GREY DAY IN DARKNESS - Seconda Parte

di BigMistake
(/viewuser.php?uid=87333)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** CAPITOLO I: Il discorso. ***
Capitolo 2: *** CAPITOLO II: Singolar tenzone! ***
Capitolo 3: *** CAPITOLO III: Addio, sii felice! ***
Capitolo 4: *** CAPITOLO IV: Posso decidere qualcosa? ***
Capitolo 5: *** CAPITOLO V: Finalmente… ***
Capitolo 6: *** CAPITOLO VI: … soli! ***
Capitolo 7: *** CAPITOLO VII: Dolore. ***
Capitolo 8: *** CAPITOLO VIII: Starti accanto! ***
Capitolo 9: *** CAPITOLO IX: Sono grave? ***
Capitolo 10: *** CAPITOLO X: Lieta novella! ***
Capitolo 11: *** CAPITOLO XI: Dolce Snervante Attesa! ***
Capitolo 12: *** CAPITOLO XII: Mai parlare troppo presto! ***
Capitolo 13: *** CAPITOLO XIII: Protezione. ***
Capitolo 14: *** CAPITOLO XIV: Aiuto Volterra! ***
Capitolo 15: *** CAPITOLO XV: Desiderio di sangue! ***
Capitolo 16: *** CAPITOLO XVI: Prova a prendermi! ***
Capitolo 17: *** CAPITOLO XVII: Sguardo al futuro. ***



Capitolo 1
*** CAPITOLO I: Il discorso. ***


PARTE 1: Renesmee Carlie Cullen leggere prima questa!

PARTE 2: Una nuova vita!

CAPITOLO I: Il discorso.

Mancavano pochi giorni al diploma. Il tempo in cui ero mancata non era servito ad abbassare la mia media soprattutto perché mio padre aveva rimediato un bel certificato medico dove diceva che avevo avuto una malattia di cui non so il nome troppo complicato. E poi mi aveva costretto a recuperare il tempo perduto, studiando più di quello che facevo di solito ovvero come uno studente normale. Come se non bastasse stava per incastrarmi con il college. Così al mio ritorno da Volterra con la spalla fasciata e la costola rotta mi aveva fatto trovare le domande per il college di Seattle semi compilate. Mi aveva detto che potevo tranquillamente vivere la mia vita con Jake da brava mogliettina continuando a studiare, rendendo felice il mio papà e Jacob che nel frattempo si era alleato con lui. Mi sono decisamente stufata dei suoi modi sibillini di farmi fare quello che vuole coinvolgendo le persone a cui non so resistere! La vita sembrava essere tornata quella di sempre seppure io ero più consapevole di me stessa, del mio posto nel mondo. In realtà molte cose erano cambiate: per esempio alla mia famiglia si era aggiunto un nuovo componente. Gabriel era stato accolto da Carlisle nella nostra grande casa. Ero molto felice della proposta del nonno e della risposta di quello che era diventato un grande amico. Ne avevo bisogno, ora che avevo perso Joyce. Durante il giorno della rivalsa, mentre io combattevo con Jane ed avevo tutti gli occhi puntati addosso, Rose ed Alice erano riuscite a nasconderlo onde evitare che venisse coinvolto nella battaglia. Ma appena ho saputo che Jacob era stato gravemente ferito sono uscita fuori di testa. Riuscì a divincolarmi dalla presa di mio padre che aveva letto le mie intenzioni di finire ciò che Jason, il capitano della squadra di nuoto, aveva iniziato. Mi scaraventai su di lui come una furia: ancora ricordo il suo sguardo spaventato quando lo facevo volare da una parte all’altra accusandolo di essere stato la causa della perdita di Jake. Solo attraverso l’intervento di altri tre forzuti vampiri sono riusciti a staccarmi dal suo collo e mentre ancora io mi divincolavo per portare a termine il mio scopo, mio padre aveva cominciato il suo. Aveva deciso che per Joyce la semplice morte non sarebbe stata abbastanza, soprattutto perché aveva realmente messo a rischio la mia vita. Quindi iniziò la sua lenta tortura psicologica. Non avevo mai visto mio padre con quello sguardo assassino rivolgersi ad una persona, faceva realmente paura. Cominciò a minacciarlo velatamente che se solo si fosse avvicinato a Forks, a me o qualsiasi altro mio parente lui l’avrebbe cercato, preso e fatto agonizzare nella morte più cruenta che potesse immaginare. A mio padre si aggiunse Zafrina che rese reale nella mente del mio ‘amico’ i propositi  che probabilmente erano anche i suoi. Al nostro ritorno seppi che lui con la madre si erano trasferiti in un paese più caldo. Bella scusa. Avrei tanto voluto che il nostro rapporto non fosse stato macchiato da quel suo desiderio malsano di immortalità, io gli volevo bene, ma il suo comportamento mi ha aiutata ad accettare che il marcio esiste ovunque e che si diventa solo ciò che si vuole essere. Mi mancava però. O meglio, mi mancava il nostro rapporto. Soprattutto perché si era proposto di scrivere il mio discorso del diploma. Dall’altra parte dell’oceano intanto il nuovo impero dei Volturi stava prendendo forma, infatti Marcus aveva preso le redini del comando della casata e stava cercando di ricostruire un mondo migliore. La società dei vampiri cambiò radicalmente dopo la nostra rivoluzione. In Europa Volterra era diventata la nuova Bisanzio, ma in America coperta sotto una folta coltre di nubi, c’era Roma. Noi Cullen eravamo diventati il più potente Clan di tutto l’emisfero Occidentale, tutti si rivolgevano a noi per i problemi che fino ad allora solo i Volturi sembrava potessero risolvere. Allo stesso tempo grazie a tutte alle alleanze che si erano create riuscivamo a continuare la nostra vita.  Ma adesso principessa Renesmee devi scrivere il tuo discorso. Ero così disperata che spesso stavo con il mento sulla scrivania giocherellando con le matite colorate. Se c’era una cosa che non avrei mai voluto, era mettermi a studiare un modo di parlare di fronte ad una folla di sciocchi ragazzini.

“Permesso?” Jake se ne stava appollaiato sulla finestra a guardami bello come non mai. Ma neanche lui mi avrebbe distratto dal mio scopo: il discorso, no ovviamente, cercare di fare canestro con la grappetta nel portamatite attraverso la piccola catapulta che mi ero costruita.

“Ma la porta mai?” continuavo nel mio intento. Non mi voltai neanche, sapendo che se l’avessi guardato il mio malumore sarebbe svanito nel nulla, invece a me serviva un qualche modo per sfuggire a Zia Alice e il mio nervosismo era diventata un arma vincente. Certo perché se Rose per Jacob è una bionda psicopatica, per me Alice è una nanerottola pazza. La adoro in tutte le sue forme, ma riesce sempre ad obbligarmi con la forza a fare quello che dice lei soprattutto ora che stava organizzando il mio matrimonio. Per fortuna che di mezzo c’era il diploma e mi stava lasciando lievemente in pace.

“Siamo di buon umore oggi! Questo potrebbe farti rasserenare?” posò sui fogli, sporcati solo da scarabocchi senza senso, una meravigliosa rosa canina bianca. La guardai di sguincio, per continuare il mio allenamento con la mira. Se ho imparato a combattere giocando a scacchi, mi sarebbe tornato utile anche quello.

“Da quando sei diventato un sentimentale?” si chinò e voltò la sedia dove mi trovavo, per lasciare incontrare i nostri sguardi. Ormai aveva imparato. Se c’era una cosa a cui non so resistere è il suo sguardo scuro. Poi ci sono anche altre mille cose nell’elenco, ma la prima era lo sguardo.

“Più o meno da quando tu sei diventata intrattabile! Ti mette così in crisi questo discorso?” aveva preso le mie mani e le carezzava dolcemente. Il suo calore mi infondeva sempre una sicurezza unica, accanto a lui avrei superato qualsiasi ostacolo.

“Sai che ti amo?” alla fine avevo ceduto alle sue lusinghe. Ce l’aveva fatta a farmi tornare la Nessi al diabete. Ora avevo voglia di coccole e amore.

“Lo spero! Visto che presto sarai mia moglie!” il matrimonio. Ci risiamo. Ogni volta che cercavo di dimenticarmi che avevo una zia completamente folle che mi faceva da wedding planner, tornava impetuosa la parola matrimonio.  

“A proposito. Alice, voleva invitare duecento persone! Mamma sta già lavorando per me ma credo che la parola dello sposo conti più di tutto!” visto che c’ero cominciai ad inviare un’altra spia. Infatti, troppo occupata a costruire giocattoli con materiale da cancelleria, avevo cominciato a mobilitare qualsiasi famigliare si mostrasse disponibile per tenere sottocontrollo Alice. Era diventata una vera organizzazione d'intelligence.

“E quella della sposa?”

“Non conta niente a quanto pare! Sono stata padrona di scegliere solo il vestito!” di nuovo la giornata si riempi di luce con quel suo sorriso solare infarta Nessie.

“Strano, pensavo che fosse l’unica cosa su cui non ti avrebbe fatto mettere bocca!”

“Ne ho scelto uno stupendo! Quindi l’ha preso senza obiezioni!”

“Ah si! Com’è?” non faceva altro che cercare di capire come era fatto il mio vestito. Avvicinò il suo viso, cercando di incantarmi con quei suoi lineamenti perfetti, quel che bastava per far vacillare la mia volontà di tacere.

“Non ci provare, Jacob Black non riuscirai ad estorcere nemmeno un piccolo dettaglio” ridusse ancora la distanza, avvicinandosi a praticamente pochissimi millimetri. Potevo sentire il suo soffio caldo, potevo percepire addirittura la morbidezza delle sue labbra. Ma da chi aveva imparato certe macchianzioni psicologiche?

“Nemmeno uno, piccolo, piccolo?” mugugnai un qualcosa che doveva assomigliare ad un no, lui per provocarmi cominciò a sfiorare il mio labbro inferiore e ad accarezzare il naso con il suo, scendendo lentamente sul mio collo. Il suo respiro bollente sulla mia epidermide mi faceva nascere un desiderio irrefrenabile di abbandonare ogni inibizione. Era, un’altra volta, riuscito ad annebbiarmi il cervello. Ero in completa balia della sua bellezza selvaggia e del suo delizioso ed inebriante profumo. Aveva iniziato la sua crudele sevizia nel tentativo di lasciar trapelare qualche particolare sul mio vestito. Ma proprio mentre stavo per cedere, la porta salvò la mia sorpresa.

“Nessie, è arrivata questa per te! Oh, ciao Jake non sapevo che fossi qui!” Gabriel irruppe nella mia stanza tenendo in mano una lettera troppo pesante per essere un no. Sopra riportava il simbolo North Seattle Community College. Tanto non avevo speranze con la media che mi ritrovavo.

“Gabriel, tu entri senza bussare in camera di Renesmee?” la voce di Jacob tremava dalla rabbia, in una reazione decisamente esagerata. Non che Gabriel non avesse sbagliato, ma quella ora era pure casa sua.

“Scusa Nessie! Tuo padre mi ha detto di portarti questo, ed io … non ho pensato … scusa ... Starò più attento la prossima volta!” non avevo mai visto Gabriel così scosso teneva fra le mani la lettera, con lo sguardo basso cercando di non incontrare quello del mio fidanzato. Mi faceva un’enorme tenerezza! D’altronde lui aveva sempre convissuto con degli italiani pazzi, non conosceva le dinamiche di una vera e propria famiglia.   

“Tranquillo Gabriel!”diedi un pugno sulla spalla di Jacob che continuava a tremare “Non ci hai disturbato non stavamo facendo nulla!” ebbi la seria sensazione che Jacob stesse puntando al mio di collo a quel punto, visto come il suo sguardo mi aveva fulminato.

“Si ma l’avremmo fatto presto!” quanto si può tollerare un lupo geloso? Purtroppo a Jacob non andava molto a genio Gabriel, anzi se avesse potuto lo avrebbe volentieri lasciato a Volterra. Lo accettava solo perché mi aveva aiutato nei terribili momenti passati durante la mia prigionia. Sta di fatto che avere un ibrido uguale a me sotto al mio stesso tetto, con cui avevo un buon rapporto e con cui condividevo la passione della letteratura, al mio lupo non piaceva affatto.

“Jacob, smettila!” sussurrai al suo orecchio cercando di fargli capire che ero io quella più inquietata. Mi dispiaceva enormemente che non andassero d’accordo e il comportamento di Jake spesso rasentava la maleducazione verso il mio amico. 

“Comunque scusa, tieni la lettera e poi facci sapere cosa ti hanno detto!” Gabriel si affrettò a posare la pietra dello scandalo sulla mia scrivania per tornare accanto alla porta quasi avesse paura che avvicinandosi troppo Jacob l’avrebbe assalito.

“Grazie, Gabriel!” l’unica cosa che potei dirgli prima che uscisse mestamente. Appena richiuse la porta mi voltai verso Jacob che intanto si era leggermente calmato. Certo, Gabriel era uscito.

“Non la apri?” aveva ancora la voce alterata.

“Tanto so già cosa c’è scritto. Preferisco sapere cos’ha che non va Gabriel e che significa questo tuo modo di fare!” 

“Non mi piace che entra così nella tua camera! Se eri in biancheria o peggio nuda? Io penso che gli avrei cavato gli occhi!” un fulmine attraverso quei pozzi neri. Sapevo cosa celava in quell’espressione e capivo ogni giorno di più quanto la mia amicizia con Gabriel gli desse fastidio.

“Lascialo stare Jake si sta ancora ambientando! E poi che pretendi che io abbia solo amici gay o donne! Gabriel ha fatto solo una cosa che gli era stata chiesta di fare, non era un piano per vedermi in desabillè!” stavo cominciando ad alzare la voce, visto che il mio lupo stava facendo esattamente quello che faceva sempre: vedere un complotto alle mie spalle.

“Gli stai dando ragione?” a quel punto si era alzato, sembrava che ogni tentativo di farlo ragionare fosse vano, o che peggiorasse addirittura la situazione.

“Jacob, è possibile che non ti fidi a tal punto di me?”

“Non mi fido di lui! Non hai notato come ti guarda? Sta sempre attaccato all’orlo della tua maglietta con quel suo bel musetto delicato! Sinceramente mi da fastidio che sia così appiccicoso con la mia futura moglie!” me ne stavo con le braccia incrociate, picchiettando con il piede in terra e il sopracciglio sinistro alzato. Mamma è proprio una brava insegnante! Però sentirlo parlare di me come futura moglie, mi faceva sempre uno strano effetto. In effetti il matrimonio si stava veramente avvicinando.

“Otello esci da questo corpo!” imitavo la gestualità dell’esorcista, disegnando svariate croci. Almeno l’avrei preso sul ridere.

“Renesmee, per favore!” si stava arrabbiando sul serio, dicendo il mio nome aveva sbuffato. Lo faceva solo in pochissime occasioni, ovvero quando lo facevo realmente spazientire. Avevo deciso di tirare fuori l’artiglieria pesante. Mi alzai lentamente, avvicinandomi al suo viso e cominciando a giocherellare con il collo della sua maglietta. Aveva voltato lo sguardo. Stava per cedere.

“ Jacob, sai che voglio bene a Gabriel ma non potrei mai provare un sentimento diverso dall’affetto! Dovresti cercare di calmarti, visto che fra due mesi ci sarai tu ad spettarmi all’altare!”  tirai fuori il tono più dolce possibile. Cerano due cose a cui non riusciva a resistere il mio caro lupo: alla dolcezza della mia voce e al mio sguardo languido. Se usati insieme sarei riuscita ad ottenere una qualsiasi cosa. Ecco da chi aveva imparato!

“Fai come vuoi Nessie!” aveva alzato le spalle. A me?

“Me lo fai un sorriso?” inclinai la testa per farmi guardare negl’occhi. Spallucce. Di nuovo spallucce a me? Per evitarmi però girò nuovamente la testa.

< Eh no caro mio! Non mi faccio trattare così! >

Mi voltai di spalle. Sentivo che ora il suo sguardo mi stava addosso.

“Vorrà dire che il sorriso me lo faccio fare da Gabriel!” fu un attimo. Mi afferrò per i fianchi buttandomi sul letto. Cominciò a farmi il solletico ovunque ma soprattutto sulla pancia, il mio punto più debole. Anche lui si stava divertendo e rideva assieme a me.

“Ti prego Jake bastaaaaa! Pietà! Non ce la faccio più!” cercavo di dire negli spazi in cui le risa me lo permettevano.

“No, mi devi dire una cosa e poi io smetto!”continuava a solleticarmi tutta. Ed io ridevo sguaiata quasi soffocando.

“Cosa, cosa, cosa?”

“Lo devi scoprire tu!”

“Va bene Jake ti amo, lasciami in pace ti prego!” smise per un secondo e mi guardò negl’occhi. Sorrise divertito a quella situazione “Ho indovinato?”

“No, hai sbagliato riprova!” Riprese con più foga il suo intento, ricominciando quella divertente battaglia. Poi un bussare particolare. Il segnale. Mi divincolai dalla presa di Jacob e andai ad aprire. I miei zii stavano dietro la porta aspettando che aprissi.

“Presto entrate!” sibilai appena mentre avevo preso Jasper per un braccio trascinandolo nella stanza. Controllai che non fossero seguiti per poi chiudere la porta delicatamente come se non fosse stata mai aperta.

“Ehy tu cane pulcioso, che ci fai qui? Non dovreste stare da soli nella stanza se lo venisse a saper…” diedi un buffetto a zio Emmett intimandogli il silenzio.

“Se smetti di urlare non lo saprà nessuno! E poi io faccio quello che mi pare dopo che sua moglie mi sta facendo impazzire!” indicai Jasper mentre sussurravo spazientita da quel comportamento che prima avevo visto nel mio uomo “Allora le avete portate?” mi rivolsi a Jazz che mi guardava divertito da quel gioco di spionaggio in cui l’avevo coinvolto. Poi dalla felpa, lo zio Emm estrasse una bustina piena di delizie rosse. Le mie liquirizie.

“Finalmente!”cominciai ad abbracciare quella bustina come se avessi ritrovato la mia bambola.

“Posso sapere cosa succede?” Jacob si alzò dal mio letto. Mi ero completamente dimenticata di lui tanta la mia gioia di riavere le liquirizie che mi erano state negate.

“Alice ha deciso che per evitare che non le entri nel vestito deve stare a stecchetto niente schifezze … ”

“… niente liquirizie … ”

“… niente torta di mele della nonna !” dissi sconsolata rimirando le mie liquirizie “a proposito come procede l’operazione torta?”

“Ci stiamo lavorando, ma dobbiamo trovare una cucina dove Esme la può preparare” a quel punto Jacob non si trattenne più. Cominciò a sganasciarsi dal ridere. Come, io ero nella più grave crisi da astinenza glicemica con complotto alle spalle di un vampiro scaltro e attento, e lui se la rideva come se fossimo i fratelli Marx?

“Lupo, se continui così ti si sloga la mascella! Si può sapere che ci trovi di tanto divertente?” mi ero avvicinata a quell’ammasso di muscoli con le mie braccia a brocca trattenendomi dall’ucciderlo solo per il semplice fatto che lo dovevo sposare.

“Voi Cullen siete tutti pazzi!”

 

In quei giorni non ero alla fine riuscita a cavarne un ragno dal buco. I fogli, rimasero bianchi almeno per quello che riguardava il discorso, perché di scarabocchi ce ne erano parecchi. In compenso avevo migliorato le mie capacità di progettista: avevo generato con matite e gomme un vero e proprio trabucco medievale con cui cercavo di fare canestro con la solita grappetta nel porta penne. Ma dopo quella mia splendida rivelazione artistica dovevo affrontare la realtà. Non avevo un discorso e dopo poche ore ci sarebbe stato il diploma. Ci eravamo organizzati alla perfezione. La parte che non sarebbe dovuta essere a Forks si sarebbe nascosta nella foresta, assistendo da lì alla cerimonia all'aperto. I miei invece, Gabriel, Jacob, Charlie e Sue sarebbero venuti a fare il tifo per me.

“Alice, mi aiuti per piacere?” dovevo tirare su la lampo del bel vestito elegante che aveva scelto, ma quella maledetta zip aveva deciso di incepparsi nel momento meno opportuno.

“Tranquilla brontolona! Ecco fatto!” ho scoperto il secondo potere della zia, riuscire a far funzionare una qualsiasi cosa fosse moda.

“Grazie zia, non so come farei senza di te!” non mi era importato nulla di quel odiatissimo diploma tranne che in quel momento. Durante la notte avevo scritto qualche frase cretina ed ovvia, sperando che la spacciassero per un discorso serio. Ero anche tentata di dire ‘Odio la scuola!’ e poi andarmene ma poi mio padre è intervenuto con il suo imperativo no. Ero praticamente pronta in quel giorno di metà giugno, comunque bigio e freddo. Meglio, se ci fosse stato il sole i miei non sarebbero potuti venire. Cercavo nei miei cassetti le ultime rifiniture di una giornata in cui sarei voluta apparire quasi perfetta, per mascherare il mio discorso poco convincente. Fu solo l’entrata di Carlisle che irruppe silenziosamente nella mia stanza che mi distrasse.

“Nonno non ti avevo visto!” dicevo mentre cercavo di sistemare la mia catenina con il ciondolo che portavo sempre con me. Prima che riuscissi nel mio intento mio nonno aveva preso il posto della mie mani e me l’aveva agganciata al collo. La sfiorai con le dita e mi voltai verso di lui cercando quel sorriso che avrebbe spazzato via le mie incertezze.

“Sei splendida!” mi sussurrò con un filo di voce osservando con fierezza la sua pupilla.

“Non sprecare complimenti nonno! Sennò poi che mi dici quando avrò indosso l’abito da sposa?”  dissi scherzando allegramente con lui.

“Touchè!”allargò ancor di più quello splendido sorriso tanto da farmi mancare il fiato “Sei diventata davvero molto grande!”

“Sono alta quasi quanto te!” mi alzai in punta di piedi cercando di prendere le misure con la mia mano.

“Già” continuò ad osservare il mio viso per qualche secondo per poi riprendere a parlare con un filo di voce “Posso confidarti una cosa Nessie?” lui che voleva confidarmi qualcosa. Era il momento più emozionante della mia vita.

“Mi hai ascoltata talmente tante volte che non potrei mai dirti di no!”

“In tutto questo tempo ho visto molti diplomi, di tuo padre, dei tuoi zii, sono sempre stato molto contento di loro ma …” sospirò e fece una pausa “… non sono mai stato così fiero di una Cullen in tutta la mia lunga vita!”

< Non piangere Nessie! Non piangere Nessie… >

Allacciai velocemente le braccia al suo collo non potendo lasciare che quel meraviglioso momento non avesse un’altrettanta stupenda conclusione. Poi mi scostò delicatamente per porgermi un pacchetto dorato con una coccarda rossa.

“Cos’è?” dissi fremente dall’eccitazione. La potei paragonare quasi a quella con cui avevo ricevuto la dichiarazione di Jacob.

“Aprilo!” disse incalzando quel sorriso incantevole che ormai sembrava governare il suo volto. Presi delicatamente il pacchetto, strappando la carta avevo rivelato una cornice che teneva una piccola teca di vetro. Strappai ulteriormente lembo dopo lembo e poi l’impensabile.

“È – è originale?” la voce strozzata dall’eccitazione sempre più preponderante.

“È una copia autografa di Correspondences!”

“Ma come …”

“Ho un’ amica in Europa che l’ha conosciuto e aveva questo piccolo tesoro! Poi il resto non conta!” Sapevo che quella che reggevo fra le mani era una delle più belle poesie del Decandentismo francese, e scritta dalla mano del suo autore Charles Baudelaire.

Correspondences

La Nature est un temple où de vivants piliers
Laissent parfois sortir de confuses paroles;
L'homme y passe à travers des forêts de symboles
Qui l'observent avec des regards familiars.
Comme de long échos qui de loin se confondent
Dans une ténébreuse et profonde unité,
Vaste comme la nuit et comme la clarté,
Les pafums, les couleurs et les sons se répondent.
Il est des parfums frais comme des chairs d'enfants,
Doux comme del hautbois, verts comme les prairies,
- Et d'autres, corrompus, riches et triomphants,
Ayant l'expansion des choses infinies,
Comme l'ambre, le musc, le benjoin et l'encens,
Qui chantent les transports de l'esprit et des sens.

E' un tempio la Natura ove viventi pilastri

a volte confuse parole mandano fuori;

la attraversa l'uomo tra foreste di simboli

dagli occhi familiari.

I profumi e i colori e i suoni si rispondono come echi lunghi

che di lontano si confondono in unità profonda e tenebrosa,


vasta come la notte ed il chiarore,


Esistono profumi freschi come carni di bimbo,

dolci come gli òboi,e verdi come praterie;

e degli altri corrotti, ricchi e trionfanti,

 che hanno l'espansione propria alle infinite cose,

come l'incenso, l'ambra, il muschio,

il benzoino, e cantano dei sensi e dell'anima i lunghi rapimenti.

Rileggevo più e più volte quella poesia meravigliosa che conoscevo a memoria ma che mi sembrava profondamente diversa scritta dalla mano di colui che l’ha generata. E la sua firma faceva risultare tutto ancora più reale e vivo. Rimasi davanti a quella meraviglia per alcuni minuti ripetendola più volte.

< Ayant l'expansion des choses infinies,
Comme l'ambre, le musc, le benjoin et l'encens, >

“Qui chantent les transports de l'esprit et des sens.” mio padre aveva seguito di lontano la scena e se ne stava lì dal quel posto privilegiato che aveva accanto alla porta. Aveva finito lui quella poesia che aveva imparato ad amare attraverso me.

“Grazie, io non so che dire!” ero spaesata stordita da quella sorpresa. Nessuno mi aveva regalato una cosa così mia e personale da farmi sentire unica. Ed ora dovevo arrancare davanti a tutti senza avere la minima idea di cosa dire.

 

Stavo tra le file di studenti, con la mia toga extra small, ma che sembrava sempre troppo larga, con il mio tocco, che con la sua nappina finiva sempre ad appiccicarsi sul lucidalabbra messomi da zia Rose, e con la fascia che veniva riservata ai primi cinque studenti della scuola. Il problema vero: io ero la prima, non la seconda o la quinta. La prima e quindi mi spettava il fantomatico discorso. Stavo lì aspettando che dicessero il mio nome per prendere quel pezzetto di carta che per me non valeva nulla. Eccolo.

“Renesmee Carlie Cullen!” applauso. Potevo percepire fra quel pubblico composto di parenti e studenti ogni minima variazione di quel battito di mani, distinguendo fra gli alberi quello delle persone a me care. Vedevo Jake, i miei, Charlie tutti guardarmi con lo stesso orgoglio con cui il nonno la mattina mi aveva accolto.

< Aspettate di sentire, il discorso poi ne riparliamo! >

< Nessie cerca solo di essere te stessa! >

Mio padre era entrato nella mia testa, cercando di rassicurare quei dubbi che avevo ormai da tempo. Stavo lì a guardare quella folla di gente, che aspettava solo che io proferissi parola, mentre io ero tentata di scappare, non per divertimento come dico nelle mie battute, ma realmente. Guardavo i fogli che avevo preparato e già dalle prime parole mi risultavano sciocchi e puerili. Dovevo essere me stessa. Aveva ragione lui. Girai i fogli pronta per imbarcarmi in questa nuova avventura improvvisata.

“Ho una vita molto complicata” tutti si ammutolirono a quelle parole che sembravano naturalmente spontanee, anche se sentivo la risata soffocata di un lupo di mia conoscenza tra le ultime file “Ho sempre cercato di essere perfetta agl’occhi di tutti, solo perché era quello che si aspettavano da me. Ma poi quando tutto è cominciato a cambiare io sono riuscita a scoprire cosa ero realmente. Una ragazza. Una ragazza che voleva vivere la sua vita in una maniera normale, in un mondo in cui di normale non c’è nulla. Nell’ ultimo anno ho subito tutto quello che di sporco e marcio poteva esistere nell’animo delle persone: menzogne, crudeltà, invidia di una vita privilegiata che io non ho certo chiesto. Sono riuscita a scoprirle anche nel mio animo che seppur puro, aveva dei lati oscuri con cui sapevo di dover fare i conti. E nel mio viaggio alla scoperta degl’altri ho trovato una nuova me. Non più la bambina viziata e capricciosa che vuole che le cose siano come dice lei, non più quella che vede solo la superficie senza analizzare quello che si nasconde dietro un gesto. Mi sono accorta di un lato riflessivo e intenso del mio carattere che vedevo solo in chi amavo. Ed ora davanti lo specchio, non mi vedo più come l’adolescente che ha iniziato la scuola qui a Forks tre anni fa, ma come una donna. Sono cresciuta e sono diventata una me stessa migliore. Vi prego di perdonarmi, so che questo non è il discorso che vi aspettavate. Magari pensavate che io avessi espresso l’importanza che lo studio ha influito sulla mia vita ed invece ho pensato di parlarvi di quest’ultima. Anche perché non penso sia lo studio ma la cultura quello che conta. La curiosità di conoscere ogni minimo dettaglio di ciò che ci circonda. Quello ha alimentato la mia passione, solo ed esclusivamente la mia curiosità. Con questo concludo il mio breve discorso sperando comunque di non avervi annoiato. Buon proseguimento” stavo per andarmene ma dato che io sono io tornai velocemente al microfono e dissi “Mi dimenticavo: non drogatevi!” cominciai a ridere e tutti pensarono che fossi impazzita. Non mi importava, perché chi doveva sapere, sapeva. E alla fine riuscì ad uscire fuori anche da quella situazione noiosa quale era il mio diploma. Ed ora avrei potuto dedicare la mia vita a quel meraviglioso ragazzo seduto vicino a mia madre: Jacob Black. Ma prima dovevamo festeggiare con una bella partita di baseball.

Note dell'autrice: Ragazze vi ho fatto patire ma sono tornata ed ecco la seconda parte! Iniziamo con una Nessie che ancora a che fare con gli stalci sua adolescenza ma che evolverà e diventerà una donna ancor di più di comel'avevamo lasciata. Ci saranno anche alcuni salti temporali che verranno comunque precisati quindi non vi sarà difficile capire il tutto. Sarà molto incentrato sul rapporto di Nessie con Jacob e ovviamente poteva mancare avventura risate e fazzoletti (si ragazze ci saranno un po di capitoli in cui io c'ho lasciato il cuore). Ragazze per non lasciarvi senza l'ho scritta tutta così come per la prima basterà revisionare, sistemare  e postare!

Sinead piaciuto il regalo di Carlisle?

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** CAPITOLO II: Singolar tenzone! ***


CAPITOLO II: Singolar tenzone!

Ormai cominciava a mancare sempre meno al matrimonio.  Zia Alice era diventata un vero e proprio grillo, mentre il povero Jasper sembrava l’assistente dello scienziato pazzo, tanto che per contenersi doveva andare a caccia più spesso. Io invece avevo trovato l’assoluta pace dei sensi. Jacob mi riempiva di attenzioni e di amore ogni istante. Era tenerissimo e mi faceva sentire come su di un piedistallo. C’era solo ed esclusivamente una cosa che ci portava sempre a litigare. Gabriel. Si perché per Jacob la nostra amicizia era diventata sempre più pesante. In effetti non aveva altri amici oltre a me e spesso si appoggiava sulle mie spalle. Troppo spesso. Non me la sentivo di negarmi ed immancabilmente il mio caro futuro maritino accusava lui di un chissà quale complotto per portarmi via e me di essere un’ingenua. Da quando poi Carlisle aveva deciso che dovesse frequentare la mia stessa facoltà al college, la situazione precipitò drasticamente. Effettivamente Gab ancora doveva imparare a controllarsi e il discorso scuola con un parente, poteva essere di grande aiuto. Quando mio nonno ha cercato di spiegarlo a Jake, dicendo che sarebbe stato come per Alice e Jasper la situazione peggiorò ancora di più. In effetti essere paragonati a due persone sposate non era stata una grande idea. Il problema più grave, altro presagio di un Aro pronto a tornare,  era  mio padre d’accordo con Jacob. Non che a domanda diretta mi avesse risposto ‘non mi piace perché ecc.’ però da qualche pensiero che gli era sfuggito avevo capito che anche lui non vedeva di buon occhio il nostro rapporto. La cosa mi incuriosì alquanto e così, ogni volta che era distratto, cercavo di ascoltare la sua testa. E poi era una bella rivincita visto che lui non ha fatto altro in tutta la sua vita che intrufolarsi nelle mie meningi per capire cosa pensassi. Stava al suo pianoforte. Aveva spartiti ovunque, ed una penna con cui annotava, che rotolava da una parte e dall’altra. Era da un po’ che non componeva e mi fece un immenso piacere vedere che era tornato a farlo. Rimasi ferma ad ascoltare silenziosamente la sua mente, annullando persino i miei pensieri. Osservare la sua melodia prendere forma mentre si immaginava le note era una cosa superlativa. Sembrava di vedere la musica. Ma poi ad un tratto si portò le dita alla base del naso cominciando a premersi, ripetendo più e più volte le stesse combinazioni come se non  riuscisse ad andare avanti.

< Questa storia di Gabriel, mi sta veramente dando sui nervi! Mi sta anche bloccando! > lasciò la presa e iniziò a sbuffare.

< Ah, ah beccato!> adesso non poteva più sottrarsi al mio interrogatorio. Appena il mio pensiero arrivò nella sua testa si voltò verso di me con gli occhi sgranati. Fregato da una mezza vampira! Tutte quelle cospirazioni contro Alice mi stavano facendo diventare un vero agente segreto. “Papà, posso parlarti?” lo avevo preso in contropiede e messo con le spalle al muro. Ero veramente soddisfatta!

“Certo, Nessie!” deglutì nervosamente, sapevo che voleva evitare la conversazione ma ormai aveva palesato il suo disappunto e doveva essere un pochino più esauriente del solito. Presi posto accanto a lui sullo sgabello ponendomi in modo di guardarlo in volto.

“Papà, mi spieghi perché sei d’accordo con Jake per la storia di Gabriel? E non dirmi che non è così, hai fatto un pensiero di troppo!” sospirò vistosamente, consapevole di doversi arrendere.

“Ho visto alcuni suoi pensieri che non mi sono piaciuti!” disse per poi annotare nuovamente qualcosa sullo spartito mentre con la testa ripeteva la melodia che stava componendo. Oltre ad aver imparato i miei trucchi adesso li usava con nonchalance come se non me ne accorgessi. Che nervoso! Comunque quella risposta non bastava, non volevo che se la cavasse così facilmente.

“Cosa avresti visto?”

“Non spetta a me dirlo, dovrebbe parlartene lui! E poi ad essere sinceri …”

“Non aspettavo altro!” le parole mi uscirono spontanee e lui mi lanciò uno di quegli sguardi che avrebbero fatto ghiacciare i laghi ad agosto.

“ … mi inquieta molto il suo potere! ” aveva lasciato perdere gli spartiti ora si era concentrato sulla nostra conversazione. Il suo volto era realmente serio e preoccupato, quando mio padre assumeva quest’atteggiamento voleva dire che era turbato.

“Ma lo sai che lo userebbe solo in caso di estrema necessità, e mai contro uno della nostra famiglia!” cercai di tranquillizzarlo non volevo che anche lui finisse per detestare il mio amico.

< Voglio solo che tu stia attenta! Ti sei già scottata una volta, non voglio che tu soffra nuovamente la delusione!> scottata? Cosa intendeva con scottata? Me ne erano capitate talmente tante che non riuscivo a collegare un episodio con Gabriel e sinceramente non mi andava di fare un processo indiziario per qualche congettura fatta dalle due persone che soffrono di iperprotettivismo acuto nei miei confronti. Quindi volevo qualcosa di esplicito ma stavamo cadendo un’altra volta negli enigmi alla Edward, quelli che mi faranno soffrire di gastrite nonostante io non possa ammalarmi.

< Papà, perché non parli chiaro? >

“Tu sta solo attenta, per il resto non devi preoccuparti!” attenta? Dovevo stare attenta a Gabriel. Ora la cosa cominciava a preoccuparmi davvero. Decisi quella volta di non entrare in un campo che sembrava porre mio padre in uno stato notevole di ansia anche perché ormai mi aveva contagiata. Dopo la chiacchierata con lui però mi ero decisa a chiarire questa situazione una volta per tutte. Solo il diretto interessato poteva fornirmi le risposte, che non avrei ottenuto da quel vampiro appassionato di indovinelli. Se non fosse per la notevole somiglianza fisica, dubiterei che sia mio padre. Andai a caccia con Gabriel, con l’occasione volevo spiegargli i miei problemi, di come la sua assidua presenza stava minando decisamente il rapporto con il mio futuro marito e  ne volevo approfittare anche per fargli una lezione sulla famiglia.  La nostra è una famiglia numerosa e chiassosa, sempre pronta a darsi da fare per ogni componente nessuno escluso, non ero l'unica a cui si poteva affidare. Doveva allacciare un buon rapporto anche con gli altri altrimenti la sua convivenza sarebbe diventata deleteria.

 “Allora di che volevi parlarmi?” eravamo di ritorno. Quando gli avevo chiesto di camminare aveva capito che dovevo parlargli di qualcosa. Io solitamente coinvolgevo chiunque mi accompagnasse in gare e competizioni degne delle olimpiadi, era facile avvertire quando avevo in mente qualcosa.

“Gabriel, volevo chiederti un piacere!” lui si fermò lasciando che io avanzassi. Mi voltai per osservarlo, il suo comportamento mi aveva colta di sorpresa. Nei suoi profondi occhi blu leggevo lo scompenso, la paura, la rabbia. La rabbia? Gabriel non si irritava facilmente, lui era sempre composto e riflessivo.

“Non ci posso credere, stai cedendo al suo ricatto? Non mi vuoi più essere amica?” era davvero infuriato. Lo vedevo dalla vibrazione delle sue labbra e dai pugni chiusi lungo i fianchi. Ed io non avevo ancora detto niente.

“Non è che non ti voglio essere amica, è solo che non vorrei che Jacob se la prendesse troppo. E poi vorrei che allacciassi un po’ di più i rapporti con i restanti membri della famiglia. Capisco che con me hai molto in comune e che abbiamo passato insieme un orribile esperienza però sarebbe giusto che in caso di necessità parlassi anche con loro non solo con me. Qui non siamo a Volterra e nessuno ti volgerà le spalle. Ma scusa di quale ricatto parli?” in effetti quell’affermazione non l’avevo proprio capita. Nessuno mi aveva detto di allentare il mio rapporto con Gabriel, come poteva dire che ero stata ricattata?

“Ti sta costringendo a scegliere! Non può farlo è scorretto! Nei tuoi confronti, nei miei!” mi voltò le spalle cercando di distogliere il suo sguardo dal mio.

“Gabriel calmati, nessuno mi costringe a scegliere! Se non te ne sei accorto ho una testa che pensa, anche troppo, e assolutamente da sola! E poi mi sembra un po’ difficile non essere amici visto che abitiamo insieme!”

“Non abiterai più con noi, così sarà contento che potrà averti solo ed esclusivamente per lui!” non mi bastava un padre, degli zii ed un fidanzato geloso, pure l’amico ci si metteva. Bene era giunto il momento di porre fine a quella pazzia.

“Gabriel smettila ti stai comportando come un ragazzino! Io volevo solo chiederti di non starmi troppo addosso e di rivolgerti anche agl’altri, tutto qui, se ci vedi una congiura per farmi allontanare da te, ti comporti esattamente come Jacob e mi sembra sciocco rimproverare qualcuno facendo la stessa identica cosa! Quindi cerca di darti una calmata … ” incredibilmente avevo fatto un discorso serio, intelligente senza dare in escandescenza in una situazione scomoda.

“ La sua stupida gelosia ti sta costringendo a rinunciare a me! Ed io questo non posso tollerarlo!” si voltò mentre stava urlando come un forsennato, si sbracciava e sbraitava. Non l’avevo visto così inferocito, nemmeno qundo combatteva durante la rivoluzione. Ero decisamente sbigottita.

“Gabriel ma che ti prende? Non ti sei mai comportato così!”

“Io non voglio rinunciare a te, Nessie!” distolse lo sguardo dal mio che invece era puntato a capire cosa stesse succedendo “Io credo di essermi innamorato … ” indietreggiai di qualche passo dato lo shock che mi aveva preso a quella dichiarazione. Allora Jacob aveva ragione, mi devo ricordare sempre che le sue capacità profetiche sono notevoli. Si ma tanto la realtà era una ed una sola, Gabriel non aveva decisamente speranze. Era un ragazzo bellissimo, simpatico e di buone maniere anche molto affascinante. Ma il mio cuore era solo ed esclusivamente di Jacob e lo sarebbe stato per sempre.

“Gabriel, non dire sciocchezze sono una donna quasi sposata!” cercai di fargli ricordare di quanto assurdo fosse provare un sentimento del genere verso di me.

“Lo so e questo è già abbastanza doloroso! Sono consapevole che non potrai mai amarmi, che non potrò mai essere oltre che un amico, ma non voglio rinunciare completamente a te!”si avvicinò sempre di più, costringendomi ad arretrare. Ad un tratto, sfruttando la sorpresa e le sue capacità di mezzo vampiro, si accostò prendendo il mio viso tra le sue mani.

“Ti amo Nessie!” non riuscivo a crederci, mi stava dichiarando il suo amore ed ora usava il suo potere su di me. Stava piegando il mio volere con il tocco delle sue mani. Lui riusciva a far volgere la volontà altrui a suo favore, per questo era restio ad usarlo. Era molto potente, aveva ragione papà ecco perché mi aveva detto di stare attenta. Chissà da quanto covava questo desiderio. Sentivo un bisogno crescente di baciarlo. Ma non lo volevo. O si. Era il suo potere a parlare non io.

“Gabriel, non puoi farmi questo! Se mi ami davvero devi lasciarmi andare …” cercai di dire a pochi millimetri da lui. Le mie palpebre si abbassavano mentre le nostre labbra si stavano per sfiorare.

“Gabriel levale le tue luride mani di dosso!” la voce di Jacob si levò potente in tutta la foresta,  mentre Gabriel si scostò velocemente facendomi riprendere.

“Jacob!” mi rivolsi a lui che mi guardava inferocito, tremava come non l’avevo mai visto, era come se non riuscisse a controllarsi.  

“Cosa diavolo le stavi facendo?” si fissarono parecchio prima che Jake cominciò a camminare verso di noi. Il suo passo era appesantito dalla sua rabbia, il suo sguardo furente faceva rabbrividire. Si fermò vicinissimo a Gabriel continuando a fissarlo negl’occhi.

“Jacob ti prego calmati, non è successo niente!” mi opposi fra loro cercando di calmare le acque. Posai le mani sul suo petto, vibrava talmente forte che il suo tremore coinvolse anche me.

“Calmarmi! Renesmee io ti avevo avvertita che non mi piaceva, tu non mi hai voluto ascoltare stava usando il suo potere per indurti a baciarlo! Come potrei calmarmi?” era furibondo non riusciva a controllarsi, presto si sarebbe trasformato. Io cercavo invece di impedirlo, non volevo uno scontro si sarebbero fatti male entrambi.

“Cos’è Jake hai paura di essere battuto sul campo?” cominciai a pensare che Gab fosse in preda ad un raptus suicida, per sfidare un capobranco potente come Jacob aizzandolo in una lotta per il suo imprinting. E se non avesse smesso di provocarlo, l’avrei accontentato molto volentieri.

“Gabriel, taci se non vuoi guai!” cercai di farlo ragionare ma sembravano entrambi intenzionati a battersi. Jake stava cominciando seriamente ad uscire fuori da ogni controllo. Il tremore era sempre peggio e nei suoi occhi c’era la reale intenzione di ucciderlo.

“Jake ascoltami, qualsiasi cosa stesse facendo non l’ha fatto. Io amo solo te! Ti prego controllati!” avevo costretto il suo sguardo ad incrociare il mio, speravo che guardandomi capisse la veridicità delle mie parole. Tenevo il suo mento cercando di non farlo voltare verso Gabriel, che intanto aveva deciso di sfidare anche la mia di pazienza.

“Nessie, lascialo fare! Almeno la regoleremo da uomini!” cosa c’era da regolare? Io stavo con Jacob, non mi interessava vedere chi dei due era il più forte in battaglia.

