Wild Boys

di kenjina
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** Sakuragi no Baka! ***
Capitolo 3: *** Match… in a swimming pool. ***
Capitolo 4: *** Akagi's Revenge ***
Capitolo 5: *** Training ***
Capitolo 6: *** Confusion ***
Capitolo 7: *** Let’s go to the Luna Park! ***
Capitolo 8: *** Let’s go to the Luna Park! - Parte II ***
Capitolo 9: *** Let’s go to the Luna Park! - Parte III ***
Capitolo 10: *** The beginning of the end? ***
Capitolo 11: *** Basket Match ***
Capitolo 12: *** Risvegli catastrofici ***
Capitolo 13: *** Carpe Diem ***
Capitolo 14: *** Untitled ***
Capitolo 15: *** Genius ***
Capitolo 16: *** Happy monkey or desperate monkey? ***
Capitolo 17: *** Kyokuba ***
Capitolo 18: *** Do you like mokeys? ***
Capitolo 19: *** Nothing Else Matters ***
Capitolo 20: *** Caos ***
Capitolo 21: *** Akagi's Revenge ***
Capitolo 22: *** Lost ***
Capitolo 23: *** An evening with her… bye bye! ***
Capitolo 24: *** 'cause I’m a Genius! ***
Capitolo 25: *** Quei bravi ragazzi ***
Capitolo 26: *** Tomodachi ***
Capitolo 27: *** Would you play with me? ***
Capitolo 28: *** Go Shohoku, Go! ***
Capitolo 29: *** Friendship - Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***


Eccomi con una fan fiction sul mio manga preferito, Slam Dunk

Eccomi con una fan fiction sul mio manga preferito, Slam Dunk! Non è la prima che scrivo su questo fandom (anche se questa è la prima che pubblico su EFP, in anteprima mondiale! XD) ed ero parecchio indecisa se pubblicarla o meno… ho già scritto una quindicina di capitoli, ma manca ancora molto a concluderla! Intanto posto il prologo, spero vi incuriosisca!

Adoro scrivere su Slam Dunk… perché lo conosco a mena dito, così come posso dire con fierezza di conoscere alla perfezione la psicologia dei personaggi… li adoro, dal primo all’ultimo! E ancora di più adoro rigirarli come un calzino, tra le loro debolezze e i loro pregi, adoro metterli in situazioni paradossali e divertirmi con loro! Magari esistesse un gruppo di amici come loro! ;___;

Bene, parlo un po’ della storia con qualche precisazione e poi si inizia! *O*

Allora, l’intera fan fiction è incentrata durante un ritiro tra Kainan e Shohoku, ma non escludo che in futuro, con l’evolversi dei fatti, ci possa essere anche qualche capitolo sul dopo ritiro. Nota importante: il campionato di prefettura finisce il 27 giugno mentre quello nazionale inizia il due luglio. Non vogliatemene se inserisco tra la fine e l’inizio dei due campionati due settimane di ritiro!

Altra piccola precisazione: troverete alcune espressioni giapponesi nel corso della storia, non che cibi o altre cose sempre giapponesi; a fine pagina, con le dovute numerazioni, troverete la relativa corrispondenza in italiano.

Il titolo: è sempre una croce per me sceglierlo e, come la maggior parte delle volte, mi rivolgo ai santi della musica! Questa volta è preso da una canzone dei Duran Duran, “Wild Boys”, perché diciamocelo: i ragazzi di Slam Dunk sono decisamente selvaggi a volte (cioè quasi sempre!)! XD

Ultimissima cosa e poi vi lascio (e mi sembra anche l’ora!): i personaggi principali sono dello Shohoku e del Kainan, ma non escludo che compariranno anche le altre due squadre di Kanagawa, Ryonan e Shoyo!

Prologo.

Si sa, il cognome Sakuragi riporta sempre alla memoria delle grandi teste calde. Hanamichi primo fra tutti. Ma Hime, la sorella gemella dizigote, non era certo da meno. Anzi.

Per Takenori Akagi, il Gorilla dello Shohoku, era una continua lotta fisica e interiore tenere a bada quegli scalmanati dei Sakuragi. Dopo aver conosciuto Hanamichi sperava che almeno la sorella, in quanto donna, potesse essere più alla mano e meno imbecille del fratello.

Risposta sbagliata.

Sembrava si divertissero un mondo a fargli saltare i suoi poveri nervi in ogni istante degli allenamenti. Erano casinari, rompiballe e soprattutto ogni occasione era buona per attaccare briga con gli altri imbecilli della squadra. Inutile dire che l’unico che non perdeva le staffe era Rukawa, il gelido volpino dei diavoli rossi, che si limitava a freddarli con poche ma efficaci parole.

L’unica cosa positiva che si poteva dire dei due era che, nonostante tutto, si impegnavano. E imparavano in fretta.

Hanamichi giocava a basket da poco, ma il suo livello di apprendimento era strabiliante. Peccato che, nonostante le potenzialità, si applicasse poco.

Hime, invece, era la seconda manager della squadra, assistente di una povera Ayako che non solo doveva sopportare i cinque elementi della squadra, ma doveva sorbirsi anche i fiumi di parole della ragazza. Non che la detestasse, anzi. Le due avevano fatto subito comunella, al loro primo incontro. Ma Ayako soffriva spesso di mal di testa e certo Hime non l’aiutava con la tranquillità.

Ora, il problema per i calma-teste-calde dello Shohoku arrivò alle porte di un ritiro tra le due squadre di Kanagawa che avevano avuto accesso ai Campionati Nazionali, ossia Shohoku e Kainan. Per Akagi questo significava solo una cosa: un orizzonte in vista condito di due settimane infernali. Anzi, diciamo anche che a confronto con quello che avrebbe dovuto sopportare, le fiamme dell’inferno risultavano persino più piacevoli.

E non solo perché tenere a bada quei casinisti dei suoi compagni risultava essere un’impresa che valeva cento allenamenti tutti in una volta; ma soprattutto perché nell’altra squadra c’era un altro bel problema con le gambe, che non perdeva occasione per azzuffarsi con i due.

E questo Nobunaga Kiyota lo sapeva bene. Oh se lo sapeva. Li odiava entrambi, quei due Sakuragi! L’uno la copia dell’altra! Averli intorno equivaleva a fargli saltare le coronarie alla velocità della luce. Non che lui fosse un tipino calmo e tranquillo, anzi. Quei tre, insieme, erano peggio di una bomba a orologeria. Con la differenza che la bomba almeno scoppiava a una determinata ora, loro invece erano imprevedibili e incessanti.

Hanamichi detestava Kiyota, eccome se lo detestava. Gli veniva mal di testa solo a sentire la sua voce petulante che si proclamava Rookie numero uno di Kanagawa. Anche perché era lui il vero Rookie di Kanagawa, non certo una scimmia selvaggia come Kiyota.

Hime, d’altronde, non poteva fare altro che dare man forte all’adorato fratello. “Coalizione fraterna”, così la chiamava per giustificarsi con Akagi quando iniziava a battibeccare con il numero dieci del Kainan.

Perché, certo, sebbene Hime fosse una ragazza, Nobunaga non si faceva mettere i piedi in testa facilmente, soprattutto da una che si chiamava Sakuragi. Quello mai. Aveva un orgoglio da difendere, lui!

Se solo pensava che avrebbe visto mattina e sera quei due pazzi scalmanati per le due settimane successive gli veniva prurito in tutto il corpo. Oh, ma avrebbe risposto pan per focaccia, alle loro provocazioni. Eccome! Anche a costo di ammazzarli, se necessario.

Shin’ichi Maki, il severo capitano del Kainan, dal canto suo non accolse felicemente l’espressione di folle vendetta che aleggiava sul viso del piccolo Kiyota. Sospirò mesto, sperando che quegli squilibrati evitassero di farsi riconoscere sempre e comunque e, soprattutto, che quelle due settimane passassero in fretta.

 

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Capitolo 2
*** Sakuragi no Baka! ***


Akagi, ormai, stava fumando rabbia da tutti i pori

Salve a tutti! Non pensavo di ricevere commenti e addirittura un preferito solo per il prologo! *_* /me danza contenta

Lucilla_bella: già, ieri ho finito il sedicesimo XD nel giro di una settimana mi è venuta l’ispirazione e ho scritto tutto °_° Per quello ero indecisa se pubblicarla o meno, perché è avvenuto tutto troppo in fretta! E grazie mille per la scrittura! *_* Spero di rendere al meglio tutti i personaggi e di dare onore alla lingua italiana; è così bella per storpiarla! ;O;

Lili Rose: grazie mille anche a te! Spero che questo capitolo ti piaccia! ^^

E grazie anche a HPalessandra per il preferito!

E ora diamo inizio veramente a questa fanfiction!

Buona lettura,

Kenjina.

Capitolo I

Sakuragi no Baka!

Akagi, ormai, stava fumando rabbia da tutti i pori. Non era servito un mite Kogure o una buona Ayako a sedare la sua collera. Le uniche due cosa che avrebbero potuto scaricare il nervoso del Gorilla erano le teste rosse dei Sakuragi che, per un ignoto motivo, ancora non erano spuntate da nessuna parte. Erano in ritardo, in tremendo ritardo. E la tentazione di partire senza di loro era parecchio forte per scartarla.

«Si può sapere che fine hanno fatto quei due?», chiese Ayako a un Miyagi perso nei suoi riccioli scuri.

«Spero si siano ammazzati, almeno ce li togliamo dai piedi», abbaiò Akagi, stringendo gli occhi nel guardare l’angolo dal quale sarebbero dovuti apparire i due gemelli. Perché Kami-sama[1] era stato così crudele con lui da affibbiargli quell’accoppiata micidiale? Che aveva fatto di male nella vita per meritarsi quei due?

«Hn… purtroppo no», fu il commento assonnato della volpe artica, che reprimeva a stento uno sbadiglio.

Akagi guardò i due correre come matti, trascinandosi due sacche più pesanti di loro, probabilmente cariche di tutto fuorché di cose effettivamente utili.

La coppia non fece in tempo ad arrivare sotto le grinfie del Gorilla, che questo assestò due pugni nella capa rossa del ragazzo.

«Itai![2] Orrido gorillone!», si lamentò Hanamichi, tenendosi dolorante la testa lesa. «Si può sapere perché i pugni che spettano a lei me li devo sempre prendere io?!».

Hime sorrise birichina, battendogli una mano sulla spalla. «Perché io sono una donna buona e tenera, e Akagi nonostante l’aspetto da bestione è un vero gentleman!».

Inutile dire che a quelle parole (che fecero scoppiare a ridere tutti) l’istinto ferino del centro dello Shohoku lo stava spingendo a tirare un bel pugno anche alla ragazza. Ritrovando il suo karma[3] interiore, Akagi li passò in rassegna attentamente. «Non ho intenzione di sopportarvi questi giorni. Vedete di calmarvi!».

Hime, sorridendo innocentemente, agitò con fare noncurante la mano. «Oh, Gori, non preoccuparti! Lo terrò a bada io, questo scalmanato!».

Ayako si avvicinò all’amica, mettendosi le mani sui fianchi. «Hime, ricordati che io non esito a usare il mio ventaglio, eh!».

«Sì, sì, lo so bene, mamma».

Miyagi e Mitsui, che avevano assistito alla scena senza sapere se ridere o vergognarsi di avere certi elementi in squadra (come se loro fossero degli angioletti, poi), si avvicinarono ai due, con un sorrisino vispo.

«Come sempre, se non fate un’entrata in scena degna dei Sakuragi non siete contenti, eh?», chiese la guardia dello Shohoku.

I gemelli sistemarono le sacche nel cofano del pullman che li avrebbe portati in ritiro, volgendosi verso i due con il segno della vittoria e un sorriso sornione stampato sulle labbra. «Siamo due geni, no?!», esclamarono in coro.

Come si aspettavano tutti, in pullman la situazione iniziò a precipitare.

«Ahaha! Gran bell’arrivo, Sakuragi!», esclamò Kiyota, alzandosi sul suo sedile dal fondo del mezzo. «Degno di due scimmie come voi!».

«Checcosa?!», gridarono i due, rivolgendogli uno sguardo di fuoco.

«Su, ragazzi, prendete posto! Così vediamo se ci siamo tutti», disse Ayako, eletta (chissà perché proprio lei) manager ufficiale del ritiro. Hime era rimasta profondamente ferita da quella scelta.

I due fratelli presero posto negli unici sedili liberi del pullman, al centro, vicino a Miyagi, Mitsui e a un volpino che già stava dormendo, sfracellato contro il vetro del finestrino e un rivolo di bava che fuoriusciva dalle labbra semiaperte.

Senza neanche dare ascolto a quello che Ayako diceva, Hanamichi stava già pensando a un bello scherzo da fare alla super matricola dello Shohoku.

Ma l’ombra di Akagi di fronte a lui gli fece freddare tutti i bollenti spiriti. «Tu, Sakuragi. Vieni con me».

Il ragazzo, preso e tirato per un orecchio nonostante le sue lamentele, venne portato sotto la stretta custodia del Gorilla che, però, non si dimenticò della ragazza. «Ti sto osservando, Hime Sakuragi».

Lei sorrise candidamente, facendo scendere un gocciolone ai due seduti davanti.

«Sei incredibile, Hicchan», disse Ryota, facendola ridere.

«Il problema è che ne va fiera», continuò Hisashi, scuotendo la testa.

«Ehi, femmina di scimmia rossa! Vedi di tenere a bada i tuoi stupidi neuroni, per il bene di tutti!».

Hime si voltò, stringendo gli occhi castani. «Tu, invece, nonostante quella fascia di protezione, non riesci proprio a evitare la fuga del tuo cervello, eh Kiyota?».

La scimmietta del Kainan divenne rossa per l’affronto, soprattutto perché quella frase aveva sortito l’effetto sperato anche tra alcuni suoi compagni di squadra; per non parlare di quelli dello Shohoku, che stavano letteralmente rotolando dalle risate (sempre con le dovute eccezioni).

«Kiyota, evita di provocare, per favore», disse imperativo Maki, seduto al suo fianco.

Il ragazzo lanciò uno sguardo infuocato alla ragazza che, con un altro sorriso furbetto, si voltò a parlare amabilmente con Miyagi e Mitsui.

Il viaggio iniziò nel caos, ma questo era prevedibile come il sole che sorge a est. Da una parte lo Shohoku, tra risate, pugni in testa, gorilla vari infuriati e volpini in letargo; dall’altra il Kainan, tra proclamazioni di supremazia e frecciatine ben assestate.

Dopo un quarto d’ora dalla partenza Hanamichi, eludendo la sorveglianza del gorilla impegnato in un momento di distrazione con gli allenatori Anzai e Takato, prese il microfono del pullman, sotto lo sguardo sbalordito del conducente, che pensò seriamente di buttarsi dal mezzo in corsa.

«Signori e signore, è il genio che vi parla! Vorrei annunciarvi che alle vostre spalle potete osservare un raro esemplare di scimmia selvaggia proveniente dal Kainan! E con lui il suo domatore personale!».

Hime scoppiò a ridere nel momento in cui un Akagi letteralmente furioso prendeva il microfono e lo tirava in testa al fratello, promettendogli di infilarglielo su per il naso se avesse azzardato qualcosa di simile in futuro – mentre il conducente guardò con crescente interesse il finestrino aperto e l’asfalto che si muoveva velocemente sotto di lui.

Kiyota, invece, se non fosse stato trattenuto per il bordo della felpa da un Maki avvilito per essere stato definito l’ammaestratore del suo numero dieci, sarebbe balzato su quell’imbecille di Sakuragi e l’avrebbe riempito di botte. Cosa che sopportò ancora di meno fu la risata della ragazza, acuta e decisamente troppo contagiosa per i suoi gusti.

Si, assolutamente doveva inventarsi qualcosa in quelle due settimane, per fargliela pagare.

 

*

 

Il viaggio proseguiva da un’oretta buona, tra il solito disordine.

Hanamichi stava raggomitolato sul suo sedile con le braccia conserte e un faccino imbronciato, sotto lo sguardo attento e ormai già bello che schizzato di Akagi, che non aveva nessuna intenzione di mollarlo per un secondo.

Hime, invece, stava chiacchierando con Ayako, che si era sistemata accanto a lei al posto del fratello; davanti a loro Miyagi e Mitsui si erano voltati verso di loro, con le braccia appoggiate al proprio sedile.

«Ma c’è anche la piscina, quindi?», chiese sempre più interessata Hime, con gli occhioni ormai al culmine della brillantezza.

«Si, c’è la piscina, la stanza termale e la palestra. Poi affianco c’è l’impianto sportivo, con due campi da basket al coperto, uno all’aperto e uno da tennis. Spero solo che non ribaltiate quel posto in queste settimane, ragazzi».

«Ma no, Aya-chan! Fidati di noi!», esclamò Miyagi, completamente perso.

«Di voi posso anche fidarmi, Ryota. È di loro che non mi fido», fece la manager dello Shohoku, indicando i due fratelli.

«Ayako, così mi si spezza il cuore!», esclamò melodrammatica Hime, portandosi le mani sul petto. Poi, tornando allegra, aggiunse: «Comunque qualcosa per la notte dobbiamo organizzarla!».

Hisashi piegò la testa di lato. «Immagino che tu e l’amico tuo abbiate già in mente qualcosa».

Un sorriso sornione gli fece capire tutto.

«Ragazzi, per favore… comportatevi bene», supplicò Ayako, sull’orlo della disperazione. «Altrimenti chi lo sente Akagi?».

Hime l’abbracciò, schioccandole un bacio sulla guancia. «Ci comporteremo malissimo, puoi contarci!».

I quattro risero, nonostante un gorilla poco più avanti avesse sentito l’intera conversazione e stesse già preparando un piano diabolico per troncare ogni cosa sul nascere.

Mitsui, guardando in direzione del volpino, esclamò: «Ma come diavolo fa a dormire con tutto questo casino?».

«La forza del sonno, cosa tutto non fa!», esclamò Hime, guardando Rukawa e ridendo.

Hanamichi, percependo solo la parte finale del discorso, balzò sul proprio sedile, alzando un pugno al cielo. «Ma quale forza del Sonno! Lo sconfiggerò io il Sonno! Poiché sono un genio! Ahaha!».

«Idiota, quello è il Sannoh!».

E nuovamente giù a ridere per le cretinate che diceva il rossino. Anche dal fondo del pullman partirono alcune sghignazzi divertiti. Sebbene fosse un esagitato, Hanamichi riusciva a far divertire chiunque. O almeno, quasi chiunque.

«Il solito demente, non c’è niente da fare», borbottò Kiyota, guardando contrariato il paesaggio fuori dal finestrino.

«Non puoi negare che a volte le scemenze che fa e dice non siano esilaranti», disse sorridente Soichiro Jin, il tiratore da tre del Kainan.

«Bah!».

Nobunaga alzò lo sguardo oltre i sedili che aveva davanti e sbuffò nel vedere quella donna-scimmia della Sakuragi alzarsi e barcollare un poco per il movimento del pullman. Quella ragazza era estremamente insopportabile. Forse anche più del fratello. Almeno con Hanamichi potevano pestarsi a sangue per scaricare i nervi. Lei invece era una donna e non avrebbe mai alzato un dito su di lei. A meno che non fosse proprio lei a iniziare. Accidenti, davvero non la sopportava. Era incredibile quanto delle volte gli venisse l’istinto di toglierle quel sorriso impertinente dalle labbra a suon di schiaffi.

Sbuffò nuovamente, distogliendo lo sguardo. Hime Sakuragi era l’ultima ragazza al mondo che un ragazzo avrebbe potuto desiderare. Era carina, sì. A stento arrivava al metro e settanta (a differenza del fratello che era più alto di lei almeno venti centimetri), ma era ben formata, un viso dai lineamenti delicati, due occhi nocciola ironici e vispi. I capelli, ovviamente, erano rosso fuoco, lunghi e mossi, perennemente ritirati in una pinza. Sì, decisamente era una ragazza “fisicamente accettabile”. Se non si fosse ritrovata il carattere idiota del fratello.

Hime si avvicinò ad Hanamichi e al Gorilla, che le riservò un’occhiataccia terrificante.

«Salve, Capitano!».

Akagi grugnì un saluto di risposta, incrociando le braccia al petto e guardando avanti.

«Hicchan, il Gorilouch!».

«E non chiamarmi Gorilla, idiota!».

La ragazza sorrise benevola al fratello, che dopo qualche piagnucolio, riprese a parlare. «Dicevo, il signore qui affianco, prima, ha avuto la brillante idea di farmi dormire in stanza con lui e Megane-kun[4], per tenermi sotto controllo! Mi porti via, stanotte?».

Hime scoppiò a ridere, vedendo il faccino depresso del fratello. «Dai, Akagi, non vorrai tenerlo in gabbia?».

Hanamichi, d’altro canto, sbiancò di colpo. «In gabbia… con un gorilla!».

Akagi riprese a fumare come una teiera, assestandogli il secondo pugno in meno di due minuti sulla capa rossa. «Ma allora te le cerchi, brutto mentecatto!», sbraitò furente.

La ragazza si grattò pensierosa la testa. «Hanamichi, al posto tuo farei il bravo», disse seria.

«Ecco, finalmente parli come una ragazza matura, Sakuragi».

Hime sorrise furbetta al Capitano, rivolgendosi al fratello. «Più che altro vedi di procurarmi qualche banana quando sarai lì dentro!».

Per poco Akagi non le rifilò una gomitata sul fianco, se non fosse stato per la rapidità della ragazza che, sentendo l’odore del pericolo (volutamente cercato), si era velocemente allontanata.

«Che idiota».

Hime si avvicinò al volpino, che teneva ancora gli occhi chiusi. «Allora non stai dormendo, bella addormentata!».

Rukawa brontolò qualcosa simile a un “hn”, mentre lei gli si sedeva accanto.

«Risparmiami la tua voce, ti prego».

Hime rise, asciugandosi una lacrimuccia dall’occhio. «Kaede, a volte sei più simpatico di Hanamichi».

«Chi è più simpatico di me?!», gridò il diretto interessato, facendo voltare tutti verso di lui.

«Una scrofa», fu il commento di Rukawa, che si sistemò noncurante nel suo sedile.

«Ma brutta volpaccia!».

«Calmati, idiota!».

«Oh oh oh!».

Hime scoppiò nuovamente a ridere, sentendo anche il riso della Nonnetta. Era inutile, con quel branco di matti si divertiva troppo! E sicuramente quel ritiro si prospettava all’insegna del caos totale!

 

 


[1] Kami-sama: “Kami” è il nostro “Dio”, mentre “-sama” è un suffisso parecchio formale che si utilizza per rivolgersi a persone di alto rango, più anziane o, in questo caso, a divinità.

[2] Itai: “Che male!”

[3] Karma: direttamente dalla Wiki “Karma è un termine sanscrito (traducibile grossolanamente come agireazione) che indica presso le filosofie orientali il principio di azione-reazione che regola la vita di tutto ciò che è manifesto nell'universo.”

[4] Megane-kun: “Magane” significa “Quattrocchi”, il soprannome che Hanamichi ha dato a Kogure. Il suffisso “-kun”, invece, è utilizzato per rivolgersi a coetanei per sottolineare un certo rispetto. È utilizzato anche da ragazzi verso persone più grandi per indicare confidenza e anche da ragazzi a ragazze, anche se questo è più raro trovarlo.

 

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Capitolo 3
*** Match… in a swimming pool. ***


Capitolo II

Eccoci qui con il secondo (effettivo) capitolo!

Grazie mille Ayakuccia! Eh, ne vedremo delle belle con quei due in giro! Ma anche gli altri si daranno da fare, certo… mica possono stare indietro con i tempi! Questi pazzi… se mi scappano di mano li picchio! Doomo Arigatoo anche per il preferito! *_* Spero di non deluderti! (:

Grazie anche a tutti coloro che son passati di qua!

Io sparisco per due settimane, ma per farmi perdonare al rientro posterò due capitoli! Contenti?

*silenzio di tomba*

Ehm… bene, vi auguro buona lettura!

Bai bai!

Kenjina.

Capitolo II

Match… in a swimming pool.

L’albergo dove avrebbero alloggiato era un bell’edificio grande e raffinato; troppo, in realtà, se si pensava al gruppo di scalmanati e senza modi che ci avrebbe dovuto vivere in quelle due settimane.

«Hicchan! Guarda, la piscina!», esclamò euforico Hanamichi, strattonando la sorella per un polso.

«Attenti a quello che fate o vi affogo».

I due gemelli guardarono la larga schiena del Gorilla che si avviava verso la hall dell’albergo, mentre la voce tranquilla di Maki li raggiungeva subito dopo. «Siete proprio incredibili, voi due!».

Hime gli sorrise raggiante, mentre Hanamichi s’infervorava contro il Nonno Maki, come l’aveva soprannominato.

«Ehi, imbecille! Porta rispetto al Capitano!», sbottò Kiyota, mostrandogli un pugno.

«Imbecille a chi, brutta Nobu-Scimmia?!».

«A te, maledetta porca!».

«Porca sarà tua madre!».

«Non provare a cercare mia madre!».

Hime guardò sconsolata i due, ma decise di non immischiarsi. Sapeva che con quella scimmia selvaggia in mezzo ai piedi le sarebbe venuto presto mal di testa. Quindi, fece bene ad avvicinarsi ad Ayako, che invece accarezzava malefica il suo ventaglio, non distogliendo lo sguardo dai litiganti.

«Aya-chan, dopo che sistemiamo le valigie, ci facciamo un bel bagno rilassante in piscina? Mi sta venendo mal di testa!», disse, massaggiandosi le tempie.

Ayako guardò l’amica, sorridendo vittoriosa. «Oh, mi fa piacere sentirtelo dire! Finalmente anche tu provi a metterti nei miei panni, Hime!».

La ragazza sorrise, imbarazzata. In effetti, quante volte aveva fatto venire l’emicrania alla prima manager?

«Allora, bagnetto in piscina?», chiese nuovamente la Sakuragi, sviando abilmente l’argomento.

«E sia, bagno in piscina!».

Nello stesso momento due paia di orecchie vennero allargate a dismisura. «Piscina? Bagno?! Evvai!», esclamarono in coro Ryota e Hisashi, scambiandosi un five.

«Ehi ehi!», iniziò Ayako. «Nessuno vi ha detto che potete saltare gli allenamenti!».

I due la guardarono delusi, con le spalle abbassate per l’amarezza.

«Suvvia, Ayako! Dopo un viaggio estenuante come il nostro è anche normale che un po’ si riposino!», fece Hime, sorridente.

Fu una voce cavernosa dietro di lei che rispose per Ayako. «Non sei in condizioni di dettare regole».

Hime si voltò titubante verso Akagi, che la fissava con gli occhi ridotti a una fessura. Si affrettò ad aggiungere: «Ovviamente, senza il consenso del Capitano non si fa niente».

Akagi la guardò un altro poco, voltandosi verso Ayako. «Se solo provano a fare casino spediscili da me, che so come sistemarli».

Maledetta adulatrice.

E se ne andò, ridendo malefico e promettendo vendetta, seguito da un Kogure timoroso che qualche schizofrenia del centro dello Shohoku gli si potesse ritorcere contro.

Nella hall dell’albergo, Ayako fece riunire tutti i giocatori attorno a sé, leggendo le varie accoppiate e il relativo numero di stanza.

«Checcosa?! Io non la voglio la scimmia con il suo ammaestratore vicino di camera!», esclamò Hanamichi, indicando senza ritegno Kiyota. Questo, d’altronde, iniziò a inveire contro il rossino e contro chi aveva deciso l’ordine delle camere. Una sventagliata in testa gli fece calmare i bollenti spiriti.

Ayako, fulminando con lo sguardo i due rompiscatole, proseguì con l’elenco, distribuendo poi le chiavi delle camere.

«Fermi dove siete, tutti!», esclamò la riccia, mentre i ragazzi bloccavano ogni movimento a metà. «Devo ancora darvi l’orario che dobbiamo seguire», disse, in un sogghigno malizioso, che fece correre brividi lungo la schiena a tutti i presenti. Chissà che razza di orari avrebbero dovuto fare, in quelle settimane!

«Allora…», disse la manager, controllando i fogli in mano. «Premettendo che sabato e domenica sono i vostri giorni liberi, la giornata inizia alle otto e mezza, colazione nella sala da pranzo; alle nove e mezza nelle rispettive palestre, che poi vi saranno mostrate. Allenamenti fino a mezzogiorno. All’una c’è il pranzo; riposino pomeridiano per farvi digerire, poi nuovamente allenamenti alle tre e mezza, con un’eventuale partitella tra le due squadre o tra componenti delle stesse».

A queste parole molti giocatori drizzarono le orecchie, interessati dalla sfida.

Ayako proseguì. «Alle sei e mezza si conclude la giornata di lavoro e fino alle nove, ora della cena, avete campo libero. Con moderazione, s’intende», disse guardando uno a uno i suoi ragazzi. «Il coprifuoco è a mezzanotte. Chiunque venga sorpreso a vagabondare per l’albergo al di fuori di questo orario dovrà patire le pene dell’inferno».

Hime ridacchiò. «Eddai, Aya-chan! Ma se tu stessa, prima, mi stavi dicendo che pensavi di fare qualche capatina nella stanza di Ryota & Company!».

Inutile dire che la bella manager riccia iniziò a seguire la rossa, brandendo il ventaglio e minacciandola di una morte lenta e dolorosa. Miyagi, invece, guardava la sua adorata Ayakuccia con due occhioni a cuoricino, sperando vivamente che quello che Hime aveva appena detto non fosse solo frutto della sua malsana mente bacata.

 

*

 

L’acqua della piscina era piacevolmente fresca, decisamente adatta per sfatare la calura di fine giugno. Alcuni giocatori, sprovvisti di costume da bagno, pensarono bene di utilizzare i pantaloncini della propria divisa, con conseguente sgridata da parte del proprio capitano.

Nella calma della mattinata alcuni stavano prendendo il sole, altri nuotavano beatamente nell’acqua limpida. C’era una pace, in quel momento… una tranquillità…

«Banzaaaaiiii!», gridarono all’unisono i fratelli Sakuragi che arrivarono di corsa e saltarono in piscina, tuffandosi a botte e schizzando tutto il vicinato.

«Siete i soliti dementi voi due!», esclamò Mitsui, che però non poté esimersi dal sorridere nel vedere i gemelli che ridevano a crepapelle.

«Accidenti a voi!», sbraitò Nobunaga Kiyota, che stava arrivando in quel momento, seguito da un Jin sorridente e calmo come sempre. «Mi avete bagnato la sacca!».

I due guardarono il borsone giallo e viola di Kiyota, che giaceva per terra incustodito vicino al bordo della piscina ed, effettivamente, fradicio.

Hanamichi non se ne curò, facendo spallucce e andando sott’acqua, con l’intento di trascinarsi sotto anche la sorella e inscenare un bell’omicidio.

«Magari si uccidessero davvero», pensò Akagi, guardandoli da una finestra.

I due gemelli, però, non avevano fatto i conti con la furia vendicativa della scimmietta del Kainan che, toltosi la maglietta e rimanendo in pantaloncini, li raggiunse in acqua, con il chiaro intento di farli fuori.

Mitsui, poggiato sul bordo della piscina, a mollo con il suo amico Miyagi, si passò una mano sulla fronte, mesto. «Ma quanto sono infantili».

Quasi non fece in tempo a finire la frase, che un’ondata di schizzi gli arrivò in pieno viso.

«Brutti balordi, ora ve lo faccio vedere io!», gridò furente, unendosi ai tre e saltando sopra Hanamichi, che scese sotto, bevendo anche un po’ d’acqua.

Mentre il rossino tentava un’ardua risalita verso la superficie sotto il peso di quell’orso di Mitsui, Kiyota e Hime si schizzavano a più non posso. Poi la ragazza sparì sott’acqua, prendendo per le caviglie un ignaro Nobunaga che, non vedendola più davanti a sé, si guardò intorno perplesso.

«Ma dove diavolo–».

Quando si sentì trascinare verso il fondo della vasca capì che simpatico scherzo gli avesse tirato e non ne fu divertito. Hime sgusciò via dalle grinfie del ragazzo, che risalì a galla sbraitando impazzito. Quando si voltò per trovare la rossa, la vide dall’altra parte della piscina, che gli sorrideva furbetta.

«Io ti ammazzo!», esclamò Nobunaga, avanzando verso di lei.

«Che cosa vuoi fare tu?!», gridò Hanamichi, trafelato dallo sforzo, ma che comunque aveva sentito degli intenti omicidi dell’altro contro la sua adorata sorella, tuffandosi verso di lui.

Hime rideva come una matta, mentre Ayako, seduta sul bordo della vasca con i piedi a mollo, scuoteva la testa.

Improvvisamente un pallone colorato da volleyball sfrecciò affianco alla rossa, andando a colpire in pieno viso un povero Nobunaga, alle prese con un Sakuragi indemoniato.

Hime si voltò verso Rukawa, seduto sotto un ombrellone lì vicino, al riparo dai raggi del sole che sicuramente l’avrebbero ustionato.

«State facendo troppo casino per i miei gusti», disse atono.

«Ehi, lurida volpe artica! Vieni a dirmelo qui se hai il coraggio!», esclamò Kiyota verso l’altra matricola, mentre Hanamichi per poco non affogava dalle risate.

«Kitsune, per una volta tanto sei stato grande! Bella mira!».

«E tu zitto!», disse Nobunaga, rifilandogli una gomitata in pieno stomaco.

Hime si avvicinò nuotando felina verso il pallone, aggrappandovisi una volta recuperato. «Partita a schiaccia sette?».

Hanamichi guardò euforico la sorella, lanciando poi un’occhiata alla scimmia al suo fianco. «Io in squadra con lui non ci sto!».

Mitsui gli diede un colpo alla nuca. «Idiota, a schiaccia sette non ci sono squadre!».

Inutile dire che Sakuragi divenne più rosso dei suoi capelli, mentre Kiyota si prendeva la sua rivincita, ridendo come un invasato.

A quel gruppetto di scalmanati si aggiunsero anche Ryota e Jin.

Hime alzò la palla in aria, battendo per prima e gridando: «Uno!».

La palla venne ricevuta da Kiyota, che giustamente non disse il numero successivo. Cosa che fece invece Hanamichi, con conseguente sgridata da parte di tutti i giocatori e rischiando anche l’espulsione.

Dopo che la sorella gli ebbe rinfrescato le idee sulle regole del gioco (Hanamichi, infatti, aveva tolto fuori la banalissima scusa di non ricordarsi come si giocasse), ripresero tranquillamente; o per lo meno, bisognava vedere la cosa dal loro punto di vista. A ogni possibilità, infatti, le schiacciate sul sette finivano sempre o contro Hanamichi o contro Kiyota che, saltando e abbassandosi abilmente nonostante il peso dell’acqua, riuscirono per un po’ a evitare l’espulsione dal gioco.

All’ennesimo sette della partita, Hanamichi saltò colpendo con forza la palla, diretta a tutta velocità contro il solito Nobunaga. Questo, però, riuscì a prenderla in mano senza farla cadere e un sorrisino di scherno increspò le labbra del numero dieci del Kainan. «Ciao ciao, Rosso-Scimmia!».

«Ehi, ti ho beccato, Nobu-Scimmia! Sei fuori dal gioco!», replicò il rossino.

Hime si abbassò in acqua, molleggiandosi un po’ a galla. «Hanamichi, mi dispiace contraddirti e ancora di più dare ragione a lui, ma se la tua schiacciata viene bloccata così allora sei tu fuori!».

Incredulo per le parole della sorella, Hanamichi iniziò a sbraitare e a inveire contro Kiyota, che si stava sganasciando dalle risate, mentre il resto dei presenti si chiedeva sempre più perplesso: “Ma Sakuragi ha mai giocato a schiaccia-sette?”.

La partitella andò avanti tra alti e bassi; vennero fatti fuori prima Jin (che venne colpito da Mitsui per pochissimo sul braccio), Ryota (fatto fuori dalla ragazza, che però voleva colpire Kiyota) e infine la guardia dello Shohoku (che, a causa del pallone reso viscido dall’acqua, non riuscì a tenerla in mano per bloccare l’attacco della scimmietta del Kainan).

Così la finalissima si disputò tra Hime e Nobunaga, che si guardarono in cagnesco. Sul bordo della piscina, invece, tutti osservavano divertiti la partitella, facendo il tifo per l’uno o per l’altra, mentre altri due (un’altra scimmia e un volpino a caso) se le davano di santa ragione senza un motivo preciso.

La palla spettava a Nobunaga che, galantemente (e, ci sarebbe da aggiungere, anche stupidamente), la passò alla ragazza, che sorrise ironica.

Al momento del fatidico sette, Hime schiacciò contro Kiyota, decisa a farlo fuori in un colpo solo. Ma il ragazzo si buttò dalla parte opposta, evitando il colpo.

«Dai, Nobu-Scimmia, fatti colpire, così iniziamo un’altra partita!».

Lui, d’altro canto, alzò un sopracciglio. «Cos’è, vuoi vincere facile?».

Hime lo guardò di sbieco. «Non penso proprio!».

Quei due si stavano dichiarando guerra aperta, era palese. O meglio, se l’erano dichiarata nel momento stesso in cui si erano incontrati.

Nessuno dei due riuscì a vincere per i cinque minuti successivi. Poi, con un trucchetto del fratello (poco sportivo, in effetti), che tirò un colpo in acqua, distraendo l’avversario della sorella, Hime schiacciò contro il giocatore del Kainan, colpendolo su una spalla.

«Vittoria!», esclamò lei, alzando le braccia al cielo.

«Così non vale, idioti!», si lamentò Kiyota, sbattendo il pallone sul pelo dell’acqua, che rimbalzò contro e gli andò a finire sul naso.

Hanamichi, ridendo come non mai, iniziò a cantilenare: «Scimmia perdente! Scimmia perdente!», mentre l’altro, uscendo velocemente dalla piscina, iniziò a inseguirlo, col chiaro intento di mettergli il pallone al posto della testa.

Effettivamente, pensò Nobunaga, la cosa non cambiava poi molto.

 

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Capitolo 4
*** Akagi's Revenge ***


Akagi, ormai, stava fumando rabbia da tutti i pori

Rieccomi tornata dopo le vacanze! Voglio tornarci! ;___; Mi mancano tanto tanto tanto ;___;

Vabbè, niente lacrime o la finisco male! Son di fretta, quindi vi lascio subito al nuovo capitolo! Spero sia di vostro gradimento. :)

Grazie mille a gaara4ever! Troppo buona! E grazie mille anche a tutti coloro che leggono! E’ un piacere per me *_*

Ja ne!

Kenjina.

Capitolo III

Akagi’s Revenge

«Ma io mi chiedo: che sostanze prendete per avere tutte queste forze?», domandò Ayako, guardando l’amica intenta a sistemarsi i capelli nella pinza marrone.

Hime fece spallucce, guardandola riflessa nello specchio. «Io personalmente niente! Più che altro mi chiedo questo pomeriggio in che condizioni si alleneranno tutti quanti».

«Akagi si divertirà».

Una voce sprizzante di vitalità, proveniente dal corridoio, raggiunse la loro camera, chiara come se la persona che stava parlando fosse affianco a loro.

«Hanamichi, deficiente! Vuoi abbassare la voce?», esclamò esasperato Mitsui, rifilandogli un calcio sul posteriore.

Hime aprì la porta, affacciandosi allegra. «Tutto bene, ragazzi?».

Hisashi la guardò, supplichevole. «Portatelo via! È insopportabile!».

«Prima, sotto la doccia, si è messo a cantare “Macho Man”. Secondo me ha preso il tubo della doccia e l’ha usato come microfono», spiegò Miyagi, facendo ridere la rossa a crepapelle.

Hanamichi, con un sorriso da ebete stampato in faccia, si avvicinò molleggiando alla sorella e le diede un bacino sulla guancia. «Non canto benissimo?».

Hime lo prese a braccetto. «Divinamente, direi».

«Un muto canterebbe meglio», fu la frecciata di Rukawa, che rischiò di prendersi una testata dal rossino, fermato in corner dalla sorella.

Ayako chiuse a chiave la porta della sua camera, guardandoli critica. «Non vorrei essere nei vostri panni, questo pomeriggio».

Hanamichi, mettendosi le mani sui fianchi, esclamò: «Ahaha! Che vuoi che mi faccia un semplice allenamento? Io sono un genio del basket, non mi arrendo davanti a niente!».

«Esaltato».

«Ede, non provocarlo!».

«Hicchaaan! Non dargli tutta questa confidenza, a quel volpino!».

Ma la ragazza non lo stava più ascoltando, allontanandosi verso la sala da pranzo in compagnia degli altri quattro, e lasciando il rossino a vaneggiare da solo nel suo sproloquio.

«Che fai, parli anche da solo ora?», domandò Kiyota, uscendo in quel momento dalla sua stanza, seguito dall’amico Jin.

Hanamichi, abbassando le braccia lungo i fianchi, guardò la schiena della sorella che spariva in quel momento dietro un angolo. «Hicchaaan! Non abbandonarmi così!».

«E zitto un po’!», sbottò Akagi, tirandogli l’ennesimo (e non ultimo) pugno della giornata, comparendo in quel momento.

La tavola che avevano a disposizione per mangiare era lunga abbastanza per ospitare gli allenatori, i titolari e le manager delle due squadre, mentre gli altri si sistemarono in un altro lungo tavolo vicino.

Hime si sedette tra Ayako e il fratello e nelle più strette vicinanze c’erano anche gli altri due squilibrati del gruppo, Miyagi e Mitsui. Akagi, giustamente, era seduto davanti a loro, in compagnia del buon vecchio Maki, pronti entrambi a far valere i loro pugni di ferro in qualsiasi circostanza (dato che al fianco del quattro del Kainan sedeva Kiyota, troppo vicino ai Sakuragi per i loro gusti).

Il pranzo fu piacevole, dal punto di vista culinario. E non fu neanche un caos totale, come avevano previsto i due calma-teste-calde. I ragazzi erano troppo stanchi dall’esperienza in piscina e decisamente affamati anche solo per pensare di distogliere la loro attenzione dal piatto sotto i loro nasi.

Hime, voltandosi un attimo verso il fratello per chiedergli se le passasse un po’ di olio, scoppiò a ridere nel vederlo completamente sporco di sukiyaki sulle labbra e sul mento. Al suono della sua risata tutti alzarono lo sguardo verso i due e per poco Nobunaga si strozzò con l’acqua che stava bevendo.

Hanamichi li guardò uno ad uno, scettico e curioso. Poi si voltò verso la sorella, con uno spaghetto che penzolava da un lato delle labbra, chiedendole con la bocca piena: «Shi può shapere che hanno da guaddare?».

Lei, senza smettere di ridere, gli passò un tovagliolo. «Hana, sei tutto sporco, sembri un bambino!».

«Lo è, che è ben diverso», fu il commento di Rukawa, che poco prima stava per addormentarsi sul proprio piatto, se non fosse stato per Ayako che l’aveva afferrato per i capelli.

Hanamichi sputò il cibo, indispettito, non pensando che davanti a se avesse niente di meno che il Gorilla e il Nonno Maki e che li aveva impiastricciati per bene.

I pugni dei due stretti sul tavolo non fecero presagire niente di buono ai presenti e alcuni si allontanarono con la banalissima scusa del “Devo andare assolutamente in bagno, torno subito!”.

Quel giorno venne ricordato come quello in cui Hanamichi Sakuragi stava per dire addio a questo mondo per fare la sua magnifica comparsa nell’altro.

 

*

 

Gli allenamenti iniziarono puntuali alle tre e mezza, sotto un capitano più che infuriato. Non era trascorsa neanche una giornata e già più della metà dei suoi nervi lo aveva salutato. Ne sarebbe uscito pazzo, su questo il Gorilla non aveva dubbi. Ma era altrettanto sicuro che qualcuno di sua conoscenza non ne sarebbe uscito vivo, che era anche peggio.

Hime e Ayako, sedute sul loro tavolo intente a scrivere appunti e dati, ogni tanto alzavano lo sguardo impietosite su quei poveri ragazzi, che si stavano sorbendo l’ira del King Kong. Sì, perché per colpa dei soliti tre ovviamente ci passavano tutti, anche i più calmi.

Tra infiniti giri di campo, flessioni, salti, passaggi, tiri, nuovamente giri di campo e altre flessioni, Akagi ebbe anche la faccia tosta di chiedere se avessero voglia di fare una partitella senza troppe pretese. Il fatto che tutti erano belli che distesi per terra, senza ormai più un minimo di ossigeno nei polmoni, gli fece capire che… no, non ne avevano voglia.

Senza neanche sapere come ci riuscirono, i ragazzi dello Shohoku raggiunsero le docce a gattoni, dove per un minimo si ripresero un poco. Neanche volevano pensare alle giornate successive, con un doppio allenamento in vista, per due settimane di fila.

«Noi non ci arriveremo mai ai Campionati, se il ritiro prende questa piega», borbottò Mitsui, buttandosi sul letto della camera di Ryota e Hanamichi.

Ayako li bacchettò con il solo sguardo. «Non provate a lamentarvi, ragazzi! Se Akagi si sta comportando così è solo colpa vostra!».

«Ma… Ayakuccia…!».

Mitsui, d’altro canto, si mise a sedere sul letto, guardando Hime, davanti a lui. «Ehi, si può sapere perché Akagi non se la prende anche con te? Sei anche tu che fai casino!».

La ragazza arrossì, sfoderando un’invidiabile faccia di bronzo.

Hanamichi, invece, l’abbracciò possessivo. «Lasciate stare la mia piccola Hicchan!».

I presenti scossero la testa, mesti. Hanamichi era un vero tenerone quando si trattava della sorella.

«Kami, mi fanno male tutte le ossa!», si lamentò Ryota, stiracchiandosi.

«Così imparate a fare i bambini», disse Hime, beccandosi tre cuscini in piena faccia.

«Dì un po’, Mitchi», disse Hanamichi. «La volpe starà dormendo ora?».

L’altro fece spallucce. «Probabile. Prima, dopo la doccia è entrato in catalessi e non si è più rialzato dal letto».

Un’espressione diabolica si dipinse sul viso del rossino.

«Hanamichi Sakuragi, qualunque cosa ti stia passando per la testa scordatela!», tuonò Ayako, mostrando minacciosa il suo ventaglio, spuntato fuori da chissà dove.

Hime si alzò, sgusciando dalla morsa ferrea del fratello. «Ragazzi, io ho fame… qualcuno mi accompagna a vedere se trovo qualcosa di commestibile, giù? Non voglio sprecare quello che abbiamo per i festini!».

Le facce avvilite e stanche dei tre ragazzi le fecero capire tutto. Ayako, invece, doveva andare dai due capitani, per organizzare la prima partitella tra Kainan e Shohoku.

La rossa, allora, decise di scendere da sola, passando davanti alla camera di quella scimmia selvaggia di Kiyota. Lo sentì indistintamente esclamare: «Ma è ovvio che la prossima amichevole la vinceremo noi! E vuoi sapere perché, Jin? Ma perché il Kainan ha–».

«Un idiota patentato di nome Nobunaga Kiyota!», terminò la frase per lui, ad alta voce in modo che la sentisse.

Immediatamente dopo il diretto interessato spalancò la porta della camera, precipitandosi in corridoio. «Ehi! Hai qualche problema, donna-scimmia?!».

Lei gli fece una smorfia, non degnandolo di troppe attenzioni. Kami, quel ragazzo era insopportabile. Non si poteva neanche scherzare!

Hime scese le scale, verso la hall. Non c’era nessuno, tranne una vecchia signora beatamente addormentata su una sedia. Meno male quegli scalmanati non erano scesi con lei, altrimenti le sarebbe venuto un infarto multiplo.

Purtroppo per lei non c’era nulla, neanche un bocconcino che di solito mettevano a disposizione degli ospiti nella Reception. Sconsolata e soprattutto affamata si stravaccò in una sdraio nel giardino dell’albergo. Il sole stava iniziando a tramontare sull’orizzonte e si beò della splendida visione delle nuvole ormai rosse. Chiuse gli occhi per qualche minuto, rilassandosi nel silenzio della quasi sera.

Peccato che la voce più odiosa del mondo giunse fino alle sue orecchie, deturpando quel momento di relax totale.

«Ehi, donna-scimmia».

Hime si passò una mano sulla faccia, abbattuta. Ma perché non era andato a rompere le scatole al fratello? Magari si sarebbero divertiti insieme!

«Sei proprio seccante, Kiyota, sai?».

Il ragazzo, che si stava avvicinando sistemandosi la solita fascia viola sulla fronte, si bloccò, quasi offeso.

«Ma che diavolo vuoi? Non mi pare di averti insultata gratuitamente, non ora!».

Sì, certo. Togliendo il fatto che l’avesse appena chiamata “donna-scimmia”.

Hime sospirò, conscia del fatto che il momento relax era direttamente andato a quel paese, senza possibile via di ritorno. Guardò il ragazzo sedersi sulla sdraio di fronte alla sua, mentre si ritirava i capelli in una codina bassa.

«Perché non li tagli?», gli chiese improvvisamente.

L’espressione di Kiyota si tramutò in un dipinto di puro orrore. «Non scherziamo sui miei capelli. Non si toccano!».

Hime corrugò la fronte, perplessa. «Perché? Con questo caldo boccheggerai giorno e notte, te ne rendi conto?».

Lui le sventolò sotto il naso un elastico nero, che di solito teneva al polso sinistro, e la fascia che teneva in fronte. «E secondo te questi cosi li uso per bellezza? Pensa ai tuoi di capelli invece… necessiterebbero di una bella tinta, altro che. Che colore ridicolo!».

La ragazza strinse i pugni, ripromettendosi che nelle due settimane successive avrebbe preso in seria considerazione di gettare quella scimmietta petulante in piscina e di affogarlo con le sue stesse mani.

«Che problemi hai con i miei capelli?», esclamò, al limite dell’offesa.

«Sono osceni di quel colore! Sembri una strega!».

«Magari lo fossi! Ti avrei già fulminato con un incantesimo, stanne certo!».

«Racchia!».

«Ripetilo se hai il coraggio!».

Dentro la hall dell’albergo, la nonnina che si era appisolata sulla sedia venne svegliata dalle loro grida, sempre più forti. In preda al panico alla vista di quei due che si erano alzati per darsele di santa ragione, per poco la donnina non cadde a terra. Non era certo bello vedere una coppia di giovani ragazzi bisticciare di malo modo così!

«Non hai proprio modi, donna-scimmia! Sei peggio di tuo fratello!».

«Non mettere in mezzo Hanamichi!».

«Non mi stupirei se venissi a sapere che non ti vuole nessuno!».

Rossa per l’affronto, Hime gli tirò uno schiaffo, lasciandogli il ricordo di cinque dita affusolate sulla guancia.

«Sei un demente, Kiyota», mormorò la ragazza, dirigendosi velocemente verso la sua camera.

Nobunaga guardò la schiena della giovane allontanarsi e sparire in cima alle scale. Accidenti a quella dannata Sakuragi. Non voleva dirle veramente quelle ultime cose… ma diamine, aveva un orgoglio da difendere! E non gli importava un fico secco se quella che aveva davanti fosse una ragazza! Lui era Nobunaga Kiyota, colui che non si piega mai!

«Gran bel colpo», fece con sarcasmo Maki, poggiato su una colonna da chissà quanto tempo, battendo le mani.

«Ca-capitano!».

Maki scosse la testa, contrariato. «Farà Sakuragi di cognome, ma quella ragazza non merita un trattamento del genere, Kiyota».

Il ragazzo abbassò lo sguardo, sinceramente dispiaciuto per il suo comportamento. «Le chiederò scusa! Anzi, lo farò ora stesso!», esclamò esaltato, balzando sulla sdraio.

Lasciando un attonito Maki da solo nella hall, Nobunaga salì di corsa le scale, dirigendosi velocemente verso la camera della ragazza. Bussò due volte, aspettando che qualcuno rispondesse.

Sentì dei passi trascinarsi sulla moquette del pavimento, e una voce mogia provenire da dentro. «Ayako, ma le chiavi non le hai–», iniziò a dire Hime, ma si bloccò appena vide il viso scimmiesco di quell’idiota di Kiyota. Fece per richiudergli la porta in faccia senza una parola, ma la mano grande di lui la bloccò per il rotto della cuffia.

«Che vuoi?», gli chiese seccata.

Nobunaga arrossì fino alle punte dei capelli, ma si fece coraggio. Kami, era difficile chiedere una banalissima scusa! Maledizione al suo orgoglio! «Ecco, io… io volevo scusarmi, per… beh, per prima».

Hime lo guardò arrabbiata, gli occhi ridotti a due fessure. «Molto interessante, ciao».

Kiyota bloccò nuovamente la porta, con insistenza. La vide sospirare, al limite della pazienza.

«Ok, scuse accettate. Ora, mi lasci sola o vuoi anche entrare?».

Senza una parola, Nobunaga girò sui tacchi, andandosene, infilandosi le mani in tasca. Quella ragazza era decisamente troppo antipatica. E dire che si era abbassato persino a chiederle scusa, lui, il Rookie numero uno di tutta Kanagawa! Ok, forse questa proclamazione di genialità non c’entrava niente, ma almeno rendeva l’idea.

«Ehi, scimmietta».

Fermò i suoi passi, mordendosi la lingua pur di non risponderle male.

Bene, ora gli avrebbe parlato con un tono umano e gentile, ne era sicuro. Avrebbe accettato le sue scuse e tutti a casa felici e contenti. Del resto, era questo l’effetto che faceva alla maggior parte delle ragazze… tranne lei, ovviamente.

«Hai la maglietta al contrario, ti si vede l’etichetta», disse invece lei, ridendo e chiudendosi in stanza.

Lui, d’altro canto, arrossì a livelli inimmaginabili, maledicendo quella dannata e qualsiasi tipo di maglietta esistente sulla faccia della terra.

 

 

 

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Capitolo 5
*** Training ***


La cena, a differenza del pranzo, fu più movimentata

E dopo essermi sparata in vena tutti e quattro i film di Slam Dunk (uno dopo l’altro, ovviamente) [come se non fosse la centesima volta che li riguardo XD], torno ad aggiornare Wild Boys! Quanto mi sto divertendo a scriverla *_*

Vi auguro buona lettura e buon divertimento! E grazie a lilli84 per il preferito e il complimento! :)

A presto,

Kenjina.

Capitolo IV

Training

La cena, a differenza del pranzo, fu più movimentata. Contando sulla stanchezza dei vari giocatori, il Gorilla e il Domatore di scimmie si sedettero in disparte, parlando animatamente di basket, e lasciando campo libero agli squilibrati del gruppo.

Non fu una buona idea e se ne resero conto troppo tardi.

Si iniziò con uno scambio di battute più o meno pesanti; poi si passò a gesti da veri gentleman; infine a una lotta vera e propria, a base di riso e verdure che volavano allegramente da una parte all’altra del tavolo, finendo in testa a chiunque si trovasse in traiettoria.

«Ehi, brutto deficiente! Sai dove te lo ficco quel riso?», esclamò Mitsui, puntando le bacchette contro Kiyota [gesto estremamente maleducato, da fare a tavola, per i giapponesi. NdA].

«Hanamichi, hai un’alga tra i capelli», disse Hime, facendogli chinare la testa per togliergliela. Due secondi più tardi si ritrovò un tovagliolino di carta appallottolato in pieno naso. «Ryo-chan! Anche tu!».

Il playmaker dello Shohoku rise divertito, ma ogni bollore gli si spense all’istante quando un’occhiataccia di Ayako lo fulminò.

«A-Ayakuccia…!».

L’unico che sembrava dormire era Rukawa che, nonostante le numerose diavolerie escogitate da quelle due scimmie di Sakuragi e Kiyota, mangiava tranquillo, con gli occhi mezzo chiusi dal sonno.

Hime, seduta davanti a lui, gli tirò un colpo al ginocchio con il piede. «Ede, un giorno mi dovrai spiegare a cosa è dovuto questo sonno perenne. A volte mi preoccupi».

«Hn», borbottò lui, da bravo orso polare. «Sono stanco».

La ragazza sorrise perplessa. Stanco… non l’avrebbe mai detto!

«Ma brutta volpaccia spelacchiata! Non rispondere così a Hicchan, o ti–», ma il rossino non fece in tempo a completare la frase, perché si ritrovò spalmato in faccia un intero piatto di ramen[1], mentre Rukawa si alzava e spariva dalla sala da pranzo.

Tra le risate di tutti e un Akagi a dir poco infuriato, ci mancò poco che Hanamichi si trasformasse in Superman e disintegrasse il volpino con la forza del solo sguardo.

Dopo cena si sedettero nel giardino, all’aria aperta e fresca della sera. I Sakuragi si sistemarono sulla sedia a dondolo, dopo aver bisticciato per il possesso con Miyagi e Mitsui, che presero posto nelle sdraio lì vicino.

«Ayako dov’è?», chiese la ragazza, guardando verso la hall illuminata.

Fu Ryota a rispondere. «Stava chiacchierando con il signor Anzai; ha detto che ci raggiunge appena finisce».

«Che si fa?», domandò Hanamichi, dondolandosi nella sedia.

Gli altri due giocatori lo fulminarono con lo sguardo. Mitchi, stravaccato esausto sulla sua sdraio, esclamò: «Idiota, tu hai voglia di fare qualcosa dopo la giornata di oggi?».

«Mi chiedo dove le prendi tutte queste energie, Hana!», disse la sorella.

Il rossino, con un sorriso da ebete stampato in faccia, continuò a dondolarsi, sempre più forte.

«Guarda che se continui così vi capottate», lo ammonì Ryota.

Hime guardò il fratello. «Hanamichi, ho appena finito di cenare… vorrei digerire tutto con tranquillità!».

«Ecco, appunto! Che se poi rigetti tocca a me aiutarti a pulire tutto!», esclamò la voce di Ayako, facendo storcere il naso a tutti.

«Aya-chan! Che visione orribile!».

La mora si sedette vicino a Ryota che, immediatamente avvampò dall’imbarazzo.

«Allora, che si fa ragazzi?».

Inutile dire che la manager si beccò un’occhiataccia fulminante peggio di quella riservata poco prima al rossino.

«Io direi che possiamo beatamente grattarci la pancia qui», disse Hime, sdraiandosi sulle gambe del fratello. «Si sta così bene!».

«Domani che giorno è?», chiese Hanamichi, pensieroso.

«Venerdì. Certo che hai un senso del tempo, tu». Il rossino rise imbarazzato alla sorella, mentre gli altri scuotevano mesti la testa. «Perché volevi saperlo?».

«Perché così organizziamo in tempo che fare sabato e domenica!».

A quelle parole Hime si rizzò a sedere. «Giusto! Che si fa nel weekend?».

Ayako si mise un dito sulle labbra, pensierosa. «Quella simpatica signora dell’albergo mi stava dicendo che questo sabato c’è una festa, giù in paese. Credo ci sia anche il luna park!».

«Luna park! Luna park!», esclamarono in coro i due gemelli, con un’espressione di pura estasi in viso.

«Sembrate due bambini di sei anni», fu il commento di Hisashi.

«Se volete vi compro anche i palloncini», proseguì Miyagi. «E lo zucchero filato, certo».

«Palloncini! Zucchero filato!», continuarono i due fratelli, battendo le mani tra le risate degli altri.

«Allora è deciso, luna park!», disse Ayako, con un sorriso.

«Ci sarà da divertirsi!», esclamò Hime, strofinandosi le mani.

Il gruppetto di amici continuò a chiacchierare amabilmente fino alle undici e mezza, sotto uno sguardo rilassato del Gorilla, che almeno poteva tirare un sospiro di sollievo e riposarsi anch’esso, senza dover necessariamente elargire pugni anche di notte.

 

*

 

Gli allenamenti, la mattina seguente, si svolsero più o meno “nella norma”. Akagi sembrava aver sfiatato la rabbia accumulata il giorno prima e non si comportò propriamente da gendarme, per la fortuna dei ragazzi. Certo, se un Sakuragi di turno e i vari ed eventuali volpini avessero evitato di azzuffarsi per un non nulla, incitati da altri due dementi, magari si sarebbe potuto definire un allenamento normale. Ma definire “normale” qualsiasi cosa che vedesse i quattro scalmanati in mezzo era un eufemismo.

«Quando si farà questa partita?», chiese Hime, poggiando il mento sulla mano.

«Lunedì pomeriggio ci sarà la prima. Le prossime saranno a una distanza di quattro giorni l’una dall’altra», spiegò la prima manager, sistemandosi un ciuffo riccio dietro l’orecchio. «Nella prima giocherà Kainan contro Shohoku. Nella seconda partita matricole da una parte e veterani dall’altra. E così via».

Hime spostò lo sguardo sul fratello, che stava prendendo l’ennesimo rimbalzo della giornata. «Ne vedremo delle belle! Immaginati Hanamichi insieme a Kaede e l’altro esagitato di Kiyota… altro che gioco di squadra!».

Ayako si abbassò la visiera del cappellino sugli occhi, sbuffando sconsolata. «Quei due, Hanamichi e Rukawa intendo, se mettessero da parte l’orgoglio sarebbero un’accoppiata micidiale. Vedi di farglielo capire tu, magari ti ascoltano».

Hime rise di gusto, scuotendo la testa divertita.

«Ehi, Sakuragi!», le gridò dietro il Gorilla. «Invece di stare lì a ridere e non fare nulla, vieni a darmi una mano con questo branco di buoni a nulla!».

«Agli ordini, Capitano!».

La ragazza sorridente trotterellò al fianco di Akagi che, mani sui fianchi, disse: «Allora, oggi lavoreremo sulla difesa. Io, Miyagi e Sakuragi saremo in attacco, voi dovrete difendere».

Hanamichi fece un passo avanti, posando una mano sulla spalla del Capitano, con un’espressione seria. «Non c’è problema, Gori! Attaccherò con tutta la mia genialità!».

«Idiota, intendevo tua sorella!», esclamò Akagi, spintonandolo al suo posto. «Dicevo: il primo terzetto difensivo sarà formato da Rukawa, Mitsui e Sakuragi. Dopo toccherà ad altri tre. Pronti? Tutti al lavoro, forza!».

La palestra venne sgombrata, mentre i sei chiamati in causa stavano a metà campo. La palla era in mano a Ryota, che studiò velocemente la situazione. Guardando negli occhi Hanamichi, passò rapidamente la palla alla rossa, che si trovò davanti Rukawa.

«Vediamo che sai fare», la provocò.

Lei sorrise, accettando la sfida. Si chinò sul pallone, palleggiando con rapidità e non smettendo di guardarlo fisso negli occhi. Rukawa era un tipo orgoglioso, lei lo sapeva bene. Ma non gli avrebbe mai dato la soddisfazione di abbassare per prima lo sguardo. Doveva ostentare sicurezza, non timore.

Fece un passo avanti, rapido, quasi inaspettato, così da metterlo in guardia da una possibile penetrazione. La sfera arancione passò tre le gambe della ragazza, che ora palleggiava con la sinistra. Decise allora di sfondare la difesa dell’altro, trovandosi schiena contro petto, in un perfetto uno contro uno. Si voltò per tirare a canestro, ma la mole di Rukawa la portò a cambiare idea, tanto che fece cadere il pallone dietro di sé, in mano a un Ryota pronto a ricevere.

