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Autore: darkronin    19/11/2013    2 recensioni
Seguito di Preludio.
Quali tracce ha lasciato Loki dietro di sé? Chi sono i suoi alleati? E fin dove sono arrivate le sue arti magiche e i suoi infiltrati?
Il nuovo ed eterogeneo gruppo di Vendicatori avrà qualche alleato o solo politici pronti a dar la caccia a tutti i superumani? Forse avrete la risposta...
- - - Crossover Avengers-X-men col Marvelverse più in generale (come dovrebbe essere in realtà)
- - Altri personaggi principali rispetto a quelli della fic precedente (in cui erano secondari o appena presentati): Antman, Wasp, i Fantastici4 – nella seconda parte anche Tempesta, Angelo, Namor, T'Challa, gli agenti dell'Atlas (tutti), Visione.
- Altri personaggi secondari aggiuntivi rispetto alla fic precedente: i Guardiani della Galassia, Bucky, Quick Silver, Quentin Quire, Agente Sittwell, Yo-yo, Hellfire, Phobos, Sebastian Druid, Sole Ardente, Agente O'Grady, Gatta Nera, Abigail Brand, Norman Osborne (era ora), Sentry, Dottor Strange, Victor Von Doom, Fratello Voodoo, Hellstorm, Scarlett, Magik, il nuovo Club Infernale (Kilgore, Kensington, Enduque eVon Katzenelnbogen)
+ Riferimenti a: Ultimate Universe, Civil War, Dark Reign, Secret Warriors
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nick Fury, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man, Un po' tutti
Note: Missing Moments, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'L'ira degli eroi'
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26. Il Re Bianco.






“La domanda è molto semplice...” cominciò Remy “... lascia stare che sia impossibile, stiamo parlando per assurdo... se non vuoi parlarne troppo pigia a tavoletta...”
“Muoviti, Cajun, con questa storia...dove vuoi andare a parare?” ringhiò la compagna senza staccare gli occhi dalla strada ma abbassando il volume dello stereo.
“Senti... se... lasciando da parte i tanti se che sappiamo esserci... potrei piacerti almeno un pochino?”
“Ma nemmeno se fossi l'ultimo uomo sulla faccia della Terra!” replicò subito lei.
Il mutante fece passare qualche istante, quindi sospirò “Ok, non ci hai nemmeno pensato. Anzi, non hai neanche fatto finta di provarci: è la risposta che mi dai sempre. E, direi, che se fosse vero che ti sto così sulle…” si interruppe, meditando sulle parole giuste da usare “Se fosse vero che ti sono così indifferente, tanto per cominciare, non mi parleresti neanche. Ma visto che, tuo malgrado, in un modo o nell'altro finiamo sempre per lavorare assieme, chissà come mai...”
“Perché sei come il prezzemolo e mi segui ovunque!” replicò lei sulla difensiva
Touché... Ammettilo, però: spesso non solo non te ne vai inorridita dalla mia presenza ma, anzi, la cerchi. Ad ogni modo, se tutto ciò che dici fosse vero, non saresti così drastica nei miei confronti ma cercheresti di non offendermi nel respingermi. Oppure la butteresti a ridere, come fai con Jhonny Storm e Tony Stark...” concluse trionfante “Dunque, sospetto che tu sia così attaccabrighe nei miei confronti perché, in fondo in fondo, non è che proprio non mi sopporti... dico bene?”
“Facciamo finta che la cosa possa anche essere realistica... cosa cambierebbe?” protestò lei, ormai alle corde: lui aveva smontato preventivamente ogni tesi difensiva.
“A parte il fatto che mi farebbe un immenso piacere? E potrei morire il giorno che tu dovessi ammettere di provare qualcosa per il sottoscritto...” rispose con fare teatrale strappandole una risata nervosa.
“Allora vedi che faccio bene? Sei utile alla squadra... sarebbe uno spreco se morissi a causa mia...”
“Marie... Ti piaccio o no? Ho bisogno di saperlo. Seriamente. Non è solo il tuo tempo, che passa. Anche il mio.”
“Sentiti pure libero di volare su un altro fiore, allora...” replicò lei, secca.
