Bang! L'avventura di Willy the Kid - Seconda Stagione

di Fireslot
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 - Sono a casa, Rose Doolan ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 - Liberiamo Temple ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 - Confrontando cicatrici di guerra ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 - Scopri le carte, Black Jack ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 - Sotto tiro, Pedro Ramiréz ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 - Il nemico del mio nemico è mio amico ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 - Scappa, Calamity Janet ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 - Sono a casa, Rose Doolan ***


Disclaimer: Ogni personaggio appartiene al gioco di carte “Bang!”, proprietà esclusiva della Da Vinci Editrice S.r.l. Qualsiasi riferimento a un qualunque elemento del gioco è assolutamente Non a scopo di lucro.
 
Riassunto prima parte:
 
Il cacciatore di taglie Willy the Kid insegue un fuggiasco fino al deserto di Sonora. Quando Paul Regret, il ricercato, tenta di riscattarsi vuotando il sacco circa una tratta di schiavi illegale, un misterioso uomo in nero lo fredda con un colpo a distanza.
Willy ripercorre le tracce della vittima, senza cavarne un ragno dal buco: sconfiggendo il bandito Bart Cassidy a Las Cruces, il fuorilegge confessa di aver partecipato a quella stessa attività schiavista e suggerisce al cowboy di cercare indizi ad Amarillo.
Giunto a destinazione, Willy viene a sapere che il famigerato Jesse Jones ha cinto d’assedio il maniero del governatore e lo tiene prigioniero. Kid si lancerà al salvataggio, ma durante l’impresa si scontrerà con Kit Carlson, un vecchio comandante dei Ranger da tempo sulle tracce del nostro eroe. Si sbarazza di lui e scova il nascondiglio di Jones; dopo uno scontro a fuoco, il governatore Lucky Duke riesce a liberarsi e spara a tradimento il suo rapitore. Liquida con una grossa ricompensa il suo salvatore, che però s’insospettisce sul codardo comportamento del politico.
Si dirige a Fort Worth dal suo mentore, Sid Ketchum, uno zoppo barista e abilissimo detective, al quale chiede indizi riguardanti il governatore del Texas. In cambio di queste informazioni, Sid gli chiede di sbarazzarsi di Vulture Sam, un criminale che attacca diligenze private lungo il confine tra l’Oklahoma e il Texas.
L’operazione non va a buon fine e Willy fallisce la sua missione. Inoltre incontra una sua amica d’infanzia, Suzy Lafayette, della quale è segretamente innamorato ma non vuole accettare la sua infatuazione. La ragazza si dimostra impacciata e ostacola la caccia all’avvoltoio, costringendo il suo compare a fare tappa forzata a Ardmore.
Qui vengono sorpresi dal pericolosissimo bandito Jourdannais, che assieme alla sua numerosa banda ha conquistato l’intera città, nella speranza di trovare El Gringo, ladruncolo che lo ha ingannato. Con uno straordinario gioco di squadra, Willy e Suzy catturano l’intera gang e liberano la città.
Riprendono la caccia e ritrovano Vulture Sam: Suzy lo fredda con un colpo di pistola, aiutandosi con un mirino, strumento di precisione che Sid aveva donato a Kid per completare la missione. Dopo una lunga festa, Willy abbandona Lafayette a Hugo, ritornando lemme lemme dal barista.
Assistendo al tiro da maestro della compagna, si convince che il sicario in nero fosse dotato anch’egli di un mirino, così chiede a Ketchum di scoprire il nome di chi avesse acquistato quell’articolo. Sid accetta la sfida e mantiene la promessa, rivelando al cacciatore che il contatto in grado di informarlo sulla sinistra vita del governatore è un certo Black Jack.
 I due si congedano e l’avventura di Willy the Kid continua verso sud, destinazione Austin.
 
 

Capitolo 1: Sono a casa, Rose Doolan

 
Di fronte al panorama incontaminato e interminabile della campagna attorno a lui, Willy rievocava gli spettri di un’infanzia spensierata, così lontana che non riusciva a contare quanti anni prima si fosse lasciato quella vita alle spalle. Eppure l’oasi rurale di Temple era ancora lì, bella come una volta: era una piccola città a qualche miglio a nord di Austin, con un numero tanto esiguo di abitanti che si sarebbe potuto numerare con le dita. Appena fuori dal centro abitato, vari ranch* si alternavano sul sentiero, reclamando ognuno i propri appezzamenti.
Tuttavia Kid percepiva qualcosa di diverso dalla familiare e calorosa sensazione che Temple offriva, avvertiva un cambiamento che offuscava il clima gaio della città. Fu solo un attimo, lungo quanto il tragitto necessario al pistolero per scorgere la sua meta oltre le colline. Lanciò Branco al galoppo giù per i pendii, rendendo sempre più leggibile la grande insegna bianca “Doolan’s Ranch”. Oltrepassò la soglia accompagnato da un concerto di “Howdy”* dei mandriani che lo riconobbero, sfrecciando tra i campi verso l’abitazione.
Giunto in prossimità di essa, scorse la sagoma di una donna dagli splendenti riccioli d’oro seduta su una sedia a dondolo all’ombra del pianerottolo. Quando lei si alzò per salutare il cowboy con la mano, lui rispose al saluto impennando il destriero e sollevando il cappello solennemente.
Smontò da cavallo, le corse incontro e la abbracciò calorosamente, esclamando: «Sono a casa, mamma.»
«Lo vedo, ragazzo.» rispose lei con la stessa soffice voce di un tempo, «Quanto sei cresciuto. Cielo, sei diventato un vero un uomo.»
Più la guardava negli umidi occhi verdi, più Kid notava i primi segni della vecchiaia, quali sottili rughe tra le gote e le prime radici bianche nella corta chioma della donna. Nonostante tutto questo, lei era bella e solare come tanti anni prima.
Rose lo accolse per condividere del caldo caffè, deliziosi dolcetti e piacevoli risa. Gli chiese di narrare le sue gesta e lui raccontò tutte le sue disavventure: la perdita di Paul Regret, la cattura di Bart Cassidy e il salvataggio del governatore, episodio che anche la sua matrigna sembrava aver udito nella lontana Temple. Quando poi parlò del suo incontro con Sid Ketchum, la donna scoppiò a ridere, ripensando allo smilzo barista e ben conoscendo il rapporto che li legava.
«Cosa ti ha costretto a fare, quel diavolo incarnato?» gli chiese Rose.
«Nulla di particolare, testare le sue maledette invenzioni. Per colpa delle sue manacce, sono stato costretto a correre dietro un avvoltoio per quattro giorni.»
«Un avvoltoio? Intendi Vulture Sam?»
Willy la guardo sbigottito: «Come fai a saperlo?»
Rose sollevò da uno scrittoio una lettera dalla calligrafia elegante, spiegando: «Ho ricevuto questa da Suzy.»
Per quanto Doolan fosse in grado di leggere tra le righe degli occhi di Kid, lui tentò comunque di mascherare il suo sgomento e ribatté vago: «Mi ha battuto sul tempo. Quand’è arrivata?»
«Proprio ieri. Mi ha scritto che saresti venuto a trovarmi molto presto, ma non immaginavo così tanto.»
«Mi legge nella mente come un libro aperto. Non le avevo detto che sarei venuto qua, l’avrà intuito quando abbiamo parlato della sua pistola.»
«Ha comprato una Buntline Special*, lo so. Come se la cava?»
«Non male, direi. Mi ha rubato il mirino che Sid mi aveva chiesto di collaudare.»
Rose rise: «Che dire, è una ragazza piena di sorprese.»
Willy rispose con appena un cenno della testa, calando lo sguardo sul suo caffè per non affrontare gli smeraldi materni. Ci fu una sgradevole pausa.
«Perché l’hai abbandonata di nuovo?» chiese lei con un tono piatto, lasciando intendere però tutto il suo disappunto.
«Non lo so spiegare bene. Però una cosa è certa: in questi mesi in cui sono stato solo mi sono sentito… come dire… bene, soddisfatto di me stesso. Avevo bisogno di trovare libertà, disegnare i miei spazi, non dovermi legare a qualcosa o qualcuno...»
«Sei uno sciocco, William!» tuonò Rose, accigliata in volto.
Kid si sorprese di tanta foga: lei era l’unica a chiamarlo con il suo nome di battesimo e, quando lo faceva, non era mai un buon segno.
Rose riprese la rampogna: «Sai bene che questo tuo scorrazzare come cacciatore di taglie è solo una scusa per distrarti dai tuoi tormenti e dalle tue paure. Appena ti sei trovato in difficoltà, sei corso da Sid per trovare un appiglio nel buio delle tue indagini. Sei tornato qui da me nella speranza di trovare conforto per il rimorso di aver lasciato la povera Suzy un’altra volta. Nonostante tu sia cresciuto davvero tanto, per quanto questo tuo vagabondaggio ti stia formando, ancora non sei in grado di accettare il fatto che hai una famiglia e un posto dove stare. Mi dispiace infinitamente per i Navajo*, lo sai che erano anche miei amici. Ma ormai non puoi fare più niente per loro.»
Willy sospirò, esalando rammarico che si espanse nella stanza. Si prese del tempo per combattere la sua angoscia e poi trovò la forza per parlare alla sua matrigna: «Quando ho salvato il governatore, ho incontrato Kit Carlson.»
Ancora una volta, il loro dialogo sprofondò nel silenzio, poiché quelle poche parole di Willy riesumarono il dolore comune che provarono anni prima. Senza che chiedesse spiegazioni, senza incuriosirsi di cosa fosse successo tra il Ranger e il figlioccio, Rose strinse l’audace pistolero tra le sue braccia, consentendogli di tornare, per un attimo, il bambino che era stato tra le campagne di Temple. La tempra dell’uomo che era diventato impedì al cacciatore di taglie di versare calde lacrime, però avvertì il piacevole bisogno di sentirsi protetto tra le affusolate mani dell’unica donna che potesse riconoscere come madre. Nelle poche ore di quell’incontro, Willy the Kid era tornato davvero a casa.
Il magico momento fu interrotto bruscamente da un mandriano che, a gran voce, segnalò l’ingresso di un uomo nei confini del ranch. Rose sciolse l’abbraccio e portò il viso alla finestra. Si diresse con un’andatura spedita verso l’ingresso e Willy la seguì, percependo la sua inquietudine. Tre ospiti a cavallo smontarono dalle loro selle: due armadi sui fianchi e un basso, rachitico elegantone, con lunghi capelli platino e lo sguardo avido color ghiaccio, si disposero minacciosi davanti all’ingresso.
Rose sospirò e forzò ogni muscolo mimico a mascherare la sua angustia con un fascinoso sorriso: «Mister Brennan! Qual buon vento vi porta di nuovo da queste parti?»
«Suvvia, signora Doolan, saltiamo i convenevoli.» rispose con un odioso tono gutturale, trasudando ipocrisia da ogni parola.
«Ho saldato ogni debito che avessi con lei, sceriffo.»
«Vede, Rose, abbiamo dovuto aumentare il taglio della tassa di proprietà, ora che i proprietari terrieri sono diminuiti sempre più. Le casse di Temple raschiano il fondo senza contribuenti.»
«Comprendo la necessità di recuperare soldi pubblici, ma è la terza volta che la tassa aumenta improvvisamente negli ultimi dieci giorni. Cosa dovrebbe pensare un brava cittadina come me? Non vorrete mica spillarmi altri soldi per quella sua faccenda personale, Pat?»
Il pallido volto dell’uomo si colorò di un rosso acceso, spingendolo a rispondere con una vocetta ancor più acuta e irritante: «Non m’importa niente dei nostri trascorsi, sono acqua passata! Avete tempo entro domani sera per saldare i vostri debiti, oppure dovrò riaprire quell’occhio che avevo chiuso per la faccenda del passaggio di proprietà.»
«Credo proprio che lei debba chiuderli tutti e due, mister.» intervenne Willy con durezza, ponendosi a qualche centimetro di distanza dal mingherlino Pat e irritando le guardie del corpo fino a circondarlo da ambo i lati.
Tremante come una foglia, Brennan trovò comunque la forza di rispondere con acredine: «Chi è lei, per osare rivolgersi allo sceriffo di Temple in questo modo? Potrei farla arrestare!»
«Mi chiamo William Doolan, diretto discendente di Rose e Simon Doolan. Poiché non sono state pervenute le ultime volontà del suddetto, la legge impone il passaggio di proprietà al primogenito, vale a dire me.»
«Ci hai provato, figliolo, ma tutti sanno che Simon Doolan è morto senza avere figli, perciò la proprietà è passata di diritto a Rose. Purtroppo la legge prevede che alle donne non sia data la possibilità di possedere terreni intestati a loro.»
«Questo non cambia la situazione: in quanto figlio adottivo dei Doolan, anche se solo di mia madre, sono il loro diretto erede, in quanto unico discendente dei due e senza fratelli naturali. Di conseguenza lei è nella mia proprietà come ospite solo perché lo voglio io. Ora fuori dai piedi, o coi piedi la scalcio io da qui.»
Trovandosi dalla parte favorevole della legge, Willy squadrava il basso Pat con lo stesso sguardo con cui un lupo osservava una lepre braccata. Tremolando sulle ginocchia, il vile sceriffo squittì ai suoi uomini di rimontare a cavallo e tornare sui propri passi.
«Non crediate che finisca qui, signora Doolan, questa terra sarà mia in un modo o nell’altro!» minacciò Brennan, nella speranza di avere l’ultima parola e dimostrare un briciolo di virilità.
Quando le code dei cavalli furono lontane all’orizzonte, Willy guardò la sconfortata Rose e le chiese: «Chi diavolo era quel coyote? Cosa vuole fare alla tua terra? E perché non l’ho ancora crivellato?»
«Si chiama Pat Brennan, è subentrato come sceriffo quattro mesi fa. Da allora le tasse sono aumentate ogni giorno per ordine del governatore: uno per volta, tutti i proprietari del ranch lasciavano la terra o ne vendevano pezzi sempre più grandi per poter coprire l’aliquota delle tasse.»
«Ecco perché in città non c’era quasi nessuno.»
«Sì, ma questa è solo la punta dell’iceberg: credo che Pat si serva dei suoi vicesceriffi per danneggiare intere piantagioni o pascoli, così da costringere i proprietari a vendergli le terre per un pungo di spiccioli. E c’è di più: molti mandriani sono spariti.»
«L’ho notato anche io, dove sono finiti tutti i tuoi cowboy?»
«Rapiti, morti, fuggiti, chi lo sa? Però non tutti, solo i miei vaqueros indiani e molti dei miei mandriani neri.»
«Insomma, tutta gente adatta al traffico di schiavi.»
«Che intendi dire?»
«Paul Regret, prima di morire, mi ha confessato di aver partecipato ad un traffico di schiavi illegale. Lui era vicesceriffo di Odessa, può darsi che anche Pat Brennan possa essere della partita.»
«Si spiegherebbero molte cose. Conosco bene Pat, è un mollaccione: non sarebbe in grado di organizzare qualcosa di così complesso, ci sarà di sicuro qualcuno più in alto di lui a tirare le redini.»
«Questo vuol dire che è arrivato il momento di dettar legge contro lo stesso Brennan. Se vuole giocare a fare lo sceriffo di Nottingham, ha appena incontrato Robin Hood.»
 
