The revenge of the Nerd

di RobTwili
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Who are you? ***
Capitolo 2: *** Something in the air ***
Capitolo 3: *** The next superhero: Physicsman ***
Capitolo 4: *** (Star) Wars night ***
Capitolo 5: *** Halloween sucks (Pt. 1) ***
Capitolo 6: *** Halloween sucks (Pt. 2) ***
Capitolo 7: *** May the Force be with you, Physicsman! ***
Capitolo 8: *** The hangover fairy ***
Capitolo 9: *** Bad news, good news ***
Capitolo 10: *** You are cordially invited... ***
Capitolo 11: *** …to our Star Wars Night (never trust in friends) ***
Capitolo 12: *** Strip poker at Stanford ***
Capitolo 13: *** Was it my first kiss? ***
Capitolo 14: *** I really can't understand ***
Capitolo 15: *** Spring Ball (Cupid's night)- part I ***
Capitolo 16: *** Spring Ball (Cupid's night)- part II ***
Capitolo 17: *** God bless It! (or Zac and Mac?) ***
Capitolo 18: *** We kissed... I mean, she kissed me! ***
Capitolo 19: *** No labels. Just me and you. ***
Capitolo 20: *** She likes my voice...? ***
Capitolo 21: *** You need some changes ***
Capitolo 22: *** Prom- Francis' first time ***
Capitolo 23: *** Graduation- Francis' little revenge ***
Capitolo 24: *** Epilogue ***



Capitolo 1
*** Who are you? ***


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«Chris vado a lavorare» urlai scendendo le scale perché ero in ritardo.
«Moccioso ma vai a lavorare? Da quando?». Mio fratello rispose comodamente seduto sul divano con un pacchetto di patatine aperto tra le mani.
«Da quando voglio comprarmi una macchina nuova perché quella che mi hai lasciato tu ha il paraurti che si stacca ogni volta che tiro il freno a mano». Fissai Chris assottigliando le palpebre e il suo viso assunse una smorfia contrariata.
«La mia vecchia Chevrolet non ha niente che non va. Mi chiedo se tutte quelle macchie sono rimaste ancora…». Si portò l’indice al mento per pensare e io rabbrividii.
«Non dirmi niente, non voglio sapere». Agitai le mani e le braccia e Chris cominciò a ridere.
«Frank, hai diciotto anni, alcune cose dovresti saperle, ora» ghignò schernendomi e lo fissai acido.
«Non sono come te Chris, non porto ogni sera una donna diversa in macchina e non vincerò mai una borsa di studio per il football o per il basket». Chris cominciò a ridacchiare.
«Dubito che qualche università possa offrire una borsa di studio ad una schiappa come te. È già tanto se riesci a camminare. Almeno hai il cervello». Si picchiettò la fronte con l’indice per prendermi in giro e io uscii sbattendo la porta di casa senza degnarlo di una risposta.
«Cervello, quello che tu non hai» borbottai tra me e me chiudendo la portiera della Chevrolet che cigolò minacciando di staccarsi.
I miei genitori si erano decisamente impegnati quando ci avevano procreato.
Chris Hudson, mio unico fratello, più grande di tre anni, aveva ereditato quasi tutte le qualità fisiche di papà.
Alto, moro con gli occhi azzurri, atletico e portato per il basket.
Papà e mamma con Chris si erano impegnati nel fronte fisico; quando era cresciuto però, si erano accorti che faticava a ragionare decentemente, così con me avevano tentato l’opposto.
Decisamente intelligente, con un quoziente intellettivo sopra la media, avevo ereditato da papà, il vecchio Richard Hudson, solo gli occhi azzurri che dovevo nascondere sotto degli spessi occhiali.
Mamma invece mi aveva trasmesso un sacco di qualità.
I capelli biondi, la passione per la musica, la matematica, la chimica e la fisica.
L’astigmatismo.
Chris e io potevamo sembrare perfetti, uniti.
Tra i due, Chris era di certo il più fortunato. Con il suo aspetto così sportivo era riuscito a guadagnarsi un posto d’onore tra i ragazzi conosciuti della scuola, una ragazza cheerleader che l’aveva seguito alla UCLA, l’Università della città di Los Angeles, con un sorriso sbiancato e le valigie di Louis Vuitton, e una foto nella bacheca dei quaterback dell’anno.
Chris era diventato una leggenda nel nostro liceo, nonostante si fosse diplomato due anni prima. Il professor Moriarty, insegnante di educazione fisica, si ricordava ancora di lui e mi accusava di infangare il nome di famiglia con la mia goffaggine.
Anche io ero famoso, in alcuni ambiti.
Capitano dei Matematicici e de Gli elettroni spaiati, da quando avevo cominciato a frequentare quei club avevamo vinto il torneo di chimica e matematica della contea per ben quattro volte consecutive.
In più, indimenticabile, era la mia passione più grande: la musica.
Ero stato costretto ad entrare nella banda della scuola come suonatore di fagotto.
Lì avevo messo il punto definitivo alla speranza di diventare popolare almeno la metà di Chris.
Il cerchio dei miei amici era piccolo, noi non disturbavamo nessuno e nessuno ci disturbava per un semplice motivo: eravamo invisibili, ma ben assortiti.
«Ciao». Alzai il viso per salutare il proprietario della pizzeria che gesticolò salutandomi.
«C’è da portare quest’ordine subito». Mi consegnò il foglietto con l’indirizzo e lo fissai, convinto che fosse uno scherzo.
Baker Street, 211B.
«Devo per forza andarci? Non è libero Joshua? ». Continuai a guardare Andrew che mi lanciò un’occhiata confusa.
«No, ci vai tu. Forza!». Lanciò la borsa con le pizze tra le mie mani e io sospirai uscendo.
«Certo, perché tra tutti quelli che potevano fare l’ordinazione, io devo portarla proprio a lei». Agganciai la cintura di sicurezza e la Chevrolet protestò quando girai la chiave nel quadro.
In fondo non era così brutto, un saluto, un grazie per la mancia, un sorriso e un nuovo saluto.
Questione di due minuti.
Quando parcheggiai davanti a casa sua chiusi gli occhi e mi sistemai gli occhiali che erano scivolati sul naso per l’agitazione.
Con le pizze mi diressi verso la grande porta bianca dai vetri colorati e suonai il campanello.
Pochi secondi dopo la serratura scattò.
«C-c-c-iao Ashley». Sorrisi appena quando aprì la porta e mi fissò come se fossi stato un alieno.
«E tu chi saresti?». Alzò un sopracciglio schifata, sembrava non mi avesse mai visto.
«Fr-frequentiamo lo stesso liceo, siamo in classe assieme per storia e le-letteratura». Perché dovevo balbettare solamente davanti a lei?
«Non credo di averti mai visto. Sei sicuro?». Continuò a fissarmi mantenendo un’aria altezzosa, con il suo splendido sorriso da cheerleader e la sua abbronzatura californiana.
«Amore, come fai a non ricordarti di lui?». Alex, suo leggendario ragazzo e quaterback della squadra di football, comparve alle sue spalle e la abbracciò non pensando minimamente di togliere le pizze dalle mie mani. «Non lo riconosci? È Frank Fagotto, suona nella banda». Pronunciò l'ultima parola come se fosse stato qualcosa di brutto.
«Nella banda? Forse per questo non l'ho mai notato». Ashley ridacchiò e scosse la testa. «Frank Fagotto assolutamente non mi dice nulla». Mi osservò confusa sistemandosi la folta chioma bionda.
«Ve-ve-veramente mi chiamo Fr-Francis Hudson. Cercai di sorriderle ma la vidi fare una smorfia.
«Amore, ma come si chiama?». Si voltò verso il suo ragazzo e cominciò a baciarlo sotto i miei occhi allibiti.
«Non lo so tesoro. Fino a un secondo fa credevo si chiamasse Frank Fagotto». Scrollò le spalle parlando tra un bacio e l'altro.
«I-i-io suono il fa-fagotto». Mi schiarii la voce e sospirai per cercare di calmarmi.
«Be’, se non ti di-di-dispiace, Frank Fa-fa-fa-fa-fa-fa-gotto, io e lei andiamo a studiare per il test di anatomia di domani». Ammiccò e sentii Ashley ridere.
«No-no-non c'è nessun test do-do-domani». Sicuro. Non c'erano test di anatomia il giorno dopo.
Ashley continuò a ridere e chiuse la porta alle sue spalle proprio quando Alex cominciò a mangiarle la bocca.
Rabbrividii schifato pensando che non c’erano sentimenti tra quei due.
I baci erano puramente fisici.
Non avevo esperienza, ma sapevo che di solito un bacio si donava con il cuore.
«Ehi! Le pizze!» urlai rimanendo fermo come un idiota davanti alla porta chiusa, quando sentii qualcuno sbatterci contro e gemere.
Oddio, forse qualcuno stava male.
Suonai di nuovo il campanello e la porta si spalancò lasciandomi vedere Alex a petto nudo e con tutti i capelli in disordine.
«Che vuoi?». Un ruggito, ecco che cosa era stato.
«Le-le pi-pi-pizze» balbettai. Mi accorsi che Ashley era dietro a lui e si stava tenendo una maglietta davanti al seno.
«Dammi queste pizze e levati dai piedi, Fagotto». Strappò le pizze dalle mie mani lanciandomi cinquanta dollari sul viso e ghignò «Tieniti il resto, magari potrai comprarti un paio di occhiali alla moda, o delle lenti a contatto». Ashley cominciò a borbottargli qualcosa ma non sentii nulla perché richiuse la porta alle sue spalle.
Maleducato, ecco che cos’era.
Ancora non riuscivo a capire perché Ashley si ostinasse a rimanere con lui dopo quattro anni.
‘Per la popolarità’, così aveva risposto Mac.
Io non ci avevo creduto nemmeno per un secondo.
Ashley era già popolare prima di cominciare il liceo, quando aveva fondato il progetto de Le infermiere della scuola si era dimostrata una ragazza intelligente e con ambizioni.
Ashley era… Ashley.
Mi ero innamorato di lei dal primo anno di asilo.
Era amore da quando mi aveva raccolto i piccoli occhiali tondi con la montatura rossa perché ero scivolato sopra a una buccia di banana correndo davanti a lei.
«Ti sei fatto male?». Quando si era avvicinata per chiedermelo, con le sue treccine bionde, avevo capito che lei sarebbe stata la donna che avrei sposato.
Stupidi sogni infantili.
Non avevo fatto i conti con il liceo e tutte le classi sociali che c’erano.
Ashley si era dimenticata di quel bambino biondo che le aveva sorriso anni prima e aveva scelto altre compagnie: Kathrina, Luke, Alex… tutte quelle persone bellissime e stupide che si vantavano di avere una borsa di marca.
Consegnai le altre pizze senza veramente prestare attenzione alle persone o gli edifici.
Quando tornai a casa e trovai papà e Chris seduti sul divano a urlare davanti a una partita di football, cercai di svignarmela senza farmi vedere.
Sorbirmi una partita di football con loro equivaleva a rimanere nella stessa stanza con Alex per otto ore.
«Frank!». Papà agitò la manona di spugna rossa e mi chiamò.
«Dannazione» sussurrai avvicinandomi a loro. «Come procede la partita?
». Evitai di sedermi nello spazio libero.
«Stanno per fare touchdown». Chris indicò il televisore inginocchiandosi di colpo ed esultando.
«Bene, allora io vado in camera». Indicai le scale quando papà e Chris si abbracciarono per la felicità.
«Francis, sei tornato?». Misi il piede sul primo gradino della scalinata di marmo e sentii la voce di mamma chiamarmi dall’altra stanza.
«Sì, stavo andando a studiare». Mi avvicinai al suo plastico quasi completo ammirandolo soddisfatto.
Mia madre era uno dei migliori architetti della zona.
«Che te ne pare Francis?». Si posizionò la matita dietro all’orecchio destro e si versò un bicchiere di succo.
«Mi sembra perfetto, anche se forse potresti ampliare di più qui, di poco, ma sarebbe luminoso». Indicai una piccola finestrella e subito mamma sorrise soddisfatta.
«Tu sei un genio, figlio mio!». Stampò un bacio sulla mia guancia e io ridacchiai salutandola.
Quando mi chiusi la porta della mia camera alle spalle, sospirai stanco.
Quell’incontro a casa di Ashley mi aveva tolto tutte le forze.
Ogni volta che la vedevo e cominciavo a balbettare era come un’ora con il professor Moriarty: stancante, imbarazzante e decisamente mi faceva sudare come se fosse stato agosto.
Mi distesi supino a letto senza nemmeno togliermi i jeans, tolsi le scarpe senza muovermi e seppellii la testa sul cuscino deciso a dormire.
Non avevo voglia di studiare, non avevo voglia di chiacchierare con John o Zac perché sapevo che mi avrebbero tartassato di domande, bastava solo aspettare qualche ora e il mattino dopo, nel tragitto tra la loro casa e la scuola, mi avrebbero fatto il terzo grado; me li immaginavo già, elettrizzati perché avevo intravisto Ashley senza maglia e divertiti perché avevo balbettato.
Chiusi gli occhi e cercai di dormire.
 
«Esco» urlai chiudendo la porta di casa con un tonfo.
Forse avevo svegliato Chris, ma sinceramente in quel momento non mi interessava.
Poteva tornare nel suo appartamento al Campus, visto che le lezioni per lui sarebbero cominciate due giorni dopo.
Salii in macchina e girai la chiave nel quadro sorridendo quando il motore finalmente si accese; ingranai la retro e partii allegro verso le ville di John e Zac.
Abitavamo a qualche isolato di distanza, era più comodo andare in bici o in skateboard, ma nei giorni di scuola era decisamente più opportuno utilizzare la macchina.
Suonai due volte il clacson e John e Zac uscirono dalle loro case contemporaneamente.
Si salutarono a vicenda e una volta saliti in macchina salutarono anche me.
«Frank, ti aspettavamo connesso ieri sera». John strattonò la cintura di sicurezza che si era bloccata.
«Sì, be’, diciamo che ero abbastanza stanco». Guardai la strada davanti a me senza aggiungere altro; ero quasi sicuro che Zac avrebbe capito.
«Che è successo? A chi hai consegnato la pizza?». Si voltò a guardarmi sistemandosi la borsa di scuola tra i piedi.
«Ashley». Una parola.
«Lei?». John urlò posando le sue mani sulle mie spalle; la sua faccia, vista dallo specchietto retrovisore era comica. Annuii svoltando ad un incrocio. «Racconta
» continuò scuotendomi leggermente.
«Che cosa devo raccontare? Ho consegnato le pizze con una figura delle mie e poi me ne sono andato». Posteggiai la macchina facendo manovre.
«Oh no. Non dirmi che hai balbettato anche ieri sera». John si portò una mano davanti agli occhi con fare teatrale.
«Direi che il balbettare è stata la parte meno imbarazzante». Scendemmo dalla macchina prendendo in mano contemporaneamente tutti e tre le borse.
«Che cosa hai combinato?». Zac mi fissò confuso, sedendosi a cavallo di una piccola panchina mezza rotta; la nostra piccola panchina mezza rotta, il nostro punto di ritrovo.
«Ciao ragazzi». Mac si sedette sorridendo di fianco a John e io la guardai sorridendo.
«Mac, che cosa hai fatto ai capelli? Non erano blu ieri?». Indicai le meches rosse e Mac sorrise.
«Avevo voglia di cambiare». Si sistemò la molletta e lanciò la borsa ai suoi piedi.
«Allora, che cosa è successo?». John, curioso, faticava a rimanere fermo.
«Ho suonato e mi ha aperto lei, quando l’ho salutata mi ha detto che non sapeva chi ero e mi sono presentato. È arrivato Alex e mi ha preso in giro, poi hanno cominciato a baciarsi e si sono chiusi la porta alle spalle». Mi fermai per riprendere fiato e Mac ridacchiò.
«Spero che tu non li abbia interrotti, altrimenti ho paura di sapere come li hai trovati». Si legò i capelli con un elastico.
«Ho suonato, avevo le pizze in mano». Fissai i loro volti sconvolti e curiosi.
«E ti ha aperto nuda?». John si sfregò le mani soddisfatto. 
«Come sono le sue tette? Grandi come sembrano dentro alla divisa da cheerleader?». Si avvicinò a me scansando Mac che sbuffò.
«Non capisco perché voi ragazzi vi fissiate sempre sulle tette di una ragazza». Pizzicò una gamba a John perché si spostasse e le sorrisi capendo che forse, unica ragazza tra tre maschi, alcune volte per lei poteva essere imbarazzante sentire i nostri discorsi.
Ci conoscevamo da più di dieci anni però, e avevo capito che ormai non si scandalizzava più per nulla.
«Mi ha aperto lui, senza maglietta. Lei si teneva la maglia quindi non ho visto nulla
». Abbassai lo sguardo imbarazzato ripensando alla sera prima.
«E che cosa ti ha detto mr. Sono-il-più-bello-della-scuola-nessuno-mi-eguaglia-per-bellezza?». Mac ridacchiò del soprannome che anni prima avevamo dato ad Alex.
«Che con i cinquanta dollari che mi ha dato potevo prendermi un paio di occhiali nuovi o delle lenti a contatto». Fissai Mac in attesa di una risposta che morì sulle sue labbra.
«Che stronzo. Se solo avessi un po’ di potere in questa scuola gli farei vedere io che non sono i muscoli a comandare». Zac, di solito sempre tranquillo ed educato, picchiò un pugno sulla panchina facendoci sussultare tutti.
«Calma Zac. Non possiamo fare nulla, siamo solo i cervelloni, invisibili». Mac indicò gli studenti attorno a noi che camminavano ignorandoci.
«Verrà il giorno in cui i nerd prenderanno il potere». Zac annuì convinto e Mac ridacchiò tenendosi una mano sulla pancia.
«Tanto non si ricorderanno più di me quindi non mi preoccupo» Sbottai. Ci alzammo tutti per andare in classe quando la campanella suonò.
«Che lezione abbiamo ora?». John fissò l’orologio di Star Wars che aveva ricevuto in regalo dalla nonna per il suo nono compleanno.
«Biologia, come ogni lunedì». Zac chiuse il suo armadietto dopo aver preso i libri.
«Spero vivamente che non ci facciano sezionare una rana oggi perché potrei vomitare». John assunse un’espressione schifata che fece ridere tutti.
«A proposito, che cosa si mangia oggi in mensa?”. Sussurrò Zac sedendosi tra me e Mac sul tavolo di biologia.
Ci dovrebbe essere quella zuppa grigia, quella che sembra colla». John si allungò sul tavolo dietro al nostro per sussurrarcelo.
«Che schifo, mi chiedo perché non possiamo essere come tutti gli altri licei, con una mensa decente». Rabbrividii al ricordo della zuppa e Zac ridacchiò.
«Signor Hudson, signor Bolton, avremmo cominciato la lezione, se non vi dispiace». La voce del professore fece sogghignare John dietro di noi. Il povero Zac non aveva minimamente fiatato.
«Scusi professore» sussurrammo entrambi.
 
«Dite che se chiedo una pizza o un hamburger me lo danno?». Guardai rabbrividendo il piatto grigio davanti a me e Mac scosse la testa.
«Ne dubito, altrimenti la squadra di football e le cheerleader avrebbero già chiesto qualcosa di commestibile». Posò il vassoio su una tavola vuota e io avanzai di qualche passo per sedermi.
«Ehi Fagotto». Mi bloccai sentendo quella voce e fissai stupito Mac, Zac e John.
Gli occhi azzurri di Zac erano spalancati per la sorpresa.
«Si ricorda di te». John si sedette lentamente, come se non avesse voluto attirare l’attenzione di nessuno.
«Girati Frank». Mac mi incoraggiò e Zac fece un segno con la testa per farmi capire che sarebbe stato meglio girarsi.
«Sì?». Trovai Alex molto più distante di quanto mi fossi aspettato.
«Vieni un attimo qui, devo chiederti una cosa importante». Rimase seduto, a gambe aperte, sulla sedia e sentii tutta la tavolata ridacchiare.
Avevo gli occhi della mensa intera puntati addosso.
Mi avvicinai lentamente, con il vassoio in mano, concentrato al massimo per non cadere.
«Andiamo Fagotto, velocizzati un po’». Luke, amico di Alex, parlò non distante da me.
Stranamente era seduto a un tavolo diverso di quello di tutta la squadra.
«Che cosa vuoi fare?». Chiese Ashley ad Alex toccandogli una spalla.
«Dimmi Fagotto…». Alex lentamente si alzò dalla sedia e girò attorno alla tavola avvicinandosi a me.
«S-s-sì?». Cominciai a balbettare e l’intera squadra di football rise.
«Che cosa pensi di questa zuppa?». Indicò il mio piatto.
«Ch-ch-ch-che non è ta-tanto buona». Deglutii per cercare di calmarmi.
Non dovevo pensare ad Ashley a pochi passi da me.
«Quindi tu la mangi sempre volentieri?». Ghignò appena e io annuii. «Sai che ho sentito che fa bene alla vista?». Rimase appoggiato alla tavola e non mi mossi. «Dicono che se te la spalmi sul viso poi ritorni a vederci bene». Indietreggiai di un passo perché non mi convinceva quello che mi stava dicendo. «Luke, proviamo, che ne dici amico?». Successe tutto velocemente.
Chiusi gli occhi appena in tempo, quando sentii il vassoio sparire dalle mie mani.
Quando li riaprii, pochi secondi dopo, notai che il danno era molto peggiore di quello che avevo ipotizzato.
Mi tolsi lentamente gli occhiali perché non riuscivo a vedere nulla.
La zuppa era completamente divisa tra il mio viso, la mia maglia e i miei pantaloni.
L’intera mensa stava ridendo a crepapelle.
Mi abbassai per riprendere il vassoio e i piatti dal pavimento e qualcosa mi sorprese.
«Perché l’avete fatto?». La voce di Ashley non era per niente divertita.
«Andiamo tesoro, era per divertirci un po’». Alzai lo sguardo e notai Alex con un sorriso divertito.
Kathrina, migliore amica di Ashley, che ne approfittava solo perché voleva conquistare Alex, continuava a ridere asciugandosi le lacrime con un fazzolettino di carta.
«Non ti ha fatto nulla di male». Di nuovo quel tono serio da parte di Ashley.
«Era per farti ridere tesoro, se non l’hai capito non so che cosa farci». Alex si girò ridendo e abbracciò Kathrina che lo lodò per lo scherzo.
Quando mi alzai per cestinare il mio pranzo i miei occhi corsero subito verso Zac, Mac e John: pietà, ecco quello che i loro volti esprimevano.
Mi incamminai verso l’uscita, circondato dalle risa di tutta la mensa e poco dopo sentii delle persone seguirmi.
«Che stronzo». Mac tirò fuori dalla sua borsa le salviettine e me le allungò quando la ringraziai con un gesto del capo.
«Gli avrei pestato la faccia. Solo un idiota come lui può fare una cosa del genere. Non ho capito perché si siano messi tutti a ridere». John cominciò a camminare avanti e indietro agitando le braccia.
«Lascialo perdere, Frank. Solo gli stolti seguono gli idioti come Alex». Zac iniziò ad aiutarmi a pulire la mia maglia dalla zuppa.
«Mi chiedo perché non abbia cominciato a ridere anche lei». Levai la maglietta rimanendo con una a maniche corte grigia dei Rooney.
«Forse ha un po’ più di cervello». Ridacchiò Mac allungandomi una nuova salvietta.
«Scusatemi, vorrei solo scusarmi per quello che è successo poco fa». Quando sentimmo quella voce tutti e quattro ci voltammo a guardarla.
«No-no-no-non fa nie-e-nte». Abbassai lo sguardo timidamente per non farmi vedere in quelle condizioni.
«Alex ha esagerato e mi scuso a nome suo, anche se non è la stessa cosa». Cominciò a torturarsi le dita e indossai gli occhiali semipuliti.
«Va-va-va bene lo st-st-stesso. Gr-gr-grazie». Quando, dopo aver indossato gli occhiali, la guardai, mi accorsi che era veramente dispiaciuta.
«Ash! Ash piccola dove sei?». Sentii la voce di Alex chiamarla e Ashley cominciò a guardarsi attorno imbarazzata, poi sparì di colpo.
«Almeno lei ha chiesto scusa». Strizzai la maglia impregnata di zuppa e Zac si avvicinò sconvolto.
«Ma era Ashley Foster quella che è appena andata via?». Indicò il punto esatto in cui era sparita e ridacchiai.
«Forse non è così stupida come sembra. No aspetta, mi sbaglio. È una cheerleader, non può avere cervello». Mac gettò le salviette nel cestino e si sedette di fianco a me pensierosa.
«Ragazzi, devo ricordarvi che è la ragazza di Alex Kingston? Secondo voi può essere intelligente? Bella, con due belle tette, ma intelligente no. Viene rimandata ogni anno in matematica e fisica, una persona che non capisce la fisica non può essere intelligente, è una delle cose più facili che ci siano». John assunse un’espressione strana, come se avesse creduto veramente in quello che aveva detto.
«Sai John, ora comincio a capire perché non hai una ragazza». Mac parlò seria e non riuscii a trattenere una risatina che contagiò anche Zac.
«Senti chi parla, sei decisamente circondata da ragazzi». Zac canzonò Mac che si arrabbiò all’improvviso.
«E che cosa c’entri tu, ora? Parla per te. Scusatemi, devo sistemare un pc della scuola». Sparì all’improvviso dopo aver preso la sua sacca.
«Potevi risparmiartela, Zac». Ammonii il mio amico con lo sguardo e lui mi fissò confuso.
«Che cosa ho detto di male? Ho solo difeso John!». Si sistemò gli occhiali sul naso e io scossi la testa.
«Mac è una donna, sono più sensibili rispetto a noi». John parlò al posto mio e non lo contraddissi.
«Ma se è la prima che fa battute sul fatto che è piccola e non è bionda
». Zac, continuando con la sua idea, cominciò a correre seguendoci verso la biblioteca.
«Sei un piccolo genio della chimica Zachary Bolton, ma le donne sono ancora un pianeta oscuro per te». Picchiettai una sua spalla con la mano quando entrammo in biblioteca.

 
 
 
 
 
Salve ragazze!
Allora, nonostante abbia pubblicato molte storie/os qui su EFP è la prima volta che pubblico un’originale romantica…e spero che non mi tiriate i pomodori marci! :P
Prima di tutto un doveroso grazie a Malia85 che mi beta la storia! Questo ringraziamento ci sarà in ogni capitolo quindi fateci l’abitudine! :)
Poi… spero di essere riuscita a incuriosirvi con questo primo capitolo!
I volti dei personaggi li ho pubblicato nell’album in FB, sul mio profilo. Ci sono tutti quelli citati in questo capitolo.
Ringrazio in anticipo chi vorrà lasciare una recensione anche solo per criticare! :)
Al prossimo capitolo!

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Capitolo 2
*** Something in the air ***


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«Via libera Frank» sussurrò Mac dietro la porta della mensa.
Da un paio di settimane la mia vita sociale, che non era mai stata delle più rosee, si era eclissata ancora di più.
Sistemai il cappellino con il frontino in testa ed entrai in mensa.
«Non c’è nemmeno Luke?» chiesi guardando fisso la punta delle mie scarpe.
«No, solo Kathrina e l’altra cheerleader. Quella con le lentiggini» sussurrò Zac porgendomi un vassoio.
«Siete sicuri?». Meglio prevenire che curare.
Ci sarebbe stata la poltiglia grigia anche quel giorno e non volevo che si ripetesse l’esperienza della settimana prima.
«Sicurissimi Frank». Mac posò il piatto di zuppa sul suo vassoio e avanzò lungo il bancone della mensa.
«Francis! Francis!». Rabbrividii quando sentii il mio nome urlato.
Solo lui poteva essere così scemo da non ricordarsi di mantenere un tono basso.
«Shh». Mac si voltò di colpo e, ci potevo scommettere, fulminò con lo sguardo John.
«Francis Hudson, dove sei?». Mi picchiai una mano sulla fronte davanti alla stupidità di John.
John Hanning poteva anche essere uno degli studenti più brillanti in matematica e fisica, ma alcune volte, anzi, quasi sempre, nella vita reale si dimostrava decisamente idiota.
«Ops». John capì l’errore e si avvicinò cercando di sembrare disinteressato. «Peccato che oggi Francis non ci sia» urlò per rimediare.
«Idiota, ormai l’hanno visto». Zac si sedette posando il vassoio.
«Mi dispiace, dico sul serio. Non mi sono più ricordato che dovevamo mantenere un tono basso. Ma avevo un’idea grandiosa» parlò velocemente; faceva sempre così quando c’era una notizia nuova che lo teneva sulle spine.
«Cioè?». Mac mordicchiò un pezzo di carota e John si sfregò le mani.
«Ho pensato al nostro costume per la festa di Halloween». Sorrise, fiero della sua idea.
«Dici sul serio?». Mi mostrai subito entusiasta e John continuò elettrizzato.
«Sì! Saremo in quattro, ma il costume è uno solo». Sembrava che avesse vinto alla lotteria.
«E tu urli il mio nome in mensa solo perché hai trovato il costume per una festa che si svolgerà tra un mese?». Continuai a mascherare il tono della mia voce, come se fossi stato anche io elettrizzato.
«Scusami Frank. Non ci ho più pensato». Curvò le spalle colpevole e improvvisamente capii di aver esagerato.
«Non fa nulla, tanto mi avrebbero visto lo stesso». Tentai di non dare troppo peso all’accaduto e con un gesto veloce della mano gli feci capire di non preoccuparsi. «Allora, questo costume di Halloween? Che cosa hai pensato?». Una smorfia si dipinse sul mio viso quando cominciai a mangiare la zuppa grigia.
«Potremmo vestirci da DNA, che ne dite? Ogni persona fa una base azotata, eh?». Ridacchiò soddisfatto per la sua idea e Zac scoppiò a ridere sputando l’insalata sul tavolo e sul piatto di Mac, seduta davanti a lui.
«Che idea idiota! Come dovremmo vestirci da DNA?». Zac continuò a ridere.
«Zachary! Smettila». Mac urlò picchiando il tavolo con un pugno «Stai sputando sul mio piatto». Assottigliò le palpebre arrabbiata e Zac smise di ridere di colpo.
«Scusa Mac, non volevo». Prese il tovagliolo di carta e cominciò ad asciugare il tavolo a caso.
«Allora, che ne pensate?». John era talmente felice della sua idea che non pensò minimamente di iniziare a mangiare.
«Non è male, però non so se sarà apprezzata dagli altri». Arricciai le labbra pensieroso e John sbuffò.
«Lo sapevo che tu saresti stato contrario alla mia bellissima idea». Prese il budino dal mio vassoio e cominciò a mangiarlo.
«Se devo essere sincera anche a me l’idea non va molto a genio. Pensavo di vestirmi in un altro modo». Mac parlò sottovoce senza guardare John in viso per paura di offenderlo.
«Da cosa volevi vestirti? Da computer?» John cominciò a ridere e improvvisamente Mac arrossì.
«Ragazzi, smettetela. Se Mac vuole mascherarsi in un altro modo non possiamo costringerla». Quando pronunciai questa frase Mac mi guardò ringraziandomi con lo sguardo.
«Però a me sarebbe piaciuto. Ma se non c’è lei siamo in tre e non possiamo più fare il DNA». Zac cominciò a sbuffare infilzando con la forchetta una foglia d’insalata.
«Va bene, vi accontento. Però scelgo io quale base fare». Mac si sistemò sulla sedia.
«Io volevo fare la guanina» piagnucolò Zac passandosi una mano tra i capelli.
«L’importante è che non prendiate la citosina. Quella è solo mia» parlò Mac seria e sentii John bofonchiare qualcosa.
«Ma io volevo la citosina, non potresti proprio fare l’adenina?». Cercò di convincerla ma io mi sentii chiamato in causa.
«Ehi! L’adenina la faccio io! Casomai la timina». Ammonii John con l’indice che, dopo aver posato la confezione vuota del budino sul tavolo, si sistemò gli occhiali che gli erano scivolati sul naso.
«Non riesco a capire perché la timina sia sempre sottovalutata. Ok, allora io sarò la timina, in coppia con te, Frank, la mia adorata adenina. Zac e Mac invece saranno bellissimi assieme, guanina e citosina». John si sfregò le mani soddisfatto e ridacchiai.
«Ti rendi conto che ci prenderanno in giro a vita per questa cosa?». Fissai John serio e lo vidi fare spallucce.
«Sai quello che mi interessa? Quelli che ci prenderanno in giro sono quelli che corrono dietro ad un pallone o saltano con dei pon-pon in mano». Disse noncurante e si alzò per gettare le carte del budino nel cestino poco distante da noi.
«Effettivamente ha ragione, anche se devo dire che non passeremo inosservati». Mac sembrava pensierosa.
«Ti preoccupi di quello che la gente può pensare, Mac?». Zac la punzecchiò e lei lo guardò con aria torva.
«Non sono affari tuoi».
Cominciavo a chiedermi perché Mac fosse diventata così sgarbata con Zac al ritorno dalle vacanze estive.
Eravamo sempre stati un gruppetto che conviveva senza litigare, certo, ogni tanto i battibecchi erano normali, ma Mac aveva cominciato a esagerare.
Non ne capivo il motivo e non lo capivano nemmeno Zac e John.
Ne avevamo parlato in una serata tra di noi, Mac non era potuta venire per qualche problema che non avevo capito, e ci eravamo messi a spettegolare su di lei.
Tutti e tre avevamo notato il suo astio verso Zac, ma nessuno di noi ne aveva intuito il motivo.
Zac, poi, era quello più confuso di tutti.
Giurava di non essersi comportato male e di non averla offesa più del solito.
Avevamo liquidato l’argomento pensando che probabilmente Mac era in quel periodo del mese.
Ci eravamo accorti però che ogni giorno sembrava essere in quel periodo e i conti avevano cominciato a non quadrare.
«Houston chiama Francis Hudson, Houston chiama Francis Hudson, sinapsi, state lavorando?». Zac sventolò una mano davanti ai miei occhi e mi fece improvvisamente tornare alla realtà.
«Sì? Stavate dicendo?». Scossi la testa leggermente per risvegliarmi e guardai Zac, Mac e John in piedi davanti a me con i vassoi in mano.
«Stavamo dicendo che dovresti muoverti, se non vuoi che arriviamo in ritardo in biblioteca per prendere il libro che ci serve per quella ricerca». John cominciò a camminare verso l’uscita della mensa e mi alzai seguendo lui e gli altri.
«Ti vedo più distratto del solito Frank, va tutto bene?» sussurrò Mac al mio fianco, senza farsi sentire da Zac e John.
«Certo, tutto benissimo ora che Chris è tornato alla UCLA». Strisciai il badge ed entrai in biblioteca seguito da Mac.
«Okay». Mac non insisteva mai, sapeva che se avevo bisogno del consiglio di un’amica le avrei parlato senza problemi.
«E tu, tutto bene?». Come rigirare la frittata.
«Sì, perché?». Mi fissò confusa, come se fosse stata una domanda stupida e senza senso.
«Era solo per sapere». Cercai di fare il vago per non insospettirla troppo.
«Quando hai le prove con la banda?» mormorò Mac appoggiando la borsa per terra prima di cominciare a cercare un libro.
«Stasera e dopodomani. Perché?». Mi avvicinai sistemandomi gli occhiali sul naso per leggere meglio i titoli dei libri e per vedere se ci fosse quello che stavo cercando.
«Era per sapere. Zac e John suonano sempre nella banda?». Strana.
Mac era decisamente strana negli ultimi tempi.
«Sì Mac. Ma perché mi fai tutte queste domande strane?». Alzai leggermente il tono della voce confuso e mi guadagnai uno «Shh» dal bibliotecario.
«Era per parlare di qualcosa, scusami Francis». Fece spallucce indifferente e si allontanò con un libro tra le mani.
«Donne. Ogni giorno diventa più difficile capirle» sbottò John appoggiato ad una scala che minacciò di spostarsi con il suo peso.
«Certo, perché noi le donne le capiamo e riusciamo ad averne una diversa ogni sera. Siamo circondati da donne». Zac alzò la voce gesticolando con i libri in mano e il bibliotecario si avvicinò di nuovo con un’espressione severa.
«Ragazzi, se non la smettete sarò costretto a spingervi fuori. Abbassate il tono per favore». Ci fissò uno alla volta e annuimmo colpevoli.
Non era da noi disturbare in biblioteca.
«Zac, Mac non è mai stata come tutte le altre ragazze. Semplicemente non so che cosa le stia succedendo, non è da lei». Scossi la testa confuso e sbattei più volte il libro sulla borsa.
«Forse Mac si sta trasformando in una cheerleader e segretamente fa le prove con loro. Magari è diventata la migliore amica di Ashley e Kathrina, cosa ne sappiamo noi?» cominciò a vaneggiare John e assieme a Zac ci avviammo verso l’aula di chimica.
«Secondo me Mac soffre della sindrome da quel periodo del mese». Zac, convinto delle sue parole, si sedette posando i libri sul grande tavolo da laboratorio bianco.
«Tutti i giorni? Non è possibile. Dovranno avere un po’ di tregua queste donne» ridacchiò John con l’espressione incredula.
«Smettetela ragazzi». Ero seriamente preoccupato. Non perché fossi innamorato di Mac, ma perché lei era una mia amica dai tempi dell’asilo e non si era mai comportata in quel modo assurdo.
Volevo parlarle, aiutarla, farla tornare normale, ma non sapevo a chi chiedere aiuto.
«Potresti chiedere a tuo fratello un consiglio. Il vecchio Chris Hudson è un volpone in fatto di donne. Credo che possa aiutarti». John quasi venerava la carriera privata di mio fratello.
«Grazie ma passo. Non chiederei mai un consiglio sulle donne a Chris, a meno che io non voglia farmi una cultura di posizioni e porcate». Rabbrividii ripensando a quando, una settimana prima, Chris aveva parlato di ‘strane macchie’ sulla vecchia Chevry.
«Io una chiacchierata con tuo fratello la sosterrei volentieri. Sono sicuro che è fonte di saggezza per quanto riguarda le donne». John si ammutolì quando il professore entrò in aula salutandoci.
 
