A Hazy Shade of Winter

di Natalja_Aljona
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Mrs Harrison ***
Capitolo 2: *** Oh daddy dear you know you're still number one ***
Capitolo 3: *** The girl does what she wants to do ***
Capitolo 4: *** The only living pirates in London (Part 1) ***
Capitolo 5: *** Lucy, what is my life, without your love? ***
Capitolo 6: *** The only living pirates in London (Part 2) “Homeward Bound” ***
Capitolo 7: *** Don't Let Me Wait Too Long (We're living in the material world?) ***
Capitolo 8: *** I'm looking through you... And you're nowhere ***



Capitolo 1
*** Mrs Harrison ***



1. Mrs Harrison


12 Arnold Grove


Gennaio 1972


Time, time, time
See what's become of me
While I looked around
For my possibilities
I was so hard to please
But look around
Leaves are brown
And the sky is a hazy shade of winter


-Ray! Dove corri?! Fermati, Ray!- gridò Lucy con quanto fiato aveva in gola.

Ma il bambino non si fermava.

-Ray, ti prego, Ray...-

Dopo aver visto cosa il ragazzino intendeva fare, però, un sorriso fece capolino sulle sue labbra.

Scompigliò i capelli castani-biondicci del figlio, continuando a sorridere.

-RAAAAAAYYYY!! Non osare!-

Il più anziano degli Harrison si precipitò in quella che era stata, un tempo, la camera di Louise, e successivamente di Lucy.

Proprio in quel momento, Ray lasciò scivolare una manciata di neve soffice e ancora fresca sulla chitarra preferita del padre.

-La mia Lucynaaaa!!-

Proprio in quel momento Jim, sette anni, si affacciò alla stanza con la sua eterna, adorabile espressione da cane bastonato.

-Tradisci la mamma, papy?-

-Sì. La tradisce con la sua chitarra- gli sussurrò in un orecchio Ray, con il tono di chi stava rivelando un misterioso, oscuro, indicibile segreto.

Jim serrò le palpebre, le sue guancie si fecero di colpo arrossate

-Non voglio vedere-

Una lacrima iniziò a premere sotto le sue palpebre.

Jim battè furiosamente i pugnetti contro lo stipite della porta.

-Non voglio vedere, non voglio vedere!-

E indovinate cosa c'era, seraficamente appoggiata allo stipite della porta?

Proprio così. Una chitarra.

Il tonfo che seguì mise nuovamente a dura prova i battiti del cuore del nostro Harrison.

-Lucy! Legali, ingabbiali, chiama la disinfestazione, l'esercito!-

-Sono i tuoi figli, George- gli fece notare Lucy, con una calma quasi non da lei.

-Ma io li diseredo! Perchè non gliel'hai impedito?!-

-Suvvia, Geo, sono ragazzi...-

-Sono ragazzi?! Ma che razza di giustificazione è?!-

Lucy lo ignorò e si apprestò, invece, a versare una piccola quantità di latte in una tazzina di vetro trasparente.

Esitò per qualche secondo a guardare il liquido bianco riversarsi dalla brocca nella tazza, finchè uno strattone all'orlo dei pantaloni non ridestò bruscamente la sua attenzione.

-Johnny?-

-Stellina...-

-Che stai dicendo, piccolo??-

-Non ti ha chiamato così, papino, ieri sera?-

Lucy mollò la tazza di latte sul pavimento.


Hear the Salvation Army band

Down by the riverside

It's bound to be a better ride

Than what you've got planned

Carry your cup in your hand

And look around

Leaves are brown

And the sky is a hazy shade of winter


-E chi è che lo paga, il latte?? Chi è che lo paga?!- gridò George, probabilmente in preda al suo ennesimo esaurimento nervoso.

(Il suo diciannovesimo esaurimento nervoso?)


You better stop
Look around
Here it comes, here it comes, here it comes, here it comes
Here comes your nine-teenth nervous breakdown.


Lucy, però, gli fece cenno di tacere.

Un orribile presentimento sfrecciò alla velocità della luce nella sua mente.

Ma non avevo detto a George di metterlo a letto??

George probabilmente capì i suoi pensieri, perchè le rivolse un debole sorriso come vana giustificazione.

Lucy sospirò.

Anche se capisco che ieri sera George avesse ben “altri pensieri” per la testa...

Poi lanciò a George un'occhiata fugace, da sopra la brocca del latte.

Ieri sera, come tutte le altre sere.

-Ma non pensarci, Jo-Jo. Papà è un deficiente- spiegò al bambino, con un sorriso.

-E, sentiamo, chi sarebbe il deficiente, ragazzina??- la interruppe una voce.

Lucy si sentì afferrare per la maglietta e qualche secondo dopo si ritrovò sollevata a dieci centimetri da terra, faccia a faccia con “il Deficiente”.

-Ragazzina?? Suvvia, George! Ho ventisette anni!-

-Non divagare! Rispondi!-

Lucy cercò, invano, di guadagnare tempo, facendo vagare lo sguardo in direzione dell'orologio a pendolo affisso alla parete di fronte a lei, finchè quest'ultimo non le suggerì una possibile via di fuga.



Hang onto your hopes, my friend

That's an easy thing to say

But if your hopes should pass away

Simply pretend

That you can build them again

Look around

The grass is high

The fields are ripe

It's the springtime of my life


-Le otto! Dobbiamo portare Jo a lezione di chitarra!- gridò, sollevata per aver trovato una scusa plausibile all'ultimo momento.

-Lo può accompagnare Jim, a lezione di chitarra!- la zittì però George, con un espressione e un tono di voce che non ammetteva repliche.

-Lo accompagno io, Pà?- chiese Jim, con un pizzico di soddisfazione nella voce.

-Accompagnalo, accompagnalo...e già che ci sei...queste sono cinque sterline, Jim- disse, allungandogli dieci monete.

Gli occhi di Jimmy Harrison brillarono.

-Lo so, Pà! Lo zio Paulie è sicuramente meno tirchio di te!- gli rispose Jim, facendogli la linguaccia.

George si lasciò andare a un sospiro esasperato, dopodichè aggiunse:

-Comprati un gelato, un'iguana, un ramarro, porta al cinema la tua compagna di banco... Ma, ricorda, qualsiasi cosa succeda, non tornare- Lucy gli lanciò un'occhiata di traverso.

-E adesso cos'hai intenzione di fare, Harrison?- chiese, con un vago tono di sfida.

-Nessuno ti ha interpellato, Richards. Per il momento. Dicevamo, Jim...hai capito, no? Sì che hai capito! Ormai sei un ometto!-

Jim storse il naso.

-Credevo di poter sperare in un futuro un po' più dignitoso che quello di un appendiabiti...-

George lanciò a Lucy un'occhiata interrogativa, a cui la ragazza rispose con una malcelata risatina.

-Ehm...-

-Vorrei ben vedere cosa c'è dietro ai tuoi “ehm”, Lucy caaaara!- sibilò George in tono quasi impercettibile, in modo da non farsi sentire da Jim.

-Semplicemente perchè gli ho detto: “quando tuo padre ti dirà che sei “un ometto”, non ti fidare!”-

-Maledetta...-

-Cia-ciao, Deficiente!- lo salutò il piccolo John, indossando la cartella sulle spalle con un espressione soddisfatta sul viso, come se la cosa lo facesse sentire più grande.

Strinse forte la mano del fratello maggiore e uscì.

-E adesso a noi due, Lucy Richards!- lo sguardo rapace di George tornò a posarsi su Lucy, che si dimenava invano, disperatamente in cerca di un modo per liberarsi dalla sua stretta.

Fatica sprecata.

-Che c'è??-

George stava per dire qualcosa, ma un urlo squarciò la quiete di Arnold Grove.

-PAPYYYY!!-

-Cosa vuoi, Raymond??- domandò George, cercando di mostrarsi paziente, ma visibilmente scocciato.

-C'è una lucertola!- gridò Ray, eccitato.

-E CHE CAVOLO ME NE FRE... Fantastico, Raymond! Si vede che sei mio figlio! Ce l'abbiamo nel sangue, noi Harrison! Semplicemente, spacchiamo!- George modificò provvidenzialmente il suo tono di voce, conseguentemente all'occhiataccia di Lucy.

Poi diede un lieve bacio sulla fronte di quest'ultima, posandola finalmente a terra.

-E adesso va a quel paese, Harrison- borbottò tra se e se Lucy, fingendo di spolverarsi i vestiti, per darsi un contegno.

George raggiunse a grandi falcate la camera del figlio, pensando tra se e se:

Se quella lucertola è entrata nella MIA chitarra, giuro che le stacco la testa!


Raymond “Ray” Harrison, undici anni a settembre, era il primogenito di George e Lucy Harrison, nato il 6 Settembre del 1961, in una giornata quasi estiva, nel viaggio da Amburgo a Liverpool.

Aveva gli stessi capelli a caschetto spettinati del padre, di un castano scuro quasi nero, con il ciuffo tinto di biondo, per insistenza sua e appoggiata da un certo zio Paulie...

Jim, sette anni, era l'unico ad essere nato a Manchester, dove Lucy aveva frequentato l'università.

John, il più piccolo, di cinque anni, invece, era nato a Dartford, battezzato tra le braccia dello zio Keithy, chitarrista dei Rolling Stones e ladro di motorini in incognito.

D'altra parte, si sa, delinquenti si nasce e si diventa.

E tra Harrison e Richards, capirete, c'è solo l'imbarazzo della scelta.

(Vocina:Embè? Si fa pubblicità occulta, eh?)


Quel giorno Ray non sarebbe andato a scuola.

Era domenica.

Era domenica e nevicava.

Ray ciondolava annoiato per la casa.

Passando per il corridoio, si soffermò più volte ad ammirare le chitarre del padre.

Ripensò a quante volte, da piccolo, George l'aveva preso in braccio, mentre Lucy studiava quasi freneticamente per gli esami, l'aveva portato davanti alla finestra(e, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, non per buttarlo giù) e gli aveva indicato la neve che scendeva a morbidi, candidi fiocchi biancastri sulla città, proprio come quel giorno.

Prima in cielo, poi in terra.

Prima il gelo, poi il caldo del sole.

Quant'era breve, il viaggio di un fiocco di neve.

Quant'era breve, la vita di un fiocco di neve.


Seasons change with the scenery

Weaving time in a tapestry

Won't you stop and remember me

At any convenient time?

Funny how my memory skips

While looking over manuscripts

Of unpublished rhyme

Drinking my vodka and lime

I look around

Leaves are brown

And the sky is a hazy shade of winter


Look around

Leaves are brown

There's a patch of snow on the ground


Quante volte gli aveva detto “Sei forte, papà!”.

E quante volte George gli aveva risposto: “Io sarò forte...ma la più forte è lei.” e con la coda dell'occhio aveva guardato Lucy, che aveva alzato lo sguardo e gli aveva sorriso, per poi ritornare sui suoi libri.

Chi la vedeva avrebbe potuto dire “Ha finalmente messo la testa a posto, quella spericolata di Lucy Richards!”.

Anche George l'aveva pensato, ma era stato un attimo.

Lucy era ritornata quella di sempre.

D'altra parte, quale altra giovane madre “con la testa a posto” avrebbe lasciato uscire il figlio di sette anni solo con il fratello di cinque, in una simile, innevata domenica?

Era anche per questo che l'adorava...anche se certe volte l'avrebbe volentieri strangolata.

Su questo anche George era sempre stato d'accordo, ma, pensava Ray, a quanto aveva capito, allo stringere il collo di Lucy, come avrebbero voluto fare entrambi molte volte, lui preferiva “stringerla” in un altro senso.

Questo Ray l'aveva capito, ma non aveva mai capito qual'era, quell'altro senso.

Ray passò un dito sul dorso di una grossa chitarra acustica marrone, e ancora gli sembrava di sentire le parole del padre rieccheggiarli nella testa.

Le sue parole e le sue magiche note, quelle che tutti avrebbero applaudito per ore, quelle che per mesi erano sulle bocche di tutti, in cima alla classifica, quelle per cui i suoi amici gli dicevano: “Tuo padre è un grande, Ray!”

Probabilmente era anche lo stesso motivo per cui le sue professoresse cercavano sempe il modo di organizzare il maggior numero di consigli di classe possibili, nella vana speranza che George vi partecipasse.

Anche loro pensavano che George fosse “un grande”?

Ray si era sempre sentito molto fiero di suo padre, come dei suoi vari zietti, nonostante ormai gli rimassero solo i “Rolling Uncles”, come li chiamava lui.

Letteralmente, “gli zii rotolanti”.

Eppure, ne lo Zio Pirata nello Zio Papera si erano mai lamentati di quell'affettuoso appellativo.

Gli zietti scarafaggi, invece, si erano sciolti...avevano per così dire “messo le ali”, come facevano tutti gli scarafaggini adulti dopo una certa età, o almeno così gli aveva spiegato Lucy, insieme alla zie Ruby Tuesday e Elisa Jones.

Anche la zia Angie glielo spiegava, a volte, quando riusciva a non inciampare nei lacci delle scarpe.

Eppure, Ray era molto affezionato anche a quel ramo “paterno” di zii, in particolar modo a Paul, il mitico zio a cui si poteva attribuire, in parte, il suo bel ciuffo biondo.

A un certo punto, però, dei rumori attirarono la sua attenzione.


-Mamma! Papà!- gridò, dopo qualche attimo di esitazione.

-R...Ray?- sussurrò Lucy con un filo di voce.

-E che cavolo, mamma!- sbottò il ragazzino, battendo nervosamente un piede sul parquet grigiastro del corridoio.

-Ma non dovrebbe essere a scuola, adesso?!- sibilò George, infastidito.

-Di domenica??-

-Chiudete la porta, almeno! Cioè...un minimo di pudore no, eh?!-

Seguì un silenzio imbarazzato.

-Chiudi tu, ok?- lo liquidò infine George, che, nel silenzio della stanza, si era fatto di colpo in tinta unita al colore dei muri della George&Lucyslavia(ricordate?).

L'ex camera da letto del bel chitarrista, ovviamente.

-Che indecenza...- borbottò Ray, allontanandosi.

-Cresceranno mai?-


And here's to you, Mrs. Harrison.

George loves you more than you will know...

Seeera a tutti!!

Eccolo qui, il progetto che vi avevo accennato nell'ultimo capitolo di “Revolution”...il mio famoso compito di spagnolo xD

Ovviamente un po' modificato, altrimenti sia la prof che i miei compagni di classe mi strangolano... anche perchè l'ho trasformato in una storia a capitoli xD

Ebbene sì, immediatamente dopo al periodo di Manchester, di cui non ho ancora parlato, ma penso che ne tratterò nei prossimi capitolo di “Revolution”, (anche se probabilmente ce ne sarà qualche stralcio anche qui), segue(forse) questa storia.

Insomma, sarebbe una delle possibilità, non ancora deciso... nel frattempo, però, non ho resistito alla tentazione di postarla xD

E non ho resistito alla tentazione di immaginarla così...xD

Così come non ho resistito alla tentazione di mettere quella squallida battuta sugli "ometti"...il fatto è che tutte le volte che, alle elementari, qualche maestra diceva ai miei compagni "ormai siete degli ometti!" io pensavo sempre agli appendiabiti, era più forte di me...xD

E infatti ho dato nuovamente mostra della mia "favolosa" idiozia...xD

Comunque...Penso che la aggiornerò quasi con la stessa frequenza di Revolution, oppure a giorni alterni...

Come titolo ho scelto A Hazy Shade of Winter, da una canzone di Simon & Garfunkel, perchè la storia si svolge prevalentemente in inverno...e poi vedrete perchè ;)

Ovviamente, presto entreranno in scena anche le attività degli Stones in incognito, tra cui, ovviamente, il nostro ladro di motorini-Keithy...xD

Nel prossimo capitolo, invece, vedrò di postare anche la trama di semi-fantascienza alternativa del compito, che ho buttato giù a scuola, durante l'ora di supplenza, ma era troppo demenziale, così l'ho scartata subito...ma forse riprenderò ancora qualche spunto ;)

Insomma, spero che vi piaccia!!


Note aggiuntive: Il 6 Settembre, data di nascita di Ray(a proposito, indovinate da chi ho preso i nomi?? xD), è un omaggio a Thief, che, se non mi sbaglio, compie gli anni proprio in quel giorno(due giorni dopo di me!!), che, con l'ultima scenetta della sua recensione, mi ha convinto a dare il via definitivo a questo progetto xD

Quindi, ne approfitto per ringraziarla ;)


A presto!!

Marty

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Capitolo 2
*** Oh daddy dear you know you're still number one ***



2. Oh daddy dear you know you're still number one



Era lunedì mattina, di nuovo.

Ray infilò velocemente il libro di geometria nella cartella, afferrò al volo una fetta di pane con il burro dalla tavola e fece per uscire, ma qualcuno lo bloccò.

-Troppo comodo, fratellino!- ridacchiò Jim, tentando di rubargli la fetta dalle mani, ma Ray la alzò in alto, così in alto che Jim, dall'alto dei suoi sette anni, non ci arrivava più.

Jimmy incrociò le braccia al petto, imbronciato.

-Non è giusto-

Solo allora il ragazzino si accorse che quella che aveva in mano era l'unica fetta di pane presente sulla tavola.

-Ehm...mamma? Sta ancora dormendo, papà?- chiese speranzoso.

Ma non ricevette alcuna risposta.

-...mamma??-

-Mammina!- gridò Johnny, saltando sulle ginocchia di Lucy, con un sorriso a trentadue denti.

Come Lucy sollevò la testa dal piatto su cui si era assopita, gli occhi di Ray si illuminarono.

-Ah, ma allora non era l'unica!-

Lucy lanciò uno sguardo di traverso a una ciocca dei suoi lunghi capelli neri, che quel mattino avevano preso una strana piega ondulata.

Come volevasi dimostrare, poco lontano dal nastro dorato che li legava nell'accenno di una treccia spettinata, brillava il bianco quasi latteo del burro.

Poco lontano da lei, avrebbe dovuto esserci una fetta di pane...ma non c'era più.

Cri cri cri

Un cri flebile ma distinto.

-E che è, il fantasma di Canterville?!-

-Il fantasma di Arnold Grove!- gridò Ray, con un sorrisetto.

Un sorrisetto terribilmente alla Harrison.

Cri cri cri

-Abbiamo dei grilli in casa?-

-Grilli! Grilli! Cra! Cra!- gridò John, battendo le mani eccitato.

-Quello è il verso della rana, 'gnorante!- lo zittì il fratello maggiore.

Ray abbassò lo sguardo.

Aveva appena avvertito un leggero movimento sulla sua scarpa destra.

-Il grillo!-

-La rana, la rana!- gridò di nuovo John, mettendosi in piedi sulle ginocchia di Lucy, che perse l'equilibrio e cadde, con il bambino addosso.

E allora se ne accorse, George non stava affatto dormendo.

Tutt'altro!

George era carponi sotto il tavolo, in compagnia di un vassoietto ricolmo di fette di pane al burro, cioccolato fondente e marmellata.

Compresa la sua.

In una mano ne teneva una, che mordicchiava di tanto in tanto, e con l'altra mano tentava di afferrare quella del figlio.

Aveva perfino uno sbaffo di burro su una guancia.

Ditemi che non sta succedendo veramente...

-Aspettate, aspettate un secondo!- gridò Lucy, attirando l'attenzione dei tre(o forse sarebbe meglio dire quattro?) piccoli Harrison su di lei.

-Semplice- sorrise -Sto sognando. Loro non sono figli miei...- lo sguardo di Lucy cadde su George, che le sorrise, leccandosi lo sbaffo di burro sulla guancia.

Lucy spalancò gli occhi e distolse lo sguardo.

-...e io non lo conosco. E' così, no?-

-Mamma!- strillò John, allungando una manina verso la guancia della ragazza.

Lucy gli rivolse un sorriso pieno di affetto.

-Ti stai sbagliando, piccolo. Io non sono tua madre-

-Oh, tu lo sei, invece-

Lucy sbarrò gli occhi, dopodichè con un balzo raggiunse la porta della cucina e si attaccò disperatamente alla maniglia.

Chiusa a chiave.

Come sempre, non aveva resistito alla tentazione di tentare la fuga da tutto quello... ma ormai era abituata, le sarebbe passato presto.

Forse era diventata madre un po' troppo giovane ed era rimasta ancora un po' ragazzina...

D'altra parte, non si può cambiare radicalmente da un momento all'altro.

George lo sapeva.

-George, è sleale!-

George sventolò il mazzo di chiavi da sotto il tavolo, sulle labbra il solito sorriso diabolico, con anche un po' di burro.

-Vieni a prenderle!-

-No!Non mi piace quando mi guardi così...fai quasi paura!- protestò Lucy, mordendosi il labbro inferiore con aria imbronciata, molto simile a quella che aveva sempre Jim.

-Embè? Sooono il mostro GH!- sussurrò George a voce bassissima, facendo strane smorfie per far divertire Jim, che, poco lontano da lui, aveva abbandonato la sua espressione imbronciata per far spazio a un timido sorriso.

John incominciò ad applaudire.

-Grande papiiiii!!-

Al che George afferrò il bambinetto per la vita e se lo mise in braccio, facendoselo saltellare sulle ginocchia.

Ad ogni saltello John emetteva un risolino divertito e si stringeva sempre più alle gambe del padre.

Nessuno aveva notato, ovviamente, che sulle gambe del padre era già stazionato il vassoietto comprensivo di pane, burro, marmellata e cioccolato fondente.

-Fila a cambiarti, John- sibilò Lucy, a voce altrettanto bassa.

George si voltò a guardarla e...

-Caspita! Che faccia scura! Che succede, Lu'?-

-Mi farete venire il diabete... E tu, Jim, l'orticaria! Chi ti ha detto di scorticarmi la mano con quel tuo dannatissimo temperamatite?!-

In quel momento, però, John richiamò l'attenzione del padre spiaccicandogli una fetta di pane col burro tra i capelli.

A quel gesto, George scompigliò i capelli nerissimi del figlio, ridendo.

-Il mio piccolino...-

-Mh...- commentò Lucy, volgendo lo sguardo altrove.

