Bello e impossibile

di darkronin
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I stole your love ***
Capitolo 2: *** I was made for lovin' you ***
Capitolo 3: *** Desire ***



Capitolo 1
*** I stole your love ***


Nota per coloro che non seguono i fumetti (magari solo il film, i cartoni, o hanno interrotto anticipatamente la lettura o cominciato dopo gli eventi narrati in questo Crossover in universo alternativo).
In House of M, la maga e mutante Scarlett (figlia di Magneto) ha alterato la realtà in modo che tutti i suoi 'amici' possano vivere la vita che hanno sempre desiderato (accontentando loro, si sente autorizzata a coltivare la propria illusione genitoriale).
In questo universo, Logan è il nuovo Fury (anche se per cacciare le visioni si dà all'alcol e alle droghe), Mistyca il suo secondo e la sua amante... In realtà di Remy e Rogue non abbiamo alcun dato. Ipotizzo tutto io (perché sì!). Ma potendo... ecco come andrebbero le cose.
Il rating è arancione per il semplice motivo che, sì, finiranno per farlo (sono tre capitoli e sarà un crescendo), ma non sarà un racconto hard (anche se all'inizio i due mi avevano spaventata con minacce in quel senso). Penso che l'arancio possa bastare.
Buona lettura.


Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Stan Lee, Chris Claremont, della Marvel, Marvel studio, Walt Disney Pictures e tutti quelli che mi posso essere dimenticata; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.





I stole your love.




