1. Mrs Harrison
12 Arnold Grove
Gennaio 1972
Time,
time, time
See what's become of me
While I looked around
For
my possibilities
I was so hard to please
But look around
Leaves are brown
And the sky is a hazy shade of winter
-Ray! Dove corri?! Fermati, Ray!- gridò Lucy con quanto fiato aveva in gola.
Ma il bambino non si fermava.
-Ray, ti prego, Ray...-
Dopo aver visto cosa il ragazzino intendeva fare, però, un sorriso fece capolino sulle sue labbra.
Scompigliò i capelli castani-biondicci del figlio, continuando a sorridere.
-RAAAAAAYYYY!! Non osare!-
Il più anziano degli Harrison si precipitò in quella che era stata, un tempo, la camera di Louise, e successivamente di Lucy.
Proprio in quel momento, Ray lasciò scivolare una manciata di neve soffice e ancora fresca sulla chitarra preferita del padre.
-La mia Lucynaaaa!!-
Proprio in quel momento Jim, sette anni, si affacciò alla stanza con la sua eterna, adorabile espressione da cane bastonato.
-Tradisci la mamma, papy?-
-Sì. La tradisce con la sua chitarra- gli sussurrò in un orecchio Ray, con il tono di chi stava rivelando un misterioso, oscuro, indicibile segreto.
Jim serrò le palpebre, le sue guancie si fecero di colpo arrossate
-Non voglio vedere-
Una lacrima iniziò a premere sotto le sue palpebre.
Jim battè furiosamente i pugnetti contro lo stipite della porta.
-Non voglio vedere, non voglio vedere!-
E indovinate cosa c'era, seraficamente appoggiata allo stipite della porta?
Proprio così. Una chitarra.
Il tonfo che seguì mise nuovamente a dura prova i battiti del cuore del nostro Harrison.
-Lucy! Legali, ingabbiali, chiama la disinfestazione, l'esercito!-
-Sono i tuoi figli, George- gli fece notare Lucy, con una calma quasi non da lei.
-Ma io li diseredo! Perchè non gliel'hai impedito?!-
-Suvvia, Geo, sono ragazzi...-
-Sono ragazzi?! Ma che razza di giustificazione è?!-
Lucy lo ignorò e si apprestò, invece, a versare una piccola quantità di latte in una tazzina di vetro trasparente.
Esitò per qualche secondo a guardare il liquido bianco riversarsi dalla brocca nella tazza, finchè uno strattone all'orlo dei pantaloni non ridestò bruscamente la sua attenzione.
-Johnny?-
-Stellina...-
-Che stai dicendo, piccolo??-
-Non ti ha chiamato così, papino, ieri sera?-
Lucy mollò la tazza di latte sul pavimento.
Hear the Salvation Army band
Down by the riverside
It's bound to be a better ride
Than what you've got planned
Carry your cup in your hand
And look around
Leaves are brown
And the sky is a hazy shade of winter
-E chi è che lo paga, il latte?? Chi è che lo paga?!- gridò George, probabilmente in preda al suo ennesimo esaurimento nervoso.
(Il suo diciannovesimo esaurimento nervoso?)
You
better stop
Look around
Here it comes, here it comes, here it
comes, here it comes
Here comes your nine-teenth nervous
breakdown.
Lucy, però, gli fece cenno di tacere.
Un orribile presentimento sfrecciò alla velocità della luce nella sua mente.
Ma non avevo detto a George di metterlo a letto??
George probabilmente capì i suoi pensieri, perchè le rivolse un debole sorriso come vana giustificazione.
Lucy sospirò.
Anche se capisco che ieri sera George avesse ben “altri pensieri” per la testa...
Poi lanciò a George un'occhiata fugace, da sopra la brocca del latte.
Ieri sera, come tutte le altre sere.
-Ma non pensarci, Jo-Jo. Papà è un deficiente- spiegò al bambino, con un sorriso.
-E, sentiamo, chi sarebbe il deficiente, ragazzina??- la interruppe una voce.
Lucy si sentì afferrare per la maglietta e qualche secondo dopo si ritrovò sollevata a dieci centimetri da terra, faccia a faccia con “il Deficiente”.