Allora il chitarrista si affrettò a passare una mano anche tra i capelli della ragazza, che accennò un sorriso, anche se poco convinto.

-La mia piccolina...-

-Ehi! Pensi di incantarmi con le stesse parole che dici a tuo figlio?!- si lamentò Lucy, guardandolo malissimo.

-Nervosetta, eh?-

-E mamma è nervosa! E mamma è nervosa! Viva la mamma!- strillò Jim, in piedi sul tavolo, atteggiandosi da telecronista della BBC.

-Viva George, ladies and gentleman, viva George! Mio padre è il miglior chitarrista di tutti i tempi-e lo pensa anche la mamma! Yeah!- ma John gli tirò un pizzicotto e Jim inciampò, finendo dritto con la faccia nel burro.

Ray concluse l'opera spalmandogli della cioccolata tra i capelli e mettendogli una mano davanti agli occhi per impedirgli di rialzarsi.

-A me gli occhi, signori! Qui è Raymond Harrison, in diretta dalla cucina di 12 Arnold Grove!

Sono desolato, ma mi vedo costretto ad annunciarvi che il nostro telecronista, nientepopòdimeno che il mitico, fantastico, straordinario, brillantissimo, cioccolatoso Jimmy Keith Harrison non potrà salutare Liverpool, stamattina, perchè...rapito dagli ufo!!-

-Ufo XYZ, dal satellite Beatles, dalla Divisione di Maxwell's Silver Hammer, quinto anello di Sangiorgio!- aggiunse John, convinto.

-Saturno, John. Saturno. Ed è l'anello di George Clerk Maxwell!- lo corresse Ray, felice di poter fare bella figura davanti ai suoi genitori.

Ma lo fu un po' meno davanti ai suoi fratelli.

-Secchione. Secchione e sfigato!- lo canzonò John, tirandolo giù dal tavolo per le stringhe delle scarpe.

-Intellettuale! E' diverso!-

-Lucertola di biblioteca! Ratto!- continuarono a sfotterlo Jim e John, lanciandogli addirittura fette di pane con il burro.

-E comunque si chiamava James...credo- concluse George, con un sorriso imbarazzato.

-Anelli di Sangiorgio? George Silver Maxwell? Cioè, come si chiama...-

-Long Silver George! Vedi?? L'hai detto anche tu!!-

A quelle parole Lucy mollò a George una tale gomitata da perforargli una costola.

-Egocentrico!- commentò, mentre il chitarrista piagnucolava:

-Mi hai fatto male!-

-Via, papà, non fare il bambino!- lo redarguì però Ray, abbassandosi gli occhiali da sole con un solo gesto della mano.

-Sono Ray-ban!-

-Ray-scemo!- lo corresse Jim, sfilandogli gli occhiali e nascondendoli dietro la schiena.

-Ridammi gli occhiali, bandito! Io, Rayban Harrison, ti catturerò e riconsegnerò alla giustizia!- gridò allora Ray, sempre più infervorato.

-Oh baby!

Yeeeeh baby!

Woooooh baby!- urlarono in coro Ray e John, imitando la performance di Elvis in “Long Tall Sally”.

Poi lo sguardo di Lucy e George si spostò quasi sincronicamente verso il vecchio orologio a pendolo del corridoio.

Le otto! Di nuovo.

Solo che non era più domenica.

Era Lunedì.

Un altro tragico lunedì.

Ed era appena scattata l'ora X.

Lucy spostò lo sguardo sul tavolo della cucina, pensando che probabilmente sarebbe stato in condizioni migliori dopo un assalto dei vandali.

Eppure, nonostante tutto, non aveva nessuna voglia di interrompere quel momento.

In quel momento era finita “più o meno” accidentalmente in braccio a George, con un gomito sotto il ginocchio di John, Ray con un braccio sulle sue spalle e Jim con una fetta di pane su un occhio, a mo' di pirata, in una bislacca imitazione di Keith, che la guardava con aria fintamente feroce.

George se ne accorse e decise, in un attimo di responsabilità che non era per niente da lui, di affrontare la situazione.

-Ehi, Rayban...mi sa che dobbiamo andare-

-Di già??- piagnucolò Ray, stringendosi drammaticamente alle spalle della madre.

-Eddai...lo sai che la maestre ti adorano!!- cercò di incoraggiarlo George.

-Adorano te, non me!! E odiano mammina!!-

A quelle parole, George si voltò incuriosito verso Lucy.

-Cos'è questa storia??-

-E'...è una storia- spiegò Lucy, evasiva. -Tutto qua!-

-Quelle streghe sono gelosissime della mia principessa!!- grugnì Ray, sulla difensiva, abbracciando Lucy.

-Grazie, campione!!- sorrise Lucy, scompigliandogli affettuosamente i capelli.

Ray sorrise soffisfatto.

Lucy finse di guardare fuori dalla finestra, ma in realtà pensava...pensava al primo giorno di scuola di Ray.

Allora i Beatles non si erano ancora sciolti, e George era già partito alla volta di Abbey Road.

Così era stata lei ad accompagnare Ray...e, nemmeno per tutto l'oro del mondo, avrebbe mai voluto ripetere quell'esperienza.


8.15

Erano in ritardo, ma con un po' di fortuna nessuno ci avrebbe fatto casa.

Con una corsa folle avevano raggiunto il motorino di George.

Lucy si era infilata il casco, mentre una goccia di sudore per la corsa appena terminata gli scivolava sulla fronte.

Ray si era stretto forte a lei, piagnucolando:

-Ci devo proprio andare, a scuola, mammina??-

-Uhm...non necessariamente-

-Davvero??-

-Eddai, Ray...lo sai che fosse per me ti porterei sempre al porto, ma oggi non possiamo proprio... Quando torniamo, però, vedrai che papino ti lascerà suonare la sua chitarra!-

-Papino?? Ma mica tu lo chiamavi...uhm...delinquente d'un GH??- recitò Ray, imitando il tono ironico e al tempo stesso affettuoso di Lucy.

-Sì, ma...GH adesso non ci può sentire! E noi possiamo dire quello vogliamo, alla faccia del delinquente! Anzi, alla faccia di papino!-

Ray aveva fatto un sorriso soddisfatto.

-Ti voglio bene, mamma-

-Anch'io. Ma ne voglio di più a “papino”-

-Cosa?!-

-Scherzo...sei tu il migliore, Rayban!!-

-Migliore perfino di papà??-

-Uhm...vediamo...-

-Mammaaaa!!!-

-Eh...sì, direi di sì!-

-Mitica!!-

-E adesso infilati il casco, che ti porto nel bosco, ti ci abbandono, e ti guardo mentre i pirati cattivi ti si avvicinano con i loro spaventosi canini...ti circondano....e...-

-Ed è allora che il miticissimo Rayban Harrison con un provvidenziale riflesso dei Power-Rayban, gli occhiali più supermitici del mondo, li stende con una mano sola! One, two, three, four...-

-...well, she was just seventeen...-

-Mamy!!-

-E va bene! Allora, com'era??-

-One, two, three...Pooower Rayban! E Raymond viiiiince!!-

-Applausi per il figlio del delinquente!!-

-A-ehm. E della strega-

Lucy gli aveva dato un lieve scappellotto sulla nuca, fingendosi offesa.

-Bah. Non ti parlo più, Super-Rayban!-

-Maa...mamy!! Me lo devo proprio infilare, questo casco?? Mi spettina tutto!!-

-Dio, George, sei peggio di tuo padre e Paul messi insieme!-

-Come mi hai chiamato??-

-Ehm...scusa. Lo sai, mi confondo...-

-Uffaaa!!-

-Allora, vogliamo andare, eroe??-

-Evabbene...- aveva borbottato Ray, imbronciandosi.

Lucy aveva premuto l'accelleratore e dieci minuti dopo erano davanti alla scuola.

Poi era scesa per prima, gli aveva scoccato un bacio sulla guancia e gli aveva indicato le scale, con un sorriso.

-Vai da solo, Super-Rayban?-

-Davvero??-

-Certo! Anche se, beh, avendo nelle tue vene il sangue degli Harrison, dovresti essere uno stordito cronico come tuo padre...ma tu non lo sei, vero??-

-Noo!!-

-Bravo bambino! E allora fila, prima che ti morda il naso!-

-Eh??-

-Boh...questo era quello che mi diceva sempre Key quando voleva minacciarmi...-

-Zio Keithy??-

-Esatto, proprio lui! Il pirataccio brutto e cattivo!-

-Sei una strana mamma, sai, Lu'?-

Lucy l'aveva guardato incuriosita.

-Già...ma, d'altronde, lo sai...Noi Harrison siamo così...-

-Noi Harrison siam così...noi siamo tutti blu...- incominciò a cantare Ray.

-Gli Harrison sanno che un tesoro c'è...nella chitarra accanto a te...- continuò, iniziando a saltellare intorno a Lucy nella buffa imitazione di un puffo.
Poi s'interruppe.

-Harrison, hai detto? Anche tu sei una Harrison??-

-Beh...-

-Ma siete sposati, tu e papà?-

-Non ancora...-

-Io e Jim saremo i testimoni! E John...il boquet!-

-Uhm...dubito che sarà d'accordo, sai? Comunque...non lo so se ci sposeremo-

A quelle parole, Ray aveva sgranato gli occhioni color cioccolata.

-Perchè??-

-Vedremo... Nel frattempo tu vai, se non vuoi che la maestra ti strangoli!!-

-Ciao, mamma! Ti voglio bene!-

-Sì, vabbè...dite tutti così!-

-Ma è vero!-

-Sarà... divertiti, mi raccomando!-

-Aspetta e spera...- aveva mormorato lui, salendo i gradini, incerto.

All'ultimo momento, però, si era voltato e le aveva gridato:

-Attenta a non cadere, maman!-

-Attenta a...RAY!! Ah, George...quando torna mi sente!!-


Una volta in classe, Ray era stato accolto dapprima da mille sguardi tra l'incuriosito e l'annoiato e uno scintillante, più scintillante di tutti gli altri.

Era quello di Lindsay Song, una bella ragazzina dai tratti irlandesi, ma dal padre coreano, Cin Song, il proprietario della vecchia libreria di fronte alla scuola.

Il suo vero nome era Chanel, nome che si era portato dietro fino al liceo, scatenando l'ironia generale.

Il che era durato fino a quando un suo compagno di classe, un certo Delany detto Den, un tipo strano, a dir la verità, patito della musica anni '50, Elvis e Chuck Berry in particolare, non gli aveva appioppato quello strano, ma simpatico soprannome.

Cin. Linds Song, figlia di Cin Song...a prima vista poteva sembrare l'inizio di qualche stramba novella giapponese.

Linds aveva i capelli castano scuro dai riflessi ramati raccolti in una coda di cavallo portata alta e coronata da tanti sottili nastrini argentati, gli occhi verdi-grigi e un bellissimo sorriso.

Era stata la prima della classe a sorridere, la prima a far sorridere il giovane e ancora inesperto Raymond “Rayban” Harrison.

Ma il peggio doveva ancora arrivare...

-Raymond Harrison!- aveva subito strillato la maestra, una certa Hannah Margaret Yells.

Un nome che era tutto un programma.

-Figlio di George Harrison, la rivoluzione della chitarra e Lucy Richards, la Rivoluzione del chitarrista!- aveva commentato sarcastica.

Ma nell'intervallo l'aveva arpionato svelta, con quelle sue unghie dipinte di rosso peperoncino e gli aveva sussurrato, arcigna, mollandogli un bigliettino nell'incavo della mano:

-Questo è il mio numero, piccino. Non scordartelo, dallo a tuo padre!-

-Ma non esiste proprio!- era sbottato lui, trattenendosi a stento dallo sputarle in faccia.

-Papà è innamorato solo della mamma e non la lascerà mai, nemmeno quando gli ufo invaderanno il pianeta, anche quando ci rapiranno e rinchiuderanno Liverpool in una boccia di vetro e staremo per morire tutti, lui sarà sempre con lei!-

-Sei...sssimpatico, piccino- sibilò la maestra Yells e, in tutta sincerità, Ray si era già largamente rotto le scatole di sentirsi chiamare “piccino”.

E così per tutti i giorni della settimana, salvo, grazie al cielo, la domenica.

Quel pomeriggio stesso, quando Ray aveva consegnato a Lucy il numero di Hannah Yells, aveva assistito come unico spettatore alla distruzione per singola molecola del suddetto bigliettino.

Non aveva mai visto sua madre così furiosa.

Il giorno dopo stesso, Lucy aveva richiesto un'udienza “urgente” con la suddetta “maestra” e le aveva parlato chiaro.

-Lei lascerà in pace mio figlio e mio marito, è chiaro??-

-Suvvia, piccina...non sei un po' giovane per dire queste cose?? Anche perchè non mi risulta che voi siate sposati, tesoro...- le aveva sussurrato con un tono esageratamente, odiosamente smielato.

-Ma abbiamo tre figli! E poi, non sono affari suoi-

-Suo figlio è un tesssoro, sa?- si era subito ricomposta la maestra, tornando a darle del lei.

Contegno, Hannah, contegno”.

-George con riceverà mai quel bigliettino- disse infine, sedendosi senza farsi troppi problemi sulla cattedra, sfoderando un sorriso fiero e soddisfatto.

-Pare che lei sia pazza di lui, piccina. E allora perchè non le ha ancora chiesto di sposarla??-

-Perchè io NON SONO pazza! Ma io...io...-

-Senta, Mrs Harrison o quello che si crede di essere. Non è ancora giornata di udienze, mi sono spiegata? Quindi, se vuole accomodarsi, quella è la porta-

-Già. Perchè non prende la rincorsa e va a “conoscerla un po' più da vicino”??- le aveva consigliato Lucy.

-Mi sta forse suggerendo di suicidarmi??- aveva strillato quella, sdegnata.

-Perchè no? Non si sa mai, mia cara Hannah, non si sa mai- e se ne era andata sbattendo la porta.

Ebbene, quella era stata soltanto la prima maestra.

George non ne aveva mai saputo niente...ma la situazione non era ancora stata completamente archiviata.

Buona sera a tutte!! ;)

Già, buona sera...per voi, spero xD

E' da mezz'ora che sto ascoltando Riders on the Storm per consolarmi, ma non c'è niente da fare...questa è ufficialmente, categoricamente, decisamente la giornata peggiore delle peggiori giornate della mia vita.

A dir poco rivoltante. (e cominciamo bene, evvai!! xD)

E dire che la mattina era cominciata pure decentemente(ritardo a scuola a parte), alla prima ora avevamo geografia e, una volta finiti I paesi baltici, mi sono messa a organizzare(con un po' di anticipo, direi xD) la mappa della tesina di terza media del mio compagno di banco, che ha intenzione di farla sul rock dagli anni '60 a oggi e così gli ho suggerito I gruppi e scritto un bel po' di cose come spunti(anche se a dir la verità mi ha rubato il soggetto xD)...pensate che è pure venuto fuori George Hendrix, uno dei migliori chitarristi del mondo xD

Bene, dalla seconda alla terza ora la situazione non è degenerata.

Cioè, penso che più degenerata di così non si può xD

A musica ci hanno fatto sentire Let it Be dalla compilation della nostra prof-ufo e lì sono cominciati I commenti, sul fatto che fosse uno schifo, una lagna e così via...ma ormai non mi lamento nemmeno più perchè ci sono abituata, purtroppo.

Anche se, sinceramente, certe volte I miei compagni di classe non so proprio da che parte stiano: una volta che dicono che I Beatles sono mitici, altre volte che fanno schifo, altre volte che li suonano alla chitarra...boh.

Terza ora: Geometria.

E, visto che alcuni partono già domani, la prof si è premurata di darci oggi I nostri cento bravi esercizi di aritmetica e geometria.

10.45. Un quarto d'ora all'intervallo.

Sto giusto cominciando a tirare il fiato quando la prof tira fuori dei libretti.

Gli altri cento esercizi per chi, avendo quattro, cinque o cinque e mezzo(io fino all'anno scorso avevo 8, poi 6...adesso 5 e mezzo xD) in pagella, ha avuto il debito formativo.

Ovviamente, io ho sperato fino all'ultimo di non essere tra questi, e questa è stata forse la peggiore tortura.

Pensando, stupidamente, che la prof stesse andando in ordine alfabetico, mentre elencava gli alunni con il debito, ho notato che mi aveva saltato e stavo quasi per tirare un sospiro di sollievo, ed è stato proprio per questo che quando ho sentito il mio nome ho allegramente mandato al diavolo qualsiasi forma di dignità e per poco non sono caduta dalla sedia.

Debito formativo in matematica, in seconda media. Cioè, in seconda media.

Insomma, anche mio padre l'ha avuto, ma al liceo!

Così si conclude schifosamente una mattinata schifosa e adesso posso tranquillamente partire sullo scooter di Giacomo Leopardi, con il libro di matematica e una scatola di aspirine(possibilmente non scadute) sottobraccio.

Ecco, adesso suppongo che la situazione vada leggermente meglio, domani a Crema è vacanza, perchè è il giorno del Santo Patrono e venerdì ricomincerò la scuola con...due ore di geometria.
E venerdì ho pure il saggio di pianoforte...però almeno quello è bello, dai ;)

Poi, grazie al cielo, sabato finisce.

Vabbè...c'est la vie(spero) ;)

Scusatemi per lo sfogo, davvero.

Lo so che non me la dovrei prendere più di tanto, perchè in terza, prometto solennemente, anzi, giuro di recuperare(e voi ne siete testimoni!!), ma...insomma.

Quel che è successo è successo xD

Passando al capitolo...spero che vi sia piaciuto!!

La trama di cui vi avevo parlato la volta scorsa...ehm...temo di averla lasciata nel raccoglitore di musica(che, naturalmente, non trovo) xD

Prometto che domani la cerco e la metto nel prossimo capitolo!! ;)

Mentre per quanto riguarda Lucy madre...beh, non ho voluto cambiarla troppo, anche perchè, in effetti, è diventata madre giovanissima, nel 1961, a soli sedici anni(vabbè, quindici e mezzo xD)...

Così è rimasta sempre la solita, spericolata Lucy Richards che piace a noi!! ;)

Mentre George...beh, George è George, punto. xD

A proposito, ne approfitto per chiedervi...chi è il vostro preferito dei giovani Harrison??

Il mio è ...non ve lo dico xD Ve lo lascio indovinare xD

Passando alle recensioni...

Zazy:Felice che ti piaccia!! Sisi, gli Stones in incognito arriveranno presto, insieme a tutti gli altri personaggi, compresi quelli nuovi!! ;) E anche il ritorno in scena di Pete, purtroppo...

Spero che il capitolo ti sia piaciuto!!

Thief:Ooh, sono contenta che ti sia piaciuta!! Sì sì, la tua recensione ha fatto proprio colpo!! ;)

E...mi è piaciuta troppo la scenetta. XD Bene, spero che questo capitolo non ti abbia deluso ;)

Marty:Uhm...sì, penso di si...anche se Lucy ha due anni meno di George e siamo nel '72, quindi George ha 29 anni, 28 per la precisione, perchè, essendo a gennaio, non li ha ancora compiuti...vabbè, dai, hai mancato di poco! XD

Se Lu' e Geo hanno fatto pace...eeh, non ti posso dire ancora niente, perchè il capitolo lo posterò-se tutto va bene- domani, ma...sì, ti dico già di sì xD

Guarda, Geo non è l'unico a perdere il conto dei giorni della settimana...*fischietta* xD

E...anche tu ascoltavi sempre Mrs Robinson?? Anch'io!! Mio zio ha anche scritto un articolo su un concerto di Paul Simon...ma purtroppo era a Taormina e non sono riuscita a conoscerlo xD (sì, vabbè, iniziamo con i miei scleri serali...anche se mi sarebbe piaciuto conoscerlo veramente!!) ;)

Bene, che dire? Spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto!!


P.S: A chi indovina la canzone del titolo regalerò...regalerò...il mio “favoloooso” cinque e mezzo in matematica, comprensivo di debito e libretto delle vacanze!! (e poi dicono che non sono un genio...tsk!) xD


A presto!!

Marty, Ray, Jim e John Harrison ;)




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Capitolo 3
*** The girl does what she wants to do ***



The girl does what she wants to do


Appena finita la scuola, Ray si trovava davanti alla vecchia libreria di Cin Song, esitando, incerto.

Quel pomeriggio stesso Lucy avrebbe partecipato a un consiglio di classe, e il che non lo tranquillizzava affatto.

Avrebbe rivisto la maestra Yells, con cui non era affatto in buoni rapporti, oltre a metà delle mamme dei suoi compagni di classe, che non si rispiarmavano mai sul farle certe poco simpatiche battutine sulla sua giovane età e il suo carattere, ribelle di natura, che poco si addiceva a una probabile madre di famiglia, che, in teoria, avrebbe dovuto starsene in casa a badare alla casa e alla famiglia.

Probabile, perchè Lucy era più che altro improbabile, come madre di famiglia e come quasi-moglie del chitarrista dei Beatles.

Perchè lei, in poche parole, viveva di quella sua improbabilità.

Forse, chissà, invidiavano proprio quella sua spensieratezza, quella sua tranquillità nell'essere madre di tre figli tutt'altro che tranquilli(e solo il loro cognome lo dimostrava), quel suo modo assai strano di approcciarsi ai ragazzi, che la rendeva sempre più simile a una sorella che a una madre, quel suo non aver bisogno di litigare ogni due per tre per farsi accettare. Forse invidiavano quel suo quasi marito fin troppo sexy(l'ho già detto e continuo a ripeterlo, io non sono di parte), invidiavano quella sua fama di “arcobaleno vivente” che si era portata dietro da Dartford e che, ovunque andasse, continuava ad avere.

Invidiavano la singolare adorazione che George aveva per lei, che nessuna di loro poteva vantare parlando del proprio marito, invidiavano il suo essere a sue agio tra le più grandi star del rock di quegli anni, perchè lei ci era cresciuta insieme.

Invidiavano il suo coraggio di fare in un attimo tutto quello che loro, mai in tutta una vita, si sarebbero mai sognate di fare...perchè per lei era naturale.

Lei forse non se ne rendeva conto, ma, almeno per la maggior parte di loro, era così.