«Ehi, volpino! La prossima volta vedi di evitare di strusciarti così a mia sorella!», esclamò imbestialito Hanamichi a un Rukawa che si limitò a un “hn” poco decifrabile. Ryota approfittò del suo momento di distrazione per sorpassarlo e passare la palla ad Akagi, che schiacciò, nonostante la difesa di Mitsui.

Un poderoso pugno raggiunse la capa del rossino. «Brutto idiota, vedi di concentrarti!».

«Do’aho», fu il solito commento.

Nel frattempo, Nobunaga Kiyota entrò nella palestra dove lo Shohoku si stava allenando. Dire che era avvilito era poco. Non poteva fare da porta voce alla sua squadra, accidenti! Lui era la matricola dell’anno! Il miglior giocatore di Kanagawa, era–

«La donna-scimmia sa giocare a basket?!», esclamò ad alta voce, facendo voltare Ayako e l’allenatore Anzai.

«Kiyota! Che ci fai qui?», gli chiese.

Hanamichi, che fu il primo dei giocatori in campo ad accorgersi dell’intruso, lo additò con rabbia, esclamando: «Guardate! Una spia!».

L’ennesimo pugno gli venne rifilato due secondi più tardi.

Il gioco si fermò, tutti incuriositi com’erano di sapere che diavolo ci facesse quella scimmia-spia del Kainan durante i loro allenamenti.

«Il Capitan Maki mi ha chiesto di dare questa lista ad Akagi», disse Kiyota, porgendo un paio di fogli al centro dello Shohoku.

Hanamichi non si fece mancare l’occasione per deriderlo. «Ahaha! Ti hanno relegato a postino!».

Kiyota digrignò i denti, offeso nel vivo dell’orgoglio. «Pensa a te, rosso-scimmia! Tu non servi nemmeno a quello!».

«Ehi, piantatela voi due!», tuonò Akagi.

Hime guardò la scena mezzo divertita, scuotendo la testa alla volta del fratello e dell’altro buffone. Voltò le spalle e iniziò a palleggiare verso il canestro, preparandosi per un terzo tempo (o “tiro dei poveri”, come lo chiamava Hanamichi). Non aveva messo in conto, però, un Rukawa deciso a fermarla, tanto per dimostrare al mondo la sua superiorità.

Hime non si scoraggiò, certo. Rukawa era il miglior giocatore dello Shohoku, forse sarebbe diventato anche il migliore del Giappone. Ma non ammetteva insolenze da parte sua ne di nessun altro, solo perché era una ragazza. Kaede questo lo sapeva bene, e voleva metterla alla prova, come aveva sempre fatto.

Hime fece scivolare velocemente il pallone dalla mano destra alla sinistra, in una bellissima azione sospesa in aria. E il volpino non riuscì a fermarla.

Si guardarono un attimo, tra le occhiate sorprese dei presenti e le bocche spalancate di due scimmiette.

«Me l’hai fatta», disse Rukawa.

Hime gli fece una linguaccia. «Me l’ha insegnato il mio maestro personale. Sono stata brava?».

«Hn», mugugnò lui, scompigliandole i capelli.

Quando i due si accorsero di aver destato così tanta curiosità, Rukawa borbottò qualcosa di incomprensibile, recuperando la palla e allenandosi in solitario; Hime, invece, raggiunse saltellando il fratello.

Hanamichi l’abbracciò forte forte, piangendo di gioia. «Hicchaaan! Sei l’orgoglio del tuo geniale fratello! Hai battuto quel volpino surgelato!».

Tra le risate di tutti, solo Kiyota guardava ancora a bocca aperta la rossa. Quella finta era identica a quelle che Rukawa era solito fare, durante le partite. L’aveva fatta anche al Capitan Maki! E poi… quella ragazza sapeva tenere un pallone in mano? Lei! La sorella di quella schiappa di Sakuragi? Per un attimo temette di aver visto male. No, perché visto l’andazzo del fratello neanche gli era passata per l’anticamera del cervello che Hime Sakuragi potesse saper giocare a basket. E anche bene, a dirla tutta.

Improvvisamente una lampadina gli si accese in testa, illuminandogli gli occhi. Ecco, trovato il modo per umiliarla e fargliela pagare! L’avrebbe sfidata a un uno contro uno e non si sarebbe sprecato di certo, neanche contro una ragazza! Le avrebbe dimostrato che fosse lui il meglio! Meglio anche del tanto acclamato volpino!

«Ehi, Nobu-scimmia, tutto bene?», chiese Hanamichi, notando l’espressione diabolica dell’altro, che perso com’era nei suoi pensieri neanche si degnò di rispondergli.

Quando se ne andò, Ayako disse: «Quanto è strano quel ragazzo».

«Non è strano, è idiota!», affermò convinto il rossino.

«E allora ti somiglia più di quanto tu non immagini», fu la secca risposta di Akagi, che gli rifilò un calcio nel didietro. «Su, riprendiamo a lavorare, scansafatiche!».




[1] Ramen: piatto giapponese che ricorda molto i nostri spaghetti, serviti in un brodo di carne e/o pesce, con uova, pezzi di carne di pollo o maiale e molluschi di vario genere. Il tutto servito con verdure cotte o crude.

 

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Capitolo 6
*** Confusion ***


La cena, a differenza del pranzo, fu più movimentata

Konban-wa, minna-saaan!

Quinto capitolo online! (E ne ho già scritti venti o.o ma dove voglio andare?!)

Uh uh uh! …Non lo so nemmeno io!

Un grazie a Trilla [Sto destando curiosità, eh? *_* Uhuhuh!], lilli84 [Aww che bello, fa ridere *_* E grazie, adoro il Giappone, non posso non documentarmi sulla loro cultura! :)] e klikka [per il preferito!].

Buona lettura!

A presto,

Kenjina.

Capitolo V

Confusion

Sabato arrivò più velocemente del previsto. Nonostante gli allenamenti mattina e sera, i ragazzi erano sopravvissuti ai primi due giorni del ritiro, senza troppi reumatismi.

Quella mattina si preannunciava più calda del solito, ma almeno non c’erano Gorilla vari che si divertivano a far sudare i propri giocatori.

Ayako fu la prima a svegliarsi quella mattina. Come sempre era la più mattiniera di tutti. Guardò l’amica ronfare beatamente, abbracciata al cuscino, e decise di lasciarla dormire ancora un po’. Del resto, era vacanza anche per lei.

Un’ora e mezza dopo, una mano pesante rischiò di buttar giù la porta della camera. Ayako, con i capelli ancora bagnati per la doccia, uscì in corridoio, tirando un poderoso colpo di ventaglio a Hanamichi.

«Hime sta ancora dormendo! Cerca di reprimere la tua delicatezza di un elefante, Hanamichi!».

«Hicchan dorme ancora?», chiese, dispiaciuto.

«Interessante!», dissero in coro Miyagi e Mitsui, subito dietro al rossino.

Due minuti più tardi, i tre avevano preso di peso la ragazza, sotto i richiami inutili di Ayako, con il chiaro intento di buttarla in piscina e svegliarla con garbo.

In giardino Kiyota, Maki e Jin chiacchieravano tranquillamente con altri ragazzi della loro squadra, ma le voci concitate dei tre degeneri destarono la loro curiosità.

«Ma povera ragazza», disse Soichiro, reprimendo un sorriso. La matricola, invece, fu costretta a tapparsi la bocca con tutte due le mani, pur di non scoppiare a ridere. E così, mentre Ryota dava il tempo, Hanamichi e Hisashi al tre buttarono l’ignara rossa in piscina. Ci mancò poco che non crepasse affogata.

Riemersa dopo interminabili secondi di puro panico, Hime li guardò uno a uno, accecata dalla luce del sole e soprattutto dalla rabbia. I presenti, invece, si stavano allegramente sganasciando dalle risate.

«Voi tre…», disse solo la ragazza, tossendo per l’acqua bevuta.

«Ops, ora si arrabbia!», fu il commento di Hanamichi, che si nascose dietro Mitsui. Del resto conosceva bene la sua gemellina. Quando le giravano, sapeva essere spaventosa quanto il Gorilla!

«Voi tre!», gridò Hime, arrampicandosi sul bordo della piscina e iniziando a seguire i suoi congiurati, infischiandosene altamente se fosse soltanto in biancheria intima. Particolare trascurabile, forse, che però non trascurò per niente Nobunaga Kiyota, troppo intento a studiare il corpo della ragazza con un rivolo di sangue dal naso.

La vendetta della rossa arrivò presto: Akagi, una volta tanto, si schierò dalla sua parte e non si fece ripetere due volte che doveva punire quei tre disgraziati. Non solo si ritrovarono con un bernoccolo in testa ciascuno, ma tutti e tre finirono in acqua anch’essi, completamente vestiti.

Hime, dopo essersi infilata la felpa che Maki le aveva gentilmente offerto, disse ai tre ancora a mollo, con un bel sorriso e un inchino: «Buongiorno anche a voi, ragazzi!».

Dopo colazione, le ragazze del gruppo pensarono bene di riposarsi al sole, per una breve tintarella. Gli orsi dello Shohoku, invece, stettero a mollo tutto il giorno, tranne Rukawa che, per confermare il suo essere sociale e allegro, prese un pallone e andò solo soletto ad allenarsi.

«Ehi, Rukawa! Quando avrai una vita sociale facci un fischio!», esclamò Mitsui, scuotendo la testa.

«Ma perché non lo lasciano in pace?», chiese Ayako, poggiandosi sugli avambracci.

Hime fece spallucce, rimanendo sdraiata e con gli occhi chiusi. «Lo sai come è fatto, Kaede. Non gli piace la compagnia. Ma io, in fondo, credo che questo suo comportamento serva per sortire l’effetto contrario».

«Dici che vuole attirare l’attenzione su di sé?».

La rossa si riparò gli occhi con una mano, guardando l’amica. «Se non gli importasse veramente nulla non risponderebbe nemmeno alle loro provocazioni. E invece, molte volte, è lui che inizia, no?».

«Beh, almeno con me e te più di due parole in croce le scambia… è già qualcosa!».

Hime lanciò un’occhiata eloquente all’amica. «Mica scemo, eh?».

Le due scoppiarono a ridere, incuriosendo i ragazzi.

«Chissà che avranno da ridere», disse Mitsui, guardandole sospetto e curioso. Avrebbe pagato fior di quattrini (ma non solo lui, certo) per scoprire di cosa parlavano le ragazze.

Miyagi sospirò, ammirando la sua bella Ayakuccia. «Mah… donne».

«Ragazzi, ma in paese a che ora scendiamo?», chiese Hime, mettendosi a sedere.

Loro fecero spallucce, pensando.

«Potremo andare per le sei e mangiare in qualche tavola calda lì. Che ne dite?», propose Ayako.

Hanamichi fu quello più entusiasta. «Perfetto! Così abbiamo tempo di salire su tutte le giostre!».

«Giostre? Dovete andare a un luna park?», domandò Kiyota, comparendo in quel momento.

Il rossino annuì, sorridendo candidamente. «Se vieni anche tu ti investo all’autoscontro!».

Il moro non tardò ad acchiappare la provocazione in un nano secondo. «Ma brutto sfigato! Ti sperono prima dall’auto, altroché!».

«Oh, Kami-sama…», mormorò Hime, guardando i due. «Perché? Perché proprio a noi questo branco di squilibrati?».

Il bue che dice cornuto all’asino

 

*

 

All’ora di pranzo scesero tutti puntuali in sala, affamati come bisonti. E non si erano neanche allenati!

«Kami, sbranerei una balena intera!», esclamò Hanamichi, prendendo posto al fianco di Miyagi.

«Più che altro ho una sete infernale. C’è troppo caldo per i miei gusti», disse Mitsui, riempiendosi il bicchiere d’acqua fresca.

Il pranzo arrivò dieci minuti dopo.

Hime si guardò intorno, accortasi della mancanza di qualcuno. «Dov’è Kaede?».

Hisashi fece spallucce. «Mi ha detto che stava scendendo».

«Strano, di solito quando si tratta di mangiare è peggio di un orologio svizzero», constatò la rossa.

«Ehi, Hicchan!», la richiamò il fratello. «Che te ne frega se quel volpino rimane a digiuno? Anzi, è anche meglio se muore di fame!».

«Secondo me si è addormentato strada facendo», fu il commento di Ryota, annuendo convinto e riempiendo le bacchette di udon[1].

«Vado a vedere che fine ha fatto», disse Hime, alzandosi. «Mitchi, mi dai le tue chiavi? Così se non apre vedo di buttarlo giù dal letto!».

«Hicchaaan!», gridò Hanamichi. «Che diavolo ti salta in testa?!».

Miyagi gli rifilò un colpo sulla capa rossa. «Idiota, mi hai trapanato un timpano!».

Kiyota, che si stava godendo la scena dall’inizio, guardò con curiosità la rossa che, prese le chiavi della stanza del volpino e della guardia dello Shohoku, zampettò verso le camere. E in quello stesso momento si chiese che razza di rapporto legasse quei due. Sembravano parecchio… uniti, per quanto quella parola si potesse usare con uno come Kaede Rukawa. Eppure l’aveva notato anche lui che fossero affiatati: si sfidavano a basket, scambiavano più di due parole e soprattutto non si prendevano a voci. Una punta di fastidio gli scombussolò lo stomaco. Perché diavolo quella donna-scimmia doveva andare d’accordo con una volpe spelacchiata come Rukawa? Perché, invece, a lui lo trattava a pesci in faccia?

Sbuffò, contrariato e decise di pensare ad altro e focalizzare la sua attenzione sul bellissimo e appetitoso piatto di soba[2] sotto i suoi occhi, immerso in una salsa a base di soia, cipolline e uova. Quello sì che era l’Eden!

 

*

 

Hime arrivò di fronte alla stanza del volpino e bussò due volte, in attesa. Niente. Bussò nuovamente, sapendo che sarebbe necessariamente dovuta entrare con l’ausilio delle chiavi – che infatti usò due secondi più tardi.

Lo trovò steso sul letto, a pancia in giù, come un orso sfinito da una giornata pesante a cacciare incessantemente al fiume. Si sedette sul bordo del letto, sorridendo. Quanto era buffo quel ragazzo, per quanto volesse apparire l’esatto contrario. Eppure quand’era piccolo non era così asociale. Anzi, riusciva anche a sorridere, a volte.

«Ehi, orsetto lavatore», gli disse, scuotendolo un po’.

«Hn», gemette lui, rimanendo immobile.

«“Hn” cosa? Ti stai perdendo il pranzo, scemo!».

«Non perdono… chi disturba il mio sonno».

«Si, si, certo… ora alzati, o i ragazzi mangeranno anche il tuo pranzo! Dai!», esclamò, tirandolo per un braccio. «Ma si può sapere che hai fatto?».

Il ragazzo si mise a sedere svogliatamente, stropicciandosi gli occhi blu. «Solo due tiri a canestro».

Hime si mise le mani sui fianchi. «Un giorno o l’altro ti trasformerai in una palla da basket, se continui così».

«Hn», bofonchiò, prima di chiederle: «Che sei venuta a fare?».

La ragazza gli rifilò uno schiaffetto sulla testa. «Ma che domande sono? Mi preoccupo per la salute del giocatore più promettente dello Shohoku! Sono la tua manager, del resto».

«A volte tendo a dimenticarlo».

«Stai per caso dicendo che non valgo niente come manager?», domandò.

«Più o meno», le lanciò un’occhiata sbieca, alzandosi e dirigendosi verso il corridoio. «Saresti più utile in squadra, al posto di quell’esaltato di tuo fratello».

«Hanamichi è veramente in gamba. E tu lo sai bene, Kaede».

«Sarà».

I due arrivarono in sala da pranzo, destando parecchia curiosità.

«Ehi, brutta volpaccia! Per colpa tua Hicchan ora dovrà mangiarsi il piatto freddo!», lo aggredì Hanamichi, appena lo vide.

Rukawa, d’altro canto, non si scompose più di tanto. «Affari suoi, mica gliel’ho chiesto io di venire».

Hime gli rifilò un altro colpo. «Brutto ingrato che non sei altro!».

Nobunaga guardò i due con crescente disagio. Sì, era evidente che fossero amici. Forse anche qualcosa di più?

«Ehi, Kiyota, tutto a posto?», chiese Maki, preoccupato. Non era normale vedere il piccolo rookie silenzioso, conoscendo la sua indole esuberante.

Nobunaga si svegliò da quei pensieri, scuotendo la testa. «Niente, Capitano. Pensavo al Campionato».

Il quattro del Kainan lo scrutò per bene, non del tutto convinto. «Sei preoccupato?».

L’altro fece spallucce. «È la mia prima volta, è normale che un po’ lo sia», poi esclamò, ritrovando se stesso: «Ma no preoccuparti, io sono la matricola numero uno del Kainan, Nobunaga Kiyota! Ahaha!».

I presenti lo guardarono senza parole, con un grosso gocciolone in testa.

«Ma stai un po’ zitta, Nobu-scimmia!», esclamò Hanamichi.

Nobunaga lo fulminò con lo sguardo. «Pensa a mangiare, demente! Magari qualche neurone ti si rigenera!».

Hime, ovviamente, diede man forte al fratello. «Tu sei senza speranze, Kiyota!».

«La volete smettere?! Mettetevi a mangiare!», sbottò Akagi, mostrando un pugno che non prometteva niente di buono.

Ecco, pensò Maki: tutto tornato nella norma.

 




[1] Udon: spaghetti di grano tenero, parecchio grossi, serviti in brodo in diversi modi: o con tofu (una sorta di formaggio derivante dalla cagliatura del latte di soia ) fritto o con gamberi tempura.

[2] Soba: spaghetti di grano saraceno, conditi con salsa a base di cipolline, uova e soia. Da servire freddi.

 

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Capitolo 7
*** Let’s go to the Luna Park! ***


La cena, a differenza del pranzo, fu più movimentata

Yatta! Rieccomi dopo una giornata estenuante ;_;

Che i Kami mi aiutino! ò_ò

E siamo al sesto capitolo! Un ringraziamento a kuro [Arigatou per il preferito! *O* Eh eh eh, quei due prima di mettersi insieme si scannano, altro che XD] e a glo91 [mille grazie anche a te per il preferito! ^O^]!

Vi lascio a questo capitolo, un po’ più lungo degli altri in effetti! Spero vi piaccia!

Buona lettura!

A presto,

Kenjina.

Capitolo VI

Let’s go to the Luna Park!

I visi contorti dalla concentrazione dei partecipanti erano madidi di sudore. Quello sarebbe stato il giro decisivo per tutti e non potevano permettersi distrazioni.

Il rossino squadrò per bene i suoi avversari, con un’espressione malefica e pensosa. Accidenti, lui era il Genio della situazione, doveva ragionare! Incrociò lo sguardo con la sorella, i cui occhi erano decisamente più calmi e rilassati dei suoi. Maledizione, quello voleva dire solo una cosa: aveva ottime carte! Akagi, al suo fianco, aveva la schiena poggiata alla sedia e guardava impassibile le sue carte, quasi in meditazione. Scimmione maledetto, così non riusciva a capire che tattica dovesse usare! Mitsui, invece, aveva un visino corrucciato, spostando lo sguardo dalle sue carte a quelle nascoste degli altri, sperando di leggervi qualcosa; mentre Ryota, con la testa sorretta dalla mano sinistra, guardava annoiato le sue.

«Akagi, vedo!», disse Hime, sorridendo.

Quella ragazza era troppo tranquilla e sicura di sé, accidenti! Nobunaga, guardandola, pensò che stesse bluffando. Non si sarebbe stupito, conoscendola.

Il Gorilla, dopo aver grugnito un po’, abbassò le sue carte, mostrando una doppia coppia di Fanti e Donne.

«Uh uh! Gori, eri proprio messo male, eh?».

«Imbecille, voglio proprio vedere che cos’hai tu!».

Hanamichi deglutì a fatica e guardò nuovamente le sue carte. Quello poteva essere considerato valido?

«Mitsui, dai. Abbassa quelle carte!», fece Miyagi.

«Ah, accidenti», borbottò il ragazzo, mostrando un tris di nove. «E meno male non stiamo giocando a soldi!».

Akagi ghignò. «La prossima volta vedi come ti spoglio, altroché».

«Ah, le perversioni nascoste del Gorilla!».

Come ovvio che fosse, la punizione divina arrivò pochi istanti dopo.

«Certo che anche tu te le cerchi, eh!», sghignazzò Kiyota, battendogli amichevolmente una mano sulla spalla.

Poi fu la volta di Miyagi. «Beccatevi questo!», esclamò, buttando una normalissima scala.

«Hai capito il pigmeo!», esclamò Hanamichi, che si prese anche un bel calcio al ginocchio dall’amico.

«Hime, sono proprio curioso di sapere che razza di carte hai. Quel tuo sorriso mi sta innervosendo», brontolò Hisashi, facendola ridere.

«Eccoti accontentato!». Mostrò un full di tre assi e due re.

«Alla faccia, Hicchan! Dove le tenevi nascoste le carte, eh?».

Lei, in risposta al fratello, gli fece una linguaccia.

Kiyota incrociò le braccia. «Su, Rosso-Scimmia, deliziaci con le tue carte! Avanti!».

«Zitto un po’! Così mi agiti!».

I presenti scoppiarono a ridere. Hanamichi era veramente una comica!

Il rossino prese un bel respiro e mostrò a tutti le sue carte. Molti si sporsero di più per vedere meglio… o per capire con che razza di logica avesse collegato le carte.

«Ehm… Hana», fece la sorella, grattandosi la punta del naso. «Esattamente, che cos’è quel coso?».

Il ragazzo iniziò a ridere nervosamente, accarezzandosi la nuca. «Non… non è colore, per caso?».

In effetti le carte erano tutte rosse… peccato che in mezzo ci fossero semi di denari e di cuori.

«Deficiente, il colore è valido con cinque carte dello stesso seme», soffiò Akagi, passandosi una mano sulla faccia scimmiesca.

Per poco i presenti non caddero dalle loro sedie, mentre Hanamichi, più rosso dei suoi capelli, rideva sempre più forte.

«Hana-chan, sei una sagoma!», disse la sorella, asciugandosi le lacrime per le risate.

«Do’aho», fu il commento di Rukawa, seduto vicino a lei e mezzo addormentato sulla sua spalla.

«Ehi, Kit!», s’infervorò Hanamichi. «Già ho lasciato passare il fatto che stai usando la mia Hicchan come cuscino… non sei in condizioni di commentare!».

Ma fu inutile. Rukawa non aveva la benché minima intenzione di rispondere alle provocazioni di quello squilibrato. Tanto meno di spostarsi da quella posizione comoda che aveva trovato.

«Hicchan, spostalo da lì!».

Hime rise, scuotendo la testa. «Lascialo stare… se no il nostro orsetto si sveglia con la luna storta!».

«Chiamami di nuovo in quel modo demente e ti stacco la lingua a morsi».

Molti non seppero se rimanere sconvolti per il rapporto tra i due o per la frase articolata (troppo articolata, per i suoi standard) del volpino.

«Trovami il giorno in cui si sveglia con la luna giusta», frecciò Mitsui, guardando male il compagno di squadra.

«Che cosa vuoi staccare, tu?», gridò invece Hanamichi, balzando sulla sua sedia con così tanta veemenza che rischiò di catapultarla dall’altra parte della sala.

Akagi chiuse lentamente gli occhi, con uno spaventoso tic al sopracciglio. Sì, nella vita precedente doveva essere stato un assassino o qualcosa di simile, per meritare quell’incubo con le gambe. Altrimenti non riusciva proprio a spiegarselo.

 

*

 

La partita a carte si era rivelata esilarante. Hime rideva soltanto al pensiero!

«Certo che Hanamichi è proprio incredibile… quando ha detto che preferisce giocare al “macaco” anziché al “macao” ho temuto di morire dalle risate!», fece Ayako, sistemandosi un vestitino leggero sul celeste, lungo appena sotto il ginocchio e smanicato.

«È inutile, vede scimmie ovunque», replicò Hime, uscendo dal bagno e sistemandosi la coda alta, fermata da un elastico colorato. Quella sera aveva deciso di indossare solo un paio di jeans chiari, strappati qua e là, e una maglietta a mezze maniche rossa, sapendo che sul tardi le sarebbe venuto un po’ di freddo. E, ovviamente, le sue immancabili infradito scarlatte. Quanto le adorava!

Quando guardò l’amica fece un fischio di ammirazione. «Aya-chan, fattelo dire: sei veramente carina! Ryota potrebbe saltarti addosso, se non stai attenta. O lo stai facendo apposta?».

Ayako arrossì lievemente, ma prese il suo fedele ventaglio, sventolandoglielo sotto il naso. «No, ma questo me lo porterò dietro, per sicurezza».

Due minuti più tardi Hanamichi stava bussando alla loro porta. Quando Hime lo fece entrare non riuscì a fare a meno di pensare che suo fratello fosse veramente un bel ragazzo. Indossava una maglietta nera a maniche corte e dei jeans bianchi, forse non troppo adatti a una serata al luna park, ma che gli stavano da dio. Se solo quell’addormentata di Haruko avesse aperto gli occhi, avrebbe risparmiato a tutti qualche bel grattacapo – soprattutto al gemello.

«Se non fossi mio fratello ti sarei già saltata addosso, Hanamichi».

Il ragazzo divenne più rosso dei suoi capelli. «Hi-Hicchan!».

Le due ragazze risero, uscendo poco dopo.

«A-Ayakuccia, sei… sei bellissima!», disse sinceramente Miyagi, con una faccia di bronzo da far invidia. La bella manager ricciolina gli sorrise, senza sbilanciarsi troppo. Ormai Ryota le stava dietro da due anni, ma ancora non aveva ben capito se lo considerasse solo un amico o qualcosa di più. Certo, non poteva negare che la lusingasse il fatto che il ragazzo guardasse solo lei e nessun’altra; a meno che non fosse da solo in compagnia di Hanamichi e Mitsui, a donne. Allora si cambiava campana.

Nella hall trovarono già i tre giocatori del Kainan, Maki, Jin e Kiyota, che chiacchieravano con la vecchia signora dell’albergo.

«Oh no, vengono anche loro!», si lamentò Hanamichi, spedendo le braccia lungo i fianchi, abbattuto.

Hime alzò lo sguardo su Kiyota e per poco non le venne un colpo. Non ci aveva mai fatto caso fino allora, ma quella scimmietta era parecchio affascinante. Soprattutto quando si lasciava i capelli all’aria senza l’ausilio di fasce ed elastici, proprio come quella sera (anche se dovette ammetterlo suo malgrado, Nobunaga era un bel ragazzo in ogni situazione). Senza contare che la maglietta bianca un po’ larga e i jeans neri, che gli fasciavano alla perfezione le gambe toniche, lo rendevano ancora più carino. Perché sì, non era certo il tipo di ragazzo a cui tutte le donne cadevano ai piedi come invece lui amava raccontare, ma Nobunaga Kiyota aveva quel fascino che sapeva intrigare. Peccato fosse un imbecille.

«Puoi anche startene qui se la cosa ti infastidisce, eh!», lo rimbeccò la scimmietta in questione.

Maki si avvicinò alla rossa, infilandosi le mani in tasca. «Sarà una serata lunga».

Hime gli sorrise, annuendo. «Con quei due in giro lo penso anche io».

«Allora, andiamo?», chiese Ayako.

In quel momento arrivò anche Mitsui. «Scusate il ritardo, non trovavo la giacca!».

«In pelle? Ma che ti sei fumato?», esclamò Hanamichi, la bocca spalancata.

«Hanamichi», iniziò Ryota, indicando la guardia dello Shohoku con un pollice. «Devi capire che il nostro Mitsui non può mica perdere il suo fascino da teppistello fallito, a prescindere dai 40 gradi all’ombra».

«Miyagi, che ne dici se vai a farti un giro in un bel paese chiamato Fanculandia?».

Ayako si mise in mezzo. «Perché invece non vi date una calmata, voi due?».

«Tappo».

«Baciapiselli».

«Ehi, quella è mia, Ryo-chan!».

La riccia si passò una mano in viso, mentre gli altri ridacchiavano sommessamente.

«Ede viene?», chiese Hime.

«No, ovviamente. Preferisce dormire e farsi due tiri più tardi… o così mi ha detto quel surgelato».

Hime fece spallucce, un po’ delusa, prendendo a braccetto il fratello. «E ora… alla conquista del luna park!».

«Che Kami ci aiuti», borbottò Akagi, avviandosi con loro.

Il paese si trovava a dieci minuti di cammino dall’albergo. Era una bella serata, un po’ umida in effetti, ma il caldo non era asfissiante come nel pomeriggio. C’era parecchia gente in giro, che stava iniziando ad affollare le vie del piccolo borgo e la musica proveniente dal luna park si diffondeva allegramente nell’aria.

«Questo posto è adorabile!», disse Hime, guardando le vetrine dei negozietti aperti (quelli che lei chiamava “cazzazzifici”) e le numerose tavole calde già prese d’assalto.

Ayako annuì. «Già, un giorno ci torneremo in vacanza».

L’attenzione di Hime fu catturata da un negozio di caramelle. «Ah! Dopo quel posto lo svuoto! Senti che profumo!».

«Vorrai dire “lo svuotiamo”!», la corresse Kiyota, perdendosi nelle colorate delizie in vetrina.

«VoglioLoZuccheroFilato!», esclamarono in coro i due fratelli, correndo verso il carretto adibito alle vendite, mentre gli altri si schiantavano dalle risate e i passanti gli regalavano occhiate storte.

«Ma quanto dementi sono», borbottò il Gori, tenendoli a debita distanza e facendo finta di non conoscerli.

Maki, al suo fianco, gli mise una mano sulla spalla. «Non puoi negare che siano una mole vivente di energie, Akagi».

«Dici così perché non li devi sopportare tu agli allenamenti e alle partite».

«Ehi, Gorilla! Guarda che ti abbiamo sentito!», replicarono i due, mentre il quattro dello Shohoku stava già iniziando ad accusare i primi sintomi dell’emicrania. Forse, più tardi, avrebbe potuto farli entrare entrambi nel labirinto degli specchi (perché c’è sempre un labirinto degli specchi nei luna park) e non farli più uscire da lì. Non avrebbe neanche dovuto sforzarsi. Con i pochi neuroni che si ritrovavano in due non avrebbero trovato la via dell’uscita neanche a spararli.

Nobunaga si avvicinò ai due, lanciandogli un’occhiata. «Vi dovreste vedere: avete gli occhi che sprizzano lucciole ovunque».

Hanamichi gli riservò uno sguardo infuocato, mentre la rossa alzò un sopracciglio. «Beh, noi abbiamo intenzione di divertirci, non di comportarci come due pensionati come te».

Gli occhi blu di Kiyota si fecero grandi per l’affronto. «Ma brutta strega!», esclamò offeso, vedendosi poi rifilare una linguaccia birichina.

«Vuoi?», gli chiese poi gentilmente, offrendogli un po’ di zucchero filato. L’altro, studiandola un po’ per capire se lo stesse ingannando o meno, gliene fregò un assaggio, ringraziandola con un cenno del capo.

«Hicchan, alle scimmie non si danno da mangiare queste cose! Potrebbe fargli male!», disse seriamente Hanamichi, beccandosi un calcio dal diretto interessato.

«Che ore sono?», chiese Mitsui, sistemandosi la giacca di pelle nera su una spalla.

Ayako guardò un attimo l’orologio al polso. «Sono già le sette e mezza!».

«Questo perché voi ragazzi siete peggio delle donne a prepararvi per uscire e abbiamo ritardato!», decretò Hime, guardandoli con aria sufficiente.

Inutile dire che tutti i maschietti della situazione videro bene di esternare il loro disappunto. Le due ragazze si guardarono complici, ridacchiando come due vecchie comari.

Il luna park era, ovviamente, affollato da numerosissimi bambini, famigliole e ragazzi vari ed eventuali. Il gruppo di cestisti non passava certo inosservato, guadagnandosi numerose occhiate curiose e, delle volte, affascinate. I due gemelli, però, furono quelli che ebbero la maggiore attenzione.

«Guarda che razza di capelli si ritrovano quei due!».

«Che colore bizzarro!».

«Io direi ridicolo!».

«Secondo voi son tinti?».

«Vorrei ben vedere!».

I due si voltarono verso il gruppetto di ragazzini che aveva commentato i loro adorati e preziosissimi capelli, gridando furenti: «Che diavolo avete contro i nostri capelli? Guardatevi voi, mocciosi col pannolino ancora cagato!».

Mitsui, Miyagi e Nobunaga scoppiarono a ridere come dei pazzi, mentre Ayako si apprestava a usare il suo ventaglio contro la testa dei due gemelli. «Fatevi riconoscere ovunque, mi raccomando!».

Hime e Hanamichi si toccarono dolenti la parte lesa.

«A-Ayako! Li hai sentiti anche tu!», si lamentò Hime, massaggiandosi la testa.

«Ma vi fate problemi per quello che dicono dei bambini?», domandò spazientita la manager, con le mani sui fianchi. Poi, rivolta verso il gruppetto di mocciosi, che stavano ridendo come matti: «E voi finitela di sghignazzare o vi faccio passare tutta la voglia, brutti screanzati!».

Questa volta fu il turno dei due gemelli additare i ragazzini e scoppiare a ridere. «Ayako, sei una forza!».

Quando ripresero la loro passeggiata Mitsui, una mano in tasca e l’altra a reggere la giacca, con il solito viso crucciato affiancò Jin, indicandogli col capo un giochino interessante.

Soichiro sorrise, accogliendo la sfida.

«Ehi Jin-san, Mitsui! Dove andate?», chiese la scimmietta del Kainan, seguendoli saltellando.

Ryota, vedendo la loro meta, ghignò. «Mitsui, fagli vedere chi è il miglior cecchino di Kanagawa!».

«Puoi contarci!».

Maki si avvicinò ai due, incrociando le braccia. «Non sarei così sicuro, Mitsui».

«Ahaha! Mitsui, non sei neanche un’unghia di Jin-san!», fece Nobunaga, battendo una mano sulla spalla dell’amico.

«E zitto tu!», fu la secca risposta dell’ex-teppista, che gli affibbiò un colpo su una tempia.

I due tiratori da tre pagarono un giro ciascuno, in un gioco adattissimo a loro: centrare un canestro posto a cinque metri di distanza. Premio: altri giri gratis se si riusciva a infilarne dieci su dieci e, soprattutto, l’orgoglio personale.

Iniziò prima Hisashi che, con la perfezione che lo aveva reso MVP alle medie, centrò dieci canestri su dieci. Lanciò un sorriso compiaciuto all’altro tiratore da tre, che ricambiò serenamente.

«Grande, Mitchi!», esclamò Hanamichi, battendogli il cinque.

Kiyota guardò il compagno di squadra. «Fagli vedere chi sei, Jin-san!».

Inutile dire che anche Soichiro le mise dentro tutte, sotto lo sguardo attonito del proprietario della bancarella, che non poteva avere sfiga peggiore che incontrare dei campioni incalliti nei tiri dalla lunga distanza.

«Grande!», esclamò l’esagitata scimmietta del Kainan.

«Ehm… volete fare un altro giro?», domandò l’uomo, incerto. I due tiratori da tre si guardarono nuovamente, sfidandosi ancora.

«Certo che si!», esclamarono in coro.

La sfida andò avanti per dieci minuti buoni, tra tifosi, curiosi e un venditore sempre più depresso per le perdite della serata.

Hime si guardò un attimo intorno, incrociando poi lo sguardo inaspettato di Kiyota. «Ti sei imbambolato?», gli chiese, non troppo brusca. Perché, purtroppo, dovette ammetterlo: quel ragazzo per quanto fosse idiota la incuriosiva parecchio.

Nobunaga sembrò risvegliarsi. «Uh?».

«Ti ho chiesto se ti sei imbambolato».

«Io? E perché dovrei esserlo?».

«Non lo so, sei tu che mi stavi fissando!».

«Io non ti stavo fissando!».

«Sì che lo stavi facendo!».

«Non mi sfascio gli occhi a guardare una come te! Ne ho solo due, ci tengo a tenermeli sani!».

«Che hai detto? Ti spacco il muso a testate!».

Mezzo luna park si voltò a guardare il bisticcio dei due, non sapendo se rimanere più impressionato dal comportamento del ragazzo nei confronti di una ragazza, o il comportamento della ragazza stessa.

«Ehi, Nobu-Scimmia!», si mise in mezzo Hanamichi, il difensore della patria. «Non azzardarti neanche a guardarla! Stalle lontano almeno a cinque chilometri di distanza! Sciò! Sciò!».

«Ma chi cavolo la vuole vicina», sbottò l’altro, girando sui tacchi e allontanandosi dal gruppo.

Hime guardò la sua schiena sparire tra la folla, sconcertata.

«Quanto è idiota!», esclamò arrabbiata la ragazza, gesticolando in direzione di Kiyota. «Non si può neppure fare un discorso civile con quella dannata scimmia!».

Nonno Maki le si avvicinò, con fare saggio e sapiente. «Kiyota non vuole essere così burbero in realtà. È solo un po’ esuberante, ma è un bravo ragazzo».

Hime mise su il broncio. «Sta di fatto che è un idiota ugualmente», borbottò, decidendo poi di seguire quella scimmia saltante di Nobunaga Kiyota e cantargliene quattro.

«Ehi, Hicchan! Dove vai?!», piagnucolò il fratello, pronto a seguirla se non fosse stato per una mano che lo bloccò per un polso.

Ayako scosse la testa. «Lasciala stare un po’, Hanamichi».

«Cosa? Con quella scimmia selvaggia?! Mai!».

Un pugno gli arrivò dritto dritto in testa. «E calmati una buona volta, invasato!».

 

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Capitolo 8
*** Let’s go to the Luna Park! - Parte II ***


La cena, a differenza del pranzo, fu più movimentata

Ja-ne!

Eccoci nuovamente qui con la serata al Luna Park! Stavo pensando di unire questo capitolo con il prossimo [dato che sarà incentrato sempre sulla stessa sera], ma ho pensato: ma no, facciamo le cose con calma! Viva la suspense! XD

Lilli84: ma… ma… *me commossa* Addirittura Degna Erede del Sensei?! Questa non me la dovevi dire… ora mi monto la testa *_*

Kuro: eccoti accontentata! Curiosa, eh? :P

Grazie mille ad entrambe! *_* E a tutti coloro che leggono questa cosa! XD

A presto!

Kenjina.

Capitolo VII

Let’s go to the Luna Park! - Parte II

Nobunaga Kiyota, mani in tasca e un visino più che imbronciato, girovagava senza una meta precisa tra le bancarelle e le giostre del luna park, tra sorrisi e gridolini eccitati dei bambini. Maledetta strega di una donna rosso-scimmia! Se avesse potuto le avrebbe spaccato la testa! E dire che quella sera la trovava anche molto più carina del solito! Possibile che dovesse essere così antipatica, con lui? Eppure non gli era sembrato di averle risposto male, ora! Oppure sì? Beh, in effetti non era stato tanto l’uomo più galante della terra, ma… ah, al diavolo quella scimmia dello Shohoku! Tale il fratello, tale la sorella.

Perso com’era nell’inveirle mentalmente contro, neanche si accorse che la stessa protagonista dei suoi pensieri lo stava velocemente raggiungendo, letteralmente furiosa.

«Ehi, coso! Fermati un attimo!», gli gridò dietro. Maledette infradito della malora, rischiava di inciampare a ogni passo, correndo così! E infatti eccola lì, fare un bel capitombolo verso il terreno.

Ora mi ammazzo! Ora mi spalmo a terra, ecco! Morirò così, senza aver salutato Hanamichi e tutti gli altri!”, pensò melodrammatica, prima di essere sorretta da due braccia tese. Quello che i suoi occhi nocciola videro poco dopo non le piacque per niente.

Kiyota la fece alzare, guardandola un po’ arrabbiato e divertito nel contempo. «Sei una frana, Sakuragi».

Hime sbuffò, incrociando le braccia sul petto e voltando il viso dall’altra parte. «Grazie».

Nobunaga si lasciò sfuggire un sorriso. «Gomen nasai[1], Sakuragi. Non volevo dirti quelle cose prima». La ragazza stava per sorridergli, allegra, ma le parole di Kiyota la bloccarono. «È che sei troppo antipatica, a volte!È ovvio che poi perdo le staffe e dico cose che non voglio!».

Hime aprì leggermente la bocca per parlare, ma era troppo inebetita da quello che aveva appena sentito che l’unico riflesso incondizionato fu quello di tirargli un calcio sul ginocchio. E per fortuna del ragazzo fu solo sul ginocchio.

«Maledetta… strega…!», riuscì a mormorare, piegato dal dolore.

Hime raggiunse cinguettando il fratello e gli altri, che pensarono si fosse tutto risolto per il meglio.

«Beh? Che è successo?», chiese Hanamichi, burbero.

«Ah, l’ho lasciato steso a terra dopo un calcio», disse semplicemente lei. «Oh, guardate! La casa degli orrori!».

I ragazzi scossero la testa, divertiti. Poco dopo li raggiunse anche un dolorante Kiyota, bollente di rabbia come una pentola a pressione.

«Ahaha! Che scimmia! Farsi picchiare da una donna!», lo derise Hanamichi, che rischiò di beccarsi un pugno in faccia dal ragazzo.

«Si da il caso che quella», sibilò, indicando Hime, «quella non è una ragazza, è un maschio travestito!».

Hime spalancò gli occhi. «Ma come diavolo ti permetti, brutto sfigato?», gli gridò dietro, riprendendo a rincorrerlo e rischiando nuovamente di spalmarsi a terra.

Ayako e Ryota si guardarono indecisi, non sapendo se ridere o disperarsi.

«Come sono… uh, carini», provò a dire Ayako, grattandosi la fronte perplessa.

Hanamichi si mise le mani sui fianchi, piegando la testa all’indietro per far uscire meglio una grassa risata. «Ahaha! È tutto suo fratello! Un genio! Ahaha!».

«Che branco di deficienti», borbottò Akagi, decidendo di andare a bere qualcosa per dimenticare i suoi incubi peggiori, seguito da Maki e Jin. Il che era tutto dire, dato che Akagi non aveva mai bevuto alcolici in vita sua.

Nel frattempo i due litiganti, facendo lo slalom tra passeggini, bambini vari e bancarelle, finirono col ritrovarsi in un’oasi verde, tra piante e arbusti. E per fortuna c’era tanto di cartello con su scritto a caratteri cubitali: Non calpestate le aiuole. Grazie.

Kiyota si fermò, poggiandosi al tronco di un albero per riprendersi dalla corsa.

Affianco a lui Hime, che non perse occasione per prenderlo in giro. «Certo che… per essere un giocatore… del Kainan… ti stanchi facilmente… Scarso!».

Nobunaga le lanciò un’occhiataccia. Due secondi più tardi si ritrovò a chiudere tra l’albero e il suo corpo la giovane ragazza, che in un batter di ciglia divenne più rossa dei suoi capelli, mentre lui teneva una mano sul tronco dietro di lei e l’altra in tasca.

Hime guardò tremante quel ragazzo così… così troppo carino per i suoi gusti, così detestabile anche,  e decisamente troppo, troppo vicino a lei. Che razza di intenzioni aveva quella scimmia?

«Ki-Kiyota–».

Lui le sorrise, canzonatorio. «Che c’è, non sfotti più?».

Accidenti a lei, quanto era bella! L’aria spaesata e timorosa che le aleggiava in viso era qualcosa di veramente adorabile. Per un attimo, soltanto un attimo, avrebbe voluto azzerare la distanza che li separava e farle capire che non fosse così male come credeva. Si sarebbe anche solo accontentato di tenerla tra le sue braccia. Eppure si rese conto che non avrebbe potuto farlo. Non ci sarebbe riuscito. Anche perché sapeva per certo che non ne sarebbe uscito vivo. Aveva ancora il ricordo del calcio di poco prima stampato sul ginocchio.

Lui, il grande Nobunaga Kiyota ridotto così da una donna… e quale donna, poi! La sorella della scimmia!

Inaudito.

Nobunaga sospirò, un po’ abbattuto e spaventato dalla novità appena fatta. Quella ragazza gli piaceva, anche se non lo desse a vedere per niente. Eccome se gli piaceva! Altrimenti non si sarebbe spiegato perché tutto sommato adorasse battibeccare con lei, ogni volta che gli si presentava l’occasione. Non si sarebbe spiegato il fastidio che provava all’altezza dello stomaco nel vederla allegra e sorridente con tutti, in particolare con quel volpino maledetto di Rukawa, tranne che con lui. Non si sarebbe spiegato perché non riusciva a staccarle gli occhi di dosso ogni volta che entrava nel suo campo visivo. Ma era anche consapevole che non le avrebbe mai detto niente e che, soprattutto, non avrebbe mai avuto una benché minima chance.

Lo detestava, quello era ovvio.

Si allontanò un poco da lei, il tanto giusto che bastava per farla sgusciare via e poggiò affranto la fronte sul tronco, chiudendo gli occhi e ritrovando un po’ di se stesso.

Hime, d’altro canto, si portò una mano sul petto, cercando invano di calmare i tremendi battiti del suo cuore, ormai andato a quel paese al trotto. Che diavolo gli era saltato in mente, a quella scimmia? Non aveva pensato alle ritorsioni psichiche che potevano colpirla, dopo un momento del genere? Lei era mentalmente instabile, non poteva sopportare certe cose!

Si voltò a guardarlo, un attimo. Per tutti gli dei, perché non faceva altro che pensare a quanto fosse carino con tutti i capelli scompigliati per la corsa?

«Sono un deficiente», si disse Nobunaga.

Gli occhi nocciola della ragazza s’intenerirono per un attimo. «Finalmente l’hai capito».

Il ragazzo la guardò, oltraggiato. Ma quando vide che gli stava sorridendo senza malizia, si sentì più leggero.

«Torniamo dagli altri?», gli chiese, con la voce ancora un po’ tremante. «Sto… sto morendo di fame».

Kiyota ricambiò il suo sorriso, questa volta nel modo più dolce che conoscesse. «E comunque… ho ragione a dire che a volte sei un maschio», esclamò, recuperando la sua vitalità… e la sua infinita idiozia.

«Baka!», sbraitò lei, tirandogli una gomitata al fianco.

 

*

 

Per il rotto della cuffia trovarono posto in una tavola calda, accogliente e carina.

«Hana-chan! Ce lo prendiamo un bel piatto di sashimi[2] e onigiri ebi mayo[3]?», chiese Hime, guardando il fratello con occhi luccicanti – che non si fece certo pregare, annuendo felice.

«Io vado più sul leggero», fece Ayako, studiando il menù. «Credo che prenderò un gomoko-sushi[4], non ho molta fame».

«Allora prendiamo la stessa cosa, Ayakuccia!».

Hanamichi iniziò a ridere a crepapelle. «Ryo-chan, sei una sagoma!».

Immediatamente dopo si beccò un posacenere in testa.

«Ma in questo posto fanno anche pizze italiane?», domandò Mitsui, sporgendosi dalla sedia per guardare un cartello.

«Allora io prendo una capricciosa!», fece Kiyota, esaltato.

«Ah! Nobu-Scimmia, già il nome dice tutto!».

«Ma brutto pezzente, sai dove te la ficco questa bottiglia?».

Nel frattempo Maki, Jin e Akagi stavano discutendo civilmente su cosa prendere per cena, facendo finta di non sentirli ne di conoscerli, sebbene sedessero allo stesso tavolo. Potevano anche dire di non aver trovato altri posti liberi e di dover dividere il tavolo con quegli esagitati… no?

Ordinarono la cena, con birra e bevande gasate (tranne Hime che beveva solo ed esclusivamente acqua), sperando che si muovessero a servirla perché stavano letteralmente morendo di fame.

Per la fortuna di chi non aveva ordinato la pizza, le cibarie arrivarono cinque minuti più tardi.

«Maledetta scimmia rossa!», esclamò Kiyota. «Abbi almeno il buon senso di aspettare che arrivi anche la nostra cena prima di iniziare a mangiare!».

Niente da fare. Hanamichi aveva già fatto fuori metà del suo sashimi, minacciando di mangiare anche la porzione della sorella, che invece non aveva ancora iniziato.

«Hanamichi, sei un maiale», disse Mitsui, appoggiando un braccio allo schienale della sedia e bevendo un po’ di birra.

«Non shono un mahale!», bofonchiò il rosso, a bocca piena, sputacchiando di qua e di là.

E mentre i malcapitati dovevano aprire gli ombrelli per ripararsi dalle schifezze del rossino, Akagi si guardò intorno, alla ricerca di un tavolo libero per tre. Ma, ovviamente, la sfiga lo perseguitava da qualche mese a quella parte e il locale era pieno come un uovo.

Hime, la testa poggiata sul palmo di una mano, guardò sconsolata il fratello, avvicinandogli un tovagliolino di carta per pulirgli il muso. «Quanto ti vorrei vedere a una cena galante, Hana! Magari con Haruko!».

Il rossino divenne scarlatto come i suoi capelli, vendicandosi sulla sorella con un dito infilzato sul fianco. Il salto che fece la ragazza per poco non mandò all’aria il suo piatto.

Quando finalmente arrivarono anche le pizze, Hanamichi aveva già finito il suo sashimi ed era a buon punto con l’onigiri.

«Kami, questo gomoko è buonissimo!», fece Ayako, mandando giù un po’ di riso insieme a un pezzo di pesce.

Hime annuì. «Anche il sashimi è squisito! Le pizze come sono?».

Mitsui non alzò la testa dal suo piatto, idem per Kiyota. Evidentemente era così buona che non avevano la minima intenzione di fermarsi per parlare.

Fu Soichiro Jin a risponderle, amabile come sempre. «Direi che è ottima! Vuoi assaggiarne un pezzo?».

Due paia di occhi irritati, quelli nocciola di Hanamichi e quelli blu di Kiyota, vennero puntati contro il cecchino del Kainan, che passava il suo piatto alla rossa. Ci mancò poco che lo disintegrassero con la forza del solo sguardo.

«Buona!», esclamò Hime, assaggiando un pezzo di pizza.

«È più buona la mia!», esclamò Nobunaga, scoccando uno sguardo di fuoco al compagno di squadra, che avrebbe incenerito un’intera foresta. Come si permetteva di farle assaggiare la sua pizza? Va bene che aveva capito da poco che quella ragazza gli interessava ed era già tanto se era riuscito ad ammetterlo a se stesso, ma… mai mettersi contro Nobunaga Kiyota, il latin lover numero uno di Kanagawa!

Hime, che stava passando il piatto al legittimo proprietario, bloccò la mano a metà, guardando il ragazzo. Scosse la testa, perplessa.

Hanamichi, d’altro canto, spostava lo sguardo sui i tre, come sceso dalle nuvole. «Ehi, Hicchan! Non mi piace questa storia! Perché quello spilungone ti ha passato la pizza? E perché quella maledetta scimmia ti guarda così?».

Ayako e Ryota si scambiarono un’occhiata, non capendo, anche se la ragazza una mezza idea (e forse anche qualcosa di più) nella sua testolina se l’era fatta; Mitsui, invece, fece finta di niente, continuando a gustarsi quella prelibatezza sotto il naso, sempre accompagnato da un po’ di buona birra.

Gli unici che riuscirono a capire cosa stesse succedendo furono Maki e lo stesso Jin, che si guardarono di sbieco e trattennero un sorriso. Avevano capito da un po’ che alla loro scimmietta interessava la sorella di Sakuragi, era più che palese. Persino durante gli allenamenti lo sentivano inveire contro la ragazza, senza motivo alcuno. Il gesto di Soichiro serviva proprio per vedere la reazione del compagno di squadra – che infatti aveva reagito male.

«Come la starei guardando, scusa?».

«Come una scimmia in calore!».

«Scimmia in calore a chi, brutto deficiente?!».

«Ehi, voi due!», esclamò Hime. «Se continuate così ci sbattono fuori dal locale!».

Le due scimmiette abbassarono le spalle, arrossendo per la sgridata. In occasioni diverse Kiyota le avrebbe risposto a tono e la ragazza si sorprese non poco della docilità con cui il numero dieci del Kainan riprese a mangiare la sua pizza.

«E comunque è più buona la mia, di pizza», borbottò infine, offeso.

Soichiro e Maki non riuscirono più a trattenersi e scoppiarono a ridere, sotto lo sguardo incuriosito del resto della tavolata e uno sguardo infuocato del ragazzo.

Hanamichi si grattò la testa, pensieroso. «Vabbè che il Nonnetto è vecchio e ha momenti di follia, ma anche quel Jin tanto normale non è».

Due secondi più tardi si ritrovò due bernoccoli in testa e un Gorilla e un’Ayako più che furiosi alle sue spalle.

«Ben fatto!», esclamò Kiyota, applaudendo ai due.

Hanamichi gonfiò le guance, umiliato. Perché doveva sempre beccarsi tutti quei colpi?

Una mano gli si poggiò sulla testa, scompigliandogli i capelli corti e rossi. Hime gli sorrise, con dolcezza. E lui ricambiò. Adorava sua sorella, era la persona più cara che gli fosse rimasta, insieme alla madre, dopo la perdita del padre per un infarto. L’amava, l’amava dal profondo del cuore. E non sapeva come avrebbe fatto senza il suo sostegno, senza la sua perenne presenza, senza i casini che combinavano insieme. Era anche per questo motivo che era più che possessivo nei suoi confronti. Guai a chi osava troppo con la sua Hicchan!

Preso da un impeto di affetto, le si scaraventò addosso, abbracciandola forte forte, sotto lo sguardo incredulo e intenerito dei presenti. «Ti voglio bene, Hicchan!».

Hime per poco non si commosse. Sapeva quali pensieri, in quei pochi secondi, avevano attraversato la mente del fratello. E le scoppiava il cuore di gioia quando Hanamichi le dimostrava tutto l’affetto di cui era capace. Quanto adorava quel bestione di ragazzo!

«Hana! Anche io! Tanto!».

I presenti scoppiarono a ridere, divertiti dai due gemelli. Per quanto fossero casinisti e ce la mettessero davvero tutta a far saltare le coronarie a chiunque li circondasse, era commovente vedere quanto si volessero bene, quanto fossero pronti a sacrificare se stessi per il bene dell’altro.

«Ahaha! Sono un genio di fratello!», esclamò il rossino, tra le facce sconsolate di molti.

«Ci fosse stato Kaede probabilmente ti avrebbe detto: un genio di fardello, vorrai dire», scimmiottò la sorella, scoppiando a ridere vedendo la reazione dell’altro.

«Maledetta prima donna dei miei stivali! Meno male che non è venuto, altrimenti l’avrei messo al posto dei pesciolini rossi!».

Eccolo, tornato il rompiballe di sempre. E meno male la volpaccia non era venuta, altrimenti Akagi avrebbe seriamente potuto compiere qualche azione sconsiderata. Come buttarli in mezzo alle rotaie delle giostre con i vagoncini in arrivo a tutta velocità. Magari sarebbe riuscito a levarseli da mezzo le palle, così.

«Ah, Hicchan!», disse il rosso, guardando il piatto della sorella. «Quello devi finirlo tu o vuoi che ti dia una mano?».

Ci mancò poco che la metà di loro cadesse dalle loro sedie.

Hime rispose con una risata cristallina e, come al solito, contagiosa. «Hana, sei un pozzo senza fondo! Fai quasi concorrenza a Takamiya!».




[1] Gomen Nasai: scusa/mi dispiace.

[2] Sashimi: fettine sottilissime di pesci o molluschi freschi, servite in salsa di soia con wasabi o in salsa ponzu e decirate con radici di daikon.

[3] Onigiri Ebi Mayo: involtini di riso e alghe crude, in questo caso farciti con gamberi e maionese.

[4] Gomoko-sushi: riso cotto con aceto di riso, zucchero e sale, guarnito con pesce, alghe, vegetali o uova. Gli ingredienti possono essere o cotti o crudi.

 

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Capitolo 9
*** Let’s go to the Luna Park! - Parte III ***


La cena, a differenza del pranzo, fu più movimentata

Capitolo VIII

Let’s go to the Luna Park! - Parte III

Come previsto, dopo cena Hanamichi e Nobunaga si fiondarono ai kart (con l’intento di trasformarlo in un autoscontro), spingendosi e strattonandosi per accaparrarsi l’unica automobilina rosso fiammante disponibile.

«Oh Kami, sono peggio dei bambini!», esclamò Ayako, guardando con disapprovazione i due, che rischiarono di calpestare un bambino che, sfortunatamente, si trovava davanti alla loro folle corsa.

«Più che altro mi chiedo dove metterà le gambe Hanamichi», disse pensierosa Hime, guardando divertita il fratello che cercava disperatamente di sedersi in quel microbo di auto. Kiyota, invece, più basso una diecina di centimetri del rossino, nonostante qualche difficoltà, riuscì a posizionarsi bello che tranquillo nella sua macchinina gialla.

«Ahaha! Hai il culo enorme, Rosso-Scimmia!», gridò tra le risate il moro, facendo ridere anche i compagni.

«Maledetto pidocchio!», replicò l’altro. «Aspetta che riesca a sedermi e ti faccio vedere di cosa è capace il genio delle corse!».

Il gestore dell’attrazione li guardò parecchio perplesso, sospirando. A volte i ragazzotti di una certa età erano anche peggio dei bambini. Bambini… gli stessi che ora stavano piangendo perché due giganti delle nevi gli avevano fregato il loro divertimento.

«Due bisonti, ecco cosa sono», fece Ryota, poggiandosi mollemente a una transenna.

«Chi perde sale sulle montagne russe con Hime!», esclamò Mitsui, sorridendo malizioso alla volta della ragazza.

La rossa, in risposta, lo mandò gentilmente a quel paese, saltandogli sulle spalle e tirandogli i capelli. Kami, adorava la velocità… ma quelle erano alte, porca paletta! Lei soffriva di vertigini!

Hanamichi, d’altronde, iniziò a sbraitare contro il ragazzo, manco fosse una lavandaia. «Ma brutto Mitcchan! Io non voglio che questa scimmia spelacchiata salga con la mia sorellina!».

«E chi ti ha detto che sarò io a perdere?», replicò l’altro, indispettito.

«Certo che sarai tu, Nobu-scimmia! Perché io vincerò! Ahaha!».

Ma perso com’era nei suoi vaneggiamenti, neanche si accorse che il via era stato già dato e, infatti, partì con qualche secondo di svantaggio.

«Sakuragi, sei proprio un cerebroleso!», esclamò Kiyota, prendendo la prima curva a sinistra.

«Questa è la volta buona che si ammazzano», mormorò Ayako, preoccupata.

Akagi ghignò. «Speriamo!».

In pista, nel frattempo, le due scimmiette si davano aperta battaglia. Il loro orgoglio (e la salvezza della sorella di uno dei due dalle grinfie dell’altro) era prepotente, qualcosa che aveva sempre la meglio su di loro. E infatti neanche sentirono l’uomo alla cassa che gli gridava di non sbattersi così, per la loro incolumità, per quella degli altri e per quella delle macchine. Dovevano vincere, quello era l’importante!

«Che cazzo, brutto muso di scimmia! Vuoi finirla o ti devo sbattere fuori con una ruota?», esclamò Nobunaga, voltandosi velocemente verso l’altro, che era riuscito ad affiancarsi a suon di speronate a destra e a manca.

«Ahaha! Sono un genio!».

L’ennesimo colpo del rossino fecero voltare un infuriato Kiyota che, troppo occupato a cantarle al ragazzo, non si accorse della curva a gomito a destra e finì bello che spalmato sulle transenne dove stavano gli altri.

«Hanamichi, deficiente!», gridò Hisashi alla volta del rossino, che rideva come un matto e continuava a girare.

Kiyota, immobile nella sua piccola autovettura strinse i pugni, fumando rabbia come una pentola a pressione. Immediatamente dopo saltò sull’automobile manco avesse le molle sotto i piedi, gridando infuriato contro Hanamichi. Ci mancò poco che si gettasse all’inseguimento di quell’altro pazzoide, se non fosse stato per Maki che lo afferrò prontamente per la collottola.

«Io ti ammazzo, brutto idiota! Ti ammazzo!».

In men che non si dica le famigliole vicine videro bene di allontanare i loro pargoli da quel gruppo di incoscienti e schizzati, facendo perdere un cospicuo incasso all’uomo del botteghino, il quale a sua volta stava seriamente pensando di tirar fuori la mazza da baseball che teneva nascosta dietro il bancone e insegnare le buone maniere a quegli animali da circo.

Nobunaga strattonò il suo Capitano, irritato e avvolto dalle fiamme dell’inferno. Si voltò verso una meta non precisa, con lo sguardo abbassato e un viso del tutto infuriato.

«Kiyota, stai sanguinando dal naso», lo informò Ayako, guardandolo attentamente.

Hime sbuffò alla volta del fratello che, ignaro di tutto, continuava a correre come un esaltato. Si avvicinò a passo spedito al rookie del Kainan, posandogli una mano sul braccio. Ci mancò poco che il ragazzo si voltasse a tirarle un pugno, tanto era suscettibile.

«Ehi, scusami tanto se mi sto preoccupando per te!», sbottò offesa.

«Non… non pensavo fossi tu, scusa», borbottò Nobunaga, voltando il viso da un’altra parte.

Hime tirò fuori un fazzoletto e lo costrinse a guardarla, prendendogli il mento tra le dita. Per un attimo rimasero così, immobili a guardarsi: lei con il fazzoletto a mezz’aria, dimentica di quello che doveva fare inizialmente; lui perso in quegli occhi nocciola perennemente ironici e birichini. Entrambi non si accorsero che erano nelle immediate attenzioni degli amici, che li osservavano sghignazzando.

«Scu– scusa Hanamichi, non voleva che ti facessi male», disse lei in un soffio, troppo presa ad ammirare i lineamenti del viso dell’altro.

«Non devi scusarti per lui. Se è un deficiente non puoi farci niente».

Hime gonfiò le guance, iniziando a tamponare il naso del ragazzo. Era pur sempre suo fratello!

«Ehi, fai piano! Hai la delicatezza di un elefante!», si lamentò Nobunaga.

«Un elefante? Guarda che ti faccio anche l’occhio nero se questo non ti basta!», esclamò lei, premendo contro il naso dell’altro e facendolo deplorare.

Quanto era idiota quel ragazzo. Lei voleva essere gentile e lui si lamentava! Ma com’era tenero con il visino imbronciato, le guance leggermente imporporate dall’affronto di poco prima, le labbra socchiuse, per respirare meglio… quelle labbra… kami-sama, doveva darsi una calmata! Quello era Nobunaga Kiyota, il suo nemico giurato! Non poteva fare certi pensieri su di lui, accidentaccio!

«E-Ehi! Voi due!», gridò Hanamichi, una volta sceso dall’automobile e accortosi di quello che stava succedendo. «Brutto maniaco, stai alla larga da mia sorella!».

«Maniaco a chi, idiota! Se ti afferrò ti faccio diventare i capelli biondi!», rispose l’altro, saltando sul rossino e ingaggiando lotta libera. Se ci fosse stata l’Armata Sakuragi a quell’ora avrebbero anche fatto in tempo a tirar su il banchetto delle scommesse su chi le avrebbe prese di più.

Due secondi più tardi entrambi si ritrovarono un bernoccolo in testa. «Deficienti.», dissero in coro Akagi e Maki, guardandoli di sbieco.

«Capitano! Io sono anche ferito!», si lagnò Nobunaga, facendo ridere gli amici.