“Adesso mi hai stancato!” Jake strattonò il suo mento strappandolo dalla mia mano. A quel punto ero io che mi stavo arrabbiando!

“No adesso mi ascoltate entrambi: mi avete stufato! Non sono un oggetto e soprattutto non sono un trofeo, secondo voi, battendovi, cosa otterrete?”

“Io sicuramente mi sentirei meglio, dopo avergli spaccato qualche osso!” disse Jake con ancora quell'istinto omicida nello sguardo e con la voce tremula.

“E secondo voi dopo che vi siete fatti del male io andrei con il vincitore  a bere il frullato al bar? Sembrate due bambini che litigano per lo stesso giocattolo! Sapete che vi dico: il giocattolo si è decisamente scocciato! Uccidetevi, malmenatevi, basta che mi stiate lontani tutti e due!” a quel punto la vera furia ero io, presi a correre senza curarmi se si stessero davvero uccidendo. Ne avevo decisamente piene le tasche di essere trattata come una testa incapace di pensare, soprattutto perché ho un cervello talmente pieno da poter riempire le loro zucche vuote e farcene avanzare un po’ ancora per me. Sentii qualche latrato in lontananza, si stavano battendo.

< Volete comportarvi da bambini, fate pure! >

Note dell'autrice: Buonjour a tout le monde! ecco a voi il secondo capitolo. Piccola spiegazione tecnica: come Nessie ha capovolto i poteri dei genitori, il potere di Gabriel deriva dalla capacità di Aro di essere subdolo ed astuto. Per questo ho scelto un potere che fosse in grado di piegare e convincere le persone a fare quello che vuole con il tocco delle mani.

Mi sono scordata nel capitolo precedente di dirvi che la seconda parte sarà un lungo epilogo (ben 15 capitoli!)della prima anche se avrà una storia a se stante e ovviamente non mancherà l'azione. Mi interessava vedere come la Nessie adulta affrontasse la vita e le difficoltà che essa comporta, e ricordate che non si finisce mai di crescere e di imparare.  I Cullen avanno una presenza meno assidua perchè l'uccelino prima o poi doveva lasciare il nido e ora si trova a camminare un po' con le su gambe. Comunque aspetto con ansia le recensione anche se capisco che questi sono capitoli introduttivi. 

Volevo ringraziare le quattro persone che mi hanno messo fra gli autori preferiti dopo il capitolo conclusivo della prima parte: bumby, FraZanna, never leave me, _iLaRiA_

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** CAPITOLO III: Addio, sii felice! ***


Note dell'autrice: Ma salve ma ben trovate! La vostra piccola malata è tornata subito subito con un nuovo capitolo! Ma già ho 7 preferiti tra cui anche nuove entry rispetto alla prima parte che billo!!! Allora grazieeeee!!e grazieeeee anche a chi mi sta seguendo nella nostra nuova avventura!!!

Sinead: sono diventata un po' Edward pure io!hihihi! Ora leggo nel pensiero! Ho letto molte ff in cui Nessie riceveva regali tipo motori o gioielli e sinceramente ritenevo che la nostra beniamina meritasse qalcosa di più unico come lei. E quando ho avuto questa genialata ho pensato a te! Troppa sintonia mi dirai c'è stata nella scelta della poesia!

Noe_princi89: Si si è molto geloso ma vedrai che poi ce ne sarà anche per Nessie! piccola anticipazioncina!

ora vi lascio al nuovo capitolo un po' di passaggio anche se c'è un evento importante!Buona lettura!

 

CAPITOLO III: Addio, sii felice!

< Ma guarda te se non me ne deve andare bene una! > non riuscivo a far altro che pensare a quanto i geni di mia madre influissero sulla mia vita. Ora ci mancava che il mio amico credesse di amarmi. Mi stavo felicemente per sposare ed arriva bel bello il mio caro Gab dicendo ‘Sai che c’è? Sono innamorato di te!’,  l’ho sempre detto che l’amore fa schifo. Ma non era finita l’adolescenza?

< Destino deciditi una buona volta: o mi dichiari guerra apertamente o mi mandi il trattato di pace, non puoi giocare così con me! >  avevo iniziato a camminare, avevo bisogno di riflettere lontano da quel vampiro succhia pensieri di mio padre e soprattutto volevo stare lontana dal: te l’avevo detto io. Sembrava la costante della mia vita: te l’avevo detto io che ti saresti fatta male, te l’avevo detto io che non ti sarebbe piaciuto, te l’avevo detto  io che Gabriel covava qualcosa.

< Vorrei solo avere un amico normale, che desideri che so una macchina o  diventare famoso invece che la mia immortalità o il mio letto, o qualsiasi altra cosa che preveda un mio sacrificio! Chiedo tanto? >

Sembrava veramente la congiura dell’universo contro Nessie. Quando tutto veniva sistemato, arrivava il macigno sopra la mia povera testa. A forza di prenderci batoste finirò con l’impazzire definitivamente.

< Se me lo dici prima ti spiano la strada: vado a ricoverarmi in qualche istituto, così la finiamo una volta per tutte! >

 Ad un tratto, mentre ero ancora impegnata a sproloquiare mentalmente con il simpatico signor fato, sentii uno strano rumore alle mie spalle. All’inizio non me ne curai continuando a camminare, appena quel frusciare delicato di foglie si fece più insistente mi bloccai di colpo. Il rumore terminò assieme al mio incedere. Ripresi a camminare lentamente prestando ancora più attenzione a ciò che mi circondava. Mi stavano seguendo. Calcolai mentalmente la distanza, la posizione, tutto quello che mi permettesse di coglierlo alla sprovvista. Appena fui certa di tutte le variabili mi elevai in un balzo piombando poi alle spalle di una vampira. Non era molto alta ed aveva un colore della pelle simile a quello di Amun, i suoi capelli erano completamente intrecciati molto lunghi e possedeva grandi occhi cremisi. Il suo odore era inconfondibile.

“Chi sei? Perché mi seguivi?” le tenevo la testa compressa contro il mio braccio pronta a fare un movimento contrario per staccarla. Anche se il pensiero di uccidere qualcuno mi provocava ancora un forte ribrezzo, avevo presto imparato sulla mia pelle che la pietà non ripagava in alcun modo. Non mi sarei lasciata intenerire tanto facilmente.

“Sei una Cullen?”

“Perché lo vuoi sapere?” anche se ricevevamo delle visite costanti, io ero sempre restia nell’elargire fiducia al primo vampiro che passava.

“Mi chiamo Calypso, sono una messaggera e vengo in pace! Mi hanno detto che i Cullen possono aiutare la mia gente!” aiutare la sua gente? Mollai la presa e la vampira si voltò verso di me lentamente. Io mi tenevo pronta comunque ad attaccare. Mai abbassare la guardia.

“Tu dovresti essere la mezzavampira? Hai un profumo delizioso!” mi guardava come se fossi un fenomeno da baraccone, come se fossi stata un mito divenuto realtà. Sperai anche fortemente che Jacob avesse smesso di fare il bambino e si fosse accorto che ero stata seguita.

“Cosa sei venuta a fare qui?”

“Devo parlare con Carlisle Cullen, puoi condurmi da lui?”

“Non so se mi posso fidare!” emisi un profondo ringhio mentre mi accucciavo sempre più pronta ad attaccare. Il mio istinto mi spingeva a non stare tranquilla, anzi. Mi piaceva sempre meno, soprattutto per gli sguardi che mi dedicava.

“Non attaccherei mai una Cullen nel loro territorio, sarebbe veramente folle!” eravamo considerati davvero potenti, d'altronde avevamo capeggiato la rivolta contro i Volturi, non era da tutti. All’improvviso Jacob spuntò alle spalle della vampira ringhiando, dal suo pelo logoro e sporco di sangue sul dorso capì che si stava azzuffando con Gabriel.

< Finalmente ha smesso di fare il bambino! Spero che anche Gabriel si sia fatto male! Ben gli sta a tutti e due! >

“Allora è vero che siete alleati con i figli della luna, pensavo che fosse solo una leggenda!” Calypso si era voltata verso Jake che continuava a rivolgersi minaccioso. Era realmente sbalordita dalla sua presenza e da come evidentemente era pronto a proteggermi.

< Leggenda?! Quello che è pronto ad azzannarti è praticamente mio marito! >

 “Come puoi vedere, si! Quindi ti consiglio di non fare un passo falso, Jacob scortaci fino a casa!” il mio lupo aizzò le orecchie verso di me dedicandomi per un secondo la sua attenzione, ma continuò a digrignare i denti  verso la vampira, ubbidendo comunque all' ordine che gli avevo impartito. Camminava al mio fianco borbottando con versi contrariati, non d'accordo con la mia decisione ed era pronto ad intervenire se si fosse rivelata un pericolo.

 

A causa di un grosso stupido lupo, seduto sul letto della mia camera, profondamente ferito che doveva essere medicato, io non riuscii ad assistere alla conversazione con la nuova vampira, proprio ora che venivo coinvolta un po’ di più nelle faccende scottanti.

“Ahi! Nessie mi fai male!” non riusciva proprio a stare fermo dovevo solo disinfettare e pulire l’escoriazione dietro la sua spalla, per poco non aveva avuto bisogno di punti. Per fortuna che Jake si era accorto della vampira ed era venuto in mio soccorso, altrimenti sarebbe stato necessario il nonno o il prete.  Anche Gabriel si era ferito e la cosa mi irritava ancora di più.

“Se non stai fermo, ti faccio male si! E comunque te la sei cercata!” dissi in tono seccato mentre cercavo di finire con non poche difficoltà la mia missione da crocerossina. Lui di risposta si voltò di scatto ancora furioso.

“Io me la sono cercata? Stava usando il suo potere su di te per farsi baciare, ed io me la sono cercata! Te l’avevo detto … ahi!” appena aveva pronunciato ‘Te’ presi la garza con il disinfettante e la portai sulla ferita aperta spingendola con tutta la forza possibile, affinché smettesse con il suo ritornello. Cercai di riprendere la calma serafica necessaria a sopportare la sua gelosia, giustificata non lo nego, ma pur sempre esagerata.

“Primo, Gabriel è solo molto confuso. Secondo, invece che giocare a litigare a chi è il più forte e merita Nessie, dovreste pensare a Nessie! Io non sono per niente interessata alla sua proposta, voi uomini siete troppo testosteronici certe volte!” ero veramente scocciata. Il fatto di essere trattata come un trofeo mi dava proprio fastidio.

“Che vuoi dire con dovreste pensare a Nessie? Dillo a lui che deve pensare a Nessie che sta per sposare ME!” sottolineava la parola me, proprio per marcare il territorio. Picchiettai il suo braccio per farglielo alzare ed iniziare a fasciarlo.

“Jake ti prego cerca di capirlo, Gab ha solo me. Abbiamo vissuto un’ esperienza che sicuramente ti segna, è normale che confonda l’affetto con l’amore! Gli parlerò e cercherò di farlo ragionare! Ecco ho fatto!” a quel punto si voltò verso di me ed io mi persi nell’immensità dei suoi occhi, che avevano un’espressione quasi sconsolata come se riuscisse a capirmi, ma sapevo che la cosa gli bruciava e non poco. Lentamente mi avvicinai alle sue labbra cercando un dolce bacio, a cui lui non poté rispondere se non accarezzando il mio mento. Mi scostai prima che diventasse eccessivamente frustrante farlo.

 “Io non ti lascerò per un altro, come ha fatto mia madre!” certe volte dovrei proprio imparare a tacere. Si alzò andando alla finestra, dandomi le spalle. Lo avevo ferito paragonando il nostro rapporto a quello che in passato, aveva vissuto con mia madre ma era inevitabile pensare che non ci fosse un nesso con la sua reazione.

“Sempre che lui non ti obblighi a farlo con il suo potere, Nessie non mi piace, non mi piace per niente!” cercai di cingergli le spalle, salendo sulla punta dei piedi. Il suo petto era talmente ampio che arrivavo a fatica a toccarmi le dita.

“Jake, non fare così! Io non voglio dover scegliere fra il tuo amore e l’amicizia con Gabriel! Voglio provare a trovare un compromesso, almeno lasciami tentare!” il suo petto si espanse in un profondo sospiro, tanto che le mie dita slacciarono da quella presa, era veramente impensierito. Da una parte sapeva che se mi avesse messa di fronte ad una scelta obbligata io ne avrei sofferto e questo non poteva permetterselo, ma dall’altra avrebbe preferito che io mandassi al diavolo Gabriel.

“Ness io … ” proprio mentre stava per parlare mio padre entrò in camera distogliendoci dalla nostra conversazione.

“Edward novità?”

“Calypso è venuta qui dall’ Australia, sembra che un vampiro cerchi tra gli aborigeni nuovi adepti e nel frattempo sta compiendo stragi che rischiano di far saltare la copertura del suo Clan!” non nascondo che mio padre era molto autorevole  quando parlava di problematiche come quella.

“E quale sarebbe?”

“Si sono spacciati per divinità e si nutrono dei sacrifici umani che gli vengono offerti!” cosa? Sfruttavano l’ignoranza per uccidere. Per un attimo mi sembrò di essere tornata alla preistoria.

“Dio Santo ma è orribile! E come sono riusciti in una cosa del genere? Non è facile far credere ad una popolazione di essere Dio!” ero veramente schifata. Noi ci impazzivamo a trovare scuse plausibili, ci arrovellavamo il cervello a cercare parentele vere e presunte per far credere di essere normali, mentre c’erano vampiri che traevano in inganno un intero villaggio per potersi nutrire delle loro carni. Non mi era piaciuta dal principio quella Calypso.

“È orribile lo so Nessie, ma non possiamo fare molto per questo. Sono piccole comunità arretrate, con una cultura ancorata a miti e leggende, è facile trarli in inganno e fare in modo che non vengano creduti. La cosa che per ora possiamo arginare è la loro trasformazione in vampiri, le loro azioni potrebbero diventare incontrollate.”

“Pensate che ci sia Aro dietro a tutto questo?”

“Non so Jacob, di certo cercherà di vendicarsi in qualche modo, ma sarà meglio indagare prima!”

“Cosa possiamo fare?” Jacob mi fulminò con lo sguardo, sembrava che avessi detto ‘preparo le valigie e vado a distruggere tutti i vampiri australiani’.

“Gabriel si è offerto di andare insieme a Calypso, cercherà di capire cosa sta realmente succedendo! Aspetteremo sue notizie prima di fare un qualsiasi passo!” so che Jake non vedeva l’ora di sapere una cosa del genere, ma l’euforia che leggevo sul suo viso mi diede fastidio.

< Papà come si è offerto lui? Da solo? Non sarà pericoloso? > la sua espressione fu più eloquente di qualsiasi altra risposta. Era evidentemente pericoloso, ma lui lo faceva perchè non poteva più stare nella stessa casa con me. Cosa gli avevo fatto?

 

“Allora te ne vai?” osservavo Gabriel  che stava sistemando i suoi effetti dentro una valigia senza neanche il coraggio di guardarmi. Aveva il torso fasciato, Jake era riuscito a morderlo e ancora non guariva. Non si sentiva ferito nel fisico ma nell’orgoglio.

“Si, mi sembra giusto dopo quello che è successo!” aveva un tono freddo e distaccato. Con me non l’aveva mai usato.

“Lo sai che non sei costretto?” cercavo di capire perché lo stesse facendo, anche se in cuor mio ne ero pienamente consapevole. Lui si stava allontanando dalla causa primaria del suo disagio: io.

“Invece, si! Per quanto io non voglia sono costretto a lasciare Forks!”continuava a muoversi dall’armadio alla valigia posta sul suo letto senza mai alzare lo sguardo. Non avrebbe retto alla mia espressione supplichevole. Non volevo condurlo a fare pazzie.

“Tornerai?”

“Non lo so, devo schiarirmi le idee! Questa missione è capitata al momento opportuno!” lasciò cadere la maglietta che aveva tra le mani distrattamente, abbandonando per un attimo lo sguardo su di me per poi ritornare all’armadio. Quello sguardo mi squarciò il petto si vedeva che penava a causa mia. Ma era solo una questione di cuore o c’era di più?

“Non ci sarai nemmeno per il mio matrimonio?” mi uscì una nota spezzata mentre parlavo. Gli volevo veramente bene ed ero veramente dispiaciuta che stesse partendo per una missione dall’altra parte del pianeta per di più molto rischiosa. Avrei voluto averlo accanto anche in una situazione felice. Ma lui non sarebbe stato felice.

“No”                                           

“Mi dispiace che sia andata così!” lui si arrestò rimanendo di fronte alla stampella ormai vuota. Poi si voltò verso di me con quello sguardo stranamente magnetico. I suoi occhi assomigliavano molto ad un mare in tempesta, avevano quella tonalità blu con delle bellissime screziature verdi. Era veramente un ragazzo molto bello,avrebbe potuto avere tutte le donne che voleva e maledettamente si era invaghito di me. 

“Renesmee non prendiamoci in giro! Tu non ti rendi conto, io stavo usando il mio potere su di te e questo non l’avrei mai voluto! Ti stavo obbligando a fare una cosa che non volevi. L’ho sentito. La tua vicinanza, i miei sentimenti mi stanno conducendo ad essere simile a mio padre. Starti accanto mi è difficile e rischierei soltanto di rovinare l’esistenza di entrambi, è meglio che parta per scoprire la mia vera strada!” chiuse la valigia con veemenza per poi afferrarla e superare la porta “Addio Renesmee, sii felice!” non riuscivo a parlare ero sconvolta. Perché non riuscivo ad avere un’amicizia che pretendesse da me qualcos’altro? Ad un tratto tutto quello per cui avevo lottato, tutte le convinzioni che mi ero imposta sembrava cadere sotto il peso di quello che ero realmente. Gabriel il mio amico mi stava abbandonando a poche settimane dal mio matrimonio, perché non voleva essere spinto dalla mia presenza ad essere un qualcosa che lui non voleva. Mi mancava essere un diavolo tentatore.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** CAPITOLO IV: Posso decidere qualcosa? ***


CAPITOLO IV: Posso decidere qualcosa?

Ogni giorno, per sfuggire a qualche conversazione scomoda o alla zia Alice, mi nascondevo su di un albero poco fuori la mia camera. Gabriel era andato via già da una settimana e cercavo di superare il motivo della sua partenza, senza l’intervento molesto di qualche vampiro impiccione. Nessuno a parte Jacob e forse mio padre, sapeva cosa l’avesse spinto a spedirsi in quella missione.  Aveva chiamato due volte ma non aveva mai voluto parlare con me e questo mi turbava alquanto.

“Lo sai che stai facendo delirare tua zia? Ti sta cercando ovunque!” zio Jasper era apparso alle mie spalle così improvvisamente, da farmi barcollare e quasi cadere. Se non avesse preso al volo il mio braccio, sarei sicuramente schiantata a terra.

“Devi decisamente imparare ad essere più rumoroso! Mi hai spaventata!” mi ancorai nuovamente al ramo ritrovando l'equilibrio perduto e l'immobilità da vampiro che sembrava essere decisamente distratta in quel momento.

“Come mai non stai architettando qualcosa contro Alice? Sono già due giorni che non mi chiedi di distrarla per attuare qualche tuo piano! E poi ti sento così triste, non dovresti, stai per sposarti!” questa era proprio il genere di conversazione che volevo evitare. Ma visto che c’ero.

“Zio, tu avevi percepito i sentimenti di Gabriel nei miei confronti?”

“Sicuramente è molto confuso, secondo me si è un po’ autoconvinto di amarti! Tu gli sei stata accanto nel momento del bisogno, ha solo trasformato nel suo inconscio del puro affetto  in amore … ”

“Una sorta di transfert?” corrugò la fronte come se non si aspettasse una frase così dotta. Mi sentì quasi offesa. “Guarda che abbiamo una libreria piena di testi di psicologia, alcuni meccanismi li ho imparati!” cominciò a ridacchiare come se fosse soddisfatto della mia conclusione.

“Si, comunque penso che abbia avuto proprio una sorta di transfert!”

“Spero che lo capisca, mi dispiace aver perso la sua amicizia!”

“Non l’hai persa e forse la lontananza lo aiuterà a chiarire meglio cosa realmente prova per te. Ma tu non avevi un impegno con una persona?” proprio in quel momento zia Alice ci aveva avvistati e mi guardava con ferocia dalla finestra della mia camera. Scomparve dalla finestra della mia camera ed uscì ad una velocità allucinante, persino per un vampiro.

“Renesmee Carlie Cullen smetti di fare il pappagallo sul trespolo e vieni subito a comprarti le scarpe per il tuo matrimonio! Non vorrai mica sposarti scalza?” sbuffai cercando un minimo di appoggio in zio Jazz che invece non faceva altro che ridacchiarsela. Alzò le mani scuotendo la testa come per dire ‘non ti posso aiutare’. In effetti non potevo sposarmi scalza e prima o poi sarei dovuta andare a fare le spese degl’ultimi dettagli. Meglio levarsi il dente tanto ci sarebbe stata mia madre a cercare con me di arginare la nanetta.

 

“Zia queste non sono delle scarpe, sono dei trampoli! È un matrimonio non un circo!” Zia Rose e Zia Alice stavano provando da tutto il pomeriggio a farmi camminare su quello che loro chiamavano scarpe ma che io temevo fossero delle autentiche torture. Se avessimo mai scoperto dove si trovava Aro gliele avrei fatte provare, per il gusto sadico di seviziarlo.

“Renesmee, su stai dritta e alza la testa! Non guardare in basso e non lamentarti! Vedi Bella si dovrebbe imparare dalla nascita come si cammina sui tacchi!” mia madre era contrariata almeno quanto lo ero io. Primo perché veniva ritenuta la diretta responsabile per la mia assoluta incapacità di essere alla moda, secondo perché le dava fastidio che mi trattassero come una bambola più del solito.

“Alice, perché non proviamo con un tacco più basso? Magari si sente più a suo agio!” Alice sbuffò in quello che la sua complice di supplizi pensava fosse ragionevole. Così prese il commesso stravolto da quella situazione e lo trascinò fino ad un nuovo scaffale, costringendolo poi a diventare le fondamenta di una pila di scatole. Se io ero la santa lui era il martire. Alla fine fra le centocinquanta paia di cose scomode (Perché chiamare scarpe quella cose?) riuscì a trovare un piccolo compromesso.

“Sei sicura Nessie? Jacob è alto quasi due metri!”

“Zia, io non sono una nanerottola pazza! Quindi posso portare un tacco 8 al mio matrimonio! E poi mi fai decidere qualcosa!”

“Senti con i tuoi mezzi, sei riuscita ad ottenere una cerimonia intima e il viaggio di nozze a Parigi! Quindi non è vero che non decidi niente” quei battibecchi continuavano da giorni. Infatti da quando avevo preso il diploma avevo deciso di intraprendere la vera battaglia della mia vita: cercare di far fare a zia Alice quello che volevo io! Altro che Volturi! Ma avevo grandi alleati dalla mia parte: la mia famiglia. E Jacob. Poverino. Sapevo che la zia l’aveva fatto dannare con il vestito. Però era divertente spiare Alice che puntellava di spilli, il mio lupo. Comunque non mi importava quello che avrei dovuto patire per poter arrivare a quel giorno. L’importante è che ci fosse lui lì ad aspettarmi anche se la faccenda di Gabriel aveva aggiunto una piccola macchiolina su quello che sembrava perfetto.

“Dove stiamo andando ora Alice?” mia zia guidava e non ci aveva detto quale sarebbe stata la tappa successiva in quell’ennesima giornata di preparativi. Sapevo che anche Flora e Fauna (alla fine Alice aveva ottenuto il ruolo di Serenella) conoscevano il posto dove ci saremmo dirette, ma io dovevo puntare al cuore nevralgico dell’ O.F.I.N. organizzazione facciamo impazzire Nessie.

“È una sorpresa!” le sorprese di Alice mi fanno paura. Ciò che per lei è eccitante per me diventa un tormento, come ad esempio fare shopping.

“Stai troppo con zio Jasper ultimamente, ma a te l’aria di vampira misteriosa non sta per niente bene!” dissi io stizzita da quella risposta assolutamente inconcludente. Ad un tratto la macchina si fermò. Eravamo poco fuori Forks in quella che sembrava una bella villa in stile coloniale.

“Benvenuta, nello scenario del tuo matrimonio!” rimasi letteralmente senza fiato. Mia zia si sbracciava come una ballerina di Broadway nel far vedere quello splendido casolare probabilmente di fine 800. Era tenuto in perfetto stato, forse proprio perché veniva affittato per i matrimoni: le pareti non erano segnate da nulla, i vetri intatti, tutto sembrava trasportato da un epoca antica. Sembrava quasi Carlisle.

“Io sarò qui per tre giorni, insieme a Rosalie, voi ci raggiungerete il giorno prima delle nozze rimarrai qui per una notte in modo che Jacob non possa vederti. Questa sarà la tua camera. Qui ci saranno fiori ed organza ovunque …” continuava a spiegarmi con un’aria quasi professionale, per quanto zia Alice riesca a contenere le sue emozioni. “Questa invece sarà la sala del ricevimento” Era un enorme stanza luminosa con finestre che coprivano l’intera altezza della parete,  completamente priva di mobili, al soffitto c’erano dei lampadari di cristallo, sembrava di essere nella corte dello zar di Russia per quanto sfarzo esprimeva quella splendida sala seppur rimanendo semplice “Qui ci sarà il tavolo per il buffet per i nostri ospiti, sistemeremo poi dei tavoli tutto intorno in modo che il centro della sala sia libero per ballare”

< Nessie è il tuo matrimonio devi ballare per forza! >

“Qui ci sarà l’orchestra, e qui ci sarà il vostro tavolo! Vieni ti faccio vedere dove voglio che si svolga la cerimonia, ma promettimi che non svieni! ” non riuscivo nemmeno a seguire le parole della zia, ormai poteva anche trascinarmi in uno dei suoi tanto amati negozi e farmi fare la bambola a vita dopo che aveva affittato un antico vigneto per me. Trotterellava tenendomi per mano portandomi nel retro della casa e se prima ero rimasta senza fiato ora la testa se n’era andata a quel giorno. Chiunque abbia creato quel giardino, deve essersi ispirato all’Eden o al Nirvana. Era abbastanza grande costeggiato da mille alberi e cespugli. Tenera erba si stendeva a tappeto su tutta l’area priva di piante e una cascata artificiale costeggiata da due scalinate curve faceva da sfondo.

“Qui metteremo gli ospiti” zia Alice si era parata di fronte a me indicando due aree “Tutto sarà sui toni del bianco e del rosso, come il tuo abito! Poi metteremo fiori sparsi per aiutare questa atmosfera selvatica …” continuava  a spiegare quello che sarebbe stato ma io non l’ascoltavo, già così mi sembrava meraviglioso “E qui …” salendo le scale limitrofe alla cascata, proprio dove l’acqua scorreva per andarsi a raccogliere in un piccolo bacino, c’era uno spiazzo  abbastanza ampio. Dall’altezza normale non si poteva vedere, invece ci si stava comodamente in più persone “Qui direte il si!” il mio cuore cominciò la sua galoppata, per tutti saremmo stati uniti galleggiando sull’acqua. Alice era proprio brava. Mi allacciai al suo collo e mi pentì per tutto quello che avevo detto in quei giorni.

“Sapevamo che ti sarebbe piaciuto” le lacrime scendevano copiose a coronare quel momento. Mi sembrò così irreale che fino a qualche mese prima stavo combattendo contro una delle casate di vampiri più potenti ed ora ero una bimbetta che si stava per sposare. Mi scostai dall’abbraccio e mi voltai verso le altre due che sapevo essere state complici in quel magnifico regalo. Le abbracciai fortemente ed Alice si unì in quell’abbraccio. Tutto era così semplicemente perfetto. E forse era ora che mi godessi la mia felicità. La nostra felicità.

 

Quel pomeriggio avevo voglia di stare con Jacob; dopo aver visto dove io e lui ci saremmo sposati non ero riuscita a levarmelo di testa. La zia era giunta alla conclusione che potevo prendermi una pausa dai preparativi, quindi colsi l’occasione ed andai alla sua officina. Sapevo che stava lavorando, avrei dovuto chiamarlo prima di fargli visita, ma essendo giornata di sorprese avevo deciso di non farlo. Arrivai e parcheggiai poco distante in modo da non farmi scoprire. Una pungente fragranza floreale, di quelle che usano le umane, colpì il mio olfatto poi al mio udito arrivò un verso squittente e fastidioso.

“Jake, sei sempre il solito spiritoso!” chi era quella sciacquetta che se la rideva con il mio Jake? E come si permetteva di chiamarlo Jake? Aveva un vestitino, troppo ino per i miei gusti, ed una vocina troppo ina. Lui stava a petto nudo mentre guardava ancora nella macchina su cui stava lavorando, e sorrideva. Quello era il mio sorriso.

< Giù le zampacce dal mio sorriso! > e poi lei parlava, parlava, parlava. E lui sorrideva. Mi annottai sul mio taccuino nero quella beffa, avrei trovato il modo in cui vendicarmi con quel lupo sfacciato che stava facendo lo stoccafisso con un’insulsa umana.

“Ehm, ehm!” non so che sguardo avessi in quel momento ma sperai di averlo il più truce possibile ispirandomi ad una delle persone che più potevano incutere timore: Rosalie. Lei era l’unica che poteva guidarmi in quella folle corsa.

“Ciao mostriciattola! Non ti aspettavo!” Jacob mi venne incontro con il suo solito sorriso. Ora lo faceva a me quel sorriso. Non mi sarei lasciata incantare da qualche svenevolezza. No.

“Già lo vedo!” dissi freddamente “Chi è la tua amica …”dissi ancor più freddamente tanto da far sembra la pelle di un vampiro una duna del Sahara.

< … sciacquetta? >  posizione Bella. Mi accorsi di quanto stavo diventando simile a mia madre in quel momento. Anzi ultimamente stavo assumendo sempre più spesso la sua posa iraconda.

“Ti ricordi? Ti ho parlato di Annabette?” quell’Annabette.

< Quella che ci sbavavi dietro te e tutti i pantaloni del tuo  liceo prima di incontrare la mamma? Quella che potava le minigonne, con i tacchi e si truccava a 14 anni? Quella a cui adesso faccio vedere le foto della compagna a cui ho fratturato la mascella? >

“Si, mi ricordo” non esternai quello che stavo realmente pensando, e cominciai a ringhiare con Jacob vicino a me che invece se la ridacchiava. Vorrei tanto sapere cosa ci trovava di così divertente?

“Ciao, tu devi essere Nessie!” la piccola infame ruba mariti sull’altare, mi si era avvicinata allungandomi la mano e mi chiamava con il mio nomignolo. Questo era veramente troppo!

“Mi chiamo Renesmee!” stavo veramente dando di matto. Come si permetteva di fare la svenevole con il mio Jacob e conciata in quella maniera. Cominciai a pensare a quanti vampiri potessi chiedere di darle una lezione quando Jacob mi prese per un braccio.

“Puoi scusarci un attimo?” mentre mi trascinava nel retrobottega continuai a guardarla torva, sperando che capisse l’antifona. Speravo che il suo istinto di sopravvivenza la allontanasse abbastanza dal mio Jacob. MIO.

“Non preoccuparti Jake!” ancora Jake, adesso se la stava proprio cercando! “Ora devo proprio andare” meglio! “Grazie per la macchina!” si diresse verso quell’ automobile volgare come lei,  ancheggiando come una papera, tanto che volevo chiedere alla nonna la ricetta dell’anatra all’arancia. Solo quando scomparve completamente dalla nostra vista Jacob prese a parlare.

“Mi vuoi spiegare cosa ti prende?” il sangue cominciò letteralmente a  ribollire, lo sentivo affluire e defluire dal cervello ad una rapidità tale che nemmeno un vampiro l’avrebbe potuta percepire.

“Quella lì non la conosco e mi stava chiamando con il mio soprannome. Mi ha dato fastidio!” dissi io cercando di modulare la voce. Se l’avessi lasciata libera, sarebbe stata ad una frequenza talmente alta da sembrare ultrasuoni. In realtà sia lui sia tutti i cani del circondario l’avrebbero sentita ugualmente.

 “E per questo momenti la sbrani?Sei sicura che non ci sia nient’altro?” iniziò a ridere. A quel punto io invece ero proprio furiosa. Tenevo gli occhi chiusi solo per non esplodere, avevo le mani tremanti, il cranio in fiamme e soprattutto avevo una voglia irrefrenabile di picchiarli entrambi.

“Che cos’altro ci dovrebbe essere?” la voce era sempre più stridente, lo sentivo dalla gola che grattava. Poi lui avvicinò le sue labbra alle mie lasciando giusto la distanza per permettergli di parlare.

“La vampira è gelosa!” indietreggiai lasciando quel bacio a mezz’aria e lui cominciò a ridacchiare come una iena. Io invece cominciai a ringhiare come un cane che protegge il suo osso.

< Bell’esempio Nessie! >

“Smettila non c’è niente da ridere!”dissi io finalmente sbottando. Tanto ero stata scoperta cosa c’era da perdere. “Non hai visto? Ti stava spogliando con gli occhi! Non che ci sia molto da togliere visto che stai sempre mezzo nudo! E poi come si permette a chiamarti Jake? IO, posso chiamarti Jake! E poi tanto per finirmi di sfottere mi chiama con il mio soprannome! Con quella voce da cornacchia e quel suo vestito che assomiglia ad una fascia per capelli! E tu poi la guardavi con quegl’occhi da pesce lesso! E da oggi si lavora con la maglietta, non m’importa un fico secco se hai caldo! Coperto!” agitavo le braccia come se fossi un cartone animato. Indicavo, gesticolavo dicevo di no. Poi mentre ancora avevo mille obbiezioni sul senso del pudore di entrambi, lui mi prese di peso e mi fece sedere su di una mensola. Mi chiuse con le sue braccia non permettendomi di scappare, e di nuovo avvicinò le sue labbra alle mie lasciando sempre quel meraviglioso spiraglio per parlare.

“Nessie è gelosa di Jacob, Nessie è gelosa di Jacob …” cominciò a canticchiare in un sussurro con la sua voce calda a fior delle mie labbra, avvicinandole appena. Sentivo quel suo calore immenso avvolgermi e calmarmi, in fondo dovevo essere sembrata davvero ridicola se stava usando la mia canzoncina della gelosia. “Questa scena mi ricorda qualcosa … No, tu nella parte di Otello ci staresti malissimo, sei troppo pallida!” E pensare che io lo avevo redarguito per lo stesso motivo solo poco tempo prima. E lui aveva molte più ragioni per essere infuriato. Però era la prima volta che vedevo una ragazza fare così apertamente il filo al mio Jake. Cominciai a capirlo un po’ di più. “Ti sei calmata?”

“Si forse, posso mordere la tua amica?” scosse la testa continuando a stare a quella distanza neutralizza neuroni (e istiga ormoni), ridendo divertito della situazione che sembrava capovolta “E comunque sulla maglietta non scherzavo!” l’ultima parola non me la potevo lasciar scappare.

“Se è per renderti felice, mi metto anche il cappotto!”

“Davvero?” chiesi speranzosa.

“No!” gli diedi un buffetto sulla spalla mentre continuava a sorridere “Allora come mai non sei a tramare contro tua zia per cercare di prendere le redini del nostro matrimonio?” alzai le braccia e le allacciai al suo collo, per poi donargli un piccolo bacio.

“In realtà volevo solo farti una sorpresa. Mi mancavi!” nulla aveva più ragione di esistere. Prese le mie labbra dolcemente mentre con le mani accarezzava la mia schiena che assecondando il movimento, si inarcò. Lentamente accostai il mio corpo al suo fino al contatto. Il bacio si faceva sempre più approfondito. Presi il suo viso e lo spinsi verso il mio tanto che lui fu costretto ad allungare il braccio alla parete, per sorreggersi. Con mio sommo rammarico, si allontanò lasciando in sospeso il solito discorso.

“Non possiamo rompere il patto a neanche un mese dal matrimonio!” mi diede un tenere bacio sulla punta del naso ed io sbuffai tutta l’aria che avevo in corpo.

“Non è colpa mia! Tu devi essere un po’ meno te e vedi che non ti aggredirò più in alcun modo! Per esempio potresti cominciare a lavorare con la maglietta!” potevo rigirarla a mio vantaggio. Era diventata una vera e propria questione di principio.

“Ma allora è vero che dicevi sul serio!” annuì soddisfatta della piccola vittoria personale, ma poi senza che io me l’aspettassi lui cambiò espressione, diventò serio. Mi guardava con quegli enormi e luminosi occhi scuri e quasi in un sussurro disse “Ti amo!” Il mio cuore cominciò a galoppare sempre più freneticamente, sentivo che la gioia invadeva ogni minima cellula del mio corpo, sembrava che avessi raggiunto le più alte vette della gratificazione. Ero in pace, felice, completa. Non potevo chiedere di più. O forse si. Di nuovo quello straziante senso di vuoto, in quello che ormai era diventato il più atroce dei dubbi. Cercavo ogni giorno di dimenticarlo ma ogni volta che Jacob mi guardava pieno di amore qualcosa mi percuoteva, lasciandomi senza fiato. Abbassai lo sguardo. Non volevo che la lacrima che stava rigando il mio viso lo ferisse.

“Che succede?” mi prese il mento cercando di fare incontrare i  nostri occhi. Chiusi le palpebre prontamente per paura di incontrare quello sguardo.

“Niente! Solo un po’ di stress!” sperai che credesse alle mie parole, ma Jacob mi conosce troppo bene.

“Questo non è niente!” asciugò la mia lacrima e solo allora riaprì gli occhi. Lo vidi con quella meravigliosa manifestazione che esprimeva tutto l’amore e la preoccupazione per me. Cercava nei miei occhi le risposte alle sue domande. Non potevo mentirgli.

“Jacob, ho paura!” lo dissi tutto d’un fiato. Sapevo che se l’avessi detto più lentamente il pianto che avevo costretto in gola sarebbe uscito fuori dando sfogo a tutta la sua potenza.

“Di cosa?” aveva preso ad accarezzarmi delicatamente il viso mentre mi parlava in appena un sussurro, come se questo potesse urtare una sensibilità già comprovata.

“Voglio darti un figlio!” questo non mi fece trattenere più le lacrime, abbassai il mio volto prendendolo con le mani, iniziando a singhiozzare. Lui mi avvolse con quel suo abbraccio forte e sicuro, rimase in silenzio accarezzandomi la testa. Affondò più volte il viso nei miei capelli mentre io ancora non riuscivo a smettere.

“Non importa se non puoi avere figli! Renesmee non devi aver paura io non ti lascerò mai!” mi scostò lentamente, mentre io cercavo di riprendere il controllo del mio pianto “E poi non c’è l’assoluta certezza che tu non possa avere figli! Quindi non preoccuparti, proveremo, se arriveranno bene se non arriveranno non sarà un problema, basta che tutto lo affrontiamo insieme!” Avevo smesso ma il mio cuore continuava a piangere e a sanguinare. Volevo con tutta me stessa provare la meravigliosa sensazione di un piccolo cuoricino che batte dentro il mio grembo, per poi cullarlo ed amarlo come avevano fatto i miei con me. Lo volevo per me. Lo volevo per Jacob.

 

Stavo nella mia cameretta, riempiendo gli scatoloni con la mia roba. La nonna aveva quasi ultimato le ristrutturazioni del vecchio cottage dei miei per renderla a prova di lupo. Guardavo gli scaffali quasi totalmente vuoti. Presto quella stanza non sarebbe più stata mia.

“Vuoi una mano, bambina?” mia madre aveva bussato alla porta spalancata, mi guardava con quei suoi intensi occhi dorati ed aveva un’espressione felice ma allo stesso tempo intristita. Probabilmente, anche se mi stavo trasferendo a pochi metri da loro, provava già la nostalgia di non avermi più a casa.

“Certo mamma, vieni pure!” intanto avevo messo il famoso libro delle fiabe dentro lo scatolone, con la remota speranza che un giorno non servisse per dei semplici ricordi ma a far vivere la fantasia di un bambino. Mia madre si avvicinò e lo prese mentre io cercavo di riordinare con la mente tutto quello che avrei dovuto ridarle.

“Sei cresciuta veramente in fretta!” continuava a osservare quella copertina rossa, accarezzandola come se le stesse facendo rivivere dei bei momenti.

“Mamma?” mi voltai cercando di capire cosa le stesse succedendo. In realtà, mi era sembrato strano che solo lei non avesse espresso la sua tristezza per la mia crescita troppo accelerata.

“Lo sai cosa mi ricorda questo libro?” continuò ad osservarlo ancora per un po’ per poi rivolgermi nuovamente il suo luminoso sguardo “Tu sei sempre stata molto speciale, l’ho capito da quando per la prima volta ti ho vista, ma quel giorno ne ebbi la certezza. Avrai avuto cinque o sei anni all’apparenza, Jasper tendeva a non avvicinarsi a te, anzi ti scansava perché aveva paura di non resistere al tuo sangue. Questa cosa tu non la soffrivi, anzi la detestavi. Me lo ricordo come se fosse ieri. Cominciasti ad osservare le sue mosse, le sue abitudini. Poi un giorno, mentre lui stava leggendo il giornale sulla poltrona bianca, come faceva ogni sabato, tu gli hai posato questo libro sulle ginocchia.” Sorrise a quel ricordo “Tutta la famiglia stava all’erta ma tu ci avevi categoricamente vietato d’intervenire. Eri molto determinata anche allora.  Non dicesti nulla, ti sei solo arrampicata sulle sue gambe, hai aperto il libro e ti sei accoccolata. Jasper era sconvolto, si vedeva che stava combattendo, tuo padre stava quasi per strapparti da lui quando tu posasti la tua manina sul suo viso. A quel punto gli stavi mostrando i tuoi sentimenti, le tue preoccupazioni, i tuoi desideri. Tutto quello che stavi trasmettendo a tuo zio si rivelò la vera chiave per superare la sua debolezza. Praticamente avevi scoperto come salvarlo. Dovevi solo fargli vivere i momenti che avresti voluto, facendogli provare le tue stesse emozioni! Stavi combattendo la sua bestia ricordandogli la sua umanità! Tutti ci siamo sentiti infinitamente insulsi di fronte ad una tale dimostrazione di sensibilità ed intelligenza! Eri piccola ed avevi trovato il modo di combattere contro la sete di un vampiro! Hai ripetuto spesso quel pomeriggio, sempre sorvegliata. Mentre l’autocontrollo di Jasper cresceva noi cominciammo ad allentare, finché non fu più necessario vegliare su di voi!” lo ricordavo benissimo. Era impresso nella mia mente come scolpito sulla pietra, ma non l’avevo mai vissuto da quel punto di vista. Sapevo che la mia presenza aveva contribuito all’ autocontrollo di mio zio e sapevo che era legato alle favole che mi leggeva durante il pomeriggio. Ma non avevo mai visto, quel gesto per me spontaneo, come una prova di quanto fossi intelligente e sensibile. Rimasi senza parole alla dichiarazione di mia madre che intanto aveva riposto nello scatolone il libro. Mi venne lentamente incontro solo per accarezzare le mie mani “Sai piccola mia brontolona, sono molto felice di averti avuta. Ogni secondo della mia immortalità ringrazio tuo padre e il destino per avermi donato un gioiello come te! Non mi pento nemmeno per un istante delle scelte che ho fatto, perché esse mi hanno condotto ad averti. Ed ora vedo che sei diventata una donna forte e coraggiosa e questo non fa altro che rendermi più fiera! Jacob è stato molto fortunato!”

“Anche io lo sono, mamma” le parole mi uscirono naturali come se sospinte dalla forza dei miei sentimenti “se sono diventata quel che sono è grazie anche alla vostra costanza ed ai vostri insegnamenti! Non potrei mai fare a meno della vostra guida! Non avrei mai potuto chiedere di meglio che avere due genitori e una famiglia come quella che ho! Certo se magari Alice fosse un po’ meno pazza …” a quel punto sbottammo a ridere. Non ci volle molto a tramutare quelle risa in un abbraccio.

“Ti  voglio bene, mia piccola brontolona!”

“Ti voglio bene, mamma!”