Era anche perchè, tutte ne erano, loro malgrado, consapevoli, nonostante tutta questa invidia, sotto sotto loro la ammiravano, che si comportavano così.

Lei, semplicemente, era l'esatta corrispondenza, l'esempio vivente del concetto di “Fakin' It” di Simon & Garfunkel:

The girl does what she wants to do.

She knows what she wants to do”.

Tutto quello che a loro era sempre mancato.

Ed era anche quella sua ostinazioni nel comportarsi da ragazza normale ad aumentare la loro irritazione nei suoi confronti.

Lei aveva quasi ventisette anni, ormai, ma continuava a comportarsi come una quindicenne.

Lei aveva ancora i pensieri, il modo di ragionare e il cuore, appassionato e fragile, di una quindicenne.

Punto secondo, lei era la maledetta, adorabile, odiata padrona del cuore di George Harrison, da ben dodici anni.

Punto terzo, se proprio vogliamo mettere anche un punto terzo, lei era la madre dei suoi figli.

La madre dei suoi tre figli.

Ed era anche per questo che, sebbene fosse un'ingiustizia addirittura intollerabile, Hannah Yells aveva indetto un consiglio di classe speciale, proprio per parlare di quello.

E, prima ancora, aveva fatto girare una circolare.

Cari genitori dei miei meravigliosi alunni di quinta...

Già sarete a conoscenza della sgradevole situazione che da ben cinque anni turba la nostra meravigliosa classe.

Un solo ragazzo.

Raymond Harrison.

Con il suo scarso rendimento e il comportamento eccessivamente ribelle e spericolato, è la rovina della nostra classe da fin troppo tempo.

Ma soprattutto, è sua madre.

Non ha neanche ventisette anni, non ha un minimo di vita vissuta su cui basarsi per poter insegnare a suo figlio nemmeno l'educazione basilare, ed è una costante vergogna.

Stiamo pensando seriamente di escluderla dal consiglio di classe...siamo stanchi di essere costretti a metterci sullo stesso livello di una ragazzina.

Penso che questo sia un pensiero comune.

Ed è un vero peccato per suo marito, un uomo così gentile, raffinato, bello...

La mia, ovviamente, non è che una proposta, basata su un semplicemente presentimento.

Non mi sono mai fidata delle cosidette “madri bambine” e la madre in questione non si può certo definire una donna.

Il mio vuole essere solo un appello alla giustizia.

Cordiali saluti,

Hannah Margaret Yells



Il labbro inferiore di Lucy incominciò a tremare.

Non era giusto, non era semplicemente giusto.

Se tra lei e la Yells era stato odio a prima vista, questo non la autorizzava a mettergli contro tutta la classe.

L'aveva insultata pubblicamente e spudoratamente, lei e Ray, che pure non aveva fatto niente.

Era un'ingiustizia.

Ma Hannah Yells era la vicepreside, lei, in quella scuola, purtroppo, aveva potere.

Il tutto la riportava ai tempi di Manchester...tempi che avrebbe preferito non ricordare.

Tempi di illusioni, di sciocchi pregiudizi, che erano svaniti del nulla esattamente come erano nati.

Se ci fosse stato George, con lei, probabilmente l'avrebbe stretto a se fino a dimenticarsi completamente quelle parole, e lui l'avrebbe consolata in tutti i modi possibili del mondo.

Ma George non c'era, e Lucy si sentiva persa.

Si sentiva uno straccio. Un vero schifo.

E non aveva mai rimesso piede in quella stanza...fino a quel pomeriggio.



Ray esitava ancora davanti alla libreria, quando il signor Song richiamò la sua attenzione, distraendolo dalla contemplazione semi-assorta di un massiccio tomo di poesie.

Ray lesse brevemente il nome dell'autore, prima di spostare lo sguardo su Cin Song.

Socrate.

-Non è possibile!-

-Cosa non è possibile, Raymond Harrison?- gli chiese Song, con un sorriso amichevole.

Sicuramente, Cin poteva dirsi l'unico a chiamare Ray con il suo nome completo, nome e cognome.

Faceva così con tutti, lui... ed era anche per questa caratteristica che risultava sempre simpatico a tutti.

-Socrate non ha mai scritto poesie!-

-Lo dici tu!-

Dire che la risposta del libraio lo sorprese, era dire poco.

Chanel Song si poteva anche dire uno dei genitori più giovani del consiglio di classe, ovviamente dopo Lucy e George.

Aveva solo trentun'anni.

-Dimmi un po', Raymond Harrison. Mark Grimaldi ha mai scritto poesie?-

Ray sgranò gli occhi.

-Mark Grimaldi?!-

-Non sai chi è, vero?-

-Beh...no!-

-Non lo so nemmeno io-

A quelle parole, Ray sollevò la testa con uno scatto repentino, inarcando un sopracciglio e squadrandolo con quel modo di fare che era sempre stato un classico degli Harrison, da Harold al piccolo John, di Briangeorge e forse anche prima, sgranando gli occhi talmente scuri da sembrare una notte senza luce, ma dotati della più potente e inimmaginabile luce mai vista.

Un continuo controsenso.

-Ma sei bacato?!- non riuscì a trattenersi dal ridere.

Cin scoppiò a ridere.

-Probabile. Anche Socs lo era- affermò, indicando il libro di poesie.

-Socs?!-

-Ritorniamo al precendente concetto su Mark Grimaldi- insistette Cin, sempre più convinto, mentre Ray non faceva che chiedersi chi diavolo fosse quel Mark Grimaldi.

-Tu sai chi è Mark Grimaldi? No. Io lo so? No. Mia moglie? Nemmeno! Va bene, lo ammetto, me lo sono inventato al momento.

Appunto perchè Mark Grimaldi rappresenta la persona qualsiasi, tu che ne dici, Raymond Harrison, una persona qualsiasi scrive poesie?-

E notando lo smarrimento più totale negli occhi di Ray, aggiunse:

-Nel senso che gli può capitare di scrivere poesie, Raymond-

-Beh...penso di si-

-Tuo padre scrive poesie, Raymond?-

A quelle parole, Ray s'illuminò.

Finalmente una domanda a cui sapeva rispondere!

-Non sai quante! E sono tutte per la mamma!-

-Sicuro?-

-Beh, no. Forse non tutte. Parla un po' di tutto, papà... Ma sono molto belle, ne sono sicuro.

La mamma...la mamma sorride sempre. E papà adora vedere la mamma sorridere. Penso che sia l'unico motivo per cui le scrive...forse l'unico per cui vive-

-Visto? Anche tu hai l'anima del poeta, Raymond! Sei anche tu un piccolo poeta, in fondo. Sei in gamba, Harrison!-

-Lo so!- rispose Ray, con un sorriso soddisfatto.

-Allora, ti ho convinto?-

Ray dilatò gli occhi in un'espressione esageratamente contrariata, ma proprio per questa buffissima.

-Più o meno...-

Cin gli indicò il tomo di poesie.

-Te lo incarto?-

-Ma...non credo di avere i soldi- ammise Ray, annegando le mani nelle tasche dei pantaloni, con un espressione sinceramente dispiaciuta che avrebbe intenerito una pietra.

-Ma io te lo voglio regalare!-

Ray sembrava stupito.

-Ah...ehm...ah. A me?-

-Perchè no? Te l'ho già detto. Mi sembri in gamba, Raymond Harrison-

-Le apparenze ingannano...-

-Ma dai! Quanti anni hai?-

-Boh...undici, credo-

-Credi, eh?-

-Sì- bofonchiò Ray, già stufo delle stranezze del signor Song, che lo stupivano e incuriosivano al tempo stesso...così come lo incuriosiva la porta costantemente serrata nell'angolo più buio della libreria.

La porta che nessuno aveva mai oltrepassato.

Un cartello, affisso in alto e anche storto, recitava, severo:

DANGEROUS”

Qualcosa gli suggeriva che forse nemmeno Chantal Song stesso vi era mai entrato.

-E lei?-

-Quello è il bagno, Raymond-

Ray sgranò gli occhi.

Gli sarebbero usciti dalle orbite, a furia di sgranarli.

Cin Song non avrebbe mai smesso di stupirlo.

Qualcosa gli suggerì che forse, semplicemente, non aveva capito la domanda.

-Trentuno. E quello è il bagno-

Oh.

Raymond scosse la testa.

Non solo aveva capito benissimo, ma aveva anche notato il suo sguardo.

-E...perchè c'è scritto “DANGEROUS”?-

Il tono di Cin Song si fece improvvisamente più basso, quasi confidenziale.

-Nessuno è mai uscito da quella porta, Raymond...-

-Dalla porta del bagno?!-

Chissà perchè, la cosa non gli sembrava molto credibile.

-Oddio. Immagino che qualche ratto sia anche uscito, talvolta... Di solito nel periodo delle pulizie di primavera. In primavera, appunto-

-Ratti?-

-Ma neanche tanti!-

-E allora...voi Song non andate mai in bagno?!- gridò Ray, scandalizzato.

Cin sorrise.

-Ci andiamo, ci andiamo...in casa nostra. D'altra parte, dove si è mai vista una libreria con un bagno??-

-E Linds?- domandò Ray all'improvviso.

Cin sembrò essere piacevolmente sorpreso dalla domanda.

-Lei non ci viene quasi mai, qui- rispose, nella voce una certa sfumatura di malinconia.

-Papààà...ho portato le pizze!- gridò a un certo punto una voce che a Ray sembrava di conoscere.

-Linds!-

-Rayyy!!!- gridò la ragazzina, lanciando le pizze sul bancone del padre e correndo dall'amico.

All'ultimo momento, però, il giovane Harrison sembrò cambiare idea.

-Cosa vuoi?-

Lindsay si fermò.

-Come?? Sei stato tu a salutarmi per primo!!-

-Aaah...ehm. Certo, giusto-

Lindsay sollevò un sopracciglio.

-Raymond!! Questo significa forse che l'unica utilità della sottoscritta, ai tuoi occhi, sta nel suggerirti nelle interrogazioni di geografia?!- esclamò all'improvviso la ragazzina, incrociando le braccia al petto.

Improvvisamente anche per Ray, che indietreggiò.

-Ma se non mi suggerisci nemmeno! E' a Dylan che suggerisci, non a me-

-Ti piacerebbe!! Macchè, Dyl ce l'ha già, la fidanzata. Tu no-

-Aaaah...- il secondo(o terzo?) “aaaaah” della giornata.

La situazione gli piaceva sempre meno.

-No, e allora?-

-Solo che tu sei scemo e non te ne accorgi, quando ti suggerisco. Forse solo perchè ti vergogni di essere amico della figlia dello strambo del paese- solo in quel momento Lindsay si rese conto di aver attirato su di se gli sguardi non proprio amorevoli del padre e di Ray.

-Vabbè, non tanto scemo...Solo un pochino. Tanto così!- concluse, giocherellando con una ciocca di capelli ramati.

-Oh...ok, io vado. Ci si vede, scemino!-

-Come mi hai chiamato?!- le gridò dietro Ray, prima che Linds si girasse a rispondergli:

-Ah...dimenticavo. Se papà ti ha detto che di là c'è il bagno...non gli credere. E non ci sono nemmeno i ratti. Le pulizie di primavera le fa la mia mamma!-

-Va bene...-

-Mentre per le poesie di Socrate...ne riparleremo. Magari alla prossima interrogazione di geografia!- concluse, girandosi a fargli l'occhiolino.

Raymond annuì, quasi meccanicamente.

Ma lei come faceva a sapere...??

Ancora prima che Ray se ne accorgesse, Lindsay era tornata indietro, rossa in viso, spettinata e più sorridente che mai.

Chissà dov'era stata, in così poco tempo! Si chiedeva Ray.

-Tua madre ci va, al consiglio di classe, oggi?-

-Certo! Papino non può...-

-E' una grande, tua madre! Da grande, forse, sarò come lei...- aggiunse Lindsay, ridendo.

-Davvero??-

-Voglio sposare anch'io un chitarrista! E anche mio figlio si chiamerà Ray. Anzi, no, non avrò figli. Magari insegnerò geografia!-

La prospettiva di vedere l'espressione esterrefatta dell'amico sembrava divertirla assai.

E infatti, quell'espressione non mancò di arrivare.

-Geografia?!-

Niente. Linds era già sparita nel nulla.
-Ma dove...??-

Cin Song allargò le braccia.

-A saperlo!-

Poco dopo, Ray lanciò un drammatico sguardo al libraio.

-Oh...ma perchè proprio geografia?? Io odio geografia!-


Uscendo dal negozio del signor Song, Ray intravide un'ombra scura seguirlo.

Per un po' fece finta di niente, ma quando si accorse che l'ombra seguiva proprio lui, decise di fermarsi su una panchina all'ombra di un platano, poco lontano da dove aveva lasciato la sua bicicletta.

-Ciao, Raymond-

Il ragazzino fece un balzo, e per poco non cadde all'indietro.

-Chi...chi...-

L'uomo allungò una mano verso di lui, accarezzandogli una guancia.

Era una strana carezza.

Molto diversa da quelle di George e di Lucy, o da quelle che aveva visto George fare a Lucy.

Quelle erano carezze piene di dolcezza, carezze che sarebbero potute durare per tutta la vita.

Quella non era una vera e propria carezza.

Era...fredda, come la lama di un coltello.

-Quanto sei carino... proprio identico a tuo padre-

A Ray non piacque il modo in cui l'uomo pronunciò quelle ultime due parole.

Tuo padre.

Cos'aveva contro suo padre?!

E, soprattutto, era possibile avercela con suo padre?

-Non sono carino. E mio padre è bellissimo- ribattè, calcando sulla parola “bellissimo”.

-E' questo che pensa anche tua madre??- il tono dell'uomo si fece improvvisamente cupo, serio.

-E a te che importa?!-

-Mi importa-

-Beh...no! Lei pensa che mio padre sia fenomenale, straordinario, fantastico, bellissimo e...insomma, lei lo ama!! Alla follia- aggiunse poi, con un sorrisetto.

-Ma che bella storia...e cosa mi dici, invece, dei tuoi fratellini??- continuò l'uomo, in tono sempre più famelico.

-Stupidi. Incredibilmente stupidi. A volte simpatici. A volte- rispose, cercando di essere il più vago possibile, senza lasciar trapelare niente.

-Era una bellissima ragazza, sai, tua madre??-

-Lo è ancora!!-

-Non stento a crederlo-

-Ma chi sei tu, per avere il diritto di crederlo?? E, soprattutto...chi sei tu per poter rivolgere la parola al mitico Rayban Harrison senza appuntamento ne colloquio con il mio manager!!- gridò, furioso per i commenti dello sconosciuto su sua madre.

-Manager. Proprio questo. Tua madre era la sua manager-

-Ma chi sei?!-

-Un tipo simpatico-

-Sì, simpatico quanto un calcio nel...insomma. Se tu sei simpatico io sono Art Garfunkel-

-Come vuoi, Art. D'altra parte...nemmeno tua madre mi trovava simpatico. Ma lei si ricorda bene di me, sai?? Ma non chiederle niente. Forse se lo ricorda anche troppo bene...-

-Come ti chiami?- chiese a un certo punto Ray. -Data di nascita, codice fiscale, targa dell'auto, gruppo sanguigno, carta di credito...

-Ehi, ehi, calma! Sappi soltanto che mi chiamo P...Potamak. Vincent Potamak-

-Russo?- chiese, d'istinto.

-Indiano- e già questa parola, da sola, avrebbe dovuto dire molto.

Ma prima di allontanarsi pedalando con quanta forza aveva in corpo, sussurrò, più a se stesso che a altri:

-Sei un persecutore, Vincent Potamak. Ma non avrai mai mia madre. Nemmeno se dovessi rinunciare alla mia carriera come insegnante di geografia...con Lindsay- e con quelle parole, rimaste sospese nel vento, sfrecciò via.

Buonasera a tutte!!

Ed eccoci arrivati al terzo capitolo...

In questo capitolo ho parlato un po'più diffusamente della situazione di madre di Lu', non benvista da tutti...ma non credo che mi sia venuto un granchè bene xD
Dal prossimo capitolo invece vi annuncio che entreranno in scena gli Stones... anzi, i primi due incogniti;)

Con Revolution, stranamente, sono a un punto fermo, e da due giorni che vado avanti a fissare quella pagina e mezza che ho scritto, aggiungendo circa una riga all'ora...xD

Ed è strano, perchè non mi capita spesso...ma vabbè, sarà soltanto un blocco momentaneo, probabilmente sabato aggiornerò...sabato, perchè domani ho il saggio di pianoforte e poi sono fuori quasi tutto il giorno...e sabato avrò già finito la scuola!!

Finalmente...xD

Ho contato quattordici giorni a Londra...xD

A proposito...qualche idea sull'indiano Vincent Potamak??

Rispondo brevemente alle recensioni e vado a farmi la doccia prima che arrivi mia mamma e mi strangoli(gran bella prospettiva...xD):

Zazy:Esatto!! Hai indovinato tutto!! Ed è proprio Ray il mio preferito xD Sisi, è proprio tutto suo padre. XD

Mi dispiace per l'esame...massì, dai, recupereremo tutte!! Forza e coraggio, che abbiamo il pirataccio Keith dalla nostra parte! XD (che però dubito che sarà molto d'aiuto...pigrone che non è altro!! xD)

Thief:Essì, sono sempre gli stessi...un po' meno dolci e innocenti xD Già già, Ray ha una spasimante...ma, d'altra parte, come poteva essere altrimenti?? E' un Harrison!! Degno figlio di quel benedetto ragazzo...il nostro caro Georgino xD

Caspita, vi danno già domani i risultati?? Io devo aspettare ancora fino al 16...ma so già più o meno tutti i voti, dal momento che ho continuato a calcolare le medie negli ultimi due giorni xD

Per scienze...uhm, si anch'io quest'anno sono peggiorata...diciamo che mi aveva beccata per due volte di seguito impreparata(o preparata a metà), ma poi credo di aver recuperato...credo xD

La speranza è l'ultima a morire...xD

Marty:Finisci già domani?? Beata te...noi finiamo sabato alle undici e il preside ha pure fatto girare una circolare con cui ha proibito qualsiasi tipo di festa in classe...vecchio imbecille!! xD

Oddio, ma veramente ti ha interrogata il giorno prima della fine della scuola?? Come fa sempre la mia prof di scienze...xD

Ma io non lo so, è mai possibile interrogare due giorni prima della fine?? Bah... a me forse toccherà domani xD
Dovremmo proprio aprire il circolo "Contro le Interrogazioni di fine quadrimestre" xD

Dai, ancora un giorno e è finita per tutti!! *fa patpat*...speriamo xD

E beata te che non hai il debito...xD Ma vabbè, recupererò(si spera) xD Il tuo gatto è disposto a farmi lezioni?? (il mio è troppo pigro xD)

O magari...Fido xD

Eh lo so, la maestra è proprio irritante...e lo sarà sempre di più xD Ma è ovvio che ne Ray ne Lucy si fanno mettere i piedi in testa...sono Harrison, loro! XD

The:Theeeee!! Bentornata!! Non preoccuparti per l'assenza, ti capisco, il periodo prima della fine della scuola è sempre il più tremendo...recupera quando vuoi ;)

E sono contenta che la storia ti piaccia ;)

Per la tesina dell'esame...no, non ce l'hanno ancora fatta fare, sono io che mi porto avanti xD

Lo so, non è molto normale, ma il mio compagno di banco ha cominciato a parlarne e, visto il suo argomento, non ho resistito a fargli la traccia xD

Anche se poi probabilmente in terza dovremo rifare tutto...destino infame xD

E poi, non so perchè, mi gasa troppo il fatto di dover scrivere una tesina xD

(Continuano gli scleri serali...xD)


A presto!!

Marty

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Capitolo 4
*** The only living pirates in London (Part 1) ***




The only living pirates in London

(Part 1)


Lunedì, di nuovo.

Dove ci sembra di aver già sentito queste parole?

A Liverpool, con gli Harrison.

Spostandoci a Londra, però, vedremmo una situazione molto simile...anche se alquanto più bislacca.

Due strani individui vestiti di nero, con due paia di occhiali da sole calcati sugli occhi e un cappuccio dello stesso colore, decorato soltanto da un buffo pennacchio rosso e verde che spuntava da un lato, si stavano avvicinando a Trafalgar Square.

C'era poco da fare.

Era lunedì pomeriggio e, come tutti i lunedì pomeriggio a quell'ora, Duncan e Ronald Duck si preparavano a bussare alle porte di mezza londra.

Una coppia di anziani stava attraversando la piazza.

Ronald e Duncan gli lanciarono un'occhiata di traverso, al che la donna strinse il braccio del marito.

Non era prevista la presenza di altra gente, nel loro piano, ma, d'altra parte, era lunedì pomeriggio, erano a Londra, a Trafalgar Square...

Soltanto con uno sciopero del genere umano avrebbero potuto anche solo sperare di trovare la piazza libera.

Ronald lanciò uno sguardo a Duncan, che si accigliò.

Solo quando il compagno gli mostrò il pollice alto, Ronald si decise a girare la rotellina dell'ordigno che nascondeva nella tasca del giubbotto, che si accese con un flebile ma distinto clic.

I due vecchi non avrebbero intralciato i loro piani.

-Egidio! Egidio, hai appena calpestato la mia dentiera!- strillò a un certo punto la vecchia, facendo quasi saltare in aria il povero Duncan, che si stava accostando a loro proprio in quel momento.

-Bella giornata, eh, signora?- fece per dire, ma l'urlo ancora più acuto del vecchio Egidio lo mise completamente a tacere.

-Elvira, Elvira, perdonami!-

-Torno da mia madre! E comunque mi chiamo Algisia!-

-Povera disg...ehm- Egidio si guardò intorno, giusto in tempo per vedere Algisia girare sui tacchi e scomparire dietro una siepe, sputacchiando saliva sui poveri piccioni che facevano comunella lì intorno.

Duncan scoccò a Ronald un'occhiata d'intesa.

Meno uno.

-Stupide lenti a contatto...- commentò Egidio, cercando di raggiungere la moglie, ma Ronald lo fermò.