 
*Note:
  • “Howdy” è il saluto dei veri cowboy, l’informale “Salve” che usiamo noi (ma decisamente più fico). E’ l’abbreviazione di “How do you do”, che significa “come va”.
  • I Navajo sono una famosa tribù pellerossa che vissero nei territori del sud degli U.S.A., in particolare nelle zone meridionali dell’Arizona, del New Mexico e del Texas. Durante il periodo di occupazione da parte dei nordisti, furono scacciati nelle riserve e si concentrarono maggiormente in New Mexico, sparendo quasi del tutto dal Texas. Sono famosi in Italia poiché Tex Willer (mi auguro di non dovervi spiegare chi sia) appartiene alle loro tribù con il nome di “Grande Capo Aquila della Notte”.
  • La Buntline Special è una vera leggenda del West: è una fuoriserie che la ditta “Colt” creò appositamente per lo sceriffo Wyatt Earp, famoso per aver partecipato alla sparatoria all’ O.K. Corral. Si tratta di una sei colpi con una canna da trenta centimetri e mezzo, insolitamente lunga rispetto alle altre rivoltelle, la cui misura media non superava i venti centimetri.
 
 
Un gran saluto a tutti voi, lettori della prima “stagione” di Bang! e nuovi arrivati. Questa seconda serie nasce da un’esigenza mia (ordine mentale) e dei nuovi lettori che, nel vedere una storia lunga come la prima stagione, si spaventano e non leggono oltre il primo capitolo XD.
Per quelli che mi hanno seguito con assiduità, noterete che sto apportando modifiche e correzioni nella prima stagione, anche in alcuni elementi della trama. E chiedo scusa se non ho rispettato la parola data, inserendo un personaggio delle espansioni, ma mi sono accorto di aver accoppato già mezzo cast del mazzo base in soli quattordici episodi.
Per coloro i quali vogliano godersi in santa pace questo primo capitolo senza doversi leggere tutta la prima stagione, avrete sicuramente letto il riassunto in cima. Dal prossimo capitolo, segnalerò quali episodi della prima parte vi conviene leggere per comprendere elementi della trama che, per ovvie ragioni, darò per scontato.
Se sarete così pigri da non voler leggere nient’altro che questa stagione, contattatemi privatamente, sarò a completa disposizione.
 
Howdy!

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 - Liberiamo Temple ***


Capitolo 2: Liberiamo Temple

 
La notte vestì Temple con le sue tenebre, trasformando la ridente cittadina in un luogo lugubre. Senza la luna dai raggi d’argento, il buio totale avvolgeva la città: solo le lampade ad olio delle abitazioni proiettavano corridoi di luce gialla sul suolo polveroso. In quell’oscurità, Willy colse l’occasione per vagare per le strade, impercettibile come una pantera e altrettanto minaccioso. Schivava i lunghi fasci provenienti dalle finestre per avanzare nell’ombra indisturbato, con il Golden Boy spianato verso l’ufficio dello sceriffo e pronto a sputare fuoco. Gli speroni si accostarono sul gradino del pianerottolo e il cappello si chinò verso l’uscio. Non udendo alcun rumore, Kid scattò in piedi e sfondò la porta con un poderoso calcio: la stanza era vuota e la rastrelliera dei fucili sguarnita.
Realizzò in un secondo che la minaccia di Pat Brennan, ignorata la mattina di quel giorno, si stava concretizzando in quel momento: si lanciò di corsa per le strade rinunciando alla discrezione, trovò Branco appena fuori dalla città e lo spronò al galoppo per raggiungere il “Doolan’s Ranch”. Non fece in tempo a lasciarsi alle spalle la città che un’alta pira si materializzò nell’oscurità. Speronò sulle cosce del mustang* con ancora più foga, nella speranza di raggiungere l’incendio prima che il corrotto sceriffo e i suoi vice potessero tagliare la corda.
Le sue preghiere furono esaudite, tra le fiamme infernali riuscì a scorgere una palizzata bianca che lo rassicurò: la terra rovente non era di Rose. Mentre tutti i cowboy dei ranch adiacenti, compresi i suoi amici del Doolan's, si sgolavano trascinando secchi d’acqua per domare le fiamme, Willy scrutava attorno a sé alla ricerca di tracce da seguire. La sua vista acuta ottenne molto di più: vide tre cavallerizzi allontanarsi di buon passo in direzione opposta all’incendio. Kid riconobbe uno tra i cavalli che quella mattina avevano varcato la soglia del ranch e, senza alcuna esitazione, si lanciò in un inseguimento furioso. Guadagnò molto terreno in pochissimo tempo e presto comprese il perché: erano carichi di corpi legati, chiaramente nuovi schiavi da vendere al mercato nero. Sguainò il suo fucile pronto a sparare, quando udì lo scalpiccio di altri zoccoli alle sue spalle: si voltò e scorse sua madre in groppa ad uno stallone, anche lei con la propria Buntline Special stretta in pugno.
«Willy, dobbiamo avvicinarci, se spariamo loro da questa distanza rischiamo di ferire i vaqueros.» suggerì Rose, a cui Kid rispose con un cenno della testa e uno schiocco di speroni.
Si lanciarono nell’oscurità più fitta, guidati dal fuoco alle loro spalle che ancora schiariva il panorama e scontornava le figure dei cavalieri; Branco concesse al suo padrone un’occasione di contatto con il nemico e Willy, agguantata la canna del fucile come una verga, fendette l’aria con il calcio del Golden Boy*. Un sonoro schianto e un gemito sordo riempirono l’aria come un segnale d’allarme e il primo dei i vicesceriffi cadde a terra rovinosamente, rotolando più volte. Il suo compagno era pronto con il fucile a dargli man forte, ma Kid aveva rivoltato il Winchester e, senza esitazione, premette tre volte il grilletto, finché un tonfo violento non gli assicurò che il suo avversario era ormai inoffensivo. Insieme alla madre fermarono la corsa sfrenata dei cavalli della polizia brandendo le redini, concedendo a quel codardo di Brennan un lieve vantaggio. Udirono, però, lo schianto di un corpo caduto e scorsero la sagoma dello schiavo caricato da Pat ruzzolare in terra.
«Diavolo! Si è liberato del fardello!» imprecò Kid, «Così non possiamo raggiungerlo.»
«Dammi il fucile.» ordinò Rose con voce roca. Willy lanciò in aria il Winchester, lei lo afferrò al volo e con le iridi smeraldine scrutò nella notte, finché fu ancora in grado di distinguere la chioma platino di Brennan ondeggiare al galoppo.
Bang!
L’urlo di dolore proveniva da parecchi metri di distanza e Willy, sbigottito, fissò la madre con ammirazione.
La donna gli restituì il fucile e un’occhiata pomposa, aggiungendo: «La prossima volta che Sid ti chiede di usare il mirino, dagli uno schiaffo da parte mia: c’è chi non ne ha bisogno! Torno dai miei uomini per spegnere quel dannato incendio; torchia Brennan finché non sputa l’anima!»
«Agli ordini, comandante!» la stuzzicò Willy simulando un saluto militare e lanciò Branco in direzione delle urla di agonia. Ritrovò il viscido sceriffo riverso a terra, in preda agli spasmi di dolore e circondato da una vistosa pozza di sangue scintillante. Willy gli montò sui fianchi per trattenerlo e, con la canna spianata sulla fronte, sbraitò: «Non provare a perdere i sensi prima che ti abbia conciato per le feste! A chi erano indirizzati quegli schiavi?»
«Non lo so!» squittì Brennan, prima di ricominciare a urlare di dolore, con la canna rovente del Golden Boy premuta sulla ferita aperta^.
«Dimmi a chi erano diretti, o in quel buco ci ficco la mano per farti vedere cosa c’è dentro!» lo ammonì Willy ancora una volta.
«Ti giuro, non so la destinazione precisa: noi abbiamo il compito di prelevarli e portarli in un luogo accordato. A quel punto si presenta un altro sceriffo e li porta via con se. Lo scambio avviene ogni settimana con nuovi sceriffi e in posti sempre diversi, non so chi siano.»
«Chi è a capo di tutti? Chi vi comanda?»
«Amico, non posso dirtelo, se parlo quelli mi accoppano!»
«Sono io che ti ammazzo, qui e ora, se non mi dici immediatamente chi è a capo dell’organizzazione.»
«Non posso farlo, io…»
Willy assistette attonito ad un proiettile che attraversò la gola di Pat Brennan da parte a parte, in maniera esattamente identica alla morte inferta a Paul Regret . Con un’imprecazione e tuffo per ripararsi, Willy sperò di scorgere il cecchino ma, questa volta, non lo vide nemmeno^. Tuttavia, a differenza della volta precedente, il misterioso sicario lanciò un messaggio al cacciatore di taglie: un altro colpo silenzioso sibilò nell’aria e trascinò con sé il cappello di Kid. Schiacciato dalla sua stessa impotenza, il pistolero si sdraiò al suolo nella speranza che la carcassa dello sceriffo fungesse da riparo e gli salvasse la pelle. Attese cinque minuti, i più lunghi della sua vita: poi calò il silenzio e il buio fitto, perché il fuoco era stato domato. Nelle tenebre assolute, Kid colse l’occasione per lasciare là Pat Brennan e svignarsela senza rischi, amareggiato, però, all’idea di non poter fermare il suo occulto avversario.
Raggiunti i campi ormai inceneriti, si riunì agli uomini del “Doolan’s Ranch”, dove Rose si ergeva sul suo stallone in testa alla formazione.
Lo vide arrivare e lo anticipò: «Ebbene?»
«Mi è morto tra le braccia, esattamente come Regret.»
«Impossibile, io gli ho colpito la spalla. Raramente sbaglio mira.»
«Infatti non è stato il tuo colpo ad accopparlo. C’era qualcun altro nascosto nel buio, eravamo troppo distanti dal fuoco per poterlo vedere. Ho il timore che fosse lo stesso assassino che mi sorprese nel deserto.»
«Perché mai, allora, non ti ha ucciso? Ha avuto due occasioni per farlo.»
«Forse mi ha solo mancato: non appena Pat ha tirato le cuoia, mi sono gettato dietro di lui. In quella posizione mi ha solo sforacchiato il cappello. Poi avete spento l’incendio, con queste tenebre solo una lince può vederci qualcosa.»
«Dunque sei al punto di partenza? Non hai ottenuto niente?»
«Non proprio: so per certo che ogni sceriffo della contea può far parte di questa tratta di schiavi. Ho qualche dubbio a riguardo, ma chi tiene le redini del carrozzone potrebbe essere qualcuno molto in alto. Avevo già una pista quando sono arrivato qui e continuerò a seguirla. Spero solo che ad Austin trovi quello che cerco.»
 