 

Note dell'autrice: Mannaggia alla gelosia. Questo episodio serviva a far scontrare Nessie con le sensazioni di Jake, insomma per farla essere un po' più comprensiva e poi la cosa della maglietta mi fa ridere ogni volta che rileggo il capitolo. Precisazione tecnica: Nessie dopo il matrimonio andrà a vivere proprio nel cottage dei genitori. Si perchè come ho detto nella prima parte tutta la famiglia ha inscenato il trasferimento a Seattle esclusi Eddy, Bells e Nessie. Per stare più uniti poi hanno deciso tutti di rimanere in casa Cullen lasciando il cottage disabitato.

noe_princi 89: Sono contenta che ti sia piaciuto! e sai al prossimo ci sarà quello che tutti aspettano! indovina indovinello!!! Ah! ti piace lo scenario del matrimonio?   

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** CAPITOLO V: Finalmente… ***


CAPITOLO V: Finalmente…

Eravamo nella meravigliosa villa che la zia aveva affittato. Dormivo su di un letto comodo e meraviglioso, morbido in ogni sua piega. Solo una cosa poteva svegliarmi in quella maniera poco gentile il giorno del mio matrimonio: una nanerottola pazza! Saltò in piedi sul letto sovraeccitata, per poi cominciare a molleggiare come una bambina.

“Coraggio Nessie è ora di sposarsi!” canticchiava divertita quella frase mentre ancora zampettava sul letto. Intanto entrava mia madre con Rose con tutto l’occorrente per prepararmi, dirigendosi velocemente nel bagno dell’enorme camera da letto che mi era stata riservata. Cominciai solo allora a realizzare. Il fatidico giorno era arrivato. In quella giornata priva di sole, poco fuori Forks, avrei detto di si al mio lupo.

“Che ore sono zia?” dissi cominciando ad alzarmi mentre lei rimaneva in piedi sul letto.

“Già le sette!” ancora le sette?  cominciò a battere le mani gioiosa. Ma la notizia che mi aveva dato era nefanda come la più nera delle notti, più spaventosa degl’orchi e più orribile persino di lei.

“Ma io mi sposo alle undici, perché diavolo mi hai buttato giù dal letto alle sette? Ma dico, almeno il giorno del mio matrimonio potevi farmi dormire un po’ di più!” avevo alzato un tantino la voce, visto che mia nonna corse in camera mia dal salone dove stava gestendo il catering.

“Cosa succede piccola? Ho sentito che urlavi! Alice … ” mi prese le spalle e cominciò a massaggiarle come quando da bambina mi infuriavo con qualcuno e lei mi cercava di calmare. In effetti, era utile. Meglio di qualsiasi barbiturico.

“Esme, tua nipote non sa che ci vuole molto tempo per prepararsi ad un matrimonio e si lamenta che non l’ho lasciata dormire!”la mia dolce cara nonna prese a guardarmi con quel suo sguardo mielato ed io mi sentì subito più tranquilla.

“Grazie nonna!” appoggiai la testa sulla sua spalla e lei la baciò teneramente. Intanto la mamma e Zia Rosalie ci raggiunsero. Mia madre si avvicinò, mi abbracciò fortemente e rimase per molti secondi a rimirarmi negl’occhi. Stava piangendo. Non vere lacrime, quelle non le può versare. Ma fin da bambina avevo imparato che quando una cosa la commuove la sua bocca assume una piega particolarmente diversa e nei suoi occhi si poteva leggere quella profonda tristezza che tinge gli occhi di chi può piangere. Quello era il suo modo di commuoversi. Ed io invece che avevo serbatoi pieni di tiepide lacrime, cominciai a versarle.

“Noooooo!” zia Alice si gettò su di me come se fosse successa la cosa più tremenda “Se piangi ti verranno gli occhi gonfi! Bella smetti di fare la sentimentale! O sarà la fine!” ecco lo sapevo! C’era sempre qualcosa che non mi doveva far essere perfetta.

“Ti abbiamo preparato il bagno Nessie!”Zia Rose intervenne in quella che stava diventando una delle più grandi tragedie degli ultimi secoli: altro che Romeo e Giulietta, Nessie con le occhiaie al suo matrimonio!

< Ci doveva pensare prima di buttarmi giù dal letto all'alba! > 

La vasca era piena di spumosa schiuma e petali di rosa, la stanza era avvolta dalla penombra provocata da candele profumate e al bordo della vasca avevano sistemato dei sali rilassanti. Mi immersi con una mascherina sugl’occhi e ben presto continuai quello che una vampira nana e crudele aveva interrotto.

 

“Nessie sei ancora lì dentro ti verrà la pelle rugosa!” pure! Zia Alice aveva urlato ed io sobbalzai nella vasca spegnendo parecchie candele.

< Menomale che mi dovevo rilassare! >

Uscì dal bagno e trovai le mie tre fatine buone a preparare tutto il necessario per diventare la moglie del mio Jake. Chissà cosa stava facendo?

“Scusate ma gli uomini dove sono?” pensando al mio uomo, la domanda sorse spontanea. Praticamente le coppie Cullen avevano la tendenza ad essere appiccicose come la marmellata sulle dita. Il fatto che non ci fosse nessun padre preoccupato a sondare la mia assoluta agitazione, che sinceramente tardava ad arrivare (forse perché erano le otto del mattino e stava dormendo insieme al mio ultimo neurone), e uno zio stralunato a cercare di infondermi la pace dei sensi, mi impensieriva.

“Ci raggiungeranno più tardi! Ci avrebbero intralciato e poi non si sarebbero trattenuti con quei loro poteri rovina momenti! Tu devi vivere tutte le emozioni nel tuo matrimonio senza padri e zii impiccioni!” disse Zia Alice mentre mi porgeva un pacchetto “E poi dovevo darti questo!” era  troppo piccolo per essere per un vestito e troppo grande per essere un gioiello. Continuai a guardare la bustina incuriosita, come se avessi fra le mani il vaso di Pandora. Cosa poteva celare tanto da tenerlo nascosto a mio padre? Cominciai ad aprirla e mi sembrò di rivivere un momento di quasi un anno fa: il completino che mi aveva regalato Joyce.

“Questo ti servirà per la tua prima notte di nozze! Ho pensato di dovertelo dare a parte, in modo che tuo padre non cadesse di nuovo nello stato catatonico dell’altra volta! Sai ho dovuto tradurre l’inno americano in tre lingue, per non farlo scoprire ad Edward, ma tu sapevi che ha un codice per decifrare il modo in cui nascondiamo i pensieri?” eccola dov’era l’agitazione! Bastava far uscire fuori la parola prima notte di nozze. Cominciai a sentire una strana stretta allo stomaco che presto si trasferì al cervello facendomi perdere ogni capacità di ragionare. Il panico. Completo e puro panico. Cominciai a ridere istericamente mentre mia zia mi guardava come se fossi impazzita. Infatti non si era sbagliata. Guardai l’orologio:

“Zia sono già le otto e un quarto mi devo preparare!” cominciai a camminare nervosamente per tutta la stanza con la faccia più preoccupata che avessi, tormentando le dita e il mio labbro inferiore come non avevo mai fatto, tanto che zia Alice mi dovette fermare e minacciare per farmi riprendere. Tutto il tempo trascorso sotto le sue grinfie però non mi fece calmare anzi. Mi sembrava di essere dentro una vergine di Norimberga.

 

Dalla mia finestra si poteva vedere il giardino addobbato come Alice mi aveva descritto. Sul tappeto erboso erano sparsi mille fiori diversi dai colori del rosso e del bianco proprio come il mio vestito, e così erano agghindate le sedute dove gli ospiti avrebbero assistito al mio matrimonio. Non pensavo si potesse migliorare uno scenario così meraviglioso già di suo, ma mai sottovalutare Alice. Sembrava di essere capitati davvero in una favola, aveva anche messo alcune campane a vento per rendere l’atmosfera più magica. Io stavo lì in quella camera ad osservare gli ospiti che ormai stavano attendendo solo la mia venuta. Dalla mia parte, oltre la mia famiglia avevo invitato solo  il clan di Denali. Ci sarebbero stati parecchi umani non volevo rischiare incidenti. Guardavo ogni singolo ospite soffermandomi sul loro modo elegante di rapportarsi, così diverso da i miei amici del branco. Loro erano così spontanei e pieni di bambini. Si, perché non potevano mancare Nate, Claire e la nuova piccola Crystal. Aveva già quattro mesi, era carina e paffuta, le sue manine esploravano il mondo attraverso il tatto, lasciando che ogni volta che toccasse qualcosa diventasse nuovo. Si vedeva che assomiglia ad Emily, e per  la prima volta ho visto Sam piangere. Il volto della moglie non trasfigurato da quelle tremende cicatrici, si era disegnato su quella creatura così semplicemente fantastica. C’era anche Rebecca, la gemella di Rachel, che riuscivo a distinguere solo perché la seconda aveva una bella pancia in evidenza. E lì, con lo stesso groppo in gola che avevo io, stava Jacob. La sua agitazione era palpabile, concreta, si vedeva, perché il suo splendido sorriso tentennava ad uscire e sembrava una corda di violino per quanto le sue spalle fossero tese, nonostante le continue e costanti pacche che riceveva sulla schiena, assomigliava sempre più ad un manichino. Aveva un abito meraviglioso, particolare, perché non poteva essere altrimenti, ma troppo elegante per essere realmente suo. Ed io ero lì a rimirarlo come se non fossi abbastanza per lui, perché forse dicendo si gli avrei negato la gioia che una ragazza normale gli avrebbe potuto dare. Alzò lo sguardo ed io arretrai per non farmi vedere.

< Chi sono io per arrogarmi il diritto di strapparti la possibilità di un figlio? Sono così speciale da valere un prezzo tanto alto? Ora vado da Jake e gli dico che non se ne fa nulla! > mi voltai di scatto fermata dall’unica persona che mi poteva ascoltare.

“Non pensare sciocchezze!” mio padre si era sistemato nuovamente ad osservarmi come faceva quasi sempre oramai “Sei bellissima!” si avvicinò a me accarezzando le spalle che il mio vestito mostrava.

“Sono imperfetta!” mi voltai verso lo specchio che rifletteva la mia immagine. Si ero molto bella. Mi avevano sistemato i ricci morbidi all’indietro, leggermente selvaggi, e fra le loro spirali si trovavano piccole roselline bianche e rosse. Il mio vestito calzava come se lo avessero cucito indosso, e scendeva lungo il mio corpo armonioso. Solo un’ombra oscura si stanziava nei miei occhi, che dalla felicità più assoluta stavano passando allo sconforto.

“Tu non sei imperfetta. Smettila di pensarlo, non ti si addice quell’espressione malinconica il giorno del tuo matrimonio!” chinò la testa alla ricerca del mio sguardo che subito andò ad incontrare il suo “E poi hai un licantropo pronto a morire per te pur di vederti felice, una famiglia che ti ama e degli amici che non hanno aspettato un minuto per venire in tuo soccorso! So che un figlio sarebbe importante e che se non ne avrai sentirai un profondo senso di incompletezza, ma sappi che hai anche mille persone che saranno pronte ad asciugare le tue lacrime e a cercare di colmare quel vuoto se tu lo permetterai!” improvvisamente mi sentii meglio. Lo so che sembra assurdo. Quel futuro che sentivo di strappare alla persona che più amavo al mondo ora mi sembrava più roseo sapendo di essere circondata da gente che mi ama.

“Ti voglio bene, papà!” mi lanciai sul suo petto, quasi cogliendolo di sorpresa. Tardò infatti a rispondere al mio abbraccio, ma quando lo fece mi sono sentita galleggiare a mezz’aria. E poi, mi sono ripromessa di vivere il presente e non preoccuparmi del futuro. E nel mio presente un bel lupo costretto in un vestito scomodo, mi stava aspettando per condividere l’eternità con me.

“Nessie, c’è una persona che ti vuole vedere!” disse mia madre alla porta mentre la dolce Claire mi guardava estasiata.

“Nessie, sei bellissima!” lo disse con una tale sincerità da farmi nascere nuovamente il sorriso, mi abbassai perché volevo un abbraccio anche da lei.

“Anche tu! Sei pronta, piccola?” mi annuì sorridente. Era molto contenta di diventare parte attiva del mio matrimonio. E poi Zia Rose si era divertita a vestirla e pettinarla per la festa. Aveva un bellissimo vestito rosso di raso, che riprendeva quello delle mie zie e della mia mamma, ovvero delle mie damigelle, e fra i capelli parzialmente sciolti portava una rosellina rossa.

“Nessie, sarà meglio che ti sbrighi non so quanto il cuore di Jacob reggerà al ritmo che ha preso, l’attesa lo sta uccidendo!” sorrisi all’ affermazione della mia mamma che ancora mi guardava con quell’espressione trasognata e nostalgica che rivelava le sue lacrime.

“Sarà meglio andare, non vorrai diventare vedova prima di sposarti!” eccolo il sorriso sghembo di mio padre che mi porgeva il braccio e il bouquet.

“Ti piacerebbe, almeno mi avresti illibata ancora per un po’!” ed ecco come farglielo togliere. Ancorai il mio braccio al suo, e cominciai a camminare preceduta dalla mamma e da Claire che si sbrigarono per andare a prendere posizione.

Le note della sinfonia, che io e mio padre avevamo scelto per la mia marcia, avevano iniziato a cantare la sua splendida melodia, accompagnate da quelle campane che rendevano ancor più tutto fatato. Sentivo il brusio impaziente delle persone mentre i miei testimoni con le loro damigelle camminavano lungo il tappeto che portava al mio Jake. E poi quel brusio si arrestò completamente quando fui io ad entrare. E insieme al brusio, scomparvero anche tutte le altre persone che c’erano, perché solo quel lupo che deglutiva nervosamente e mi osservava come se fossi stata una stella strappata dal cielo appariva alla mia vista. Abbassai il viso quasi imbarazzata di tanta devozione dimostrata con quel suo sguardo e con il suo cuore che sembrava voler abbandonare questo mondo. Ad ogni mio passo, la sua corsa si faceva sempre più folle ed io cominciai a provare lo stesso. Ero lì di fronte a lui. Volsi solo uno sguardo a mio padre che passò la mia mano nella sua. Non riuscivamo quasi a staccare i nostri occhi, ora che quello che avevamo aspettato con tanta impazienza si stava avverando. Mentre salivamo le due separate rampe di scale, continuammo a guardarci, anche se non era previsto dalle numerose prove a cui Alice ci aveva costretto. Solo verso gli ultimi scalini scansai lo sguardo, afferrando la mano di Jasper, che mi aveva elegantemente teso per aiutarmi, e rispondendo allo zio Emmett che mi fece l’occhiolino. Ma poi mi trovai di fronte a lui, il mio eterno amore, e l’incanto che mi aveva accolto all’inizio, tornò a fare da padrone. Non avevo mai visto Jacob con quell’espressione: attraverso quei suoi pozzi neri potevo leggere felicità, angoscia, venerazione, rispetto, paura di un rifiuto. Ma non avrei mai potuto rifiutare la splendida persona che con tutto il suo cuore, aveva deciso di dedicarmi la sua vita. E con cosa avrei potuto ripagarlo se non con tutta me stessa? La sua vita per la mia. La mia vita per la sua. Né tu senza me. Né me senza te. Non ascoltai nulla di quello che il pastore disse. Non avevo bisogno che mi spiegasse di quanto l’amore fosse meraviglioso o di quanti problemi si debbano affrontare durante la vita. No. Io lo sapevo, avevo convissuto con l’amore ogni giorno della mia esistenza, mi potevo definire addirittura un’esperta, e di problemi ne avevo superati abbastanza per ritenermi fortunata. Attesi a lungo che il momento topico giungesse e risposi solo quando venni finalmente interpellata.

“Renesmee Carlie Cullen, vuoi tu prendere Jacob Black come tuo legittimo sposo,  in salute e in malattia, in ricchezza e in povertà, amarlo ed onorarlo finché morte non vi separi?” la morte non ci avrebbe mai separato. Mi lasciai qualche secondo per rispondere. Piccola vendetta per tutte le volte che mi teneva con il fiato sospeso. Nei suoi occhi leggevo una grande preoccupazione, che mi divertiva alquanto. Quando la mia rivalsa era stata pienamente appagata, presi fiato, elargendo al pastore un sorriso compiaciuto. Notai solo allora che anche lui aveva trattenuto il respiro.

“Si, lo voglio!”

“E tu Jacob Black…”

“Si, lo voglio!” non aveva aspettato neanche la domanda. Tutta la piccola folla di gente riunita cominciò a ridere sommessamente ed io non potei fare a meno di mascherare il mio volto per non farlo sentire ancora più in imbarazzo “Scusi pastore vada avanti!” ormai la risposta la sapevo. Ci scambiammo le promesse ma niente a che vedere con la promessa che già ci eravamo fatti. L’eternità.

“Se qualcuno ha qualche obiezione, che parli ora o taccia per sempre!”improvvisamente tutti gli sguardi puntarono su Emmett che messo in  soggezione alzò le mani, come per dire che non aveva niente in contrario. Anche perché se avesse detto anche solo una parola lo avrei ucciso e nel modo più crudele possibile.

“Vi dichiaro marito e moglie! Adesso puoi baciare la sposa!” sembrava lo sparo ad una corsa campestre. Mi cinse velocemente la vita portandomi a se, prendendo le mie labbra con una passione particolarmente audace, tanto che mio padre iniziò a schiarirsi la voce dalla prima fila. Intanto un applauso, con le acclamazione di un chiassoso branco di lupi avevano sancito il mio futuro. Ero diventata la moglie di Jacob Black, e nessuno mi avrebbe potuto separare da lui.

 

Se la cerimonia fu emozionante, il ricevimento fu dal morir dal ridere. Non che non me l’aspettassi: avevo messo nella stessa stanza un branco di lupi e due clan di vampiri, ma di sicuro tutto quello che successe superò ogni aspettativa. Persino Leah, sembrava divertirsi. Vedevi in angolo umani e vampiri che parlavano delle ultime partite come se le stessero vivendo, da un altro licantropi buttati in pista da Alice a seconda di chi c’era all’occasione, qualcuno che mangiava, qualcuno che cantava. Insomma una splendida confusione.

“Ciao, signora Black!” Jacob porse dalle mie spalle un calice con dello champagne. Scoprii con rammarico, che durante tutto il festeggiamento del matrimonio, sposa e sposo, non hanno nessuna possibilità per stare insieme. C’era sempre qualcuno da salutare, da ringraziare, da fotografare. Un ballo con quello, un ballo con quell’altro. Insomma non avevamo il diritto nemmeno di guardarci, per fare gli onori di casa. Appena però se ne presentava l’occasione, ci appartavamo ad osservare la scena del momento.

“No, grazie sai che non bevo!” dissi io continuando ad osservare Claire che aveva cominciato a torturare Quil storcendogli il naso. Mi sembrava di aver già vissuto quella scena.

“Da quando?” ormai ero troppo rapita dal gioco della splendida ragazzina tra le braccia di quel grande lupo da poter cogliere la sua poco sottile ironia “Come mai così pensierosa?” avvolse la mia vita cominciando a baciare la mia spalla delicatamente. Sicuramente aveva assunto una posizione molto scomoda per stare chinato in quella maniera.

“Guardavo un piccolo remake!”

“Parli di Seth?” Seth? Che c’entrava Seth? Iniziai ad osservarlo, stava accanto ad Emily e l’aiutava a guardare la piccola Crystal, ma non mi sembrava tanto diverso. Aveva gli occhi un po’ lucidi ma pensavo che anche un lupo può commuoversi.

“No, veramente parlavo di Quil e Claire! Che c’entra Seth?”

“Non te l’ho detto? Ha avuto l’imprinting con la figlia di Sam!” non ci potevo credere. Il piccolo Seth aveva finalmente avuto l’imprinting, e con la figlia di Sam.

< Oddio e Sam? >

 “Sam all’inizio non l’ha mandata tanto giù, l’ha rincorso per quasi un intero giorno! E quando l’ha preso non è stato molto tenero, anzi qualche volta sembra ancora che lo voglia uccidere. Lo guarda esattamente con lo stesso sguardo che mi riserva Nate!” il piccolo era tutto il giorno che sfidava Jake, sbuffava e s’arrabbiava; avevo provato a parlargli ma ancora ce l’aveva con lui perché mi stava sposando. Era molto divertente perché quando s’infuriava si vedeva tutta la somiglianza con il padre. “Lo sai che mi ha detto prima, quella pulce?" chiese con un ghigno divertito, lo ascoltavo ma ero ancora stordita dalla rivelazione di Seth e Cristy "Che gli ho rubato la ragazza! Ti rendi conto? Certo, ammetto che ha un ottimo gusto in fatto di donne ma ho seriamente temuto di dovermi occupare anche di un piccolo cucciolo di lupo! Dovevi vederlo!” in effetti Nate era una bella testa calda, ma sapeva controllarsi. Questa storia di Seth però mi aveva realmente sconvolta, insomma lui era Seth, e quella la figlia di Sam. Non perchè Seth non fosse un buon partito, lui era il più quotato, ed avevo sperato vivamente che presto o tardi avesse l'imprinting, che provasse la gioia di un amore così assoluto. Meritatissimo per un cuore puro come il suo. Ma era il nostro cucciolone cresciuto e Sam, era Sam, un capobranco. Non mi sorprese che sulle prime avesse reagito in quella maniera, in effetti pensai che avrebbe reagito così con qualsiasi altro lupo. Un momento.

“Scusa ma da quando tu leggi nel pensiero? Non mi basta avere un padre con questa dote ora pure il marito!” mi accorsi che aveva risposto alla mia domanda senza aver palesato il mio dubbio sulla reazione di Sam; ultimamente avevo notato che a forza di stare con mio padre a cospirare contro le mie convinzioni, per farmi fare quello che vogliono loro, stavano diventando troppo simili.

“Chissà magari sto diventando un nuovo Edward Cullen!” ora pure a fare il lupo tenebroso. Questo andava decisamente oltre! Ero contenta che i due fosseri un po’ più in accordo, ma avevo passato una vita a combattere con uno, non volevo ritrovarmelo nell’altro.

“Ed io che speravo di essermelo levato di torno! Ora mi ritrovo il marito che legge nel pensiero, fa la sfinge e si veste tutto carino!” mi voltai infastidita sciogliendo quel tenero abbraccio. Lui si accigliò in un espressione buffa che quasi mi fece crollare ma non abbandonai il mio scopo: dovevo esorcizzarlo. Edward Cullen doveva uscire dal corpo del mio Jake!

“Cosa c’è che non va nel mio abbigliamento? Non ti piaccio elegante?” ora era lui a fare l’offeso, in un gioco ormai divertente per entrambi. Era così bello mentre mi scrutava da sotto le folte sopracciglia, rese asimmetriche dalla sua espressione contrariata della mia finta sfuriata.

“L’abito ti sta bene, tu mi piaceresti in qualsiasi maniera! Però … ” mi avvicinai e cominciai ad allentargli la splendida cravatta rossa di seta dal collo, poi slacciai i primi due bottoni della camicia lasciandolo più libero di respirare. Ogni tanto mi portavo le mani al mento pensierosa, come se stessi dando vita ad un piano non prestabilito. Seguiva ogni mio movimento con lo sguardo, godendosi la scena davvero esilarante. Così come lui, tutti si erano fermati a guardare il mio comportamento. Quindi tolsi la giacca e sbottonai i polsini, ripiegando la manica fino a metà dell’avambraccio ed infine sfilai la camicia dai pantaloni.

“Così sei più tu!” lo guardavo veramente soddisfatta. Si era stagliato un silenzio tombale nella sala, mentre cercavo di scompigliargli i capelli, per mettere la ciliegina sulla torta del mio capolavoro. Presi il suo viso fra le mani e gli schioccai un forte bacio sulle labbra.

“Sei veramente unica!” ed ecco il suo meraviglioso sorriso a confermare la riuscita del mio piano. Appena finì tutti i ragazzi del branco fecero lo stesso, sotto lo sguardo contrariato delle mogli o ragazze. Avevo scatenato una reazione a catena, dove tutti ci ritrovammo coinvolti dalla più fragorosa delle risate. Era così con il branco: spontaneità e genuità. E li adoravo per questo.

 

“Scusa stavo cercando uno zio per ballare! Ne conosci uno per caso?” lo zio Emmett se ne stava in un angolo a fissare il pavimento da interminabili minuti. Ormai la festa stava volgendo al termine. Alcuni ospiti se ne stavano andando e lui aveva cominciato a comportarsi come un bambino capriccioso.

“Ce ne è uno con una folta chioma bionda che sarebbe disposto a farlo!” sorrise appena alla sua stessa battuta, cosa rara in Emmett.

“Zio, ti prego!” mi chinai cercando di catturare il suo sguardo dorato. Lo alzò un attimo e grazie alla mia espressione Bambi, non mi poté negare l’ultimo ballo. Le dolci note di un lento segnavano una delle ultime danze. Emm mi condusse al centro della pista e con molta abilità mi fece volteggiare fra le sue braccia. Dopo qualche passo però ci ritrovammo ad osservarci occhi negl'occhi, i miei interrogativi i suoi assolutamente persi, commossi forse, ma con un velo di tristezza dolente tra le screziature auree.

“Cosa c’è zio? Sei ancora triste per quella faccenda? Mi sembrava che avevamo chiarito?” non sopportavo di vederlo così abbattuto e poi ora non avrei potuto fare molto per tornare indietro.

“No, Nessie è solo che da oggi non ti avrò più in mezzo ai piedi tutti i giorni e mi lascia un po’ con l’amaro in bocca! Però non preoccuparti mi passerà presto!” una faccia così non gliela avevo vista nemmeno quando mi teneva il muso. Eppure non ero infastidita, ma dispiaciuta. Volevo che tornasse ad essere il mio vecchio Emm, quello con la battuta e i doppi sensi sempre sulla punta della lingua, quello che mi faceva arrossire quando mi prendeva in giro. Il mio zio Orso, che adorava giocare con me e che aveva contribuito alla creazione della Nessie maschiaccio.

“Non sembra a giudicare dalla tua espressione!”

“Sai sei bellissima oggi! Sembri una vera donna!”deviava il discorso, oppure era veramente quel modo di vedermi ancora piccola e bambina, che lo scompensava?

“Forse perché lo sono zio!” dovevo un po’ scuotere quello stato apatico che proprio non si addice ad Emm e pensai che ponendolo di fronte alla realtà ci sarei riuscita.

“Lo so, ma negl’ultimi giorni tutto quello che abbiamo cercato di fare insieme per mettere i bastoni fra le ruote ad Alice, le azioni di complotto … mi sono sentito come qualche anno fa e questo mi ha fatto diventare un po’ nostalgico!” le cose erano due: o Aro stava macchinando un modo per tornare alla carica, o mio zio era completamente impazzito. Dato che l’ultima volta che l’avevo visto così sentimentale sono stata aggredita e quasi uccisa da Heidi, tradita dal mio migliore amico, tenuta prigioniera a Volterra e costretta alla fame da un mucchio di vampiri sadici, ho temuto che qualcuno avrebbe minato nuovamente alla mia incolumità. Ormai mi fidavo ciecamente dei presagi divini.

“Zio ..." sospirai cercando di controllare l'evidente tremolio del mio dispiacere nella voce " ... sai che io non vi abbandonerò mai! Staremo nel vecchio cottage dei miei quindi ad una distanza veramente infinitesimale! Pensi che quando sarò sola rimanga a casa buona, buona ad annoiarmi, invece che venirti a rompere le scatole? Mi deludi davvero se lo pensi, significa che non hai imparato a conoscermi abbastanza!” finalmente sorrise. Non poteva dimenticare quello che io provavo per loro, erano la mia famiglia e ero vincolata ad ognuno da un legame inscindibile. Vivevo l'affetto in maniera assoluta, così come l'amore, l'odio e tutti i sentimenti che costellavano la mia personalità. Gli sorrisi di rimando, e lui per non smentirsi si piantò quella faccia allegra e strafottente che tanto amavo sul suo viso.

“Tu romperesti le scatole, solo se ci fosse il baseball!”

“Allora è quello che non mi hai perdonato?”

“Si infatti, sposarsi l’ultima partita di campionato è proprio una cattiveria!”

 

Note dell'autrice: Matrimonio da bere per tutti! (tutto per te nev!)Ragazze vi poteo lasciare senza il capitolo del matrimonio! Eh si! Si sono sposati! Vi è piaciuto? Lo spero tanto.

Ne tu senza me. Ne me senza te. sono le frasi incise nelle fedi dei miei nonni paterni. Le ho sempre trovate meravigliose per questo le ho volute in questa occasione.

 

Fra Zanna: ma ciao! sono contenta di vederti entusiasta! e non preoccuparti continuoooooooo....

Sinead: Lo sai che c'è Alice ha una personalità travolgente e la mia Nessie è un bell'osso duro, per questo ho voluto che fosse molto combattiva! Peggio di Bella hihihi

never leave me: potevi dubitare che io tornassi!ma anche no! sono molto contenta che vi sia piaciuto lo scenario ache perchè ho un idea precisa di come ed è difficile farlo capire attraverso una descrizione senza però contaggiare troppo la fantasia del lettore che deve rimanere libero di immaginare una sua cosa personale. E sai cosa ci sarà al prossimo capitolo... dopo il matrimonio .... ghghgh

noe_princi 89: secondo me il matrimonio è venuto bene, tu che ne dici? inguaribile romanticona! bacioni  

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** CAPITOLO VI: … soli! ***


Note dell'autrice: Avvertenza prima di leggere: Care mie capitolo in cui c'è una scena hot! nulla di esplicito mi spiace chi si apsetta una cosa del genere ma non sarebbe il mio stile: quello che ho cercato di narrare è il turbinio di emozione di due persone che si amano e che fanno l'amore per la prima volta e spero di esserci riuscita. Comunque se ritenete che il rating debba essere cambiato da Arancione a Rosso fatemelo sapere ma non credo.

Never Leave Me: spero di non deludere le tue aspettative. So che ti interessa questo capitolo da quando hai iniziato a leggere, mi sono però mantenuta molto fedele a tutto quello che volevo esprimere fin all'inizio ovvero il loro amore che ovviamente coinvolge sia la mente che il corpo. Comunque aspetto le tue critiche visto che sei una esperta ;)

Sinead: Io vedo molto Emmett come un bambinone esaltato, ma che al mometo sa rivelarsi una persona dai mille sentimenti. Jasper invece è sempre serio ma che se vuole può divertirsi altrimenti non starebbe con Alice. Diciamo che con la presenza della nipote i due tirano fuori il lato del loro carattere più remissivo, ovvero per Emm quello sentimentale e per Jazz quello spensierato. L'arrivo di Nessie ha significato molto per ognuno dei Cullen in modo diverso e per questo hanno stabilito dei rapporti variopinti.

Noe_princi 89: Nessie non vive bene la sua probabile sterilità. Si sente ovviamente colpevole ed era normale che ci pensasse poco prima di sposarsi. Comunque Eddy l'ha consolata e ha evitato che facesse una sciocchezza per colpa della sua impulsività.

Ragazzuole ma sapete che la prima parte ha avuto nuovi adepti? Da quando ho iniziato a postare la seconda siamo arrivate a ben 20 preferiti!!!20!! comunque ringrazio chi mi sta seguendo in questa 2 parte e chi l'ha messa tra i preferiti!!! Vi adoro e recensite vi prego!!!

 

CAPITOLO VI: … soli!

E anche gli ultimi invitati stavano andando via. Renèe si era avvicinata a me e a mia madre con gli occhi gonfi dalle lacrime, visibilmente commossa. Non aveva fatto altro che piangere ogni volta che mi volgeva uno sguardo, cosa che, a un certo punto, mi fece chiedere se avessi qualcosa fuoriposto.  

“Piccole mie, non sono mai stata così emozionata!” aveva già ricominciato a versare una lacrimuccia, ormai era anche abbastanza irritante.

< Non si era capito! >

< Renesmee! >

“Nessie, tu sei meravigliosa e tuo marito è così …”

“… alto!” li scoppiai a ridere. Phil aveva un gran senso dell’umorismo e in quell’atmosfera decisamente strana ci voleva una bella battuta.

“Volevo dire carino, ma anche alto è un aggettivo che gli si addice! Mi dispiace così tanto dover partire senza poter stare un po’ con voi! Nessie mi devi promettere che mi vieni a trovare qualche volta e magari ti porti dietro anche tua madre!” infatti,come prevedevo,con quella battuta Renèe si era ripresa e adesso riusciva a pronunciare una frase per intero senza piangere “Abbraccio” aprì le braccia e sia io che mia madre la stringemmo fortemente. Anche se un po’ troppo sensibile la nonna era pur sempre una persona speciale, svampita, ma speciale. Non la conoscevo a fondo ma per quel che mi riguardava la sentivo vicina quasi al pari di Esme. Erano così diverse, sembrava che certe volte si completassero.

“Andiamo ora che perdiamo l’aereo! Ci vediamo ragazze!”

“Anche noi dovremmo prendere un aereo!” Jacob mi si era avvicinato silenzioso, cosa che lo faceva assomigliare di più a mio padre: dovevo levargli il vizio di fare il vampiro. Comunque il suo intervento mi stava riportando alla realtà: la sera stessa della cerimonia avremmo dovuto prendere l’aereo per Parigi, il nostro viaggio di nozze. I nonni ci avevano proposto l’isola di Esme, ma io mi ero rifiutata dicendo che sarebbe stato come fare l’amore nel letto dei propri genitori. A quella mia frase, mio padre cominciò a strozzarsi, non so con che cosa, e a tossire, per poi cadere in uno stato di trance per quasi un giorno. Solo allora capì cosa intendesse mia madre quando diceva che gli sarebbe preso ugualmente l’infarto.

 

Avevo dormito per quasi tutto il viaggio, mentre il mio povero Jacob non era riuscito a chiudere occhio. Anche se i sedili della prima classe sono quasi più confortevoli di un letto di piume, il mio lupo non aveva abbastanza spazio per stare comodo. Arrivammo all’albergo la mattina, che si trovava proprio sull'Avenue des Champs-Élysées, e ci siamo subito diretti alla suite vista Parigi, in cui Jake trovò uno dei più lussuosi letti dove recuperare la notte in bianco. Io infatti avevo avuto modo di disfare le valigie (preparate da zia Alice che non aveva messo neanche una t-shirt per il mio povero lupo, solo camice con cui si sarebbe morto di caldo), andare a comprare la lunga lista di cose che le zie volevano dal mio viaggio e tornare senza che lui si svegliasse. Solo verso il tardo pomeriggio si destò dal suo riposo e riuscì a trascinarlo in una breve passeggiata. Sapeva che sarebbe stata dura starmi dietro. Avevo scelto Parigi perché è la mia città preferita: volevo visitare tutto e in due settimane sarebbe stato praticamente impossibile se non avessi calcolato ed organizzato ogni minimo particolare. E alla fine giunse la sera. Rimiravo alla finestra lo scenario di una Parigi illuminata di notte. Si poteva assaporare il gusto dell’impressionismo, dei caffè, della vie en rose. Aveva quel tocco assolutamente magico e romantico che non si poteva chiedere di più, per una coppia di sposini innamorati. Eppure dentro di me sentivo una forte agitazione. Aspettavo quel momento da quando avevo chiesto a Jake di sposarmi, ed adesso giunta al dunque mi sentivo assolutamente impreparata.

< E se sbaglio qualcosa? E se poi risulto ridicola? E se dovessi essere incapace? E se … > gli ‘E se’ si stavano letteralmente sprecando nella mia testa che aveva deciso di non smettere di martoriarmi. Fino a quel momento mi sentivo pronta, sicura e adesso sapendo che sarebbe accaduto mi ritrovai persa in un oceano di dubbi e di paure.

“Un penny per i tuoi pensieri?” ed ecco che arriva la causa dei miei tormenti.

“Non avevi imparato a leggere nella mente?” la mia battuta gli fece increspare un leggero sorriso su quello splendido volto dagli zigomi marcati e dagli stupendi lineamenti.

“Devo ancora imparare a controllare il mio potere! Allora cos’hai?” cinse delicatamente i miei fianchi per portarmi a se. Io quasi istintivamente mi irrigidì e lui lasciò immediatamente la presa.

“Non lo so Jacob!”

“Guarda che se ti sei pentita, è un po’ tardi!” non riuscì a decifrare il suo tono. Sembrava essere iniziato come una battuta ma poi aveva preso l’ inclinazione di un timore.

“Non mi sono pentita!”

“Ti sei offesa perché ho dormito quasi tutto il giorno?” mi vergognavo enormemente per quello che stavo pensando, sapevo di arrossire ed infatti mi voltai per non darlo a vedere “Non mi dire: tu hai paura!”

< Ecco, ora ho la prova inconfutabile che sa leggere nel pensiero! > mi voltai di scatto con gli occhi sbarrati.

“C-Come hai fatto a … ”

“Ti conosco abbastanza bene per capire se c’è una cosa che ti mette a disagio! Però non mi era sembrato fino ad ora che avessi paura di fare l’amore con me!” mi aveva messo di fronte alla realtà nuda e cruda. Avevo una tremenda fifa di deludere una qualsiasi aspettativa si era posto. “Ma non devi, se non ti senti pronta … ”disse venendomi incontro per prendere le mie mani “ … aspetteremo! Non c’è nessuna fretta. Ti confesso che anch’io ho un po' paura!”

“Perché?” mi sembrava strano che un lupo capace di uccidere svariati vampiri contemporaneamente avesse paura di sua moglie.

“Tu sei incredibile Nessie, sei superlativa in ogni cosa che fai, e non è la prima volta che mi sento in soggezione nei tuoi confronti!” che stupida che ero stata! I timori che avevo non potevano essere esclusivamente i miei, ed è stata veramente una reazione sciocca quella che avevo avuto. Era un’esperienza nuova per entrambi, potevamo solo crescere insieme in quell’occasione. Non mi avrebbe mai considerata impacciata o ridicola. Qualsiasi cosa avessi fatto lui mi avrebbe sempre amata e rispettata. Che altri limiti rimanevano? Non c’erano padri e patti da rispettare, non c’erano dubbi a cui rispondere. Ormai eravamo solo due entità che altro non aspettavano di unirsi. Mi avvicinai alle sue labbra sussultante per l’emozione, cominciando delicatamente a sfiorarle. Rimase quasi immobile come se non si aspettasse che io lo baciassi. Iniziai a percorrere il suo braccio che s’apprestava a fasciare la mia vita. Arrivai al suo collo e da lì partì un forte brivido che percorse il suo intero corpo. Appoggiai la mano sul suo viso e lasciai che l’immagine di noi due prendesse vita nella sua mente.

“Sei sicura?” disse scostandosi appena. Non riuscivo a rispondere se non portandolo al letto. Salì dal lato opposto a cui si trovava in piedi, per andargli poi incontro ed iniziare nuovamente quel bacio che aveva interrotto con la sua premura. Riuscivo a percepire il calore intenso della sua pelle aumentare notevolmente, quasi ad ustionarmi. Sbottonai la sua camicia lentamente, non discostandoci mai dal nostro bacio. Via via che percorrevo i bottoni il suo cuore aumentava la sua corsa e con esso anche il mio aveva deciso di sfondarmi il petto.  La lasciai scivolare dalla sua schiena, e come una piuma si adagiò a terra. Spogliarlo per la prima volta e per mia mano fu il gioco più eccitante mai intrapreso, cosa che sembrava condividere anche lui dai gemiti che emise. Disegnai con le mie dita i muscoli scolpiti sul suo torace. Mi guardava spaesato incredulo, ma incredibilmente desideroso. Dischiusi le mie labbra sulle sue abbandonandomi al suo delizioso sapore, mentre prese i miei fianchi stringendomi a sé, con forza ma attento a non farmi del male. Cominciai a ripetere lo stesso gioco con le dita sulla sua schiena, carezzando la sua epidermide bollente, tesa sotto la pressione dei suoi muscoli inturgiditi dal solletico. Molto più disinibita cominciai a scendere dalle sue labbra  fino al suo collo, per poi spostarmi al suo orecchio. Mugugnò ancora per quel dolce e tremendo supplizio a cui lo stavo sottoponendo. Mi allontanai per permettermi di osservarlo e nei suoi occhi lessi quelle stesse parole che mi apprestavo a pronunciare:

“Ti amo!” in quella distanza quasi azzerata, un bisbiglio sembrava detto a voce alta. I nostri occhi rimasero per alcuni secondi incatenati gli uni agl’altri come se le nostre anime raggiungessero la consapevolezza di essere finalmente insieme per sempre.

“Dio solo sa quanto ti amo io!” lasciò morire le sue parole nella passione del bacio che ci travolse, gettandomi sul materasso. Sentivo la sua mano bollente infiltrarsi sotto la mia maglietta, cercando avida la mia pelle ed io non riuscì a fare altro che sfilarmela assieme ai miei jeans diventati più pesanti di un macigno. Rimase immobile a fissarmi per qualche secondo, ora che ero coperta solo dal pizzo nero, disegnato come ebano nell’alabastro. Inspirò profondamente mentre mi scrutava quasi incredulo. Per un attimo ebbi paura che mi vedesse brutta, troppo magra e ossuta.  Ed invece nel suo sguardo quel lampo che ero ansiosa di rincontrare, lo attraversò ancora ed non mi rimase altro che rimanerne compiaciuta. Le sue labbra roventi iniziarono a percorrere l’incavo del mio ventre salendo lentamente sul mio seno ed infine alla mia bocca. Ora che il confine poteva essere superato, non volevamo altro. Quel passo significava per noi giungere al legame definitivo, il legame fisico che mancava a rendere completo quello spirituale. Il nostro bacio continuò ancora a lungo mentre la sua mano infuocata, seguiva ogni mia rotondità ancor più approfonditamente di come avesse mai fatto, setacciando ogni minimo centimetro della mia figura, rendendo ancora più provocante la piena scoperta dei nostri corpi. Presto ci ritrovammo nudi, avvinghiati l’uno all’altra in quel preambolo che non faceva altro che alimentare la bramosia di noi. Mai avevo provato una sensazione simile: sentire la sua pelle liscia e levigata sulla mia aveva elettrizzato ogni mio recettore nervoso fino ad annebbiare qualsiasi altro senso. Lo volevo nella sua interezza, in ogni sua cellula. Tremai. Tremò anche lui a quel contatto vellutato ma così passionale.

“Nessie, se dovessi … ” posai un dito sulle sue labbra.

“Non rovinare questo momento con le parole … ” riprendemmo a baciarci con ancor più slancio di prima, fino a che non riuscimmo più ad esitare. Cercò le mie mani e le strinse fortemente sopra la testa, mentre tutto il mondo scomparve nella nostra unione. Un lieve bruciore per poi lasciar posto alla pura estasi divina. Tutto  il corpo ora era coinvolto nella vera e propria sublimazione dei sensi: il mio tatto percepiva i suoi ritmi accelerati, il mio udito ascoltava i suoi gemiti, il mio olfatto assaporava il suo profumo diventato ancora più intenso, il mio gusto saggiava il sapore della sua bocca. Solo i miei occhi non riuscivano ad aprirsi per l’intensità con cui stavo vivendo il nostro piacere.

“Oh! Jacob … ” aspirai appena il suo nome e lui lasciò le mie mani per stringere le lenzuola con un tale vigore che si strapparono. Appena ripreso il controllo della sua forza accarezzò la mia pelle, scendendo sulla curva del mio fianco  fino a giungere alla coscia in un sentiero che sembrava tracciato con il fuoco. L’afferrò saldamente ad  accompagnare le movenze dei nostri bacini, proprio quando il ritmo con cui ci muovevamo si faceva più incalzante, innalzando ogni sensazione al raggiungimento della sua vetta. Inarcai la schiena accogliendolo sempre più nel mio calore, lasciando che la voce, seppur sommessa, facesse trapelare ciò che stavo provando. La sua passione iniziò a diventare inarrestabile, si fece più vorace e carica dei nostri istinti che ormai avevano preso il sopravvento. Tutto fino ad allora sembrava essere portato all’ estremo, ma nulla a che vedere con quello che stava per accadere. Lo stomaco cominciò ad aggrovigliarsi lasciando poi scendere nel basso ventre,  un’ esplosione talmente violenta da soffocare le nostre urla in un bacio esasperato. In una mossa istintiva strinsi le mie unghie alla sua schiena quasi a penetrarne la carne, lui contemporaneamente afferrò la spalliera del letto distruggendola per quanto era fuori dal suo controllo. Rimanemmo ad osservarci ansimanti per molto cercando di riprenderci da quella che era stata la più bella esperienza della nostra vita. Avevamo fatto per la prima volta l’amore.