«Noiosa. Noiosa. Noiosa. Ho già detto noiosa? La più noiosa lezione che il professor Jane abbia mai tenuto. La chimica non è mai stata così noiosa». John sbadigliò stiracchiandosi davanti ai nostri armadietti.
«Sì, credo che il concetto sia chiaro». Mac sbucò all’improvviso e sussultammo spaventati.
«Dovremmo legarti un campanello al collo: saremmo sicuri di sentirti arrivare così». Zac sorrise a Mac che lo incenerì, senza motivo, con lo sguardo.
«Bene ragazzi, direi che possiamo anche tornare a casa ora. Il professor Moriarty è assente oggi e la nostra amata lezione di educazione fisica salta». Cercai di smorzare la tensione che si era creata senza successo.
«Ci vediamo domani ragazzi». Mac salutò con la mano avviandosi verso l’uscita e rimanemmo a guardarla sparire.
«Oggi è in quel periodo del mese, ne sono sicuro. Avete visto come risponde?». Zac indicò il corridoio vuoto.
«A dire la verità Mac risponde solo a…». Non lasciai finire la frase a John perché gli tirai una gomitata su un fianco che lo fece gemere per il dolore.
«Sì, hai ragione Zac». Annuii facendo finta che non fosse successo nulla.
Non sapevo che cosa significasse il comportamento di Mac, ma ero quasi sicuro di essere vicino alla soluzione.
Vicino alla soluzione per capire Mac voleva dire come minimo un mese, forse due.
«Ci vediamo questa sera alle prove, ragazzi?». Dopo esserci incamminati in silenzio verso il parcheggio, parlai.
«Certo, speriamo che non ci facciano suonare cose strane per i pon-pon neri e oro». Scoppiai a ridere per il modo stupido con cui Zac era solito chiamare le cheerleader.
«L’ultima volta che hai detto questa frase ho dovuto suonare il trombone per venti minuti perché si dimenticavano un passaggio con le mani». John sbuffò sedendosi di fianco a me in macchina.
«Hai ragione. Zac, ti ricordi quanto l’abbiamo preso in giro? Poooo-po-po-popo-poooo». Imitai il suono del trombone e Zac cominciò a ridere.
«Sì, perché Kimberly anticipava il piede, non era per una stupidata così?». Si sporse con il viso tra i due sedili anteriori e io annuii.
«Certo, ridete. Ridete pure, sapete? Sono convito che alla prossima prova con la banda Zac patirà le pene dell’inferno e non sto scherzando. Ho sentito in bagno uno della squadra parlare e dicevano che le cheerleader stanno preparando un balletto che avrà come base solo la cassa». John si voltò verso Zac che sbiancò per la paura.
«Andiamo, non si è mai sentita una cosa del genere». Spalancò gli occhi terrorizzato e si sistemò gli occhiali sul naso.
«Per questo, dicono che sia qualcosa di nuovo che nessuno ha mai sperimentato». John continuò a parlare con Zac anche quando scesero dalla macchina, senza salutarmi.
 
Quella sera le prove si rivelarono divertenti.
Il povero Zac fu costretto a provare con John un arrangiamento speciale che doveva servire da base alle cheerleader.
Il mio lavoro nella banda, come suonatore di fagotto, non era poi così indispensabile; non quanto quello di Zac e John almeno.
Il mattino dopo, quando ci ritrovammo per andare a scuola, avevamo tutti e tre delle occhiaie spaventose che nemmeno gli occhiali riuscivano a mascherare.
«Che cosa avete fatto ieri sera? Sembrate tre zombie». Mac cominciò a scherzare alternando lo sguardo tra i nostri visi stravolti.
«Abbiamo fatto le prove con la banda. Dovresti unirti a noi, ci manca un suonatore di triangolo» la canzonò John.
«Divertente. Ieri sera io invece sono stata in grado di hackerare il server della scuola e posso leggere le pagelle di tutti gli studenti, anche tutti i voti di ogni singolo test, non è fantastico?». Mac sprizzava allegria da ogni singolo centimetro di pelle.
«Non ci credo. Bluffi. Non è possibile. Di la verità, ieri sera ti sei seduta sul divano con un pacchetto di patatine e hai guardato un film romantico». Zac scherzò colpendole leggermente il fianco con il gomito ma Mac non sorrise.
«La C- che hai preso in letteratura inglese tre anni fa è una prova valida o dovrei parlare della D+ dell’anno scorso? Mi sembra che nessuno di noi ne sia al corrente, no?». Assunse una smorfia di superiorità che fece ridere me e John.
«Mac, lo sai che sei un genio?». Le baciai la guancia e nel suo volto si dipinse un sorriso.
«Sì, ma fa sempre bene sentirselo dire». Abbassò lo sguardo imbarazzata.
«Potremmo ricattare tutta la scuola! Diventeremmo ricchi». Gli occhi di John si illuminarono di felicità.
«Non credo che alla gente interessi se diffondiamo un voto o meno». Fece spallucce e non potei non concordare con lei.
«Hai ragione Mac, dubito che alle cheerleader interessi se diciamo che hanno preso una F in fisica». Chissà quali erano i voti di Ashley.
«Be’, io credo che potremmo pubblicare i voti in un sito anonimo. Sarebbe una figata!». John continuò a sorridere elettrizzato.
«E hai visto i giudizi di chi?». Cercai di suonare vago ma non ci riuscii.
«Di molti. Le cheerleader hanno una sfilza di D e la squadra di football anche. Alex e Luke hanno una A solo con il professor Moriarty, per il resto non riescono a superare una C+. Però devo ricredermi su Ashley. Non ha una media altissima ma i suoi voti si aggirano attorno a una B-, eccetto in fisica e matematica. È una schiappa in quelle materie». Mac sogghignò alzandosi dalla nostra panchina.
Allora non era stupida come si pensava.
Conoscevo Ashley dall’asilo, ma solo negli ultimi giorni avevo imparato a ‘conoscerla’ veramente, se quello era il termine esatto.
L’avevo sempre vista come una cheerleader di cui ero innamorato, bellissima, ma l’avevo sempre considerata senza cervello per le compagnie che frequentava.
Da una settimana a quella parte, da quando si era scusata con me per il comportamento di Alex, Ashley aveva acquistato un sacco di punti, come se non ne avesse già avuti abbastanza.
«Che cosa abbiamo alla prima ora?». John come al solito non si ricordava mai l’orario.
«Fisica. E ricordo che in quest’ora ci sono anche i gorilla e le donne in gonnella». Zac si sedette al solito posto, in prima fila davanti a me, e cominciò a sistemare i libri sopra al banco.
Mi voltai verso la porta quando sentii una risatina che conoscevo bene.
«Alex, non puoi dirlo sul serio». Ashley ridacchiò varcando la soglia seguita dal suo ragazzo e dall’interminabile stormo di oche.
«Ashy, se lo dice lui vuol dire che è vero» gracchiò Kathrina, l’oca giuliva per eccellenza.
Non mi piaceva, peggio: la detestavo con tutto me stesso.
Non capivo perché ma mi sembrava pronta a tradire tutto e tutti per raggiungere i suoi scopi che da anni si focalizzavano quasi tutti su Alex e sul diventare capo cheerleader.
Questo metteva in pericolo Ashley.
«Buongiorno ragazzi». Quando il professore cominciò la lezione tutti gli studenti si zittirono. «Oggi c’è una comunicazione importante che vi riguarda. Siete studenti dell’ultimo anno e i vostri esami finali vi aiuteranno ad accedere al College. È stata fatta una modifica che purtroppo temo sbarrerà la strada ad alcuni di voi». Cominciarono i mormorii contrariati che provenivano dalle ultime file. «Purtroppo il voto finale dipenderà dai test dell’ultimo semestre, oltre che dall’esame finale. Per questo, per poter superare fisica sarete costretti ad avere una media non inferiore a B». Le ultime file protestarono rumorosamente proprio quando Zac si voltò verso di me sogghignando.
«Lo sapevo che sarebbe arrivata la vendetta dei secchioni! Le pon-pon e i gorilla rimarranno al liceo a vita». Questa battuta causò le risa di Mac e anche di John, oltre alle mie, naturalmente.
«Ragazzi! Ragazzi per favore». Il professore cercò di richiamare l’attenzione su di lui con scarsi risultati. «Ragazzi!». Urlò zittendo tutta la classe. «Bene, ora che ho la vostra attenzione credo di poter continuare con le cose importanti. So che gli studenti che hanno più problemi nella mia materia si trovano seduti nelle ultime file. Se posso darvi un consiglio, chiedete a qualche studente delle prime file di aiutarvi, sono molto disponibili e potrebbero riuscire a farvi amare la materia». Cercò di suonare simpatico ma nemmeno io, Zac, Mac e John riuscimmo a sorridere.
Dare ripetizioni a scimmioni e ragazze pon-pon? Era come suicidarsi, morire, ritornare in vita e suicidarsi per morire subito dopo una seconda volta.
Quando i mormorii cessarono il professore ricominciò la lezione che terminò in ritardo di dieci minuti; aveva cominciato ad insistere che il programma era vasto e il tempo era poco.
Nemmeno quando gli avevamo fatto presente che eravamo a settembre aveva rallentato.
«Quindi adesso possiamo dire che tutti quelli che speravano di superare il test di fisica con una bella C+ si trovano a piedi?». John parlava camminando di fianco a noi.
«A questo punto». Scrollai il capo, sollevato dal fatto che per una volta noi secchioni fossimo in vantaggio.
«Be’, devo dire che mi piace questa nuova regola». Mac, raggiante, aprì il suo armadietto e incastrò a forza i libri.
«Anche a me». Zac si appoggiò con la schiena al muro e impallidì inaspettatamente. Le sue labbra tremavano dallo stupore. «Oh cavolo». Quando incontrai i suoi occhi mi accorsi che erano puntati dietro di me.
«Che c’è?». Continuai a fissarlo chiudendo il mio armadietto.
«Wow». John, che non riusciva a distogliere lo sguardo da qualcosa alle mie spalle, aveva una faccia sconvolta.
«Francis, c’è qualcuno per te, credo». Mac indicò con il mento lo stesso punto che stavano fissando tutti.
«Frank?». Quando quella voce mi chiamò mi immobilizzai di colpo.
Sbarrai gli occhi, raggelato e immobile.
No, non era possibile.
No.
Un sogno.
Dicevano che i sogni erano in bianco e nero ma delle volte io li facevo anche a colori, per questo in quel momento continuavo a vedere gli occhi azzurri di Zac spalancati, per questo in quel momento continuavo a vedere le meches rosse di Mac davanti a me.
«Frank?». La voce mi chiamò di nuovo, decisamente più vicina.
Mac mi guardò per farmi forza e lentamente mi voltai.
«S-s-s-si?».

 
 
 
 
Salve ragazze! :)
Intanto vi ringrazio per aver letto anche questo secondo capitolo.
Ringrazio anche tutte voi che avete inserito la storia tra i preferiti, i seguiti e quelle da ricordare! Siete tantissime e non me lo aspettavo veramente!
Un ringraziamento particolare anche a chi ha recensito il primo capitolo! :)
Poi poi poi, stringo che non voglio dilungarmi molto, non so se avete notato, ma sia nel capitolo precedente che in questo ho messo alcuni ‘riferimenti’ a film o a libri, mi piacerebbe capire se li avete notati o no. (Nello scorso capitolo c’era un riferimento ad un libro, in questo uno per un film).
Nel prossimo capitolo si comincerà ad entrare nella storia, diciamo che questi sono stati più o meno un’introduzione.
Come sempre se volete nel mio profilo FB trovate le foto dei protagonisti.
Ultima cosa: per tutte quelle che stanno aspettando l’inizio di ‘Kiss on forehead’, non l’ho abbandonata, che sia chiaro, solo che ora come ora non ho tempo. Comincerò penso tra una o due settimane :)
Ringrazio come sempre Malia85 che mi beta la storia!
Alla prossima settimana e grazie ancora! :)

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Capitolo 3
*** The next superhero: Physicsman ***


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La saliva rischiò di andarmi di traverso non appena vidi Ashley a pochi passi da me.
«Posso parlarti un attimo?». Sembrava insicura.
«C-c-c-erto». Strinsi i denti per concentrarmi.
Non dovevo balbettare.
«In privato» sussurrò lanciando una strana occhiata a Mac e ai ragazzi lì vicino a me.
«Oh, p-p-puoi pa-parlare qui senza problemi». Abbozzai un sorriso che sembrò renderla ancora più agitata.
«D’accordo». Respirò profondamente prima di cominciare a parlare. «Ecco, il problema è che, diciamo, ho un odio reciproco verso la fisica» ridacchiò nervosamente «e siccome so che tu sei il più bravo, volevo chiederti se potresti aiutarci per superare i problemi che abbiamo». Tenne lo sguardo basso per non incrociare il mio.
Ashley Foster stava chiedendo aiuto a me?
Per aiutarla a studiare fisica?
Mi reputava addirittura il migliore?
«S-s-se devo essere s-s-s-sincero è John il più bravo n-n-nel corso». Indicai John con il mento e sentii Mac schiarirsi la voce, come se avesse voluto attirare la mia attenzione.
«Sarebbe un onore per me insegnarti la fisica». Quando John faceva il cascamorto lo odiavo.
Sapeva della mia cotta ossessiva per Ashley e ci provava?
«Se posso darti un consiglio Ashley» intervenne Mac, «credo sia meglio affidarsi a Francis. John sarà anche il più bravo, ma posso assicurarti che Frank ha molta più pazienza e spiega i concetti molto meglio». Sorrise in modo amichevole ad Ashley che continuò a dondolarsi da un piede all’altro, in imbarazzo.
«Non è vero, sono…». John non riuscì a terminare la frase perché Mac gli pestò un piede facendolo gemere per il dolore.
«S-s-s-scusa, dimmi pure» alzai leggermente la voce per riuscire a farmi sentire da Ashley anche attraverso i lamenti di John, ormai azzoppato.
«Si tratterebbe di poche lezioni, mi basta il minimo». Era evidente che si vergognasse di chiedermi lezioni.
«N-n-non ci sono pr-pr-problemi per me». Dovevo calmarmi.
Nessuno avrebbe voluto un insegnante di fisica che balbettava.
Nemmeno Ashley.
«Saresti il nostro salvatore, dico sul serio». Un sorriso di gratitudine comparve sulle sue labbra e io arrossii imbarazzato.
«Q-q-q-quando t-t-ti va bene?» mugugnai cercando di calmarmi per non balbettare.
Dovevo riuscire a comportarmi normalmente anche davanti a lei, in fin dei conti parlavo sempre con Mac, anche lei era una ragazza!
«Di pomeriggio? Dalle tre alle quattro, subito dopo l’ultima lezione? Così non interferiscono con i nostri allenamenti». Era decisamente sollevata.
«S-s-sì, mi sembra perfetto». Cominciai a giocherellare con il fumetto che avevo tra le mani.
«Quando possiamo cominciare?» domandò avvicinandosi di un passo.
«Q-q-quando vuoi, p-per me non ci s-sono problemi». Ci stavo riuscendo.
Un po’ alla volta sarei riuscito a non balbettare più davanti a lei.
Forse le lezioni di fisica sarebbero state di aiuto.
Io, lei, la fisica, da soli chiusi in una stanza…
Forse sarei diventato amico di Ashley.
O qualcosa in più, chi poteva saperlo?
«…n è un problema per te, vero?».
Quando mi accorsi che Ashley stava parlando con me tornai alla realtà.
Che cosa mi aveva chiesto?
“Pensa Francis, pensa”. Mi concentrai a lungo ma non riuscii a ricordare che cosa mi avesse chiesto.
Era scortese chiederle di ripetere.
Una donna andava sempre ascoltata e non potevo di certo dirle che non l’avevo fatto perché avevo fantasticato sull’evolversi della nostra relazione a senso unico.
«N-n-no, certo che no». Sorrisi timidamente sperando che il fato, per una buona volta, fosse dalla mia parte.
«Perfetto. Allora ci vediamo oggi pomeriggio. Grazie ancora, anche da parte di Alex». Si allontanò velocemente e rimasi incantato a guardarla prima di capire veramente quello che aveva detto.
Alex?
Che cosa c’entrava lui?
«Sei diventato cretino?» sussurrò John avvicinandosi.
«Ch-ch-che cosa c’entra Alex?». Fissai i volti dei miei amici uno ad uno e notai che tutti avevano la stessa espressione: incredulità e divertimento.
«Frank, hai appena accettato di dare ripetizioni di fisica ad Ashley e ad Alex, non te ne sei nemmeno reso conto?» bofonchiò Zac stupito chiudendo l’armadietto lentamente.
«Q-q-quando ha parlato di Alex?». Perfetto, ora cominciavo anche a balbettare con Zac e gli altri!
«Alla fine, quando ti ha chiesto se c’erano problemi. Però è stata perfida, prima ha fatto finta di nulla e poi ti ha detto che c’era anche lui» commentò John cominciando a camminare verso l’uscita.
«Veramente non avete ascoltato bene. Da subito ha sempre parlato al plurale. Inizialmente pensavo si riferisse a lei e a Kathrina». Lo spirito di osservazione di Mac era spaventoso.
Più volte avevo creduto che fosse in grado di leggere la mente.
«Io, io non posso». La mensa era troppo lontana dall’edificio centrale perciò ci dirigemmo verso la macchina. Mi appoggiai allo sportello passandomi una mano sulla fronte.
«Frank, che cosa stai dicendo? È la tua opportunità per vederle le tette da vicino, non lo capisci? Potresti essere il nuovo Dave Lizewski senza usare una muta» cominciò a fantasticare John, e non mi degnai nemmeno di rispondergli.
Per quanto mi piacessero i fumetti non mi sembrava il caso di fare strani paragoni.
I supereroi non esistevano.
«Come rinunci ora che hai già accettato?». Zac si sistemò gli occhiali sedendosi sul cofano della Chevry.
«Le dirò che non ho tempo per aiutarli». La scusa poteva reggere.
All’ultimo anno di liceo potevo volermi concentrare al massimo sui miei voti.
«Credo che sia inutile, ormai le hai detto di sì Francis, non è stupida». Mac tentò di farmi ragionare, ma non era proprio il momento.
«Rinuncio. Mi trasferirò in un’altra scuola. Non posso aiutare Alex. No». Era una soluzione.
Mi sarei trasferito nella scuola della contea vicina, avrei perso i miei amici, ma almeno non ci sarebbero stati problemi.
«Non essere stupido Francis. Ci andrai e basta, gli farai vedere che è stupido. Gioca d’astuzia, tu hai il cervello e lui i muscoli. Ti hanno chiesto aiuto perché tu possiedi quello che a loro manca. Fallo sentire uno stupido» mi consigliò Mac.
Certo, la faceva facile lei, non doveva sedersi per un’ora in una stanza da sola con Alex e Ashely per spiegare loro il primo principio della termodinamica!
«Non puoi mollare ora, sei troppo vicino al traguardo». John ammiccò e io lo fissai, confuso.
Quale traguardo?
Di che cosa stava parlando?
«Ragazzi, non mi sembra una buona idea, comincerò a balbettare e non riuscirò a spiegare nulla». Era ovvio che sarebbe andata in quel modo.
Non avrei dovuto accettare.
«Potresti utilizzarlo come “cura”, voglio dire, tu balbetti solo quando c’è lei. Quando dovrai spiegarle la termodinamica non potrai permetterti di balbettare». Certo, Zac poteva anche prenderla alla leggera, tanto lui non balbettava di fronte a nessuno.
«No. Vado a cercarla per disdire tutto. Che diavolo mi è saltato in mente, eh? Perché non mi avete fermato quando ho tentato il suicidio in quel modo idiota?» dissi alzando il tono della voce, arrabbiato e frustrato.
«Francis Hudson, tu non andrai da nessuna parte. Rimani qui e ascoltami». Quando Mac utilizzava quel tono mi faceva sempre paura.
Sembrava una donna, peggio, sembrava una mamma.
«Ok, io e Zac andiamo in mensa». John e Zac sparirono velocemente dopo aver riconosciuto il tono da maestrina.
«Mac, prima che cominci con la predica, non ci andrò». Avevo sudato talmente tanto in quei cinque minuti che gli occhiali continuavano a scivolarmi sul naso.
«Ascoltami Francis». Si appoggiò alla macchina sistemandosi le pieghe della t-shirt. «Tu ci devi andare. In qualche modo lei vuole scusarsi con te per quello che Alex ha fatto in mensa. Devi solo stare tranquillo e tutto andrà bene. La fisica la sai, no?». Mi fissò assottigliando le palpebre.
«Sì ma…» cercai di giustificarmi ma Mac non mi lasciò finire la frase.
«Il programma è facile, no?» continuò fissandomi.
«Sì, ma…». Alzai le mani per fermarla senza essere minimamente preso in considerazione.
«Sei in grado di spiegare l’applicazione di una formula, no?» Mac continuò a tartassarmi di domande senza lasciarmi il tempo di rispondere.
«Sì Mac, ma…». Doveva lasciarmi finire.
Ma non lo fece.
«Allora non c’è nessun “ma”, Francis. Tu oggi pomeriggio vai da loro e fai vedere che hai un cervello e che lo sai utilizzare bene, siamo d’accordo?». Puntò il suo indice sul mio petto e io annuii deglutendo ripetutamente, quasi spaventato da lei.
«Un paio di cosette soltanto, per il tuo bene. Quando una ragazza ti dice che deve parlarti da sola non rispondere ‘non ci sono segreti, puoi parlare davanti a loro’, quando una ragazza ti chiede aiuto non rispondere ‘lui ha A+, io solo A’, Francis lei stava cercando di flirtare con te». Il suo sguardo era serio, incatenato al mio.
«F-f-flirtare con me?». Spalancai gli occhi per la sorpresa.
«Sì, per costringerti ad aiutarla, ma è un altro discorso. Voleva flirtare e tu l'hai decisamente offesa». Era addirittura sicura di quello che diceva, pazzesco.
«Mac, Ashley non stava flirtando con me, andiamo! È contro tutte le leggi che ci sono, anche quelle fisiche» ridacchiai divertito, lo scherzo di Mac era davvero divertente.
«Francis, le donne sono subdole, non si fanno problemi se vogliono qualcosa e utilizzano tutte le carte che hanno a disposizione. Ashley sa l’ascendente che ha su ogni maschio di età superiore ai dieci anni e usa il suo fascino per ammaliare e farti fare quello che vuole. Non sarà a conoscenza della cotta che hai per lei, ma sei un ragazzo, per giunta single e senza fidanzata da tempo, non è stupida». Concluse la sua arringa, seria, e io continuai a fissarla con la bocca spalancata.
«Io non credo che sia così, sai Mac». Ero sbalordito da quella rivelazione, troppo confuso. Avanti, non poteva essere vero, ero certo che fosse falso.
Mac non era così, ad esempio.
Mac però non veniva considerata donna, forse perché trascorreva quasi tutto il suo tempo a programmare computer o forse perché indossava sempre felpe larghe e sneakers.
«Senza offesa Francis, ma non ne sai molto di donne. Vale per te e anche per gli altri due che sono scappati. Sfortunatamente per voi i fumetti non danno una giusta descrizione delle ragazze. Vedrai che non è poi tanto male prendere in giro Alex, è troppo stupido, ti divertirai un sacco» ridacchiò quando incominciammo ad incamminarci. «Andiamo a mangiare qualcosa, dai».
«Io… io non ho fame, proprio per nulla». Lo stomaco si era chiuso in una morsa che non si sarebbe aperta nemmeno con una formula magica.
«Non fare lo stupido, Francis. Hai bisogno di proteine e carboidrati, tanti! Forza, andiamo». Mac mi spinse dentro alla mensa ridacchiando.
 
«Buona fortuna!». La pacca sulla spalla che John mi aveva dato non era di buon auspicio, proprio per nulla.
«Metterò quel numero di X-Man che ti piace tanto tra le tue mani quando sarai dentro alla bara. Buon viaggio». Se anche Zac si impegnava a prendermi in giro la situazione non era delle migliori.
«Lasciali stare. Mi raccomando, fagli vedere che è il cervello quello che conta». Forse Mac era l’unica tra tutti noi con un po’ di buon senso.
«Ragazzi, vi accompagno a casa». Mi avvicinai alla mia auto ma John si parò davanti a me a gambe larghe.
«Non ci provare, sono le 14.55, tra cinque minuti comincia la tua lezione. Torneremo a casa a piedi. Muoviti, vai!» urlò John spingendomi verso le scale della scuola.
Deglutii una saliva inesistente salutandoli e cominciai ad incamminarmi, lentamente, verso l’aula adibita allo studio pomeridiano.
Meglio fare prima una tappa nell’ufficio di Fonzie.
Quando mi chiusi la porta del bagno alle spalle sospirai sfinito.
«Andiamo Francis, se ce l’hanno fatta Spiderman e Superman perché non dovresti riuscirci tu?». Certo, loro erano supereroi però.
Dovevo trasformarmi in un supereroe, forse quello era l’unico modo per riuscire nella mia impresa: rimanere vivo.
Presentarmi in quella stanza in calzamaglia non mi sembrava una buona cosa; bastava qualcosa che mi convincesse dei miei superpoteri nella fisica.
Guardai la mia immagine riflessa sullo specchio e un'improvvisa illuminazione mi colpì.
Gli occhiali, i miei occhiali da astigmatico erano il centro del mio travestimento.
Con quelli, nell'aula assieme ad Alex e Ashley, sarei stato invincibile.
In fin dei conti non si erano mai nemmeno graffiati durante tutte le cadute dovute agli scherzi idioti di Alex e Luke.
Il mio nome in codice sarebbe stato... Physicsman, soprannominato l'invincibile!
Era giunto il momento di mettere in pratica i miei superpoteri.
Uscii dal bagno dell’ala est con un’autostima che non avevo mai posseduto in tutta la mia vita.
Quando lanciai un’occhiata all’orologio e mi accorsi che erano le 14.05 cominciai a correre verso l’aula credendo di essere in ritardo.
Aprii la porta tutto trafelato per l’enorme sforzo fisico fatto, ma mi accorsi che era vuota.
Perfetto! Doveva essere uno scherzo ideato da Alex.
Non ci sarebbe stata nessuna lezione.
Sbuffando mi sedetti dopo aver deciso che avrei aspettato dieci minuti.
Aprii il libro di fisica per controllare l’argomento, giusto per non essere impreparato, e sentii qualcuno ridacchiare e correre nel corridoio.
Dovevano essere loro.
«Muoviti Alex! Siamo in ritardo». Riconobbi la voce di Ashley anche con la porta chiusa.
«Sai quanto me ne importa? Ci vengo solo per accompagnarti. Non mi fido del pivello» mugugnò Alex prima di zittirsi.
Sentii qualcosa sbattere contro la porta e per non assistere, attraverso la piccola finestrella, ad un’esplorazione reciproca del cavo orale, chiusi gli occhi.
La porta si aprì qualche secondo dopo.
Quando riaprii gli occhi mi trovai davanti Ashley, tutta rossa in viso, con i capelli scomposti e un sorriso enorme, e Alex, completamente disinteressato a tutto quello che lo circondava.
«Ciao Francis. Grazie per essere venuto e scusaci per il ritardo» si scusò Ashley sedendosi e appoggiando la borsa per terra.
«Non fa niente» bisbigliai in imbarazzo.
Sì, lo sguardo di Alex mi imbarazzava, lo vedevo come una macchina spara-scherzi idioti e sapevo di essere uno dei suoi bersagli preferiti.
“Gli occhiali Francis, gli occhiali!” cominciai a ripetermi mentalmente per farmi coraggio.
«Sia chiaro che io sono qui contro la mia volontà, diciamo che Ash conosce dei buoni metodi per corrompere». Alex ammiccò verso di me e sentii una risatina di Ashley.
Meglio non indagare.
Preferivo rimanere ignorante.
Non volevo sapere i metodi di Ashley, o meglio: non volevo immaginarli.
«B-b-b-bene, a-a-a-allora ch-ch-ch-che cos-cos-cos-cosa volete r-r-r-ripassare?». L’inizio perfetto.
La mia maschera da supereroe non funzionava.
Era decisamente difettosa.
«Possibilmente con un argomento corto, visto che ci impieghi dieci minuti per comporre una frase. Alle quattro abbiamo gli allenamenti e non vorrei essere ancora a metà della prima spiegazione» sogghignò Alex schernendomi.
«Alex…». Il tono di rimprovero usato da Ashley era quasi dolce.
Physicsman.
«A-a-allora la prossima volta arrivate p-p-puntuali per f-f-avore». Affrontai lo sguardo di Alex solo grazie allo scudo dei miei occhiali invincibili.
«Ehy, nerd del cavolo, vuoi che ti rifaccia i connotati?». Si alzò in piedi di colpo facendo cadere la sedia.
«Alex, smettila». Ashley cercò di calmarlo prendendogli una mano tra le sue.
«S-s-senti A-A-Alex, se non vuo-o-i seguire le l-l-lezioni puo-o-oi anche uscire. Sono qui solo p-p-perché me l’ha ch-ch-ch-chiesto A-A-Ashley». La indicai con la mano senza staccare il contatto visivo dal gorilla idiota.
«Idiota, non te la darà mai perché tenti di insegnarle fisica» sogghignò Alex risedendosi dopo aver sistemato la sedia.
«Alex!» urlò Ashley scocciata «smettila, è qui solo per farci un favore! Un altro anno al liceo per colpa della fisica io non lo faccio. Quindi, se tu vuoi rimanere in questa scuola a vita per me non ci sono problemi e puoi uscire». Continuò a fissarlo arrabbiata, con uno sguardo completamente differente da quello che aveva quando erano entrati cinque minuti prima.
«Sì, hai ragione. Scusami piccola». La baciò velocemente.
«A-a-a-allora, da cosa co-cominciamo?». Era più difficile del previsto.
Physicsman.
«Dall’inizio, credo. Non so praticamente nulla» disse Ashley impacciata e imbarazzata.
«Ok. Prima legge di Newton?». Una domanda base.
Tutti sapevano la prima legge di Newton, anche l’orso Knut di Berlino.
«Una mela al giorno toglie il medico di torno?» ghignò Alex pensando di risultare simpatico.
Ci riuscì, non con me però.
Ashley non riuscì a contenersi e cominciò a ridere.
«Se la forza totale applicata ad un punto materiale è uguale a zero allora esso resterà interte» recitai senza balbettare.
Era facile non farlo quando ripetevo qualcosa a memoria.
«Cioè?» bisbigliò Ashley sistemandosi sulla sedia.
Sul serio non erano in grado di capire la prima legge di Newton?
La strada era lunga.
«S-s-se quattro persone ti tirano con la stessa forza ognuna d-d-dalla sua parte, dove v-v-vai?». Era difficile anche spiegarla.
Di solito tutte le persone normali la comprendevano dall’enunciato.
«Non rimango ferma?» chiese confusa.
«E-e-esatto, è questo» affermai convinto.
«Allora è facile! Alex, amore, hai capito?». Entrambi ci voltammo a guardare Alex che totalmente disinteressato stava scrivendo con il cellulare.
«Mhm?» mugugnò alzando di scatto la testa verso Ashley.
«La prima legge! L’ho imparata» esultò felice Ashley guardandolo.
«Bene, sono felice. Possiamo andare ora?». Fece per alzarsi ma si fermò dopo aver incontrato lo sguardo furioso di Ashley.
«L’hai capita tu?» chiese decisamente in modo troppo gentile.
«Certo amore, non sono stupido». Ghignò baciandole le labbra.
“Vedrai che non è poi tanto male prendere in giro Alex, è troppo stupido, ti divertirai un sacco” così aveva detto Mac.
Physicsman aveva voglia di divertirsi un po’.
«R-r-r-ripetila e sp-spiegala». Fissai Alex in attesa di una risposta.
«Cosa?» esclamò allibito.
«R-ripetila e sp-spiegala, la le-legge intendo». Non mi sembrava difficile.
«Quando la mela cade dal ramo ha una forza zero». Mi fissò con aria di sfida ma cominciai a ridere di gusto.
«No». Smisi di ridere di colpo guardandolo. «A-A-A-Ashley, prova a spiegarla».
«Se ci sono più forze?». Mi guardò per avere una conferma delle sue parole e annuii perché continuasse. «sullo stesso punto, questo rimane fermo» concluse soddisfatta.
«B-b-brava». Sorrisi felice di essere riuscito a farle imparare qualcosa.
«B-b-b-b-b-b-b-brava! Ma che cosa vuoi Fagotto? Smettila di provarci con la mia ragazza!» urlò Alex prendendomi per il collo della maglia e avvicinandomi pericolosamente al suo viso.
«Alex, smettila! Non ha fatto nulla, mi ha solo detto che era giusto». Ashley era stupita, riuscivo a vederlo nonostante gli occhiali fossero caduti sopra al banco.
Alex lasciò la presa sulla mia maglia e tornò a sedersi schioccandosi una vertebra del collo.
«V-v-volete imparare a-a-anche la seconda legge?» parlai ad entrambi indossando gli occhiali.
«No, forse è il caso che la impariamo domani, si è fatto tardi e abbiamo gli allentamenti». Ashley guardò distrattamente l’orologio che segnava le tre meno venti. «Grazie ancora Francis, non so come tu abbia fatto, ma ho capito la prima legge». Sorrise cominciando ad ammucchiare i libri.
«N-n-nessun problema». Cercai di rilassarmi con scarsi risultati.
«Alex, andiamo? Abbiamo gli allenamenti». Toccò leggermente la spalla di Alex che sussultò quasi spaventato.
«Certo piccola». Si alzò in piedi ignorandomi e le circondò la vita abbracciandola.
«Grazie ancora Francis, a domani». Ashley sventolò la mano prima di aprire la porta e sparire assieme ad Alex.
Picchiai la fronte sul bordo del tavolo rendendomi conto del disastro che avevo combinato.
Altro che supereroe e superpoteri, un superdisastro!
Una cosa era chiara, non ci sarebbero state altre lezioni pomeridiane.
Ashley poteva anche aver capito la prima legge di Newton in meno di dieci minuti, ma tutto quello che era successo negli altri trenta era abbastanza influente da sbilanciare la situazione a mio sfavore.
Raccolsi velocemente i libri per tornare a casa.
Quando aprii la porta della macchina sentii un sussurro provenire da dietro un cespuglio.
«Francis? Posso parlarti?». Ashley sventolò un pon-pon per attirare la mia attenzione.
«A-A-Ashley?» sussurrai, stupito di trovarla dietro ad un cespuglio con la divisa da cheer-leader.
«Per favore, un minuto solo» mimò con le labbra.
Mi avvicinai dubbioso, guardandomi in giro, certo che Alex fosse pronto per uno scherzo idiota dei suoi.
«V-v-va tutto bene?» chiesi a pochi passi da lei.
«Sì, però Alex non vuole più che venga a lezione da te, dopo oggi almeno. Però io mi sono trovata bene. Ho pensato che potremmo riprovarci domani, che cosa ne dici?». Abbassò gli occhi timidamente e un sorriso aleggiò sulle mie labbra.
«P-p-per me non c-c-c-ci sono problemi. Alla stessa o-o-ora?». Mi sistemai gli occhiali sul naso e lei annuì.
«Ora scappo prima che mi veda. Grazie». Cominciò a camminare facendo sventolare la gonnellina della divisa.
Oddio.
Avevo appena avuto un appuntamento clandestino con Ashley.
Mi aveva chiesto di farle da insegnante anche il giorno dopo.
Physicsman, il merito era tutto suo.
In fin dei conti avevo sempre detto che i supereroi esistevano!
 
