto valesse le sue distrazioni.

E io, per un attimo, mi ritrovo ad essere invidiosa del sorriso smagliante e vagamente trasognato che sfoggia con calma e tranquillità. La verità, intima e nascosta, è che vorrei poterlo avere anche io in questo momento.

Il mio umore scende ulteriormente a questo pensiero, finendo in picchiata verso la tonalità pece.

Sbuffo ancora, abbandonando totalmente l'idea di mangiare. Nervosa e irrequieta incrocio le braccia sotto il seno, stringendomi in una sorta di abbraccio. Con le dita torturo il bordo del mio maglioncino verde bosco, tirando leggermente il polsino verso il palmo della mano nel tentativo di scaldarle.

Non fa freddo, tutt'altro visto il caldo tepore che c'è in questo locale, eppure io sento il bisogno fisico di scaldarmi.

Perché la realtà è che vorrei il suo calore a stringermi, essere avvolta dalle sue braccia in un contatto intimo e dolce che solo lui sa creare con i suoi abbracci. È questo il perchè che detta la mia azione. Forse è semplicemente lui il mio perchè.

Un sospiro che non so trattenere solca le mie labbra, gli occhi che si fanno inspiegabilmente lucidi e quel nodo alla gola che diventa insopportabile. Stringente e soffocante rende difficile anche il semplice atto di prendere un respiro profondo, aumentando il mio nervoso e la mia irritazione.

I miei occhi, traditori del mio stato d'animo, iniziano inspiegabilmente a bruciare, velandosi leggermente a causa del magone che mi attanaglia.

Una domanda arriva però a squarciare i miei pensieri subito dopo, suonando come un fulmine a ciel sereno.

- Tu e Ian avete litigato -

Come scottata alzo bruscamente la testa, facendo finire una ciocca di capelli castani ad offuscarmi la vista. La scosto velocemente subito dopo, puntandoli su Candice.

- No – nego testardamente, non avendo assolutamente voglia di parlare di cosa è successo.

Semplicemente non mi va.

Il sorriso finto e tirato che avevo fino ad un secondo fa si è sciolto, lasciando il posto ad una espressione apparentemente neutrale che cela dietro ad una labile apparenza una tristezza sorda e tagliente. Nonostante la discussione che ho avuto con Ian nulla si è risolto, i dubbi sono rimasti tale e senza risposta.

La sua indecifrabilità è diventata impermeabile, risultando un muro di gomma a difesa dei suoi pensieri.

- Non era una domanda - mi dice lei con voce sicura e decisa, genuinamente consapevole che è così.

E, ripensandoci, mi rendo conto che le sue parole sono suonate infatti più come una affermazione che come una domanda vera e propria.

Io non dico nulla per un lungo, lunghissimo attimo guardando dritta davanti a me.

Cosa dovrei rispondere? Mi chiedo non sapendolo davvero, gli occhi verdi e caldi di Paul puntati dritti su di me.

- Non abbiamo litigato, Candice – ribatto io, finendo per risultare più brusca e tagliente di quanto vorrei chiamandola per nome.

Lei, tuttavia, sembra non farci molto caso continuando a fissarmi cocciutamente interessata a strapparmi le parole fuori dalla bocca.

- Litigare implica uno scambio di battute – continuo con un mormorio gelidamente sarcastico che lascia malamente trapelare il mio più intimo e torbido nervosismo. - Ian non ha detto nulla, per cui no, non abbiamo litigato – concludo decisa, indurendo l'espressione.

Le mie labbra si stringono infatti in una linea netta, serrandosi quasi come a non voler far scappare altre parole rabbiose dette tra i denti.

E l'immagine di Ian, fermo ed impassibile, mentre gli inveisco contro brucia nella mia memoria, irritandomi maggiormente. Il nervoso cresce, la mancanza di un perché come sua beffarda causa. Un ulteriore fiotto di bollente irritazione si riversa nelle mie vene, corrodendomi con il suo calore innaturale che mi fa quasi avvampare.

Perché non ha detto nulla? Mi domando ancora, incapace di non farlo mentre la morsa si stringe, schiacciandomi con le sue spire fino a quasi a stritolarmi.