 

POV Jacob

Avevamo fatto per la prima volta l’amore. Ogni istante successivo non sentì più nulla oltre che l’estasi assoluta. E pensare che temevo di non poter più vivere la felicità, ed invece mi sbagliavo. Mi sentivo finalmente appagato, completo. Lei ora era di diritto mia. Rimanemmo molto tempo a guardarci, a coccolarci finché non si addormentò. Era mia. Totalmente mia. Non ero più riuscito a chiudere occhio contemplando l’ essere divino che si stendeva accanto a me. Solo ripensare alla sua pelle di pesca sfiorare il mio corpo mi faceva fremere e quando i ricordi cadevano su ciò che era successo mi sentivo morire. Ora mi dava la schiena. Seguivo la curva della sua spina dorsale andando fino a dove il lenzuolo si confondeva con il suo candore. I suoi lunghi capelli profumati si sparpagliavano disordinati sul cuscino ed io non riuscivo a distogliere ogni mio pensiero da lei, dal suo corpo, dalla sua anima. La volevo nuovamente. Ora che avevo assaggiato il frutto che ci era stato proibito, ne volevo ancora. Forse è proprio questo che prova quando beve il sangue. Una profonda frenesia e voglia di averne di più. E così era successo. Mentre la possedevo, mentre sentivo ogni centimetro del suo corpo muoversi sotto il mio, non potevo far altro che bramarne di più. La desideravo mentre era mia. Il suo respiro si stava facendo più leggero ed il suo cuore stava tornando al suo solito ritmo. Si voltò lentamente lasciando che la luce del giorno illuminasse ancor di più il suo splendido viso.

“Buongiorno!” disse per poi adagiare il suo bel mento sul mio petto.

“Buongiorno, dormito bene?” era incantevole, mentre mi guardava con quei suoi caldi occhi, con quello sguardo accattivante e malizioso di chi ora ha un’arma in più da giocare.

“Meravigliosamente! E tu?” aveva inclinato la testa in un movimento così dolce da farmi sciogliere il cuore. Le cominciai ad accarezzare la guancia, sentire la sua pelle morbida sotto le mie dita, provocò un potente brivido lasciandomi nuovamente catturare dal suo fascino magnetico. Avevo ancora i suoi occhi incatenati ai miei e non potevo far altro che perderci l’anima perché mai come ora mi sentivo così vicino al Paradiso.

“Non ho dormito! Non potevo … ” come avrei potuto dormire con la consapevolezza che d’ora in poi ogni mattina l’avrei trovata al mio fianco?

“E adesso? Come farai a starmi dietro? Dobbiamo andare ai giardini di Verseille!” intrecciai le mie dita fra i suoi setosi capelli, lasciando che il loro profumo rapisse ogni mio senso. Poi lentamente le avvicinai il volto al mio. Potevo percepire i nostri respiri che si confondevano. Le sue palpebre erano appena socchiuse, voleva essere baciata.

“Io riuscirei a starti dietro pure con una gamba sola!” le dissi accennando un tono di sfida. Sapevo quanto era competitiva e mi piaceva giocare con quel lato di lei. Si levò dalla posizione e di nuovo vidi quella travolgente passione attraversarle lo sguardo.

“Ah si! Allora comincia ad alzarti che fra dieci minuti ti farò passare la voglia di fare il gradasso!"

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** CAPITOLO VII: Dolore. ***


Note dell'autrice: Le vere note dell'autrice saranno alla fine. Qui volevo solo ringraziarvi tutte per le belle parole che mi avete dedicato nel precedente capitolo. Questo e il prossimo saranno molto seri e affronteranno una tematica dolorosa ma necessaria per Nessie e per Jacob. Non dco altro perchè voglio che ciò che ho scritto parli per me.

 

CAPITOLO VII: Dolore.

Era già mezz’ora che cercavo di destare un grosso e gigantesco lupo dal mio letto. Dire che Jacob ha il sonno pesante è come dire che una tigre è un micetto. Non che non sia bello guardarlo dormire. Assumeva quell’espressione serena, da bambino felice. Se sognava poi qualcosa di piacevole sorrideva e questo lo rendeva ancora più incantevole.

“Jacob, aiutami!”

< Ma perché mio marito non si sveglia nemmeno con le cannonate?! >

Stava lì tranquillo e beato mentre io affrontavo uno dei mostri più orribili che madre natura avesse creato. Avevo cominciato a scuoterlo più e più volte ma lui, niente rimaneva imperterrito tra le braccia di Morfeo.

“Jake ti prego, svegliati!” solo dopo un assiduo e costante assillo riuscì ad aprire un occhio e a darmi segni vitali.

“Nessie, che è successo?” aveva ancora la testa affondata nel cuscino e mi guardava alzandola a malapena.

“Nel bagno, c’è uno di quei cosi schifosi! Ti prego levalo da lì!”avevo una lacrimuccia che latitava e così l’avevo convinto ad alzarsi. Sbuffò però a rimarcare quanto volesse ancora dormire. Rimase per qualche secondo seduto sul ciglio del letto, cercando di riprendere conoscenza. Poi lo seguì al bagno dove prese quell’orripilante creatura e la fece uscire dalla finestra.

“Possibile che hai vissuto per una vita con otto vampiri, hai sposato un licantropo e hai paura dei ragni?!” effettivamente sono una contraddizione vivente, ma quei cosi proprio non li ho mai sopportati.

“Non ne ho paura, mi fanno ribrezzo! Hanno troppe zampe! E poi bleah!” lasciai che un brivido percorse la mia schiena mentre ripensavo a quello che avevo appena visto. Lui mi baciò la testa e mi guardò accigliato, in effetti perdevo ogni dignità quando vedevo un ragno.

“Tranquilla, che ora se ne andato!”

“Già, sei il mio eroe!” feci una bambinesca vocina stridula, mentre mi ero portata le mani al viso sbattendo velocemente le ciglia.

“Mi stai forse sfottendo?” lo stavo prendendo in giro, come sempre. Nonostante eravamo sposati da quasi tre anni, il matrimonio non ci aveva cambiati per niente. Sempre gli stessi. Non passava giorno senza sfide, prese in giro e con almeno una risata. Eravamo tutto, proprio come avevo sempre voluto. Amici, compagni, fratelli, amanti. La mia vita con lui sembrava fosse dipinta su di un nastro di seta, resistente ma allo stesso tempo delicato. Persino i nostri difetti ci permettevano di essere perfetti come coppia. Solo insieme eravamo veramente completi e ogni giorno sembrava che i nostri sentimenti non facessero altro che aumentare. Chiamatelo imprinting, destino, amore. Nessuna parola poteva descrivere a pieno il nostro rapporto perché era al di là di qualsiasi cosa umana e soprannaturale che potesse esistere.

“Starai tutto il giorno all’officina anche oggi?” subito dopo sposata avevo ripreso a studiare e il college era veramente diverso. Odio ammetterlo ma mio padre aveva ragione. Ovviamente le mie capacità vennero subito adocchiate da alcuni professori, che mi proposero di partecipare a progetti e a ricerche, alimentando così il mio interesse. Avevo scoperto cose nuove e finalmente avevo trovato lo spunto che avevo cercato per poter andare oltre a quello che già sapevo. La mia intelligenza all’università poteva trovare la sua piena espressione, a differenza degl’anni durante il liceo in cui avevo cercato di mascherarla per evitare antipatie. Finalmente avevo incontrato il piacere di studiare. Comunque alcuni giorni ero libera dalle lezioni e cercavo di convincere il mio Jake a restare a casa.  

“Vengono a ritirare una macchina nel pomeriggio, devo ancora mettere a punto alcuni dettagli, quindi si! Perché avevi in mente qualcosa?”

“Volevo solo passare del tempo con mio marito … ”alternai alle mie parole piccoli baci dapprima sulla bocca, poi sul mento giungendo al collo, iniziando un giochino malizioso che lo invogliasse a fermarsi ancora per un po’.

“Sta tentando di sedurmi signora Black?” (ndr  rif: Il Laureato)

“Forse … ” bisbigliai al suo orecchio. Dopo qualche minuto che avevamo iniziato a rendere reali le mie intenzioni, il telefono di casa squillò. Allungò una mano e prese la cornetta, rispondendo svogliatamente, mentre io ancora lo stuzzicavo. Dall’altra parte c’era una Rachel scossa, che s’agitava parlando a raffica tanto che, nonostante il mio udito non riuscivo a discernere le parole.

“Rachel, cosa è successo?Stai calma arriviamo subito!” abbassò la cornetta e si alzò velocemente, nei suoi occhi vedevo la stessa agitazione avvertita nella chiamata della sorella “Nessie, dobbiamo andare all’ospedale, Billy sta male!” dovevo aspettarmelo. Era tutto troppo perfetto e il mio mondo stava nuovamente crollando. Sfruttai tutte le mie capacità per essere il più rapida possibile e presto ci trovammo in macchina in direzione dell’ospedale di Forks.

 

Appena giunti nella sala d’aspetto notammo Paul appoggiato al muro con una Rachel che aveva tutta l’aria di aver fatto un viaggio sotto le rotaie di un treno. Quando si accorse che il fratello era arrivato si buttò al suo collo. Le mie corde vocali sembravano paralizzate, così come le mie emozioni che non facevano altro che vorticare nella mia mente senza riuscire ad esternarsi. Era la seconda volta che mi trovavo in una situazione simile, ma ora avevo il presentimento che non ci sarebbe stato un lieto fine.

“Jake, non mi dicono niente! Io non so cosa fare … ” era confusa, agitata, potevo sentire il suo cuore dal cortile per come batteva velocemente. E Paul si vedeva che soffriva assieme a lei. Lo guardai negl’occhi per un istante. Entrambi avevamo quel grande senso d’impotenza che imperava nel nostro animo l’unico vero sentimento che riuscivo a provare. Impotenza. Odio essere impotente.

“Ma cosa è successo?”

“Sono andata a trovarlo stamattina, l’ho trovato a terra, respirava a fatica io ho chiamato l’ambulanza … Ancora non è arrivato il dottore …” parlava sconclusionatamente, tanto che per capirla mi sono dovuta affidare alle mie capacità. Io invece non riuscivo a trovare parole, vedevo la paura negl’occhi delle persone che amavo e non riuscivo a sapere quale fosse per me la reazione più opportuna. Ero stata completamente spiazzata. Mi sentivo vuota e piena allo stesso tempo, non riuscivo a comprendere bene.

“Siete i parenti del signor Black?” un uomo di statura media, con un camice verde acqua si era avvicinato a noi. Aveva il tono impostato, era serio, sembrava quasi il nonno se non fosse stata per la sua tremenda bruttezza. Per discrezione, con Paul, ascoltammo da lontano la loro conversazione. Praticamente il diabete di Billy era peggiorato e le sue condizioni, erano diventate critiche. Erano solo riusciti a stabilizzarlo, non sapevano quanto però avrebbe resistito, comunque i medici avrebbero fatto tutto il possibile e tutte le frasi dell’occorrenza che facevano male solo ad ascoltarle. Mi voltai verso Paul che ancora invece ascoltava, per me ormai non aveva più senso. Conosco i medici, so come si devono comportare quando devono dire ad un parente che è grave, conosco le loro verità mozzate.

“Il piccolo Billy, è a casa Paul?” avevano chiamato il figlio come il nonno. Mai come allora aveva avuto tanto senso quella scelta.

“L’abbiamo lasciato da Emily e Sam … Nessie cosa pensi che voglia dire il dottore?” ero come un vocabolario per gli altri in questi casi. Avevo un nonno medico, chi meglio di me poteva tradurre certe bugie dette a fin di bene.

“Quello che ha detto, ovvero che dobbiamo solo aspettare e vedere come evolve la situazione!” cercai di mantenere il tono più calmo possibile, non volevo rischiare di spaventare nessuno. Intanto Jake e Rachel erano entrati da Billy.

“Rebecca l’avete avvertita?”

“Prenderà un aereo nel pomeriggio, entro domani sarà qui. Nessie ho paura per come reagirà Rachel … ” si era aperto con me, forse perché ero l’unica che potevo capire la sua posizione.

“Ed io ho paura per Jake!” eravamo nella stessa identica situazione. Mai quanto allora mi sono sentita simile ad un licantropo.

 

 Erano già quattro giorni che ci trovavamo in ospedale. Alternavamo i turni, con qualche visita di amici. Jacob, Rachel e Rebecca assomigliavano sempre di più a dei fantasmi. Le poche volte che andavamo a casa sentivo mio marito, girarsi continuamente nel letto cercando un sonno che di tranquillo non aveva nulla, lui che quando posava la testa sul cuscino sembrava perdesse i sensi. Tutto era terribilmente doloroso. Veder Billy spegnersi, Jacob disperato. Leggere in mio marito lo sconforto mi faceva sentire come la fiamma di una candela con poco ossigeno. La mia sofferenza era amplificata nella sua.

“Nessie, Billy ha detto che vuole parlarti!” nessuno oltre ai figli era mai entrato, per non rubare loro del tempo prezioso. Era strano che chiedesse di me. Mi guardai attorno spaesata cercando lo sguardo di Jake perso in quel vuoto cosmico in cui si stava lentamente abbandonando. Aveva il cuore in pezzi ed io con lui. Mi alzai silenziosamente quasi camminando in punta di piedi. Percorsi le varie stanze prima di giungere alla 204. Rimasi qualche secondo alla porta prima di trovare il coraggio di entrare. Osservavo Billy steso su quel letto, mi ricordò molto la sensazione che avevo avuto quando Joyce si trovava al suo posto. Mi sentivo assolutamente persa, non solo perché ero molto affezionata a lui, ma perché sapevo cosa significava perdere suo padre per Jake.  Alzò la mano debolmente e mi indicò di entrare.

“Vieni piccola, siediti!” presi posto sul letto di fronte al suo volto stanco, segnato dalle occhiaie. Nonostante stesse male la sua pelle sembrava sempre baciata dal sole.

“Perché volevi vedermi Billy?” cercavo di trattenere le lacrime, mordendomi rabbiosamente il labbro inferiore e tormentandomi le dita, finché una sua mano si posò sulle mie. Allora una piccola lacrima scese lentamente sulla mia guancia andando a bagnare la sua pelle.

“Non dovresti piangere!” aveva accennato ad un sorriso. In quella piega spesso riconoscevo il mio Jacob, quel sole capace di rischiarare le notti più buie ed ora assumeva quella tonalità malinconica che invece distruggeva ogni convinzione. Iniziai a singhiozzare cercando ancora di trattenermi “Devi essere forte,  tu più di tutti, lo devi fare per Jacob!”

“Lo so Billy!” non riuscivo a dire altro. Cosa rimaneva a Jake se non io?

“Da quando sei nata hai donato una nuova vita a mio figlio, di questo io non smetterò mai di ringraziarti, tu saresti piaciuta tantissimo a Sarah … ” a quella frase abbassai gli occhi, avevo il pianto che mi bruciava nella gola, gli occhi gonfi e mi sentivo che sarei scoppiata “ … avrei tanto voluto vedere i vostri figli!”

“Non dire sciocchezze, tu presto starai bene e …”non riuscivo ad andare avanti, aveva toccato un tasto più che doloroso in un frangente che appariva sempre più privo di speranza. Anche se fosse sopravvissuto, ero quasi certa che non avrebbe visto i nostri figli.

“Piccola, ho capito che non mi è rimasto più molto tempo! Per questo volevo parlarti, devi stare vicino a Jacob, dietro quella maschera da duro è fragile e potrebbe non superare la mia morte! Devi promettermi che gli sarai accanto anche quando lui non lo permetterà!” continuavo a piangere a singhiozzare come una bambina “Promettimelo Nessie!” segnai al mio petto una croce e lui sorrise. Poi un leggero rantolo e le macchine a cui era attaccato emisero un assordante e continuo rumore. Alzai lo sguardo sbigottita. Aveva gli occhi chiusi. Chiamai con tutta la voce che avevo in corpo i medici e le infermiere  che si catapultarono nella stanza cacciandomi fuori. Camminai stentata verso gli altri. Appena Rachel incontrò il mio sguardo livido di pianto, cadde a terra sulle ginocchia e cominciò a piangere. E poi lui. Lui che riusciva a leggermi anche da lontano, anche se non avessi voluto, lui che non poteva far altro che scoprire attraverso i miei occhi che il padre era morto. Morto. Non viveva più, non poteva respirare, non poteva sorridere. Restammo minuti interminabili a guardarci prima che la consapevolezza di quello che era accaduto diventò certezza. Lo vidi tremare, per poi voltarsi e correre verso fuori. Cercai di rincorrerlo ma Paul mi fermò negando con un gesto della testa. Aveva bisogno di stare solo. Mi abbandonai sulla sedia tenendo la testa fra le mie mani. Ormai non aveva più senso trattenersi, di fronte a quella tremenda ingiustizia che era la vita. Al mondo era stato strappato una persona splendida, che amava i suoi figli, che amava me nonostante fossi per metà una sua nemica. Perché permettere la morte a persone del genere quando esistono al mondo assassini, stupratori, ladri e quant’altro di marcio. Cominciai a capire mio padre quando si nutriva solo di quello schifo debellando la crudeltà. Si era fatto giustiziere in questo orrore. Orrore, perché se c’è un Dio non dovrebbe permettere la sopravvivenza a chi non lo merita per poi portare via Billy. Dannata ingiustizia. Dannata Vita. Dannata Morte. Dannata me che sono eterna e vedrò la sua fredda ed ossuta mano posarsi sulle persone che non condividono con me questa maledizione. Dannato tutto. Dannato niente. Cosa rimane quando tutto finisce se non un mucchio di polvere che viene spazzata via dagli eventi. Io no perchè sono persistente. Dovrò soffrire per sempre, per me non è prevista la pace eterna. No. Non dovevo. Non dovevo abbandonarmi allo sconforto. Jacob aveva bisogno di me e dovevo essere forte. Per Billy. Per Jacob. Per me.

 

Note extra dell'autrice: Capitolo molto triste, perchè se c'era una cosa che mancava era la tristezza. Ho analizzato di tutto nel mio viaggio con voi ed era giusto arrivare alla vera sofferenza. Vi starete chiedendo perchè. Perchè è la vita. Solo questo posso dirvi era giusto analizzare anche questo. Molto di quello che avete trovato scritto in questo capitolo fa parte di me. A partire dall'aracnofobia, alla visione dell'università, alla reazione di fronte alla morte. Quello che c'è qi fa parte di me e siccome questa storia sta diventando l'esternazione di me stessa era giusto che affrontassi anche questo.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** CAPITOLO VIII: Starti accanto! ***


CAPITOLO VIII: Starti accanto!

Al funerale partecipò anche la mia famiglia, che per l’occasione ebbe l’autorizzazione di entrare nella riserva. Nessuno di loro poteva piangere, ma sapevo che tutti avrebbero voluto farlo, non solo per il caro Billy ma anche per Jacob che sembrava il più scosso. Passarono due giorni prima che rimise piede in casa e da allora non mi aveva mai rivolto nemmeno uno sguardo. Era come se mi ritenesse colpevole di qualcosa. Io di mio canto, mi sentivo di avergli strappato quell’ultimo istante che avrebbero potuto passare insieme. Stavo appesa al suo braccio, ma lui era fermo, immobile guardando la bara che calava. Sentivo lo sguardo di mio padre che cercava di scrutare in me qualche pensiero, qualche minimo accenno della mia anima che sembrava morta. Non avrebbe trovato nulla, perché in me c’era il nulla. Nero. Solo ed esclusivamente nero. Non grigio o rosso. Nero. Tutte le persone che ci sfilarono davanti facendo condoglianze non avevano senso. Frasi di circostanza. Io avevo un compito e già non riuscivo ad eseguire. Jacob aveva costruito un  fossato tra di noi e non riuscivo a scavalcarlo ed arrancavo cercando di farlo.  Ben presto ci trovammo al ricevimento a casa di Rachel. Tutto assolutamente sobrio. Tutto assolutamente vano e fittizio. Non volevo stare con gli altri, odiavo anche solo le loro voci. Appena ebbi l’occasione sgusciai fuori casa e cominciai a dondolarmi sull’altalena del piccolo Billy, nel cortile della casa da dove potevo continuare ad osservare il formicolare delle persone al suo interno. Potevo scorgere Jacob che se ne stava con la testa tra le mani seduto su quel divano come se stesse sprofondando sempre più giù, ed io non ero capace di salvarlo. Tendevo la mia mano ma lui non l’afferrava, non voleva il mio aiuto.

“Come stai?” zia Rose mi aveva seguita. Lei poteva essere l’unica a preoccuparsi per me quando tutti avevano sguardi solo per i tre fratelli. È orribile ma la cosa mi diede un minimo di sollievo evanescente.

“Non posso vederlo così!” avevo smesso di piangere da un po’ ormai non avevo più lacrime. Avrei voluto continuare ma non ne trovavo più. Erano finite insieme al mio cuore, al mio Jacob.

“Sarà dura, il dolore non passerà mai, ma prima o poi imparerà a conviverci! Tu devi stargli solo accanto!” si era seduta accanto a me, ma io continuavo a fissare l’interno della casa sperando di vedere uno spiraglio di luce. Non riuscivo a sentire altro che un immenso e sconfinato dolore.

“Gli ho rubato il suo ultimo istante!” cominciai a mordere il mio labbro inferiore talmente forte che una goccia di sangue bagnò la mano di mia zia. Al suo contatto i suoi occhi si macchiarono di nero, ma lei continuò a coccolarmi come se non fosse successo nulla. Quanto amore poteva esserci in quel gesto eppure io non riuscivo a vederlo.

“Piccola, Jacob ti ama, qualsiasi cosa sia successa non ce l’ha con te! Sta solo soffrendo tantissimo, pensa che Jasper è dovuto tornare a casa perché non riusciva a stargli accanto! Ma tu non hai nessuna colpa in questo … ”

“Zia da quel giorno non parla, non mi guarda e non dorme nemmeno nel nostro letto! Mi sta estromettendo dal suo dolore ed io invece vorrei aiutarlo, non me lo permette … Billy sto fallendo miseramente, perdonami …” a quel punto una piccola riserva di lacrime che aveva fatto in tempo a formarsi uscì, inumidendo ulteriormente il mio viso. Mi portò al suo petto e cominciò a cullarmi, rimanemmo a lungo in quella posizione lasciando che l’unica musica che si potesse udire fossero i miei singhiozzi.

POV Jacob

La guardavo addormentata nel nostro letto, non si era neanche spogliata. Stava ancora con l’abito nero del funerale, sopra le lenzuola e mi dava le spalle. Non ce l’avevo con lei, ma il mio dolore era talmente forte che temevo potesse trascinarla con sé. Avrei voluto solo affondare nei suoi capelli cercare in lei la forza di andare avanti ed invece c’era quel qualcosa che mi bloccava, che mi mozzava la parola ogni qual volta incontravo il suo sguardo. Aveva qualcosa tra le mani. Una foto. Una foto insieme. Lei non poteva capirmi. I suoi genitori resteranno vivi per sempre, i suoi nonni, i suoi zii. Noi stessi siamo eterni. Si dice che quando si muore uno  si incontra nuovamente con i suoi cari, si ricongiunge con i suoi antenati. Io avevo scelto lei e non avrei mai potuto farlo. Se volevo stare con lei non potevo invecchiare, non potevo morire. Non avrei più rivisto i miei genitori. Non ero nemmeno riuscito a dirgli addio. Cosa avrei pagato per essere stato l’ultimo ad averlo visto. Forse la stavo colpevolizzando nel mio subconscio. La rendevo responsabile per avermi rubato il mio addio. Mi sono sentito orribile, meschino. Lei la mia unica ragione di vita, diventata motivo di odio. Stavo accusando la donna che amavo di avermi depredato dell’ultimo attimo con mio padre. Non potevo farle questo, lei non è il destino, lei non è Dio, lei non poteva sapere. Non volevo neanche pensarle certe cose, eppure lo stavo facendo. Dove mi avrebbe spinto quest’infinita sofferenza? Avrebbe mai smesso di farmi veramente male la sua mancanza? Mi stava facendo diventare un essere terrificante che stava per uccidere anche la sua gioia? Adesso avevo solo bisogno di correre nella foresta di dimenticare. Volevo solo smettere di soffrire.

 

POV Nessie

Mi ero addormentata mentre guardavo la nostra foto. Una delle poche giornate in cui la Push sembrava una vera spiaggia, con il sole e la bassa marea. Stavo sulle sue spalle e sorridevamo. Il mio sole splendeva sulla nostra vita che allora non sapevamo si sarebbe congiunta da sposati. Mi alzai ancora frastornata, la sua scia era molto forte doveva essere stato a lungo ad osservarmi, perché non mi aveva svegliata? Ora come non mai volevo anche solo un suo abbraccio, solo un suo abbraccio.

 

Un altro giorno senza lui. I ragazzi del branco mi avevano detto solo che aveva bisogno di rimanere per un po’ in forma di lupo, ma ogni volta che provavo a guardarli negl’occhi si sentivano in soggezione come se non volessero rivelarmi qualcosa. Me ne stavo ogni singolo istante davanti alla porta ad aspettare il suo ritorno. Non piangevo. Ero completamente apatica. Non volevo mangiare, non volevo sangue almeno mentalmente. Stavo letteralmente morendo con lui. Più era lontano più la sua mancanza acuiva quello che già era disperazione. Al settimo giorno decisi che dovevo parlare con qualcuno della mia famiglia o sarei andata in pezzi. Avrei preferito Carlisle, avevo bisogno della sua saggezza della sua guida forte e sicura. Lui che aveva affrontato la morte ogni giorno.  Corsi per quella distanza minima che intercorreva tra il cottage e casa Cullen. Sembrava più quieta del solito. Entrai e la stessa aria silenziosa del vialetto regnava nelle stanze. Non avevo il coraggio di chiamare qualcuno perché nella mia voce si sarebbe udita la mia confidenza. Giravo taciturna tra tutte le stanze, fino a giungere al patio dove spesso avevo passato i pomeriggi a combattere. Era di spalle. Un ragazzo alto, dai capelli neri fino alle spalle osservava la foresta senza proferire parola:

“Gabriel … ” era tornato. Lui si voltò e mi sorrise. Non era il ragazzo arrabbiato e spaventato dalla mia presenza. Era tornato il mio amico. Non riuscì a trattenermi e mi gettai al suo collo.

“Nessie ho saputo cosa è successo, condoglianze!” strinsi ancor di più l’abbraccio. Mi serviva un amico, lui era il più obbiettivo e poteva aiutarmi.

“Quanto resterai? Hai risolto in Australia?”

“Fino a che i tuoi non mi cacceranno! Sono venuto via perché il mio aiuto non era più necessario, a quanto pare la copertura del Clan rimarrà intatta e se ci saranno problemi ci contatteranno nuovamente!” mi sciolsi da quell’abbraccio cercando nei suoi occhi un po’ di quella benevolenza che non avevo avuto da mio marito. Lui cominciò ad accarezzarmi dolcemente la guancia con il dorso della mano continuando ad osservarmi negli occhi “ Dopo che ho saputo cosa era successo a te e a Jacob, non c’era più nessuna ragione che io restassi. Nel mio viaggio ho capito molte cose, come quanto io ti voglia bene, sapevo che avresti avuto bisogno di una spalla su cui piangere! ” posò le sue labbra sulla mia fronte “Mi potrai mai perdonare per essere stato così sciocco da rovinare la nostra amicizia?”

“Non c’è nulla da perdonare! Capita a tutti di sentirsi storditi da una situazione … ”

“Nessie i tuoi occhi … da quanto non ti nutri?”

“Da un po’ ma non è un problema …”

“Invece si … ”

 “Gab io ho bisogno di parlare con qualcuno, temo di scoppiare da un momento all’altro!” avevo il cuore colmo, se non avessi lasciato scorrere il fiume di parole che lo stava continuando a riempire sarebbe straboccato.

“Vieni camminiamo … ” mi prese la mano e mi portò nella foresta. Gli spiegai tutta la situazione, della morte di Billy, del silenzio sofferente di Jake, della sua voglia di rimanere lupo. E mentre stavamo camminando il mio lato da predatore si fece sentire. Mi avventai sulle mie vittime come se fosse la lotta per la mia stessa  sopravvivenza. Mentre affondavo i miei denti cominciai ad urlare disperata finché fu Gabriel a staccarmi da quella presa ed io mi abbandonai fra le sue braccia piangendo tutto quello che in una settimana non avevo tirato fuori.

“Ho paura di averlo perso per sempre, Gabriel! Non posso vivere senza di lui, non posso! Non so nemmeno dov’è, i ragazzi del branco non me lo vogliono dire!” dissi fra i singhiozzi che ormai sussultavano nel mio petto.

“Tu obbligali, ha avuto abbastanza tempo per fare il lupo che soffre in silenzio è ora che si comporti da umano … Sei l’unica che lo può salvare! Lotta Nessie, lotta per voi!” alzai lo sguardo. Lo vidi. Billy era questo che voleva da me, voleva che lo salvassi ed io non dovevo abbandonarlo. Mi ero troppo crogiolata nel mio dolore dovevo risollevarmi per lui. Gabriel prese nuovamente la mia mano e mi trascinò per quasi tutta la foresta fino a portarmi a casa di Charlie ad una velocità disumana.

“Cosa vuoi che faccia?”

“Entra obbliga Seth e Leah a dirti dov’è tuo marito! Devi parlargli, devi fargli sapere che non è solo e che tu ci sei e ci sarai sempre! Non possono negartelo è un tuo diritto!” presi coraggio nelle sue parole. Era un mio diritto tentare di salvarci. Mi voltai verso la porta e cominciai a bussare con tutta la forza che avevo in corpo. Charlie mi venne ad aprire. Si vedeva che stava ancora soffrendo la morte di Billy, come tutti del resto.

“Nessie così sfondi la porta! Cosa è successo?”

“Dov’è Seth?” dissi io crudelmente. Sapevo che se avessi voluto ottenere qualcosa, avrei dovuto essere al loro pari. Non dovevo farmi vedere fragile. Dovevo essere forte, proprio come aveva detto Billy. Charlie era rimasto basito, interdetto dal tono che avevo assunto.

“È in cucina con Leah, piccola dovresti calmarti!” non mi curai della sua raccomandazione e mi diressi velocemente verso i due licantropi che stavano svogliatamente mangiando. Presi per il collo della maglietta Seth, che se solo avesse voluto mi avrebbe uccisa, e lo scaraventai al muro. Leah si alzò in piedi lasciando cadere la sedia all’indietro ma anche lei non reagì.

“Mi dovete dire dov’è! E non cercate scuse! Dove si trova Jacob?” avevo la voce tremula dovuto alla rabbia che ora stava circolando nelle mie vene. Era stato un mio diritto fin dal principio. Quello era mio marito. Seth si guardò intorno spaesato, cercando nella sorella le risposte che mi poteva dare.“Allora?” lo afferrai nuovamente per il collo della maglietta gli feci sbattere la testa contro la parete con talmente tanta forza che sul muro si creò una profonda crepa.

“Si trova vicino al confine ma ancora non vuole tornare!” rispose Leah.

“Io devo parlargli! È un mio diritto!” calmai leggermente il mio tono ma ancora fremevo “Portatemi da lui!”

“Leah Renesmee ha ragione, Jacob non potrà scappare per sempre dalla realtà! Billy, non c’è più e fa male a tutti, ma bisogna andare avanti e l’unica che può farglielo capire è lei! Portatela da lui!” Charlie intervenne in mio favore ma Leah non aveva nessuna intenzione di cedere. Gabriel aveva assistito in silenzio a tutto ed era rimasto in disparte. Solo quando alle mie suppliche accorate non vi era risposta, era entrato e si era spostato vicino alla lupa cogliendola di sorpresa. L’afferrò per il polso ed usò il suo potere, quando lo fa gli occhi gli si schiariscono diventando cerulei.

“Seth” imperò Leah ancora sotto la stretta di Gabriel “Andiamo!”

 

Stavo sulla groppa del lupo color della sabbia, sfrecciando ad una velocità che mai avevo provato in vita mia. Per quanto io sia veloce, non lo sono quanto loro. Schivavamo gli alberi, le rocce, i tronchi. Era  una sensazione bellissima. Leah ci correva davanti aprendoci la strada. In poche ore raggiungemmo il confine. Man mano che ci avvicinavamo, sentivo il profumo di mio marito giungere alle mie narici. Dio quanto mi era mancato! Continuammo ancora per alcuni minuti finché all’orizzonte vedemmo il manto rossiccio di Jacob saettare tra i cespugli. Ci voleva evitare. Probabilmente aveva sentito i pensieri di Leah e Seth e stava cercando di scappare. Era difficile per i fratelli stare dietro a Jake, e presto si sarebbero dovuti arrendere. Mi tenevo ancorata al pelo di Seth quando ad un tratto si trovò molto vicino a Jacob. Praticamente Leah lo aveva costretto al fianco spingendolo verso di noi. Con le ginocchia mi spinsi in un balzo ritrovandomi di fronte a Jake che per non travolgermi fu costretto ad arrestare la sua corsa. Stava per voltarsi per scappare ma Leah e Seth lo avevano circondato.

“Jake ti prego! Voglio solo parlarti!” il grande lupo si voltò verso di me. Poteva cambiare, poteva assumere tutte le forme che voleva, ma quegl’occhi nessuno li poteva mutare. Erano i pozzi neri di cui mi ero innamorata. Dovevo riprendere il mio Jake. “Io ho capito cosa c’è che non va! L’ho capito da quando quella maledetta sera i nostri sguardi si sono incontrati e tu sei scappato. Ti ho preso il tuo momento, ho rubato il tuo addio e questo non me lo perdonerò mai! Ma sai perché tuo padre voleva parlarmi: mi ha chiesto di essere forte per te, mi ha chiesto di starti accanto anche se non me lo avessi permesso, gliel’ho promesso e non ho nessuna intenzione di arrendermi!” non riuscivo più a parlare tanto il dolore che mi aveva preso il petto. Caddi a terra sulle mie ginocchia con le mani immerse nel manto del sottobosco. Le mie lacrime bagnavano a terra lasciando che tutta la mia sofferenza fosse esternata. Sentì un tartufo umido sul mio viso, costringendomi ad alzare lo sguardo. Mi aggrappai al pelo del suo collo. Solo quando mi calmai mi fece salire sul suo dorso, era da tanto che non succedeva. Mi adagiai su di lui che cominciò a correre velocemente. Assaporai ogni sfumatura del suo profumo, mi strinsi fortemente al suo pelo fulvo e morbido. Il mio Jake stava tornando.

Scivolai lentamente dalla sua groppa. Lui si alzò ed io mi portai al suo muso, cominciando ad accarezzarlo per poi abbracciarlo nuovamente. Lo sentì mutare sotto di me, durò pochissimo ma fu una sensazione strabiliante. Le sue braccia dopo poco mi avvolsero completamente mentre calde lacrime cominciarono a bagnarmi la spalla dove aveva affondato il suo viso. Mi scostai e cominciai ad asciugare le sue guance. Senza volerlo accarezzandogli il viso i miei ricordi presero forma nella sua mente, lasciando trapelare la conversazione con Billy. Per la troppa emozione non ero riuscita a controllare il mio potere e forse gli stavo dando il suo addio. Se lo avessi fatto immediatamente non avremmo vissuto tutto questo, non saremmo stati così male entrambi. Perché come con lo zio Jasper non avevo avuto quell’intuizione?

“Non meritavi tutto questo!” posai un dito sulle sue labbra e cominciai a sfiorarle con le mie.

“Tu non meritavi tutto questo, è stato tremendamente ingiusto! Non passerà, non te ne farai una ragione, tutto rimarrà qui sempre e costantemente! Ma dobbiamo affrontarlo insieme …  fatti aiutare Jacob! Permettimi di starti accanto!” con ancora le lacrime addosso riprese a baciarmi, non mi sembrava vero di poter sentire il suo sapore, incastrai le mie dita sui suoi capelli corvini e lasciai che la forza della disperazione lo incatenasse a  me. Dopo breve mi prese tra le sue braccia ed entrammo in casa. Strappò velocemente i miei vestiti e cominciammo a fare selvaggiamente l’amore, con rabbia, quasi con violenza sfogando tutta la frustrazione che avevamo accumulato nei nostri momenti di crisi. Volevamo cancellare tutto il dolore con l’unica cosa che davvero contava: il nostro amore.

 

Note dell'autrice: Spero che il capitolo sia stato assolutamente esautivo. Spero che non ci sian altre parole da aggiungere. Comunque potete chiedermi tutto quello che volete e se posso vi risponderò. 

Sinead: Sinceramente l'avevo pensato ma Billy non avrebbe mai voluto diventare un vampiro. Sarebbe come costringere un obiettore di coscenza a diventare un marines. Sarebbe andato contro ogni suo principio contro ogni sua convinzione. E pensandoci bene conoscendo Carlisle non avrebbe mai chiesto a Billy di diventare un vampiro, non perchè non lo volesse salvare ma per il suo profondo rispetto nei confronti degl'altri. Per questo ho deciso di dargli un morte naturale.

Never Leave Me: mi dispiace se con la mia narrazione ti ho fatto ricordare il tuo dolore. Ma in un racconto può capitare di imbattersi nelle riflessioni di un autore su un aspetto così tremendamente tragico come la morte. Spero che comunque apprezzi il mio modo di pensare e di racontare il mio dolore perchè ho solo romanzato ciò che ho vissuto nella realtà.

Noe_princi89: io sono stata male due giorn scrivendo tutto questo. te lo giuro ho pianto nel mio letto perchè esternare a parole ciò che avevo nel cuore mi ha fatto liberare da u pesoche mi portavo da tanto. E sai cme ho detto alla fine di qeso capitolo è vero che spesso è solo l'amore che riesce a mascherare il dolore.

Star Light 90: una sola parola GRAZIE!

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** CAPITOLO IX: Sono grave? ***


CAPITOLO IX: Sono grave?

Odiavo mentire a mio marito. Avevo detto a Jake che sarei andata all’università e poi sarei tornata a casa. Non avevo altra scelta, avevo un appuntamento troppo importante. Stavamo ancora cercando di sistemare i pezzi, non potevo angustiarlo con qualche semplice congettura.  L’odore del disinfettante misto alla formaldeide mi dava fastidio al naso, provocandomi una leggera nausea. Non ero più entrata in un ospedale da quando circa un mese prima, Billy ci aveva lasciato. Chiesi a più infermiere dove fosse lo studio del dottor Cullen, prima di riuscire a trovarlo in quel dedalo di corridoi tutti uguali. Di solito se mi doveva visitare lo faceva in casa, ma questa volta ero stata categorica non bisognava dire nulla a nessuno, arrivai anche ad appellarmi al segreto professionale. Era da poco più di un anno, che avevo delle piccole emorragie ogni due tre mesi, niente di preoccupante visto che passavano dopo un giorno. Decisi, per non destare preoccupazioni probabilmente inutili, di mantenere il segreto rafforzando questa mia convinzione dopo la morte di mio suocero. Però ne parlai con il nonno per capire cosa stesse succedendo. Eravamo arrivati alla stessa conclusione, che però venne subito cancellata per diversi motivi. Mi prese del sangue per analizzarlo, solo lui riesce a farmi i prelievi. Bussai all’elegante porta di legno, su cui era fissata la targhetta dorata ‘Dr. C. Cullen’. Veramente professionale. La sua armoniosa voce mi invitò ad entrare, sospirai profondamente come se stessi facendo un esame troppo importante, in fondo era così.

“Nonno, sono io! Disturbo?” Si alzò immediatamente dalla sua seduta venendomi incontro, ma non mi sorrise cosa strana e che mi inquietava al quanto. Cosa voleva dire quell’espressione?

“Nessie, benarrivata! Ti sei persa?” ci salutammo con un abbraccio mentre negavo con un cenno della testa  “Vieni accomodati, sono arrivati i risultati delle tue analisi!” si accomodò nuovamente dietro la sua scrivania. Mi guardai intorno alimentando quella strana sensazione di ansia che avevo avuto entrando nell’ospedale di Seattle. L’ambiente era completamente differente da quello che aveva in casa Cullen. Spoglio, bianco, asettico. Niente a che vedere con quello a cui ero abituata. Un elegante studio pieno di libri e di quadri. Nel suo studio a casa, c’era tutta nonna Esme. C’era il suo cuore. Ero così a disagio che non riuscì a levarmi nemmeno il giacchetto e la borsa che avevo per  mascherare la mia bugia a Jacob.

“Nonno, sei riuscito a capire cosa ho?” chiesi mentre mi sedevo dall’altra parte della scrivania con un tono leggermente angosciato. Sapevo che da bravo medico non avrebbe mai fatto trapelare qualcosa che rivelasse ansia e agitazione, anche se quello che mi avrebbe dovuto dire fosse una stata una sentenza di morte.

“Quando hai avuto la tua ultima perdita di sangue?” aveva preso una cartellina giallo paglierino e l’aveva aperta controllando qualche voce. Il suo atteggiamento non fece altro che preoccuparmi. Il nonno non si era mai dimostrato così freddo e distaccato. Lui era sempre molto dolce, luminoso soprattutto quando mi vedeva. Invece ora se ne stava lì, senza nemmeno degnarmi di uno sguardo come se non avesse il coraggio di farlo.

“Ormai sono quasi quattro mesi, ma nonno ho qualcosa di grave?” sapevo che lui poteva ascoltare il mio cuore galoppare ancor di più. Avevo sempre vissuto con la convinzione di non potermi ammalare, ma come dice spesso Carlisle io sono un caso raro e tutto è possibile.

“Ti sei sentita più affaticata del solito ultimamente, hai avuto ecchimosi improvvise ed ingiustificate?” cosa stava cercando di dirmi? Perché mi stava straziando con quest’attesa?

“Nonno, mi stai terrorizzando … hai scoperto cosa mi sta succedendo?” solo quando una lacrima cominciava a rigarmi il viso palesando il mio terrore lui alzò lo sguardo rimanendo con l’espressione impassibile che assumeva nel suo ruolo di medico. Mi sentii persa nello sguardo ermetico e dorato del nonno. “Carlisle, non continuare a tenermi sulle spine!” non lo chiamavo per nome, era mio nonno e come tale mi appellavo sempre al grado di parentela che ci legava. Sapeva il vero significato di tale scelta, il perchè l'agitazione mi stesse logorando più del dovuto. Dovevo sapere, non era semplice impazienza, non era la paura per me. Io temvo solo ed esclusivamente per lui, per Jacob. Come avrebbe superato una mia malattia o addirittura la mia morte? Rimase alcuni secondi in silenzio, poi dalla cartellina estrasse un foglio che mi porse, restai interdetta dal suo modo di agire così cauto come se la notizia che mi doveva dare fosse troppo importante, troppo spaventosa per pronuciarla ad alta voce, mentre io stavo cercando ancora le risposte che volevo attraverso i suoi occhi imperscrutabili.

“Si Renesmee, so cosa ti è successo e cosa ti sta succedendo, ma voglio che lo legga tu stessa!”

 

Aspettai Jacob quasi tutta la sera fuori seduta sugli scalini di casa. Tenevo le mani alla bocca e mi dondolavo nervosamente rendendo partecipe il mio corpo dell’impazienza e della paura che avevo nel rivelargli quello che avevo scoperto. Novembre aveva da poco iniziato lo scorrere dei suoi giorni, non potevo avere freddo sotto al mio golfino a collo alto e con la temperatura del mio corpo più alta di una semplice umana, ma il mio respiro si condensava in piccole nuvolette bianche. Ascoltai i rumori del bosco confondersi con quelli della sua macchina già dalla strada, ne riuscivo a captare le differenze del motore rispetto alle altre da chilometri. Parcheggiò, osservando preoccupato il mio comportamento. Continuai a tenere i miei occhi fissi nel vuoto, mentre un lieve brivido mi aveva colto lasciando che un fremito facesse vibrare le mie spalle. Scese velocemente, venendomi incontro visibilmente impensierito.