 
 
 
 
Salve ragazze!
Innanzitutto scusatemi per il ritardo nel postare. È la prima volta che succede e mi dispiace tantissimo!
Prometto che sarà anche l’ultima e per essere sicuri che sia così ho pensato che è meglio se aggiorno di VENDERDI’, perché ho cominciato i corsi e non riesco ad organizzarmi per riuscire ad aggiornare di Mercoledì.
Ho notato che le recensioni si sono dimezzate dal primo capitolo, arrivando a quota 3, la storia vi fa schifo o cosa? Perché mi dispiacerebbe se fosse così.
Questo era l’ultimo capitolo ‘di presentazione’ o ‘tranquillo’, dal prossimo ci saranno più scene divertenti e si comincerà a vedere un po’ d’azione! :)
Grazie ancora a tutti i preferiti, i seguiti, quelle da ricordare e chi legge solamente!
Ah si, il volto che inizialmente avevo dato a John è variato, credo che sia migliore questo rispetto al primo! :)
A venerdì prossimo e scusatemi ancora per il ritardo! :)
 
Grazie ancora a Malia85 che mi beta i capitoli! :)
 

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Capitolo 4
*** (Star) Wars night ***


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«Allora? Dovresti parlare prima che cominci il film, eh». John si sistemò meglio sul mio divano e io chiusi il microonde per preparare i pop-corn.
Era la Star Wars night.
Una sera a settimana ci trovavamo a casa mia per guardare un film di Star Wars.
Quella sera era il turno di Star Wars: Episodio I- La minaccia fantasma.
«Non c’è nulla da dire» borbottai accartocciando, forse con troppa forza, una lattina di cola finita.
«Non ci credo. Bugiardo! Si vede lontano un miglio che è successo qualcosa» continuò a insistere John.
Non era la serata giusta per parlare.
Non dopo quello che era successo quel pomeriggio.
Certo, Ashley mi aveva detto che ci saremmo visti anche quello successivo, non riuscivo a dimenticare, però, la figuraccia che avevo fatto dentro a quella stanza perché avevo balbettato ininterrottamente.
«Frank, credo che i pop corn siano pronti». Zac indicò il microonde e mi risvegliò dai miei pensieri.
Spensi meccanicamente il forno e borbottai infastidito quando mi ustionai la mano con i pop corn.
«Allora?». Ma che cosa aveva John?
«John, smettila. Forse non ne vuole parlare». Mac, l’avrei abbracciata stretta in quel momento.
«Ma siamo i suoi amici, deve dirci che cosa è successo. Siamo qui e lui cammina per casa come uno scemo, non parla e non dice nulla, non fa battute divertenti e non riesce nemmeno a cucinare i pop corn al microonde senza bruciarli». Fece una smorfia schifato quando prese dalla ciotola una manciata di pop corn mezzi bruciacchiati.
«Magari lo fa più tardi, sai che a metà film diventa loquace» ridacchiò Zac riempiendosi la bocca di pop corn più di quanto avessi mai creduto possibile.
«Non c’è nulla da dire, seriamente. È andata malissimo: ho balbettato quasi tutto il tempo, Alex ha tentato di prendermi a pugni per due volte, e ci sarebbe riuscito se Ashley non l’avesse fermato. Sono stato in grado di farle imparare la prima legge e poi se ne sono andati. Domani pomeriggio Ashley vorrebbe che ci incontrassimo ancora per spiegarle un nuovo argomento ma Alex non vuole più accompagnarla, quindi non so che cosa succederà, contenti?» sputai fuori la storia completa per evitare che facessero nuove domande.
«Oh Francis…» sussurrò Mac avvicinandosi a me, come per sostenermi moralmente.
«E non ditemi che vi dispiace, visto che è colpa vostra. La pietà lasciatela fuori dalla porta, grazie». Incrociai le braccia al petto sistemandomi gli occhiali sul naso.
«Non può essere andata così male se vuole venire anche domani, no?». Zac cercò di sollevarmi il morale, ma cominciai a masticare alcuni pop corn per non sentirli.
«Cominciamo con il film? Non vorrei finire troppo tardi, se non lo ricordate domani abbiamo scuola» bofonchiai abbracciando un cuscino dopo aver incrociato le gambe sul divano.
«No, non cominciamo nulla. Ora tu ti alleni come se ci fosse Ashley davanti a te. La faccio io». John si alzò posizionandosi davanti al televisore che aveva il fermo immagine sul logo della saga. «Ciao Frank! Che cosa studieremo oggi?» cominciò a storpiare la sua voce parlando in falsetto e senza rendermene conto iniziai a ridere. «Che cosa mi insegnerai?» continuò civettuolo.
«Lascia stare John. Apprezzo lo sforzo» ridacchiai di nuovo lanciandogli un cuscino addosso.
«L’avrei imitata decisamente meglio io, ho anche gli occhi azzurri» commentò Zac prendendo una nuova manciata di pop corn.
«Perché non Mac? Sono sicuro che lei sarebbe stata in grado di imitarla alla perfezione, è anche una ragazza e non avrebbe parlato in falsetto». Indicai Mac che cominciò a ridere abbandonando la testa sul divano.
«Probabile, bastava solo dire “Alex tesoro, vieni che devo farti vedere una nuova mossa della coreografia che abbiamo provato ieri con Kath e le altre” non credi?» disse Mac prima di prendere un bicchiere e riempirlo con la cola.
«Oh andiamo! Mac non sai imitare le cheerleader! Dovresti essere come loro, non con quelle meches rosse e la maglia di Star Wars!» cominciò a canzonarla John facendola ridere ancora di più.
Prima che il discorso ritornasse al disastroso pomeriggio che avevo passato dentro a quella stanza chiuso con Ashley e Alex, schiacciai play e il film cominciò.
Ammutolirono tutti nello stesso momento e sorrisi.
Una delle regole nelle Star Wars night era di non parlare durante l’incipit del film.
«Tanto tempo fa, in una galassia lontana, lontana…» esclamammo tutti e quattro assieme, seguendo la voce fuori campo.
Guardammo il film in religioso silenzio, fino a quando, come ogni volta, Zac sospirò non appena la principessa Padmé Amicala fece il suo ingresso.
Tutti sapevamo che Zac aveva una cotta per Padmé, o meglio, per Natalie Portman.
«Ragazzi» sospirò Zac «è una delle creature più belle che ci siano al mondo. I suoi occhi, le sue labbra, quel neo che le dona un tocco di bellezza in più» continuò sognante.
Ridacchiai assieme a John continuando a guardare il film.
«La vedete? Vedete che bella? La più bella donna della mia vita, la sposerei subito». Innamorato cotto, ecco qual era la definizione giusta per Zac.
«Insomma, dacci un taglio, Zac! L’abbiamo capito, il concetto è chiaro. Non serve che ogni settimana tu ripeta quanto bella è Natalie» sbottò decisamente arrabbiata Mac.
«Che ti prende Mac? Non ho detto nulla, ho solo contemplato la sua bellezza! Quando c’è una donna si fanno i complimenti, punto e stop» continuò arrabbiato perché Mac aveva offeso la sua fidanzata immaginaria.
«Oh, andiamo! Ti comporti come un bambino di dieci anni. Ne farai diciotto il quindici di marzo, non credi che sia tempo di crescere, eh Zac?». Da quando in qua Mac era così scontrosa?
Voltai leggermente il viso per guardare John che, come me, continuava a fissare Mac e Zac stupito.
«Senti chi parla! Una che rimane tutto il giorno davanti al computer per hackerare il sistema della scuola, chi è il bambino ora?». Zac continuò a parlare, calmo, solo una piccola nota nella sua voce mi faceva capire che era arrabbiato.
«Ragazzi…» intervenne John per cercare di tornare a guardare il film tranquillamente.
«Sta zitto» dissero assieme Mac e Zac puntandogli il dito contro.
«Che sta succedendo?» sussurrò John di fianco a me mentre entrambi fissavamo i nostri due amici, stupiti.
«Non lo so». Alzai le spalle confuso.
«Bambina? Io almeno faccio qualcosa di divertente, non come qualcuno qui che passa tutto il suo tempo libero davanti ad un fumetto di X-Man!». Mac era furiosa, non l’avevo mai sentita pronunciare in tono così sprezzante X-Man.
«Credo che sia in quel periodo del mese» sussurrò John e io annuii convinto.
«Non provare a offendere Worverline, eh! Non ti permettere!». Il tono di voce di Zac si alzò leggermente, così non l’avevo mai sentito. «E comunque, leggere fumetti è una cosa da ragazzi. In quanto tale ci si aspetta che io lo faccia. Tu, se non sbaglio sei una ragazza, no? Che cosa fai per farlo capire? Sai che metà scuola pensa ancora che tu sia un ragazzo?» concluse con un sorrisetto divertito.
Questa era proprio pesante e decisamente fuori luogo.
Mac non si meritava quelle parole, false oltretutto.
«Si be’, scusatemi. Ho un impegno». Mac si infilò la sua felpa uscendo di corsa da casa mia senza nemmeno salutare.
Lo fece talmente veloce che non ero nemmeno riuscito ad alzarmi per fermarla.
«Che cosa avrà avuto oggi?» sbuffò Zac tornando a guardare la tv.
«Sei scemo?» chiese John guardandolo.
«Che c’è? Ha offeso Wolverline» tentò di giustificarsi.
«L’hai offesa, perché le hai detto tutte quelle bugie? Mac non si merita questo» cercai di spiegare a Zac il disastro che aveva combinato.
«Ragazzi, state scherzando? Ha offeso X-Man, non giuggiole!» ridacchiò Zac.
«Stava scherzando, scemo». John riuscì a riprendersi dalla sorpresa.
«Ah». Zac rimase senza parole. «Be’, domani le chiederò scusa». Masticò altri pop corn e continuai a fissarlo stupito.
«Forse dovresti andare ora, sei stato abbastanza cattivo con lei». Indicai la porta alle mie spalle con il pollice e Zac mi ignorò.
«Non vado fino a casa di Mac ora per chiederle scusa. Se è nervosa in questi giorni non è colpa mia. Si offende per ogni piccola battuta che le facciamo». Forse non si era reso conto di quello che le aveva detto.
«Veramente sei stato molto pesante. Le hai detto che è un maschio. Lei non ti ha offeso in quel modo». Tentai ancora una volta di fargli capire il suo errore.
«Va bene, ho capito. Vado a casa. Ci vediamo domani mattina, passi a prendermi?». Zac si alzò e cominciò a incamminarsi verso la porta per uscire.
«Sì, solito». Lo salutai con un cenno del capo e lo stesso fece John di fianco a me.
Rimanemmo per qualche minuto in silenzio, a fissare il televisore che continuava a proiettare scene del film.
«Credo che me ne andrò anche io». John si alzò lentamente, senza dire nulla riguardo tutto quello che era successo poco prima.
«A domani» sussurrai prima che la porta si chiudesse.
Mi tolsi gli occhiali e mi massaggiai le tempie cercando di fare chiarezza.
Era tutto un disastro.
Mac si comportava in modo sempre più strano e Zac sembrava diventare ogni giorno più scemo.
Riordinai velocemente il soggiorno e salii le scale per rifugiarmi in camera.
Indossai il pigiama e spensi la luce per dormire, quando mi ritornò alla mente l’immagine di Mac che, zittita e ferita, usciva da casa mia con il cappuccio alzato e la musica dell’I-pod a tutto volume.
Sbuffando accesi la luce e, dopo aver preso il telefono, avviai la chiamata.
«Sono Mac, in questo momento non posso rispondervi perché probabilmente sono impegnata ad hackerare qualcosa. Lasciate un messaggio e se avrò tempo e voglia vi richiamerò». Sorrisi sentendo la segreteria di Mac.
«Mac… sono io. Senti, lo so che ci sei e mi stai ascoltando, potresti rispondere per favore?» aspettai qualche secondo sperando di sentire il ricevitore alzarsi e poi continuai «ascolta, Zac è un idiota, però vorrei sapere come stai». Attesi ancora ma non ottenni risposta. «Va bene, non vuoi parlarmi. Allora ci vediamo domani a scuola. ‘notte». Riagganciai sedendomi sul letto sconfitto.
Dopo essere rimasto per quasi cinque minuti a fissarmi i piedi senza giungere a una conclusione riguardo il comportamento di Mac, mi infilai di nuovo sotto alle coperte e cercai di dormire.
 
La mattina, quando Zac e John salirono in macchina, ci salutammo con un cenno del capo senza nemmeno parlare.
Nessuno di noi aprì bocca fino a quando parcheggiai al solito posto.
Tutti e tre notammo una differenza rispetto alle altre mattine: Mac non era lì ad aspettarci.
«Ehm… non manca qualcuno?» chiese John chiudendo la portiera della mia macchina.
«Credo di sì». Il sussurro di Zac mi fece capire che finalmente si era reso conto del disastro che aveva combinato. «Forse dovrei chiederle scusa» mormorò di nuovo.
Lasciai che si crogiolasse nei suoi sensi di colpa senza interferire con nessuna frase e lo stesso fece John.
In silenzio e a testa bassa, ci avviammo verso gli armadietti per prendere i libri.
«Che cosa abbiamo alla prima ora?». Tipica domanda mattutina di John.
«Chimica» rispondemmo nello stesso istante io e Zac.
«Oh oh, prevedo guai». John parlò fissando un punto dietro di me e io mi voltai, pensando che probabilmente Mac si stava avvicinando infuriata, pronta per tirare uno schiaffo, meritato, in faccia a Zac.
Quello che vidi però fu molto, molto peggio.
Alex, accompagnato da Luke e l’altro suo amico gorilla, si stava pericolosamente avvicinando a noi; la cosa che mi preoccupava era il sorriso sadico che non se ne voleva andare dalle sue labbra.
«Francis, scappa» sussurrò terrorizzato Zac, indietreggiando di qualche passo da me.
Scappare?
Come avrei potuto scappare visto che nemmeno i polmoni riuscivano a muoversi per respirare.
Fortunatamente il cuore era un muscolo involontario, altrimenti si sarebbe fermato anche lui per la paura.
O forse l’avrebbe fatto lo stesso.
Strinsi di più la pila di libri tra le mie mani mentre Alex continuava ad avvicinarsi.
«Fagotto» chiamò con voce decisamente alta, solo per attirare più sguardi possibili su di noi. «Ho sentito che sei un genietto in fisica, no?» continuò schernendomi, aggiungendo anche un occhiolino.
Rimasi immobile senza fiatare, sentivo i polmoni chiedere aria ma non ero in grado di muovere il diaframma.
Terrore, ecco quello che mi immobilizzava.
Il terrore di essere ancora una volta deriso davanti a tutti.
«Non rispondi? Sei diventato improvvisamente muto?». Questa sua frase causò una risata dei suoi scagnozzi e di qualche cheer-leader nascosta tra il pubblico che si era formato.
«Fagli vedere chi sei, Alex!». Riconobbi la voce gracchiante di Kathrina, l’oca per eccellenza.
«Mi chiedevo…». Un sorriso si dipinse sul suo volto, poi continuò «sapresti spiegarmi che legge fisica è questa?». Allungò di colpo la mano picchiando sulla pila di libri che avevo in mano e li fece cadere tutti per terra. «Mhm? Fagotto, illuminami, che legge fisica è questa?». Tra le risate generali alzò la voce per farsi sentire da tutti.
Abbassai lo sguardo arrossendo, per guardare i libri sparsi attorno ai miei piedi.
«Non mi rispondi, Fagotto? Sembra che fuori dall’aula tu sia privo di parola» gracchiò facendo un passo verso di me e costringendomi ad arretrare fino agli armadietti.
Mi aveva intrappolato.
«Non c’è più niente da vedere qui, forza. Tornate tutti nelle vostre classi». Sospirai di sollievo quando la voce del professor Lutking causò borbottii e fece arretrare Alex. «Signor Kingston, vuole che chiami la preside o si allontana prima?». La mano del professore si appoggiò sulla spalla di Alex e intravidi la salvezza più vicina.
«No, certo che no professor Lutking, stavamo solo parlando». Mi lisciò le pieghe della maglia con fare amichevole. «Stai lontano dalla mia ragazza, idiota» sibilò al mio orecchio così piano che il professore non lo sentì.
Si allontanò come se nulla fosse accaduto e quando guardai il professore mi accorsi che mi stava fissando quasi con pietà.
«Tutto bene Hudson?». Continuò a guardarmi non pensando minimamente di aiutarmi a raccogliere i libri.
Annuii e lo osservai sparire di fretta dopo aver fatto un cenno d’assenso.
Quando mi guardai attorno mi accorsi che la folla si era diradata; attorno a me c’erano solo pochi curiosi che erano rimasti per vedere una possibile punizione, John e Zac.
«Credo che dopo quello che ha fatto tu non dovresti più aiutarlo» sussurrò John e si accucciò per aiutarmi a raccogliere alcuni libri.
«Vuole fare tanto il popolare ma non si rende conto che fuori da queste mura lui non è nessuno, soprattutto per il non-cervello che si ritrova». Zac impilò quattro libri uno sopra all’altro e me li tese quando mi alzai.
«Grazie per l’appoggio ragazzi. Andiamo in classe, dai» sussurrai sconfitto camminando a testa china tra la folla di studenti che borbottava al mio passaggio.
Che cosa avevo fatto di male per meritarmi quel comportamento da parte di Alex?
Certo, ero innamorato della sua ragazza, ma non lo sapeva nessuno.
Chi non era innamorato di lei?
Tutta la scuola aveva passato quella fase, la mia durava da più tempo ma questo non cambiava le cose.
E poi, perché Alex sembrava così infuriato con me?
Era il primo che si vantava quando Ashley riceveva dei complimenti, era il primo che proclamava fiero che lei era la sua ragazza.
Quando mi sedetti al solito bancone da laboratorio mi accorsi che di Mac non c’era ancora traccia.
Guardai il cellulare ma non mi aveva avvertito con nessun messaggio.
Sarei passato da lei dopo le lezioni, con la scusa di portarle i compiti mi sarei fatto spiegare per bene che cosa le stava succedendo.
Mac e io ci eravamo sempre raccontati tutto, o quasi.
Non le avevo mai detto, ad esempio, della cotta che avevo avuto per lei all’asilo, prima di incontrare Ashley.
Era passata subito e si era evoluta in una splendida amicizia.
Tentai di ritornare al presente con la mente per seguire il professore. Ci riuscii con molte difficoltà.
 
Quando la lezione finì mi avviai con i ragazzi verso la mensa.
«Frank, posso parlarti?». Ashley mi chiamò da dietro un armadietto e sussultai spaventato sentendo il mio nome.
«Ashley?» chiesi poco convinto, come se vederla davanti ai miei occhi non fosse una prova sufficiente.
«Nell’aula di musica, tra due minuti. Per favore». Cercò di sorridere e l’unica cosa che io riuscii a fare fu un cenno di assenso.
«Arrivo subito» sussurrai a John e Zac che continuavano ad alternare gli sguardi da me a Ashley, evidentemente meravigliati.
Camminai veloce fino all’aula di musica e un minuto dopo Ashley entrò richiudendosi la porta alle spalle.
«Francis, mi dispiace tanto per quello che ha fatto Alex prima. Lui non è così, lui è buono e non so nemmeno perché si sta comportando in questo modo. Tu non gli hai fatto niente di male, non lo so proprio» cominciò a gesticolare toccando nervosamente tutti gli strumenti che trovava davanti a lei.
«N-n-n-non f-f-fa-a n-n-niente». Cercai di sminuire il tutto per non doverla vedere così triste e preoccupata.
«Ascolta, sono interessata alle lezioni di fisica, così ho pensato di proporre ad Alex un patto, ma prima volevo chiederti se per te è un problema» bisbigliò avvicinandosi di qualche passo e lasciandomi a bocca spalancata.
Ashley voleva chiedere a me se c’erano dei problemi?
«D-d-dimmi». Meglio non dilungarsi in discorsi che non sarei stato in grado di fare.
«Non mi lascerà mai fare quelle lezioni da sola con te. Probabilmente, conoscendolo, si sentirà al sicuro se con me ci sarà qualcuno dei suoi, Luke, o Martin ad esempio. Ti darebbe fastidio?». Mi guardò speranzosa.
Come potevo dire di no a quello sguardo? Come potevo dire di no a lei?
«C-c-c-certo ch-ch-che no». Scrollai le spalle per farle capire che non c’era proprio nessun problema.
Luke? Martin? Erano proprio dei miei grandi amiconi!
Avevamo giocato un sacco di volte a Dungeons & Dragons assieme.
Soprattutto con Martin, l’armadio di cento chili di muscoli che faceva rimbombare il pavimento quando camminava.
Mi stupii anche di riuscire a pensare in modo ironico in quel momento.
«Grazie! Grazie Francis». Mi ritrovai con le braccia di Ashley strette al collo e fissai la parete davanti a me lì, dove un secondo prima c’era stata lei. «Sei la persona più buona e gentile che io abbia mai conosciuto». Terminò l’abbraccio lasciandomi ancora immobile e rincretinito più del solito.
«Q-q-quando?». Cercai di darmi un contegno, come se Ashley Foster non mi avesse appena abbracciato di sua spontanea volontà.
«Oggi pomeriggio per te va bene? Come ieri, un’oretta» chiese sorridendo.
Annuii e la vidi indietreggiare per portarsi ad alcuni metri di distanza da me.
«Perfetto, allora ci vediamo oggi pomeriggio. Grazie ancora». Mi salutò chiudendosi la porta alle spalle e rimasi per qualche secondo inebetito a fissare la porta.
Stremato dall’abbraccio che avevo appena ricevuto, il primo da parte di una donna se si escludevano mamma, nonna e Mac, mi sedetti su una sedia infilzandomi una gamba con una bacchetta da cassa che c’era.
Quando uscii dall’aula trovai John e Zac lungo il corridoio, curiosi come le vedove di un piccolo paesino del sud degli Stati Uniti.
«Non chiedetemi nulla» dissi prima che cominciassero a fare domande.
Non c’erano parole per descrivere quello che era successo.
«Andiamo Francis! Che cosa è successo dentro a quella stanza? Hai una faccia sconvolta» sentenziò John fissandomi a lungo. «Oddio. Oddio ho capito. Ti ha mostrato le tette». John prese la mia mano destra e la strinse nella sua, come se avesse voluto congratularsi con me.
Lo fissai con uno sguardo vacuo, sentendo ancora le braccia di lei sul mio collo.
«Ragazzi, io avrei un po’ di fame, possiamo andare a mangiare?» chiese timidamente Zac.
Annuii e cominciai a camminare seguendoli verso la mensa.
Il tempo trascorse talmente veloce, nemmeno mi ero accorto di aver finito anche quel giorno di scuola.
In un batter d’occhio Zac mi salutò con un «Tra cinque minuti arriva Ashley. Buona fortuna». Quando assorbii e capii veramente le sue parole, lui e John se ne erano già andati.
Camminai lentamente verso l’aula e quando mi resi conto che Ashley era in piedi, davanti alla porta, nel bel mezzo di una conversazione con Luke, mi risvegliai improvvisamente.
«Ciao Francis» salutò cortesemente Ashley rivolgendosi a me.
«C-c-c-ciao A-A-Ashley. L-luke» feci cenno col capo aprendo la porta della classe ed entrando.
«Che cosa studiamo oggi?» chiese Ashley felice.
«Q-q-quello che do-do-dovevamo finire ieri, di-di-direi». Mi schiarii la voce e in quel momento una parola si disegnò immaginaria davanti ai miei occhi.
Physicsman.
«Perfetto». Con un sorriso Ashley si sistemò meglio sulla sedia e aprì un libro immacolato di fisica.
Cominciavo a capire perché lei e la fisica non fossero amiche.
«A p-p-pagina 98» dissi aprendo il mio libro.
Lo stesso fece Ashley e cominciammo la lezione.
Tutto sommato non fu un disastro come il giorno prima o come mi ero aspettato.
Luke messaggiò col cellulare per quasi tutto il tempo ignorando completamente me e Ashley.
Riuscii anche a balbettare un po’ meno, grazie a Physicsman.
Ashley si dichiarò soddisfatta della lezione e ci lasciammo con un appuntamento per il giorno successivo alla stessa ora.
Senza Alex era andata decisamente meglio.
Ora però, superata la seconda lezione con Ashley, c’era un altro problema che mi assillava.
Mac.
Accesi la macchina e velocemente guidai verso casa sua senza un piano preciso.
Dovevo parlarle.
Avrebbe fatto bene a entrambi.
Era da tanto che non parlavamo più, le nostre sane chiacchierate che duravano fino a mezzanotte.
Improvvisamente mi resi conto che la trascuravamo.
Bussai alla porta sul retro e vidi la tendina spostarsi per vedere chi aveva bussato.
La porta non si aprì.
«Mac, ti ho visto, andiamo». Non potei trattenere una risatina quando appoggiai la borsa con i libri pesanti per terra.
Nessuna risposta, anche se riuscivo a intravedere l’ombra di Mac dentro casa.
«Mac, andiamo, ti vedo. Apri la porta che devo parlarti» continuai bussando più insistentemente.
Nessuna risposta, nonostante l’ombra si stesse muovendo nervosamente.
«Mac! Per l’amor di Dio, che ti succede?» urlai, quasi esasperato.
«Non sono in casa» disse Mac da dietro la porta.
«E chi ha parlato, Darth Vader?» ridacchiai divertito.
«Non c’è nessuna Mac, mi dispiace» continuò.
«Mac, non fare la bambina, andiamo! Apri questa porta per favore» picchiai un pugno, come nei film, contro la parete di legno e imprecai per il dolore alle nocche.
Esperienza da non ripetere.
«Francis, per favore, vattene. Non voglio parlare oggi» sembrava trattenere le lacrime e questo mi innervosì.
Mac a casa da sola, davanti allo schermo del pc, concentrata al massimo su qualche stupido sito pur di non pensare ai suoi problemi.
«D’accordo! Fai come vuoi» urlai esasperato e stanco. Era stata una giornata lunga. «Sei una bambina, lo sai? Peggio, non sei una bambina, sei una persona orgogliosa!» continuai ad urlare prima di prendere la borsa che mi sbilanciò e mi fece quasi cadere.
Sentii la risatina di Mac e le feci una linguaccia, certo che potesse vedermi.
«Ti voglio bene Francis». Lo percepii come un sussurro.
«Anche io. Ma ti prego, torna perché non li sopporto da solo» cercai di sdrammatizzare.
«Ci penserò». Capii che quello era il massimo che potessi fare.
Mac sarebbe tornata appena ne avesse avuto voglia.
«Se hai voglia di parlare sai che ci sono. Mi raccomando». Agitai la mano per salutarla e mi incamminai verso la macchina.
Quello che non sapevo era che Mac sarebbe tornata a scuola due giorni dopo.
Quando mi avrebbe parlato?
Quasi un mese dopo, una settimana prima della festa di Halloween.
 
 
 
 
 
Salve ragazze.
Non ho molto da dire.
Nel prossimo capitolo ci sarà un salto temporale di quasi un mese, a questa fatidica festa di Halloween. Succederanno un sacco di cose! :)
Come avrete letto nella nota che avevo lasciato in Fb oppure dall’avviso che avevo lasciato nella pagina autore qui su EFP, non sto passando un bel periodo.
È stato difficile scrivere questo capitolo, non per mancanza di tempo, più che altro per motivi che avrete letto e non mi dilungo troppo.
Spero che il prossimo capitolo arrivi la settimana prossima, ma vi prego, se venerdì non vedrete l’aggiornamento non arrabbiatevi, è veramente qualcosa di abbastanza grave.
Grazie ancora a seguiti, preferiti, da ricordare, chi legge e soprattutto chi commenta.
Ancora una volta un doveroso grazie a Malia85 che mi beta la storia!

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Capitolo 5
*** Halloween sucks (Pt. 1) ***


