All the King's Horses

di LaTuM
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Parte I ***
Capitolo 2: *** Parte II ***



Capitolo 1
*** Parte I ***


All The King's Horses - Parte I

Disclaimer: I personaggi di Merlin non mi appartengono, benché meno lo sceneggiato. Da questa storia non ci ricavo assolutamente nulla ù_ù



All The King's Horses

Parte I

 

 

“Avreste dovuto dare retta al commerciate”  disse Merlin entrando nella camera di Arthur con una borsa di cuoio sotto braccio.

“Non infierire! E’ già stato abbastanza umiliante così…” rispose lamentoso il principe, prima di andare a sedersi scompostamente sulla sedia prediletta che, per quanto fosse la più comoda in suo possesso, al momento gli pareva un trono di rovi.

“Io ve l’avev- Come non detto” disse Merlin abbassando lo sguardo cercando di trattenere un ghigno.

Arthur sbuffò e osservò il candido fazzoletto con cui si era tamponato il viso fino a quel momento, constatando con disappunto che il grigio e il rosso avevano preso il posto del bianco immacolato.

“Hai trovato Gaius?” domandò poi il Principe facendo una smorfia.

Merlin annuì e mostrò al biondo la borsa che aveva con sé.

“Ha detto che se domani il dolore alla spalla non sarà passato, verrà a guarirvi di persona.”

“Perché non dopo?”

“I vostri aspiranti cavalieri non hanno dato prova di grande tempra e resistenza nel portare a termine la breve missione di prova che gli avete assegnato. Gaius ovviamente si sta occupando della cosa.”

“Io sono il Principe, vengo prima” borbottò Arthur offeso.

“C’ stata anche qualche ustione e quella ha la precedenza. Gaius vi reputa forte a sufficienza per resistere a qualche livido ed escoriazione.”

“Certo che lo sono!”

“Mi ha comunque istruito su come pulire, disinfettare e medicare le vostre ferite. Non temete” disse Merlin, ignorando le proteste del Principe mentre questo assumeva un’espressione preoccupata.

“Tu? Medicarmi?”

Merlin annuì.

“Ho le istruzioni necessarie su come prestarvi un primo soccorso. Comunque non temete, che siate guarito o no, sono certo che verrà ugualmente ad accertarsi della qualità del mio operato.”

Arthur sbuffò nuovamente, chiaramente poco fiducioso nelle capacità taumaturgiche del suo servo.

“Al momento non avete molta scelta” gli fece notare Merlin con un sorriso saccente.

Il biondo scrutò attentamente l’altro mentre cercava d’ignorare il bruciore sempre più crescente al viso e al braccio destro.

“E sia, fa pure quel che devi” mormorò Arthur avvertendo una fitta dolorosa alla spalla nel momento in cui posò il fazzoletto sul tavolo.

Il mago annuì prima di guardarsi in giro mentre Arthur alzava gli occhi al cielo non ancora del tutto convinto se affidarsi o no alle cure del suo servo.

“Ehm… dovreste stendervi” annunciò Merlin posando la borsa con i medicamenti sul letto.

“Certo che devo stendermi, razza d’idiota!”

Il mago finse di non sentire: era frustrante essere sempre insultato e dover sempre comunque obbedire agli ordini di quel borioso asino. Per non parlare di tutte volte che gli aveva salvato la vita se poi al Fato o ad altri era stato attribuito il merito di ciò.

Arthur si alzò dalla sua postazione e raggiunse il letto con la sua solita espressione altezzosa finalizzata in questo caso a mascherare il dolore. fu solo nel momento in cui si distese che un lamento gli sfuggì dalle labbra.

Merlin si sedette sul letto accanto al Principe e aprì la borsa che gli aveva dato Gaius.

“Perché avete insistito per montare quel cavallo?” domandò il moro prendendo un fazzoletto e bagnandolo con un liquido rosso scuro contenuto in una boccetta “Vi era stato detto che era una bestia pericolosa, difficile da domare.”

“Perché sono il Principe di Camelot e- Hey! Cosa credi di fare?!” disse Arthur bloccando il polso del servo.

“Disinfettarvi le ferite che avete sul volto, Sire” rispose l’altro dandogli un irrispettoso schiaffo sulla mano che gli bloccava i movimenti.

L’espressione indignata del Principe fece quasi ridere il mago, ma decise che al momento era meglio concentrarsi sulle cure di cui necessitava l’asino. A deriderlo ci avrebbe pensato più tardi.

“Amo le sfide, la cosa è ampiamente risaputa. Ed è comunque un mio compito provare le cavalcature… soprattutto se voglio che quei cavalli diventino miei” asserì Arthur facendo una smorfia quando Merlin gli passò il fazzoletto appena sotto il labbro inferiore.

“Anche fare la figura del babbeo rientra fra i vostri compiti?” gli domandò Merlin cercando – ma senza impegnarsi troppo - di trattenere una risata.

“Tu tendi sempre a dimenticarti con chi stai parlando.”

“Chiudete la bocca, Sire.”

Arthur sbarrò gli occhi offeso.

