Salve a tutti! Non
pensavo di ricevere commenti e addirittura un preferito solo per il prologo!
*_* /me danza contenta
Lucilla_bella: già, ieri ho finito
il sedicesimo XD nel giro di una settimana mi è venuta l’ispirazione e ho
scritto tutto °_° Per quello ero indecisa se pubblicarla o meno, perché è
avvenuto tutto troppo in fretta! E grazie mille per la scrittura! *_* Spero di
rendere al meglio tutti i personaggi e di dare onore alla lingua italiana; è così
bella per storpiarla! ;O;
Lili Rose: grazie mille anche a te! Spero che questo
capitolo ti piaccia! ^^
E grazie anche a HPalessandra per
il preferito!
E ora diamo inizio
veramente a questa fanfiction!
Buona lettura,
Kenjina.
Capitolo
I
Sakuragi no
Baka!
Akagi,
ormai, stava fumando rabbia da tutti i pori. Non era servito un mite Kogure o
una buona Ayako a sedare la sua collera. Le uniche due cosa che avrebbero
potuto scaricare il nervoso del Gorilla erano le teste rosse dei Sakuragi che,
per un ignoto motivo, ancora non erano spuntate da nessuna parte. Erano in
ritardo, in tremendo ritardo. E la tentazione di partire senza di loro era
parecchio forte per scartarla.
«Si
può sapere che fine hanno fatto quei due?», chiese Ayako a un Miyagi perso nei
suoi riccioli scuri.
«Spero
si siano ammazzati, almeno ce li togliamo dai piedi», abbaiò Akagi, stringendo
gli occhi nel guardare l’angolo dal quale sarebbero dovuti apparire i due
gemelli. Perché Kami-sama[1] era stato
così crudele con lui da affibbiargli quell’accoppiata micidiale? Che aveva
fatto di male nella vita per meritarsi quei due?
«Hn… purtroppo no», fu il commento assonnato della volpe
artica, che reprimeva a stento uno sbadiglio.
Akagi
guardò i due correre come matti, trascinandosi due sacche più pesanti di loro,
probabilmente cariche di tutto fuorché di cose effettivamente utili.
La
coppia non fece in tempo ad arrivare sotto le grinfie del Gorilla, che questo
assestò due pugni nella capa rossa del ragazzo.
«Itai![2] Orrido
gorillone!», si lamentò Hanamichi, tenendosi dolorante la testa lesa. «Si può
sapere perché i pugni che spettano a lei me li devo sempre prendere io?!».
Hime
sorrise birichina, battendogli una mano sulla spalla. «Perché io sono una donna
buona e tenera, e Akagi nonostante l’aspetto da bestione è un vero gentleman!».
Inutile
dire che a quelle parole (che fecero scoppiare a ridere tutti) l’istinto ferino
del centro dello Shohoku lo stava spingendo a tirare un bel pugno anche alla
ragazza. Ritrovando il suo karma[3] interiore,
Akagi li passò in rassegna attentamente. «Non ho intenzione di sopportarvi
questi giorni. Vedete di calmarvi!».
Hime,
sorridendo innocentemente, agitò con fare noncurante la mano. «Oh, Gori, non
preoccuparti! Lo terrò a bada io, questo scalmanato!».
Ayako
si avvicinò all’amica, mettendosi le mani sui fianchi. «Hime, ricordati che io
non esito a usare il mio ventaglio, eh!».
«Sì,
sì, lo so bene, mamma».
Miyagi
e Mitsui, che avevano assistito alla scena senza sapere se ridere o vergognarsi
di avere certi elementi in squadra (come se loro fossero degli angioletti,
poi), si avvicinarono ai due, con un sorrisino vispo.
«Come
sempre, se non fate un’entrata in scena degna dei Sakuragi non siete contenti,
eh?», chiese la guardia dello Shohoku.
I
gemelli sistemarono le sacche nel cofano del pullman che li avrebbe portati in
ritiro, volgendosi verso i due con il segno della vittoria e un sorriso
sornione stampato sulle labbra. «Siamo due geni, no?!», esclamarono in coro.
Come
si aspettavano tutti, in pullman la situazione iniziò a precipitare.