Come intuendo la portata dei miei pensieri e il quesito che affolla la mia mente, Paul parla, rompendo lo statico silenzio che si è creato.

- Forse, sapendo di essere in torto, non sapeva neanche lui cosa dire – afferma il mio amico, stringendosi appena tra le spalle mentre gesticola, la forchetta ancora stretta tra le dita.

Un'espressione dispiaciuta fa capolino sul suo viso, rendendolo costernato quasi. È molto amico di entrambi, mi dico, è normale che gli dispiaccia vederci così.

Candice non dice invece nulla, lasciandomi lo spazio per parlare e continuando a fissarmi senza alcun timore di irritarmi.

- Non lo difendere – gli ringhio quasi contro, assottigliando gli occhi in due fessure che quasi lo fulminano – Non lo difendere – ripeto, una calma disarmante che nasconde una rabbia latente pronta ad esplodere.

Vibra dentro di me, sconcertandomi e facendomi tendere come una corda di violino. Il pensiero remoto che loro non centrano nulla e sto solo sfogando il mio nervoso emerge da un angolo buio della mia mente, venendo però soppresso velocemente dal nervosismo.

Candice emette un lungo sospiro, quasi pensieroso, distogliendo per una breve frazione di secondo gli occhi da me.

- Ma non ti ha detto proprio nulla? - mi chiede con calma, incitandomi probabilmente a parlare.

Mi stringo tra le spalle, i polpastrelli che affondano nel tessuto morbido del polsino fino a creare una stretta nervosa .

Scuoto il capo in segno di diniego, non riuscendo a dire altro.

- Già - soffio unicamente come aggiunta, il magone che ho respinto con così tanta fatica che torna facilmente a galla.

E respingerlo è tremendamente faticoso, forse impossibile. Uno sforzo che mi appare quasi disumano mentre il mio corpo, tutto il mio corpo, preme con forza per sfogarsi e trovare liberazione in delle bollenti lacrime. Cosa che, però, gli nego.

Con uno spossante senso di fragile nervosismo mi stringo tra le spalle, piegando il viso senza tuttavia guardarli negli occhi.

Trovo il coraggio di farlo dopo una manciata di minuti di totale silenzio, guardandolo sconfortata e rabbiosa allo stesso tempo.

- Non mi ha detto nulla - mormoro, alludendo chiaramente al progetto di cui Ian mi ha tenuto allo scuro.

Per una breve frazione di secondo mi ritrovo a chiedermi se sono io che sto semplicemente facendo storie per una cosa del genere. No, mi dico dandomi una risposta.

Mi ha volutamente tenuto nascosta una cosa che lo riguarda.

- Magari voleva essere semplicemente sicuro di essere preso prima - afferma pacato Paul, capendo subito a cosa mi riferisco e finendo di fatto per difenderlo in qualche modo.

- No - gli dico subito, fermando sul nascere il resto del discorso che mi appare quasi irritante- Paul, non me lo ha detto perché non ha voluto - sibilo, il nodo alla gola che si intensifica diventando quasi soffocante.

È questa la verità

È questo il perché.

Lui sbuffa, soffiando l'aria fuori dalle labbra senza però aggiungere nulla.

Candice rimane specularmente in silenzio, apparentemente avvolta e persa tra i suoi pensieri.

Una atmosfera irreale e silenziosa cala così tra di noi, corposa e possente risulta quasi imbarazzante

- Dovresti parlargli – mi dice Candice, una nota di innata saggezza, che le impregna la voce.

Le mie labbra si tendono in una smorfia di vistoso dissenso.

- Non mi parla – ribatto sconsolata in riposta io, l'espressione amara che rende appieno il mio stato d'animo demoralizzato. - E poi è già partito per Los Angeles – sospiro pesantemente, soffiando con un sibilo le parole fuori.

Vorrei davvero poterlo fare, parlargli e sentire i suoi perché. Probabilmente è una delle cose che voglia di più al momento.