«Ma quale ferito e ferito!», fece Maki, sogghignando. «Un ragazzo grande e grosso come te che si lamenta per un colpo! Vergogna!».

Kiyota arrossì a livelli ancora mai raggiunti e sperò ardentemente che un qualcosa o qualcuno lo facesse sparire da lì il prima possibile. Oppure facesse sparire direttamente quel maledetto rossino che non la smetteva di pavoneggiarsi della sua fantastica gara e delle sue doti indiscusse di pilota di formula uno.

«Ehi, Kiyota», ghignò Mitsui, affiancandosi al ragazzo. «Paga la penitenza!».

«Hisashi!», esclamò Hime, balzandogli davanti. «Non ti sembra il caso di chiedermi prima: “Hicchan cara, ti andrebbe di scontare la penitenza anche per quel simpaticissimo ragazzotto di là”?!».

Kiyota, ovviamente, non tardò a prendere al volo la provocazione. «Guarda che quel “simpaticissimo ragazzotto di là” ha un nome!».

«Nobu-scimmia!», puntualizzò Hanamichi, rischiando di trovarsi nuovamente quel demente addosso, deciso a riempirlo di botte.

Nel frattempo Hime stava liberamente battibeccando con Hisashi, senza neanche accorgersi che, mentre camminavano, erano arrivati esattamente all’entrata per le montagne russe.

«Oh, guarda un po’ dove siamo!», fece Mitsui, sorridendole ironico.

«Niente mi vieta di non salirci».

Ryota arrivò in soccorso dell’amico, dandogli man forte. «Certo che ci salirai, altrimenti saremo costretti a usare la forza».

«Ehi, ragazzi, dovete salire o no? State intasando la fila», disse un uomo tarchiato e burbero.

«Certo, stanno salendo subito!», esclamarono Miyagi e Mitsui, spintonando i due malcapitati verso l’uomo.

«Voi due me la pagherete! Ricordatevelo!», gridò Hime.

«Hicchaaan! Maledetta scimmia, la mia Hicchan!».

«E stai un po’ zitto, demente!».

Hime, guardando la struttura metallica della giostra, per poco non svenne. «È… alta…».

Nobunaga la guardò distratto, ancora seccato dall’incidente di prima. «Sul cartello c’era scritto venticinque metri».

Per poco il ragazzo temette di perderla e trovarsela afflosciata per terra come un palloncino sgonfio, dato che il viso della rossa divenne pallido peggio di un cencio.

«Ve-venticinque?!».

Kiyota ghignò. «Soffri di vertigini?».

Hime abbassò lo sguardo, bofonchiando un sì.

«Beh, a me non è che piaccia tanto quella», le disse, indicando un giro della morte visibile dietro la chioma di un albero vicino a loro. «Ma non dirlo a nessuno, ho una reputazione da mantenere io!».

Hime scosse la testa, quasi sconvolta. «Io… io stanotte li affogo nella piscina, è deciso! E tu mi aiuterai, vero? Perché altrimenti affogo anche te!», esclamò puntandogli minacciosa un dito contro.

Nobunaga rise, afferrandola delicatamente per un polso e facendola avanzare nella fila.

Una volta seduti e allacciati per bene, Hime strabuzzò gli occhi. Oh Kami, era davvero seduta su quell’affare infernale?! Sarebbe morta, oh sì che sarebbe morta… d’infarto! Ma se fosse sopravvissuta… mille idee diaboliche le stavano frullando nella testa, per farla pagare a quei due mentecatti che non erano altro!

«Dammi la mano, Kiyota!», esclamò, quando sentì le rotaie sotto di sé iniziare a muoversi.

Nobunaga strabuzzò gli occhi, ma non le negò la mano. Sentì quelle piccole di lei stringere la sua convulsamente. Era terrorizzata. Ed era adorabile.

«Paura, Sakuragi?», le mormorò sorridendo, facendola voltare verso di lui. «Tranquilla, ci sono io!».

Per un istante Hime si dimenticò di essere sull’attrazione per lei più spaventosa dell’intero luna park. C’era soltanto il ragazzo affianco a lei, che da qualche tempo le stava accarezzando la mano con il pollice, quasi volesse rassicurarla. E caspita, facendo così faceva tutto fuorché tranquillizzarla!

«Ki-Kiyota», farfugliò Hime, mentre i vagoncini iniziavano la loro lenta salita. «Se dopo questa… cosa io morirò, perché io morirò…». Le parole le si bloccarono in gola vedendo che l’altezza da terra aumentava sempre di più.

Nobunaga, con la mano libera, la voltò verso di sé. «Continua a guardarmi».

«Ecco, dato che morirò… sappi… sappi che lascio tutti i miei beni a Hanamichi», il vagoncino tremò un istante, facendola bloccare. Deglutì a fatica, stringendogli ancora di più le mani, ma continuò. La salita continuava, ma stava per finire, senza che lei se ne rendesse conto. Davanti a lei c’erano solo gli occhi blu del ragazzo «Che quando ero piccolaaa–!».

La discesa arrivò inaspettata quanto brusca, togliendole il fiato in men che non si dica. “Sto morendo! Sto morendo!

Sballottati a destra e a sinistra, tra sali e scendi improvvisi e veloci, i due gridarono per tutto il tragitto, quasi senza respirare. Giù, intanto, i loro amici ridevano come matti, sentendo le urla disperate della ragazza, riconoscibili a miglia di distanza.

«Questa volta Hime vi ammazza sul serio», disse Ayako, ridacchiando.

I due congiurati si guardarono melodrammatici, esclamando in coro: «È stato bello conoscerti!».

Quando anche il secondo, infernale giro terminò, Hime e Nobunaga erano senza fiato in gola. Forse, pensò la ragazza, aveva lasciato anche due o tre corde vocali in qualche discesa.

«Sono viva–!».

Nobunaga, nonostante la strizza per il giro della morte (che comunque gli era piaciuto parecchio), rise di gusto, stringendole la mano. Se quel gesto era stato dettato da un momento di paura, ora Kiyota non voleva saperne di lasciarla andare così. Kami, non riusciva a spiegarsi da dove era saltata fuori quella voglia, ma sentiva che voleva sentirne il calore, quella sera.

«Tutto bene?», le chiese, quando il trenino si fermò completamente. La aiutò a uscire, perché proprio come lui, anche Hime aveva le gambe tremanti per l’adrenalina.

«Credo… credo di sì!».

Continuando a tenerla per mano, Nobunaga la condusse dagli altri, con un sorrisone stampato in faccia.

«Ahaha! È stato bellissimo!», esclamò, molleggiandosi nel camminare.

«Parla per te!», disse Hime, con voce roca.

«Potresti fare la soprano, Hime, sai? Le tue grida son state spassosissime!», fece Mitsui, sbellicandosi dalle risate e beccandosi un pugno da Hanamichi.

Il rossino, poi, voltandosi verso la sua Hicchan per vedere se stesse bene, si accorse che i due fossero mano nella mano – particolare che, invece, agli altri non era sfuggito per niente.

E in un nano secondo scoppiò la terza guerra mondiale.

«Ma come ti permetti, maledetta scimmia sfigata? Giù le zampacce dalla mia Hicchan!», gridò il rosso, artigliandogli letteralmente le braccia. «Hicchan, vieni, ti porto alla disinfestazione! Non vorrei che le sue pulci ti danzassero addosso scimmiottando come quello lì».

«Ha-Hanamichi!», esclamò imbarazzata Hime, mentre Nobunaga, come previsto, gli saltava addosso per pestarlo, con l’intendo di farlo fuori una volta per tutte. Per un momento Akagi fu tentato di dare man forte al piccolo Kiyota. Per una volta poteva anche aiutarlo, quell’altro esagitato… almeno uno se lo sarebbe tolto dalle palle.

Hime si mise le mani in viso, sconsolata. Appoggiandosi a una panchina lì vicino, con le gambe ancora molli per l’esperienza appena vissuta, alzò lo sguardo verso i suoi amici, che la guardavano maliziosi e parecchio allegri.

«No!», esclamò lei, capendo quelle occhiate. «No, no e no!».

Inutile dire che gli altri scoppiarono a ridere, mentre i due litiganti si bloccarono, incuriositi dalle loro risa. Continuando a non capire, si guardarono un attimo, fecero spallucce e ripresero a darsela di santa ragione.

 

*

 

Tornarono in albergo all’una di notte passata. Si erano divertiti (tranne per quel piccolo inconveniente che era costato due litri di sangue dal naso al povero Kiyota), avevano fatto casino e si erano fatti riconoscere come sempre.

Akagi fu il primo a fiondarsi come un treno in camera da letto, per entrare in letargo e risvegliarsi a primavera, dato che le coronarie gli erano saltate del tutto e il pugno gli doleva, da quante volte lo aveva dovuto usare su quelle teste bacate dei suoi compagni di squadra.

Maki e Jin, invece, erano rimasti a chiacchierare in giardino, consci del fatto che, nonostante l’ora tarda, non sarebbero riusciti a prendere sonno facilmente. Per fortuna il giorno dopo (anzi, il giorno stesso) sarebbe stato domenica.

Chi, invece, non aveva nessunissima intenzione di dormire era il branco di invasati che tanto si era divertito quella sera. Erano euforici, manco fossero ubriachi, e volevano concludere in bellezza la serata.

«Che si fa?», chiese Hanamichi, abbracciando la sorella da dietro e poggiandole il mento sulla spalla.

«Bagnetto di mezzanotte?», propose Mitsui, con un sorrisino maligno.

«Perfetto!», esclamò il rossino, sollevando la rossa come un sacco di patate e buttandola in acqua, ancora munita di vestiti e infradito.

«Hanamichi no baka!», esclamò lei, riemergendo e tirandogli le pantofole addosso. «Non te la starai prendendo a vizio?!».

Sakuragi scoppiò a ridere, evitando le due pantofoline, senza neanche accorgersi che Ryota e Hisashi, con uno sguardo d’intesa, stavano per fargli raggiungere la sua cara Hicchan.

«Maledetti traditori!», gridò l’esagitato, spruzzando acqua dalla bocca come una balena.

«Razza di demente, abbassa la voce!», gridò Ayako, togliendo fuori da chissà dove il suo ventaglio e colpendolo sulla capa rossa. Per poco non cadde in acqua anche lei.

«Brutta strega!», si lagnò il ragazzo, beccandosi, poi, un Ryota incollerito addosso, che stava pensando bene di punirlo per l’affronto alla sua amata.

«Fate largo al Re!», gridò Hisashi, prendendo la rincorsa e tuffandosi a bomba.

«Hisashi, dieci centimetri e mi beccavi!», esclamò Hime, ridendo e buttandosi sulle spalle del numero quattordici, con il vano intento di picchiarlo. «Facciamo una lotta?», chiese, aggrappandosi meglio a Mitsui.

«Sììì! Tu e Mitchi contro me e Ryo-chan!», disse Hanamichi, con un sorrisone ebete in faccia. Poi, resosi conto di quello che aveva appena detto, esclamò: «No, no, no! Io e te, e Mitchi con Ryo-chan!».

Gli altri scoppiarono a ridere all’evidente gelosia del rossino nei confronti della ragazza.

Hime gli sorrise. «Hana, tranquillo che nel caso lo affogo!».

«Ah, è così?».

Mitsui non ci mise molto a capottarla e a spedirla sott’acqua.

«Assassino!», si lanciò alla rincorsa Hanamichi, saltando addosso a Mitsui e rischiando di cadere sopra la ragazza, che stava riemergendo in quel momento.

«Brutti bisonti! Volete ammazzarmi, eh? A morteee!».

E lì a picchiarsi, a schizzarsi acqua e a tentare di affogare il nemico.

Nobunaga guardava la scena con un pizzico di divertimento, poggiato a un tavolino e con le mani incrociate dietro la testa; ma improvvisamente si sentì l’escluso del gruppo. Lui faceva parte della squadra nemica, non della loro. Erano affiatati, erano scandalosi a volte. Ma insieme si divertivano. Insieme erano un gruppo unitissimo. Che cosa ci faceva in mezzo a loro? Non gli ci voleva molto a far baldoria, ma capiva in quali situazioni poteva permetterselo.

Lanciò un’occhiata al suo capitano e all’amico, che sorridevano vedendo quegli scalmanati combinarne di tutti i colori. Stava per raggiungerli, quando la voce del rossino lo bloccò, lasciandolo di sasso.

«Ehi, Nobu-scimmia! Dove vai? Vieni qui, che ti affogo per bene!».

Kiyota sorrise, più rilassato. Ma quando si voltò mostrò un faccino del tutto contrariato. «A chi è che vuoi affogare, razza di scimmia dal pelo rosso?».

Il moro si tolse la maglietta, rimanendo a petto nudo, nonostante Maki lo avvertì che l’acqua fredda gli avrebbe potuto provocare un bel raffreddore. Ma lo sapeva, quel ragazzo faceva tutto di testa sua.

«Arriva il lottatore numero uno di Kanagawa, Nobunaga Kiyota! Ahaha!», gridò l’altro esaltato, raggiungendo il gruppo con una capriola. Ci mancò poco che sbattesse rovinosamente la testa sul bordo della piscina, dato che aveva saltato troppo presto e troppo lontano.

Dentro l’albergo, invece, un Akagi fuori dai gangheri si coprì la testa con un cuscino, stringendolo con talmente tanta forza che finì quasi per romperlo. Accidenti a quegli esagitati! Lunedì si sarebbe divertito lui!

Decisero di ritirarsi a nanna solo due ore più tardi, esausti ma felici.

Piccolo siparietto per l’autrice:

Finalmente si chiude la parte del Luna Park! Che fatica tenerli a bada tutti, animali! ò_ò Ma la storia è lunga, eccome se è lunga! Il bello deve ancora iniziare *_*! *risata malefica di sottofondo*

Prima di salutarvi e darvi appuntamento alla settimana prossima (presumo mercoledì, dato che lunedì inizio con l’università e mercoledì, appunto, è l’unico giorno libero in settimana che ho dalle lezioni) vorrei ringraziare di cuore lilli84 [grazie, grazie, grazie! Addirittura una delle migliori, god! Più tardi faccio una telefonatina ad Inoue-sensei, vediamo che ne pensa XD! Besos :*] e SangoChan88 [ecco, queste son le cose che più mi commuovono e mi rendono schifosamente felice ;__;! Dannatamente IC… grazie! *_* Ehehe… ne vedremo delle belle! XD Grazie mille anche per il preferito! *_* Siete sempre di più! *O*].

Grazie mille anche a tutti coloro che stanno continuando a seguire questo sclero di storia… ce ne vuole coraggio, eh! xD

A prestissimo,

Kenjina.

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Capitolo 10
*** The beginning of the end? ***


La cena, a differenza del pranzo, fu più movimentata

Capitolo IX

The beginning of the end?

Hime si stava sistemando la scopa di capelli rossi che aveva in testa, fermandola con la consueta pinza marrone. «Dici che dovrei tagliarli?», chiese ad Ayako, che stava leggendo una rivista sportiva.

La riccia alzò lo sguardo sull’altra, chinando il capo di lato. «Ma no… son così belli».

L’altra sbuffò, guardandosi una ciocca ribelle che scappava dalla presa della pinza. «Ah, al diavolo! Un giorno farò la pazzia di Hanamichi e li taglierò corti corti!».

Ayako rise, scuotendo la testa divertita. Quella ragazza era incredibile!

«Vado a farmi due passi, tu che fai?», le disse Hime, avvicinandosi alla porta.

«Finisco di leggermi questo articolo, poi magari ti raggiungo».

Hime la salutò con un sorriso e uscì dalla camera. Sentì uno starnuto potente provenire dalla camera della scimmietta del Kainan e decise di andare a rompergli un po’ le scatole. Bussò alla porta e dopo una manciata di secondi un Jin sorpreso e sorridente la fece accomodare.

«Sakuragi, qual buon vento?», le chiese.

Nel sentire quel nome Kiyota, sdraiato sul letto con un braccio a coprirgli il viso, balzò in piedi, pensando si trattasse della scimmia rossa al maschile. Ma quando si ritrovò di fronte Hime, deglutì a fatica. «Sa-Sakuragi! Che ci fai qui?».

Hime sorrise ai due, rendendosi conto solo in quel momento che fosse nella camera dei due giocatori del Kainan. La tana del lupo! «Ho sentito che starnutivi e ho pensato di venire a vedere come stavi».

Nobunaga, già rosso di per sé per il raffreddore e un po’ di febbre, divenne ancora più scarlatto.

Jin si appoggiò al muro. «Si è preso un colpo d’aria ieri sera. Questo è perché non ascolti mai i consigli degli altri, Nobunaga. Lo sai che ti ci vuole un niente per raffreddarti».

Kiyota voltò lo sguardo, scocciato dall’ennesima ramanzina della giornata. Non era bastato Maki che l’aveva rimproverato alla grande, ora ci mancava anche la terza in dieci minuti di quel rompiscatole di Soichiro. E che caspita, era grande e vaccinato per prendersi le sue responsabilità!

Si buttò nel letto, a pancia in giù, sprofondando il viso nel cuscino. «E zitto, Jin», borbottò.

L’altro rise, divertito. Poi guardò la ragazza e la scoprì letteralmente imbambolata a fissare il loro numero dieci. «Beh, io vado da Shin’ichi, voleva parlarmi della partita di domani. Stattene buono al caldo, Nobu-chan!».

«Seh… come se già non ce ne fosse, di caldo.», sbottò Kiyota, riversandosi su di un fianco e starnutendo nuovamente. «Accidenti…».

Hime, rimasta sola con il ragazzo, abbassò gli occhi, imbarazzata. Baka! Che diavolo le era saltato in mente ad andare da lui?! Maledetto carattere impulsivo della malora!

«Vuoi fazzoletti?», le chiese Nobunaga, guadagnandosi la sua attenzione. «Ne ho sporchi in quantità industriale».

«Che schifo, Kiyota!», esclamò lei, ridendo.

«Puoi anche sederti, eh».

Hime annuì poco convinta e prese posto nel letto di Jin, vicino a quello della scimmietta. Restarono in silenzio per un po’. Un silenzio decisamente troppo pesante e imbarazzante, per i loro gusti. Quand’era l’ultima volta in cui era accaduta una cosa simile?

Mai.

«Allora… hai anche febbre?».

Nobunaga si mise a sedere, sentendosi la fronte con una mano. «Non so… io mi sento scottare, ma ho già caldo di mio».

Hime gli si sedette accanto, spostandogli la sua mano grande e sentendo lei stessa se scottasse realmente.

Nobunaga temette di esplodere, in quel momento. Se non fosse stato caldo, con il rossore che gli imporporò l’intero viso, avrebbe raggiunto i cento gradi di ebollizione e sarebbe evaporato all’istante.

Hime, con una mano anche sulla sua fronte, confrontò un po’ la due situazioni, sorridendo impacciata. «No, sei leggermente caldo, ma non dev’essere molto alta». Ecco, doppiamente idiota. Cos’è, per concludere in bellezza voleva saltargli addosso, ora? «Io… è meglio se vado, così ti riposi un po’… domani c’è la prima partita e… si, è meglio così. Altrimenti rischio di essere contagiata anche io. Sì, io vado».

Ma non fece in tempo ad alzarsi che Kiyota l’aveva bloccata per un polso e strattonata verso sé. Restarono immobili, a pochi centimetri di distanza, ad ascoltare i propri respiri, a guardarsi negli occhi senza dire una parola. Poi le labbra di Nobunaga sfiorarono quelle della ragazza, lievi, quasi impercettibili. Un gesto impulsivo, irrazionale. Non sapeva nemmeno lui perché l’avesse fatto.

Il capogiro che avvertì Hime fu tutto un programma e ringraziò il cielo che fosse già seduta. Per poco temette di perdere i sensi. Che razza di effetto aveva su di lei quel ragazzo? Che tra le altre cose l’aveva appena baciata! Forse non era mai stata così confusa in vita sua. E soprattutto non aveva mai rischiato un colpo al cuore, con il battito così veloce da farla mancare!

«Sakuragi, io–», le mormorò a fior di labbra, socchiudendo gli occhi. «Scusami». Se Hime era confusa, lui lo era il triplo. Che diavolo aveva appena fatto? L’aveva baciata? Stava ammattendo di colpo? Quella era Hime Sakuragi! Si detestavano! Lo detestava! Doveva essere la febbre, stava delirando e non aveva controllo delle sue azioni. Sì, probabilmente era così, lui non si sbagliava mai. Faceva sempre le cose più giuste… già.

E allora perché Hime si stava alzando dal letto, rossa peggio dei suoi capelli? Forse… forse aveva fatto una delle sue tante idiozie?

«È… è meglio che vada, Kiyota. Ci vediamo a pranzo».

La vide allontanarsi velocemente, imbarazzata persa e tremante da capo a piedi. Nobunaga rimase immobile, a fissare la porta che veniva chiusa rapidamente. Prese un bel respiro, poi un altro…

«Idiota!», si gridò, prendendo un cuscino e sbattendolo con forza contro il muro. Ma che diavolo gli era saltato in mente? Se avesse potuto si sarebbe preso a calci sul muso!

Prese ancora il cuscino e lo colpì nuovamente con un pugno, come se avesse di fronte a sé la sua bella faccia arrossata e sudata. Poi lo colse una fitta alla tempia e fu costretto a sdraiarsi, per riprendersi un attimo.

«Cazzo…», mormorò, stringendo le mani. «Cazzo!»

 

*

 

Hime stava seduta per terra, con la schiena poggiata sul muretto del campetto esterno. Strinse le gambe al petto, nascondendo il viso tra le ginocchia. Che le era preso? Perché era andata via così, senza dire niente? Aveva fatto la figura di una ragazzina infantile. Stupida, stupida!

Si mise le mani tra i capelli, scuotendo nervosa la testa. Kami… quel ragazzo le piaceva, le piaceva da matti! Aveva sentito il cuore in gola quando l’aveva baciata! Kami… Kami! Baciata! Nobunaga Kiyota! Lo stesso ragazzo con cui non riusciva a parlare perché finivano sempre a insultarsi e a battibeccare! Magari quello era un modo per prendersi gioco di lei?

Si diede un pizzicotto sulla guancia, sperando di svegliarsi sul suo letto e poter dire: “era solo un incubo! È tutto finito, ora!”.

Niente, lei era lì, sola in quel campetto, a crogiolarsi nel suo brodo bollente. Troppo bollente.

«Ehi».

Hime alzò lo sguardo su di lui. Neanche si era accorta della sua presenza. «Ede».

Rukawa poggiò per terra il pallone da basket, perennemente tra le sue mani, e si sedette accanto alla ragazza, chiudendo gli occhi.

E Hime lo adorò. Aveva assolutamente bisogno di una persona amica, in quel momento. E Kaede Rukawa era la sua manna dal cielo. I suoi silenzi erano ricchi di parole. Nessuno, tranne Hanamichi, era in grado di capirla e ascoltarla meglio di lui. A meno che non si addormentasse nel mentre, ma quella era un’altra storia che lei risolveva con un bel pugno in testa.

«Ciao scema».

Hime prese un bel respiro, lanciandogli un’occhiataccia. «Grazie per l’insulto gratuito, eh».

Rukawa emise un gemito divertito e la guardò un attimo, spostandole una ciocca rossa dalla fronte. «Son proprio ridicoli questi capelli. Tingili».

Due secondi più tardi si ritrovò un bernoccolo in fronte. «I miei capelli sono bellissimi».

«Manesca».

Hime sospirò, guadagnandosi un’occhiata curiosa dell’altro. E capì che le stava tacitamente chiedendo di spiegarle cosa era successo. Perché Rukawa, per quanto fosse perennemente addormentato, aveva capito benissimo che qualcosa era accaduto.

«Ho fatto una cazzata», bofonchiò, poggiando la testa sulla spalla del volpino.

Kaede alzò un sopracciglio, abbassando lo sguardo su di lei. «Non è una novità».

«Si, ma questa volta l’ho fatta proprio grossa!».

«Non ti servirà continuare a pensarci. Ormai l’hai fatta».

Hime sorrise, non proprio convinta. «Se baciassi una ragazza che ti piace e questa se ne andasse subito dopo, cosa penseresti?».

Rukawa soppesò la domanda un po’, inclinando la testa da un lato. Sembrava un bambino. «Penso che la prossima volta dovrei lavarmi i denti e mangiarmi una mentina».

Si guardarono un attimo, lei confusa, lui con la solita espressione impassibile, ma con un guizzo svagato negli occhi.

«Oh, Kaede, quanto sei simpatico», esclamò la Sakuragi, ridendo. «Dai, seriamente!».

Il moro stava per dire qualcosa, ma la voce trapana timpani di Hanamichi gli bloccò qualunque cosa sul nascere.

«Oi, Hicchan! Eccoti qui… che cosa ci fai con la volpe?!», esclamò il rosso, balzando davanti ai due.

«Do’aho».

Ci mancò poco che i due iniziassero a darsele di santa ragione. Kami-sama, quegli esagitati insieme erano due bombe pronte a esplodere da un momento all’altro!

«Ehm, Hana!», si intromise Hime, alzandosi verso il fratello. «Perché mi cercavi?».

Il rossino, quando puntò i suoi occhi nocciola sulla sorella, tornò allegro e pimpante più di prima. Hanamichi aveva la capacità impressionante di cambiare umore da così a così. «Stiamo pensando di scendere in paese prima di pranzo! Vieni, vero?».

Hime gli sorrise, annuendo. Ci voleva proprio una bella giornata insieme ai suoi amici. L’avrebbe aiutata a sbollire i troppi pensieri che si stavano affollando nella sua piccola testa rossa. Non era abituata a pensare troppo a quel tipo di problemi. O forse non era abituata a pensare, punto.

I fratelli si avviarono verso il giardino dell’ingresso, dove gli altri tre esagitati li stavano aspettando.

«Rukawa, vieni anche tu?», chiese Ayako, alzandosi dal dondolo.

«Hn… no, mi faccio una doccia».

Hime gonfiò le guance, piantandosi di fronte al numero undici. «Eddai, Ede! Non sei venuto neanche ieri sera! Almeno fai qualcosa di diverso, dai!», esclamò, tirandolo per un polso nel vano tentativo di  trascinarselo dietro.

Rukawa sospirò, conscio del fatto che quando quella ragazza si metteva qualcosa in testa era pressoché impossibile farle cambiare idea. «Rompi palle».

«Allora, vieni si o no?».

Kaede le scoccò un’occhiataccia. E chi ne aveva voglia di sopportare quei tre dementi dei suoi compagni di squadra che gli menavano le palle ogni due secondi? «Hn. D’accordo».

Hime sorrise raggiante, prendendo sotto braccio sia il moro che il fratello, inebetito per la scena.

«Hicchan! Non stargli così attaccata! O lui o me! Anzi, me e basta!».

«Do’aho», bofonchiò l’altro, già pentito di non essersene restato in camera a farsi i cavoli suoi.

Inutile dire che tutti scoppiarono a ridere. Con quei due insieme ne avrebbero viste delle belle!

Intanto, dalla finestra della sua camera, che dava direttamente sull’ingresso dell’albergo, Nobunaga Kiyota guardava la scena senza parole. Così lei preferiva quel maledetto volpino a lui! Ora si che capiva tutto! Ecco perché se n’era andata quando aveva tentato di baciarla… era innamorata di Rukawa! Perché non ci aveva pensato prima? Si sarebbe risparmiato una bella dose di nervoso!

Con un pugno sul muro maledisse sia Hime che quel volpino, che già da parecchio tempo gli stava indigesto. Che stessero anche insieme, a lui non sarebbe importato un bel niente! E dire che stava anche seriamente pensando di non scendere per pranzo con la scusa che stava male, pur di non doverla guardare negli occhi! Eh no, Nobunaga Kiyota non si sarebbe fatto abbattere da una stupidaggine del genere… non accettava un no, non accettava un rifiuto, mai! Il suo orgoglio era molto più importante di una donna scimmiesca come la Sakuragi! Al diavolo lei, il fratello, quel volpino… al diavolo tutti!

 

Andare in giro con due ragazze al seguito equivaleva al suicidio. Soprattutto se le due invasate in questione si fermavano a ogni vetrina per commentare ogni minimo spillo presente sotto i loro nasini.

«Aya-chan! Guarda che bella quella maglia etnica!», esclamò Hime, sfracellandosi contro la vetrina, in totale adorazione di una maglia lunga, sull’arancione scuro, con una fila di strass marroni lungo il collo e le maniche e dei disegni stilizzati. Per completare l’opera, c’era anche una bella cintura in file di caucciù, che terminava con delle perline colorate. Adorava quel tipo di abbigliamento!

«Ma se sembra un sacco di iuta!», fu il sincero commento di Mitsui, che proprio non capiva dove quella “cosa” informe potesse essere vagamente bella.

«Mitcchan, non capisci proprio nulla! Guarda che colori!», proseguì Hime, intenta a non voler sentire discussioni. Quando diceva che quella maglia era bella allora lo era, punto e basta!

Rukawa, che già per il sole cocente stava per addormentarsi in piedi, bofonchiò qualcosa di incomprensibile e aprì la porta del negozio, entrando. Beh, almeno c’era l’aria condizionata accesa e per dieci minuti avrebbe respirato un po’.

Gli altri lo guardarono allibiti, tranne Hime che si precipitò da lui. «Che fai?».

«Te la compro».

Gli occhi della ragazza si illuminarono. «Ede, ma no, dai! Non è il caso!», esclamò agitando le mani, più falsa che mai.

Senza degnarla di uno sguardo, si avvicinò a uno scaffale dove riconobbe la famigerata maglietta. «Tanto so che se non la prendi rimarrai settimane parlandone e preferisco evitare».

Hime scoppiò a ridere, battendogli una mano sulla spalla. «Ragazzo previdente, eh?».

«Conoscendoti vorrei ben vedere. Ci tengo alle mie orecchie». Prese la taglia più piccola (anche se era già larga di suo), nonostante le proteste della ragazza, pagò e uscì, senza neanche aspettarla, sotto lo sguardo adorante della cassiera che non aveva fatto altro che sbavargli dietro da quando era entrato in negozio.

«Kaede Rukawa, tu sei ufficialmente matto!», esclamò, mettendosi le mani sui fianchi. «Costava tanto!».

Mitsui lanciò un’occhiata al prezzo in vetrina: 7500 yen (45 euro circa). «Sì, Rukawa, sei decisamente pazzo a spendere tutti quei soldi per lei!».

Rukawa, nel frattempo, mani in tasca e la busta a penzoloni sul braccio, riprese a camminare, diretto in un negozio di musica lì vicino. Pochi istanti dopo si ritrovò Hime attaccata al suo braccio che gli schioccava un sonoro bacio sulla guancia. «Grazie, Kit».

«Hn… chiamami di nuovo come quel do’aho di tuo fratello e la do alla prima che vedo», disse, alludendo alla maglia. «Prego, comunque».

Proseguirono per un’altra mezz’ora, tra chiacchiere, bancarelle e vetrine varie. Hanamichi era anche riuscito a trovare una sala di pachinko e Mitsui aveva dovuto fare carte false con il proprietario, assicurando che il rosso e Ryota fossero maggiorenni. Peccato che poi lui e il numero sette l’avevano dovuto portare via con la forza, per tornare in albergo, altrimenti erano sicuri che se l’avessero lasciato lì ci avrebbe anche dormito per tutta la durata del ritiro.

Arrivati alla loro meta trovarono Kiyota e Jin prendersi beatamente il sole. E Hime non riuscì a non arrossire nel guardare la scimmietta del Kainan, in costume da bagno. Aveva il naso rosso e irritato per il raffreddore e un’aria imbronciata come sempre, decisamente troppo tenero. Per non parlare del corpo da favola che si ritrovava. Se poi pensava al fatto che quella stessa mattina lui l’aveva baciata… beh, Hime partiva direttamente per la tangente, senza possibilità alcuna di ritorno.

In quel momento uscì il buon Kogure, che li accolse allegro. «Oh, Rukawa, hai fatto compere?».

Kiyota aprì un occhio, seccato ma curioso di vedere la scena.

«Hn… per questa pazza», fu la secca risposta di Kaede, che fece un cenno col capo alla ragazza.

Hime, d’altro canto, prese la maglia dalla busta che lui teneva ancora sul braccio e la mostrò raggiante al quattrocchi. «Guarda, Kogure-san! Non è bellissima? Me l’ha regalata!», esclamò la schizzata, con occhioni luccicanti e provandosela contro.

Per poco a Nobunaga non scese un colpo. Regalata? Ah, si facevano anche i regali? Perfetto, ancora meglio! A quando le nozze?

Kogure le sorrise, gentile come sempre. «È bella!».

Hime si voltò verso i suoi amici, indicando il vice capitano dello Shohoku. «Ecco, sentite le sagge parole di Kogure-san! Blasfemi!».

Hisashi sogghignò, sorpassandola. «Guarda che anche se non sembra, Kogure è il più ballista del gruppo!».

«Senpai! Dimmi che non è vero!», esclamò Hime, piagnucolando, mentre Kogure sorrideva angelico cercando di rassicurarla sulle sue buone intenzioni.

«L’ho detto io che sei pazza», disse Rukawa, mettendole la busta ormai vuota in testa e andando verso la sua camera.

«Argh! Maledetta Kitsune! La mia Hicchan!», gridò Hanamichi, andando a salvare la sua adorata sorellina dalle grinfie di una busta assassina.

Jin sorrise, godendo del siparietto comico che come sempre quegli smidollati allestivano in quattro e quattr’otto. Poi lanciò un’occhiata all’amico sdraiato affianco, che era tornato a chiudere gli occhi, e sospirò mentalmente. Sembrava ancora più imbronciato di come l’aveva lasciato la mattina. Doveva essere successo qualcosa tra lui e la Sakuragi, altrimenti non si spiegava il comportamento burbero più del dovuto del compagno di squadra. Non era riuscito a cavargli fuori neanche mezza sillaba. Dopo l’avrebbe messo sotto torchio insieme a Shin’ichi.

 

*

 

Il pranzo fu il caos più totale. Hanamichi e Nobunaga non avevano fatto altro che litigare da quando si erano visti, anche per cose senza senso (non che quando litigassero avessero un motivo valido). Era Kiyota a provocare per primo ed era anche quello che offendeva più pesantemente. Tanto che Maki dovette fargli sbollire la testa di rapa che si ritrovava con tre pugni di fila. Ma Kiyota non si sprecò nemmeno con Hime, deciso a vendicarsi per quello che aveva scoperto. La ragazza, infatti, si era subito messa la maglia che le aveva comprato Rukawa e lui non aveva perso occasione per farle notare che fosse orrenda, che sembrava un hippie fallito e che conciata così avrebbe dovuto appostarsi a un semaforo per raccogliere l’elemosina.

Per poco Hime non scoppiò in lacrime.

«Ehi, Kiyota, ora stai esagerando», fece Mitsui, alzandosi in piedi e guardandolo con astio.

«E che cavolo me ne frega? Qui mi prendono per il culo tutti, ci mancherebbe anche che non risponda!».

Ci mancò poco che arrivassero alle mani. Se c’era una cosa che Hisashi Mitsui e Kaede Rukawa non sopportavano era che offendessero la ragazza.

Hime, d’altro canto, non lo riconosceva più. Non era mai stato tanto volgare e offensivo come quella mattina. Dov’era finito il solito Nobunaga Kiyota, attaccabrighe sì, ma pur sempre simpatico e gentile, quando voleva? Quello che l’aveva tranquillizzata sulle montagne russe, tenendola per mano? Quello che la mattina stessa l’aveva guardata con occhi da cucciolo, dopo averle rubato il suo primo bacio?

Il pranzo si concluse con Hime che lasciò la tavola sull’orlo del pianto, seguita da Hanamichi, imbestialito come non mai. Gliel’avrebbe fatta pagare a quell’imbecille di scimmia per come aveva trattato la sua Hicchan.

Kiyota, avvilito per un comportamento che non gli si addiceva per niente e rischiando di essere veramente malmenato da un Mitsui furente, uscì dall’albergo, per prendere un po’ d’aria e calmarsi. Prese a calci un sasso indifeso davanti a sé, rosso in viso e del tutto infelice. Diamine, era bellissima con quella maglietta! E con quella treccia alta che si era fatta! Sembrava un angelo! Che cavolo era riuscito a dirle? Ora sì che l’avrebbe odiato con tutta se stessa, complimenti Kiyota! Era riuscito anche a farla piangere. Doppiamente idiota, Kiyota!

In camera della rossa, Hanamichi teneva tra le braccia la sorella, scoppiata in un pianto isterico. Il ragazzo non capiva il perché di quello sfogo. Hime aveva sempre risposto alle provocazioni, di qualunque tipo fossero. E non se l’era mai presa così tanto. Doveva esserci necessariamente qualcosa sotto, ma… cosa?

«Hicchan… ti fa male prenderti nervoso», cercò di dirle, accarezzandole i capelli.

Lei lo strinse forte, quasi avesse paura che l’abbandonasse. «Hanamichi… non lasciarmi mai».

Il rossino sorrise, depositandole un tenero bacio sulla tempia. «Mai, Hicchan. Mai».

Poco dopo li raggiunse anche Ayako, seguita da Ryota e Hisashi, che però rimasero sulla soglia della porta. E Hime, vedendoli tutti lì, solo per lei, pianse ancora, questa volta con un pizzico di felicità per avere degli amici che la sostenevano in ogni momento. Odiava se stessa quando cadeva in quel tipo di debolezze. Si sentiva indifesa, esposta a ogni tipo di attacco esterno. Quando si affezionava a qualcuno rimaneva sempre in balia delle emozioni e quando le arrivavano pugnalate del genere era quella che ci soffriva maggiormente. Voleva cambiare, voleva diventare più forte. Ma ogni volta otteneva l’effetto contrario, diventando sempre più debole.

Con un sorriso insicuro si asciugò le lacrime con la manica della maglia, ridendo nervosa. «Beh.. maglia bagnata, maglia fortunata… no?».

I presenti sorrisero, un po’ sollevati che avesse ritrovato un pizzico del suo spirito.

Hanamichi ne approfittò per alzarsi e prenderle entrambe le mani. «Ahaha! Si vede che sei una Sakuragi! Noi non ci abbattiamo mai davanti a nulla, vero Hicchan? Poiché siamo due geni!».

Gli altri scossero mesti le teste, mentre un do’aho volava nell’aria come una farfalla in primavera.

«Maledetta volpaccia, vieni qui se hai il coraggio!», gridò il rosso, precipitandosi nel corridoio per ingaggiare lotta libera con il rookie dello Shohoku.

Quando le due ragazze rimasero sole, Ayako si inginocchiò davanti all’altra. «Ti piace».

Hime arrossì fino alla punta dei capelli (già rossi di loro) e annuì debolmente. Come sempre quella pettegola aveva capito tutto.

Ayako guardò un punto a caso, pensando un attimo. «Non sai perché questo comportamento improvviso? Ieri sembrava così gentile con te».

Hime iniziò a contorcersi le mani per il nervosismo e iniziò a snocciolarle l’intera vicenda della mattinata.

Ayako scosse la testa, convinta. «Hime, ragiona. Non è una reazione plausibile, la sua! Voglio dire, è anche normale che ti sentissi confusa, un po’ di tempo è doveroso che te lo prenda. Del resto fino a ieri non facevate altro che litigare! Forse è successo qualcos’altro… non ti viene in mente niente?».

Hime la guardò sconsolata. «No, Ayako. Nient’altro. L’ho respinto, ecco perché si è comportato così!».

«Beh, allora è ingiusto da parte sua. Scusami, ma questa è l’ennesima prova che sia un imbecille!», sbottò Ayako, alzandosi e guardandola severa. «E tu lo sai, Hime, non guardarmi così».

La rossa sospirò, stringendo con rabbia le lenzuola del letto. « Forse… forse mi sta prendendo in giro?».

La manager la guardò con aria sufficiente. «Ho notato come ti guarda, Hime. E non è lo sguardo di uno che vuole prendersi gioco di te».

«Bene. Se guerra vuole, guerra avrà! Io non mi tirerò indietro di certo! Sono una Sakuragi, del resto!».

«Mi ricordi tanto tuo fratello, in questo momento!», Ayako corrugò la fronte. «Sei inquietante».

Hime ridacchiò, tranquillizzandosi un po’, sebbene sentisse ancora un macigno sullo stomaco per l’accaduto. Non si spiegava il perché di quella reazione veramente troppo spropositata. Proprio non riusciva a capire che diavolo gli fosse preso, di punto in bianco. Che volesse far finta di niente, almeno con gli altri? No, sarebbe stato comunque molto esagerato da parte sua. Stava anche rischiando di prenderle da Hisashi e Kaede! Le aveva fatto male con quel comportamento, molto male. E aveva notato anche le occhiate infuocate che le lanciava, dall’altra parte del tavolo. Ma era decisa a passarci sopra e riprendere il ruolo della rompiscatole perennemente allegra che gli andava contro per ogni minima cosa. Accettava tutto, ma non le prese in giro di quel tipo. Alla faccia di quella scimmietta spelacchiata! Al diavolo Nobunaga Kiyota!

Piccolo siparietto per l’autrice:

Bene, quando tutto stava andando per il meglio… ovviamente stravolgo tutto! *me sadica* Spero che la cosa non vi dispiaccia… voglio divertirmi un po’! xD

Ne vedremo delle belle, su tutti i fronti! Uh uh uh! *_*

Un ringraziamento speciale a:

lilli84: quel volpino è voluto rimanere in albergo! e_e Graccie! :*

kuro: awww! Grazie grazie anche da parte di Nobu e Hime che si stanno scannando proprio dietro di me! *_*”

Grazie mille anche a chi ha aggiunto WB ai preferiti, cioè la carissima MihaChan e Taila! Se dimentico qualcuno pardon, ormai sto perdendo piano piano il conto! xD

A presto,

Kenjina.

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Capitolo 11
*** Basket Match ***


La cena, a differenza del pranzo, fu più movimentata

Capitolo X

Basket match.

La domenica pomeriggio la passarono sul campetto da basket. C’era tutta la formazione titolare dello Shohoku (tranne il Gorilla) e le due manager, intenti a darsi il cambio con un one on one. Quello più emozionante si svolse tra Rukawa e Mitsui, entrambi ottimi giocatori, ma vinse il secondo per un solo punto. Quello più divertente, invece, fu tra Hanamichi e Ryota, dato che quest’ultimo vide vanificarsi ogni serata spesa a insegnare le finte al rossino. Hime temette di morire dalle risate!

I quattro, stanchi per le partitelle, si sedettero per terra, per rinfrescarsi con un po’ d’acqua. Hime trotterellò verso il pallone, per fare qualche tiro a canestro. «Ragazzi, facciamo un due contro due?».

Mitsui si tirò fuori, per riposarsi un po’. Accidenti alla sua non-resistenza!

«Mitsui, ti spompi subito!», frecciò Miyagi, guadagnandosi un’occhiataccia truce dal compagno.

«Deficiente, fallo tu un one on one con Rukawa, poi ne riparliamo!».

Hanamichi, invece, sembrava quello più entusiasta della cosa. Balzò in piedi pimpante e pronto alla nuova sfida. «Ahaha! Mostrerò di cosa è capace il Tensai Hanamichi Sakuragi!».

Rukawa si alzò e, avvicinandosi alla ragazza, additò il fratello. «Io con quella mezza sega non ci sto».

Hime scoppiò a ridere nel vedere la violenta reazione del rossino, che come da copione, saltò addosso al moro, ingaggiando la loro ennesima lotta. Era commovente vedere come quei due si dimostrassero il loro affetto ogni volta che potevano.

Fu Ryota a intervenire, prendendo Hanamichi per la collottola ed esclamando: «Tu stai con me, intesi?».

«Cosa?! Io volevo stare con la mia Hicchan!».

Mitsui abbandonò la testa contro il muretto alle sue spalle. «Hime, o lo ammazzi tu o lo faremo noi, prima o poi».

«Dov’è il fucile di precisione?», chiese Ryota, guardando la guardia.

«Basta anche una dose di cianuro nel caffè», fu il consiglio del volpino, che schivò all’ultimo un potente calcio destinato al suo bel fondoschiena.

Scoppio di ilarità da parte degli altri e scoppio definitivo di Hanamichi, che iniziò a bestemmiare e inveire contro i suoi “amici”, peggio degli scaricatori di porto. La solfa andò avanti fino a che finalmente non decisero di iniziare a giocare in santa pace.

Intanto al campetto si era avvicinato Maki, seguito dal suo fedele Kiyota, che vedendo in gioco la ragazza perse un battito. Lo recuperò subito dopo aver capito che fosse in squadra proprio con l’odiato Rukawa.

Mitsui si era alzato per fare da arbitro e, bandana in fronte per fare il figo, mise la palla al centro. Lui sì che si sarebbe divertito, ora. Altro che arbitrare!

Hanamichi e Rukawa, i giocatori più alti tra i quattro, erano pronti a saltare, per guadagnare la prima palla dell’incontro.

«Si arriva a venti, ok?», chiese Mitsui, mentre gli altri annuirono. «Bene! Iniziamo!».

Come ovvio che fosse, fu Hanamichi a saltare più in alto e Ryota afferrò con sicurezza la sfera arancione. Si ritrovò davanti Hime, decisa a non fargli fare un passo in più. Ryota palleggiava velocemente, guardando la situazione oltre le spalle della ragazza. Hanamichi era sovrastato da Rukawa, il che non gli dava la possibilità di passargli la palla. L’unica cosa da fare, allora, era sfondare la difesa.

«Vai, Ryota!», esclamò Ayako, facendolo arrossire immediatamente.

Hime lanciò un’occhiata all’amica. «Ehi, si può sapere per chi fai il tifo?».

Ma dovette subito tornare concentrata, perché il playmaker iniziò ad avanzare, mantenendo il pallone difeso dal suo corpo. La scartò con abilità, dirigendosi velocemente verso l’area sotto canestro. Immediatamente dopo, Hanamichi riuscì a liberarsi dalla marcatura del volpino, così che si ritrovò il pallone in mano e un Rukawa pronto a bloccargli ogni movimento.

Ragiona, Hanamichi… tu sei un genio, lui solo un volpino!” pensò il rossino, cercando di fintare al tiro.

Ma Rukawa conosceva bene le sue mosse e non si fece intimidire, bloccandogli subito la via di fuga.

«Ehi, Hanamichi, svegliati!», gridò Ryota. Il numero dieci allora gli passò la palla e Hime non riuscì a fermare la penetrazione del playmaker, troppo veloce e agile.

I due ragazzi si diedero il cinque. «Ahaha! Grande, Ryo-chan!».

Rukawa recuperò il pallone. «Ehi. Vedi di non deludermi».

Hime ghignò, afferrando la sfera che lui le passava velocemente. Prese a palleggiare verso il canestro opposto, trovandosi Hanamichi a marcarla.

«Ciao, Hicchan!».

«Hana, luce dei miei occhi!», esclamò lei, mentre la reazione dell’altro fu esattamente come si era aspettata: ci mancò poco che non le saltasse addosso per stritolarla in uno dei suoi micidiali abbracci. Hime lo scartò velocemente, appuntandosi mentalmente di fare una bella lavata di capo al fratello per le sue troppe distrazioni esterne. Ryota le si parò davanti, ma Hime, non togliendo gli occhi di dosso al numero sette, passò velocemente la palla a Rukawa praticamente libero, che andò a canestro con un dunk.

«Bel passaggio», le disse Kaede, mettendole una mano grande sulla testa.

La palla era di nuovo in mano a Ryota. «Hanamichi! Un bel 7-10-7, ok?».

«7-10-7?», chiese Maki, poggiandosi al muretto. Ma subito dopo capì. Ryota si fece passare la palla tra le gambe, fingendo uno scontro diretto e passando la palla ad Hanamichi. Immediatamente dopo, Ryota si allontanò velocemente dalla ragazza, ricevendo di nuovo il pallone e riuscendo a fare canestro, nonostante Rukawa si frappose tra lui e il tabellone.

«Ahaha! Maledetto volpino! Sei a dieci secoli dal fermare Miyagi la Scheggia!», esclamò Hanamichi, perdendosi nel suo brodo.

«Notevole», mormorò Maki, sorridendo.

Kiyota, invece, guardò nuovamente l’accoppiata Rukawa/Hime all’attacco. Quei due si capivano perfettamente, anche sul campo da gioco. E questo non fece che aumentare la sua gelosia.

Hime passò la palla al compagno, che si ritrovò di fronte sia Hanamichi che Ryota. Per fortuna aveva sangue freddo, lui. Strinse gli occhi blu, cercando un varco. Poi la vide: la sua sagoma dietro di lui, gli occhi sbarrati degli altri due… Hime si posizionò alle spalle di Rukawa, che velocemente le passò il pallone in un bellissimo passaggio dietro la schiena. Hime fece un passo indietro, proprio prima della linea dei tre punti e tirò a canestro con fluidità.

Mitsui sorrise. «È dentro!».

E infatti la ragazza alzò un tre al cielo, ridendo divertita.

Maki e Kiyota erano senza parole. Dove diavolo aveva imparato a giocare così?

Ayako sorrise, vedendo le loro facce stupite. «Hime e Rukawa si conoscono fin da quand’erano piccoli. Passavano intere serate a sfidarsi a basket. È lui che le ha insegnato a giocare e che le ha trasmesso l’amore per questo sport».

Kiyota guardò la riccia, stupito. «Si conoscono da così tanto?».

Ayako annuì, guardando Hanamichi che tentava un dunk, purtroppo mal riuscito. «I loro padri si conoscevano per lavoro. Hanamichi non ha mai legato con Rukawa, sebbene i primi screzi li abbiano avuti in prima superiore per vari motivi. Quel rossino è sempre stato troppo esuberante per i gusti di Rukawa. Hime, però, si affezionò subito a lui. Sono molto amici».

Molto amici… amici… solo amici? Kiyota guardò i due, nuovamente all’attacco. Due passaggi veloci, una finta, un altro passaggio alla sconfidata. Canestro. Ecco perché erano così affiatati in campo. Ecco perché avevano quel legame così stretto. Forse… forse aveva frainteso tutto?

«Poi, beh», proseguì Ayako, «se contiamo anche il fatto che Hime è stata eletta MVP alle medie nella sua squadra femminile di basket, allora capirete anche perché sia così brava».

Maki osservò la rossa, interessato. «Addirittura MVP?».

La partitella andò avanti così, botta e risposta, sebbene il duo Sakuragi/Miyagi si trovò parecchio in difficoltà.

Mancava solo un punto affinché fossero gli altri due a vincere l’incontro. La palla era in mano a Hime, che scartò con un po’ di difficoltà Ryota. Passò al suo compagno, che provò subito a tirare a canestro. Ma Hanamichi gli si parò davanti, sfiorando con un dito la traiettoria del pallone. Che infatti non entrò, ma prese il ferro. Il rossino, con la sua incredibile velocità, saltò nuovamente per prendere il rimbalzo, con l’intento di spazzare via la palla e passarla a Ryota. Ma fece male i conti, perché la sua mano urtò la sfera arancione prima che potesse acchiapparla e questa si posò sul ferrò del canestro, iniziando a girargli intorno… fino a entrare. I presenti rimasero con le mascelle spalancate fino a terra, mentre Hime e Rukawa si davano il cinque, vittoriosi. Se Akagi avesse visto quell’azione da circo era chiaro come il sole che avrebbe ammazzato a suon di testate il rosso, seppellendone poi i resti a cento metri di profondità. A che erano servite, altrimenti, quelle serate extra spese a spiegargli come prendere i rimbalzi?

«Ma… ma…», blaterò Hanamichi, beccandosi un calcio dal compagno di squadra.

«Hanamichi, quanto sei deficiente! Prendere un rimbalzo come tutti gli esseri umani normali no, eh?».

Nobunaga, non riuscendo più a trattenersi, scoppiò a ridere, seguito a ruota dagli altri. Non aveva mai visto un’azione del genere! Un auto-canestro… semplicemente ridicolo!

Quando Hime lo vide si gelò sul posto. Che ci faceva lì? Non gli era bastato il putiferio che aveva scatenato a pranzo? Voleva seriamente prendersi due cazzotti in faccia da Mitsui e, perché no?, anche da Hanamichi e Rukawa?

«Ehi, non hai il diritto di ridere», gli disse, fulminandolo con lo sguardo. Anche da questo punto di vista il volpino delle nevi insegnava. «Hanamichi almeno migliora, tu sei e rimani una schiappa».

Il riso di Nobunaga si spense immediatamente a quelle parole. Sentì il gelo totale in quella voce e quegli occhi… Kami, quegli occhi lo stavano trapassando da parte a parte.

Prese un bel respiro profondo, controllandosi. «Ah sì? Te lo faccio vedere subito se sono una schiappa o meno, donna-scimmia!».

Detto questo scavalcò il muretto, trovandosi faccia a faccia con la ragazza.

Hime fece un passo indietro, timorosa. Accidenti al suo cuore, perché stava battendo così forte? No, no, no… no!

«Allora? Sei troppo codarda per farti avanti?».

Hime, rossa per l’affronto e per i pensieri impuri che stava facendo senza neanche rendersene conto, alzò lo sguardo prepotente, verso il ragazzo. «Inizia a metterti la coda tra le gambe, Kiyota».

Rukawa le passò la palla. «Se ti fai battere mi rifiuto di giocare nuovamente con te».

Hime gli sorrise, sicura di sé. «Puoi stare tranquillo, Ede. Non mi faccio battere da una mammoletta come quello lì!».

Ayako strabuzzò gli occhi. Fino a qualche ora fa Hime stava piangendo istericamente proprio per colpa di quella “mammoletta” e ora lo stava trattando come se fosse il Kiyota rompiscatole che aveva sempre conosciuto. Scosse la testa, contrariata dal comportamento dell’amica. Sapeva bene che stesse fingendo, che si stesse nascondendo dietro una maschera di indifferenza, anche se ci riusciva poco e niente. Ma così non andava bene, per nulla. E pensava la stessa cosa anche di Kiyota: non le era mica sfuggito lo sguardo in completa adorazione del ragazzo durante la partitella. Non le aveva staccato gli occhi di dosso.

Kaede bloccò la ragazza per un polso, prima che cominciasse la sfida. «E comunque quello…», disse, lanciando uno sguardo raggelante a Kiyota. «…altro che lavata di denti. Gli servirebbe un trapianto di cervello».

Hime arrossì a dismisura, sbattendo velocemente le palpebre. Kaede… aveva già capito tutto?

«Ehi, voi due! Avete finito di tubare o possiamo iniziare?», esclamò il diretto interessato, innervosito.

Rukawa, di rimando, gli scoccò uno sguardo che lo fece impalare sul posto.

L’uno contro uno iniziò velocemente. All’attacco c’era Hime, che palleggiava guardandolo negli occhi. No, mai gli avrebbe dato la soddisfazione di cedere. Neanche se quegli occhi blu fossero da capogiro. Nemmeno se quei capelli tenuti dalla consueta fascia viola, ma nonostante tutto ribelli come lui, fossero da accarezzare, dal primo all’ultimo. No, mai!

Avanzò con decisione, ritrovandosi il petto di lui premere contro la sua schiena. Per un attimo si sentì persa, a quel contatto. Era caldo, tremendamente caldo. O era lei che stava surriscaldando?

Una ciocca di capelli neri le solleticò le spalle. Perché era così vicino? Ah, sì… si stavano sfidando. Accidenti, non capiva più niente!

Non che lui fosse più tranquillo, anzi. Sentire il suo profumo direttamente a due palmi di naso era troppo anche per lui. Kami, quella ragazza lo stava facendo impazzire… ed era tutto dire, allora. Fossero stati soli, in quel campetto, altro che one on one a basket.

Hime si voltò per tirare, ma il pallone toccò solo il ferro. Nobunaga, del resto, non aveva neanche saltato per impedirglielo, tanto era perso nei suoi pensieri.

La ragazza strinse i pugni, contrariata. Doveva reagire, maledizione! Si detestava quando non riusciva a fare quello che si proponeva!

«Vai Hicchan! Fagli vedere che sei una Sakuragi!», esclamò Hanamichi, facendola voltare. Gli sorrise sicura, anche se in realtà non lo era per niente.

Kiyota recuperò il pallone e uscì velocemente dall’area delimitata dalla linea dei tre punti. Hime prese un bel respiro e gli si parò davanti. Aveva passato la maggior parte delle sue serate ad allenarsi a basket con il giocatore più promettente del Giappone. Era stata eletta MVP due anni consecutivi. Non si sarebbe fatta intimidire da Kiyota. Si era comportato da vero demente, l’aveva offesa nell’anima, nell’orgoglio. Questo le bastava.

Nobunaga tentò subito la penetrazione, palleggiando con la sinistra e facendosi spazio con il braccio libero. Si voltò velocemente, verso il canestro, pronto a tirare. Hime era più bassa ed esile di lui, avrebbe contato su questo vantaggio. Ma non aveva fatto i conti con l’abilità del salto di Hime, che sfiorò la palla con un dito. Del resto era una Sakuragi anche lei.

Il pallone centrò il ferro e la ragazza prese subito il rimbalzo, tra l’esultanza dei suoi amici.

Nobunaga si asciugò con il braccio la fronte sudata. Forse la febbre gli stava salendo di nuovo, dato che sentiva anche brividi lungo la schiena. «Scordati di segnare», le disse, ghignando con prepotenza.

Lei non gli rispose, assottigliando gli occhi. Gli avrebbe tolto quell’espressione ebete da “sono io il migliore, tu sei solo una schiappa e per giunta donna”. Oh, se gliel’avrebbe tolta!

Il palleggio della ragazza iniziò a infastidirlo. Prima era veloce, poi lento e regolare, poi nuovamente veloce. Non riusciva a capire quando avrebbe attaccato o se stava solo facendo finta.

Kaede sorrise mentalmente. Quella ragazza era incredibile. Riusciva a mettere in pratica tutti i suoi insegnamenti. Avrebbe vinto lei, ne era più che certo.

Improvvisamente Hime scattò, nonostante il suo palleggio fosse tornato lento e regolare. Nobunaga fu preso alla sprovvista, sbilanciandosi leggermente all’indietro e rischiando di cadere rovinosamente col sedere per terra. Hime si trovò la strada spianata e segnò a canestro con il “tiro dei poveri”, così come lo chiamava il fratello.

Sospirò, voltandosi raggiante verso i suoi compagni. Fece l’occhiolino al suo migliore amico e poi si girò verso Kiyota, che guardava il pallone come se fosse colpa sua.

«Quello era un canestro, o sbaglio?», gli chiese, beffarda.

Kiyota riprese il suo spirito. Quella ragazza l’aveva provocato fin troppo. «Il primo e l’ultimo che segnerai, stai tranquilla».

L’uno contro uno che seguì dopo fu agguerrito. Entrambi avevano perso le staffe per il comportamento dell’altro e misero se stessi in quella partitella. Tra finte, scarti, canestri e schiacciate non si poté dire che i due non diedero spettacolo. Lo scontro finì dieci a otto per la ragazza.

Hime, esausta, si buttò contro il fratello. «Per un pelo non me lo faceva!», esclamò, alludendo alla possibilità di perdere.

Hanamichi scoppiò nella sua risata contagiosa, battendole una mano sulla spalla. «Ahaha! Hicchan, sei stata grande! Sei tutto tuo fratello!».

Ryota incrociò le braccia al petto, perplesso. «Ora non esageriamo, Hanamichi. Ti ricordo che prima hai fatto un auto-canestro. Mai vista una cosa simile, avrò gli incubi stanotte».

Il rossino divenne scarlatto, iniziando a inveire contro il playmaker che era stata colpa della sua non-difesa e bla, bla, bla.

Hime si avvicinò a Rukawa, sorridente. «Credo che dovrai continuare ad allenarmi, caro il mio Rukawa!».

Kaede bofonchiò un “hn” di approvazione, soddisfatto per la performance dell’amica. Le diede il cinque, tirandole poi un asciugamano in testa. «Asciugati e bevi un po’», le disse, passandole una bottiglia d’acqua.

Kiyota, invece, se ne andò con un diavolo per capello, seguito da un Maki divertito dall’incontro. «Ehi, Nobunaga, aspetta il tuo Capitano!».

La scimmietta del Kainan si fermò, senza voltarsi. Era incavolato nero e decisamente frustrato. Farsi battere da una ragazzina, anche se solo per due miseri punti. Era inammissibile. Lui era il rookie numero uno di Kanagawa, non poteva perdere contro una in gonnella!

«Bella partita!», disse Maki, avvicinandosi al suo compagno di squadra.

«Oh, per favore. Non iniziare anche tu», sbottò il piccolo Kiyota, riprendendo a camminare a passo svelto.

Shin’ichi gli scompigliò i capelli, con fare fraterno. «Non è questa la partita che devi vincere, Nobunaga».

Il numero dieci lo guardò stupito di quelle parole e ancora più stupito del sorriso sereno del suo Capitano. Come sempre riusciva a spiazzarlo, lasciandolo senza parole. Sembrava sempre saperla più lunga degli altri.

Prese un bel respiro e con un sorriso esclamò: «Certo che no! Io sono Nobunaga Kiyota, il miglior combattente di Kanagawa! Ahaha!».

E se ne andò saltellante verso la sua camera, lasciando un Maki sollevato e divertito.

Piccolo siparietto per l’autrice:

Eccomi tornata per l’aggiornamento! Ormai mercoledì sarà il giorno prescelto! *sisi* [salvo imprevisti, quindi non abituatevi troppo. ò_ò]

Capitolo completamente di transizione, questo, e ho pensato di incentrarlo sul vero protagonista di Slam Dunk: il basket! Descrivere un’azione sul campo da gioco è tanto difficile quanto esaltante! *_*

Angolino per i ringraziamenti:

kuro: *_* *me si monta seriamente la testa* grazie carissima! Eh eh, altro che poveri! Due poveri scemi sono! XD La kitsune… uhm… quello zitto zitto e chissà cosa va a fare! Hn!

lilli84: che bello, almeno nessuno mi lincia! ^^ Grazie!

MihaChan: aaaaaaah! Mihaaaa! :****** Hai detto bene, è proprio un idiota coi fiocchi! è_é Ma è adorabile, inutile! ;___; *Marta si perde nel suo brodo di giuggiole*

SangoChan88: oddei, tutti questi complimenti mi faranno male! ç//ç Perdonata, tranquilla! XD

Veramente, siete la mia gioia! T_T Anche chi legge e basta, siete tantissimi! ç___ç

*me abbraccia il monitor*

…O-ok, a mercoledì prossimo! xD

Kenjina.

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Capitolo 12
*** Risvegli catastrofici ***


La cena, a differenza del pranzo, fu più movimentata

Capitolo XII

Risvegli Catastrofici.

La notte frizzante era immersa nel silenzio. C’era una tranquillità e una pace che da qualche giorno invece mancava e–

«Ma porca vacca, Hanamichi! Non hai visto che c’ero io dietro la porta?! Deficiente!», gridò Mitsui, che si era beccato un colpo di porta sul naso dal rossino che, come un terremoto, aveva aperto quella del bagno, nonostante sentisse la voce del cecchino dall’altra parte.

«Imbecilli! Se continuate con questo tono Akagi vi sistemerà per le feste!», sbottò Ayako, tirando una sventagliata in testa ai due. «Oh, scusa senpai! Mi son fatta prendere troppo la mano!», aggiunse ridendo imbarazzata, rivolta allo studente del terzo anno.