-Ragazzina?? Suvvia, George! Ho ventisette anni!-
-Non divagare! Rispondi!-
Lucy cercò, invano, di guadagnare tempo, facendo vagare lo sguardo in direzione dell'orologio a pendolo affisso alla parete di fronte a lei, finchè quest'ultimo non le suggerì una possibile via di fuga.
Hang onto your hopes, my friend
That's an easy thing to say
But if your hopes should pass away
Simply pretend
That you can build them again
Look around
The grass is high
The fields are ripe
It's the springtime of my life
-Le otto! Dobbiamo portare Jo a lezione di chitarra!- gridò, sollevata per aver trovato una scusa plausibile all'ultimo momento.
-Lo può accompagnare Jim, a lezione di chitarra!- la zittì però George, con un espressione e un tono di voce che non ammetteva repliche.
-Lo accompagno io, Pà?- chiese Jim, con un pizzico di soddisfazione nella voce.
-Accompagnalo, accompagnalo...e già che ci sei...queste sono cinque sterline, Jim- disse, allungandogli dieci monete.
Gli occhi di Jimmy Harrison brillarono.
-Lo so, Pà! Lo zio Paulie è sicuramente meno tirchio di te!- gli rispose Jim, facendogli la linguaccia.
George si lasciò andare a un sospiro esasperato, dopodichè aggiunse:
-Comprati un gelato, un'iguana, un ramarro, porta al cinema la tua compagna di banco... Ma, ricorda, qualsiasi cosa succeda, non tornare- Lucy gli lanciò un'occhiata di traverso.
-E adesso cos'hai intenzione di fare, Harrison?- chiese, con un vago tono di sfida.
-Nessuno ti ha interpellato, Richards. Per il momento. Dicevamo, Jim...hai capito, no? Sì che hai capito! Ormai sei un ometto!-
Jim storse il naso.
-Credevo di poter sperare in un futuro un po' più dignitoso che quello di un appendiabiti...-
George lanciò a Lucy un'occhiata interrogativa, a cui la ragazza rispose con una malcelata risatina.
-Ehm...-
-Vorrei ben vedere cosa c'è dietro ai tuoi “ehm”, Lucy caaaara!- sibilò George in tono quasi impercettibile, in modo da non farsi sentire da Jim.
-Semplicemente perchè gli ho detto: “quando tuo padre ti dirà che sei “un ometto”, non ti fidare!”-
-Maledetta...-
-Cia-ciao, Deficiente!- lo salutò il piccolo John, indossando la cartella sulle spalle con un espressione soddisfatta sul viso, come se la cosa lo facesse sentire più grande.
Strinse forte la mano del fratello maggiore e uscì.
-E adesso a noi due, Lucy Richards!- lo sguardo rapace di George tornò a posarsi su Lucy, che si dimenava invano, disperatamente in cerca di un modo per liberarsi dalla sua stretta.
Fatica sprecata.
-Che c'è??-
George stava per dire qualcosa, ma un urlo squarciò la quiete di Arnold Grove.
-PAPYYYY!!-
-Cosa vuoi, Raymond??- domandò George, cercando di mostrarsi paziente, ma visibilmente scocciato.
-C'è una lucertola!- gridò Ray, eccitato.
-E CHE CAVOLO ME NE FRE... Fantastico, Raymond! Si vede che sei mio figlio! Ce l'abbiamo nel sangue, noi Harrison! Semplicemente, spacchiamo!- George modificò provvidenzialmente il suo tono di voce, conseguentemente all'occhiataccia di Lucy.
Poi diede un lieve bacio sulla fronte di quest'ultima, posandola finalmente a terra.
-E adesso va a quel paese, Harrison- borbottò tra se e se Lucy, fingendo di spolverarsi i vestiti, per darsi un contegno.
George raggiunse a grandi falcate la camera del figlio, pensando tra se e se:
Se quella lucertola è entrata nella MIA chitarra, giuro che le stacco la testa!