 
*Note:
  • I Mustang sono cavalli noti per le loro grandi prestazioni: resistenti, veloci e aggraziati, eppure molto difficili da domare (mustang deriva dallo spagnolo “mestiño”, che significa “non domato”). Oggi si associano frequentemente a prodotti di ottima qualità, ad esempio la velocissima auto Ford Mustang. Nel gioco di carte, chi si equipaggia con questa carta guadagna un punto supplementare nella distanza dagli altri giocatori.
  • Un fucile a ripetizione del West  ha, generalmente, tre componenti: la canna, la culatta o camera di scoppio e il calcio. Quest’ultimo è la parte in legno che si poggia sulla spalla per ridurre il rinculo e le vibrazioni del fucile durante lo sparo. Considerando che un Winchester arriva a pesare quattro chili e mezzo, e che sia la culatta sia la canna sono cave, il calcio peserà quasi tre chili e mezzo… non proprio leggeri se scagliati sul naso di qualcuno.
 
^Rimandi alla stagione uno:
  1. L’incandescenza del fucile sulla spalla è un trucco che Willy usa per interrogare Bart Cassidy nel “Capitolo 3 – Giù le armi, Bart Cassidy”.
  2. Il misterioso cecchino appare nel “Capitolo 1 – Sei cibo per uccelli, Paul Regret”.
 
 
Ehilà, brava gente! Dopo un capitolo di amore e coccole, ci volevano un po’ di legnate in faccia e proiettili volanti, il tutto condito con un indomabile incendio! E così abbiamo scoperto da chi Willy ha ereditato il suo grilletto facile. Fatemi sapere se vi piace questa Rose Doolan :D
Un saluto a kyonnyuchan che ha aggiunto l’altra mia fanfic, “Not Over Yet” tra le storie da ricordare. Spero si ricordi di leggere questa XD
Vi invito, ancora una volta, a leggere anche la prima stagione, almeno i capitoli di rimando, che come avrete visto ho segnato con un ^.
Ancora a tutti voi, grazie.
 
Howdy!

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 - Confrontando cicatrici di guerra ***


Capitolo 3: Confrontando cicatrici di guerra
 
Una delle cose più importanti che Sid Ketchum aveva imparato nell’esercito era che non esisteva coltre migliore di un luogo affollato per nascondere una conversazione privata. Il suo saloon era un trionfo di canti, sbevazzamenti e sguaiate risate, il tutto accompagnato dal suono frenetico di un pianoforte: il clima ideale per passare riservatissime informazioni all’avido garzone messicano.
Pedro discese le scale con riservatezza e con il volto abbassato dalla preoccupazione: il suo capo l’aveva chiamato con urgenza e ben sapeva che, se qualcosa impensieriva il barista, l’aria avrebbe presto puzzato di cimitero^.
«Stammi bene a sentire, Pedro:» ordinò il padrone, «sella Elsa e raggiungi Kid il prima possibile. Galoppa verso sud, lo troverai ad Austin.»
«Se davvero è così urgente, padrone, perché sellare la mula? Non posso andarci a cavallo?»
«Quante volte dovrò ripeterti questa tiritera? Sei un messicano dal lato sbagliato del Rio Bravo*, a cavallo daresti nell’occhio. Devi riportare a Willy queste esatte parole.»
Sussurrando all’orecchio a sventola del pacioccone, Sid svelò ogni segreto appreso in quella settimana di indagini. Accettando la sfida lanciata dal suo pupillo, aveva messo a disposizione le sue doti di investigatore per scoprire chi potesse aver acquistato un mirino per scagliare calibro 45 con grande precisione. Ketchum avrebbe potuto contare sulle dita tutti gli empori in grado di procurare una merce così rara: con le rapidissime diligenze Wells Fargo, spedire e ricevere missive da ciascuno di loro non si era dimostrata un’impresa difficoltosa. Con le liste degli acquirenti alla mano, l’investigatore aveva passato al vaglio tutti i clienti ormai dotati dello strumento di precisione. Gli era bastato trovare un nome per andare a colpo sicuro, ma avrebbe preferito non leggerlo affatto: se un uomo come quello fosse stato davvero in possesso di un aggeggio tanto pericoloso, perfino Kid si sarebbe trovato in grave pericolo. Non potendo raggiungerlo in nessun modo, Sid decise di risparmiare tempo inviando il suo compagno fidato, sperando che Willy non si fosse già cacciato in un guaio troppo grosso.
Una volta ricevute le istruzioni, Pedro si preparò per il viaggio e, con la sella in spalla, salutò il suo padrone e si diresse alla soglia del saloon. Non fece in tempo ad aprire le antine che si scontrò contro la mole di un omone dalla peluria brizzolata. Rispose a uno sguardo cagnesco con un cenno della testa e delle scuse frettolose, per poi lasciarsi alle spalle il locale.
Il nuovo ospite tintinnò gli speroni fino al bancone, dove poggiò i gomiti e ordinò con tono militare: «Una birra, di quelle che riportano in vita i morti.»
Approfittando della necessità di doversi girare per prendere un boccale, Ketchum lasciò scivolare un’imprecazione tra i denti: l’uomo seduto di fronte a lui era l’ex comandante dei Ranger e tenente colonnello degli unionisti* Kit Carlson^. Ricordando i pessimi trascorsi tra quel piedipiatti e il suo pupillo, dedusse che Carlson fosse sulle tracce di Kid, perciò al barista toccò guadagnare tempo.
Posando la pinta schiumante, esibì un largo sorriso sornione, esclamando: «Il mondo è davvero piccolo, tenente colonnello!»
Il Ranger lo squadrò perplesso e rispose atone: «Ci conosciamo, forse?»
«Non ci siamo mai incontrati faccia a faccia, ma nella mia divisione lei era una leggenda. Sono il caporale Sid Ketchum, unità spionistica.»
«Ha ragione nel dire che non ci siamo mai incontrati, una faccia come la sua non si scorda facilmente.» borbottò Carlson, con l’aria di chi volesse star solo con i propri pensieri.
Sid rispose all’insulto con una risata forzata. Detergendosi i baffi dalla schiuma, Carlson bofonchiò sospettoso, «Come mai ha abbandonato le armi, caporale?»
La speranza di scazzottare un disertore si dissolse quando Sid sollevò il bastone da passeggio in segno di resa.
«Una ferita mi ha reciso un tendine del ginocchio.» spiegò, «Non posso più piegarlo e non occorrono uomini zoppi all’esercito.»
«Immagino avrai avuto una medaglia al valore. Come mai non l’hai appuntata?»
«Ho pensato fosse più saggio impegnarla, spillata al petto non sarebbe servita granché.»
Prim’ancora che Kit potesse controbattere severamente con un passo del suo personale codice d’onore, Ketchum lo bloccò: «Entrai volontario nell’esercito per ammonticchiare un gruzzolo per la vecchiaia, invece ho guadagnato una ferita indelebile. Per lo meno, con quei trenta etti d’oro, mi sono permesso questo piccolo angolo di paradiso.»
Voltandosi per ammirare il “Ketchum’s Saloon”, Carlson constatò: «In effetti devo farle i miei complimenti, caporale: è uno dei più bei saloon in cui abbia mai messo piede.»
«La ringrazio, signore. La birra è omaggio della casa.»
Kit alzò la pinta in segno di gratitudine e, ingollato un altro po’ d’orzata, domandò al barista se si volesse unire a lui in un brindisi, per onorare le giacche blu.
«Ne sarei tentato, signore, ma qualcuno deve tenere d’occhio questi ragazzacci.» si scusò Sid, indicando i chiassosi clienti, «I prezzi delle ristrutturazioni sono schizzati e i bambini non possono essere lasciati senza la supervisione di un adulto.»
«Peccato, caporale.»
Anche se non l’avrebbe ammesso nemmeno sotto tortura, Carlson stava trovando piacevole quella conversazione. Sid Ketchum si era dimostrato il volpone che era: rievocando vecchie storie di guerra, avrebbe tenuto il Ranger inchiodato al saloon per settimane.
«Quanti anni ha speso sotto l’esercito?», domandò spontaneamente l’ex ufficiale.
Concedendosi il tempo necessario per contarli, il barista rispose scuotendo la testa: «Ho iniziato a diciotto anni e la signora che ha reciso il legamento crociato* mi ha colpito all’età di ventotto. Iniziai nel corpo di fanteria, ma mostrai al mio capitano che il mio cervello era un’arma ben più letale del fucile, così mi spostarono di reparto. E lei, signore?»
Carlson sbuffò vigorosamente: «Rivangare il passato mi fa sentire una mummia. Cominciai a sedici anni e non ho mai smesso di servire l’Unione. Arrivato a venticinque, ero già primo capitano di brigata: decisi che, oltre a servire gli Stati Uniti, avrei dovuto impegnare le mie doti di soldato per portare l’ordine tra i cittadini. L’esercito non mi permise di confinarmi in una contea come sceriffo o Marshall, perciò mi arruolai nel corpo dei Texas Ranger. Loro sì che sono una forza dell’ordine: ogni pard* che mi è stato assegnato ne sapeva una di più del diavolo. Veri professionisti!»
«Non come i ragazzi che si uniscono alle giacche blu: un mucchio di tonti che spera di guadagnare onore e gloria con una Sharp*^ tra le dita.»
In segno di complicità, Carlson chinò la testa e vuotò il boccale. Posato sul bancone, continuò con gusto quella conversazione con l’ex commilitone: «In che battaglia ti hanno ferito il ginocchio?»
«Fu quando gli yankee scacciarono i Navajo dal Texas. Se non ricordo male, lei era al comando di quella retata.»
«Puoi dirlo forte, per quell’impresa mi fregiarono del titolo di tenente colonnello. Una notte di fuoco, la ricordo come fosse ieri.»
Sid decise di stuzzicare il suo ospite con una domanda di cui ben conosceva la risposta: «E lei? Ha riportato qualche ferita, quella notte?»
Come volevasi dimostrare, Carlson lanciò un’occhiata truce al barista, poi sollevò la manica destra della camicia fino al gomito: all’altezza dell’articolazione, troneggiava la punta di una cicatrice biancastra, sottile e acuminata come un aculeo.
«Questa che vedi» spiegò, «non è che l’estremità di una ferita che parte dalla spalla. Un piccolo bastardo del loro villaggio di cani rognosi mi sorprese alle spalle con un coltellaccio. E con bastardo intendo proprio un bambino bianco, non un Navajo: quei selvaggi rapivano i nostri figli per educarli alla loro primitiva civiltà.»
Con un’interpretazione degna dei migliori attori britannici, Sid simulò grande stupore: «Un bambino bianco? Incredibile… E lei come ha reagito all’agguato?»
«Quando qualcuno mi colpisce a tradimento e non mi uccide, sente sempre la stessa frase: “Vangelo secondo Kit Carlson: mai colpire alle spalle un Texas Ranger”. Gli ho sferrato un man rovescio e quel serpente è precipitato giù da una scarpata.»
«Roba da non credere.»
«Di incredibile c’è ben altro: dopo il mio congedo, venni a sapere che il coyote era sopravvissuto alla retata e che ancora oggi scorazza libero per le piste, così gli ho dato la caccia in lungo e in largo. Dopo interminabili ricerche scoprii finalmente come si chiama.»
Ancora una volta, Sid recitò magistralmente: «Qual è il suo nome?»
«Willy the Kid.»
«Lo stesso uomo che ha salvato il governatore?»
Carlson mugugnò infastidito: «Detesto quel velenoso burocrate! Mi ha messo i bastoni tra le ruote un sacco di volte. Anche quando ero sul punto di ingabbiare Kid una volta per tutte, quel pomposo politicante dei miei stivali si è messo in mezzo. Quanto mi piacerebbe sbarazzarmene.»
A sentire quanto disprezzo sputava il Ranger sul governatore, Sid si maledisse per non aver trattenuto Pedro abbastanza a lungo da riferire quell’informazione. Prima che potesse aprir bocca, Carlson lo freddò con una domanda: «Mi è giunta voce che Kid sia passato da queste parti. Voi ne sapete niente?»
Ketchum si concesse ancora una volta il piacere di infastidire il comandante: «Oh sì, signore. L’ho servito io stesso, proprio nello stesso punto in cui lei poggia i gomiti ora.»
Prevedibilmente, Kit scostò le braccia dal ripiano e chiese acremente: «Vi ha detto dov’era diretto?»
«No, signore, sfortunatamente si è seduto all’ora di punta, non ho potuto scambiarci una sola parola. Ma corre voce che fosse diretto a sud, verso Odessa. E’ stato qui una settimana fa, forse può ancora intercettarlo.»
Balzando dallo sgabello con tripudio, Kit ringraziò il barista: «Caporale, lei è un uomo in gamba! Mi sarebbe piaciuto incontrarla sotto le armi. Parto immediatamente.»
«Il suo destriero è un’Appaloosa* a macchie marroni?»
«Accidenti, è così! Come avete indovinato?»
«Perché è la cavalla più stanca legata al mio steccato.» spiegò Sid, indicando Bimba evidentemente sfiancata e assetata dal galoppo.
Carlson si lasciò sfuggire un’imprecazione ma il barman lo consolò: «Capisco che abbiate fretta, ma azzoppare la cavalla sarebbe un rischio alto. Date retta a me: prendetevi un giorno di tregua, così domani potrete ripartire in forma e rifornito. Posso darvi una camera a un prezzo ragionevole e la colazione ve la offro io, in memoria delle vecchie battaglie.»
Dopo un attimo di riflessione, Kit fu tentato dal diavolo e accettò l’ospitalità. Con la promessa di pagare un’altra birra al suo ritorno, portò la sua fidata Bimba alle scuderie per concederle di riprendere fiato, lasciando il barista da solo con la sua chiassosa clientela.
Sid Ketchum scoppiò in una sadica risata: «Non mi sorprende che fosse tenente colonnello: solo un idiota come lui può far carriera nell’esercito.»
 