«Ahaha! Gran bell’arrivo, Sakuragi!», esclamò Kiyota,
alzandosi sul suo sedile dal fondo del mezzo. «Degno di due scimmie come voi!».
«Checcosa?!», gridarono i due, rivolgendogli uno sguardo di
fuoco.
«Su,
ragazzi, prendete posto! Così vediamo se ci siamo tutti», disse Ayako, eletta
(chissà perché proprio lei) manager ufficiale del ritiro. Hime era rimasta profondamente ferita da quella scelta.
I
due fratelli presero posto negli unici sedili liberi del pullman, al centro,
vicino a Miyagi, Mitsui e a un volpino che già stava dormendo, sfracellato
contro il vetro del finestrino e un rivolo di bava che fuoriusciva dalle labbra
semiaperte.
Senza
neanche dare ascolto a quello che Ayako diceva, Hanamichi stava già pensando a
un bello scherzo da fare alla super matricola dello Shohoku.
Ma
l’ombra di Akagi di fronte a lui gli fece freddare tutti i bollenti spiriti.
«Tu, Sakuragi. Vieni con me».
Il
ragazzo, preso e tirato per un orecchio nonostante le sue lamentele, venne
portato sotto la stretta custodia del Gorilla che, però, non si dimenticò della
ragazza. «Ti sto osservando, Hime Sakuragi».
Lei
sorrise candidamente, facendo scendere un gocciolone ai due seduti davanti.
«Sei
incredibile, Hicchan», disse Ryota, facendola ridere.
«Il
problema è che ne va fiera», continuò Hisashi, scuotendo la testa.
«Ehi,
femmina di scimmia rossa! Vedi di tenere a bada i tuoi stupidi neuroni, per il
bene di tutti!».
Hime
si voltò, stringendo gli occhi castani. «Tu, invece, nonostante quella fascia
di protezione, non riesci proprio a evitare la fuga del tuo cervello, eh
Kiyota?».
La
scimmietta del Kainan divenne rossa per l’affronto, soprattutto perché quella
frase aveva sortito l’effetto sperato anche tra alcuni suoi compagni di
squadra; per non parlare di quelli dello Shohoku, che stavano letteralmente
rotolando dalle risate (sempre con le dovute eccezioni).
«Kiyota,
evita di provocare, per favore», disse imperativo Maki, seduto al suo fianco.
Il
ragazzo lanciò uno sguardo infuocato alla ragazza che, con un altro sorriso
furbetto, si voltò a parlare amabilmente con Miyagi e Mitsui.
Il
viaggio iniziò nel caos, ma questo era prevedibile come il sole che sorge a est.
Da una parte lo Shohoku, tra risate, pugni in testa, gorilla vari infuriati e
volpini in letargo; dall’altra il Kainan, tra proclamazioni di supremazia e
frecciatine ben assestate.
Dopo
un quarto d’ora dalla partenza Hanamichi, eludendo la sorveglianza del gorilla
impegnato in un momento di distrazione con gli allenatori Anzai e Takato, prese
il microfono del pullman, sotto lo sguardo sbalordito del conducente, che pensò
seriamente di buttarsi dal mezzo in corsa.
«Signori
e signore, è il genio che vi parla! Vorrei annunciarvi che alle vostre spalle
potete osservare un raro esemplare di scimmia selvaggia proveniente dal Kainan!
E con lui il suo domatore personale!».
Hime
scoppiò a ridere nel momento in cui un Akagi letteralmente furioso prendeva il
microfono e lo tirava in testa al fratello, promettendogli di infilarglielo su
per il naso se avesse azzardato qualcosa di simile in futuro – mentre il
conducente guardò con crescente interesse il finestrino aperto e l’asfalto che
si muoveva velocemente sotto di lui.
Kiyota,
invece, se non fosse stato trattenuto per il bordo della felpa da un Maki
avvilito per essere stato definito l’ammaestratore del suo numero dieci,
sarebbe balzato su quell’imbecille di Sakuragi e l’avrebbe riempito di botte.
Cosa che sopportò ancora di meno fu la risata della ragazza, acuta e
decisamente troppo contagiosa per i suoi gusti.