«Ecco, brava! Scusati con lui e con me no!», sbottò Hanamichi, che si ribeccò un’altra sventagliata come risposta.

«Ma Hime e Rukawa che fine hanno fatto?», chiese Miyagi, perplesso. «Sono usciti dieci minuti fa!».

Mai l’avesse detto.

Hanamichi iniziò a disperarsi, precipitandosi verso la porta come un ossesso, con l’intento di salvare la sua sorellina dalle grinfie della volpe. Peccato che non vide un pallone da basket per terra (cosa ci facesse lì ancora rimane un mistero) e carambolò lungo e disteso per terra. Gli altri tre, anzi che andare a soccorrerlo, decisero bene di scoppiare a ridere, cercando di soffocare le loro risate con qualsiasi cosa trovassero sotto mano.

«Argh! Volpino maledetto! Non solo mi ruba la mia Hicchan… ma lascia anche le sue palle in giro!», esclamò l’invasato, mentre gli altri continuavano a ridere fino alle lacrime.

Nel frattempo, Hime e Rukawa, la prima bella che pimpante e il secondo sull’orlo del sonno, uscirono dalla stanza delle ragazze, entrambi con una busta in mano piena zeppa di porcherie varie e giochi di carte.

Kaede, tra uno sbadiglio e l’altro, sbirciò nella busta che teneva in mano. «Qui dentro c’è tutto e niente», biascicò assonnato.

Hime rise, divertita. «Quando io e Hana siamo andati a fare la spesa prima di partire ci siamo divertiti!».

Si fermarono davanti alla camera del volpino, dove si sarebbe tenuto il festino notturno. Contemporaneamente, nella stanza di fronte fece la sua comparsa un Kiyota pronto a puntino per uscire. Quando vide i due insieme dovette ricorrere a tutto il suo auto-controllo per non spaccare il muso a quel dannato ghiacciolo con le gambe.

Hime arrossì nel vederlo così sistemato. Aveva un paio di jeans sbiaditi e una camicia blu scura, aperta ai primi tre bottoni, che lasciava ben immaginare che razza di fisico si ritrovasse; i capelli, quella sera, erano ritirati in una codina e qualche ciuffo scappato all’elastico gli ricadeva disordinatamente sul viso.

Lui, d’altronde, nel trovarsela davanti vestita solo di un pantaloncino corto e una maglietta senza maniche perse un battito. Anzi, forse anche più di uno.

Nessuno dei due, comunque, si salutò.

Hime bussò alla porta e sorrise mentalmente nel sentire le risate provenienti dall’interno. Subito dopo aprì Ayako, letteralmente in lacrime per le risate.

«Ma che state combinando qui dentro?», chiese la rossa entrando, seguita da Kaede. «Hana, che ci fai spalmato in terra?!».

«Do’aho, il mio pallone».

«Do’aho un paio di palle! Stavo per ammazzarmi!».

«E purtroppo sei ancora vivo».

Kiyota guardò la porta richiudersi, con un groppo allo stomaco nel sentire tutte quelle risate soffocate. Accidenti, lì dentro avrebbe potuto esserci anche lui! Chissà quanto casino avrebbero fatto! Chissà… come sarebbe stato bello stare con lei!

Con un sospiro si voltò, diretto a farsi una passeggiata in solitario in paese. Magari si sarebbe anche divertito, pensò non molto convinto. Aveva bisogno di un po’ d’aria fresca. E soprattutto doveva togliersi dalla testa l’immagine di Hime e cosa tutto sarebbe potuto succedere se lei non lo avesse rifiutato. Aveva scoperto quella ragazza di colpo, e così di colpo avrebbe dovuto dimenticarla. Lo odiava e ne aveva tutte le ragioni del mondo.

Intanto, nella camera degli orrori…

«Ahia, Ryo-chan!», esclamò Hime, recuperando l’M&M’s che le aveva appena tirato in un occhio. «Oh, è rossa! Mia!».

«Noo! Rossa la volevo io! Io riesco a prenderle solo tutte marroni!», piagnucolò Hanamichi, prendendo il sacchetto delle caramelle e ficcandoci dentro la testa.

«Fortuna tua sono solo caramelle, allora», ghignò Mitsui, affondando un grissino nella nutella.

Hime scoppiò a ridere, seguita a ruota anche dagli altri. Si voltò verso Kaede, sdraiato affianco a lei e gli occhi chiusi. «Dormi?».

«Ma che domande fai, Hicchan?», chiese Hanamichi, come se fosse ovvio. «Quello dorme anche quando va in bici!».

«Do’aho», bofonchiò il volpino, voltandosi dall’altra parte e riprendendo il suo riposino, sperando che quei casinisti non lo disturbassero troppo e lo facessero dormire in santa pace. Sospirò mentalmente: avrebbe dovuto rubare un coltello da cucina e nasconderlo sotto il cuscino, per le evenienze. Pazienza, sarebbe bastato anche un lenzuolo stretto intorno al collo, nel caso.

«Giochiamo a Uno?», chiese Ayako, guardando tra i vari mazzi di carte a disposizione.

Hanamichi la guardò perplesso. «E mica possiamo giocare a pallone qua dentro!».

Ci mancò poco che ai presenti scendesse un coccolone grande quanto una casa.

«Hanamichi, quello è Schiaccia Sette! Tu a carte sei proprio una sagoma!», commentò Ryota, mischiando il mazzo.

Il rossino si mise una mano dietro la nuca, ridendo imbarazzato. «Ma no, volevo solo vedere se foste preparati! Ahaha!».

Gli altri scossero mesti la testa, iniziando a giocare, tra caramelle zuccherate, patatine e delizie varie.

«E che cazzo, Miyagi! È la terza volta consecutiva che mi blocchi il giro!», esclamò Mitsui, sbuffando alla volta del compagno.

«Tranquillo, Mitchi, ora ci penso io a fargli abbassare le penne!», disse in soccorso Hime, che quando toccò a lei buttò giù una carta per pescarne altre quattro.

«Hime, ti sto odiando», borbottò il playmaker, che così ora si ritrovava ancora con undici carte in mano. Lei, in risposta, gli fece una linguaccia.

Ayako alzò lo sguardo sul rossino. «Hanamichi, ma quante carte hai?».

Lui le guardò, mostrandone solo due.

«Hai capito la seghetta!», esclamò Hisashi.

«Ahaha! Sono un genio!».

Rukawa si alzò un po’, il tanto giusto per vedere che carte avesse in mano il rosso. «Un sei verde e un otto giallo».

Inutile dire che i due iniziarono a darsela di santa ragione, tra le risa degli altri che, invano, tentavano di fermarli.

 

*

 

Il mattino seguente, quando Akagi entrò nella camera del volpino e del tiratore da tre (dato che il Gorilla si era fatto dare una copia delle chiavi, alla faccia della privacy) si ritrovò uno scenario che rasentava lo spettacolo tragicomico: Hanamichi era per metà sdraiato sul letto (più precisamente le gambe) e per metà per terra su un fianco, con le braccia lunghe distese sul pavimento; Mitsui era addossato a Ryota, che nei suoi sogni più reconditi credeva di essere abbracciato alla sua Ayakuccia; la prima manager era, invece, raggomitolata su un divanetto, lontano da quel branco di caproni; infine Rukawa, con un braccio a penzoloni e l’altro del tutto insensibile, causa la testa di Hime che lo aveva relegato a cuscino.

Temendo che gli saltassero definitivamente le coronarie, Kogure, aiutato dalle altre matricole, lo portò via, mentre lui come un indemoniato, sbraitava contro quel branco di buoni a nulla, avvolto nelle fiamme dell’inferno. E meno male che avrebbero dovuto re-iniziare gli allenamenti, quella settimana! Erano le nove meno un quarto e nessuno si era presentato a colazione!

Maki e Jin, seguiti da Kiyota, appena tornati dalla sala pranzo, fecero una capatina nella stanza, ridendo divertiti per la situazione. Quei ragazzi erano dei terremoti. Povero Akagi che doveva tenere a freno quelle teste calde!

Nobunaga, invece, sbuffò. Ci sarebbe dovuto essere lui al posto di Rukawa. Lui avrebbe dovuto farle da cuscino!

«Che branco di deficienti», sbottò, entrando in camera sua e sbattendo la porta.

Contemporaneamente Ayako iniziò ad aprire gli occhi, infastidita da tutto quel caos. Fece per allungare la mano verso il comodino, per afferrare la sveglia, ma qualcosa non quadrò. Anche perché, sbilanciandosi troppo, si trovò bella che distesa per terra.

«Porca paletta, che male!», esclamò, accarezzandosi il fianco. Quando si rese conto dello stato di cose per poco non le scese un infarto.

«Buongiorno!», esclamò Maki, sorridente.

«Buon–! Ma brutto branco di caproni, vi sembra questa l’ora di dormire?», sbraitò la riccia, sfoderando il ventaglio e svegliando a modo suo tutti gli altri.

Miyagi e Mitsui strizzarono gli occhi, ancora nel dormiveglia. Quando però si guardarono in faccia (troppo, decisamente troppo vicine per i loro gusti) scattarono sul letto, indicandosi a vicenda. «Che cazzo ci facevi attaccato come un polpo, hentai?!», gridarono all’unisono, rossi per l’imbarazzo.

Hanamichi, nel frattempo, guardò il soffitto con la vista annebbiata, non capendo il perché del suo mal di schiena improvviso. Quando rotolò sull’altro fianco per mettersi in una posizione quantomeno decente, si ritrovò ancora a gambe all’aria, sempre più confuso.

«Sakuragi, dormi sempre così o è solo un caso?», chiese Jin, ridendosela.

Il rossino sbatacchiò le palpebre un bel paio di volte, mettendo a fuoco i due sulla porta. Poi con un balzo si mise in piedi, guardando la sorella e il volpino ancora nel mondo dei sogni.

«Hanamichi, fermo…!», provò a dire Ayako, capendo le intenzioni del rosso.

Troppo tardi. Il rosso aveva già afferrato per le spalle il volpino e aveva iniziato a scuoterlo violentemente per farlo svegliare e fargli una ramanzina che sarebbe passata nella storia dell’oratoria. Altro che Cicerone!

Hime fu l’ultima a svegliarsi, tra stiracchiamenti e sbadigli vari. Puntellandosi sui gomiti si guardò intorno, in quel campo di battaglia che le fece venire in mente la nottata appena trascorsa. Con un sorrisino divertito, esclamò: «Ma che splendida giornata, non trovate anche voi?».

I giocatori, immaginando la reazione di Akagi, non la pensarono esattamente così.

Gli allenamenti, infatti, furono anche più distruttivi degli ultimi. Non solo i ragazzi, ma anche Hime fu punita. Venne, infatti, relegata a portavoce tra gli allenatori Anzai e Takato per appuntare le ultime cose sulla partita del pomeriggio, facendo avanti e indietro ogni dieci minuti.

La decima volta che si ritrovò nella palestra dove si stava allenando il Kainan si buttò stremata nella panchina, affianco a Takato, che con il suo immancabile ventaglio si stava facendo un po’ di fresco.

«Dimmi, Sakuragi. È necessario dovermi portare ogni singolo foglio anzi che tutti insieme?».

Hime, imbronciata, incrociò le braccia sul petto, guardando il Capitan Maki sorpassare la difesa di Takasago e andare a canestro. «Akagi è arrabbiato per il risveglio di questa mattina e me la sta facendo pagare a modo suo! Quello scimmione!», digrignò tra i denti.

L’allenatore del Kainan si mise a ridere. «Fermati un po’ più del dovuto, così non dovrai tornare subito dagli altri. Anche perché, detto tra noi, quello che ti sta facendo fare è parecchio inutile».

Hime lo guardò con occhioni luccicanti, inchinandosi in segno di rispetto. «Sensei Takato, è il migliore!».

Kiyota, sul campo, lanciò un’occhiata alla ragazza che stava allegramente chiacchierando con il suo coach. Accidenti, perché stava facendo avanti e indietro così? Non riusciva a concentrarsi!

Ed ecco, infatti, che gli arrivò una pallonata in pieno viso.

«Kiyota! Dormi o cosa?», esclamò irritato Maki, mettendosi le mani sui fianchi.

Hime alzò lo sguardo su di lui, notando che era mezzo chino, con una mano sul naso.

«Accidenti, ha ripreso a sanguinare», mormorò Nobunaga, guardandosi un dito sporco di sangue.

Hime si alzò, dirigendosi a grandi passi verso il centro campo. Lo prese per un polso e se lo trascinò nello stanzino che avevano adibito a infermeria.

Nobunaga, seduto sull’unica panca presente, la guardava, stupito e senza parole, mentre la ragazza rovistava in una cassetta per le medicine, mandandone all’aria l’intero contenuto. Piegò la testa all’indietro, per non far colare troppo sangue, ma appena Hime se ne accorse gliela spostò bruscamente in avanti.

«Quando perdi sangue dal naso non devi mai inclinare la testa all’indietro», gli spiegò, imbevendo un pezzo di cotone con acqua ossigenata. «Rischi di fartelo scendere in gola».

Si chinò su di lui, iniziando a tamponare le narici arrossate. E lui la guardava, studiandone i lineamenti del viso, i suoi occhi attenti, il nasino impertinente… quanto era bella! Come aveva fatto a non accorgersene prima?

Hime, intimamente imbarazzata dell’attenzione che si sentiva addosso, lo tamponò per bene, passando il cotone anche sulle labbra, sporche di sangue. Per un attimo indugiò nel pulirgliele. Erano così invitanti.

«Sakuragi».

La ragazza si risvegliò di colpo, alzandosi velocemente e affondando la testa nella cassetta per le medicine, in completo imbarazzo. Nobunaga sospirò, abbattuto.

Tornò con uno spray decongestionante e glielo spruzzò due volte per narice.

«Questo dovrebbe tapparti definitivamente i traumi che hai lì dentro», gli passò un altro pezzo di cotone, pulito. «Continua a tamponare così, poi può bastare».

Kiyota fece come gli aveva detto, borbottando un “ok” d’assenso. «Grazie».

Hime fece spallucce. «La prossima volta vedi di concentrarti su quello che fai, anziché imbambolarti come Hanamichi».

Nobunaga dovette mordersi la lingua, o le avrebbe gridato dietro che stava guardando proprio lei e che quindi era colpa sua se ora si era fatto male! Ma non gli piaceva per niente la freddezza con cui lo trattava. Si sentiva ignorato, sebbene gli avesse rivolto la parola e si fosse subito presa cura di lui. No, così non andava bene. Avrebbe preferito cento volte il rapporto che avevano prima di quell’inconveniente che quella freddezza. Sembrava un Rukawa al femminile! Certo, si era comportato da vero deficiente il giorno prima ed era più che comprensibile quel comportamento. Ma accidenti, l’aveva rifiutato! Come poteva dire di no a un bel ragazzo come lui? Eh? Eh?!

Risvegliandosi dalle sue chilometriche seghe mentali, la bloccò subito per un braccio, quando la vide andarsene senza dire altro. Hime si ritrovò, così, a una decina di centimetri da quel corpo sconvolgente, che neanche la sua testardaggine riusciva a ignorare.

Nobunaga prese un bel respiro, prima di trovare il coraggio di parlare. «Senti, lo so che mi son comportato da idiota e… mi dispiace, Sakuragi».

Hime sbatté le palpebre velocemente, cercando una qualsiasi via d’uscita da quella situazione. Il cuore le stava martellando in petto e temeva veramente di fare o dire qualcosa di sbagliato.

Kiyota posò lo sguardo sulle sue labbra, imponendosi un po’ di calma. Voleva rovinare tutto come l’ultima volta? «È che pensavo che tu–».

«Ehi, ragazzi, tutto bene?». Maki arrivò in quel momento, così improvvisamente e inaspettato che li trovò ancora vicinissimi, rossi in viso per l’imbarazzo. «Ok, torno dopo!», esclamò, facendo retro march in men che non si dica.

I due guardarono perplessi il playmaker andarsene velocemente, quasi fosse contento di quello che aveva appena visto. Poi si voltarono tra di loro, abbassando lo sguardo.

«Doomo arigatoo, Sakuragi. Già non sanguina più».

Hime abbozzò un sorriso, impacciata. Con una mano sulla nuca, mormorò: «Sai, noi Tensai…».

Kiyota ricambiò insicuro e si allontanò velocemente per riprendere gli allenamenti, ancora troppo tentato da quelle labbra che non aveva avuto la possibilità di accarezzare a dovere.

 

Piccolo siparietto per l’autrice:

Konnichi wa minna-saaan!

Porca paletta, già l'undicesimo capitolo! O.O *me si stupisce di se stessa*

Quanto mi son divertita a scrivere il festino di questo capitolo! Hanamichi è una fonte di ispirazione incredibile, è inutile! XD [vero Miha? xD]

Ma questo è niente rispetto a quello che la mia mente malata ha scritto per i prossimi festini… uh uh uh! XD

Spero vi sia piaciuto anche questo capitolo. ( :

Angolino per i ringraziamenti:

MihaChan: ehehe, cara quanto ti capisco! :Q___ Inoue-sama è stato proprio crudele a disegnare dei personaggi così… così… oh, my…! *sviene* Ahaha! “Scimmietta porcellosa”! Che incrocio! XD Grazie per il sostegno! *_* Besos! :*

SangoChan88: Awww! Son felice abbia apprezzato il match! Anche perché dovevo scrivere di basket… e lo farò ancora, perché lo adoro! *o* Vedrai, vedrai che succederà! *me sghignazza*

Come sempre un grazie anche a tutti coloro che leggono questa cosa!

Ja, mata ne!

Kenjina.

 

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Capitolo 13
*** Carpe Diem ***


La cena, a differenza del pranzo, fu più movimentata

Capitolo XII

Carpe Diem.

La palestra dove si sarebbe svolta la prima amichevole tra Shohoku e Kainan iniziava a movimentarsi. Quelli sicuramente più pimpanti e svegli erano i giocatori in maglia giallo-viola, che di certo non avevano dovuto affrontare l’ira del King Kong la mattina appena trascorsa.

I quattro malcapitati titolari dello Shohoku, infatti, erano distrutti. Come avrebbero fatto a disputare una partita in quelle condizioni ancora gli era ignoto. Non solo i muscoli di tutto il corpo, benché abituati a certi sforzi, erano indolenziti, ma stavano anche dormendo in piedi.

«Non vorrei essere al loro posto», disse Hime, con la faccia poggiata sul palmo della mano e un abbiocco colossale in corso. «Oh Kami, mi tocca anche arbitrare… va a finire che mi addormento nel mentre».

«Già…», mormorò l’altra manager, nascondendo uno sbadiglio con la mano libera dalla penna.

Hanamichi, fuggendo un attimo dalla visuale del Gorilla, si diresse saltellante dalle due ragazze. «Ehi, Hicchan! Cerca di espellere un po’ di gente tra quelli lì, ok?».

Hime ridacchiò, scuotendo la testa. «Pensa a giocare bene, invece! Sarò intransigente!».

Hanamichi abbassò le spalle, deluso. E lui che sperava di avere un’arma in suo favore! Poi, sempre pimpante, esclamò: «Fa nulla, Hicchan! Io sono un vero basketman, non avrò problemi!».

Hime gli lanciò un’occhiata sbieca. «Dì un po’, Hanamichi: ti droghi o cosa?».

«Magari lo facesse, almeno avrebbe una scusa plausibile», fece Ryota, guardando l’amico.

Il rossino iniziò a ridere, continuando a blaterare la sua superiorità sui comuni mortali e attaccando briga con il solito Kiyota, che per contrastarlo ribadiva il suo essere la miglior matricola di Kanagawa e bla, bla, bla. Il moro sembrava tornato il ragazzo pimpante di sempre, rompiscatole certo, ma non offensivo o depresso. E questo fece tirare un sospiro di sollievo sia ai suoi compagni di squadra sia alla ragazza dai capelli rossi. L’incontro ravvicinato di quel giorno, forse, l’aveva rinsavito un po’.

La partita iniziò dieci minuti più tardi. Al centro campo, per la palla a due, si posizionarono Akagi e Takasago, mentre Hime, fischietto in bocca e pallone in mano, si apprestava a dare il via.

Akagi le rivolse un’occhiata fulminante. «Mi raccomando, Sakuragi».

Lei, d’altro canto, rispose con un sorriso birichino. «Dovrei dirtelo io, Capitano! Attento ai falli!».

Nobunaga, sentendola, sorrise divertito. Quanto era matta!

La palla andò dritta in mano a Miyagi, che la passò prontamente a un Rukawa già nel campo avversario, dato che aveva subito iniziato a correre. Ma prima che il volpino riuscisse a prenderla, Jin la intercettò, tra le grida di disappunto di Hanamichi, che gli sbraitò dietro la sua incapacità.

Jin palleggiò tranquillo oltre la metà campo avversaria, trovandosi davanti Mitsui. Il cecchino del Kainan decise di rinunciare al tiro da tre, passandola a Kiyota, che si stava sbracciando per farsi vedere. Nobunaga afferrò saldamente il pallone, tentando una penetrazione quasi impossibile: aveva davanti, infatti, Akagi (intento, contemporaneamente, a tener dietro Maki per un possibile rimbalzo) e Rukawa, che non lo lasciava libero di respirare.

Kiyota strinse gli occhi, combattivo. Gliel’avrebbe fatta pagare a quel maledetto volpino, sia per avergli rubato il titolo di miglior matricola, entrando addirittura nei best five di Kanagawa, inammissibile!, sia per avergli fregato la ragazza. Ok, non era propriamente così, ma un altro motivo valido doveva pur trovarlo, no?

Prendendo la rincorsa per un dunk, esclamò esaltato: «Ora vi faccio vedere di che pasta è fatto il Rookie numero uno di Kanagawa, Nobun–».

Ma non fece in tempo a finire la frase che il King Kong gli spazzò via la palla di mano, con un grido liberatorio. Sembrava veramente un gorilla!

«Rookie dei miei stivali», borbottò Akagi, correndo dall’altra parte del campo.

Hime dovette trattenersi dal ridere vedendo il piccolo Kiyota abbattuto dalla non-azione.

«Maledetto scimmione!», gli gridò dietro Nobunaga, mentre Hanamichi gli correva affianco e lo sfotteva come il suo solito.

Il Kainan era, come sempre, un’ottima squadra: difesa impenetrabile e attacco fortissimo. Ma lo Shohoku si era preparato arduamente per la rivincita contro la sconfitta alle eliminatorie per entrare nel Campionato Nazionale. I cinque diavoli in rosso non si sarebbero lasciati fregare una seconda volta. E infatti, con grande stupore dei giocatori del Kainan, dopo cinque minuti di partita la squadra capitanata da Maki era solo in vantaggio di tre punti.

Ryota, nuovamente palla in mano per l’attacco, si ritrovò chiuso da Maki. «Sei migliorato, Miyagi».

Il numero sette ghignò, soddisfatto. «E questo è ancora niente!». Veloce come un fulmine, cambiò direzione di palleggio, girando su un piede e provando a sorpassare il Capitano del Kainan.

Maki, effettivamente, fu preso alla sprovvista, ma se c’era una cosa che non gli mancava era il sangue freddo e la velocità di reazione immediata. Sapeva sempre cosa fare, quando farlo e come farlo.

Miyagi, capendo che il suo marcatore non avrebbe mollato facilmente, si guardò lesto intorno: Rukawa era quello a cui avrebbe voluto passare la palla, ma Kiyota e Muto si stavano comportando da ottimi difensori; Mitsui era tallonato da Jin, che non aveva alcuna intenzione di far tirare il 14 dello Shohoku; Akagi era alle prese con Takasago, un bestione quanto lui. L’unico sprovvisto di marcatura era proprio Sakuragi, a cui lanciò la palla con un bel passaggio a parabolica.

Hanamichi sorrise malefico: finalmente avrebbe dimostrato a tutti il suo genio!

«Non fatelo avvicinare a canestro!», esclamò Maki, correndo dietro Miyagi.

«Vai, Hanamichi!», gridò Hime, facendo voltare tutti.

«Ehi, tu sei l’arbitro! Imparzialità, per favore!», le gridò dietro Kiyota.

Hanamichi avanzò verso la lunetta, trovandosi la strada sbarrata da Takasago, l’unico che potesse fronteggiarlo in altezza.

Rukawa, con la sua destrezza e la sua velocità, riuscì a disfarsi dei suoi due marcatori, guardando il rosso e indicandosi per passargli la palla. Ma Hanamichi aveva un orgoglio da difendere, non poteva mica passare la palla al nemico! Preferì lanciarla a Mitsui, che però non riuscì ad afferrarla, dato che Maki gli si era parato di fronte, capendo le sue intenzioni.

Inutile dire che il tiratore da tre e il playmaker gli gridarono un “deficiente” con i contro-attributi, mentre un “do’aho” sommesso proveniva dalla voce tenebrosa del volpino.

Hime si passò una mano sul viso. Non sarebbe cambiato mai, da quel punto di vista! Se solo avessero collaborato, tutti e due… lo Shohoku sarebbe diventato una macchina sforna punti. Ma la ragazza dovette svegliarsi velocemente dai suoi pensieri, per dichiarare fallo di sfondamento a Takasago, in attacco.

La partita proseguì con un distacco lieve tra le due squadre, sebbene il Kainan rimanesse sempre in vantaggio. Il primo tempo si concluse 42-38.

Hime seguì la sua squadra fino agli spogliatoi, dove Akagi stava impartendo direttive a destra e a manca come un gendarme.

«Ragazzi, stiamo andando bene, abbiamo solo quattro punti di distacco. Sono più che sicuro che possiamo fare meglio e passare in vantaggio».

Un “sì” di approvazione venne gridato dai giocatori.

Poi fu la volta dell’allenatore Anzai parlare. «Vorrei cambiare un po’ il solito schema, ragazzi. Quando la palla arriverà a Miyagi, all’inizio del secondo tempo, voglio che voi due iniziate a correre sulle fasce opposte», disse, rivolto a Hanamichi e Rukawa, che si guardarono in cagnesco. «Li troveremo spiazzati, dato che non sapranno a chi Miyagi passerà la palla per segnare. È molto probabile che due andranno su Rukawa, che è potenzialmente il più pericoloso, e uno su Sakuragi».

Hanamichi gonfiò le guance, indispettito. «Ah! Ma io sono un genio, sono l’arma dello Shohoku! Mai sottovalut–».

«Zitto e ascolta, deficiente!», gli rimbeccò Akagi, tirandogli una manata sulla nuca.

«Miyagi, se vedi che la copertura di Sakuragi è quasi nulla passa a lui. Gli altri marchino stretti la difesa », proseguì il Buddha dai capelli bianchi. «Faremo affidamento su voi due per l’inizio di questo tempo. Mi raccomando».

«Sì, signore!», esclamarono le due matricole, carichi. Per poi azzannarsi con il solo sguardo.

Hime alzò una mano, sorridente. «Volete che sbatta fuori qualcuno in particolare?».

Rukawa le si affiancò, e prima di sorseggiare la sua bibita, le disse: «Sì, quel do’aho di tuo fratello».

«Ma brutta volpaccia maledetta!».

«Hanamichi, quanto sei pedante!», esclamò Ayako, tirandogli il ventaglio in testa.

Il rossino si rifugiò dalla sorella. «Shono shempre i sholiti maneschi!», piagnucolò.

Hime gli scompigliò i capelli, ma si ritirò subito constatando che era completamente sudato e che aveva appena affondato la mano in un mare umido parecchio schifoso.

L’inizio del secondo tempo andò esattamente come aveva previsto il Nonno. Hanamichi rimase praticamente senza marcatura, dato che Muto e Kiyota si fiondarono su Rukawa. Così il rossino andò a canestro senza problemi, mostrando i risultati dei suoi allenamenti speciali. Esultò le sue gesta e continuò a proclamarsi Re indiscusso della partita per i successivi dieci minuti.

Solo una volta lo Shohoku si trovò in vantaggio. Ma non servì per vincere la partita, che si concluse 76-70 a favore del Kainan. I giallo-viola erano stati supremi in ogni azione: Maki si confermò il miglior giocatore e un Capitano carismatico come pochi; Jin sfornò canestri da tre ogni volta gli si presentasse l’occasione; Kiyota si sbizzarrì con evoluzioni a terra e in aria, contento della sua performance, alla faccia del volpino; Takasago e Muto furono irremovibili nella loro difesa. Ma anche lo Shohoku, per quanto avesse perso per la seconda volta contro la miglior squadra di Kanagawa aveva dato il massimo: Akagi aveva dimostrato di essere nuovamente all’altezza del Kainan; Mitsui non fu da meno di Jin, sebbene la sua resistenza fosse minore; Ryota riuscì addirittura a tener testa ad un playmaker come Maki, con la sua rapidità e agilità; Rukawa non si smentì neanche in un solo istante, riuscendo a ricoprire qualsiasi ruolo, sia in difesa che in attacco, anche se il suo egoismo, probabilmente, era stato la causa della sconfitta; infine Hanamichi, giocatore troppo sottovalutato, imprevedibile e decisamente imbattibile al rimbalzo.

Abbattuti, ma non per questo demoralizzati, i giocatori dello Shohoku si complimentarono per la buona partita (con le dovute eccezioni, certo) con gli avversari.

Le dovute eccezioni furono Kiyota e Hanamichi: il primo proclamandosi la chiave della vittoria del Kainan, il secondo gridandogli dietro che il Kainan non poteva far certo riferimento a una scimmia petulante come lui. Ovviamente finirono per darsele di santa ragione, per poi essere calmati dai loro due domatori, Maki e Akagi.

Insomma, la solita storia.

 

*

 

Hime era in camera sua, intenta a ricopiare il resoconto della partita disputata un’ora prima. Si era offerta di farlo lei, dato che quella faccia di bronzo di Miyagi aveva chiesto ad Ayako di accompagnarlo in paese “per comprare la loro rivista sportiva preferita”. Hime rise tra sé e sé, pensando a quei due. Erano così carini, insieme!

Aumentò leggermente il volume del suo lettore cd portatile, che aveva prontamente collegato a due casse piccole da viaggio. Le note dei Toto, con Hold the Line in sottofondo, la portarono a canticchiare allegramente, tanto che quasi non si accorse che qualcuno bussò alla porta. Con block notes e matita in mano, e continuando a cantare e a improvvisare due goffe mosse di danza, aprì la porta. Per poco non cadde a terra per la sorpresa.

«Ehm… disturbo?», le chiese Kiyota, grattandosi una tempia e guardandola con curiosità. «Perché altrimenti vado…».

Il ragazzo trattenne a stento una risata: Hime non solo aveva i capelli ritirati da un berretto arancione e bianco messo al contrario, ma indossava anche la maglia di riserva del fratello, la mitica rossa numero 10, che le arrivava praticamente alle ginocchia. Dulcis in fundo, aveva delle infradito decorate con fiorellini di plastica. Era una comica. Le mancavano i bigodini e le fette di cetriolo negli occhi ed era perfetta.

Hime, forse, non si era vergognata così tanto in tutta la sua vita. Ma Kami, quella scimmietta doveva presentarsi proprio quando era vestita da randagia?!

«No, no… entra pure!», gli disse, aprendo meglio la porta per farlo passare. Che voleva da lei?

«Ti ho disturbata, vero?», le chiese nuovamente, indicando con un cenno del capo le schede dei giocatori sparsi su un letto.

«Tranquillo, stavo per finire», disse, chiudendo la porta e raggiungendolo. «Uhm… posso offrirti qualcosa? Ho caramelle, brioches, biscotti, nutella, grissini, patatine… oh, anche dei mikado, vuoi?».

Nobunaga la guardò perplesso. «Pensavo che il ristorante fosse giù, non qui», fece, accettando i bastoncini ricoperti di cioccolato che gli stava offrendo.

«Beh, in qualche modo dobbiamo sopravvivere per due settimane durante la notte», fece Hime seria, rovistando nella sacca. «Anzi, ti dirò di più: io e Hanamichi dovremo andare anche giù in paese a rifornirci… ieri notte abbiamo fatto razzia di metà delle cose che c’erano qui dentro. Quei tre caproni sono dei cassonetti! Anzi, mettiamoci in mezzo anche Kaede, che zitto zitto si è finito i salatini». Hime si fermò un attimo, maledicendosi mentalmente. Stava parlando a raffica. Poteva dire che per l’ultima frase non avesse ripreso neanche fiato. Si stava agitando e quello non era bene, anzi.

Nobunaga, invece, fece un sorriso tirato nel sentire il nome dell’odiato volpino, ma non lo diede a vedere. Erano amici, del resto. Niente di più, no? «Potresti… sì, insomma… potrei accompagnarti io al market, no?».

Hime sollevò uno sguardo stupito verso il ragazzo. Le aveva appena chiesto di uscire? Sbatté velocemente le palpebre, imbarazzata. «Sei… gentile, Kiyota», gli disse, grattandosi il naso con nervosismo. «Ehm… mi dai dieci minuti, così finisco queste scartoffie?».

Al ragazzo non parve vero che avesse accettato. Allora qualche Kami lo assisteva, ogni tanto! Qualcuno lassù gli voleva bene, in fondo! «Ma certo, non c’è problema, fai con calma!», disse esuberante, ritrovando la sua spavalderia e la sua sicurezza. Avrebbe aspettato anche un’ora, non gli sarebbe importato. Del resto lui era lì, solo con lei, a guardarla mentre ricopiava con ordine tutti i dati, corrugando la fronte senza neanche accorgersene mentre scriveva; per la prima volta si accorse che fosse mancina, sebbene quando andava a canestro aveva notato tirasse con la destra.

E poi, cosa più importante, sarebbe uscito con lei. Niente di galante, solo un’innocente passeggiata al market per fare rifornimento di schifezze. Ma per lui era come aver ricevuto la grazia dal cielo. Era sincero quando pensava che l’avrebbe mandato via a calci per tutto il corridoio. In realtà era andato da lei con l’intenzione di scusarsi per bene per tutto quello che le aveva detto, ma quando capita l’occasione bisogna sempre prenderla al volo.

Kiyota si grattò il mento, pensieroso: si sbagliava o c’era un signore che diceva “carpe diem”?

Piccolo siparietto per l’autrice:

Un po’ in ritardo con i tempi [di solito aggiornavo dopo pranzo, ma sto preparando un esame, il tempo è poco! .__.] rieccomi qui!

Capitolo un po’ corto, in effetti, ma non posso collegarlo all’altro, altrimenti salta tutta la suspense! XD 

Angolino per i ringraziamenti:

lilli84: ma anche no! Sono ben lungi dal volerla concludere di già! Tieni conto che ho pronti un’altra decina di capitoli e la storia non è ancora finita! XD Grazie mille! :*

MihaChan: eggià, se Nobu fosse stato in vena avrebbe esclamato sicuramente: “Proprio come una scimmia! Ahaha!” Cara mia, vedrai come ci darà dentro Nobu! …a fare cazzate, ovvio! ò_ò

kuro: oh Zeus, addirittura ti emoziona! ;___; E io che volevo far ridere! XD Gentilissima, come sempre! Essì, Nobu è taaaanto kawaii! Da strapazzare tutto, dalla mattina alla sera! *_*

Grazie di cuore a tutte, è una gioia vedere che mi seguite ad ogni aggiornamento! x*

A presto,

Kenjina.

 

 

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Capitolo 14
*** Untitled ***


La cena, a differenza del pranzo, fu più movimentata

Capitolo XIII

Untitled.

Nobunaga Kiyota capì che Hime Sakuragi lo attraeva sempre di più quando la vide tutta sorridente prendersi una sacca coloratissima, lunga e larga, e dichiararsi pronta per uscire. Senza togliersi la maglia del fratello. Senza ravvivarsi i capelli come facevano tutte le ragazze prima di un appuntamento (e anzi, peggio ancora, tenendosi il cappellino in testa). L’unica cosa che cambiò furono le infradito, che sostituì con un paio di pantofoline rosse a pois bianchi.

Per loro fortuna non incontrarono Hanamichi, che doveva essere ancora sotto la doccia a rinfrescarsi le idee. Altrimenti avrebbero assistito a una bella scenata di gelosia che sarebbe entrata nella storia.

Camminarono per un po’ in silenzio, godendo della tranquillità del posto. Erano le sei di sera, un po’ caldo in effetti, ma soffiava un’arietta che, seppur tiepida, dava almeno la sensazione di frescura.

«Complimenti per la partita, siete stati bravi come sempre», disse Hime, sistemandosi la borsa sulla spalla.

Nobunaga, sentendo quelle parole, iniziò a gasarsi come suo solito. «Ahaha! Il Kainan quest’anno è anche più forte! Avere un fuoriclasse come me è stato il tocco decisivo! Ahaha!».

Hime scoppiò a ridere. A volte sembrava di parlare con sui fratello!

«Oh guarda quel negozio!», esclamò la ragazza, scaraventandosi contro vetrina di un esercizio etnico. «Perché questo non l’ho visto, ieri?».

Kiyota fu letteralmente trascinato dentro da una Hime del tutto svitata. Del resto l’aveva capito che quella ragazza, in quanto a gusti, era parecchio strana. La seguì allegro, vedendola persa per una lampada da terra completamente in legno, per dei tendaggi rossi e marroni, per scaccia guai e altre cose che a lui non piacevano minimamente. Però era bello vederla al settimo cielo, con gli occhi castani illuminati da una luce di euforia che le ravvivava il viso.

Rimasero lì dentro per una decina di minuti, ma quando Kiyota mise il primo piede fuori da quel posto uscì più raggiante di prima, dato che stava per svenire dall’odore d’incenso che impregnava l’aria. Gli sarebbe venuto mal di testa, su questo non aveva dubbi!

Il supermarket non era affollato e fortunatamente riuscirono a trovare la corsia che gli interessava senza perdersi nei meandri dei numerosi scaffali. Con un cestello alla mano Hime iniziò a prendere di tutto di più, perché “tanto avrebbe pagato quel santo di Hanamichi”. In men che non si dica il cestello trasbordava di tre pacchi di biscotti al cioccolato, uno di frollini, due mega confezioni di Ritz, una cassetta di bibite e chi più ne ha più ne metta. E, dato che il tutto stava iniziando a pesare al povero braccio minuto della ragazza, il cavaliere numero uno di Kanagawa si offrì di reggerlo al posto suo (pentendosene amaramente quando vide che la signorina non aveva ancora la benché minima intenzione di finire la spesa). Ma lui era un uomo, più precisamente il grande Nobunaga Kiyota! Non poteva mica arrendersi per un canestrino leggero come una piuma!

«Non avremo fatto meglio a prendere un carrello?», le chiese perplesso, con il braccio dolente.

Hime alzò la testa da un pacco di deliziose barrette al cioccolato al latte e cereali. «Torno subito!», esclamò, lanciando anche quelle nel cestello.

Nobunaga la guardò sparire dietro uno scaffale, sempre più perplesso e confuso. Dove diavolo se n’era andata quella pazza di una Sakuragi? Era peggio di lui!

Un minuto dopo la vide tornare raggiante come una bambina con un carrello, che per i gusti degli altri clienti stava facendo correre un po’ troppo. Gli si parcheggiò letteralmente affianco con una frenata di fortuna, ridendo come una bambina. «Eccolo qui!».

Nobunaga, dopo un po’ di indecisione, scoppiò a ridere. Non era la sorella di Hanamichi per niente, quell’esagitata! Aveva anche rischiato di schiantarsi contro una serie di pacchetti messi in ordine in esposizione!

Dopo aver traslocato il tutto dal cestello al carrello, ripresero gli acquisti, finendo dieci minuti dopo. Alla cassa trovarono una donna gentile che iniziò a raccontargli la storia della sua vita, senza che loro gliel’avessero anche lontanamente chiesto. Il tutto era partito da un «Che cosa ci fanno qui due bei giovanotti come voi? Una vacanza per l’anniversario di fidanzamento?», con conseguente viso color porpora dei due e risata dell’altra. Dopo che le spiegarono che erano lì in ritiro con le proprie squadre di basket, mentre pagavano per andarsene, la signora aveva iniziato a ricordare i suoi tempi di gloria, quando ancora era giovane e spensierata, quando i ragazzi le andavano dietro e quando si divertiva con gli amici. Poi aveva conosciuto l’amore della sua vita e l’aveva sposato. Peccato che ora fosse diventato uno screanzato che non faceva altro dalla mattina alla sera se non guardarsi il suo spettacolo preferito alla televisione e obbligarla a restare con lui. Lei, certo, lo amava, ma si meritava qualcosa di più di una vita del genere. Ed ecco che entrò in scena il ragazzo che “l’aiutava” con la cura del giardino. Del resto, un po’ di svago anche lei lo doveva pur avere, no?

Nobunaga e Hime si lanciarono una disperata occhiata, in cerca della salvezza da quel monologo decisamente troppo noioso per rimanere ad ascoltarlo. Peccato che avessero trovato quella tipica persona che, accalappiata la preda, non la mollava tanto facilmente.

Uscirono stanchi e spossati dopo un quarto d’ora. Il quarto d’ora più lungo della loro vita. Inutile dire che, appena si guardarono negli occhi, scoppiarono a ridere talmente forte che dovettero sedersi per riprendersi un po’.

«Che esperienza… esaltante!», esclamò Kiyota, riprendendo a ridere.

«Kami, che male… la pancia!», cercò di dire Hime tra le risa.

Vennero trovati così piegati dal ridere da due meravigliati Ayako e Ryota. Più sbalorditi che altro, in effetti. Vederli ridere insieme come vecchi amici non era certo una cosa che si sarebbero aspettati di vedere da lì alla fine del mondo.

«Ragazzi, tutto bene?», chiese Ayako, avvicinandosi ai due.

Hime si asciugò le lacrime dagli occhi per le troppe risate. «Kami, Ayako! La prossima volta ci andate voi due a fare la spesa!».

E giù a ridere nuovamente, mentre i nuovi arrivati continuavano a non capire il motivo di tanta ilarità. Quando finalmente si calmarono, spiegarono nei minimi particolari quello che era successo e ci mancò poco che Ryota corresse a prendere Hanamichi e Mitsui per trascinarseli dentro e farsi due risate.

Quando si misero in cammino verso l’albergo erano le sette e mezza passate. Kiyota aveva preso la maggior parte delle buste, aiutato poi da Miyagi. Del resto, loro erano i “machi” della situazione, non potevano mica lasciare le “loro” donne appesantite con carichi del genere.

I ragazzi iniziarono a parlottare sulla partita disputata quella mattina, mentre Ayako e Hime, a braccetto, rimasero un po’ più indietro. Hime sapeva a cosa stava per andare incontro: un bel terzo grado da parte della pettegola dell’anno, Ayako!

«Allora, hai qualcosa da dirmi?», le chiese la riccia, ammiccando maliziosa.

Hime arrossì peggio dei suoi capelli, guardando la schiena del suo numero dieci. Oh Kami, aveva appena pensato a Kiyota come “suo”?! La situazione stava precipitando alla grande, ecco cosa!

Dopo una serie di domande snervanti, Hime fu costretta a snocciolare l’intera vicenda a un’Ayako sempre più curiosa ed eccitata per l’amica.

«Non pensavo che Kiyota potesse essere così gentile», ammise Ayako.

Hime annuì leggermente, imbarazzata. Oh, avanti! Non significava nulla che l’avesse accompagnata a fare compere! Anche se, certo, era andato in camera sua con l’intenzione di chiederle qualcosa… Kami, che confusione! Perché non riusciva a stare arrabbiata con quella scimmietta per più di un giorno? Non lo sopportava, accidenti!

«Ryota, invece, si è comportato bene?», chiese la rossa, per sviare lo scomodo discorso.

«Sì, sì! Come sempre… è un’altra persona quando non sta con gli altri», disse Ayako, guardando il playmaker senza lasciar trasparire né indifferenza né interesse.

Hime sorrise, scuotendo la testa. «Quando avrai capito cosa provi per lui fammi un fischio».

Il rientro in albergo fu un bel problema, per Hime. Vederla accompagnata da Kiyota, senza che i due si stessero minimamente scannando era incredibile. Ma se per i comuni giocatori questa situazione destò stupore, c’era invece qualcuno che andò su tutte le furie. E non fece niente per nasconderlo.

«Hicchaaan! Che diavolo ci fai in compagnia della scimmia?! Aaargh! Maledetta Nobu-scimmia spelacchiata! Se l’hai soltanto guardata ti sradico le palle!».

Inutile spiegargli che si fosse offerto per accompagnarla a prendere le riserve per i festini; inutile dirgli che fosse stato gentilissimo; inutile dirgli che si erano persino divertiti insieme. No, niente. Quando Hanamichi Sakuragi partiva per la tangente era letteralmente impossibile fermarlo. O almeno, impossibile per chi non si chiamava Takenori Akagi, detto il Gorilla.

E mentre Hanamichi veniva represso a suon di pugni e calci, Kiyota accompagnò la ragazza alla sua camera, entrambi trascinandosi le buste della spesa.

«Dove le metto?».

Hime gli indicò la sua sacca. «Appoggiale lì vicino… tanto è tutta roba che ci servirà anche stanotte».

Nobunaga sorrise tristemente, pensando che avrebbe passato un’altra nottata da solo a rigirarsi nel letto, guardando un soffitto in travi di legno che aveva un interesse pari a zero. «Non vi è bastata la giornata di oggi?».

Hime ridacchiò, pensando ai suoi amici. Ne avevano sempre combinate di tutti i colori, pagandone poi le conseguenze. Ma quanto si divertiva con loro era impagabile.

Poi i suoi occhi nocciola si fecero grandi, puntandoli sul ragazzo. «Vieni anche tu, stanotte! Tu, Maki Jin… tutti quelli che vogliono! Più siamo meglio è, no?».

Per la seconda volta, in quel giorno, Nobunaga ringraziò tutti i Kami che lo stavano assistendo. Allora non era così cattivo come aveva sempre creduto!

Con un sorriso le fece l’ok con il pollice. «Puoi contarci!».

Quando fece per andarsene, Hime lo bloccò. «Grazie, Kiyota. Sei stato veramente gentile oggi».

Il ragazzo sorrise nuovamente, vedendola arrossire. «Dovevo sdebitarmi per il naso…», le disse, indicandosi la parte lesa. «E per tutto quello che ti ho detto. Mi sono sentito un verme, davvero. Gomen nasai».

«Sì, sei stato veramente un idiota. Un giorno mi spiegherai cosa ti è preso». Hime gli sorrise. «Ma sei perdonato».

Kiyota, d’altro canto, le regalò uno dei suoi migliori sorrisi, prendendole le mani euforico. «Grazie, Sakuragi! Non sopportavo di vederti arrabbiata con me!», le disse, sinceramente dispiaciuto. «E comunque… mi è piaciuto stare con te».

Hime arrossì, se possibile, ancora di più. «Anche a me, mi sono divertita tanto! Magari… si può rifare, no?».

L’occhiolino che ricevette poi le fece capire tutto.

Piccolo siparietto per l’autrice:

Salve gente! Scusatemi per il titolo -non titolo- di questo capitolo, ma ho la testa completamente fusa, non avevo inventiva! *me stanca .___.*

Ma vabbè, è il contenuto che conta, no? NO?! ;___;

Un saluto e un abbraccio a MihaChan, che sarà l’artefice di un pezzo di questa storia più avanti [non avevo inventiva e lei è giunta in soccorso! *o* Graccie caVa! x*], e a chi ha lasciato un commento!

lilli84: grazie mille! Son contenta ti piaccia così tanto! ^^

kuro: è mercoledì anche oggi! *o* XD Ma grazie miliardesime, cara! Mi commuovo così ;___;! E brava, brava, rileggi Slam Dunk! Anche se magari lo sai a memoria! Fai come me! XD Eggià, caro Nobu! *Q*

A mercoledì prossimo, se son libera!

Ja-ne!

Kenjina.

 

 

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Capitolo 15
*** Genius ***


La cena, a differenza del pranzo, fu più movimentata

Capitolo XIV

Genius.

Takenori Akagi era un uomo tutto d’un pezzo. Non era impulsivo, ma quando agiva lo faceva bene. Soprattutto se questo significava dover tenere a bada cinque scalmanati che spesso e volentieri si comportavano peggio dei bambini.

Fu così che, durante la cena, catturò l’attenzione dei presenti, in particolare dei suoi giocatori. I ragazzi si guardarono tra di loro, consci del fatto che l’espressione diabolica che aleggiava nel volto scimmiesco del loro Capitano non prometteva nulla di buono. Anzi, di solito significava guai in vista.

«Allora, ragazzi! Dato che il risveglio questa mattina è stato particolarmente distruttivo per voi e per la mia sanità mentale, da oggi in poi scordatevi di riunirvi come avete fatto ieri notte. Starò di vedetta in corridoio, a costo di non chiudere occhio! Ma voi», disse, soffermando lo sguardo sui fratelli Sakuragi, che deglutirono a fatica, «voi non uscirete dalle vostre stanze fino alle otto e mezza di domani mattina. Intesi?».

Hime provò a dire qualcosa, alzando la mano da brava studentessa modello. Ma l’occhiataccia del centro le fece morire le parole in gola. Era veramente spaventevole!

Solo l’impavido Hanamichi Sakuragi tentò l’impossibile…

«Ma, Gori! Sei peggio del nostro professore di matem–!».

…finendo con l’ennesimo pugno in testa.

«Hicchaaan! Il Gori mi ha fatto la bua!», si lagnò il rosso, mentre la sorella lo abbracciava premurosa.

«Oh Kami-sama», esclamarono in coro gli altri, affondando i visi nei loro piatti.

Hime si alzò in piedi, puntando un dito contro il Capitano e facendo sbiancare tutti. «Ricorda, Gori! Mai mettersi contro i Sakuragi! Ahaha!».

Le uniche risate che si sentirono in tutta la sala furono quelle del rossino e del piccolo Kiyota, sedati entrambi da un colpo in testa. Anche perché il resto dei presenti era troppo spaventato da una possibile reazione del Gorilla per osare dire o solo pensare qualcosa.

Quando la cena riprese, in totale “tranquillità”, Hime bisbigliò ai suoi amici: «Su, ragazzi! Io e il Tensai ci inventeremo qualcosa per domani!».

Hanamichi ridacchiò, euforico. «Ahaha! Hicchan! Siamo due geni!».

«Ma se ancora non avete fatto niente!», sbottò Mitsui, poggiandosi al tavolo con fare svogliato.

«Ci annoieremo a morte!», esclamò tristemente Ryota, beccandosi una sgridata dai rossi.

«Ehi!», fece Hime. «Vi arrendete facilmente, eh? Questa non è solo questione di festini da fare obbligatoriamente… c’è in palio anche la nostra reputazione di casinisti!», disse tutta fiera di sé.

Dal gruppetto partì un applauso sentito, mentre ridevano come matti.

Dall’altro tavolo Kiyota li stava guardando, curioso. Probabilmente i gemelli stavano escogitando qualcosa di diabolico per farla al loro Capitano. E ne era sicuro, con la testa che si ritrovavano tutti e due ce l’avrebbero fatta!

Stava per portarsi alla bocca un po’ di sushi quando bloccò le bacchette a metà, sorridendo malefico. Poteva aiutarli, oh se poteva!

Dopo cena si avvicinò al gruppetto di amici, seduti vicino alla piscina illuminata.

«No! La scimmia no!», iniziò a lamentarsi Hanamichi, beccandosi un pugno in faccia. «Ehi, che problemi hai?!».

Nobunaga lo guardò in cagnesco. «Se ti do tanto fastidio vai a mangiarti una banana lontano da me, idiota!».

Incredibilmente tutti scoppiarono a ridere, mentre il rossino diventava una furia. «Ti affogo!».

Inutile dire che i due si ritrovarono in acqua dopo un batter di ciglia.

«Ma allora sei proprio deficiente, razza di scimmia rossa! Ero già raffreddato di mio!», esclamò Kiyota, saltandogli addosso e facendolo scendere sotto.

Ayako guardò i due combattere alacremente in acqua, scuotendo la testa. «Un terremoto fa meno danni».

Al primo starnuto di Kiyota, Hanamichi si tirò indietro, facendogli un “contro-incantesimo”. «Argh! Maledetta Nobu-scimmia! Così mi contagi i tuoi germi! Vade retro!».

Nobunaga sorrise, perfido. «Allora fatti abbracciare, amico mio!».

Tra Kiyota che inseguiva il rossino, e il rossino che fuggiva da Kiyota, il gruppo di amici non riusciva più a respirare dalle risate. Dopo cinque minuti di corsa i due si buttarono a terra stremati.

«Hicchan! Salvami dalla scimmia contagiosa!», disse Hanamichi, strisciando verso le gambe della sorella, a cui si aggrappò saldamente.

Hime gli scompigliò i capelli. «Quanto siete scemi!», disse in una risata.

«Ehi, ha iniziato tuo fratello!», esclamò Nobunaga, mettendosi in piedi. Starnutì due volte poco dopo.

«Ti conviene andare ad asciugarti se non vuoi ammalarti sul serio», gli disse Hime.

Kiyota annuì, guardando poi Hanamichi, ancora bello che disteso sull’erba. «Ehi, rosso-scimmia, cambiati anche tu!», esclamò, tirandogli un debole calcio sul fianco.

Ayako guardò allarmata le due scimmiette andarsene insieme verso le proprie camere. «Kami, da soli si ammazzeranno!», esclamò puntando uno sguardo preoccupato verso Hime, che rideva tranquilla. Secondo lei quei due sarebbero diventati ottimi amici. Un po’ come Hana e Kaede, sebbene non facessero altro che darsele di santa ragione dalla mattina alla sera. Ma era un modo come un altro per mostrare al mondo quando non potessero fare a meno l’uno dell’altro.

Nobunaga e Hanamichi, nel frattempo, entrarono nelle rispettive camere, alla ricerca di un asciugamano e di un cambio di vestiti. Il dieci del Kainan fu quello che finì prima ed entrò con ancora un asciugamano tra i capelli in camera del rosso.

«Ehi, Sakuragi! Ho una proposta da farti!».

Hanamichi saltò letteralmente, preso alla sprovvista. «Maledetta scimmia! Sei diventato anche un maniaco ora?! Guarda che a me piacciono le donne!».

«Ma non dire idiozie e ascoltami!», esclamò l’altro, tirandogli l’asciugamano in pieno viso. «Ho trovato il modo per eludere la sorveglianza dello scimmione!».

A quelle parole Hanamichi balzò davanti al ragazzo, ascoltando attentamente il piano dell’altro.

«Ma certo! Ehi, Nobu-scimmia! Quando usi l’unico neurone che ti gironzola in testa fai scintille!», esclamò Hanamichi contento, battendogli una mano sulla spalla, mentre l’altro si difendeva a suon d’insulti.

Ancora imbronciato, Kiyota borbottò: «Vado ad esporre il piano al Capitano… così dopo ci ritroviamo per spiegare tutto agli altri».

«Ehi, Kiyota!», lo fermò Hanamichi. «Perché ci aiuteresti?».

Il moro sorrise ironico. «Perché non voglio ritrovarmi sbattuto fuori dalla stanza quando verrò da voi!».

«Checcosa?! E chi ti ha invitato? Io non ti voglio!».

Nobunaga, mostrandogli un pugno sotto il naso, esclamò furente: «Tua sorella! Mi ha invitato tua sorella, contento? Se non ti sta bene scordati il mio aiuto!».

La mascella di Hanamichi si aprì automaticamente a livelli inimmaginabili, sfracellandosi fino a terra. «Che… che ha fatto… Hic… Hicchan?».

Nobunaga incrociò le braccia al petto, cercando di nascondere il rossore che gli imporporava le guance pensando al discorso di quel pomeriggio.

Poi Hanamichi spalancò gli occhi, capendo. «Ehi! Non mi dire che tu e la mia Hicchan state insieme e nessuno me l’aveva detto?! La mia Hicchan con una scimmia selvaggia nooo!».

In risposta Kiyota, rosso per l’imbarazzo e l’offesa, lo scaraventò a terra, riempiendolo di botte.

 

*

 

I ragazzi ascoltavano il piano con crescente attenzione, sghignazzando ogni tanto e annuendo.

«Non sembra, ma Kiyota è un genio!», disse serio Mitsui, beccandosi un colpo dai Sakuragi.

«Non dire così, Hisa!», «L’unico genio vivente sono solo io, chiaro?!», esclamarono in coro i due. I fratelli si guardarono un attimo, uno sempre più spaventato dall’idea che gli si stava insinuando in testa e l’altra perplessa.

«Hicchaaan! Dimmi che non è vero! Dimmelo!», sbraitò Hanamichi, scuotendola per le spalle nella speranza di rinsavirla.

Hime sbatté velocemente le palpebre, confusa. «Cosa dovrei dirti, Hana?».

Quasi con le lacrime agli occhi, il rossino esclamò: «Dimmi che non stai insieme a quella Nobu-scimmia!».

Il gelo calò tra i presenti. Ayako, Ryota e Mitsui si scambiarono delle occhiate perplesse e ironiche, facendo scivolare lo sguardo sui fratelli. Nel frattempo, anche altri giocatori che avevano sentito l’urlo disperato di Sakuragi si erano fermati, curiosi di conoscere la risposta.

Hime, d’altro canto, divenne viola per l’imbarazzo. «Hanamichi Sakuragi», disse a bassa voce.

Un brivido salì lungo la schiena del rosso, che capì che la sua tenera e adorabile sorellina si era arrabbiata. E anche parecchio, perché altrimenti non l’avrebbe chiamato per nome e cognome e non lo avrebbe trapassato da parte a parte con la forza del solo sguardo.

«Ok sorellina, stavo scherzando, ok? Ahahaaaah!».

Kogure dovette spostarsi alla velocità della luce per non essere travolto da quelle due furie umane e vedersi, quindi, il suo succo all’ananas sprecato contro la camicia bianca.

Ayako sbuffò, poggiando il mento sui palmi delle mani.

Ryota e Mitsui, invece, la guardarono curiosi. «Ayako, sai qualcosa che noi non sappiamo?».

La riccia arrossì a dismisura. Quando si mettevano di impegno i ragazzi erano anche peggio delle lavandaie! «Qualcosa che cosa?», chiese noncurante, ridendo nervosamente.

Mitsui ghignò. «Sì, sa qualcosa!».

Due secondi più tardi arrivò Kiyota, tutto pimpante. «Il piano avrà inizio esattamente alle undici e mezza!».

I tre lo guardarono indagatori, scrutandolo con interesse.

«Vieni, Kiyota, siediti un po’ con noi!», disse Ryota, accomodante.

Ayako spalancò gli occhi, mostrando il suo ventaglio uscito da chissà dove. «No, no ragazzi! Attenti a quello che fate! No, Kiyota, non intendo per te! Loro sanno di cosa sto parlando!».

Nobunaga li guardò non capendo e poco dopo vide sfrecciare due teste rosse a tutta velocità.

«Hanamichi Sakuragi fermati!».

«Hicchaaan! Stavo scherzando!».

Rukawa, che stava beatamente ronfando spalmato su una sdraio lì vicino, allungò un piede che fece andare lungo e disteso per terra il povero Hanamichi. Seguito a ruota dalla sorella che non riuscì a fermarsi in tempo.

«Vacca bastarda di una kitsune, io ti ammazzo!».

«Ehi, Hanamichi! Frena un attimo! Sono io che ti devo ammazzare prima! Dopo lo ammazzo anche per te, ok?».

I due fratelli si rimisero in piedi, pulendosi gli abiti. Poi Hanamichi riprese a correre, approfittando della disattenzione di Hime, che lo seguì poco dopo.

Mentre gli altri ridevano e a un Gorilla a caso scoppiava una grossa vena in testa, Kiyota guardò i due sempre più confuso. «Sbaglio o mi son perso qualcosa?».

Piccolo siparietto per l’autrice:

Con un giorno di ritardo, eccomi qui ad aggiornare! Perdonatemi, ma tra progetti e manifestazioni contro la legge 133 sono sommersa di impegni fino al collo. ^^” Non l’ho neanche riletto questo capitolo, quindi perdonatemi se dovessero esserci degli errori…

Saluto velocemente tutti coloro che stanno leggendo [e resistono xD] questa cosa, in particolare MihaChan [carissimaaaa! Grazie di tutto! x*] e kuro [aww! Non tenerti la scimmietta per troppo tempo, se no mi ingelosisco ;__; Grazie bella :*].

A presto,

Kenjina.

 

 

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Capitolo 16
*** Happy monkey or desperate monkey? ***


La cena, a differenza del pranzo, fu più movimentata

Capitolo XIV

Happy monkey or desperate monkey?

Il piano diabolico di Kiyota era semplice ed efficace: Akagi sarebbe stato sveglio per quasi tutta la notte, e perché non accettare un caffè da un gentile Maki che sorridente gli chiedeva di scendere al bar? E perché no… un caffè, un aperitivo… Gorilla ubriaco fradicio. La parte della sbornia era stata proposta dai gemelli, dato che conoscevano le abitudini del loro Capitano e sapevano per certo che non reggeva un dito di alcol. Ebbene sì, il King Kong grande e grosso avrebbe girovagato cantando e sbatacchiandosi di qua e là contro le pareti dell’albergo, con un volto rosso e gli occhi semichiusi. Solo per vedere una scena del genere ci sarebbe stato da pagare il biglietto.

La seconda parte del piano prevedeva che Maki, allontanatosi un attimo con la scusa di andare al bagno, bussasse tre volte alla porta di Kiyota per dargli il via libera. Quindi sarebbe uscito quatto quatto e avrebbe fatto altrettanto agli altri, in modo che capissero il segnale e uscissero anche loro, verso la camera delle ragazze. E, per ogni evenienza, avevano anche messo i cuscini e tutto ciò che poteva far volume sotto le lenzuola, così che se il Gorilla di turno avesse avuto la magnifica idea di controllare se fossero in camera non si sarebbe accorto di niente (del resto alcol + buio sono alleati parecchio efficaci).

La terza parte, e quella più importante, riguardava i festini, che sarebbero stati un gran bel problema. Evitare di ridere sguaiatamente alle cavolate che avrebbero fatto e detto sarebbe stato una sfida per tutti. Tranne che per Rukawa, che aveva già vinto in partenza.

Neanche entrati in camera delle ragazze, il gruppo di scalmanati stava già facendo casino.

«Giochiamo a strip poker?», chiese Mitsui, ridendo malizioso alle facce delle due donzelle “indifese”.

«Strip-ché?», fece Hanamichi, grattandosi la testa. Proprio non capiva perché ogni tanto quelli lì s’inventassero un gioco nuovo di carte per metterlo in difficoltà. Sì, era una congiura contro di lui, ne era certo! Era già tanto se riusciva a vincere a ruba mazzetto!

«Strip poker, razza di scimmia!», esclamò Kiyota, guardandolo di sbieco. «È uguale al poker, con la differenza che quando perdi devi toglierti un indumento».

Hanamichi soppesò con attenzione la spiegazione di Nobunaga. Poi sbottò: «Niente strip poker quando gioca anche la mia Hicchan!».

«Come no?!», fece un scandalizzato Mitsui. «E il divertimento dove lo mettiamo?».

«Teppista hentai! Sei peggio del porcospino!».

«Da quel punto di vista Akira è un grande, altroché!».

«Sì, un grande affamato», frecciò la kitsune.

Hanamichi sorrise, malizioso. «Che c’è, Kit, geloso che lui ha una vita sessuale e tu no?».