*Note:
  • Il Rio Grande, anche detto Rio Bravo, è un fiume di 3000 km che taglia gli Stati Uniti dal Colorado al Texas, nel quale disegna precisamente il confine col Messico, nella cittadina di El Paso. E’ il terzo fiume più lungo degli U.S.A.
  • Gli Unionisti, o Yankees, sono i vincitori della guerra civile che vide stati del sud contro quelli del nord: diedero loro  i natali ai 50 Stati Uniti d’America. Erano chiamati “giacche blu” per il colore della loro divisa. Oggi il termine “yankee” è un sinonimo dispregiativo per appellare gli americani.
  • Va bene, sono stato impreciso nel testo, ma questa nota è molto noiosa. I legamenti crociati sono tendini cartilaginei che costituiscono l’articolazione del ginocchio. Sono due, anteriore e posteriore, e chi ha fatto sport a livello agonistico sa quanto facilmente si possano rompere. Anche se la nomenclatura di questi legamenti risale al 3000 a.C., Sid non è un medico e la sola cosa che gli importa è che ne ha perso uno!
  • Il termine “pard” è il diminutivo di “partner”, i Ranger lo usavano per indicare il loro compagno, appunto.
  • La carabina Sharp è un fucile ad avancarica che nel West era assegnato come dotazione nell’esercito. La nota di rimando alla prima stagione ^ richiama il “Capitolo 2: I disperati di Las Cruces”, dove troverete una dettagliata descrizione.
  • L’Appaloosa è una razza di cavallo tipica degli Stati Uniti, famosa per il suo manto maculato. Non è un cavallo dalle prestazioni da record tipiche dei Mustang, ma è elegante e facile da domare. Nell’edizione originale di Bang! la carta blu Mirino era chiamata Appaloosa e diminuiva la distanza degli altri giocatori di un punto.
 
^Rimandi alla prima stagione:
  1. Per conoscere meglio il duo Sid-Pedro, leggete il “Capitolo 8: Un’altra birra, Sid Ketchum”.
  2. La prima apparizione dell’epico Carlson la trovate nel “Capitolo 4: Sulle tracce di Willy the Kid”
  3. Come sopra, “Capitolo 3: I disperati di Las Cruces”
 
Questo capitolo è, molto banalmente, dedicato a Elly Priest: il ritorno del vecchio Carlson volevo renderlo un po’ più spassoso… e come fare, se non con un testa a testa con il mio favorito Ketchum?
Nella speranza che il capitolo vi sia piaciuto, ne approfitto per salutare e consigliare a tutti voi Sheep01 , i cui scritti sono ottimi per tutti gli amanti degli Avengers cinematografici e per chi, come me, adora più di tutti il semplice Occhio di Falco!
Grazie ancora a tutti voi, lettori silenziosi e implacabili lettori.
 
Howdy!

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 - Scopri le carte, Black Jack ***


Capitolo 4: Scopri le carte, Black Jack
 
Sulle rive dell’Austin Lake oscillava lievemente un enorme battello ormeggiato a riva, il Great Western* Casinò. L’imbarcazione era così ampia che ospitava la più grande sala da gioco della città: anfiteatri verdi e pullulanti di incalliti scommettitori portavano in scena dadi truccati, carte francesi e roulette, tutto sotto una lieve cappa di fumo passivo che opacizzava la luce delle lampade a olio.
Nella tumultuante folla che incrinava le assi del ponte, Willy scrutava ogni ospite alla ricerca della sua preda: una vera sequoia ambulante dalle foglie nere come la pece, un individuo con una tale stazza da non passare di certo inosservato.
Le sue iridi scure caddero su una tonda tavolata di poker all’italiana; dei cinque uomini seduti, uno si alzò imprecando considerevolmente e il vincitore trascinò verso di sé le fiches del piatto.  Proprio quest’ultimo era Black Jack^.
Kid si fece strada sgomitando per occupare quel posto vacante. Non appena giunse in prossimità del tavolo, posò il palmo della mano sopra il panno verde ed esclamò: «Vorrei poter raccontare in giro che Black Jack ha giocato con me*»
La falda nera di un cappello sgualcito si sollevò per rivelare un volto carnoso, abbronzato e irto di pelo incolto: in quel bosco di barba due umettate bilie grigie e un largo sorriso sdentato si aprirono per accogliere la luce.
«Accomodati, straniero!» esclamò con tripudio l’omaccione, «In cinque si gioca sempre meglio.»
Willy sfilò dal taschino del panciotto un mazzo da cinquemila dollari e li mutò in fiches colorate. Sistemò il suo gruzzolo e si sedette di fronte alla sua preda, che sorrideva ignara di tutto.
«Sei prudente, ragazzo.» lo stuzzicò Black Jack.
«I soldi non crescono sugli alberi.» Tagliò corto Willy.
«Dalle nostre parti, oltre ai soldi, nel piatto mettiamo anche il nome.»
«Gli amici mi chiamano Willy. Piatto piange?»
Lanciando un’occhiataccia al baro, Kid fece capire che il suo nomignolo sarebbe dovuto bastare per dare il via alla sua prima mano di poker. Jack impugnò il mazzo con le mani voluminose e iniziò a far danzare le carte tra le dita, il che costrinse Willy a stare all’erta: mescolare le carte in quel modo poteva nascondere qualche imbroglio. Il suo dubbio si dileguò quando il mazziere porse la pila di carte alla sua sinistra per farla dividere in due. Con la medesima abilità di croupier, Jack divise le carte tra i giocatori e diede inizio alla partita. All’apertura di duecento dollari, che tutti videro, il gigante propose una posta due volte più alta, che per la sua montagna era un’inezia. Un avversario abbandonò il gioco, gli altri accettarono la sfida. Willy scambiò due carte per portare il suo tris di fanti al full, ma non ebbe fortuna. Jack si dichiarò servito, posando le sue carte a faccia in giù sul tavolo. Incerto sul da farsi, il primo uomo bussò, Kid lo seguì e il quarto depositò il suo punteggio in segno di resa. Come previsto dal copione di un uomo che annuncia un buon punteggio in partenza, Black posò mille dollari al centro del tavolo.
Restarono in due quando l’ultimo dei tre si arrese; Willy posò altri cinquecento dollari e l’omaccione lo provocò rialzando di altrettanti. Con una cifra pari a decenni di duro lavoro giacenti sul panno verde, Kid si offrì di scoprire il suo misero punteggio.
«Giochi male, straniero: il bluff non ti è riuscito granché.» lo canzonò l’avversario, mostrando fiero la sua famigerata scala reale di quadri.
«No, gioco per vincere, Black Jack, come in questo caso. Perché, dalle nostre parti, chi bara perde e tu hai barato!» rispose Willy con una sfumatura di sadismo nella voce.
«Tu hai le traveggole, ragazzo!» ridacchiò Jack, pressato dagli sguardi sospettosi del casinò.
«Le carte che stai mostrando erano nella tua manica destra dall’inizio della partita. Il tuo punteggio reale è nel fondo del mazzo.»
«Balle, ti arrampichi sugli specchi perché non sai ammettere la sconfitta!»
Al ruggito dell’omaccione, Kid estrasse la sua Dragoon^ con rapidità fulminante, costringendolo a sollevare le mani: lo scatto del movimento fece guizzare dalla manica destra un braccio metallico dotato di una pinza all’estremità, adatta a reggere le carte. Tutti rimasero imbambolati ad ammirare il luccichio dell’aggeggio a molla, mentre Kid rinfoderò la Colt con disinvoltura.
Ebbe appena il tempo di alzarsi e allontanarsi dal tavolo: tutti i giocatori seduti si lanciarono sul collo del baro, fermamente intenzionati a stritolarlo. L’enorme mole di Jack si eresse, trascinando con sé i fastidiosi avversari appesi alle sue spalle come addobbi di Natale su un albero di muscoli.
Willy, seduto sullo schienale di una sedia, sebbene trovasse la scenetta esilarante, iniziò a preoccuparsi: il suo trucco aveva attecchito ma l’indiziato stava per rimetterci la pelle.
In alcuni secondi, dieci uomini erano già addosso al corpulento imbroglione, che sventolava manate e rovesciava avversari come fuscelli, incassando, però, altrettante batoste. Erano in troppi contro uno solo e, per quanto la sequoia dimenasse i suoi rami, presto o tardi sarebbe stato sopraffatto.
Così Kid decise di passare alla seconda fase del piano attentamente premeditato, chiamando Jack ad alta voce: «Ti serve una mano, Black?»
«No!» abbaiò l’omaccione, schiantando due teste tra di loro.
«Posso tirarti fuori da lì, in cambio dovrai solo rispondere ad un paio di domande.»
«Appena esco da questo inferno, ti cambio i connotati!» rispose incassando un cazzotto.
«Dubito che ci riuscirai: sei solo contro dieci. Quando non ce la farai più, sarai appeso come un salame. Ultima offerta: se ti salvo, tu parli.»
«Va bene, carogna! Tirami fuori da qui!» esalò disperato, quando in quattro lo bloccarono per esporlo a un feroce pestaggio.
Willy discese dall’alto del suo trespolo e si avvicinò al branco di aggressori. Quel che avvenne dopo lasciò il pubblico sconcertato: se il bruto Jack e i tanti avversari sferravano pugni a casaccio, i movimenti e i colpi di Kid erano le mosse di un guerriero. Non si batteva con foga, ma osservava, calcolava e poi reagiva: rispetto al baro era esile ma, non appena qualcuno capitava tra le sue mani, in qualche secondo era a terra tramortito.
Willy schivava, afferrava e colpiva, con una sequenza sinuosa e precisa di pugni, calci e prese. In pochi minuti, dei dieci uomini che si erano avventati su Jack rimasero solo quell’esigua squadra intenta a bloccare il nerboruto baro. Gli altri sei erano crollati come bambole di pezza lasciate in disordine, chi su un tavolo, chi per terra.
I quattro superstiti della rissa decisero di dedicarsi al letale cacciatore, estraendo dagli stivali il loro coltello Bowie*. Si avvicinarono cautamente all’intruso ma non riuscivano a nascondere il terrore nei loro occhi: le iridi scure di Kid li squadravano iniettate di sangue.
«Avete appena commesso un errore madornale.» li minacciò atone, piegandosi sull’ultimo avversario messo al tappeto e rubandogli il coltello dallo stivale, «Il primo che si avvicina con quegli stuzzicadenti, lo sminuzzo in fette fini e lo essicco per farne pemmican*.»
Alla sua sinistra un uomo si avventò con il coltello dall’alto, ma Kid ne arrestò il braccio incrociando il polso e, con precisione letale, infilò il coltello nell’incavo dei pantaloni, senza recidere né la pelle né gli abiti. Rigirò la lama e tirò a sé il Bowie, stracciando la fitta cucitura dell’indumento dell’avversario, che si ritrovò in mutande.
Intento a ricoprire le proprie nudità, non prestò attenzione a Willy, intento a strappargli l’arma di mano e assestargli un calcio in faccia.
Con due lame alla mano e un uomo disteso e svestito, ammonì il trio rimasto per l’ultima volta: «Non sarò più così clemente! Se vi avvicinerete di un altro passo, mi procuro uno scalpo con le vostre teste vuote. E, come avete visto, so essere molto preciso.»
Ignorando l’avvertimento, in due provarono a sopraffarlo, ma Willy si abbassò sulle ginocchia per evitare i fendenti e infilzò i loro stivali con un movimento simultaneo dei coltelli.
Tra le urla di dolore, ebbe tutto il tempo di rialzarsi, rubare loro le armi e inchiodare le maniche delle loro giacche al tavolo più vicino.
Rimasto un solo farabutto con la lama in mano, Kid lo attese con una sinistra espressione assassina stampata in faccia, che atterrì l’avversario a tal punto da convincerlo a posare il coltello al suolo e alzare le mani in segno di resa. Raccolto il Bowie, il cacciatore guardò l’omaccione che aveva salvato e gli fece cenno di seguirlo verso l’uscita. Il suo orecchio felino captò il tremolio del tamburo di un revolver alle sue spalle: anticipò l’ultimo assalitore, già con la mano alla fondina, lanciando il coltellaccio, che roteò nell’aria fino a piantarsi su uno stipite e infilzare il cappello del vigliacco. Quando finalmente intese di non avere altra alternativa alla resa, l’ultimo sconfitto lasciò il casinò a gambe levate.
«Però!» esclamò Jack, «Ci sai fare con i coltelli.»
«Ho imparato dai migliori. Leviamo le tende, ci sono troppe orecchie qui.»
Presa distanza dallo specchio d’acqua, Willy trovò un’insenatura nella roccia, nella quale sarebbe stato impossibile essere colpiti dai proiettili del misterioso sicario in nero.
«Dunque, straniero,» principiò il salvato, «cosa vorresti sapere da me? Non sono che un umile baro che vive alla giornata, baciato dalla dea bendata.»
«Viste come si sono svolte le cose là dentro, è evidente che la fortuna ha girato le sue labbra in un’altra direzione. Anzi, c’è chi gironzola con l’epiteto “Fortunato” nel nome, convinto di essere il prediletto della dea.»
Black Jack raddrizzò la schiena, senza che un muscolo del suo volto da esperto giocatore di poker facesse una piega. Mascherando al meglio il suo stupore, domandò: «Come fai a sapere di me e Duke?»
«Beh, non bisogna essere illuminati per scoprirlo.» spiegò Willy, stentando a credere di doversi servire delle stesse parole di Sid, «Sei stato bandito da Amarillo e ricercato in ogni stato in cui il governatore è stato beccato a barare. Due più due fa quattro.»
«Ti faccio i complimenti, Willy, sai davvero il fatto tuo.» si complimentò Jack, persuaso a vuotare il sacco, «Quel gran figlio di buona donna ed io avevamo un piano molto semplice: durante le partite lui mi accusava di barare e scatenava risse nei saloon. Io picchiavo tutti i contendenti e lo intimavo a ridarmi i soldi, così fregavamo ogni denaro dai tavoli da gioco e lo spartivamo equamente. Col passare del tempo, questo trucco non ci fece incassare granché: per guadagnare verdoni, occorre rimettercene altrettanti.»
«Insomma, investivate i soldi rubati per giocare a tavoli con poste più alte.»
Jack alzò le spalle: «Esatto, però era un investimento senza ritorno certo, i guadagni non si rivelarono fruttuosi. Tuttavia, alla fine dell’anno scorso, Duke si presentò con somme molto più alte di quelle incassate; all’inizio non feci domande, perché con tanto denaro a disposizione potevamo sederci in sale da gioco dove si scommettevano intere proprietà. Ma mi resi conto che la sua parte andava via via aumentando rispetto alla mia, perciò gli chiesi con quale diavolo avesse stretto un patto. Immagina la mia sorpresa quando mi confidò che intascava un sacco di soldi con il mercato degli schiavi.»
Willy dovette resistere alla tentazione di scoppiare. Dopo mesi d’interminabili cavalcate e battaglie all’ultimo sangue, non solo aveva finalmente scoperto chi fosse a capo della rete dell’illegale vendita di schiavi, ma si era liberato dell’opprimente dubbio sul sinistro governatore. Però non era ancora soddisfatto, così invitò Jack a continuare.
«Sarò franco, Willy: le sanzioni del governo degli Stati Uniti sono pesanti. Non volevo collaborare con Duke: ormai il commercio di schiavi è illegale e ti appendono per il collo se ti beccano. In più il rischio è elevato, perché tutti i neri e i pellirosse che baratti possono essere testimoni affidabili in un processo. Sebbene da quel versante macinasse grana come fosse frumento, io continuai ad averci a che fare solo per fregare qualche ricco giocatore. Iniziarono i problemi quando ci bandirono da alcune città, perché si stavano diffondendo voci secondo le quali io e lui fossimo in combutta. Fu allora che avemmo grosse gatte da pelare: lui fu processato ma, con tutti i soldi che aveva a disposizione, corruppe chiunque ficcasse il naso in quell’affare. Non solo, per guadagnare affidabilità si mise in testa di vincere le elezioni come governatore.»
«Fammi indovinare: fece moltissime opere di bene per assicurarsi l’appoggio del popolo e della giuria?»
«Proprio così. Il processo terminò dopo tre mesi, nei quali la popolarità di Duke in Texas salì alle stelle. Qualche mese dopo aveva ormai vinto le elezioni e così Lucky usò il suo potere per sbarazzarsi di me, l’unico a conoscere tutti i suoi scheletri nell’armadio osso per osso.»
«Quando dici sbarazzarsi di te, ti riferisci alle taglie nei sette stati e al divieto di accesso alle sale da gioco di Amarillo?»
«Diamine, se sai tutta la storia, io a che ti servo?»
«A darmi conferme, Jack. Ora ho tutto quel che mi serve per sbattere l’amato governatore dietro robuste sbarre di ferro.»
«Ma cosa blateri? Quali sarebbero queste prove schiaccianti? La testimonianza di un reietto come me? Ti occorre molto di più.»
«Hai ragione, seguirò il tuo consiglio: risalirò al luogo del traffico di schiavi e guadagnerò testimoni per il processo.»
«Questo sarà un colpo basso. Permettimi di consigliarti dove assestarlo.»
«In cambio di cosa?»
«Mettere dietro le sbarre quella carogna sarà una ricompensa più che sufficiente, imparerà cosa significa fregare Black Jack.»
«Bene, allora, dove dovrei assestarlo?»
«Per quanto interpreti la parte del monarca ad Amarillo, il cuore della sua attività è molto più a nord. Devi dirigerti in Kansas, lassù troverai il suo impero coloniale. Non chiedermi in quale città, non credo che un commercio così ampio si possa fare in una semplice cittadella.»
«C’è nient’altro che dovrei sapere?»
«Se davvero ci fosse te l’avrei detto, purtroppo non so altro.»
Kid salutò il baro con la promessa di accompagnare il suo vecchio socio in affari al cospetto di Belzebù per scegliere in che girone d’inferno sbatterlo. E ci sarebbe riuscito, anche se fosse stato costretto a divenire giudice, giuria e boia.
 