Finalmente sono nel pianerottolo del mio appartamento. La settimana è stata pesante. E siamo solo a mercoledì. Ho passato tre giorni pieni a inseguire il mio capo, l'uomo che considero un padre, un fratello, un amico e un confidente.
Logan, la mattina di lunedì, ci ha lasciati.
Non nel senso tragico del termine: è semplicemente scappato. All'inizio avevamo dei dubbi sulla sua fuga ma quando l'abbiamo beccato alla Torre Stark che delirava... beh... è stato inequivocabile.
Mystica, la mia madre adottiva, la mia superiore e la donna di Logan ritiene che sia impazzito. Pare che la mattina in cui tutto è cominciato sia scappato dal loro letto, farneticando sulla realtà che non era come doveva essere. Prima di lanciarsi nel vuoto dall'Helicarrier, dritto nel cuore della città.
Trovo le chiavi con un gesto automatico e cerco di infilarle nella toppa della serratura.
Logan che scappa e noi dietro come cani a cercarlo, a cercare di fermarlo, di parlargli, di farlo ragionare. Ma non c'è stato nulla da fare. E' il migliore in quello che fa.
Così, dopo tre giorni in cui tutti, nella squadra, non abbiamo visto un letto che per poco più di un ciclo R.E.M. e toccato cibo se non per una quantità tale da coprire a malapena il fabbisogno per la giornata di un bambino depresso e in stato comatoso, il colonnello Shaw ci ha obbligati ad allontanarci dal luogo di lavoro. D'altronde, venivamo da un'altra mezza settimana intensa, una missione snervante e massacrante e già al momento del fatto non eravamo nel pieno della lucidità. Ora, la nostra squadra è quanto di meno professionale possa esserci sulla Terra.
Sbuffo nervosa: la chiave continua a scivolarmi mentre cerco di imbroccare la fessura al buio, dato che le luci si sono già spente e non ho voglia di allontanarmi dalla soglia per riaccenderle.
Shaw ha ragione: non siamo svegli, sragioniamo e ci azzanniamo tra noi. Siamo esausti.
La giustificazione è molto semplice, in realtà. Più della stanchezza è il voltafaccia incomprensibile del nostro capo ad averci destabilizzati.
Abbiamo cercato di pensare come lui, di esaminare i luoghi dove lui sarebbe andato. Ma nulla. Logan non si comporta secondo nessun parametro a lui riconducibile. Sembra un'altra persona. E la cosa ci spaventa. Perché, in fondo, siamo come una famiglia. Si potrebbe parlare di nepotismo, ma lavoriamo dannatamente bene, assieme.
Io, Nightcrawler, Mystica, Logan, Toad e la Sapiens geneticamente potenziata Jessica Drew
La chiave trova, infine, il suo alloggio e io giro la maniglia senza tanti complimenti.
A volte, la vita allo S.H.I.E.L.D. è davvero tutt'altro che semplice. E' contorta, caotica, imprevedibile. Come ci si può costruire una famiglia con questi presupposti? Quando rischi la vita ogni dannato giorno? Non c'è da sorprendersi se le coppie di colleghi sono la maggioranza e se i figli lavorano nello stesso luogo dei genitori. Certo, non credo che nessuno vorrebbe che il proprio figlio facesse questa vita. Ma quando cresci in un ambiente così affiatato, cameratesco, in cui tutti si conoscono e tutti hanno gli stessi problemi, diventa difficile tagliare i ponti. C'è una certa bellezza nostalgica nelle nostre divise, nei nostri riti, negli odori, nei luoghi, nelle musiche che accompagnano e scandiscono le nostre giornate, nel vedere e vivere – e non da turisti – luoghi diversi e non farne mai parte. E' qualcosa che, credo, nessun'altra professione può darti. E che, difficilmente, qualcuno potrebbe realmente capire.
Per questo il comportamento di Logan ci suona così alieno. Ci sono state, certo, come in tutte le professioni, i bravi e i cattivi comandanti, i traditori e quelli ligi al dovere. Ma James Howlett è l'esempio per tutto il nostro corpo armato, una legenda vivente.
Sguscio all'interno senza un emettere il minimo rumore. Deformazione professionale. Sono esausta eppure ancora carica d'adrenalina. Avrei voglia di... non lo so... di fare qualcosa, qualsiasi cosa. Ma mi è stato impedito.
Allungo la mano a dove so che si trova l'interruttore, mentre poso a terra il mio borsone. Invece del pulsante, però, incontro la morbida resistenza del calore di una mano. Sarò piena d'adrenalina ma non sono lucida. Per niente. Non gli è difficile piegarmi il braccio dietro la schiena, costringermi col volto contro la parete mentre con la mano libera mi copre la bocca e col corpo mi schiaccia al muro.
Reagisco d'istinto, che vedrebbe una persona normale cercare di togliersi una delle due mani di dosso. Mi sta così vicino che anche per me, ridotta come sono, è estremamente facile assestargli, in un'immediata risposta, una gomitata alla bocca dello stomaco che lo piega in due per il dolore. Senza riflettere, il mio corpo sta già agendo e avverto appena il movimento d'aria sollevato dalla mia treccia mentre mi volto. Ha beccato male: un'agente S.H.I.E.L.D. è l'ultima persona da aggredire. Mi volto, facendo perno su una gamba mentre l'altra falcia l'aria. Avverto di aver colpito in pieno il mio aggressore e prima che frani a terra, ho già acceso la luce.
“Sei impazzito!” Sbraito riconoscendolo all'istante mentre lui si rialza da quella posa plastica che assume sempre, dopo ogni caduta. “Cosa sarebbe successo se non mi fossi trattenuta, perché troppo stanca?”
“Ah, ma Chére...” sospira e non capisco se è sollievo o irritazione “Questa è casa mia...” sorride ma il gesto non raggiunge gli occhi: è preoccupato e io ho appena versato benzina su quanto deve aver pensato mi fosse capitato.
“Non è casa tua!” preciso, cercando di ignorare il senso di colpa.
Tre giorni che non dormo e non mangio decentemente. Ma sono almeno sei che non rientro.
“Giusto...” risponde condiscendente. “Dobbiamo smetterla di vederci così, dolcezza”
“Lo credo anch'io...” replico sbottonandomi la giacca a doppio petto tricolore. Me la tolgo di dosso quasi con rabbia e la butto su una sedia un paio di metri più in là, in cucina, e mi dirigo verso il bagno: ci mancava solo lui.
“No no no, Marie...” dice con fermezza afferrandomi per il gomito. “Va a cambiarti mentre io ti preparo l'acqua...”
Senza rispondergli, imbocco il corridoio che porta alla zona notte. Non fa domande. Non ne fa mai. Lo apprezzo. Davvero. Non so cosa farei a un uomo anche minimamente più curioso di lui. Eppure è chiaro che è roso dalla preoccupazione, dall'ansia e dalla curiosità. Giustamente.
Ritorno in bagno con indosso solo la biancheria e, in una mano, un telo per asciugarmi, il pigiama e la biancheria pulita.
Lui è lì, seduto sul bordo della vasca, l'avambraccio immerso a metà nell'acqua saponata per controllarne la temperatura, la camicia rimboccata fin sul gomito. Il rombo prodotto dal rubinetto aperto a piena potenza copre gli eventuali rumori che potrei produrre entrando.
Ora che mi permetto di osservarlo, ha profonde occhiaie sotto quelle fessure che ha per occhi: di solito sono due tizzoni ardenti e ora sembrano come congelati sotto strati di neve. Una stretta mi prende all'altezza dello stomaco.
Per sei giorni non ha avuto mie notizie, per sei giorni si è domandato cosa mi fosse successo. Per sei giorni non ho avuto testa di chiamarlo.
Posso solo immaginare l'angoscia... non so se voglio sapere davvero cosa ha provato. Mi sarebbe così semplice. Una carezza, un bacio. Non se ne accorgerebbe nemmeno.
“Scusami...” inizio sedendomi accanto a lui “Devi aver pensato che fossi morta in missione...” cerco di abbozzare un sorriso ma mi esce una smorfia patetica.
“Ho sentito che c'è stato un po' di movimento, nei quartieri alti...” replica, apparentemente indifferente. “E' un bene che non abbia lasciato il giro.. lo S.H.I.E.L.D. è abbastanza parco di informazioni...”
“Quindi sai tutto?” domandò, sollevata
“Sì...” dice allungando il braccio alla mia spalla nuda per tirarmi a se. Lo lascio fare: ho bisogno di questo abbraccio. Improvvisamente, sento tutta la stanchezza. “L'acqua è pronta... riposa... posso solo immaginare cosa sia successo dopo... la partenza di Logan...” dice alzandosi per lasciarmi un momento per me, prima di continuare col terzo grado.
“Remy...” lo trattengo e lui mi tira a sé. Gli cingo la vita, la guancia poggiata sul suo addome contratto, le sue mani che mi carezzano i capelli e piano sciolgono la treccia rigida in cui costringo i miei capelli bicolore quando sono in servizio. Dopo un minuto passato così, in silenzio, mi alzo e mi spoglio, pronta a immergermi nella schiuma soffice e nell'acqua bollente sottostante. Lui fa due passi per andarsene ma, giunto sulla soglia lo richiamo. “Fa il bagno con me... recuperiamo un po' di tempo”
Lui si ferma e si volta. Stira un sorriso stanco “Ci vorrà ben più di un bagnetto per recuperare sei giorni di lontananza totale... e la tua totale mancanza di buon senso.” replica ma si toglie la camicia, già sbottonata sul petto, come fosse una maglietta.
Mi immergo per bagnare anche i capelli e quando riemergo, probabilmente simile a un barboncino, con tutta quella schiuma sulla testa, lui si sta immergendo con cautela alle mie spalle.
“Sembrava meno calda...” impreca
“A me piace così...” replicò abbandonandomi al suo petto come fosse un cuscino. “Cosa hai fatto mentre non c'ero?”
“Nulla di che... il solito...” risponde prendendo a massaggiarmi la base del collo con frizionamenti sicuri e precisi mentre io mi lavo i capelli.
“Remy!” sibilò infastidita
“Gelosa, Chére?” domanda senza sollevare lo sguardo dal suo lavoro
Allarmata è un termine che si avvicina di più...”
Mette il broncio, non è la risposta che voleva sentirsi dire, lo so. “Ho cercato di farmi arrestare. Da un'altra agente governativa... forse la conosci... bionda, costume succinto.. una sapiens... una genezero...”
Parla di Miss Marvel. Una delle poche super-umane che, con le sue gesta, si sia guadagnata il rispetto dalla comunità mutante al potere. E una delle poche persone con cui ho avuto ripetuti e violenti scontri. Ci odiamo reciprocamente, a pelle, anche se, generalmente, evitiamo incontri-scontri diretti. E, nonostante questo, è come se una togliesse l'aria all'altra, letteralmente.
“Una Sapiens, eh... quella Sapiens...” replico, piatta.
“E' un gran bel vedere... dovresti concordare... Sai...” aggiunge prima che possa riempirlo di insulti “... mi sentivo solo... e mi mancava essere arrestato da un agente governativo... dici che qualcuno prima o poi inizierà a notare una certa ricorrenza tra le mie incarcerazioni e i tuoi interventi?”
“Abbiamo altro a cui pensare che non i tuoi patetici tentativi di distrarmi dal mio lavoro...” replico con più acidità di quanto vorrei.
Avrebbe ogni ragione di essere offeso: gli sputo addosso questo dopo il suo essere sempre a mia totale disposizione. E c'è anche il fatto che non mi son fatta viva per giorni.
“Certo, il fatto che viva con un ladro non getterebbe una bella luce sul mio CV... Ma né Logan né Mystica ne farebbero una questione di Stato... visti i loro trascorsi di mercenari...”
“Tuo fratello non approverebbe, credo...” aggiunge, quasi sovrappensiero.
“Kurt può farsi una vita sua...” rispondo stanca “Sono io che ti ho sposato, non lui, né loro...”
“Indirettamente faccio parte della sua famiglia” Sarà anche un ladro, ma ha un buon cuore. Non perde occasione per difendere il mio strambo fratello dall'aspetto demoniaco.
“E tu di quella di un demone...” ribatto per non essere da meno e dare, idealmente, ancora in testa a Kurt.
“E tu di quella di uno scienziato pazzo” risponde lui. A quella osservazione non posso replicare nulla. Lascio perdere quest'inutile discussione e torno ad allungarmi nell'acqua.“Inoltre, credo che Mortimer abbia un debole per te. Gradirei marcare il territorio... e schiacciare quel rospo!”
“Toad? Ma per piacere...” replico divertita
“Ridi ridi... non hai idea di come possa starci... lui ti vede tutti i giorni. Io no. Forse usate pure gli stessi spogliatoi in nome del supremo spirito di corpo... E' molto brutto essere tagliato fuori..”
“Ti prego... Toad...” sto ancora ridendo. Non è possibile che sia geloso. “E poi non parlare come un maschio alfa a una femmina incapace di ragionare...” replico “Lo stipendio lo porto a casa io, ti ricordo”
“Se facessi una vita più tranquilla, potrei anche lasciar perdere il furto...”
“A proposito di furto... perché mi hai aggredita, prima?”
“Pensavo fossi un ladro... hai armeggiato troppo, rispetto al solito, sul cilindro della serratura. Se non fosse stato per il tuo profumo avrei potuto spezzarti il collo: sei entrata furtiva... troppo silenziosa. ”
“Ho imparato a muovermi dal migliore...” lo provoco con cattiveria reclinando la testa sulla sua spalla.
“Marie...” sospira lui chinandosi sulle mie labbra in risposta “Senza tener conto che non si ruba in casa di un ladro...” dice a mo' di rimprovero, come se stuzzicare l'altro fosse solo una sua prerogativa “Il furto è una forma d'arte incompresa... e ci sono cose che non vanno violate. E il domicilio di una dei più begli agenti governativi è nella lista delle cose da evitare...”
“E cos'altro comprende questa lista?”
“Tu”
“Io so badare a me stessa...” rispondo divertita trattenendo uno sbadiglio. Potrei uccidere col mio tocco, se solo volessi.
“Possiamo cambiare argomento? Mi dà terribilmente fastidio solo l'idea...” dice, mentre le sue mani si spostano dal collo ai fianchi per poi risalire al seno e la sua bocca si posa sul mio collo.
“Scusami per averti aggredito...” dico in un sospiro, reclinando il capo per baciargli, a mia volta, la base della mascella.
“Sei sicura...?” lo sento fermarsi, incerto. La domanda di certo non riguarda le mie scuse: sa che se non direi mai nulla di cui non fossi pienamente convinta “Sei stanca...”
Grugnisco qualcosa che vorrebbe essere una risposta affermativa. E' vero, sono stanca e sento le palpebre pesanti.
Ma, forse, si tratta solo del piacere che mi regalano le sue attenzioni.