“A-”

“Vi siete tagliato le labbra contro le pietre, devo pulirvi le ferite prima che s’infettino, stavolta non v’era nulla d’irrispettoso nelle mie parole” spiegò il mago assumendo l’espressione più seria possibile.

“Uhm” borbottò Arthur facendo però quanto Merlin gli aveva ordinato.

Gli fece uno strano effetto percepire il tocco lieve e delicato dei polpastrelli di Merlin inumidite contro le sue labbra. Per un istante Arthur fu tentato di mettere in imbarazzo il suo servo, bloccandogli le esili dita con i denti e divertirsi alle sue spalle vedendolo basito ed incerto su come reagire, ma il ricordo dell’orribile sapore di quell’intruglio lo fece desistere dal prendersi gioco di Merlin.

“Ora dovreste girarvi” disse il moro richiamando l’attenzione di Arthur, che non si era accorto di aver chiuso gli occhi mentre l’altro, con le dita impiastricciate di quella schifosa sostanza gli aveva medicato le labbra, sfiorandogliele. Il pensiero di quel tocco gli mandò un brivido lungo tutta la spina dorsale. Merlin lo notò ma evidentemente imputò quella reazione al dolore che provava il biondo, cosa che fu confermata da un gemito che il Principe non si sforzò nemmeno di trattenere nel momento in cui dovette mettersi prono.

Il mago sbuffò. Davanti agli altri fingeva sempre che nulla fosse e che i dolori delle battaglie fossero sciocchezze, ma non appena Arthur si ritrovava nelle sue stanze da solo con Merlin, il ragazzo diventava un unico lamento. Quando poteva permetterselo, ovviamente; nel momento del vero pericolo Merlin non l’aveva mai visto tirarsi indietro davanti a nulla, neanche alle sfide più dure o apparentemente impossibili da vincere. Eppure Arthur ce la faceva sempre. Certo, non senza qualche piccolo aiuto esterno facilmente imputabile a Merlin, ma il mago non poteva negare che se il borioso asino non fosse stato di natura forte e coraggioso abbastanza, tutti i suoi aiuti sarebbero stati vani. Lo ammirava molto per questo. Anche per questo, se non altro.

“Allora?” lo riscosse dai suoi pensieri la voce del biondo.

“Ehm… Gaius ha detto che non necessitate d’altro che un massaggio con…”

“Uno dei suoi intrugli miracolosi” completò per lui Arthur mentre il moro cercava la boccetta di liquido oleoso e giallastro che il medico di corte gli aveva mostrato quando era andato a chiedergli aiuto per curare il Principe.

“Infatti” disse poi Merlin togliendo il tappo e versando un po’ di liquido direttamente sulla pelle di Arthur.

“E’ freddo!” si lamentò il ragazzo.

“Si scalderà” replicò il moro ignorando a prescindere la protesta.*

Le mani del mago iniziarono a massaggiare lentamente un punto gonfio ed arrossato vicino al rene sinistro, anche se a catturare la sua attenzione fu il gonfiore sulla spalla. Stando ai sintomi che aveva descritto a Gaius, poteva occuparsi facilmente della prima botta – da cui molto probabilmente ne sarebbe scaturito un livido, nulla di più – mentre la spalla sembrava leggermente più malconcia: il braccio era gonfio e pieno di graffi che si estendevano fino al gomito… se solo avesse potuto usare la magia lo avrebbe curato in battito di ciglia. Ma praticare incantesimi sul figlio di Uther Pendragon non era saggia idea. Soprattutto se il suddetto figlio era ancora perfettamente cosciente, perché per il resto non si era mai fatto grossi scrupoli ad usare la magia su di lui, anche se era tutt’altro che finalizzata a ledere la sua incolumità. Faceva già abbastanza fatica ad evitare che l’asino ci rimettesse in qualche modo la pelle, di certo lui non avrebbe reso ancor più complicato il suo già arduo compito.

“Era proprio un bell’animale però…”

“Sicuro” ne convenne Merlin più per educazione che per reale interesse. Stava cercando di ricordarsi esattamente i punti che Gaius gli aveva raccomandato di massaggiare per sciogliere la contrattura alla spalla.

“Ancora non capisco perché mi abbia disarcionato” si lamentò il biondo Principe “Puoi metterci anche un po’ più di forza, Merlin!” gli ingiunse poi mentre il mago, sbuffando, andava a sollecitare maggiormente la pressione sui muscoli indolenziti del collo.

“Non potete pretendere di piacere a tutti” disse Merlin distrattamente cercando di dare una spiegazione plausibile all’altro.

Arthur alzò leggermente la testa, volandosi verso il ragazzo con un ghigno stampato sul volto.

“E a te Merlin? A te piaccio?”

Le braccia del mago cedettero per un momento.

“Cos’è? Una domanda a trabocchetto per spedirmi alla gogna e sfogare la vostra rabbia repressa?”

Arthur sbuffò dal naso: Merlin riusciva comunque a spiazzarlo con una delle sue risposte taglienti sempre pronte. O quasi, almeno.

“Sono il futuro re e voglio piacere alla mia gente. Mio padre – anche se spesso non sembra - è ben voluto. Non abbastanza però. Io voglio andare oltre, superare la sua fama, far divenire il mio nome una leggenda-”

“Sempre modesto” lo interruppe Merlin.