Prendo un respiro profondo, rilasciandolo tremolante subito dopo. Quell'insieme opprimente di sensazioni persiste nel chiudermi la gola, infondendomi uno strano senso di agitazione che non riesco a scacciare. Subdolo e suadente si insinua dentro di me, trai miei pensieri non lasciandomi di fatto scampo.

Distolgo poi lo sguardo dalla tavola imbandita davanti a me, puntandoli nuovamente su Candice.

Le rivolgo un'occhiata quasi implorante di un consiglio che faccia chiarezza tra le mie riflessioni, in modo da pensare in modo più nitido.

Lei si stringe leggermente tra le spalle, facendo arricciare appena la scollatura casta del vestito blu di cotone che indossa.

- Se no puoi sempre passare qualche giorno di relax e aspettare che torni – afferma lei, scoccandomi un'occhiata eloquente che fatico subito a decifrare.

Mi sta implicitamente dicendo di prendere e andare da lui o di fare l'opposto? Mi domando interdetta, non capendolo realmente.

Inspiro profondamente, prendendo una lunga bocca d'aria.

Paul non dice nulla, rimanendo per un lungo attimo in silenzio mentre mangia.

- Io voterei per la prima – mi consiglia con voce calda e pacata, riservandomi un sorriso dolce e tranquillo che sa di vera amicizia.

Annuisco, non sapendo neanche io cosa fare. L'unica cosa che voglio al momento è tornare in albergo e sprofondare nel letto, senza avere confusione e gente intorno.

Senza prendere decisioni, senza pensare a lui. Cosa che probabilmente è pura utopia dal momento che impossibile per me non farlo.

- Io vado a pagare e poi in albergo, ragazzi – mormoro di punto in bianco, puntellando i piedi contro il pavimento per alzarmi in piedi.

Lo faccio l'attimo dopo, spingendo indietro la sedia e appoggiando le mani sul tavolino. Il tessuto in cotone della tovaglia mi solletica momentaneamente il palmo mentre i miei amici alzano simultaneamente gli occhi su di me.

- Tranquilla, offro io – mi sorride ancora Paul, risultando più carino e premurosa di quanto io oggi sia stata con lui.

Gli rivolgo un sorriso sincero, grato. Forse il primo della giornata, mi dico con un pensiero distratto.

Allungo poi la mano, agguantando il mio cappotto nero ed infilandomelo velocemente,

subito dopo aver preso la borsa faccio il giro del tavolo, scoccando un bacio sulla guancia a Paul come ringraziamento.

- Grazie – affermo in un sussurro e non è chiaramente solo per il pranzo.

Lui mi sorride, inclinando dolcemente il viso.

- Ci sentiamo dopo, ok? - mi domanda invece Candice, guadagnandosi subito la mia attenzione mentre raddrizzo la schiena e mi tiro su.

Tento di sorriderle, riuscendo a produrre solo una lieve smorfia che non raggiunge i miei occhi lasciandoli cupi e impassibili.

- Si – soffio con sincerità.

Probabilmente la chiamerò dopo una bella dormita, finendo qualche ora dopo a mangiare con lei schifezze mentre parliamo.

- Ciao – li saluto infine con un breve cenno del capo, girandomi subito dopo.

Senza dire null'altro muovo un passo in avanti, lasciandomi alle spalle i loro saluti e il vociare della sala.

Evitando abilmente un cameriere con delle portate arrivo finalmente all'uscita, appoggiando la mano sulla maniglia ed aprendola.

Con il capo chino e lo sguardo puntato sul marciapiede esco all'aperto, richiudendomi la porta in vetro e acciaio del locale alle spalle. L'aria fresca e frizzante del primo pomeriggio mi investe, accarezzandomi con il suo tiepido vento mentre fa smuovere le fronde degli alberi.

Deglutendo muovo un passo in avanti, iniziando a camminare e percorrere la via quasi totalmente deserta.

Dopo neanche un secondo mi ritrovo però ad affondare la mano all'interno della tasca del mio cappotto alla ricerca del mio telefono. Lo tiro fuori subito dopo, rigirandolo per un lungo attimo tra le dita, quasi come se stessi soppesando l'idea di fare qualcosa. Forse, semplicemente, la portata dei miei pensieri.