rotn








Il tempo sembrava volare.
Era passato un mese talmente in fretta che nemmeno me ne ero reso conto.
Gli incontri quotidiani con Ashley erano ormai diventati routine, tanto che, lentamente, avevo cominciato a balbettare un po’ meno.
Era soddisfatta perché nell’ultimo test di fisica aveva preso B-.
Soddisfatta lei, felicissimo io, soprattutto per l’abbraccio e il bacio sulla guancia che mi aveva dato.
Non importava la settimana di febbre che avevano comportato, le labbra di Ashley Hudson si erano posate sulla mia guancia e le sue braccia avevano circondato il mio torace all’altezza della decima costola.
Se da una parte Ashley aveva fatto molti progressi e in breve tempo, dall’altra le chiacchierate con Mac si erano ridotte quasi in modo inversamente proporzionale.
Era rimasta a casa da scuola per due giorni e, quando era tornata, si era chiusa in un mutismo che veniva interrotto solo da sporadici «Sì» e «No», quando le veniva fatta una domanda.
Ci avevo provato Zac per primo a parlarle, ma si era ritrovato con una porta chiusa, quando era stato il turno di John, Mac si era dimostrata un po’ più gentile, gli aveva cortesemente detto di andare a quel paese.
Quella sera era il mio turno; le avevo detto che sarei andato da lei per parlare un po’, ma probabilmente Mac aveva già capito il motivo della mia visita.
«Dove stai andando Francis?» chiese mamma quando scesi in cucina per bere un po’ d’acqua prima di uscire per andare a casa di Mac.
«Da Mac» risposi lottando contro il tappo della bottiglietta che non ne voleva sapere di aprirsi.
«Mac, è da un pezzo che non la vedo qui in casa, come sta?». Mia madre sorrise sedendosi sullo sgabello di fianco al piano cottura della cucina.
Feci spallucce non sapendo che cosa risponderle.
Come stava Mac?
Non lo sapeva nessuno, probabilmente nemmeno Mac stessa lo sapeva.
«Francis, va tutto bene?». La capacità di leggere le persone di mamma mi aveva sempre spaventato.
Fin da piccolo avevo sempre sospettato che lei avesse qualche potere extrasensoriale e dai sette ai dodici anni ero stato fermamente convinto che mamma fosse un supereroe.
Poi, la macabra scoperta assieme a John e Zac: Mac ci aveva svelato che i supereroi non esistevano.
«Certo». Mi stampai sulle labbra un sorrisetto finto che probabilmente la insospettì ancora di più.
«Problemi con le donne?». Assottigliò le palpebre sistemandosi la matita dietro l’orecchio destro.
«No mamma. Problemi con che donne?» chiesi in modo retorico.
«Mac, ad esempio» sentenziò, continuando a fissarmi.
«Non sono problemi, solo che è strana e non sappiamo che cosa le passa per la testa». Meglio non sbilanciarsi, mamma avrebbe potuto capire il problema prima di Mac, era troppo intuitiva.
«Sarà innamorata» ridacchiò tornando a scribacchiare sui fogli.
Cominciai a sogghignare pensando a Mac innamorata.
Impossibile.
Mac non era di certo una che si innamorava, insomma…
«Certo, certo. Vado da Mac e non so a che ora torno. Ciao». Scappai fuori di casa prima che mia madre potesse avere il tempo di rispondermi.
Non avevo voglia di prendere la macchina, così mi incamminai a piedi.
Casa di Mac non era poi così distante ed era piacevole camminare, soprattutto perché non era ancora arrivato l’inverno; per quanto non facesse così freddo in California durante l’inverno.
Suonai il campanello di casa e pochi secondi dopo sentii i passi di qualcuno avvicinarsi alla porta.
«Ciao Mac» salutai quando aprì la porta con un mezzo sorriso.
«Francis». Si scansò per farmi passare ed entrai guardandomi in giro.
Sua mamma non c’era e nemmeno sua sorella.
«Sei a casa da sola?» chiesi avanzando verso il divano.
«Sì. Mamma è andata ad accompagnare Sally a un pigiama party a casa di una sua amichetta di scuola. Perché sei qui?» chiese sospettosa sedendosi sul divano subito dopo di me.
«Che c’è? Non posso nemmeno venire a trovare la mia amica? Mi sento offeso, Mac!» scherzai cercando di farla ridere.
«Sputa il rospo Frank. Ti conosco da quanto, quindici anni? Credi che non riesca a capire quando racconti le bugie? Ti hanno mandato loro perché hanno fallito?». Si avvicinò un po’ di più a me, quasi arrabbiata.
«No Mac» sbuffai come se mi fossi sentito offeso perché aveva detto una cosa stupida «mi offendi se dici così. Sono venuto da te per passare un paio d’ore in compagnia e per aggiornarti dei fatti». Piegai la bocca in un sorriso amichevole che non sembrò sortire nessun effetto.
«Che ci fai qui, Francis?» chiese alzando le sopracciglia in modo interrogativo.
«D’accordo. Volevo sapere come ti vestirai la prossima settimana al ballo di Halloween, ma soprattutto se verrai, va bene?» chiesi irritato perché non sapevo mentire a nessuno.
«Non ci vengo». Scosse la testa cominciando a fissarsi le mani.
«Cosa?». La interruppi sbalordito alzando la voce di qualche tono per la sorpresa.
«Hai capito bene, non ci vengo» sussurrò evitando di nuovo il mio sguardo.
«Ma Mac… siamo all’ultimo anno, è il nostro ultimo ballo di Halloween, non possiamo non andarci» dissi sconvolto.
«Non ho detto che tu non puoi andarci, ho semplicemente detto che io non vengo». Alzò il viso e i suoi occhi si incontrarono furtivamente con i miei.
«Mac… facciamo a meno di vestirci da DNA, non è un problema, nemmeno io sono così entusiasta all’idea che mi prendano in giro tutta la sera, soprattutto dopo quello che è successo con Alex. Troveremo un altro costume, ma dobbiamo andarci, devi venire anche tu, per favore». Presi la sua mano e la strinsi tra le mie.
Un piccolo sorriso aleggiò sulle labbra di Mac.
Stava cedendo.
«Perché dovrei venire? Per rimanere tutta la sera seduta in un angolo a guardare gli altri che ballano? Non è una prospettiva interessante». Il sorriso sparì e notai quasi un velo di tristezza nei suoi grandi occhi verdi.
«Ballerò io con te, tutta la sera, balleranno con te anche John e Zac! Che cosa ne dici?» domandai sorridendo, sperando di essere riuscito a convincerla.
«Non saprei…» sussurrò combattuta.
«Andiamo! Sono sicuro che sarà una festa indimenticabile! Potremmo vestirci da Hobbit! Oppure da qualche personaggio di Star Wars! Potresti fare la principessa Padmè Amicala, che ne pensi?». Ero entusiasta delle mie idee.
Un’ombra passò nello sguardo di Mac, o forse me la immaginai soltanto.
«Non lo so, ci penserò. In ogni caso se ci vengo è solo perché me l’hai chiesto tu, intesi?». Cercò di sorridere e sgranai gli occhi, improvvisamente spaventato.
«Sarà innamorata» aveva detto mamma.
No.
Mac non poteva essere innamorata.
No.
Mac non poteva essere innamorata di me.
Scossi la testa per scacciare quel brutto pensiero e le sorrisi annuendo, incapace di parlare.
«Non mi hai più raccontato i progressi… come va con Ashley?» chiese sistemandosi meglio sul divano.
«Bene, direi bene. Cioè, balbetto meno, però sono sempre in imbarazzo. Ma tanto…» cominciai prima di far cadere il discorso.
No, se Mac era innamorata di me non potevo di certo dirle quelle cose.
«Tanto? Che c’è Francis?» chiese abbracciando un cuscino.
«No, niente». Scossi la testa ma Mac non rinunciò a scoprire che cosa le stessi tenendo nascosto.
«Francis, sai che con me puoi parlare di qualsiasi cosa, vero?». Sorrise accarezzando una mia mano con la punta delle dita e io la ritrassi di colpo.
Oh santo George Lucas!
Mackenzie Hale era innamorata di me!
«Mac…» cominciai in imbarazzo prima di schiarirmi la voce e sistemarmi gli occhiali sul naso.
«Che c’è Francis? È successo qualcosa?» chiese, ora agitata.
«No, è che…». Deglutii sperando che riuscisse a capire che non volevo ferirla, ma l’avevo sempre vista come un’amica.
«Francis, mi stai facendo preoccupare. Che ti ha fatto Ashley?». Era decisamente arrabbiata.
Mi sistemai il collo della maglia nervosamente prima di rispondere alla sua domanda.
«No, assolutamente niente. Ashley non ha fatto niente di male. Voglio dire, lei nemmeno sa che esisto. Cioè, sa che esisto ma non credo che mi veda come un uomo, capisci? Non che io sia un uomo, però non mi vede come un ragazzo, credo che non mi veda nemmeno come un amico. Sono semplicemente Francis. Non sono nemmeno sicuro che sappia che suo fratello giocava nella stessa squadra di football del mio. Credo che lei non si renderà mai conto di quello che sono. Non so nemmeno se mi sono spiegato». Abbassai lo sguardo, colto dall’imbarazzo e notai che i pugni di Mac erano chiusi, come se si fosse arrabbiata.
«Oh, certo che ti sei spiegato! Ho capito benissimo quello che vuoi dire! La conosco quella sensazione. Tu vuoi dire che Ashley non si rende minimamente conto di te perché è fissata con i giocatori di football. Perché guarda solo il lato esteriore. Perché non si accorgerà mai delle ragazze che gli sono davanti, impegnato com’è a guardare persone irraggiungibili!» sbuffò arrabbiata prima di sistemarsi un ciuffo rosso che era caduto sulla fronte.
«Ehm… Mac, di chi stai parlando?» chiesi confuso.
Perché aveva parlato di un ragazzo?
«Cosa?». Alzò il viso, confusa, ancora agitata per lo sfogo che aveva appena avuto.
«Di chi stavi parlando dieci secondi fa?». Aggrottai la fronte, perplesso.
«Tu di chi stavi parlando?» chiese, sgranando gli occhi spaventata.
«Di Ashley». Forse aveva la febbre, di chi altro avrei potuto parlare?
«Anche io». Annuì velocemente ma le sue mani si strinsero in modo spasmodico attorno al cuscino che stava ancora abbracciando.
«Perché hai parlato di un ragazzo e di persone irraggiungibili?». Era un mistero.
Come un lampo, per la seconda volta nel giro di un’ora, la frase di mamma lampeggiò davanti a me.
«Sarà innamorata».
Oddio.
Il ragazzo ero io.
La ragazza che mi stava davanti e di cui non mi ero accorto era lei.
La persona irraggiungibile era Ashley.
Mac si era appena dichiarata.
«No, hai sbagliato a capire». Arrossì violentemente alzandosi di colpo e dirigendosi verso la cucina. «Mi prendo un bicchiere d’acqua, scusami». Sparì velocemente dalla mia vista e io appoggiai la testa sul divano fissando il soffitto.
Non ero pratico di donne e non sapevo come affrontare l’argomento.
Come potevo dirle che non mi interessava?
Come potevo dirle, senza offenderla, che la vedevo come un’amica?
Quando ritornò a sedersi di fianco a me, un silenzio innaturale cadde tra noi.
Via il dente, via il dolore, così diceva nonna Julia.
«Mac… ti prego, non metterti a piangere davanti a me perché poi non saprei che cosa fare e lasciami finire…» cominciai quando la vidi aprire la bocca per parlare «io ti ho sempre vista come un’amica, be’, a dire la verità all’asilo, prima di incontrare Ashley ero innamorato di te, ma sono cose che succedono ai bambini, ok? In ogni caso, io non so come dirtelo, ma ti vedo come un’amica e anche se sto ferendo i tuoi sentimenti… io non posso mentirti. Mac, non possiamo essere fidanzati noi due, non so nemmeno se ci sia un modo carino per dirlo, diciamo che ti voglio bene, però come se fossi mia sorella. Ti prego, non dirmi che stai piangendo». Alzai lo sguardo lentamente, spaventato dalla possibile reazione di Mac.
L’aveva presa meglio di quanto avessi immaginato.
Continuava a fissarmi con le labbra socchiuse per lo stupore.
Improvvisamente cominciò a ridere.
Era una risata isterica?
Sarebbe scoppiata a piangere subito dopo?
La lasciai ridere in attesa della sua prossima mossa, ma quando mi resi conto che non avrebbe smesso di ridere, visto che lo stava facendo ininterrottamente da quasi cinque minuti, decisi di intervenire.
«Mac?» sussurrai posandole appena una mano sulla spalla.
Mac si asciugò per l’ennesima volta una lacrima, ma non si fermò.
«Mac?» tentai di nuovo, il tono della voce più alto.
Lentamente smise di ridere e si raddrizzò, tornando a guardarmi in faccia.
«Sì?» chiese portandosi una ciocca di capelli dietro all’orecchio.
«Pensavo l’avresti presa peggio» sussurrai imbarazzato e confuso.
«Francis, tu non sai nemmeno quanto ti voglio bene. E te ne voglio tanto anche per il modo in cui tu giungi sempre alle conclusioni sbagliate. Mettiti il cuore in pace, non sono innamorata di te». Mi sorrise sincera e la squadrai scettico.
«Non capisco…» bofonchiai confuso.
Se io non le piacevo allora chi…
«Non devi capire, Francis» sorrise rilassata, improvvisamente di buonumore «però stai tranquillo, va bene?». Mi tirò un pugno scherzoso sul braccio e continuai a guardarla sorridere.
Non la vedevo così di buonumore da settimane, da quando se ne era andata da casa mia dopo che Zac l’aveva offesa.
Almeno ero riuscito a farla ritornare normale.
Rinunciai a capire la complicata e imprevedibile psiche femminile e decisi che il mio compito era stato portato a termine.
«Ci vediamo domani a scuola allora? Perché dobbiamo decidere come travestirci per la festa. Lo sai anche tu quanto la odio, ma ci tengo. Voglio andarci, ecco» puntualizzai stiracchiandomi prima di alzarmi dal divano.
«Uff… sì Francis. Va bene. Ci vediamo domani. ‘notte» sussurrò spingendomi scherzosamente fuori dalla porta di casa.
Camminando verso casa sorrisi fiero di essere riuscito a portare a termine la mia missione.
Ero anche sollevato di aver scoperto che Mac non era innamorata di me, non che l’avessi mai veramente preso in considerazione!
Quella sera mi addormentai con un sorriso sulle labbra.
 
La settimana volò, e quando, il sabato sera, suonai il clacson davanti a casa di John e Zac, mi resi conto che quella era veramente la nostra ultima festa di Halloween del liceo.
Ridacchiai vedendo Zac concentrato nell’imitazione di Marlon Brando, se non avesse avuto quella sigaretta, spenta, tra le labbra sarebbe stato un semplice ragazzo in giacca di pelle. Forse, senza occhiali da vista, sarebbe sembrato meno ridicolo.
«Ciao Francis!» salutò John entrando in macchina travestito da personaggio di Star Wars.
«John, Zac». Feci un cenno con il capo cominciando a fare retromarcia.
«Hudson, da che cosa ti sei vestito tu che sembri uguale a sempre?». Sentii gli occhi di John puntati addosso ma non ci badai troppo.
«Da vampiro. Ho sentito che vanno di moda e che non si riconoscono perché si mimetizzano tra la gente». Feci spallucce fiero del mio non-travestimento.
«Potevi almeno metterti una giacca di pelle, o che ne so, qualcosa che facesse capire da che cosa sei travestito» mi rimproverò John, di nuovo.
«Scommetti che Mac indovinerà?». Sorrisi già pregustando la vittoria.
Mac lo sapeva perché ne avevamo parlato qualche giorno prima.
«Non scommettere John, Mac di sicuro lo saprà! A proposito, Mac come vestirà?» domandò curioso Zac. Ci eravamo appena fermati di fronte a casa sua.
«Non lo so». Scossi la testa prima di aprire la portiera della macchina e scendere per bussare.
«Arrivo» urlò Mac da dietro la porta. «Un attimo solo».
Ridacchiai aspettando che la porta si aprisse, e rimasi attonito quando vidi come si era conciata Mac.
«Che…che… Mac?» chiesi vagamente confuso.
«Possiamo andare, Francis!». Sentii una risatina da sotto quel lenzuolo bianco e non mi mossi, rimanendo fermo come uno stoccafisso davanti alla porta.
«Mac?». Mi piegai in avanti per guardare dentro ai due fori che facevano vedere solo degli occhi.
Due grandi occhi verdi.
Gli occhi di Mac.
«Mac, ma sei veramente tu? Non dovevi vestirti da cheer-leader?». Continuai a fissare quegli occhi sorridenti e udii uno sbuffo.
«Francis, la divisa è troppo stretta e corta. Non c’è nemmeno un metro di stoffa. Sono il fantasma di una cheer-leader, posso garantirti che sotto ho i pon-pon». Il lenzuolo si mosse e sentii il fruscio di un pon-pon che veniva sventolato.
«Mac, ma la gente non si mette più un lenzuolo bianco con due fori dal 1975» mi lamentai quando Mac mi spintonò leggermente per poi dirigersi verso la macchina.
«Vengo a questa stupida festa per farti un piacere, Francis. Non lamentarti se il mio costume non è di tuo gradimento!» bofonchiò aprendo lo sportello della macchina e sedendosi di fianco a John sul sedile posteriore.
«Mac?» ridacchiò Zac voltandosi per guardarla.
«Zitti. Non voglio sentire nulla». Sembrava quasi arrabbiata.
«Dobbiamo portarti a fare dolcetto o scherzetto con tua sorella?» rimbeccò Zac, ridacchiando ancora.
«Zachary, finiscila» sbottò Mac, muovendosi nervosa sotto al lenzuolo.
«Ho solo chiesto delucidazioni, non serve arrabbiarsi. Volevo solo sapere se…». Non aspettai nemmeno la fine della frase, interrompendolo prima.
«Zac, dacci un taglio» lo zittii.
«D’accordo» mormorò tristemente.
Quando arrivammo a scuola, rimanemmo stupiti di fronte all’allestimento dell’esterno della palestra.
«Wow» esclamai non riuscendo a capire da quale angolo provenissero quei continui urli preregistrati.
«Questa volta le cheer-leader e Hannah del gruppo Lo striscione si sono impegnate». John era stupito e aveva gli occhi che luccicavano d’eccitazione.
Ero quasi sicuro che fosse per Hannah, la ragazza tutta occhi azzurri e lentiggini; più volte, assieme a Zac e Mac, avevamo spettegolato su una possibile sua cotta, non poi così segreta, per quella piccola ragazza.
«Credo che me ne tornerò a casa. Se questo è l’esterno non voglio nemmeno metterci piede in quella palestra. Non voglio nemmeno sapere da che cosa si sono mascherate le cheer-leader e la squadra di football». Mac cominciò ad armeggiare con la maniglia della portiera della macchina ma Zac le bloccò il polso posizionandosi la sigaretta finta tra le labbra.
«Piccola» cominciò tentando di imitare la voce di Marlon Brando, «è come una missione, noi dobbiamo andare a questa festa per prendere in giro gli altri, riesci a capire?». Ammiccò verso i due fori del lenzuolo bianco.
«Se me lo dici in questo modo» bisbigliò Mac prima di schiarirsi la voce.
Sembrava quasi in imbarazzo.
«Bene, allora possiamo andare. Prima però…». Zac sollevò leggermente il lenzuolo e lo strappò fino a quando la testa di Mac non fece capolino. «Almeno fatti vedere il viso, altrimenti morirai di caldo in palestra. Ragazzi, signora…». Zac chinò leggermente la testa prima di circondare le spalle di Mac con un braccio.
Mentre ci avvicinavamo all’entrata e la musica si faceva sempre più forte, vidi distintamente Zac gesticolare per farmi capire che avrebbe preferito trovarsi in un altro posto.
Lo stretto corridoio degli spogliatoi era stato addobbato con centinaia di ragnatele e ragni finti, luci psichedeliche, scheletri sparsi qua e là, ma soprattutto, ancora una volta, urli preregistrati.
«Hey John! C’è Hannah!» urlai per farmi sentire sopra la canzone rock che il DJ aveva appena messo.
«Hannah, ciao!». John si avvicinò velocemente a lei e la salutò sistemandosi il velo nero sopra la testa. «Volevo dirti che siete state bravissime, davvero complimenti» continuò gesticolando in modo decisamente esagerato e cominciando a sistemarsi gli occhiali sul naso a causa dell’agitazione.
«Grazie! Sono felice che ti piaccia, John! Scusami ma devo andare un attimo di là per prendere una cosa…». La vidi indicare il corridoio da cui eravamo arrivati e John annuì spostandosi per lasciarla passare.
«Divina! Vestita così poi…» sospirò John e tutti e quattro ridacchiammo.
«Che ne dite se balliamo un po’? Ho voglia di scatenarmi». Zac sembrava decisamente il più entusiasta della festa.
«Io passo…». Mac probabilmente stava facendo la sauna sotto a quel lenzuolo.
«Magari più tardi, quando ci sarà qualcuno in pista» mormorai guardando la pista semivuota.
«Cristo Santo! Ma quei costumi dove li hanno presi? Dentro a un sexy shop?» esclamò John con gli occhi sbarrati per la sorpresa fissando un punto dietro di me.
Istintivamente mi girai e rimasi stupito.
«Wow» sospirai guardando Ashley.
«Wow» fece eco Zac.
«Che esagerate. Kathrina poi, con quel vestito da diavolo in pelle rossa! E Ashley non è da meno, da che cosa è vestita, da ghepardo?». Mac era indignata.
«Da-da-da da-aa-a ga-ga-gatta» sussurrai incapace di toglierle gli occhi di dosso.
«Gatta? Be’, non so che gatte tu conosca, ma di certo hanno più pelo di quel vestito!». Mac era convinta delle sue parole e questo mi fece ridacchiare.
«Sei gelosa Mac? Perché lo sembreresti» la punzecchiò Zac.
«Io gelosa di una che ha un QI alto quasi quanto quello di un gatto? Ma per favore!». Il lenzuolo si spostò, come se Mac avesse gesticolato da sotto.
A un cenno di Kathrina la musica cambiò e al centro della pista comparve un ragazzo vestito solo di una camicia bianca e un paio di boxer bianchi.
Calzini ai piedi e occhiali da sole.
«Ci avrei scommesso» sussurrai scuotendo la testa.
«Che cliché! Alex Kingston, come quasi il settantacinque percento dei capitani della squadra di football della scuola si è vestito da Tom Cruise in Risky Business!» disse acido Zac.
«Sei geloso Zachary? Perché lo sembreresti» ridacchiò Mac.
«Io geloso di uno tutto muscoli e niente cervello? Ma quando mai?» rimbeccò Zac prima di sistemarsi gli occhiali sul naso e portarsi la sigaretta, ancora spenta, alle labbra.
In poco tempo la pista si riempì di studenti mascherati; quasi un’ora dopo decidemmo di lanciarci in qualche ballo scoordinato cercando di seguire il ritmo dettato dalla musica.
Dopo due giri di bibite stabilimmo di fermarci per qualche minuto e rimanemmo in piedi al bordo del campo che, per quella serata, era diventata una pista da ballo.
«E ora un lento per riposarvi un po’». Quando il DJ pronunciò queste parole ridacchiai voltandomi verso Mac per chiederle di ballare con me.
«Mac?» chiese John trascinandola in mezzo alla pista prima che potessi anche solo avvicinarmi a lei.
La vidi arrossire e impacciata cominciare a ballare con John.
Rimasi per qualche minuto a guardarla di fianco a Zac e poi mi decisi.
«Vado a rubare la dama a John. Le avevo promesso che avremmo ballato una canzone» gli dissi prima di avvicinarmi a Mac.
«John ti rubo la dama» risi prendendo il suo posto.
«Certo, certo. Fai pure». Mi sorrise raggiungendo Zac.
«Ammettilo Mac, ti stai divertendo un sacco, no? Stai anche ballando con un vampiro» sussurrai avvicinandomi a lei un po’ di più.
«Un vampiro che  non sembra un vampiro, per inciso» ridacchiò scuotendo la testa.
«Posso avere anche io l’onore di ballare con te?». Quando sentii la voce di Zac alle mie spalle sobbalzai, incredulo.
La mano di Mac si strinse leggermente di più alla mia e la vidi annuire per accettare l’invito.
Mentre stavo lasciando la sua mano, il rumore di una porta che sbatteva ci fece sussultare.
Ashely continuava a camminare velocemente in mezzo alle persone, urtandole senza nemmeno chiedere scusa.
Alex la seguiva, con la camicia slacciata e senza un calzino, allungò la mano per circondarle il polso mentre continuava a chiamarla, ma lei si girò verso di lui all’improvviso.
«Ti ho detto di lasciarmi!» urlò tirandogli uno schiaffo talmente forte che il rumore superò anche la musica.
Subito calò un silenzio imbarazzante dentro la palestra.
Gli occhi di tutta la scuola erano puntati su di loro.

 
 
 
 
 
Salve ragazze! :)
Sono tornata, almeno lo spero!
Fortunatamente le cose sembrano essersi sistemate e quindi, credo di poter dire che troverete un aggiornamento ogni venerdì (fino alla sessione d’esami, almeno!).
Innanzitutto, che non lo faccio mai perché sono stupida, ringrazio tutte voi che leggete, chi segue, preferisce e mette tra le ricordate, che siete tante e non so mai come ringraziarvi! :)
E ringrazio tanto anche chi commenta, come sapere un commentino fa sempre bene! :P
E poi, prima di lasciarvi ai costumi di Halloween volevo ringraziare le persone che mi hanno votato nel sondaggio (che per inciso è ancora aperto) della pagina FB di FANWRITERS ANONIMI questa storia ha 3 voti, non sono molti ma mi fanno piacere! :)
Ringrazio anche Malia85 che come sempre beta i miei schifosissimi capitoli!
Alla prossima settimana, così si scoprirà che cosa è successo, intanto attendo le vostre supposizioni!
Un bacione!! :)
 
Ashley:

Alex:

Zac:

John:

Kathrina:

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Capitolo 6
*** Halloween sucks (Pt. 2) ***


rotn








«Ash, lasciami spiegare, per favore!». Si avvicinò circondandole un polso con la mano.
«LASCIAMI» urlò prima di ritrarre il braccio per non essere toccata da lui.
«Stiamo dando spettacolo, andiamo da un'altra parte, per favore». La supplicò, avvicinandosi a lei di un passo.
«E perché mai? Non vuoi farlo sapere ai tuoi compagni di squadra?» continuò arrabbiata, spintonandolo per spostarlo.
«Ash, per favore, non qui» sussurrò Alex.
Non c’era più la musica ad alto volume, assordante, e tutti potevano facilmente capire le parole che Ashey e Alex si scambiavano; in tutta la palestra non c'era una sola persona che non li stesse fissando curiosa di sapere che cosa fosse successo.
«Qui invece, davanti a tutti! Sei solo uno stronzo, ok?». Gli voltò le spalle di scatto e, dopo aver preso un bicchiere pieno di succo, glielo rovesciò in faccia.
Che diamine era successo?
«Ashley, per favore. Non è come sembra. Posso spiegarti…» tentò di giustificarsi, ma lei non lo lasciò continuare.
«Non è come sembra? Illuminami Alex! Perché avevi le mani dentro al perizoma della mia migliore amica?». Lanciò il bicchiere vuoto addosso ad Alex proprio nel momento in cui attorno a loro ricominciarono i borbottii.
«Oddio, Alex stava tradendo Ashley con Kathrina?» bofonchiò Mac al mio fianco.
«Ashley, per favore. Pensa alla squadra. Andiamo a parlarne fuori» insisté Alex posandole una mano sulla spalla per la seconda volta.
«NO! Con te non ci voglio più parlare! E nemmeno con lei!». Indicò la porta dalla quale erano entrati e subito capii che si riferiva a Kathrina.
«Ragazzi, abbassate il tono della voce, arriverà qualcuno» intervenne Luke, schierandosi a fianco di Alex.
«Stai zitto, ok?». Ashley gli si avvicinò, puntandogli un dito contro il petto.
«Stai esagerando, ora». Luke spostò velocemente la mano di Ashley che indietreggiò quasi sdegnata.
«Io sto esagerando? Luke, era in bagno con Kathrina!». Ashley era fuori di sé, continuava a urlare e gesticolare, camminando nervosamente avanti e indietro.
«Pensa alla squadra, alla scuola. Devi calmarti ora. Forse è meglio se andate a parlarne fuori, no?» suggerì Luke, posando una mano sulla schiena di Ashley per accompagnarla verso l’uscita.
«Devo pensare alla squadra ora? Scusami se sono egoista e il fatto che il mio ragazzo mi stesse tradendo con la mia migliore amica mi faccia leggermente perdere la testa». Si asciugò una lacrima con la mano prima di continuare a parlare. «Da come ne parli sembra addirittura una cosa normale per te…». Guardò Luke negli occhi e improvvisamente lui distolse lo sguardo, come se si vergognasse di qualcosa.
«Ashley, andiamo» ripeté nervoso Alex.
«No. Luke, che cosa vorresti dire?». Si avvicinò a Luke facendolo indietreggiare verso il tavolo con del buffet.
«Niente, assolutamente niente». Sollevò le mani in segno di resa ma Ashley continuò ad avanzare verso di lui.
«Quando? Da quanto?» sussurrò asciugandosi un’altra lacrima.
«No, non…» cercò di difendersi Luke ma lei non glielo permise.
«Quando?» strillò alternando gli sguardi da Alex a Luke.
«Ashley, sei ubriaca, andiamo…» si intromise Alex, evidentemente nervoso.
«Rispondi» ringhiò tirandogli uno schiaffo in faccia.
«No, non rispondo a nulla, sei ubriaca fradicia e ti inventi le cose!» urlò cominciando a gesticolare.
«Alex…» sussurrò Luke, come se avesse voluto fargli capire qualcosa.
«Sei un bugiardo e anche un bastardo Alex. Da quanto scopavi con la mia amica, cazzo!». Il suo urlo risuonò strozzato dal pianto e questo mi fece male.
Ashley non si meritava di essere tradita, lei non si meritava nemmeno uno come Alex.
Era tanto ferita; non l’avevo mai sentita usare quelle parole.
«Sei esaurita Ashley. Andiamo a casa». Alex, arrabbiato, le afferrò un polso e cercò di strattonarla.
«Diglielo Alex, almeno questo» intervenne Luke appoggiando una mano sulla spalla di Alex.
«Al pomeriggio, ok? Mentre tu te la facevi con quell’idiota della banda!».
Sgranai gli occhi spaventato.
«A-A-A-Ale-e-e-ex p-p-p-pensa ch-ch-ch-ch-ch-e-e io fa-fa-fa-fa-a-cessi l’a-a-a-more c-c-co-co-on A-A-A-Ashley?» chiesi guardando incredulo Zac e Mac in silenzio di fianco a me.
«Francis, non fare idiozie. Stai zitto e fermo qui» mi intimò Mac prendendomi un braccio.
«Ma e-er-erano le-le-le-lezioni d-di fi-fi-fisica!» protestai per farle capire che non era mai successo niente tra noi due.
«Oh bene, e quando io cercavo di recuperare un voto per riuscire ad accedere al College tu mandavi i tuoi scagnozzi a controllarmi mentre mi tradivi. Veramente un bel gesto Kingston!». Ashley applaudì sarcastica prima di asciugarsi di nuovo le lacrime.
«Ragazzi, si può sapere che cosa succede?». Quando sentimmo la voce del professor Moriarty dietro di noi, ci scostammo perché potesse raggiungerli.
«Salve professore. Non succede nulla, solo una piccola incomprensione, vero tesoro?». Alex sottolineò l’ultima parola con un tono di voce decisamente troppo dolce.
Ashely non rispose, continuando a dare le spalle al professore.
Forse non voleva fargli vedere le lacrime, o forse, in qualche modo, si vergognava di tutto quello che era successo.
«Signorina Foster, va tutto bene?». Il professore si avvicinò ad Ashley, mettendole una mano sulla spalla per farla voltare.
Quando incontrò il volto di Ashley, rigato da lacrime, sussultò improvvisamente.
«Foster, che succede?» chiese preoccupato.
«Io... Alex…» cominciò confusa, schiarendosi la voce per farsi sentire meglio.
«Professore, non è niente, abbiamo solamente litigato. Glielo assicuro. Ashely, andiamo». Alex cercò di allontanarla perché il professore non facesse di nuovo domande ma lui fu più veloce.
«Credo che la signorina Foster sia in grado di spiegarmi, a parole sue, che cosa è successo. Vuole farlo in un posto con meno persone?». Con un gesto del capo indicò la palestra, ma Ashley scosse la testa.
Probabilmente si era resa conto che tutti avevano già sentito l’intera storia.
«Ashley, la squadra, la scuola» sussurrò Alex, come se avesse voluto metterla in guardia.
«Foster?» rimbeccò di nuovo il professore, leggermente infastidito da Alex che cercava di nascondere il suo disagio.
«Io… Alex e Kathrina erano in bagno» disse Ashley abbassando lo sguardo imbarazzata.
«In che senso Foster? Si spieghi meglio». L’agitazione del professore mi fece capire che aveva intuito quello che lei gli stava dicendo, ma che non era pronto per una simile confessione.
In fin dei conti era il professore della squadra di football, se fosse stato vero quello che Ashley stava dicendo, avrebbe perso il suo miglior giocatore e con lui la speranza della vittoria.
«Stavano… erano… nudi» mormorò di nuovo.
Vidi distintamente una lacrima sfuggire dall’occhio di Ashley e cadere per terra.
«Sta dicendo che il signor Kingston e la signorina Spin erano in bagno nudi? Mi sta dicendo che hanno infranto le regole della scuola, signorina Foster? Ci pensi bene». Era chiaro dal tono di voce stridulo che il professore sperava che non fosse vero.
«Sì». Fu la risposta secca, che mi fece in qualche modo esultare.
Ashley aveva capito quello che aveva fatto Alex.
«Bene… allora Kingston, vada a cercare la signorina Spin. Vi aspetto nell’ufficio della preside tra cinque minuti». Si allontanò quasi correndo.
«Complimenti. Da parte di tutta la scuola. Chi vincerà il campionato ora? Lo sai Ashley, sei la persona più egoista che io conosca, per questo non riuscivo a rimanere assieme a te» disse Alex con disprezzo prima di allontanarsi. La porta d’ingresso sbatté e il silenzio teso sembrò rimbombare tutt’intorno.
«Potevi fare a meno di dirlo al professore. Ora non lo farà più giocare e non potremo più vincere il campionato». Luke rimproverò Ashley prima di allontanarsi lasciandola da sola, davanti a una palestra gremita di persone che la stavano insistentemente fissando da più di dieci minuti.
Improvvisamente, dopo un singhiozzo, Ashley cominciò a correre verso l’uscita, urtando i ragazzi e senza chiedere scusa a nessuno.
«Non si meritava di essere trattata in quel modo» sussurrò Mac facendo muovere il lenzuolo con cui si era coperta.
«Devo andare da lei». Feci per fare un passo ma una mano mi bloccò di colpo.
«Frank, lascia perdere. È appena stata trattata male davanti a tutto l’ultimo anno. Vedrai che qualcuno andrà da lei» suggerì John cercando di convincermi a rimanere assieme a loro.
«Ah sì? E chi? Kathrina o una delle altre cheer-leader che ce l’avranno a morte con lei perché la squadra senza Alex non vincerà il campionato? Io vado da lei». Non aspettai nemmeno una risposta e, a grandi passi, mi diressi verso l’uscita della palestra.
Quando arrivai nel parcheggio, cominciai a zigzagare tra le auto per trovare Ashley.
Sembrava sparita nel nulla.
Non poteva di certo essere andata molto lontano, era uscita pochi minuti prima di me.
Improvvisamente, un singhiozzo strozzato mi fece guardare sotto all’albero all’angolo del parcheggio.
«Ashley?» chiesi avvicinandomi.
Più che altro parlai per evitare di farle prendere uno spavento. Chi altri poteva esserci in lacrime, fuori dalla palestra?
«Sì! Sono egoista! Non ho pensato alla squadra, ok?» gridò girandosi di scatto.
«Io, io… io ero solo venuto a vedere come stavi» bisbigliai in imbarazzo.
«Oh, sei tu. Scusa Francis, non ti avevo riconosciuto» bofonchiò in imbarazzo asciugandosi una lacrima.
«No-no-non importa». Scrollai le spalle avvicinandomi di qualche altro passo.
«Allora?» chiese con un finto sorriso.
«A-a-allora co-cosa?». Bene, stavamo tornando indietro.
Balbettavo come durante le prime lezioni di fisica.
«Che inferno ho scatenato? In quanti arriveranno entro cinque minuti per uccidermi?». Sembrava quasi scherzare, sollevata addirittura.
Un sorriso si formò sulle mie labbra e mi sistemai gli occhiali sul naso.
«Non è così grave…» sdrammatizzai, evitando di parlarle di tutti i borbottii che erano cominciati quando era uscita.
«Non è così grave! Tutti che la pensate in questo modo! Lui mi ha tradito con la mia migliore amica ma non è grave». Cominciò a piangere di nuovo e la fissai spaventato.
«No, Ashley i-i-i-io volevo d-d-d-dire che…» cominciai per spiegarle che mi aveva frainteso ma non mi lasciò il tempo di finire.
«Cosa? Cosa volevi dire?». Si avvicinò cautamente e mi resi conto che i suoi occhi erano gonfi di lacrime.
«Che la si-si-situazione dentro non era grave, non quello ch-ch-che ti è successo».
«Oh, scusami. Non riesco mai a capire quello che mi dici» cercò di giustificarsi tirando su con il naso.
«Ecco, tieni». Tirai fuori dalla tasca un enorme fazzoletto di stoffa bianco a righe blu e glielo porsi.
«Un fazzoletto di stoffa» ridacchiò quasi in modo isterico tra le lacrime.
«Sì, perché?». Erano più ecologici, non bisognava gettarli nel cestino e si potevano rilavare tranquillamente.
«Era da tanto che non ne vedevo uno» sussurrò asciugandosi di nuovo le lacrime e soffiandosi il naso.
«Non grattano il naso» precisai rabbrividendo al pensiero di quei veli di carta ricamati che sembravano carta vetrata quando avevi il raffreddore.
Rise stringendo il fazzoletto bagnato tra le mani, quasi in imbarazzo.
Improvvisamente calò un silenzio innaturale.
Chiederle del tempo non mi sembrava una buona cosa, argomenti futili erano tabù, visto che aveva appena scoperto di essere stata tradita, decisi di provare con qualcosa di diverso.
«Mi-mi piace il t-tuo co-costume». Indicai il suo vestito e gemette prima di far scappare due lacrime lungo le sue guance.
«Io nemmeno volevo vestirmi da gatta! L’ho fatto solo per lui, e che cosa ci ho guadagnato? Si sta anche scomodi in questo costume! E pesto sempre questa coda». Si voltò leggermente e prese la coda tra le mani tirandola fino a che non udii uno strappo e il pezzo di stoffa le rimase tra le dita. «Ops» sussurrò guardandosi il fondoschiena.
«Che-che-e succede?» chiesi curioso.
«La coda… ha fatto un buco». Si voltò per farmi vedere il vestito.
Dove pochi istanti prima c’era la coda, si vedeva un buco largo quasi cinque centimetri; sotto riuscivo a scorgere qualcosa di rosa e di pizzo.
Chiusi gli occhi di scatto per non guardare di nuovo l’intimo di Ashley Foster.
«Dici che si vede tanto?» chiese preoccupata.
«No, se le scosti di qualche centimetro verso il basso non credo che si notino». Riaprii lentamente gli occhi per guardare il danno.
«Di che cosa stai parlando Francis?». Ashley ritornò a guardarmi e fissai i suoi occhi ancora pieni di lacrime.
«De-de-delle tue mutande?». Mutande? Ma da quando le chiamavo in quel modo?
Rise all’improvviso, coprendosi la bocca con le mani che stringevano la coda.
«Mutande…» sogghignò tra una risata e l’altra.
«Sì, be’… insomma…». Mi schiarii la voce, spostandomi il cappuccio della felpa per tenere le mani impegnate in qualcosa.
«Scusa». Cercò di ritornare seria. «Allora, dici che posso tornare a casa così?». Sventolò la sua coda davanti a me e io scossi ripetutamente la testa.
«Forse è meglio di no. Voglio dire, credo che non sia il caso». Il buco non era di certo piccolo.
«E come faccio ora? Non ho un vestito di ricambio» sospirò triste prima di cominciare a tirare la coda tra le mani.
«Ti presto la mia felpa, finché torni a casa, a me non serve». Cominciai ad aprire la zip della felpa ma Ashley mi fece segno di smettere.
«Non devi, non importa». Posò la sua mano sulla mia per fermarmi e rimasi per qualche secondo immobile dopo il semplice contatto che avevamo avuto.
«Non è grandissima ma dovrebbe coprire il buco». Dopo essermi ripreso continuai ad aprire la zip. «Tieni». Le porsi la felpa che accettò con un sorriso timido.
«Grazie Francis» sussurrò indossandola.
«Ha-ha-hai la macchina?» chiesi osservando le auto nel parcheggio dietro di noi.
«No, doveva accompagnarmi».
«Vu-vu-vuoi che ti dia un pa-pa-passaggio?». Mac e gli altri sarei tornato a prenderli dopo.
O sarebbero venuti a casa con noi, così magari sarebbe stato meno imbarazzante.
«Francis, ehm». Abbassò il viso per sistemarsi addosso la mia felpa, ma sospettavo che quel gesto nascondesse vergogna. «Non offenderti, ma vado a casa in taxi». Si sistemò il cappuccio e alzò lo sguardo con un timido sorriso.
La guardai sorpreso e stupito, non capendo che cosa ci fosse di male.
L’avrei chiesto a Mac, di certo lei avrebbe avuto la soluzione.
«Oh, certo, certo». Annuii convinto, prendendo il telefono dalla tasca dei pantaloni per chiamarle il taxi.
Quando, dopo pochi minuti, il taxi si fermò davanti a noi, la fissai a disagio, non sapendo che cosa dire.
Chissà quali erano i pensieri del taxista, vedendola con il viso stravolto e il trucco colato, una coda del vestito in mano e la mia felpa addosso.
«Grazie Francis. Per tutto» sussurrò sorridendo appena.
«Ma ti pare? Ci vediamo domani, allora». Aprii lo sportello perché potesse entrare, ma si fermò fissandomi.
«Non credo di esserci domani».
«Oh, be’, allora quando tornerai». Non volevo farle pesare le sue assenze e non volevo nemmeno ricordarle che c’era un esame di fisica meno di due settimane dopo.
«Presto. Devo essere al passo con fisica se voglio uscire da qui». Salì in fretta nel taxi senza che avessi nemmeno il tempo di salutarla.
Guardai l’auto allontanarsi e dopo alcuni istanti decisi di tornare ad avvisare i ragazzi che sarei tornato a casa.
La poca voglia di festeggiare che avevo era scomparsa dopo aver visto Ashley in lacrime per colpa di Alex.
A pochi metri dall’entrata della palestra notai Mac, John e Zac camminare velocemente verso di me.
«Francis, andiamocene subito». Mac circondò il mio gomito con la mano e mi spinse verso la macchina.
«Muoviti» supplicò Zac spaventato.
«Che succede ragazzi?». Perché avevano fretta?
Perché volevano improvvisamente andarsene dalla festa?
«Te lo diciamo in macchina. Muoviti». Anche John sembrava spaventato.
Salii in macchina velocemente e lo stesso fecero loro.
«Metti in moto» supplicò Mac, con la voce stridula per l’agitazione.
Non appena svoltai l’angolo del parcheggio mi accorsi che stavano uscendo dalla palestra Alex, Luke e altri tre giocatori della squadra di football.
«Che diamine succede?» chiesi immettendomi in strada senza veramente controllare se ci fossero macchine in arrivo.
«Alex pensa che tu sia fuggito con Ashley perché ad un certo punto eri sparito, così prima che si accorgesse che non eri con noi siamo scappati» spiegò tutto d’un fiato Mac.
«Da quando Alex presta attenzione a dove sono?». La guardai dallo specchietto retrovisore ma alzò solamente le spalle senza degnarmi di una risposta.
«Allora?». John ammiccò verso di me prima di continuare. «L’hai consolata per bene?» sghignazzò colpendomi scherzosamente il braccio.
«John, lascia perdere» tentai di non destare sospetti ma Zac improvvisamente si accorse di qualcosa.
«Dove hai messo la tua felpa?».
«L’ho persa» mentii sistemandomi gli occhiali sul naso.
«Menti. È la tua felpa preferita. Dove l’hai messa?». John cominciò a guardare tra i sedili della macchina.
«L’ho data ad Ashley. In un momento di rabbia si è strappata la coda e aveva un buco enorme nel vestito. Ecco tutto». Cercai di riassumere più che potevo quello che era successo, sorvolando sulle incomprensioni che c’erano state, soprattutto su quella dei suoi slip.
«E?» chiese curioso John.
«E niente. Ha preso un taxi ed è tornata a casa». Dove voleva arrivare John?
«Quindi niente baci di consolazione o abbracci?». Appoggiò il mento sul sedile anteriore e mi ritrovai con il suo viso molto più vicino di quanto avessi voluto.
«No, niente di niente». Arrestai la macchina davanti a casa di Mac per farla scendere.
«C’è qualcos’altro che vuoi raccontare o posso entrare in casa?». Mac sceglieva sempre le parole con precisione e questo mi faceva spesso preoccupare.
«No, non c’è altro. Buonanotte Mac» la salutai con un sorriso.
«A domani ragazzi». Aprì la portiera della macchina e John e Zac le fecero un cenno col capo.
Guidai fino a casa di Zac senza parlare e ignorai le domande di John su Ashley.
Non avevo di certo voglia di dirgli tutto quello che ci eravamo detti, anche perché mi sembrava di tradire in qualche modo Ashley.
Aveva passato un momento di debolezza, e non era giusto spifferare quello che mi aveva detto agli altri.
«A domani allora, uomo senza voce». La frecciatina di John non mi interessò minimamente.
Li salutai e poi partii verso casa.
Non appena arrivai in camera accesi il pc, sicuro che avrei trovato qualcuno connesso; sorrisi vedendo il suo account in linea.
Non tardò a scrivermi.
Vuoi parlare o no?
Mi sistemai più comodo sulla sedia e, dopo aver fatto uno sbadiglio cominciai a pigiare i tasti.
Devo solo chiederti un paio di cosette che noi uomini sfigati non riusciamo a comprendere, ma non aspettarti tutto per filo e per segno.
Rispose quasi subito.
Oh povere donne! Nelle mani di questi ragazzi assolutamente ignari dei nostri comportamenti! Non voglio sapere tutto, non sarebbe giusto nei suoi confronti. Dimmi solo quello che vuoi, tranquillo.
Sorridendo cominciai a digitare una dopo l’altra le domande che mi avevano affollato la mente.
Andai a dormire quasi alle tre, la chiacchierata con Mac si era protratta più del previsto, ma almeno mi aveva spiegato alcune cose.
I miei comportamenti decisamente equivocabili, il dover prestare più attenzione a quello che mi chiedeva per non rispondere a un’altra domanda, il mio essere più sicuro nel parlarle per non balbettare a vita davanti a lei.
Quando posai la testa sul cuscino sorrisi senza nemmeno accorgermene.
Ashley sarebbe tornata presto a scuola, con la mia felpa.
E anche il mio fazzoletto.
 