“Non dici davvero... ormai ho imparato a interpretarti...” rispose lui in un sospiro stanco.
“Allora fatti la domanda, datti la risposta e non rompermi, visto che sei tanto bravo”.
“Voglio sentirlo dire da te.”
“Perché?” gemette lei esausta da quel battibecco
“Indipendentemente dal contatto fisico, Marie, io voglio sapere. Potremo mai progettare un futuro? Non allarmarti! Parlo di cose semplici... Che ne so? Un viaggio, una cena... ”
Ma lei rise sguaiatamente “Senza potermi toccare? Lo sai che è pura fantascienza, quello di cui parli, vero?”
“So essere paziente, so sopportare e, se serve, so anche fare dei sacrifici. Ricordati che sono cresciuto nella setta dei ladri. E tu sai cosa vuol dire.”
“E' una follia...” sibilò la ragazza.
Gambit fece spallucce, incurante
“Oh, certo: non per te!” replicò lei “Ma è folle che io perda il mio tempo ad ascoltarti!” precisò.
“Hai detto che finché non fossimo arrivati potevamo parlarne...” puntualizzò lui
“Come dimenticarlo...” soffiò nervosa
“Marie, vorrei solo che mi rispondessi con un sì o con un no. Va bene tutto ma non mi accontento di un non so, perché tempo per pensare ne hai avuto abbastanza...” intimò lui “Se non ci fosse alcun tipo di vincolo, se tu ed io fossimo persone normali, con problemi normali e non quello che siamo...”
“Quindi con caratteri diversi e vissuti diversi?” lo interruppe lei
“No, non intendevo... cioè... se io fossi un normale e attraente ladro di New Orleans...”
“Quando mai ladro e avvenenza non vanno a braccetto?” si intromise Rogue, sarcastica, stilando mentalmente un elenco di tutti i personaggi fantastici che corrispondevano alla descrizione..
Ma Gambit continuò imperterrito “... e se tu fossi una semplice, sgraziata, irruente, manesca, sfrontata...”
“Non sono sfrontata!” protestò
“Sì che lo sei! E trovo assurdo che ti sia offesa per questo...” rispose lui per ritornare al suo elenco “... Dicevo... se tu fossi una ragazzaccia dei sobborghi di Caldecott... Io costretto a una vita di stenti, furbizie e sotterfugi finché un professore di strada non mi avesse accolto tra i suoi discepoli; tu, una ribelle che, scappata di casa, fossi finita nelle mani di messicani senza scrupoli -pronti a trasformarti in pezzi di ricambio- e per sopravvivere avessi ucciso una tua carceriera e poi fossi stata accolta dallo stesso professore che avesse dato ospitalità a me...”
“Carol non era una secondina ma una prigioniera a sua volta!” specificò infastidita da quella mancanza di rispetto per la donna che lei aveva ucciso.
Lui ci ragionò un attimo, quindi continuò “Qualunque cosa dica, troveresti da ridire. Capisci per descrizione quello che sto dicendo e lascia Carol fuori da questo discorso. Il punto è: io, cresciuto come un ladro, e te, involontaria assassina; entrambi salvati da una vita ai limiti dell'umana decenza...” proseguì mentre lei arricciava il naso, infastidita dal essere riassunta in parole tanto dure “Dimmi... se fossimo questo tipo di persone, potresti -uso il condizionale, non parlo di te e me qui e ora: parlo di un ipotesi, una realtà parallela.” sottolineò e aspettò che lei gli facesse cenno, prima di continuare: voleva essere sicuro che lei avesse capito il suo proiettarsi tra i loro equivalenti Sapiens, senza poteri “Potresti mai innamorarti di me? Anzi... così è troppo vincolante ma... hai capito... prendermi in considerazione, trovarmi abbastanza interessante da arrischiarti a flirtare con me...”
“Sì o no, eh?” replicò lei
“Esatto... E bada: qualunque sia la tua risposta, tra noi non cambierà assolutamente niente. A meno che non sia tu a volerlo: se lo vorrai -se sarà necessario- abbandonerò anche gli X-men, per non arrecarti disturbo nel caso la mia presenza ti creasse imbarazzo...”