-Di qui non si può, signore-

-Cosa?! Sono colonnello, io!- protestò quello, agitando furiosamente i pugni verso di lui.

-Di qui non si può, colonnello- si corresse.

In quel momento, però, l'ordigno nella tasca di Ronald emise uno strano ronzio e la voce di un radiocronista gridò:

-The Beatles, live at the BBC!-

-Spegniiii!!- strillò Ronald, tappandosi le orecchie.

Il vecchio se l'era data a gambe, inciampando più volte nei suoi stessi piedi, per via delle lenti a contatto.

Mistero svelato.

L'ordigno era un walkie-talkie.

-Pronto? Pronto! Qui è K...Kristin Richardson. Individuo sospetto in Trafalgar Square. Passo e chiudo! Passo è chiudo! Passo e...-

-CHUDI!!-

Ronald mise una mano in tasca e poco dopo ne estrasse un fazzoletto ricamato e profumato di violetta.

-Pronto pronto pronto! Prova! Qui è sempre Kristin Richardson, adesso l'individuo sospetto si sta soffiando il naso!-

-Sono io, l'individuo sospetto!-

Un attimo dopo, Duncan dovette fare una completa rotazione di 180° su se stesso, per schivare un motorino che, proprio in quel momento, gli aveva tagliato la strada.

-Pronto pronto pronto! Sono arrivato!-

-Tre parole. TOGLITI. DI. MEZZO-

-Sont les mots qui vont tres bien ensemble,

tres bien ensemble-

-I love you, I love you, I love you!- concluse Ronald, battendo le mani come una foca.

-Sei pronta, Kristin?-

-A-ehm. Pronto-

-Il nostro giro sta per cominciare-

-Let's go, go, go, go, GO!-

-If you start me up... I'll never stop. -

I tre si stavano per avviare verso la prima casa, quando Kristin si accorse che un poliziotto, poco lontano, aveva iniziato a prendergli la targa del motorino.

-Bene. Questo è quello sparito due mesi fa...-

-Allarme rosso! Allarme rosso! Allarme rosso!- iniziò a gridare, saltando in aria come una molla.

-Calma, Kris. Stai calma-

-Ehi, Ron...non è il tuo telefono, questo??- sussurrò a un certo punto il maggiore dei Duck, indicando il giubbotto vibrante dell'amico.

A quelle parole, Ronald afferò il telefono e gridò:

-Pronto?!-

-Ronnie! Cuginetto mio!-

Era Lucy.

-Metti giù, Lucy- borbottò il ragazzo, spaventato. -Rischi di farci saltare la copertura-.

Ma lei non l'ascoltò.

-Che state facendo??-

-Ti ho detto di mettere giù, Lu'! Aspetta... Keith! C'è tua sorella al telefono!-

-Genio! Ce l'hai fatta saltare tu, la copertura!-

Un urlo, all'improvviso, li raggelò tutti sul posto.

-I ROLLING STONES!-

Nella confusione, un ragazzo afferrò il telefono.

-Pronto? Pronto? Ron!-

-Chi parla?-

-Sono Lucy!-

Il ragazzo trattenne un urletto isterico.

-Lucy Richards? Lucy Harrison? La Lucy Richards di Their Satanic Majestic Request? La Lucy Richards di She's a Rainbow??-

-Sì, sono io, ma...chi parla??-

-Mi chiamo Julian!-

-Julian Lennon? Jude?-

-Sì, magari! No, io sono Julian Zimmerman!-

-Eehm...chi?? Non credo di ricordare chi...-

-Lucy Richards al telefono!- gridò allora il suddetto Julian, eccitato.

Qualcuno cercò di rubargli il telefono di mano.

-Lucy, sposami!-

Lucy, inavvertitamente, aveva inserito il vivavoce.

Fu allora che George, che aveva assistito a tutta la conversazione, le prese il telefono di mano e gridò:

-MA VA A QUEL PAESE!- e fece per chiudere la comunicazione, ma Jim gli rubò a sua volta il telefono di mano.

-Qui è Jimmy Keithy Harrison, in diretta da Arnold Grove! Mio padre vi manda tutti a quel paese! Oh baby! Yeeeeh baby! Woooooh baby! Jimmy Harrison vi saluta!-

-Chiudi, Jim- gli ordinò George, ma il bambino non lo ascoltò.

-Ah, dimenticavo! La telefonata e a carico del destinatario!- gridò.

Al che il povero Ron si mise letteralmente le mani tra i capelli.



Poi, all'improvviso, un altro urlo.

-NOI NON SIAMO I ROLLING STONES!-

La folla tacque di colpo.

-Voi...non siete chi??-

Kristin sfoderò un sorriso smagliante e aprì un alquanto sospetta valigetta, da cui Duncan e Ronald iniziarono ad estrarre tirare di fuori di tutto, cavallette, aspirine, perfino pezzi di motorino.

Dopodichè Ron salì in piedi sulla valigetta e iniziò a gridare:

-Convertitevi a Geovah, signori! Convertitevi!-


End of Part 1

Buon pomeriggio a tutti!!

Scusate la brevità del capitolo, ma tra pochissimo ho le prove del saggio di piano, così ho deciso di dividere il capitolo in due parti...la seconda, con anche il consiglio di classe di Lucy e, prossimamente, il saggio di chitarra di John, la posterò domani ;)

Domani è anche l'ultimo giorno di scuola, grazie al cielo!!

E sono anche riuscita a scampare l'interrogazione di scienze...xD

Wow...uno dei venerdì più decenti di tutto l'anno scolastico(forse perchè è l'ultimo?? xD).

Il titolo del capitolo, invece, è preso da “The only living boy in New York”...oppurtunamente modificato, ovviamente xD

Bene, spero che il capitolo vi sia piaciuto!! ;)


Passiamo alle recensioni!!

Zazy:Eggià...ma, d'altra parte, Georgino è sempre adorabile xD Vedrai cosa farà Lucy nel prossimo capitolo...ti dico già che sarà un'azione degna di lei xD

Eh, ma vedrai che non è proprio russo...anzi, non è russo proprio per niente xD Ma l'identità dello pseudo-Potamak la scopriremo poi...xD

Ecco qui gli Stones...sono sempre i soliti, vero?? xD


E adesso corro a provare, che come al solito devo smaltire l'ansia “pre-saggio” che mi viene tutti gli anni(e sperando vivamente che non mi cada addosso il pianoforte-anche se è un po' improbabile-come a George Clooney xD)...fatemi gli auguri!! xD

A presto,

Marty

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Capitolo 5
*** Lucy, what is my life, without your love? ***



Lucy, what is my life, without your love?


-Allora, Lucy...sei sicura di volerci andare??- chiese George alla fidanzata, guardandola irrequieto.

-Sì, George. Te l'ho già detto-

-Non vuoi che venga anch'io?-

-Ma come fai?! Devi andare in studio! E prima devi andare a prendere John. Te lo ricordi, vero?-

-John alle prove...certo! E poi lo porto con me in studio. Stasera dobbiamo registrare una cosa...-

-Cosa??-

-Oh, non te lo posso ancora dire...-

-George!-

-Posso solo dirti che, dopo stasera, non avrai occhi che per me. E non ti basterà tutto l'amore e la follia del mondo per ringraziarmi... E poi...-

-George! Più di così!!-

-Si può sempre fare più di così. Soprattutto quando ti propinano proposte di matrimonio per telefono...- rispose George, ancora amareggiato.

-E poi, Geo...un quarto figlio te lo puoi scordare!!-

-Ma...cos'hai capito?? Il vero amore è quello spirituale...-

Lucy sgranò gli occhi.

-Che c'è, George, sei posseduto??- chiese, preoccupatissima.

-Lucy!! Ti sembra così improbabile che dica una cosa del genere alla mia adorabile fidanzatina Lucyna??-

-Bisognerebbe registrarti!-

-D'accordo. Vuoi anche che faccia l'accompagnamento alla chitarra??-

-Sono già le cinque! Devo andare! Ron, Mick e Keith li ho già salutati, quindi...non mi resta che salutare te-

-E come mi saluterai??- chiese il solito George, speranzoso.

-Con un simpatico buffetto sulla guancia e un'allegra scompigliatina ai tuoi bellissimi capelli...-

-...e poi?-

-Finito, no?-

-Veramente pensavo a qualcosa di ancora più simpatico...-

-Ma certo!- Lucy incominciò a farsi rigirare tra le dita un bottone della camicetta, guardandolo di tanto in tanto con aria smarrita.

Sembrava in cerca di un'idea, ma quello George non lo notò.

Si limitò a sorridere con aria vagamente famelica.

-Adesso sì che ragioniamo!-

-No, aspetta. Devono per forza esserci anche quelli di scorta!-

-Ehm...non ho capito, ma va bene lo stesso. Allora??-

Lucy trovò i bottoni di scorta nella tasca e ne prese uno, dopodichè lo posò nella mano di George.

-Un bottone della mia camicia. In Indotunisia si salutano così. Credo-

-In...Indotunisia??-

-Certo, perchè no?? Ci vediamo stasera, baci!!-

George fissò il bottoncino che aveva in mano con aria truce, dopodichè borbottò:

-Baci, sì. A parole!-

-Papyy...che combini??- esclamò allegramente Ray, scendendo dalle scale della sua camera.

-It's a little secret, just the Harrisons' affair!- rispose George, con un sorrisetto.

-Sei sempre il solito, papà!! Io non so proprio come fa la mamma...secondo me è una Santa!!-

-Sono io, il Santo, semmai!-

-Macchè, papy!! Tu sei solo un sacco perverso!-

-Innamorato perso, hai detto??-

-Perverso!!-

-Ah...certo! E per questo verso me ne vado in cucina... Ci sono ancora dei biscotti??-

-Non lo so, papà- ammise Ray. -Mi sa che li hai finiti ieri sera-

-Ma tua madre l'ha fatta, la spesa, no??- chiese speranzoso.

Ray spalancò gli occhioni color ossidiana, per poi abbassarli sul tappeto, scuotendo mestamente la testa.

-Non credo, papà-

-Lucy non sarà mai una “brava mogliettina”!- sbottò George, mimando le ultime due parole tra virgolette.

-Ma io non posso rimanere senza biscotti!!-

-Certo. Però la mamma è buona e taaanto caritatevole, e ti ha anche lasciato il gettone per il carello sul comodino!-

-Che angelo!-

Ray trattenne una risatina.

-Adesso però dobbiamo fare tutti il tifo per lei. Lo sai che è andata al tuo consiglio, vero?-

-Povera mamma... Le mie maestre sono tanto cattive con lei...-

-E' così ingiusto. Dovrebbero reprimere le loro invidie personali almeno per gli eventi scolastici-

-Ma lo sai, papà, se la caverà...-

Nel frattempo, Lucy era arrivata davanti alla scuola.

Parcheggiò il motorino di George davanti all'auto di Hannah Yells, bloccandola così nel parcheggio.

-E' arrivata!- commentò Hannah Yells, con tono funebre, addocchiandola dalla finestra.

Lucy scese dal motorino con un sorriso smagliante, che lasciò tutti a bocca aperta.

-E' arrivata Lucy...- commentò sospirando qualcuno dei padri, beccandosi automaticamente un'occhiataccia con gomitata allegata dalla propria moglie.

-Smettetela!- gracchiò la Yells, procurandosi il doppio delle occhiataccie.

Infatti, per quanto potere potesse avere nella scuola, rimaneva pur sempre una maestra.

Non poteva rimproverare così esplicitamente i membri del consiglio di classe.

Come Lucy entrò nell'aula, ventitrè sguardi si posarono su di lei.

Sguardi sognanti o grondanti d'odio, sorrisi di circostanza e sorrisi falsi.

Solo uno di quei sorrisi era sincero.

Quello di Cin Song.

Lucy si sedette accanto a lui e incrociò le gambe, lanciando uno sguardo distratto fuori dalla finestra.

Nevicava ancora.

-Cosa mi sono persa?- bisbigliò piano, in modo da non farsi sentire da Hannah Yells, che, appollaiata su una seggiola traballante, sembrava aspettare solo lei per dare inizio al consiglio di classe.

-Si è fatta aspettare abbastanza, signorina??- la schernì Hannah, con un sorrisetto isterico.

In genere una frase simile, detta davanti a tante persone, avrebbe messo a disagio chiunque.

Ma non lei.

-Non era mia intenzione, signora Yells- rispose, guardandola sfacciatamente negli occhi, impassibile.

-Sono signorina!- gracchiò la Yells, ancora più isterica del solito.

-Chissà come mai la cosa non mi stupisce...- commentò Lucy a bassa voce, ma il commento non sfuggì alla diretta interessata, che fremette.

Le lanciò un'occhiataccia, ma Lucy, per tutta risposta, la ignorò.

- Detto questo...cosa mi sono persa, Cin?-

Cin Song ridacchiò.

-I commenti su di te, forse...-

-E cos'avrebbero detto, sentiamo?-

-Hannah vorrebbe escluderti definitivamente dal consiglio...-

-Hannah?! E da quando siete così in confidenza??-

-Da quando...- Cin avvicinò le labbra al suo orecchio, guardandosi intorno con fare circospetto.

-...l'ho scoperta nella mia libreria a cercare un libro della serie... “come stendere il tuo Lui” o qualcosa del genere-

Lucy scoppiò a ridere fragorosamente.

La Yells gracchiò qualcosa, ma le uniche parole che le arrivarono alle orecchie furono:

-Allora, Miss Richards... le dispiacerebbe far ridere anche noi?-

-Per carità...- mormorò Lucy, smettendo all'istante di ridere..

-Adesso basta!- esplose la Yells. -Proprio lei, Miss Richards! Ho qui giusto giusto l'ultimo tema di suo figlio... Traccia: vita quotidiana. E' un caso perso, sa? Se non ci fosse arte a salvarlo...-

Lucy sorrise tra se e se.

Arte.

La materia preferita di Ray, la sua materia preferita.

Una delle poche cose che non aveva preso da George.

-Le dispiace tornare tra noi, Miss Richards? Oppure solo il suo George ha l'esclusiva sui suoi pensieri? Forse non siamo all'altezza?-

-Stava dicendo di Ray...?- la zittì Lucy, ignorando le allusioni.

-Ecco qua il tema del vostro piccolo Raymond: quattro e mezzo!-

Lucy fece un salto sulla sedia, nel leggere il voto sul tema del figlio.

-Oh-

Poi iniziò a leggerlo, inclinando leggermente il foglio verso la luce.

Nell'intestazione Ray aveva scritto:

Tema di Raymond Harrison, figlio della mitica Lucy Richards e del superfantastico, scemo e perverso(a detta della mamma anche sexy) George Harrison.

Oh, Baby!

Woooh, baby!

Yeeeh, baby!


Poco lontano, scritto con un pennarello blu, troneggiava un “W Elvis!”, sotto il quale stava una caricatura della Yells, a cui Lindsay Song aveva risposto “Concordo!”.


Firmato RH, il più grande, il più bello, il migliore!


Il gelido commento di Hannah Yells era stato, però, riguardo a delle impronte in fondo al foglio colorate di blu per via del pennarello:

Impronte di pennarello ad opera d'arte. L'alunno si è forse esercitato??

Pagina 1


Nella seconda pagina, invece, si poteva vedere una panoramica della “famiglia” per Ray Harrison, accompagnata da piccoli disegni.

Sotto il disegno di Lucy, una didascalia recitava: “She knows what she wants to do” e poi, un po' più spostato verso il disegno di George: “Attracts he like no other lover”.

Ancora sotto, Ray aveva disegnato Lindsay, accompagnata dalla seguente frase:

Linds(è tutta mammina da giovane!!), mentre la diretta interessata, poco lontano, aveva scritto, riferendosi al vestito sbarazzino che il ragazzo le aveva fatto indossare:

Un po' più corto no, vero, Harrison? Linds.

Scusa! Ray


Pagina 2


-Ma...si è dimenticato di Jim e John??- chiese a un certo punto Lucy, più a se stessa che ad altri.

-Questa non è che una limpida dimostrazione della pessima educazione che la quipresente Miss Richards ha insegnato ai suoi figli- commentò Hannah, compiaciuta.

-Se non lo sa, Miss Yells- Lucy non riuscì più a trattenersi. -Spesso succede così, tra fratelli. Ne è una limpida dimostrazione, come dice lei, il rapporto tra me e mio fratello, Keith. Non sempre andiamo d'accordo, ma ci sosteniamo sempre nel momento del bisogno. E poi, Ray vuole molto bene a Jim e a John-

La vice-preside deglutì per darsi un contegno, ma non disse niente.


Lucy, soddisfatta del risultato ottenuto, proseguì la lettura alla terza pagina.

Lì, Ray aveva disegnato se stesso.

Signori e signore...Raymond Harrison!!

Degno figlio di mio padre!

Accanto alla riproduzione del suo ciuffo biondo, Ray aveva tirato varie frecce, accompagnate anche dai commenti di Lindsay.

Il mio ciuffo biondo batte tutti!!

Troppo biondo??

Sembra un corno! Linds

Invidiosa! Ray

E ancora:

Sguardo magentico “alla Harrison”.

Rubacuori a undici anni!!

Pfff!! Linds

Un buuuh per Song! Ray

Seguiva il giudizio della maestra:

4 ½...in fiducia!!

Hannah Yells

Ray era riuscito a scrivere un “buuuh!” anche accanto al suo voto.


Pagina 3


-Dovrei farle leggere anche quest'altro tema. Cinque, per insulti espliciti alla docente-

-Aspetti un secondo, Hannah- la fermò però Cin Song.

-Tutto questo non mi sembra giusto. Ogni consiglio di classe sembra rivolto solo a lei...perchè non ci parla mai dei nostri figli? Lindsay, per esempio...non mi dirà che è sempre brava!-

-Sua figlia è un angelo, Signor Song-

-Suvvia, Hannah...- insistette Cin. -Qualcosa che vada oltre al nostro incontro in libreria!-

Hannah impallidì.

-Non ne avrà parlato in giro!-

-No, ovviamente. A parte che alla mia amica Lucy...-

-La sua amica Lucy, eh? Oh...fantastico- commentò Hannah, paonazza.

-E il mio Dyl?- chiese una donna sulla trentina, probabilmente la madre di Dylan Collins, il migliore amico di Ray.

Era una delle poche, insieme a Song, a comportarsi in modo gentile nei confronti di Lucy, forse anche per l'amicizia che legava I loro figli, sin dal primo giorno di scuola.

Dylan, però, era “fidanzato”(o almeno così si diceva), con una bionda/ramata di nome Sharon, figlia dell'eterno braccio destro della Yells e nemica giurata di Lindsay.

Più volte Sharon aveva tentato di avvicinarsi a Ray con una scusa, ma sempre solo come “figlio del chitarrista dei Beatles”, forse nella speranza di diventare più popolare.

Sharon era conosciuta in tutta la scuola come una grande approfittatrice, eppure, insieme a Lindsay e ad alcune altre, era una delle alunne preferite della Yells.

-Il suo Dyl, signora Collins? Bene, l'ultimo tema del mini-Harrison riguarda anche lui. L'hanno scritto insieme, lui e suo figlio. Cinque in due...2.5 a testa- disse, con malcelato sarcasmo.

Detto questo, Hannah Yells porse il tema a Lucy e a Martha Collins, con un sorrisetto esageratamente mellifluo.


Novella del giorno

(Per la fine della scuola)

Assassinio in II° B(titolo fino alle 10.53)

(Dalle 10.53 fino alla fine del nuovo anno) Assassinio in III° B


L'ultimo giorno di scuola, al Liverpool Institute of Art, a poche fermate di autobus da Arnold Grove, si racconta che sia avvenuto un assassnio.

George Richards e Keith Harrison erano due studenti del primo anno, che per tutto l'anno scolastico avevano avuto la fama di delinquenti, ladri, pirati e contrabbandieri di vari oggetti(cavallette morte o vive, chitarre, motorini, gufi di plastica...).

Keith viveva in simbiosi con il suo motorino, tale Bry-Jo, mentre George non si separava mai dalla sua chitarra, Lucy.

L'ultimo giorno di scuola, alla fine, era arrivato.

George e Keith erano, come sempre, seduti sulla cattedra, a tirare dalla finestra aeroplanini di carta fatti con le pagine del registro di classe.

Ad un certo punto, però, tra le mani di George capitò una pagina diversa dalle altre, firmata con vero sangue dalla preside, una certa Hannah Yells, che era diventata preside a 27 anni, qualcuno dice grazie a suo marito, chitarrista e tastierista dei “Magic Turkeys”, un gruppo post-rock fondato da Ronnie Wood, sessantatreenne convinto da anni di essere il chitarrista dei Rolling Stones(aspetta e spera...).

Gli spettacoli dei “Magic Turkeys” comprendevano anche l'ingresso in scena di alcuni tacchini, appunto, I “Magic Turkeys”, tra fuochi spettacolari, esplosioni di fumi e di colori.

La preside era sempre stata considerata come un “individuo sospetto”, spesso classificata tra i “soggetti poco raccomandabili” della scuola.

Ebbene, la pagina del registro capitata tra le mani di George conteneva segreti inestimabili.

Malamente celata tra I voti delle interrogazioni di storia e delle ricerche di geografia, c'era una scritta in codice.

Il codice, però, per chi lo conosceva, era una frase della celebre “Simpathy for the Devil” dei Rolling Stones:

Pleased to meet you, hope you guess my name”, firmata tanti anni prima da due dei miei zietti preferiti, Mick Jagger e Kristin Richardson Keith Richards.

C'erano anche i nomi di alcuni studenti della scuola, tutti quelli che erano stati bocciati in geografia, la materia insegnata dalla Yells prima di diventare preside:


GEOFFRED TIMBERLAKE

MIKE JONES

PAUL MCGREGOR

LYN E KRISTIN HARRIS

ART O'DONNEL


Accanto a ognuno dei loro nomi, c'era un simbolo: o un ascia, o un coltello, o un pallino nero.

C'era anche uno strano sigillo, alla fine del foglio, una “K” intrecciata a strani rametti fosforescenti che, da un certo punto di vista, potevano essere scambiati per serpenti, mentre il “fiocco” al contrario poco lontano ricordava vagamente le tibie di un teschio.