*Note
  • Il Great Western fu uno dei due battelli a vapore che affrontarono la traversata dell’Oceano Atlantico nel 1838. Furono in due: il Sirius e, appunto, il Great Western. Vinse il primo, arrivando a destinazione dopo aver dovuto bruciare i mobili delle cabine per poter mantenere in funzione la caldaia.
  • Citazione dal film “Continuavano a chiamarlo Trinità”.
  • Il coltello Bowie è l’arma da taglio di riserva che ogni buon cowboy doveva avere con sé. Il suo nome deriva dall’ideatore Jim Bowie, che si salvò da un’aggressione armata proprio con questo coltello. Lungo quasi dodici pollici, è acuminato in cima e taglia solo da un lato; oggi si realizza con l’altro lato seghettato. Indovinate chi realizzò il primo modello del Bowie knife? l’armaiolo James Black… coincidenze?
  • Il Pemmican è la saporita carne essiccata che si mangia in America, la stringa di carne. Nacque durante la conquista del West poiché era una fetta di carne di bufalo essiccata e, perciò, conservabile per lungo tempo.
 
^Rimandi alla prima stagione
  1. Per conoscere meglio Black Jack leggete il “Capitolo 14: due birre e una sfida”
  2. Willy recupera la Colt Dragoon nel “Capitolo 8: un’altra birra, Sid Ketchum”
 
Penso che questa dea bendata guardi tutti meno che me: il mio computer è andato in panne quindi ho perso tutti i capitoli successivi a questo! (Yeah!). E anche questo capitolo è gentilmente offerto dalla mia pazienza di volerlo riscrivere (Yeah!).
Ma non struggiamoci nel dolore! Ora Kid ha finalmente messo punto alla sua estenuante indagine che per tutta la prima stagione lo ha torturato. Il cattivo è Lucky Duke (come se non si fosse capito, noooooo)! Per scontate ragioni, da qui in poi aspettatevi azione a palate.
Ditemi se la scena della scazzottata e dei coltelli vi è piaciuta, ci tengo molto alle scene di sangue, botte, lotta e sparatorie.
Non ho letto granché in queste settimane, perciò vi consiglio un autore tra la mia rosa dei preferiti: il suo nickname è DeadlyPain , ottimo per tutti coloro che adorano le storie truculente, piene di dettagli anatomici macabri e per chi prova un certo sadismo nel vedere i Pokémon maciullati (You’re a Monster!). Per quanto lugubre, ha uno stile di scrittura degno di nota, quindi andate e leggetene tutti.
 
 
Howdy! 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 - Sotto tiro, Pedro Ramiréz ***