Lei tacque e si prese tutto il tempo che le serviva per elaborare la propria risposta e trovare il coraggio di esternarla. Gliel'aveva promesso e concesso. Non era più tempo di giocare a nascondino. E lui non voleva ferirla ma voleva solo mettere pace nel suo travaglio interiore. Aveva ragione: non era giusto. Erano troppi anni che lo teneva a distanza e sulla corda. Che, suo malgrado, giocava con lui. Ma, rispondere onestamente, così come mentire, avrebbe precipitato entrambi nel baratro: gioire per una triste realtà o soffrire per una maldestra menzogna?
In lontananza, a pochi chilometri da dove si trovavano in quel momento, svettava la loro destinazione, illuminata a giorno e splendente nella sua confezione inaugurale. Alcuni elicotteri pattugliavano i cieli e i dintorni. L'evento era blindatissimo e nessuno, a parte gli autorizzati, si sarebbe potuto avvicinare alla struttura governativa, mimetizzandosi nella calca, senza destare sospetti.
Varcarono i cancelli senza intoppi e andarono a parcheggiare in una zona, già perfettamente attrezzata allo scopo, ancora deserta. Spense il motore, sbuffò, nervosa, poggiò la mano sulla maniglia, pronta ad uscire, chinò il capo, vinta dai suoi stessi pensieri, e vuotò il sacco. “Sì” alitò solo, prima di sgusciare fuori dal veicolo, improvvisamente troppo piccolo per restarvi entrambi all'interno. Gambit impiegò qualche secondo per realizzare l'effettiva portata di quella semplice sillaba. Era stata quella che, in qualche modo, si aspettava e che, pure, temeva di non sentire mai. Si ricompose in fretta, stirò il miglior sorriso sghembo, uscì a sua volta dall'auto, si sistemò la giacca e andò a porgere il braccio alla sua dama, senza esibirsi in inappropriati moti di esultanza, quasi la conversazione non fosse mai avvenuta.
Quasi fossero sempre stati una coppia consolidata.
Quasi fosse sempre stata più che scontata quella risposta.
Quasi non fossero altro che due normali bodyguard impegnati in un normale servizio di protezione.
Invece, in entrambi, qualcosa aveva cambiato posizione e faceva in modo che l'euforia pompasse più sangue in circolo, ottenebrando i sensi e regalando loro delle espressioni serene e imbarazzate al contempo: tutto era assurdamente nuovo.
Loro sembravano non conoscersi più, non ricordare gli anni di esperienze condivise, di bisticci e batticuori soffocati, illuminati com'erano da una luce tanto diversa a cui era stato concesso, finalmente, squarciare il velo che la celava.
Quella risposta aveva aperto la strada a un rapporto completamente diverso, nel bene e nel male, da quello che avevano vissuto fino a quel momento. Ora non erano affatto più sicuri e disinvolti, tutt'altro: erano impacciati e imbarazzati, quasi non sapessero con chi avessero a che fare e l'altro fosse un completo estraneo. Sembrava quasi che quella risposta avesse liberato la vera personalità dei due mutanti, che pure si muovevano in sincronia, con la fluidità di un rapporto consolidato e collaudato.

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La sala in cui fecero il loro ingresso le tre coppie era gremita di gente e il brusio generale copriva appena il tappeto musicale preregistrato che si diffondeva nell'ambiente. Il palco, che doveva ospitare un piccolo complessino per intrattenere gli ospiti era ancora vuoto ma il buffet era già stato preso d'assalto e nessuno degli invitati sembrava prendere minimamente in considerazione l'ipotesi di far spazio ad altri: quel tipo di scene, che dimostravano la rapacità degli uomini, nemmeno fossero tutti dei poveri pezzenti che non hanno nemmeno gli occhi per piangere, riempivano Stark di disgusto e lo spingevano a tenersi alla larga dai banchetti e dalle persone che aveva individuato accalcate come pecore attorno ai tavoli.