“Nessie cosa è successo? Perché sei fuori al freddo?” io continuavo a non fiatare, gli indicai solo di sedersi accanto a me. Lui, sempre più preoccupato dal mio atteggiamento, non distoglieva il suo sguardo dal mio viso impassibile, perso nel tentativo di non rivelargli nulla. Se lo avessi guardato sarei crollata e non potevo permettermelo “Renesmee … Mi stai decisamente spaventando!” aveva la voce spezzata. Non potevo trattenermi ancora a lungo.

“Jacob oggi ti ho mentito! Non sono andata all’università dovevo vedermi con una persona!” cercavo di modulare la mia voce il più possibile mantenendo la stessa inflessione. Percepì il suo tremore in un misto tra paura e rabbia che potevo palpare. Chiusi gli occhi cercando di non ascoltare i suoi segnali.

“Con chi sei stata?”

“Sono stata all’ospedale dal nonno. Ho avuto alcuni problemi di salute ultimamente!” ora la rabbia lo abbandonò completamente. Nel tempo avevo imparato ad interpretare ogni sua minima variazione ed ad associarlo al suo stato d’animo. Non lo stavo guardando, eppure sapevo che nei suoi occhi si poteva leggere un terrore spaesato.

“Perché non me ne hai parlato che stavi male? Sono tuo marito, avresti dovuto dirmelo!” sentivo che stava per piangere, lo avevo realmente scosso.

“Non ne ho parlato con nessuno, non volevo che vi preoccupaste prima di sapere se avevo qualche problema serio. E soprattutto non volevo farti star male!” lasciai il tutto nel silenzio. Ma lui probabilmente si aspettava qualcosa di più dalle mie risposte.

 “Renesmee, Cristo vuoi parlarmi e dirmi cosa hai!” mi limitai a prendere dalla tasca dei miei pantaloni un foglio, lo stesso che mio nonno mi aveva dato quella mattina. Glielo porsi e lui ancora frastornato lo prese. Guardava me, poi il foglio cercando di capire la connessione. In quel pezzo di carta c’era scritta la verità su quello che avevo cercato di nascondere con difficoltà fino ad allora. Lentamente lo aprì. Lo lesse più e più volte.

“Ne sei certa?” disse appena in un sussurro mentre le sue mani sussultanti ancora non avevano abbandonato il foglio. Non riuscivo nemmeno a parlare sentivo solo le lacrime che sgorgavano dai miei occhi senza che potessi in alcun modo fermarle. Accennai appena ad un si con la testa. Ad un tratto un forte e caldissimo abbraccio mi avvolse. Chiusi gli occhi e mi abbandonai ai suoi baci e alle sue tenere carezze.

“Non riesco a crederci, noi avremmo un figlio!” il nostro sole era finalmente tornato a splendere. Avevo nuovamente il suo sorriso.

 

Passammo tutta la notte a coccolarci e a fare l’amore, festeggiando quello per cui avevamo perso la speranza. Finalmente potevo donargli un figlio, un piccolo Jacob o una piccola me avrebbe presto cominciato a muovere i suoi passi nella nostra casa. L’avevo fatto patire nel dargli la notizia, ma anch’io ero alquanto stordita da quello che avevo appreso. Sarei stata una madre. Avevo un’immensa gioia ed allo stesso tempo un terrore pazzesco. Ma non avrei dovuto, perché ora il mio sole era tornato a splendere, un piccolo spiraglio di felicità dopo tanto dolore.

“Tuo nonno che ha detto? Pensa che sarà come la gravidanza di Bella?” giocherellava con il lenzuolo che mi copriva mentre stava adagiato sul mio grembo, era troppo presto per ascoltare qualcosa ma era così dolce che lo lasciai fare. Io intanto carezzavo i suoi capelli corvini, che riuscivo a far intrecciare solo alla punta delle dita.

“Non lo sa, di sicuro non sarà normale visto la nostra natura singolare … Comunque io sono molto più forte della mamma da umana e questo un po’ lo rincuora. Si è raccomandato però di evitare eccessivi sforzi e di chiamarlo per qualsiasi evenienza!” mi guardava negl’occhi ed ogni tanto posava la sua calda mano sul mio ventre. Non so se fosse possibile ma lo amavo ancora di più, ogni secondo che passava. Vederlo sorridere nuovamente e con sincerità mi riempiva il cuore. Era da tempo che non vedevo tanta felicità nel suo viso. Rose aveva ragione. Il dolore per la perdita del padre non era passato, cercavamo di conviverci. Ma ora che il nostro angelo stava per arrivare, la sua ferita aveva iniziato a risanarsi e sembrava aver smesso di sanguinare. Non sarebbe mai guarita del tutto, nessuno lo pretendeva, la morte di una persona cara ti lascia una cicatrice profonda, ma almeno adesso aveva qualcos’altro a cui aggrapparsi.     

“Come lo chiameremo?” disse puntellandosi con il gomito sul materasso. Continuavo ad osservare il suo immenso sguardo scuro, che finalmente era tornato a brillare di quella splendida luce, che non vedevo da tempo.

“Io ho un paio di idee, ma non voglio svelartele!” dissi con un tono birichino come per fargli un dispetto. Sapevo che era curioso.

“Perché? Non vuoi sapere se mi piacciono?”

“È una sorpresa!” ripresi  a giocherellare con i suoi capelli  “A te cosa piacerebbe un maschio o una femmina?” adoravo guardare le sue labbra muoversi mentre parlava, soprattutto se fra le parole mi dedicava qualche sorriso che da un po’ erano diventati più rari.

“Bella domanda! Un maschio mi piacerebbe per mille ragioni tipo insegnargli cose da uomini, ma pensare di vedere un’altra piccola Renesmee … !” il suo sorriso poteva rischiarare la tenebre più oscure per quanto era  raggiante e non potevo che essere in assoluta pace con il mondo. Non solo avevo sposato l’uomo che amavo ma ora il frutto del nostro amore stava crescendo dentro di me. Mi alzai sulle ginocchia avvicinando i nostri visi cercando di provocarlo un po’.

“… e se poi arriva un grande grosso lupo …”accostai le nostre labbra ad una distanza infinitesimale, con solo lo spazio per parlare “… e te la porta via?” lasciai aleggiare quella vena allusiva che aveva caratterizzato la mia battuta.

“Meglio un lupo che un vampiro, o un mezzo vampiro … ”  

“Cos’hai contro i mezzi vampiri?” mi finsi offesa discostandomi leggermente.

“I mezzi vampiri usano troppa suspense!”

“Non ti è andato giù come te l’ho detto?” negò con la testa iniziando a ridere colmando poi  in un bacio travolgente e passionale. La nostra vita insieme stava finalmente per avere uno dei più splendidi epiloghi.

 

Note dell'autrice: Non so che dire su questo capitolo.  Spero vi sia piaciuto e che sia riuscita a mantenere l'effetto sorpresa desiderato. Forse un pochino si poteva intuire ma non  potevo lasciare nulla al caso. Per me è sato bellissimo scriverlo, soprattutto perchè mi sembrava giusto che dopo tanto dolore ai miei bambini (si perchè ormai i personaggi sono diventati praticamente figli miei!) serviva una notizia felice. Mi è molto dispiaciuto che il capitolo precedente non sia stato commentato. Comunque se volete le recensioni si possono lasciare anche in capitoli già postati, o almeno così credo. 

Anticipazione: Nei prossimi due capitoli vedremo le reazioni del branco e dei Cullen alla notizia (torniamo a toni più divertenti e più allegri) e come Nessie affronta la gravidanza. Si perchè come preannunciato non sarà una gravidanza normale. Che altro dire: buona lettura!  

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** CAPITOLO X: Lieta novella! ***


Note dell'autrice: Ragazze bentonate alle note leggere. Si perchè qui ci sarà la lieta novella come da titolo, e poi ci sarà una cosa stradolce a fine capitolo. Ci voleva un po' di zucchero che dite? Fra un paio di capitoli tornerà l'azione e il dramma! Sennò che avventure sarebbero?

Sinead: Preparati perchè vedrai come influirà sul comportamento della nostra bimba tutto pepe. Io ho un'idea ben precisa ma non dico nulla altrimenti leverei tutta la sorpresa.

Fra Zanna: Ti ringrazio per i complimenti. A proposito aspetto il prox capitolo della tua ff!!

Volevo cogliere l'occasione per ringraziare coloro che mi hanno messo tra i PREFERITI e tra i SEGUITI. Sono molto contentahe la mia storia piaccia e dai vostri commenti sembra che i miei personaggi stiano vivendo sul serio. Per una pseudoscrittice è una grande soddisfazione. Grazie di cuore!

       

CAPITOLO X: Lieta novella!

Siamo veramente crudeli. Avevamo avvertito i ragazzi del branco che c’erano dei problemi, senza precisare cosa in realtà fosse successo, dicendo solo di trovarci tutti a casa di Sam, per poterci organizzare. Mi correggo: siamo decisamente crudeli. Io perché ho queste idee malvagie, lui perché mi asseconda. Arrivammo con calma lasciandoci anche qualche minuto di ritardo. Prima di entrare ci siamo abbandonati all’ultima risata anche perché poi avremmo dovuto mantenere la massima serietà. Presi la sua mano con l’ultimo risolino che ancora imperversava, per avere la faccia più seria e preoccupata che potessi mantenere. Erano già tutti in casa. Bene.

“Jacob, cosa c****o è successo? Si può sapere?” Paul ci aveva accolto con il turpiloquio, quindi voleva dire che le nostre doti drammatiche erano decisamente migliorate, eravamo riusciti a fargliela.

“Ragazzi, è successa una cosa che non pensavamo potesse succedere!” ci scambiammo uno sguardo un attimo e per poco tutta la copertura saltava. E per fortuna parlava Jacob, sarei scoppiata a ridere al ‘ragazzi’. Diciamocelo che l’unico vero attore era lui, io ero solo una comparsa per la mia fortissima incapacità di mentire.

“Lo sapevo, sono arrivati succhiasangue che non rispettano il territorio dei Cullen! Allora cosa dobbiamo fare?” Leah era già pronta a battersi, infatti si era alzata repentinamente dalla sedia e si era avvicinata a noi. Arrivai a mordermi l’angolo della bocca pur di fermare il sorriso che si stava disegnando sul mio volto.

“Non è questo … ” lasciò in sospeso la frase. Non mi venisse a dire che non ha parlato di suspense con mio padre e che io ne uso troppa. Incrociai lo sguardo con Emily che rimase a rimirarmi per qualche secondo, poi fece scendere gli occhi sul mio grembo ed allora le si illuminò un dolcissimo sorriso sul volto. Lei sola poteva capire ad uno sguardo cosa stesse succedendo in realtà. Mi fece l’occhiolino, era nostra complice ci avrebbe aiutato a terminare il nostro piano diabolico.

“Jacob, parla oppure mi riprendo il comando e ti faccio fuori!” la minaccia di Sam era seria, anche troppo. Lo si sentiva perché stava tremando.

“Ragazzi, ce la farete a sopportare un altro Black oltre a me?” non capirono immediatamente quello che stavamo cercando di dire. Un pesante silenzio si era stagliato, mentre fra di loro si guardavano increduli. Poi appena la cosa prese forma, un’esultanza degna di uno stadio si levo nei nostri confronti, anche se la parte più divertente fu la zuffa su Jacob. Che bello essere la mamma, perché al papà sono arrivate botte da orbi e a me solo baci e abbracci.

“Speriamo che assomigli a Nessie, chi la vuole un’altra faccia da schiaffi come quella di Jacob!”

“Meglio quella di Jacob che la tua Seth!”

 

Restammo un po’ con gli altri a chiacchierare, ma dopo il totoscommesse sul futuro sesso e sul mistero del nome, era giunto il momento di parlarne alla mia famiglia. Volevo ovviamente sorprenderli, ma non riuscivo a trovare il modo di far tacere la mente di Jake. Con persone che non  possono leggere il pensiero è più facile attuare le mie strategie, ma con quel vampiro spia cervelli è quasi impossibile. Magari pensando ad una notte focosa con Jacob, mio padre sarebbe caduto in una catatonia per un paio di giorni permettendomi di fare la sorpresa ai restanti membri della famiglia, ma sarebbe stato troppo spietato anche per una mente malvagia come la mia.

“Sai bene l’inno americano o qualche canzone?”

“Perché?”

“Vorrei fare una sorpresa e dato che c’è un fastidioso vampiro che non fa altro che impicciarsi nella mente di sua figlia e di suo marito, devo evitare che ascolti i tuoi pensieri!”

“Che logica disarmante! E tu come farai?”

“Io sono molto allenata, di me non mi preoccupo! Sei tu quello che trattiene poco i tuoi voli pindarici”mi avvicinai un po’ verso il suo orecchio come per confidargli un  segreto “Sinceramente ho valutato l’idea di immaginarmi qualche nostro momento intimo per mandarlo in catalessi … ”

“Nessie … non vorrai fargli passare due giorni, come dopo la luna di miele! Ho temuto che fosse morto di nuovo! Anche perché questa volta potrebbe cercare di uccidermi!” in effetti le nostre avventure coniugali lo avrebbero fatto agire sconsideratamente, questa storia del trance non potrebbe durare per sempre prima o poi avrebbe reagito. Mentre pensavo ad una maniera alternativa per deviare il problema Edward, rimasi a rimirarlo incantata sperando che il nostro bambino gli assomigliasse il più possibile. “Perché mi stai fissando?”

“Pensavo … ”

“Aria sognante, splendido sorriso, a che pensavi?”

“A quanto voglio che ti assomigli!” come descrivere la sua espressione in quel momento. Si potrebbe paragonare ad un tramonto in Oriente, tra le sinuose dune del deserto. Magico, caldo, affascinante. Se non stava guidando probabilmente non avrei esitato a prendermi quel bacio che aveva sulle labbra pronto per me. 

 “Chi dovrebbe assomigliarmi? Blake?” da quando Jake seppe della gravidanza, non fece altro che chiedermi dei nomi. In mezzo nei discorsi, quando meno me l’aspettavo tirava fuori un nome sperando che io mi tradissi. Ormai era diventato un giochino divertente.

“Blake Black, proprio no è cacofonico!”

“È il primo che mi è venuto in mente. Ma che volevi dire con cacofo-che?”

“Vuol dire che non suona bene. E poi smettila che tanto non ti dico nulla!” cominciai a canticchiare le mie ultime parole, lui sbuffò più profondamente

“Deciderò mai qualcosa con te?”

“Ti devo ricordare da chi ho imparato?” presto arrivammo a casa, intimai a Jake di pensare all’inno americano e di cercare di rimanere serio, con il risultato che cominciò a ridere. Aspettai che si calmasse con il fuoco che divampava nel mio cervello. È proprio vero che quando si è incinta si diventa parecchio suscettibili.

“Nessie, piccola non ti aspettavamo!” nonna Esme mi venne subito incontro accogliendomi in un gelido ma caloroso abbraccio.

“Mi sembrava di essere stato chiaro! Niente visite con il baseball!” sentì urlare zio Emmett dal salotto da cui provenivano anche i rumori della partita.

“Non dargli ascolto, venite entrate! Avete mangiato qualcosa?”

“Ti ringrazio nonna, ma abbiamo già mangiato!” la seguimmo mentre ci invitava ad entrare con il sorriso stampato realmente contenta che fossi lì. La scena che si presentò non era diversa da come me l’ero immaginata. Zio Emm, Jazz e Gabriel (ormai divenuto un appassionato del tipico sport americano)  seduti di fronte al televisore a guardare la partita su cui sicuramente avevano scommesso. Tutti gli altri giunsero a breve a salutarmi. Sembrava sempre come se non ci fossimo incontrati per anni, in realtà ci vedevamo regolarmente. Anzi ero quasi in pianta stabile in casa mia, soprattutto quando Jacob si trovava al lavoro. Comunque tralasciando queste inezie, avevo un compito da svolgere.

< Non posso diventare nonno a diciassette anni! >

< Papà? Come hai fatto a saperlo? E non prenderti in giro, alla tua veneranda età sei abbastanza vecchio per diventare nonno! >

Era entrato nel salotto seguito dalla mamma e guardava Jake. Aveva il suo solito sorriso a mezza bocca che avrei sicuramente cancellato se  avesse tentato di rovinarmi la sorpresa.

< Vedi di non rovinarmi tutto come tuo solito! > fece solo il gesto di chiudersi la bocca con una lampo. Mia madre ci guardava incuriosita, cercando di capire cosa stesse succedendo. Scorreva lo sguardo dall’uno all’altra sperando che per onniscienza divina riuscisse a decifrare il nostro comportamento.

“Posso avere la vostra attenzione?” zio Emm si levò dalla sua posizione bracalona, sbuffando a pieni polmoni.

“L’ultima volta che ha fatto un annuncio si è sposata un puzzolente cane pulcioso!” zio Jazz rispose con un ridacchio da iena che mascherò malamente con la mano. Al momento opportuno mi sarei vendicata.

“Spiritosoni!” fulminai con lo sguardo entrambi cercando di fargli capire che se non fosse stato per il mio compito impellente probabilmente li avrei torturati. Intanto Jake si era aggiunto allo sganasciare dei miei infantili zii.

“Amore della mamma, prima che mi autocombustioni, ci vuoi dire cosa è successo per farvi piombare qui improvvisamente nel cuore della notte a fare un annuncio?” mia madre si stava innervosendo, più per la silenziosa conversazione con mio padre che per altro.

“Quanto vi scoccerebbe se ogni tanto vi chiedo di fare da baby – sitter?” la domanda rimase in sospeso. Solo il nonno e mio padre conoscevano la sua vera natura. La cosa che mi sorprese in assoluto fu Emmett che afferrò il telecomando e spense la tv alzandosi in piedi. Nel suo sguardo dorato leggevo lo stupore, la gioia. Le stesse sensazioni che stava probabilmente provando Rose. Mia madre fu la prima a realizzare a pieno le mie parole, m’investì con un abbraccio e cominciò a baciarmi più e più volte.

“Non posso crederci, non posso crederci!” sentivo nelle sue parole esaltate tutta la felicità che aveva governato il mio cuore fino ad allora.

“Che gioia ci sarà un altro bambino! Ma dovremo creare una stanzetta per il piccolo nella vostra casa!” presto venne anche nonna Esme. Aveva gli occhi gonfi di lacrime impossibili da versare, se ne stava con un’ espressione trasognata continuando a guardare me e Jake.

“Qui potremmo sistemare la vecchia stanza di Nessie! Sempre che lei sia d’accordo!”intervenne Carlisle avvicinandosi a mia nonna carezzandole le spalle. Si lanciarono sguardi d’intesa. Incredibile come i miei nonni nonostante stiano insieme da tanto tempo sembrino due sposini innamorati, sempre con decoro, a differenza dei miei genitori che certe volte si scordano di abitare con altre persone.

“Ma tu lo sapevi? Ecco perché eri così strano ultimamente … ”

 “Sei incinta? Che bello!” anche zia Alice cominciò a riprendersi dallo shock saltellando chiassosamente per tutta la stanza, mi abbracciò, mi accarezzò e baciò la pancia, il tutto contemporaneamente e più volte. Poi guardandomi intensamente spalancò il suo sguardo dorato “Ma allora devo comprare tutto il guardaroba per il mio nuovo nipotino! Evviva si fanno spese!” ancor più sovraeccitata afferrò Jazz, che doveva ancora metabolizzare la notizia, e lo trascinò via per organizzare una spedizione al centro commerciale. Lui, nonostante fosse stato travolto dall’uragano Katrina, continuava a guardarmi senza battere ciglio, rischiando anche di inciampare.

“Zia ma non sappiamo nemmeno il sess…” troppo tardi era già andata.

“Sai che tanto, non  potendo saperlo, comprerà sia cose da maschietto che da femminuccia!” intervenne nuovamente mia nonna.

"Congratulazioni Nessie!" appena Gabriel si avvicinò per abbraciarmi, Jacob lo scansò delicatamente con il dorso della mano contro il suo petto, guardandolo in cagnesco. Anche se ci aveva aiutato, c'era sempre la distanza di sicurezza che non poteva superare almeno in sua presenza. Gli sorrisi da lontano come mi era concesso. Mancavano solo due persone a dire la loro. Mi voltai verso Rose ed Emmett che stavano impietriti ad osservarmi.

“E voi non mi dite niente?” erano rimasti fermi impassibili, come se fossero stati colpiti da un fulmine. Forse la notizia era un po’ un fulmine, ma non di quelli che ti folgorano, ma di quelli che danno la carica.

“Io – io …” zia Rose non riusciva a parlare. Mi corse incontro e mi abbracciò fortissimo, talmente tanto che rischiai di morire soffocata. Poi si scostò sistemandomi i capelli, continuava a guardarmi negl’occhi ed io al suo sguardo mi lasciai sfuggire una piccola lacrima “Tu hai realizzato il mio sogno per la seconda volta!” sapevo cosa volesse dire. Durante tutto il tempo in cui il dubbio sulla mia fertilità incombeva sulla mia testa, la zia non aveva nemmeno tentato di parlarmi. Non mi offesi per questo, non avrei mai potuto. Sapevo perché non riusciva ad essermi di conforto. Lei non poteva rispondere alle mie domande perché le risposte non le trovava nemmeno per sé.  E adesso che ero riuscita nel nostro intento si sentiva realizzata, anche se il suo senso di vuoto non si sarebbe mai colmato del tutto.

“Speriamo che non sia femmina!” ci voltammo tutti esterrefatti verso Emmett. Insomma poteva dire Che bello! O Mio Dio! Ma speriamo che non sia femmina non me lo aspettavo “Mi sono stufato di giocare con le bambole!”

“Ma come? Ne hai sposata una!” nonostante il momento di forte commozione Zia Rose si lasciò scappare un profondo ringhio, che fece indietreggiare anche lo spavaldo Jacob. Ho proprio una bella e strana famiglia!

 

Mi guardai allo specchio di profilo, già si poteva notare la pancia cominciare ingrossarsi. I tempi non erano quelli umani, ma nemmeno quelli della gravidanza della mamma. Ero a metà, come al solito. Jacob non mi faceva fare quasi nulla in casa e fuori, nonostante io soffrissi di notevoli sbalzi di umori . Persino quando andavamo a caccia lui catturava le mie prede e me le portava pur di non farmi sforzare inutilmente. Non potevamo monitorare con ecografie la crescita del mio bambino, a causa della mia pelle di marmo. Cercavo di ovviare acuendo i miei sensi per captare il benché minimo problema. Volevo solo ed esclusivamente il suo bene. Continuavo a rimirare estasiata la curva che stava prendendo forma e finalmente mi sentì perfetta. Ecco la luce negl’occhi di cui mi parlava Emily quella sera, ero diventata la fulgida stella che aspettavo di essere. Ero finalmente sbocciata. Ero una donna e potevo essere una madre. Aspettavo ogni giorno con ansia, di sentire il suo cuoricino prendere a battere, sentirlo per la prima volta muoversi. Mi trovai presto catapultata a pensare a come sarebbe stato o come avrei voluto. Il mio taglio degl’occhi, i lineamenti di Jake, capelli neri o rossi. Ma poi ogni combinazione mi sembrava sempre perfetta.

“Amore mio, sbrigati a crescere! Muoio dalla voglia di conoscerti e di abbracciarti! Non so se sarò una buona madre, ma devi sapere che mi impegnerò al massimo per diventarlo. Mi dovrai aiutare però. Io come figlia non sono stata di grande aiuto ai miei, ho creato grandi pasticci. Ma ho sempre amato i tuoi nonni. Che strano chiamarli nonni. Imparerai presto a capire che nella nostra famiglia non tutto è come sembra. Pensa che hai un bisnonno di quasi quattrocento anni! Non ti aspettare un vecchio con la barba bianca, sembra un ragazzo, ma quando ti darà un consiglio si vedrà tutta la sua saggezza centenaria. Esme, la tua bisnonna, è la persona più dolce del mondo e ti posso assicurare che la sua torta di mele è l’unico cibo umano in grado di alleviare le sofferenze di cuore. Poi hai degli zii, un po’ strani. Alice è simpatica ma letteralmente pazza, ti do un consiglio, non dire mai 'zia ti accompagno a fare spese', potresti pentirtene. Quello stralunato invece e Jasper ed è il marito di Alice, ha un brutto vizio quello di fare un sacco di rebus e di enigmi, ma non ti preoccupare sto cercando di farlo cambiare. Invece la bellissima ragazza che ti amerà almeno quanto ha amato me  è Rosalie. Non ti far ingannare dal suo modo di fare burbero, il suo animo è estremamente buono e gentile. È sposata con Emmett, con lui ti divertirai sicuramente visto che è rimasto un po’ bambino. Ma lo sai che la tua nonna è la più giovane di tutti: ha poco più di trent’anni. Ma quando la vedrai per la prima volta ti sembrerà di essere di fronte alla più bella stella della notte, perché oltre ad essere splendida fisicamente ha un cuore sconfinato. Tienitela stretta, il suo scudo mentale sarà molto utile con il tuo adorato nonno. Lui è meraviglioso, ci sarà sempre, ma ha un fastidiosissimo potere con cui non fa altro che impicciarsi, soprattutto se sarai una bella femminuccia. Mi dimenticavo tutti gli amici dei tuoi genitori: loro sono molto alti, hanno sempre caldo e mangiano tantissimo. La cosa curiosa è che  possono trasformarsi e diventare dei grandi lupi. Come il tuo papà: lui è molto bello, coraggioso, dolce, premuroso … non dico altro o non finirei mai di parlare. Lui ti ama tantissimo e ama moltissimo la tua mamma. Sei curioso di conoscerci?”

 “Sei bellissima!” mi aveva scoperta di fronte allo specchio mentre parlavo con il mio bambino e mi imbarazzai. Era da tanto che non arrossivo di fronte a lui forse perché in quel momento mi sentivo praticamente nuda, spogliata nelle mie emozioni. Si avvicinò baciandomi delicatamente e posando la sua mano sullo scrigno del nostro bene più prezioso.  

“Jake, hai sentito?” non riuscivo a capacitarmi dell’esplosione che avevo avuto nel petto alla percezione di quel veloce e piccolo rumore che sembrava pulsare sotto il mio tocco. Lui mi guardava spaesato e confuso, come se non avesse capito. Afferrai la sua mano e la spostai sostituendo quella che ancora percepiva quel meraviglioso suono. Vidi il suo sguardo accendersi dalla gioia quando quel piccolo cuore aveva iniziato a battere anche sotto le sue dita.

“È un miracolo!” si. Era il nostro miracolo. Il nostro miracolo inaspettato.

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** CAPITOLO XI: Dolce Snervante Attesa! ***


CAPITOLO XI: Dolce Snervante Attesa!

“Ciao piedi, quanto tempo!” mi sentivo come se avessi mangiato un cocomero intero. Il mio pancione ormai aveva assunto la forma di un mappamondo, per quanto era meravigliosamente cresciuto, e da tempo non potevo più guardami le mie estremità inferiori. Quando però quel pomeriggio riuscì a sistemare un puff davanti al divano per sollevarli scoprì che non erano scappati, stavano solo giocando a nascondino.

“Piedi, sembrano degli hot dog!” giurai a me stessa che appena mi sarei ripresa dopo il parto allo zio Emmett avrei fatto passare la voglia di scherzare sui miei piedini di fata comprovati da un peso a cui non erano abituati.

“Zio se continui così ti giuro che diventerai presto legna per il caminetto!” alzai notevolmente la voce. Altro che tempesta ormonale, la mia era una vera e propria calamità naturale con tanto di devastazione neurale. Ero diventata un elettrone impazzito nel nucleo di un reattore.

“Nervosetta? Più del solito!”

“Mi spieghi perché ho acconsentito alla tua compagnia oggi?”

“Perché hai snervato Jazz, ed ho dovuto coprire il suo turno! E poi è divertente stuzzicarti, sei più simpatica quando ti arrabbi!” Jazz era snervato da me, ma io ero snervata da Emm. Detestavo come gironzolava per casa facendo roteare quella maledetta palla in aria. Gliela avrei fatta volentieri ingoiare.

“Fa caldo zio, alzi l’aria?” altro sintomo allucinante un caldo che sembrava intenzionato a sciogliermi. Peccato che io avessi un  senso del pudore troppo presente, ma avrei voluto volentieri girare in biancheria pur di respirare.

“Se alzo l’aria arrivano i pinguini perché scambiano la tua casa per l’Artide!”

“I pinguini abitano in Antartide! Ma quando arriva Gabriel ho fame!”

“Hai caldo, hai fame, parli con i piedi! Sicura di stare bene?”se la ridacchiava lui. Mi sentivo come una balena spiaggiata. Ero incinta da cinque mesi ma sembravo essere giunta praticamente al termine. La mia famiglia si alternava per farmi compagnia, e, in caso fosse necessario, per intervenire tempestivamente. Negl’ultimi tempi avevo avuto dei problemi, soprattutto dovuti alla forza del mio bambino: riusciva a provocarmi degli evidenti ematomi e piccole fratture delle costole, anche se grazie alla mia guarigione miracolosa, non avevo gravi conseguenze. In più sia io che il nonno avevamo notato che il battito del suo cuoricino sembrava strano, quasi più accelerato del mio. Risultato: ero costretta in casa a letto, massimo concessomi il divano. Non che volessi fare la scalata dell’Everest, però una piccola caccia mi sarebbe piaciuta. Non sopportavo di dover bere sangue umano, anche se era di donatori consenzienti. E poi la cosa più odiosa era uno zio orso che aveva deciso di urtare in ogni maniera la mia sensibilità già abbastanza scossa. Suonarono alla porta. Un meraviglioso spiraglio di luce in questo mondo crudele.

“Gab finalmente! Non la sopportavo più! Attento che oggi sembra che morda! Assomiglia sempre di più ad uno di quei puzzolenti pulciosi!” l’ultima parte l’aveva detta a mezza bocca ma io l’avevo sentita benissimo. E avevo sentito anche quell’altro Giuda spassarsela alle mie spalle.

“Lo hai portato invece di confabulare con Mr Simpatia? ” appena vidi Gabriel ringhiai profondamente ed alzai le mie mani cercando di afferrare il gelato che avevo richiesto. Il problema di avere un licantropo mezzo vampiro in grembo era l’incontrollabile fame sia di cibo umano sia di sangue, e così mi trovavo con delle voglie assurde, tipo di stambecco, quel giorno volevo solo un po’ di gelato alla vaniglia. Un po’, diciamo che una vaschetta non era abbastanza.

“Ne hai preso poco!”dissi aprendo la bustina notando una sola confezione.

“Fattelo bastare! Tuo nonno ha detto che ti devi contenere!” tuonò zio Emmett. Gli feci il verso perché proprio non sopportavo tutte quelle limitazioni. Non devi fare quello, non devi fare quell’altro.

“Ma come fanno i licantropi ad avere tutta questa fame!” sembrava la mia domanda ricorrente.

“Esme sembra contenta che tuo marito sia di appetito! Non fa altro che cucinare da quando vi siete sposati! Ma quando imparerai tu?” Emmett aveva deciso decisamente di morire. Stava provocando una donna incinta, con una forza spropositata  e con una tempesta ormonale in corso. Proprio mentre stavo per gettargli il primo oggetto contundente a portata di mano, un fortissimo dolore mi colse costringendomi ad una smorfia sofferente. Lasciai addirittura cadere il gelato a terra.

“Nessie, tutto bene?” stavo lentamente prendendo fiato mentre Gabriel mi osservava preoccupato. Sembrava che ogni volta che mi innervosivo più del dovuto il piccolo intervenisse dandomi un bel calcio per poi tornarsene a fare quello che consentiva lo spazio angusto del mio ventre. Controllai la mia pelle che presentava già una bella macchia rossastra.

“Si,  se continuo ad essere così nervosa temo che mio figlio si trasformi prima di nascere! Passami il gelato, magari mi calma un po’ … ” dubbio abbastanza lecito e di cui si preoccupava anche Jacob. In effetti più la gravidanza andava avanti e più sembravo lui poco prima di trasformarsi. Mangiai il mio gelato con una voracità notevole.

“Oggi non sei nervosa, sei isterica. Ma non ti viene mal di testa a mangiarlo così velocemente?”

“No, non riesco ad essere più cauta! Ho fame!” stavo parlando con la bocca piena.

“Ma ti farà male!” cominciai a ringhiare. Non sopportavo che si decretasse anche il modo in cui dovevo mangiare. Mi rimanevano così poche libertà che le volevo esprimere al meglio.

“Ok, ok fai come vuoi!” onde evitare che tutti i miei istinti omicidi diventassero reali, Emm accese la tv guardando una vecchia partita di altri tempi. I pomeriggi sembravano tutti uguali, costretta a vagabondare dal divano al letto. Per fortuna che la mia pelle è come il marmo, o sarei stata ricoperta di piaghe da decubito. Carlisle la sera o la mattina, a seconda dei suoi turni, passava a visitarmi per quel che riusciva. Poi arrivava Jake e mi toglieva anche il piacere della mia passeggiata divano – letto. Stavo letteralmente impazzendo. Avevo i nervi tesi più di una corda di violino, una fame che avrei voluto uccidere gran parte della fauna terrena e delle vampate di calore che Jake sembrava fresco al confronto. E poi avevo seriamente paura di diventare una serial killer. Cominciavo a disprezzare ogni attenzione nei miei confronti  tanto che desideravo l’estinzione dei vampiri e dei licantropi pur di non averli trai piedi.

“Jake sono incinta non inferma posso fare un passo qualche volta!” protestai quando, appena mi ero alzata per dirigermi nella mia seconda postazione d’ordinanza, il lupo si era precipitato per prendermi in braccio. “Spero che ti esca l’ernia, così smetti di farmi da deambulatore!” lui se la rideva mentre io avevo i nervi sempre più a fior di pelle. Non riuscivo più a sopportare nessuno e penso che nemmeno se si fosse presentato Buddha in persona l’avrei tollerato.

“Nessie dovresti calmarti hai sentito che ha detto tuo nonno! Riposo e tranquillità!” tranquillità. Lui la faceva facile. Mica doveva sentirsi come un incubatrice vivente e vedere tutti salutare prima il suo ombelico. Non doveva avere gli occhi puntati ogni minimo movimento o lamento che emette. Non doveva nel frattempo fare i conti con i lividi e fratture. Tranquillità.

“Vi sembra una passeggiata, già ho i miei problemi a gestire i dolori e i nervi poi voi siete veramente asfissianti! E tu sei il peggio di tutti, mi stai sempre addosso! Non ti basta avermi ridotto in queste condizioni devi pure soffocarmi con la tua eccessiva apprensione” cominciai a ringhiare profondamente tra un urlo ed un altro. Sentivo il sangue scorrere ancor più velocemente ed il fiato spezzarsi tanto che il mio petto si alzava e abbassava in un respiro nervoso. Ero uscita fuori ogni controllo, nelle mie vene circolava veloce la rabbia che sembrava non far altro che montare. Sentì contrarre i muscoli del ventre in un fortissimo e acuto dolore. Rimasi chinata, sorreggendomi il grembo ancora affannata dalla rabbia e dalla sofferenza. No, non era possibile.

“Nessie cosa ti sta succedendo?” mi guardava spaventato dalla mia reazione sproporzionata.

“Jake, chiama Carlisle! Mi si sono rotte le acque!”

 

POV Jacob

Avevamo deciso che per Nessie fosse più opportuno partorire in casa. Solo Carlisle e Bella, che aveva l’ autocontrollo più forte fra i Cullen, assistevano al parto. Quante volte avevo sperato in questo momento, adesso ero impaziente, preoccupato, spaventato. Ero caduto nella più forte crisi di panico che avessi mai avuto in vita mia. Il cuore stava galoppando come un cavallo selvaggio, la mente era completamente offuscata ed avevo il fiatone nonostante non fossi sotto sforzo. Mi cominciai a sentire inadeguato, spaesato. Sarei stato un buon padre e un buon marito? E se non fossi all’altezza di uno dei due compiti, o di entrambi?

“Jacob se non la smetti di tormentarti mentalmente, ti tormento fisicamente!” Edward sembrava più emaciato del solito. Stava seduto sugli scalini con le mani alla bocca, dondolandosi nervosamente. Si assomigliavano veramente tanto con Nessie. Sembrava di essere a cinque mesi fa quando mi aveva detto di essere incinta. Stava esattamente nella stessa posizione del padre con il suo stesso atteggiamento. Ci stavano mettendo davvero parecchio e il silenzio non faceva altro che montare l’agitazione. Nessie l’aveva detto che non voleva urlare per il dolore, ma non  pensavo che riuscisse a sopportare così tanto. Si sentiva solo qualche rantolo gorgogliato e confuso, niente più. Ed io mi sentivo morire.

“Pensate che ci siano problemi?” Alice era realmente preoccupata.

“Bella ha alzato il suo scudo, non mi permette di assistere!”

“Eddy come ti senti a diventare nonno?” Emmett cercò di sdrammatizzare dando una bella pacca sulla schiena a mio suocero (che divertente definirlo tale!) ma quello che ottenne fu solo un ruggito spaventosamente profondo e gutturale. Eravamo lì da ore. Esme e Rosalie erano in casa a differenza nostra che ce ne stavamo fuori, in modo che se servisse una mano sarebbero intervenute. Avevo creato un  piccolo solco camminando avanti ed indietro all’ ingresso. Ad un  tratto Esme aprì la porta portandoci tutti a girarci di scatto. Aveva gli occhi screziati di nero, infatti l’odore del sangue di Nessie si sentiva fortissimo.

“Edward a Carlisle serve la tua assistenza, ce la fai?” Edward si alzò velocemente ed entrò come solo un vampiro può fare. A me intanto era calato un velo nero sugl’occhi. Il panico si stava perdendo nel puro terrore. Cosa era successo per esigere l’assistenza di un altro medico? Mi lasciai cadere al posto che prima occupava Edward sconsolato, cominciando veramente a temere che la ragione della mia vita avesse delle serie difficoltà e il non poter essere lì mi stava facendo impazzire. Non ero stato io a non volerlo ma lei. Quello strano comportamento che aveva assunto in tutta la gravidanza ed accresciuto negl’ultimi giorni, peggiorava in mia presenza, forse perché mi riteneva la causa primaria della sua condizione. Carlisle mi aveva sconsigliato di assistere per evitare che si sentisse più agitata del dovuto e aggravare la situazione già delicata. Ed ora ero lì, sorreggendomi la testa con le mani a guardare il terreno con la più tremenda paura che ormai stava attanagliandomi l’anima. Temevo che mia moglie e mio figlio non  potessero farcela. Solo dopo qualche minuto un profondo senso di pace e di calma avvolse il mio cuore come in una coperta calda.

“Grazie Jasper!”

“L’ho fatto anche per me, non è facile sostenere le tue emozioni! Poi se insieme ci mettiamo quelle degl’altri!” in effetti aveva il viso più stravolto: la pelle sembrava più pallida e le occhiaie più marcate, lo sguardo scurito dall’odore di sangue che aleggiava prepotente nell’aria, mani in tasca mentre si sorreggeva alla parete per non cadere. Alice gli accarezzava dolcemente la spalla come ad aiutarlo a controllarsi. In realtà non aveva più bisogno di molta assistenza dopo che la mia piccola Nessie lo aveva aiutato. Un forte vagito irruppe in quello strano silenzio, catturandoci tutti nella sua dolce melodia. Rimanemmo immobili fino a che la porta si aprì. Il cuore che fino ad allora sembrava esplodermi in petto, arrestò improvvisamente la sua corsa. Dal buio dell’interno, la figura di Bella con un piccolo fagottino avvolto in una copertina rosa tra le sue braccia, apparve come una visione. Mi alzai ma le gambe oscillavano tanta era l’emozione, la terra cominciò a tremarmi sotto i piedi e mi sentì vacillare. Si stava avvicinando lentamente mentre il piccolo gioiello stava giocando con il suo dito. Mi avvicinai non potendo farne a meno.

“Jacob, questa è Sarah Elizabeth Black, tua figlia! Sai già come tenerla … ” la accolsi tra le mie braccia e sembrò ancora più piccola. Aveva pochi e radi capelli neri e gli occhi scuri, ma che si vedeva che presto sarebbero diventati di uno splendido verde, la pelle morbida e profumata era appena dorata, luminosa, poco più scura di quella di Nessie. L’aveva chiamata Sarah. Come mia madre. Gli occhi mi bruciavano per quanto cercavo di trattenermi, non volevo che mi vedessero piangere ma come avrei voluto. Il cuore si fermò un’altra volta. Un secondo vagito più debole del primo provenì dall’interno della casa. Guardai Bella spaesato non capendo cosa stesse succedendo.

“Sorpresa!” mi guardava sorridente come non aveva mai fatto, io rimasi colpito, esterrefatto da quello che non riuscivo ancora ad assimilare “Vai dentro … Nessie è un po’ stanca ma sta bene! È molto forte! ” non me lo feci ripetere che mi gettai subito verso la nostra camera da letto. Carlisle si stava pulendo le mani mentre Esme aveva già sistemato le lenzuola per essere bruciate, Nessie era ancora stremata, accoccolata tra le braccia di Rosalie. E lì accanto a loro, Edward era in piedi stringendo tra le braccia un secondo fagottino avvolto in una copertina azzurra.

“Jake … ” sospirò, con le poche forze che aveva. Intanto il piccolo veniva passato alle sue braccia e con calma tutti ci lasciarono soli. Edward prima di uscire mi sorrise a mezza bocca dandomi anche una lieve pacca sulla spalla. Mi avvicinai lentamente al letto da dove mia moglie mi guardava radiosa, tra le sue braccia il nostro bambino.

“EJ, saluta il tuo papà … ” sorrisi alla scelta di quel nome. Sarebbe stato quello della mia Nessie se fosse stato un maschietto “Temevano di non poter avere figli ed invece ne abbiamo avuti due, sani e forti! Bel colpo!” sempre incredibile. Dopo aver superato il parto aveva anche la forza di scherzare.

“Sono meravigliosi!” cominciai a contare le loro dita per assicurarmi che fossero tutte. Nessie sorrideva. Vederla con quell’espressione, coccolare il nostro bambino, mi fece ripensare ad uno di quei quadri con la natività che mi mostrava raggiante quando studiava. Peccato che per questo grande dono aveva dovuto smettere, ma tanto aveva molto tempo per recuperare.

“Ci assomigliano, lo sono per forza!” mi sdraiai accanto a loro attento a non schiacciare la fragilissima stella che avevo tra le braccia. Osservai il piccolo. Aveva la pelle chiarissima come quella di Nessie, lineamenti dolci e già si vedevano piccole fossette, quando in un movimento involontario arricciava le labbra. Anche i suoi occhi, nonostante fossero ancora scuri, sarebbero ben presto diventati verdi. Chissà da chi avevano preso quel colore?

“Ma gli occhi … ”

“Quelli sono del nonno! Papà da umano li aveva così!” mi rivolse uno di quegli sguardi che facevano morire. Sfiorai le sue labbra, suggellando ancora di più il nostro amore.

“Allora ti sono piaciuti i nomi?” non riuscivo a rispondere se non con un sorriso. Sapeva bene la risposta a quella domanda.

“Sarah Elizabeth e EJ … ”

“Masen Black, i nostri piccoli miracoli!”

 

Note dell'autrice: Sorpresa sorpresona sono due!!! Spiegato il battito strano del piccolo: erano due!!! Perchè due gemelli. Svariate ragioni (ho sempre una spiegazione per tutto)

Genetica: Jacob ha due sorelle gemelle. Si sa che chi ha gemelli in famiglia è probabile che si ripresenti l'opportunità di generarne altri. Si dovrebbe saltare una generazione, ma la genetica non è aritmetica, è probabilistica. Mendel insegna!

Stilistica: il dualismo di Nessie e Jacob è forte e presente sia come coppia che come singoli. Fra di loro appartengono a due specie opposte, e loro stessi sono per metà umani e per metà speciali. 

Per sapere quali doti hanno si dovrà aspettare!

I nomi: Sarah mamma di Jake Elizabeth è la madre naturale di Edward  

EJ non ha bisogno di spiegazioni Masen è il cognome reale di Edward

Occhi verdi, capelli neri lisci, e pelle chiara ma non pallida. La piccola assomiglia a Jake il pargolo a Nessie, anche se entrambi si somigliano.