Capitolo 5: Sotto tiro, Pedro Ramiréz
 
Lo stato d’animo di Willy era scosso dai pensieri che ronzavano sotto il cappello, così come il suo corpo si lasciava sballottare dal trotto di Branco, diretto a Temple.
Da un lato era cosciente che la parte difficile del suo viaggio iniziava da lì: non bastava soltanto accertarsi che Lucky Duke fosse un criminale, ma avrebbe dovuto anche raccogliere prove schiaccianti dei suoi reati, un’impresa che lo avrebbe costretto a masticare polverone per chissà quanto tempo. Dall’altro, ben sapeva che in quelle terre la legislazione non portava quasi mai a conclusioni definitive: per un governatore così ricco da comprarsi l’ingresso nella politica non sarebbe stato difficile corrompere un giudice. Nel selvaggio West la vera legge era dettata da una voce sola: quella delle pistole.
Proprio per questa ragione Willy si sentiva combattuto: avrebbe potuto rimetterci la pellaccia e questo lo spaventava, ma al tempo stesso tutto ciò infiammava il suo spirito guerriero.
Si destò dalle sue riflessioni quando, ormai prossimo al “Doolan’s Ranch”, udì distintamente il tuonare di un fucile provenire dall’abitazione della matrigna. Pizzicò la coscia dello stallone e bruciò rapidamente metri di strada, finché non varcò il bianco recinto della fattoria. Discese precipitosamente dalla sella e incrociò tre mandriani del posto che andavano in direzione opposta alla sua. Agguantò il fucile, pronto a unirsi a loro, ma Rose lo richiamò a gran voce dal tetto della casa.
«Mamma, che sta succedendo?» chiese il pistolero allarmato.
«Entra in casa.» disse lei, stringendo tra le dita un enorme fucile lungo quasi un metro.
Madre e figlio s’incontrarono nel salotto, dove Willy domandò sbrigativo: «Perché hai tirato fuori il Long Rifle* di Simon?»
«Non pensare che non lo faccia spesso: è da quando fu eletto sceriffo Brennan che dormo con questo in braccio. Come pensi che teniamo alla larga i banditi?» bofonchiò la madre, con una tranquillità sbalorditiva per essere la proprietaria di un ranch in stato d’allarme.
«Non sono preoccupato per te, ma per chi arriva sotto tiro. A chi stavi sparando poco fa?»
Esibendo un sorriso d’apprezzamento per il complimento, Rose spiegò: «E’ da ieri che qualcuno gironzola dalle parti del ranch. I miei uomini hanno scovato un curiosone che ci ha proprio cinto d’assedio: ho provato dozzine di volte a spaventarlo con il fucile di Simon, ma, quando i miei uomini lo raggiungono, lui scompare.»
«Se vuoi, posso prenderlo io.»
«Ah, non serve, stavolta mi sono assicurata che non andasse da nessuna parte: l’ho beccato dritto al cuore.»
Willy scosse la testa, ringraziando il cielo di non essere nella situazione del malcapitato oltre il cortile. Parlando del diavolo, proprio in quel momento apparvero sulla porta i cowboy della signora, che trascinarono un cadavere dentro casa.
«Eccolo qui, madame.» spiegò un mandriano, «Lo abbiamo trovato stecchito dietro la vecchia quercia. E’ un greaser* senza sangue: non ha nemmeno una macchia sui vestiti, eppure è morto di colpo come un opossum.»
«E’ proprio come un opossum:» intervenne Willy, chinandosi sul cadavere, «finge di essere morto ma è vivo e vegeto.»
«E tu come lo sai?» chiese Rose incuriosita.
«Perché conosco lui e tutti i suoi trucchi. Non è vero, Pedro?»
Sotto gli occhi increduli dei presenti, il presunto defunto sollevò appena la testa ed esibì un sorrisone.
«Señor Willy! Che bello rivederla!» squittì il pacioccone, rialzandosi su un fianco.
«Santo cielo, come fa a essere ancora vivo?» chiese allibita la donna, «L’ho colpito in pieno petto, l’ho visto schizzare da terra.»
Senza aggiungere una parola, Willy sollevò il poncho dell’intruso e mostrò a tutti il segreto della sua immortalità: appesa al collo con una robusta corda, una spessa lastra di metallo proteggeva la voluminosa pancia del messicano dai proiettili.*
Kid chiese ai mandriani (ancora stralunati di fronte a quel bizzarro spettacolo) di lasciare soli lui, l’intruso e sua madre, la quale si affrettò a porgere le sue scuse per aver tentato di accoppare il garzone.
«No es un problema, señora Doolan. Anch’io avrei tentato di accopparmi, se mi fossi visto gironzolare nella mia proprietà.» squittì Pedro.
Kid sospirò e passò alle presentazioni: «Mamma, questo è Pedro Ramiréz, il tuttofare di Sid. Forse non ti ricordi di lui, tende a passare sempre inosservato. Pedro, per quale ragione stavi derubando mia madre?»
«Derubando?» rispose con fare ingenuo il garzone.
«Andiamo, Pedro, lo so benissimo che stavi arraffando qualcosa, per questo la gente ti spara!»
«Io non stavo rubando, señor! Ero solo andato ad abbeverarmi quando un proiettile mi ha scavato il sombrero.»
«Balle!» intervenne Rose, «Eri entrato nel mio pollaio e, nel tentativo di dartela a gambe, hai pure fatto cadere le uova che avevi sgraffignato.»
Willy annuì, conoscendo i peccati dell’avido garzone, ma prese le sue difese: «Non fargliene una colpa, mamma. Sid lo nutre a pane e acqua, per lui le uova sono come un dessert.»
Schioccando la lingua con disappunto, Rose dichiarò concluso il battibecco, sedendosi su una poltrona. Finalmente Willy poté interrogare Pedro come si deve: «Ti ha mandato Sid, non è vero? Ha scoperto qualcosa?»
Invece di rispondere alla domanda, il messicano rimase immobile a fissare con un sorrisetto beota il pistolero, che emise un grugnito spazientito prima di rivolgersi nuovamente alla madre: «Potresti preparare qualcosa da mangiare a Pedro?»
«Starai scherzando? Ha tentato di rubare nella mia proprietà! Perché dovrei pure offrigli la cena?»
«Perché è della scuola di Sid Ketchum: non dà niente in cambio di niente. Quando fa questa faccia da scemo, è perché ha fame e non parlerà finché non avrà messo giù un boccone. E fidati, non apre la bocca nemmeno con una pistola alla testa.»
La signora Doolan si alzò dalla sedia e si avvicinò alla cucina, lamentandosi indispettita delle conoscenze del figlioccio. Senza interrompere la tiritera, riscaldò una padella in cui ruppe (ironicamente) due uova che servì al panciuto intruso. Pedro si avventò come un coyote affamato che si ciba di una carogna.
Tra i rumori delle mascelle ruminanti, Willy riuscì finalmente a farlo parlare: «Ora potresti dirmi perché Sid ti ha mandato?»
Il garzone buttò giù un bolo e spiegò: «Il padrone ha fatto le ricerche che lei ha chiesto, señor. Dice di aver trovato l’uomo che sta cercando. Si è assicurato anche che lavora al soldo del governatore.»
«Aspettate, di chi sta parlando?» s’intromise Rose.
«Del sicario in nero, il tale che ha accoppato Regret e Brennan. Ha un mirino con sé, così ho chiesto a Sid di risalire all’acquirente per scoprirne il nome.» le rammentò Willy.
«Il padrone ha fatto molto più di questo: ha scoperto anche dove è situato uno dei traffici di schiavi.»
«Lasciami indovinare: in Kansas?»
Pedro sgranò gli occhi e, prim’ancora che potesse fare domande, Willy gli disse: «Ho incontrato Black Jack proprio l’altro giorno. Hai perso la scommessa, Ramiréz.»
Il messicano abbassò gli occhi socchiusi dallo sconforto, come se gli avessero comunicato la dipartita di un suo caro parente. Poi si schiaffò in bocca un’altra forchettata e proseguì: «Il posto è a qualche miglio a ovest di Goodland, una vecchia miniera esaurita e abbandonata. Il terreno lo possiede Duke ma non c’è nessuna attività dichiarata. Il padrone vuole che io l’accompagni.»
Rose domandò al garzone: «Com’è che Sid sa così tante cose?»
Kid e Pedro si lanciarono uno sguardo d’intesa e insieme risposero: «Ha le sue fonti.»
Avendo capito che era inutile fare domande, la signora annuì e si aggiustò sulla sedia.
Willy riprese il discorso: «Se ti ha ordinato di starmi dietro, significa solo due cose: o avete scommesso sulla presenza del traffico di schiavi…»
«Eres correcto*!»
«… oppure teme per la mia incolumità.»
«Eres correcto de nuevo.»
«Devo supporre, dunque, che il nome trovato tra gli acquirenti sia quello di un individuo davvero pericoloso.»
«Il padrone mi ha detto di riferirle queste esatte parole: “Se finora te la sei cavata, è perché non l’hanno pagato per ucciderti.”»
«Quindi Sid vorrebbe farmi desistere?»
«Eres correcto.»
«Ma sapendo che io non rinuncio mai ad una preda, ti ha detto di starmi alle calcagna e proteggermi.»
Infilandosi in bocca l’ultimo boccone delle uova al tegamino, Pedro mugugnò un sì.
«Non mi piace questa storia, non mi piace per niente.» sussurrò la madre, incapace di reprimere la sua preoccupazione crescente.
«Neanche a me.» le rispose Kid, «Perché le persone che Sid teme di più le posso contare sulle dita e spero che il primo della lista non sia lo stesso di cui stiamo parlando.»
«Invece è proprio lui.» rispose Pedro, con la calma di un uomo che sta semplicemente mangiando.
«Dio Santo, Kid, di chi state parlando?»
Mentre il pistolero rimase a labbra serrate, il messicano non ebbe remore nel dire ad alta voce: «Douglas Mortifer*.»
Rose non poté fare a meno di notare il volto del figlioccio sbiancato di colpo, come se quel nome e quel cognome fossero le parole magiche di un diabolico sortilegio.
«Willy, che cos’hai? Ti senti bene?» gli chiese Rose apprensiva.
«No, mamma, non sto bene. Non ho intenzione di desistere, non arrivato a questo punto. Ma ho paura che questo sarà un ostacolo troppo grosso, perfino per me.»
«Non capisco, è soltanto un uomo, no? Chi è Douglas Mortifer?»
«Il più letale e strapagato sicario del West, forse il migliore al mondo. Un uomo che ti colpisce sempre, anche se hai schivato un colpo due volte. Uno che potrebbe facilmente spodestare messer Satanasso. In giro ha molti nomi, ma si evita di pronunciare quello che tutti conoscono: Slab The Killer.»
 
 
*Note:
  • I fucili Kentucky, anche noti come “Long Rifle”, erano i più comuni fucili da caccia usati agli albori del West. Prendono il loro nome dallo Stato in cui furono creati. La loro peculiarità era, appunto, di avere canne molto lunghe, che arrivavano anche oltre il metro e mezzo, in grado di uccidere prede difficili da grande distanza.
  • Il termine “Greaser” è un dispregiativo coniato dagli americani per indicare i messicani. In inglese vuol dire “unto”, tutt’oggi si usa per indicare i greaser degli anni cinquanta, ossia ragazzi che ungevano i propri capelli con la brillantina (Sì, proprio quelli del film “Grease”).
  • Le frasi in spagnolo di Pedro significano: No es un problema, non c’è problema; Eres correcto, hai ragione, Eres correcto de nuevo, hai ragione di nuovo.
  • La lastra di metallo è una doppia citazione: fa riferimento sia all’epica scena finale del film Per un pugno di dollari sia alla carta “Placca di ferro”, una carta verde dell’espansione “Dodge City” che vale come Mancato! (anche la carta è ispirata al film).
 
L’ultima nota me la voglio godere, perciò la butterò nell’angolo dell’autore. Bang! celebra i personaggi dell’epico racconto Western Il Buono, Il Brutto e Il Cattivo con due personaggi (Nell’edizione base): Pedro Ramiréz, che corrisponde a Tuco Ramìrez (notate la differenza dell’accento) e il temutissimo Slab The Killer, omaggio a Sentenza, il cattivo interpretato magistralmente da Lee Van Cleef.
Ora trovare un nome a Slab si è rivelata un’impresa: non sapevo se usare la carta dell’attore (che nell’espansione “Wild West Show” si chiama, appunto, Lee Van Kliff) oppure riadattare a modo mio il nome del personaggio che lo stesso attore interpreta ne Per qualche dollaro in più, ossia il colonnello Douglas Mortimer. Per rimanere fedele al lavoro compiuto finora avrei dovuto scegliere L.V. Kliff, ma forse Douglas Mortimer è più… come dire… Mortifero, mi spiego? Ecco perché l’ho chiamato Douglas Mortifer. Ditemi la vostra, se avete apprezzato questo mio rimaneggiamento e se, naturalmente, il capitolo vi è piaciuto.
L’autore che vi consiglio stavolta è  engichan296, scoperta alla ricerca di una nuova storia da seguire. Ha uno stile narrativo e descrittivo davvero sorprendente, che vi offrirà un’immedesimazione istantanea. Consiglio a tutti di leggere il suo racconto “Il Gioco di Dio, La Morte Rossa”: intrigante, ben scritto e capace di farvi rinunciare a ore di studio per leggervelo in santa pace (Non scherzo T_T).
E, come sempre, grazie a tutti voi, silenziosi lettori e caparbi commentatori.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 - Il nemico del mio nemico è mio amico ***


Capitolo 6: Il nemico del mio nemico è mio amico
 
Quella notte sembrò non passare mai, tra i tentativi di Rose di convincere Willy a rinunciare all’impresa e lui che la ignorava, impegnandosi a fare altro. Insieme a Pedro, Kid rimuginava su quali componenti dei pessimi ferri vecchi che il messicano si portava dietro fossero da sostituire: un’arrugginita Colt Peacemaker e una carabina Volcanic*, due anticaglie da collezione molto difettate che Sid aveva buttato chissà dove e che Ramiréz aveva accattato*.
Il mattino seguente lasciarono la mula di Pedro alla fattoria e presero in prestito un cavallo, in cambio della promessa di ritornare per restituirlo. Nonostante i violenti screzi avvenuti quella sera, Rose si presentò per salutare il figlio come solo una vera madre sapeva fare: gli porse un fagotto pieno di coperte, accessori per il viaggio e qualche provvista. Fu solo quando Willy si scusò per essere stato brusco con lei che ricevette un ultimo regalo: la fondina di un binocolo.
«Questo apparteneva a Simon.» spiegò Rose, «Per il tuo viaggio ne avrai bisogno. Sai bene che a me non serve. Stai attento: i nemici potrebbero scorgere il riflesso delle lenti.»
Con l’abbraccio che sanciva la fine del loro incontro, Kid le sussurrò parole d’affetto all’orecchio, per non avere il rimpianto di non averlo fatto prima.
Erano quasi fuori dalla staccionata, quando Willy si rivolse al nuovo compagno di viaggio: «Pedro.»
«Sì, señor?»
«Restituisci le uova che hai sgraffignato.»
 