La spontanea voglia di chiamarlo e chiarire si insinua leggermente dentro di me, sovrastando per un attimo la rabbia e la frustrazione.

È solo un secondo, tuttavia, dal momento che quella domanda sconvolgente e subdola torna a tormentarmi.

Perché?

Sospiro, posando gli occhi sullo schermo ancora oscurato del mio cellulare, l'eco dei miei dubbi che cozza contro la sicurezza del mio sentimento in uno scontro che risulta devastante.

Cosa dovrei fare? Mi chiedo, ricercando dentro di me la risposta.

E la cosa da fare appare apparentemente limpida l'attimo seguente, cristallina.

Senza pensarci troppo o ragionarci premo i numeri, componendo velocemente un numero telefonico. Me lo porto poi all'orecchio, percependo gli squilli suonare a vuoto fino a quando una voce femminile risponde.

Esito un attimo, le labbra dischiuse mentre rimango immobile al centro del marciapiede con i capelli scompigliati dalla brezza.

- Pronto -



Deglutisco, trovando un perché come risposta a ciò che sto per fare.

Il mio istinto si rafforza, portandomi a parlare.

Parlo decisa, soffiando le parole fuori dalle labbra senza alcuna incertezza.

- Buongiorno, vorrei prenotare un volo –

Perchè.

















-Note:

Buona domenica! No, non sono un miraggio dovuto al soffocante caldo estivo e questo aggiornamento esiste davvero ;) A parte gli scherzi e il fatto che probabilmente non ci speravate più, eccoci qui con un nuovo capitolo.

1- Mi vorrei scusa per l'immenso ritardo che ho avuto nel pubblicare e non c'è molto da dire come giustificazione se non un immenso SCUSA a chi legge, a chi recensisce e a chi mi segue. Mi dispiace davvero molto di averci messo così tanto, spero che questo capitolo vi sia piaciuto e che in qualche modo vi abbia ripagato dell'attesa.

2- Passando al capitolo dopo qualche momento di tenera tranquillità sono arrivate le prime nuvole su Ian e Nina. Saranno di passaggio o permanenti? Questo non ve lo posso dire, lo scoprirete solo leggendo i prossimi capitoli.

3- Il prossimo capitolo non so di preciso quando arriverà, ma vi anticipo che sarà in qualche moda un giro di boa, nel bene o nel male e la casualità vuole che sia proprio il numero 20. non mi svelo il titolo, anche se ce l'ho già pronto da mesi interi.

4- Vi volevo informare che ho iniziato anche una storia originale, in collaborazione con un'altra persona. E' di genere romantico ed è il mio primo tentativo al riguardo, se vi va datele un'occhiata mi farebbe piacere avere il vostro parere. Ho già pubblicato quattro capitolo e qui di seguito vi lascio il link e la trama introduttiva;)


Ritratto di Te


" Certe persone sono come un famoso ritratto: per comprendere l'insieme si deve comprendere la sfumatura di ogni pennellata "
Tratto dal Prologo:
[ - Mi dispiace signorina Cornelia - afferma con finta voce costernata, continuando imperterrito a fare il suo lavoro.
Indignata al massimo avvampo violentemente, scoccandogli un'occhiata al vetriolo che spero lo faccia definitivamente tacere.
Mi ha chiamato con il mio secondo nome! Penso irritata al massimo dalla sua persona, così tranquilla e ironica da risultare arrogante.
- Emma - lo correggo asciutta e stizzita, pervasa da un imponente voglia di picchiarlo.
Tentando di placare i miei istinti omicidi lo guardo male, di sbieco, mentre ridacchia divertito.
- In ogni caso, Emma, ho fatto medicina non scuola di estetica - ribatte lui, calcando volutamente sul mio nome e conferendogli un alone quasi sarcastico. ]



Detto questo spero che il capitolo vi sia piaciuto, che non ci siano errori o ripetizioni e che mi farete sapere che ne pensate se vi va;)

A presto!

Xoxoxo



Live in Love

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