X - X - X - X -X - X -X - X -X - X -X - X -X - X -X - X -X - X - X 

Eccoci qui... spero che il delirio pre-tesi vi sia piaciuto: l'universo di House of M è l'unico in cui ste due povere anime possono davvero combinare qualcosa (o in cui, cmq, Rogue possa toccare qualcuno a piacere.. a parte la versione The End... non è l'universo in cui tutti i desideri sono realtà?).
Come Logan ha avuto le sue visioni prima di ricordare la realtà d'origine e fuggire alla follia che viveva, vedremo che anche Rogue (nel fumetto è una delle poche persone che riescono a far rinsavire) ha questi dubbi su una vita altra... ma non vi dico altro o vi rovino la sorpresa.
Ci risentiamo tra una settimana mentre, nel frattempo, proseguono le vicende de L'ira degli eroi.

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Capitolo 2
*** I was made for lovin' you ***


I was made for lovin' you




Quando riapro gli occhi sonnacchiosi, il calore non mi ha abbandonato, ma è... diverso.
Mi sembra di aver solo battuto le palpebre tanto è una sensazione piacevole e in linea con il momento in cui mi sono -evidentemente- addormentata: capisco che c'è qualcosa che non va dal fatto che la stanza è immersa nel buio. Cosa stavo facendo? Ci impiego un po' a orizzontarmi ma, appena mi muovo, la stretta sulla mia vita si accentua e la voce di Remy, impastata dal sonno, mi riporta al qui e ora.
“Ben svegliata...” biascica a occhi chiusi
“Che ore sono?” domando confusa
“Per te è presto... e anche per me” risponde controvoglia. Certo, io sono in congedo forzato per un giorno o due e lui... beh, le sue attività non accuseranno la sua assenza dalle strade.
Mi giro nel suo abbraccio e mentre mi muovo mi rendo conto che la mia chioma è ancora umida. Devo essermi addormentata mentre mi coccolava... posso solo immaginare come ci sia rimasto, anche se non mi sembrava troppo convinto nemmeno lui.
Lo bacio e, nonostante l'abitudine, il mio cuore fa una capriola. “Buongiorno, dolcezza”
“Non dirlo, Marie...”
“Perché?” lo punzecchio, ormai sveglia, baciandolo ancora, la barba ispida mi fa il solletico.
“Perché sennò ti salto addosso...” replica baciandomi a sua volta e stringendomi a sé. A sottolineare le sue intenzioni, il suo corpo reagisce in modo inequivocabile ed è allora che mi accorgo che siamo entrambi già nudi e pronti alla fase successiva.
“Chi ti dice che non sia quello che voglio?” lo provocò. La stanchezza, ormai, è solo un ricordo lontano.
“Non me lo farei ripetere due volte... se non fosse che...” replica baciandomi la punta del naso, le labbra e l'incavo del collo. “Devi mangiare... non ti voglio ridotta a uno scheletro...”
Detto ciò, si alza e si infila la biancheria minima. Mio malgrado mi costringo seduta e lo fisso accigliata dalla nuvola di lenzuola. “Stai scherzando? Dov'è il trucco?”
“Che mal pensante... Perché dovrebbe esserci il trucco? Semplicemente posso aspettare mezz'ora... Non ci impieghi di più a mangiare, no?” domanda falsamente allarmato.
“Perché ti conosco...” rispondo uscendo dal talamo. “E poi dipende tutto dal cuoco...” Non faccio in tempo a poggiare i piedi a terra che Remy mi ferma e, scusandosi, mi porge le ciabatte.
“Me ne son dimenticato, ieri sera... sai... a trafugare cadaveri dalle vasche piene di acqua saponata fumante si possono perdere pezzi...” ironizza. Dio... chissà la fatica e le imprecazioni? Dovevo dormire come un ghiro per non accorgermi di nulla. “Quando avrai mangiato avrai più energie da dedicarmi, no?” aggiunge facendomi l'occhiolino.
Mi butto addosso la mia vestaglia color salvia e il mio stomaco decide che quello è un buon momento per ruggire la sua approvazione alle parole di mio marito. Sorrido imbarazzata e lo seguo in cucina. In due e due quattro mi compare davanti al naso una tipica colazione cajun che ha un che di casa. Anche se sono del Mississipi, il clima, la vegetazione, l'architettura, la cultura e la cucina sono simili a quelle della Louisiana.
Mangio con tale voracità che ho già spazzolato il piatto prima che Remy abbia portato in tavola il caffè.
Me ne scuso ma lui non ci fa caso, anzi, sogghigna divertito.
“Sei abbastanza carica, ora?” domanda dopo un po'. Ha una strana luce negli occhi, gliela conosco e so che devo aspettarmi qualcosa.
“Dipende...” dico da brava ruffiana, arricciando le labbra e buttandomi sul tavolo, il mento poggiato ai palmi delle mani, le braccia puntellate sul pianale lucido.
“Una seduta sfiancante di sesso estremo?” ironizza. Ma non troppo.
“Mi è tanto mancato... potrei essere un po' fuori allenamento...”
“Non dire così che la cosa mi eccita” replica teatralmente con la bocca piena, segno che quanto dice è tutto fuorché veritiero. “Doverti insegnare tutto di nuovo da zero... l'innocenza di una vierge...”
“Non mi provocare, Cajun” sibilo, stando al gioco. “Potrei farti pentire di aver sottovalutato questa vergine guerriera
Ma lui si fa serio. “Se ti giro un indirizzo, mi prometti di mandarci i tuoi ragazzi?” mi chiede fissandomi senza batter ciglio
“Perché?”
“E' una cosa disgustosa... credo farebbero bene a ficcarli tutti al Raft”
“Di cosa si tratta?” domando. Il suo tono non lascia presagire nulla di buono. Altro lavoro. Anche a casa. Che palle!
Remy si alza e sparecchia velocemente, quindi mi precede in soggiorno. Qui mi porge una confezione rettangolare di plastica. Me la rigiro tra le mani: non ci vedo nulla di strano. Una divisa S.H.I.E.L.D., cucita pure male... un costume da Mardì Gras?
Glielo rendo ma la sua espressione seria mi costringe a esaminarla ancora.
E' un costume, indubbio.
“Questo è il catalogo...” aggiunge mostrandomi una brossure. Ci siamo tutte, coi diversi gradi, il diverso modo di portare l'uniforme. Io, Mystica, Jessica... pure le matricole.
“Non capisco...” ammetto rigirandomi il foglio tra le mani. E' allora che un sorriso malizioso gli stira le labbra. Abbasso lo sguardo e capisco: non è propriamente un costume, nel senso tradizionale del termine. La locandina promette caratteristiche attagliate a ciascun personaggio. L'uniforme di Mystica può simulare ogni tipo di superficie e colore ed è adattabile a ogni corporatura, quella di Jessica promette una leggera levitazione oltre a piacevoli scariche elettriche. La mia... beh... è, forse, la più perversa.
“L'élite dello S.H.I.E.L.D. pare sia uno dei sogni proibiti più comuni. Umani o mutanti, non c'è differenza razziale, è una... passione trasversale...”
“E tu vorresti che noi facessimo chiudere una fabbrica di sexy costumi...per?”
“Non sopporto che nessuno possa farsi un viaggio su di te...” mi alita a un dito dal volto. E' rabbia o desiderio quello che gli arrochisce la voce? Non riesco a dirlo.
Ma lo guardo scettica: non credo proprio di essere questa gran bellezza che lui crede, ma non glielo dico “Lo farebbero comunque... in modo più tradizionale!” replico cercando di mantenere un tono neutrale
“E la cosa mi manda il sangue alla testa...”
“Tu ne hai uno, però...” gli faccio notare, sventolandogli la scatola sotto gli occhi “Vuoi negare ad altri il tuo divertimento? La donna che ci starebbe dentro non sarei comunque io...”