Si,
assolutamente doveva inventarsi qualcosa in quelle due settimane, per fargliela
pagare.
*
Il
viaggio proseguiva da un’oretta buona, tra il solito disordine.
Hanamichi
stava raggomitolato sul suo sedile con le braccia conserte e un faccino
imbronciato, sotto lo sguardo attento e ormai già bello che schizzato di Akagi,
che non aveva nessuna intenzione di mollarlo per un secondo.
Hime,
invece, stava chiacchierando con Ayako, che si era sistemata accanto a lei al
posto del fratello; davanti a loro Miyagi e Mitsui si erano voltati verso di
loro, con le braccia appoggiate al proprio sedile.
«Ma
c’è anche la piscina, quindi?», chiese sempre più interessata Hime, con gli
occhioni ormai al culmine della brillantezza.
«Si,
c’è la piscina, la stanza termale e la palestra. Poi affianco c’è l’impianto
sportivo, con due campi da basket al coperto, uno all’aperto e uno da tennis.
Spero solo che non ribaltiate quel posto in queste settimane, ragazzi».
«Ma
no, Aya-chan! Fidati di noi!», esclamò Miyagi, completamente perso.
«Di
voi posso anche fidarmi, Ryota. È di loro che non mi fido», fece la manager
dello Shohoku, indicando i due fratelli.
«Ayako,
così mi si spezza il cuore!», esclamò melodrammatica Hime, portandosi le mani
sul petto. Poi, tornando allegra, aggiunse: «Comunque qualcosa per la notte
dobbiamo organizzarla!».
Hisashi
piegò la testa di lato. «Immagino che tu e l’amico tuo abbiate già in mente
qualcosa».
Un
sorriso sornione gli fece capire tutto.
«Ragazzi,
per favore… comportatevi bene», supplicò Ayako, sull’orlo della disperazione. «Altrimenti
chi lo sente Akagi?».
Hime
l’abbracciò, schioccandole un bacio sulla guancia. «Ci comporteremo malissimo,
puoi contarci!».
I
quattro risero, nonostante un gorilla poco più avanti avesse sentito l’intera
conversazione e stesse già preparando un piano diabolico per troncare ogni cosa
sul nascere.
Mitsui,
guardando in direzione del volpino, esclamò: «Ma come diavolo fa a dormire con
tutto questo casino?».
«La
forza del sonno, cosa tutto non fa!», esclamò Hime, guardando Rukawa e ridendo.
Hanamichi,
percependo solo la parte finale del discorso, balzò sul proprio sedile, alzando
un pugno al cielo. «Ma quale forza del Sonno! Lo sconfiggerò io il Sonno!
Poiché sono un genio! Ahaha!».
«Idiota,
quello è il Sannoh!».
E
nuovamente giù a ridere per le cretinate che diceva il rossino. Anche dal fondo
del pullman partirono alcune sghignazzi divertiti. Sebbene fosse un esagitato,
Hanamichi riusciva a far divertire chiunque. O almeno, quasi chiunque.
«Il
solito demente, non c’è niente da fare», borbottò Kiyota, guardando contrariato
il paesaggio fuori dal finestrino.
«Non
puoi negare che a volte le scemenze che fa e dice non siano esilaranti», disse
sorridente Soichiro Jin, il tiratore da tre del Kainan.
«Bah!».
Nobunaga
alzò lo sguardo oltre i sedili che aveva davanti e sbuffò nel vedere quella
donna-scimmia della Sakuragi alzarsi e barcollare un poco per il movimento del
pullman. Quella ragazza era estremamente insopportabile. Forse anche più del
fratello. Almeno con Hanamichi potevano pestarsi a sangue per scaricare i
nervi. Lei invece era una donna e non avrebbe mai alzato un dito su di lei. A
meno che non fosse proprio lei a iniziare. Accidenti, davvero non la
sopportava. Era incredibile quanto delle volte gli venisse l’istinto di
toglierle quel sorriso impertinente dalle labbra a suon di schiaffi.