«Zitto, impotente».

«Checcosa?! Vieni qui che ti soffoco con un cuscino!».

«E io che pensavo volessi mostragli il contrario!», fece Kiyota, facendo sbiancare tutti per un’immagine non propriamente bella che gli era apparsa in mente.

«Che cazzo, Nobu-Scimmia! Mi farai venire un colpo, così!», sbottò la guardia dello Shohoku, facendolo ridere come un deficiente.

«Ehi, voi! Ma per chi mi avete preso?!», gridò Hanamichi arrabbiato.

«Oi, coso! Abbassa la voce o ci sgamano subito!», ribatté Ryota, saltando addosso all’amico per farlo stare zitto. Peccato che quel gesto servì solo a fare più caos di prima.

«Pirati, all’attacco!», esclamò Hime, saltando in piedi sul letto e buttandosi sopra i tre malcapitati con un cuscino.

Ayako li guardò, con un misto di divertimento e preoccupazione. «Akagi ci ammazza».

E mentre Miyagi tentava di sedare quella testa calda di Hanamichi, Kaede bloccava con uno scatto veloce la ragazza tra le sue gambe, tenendole le braccia con una mano e nascondendo uno sbadiglio con l’altra. «Chi la vuole?», chiese, guardando con non troppa attenzione Kiyota e Mitsui.

Dato che la scimmietta del Kainan era troppo inebetita per poter muovere anche un solo muscolo (la presenza del volpino, infatti, lo urtava parecchio, nonostante tutto), Hisashi fece spallucce, iniziando a fare il solletico sui fianchi alla malcapitata. Ci mancò poco che morisse per mancanza di aria nei polmoni, da quanto stava ridendo.

Nel groviglio di mani, gambe e braccia, Hanamichi riuscì a vedere la sua povera sorellina maltrattata da quel branco di maniaci, che non perdeva occasione per appropriarsi della piccola Hime. Maledetto volpino lussurioso! Quello zitto zitto e l’avrebbe anche sedotta! Per non parlare di quel Mitchan losco! Ogni scusa era buona!

«Argh! Maledetti depravati!», gridò infuriato.

«Hanamichi, abbassa la voce!», esclamarono tutti, fiondandosi contro di lui.

Solo in quel momento Kiyota si decise di unirsi a quella massa di sgangherati, solo per approfittarne e dare due colpi al rossino. Chissà, magari ci scappava anche una sberla al volpino di turno!

Fu quando sentirono un colpo alla porta che tutti si immobilizzarono sul posto: Mitsui con un cuscino sospeso in aria, pronto a raggiungere la faccia di Hime; questa in bilico solo su un braccio e una gamba, intenta a svincolarsi dalle grinfie di Kaede; Ryota e Nobunaga sopra Hanamichi, con un pugno ciascuno bloccato a metà strada; Ayako immobile nella sua sedia. Tutti guardavano ansiosamente la porta da dove era giunto il colpo. Che fosse Akagi a disfare quel casino?

Nel silenzio più totale sentirono la voce pacata, e parecchio divertita, di Shin’ichi Maki. «Su, Akagi! Non vorrai rimanere di guardia in quelle condizioni? Eppure hai bevuto solo un bicchiere di vodka!».

A stento i ragazzi trattennero le risate. Accidenti a Maki, glielo stava facendo di proposito!

«Uhn… devo… devo vi… vi… vigilare!».

Subito dopo si sentì un altro colpo. Probabilmente Akagi stava davvero barcollando ubriaco perso lungo il corridoio.

Hime dovette coprirsi la bocca con il primo cuscino che si trovò davanti, pur di non scoppiare a ridere. Hanamichi, invece, non seppe trattenersi e avrebbe iniziato a ridere sguaiatamente se non fosse stato per Ryota e Mitsui che si fiondarono su di lui per tappargli la bocca.

«Kami, voglio vedere Akagi ubriaco! Dev’essere uno spasso!», disse sotto voce Hime, asciugandosi le lacrime per le risate.

Ayako si avvicinò alla porta, poggiandovi un orecchio sopra. «Le voci son lontane… anche se ogni tanto si sente qualche colpo!».

I ragazzi non riuscirono a trattenersi più, lasciando libero sfogo alle loro risa. Akagi sbronzo era uno spettacolo che non avrebbero mai pensato di vedere o sentire!

«Vi prego, andiamo da lui!», esclamò Hanamichi.

«Sei scemo? Ce la siamo scampata questa volta, non voglio avere ritorsioni!», disse Mitsui, tirandogli un buffetto in testa.

«Hanamichi, tu te le cerchi!», disse Hime ridendo.

«È un do’aho, che ci vuoi fare».

«Ah! E io che pensavo si fosse addormentato!», disse Kiyota, lanciando un’occhiataccia alla super matricola dello Shohoku.

Hime sorrise, guardando Rukawa. «Ora ti mostro come si sveglia di colpo!». E detto fatto: gli infilzò un dito sul fianco, facendolo letteralmente saltare sul letto.

Hanamichi scoppiò a ridere. «Ahaha! La kitsune artica che soffre il sollet–!». Un cuscino lo raggiunse in pieno viso. «Ma maledetta porca, io ti riempio di botte!».

Kaede, seduto sul letto, guardò l’amica con un’aria assonnata e decisamente assassina. Mai toccargli i fianchi in quel modo. Era imbarazzante dover reagire perché soffriva il solletico! Lui, l’Antartide personificata!

«Le tue ultime parole?», le chiese, atono.

Hime ridacchiò, conscia di quello a cui stava andando incontro. «Uhm… c’è qualche cavaliere che difenderebbe una dolce pulzella come me dalle grinfie di una volpaccia cattiva?».

«Stai peggiorando la situazione, Hime».

La ragazza, lentamente, si portò vicino al bordo del letto, pronta a scattare prima che il nemico la catturasse. Kiyota, intanto, guardava i due curioso e un po’ infastidito. Accidenti, doveva esserci anche quel maledetto volpino con loro?

«Hime, scappa!», le consigliò Hisashi, sapendo quello che sarebbe successo di lì a poco.

«Si, e dove vado?».

«Buttati dal balcone!».

Ma la ragazza non fece in tempo a muovere un muscolo che Kaede l’aveva già presa per la vita e sollevata come un sacco di patate.

«Mollami, maledetto volpino!», esclamò la “povera” ragazza, tirandogli pugni alla schiena.

«La mia Hicchaaan!».

«Hanamichi, gioia mia! Salvami tu!».

Ridendo e scherzando, Rukawa l’aveva portata in bagno, facendola entrare nella doccia e aprendole l’acqua gelata addosso.

«Freddaaa! Ede, ti odio!».

Tutti si catapultarono verso il bagno, additando la rossa ormai fradicia come un pulcino e ridendo come matti.

Rukawa la guardò assonnato, ma intimamente divertito. «Così ti raffreddo quella testa calda che hai», le disse, scompigliandole i capelli rossi, diventati momentaneamente più scuri per via dell’acqua.

Hime sorrise malefica, tirandolo per la maglia e facendogli subire la stessa sorte toccata a lei. Due secondi più tardi arrivò il cavaliere della giustizia, Hanamichi Sakuragi, che giustamente per salvare la sua donzella in pericolo prese la prima cosa che gli capitò a tiro (ossia: la spuma per capelli di Ayako) e la spruzzò sulla testa del nemico, senza pensare alle possibili conseguenze che avrebbero fatto concorrenza anche alla seconda guerra mondiale. Quali furono queste conseguenze? Beh, Hanamichi dovette correre molto, molto lontano quella notte, inseguito da un’Ayako furibonda perché la sua spuma era stata sprecata in un modo così osceno e pestato a sangue dal volpino di turno, che evidentemente non gradì la nuova messa in piega.

Hime, nel frattempo, si asciugò infreddolita, cambiandosi velocemente la camicia da notte ormai completamente bagnata. Quando uscì dovette sorbirsi altre risate da parte degli amici (tranne Rukawa e Ayako, che si stavano bellamente vendicando sul rossino, aiutati anche da Ryota, perché “doveva difendere la sua amata e le sue cose”).

«Ridete voi, ingrati! Solo Hana è venuto a soccorrermi!», piagnucolò la ragazza.

Hisashi le sorrise, abbracciandola fraterno. «Povera la nostra piccola Hicchan!», esclamò, schioccandole un bacino sulla guancia.

Hime gli rifilò una gomitata sul fianco. «Tu zitto, che sei stato il primo a prendermi in giro! A morte il traditore!», gridò la giovane, tirandogli un cuscino in pieno viso. «Kiyota, vieni ad aiutarmi!».

Nobunaga non se lo fece ripetere due volte, ma anzi che aiutare la ragazza… si coalizzò con Mitsui, iniziando a riempirla di cuscinate.

«Così non vale! Prendersela con una piccola e buona ragazza indifesa!», cercò di rabbonirli un po’, riparandosi dai colpi con le braccia.

Mitsui si fermò di colpo. «Kiyota, tu vedi per caso qualche piccola e buona ragazza indifesa?».

La scimmietta del Kainan fece spallucce, noncurante. L’occhiata che gli riservò Hime lo fece ridere come non mai.

«Bene, allora non ci son problemi», decretò Hisashi, riprendendo la sua lotta.

Ma non aveva fatto i conti con la furia vendicativa della ragazza, che gli si buttò contro tempestandolo di pugni in pancia. Hanamichi insegnava!

Una volta messo K.O. l’ex-teppista (più che altro per il fatto che Mitsui stesse morendo dalle risate e non avesse più nemmeno la forza per bloccarla), Hime si voltò verso l’altro acerrimo nemico, Nobunaga Kiyota. «E ora tocca a te, scimmietta!».

Nobunaga le sorrise, accogliendo la sfida. Quando la vide lanciarsi con un cuscino in mano, la prese velocemente per la vita e la buttò contro l’altro letto, bloccandole ogni via di fuga. Le mancò il fiato rendendosi conto della posizione compromettente in cui erano. Ma non fece in tempo a pensare razionalmente, che le mani di Kiyota iniziarono a farle il solletico sui fianchi, facendola ridere a crepapelle.

«Cosa volevi fare tu?», le chiese, divertito nel vederla contorcersi per evitare le sue mani.

Quando si accorse che la ragazza aveva iniziato a piangere dalle troppe risate si fermò, guardandola compiaciuto. Era riuscito a farla ridere come mai aveva fatto! Ed era così bella, così inerme sotto di lui che si ritrovò a sorriderle dolce.

Hime se ne accorse e arrossì lievemente tra le risate. Avvicinò una mano al viso di lui, accarezzandogli una guancia. Era così dannatamente sensuale, accidenti! Così tutti i suoi buoni propositi se ne andavano in fumo!

Dimentichi che non erano da soli in quella stanza e che stavano per destare l’attenzione di tutti, Nobunaga chiuse gli occhi nel sentirsi accarezzare. Maledizione, stava nuovamente per perdere il controllo! Solo quando si sentì trascinare verso il basso aprì di scatto gli occhi blu, guardandola sorpreso. Ma non si tirò certamente indietro quando sentì le labbra della ragazza premere contro le sue. La baciò lentamente, accarezzandola dolce, assaporandone la morbidezza. Finalmente qualcosa voluto da entrambi. E si sentì avvampare, come mai aveva provato. Il desiderio di stringerla tra le braccia, di approfondire quel bacio. Ma non le chiese di più. Non ancora. Si allontanarono, infatti, poco dopo, guardandosi impacciati e sorridendo nervosamente.

Kiyota aprì la bocca per parlare, ma la voce sconclusionata di Hanamichi lo fermò. Rendendosi conto che avevano catturato l’attenzione di tutti (tranne di Rukawa, che nel frattempo si era appisolato per terra), i due diventarono viola per l’imbarazzo.

«Hi… Hic… chan… tu… la scimmia… voi… cosa…».

Hime ridacchiò tesa al fratello, mettendosi a sedere nel momento in cui Nobunaga si spostò da sopra di lei.

Ayako e Ryota arrossirono al posto dei due pervertiti (come li avrebbe presto chiamati Sakuragi), mentre Hisashi se la rideva come un matto. «Gran bello spettacolo!».

«Hisashi, non infierire!», esclamò Hime, tirandogli un calcio.

«Hicchan… Hic–».

Due secondi dopo Hanamichi Sakuragi venne messo gambe all’aria, sdraiato per terra con tanto di caramella allo zucchero sotto la lingua.

Era svenuto.

Piccolo siparietto per l’autrice:

Me chiede umilmente perdono per ben due giorni di ritardo! [e meno male non sono mesi come per altre mie fanfictioncoff coffxD].

Vi lascio subito, sono di fretta! Un abbraccio e un grazie a tutti i miei lettori appassionati *_* (seeeeh), in particolare come sempre a lilli84 [grazie, gentilissima come sempre! *o*], MihaChan [carissimaah! Ma certo, se vuoi posso farti fare una comparsa degna di una star con Hanamichi al seguito *o* Sempre che si riprenda dalla scena che ha visto prima, povero é.é! Eggià, Nobu quando spreme le meningi riesce anche a essere intelligente! è_élol xDDD Besos! :*] e kuro [awww! Immagino che questo capitolo ti sia piaciuto molto, allora! :D Per Hana… mettiti d’accordo con Miha, senza scannarvi! XD Graccie! :*]

A presto,

Kenjina.

 

 

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Capitolo 17
*** Kyokuba ***


La cena, a differenza del pranzo, fu più movimentata

Capitolo XV

Kyokuba

Il giorno dopo Akagi dovette sorbirsi un mal di testa coi fiocchi. Neanche i Sakuragi erano mai riusciti a fargli scoppiare il cranio così. Eppure non ricordava di aver bevuto molto: solo mezzo dito di vodka! Che poi… a lui neanche piaceva la vodka. Maledetto Maki, voleva per caso metterlo K.O. per la prossima partitella? Era per caso tutto un piano architettato dal Kainan per vincere? Oh Kami, stava pensando come quel deficiente di Sakuragi! Bere era una brutta, bruttissima cosa se gli effetti erano quelli.

Ma il Gorilla dello Shohoku non fu l’unico che passò una notte in bianco: Hanamichi non aveva chiuso occhio e le poche volte che era accaduto aveva sognato una scimmia che teneva in braccio la sua Hicchan e se la portava via. Lui correva, correva sempre più velocemente, ma la scimmietta dispettosa, pur rimanendo sempre in vista, continuava a sfuggirgli e a beffarlo. Non capiva bene il significato del sogno, ma aveva uno strano presentimento. Cosa fosse successo la sera precedente ancora non lo ricordava. Stava così male, un motivo doveva pur esserci, no? Ryo-chan gli aveva detto che aveva avuto un calo di zuccheri e che era svenuto di botto. Ma tutta quella storia gli puzzava ugualmente: lui era conosciuto come quello che sprizzava energie da tutti i pori, figuriamoci se poteva avere un calo di zuccheri!

Appena uscì dalla camera si diresse saltellante, ma ancora parecchio perplesso, verso la stanza delle ragazze. Fu Hime ad aprirgli e, inspiegabilmente per lui, arrossì lievemente.

«Hicchan! Ti senti male?», le chiese precipitoso e preoccupato, prendendola per le spalle e osservandola attentamente.

Lei scosse la testa, sorridendo nervosamente. «No, no, tranquillo, Hana! Uhm… dormito bene?».

Il rossino assunse un’espressione di puro terrore. «Hicchan! Tu non immagini che razza di sogni ho fatto stanotte! Venivi rapita da una scimmia e io non riuscivo a salvarti!», esclamò, abbracciandola con la paura che qualche scimmia saltante potesse veramente rapirla da un momento all’altro.

Hime gli batté una mano sulla spalla, rassicurandolo perplessa. «Hana, su, va tutto bene ora! Era solo… solo un sogno, sì!».

Hanamichi rise, sollevato, liberandola dalla sua morsa letale. «Oh, Ayako, ciao!».

La ricciolina lo guardò poco convinta, ricambiando il saluto. Che non si ricordasse niente?

Nel corridoio trovarono Mitsui appoggiato al muro, aspettando che Miyagi finisse di sistemarsi i capelli con il gel. A volte sembrava anche peggio di quel porcospino di Sendoh! Appena il quattordici dello Shohoku si accorse della rossa, la salutò con un sorriso che parlava da solo.

Hime alzò le mani al cielo. «Per favore, non dire nulla ancora!», mormorò per non farsi sentire dal fratello che, in quanto a orecchie lunghe, ci sapeva fare alla grande. «Hanamichi non si ricorda niente, grazie ai Kami!».

Mitsui scoppiò a ridere, sinceramente divertito dalla situazione. Povero Sakuragi! Se la notte prima era svenuto, quel giorno avrebbero assistito a una vera e propria furia della natura, ne era certo.

In quel momento uscì Jin dalla sua camera, seguito a ruota da Kiyota che, incuriosito dalla risata, si voltò verso l’ex-teppista. Appena si accorse della presenza di Hime, le sorrise insicuro, facendola arrossire di botto. Hisashi decise di togliere il disturbo velocemente, andando a raggiungere Hanamichi, in camera di Ayako intenta a controllare la salute del genio.

Nobunaga si avvicinò allegro alla ragazza, grattandosi nervosamente la nuca. «Ciao, Saku–».

«Hime… va bene solo Hime».

Il ragazzo annuì, incerto sul da farsi ma rassicurato dal sorriso di lei. Diamine, la notte prima si erano baciati, di nuovo! Ed era stata proprio lei a prendere l’iniziativa! Qualcosa avrebbe voluto pur dire, no?

Prese un bel respiro e si chinò, depositandole un leggero bacio sulla guancia.

Hime si sciolse alla sua imbranata dolcezza. Era così tenero che le venne voglia di abbracciarlo! Ma non fece in tempo a muovere un muscolo che il fratello era già piombato tra di loro, per allontanarla dal nemico.

«Ehi, brutta scimmia! Che… cosa…?». Sakuragi si bloccò di colpo, spalancando gli occhi castani. Scimmia? Che fosse lui la scimmia del sogno? Come un film, Hanamichi rivide la scena della notte precedente e per poco non svenne nuovamente. «Aaah! Maledetto depravato! Vuoi ingravidare mia sorella!», gridò, letteralmente fuori di sé. Immediatamente dopo si ritrovò un bernoccolo più grande di lui nella capa rossa. Al suo fianco c’era una Hime a dir poco furiosa, con un pugno stretto e fumante, pronto a colpire nuovamente. Nobunaga, invece, guardava la scena attonito, lontano qualche passo più indietro per ragioni di sicurezza personale. Aveva già testato su di sé la furia della rossa e non aveva nessunissima intenzione di ripetere l’esperienza.

«Hic… Hicchan!», piagnucolò Hanamichi, accarezzandosi il bernoccolo. Fortuna sua salvò involontariamente la situazione Akagi, che uscì traballando dalla sua stanza. Lanciando un’occhiataccia ai tre, sbottò un “buongiorno” più assassino del solito, ancora infastidito dal mal di testa. A stento i tre trattennero le risa. Se il King Kong avesse scoperto che tutto quello che gli era successo il giorno prima faceva parte di un loro piano, li avrebbe uccisi seduta stante. Quella non l’avrebbero passata liscia, non ci pioveva!

Poi un urlo disumano catturò l’attenzione di tutti.

«Hanamichi, sei un idiota!», gridò Ryota, dall’interno della sua camera.

Il rossino si gelò sul momento, guardando preoccupato la porta della stanza. Che aveva combinato quella volta?

Miyagi uscì in corridoio, fulminandolo con la forza del solo sguardo. Se avesse potuto l’avrebbe disintegrato sul momento.

«Che… che c’è, Ryo-chan?», chiese insicuro Hanamichi, nascosto dietro la scimmietta del Kainan.

«Hai lavato i miei boxer bianchi con i tuoi rossi!».

Hime si passò una mano sul viso, sconsolata. Quante volte gliel’aveva ripetuto di non mischiare i capi di colori diversi?

«E… e allora?». Due secondi più tardi Hanamichi si ritrovò in faccia un paio di boxer rosa.

«Deficiente!», sbottò Miyagi, rientrando in camera.

Nobunaga scoppiò a ridere, seguito a ruota da Mitsui, che aveva seguito l’intera scena con Ayako.

«Hai boxer rossi?!», gli chiese Mitsui, tra le risa di scherno.

«Guarda che a Capodanno ne manca di tempo, ancora!», continuò Kiyota.

Hime lo guardò divertita. «Hana, ma son quelli con la stampa di Paperino?».

«Che cavolo, la finite di parlare dei miei boxer?!», gridò Hanamichi, avvampando per l’imbarazzo.

Gli altri risero, ancora più forte.

«Quante volte te l’avrò detto di non mischiare i capi di colori diversi, Hana?», gli disse Hime, ridendo nonostante tutto.

«Hicchan! Sono o non sono un genio? Guarda che opera d’arte! Ahaha!», esclamò l’invasato, mostrando a tutti i boxer un tempo bianchi del Tappo.

«Casalinga disperata», borbottò Rukawa, che usciva in quel momento con il segno del cuscino in viso. Dire che gli altri scoppiarono nuovamente a ridere è un eufemismo.

Mitsui si passò una mano tra i capelli, sospirando. Si rivolse alla ragazza con un’espressione mortalmente seria. «Hime,  dovrebbero santificarti. Davvero ti fidi a far fare il bucato a questo deficiente?».

La rossa agitò le mani, disperata. «Non dirmelo, Mitchi! Se penso a tutte le magliette che hanno cambiato colore per colpa di questo disgraziato mi viene da piangere! Mamma ormai si è arresa, ogni tanto si ritrova qualche camicia macchiata di colori completamente diversi!».

«Hicchan!», esclamò offeso il diretto interessato, che le si appese a un braccio alla ricerca di affetto.

Hime gli lanciò un’occhiataccia seria, per poi scoppiare a ridere, abbracciando il fratello. «Accidenti a te, Hanamichi! Non riesco neanche ad arrabbiarmi!».

 

*

 

Gli allenamenti per lo Shohoku furono un vero spasso. Dire che il Gorilla fosse esausto e affetto da un tremendo mal di testa post-sbornia era poco. Le tempie gli pulsavano incessantemente, senza la minima intenzione di smettere. Per di più quel branco di deficienti, sebbene si stessero comportando come sempre (quindi con un tasso relativamente alto di casino), glielo facevano aumentare ancora di più, come se in testa avesse un pallone che rimbalzasse da una parte all’altra della scatola cranica. Non gli era servita neanche una tisana fatta dalla vecchina dell’albergo a farglielo passare, anzi. Quell’intruglio a base di erbe era stato decisamente troppo nauseante per i suoi gusti. E infatti si ritrovò a rimettere il panettone di cinque anni prima due minuti più tardi.

Il culmine degli allenamenti giunse nel momento in cui Akagi li lasciò giocare una partitella blanda, mente lui si ritirava in camera per riposarsi un po’. Inutile dire che i ragazzi trasformarono quella partita di basket nell’ultimo incontro di rugby. Per non parlare di quando Hanamichi si ritrovò a sfidare apertamente un Rukawa che non ne voleva assolutamente sapere, intento com’era in un uno contro uno con la sorella del rosso; Miyagi decise bene di andare a corteggiare la sua Ayakuccia, senza badare a un Mitsui che lo sfotteva a cinque metri di distanza e un Kogure disperato che doveva tener su le redini della situazione. Era ovvio che questo non accadde neanche nei suoi sogni più reconditi.

L’unico che sembrava tranquillo e rilassato era il signor Anzai, che tra un “oh oh oh” e l’altro se la rideva beatamente. «Quante energie hanno i ragazzi d’oggi!»

Kogure, seduto al suo fianco, si mise le mani in testa. «Mi chiedo come faccia Akagi a tenerli a freno».

«Oh oh oh!».

«Ehi, Nonno! Che ne dici se alla prossima partita lasci questo volpino in panchina?», gridò Hanamichi, dall’altra parte del campo. «Si rifiuta di giocare contro di me! Evidentemente teme le grandiose gesta di un genio qual sono io! Come biasimarlo del resto? Aha–! Ahio! Ma io ti ammazzo, maledetta divetta artica!».

E via con la nuova rissa del secolo. Dopo una bella pallonata che l’aveva raggiunto in pieno naso, Hanamichi vide bene di restituirgli pan per focaccia lanciandogli contro l’intero cesto contenente gli altri palloni.

Fortunatamente l’intervento provvidenziale del ventaglio di Ayako sedò tutti i bollenti spiriti. «Ma allora siete proprio degli animali!».

Gli “allenamenti”, se così si potevano definire, finirono con un’ora di anticipo, per la gioia dei giocatori. Non che quella mattina si fossero ammazzati di lavoro, s’intenda.

Ma quello assolutamente più contento di tutti fu Hanamichi Sakuragi, che venne chiamato dalla vecchina dell’albergo per avvisarlo di una telefonata. Aspettandosi la voce dolce e gentile della sua Harukina-cara, per poco non gli venne un colpo quando sentì quelle allegre di quei quattro casinari dell’Armata.

»Ehi, Hanamichi! Come va da quelle parti?«, chiese Mito.

»Si mangia bene?«.

»Takamiya, ma non pensi ad altro?«.

»C’è qualche bella ragazza?«.

Hanamichi sentì indistintamente qualcuno che lo spingeva via dal ricevitore. »E a te che te ne importa, biondino? Tanto non ti si fila nessuno!«.

Il rosso, con un visino imbronciato per la non-sorpresa, prese un bel respiro e… «Perché cazzo avete chiamato, brutti deficienti? Volete per caso interrompere gli allenamenti del Tensai?!».

»Mito-kun, sei al telefono con Sakuragi-kun?«.

Inutile dire che nel sentire la voce così leggiadra e soave della piattola, Hanamichi si sciolse come neve al sole. «Passatemi Haruko, maledetti! E non guardatela neanche!».

»Anche a noi ha fatto piacere sentirti, Hanamichi!«, fece Yoehi, ridendo divertito. Sapeva benissimo che l’amico si sarebbe aspettato una telefonata dalla sorellina del Gorilla, di cui era innamorato perso. E aveva anche visto bene a tenerla nei paraggi, per fargli una bella sorpresa e passargliela un attimo. Certo è che se il rosso avesse dimostrato un po’ più di allegria per aver sentito i suoi migliori amici dopo giorni, beh, sarebbe stato gentile da parte sua!

»Sakuragi-kun?«.

«Ha-Harukina!», esclamò il rosso, con un sorriso da ebete stampato in faccia, le guance imporporate per l’entusiasmo e l’imbarazzo, e una mano che giocava con il filo del telefono, come impazzita.

»Sakuragi-kun! Come va il ritiro? Takenori mi ha detto che vi state dando da fare!«.

Hanamichi rise sommessamente, pensando al brutto scherzo che avevano tirato all’orrido Gorillone. «Oh, sìsì! Tutto a meraviglia! Il Gorilla è bestiale come sempre! E poi io sono un Re anche nei ritiri! Ahaha!».

»Ne sono sicura, Sakuragi-kun! Non vedo l’ora di vederti all’opera ai Nazionali!«.

Inutile dire che a quelle parole il numero dieci dello Shohoku partì per la tangente. Ci mancò poco che iniziasse a camminare a tre metri da terra.

»E gli altri? E… Rukawa-kun?«.

Crack!

Ma perché diavolo quel maledetto volpino doveva essere sempre al centro del mondo? Per una volta, una sola, poteva parlare con Haruko senza che Rukawa le sfiorasse minimamente il cervello? «L’ho sconfitto in un uno contro uno!».

»Davvero??«.

No, no che non era vero. A dir la verità neanche l’aveva calcolato quando gli aveva chiesto la sfida. E la partitella contro lui e la sorella l’avevano persa per un punto. Da ricordare, anche, il suo bellissimo auto-canestro, degno dei migliori (peggiori) cestisti.

«Ma certo! Cosa credi, che non sia alla sua altezza? Ahaha! Io sono un genio! E lui è solo un pivello che da me deve imparare tutto! Ahaha!».

La risata gli morì in gola quando si sentì battere un dito sulla spalla. Il fratellone della sua Harukina-cara lo stava guardando con un’espressione che era tutto un programma, e Hanamichi fu lesto a salutare la sua amata e a fuggire, prima che l’ira del King Kong si abbattesse su di lui. Accidenti a quello scimmione! Possibile che non volesse che frequentasse Haruko? Era bellissimo, fortissimo, altissimo e levissimo… che cosa aveva di male, lui? O forse era solo geloso, come tutti i fratelli nei confronti delle loro piccole e indifese sorelline?

Nobunaga Kiyota gli passò davanti proprio in quel momento, sudato come non mai, intento a passarsi un asciugamano sulla fronte e sui capelli.

Geloso… niente di meno di come era lui nei confronti della sua Hicchan.

Assottigliò gli occhi nel guardare la scimmietta del Kainan che, non appena si accorse di essere osservato, ricambiò l’occhiataccia. «Che hai da guardare, scimmia?».

Ma, incredibilmente, Hanamichi non rispose alla provocazione, andando a cercare la sorella. Doveva parlarle, assolutamente! Perché non aveva ancora ben capito esattamente cosa stesse succedendo tra quei due. Un po’ troppo… affiatati, per i suoi gusti! Aveva già ingoiato il fatto che Hime considerasse Rukawa uno dei suoi migliori amici (e già quello era un sacrificio enorme per il rossino, dato che delle volte doveva anche sorbirselo a cena, a infestargli bene bene la casa di pulci); ma che Hime si stesse innamorando di quella scimmia… no, non poteva accettarlo. O presto casa sua sarebbe diventata uno zoo, tra scimmie, porcospini che ogni tanto comparivano dal nulla e volpini vari!

Piccolo siparietto per l’autrice:

Rieccomi puntuale di mercoledì [grazie al fatto che sono una settimana libera da lezioni *o*], con questa follia di storia! Povero Hanamichi, non gliene va bene una giusta é.é! Ma mi diverto troppo con lui! XD

Piccola noticina: il titolo kyokuba in giapponese significa circo.

Passiamo ora all’angolo recensioni! *o*

MihaChan: Grazie mille tesora! Il tuo pasticcino (lol) in questo capitolo avrà perso venti anni di vita, povero Hana! *me sadica* Ciau bella! x*

lilli84: *____________* Awwwwwww! <3 Dai, dai, ridere fa bene alla salute! Non fare come il volpino che non ride per non avere rughe da grande! XD Baci! :*

kuro: I-io non volevo sconvolgerti! .__.” Quei due sono dei pervertiti! >_< *me gelosa di Hime* E-ehm… interessante l’ipotesi yaoi, dici? Non ci avevo pensato, a dirla tutta! Uhm… *sola e pensosa* XD Bacini! :*

Black_Moody: una new-entry! *_____*/ Oddio, sono veramente senza parole! E’ un onore per me sapere che ti ho fatto tornare la SlamDunk-dipendenza! [che non è mai da evitare! XD] Grazie, davvero grazie per le tue parole! Se posso confidarti una cosa, ti capisco per quanto riguarda l’algida volpe! *_* Se non stessi scrivendo la storia, sarei indecisa tra fare il tifo per Ru o Nobu! XD Besos! :*

Ragazze, veramente grazie di cuore! Leggervi è qualcosa di indescrivibilmente bello e gratificante, davvero. Vi adoro! <3

A presto,

Kenjina.

 

 

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Capitolo 18
*** Do you like mokeys? ***


La cena, a differenza del pranzo, fu più movimentata

Capitolo XVI

Do you like monkeys?

Hime uscì dalla doccia prima del tempo, parecchio contrariata. Chi diavolo era che stava per sfondare la porta, con tutti quei colpi?

«Hicchaaan! Apri al tuo adorato fratellino!».

La ragazza sospirò, sorridendo. Altro che fratellino… era un bisonte!

«Hana! Com’è andata la telef–?», ma si bloccò, nel guardare il ragazzo che si osservava attentamente intorno, prima di entrare e chiudere la porta. Lo guardò divertita, ma anche parecchio perplessa. «Ma che stavi facendo?».

Hanamichi le lanciò un’occhiata eloquente. «Controllavo che non ci fosse qualche scimmia saltellante ad ascoltarci!».

Sempre più perplessa, Hime gli chiese: «Perché… dovrebbero essercene in giro?».

Lui si fece serio. «Hime, le scimmie sono animali infidi! Devi stare attenta!», esclamò annuendo con vigore per rafforzare il concetto. Vedendo che la ragazza rimaneva in piedi a fissarlo stralunata, le prese le mani, facendola sedere sul letto, accanto a lui. «Hicchan, ti piacciono le scimmie?».

Oh Kami, ma che razza di domanda era quella?

«Hanamichi, sei sicuro di star bene?», gli chiese, poggiando una mano sulla fronte ampia del rosso.

«Hicchan, rispondimi! È importante!».

Hime soppesò la domanda del fratello. Sembrava veramente serio! Ma che domande le faceva? Scosse la testa, contrariata. A volte non riusciva a capirlo nemmeno lei cosa passasse in quella testolina indemoniata! «Dunque… le scimmie? Sì, son simpatiche… alcune hanno anche il culetto rosso!».

Hanamichi sbiancò di colpo. E lei come faceva a sapere che Kiyota avesse il culetto rosso? «Hicchaaan! Che diavolo hai fatto con quella Nobu-Scimmia?!», gridò, sull’orlo delle lacrime.

Lei, d’altro canto, divenne scarlatta nel giro di un secondo. Oh cielo, quando parlava di scimmie si stava riferendo a Kiyota?!

«No, Hanamichi! Hai capito male!».

«Nooo! Io ho capito benissimo! Quel pervertito ti vuole ingravidare! Ma ci pensi se i tuoi figli avranno una coda e il sedere arrossato?!».

Hime sbarrò gli occhi, sempre più imbarazzata. Ma che stava dicendo? Figli? Con Kiyota?!

Si nascose le guance ormai viola con le mani, trovandosi a pensare una cosa simile. Hanamichi era ammattito di colpo!

Peccato che il fratello considerò quella reazione come una conferma, dando ancora di più in escandescenza. Si mise in ginocchio, sull’orlo della disperazione. «Hicchan, dimmi che non è vero!».

Hime cercò di calmarsi un attimo, altrimenti il rossino avrebbe continuato a capire pan per focaccia. «Hanamichi, io non ho fatto nulla con Kiyota! Ma che vai a pensare?».

Lui la studiò un po’, per vedere se stesse mentendo o meno. Ma cavolo, era la sua Hicchan! Non gli avrebbe mai mentito su una cosa simile! …O sì?

«Ma ieri notte… vi ho visti! Vi stavate… oh no, la mia Hicchan! Diventerò zio!», proseguì imperterrito, correndo da una parte all’altra della stanza.

«Hana-chan, ma quale zio! Ti posso spiegare!».

Il ragazzo si fermò un attimo, guardandola attentamente. Era rossa come un pomodoro, peggio quasi dei suoi capelli. Mai l’aveva vista così in imbarazzo! Decise di darsi una calmata (almeno fino a quando non avesse scoperto qualcos’altro di tanto sconvolgente sui due per riprendere la sua scenata di gelosia) e si sedette sul letto davanti a lei, incrociando le gambe lunghe e muscolose.

Hime abbassò lo sguardo, iniziando a giocare con l’orlo della sua maglia. «Ecco, Hanamichi», esordì, inumidendosi con la lingua le labbra troppo secche, «Nobunaga è un bravo ragazzo».

«Si chiama Nobu-Scimmia!».

«E’ simpatico».

«No, è demente, che è diverso!».

«… E ho scoperto che mi piace parecchio».

Hanamichi aprì la bocca per parlare, ma per qualche secondo non riuscì a dire neanche “h”. «Ti cosa?!».

«Oh andiamo, Hanamichi! È così grave?», esclamò Hime, prendendo fuoco. «Insomma, lo so anche io che fino all’altro giorno non facevamo altro che litigare in continuazione! Ma… è cambiato qualcosa, non so neanche io cosa».

Hanamichi abbassò la schiena, depresso e demoralizzato. «Ma è una scimmia selvaggia!».

La ragazza gli lanciò un’occhiataccia. «Se per quello Haruko è una babbuina», borbottò.

«Hicchan! Haruko è un fiorellino indifeso!».

«Senti, io non so come andrà avanti questa storia, non ne ho la più pallida idea! Ma ti prego, non voglio avere il tuo disappunto, Hanamichi».

Rimasero un po’ in silenzio, guardandosi. Poi un sorriso raggiante si fece largo sul viso dapprima imbronciato/disperato di Hanamichi. «Hicchan, se sei contenta tu allora lo sono anche io!».

Hime gli si buttò addosso, abbracciandolo forte forte. «Ti voglio bene, Hana-chan!».

«Anche io, tanto! Però», fece il rosso, allontanandola un po’ per guardarla meglio, «se quella scimmia si azzarda a farti qualcosa di male lo spedirò in una riserva insieme ai suoi simili, anche se tu non vorrai! Magari in compagnia del Gorillone!».

 

*

 

Gli allenamenti pomeridiani, a differenza di quelli della mattina, si svolsero nella norma. Akagi si era ripreso dal mal di testa ed era quasi tornato in forma come sempre. O almeno, così pensò Hanamichi quando ricevette il primo, poderoso pugno della giornata.

In vista della prossima partita contro il Kainan, il Capitano decise di far disputare una partitella tra matricole e veterani, in cui diede la possibilità anche a Hime di partecipare (ma solo perché aveva iniziato ad insistere da quando l’aveva visto e lui non aveva nessunissima intenzione di doversi sorbire un’altra emicrania). Del resto lei, quando si era iscritta al club aveva presentato una domanda come giocatrice e non come manager. Ma era e rimaneva pur sempre una ragazza in una squadra di animali di sesso opposto.

Il quintetto base dei veterani venne formato da Akagi, Mitsui, Miyagi, Kogure e Shizoaki, mentre tra le matricole vennero scelti i due gemelli, Rukawa, Sasaoka e Kuwata.

Hanamichi si avvicinò molleggiante agli ultimi due e cinse le spalle di entrambi con le lunghe braccia. «Mi raccomando, ragazzi!», iniziò, mortalmente serio. «Qualunque cosa accada non azzardatevi a passare la palla a quel volpino o dovrete vedervela con me!».

«Do’aho».

«Hanamichi no baka!», esclamò Hime, tirandogli una manata sulla nuca. «Spirito di squadra, ricordatelo! E anche tu, Ede!».

Rukawa sospirò, lanciando un sommesso «Umpf» e andando a bere un po’ d’acqua prima dell’inizio della partita.

«Non ce la faremo mai con Akagi, Mitsui e Miyagi come avversari!», mormorò intimorito Sasaoka.

Hanamichi per poco non gli tirò una testata. «Ehi! Guarda che hai in squadra l’unico e indiscusso Tensai del Basket, nonché Re dei Rimbalzi! Terrò a bada sia il gorilla che tutti gli altri! Che problemi hai?».

«Sakuragi… c’è il Capitano dietro di te!».

Due secondi dopo Hanamichi si ritrovò un bernoccolo che spuntava tra i corti capelli rossi. «Vedi di impegnarti anziché fare il buffone!».

La sorella gli si avvicinò, sorridente, accarezzandogli la testa. «Eddai, Hanamichi! Se proprio devi andargli contro non gridarlo al mondo! La parola “gorilla” la si può anche sussurrare».

«Hime!», tuonò il centro dello Shohoku con un’espressione spaventosa in viso, facendola ridere nervosamente.

«Gori, poi non lamentarti se ti scambiano per uno scimmione! Dovresti vederti!».

Il teatrino finì con la ragazza inseguita dal Capitano, che aveva il chiaro intento di ammazzarla una volta per tutte, seguiti a loro volta dal rossino, in difesa della sua amata sorellina.

«Ma perché ce li abbiamo in squadra?», si chiese Ryota nel guardarli, grattandosi il mento contrariato.

«Beh, che Akagi assomigli a un gorilla non ci sono dubbi», proseguì Mitsui, con aria di uno che la sapeva lunga. «Fatto sta che quando si mettono d’impegno quei due sono dei tritura palle per eccellenza».

Ayako gonfiò le guance, passandosi una mano in viso. «Se penso a cosa ci aspetta alla prossima partita, con quell’altro esagitato, mi sento male».

Quando tutti i bollori vennero spenti a suon di pugni e sventagliate varie, finalmente la partitella di allenamento poté iniziare. La palla fu subito in mano a Miyagi, che palleggiò con calma, studiando la situazione in campo. Si trovò davanti Hime, anch’essa nel ruolo di playmaker. Con una finta cercò di scartala, ma lei fu più veloce e gli troncò ogni via d’uscita. In soccorso del play arrivò Kogure, che afferrò il pallone passato con sicurezza.

«Avanti, ragazzi! Il primo canestro sarà nostro!», esclamò, spronando i suoi compagni.

«Aha! Megane-kun! Non hai capito ancora nulla!», disse Hanamichi, intento a marcare il Capitano. «Con me in squadra la vittoria è già nostra!».

Kogure, nonostante fosse soddisfatto del carattere ottimista del ragazzo, non poté fare a meno di pensare che Sakuragi fosse una piaga. E se anche il mite Quattrocchi pensava una cosa del genere, voleva dire che il rosso aveva oltrepassato ogni limite da parecchio tempo.

Kiminobu scosse la testa, scartando velocemente il suo marcatore Kuwata, ma una mano gli fregò il pallone in men che non si dica. Una testa rossa sfrecciò via, verso l’altro canestro: Hanamichi Sakuragi.

«Ahaha! Lo dicevo io che sono un genio!».

Kogure rimase imbambolato per un attimo, guardando la schiena del numero dieci. Come diavolo aveva fatto se due secondi prima era intento a scontrarsi con Akagi?

«Ehi, Kogure, svegliati!», lo rimbeccò lo stesso Capitano, correndo in difesa.

Hanamichi palleggiò per tutto il tratto che lo separava dal canestro e dopo la linea dei tre si preparò al salto. «E ora inchinatevi alla magnificenza del mio dunk!».

Tutta la palestra rimase a bocca aperta nel vedere il rosso saltare, seguito da Akagi che gli bloccò ogni azione sul nascere, con il tipico “schiaccia-mosche”.

«Aaargh! Maledettissimo gorilla!».

«Deficiente!».

Hime si mise a ridere, ma non si distrasse molto. Rukawa aveva, infatti, recuperato il pallone, intercettando il passaggio per Mitsui. Ora si ritrovava marcato dallo stesso tiratore da tre e da Kogure.

“Dove sei?”, si chiese, cercando la ragazza. Strinse gli occhi, tentando di non perdere il possesso del pallone. Doveva ammetterlo, Kogure non era un giocatore abilissimo, ma Mitsui era decisamente un asso. E lui doveva batterlo, a ogni costo.

Fece un passo indietro, allungando il braccio libero per farsi spazio.

«Ehi, volpino! Non fare tutto da solo!», s’inalberò Hanamichi. Da che pulpito, poi. Non era stato lui a dire ai suoi compagni di non passare assolutamente il pallone a Rukawa?

Il numero undici fece palleggiare il pallone alla sua destra, diretto verso una Hime pronta a ricevere. Così, mentre Kogure si lanciava contro la ragazza per evitare che tirasse da tre, Rukawa si smarcò con abilità da Mitsui. Subito dopo sentì nuovamente tra le mani la ruvida sfera arancione. Infischiandosene altamente se si trovava davanti il muro di Akagi, la matricola si preparò per un terzo tempo e non ci mise molto a realizzare il primo canestro della partita.

«Aaah! Teme kitsune! Hicchan! Non potevi passarla a me quella palla?», s’inalberò Hanamichi, inveendo come un pazzo appena uscito dal manicomio.

Senza ascoltarlo, i due si diedero il cinque.

«Bel passaggio, eh?», disse Hime, vantandosi.

Lui annuì. «L’ho detto io che servi più tu che quel montato di tuo fratello».

«Rukawa! Ma io ti ammazzo!», gridò il diretto interessato, lanciandosi contro il suo acerrimo nemico.

Il tutto, ovviamente, fu sedato dalle sapienti mani del King Kong che, per almeno qualche secondo, riportò l’ordine tra i suoi giocatori. Accidenti a quei deficienti, gli stava tornando il mal di testa!

Il contropiede dei veterani fu veloce e inaspettato e finì con un perfetto tiro da tre punti di Mitsui.

Dopo dieci minuti di partita il risultato era di 28-24 per gli anziani. Non male, se si pensava che tra le matricole stavano praticamente giocando in tre: i due gemelli e il volpino di turno, infatti, stavano facendo scintille (in tutti i sensi, se si guarda anche il lato casino in campo).

Akagi era segretamente soddisfatto del lavoro dei tre: anche se Hanamichi e Rukawa collaboravano solo in casi estremi (vale a dire: ogni settant’anni), la mediazione di Hime nel gioco era fondamentale tra i due. Avrebbe potuto farla giocare in allenamento come tramite, ogni tanto, pensò il Capitano, cercando un taglia fuori ai danni di Sakuragi per recuperare un rimbalzo difensivo.

«Hanamichi!», esclamò Hime, quando il fratello riuscì a recuperare il pallone nel suo ennesimo rimbalzo. La ragazza ricevette la palla con sicurezza, non curandosi di trovarsi Mitsui davanti. La difesa a zona che i vecchietti avevano messo in atto era efficace, ma era sicura che l’avrebbero sfondata prima o poi. Hime fintò un paio di volte sull’amico che, per quanto fosse un abile giocatore, ancora non aveva ben capito lo stile della ragazza. Era imprevedibile, proprio come il fratello. E infatti eccola che lo scartava con una facilità imbarazzante, con l’intento di tirare.

«Attenti, adesso tira sul serio!», gridò Akagi, saltando per intercettare ogni azione.

Hime strinse gli occhi, saltando all’indietro e tirando a canestro.

«Un tiro in sospensione!», soffiò Mitsui, incredulo.

Il pallone disegnò una parabola alta che passò sopra la testa del gorilla ed entrò liscio nel canestro, senza neanche sfiorare il ferro.

«Hicchan! Sei un genio come me!», esclamò Hanamichi, saltando addosso alla sorella.

Ayako, che stava arbitrando la partita, sorrise. Se ci fosse stato un club femminile di basket era più che sicura che Hime avrebbe fatto faville. Essere relegata a manager in una squadra maschile era una condanna, per una giocatrice in gamba come lei.

Nessuno si era accorto che metà Kainan stava osservando la partitella da qualche minuto, con crescente incredulità.

«Ha del talento, la ragazza», commentò Takasago, incrociando le braccia.

«È… incredibile!», esclamò Kiyota a bocca aperta.

«Oh oh oh!», fu la risposta del signor Anzai, al loro fianco. «È una brava giocatrice, sì».

Maki osservò una bella azione tra Miyagi e Akagi, che andò a canestro con un dunk. «Se fosse una delle prime riserve lo Shohoku avrebbe una marcia in più».

L’allenatore Takato annuì, sventolandosi il viso. «Mi dica, Anzai. Avete per caso intenzione di farla giocare in campionato?».

I suoi giocatori lo guardarono con curiosità e perplessità. Una ragazza non poteva giocare in un torneo maschile… o sì?

Kiyota sperò ardentemente che una cosa del genere non accadesse mai. Non perché temesse la bravura della ragazza (“del resto il Kainan King rimaneva la squadra migliore di tutte, dato che quell’anno c’era la miglior matricola che avesse mai calpestato la terra! Ahaha!”), ma più che altro perché non gli piaceva l’idea che, con la scusa del devo marcarla stretta, gli altri giocatori potessero approfittarne. Era geloso? Sì, e anche tanto.

Anzai si sistemò gli occhiali sul naso. «La signorina Sakuragi è solo una manager. Con un grande talento, quello è indiscutibile. Ma rimane pur sempre una manager».

La scimmietta del Kainan tirò un sospiro di sollievo, riprendendo a guardare la ragazza. Era decisamente brava. Oltre che da sangue dal naso, con quei pantaloncini corti e gialli e una canotta larga e rossa, sotto quella dell’allenamento. Scosse la testa, ridendo. In quanto ad abbigliamento era veramente una frana.

«Come mai niente allenamenti, per il Kainan?», chiese Anzai, non togliendo gli occhi dal campo.

Takato sorrise. «Ho dato loro dieci minuti di riposo. Abbiamo sentito un po’ di grida e qualcuno si è avvicinato per curiosità», disse, guardando il dieci della sua squadra, che scoppiò a ridere, grattandosi la nuca colto sul fallo.

La partitella si concluse dieci minuti dopo a favore dei veterani, che chiusero con un ultimo, bellissimo canestro di Mitsui. Risultato finale: 59-53.

Hanamichi strinse i pugni, guardando Rukawa di sbieco. «Maledetta prima donna! È colpa tua se abbiamo perso!».

«Umpf».

Hime saltò sulle spalle al fratello. «Dai, Hanamichi! Siamo stati grandi lo stesso! Certo, se non aveste avuto me in squadra allora potevate anche scordarvi la soglia dei quaranta punti…». I compagni alzarono gli occhi al cielo, mentre lei scoppiava a ridere. «Eddai, stavo scherzando!».

«Hime, a volte sei spaventosamente uguale ad Hanamichi», fece Ryota, asciugandosi il viso con un asciugamano. Si bloccò immediatamente, quando vide i giocatori del Kainan che chiacchieravano con l’allenatore Anzai.

Hanamichi, ovviamente, diede subito in escandescenza. «Aha! Questa volta ti sei portato dietro tutta la squadra, eh Nobu-Scimmia? Cos’è, due occhi non ti bastano per spiare bene le gesta del Tensai?».

«Ma brutto sfigato!», esclamò Nobunaga, inalberandosi. «Se non fosse stato per Hime e per Rukawa, a quest’ora staresti strisciando dalla vergogna!».

«Checcosa?!».

«Mi hai sentito, idiota!».

Immancabili arrivarono i calma teste calde della situazione.

Hime si avvicinò agli avversari, sistemandosi la pinza tra i capelli rossi. «Oggi vi grattate allegramente la pancia?».

Jin la guardò serenamente con un sorriso. «Non abbiamo bisogno di allenamenti, Sakuragi».

«Ben detto, Jin-san!», fece Kiyota, entusiasta.

Hime scosse la testa, mentre Maki le tendeva una mano. «Complimenti per la partita, Sakuragi. Fortuna delle altre squadre che non ti fanno giocare».

«Grazie!». La ragazza ricambiò la stretta, lusingata. Un complimento di Maki non era certo qualcosa che riceveva ogni giorno. «Ah, non c’è problema. Anche senza di me lo Shohoku non ha problemi a battere alcuna squadra, neanche le più valide».

Takato chiuse il suo ventaglio con un gesto. «Bene, ragazzi. Che ne dite se torniamo in palestra?».

«Sissignore!».

Kiyota aspettò qualche secondo prima di seguire i suoi compagni. Guardò la ragazza con ancora un misto di incredulità e ammirazione. «Sei veramente brava, Hime. Non vedo l’ora di giocare con te, venerdì! Perché giocherai anche tu, vero?».

Lei annuì, sorridendo. «Scartavetrerò per bene il cervello al gorilla! Non vedo l’ora anche io, Nobu-chan».

Il sorriso del ragazzo si allargò ancora di più. Che bello che era sentirsi chiamare così!

«Kiyota, muoviti!», fece la voce del suo Capitano. «O ti faccio fare cinquanta giri di campo!».

Hime scoppiò a ridere, mentre lui si grattava la testa, offeso e deluso. «Beh, io vado! Ci vediamo dopo, ok?».

Lei annuì e lo vide sparire due secondi dopo, sentendolo gridare: «Ahaha! Ma io posso farne anche cento, Capitano! Io sono il migl–!»

«Bene, allora comincia a correre!».

Hime scosse la testa, sorridendo. Quando, però, si vide metà Shohoku che la guardava curioso e malizioso il sorriso le morì in viso. «Ehm… io vado a farmi una doccia», decretò, sparendo verso gli spogliatoi tra le risate generali e il pianto isterico di un rossino a caso.

Piccolo siparietto per l’autrice:

Ma salve a tutti! Non so voi, ma io sto crepando dal sonno, quindi non vi ammorberò di parole senza senso e passo direttamente ai ringraziamenti! xD

MihaChan: Hanamichi sarà anche una frana in casa, ma io come peluche da strapazzare tutto il giorno lo vorrei, eccome! *_* xD Un bacio, carissima! :*

Black_Moody: oddio, le tue recensioni mi fanno rotolare dal ridere! XD Eggià, se non ci fosse mai stato quel kyokuba casinista, non sarebbe stata più la stessa cosa! Il Gori avrà un bel da fare in questi giorni del ritiro, purtroppo per lui non è passata neanche una settimana! Non so se gli convenga continuare a ostacolarli, temo ripercussioni! Quindi farebbe bene a seguire uno dei tuoi consigli [o tutti e due insieme, sarebbe spassoso!], se vuole uscirne vivo e senza traumi! Comunque, se vuoi raccontarmi la storia del tuo amore per il volpino fai pure, a me fa solo piacere! *_* [anche perché son sicura che ti darei ragione ad ogni riga! xD]. Grazie mille! Baci :*

kuro: lol c-certo che ho aggiornato! Non pensavo di dare assuefazione, così! xD Spero solo che non mi denuncino! E… oddio, sto ancora ridendo per il tuo sclero! xDDD Ti ho mandato un’e-mail dall’EFP per il contatto msn, non ti è arrivata? ;___;

Ci si legge la settimana prossima! [Forse, devo ancora studiarmi bene l’orario del nuovo bimestre!]

Un abbraccio strittoloso,

Kenjina.

 

 

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Capitolo 19
*** Nothing Else Matters ***


La cena, a differenza del pranzo, fu più movimentata

Capitolo XVIII

Nothing Else Matters

Hanamichi era seduto su una panca della palestra usata solitamente dal Kainan, a braccia conserte e un visino imbronciato come sempre. Delle voci provenivano dagli spogliatoi e sperò vivamente che quella scimmia saltante di Kiyota si muovesse a uscire. Voleva dirgliene due sul conto della sua Hicchan, che gli andasse o no. Ovviamente, questo lei non lo sapeva. Altrimenti non si sarebbe trovato lì ma legato e imbavagliato a una sedia e chiuso a chiave nello sgabuzzino.

Quando Kiyota lo vide alzò perplesso un sopracciglio. «Ehi, guarda che gli allenamenti son finiti un quarto d’ora fa».

Il rosso saltò sulla panca. «E a me che frega? Mica son venuto qui per spiarvi! Non ne ho bisogno!».

«E allora che cavolo ci fai qui, scimmia?».

Hanamichi si mise una mano sul fianco e l’altra la usò per additare il moro. «Perché devo parlarti!».

Nobunaga lo guardò, sempre più perplesso. «Sentiamo».

«Si tratta di Hicchan», disse, osservando con attenzione l’altro. «Vieni, andiamo a farci un giro».

Kiyota arrossì lievemente. Di che diavolo voleva parlargli quella scimmia rossa di un Sakuragi? Sapeva che fosse geloso della sua adorata sorellina, ma non pensava sarebbe arrivato a tanto!

Uscirono all’aria aperta, camminando attorno alle palestre del complesso sportivo.

«Allora? Che vuoi?».

Hanamichi, mani nelle tasche dei suoi jeans preferiti, si bloccò, poggiandosi su un muretto lì vicino. «Che intenzioni hai con Hicchan?».

«Che… che intenzioni ho?», ripeté Kiyota, innervosendosi. Già, che intenzioni aveva con Hime? Era successo tutto troppo in fretta… tutto d’improvviso. Eppure era sicuro di essere interessato, o meglio incuriosito della ragazza da molto prima. L’aveva conosciuta come un terremoto, orgogliosa, fiera e decisamente rompiscatole. Proprio come lui. Poi quel ritiro e tutto era cambiato. Ora la vedeva indifesa, la vedeva timida e impacciata. E gli sorrideva. Sorrisi bellissimi, solo per lui. Il fatto che se la sognasse la notte significava qualcosa? Il fatto che non facesse altro se non mangiarsela con gli occhi era preoccupante o tutto nella norma? «Io… non lo so».

«Come “non lo so”?!», esclamò il rosso, mostrandogli un pugno. «Azzardati a fare qualche cazzata e ti lego in un binario con un treno in arrivo, hai capito?!».

Kiyota sospirò, abbassando lo sguardo. «Mi piace. E anche tanto», mormorò, calciando una pietra davanti a se. «Solo che… non so dove andremo a finire così. Insomma, non abbiamo mai parlato in quel senso… è la prima volta che mi sento così felice e confuso nello stesso tempo!».

Hanamichi abbassò il pugno, rilassandosi. «Sai, Nobu-Scimmia? Un po’ ti capisco», disse, tristemente. «Anche io sto passando un momento strano… mi piace una ragazza. La sorella del Gorilla, per intenderci. Ma lei è completamente persa per quel volpino di Rukawa. Lui non la calcola di striscio e a me fa immensamente piacere, ma… non so, anche questa mattina mi ha telefonato e ha chiesto di lui. Credo che a lungo andare mi accontenterò solo della sua amicizia, anche se non potrò fare a meno di vederla come la ragazza di cui mi sono innamorato. Poi chissà, magari un giorno capirà la mia genialità e si innamorerà perdutamente di me! Ahaha!».

L’altro lo guardò sorpreso. Non pensava che Hanamichi Sakuragi fosse uno che si lasciasse andare a confidenze. E tanto meno mai avrebbe pensato che uno come lui potesse arrendersi contro uno come Rukawa. Accidenti a quel volpino, era sempre in mezzo a fare la prima donna! «Ma scusa,  hai intenzione di tirarti indietro?», gli chiese, stupito.

Il rosso sospirò. «Ho paura che mi respinga. Hicchan dice che dovrei mettere da parte il mio timore e provarci», fece spallucce, abbassando lo sguardo. «E dice anche che Haruko-san è un pochino addormentata, se non vede a tre palmi di naso».

«Beh, se sta dietro a un reperto ghiacciato come Rukawa, allora non ha tutti i torti».

L’occhiata che gli riservò Hanamichi lo fece zittire immediatamente. Ma il rossino sapeva benissimo che i due avevano ragione, dopotutto. Haruko lo considerava unicamente un amico, forse uno dei migliori. Un amico, nient’altro.

Nobunaga guardò l’altro mentre gli si avvicinava e sentì una mano grande sulla sua spalla. «Ti dico solo una cosa, Kiyota: non farla soffrire o te la vedrai con me. Non sto scherzando, ora».

La scimmietta sorrise, spavalda. «Tranquillo, Sakuragi! Non lo sai che sono il miglior fidanzato del mondo? Ahaha!».

«Fida-che?!», esclamò l’altro con gli occhi fuori dalle orbite. «Oi! Che non ti salti in mente di toccarla, pervertito! Al massimo dopo che vi sposate, ma è anche troppo presto!».

«Troppo presto per cosa?», chiese una voce femminile alle loro spalle. Entrambi gelarono, temendo che avesse sentito tutta la conversazione.

«Hic… Hicchan!», fece Hanamichi, con un sorriso incerto. «È troppo presto per… per cantare vittoria! Sì, proprio così! Queste schiappe del Kainan credono di aver il Campionato Nazionale in mano! Ahaha! Poveri illusi!».

«Checcosa?! Semmai voi dovreste allenarvi dieci volte quanto noi solo per passare il primo turno!», ribatté l’altro.

Hime si grattò la fronte. «Sì, sì, siete dei bravissimi entrambi».

La guardarono perplessi per poi scoppiare a ridere nervosamente.

«Beh!», esclamò il rosso, avvicinandosi balzante alla sorella. «Vado a rompere le scatole a Mitchi e Ryo-chan! Magari andiamo in cerca di ragazze! Ahaha! Ci vediamo più tardi!». E se ne andò, non prima di aver dato un bacino alla sua Hicchan.

I due, rimasti soli, si guardarono un attimo.

«Che si fa?», chiese Kiyota, camminando verso di lei. Sorrise nel vederla mettersi un dito sulle labbra, pensosa. «C’è una gelateria in paese… sai, vicino a quel negozio di caramelle…», continuò lui, fermandosi a pochi passi dalla ragazza.

Gli occhi nocciola di Hime guizzarono allegri. «Tu mi leggi nel pensiero, per caso?».

Nobunaga rise, ficcando le mani nelle tasche della tuta. «Allora, andiamo?».

Hime annuì, intimamente felice di passare un po’ di tempo in compagnia della scimmietta del Kainan. Le piaceva, le piaceva da matti! Averlo accanto, con ancora i capelli bagnati dalla doccia e scompigliati più del solito e un forte profumo di bagnoschiuma al muschio, era troppo anche per lei. Lo osservò con la coda dell’occhio, incantata: il naso dritto; le sopracciglia un po’ troppo grandi, ma così carine su di lui; gli occhi blu ironici e delle volte prepotenti; quelle labbra… Kami, le labbra!

Si mordicchiò le sue, concentrandosi sul paesaggio. Ripensò al discorso con Hanamichi, quel pomeriggio. In effetti, che razza di rapporto avevano ora? Non sapeva neanche come dovesse comportarsi con lui. Voleva prenderlo sotto braccio, in quel momento; voleva sentire il calore del suo corpo contro il suo. Eppure c’era qualcosa che la bloccava. Imbarazzo? Sì e anche tanto.

«Ehi, tutto bene?», le fece, risvegliandola da quei pensieri scomodi. «Sei silenziosa. E non è da te!».

Hime sorrise, chinando il capo. «Niente di preoccupante, solo un po’ pensierosa».

Kiyota abbassò lo sguardo su di lei. «E dimmi, che ti impensierisce?», le disse, cingendole le spalle con un braccio. Rise quando la vide arrossire furiosamente.

Dopo un momento di panico totale, la ragazza prese un bel respiro, rilassandosi contro di lui. «Niente, ora più niente».

 

*

 

«Siete sicuri?», chiese la gelataia, guardando la coppietta parecchio stralunata. I due annuirono con foga, quasi fosse ovvia la loro richiesta. «Va bene… tra poco arriva».

Kiyota e Hime si guardarono complici, scoppiando a ridere. Ora sì che avrebbero voluto vedere come avrebbero finito in due un chilo di gelato alla vaniglia con le smarties!

«Ah, devo riprendermi dalla partita di prima!», esclamò lei, poggiandosi tavolo. «Ho perso calorie e devo recuperarle, no?».

Nobunaga prese a ridere. «E io non mi sarò fatto cento giri di campo, ma il Capitano mi ha sfiancato ugualmente! Siamo sulla stessa barca!».

«Maki è instancabile, immagino. Devi averne di forze per stare dietro ai suoi allenamenti».

Il dieci del Kainan gonfiò il petto, orgoglioso. «Scherzi? Io sono Nobunaga Kiyota, niente e nessuno potrà fermarmi!», esclamò, ridendo. «Se il Kainan è la squadra più forte del Campionato è proprio grazie ai nostri duri allenamenti. E se sono un titolare un motivo ci sarà! Ahaha!».

«Anche lo Shohoku non è da meno!», esclamò l’altra, puntandogli un dito contro. «Akagi sta tirando fuori tutta la sua grinta, quest’anno. Ti assicuro che saremo la squadra da battere, ai Nazionali!».

«Me lo auguro. Anche perché non voglio che il Kanagawa faccia una brutta figura».

«Ehi!».