“Sei sempre il solito...” ghignò una voce divertita poco distante. Quando Tony si voltò, trovò l'amico-nemico Henry comodamente seduto a un tavolino e fiancheggiato dalla fastidiosa e irriverente moglie in un assurdo vestito pieno di perline danzerine e ipnotiche che si muovevano al minimo respiro. Ecco, lui aveva dimostrato di essere furbo e scaltro: si era rifornito adeguatamente all'inizio e si era tirato fuori dalla mischia, nonostante portate più succulente potessero arrivare in seguito. E non era costretto a stanziare in piedi, reggendo piatto e bicchiere con un'unica mano.
“Sono puntuale, cosa vuoi?” replicò prendendo posto accanto a Janet (tra i due il male minore) e facendo accomodare Pepper accanto a sé, secondo l'etichetta che entrambi seguivano in modo istintivo. I mutanti e i due agenti presero posto nel tavolino subito accanto, in modo da guardargli le spalle in ogni momento nonostante -teoricamente- lì non dovesse correre alcun pericolo.
“Saresti dovuto arrivare in anticipo, come tutti noi. Solo i nostri amici possono permettersi di essere puntuali...” replicò sorseggiando l'aperitivo analcolico per poi indicarglielo con un ghigno saccente “Te lo consiglio..”
“Hanno confermato davvero entrambi la loro partecipazione?” ringhiò il magnate con la testa che già gli doleva al pensiero ed eludendo abilmente la frecciata alla propria dipendenza alcolica: uno era forse l'unico uomo abbastanza intelligente da potergli tenere testa e la cosa, naturalmente, lo infastidiva; l'altro...beh...era più arrogante di lui e tanto bastava a farglielo appena tollerare, anche se la cosa sembrava reciproca.
Henry fece una smorfia e lo informò “Il tuo amico del cuore è già qui... Reed avrà il suo daffare a tenere Sue lontana dai suoi tentacoli...”
La folla al banco si aprì, lasciandone emergere la figura massiccia di Ben Grimm, carico di cibo e ficcato in uno smocking con effetto grottesco, seguito a ruota dal giovane Jhonny Storm che, come vide Rogue, mollò precipitosamente i suoi vassoi davanti ai coniugi Pym e si dileguò al tavolo dei giovani “Sapevamo che sareste arrivati a momenti...” esordì Ben accomodandosi con cautela su una sedia dall'aspetto troppo fragile e delicato. “Reed e i suoi gingilli... deve aver cooperato con l'ape regina...” spiegò sommariamente additando Janet come infiltrata e lasciando intendere che nei vestiti ci fosse qualche specie di ricetrasmittente: con le particelle Pym e la nanotecnologia se lo sarebbero potuto aspettare.
“E Reed dov'è?” domandò allora Pepper che avrebbe gradito la compagnia di Susan oltre a quella di Janet.
Ben ridacchiò “Probabilmente si sarà armato di arpione per far secco il suo rivale e... ah no... eccoli lì... ancora non l'ha squamato...” commentò divertito dal nervosismo dell'amico che faceva strada alla moglie e a una terza persona, a sua volta scortata da un piccolo drappello di strani e inquietanti figuri.
“Ti voglio tanto bene, lo sai, Janet?” bisbigliò Tony abbrancando il braccio della donna al suo fianco che gli rispose con un'occhiata scettica “Ringrazio di non aver messo Virginia tra noi per farvi chiacchierare in pace...o adesso sarei a tiro di sputo di quel mezzo pesce!”
“Mi pareva strano che fossi disinteressato!” commentò acida la mora per poi, subito, saltar su, pronta ad andare a salutare il nuovo venuto. Ma Henry la trattene per un polso, in un gesto che poteva sembrare naturale ma che, visto a distanza ravvicinata, rivelava tutto il suo nervosismo: le nocche del pugno erano sbiancate.
“Re Namor...” esordì Reed, con una punta di acidità nella voce che voleva suonare reverenziale, mentre prendeva posto al tavolo e si frapponeva tra il suo ospite e la moglie, facendo accomodare quest'ultima accanto a Pepper. “Le presento...” Cominciò osservando come tutte e tre, però, stessero osservando il fisico scolpito del nuovo arrivato con un po' troppo interesse. La cosa non sfuggì nemmeno agli altri e nella mente degli scienziati balenò, simultaneo, il pensiero che le loro rispettive compagne stessero facendo paragoni coi loro fisichetti, ora un po' rilassati dalla mezz'età, ora un po' sottosviluppati per la preferenza accordata allo studio.