Raymond “Ray” Harrison, undici anni a settembre, era il primogenito di George e Lucy Harrison, nato il 6 Settembre del 1961, in una giornata quasi estiva, nel viaggio da Amburgo a Liverpool.
Aveva gli stessi capelli a caschetto spettinati del padre, di un castano scuro quasi nero, con il ciuffo tinto di biondo, per insistenza sua e appoggiata da un certo zio Paulie...
Jim, sette anni, era l'unico ad essere nato a Manchester, dove Lucy aveva frequentato l'università.
John, il più piccolo, di cinque anni, invece, era nato a Dartford, battezzato tra le braccia dello zio Keithy, chitarrista dei Rolling Stones e ladro di motorini in incognito.
D'altra parte, si sa, delinquenti si nasce e si diventa.
E tra Harrison e Richards, capirete, c'è solo l'imbarazzo della scelta.
(Vocina:Embè? Si fa pubblicità occulta, eh?)
Quel giorno Ray non sarebbe andato a scuola.
Era domenica.
Era domenica e nevicava.
Ray ciondolava annoiato per la casa.
Passando per il corridoio, si soffermò più volte ad ammirare le chitarre del padre.
Ripensò a quante volte, da piccolo, George l'aveva preso in braccio, mentre Lucy studiava quasi freneticamente per gli esami, l'aveva portato davanti alla finestra(e, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, non per buttarlo giù) e gli aveva indicato la neve che scendeva a morbidi, candidi fiocchi biancastri sulla città, proprio come quel giorno.
Prima in cielo, poi in terra.
Prima il gelo, poi il caldo del sole.
Quant'era breve, il viaggio di un fiocco di neve.
Quant'era breve, la vita di un fiocco di neve.
Seasons change with the scenery
Weaving time in a tapestry
Won't you stop and remember me
At any convenient time?
Funny how my memory skips
While looking over manuscripts
Of unpublished rhyme
Drinking my vodka and lime
I look around
Leaves are brown
And the sky is a hazy shade of winter
Look around
Leaves are brown
There's a patch of snow on the ground
Quante volte gli aveva detto “Sei forte, papà!”.
E quante volte George gli aveva risposto: “Io sarò forte...ma la più forte è lei.” e con la coda dell'occhio aveva guardato Lucy, che aveva alzato lo sguardo e gli aveva sorriso, per poi ritornare sui suoi libri.
Chi la vedeva avrebbe potuto dire “Ha finalmente messo la testa a posto, quella spericolata di Lucy Richards!”.
Anche George l'aveva pensato, ma era stato un attimo.
Lucy era ritornata quella di sempre.
D'altra parte, quale altra giovane madre “con la testa a posto” avrebbe lasciato uscire il figlio di sette anni solo con il fratello di cinque, in una simile, innevata domenica?
Era anche per questo che l'adorava...anche se certe volte l'avrebbe volentieri strangolata.
Su questo anche George era sempre stato d'accordo, ma, pensava Ray, a quanto aveva capito, allo stringere il collo di Lucy, come avrebbero voluto fare entrambi molte volte, lui preferiva “stringerla” in un altro senso.
Questo Ray l'aveva capito, ma non aveva mai capito qual'era, quell'altro senso.
Ray passò un dito sul dorso di una grossa chitarra acustica marrone, e ancora gli sembrava di sentire le parole del padre rieccheggiarli nella testa.
Le sue parole e le sue magiche note, quelle che tutti avrebbero applaudito per ore, quelle che per mesi erano sulle bocche di tutti, in cima alla classifica, quelle per cui i suoi amici gli dicevano: “Tuo padre è un grande, Ray!”
Probabilmente era anche lo stesso motivo per cui le sue professoresse cercavano sempe il modo di organizzare il maggior numero di consigli di classe possibili, nella vana speranza che George vi partecipasse.
Anche loro pensavano che George fosse “un grande”?
Ray si era sempre sentito molto fiero di suo padre, come dei suoi vari zietti, nonostante ormai gli rimassero solo i “Rolling Uncles”, come li chiamava lui.
Letteralmente, “gli zii rotolanti”.