Lui scuote la testa. “Se ci trovassimo a ruoli invertiti?”
“Se qualcun'altra si facesse viaggetti su di te?” medito a lungo. Non credo ci troverei nulla di male. Facciano pure. Lui ha sposato me. E in questa mia sicurezza non c'è solo altruismo ma anche tanto sadismo: povere sfigate, sognate pure tanto io posso sapere in ogni istante della sua devozione per me. Ma ho capito che a lui questo discorso non piace, così glisso “Vuoi collaudarlo?” propongo maliziosa.
Subito si riaccende, dimentico della sua rabbia “Volevo proportelo”
“Non mi vedi abbastanza in divisa?”
“Da cui ti ho sempre spogliata...” ghigna divertito.
Lo spingo sul divano e mi accomodo cavalcioni su di lui, a separarci solo il suo intimo “Siamo in un universo parallelo? Perché dovrei indossare una cosa del genere -con un unico taglio strategico- mentre faccio l'amore con mio marito?” domando. Cerco di resistere alla tentazione di provocarlo ma non riesco a frenare le mie dita che giochicchiano con i suoi capelli, la pelle del suo collo, delle spalle... “Un universo in cui non ti posso toccare?” Azzardo “In cui solo una guaina del genere potrebbe proteggerci? Insieme, ovviamente, al preservativo?”
Lui mi scansa infastidito “Non mi piace la piega che sta prendendo il discorso...”
“Che ho fatto?” domando esterrefatta “Era per contestualizzare il tuo giochino...”
Lui si morde le labbra, senza guardarmi in faccia “Non dire con tanta leggerezza che potrebbe esistere una realtà in cui saremmo condannati a non poterci toccare...”
Il mio sorriso svanisce come è comparso. Non posso dirglielo. Non l'ho mai detto a nessuno, ma quello è il mio punto debole, il mio incubo, la cosa che temo di più. Quando mi sveglio urlando nel cuore della notte non è per il senso di colpa per le vite che ho mietuto come agente ma è per quello che la mia vita avrebbe potuto essere. Uccidere col solo contatto epidermico incontrollato, una vita di privazioni, niente affetti, niente baci, niente sesso. Essere la morte in persona e non poter salvare i propri amici in caso di necessità.
“Non lo è...” dico automaticamente “Fortunatamente” aggiungo nella mia mente, nel tentativo di tranquillizzarmi: non ci voglio pensare nemmeno io.
“Ti amo, Marie...” dice prendendomi il volto tra le mani e baciandomi con trasporto. Subito mi lascio andare e rispondo con dolcezza e urgenza insieme. Devo cacciare dalla mia mente l'idea di non poterlo toccare e per farlo ho bisogno di sentirlo il più possibile. “Non sopporterei di non poterti toccare... anche se mi dicessero che posso avere chiunque altra... Dovrei trovare un altro modo per comunicarti il mio affetto... e non sarebbe comunque la stessa cosa...”
Sorrido, triste. Certe parole gli escono con tale spontaneità... mentre io non riesco nemmeno a dimostrargli decentemente il mio affetto.
“Dio...” sibilo arrabbiata con me stessa. Scuoto la testa per cacciare ogni pensiero. Noto la sua espressione smarrita. Crede che lo stia respingendo, che lo trovi troppo appiccicoso... “Ce l'avevo con me stessa, mon amour...” dico per fugare ogni dubbio “A volte vorrei che il mio potere funzionasse al contrario. Che tu potessi assorbire i miei pensieri...sentire cosa provo quando sono con te. E anche quando non lo sono... A me basta poco, mi basta sfiorarti e nemmeno ti accorgi di essermi entrato in testa... Come non bastasse, mi riempi di attenzioni e premure. Gesti, parole... tutto trasmette il tuo amore per me, senza arrivare a quanto di più fisico ci scambiamo come infoiati... Forse è per questo che non sono gelosa...”
“No, mon coeur.” mi zittisce lui con tono dolce “Non ti stavo accusando di essere troppo poco espansiva. Hai capito male...” mi tira a sé per cullarmi nel suo abbraccio “Se tu mi amassi un punto infinitesimale di quanto ti amo io...” si interrompe, incerto “Dio.. Marie... ti amo e tu mi resti accanto nonostante tutto. Cosa potrei chiedere di più? È già un miracolo che una donna come te tolleri un mascalzone delinquente come me... mi vuoi bene... dici di amarmi... ma come ti amo io? Non farmelo immaginare, ti prego... morirei dalla gioia.”
“Ma...” cerco di replicare: siamo sposati, che cavolo! Crede che l'abbia fatto con leggerezza? Come una povera sprovveduta che non pensa al domani? Abbiamo i nostri alti e bassi, come tutti ma... non può credere davvero l'abbia fatto per compassione o stupidità. “Trovo offensivo quello che dici, mari...”
“Non capisci!” dice scuotendo la chioma castana con riflessi dorati “In questo modo sono spronato a darti il meglio, non posso adagiarmi sugli allori perché potresti stancarti di me e trovare qualcuno più degno...”
“Certo... Mortimer” ironizzo irritata, rifacendomi alla sua uscita di ieri sera
Ma lui ignora la frecciata e continua serio “Alla fine l'amore è qualcosa che serve a noi, a farci stare meglio. Anche idolatrare un cantante ci fa star bene... ma, oggettivamente, lo facciamo per noi. Non mi sento alla tua altezza, per questo non mi sento pronto ad ipotizzare che tu mi ami quanto ti amo io...”
Lo spingo sul divano,interrompendo quel fiume in piena. E' steso sotto di me. Un servo e il padrone: io ho un ruolo di potere, non solo sul lavoro, ma anche nella nostra coppia. Io decido se far vivere o far morire la gente come la nostra relazione. Perché dei due è Remy che ci mette tutta la passione e l'impegno.
“Io...” comincio ma mi fermo subito, la gola secca, la mente vuota “Ho il terrore di svegliarmi, un giorno, e scoprire che tutto questo non è stato altro che un sogno o il parto di una mente sadica che ci ha ficcati in una specie di Matrix...” sento le lacrime che pizzicano agli angoli degli occhi ma non vi bado: se devono uscire, che escano “Che io e te non siamo sposati, che non possiamo toccarci... che non possiamo amarci liberamente...”
“Non che tenerlo segreto sia proprio sinonimo di liberamente” replica lui, divertito, asciugandomi le lacrime.
Sento il cuore scoppiare in petto, un nodo alla gola impedirmi di respirare. Il calore della sua mano sul mio viso è la mia ancora. Mi ci aggrappo come non avessi un futuro, cerco di imprimermi bene, come faccio sempre, anche se lui non lo nota, ogni dettaglio, ogni sensazione, per ricordarlo un giorno, qualunque cosa accada.
“Una realtà che non sia esattamente questa per me è inconcepibile. Al di là di tutto, proprio per te. Credimi! Se solo potessi farei a cambio di poteri, affinché tu possa leggere quello che provo davvero...”
Remy si tira su senza fatica e mi bacia le labbra “Non serve che tu mi offra nulla. Sei qui e tanto basta.” replica con un fuoco negli occhi “Ti credo quando mi dici così. Anche perché, volendo essere egoisti, io ti tengo sotto ricatto, mostrandoti e imponendoti i miei sentimenti. Che tu, da brava donna quale sei, non puoi ignorare. Soprattutto per un discorso di empatia.”
Replico baciandolo, avida: devo sentirlo, pelle contro pelle, materia contro materia. Essere certa che lui esiste e che non è un sogno o, peggio, che non sono ammattita. Per una volta, forse la prima nella nostra assurda relazione, sono io a condurre il gioco. Mi libero della vestaglia e mi offro a lui che mi guarda rapito, estasiato.