“Se mi lasciassi finire di parlare!” lo rimbeccò il biondo cercando di dargli un pugno sulla gamba, ma ottenendo così solo di sforzare invano il braccio già dolente.

“Sembrate il cavallo che vi ha disarcionato. Riuscite a stare fermo per più di un momento?”

Arthur sbuffò e Merlin fece altrettanto.

“Far divenire il mio nome una leggenda… e poi?” lo incitò il mago a proseguire il suo discorso mentre lui continuava ad occuparsi della spalla malandata.

“…”

“Avanti, vi ascolto!”

“Mio padre mi ha spesso ripetuto che non posso essere il Re di Camelot e amico del popolo... però voglio che sia così. Voglio essere un Re giusto, severo se necessario ma non voglio far nulla che possa ledere in qualche modo la mia gente. Le leggi – talvolta anche severe – sono necessarie però…”

“Però…” lo incitò nuovamente Merlin, speranzoso nelle parole del Principe.

“Alcune sono ingiuste. Altre andrebbero modernizzate. Altre ancora andrebbero revisionate.”

“Qualche idea a riguardo?” non riuscì a trattenersi dal chiedere il mago.

“Diverse, credo. Tu ci sarai quando… accadrà?”

Merlin rise.

“Vi ho già detto che sarò felice di servirvi fino alla morte, ma non capisco cosa ve ne possiate fare di un servo?”

“Tutto! Dovrò pur incaricare qualcuno di lucidare la mia corona! E non affiderei questa mansione a nessun’altro che a te” disse Arthur riuscendo, con quell’arrogante immagine di lui in veste di sovrano di Camelot, a far sorridere il mago. Dietro quelle parole, Merlin sapeva celarsi la frase ‘sei un buon amico’. Probabilmente Arthur non glielo avrebbe mai detto, ma oramai era diventato bravo ad interpretare i giri di parole dell’asino.

“Sarà un onere” iniziò a dire Merlin vedendo la faccia del biondo contrarsi in una smorfia, anche se non avrebbe saputo dire se fosse per il dolore o le sue parole “Ma un onore.”

Il volto di Arthur si distese e per qualche minuto il ragazzo rimase in silenzio godendosi la sensazione dei muscoli che smettevano pian piano di dolere sotto al tocco di Merlin.

“Non voglio mandarti alla gogna. Non questa volta almeno.”

“Uhm?”

“Non mi hai ancora risposto Merlin. Ti piaccio o no?”

Merlin sbuffò più o meno per la ventesima volta da che aveva iniziato a prendersi cura di Arthur dopo la caduta da cavallo.

Certo che l’asino gli piaceva! Per quanto insopportabile e borioso, arrogante e presuntuoso, ingrato e un qualche altro aggettivo dispregiativo terminante in –oso, Arthur era il ragazzo per cui avrebbe sacrificato senza alcuna esitazione la sua vita. E non l’avrebbe fatto perché lo diceva il destino, ma perché Arthur – seppur a modo suo – si era guadagnato la sua devozione (o qualcosa di simile, da che lo aveva incontrato Merlin non si era mai dimostrato particolarmente rispettoso nei suoi confronti), la sua fiducia e… qualcosa. Un qualcosa che inizialmente il ragazzo aveva imputato alle parole del Drago, al fatto che fossero le due facce della stessa medaglia e via dicendo. Ma Merlin sapeva che non era così. Arthur gli era entrato dentro. E non come Gwen, Morgana, Gaius. Arthur, come ogni cavaliere, era irruento e si era fatto spazio a suon di stoccate e fendenti nella sua vita. Quindi, checché ne dicesse il Drago, il destino in qualche modo se l’erano forgiati da sé. Arthur aveva saputo plasmare il suo, mostrandosi come il vero eroe puro di cuore capace di tutto. E Merlin aveva deciso di seguirlo, sapendo che gli sarebbe stato fedele fino alla fine.

“Sì, mi piacete” rispose il mago borbottando, non del tutto sicuro di voler essere udito dal Principe.

Arthur però non disse più nulla e lasciò che il suo servo continuasse a massaggiargli la spalla e il braccio, riuscendo lentamente a mitigare il dolore. Non era esperto quanto Gaius, ma aveva avuto ragione quella volta che gli aveva detto che imparava in fretta.

Fu solo dopo diverso tempo che Merlin annunciò che aveva finito, rassicurandolo sul fatto che non ci sarebbe stato bisogno di alcuna fasciatura e che il dolore sarebbe scemato con le ore e col riposo notturno.

“Col vostro permesso, io mi ritirerei” disse il mago ricevendo però come unica risposta un mugugno indistinto dal parte del Principe. Mugugno che Merlin decise d’interpretare come un sì.

Il ragazzo raccolse i medicamenti di Gaius e li ripose nella borsa di cuoio che gli aveva affidato il medico di corte.

Fu solo prima di andarsene che Arthur lo chiamò, fermandolo sulla porta.