Eppure, ne lo Zio Pirata nello Zio Papera si erano mai lamentati di quell'affettuoso appellativo.
Gli zietti scarafaggi, invece, si erano sciolti...avevano per così dire “messo le ali”, come facevano tutti gli scarafaggini adulti dopo una certa età, o almeno così gli aveva spiegato Lucy, insieme alla zie Ruby Tuesday e Elisa Jones.
Anche la zia Angie glielo spiegava, a volte, quando riusciva a non inciampare nei lacci delle scarpe.
Eppure, Ray era molto affezionato anche a quel ramo “paterno” di zii, in particolar modo a Paul, il mitico zio a cui si poteva attribuire, in parte, il suo bel ciuffo biondo.
A un certo punto, però, dei rumori attirarono la sua attenzione.
-Mamma! Papà!- gridò, dopo qualche attimo di esitazione.
-R...Ray?- sussurrò Lucy con un filo di voce.
-E che cavolo, mamma!- sbottò il ragazzino, battendo nervosamente un piede sul parquet grigiastro del corridoio.
-Ma non dovrebbe essere a scuola, adesso?!- sibilò George, infastidito.
-Di domenica??-
-Chiudete la porta, almeno! Cioè...un minimo di pudore no, eh?!-
Seguì un silenzio imbarazzato.
-Chiudi tu, ok?- lo liquidò infine George, che, nel silenzio della stanza, si era fatto di colpo in tinta unita al colore dei muri della George&Lucyslavia(ricordate?).
L'ex camera da letto del bel chitarrista, ovviamente.
-Che indecenza...- borbottò Ray, allontanandosi.
-Cresceranno mai?-
And here's to you, Mrs. Harrison.
George loves you more than you will know...
Seeera a tutti!!
Eccolo qui, il progetto che vi avevo accennato nell'ultimo capitolo di “Revolution”...il mio famoso compito di spagnolo xD
Ovviamente un po' modificato, altrimenti sia la prof che i miei compagni di classe mi strangolano... anche perchè l'ho trasformato in una storia a capitoli xD
Ebbene sì, immediatamente dopo al periodo di Manchester, di cui non ho ancora parlato, ma penso che ne tratterò nei prossimi capitolo di “Revolution”, (anche se probabilmente ce ne sarà qualche stralcio anche qui), segue(forse) questa storia.
Insomma, sarebbe una delle possibilità, non ancora deciso... nel frattempo, però, non ho resistito alla tentazione di postarla xD
E
non ho resistito alla tentazione di immaginarla così...xD
Così come non ho resistito alla tentazione di mettere quella squallida battuta sugli "ometti"...il fatto è che tutte le volte che, alle elementari, qualche maestra diceva ai miei compagni "ormai siete degli ometti!" io pensavo sempre agli appendiabiti, era più forte di me...xD
E infatti ho dato nuovamente mostra della mia "favolosa" idiozia...xD
Comunque...Penso che la aggiornerò quasi con la stessa frequenza di Revolution, oppure a giorni alterni...
Come titolo ho scelto A Hazy Shade of Winter, da una canzone di Simon & Garfunkel, perchè la storia si svolge prevalentemente in inverno...e poi vedrete perchè ;)
Ovviamente, presto entreranno in scena anche le attività degli Stones in incognito, tra cui, ovviamente, il nostro ladro di motorini-Keithy...xD
Nel prossimo capitolo, invece, vedrò di postare anche la trama di semi-fantascienza alternativa del compito, che ho buttato giù a scuola, durante l'ora di supplenza, ma era troppo demenziale, così l'ho scartata subito...ma forse riprenderò ancora qualche spunto ;)
Insomma, spero che vi piaccia!!
Note aggiuntive: Il 6 Settembre, data di nascita di Ray(a proposito, indovinate da chi ho preso i nomi?? xD), è un omaggio a Thief, che, se non mi sbaglio, compie gli anni proprio in quel giorno(due giorni dopo di me!!), che, con l'ultima scenetta della sua recensione, mi ha convinto a dare il via definitivo a questo progetto xD
Quindi, ne approfitto per ringraziarla ;)
A presto!!
Marty