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Rieccomi, a distanza di una settimana, con il secondo capitolo. Credo abbiate ormai capito che tipo di piega stiano prendendo gli eventi e come si concluderà questa short, il prossimo venerdì.
Un paio di cose, di cui mi sono dimenticata -come sempre- di farvi nota: i titoli. Sono presi tutti da canzoni anni '80 (sono in quel mood per la festa che si sta svolgendo nella serie principale... abbiate pazienza): i primi due sono brani celebri dei KISS che ho sempre associato a loro due, visto che il soggetto di chi ruba cosa è confuso, tanto nella realtà marveliana -lo fanno entrambi, a modo loro-, quanto nella canzone. Il prossimo sarà un omaggio al brano Desire dei Radiorama.
Anche il titolo della storia prende da un altra famosissima hit di Gianna Nannini: non solo, a mio parere, Gambit è bello e impossibile (soprattutto in quanto figlio/clone di Sinistro con occhi altrettanto assurdi), "con quel sapor mediorientale" -la Francia non è così a Est, per gli americani, che possono pure sbagliarsi sulla posizione geografica- ma lo è soprattutto il loro amore (motivo per cui è ambientato in House of M).

Ancora una cosa. Mardì Gras indica sia il periodo carnevalesco che, come da noi, comincia dopo Epifania, come anche il giorno stesso del finale e, negli Stati Uniti, è celebrato negli stati dell'Alabama, Mississippi e Louisiana 
(ex colonia francese) ma è New Orleans a essere famosa per questo tipo di divertimenti e per i costumi ben colorati che nulla hanno a che fare con i travestimenti di Halloween. E' un retaggio della cultura anglicana e cattolica.
Come già detto anche in L'ira degli eroi, i due eroi vengono da stati confinanti e dalla cultura simile: per questo -e non solo per la loro convivenza- Rogue parla un pochino di francese e sa cucinare cibo cajun e, quindi, prova nostalgia in questo capitolo.

E basta... non mi sembra di avere altro da aggiungere... Al prossimo aggiornamento.