“Anche tu mi piaci, Merlin” borbottò il Principe osservando l'altro rimanere completamente spiazzato dalle sue parole. Il mago si girò verso di lui e gli fece un lieve inchino prima di sparire.

 

Il biondo però era riuscito a distinguere un inconfondibile sorriso stampato sulle labbra del suo servo.

 

 

Continua...



Note dell’autrice:

Tadan! Slash in arrivo!
Era iniziata come una oneshot, ma poi mi sono persa nei dialoghi, nelle riflessioni di Merlin e… alla fine era troppo bella così perché in qualche modo vi infilassi lo slash a tradimento (esclusi gli imput palesi). Così ho da parte un secondo capitolo che in qualche modo rende questa una sorta di brevissima longfic. O una oneshot divisa in due parti, dipende dal punto di vista. Lo so che è una miseria, ma volevo che comunque questa prima parte rimanesse così ^^

 
So anche che il punto di partenza della storia non ha molto senso, ma poi i dialoghi sono nati con una facilità disarmante, che quasi ringrazio di essere caduta da cavallo x3 Ok, non è vero che sono felice di essere caduta, però probabilmente se non mi fossi schiantata sulla ghiaia non avrei avuto il pretesto per iniziare questa storia. Questo spiega anche il perché della mia fissazione equestre all’interno dei miei racconti… mi basta leggere la parola sella e io non capisco più nulla XD

Intanto ne approfitto per ringraziare GiulyB, elyxyz, Chiby Rie_chan, bilancina92 e ely_scorpioncina per aver commentato la prima shot Colin/Bradley Magic is Might <3

Note, citazioni, credits e quant’altro:
- Il titolo è l’omonimo di una canzone dei Blind Guardian
- E’ freddo – Si scalderà sono battute che le qaffiane conoscono bene. La citazione non era voluta, ma è uscita comunque, e una volta scritta ho pensato che comunque qualcuno avrebbe potuto apprezzarla lo stesso x3
- Il fatto che Arthur non può essere Re ed amico del popolo viene dalla 2x06


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Capitolo 2
*** Parte II ***


kingefp

Disclaimer: I personaggi di Merlin non mi appartengono, benché meno lo sceneggiato. Da questa storia non ci ricavo assolutamente nulla ù_ù

 

 

All The King's Horses

Parte II

 

 

La voce di Gaius investì il mago non appena questo fece ritorno alla dimora del medico di corte.

“Hai fatto quanto ti avevo detto?”

“Certamente.”

“Hai fatto in modo che la contrattura si riassorbisse?”

“Sì, e penso di esserci riuscito anche discretamente bene.”

“Te la sei presa con comodo” lo schernì dolcemente l’uomo posando in tavola le ciotole in cui era contenuta la loro cena. Stufato di una qualche carne che Gaius era riuscito a farsi dare nelle cucine. E verdure. Merlin – da che era a Camelot – aveva iniziato ad odiarle. E aveva buone ragioni per farlo.

“Lo sai meglio di me quanto ci vuole per convincere Arthur a farsi curare in generale. Il fatto che abbia dovuto farlo io non l’ha di certo persuaso a collaborare senza fare storie.”

Gaius annuì.

“Il vostro lavoro con i cavalieri di Arthur?” domandò Merlin iniziando a magiare affamato la sua cena.

“Giovani inesperti ma almeno poco inclini a lamentarsi. Probabilmente erano le prime ferite della loro storia in qualità di aspiranti cavalieri: farsi vedere forti e capaci di sopportare il dolore doveva essere un punto d’onore per loro.”

Il mago sorrise. Erano tutti uguali: re e principi, cavalieri o aspiranti tali dovevano mostrarsi tutti di essere – almeno apparentemente – senza macchia e senza paura. Ma Merlin sapeva che in fondo, l’unico ad avere queste caratteristiche era il suo Principe. Ed era un puro di cuore. Anhora l’aveva detto ed Arthur l’aveva dimostrato, tant’è che non aveva esitato un istante ad ingannarlo per bere lui il calice apparentemente avvelenato per salvargli la vita. Con quel suo eroico gesto la pestilenza maledetta che si era abbattuta su Camelot era stata tolta e l’unicorno era tornato a vivere.

“Sei pensieroso, Merlin” constatò Gaius “Solitamente è difficile farti stare zitto tante sono le cose di cui devi lamentarti…”

“Solitamente mi lamento solo di Arthur. Nel complesso gli altri o m’ignorano o mi trattano come un qualunque essere umano. Un po’ idiota, ma questo sembra salvarmi quando accade qualche stranezza intorno a me” rispose Merlin bevendo un po’ d’acqua dalla sua tazza. Benché a Gaius non mancasse nulla, né cibo, né denaro, la differenza con il lusso in cui viveva Arthur – e la corte in generale – lo lasciava sempre esterrefatto. Per lui la vita presso l’abitazione del medico di corte era più che sufficiente. Certo, l’idea di essere servito e riverito lo affascinava molto, ma probabilmente si sarebbe sentito a disagio se si fosse ritrovato… sull’altro lato della medaglia.

“Appunto…” disse Gaius squadrando il ragazzo che, in tutta risposta, alzò le spalle indifferente.

“Avete discusso?”