Kiyota rise, provocatorio, scansando un tovagliolo appallottolato. Entrambi erano consapevoli che la rivalità tra le due squadre, quell’anno, era salita alle stelle. Ma si rispettavano anche, e parecchio. Del resto facevano parte della stessa prefettura e, a meno che non si fossero trovati alle finali dei Nazionali, era anche lecito che si supportassero a vicenda.

«A proposito, sbaglio o sei l’unica matricola, quest’anno?», chiese Hime, giocando con una ciocca ribelle di capelli rossi.

Lui annuì. «Sono l’unico sopravvissuto all’allenatore Takato e a Maki-senpai! Le altre matricole hanno abbandonato tutto una settimana dopo».

«Praticamente venerdì sarai l’unico giocatore del Kainan tra le matricole», fece Hime, aggrottando la fronte.

Nobunaga si grattò il mento, pensieroso. «Beh, credo proprio di sì».

La conversazione venne interrotta dalla donna di poco prima, che servì davanti ai loro occhi un recipiente in vetro colmo fino all’orlo di gelato.

«Ora muoio!», fece Hime, dopo aver ringraziato.

«Meglio! Almeno posso mangiarmelo tutto io!», esclamò Nobunaga, già sfregandosi le mani al solo pensiero.

La ragazza gonfiò le guance, offesa. «Ah, la metti così?». Ma non poté far nulla per frenare il rossore sulle gote quando lo vide porgerle una cucchiaiata di gelato candido, in contrasto con un acceso smarties rosso.

«A te l’onore!», le disse Kiyota, sorridendole.

Sì, muoio per davvero, ora…”, fu il pensiero della giovane, assaggiando il gelato. Tentò di dire qualcosa, ma il sapore dolce che le permeava in bocca glielo impedì. E poi, perché un certo Nobunaga Kiyota si era sporto verso di lei per depositarle un bacio sulle labbra. Da dove spuntasse fuori quella sfacciataggine non l’aveva capito. Non era lui quello che arrossiva al minimo accenno di intimità? Di una cosa Hime Sakuragi era più che certa: quel ragazzo la voleva morta, era palese. Oppure, dopo averla uccisa con un colpo d’infarto, si sarebbe mangiato anche la sua porzione di gelato. In effetti, pensandoci bene, quella poteva essere una mossa parecchio astuta da parte della scimmietta!

Lui, d’altro canto, aveva trattenuto il fiato per tutto il tempo, per l’imbarazzo di non saper come affrontare la situazione. Ma quella ragazza gli piaceva ogni minuto che passava e il discorso con Hanamichi gli aveva fatto aprire gli occhi: voleva Hime, la voleva tanto. E gliel’avrebbe fatto capire in tutti i modi!

Quando allontanò le labbra da quelle della ragazza arrossì lievemente. «Eri… sporca di gelato», bofonchiò annuendo, facendola ridere.

Hime affondò un dito tra la crema e glielo passò sulla punta del naso. «Oh, guarda… sei sporco anche tu!», esclamò, porgendogli un tovagliolino di carta in allegato a una linguaccia.

Nobunaga scoppiò in una fragorosa risata, che fece voltare mezza gelateria. Ci mancò poco che cadesse dalla sedia, da quanto si era sbilanciato all’indietro.

Inutile dire che quel gelato lo finirono tutto, dalla prima cucchiaiata all’ultima. Non si chiamavano Kiyota e Sakuragi per niente quei due.

«Stanotte ci sono i Lakers, vero?», chiese Nobunaga, avvicinandosi al bancone per pagare.

Hime annuì, entusiasta. «Oh, il mio Kobe Bryant!», esclamò, con dei cuoricini al posto degli occhi.

Lui aggrottò la fronte. «Ti piace Bryant?!».

«È immaaanso!».

«Ah! Solo perché infila triple una dopo l’altra… sai che bravo! Ci riesce anche Jin!».

«E tu no!», gli disse sorridendo, mostrandogli la lingua.

Nobunaga le lanciò un’occhiataccia. «E cosa ci vuole? Ricordati che sono la matricola numero uno, quest’anno! Kobe Bryant mi bacerebbe i piedi se mi vedesse giocare!».

Lei scoppiò a ridere, appendendosi al suo braccio mentre uscivano dalla gelateria, pieni come uova. «Geloso?».

«E… e di cosa, scusa?!», sbottò lui, arrossendo.

«Baka!», gli sorrise ancora, poggiando la testa sulla spalla muscolosa del ragazzo. «Prima di cena ci facciamo due tiri e mi fai vedere un po’ che sa fare la super matricola da fuori area».

«Preparati, ti lascerò a bocca aperta! Ahaha!».

Il resto della serata lo passarono a passeggiare tranquillamente per le strade poco affollate della piccola cittadina, tra tante risate, frecciatine e tanti, bellissimi sguardi. Era incredibile come entrambi stessero iniziando ad adorare la compagnia reciproca. Certo, ogni tanto qualche insulto gratuito partiva, ma fortunatamente si concludeva tra le risate.

Avevano anche adocchiato un locale alla mano, nella piazzetta principale. Magari avrebbero potuto trascinare mezza squadra a testa e divertirsi in modo diverso, qualche sera. Ovviamente, dopo aver sedato per bene quello scimpanzé di Akagi con sonniferi e tranquillanti.

Tornati in albergo, Kiyota la portò nel campetto esterno, deciso a mostrarle le sue doti innate del basket e dei tiri da tre. Non giocava nel Kainan per niente, lui!

«Allora, miscredente! Pronta per ricrederti?», le chiese sfacciato, facendo girare il pallone su un dito.

Hime annuì, sorridente e preparandosi psicologicamente all’ennesima figura di melma della scimmietta. Perché era sicura, non ce l’avrebbe fatta neanche con una pistola puntata sulla tempia. Cannava i tiri liberi, figurarsi quelli da tre!

«Prima, però, la posta in palio», disse lui, sorridendo insolente. «Se ci riesco cosa vinco?».

La ragazza ci pensò un po’ su. «Direi che un bagno in piscina non te lo leva nessuno. Vestito, s’intende» Nah, meglio nudo!, finì nella sua testa la pervertita.

«Non mi sembra tanto un premio, sai?», disse, facendola ridere. «Esci con me anche domani».

Hime si bloccò sul posto, arrossendo furiosamente. «U-uscire?», si sistemò una ciocca rossa dietro i capelli, imbarazzata. «Beh, allora non ne hai tanta voglia». Lui la guardò perplesso, non capendo. «Tanto non ce la fai!».

«Brutta strega!», esclamò Nobu, rincorrendola per tutto il campetto. Tra grida, risate e prese in giro, la scimmietta riuscì a bloccarla per la vita, grazie alla sua agilità. [Proprio come una scimmia!, avrebbe detto qualcuno di nostra conoscenza]. La strinse contro di sé da dietro e sorrise vedendola chiudere gli occhi. Aveva una voglia matta di baciarla, ovunque: le spalle un po’ abbronzate, l’incavo del collo, le guance arrossate e le labbra… quelle labbra l’avrebbero portato alla follia.

Hime abbandonò il capo all’indietro, su una spalla del ragazzo, riprendendo fiato. Sentire le braccia muscolose dell’altro che le abbracciavano la vita era veramente troppo. Si sentiva protetta, al sicuro contro il suo petto. Avvertiva un senso di calore indescrivibile, così come il desiderio di abbracciarlo a sua volta, di sentirlo contro di sé, vicino. Gli passò distrattamente le dita sugli avambracci e lo sentì rabbrividire.

«Allora? Accetti?», le mormorò in un orecchio.

«E se perdi?».

Nobunaga sorrise, strofinando la punta del naso sul suo collo. «Esci ugualmente con me».

E come faceva a rifilargli un no se continuava così? «Non vale… le condizioni dovrei dettarle io».

Si sentì andare a fuoco quando le labbra del ragazzo le baciarono una guancia. Lento, inesorabile, continuò a depositarle un bacio dopo l’altro, portandola a voltarsi, senza distogliere lo sguardo da quello di lei. «Domani, dopo l’allenamento come oggi, va bene?».

«Non accetti un rifiuto, eh?», ridacchiò lei.

Nobunaga scosse la testa, sorridendole. «Mai».

Il bacio che seguì fu completamente diverso dagli altri che si erano scambiati. Se i primi erano solo lievi carezze, quello rasentava il desiderio più puro, tenuto a freno troppo a lungo e che finalmente aveva libero sfogo.

Stretti l’una tra le braccia dell’altro, consumarono il loro primo vero bacio, dimentichi della scommessa, dimentichi che la cena sarebbe iniziata tra pochi minuti… dimentichi di un Gorilla a caso e del suo collega Maki che avrebbero iniziato a inveire a destra e a manca, fumanti come pentole a pressione.

Ora niente aveva più importanza.

Piccolo siparietto per l’autrice:

Scusate i due giorni di ritardo, ma come previsto questa settimana si è rivelata stra-piena di lezioni… *help*! Spero possiate perdonarmi! (_._)

Capitolo zuccheroso questo <3! Ma mi serviva per il prossimo… *me ride* XD!

Veniamo ai ringraziamenti! *_*

lilli84: dai, non ti ho fatto penare poi troppo, no? (:

MihaChan: carissima mia! [non diciamo in giro che hai letto il capitolo in anteprima, ssshhh! Ho aggiunto solo qualche modifica!] Visto il Nobu vs Hana? Si è svolto anche tutto troppo nella norma… ma prevedo nebbia all’orizzonte! XD Grazie mille come sempre, tesora! E’ un piacere per me! :*

kuro: ahaha! Li hai citati tutti! Ma come non si può adorare svisceratamente quei pazzi psicopatici?! Eh?! EH!? Impossibile! Grazie, grazie, grazie mille dei complimenti! *_* *me arrossisce*

Black_Moody: ehm… le ultime parole famose! [“Brava che sei puntualissima con gli aggiornamenti…” lol] Che poi, chi legge le altre mie fan fiction non credo la pensi esattamente così! XD E comunque, i-io non ho colpe! .___. Ma se scrivi bene come ho capito dal prologo allora mi assumo tutte le responsabilità di questa terra! *_* E ovviamente, sapere che l’hai pubblicata perché Wild Boys ti ha dato la “carica” non posso che esserne stra-felice. :) Oddio, Hanamichi in versione padreinesaurimentonervoso è bellissimo! XDDD Hime, essendo una ragazza, non potrebbe giocare in un torneo maschile, quindi non credo che la vedremo ai Campionati… [sempre che la mia mente diabolica non escogiti qualcosa nel frattempo xD] E… oddèi, anche io voglio conoscere il sosia di Rukawa! E-esiste davvero, allora! *_* …O-ok, tornando a noi… grazie veramente miliardesime! :*

Un ringraziamento anche a tutti i lettori anonimi! <3

Un abbraccio strittoloso,

Kenjina.

 

 

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Capitolo 20
*** Caos ***


La cena, a differenza del pranzo, fu più movimentata

Capitolo XVIII

Caos.

Dire che i due Capitani si fossero incavolati era poco. Non solo quei due erano arrivati in ritardo per la cena, persi chissà dove a fare chissà che cosa, ma neanche si scusarono. Si limitarono a sorridere a tutti come due deficienti. Ci mancava poco che camminassero a un metro da terra per la felicità. Non tutti capirono cosa fosse successo a Kiyota e alla Sakuragi, ma evidentemente doveva essere qualcosa di bello. Chi, invece, aveva azzeccato… beh, non gli diede tregua nemmeno un secondo.

«Dove diavolo eravate, pervertiti?!», esclamò Hanamichi, alzandosi e puntando i due con un dito.

Mitsui, al suo fianco, sorrise malizioso. «Eddai, Hanamichi. Sono giovani e in forze, lasciali divertire!».

«Che ne capirà lui, di queste cose», borbottò Miyagi, mangiando la sua cena.

«Che cosa stai insinuando, tappo?!».

«Che sei un povero sfigato».

«Accidenti a te, Rukawa!».

Akagi, in piedi dietro il rossino e sull’orlo di una crisi isterica, lo placò seduta stante. «Per una volta Rukawa ha detto una cosa giusta. Ora mettiti a mangiare, a sistemare tua sorella ci penso io».

Hime, d’altro canto, continuava a guardarli con un sorriso ebete stampato in viso. Non sentiva il gorilla che le sbraitava dietro, non vedeva i suoi amici che le chiedevano cosa stesse facendo con Nobunaga, né si accorgeva delle occhiate che le riservavano. No, la sua mente era ancora in quel campetto, tra le braccia del ragazzo che le aveva fatto perdere la testa e che la stava baciando con dolce audacia.

Kiyota? Idem come sopra. Con la differenza che lui, nonostante avesse mangiato mezzo chilo di gelato, aveva una fame da lupi e si stava ingozzando allegramente, con la testa campata per aria.

«Nobu-chan, tutto bene?», gli chiese Jin, curioso. In risposta ottenne solo uno sguardo sognante e un sorrisone da pubblicità di dentifricio.

«Li abbiamo persi», decretò Maki, guardando prima la sua matricola, poi la ragazza.

«Hicchaaan!», sbraitò Sakuragi, scuotendo preoccupato la sorella. «Che razza d’incantesimo ti ha fatto, quel balordo?!».

«Il bacio della scimmia», ghignò Mitsui, guadagnandosi risate e occhiatacce. «Dai, Hanamichi, riprendi a mangiare o ti si blocca la crescita».

«Gli si è bloccata da tempo», continuò Rukawa, che come risultato ottenne una serie di epiteti poco amichevoli e parecchio maleducati, oltre un pugno da Akagi che gli intimò di piantarla di stuzzicare l’altro imbecille di turno.

Ma all’ennesimo battibecco tra le due matricole dello Shohoku, Akagi scoppiò alla grande, alzandosi dal tavolo e dirigendosi di gran carriera verso l’uscita.

«Ta-Takenori, dove vai?», domandò timoroso Kogure.

«A comprare una fune lunga cento metri per legare questi deficienti al letto».

Mitsui lo guardò con un ghignò sulle labbra. «Hai capito quanto è depravato il Gorilla?».

«Mitsui! Dì qualcos’altro e la corda te la stringo al collo!».

Tutta la sala scoppiò a ridere, mentre il King Kong se ne andava via sbraitando e fumando rabbia come un vulcano in piena attività.

«Questa volta si è incazzato sul serio», constatò Ryota, aggrottando la fronte.

Hanamichi si mise a ridere, agitando noncurante una mano. «Ma no… gli passerà subito!».

Silenzio di tomba.

In effetti, molti avevano i loro dubbi.

«Domani vi disintegra», spezzò il silenzio Ayako, portandosi indietro un ricciolo ribelle.

«E io che mi riposavo come oggi!», esclamò Miyagi, stravaccandosi sulla sedia.

«Chi ha il fucile di precisione, così gli spariamo contro una dose di tranquillanti?», chiese invece Hisashi, mentre gli altri pensavano che come idea non sarebbe stata male per placare l’ira del King Kong.

E tra disperazioni e piani vari, due voci più che tranquille sciolsero il clima di tensione.

«Kogure-san, mi passeresti l’acqua?».

«Jin, hai assaggiato questo sushi?».

O almeno, lo spezzarono momentaneamente.

È superfluo dire che Hime e Nobu, con il loro sorriso da ebete e l’aria di chi aveva appena vinto al gratta e vinci, scatenarono l’inferno tra i giocatori dello Shohoku. Del resto, era colpa loro se era successo tutto quel casino col Gorilla e su qualcuno avrebbero dovuto pur sfogarsi.

 

*

 

La partita dei Lakers contro gli Utah Jazz fu uno spasso. E non solo dal punto di vista prettamente sportivo, ma soprattutto perché gli animali dello Shohoku non avevano fatto altro che commentare ogni minima azione gridando e battibeccando come vecchie pettegole.

«Ma ce li ha gli occhi quell’arbitro? Quello era fallo!».

«Ma quale fallo, Mitchi! È caduto apposta! Guarda, vedi come si è buttato in terra?».

«Beh, vedete voi se vi trovate davanti uno come Fesenko che vi blocca la strada! Anche il nostro Gorilla avrebbe qualche problema!».

«Non chiamarmi Gorilla, porca miseria!».

«Hime, non difendere Bryant solo perché sei innamorata persa di lui. Si è sbilanciato, ma l’ha fatto anche in modo teatrale!».

«Ryo-chin! È un grande, lui!».

«Un gran buffone e simulatore, altroché».

«Per una volta ti do ragione, Kit! Ma non prendertela a vizio, eh!».

Tra gli schiamazzi e i litigi dei giocatori in maglia rossa, chi invece non sapeva se continuare a guardare la partita e far finta di nulla o ridere e inserirsi nei loro discorsi, erano i giocatori del Kainan King che, a quanto a educazione e calma era al primo posto. Tranne, ovviamente, il petulante Kiyota, che non perdeva occasione per far baldoria e agitarsi come il suo solito. Solo che, quella volta, erano più i momenti in totale adorazione della sua piccola giocatrice di basket, che quelli in cui ingaggiava lotta libera con Hanamichi & Co. Seduto vicino al suo amicone Jin, infatti, non perdeva occasione per osservarla ridere e scherzare, ripensando al bacio che si erano scambiati solo poche ore prima. Quanto avrebbe voluto tenerla tra le braccia e guardare la partita così, con lei a due palmi dal naso! Che deficiente, lei gli aveva anche lasciato un posto al suo fianco per averlo vicino! Solo che, temendo di suscitare ancora di più la curiosità degli altri, aveva preferito sedersi ben lontano da lei. E il posto occupato per lui era andato a finire a quel volpino surgelato di Rukawa, per una volta sveglio e attento. La cosa, pensandoci bene, gli rodeva, e anche parecchio!

«Baldi giovani, volete qualcosa da bere?», chiese la vecchietta dell’albergo, un po’ timorosa, in effetti, ad avvicinarsi a quel branco di scalmanati.

Un pugno in testa e il King Kong sedò subito le risate tra i suoi giocatori. Certo che anche quella donna… da qui a chiamare quegli animali “baldi giovani”!

«Questi quattro è meglio che non prendano nulla», fece Akagi, lanciando un’occhiata eloquente ai suoi titolari, un po’ troppo su di giri già di per se.

«Ma come?!», piagnucolò Hanamichi. «E io che volevo fare a gara con Ryo-chan e Mitchi a chi reggeva più tequila!».

«Sì, così ti va in fumo l’ultimo poco di materia grigia che hai in testa», fu il commento di Hisashi, che mandò su tutte le furie il rossino.

«Io prendo un bicchiere di amarena con ghiaccio!», disse Hime, alzando la mano da brava studentessa modello. «Gori, tu prendi un Banana Split*, vero?».

Inutile dire che quella che sembrava un’innocente domanda (ma che era un’evidente provocazione) suscitò l’ilarità di tutti i presenti, tranne della vecchina che stava già scrivendo l’ordinazione e del diretto interessato, che stava seriamente pensando di andare al bancone e gettare qualche sonnifero nella bevanda della seconda manager, per metterla finalmente K.O.

Hanamichi guardò seriamente la signora. «Senta Nonna, qualunque cosa porterà a quel volpino lì, non gli metta del ghiaccio, altrimenti siamo nei casini».

Fortuna sua che era già in piedi e riuscì a scappare dalle grinfie di Akagi con un balzo, altrimenti Hanamichi Sakuragi avrebbe detto addio al mondo intero. La Nonnetta, intanto, guardò curiosa e non poco perplessa il rossino, chiedendosi di cosa si facessero i ragazzi d’oggi per essere così esuberanti e vivaci.

«Hanamichi, non hai un minimo di rispetto», fece Hisashi, lanciandogli un’occhiataccia.

«Ma no! Io sono la persona più educata del mondo! Vero, Nonna?», esclamò il rosso, abbracciando la vecchia signora, a cui per poco non scese un infarto. «Ah, signora! Se vuole le posso presentare un gentiluomo molto intelligente e saggio, della sua età. Ehi, vecchia ciabatta di un Maki! Vieni che ti porto a donne!».

«Hanamichi!», gridarono tutti, avventandosi contro di lui, chi con ventagli, chi con pugni.

«Ma porca vacca, un po’ di ritegno!», sbottò Nobunaga, sbraitandogli contro.

«È allucinante!», fece Muto, guardando la scena con gli occhi fuori dalle orbite.

Kogure si passò una mano in viso, depresso e represso. «Sono mortificato».

Morale della favola: Hanamichi venne sedato a suon di pugni, con una felpa legata sulla bocca per non farlo parlare, idem per mani e gambe. Hime per poco non rotolò dalle risate, nel vedere il fratello ridotto così con una camicia di forza rudimentale.

Si ritirarono a nanna un’ora e mezza dopo, sebbene molti non avessero nessuna intenzione di dormire. Purtroppo non potevano mettere nuovamente in atto il piano diabolico delle due scimmie, altrimenti Akagi li avrebbe conciati per le feste veramente.

Solo due si arrischiarono a mettere il muso fuori dalla loro stanza, verso l’una e mezza di notte.

Ovviamente questi due non potevano non essere che i due fratelli Sakuragi, decisi a uscire dall’albergo e farsi due passi in sana libertà. E perché no? Magari fare una bella sveglia anche a quel porcospino di Sendoh con una chiamata in piena notte.

«Hime, attenta che non vi scoprano!», mormorò Ayako all’amica, guardandola con aria sufficiente.

«Tranquilla!». La rossa sorrise candidamente, salutandola con una mano mentre raggiungeva il fratello, già fuori camera. Poi, guardando la riccia e Ryota, che battibeccava a voce bassa con Hanamichi, fece: «Ehi, ragazzi! Perché non vi fate un po’ di compagnia, mentre siamo via?». Ci mancò poco che Ayako facesse risuonare per tutto l’albergo una sventagliata micidiale sulla capa della seconda manager, mentre Miyagi, tutto gongolante, schioccava un bacino sulla guancia all’amica e la ringraziava per la magnifica idea.

«E anche oggi ho fatto un’opera di bene», bisbigliò Hime al fratello, prendendolo sotto braccio e dirigendosi verso la hall dell’albergo.

«Hicchan, sei proprio tutto tuo fratello! Ahaha!».

«Shhh! O il Gorilla ci scoprirà!».

Due secondi più tardi e fece la sua comparsa anche Mitsui, incuriosito dalle loro chiacchiere. «Dove andate?», chiese stropicciandosi un occhio.

«A farci due passi e una chiacchierata con Akira! Vieni?», chiese Hime, innocentemente.

Hisashi sparì in camera per recuperare una maglietta (dato che era solo in boxer) e li raggiunse subito, sfregandosi le mani. «Voglio fargli proprio una bella sveglia, a quel porcospino hentai».

I tre a stento trattennero le risa e, quatti quatti come bisonti, riuscirono a guadagnare l’uscita dell’edificio. Si era alzata una piacevole brezza frizzante, che per un attimo fece rabbrividire i tre. Per quanto fosse piena estate, non era certo consigliabile uscire di notte vestiti solo in pantaloncini e maglietta!

«Che bella nottata!», esclamò Hime, sdraiandosi sull’erba del giardino e guardando il cielo stellato. Ai suoi fianchi la raggiunsero anche gli altri due, che annuirono. Il trio rimase così, imbambolato a guardare le stelle, o un aereo di passaggio, o una nuvola solitaria che a momenti oscurava la luna crescente.

«Secondo voi quante sono le stelle?», chiese ingenuamente Hanamichi, sistemandosi la testa sopra le braccia incrociate dietro la nuca.

«Tante?», fece Hisashi, facendo ridere i gemelli. «Boh, saranno miliardi».

«Ah, l’infinito!», sospirò Hime. «Come può esistere qualcosa che non finisce mai?».

Mitsui piegò il capo di lato, guardandola. «Risparmiaci i tuoi discorsi filosofici, Hime. All’una e passa di notte non connetto molto bene».

«E quand’è che connetti, tu?», chiese provocatorio Hanamichi, beccandosi un vaffa con i contro-attributi.

Rimasero in silenzio qualche minuto, poi decisero finalmente di svegliare Sendoh con una bella telefonata, usando il cordless dell’albergo. Attivarono il vivavoce e, dopo numerosi squilli a vuoto, la voce impastata dal sonno del giocatore del Ryonan rispose al telefono.

»Chi sei?«.

A stento i tre trattennero le risate.

Mitsui cercò di darsi un contegno, e parlò con voce seria. «Parlo con Sendoh? Akira Sendoh?».

»Sì. Chi parla? Sono… le due di notte, Kami«.

«Scusi l’ora tarda, Sendoh. Ma ho una cosa di cui vorrei parlarle».

Akira non era mai stato un ragazzo impulsivo e maleducato, neanche in situazioni critiche. Ma i tre sapevano bene che svegliarlo nel mezzo della notte era una di quelle situazioni in cui anche il mite playmaker poteva diventare una belva. »Alle due di notte? Ma si può sapere chi è?«.

Hisashi dovette ricorrere a tutto il suo autocontrollo pur di non scoppiare a ridere e mandare a quel paese lo scherzo. «Sono il signor Fukkoi».

Un momento di silenzio, interminabile. Akira, dall’altra parte del telefono, si era congelato sul posto, in un istante di puro panico. Il signor Fukkoi? Il padre di Yuriko? Oh cazzo…

»Oh… salve, signor Fukkoi«.

Hanamichi, intanto, guardava i due curioso, chiedendo tacitamente alla sorella di spiegargli chi fosse. Hime gli spiattellò velocemente la situazione all’orecchio: «Yuriko è stata la ragazza di Akira, qualche mese fa; Fukkoi è il padre».

Mitsui continuò con la sua farsa. «Sendoh, voglio arrivare subito al punto, con lei. Ha per caso provato a sedurre mia figlia?».

Hime e Hanamichi dovettero voltare la faccia per non farsi vedere con le lacrime agli occhi dall’amico, soprattutto quando sentirono la voce incrinata dall’insicurezza di Sendoh. Una cosa mai vista mai sentita da uno come lui, conosciuto come il ragazzo dall’infinito self-control e capace di tirarsi fuori da qualsiasi situazione con un sorriso e una battuta pungente.

«Signor Sendoh, mia figlia è incinta. Mi ha detto che avete avuto… incontri ravvicinati, qualche mese fa. Ne sa qualcosa?».

Sentirono indistintamente un merda sommesso e un sospiro lungo e profondo. Akira si passò una mano tra i capelli che gli ricadevano sul viso disordinatamente, sudando freddo. No, non era possibile… non era possibile! Stavano insieme solo perché lei lo aveva preso per sfinimento e non voleva ferirla, ma non avevano fatto niente di sconcio!

»…Ne è sicura?«.

«È tutto quello che sa dire?», chiese indispettito Hisashi, mordendosi un labbro per non scoppiare a ridere.

»Beh… no, mi scusi… io–«.

«Tu sei un emerito idiota, Akira!», esclamarono in coro i tre, ridendo come matti, ormai incapaci di trattenersi. Dall’altra parte del filo, Sendoh impiegò parecchi secondi per capire che quei tre mentecatti dei suoi migliori amici l’avevano preso in giro alla grande.

»Vi detesto!«, fece, tirando un sospiro di sollievo e sorridendo, nonostante tutto. »Mi dovete venti anni di vita, ragazzi!«.

«Ahaha! Mitchi è proprio un attore nato!», fece Hana, battendo una mano sulla spalla della guardia.

»Avrei dovuto immaginarlo che fosse lui, accidenti! Hisashi, sai cosa succederà quando torni, si?«.

Mitsui ghignò, scuotendo la testa. «Scordatelo».

»Oh no, non ci penso nemmeno! Mi farai fare un giro sulla tua moto, che lo voglia o no!«.

Hime ridacchiò. «Ne volevi solo il pretesto, eh Aki?».

»Già, e il caro Hisashi si è dato la zappa sui piedi da solo«.

«Prova anche a guardarla e ti strappo gli occhi».

Akira rise, sinceramente divertito e contento di risentire i suoi amici. »E allora, qual buon vento dal ritiro?«.

«Ah, sta succedendo di tutto, Porky! Abbiamo preso d’assalto il luna park, reso proprietà privata la piscina, facciamo i festini notturni, ieri c’era il Gorilla ubriaco…».

»Akagi ubriaco?!«.

E giù nuovamente a ridere al pensiero del King Kong sbronzo. Si raccontarono parecchie novità, ridendo e scherzando come facevano sempre. Si conoscevano da pochi mesi, ma la loro amicizia era nata in un baleno. Quante risate si facevano insieme!

»E ditemi, gemelli! Kiyota è ancora vivo o lo avete strapazzato per bene?«.

Mitsui guardò di sbieco l’amica. «Veramente è solo Hime che se lo sta strapazzando!».

«Hisashi!», sbottò la ragazza, arrossendo.

»Cioè?«.

«C’è una tresca in corso!», proseguì la guardia, beccandosi un pugno in pancia.

»Ah«. Akira parve riflettere un po’. »Non è che è qualche piano per confonderlo?«.

«Nah, quella scimmia è già confusa di suo!», esclamò Hanamichi, facendo ridere i ragazzi.

»Beh, Hime, sono felice per voi!«.

La ragazza si mordicchiò il labbro, nervosa. «Ma non è niente di che, per il momento!».

»Beh, allora quando torni posso invitarti a cena senza problemi, ok?«.

«Porcospino hentai!», gridò Hanamichi, desiderando di avercelo davanti per tirargli una bella testata in piena fronte. Sapeva benissimo che Akira adorasse scherzare con lei, ma non gli era sfuggito il fatto che il ragazzo tutto fare del Ryonan fosse parecchio attratto dalla sorella.

Chiacchierarono per qualche altro minuto, ridendo e battibeccando per ogni minima cosa. Si diedero la buona notte solo mezz’ora dopo, quando non sentirono altro che un silenzio di tomba dall’altro capo del telefono.

Il porcospino si era addormentato!

 

*

 

*Banana Split: versare liquore di crema di banana, il liquore di crema di mandorle e la Kahlua, decorato con uno spruzzo di panna montata ed una ciliegia. [fonte: internet! Io non me ne intendo di alcolici xD]

 

Piccolo siparietto per l’autrice:

Dio mio, questo capitolo è il mio preferito in assoluto! Quanto mi son divertita a scriverlo voi non potete neanche immaginarlo! XD Hanamichi è incredibile, mi da una caterva di ispirazioni! E poi, notate cosa diavolo ho fatto pur di far “apparire” il mio beneamato Akira! *_* Io amo quel ragazzo! *__*

Many thanks to:

lilli84: graccie mille, cara! *_* Nothing Else Matters… Guuuuuuns! :Q___

kuro: aaaaawww! Shi, shi! Scrivi anche tu, che son curiosa! Riporteremo in auge questa sezione bellissima! *_* ps: su msn non mi è apparso niente di nuovi contatti che mi hanno aggiunta… c’è qualcosa che non va! XD

MihaChan: carissimaaltissimaepurissima! *_* Ne hai ancora da aspettare, per il finale! *me si strofina le manine* Tesorah! :*****

Black_Moody: carissima! E’ un piacere ogni volta leggerti! *_* Son così felice che Hime e Nobunaga ti piacciano tanto! *_* *me saltella* Capiscimi, tenere a bada tutti quel mascalzoni è una faticaccia, che io stessa a volte tendo a perdermi… non è una bella cosa, ma vabbè! xD Sappi che il ritiro c’è… in sottofondo! xD [A parte gli scherzi, per qualsiasi chiarimento chiedi/chiedete pure! :) ] Per quanto riguarda il sosia del volpino, ti capisco, anche io sarei gelosa xD! Un beso! :*

Un ringraziamento anche a tutti i lettori anonimi! <3

Un abbraccio strittoloso,

Kenjina.

 

 

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Capitolo 21
*** Akagi's Revenge ***


La cena, a differenza del pranzo, fu più movimentata

Capitolo XIX

Akagi’s Revenge.

«Allora, Sakuragi! Alza di più quelle braccia! E tu, Mitsui, passa quella maledetta palla!», tuonò Akagi, facendo tremare le pareti della palestra. «Hime, datti una mossa! Blocca Miyagi, maledizione! Non volevi giocare, venerdì? Allora mettici impegno, altrimenti te lo scordi! E tu, Miyagi, scartala!».

«Maledetto scimmione!», grugnirono i quattro alla volta del loro capitano. Quella notte il Gorilla gli aveva fatto proprio una bella sorpresa: aveva sentito degli schiamazzi provenire da fuori e non ci aveva messo molto a fare due più due e capire di chi si trattasse. Per il trio, trovarselo in corridoio ad aspettarli con occhi infuocati non fu il massimo. Per non parlare delle sorti del povero Ryota, che venne scoperto in camera della sua Ayakuccia mentre le faceva spudoratamente la corte, approfittando dell’assenza dei due gemelli.

Dire che Akagi era incazzatissimo era poco.

«Rimbalzo!», gridò Kogure, quando un tiro da tre del numero quattordici prese il ferro del canestro.

Hanamichi corse alla lunetta, seguito da un agguerrito Rukawa, e saltarono entrambi verso la palla. Ebbe la meglio il rosso, che non perse tempo a proclamare il suo talento naturale alla volta del volpino, che invece vide bene a fregargli il pallone da sotto il naso e tentare una schiacciata, che andò a segno.

Due secondi più tardi e Hanamichi era bello che steso a terra da un potentissimo pugno del Gorilla.

«Akagi!», fece il mite Kogure, avvicinandosi al suo compagno. «Non dovremmo farli riposare un po’? Sembrano stanchi».

Il King Kong si voltò verso di lui, guardandolo furente. «Stanchi, hai detto?», sibilò, digrignando i denti. «Stanchi?! Concederò mezzora di pausa a tutti, tranne che a quei quattro mentecatti! Peggio per loro che rimangono in piedi fino alle due di notte!».

Contemporaneamente, i quattro mentecatti in questione spalancarono le bocche a livelli esorbitanti. «Checcosa?!»

«Tacete! E fatevi venti giri di campo, di corsa!».

Sotto gli sguardi impietositi dei compagni di squadra, il quartetto iniziò a correre svogliato, aumentando il passo ogni qual volta quello scimmione del loro capitano li sgridava, promettendo altre temibili ritorsioni.

«Accidenti a lui… questo ritiro… sembra peggio… di un campo… di concentramento», disse un affannato Ryota.

«Gendarme del cazzo», borbottò Hisashi, lanciando un’occhiataccia truce al numero quattro.

Hanamichi, che correva al fianco della sua Hicchan, alzò un pugno al cielo. «Miei prodi compagni!», esclamò, richiamando l’attenzione di tutti. «Non abbattiamoci così! Vedrete che sotto la mia guida ne usciremo vittoriosi!».

«Andiamo bene…».

«Sakuragi! Corri, invece di dare aria a quella fogna di bocca!».

Il rosso incurvò le spalle. «Maledetto schiavista! E oltretutto scimmione!».

La fine dell’allenamento arrivò lenta e desiderata, come un’oasi nel deserto. I quattro, stremati (che, tra le altre cose, avevano anche dovuto ritirare tutti i palloni messi in uso e che, guarda il caso, erano più del doppio del normale), si buttarono a terra, cercando di riprendersi.

«Non pensate che ci andrò leggero, questo pomeriggio», disse Akagi, dirigendosi verso gli spogliatoi tra un borbottio e l’altro.

«Kami… non mi reggo in piedi», si lamentò Hime, raggiungendo a carponi gli spogliatoi.

«Ehi, tu!», esclamarono gli altri tre, additandola. «Dove stai andando?!».

«…A farmi una doccia?».

Hanamichi le si buttò contro, facendole perdere l’equilibrio. «Facci entrare per primi, Hicchan!».

«Scordatevelo!», decretò lei, cercando di non ridere alle facce disperate degli amici. «Andate, va’!».

«Evvai!», gridarono i tre, abbracciandola e correndo verso le docce, per rinfrescarsi e rilassarsi un po’. Se il pranzo non fosse stato tra meno di tre quarti d’ora, era più che ovvio che sarebbero stati a mollo per tutto il pomeriggio.

«Ayako, stai salendo in camera?», chiese Hime, strisciando verso l’amica.

La prima manager neanche alzò lo sguardo sull’altra. «Ancora no. Akagi si è incavolato anche con me e devo completare queste schede prima di pranzo».

«Gori, sei un maledetto negriero!», gridò Hime alla volta degli spogliatoi, mentre l’urlo disumano e parecchio scazzato del Gorilla risuonava per tutta la palestra.

Hime salutò l’amica, non prima di averle ricordato che, se fosse sopravvissuta agli allenamenti pomeridiani, le avrebbe dovuto raccontare cosa diamine fosse successo in camera loro quella notte.

La rossa si avviò lentamente alla sua stanza, per farsi una doccia e buttarsi sul letto. Se non avesse avuto la fame di un leone avrebbe ronfato fino al giorno dopo, ne era più che certa. Fu la voce squillante e allegra della scimmietta del Kainan a farle tornare un po’ più di vitalità.

«Ehi, Hime! Tutto bene?», le chiese, avvicinandosi allegro.

Hime gli si buttò tra le braccia. «Nobu! Aiutami tu!».

Kiyota sorrise perplesso, stringendola tra le braccia. «Che è successo? Sei madida di sudore… e io mi son appena fatto una doccia!».

La ragazza si mise a ridere, sistemandosi meglio contro il petto del numero dieci. «Akagi si è un pochino arrabbiato».

Nobunaga arrossì un po’. «Per… il ritardo di ieri?».

«No, fosse solo per quello! Ieri notte io, Hana e Hisashi siamo usciti in giardino per distrarci un po’, mentre Ayako e Ryo-chan si son dati da fare mentre eravamo via. E il Gori ha scoperto tutto!».

Nobunaga scoppiò a ridere. «Quell’uomo sarà santificato, un giorno! Siete un casino totale!».

«Ehi!», lo additò offesa. «Guarda che il senpai Maki mi ha raccontato di cosa tutto deve fare pur di tenerti buono, durante gli allenamenti!».

Colto nel vivo dell’orgoglio, la scimmietta arrossì ancora di più, borbottando contro la rossa e il suo beneamato Capitano. Hime, d’altro canto, si mise a ridere, schioccando un sonoro bacio sulla guancia del ragazzo. Quanto era tenero quando si imbronciava!

«Non pensare di scampartela con un semplice bacetto, ruffiana! Dopo il Capitano mi sente!».

Qualche manciata di secondi dopo, Nobunaga si ritrovò nel mezzo del corridoio a rispondere a un bacio che era tutto un programma. Altro che semplice bacetto, quello! Bel modo di farsi perdonare!

Inutile dire che rimasero a scambiarsi effusioni fino a che la voce di Maki non li fece impalare sul posto, rossi per l’imbarazzo.

«Ca-Capitano! Proprio te cercavo!», fece Kiyota, mettendosi le mani sui fianchi.

Shin’ichi lo guardò, curioso e divertito. «Ah, ma davvero?», disse incuriosito, inclinando il capo.

«Io vado a rinfrescarmi!», si dileguò, invece, la ragazza, facendo ridere il ragazzo dalla pelle abbronzata e lasciando imbambolato l’altro.

Ah, le donne!

 

*

 

«Checcosa?!», gridarono in coro i giocatori dello Shohoku, che a stento credevano alle proprie orecchie.

«Non voglio sentire storie, è chiaro? Andate a prendervi una bottiglia d’acqua, vi servirà», ghignò Akagi, con un sinistro sorrisino sulle labbra. «Vi voglio vedere nella hall tra dieci minuti».

«È impazzito completamente?», chiese Hime a un’Ayako, perplessa come lei.

La ricciolina scrollò le spalle, interdetta. «Non pensavo sarebbe arrivato a tanto!».

«Hime!», sbottò il Gori, con un diavolo per capello. «È sottointeso che andrai con loro a correre. Ayako, tu ci seguirai con la bicicletta che metterà a disposizione l’albergo. Ti occuperai di controllare la fine della fila, non vorrei che qualcuno si perdesse per strada».

Le due ragazze, così come l’intero squadrone dello Shohoku, continuavano a guardare il proprio Capitano con gli occhi fuori dalle orbite. Ma quando se l’era pensata una cosa simile? Voleva per caso vederli morire uno a uno e toglierseli dalle scatole in modo pulito ed efficace?

Neanche il mite Kiminobu Kogure osò ribattere alla decisione del centro. Del resto, se Akagi aveva deciso che dovevano correre per l’aperta campagna, evidentemente serviva per l’allenamento… no?

E per fortuna loro dovevano correre in campagna. Non si erano mica dimenticati della volta che li aveva portati a correre in spiaggia, dove dovevano trascinarsi in una faticosissima sabbia e, dulcis in fundo, anche in acqua. Almeno, il giorno si erano anche divertiti, tra bagni clandestini e gavettoni.

Ma quando Takenori Akagi s’incazzava erano casini per tutti.

«Che i Kami ci aiutino», mormorò Hime, seguendo i suoi amici per recuperare qualche barretta calorica da portarsi dietro. Col caldo e l’umidità che c’erano quel pomeriggio sarebbero morti tutti, chi disidratato, chi per mancanza di zuccheri.

«Vuoi che tenga una busta, dato che sono in bici?», chiese Ayako, aiutando la rossa a racimolare qualcosa.

«Mi faresti un immenso favore, Aya-chan! E magari mi trasporti anche sul portapacchi, se sono troppo stanca, che ne dici?».

«E no! Sul portapacchi ci sto io!», esclamarono in coro Hanamichi, Hisashi e Ryota, guardandosi poi furenti.

L’unico che sembrava sottomettersi a qualunque decisione di quel pazzo del Gorilla era Rukawa, che in quanto ad allenamenti sfiancanti ci aveva fatto il callo. E poi stimava troppo Akagi, per potergli andare contro in qualunque modo.

«Ede, tu sai che mi dovrai portare in spalla, vero?», fece Hime, aggrappandosi al suo braccio.

«Scordatelo».

«Grazie! Lo sapevo che su di te potevo sempre contare!», cinguettò la ragazza, saltellando allegra al suo fianco.

Prima di partire in guerra, Akagi vide bene di mettere in chiaro le regole per quell’allenamento speciale. «È assolutamente vietato allontanarsi dal gruppo. Anche se non mi dispiacerebbe che qualcuno di voi si perdesse nel bosco», lanciò un’occhiata eloquente ai gemelli e agli altri tre casinari. «Vi fermerete solo quando vi darò il permesso io e, sia chiaro, non tentate la fuga, perché se vi scopro avete finito di vivere. Intesi?».

Hanamichi richiamò l’attenzione del ragazzo. «La caccia è aperta?».

Decine di sguardi lo osservarono perplessi. Per quanto fossero abituati al comportamento strambo del loro numero dieci, non smetteva mai di stupirli.

«No. Di grazia, perché?», sbottò Akagi, guardandolo di sbieco.

Il rosso strinse i pugni, contrariato. «Accidenti! E io che volevo sparare al Gorilla e farlo passare per un incidente!», borbottò Hanamichi, rivolgendosi ai suoi compagni.

«Sakuragi!», gridò il diretto interessato, iniziando a rincorrere l’ala grande per tutto l’albergo, tra le risate dei presenti.

«Però, ora che ci penso l’idea di quel demente non è tanto male», fece Mitsui, con un ghigno.

«Già… anche se non credo che una semplice pallottola possa abbattere quel colosso di Akagi», sospirò Ryota, avviandosi con gli altri verso la campagna.

Hime si ficcò le mani in tasca. «Ci son sempre i tranquillanti, però».

«E l’alcol», aggiunse la guardia, facendoli ridere.

«Ragazzi, mi raccomando», fece Kogure, guardandoli supplichevole. «Comportatevi bene».

L’occhiata che il gruppetto si scambiò non gli piacque per niente. Kogure, in cuor suo, lo sapeva: quei pazzi stavano andando incontro ad una bomba atomica, pronta a esplodere da un momento all’altro.

E quando Akagi scoppiava, radeva al suolo tutto.

 

*

 

Era passata un’ora abbondante da quando quel gendarme del Gorilla aveva dato inizio alle danze. Li aveva fatti riposare cinque minuti e poi nuovamente tutti di corsa. All’inizio non fu neanche tanto pesante correre tra la vegetazione. In un certo senso era un tranquillante naturale respirare aria buona e muschiata. Il problema iniziò a sorgere quando il caldo e l’umidità cominciarono a mietere le prime vittime.

«Già non ce la faccio più…», borbottò Hisashi, passandosi una mano sulla fronte madida di sudore.

«Dai, Mitchi!», fece Hana, battendogli una pacca sulla spalla. «Stringi i denti!».

«Ma tu che fai? Ti droghi?», chiese Ryota, guardandolo di sbieco. «Vorrei avere metà delle tue energie».

«Ahaha! E che ci posso fare se sono una roccia?».

Rukawa, davanti a loro, sospirò mesto. «Ha iniziato a delirare».

«Che cosa hai detto, tu?».

«Insomma, voi due!», li rimbeccò Ayako, con il suo fedele ventaglio alla mano. «Volete smetterla di sprecare fiato inutilmente?».

«Dici così perché stai pedalando, Aya-chan!», fece Hime, tra il fiatone, stringendo l’elastico della coda ormai quasi sciolta. «Se sopravvivo giuro che lo avveleno, a quel Gorilla».

«Il cianuro andrà bene?», le chiese Hisashi, voltandosi appena.

«Anche una banana guasta funzionerebbe, secondo me», mormorò Hanamichi, facendoli ridere.

Akagi, sentendo tutto quel chiacchiericcio provenire dalle retrovie, si voltò velocemente, fulminando con lo sguardo il gruppetto. «Riuscite a correre senza parlare o è troppo complicato?».

«Crepa», borbottarono i tre scalmanati in punizione.

Ma i veri problemi iniziarono solo mezzora dopo.

«Merda… devo pisciare», biascicò Mitsui, mentre la corona di principino gli rotolava via dalla testa.

«Vai dietro un cespuglio!», gli suggerì Hanamichi.

Ayako, dietro di loro, s’inalberò subito. «Non azzardatevi a fermarvi!».

«Sì, e io la devo fare correndo, magari?».

«Arrangiati! Sei grande e grosso per trattenerla ancora tre quarti d’ora!».

Hime guardò l’amico ghignare spaventosamente. Qualcosa le diceva che non le avrebbe dato retta facilmente.

E infatti eccolo lì, che sgusciava via dal gruppo e si nascondeva dietro un albero, nonostante i richiami di Ayako che temeva ripercussioni dal Capitano.

«Almeno sbrigati!», fece Ayako, sbuffando. Quando voltò lo sguardo verso la stradina battuta che stavano percorrendo, un particolare le saltò all’occhio. «Dov’è?!».

Ryota alzò un sopracciglio. «Chi?».

«Oh porca paletta…», mormorò Hime, fermando la sua corsa e guardandosi dietro. «Vado a recuperare Hanamichi!».

«No, Hime! Ferma!». Inutile. Andata anche lei. «No, Rukawa, tu stai fermo lì!».

Partito pure lui.

«Ayakuccia, io continuo a correre al tuo fianco, ok?», ciondolò Miyagi, con occhioni luccicanti.

Ma la manager non lo stava ascoltando. Stava pensando a una scusa da togliere fuori quando Akagi si sarebbe accorto che quattro suoi giocatori si erano allontanati dal gruppo. E quali giocatori, poi.

L’Apocalisse stava per arrivare. Ne era certa.

* * * *

Piccolo siparietto per l’autrice:

Ritardo, tremendo ritardo! È stata una settimana impossibile, credetemi! E la prossima sarà uguale, con un esame alle porte! T_T Perdooooono, mie carissime dilette! (_._)

Many thanks to:

Miha_Chan: Dèi, addirittura pianto! XD Sapevo di spararle grosse, ma non pensavo così tanto! Oddio, quel gelato lo voglio mangiare anche io! *Q* Per la bevanda ti e vi spiego come l’ho scoperta [dato che non sono per niente esperta di alcolici xD]: ho cercato un sito dove ci fosse un elenco di bevande alcoliche, con inclusi i passi per prepararle e, leggendone i nomi, ho trovato il Banana Split! È stato amore a prima vista… ho pensato: è perfetto per il nostro amatissimo Gori! XD Quoto in toto per Hana e Hisashi…. *Q* Un bacione carissimaaaahhh! :****

lilli84: anche tu piangendo! Eh, ma ho fatto una strage! Non volevo ç_ç! Come mi vengono in mente certe cose? …ehm, segreto professionale. ù_ù ….Mwahaha! XD

kuro: awww! Che cara! Sarai arrabbiata per il ritardo, allora! ç_ç *me si fa perdonare strapazzandola* :D ps: sorry se ieri non ho risposto su msn, ero fuori e mi son dimenticata di chiudere messenger! xD Un beso! :*

Black_Moody: ahaha! L’ho fatta proprio grossa con il capitolo precedente! xD Essì, dopo il romanticismo, una bella carrellata di casino allo stato puro ci stava, per forza! E credo che continuerà ancora per qualche capitolo! Adoro scrivere delle cazzate che potrebbero fare tutti insieme… mi sembra di vederli veramente davanti ai miei occhi! *_* Ayako e Ryota sono in silenzio stampa, ma non so quanto potranno continuare con Hime alle calcagna… uhuhuh! Comunque, dato che sono una persona che non si fa convincere facilmente… fammi vedere quelle foto! *Q* XDDDD A presto, anche con i tuoi aggiornamenti! *me in trepida attesa* Un bacione! :*

Un ringraziamento anche a tutti i lettori anonimi! <3

Un abbraccio strittoloso,

Kenjina.

 

 

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Capitolo 22
*** Lost ***


La cena, a differenza del pranzo, fu più movimentata

Capitolo XX

Lost.

«Itai! Mitchi!», si lagnò Hana, massaggiandosi la testa.

«Itai un corno!», sbottò l’altro, furente. «Perché quel ramoscello non te lo ficchi dove dico io, anziché rompere le palle a chi sta pisciando in santa pace?».

Il rosso ridacchiò, ficcandosi le mani in tasca.

«Hanaaa!».

I due spalancarono gli occhi, facendo sbucare la testa da dietro l’albero per guardare una Hime che, allegramente, trotterellava tra un arbusto e l’altro.

Hisashi dovette imbraghettarsi alla velocità della luce, se non voleva mostrare le sue grazie alla rossa, mentre Hanamichi le piombò addosso, stritolandola in uno dei suoi classici abbracci letali.

«Hicchaaan! Che ci fai qui? Potresti perderti!».

«Di solito le scimmie hanno un buon senso dell’orientamento», fece una voce gelida, dietro la ragazza.

«Aaah! Kitsune! Che ci fai anche tu qua?!».

Mitsui corrugò la fronte. «Non è che devo farvi pagare il biglietto per vedermi a braghe scese?».

«Hisashi!», esclamò Hime, tirandogli un calcio nel sedere.

«Ti piacerebbe!», fece Hanamichi, che si beccò una pigna in testa.

E mentre i due si scannavano all’ultimo sangue, Hime si sedette su una roccia che sporgeva lì vicino. «Ragazzi, che facciamo? Io non ho voglia di continuare a correre!».

«Giretto panoramico?», propose il rosso, cercando di divincolarsi dalle grinfie della guardia.

Rukawa si poggiò al tronco dell’albero. «Se ci fosse un precipizio sarebbe perfetto».

«E bravo Kit! Così ti ci butti e fai un favore all’umanità!».

«Do’aho».

«Akagi s’incazzerà?», domandò Hime, guardandoli sorniona.

Hisashi sorrise malizioso. «La cosa me gusta».

I tre scoppiarono a ridere, sotto uno sguardo finto-superbo di Kaede. Del resto lo sapeva bene che andare in giro con quei folli significava ficcarsi indissolubilmente nei casini più completi. Ma in cuor suo si divertiva intimamente a passare guai con i due gemelli e l’altro pazzo scatenato di Mitsui. E poi, doveva essere sincero: quella corsa pomeridiana aveva sfiancato persino uno sportivo come lui.

«Oh, guardate! Un ruscello!», esclamò Hime, balzando in piedi e trotterellando verso una piccola discesa che portava a un fiumiciattolo di acqua tiepida.

«Dev’essere quella che alimenta le terme», fece Hisashi, bagnandosi una mano. «A proposito di terme, quando ci andiamo? Stanotte?».

«Se Akagi non ci ammazza prima», commentò Hime, giocando con un ramoscello sull’acqua.

Passò qualche istante prima che Hime, Hisashi e Kaede si ritrovassero completamente bagnati. Quando si voltarono verso Hanamichi, lo videro chino sulla riva, con una mano immersa nell’acqua, pronta a schizzare nuovamente. Neanche il suo sorrisone innocente e divertito servì a farli calmare.

«Hanamichi, deficiente! È anche calda!», sbraitò imbestialito Mitsui, iniziando a rincorrere l’amico.

Hime osservò i due divertita, tra esclamazioni poco eleganti e calci che volavano a destra e a manca. «Ragazzi, non allontanatevi troppo!».

«Hn. Non sarebbe male».

La ragazza scosse la testa, riprendendo a guardare l’acqua che scorreva lentamente davanti ai suoi occhi. Era incredibile quanto quel movimento e il suono che produceva potessero tranquillizzarla.

«Gli hai fatto trapiantare il cervello?», chiese d’improvviso Kaede, facendola voltare verso di lui.

Hime rimase un po’ stupita da quella domanda campata in aria, di colpo. Ormai si era abituata a capire l’amico, ma non smetteva mai di lasciarla interdetta. Si potevano contare sulla punta delle dita le volte che era stato lui a iniziare un discorso che non lo riguardasse in prima persona. Non che in caso contrario fosse un logorroico da oscar, intendiamoci.

La rossa sorrise, ripensando alla sua Nobu-Scimmia. Perché era di lui che stava parlando Kaede, lo sapeva. «Non è servito. Anche perché non credo mi farebbe molto piacere essere considerata dopo un trapianto di cervello».

«Hn. A volte non basterebbe nemmeno quello», disse l’altro, beccandosi una gomitata in pieno stomaco.

Restarono qualche minuto in silenzio, ascoltando le esclamazioni di Hanamichi e Hisashi in lontananza e il suono del ruscello sotto i loro occhi.

Fu Hime ad interrompere quella tranquillità. «Ede… ti voglio bene», gli sussurrò, sorridendogli.

Rukawa la fissò enigmatico, senza dire nulla. L’unico gesto che le fece capire la risposta fu un leggero sorriso, solo per lei.

 

*

 

Akagi camminava avanti e indietro, sempre più nervoso, percorrendo lungo tutta la sua interezza la hall dell’albergo. Se prima era incazzatissimo, ora era solo molto preoccupato. Quei quattro incoscienti dei suoi compagni si erano allontanati dal gruppo, perché ovviamente se lui diceva bianco loro facevano nero. Ed erano già tre ore che non si vedevano. Era anche tornato personalmente indietro per trovarli e appenderli a testa in giù per un albero, ma niente. Spariti nel nulla.

La cosa che più lo lasciava interdetto che in mezzo ci fosse anche Rukawa. Di solito in quelle cazzate non si faceva mai trascinare. Di solito.

Ma il Gorilla non era l’unico preoccupato: infatti, oltre lo Shohoku e la vecchina dell’albergo che si stava dando da fare con le telefonate per chiamare soccorsi (ci mancò poco che s’inforcasse un giubbotto e degli stivali per andare a cercarli personalmente!), Nobunaga Kiyota era piantato davanti all’ingresso da quando aveva avuto la bella novella. Sarebbe anche andato a cercarli da solo pur di trovare Hime e assicurarsi che stesse bene, se non fosse stato per il buon Maki che lo fece desistere. Del resto, conoscendo il suo numero dieci si sarebbe perso anche lui.

«Ma porca paletta, se non si cacciano nei guai non sono contenti!», stava sbraitando Ayako, mani sui fianchi e viso rivolto verso quella che sembrava la direzione per la campagna.

«Stai tranquilla, Ayakuccia! Almeno ce li siamo levati da mezzo!», fece Miyagi per scherzare, facendo annuire però il Capitano.

«Ma davvero!», infatti esclamò, furente. «Appena mi capitano a tiro non so cosa gli farò! Anche se credo che una pallottola in mezzo alla fronte vada più che bene».

Kogure, al suo fianco nel vano tentativo di calmarlo, sorrideva sereno, continuando a ripetergli di non preoccuparsi, che erano grandi e grossi e che sarebbero tornati in albergo al più presto. «Magari si stanno facendo solo una scampagnata, Takenori!».

«Scampagnata un paio di palle! Sono le sette e mezza di sera!».

Il Quattrocchi, temendo l’espressione diabolica e spaventevole del King Kong, fu costretto ad arretrare di qualche metro. Ohi ohi, poveri ragazzi! Non avrebbe voluto essere al loro posto, una volta rientrati in albergo!

Ebbero loro notizie quando intravidero le loro sagome comparire sull’orizzonte, tranquilli come se niente fosse: Hisashi mani in tasca e viso dallo sguardo truce come sempre; Rukawa mezzo addormentato con una bolla sul naso; e infine Hanamichi, che con un’espressione un po’ più tesa teneva sulle spalle l’altra casinista del gruppo.

Akagi non ebbe neanche la forza di prenderli a voci e cambiargli i connotati quando si accorse che il piede della ragazza era fasciato alla carlona con la ginocchiera della guardia e il polsino, più stretto, dell’ala piccola.

«Dove diavolo eravate finiti? Hime, che ti sei fatta?», chiese brusco, sorpassato immediatamente dopo dalla scimmietta del Kainan.

«Ehi, rosso-scimmia, che l’è successo?», chiese preoccupato Kiyota, guardando la caviglia della ragazza.

«Secondo te?», sbottò il rosso, portandola dentro l’albergo.

Hime gli sorrise, tranquillizzandolo. «Solo una piccola storta! Se non ingigantiscono le cose, questi qui, non sono contenti».

«Ehi, bel ringraziamento!», esclamarono offesi Hanamichi e Hisashi, mentre Rukawa si limitava a lanciarle un’occhiataccia gelida.

«Vedi di non sporcarmi il polsino», le disse, dirigendosi verso la sua camera, senza neanche sentire le urla di Akagi che gli sbraitava contro. In risposta ricevette solo una linguaccia divertita.

Ayako si avvicinò ai fratelli, arrabbiata. «Complimenti, eh! Eravamo tutti in pensiero!», gridò, tirando un colpo di ventaglio ai due. Risparmiò la testa di Mitsui solo perché era un suo senpai, altrimenti avrebbe fatto brutta fine anche lui.

Hime venne portata in camera sua, dove Ayako le fasciò per bene la caviglia. Era solo un po’ gonfia e arrossata, ma fortunatamente non sembrava niente di preoccupante. Probabilmente quel venerdì avrebbe anche potuto giocare normalmente.

«Ma si può sapere come te la sei fatta?», le chiese la manager, assecondata da Kiyota, seduto al suo fianco.

Hime si grattò la nuca, imbarazzata. «Ecco, stavamo camminando tranquillamente alla ricerca dell’uscita da quel labirinto–».

«Maledetti incoscienti e deficienti!», borbottò Akagi, che faceva scivolare lo sguardo dalla ragazza agli altri due screanzati Hanamichi e Hisashi.

«–quando Mitchi mi ha fatto un simpatico scherzetto che mi ha fatto perdere anni e anni di vita», continuò la rossa, lanciando un’occhiata al diretto interessato, che ghignò noncurante.

«Che scherzo?», chiese Ryota, seduto nell’altro letto a gambe incrociate.

«Mi ha gridato dietro che stavo per schiacciare una mantide religiosa e ho fatto un salto di cinque metri!», borbottò la ragazza, facendo sghignazzare sempre di più Hisashi.

«Ha lanciato un urlo disumano, non l’avete sentito?», chiese innocentemente l’ex-teppista.

«Ed è caduta come una pera, giusto?», concluse Ayako, scuotendo la testa.

«Poteva farsi male seriamente», fece Hanamichi, guardando arrabbiato l’autore dello scherzo.

«Su, su, ragazzi! Non è nulla di che!», esclamò Hime per sdrammatizzare. «Quando potrò camminare per bene lo ammazzerò di botte, tranquilli!».

Hisashi le si avvicinò per darle un bacino sulla guancia e mormorarle uno “scusami” sommesso, che fece andare su tutte le furie Nobunaga per la gelosia.

I presenti sorrisero, tranne Akagi che si stava preparando il cazziatone dell’anno. «Mi spiegate come diavolo devo fare con voi?».

«Semplice, non devi fare!», disse convinta Hime, beccandosi uno sguardo fulminante da parte del suo capitano.

Mitsui, alzando le braccia al cielo, esclamò: «Ehi, Akagi! Io dovevo pisciare! Mica potevo farmela addosso!».

«La prossima volta ti compro un pannolino, va bene?», lo schernì il Gorilla, con un sopracciglio alzato.

«O un catetere, tu che te ne intendi!», fece serio Hanamichi, beccandosi un poderoso pugno sulla capa rossa e suscitando l’ilarità di tutti i presenti.

Akagi sospirò mesto e seriamente stanco di dover fare da balia a quei mascalzoni. Si passò una mano sul viso, come per ripulirsi dall’ennesimo casino di quella sera. «Ragazzi, facciamo così. Siete stanchi e io lo sono il triplo di voi, quindi domani faremo allenamenti solo di mattina, ok?».

Si morsicò la lingua pur di non ululare dal disappunto, quando i suoi ragazzi gioirono con grida e battiti di mani. Hanamichi, addirittura, gli si buttò tra le braccia per ringraziarlo.

«Ehi, così non vale!», sbottò Nobunaga, incrociando le braccia imbronciato.

Hime gli schioccò un sonoro bacio sulla guancia. «Su, su! Verrò a sostenerti agli allenamenti pomeridiani, non sei contento?».

«Contentissimo», fece sarcastico lui, reprimendo un lieve rossore sulle guance.

Il Gorilla, prima di andarsene, li bloccò con un gesto della mano. «Vi sto dando l’opportunità di sbollirvi un po’, da dopodomani si ricomincia. Non fatemene pentire, intesi?».

La risposta fu quella che si sentirebbe in un campo d’addestramento militare. «Sissignore!».

Dopo cena nessuno dei giocatori dello Shohoku ebbe la forza fisica ne morale di muoversi dall’albergo o di fare qualche cazzata. Solo qualche componente del Kainan decise di farsi un giro per il paese e distrarsi un po’. Gli altri optarono tutti per una bella chiacchierata in tranquillità nel giardino, tra risate e battute.

Nobu e Hime, dato che non erano potuti uscire insieme come avevano deciso, causa lo scazzo del Gorilla, si erano limitati a starsene seduti uno tra le braccia dell’altro, spettatori dei discorsi degli altri. Del resto, la ragazza doveva stare comoda e sdraiata per non sforzare troppo la caviglia… scusa banalissima che Kiyota aveva tolto fuori per tenersela stretta a se contro il suo petto, completamente perso nel suo profumo. Mica era scemo, lui.

«Comoda?», le soffiò nell’orecchio, facendola rabbrividire.

Hime chiuse gli occhi, sistemandosi meglio tra le sue braccia. «Uhm… potrei relegarti a cuscino, in futuro».

«A pagamento?».

«Mi paghi per farmi da cuscino? Grazie!».

Kiyota le diede un pizzicotto sul fianco, facendola ridere. «Baka! Intendevo il contrario!».

«Ehi, Nobu-Scimmia!», lo richiamò Hanamichi. «Non stare così attaccato alla mia Hicchan!».

Molti rotearono gli occhi esasperati (era la decima volta in cinque minuti che glielo ripeteva) e, ovviamente, Kiyota vide bene di sorridere provocatorio e stringere la ragazza ancora di più.