“Conosco già tutti i presenti a questo tavolo...” sibilò altero ed arrogante il sovrano troncando ogni pensiero e accomodandosi come se quel tavolo fosse suo di diritto, loro dei poveri dignitari, che avevano osato occuparlo, a cui veniva concesso il privilegio di condividere la mensa con lui.
Alle sue spalle, la sua scorta rimase orgogliosamente in piedi, ritta come un fuso, sull'attenti, e lui non si premurò di dare alcun ordine di riposo. A colpo d'occhio si capiva immediatamente perché lui fosse il sovrano: era l'unico con una carnagione bianco-rosata, come qualunque essere umano terrestre, mentre coloro che lo seguivano avevano la pelle di un grigio-violaceo iridescente tipico dei pesci ma che, nell'insieme risultava solo scura e strana. Namor aveva limpidi topazi azzurri invece di rubini ardenti per iridi e, soprattutto, era l'unico a non indossare una complessa maschera su volto composta di almeno tre parti (due alla base della mascella e una, che copriva naso e bocca, che aveva tutta l'aria di un respiratore) che ricordava molto la più avanzata attrezzatura subacquea terrestre. A un'osservazione più scrupolosa si sarebbe notato anche che quelli che velavano gli occhi delle guardie non erano comuni occhiali da sole (per quanto stravaganti) ma, come le altre applicazioni, piccole ampolle piene d'acqua marina.
“Voi rospi...” ghignò Namor sicuro del proprio fascino rivolgendosi ai tre scienziati “...potreste pure avere il buon gusto di allontanarvi per non rovinare le fanciulle qui presenti...”
All'altro tavolo, Jhonny Storm levò gli occhi al cielo, evidentemente avvezzo a quel modo di fare, mentre Natasha scambiò un'occhiata veloce con Rogue che si alzò dalla sua sedia e si appoggiò alle spalle di Tony con fare disinvolto. “Senti, bello, non so chi tu sia ma direi che il tuo non è un comportamento molto educato. Quanto alle signore, non credo proprio che gradiscano la compagnia di uno zotico del tuo calibro...”
Allibita dalla sfrontatezza della mutante, la spia avrebbe voluto poter riavvolgere il tempo per fermarla: non era certo sua intenzione istigare la Bella del Sud alla rissa col re dei mari e quello, ora, rischiava di trasformarsi nel più imbarazzante caso diplomatico della storia.
Ma Namor, invece, sembrò divertito. Probabilmente non era abituato a comportamenti così inusuali da parte di una donna. Specie nei suoi confronti. La sua scorta, invece, la prese decisamente male e sguainò quelli che avevano tutta l'aria di essere sofisticati forconi. “Kadar, calma i tuoi figli... Krang” disse divertito, rivolgendosi ai due uomini armati “E tu, Abira...” aggiunse in tono canzonatorio, redarguendo la guardia dai fiammeggianti capelli rossi “Non essere sempre così eccessiva...” Quindi si rivolse al terzo uomo, in disparte rispetto al gruppo “Potresti dire qualcosa anche tu, Birrah...”
“Sei tu il re, cugino...” replicò quello
“Sì, bella...” Stava dicendo Rogue, facendo eco alle parole del re dei mari, sorridendo gelidamente alla guardia armata “Fai attenzione a dove punti quegli affari, che mi basta poco per rompere la tua attrezzatura e farti morire soffocata.”
“Tu devi essere una delle allieve di Charles...” sciorinò il principe, versandosi da bere “Dimmi... siete proprio tutte così focose, voi mutanti?”
“Mio Signore...” stava replicando la guardia dai capelli rossi, riponendo la sua arma controvoglia.
“Oh, rilassati Abira... tu dovresti essere qui solo in qualità di logomante... non di Tridente. E lo stesso...” sottolineò con sufficienza volgendosi verso due degli uomini del suo seguito “...dovrebbe valere anche per Birrah e Krang”.