 
 
 
Salve ragazze!
Sì, lo so che dovevo aggiornare una settimana fa e non l’ho più fatto, lasciandovi con il dubbio di che cosa fosse veramente successo… ma purtroppo non ho avuto tempo!
Spero però che l’attesa sia valsa il capitolo…
Io personalmente non ne sono molto convinta… non so nemmeno come spiegarmi, si è scritto da solo ma allo stesso tempo temo ci sia qualcosa che non funziona, quindi mi farebbe piacere sapere che cosa ne pensate.
Per il resto, non credo di avere nulla da aggiungere, se non che ci vediamo venerdì prossimo per sapere come comincerà la nuova vita dei nerd! :P
Un bacione e grazie a chi legge, preferisce, segue, ricorda e chi commenta!
Siete tantissimi e non vi ringrazio mai per bene!
Di nuovo, un grazie a Malia85 che mi beta la storia! 

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Capitolo 7
*** May the Force be with you, Physicsman! ***


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Quella mattina non sarebbe servito solo il potere di Physicsman, ma di tutta la squadra degli X-man per avere il coraggio di andare a scuola.
Durante la notte avevo sognato che Alex mi avrebbe appeso per il collo della maglia sulla bacheca degli avvisi, all’entrata della scuola.
Non appena mi ero svegliato, sudato e infreddolito per la paura, avevo cominciato a camminare nervoso per la camera, fino a che, due ore dopo, il suono della sveglia era riuscito a riportarmi alla realtà.
Mi preparai con calma, deciso a non arrivare troppo in anticipo, e, lentamente, guidai fino a casa di John.
Quando lui e Zac salirono in macchina non poterono fare a meno di preoccuparsi.
«Frank, tutto bene? Hai una faccia sconvolta». Zac si agganciò la cintura di sicurezza senza smettere di fissarmi in modo insistente e indiscreto.
«Be-be-benissimo». Ingranai la retro e senza aggiungere altro sorpassai una bicicletta, sovrappensiero.
«Sei sicuro che vada tutto bene? Sei più brutto del solito» sghignazzò John guardandomi dallo specchietto retrovisore.
«Va-a tutto be-e-nissimo». Non potevo certo fare la figura dell’idiota e dire che ero spaventato per uno stupido sogno.
Era una questione tra il mio subconscio, Physicsman e me.
«D’accordo, allora se va tutto bene… hai attuato un piano di evacuazione?» chiese John, noncurante, prestando attenzione al finestrino per abbassarlo.
«Pe-pe-per cosa?». Anche il supereroe più idiota l’avrebbe capito che non era tutto normale.
In diciassette anni non avevo mai balbettato davanti ai miei amici.
«Per l’attacco che Alex ti farà in mensa! Sono quasi sicuro che questa volta finirai con la testa dentro al bagno degli spogliatoi maschili, Francis». La serietà con cui John aveva appena parlato mi intimorì ancora di più.
«Di-di-dici sul serio?» sbottai spaventato spegnendo la macchina nel parcheggio della scuola.
«Ovvio che no, Francis! Andiamo! Mal che vada ti prenderà un po’ in giro come ha sempre fatto. Magari ti chiederà dov’eri finito ieri sera. Tu digli che siamo andati a casa presto tutti quanti. Credi che voglia davvero sapere dove siamo andati? È solo per distogliere l’attenzione da lui, dopo quello che ha combinato». Zac riuscì a tranquillizzarmi con le sue parole, fortuna che aveva risposto prima che John potesse aprire la bocca!
«Ma-ma-ma Mac perché non è ancora arrivata?». Sceso dall’auto cominciai a guardami in giro per controllare se non fosse nelle vicinanze.
«Mac, Mac, Mac. Non sarai mica innamorato di lei vero Frank?» mi canzonò Zac.
«No. Co-co-cosa dici?» borbottai, quasi divertito.
Innamorato di Mac?
Assolutamente no!
Mac innamorata di me?
Assolutamente no!
Ci eravamo chiariti a dovere.
«Bene, perché voglio dire… Mac non può essere considerata una ragazza» sghignazzò così mentre lo fulminavo con uno sguardo per la cattiveria che aveva detto.
«Grazie Zac». Sussultammo entrambi quando sentimmo la voce di Mac dietro di noi.
«Io… ehm… Mac… non, non volevo dire…» cominciò a balbettare Zac gesticolando dall’imbarazzo.
«No, tranquillo. Ho capito perfettamente il concetto». Il sorriso finto di Mac non funzionò come dovuto.
Ci era rimasta male.
«Zac, sei un idiota». Guardai il mio amico ancora imbarazzato e scossi la testa, ormai rassegnato.
Non sarebbe mai cresciuto.
«Ma veramente io…» cercò di giustificarsi invano.
«Non importa Zac, dico davvero. Il concetto è chiaro». Mac era molto più che ferita. Potevo vedere i suoi grandi occhi verdi lucidi, sebbene riuscisse a trattenersi e a non piangere.
«No, Mac io volevo dire che…» continuò, non capendo che in questo modo avrebbe peggiorato la situazione.
«Smettila di scusarti, ok?». Nonostante volesse far finta di essere arrabbiata non ci riuscì, anche Zac e John notarono la lacrima che era scivolata lungo la sua guancia.
La notammo tutti, nonostante Mac l’avesse tolta velocemente con la mano.
«Vado a lezione». Non salutò nemmeno.
Sparì velocemente senza aspettarci.
«Posso dirti che sei l’idiota più idiota che io conosca Zachary Bolton? Che diamine ti è saltato in mente? Perché devi sempre offenderla? Che cosa ti ha fatto di male?» sibilai arrabbiato, peggio, infuriato.
«Ragazzi, stavo scherzando» ridacchiò sistemandosi gli occhiali.
«Be’, ci sono arrivato anche io. Lo scherzo era troppo pesante. È la seconda volta che le dici che non è una ragazza». Se anche John era arrivato a capirlo la cosa si stava facendo abbastanza grave.
«Ma io stavo parlando con voi. Non sapevo che lei era dietro di me e che mi stava ascoltando! In fin dei conti anche John dice sempre che le lentiggini di Hannah sono brutte!» cercò di difendersi Zac.
«Le lentiggini. E lo dico per scherzare! Hai detto a Mac che è un uomo per due volte! Non avrà grandi tette ma non credo nemmeno che sia munita di pistole!». Il buffetto scherzoso che John diede a Zac sulla nuca mi fece sorridere.
Erano di certo le due persone più negate nel rapportarsi con l’universo femminile, ma non avrei scambiato la loro amicizia con niente al mondo.
«Andiamo in classe, che è meglio». Li spintonai scherzosamente, senza pensare ad Alex e ai suoi possibili scherzi.
 
Le lezioni passarono velocemente, tanto che, senza nemmeno accorgermene, mi ritrovai al fianco di John e Zac con un vassoio in mano, in fila in mensa per prendere uno schifoso purè e dello spezzatino.
«Credete che questa volta ci sia qualcosa di commestibile?» bofonchiò John, attento a non farsi sentire dalla signora del purè.
«No. Come ogni santo giorno». Zac prese una bottiglietta d’acqua mentre io continuavo a guardare a destra e a sinistra per cercare Mac.
Improvvisamente mi accorsi che era seduta, da sola, a un tavolo isolato; l’unico che era quasi sempre libero.
Quando terminammo di prenderci il pranzo, decisi di agire.
«Ragazzi vado da Mac. Ci vediamo dopo». Non aspettai nemmeno una loro risposta.
Mi sistemai la tracolla della borsa con una mano e con l’altra feci attenzione a non far cadere il vassoio.
«Mi scusi signorina, è libero?» chiesi sorridendo, quando arrivai al tavolo.
«Un posto solo» rispose senza nemmeno alzare lo sguardo.
«Non si preoccupi! Sono solo io, un aitante giovane che conquisterà il mondo con la sua bellezza» scherzai spostando la sedia per sedermi davanti a lei.
Vidi un timido sorriso illuminare lo sguardo di Mac mentre torturava con la forchetta un pezzo di spezzatino.
«Allora?». Addentai un boccone a caso senza prestare attenzione a cosa veramente fosse.
«Cosa?» chiese distrattamente Mac.
«Come va? Come sono andate le lezioni? Elettrizzata per la novità che dovrà darci il professor Wood?». Se fossi riuscito a instaurare una normale conversazione forse Mac si sarebbe dimenticata di Zac.
«Da morire. Credo che questa notte non chiuderò occhio». La sua battuta, assieme a quello sguardo triste, mi fece ridacchiare.
«Mac, lascialo stare. Con l’avanzare dell’età diventa sempre peggio» cercai di sdrammatizzare.
«Ha solo diciassette anni, quando ne avrà quaranta come sarà, allora?». Distrusse la bottiglietta d’acqua vuota accartocciandola con le mani.
«Dai Mac, lascialo stare. Anche John ha detto che è uno stupido». Picchiettai sulla sua mano per darle un po’ di conforto.
«Guarda, guarda chi c’è qui, Luke! Frank Fagotto con la sua amichetta». Quando sentii la voce di Alex mi irrigidii di scatto.
«Sì, ho visto. Chissà dov’era ieri sera. Eh, Alex?». Luke colpì scherzosamente le costole del suo amico energumeno con il gomito.
«Non lo so, Luke! Potremmo chiederglielo, no?» scherzò Alex avvicinandosi ancora di più al tavolo a cui eravamo seduti.
«Sì, magari ci dice che cosa ha fatto ieri sera» ridacchiò Luke rimanendo qualche passo dietro al piantagrane più umiliato della scuola.
«Allora, Fagotto? Che hai fatto ieri sera? Hai consolato per bene Ashley?». Dopo quella battuta tutti gli occhi della mensa tornarono a posarsi su di noi.
Ora a tutti era chiaro che ero io quello che secondo Alex faceva l’amore con Ashley.
Che la forza sia con te, Physicsman.
Guardai per un secondo Mac che cercò di farmi coraggio con lo sguardo.
«I-i-ieri sera s-s-siamo andati via pre-pre-pre-presto perché st-st-stavo poco b-b-bene». Deglutii a vuoto.
«Ah sì? E a che ora siete andati via? Vi siete persi tutta la festa allora» scherzò sperando che cedessi.
«Me-me-meno di un’o-o-ora dopo ch-ch-ch-che eravamo arrivati». Forza Francis!
«Ah sì? Quindi non eravate lì quando…». Lasciò la frase incompiuta, forse sperando che la completassi io.
Di una cosa Alex era ignaro: io avevo più cervello di lui.
«Q-q-quando?». Avrei potuto vincere l’oscar.
«Non hai assistito alla litigata del secolo?» scherzò Luke guadagnandosi un’occhiataccia di Alex.
Scossi la testa per dire di no e Alex spostò improvvisamente lo sguardo su Mac.
Tirai un mezzo sospiro di sollievo perché avevo finito il terzo grado da parte sua, ma ero ancora preoccupato, questa volta per lei.
«Tu, emo alternativa, a che ora siete andati via?» chiese con disprezzo.
«Credi che abbia guardato l’ora? Devo dirti anche i secondi?». Alla risposta di Mac non riuscii a trattenere un sorriso e fui costretto ad abbassare lo sguardo per non farmi vedere.
Lei, al contrario di me, non aveva paura di lui.
«Dove sono gli altri due quattrocchi che stanno sempre con voi?». Alex cominciò a guardare in giro per cercare Zac e John.
Povero Zac, probabilmente era rannicchiato sotto a qualche tavolo, impaurito per una possibile vendetta non meritata.
«Cerchi altre conferme? Non credi che due possano bastare?». Mac sembrava intenzionata a voler morire.
Non si era mai permessa di rispondere ad Alex in quel modo, non aveva mai sconvolto la catena del liceo, quella che metteva noi nerd alla fine, anche dopo il gruppo di dibattito.
«Stai parlando con me?». Si avvicinò di un altro passo, con un sorriso strafottente sulle labbra.
«No, figurati Alex! Stavo parlando con Jack della banda». Mac fece spallucce.
«Hai un bel coraggio a rivolgerti in questo modo a me, lo sai vero?». Non demordeva.
«Solo perché sei bello, ricco e famoso e non faccio parte della tua cerchia di amici non posso parlarti? È un po’ razzista da parte tua, no?». Lo sguardo di Mac si fece ancora più duro.
Tentai di tirarle una pedata da sotto il tavolo per farle capire che stava esagerando ma non mi prestò attenzione.
«Ascolta, non so nemmeno perché sto parlando con te, ora. Quindi se non ti dispiace, potresti toglierti da davanti? Mi disturbi…». Quell’aria altezzosa su quel viso da schiaffi… gliel’avrei tolta volentieri!
«Scusami, veramente! Mi dispiace arrecarti un danno di proporzioni simili, ma sfortunatamente vorrei farti notare che sei venuto tu, qui. Io ero seduta a pranzare tranquillamente e sei arrivato». Rimase a guardarlo impassibile.
Senza dare una risposta, Alex si girò e se ne andò seguito da Luke.
«Ma-Ma-Ma-Mac? Che ti è preso?» chiesi ancora stupito dal suo comportamento.
«Gli uomini devono imparare a rispettare le donne!». Il tono non ammetteva repliche.
Non mi permisi nemmeno di rispondere alla sua frecciatina rivolta anche a Zac.
 
Quando quattro giorni dopo Ashley tornò a scuola, la situazione era quasi tornata alla normalità più totale.
Alex aveva perso l’interesse verso di noi e si limitava a farmi cadere i libri se mi trovava lungo i corridoi, Zac aveva goffamente chiesto scusa a Mac che aveva detto di averlo perdonato.
Ci eravamo diretti tutti e quattro assieme in mensa, quando, all’improvviso, qualcosa aveva attirato la mia attenzione.
Il tavolo che qualche giorno prima aveva occupato Mac, non era vuoto.
«Ra-ragazzi, c’è Ashley lì». Indicai con uno sguardo il tavolo e tutti e tre lo fissarono sorpresi. «Non guardatela in quel modo! Non vedete che è già in imbarazzo?». Sorrisi vedendo Ashley imbarazzata, punzecchiare il cibo senza veramente mangiarlo.
«Perché non vai a sederti con lei?» propose Zac spingendomi avanti.
«Sì, o magari dille di venire a sedersi con noi, sempre se sua maestà si degna di scendere così in basso» bofonchiò John sedendosi al nostro tavolo.
«Perché non firmare la tua condanna di morte? È tornata oggi e tu vuoi farti vedere con lei da Alex, che se non hai notato la sta guardando da quando ha messo piede dentro al cortile. Mi sembra proprio un’idea da idioti, Francis». Mac e la sua saggezza femminile.
Se non ci fosse stata lei tra di noi non so che cosa avremmo fatto.
«Non pensavo di fare niente di tutto questo a dire la verità. Anche perché non le ho più parlato dalla festa. Ci vediamo oggi pomeriggio credo, ma non penso sia una buona idea andare da lei proprio oggi». In fin dei conti Alex avrebbe potuto prendermi a pugni una volta per tutte.
«Bravo Francis. Vedo che almeno qualcuno ragiona ancora». Mac mi sorrise prima di lanciare un’occhiataccia a Zac e John.
«Certo che… nessuna cheer-leader è andata lì a salutarla o a chiederle come sta». Zac osservò il gruppo di cheer-leader che rideva assieme a Kathrina.
«Non sono amiche, vedi? È tutta questione di arrivare più in alto degli altri. C’è solo competizione. Kathrina poi è la peggio di tutte secondo me». Mac ne sapeva una più del diavolo, su tutto.
«Non riesco a capire con che faccia tosta Kathrina sia così allegra. Se non sbaglio il professore l’ha bandita dalla squadra fino alla fine dell’anno, no? Perché rimane assieme alle cheer-leader?». Non riuscivo a capirlo.
In fin dei conti, fuori dalla squadra, fuori dal gruppo dei famosi.
«Perché entro una settimana diventerà la ragazza di Alex, e quindi rimane nel gruppo» sussurrò Mac quando un’oca travestita da cheer-leader passò vicino al nostro tavolo.
Finimmo di mangiare velocemente, e riuscimmo ad arrivare alle lezioni del pomeriggio appena in tempo.
Quando, dopo aver salutato gli altri, aprii la porta dell’aula e trovai Ashley ad aspettarmi, tentai di sorriderle in modo rassicurante, come per dirle di non preoccuparsi di nulla.
«Ciao Ashley». La salutai con la mano ma il sorriso morì sulle mie labbra quando mi accorsi che stava piangendo.
«Oh, ciao Francis! Scusa, ti avevo portato il fazzoletto ma l’ho usato di nuovo». Aprì la mano facendomi vedere il fazzoletto a righe blu completamente zuppo di lacrime.
«Non fa ni-ni-niente, ne ho altri». Che battuta idiota.
Certo che avevo altri fazzoletti!
Sorrise appena e poi mi porse una busta.
«La tua felpa. L’ho lavata, grazie».
Oh, l’aveva lavata.
«Pr-pr-pr-prego». Presi la busta con mano tremante prima di appoggiarla per terra, di fianco alla mia borsa con i libri.
«Dobbiamo fare un mega ripasso, lo sai vero?». Cercò di calmarsi prima di soffiarsi il naso nel mio fazzoletto.
«Sì. L’esame è vicino, mancano solo quattro giorni». Cominciava il periodo di clausura.
Non sarei più uscito con i ragazzi e le Star Wars Night sarebbero state sospese.
Era la nostra routine una settimana prima di ogni esame.
Un’idiozia, visto che in ogni caso i nostri voti non scendevano mai sotto A-, però era scaramanzia.
«Appunto. E io non mi ricordo nulla». Si sistemò meglio sulla sedia avvicinandosi talmente tanto che le nostre ginocchia si sfiorarono.
«Scusa» mormorai prima di far scivolare la mia sedia più indietro per lasciarle più spazio sotto al tavolo.
«No, tranquillo». Sorrise e non potei fare a meno di ricambiare; i suoi occhi gonfi e rossi stonavano con quelle labbra tese all’insù.
Quella lezione fu un disastro.
Ashley aveva la testa altrove e prestava poca attenzione a quello che le dicevo, così, alla fine di quell’ora aveva imparato sì e no una formula.
«Mi dispiace Francis, lo so che non sono riuscita a capire nulla oggi. Ti ho fatto solo perdere tempo» sussurrò raccogliendo i libri.
«No-non importa, ca-capita anche a me ch-che non riesco a st-st-studiare». Cercai di incoraggiarla.
«Mi dispiace. È solo che non ci sono proprio con la testa. È come se fossi in vacanza». Si abbandonò sulla sedia dopo aver inspirato a fondo.
«Fo-fo-forse dovresti st-staccare un po’ la spina. Divertirti un po’». Non ero sicuro che fossero le parole giuste da dire.
Perché Mac non c’era mai quando serviva?
«Sì, hai ragione. Dovrei». Annuì leggermente e poi si alzò prendendo la mia mano tra le sue. «Sei un genio Francis! Un genio». Mi sorrise e la guardai leggermente confuso.
«P-p-perché?». Me l’avevano detto in tanti, ma di solito dopo che avevo preso una A in chimica o in fisica.
«C’è la festa delle cheer-leader a casa di Kristy stasera! Ci saranno tutti! Io devo andarci!» disse euforica prima di strofinarsi il viso con le mani. «Si vede tanto che ho pianto?» chiese avvicinandosi di qualche passo a me.
«Un po’» ammisi, guardando i suoi occhi gonfi.
«Dannazione. Dovrò truccarmi, mi metterò i tacchi. Gli farò credere che sono insensibile e che non mi interessa nulla di lui». Cominciò a parlare tra sé e sé camminando avanti e indietro.
«A-A-Ashley?» domandai sperando che mi spiegasse che diavolo stava dicendo.
«E tu verrai con me!». Mi additò di colpo sorridendo.
«C-c-c-c-c-cosa?». Sgranai gli occhi stupito.
«Sì! Verrai con me! Così crederà che io mi sia consolata con te e sarà tutto perfetto». Batté una volta le mani ridendo quasi in modo isterico.
«A-A-Ashley, n-n-non posso. S-s-se mi vede con te m-m-mi picchia. L’a-a-a-ltro giorno in mensa mi ha ch-ch-ch-chiesto se dopo la festa di Halloween e-ero con te». Mi sistemai gli occhiali sul naso.
«Cosa?» chiese stupita.
«Sì. Proprio co-co-così». Mi schiarii anche la voce in attesa di una sua risposta che tardava ad arrivare.
«Allora magari può venire qualche tuo amico. Ci devo andare. Deve pensare che sto bene». Ammutolì all’improvviso e mi accorsi che stava stringendo la mascella per non piangere.
Senza nemmeno rendermene conto mi alzai e mi avvicinai a lei abbracciandola.
In meno di un secondo le sue mani si aggrapparono alla mia felpa e sentii un singhiozzo.
Non sapevo più che fare.
L’unica ragazza che avevo abbracciato in lacrime era Mac, ma era successo a nove anni, dopo che si era tagliata un piede con una bottiglia rotta.
Serrai gli occhi cercando di concentrarmi; in qualche film un ragazzo aveva abbracciato una ragazza, dovevo solo ricordare come si faceva.
Quando li riaprii, dopo essermi reso conto che non riuscivo a ricordare nessuna scena, mi accorsi che avevo posato le mani sulla sua schiena e la stavo accarezzando.
Ashley non stava singhiozzando, ma sentivo comunque il suo corpo scosso dal pianto.
«Va tutto bene, dai». Non sapevo nemmeno che dire.
«Io…io mi sono comportata da stupida e…e non ti ho nemmeno ri-ringraziato perché sei stato l’unico che è venuto a chiedermi come stavo». Alzò il viso asciugandosi una lacrima e io le sorrisi.
«Perché gli altri erano tutti impegnati a ballare. Io non so ballare» cercai di sdrammatizzare, e ci riuscii.
«E ho preso il taxi perché avevo paura che qualcuno ci vedesse e potesse dire ad Alex che era vero che lo tradivo» ammise abbassando lo sguardo imbarazzata.
«Non importa, Ashley». Mi allontanai di un passo da lei, che cominciò a soffiarsi di nuovo il naso.
«Ma tu sei gentile, e io mi comporto male». Strinse il fazzoletto tra le mani.
«Ti ho anche chiesto di accompagnarmi alla festa perché ero sicura che diventasse geloso vedendoci assieme» sussurrò sedendosi di nuovo sulla sedia.
«Ge-ge-geloso di me? Alex?» ridacchiai incredulo.
Fece spallucce senza degnarmi di una risposta.
Improvvisamente un’idea mi balenò per la mente.
«Vu-vu-vuoi ancora andare alla festa stasera?» chiesi così all’improvviso che sussultò.
«Non lo so. Forse, perché?». Sembrava cauta.
«Forse ho trovato chi può venire con te, così vai e ti diverti e lo fai ingelosire lo stesso perché vede che c’è qualcuno al tuo fianco». Ero un genio.
Un piccolo, grande genio.
«Chi?». Curiosità allo stato puro.
«Mac». Un sorriso trionfante che la fece insospettire.
«Qual è dei due?». Si grattò una tempia e cominciai a ridere di gusto.
«No, Mac, Mackenzie, è la ragazza, quella con i capelli rossi» precisai tra un attacco di risa e un altro.
«Oh. Scusa. Non mi ricordavo più di lei. Non saprei, dici che mi accompagnerebbe?» chiese speranzosa.
«Certo, Mac ti accompagna di sicuro. Tieni, questo è il suo numero, dopo la chiami per metterti d’accordo. Ora passo a casa sua e le spiego la situazione». Le allungai il foglietto con il numero di Mac e Ashley mi ringraziò con un sorriso prima di salutarmi per andare a casa.
Fiero di me stesso accesi la vecchia Cevry e guidai verso casa di Mac canticchiando; suonai il campanello e sorrisi felice quando la sentii urlare un «Arrivo» scendendo le scale.
«Inchinati al signore del male». La salutai così.
Sghignazzò prima di spostarsi per farmi entrare ma non mi mossi.
«Hai bisogno di svagarti questa sera, no?» chiesi picchiettando con le dita sullo stipite della porta.
«Sì, pizza e film da te visto che hai casa libera per questa notte?». Non era molto convinta, ancor meno quando scossi la testa per dirle di no.
«Andrai alla festa delle cheer-leader con Ashley. Le ho dato il tuo numero». Aspettai con il sorriso che mi abbracciasse felice, ma l’unica reazione che ottenni fu un suo pugno sullo stomaco.
«Sei diventato scemo, Francis Hudson?». Si picchiettò la tempia con l’indice, come se avesse voluto marcare ancora di più il concetto.
«No. Mi sembrava una buona idea» mormorai massaggiandomi lo stomaco.
«Una buona idea? Ma mi hai visto? Hai visto lei? Dovrei andare a una festa di cheer-leader con Ashley, che tra l’altro non conosco visto che non le ho mai parlato escludendo quelle due lezioni di gruppo durante arte l’anno scorso? Per quale motivo?» chiese minacciosa.
«Perché oggi ha pianto e perché non ha nessuno. Potrebbe diventare tua amica. E non è così male come credi. In più mi faresti un favore enorme, sarei il tuo schiavo a vita, fino alla morte, compresa la morte». Cercai di diventare improvvisamente coccoloso.
«Il mio schiavo a vita? Farai tutto quello che ti chiederò?» gongolò divertita.
«Assolutamente» asserii.
«Anche uccidere uno dei tuoi migliori amici?» continuò con un ghigno.
«Assolutamente» dissi prima di rendermene conto. «No! No aspetta, non posso! Va contro la legge dello Stato della California» cercai di giustificarmi.
«Hai già giurato Francis!» sogghignò divertita.
«Vuol dire che ci andrai? Mi farai questo favore?». Sembravo un bambino in attesa di andare a Disney World.
«Però se non riesco a parlare con lei me ne torno a casa e la lascio lì, eh» chiarì alzando l’indice verso di me.
«Grazie! Grazie Mac! Sei l’amica migliore che io abbia mai avuto». La abbracciai di slancio e sentii le sue dita pizzicarmi il braccio.
«Sono l’unica amica donna che tu abbia mai avuto, Francis» precisò.
«Fa lo stesso. Sei la migliore. Chiamami se ci sono problemi» dissi più per salutarla che per altro.
Quando però, sei ore dopo, vidi il numero di Mac lampeggiare sullo schermo mio cellulare capii che qualcosa stava andando storto.
«Pronto?» risposi preoccupato.
«Vieni qui, subito. Muoviti» fu la risposta di Mac prima che attaccasse.
Che diavolo era successo?
 