“No! Perché avremmo dovuto?”

L’occhiata dell’uomo fu una risposta sufficiente.

“Va bene, domanda sbagliata, ma devo dire che stavolta abbiamo avuto una conversazione quasi civile. Ogni tanto ha dubbi sul suo destino di Re e mentre lui parla, io lo ascolto. O almeno fingo di falo.”

“Sono certo che se ti chiedessi di dirmi cosa affligge Arthur, sapresti ripetermi ogni parola da lui pronunciata dal giorno in cui sei entrato alle sue dipendenze…” gli fece notare Gaius con lo stesso tono con cui un vecchio saggio spiegava la Verità a chiunque lo ascoltasse. E forse Gaius si avvicinava molto all’immagine del vecchio saggio dell’Antica Religione. Merlin non ne sapeva molto, l’uomo non ne parlava mai volentieri, ma il ragazzo era certo che quando la magia era ancora permessa a Camelot, Gaius doveva essere stato un grande mago. L’unica cosa era che, a differenza di Merlin, la magia del medico di corte proveniva dallo studio, non gli fluiva nel sangue. La magia per Merlin era istinto. Per Gaius solo sapienza e per questo l’uomo era rimasto estremamente affascinato dalle potenzialità di Merlin la prima volta che l’aveva incontrato. Anni fa probabilmente il medico avrebbe stretto un patto con chissà quale sacerdote per essere anche solo lontanamente com’era Merlin. Con la differenza che ora per quest’ultimo era già stata firmata una condanna a morte da prima che mettesse piede a Camelot. Almeno, lo sarebbe stata nel caso in cui la sua magia venisse rivelata, ma preferiva di gran lunga non pensarci.

“Ti sei ancora perso nei tuoi pensieri?” lo richiamò Gaius distraendo Merlin dalle sue riflessioni.

“Temo di sì” rispose il ragazzo riprendendo a mangiare.

L’uomo scosse la testa ma sorrise.

“A parte le lamentele che avrà fatto per farsi curare, come sta il nostro Principe?”

“Si lagna, ma ha sopportato di peggio” disse Merlin ingoiando l’ultimo pezzo di carne. Nonostante le porzioni doppie che Gaius gli serviva, riusciva sempre a finire di mangiare prima dell’uomo e, quando di alzava da tavola, c’era sempre un leggero senso di fame che non lo abbandonava mai.

“Il distillato di arnica che gli hai dato allevierà sicuramente il dolore” concluse Gaius rassicurando il mago.

Merlin arricciò lievemente le labbra ed annuì colpevole.

“Sì. Ehm… Devo andare vedere se Arthur sta meglio. Glielo avevo promesso” disse il ragazzo alzandosi e avviandosi verso la porta.

“Merlin” lo richiamò pazientemente la voce del medico di corte.

“Sì?”

L’uomo mise la mano nella borsa di cuoio che il moro aveva lasciato su una panca accanto al tavolo e si avvicinò a lui con uno sguardo di chi la sapeva lunga.

“L’intera dose” spiegò Gaius dando a Merlin la boccetta in cui era contenuto il medicinale.

Il mago annuì e con un lieve sorriso vagamente imbarazzato salutò l’uomo e si diresse verso le stanze di Arthur.

 

 

Bussare era una pratica che, nonostante i due anni di servizio alla corte dei Pendragon, Merlin non era ancora riuscito a far sua.

In una condizione normale Arthur l’avrebbe sicuramente rimproverato non appena messo piede nella stanza ma, considerando che il Principe era troppo impegnato a fare il ferito per stavolta nessuno lo avrebbe rimproverato per la sua mancanza di rispetto e stoltezza per non aver ancora imparato i principi basilari dell’educazione.

“Sei in ritardo.”

“Io sono sempre in ritardo” scherzò Merlin “E vi ho portato la cena” concluse il mago posando il vassoio con pane, formaggio e della carne stagionata sul letto, abbastanza vicino al Principe, cosicché non avrebbe dovuto sforzarsi – e nemmeno alzarsi – per desinare.

“Uhm” mormorò Arthur lamentandosi.

“Come state?”

La faccia di Arthur si contrasse in una smorfia non appena si girò supino.

“Potrei stare meglio.”

“Effettivamente c’è qualcosa che potrebbe farvi stare meglio…” disse Merlin mentre il biondo – dopo essersi messo a sedere – iniziava a mangiare la semplice cena che gli aveva portato il servo.

“E sarebbe?” domandò il Principe a bocca piena.

“Distillato d’arnica, ve lo manda Gaius. Ha detto che questo mitigherà il dolore e lo farà scemare nel giro di alcune ore.”

“Comunque domani verrà, vero?”

Il mago annuì e il Principe parve rassicurato da ciò. Già una volta Gaius – quando il ragazzo aveva provato a curare la ferita infetta di Mordred - gli aveva detto che non aveva la stoffa del medico, ma vedersi così poco considerato era sempre frustrante.

“Merlin?” lo richiamò Arthur sventolandogli la mano sinistra davanti agli occhi.

“Perdonatemi, Sire. Mi ero distratto” si scusò il moro.