Sbuffò
nuovamente, distogliendo lo sguardo. Hime Sakuragi era l’ultima ragazza al
mondo che un ragazzo avrebbe potuto desiderare. Era carina, sì. A stento
arrivava al metro e settanta (a differenza del fratello che era più alto di lei
almeno venti centimetri), ma era ben formata, un viso dai lineamenti delicati,
due occhi nocciola ironici e vispi. I capelli, ovviamente, erano rosso fuoco,
lunghi e mossi, perennemente ritirati in una pinza. Sì, decisamente era una
ragazza “fisicamente accettabile”. Se non si fosse ritrovata il carattere
idiota del fratello.
Hime
si avvicinò ad Hanamichi e al Gorilla, che le riservò un’occhiataccia
terrificante.
«Salve,
Capitano!».
Akagi
grugnì un saluto di risposta, incrociando le braccia al petto e guardando
avanti.
«Hicchan,
il Goril– ouch!».
«E
non chiamarmi Gorilla, idiota!».
La
ragazza sorrise benevola al fratello, che dopo qualche piagnucolio, riprese a
parlare. «Dicevo, il signore qui affianco, prima, ha avuto la brillante idea di
farmi dormire in stanza con lui e Megane-kun[4], per tenermi
sotto controllo! Mi porti via, stanotte?».
Hime
scoppiò a ridere, vedendo il faccino depresso del fratello. «Dai, Akagi, non
vorrai tenerlo in gabbia?».
Hanamichi,
d’altro canto, sbiancò di colpo. «In gabbia… con un gorilla!».
Akagi
riprese a fumare come una teiera, assestandogli il secondo pugno in meno di due
minuti sulla capa rossa. «Ma allora te le cerchi, brutto mentecatto!», sbraitò
furente.
La
ragazza si grattò pensierosa la testa. «Hanamichi, al posto tuo farei il bravo»,
disse seria.
«Ecco,
finalmente parli come una ragazza matura, Sakuragi».
Hime
sorrise furbetta al Capitano, rivolgendosi al fratello. «Più che altro vedi di
procurarmi qualche banana quando sarai lì dentro!».
Per
poco Akagi non le rifilò una gomitata sul fianco, se non fosse stato per la
rapidità della ragazza che, sentendo l’odore del pericolo (volutamente
cercato), si era velocemente allontanata.
«Che
idiota».
Hime
si avvicinò al volpino, che teneva ancora gli occhi chiusi. «Allora non stai
dormendo, bella addormentata!».
Rukawa
brontolò qualcosa simile a un “hn”, mentre lei gli si
sedeva accanto.
«Risparmiami
la tua voce, ti prego».
Hime
rise, asciugandosi una lacrimuccia dall’occhio. «Kaede, a volte sei più
simpatico di Hanamichi».
«Chi
è più simpatico di me?!», gridò il diretto interessato, facendo voltare tutti
verso di lui.
«Una
scrofa», fu il commento di Rukawa, che si sistemò noncurante nel suo sedile.
«Ma
brutta volpaccia!».
«Calmati,
idiota!».
«Oh
oh oh!».
Hime
scoppiò nuovamente a ridere, sentendo anche il riso della Nonnetta. Era
inutile, con quel branco di matti si divertiva troppo! E sicuramente quel
ritiro si prospettava all’insegna del caos totale!
[1] Kami-sama: “Kami” è il nostro “Dio”, mentre “-sama” è un suffisso parecchio formale che si utilizza per rivolgersi a persone di alto rango, più anziane o, in questo caso, a divinità.
[2] Itai: “Che male!”
[3] Karma: direttamente dalla Wiki “Karma è un termine sanscrito (traducibile grossolanamente come agire, azione) che indica presso le filosofie orientali il principio di azione-reazione che regola la vita di tutto ciò che è manifesto nell'universo.”
[4] Megane-kun: “Magane” significa “Quattrocchi”, il soprannome che Hanamichi ha dato a Kogure. Il suffisso “-kun”, invece, è utilizzato per rivolgersi a coetanei per sottolineare un certo rispetto. È utilizzato anche da ragazzi verso persone più grandi per indicare confidenza e anche da ragazzi a ragazze, anche se questo è più raro trovarlo.