Quelli chinarono appena il capo e si allontanarono di due passi per concedere al sovrano la privacy che richiedeva. Namor si versò da bere da una bottiglia di liquore che aveva strappata di prepotenza a un cameriere per evitare di assembrarsi come un plebeo al tavolo delle vivande. “...Rilassati...” disse tornando a rivolgersi a Rogue che lo guardava disgustata “Siamo dalla stessa parte... e questa dovrebbe essere una festa, no?”
“Certo...” commentò acido Stark, invidiandogli la bottiglia.
“Oh, Tony... non ti avevo nemmeno visto...” buttò lì con noncuranza l'altro, tenendo calamitata su di sé l'attenzione del gruppo “Avete poi risolto quella faccenda?” la domanda suonò retorica, quasi non fosse realmente interessato alla risposta.
Ma Tony, che non sopportava di farsi rubare così la scena, non da lui, rispose a tono “Oh, sì certo... anzi, guarda...” disse alzandosi e andando al tavolo accanto. Poggiò amichevolmente la mano sulla spalla di Rogers, che lo seguiva spaesato, e fece le dovute presentazioni “Questo è il cimelio che abbiamo recuperato grazie a te... dovresti esserne contento...”
“Sì sì, contenti voi...” bofonchiò l'altro alzando il calice a mo' di saluto, dando appena un'occhiata di striscio al capitano “Non è invecchiato di un giorno...”
“Certo che se pensavo che tu fossi il re degli arroganti...beh...ammetto di essermi sbagliata...” bisbigliò Pepper all'orecchio di Tony quando questi tornò a sedersi mentre Rogers, uscendo dal solco delle buone abitudini, rispondeva col dovuto sussiego alla sfacciata protervia del principe: come non aveva mai fatto distinzione tra bulli e nazisti, non avrebbe certo fatto differenza tra nobili e plebei “Anche la Vostra sicumera è dura a morire, Sub-Mariner McKenzie...”
“McKenzie? Un nome.... umano?” domandò Gambit ostentando un dileggio che fece saltare visibilmente i nervi alle guardie, specie ai giovani Husni e Husam.
“Mio padre era un capitano della marina statunitense” rispose l'interessato facendo spallucce.
“E voi fate di un mezzosangue un re?” replicò Henry Pym con scherno, rincarando la dose: non fosse stato per Steve, prima, e Remy, dopo, nessuno di loro avrebbe mai trovato il coraggio di essere talmente sfrontato. Henry più di tutti. “Un mutante?” continuò, battendo la mano sul tavolo per il troppo divertimento con impeto tale da far tintinnare tra loro le posate.
“Frena la lingua, terrestre... Re Namor è il più potente tra gli atlantidei e...” sibilò Kadar ma Namor, ancora una volta, gli ingiunse di tacere semplicemente alzando appena una mano.
“Bello essere Re, vero Namor?” domandò divertito Birrah con fare sornione. “Vorrei averlo io il peso di questa invidia” commentò con un sorriso obliquo.
“E come fate a conoscervi?” domandò Pepper spostando lo sguardo tra il re, Tony e il capitano.
“Abbiamo combattuto nella stessa guerra...” rispose rapidamente Rogers senza distogliere lo sguardo da quello del sovrano.
“E l'aereo di Rogers si era inabissato giusto vicino al regno di Namor...” concluse Stark per poi attaccare il sovrano, riprendendo un discorso già fatto in precedenza “Continuo a dire che potevi avvisarci anche prima...”
“Vi ho aiutato solo perché non volevo che in troppi si avvicinassero a Deluvia, motivo per cui solo pochi e selezionati agenti S.H.I.E.L.D. hanno potuto partecipare alle ricerche. Ciò che avviene in superficie non mi interessa, se questo non minaccia il mio regno...” replicò il sovrano con fare altero.