“Già… me ne ero accorto” rispose l’altro prendendo un pezzo di pane e della carne stagionata.

“Quando vi sentite sazio, prendete questo” disse il mago aprendo la boccetta col distillato d’arnica e mettendola sul vassoio insieme al leggero pasto del Principe.

Quest’ultimo annuì mentre osservava Merlin mettere approssimativamente in ordine oggetti e vestiti sparsi per la stanza. Non che Arthur apprezzasse l’incapacità di quel servo che si era ritrovato ad dover accettare per ordine del padre, ma in qualche modo si era abituato – e forse anche affezionato – a Merlin e alle sua stranezza, goffaggine e alla sua cronica incapacità di portare correttamente a termine qualunque compito gli venisse affidato.

“Piantala di fingere di lavorare” gli fece notare il biondo facendo cenno al servo di avvicinarsi.

“Non potete dire che almeno non ci provi” lo rimbeccò il mago raggiungendo comunque il letto del Principe.

“Ammettilo che sei contento di vedermi così.”

Merlin sospirò. Arthur era davvero un asino. E con la testa di legno, per giunta!

“Mi diverte, ma non sono di certo contento. Un modo per sentirvi meglio è prendere l’intruglio di Gaius.”

“Fa schifo” rispose il Principe portandoselo alle labbra.

“Un respiro profondo…” lo incitò il mago venendo fulminato con lo sguardo. Arthur comunque fece quanto gli era stato detto e, trattenendo il fiato, buttò giù tutto il medicinale che gli era stato prescritto.

“Credo che sia una delle cose più disgustose che Gaius sia in grado di preparare…”

“Fidatevi, può fare di peggio. Di molto peggio” disse Merlin rabbrividendo al pensiero di quando aveva dovuto assaggiare la pozione per la troll Catrina. Certe volte poteva ancora sentirne l’orrido sapore sulla lingua.

“Togliti gli stivali” gli ordinò Arthur all’improvviso distraendolo completamente dai ricordi che aveva del troll.

“Eh?” domandò il mago guardando perplesso il Principe.

“Fai quello che ti ho detto.”

Merlin storse il naso perplesso ma fece quanto gli era stato ordinato. Non fece quasi in tempo a sfilarsi il secondo stivale che Arthur l’aveva afferrato per un polso, costringendolo a capitolare sul comodo giaciglio reale. Il momento di shock iniziale del mago per lo strattone ricevuto ebbe breve vita poiché sostituto dallo stupore di sentirsi ancorare al letto dal peso del biondo e delle labbra di quest’ultimo posarsi impunemente sulle sue chiedendo - anzi no -, pretendo l’accesso alla sua bocca.

Accesso che Merlin si ritrovò a concedergli senza alcuna esitazione e che gli diede modo di percepire l’amaro retrogusto del distillato d’arnica. Gli occhi del mago si chiusero non appena notò le palpebre del Principe abbassate. La sua espressione basita incontrò dopo qualche secondo quella divertita di Arthur non appena questo interrupe il contatto con la bocca del moro.

“Fa schifo o no?”

“Voi o l’arni-Ahia!”

Con gesti veloci, simili ai colpi che Arthur era solito utilizzare in duello, il biondo lo privò dapprima del fazzoletto che portava al collo (il quale finì a terra, sopra i suoi stivali), poi della giacca e della maglia che aveva indosso. Merlin temette il gelo della fredda aria serale, ma poi si rese conto che quelle erano le stanze reali - stanze che lui stesso doveva provvedere a riscaldare - e l’unica cosa che il mago avvertì fu la sensazione delle pregiate lenzuola e coperta sotto la sua schiena e la calda pelle di Arthur sulla sua.

Il moro tremò leggermente più per l’eccitazione che per altro. Non temeva Arthur e non considerava quel gesto un’offesa nei suoi confronti. Era strano, ma non poteva negare a se stesso che vi fosse un sentimento che – almeno da parte sua –che in fondo gli aveva fatto sperare o in qualche modo desiderare che qualcosa del genere accadesse.

“Non eravate impossibilitato a muovervi?” domandò Merlin inarcando il busto sotto il tocco di Arthur, affinché i loro corpi entrassero maggiormente in contatto.

“Non abbastanza” sussurrò il Principe nell’orecchio del moro prima di mordergli la pelle nivea del collo, risalendo fino al mento per tornare poi a baciarlo.

Merlin, che fino a quel momento non aveva reagito se non lo stretto indispensabile, portò le mani sulla nuca del biondo, affondando le dita delle ciocche dorate del ragazzo mentre lottavano in una guerra questa volta combattuta non del tutto ad armi impari.

Il corpo di Arthur sembrava tendere sempre di più alla ricerca di quello del suo servo, quasi avesse la necessità vitale di sentirlo completamente sotto di sé. E non era unicamente una questione di dominio. Era una questione di bisogno.

Merlin cercò di contenersi quando la bocca del biondo si dischiuse sul suo collo, accarezzandogli la pelle dapprima con le labbra, poi con la punta della lingua, sfidandolo in qualche modo a reagire. La risposta del mago non si fece attendere giacché le sue mani iniziarono a vagare curiose - e a loro volta bisognose – sulla schiena di Arthur, sentendo i muscoli guizzare sotto il suo tocco e la pelle tendersi e tremare per l’eccitazione.