Sinead: allora piaciuto come ha influito la gravidanza su Nessie?

Never Leave Me: sono arrabiatissima!!!non hai messo la mia seconda parte tra i preferiti!!! Scherzo ovviamente ^^! Comunque ti ringrazio enormemente per i tuoi continui complimenti e spero di averi sollevato con questo capitolo! Lo sai cosa mi piacerebbe sapere da te: come ti è sembrato quando Nessie ha detto a Jake di essere incinta? Insomma ti è piaciuto ti ha emozionato? Ti sei sempre espressa con un tale trasporto che voglio sapere se su di te ha avuto l'effetto sperato.

Noe_princi89: ci avrei giurato che ti avrebbe fatto piacere!!! Ti piace la sorpresa! Mica uno due! Bel colpo come direbbe Nessie. Visto che siamo in vena di nomi: tu ti chiami noemi giusto? Sai che il mio nome reale ha il significato opposto al tuo. Se leggi la leggenda su noemi del libro di Ruth della bibbia scoprirai il mio nome.

Rossy 87:ma cara aspettavo proprio la mia psicologa preferita!!! Allora cosa hai capito della mia testa da questa seconda parte? Una domanda che mi sono scordata di farti: Piaciuto il riferimento al transfert freudiano? Più che altro c'ho preso? io di psicologia non ho una base diciamo accademica, mi sono basata  s qualche riminescenza de liceo e qualche lettura.   Quindi miinteessava sapere se avevo scritto o no una boiata.

Ringrazio a tutti! Ehy tutti i capitoli della prima parte hanno superato le 100 visite!!! Che stia divntando famosa!!!hiihihi

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** CAPITOLO XII: Mai parlare troppo presto! ***


CAPITOLO XII: Mai parlare troppo presto!

È dura la vita da genitori. Nei primi giorni durante la notte avevo l’assistenza di un marito vigile ed attento, ma a qualche mese dalla loro nascita era tornato ad essere il marito svenuto nel sonno. Mi alzavo ogni notte sempre più stanca.

“Non preoccuparti Nessie stanotte mi alzo io … ” imitavo fra me e me la sua voce profonda che poche ore prima voleva rassicurarmi, ma tanto lo sapevo che andava a finire così. “Tse ci pensa lui!” sbrigandomi nonostante i miei occhi appicati dal sonno, presi EJ fra le mie braccia che ancora piangeva. Se uno dei due si svegliava di lì a poco sarebbe scoppiato anche l’altro. Da sola sarebbe stato difficile contenerli. Aprì il frigorifero cercando la sacca di sangue. Se fosse stata Sarah avrei preso il latte, perché la piccola, per calmarsi, preferiva le cose normali. Intanto si era accoccolato sulle mia spalla, protestava sempre un po’ prima di trovare la posizione adatta soprattutto con me, visto che io rispetto al padre ero molto più spigolosa. Mi adagiai sulla sedia a dondolo, cominciando a cullarci entrambi. Una cosa che piaceva molto ai miei figli era sentire il mio petto vibrare mentre canticchiavo la ninna nanna di papà, anche se a me faceva solo venir la voglia di tornarmene a letto. Invece io amavo ascoltare il loro respiro. Era così delicato che sembrava quasi un tutt’uno con l’aria. Adoravo contemplare i loro visi, osservarli cambiare giorno per giorno, assumere quelle connotazioni che vedevo nello specchio e in Jacob, guardare le loro scoperte con gli occhi di chi vede per la prima volta la vita, assaporare la loro curiosità. Rimasi con lui quasi due ore aspettando che prendesse il sonno pesante. Delicatamente lo adagiai nel lettino  rimboccandogli le coperte. La sua boccuccia semichiusa espirava ed inspirava profondamente. Stava dormendo per bene. Mi avviai silenziosamente alla mia camera. Ovviamente Jacob non si era accorto di niente, stava disteso a pancia in giù con il suo bel viso affondato nel cuscino, respirava ancora quindi avevo la certezza che fosse vivo. Sarà stato anche il carnefice del mio riposo ma era bellissimo. Mi ci accoccolai velocemente piazzando i miei adorabili piedini gelati tra le gambe, tanto per vendicarmi. Lui si lamentò un pochino come se l’avessi infastidito.

< Ben ti sta! > E proprio mentre i miei occhi stavano per chiudersi ecco Sarah.

 

 

“Buongiorno!”

“Parla per te!” stavo preparando la colazione l’unico pasto in cui riuscivo ad arrangiare qualcosa di commestibile. Ed ero assolutamente furiosa. Il bell’addormentato che presto sarebbe tornato al bosco perché ce lo avrei volentieri spedito a pedate, si era svegliato e mi guardava tutto felice e riposato cercando il contatto fra i nostri corpi, cosa che evitai diventando elettrica. “Jacob, dobbiamo trovare una soluzione! Tu non ti alzi la notte e non posso più andare avanti così! Sto uscendo fuori di testa io non dormo da settimane e …” prima che io continuassi ad inveire contro di lui mi prese le labbra avvolgendomi con le braccia per bloccarmi e facendomi così tacere. Appena si discostò io continuai tutto d’un fiato “… tu non fai altro che … ” riprese a baciarmi ma stavolta più dolcemente, cosa che mi fece calmare un pochino. Abbandonai il mestolo che tenevo far le mani e cominciai a rispondere al bacio carezzando la sua testa. Sono pur sempre una donna, insomma quei baci farebbero perdere il controllo a chiunque. “Questo è giocare sporco!”

“Scusa lo so che ho il sonno pesante!” ecco lo sguardo da cane bastonato che mi faceva passare ogni sfuriata.

“Jake mi devi aiutare anche la notte, da sola non ce la faccio!”

“Mi spieghi perché hai una famiglia piena di vampiri che non dormono e non vuoi che ci aiutino?” quanto ci tiene alla vita mio marito?

“Lo sai perché, Jake siamo noi i genitori, non posso chiedere il loro aiuto per tutto!E poi non voglio che i miei figli chiamino mamma la nonna perché io sono poco presente!” mi voltai verso il box dove ormai avevano preso la loro piena attività. Crescevano in fretta. Avevano poco più di quattro mesi ma sembravano di otto. Non credevo di poter mai vedere il vero sguardo di mio padre, invece ora lo avevo sempre davanti. Verde, splendente, limpido. E come biasimare mio padre diventato di fronte ai loro occhi un vero e proprio pesce lesso. EJ mi guardava addentando il mio vecchio peluche a forma di lupo, mentre la piccola sembrava ce l’avesse con quello a forma di maiale. Jacob osservando con me la scena iniziò a ridere di gusto. Si erano carini ma non buffi. Lo guardai accigliata cercando di capire quale fosse la cosa tanto divertente.

“Temo che la tua teoria sulla divisione dei geni nei nostri figli sia esatta!” continuò a ridere lasciandomi sempre più perplessa. Ma mentre ancora cercavo di capirci qualcosa, l’irreparabile. Entrambi volevano lo stesso giocattolo iniziando una battaglia infinita. Sarah cominciò a ringhiare verso il fratellino che immediatamente scoppiò a piangere disperato mollando la presa sul piccolo pupazzo di plastica oggetto di contesa. Mi portai al box mentre EJ si sbracciava per essere preso e tra i singhiozzi si distinse la flebile voce del bambino.

“Mamma!” il mio cuore, i miei polmoni si fermarono. Non riuscivo a capire bene se quello che avevo sentito fosse reale o se fosse un sogno. Era bastata una semplice parola a farmi sentire sciolta, molle. Priva di ogni difesa. Mi aveva chiamata Mamma. Aspettavo questo momento da quando quel giorno avevo letto i risultato del test. Ed ora non riuscivo nemmeno a parlare tanta era la commozione. Jacob si avvicinò carezzando la schiena del piccolo che aveva posato la sua testolina sulla mia spalla. Ma in quel momento non vedevo più nessuno, non potevo. Sapevo che da allora il mio nome non sarebbe più stato Renesmee, ne Nessie. Ora ero Mamma.

 

“Mamma, guarda!” avevano solo due anni ma  ne dimostravano almeno quattro. La loro crescita era accelerata a metà tra la mia e quella normale. Ci trovavamo spesso sul grande tappeto della favolosa cameretta che Esme aveva creato e dovuta modificare dopo la splendida sorpresa della loro nascita.  Semplice elegante ed allegra: le pareti erano di un delicato verde pastello con una piccola greca con disegni di coniglietti, i mobili erano tutti di color avorio in un stile tra il moderno e l’antico, e aveva un bellissimo baule restaurato dove vi venivano riposti tutti i loro giocattoli. Ovvero mai, perché tendenzialmente erano sparsi ovunque nella casa. Cercavo tutti i giorni di trovare un modo diverso per tenerli occupati. Ammetto non era facile mantenere la loro attenzione fissa su di una attività per più di quattro minuti ma era altresì divertente. Vedere le loro scoperte, le loro piccole vittorie quotidiane non solo mi emozionava tantissimo, ma mi permetteva di crescerci assieme. E poi ogni volta che mi sentivo chiamare dalle loro vocine squillanti per un problema, per cercare la mia attenzione, anche solo per una mia coccola mi rendeva ancor più soddisfatta di quello che ero. Per quanto piccoli però avevano una bella personalità: Sarah aveva quella passione brillante nel suo sguardo ed una profonda bontà d’animo, dall’altra parte EJ invece era più sensibile ma testardo e combattivo. Entrambi con un carattere dominante per questo gli scontri erano frequenti. Cane e gatto. Vampiro e licantropo. Ma poi appena se ne presentava l’occasione cominciavano a confabulare un modo per distruggere qualcosa, per combinare qualche marachella, per far impazzire qualcuno. Così nel tardo pomeriggio avevo disteso un grande foglio bianco e stavamo dipingendo con le dita.

“Sarah sembra un carciofo!”

“Non è un carciofo è un fiore! Tu sei un carciofo!” si alzarono entrambi minacciosi in procinto di azzuffarsi, come al solito. Ormai sapevo come placarli anche solo con l’imposizione del mio tono autorevole di mammina arrabbiata.   

“Piccoli calmatevi! Ed è un bellissimo fiore EJ! Sii più gentile con tua sorella! Anche tu Sarah cerca di non rispondere alle sue provocazioni! Vedi che la smetterà di prenderti in  giro!” subito Sarah si voltò verso il fratello facendogli la linguaccia. C’erano momenti che mi assomigliavano tantissimo entrambi. Momenti in cui le loro espressioni erano il ritratto di Jacob. Momenti in cui loro erano gli specchi delle nostre anime. Cominciavo a comprendere i miei genitori a pieno, quando mi confessavano tutto l’amore e le preoccupazioni che nutrivano nei miei confronti ed invidiai mio padre, per il suo potere che gli aveva permesso di scrutare una figlia come avrei voluto fare con i miei.

“Vi lascio soli per mezza giornata e combinate un disastro?” la sua voce forte e potente irruppe nel nostro piccolo e ludico idillio lasciandoci spiazzati. Eravamo così concentrati a fare gli artisti che avevamo perso ogni cognizione del tempo.

“Papà!” entrambi i piccolini in una coreografia già vista saltarono al suo collo coinvolgendo anche lui nel nostro sfolgorante quadro. Io rimasi seduta a terra ad osservarli estasiata. Jake era un bravissimo padre, forte, premuroso, attento, severo quando serviva. D'altronde si era allenato con la più difficile delle bambine mezzo sangue esistenti. Me.

“E la mamma non mi viene a salutare?” mi guardava sorridente dalla porta lasciando scivolare le due scimmiette a terra. Ma io sono io quindi non mi lasciai sfuggire questa occasione.

“No, sono offesa! Come puoi definire un disastro una delle più alte forme artistiche del secolo!”

“In effetti il disastro sei solo tu, sei più sporca dei bambini!” avevo le mani completamente intrise di vernice, la faccia coperta da piccole strisce blu e rosse, e miei vestiti erano decisamente da buttare. Mi alzai in piedi intenta nella vendetta di quel piccolo affronto che aveva osato muovermi contro.

“Invece mio caro, ti hanno lasciato un po’ troppo pulito per i miei gusti!” lui quasi a sfidare il mio coraggio, poggiò la spalla sulla stipite della porta continuando a guardarmi spavaldo mentre avanzavo con le mani dietro la schiena. Allungai un dito completamente invaso dalla pittura e disegnai due belle strisce sui suoi zigomi. “Adesso sei un vero indiano d’America!” cominciammo a ridere per poi darci un piccolo bacio a fior di labbra. “Hanno già mangiato. Li lavi e li metti a letto tu?”

“Ok, tu che fai?”

“Voglio farmi un bagno! Sono un po’ stanca … ”

“Vuoi che te lo faccia io il bagno?” sussurrò al mio orecchio con quel tono suadente da far sciogliere i ghiacci. In realtà la sua proposta non mi lasciava del tutto indifferente, soprattutto se detta con quel soffio bollente così vicina al mio collo. Ma prima di essere una moglie, ero una mamma.

“Jacob, ci sono i bambini! Io vado, vedi di fare il bravo! E lavati la faccia!” dissi sporcando anche la punta del suo naso. Stavo andando verso la nostra camera ma mi fermai a guardare per un attimo le tre gioie della mia vita. Soddisfatta. Mi sentivo soddisfatta.

 

Mi lasciai cullare dalla densa schiuma dell’enorme vasca, del bagno patronale, illuminato in penombra dai quattro faretti dello specchio. Da quando diventai mamma mi concedevo almeno una volta a settimana questa piccola coccola. Non era facile stare dietro ad un bambino speciale, figuriamoci a due. Spesso la mia famiglia mi aiutava, quando non c’era Jake ovviamente a farlo, ma avere due piccole pesti che un momento litigavano rischiando di uccidersi a vicenda e che subito dopo diventavano una vera e propria associazione a delinquere, era stressante. E così mi donavo un momento da donna.

“Ha l’aria di essere rilassante, posso partecipare anch’io?” avevo la gamba fuori sul bordo della vasca, la testa poggiata con una piccola pezza calda sugl’occhi. Posizione extra relax assoluto tanto che non sapevo assolutamente cosa mi stesse accadendo attorno. Alzai il panno  per permettermi di vedere e Jacob se ne stava seduto accanto alla mia gamba cominciando a solleticarla.

“Si sono già addormentate le due pesti?” mi tolsi definitivamente il panno, volevo guardare lo splendido uomo che si trovava ai miei piedi con sguardo adorante e ammaliante.

“Erano molto stanchi, siete andati a caccia?”

“Si, con Emmett!”quando si andava con lo zio i bimbi si scatenavano ancor di più. Come faceva con me si lanciava in giochi non solo pericolosissimi ma assolutamente sfiancanti. Io provavo a stargli dietro con il risultato di essere stremata.  

“Ecco spiegata la stanchezza!”

“Ma oggi EJ gli ha dato del filo da torcere! Ha mostrato di avere un potere!” rimase sconcertato. In fondo dopo due anni non pensavamo che potessero averne. Erano forti e veloci come noi, avevano la pelle dura come la mia, un’agilità unica. Ma niente a che vedere con veri e propri poteri.

“Che tipo … ”

“Ha una specie di scudo, ma fisico! Respinge letteralmente agli attacchi ancora non riesce a gestirlo, con Emm è capitato per caso, ma credo che con il tempo imparerà!” EJ mi assomigliava tantissimo sia fisicamente che  caratterialmente. Entrambi i bambini avevano capacità simili ma allo stesso tempo differenti. Erano la nostra perfetta unione, anche se uno pendeva più verso di me e l’altro verso lui. “Hai cenato Jake?”  

 “È passato Embry e abbiamo fatto uno dei nostri soliti spuntini. In realtà ho altri appetiti: allora posso unirmi a te oppure sei troppo spossata?” continuava a disegnare piccoli circoli bollenti sulla mia gamba, diventando più insistente, io la ritrassi affondandola nella schiuma.

“Stavo per uscire, l’acqua si è freddata!”

“Potrei scaldarla io!” la sua voce calda e profonda mi faceva venire i brividi. Incredibile come più passava il tempo e più non riuscivamo a stancarci l’uno dell’altra. Ero lusingata della sua tentata seduzione. Ma si sa in amore vince chi fugge.

“Scemo! Passami l’asciugamano!”

“Come si dice?” mi appoggiai con il mento sul bordo dove stava seduto, allungando la mano in direzione dell’attaccapanni incitando a passarmi ciò che volevo.

“Mi passi l’asciugamano o dico ad Alice che la vuoi accompagnare a fare shopping! Sai con tutti quei bei muscoli sulle braccia farai benissimo da appendi buste!” notai come osservava la mia schiena nuda che fuoriusciva dalla schiuma bianca, devo essere risultata molto desiderabile visto che nemmeno aveva sentito la mia minaccia-Alice. Sinceramente il fatto che mi guardasse in quella maniera mi faceva sentire una vera donna. Soprattutto dopo aver passato una giornata a colorare con due piccole pesti scalmanate. “Allora?” incalzai cercando di disincantarlo. Lui sospirò a fondo e, di malavoglia, si allungò a prendere l’asciugamano, per poi stenderlo ad accogliermi. “Non sbirciare!”

“Io sbircio quanto mi pare!”

“E chi lo dice?” mi mostrò la sua fede come se fosse un contratto che sanciva il suo palesato diritto. Mi lasciai aiutare a sistemarmi l’asciugamano intorno al mio corpo mentre lui sospirava come se facesse un tremendo sforzo. Sorrisi sbarazzina, compiaciuta dal suo desiderio,  sapevo ormai come giocarmele certe carte.

“Grazie!” mi spostai al lavandino dove si ergeva l’enorme specchio. Cominciai a cospargermi sulle spalle il mio olio profumato alla mandorla altra piccola coccola. Delle grandi mani calde si sostituirono presto alle mie trasformandola in una grande coccola. Abbandonai la mia testa all’indietro a quel tocco rovente in molti sensi, incontrando la sua spalla.

“Sei un po’ tesa!” mugugnai non riuscendo a far uscire una risposta di senso compiuto in quel piacevolissimo momento. Iniziò a sostituire le mani a teneri baci che correvano sulla spalla e sul collo, diventando sempre più passionali. Mi voltai andando ad incontrare le sue labbra e lo chiusi in un bacio. Sentivo il percorso incandescente delle sue mani spostarsi lungo i miei fianchi, mentre di nuovo con le labbra affondava sul mio collo e sul mio petto. Mi lasciai scappare un piccolo gemito e lui sorrise divertito di avermi fatto un’altra volta perdere la testa. Poi quello che nessun genitore dovrebbe sentire nel cuore della notte. Le urla spaventate dei nostri  figli. Non ci guardammo nemmeno, che già ci trovavamo nella loro stanza. La piccola era in piedi ringhiando verso la finestra spalancata, tanto che le leggere tendine bianche venivano mosse dal vento. EJ invece era rimasto nel suo lettino spaurito. Mi portai subito da lui cercando di tranquillizzarlo, Jacob invece si diresse verso la finestra a cercare chi o che cosa fosse entrato.

“Calma cucciolo ci siamo noi qui!” lo tenevo stretto al mio petto accarezzandogli la testa e cullandolo dolcemente. Appena il mio cuore palpitante arrivò al suo udito cominciò a limitare i suoi singhiozzi.

“C’era un mostro con gli occhi rossi, papà!” su una cosa ero certa dei miei figli. Il gene del licantropo era di Sarah. Jake si voltò verso di me visibilmente comprovato da quello che stava succedendo. Vedevo i suoi muscoli vibrare appena percettibilmente.

“Nessie, lo senti anche tu quest’odore?” presi a baciare la testa di EJ senza poter rispondere. Sapevo che non aveva bisogno di conferme.

 

Note dell'autrice: Ma ciao! Salto temporale. Siamo partiti a pochi mesi dalla nascita dei bimbi e siamo giunti a 2 anni dopo. Loro hanno una semplice crescita raddoppiata. Ovvero a metà tra quella di Nessie e quella normale. Quindi avendo ora due anni ne mostrano quattro. Ed hanno un intelligenza sicuramente non nella norma (vi ricordo che la mamma è Nessie). Spero che dal capitolo si sia capito che Sarah è licantroposa e EJ è quello vampiroso. Entrambi si nutrono sia di sangue sia di cibo normale però la prima predilige l'uno il secondo predilige l'altro. Da qui si entra nella fase finale quella in cui scopriremo una Nessie mamma che sarà completamente diversa. Si perchè quando hai dei figli tutto cambia. E da adesso via all'azione! Chi avrà fatto visita ai Black?  bhè ragazze che dire mancano quattro capitoli alla fine. Sinceramente ne avevo in mente un 17 di Epilogo ma devo ancora decidere se farlo o meno. Informazione gratuita: Nel capitolo che avete letto c'è un riferimento alla scena dell'introduzione della prima parte l'avete capita?

Piccola parentesi nonostante il finale crudo: quante di voi avrebbero trascinato Jake nella vasca con tutti i vestiti? Io alzo la mano! Ma si sa chi ha il pane non ha i denti e chi ha Jacob. Lasciamo perdere...

Sinead: Edward come nonno non lo vedremo molto a parte qualche accenno. In realtà mi sono più focalizzata su Nessie come madre.

Sara 96_98: Claire ha circa due anni in più di Nessie quindi ne ha dodici. In realtà mi ero posta il problema ma la mia è stata una scelta stilistica, l'ho resa più piccola della sua età per accentuare la differenza con Nessie. Diciamo che è un dodicenne di altri tempi (ti assicuro che io a dodici anni giocavo ancora con le bambole!) anche se si comincia a capire che sta diventando una signorina tipo la battuta su Quil è più bello. Certo per le ragazze di oggi a dodici anni si è già donne già sanno tutto di tutto è normale che ti sia risultata stonata con la realtà odierna. Le dodicenni di adesso sono le sedicenni di quando ero più ragazzina io. E ti premetto che io ho solo 25 anni. Comunque grazie per la domanda che mi ha permesso di spiegare questo aspetto.

noe_princi 89: Ma brava! Indovinato! ^^

Fra_Zanna: si si continua...tu segui che continua!!!

Rossy 87: menomale che ho detto una cosa esatta! odio dire scempiaggini o se le dico ci deve essere una motivazione logica! Comunque sei sempre troppo carina e adesso mi monto la testa! Comunque come ho detto a Sinead diciamo che in realtà ho puntato molto di più sulla Nessie mamma. Dato che abbiamo iniziato il nostro viaggio con una Nessie adolescente che si scontra con la famiglia e con i genitori l'ho voluta mettere letteralmente nei loro panni. Comunque vedrai ...

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** CAPITOLO XIII: Protezione. ***


CAPITOLO XIII: Protezione.

“Bella, si sono calmati?” per tranquillizzare i miei bambini serviva una persona che non fosse agitata come me. Non facevo altro che tartassarmi. Come non mi ero accorta che un vampiro era entrato in casa? Nella camera dei miei piccoli poi. Mai abbassare la guardia, mai. Neanche Jake si era capacitato di quello che era successo. Per primo doveva avvertire la presenza di un succhiasangue, come ci chiama lui, invece era troppo occupato a pensare come portarmi a letto.

“Stanno dormendo ma EJ era parecchio scosso!” appena abbiamo capito cos’era successo ci fiondammo in casa Cullen. Se almeno avessero tentato di attaccare nuovamente, saremmo stati in forza maggiore. Perché non posso mai stare tranquilla. Ogni volta che la mia vita sembra aver preso la giusta piega, c’è sempre qualcosa che non va o che mette in pericolo me e la mia famiglia.

“Cosa vorranno dai miei figli?” zia Rose si sedette subito accanto a me coccolandomi come se fossi una bambina. Io non riuscivo nemmeno a degnarla di uno sguardo, mi sentivo addirittura infastidita dalla troppa attenzione nei miei confronti. Dovevamo proteggere i miei figli, io non ero più importante. Vedevo mio padre volgermi quello sguardo di quando prova a scrutarmi il cervello. Strano che anche lui non fosse intervenuto cercando di confortarmi.

“Jacob, il tuo branco ha avvertito qualcosa negl’ultimi giorni?”

“C’è un via vai intenso da dopo Volterra, spesso le scie si confondono e abbiamo difficoltà a distinguerle!” fulminai con lo sguardo mio marito. Lui nelle sue ronde doveva percepire che c’era qualcosa che non andava. Non c’erano scie confuse o scuse plausibili se la vita dei nostri figli era stata messa in pericolo.

“Non dovevi permettere che succedesse una cosa del genere!” lo dissi con una freddezza tale da sorprendere tutti. Avevo i loro occhi puntati addosso.

“Renesmee non essere ingiusta!” Jasper mi si era avvicinato cercando di farmi ragionare. Ma come si può far ragionare una madre spaventata e confusa, che teme solo per l’incolumità dei suoi figli?

“Ingiusta dici! Jasper sono entrati in  casa mia, potevano fare del male ai miei bambini e lui sente le scie confuse? Non esiste!” gli andai incontro lanciandogli uno sguardo assassino, Jake invece non riusciva nemmeno a  guardarmi tanto si sentiva in colpa, questo non fece altro che farmi infuriare ancora di più. “Voi dovreste proteggerci, se non  riuscite a farlo siete soltanto inutili! Cosa diavolo servite me lo vuoi dire Jacob?” cercavo i suoi occhi ma lui non li alzava da terra.

< Renesmee, lascialo in pace! Sono anche i suoi di figli! >

Stavo per scoppiare, avrei voluto spaccare tutto all’interno della casa, ribollivo dalla collera e tutti sembravano darmi contro. Superai Jacob colpendolo volontariamente alla spalla, con sprezzo. Dovevo calmarmi. Non riuscivo ad essere lucida ed ora la lucidità era di fondamentale importanza. Andai nel patio, dove ancora troneggiava il salottino di vimini dove facevo lezione con lo zio, per poi accucciarmi sulla poltroncina cingendo le mie ginocchia. Non volevo sentirmi rimproverata per la mia reazione, volevo solo stare da sola e pensare. Dovevo pensare e la mia testa non faceva altro che trovare le colpe per quello che era successo. Stavo incolpando mio marito ma solo per sentire la mia sentenza meno pesante. La vera colpevole ero io. Io non avevo sentito il vampiro entrare. Io non ero lì a proteggerli. Io ho giurato a me stessa che nessuno gli avrebbe mai fatto del male. Rimasi fuori al freddo per parecchie ore continuando a tormentarmi per come avevo tradito me stessa e i miei figli. Se fosse successo qualcosa non me lo sarei mai perdonato. Loro sono la mia vita. Come si può essere così accecati da non sentire un estraneo intrufolarsi nella loro camera? Ormai l’oscurità stava lasciando il posto all’umidità della rugiada mattutina e ancora non riuscivo a trovare pace.

“Posso parlarti ora?” Jacob si era affacciato e mi guardava dalla porta finestra dietro le mie spalle. Non mi voltai nemmeno, mi sentivo in colpa non per averlo incolpato ma perché ero stata una cattiva madre “Renesmee, mi sento già abbastanza responsabile!” osservavo le forme degl’alberi plasmarsi sotto il tocco della debole la grigia luce del giorno, che cominciava ad imbiancare la notte. “Ti prego dimmi qualcosa! Il tuo silenzio mi sta uccidendo!” sentì la sua mano avvolgere la mia spalla ed io l’accarezzai posandoci la guancia.

“Scusa … ” non potevo dire nient’altro. Circumnavigò la poltroncina per poi chinarsi di fronte a me cercando di arpionare il mio sguardo.

“Nessuna scusa, sei sconvolta e lo capisco perché sto provando le tue stesse sensazioni! Ma non possiamo dividerci ora che i nostri figli sono in pericolo, dobbiamo restare uniti per combattere per loro e per noi! Lo hai detto tu stessa: insieme siamo più forti!” gli carezzai il viso e lo baciai. Le sue parole non solo mi furono di conforto ma mi diedero la possibilità di superare quell’incredibile senso di responsabilità che mi portavo dietro. Appoggiai la mia fronte sulla sua, tenendo gli occhi chiusi. Volevo in tutti i modi calmarmi ed avevo imparato già da tempo che i problemi si risolvono solo se affrontati con le persone che ami.

“Hai ragione Jake! Dobbiamo essere uniti!”

 

Avevo già ascoltato il racconto di Gabriel sul suo viaggio in Australia, ma con gli ultimi avvenimenti dovevamo capire se centrasse qualcosa. Era stata la missione più importante negl’ultimi anni, e sembrava l’unica pista da cui poter cominciare.

“I vampiri neonati creati tra gli aborigeni,  non erano nemmeno civilizzati non vedo come potessero entrare in casa di un licantropo e di un ibrido senza essere scoperti prima!” ci guardava come se stessimo cercando legami forzati. Forse aveva ragione ma era l’unica cosa che ci veniva in mente.

< Ma potrebbero essere facilmente comandati, ricordiamoci che da umani credevano di sacrificare delle persone a delle divinità! Non sono un pozzo di scienza, possono essere raggirati ed utilizzati! > mio padre non riuscì a trattenere il suo pensiero. Non c’era nessuno che aveva il coraggio di entrare nel nostro territorio e minacciare la nostra famiglia così apertamente. Solo un ardire sconsiderato, dettato dall’ignoranza poteva spingere qualcuno ad introdursi nella mia casa.

“Papà hai ragione, pensate che Aro non possa arrivare a vendicarsi coinvolgendo dei neonati ignoranti? Secondo me c’è lui dietro tutto questo! Non può essere altrimenti!” la porta si aprì violentemente, Leah ed Embry entrarono. Erano sudati e sporchi, vestiti giusto per mantenere il pudore di fronte a noi.

“L’abbiamo trovato, avevate ragione era uno di quelli appena confezionati!” ci spiegò Embry.

“L’avete ucciso?”

 “Era forte, ma altrettanto stupido, lo abbiamo soppresso con facilità! Ce la siamo cavata con qualche osso rotto e qualche graffio!”

“Avete visto se aveva la pelle più scura o se indossasse qualcosa in  particolare?”

“No, era uguale a voi a parte gli occhi ovviamente!” ci ammutolimmo. Tutte le nostre congetture si andarono a sgretolare in quell’affermazione. Dalle descrizioni di Gabriel gli aborigeni avevano la pelle olivastra e vestivano poco o niente.

“Cosa ci rimane adesso?”

 

Dal giorno dell’aggressione il branco di Jake non fece altro che sorvegliarci. Sembrava la stessa situazione di alcuni anni prima quando ero io ad essere protetta, solo che allora mi sentivo in gabbia, adesso invece mi sentivo al sicuro. Ero diventata cauta. I miei nel frattempo mi aiutavano con i bambini che dopo qualche ora, costretti in casa, diventavano insostenibili.

“Mamma, voglio uscire ti prego non ce la faccio più!” la piccola perdeva le staffe più facilmente ma si vedeva che anche EJ aveva problemi. Spesso venivamo scortati da almeno due dei miei familiari per la caccia, non potevo tenere due bambini piccoli fermi rinchiusi. Due bambini come i nostri poi con delle esigenze precise. Sarebbe stato assurdo persino per Jacob.

“Sarah, devi essere paziente stanno arrivando lo zio con il nonno poi andiamo a caccia!” continuavamo a scrutare dalla finestra sperando di vedere al più presto Jasper e papà. Non riuscivo più a sostenere la loro esasperazione.

“Mamma, anch’io ho sete!” EJ strattonava i miei pantaloni cercando di attirare la mia attenzione. Lo presi fra le mie braccia e lui adagiò la sua testolina scura sulla mia spalla. Lo faceva da quando era nato, si posava sulla mia spalla e si carezzava con il dito le piccole labbra carnose, era un suo modo per auto calmarsi. Nei suoi dolcissimi occhi verdi si potevano percepire piccolissime vene nere. Stranamente la sorella non ne aveva mai mostrate, nemmeno dopo più giorni di astinenza. Eccoli. Sarah appena li vide aprì la porta e corse incontro ad Edward che la sollevò e la prese sulle spalle.

“Cucciola sei pronta ad andare a caccia?” era molto bello rivivere le scene che avevano governato il mio mondo di bambina negl’occhi di mia figlia. Mio padre aveva una predilezione per Sarah nonostante lei mostrasse già le caratteristiche di una vera e propria lupetta. Era incredibile come i miei genitori si rapportassero con i miei figli. Sembrava che ogni loro gesto fosse estremamente consapevole, come già scritto. Sapevano gestirli alla perfezione a differenza mia che sembravo impacciata. Anche se alcune volte li viziavano un po’ troppo.

“Tanto stavolta prendo io il cervo più grosso!”

“No lo prendo io! Noi due siamo più forti!” lasciai EJ libero di correre verso Jasper che lo prese al volo e lo portò alle sue spalle.

“Nonno gli facciamo vedere a questi due chi è il più veloce?” la piccola si era avvicinata al suo orecchio per proporgli la sfida. Mio padre fece uno di quei soliti sorrisi sghembi.

“Che vuoi dire che io non sono abbastanza veloce?” accennò Jasper.

“No, zio tu sei una lumaca in confronto al nonno! E quello che hai sulle spalle è un carciofo!” aveva una faccina da strafottente mentre provocava il fratello. Ma di chi aveva ripreso quel tipo di atteggiamento?

“Non ci faremo trattare così vero EJ!” il mio piccolo vampiro aveva uno di quei musi offesi che ti fanno morire dal ridere. Ma io non avevo l’animo di mettermi a ridere. Ero molto tesa. Da quel giorno avevo il terrore di mettere piede fuori casa, nemmeno in quelle quattro mura mi sentivo completamente al sicuro. Jasper si voltò verso di me e provò ad utilizzare il suo potere, ma senza successo perché la mia paura aveva una natura troppo radicata per essere spazzata via.

“Tutto bene Nessie?” anche mio padre aveva percepito la mia situazione. Si leggeva nei miei occhi che non andava tutto bene. Ero in costante tensione. Saltavo ad ogni rumore, non mi staccavo mai dai miei bambini. Ma se anche fossero finiti ad odiarmi per quanto gli stavo addosso, avrei continuato.

< Andiamo, hai bisogno anche tu di andare a caccia! >

Cominciammo a correre a perdifiato per tutta la foresta, ci separavano pochi metri e non avevamo nessuna intenzione di lasciare più spazio. Sentivo le risate dei miei cuccioli. A loro piaceva essere trasportati a tutta velocità fra le fronde, poi li persi di vista. Riamasi senza fiato fino a che un piccolo fulmine mi tagliò la strada per atterrare un cervo. Sarah, era una predatrice micidiale, più di quanto lo fossi io. Mio padre la osservava da vicino, a breve  arrivò  EJ, che riuscì ad afferrare una lince poco lontano. Rimasi ferma ad osservarli insieme a Jasper e a papà in silenzio. Ma poi il mio istinto animale mi fece tremare. Un cuore pulsante di un altro cervo, molto più distante da dove ci trovavamo, si spostava velocemente nella foresta. Il mio istinto comandava alle mie gambe di allontanarmi ma la mia testa mi imponeva di restare. Ne avevo bisogno ma non potevo.

< Vai Nessie, ci siamo qui noi! > al via di mio padre mi lasciai preda dell’istinto, corsi veloce verso la scia che avevo percepito. Tutto avvenne rapidamente perché non potevo stare troppo lontana dai miei piccoli. Incontrai il cervo che intercettato il pericolo cominciò a correre. Accelerai il passo superandolo di parecchio. Lo afferrai e lo scaraventai a terra. Lo dissanguai voracemente. Dovevo tornare dai miei figli.

“Come fai a nutrirti con quel sangue disgustoso?” una voce strana, conosciuta, ma diversa. No, non poteva essere. Estrassi i miei denti lentamente ancora tremante nella frenesia del mio nutrimento. E poi l’inaspettato.

“Joyce … ” era lì davanti a me. Pelle diafana, occhi cerchiati, magro ma allo stesso tempo forte. Non sentivo né cuore, né odore di sangue. Le sue iridi colorate di rubino erano di un terribile rosso vivo ed intenso, più di quello che avevo visto negl’altri bevitori di sangue umano. Mi alzai immediatamente in piedi tenendomi pronta all’attacco.

“Si cara, e chi se no! Ma vedo che ti sei sposata!” cominciò a battere le mani contento con un ghigno malefico sulla faccia, sembrava un giullare spaventoso.

“Cosa ci fai qui?” mi accucciai ancora di più ringhiando minacciosa. Non avevo nessuna intenzione di mostrarmi magnanima con chi voleva sacrificarmi per un effimero desiderio di bellezza e gioventù.

“Sono qui perché sai, la storia di Volterra non mi è piaciuta molto! Tu che mi hai terrorizzato e tuo padre con le sue intimidazioni! Non mi è piaciutaaaaa peeeer nieeeeente!” sfarfallava con quel suo fare mantenuto dal suo passato umano. Non so perchè ma non mi sono mai sentita così terrorizzata.

“Chi ti ha fatto diventare un …”

“… vampiro? Come non l’hai capito?” cominciò a ridere istericamente. “Non ti ricordi l’italiano demodè? Quello con il nome monosillabo?” si teneva il mento come a cercare di ricordare, poi muoveva convulsamente le dita come per farmi uscire il suggerimento.

“Aro?” dissi a mezza bocca. Mi sembrava veramente una situazione assurda.

“Ecco lui!” sbuffò abbandonando le sue braccia lungo i fianchi, intanto si avvicinò costringendomi ad indietreggiare “Allora, una sera è arrivato nella mia camera e mi ha chiesto se ero ancora interessato a diventare un vampiro! Si da il caso che lo ero e così abbiamo accordato che mi avrebbe dato l’immortalità per il mio servilismo! E bam! Sono diventato un vampiro! Non è fantastico?” la sua sovraeccitazione era agghiacciante. Aro era caduto veramente in basso per cercare un umano come lui come adepto. Ma Joyce era peggio di Aro. Nei suoi occhi non solo leggevo il sangue delle sue vittime, ma vedevo la pura e vera malvagità. Come poteva essere diventato così?

“Sei stato tu ad inviare quel vampiro a casa mia?”

“In realtà in casa tua ci sono stato io, quello l’ho creato solo per depistarvi! Te l’ho detto che la storia di Volterra non mi è andata giù … ” cosa aveva fatto?  E perché soprattutto? Si voleva vendicare sulla pelle dei miei figli? Più lui rideva più io sentivo la mia collera salire. Ad un tratto si fermò ed annusò l’aria “Dio che odore strabiliante che hai! Come fanno i tuoi parenti a non volerlo è difficile anche solo starti accanto!”

“Sei un mostro Joyce!”

“Ma non sei l’unica! C’è qualcun altro nella foresta!” il mio cuore iniziò a battere ancor più freneticamente. Stava percependo i miei figli. “E a giudicare dalla reazione del tuo cuoricino … ” inspirò l’aria tra i denti come se a quella parola salisse la voglia di azzannarmi “… devi tenerci molto! Quest’odore è simile al tuo ma hanno un non so che di stomachevole. Non mi dire: sono i tuoi bastardelli! Quei due piccoli demoni che mi hanno respinto e vi hanno attirato nella loro camera! Mi piacerebbe tanto assaggiarli …”

“Non provare nemmeno ad avvicinarti … ”  quasi involontariamente balzai  al suo collo, ma il mio colpo andò a vuoto. Cominciò a correre dove sapevo erano ancora. Presi disperatamente ad inseguirlo con il terrore che sovrastava ogni capacità di ragionare. Come avrei potuto raggiungerlo? Dovevo riprendermi perché in ballo c’era la loro vita.

< Renesmee, non farti prendere dal panico! Devi distrarlo! > cominciai a pensare cosa potesse distogliere un vampiro assetato dalla sua preda. Preda. Pensare ai miei figli come cacciagione mi fece stringere il petto, ma non era il tempo di disperarsi. Le mie gambe ormai governate dall’adrenalina si muovevano a grandi falcate. Mio padre. Dovevo avvertirlo.

< Portateli via! Vi stanno seguendo! Andate verso casa, lì c’è il branco! > sperai che il mio pensiero gli arrivasse. Era difficile stare dietro a Joyce, le mie gambe cominciavano a risentire dello sforzo, ma proprio mentre stavo per desistere vidi in lontananza papà con Jasper che cercavano di seminarlo. Li stava raggiungendo e non mi rimase che l’ultima chance.

“Joyce, vuoi il mio sangue prendilo!” gli urlai forte con tutto il fiato che avevo in petto, chiusi fortemente i pugni lasciando che le mie unghie penetrassero la carne, come quella mattina sulla spiaggia. Appena la prima goccia toccò terra  Joyce arrestò la sua corsa voltandosi verso di me con lo sguardo affamato, feroce. Mi arrestai anch’io stringendo ancora di più la mia morsa in modo che il mio sangue cominciasse a fiottare più prepotentemente. Alzai la mia mano palesando anche alla sua vista quello che gli altri sensi stavano percependo. Appena mosse i primi passi verso di me iniziai a correre nella direzione opposta sperando di resistere il più a lungo possibile.

 

POV Edward

< Cosa vuoi fare Renesmee? >

< Papà pensa solo a portare in salvo i bambini, io me la caverò! > avevo letto la sua intenzione di attirare a sé il nostro inseguitore, non potevo permetterlo.

“Jasper!” urlai anche se non era necessario. Mio fratello si bloccò all’istante con il piccolo EJ ancora tremante.

“Cosa succede Edward?”

“Renesmee, la devo aiutare! Da sola non può farcela, prendi Sarah e portala dal branco! Avvisa Jacob e digli di venire ad aiutarci! Sbrigati!”  lasciai la piccola al suo collo, senza fornirgli ulteriori spiegazioni.

“Nonno?” Sarah possedeva i miei occhi, ma le espressioni erano quelle di mia figlia.  Aveva lo sguardo implorante, mi stava chiedendo di salvare la sua mamma che si stava sacrificando per lei. Le carezzai la guancia per tranquillizzarla, mentre una lacrima le stava scendendo sul suo delicato viso. È raro vedere Sarah piangere, doveva essere realmente spaventata.

“Edward buona fortuna!” Jasper sparì alla mia vista ed io seguì la scia di mia figlia. Corsi il più rapidamente possibile tanto che dopo poco fui alle calcagna di quel viscido verme. Lo vedevo avvicinarsi sempre più a Nessie ed io non potei far altro che scattare più velocemente cercando di superarlo per bloccare il suo incedere. Mi bloccai di fronte a lui e quando riconobbi il piccolo infame doppiogiochista, rimasi allibito. Aveva  gli occhi di un rosso vivo troppo intenso per essere normale, doveva esser stato trasformato da poco.

 “Guarda chi c’è il signor Cullen! Che piacere!”

< Papà, i miei figli … >

< Stanno bene! Nessie questo non è un normale vampiro! È un neonato! > “Chiunque ti abbia trasformato deve essere stato un inetto! Come si può trasformare un piccolo verme indegno come te?” dovevo perdere tempo. Jacob ci avrebbe raggiunto, in tre l’avremmo potuto sopraffare.

“Diciamo che è stato un inetto perché si è fidato troppo!” fece uno di quegl’agghiaccianti risolini che avevo visto solo ad Aro “Dopo che ho imparato a gestirmi il più possibile, ho fatto finire la sua ormai insulsa e decadente esistenza!” si atteggiava come un grande attore di teatro marcando alcuni accenti. Il suo atteggiamento rendeva i miei nervi elettrici, avrei voluto distruggere quella misera faccia da schiaffi.

< Come ha fatto ad uccidere Aro? >  al pensiero di mia figlia mi sentì mancare la terra sotto i piedi. Aro lo aveva trasformato ed era riuscito ad ucciderlo. Avevo cominciato a tremare di fronte a quello che si palesò al mio cospetto: un neonato freddo ed intelligente capace di raggirare uno come Aro.

“Sorpresi? Non dovreste io ho un bel potere come il vostro!”  

“Quale potere? Sai strisciare sul tuo ventre come una serpe?”

“No io … ” proprio mentre stava per rispondermi Nessie ci raggirò per avventarsi sulla sua testa cercando di staccargliela, ma lui la afferrò per la schiena e la lanciò contro una parete rocciosa. Allora l’attaccai io: riusciva abilmente a schivare i colpi al mio pari. Finché non si fermò accanto alla mia bambina, che ancora era stordita dalla botta. Potevo sentire il desiderio che istigava il suo sangue nel vampiro, quasi esplodesse nella mia testa. Sembrava attirarlo come se fosse l’unico in grado di dargli la vera soddisfazione, era lo stesso desiderio che scaturiva in me il sangue di Bella.