Subito George corse a chiamare Keith, che, per farsi notare, stava cercando di gettare la bidella dalla finestra, sventolando le pagine del registro davanti a lui.

In fondo, scritto in celeste corsivo, c'erano anche I loro nomi.

La cosa cominciava a diventare inquietante.

Di fianco ai loro nomi c'era un simbolo diverso da tutti gli altri: due ondine.

George e Keith ebbero un rapido flashback del passato anno scolastico: il secondo giorno di scuola avevano fatto portare via la preside dalla disinfestazione per ratti e subito dopo dalla protezione dei panda(nella sua cartelletta avevano trovato del bambù), poi avevano fatto arrestare la prof di lettere, durante la gita scolastica a Melbourne, erano stati sospesi a scadenza indeterminata e, infiltrandosi nell'aula di scienze, avevano fatto esplodere la lavagna.

D'altra parte, George era stato bocciato in prima elementare e Keith all'asilo.

Forse(e dico forse) non erano esattamente “studenti modello”.

E forse(ma stavolta era più probabile) la preside Hannah stava veramente cercando di ucciderli.

End of Part 1


-Ma...qui c'è scritto fine prima parte??- chiese Lucy, sorpresa.

-Proprio così! Hanno scritto una storia a capitoli, quegli angioletti!-

-E...la seconda parte?- chiese timidamente Martha.

-La devo ancora correggere, grazie al cielo!-

-Mi dispiace che Ray le dia così tanti problemi, ma...-

Hannah Yells le lanciò un'occhiata di sbieco.

-Non posso crederci, Miss Richards! D'altra parte, povero ragazzo, non posso biasimarlo. Con una madre del genere! E' già tanto che sappia la tabellina del due! E sa, Miss Richards, penso che lei sia stata anche fin troppo fortunata, nella vita.

Non ha mai fatto niente in vita sua, sorella di Keith Richards e futura moglie di George Harrison...a cosa le serve ancora respirare, se anche I suoi respiri potrebbero pagarglieli loro??

Il suo futuro l'hanno scritto loro, e così sarà anche per I vostri figli! La verità è che non serve a niente, Miss Richards. Non servirà mai a niente, ne a nessuno. Se ne faccia una ragione-

Nella stanza calò un silenzio glaciale.

L'atmosfera si poteva tagliare col coltello.

-Ma...- fece per dire Lucy, per una volta rimasta anche lei senza parole.

-George ha bisogno di un passatempo, non può certo buttare all'aria una splendida carriera per badare a tre marmocchi! Quindi, perchè non mettersi in casa la tata? Lo so bene, io, come ragionano le rock star di questi tempi! Cosa ne dice, Lucy Richards?-

Lucy cercò di mettere bene a fuoco gli occhi di Hannah Yells, alzandosi molto lentamente dalla sedia.

Non sapeva il motivo esatto, anche se poteva immaginarlo, ma quella donna la odiava.

Era odio represso, quello che vedeva nei suoi occhi, odio e rabbia incontenibile, invidia e quanto di peggiore ci potesse essere al mondo.

Chissà cosa le era capitato, prima di venire a lavorare qui. Pensava Lucy.

Forse la sua vita è così terribile da non potersi nemmeno raccontare...forse perchè io sono un po', tanto più fortunata di lei...forse fa così con tutti.

Forse...

-Non cerchi di ragionare, Miss Richards. Non può farlo. Non c'è niente che può fare. Niente che le dia il diritto di stare qui con noi, con noi che la vita, quello che siamo, ce lo siamo conquistate con le unghie! Lei cos'ha conquistato? Il suo bel chitarrista, forse? E poi, vediamo...i favori della gente per quello che è? Complimenti, non c'è che dire, complimenti!-

Lucy non ci vide più.

Fumava di rabbia, su quella sedia che avrebbe tanto voluto scaraventare al muro e spaccare in mille pezzi, perchè lei, forse non era come le altre ragazze, forse era stata tutta fortuna, ma sentiva di essersela anche conquistata, quella fortuna. Lei aveva ottenuto l'amore di quel ragazzo, quel ragazzo che adesso chiamavano George Harrison, il grande George Harrison, l'ex chitarrista dei Beatles, l'autore di Something tempo prima, quando I Beatles non esistevano ancora e di avergli donato tutta se stessa, la sua amicizia, la sua anima e la sua stessa vita...e I suoi figli.

Non aveva mai neanche lontanamente pensato di dipendere da lui, se non nel senso spirituale, quello che George chiamava “amore spirituale”, in qualche modo sentiva di essere servita a qualcosa anche lei, in tutto quello...

E adesso una sconosciuta, una maestra qualsiasi, le stava sputando in faccia tutto il suo odio facendolo passare per reale, per voce della verità?

Non era nemmeno credibile.

Non avrebbe potuto crederlo nemmeno volendo, semplicemente, quella era la sua vita.

La sua vita.

Avrebbe forse dovuto andarsene lontano, in un posto dove non ci fosse George, per vedere cosa avrebbe potuto fare senza di lui, per vedere dove sarebbe potuta arrivare, lei stessa, senza nessuno, senza nessun aiuto al mondo?

Eppure, lei non ne aveva mai chiesti, di aiuto.

Tutto quello che per lei era naturale...tutto quello che si era conquistata.

Ma non avrebbe potuto farlo.

Il suo corpo, forse, avrebbe potuto farlo, la sua mente anche, la forza della ragione sarebbe prevalsa su tutto, in qualche modo ci sarebbe riuscita, lei, orgogliosa com'era.

Ma il suo cuore no, non avrebbe potuto fare.

Era in piedi di fronte a lei, adesso.

Di fronte a colei che credeva di averla messa davanti alla realtà, di averla calpestata sotto i piedi.

-Hannah Margaret Yells...forse io sarò un'eterna raccomandata. Ma lei, che è arrivata fin qui da sola-e le faccio i miei complimenti, forse perchè ne Keith ne George mi hanno mai insegnato a coltivare una simile crudeltà- lei chi è?-

E con quelle parole, le mollò uno schiaffo talmente forse da farla piegare in due dal dolore, appoggiarsi d'istinto una mano sulla guancia e gridare:

-Portatemi del ghiaccio, inetti!-

La madre di Sharon accorse.

-Cos'hai fatto, strega!-

-Raccomandata! Indegna!- I genitori avevano cominciato a urlare contro di lei, aizati dalla strilla disumane della Yells.

Lucy sferrò un calcio alla sedia, che si schiantò violentemente contro la cattedra, poco lontano da Song, che però riuscì ad evitarla.

Lucy corse via, mentre lacrime di rabbia le solcavano le guancie.

Perchè non era nemmeno un po' ragionevole?

Perchè era nella sua natura comportarsi così?

Perchè non riusciva a smettere?

Perchè non riusciva mai a mettere I suoi sentimenti al primo posto, perchè agiva sempre così, impulsivamente, d'istinto?

Perchè non pensava al suo amore?


And from above you sent us love


George non si sarebbe fatto tanti problemi.

George la sua vita, la sua gloria se l'era conquistata senza tanti problemi...lei no.

Poteva dire di essere una pittrice di successo, adesso, di esserlo diventata per se stessa, grazie ai suoi colori, ai suoi sogni, alla sua fantasia...ma non era bastato.

Non le era mai capitata una cosa simile.

Perchè gli altri non lo capivano?

A un certo punto, però, sentì qualcuno afferrarla per un braccio.

Era Song.

-Cin...-

-Lucy. Calmati. Vieni con me-

Lucy seguì Song come un ragazzo segue l'acquilone, senza nemmeno guardare la strada.

Qualche minuto dopo arrivarono davanti alla libreria dei Song.

-Entra. Qui potrai stare tranquilla-

Lucy lo sapeva, presto le sarebbe passato tutto.

Si sarebbe scusata con Hannah Yells, anche se al momento non voleva pensare a lei.

Gli rivolse un sorriso pieno di gratitudine e si accucciò in mezzo ai libri di poesie, inziando a sfogliarne uno.

Giacomo Leopardi.



Proprio in quel momento, George e John erano arrivati in studio.

George si sedette accanto a un registratore e fece sedere accanto a se il figlio, che stava leccando un gelato tutto soddisfatto.

Prese la chitarra e fece per iniziare a suonare, ma poi guardò John e si accorse di non avergli ancora quasi rivolto la parola.

-Ehi, Jo! Non hai niente di bello da raccontarmi?-

-Sì! Papiii...io, Jim e Ray ti abbiamo...fatto una cosa-

-Davvero??-

-Sì!! Per te e per la mamma...perchè siete troppo belli!!-

George gli sorrise e, mentre con una mano scartava il pacchetto, con l'altra gli scompigliava i capelli.

-Grazie, Johnny-

Appoggiò la carta vicino al registratore e si ritrovò tra le mani tre fogli.

Tre fogli pieni di bigliettini e di colori...tre fogli che ripercorrevano tutta la sua vita.

-Li avete fatti voi, Jo?-

Il bambino sorrise soddisfatto.

-Li abbiamo fatti per voi-

George guardò ancora per qualche minuto il regalo, dopodichè scoppiò a ridere.

-Siete stati mitici!-

1

2

3



-Sono tuo figlio, no? E' ovvio che sia mitico!-

George sorrise.

Un sorriso calmo, rilassato, un sorriso dolcissimo, immensamente felice.

E allora si ritrovò a pensarlo veramente.

Lucy, what is my life, without your love?


Buon pomeriggio a tutte!!

Oggi è finita la scuolaaa!!!

E...e....siamo stati ammessi tutti!!! Tranne una, ma vabbè...

E poi...sono stata ammessa con la media del 9!!!

Sono troppo troppo troppo troppo felice, la III° B va avanti!!

D'altra parte, non sarebbe stata la stessa senza uno di noi...

E sono stata ammessa anche se la sottoscritta, stamattina, ha fatto leggere alla prof di italiano il tema di Ray e Dyl...xD

Anzi, devo ancora decidere se mettere o no la seconda parte...anche se mi sembra davvero troppo, troppo stupida xD

Anche se, in un certo senso, alla seconda parte del tema è legato anche il prossimo capitolo e il seguito di quello che succederà a Lu'...ma non necessariamente.

Insomma, decidete voi, se volete che metta la seconda parte del tema con anche la comparsa di Giacomo Leopardi(e vi farà venire voglia di chiamare il manicomio), oppure lo lascio così. ;)

La seconda parte degli Stones, invece, ho deciso di metterla nel prossimo capitolo, per non fare troppa confusione... ;)



Passando alle recensioni...

Zazy:Essì, quelle testoline matte non cambieranno mai...ma noi gli vogliamo bene anche per questo!! La scena della dentiera...ci credi se ti dico che è ispirata a una cosa che mi è successa veramente???(non a me, perchè io non porto ancora la dentiera xD)...sì sì, sono successe grandi cose al consiglio di classe...ma il più sarà il dopo... ;)

Thief:Eeh, sì, la geniale “genialità” di Ronnie la vedremo nel prossimo capitolo, con la seconda parte di “The only living pirates in London”... Povero il nostro Georgie xD

Hannah Yells è matta, punto. Anche in questo capitolo...da sempre il peggio di se, ma vedrai che sarà proprio George a metterla a tacere, più avanti... ;)

Hai già capito chi è Potamak?? Ah, brava, brava...ma non lo dire a nessuno!! Per quello che combinerà...uhm, per adesso ti dico solo che c'entra vagamente con quello che è successo a Lucy...e poi...poi si vedrà xD

Sono contenta che ti stia simpatico Song!! A dirla tutta piace molto anche a me...anche se è un po'-molto- particolare xD

Per scienze...io per due volte di seguito mi sono dimenticata di studiare l'alimentazione(non la sopporto...con tutti quegli intestini, ptialine, sostanze, succhi, bolo, chimo...la odio e basta xD), solo che una volta sono riuscita a prendere 6+, un'altra volta 5 e mezzo...poi però ho recuperato in fisica con un 7 e mezzo(che avrebbe potuto essere molto di più, perchè le definizioni, controllate dopo, erano precise-le avevo studiate quasi a memoria- a quelle del libro e...me le ha segnate errore! Bah...) e ieri mi ha detto che mi ha messo 6...perchè cavolo, a mettere 7 si sprecava?? xD Mi veniva 6.5 di media, poi contando le volte in cui ho alzato la mano per rispondere avrebbe anche potuto arrotondare...vabbè, dai, speriamo di recuperare in terza xD

Auguri per gli esami!! Hai già cominciato a fare la tesi?? Sono stata appena ammessa in terza e le prof hanno già cominciato a metterci grilli in testa, dicendo che “settembre è alle porte”...ma secondo me, con la storia che stanno facendo gli esami a quelli di terza, hanno cominciato a sclerare e a tirare in ballo pure noi...oggi a momenti ci facevano leggere le tesi xD

Marty:Eh già...dovremmo proprio trovare una via di mezzo!! Come Zazy...ne troppo tardi, ne troppo presto! Ma tranquilla, lunedì comincio il grest e non so quanto tempo avrò per scrivere(spero almeno il tardo pomeriggio), poi venerdì prossimo parto per Londra(e allora si che usciranno capitoli totalmente sclerati xD), poi per la Sicilia...uhm...sì, qualche modifica ai tempi sarà necessaria xD

Sì, I Rolling sotto copertura sono troppo scemi...soprattutto Keith!! Ma da loro non ci potevamo aspettare altro xD


A presto!!

Marty


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Capitolo 6
*** The only living pirates in London (Part 2) “Homeward Bound” ***


The only living pirates in London

(Part 2)

“Homeward Bound”

 

 

 

Era sera.

Lucy sarebbe dovuta essere a casa già da un bel pezzo.

George parcheggiò davanti a casa, con John per mano, e si avvicinò alla porta, ancora intento a cercare le chiavi nella custodia della chitarra.

-Papi...-

-Un secondo, John-

-Papi...-

-John! Ho detto un...-

-E' aperto-

George abbassò lo sguardo sul figlio, che, molto simile a paperino da piccolo, con il ciuffo spettinato in stile Quarrymen e lo sguardo da sognatore che avrebbe fatto tanto piacere allo zio John, lo guardava sorridente.

-Giusto- commentò, per darsi un contegno.

Era bello tornare a casa.

Certo, anche se per lui e Lucy le cose sembravano essere rimaste a dodici anni prima, quando, nel 1960, potevano comportarsi come una quattordicenne e un diciassettenne si sarebbe comportato, anche se di indole più ribelle degli altri, alcune cose erano cambiate.

Adesso era un chitarrista di successo, un cosidetto “uomo impegnato”.

E Lucy persisteva nel suo comportamento da ragazzina di quindici anni, quel comportamento immaturo e infantile che George aveva sempre adorato, ma che poco si addiceva a una quasi ventisettenne madre di tre figli.

Forse la cosa era semplicemente dovuta al fatto di essere diventata madre a quindici anni, senza avere il tempo di crescere, ne di cambiare.

Forse era proprio il suo carattere, il suo modo di essere e di fare, che faticavano a morire, anche col passare degli anni.

Forse avrebbe dovuto parlargliene, forse avrebbe dovuto fare qualcosa.

L’unica cosa che sapeva, in quel momento, era che non vedeva l’ora di vederla.

Come quando giri tutta la città in motorino, senza sapere dove andare, senti il cuore battere forte, troppo forte, e tutto il mondo intorno accelerare, fino a prendere il sopravvento sulla ragione… ecco era così che George sentiva il bisogno di rivederla.

-Johnny...tu dici che la mamma è ancora troppo bambina??- chiese a un certo punto il chitarrista al figlio, passandogli un fazzolettino ricamato per pulirsi dagli sbaffi di gelato che aveva sul naso e sulle labbra.

-Uhm...- rispose il bambino, con un sorriso divertito.

-E intanto che ci pensi, pulisciti con questo. E' di Lucy, ma non penso che avrà la stessa reazione di Otello...- aggiunse, mentre si apprestava a far girare la chiava nella toppa.

Con un clic prolungato e cigolante la porta si aprì.

George posò la sua chitarra sul divano, dopodichè tornò a guardare John, ancora in attesa della sua risposta.

Certo, forse un bambino di cinque anni era la persona meno adatta per rispondere a una domanda del genere, ma George sapeva che, certe volte, John sapeva essere persino più maturo di Lu'.

-A me la mamma piace così com'è... Però a volte mi sembra un po' pazza!- disse John, con una risatina.

-Non sai quanto, John, non sai quanto...-

-Papiiiii!!- gridò Jim, scendendo dalle scale di corsa per corrergli incontro e abbracciargli le gambe.

Ma, prima ancora di dare al padre il tempo di rispondere, chiese:

-Dov'è la mamma??-

George sentì una strana fitta al petto, come un presentimento che diventava realtà.

-Non è ancora tornata??-

-Pensavo che fosse con te...-

-Ma io ero in studio!-

George estrasse dalla custodia della chitarra la cassetta su cui aveva registrato “What is Life”, pensando a Lucy... ma Lucy non c'era.

George si sedette sul divano, soppesando la situazione con lo sguardo.

-Chiamiamo Keith-

-Zio Keithy?? Perchè?!- gridò Jim.

-Forse lui l'ha sentita...forse l'ha chiamato... Lucy sa che il mio telefono è spento, quando sono in studio... A proposito!! Dov'è Ray??-

-Ehm...- Jim reclinò il capino a terra, incapace di guardare negli occhi il padre.

-Jim! Dov'è tuo fratello?-

-E' uscito a cercare la mamma...-

-Da solo??-

-Ha telefonato a Dylan...credo che sia con lui-

-Ma Martha è a casa?? C'era anche lei, al consiglio di classe-

-Non lo so- ammise Jim.

George non se lo sapeva spiegare, ma aveva come il presentimento che la risposta alla sua domanda sarebbe stata affermativa.

-Telefoniamo a Keith- ripetè infine, indicando il telefono a Jim.

-Telefono io??-

-Poi passamelo- disse soltanto, prendendosi la testa tra le mani e lanciando diversi sguardi al muro, su cui aveva già appeso alcuni dei bigliettini del collage che gli aveva regalato John quel pomeriggio.

Sapeva che la maggior parte del lavoro l'aveva fatta Ray, era lui l'artista di famiglia, dopo Lucy.

Guardò i due bambini avvicendarsi al telefono e sentì come l'irrefrenabile desiderio di stringerli tra le sue braccia.

Poi lanciò un'altra occhiata all'orologio.

Erano quasi le sette, ormai.

Il consiglio di classe era finito da più di un'ora.

Sfiorò con un dito le pareti polverose di Arnold Grove, e il primo dei bigliettini che avevano incollato John, Ray e Jim.

Girl, we couldn't get much higher.

Yes, I know, I'm a lucky guy.

Il biglietto che le aveva scritto dopo la nascita di John.

Si ricordava bene che, esattamente nove mesi prima, aveva sussurrato a Paul, badando bene a non farsi sentire da Keith, che sicuramente non avrebbe gradito: “Da che parte è l'Alaska??”.

Paul gli aveva indicato la sala asportazioni gessi, dove si era imbattuto in un vecchietto sulla sedia a rotelle che bestemmiava e gridava di essere Giacomo Leopardi.

E, George lo sapeva, avrebbe potuto benissimo essere davvero lui.

Non si sarebbe sorpreso più di nulla, ormai.

Soltanto che ormai Giacomino stava entrando sempre più spesso e sempre più insistentemente nelle loro vite.

Incollata alla parete, c'era una cartina dell'Alaska.

Allora aveva cominciato a sospettare(ma in fondo l'aveva sempre saputo) che Paul avesse seri problemi d'orientamento.

Era il 1967.

La sua Arnold Grove non era cambiata, da allora.

 

I'm sittin' in the railway station
Got a ticket for my destination, mmm
On a tour of one night stands
My suitcase and guitar in hand
And every stop is neatly planned
For a poet and a one-man band

 

Era sempre la stessa, polverosa, stretta e quasi soffocante, ma al tempo stesso accogliante casetta di periferia, la casa dove un ragazzino non troppo ricco di Liverpool era nato e cresciuto...

George non avrebbe mai voluto lasciare Arnold Grove, quella che suo padre era solito chiamare Harold Grove.

Era casa sua, era una parte di se.

Anche Lucy amava Arnold Grove.

Non era mai stato un posto particolarmente lussuoso, una casa con poche stanzette per gente di poche pretese.

Sicuramente non era il posto che la maggior parte della gente avrebbe immaginato per il chitarrista dei Beatles e sua moglie.

Semplicemente, era il posto a cui era più affezionato al mondo.

 

Homeward Bound
I wish I was
Homeward Bound
Home, where my thought's escaping
Home, where my music's playing
Home, where my love lies waiting
Silently for me

 

Quei quattro muri lo conoscevano meglio di chiunque altro, avevano registrato ogni suo movimento e ogni suo passo come nemmeno la miglior mente umana sarebbe riuscita a farlo, combattendo perfino i limiti del tempo, che pure cominciavano a farsi sentire, su quelle crepe appena accennate, che davano l'idea di una casa “sofferente”, ma immensamente buona.

Arnold Grove era quel posto gelido che faceva accapponare la pelle dal freddo, in inverno, ma che sembrava scusarsi non appena cominciavi a guardare quei quattro muri con altri occhi, con gli occhi spalancati e attenti di un figlio che guarda la madre per la prima volta.

 

Every day's an endless stream
Of cigarettes and magazines
And each town looks the same to me
The movies and the factories
And every stranger's face I see
Reminds me that I long to be

 

George poteva sentire tutto l'affetto di Arnold Grove per lui soltanto sfiorandola...ed era una bella sensazione, la sensazione di essere a casa anche con il corpo, la mente e il cuore ad anni luce da lì, una stilla della sua vita sarebbe rimasta per sempre lì, scolpita  nei muri di Arnold Grove, e così sarebbe stato in eterno.

 

Homeward Bound
I wish I was
Homeward Bound
Home, where my thought's escaping
Home, where my music's playing
Home, where my love lies waiting
Silently for me

 

Se quella casa fosse crollata, nelle sue ultime ceneri, avrebbe potuto leggere il suo nome.

A quella casa George sentiva di appartenere come a nessuno, conscio che avrebbe potuto chiedergli qualsiasi cosa, e la casa, silenziosamente, gli avrebbe risposto.