***
 
Dopo mezza giornata e giunti al calar della sera, il duo si diresse a passo stanco verso nord, con la città di Temple ormai alle spalle. Tra le campagne della città natale di Kid e la prossima Waco, si ergeva un piccolo bosco in mezzo alla pista con un sentiero battuto tra gli alberi, così propose di inoltrarsi lì per essere meno esposti in caso di agguati.
«Señor, come vogliamo muoverci? Passiamo da Amarillo?» chiese Pedro per rompere il silenzio assoluto della boscaglia.
«No, passeremo per Fort Worth e attraverseremo l’Oklahoma. Prima usciamo dal Texas, meglio sarà.»
«Forse non ci conviene ritornare a Fort Worth, Señor. Poco prima che io lasciassi il saloon, era entrato…»
Pedro fu interrotto dal suono di uno sparo improvviso, il cui proiettile sibilò nell’ombra e si piantò in un tronco a pochi centimetri dal muso del destriero.
Dopo una brusca cabrata del cavallo, il messicano cadde dalla sella e Willy balzò per mettersi al riparo di un tronco con il fucile pronto. Trascinò il compagno dietro di lui e gli ordinò di tenere la testa bassa. Osservando il foro della pallottola, Kid calcolò approssimativamente la traiettoria e, tra le fronde, scorse la sagoma di un uomo.
Un altro sparo lo costrinse a ritirare la testa prima che una calibro 45 gli forasse il cappello.
«Willy the Kid!» tuonò una baritonale voce marziale, «Per il grande Stato del Texas, ti dichiaro in arresto.»
Sospirando un’imprecazione, Kid rispose con sarcasmo: «E’ sempre un piacere sentire la sua voce, comandante Carlson.»
«Risparmia il fiato, Kid! Butta fucile e cinturone e vieni fuori con le mani in alto, o la prossima voce che sentirai sarà quella del mio Spencer*.»
«Abbiamo già fatto questo gioco, comandante. E la volta scorsa non è andata bene per lei^.»
Il colpo di avvertimento che seguì quella battuta passò il legno dell’albero da parte a parte, facendo sussultare Willy per la sorpresa.
«Non finirà come l’altra volta. Un’altra parola e ti spedisco a ingrassare la terra. E fidati, ragazzo: Kit Carlson mantiene sempre la sua parola!»
Non potendo muoversi e coperto da un riparo poco sicuro, Willy pensò di gettarsi fuori all’improvviso e crivellare il Ranger, ma sarebbe stato un azzardo molto grosso. Poi gli venne un’idea: Pedro poteva aggirare Carlson e chiuderlo in un fuoco incrociato. Si voltò verso il suo grasso compagno per spiegargli il piano d’azione ma, invece, trovò l’orma della pancia voluminosa del messicano marcata sull’erba.
«Conto fino a tre, Kid! Uno…»
«Va bene, agente! Mi arrendo! Uscirò con le mani in alto»
Dopo che cinturone e fucile furono allontani dalla sua portata, scoprì le braccia dal nascondiglio e si alzò in piedi lentamente. I suoi occhi incrociarono prima la canna dello Spencer e, immediatamente dopo, quelli rabbiosi di Carlson, in cui si leggeva a chiare lettere il desiderio di sparare in faccia al cacciatore di taglie. Invece la canna della carabina si abbassò lievemente e Kit obbligò il bersagliato a sedersi.
Una volta che Kid si fu posato sul suolo, Carlson domandò: «Cosa ricordi di quella notte della retata?»
Willy strinse i pugni fino a sbiancare le nocche, avendo inteso il giochino del Ranger: quel sadico massacratore d’indiani voleva farlo infuriare per vendicarsi del loro incontro nella casa del governatore.
Appreso ciò, fece buon viso a cattivo gioco: «Ogni cosa comandante, ricordo ogni momento. E se la domanda che vuole farmi è se mi penta del taglio che le infersi quella notte, le posso solo dire che lei è stato fortunato: avrei dovuto prendere meglio la mira.»
Kid lesse negli occhi del nemico la stessa collera che Carlson leggeva nei suoi. Era riuscito a ribaltare la frittata, trasformando il cinico gioco del Ranger in una sfida di autocontrollo.
Eppure Kit si rivelò in vena di chiacchiere: «Devo darti atto di avere talento, ragazzo. Ho accoppato molte canaglie nella mia vita, però tu, fin da bambino, sei quella che mi ha dato più filo da torcere: mi hai ferito gravemente, mi hai costretto ad una caccia senza tregua e mi hai disarmato in uno scontro a fuoco. Eppure conosci bene il mio vangelo: mai colpire un Texas Ranger! Nonostante tutto, anche disarmato, hai il pelo sullo stomaco di sfidarmi a viso aperto senza temere le conseguenze.»
«E’ un atteggiamento che ho appreso dai Navajo: mai arrendersi, neanche di fronte alla morte. Avrebbe potuto imparare molto da quei -come li chiama lei- selvaggi. Avrebbero inserito molti versetti nel suo vangelo.»
La partita si portò al due a uno per Kid, che si gongolò nel notare il sopracciglio brizzolato dell’avversario tremolare di rabbia.
«Come hai fatto a sfuggirmi per tutto questo tempo?» si chiese Carlson tra sé e sé ma ben ad alta voce, per ricevere una risposta dal suo più incallito avversario.
«Non ho mai avuto il pensiero di doverle sfuggire, comandante. Io viaggio perché sono un cacciatore di taglie e ho le mie prede da inseguire. Se non ci siamo mai incrociati prima d’ora, sarà stato perché così voleva il destino… o forse perché mi muovo molto veloce.»
«E sentiamo, mister cacciatore dei miei speroni, anche questa volta sei a caccia?» lo canzonò Kit, ormai al limite della pazienza.
Qualcosa nella mente di Willy scattò, come se il suo istinto gli avesse suggerito di dire le parole che pronunciò in quel momento: «No, stavolta sto compiendo un’impresa impossibile: mettere sotto chiave Lucky Duke.»
Kid si aspettò che, da un momento all’altro, il Ranger gli scoppiasse a ridere in faccia o lo canzonasse per l’assurdità di quella fatica. Invece no: Carlson lo ascoltò incuriosito e addirittura gli chiese come mai.
«Perché, da prima di diventare governatore del Texas,» iniziò a narrare Willy, «Lucky Duke trafficava esseri umani, racimolando un sacco di soldi. La sua attività illegale ora è alle stelle e nessuno si accorge di niente. Io voglio fermarlo perché, anche se di colori diversi, neri e pellirosse hanno il diritto di vivere come uomini liberi e non per ingolfare le tasche di quel manigoldo con i guanti bianchi. Sono sicuro che lei, più di molti altri, dovrebbe comprendermi: non fu per la libertà di ogni uomo in America che vi uniste agli yankee, tenente colonnello?»
Carlson si prese il tempo di valutare le parole del ragazzo e di scegliere accuratamente la risposta. Infine ribatté in modo prevedibile: «Mi piacerebbe crederti, Kid, ma il mio dovere è di sbatterti in gabbia. Tu vuoi inoltre infangare la buona immagine di un mio superiore, perciò sono obbligato a fermarti due volte.»
Willy alzò gli occhi spazientito, perché, per quanto valoroso e senza paura, il comandante Carlson si era rivelato il leccapiedi che era.
«Tuttavia,» continuò Kit, «non ho mai visto di buon occhio il governatore, perciò continuerò io le indagini che stai conducendo. Se è vero che Lucky Duke ha le mani in pasta in qualcosa di losco, giuro sullo Stato del Texas che non resterà impunito.»
«Vangelo secondo Kit Carlson: un Texas Ranger mantiene sempre le promesse, giusto?» rimbeccò Willy.
«Puoi scommetterci la pellaccia! Ora andiamo, mi rimboccherò le maniche non appena sarai dietro a robuste sbarre di piombo.»
Appena alzatosi, Carlson avvertì un’improvvisa fitta dietro la nuca, ma fu solo un attimo prima del buio; apparso come un fantasma armato di randello, Pedro aveva assestato una bastonata proditoria al vecchio, facendogli schizzare il cappello dalla testa.
Willy rimase a bocca aperta a quello spettacolo e quando si riprese, bofonchiò: «Cavoli! Ho pensato di rimetterci la pelle! Dov’eri finito?»
«A non farmi catturare, señor. E a salvarle la vita.»
Willy sospirò e recuperò la sua artiglieria. Ripreso il possesso dei cavalli, i due montarono in sella e lasciarono in fretta e furia quel luogo e il Ranger accasciato al suolo.
«Dobbiamo mettere più distanza possibile tra noi e lui.» ordinò Kid, «Andiamo a nord e, una volta superata Waco, camminiamo su per il fiume Brazos fino a Wichita Falls. Faremo un giro più lungo, ma non lasceremo tracce che lui possa seguire.»
«Muy bien, señor. C’è da dire che il señor Carlson è proprio un uomo stupido.»
Kid rise di gusto e chiese: «Come mai?»
«E’ un soldato, eppure blatera un sacco. Quando si spara, non si parla, si spara e basta!*»
 
*Note:
  • Pedro Ramiréz, nel gioco di carte, può prendere la prima carta dalla pila degli scarti. Naturale che sia un ladruncolo e un accattone.
  • La Colt Peacemaker fu uno dei primi modelli a cinque colpi e a retrocarica delle Colt. E’ nota per avere una canna davvero corta (dodici centimetri), che la rendeva occultabile sotto la giacca all’altezza del cuore, da qui il nome. Invece si chiamano Volcanic tutte le armi prodotte dall’omonima compagnia… ossia un solo fucile (il primo a leva) e una sola pistola (quella raffigurata nel gioco). La produzione di questo articolo iniziò nel 1848, ma la ditta fallì nel 1854, quando l’azionista di punta, Wesson, si mise in affari con Smith, assorbendo la Volcanic per creare la Smith&Wesson.
  • Citazione de Il Buono, Il Brutto e Il Cattivo.
 
^Rimandi alla prima stagione:
  1. Il rocambolesco incontro tra Willy e Kit avviene nel “Capitolo 6: Hasta la Vista, Kit Carlson”.
 
Ed ecco il secondo, ma nettamente più tranquillo, incontro tra l’ostinato Ranger e il nostro eroe… che dire, la vecchiaia ti rende più logorroico.
Chissà come si svolgeranno i fatti tra i due dopo questo brutto tiro del messicano: continueranno a odiarsi? Stringeranno una temporanea coalizione? Carlson catturerà Kid oppure sarà lui ad avere la meglio? Solo il tempo lo dirà.
Comunque, c’è una cosa che mi preme sapere più di tutte: quanto vi piace il grasso messicano? :D Ditemi la vostra
Come sempre, approfitto per consigliarvi un nuovo autore: il suo nome è Fata Blu, autrice che conosco anche da prima di EFP e che suggerisco a tutti! Se cercate vere sfide intellettuali con dialoghi accattivanti, ricchi di battute sferzanti, ritmate e perfettamente orchestrate da una scrittura sinuosa, lei è l’autrice che fa per voi.
E, come sempre, grazie a tutti i silenziosi e ai commentatori.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 - Scappa, Calamity Janet ***


Capitolo 7: Scappa, Calamity Janet

 
Dopo tre giorni di fuga disperata da Waco, un freddo guado del fiume Brazos e altri due giorni di estenuante galoppo verso nord, finalmente Pedro e Willy trovarono salvezza nell’accogliente crocevia tra l’Oklahoma e il Texas, Wichita Falls.
Una notte di riposo e una colazione dopo spinsero il duo a considerare un grosso intoppo sul loro cammino: Goodland era davvero all’altro capo del mondo e loro avevano bisogno di lasciarsi dietro il Texas il più velocemente possibile. Pianificarono il viaggio e, il giorno dopo, raccolto il necessario per la loro missione, si caricarono sulla carrozza economica di una sbuffante locomotiva a vapore. La sorprendente rapidità del carro di metallo portò i due avventurieri attraverso tutto l’Oklahoma, giungendo nelle ghiaiose terre verdeggianti del Kansas, fino a Wichita. Discesi dal treno, gli zoccoli dei destrieri sguazzarono tra le acque dell’Arkansas River e in due giorni di cammino si asciugarono nella città di Great Bend. Una notte di sonno preparò i due pellegrini a un’altra mattinata da passare sui duri sedili di una carrozza di seconda classe, tra le chiacchiere degli elegantoni provenienti dall’est e il cantilenante sferragliare del treno. Quando il capo carrozza annunciò che Colby sarebbe stata la fermata imminente, il sole era ormai calato e proseguire sarebbe stato pericoloso. All’alba del decimo giorno dalla loro partenza i due pellegrini si lasciarono alle spalle la città per inoltrarsi nell’arida pianura, in attesa di superare Goodland.
«Non trova incredibile, señor, come queste carrozze senza cavalli siano rapide?» disse Pedro rompendo il silenzio, «Abbiamo compiuto un viaggio di un mese in meno di metà del tempo.»
«Preferisco una sella a uno di quei sedili di legno.» rispose Willy, dando due pacche a Branco che sbuffò, come se approvasse le parole del padrone.
«Io viaggerei sempre in treno, señor. Niente pioggia o neve, niente estenuanti galoppate, niente appostamenti al buio nella notte. E’ il futuro dei viaggi!»
«Qui ti sbagli, Pedro: un viaggio non è un punto di partenza e uno di arrivo, ma è il tragitto che li divide. Un viaggio ti aiuta a crescere, imparare, metterti alla prova. Restare chiuso in tonnellate di metallo non ti rende un uomo migliore, solo più pigro.»
«Forse, ma chiusi in tonnellate di metallo non ti becchi piombo caldo in fronte.»
La tentazione di ribattere di Willy sfumò quando gli occhi dei due pellegrini si posarono su un pericolo in lontananza: dove ci sarebbe dovuto essere il profilo di una città, si ergeva una fitta nuvola di polverone. Willy agguantò il binocolo e, coperto il riflesso delle lenti con il cappello, scrutò la minaccia. Pedro vide il volto del compagno distendersi dallo stupore, come se avesse visto un manipolo di Cavalieri del Cielo*.
«Guai in vista, Pedro.» avvertì Willy, «Sono almeno venti uomini, armati fino ai denti. Stanno inseguendo qualcuno.»
«Come li affrontiamo? Sono troppi e siamo in campo aperto.» balbettò Pedro, persuaso a voler tagliare la corda nel suo inimitabile stile.
«Togli la sella dai cavalli, dobbiamo muoverci in fretta.»
 