 
 
 
Salve ragazze!
Il capitolo scorso non è piaciuto a tutte, vero? Spero che questo vi sia piaciuto di più… visto che cominciamo ad entrare nel vivo della storia con il prossimo capitolo!
Ed ora un’informazione che, giuro, non vorrei proprio darvi!
Probabilmente non avrò più una connessione internet da mercoledì, quindi non so ancora quali saranno le sorti degli aggiornamenti. Spero vivamente che il problema si risolva, ma potrebbero passare anche un paio  di mesi. In ogni caso, io scriverò lo stesso, in modo che appena ci sarà una connessione aggiornerò!
Darò comunque maggiori informazioni sull’account di Fb.
Come sempre ringrazio preferiti, seguiti, da ricordare e chi ha avuto il coraggio di inserirmi tra gli autori preferiti! :)
A venerdì prossimo, spero! +
 

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Capitolo 8
*** The hangover fairy ***


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Uscii di casa velocemente, maledicendo Mac.
Perché le cose non potevano mai andare come uno sperava?
Erano le dieci e mezza, Mac e Ashley dovevano essere nel pieno della festa, e invece? La mia amica mi aveva chiamato, arrabbiatissima, dicendomi di raggiungerle.
Guidai velocemente e quando parcheggiai, qualche metro prima della casa di Kristy, cercai di respirare a fondo per calmarmi.
Scesi dalla macchina strusciandomi con un gesto istintivo le mani sudate sui jeans e, un passo dopo l’altro, mi avvicinai alla villa.
Riuscivo già a sentire la musica a volume altissimo e anche gli schiamazzi della squadra di football.
Stavo entrando nella tana del lupo.
Un coro di voci si stava impegnando al massimo per incitare qualcuno a bere una birra.
Arrivato davanti a casa inorridii.
Dove avevo fatto andare Mac?
C’erano quattro ragazzi che, senza maglia, si rincorrevano nel giardino e si sparavano con un fucile a vernice; poco più avanti due coppie, seminascoste dietro a un cespuglio, si stavano baciando molto appassionatamente.
«Mac?» sussurrai spaventato.
Come avrei fatto a trovarla?
Mi tastai le tasche dei jeans, trovando il cellulare; inviai la chiamata e al secondo squillo Mac rispose.
«Dove sei?» chiese urlando, cercando di sovrastare la musica altissima.
«Fuori». Due ragazze mi indicarono ridacchiando quando mi videro parlare al cellulare.
«Arriviamo». Chiuse la chiamata senza aggiungere altro e io, leggermente nervoso perché non era quello il mio ambiente naturale, cominciai a camminare avanti e indietro lungo il giardino.
«Francis». Udii la voce di Mac chiamarmi e mi girai trovandola abbracciata ad Ashley che rideva senza controllo.
«Che è successo?». In pochi passi mi avvicinai raggiungendole e inorridii: Ashley sembrava ubriaca.
«Francis-sei-venuto-a-divertirti?» biascicò tirandomi una manata sulla spalla.
Non sembrava ubriaca, lo era.
«Si è ubriacata?» chiesi prima di tornare a posare il mio sguardo su Mac. Annuì continuando a sorreggere con un braccio Ashley.
«Non ha bevuto nulla, fino a quando Kristy si è avvicinata a lei e le ha detto che le dispiace per quello che Alex ha fatto. Stava recitando, ma Ashley non l’ha capito. Le ha offerto uno shot dopo l’altro e Ashely si è ubriacata. Ha cominciato a ballare davanti ai ragazzi che la prendevano in giro, così ho pensato fosse meglio chiamarti per riportarla a casa. Hanno già abbastanza foto della serata» sussurrò spostandosi di un passo a destra perché Ashley l’aveva spinta ridacchiando.
«Ti sei divertita, eh Kenzie?» chiese Ashley picchiettandole un fianco con il gomito.
«Da morire. La festa più divertente a cui sia mai andata». L’umorismo di Mac mi faceva sempre sorridere.
«Sono felice. Mi sto divertendo tanto anche io. Torniamo dentro? Ho la gola secca, devo bere». Ashley cercò di divincolarsi dalla presa di Mac, ma non riuscì a reggersi in piedi e scivolò a terra ridendo.
«Francis, è ubriaca, portala a casa» mi consigliò Mac aiutandomi a rialzare Ashley.
«Co-cosa? A casa sua? E come spiego ai suoi genitori che Ashley è andata a una festa? Non sanno nemmeno che ci conosciamo. Se trovo Eric che cosa gli dico? Ciao sono Francis, il fratello di Cris, questa è tua sorella ubriaca? No, non ci penso nemmeno». Scossi la testa con decisione per scacciare il pensiero di Eric che mi picchiava perché avevo riportato sua sorella a casa ubriaca.
«Non possiamo lasciarla qui». Mac si sfregò il viso con le mani cercando di pensare.
«Ragazzi, io devo…». Ashley non terminò nemmeno la frase, si voltò e vomitò.
«Oddio. Che schifo». Deglutii cercando di non respirare per non fare lo stesso.
«Perfetto. Francis, andiamocene da qui». Mac circondò le spalle di Ashley con le braccia e tentò di farla camminare lentamente, perché non vomitasse di nuovo.
«E se viene a dormire a casa tua?» chiesi, improvvisamente speranzoso.
In fin dei conti Ashley poteva essersi fermata a dormire da un’amica, non sapevo nemmeno che cosa avesse raccontato ai suoi genitori.
«E dove dorme? In giardino? Francis, a casa c’è mamma e anche Sally. Rimane solo il divano, e sai che non si riesce a dormire su quello».
Mugolai qualcosa senza senso e ripensai a quando, qualche capodanno prima, avevamo dormito un paio di ore su quel divano.
Il giorno dopo nessuno era stato in grado di muoversi per ore.
Era il divano più scomodo del mondo.
«Non possiamo lasciarla per strada» dissi, tornando a guardare Ashley che si massaggiava lo stomaco con una mano. Era ovvio che non potesse rimanere da sola.
«Perché non a casa tua? I tuoi genitori sono fuori città per il week-end. Domani appena si sveglia la riporti a casa sua e non ci sono problemi, no?». Mac sembrava entusiasta della sua idea.
«U-u-una donna a ca-ca-casa mia?». Spalancai gli occhi per la sorpresa e Mac ridacchiò.
«Andiamo Francis! La tua casa è enorme. Dormirai nella camera di Chris, o in quella dei tuoi genitori, o se preferisci sul divano al piano di sotto. È solo per questa notte. È ubriaca». Entrambi guardammo di nuovo Ashley, che si era accucciata per guardarsi le ballerine che portava ai piedi come se fossero la cosa più interessante che avesse visto in vita sua.
«E se torna qualcuno? Cosa dico?» borbottai, spaventato a morte.
Come avrei spiegato la presenza di una ragazza nel mio letto?
«Dici che l’hai ubriacata e poi violentata. Che cosa vuoi dire, Francis? Era ubriaca a una festa e non riusciva a tornare a casa. Non fare l’idiota». Mac aiutò Ashley a ritornare in piedi lentamente.
«Ashley, adesso vai a dormire a casa di Francis, ok?» sussurrò con un sorriso.
«Chi è Francis?» ridacchiò Ashley.
Perfetto, non si ricordava nemmeno chi ero.
«So-sono io» mormorai salutandola con la mano.
«Oh, Frank Fagotto. Sì, sì. Va bene». Annuì avvicinandosi a me e mi abbracciò di slancio.
«Buonanotte Francis. E mi devi un favore». Mac si voltò e iniziò a camminare, allontanandosi sempre più da noi.
«Mac! Mac! Dove stai andando?». Non potevo muovermi perché Ashley mi stava ancora abbracciando.
«A casa. Ho la macchina». Fece tintinnare le chiavi che teneva tra le mani.
«E io come faccio?». Cercai di non far vedere che ero disperato.
«Francis, andiamo. La fai salire in macchina e poi la fai entrare a casa tua. Segui l’istinto. Non è difficile» disse prima si sparire dalla mia vista, inghiottita dal buio.
«Ok, bene» inspirai a fondo cercando di ragionare. Dovevo farla salire in macchina. «Ashley, a-a-a-andiamo, devi salire in macchina. Ti porto a ca-ca-casa». Cercai di scostarla da me posandole le mani sui fianchi ma sussurrò qualcosa impossibile da capire. «Fo-fo-forza». Con un po’ più di forza riuscii a terminare quell’abbraccio dovuto all’alcool.
«Dove andiamo?» domandò confusa prima di scostarsi i capelli dalla fronte con una mano.
«A do-do-dormire». Aprii la portiera dell’auto e la feci salire senza farle sbattere la testa. «Aspetta che ti metto la cin-cin-cintura di sicurezza».
Mi schiarii la voce in completo imbarazzo non appena sfiorai il suo corpo per agganciargliela.
Velocemente salii in macchina. Quando l’accesi, l’autoradio iniziò a trasmettere una canzone a volume alto e Ashley si coprì le orecchie con le mani.
«Abbassa! Ti prego, mi scoppia la testa» urlò per sovrastare la musica.
Pigiai il pulsante e improvvisamente calò un silenzio innaturale dentro all’abitacolo.
«Grazie» sussurrò Ashley.
«Fi-figurati». Abbozzai un sorriso lanciandole un’occhiata sbieca, per non distrarmi dalla guida.
Il resto del viaggio lo passammo in silenzio.
Sentivo Ashley respirare lentamente, ma non volevo guardarla per evitare di fare qualche figuraccia.
«Si-siamo arrivati» bofonchiai sistemandomi gli occhiali sul naso, dopo aver parcheggiato la mia auto nel vialetto, come sempre.
Guardai Ashley e mi accorsi che si era pesantemente addormentata.
«Oh no. No, no, no». Mi sganciai la cintura di sicurezza muovendomi irrequieto sul sedile.
Non poteva dormire, io non ero abbastanza forte per portarla in casa.
Era magra, ma aveva anche tette, come mi aveva sempre fatto notare John, e i muscoli sulle mie braccia erano di fatto inesistenti.
Uscii dalla macchina e aprii lo sportello del passeggero toccandole leggermente una spalla. «Ashley? Siamo arrivati» sussurrai, per non farla svegliare di colpo.
«Mmhm» mugugnò sistemandosi meglio sul sedile e continuò a dormire beata.
«No, Ashley, forse non hai capito. Si-siamo arrivati». Parlai leggermente più forte, avvicinandomi al suo viso perché mi sentisse meglio.
Sorrise appena e non accennò a svegliarsi.
«Dannazione. Lo sapevo che sarei dovuto andare in palestra!» sussurrai tra me e me, andando ad aprire la porta di casa e bloccandola in modo che rimanesse spalancata.
Tornai verso l’auto e guardai Ashley.
Non potevo lasciarla dormire lì.
«Ok…» sussurrai abbassandomi per sganciarle la cintura di sicurezza. Alzai delicatamente un suo braccio e me lo portai dietro le spalle. «Sarebbe più facile se riuscissi ad aggrapparti, non ho molta forza» cercai di spiegarle scuotendola appena. Inutile.
Circondai con un braccio la sua schiena e con l’altro sostenni le sue gambe.
Non sapevo nemmeno come sollevarla.
Riuscii, dopo qualche minuto di prova, a prenderla in braccio e goffamente la tirai fuori dalla macchina.
Sospirai di sollievo ma mi accorsi di non avere poi molta aria nei polmoni, così decisi di velocizzare i movimenti: chiusi lo sportello dell’auto con un calcio e velocemente camminai verso l’entrata di casa.
Le braccia cominciarono a farmi male, Ashley stava diventando sempre più pesante e la porta d’ingresso sembrava allontanarsi sempre di più.
Appena varcai la soglia, chiusi il portone con un calcio e, a grandi passi, mi diressi verso il divano.
«Facciamo una pausa» sussurrai sedendomi, distrutto, lasciando che Ashley rimanesse seduta sulle mie gambe.
Piagnucolò qualcosa, stringendo più forte il braccio attorno alle mie spalle.
Si spostò con il volto a pochi centimetri dal mio collo e inspirò profondamente. Mi ritrovai a rabbrividire sentendo il suo alito sulla pelle.
«Hai cambiato profumo. Mi piace… Alex». Mi immobilizzai dopo aver sentito quel nome.
«Ashley, so-so-sono Francis» cercai di spiegarle, perché non si spaventasse nel lontano caso che potesse capire e tornare lucida.
«Certo. Va bene amore» sussurrò di nuovo, immergendo la mano tra i miei capelli e accarezzandomi il collo con il naso.
Oddio, qualcuno aveva alzato il termostato?
«Ashley…» cominciai di nuovo, scostandomi appena. Era ubriaca e non sapeva nemmeno chi fossi, doveva assolutamente dormire. «… è me-me-me-meglio se ti po-po-po-porto a letto». La sollevai di nuovo, cercando di farmi forza. Non volevo che cadesse.
In fin dei conti dovevo solo fare dieci scalini.
Uno.
Perché quella casa era stata progettata su due piani?
Due.
Perché non avevano potuto semplicemente svilupparla tutta al pian terreno?
Tre.
Rischiavo seriamente di lasciarla cadere.
Quattro.
Strinsi di più le dita della mano destra sulla sua canottierina perché non mi scivolasse per terra.
Cinque.
Riposo.
Respirai profondamente appoggiandomi con la schiena al muro e aiutandomi con una gamba a sostenere Ashley.
«Non so dove tu metta tutti questi chili, soprattutto non so nemmeno con quale forza le altre cheer-leader ti lancino in aria, però posso garantirti che non sei così leggera» bisbigliai, consapevole che stesse dormendo.
Gli altri cinque scalini li feci quasi di corsa.
Arrivai in camera mia e, senza nemmeno accendere la luce, raggiunsi velocemente il letto.
Distesi Ashley con attenzione, senza muoverla bruscamente, le posai la testa sul cuscino, le tolsi le scarpe e la coprii con una leggera coperta.
Mi fermai a guardarla per qualche secondo e improvvisamente mi ritrovai a sorridere.
Era bellissima, illuminata appena dalla luce emanata dallo schermo del PC, con i capelli sparsi sul mio cuscino, con quella buffa espressione sul viso.
Le accarezzai una guancia con l’indice.
In quel momento capii che era inevitabile innamorarsi di lei.
Era così bella, così dolce e così perfetta.
Quando sentì il mio dito solleticarle la guancia sorrise appena e si sistemò meglio sul letto.
«Buonanotte Ashley» mormorai chiudendomi la porta alle spalle. Tentai di fare piano per non svegliarla.
Andai in bagno a lavarmi il viso e fissai la mia immagine allo specchio.
Ero sudato per lo sforzo di portare Ashley in braccio; la cosa che mi preoccupava di più però era il sorriso idiota che non se ne voleva andare dalla mia faccia.
Quando, ore prima, avevo acceso la televisione, l’avevo fatto convinto di passare una serata tranquilla, davanti a un vecchio film della pay-tv, con la casa vuota.
Ora ero costretto a dormire sul divano di casa mia perché una ragazza occupava il mio letto.
Era la prima volta in diciassette anni che un individuo di sesso opposto al mio dormiva lì; se si escludevano mamma e nonna, naturalmente.
Indossai un paio di pantaloni della tuta, una maglietta grigia e scesi le scale.
Non avevo nemmeno più voglia di dormire.
Andai in cucina e, dopo aver aperto il frigo, presi una bottiglietta d’acqua e cominciai a berne qualche sorso.
Ashley, quella Ashley, stava dormendo nel mio letto.
Non riuscivo a pensare ad altro.
Tornai in sala e mi distesi sul divano accendendo la televisione per cercare un film abbastanza noioso da farmi dormire.
Quando, dopo una ricerca di quasi cinque minuti, trovai una commedia romantica di serie B, sorrisi sistemandomi meglio.
 
«Moccioso. Moccioso svegliati». Chris?
Mio fratello?
Non era al college?
«Mhm?». Avevo un braccio che mi copriva gli occhi. Era troppo pesante perché riuscissi a muoverlo.
«Moccioso, muoviti. Dobbiamo andarcene, entro poche ore ci sarà la fine del mondo». Era decisamente mio fratello.
Ma perché mi stava parlando?
Poi i miei neuroni e le mie sinapsi cominciarono a lavorare e compresi quello che mi stava dicendo.
Fine del mondo?
Mi alzai a sedere di scatto e, sempre tenendo gli occhi chiusi, cercai gli occhiali sul mio comodino; mi scontrai però con qualcosa di morbido, qualcosa che assomigliava al mio divano.
Improvvisamente ricordai che mi ero addormentato davanti alla tv accesa.
Trovai gli occhiali sopra al tavolino di vetro e, una volta indossati, guardai mio fratello.
«Che succede? Fine del mondo?» chiesi assonnato, non riuscendo ancora a capire quello di cui stava parlando.
«Sì. Sono andato in camera tua perché non mi ero accorto che eri qui, e indovina? Una ragazza sta dormendo sul tuo letto! La fine del mondo è vicina, altrimenti perché mai ci sarebbe una biondina al piano di sopra, eh?». La pacca cameratesca che mi diede sulla spalla mi fece immobilizzare, ma più di tutto ci riuscirono le sue parole.
Biondina.
Camera.
Letto.
Ashley.
Che l’avesse riconosciuta?
«Chris, non è come sembra…» cercai di giustificarmi alzandomi dal divano.
«Oh, certo. Tranquillo moccioso. Casa libera per il week-end, nessuno tra i piedi… sono più vecchio di te». Ammiccò verso di me e io provai orrore per i suoi pensieri.
«No. Lei era a una festa ubriaca e non sapevo dove abitava…». Una piccola bugia ci poteva anche stare, visto che comunque non potevo dirgli che era la sorella di uno dei suoi migliori amici. «… così l’ho portata a casa». Era la scusa più simile alla verità che potessi inventarmi.
«Non la conoscevi nemmeno? Mi stupisci moccioso. Non pensavo fossi uno da una botta e via.  Allora sono riuscito a insegnarti qualcosa, anche se in ritardo» sogghignò dopo aver tirato un’altra pacca sulla mia spalla.
«No, Chris… lei è…». Non potevo dirglielo. «…una mia compagna di scuola, la stavano prendendo in giro e non volevo che lo facessero». Mi stavo arrampicando sugli specchi.
«Ehi, non devi darmi spiegazioni. Ora vi lascio da soli, tranquillo. Ero solo venuto a vedere se ti serviva qualcosa… ma a quanto vedo ci hai pensato da solo» ghignò prendendo uno zaino e avvicinandosi alla porta.
«Chris, aspetta. Dove stai andando?». Dovevo spiegargli come stavano le cose, tralasciando l’identità della ragazza, magari…
«Vado a trovare Eric. È da un paio di settimane che non ci vediamo. Usciamo a bere qualcosa, ma non credo di tornare, quindi dacci pure dentro, fino a quando hai casa libera… e mi raccomando, stai attento». Mi ammonì con l’indice prima di chiudersi la porta alle spalle.
Oddio.
Oddio, mio fratello pensava che avessi fatto l’amore con una ragazza.
Quello che non sapeva, fortunatamente, era il suo nome.
Sospirai di sollievo pensando che per una volta la fortuna fosse dalla mia parte.
Non sarebbe ritornato e Ashley avrebbe potuto svegliarsi tranquillamente, poi l’avrei riaccompagnata di corsa a casa sua.
Dopo alcuni minuti, in cui ero rimasto a guardare la porta d’entrata chiusa, pensai di svegliare Ashley.
Non poteva di certo non tornare a casa.
Presi due aspirine e le sciolsi dentro a un bicchiere d’acqua; non sapevo nemmeno se fosse il rimedio giusto, visto che non mi ero mai ubriacato, ma ero quasi sicuro che in tutti i film facessero così.
Salii le scale lentamente, rilassandomi grazie al rumore dell’aspirina che si scioglieva.
Quando aprii la porta della mia camera presi un respiro profondo.
«Ashley? A-A-Ashley sono Fr-Fr-Francis». Meglio mettere le cose in chiaro.
«Mmhm, la testa» bofonchiò girandosi tra le coperte.
«Ashley, sono Francis, s-s-s-sei a casa mia, qui ho de-de-delle aspirine per te». Meglio non dirle della festa, si sarebbe potuta spaventare.
«COSA?». Si alzò a sedere di scatto, facendomi sussultare spaventato. «Che cosa ci faccio a casa tua?» continuò, portandosi una mano sulla fronte e distendendosi di nuovo.
«Ie-ie-ieri sera sei an-an-andata alla festa con Mac, ma ti s-s-sei ubriacata e sono venuto a pr-pr-prenderti io. Non sapevo co-co-come farti to-to-tornare a casa e ti ho portato da me. Ma ho do-do-do-o-rmito sul divano io, non pr-pr-preoccuparti». Dire la verità… sempre cosa buona e giusta.
«Ho bisogno delle aspirine». Allungò la mano, continuando a tenere un braccio davanti agli occhi.
Sorrisi avvicinandomi e le passai il bicchiere.
«A-a-a-apro la finestra» annunciai prima di schiudere le ante di colpo e illuminare la stanza.
«No così» si lamentò Ashley.
«Sc-sc-scusa, ma è pieno giorno, e tu hai bisogno di svegliarti» sussurrai sedendomi su una sedia a qualche metro dal letto.
Ashley ingoiò il contenuto del bicchiere tutto d’un fiato e poi rabbrividì.
«Grazie» mormorò aprendo con cautela gli occhi e appoggiando il bicchiere vuoto sul comodino.
«No-o-on c’è problema». Divertito continuai a osservarla.
Aveva gli occhi neri per il trucco colato della sera prima, i capelli erano tutti arruffati e la maglia era messa male.
«Sono un disastro, non è vero?» chiese legandosi i capelli con un elastico che aveva al polso.
Non potevo di certo dirle che per me era bella anche così.
«No-o-n pr-proprio…» bofonchiai sistemandomi gli occhiali.
Sbuffò sedendosi sul bordo del letto. «Francis, volevo ringraziarti per quello che hai fatto. In pochi mi avrebbero portata via da quella festa e dato un alloggio per la notte» sorrise timidamente e io arrossii per la vergogna.
«Fi-figurati. Vuoi qualcosa da mangiare?» chiesi per cambiare discorso e alleggerire l’atmosfera.
«Non saprei… immagino di aver dato il meglio di me ieri sera, no?». Con le dita cominciò a torturare la mia coperta e io capii che non potevo farla sentire in colpa.
«U-u-un po’, ma eravamo ne-ne-nel giardino di Kr-Kr-Kristy, quindi direi che non ci sono pr-pr-problemi» scherzai facendola ridere. «Vado a preparare qual-qual-qualcosa allora…». Mi alzai velocemente dalla sedia dirigendomi verso la porta quando Ashley mi chiamò.
«Francis… lo so che è chiedere troppo… e forse, anzi senza forse, è anche imbarazzante, però… potrei farmi una doccia veloce? Puzzo come una distilleria» farfugliò.
«Oh, sì. Sì, ce-ce-certo. Sc-sc-scusa se non ci ho pensato prima. I-i-i-l bagno è qui a destra, la se-se-seconda porta. Fai come se fo-fo-fossi a casa tua. Io, io… ehm… vado a preparare qual-qual-qualcosa». Le mie guance erano in fiamme, non sapevo che cosa dire e soprattutto speravo di aver detto qualcosa di sensato.
«Grazie» bisbigliò appena, seguendomi fuori dalla stanza.
Quando sentii la porta del bagno chiudersi corsi veloce giù dalle scale.
Improvvisamente mi serviva dell’acqua.
Aprii il frigo e bevvi direttamente dalla bottiglietta, prosciugandone quasi metà.
Dovevo stare tranquillo.
Non c’era assolutamente niente che non andasse.
Ashley Foster si stava solo facendo la doccia, nuda, al piano di sopra.
Sì, perché nessuno si faceva la doccia in costume.
Dovevo tenere la mente occupata… cucinando, magari.
Ma io sapevo cucinare? No, diamine!
Non sapevo nemmeno fare la pizza, nonostante tre sere a settimana lavorassi in pizzeria per consegnare gli ordini a domicilio.
Che cosa cucinava di solito mamma?
Lei cucinava tante cose, ma come faceva?
Ok, avrei dovuto solo mantenere la calma; era una colazione, non un pranzo.
Non ci sarebbero stati waffel con sciroppo d’acero e nemmeno frittelle, potevo prendere marmellata e burro d’arachidi, qualche fetta di pane tostato e qualche merendina preconfezionata.
Aprii ogni singolo scaffale e posai sulla tavola quasi tutto quello che mi capitò per le mani; non sapevo nemmeno i suoi gusti.
«Francis?». Quando la voce di Ashley gridò il mio nome dal piano di sopra mi irrigidii.
Cosa voleva, che le spalmassi il sapone sulla schiena?                      
Oddio, che cosa stavo pensando?
John mi aveva contagiato con i suoi pensieri stupidi.
«Sì?» risposi salendo le scale per raggiungerla.
«Come diavolo si apre questa porta?» urlò picchiando contro la porta della mia stanza. Ma come mai era tornata in camera mia? Pensavo fosse in bagno.
Ridacchiai avvicinandomi di qualche passo.
«Sp-sp-sp-spostati un po’ in-in-indietro».
Mamma mi aveva sempre rimproverato perché non volevo cambiare quella serratura difettosa.
Picchiettai con il pugno per due volte vicino alla maniglia e la abbassai, facendo scattare la serratura.
«Grazie, pensavo di rimanere chiusa qui dentro» sospirò Ashley sedendosi sul bordo del letto.
«Sì, è dif-f-fettosa, avrei do-do-dovuto avvertirti». Cominciai a camminare nervoso per la stanza.
«È un horror?» chiese improvvisamente, dopo qualche minuto di silenzio.
«Co-cosa?». Di che cosa stava parlando?
Seguii il suo sguardo che si era posato su una locandina dei Vampire Weekend e non riuscii a trattenermi cominciando a ridere.
«Che c’è?». Era stupita, non si rendeva minimamente conto di quello che aveva detto.
«So-so-sono un gr-gruppo musicale» biascicai tra una risata e l’altra.
«Ah». Si immobilizzò e arrossì, rimanendo con lo sguardo rivolto verso il basso.
«Ehi, dai. No-o-n fa nulla. No-o-n tutti li co-conoscono» cercai di rimediare alla gaffe che avevo fatto.
Sorrise timidamente alzando il viso. «Quello però, anche se non l’ho mai visto, so che è un film» indicò la locandina con il logo di Star Wars che era appesa sopra alla testiera del mio letto.
«Sì, be’, di-diciamo che sono un po’ di film. Ma sul se-serio no-o-n ne hai mai visto uno?». Ero sorpreso.
Chi non aveva mai visto almeno un film della saga Star Wars?
Era come non aver visto Il Padrino.
Impossibile.
«No, dovrei?» chiese timorosa.
«Dovrei? È qual-qualcosa che bi-bisogna fare». Era come imparare a leggere.
Indispensabile.
Inaspettatamente il cellulare nella mia tasca cominciò a vibrare e io sussultai spaventato.
«Scu-scusami un attimo» mormorai uscendo dalla mia camera e socchiudendo la porta.
Guardai il display confuso.
Perché Mac mi stava chiamando?
«Mac? Che succede?». Non la salutai nemmeno.
«Ciao, come procede?» chiese, leggermente assonnata.
«Bene. Sì». Come potevo farle capire che Ashley era all’ascolto?
Era di per sé già una situazione insolita e decisamente imbarazzante.
«Oh, non puoi parlare, giusto?». Mac era un genio.
«Esatto, allora ci sentiamo più tardi, no?». Cercai di non far capire ad Ashley quello che ci stavamo dicendo.
«Perfetto. Ciao». Mac chiuse la conversazione e rientrai nella mia stanza con un sorriso.
«Scu-scusami, era Mac». Probabilmente l’aveva sentito e non mi andava di farla passare per una spiona.
«Forse dovrei scusarmi con lei, non mi sono comportata bene ieri sera. L’ho lasciata da sola». Sembrava che stesse pensando ad alta voce. «Abita molto distante da qui?» domandò e mi guardò con occhi confusi.
«No, saranno ci-ci-cinque dieci minuti a pi-pi-piedi. Se vuoi ti a-a-a-accompagno» proposi, felice che Ashley in qualche modo si sentisse in dovere di chiarire quello che era successo la sera prima con Mac.
«Mi faresti un grande piacere. Anche perché dovrei tornare a casa. Ieri sera avevo detto a mia mamma che non sapevo se avrei dormito a casa di un’amica, ma non vorrei che si preoccupasse». Di nuovo quel tono ansioso.
«Pu-pu-puoi chiamarla con il telefono di casa, se vu-vu-vuoi» consigliai sorridendole.
«Grazie Francis, sei gentile. Però forse è meglio che vada da Mac e poi torni a casa. Potresti accompagnarmi?».
Subito?
Dovevo accompagnarla subito?
E la nostra colazione assieme?
«C-c-certo, pr-pr-prendo le chiavi della macchina» sorrisi senza farle vedere che ero rimasto deluso a causa delle sue parole.
Salimmo in macchina e, una volta arrivato davanti a casa di Mac, Ashley si girò per salutarmi.
«Grazie di tutto Francis. Ci vediamo lunedì a scuola, allora». Mi sorrise e prima di scendere posò le sue labbra sulla mia guancia.
Quando, dopo aver chiuso lo sportello dell’auto, sventolò la mano, riuscii solo a risponderle con una debole smorfia.
Ashley Foster mi aveva dato un bacio sulla guancia.
Ashley Foster aveva dormito nel mio letto.
Ashley Foster si era fatta una doccia nel mio bagno.
Ashley Foster mi aveva detto “Ci vediamo lunedì a scuola”.
 
 
 
 
 
Salve ragazze!
Allora, ecco svelato che cosa era successo alla festa, visto? :P
Questo capitolo era uno dei primi che avevo pensato, mi sono divertita veramente tanto a scriverlo e spero che vi sia piaciuto leggerlo.
Per i prossimi capitoli non so ancora quando li pubblicherò, come potete vedere questo l’ho postato in anticipo perché aggiorno non appena trovo un po’ di connessione.
Sapete per caso se si può aggiornare anche da cellulare?
Se qualcuno lo sa e me lo fa sapere mi farebbe un grande piacere! :)
Nel frattempo ringrazio di nuovo Malia85, che nonostante un esame e la febbre alta ha trovato il tempo e la voglia di correggere il mio capitolo! Ma dove la trovo un’altra beta come lei!? :)
Come sempre ringrazio preferiti, seguiti e da ricordare. Chi legge e chi commenta!
Spero di sentirvi presto.
Un bacione!

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Capitolo 9
*** Bad news, good news ***


rotn








Quella domenica sera, durate la nostra notte “per soli uomini”, cercai di non rivelare troppi dettagli a Zac e John.
Inutile dire che non ci riuscii.
John mi fece il terzo grado chiedendomi particolari piccanti, ovviamente inesistenti.
La sua domanda più frequente era: «Ma sei riuscito a vederle le tette o no?».
Alla fine avevo deciso di non prestargli più attenzione.
Zac invece mi aveva ascoltato, conquistato dal mio racconto. Si era appuntato ogni minimo particolare ed ero sicuro che avrebbe rimuginato su quello che era successo per giorni prima di dirmi il suo verdetto.
Quando il lunedì mattina passai a prenderli, John iniziò a ridacchiare insistentemente tirandomi continue pacche sulla spalla.
«Allora? Credi che ti parlerà oggi o sarà troppo imbarazzata?» commentò scendendo dalla macchina e sbattendosi lo sportello alle spalle.
«John, smettila. Non è successo niente, perché dovrebbe essere imbarazzata?» sbottai innervosito sedendomi sulla solita panchina e controllando l’ora.
«Ma non si sa mai. Magari si vergogna perché ha dormito a casa tua». Si sedette a fianco a me e insieme fissammo Zac, ancora in piedi, che si dondolava allegramente sulle gambe.
«Ragazzi». La voce di Mac mi fece sorridere istintivamente. Ritornai con la mente al  sabato pomeriggio quando ci eravamo sentiti, dopo che Ashley aveva lasciato casa sua; le avevo raccontato a grandi linee quello che era successo da me. Avevamo riso assieme di Ashley che le aveva confidato di non ricordarsi assolutamente nulla, e anche quando si era scusata per il suo comportamento.
«Mac, hai sentito la novità? Ashley ha dormito da Francis» cominciò John circondandomi con un braccio le spalle.
«Sì. Sono informata sugli eventi, visto che Ashley poi è passata a casa mia». Continuava a guardare a destra e a sinistra, prestando poca attenzione a noi.
«Va tutto bene Mac? Stai cercando qualcuno?» chiesi fissandola, preoccupato.
«Veramente…». Si mosse nervosa, agitando la mano. «Ora non sto aspettando più nessuno» annunciò con un sorriso.
«Ciao». Spalancai gli occhi per la sorpresa non appena sentii una voce parlare in modo timido, appena accennato.
Mi girai di scatto e vidi Ashley proprio lì, di fronte a me, imbarazzata, che si stava torturando le mani.
«A-A-A-A-Ashley?». Idiota, chi poteva essere, la gemella cattiva?
«Ciao Francis» salutò alzando appena lo sguardo.
«Ragazzi, oggi pranzerò con lei, quindi non aspettatemi». Mac sembrava tranquilla, come se avere Ashley a pochi metri di distanza fosse una cosa normale.
«Potete pranzare con noi, non siamo ancora diventati cannibali» scherzò John sorridendo ad Ashley che ricambiò il gesto impacciata.
«Magari domani, che ne dici Ashley?». Mac si sistemò la borsa con i libri.
«Sì, magari domani» bofonchiò lei in risposta.
«O-o-o-ok. A-a-allora oggi po-po-pomeriggio fa-fa-facciamo lezione as-as-as-assieme?». Perfetto. Ora ero anche ritornato a balbettare come i primi tempi.
Avanzavo come i gamberi.
«Non ci sono problemi Francis, la aiuto io». Mac ammiccò verso di me senza farsi vedere dagli altri e io cercai di trattenere gli occhi nelle orbite per non far notare la mia sorpresa.
A che gioco stava giocando?
L’unica ora che potevo passare con Ashley mi veniva soffiata dalla mia migliore amica.
«Va bene, Mac». Socchiusi gli occhi per farle capire che mi ero arrabbiato.
«Ok, allora ci vediamo in giro. Andiamo, Ashley?». Il sorriso amichevole che Mac le rivolse non era di certo di buon auspicio per me.
«Traditrice» sibilai senza che potesse sentirmi.
«Che cosa sta facendo Mac? Vuole arruolarsi nelle ragazze pon-pon?». John era quasi più sconvolto di me, come se fosse stato possibile.
«Io credo, ma giuro che lo credo solo, che Mac stia cercando di farsi amica Ashley» sussurrò Zac, decisamente non convinto delle sue stesse parole.
«No, non credo. Perché lo farebbe? Perché si farebbe amica Ashley? A quale scopo?» borbottò John scettico avviandosi verso l’aula.
C’era uno scopo.
Io.
L’avevo capito subito, e anche Zac.
Solo John non si era reso conto che Mac stava facendo un favore a me; anche ad Ashley a dire la verità, visto che non le erano rimaste praticamente amiche.
«Lo fa per me. E per Ashley» bofonchiai sedendomi di fianco a John, in prima fila.
«E perché mai farebbe una cosa del genere?». John delle volte era leggermente ottuso.
Non si rendeva conto di quello che diceva; si trasformava nell’uomo più egoista del mondo senza accorgersene.
«Perché sa che mi piace, e perché Ashley al momento non ha amiche» sussurrai quando Kristy ci superò per prendere posto in ultima fila, a lato del pollaio capitanato da Kathrina che stava starnazzando.
«Ciao Hannah! Passato bene il week-end?». Le chiese John con un sorriso che probabilmente gli avrebbe slogato la mascella da un momento all’altro.
«Ciao John! Sì, l’ho passato bene, tu?». Perché non si decidevano semplicemente ad uscire una volta per tutte?
Hannah diventava color carminio ogni volta che John le rivolgeva la parola e lui iniziava a sudare e a parlare a sproposito ogni volta che si incontravano.
Anche Zac aveva capito che si piacevano.
«Sono felice che ti sia piaciuto… cioè, che tu l’abbia passato bene». Sorrise togliendosi gli occhiali e pulendoli sulla maglia.
Mi coprii gli occhi con una mano scuotendo la testa.
Non c’erano speranze per John.
Inaspettatamente Zac intervenne. «Hannah, hai impegni per domani sera?».
«Non saprei» rispose Hannah confusa, lanciando strane occhiate a John che ora fissava Zac furioso.
«Sì Zac, non saprebbe. Hannah ti andrebbe di uscire con me domani sera?». Impossibile. Secondo me non era minimamente consapevole di aver parlato.
«Io… sì» sussurrò lei imbarazzata, giocherellando con una matita battendola ripetutamente sul suo banco.
«Bene, passo a prenderti verso le otto, allora?». John aveva appena invitato Hannah ad un appuntamento?
«Va bene». Il suo sorriso e il rossore sulle sue guance che le aveva nascosto tutte le lentiggini era chiaramente sintomo del suo interesse.
Zac era un genio!
Aveva trovato il modo di organizzare un appuntamento a quei due!
«Zac, sei ufficialmente un genio!» mormorai sorridendo, quando Hannah andò finalmente a sedersi al suo banco.
«Zac, sei ufficialmente un idiota!» sibilò John brandendo la matita che Hannah aveva da poco torturato, agitandola come se fosse stata un’arma.
«Era l’unico modo per farti svegliare, John. Non mi interessa Hannah». Zac era fiero di se stesso.
«Ma… io credevo che…». John era decisamente confuso.
«Dovresti ringraziarlo. Se non ci fosse stato lui a quest’ora staresti ancora sbavando dietro ad Hannah e alle sue lentiggini» scherzai abbassando il tono della voce perché il professore era entrato in aula.
«Io non so che cosa dire». John guardò Zac tutto contento.
«Un grazie va più che bene. Ma se vuoi darmi anche cento dollari non ci sono problemi». Alla battuta di Zac ridacchiai aprendo il libro alla pagina indicata dal professore.
«Grazie. Vorrei poter fare lo stesso con te, ma non c’è nessuna tipa che ti piace…» sussurrò John prima che il professore lo richiamasse al silenzio. Sussultò, ma il sorriso ebete sulla sua faccia non scomparve.
 