Era in quel mondo da solo ventinove anni, e quante avventure aveva passato, in quei ventinove anni, quanti sorrisi, gesti d'affetto o di rabbia, schiaffi e baci, litigi e abbracci aveva visto quella casa?

E come sarebbe stata Arnold Grove, Liverpool stessa, senza di lui, senza la sua casa, senza quei suoi squallidi, adorabili quattro muri?

 


Homeward Bound
I wish I was
Homeward Bound
Home, where my thought's escaping
Home, where my music's playing
Home, where my love lies waiting
Silently for me
Silently for me

 

La vera essenza di Arnold Grove era racchiusa nel suo cuore, e così sarebbe stato per sempre.

Anche loro, Ray, Jim, John e Lucy, avrebbero mai imparato ad amarla come la amava lui?

George sperava di sì.

George sperava che Lucy tornasse a casa.
Quella era anche casa sua.

 

Tonight I'll sing my songs again
I'll play the game and pretend
But all my words come back to me
In shades of mediocrity
Like emptiness in harmony
I need someone to comfort me

 

Sfiorando quel muro, George si era accorto che anche la casa doveva risentire della mancanza di Lucy.
Doveva risentirne terribilmente.

 

I'm looking through you, where did you go?

 

 

Nel frattempo, una tale Algisia, nota anche come Elvira, stava prendendo a dentierate in faccia(nel senso che ormai Ron aveva lo scalpo della dentiera impresso sul muso)  un disperato e piagnucolante Ronnie Wood.

In incognito, naturalmente.

Anche se ormai, Ronnie lo sospettava già da un pezzo, quell'incognito doveva essergli sfuggito di mano.

-Infedele! Eretico!- lo accusava la vecchia, stracciando davanti ai suoi occhi i falsi volantini di Geovah.

Ovviamente, Algisia non aveva fatto il minimo caso al fatto che quelle su cui accaneva, in realtà, non erano altro che pagine scelte a caso(e pure ritagliate male!) di Donna Moderna.

-Lei sicuramente non sarà mai una “Donna Moderna”, signora Algisia!- gli rispondeva lui, cercando invano di difendersi con il casco del motorino di Keith.

Sul casco lampeggiava una scritta: Goodbye, Ruby Tuesday.

Presto la dentiera della signora Algisia avrebbe cambiato la frase in: Goodbye, Ronnie Wood.

Kristin Richardson, invece, si stava esibendo in una serie di improvvisati numeri acrobatici con il suo motorino, quando squillò il telefono.

-Corpo di mille Tutankhamon imbalsamati! Chi diavolo...-

-Z...zietto Keithy??- fece la voce di Jimmy.

-Tuuuutankhamon imbalsamato number one??- gli fece eco George.

-Sono gli Harrison!- gridò.

-THEIR SATANIC MAJESTIC REQUEST!- strillò Duncan Mick, iniziando a saltare e a ballare a ritmo di Start Me Up per mezza Trafalgar Square, mentre I giornali scandalistici di Londra scattavano foto su foto.

Julian Zimmerman, che in realtà era il foto-reporter di un giornaletto semi-sconosciuto, si affrettò ad annotare il titolo dello scottante articolo che sarebbe uscito il giorno dopo in tutte le edicole della galassia.

“Mick Jagger alle prese con l'ennesima overdose di aspirine.”

Poi corresse:

Keith Richards posseduto da un motorino(probabilmente posseduto anch'esso) e Ron Wood messo al tappeto da una dentiera.

Parla una nostra concittadina: Algisia Mc...ehm...facciamo prima a dire una vecchia(e SDENTATA) londinese.

 

-No, non l'ho sentita, Lucy!- gridò Keith, esasperato.

 

Julian continuò a scrivere, imperterrito.

Presto sposerò Lucy Richards.Viiiiva me!!

Per tutta risposta, gli arrivò la dentiera in faccia.

-AHI!-

-Convertiti a Geovah, CRETINO!-

-Su...subito! E' gratis?-

Ron gli rivolse un sorriso smagliante.

-Una firmetta qui e, per adorare il mitico Geovy, pagherai soltanto la bellezza di cinque centesimi all'ora...per I prossimi vent'anni!!-

Julian sorrise, da bravo ebete che era.

-Allora firmo subito!-

Ron alzò lo sguardo al cielo e gli Arcangeli incominciarono a ballare furiosamente sulle note di Twist and Shout.

-Il primo in vent’anni!-

-Deo gratias!-

 

George fece per chiudere la telefonata, quando lo sguardo gli cadde su Jim, che stava saltando sul divano gridando:

-Vorrei cantare come Biagio Antonacci!- mentre John lo accompagnava alla chitarra.

-C’è Ron?-

-No che non c’è- rispose Keith, risalendo sul motorino. –Qui c’è soltanto Ronald Duck, il messaggero di Geovah!-

-Passamelo comunque!-

-D’accordo…-

-Ronnino??- chiese, quando fu sicuro che Ron avesse preso il telefono.

-Ronnino, sono Geo. Ti ricordi di me??-

-Argh…ahm…e come potrebbe essere diversamente??- rispose Ron, leggermente inquieto.

-Giusto… allora, fai una cosa per lo zio Geo: inserisci il vivavoce!-

-Per…perché?-

-Fallo e Geovy sarà fiero di te!-

-Come vuoi…-

-L’hai acceso??-

-Sì-

-Bene…allora stammi bene, vecchio, caro, ancora un’altra volta fregato RONALD DAVID WOOD!- gridò, mentre Jim e John, accanto a lui, gli facevano il coro.

Solo allora Ron capì.

-No, no, no, NO! Dimmi che non l’hai fatto ancora, dimmi che non…-

George fece appena in tempo a sentire l’odiosa voce di Julian Zimmerman gridare:

-Ehi, ragazzi! Avete sentito?? Non è un testimone di Geovah! E’ il vero Ron Wood!-

Poi la comunicazione cadde.

George lasciò cadere il telefono sulla scrivania, con un sorrisetto diabolico dipinto sul viso.

-Povero Ron…-

Poi reclinò di nuovo lo sguardo, con un triste sorriso.
Aveva cercato di distrarsi, ma era stato per un attimo soltanto.
Non riusciva a smettere di spensarci.
-Dobbiamo trovarla-

 


Completamente da un’altra parte della città, invece, Lucy stava facendo il punto della situazione.

Fino a cinque minuti prima stava sfogliando un libro di Leopardi, nella libreria di Chanel Song.

Era davvero sorprendente, quella libreria.

Quel pomeriggio stesso Ray aveva portato a casa un libro di poesie di Socrate…e quello che stringeva tra le mani adesso, fino a prova contraria, non era un libro di poesie.

Ma era firmato Giacomo Leopardi.

“All come to look for America”.

Giacomo Leopardi aveva scritto anche romanzi d’avventura?

Lucy era confusa.

Quel libro era l’unica cosa che le era rimasto di quello che era successo prima.

E tutto perché, non avendo avuto il tempo di posarlo, le era rimasto in mano.
All come to look for America”.

-Cosa significa?-

Lucy si ricordava anche un’altra cosa.

-Tu non sei in una libreria, Lucy Harrison- le aveva detto una voce che aveva riconosciuto come quella di Cin Song, ma non era sicura.

Eppure, sentirsi chiamare Lucy Harrison da quella voce, le aveva fatto uno strano effetto.
Così come le faceva uno strano effetto pensare a George, a Ray, a Jim, a John, a Keith e qualsiasi cosa riguardasse la sua vita…era come se le facesse male, un dolore inspiegabile che non le permetteva di formulare un pensiero sensato.

Solo quando guardava il libro e si concentrava su di esso, si sentiva davvero in pace.

In pace con il mondo intero…ma non con se stessa.

Dentro di lei continuava a sentire quella strana angoscia le impediva quasi di muoversi, come di una consapevolezza che gravava su di lei.

Un’ inevitabile consapevolezza.
Perché era lì dentro?

Perché era nella stanza segreta della libreria dei Song, quella che tutti spacciavano per un bagno, ma in cui nessuno aveva mai messo piede, quella stanza con il cartello con scritto “DANGEROUS”?

Perché in quella libreria si trovavano sempre le cose più assurde, libri che gli autori segnalati, effettivamente, non avevano mai scritto?
C’era qualcosa che non le tornava.

Non c’era niente che le tornasse.

Di nuovo quella voce.

-Vorresti tornare a casa, Lucy Richards?-

Se il “Lucy Harrison” le aveva fatto uno strano effetto, quel “Lucy Richards” era ancora peggio.

Guardare giù era peggio.

Perché giù, senza nessuna spiegazione logica, senza nessuna spiegazione e basta, c’era il fiume.

Il Mersey, probabilmente.

Ma non poteva esserci il Mersey lì dentro.

E non era tutto.

C’era come una forza che la attirava verso il basso…

E quella voce, quella voce che aveva sentito, proveniva dal basso.

Ray e Dylan, nel frattempo, stavano cercando Lucy nei dintorni della scuola.

-Mamma! Mamma, dove sei??-

-Ray! Aspetta, Ray! Chiediamo a Song!- esclamò Dylan a un certo punto, indicando l’ometto ricurvo su una pila sbilenca di riviste ingiallite dal tempo.

-Signor Song! Signor Song! Ha visto Lu…- Dylan s’interruppe, voltandosi lentamente verso Ray, con gli occhi spalancati.

-Ray!-

-Cos’hai visto, Dyl?-

-Il Signor Song… non è il Signor Song!-

Ray scosse la testa, divertito.

-Ma dai, Dyl! E chi dovrebbe ess…-

 

-Ray! Dylan!-

-Mamma!-

-Lucy!-

Ray stava per gettarsi tra le braccia della madre, quando sentì una specie di irresistibile richiamo verso il basso.

Lucy si alzò in piedi, giusto in tempo per afferrare per un braccio il figlio, impedendogli di cadere.

Solo allora si accorse che Dylan non c’era più…e che stava precipitando nel fiume.

Nel fiume, o in quello che era.

-DYLAN!- gridò, ma non ricevette alcuna risposta, se non il gorgogliare dell’acqua.

Lanciò un’occhiata angosciata alle onde, che si muovevano a velocità impressionante, come ipnotizzata.

E allora sentì uno scricchiolio alla caviglia, su cui si era improvvisamente concentrato tutto il suo peso, attirandola giù come un’enorme, mortale calamita e facendola scivolare.

 

-Lucy, attenta!-

Lucy si sentì tirare per una manica del vestito e subito dopo sbattè violentemente la schiena contro il muro.

Era ancora lì, su quella sporgenza di roccia levigata che spuntava dalla parete, a cui si stringeva con tutte le sue forze per non cadere.

Solo che non erano più in alto, vicino alla porta… erano caduti al piano di sotto.

Proprio così.

C’era tutta una serie di “panchine”, posizionate a mo’ di scala, l’una sotto l’altra, che continuavano fino all’ultimo scalino…fino al fiume.

Accanto a lei, Dylan le aveva appena impedito di cadere.

-Mamma…ti stavi per buttare!- gridò Ray, cercando invano di sovrastare il rumore del fiume.

-Dylan! Ma allora non sei…-

-Caduto? Lo credevo anch’io. Ma poi…è spuntata questa…questa cosa-

In un flash di luce, Lucy risentì la voce del figlio.

E si accorse che proveniva sopra.

-RAY!- gridò. -Ray è ancora di sopra!-

-Ray, buttati!- gli urlò Dylan, leggendone l’espressione di terrore negli occhi.

-Ray, ti prego… non avere paura. Pensa al divano di casa nostra…pensa che siamo solo io e papà…non ti succederà niente- gli sussurrò dolcemente Lucy, stringendo così forte i pugni da conficcarsi le unghie nella carne.

Ray sobbalzò, nel sentire che la voce della madre le suonava terribilmente vicina, come se fosse accanto a lui, e non sotto di lui.

Il suono, così amplificato, gli provocò una sensazione di confusione e stordimento tale da costringerlo a chiudere gli occhi.

Si buttò.

Ma stavolta sentì solo il vuoto ad accoglierlo.

 

Buona sera a tutte!!

Sono tornata poco fa dalla piscina e…che altro dire…mi ha ispirata xD

Prima di tutto, lancio il quesito della settimana: da che canzone è preso il titolo del “romanzo” di Giacomo Leopardi??

Vincita un volantino di Geovy disegnato da Ronnie in persona…xD

Ebbene sì, i libri saranno sempre presenti in questa storia…soprattutto per svelare il mistero della libreria dei Song…nel prossimo capitolo ;)

E presto assisteremo anche all’entrata in scena di Potamak,per capire cos'è successo a Lucy, Ray e Dyl…

 

Passando alle recensioni…

 

Zaz:Infatti, ne ho parlato anche nella risposta di Marty, Lucy deve diventare più matura...uhm...credo che potrebbe prendere lezioni da Rub, anche se dico già che quest'ultima avventura la cambierà parecchio...(anche se io ho letteralmente adorato Rub quando ha rotto il naso a Ronnie, in “Angie”)...

Già, chissà...chissà se anche il caro Rayuccio diventerà un pittore come la sua mamma...e come Stu! Chissà, chissà... ;)

 

Thief:Sì sì, dovremmo proprio chiamare Lo Stucliffe(Stuart + Sutcliffe xD)'s Lonely Hearts Club Band per la Yells...

Già, Cin Song...in questo capitolo però si è comportato in moto un po' strano, non credi? XD

Speriamo solo che non sia in qualche modo complice di PePotamak...(da come parlo non sembro neanche l'autrice della storia xD) (George:che genio!) (No, dico, adesso ci si mette pure lui!!)...e sono contenta che I bigliettini ti siano piaciuti!!

La seconda parte del tema la metterò nel prossimo capitolo(spero), perché ho dimenticato il quaderno a casa e adesso non sono a casa mia...xD
Ma tanto torno domani, quindi penso che lo ricopierò e metterò nel prossimo…

Comunque mi fa piacere che vi sia piaciuto! Pensavo fosse troppo stupido...xD

 

Marty(voce della verità-o della coscienza di Lucy): Visto che influenza ha avuto la tua recensione su questo capitolo?? xD No, scherzi a parte, grazie mille. Mi ha fatta davvero riflettere... Non avevo ancora pensato a modificare il suo carattere da “Revolution”, ma avrei dovuto farlo... anche se forse la cosa dipende anche dal fatto che Lucy, essendo diventata madre a quindici anni, ha dovuto, in un certo senso, crescere più in fretta e il suo carattere e il suo comportamento è rimasto quello di una quindicenne...

Anche George, infatti, se n'è accorto(ma sempre DOPO di me xD) e adesso...Lucy imparerà a sue spese a diventare “grande”...penso che questa storia la cambierà molto(in meglio, spero xD)...e grazie ancora per avermelo fatto notare!! ;)

 

A presto!

Marty

 

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Capitolo 7
*** Don't Let Me Wait Too Long (We're living in the material world?) ***


12 Gennaio 1972, ore 15.00


Erano passati due giorni, ormai.

George non era andato in studio, Jim non era andato a scuola, John non era andato all'asilo.

George aveva dormito sul divano, con il telefono stretto in una mano, ancora vestito, e quando non dormiva stava sempre lì, come privo di vita, con lo sguardo perso nel vuoto.

-Papà...- sussurrò a un certo punto Jim, sedendosi accanto a lui.

George sobbalzò.

-LUCY!-

-Sono io, papà...-

George cercò di mascherare velocemente la delusione, ma non gli riusciva affatto bene.

-Oh...sei tu, Jim-

-Sono Biagio Antonacci!- ribattè lui con un sorriso, facendo sorridere, anche se solo per un attimo, anche George.

Poi toccò un tasto dolente.

-E...la mamma?-

George abbassò lo sguardo suoi piedi, iniziando a fissare intensamente ogni singolo dito.

-Tutto bene, pa'?-

-Tutto...bene- assentì, ma con uno sguardo talmente carico di tristezza da negare categoricamente la risposta appena data.


You don't realize how much I need you,
love you all the time and never leave you.
Please come on back to me,
I'm lonely as can be,
I need you.


-Ti manca la mamma, vero papà? Non negare- continuò Jim, sedendosi accanto a lui e mettendogli una mano sulla spalla.

Negare, negare. Negare fino alla morte, se necessario.

George fece un'altro salto sul divano.

Quella frase...quello che gli ricordava...

-Jim, cos'hai detto!- quasi gridò.

-Di non negare?-

Agente 00Harry, agli ordini. Negherò.

-...Papà?-

Agente 00Harry, a rapporto. L'Agente 00Rain (da Rainbow), alias My Love ha le mani legate.

Perchè gliele sto stringendo nelle mie.


Sarà fatto. La mia agente preferita non ha più scampo, ormai.

Incastrata.

Notizie dell'Agente 0Cervello?

Nessuna.

Che sia stato rapito?


Vendetta, vendetta, tremenda vendetta.

Del mio cuore è l'ardente desìo.


Si concentri su un altro tipo di desiderio, Agente 00Harry.


L'Agente 00Rain e l'Agente Doppiozero sono alleati.

VENDETTA!

Noo, nessun tipo di sentimento mi lega all'Agente Rain, lo giuro.

Lo giuro sul nostro codice d'onore.

Perchè non abbiamo un codice d'onore.


Negare fino alla morte, non è vero, Harry?


Said you had a thing or two to tell me.
How was I to know you would upset me?
I didn't realize,
as I looked in your eyes,
You told me
Oh yes you told me, you don't want my loving anymore.


I ricordi affioravano alla sua mente, impossibili da trattenere, ormai.


-Ho fallito tutte le missioni, Capo.-

-Lo so, Agente Rain. Cosa mi può dire in proposito?-

Lei non parlerà.

Lei certo non dirà che...

-E' colpa sua!-

-Molto bene-

Oh cavolo.

Molto bene.

Mi ripeto.

Oh, cavolo!


L'Agente Rain si rialzò.

-Credevi davvero di aver sconfitto l'Agente Rain, Harry?-

-Io...-

-Tu...?-

-I need you!-


That's when it hurt me, and feeling like this
I just can't go on anymore.
Please remember how I feel about you,
I could never really live without you.
So come on back and see,
just what you mean to me,
I need you.


George raggiunse il comodino e ne tirò fuori una cassetta registrata, posandola sulle ginocchia del figlio.

-Guardala. Forse te la ricordi ancora...forse no. Forse te ne ricordi solo una parte- disse, strizzandogli un occhio.

-Io vado...di là-

A cercare l'Agente Rain, ovviamente.


Era una storia cominciata molto tempo fa...nel 1969.

Una storia che era valsa la pena vivere...una storia che aveva insegnato qualcosa.

Una storia che aveva insegnato molto.


Era stato il giorno del ventiquattresimo compleanno di Lucy.

Cioè...il 29 di Novembre.

Da giorni, forse intere settimane, George aveva pensato al modo migliore per festeggiare.

E alla fine...era stato il modo a trovare lui.


1969

Jim e Ray Harrison stavano fissando intensamente il divano su cui giaceva assopito un'alquanto stravolto Ronnie Wood, con un'espressione da beota dipinta sul viso.

Lo stavano osservando da mezz'ora.

Mezz'ora.

-Ron- sibilò Ray, guardandolo con occhi di fuoco.

Jim, invece, guardava il fratello maggiore ad occhi spalancati, fremente di rabbia.

Il suo autocontrollo stava andando lentamente diminuendo.

-RON-

Ray si voltò di scatto verso di lui, sussurrando piano:

-Lo uccidiamo subito?-

-Guastafeste d'un Ron!- esplose Jim, sbattendo nervosamente una mano contro il divano.

-Ma siamo sicuri che l'abbia ingoiata?!-

-Sicuro! Lo scherzo del secolo è appena andato allegramente a farsi benedire...e lui dorme!-

-No...il congiuntivo del verbo essere no!*1- mormorò il suddetto individuo, iniziando ad agitarsi sul divano, la fronte imperlata di sudore.

Qualche minuto dopo, sul suo viso si distese un sorriso beato.

-Certo che lo voglio il tacchino!-

-Lui adora il tacchino!- sbuffò Ray, prevenendo la frase che, come ogni volta che si addormentava sul divano, sul loro divano, Ron, puntualmente, diceva:

-J'adorè!-

-Ma non può averla ingoiata!- sbottò di nuovo Jim, tornando a fissare lo zio con aria truce.

-E invece sì. Abbiamo usato la canna da pesca del nonno, ma...qualcosa dev'essere andato storto!-

Ray si ripassò mentalmente il piano, partendo da quando, la mattina stessa, si era svegliato gridando:

-Piazziamo una cimice addosso allo zio!-

E l'avevano fatto.

Si erano procurati una cimice, una cimice vera, minuscola, quasi invisibile, ma perfettamente funzionante...e avevano intenzione di calarla nel cappello di Ronnie Wood quella mattina stessa, con la canna da pesca del nonno, Harold Harrison.

Se non fosse stato che, per uno strano scherzo del destino, Ron si era voltato proprio mentre la cimice stava per entrare nel cappello...facendogliela così ingoiare!!

Ron, ovviamente, non si era accorto di niente, continuando a dormire, appunto, come se niente fosse...mandando su tutte le furie i nipoti, che stavano già metidando vendetta.

Proprio in quel momento, però, Lucy entrò nel soggiorno, cogliendo in flagrante i due figlioletti, allungati sul corpo -apparentemente- morto di Wood, con una canna da pesca e...un registratore tascabile.

Adesso dal registratore provenivano strani gorgogli...parecchio inquietanti, a dir la verità.

-Mamma!- sussurrò Ray, reclinando lo sguardo tristemente. -Zio Ron sta morendo, vero?-

Quando Lucy aveva capito che la cimice del kit di spionaggio che Harry, il fratello maggiore di George(lui non ci sapeva fare, con i bambini. Solo un folle avrebbe potuto anche solo pensare di regalare ai rampolli degli Harrison un vero kit di spionaggio, ma Harry era un caso a parte), era appena finita da qualche parte nella gola di Ron.

Chissà quale parte, poi.

Non l'aveva ancora ingoiata, quindi.

Era ancora in tempo per sputarla.