***
Maledicendo il cielo in tutti i modi possibili, la ragazza spronava senza tregua il suo ronzino, sperando che tutte le domeniche passate in chiesa con le mani giunte fossero servite ad ottenere un miracolo.
«Stategli addosso, non deve sfuggirci!» fu il ruggito un uomo alle sue spalle, coronato da un concerto di clarini sputa fuoco. La distanza tra il branco di tagliagole e il cavallo della fuggiasca era troppa per le calibro 45, che rotolavano inermi al suolo invece di colpire la ragazza.
Più la fuga si prolungava, più il fiato del ronzino si appesantiva, aggiungendosi al fragore del mucchio selvaggio alle sue spalle che guadagnava terreno. Ormai lei sarebbe stata spacciata, a meno che il Signore non avesse inviato per questa pecora smarrita un angelo, magari armato.
Fu quando ormai le pallottole sfiorarono gli zoccoli dello stremato cavallo che si udì un uomo gemere: la fuggiasca voltò appena la testa di lato e vide una carcassa rotolare tra la polvere e le zampe tumultuanti. Gli inseguitori aprirono la formazione, presi alla sprovvista dal loro compagno caduto. Non riuscirono a realizzare l’accaduto prima che altri due del branco ruzzolassero al suolo con proiettili nel petto.
«Disperdetevi, dannazione! Trovate il tiratore!» urlava il capo nel fragore, prima di schiantarsi al suolo con un tonfo e un buco nella testa.
Ormai la marcia degli inseguitori era stata interrotta ed essi vagavano disperati nella speranza di scovare il loro carnefice. Quando quindici del branco furono ormai al cospetto di Belzebù, i superstiti videro la morte in faccia: Willy uscì allo scoperto da un ampio telo ricoperto di ghiaia, una dotazione ideale per mimetizzarsi in campo aperto. Il Golden Boy era a terra vuoto, ma la Dragoon era in pugno e ruggente; sei uomini caddero inesorabili sotto il tiro della Colt.
Del manipolo di inseguitori, solo cinque rimasero in piedi; fu allora che Pedro si sollevò dalla sua coperta di ghiaia con il fucile spianato, intimando ai sopravvissuti di gettare le armi. Tre di loro eseguirono l’ordine del messicano, ma due provarono a salvarsi scegliendo la via della fuga. Ramiréz, colto alla sprovvista, colpì solo il più vicino dei due, l’altro invece si portò fuori dalla sua gittata.
Soltanto allora Willy vide chi avesse appena salvato e osservò il suo volto a occhi sbarrati: Suzy Lafayette^.
La ragazza saltò i cerimoniali e strillò: «Willy! Insegui quel cavallo!»
Senza esitare oltre, con un fischio acuto Kid richiamò il suo mustang e montò in sella, per lanciarsi in un galoppo sfrenato. Branco dimostrò il suo valore e raggiunse in pochi minuti il fuggiasco, tempo necessario al suo padrone per ricaricare il Winchester con cinque colpi.
Bang! Mancato!
Sebbene avesse preso la mira, il proiettile schizzò oltre l’inseguito, che si era prontamente scostato dalla traiettoria inclinandosi sul fianco del cavallo. Kid restò attonito di fronte ad una sbalorditiva prova di agilità: il bandito era rimasto aggrappato all’anca del destriero con una mano stretta al pomolo* e le cosce serrate sul dorso. In quella scomoda posizione, riuscì ad agguantare il suo revolver Remington e sparare in direzione del cacciatore. Willy dovette inclinare le redini per cambiare la traiettoria di corsa, giusto in tempo per udire il proiettile della calibro 45 sibilare in prossimità dei suoi fianchi.
In quei pochi secondi di contatto visivo, Kid aveva realizzato che il suo avversario era una donna, dai lineamenti spigolosi e le labbra carnose. Eppure non era una donzella in difficoltà, ma una calamità naturale: infatti, anche se Willy non poté scorgerla da quella prospettiva, lei si rivoltò sulla sella in un batter d’occhio e, con solo un piede nella staffa e le cinghie delle redini alla mano, assunse una posizione eretta per uscire allo scoperto e sparare il suo inseguitore tre volte. Grazie a uno scatto, Branco si portò in salvo oltre la traiettoria dei proiettili ma Willy perse l’occasione di colpire la nemica, perché costretto a piegarsi in avanti per assecondare l’accelerazione del destriero.
I due pistoleri entrarono nei confini della città di Goodland, un conglomerato di catapecchie; inoltratasi in quella città fantasma, la donna puntò i piedi sulla sella e spiccò un balzo su una tettoia. Willy si vide costretto a scendere al volo da cavallo e, a causa dell’esagerata velocità, rotolare per terra fino a schiantarsi contro un’asse di legno lì vicino. Quella ruzzolata, sebbene gli avesse procurato qualche livido, lo salvò da due colpi piovuti dall’alto, che s’incastonarono al suolo con una nube di ciottoli. Senza staccare lo sguardo da sopra la sua testa per prevenire sorprese, Kid riuscì a riempire il caricatore; non appena la leva del Winchester spinse un colpo in canna, proprio dal balconcino lì sopra apparve la demoniaca assassina, con due pistole in mano, che si lasciò cadere dalla balaustra per aggrapparsi con il dorso dei piedi tra le scanalature, mentre con le sputa fuoco diede inizio ad un concerto, prendendo la mira a testa in giù; Kid si salvò gettandosi dentro il locale retrostante da una finestra, ma non prima di aver sparato due colpi in direzione della donna. Non assistette allo spettacolo di lei, che, lasciandosi cadere, volteggiava tra i proiettili con una capriola mortale e che atterrò con un tonfo e si affacciò alla finestra, per crivellare il cacciatore senza tregua fino a svuotare i tamburi; in tutta risposta Kid ribaltò un vecchio tavolo, che, col suo spessore, offrì un riparo improvvisato. Non appena sentì il ticchettio dei grilletti nemici, Willy estrasse la testa e sparò in successione tre colpi. I primi due le fecero schizzare le pistole di mano, ma la donna schivò il terzo piegandosi sulle ginocchia e inarcando la schiena fino a toccare il suolo con le spalle, dimodoché il proiettile volò oltre la sua fronte.
Saltato sul davanzale con il fucile spianato, Kid provò ad ingolfarla di piombo, ma la serpe si alzò in verticale, aprì le gambe e roteò su se stessa per assestargli due calci: il primo disarmò l’avversario, il secondo lo prese dritto in volto, facendolo schizzare nel locale con uno schianto. Non fece in tempo a sputare un gemito di dolore, perché l’assassina gli si avventò contro con un coltello stretto in pugno. Willy bloccò il polso armato, ma lei iniziò a pressare il collo di lui con l’avambraccio libero. Resistendo allo strangolamento con l’aiuto dell’altro braccio, Kid avvertì che i piedi della donna erano piantati saldamente sulle sue cosce, in modo da immobilizzarlo del tutto. Le sue orecchie furono lacerate da un urlo selvaggio e rauco, carico di furia assassina che si rifletteva cristallina negli occhi scuri del demone dal seno pronunciato.
Improvvisamente gli occhi iniettati di sangue si spensero in uno sguardo vacuo, accompagnati da un violento tonfo: Suzy aveva afferrato il Winchester per la canna come una verga e aveva tramortito l’assassina, che aveva stramazzato al suolo. Willy tossì per riprendere aria fresca; i suoi occhi si posarono su quelli scintillanti di Suzy, che però erano assottigliati dalla fatica della fuga e dal risentimento.
«C’è mancato poco.» bisbigliò Kid, rialzandosi dolorante.
«Beh, adesso siamo pari.» gli rispose Suzy, affannata, «Incaprettiamola come si deve, dobbiamo anche legare i piedi di questa figlia di cento serpenti.»
«Ti sei fatta amiche interessanti, Lafayette.» la canzonò lui per sdrammatizzare il pesante clima di tensione che di lì a poco si sarebbe creato, «Chi è questo demonio?»
«Mi sorprendo che il solitario cacciatore Willy the Kid non riconosca Calamity Janet.» rispose Suzy, enfatizzando la parola “solitario” con velenosa ironia.
«Calamity Janet? Come accidenti sei finita contro Calamity Janet?» chiese Kid, tanto allibito quanto affaticato.
Suzy prese un bel respiro, deglutì e spiegò: «Stavo svolgendo delle indagini in Colorado, quando mi giunse voce che dalle parti del confine ci fosse una grossa incetta di schiavi. Ho ficcato il naso troppo in fondo alla faccenda e sono finita qui, a Goodland. La città era stata messa a ferro e fuoco dalla qui presente calamità e il suo drappello di omaccioni, che tenevano occupata come polo di scambio merce umana. Naturalmente mi ci sono trovata a sguazzare fino al collo, così mi sono data alla fuga: se tu e Pedro non foste apparsi, starei scorazzando nei beati territori di caccia.»
«No es un problema, señorita Lafayette, per Pedro Ramiréz è sempre un piacere aiutare donzelle in difficoltà!» esclamò il messicano, apparso all’improvviso vicino al corpo inerme dell’assassina, impacchettata a dovere. Suzy lo salutò con un sorriso luminoso, poi restituì a Kid il suo fucile, spingendoglielo sul petto in malo modo.
Willy si abbassò all’altezza del volto di Janet e la chiamò a gran voce per destarla; non appena la donna riprese conoscenza, la prima cosa che vide furono gli occhi feroci del suo avversario, cui rispose con un urlo agghiacciante di guerra. Pedro sobbalzò, mentre il duo che vinse Jourdannais^ non fece una piega.
«Sporchi bastardi! Appena mi libererò di queste corde vi squarterò come pesci!» ringhiò Calamity, con una voce piena e ruggente, capace di far accapponare la pelle ad un uomo fatto e finito.
Suzy, spazientita, afferrò la sua Buntline e gliela infilò giù per la gola, caricando il proiettile con il pollice.
«Taci, o, com’è vero Iddio, ti faccio saltare le cervella!» sussurrò minacciosa, ottenendo un attonito silenzio dalla prigioniera.
Willy si abbassò alla sua altezza e le chiese: «Sappiamo che, a qualche miglio a ovest di questa città morta, state conducendo una tratta di schiavi al soldo di Lucky Duke. Ecco come andranno le cose: tu ci condurrai al luogo, ci dirai quanti invitati ci sono alla festa e che botti hanno per festeggiare. O collabori e conservi intatto il tuo bel faccino, oppure ti scanniamo adesso e proseguiamo per conto nostro. Sii saggia.»
Janet scostò la testa per liberare la sua bocca dalla canna ferrosa, rispondendo a Willy con uno sputo denso e biancastro. Mentre il cacciatore si deterse il volto, lei continuò a strepitare: «Cosa pensate di voler fare voi tre, con i vostri giocattoli? Ti accontenterò, cowboy, soltanto per vedere quanto copiosamente te la farai sotto: lì ci sono cinquanta uomini, tutti armati fino ai denti. E puoi credermi quando ti dico che sono svelti e precisi come il sinistro mietitore. Ma se loro non saranno sufficienti a farvi schiattare di crepacuore, è bene che vi avverta: con il più grosso fucile che un mortale possa imbracciare, c’è il mio uomo a capo della sicurezza, Douglas Mortifer, uno con tre dita di pelo nello stomaco che può aprire in due una moneta da un dollaro a quattrocento metri di distanza! Appena saprà quello che mi avete fatto, con le vostre ossa ci si pulirà i denti.»
Pedro iniziò frettolosamente a compiere numerosi segni della croce; Willy invece si prese il tempo per ponderare la prossima risposta. Dopo un minuto passato a sentire gli improperi di Janet sulla sua famiglia, si alzò in piedi e comandò ai suoi amici: «Datele un colpo in testa e imbavagliatela. Le faremo aprire la formazione e, quando Slab the Killer ci si parerà davanti, noi avremo uno scudo che non potrà scalfire.»
Suzy afferrò la pisola come una clava e, con un sadico sorriso in volto, si rivolse alla prigioniera: «Grazie mille, bocca larga. Ora è meglio che la chiudi!»
 
*Note:
  • I Cavalieri del Cielo sono i protagonisti dell’omonima ballata western “Heaven Riders”, anche se letteralmente significa cavalieri del paradiso. Il testo di questa canzone narra di questi temibili spettri diabolici, fantasmi dei cowboy morti violentemente, che si aggirano tra le nubi temporalesche cavalcando cavalli dai crini infuocati e in grado di lanciare fiammate dalle narici. La canzone “Ghostriders in the Sky” e il personaggio della Marvel sono ispirati a questo mito.
  • Il pomolo è il componente della sella posto anteriormente; i mandriani lo usavano per legare le estremità dei lazzi con cui incaprettavano i capi di bestiame. E’ un vero e proprio pomello che si erge in verticale.
 
^Rimandi alla prima stagione:
  1. Willy e Suzy s’incontrano nel “Capitolo 10: Suzy Lafayette”.
  2. Sempre assieme, i due piccioncini sconfiggono Jourdannais nel “Capitolo 12: In guardia, Jourdannais”.
 
Ahhhhh, che dire… adoro le sparatorie. Anche se stavolta ho un po’ esagerato: quindici morti e un’acrobata assassina. Essì, la tanto temuta Calamity Janet, colei che usa Mancato! come Bang! e viceversa. Come può una donna sparare per mancare un colpo? Siccome non volevo sfociare nell’assurdo con roba come “colpire-i-proiettili-con-altri-proiettili”, mi sono detto: «Facciamo che è una dannata acrobata, una che volteggia come Spider-man di Die Hard e spara a mezz’aria».
Per chi non lo sapesse: il personaggio cui faccio riferimento è un mid-boss (definiamolo così) che appare nel quarto capitolo della saga, uno che si lancia di testa, corre, sferra calci come un ossesso… e quella battaglia è fichissima! Infatti, Willis, con il caricatore svuotato nel tentativo di colpire questo str****, bofonchia esasperato: «E questo chi è, Spider-man?».
Come sempre, per ringraziarvi delle vostre visualizzazioni e dei vostri commenti, vi indirizzo nella pagina di un altro autore: è il turno di hinata 92, autrice di cui sono venuto a conoscenza perché mise tra le “storie da seguire” la prima stagione (sono commosso T_T). Le sue fanfic sono varie di stile e genere, addirittura ne troverete alcune su Lilo e Stich, di cui consiglio caldamente la lettura se vorrete godervi un piacevole tuffo nel passato.
 
Howdy!

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