Quando entrammo in mensa, dopo le lezioni, tutti e tre rimanemmo piacevolmente sorpresi di vedere Mac e Ashley ridacchiare.
«Guarda come ridono. Chissà di che cosa stanno parlando» sussurrò John. Buffo, il sorriso idiota era ancora là.
«Magari di ragazzi. O magari stanno prendendo in giro Frank» dedusse Zac prima di prendere il vassoio e le posate dal carrello.
«“Oh Mac, è stato così romantico! Ho dormito nel suo letto e la mattina abbiamo fatto colazione assieme” “Ashley, ti credo, dovresti vedere come ridiamo quando siamo solo noi due. Dovremmo fare una cosa a tre con Francis, che ne pensi Ash?”». John che si inventava i dialoghi parlando in falsetto era un vero spasso.
«Smettila John». Cercai di tornare serio con scarsi risultati.
Dopo aver preso qualcosa di commestibile andammo a sederci al nostro solito tavolo, e io  continuai a lanciare occhiate ad Ashley e Mac. Era bello vederle sorridere.
«Ragazzi, cosa indosserò domani sera?» chiese improvvisamente John, immobilizzandosi con le posate a mezz’aria.
«Sei peggio delle do…». Inorridii non completando la frase non appena mi accorsi che Alex si era avvicinato al tavolo di Ashley e Mac.
Come se Zac e John avessero capito che cosa stavo guardando, si voltarono anche loro, per controllare.
«Bene, bene, bene. Ma chi abbiamo qui? Ashley e una ragazza sconosciuta» cominciò a urlare, per attirare più sguardi possibile su di lui.
Che cosa voleva?
L’aveva umiliata davanti alla scuola e si era umiliato più volte da solo…
Perché continuava a mettere il dito nella piaga?
Perché non lasciava perdere, continuando a stare con quell’oca di Kathrina e non la smetteva di far soffrire Ashley?
«Ciao Alex» rispose Ashley tranquilla, continuando a sorridere.
«Ti stai divertendo con gli sfigati della scuola? Sei scesa in basso» la punzecchiò di nuovo, incrociando le braccia al petto.
«Veramente mi sto divertendo con una persona che non è falsa». Ashley sottolineò l’ultima parola e io esultai.
Lei sapeva il fatto suo.
«Veramente io qui vedo solo una nerd con i capelli tinti». Alex indicò Mac che rimase seria a guardarlo.
«Che cosa vuoi, Alex?» sospirò Ashley prima di pulirsi le mani con una salvietta di carta. «Ti sei già reso ridicolo da solo, perché vuoi continuare a farti del male?». Il tono di voce che aveva usato era senza dubbio di grande effetto; sembrava stesse parlando con un bambino di due anni.
«Io mi sono reso ridicolo?» ghignò Alex avanzando di un passo verso di lei.
«Sì, tesoro. Lo stai facendo anche adesso». Ricominciò a mangiare tranquillamente, masticando e assaporando un pezzo di pizza, probabilmente fredda. «Mac, non trovi che sia squisita?» chiese Ashley, come se Alex non fosse stato di fronte a lei.
«Ashley, stavamo parlando». La voce di Alex si alzò di qualche tono, si stava arrabbiando.
«Scusami, Mac». Ammiccò verso di lei e poi tornò a guardare negli occhi Alex. «No. Ti stavi rendendo ridicolo e io stavo cercando di evitarlo. Non voglio più parlarti». Abbassò lo sguardo e continuò a mangiare, lasciando Alex senza parole e fermo davanti a lei, davanti agli occhi di tutta la scuola.
Senza aggiungere altro, a grandi passi, Alex si diresse verso l’uscita della mensa, sbattendo la porta.
Il silenzio che seguì fu più che eloquente.
Alex aveva fatto una figuraccia.
Probabilmente, entro una settimana qualche altro scoop avrebbe spazzato via l’immagine di Alex deriso da tutti gli alunni, ma sarebbe rimasta nella mia mente per sempre.
Ashley era una ragazza forte, molto più forte di quello che poteva sembrare.
Pochi secondi dopo cominciarono i borbottii; Ashley continuò a mangiare, annuendo a qualcosa che le aveva sussurrato Mac.
«Wow. È stata… è stata un’esperienza indimenticabile». Zac diede voce alla mia idea e non potei che annuire, non sapendo che cosa aggiungere.
«Ashley ha tutta la mia stima. L’ha conciato per le feste! L’ha lasciato senza parole». John cominciò a gesticolare, infilzando con la forchetta pezzi di verdura a casaccio.
«Lei… lei è unica» sussurrai guardandola mentre cercava qualcosa nella borsa prima di alzarsi e uscire velocemente dalla mensa, seguita da Mac.
Chissà dove stavano andando.
«Oh no. Spero che non se ne sia accorto nessuno». Zac sbuffò, quasi deluso.
«Che cosa è successo?» chiesi curioso.
«Credo che Ashley stesse piangendo. Non ne sono sicuro ma quando Mac stava per chiudere la porta mi sembra di aver visto Ashley soffiarsi il naso». Zac sembrava quasi dispiaciuto.
«Magari è allergica a qualcosa» provò a giustificarla John, con scarsi risultati.
«Dite che dovrei andare da loro?». Non sapevo nemmeno che cosa fare.
Andare da Ashley e Mac, chiederle se fosse tutto apposto, magari consolare Ashley.
«C’è Mac con lei. Lascia che risolvano la faccenda tra donne». Zac portò una mano sulla mia spalla per consolarmi prima di alzarsi per uscire dalla mensa.
«Sì, ma magari ha bisogno di una spalla su cui piangere…» provai di nuovo, sperando che magari la scusa reggesse.
«Francis, lascia che se la vedano da sole. Magari con Mac si trova meglio perché è una ragazza. Non possiamo saperlo. Mac verrebbe a cercarti se ci fosse bisogno di te, no?». John sembrava quasi più saggio del solito, non sapevo se fosse per l’euforia dell’appuntamento della sera dopo o per altri motivi ignoti.
Sì, Mac mi avrebbe chiamato, Mac mi avrebbe chiamato.
Annuii più a me stesso che a lui e mi diressi verso la palestra seguito dai ragazzi.
«Chissà qual è la notizia che deve darci il professor Moriarty» brontolò pensieroso Zac mentre indossava un paio di pantaloni sportivi.
«Una maratona magari. O qualche tipo di staffetta dei licei della contea» azzardai piegando la maglia che mi ero tolto.
«Se fosse così di certo noi non dovremmo partecipare. Credo sia una cosa di classe, altrimenti perché l’avrebbe detto a tutti?». John si sistemò la fascetta in testa.
Quella fascetta ridicola che non eravamo riusciti a bruciare anni prima.
Diceva che gli portava fortuna durante l’attività fisica.
Sospettavo che John credesse che la sua fascetta gli donasse dei superpoteri.
Che cosa stupida!
Tutti sapevano che non esistevano i superpoteri!
Lo sapevo anche io, nonostante avessi creato un alterego dotato di superpoteri solo grazie a degli stupidi occhiali per astigmatici.
Quando in palestra incontrammo Mac, non potei fare a meno di avvicinarmi a lei e chiederle di Ashley.
«Come sta?» sussurrai sistemandomi gli occhiali.
«Bene, diciamo. Spero che non si sia visto che le veniva da piangere, in mensa». Mac si arrotolò le maniche della maglia evitando di prestarmi attenzione per non attirare sguardi.
Anche se, pensandoci, era inutile.
Tutti sapevano che Mac era una mia amica.
«No, non si è visto nulla. È stata un mito prima» mormorai sorridendo al ricordo di Ashley che zittiva Alex con facilità.
«Sì, gliel’ho detto anche io». Mac sembrava soddisfatta.
«Che lezione ha ora?». Probabilmente si sarebbe trovata in un’aula con Alex e Kathrina, visto che condividevano lo stesso piano di studi.
«Credo Biologia. Sì, ci dovrebbero essere anche Alex e Kathrina». Mac rispose proprio a quello che stavo pensando e la guardai con finto orrore. «Stavi pensando a quello, no?» ridacchiò sistemandosi i capelli in una coda.
«Tu leggi nel pensiero, dimmi la verità» la accusai, sedendomi per terra.
«No Francis, semplicemente ti conosco come le mie tasche e so quello che pensi» sussurrò per non farsi sentire dal professore che era entrato.
«Ragazzi, sedetevi per favore». Il professor Moriarty sembrava preoccupato. Attese qualche secondo, fino a quando i mormorii cessarono, e poi ricominciò a parlare. «Come tutti sapete siete all’ultimo anno, tra pochi mesi finirete anche quest’anno da Senior e diventerete delle matricole del College. Il consiglio dei professori si è riunito in questi giorni, e abbiamo deciso di riproporre la stessa esperienza dell’anno scorso». Fece una pausa per aumentare la suspance e guardai Mac, John e Zac che continuavano a rivolgere lo sguardo al professore, confusi quanto me. «Andrete per due giorni a visitare un’università prestigiosa, dormirete in un hotel poco fuori dal campus e seguirete le lezioni che più vi interesseranno». Concluse con un sorriso e continuai a guardalo stupito.
Due giorni al College? Due giorni di uscita?
«In quale College, professore?» chiese Hannah improvvisamente.
«Stanford».
Stanford?
Era una delle più prestigiose università Californiane, distava poche ore di strada.
Saremmo andati a Stanford per due giorni?
«Quando sarebbe?». Justin, il biondino che suonava il sax sembrava così felice della notizia che ridacchiai senza volerlo.
«Dal 12 al 14 gennaio». Mancavano ancora un paio di mesi, ma ero elettrizzato all’idea.
«Mi scusi, ma è obbligatorio o si può decidere?». Mandy, lei faceva sempre domande idiote.
C’era anche da chiederlo? Anche se non fosse stato obbligatorio tutti sarebbero andati.
Una notte fuori casa, da soli.
«No, non è obbligatorio, Moore, ma sarebbe bene che ci foste tutti. Dopo lo riferirò anche all’altra metà di voi». La squadra di football e le cheer-leader quindi.
Avrei trascorso due giorni con Ashley.
Due giorni assieme a lei, Zac, Mac, John, Alex, Kathrina, Luke e altre cinquantadue persone.
«Ragazzi, è una notizia bellissima» sussurrai felice guardando John e Zac, anche loro entusiasti della novità.
«Ci divertiremo tantissimo, Frank!» bofonchiò John con aria sognante.
«Mac, che cosa ne pensi?» chiesi improvvisamente confuso. Sembrava triste.
«Sì, è una bella idea, non c’è che dire…». Non sembrava pienamente convinta delle sue parole.
«Ma?». Di certo c’era qualcosa.
«Ma non lo so, non mi convince». Curvò le spalle come se si fosse vergognata di quello che aveva detto.
«Stai scherzando Mac? È un’idea grandiosa, e tu ci verrai! Verrò a casa tua a prenderti con la forza. Non puoi non venire! Ci divertiremo un sacco!». Zac era di certo su di giri.
Mac arrossì cominciando a correre, come il professore ci aveva appena detto di fare.
«Io… io ci penserò». C’era qualcosa di strano in Mac negli ultimi tempi.
Dovevo assolutamente chiarire questa situazione con lei, lasciando da parte i miei problemi sull’inesistente relazione con Ashley.
«No che non ci penserai, Mac! Tu vieni e basta. Ci divertiremo tanto. Io, tu, Frank e Zac. Magari anche Hannah. Sai che ho un appuntamento con lei domani sera?». John era orgoglioso del suo appuntamento.
«Spiega tutto bene, John. Ammetti che è merito mio, che senza il mio aiuto non avresti mai avuto il coraggio di chiederle quell’appuntamento». Zac cominciava ad ansimare per lo sforzo della corsa.
«Certo che no! Tu volevi soffiarmi la ragazza! Mac, pensa che le aveva chiesto un appuntamento prima di me. Per fortuna Hannah non ha accettato». John non aveva ancora capito che il coraggio di chiederle di uscire l’aveva trovato solo attraverso la rabbia.
«Se posso dare il mio modesto parere, Zac è stato un genio. Ha chiesto un finto appuntamento ad Hannah, John si è arrabbiato, così, dopo anni di sofferenza ha trovato il coraggio di invitarla. Semplicemente geniale, non trovi Mac?». Cominciavo a parlare sempre più lentamente a causa della fatica. Perché il professor Moriarty non ci faceva fermare?
«Un genio». La risposta di Mac era quasi ironica.
«Mac, insomma! Pochi avrebbero avuto la genialità di pensare a un piano così diabolico! Quasi nessuno si era accorto che Hannah era cotta di John, io sì! Parlo la lingua delle donne, io!» si vantò Zac smettendo di correre: il professore aveva fischiato.
«Certo Zachary. La lingua delle donne è la tua lingua madre. Peccato che tu di donne non ne capisca nulla». Si allontanò senza dare altre spiegazioni, lasciandoci con la bocca spalancata per lo stupore.
«Pensate quello che sto pensando io?» chiese Zac togliendosi gli occhiali e asciugandosi il viso bagnato di sudore.
«Sì» concordammo all’unisono io e John.
Era in quel periodo.
Per tutto il resto della lezione non riuscii a parlare con Mac perché il professore ci divise in gruppi per giocare a tennis. Dovetti aspettare fuori dallo spogliatoio femminile, guadagnandomi occhiatacce da tutte le ragazze che uscirono prima di lei.
La strattonai per un braccio, probabilmente facendole anche male.
«Ehi, che c’è?» chiese fissandomi sorpresa.
«Si può sapere che cosa ti succede? Assomigli sempre di più a una vecchia zitella acida, non è da te, Mac». Lasciai il suo polso incrociando le braccia al petto per darmi un’aria da duro.
«Forse perché sono una vecchia zitella acida, no?». Sarcasmo a fiumi.
«Mac, che cosa ti succede? È da un po’ di tempo che sei strana…». Lasciai cadere il discorso sperando che magari lo riprendesse di sua spontanea volontà.
«Sarà come pensate voi ogni volta. Sono in quel periodo del mese». Dopo la sua affermazione sgranai gli occhi.
Come faceva a saperlo?
Davanti a lei non l’avevamo mai detto, era una cosa segreta tra me, Zac e John.
«Co-come, cosa…». Non riuscivo nemmeno a formulare una frase di senso compiuto tanto ero sconvolto.
«Non sono nata ieri, Francis. E in ogni caso il volume delle vostre voci non è basso. Ora, se vuoi scusarmi, devo andare ad avvertire Ashley della gita, prima che lo scopra da sola». Mi sorpassò velocemente, uscendo dall’edificio in pochi secondi.
Dovevo rinunciare a capire le donne.
Non ero come Zac che sapeva cosa fare, ma soprattutto sapeva che cosa pensavano.
Certo, anche io avevo capito che Hannah era innamorata di John, ma Zac sembrava molto più esperto in materia donne.
Sospirai per farmi coraggio e mi incamminai verso l’aula di arte, per l’ultima ora di lezione della giornata.
John e Zac erano già seduti, mi avevano riservato un posto tra di loro.
«Allora? Risolto il mistero?». Zac sistemò le matite davanti a lui mettendole in fila.
«No, il mistero si infittisce. Mac ha un udito bionico. Sa che diciamo sempre che è in quel periodo del mese» bisbigliai per non farmi sentire dal ragazzo che era seduto di fianco a me.
«Cosa?». Zac quasi si strozzò con la sua saliva.
«Stai scherzando, spero. Non è umanamente possibile. Ci spia». John continuò a temperare la matita senza prestare troppa attenzione alla punta, come se avesse avuto la testa altrove. E forse la aveva.
«Dice che abbiamo il tono di voce alto. Non so che cosa dire». Feci spallucce tirando fuori dalla borsa i libri.
«Ha i superpoteri. L’ho sempre detto». John trovava nei fumetti la risposta a tutto. Ero quasi convinto che a colazione, al posto di leggere il giornale, leggesse Spiderman.
«Non ho i superpoteri, siete voi che avete il tono di voce alto». Sussultai sentendo la voce di Mac, che si sedette di fianco a John sorridendoci.
Un cambio così repentino d’umore era degno solo di una donna incinta.
Oddio.
E se Mac fosse rimasta incinta dopo la festa a cui l’avevo costretta ad andare per accompagnare Ashley? Era anche colpa mia.
Sapeva chi era il padre o dovevo pagarle io gli alimenti perché ne ero responsabile?
«Perché sei felice?» chiese Zac, improvvisamente sospettoso.
«Perché ho trovato una compagna di stanza per l’uscita a Stanford e perché da domani dovremmo stringerci di più a mensa». Alle sue parole un sorriso si allargò sulle mie labbra.
Non era incinta.
Era felice perché stava stringendo amicizia con Ashley.
«Dici sul serio? Hai parlato con Hannah?». John sussultò sulla sedia, lanciando in aria una matita.
«No, scemo. Sto parlando di Ashley. Oggi pomeriggio andiamo in biblioteca a studiare. Credo che ci troveremo bene assieme, sembra proprio una brava ragazza». Per un secondo i miei occhi e quelli di Mac si incontrarono.
Avrei voluto abbracciarla, ringraziarla, perché in qualche modo mi sembrava che l’avesse fatto per me.
«Diventerai una cheer-leader, Mac?» ghignò Zac allungandosi sul banco per guardarla.
«Che cosa c’entra? Possibile che tu non riesca mai a dire la cosa giusta?». Sembrava frustrata.
«Mac, quindi non potrò più farle lezione?» chiesi improvvisamente consapevole che non avrei più trascorso la mia ora quotidiana con lei.
«Non credo ce ne sia bisogno, Francis». L’umore di Mac era alle stelle.
«Be’, vedi il lato positivo… sarà sempre tra i piedi. Le parlerai meno ma passerai più tempo con lei». John cercò di incoraggiarmi, con scarsi risultati.
«Ma Mac, come diavolo hai fatto a diventare sua amica così velocemente?». La domanda di Zac era legittima, me l’ero chiesto anche io più di qualche volta.
«Non siamo amiche, non dire scemenze, Zac! Ci stiamo conoscendo» sibilò scribacchiando sul banco.
«Ecco, queste cose non le capisco proprio» sussurrò Zac, scuotendo la testa confuso.
«Non eri tu che parlavi la lingua delle donne?» chiesi schernendolo.
«Sì, però delle volte il mio traduttore Donnico-Zacharese non funziona» si lamentò.
«E allora non parli la lingua delle donne, Zac!». John sembrava quasi deluso.
Ridacchiai assieme a Mac prima che la professoressa Chroms entrasse in aula con una delle sue gonne svolazzanti.
Seguii la lezione di arte con scarso interesse, la mia mente era già proiettata al giorno dopo. Ashley si sarebbe seduta al nostro tavolo e avrebbe pranzato con noi, avrebbe riso delle nostre battute e magari mi avrebbe anche sorriso.
L’importante era non balbettare come il mio solito.
Difficile, ma non impossibile.

 
 
Salve ragazze! :)
Eccomi con il capitolo e con una brutta (spero) notizia per voi…
La prossima settimana l’aggiornamento salterà causa esami. Ne ho 2 a distanza di un giorno uno dall’altro e non ho proprio il tempo materiale (oltre alla testa per scriverlo).
Sinceramente parlando non so nemmeno se riuscirò ad aggiornare quella dopo, per lo stesso motivo… però diciamo che ho 2 settimane per scrivere un capitolo, quindi non ci dovrebbero essere problemi. In ogni caso vi farò sapere tramite FB se e quando ci saranno gli aggiornamenti! :)
Come sempre ringrazio preferiti, seguiti, da ricordare, chi ha avuto il coraggio di mettermi tra gli autori preferiti e chi legge solamente.
Un grazie particolare a chi ha recensito, lo scorso capitolo siamo arrivati a 9, il numero più alto per questa storia. Spero che continuino a crescere! ;)
Come sempre grazie a Malia85 che mi beta i capitoli!
Buone vacanze… :)

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Capitolo 10
*** You are cordially invited... ***


rotn









John passò tutto il giorno seguente agitato per l’appuntamento di quella sera con Hannah.
Trascorse metà della giornata a lamentarsi sulla scarsità di locali nelle vicinanze e l’altra metà a pentirsi di averle chiesto di uscire.
Quando Zac gli fece presente che sarebbe tranquillamente potuto arrivare in “prima base” quella sera stessa, John per poco non svenne.
Si inventò storie su storie, sul fatto che avrebbe sicuramente fatto brutta figura se ci fosse stato un bacio, perché non sapeva baciare.
Mac tentò di tranquillizzarlo in tutti i modi, assicurandolo che sarebbe stato qualcosa di magico, che l’avrebbero ricordato sia lui che Hannah.
Ashley, che aveva seguito tutta la conversazione con il sorriso, non aveva detto una sola parola.
Sospettavo che, essendo donna, cercasse di leggerci dentro per capire come eravamo.
Una specie di radiografia dei sentimenti, se mai fosse stato possibile.
A un certo punto, quando stavamo per salire in macchina dopo le lezioni, Ashley era avvicinata a John e gli aveva sussurrato qualcosa all’orecchio, poi si era allontanata con un sorriso.
Inutile dire che ero rimasto sconvolto da quel gesto.
John non aveva fatto nulla, assolutamente nulla per attirare l’attenzione di Ashley, e lei gli aveva sussurrato qualcosa all’orecchio; io, che continuavo a fare l’idiota, balbettando a sproposito perché mi potesse notare, non avevo guadagnato nemmeno uno sfioramento di mani.
«Che diamine ti ha detto?» chiesi arrabbiato non appena chiudemmo gli sportelli della macchina.
«Non posso dirtelo» sussurrò John, con la solita smorfia ebete sulle labbra.
«Andiamo, Ashley Foster ti sussurra paroline dolci e tu non lo dici a noi, i tuoi migliori amici?». Zac sembrava quasi più curioso di me.
«Diciamo che mi ha dato… un consiglio. Sì, chiamiamolo così». Si sistemò gli occhiali sul naso gesticolando. Si comportava in quel modo quando era nervoso.
Non potevo sapere però se fosse ansioso per l’appuntamento di quella sera o per quello che gli aveva detto Ashley.
«John, non ti crede nessuno. Sputa il rospo». Zac prese in mano la situazione e minacciò John sventolando un pugno in aria.
«Per quanto tempo mi romperete le scatole per sapere che cosa ha detto?» mormorò quasi sconfitto.
Stava cedendo.
«Molto» rispondemmo all’unisono io e Zac prima di cominciare a ridere.
«Mi ha solo detto che devo essere gentile e non devo cercare di baciarla, perché farò peggio. Ha anche aggiunto che quasi sicuramente Hannah mi bacerà di sua spontanea volontà se io non faccio minimamente nulla per farle capire che voglio baciarla. Non so però quanto sia attendibile» concluse pensieroso.
Così era quello il modo giusto per conquistare una ragazza?
Fare l’indifferente e non sbilanciarsi nel mostrare i propri sentimenti?
Avrei dovuto offendere Ashley perché lei riuscisse ad accorgersi che c’ero anche io?
«Be’, di sicuro lei ha molta più esperienza di tutti noi messi assieme, in tutti i campi, John» puntualizzò Zac, giocherellando con la cintura di sicurezza.
«Non lo metto in dubbio. Ma io non la ascolterò, questo è quanto. Farò di testa mia, ho già pianificato tutto l’appuntamento questa notte perché non riuscivo a dormire. Vi interessa?» chiese entusiasta.
Come potevo dirgli di no?
Soprattutto perché ero curioso di sapere che cosa il suo cervello bacato avesse pensato.
«Certo» dissi sorridendo.
«Non c’è nemmeno da chiederlo». Zac lo colpì sulla spalla con un pugno cameratesco che riuscì a spostargli gli occhiali.
La scena era così comica che non potei fare a meno di ridere, mentre John borbottava qualcosa di incomprensibile, forse qualche offesa, a Zac, che sghignazzava divertito.
«Allora, passo a prenderla a casa sua verso le otto, poi andiamo al cinema, a vedere qualche commedietta romantica, improvvisamente, e attenti perché questo è il colpo di genio, mi stiracchierò e le passerò una mano sulle spalle cercando di non farmi scoprire. Sono o non sono un genio, eh?».
Fermai la macchina in mezzo alla via deserta e lo guardai allibito.
«Stai scherzando, vero?» chiesi serio, tremendamente consapevole della risposta che sarebbe uscita dalle sue labbra.
«Certo che no. Allora, sono o non sono un genio?». Tornò a chiedere soddisfatto.
«Sei un idiota, ecco che cosa sei!» urlò Zac gli occhi sgranati per lo stupore.
«Perché? Mi sembrava una buona idea, originale» mormorò John, non più tanto convinto del suo piano.
«Perché lo fanno tutti. Non hai mai visto nei film che fanno così? Devi inventare qualcosa di diverso, che ne so, passi a prenderla a casa e appena sale in macchina la baci imprigionandola sul sedile. Sono sicuro che questo piano potrebbe funzionare» disse Zac, questa volta troppo serio perché potesse trattarsi di uno scherzo.
«Ragazzi, non credo che questo sia il modo per conquistare una donna. Credo che sarebbe meglio non forzare le cose. Ti comporti normalmente, da cavaliere, le offri il biglietto del cinema e poi la riaccompagni a casa, senza mettere mani in strani posti». Meglio chiarire quello che avevo in mente.
«No, sono convinto che tu stia sbagliando, Francis. Con il tuo piano rischio di non arrivare proprio nemmeno a un bacetto sulla guancia. Farò di testa mia ragazzi. Sono sicuro che funzionerà!». John era così sicuro di se stesso che non mi sentii di contraddirlo di nuovo.
«Va bene, allora domani ci racconti come è andata» borbottai quando si sganciarono le cinture di sicurezza per scendere dall’auto.
«Certo, ma preparatevi». Si sfregò le mani sorridendo. «Arriverò almeno in seconda base!» ridacchiò prima di prendere lo zaino.
«Se lo dici tu… io credo che l’assalto sia il metodo migliore» concluse Zac, prima di chiudere lo sportello dietro di lui e farmi un gesto di saluto con la mano.
Sospirai scuotendo la testa per cercare di fare chiarezza tra i miei pensieri.
Non era facile quando John e Zac cominciavano a sparare cavolate perché pensavano, o speravano, di aver ragione.
Liquidai tutto il discorso che avevamo fatto rendendomi conto che non mi interessava la tattica migliore per ottenere un bacio al primo appuntamento, visto che comunque nel mio caso mancava la materia prima.
 
Il giorno dopo John ci riferì che durante il film aveva attuato il suo piano.
Hannah però aveva calmato subito i suoi bollenti spiriti dicendogli che non avrebbe ricevuto nessun bacio almeno fino al terzo appuntamento.
Quando John, a pranzo, aveva raccontato questa scena, lo scoppio di risa era stato spontaneo, anche per Ashley.
«John, perché non hai seguito il mio consiglio?» chiese lei quasi timidamente, giocherellando con un pezzo di insalata.
«Perché non mi sembrava una buona idea. Credevo che fosse un tuo piano malvagio perché il mio appuntamento naufragasse» piagnucolò triste.
«Ma non avrei mai fatto una cosa del genere» si difese Ashley, leggermente stizzita.
«E io che cosa ne posso sapere? Potresti anche trovarmi attraente e volermi tutto per te» scherzò John, cercando di non farla sentire in colpa.
«Non c’è questo pericolo, John» scherzò Mac, tirandogli un pugno scherzoso sulla spalla.
Ashley ridacchiò abbassando lo sguardo imbarazzata e continuò a mangiare in silenzio.
«Tutto perché non hai adottato la mia tecnica del prendi e rinchiudi così non puoi scappare e mi devi baciare. Avresti avuto successo». Zac andava fiero della sua idea.
«Che idea sarebbe?» chiese Ashley curiosa e divertita.
«Allora, quando vai a prenderla a casa, appena sale in macchina, aspetti che si agganci la cintura di sicurezza e poi parti all’attacco. BUM, incolli le labbra alle sue e parte il bacio, non può ribellarsi. È un metodo efficace» concluse felice, quasi aspettandosi degli applausi.
«Si chiama violenza sessuale Zac, potrebbe denunciarti. Ti consiglio di non provare mai una cosa del genere, se non vuoi passare la notte dietro le sbarre» lo rimbeccò Mac, facendo ridere Ashley e me.
«Non è vero, sono sicuro che una donna apprezzerebbe. Non è così, Ashley?» chiese speranzoso.
«Be’, devo dire che è un piano alquanto… strano. Potrebbe funzionare con una donna che sei sicuro ti cade ai piedi, ma se fossi in te, al primo appuntamento non lo proverei. È solo un consiglio, poi vedi tu».
Sorrisi vittorioso, sapendo che se le teorie di John e Zac erano state bocciate la mia era quella giusta.
«A-a-allora avevo ra-ra-ragione io». Mi rivolsi più ad Ashley che agli altri, pentendomene subito dopo.
Non riuscivo ancora a non balbettare.
«Sono curiosa di sentire che cosa faresti» disse, sistemandosi meglio sulla sedia.
Spalancai gli occhi stupito, sistemandomi gli occhiali sul naso e guardandomi in giro per essere sicuro che si fosse rivolta proprio a me.
Lei era curiosa di sentire che cosa avrei fatto io?
«B-b-b-be’, io, io avrei fa-fa-fa-fatto il gentiluomo». Meglio non fare frasi troppo lunghe.
«Sembra l’idea migliore, anche se non mi è molto chiaro». Mi sorrise gentile e arrossii guardando Mac che mi stava fissando quasi arrabbiata.
«I-i-i-intendo a-a-aprirle la po-po-porta del ris-ris-ristorante e ap-ap-appoggiarle la gi-gi-giacca sulle spalle se h-h-h-ha freddo». Cercai di spiegare quello che avrei fatto a un primo appuntamento con una ragazza; magari anche al primo appuntamento con Ashley.
«Tu non hai giacche Frank, hai solo ed esclusivamente felpe» intervenne John aprendo la sua bottiglietta d’acqua dopo un improvviso scoppio di tosse per le troppe risate.
«Ma mi vestirei elegante. Se è un appuntamento devi pur sempre vestirti elegante. Poi dipende da dove devi portarla» chiarii, continuando a parlare con la bocca piena di insalata.
«E sentiamo, dove le portereste a un primo appuntamento? John al cinema, è chiaro. Tu, Zac?». Ashley sembrava sempre più divertita.
Spalancai gli occhi guardando Mac in cerca di aiuto.
Dove avrei portato una ragazza al primo appuntamento?
Se fosse stata Ashley, dove saremmo andati?
«Oh be’, da nessuna parte. Se il mio piano funziona rimango tutta la sera fuori da casa sua a baciarla» ridacchiò.
«Che idiota» mormorò Mac, scuotendo la testa.
«Un piano molto strano direi. Tu, Francis?» chiese Ashley, continuando a sorridermi.
«I-i-i-io t-ti porte-e-erei, ci-ci-cioè, por-porterei la mi-mia ragazza i-i-in un posto ch-ch-che le piace» conclusi rosso per l’imbarazzo della figuraccia che avevo fatto.
«Ecco, Francis sì che sa come ci si comporta con una donna» esultò Mac, fulminando con lo sguardo Zac e John.
«Che cosa ne vuoi sapere tu?». Eccolo che ripartiva.
«Zac…». Ammonii sottovoce il mio amico perché come al solito aveva avuto una sparata delle sue con Mac.
«Zac, Mac è una ragazza». Subito Ashley difese Mac e questo mi fece sorridere.
Quel gesto poteva significare solo una cosa: Ashley e Mac stavano diventando amiche.
«Pfff, una ragazza. Sì, Mac è una ragazza però non proprio una ragazza ragazza. Cioè…». Cominciò a blaterare quando capì di non riuscire a spiegarsi per bene.
Guardai di sfuggita Mac che aveva assunto un’espressione triste e mortificata.
D’altronde avevo imparato che ogni volta che Zac diceva quelle cose lei si arrabbiava.
«Certo che è una ragazza! Perché esistono anche delle ragazze che non lo sono?» chiese Ashley leggermente infastidita.
«Sì, quelle come Mac. Le ragazze di solito non capiscono nulla di computer, non guardano i film di paura senza spaventarsi e non riescono a capire che cos’è il fuorigioco. Mac sa fare tutte queste cose» concluse il suo discorso quasi stremato, come se fosse stato uno sforzo grandissimo.
«Sono tutte qualità! È una bella cosa, vuol dire che lei è diversa dalle altre» continuò a difenderla Ashley.
«Sì, ma… va bene, non importa». Zac cercò di chiudere il discorso prima di inoltrarsi di nuovo in situazioni spiacevoli.
Improvvisamente mi accorsi che stavo fissando Ashley con la bocca spalancata per la sorpresa.
Aveva difeso Mac a spada tratta, andando anche contro Zac.
Aveva difeso Mac come se fosse stata una sua amica.
Perché l’aveva fatto?
Le cose erano due: Ashley aveva legato con Mac molto più di quanto non avesse mai fatto con Kathrina o qualsiasi altra cheer-leader, oppure Ashley era una persona straordinaria, che aveva semplicemente incontrato le persone sbagliate e si era adattata alla situazione.
Ricordai poi che quella sera ci sarebbe stata la Star Wars Night.
«Ragazzi… ricordate che cosa c’è stasera?» chiesi quasi con fare cospiratorio.
«C’è la Star Wars Night» strillò John, quasi euforico.
Speravo che fosse l’effetto Hannah non ancora del tutto scomparso.
«Esatto!». Ero felice perché l’avevamo posticipata a causa di quel compito di fisica.
Ashley continuava a guardarci uno alla volta, soffermandosi per qualche secondo su ogni nostro volto.
«Casa tua ancora? È libera, Francis?» chiese Zac, raccogliendo i piatti vuoti e raggruppandosi sul suo vassoio.
«Ecco io…». Papà era a casa e anche mamma.
Li avevo sentiti parlare di qualcosa riguardo il loro anniversario di fidanzamento.
Mamma ricordava il giorno in cui papà le aveva chiesto di sposarla e oltre all’anniversario di matrimonio festeggiavano anche quello di fidanzamento.
«Che c’è?». John sembrava confuso riguardo la mia insicurezza.
«Ragazzi, è l’anniversario di fidanzamento oggi» cercai di spiegare, sistemandomi gli occhiali sul naso per l’imbarazzo.
Chissà che cosa avrebbe potuto pensare Ashley.
I ragazzi mi conoscevano, conoscevano anche i miei genitori, lei però no.
«Oh, non c’è nessun problema. Mamma andrà da nonna con Sally, quindi avrò casa libera io. Se volete potete fermarvi a dormire da me. Non ci sono problemi» disse Mac entusiasta.
«Per me va benissimo». Sorrisi a Mac che sembrò quasi sollevata.
«John?» chiese Mac, intuendo già la risposta.
«Fantastico» rispose John battendo la bottiglietta semivuota sul tavolo.
«Zac?». La voce di Mac voleva far capire che era ancora arrabbiata.
«Perfetto» asserì lui, sorridendole sincero.
«Ashley?». Alla domanda di Mac tutti e quattro puntammo gli sguardi su di lei, che ci fissò confusa.
«Dovrei sapere di che cosa stiamo parlando?» chiese sconvolta.
«Non sai di che cosa stiamo parlando?». Zac era a dir poco allibito.
«Zac, non conosce i nostri rituali, andiamo» cercai di spiegarli. «A-A-A-Ashley, la St-St-Star Wars Ni-Ni-Night è un-una serata in cu-cu-cui ci troviamo a ca-ca-casa di un-un-uno di noi e gu-gu-guardiamo un film di St-Star Wars». Non potevo esprimere il concetto in modo più semplice.
«Oh. Sembra divertente» disse timidamente.
«S-S-Se vu-vu-vuoi ve-ve-venire anche tu no-no-non ci so-so-sono proble-e-e-mi, vero Mac?». Cercai il sostegno della mia amica, sicuro di averlo.
«Certo! Anzi, Ashley, se vuoi dormire a casa mia non ci sono problemi. Teniamo i Sapiens maschili al piano di sotto e ti cedo il mio letto. Io posso dormire in quello di Sally». La gentilezza di Mac era una qualità che avevano in pochi.
Le volevo bene anche per quello.
«Sei gentile, grazie. Però non so se mi fermerò a dormire da te. Ma verrei volentieri a vedere il film, anche perché non l’ho mai visto». Quando ci confidò quel piccolo segreto sentii distintamente i cuori di John e Zac fermarsi per qualche secondo.
«Non è vero. Dimmi che è una bugia». Zac era disperato. «Non puoi non aver visto nemmeno un pezzo dei film, non puoi». Cominciò a dondolarsi avanti e indietro sulla sedia, come se fosse stato un pazzo nel bel mezzo di una crisi isterica.
«Io…». Ashley arrossì senza aggiungere altro.
«Hai molto da imparare, ragazza». John le appoggiò una mano sul polso e Ashley si schiarì la voce.
«A-A-Allora pa-pa-passo a pre-prenderti io?» domandai sperando che mi dicesse di sì.
«Se non è di disturbo…». Quando mai sarebbe stato un disturbo per me andare a prendere Ashley?
Nemmeno se mi avesse detto di farlo in ginocchio!
«Fi-fi-fi-figurati!». Per marcare il concetto agitai la mano in aria con un gesto buffo.
«Per che ora allora?» chiese alzandosi per per tornare alle sue lezioni.
«Le-le-le se-se-sette va be-be-bene?». Di solito mangiavamo anche un pezzo di pizza durante il film.
Anche prima, dipendeva dalla fame.
Di solito le portavo io, direttamente dal lavoro.
«Perfetto». Sorrise lasciando il vassoio sul bancone.
«Che-che-che gu-gusto di pi-pi-pizza ti pia-piace?». Magari non avevamo gli stessi gusti, e non volevo che Ashley morisse di fame.
«Quello che c’è, con il salamino o anche con le patatine». Fece spallucce dirigendosi verso l’aula di biologia.
«Perfetto, allora a questa sera Ashley, così ti istruiamo un po’» ridacchiò John facendola sorridere.
«Va bene». Un sorriso che mi tolse il fiato e mi immobilizzò sul posto.
Probabilmente se quello stesso sorriso fosse stato per me, sarei svenuto a terra, incosciente.
Ci salutammo prima di dirigerci verso la palestra ma Mac mi prese il braccio stringendolo con forza.
«Auch» mi lamentai strattonando il braccio perché mi lasciasse.
«La smetti di balbettare come un idiota ogni volta che parli con lei? Francis tu non sei una persona normale. Santo Dio, Francis. Inventati qualcosa, prova a pensare che sia nuda, no, magari no! Fai così, quando parli con lei fissa me o chi le sta vicino, così non balbetti, va bene?». Lo sguardo furioso di Mac mi fece paura.
«Come faccio a non guardarla in faccia? Non sono strabico!» strillai arrabbiato.
«Allora inventati qualcosa di diverso! Ma non fare più quelle figure! Questa sera, quando la riaccompagnerai a casa vedi di non balbettare, sono stata chiara?». Il suo indice si puntò sul mio petto e, nonostante Mac fosse quasi venti centimetri più bassa di me, indietreggiai.
«Signor sì, signore!» esclamai senza accorgermene.
«E non prendermi tanto in giro!» esclamò girando sui tacchi e sparendo dietro la porta dello spogliatoio femminile.
Fissai la porta chiudersi e deglutii ancora spaventato.
Mac faceva sul serio, voleva che non balbettassi più con Ashley e sperava che cominciassi a farlo da quella sera.
Forse quella serata avrebbe cambiato la mia vita, forse sarei riuscito a migliorare leggermente il mio rapporto inesistente con Ashley.
Dovevo solo prepararmi mentalmente, magari anche fisicamente.
Che cosa avrei indossato?
Non mi sembrava il caso di presentarmi sotto casa di Ashley con una tuta.
«Francis, ti muovi? Il prof ti sta aspettando!» urlò Zac aprendo appena la porta dello spogliatoio maschile.
«Oddio» urlai correndo dentro e lanciando lo zaino per terra.
«Che cosa stavi facendo lì impalato come uno stoccafisso?» chiese John, tenendo la porta aperta mentre mi infilavo un paio di pantaloni.
«A quello che posso indossare questa sera» bisbigliai sedendomi sul pavimento della palestra.
«Sei peggio di John!» mi canzonò Zac.
«Ehi! Non dire così! È solo perché tu non sei mai uscito con una!» si difese subito John.
«Ma quello di Francis non è un appuntamento vero e proprio». Zac sembrava volere la sua morte a ogni costo.
«Smettila. Non voglio più sentir parlare di questa sera» sibilai cominciando a correre per la palestra.
«Ok, ok. Non ti scaldare». Alzò le mani in segno di resa e guardò in modo strano John.
Prima cosa da fare: finire la lezione di educazione fisica senza collassare a terra.
Seconda cosa da fare: decidere che cosa indossare per quella sera.
Terza cosa da fare: passare a prendere prima i ragazzi e poi Ashley.
Quarta cosa da fare: non balbettare durante la Star Wars Night.
Quinta cosa da fare: riportare a casa Ashley.
Jolly: lasciarle un bacetto innocente sulle labbra.
 