Tra baci e mani impudiche, la stoffa superflua che li separava venne ben presto allontanata e buttata ai piedi del letto di Arthur. Le coperte e le pellicce creavano calore a sufficienza, ma i loro movimenti e lo strofinio dei loro corpi affannati e sudati stavano rendendo quelle fonti di calore quasi un fastidio.

Il biondo fino all’ultimo non era stato sicuro che Merlin avrebbe accettato, la stessa domanda a tradimento che gli aveva rivolto nel pomeriggio non lo aveva rassicurato. Ma aveva ugualmente osato e il suo servo non si era tirato indietro. E lo sentiva sotto le sue mani e le sue labbra che le carezze e i baci del ragazzo non erano servili. Merlin non era mai servile, se non avesse voluto, si sarebbe tirato indietro prima ancora che Arthur osasse toccarlo. Eppure non l’aveva fatto. Era rimasto lì, lasciandosi trascinare fra le coltri del suo giaciglio a godere di quel contatto che Arthur bramava. Sapevano entrambi che era strano. Eccessivamente strano, ma allo stesso modo sapevano che stavano percorrendo una sorta di strada, un sentiero già battuto in vista del loro arrivo.

Gemiti silenziosi e respiri affannati riempivano l’intera stanza mentre il fuoco delle candele e le braci ancora ardenti del camino celavano ad occhi indiscreti – e forse anche ai loro stessi occhi – le due facce della stessa medaglia che andavano a riunirsi, creando quell’unica moneta che avrebbe permesso al destino di compiersi.

Il mago morse il labbro inferiore di Arthur e questo si ritrovò per un istante costretto a ritrarsi per il dolore dei denti di Merlin che erano andati a stimolare eccessivamente il taglio – seppur lieve – ancora non rimarginato.

“Così posso stare certo che la ferita al labbro non si rimarginerà più” gli sussurrò il biondo sulle labbra rallentando i suoi movimenti.

Merlin sbuffò divertito prima di sentire il volto di Arthur affondare sul suo collo e mordergli lievemente un lembo di pelle, mandandogli una scarica di brividi. Brividi che diventarono un tutt’uno con i tremiti dell’eccitazione: i gemiti di Merlin si fecero più intensi e profondi man mano che Arthur aumentava la velocità e la pressione delle spinte. I loro bacini di scontravano, le loro erezioni s’incontravano facendogli perdere ogni contatto con la realtà. Arthur si appoggiò – non senza fatica - sugli avambracci in modo da poter sostenere il ritmo da lui deciso mentre il servo continuava a spingere il bacino verso il suo, alla ricerca di un sollievo che non tardò ad arrivare. Con un’ultima spinta Arthur inchiodò le braccia di Merlin al letto, impedendogli di muoversi e morse affamato la sensibile pelle del collo del moro, mentre entrambi venivano scossi dal piacere dell’orgasmo e al momento con la mente troppo annebbiata per far caso al fatto che servo e padrone avevano appena… beh, il sapore della loro pelle e le fronti imperlate di sudore parlavano a sufficienza.

Non avevano propriamente giaciuto insieme, ma il fiato corto di entrambi e il respiro concitato alla ricerca d’aria erano facilmente fraintendibili. Anche se al momento Merlin non riusciva a immaginare cosa ci fosse di fraintendibile alla vista di lui inerme sotto il corpo di Arthur, le cui forze l’avevano apparentemente abbandonato.

“A-arthur?” provò a chiamarlo Merlin e il biondo parve capire in anticipo cosa volesse dirgli il ragazzo. Di fatti, seppur con lentezza facendo attenzione al fianco infortunato e ancora lievemente dolente - soprattutto considerato lo sforzo a cui aveva sottoposto il suo corpo – si sdraiò accanto al servo, passandogli una mano introno alla vita.

Merlin non ricordava di essere stato più imbarazzato in vita sua. Neanche quando Arthur l’aveva trascinato a forza sul letto privandolo delle sue vesti l’aveva fatto sentire così esposto alla mercé del Principe. Forse perché quel semplice abbraccio racchiudeva in sé un’intimità tipica solo degli innamorati, di coloro per cui era consuetudine dividere il letto.

Non che non sapesse che a corte vi fosse l’usanza da parte dei nobili di giacere con le proprie serve (e talvolta persino con i servi) ma solitamente la loro permanenza nelle calde coltri nobiliari era sempre direttamente proporzionale alla durata dell’amplesso del signore. Il fatto che Arthur Pendragon, Principe ereditario di Camelot, non solo aveva voluto lui - un servo e non un servetta dalle morbide forme e il corpo accogliente - ma gli stava persino offrendo uno spazio nel proprio letto, era al di fuori ogni logica.

“Ti sento pensare” aveva bofonchiato Arthur con la faccia leggermente affondata nel cuscino.

Merlin, colto alla sprovvista, si ritrovò privo di battute sferzanti con cui replicare.

“Mi sembra l’unica cosa sensata da fare” ribatté comunque il mago.