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Capitolo 3
*** Desire ***


Desire






Con movimenti goffi si libera di quanto ci divide e ribalta la situazione.
Salta i preliminari a piè pari, lui che è così bravo e conosce ogni trucco per intrattenere una signora. Lui che passerebbe le ore a letto giocando col mio corpo e godendo del piacere che riesce a trasmettermi in quel modo ma riuscendo a rimanere -lui- abbastanza lucido per studiarmi in ogni dettaglio. Una cosa che odio ogni volta, perché mi imbarazza, che lui se ne stia lì, con quel sorrisino ebete stampato in faccia, mentre io mi contorco come un lombrico preso all'amo.
Ma oggi non giochiamo, non ci coccoliamo minimamente: con rude dolcezza mi possiede lì, sul divano, forse anche lui divorato dalla stessa urgenza, dalla stessa paura che mi attanaglia costantemente. Avverto appena il dolore di un'entrata così brusca, ma una smorfia mi balena in viso.
“Scusa, Chére... ho cercato di far attenzione...” Si giustifica anche in momenti come questo.
Insopportabile: non può limitarsi a scoparmi come farebbe chiunque altro?
“Colpa tua che sei... dotato” replico indispettita, sperando di mettere fine subito alla questione.
Mon Dieu! Mai sentito che avere un bel grimaldello fosse un problema per forzare le serrature...”
“Per quelle delicate sì” replico prima di baciarlo per zittirlo definitivamente.
Siamo pieni di passione e, ancora una volta, tutto questo, in un angolo della mia mente, mi angoscia, perché un fuoco che brucia a entrambe le estremità, oltre essere spettacolare, consuma una candela in metà del tempo.
Ho paura.
Paura di perderlo.
Involontariamente mi sfugge un brivido che non è di piacere e lui se ne accorge.
Si accorge sempre di tutto.
“Non vado da nessuna parte...” mi tranquillizza con la sua voce bassa e roca. Un massaggio sulla spalla, lento e dolce, non so dire se della mano o dei polpastrelli, tenero come una carezza, arriva subito a cullarmi.
Remy si ferma e si china su di me. Credo sia una cosa difficile, per un uomo, interrompersi così, a comando, preso come dovrebbe essere dal bombardamento di sensi che gli arrivano dal resto del corpo.
Ma lui lo fa.
Fa cose assurde.
Come lo stesso gesto circolare e rassicurante...è tutto così strano e quasi stonato nel bel mezzo di un amplesso.
Lui è così.
Rimane vigile e lucido dove io perdo la testa.
“Non credere che sia così sciocco da lasciarti incustodita, mon Trésor...Sei in trappola... non puoi andare da nessuna parte!” scherza prima di mordicchiarmi il lobo mentre le sue mani mi avvolgono i seni con fermezza “E come mia prigioniera puoi andare solo dove vado io. Sei mia!” afferma con sicurezza prima di baciarmi. È come se cercasse di ammonirmi e, al tempo stesso, di convincere se stesso di questa cosa che trova ancora così assurda e miracolosa.
Mi scappa un sorriso.
E' tutto fuori luogo! Le sue moine, la sua dolcezza... e la mia ilarità.
Mi guarda, prima confuso, poi subito fintamente offeso o arrabbiato, prima di dare un colpo di lombi, mozzandomi il fiato, in quello che vorrebbe essere una sorta di punizione per la mia mancanza di rispetto nei suoi confronti.
Mon Chér.....” ghigno io, dopo essermi ripresa “Se qua c'è qualcuno che tiene prigioniero qualcun altro...” sillabo prima di alzare le gambe attorno alla sua vita “... quella sono io!” affermo prima di ribaltare la situazione con un colpo di reni. Rotoliamo fuori dal divano, giù per terra e, ancora una volta, sono io a trovarmi in posizione di comando.
“Mi piace quando sei così aggressiva” ghigna lui “E mi piacerebbe, prima o poi, vederti con un costumino come quello di Shanna, la diavolessa1” dice riportando le mani a coppa al mio seno, quasi per vedere l'effetto che farebbe uno straccio di quelli su di me.
“A cavallo di un dinosauro? L'abbinata perfetta non è donne e motori?”
“Sono avvezzo a vederti sporca di grasso e con la tuta da lavoro...” replica mentre le sue mani scendono lungo il torace, il pollice che sembra contarmi le costole una a una, per poi afferrarmi i fianchi, indicandomi il movimento da riprendere.
“Non mi piace cavalcare dinosauri...” replico con aria di sufficienza.
“No?”domanda stupito e distratto, preso da altre sensazioni
“No. Preferisco i cervi che vivono nelle paludi boschive tra Louisiana e Mississippi, con penetranti occhi incandescenti...”
Parbleu... parli di moi!” apre gli occhi teatralmente esterrefatto
“No, di Daimon Hellstorm...” replico prima di chinarmi su di lui e aumentare il ritmo
“Ah, Chére... in tema di fiamme e spiriti da vendicare... Sicura di non aver nulla a che fare con la Forza Fenice?”
“Battuta vecchia, Cajun...”
“Sempre attuale...” replica tirandosi su a fatica, cercando di intercettare uno dei miei seni con le labbra “...sei un fuoco...” aggiunge ributtandosi giù, sconfitto.
“E tu uno stupido romantico...”
“Suona come un'offesa, mon Amour...”replica indispettito
“Continui a ciarlare in questo frangente...” dico sgranando gli occhi, a sottolineare la palese assurdità della cosa.
“Anche tu... Devo forse dedurne che non sei soddisfatta?”
“Sono difficile da accontentare...” replico con un ghigno. Un'altra battuta ormai trita.
“Mmm... adoro le sfide...” risponde lui, infatti.
Senza aggiungere altro, ci ributtiamo a capofitto in quello che stavamo facendo, ciascuno concentrato sulle proprie sensazioni.
Finché, nonostante lo stordimento, o forse proprio a causa della perdita di controllo, la sgradevole sensazione che tutto questo possa finire o non esistere mai più, torna prepotente e pressante. Provo a focalizzarmi ancora di più sul dar piacere a mio marito, sperando che questo presentimento svanisca al più presto. Ma non sono abbastanza serena per godere io stessa di questo momento. O meglio, ormai sono stata distratta e difficilmente potrò rimediare.
Remy, ormai e fortunatamente, è più di là che di qua per far caso al mio malessere.
La tristezza mi attanaglia il cuore e mi viene da piangere. Vorrei solo che lui mi stringesse a sé e mi baciasse fino a soffocarmi, fino a farmi morire d'amore, in modo da smentire tutto quello che ho in testa.
Affondo su di lui, determinata ad allontanare i cattivi pensieri e mi accanisco sul suo corpo come se fosse una battaglia e lui il nemico da infilzare.
Fisicamente siamo entrambi vicini all'apice ma, nonostante tutto, io non riesco a esserlo mentalmente.
Mi chino sulle sue labbra socchiuse dalle quali lui cerca in ogni modo di non lasciar scappare alcun gemito di piacere per rispetto, sostiene lui, nei miei confronti, per non farmi sentire solo un corpo su cui sfogare i propri istinti.
Il mio Remy, così pieno di attenzioni e dolcezze: come potrei vivere senza di lui? Lontana da lui?
Lo bacio e assaporo la morbidezza delle sue labbra carnose: sono la cosa che mi mancherebbe di più se mai noi....
Non riesco a pensarlo, fa troppo male.
E mi sfugge.
Qualcosa che non gli ho mai detto.
Mai.
Lui mi sommerge -ancora adesso- con parole gentili e io, troppo imbranata e in imbarazzo, non ho mai fatto altro che arrossire alle sue provocazioni, senza mai allontanarlo con convinzione. E questo, anni fa, fu un fattore fondamentale nell'innesco della nostra relazione. Con il suo modo di fare guadagnava fiducia, di volta in volta, nella sua sfrontatezza e si sentiva autorizzato a farsi sempre più audace e arrogante. Mi cinse d'assedio come un bravo e valoroso stratega, trovando falle che io ero convinta di aver tamponato bene e che lui sfruttava abilmente per scalare la mia ritrosia per vincermi, infine, per sfinimento.
“Ti amo...” mi mordo le labbra quando è ormai troppo tardi e lui ha sentito benissimo. Non posso nemmeno trincerarmi dietro una scusa qualunque, un fraintendimento, un non volevo, non intendevo...