“Vuole vedere il mio potere signor Cullen?” la afferrò con tutta la forza iniziando a stritolare il suo corpo. Nessie urlò in una maniera disumana lasciando che mi pietrificassi. Poi ad un tratto, un lieve fumo con un intenso odore incenso provenì da quel mortale abbraccio. Prima che mi potessi gettare su di lui un fortissimo ululato arrivò dalle mie spalle. Joyce quasi contemporaneamente, mollò la presa lasciando cadere Nessie a terra.

“Signor Cullen è stato un piacere! Nessie ci vediamo, non vedo l’ora di cenare con i tuoi bastardelli!” fece un inchino per poi spiccare un balzo e scomparire nel fitto. Nessie tossiva e non potevo lasciarla sola. Sputava sangue, addosso aveva ancora l’odore di bruciato mentre cercava di pulirsi il più possibile.

“Come stai?”

 “Quando mi ha stritolato, ho sentito un fuoco ardermi dall’interno ... ” alzò la sua camicetta all’altezza del ventre. Sulla sua epidermide dove era stata a contatto con le braccia di Joyce erano comparse delle evidenti ustioni ed in alcuni punti aveva delle bolle d’acqua. Puro terrore.  Non solo era scaltro e forte, ma aveva un potere mortale anche per un vampiro. “Mi stava bruciando viva!”

 

Note dell'autrice: Guardate un po' chi c'è! Joyce. E' crudele, tremendo e molto intelligente. E si può combustionare anche i vampiri. Questa è stata una mia licenza poetica. Piaciuto il colpo di scena? Ho pensato che far tornare Aro sarebbe stato troppo scontato, ma Joyce lo avevamo abbandonato a Volterra con il desiderio d diventare immortale. E minaccia i figli di Nessie per vendetta. Voi vi direte ma un solo vampiro contro un branco di lupi e un clan come i Cullen? se fino ad ora è riuscito a schivarli entrando persino in casa di Nessie quanto può essere intelligente? E poi è riuscito ad uccidere l'italiano con il nome monosillabo con il suo potere! Al prossimo capitolo risponderemo a molte domande! Ragazze ultimi tre capitoli saranno molto attivi! quindi sudare! E poi ci sarà la definitiva fine della mia storia! Snif me piange!

Never Leave Me: Non era Aro pappapero pappapero! Però in un qualche modo c'entra sempre!

Noe_ princi 89:  lo so sono tristissima anch'io!

Fra_Zanna: in effetti Nessie si ritrova tutte le notti nel letto il bel lupacchiotto sexy. Quindi giocare al tira e molla la fa diventare ancor più desiderabile. E in effetti non sarebbe stato carino presentarsi in camera dei figli scostumati!

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** CAPITOLO XIV: Aiuto Volterra! ***


CAPITOLO XIV: Aiuto Volterra!

Mi sentivo come se mi avessero strappato la pelle e gettato del sale sulla carne viva esposta. La sensibilità in corrispondenza delle ustioni era diventata eccessiva se anche solo venivo sfiorata era come se affondassero le dita in una ferita. Alcune bolle erano scoppiate e il nonno fu costretto a sollevare l’ epidermide morta e a rimuoverla per evitare la sepsi.  Persino il bendaggio grasso che mi stava facendo mi faceva male. Jacob mi guardava impensierito, forse arrabbiato, mentre ancora venivo medicata. Gli tenevo la mano talmente stretta che ho quasi rischiato più di una volta di fratturarla, però non sembrava importargli.  Il dolore era allucinante e la morfina su di me non faceva nessun effetto.

“È una situazione veramente preoccupante!” detto da nonno Carlisle lo diventava ancora di più. Ci trovavamo di fronte ad uno dei vampiri più forti mai incontrati in vita nostra.

“Dovremmo chiedere aiuto a Marcus, lui forse ci aiuterà a gestire questa situazione! I Volturi hanno sempre combattuto contro vampiri simili a questo, lui sicuramente ci potrà suggerire qualcosa … ” intervenne Gabriel.

“Nonno ti prego fermati, fammi riprendere fiato! Ma perché mi devo sempre far male solo io!” ogni tanto lo imploravo di fermarsi. Mai avevo provato tanto dolore in vita mia. Proprio mentre stavo chiedendo pietà entrò Rosalie con Esme. Avevano fatto calmare i bambini, chiedevano di me ma non potevo farmi vedere in quelle condizioni li avrei solo spaventati. “Jake vai da loro, digli che sto bene! Non farli preoccupare più di quanto lo siano già!” lasciò la mia mano, continuando ad osservarmi esitando nel compiere il mio volere “Va ti prego, hanno bisogno di te!” alla mia supplica uscì dalla stanza anche se voleva assistermi. Sapeva che era il suo dovere di padre stare accanto ai nostri figli.

“Posso continuare Nessie!” annuì stringendo i denti. Gli occhi si chiusero mentre cercavo di trattenere il fiato per poter sopportare meglio tutta quella sofferenza ora che non avevo la mano di Jake.

“Se prendo quel viscido farabutto stavolta non mi limiterò alle minacce!” mio padre ringhiava come non aveva mai fatto. Deve essere stato uno spettacolo tremendo.

“Calmati Edward non sappiamo cosa stia organizzando, magari non è solo e si aspetta una nostra reazione …”

“Non sarà tanto diverso da James, lo abbiamo trovato e distrutto! Allora cosa aspettiamo a farlo a brandelli!”

“Emmett, tu non hai visto quello che sapeva fare …” un debole lamento di dolore mi morì tra le parole. Il nonno si fermò nuovamente lasciandomi quei pochi secondi per riprendermi “Dai vostri racconti in confronto James era un agnellino! È maledettamente forte e non scordarti che ha ucciso Aro!”

“ Dobbiamo sicuramente rivolgerci a chi ne sa più di noi! Ho fatto Nessie puoi alzarti!” abbassai la canottiera sulle bende, strozzando un piccolo rantolo. Anche il semplice cotone sembrava carta vetrata.

“Hai ragione Carlisle! Ma come fa ad eludere il branco di Jacob? Renesmee ti serve una mano?” al mio cenno di assenso mia madre mi aiutò ad indossare la camicetta con non poche difficoltà. Un’ustione è qualcosa di orribile.

“Come è riuscito ad eludere noi! Si è mostrato intelligente freddo e calcolatore. Riesce a governare la sua sete, non possiede l’autocontrollo di Bella certo, ma il fatto che non abbia attaccato subito Nessie mi fa giungere a questa conclusione! Presto o tardi riattaccherà, sfruttando le nostre debolezze, dobbiamo neutralizzarlo prima che possa far male a qualcun altro!” il primo pensiero andò a loro: mi sentì ribollire all'idea delle sue luride mani sui miei figli “Non nascondo di essere spaventato almeno quanto voi!” non avevo mai visto mio nonno con quell’espressione. Eravamo veramente in un mare di guai.

“Nonna dove sono?” dovevo vederli. Avrei superato il dolore, la paura pur di poterli abbracciare.

“Giocano nella tua vecchia camera, ma te la senti?” annuì anche se non era la forza fisica che mi spingeva a portarmi da loro. Uscì dalla stanza, ad ogni passo anche il solo ripiegare la gamba per camminare, mi faceva sentire come se fossi attaccata a degl’ami. Ingoiai tantissima saliva cercando di soffocare la mia sofferenza. Stavano giocando con le costruzioni di legno, Sarah era in piedi per posizionare il tetto alla torre traballante che aveva eretto, mentre il piccolo EJ cercava di farla cadere senza farsi accorgere. Jacob guardava la scena con quell’ombra scura che odiavo vedergli addosso.

“Ops!”

“EJ sei cattivo!” lo sfogo di Sarah quando il piccolo era riuscito nel suo scopo. Cominciò a ringhiare furiosa verso il fratello che invece rideva come un matto.

“Calmati Sarah! EJ possibile che non fai altro che cercare di provocarla?” quando Jake era severo con loro assumeva quella tonalità austera che mi divertiva tanto. Mi tornava sempre in mente quando mio padre mi sgridava e lui prendeva le mie difese. Ora che lui era il padre la situazione era decisamente capovolta.

“Ma lei quando si arrabbia è più divertente!” ad un tratto la piccola cominciò a tremare, io m’irrigidì immediatamente. Lo riconoscerei lontano un miglio quel tremore e come me anche Jacob. Infatti la prese subito fra le sue braccia ed iniziò a cullarla cercando di farla tornare in sé. Era ancora presto.

“EJ, sei nei guai!” il piccolo sbuffò e si voltò a braccia conserte offeso. Vidi il suo sguardo allargarsi in un’immensità unica, quando incrociò i miei occhi. Mi abbassai alla sua altezza allargando le braccia e lui si lanciò verso di me urlando dalla contentezza.

“Mamma!” appena Sarah sentì il fratello, smise di tremare e si portò verso di me gettandosi al mio collo. La contentezza del rivederli fu solo pari alla sofferenza che provai in quell’abbraccio, quasi mi fece svenire arrivando come una stilettata nel cervello. Mi costrinsi a tacere il dolore, smorzando l’urlo che mi imponeva in gola. Jake se ne accorse e mi guardò preoccupato. Negai con la testa appena si alzò in piedi.

“Mamma, che ti sei fatta?”

“Nulla Cucciola, la mamma sta bene ora!” le sistemai i capelli. Quando la piccola era angosciata cominciava a mordicchiarsi il pollice. È incredibile come una madre si accorga di ogni piccolo atteggiamento dei suoi figli dando un significato ad ogni gesto.

“Dovresti riposare Nessie, guariresti più in fretta!” mi alzai lentamente, con i piccoli ancorati alle mie gambe. Cominciai ad accarezzare le loro teste, li guardavo contenta perché vederli sani e salvi mi dava un po’ di sollievo.

“Volevo solo stare un po’ con loro, comunque sto già meglio!”

“Renesmee …” mi guardava con quegl’occhi come a dire ‘Non mi prendere in giro ’ .

“Jacob non dire nient’altro! Sto bene ora!” lo ripagai con uno sguardo ‘evita che ci sono i bambini’. Tornai subito ad osservarli, continuando ad intrecciare le mie dita tra i loro capelli neri. Loro si strinsero più forte come a non volersi più staccare, come se avessero paura che io sarei scomparsa da un momento all’altro. No. Io non li avrei mai abbandonati. Avevo un dovere nei loro confronti. Dovevo fare di tutto per permettergli una vita normale, serena “Jake, ho deciso vado a Volterra! ”

 

Dopo qualche giorno di convalescenza io, mio padre e Gabriel stavamo per partire ad  invocare l’aiuto di Marcus. Negl’anni era riuscito a riorganizzare i Volturi e con la sua esperienza passata sicuramente avrebbe trovato con noi la soluzione più adatta. Jacob ed i bambini sarebbero rimasti alla vecchia casa di Billy, nella riserva dove il branco è più forte. Nessuno voleva correre rischi e per la seconda volta i Cullen vi ebbero pieno accesso. Riempivo nervosamente una borsa, camminando da una parte all’altra della casa senza neanche capire cosa stessi facendo. Mi importava poco. Dovevo solo trovare un modo per togliere da ogni pericolo i miei figli.

“Dove diavolo è il mio spazzolino? Perché in questa maledetta casa non si trova mai niente? ” Jake continuava a guardarmi muovermi come sotto l’effetto del veleno di una tarantola. Aveva i miei stessi timori ma sembrava riuscire a mantenere la calma.

“Nessie sarà al suo solito posto … ”

“No non c’è! Vedi che non c’è!” aprì l’armadietto del nostro bagno mostrando la mia ipotesi. Proprio mentre stavo sbraitando Jacob mi sovrastò e prese il mio spazzolino. Lo afferrai senza neanche concedere uno sguardo e ripresi a prepararmi. Con forza e con delicatezza prese le mie spalle e mi accolse fra le sue braccia.  Affondai il mio volto sul suo petto, lasciando che il suo calore mi calmasse.

“Supereremo anche questo!”

“Jake ho paura! Se dovesse succedere qualcosa … ”

“Non succederà nulla, non lo permetterò!” mi strinsi ancora più forte. Avrei voluto che il tempo si fermasse, che il mondo smettesse di girare fra le braccia del mio Jacob. Invece no. Tutto continuava ed io dovevo proteggere quelle piccole creature innocenti.

“Nessie, sei pronta?” mio padre mi riportò al nostro dovere. Abbandonai il rassicurante abbraccio di mio marito, chiusi il mio borsone e mi portai fuori. EJ appena mi vide corse in mia direzione con le braccia protese. Lo afferrai assaporando il suo profumo delicato e la sua temperatura che ricordava quella del padre. Sentivo le sue piccole braccia cingermi il collo e le sue lacrime cominciarono a bagnare la mia camicetta.

“Mi devi promettere ometto, che sarai ubbidiente con tutti e che non  farai arrabbiare il tuo papà!” annuiva appena, gli asciugai il visino e baciai le sue guancie morbide. Era bellissimo, anche quando piangeva. Volsi il mio sguardo a Sarah che si era attaccata alla gamba di mia madre e mi guardava arrabbiata.

“Piccola perché non mi saluti?” dissi mentre mi avvicinavo.

< Non vuole che parti! > certo. Da quando sono nati io non ho fatto altro che stare con loro, accudirli, coccolarli. Si sono sempre addormentati con la sicurezza che io c’ero e ci sarei stata. Ora invece stavo andando in Italia senza sapere quando sarei tornata.

“Tu ci stai abbandonando!” disse appena in un sussurro. Quelle parole mi ferirono enormemente. Squarciarono il mio petto lacerando ogni minimo brandello di me. Possibile che nel tentativo di salvarli li stessi abbandonando?

“Sarah, non dire questo a tua madre!” Jacob intervenne ma io lo zittì subito con un gesto. Avevo le lacrime che stavano per sgorgare, in fondo era come mi sentivo io ogni qual volta la mamma doveva partire per un qualsiasi motivo anche per pochi giorni. Mi sentivo abbandonata, perduta senza di lei. Mi sentivo tradita.

“Lo sto facendo per voi! Ti prego Sarah, non fare così!” la piccola si voltò verso mia madre ed allungò le braccia. Dopo qualche secondo di titubanza Bella la prese in braccio e continuò a guardarmi come per rassicurarmi. Sapeva esattamente come mi sentivo, lo aveva provato sulla sua pelle. Mi avvicinai a loro, la bambina voltò repentinamente la testa. Sciolsi la catenina portafoto, che avevo sempre con me. La legai al suo collo. volevo che avesse qualcosa di mio, per non sentirsi sola.

“Vi voglio bene!” le baciai teneramente la nuca volgendo un ultimo sguardo a mia madre.

 

Volterra. L’ultima volta che c'ero stata, ero una nemica ed ora stavo per invocare aiuto. Appena atterrata chiamai Jacob. In sottofondo potevo sentire i singhiozzi disperati della mia piccola Sarah. Dopo la mia partenza non aveva fatto altro che piangere, per la mia mancanza, per il saluto che mi aveva negato. Rimasi seduta sul letto pensando alla mia bambina tutto il tempo. Avevo sempre pensato che fra i due Sarah fosse la più indipendente, quella che aveva meno bisogno di me. Ed invece si era rivelata fragile al pari di EJ. Toc!Toc!

“Nessie, posso?” Gabriel aveva imparato a bussare. Sorrisi ripensando a come Jake si era infuriato quando ormai cinque anni fa Gab entrò nella mia stanza senza bussare. Ed ora stavo lottando per i nostri figli. Lo stavo facendo per loro.

“Avete contattato Marcus?”

“Ci riceverà nel pomeriggio! Tu come stai?” stavo come una madre in ansia lontana dai propri figli. Non avevo voglia i rispondere a quella domanda. Volevo solo combattere.

 

Noi tre eravamo proprio un bel quadretto. Io e Gabriel stavano tranquillamente con una felpa e mio padre sembrava partito per la Siberia. Aveva un cappello con una grande falda che copriva il volto dai raggi solari, occhiali scuri ed un cappotto con il colletto alzato. Nonostante l’angoscia e la tensione cominciai a ridere anche se sembravo più isterica che divertita. Ci aggiravamo per Volterra dirigendoci verso la fortezza dei Volturi. Appena mi trovai nella piazza mi sentì mancare. Per quanto fossero cambiate le cose, quel posto mi metteva sempre inquietudine. Era lo scenario dove avevo combattuto la bestia.

“Edward, Gabriel, Renesmee sono felicissimo di vedervi!” Marcus si avvicinò a noi, in un modo che mi fece rabbrividire. Prese la mia mano e la baciò “Renesmee sei sempre più incantevole! Gabriel ho saputo della tua missione in Australia ti sei comportato egregiamente!” i Volturi non erano cambiati poi tanto. Continuavano ad essere vincolati a vecchie tradizioni con tanto di falsi convenevoli e reverenze, solo che adesso erano sulla bocca di un altro. Nella sala centrale si trovavano solo due troni, in uno vi era una stupenda vampira. Aveva lunghi capelli castani, labbra rosse, pelle d’alabastro. Era bella quasi quanto Rose.“Ditemi cosa vi ha portato a farmi visita?”

“Ci sono dei problemi, nel nostro territorio!”

“Chi è così sciocco da attaccarvi nel vostro territorio?”

“Possiamo parlare in privato?”

Ci dirigemmo in una piccola biblioteca dove mio padre spiegò per filo e per segno quello che avevamo affrontato, e di quanto Joyce ci preoccupasse.

“Se è riuscito a raggirare Aro, voi ed un branco di figli della luna non sarà facile stanarlo e catturarlo! E poi quel suo potere è veramente pericoloso!”

“Ci aiuterete?” dissi tremante capendo che quel preambolo potesse significare solo una cosa.

“Non posso permettermi di sguarnire la guardia, sono ancora troppo debole! In molti vogliono il mio scalpo e non vogliono i cambiamenti che ho apportato alla casata! Mi spiace ma ... ”

“Ti spiace!” ringhiai profondamente tanto che sia Gabriel che mio padre rimasero interdetti “Sulla gogna ci siamo noi! NOI! Ci siamo presi le tue responsabilità in questi cinque anni per permetterti di organizzarti e ora CI VOLTI LE SPALLE!” la mia voce si fece presto carica di rabbia, latravo come un cane e allo stesso tempo urlavo. Cozzai un pugno sul muro per evitare di farlo sulla sua faccia “Sei identico ad Aro, pensi solo al tuo potere e solo a te stesso!” proprio mentre stavo ancora sbraitando con l’intento di saltare al collo di Marcus due vampiri enormi mi presero per le spalle e mi costrinsero al muro. Cercai con tutte le mie forze di divincolarmi.

“Renesmee calmati!” mio padre mi si parò davanti e mi guardò severo. Non mi importava di esagerare, in gioco c’era troppo e sarei stata disposta a tutto pur di imporre la mia volontà. Un momento.

“Gabriel! Aiutami!” stava con lo sguardo basso, perso. Gli dispiaceva non potermi aiutare ma si rendeva conto che quello che chiedevo era assurdo.

“Gabriel non muovere un  muscolo! Renesmee ascoltami!” prese il mio viso costringendo i nostri sguardi ad incrociarsi “Non risolverai nulla con questo atteggiamento, abbiamo parecchi alleati qualcun altro ci darà una mano!”

“Gli altri non hanno mai affrontato vampiri ingestibili! Lui potrebbe inviarci qualcuno!” cercavo ancora di divincolarmi con tutte le mie forze, ma proprio come un cappio, più io mi agitavo più i vampiri stringevano tanto da sentire i miei capillari cedere.

“Gli altri non sanno gestire queste situazioni come un Volturo, Edward Renesmee ha ragione” Gabriel si mosse in mio favore ed io rilassai i muscoli del mio viso. Poi prima che mi potessero lasciare libera per fermarlo si portò accanto a Marcus.

“Gabriel no!” mio padre cercò di fermarlo ma Marcus fu più veloce.

"Prima che tu usi il tuo potere su di me, possiamo raggiungere un compromesso! Renesmee non mi ha permesso di finire!" rimasi basita dalle parole di Marcus. In effetti avevo cominciato a perdere le staffe molto prima del suo sproloquio. Mi rilassai definitivamente ma ero impaziente di sapere cosa avesse in mente. "Voi, siete molto forti ma vi manca un elemento per riuscire a trovare questo vampiro ... Vi concedo l'aiuto di una delle mie guardie, non posso darvi di più ... "

 

 

 

La nostra permanenza a Volterra si protrasse per più di una settimana. Marcus ci aiutò a calcolare la nostra forza e cosa realmente mancava per poter catturare Joyce e distruggerlo. Avremmo dovuto braccarlo noi non aspettare al varco che attaccasse. Per questo ci serviva un segugio. Demetri. Alla fine della rivoluzione, pur di essere risparmiati, alcuni vecchi  membri della guardia avevano giurato fedeltà a Marcus aderendo al nuovo governo. Demetri era uno di questi. Non nascondo che quel maleducato mi mettesse a disagio, ma avrei sacrificato anche il mio sangue pur di eliminare Joyce e riprendermi la mia vita. Dopo molte notti insonni, il mio corpo aveva deciso di farmi affondare nel più oscuro dei riposi senza sogni. Prima che riuscissi a prendere conoscenza al suono del telefono, ci vollero molti squilli. Mi alzai ancora assonnata e risposi senza nemmeno guardare chi fosse.

“Mamma? Cosa è successo?” il cuore mi si era fermato in gola, non riuscivo a respirare ne ad emettere alcuna parola in più tanta era la paura che fosse arrivato a loro.

“Alice ha avuto una visione! Dovete tornare immediatamente!”

Attaccò. Non disse nulla di più.

 

Note dell'autrice: Incuriosite? Cosa riusciranno ad organizzare i Cullen con la nostra guardia? Quanta tenerezza vi fanno i piccoli Black? 

Rossy_87: no io non ti voglio far morire d'infarto te lo giuro! Dai su su riprenditi! Comunque allora abbiamo fatto il Chianti con il trio medusa (in realtà solo con Caius perchè con Aro c'ho fatto l'arrosto e Marcus sta con la nuova castana, non lo so quest'ultimo mi ha ispirato simpatia con la storia di Dydime) con Jane e Alec c'ho fatto le crocchette per i cani, con Joyce chissà che non abbia la meglio lui?

Never Leave Me: mi sa che il prox capitolo ti piacerà ... non lo so ho questa sensazione ...

Noe_princi89: Si è terrificante, più dei Volturi. Doveva esserlo sennò non avrebbe messo in crisi i Cullen e il branco!

Ringrazio tutti i PREFERITI e i SEGUITI della mia storia siete li mejo!!!

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** CAPITOLO XV: Desiderio di sangue! ***


CAPITOLO XV: Desiderio di sangue!

 Avvertì mio padre e Gabriel immediatamente, tanto che preparammo la partenza in meno di cinque ore. Dopo un giorno eravamo a Seattle con il segugio e senza un vero e proprio piano. Non avevamo avuto il tempo nemmeno di stabilirlo tanta la fretta nel partire.

“Jake!” gli corsi incontro e cominciai a baciarlo appassionatamente. Mi era mancato da morire, la mia famiglia mi era mancata “I bambini?”

“Sono ancora alla riserva con il branco e la tua famiglia!” la sua voce mi risultava più soave non filtrata dalla fredda cornetta di un telefono.

“Jacob, cosa significava la telefonata della mamma?” mi prese le mani cercando di farmi calmare come se io dovessi aspettare. Ma non potevo. “Jacob vuoi rispondermi?”

“Nessie non qui, dobbiamo parlarne a casa!”

 

Restai immobile quando vidi quei meravigliosi gioielli persi nella mia presenza, erano felici anche se la piccola Sarah non voleva darlo a vedere. Non mi interessava che lo dimostrasse, ero stata figlia anch’io sapevo che era così. Appena riuscì a mobilitarmi per accoglierli nel mio abbraccio, loro si gettarono su di me con una tale veemenza che cademmo a terra tutti e tre. Tra le nostra risa, i nostri baci e le nostre lacrime si aggiunse un delicato sussurro dalla tenera voce della mia bimba:

“Mamma, mi dispiace!” era quasi mascherato, come se temesse di dirlo ad alta voce. Era dura per lei ammettere di aver sbagliato, ricordava una certa bambina testarda ed orgogliosa di mia conoscenza.  Mi lasciarono sola con loro per parecchio fino a che tutte le emozioni forti che i piccoli avevano vissuto si tramutarono in stanchezza. Li sistemai nei letti delle sorelle di Jacob. Riuscì a sfilargli delicatamente le scarpe per poi coprirli con una copertina leggera. Il loro viso rilassato, felice per la gioia di riavermi mi faceva sentire completa. Sarei rimasta tutta la vita ad osservarli dormire beati. Finché delle forti e calde braccia mi cinsero le spalle.

“Ci sei mancata!” disse in un sussurro attento a non svegliarli.

“Anche voi, mi siete mancati!” mi accoccolai un  po’ godendomi un minimo d’intimità con lui. Era passata una settimana. Solo una settimana. In quel breve lasso di tempo mie era sembrato come se mi avessero mutilato e strappato via il cuore. “Ti amo, Jake!”

“Ti amo Renesmee!” aveva detto il mio nome per esteso. Capita così raramente che mi fece quasi strano. Girai il viso ed incontrai nuovamente le sue labbra carnose, non volevo altro che stare con loro vivere la mia vita tranquilla senza dovermi preoccupare delle minacce incombenti sulle nostre teste. Invece la realtà non tardava mai ad arrivare. Era sempre lì a strapparmi da quei momenti in cui la serenità sembrava essere diventata una certezza. Io avrei solo voluto un’esistenza normale. Ma la mia normalità risiedeva in una visione allarmante della zia.

“Jacob, che cosa ha visto Alice di tanto urgente?” mi sfiorò nuovamente le labbra sospirando. Forse anche lui voleva che il tempo si fermasse in quel momento, con i nostri bambini sereni e noi due incatenati dal nostro amore. Ma c’era una battaglia da affrontare e non potevamo tirarci indietro.

“Andiamo di là!” mi prese per mano per condurmi dove tutti erano riuniti. Non avevo notato come mia zia fosse ridotta fino a quel momento. Era poggiata contro il muro e si teneva la testa tra le mani in un gesto quasi disperato con Jasper che le carezzava le spalle. Cosa aveva visto di tanto terribile?

“Si sono addormentati?” stavo fissando Alice quando la domanda della nonna mi arrivò. Non distaccai lo sguardo mentre annuivo. Ero scioccata nel vedere mia zia, quella che saltellava ed era sempre allegra, ridotta ad uno straccio.

“Ci volete spiegare adesso cosa ha visto Alice per ridursi così?” fu mio padre ad azzardare la domanda che io temevo di porre.

“È stato un flash ma è stato agghiacciante” sentì la voce tremante di Alice levarsi da quello stato di coma vigile che le era preso. Alzò lo sguardo, era tremendamente spento.

“Zia cosa hai visto? Non può riguardare i miei figli, le tue visioni sono cieche con i mezzo sangue, giusto?” cercavo di invogliarla a rivelarsi, volevo essere calma ma la mia voce tradiva ogni emozione provata. Mi gettai verso di lei le presi le spalle e cominciai a scuoterla non poteva tenermi sospesa a lungo “Alice, parla!” la implorai. Lei mi guardava negl’occhi persa come se temesse di affrontarmi.

 “Attacherà, presto ... L'ho visto aveva …”   abbassò lo sguardo ma io la riportai subito sul mio “ ... aveva il volto coperto di …”

 “Aveva il volto coperto di?” la scossi ulteriormente. Se prima ero disorientata ora ero letteralmente terrorizzata. Credevano che mascherandomi la realtà sarei stata in disparte senza chiedere?

“ ... di  sangue Nessie!"

"NOOO!" mi compressi il cranio incastrando le mie dita tra i ricci, stava per scoppiare tanto era l'agitazione "Di chi era il sangue Alice? Di chi era?" la voce mi provenì direttamente dal cuore, non potevo urlare  ma dal mio tono era come se lo stessi facendo.

 "Nessie ... "tentennava. Non doveva tentennare, doveva rispondermi.

"Di chi era il sangue Alice?" lasciai trapelare un ringhio soffuso.

"Appena la visione si stava soffermando sulla sua vittima il nero … buio completo … ” avevo la respirazione a zero, temevo che la vittima fosse uno dei miei figli, la mente a breve perse ogni cognizione, vedevo il mondo attorno a me confuso. Jake mi venne incontro e mi sorresse quando le mie gambe cominciarono a cedere. Ero talmente spaventata che la vista si stava già appannando di lacrime.

“Alice ti stai sbagliando!” inspirai  a fondo ma senza che l’aria potesse passare “Non può essere, non puoi aver visto qualcosa che riguarda i miei figli! Tu …  tu … non puoi … ” cercavo di dire nella foschia che si era insidiata nella mia testa  “Mi sento soffocare!” l'unica cosa che riuscì ad uscire dalle mie labbra con quello che mi rimaneva nei polmoni. Notai in ombra, la figura di Carlisle avvicinarsi. Stavo per perdere conoscenza.

“Sta andando in iperventilazione: facciamola sedere!” mi portarono ad una sedia ma io non riuscivo a riprendermi, continuavo a respirare a fatica, sentivo i miei bronchi annaspare aria che non avevo.

“Nessie puoi sentirmi? Inspira ed espira profondamente!” sentivo le dita fredde di mio nonno sul polso. 

“Non ci riesco … ” dissi con una voce strozzata dalla mancanza di ossigeno.

“Puoi  farcela, riprendi il controllo, inspira ed espira … inspira ed espira … ” continuò così per un po’. La voce del nonno cominciò a guidarmi per ripristinare quella funzione vitale che mi era venuta a mancare per alcuni minuti. Ma mentre cercavo di riprendermi sentì mio padre.

“La visione potrebbe riguardare anche te Nessie!” tutti ci voltammo verso di lui che se ne stava fermo taciturno in un angolo “Temevo che fosse solo un’impressione ma la visone di Alice … ”

“Edward cosa vuoi dire?” se anche mia madre avesse bisogno di respirare probabilmente alle parole di mio padre avrebbe avuto la mia stessa reazione.

“Renesmee è la sua cantante!” silenzio. Assoluto silenzio. Nessuno si aspettava una cosa del genere tutti esigevamo spiegazioni  “Quando l’abbiamo incontrato nella foresta, ho sentito i suoi pensieri, la sua brama, lei è la sua cantante!”

“Come fai a dirlo?” a quelle parole Jacob ringhiò come se mio padre ne fosse la causa diretta.

“So cosa significa e quanto è forte il richiamo del loro sangue per noi! L’ho provato con Bella … ” scorrevo gli occhi tra mia madre e mio padre. Fra di loro si guardarono persi, disperati sapendo che quello a cui stavo andando incontro era un destino crudele, che loro per me non avrebbero mai voluto.

“Bene, vuol dire che avremo un’esca per attirarlo in una trappola!” tutti ci eravamo completamente dimenticati di Demetri che rimase ad osservare i nostri comportamenti schifato, non so se più per l’odore di Jacob o dal nostro modo estremamente umano di essere.

“Non parlare di mia moglie come un’esca, maledetto succhiasangue!” Jake si irrigidì facendosi cogliere da un tremore fortissimo.

“Parla Demetri, hai in mente qualcosa?” Jake si voltò verso di me come se fossi stata colta da un’improvvisa demenza senile e avessi deciso di buttarmi giù da un ponte senza paracadute. In realtà ero cosciente. Volevo finirla con questa storia.  Mi sentivo alimentata da una nuova speranza, avrei potuto salvare i miei figli e se questo significava perdere la vita lo avrei fatto senza indugiare un istante di più.

 

 Accarezzavo i lunghi capelli neri di Sarah. Mi ero sdraiata accanto a lei mentre era ancora addormentata, ma adesso non stava facendo un sonno tranquillo. Si agitava. Come poteva essere altrimenti. I bambini sentono nell’aria se c’è qualcosa che non va, e lei nonostante fosse sopita in un’altra stanza sapeva cosa avevo deciso di andare incontro. Il mio cuore piangeva più di quanto gli occhi potessero fare. Forse questa volta  non ne sarei uscita viva, ma per loro, la mia vita, era un prezzo giusto da pagare. Non potevo farglielo sentire, non dovevano percepire la mia angoscia, altrimenti non mi avrebbero permesso di proteggerli. Ecco cosa provava mia madre quando quel tremendo giorno, mi aveva spedita da Jake per paura che li seguissi nel loro piano suicida. La lettera. Si perché proprio come mia madre sentì il bisogno di scrivere una lettera.

Cari piccoli miei,

Forse nessuna parola mai inventata potrà descrivere sufficientemente tutto l’amore che io provo per voi. Siete la completezza della mia vita l’inaspettata gioia che ad un tratto mi ha portato ad un passo dal Paradiso. So che la mia mancanza vi farà soffrire, imparerete a conviverci e presto o tardi ci sarà qualcuno che vi aiuterà ad andare avanti. Non nascondo che avrei tanto voluto vedervi crescere ancora un po’, incontrare ogni giorno quelle caratteristiche fisiche e mentali proprie di noi, i vostri genitori. Vorrei rivedere nel vostro sorriso rispecchiarsi la solarità di vostro padre, nella vostra impulsività il mio carattere sconsiderato, e vorrei vedere come la vostra personalità plasmi le nostre peculiarità su voi stessi rendendovi unici e speciali. Vi ho aspettati così tanto che ora il dirvi addio mi lasciata stremata, ma la mia vita non avrebbe più senso se voi non foste con me. Avervi per me è significato rinascere, trovarmi nuovamente e sentirmi finalmente in pace con l’universo. Per questo devo eliminare ogni minaccia si presenti sul vostro cammino.

Sarah, mia dolce piccola Sarah. Tu sei una forza della natura, sei brillante, solare, forte. Sei perfetta.

EJ, mi assomigli così tanto che ogni volta che ti guardo vedo una piccola me. Sei meraviglioso.

Voi due ci avete donato una gioia immensa e sono stata onorata di averne fatto parte seppur per un brevissimo ma intensissimo periodo di tempo.

Vi amo da prima che voi nascesse!

La vostra mamma!

Le mie lacrime bagnarono il foglio. Non volevo dirgli addio ma potevo lasciarli in balia degli eventi e rischiare di non fargli vivere la vita serena che meritavano? No. Ho preso un impegno con loro e l’avrei mantenuto. Jacob si avvicinò al letto dove ci trovavamo.

“Nessie, io non voglio che tu rischi in questa maniera cerchiamo un’altra soluzione!” teneva il tono basso per non disturbare i bambini.

“Shh! Andiamo a parlare da un’altra parte!” nel frattempo Sarah si era rannicchiata su di me. Quando mi alzai si accoccolò su se stessa spostando le manine paffute sotto il suo viso. Silenziosamente ci avviammo verso la camera da letto, chiusi con cura la porta e mi voltai verso Jake. “Non esiste altra soluzione, devo attirarlo nella trappola con il mio sangue! Jacob se dovesse prendermi, se dovesse farcela … ” posai una mano sul suo volto. Affondai nel suo universo scuro era spaventato, arrabbiato, voleva proteggermi, stavolta non poteva farlo perché ero io ad impedirglielo e per una ragione che andava al di là dell’imprinting e delle promesse che ci eravamo fatti quasi cinque anni fa. Era per i nostri figli.

“No, non dirlo!” la sua voce non tremava per rabbia ma di dolore. Jacob non voleva sentire da me, una donna sempre coraggiosa che non aveva mai avuto timore di nulla, parlare della propria paura di morire. Era come se mi fossi data sconfitta in partenza. Finché in gioco c’ero io la morte l’avrei affrontata a viso aperto, ma ora che invece c’erano loro  tutto era cambiato. Persino la mia vita era passata in secondo piano.

“Invece devi ascoltarmi, se non riuscissi ad uscirne voglio che tu ti prenda cura dei nostri bambini, li dovrai aiutare a superare la mia scomparsa!” trattenni a stento l’emozione e la vena sofferente che ormai aveva avvolto ogni misero angolo della mia anima.

“Se tu dovessi morire io ti seguirei!” abbassò lo sguardo. Non voleva vedere quella mia consapevolezza.

“Non dire sciocchezze!” alzai leggermente il tono facendo attenzione a non svegliare i bambini “Jacob, se hai a cuore la mia felicità non dovrai abbandonare i nostri figli! È da egoisti pensare solo al tuo dolore, pensa a loro come si sentirebbero senza una madre e un padre! Jake promettimi che resterai per loro! Promettimelo!” afferrai con entrambe le mani il suo viso costringendolo a guardarmi. Una calda lacrima scese sul mio dorso mentre si mordeva le labbra per non parlare. “Jacob, promettimelo!” lo scossi leggermente.

“Nessie, te lo prometto!”non si trattenne più e si abbandonò al pianto sulla mia spalla, tenendo il suo volto tra le mani. Gli sollevai la testa consapevole che forse quella sarebbe stata l’ultima occasione per stare insieme. Presi le sue labbra con forza, lo volevo incatenare a me per l’ultima volta. Il nostro bacio presto divenne altro, guidati dall’istinto e dalla paura di perderci. Lo spinsi verso il letto, ma lui oppose resistenza.

“Non mi sembra … ” chiusi le sue parole nuovamente nel bacio che avevo iniziato. Avevo bisogno di lui, del suo corpo, della sua anima. Rimase fermo immobile finché non lo costrinsi a sedersi sul materasso accavallando le mie gambe intorno alla sua vita. Lo voleva anche lui, in fondo sapevamo cosa significasse fare l’amore in quel momento. Scostò il mio viso  guardandomi negl’occhi così intensamente che sembrò entrare nella mia anima.

“Ti amo!” sempre prima di fare l’amore ci ricordavamo il sentimento che ci univa. Era un piccolo rituale a cui non potevamo sottrarci. Una cosa dolce, tenera, felice. Ma ora era così triste da farmi male, da distruggere ogni forza che fino ad allora mi aveva tenuta in piedi.

“Ti amo anch’io Jake!” lo pronunciai tra le lacrime che mascherai unendo voracemente le nostre labbra. Ormai conoscevamo bene i nostri corpi, non dovevamo scoprirci, nulla era nuovo se non il senso di estrema disperazione che ci guidava. Persino il desiderio sembrava oscurato da quella sofferenza che governava i nostri animi. Era rigido, titubante, restio a  concedersi per il significato che stava assumendo quell’atto d’amore che spesso aveva animato le nostre notti. Tenevo la mia mano sul suo petto ascoltando con il tatto il suo cuore, mentre cominciai a sfiorare il suo collo, il suo punto più sensibile. Era l'unico modo per permettergli di abbandonarsi insieme a me. Doveva dimenticare, dovevo dimenticare. Lo volevo, lo volevo troppo, era necessario. Solo ad un suo lieve gemito capì che era pronto ad affrontare quella che era forse sarebbe stata la nostra ultima  volta. Sfilai la sua maglietta e il passo a togliersi il resto fu breve. Mi abbandonai al piacevole profumo che forse non avrei più incontrato  in quella maniera così intensa. In quel momento dimenticai quello che stavo vivendo, lasciandomi andare al piacere intenso della nostra fusione. Sentivo le sue mani avvolgere la mia schiena come se non volesse lasciarmi andare, la accarezzava per tutta la sua lunghezza, accaldando la mia pelle ancor di più di quello che già era. Quando mi sollevai in un movimento involontario lui mi seguì baciando il mio petto, posando le sue labbra proprio dove i battiti cardiaci erano più presenti ed io presi  la sua testa, abbracciandolo teneramente. Tutto diventò estremo, tanto da sentirlo digrignare i denti per trattenere quello che la disperazione ci stava comandando di urlare. Sentì il sapore salino delle nostre lacrime mischiarsi nelle nostre bocche quando nel momento più intenso ci trovammo nuovamente le nostre labbra unite in quel bacio che aveva un solo significato. Il nostro probabile addio.

Note dell'autrice: Eh eh, si Joyce è troppo attratto dal sangue di Nessie e lei farà da esca per distruggerlo! Lei è solo una mezza vampira e Joyce è un neonato come farà ad ucciderlo? Lo vedremo nel penultimo capitolo! E poi i coniugi Black hanno consumato giustamente: non è stata uguale alla prima volta ma spero che sia piaciuta lo stesso. Ho pensato che se fra due persone che si amano una va incontro alla morte, l'ultimo desiderio di entrambe sia fare almeno per un' ultima volta l'amore.

Never leave me: Avevo ragione? E comunque dimmi chi sono sta brutta gente che ti fa arrabbiare che ho un paio di vampiri a cui prudono i denti!

Fra_Zanna: Cara mia ha avuto una visione tremenda che momenti manda in tilt Nessie. Comunque il prox sarà il capitolo dello scontro finale sei pronta?

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** CAPITOLO XVI: Prova a prendermi! ***


CAPITOLO XVI: Prova a prendermi!

Dovevamo scoprire dove si nascondeva quel bastardo, in modo da poterlo attirare nella nostra trappola. Riusciva a sfuggire facilmente e non capivamo bene come facesse. Conosci bene il tuo nemico poi attacca. Demetri era molto abile, chissà forse sotto quell’aspetto duro e quello scarso savoir fair nascondeva delle capacità. Lui assieme ai miei zii partirono per capire i suoi movimenti. Ma un pomeriggio mentre stavo giocando con i miei figli, la porta si aprì di scatto:

“È stata dura ma abbiamo trovato il piromane!” Emmett entrò dentro casa senza neanche salutare.

“Dove sta zio?”

“Aspetta Nessie, dobbiamo parlarne non possiamo muoverci alla cieca!” la pertinenza di Jasper in questo tipo di discorsi è indiscutibile. A breve ci trovammo tutti intorno alla cartina dove Demetri segnava con precisione i punti dove erano riusciti ad intercettarlo.

< Wow, sa anche leggere e scrivere! Ha anche il pollice opponibile? Doppio Wow. Non pensavo che l’anello mancate tra l’uomo e la scimmia fosse un vampiro > mio padre mi fulminò con lo sguardo a quel mio pensiero. Ci stava aiutando ed io ero sarcastica contro di lui. In effetti non ero proprio carina, ma il mio caro amico sarcasmo ogni tanto torna, non posso non aprirgli la porta.

“Si sposta di continuo, ma rimane sempre presso il confine! Non si inoltra nella riserva, sa che qui possiamo facilmente batterlo! Sta aspettando per colpire all’improvviso! E stramaledettamente furbo!” mio padre era pensieroso, come se tutto quello che stavamo macchinando non fosse convincente. Infatti non lo era. Praticamente io stavo andando in una sorta di sbaraglio parzialmente calcolato.“Ora si trova ad Est, rimarrà lì al massimo per un paio di giorni! Se non vogliamo farlo scappare nuovamente dobbiamo agire in fretta! Partirai da lì Renesmee e poi sai quello che devi fare!” Jacob ogni qual volta sentiva quella parte di piano, che era la più sostanziosa, ringhiava inferocito. Non riusciva a tollerare che io fossi messa in pericolo ma era l’unico modo. Joyce era spietato, crudele, calcolatore, tremendamente scaltro e aveva ancora la forza di un neonato. Dovevo sacrificarmi.

“Dobbiamo dividerci! Io, Embry, Paul e Jared verremo con voi!”

“No, Jake tu devi rimanere qui!” intervenni immediatamente. Jacob doveva restare con i nostri figli, non doveva rischiare anche lui. Bastavo io.

“Non dire assurdità!” stava usando quel tono di nuovo, come se io fossi una testa calda del suo branco.

“Ti devo ricordare la promessa che mi hai fatto Jacob?” non sapevo di possedere l’autocontrollo necessario per impormi in quella maniera con un enorme lupo che mi guardava minaccioso, nonostante fosse mio marito.

“Ha ragione Renesmee, andrò io al posto tuo Jacob tu devi restare con i tuoi figli!” alla proposta di Leah vidi Jake trasalire. Il suo corpo fu colto da un tremore fortissimo, la sua gabbia toracica si espandeva e si comprimeva nervosamente, nei suoi occhi leggevo quella rabbia che lo aveva colto ogni volta che non riusciva a controllarsi. In pochi secondi fu fuori. Si era trasformato. Mi voltai verso Leah che mi mise una mano sulla spalla senza proferire parola. Del resto non c’erano parole da dire. Quel pomeriggio di piani e macchinazioni continuò troppo a lungo. Ma più cercavamo di sistemare, il tutto più sembrava assurdo.