Se solo si fosse svegliato.

Ray, che in quel momento si sarebbe aspettato qualsiasi rimprovero da parte della madre, sobbalzò quando la sentì urlare:

-GEORGEEE!! Forse c'è l'abbiamo fatta a ucciderlo!!-

-Mamma...tu e papà volevate uccidere zio Ron??-

-Non volontariamente, si capisce...- gli rispose lei, accarezzandogli i capelli. -Sai, se per pura casualità...-

-Maddai, ma'! Scherzi?-

Lucy sorrise.

-Certo che scherzo. Ma non dovreste essere così cattivi con lo zio...insomma, sì, lo so anch'io quanto è palloso...ma lui vi vuole bene!!-

-E alloa pecchè non ci porta maaai i regalini???- sbottò Jim, mettendosi in piedi sul divano e iniziando a battere i pugnetti sul petto dello zio, fino a fargli sputare la cimice.

-Ma che è, scemo?!- gridò Ray, furioso per la costante, immensa idiozia dimostrata in ogni caso dallo zio.

Poco lontano, invece, George stava sbattendo ripetutamente la testa contro il muro.

Lucy sospirò.

-Anche tuo padre non scherza, però.-

Proprio in quel momento, Ron si svegliò, aprionando il braccio della ragazza e facendola voltare a forza.

-Che si dice, piccola? Sono Ronnie Wood, io! Dovete portarmi rispetto!-

Lucy sbuffò.

-Siete tutti così, voi chitarristi...-

-A-ehm- intervenne George, raggiungendola.

-Così come??-

-Impossibili...-

-Impossibile, dopo che ti ho pure regalato tre figli?!-

-Sì, proprio. Impacchettati e con il fiocco rosso. Ma sei cretino?? Non ti ci mettere pure tu, eh!!-

-Vabbè, tre figli e mezzo...- aggiunse George, guardandola.

-Tre figli e mezzo?!-

-Beh, sai com'è...c'è ancora tanto tempo!-

Lucy lo fulminò con un'occhiataccia.

-Ma va a quel paese-

-Because you're sweet and lovely girl...I love you!-

Allora George si rivolse a Ray e a Jim.

-Vostra madre: un esempio da non seguire-

Eppure, quel giorno, seppur involontariamente, era cominciata la loro avventura spionistica.

Lucy, infatti, messa alle strette da Ron, aveva confessato l'intera storia della cimice.

E Ron...beh, Ron... se l'era legata al dito.

I due piccoli Harrison avrebbero avuto la lezione che si meritavano...e anche i due Harrison un po' più cresciutelli.

Per prima cosa, Ron si era procurato una cimice.

Un attimo.

Dove crescevano le cimici?

Occorreva una cimice assassina, naturalmente.

Ron sorrise tra se e se, annuendo.

E poi?

Ma quella volta Ron avrebbe avuto due inaspettati complici dalla sua parte.
Esattamente gli Harrison “più cresciutelli”...anche se del tutto ignari.

Ed era stato così che George aveva quasi spaccato un vaso cinese in testa a Lucy e Lucy...l'aveva quasi quasi arruolato nell'FBI.

Ma anche Ray e Jim ne avevano potuto trarre degli insegnamenti utili...almeno in parte.


Tutto era cominciato con una telefonata.

Da Ronald David Wood a George Harold Harrison.

Una telefonata tra chitarristi.

Tra il chitarrista dei Rolling Stones e il chitarrista dei Beatles.

Niente di strano, no?

Niente di strano, se non fosse stato che quella telefonata non aveva proprio nessun fine lavorativo...e nemmeno c'era qualche straordinaria collaborazione in vista.

O meglio, una collaborazione c'era...ma tra il quasi cugino di Revolution Richards e il quasi futuro sposo della stessa.

Harrison e Wood si erano messi d'accordo e, un bel giorno, al calar della sera, Harrison, il più “vicino” (per così dire) ai vestiti della ragazza, aveva nascosto una cimice nella sua maglietta preferita.

Il giorno dopo, parlando con i suoi amici, venne fuori che Lucy, sotto consiglio di un certo Sergeant Sutcliffe e una sua certa banda di Cuori Solitari, si era iscritta a un corso serale di disegno.

Da lì erano cominciate le chiacchere: Lennon, McCartney e il loro amico Richard Fergusson Starkey, detto anche Ringo Rongo o ORingo Tango, le informazioni rinvenute non sono molto precise, ci ridevano sopra, sostenendo che il gesto del loro Harrie fosse del tutto insensato: che senso poteva avere, d'altra parte, piazzare una cimice tra i vestiti della propria fidanzata?

Len, Mac e Starr ridevano, eppure, voci riferirono che anche il giovane Starkey, il pomeriggio stesso, ordinò per la sua amata Mo un diadema per capelli dalla Corea [in onore a una certa ragazza che aveva conosciuto e che non dovrebbe mai dire che nessuno tiene a lei*2 ;) ], con una splendida cimice blu intagliata tra gli zaffiri.

Peccato che quella cimice fosse veramente una cimice assassina e che non fosse veramente blu, anzi... (chi lo sa...tinta, magari?).

Ebbene, la risposta di Harrie fu:

-Beh, non si può mai sapere... potrebbe capitare una disgrazia e la mia dolce fanciulla strozzarsi con una matita, chi lo sa?-

-Georgino, tesoro... di solito i pittori non ingoiano le matite, sai...-

-Oh, ma che ne vuoi sapere tu della pittura, John?!-

Lucy, però, aveva scoperto le sue intenzioni... e, in un aspettata alleanza con il fratello Kristin Richardson, aveva finto di essere una vera agente segreta.

Dopo quella scoperta, George non aveva voluto essere da meno.

E così era cominciata l'avventura...

L'agente 00Harry ogni sera faceva rapporto al Grande Capo Rongo, capo supremo dell'Helter Skelter Agency, a cui era iscritto, sempre in tempo per tornare a casa e scivolare nel letto della fidanzata, che non c'era mai...

Perchè la qualificata agente Rain, invece, rispondeva agli ordini della Diabolica K, misterioso individuo che nessuno aveva mai visto in faccia.

(Voce fuori campo: E te credo!!)

Rain era iscritta alla DiaboliKal Rolling Revolution Agency, dalla sera prima del suo compleanno.

La “K”, chiaramente, era una modifica firmata KeKristin Richardson.

Qualcosa, però, era andato storto e la cimice aveva cominciato a riferire a George strane cose, tra le quali che Lucy stesse cercando una cimice in una delle novecentonovantanove stanze dell'Helter Skelter.

Harry non aveva idea che all' interno di una stanza dell'Helter Skelter ci potesse essere una cimice(chissà perchè proprio una cimice, poi!) e, se anche così fosse stato, le probabilità che Rain avesse potuto trovare quell'...insetto erano relativamente poche.

Ad ogni modo, nonostante nutrisse forti sospetti su quanto quella missione fosse inutile e indegna di essere svolta da lui, non poteva opporsi.

Il Grande Capo Rongo era stato perentorio:

-Vai e impedisciglielo-

Impedisciglielo, anche a costo di morire.

A complicare maggiormente le cose(tanto per cambiare), c'era stata un'altra cosa a confondere le idee al giovane agente segreto:

Pareva proprio che l'Agente Doppiozero, detto anche 00Cervello, si fosse alleato con lei... e questo gli impediva assolutamente qualsiasi ragionamento logico.

Aveva chiesto aiuto a due pantegane di sua conoscenza, o meglio, a due suoi amici, talpe complici dell' Helter Skelter Agency, che si facevano chiamare “Le Pantegane” e loro, per un pacchetto dei suoi specialissimi biscotti italiani, aveva accettato.

Lennon e McCartney avevano accompagnato l'Agente Rain nella sede dell' Helter Skelter, dove due vietnamiti cantavano a squarciagola: “Baby, you can drive my cab... yes I'm gonna be a stab...”

-Ave Takako, Saluti, Makako!- li aveva salutati John, sorridendo da dietro i suoi occhialetti rotondi.

Poi si era rivolto a Lu' con un sorriso quasi commosso, alludendo ai due con un cenno della mano:

-Sono gemelli! Aaaah!- aveva sospirato con uno sguardo languido.

Rain si era sentita rivoltare lo stomaco, ma si era limitata a mostrargli un sorriso tirato, cercando con gli occhi il suo rivale di sempre, bello quanto imprevedibile, l'agente Harry.

Era chiaro come il sole che Lennob e McCartneyb le avevano teso una trappola, ma aveva una missione da portare a termine... e quella missione iniziava e finiva tra le mura dell'Helter Skelter.

Si sistemò una ciocca di capelli dietro l'orecchio sinistro, socchiudendo gli occhi, ma un urlo straziante le lacerò le orecchie, facendo tremare i possenti vetri dell'edificio.

-I GOT NO CAB AND IT'S BREAKING MY HEART, BUT I'VE FOUND A DRIVER AND THAT'S A STARB!-

John batteva le mani, esaltato:

-Assumiamoli come coristi!-

Ma Paul l'aveva guardato male, grugnendo soltanto un:

-Smamma via, Lennob!-

Dopo aver riverito a dovere Takako e Makako, i due sbabbarono(scusate...influenza vietnamita) via, rapidi come due pantegane argentate all'ombra del Tamigi.

-Sliiiipping awaaaaaaay!- sbadigliava nel frattempo la Diabolica K, che aveva appena concluso una partita a briscola con una vera pantegana.

Non immaginava neanche, povero K, che la vita e il futuro della sua migliore agente, nonchè la sua adorata sorellina, erano già nelle mani del mefistofelico Agente Harry.

Adesso Rain si era messa a fissare i suoi stivali di vernice nera, come ipnotizzata, quando qualcuno le accarezzò i capelli da dietro.

Sapeva perfettamente di chi si trattava.

Harry faceva sempre così, si avvicinava silenzioso come un ratto e cercava di corrompere le colleghe più carine, sempre lì, tra le mura maledette dell'Helter Skelter.

Ma lei, Agente 00Rainbow, ex spia del KGB, appena “back from the URRS”, punta di diamante dei servizi segreti della Paperon Intelligence Agency , non era una sprovveduta.

Quella volta, però, il Grande Capo Rango aveva dato all'agente Harry un'ultimatum: se non avesse incastrato al più presto l'Agente Rain, l'avrebbe degradato da Scarafaggio [(Scaltro Rapido Fatale Giovane Gagliardo Intelligente Onnivoro(per ovvi motivi)] a Pantegana (Palesemente Nullatenente Testardo Garantito da Amputare Negligente Asino).

Harry era terrorizzato al pensiero.

-Sei qui, machiavellica ragazzina della Diabolica Agenzia della Rivoluzione Rotolante?- domandò in tono suadente, sedendosi accanto a lei.

-Perchè sei qua?- domandò lei con voce tremante, sebbene non avesse alcuna paura.

-As I don't want to be like you...- rispose semplicemente, con un sorrisetto malizioso sulle labbra, che però lei non poteva vedere.

Avrebbe voluto voltarsi, ma non poteva.

Rimase con lo sguardo inchiodato al muro, finchè Harry non le strinse le mani tra le sue, cercando di tranquillizzarla.


Took me a while to say
Wish you belong to me


Lei gli diede un rapido bacio su una guancia, dopodichè sparì in un passaggio tra il muro della stanza principale e l'ufficio segreto del Grande Capo Rongo, smettendo quasi di respirare per non farsi sentire.

-Non c'è alcun problema, Rongo. Ho la situazione sotto controllo. Perfettamente sotto controllo-

Sotto controllo, sì, ma dov'è lei?


Rain non aveva trovata la cimice, non l'aveva proprio trovata.

L'aveva cercata tanto, nella vastità di quella confusionaria moltitudine di stanze, ma non l'aveva trovata.

E poi, che senso aveva fingere di cercare una cimice per vendicarsi di uno scherzo di George?

Anzi, tanto per complicare le cose, a un gesto del suo enigmatico Harrie, sul muro dell'Helter Skelter, proprio di fronte a lei, era apparsa una scritta:


Carve your number on my wall

And maybe you will get a call from me

If I needed someone


Quasi un attimo dopo, il telefono di Rain suonò.

-Hai già bisogno di...qualcuno?- sospirò, sedendosi su un gradino dell'uscita dell'Helter Skelter.

-Buon ventiquattresimo compleanno, incredibile rivoluzionaria-

Poi, all'improvviso, un colpo di vento.


Rain era rimasta lì per tutto il tempo, a fissare la scritta sulla parete.

Adesso aveva capito perchè George sorrideva.

Aveva vinto tutte le partite, con lei.

Ora non le rimaneva che tornare a testa bassa dalla Diabolica(e sicuramente furiosa) K e confessargli tutto, confessargli che si era incantata a guardare una stupida scritta sul muro e intanto...la cimice era volata via.

Come tutte le volte che era con Harry, d'altronde.


And when I awoke I was alone, this bird had flown


E invece no.

E quell'affermazione non era un omaggio alla Pausini, bensì la verità.

Harry poteva ancora essere abbindolato per benino e quella cimice, per così dire, volare da lei.

Difficile, ma non impossibile.


E tanto aveva fatto, tanto si era lambiccata il cervello con inconcludenti possibili soluzioni, che l'aveva trovata, la sua arma vincente:

L'agente 00Cervello, che non si sarebbe mai nemmeno minimamente posto il problema delle conseguenze delle sue azioni, non aveva avuto problemi ad eseguire alla lettera ciò che lei gli aveva detto:

Era tornato all'Helter Skelter, a fare rapporto al Grande Rongo: d'altra parte, 00Cervello era sempre stato dei loro.

Gli era stato assegnato un compito, quello di lavorare in coppia con Harry.

Harry non era ancora del tutto iscritto all'Agenzia dell'Helter Skelter, ma le trattative erano su carta già da un pezzo: si trattava solo di firmarle, timbrarle e farle arrivare a Rongo.

Nonostante tutto, però, Rongo le missioni gliele aveva affidate lo stesso.

Forse perchè era l'unico agente.

Ebbene sì: escluse le occasionali capatine di quel pigrone di Doppiozero e gli ancor più rari interventi delle Pantegane, ignorando quello che di tanto in tanto gli veniva riferito da Sergeant Sutcliffe, che per il resto era un agente della DiaboliKal Rolling Revolution Agency a tutti gli effetti, Harry era davvero l'unico agente dell'Helter Skelter Agency.

L'unico, troppo accorto, scaltro e sagace per farsi fregare da una ragazzina.

Questo senza sottovalutare la “ragazzina”, ovviamente.

Forse, come dicevano tutto, era semplicemente troppo sognatore.

Viveva nel mondo materiale, dopo tutto.

E non si era mai sentito troppo a suo agio, lì dentro.

D'altre parte, che spessore, che importanza poteva avere, nella sua vita, un mondo che iniziava e finiva come niente?

C'erano così tanti limiti, invalicabili e dogmatici, limiti in cui la gente stava stretta, ma spesso non diceva niente.

C'era l'egoismo umano, che gli impediva di stare veramente bene con se stesso, di sentirsi veramente lui...

C'era quella ragazzina che compieva ventiquattro anni e non aveva nemmeno risposto ai suoi auguri...

Per un attimo, George si sentì veramente abbattutto.

Ma non voleva rovinare tutto.

Quel giorno, il giorno del compleanno di Lucy, era un giorno così felice... Eppure, aveva come un alone di mistero che gli metteva addosso un'inquietudine che gli schizzava dalla pelle come scosse di elettricità allo stato puro.

E lui doveva portare a termine quella missione, quella missione per cui era stato chiamato...

Quella missione in cui, nonostante stessero fingendo tutti, doveva pur esserci qualcosa di vero.

Entrambi avevano perso la cognizione della realtà, entrambi credevano di fingere, convinti che l'altro facesse sul serio, e invece non era che un complotto di... chi c'era veramente a capo di tutto quello?

Com'era cominciato tutto?

Improvvisamente, nessuno dei due era più realmente convinto di saperlo.

E non solo:

L'agente 00Cervello si era sbagliato, aveva mandato la sua iscrizione all'Helter Skelter Agency...all'FBI.

E adesso quegli agenti erano andati a prelevarlo e portarlo...chissà dove, poi.

Ed era stato allora che aveva trovato la perfetta soluzione.

Doveva distrarla.

Perchè lui l'aveva vista, nascosta lì dietro, ormai completamente disillusa su qualsiasi possibile speranza di trovare la cimice.

Era finzione, adesso l'aveva capito, era soltanto finzione: lei non era una vera agente segreta.

Perchè avevano messo in piedi tutta quella recita?

Ron voleva soltanto vendicarsi di Jim e Ray, dopotutto...e lui voleva soltanto farle uno scherzo.

Solo che poi, come spesso succede, lo scherzo era diventato di più.

Lucy aveva scoperto la cimice e aveva cominciato a fingersi un agente segreta,

E i loro amici? Quanto ne sapevano loro?

Ne sapevano quanto lui, o meglio, questo era quello che George, o Harry credeva.

Anche lui fingeva, ma adesso non ne era più tanto sicuro... erano davvero tutti d'accordo?

Cosa gli era sfuggito di mano?

Lucy fingeva, George fingeva, ed entrambi non avevano capito niente. E Ron, Ron da che parte stava?

Ron, così come tutti gli altri, meno stupido di quanto entrambi credessero, aveva voluto dargli una lezione:

Mai giocare col fuoco.

Quel gioco, recita, o qualunque cosa fosse stata, era come una matriosca: una finzione nella finzione.

Senza più sapere qual'era la realtà.

George stentava a credere che fossero davvero tutti d'accordo.

Un giorno l'avrebbero insegnato ai loro figli e allora anche loro l'avrebbero capito, che scherzare troppo era pericoloso.

Adesso, però, avevano un vero problema: come liberarsi dei veri agenti dell'FBI?

Corse nell'ufficio di Rongo, afferrò un vaso cinese appartenuto all'Imperatore Xin Tao Min e fece per scagliarlo addosso a uno dei veri agenti.

Se non fosse stato che gli agenti, messi in allarme dai rumori, si erano già allontanati... e lì c'era solo lei.

Rain, o Lucy.

-Non farlo, Harry, non farlo...George, ti prego, non farlo!-

Rivolse un ultimo, disperato appello a Newton, chiedendo: “Agente 00Isaac, la forza di gravità non può essere applicata anche dal basso verso l'alto??”.

In risposta, aveva ricevuto un gestaccio.

E quando è troppo è troppo, giovinuncolo irrispettoso!” aveva tuonato una voce dall'alto.

L'equivoco era stato chiarito, anche se i veri agenti dell'FBI non si fidavano ancora: avevano piazzato una cimice nella chitarra di George, convinti che lui fosse realmente un agente segreto...ma questo voi non glielo direte, vero??

George era corso a constatare le condizioni di Lucy, che aveva ricevuto il vaso di Xin Tao Min in testa al posto dell'agente dell'FBI.

Un po' di sangue, lacrime da parte di entrambi e baci di buon compleanno...la restituzione dei loro ruoli da Agenti 00Harry e 00Rain e la felicità generale all'annuncio della notizia.

Il vaso di Xin Tao Min non era mai stato ricomprato, tantopiù che era orribile as can be, o almeno queste sono le informazioni tramandate... tra le quali potrei giurare di aver sentito anche di un certo Agente 00Cervello che se l'era autoregalato a un mercatino di beneficenza.


Eppure, nonostante i chiarimenti tra di due, le avventure delle due agenzie non sembravano essere finite.


-Cosa ti avevo detto a proposito dell'Agente Rain, Harry??-

-Ca...capo?-

E invece non era lui.

La Diabolica K era uscita allo scoperto.

-Cos'avresti fatto a mia sorella, sentiamo, caruccio?-


Lì alcuni fotogrammi erano stati tagliati, la pellicola saltava e Jim si ritrovò improvvisamente ad assistere alla fine.

Alla fine di tutto, George le aveva chiesto il suo Perdono Speciale da Agente Segreto, ma gliel'aveva chiesto con il suo Sorriso Speciale da Perfidissimo Pirata Chitarrista, che rifiutarlo sarebbe stato doloroso come ricevere in testa dieci vasi dell'Imperatore Xin Tao Min.

Era il giorno del suo compleanno, e Rain aveva perdonato Harry, in una stanza quasi deserta dell'Helter Skelter di Londra, con solo quattro Scarafaggi e una Pantegana come testimoni.

Ma il filmato non si concludeva così, bensì con un intenso primo piano della Pantegana, alias l'agente Doppiozero, noto anche come 00Cervello, colto nel timbrare un cartellino della DiaboliKal Rolling Revolution Agency.

Testimone?

Una cimice.

Una cimice assassina.



Pochi attimi dopo, con un entrata ad effetto in dissolvenza, sullo schermo apparve una scritta con gli stessi colori del “Magical Mystery Tour”:


The End


Per poi cominciare di titoli di coda:



Revolution Richards, nei panni dell'Agente 00Rain(bow)

George Harrison, nei panni dell'Agente OOHarry(son)

Keith Richards, nei panni della Diabolica K

Ringo Starr nei panni del Grande Capo Rongo

Ronnie Wood, nei panni dell'Agente Doppiozero, o Agente 00Cervello, alias nei panni di se stesso

Raymond e James Harrison nei panni di Takako e Makako

John Harrison nei panni del giovane Imperatore Xin Tao Min

Mick Jagger nei panni del vaso

John Lennon e Paul McCartney nei panni delle pantegane


MessPersonaggi subliminali:


Thief Jones nei panni della cimice assassina

Zazar Ramone nei panni dell'amputatrice

Martina Harrison nei panni della nullatenente finta narratrice, alias l'alter ego di Harry Harrison(perchè l'unica, oltre a lui, che regalerebbe un vero kit di spionaggio ai Qui, Quo e Qua fratelli Harrison)


Ladies and gentleman, lizards and beetles...


The End!


Jim ripose la cassetta nella sua custodia e la appoggiò sul divano accanto a se.

Quella cassetta era stato il regalo per il ventiquattresimo compleanno di Lucy, da parte di tutta la famiglia.

Eppure era una storia vera.

Chissà chi l'aveva ripresa, si chiedeva Jim.