Chiude gli occhi, come se un dardo l'avesse colto di sorpresa: è irritato ma felice. Una miriade di espressioni balenano su quel volto spigoloso: per ciascuna so individuare con precisione chirurgica il pensiero che sottende.
Un attimo prima è confuso e sorpreso, quello dopo è rigido sotto e dentro di me, percorso dalle lievi convulsioni del piacere, attanagliato dall'impossibilità di reagire razionalmente. Nonostante tutto, sono soddisfatta della sua reazione e lo raggiungo, concedomi pochi secondi di piacere, anche se non ne godo a fondo come avrei dovuto e voluto.
Faire foutre!” impreca “Non potevi scegliere momento meno adatto...” c'è rabbia nella sua voce, ma non è rivolta a me “Sapristi...” si copre gli occhi con i palmi delle mani aperte “Mi fai sentire un idiota...”
“Sei dolce...” replico stendendomi su di lui e rubandogli un altro bacio, prima di nascondermi nell'incavo del suo collo
Douceur... sono venuto troppo presto... mi... mi hai...”
Sconvolto. Emozionato.
Lo so.
Lo sono anch'io.
“Non... non me l'avevi mai detto...” la domanda è implicita e semplice e il suo gesto, passarmi la mano libera dal mio peso tra i capelli, rassicurante. Rifiuto di muovermi da lì: non voglio essere cacciata e, come una bambina, mi aggrappo alle sue spalle. “Però potevi aspettare...” perché così gli ho negato di esibirsi a pieno nel perfetto adempimento ai suoi doveri coniugali.
“Non volevo dirlo...” lo informo con cattiveria punzecchiandogli il petto che si alza e si abbassa al ritmo regolare dei suoi respiri.
Mi prende la mano e si porta le dita alle labbra per baciarmene le punte. Una scossa si irradia lungo tutta la colonna vertebrale e sono costretta a ritrarre la mano per evitare di risvegliare i sensi che si erano ormai assopiti.
“Sai...” comincia lui dopo un po'. Come sempre avrà intuito cosa mi agita “Sono convinto che, in qualunque vita rinascessimo o in qualunque universo ci troveremmo a vivere, qualunque barriera possa opporsi al nostro amore, dalla razza all'età alla religione – ammesso di essere vivi entrambi- ti amerei proprio come ora, con la stessa intensità. Sai quello che diceva Platone delle anime gemelle? Ecco... credo che noi due siamo una di quelle coppie. Possono allontanarci in ogni modo ma troveremmo sempre la strada per tornare dall'altro. Almeno... io la troverei. E non mi farei certo scoraggiare da un problema come quello del non poterti toccare. Anche se sarebbe frustrante. Lo ammetto. Ai limiti della follia. Ma ti troverei e ti farei innamorare di me.”
“Chi ha...?” domanda scema: non posso più giocare la solita carta da finta tonta...
“Hai detto che mi ami...” replica lui, divertito, stringendomi forte a sé “Non hai idea quante volte mi sia svegliato dopo aver sognato queste due parole... Credevo non avresti mai ceduto..”
Rialzo la testa, sento i capelli spettinati in modo selvaggio, e, ammiccando seducente, lo provoco ancora “Non sarai così patetico da aver sognato qualcosa del tipo...” mi ributto a cavalcioni e mi inarco indietro “Ti. Amo.” scandisco, sillabando bene e prodigandomi in gemiti fintissimi. “O forse lo urlavo addirittura?” domando inclinando la testa, con un sorriso birichino.
Remy arriccia le labbra, divertito “No, questa mi mancava, mi sembrava un po' banale...”
“Sei uno scemo!”
“Siamo una coppia di scemi” ribatte cercando di mettersi seduto. Si sposta in modo da appoggiare la schiena al divano e mi tira a sé. “Bene... prendi carta e penna...” mi dice serio “La prossima frase che devi imparare è...” lascia la frase in sospeso per concedersi del pathos che, nudo come un verme com'è, è l'ultima cosa che potrebbe pretendere “Siamo incinti!” Subito storco il naso. All'idea e alla forma usata. “E il toto-nomi... io voto per Rebecca e Olivier”
“Sai come la penso al riguardo...”
“Sì, sì, Chére... il corpo è tuo e se voglio farmi un figlio posso rivolgermi altrove. Sono d'accordo. Bisogna essere in due a volerli e non devi certo mettere al mondo creature solo per farmi contento. Parlavo di un prossimo futuro ipotetico...”
“I miei figli -se ne avrò- non avranno per padre un delinquente...”
“Parlò la teppista riconvertita alle forze dell'ordine” ridacchia.
“Non voglio avere figli. Non con questo lavoro, non in questa vita.”
“In questa vita puoi...” replica lui, lontano, facendo riaffiorare l'argomento che, al momento, più mi disturba. Ha ragione. Ora posso. Chissà cosa potrebbe succedermi domani, quando tornerò in servizio. Ma no. E' troppo pericoloso ed entrambi conduciamo una vita tutt'altro che regolare e dei figli necessiterebbero un ambiente sereno con limiti e regole... Remy sembra quasi leggermi nel pensiero “Potresti crescerli allo S.H.I.E.L.D. Lì sarebbero al sicuro. Non dovresti nemmeno giustificarti... nessuno saprebbe mai chi è il padre, se non vuoi. E sarebbero seguiti dai migliori educatori e verrebbero preparati a una vita da campioni... da vincenti.” la sua voce si è fatta triste. Perché fare il ladro non è, propriamente, una carriera brillante e di successo, che qualcuno si augura per il proprio figlio. Un ladro, anche se ruba a enti e non a persone fisiche, violenta comunque un ambiente e la sua comunità con un gesto egoistico.
“Hai vinto me, non ricordi?” dico, sperando di dirottare il discorso su toni più leggeri. Non voglio che, nel caso succedesse qualcosa, l'ultimo ricordo di mio marito sia quando l'ho visto afflitto a compatirsi.
Ancora, la sensazione di un'imminente cambiamento mi attanaglia le viscere.
“Sei stata la mia puntata migliore...” concorda lui “Oli' e Bekka concorderebbero”
“Smettila con questa storia!” replico picchiandolo con dolcezza sulla spalla
“Smettila di non volerne nemmeno parlare” ribatte lui “Saresti una mamma fantastica, se questa è la tua paura... E, in fondo, siamo cresciuti entrambi abbastanza equilibrati nonostante tutto... Non trovi? E poi, siamo stati coppia: dei bambini non rovinerebbero quello che siamo, non ci farebbero vivere vent'anni una realtà per poi lasciarci con un perfetto sconosciuto accanto come capita a molti. Per questo devi essere sicura di volerlo. E io potrei sempre fare il casalingo e badare ai bambini... mi piacciono i bambini... ci so fare...”
“Gli insegneresti a giocare a carte...”
“Quale bambino non impara a giocare a carte?”
“Gli insegneresti a barare. A fare giochi pericolosi su una fune e chissà cos'altro...”
“Mosca cieca! Non è pericoloso...”
“E' così che si insegna il borseggio, a New Orleans?”
“Insegnerei loro a cucinare, per dimostrare il loro affetto per la loro madre...”
“Smettila...” replico infastidita, ributtandomi su di lui. Non volevo litigare, non volevo che le cose degenerassero... e tutto perché mi è sfuggito.
“Però mi ami anche per questo!” asserisce trionfante.
“Fantastico!” penso alzando gli occhi al cielo “Gli ho dato un altro giochino con cui infierire su di me...” Però sono felice di averlo fatto: mi son tolta un peso e lui... lui è raggiante. “Sì” ammetto a voce alta tirandomi in piedi controvoglia e recuperando la vestaglia che giace dimenticata in un angolo del salotto “Ti amo. Purtroppo. Dovrebbero uccidermi per farmi cambiare idea. E forse nemmeno quello potrebbe rimediare a questo tremendo colpo di matto.”
Mi volto, trionfante, lasciandolo a terra, confuso da quella raffica di parole. Meglio rivestirsi, prima di avere altre tentazioni. E sia mai che mi richiamino in servizio sul più bello.
Lo amo. E ha ragione lui, come sempre: in ogni universo, in ogni realtà in cui ci incontrassimo, finiremmo certamente a rincorrerci come due scemi, a punzecchiarci, a negarci l'un l'altra. Ora come ora, non mi importa più cosa ne sarà di noi, domani: avrò sempre e comunque questi ricordi a sostenermi e la certezza di essere anime affini, che riescono a trovare sempre una soluzione a ogni problema il destino decida di mettere sul nostro percorso.