< Papà, posso chiederti un favore? > lui mi guardò di sbieco. Stava ancora organizzando la divisione di chi doveva rimanere alla riserva e chi doveva effettuare il vero e proprio agguato.

< Renesmee non è il momento! >

< Invece lo è, sto per mettere la testa tra le fauci del leone, puoi anche dedicarmi un minuto! Di fuori ma aspetta a seguirmi, voglio restare un momento da sola con te!  >  vidi i suoi occhi cambiare nonostante non lo aveva indirizzato a me. Lui quanto Jake non voleva quel piano, ma era l’unico che avevamo e sapeva quanto fossi risoluta. Mi avviai verso l’esterno. Dopo qualche minuto sentì la sua presenza gelida dietro le mie spalle.

“Papà, ho paura!”

“Lo so!”mi voltai lentamente, stava vicinissimo. Incontrai quello sguardo, che non avrei mai voluto vedere. La coscienza di un padre che sta per perdere una figlia, lui più di tutti stava soffrendo. Ero l’unica persona che conoscesse bene Edward Cullen. Lo potevo ascoltare anche quando non poteva essere ascoltato. Io ero una delle sue parti. Lo capivo come mai lo avevo capito. E lui capiva la mia scelta anche se non l’appoggiava. Anche lui e la mamma avevano scelto a loro tempo, e avevano scelto di sacrificarsi.

“Papà, ho bisogno che tu tenga una cosa, la devi dare ai miei bambini se non dovessi farcela!” voltò lo sguardo. Anche lui non voleva sentirmi dire certe cose. Presi la lettera e la misi nella sua mano. Per un attimo spostò lo sguardo su quel foglio per poi portarlo ai miei occhi. Rimase in silenzio, ma sapevo che se il suo cuore potesse correre sarebbe esploso insieme alle sue lacrime.

“Io avevo giurato che non ti avrei più abbandonato! Questo piano è una follia dobbiamo pensare a qualcos’altro!” disse in un impeto di rabbia. Aveva la voce alterata, difficile sentirlo così.

“Io ho giurato ai miei figli che li avrei sempre protetti! Se davvero non mi vuoi abbandonare mi devi lasciar andare! Non c’è il tempo per una alternativa, papà ti prego qualsiasi cosa accada state vicino a Jake e ai bambini! Dovrete proteggerli voi!”

“Lo sai che non li abbandoneremo mai!”  sospirai profondamente. Non pensavo che potessero lasciarli soli, ma sentirlo dire dalla sua voce mi rasserenerò. Toccai il suo viso perché volevo fargli un regalo.

“Purtroppo qui non abbiamo né un piano, né un violino ma volevo fare una cosa con te prima di … ” cominciai a mordermi il labbro per quello che stavo per dire. Mio padre mi guardò affranto ma prima che potesse rispondere proiettai l’immagine di noi due che suonavamo la Morte del Cigno di Camille Saint-Saen, nella sala della musica in casa Cullen. La Morte del Cigno. Proprio mentre gli occhi di mio padre si stavano per riaprire la porta di casa si spalancò e uno stupido vampiro con la sensibilità di un portaombrelli si parò di fronte a noi.

 “Ci siamo!”

< Devi sopportarlo Ness, lui ha trovato il nascondiglio di quel farabutto! >

 

Cominciai a salutare tutti, ma non potevamo farci vedere troppo affranti perché c'erano i bambini che stavano giocando con mia madre e Rose. Dovevano pensare che stavo andando un momento via, a fare una commissione, che sarei tornata a breve. Dovevo mentire per loro. Mi avvicinai, baciai le loro teste e guardai mia madre. Aveva quella maledetta espressione malinconica con la piega della bocca di quando piange senza lacrime. Lei era l’unica che approvasse realmente e ne soffriva. Le posai la mano sul volto e le lasciai il messaggio per ognuno di loro, lei sarebbe stata la mia lettera, il mio addio nel caso non fossi riuscita ad uscirne.

< Mamma, so quello a cui vado incontro. Potrei non tornare. Se tu fossi al mio posto faresti lo stesso, ma che dico, tu lo hai fatto sia quindici anni fa che cinque. Sembra un orribile incubo da cui vorrei svegliarmi, ma non mi desterò matida di sudore. Questo è tutto reale. Voglio che tu dica a tutta la nostra famiglia quanto io abbia amato ognuno di voi. Chiedi a Carlisle diventare il precettore dei miei figli e con nonna Esme dovrà viziarli e coccolarli. Dì a zia Alice che non hanno bisogno di un guardaroba nuovo ogni settimana, ma se vuole potrà riempirli di tutto l'affetto di cui è capace. Voglio che Emmett e Jasper gli insegnino a combattere come hanno fatto con me. Mamma te e Rose avrete il compito più duro: dovrete sostituirmi. Vi voglio bene mamma. >

Quando riaprì gli occhi mi annuì ma iniziò a mordersi il labbro inferiore proprio come facevo io. Mi alzai ed andai da lui, dal mio Jake. Sfiorai le sue labbra e ci abbracciammo per alcuni minuti. Il suo calore come sempe mi fece sentire imbattibile. Stavo combattendo per noi.

“Ragazzina, basta con le smancerie dobbiamo andare!” il segugio non aveva perso il vizio di trattarmi come una pezza da piedi, aveva lo stesso tatto di un orco.  All’invito poco gentile di Demetri mio marito cominciò a ringhiare e quando io accennai ad andare lui mi trattenne.

“ Jacob non fare così!” sospirai e lui lasciò la presa. Non avrebbe voluto, ma doveva farlo. Ero io a volerlo, era un mio desiderio. Il desiderio del suo imprinting.

 

Seguivo Demetri in silenzio mentre lui mi indicava dove dovevo lasciare le mie impronte. Avevo imparato bene a ferirmi attraverso le unghie. Per tutta la foresta impressi la mia mano con il sangue.

 “Da qui devi andare da sola, se dovesse avvertire la mia presenza corriamo il rischio che non segua le tue tracce. Dovrai essere il più rapida possibile, la pioggia sta per arrivare e potrebbe cancellare la tua scia. Buona fortuna!”

< Buona fortuna! Allora qualcosa sulle buone maniere le conosce! > incredibile come Demetri riuscisse a fare uscire il mio caro amico sarcasmo anche in quella situazione.

Continuai a camminare lasciando gocce del mio sangue ovunque. Alcuni lampi disegnavano il cielo grigio e deboli tuoni riecheggiavano nel silenzio della mia solitudine. Giunsi alla radura dove mio padre aveva svelato la sua vera natura. Lì dove c’erano le mie origini. Dovevo solo aspettare. Aspettare. Aspettare.

“Non riesco a capire come fa, sento il tuo sangue lontano chilometri più degl’altri e non riesco a resistergli!” mi voltai e lo vidi. Era così diverso, sembrava ancora più sicuro, più fiero, come se avesse in mano il controllo della faccenda.

“Non capisci molte cose Joyce!” I suoi occhi erano neri come la pece.

“Come mai senza cani da guardia e familiari apprensivi?” si spostò velocemente e mi fu sopra. Io non mossi un muscolo.

“Volevo prendere una boccata d’aria, la situazione stava diventando soffocante!” alle mie parole cominciò a sghignazzare divertito. Trovava le circostanze divertenti.

“Mi sembra così strano che il tuo bel Quileutte ti abbia lasciato andare … Questo mi fa sentire puzza di bruciato!” un roboante tuono cadenzò quella sua affermazione.

“Voglio solo finirla! Joyce vuoi il mio sangue? Te lo darò, a patto che tu lasci stare la mia famiglia!” cominciò ad accarezzarmi la guancia con il dorso della mano ed io continuai a stare ferma.

“E cosa ti fa pensare che io mantenga la mia promessa?” sentivo le sue parole riverberarsi algide sulla pelle del mio viso. Come riusciva a controllarsi?

“In virtù dell’amicizia che c’è stata, spero che il tuo cuore non sia morto del tutto!  Ti darò quello che vuoi …”

“E sia, cara la mia ‘amica’!” prese con forza il mio mento assumendo un’espressione feroce sul suo volto, per poi girarlo esponendo il mio collo. “Allora, piccola Ness come ci si sente ad essere la preda … ” disse in un sussurro, suadente come avevo fatto anch’io in quel lontano giorno “ … sotto il mio morso troverai solo la morte!” usava le mie frasi come per farmi rivivere la scena, una risata satanica interruppe quel suo discorso ma io mantenni i nervi saldi “Ma ti devo deludere, io non manterrò la mia promessa. Braccherò i tuoi figli ed ucciderò tuo marito, ogni cosa a te cara verrà spazzata via sotto le più tremende torture … ” inspirò profondamente mentre in me la rabbia montava rendendo il mio respiro affannato, dovevo essere fredda non dovevo dargliela vinta “Vorrei lasciarti in vita per farti vedere i tuoi figli morire ma sei così … dannatamente …  ” avvicinò la sua bocca a pochissimi millimetri dalla mia pelle, potevo sentire i suoi denti toccarla.

“Dannatamente intelligente!” proprio mentre stava per affondarli, presi il suo braccio e lo ritorsi dietro alla sua schiena per poi afferrare i suoi capelli e tirargli indietro la testa. Aveva i denti così vicini che graffiò la pelle del mio collo. “Lezione n. 1 mai abbassare la guardia! Nemmeno quando è ora di pranzo!” sibilai nel suo orecchio, poi gli piazzai un forte calcio dietro la schiena, scaraventandolo lontano da me. Lui prese a ridere convulsamente, schernendo il mio tentativo di  ribellarmi.

“Nessie, Nessie, Nessie!” scuoteva la sua testa come a redarguirmi “Così non va! Sai che sono più forte! Non potrai sempre prendermi alla sprovvista!” si accucciò ed immediatamente cercò di buttarsi su di me. Prima che potesse prendermi lo superai cominciando a correre verso la foresta.

“Dove vai? Non puoi sfuggirmi!”

Lo sapevo bene, infatti non  stavo cercando di scappare. Dovevo attirarlo nella nostra trappola. Ma prima non dovevo farmi raggiungere. Mi stava addosso, potevo sentire i suoi passi avvicinarsi. Sembrava che stessi vivendo tutto al rallentatore. Il cuore batteva così forte che nemmeno le sue risatine agghiaccianti potevano sovrastare il suo rumore, le gambe erano così tese e intrise di acido lattico da fare male, i polmoni annaspavano. Superavo velocemente tutti gli ostacoli al massimo delle mie capacità: tronchi abbattuti, rocce, corsi d’acqua. Come se non bastasse cominciò a piovere rendendo tutto più complicato. Ma quanto poteva durare? L'acqua rendeva il suolo scivoloso e la presa delle mie scarpe spesso non era ottimale. Ad un tratto persi il controllo mettendo un piede in fallo. Caddi a terra, battendo con la nuca contro una roccia appuntita. Mi voltai cercando di oppormi alla forza di gravità che mi spingeva contro il suolo.

< Pensa ai tuoi figli Nessie, ti stanno aspettando a casa! > presi coraggio e mi alzai in piedi cercando di riprendere il passo. Ma se prima riusciva a recuperare metri adesso sembrava prendere chilometri. Sentivo avvicinarsi l’aria salmastra e mischiarsi con l’umidità della pioggia, dovevo essere vicina alla scogliera.

< È quasi finita!  > ma proprio mentre pensavo questo, venni strattonata dal braccio e lanciata all’indietro. Scivolai a lungo sul terreno, tanto che la mia maglia sulla schiena fu ridotta a brandelli.

“Nessie cosa pensavi di fare? Sono troppo più forte di te!” mi alzai prontamente in piedi e tentai di colpirlo. Lui si spostava troppo velocemente.

“Joyce non mi avrai mai senza combattere!”

“Meglio! Il tuo sangue depurato dallo sforzo sarà ancora più delizioso!” mi fu addosso in pochissimo. Mi aveva costretta a terra, completamente immobilizzata. Con un braccio premeva sulla mia trachea e con il corpo mi aveva stretta paralizzandomi. La pioggia continuava il suo scrosciare scandendo le note della mia fine. Riuscivo appena a muovere il torso cercando di staccarlo da me, ma ogni tentativo fu inutile. Teneva ferreo nella sua mano l’unico polso libero, affondando le sue unghie affilate sempre più a fondo descrivendo una linea obliqua lungo le mie vene“Ti prego di scusarmi se non mi sono lavato le mani prima del pasto, è da maleducati lo so! Ma non riesco più a resistere!” provai un fortissimo senso di disgusto quando prese a leccare il rivolo rosso che ricopriva quasi completamente il mio braccio. Era talmente colmo che nemmeno la pioggia riusciva a lavarlo. “È una cosa divina … è più fluido e più dolce di qualsiasi altro abbia mai ingerito!” passava la sua lingua sulle labbra assaporando a pieno il suo macabro banchetto. Le forze stavano per abbandonarmi, le palpebre si abbassarono stanche, mi sentivo sconfitta. Avevo perso parecchio sangue.  Aveva vinto.

< Addio Jacob! Addio Sarah! Addio EJ! >

“Mi chiedo se i tuoi figli hanno questo stesso sapore celestiale!” i miei figli. I miei figli non sarebbero mai stati al mio posto. Spalancai gli occhi sapendo di dover reagire. Non mi aveva ancora morsa ma il suo volto era ricoperto del mio sangue. La visione di Alice. Dovevo raggiungere la scogliera. Armata solo dalla forza dei miei sentimenti, presi a pressare con tutta la forza con le ginocchia contro il suo ventre cercando di sospingerlo via. Sentì sollevare il suo peso mentre le due unghie strapparono la carne del mio braccio. Mi elevai in piedi repentinamente. Lo avevo spiazzato e ne rimasi compiaciuta.

“Sai Joyce, dovresti imparare a tenere a bada quella tua lingua biforcuta!”  si alzò anche lui guardandomi con quell’espressione mefistofelica che mi fece indietreggiare. I suoi occhi rubino non bramavano altro che finire ciò che aveva iniziato. Mi veniva incontro ed io non sapevo cosa potessi fare. Era sempre più vicino e dovevo riprendere la mia corsa. Gli alberi. Allungai le braccia e afferrai un ramo non troppo basso  e con esso mi diedi la spinta necessaria a calciarlo più violentemente possibile. Con una forte botta di reni mi portai tra le fronde per cominciare a saltare da un ramo all’altro come durante le mie cacce. Subito Joyce riprese ad inseguirmi, ma la scogliera era molto vicina. All’ultimo albero saltai ammortizzando con le mie ginocchia la caduta. Dalle mie spalle calmo come se non fosse successo nulla apparve Joyce, aveva ancora quel ghigno malefico sulla bocca.

“Sei in trappola piccola Nessie!”

Rimasi ferma accucciata come se volessi attaccarlo mentre lui si stava avvicinando. Ma quando stava praticamente a pochissimi passi presi una rincorsa velocissima e mi gettai dalla scogliera. L’impatto con l’acqua fu come me lo ricordavo. Uno schiaffo in pieno viso, pura adrenalina. Questo mi diede la forza di nuotare con grandi bracciate. Improvvisamente venni afferrata per la caviglia e trascinata. Mi mancava l'ossigeno, dovevo respirare. Cominciai a dimenarmi disperatamente. Uscì per una frazione di secondo con la testa prendendo una boccata d'aria,  per poi essere riportata sotto il pelo dell'acqua. Mi teneva le spalle mentre cercava di mordermi. Ma io fui più svelta. Riuscì a colpirlo, con grande soddisfazione, donandogli una ginocchiata sull'inguine. Appena mollò la presa, ripresi aria e ricominciai a nuotare ancor più velocemente fino alla spiaggia. Joyce poco dopo uscì dall’acqua ancora trabballante dalla botta.

“Nessie, dove vuoi scappare?”

“Non ti sei accorto Joyce? Permettimi di darti il benvenuto nella tana del lupo!” a quelle mie parole una saetta rossa spuntò dalle mie spalle parandosi di fronte a me. “Jacob?” non poteva essere lui. Cosa voleva fare, perché non aveva mantenuto la sua parola? Ero completamente stordita dal terrore di perdere l’amore della mia vita. Dovevo immaginare che Leah non prendesse le mie difese, Jacob si era arreso troppo facilmente. Erano d'accordo. Probabilmente si aspettavano che io non lo volessi sul campo. Quel giorno erano bastate troppe poche parole per convincerlo, doveva farmi intuire qualcosa. 

< Stupida, stupida Nessie! > caddi sulle mie ginocchia mentre li osservavo battersi. Era troppo forte. Vedevo Jacob dimenarsi cercando di morderlo, Joyce rivoltarsi per ferirlo. Poco dopo altri tre grandi lupi si aggiunsero a quella battaglia. Guardavo la scena terrorizzata. Riusciva tranquillamente a tenere testa a tutti con la sua forza e la sua furbizia: raggirava i colpi e li rispediva al mittente. Mi sentivo paralizzata. Ad un tratto Joyce si era avventato su Paul e stava per utilizzare il suo potere, ma Jake si mise in mezzo diventando così il suo bersaglio.

“Jacob no!” sentivo i suoi guaiti dolenti. I miei piedi sembravano ancorati al terreno per quanto il panico mi aveva invasa. Fino ad allora avevo pensato che ero l’unica che poteva morire. Invece no, la vita era in gioco di tutti, compresa quella di mio marito. E cosa avrei fatto se fosse perito in battaglia? Mi strinsi la testa con le mani spaventata non volevo continuare a sentire i suoi latrati mentre lo stava ustionando. L’odore mi fece stare ancora più male, pelo bruciato. Ma proprio mentre Jake stava cedendo, intervenne Gabriel che staccò Joyce e lo portò a terra. Erano arrivati. Mostravano entrambi i denti come due tigri, in preambolo di uno scontro allucinante. Neanche i lupi riuscirono ad intervenire tale era la velocità con cui si muovevano.

“Nessie! Ce l’hai fatta!” Rose mi venne incontro. Mi voltai e notai Demetri, Emmett, Jasper  e mio padre cercare di sistemare la pira che avevano preparato. Non riuscivano ad accendere il fuoco a causa della pioggia. Le cose stavano andando sempre peggio. Gabriel sembrava non avere la meglio nonostante ora c'erano anche i lupi schierati dalla sua parte. E poi il respiro si mozzò in gola. Jacob era ancora a terra a poca distanza da dove si stavano massacrando.

“Devo andare da mio marito … ”  mi alzai velocemente ma Rose cercò di trattenermi.

“No Renesmee, è pericoloso!” mi liberai dalla sua presa ed andai proprio dove la lotta stava imperversando nella maniera più cruenta. Lì il mio lupo respirava affannato. Aveva una porzione di pelo sul dorso bruciato e piccole bolle d’acqua sull’epidermide esposta, ma per fortuna la sua ferita non era grave. Gli carezzai il muso sapevo quanto potesse far male. Appena i nostri sguardi si incrociarono cominciai involontariamente a sorridere.

“Ehy lupachiotto! Non ti avevo detto di restare a casa?” silenzio. Un silenzio assordante. Nessun latrato, nessun soffio, nessun crepitio, nessun odore di carni bruciate. Alzai lo sguardo e vidi Joyce rivolto verso di me. Probabilmente aveva avvertito la mia presenza e stava per saltarmi addosso. Ma perchè rimaneva immobile? Allungai lo sguardo e scorsi Gabriel stava nella sua stessa posizione, tenendogli la mano. Rimasero fermi per alcuni secondi, sembravano statue di ghiaccio, congelati in quel momento di quiete. Si avvertiva solo la pioggia che contrinuava a cadere impetuosa su di noi aumentando progressivamente il suo scrosciare. Un lampo, un tuono. Il cielo nero che assisteva alla scena ci avvertì con i suoi mezzi che il tempo non si era fermato. Intravidi fra le gocce e il grigiore il blu intenso degl’occhi del mio amico, divenire un celeste trasparente, color del vetro lucido, cosa voleva fare? Joyce invece aveva lo sguardo cremisi perso nel vuoto continuando nella sua staticità inquietante. Nessuno riusciva a capire bene cosa stesse imponendo Gabriel sulla volontà del vampiro fino a che non si portò la mano libera al viso.  Cominciai a tremare, ero terrorizzata. Un lieve fumo appena percettibile provenì da quel contatto, poi arrivò un fortissimo odore d’incenso accompagnato da un agghiacciante urlo di dolore; una fredda ventata mi avvolse e mi coprì gli occhi nascondendomi lo spettacolo raccapricciante che si stava parando di fronte a me. Gabriel aveva indotto Joyce ad usare il suo potere su se stesso.

“Non devi guardare, bambina mia!” Rose, mi stava facendo scudo con il suo corpo. La vista riuscì a fermarla, ma l'udito non poteva essere coperto con semplici mani perchè nemmeno la sirena di una baleniera avrebbe potuto nascondere un tale strazio.

 

Note dell'autrice: Ragazze! Battaglia! Vi è piaciuta? Insomma non è stata per niente facile! Praticamente Nessie con la sua corsa ha portato Joyce nella riserva sulla spiaggia di La Push per poterlo distruggere e bruciare. Ma guarda un po' stranamente a Forks pioveva. Menomale che c'è Gab con il suo poteruccio che c'ha fatto l'arrosto. Ed ora vedremo un bell' epilogo di tutta la storia. Contente?

Rossy_87: Ma allora sei bravissima, come avevi capito che l'avrei distrutto con il suo stesso potere! Hai visto che qualcosa c'hai preso! Brava! Comunque non sono una mamma, ma sono un tipo molto materno questo si! E poi mi piace analizzare il comportamento umano e il rapporto di una madre con i figli è una cosa veramente affascinante. Comunque suil discorso notte focosa Jake e Nessie era proprio quello che volvo trasmettere. Secondo me loro sono amore puro. A differenza di molti io la storia dell'imprinting di Jake con Nessie l'ho vista come una gran cosa. Penso che l'amore che credeva di provare Jake con Bella era solo una trasposizione di quello che in futura avrebbe provato con la figlia, come se amando Bella amasse Nessie prima che nascesse. Più amore di così si muore! Basta so che ci voglio vedere sempre il lato romantico magari davvero è stato un escamotage letterario per far contente tutte, io però c'ho visto il lato romantico della faccenda. 

Never Leave Me: Ragazza mia mi dispiace Joyce è andato. però magari il segugio prima di tornare a Volterra potrebbe drinkare con loro...

Noe_princi89: ma non che non la faccio morire! Al massimo le complico la vita quello si!

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** CAPITOLO XVII: Sguardo al futuro. ***


CAPITOLO XVII: Sguardo al futuro.

Lo sapevo. Dovevo appuntarmelo da qualche parte l’ultima volta. Avevamo sconfitto Joyce, rispedito lo scimmione maleducato a Volterra ed ora dovevo affrontare un grosso molosso frignone. Mi devo ricordare che quando il mio lupo si ferisce aspetta il suo turno con il nonno, io non devo medicarlo. Ero molto tentata di andare a cercare un bel sonnifero da elefante, con tanto di fucile. Mai un veterinario quando serve.

“Ma perché devi farlo sempre tu? Sembri tanto delicata ed invece fai un male!” lo guardai in cagnesco prima di stringere un po’ di più del dovuto la benda con cui gli stavo avvolgendo il torace, per coprire l’ustione “Ma sei impazzita?”

“Innanzitutto sei tu che hai rifiutato l’aiuto di papà e non hai voluto aspettare che il nonno finisse con Gabriel! Tra l’altro le tue ustioni sono molto meno gravi delle mie, quindi non mi sembra il caso di lamentarsi in questa maniera! Smetti di fare la femminuccia, Jacob! Sei o non sei un lupo alfa? Comportati da tale!” protestai stizzita da tutto quel borbottare.

“Quando ci sei passata tu ogni cinque secondi tuo nonno si doveva fermare per farti prendere fiato e hai anche rischiato di fratturarmi una mano!” bofonchiò per non farsi sentire ma io lo avevo sentito bene.

“Si dà il caso che io sia una femminuccia e che avevo ustioni molto più profonde e per tutta la circonfenza! Se non la smetti all’ultima stretta ti faccio urlare dal dolore ancor più di quanto tu stia facendo, chiaro!” avevo abbassato il viso non volevo rischiare di esplodere incontrando la sua faccia appagata di avermi fatto infuriare.

“Sai, sei più bella quando ti arrabbi!” alzai gli occhi contrariata ed invece mi trovai il suo bellissimo volto con quello sguardo che poteva penetrare qualsiasi scudo fisico o mentale che una persona si era posta. Ecco mi aveva di nuovo incastrata con un sorriso alla Jacob! “Da quando arrossisci ad un mio complimento? Forse non te ne faccio più abbastanza?” ero arrossita? Ripresi a finire la fasciatura con lo sguardo basso, intenta nel chiuderla “Ahi!”

“Jacob stavolta lo stai dicendo apposta! Non ti ho toccato!” ero riuscita a disincantarmi dal mio lupo. Avevo assunto la mitica posizione di battaglia alla Bella a cui avevo apportato una variante: piede picchiettante, sopracciglio alzato e braccia a brocca. Adesso avevo anch’io una mia personale posizione da mamma arrabbiata.

“Sai che c’è? La ferita fa davvero male … ” avete mai visto un uomo alto due metri, largo come un armadio a due ante (ndr: rif: Frankestein Jr) frignare e guaire? Ecco, io si. “ … però potresti indorare la pillola!” con un braccio agguantò la mia vita portandomi a se mentre con l’altro prese la mia nuca stringendomi in un caloroso bacio, di quelli che per trasporto sembra essere catapultati nel finale di un film d’amore.

“Ehm, Ehm!” sentì la voce di Rose e ci staccammo velocemente sapendo già quale sarebbe stata la notizia che ci portava “Ragazzi, se avete fatto ci sono due piccoli angeli che sono impazienti di vedervi!” il mio cuore cominciò a precederla, lo sentivo battere ad una tale velocità che sembrava essersi trasferito ovunque tranne che nella sua solita residenza. Mentre stavo curando Jacob i restanti membri della famiglia erano tornati dalla riserva. Scesi così velocemente le scale che andai ad urtare per la milleduecentesima volta la colonnina con il pregiato manufatto Cullen, che, se non fosse stato per l’azione combinata mia e di Jacob, sarebbe finito in frantumi.

“Nonna dovresti levarla quella colonnina da lì!” mi guardai intorno ma non vedevo i miei bambini. Sentivo il loro odore, percepivo il loro battito. Ma loro non c’erano, potevo anche udire qualche risolino compiaciuto.    

“Mamma!” quello che volevo sentire e basta. Mamma. Sbucarono da dietro il divano con le braccia aperte tutti emozionati. Erano i miei splendidi figli. Non pensavo di poter rivivere tale gioia. Poter accarezzare le loro teste, baciare le loro guancie, assaporare il loro profumo simile al mio ma con quel tocco di borotalco che lo rendeva unico. Poter incontrare quegl’occhi verdi incastonati nei loro visi dai tratti precisi e delicati, incorniciati da capelli neri. Sentire nuovamente i loro corpicini accostati al mio, con quella pelle di seta poco più scura della mia.

“Così, ci soffochi!” protestò la piccola e mollai immediatamente la presa. Presi a baciarli alternativamente più e più volte, non mi sarei mai saziata delle loro coccole e delle loro carezze.

“Mamma, hai preso a calci il mostro con gli occhi rossi?” ci guardammo tutti stupiti e senza parole,  all’affermazione di Sarah.

“Sarah chi ti ha … ” cercai di dire ancora un po’ frastornata.

 “Pensavi che non l’avevamo capito, mamma?” aveva quella faccia furbetta con quel sorrisino soddisfatto, di quando mi prendeva in contropiede.

“Noi due non siamo stupidi!” protestò EJ seriamente offeso che li avessi sottovalutati. Era bello rivedere in quei comportamenti i miei stati d’animo di quando ero io al posto loro.

“Tu un pochino si!” la mia piccola insolente Sarah. Ero troppo felice di potere ascoltare nuovamente i loro battibecchi che non mi intromisi. Faceva parte della loro essenza.

“Smettila Sarah! Bambini dovreste cercare di andare un po' più d’accordo d'ora in poi!” ecco di nuovo il papà austero e severo che riprende i suoi figli. Papà austero, severo e altrettanto comico. Lo so è alto e intimidatorio quando si altera, ma per me è sempre stato un gigante buono.   

“Papà!” appena alle mie spalle comparve Jacob, i piccoli si fiondarono su di lui attaccandosi al suo collo e alle sue spalle proprio dove c’era la sua ferita.

“Piano! Piano! Ahi! Nessie hanno ripreso da te!”  la scena ci coinvolse tutti in una risata. E poi sembravano veramente un lupo con i suoi cuccioli soprattutto con Sarah. Erano adorabili.

“Oh, Renesmee! Ero preoccupata da morire!” andai incontro a mia madre cercando il suo tenero abbraccio.

“Ma tu non puoi morire mamma!” appena ci separammo mia madre prese il mio braccio fasciato e lo cominciò ad osservare. Io ero sposata, una madre ma venivo sempre considerata una ragazzina.

“Ti ha ferita?” alzai le spalle perché non importava, soprattutto ora che sapevo di avere nuovamente un futuro. Lei mi guardò intensamente e portò la mia testa sul suo petto per coccolarmi. Mentre ancora stavo crogiolandomi tra le braccia della mamma, mio padre si avvicinò. 

“Questa è tua, non serve più!” fra le mani aveva la lettera che gli avevo consegnato in caso mi fosse successo qualcosa. La presi e la strappai non nascondendo un sorriso di soddisfazione. Mi voltai poi a guardare nuovamente la mia famiglia. Erano tutti lì. Sarebbero stati sempre tutti lì. Noi  siamo una meravigliosa, pazza ed eterna famiglia.

 

 

POV Jacob

Sentivo un vociare sospetto attorno al letto. Mai mettere insieme geni di vampiro, licantropo e umani: quello che ne esce fuori sono due birbanti furbetti  con una madre diabolica ancora fanciulla.

“Siete sicuri che funzionerà?”

“Io no, è Sarah che pensa che funzionerà!”

“Nelle favole funziona sempre!”

“Ma se non si è svegliato con le cuscinate come pensi si svegli con un bacio?” la cosa diventava interessante “E poi nelle favole non si è mai sentito che è la principessa a svegliare il principe!”

“Non fare il pignolo EJ! Ci proviamo tutti prima io poi tu e poi la mamma!” ero decisamente d’accordo con Sarah. Ormai ero sveglio, ma mi piaceva giocare con loro come ho sempre fatto. Rimasi con gli occhi chiusi, aspettando di sentire i loro primi movimenti. Senti le labbra calde di Sarah posarsi sulla mia guancia, non mi svegliai.

“Niente! Hai visto Sarah!”

“Zitto EJ prova tu!” il piccolo EJ mi sfiorò appena. Odiava le smancerie da bravo maschietto. Continuai a dormire visto che io attendevo un altro bacio. Volevo quello della mia Nessie.

“Se non si sveglia con quello della mamma, vuol dire che lo lasceremo dormire tutto il giorno! Così Zia Alice lo fa fuori perché non è venuto alla sua festa!” ero quasi riuscito a fargliela ma mi lasciai scappare un ridacchio.

“Sarah, lo sai che hai avuto una grande idea! Lasciamolo qui e facciamolo prendere da Alice, così imparerà a svegliarsi appena noi vogliamo! Venite andiamo!” mi aveva scoperto. Sentì tutti e tre alzarsi dal letto. Lo sapevo che dovevo tenere a freno quello sghignazzare. Ormai tanto valeva giocarsi il tutto per tutto.

“Scusa principessa Renesmee, il mio bacio?” si voltarono tutti in simultanea. Nessie mi accolse con uno di quei sorrisi capaci di farti rinvenire da dieci anni di coma.

“Niente bacio, lupo da strapazzo! Così la prossima volta ti svegli prima!” la mia famiglia era troppo bella per essere vera. Anche troppo strana in realtà per esserlo. E troppo piena di vampiri, cosa che non avrei mai immaginato sedici anni fa. Ma se il prezzo da pagare per avere una moglie e due figli meravigliosi, era avere dentro casa un esercito di sanguisughe, lo avrei pagato tutto.  Come potrei rinunciare a quel caldo colore del cioccolato e a quei bellissimi smeraldi?

“Dai Nessie, solo un piccolo regalino!” Sarah strattonò la camicetta della mamma per farla abbassare e dirle una cosa nell’orecchio. Quando Nessie si rialzò guardandomi con quegl’occhi castani, il mio cuore cominciò a battere talmente forte che rischiavo l’infarto. Aveva un incredibile ascendente su ogni parte del mio corpo. Bastava un cenno o una mossa per farmi toccare il cielo con un dito.

“Solo perché mi ha convinto nostra figlia e solo perché è il nostro anniversario!” feci l’occhiolino a Sarah. Lei ci vedeva come i protagonisti di una fiaba, e  desiderava sempre un lieto fine. Chissà magari lo era davvero. Renesmee era una principessa incantata che sarebbe rimasta sempre giovane e bella ed io la sua guardia personale, il suo principe azzurro. Forse sarebbe più adatto dire il suo principe dal manto rossiccio. Ed ero totalmente e perdutamente innamorato di lei ogni giorno di più. La cosa veramente illogica era il suo essere perdutamente innamorata di me. Non so quale divinità devo ringraziare, ma qualunque sia non smetterò mai di farlo, perché svegliarmi la mattina con la consapevolezza di trovarmela accanto era come vivere in un sogno.

“Basta, che schifo!” invece per EJ il nostro essere latte e miele non era proprio idilliaco.

“Allora buon anniversario lupacchiotto!”

“Buon anniversario mostriciattola!”

“Lo sai che Alice ci ucciderà se non siamo puntuali oggi pomeriggio?”

“Che vuoi dire?”

“Che ti devi alzare e preparare!”

“Ma che ore sono?”

“È mezzogiorno pigrone!”

 

 

“Quanto ci vuole Nessie? Siamo in rita … rdo … ” mi bloccai quando mi apparve la visione paradisiaca di mia moglie che si stava finendo di preparare di fronte allo specchio del nostro bagno. Quel vestito rosso che le cingeva le forme perfette lasciando la sua schiena quasi completamente scoperta se non per alcuni nastri diabolicamente intrecciati, i capelli raccolti ma in maniera disordinata, tacchi vertiginosi che la innalzavano ancor di più nella statura. Era tutto: bella, provocante, delicata. Si voltò con i suoi sconfinati occhi cioccolata, nei quali io ogni volta ci lasciavo un  pezzo del mio cuore.

“Cosa c’è Jacob? Lo sapevo il vestito mi sta male, lo avevo detto ad Alice che su di me non andava bene!” cosa? Nessie era veramente unica, a lei cadrebbe a pennello un sacco della spazzatura e pensava che quel vestito le potesse andar male.

“Si infatti ti sta male, lo tolgo?” la presi sul ridere visto l’assurdità delle sue parole.

“Spiritoso! Primo: se me lo togli ti uccido, per infilarlo ho dovuto prendere una laurea in ingegneria nucleare. Secondo: è possibile che pensi solo ed esclusivamente a quello?”

“Non è colpa mia, tu devi essere un po’ meno te e vedrai che non ti aggredirò più in alcun modo!” sapevo che l’avrei fatta arrabbiare. Odiava che usassi le sue frasi. Appena finì di parlare infatti le sue guance avvamparono rendendola ancora più incantevole.

“Non devi usare le mie battute mi da fastidio! Comunque anche tu stai bene con quest'aspetto casual elegante ... mi piaci in camicia, jeans e giacca” quando mi parlava con quel fare sbarazzino perdevo ogni capacità di ragionare. Non riuscì più a resistere mi avvicinai e cominciai a baciarla intensamente. All’inizio era un po’ restia, ma poi si lasciò andare. Sentivo le sue dita incastrarsi tra i miei capelli, il suo corpo tremare.

“EJ finiscila! Restituiscimi Eddy!” (ndr. Eddy è il pupazzo a forma di maiale)

“No, finché tu non ammetti che io sono il più forte non te lo do!”

“Ma tu sei una schiappa!”

“Dobbiamo intervenire prima che si eliminino a vicenda!” non mi andava molto di staccarmi da lei però i nostri figli avevano la tendenza a diventare pericolosi soprattutto la piccola Sarah. Ogni volta che il fratello la provocava rischiava sempre di trasformarsi. Devo ammettere che ero molto impaziente di vederla in forma di lupo, ma effettivamente, anche se dimostrava sei anni, ne aveva solo tre. E quindi dovevamo fermarli prima che la piccola si trasformasse e sbranasse il fratello.

 

Altro che nanerottola pazza. Alice era da manicomio. Capisco che oltre ad essere il nostro anniversario era anche quello di Edward e Bella ma fare le cose così in grande, non mi sembrava proprio il caso. La sala da pranzo era completamente imbandita di ogni ben di Dio esistente in tutta la casa aveva sistemato fiori e nastri, la parte dell’esterno era tutta agghindata. Non era decisamente necessario, sarebbero bastate tre quattro bistecche a testa per noi e la compagnia per festeggiare il nostro anniversario. Anzi io sarei stato a casa con mia moglie e miei figli davanti un film con sufficienti schifezze, per poi concludere la serata in bellezza. Invece Alice era riuscita a convincere Nessie nelle sue solite follie. Convincere, se una contrattazione con minacce da parte di entrambe si può definire convincere.

“Che ve ne pare ragazzi, sono stata brava?”

“Sei stata eccessiva Alice!”

“Nessie, smettila di fare la guasta feste e comincia a rilassarti! Allora Jake che te ne pare del vestito di tua moglie?” non volevo essere messo in mezzo, Nessie con la zia tirava fuori il peggio di sé. Poteva diventare anche estremamente violenta. Soprattutto se io davo ragione ad Alice, ma come potevo mentire.

“Le sta d’incanto!” lo sapevo. Un fulmine a ciel sereno neanche le avessi detto che sembrava il vero mostro di Lochness, mi aveva riservato uno sguardo tanto torvo che presagiva una discussione idiota per tutta la durata della festa.

“Io l’avevo detto!” invece Alice gongolava contenta della mia asserzione.

C’erano tutti, lupi e vampiri. La tregua che aveva stabilito il mio imprinting con Nessie con la nascita dei nostri figli non era più necessaria. Non potevano accedere liberamente alla riserva, questo non siamo mai riusciti a superarlo, ma almeno riuscivamo a rimanere nella stessa stanza senza cercare di ucciderci. C’erano tutti ma io avevo occhi solo per quella splendida stella che ero riuscito a strappare al cielo della notte. La sua bellezza eterea, il suo modo di fare così ingenuamente accattivante. Quando parlava, quando si muoveva. E il suo aspetto angelico non faceva che esternare il suo animo buono, il suo carattere travolgente, la sua intelligenza al di sopra della norma. Non pensavo che la pura essenza della felicità potesse risiedere in una persona, anzi in una mezza vampira. Ma negl’anni in cui ho avuto la fortuna di condividere la nostra vita, mi sono dovuto ricredere di molte cose. Pensavo che la mia esistenza non avesse più senso, di essere perduto per sempre. Adesso invece avevo ben tre ragioni per vivere a pieno ogni istante, ogni attimo. Pensavo anche di non poter più amare niente, ma non avevo incontrato ancora quei meravigliosi boccoli bronzo e quegl’occhi che prima appartenevano alla causa della mia disperazione. Adesso sono talmente pieno d’amore che potrei riempire le riserve idriche dell’intero universo. Probabilmente si accorse che non facevo altro che fissarla, visto quello splendido velo rosato che le colorava le guance candide.

“Che vuoi Jake, perché mi hai preso in disparte?” le avevo chiesto di seguirmi ma in realtà sarei stato io a seguirla fino in capo al mondo.

“Volevo darti questo!” i suoi occhi cominciarono a rimproverarmi quando le diedi la scatolina lunga di velluto nero. Per tutta la vita l'avevano ricoperta di regali, e da adulta non sopportava riceverli. Non le servivano le parole per comunicare con me. La potevo capire anche dall’inclinazione della bocca, dal mutare del suo sguardo, da come corrugava la fronte o alzava il sopracciglio. Era un libro aperto. La aprì esitante con ancora quel cipiglio arrabbiato che la rendeva ancora più bella se fosse possibile. Ma sapevo che le sarebbe piaciuto.

“Il mio bracciale! Il mio bracciale della promessa! Lo hai rifatto!” aveva tenuto il muso per due giorni, quando Alice per il matrimonio l’aveva costretta a tagliarlo. Mi aveva confidato di sentirsi nuda senza di esso che lo riteneva il diretto responsabile del nostro amore. Lo presi dalle sue mani e cominciai a legarlo al suo polso e la sentì sussultare.

“Si, ma la promessa è un po’ cambiata da sedici anni fa … ” guardava attentamente le mie mani mentre lo sistemavo, sembrava quasi essere tornata bambina. Aveva gli occhi lucidi ed enormi per quanto era emozionata, la bocca tremava per trattenere le lacrime e il suo uccellino aveva preso a battere ancor più freneticamente le ali. “… diciamo che adesso la dovrai condividere con quelle due piccole canaglie! Ti dispiace?”

“No, assolutamente no!” le nostre labbra non tardarono ad incontrarsi. Sembrava sempre come se fossi in quel giorno nella foresta quando per la prima volta trovarono un contatto. Avevo quel groviglio nello stomaco, la voglia irrefrenabile di non smettere mai di sentire il suo corpo minuto stretto al mio governato dal mio stesso desiderio di restare così per sempre. Nulla avrebbe mai potuto cambiare il nostro legame. Nulla avrebbe cambiato Jacob. Nulla avrebbe cambiato Nessie. Non il tempo, non le minacce costanti, non il sentiero dissestato della vita. Finché l’avremo percorso insieme, non ci avrebbe separato niente. Ora avevamo solo di fronte l’eternità.

 

FINE  

 

Note dell'autrice: L'ho scritta. Fine. Snif snif! Ragazze la scena finale è a un anno da quando hanno ucciso Joyce e quando mi è venuta in mete avevo già le lacrime agl'occhi perchè doveva essere la fine. Bhè ragazze come alla fine della prima parte voglio il super sondaggione finale con tutto quello che vi è piaciuto e quello no. Non so perchè ma nella mia testolina malata sta balenando l'idea di scrivere una ff su Sarah e EJ,nel rapporto tra fratelli visto che con Nessie era l'unica cosa che non ho potuto affrontare. Sinceramente ho paura di diventare stucchevole e di annoiarvi già ho scritto 360 pg formato libro fra la prima e la seconda parte di GDinD.

Super ringaziamenti a chi mi ha seguito: i sedici PREFERITI e i 18 SEGUITI vi adoro.

Poi non posso non ringraziare le vere e proprie compagne d'avventura: Sinead, Never Leave Me, Rossi_87, Noe_princi 89, Fra_Zanna. Grazie per i mille complimenti e per il vostro supporto! Vi adoro! Spero che assieme alla mia Nessie, vi abbiamo fatto un po' sognare. Io devo ammettere che mi sono impersonata molto in lei, o forse ho creato una Nessie disegnata su di me. In fondo anch'io ho dei grandi occhi color del cioccolato fuso!!!

Ringrazio ancora le 6 persone che mi hanno inserita tra gli AUTORI PREFERITI.

Scusate se ho dimenticato qualcuno! Finisco con un Mega Ringraziamento Generale!

GRAZIE!

Malice (Mally è il diminutivo di Malice il modo in cui mi firmo in ogni mia espressione artistica. c'è sempre una ragione in quello che faccio) PS: Volevo fare una richiestuccia, se non vi pesa se non siete troppo impegnate vorrei chiedere una piccolo commento alla fine di tutto. Lo so che non si dovrebbe richiedere però ho interesse di sapere il parere di chi è passato di qua a leggere la mia storia! Vi adoro! 

 

La storia vi è piaciuta, vi ha appassionato ed incuriosito. E il continuo è qui: MOONLIGHT STONES - The light in Grey Day

Inoltre collegata abbiamo due one shot diverse: FALLING IN LOVE e GOODBYE SINGLE LIFE

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=457614