«Guarda che la stritoli, se continui così», disse Mitsui, guardando la scimmietta.

«Magari!», fece maligno Akagi.

«Ah, è questo tutto il bene che mi vuoi, Gori?», esclamò melodrammatica la rossa, facendo scendere un gocciolone in testa al diretto interessato.

«Non scambiare l’affetto con l’odio, demente di una ragazza».

«Demente a chi?!», sbottarono le due scimmie della situazione, mentre gli altri scuotevano la testa rassegnati.

Akagi chiuse gli occhi, contando mentalmente fino a dieci, poi venti, cinquanta, cento… sarebbe arrivato anche a un milione, pur di non perdere la calma. Altrimenti col nervoso e l’emicrania che si ritrovava era sicuro che li avrebbe fatti fuori una volta per tutte.

Rimasero in giardino ancora un po’, tranne Hime che si era addormentata beatamente contro il petto del ragazzo, che, salutando tutti, si era fatto dare le chiavi della camera da Ayako e ve l’aveva portata in braccio, tra gli sbraiti di Hanamichi che temeva il peggio. Del resto, neanche Hisashi aveva fatto niente per tranquillizzarlo. “Io, al posto tuo, non mi fiderei a lasciare la scimmia solo con Hime… per giunta in camera da letto!”.

Intanto Nobunaga, con la ragazza tra le braccia, riuscì a stento ad aprire la porta della camera e, cercando di non svegliarla, l’adagiò sul letto, coprendola con il lenzuolo. Rimase a osservarla per qualche istante, sorridendo. Com’era piccola e tenera, mentre dormiva. Aveva un delizioso sorriso sulle labbra e un’espressione rilassata e beata in viso. Le scostò una ciocca rossa di capelli dal viso, carezzandole poi una guancia. Chi avrebbe mai detto che quella fosse la peggior peste che avesse mai conosciuto, insieme al fratello?

Hime si mosse leggermente, stringendosi al cuscino. «Nobu…».

Kiyota sussultò nel sentirsi chiamare nel sonno. Lo stava sognando, per caso?

Sorrise, intimamente contento. L’avrebbe voluta abbracciare a sé, tenerla contro il suo petto tutta la notte, guardarla dormire beatamente tra le sue braccia… ma si limitò a chinarsi su di lei, dandole un piccolo bacio sulla tempia, e uscì dalla stanza, felice come non mai.

* * * *

Piccolo siparietto per l’autrice:

E dopo l’ennesima settimana estenuante, finalmente in vacanza! O “vacanza” tanto per dire, dato che devo studiare come una matta! e_e

Non so quando aggiornerò, ma non disperate (??), massimo entro due settimane! :)

Many thanks to:

Black_Moody: credo che il Gori, al rientro dal ritiro, dovrà farsi diverse sedute dallo psicanalista, perché ne sta uscendo matto, povero ragazzo! ;O; Non so neanche quanto gli sia convenuto a lasciare il pomeriggio libero a quegli animali dei suoi compagni… O almeno, io lo so, lui ancora no! XD A presto carissima! :*

lilli84: ehehe! Grazie bella! :*

gaara4ever: carissima! quanto tempo! *O* Grazie mille! ^-^

Miha_Chan: così però mi imbarazzo, eh! Mi stai dicendo che faccio più ridere del Sensei? Giammai! ù///ù E… Hisashi e Hana… come ti capisco! *Q* Un bacione bella! :***

kuro: il Gori qualcosa doveva fare per sedarli un po’… anche se, a quanto pare, non è servito molto, vabbè! XD Grazie, grazie! Gentilissima come sempre! :*

Un ringraziamento anche a tutti i lettori anonimi! <3

Colgo l’occasione per augurarvi un Felice Natale e Buon Anno Nuovo [se non dovessi aggiornare entro il 2008!]!

Un abbraccio strittoloso,

Kenjina.

 

 

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Capitolo 23
*** An evening with her… bye bye! ***


La cena, a differenza del pranzo, fu più movimentata

Capitolo XXI

An evening with her… bye bye!

Assistere agli allenamenti del Kainan fu istruttivo quanto distruttivo.

Istruttivo per il Gorilla dello Shohoku che, vedendo con che tenacia e decisione Maki allenava i suoi compagni, affiancato ovviamente dal severo Takato, ne trasse numerosi spunti per la sua squadra. Il Kainan King era conosciuta ovunque per la sua rapidità e gli allenamenti a cui erano sottoposti i suoi giocatori erano sfiancanti, ma soprattutto ottimi. Non per niente era una delle squadre più forti del Campionato Nazionale.

Distruttivo, invece, per i ragazzi dello Shohoku che, vedendo da una parte il Kainan che si allenava e dall’altra l’espressione diabolica di Akagi, capirono che le loro mattinate e serate passate in palestra sarebbero state un tantino più pesanti. Era faticoso soltanto guardarli, figurarsi allenarsi con quei ritmi!

«E noi che ci lamentavamo di Akagi», biascicò Hisashi, corrugando la fronte. Sarebbe dovuto andare a correre la mattina presto, per aumentare la sua resistenza. Altrimenti era sicuro che non avrebbe retto.

«Già… quella vecchia ciabatta ci da dentro!», esclamò Hanamichi, che si beccò un colpo dalla prima manager.

«Ma porca paletta, Hanamichi! Un po’ di rispetto per un tuo senpai!».

«Do’aho».

«E zitto tu!».

«La volete smettere?».

I ragazzi del Kainan si voltarono verso le panchine, per osservare perplessi quei particolari spettatori che gli erano piombati in palestra alle tre del pomeriggio in punto.

«Ehi, Rosso-Scimmia! Tappati la bocca, ci stiamo allenando!», gridò Kiyota, da fondo campo, mentre si sistemava la fascia viola sulla fronte.

«Tanto non ti serve a niente, babbuino!», replicò l’altro, scatenando la solita reazione a catena.

…Che finì con un bel pugno in testa ad entrambi.

Rossi per l’affronto, i due si guardarono in cagnesco, poi uno riprese ad allenarsi e l’altro a braccia incrociate e visino imbronciato a bordo campo.

Hime, seduta tra il fratello e Ryota, guardava interessata lo stile del Kainan. Scatti, salti, ancora scatti, passaggi rapidi, canestri, nuovamente scatti, attacco e difesa… era incredibile quanto quei ragazzi reggessero quei ritmi incalzanti. Maki era un ottimo capitano, carismatico e severo al punto giusto. Sapeva cosa voleva e come ottenerlo. La ragazza sorrise, ammirata. Valeva proprio il titolo di Most Value Player della Prefettura, non aveva dubbi.

Ma ancora più ammirata guardava gli altri giocatori, instancabili, veloci, decisi a diventare sempre più forti. Tra loro come non notare la sua scimmietta, che come un fan sfegatato, pendeva dalle labbra del suo Capitano? Qualunque cosa gli dicesse di fare lui la eseguiva immediatamente, chiedendo subito dopo come fosse andato e cosa dovesse migliorare. Ed era tenerissimo quando veniva rimproverato dallo stesso Maki perché sorpreso a guardarla, sognante come un bambino. Per non parlare di quanto si stesse mettendo in mostra. Durante la partitella di allenamento, infatti, correva da una parte all’altra, inveendo contro i compagni per passagli la palla e segnando dunk ogni qual volta ne avesse avuto la possibilità. Era egocentrico, ma solo un pochino!

Appena gli allenamenti finirono, Nobunaga ebbe ancora le forze per precipitarsi allegro verso le docce, con l’intento di rinfrescarsi per bene, vestirsi a puntino e starsene in santa pace con la sua Hime. Certo, non poteva portarla a fare una passeggiata in paese come l’ultima volta per via della caviglia un po’ dolorante, ma aveva già una mezza idea sul come rimediare alla cosa. Del resto lui era Nobunaga Kiyota, pensava sempre a tutto, lui! Era o non era il migliore?

La trovò seduta sempre sulla stessa panca, con il fratello sdraiato sulle sue gambe, entrambi intenti a chiacchierare con Mitsui. I ragazzi non si accorsero di lui finché non arrivò tutto balzante e pimpante. «Ehilà, scimmia! Mitsui!», salutò allegramente, mentre Hanamichi scattava in piedi per cantargliene quattro. Nobunaga, invece, focalizzò la sua attenzione sulla rossa, che li guardava divertita. «Ciao Hicchan!».

«Ehi! Solo io posso chiamarla Hicchan!», sbraitò Sakuragi, sotto lo sguardo truce di Hisashi, a cui stava iniziando un bel mal di testa a velocità record.

«Sono o non sono stato il migliore in campo, prima?», continuò orgoglioso il dieci del Kainan, rivolto alla ragazza.

Mitsui si passò una mano sul viso. Non solo doveva sorbirsi gli sproloqui di quell’esagitato del compagno di squadra, ora ci si metteva anche quell’altra scimmia del Kainan! Quei due avevano il potere di portare all’esaurimento nervoso chiunque si trovasse nel raggio di cinque chilometri da loro. A volte non riusciva neanche a capire come Hime potesse sopportare il fratello ventiquattro ore su ventiquattro, figurarsi se ora si ritrovava un altro pazzo come fidanzato!

«Ma quale migliore e migliore! Dovresti vederti, scimmiottando di qua e di la verso il Nonno Maki!», esclamò Hanamichi.

E mentre Kiyota gli saltava addosso per riempirlo di botte e Hisashi si alzava e si allontanava con fare indifferente, Hime arrossì di vergogna per il fratello. In quel momento, infatti, stava facendo la sua comparsa proprio il buon vecchio capitano del Kainan, che seriamente stava iniziando a mettersi problemi sulla sua forma fisica.

«Ma ho anche capelli bianchi?», chiese Shin’ichi a Takasago al suo fianco, che non fece in tempo a rispondergli perché la voce squillante di Hanamichi glielo impedì.

«Eh, Nonnetto! Se controlli bene ne troverai anche parecchi! Per non parlare delle rughe!».

«Hanamichi!», si lamentò la sorella, mentre un Maki avvilito tornava velocemente negli spogliatoi per controllare i segni della vecchiaia.

Quando l’ambaradan si concluse con le due scimmie ansanti sul parquet della palestra, Hime si alzò a fatica, mettendosi le mani sui fianchi. «Hana, possibile che non riesca a tenere a bada la lingua?», disse con un sospiro, guardando mesta il fratello. «Se non fosse che ti adoro, mi vergognerei di esserti sorella».

«Hi-Hicchan!», piagnucolò il rosso, saltandole addosso per cercare affetto.

«E a me? A me? Mi adori?», chiese geloso Nobunaga, aggrottando triste le sopracciglia.

«Pussa via, scimmia!», esclamò Hanamichi, agitando le mani per allontanarlo. «Hicchan adora me, ed è anche mia sorella! Fatene una ragione!».

Hime scosse la testa, mentre Nobunaga sorrideva malizioso. «Sul fatto che non sia mia sorella mi solleva, e non poco! L’incesto non è una bella cosa!».

«Nobunaga!», scattò lei, arrossendo fino al midollo, mentre Hanamichi, fumante come una teiera, sbraitava incessantemente.

«Argh! Maledetto depravato!».

E nuovamente giù a insultarsi e a pestarsi, sotto lo sguardo rassegnato di una povera Hime che, mestamente, si risedette sulla panca, in attesa che quei due smidollati la finissero di bisticciare. Dovette aspettare parecchio, dato che le scimmie in questione riuscirono anche a litigare su chi dei due dovesse portare in braccio la ragazza, dato che “non poteva camminare agevolmente”. Peccato che l’idea fosse stata di Kiyota che si vide la ragazza letteralmente rubata dal fratello indemoniato.

«Accidenti a te, Rosso-Scimmia!», esclamò Nobunaga arrabbiato e offeso, che gli camminava a fianco con un viso più che imbronciato. E lui che voleva tenersela sulle spalle tutta la sera! Era stata sua l’idea, sua!

Hanamichi, in risposta, gli fece dondolare il medio sotto al naso. «Ahaha! Crepa!».

Hime, stretta al collo del fratello, gli tirò un buffetto in testa, rivolgendo un sorrisone al moro. Che dopo due secondi partì bel bello per la tangente.

Il problema, per la piccola scimmietta, non era solo il fatto che quel rossino della malora gli avesse fregato la ragazza, no. Il fatto che più lo fece imbestialire era che con loro si fossero aggregati come due cozze agli scogli anche Mitsui e Miyagi. Gran bella rottura, dato che i due non stavano facendo altro che scannarsi ogni tre per due, da bravi migliori amici. Dietro di loro, pronta a far risuonare il suo micidiale ventaglio per le stradine del villaggio, camminava Ayako, affiancata dalla ciliegina sulla torta: signori e signore, Kaede Rukawa!

Seratina romantica: tristemente andata a farsi friggere.

Inutile dire che Nobunaga continuò a borbottare come uno schizofrenico fino a che non arrivarono a un locale tranquillo, dove faceva bella mostra di sé un tavolo da biliardo. Da incazzato nero che era, divenne sorridente come una pasqua, tanto che gli amici lo guardarono preoccupati, temendo qualche diavoleria di lì a poco. Ebbene sì, Nobunaga Kiyota adorava giocare a biliardo e non se la cavava neanche tanto male, a dirla tutta! Quello sì che era il momento giusto per dimostrare al mondo che, non solo era un giocatore di basket formidabile, ma che le sue doti andavano ben oltre il parquet della palestra!

«Aww! Biliardo! Non ci ho mai giocato!», esclamò Hime, saltellando su una sola gamba verso il tavolo verde.

Kiyota stava per aprir bocca e presentarsi trionfante come il suo nuovo insegnante, ma la voce pimpante del fratello lo zittì in men che non si dica. «Ahaha! Non preoccuparti, Hicchan! Il sottoscritto ti insegnerà l’abcd del biliardo!».

Ryota alzò perplesso un sopracciglio. «Sai giocare?».

«Certo che no!», rispose candidamente il rossino, con un sorrisone più grande di lui. «Ma sono un genio, non sarà così difficile, no?».

Ai presenti scese un bel coccolone davanti alla spudoratezza del rosso, che continuava a ridere come un deficiente e a blaterare cose insensate come “Il segreto di un buon biliardista è quello di far girare le palle nel verso giusto! Ahaha!”.

Eccome se ci riesci”, aveva saggiamente detto Rukawa, facendo rotolare dalle risate Hisashi e Ryota.

Nuovamente Kiyota stava per parlare, ma questa volta a zittirlo fu Mitsui. «Hime, lascialo perdere quello lì. Ti insegno due mosse io, se aspetti tuo fratello stai fresca!».

Con quasi le lacrime agli occhi e la bocca spalancata per essersi visto la ragazza sottratta dall’altro maniaco del gruppo, Nobunaga strinse i pugni, deciso a farsi valere una volta per tutte.

«Ehi, chiudi quella bocca. Hai un’espressione da ebete».

Eh, no. Accettava tutto, ma non prese per i fondelli dal suo acerrimo nemico, Rukawa! «Che hai detto?!», gridò, con gli occhi infuocati.

«Nobu-chan, tu non giochi?».

E nel sentire la voce dolce e soave della sua musa ispiratrice, il numero dieci del Kainan tornò mansueto come una scimmietta ammaestrata nel giro di due millisecondi. «Ma certo, Hicchan! Stavo giusto per dirti che–».

«Sei una pippa e vuoi che ti insegni qualcosa io, vero?», fece saputello Hanamichi, battendogli amichevolmente una pacca sulla spalla.

Ci mancò poco che Kiyota gli spalmasse sul muso tutte e sedici le palle che, si sa, non sono tanto leggere. «Veramente dovresti imparare tu, da me, caro il mio Sakuragi!».

«Ecco l’altro invasato», fu il serafico e puntuale commento di Kaede, che veramente stava rischiando l’incolumità, a sua insaputa. «Due idioti al prezzo di uno».

«Checcosa?!», esclamarono in coro i due idioti della situazione, facendo sospirare gli altri e i pochi presenti nel locale.

«Fatevi riconoscere anche qui, mi raccomando», li rimbeccò Ayako, mentre Ryota al suo fianco si perdeva tra i suoi boccoli.

Hime scosse la testa, divertita. «Allora, si gioca a squadre?».

«Io sto con te!», esclamarono in brodo di giuggiole le due scimmie del gruppo, che poi videro bene di riempirsi d’insulti due secondi dopo.

Dovettero passare tre ore e mezza affinché si calmassero le acque e creassero civilmente due semplicissimi gruppi. Il primo duo vedeva Hisashi, spavaldo all’inverosimile, e Rukawa, sull’orlo di un bel sonnellino pomeridiano; il secondo formato proprio dalle due scimmie, dato che Hime, per riappacificare le teste calde del fratello e del ragazzo, si era fatta da parte, decretando che avrebbe provato due tiri più tardi. Su chi, poi, avesse dovuto insegnarglieli, questi due benedetti tiri, ci sarebbe stato da ridere nuovamente.

Inutile dire che passò un’altra mezz’ora per decidere chi dovesse battere per primo tra Hanamichi e Nobunaga, dato che avevano vinto a “testa o croce”.

«Ehi! Ho il diritto di battere io!», stava esclamando la scimmietta del Kainan. «E anche il dovere, se non voglio che la palla bianca finisca in buca per colpa tua!».

«Aha!», schioccò le dita il rosso. «Cos’è? Abituato a battere, Nobu-scimmia?».

«Checcosahaidetto?!».

«Oh Kami, fulminateli!», pregò Ayako, alzando gli occhi al cielo.

«Ma davvero!», annuì Ryota, al suo fianco come fedele compagno. «Hai proprio ragione, Ayakuccia!».

La prima manager lo guardò di sbieco. «E per darmi ragione è necessario che mi metta un braccio sulla spalla?».

«Ayako! Che tatto!», esclamò ridendo Hime, mentre il play dello Shohoku si faceva piccolo piccolo e rosso peggio dei capelli dei Sakuragi.

Gli unici due che guardavano il battibecco in silenzio erano Hisashi e Rukawa, che più che osservare passivi e sopportare tutto quel casino, stavano pensando a un modo per placare quelle teste calde.

E infatti ecco che, con un colpo secco e ben piazzato, batterono in sincrono contro due palline, che finirono bel belle sui musi delle due scimmie in questione.

«Porca vacca, Mitsui! Mi hai fatto male!», piagnucolò Nobunaga, portandosi le mani sul viso.

La guardia ghignò. «Ma no?».

Chi invece passò direttamente dalle parole ai fatti fu Hanamichi, che ingaggiò, ovviamente, lotta libera contro il volpino.

«Ce la faranno a giocare?», chiese Ayako, incrociando le braccia e guardandoli mesta. «Che branco di caproni».

«Ci vorrebbe Akagi, ora», disse sospirando Hime.

Un brivido corse lungo la schiena dei nostri eroi, al solo pensiero di quello che avrebbe potuto fare il Gorilla in quel momento, sapendo anche che ormai il limite della sua sopportazione era superato da tempo.

«Non dirlo neanche per scherzo», fece Mitsui, poggiandosi sulla sua stecca. «Quello scimmione è capacissimo di comparire da un secondo all’altro e stenderci tutti a suon di pugni».

«Come se ti facessero male, poi», disse sarcastico Miyagi, che due secondi dopo la provocazione all’amico, se lo ritrovò addosso mentre gli sfregava un pugno tra i capelli.

«Ecco, sono belli che andati anche questi due», decretò Ayako, sedendosi sul divanetto lì vicino e guardando impietosita lo “spettacolo” che aveva davanti: Hanamichi e Rukawa, i due migliori nemici, che se le davano di santa ragione; Mitsui e Ryota che si davano amichevoli pacche sulle spalle, che di amichevole non avevano nulla, Hime che guardava divertita tutto quel macello, e Kiyota che guardava Hime trasognato. Quella fu l’unica scena che la fece ridere di cuore, pensando a quello che probabilmente la scimmietta aveva avuto in mente per passare la serata con l’amata, e che invece era andato in frantumi nel momento in cui si erano uniti a loro.

Scosse la testa, pensando ai ragazzi. Decisamente quello era un branco di caproni.

 

* * * *

Piccolo siparietto per l’autrice:

Salve a tutti, cari lettori e lettrici!

Passato un buon Capodanno? Spero di sì! *O*

Vi annuncio già da ora [così vi preparo alla notizia brutta brutta] che questo mese sarò moooolto moooolto impegnata con ben quattro, e ripeto, quattro esami da preparare. E mica piccoletti, no. ç_ç

Quindi se dovessi tardare con gli aggiornamenti non preoccupatevi, son solo sommersa di studio fino al collo! X°D

Many thanks to:

Miha_Chan: Carissima! :* Sopravvissuta sei? xD Solo una cosa: grazie. :) [questo è il famoso capitolo dove mi hai sbloccata! Ringraziatela tutti!!] x*

lilli84: Arigatoo, lilli-san! Buon anno anche a te! :*

Black_Moody: eheh, piaciuto il discorso con Kaede? Non nego che mi sia passato per la testa qualcosa di malefico, qualche tempo fa… devo solo ragionarci bene. XD Nobu-chan questa volta stava per scoppiare veramente… ma di nervi, però! Poveretto, non gliene va bene una! ;___; [anche se sono io che non gliene faccio andare una, vabbè XD] E’ così puccho, quel ragazzo, che mi diverto troppo a trattarlo male! *o* Un bacione grande, cara! :*

Un ringraziamento anche a tutti i lettori anonimi! <3

Un abbraccio strittoloso,

Kenjina.

 

 

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Capitolo 24
*** 'cause I’m a Genius! ***


La cena, a differenza del pranzo, fu più movimentata

Capitolo XXII

‘cause I’m a Genius!

Finalmente il tanto agognato venerdì per la partitella tra veterani e matricole era arrivato. Non dopo una mattinata intensiva di allenamenti supplementari da parte dei due capitani, che instancabili, avevano fatto sgobbare i nostri eroi senza ritegno alcuno. Inutile dire che il Gorillone, in particolare, si beccò tante ma tante di quelle maledizioni che avrebbero fatto impallidire anche il simpatico Tetsuo, l'amico teppista di Mitsui.

«Oh noo!», stava sbraitando Hanamichi, sbracciandosi per enfatizzare al meglio il suo disappunto. «È già tanto se devo stare in squadra con quella mezza cartuccia di Rukawa... ma anche la scimmia no!».

«Ecco, lo sapevo», fece Ayako, abbassandosi il berretto sugli occhi, per nascondersi da quella scena che aveva tanto temuto.

«Scimmia a chi?!», esclamò l'altro invasato, saltando da una parte all'altra del rossino con un viso più che imbronciato.

Mezza cartuccia?”, stava intanto pensando il volpino di turno, scrollando la testa mestamente.

«Andiamo, ragazzi! Non facciamo scenate inutili!», cercò di rabbonire le due scimmie il mite Kogure, beccandosi un colpo involontario dal braccio lunghissimo di Hanamichi, che stava continuando a blaterare senza che nessuno lo ascoltasse realmente sulla sua genialità e le solite cose che amava tanto dire.

Hisashi, che nel frattempo si stava facendo due tiri da fuori area, dopo aver centrato l'ennesimo tiro, si mise le mani sui fianchi, rivolto a Jin. «Sembra che oggi saremo alleati».

La guardia del Kainan sorrise tranquillo, facendo spallucce. «Già. Ma non credere che non mi darò da fare per batterti».

L'altro lo guardò in segno di sfida, stringendogli la mano. «Chi vince paga da bere».

«Da bere un corno!», sbraitò King Kong, tirandogli uno scappellotto sulla nuca. «A meno che non sia cianuro, allora fai pure».

Se Ryota, da buon amico, non avesse trattenuto per la collottola l'amico, aiutato anche da Jin, era più che sicuro che Hisashi sarebbe saltato addosso al Capitano e gliele avrebbe cantate alla grande. Nessuno, però, ebbe il coraggio di immaginarsi la scena.

Nel frattempo Hana e Nobu stavano ancora bisticciando come due allegre bisbetiche, inconsapevoli dell'incazzo che stava salendo a livelli esorbitanti ai Capitani delle rispettive squadre.

Quando Hime fece il suo trionfale ingresso nella sua adorabile divisa mascolina, le cose non andarono certo meglio: le due scimmie in questione, infatti, si precipitarono di corsa verso di lei, facendo a gara su chi sarebbe arrivato prima alla meta per stritolarla bene. I presenti si videro la scena davanti come in un film... Hanamichi che spingeva Kiyota... Kiyota che lo strattonava... un piede in mezzo che faceva lo sgambetto... un pallone volato in mezzo alle loro gambe accidentalmente... le due scimmie che facevano il volo del secolo, schiantandosi per terra dopo interminabili secondi in piagnucolii e mugugni.

Inutile dire che il coro di risate che si alzò da lì ai successivi venti minuti fu una vera e propria standing ovation.

Hime guardò i due colpevoli in questione, Kaede e Akagi, che parlottavano tra di loro senza curarsi minimamente della frittata di scimmia che era sparsa sul parquet. Un'altra bella coppia, quella! Si chinò sui due malcapitati (che, in effetti, un po' se l'erano cercata) e con un sorrisone furbetto esclamò: «Ma che belli i miei tesori! Abbracciati in terra proprio come due amiconi!».

Se non fosse stata una donna, Hime si sarebbe sicuramente ritrovata un pallone da basket al posto della testa.

«Allora, vogliamo fare le squadre?», esclamò Ayako, attirando l'attenzione dopo aver fischiato.

La mandria di cestisti le si avvicinò ubbidiente, borbottando tra loro.

«Dunque, sul fatto che dovete dividervi in matricole e veterani non credo ci siano problemi», fece la bella manager, guardandoli attentamente.

«Forse lui ha bisogno di un disegnino!», esclamò Nobunaga, indicando il rossino al suo fianco.

«E tu hai bisogno di un medico bravo, deficiente!», lo rimbeccò Maki, facendolo arrossire come un bambino.

«Ahaha! Sei proprio una schiappa, Nobu-scim–!».

Come non detto, il pugno del King Kong colpì ancora. E anche bene, a dirla tutta!

«Dovete scegliere un capitano per ogni squadra», iniziò a elencare Ayako, senza curarsi troppo del casino che come sempre l'aveva interrotta.

Akagi si fece avanti per scegliere quello delle matricole, temendo già un altro bel casino. «Hime, mi faresti la cortesia di tenerli a bada tu? Questi dementi non sono in grado neanche di controllare se stessi, figurarsi una squadra».

La ragazza lo guardò con occhioni da cerbiatta, sbatacchiando le palpebre allegramente. «Quindi, facendo due più due, vuol dire che ti fidi di me, Gori-chan?».

Con una vena che minacciava di esplodere da un momento all'altro nel sentirsi chiamare in quel modo ridicolo, Akagi si limitò a fulminarla con il tipico sguardo-che-uccide. «Non farmi rimangiare quello che ho appena detto!».

«Aha!», schioccò le mani Hanamichi. «E io che pensavo che avrebbe scelto quel volpehi! Maledetta volpaccia! Svegliati e non dormire sulla spalla di Hicchan!», esclamò, scuotendo l'acerrimo nemico sotto lo sguardo attonito di tutti.

«Ma gli allenamenti son sempre così?», osò chiedere Tagasako a Miyagi, accanto a lui.

«No », biascicò il playmaker dello Shohoku, facendo tirare un sospiro di sollievo all'altro colosso. «Questo è niente».

«Capitano dei veterani?», chiese Ayako, alzando le sopracciglia verso l’altra squadra.

Akagi e Maki si guardarono in cagnesco, per poi dire insieme: «Vai tu!», e subito dopo: «No, tu!».

Mitsui tirò un colpetto col gomito all’amico Ryota. «Sembrano due fidanzatini: “Riaggancia tu!”, “No, prima tu!”, “No, prima tu!”».

E mentre chi l’aveva sentito si stava allegramente sganasciando dalle risate fino alle lacrime, la povera guardia (che in effetti, tanto povera non era) si ritrovò i due Capitani di fronte, lividi di rabbia.

Morale della favola: dopo cazziatoni, pugni e chi più ne ha più ne metta, come Capitano dei veterani fu scelto il Gorilla, dato che vinse a testa o croce. Le due squadre furono divise così: la squadra rossa dei pivellini formata da Rukawa come guardia, le due Scimmie (Hanamichi come centro e Nobunaga come ala grande), Hime come playmaker e Sasaoka come ala piccola, che stava già temendo di mettere piede in campo con tutte quelle teste calde insieme; infine, la squadra gialla dei vecchietti, formata da Akagi come centro, Ryota come play, Jin come guardia, Muto e Kogure come ali.

«Aha! Baciapiselli in panchina!», esclamò Hanamichi, beccandosi un pugno dal Gorilla e il conseguente applauso di Mitsui, una volta tanto contento dell’operato del suo Capitano.

«Datti una calmata, demente!», grugnì King Kong, lanciando un’occhiata alla ragazza. «Vedi di tenerlo d’occhio, o ci passerai anche tu».

Hime si mise sull’attenti, una mano sulla fronte. «Signorsì, signore!». E, preso per le orecchie il fratello e l’altro deficiente del suo ragazzo che si stava divertendo un mondo a sfotterlo, la rossa fece avvicinare la sua squadra. «Allora, ragazzi! Mettiamoci impegno, ok? Siamo ancora giovani per poterci mettere al loro livello, ma questo non significa che non possiamo vincere questa partita».

«Eccerto!», fece Nobunaga, gonfiando il petto. «Con il sottoscritto, ossia la supermatricola, vinc–! Ahi! Deficiente di una scimmia!».

«Guarda che sono io l’asso della squadra, pipetta!».

«Do’aho».

«Do’aho a chi? Sei per caso geloso, kitsune?».

«Ma fottiti».

«Che hai detto?!».

Hime si passò una mano sul viso, stancamente. Non pensava che tenerli a bada sarebbe stato così difficile! Quasi quasi capiva anche il Gorilla quando s’incazzava come una belva. Quegli animali riuscivano a far perdere le staffe anche alle persone casiniste come lei! 

«Ehi! Eeehi!», gridò sbracciandosi, facendo voltare tutti. «Voi tre, in panchina».

I tre in questione la guardarono con le mascelle a terra, con le dovute eccezioni, dato che Rukawa le riservò solo una micidiale occhiataccia.

«Hi-Hicchan!», si lagnarono in coro le due scimmie, cadendo ai suoi piedi come umili servetti. «È uno scherzo, vero?».

Hime sorrise cinica, scuotendo la testa. «No che non scherzo. Su, in panchina!».

Con gli occhi fuori dalle orbite, le tre matricole guardarono i loro sostituti, ossia “giocatori” che toccavano palla solo durante gli allenamenti.

«Hicchan!», esclamò Hanamichi, prendendola per le spalle. «Ma così perderemo!».

Ryota gli si avvicinò, molleggiandosi. «Tranquillo, Hanamichi, con te in squadra o meno non è che la cosa cambi poi molto».

Rosso peggio dei suoi capelli e con i lacrimoni agli occhi, il ragazzo se ne andò a schiena curva in panchina, sotto gli sghignazzi degli amici. L’altra scimmia, invece, rimase impalata sul posto in mezzo al campo, guardando tristemente la sua adorata, mentre il volpino gli passava affianco algido come sempre, bofonchiando qualcosa d’incomprensibile.

«Se fate da bravi dopo entrate» Hime vide bene di calmare subito i bollenti spiriti quando questi iniziarono a gasarsi. «Ho detto se fate da bravi».

Per poco la nostra eroina si spezzò la schiena quando Akagi, con la sua rinomata delicatezza di un elefante (o meglio, di un gorilla) le batté una manona sulle spalle, per congratularsi con lei. «Ben fatto, Hime. Quando inizi a usare quel poco di materia grigia che hai in testa vai alla grande».

Con una vena pulsante in fronte e un visino a dir poco diabolico, la giovane si voltò verso le tre matricole appena cacciate dal campo. «Voi tre animali! In campo, ora! E voglio vedervi scatenati, intesi?».

I tre celebrolesi in questione accolsero come una mano divina le parole di Hime e tutti non osarono pensare che avrebbero messo in atto le sue richieste anche fin troppo bene.

«Gori, anche tu te le cerchi, però», fece serafico Hisashi, ficcandosi le mani nelle tasche dei pantaloncini e guardando sardonico il proprio capitano, che si allontanò dall’altra parte del campo con un diavolo per capello e imprecando ogni tre per due.

«Ohi, ohi. Prevedo botte da orbi», biascicò Ayako, ficcandosi il fischietto in bocca e radunando le due squadre al centro del campo, per iniziare la partita. «Ragazzi, mi raccomando: questa è una partita di basket, non un incontro di sumo, sono stata chiara?».

L’unico che le prestò attenzione fu un cinguettante Miyagi, che le annuiva contento a tre palmi di naso. Gli altri, invece, erano fin troppo occupati a farsi gli affaracci loro per badarle almeno un po’. Più incazzata di Hime e del Gorilla messi insieme, in un momento di follia omicida, Ayako sfoderò il suo micidiale ventaglio e il suono dello stesso che sbatteva con forza sulla capoccia dei nostri eroi (nessuno escluso) rimbombò come una terribile eco per tutta la palestra, riportando la calma e il silenzio.

«Bene, cominciamo», decretò la schizzata, tra i piagnucolii di tutti.

Palla al centro e Hanamichi e Akagi saltarono simultaneamente, per guadagnare il primo possesso. Ebbe la meglio il rossino, che non mancò l’occasione per iniziare a gasarsi come una pepsi, tra un do’aho e un deficiente vari.

La play della squadra rossa si portò a metà campo, controllando attentamente la situazione: Nobunaga e Sasaoka erano sulla fasce, entrambi marcati stretti da Muto e Kogure, anche se l’allegra scimmietta del Kainan sapeva smarcarsi con facilità; Hanamichi stava avendo una bella lotta tra simili sotto canestro contro il Gorilla, e passare a lui sarebbe equivalso al suicidio; l’unico su cui poteva far leva era il volpino, la cui ombra era ovviamente un bravissimo Mitsui.

Hime palleggiò velocemente, facendosi passare il pallone tra le gambe con un movimento fluido e cambiando quindi mano. Tentò si smarcarsi da Ryota, che non le stava lasciando spazio nemmeno per respirare, ma dovette desistere. Poi lo vide: un ammasso di capelli neri e svolazzanti, Nobunaga che si smarcava e si indicava velocemente. Trionfante, Hime gli lanciò la sfera arancione con un passaggio pulito e, altrettanto perfettamente, Nobunaga la ricevette.

«Bene, bene, Muto! Stai un po’ a vedere il tuo compagno di squadra che sa fare!», esclamò la scimmietta, che con un numero degno dei migliori giocatori di basket, scartò gli avversari e si posizionò sotto canestro, pronto a tirare. Peccato per lui che la palla centrò il ferro, ma fortuna per Rukawa che afferrò la sfera all’ultimo momento e chiuse la prima azione della partita con un potentissimo dunk.

«Aaaaah!», gridò Kiyota con le mani tra i capelli e gli occhi fuori dalle orbite, mentre il rossino gli tirava uno scappellotto in testa per rimproverarlo.

«Sei proprio un celebroleso, scimmia! Quello lì non deve segnare!».

«Ma Sakuragi, Rukawa è nostro compagno», fece notare timidamente Sasaoka, che si beccò anch’esso un bel colpo sulla nuca.

«Noo! Lui è il nemico! Ne-mi-co! Capito?!».

Hime batté le mani, entusiasta. «Forza ragazzi, impegno! Tutti in difesa!».

I giocatori non se lo fecero ripetere due volte, e si posizionarono per non far passare nessuno dei loro avversari.

«Avanti, Gorilla! Vediamo chi dei due è il centro migliore!», fece Hanamichi, rischiando di beccarsi un potente pugno da un Akagi più che esasperato.

La palla era in mano a Ryota, che veloce come una saetta, scartò un’Hime sbalordita per la sua rapidità. Il pigmeo passò prima a Jin e s’introdusse sotto l’area, sperando che il ragazzo capisse le sue intenzioni. Peccato che la guardia del Kainan interpretò quel passaggio come un invito a tirare da fuori area e segnò i suoi primi tre punti.

Ryota lo guardò imbronciato, mentre con un sorriso allegro Jin ringraziava tutti per i complimenti. «Accidenti, mi ha rubato il gioco».

«Hei, tappo! Cos’è, ti manco io in campo?», lo sfotté Mitsui, mentre il suo amico ribolliva di rabbia.

«Ma zitto, teppista!».

Hisashi si mise a ridere, conscio del fatto che l’intesa che avevano loro due in campo non ce l’aveva nessun altro. Non vedeva l’ora di entrare solo per dare spettacolo e per battere quel pivellino di Jin.

La palla fu nuovamente in mano alla ragazza, che questa volta decise di sfondare da sola la difesa. Qualche passo dopo la linea dei tre, passò velocemente a Sasaoka, libero da marcatura, che subito dopo gliela restituì con un perfetto passaggio. Fece girare la palla dall’altra parte del campo, diretto verso un Rukawa fuori dalla linea dei tre, che tirò e segnò una tripla perfetta, come a farsi beffa di quella di Jin.

I tre ragazzi che avevano compiuto l’azione si batterono il cinque, soddisfatti, mentre gli altri due guardavano imbronciati e parecchio scazzati la scena.

«Sakuragi, dobbiamo farci valere», decretò seriamente Nobunaga.

«Hai ragione, Scimmia. Quel volpino si sta mettendo in mostra come sempre», continuò Hanamichi.

I due nemici/amici si guardarono complici e si abbracciarono determinati. «Ecco a voi i Super Rookie di Kanagawa!», gridarono esaltati, come due perfetti deficienti.

Tra le occhiate perplesse e rassegnate dei presenti, la partita continuò fino al nuovo canestro da tre di Jin (cosa che anche nella squadra gialla stava iniziando a dar fastidio).

Ma fu in quel momento che Nobunaga e Hanamichi diedero il meglio: Nobunaga si sbracciò per far sì che la sua adorata Hicchan gli passasse il pallone e, una volta ottenuto il suo desiderio, volò letteralmente lungo la fascia di bordo campo, mentre anche Hanamichi lo seguiva specularmente dall’altra.

«Ma che sta facendo quell’idiota?», chiese Mitsui, con un sopracciglio alzato. «Hey, Hanamichi! Sei un centro, ricordatelo!».

«Oh! Oh! Oh! Lascialo fare, Mitsui-kun, son curioso», fece il pacioso Anzai, divertito.

Intanto, in campo, stava succedendo il finimondo: Nobunaga aveva fatto volare la palla sopra le teste di tutti, cogliendoli di sorpresa, mentre Hanamichi l’aveva afferrata con sicurezza. Mentre si avvicinava a canestro, anche Nobunaga penetrò sotto area, stordendo tutti per la rapidità dell’azione. Due secondi dopo si ritrovò nuovamente tra le mani la sfera arancione, che fece finire dentro il canestro con una schiacciata perfetta.

I due si guardarono battaglieri e, sotto gli sguardi stralunati e stupiti di tutti, si battevano un cinque poderoso. «Evvai così!».

Gli occhi di Hime si fecero più luccicanti dei fuochi d’artificio di fine anno e andò ad abbracciarli contentissima, per la gioia di uno e dell’altro.

«Umpf. Sai che azione», fu il commento di Kaede, che però non ottenne l’effetto sperato, dato che i due neanche lo cagarono di striscio, troppo gongolanti per l’ottima figura che avevano appena fatto.

E i due ebbero un gran bel da fare, tra la partita ed esaltazioni varie, dato che dire che fecero faville è poco: tra passaggi velocissimi e praticamente imprendibili, scarti e canestri alla sconfidata, il duo Sakuragi/Kiyota fu il migliore in campo, supportato da una scatenata Hime che non credeva ai suoi occhi e da un volpino più che indemoniato per non essere messo da parte.

Le cose, per la squadra gialla, iniziarono ad andare meglio quando fece la sua trionfale entrata in campo l’altro pallone gonfiato dei diavoli rossi, ossia Hisashi Mitsui, che non vedeva l’ora di affilare le unghie e segnare tanti più canestri del suo rivale Jin; con lui entrò anche Tagasako, che sostituì un Akagi leggermente affaticato per via della caviglia e parecchio scazzato per il fatto che gli facesse ancora così male.

E le sorti dei veterani, effettivamente, si risollevarono parecchio: Ryota e Hisashi sembravano la stessa persona in campo, e la guardia dello Shohoku segnò instancabile ben sette triple di fila, tra smascellamenti vari per lo stupore e l’incredulità.

«Vai, bella!», gridò ancora una volta il cecchino, prima che la palla centrò perfettamente un altro canestro e alzò un pugno al cielo, vittorioso. «Evvai!».

«Aaargh! Baciapisellidellamalora!», esclamò Hanamichi, mettendosi le mani in testa. «Scimmia, dai! Dobbiamo fermarlo!».

«Sì, lui e quel bonsai di là!».

Al bonsai in questione per poco non scese un colpo. «Che hai detto, deficiente?».

«Dai, ragazzi!», batté le mani Hime, per incoraggiare la sua squadra. «Stiamo andando alla grande! Abbiamo solo quattro punti di differenza da recuperare e mancano poco meno di tre minuti. Ce la possiamo fare!».

Le due scimmie, e anche il piccolo Sasaoka, anch’esso ormai gasato come loro, gridarono euforici, per darsi lo sprint finale. Il volpino, invece, che per non essere offuscato da quelle due scimmie saltanti, aveva dato il doppio delle sue capacità, era parecchio esausto; peccato che il suo orgoglio era duro a morire e non osò fiatare su un cambio.

«Ehi, Hicchan!», sbraitò il rossino, durante il time-out richiamato dai vecchietti. «Questa kitsune surgelata sta facendo fare tutto a noi! Perché non lo lasci in panchina? Ci intralcia e basta!».

Hime gli tirò uno scappellotto sul collo che lo fece piagnucolare per l’intero break, e si avvicinò pimpante al suo migliore amico. «Ohi, Ede! Che ti prende? Sei per caso stanco?».

«Non dire idiozie», fu la lapidaria risposta dell’altro, che a stento nascondeva il respiro un po’ troppo veloce.

La ragazza gli si piantò davanti, puntandogli i suoi occhioni nocciola nei suoi color zaffiro e mettendosi le mani sui fianchi, da brava bacchettona. «Ede, non mi prendi in giro, tu», gli disse bonaria, sorridendogli. «Se vuoi darci un taglio devi solo dirmelo. Sei stato fenomenale anche oggi, non sarà un problema».

Rukawa le lanciò un’occhiata che non ammetteva repliche e che tacitamente le stava dicendo: “Non mollo neanche se mi metti a testa in giù dentro la tavoletta del water”; così la giovane manager, nonché temporaneo Capitano della squadra rossa, annuì, conscia che non gli avrebbe potuto far cambiare idea tanto facilmente.

I tre minuti successivi furono un vero e proprio spettacolo: nonostante la stanchezza e il fatto che fosse una semplice partitella amichevole e di allenamento, le due squadre diedero il massimo delle loro potenzialità, tanto che a un canestro di una corrispondeva quello in risposta dell’altra pochi istanti dopo.

A cinque secondi dalla fine il punteggio era di 87-88 per i veterani.

«Accidenti, siamo sotto di un punto», biascicò Sasaoka, asciugandosi la fronte con la maglia.

La manata che gli arrivò in spalla, in segno di sostegno, per poco non lo spedì all’altro mondo. «Andiamo, amico», gli disse un Kiyota più che sorridente. «Non è detta ancora l’ultima parola!».

La Scimmietta del Kainan si scambiò un’occhiata con il compare, dall’altra parte del campo, mentre Hime recuperava la palla dall’ultimo canestro di Miyagi per dare inizio all’ultima azione della partita.

La ragazza guardò velocemente la situazione sul parquet, prima di rimettere in gioco la sfera arancione, e capì subito le intenzioni dei due. Passò a Kaede, che sarebbe partito in quarta verso il canestro per provare a segnare in solitudine come sempre, se non fosse stato che la rossa richiamò nuovamente l’attenzione su di sé. La palla, così, planò velocemente sopra le teste dei giocatori, per andare a finire in mano di Nobunaga che, con una splendida finta, riuscì a smarcarsi da Kogure e a passare a Hanamichi, sotto canestro.

«E ora, fate largo al Re!», gridò il rosso, saltando e andando a schiacciare.

Il suono sordo del fischietto di Ayako risuonò per tutta la palestra fastidioso e temuto. «Fallo della difesa! Numero 5, giallo!».

E il boato di gioia dei pivellini arrivò subito dopo, contenti per aver guadagnato ben due tiri liberi.

«Gran bella mossa, Sakuragi!», esclamò Kiyota, battendogli il cinque. Hime li raggiunse subito dopo, abbracciandoli entrambi, per la loro immensa gioia.

«Accidenti, quei due mi stanno snervando», bofonchiò Mitsui a Ryota.

«Tranquillo, Hanamichi non è mai stato un fenomeno dalla lunetta. Li sbaglierà entram– checcosa?! Li ha messi dentro tutti e due?!».

La risata di Hanamichi, che abbracciava stra-felice sorella, cognato e chi più ne ha più ne metta, fu quella che si alzò più alta tra tutte le altre. «AhahaPoiché sono un genio!».

 

 

* * * *

Piccolo siparietto per l’autrice:

Per la serie: chi non muore si rivede! Rieccomi tornata dopo più di un mese di assenza! Perdono, tremendo perdono! Ma io vi avevo avvertiti che sarei stata tanto, troppo occupata con l’università! /é_è Lo so, lo so, vi ho abituati male, con gli aggiornamenti ogni settimana, ma… visto il periodo credo che vi disabituerete facilmente! XD

Passo subito ai ringraziamenti, così poi torno ad abbioccarmi sul letto…:

Black_Moody: ahaha! Lo sapevo io che ti saresti immaginata una scena del genere! Sto imparando a conoscerti bene, mi sa! X°D Eggià, il Gori una squadra così non so dove possa trovarla… a dire il vero, non so neanche se voglia trovarla, visti i precedenti! xD Però dai, anche se son dei casinisti per eccellenza, quando si mettono da fare in campo fanno scintille, questo non può negarlo! …E ora perché mi sta guardando con quell’espressione diabolica in viso? N-no, senpai, lo so che è soprattutto in campo che danno il peggio di loro stessi, ma… ma… aaaah! Perché devi prendertela con me, io mica li difendo! [seh, come no… ma mica posso andare a dirlo a quello sclerotico di un King Kong!] …Ok, si vede che son proprio stanca! Ci sentiamo presto, carissima! Un bacione e aggiorna presto anche tu! :*

MihaChan: che tesorah che sei! *_* /me ti spupazza tutta/ Ma guarda, non sono io che riesco ad inventarmi scenette comiche… è tutta colpa loro! *indica quel branco di caproni di cui non posso fare a meno* Io non mi assumo responsabilità, eh! ù_ù Un bacione, carissimissima :*

kuro: ma tranquilla, hai compensato con quest’ultimo commento! :) Shi, son tanto carini! Soprattutto Nobu che si dispera perché non riesce a stare con Hicchan… quanto mi diverto a trattarlo male, quella scimmietta adorabile! <3 Grazie bella! :*

Ed un ringraziamento anche a tutti i lettori anonimi! *_*

Un abbraccio strittoloso,

Kenjina.

 

 

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Capitolo 25
*** Quei bravi ragazzi ***


La cena, a differenza del pranzo, fu più movimentata

Capitolo XXIII

Quei Bravi Ragazzi

Il fine settimana arrivò in una soleggiata giornata che preannunciava una calura abbastanza forte da far rischiare una bella insolazione a quelle teste cerebrolese dei ragazzi in ritiro. E il pericolo c'era, dato che tanto normali, quei pazzi, non lo erano mai stati.

In quella mattinata, però, niente faceva presagire un uragano che avrebbe raso al suolo tutto, rovinando la pace e la tranquillità di coloro che, beatamente, ronfavano al sole, o si rinfrescavano in piscina.

«Hime, mi spalmeresti la crema sulle spalle, per favore?», chiese Ayako all'amica, spaparanzata sulla sua sdraio e intenta a leggere una rivista sportiva.

Ma prima che la rossa potesse aprire bocca e spiccicare acca, il fulmine meglio conosciuto come Ryota Miyagi, dimostrò tutta la sua velocità anche in quel contesto. «Ayakuccia, se vuoi posso spalmartela io!».

«Ma spalmati al sole, pigmeo!», lo sfotté Hanamichi, mani tra l'elastico dei suoi bermuda colorati e un'espressione da ebete, come sempre.

«E girami le palle», borbottò Ryota, imbronciato e rosso per l'imbarazzo.

Ayako sospirò mestamente, scuotendo la testa, mentre Hime, che non si era schiodata dal suo posto, si limitò ad abbassarsi sulla punta del naso i suoi occhiali da sole in perfetto stile vintage, dalle lenti enormi e montatura bianca. «Aya-chan, fattela mettere da Ryota, ho trovato il mio posto nel mondo qui!», ammiccò lei, con un occhiolino da vera malandrina.

«Sì, sì, ho capito», biascicò Ayako, rivolgendosi con un bel sorriso solare al suo spasimante numero uno che, manco a dirlo, si sciolse come neve al sole e andò in totale brodo di giuggiole.

«Hime, perché non vieni a farti un bagno anzi che poltrire?», le chiese Hisashi, poggiato con le braccia sul bordo della piscina. «Guarda che poi, se non fai movimento, ingrassi!».

Inutile dire che dopo due secondi si ritrovò in pieno viso un pallone che, guarda caso, era proprio nelle vicinanze della ragazza.

«Ehi, non dire cose così alla mia Hicchan!», sbraitò il Nobu della situazione, stringendo un pugno con fare quasi minaccioso.

«Tua?! Guarda che Hicchan è di mia proprietà! E non chiamarla Hicchan! E poi tu–».

E mentre il rossino iniziava a inveire animatamente per l'ultima causa a favore della protezione dalle scimmiette petulanti come Kiyota, un bel calcione sul suo prezioso fondoschiena venne assestato dal volpino di turno, che lo spedì bello che disteso in acqua. «Do'aho, fai venire mal di testa».

Da lì all'inizio dell'ennesima lite il passo fu veramente corto.

«Ah, quanto si amano quei due!», fece Hime, con voce trasognata.

«Sì, come cane e gatto», annuì la scimmietta del Kainan, che si sedette vicino alla sua adorata ragazza e allungò il collo per sbirciare la rivista che aveva sotto il naso. «Che leggi?».

Gli occhioni castani di Hime si trasformarono in men che non si dica in un paio di cuoricini pulsanti di vita. «L'ultimo articolo su Kobe! Guarda, non è bellissimo?».

«Uffa, sei fissata!», borbottò il numero dieci, incrociando le braccia e mettendo su un muso lungo da record.

Hime gli rifilò una bella linguaccia. «Geloso!».

«Ma quale geloso e geloso! Vedrai che anche io giocherò in NBA!».

«Sì, stanno aspettando te», fu il commento che uscì dalla bella bocca dell'algido Kaede, seduto sotto l'ombrellone per non scottarsi.

«Esatto! Vedi, Rukawa? Quando ti metti d'impegno riesci anche a dire cose sensate!», esclamò Nobunaga, gasatissimo.

«Nobu-chan, non per smontarti, ma credo che Ede stesse ironizzando», mormorò Hime, con la fronte corrugata e un sorrisino imbarazzato, nel notare l'espressione di rassegnata perplessità che aleggiava sul volto dell'amico.

«Cheee?!».

«Ne hai panini da mangiare, Nobunaga!», fece il buon vecchio Maki, che gli passò accanto e gli scompigliò i capelli con fare paterno.

Tutto il tranquillo – o per così dire – siparietto di quel sabato mattina, fu interrotto da un ruggito disumano che squarciò l'intero Giappone e, molto probabilmente, si sentì anche dall'altra parte del mondo.

«Oddio, è arrivato Godzilla!», esclamò spaventato Hanamichi, guardandosi intorno con preoccupazione.

«Più che altro mi sa che è il Gorilla», commentò Mitsui, sparendo poi sott'acqua come dire: Cascasse il mondo, io sono assente!

«Sa-ku-ra-gi!».

«Ohporcapaletta!», esclamò Hime, balzando sulla sua sdraio e facendo capottare per lo spavento il suo ragazzo. «Hana, ce l'ha con me o con te?».

«O con tutti e due?», aggiunse Ayako, lanciando un'occhiata ai fratelli, in pieno panico.

Due secondi dopo arrivò un agitatissimo Kogure, pallido come un lenzuolo lavato con l'omino bianco. «Ra-ragazzi, questa volta l'avete combinata grossa!».

Tutti gli occhi spostarono la loro attenzione sui gemelli che, dato che molto probabilmente avevano capito che stesse per succedere da lì alla fine del mondo, avevano in viso un sorrisino tra il divertito e lo spaventato.

«Hana, ti ho sempre voluto bene, lo sai», affermò melodrammatica Hime.

«Anche io, Hicchan! Ora però, scappiamo!».

Prima che Akagi facesse la sua colossale comparsa – nel senso letterale del termine, beninteso – i due si erano già fiondati a gambe levate verso il nascondiglio più sicuro, anche se erano ben consapevoli che il King Kong li avrebbe scovati fino in capo al mondo.

E infatti, quando questo arrivò in giardino, seminò il panico tra gli innocenti, che temevano ripercussioni per colpa di due celebrolesi. «Dove sono quei due animali?!», ringhiò a fauci strette e con occhi iniettati di sangue, stringendo in un pugno quello che sembrava un panno bianco.

Qualcuno balbettò qualcosa, qualcun altro neanche osò dire niente. Hisashi e Ryota indicarono una direzione qualunque per sviare la furia del Gorilla – che però erano una l'opposta dell'altra - mentre Kaede, con un cenno del capo, quella giusta. Della serie: aiutiamo la propria migliore amica e il fratello a morire velocemente per non soffrire troppo.

Akagi, livido di rabbia, sbatté a terra, senza neanche pensare troppo alle conseguenze, il panno che stringeva in mano. E che non si rivelò proprio un panno, ma un boxer.

Mitsui lo raccolse, inizialmente non rendendosi conto di cosa fosse effettivamente. Quando capì, Ryota e Nobunaga erano già belli che partiti a ridere.

«Ma porca vacca, che schifo!», esclamò il numero 14 dello Shohoku, lanciandoli via e facendoli finire involontariamente sul viso di un povero Sasaoka, che guardava atterrito la scena in un angolino, proprio per non essere messo in mezzo in tutto quel caos.

La matricola se lo tolse velocemente dal viso, ma non lo buttò, troppo incuriosito da una scritta nera sul tessuto. Dire che divenne rosso fino al midollo è un eufemismo.

«Ehi, Sasaoka, che c'è?», fece Mitsui, avvicinandosi per allungare il collo, così come gli altri, incuriositi. «Ti piacciono i mutandoni del Capitano, eh? Vecchio marpione!».

La reazione che seguì subito dopo entrò nella storia: prima il silenzio della lettura di quella scrittura irregolare e, molto probabilmente, velocizzata per paura di essere scoperti; poi le guance rosse e gonfie dallo sforzo immane per non ridere; infine il suono fragoroso delle risate di tutti, che si schiantarono a terra battendo le mani, con le lacrime agli occhi, incapaci persino di riprendere fiato.

Ayako, l'unica donnina presente, si mise le mani davanti alla bocca per nascondere una risata e sogghignò alla volta del Gorilla che compariva nuovamente alla disperata ricerca dei due. Peccato che, quando si accorse che i suoi giocatori e quelli del Kainan erano letteralmente morti dalle risate, le cose peggiorarono a vista d'occhio.

Anche Kaede Rukawa, il rinomato ghiacciolo dello Shohoku, colui che non rideva e non muoveva le labbra se non per due o tre monosillabi al giorno, quindi figuriamoci per un sorriso, si trovò costretto a cambiare aria, pur di non finire come quei pazzi dei compagni. Saranno stati anche due deficienti, quei due, ma quella era veramente geniale.

Cosa c'era scritto di così sconvolgente nelle mutande del King Kong?

L'abito non fa il monaco.

 

*

 

«Ma come diavolo avete fatto?», chiese Ryota, pendendo dalle loro labbra.

Hime e Hanamichi erano distrutti, sdraiati sull'erba. Avevano corso mezza mattinata, nascondendosi e fuggendo dalle grinfie del loro Capitano. Peccato che alla fine li aveva trovati – prima o poi sarebbe dovuto succedere – e il King Kong si era sfogato per bene prima con la testa del rosso, poi con la ragazza, che aveva preso di peso e gettato in piscina, trattenendo a stento l'impulso di tenerla sott'acqua e affogarla.

«Beh, non è stato difficile. Abbiamo saltato da un balcone all'altro e abbiamo trovato la finestra aperta», spiegò Hanamichi, stiracchiandosi.

«Proprio come due scimmie», frecciò Kaede, guardando l'amica con quella che poteva dirsi un'espressione divertita.

«Bella questa!», esclamò Mitsui, battendogli una manona sulle spalle.

«Ehi!», sbraitò Hanamichi, offeso.

Hime, ridacchiando, continuò a spiegare. «Kogure-kun non era in stanza e Akagi era sotto la doccia. Non nego che la possibilità di ritrovarmelo nudo davanti mi abbia alquanto spaventata!»

«E confermare le nostre supposizioni!», continuò il fratello, facendo ridere tutti.

«Comunque abbiamo aperto il cassetto con tutta la sua collezione di mutande e abbiamo preso le prime, sperando che fossero quelle che avrebbe poi indossato dopo la doccia. Il resto vien da sé!».

Kogure, ancora pallido per l'esperienza traumatizzante di quella mattina, scosse la testa, stanco. «Ragazzi, questa volta siete stati veramente–»

«Geniali!», esclamarono in coro i presenti, tra le risate di questi e un vice-capitano che si metteva le mani in testa per la disperazione.

«L'ho sempre detto che sono un genio, io!», si gasò Hanamichi, balzando in piedi e mettendosi in posa plastica come un supereroe.

«Ehi! Guarda che l'idea è stata mia! Tu volevi solo fare uno scherzo, ma i dettagli non li avevi affinati», sbottò offesa Hime, mentre gli altri sgranavano gli occhi e riprendevano a ridere.

«Hime, tutto mi sarei aspettata, ma questo no», disse Ayako, fingendosi delusa, mentre quel fessacchiotto di Hanamichi blaterava cose senza senso come “Tu hai preso tutto da me, Hicchan!”.

«Beh, Ayako, devi ammettere che è stata una trovata incredibile!», disse Hisashi tra le lacrime.

«Ora, il problema è: quanto tempo dovrà passare per farlo sbollire per bene?», domandò Kiyota, spedendo un brivido lungo la schiena di tutti.

Ryota si poggiò il mento sul palmo della mano, sbuffando. «Credo che faremo in tempo a vedere Rukawa che ride a crepapelle, prima che il Gorilla li perdoni», affermò, mentre Kaede si asciugava il gocciolone grande quanto una casa che gli era comparso in fronte dopo quella frase.

Mai parole furono più azzeccate.

 

 

* * * *

Piccolo siparietto per l’autrice:

Bentornati con un altro capitolo di WB! Non è lunghissimo, ma è bello pieno! XD Perdonate il ritardo, ma non sono sparita! Ormai, come avrete capito, non aggiornerò più ogni settimana, a meno che non mi venga un attacco improvviso di ispirazione per cui sformerò capitoli ogni sette giorni! - cosa peraltro alquanto improbabile °-°

Ma tranquille e tranquilli: non mollo mica! ;)

Miha_chan: carissima! Son riuscita a ridartele, le speranze? xD Tranquilla se non mi scrivi una recensione chilometrica, l’importante è il succo del discorso! :D Grazie mille mille mille! :****

kuro: vi ho abituate troooooppo, decisamente troppo male! Mea culpa! XD Son contenta che stessi aspettando speranzosa l’aggiornamento! Anche se questa è crudeltà (essere felici della tua agonia, intendo!), per me significa tanto! *_* E buona, a cuccia! Son troppo giovine e baldanzosa per morire! Quindi rilassati, la concluderò alla grande questa fanfiction! Non so fra quanti capitoli, ma la concluderò! xD :*

Black_Moody: ma io non voglio che i tuoi discepoli pensino male di te! Datti un contegno, suvvia! ;D No problem, come vedi sparisco spesso e volentieri anche io! E vedi di aggiornare in fretta anche tu, che ormai non sto più nella pelle! ;_; :****

Ed un ringraziamento anche a tutti i lettori anonimi! *_*

Un abbraccio strittoloso,

Kenjina.

 

 

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Capitolo 26
*** Tomodachi ***


La cena, a differenza del pranzo, fu più movimentata

Capitolo XXIV

Tomodachi

La settimana successiva fu un vero e proprio inferno. Il Capitano Akagi non aveva mandato giù lo scherzo che gli avevano tirato i gemelli e quella fu la volta buona che mostrò a tutti il suo vero lato demoniaco. A differenza delle altre volte, però, non mise in mezzo anche il resto della squadra, ma vide bene di farla pagare solo ai due fratelli che, come prevedibile, arrivarono a fine ritiro completamente distrutti.

«Questo è sfruttamento minorile!», aveva provato a controbattere Hime un giorno, prima che le forze le sfumassero via l’ora dopo, ma niente era servito per placare l’ira del King Kong. Neanche provare ad adularlo con un cesto di banane mature che, genialmente, Hanamichi gli aveva comprato e infiocchettato amorevolmente.

Tornare a Kanagawa fu un vero e proprio sollievo per i due, a differenza del resto dello Shohoku e del Kainan, che invece avevano continuato a divertirsi un mondo, soprattutto se Akagi non concentrava tutte le sue attenzioni su di loro. Peccato, davvero peccato che il Campionato sarebbe iniziato da lì a una settimana e quello non era certo il periodo migliore per riposarsi e battere la fiacca.

«Aaah! Proprio non capisco!», sbuffò Hime, sprofondando per terra, dopo essersi fatta scivolare contro il muro. «Perché il Gorilla fa allenare anche me?!».

Yoei Mito la guardò divertito. «Forse perché gli hai lasciato intendere che è poco dotato?».

«Ma scusa, perché prendersela tanto se non è vero? Uno che si comporta così ha solo la coda di paglia», rispose con aria da saputella la ragazza, non rendendosi conto che il ragazzo in questione aveva sentito anche troppo. Quando se ne accorse fu, ovviamente, troppo tardi per cercare una qualsiasi scusa plausibile.

«Come finire di scavarsi la fossa da soli», commentò Mitsui, poggiandosi con un gomito sulla spalla di Miyagi.

«Ehi, guarda che non sono il tuo comodino!», si lamentò questo.

«Come no? In altezza ci siamo», ghignò l’altro, beccandosi prima un’occhiata truce, poi una bella gomitata in pieno fianco.

Prima che la situazione degenerasse in una nuvola di pugni e strozzamenti vari, giunse un salvatore a illuminare la palestra con un bel sorriso solare e un sano ottimismo da far saltare i nervi a qualsiasi volpino di turno presente.

«Salve a tutti, ragazzi!», salutò un Akira Sendoh più che allegro, entrando in palestra.

«Akira, luce dei miei occhi!», esclamò Hime, alzandosi da terra prima che Akagi potesse fare qualsiasi cosa, e saltando addosso all’amico, che da vero marpione ne approfittò per tenersela stretta. «Salvami tu dal Gori!».