“Uhmpf…”

Il lamento del Principe però non aveva nulla a che fare con i toni ammorbanti che era solito usare quando qualcosa non andava come desiderava. Era più un lamento divertito, sereno e quasi… felice, si sarebbe azzardato a dire Merlin.

“Stai ancora pensando.”

“Voi sarete bravo con la spada, ma a pensare, se permettete-”

“Tu sei un idiota. Ad ogni modo mi pare di averti appena dato dimostrazione di quanto bene me la cavi con la spada.”

Merlin lo guardò storto. Le candele consumate oramai prossime a spegnersi permisero comunque ad Arthur di vedere l’occhiata che gli aveva lanciato il mago.

“Queste frasi possono intimidire e far ridacchiare imbarazzate le servette di palazzo. Io sono il vostro servo” gli fece presenti Merlin.

Arthur tuffò il viso in quel punto in cui il collo del moro si congiungeva al busto.

“Lo so. E’ per questo che sei qui.”

Merlin fece per replicare qualcosa ma le parole – e i pensieri – vennero soffocati dalle labbra del biondo che gli posarono un lieve bacio sulla linea della giugulare. Nulla di più, nulla di meno. Semplicemente un bacio.

“Io non scherzavo quando ho detto che mi piaci…” borbottò Arthur stringendo maggiormente il corpo di Merlin con il braccio sano.

Il mago sorrise e decise di lasciarsi finalmente avvolgere da quel calore forte e vigoroso che il corpo del biondo aveva sempre sprigionato. Solo che non aveva mai avuto il piacere di constatare di persona quanto potesse essere piacevole sentirlo sulla sua stessa pelle.

Il respiro di entrambi si regolarizzò e, prima che cadessero nell’oblio del sonno, Arthur sentì un lieve sussurro provenire dal ragazzo che stringeva a sé.

 

“Nemmeno io.”

 

-Fine-

 

Note dell’autrice:

E slash fu!

Ce l’ho fatta ad arrivare a slasharli finalmente e ne sono molto felice. Alle esperte del pairing poi l’ardua sentenza, ma mi è piaciuto molto scrivere questa storia. La divisione in due parti/capitoli credo sia stata appropriata, perché ci sono toni e temi ben diversi. E se nella prima c’è un maggior pathos epico e UST (e io amo l’UST), in questa c’è più ironia e leggerezza. Insomma, una storia di due capitoli ma che ho voluto fortemente separare, anche se una shot di 4.000 parole per me solitamente è il minimo sindacale x3

Credo si tutto, spero di scriverne ancora perché ho amato muovere questi due Pisquani ^^

Ringraziamenti!

bilancina92: grazie mille! Sì, Arthur è uno zuccone e un babbeo, ma sa farsi voler bene anche per questo... da Merlin sicuramente  se non altro x3 Spero che la seconda parte sia stata di tuo gradimento =)

Mo Caffrey: mi fa piacere che questa storia sia riuscita a risollevarti l'umore ^^ Spero valga anche per questa seconda parte =) Grazie mille per i complimenti, mi fa piacere che Arthur ti sia piaciuto, mi sono divertita molto a scrivere di lui ^^ Grazie ancora <3

_ichigo_85: spero che l'aggiornamento non ti abbia fatto penare e non ti abbia fatto passare la voglia di leggere =) Sono felice che il rapporto tra i due ti sia sembrato valido e il cameratismo apprezzabile. Ho cercato d'inserire entrambi gli aspetti della loro vita: i ruoli che ricoprono ma anche semplicemente un'amicizia che c'è tra due persone (il fatto che poi l'amicizia diventi slash è del tutto relativo XD). Grazie per l'appunto sul 'voi', non appena visto ho provveduto a sistemarlo x3 Spero che questa seconda parte ti sia piaciuta e grazie ancora anche per aver commentato Magic is Might <3

MadameMina: ti ringrazio moltissimo per i complimenti sulla caratterizzazione dei personaggi... è una cosa che mi manda sempre in un brodo di giuggiole <3 Spero che questo piccolo seguito ti sia piaciuto, grazie ancora per aver letto <3

Egle: *onoratissima* Sono stata un po' lenta con l'aggiornamento ma alla fine ce l'ho fatta (neanche fosse una long da millemila capitoli, ma fa nulla x3). Devo dire che con me questo telefilm sfonda una porta aperta, vado sempre in estasi quando vedo Arthur e Merlin a cavallo, mi esalta tantissimo come cosa... il fascino del cavaliere in sella al suo destriero colpisce sempre <3 E poi ora che ci penso, è la seconda volta che paragono Arthur ad un equino. Nell'altra storia era un puledro, stavolta invece è il tuo adorato stallone XD La battuta qaffiana non ha avuto risvolti in questa seconda parte, ma spero che comunque lo slash sia stato almeno gradevole. Grazie mille per aver letto e commentato <3

 Chiby Rie_chan: *blushes* beh, sono davvero, davvero felice che l'immagine del massaggio sia stata di tuo gradimento XD E il fatto che questa storia dia la sensazione di 'casa' è una cosa che... aw <3 *muore d'amore* Grazie mille per il tuo bellissimo commento <3

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