Anche nel caso in cui domani dovessi svegliarmi e tutto questo essere svanito.








1 Storica compagna di Ka-Zar (Lord Kevin "Reginald" Plunder). I due vivono nella Terra Selvaggia, in Antartide -zona lussureggiante al Polo Sud -già accennato anche nel capitolo 16 di Rien ne va plus.
I due sono dei novelli Tarzan & Jane, con una punta di Mowgli (vista la tigre dai denti a sciabola preistorica di nome Zabu che i due hanno come animale domestico che gioca un po' il ruolo di Bagheera e di Cita)

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Ed eccoci all'ultimo capitolo di questa mini fic.
Scusate il ritardo ma la consegna della tesi, negli ultimi giorni, mi ha impegnata parecchio...
Come ha detto giustamente qualcuno, sono una grandissima stronza con i miei personaggi :)
Da qui in poi, la storia procede come si sa: Rogue e il resto della squadra tornano al lavoro, intercettano Logan, vengono “svegliati”, scoprendo così di essere in una realtà sbagliata, per poi tornare alla loro vita di tutti i giorni dopo aver sventato il 'piano' di Scarlett di vivere -letteralmente- tutti felici e contenti. Solo in pochi ricorderanno cosa è successo.
E questo aggiunge sadismo al mio racconto: Gambit non saprebbe di aver vissuto una vita normale con Rogue. Ma è anche questo il bello delle coppie tormentate... Non odiatemi... mica posso riscrivere il Marvelverse.. purtroppo.
A ben vedere può anche essere un'interpretazione di quel what if ipotizzato da Gambit nel capitolo 26 di Rien ne va plus.
PS: Bekka e Olivier sono i veri figli di Rogue e Gambit. Compaiono un pò ovunque, da X-men 2099 a X-Men the End. :) quindi non sono nomi inventati... è un'altra strizzata d'occhio agli altri universi in cui sono riusciti ad avere una vita felice.

Che dirvi? Grazie a tutti quelli che hanno letto fino alla fine e che avete sopportato questo delirio.

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