Non si era accorto che, nonostante la cassetta giacesse immobile sul divano, sullo schermo era apparsa un altra scritta, stavolta bianca, che si era soffermata come se galleggiasse sul nero incontrastato dello schermo:


Produttore ufficiale(ma anche no): Briangeorge and his Beatles Stones



*La mitica frase "Piazziamo una cimice addosso allo zio!" è tratta da Topolino ;)



BLUE JAY WAY


E' da un'eternità che non aggiorno, così stasera posterò due capitoli al posto di uno... visto che li ho già pronti ;)

Quindi le risposte alle recensioni e tutto il resto saranno nel prossimo capitolo ;)

Questo è il più leggero e comico di tutti, perchè i prossimi, vi annuncio, lo saranno molto, molto di meno...

Questa breve avventura ce l'avevo già in mente da un po' e finalmente sono riuscita a scriverla, anche se forse un po' confusa... spero vi sia piaciuta ugualmente! ;)



* 2 (Per Thief) ;) : Eh, beh...chissà chi è quella ragazza... *si guarda intorno fischiettando* chissà, chissà...(voce fuori campo: e nunt'arregge a ricominciare! Ehm...no, questa era Zaz xD)...

Beh, che dire? Stavo girando per il forum, oggi pomeriggio... e ho cominciato a meditare , chissà...

Solo una cosa, ragazza che ha conosciuto Ringo Rongo Starrey: prova a ripetere che nessuno tiene a te e ti mando una cimice assassina direttamente da Crema!! (Ops...non sono sicura che in una città di 35.000 abitanti ce ne siano xD) :) ;)


Passando al prossimo capitolo...

A prestissimo,

Marty ;)

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Capitolo 8
*** I'm looking through you... And you're nowhere ***



I'm looking through you... And you're nowhere



Ore 21.00:

Erano quasi le nove di sera, quando un bussare leggero come il lieve picchiettio del becco di un uccellino sopraggiunse all'orecchio del maggiore degli Harrison, che si precipitò alla porta come una furia.

Jim e John fecero un salto sul divano quando la sagoma pallida e quasi cadaverica di Lucy scivolò con leggerezza sulla porta, gli occhi segnati da profonde occhiaie, le guance scavate e i capelli arruffati sparsi sulla schiena e con le punte arricciate all'insù come in un'inspiegabile ribellione del suo corpo.

Una visione che era una dura prova per l'anima.

Un attimo dopo entrarono anche Ray e Dylan, sussurrando piano parole incomprensibili alle orecchie degli altri tre presenti.

Lucy, di tanto in tanto, lanciava ai due ragazzini occhiate severe, quasi di rimprovero, e loro tacevano di colpo, sprofondando in un silenzio quasi tombale, che metteva i due minori degli Harrison terribilmente a disagio.

Nella stanza si sentiva soltanto il tremore convulso delle mani di Lucy, la pelle talmente chiara da sembrare un costante, glaciale colpo di vento.

E, soprattutto, era gelida al tocco.

La situazione precipitò quando si sfilò la felpa, rimanendo con una canottierina di cotone su cui George, giorni prima, aveva scarabocchiato qualche parola di “Someplace Else”, per quando la ragazza fosse stata lontana.

Quelle parole adesso si leggevano a malapena, mentre si notava benissimo il contrasto della canottiera con la pelle di Lucy, resa appicicaticcia dal sudore e quasi trasparente da sembrare pelle anch'essa, solo di un paio di gradazioni più scura.

Si notava benissimo che, nonostante le serie espressioni dei loro occhi, i volti di Ray e Dylan erano molto più colorati di quello di Lucy.

Le guance erano calde e arrossate, i loro occhi vivaci e sereni, seppur velati da un'impercettibile malinconia.

Dopo una lunghissima pausa di gelido silenzio, George mise da parte qualsiasi sospetto o preoccupazione e strinse forte a se la ragazza, che pure non dava alcun segno di vita, neanche l'ombra di un movimento, un sorriso, un sospiro...niente di tutto questo.

Solo quella glaciale e opprimente insofferenza che raschiava il cuore di George come fosse stata pietra ardente a contatto con una superficie indifesa.

George fu costretto ad abbassare lo sguardo a terra, aggrappandosi con esso al grigio cenere del pavimento, per non impazzire.

Si avvicinò lentamente al figlio maggiore e a Dylan, sussurrandogli a bassissima voce le prime parole che gli erano passate per la mente:

-Cos'è successo?-

-Non lo sappiamo, papà!- mormorò con voce strozzata Raymond, come per sfogarsi dopo un lungo, troppo lungo silenzio.

-E'...scivolata giù. E quando l'abbiamo rivista...era così-

George spalancò gli occhi, confuso come non mai.

-Siediti, Raymond: sei troppo agitato per parlare-

-No, no...non...non voglio-

Il maggiore degli Harrison cercò di guardare negli occhi il figlio, le lacrime che gli tremavano sulle ciglia, la pelle screpolata delle labbra, l'inquietudine degli occhi e il l'inconsapevole, quasi impercettibile movimento dei piedi.

Era davvero spaventato.

-Noi non abbiamo visto niente. Non abbiamo visto niente- ripeteva invece Dylan, con una specie di sguardo da spiritato stampato negli occhi.

-E' vero. Noi ce ne siamo sempre stati sulla panchina, fino a quando non è tornata Lei... il fiume era sparito. Eravamo nel reparto saggistica, in bilico tra due pile di libri, con in mano un manoscritto firmato da Shakespeare e da... Victor Hugo. Trattava di...psicologia infantile. Sul serio- raccontò Ray, ben poco sicuro che una cosa del genere si potesse considerare “seria”.

-E' incredibile, la libreria di Cin Song. Incredibile-

-La mamma ha detto soltanto di averti visto...morire. Poi piangeva, tremava, sudava sangue. Era una visione paranormale. Noi non lo sappiamo, cosa ha visto.-

-Andiamo a dormire, adesso. Avverto tua madre, Dylan, ti va di restare a dormire da noi?-

Dylan annuì, mentre George componeva il numero di Sarah Collins.

-Signor Collins? Potrei parlare con sua moglie, per favore?-

Sarah era preoccupatissima per la sparizione il figlio, ma venne immediatamente tranquillizzata dal susseguirsi di bugie di George, inventate al momento con il solo scopo di non farla preoccupare.

Quella era una faccenda che riguardava soltanto loro, mettere in allarme la madre di Dylan non sarebbe servito a niente.

Dylan era un bravo bambino, avrebbe saputo mantenere il segreto.

Ora si trattava solo di capire di cosa realmente si trattava.

George aveva il sospetto che fosse quella, la parte più delicata.

-Tua madre è d'accordo, Dyl- poi lanciò uno sguardo apprensivo ai due ragazzini, continuando a guardarli pensieroso anche mentre salivano le scale.

-Domani ne riparliamo. Domani, con calma-

George si lasciò cadere a peso morto sul divano, ritrovandosi subito dopo a fissare il plettro della chitarra con occhi vacui, senza un motivo preciso.

Aveva cercato di mantenere la calma, di assumersi le sue responsabilità, ma in realtà moriva dentro.

Era un'ansia che lo divorava dall'interno, l'apprensione che aveva per le condizioni di Lucy.

E per la prima volta, più che in tante altre occasioni, non sapeva davvero come comportarsi.

Fece partire “The Lord Loves the One(That Loves the Lord)” allo stereo e Lucy ebbe un fremito, due fremiti, uno dopo l'altro.

Solo allora George si accorse che Lucy aveva acceso il fuoco nel camino e incominciato a buttare dei libri tra le fiamme.

Le fiamme, più rosse e vivide che mai, crepitavano malignamente tra la legna, ingoiando avidamente le pagine dei libri che Lucy continuava a buttare nel fuoco come posseduta.

Ma era la sua Lucy e, nemmeno nella follia di quel gesto, non voleva fare alcun male.

Avrebbe voluto capire il motivo, il significato di quel gesto, ma, ne era ben consapevole, se l'avesse capito, sarebbe stata sicuramente l'ultima cosa che avrebbe capito.

Adesso allo stereo c'era un'altra canzone, Bookends, un breve pezzo firmato Simon & Garfunkel.


Time it was, and what a time it was, it was

A time of innocence, a time of confidences

Long ago, it must be, I have a photograph

Preserve your memories; they're all that's left you


C’era una volta un tempo, e che tempo è stato
Un tempo di innocenza, un tempo di confidenze
Deve essere stato tanto tempo fa, ho una fotografia
Tieni da conto i tuoi ricordi, sono tutto quello che ti viene lasciato.


Venne percorso dai brividi, pensando a quanto quella canzone fosse crudemente reale.

Non aveva la minima idea di quello che stava succedendo, era forse quello che aveva le idee meno chiare di tutti, anche suo figlio ne sapeva più di lui.

Non lo sapeva, ma sapeva che mantenere il controllo, in tutta quella confusione, sarebbe stato difficile.

La parola “difficile” era relativamente un eufemismo.

Quella era la distruzione della mente, un rompicapo a metà, senza soluzione.

Aveva l'impressione che tutto ciò che aveva guadagnato

Come aveva fatto, la sua vita, a prendere una piega del genere?

Dietro all'innegabile felecità della sua vita con Lucy e con i suoi tre pargoli, dietro all'apparente appagamento della sua carriera di musicista, chitarrista, sitarista e compositore, finalmente messa davanti a qualsiasi altra cosa, oltre la scorza, uscita finalmente allo scoperto, si apriva un mistero senza ne capo ne coda, di cui non sapeva niente, ma che aveva completamente sconvolto la sua Lucy, che mai gli era sembrata indifesa e spaventata, soprattutto spaventata come in quel momento.

La sua vita apparteneva a lui, a Lucy, a Ray, a Jim, a John, in parte anche ai Beatles... e a nessun altro.

Apparteneva a tante persone, ma soprattutto a lui.

Chi era che ne stava prendendo possesso, in quel momento?

Cos'era, chi era che aveva dimenticato?

E poi, aveva realmente dimenticato qualcuno?

Cosa sarebbe successo?

C'era qualcosa che lo spaventava, ed era la stessa cosa che spaventava anche Lucy, ma come faceva ad esserne così sicuro, se non sapeva cosa spaventava Lucy?

Possibile che tutto stesse improvvisamente diventando troppo complicato per lui?

Il giorno dopo il sole sarebbe sorto, e allora forse avrebbe ritrovato la sua Luce, la luce che avrebbe reso le cose molto più chiare, forse addirittura più semplici.

Si trattava di aspettare una notte, una notte prima di cominciare a capire.

Una notte difficile.

Se solo fosse riuscito a carpire qualche dettaglio in più...

Se solo gli occhi di Lucy fossero stati meno enigmatici...

A chi apparteneva realmente la sua vita?

A chi era in grado di vederla, probabilmente.

E che cosa poteva dire, adesso, adesso che non riusciva più a guardare oltre?

Non avrebbe mai voluto averne la consapevolezza, ma ora era quasi sicuro di non riuscire più a vederla nemmeno lui.

Eppure, lui chiedeva soltanto di riuscire a sentire, di riuscire di nuovo a vedere quello che gli apparteneva.

Anche solo lontanamente, quello che aveva conquistato in quella vita che non riusciva più a vedere.


I only ask, that what I feel,
should not be denied me now
As it's been earned, and
I have seen my life belongs to me

My love belongs to who can see it.

My love belongs to who ...


A letto, la situazione fu più tragica che mai.

Lucy si arrotolava le coperte addosso come nel bozzolo di un baco da seta, respirava a fatica e si stringeva alle coperte con tutte le sue forze.

Poi inspirava, espirava, socchiudeva gli occhi e cercava di sembrare calma.


You got into my life
I don't know how you found me, but you did
It stopped me heading someplace else


Allora George le si avvicinò, provando ad accarezzarle una guancia.

Lei lo lasciò fare, con un sorriso tra il mistico e il dolce disegnato sulle labbra, ma poi serrò le palpebre, scrollò le spalle e si allontanò di scatto da lui.

Poi allungò lentamente una mano e afferrò la sua, stringendola forte.


Took me a while to say
Wish you belong to me
But now I'm saddened like I've never been
Regretting that we'll leave


George rimase quasi sconvolto dal contatto con la sua mano, scheletrica, bianca come la neve, come la neve sciolta.

Completamente priva di battiti.

Poi, a un certo punto, i battiti ricominciarono, lenti, poco regolari, poi sempre più veloci, come una specie di linfa benefica che s'impossessava della sua mano, tanto che una domanda gli sorse spontanea:

Sono...sono stato io?


And for a while you could comfort me
And hold me for some time
I need you now to be beside me
While all my world is so untidy


Lucy gli sorrise, come per ringraziarlo, dopodiché balzò aggraziatamente giù dal letto, una mano appoggiata alla candida parete della stanza e quella di George ancora delicatamente posata sul suo cuore.

La allontanò, gentilmente, mentre il suo sorriso scompariva sempre di più.

-Se non ti dispiace...-

L'ultima cosa che vide fu l'esile figurina della ragazza avventurarsi a piedi nudi verso la stanza degli ospiti.

-Non fraintendermi, George... Sono così contenta di vederti...- aveva mormorato a voce bassissima prima di andarsene, o forse l'aveva soltanto pensato.

Sì, doveva essere così.

E allora perché andarsene? Sarebbe stata la più ovvia delle domande.

Solo.

George era rimasto solo.


Loneliness (oh-o-oh)
Empty faces (oh-o-oh)
Wish I could leave them all (o-oh)
In someplace else
(Someplace else)


George scosse la testa, in ginocchio ai piedi del letto, con quel lenzuolo esasperatamente candido tra le mani.

Lei aveva bisogno di lui, aveva bisogno del suo calore, per riprendersi da tutto quello che era successo, qualsiasi cosa fosse successa, sicuramente troppo dura, ingiusta, crudele e dogmatica per essere accettata.

Aveva bisogno di lui, ma, come la neve disciolta al sole, lentamente uccisa dai penetranti raggi di quella palla calda e incandescente, se n'era andata.


I hope you won't let go
Maybe you'll let me know
That you'll be saddened like you've never been
Regretting that we'll leave


A quale inaccettabile verità era stata sottoposta?

Davanti a quale insormontabile orizzonte era stata messa di fronte?

Quale arcobaleno era stato spento a forza nel suo cuore?

-Chi ha avuto il coraggio di lacerare la tua anima iridescente, Luce mia?- mormorò, a voce così bassa e intrisa di tenerezza da far tintinnare da lontano le corde della chitarra di un suono incredibilmente limpido e...sincero.


And for a while I could comfort you
And hold you in my mind
I need you now to be beside me
While all my world is sad and crazy


Ma nemmeno Ray riusciva a dormire.

Quatto quatto era scivolato in cucina, aveva afferrato un biscotto al cioccolato fondente, di quelli che si sciolgono appena sfiorato il palato e, svicolando per il corridoio, raggiunse il padre.

Senza dire una parola, gli porse il biscotto con un sorriso che illuminava l'intero corridoio.

Dopo quel gesto, George si sentì inevitabilmente pervaso da un inaspettato buonumore.


And for a while you could comfort me
And hold me for some time
I need you now to be beside me
While all my world is so untidy


-Coraggio, papà. Resisti- gli sussurrò in tono complice, stringendogli la mano.

George finì di masticare lentamente il biscotto e ricambiò il sorriso, spostando una ciocca di capelli biondicci dalla fronte del figlio.

Quelle tre semplici parole valevano più di mille altre parole.


Loneliness (oh-o-oh)
Empty faces (oh-o-oh)
Wish I could leave them all (o-oh)
In someplace else


Ora più che mai, Ray era sicuro che l'adorazione di George per Lucy non si sarebbe mai spenta e questo lo rassicurava sul loro futuro.

Silenziosamente, com'era venuto, ripercorse a ritroso la strada per tornare in camera, lasciando il padre solo con i suoi pensieri, i suoi sospiri, i suoi desideri impossibili.

Sicuro che ce l'avrebbero fatta, a superare quel momento.


I think I'm gonna leave them all
In someplace else
(Someplace else)


In silenzio, George la seguì.

Passarono lenti tanti, troppi minuti. Aveva perso la nozione del tempo, ormai.


She can move your soul without your knowing


George, seduto con le gambe strette al petto sul freddo pavimento di Arnold Grove, aspettava immobile.

Da uno spiraglio della porta da cui penetrava una luce quasi tetra, la guardava con una certa apprensione, pur tenendosi a distanza.

Lucy scostò leggermente i bordi delle lenzuola dalle sue gambe e ricominciò a fissare con gli occhi sbarrati il soffitto.

Fece una debole pressione con i polpastrelli sulla soffice stoffa del lenzuolo e riprese a tremare.

Rimase per tutta la notte in quella posizione.


Sul pavimento, l'unica, la prima traccia di una lacrima.



BLUE JAY WAY


Buon giorno a tutteee!!!

Finalmente riesco ad aggiornare anche qua!!

Ho poco tempo perchè devo ancora andarmi a fare la doccia e fare la spesa, quindi cercherò di essere “breve e concisa” ('na parola...xD)...

Visto che oggi ho aggiornato due capitoli, cominciamo a parlare di questo xD

Riguardo a questo capitolo:

Capitolo molto complicato da scrivere...molto complicato e immagino anche molto crudo, poichè quello che ha visto Lucy c'entrerà in parte anche con la morte di George.

Il 2001 è ancora lontano, ma forse Cin ha voluto farle capire qualcosa... e forse la sua libreria non è quello che tutti realmente si aspettano da una libreria, così come tutto quello che è successo non è successo per caso.

Tranquille, il mistero della libreria sta per essere svelato xD

Ad ogni modo, questo è l'inizio della parte più importante della storia soprattutto per John, Jim e Ray e presto ritorneranno in scena I Beatles Stones... e chissà che non si riesca in qualche modo a fare qualcosa per George... ;)

Bene, ho già detto molto, e nel prossimo capitolo sarà svelato tutto ciò che ha visto Lucy nel fiume e che riguarda anche George e diventerà tutto di gran lunga più chiaro... quindi immagino che il prossimo capitolo sarà anche peggio di questo, ma poi, niente paura, la storia prenderà una piega completamente diversa...

In questo periodo sono solita fare disastri, tra i quali il fatto di svegliarmi la mattina con una voglia matta di creare intrighi, mettermi al computer e cambiare le carte in tavola, cambiare tutto... e questo è fondamentalmente uno dei miei difetti xD

Ma poi cerco sempre di rimediare tutto...xD Anche se la storia della libreria ce l'avevo già in mente da un pezzo, così come la prima parte(decisamente più leggera) sull'avventura spionistica di Geo e Lu', tutto il resto risale a ieri notte, dal momento che ci ho messo un po' prima di riuscire a dormire e non appena mi sono svegliata ho cominciato a scrivere questo.

Per quanto riguarda le canzoni, invece... beh, come già sapete, tutte le volte che ne ascolto una fermo tutto e cerco di analizzarla in tutto e per tutto... non solo nella musicalità, ma anche nella personalità dell'autore(specialmente se questo è George, mi riesce meglio immedesimarmi... Someplace Else, Fish on the Sand, That's what it takes, Breath Away Form Heaven e quasi tutte le canzoni di Cloud 9 ne sono un esempio... :D ) che rispecchia il testo...insomma, una specie di algoritmo al contrario. XD Non preoccupatevi, dico così perchè oggi, finalmente, dopo non so quanti mesi, li ho rifatti e sono riuscita a capirli... yuppyyy!! Sigh... Gli algoritmi mi ricordano la mia ultima sufficienza in matematica, il 7 gennaio... xD Ce ne sono state altre, ma non me le ricordo bene come questa: io che cercavo di fare gli algoritmi con Octopus's Garden e Oh! Darling in sottofondo...che serata xD Ma questa è un'altra storia... ;)

Ad ogni modo, spero di essere riuscita ad esprimermi bene nel capitolo e che questa nuova, più malinconica parte della storia(anche se questo argomento fa sempre stare malissimo anche me) vi piaccia...


Passando a cose più allegre... Riguardo allo scorso capitolo:

Vi devo confessare, invece, che l'avventura spionistica di Geo e Lu' nello scorso capitolo mi è stata ispirata da... *pa-pa-pa-paaan* “Paperino Intercettato Speciale” del Topolino 2743 del 24 Giugno 2008, in cui Qui, Quo e Qua piazzavano una cimice addosso a Paperino xD

Lo leggo da anni(anche questo mi è stato tramandato da mio papà xD) e ormai mi sono arresa, non guarirò più dalla Paperino-mania...xD

*1 dello scorso capitolo: La parte del congiuntivo, invece, è ispirata a un mio sogno di qualche tempo fa, in cui tutta la classe mi inseguiva per Londra per chiedermi il congiuntivo del verbo amputare... e il bello è che io non me lo ricordavo xD Si sente l'influenza di Zaz, eh? xD



Passando alle recensioni... ;)


Marty: Eeeh....per adesso non posso dirti ancora niente al riguardo, se non che non è proprio del tutto responsabile Cin...o meglio, lo è, ma per il bene di Lucy...anche se all'inizio non sembra proprio. ;) Per quanto riguarda gli Stones sotto copertura... beh, visto i matti che si ritrovano...che cos' altro ci potevamo aspettare?? xD

Thief: Proprio così, dai, facciamo una ola per il nostro Ronnieee!! Anche se la sua prima conversione a Geovah gli è costata un discreto numero di dentierate xD Cosa non si farebbe, per i mille Tutankhamon imbalsamati?? xD I colpi di scena ci saranno, sì... e stavolta non è nemmeno colpa di PePotamak xD Cin, in effetti, non è cattivo... E' solo, come hai detto tu, stravagante...come la sua libreria, che ha una storia tutta sua. Ma di questo parleremo poi...xD

Zazy: Lo sapevo, guarda... se no perchè avrei messo quel paragone?? xD

Lucy maturerà molto, vedrai... Per adesso è ancora molto ragazzina, ma qualcosa le aprirà gli occhi... e non posso ancora dire cosa, perchè saprai tutto nel prossimo capitolo ;)

D'altra parte, se i nostri marmocchietti Harrison non combinassero niente, non sarebbero loro...e nemmeno Harrison xD



A presto!!

Marty ;)


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