“Certo, ma ciò non ti impedisce di stringere alleanze discutibili con questi superficiali che tanto disprezzi pur di illuderti di avere delle garanzie per il tuo regno a discapito di quello del tuo contendente Attuma.” lo rimbeccò Stark “So dei tuoi accordi con Osborne, ufficialmente tutte cose relative alla Oracle: ti dico solo di fare attenzione, perché non è uno che giochi pulito. Anzi, è pazzo come un cavallo e, sicuramente, il tuo essere uomo d'onore ti si ritorcerà contro. E' un consiglio spassionato...”
“Veramente l'accordo copre tutto l'oceano ed è relativo alle armi sonar...con Attuma abbiamo...” stava puntualizzando il principe Birrah quando un'occhiataccia di Namor lo fece tacere all'istante.
“Ti ringrazio del consiglio, Anthony Stark... Ma non credere che io sia ora in debito con te.” specificò, a disagio. Per quanto il suo volto fosse una maschera corrucciata impenetrabile, non era difficile immaginare come le parole di Tony gli avessero dato di che riflettere.
A salvarlo da quel momento di imbarazzo, una musica suonata dal vivo si propagò dalle casse alle loro spalle, introducendo la cantante in succinti abiti bianchi e selvaggia chioma rossa sciolta sulle spalle nude.
“Venere?” commentò perplesso il sovrano, alzando lo sguardo sul palco, confuso.
“Wow.. l'amico conosce l'inglese...” celiò Gambit, divertito, beccandosi in risposta un'occhiataccia dalla guardia marina mentre le note scatenate di Venus raggiungevano ogni angolo della sala..
“Steve, ti va di ballare?” domandò Natasha per spezzare quel momento di tensione.
“Ma io, veramente...” stava replicando lui quando lei gli diede uno strattone così forte da costringerlo in piedi.
“All'accademia non insegnano più a danzare?” ghignò divertita prima di accostarglisi all'orecchio “Così diamo anche una controllata...E poi attendi un ballo da qualche decennio...”. Punto nell'onore e colto nel suo senso del dovere, Rogers non se lo fece ripetere due volte e scivolò in pista.





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Ok, il primo dei nuovi venuti è il re dei mari Namor. L'ho fatto abbastanza arrogante? Si capisce che non lo sopporta nessuno? Spero di sì.

Chi sarà il secondo? Su, il titolo può aiutarvi (per altro come carattere l'ho reso diametralmente opposto a Namor): gioco con il concetto degli scacchi, tanto caro agli autori Marvel.

Il suo seguito è un accrocchio di varie versioni (e tempi) nella storia di Atlantide.
Partiamo dalla capitale, Deluvia. Non volevo usare Atlantide o Nuova Atlantide (banale!) così ho rispolverato Deluvia, il regno creato da Namor quando lui e un gruppo di suoi fedeli si staccarono dall'Atlantide comandata da Attuma che tornò più volte ad attaccare Atlantide (la volta in cui Namor fu allontanato, Attuma giocò la carta della diversità del Sub-Mariner, un ibrido uomo-atlantideo e per di più mutante).
In questa impresa, fu aiutato da un altro traditore, Birrah, cugino di Namor, convinto di essere il legittimo erede al trono. Poi Birrah si è ricreduto diventando il secondo del principe.
Abira è la nuova Logomante del regno e il suo compito è, prevalentemente, quello di sapere. Era un Tridente, una guerriera e di certo non ha perso l'indole.
Husni e Husam, indipendenti figli della leale guardia reale Kadar e membri del Tridente. Quanto a Krang è stato un altro traditore, poi tornato sui suoi passi. Fu Difensore ed è annoverato tra gli Atlantidei che vivono nella (ex) nuova base degli x-men, Utopia.

Per quanto riguarda le tempistiche di pubblicazione... Credo riuscirò a farvi vedere i vestiti delle fanciulle a breve (degli uomini non ve ne frega nulla, vero?).
Poi... Venerdì posterò l'ultimo capitolo di Bello e impossibile, ma in concomitanza dovrei fare le foto... quindi quel capitolo rischia di scivolare di qualche ora (o giorno) Martedì 3, invece.... beh...dovrei farcela a postare il capitolo... la tesi la discuto il giorno dopo ù_ù. Quindi non dovrebbero esserci variazioni sui tempi. (in caso contrario, sapete perché succede!)
   
 
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