«E altrimenti perché sarei venuto, mia principessa*?», le chiese, dandole un bacino sulla guancia e tenendo un braccio intorno alle sue spalle.

«Guarda, guarda chi si vede! Il Porcospino!», esclamò Hisashi, salutando l’amico.

«Più porco, che spino», grugnì Hanamichi, incassando la testa sulle spalle e guardandolo in cagnesco, mentre l’armata Sakuragi scoppiava a ridere.

Akira salutò tutti con un bel sorriso, compreso Kaede che, in tutta risposta, gli riservò solo una delle sue più gelide occhiate che, in confronto, facevano sembrare l’antartico il posto più caldo della terra.

«Sendoh, se non vuoi che ti rovini quei bei capelli con un pugno in testa, molla la ragazza e lasciala a me», minacciò Akagi, mentre Hime si nascondeva dietro il bel fusto da un metro e novanta di perfezione.

«Capitano, mi sa che ti faresti più male tu con quei pungiglioni che si ritrova, che viceversa», fece Ryota, facendo ridere il giocatore del Ryonan e gli altri.

«Dai, Gorillone, non ti sembra di esserti vendicato abbastanza, ormai?», piagnucolò Hime, facendo capolino dalle spalle di Sendoh.

«Non credo che continuare a chiamarlo in quel modo possa aiutarti, sai?», sussurrò Akira, facendole assumere un’espressione pensosa.

«Tu dici?». Lui in risposta annuì, divertito.

«Ok, Akagi! Bandiera bianca!», gridò Hime, facendo impallidire tutti.

«Bandiera bianca? Hicchan, ma come, ti arrendi?!», sbraitò Hanamichi, che stentava a crederle.

Hime gli fece l’occhiolino, mentre camminava con le mani alzate al cielo. «Non ce la faccio più, davvero! Per questo ti chiedo umilmente perdono e tutte le scuse di questo mondo!».

«Non è molto convincente, vero?», domandò a voce bassa Ryota a Hisashi, che scosse la testa.

«No, per niente».

«Ora l’ammazza», fu il serafico commento di Kaede che, invece di andare a salvare la sua migliore amica, restava immobile come gli altri spettatori, aspettando che accadesse qualcosa di catastrofico.

Akagi la guardò furente, per poi far scivolare lo sguardo anche sul fratello della ragazza, che l’aveva raggiunta per darle man forte. «Voi due».

I gemelli deglutirono a fatica, ma restarono impavidi di fronte al Gori. Ma non accadde nulla, dato che il Capitano voltò le spalle e si diresse a passo spedito verso gli spogliatoi, decretando la fine degli allenamenti.

I due tirarono un sospiro di sollievo (forse anche più di uno) e si lasciarono cadere a terra, esausti per la stanchezza fisica e la “pressione psicologica”.

«Voi due. Siete totalmente matti!», esclamarono Hisashi e Ryota, scoppiando a ridere, seguiti a ruota da Akira e i due gemelli stessi.

«Si, da legare», bofonchiò Rukawa, che riprendeva il suo consueto allenamento in solitario.

Le risate che si levarono per tutta la palestra durarono per i successivi dieci minuti e tutti, alla fine, rimasero senza fiato, le braccia intorno alla pancia per il dolore agli addominali e le lacrime agli occhi.

«Ehi, Sendoh, come mai da queste parti?», chiese Ryota stravaccato sul parquet, voltando la testa verso il giocatore avversario.

«Son passato per un salutino e per vedere se foste ancora vivi e vegeti dal ritiro», fece affabile come sempre l’altro numero 7, con un bel sorriso. «E per vedere come stava la Signorina in Rosso», aggiunse con un occhiolino alla volta dell’amica.

Hanamichi (e all’unisono anche Kaede) grugnì qualcosa di non ben definito, ficcandosi le mani nelle tasche dei pantaloncini bianchi.

«Oh, che caro ragazzo!», lo prese in giro Hisashi, battendogli una mano sulla spalla. «Kiyota dovrà stare attento, o si vedrà la ragazza soffiata da te»

«Ehi! Per chi mi hai presa?!», esclamò Hime, offesa.

«Beh, principessa mia, non puoi negare che io sia inconcepibilmente affascinante», ammise seriamente Akira, che con le sue parole fece roteare numerosi occhi e ridere qualcuno.

«No, sei inconcepibilmente hentai, tu!», si mise in mezzo Hanamichi, che quando si trattava del rapporto di amicizia con Sendoh impazziva più del solito; a volte era convintissimo che la sorella glielo facesse apposta a stringere legami con i ragazzi che più gli stavano sulle palle! «Hicchan è felicemente… fi… fida… fidan… beh, sta uscendo con quella scimmia selvaggia di Kiyota, quindi stalle alla larga!».

«Oh Kami, Hanamichi che prende le difese di Kiyota ancora mi mancava», mormorò Ayako, più che perplessa.

«Ma quali difese, non riesce neanche a dire che quei due sono fidanzati. Sì, Hanamichi, si dice “fidanzati” oggi, sai?», esclamò Mito, che si beccò subito dopo una testata con i fiocchi. In effetti, Hanamichi gli era mancato così tanto in quelle due settimane, pensò mentre si accarezzava la fronte lesa.

«Io non difendo la scimmia!», si lamentò Hanamichi, senza dare ascolto alle proteste della sorella che inveiva contro di lui per non chiamare il ragazzo in quel modo (anche se sapeva perfettamente che la somiglianza fosse palese).

«No, stai solo cercando di fartene una ragione senza grandi risultati», gli fece notare Hisashi, stiracchiandosi.

«Certo, però, che dovevi proprio essere disperata per metterti con quella scimmia, Hime», commentò Noma, beccandosi una sberla dalla ragazza.

«Nobunaga non è una scimmia!».

Yoei le tirò una gomitata amichevole, ammiccando. «Hime, non puoi negare l’evidenza, dai».

«Sì, ok, ammetto che a volte abbia un non so che di scimmiesco da far concorrenza al Gori, ma è un bravo rag–! Ah, ma che parlo a fare con voi», sbuffò sconsolata vedendo tutti i suoi amici ridere a crepapelle.

«Hicchan, questa era proprio bella!», esclamò con le lacrime agli occhi il fratello, in ginocchio e con le braccia intorno alla vita, talmente divertito che quasi non respirava per le risate.

«Grazie, eh…», bofonchiò la rossa, cercando rifugio da Ayako, anch’essa, però, con un sorrisino sulle labbra.

«Che ne dite se andiamo in spiaggia a prenderci un po’ di sole?», propose Hisashi, dopo che l’ilarità scemò pian piano.

«Magnifica idea!», esclamò Akira. «Hime, mi accompagneresti a casa che prendo l’attrezzatura da pesca?».

Hisashi si trattenne a stento dal controbattere con una battuta maliziosa sulla sua “attrezzatura da pesca” nello stesso momento in cui Hanamichi si fiondò tra i due che stavano già uscendo dalla palestra.

«Signori si accettano scommesse! Chi punta sul Porcospino che scappa con Hime?», gridò Takamiya, mentre Mito e gli altri raccoglievano soldi.

Hime scosse la testa divertita mentre guardava il fratello che ne cantava quattro all’amico, sorridente più che mai. Akira era proprio un disgraziato, non poteva definirlo in altro modo. Ma era anche un adorabile disgraziato e gli voleva un mondo di bene. Era conscia di quanto fosse bello, ma era altrettanto consapevole che non si sarebbe mai potuta innamorare di lui. E questo il ragazzo lo sapeva benissimo, anche se amava far credere il contrario agli altri, in particolar modo a Hanamichi.

«Ragazzi, io verrei volentieri.», iniziò Hime, sistemandosi la pinza tra i capelli rossi. «Ma pensandoci bene ho promesso a mamma che l’avrei aiutata in casa, dato che è stata due settimane sola. Magari vi raggiungo più tardi, ok?».

Il numero dieci abbassò le spalle, dispiaciuto. «Ma servo anche io?».

«Hanamichi, meglio che tu stia alla larga dalle faccende domestiche», lo frecciò Mitsui, con un sorrisino smaliziato. «O finirai come l’ultima volta con i suoi boxer».

Miyagi divenne livido di rabbia al solo pensiero e se ne andò borbottando verso gli spogliatoi, mentre Hanamichi aveva iniziato a ridere sguaiatamente, rosso per la vergogna.

«Oh, Ede! Mamma ha preparato i wagashi e mi ha detto di dirti che te ne ha messo un po’ da parte», disse Hime, trotterellando verso l’amico. «Vieni con me?».

Kaede la guardò scettico, fermando il suo piccolo allenamento. «Trovati un’altra scusa per avere un passaggio in bici, scema».

Hime scoppiò a ridere, scuotendo la testa divertita. «In realtà avevo pensato che avresti potuto darmi una mano con le pulizie!», esclamò, facendo ridere per l’ennesima volta tutti. «Ti aspetto, vedi di muoverti, orsetto lavatore!». Se non si fosse spostata in tempo avrebbe seriamente rischiato la vita, dato che si vide un bel pallone diretto dritto verso la sua testa.

«Argh! Volpe assassina!», sbraitò Hanamichi, saltando verso il suo acerrimo nemico ed ingaggiando lotta libera.

«Almeno vedete di non sporcare di sangue il parquet», mormorò il mite Kogure, ormai arresosi alle manifestazioni d’affetto dei due.

Akira salutò con un bacino la rossa, un po’ dispiaciuto che non potesse venire con loro, ma era sicuro che avrebbe trovato qualcun altro da affogare in mare. Senza fare nomi, un certo Hisashi Mitsui, che ancora non gli aveva fatto fare un giro su quella moto sconvolgente che si era comprato non sapeva neanche lui come.

Quando Kaede Rukawa uscì splendido splendente dagli spogliatoi con i capelli ancora bagnati e parecchio sconvolti, Hime si mise le mani sui fianchi. «Dimmi un po’, vuoi far scendere qualche infarto a tutta la popolazione femminile che incontri per strada?». Il ragazzo sollevò perplesso le sopracciglia, fingendo di non capire. «Intendo dire che conciato così rischi di essere stuprato seduta stante da qualsiasi cosa si muova. E, cosa più importante, io rischierò il linciaggio se qualche pazza mi vedrà con te!».

Kaede scrollò le spalle. «E mica son problemi miei. Non sono io quello a piedi tra i due».

L’altra gonfiò le guance, contrariata. «Ma come? Mi lasceresti andare a casa sola soletta, a piedi, in balia di qualche tua fan scatenata?».

«Hn».

«Ah, sei proprio crudele, Ede!», piagnucolò Hime, coprendosi il volto con le mani e facendo finta di singhiozzare.

Rukawa sospirò stancamente. «Ottima giocatrice, ma pessima attrice. Dai, andiamo».

Con un sorrisone che faceva concorrenza a quelli famosi del Sendoh nazionale, Hime lo seguì verso la bici e si sedette sulla canna, come sempre. Dopo aver sistemato la sacca dell’allenamento sul portapacchi posteriore, Kaede salì in sella e respirò il buon profumo dell’amica. Gli era sempre piaciuto, a pensarci bene. «Vedi di non agitarti come il tuo solito».

Hime lo guardò con la tipica espressione da insegnante bacchettona. «Detto da uno che si schianta una volta sì e l’altra anche non è il massimo, sai? A proposito, cerca di non addormentarti nel mentre, sono ancora troppo giovane per morire».

L’altro mugugnò il solito “Hn” di circostanza e iniziò a pedalare pacatamente per le strade di Kanagawa, sotto un sole più che cocente e… i capelli rossi della ragazza sugli occhi. Troppo intento a spostare quel groviglio che a volte somigliava più ad una scopa usata e riusata, sbandò pericolosamente per evitare una povera vecchietta che attraversava la strada e che gli strillò dietro un “Incosciente!”, prima di collassare a terra per lo spavento.

«Ede! Ma dove guardi quando pedali?!».

«Tagliati i capelli, baka».

«Non trovare la scusa dei miei capelli, orso che non sei altro!».

Nel giro di due secondi si ritrovò a piedi, mentre guardava senza parole la schiena dell’amico che pedalava via. «Così impari a chiamarmi ancora in quel modo demente».

«Ma… ma… Kaede Rukawa! Non puoi lasciarmi qui!», strillò la ragazza in mezzo alla strada.

«Lo sto già facendo, cretina», sentì dire dall’altro, prima che sparisse dietro l’angolo.

Abbattuta e sconsolata, pronta a meditare vendetta avvelenando i biscotti che la madre gli avrebbe offerto, si mise in cammino, preparandosi mentalmente a un bel chilometro a piedi. Quando arrivò finalmente stanca e spossata a casa, trovò l’amico che mangiava a quattro ganasce i dolcetti preparati amorevolmente dalla madre che, come sempre, non mancava mai di parlare e scherzare con la matricola più odiata dal figlio, con il miracoloso risultato di avere in cambio risposte lunghe e sensate.

«Oh, Hicchan cara, finalmente sei arrivata! Come mai ci hai messo tanto?», domandò la donna, una simpatica signora sempre sorridente come i suoi pargoli e dai capelli rosso fuoco, esattamente come loro.

«Perché un orso volposo mi ha lasciata a piedi, ecco!», borbottò la ragazza, prendendo posto accanto al giocatore e mettendosi in bocca un biscotto, mentre quest’ultimo pensava: “Orso volposo?”.

«No, Hicchan, quelli li ho preparati per Kaede, non per te e Hanamichi», la rimbeccò la madre, togliendoglieli da sotto il naso. Hime spalancò la bocca, guardando l’amico che le rispose con un’innocente faccia di bronzo, facendo spallucce.

«Ma mamma!», esclamò Hime, indignata. «Io mi son fatta anche chilometri e chilometri a piedi, sotto il sole cocente! Ho bisogno di zuccheri!».

La madre le fece una linguaccia, ridendosela sotto i baffi, mentre Kaede le offriva gentilmente il suo biscotto mezzo masticato.

«Quello, con tutto rispetto, te lo mangi tu».

«Ingrata», bofonchiò lui, finendo di mangiare. «Arigatoo, signora Misato. Erano ottimi».

«Oh, non c’è di che, caro. Quando vuoi dimmelo e te li preparerò».

«Dillo anche a me, così aggiungo un po’ di veleno», borbottò con il muso lungo Hime, incrociando le braccia.

La signora Misato sparì da qualche parte in casa, lasciando i due soli. Kaede guardò l’amica con una vena di divertimento, ma riuscì come sempre a non dare niente a vedere.

«Baka kitsune, se vuoi farti perdonare vieni ad aiutarmi a sistemare camera mia! È un casino totale da quando ho svuotato le valige».

Kaede la bloccò per un polso, guardandola intensamente negli occhi castani. Hime si sentì spogliata davanti a quello sguardo tanto profondo, ma le scese un coccolone grande quanto una casa quando le disse con tutta la calma del mondo: «Guarda che hai un ragno sulla spalla».

Inutile dire che, mentre il ragazzo andava verso la camera dell’amica per aiutarla a sistemare tutto il caos che regnava sovrano, Hime lanciava un urlo disumano che, ne era sicura, avrebbero sentito anche gli amici al mare.

 

*c’è un motivo per cui Aki chiama Hime “principessa”: il suo nome stesso, Hime, significa principessa :)

Piccola nozioncina culinaria: il wagashi è un tradizionale dolcetto giapponese che solo a guardarlo non vien voglia di mangiarlo, perché… è una vera e propria opera d’arte! *_* Sono solitamente a base di farina, zucchero, acqua e marmellata di fagioli azuki.

* * * *

Piccolo siparietto per l’autrice:

Ma ri-salve a tutti! E’ passato un po’ di tempo dall’ultimo aggiornamento, ma finalmente gli esami più pesanti son finiti, e io posso nuovamente dedicarmi a questo splendido mondo di Slam Dunk!

kuro: carissima! Il Gori è parecchio scazzato e non pensare che la “quiete” di questo capitolo significhi una resa… Akagi non è mica tipo da bandiera bianca, no no! :D E dai, l’aggiornamento è arrivato dopo poco… no? NO!? xD Grazie bella, a presto :*

Miha_chan: carissima! Son riuscita a ridartele, le speranze? xD Tranquilla se non mi scrivi una recensione chilometrica, l’importante è il succo del discorso! :D Grazie mille mille mille! :****

Un grazie speciale anche alla grandissima Kiyo, so che sei lì! *_* Non sai quanto piacere mi abbia fatto il tuo messaggio! *_______________* /arrossisce/

Ed un ringraziamento anche a tutti i lettori anonimi, a chi ha aggiunto tra i preferiti e le seguite! *_*

Un abbraccio strittoloso,

Kenjina.

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Capitolo 27
*** Would you play with me? ***


La cena, a differenza del pranzo, fu più movimentata

Capitolo XXV

Would you play with me?

Quando il campanello di casa squillò, passarono almeno cinque minuti prima che qualcuno se ne accorgesse. La musica, infatti, era a tutto volume, e fortuna che Hanamichi era al piano di sotto, altrimenti il povero Kiyota avrebbe fatto in tempo a morire e a rinascere prima che qualcuno andasse ad aprirgli la porta.

«Che cavolo, Sakuragi, avete i Guns in casa?», chiese la scimmietta del Kainan, mentre si toglieva le scarpe e le lasciava all’ingresso.

«Sì, come no… Hicchan sarebbe già bella che morta d’infarto trovandoseli davanti», commentò Hanamichi, facendogli strada verso la cucina.

«Uhm… certo che “Welcome to the Jungle” è proprio adatta per due scimmie come voi!». Due secondi più tardi Nobunaga si stava amorevolmente accarezzando il nuovo bernoccolo nato dall’ennesima testata di Hanamichi. «Cacchio, stavo scherzando, idiota!».

«Passi ancora il fatto che chiami me scimmia, ma non accetto che anche Hicchan venga messa in mezzo!», borbottò il rosso, incrociando le braccia. «Certo, se sapessi che anche lei ti chiama così, di nascosto…», aggiunse sogghignando.

«Cosa fa, Hicchan?!».

«Niente, niente, amico mio! Vieni, posso offrirti una banana?».

Nobunaga acquisì la consueta espressione imbronciata, che lo rendeva così tenero agli occhi della sua ragazza. «Sai dove puoi ficcartela, la banana?».

«Nobu-chaaan!», strillò la voce squillante di Hime, che gli saltò letteralmente al collo, facendogli quasi perdere l’equilibrio dalla sedia. «Alla fine ci hai trovato!».

Nobu sorrise, soddisfatto. «E non certo grazie alle indicazioni di questo deficiente che ti ritrovi per fratello!», indicò con un dito l’amico. «Se avessi dato retta a te, brutta scimmia rossa, sarei finito dall’altra parte di Kanagawa!».

Hime ridacchiò vedendo Hanamichi che gli faceva il verso. «Nobu, devi sapere che Hanamichi e le cartine stradali non vanno molto d’accordo».

«E cosa ti aspettavi da uno che non sa leggere?».

«Ma brutto idiota, vieni qui che ti ammazzo per bene!».

Hime si poggiò mollemente contro il mobile della cucina, guardando sconsolata i due che lottavano come due animali sul tappeto. «Fermi tutti!», esclamò improvvisamente, facendoli bloccare all’istante. «Andate a rotolarvi in quell’angolino, c’è ancora un po’ di polvere».

«Ma quanto sei demente!», scherzò Nobunaga, mentre si beccava l’ennesimo colpo da parte di Hanamichi, offeso al posto della sorella.

«Non rivolgerti così alla mia Hicchan!».

Hime si passò una mano sul viso, scuotendo mestamente la testa. «Qualcuno vuole un succo di frutta? No? Nessuno? Bene, quando avrete finito fatemi un fischio!». La rossa li scavalcò non senza temere un qualche colpo accidentale, ma riuscì a non disturbarli e a passarli come se niente fosse. E dire che Nobunaga era passato per portarla a fare un giro!

Sentendo le grida di battaglia provenire dal piano inferiore, Hime non riuscì a reprimere un sorriso, pensando che quei due erano tanto dementi quanto amorevoli. Certo è che avrebbe preferito che si scambiassero l’affetto in modo più civile, che non con cazzotti e insulti, ma quello era chiedere troppo.

Quando entrò in camera sua, Akira era ancora bellamente spanciato sul suo letto, troppo piccolo per le gambe chilometriche che si ritrovava. «È arrivato l’uomo dei tuoi sogni, quindi!».

Hime annuì sorridente, poggiando il bicchiere di succo quasi del tutto vuoto sul comodino. «Sì, e ti conviene scendere da lì, o se ti trova sul mio letto posso anche dire addio a Nobu-chan».

«Ma dai, è così geloso?», chiese ridendo l’altro, mettendosi a sedere e piegando una gamba sull’altra.

«Lui e Hana sono identici, quindi gelosissimi. Ma li adoro anche per questo».

«Hicchaaan! Porta il disinfettante, questa scimmia ha infettato tutta la casa!», sì sentì l’urlo disumano del fratello, che fece scoppiare a ridere il Sendoh Nazionale.

Hime si passò una mano sul viso, sospirando rassegnata. «Certo che se evitassero di fare tutto questo casino ogni volta che si vedono…».

«Dai, almeno socializzano!».

«Gran bel modo di socializzare!».

Si sentirono dei passi affrettati salire le scale, e un mezzo tonfo di qualcuno che inciampava all’ultimo gradino, rischiando pericolosamente la vita. «Hicchan, tuo fratello è– e lui che diavolo ci fa in camera tua?!».

Akira alzò le braccia al cielo, discolpandosi, mentre Hime, rossa per la sua gelosia, cercò di fargli capire che l’amico fosse passato a trovarli per una chiacchierata e niente di più.

«E guarda, Kiyota», fece il numero 7 del Ryonan, alzandosi. «Ora tolgo il disturbo e mi porto via anche quella testa rossa di Hanamichi, ok? Così non avete seccature di alcun tipo!».

Nobunaga arrossì lievemente all’occhiolino del Porcospino e soprattutto al sorriso malizioso che gli fece.  Oh, Kami… lui e Hime soli… in casa?

Hime non sembrò accorgersi di niente, tutta intenta a chiedere all’amico di tornare presto prima che partissero per il Campionato Nazionale.

«No, no, aspetta un attimo, Hentai!», esclamò Hanamichi, quando si vide trascinato fuori da casa. «Io non la lascio la scimmia da sola con la mia Hicchan!».

I due arrossirono contemporaneamente, incapaci di dire una sola parola.

«E cosa vuoi che facciano?», domandò finto scioccato Sendoh. «Al massimo quando torni a casa, fai piano, che magari stanno dormendo, stanchi e spossati…».

«Sendoh!».

«… per aver fatto una partitella a basket, che andate a pensare tutti? Poi sarei io il pervertito», concluse melodrammatico Akira, nascondendo un sorrisino che era tutto un programma. «Beh, divertitevi e fate da bravi! Ciao, ciao!».

La porta si chiuse davanti ai loro occhi e per qualche secondo nessuno dei due osò fiatare né muoversi. Erano troppo imbarazzati nel pensare a quello che aveva sottointeso il Più-Porco-Che-Spino, per levarsi dalla mente certe immagini.

«Uhm… Nobu, vu-vuoi del thè? O… o che ne so… vuoi… vado a controllare in frigo cosa c’è, ecco». Hime si defilò a calmare i bollenti spiriti con un po’ di fresco, appuntandosi mentalmente di pestare a sangue il suo non-più-amico per le nuvolette sconce che ora dondolavano allegramente sopra la sua testa e, lo sapeva bene, anche sopra quella del suo ragazzo. “Bene, non è successo niente, Hime. Beh, non ancora… oh, cielo! Devo darmi una calmata! Dai, ora vai lì, da Nobu e… e cosa?! Io non…”

«Hicchan… va tutto bene?», domandò Kiyota, a pochi passi da lei, mentre le agitava una mano davanti agli occhi.

«Oh? Oh, certo! Tutto benissimo! Ahaha!». Sì, decisamente quello era il momento più imbarazzante che avesse mai vissuto. E si stava comportando da perfetta stupida, ecco cosa.

«Sicura?».

E accidenti a quella scimmietta! Non aveva altro da fare che guardarla così e avvicinarsi pericolosamente con quel suo sconvolgente corpo che si ritrovava? No che non andava bene, ovvio!

«Senti, Hicchan, ti andrebbe di seguire il consiglio di Sendoh?», chiese innocentemente Nobunaga, che due secondi più tardi temette per l’incolumità della ragazza, dato il colorito bordeaux che assunse. E che gli contagiò subito. «Ehi, ma… ma che vai a pensare?! I-intendevo per il basket!».

«Oh». Hime prese qualche bel respiro. «Mi scusi un attimo? Vado a rinfrescarmi il viso, ho caldo».

Nobu si tolse la fascia dai capelli, per usarla come elastico e farsi il suo consueto codino prima di una partitella. «Ok, vengo anche io».

Calma, calma!

«Hicchan, se non ti va possiamo andare a farci due passi», buttò lì Nobu, che a dirla tutta non era tanto convinto di voler giocare con lei. Mica si era dimenticato della partitella in ritiro, quando erano arrabbiati! Le sarebbe saltato volentieri addosso, e non era così sicuro che le avrebbe resistito per una seconda volta. «Sul lungo mare c’è la fiera, sai? Potremo andare lì».

Hime si voltò a guardarlo, seriamente. «Nobu-chan, per te non è un problema?».

«Cosa?».

«Beh, ecco… non giocare a basket, stasera… sai, non… me la sento di… giocare, oggi».

Nobunaga le sorrise, acquisendo la sua solita aria da pallone gonfiato. «Oh, capisco. Hai paura di perdere! E certo, chi ti può biasimare… io sono il Rookie Numero Uno di Kanagawa! Ahahaha!».

Hime ebbe un coccolone da farle girare la testa, ma preferì così. Come sempre Nobunaga Kiyota non aveva capito un emerito accidente.

«Sì! Sì! È così!», disse forse con troppa foga, il che la fece apparire ancora più schizofrenica di quanto già non fosse da dieci minuti a quella parte.

«Tranquilla, non fa niente». Nobu le sorrise ora dolcemente, dandole un bacino sul naso. «L’importante è stare con te». Hime si rilassò e lo abbracciò forte. «E poi c’è tutto il periodo del Campionato per giocare, no?».

Oh cacca.

 

*

 

Kaede Rukawa era ben consapevole di essere un uomo tutto d’un pezzo, soprattutto un pezzo di ghiaccio. Ma quella sera temette di scoppiare, più per l’incolumità della sua abitazione che per quei deficienti che gli erano piombati in casa. In tutto i deficienti erano quattro: c’era il deficiente numero uno a), Sakuragi, che non la smetteva di ficcanasare ovunque; il deficiente numero uno b), ergo Sendoh, che era quello a cui era balenata in mente la geniale idea di fare una rimpatriata in casa sua; e i deficienti numero due e tre, ossia Miyagi e Mitsui, che avevano allegramente preso possesso della tv e stavano bisticciando da mezzora su quale canale lasciare.

Che cosa aveva fatto di male lui, per meritarsi quello? Non rompeva le scatole a nessuno, lui!

«Do’aho, mettilo giù o ti spacco la testa».

Hanamichi guardò con aria indifesa il suo miglior nemico e rimise a posto il trofeo che l’altro aveva vinto ai Campionati Interscolastici. Peccato che lo poggiò proprio sull’orlo della mensola, e ci mancò poco che si spalmasse a terra, se non fosse stato per la prontezza di riflessi dello stesso do’aho, che con un sorrisone furbetto lo sistemò meglio.

Kaede si massaggiò con lentezza le tempie pulsanti. Come se non bastasse gli stava anche venendo mal di testa, accidenti a quei rompipalle!

«Ehi, volpe, hai qualcosa da sgranocchiare? Ho una fame», fece Hanamichi, accarezzandosi la pancia che iniziava a brontolare.

«Eh ma allora sei proprio una fogna! Hai mangiato metà della vaschetta di gelato a cioccolato solo mezzora fa!», si lamentò Ryota, guardando l’amico con gli occhi fuori dalle orbite.

«Ma ho bisogno di energie, io! Devo crescere!».

«Sì, ti deve crescere il cervello. Anche se ormai è troppo tardi», commentò Mitsui, distendendo le gambe e poggiando i piedi sul tavolino di fronte al divano - cosa, per altro, che fece imbestialire la Kitsune.

«Allora, Kit? Che c’è per cena?».

Cena?! A parte il fatto che erano solo le sette di sera, quello aveva anche intenzione di rimanere a cena? «Acido muriatico per tutti».

Sendoh gli batté amichevolmente una manona sulla spalla, il che lo fece imbestialire più dei piedi della guardia sul suo tavolino. «Dai, Kaede, rilassati e divertiti un po’! Sei sempre tutto solo soletto con il basket… questi anni non te li restituirà più nessuno!».

«E meno male», ringhiò il volpino, seguendo il consiglio dell’asso del Ryonan e sprofondando nella sua poltrona preferita, fortunatamente libera da animali.

«Quando partite?», chiese Akira, prendendo posto su una sedia e poggiandosi con le braccia sullo schienale.

«Dopodomani. Verrai a vederci o poltrirai con una canna da pesca ogni santo giorno?». Hisashi piegò il labbro in un sorrisino di scherno, sapendo che all’amico rodeva tanto non poter partecipare.

Akira accolse la provocazione con il suo proverbiale sorriso. «No, non credo che verrò. Ora sono il Capitano, devo allenare la mia squadra per battervi ai Campionati Invernali».

«Sì, il capitano dei miei stivali». Hanamichi lo guardò perplesso. «Mi chiedo come farà il Ryonan ad avere un Capitano come te! Gran bel punto di riferimento uno che arriva in ritardo una volta sì e l’altra anche!».

Sendoh si grattò la nuca, imbarazzato e consapevole che l’amico aveva ragione. «Vedrò di darmi una regolata!».

«Ehi, guardate!». Ryota agitò il telecomando che era riuscito a fregare a Mitsui, attirando l’attenzione di tutti. «Parlano del Campionato».

Tutti si fiondarono davanti alla televisione, ascoltando attentamente. «Quest’anno il Sannoh ha intenzione di fare il bis del bis, vincendo le Nazionali con la solita grinta e il pericoloso Sawakita, considerato da molti uno dei migliori giocatori del Giappone». Rukawa e Sendoh strinsero i denti per il disappunto.

 Ma fu solo Hanamichi a commentare: «Figurarsi se in giro c’è un giocatore migliore di me!».

«Taci e ascolta, invece di dire idiozie!», esclamò Hisashi, tirandogli uno scappellotto per farlo stare zitto.

«Ma anche il Kainan e l’Aiwa, che non mancano un appuntamento da anni, ormai, hanno intenzione di combattere con i coltelli tra i denti. In più, quest’anno, c’è una sorpresa, al posto dello Shoyo: lo Shohoku!».

«Ohh! Siamo famosi!».

«Questa squadra di sconosciuti è riuscita a battere sia il Ryonan che lo Shoyo, assicurandosi il secondo posto nel torneo di Kanagawa. Che siano veramente dei talenti o solo delle meteore? Lo scopriremo tra tre giorni, quando ci sarà la prima partita del Campionato!».

«Ma vai al diavolo, tu e le meteore!», sbraitarono Ryota, Hisashi e Hanamichi, che esternarono anche i pensieri di un più silenzioso Rukawa.

Sendoh lo guardò un attimo, sorridendogli. «Sawakita, eh? Ci ho giocato contro, una volta, mi pare. Stai attento, è bravo come dicono».

Kaede lo fulminò con lo sguardo, bofonchiando un “hn” di disprezzo. Nessuno avrebbe avuto le capacità di superarlo in quanto a bravura. Nessuno. Era lui la miglior matricola del Giappone, lui sarebbe andato in NBA, non Sawakita o chi per lui.

«Kit, io sto ancora aspettando cibo», si lagnò Hanamichi, col labbro all’infuori per suscitare tenerezza.

«Uff… rompipalle», fu il serafico commento di Rukawa, che nonostante tutto si alzò per cercargli qualche veleno da dargli.

Inutile dire che Kaede si ritrovò ospiti non solo a cena, ma anche di notte.

 

* * * *

Piccolo siparietto per l’autrice:

Ciao a tutti, ragazzi e ragazze! Ecco un nuovo aggiornamento dopo la settimana in Spain che ho passato! *_* Dal prossimo capitolo si inizia con il Campionato Nazionale, devo ancora decidere se saltare le partite o scriverle nonostante tutti sappiamo come siano finite… che ne dite?

Intanto, dato che siete tutti spariti XD, ringrazio chi ha letto lo scorso capitolo, chi ha inserito WB tra i preferiti:

1 - asthenia

2 - ayakuccia

3 - Black_Moody

4 - giugiu182

5 - glo91

6 - klikka

7 - kuro

8 - lilli84

9 - masychan

10 - MihaChan

11 - Nena89

12 - SangoChan88

13 - sophia90

14 - Taila

e chi tra le seguite!

1 - Felix85

2 - masychan

3 - Nena89

Grazie mille a tutti, è un sostegno importante il vostro! *_*

Ci vediamo presto!

Un abbraccio strittoloso,

Kenjina.

 

 

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Capitolo 28
*** Go Shohoku, Go! ***


La cena, a differenza del pranzo, fu più movimentata

Capitolo XXVI

Go Shohoku, Go!

«Ma dove diavolo sono finiti quei due celebrolesi?». Akagi, con un spaventoso tic al sopracciglio destro, ed un altrettanto temibile sguardo infuocato, andava avanti e indietro per la banchina della stazione.

Kogure, con un sorriso insicuro, cercò di tranquillizzarlo come sempre. «Dai, Takenori, arriveranno! Non preoccuparti!»

«E se dovessero arrivare al massimo li butti sulle rotaie quando sta arrivando il treno. Semplice, no?».

«Senpai!», si lamentò Ayako rivolta ad un Mitsui che sogghignava, intimamente soddisfatto della sua idea.

«Ok, nel caso possiamo graziare Hime. Ma solo perché è donna», suggerì Ryota, subito interrotto dal Gorilla.

«Eh no! Se dobbiamo fare una cosa facciamola bene!».

I ragazzi risero, anche se ormai stavano iniziando a spazientirsi per il ritardo dei gemelli.

«Non sono amici di Sendoh per niente, quei due». Hisashi si poggiò contro il muro, con le braccia dietro la testa e gli occhi chiusi. Aveva dormito male, quella notte, per la tensione. E come lui tutti gli altri, ovviamente. Il Campionato Nazionale era un appuntamento troppo importante per non sentirsi emozionati e tesi all’inverosimile. Erano una squadra nuova e sconosciuta, ma avrebbero affilato i coltelli pur di farsi valere.

Nel frattempo, due teste rosse stavano correndo come pazzi, ormai senza fiato, nel disperato tentativo di arrivare in tempo per non perdere il treno che li avrebbe portati a Hiroshima.

«Dai, Hana! Siamo quasi arrivati!».

«È tutta colpa di quegli idioti!».

«Non dare le colpe a Yohei e gli altri! Se non fosse stato per loro ora saremmo ancora addormentati e il Gori ci avrebbe staccato la testa a morsi!».

«Ma i gorilla non mangiano solo banane?».

«Hanamichi!».

«Ahaha! Guarda, siamo arrivati! Siamo due geni!».

Sì, due geni malriusciti, dato che come sbucarono dalle scale si videro il Kainan al completo che li guardava spaesati. Nobunaga si ritrovò a sorridere sognante e felice come un ebete, pensando che ritrovarsi la sua bella davanti così inaspettatamente fosse il miglior inizio di giornata che avesse mai avuto dopo il ritiro, mentre Maki indicava ai due un punto dietro le loro spalle. «Lo Shohoku è dall’altra parte, ragazzi».

I due diventarono rossi come i propri capelli e filarono via senza neanche salutare, troppo spaventati dall’ira funesta del loro King Kong. Che infatti, appena li vide, non si risparmiò certo di elargire pugni e tirate d’orecchio ad entrambi. «Cos’è, volevate cambiare squadra?!».

«Ma magari», commentò Kaede, guadagnandosi un’occhiata truce dai fratelli.

«Kit, vai e ammazzati».

Il treno arrivò in quel momento, facendo salire un groppo in gola a tutti.

«Avanti, andiamo», li riscosse Akagi, guardandoli seriamente. «Per noi, per i campioni!».

«Urrà!», gridarono insieme, carichi come non mai.

Fortunatamente il treno non era affollatissimo, e tutto quel branco di bestioni trovò posto con facilità.

«Hicchan! Non basta che sei al fianco del Volpino, ma mi lasci seduto vicino al Baciapiselli e col Gorillone davanti?!».

Due pugni risuonarono per tutto lo scompartimento, facendo voltare numerose teste, incuriosite e un po’ spaventate dall’espressione diabolica di Mitsui e Akagi.

Hime ridacchiò, scuotendo la testa, mentre Hisashi ringhiava “Non chiamarmi Baciapiselli in pubblico, deficiente!”. Kaede, al suo fianco, incrociò le braccia, con la testa pericolosamente ciondolante in avanti. «Non mi dire che ti stai già addormentando? Siamo appena saliti!».

Il ragazzo si limitò ad aprire un occhio blu e a puntarglielo contro come una lama affilata. «Se non cominci a parlare magari ci riesco».

Hime sorrise bonariamente, tirandogli un pugnetto affettuoso sulla spalla. «Come se tu non avessi il potere di addormentarti in piedi ad un concerto rock!».

«Hn… Può essere». Tempo due minuti e Rukawa era bello che addormentato, con una bolla che si gonfiava e sgonfiava dalle narici e la testa poggiata su quel comodo cuscino di cui ormai non poteva più fare a meno, ossia la spalla della ragazza.

«Non è possibile… questa proprio non ci voleva!», esclamò a un tratto Akagi leggendo il calendario dei turni delle partite, forse un po’ troppo forte per i gusti degli altri passeggeri.

Il loro primo incontro era fissato contro il Toyotama, squadra che era conosciuta per il suo famoso Ace Killer, un giocatore che non badava allo spirito sportivo quando si trattava di trovarsi in difficoltà.

«Perché tanta agitazione? Il Toyotama è davvero così in gamba? E io che li credevo dei principianti!», commentò Hanamichi, come se fosse lui il vero esperto di basket.

Hisashi, al suo fianco, lo guardò torvo. «No, il vero problema è il secondo incontro».

Hanamichi sporse la testa per leggere meglio. «Paura del Sonno?».

«Deficiente! Si legge Sannoh!».

Hime, anche se impossibilitata a muoversi, drizzò le orecchie, preoccupata. Quella non ci voleva proprio! «State scherzando, vero?».

«Hicchan, conosci anche tu questi del Sonno?».

«Si dice Sannoh!».

«Ma l’hai sentito quel servizio alla tv l’altra sera o stavi solo facendo finta?», esclamò Ryota, scandalizzato.

Nel frattempo il treno si fermò alla Stazione di Osaka, mentre i ragazzi continuavano a parlare concitatamente. «La squadra del Sannoh Kogyo, della prefettura di Akita, l’anno scorso ha vinto il Campionato Nazionale», spiegò Akagi, scuro in viso.

«Davvero?», chiese Hanamichi, grattandosi il mento pensieroso.

«Sì, e anche l’anno prima. E due anni fa», confermò Hime, sprofondando contro il suo sedile.

«Se vincessimo contro il Sonno chi sarebbero i prossimi?».

Molti rinunciarono a spiegargli come si pronunciasse quella fatidica parola, in realtà troppo preoccupati per il loro futuro in Campionato.

«Il liceo Aiwa».

«Oh, bene! Di male in peggio!», commentò qualcuno.

«Il Sannoh Kogyo, il liceo Aiwa… siamo capitati in un girone infernale!», fece drammatico Kogure, che certo non aiutava l’animo dei giocatori. Non si accorse, però, che alle sue spalle stava un colosso con il codino, non troppo contento di quello che aveva appena sentito. Gli cinse il collo con un braccio, rischiando anche di strozzarlo per la forza che usò. «Ehi, posso vedere il tuo biglietto?».

I ragazzi dello Shohoku si fecero attenti tutto d’un tratto, capendo dallo sguardo del nuovo arrivato che non era per niente amichevole. «Hai parlato del Sannoh e dell’Aiwa come le migliori squadre del Campionato», gli disse con stizza il ragazzo. «Cerca di stare più attento a quello che dici, altrimenti chi ti ascolta penserà che il Toyotama non valga niente».

«Aaah! Kishimoto! Ti ha dato di volta il cervello?! Smettila subito!», gridò un uomo, precipitandosi verso il ragazzo e iniziando a scusarsi con i diavoli rossi.

«La smetta di scusarsi, allenatore. Questi bastardi ci stavano insultando», fece sprezzante Kishimoto.

«Ma se non stavamo neanche parlando di voi!», esclamò Miyagi alzandosi, seguito subito dopo da Mitsui. Entrambi avevano uno sguardo che di rassicurante non aveva niente. E Hime sapeva che se avessero continuato per quella strada qualche cazzotto sarebbe sicuramente volato.

«Svegliatevi, idioti! Leggete bene quella rivista!».

Tutti si fiondarono a vedere e quello che lessero li lasciò di stucco: Toyotama squadra di classe A, Shohoku squadra di classe C. Per non parlare poi del Sannoh, di classe AA.

«Siete  davvero degli ottimisti se sperate di battervi con il Sannoh», fece Kishimoto, andandosene verso la sua squadra. Peccato che non avesse fatto i conti con Sakuragi, che gli fece uno sgambetto in piena regola.

Hime, che aveva visto tutto, si portò le mani alle labbra, spaventata, quando Kishimoto, capendo chi fosse stato, gli strinse la testa rossa in mano e gli gridò dietro un “Bastardo” con i contro fiocchi. L’allenatore  del Toyotama iniziò a strillare contro il suo giocatore, peggio di Taoka nei confronti del suo numero 7 quando arrivava in ritardo agli allenamenti.

«Ehi, codino».

«Hana, per favore…», bisbigliò Hime, in apprensione. Quel Kishimoto non le piaceva per niente.

«Al momento giusto mi ricorderò che hai cercato di schiacciarmi la testa».

Quando l’attaccabrighe si allontanò definitivamente molti tirarono un sospiro di sollievo, altri ribollivano per la rabbia.

Hanamichi, in particolare, si sentì osservato e si accorse che la sorella lo stava fissando da un po’, accigliata. La ragazza mosse le labbra in un “Stai calmo” e subito dopo gli sorrise, vedendo che il fratello si distese un poco.

 

*

 

Dopo il consueto giuramento di tutte le squadre partecipanti a giocare con il massimo rispetto degli avversari e a presentare ufficialmente i vari incontri, con tanto di regolamento, lo Shohoku uscì dalla palestra gremita di gente, dove si fermò a dare un ulteriore occhiata al tabellone del calendario.

«Condoglianze, ragazzi. Siete capitati nello stesso blocco del Sannoh e dell’Aiwa», fece una voce alle loro spalle. Shin’chi Maki e tutto il Kainan al completo li guardava con un misto di ironia e serietà, mentre l’unico babbeo del gruppo si metteva in posizione di preghiera, per “aiutare spiritualmente” i suoi amici.

«Diciamo pure che siete finiti!», esclamò la scimmietta del Kainan, ridendosela sotto i baffi.

«Checcosa?!», esclamò Hanamichi, mentre Hime trotterellava al fianco del suo ragazzo.

Che nel giro di due secondi si gonfiò come un pesce palla, e con orgoglio ed esuberanza si rivolse a Rukawa. «Sai, non credo proprio che avremo la possibilità di scontrarci di nuovo», disse quasi dispiaciuto. «Faremmo bene a concludere la nostra sfida qui!».

«Ma sentitelo!», fece Hanamichi, guardandolo dall’alto del suo metro e 89, mentre Kaede si chiedeva mentalmente “Quale sfida?”.

Il numero 11 dello Shohoku, però, si svegliò presto dai suoi pensieri e sedò subito gli animi, con una frecciata degna della sua fama. «Tanto prima o poi dovremmo sconfiggerli. Così ci togliamo subito il pensiero».

Hime e gli altri sorrisero. «Ben detto, Ede!».

Nobunaga, rosso e fumante come una pentola a pressione, guardò in cagnesco il volpino, maledicendolo per avergli rovinato il suo momento di gloria davanti alla ragazza e soprattutto per il carisma e il fascino che suscitava in lei. Mai e poi mai si sarebbe tolto dalla testa che quella volpe lussuriosa fosse innamorato della sua Hicchan!

Hime, al suo fianco, ridacchiò nel vedere l’espressione imbronciata della sua scimmietta selvaggia, e gli schioccò un bacino sulla guancia, mandandolo in estasi totale.

Akagi e Maki, nel frattempo, si stavano sfidando da veri fuori classe, promettendosi che sarebbero arrivati entrambi a scontrarsi di nuovo.

«Ehi, ehi! Non direte sul serio, gente! Siete davvero convinti di arrivare a giocare contro il Kainan?».

«Oh, no… di nuovo quell’idiota», borbottò Hime, stringendo la mano a Nobunaga, che guardò prima lei poi il tizio che si era fatto avanti.

«Lo conosci?».

«In un certo senso. Prima, sul treno, stava per far scattare una rissa», gli sussurrò per non farsi sentire.

«Ehi, Maki! Se non sbaglio durante le eliminatorie vi siete fatti quasi sconfiggere da questi cinque perdenti».

«Che accidenti hai detto?!», sbraitò Hanamichi, mentre Hime correva dal fratello per calmarlo.

«Se è davvero così», continuò Kishimoto, «allora una delle quattro squadre più forti del Campionato è da considerarsi fuori gioco».

Inutile dire che quella frase riuscì a scaldare gli animi anche al Kainan. L’unico che sembrava calmo e tranquillo era proprio il loro Capitano, che si avvicinò al ragazzo con aria perplessa. «Scusa, con chi ho il piacere di parlare?».

Bastò quell’unica domanda a far scoppiare a ridere tutti, soprattutto le due scimmie, che avevano letteralmente le lacrime agli occhi e dovettero reggersi la pancia a causa del dolore addominale per le troppe risate. Persino Akagi dovette trattenersi, dato che trovò quella frecciata più che perfetta per far abbassare le penne a quel pallone gonfiato. E se Rukawa non fosse stato un volpino surgelato era sicuro che anche lui si sarebbe spanciato fino a piangere.

L’aria iniziò a farsi pesante, e cominciarono a partire le prime minacce e le relative risposte da una parte all’altra.

«Piantatela, tutti!», gridò il Gorilla.

Il quadretto si concluse con l’arrivo di Minami, il Capitano del Toyotama, che richiamò alla calma i suoi ragazzi.

«Rukawa, stai molto attento a quel tipo», lo mise in guardia Maki, affiancandolo.

«Akagi, siamo tutti sportivi. Comunque vada l’incontro non ci sarebbe alcun rancore, giusto?», stava dicendo Minami, o Calimero, come aveva bofonchiato Hanamichi appena aveva visto il ridicolo taglio di capelli del ragazzo.

«Certamente», rispose Akagi, più serio che mai.

Il Toyotama si allontanò senza aggiungere altro, tranne uno dei giocatori, un bisonte che più tardi scoprirono essere il playmaker, e che diede una spallata così forte al povero Miyagi, che cadde a terra per il colpo.

«Oh, scusa… non ti avevo visto!».

Ryota strinse i denti per l’affronto. «Hai comprato il biglietto del treno?», gli chiese, facendolo voltare, mentre si rimetteva in piedi. «Già, perché dopo l’incontro di domani ve ne tornerete a casa, no?».

«Ahaha! Bella così, Nano!».

«E non chiamarmi “nano”, Hanamichi!».

 

*

 

Quella sera stessa l’aria di tensione tra i giocatori dello Shohoku era palpabile. Hime poteva capirlo solo guardando i suoi amici negli occhi. Era un’occasione importante per tutta la squadra, ma ancor di più lo era per Akagi e Kogure, che avevano solo quell’unica chance per poter dire di aver partecipato al Campionato Nazionale. E perché no, vincerlo!

Hanamichi era al piano di sotto, intento a parlare al telefono con la sua adorata Harukina-cara, mentre Ryota era andato a rilassarsi alle piccole terme all’interno di quella graziosa pensione. Rukawa? Beh, lui dormiva da ore, come era prevedibile.

Hime, invece, era accucciata accanto a Mitsui, sdraiato invece sul futon e intento a leggere e rileggere la rivista di quella mattina. Con loro c’era anche un silenziosissimo Akagi, perso a guardare fuori dalla finestra.

«Io davvero non capisco. Perché ci hanno classificato come squadra di classe C?», si lagnò Hisashi, offeso contro chiunque avesse stilato quella graduatoria.

«Forse perché è la prima volta che lo Shohoku riesce a salire così in alto e credono sia stata solo fortuna», disse Hime, stringendosi le gambe al petto.

«Già, l’altra sera ci hanno chiamati “meteore”».

«Cosa?! Ma come si permettono?!», s’infervorò la rossa, facendo sospirare l’amico. «Appena becco la signorina Aida le chiedo se conosce quest’energumeno che ha osato dire una cosa del genere!».

«Hime, ti stai comportando esattamente come Hanamichi», le fece notare con una punta di sarcasmo l’amico.

Lei si mise a ridacchiare, rendendosi conto che sì, in effetti stava divagando un po’ troppo. Si era addirittura messa in piedi, in una ridicolissima posa plastica da superman. «Ok, scusami… è la tensione».

«Akagi, che succede?», chiese Kogure, aprendo in quel momento la porta a scomparsa ed entrando nella stanza.

Hisashi e Hime alzarono lo sguardo sul Capitano, stranamente troppo quieto.

«Mitsui, dimmi… quando eri alle medie ti capitava mai di sentirti teso prima di un incontro?», gli chiese Takenori, serio.

L’altro fece spallucce. «Mah, non saprei…».                                                                                               

«Io non sono mai stato teso come oggi», confessò Akagi, facendo sbalordire tutti. «Non riesco a smettere di tremare». Prese un respiro, anche se non servì a calmarsi. «Vado a farmi una corsa per rilassarmi».

Hime si alzò, seguendolo. «Vengo con te, Capitano!». Gli sorrise candidamente quando lui la guardò sorpreso.

Akagi annuì, iniziando a correre senza aspettarla.

«Ehi, non sei tu quello che deve dare il buon esempio ai suoi giocatori?», gli disse Hime, affiancandolo.

Le lanciò un’occhiata indecifrabile, ma non certo di quelle micidiali che era solito elargire come pane. «Lo so, scusami».

La ragazza gli batté affettuosamente una mano sul braccio. «Vedrai, Capitano, porterai la tua squadra molto lontano… ne son convinta».

Prima che Akagi potesse dire qualsiasi cosa, una voce squillante risuonò nella notte.

«Ehi, Gori! Hicchan?! Che state facendo?!», sbraitò peggio di una lavandaia Hanamichi, balzando accanto ai due e seguendoli.

«Uncinetto, Sakuragi. Non vedi?», borbottò Takenori, facendo scoppiare a ridere la ragazza e lasciando parecchio perplesso il fratello.

«Sai, Gori, non so perché ma l’idea di te che fai uncinetto, magari con gli occhialini sul naso e la cuffietta della nonna in testa, mi piace parecchio! Ahaha!».

Akagi sbuffò. «Ma la lingua la usi solo per sparare cazzate?».

Se ci fossero stati Mitsui o Ryota, o peggio ancora Kaede, qualcuno avrebbe sicuramente ribattuto che sì, poteva usarla solo per quello, povero sfigato. Akagi tirò un sospiro di sollievo per non dover assistere a una menata del genere. Nonostante tutto, però, si ritrovò a sorridere. Diede una veloce occhiata ai due fratelli, che avevano iniziato a blaterare cose senza senso come il loro solito, e li ringraziò mentalmente. In fondo, anche se quei due psicopatici di Sakuragi l’avevano fatto invecchiare prima del tempo, non poteva non essergli riconoscente. Ricordava ancora di quando la ragazza era comparsa per la prima volta in palestra, entusiasta di poter dare una mano come manager; aveva subito legato con tutti e non poteva negare che già lei avesse portato una ventata di aria fresca. Poi qualche giorno dopo era arrivato l’altro imbecille del fratello e da lì all’Inferno il passo fu veramente corto. Ma alla fine quelle due teste calde si erano rivelati l’ottimo rimedio per i momenti di crisi, di qualsiasi genere essi fossero. Soprattutto quella capa bacata di Hanamichi, ottima valvola su cui sfogare i propri pugni.

«Ehi, Gori». Akagi lo guardò, sospirando e preparandosi mentalmente alla prossima cavolata del rossino. «Vedrai che batteremo sia il Sonno che l’Aiwa!».

«E cosa te lo fa pensare?».

Hanamichi sorrise candidamente. «Ma è ovvio, io sono un Genio!».

* * * *

Piccolo siparietto per l’autrice:

Buon inizio di settimana a tutti, gente! Come annunciato questo è probabilmente il penultimo capitolo di WB, il prossimo, a meno di un’idea geniale, sarà l’epilogo. Ma non temete (?!), ho già buttato giù la prima bozza per un seguito, sia perché ci sono punti in questa storia che non sono stati spiegati a dovere (vi starete arrovellando ancora per capire che è successo tra Ayako e Ryota in ritiro, vero? Io mica me ne sono dimenticata! :D) e che hanno bisogno di essere approfonditi con più calma, sia perché il circus di Slam Dunk non smette mai di darmi idee su idee! Questa è stata una fanfiction più che altro incentrata sulla scimmietta selvaggia del Kainan, dato che è un personaggio che adoro ma che, ahimè!, mi sembra un po’ sottovalutato… La prossima, se la scriverò veramente, non avrà un personaggio “principale”, ma darò il giusto spazio che si meritano a tutti questi adorati “ragazzi selvaggi”. :)

Un grazie a Fix89thebest che ha aggiunto WB tra le seguite! E ovviamente a tutti voi carissimi lettori e lettrici! (siete in vacanza, vero? VERO?! XD)

Ci vediamo presto!

Un abbraccio strittoloso,

Kenjina.

 

 

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Capitolo 29
*** Friendship - Epilogo ***


La cena, a differenza del pranzo, fu più movimentata

Capitolo XXVII

Friendship - Epilogo

L’aria salmastra era sempre stato uno dei loro odori preferiti. Era un vero toccasana sia per la mente che per il corpo. Quando erano bambini il padre li portava sempre al mare, per farli divertire sulla sabbia e fargli respirare il buon profumo dell’oceano. Era così grande, pensavano i fratellini, che secondo loro neanche  l’uomo più assetato del mondo sarebbe riuscito a berlo tutto!

 

«Hana-chan! Aspettami!», gridava una bambolina dai capelli rossi ritirati in due simpatiche codette.

«Dai, Hicchan! Raggiungimi!», rispondeva il fratello, con un sorrisone da orecchio a orecchio.

«Kaede, tu non giochi con loro?», chiese il padre delle due piccole pesti ad un terzo bambino dai capelli corvini.

«Prima finisco questo, signor Sakuragi».

L’uomo gli si avvicinò e vide una palla di sabbia che il bambino, con un dito, stava decorando con delle linee tremolanti.

Kaede sorrise appena la sua palla di sabbia da basket fu pronta. Ma il sorriso gli morì in gola quando Hanamichi gli corse davanti, prendendo in pieno con un piede il suo capolavoro. Guardò arrabbiato il bambino e, come avrebbe fatto dieci anni dopo, prese i resti della sua palla e glieli lanciò, beccandolo in testa.

La piccola Hime si sedette sul bagnasciuga, accanto a quello che era già il suo migliore amico, ridendo a crepapelle, mentre il fratello s’infervorava, con le lacrime agli occhi.

Il padre s’inchinò e gli accarezzò la testolina rossa, ora piena di granelli di sabbia umida, e sorrise. «Bel colpo di testa, Hanamichi!».

 

Hime si mise a ridere da sola, ripensando a quel momento che ancora ricordava proprio come se fosse stato il giorno prima.

Il fratello, seduto accanto a lei con in mano una lettera da parte di Haruko, la guardò preoccupato. «Hicchan, tutto bene?».

Lei annuì, poggiandosi contro la sua spalla. «Sì, va tutto bene».

«Ma dimmi tu quel volpino! Sembra che lo faccia apposta a venire qui a correre!», si lagnò Hanamichi, guardando Rukawa che, come ogni pomeriggio, si allenava sulla spiaggia. Aveva ricevuto l’ingaggio per la Nazionale Juniores del Giappone dopo la partita contro l’Aiwa, che aveva anche decretato la fine dei loro Campionati, e per questo doveva allenarsi doppiamente per essere all’altezza. Hime era rimasta sorpresa quando aveva scoperto che sarebbe stato in ritiro proprio vicino alla clinica dove il fratello stava facendo riabilitazione; e fu contentissima di poterlo andare a trovare durante gli allenamenti estenuanti al quale il coach della Nazionale lo sottoponeva. Hanamichi, invece, la considerava una mezza maledizione. Soprattutto quando si trovava quella brutta faccia di volpe in clinica che, diceva lui, sembrava peggio di un uccellaccio del malaugurio. In realtà sia Hanamichi che Kaede erano intimamente felici di continuare a prendersi a insulti anche durante la loro mancanza dallo Shohoku, ma il loro orgoglio era troppo smisurato per poterlo ammettere apertamente. Del resto a modo loro dichiaravano il loro affetto ogni volta che se ne presentava l’occasione. A modo loro.

Kaede salutò i fratelli con un cenno del capo, proseguendo per la sua strada.

«È ovvio che hanno preso lui perché io sono infortunato! Non può essere altrimenti!».

Hime rise, dandogli un sonoro bacio sulla guancia. «Sì, è sicuramente così, Hana! Vedrai, quando la schiena ti tornerà nuova di zecca chiameranno anche te».

L’espressione crucciata di Hanamichi si tramutò presto in un sorrisone. «Haruko dice che mi aspettano tutti!».

«E certo, mica possono fare a meno di un Genio come te!», gli disse, scompigliandogli i capelli, ormai già un po’ più lunghi di com’erano appena rasati.

«Sai, mi manca il basket», le confessò, triste. «Non pensavo che potessi innamorarmi così tanto di una palla!».

«Ti capisco, Hana, è normale. Quando cominci a giocare, anche se all’inizio gli allenamenti ti sembrano stupidi o stancanti, poi non potrai farne a meno», gli sorrise. «Tornerai più forte e motivato di prima, proprio come ha fatto Hisashi».

«Già, Mitchi ha passato davvero un brutto momento».

«Ma ne è uscito da campione».

Hanamichi annuì, pensoso. «Vincerò questa partita anche io, vedrai Hicchan!».

Lei rise, convinta che il fratello avesse pienamente ragione. Chi l’avrebbe mai detto che Hanamichi Sakuragi, colui che aveva sempre considerato il basket e gli sport in genere una perdita di tempo, ora fremesse per tornare ad allenarsi?

«Hicchan, grazie per essere qui con me».

Lei gli prese una mano e gliela strinse forte forte. «Hana, sei la persona più importante della mia vita, insieme alla mamma e al papà. Anzi no, sei la mia vita».

Il fratello si lanciò per abbracciarla con tutto l’affetto di cui disponeva, facendola commuovere per la sua infinita dolcezza.

«Sai, non riesco a immaginare come saranno gli allenamenti senza il Gori», disse mogio mogio, poco dopo.

«Stai tranquillo che se non ci penserà Ryota a farti rigare dritto ci sarà Ayako con i suoi ventagli!», scherzò Hime. «E poi te l’ha detto anche Haruko che il fratello è sempre in palestra a controllare. Evidentemente manca tanto anche a lui, il basket».

«Nonostante tutto mi ci sono affezionato a quel bestione». Hanamichi guardò il cielo. «E mi fa senso ammetterlo, ma non vedo l’ora che mi insegni altro. Quando tornerò dovrò prendere il suo posto di centro!».

«Non montarti la testa, pivello».

I fratelli saltarono dallo spavento, troppo presi nei loro discorsi per accorgersi di Rukawa che era tornato indietro nella sua corsa e si era seduto accanto a loro.

Rimasero tutti e tre in silenzio, a contemplare il mare che placidamente ondeggiava a pochi passi da loro, consapevoli che, finché fossero rimasti insieme, non sarebbero servite parole per capirsi. Poi Hime si sdraiò sulla sabbia, facendo fare la stessa cosa agli altri due. Li prese entrambi per mano e sorrise, felice.

«Vi voglio bene», sussurrò, chiudendo gli occhi e pensando a una terza persona che in quel momento mancava, ma che mentalmente era sempre con lei.

Hanamichi le diede un bacino, accoccolandosi accanto alla sorella, mentre Kaede come sempre non disse niente; solo la sua mano grande, che stringeva quella minuta della sua migliore amica, parlava per lui.

Sì, era proprio vero. Tutti e tre insieme non avevano bisogno di parole per comunicare. La sola amicizia che li legava valeva più di mille monologhi.

Keep smiling, keep shining

Knowing you can always count on me, for sure

That’s what friends are for

In good times, in bad times

I’ll be on your side forever more

Oh, that’s what friends are for.

[Dionne Warwick, That’s what friends are for]

Fine.

* * * *

Piccolo siparietto per l’autrice:

E fine fu! E’ passato poco più di un anno da quando ho pubblicato questa fanfiction, ma mi sembra fosse ieri! E’ incredibile quanto il tempo, scrivendo WB sia volato… Mi son divertita troppo a scrivere di questi pazzi, come sempre del resto! :) Ma ve l’ho detto, se volete ancora seguirmi su queste reti prossimamente pubblicherò anche il seguito, che con molta probabilità si chiamerà Bar America… Il perché lo scoprirete solo leggendo! :P

Un grazie a lilli84 che ha commentato anche il penultimo capitolo (sei sempre così gentile <3), grazie tutti coloro che hanno commentato: a MihaChan la pazza (tesoro, grazie grazie mille per il tuo sostegno! E per avermi aiutata nel momento del bisogno XD :*), a Black_Moody (desaparecida :*, quanto mi hanno fatto ridere i tuoi commenti?! Uno spasso XD), a kuro (hai visto che alla fine l’ho finita? Son stata brava? *_* Grazie mille per tutto :*), a gaara4ever, SangoChan88, asthenia, Trilla, ayakuccia, Lili Rose e lucilla_bella!

Grazie a asthenia, ayakuccia, Black_Moody, giugiu182, glo91, klikka, kuro, LaDolceFragola_991, lilli84, masychan, MihaChan, Nena89, SangoChan88, sophia90 e Talia per averla inserita tra i preferiti e ugualmente Felix85, Fix89thebest, masychan e Nena89 per averla inserita tra le seguite!

Se ho dimenticato qualcuno chiedo perdono, ma siete tanti e io sono emozionata! *o*

/me commossa

E non da ultimo grazie al Sensei, che ha creato questo mondo fantastico che è Slam Dunk e che non mi farà mai smettere di sognare e ridere. Mai. Grazie Inoue-san!

Questo kyokuba che saltella alle mie spalle vi saluta tutti calorosamente! …Tranne Akagi che mi sta mezzo strozzando con i suoi famosi boxer “l’abito non fa il monaco”, minacciandomi per fargli avere la sua giusta vendetta nel prossimo capitolo della “saga”… Io dico di si, ma tanto lui è solo frutto dell’immaginazione… che potrà farmi?!

Grazie ancora a tutti! Un abbraccio strittolosissimo e a presto, si spera!

Kenjina.

 

 

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