 
 
 
 
Salve ragazze!
Intanto mi scuso per il ritardo, so che avevo promesso di aggiornare prima ma purtroppo gli esami sono slittati e non ho avuto tempo.
Comunque eccoci qui con il capitolo… spero di essere riuscita a far risultare Ashley un po’ più simpatica e… niente, non ho altro da dire riguardo il capitolo!
Ringrazio come sempre preferiti, seguiti e da ricordare e mi scuso se le risposte alle recensioni sono state corte ma non ho la connessione e faccio tutto con il cell.
Ringrazio anche chi recensisce!
Un bacione e a venerdì prossimo!


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Capitolo 11
*** …to our Star Wars Night (never trust in friends) ***


rotn








Guardai il mio letto completamente ricoperto da felpe e jeans.
Detestavo ammetterlo, ma mi sentivo come il protagonista di uno di quei film per adolescenti che sbancavano al box-office solo per l’attore belloccio di turno.
Sì, mi sentivo come la protagonista di 16 candles.
«Non ho niente da mettermi» sbuffai, sedendomi sulla poltrona davanti al letto.
Ero arrivato al capolinea, frustrato per un appuntamento che non si poteva nemmeno definire tale; in crisi davanti a un armadio vuoto e a un letto ricolmo di vestiti.
«Oh, al diavolo Francis! Se devi piacerle deve accettarti così come sei» bofonchiai tra me e me, alzandomi dalla poltrona e prendendo un paio di jeans e la maglia di Star Wars, una delle mie preferite.
La indossai velocemente, correndo in bagno a mettere gli occhiali da vista. Improvvisamente però il cellulare vibrò nella tasca posteriore dei jeans.
Guardai il destinatario e per qualche istante mi irrigidii sul posto, pensando che magari volesse disdire tutto.
Perché Mac mi aveva appena mandato un messaggio?
Mi feci forza e pigiai il pulsante per leggerlo.
‘Togliti immediatamente la maglia blu di Star Wars e metti quella azzurra con il colletto’.
Abbassai, spaventato, gli occhi sulla mia maglia per assicurarmi di una cosa.
Blu, con Darth Vader davanti.
Corsi alla finestra a guardare se, per caso, Mac fosse sopra all’albero di fronte, o magari in qualche casa vicina.
Era tutto deserto.
Cominciai anche a osservare ogni angolo della mia stanza, in cerca, magari, di una videocamera.
Sembrava tutto normale.
Il mio pc era spento, quindi non poteva nemmeno essersi attivata per sbaglio la web cam.
‘Dove diavolo sei? Come hai fatto a vedermi?’.
Inviai il messaggio in attesa di una risposta che non tardò ad arrivare.
‘Sono a casa mia, Francis. Dove vuoi che sia, dentro al tuo armadio?’.
Imbarazzato, camminai velocemente verso l’armadio che avevo sgombrato pochi minuti prima, e ci guardai dentro.
Vuoto.
‘Come diavolo hai fatto?’.
Leggeva nella mente, a questo punto.
‘Ti conosco come le mie tasche. Ora, da bravo: rimetti tutti i vestiti dentro all’armadio, togliti quella vecchia maglia e indossa quella che ti ho regalato per il tuo compleanno. Ci vediamo dopo, buon lavoro’.
Inorridii leggendo per la seconda volta il messaggio. Rimetti tutti i vestiti dentro all’armadio.
Sapeva anche quello!
Cominciavo a pensare che Mac fosse dotata di poteri paranormali.
Magari, come i Fantastici 4, era stata a contatto con delle radiazioni e alcuni suoi sensi si erano sviluppati o alterati.
Non era diventata invisibile, non si allungava, non prendeva fuoco e non si trasformava in roccia. Semplicemente leggeva nel pensiero.
«Francis, posso entrare?». Sussultai sentendo la voce di mamma dietro la porta.
«Certo» risposi, cominciando a raccogliere i vestiti per lanciarli dentro all’armadio.
«Oddio. È scoppiata una bomba?» chiese guardando con occhi sgranati il letto.
«Ehm, no». Mi sistemai gli occhiali sul naso prima di prendere una nuova pila di vestiti e lanciarla dentro all’armadio. «Non sapevo che cosa mettermi».
«Francis, non toccare più nulla, faccio io» mormorò mamma, prendendo i vestiti e appoggiandoli sul letto. «Non ti preoccupare, vai al tuo appuntamento che qui ci penso io». Sorrise cominciando a piegare le maglie.
«A-a-appuntamento?» bofonchiai imbarazzato, arrossendo.
«Certo tesoro». Annuì divertita, continuando con il suo lavoro.
«No-no-non ho un appuntamento» spiegai, continuando a dondolarmi da un piede all’altro.
«Sicuro? Perché sei vestito così elegante per andare a lavoro? Non porti più la divisa?». Era decisamente divertita dalla situazione.
«Ma dopo dobbiamo andare da Mac per la Star Wars Night, visto che qui è occupato». Magari così avrebbe smesso di lanciare frecciatine sul mio improbabile appuntamento.
«E perché non hai indossato questa?» domandò sventolando davanti ai miei occhi la stessa maglia che mi ero tolto pochi minuti prima.
Ma c’era una videocamera nella mia stanza che mandava in onda su CW tutto quello che accadeva lì dentro?
«Io… be’… ecco…» cominciai senza sapere che cosa dire.
«Francis, vai al tuo appuntamento, andiamo. Non spiegarmi nulla» ridacchiò chiudendo l’armadio ritornato immacolato.
«Mamma, vado da Mac a vedere uno dei Star Wars dopo lavoro, chiaro?». Era la verità, e mamma sapeva che non ero in grado di mentire.
«Ti credo, tesoro. Ma nessuno mi toglie dalla mente che ci sia qualche ragazza che ti piace. Sei troppo vanitoso ultimamente». Con tutta la tranquillità che possedeva si sedette sul letto, incrociando le gambe.
Rimasi a guardarla con gli occhi sgranati, non sapendo che cosa dire.
«Mamma…». Mi schiarii la voce guardandomi i piedi.
«Oh, guarda un po’». Fissò per un secondo il suo polso sinistro, ornato solo da un minuscolo bracciale d’oro. «Sono in ritardassimo Francis. Ne parliamo un’altra volta, che ne dici?». Si alzò velocemente dal letto prima di ammiccare e darmi una bacio sulla guancia.
Ridacchiai ringraziandola, appena prima che si chiudesse la porta della mia camera alle spalle.
«Dannazione» imprecai guardando l’orologio.
Quello in ritardo ero io, non mamma.
Indossai velocemente un paio di scarpe a caso e corsi giù per le scale.
«Vado al lavoro. Buona serata» urlai indossando la felpa e prendendo le chiavi della macchina.
«Buona serata anche a te, tesoro» strillò mamma dal piano superiore, ridendo subito dopo.
Salii in macchina e dopo aver acceso il motore, partii per andare al lavoro.
 
«Ci vediamo domani sera» salutai, prendendo le cinque pizze che avevo preparato.
«Certo. A domani Francis». Andrew, il pizzaiolo, mi salutò spargendo farina ovunque.
Mi chiusi la porta della pizzeria alle spalle, camminando velocemente verso la macchina.
Subito dopo aver chiuso lo sportello respirai profondamente per cercare di calmarmi.
Avrei passato con Ashley pochi minuti, il tempo di raggiungere casa di John e Zac. Dieci, al massimo.
Troppo tempo.
Feci un’inversione in mezzo alla strada e cominciai a guidare verso casa di John.
Ashley, saremmo andata a prenderla tutti e tre assieme, così mi sarei sentito meno in imbarazzo.
Quando arrivai sottocasa di Zac, mi accorsi che lui e John mi stavano aspettando seduti sul marciapiede.
«Siamo in ritardo, muovetevi» strillai accostando davanti a loro.
«Dov’è Ashley? Non viene?» chiese John salendo sul sedile anteriore, mentre Zac chiudeva la portiera posteriore.
«Andiamo a prenderla adesso» mormorai ingranando la marcia e accelerando.
«Era in ritardo?» ridacchiò divertito Zac, appoggiando i gomiti sul sedile di John.
«No, ero io che mi vergognavo. Non volevo rimanere solo con lei» confessai, svoltando a sinistra.
«Francis» strillò John spaventandomi.
«Che c’è?». Continuavo a guardare a destra e a sinistra, lungo la carreggiata, cercando di capire che cosa l’avesse spaventato così tanto.
«Sei un idiota! Avevi la possibilità di rimanere da solo con lei per alcuni minuti e tu fai di tutto per andare contro il destino». John era arrabbiato, come se avessi fatto un torto a lui.
«E di cosa avrei potuto parlare?» chiesi, aspettando che il semaforo diventasse verde.
«Della reazione spontanea di formazione della ruggine, dell’estinzione dei dinosauri causata dal meteorite ricoperto da ghiaccio e polvere, dell’aumento dell’entropia nell’universo. Di qualsiasi cosa!» propose Zac, guadagnandosi un’occhiataccia da John.
«Perché secondo voi lei parla dell’aumento dell’entropia nell’universo, mentre si fa la doccia assieme alle altre cheer-leader?» chiesi rallentando perché ci stavamo avvicinando a casa di Ashley. «Sentite, faremo così: le diremo che eravate passati in pizzeria e che non ho dovuto passare a prendervi. Per il ritorno inventeremo una scusa: io devo farvi vedere qualcosa a casa mia, quindi portiamo a casa prima lei e poi torno indietro e porto a casa voi. Non me la sento di rimanere da solo con lei, non saprei che cosa dirle, soprattutto perché vestito così mi sento un pagliaccio». Indicai la maglia azzurra nascosta dalla felpa.
«Certo, faremo così Francis» mormorò Zac, tirando una gomitata a John che aveva cercato di dire qualcosa.
«Grazie. Voi sì che siete degli amici». Sorrisi sincero, fermandomi davanti a casa di Ashley.
Pochi secondi dopo, prima ancora che potessi scendere per suonare il campanello, la porta si aprì.
Spalancai le labbra, stupito, quando percorsi il suo corpo ricoperto da un vestitino grigio che le lasciava le spalle nude e che svolazzava mentre correva verso la mia macchina.
«Wow» sussurrai, non staccandole gli occhi di dosso.
«Ciao Ashley! Aspetta che ti lascio il posto davanti, sono un cavaliere, sai?» scherzò John aprendo lo sportello e scendendo prima che potessi bloccarlo o, peggio, ucciderlo.
«Grazie» mormorò imbarazzata, salendo in macchina e chiudendo la portiera. «Ciao Zac, ciao Francis». Sembrava felice.
Mi accorsi che, come un pesce lesso, avevo le labbra ancora spalancate.
«Ashley. È un piacere vederti! Scusa il ritardo, colpa nostra che l’abbiamo trattenuto in pizzeria» disse Zac, sistemandosi meglio sul sedile.
«Non c’è nessun problema». Agganciò la cintura di sicurezza guardandomi impacciata per qualche secondo.
«Terra chiama Francis, terra chiama Francis. C’è qualcuno?». Sbattei le palpebre ritornando all’improvviso alla realtà, chiudendo di scatto le labbra e ringraziando mentalmente Zac.
«Sì. C-c-c-ciao A-A-AAshley» borbottai ingranando la retro, ma alzando troppo velocemente la frizione, tanto che la macchina sussultò, minacciando di spegnersi. «Scusate» mormorai vergognoso, cercando di acquistare lucidità.
«Francis, sei ubriaco?» chiese scherzando John, cercando di alleggerire l’atmosfera che si era creata.
«No, giuro che non ho bevuto nulla». Tentai di trovare una battuta decente, con scarsi risultati, visto che nessuno rise.
«Per fortuna» mormorò Zac. Ashley ridacchiò altrettanto in difficoltà, nascondendo il gesto con un colpo di tosse.
«Ah sì, ragazzi ho preso le pizze. Spero che vadano bene, come al solito» mormorai rivolto a tutti, cercando di non pensare ad Ashley seduta di fianco a me.
«Perfetto, benissimo». John era entusiasta, pronto a divorare le pizze appena fosse cominciato il film.
«Sp-sp-spero che va-va-vadano bene anche a t-t-te». Guardai per qualche secondo Ashley, che continuava a sorridere.
«Basta che sia commestibile. E che non ci sia mozzarella. Sono allergica». Si portò una ciocca di capelli dietro l’orecchio fissandomi seria.
«C-c-c-c-cosa? A-a-a-allergica?» chiesi fermando l’auto davanti a casa di Mac.
«Sì, non l’avevo detto? Sono allergica alla mozzarella» disse di nuovo.
«I-i-i-i-io non lo sa-sa-sa-sa-sapevo. C-c-c-c-ci ho messo mo-mozzarella o-o-o-ovunque». Perché non avevo chiesto se era allergica a qualcosa?
Perché mi ero dimenticato un particolare così importante?
Se fosse stata celiaca?
«Francis» ridacchiò all’improvviso «ti stavo solo prendendo in giro. Non sono allergica alla mozzarella. Non sono allergica a nulla. Era solo uno scherzo».
Continuava a ridere, la testa appoggiata al sedile e le braccia a sostenere lo stomaco.
Anche John e Zac cominciarono a ridacchiare.
Solo io non trovavo la situazione divertente?
Avevo rischiato per trenta secondi di essere colpito da un ictus e tutto quello che i miei amici erano in grado di fare era ridere?
«Divertente, davvero» mormorai sganciandomi la cintura di sicurezza, irritato dalle risate che continuavano a risuonare dentro l’abitacolo.
«Francis, dovresti vedere la tua faccia». Gentile da parte di John. Stava morendo per mancanza di ossigeno ma si era premurato di dirmi che la mia faccia era buffa.
«Scusami» mormorò Ashley, cercando di smettere di ridere e asciugandosi una lacrima.
«No-no-no-o-n fa niente. È stato divertente» sbottai facendola ridere di nuovo.
«Sì, ho visto. Ti stavi proprio divertendo» mi schernì sganciandosi la cintura di sicurezza e scendendo dall’auto.
Presi le pizze e con Ashley al mio fianco e John e Zac dietro di noi, bussai alla porta di Mac.
«Vado io» strillò una vocetta di bimba che mi fece sorridere.
Quando la porta si aprì venni investito da un uragano che mi abbracciò.
«Ciao Sally» ridacchiai accarezzandole la testolina bionda.
«Ciao ragazzi! Sally andiamo che è tardi». La madre di Mac ci salutò prima di richiamare Sally che mi lasciò ridendo, senza dire nulla.
«Ci vediamo Sally». La salutai con la mano mentre si allontanava per nascondersi dietro Mac.
«Mi raccomando, fai la brava dalla nonna, ok?» sussurrò Mac a Sally, che annuì abbracciandola.
«Ci vediamo domani sera». Le baciò una guancia prima di scompigliarle i capelli.
«Ciao Zy» sussurrò Sally, stringendo tra le braccia un coniglietto grigio di peluches.
«Buona serata. Divertitevi». La madre di Mac non sembrò notare Ashley.
Forse perché era già stata in quella casa o forse perché Mac le aveva detto di non dire nulla per non metterla in imbarazzo.
Quando Sally si chiuse la porta di casa alle spalle Zac mi tirò una pacca sulla schiena: «Hai visto? Se non troverai una donna entro i trent’anni ti rimane sempre Sally! Lei è innamorata di te da sempre, no?».
«Ma cosa dici, Zac?» bofonchiai sistemando le pizze sul basso tavolo tra i divani e la tv.
«La verità Francis». Che idiota.
«In ogni caso sono convinto che Sally capirà presto che non sono così bello. Probabilmente ci vorrà meno di un anno e poi perderò l’unica pretendente» mormorai divertito, aprendo il primo cartone di pizza, e accomodandomi sul divano. «Che succede? Perché non vi sedete?» chiesi con la bocca piena di pizza.
«Sei un cavaliere Francis. A forza di rimanere con questi trogloditi ti rimbecillisci». Mac si sedette di fianco a me, lasciando comunque un po’ di spazio tra di noi.
«Bene, io e John prendiamo il nostro divano». Zac si distese sull’altro divano, mentre John prendeva un cartone di pizza e si sedeva su un angolino, scostando i piedi di Zac.
Mi bloccai con lo spicchio di pizza a mezz’aria, guardando Ashley che era rimasta in piedi da sola.
«Che fai lì impalata? Perché non ti siedi?» mormorò Zac, grugnendo dopo che John l’aveva spinto per avere un po’ più di spazio.
«Dove posso sedermi?» chiese timidamente, guardando prima un divano e poi l’altro.
«Ti sconsiglio di sederti con i cavernicoli, se non vuoi che il tuo vestito diventi al gusto pizza. Vieni Ashley, siediti qui di fianco a me». Mac si spostò verso il bracciolo opposto, lasciando che il buco tra di noi si allargasse a dismisura.
Quando compresi che Ashley si sarebbe seduta di fianco a me, soffocai con un filo di mozzarella.
Aprii velocemente una lattina di cola, bevendone quasi metà prima di riuscire a tornare a respirare regolarmente.
«Francis questa sera è distratto» cantilenò Zac, allungandosi sul divano per inserire il DVD senza alzarsi.
«Ho solo messo troppa mozzarella, Zac» mormorai sistemandomi, mentre Ashley prendeva posto.
«Parto?» strillò Zac, tutto contorto a testa in giù, sostenendosi solo con una mano appoggiata al pavimento.
«Sì» concordammo io e John assieme.
Mi tolsi le scarpe tirando su i piedi sul divano e incrociando le gambe.
Urtai involontariamente la coscia di Ashley, sollevandole il vestito di qualche centimetro verso l’alto.
«Scu-scusa» bisbigliai cercando di distogliere lo sguardo da quei pochi centimetri di pelle che si erano scoperti.
In fin dei conti la divisa da cheer-leader era più corta.
Ashley sorrise senza veramente rispondere, ma vidi che si stava sistemando il vestito cercando di non farsi notare.
«No, Zac! Ashley non sa le regole. Dobbiamo spiegarle come funziona» strillò Mac facendo cadere Zac sul tappeto sbattendo la testa.
«Auch» mormorò sollevandosi e massaggiandosi la nuca.
Ridacchiai ingoiando un nuovo spicchio di pizza e aspettai che qualcuno spiegasse come funzionava.
Io non ero la persona più indicata.
«Francis, lo spieghi tu?». Mi voltai verso Mac, con una patatina tra i denti.
«Coia?». Speravo di aver campito male.
«Spieghi tu come funziona?». Sorrise circondandosi le gambe con le braccia.
«I-io?». Masticai velocemente la patatina appoggiando il resto dello spicchio sul cartone. Dovevo spiegare la serata a lei, ma non dovevo balbettare. Mac aveva detto che non dovevo guardare Ashley. «Allora, durante il film, nessuno parla. Vedrai che comunque ci sarà un’eccezione, quindi non preoccuparti. Poi, la frase iniziale la diciamo tutti assieme, e… non mi sembra che ci sia altro, no?». Guardai Mac che aveva uno sguardo felice, le brillavano gli occhi, come se si fosse commossa.
«Sembra che sia tutto anche a me. Possiamo partire ora, Zac». Mac si alzò per spegnere la luce e tornò velocemente a sedersi. «Ah sì, qualche domanda, Ashley?”.
«No, credo sia tutto chiaro» esclamò divertita mentre il film cominciava.
Il logo della saga comparve sullo schermo e tutti, o quasi, urlammo l’incipit «Tanto tempo fa, in una galassia lontana, lontana…».
Sentii Ashley ridacchiare, probabilmente perché sentirci pronunciare la frase iniziale tutti assieme era comico.
Nessuno fiatò per quasi metà film, fino a che nello schermo non comparve lei.
Padmé Amicala.
«Ragazzi. È bellissima. La mia donna» sussurrò Zac, in estasi.
«Non cominciare» borbottò Mac, prendendo uno spicchio di pizza e offrendone uno ad Ashley che accettò.
«Come si possono non sprecare parole d’amore per Natalie Portman? Riuscite a capire quello che io provo per lei? Guardatela, guardate le sue labbra, quel suo neo…» sospirò estasiato e Ashley ridacchiò.
«Ha un figlio, Zac» mormorò.
«Non importa, non sono geloso, purché io sia più importante di lui. Ne faremo quanti vuole» continuò guadagnandosi un cuscino in pieno viso da Mac.
«Shh» sibilò, ammonendolo.
Continuammo a guardare il film in silenzio, senza dare troppo peso ai sospiri di Zac, in ogni scena in cui c’era Natalie.
«Allora?» chiese Mac, non appena cominciarono i titoli di coda.
«Carino» mormorò Ashley, stiracchiandosi.
«La verità?». Mac stava cercando di nascondere un sorriso.
«Non ho capito molto» confessò Ashley, abbassando lo sguardo.
«P-p-perché no-no-no-o-on era il pr-primo». Cercai di rassicurarla.
Era normale non capire tutta la storia se non si cominciava dal primo film.
«Oh, non era il primo?» chiese stupita, guardandomi dritto negli occhi.
«No, né il primo in ordine cronologico né il primo che era uscito al cinema» specificò Zac, trangugiando la fine di una lattina di cola.
«Oh… Ma, ma il tipo con il casco nero e il mal di gola, è cattivo o no?». Quando sentimmo la domanda di Ashley cominciammo a ridere tutti e quattro.
«Il… il tipo con il mal di gola» disse Zac in preda alle risate, continuando a sbattere la testa sul divano. «Dio questa era bella. Darth Vader è quello con il mal di gola». Non riuscivamo più a smettere di ridere.
Ashley era immobile, giocherellava con il cuscino che aveva tra le mani, imbarazzata.
«Ok, ok. Ragazzi, basta. Non possiamo ridere tutta la sera». Mac cercò di riprendersi, asciugandosi le lacrime. «Scusaci Ashley». Le appoggiò la mano sulla gamba in un gesto amichevole.
«Non c’è problema». Ashley era ancora imbarazzata, potevo notarlo dal rossore delle sue gote e dal suo continuo sistemarsi quella ciocca di capelli dietro l’orecchio.
«S-si ch-ch-ch-chiama Darth Vader» spiegai «G-G-George Lucas gli ha d-d-d-dato quel nome perché vo-vo-voleva dare un aiuto sul finale, visto che Darth Va-Va-Vader assomiglia a Dark Father». Non sapevo se poteva interessarle, ma era giusto che sapesse le basi di Star Wars.
«Ohhh» sussurrò stupita.
«Lo so, è stata una mossa intelligente. Ma in fin dei conti stiamo parlando del Signor Lucas, mica di una persona a caso». John, come sempre, si chinò leggermente quando pronunciò il nome del regista.
Ero quasi convinto che il suo armadio avesse un doppio fondo, una stanza-santuario dedicata a lui.
«Mac, posso andare a mettermi il pigiama?» chiese Zac stupendomi.
«Certo». Mac sembrava tranquilla, come se fosse stato tutto normale.
«Vado anche io, allora». John si alzò, cominciando a salire le scale subito dopo Zac.
«Dormono qui?». Ashley sembrava divertita.
«Sì, mi hanno chiamato prima e mi hanno detto che si fermavano a dormire qui. Non è che mi cambi poi tanto; anzi, è meglio così non rimango da sola tutta la notte».
Me l’avrebbero pagata.
Tutti e tre.
E io che ero stato così idiota da credere alle parole di Zac in macchina!
Altro che veri amici, erano dei traditori!
Non potevo nemmeno più fidarmi di loro tre!
«Se lo sapevo rimanevo anche io» sibilai, facendo capire che ero arrabbiato.
«Ma tu non devi finire quel saggio di Letteratura, quello che bisogna consegnare domani?» chiese Mac, facendo strani gesti con il viso.
Quel saggio l’avevo consegnato una settimana prima.
«Appunto, se l’avessi saputo l’avrei finito oggi pomeriggio e non questa sera» parlai a denti stretti, stringendo i pugni.
«Chi ha tempo non aspetti tempo, Francis. La prossima volta lo finirai un po’ prima». Mi prendeva anche in giro, bene!
La vendetta andava servita fredda.
Così sarebbe stato, un giorno o l’altro.
«A-A-A-Ashley, vu-vu-vuoi che ti ac-ac-accompagni a ca-casa?» borbottai guardandola.
«Se non è un problema, altrimenti chiamo un taxi».
Zac e John ritornarono indossando un paio di pantaloni della tuta e una maglia.
«Fi-fi-figurati. No-no-o-n pensare minimamente di ch-ch-chiamare un taxi, ti po-po-porto a casa i-i-io» balbettai, sentendomi leggermente osservato.
«Grazie allora». Si alzò dal divano, lisciandosi le pieghe del vestito.
Ok, dovevo solo accompagnarla a casa, una decina di minuti al massimo, forse venti.
Avevo passato un’intera serata con lei, che problema sarebbero stati venti minuti in più?
Nessuno, se non fossimo stati io e lei.
Da soli.
Avrei balbettato come un idiota, ne ero sicuro.
Mi stiracchiai alzandomi in piedi e mi sistemai gli occhiali.
«Mac, volevo ringraziarti per la serata e per l’ospitalità. Mi sono divertita» disse Ashley, prendendo la borsa.
«Figurati, per queste cose! La prossima volta però mi piacerebbe che ti fermassi a dormire».
Mac era impazzita!
«Certo, piacerebbe anche a me» mormorò Ashley, avvicinandosi alla porta.
«Bene, ci vediamo domani, ragazzi» minacciai, voltandomi poi verso Ashley con un sorriso amichevole. «Andiamo?».
Annuì avvicinandosi alla porta, appena prima di chiuderla sentii la voce di Zac strillare un «Seconda base» mascherato da dei finti colpi di tosse.
Altro che seconda base, quella sera avrei compiuto un triplice omicidio.
Forse Mac l’avrei risparmiata, dovevo prima capire quanto era implicata nel complotto contro di me.
«Sp-sp-spero che ti si-si-sia divertita qu-qu-questa sera» dissi accendendo il motore della vecchia Chevry.
«Sì, mi sono divertita davvero, anche se non ho capito bene tutto il film» ridacchiò sistemandosi sul sedile.
«Se vu-vuoi puoi ve-ve-venire anche la prossima settimana, così ma-ma-magari capisci me-me-meglio» bofonchiai, aspettando il verde al semaforo.
«Mi piacerebbe molto, ma non vorrei disturbare» sussurrò timidamente, continuando a guardare davanti a sé.
«Dis-dis-disturbare?» chiesi sorpreso.
Quando mai lei avrebbe disturbato?
«Sì… insomma… non vorrei che voi foste gentili con me solo perché bisogna». Si schiarì la voce gesticolando con le mani.
Certo, lei aveva trascorso i primi diciassette anni della sua vita in mezzo a persone false e opportuniste, subdole, che erano disposte a vivere nella menzogna pur di raggiungere i loro scopi, le persone non erano però tutte uguali.
«A-A-Ashley» mormorai spegnendo inconsapevolmente il motore della macchina perché eravamo arrivati davanti a casa sua «a no-no-noi fa pia-piacere se tu vieni» continuai.
Sentii un colpo di tosse da parte sua, come se avesse mascherato una risata.
«Grazie» sussurrò, slacciandosi la cintura di sicurezza. «Siete davvero gentili, delle persone veramente speciali» sospirò, appoggiando la testa al sedile senza perdere il sorriso.
Illuminata dalla luce della luna era più bella che mai.
Avrei voluto dire che nessuno era speciale quanto lei, ma sarebbe stata una frase fuori luogo, così slacciai la cintura di sicurezza e picchiettai le dita sul volante in un gesto nervoso.
«Che bella. Guarda la luna, Francis» mormorò all’improvviso, facendomi sussultare. «Quando è così grande mi piace tantissimo». Aprì la portiera della macchina e scese, andando a sedersi sul cofano della macchina.
«Ashley?» sussurrai a me stesso, chiuso da solo dentro la macchina.
Forse era meglio scendere.
«Guarda Francis, guarda che grande è la luna questa sera». Indicò la luna mentre mi avvicinavo, appoggiandomi alla macchina. «Quando è più grande secondo me è ancora più bella» continuò sospirando, e rabbrividendo.
«I-i-i-in verità la lu-lu-luna no-no-no-on è mai o più gr-gr-grande o più pi-pi-piccola. In qu-qu-qualsiasi parte del mo-mo-mondo, anche se ti sem-sembra grandissima puoi sem-m-pre vedere che è più pi-i-ccola del tuo pollice, prova a fare co-così» sussurrai chiudendo un occhio e portando il pollice davanti a quello rimasto aperto.
Guardai Ashley che mi osservava divertita e sorpresa, poi compì il mio stesso gesto.
«Hai ragione» ridacchiò rabbrividendo di nuovo.
Forse aveva freddo.
Mi slacciai la felpa appoggiandogliela sulle spalle.
«Grazie Francis» sussurrò stupita, regalandomi uno dei sorrisi più belli che avessi mai visto.
Era mio.
Non era di Zac, o di John o di Mac.
Mio, solo mio.
Un sorriso solo per Francis Seth Hudson.
Risposi al suo gesto in modo spontaneo, osservando il suo profilo mentre tornava a guardare il cielo.
«E tutte quelle stelle, mi sono sempre piaciute un sacco. Penso siano romantiche. Peccato che non ci capisca nulla» disse triste.
«Oh, ma è fa-fa-facile. Quella è l’O-O-Orsa Ma-ma-maggiore, vedi?». Indicai la costellazione mentre Ashley annuiva. «Si vede nell’em-em-emisfero boreale d’inverno». Era una delle mie costellazioni preferite, assieme a Orione. «Le due st-ste-stelle lì, si chiamano Pherkad e Kochab». Indicai prima una stella e poi l’altra.
«Conosci un sacco di cose, Francis, veramente! C’è qualcosa che non sai?» domandò incuriosita, in un sussurro.
«Oh sì. Non conosco tantissime cose. La radice di pi greco oltre il trentaduesimo numero, ad esempio. O perché i dinosauri si siano estinti. Il perché l’uomo abbia la parola a differenza degli altri animali. Che cosa avesse pensato Shakespeare quando ha scritto Romeo e Giulietta… potrei andare avanti all’infinito». Sorrisi verso di Ashley che mi guardava divertita.
Scese dal cofano della macchina ridacchiando e togliendosi la mia felpa.
«Credo di aver aggiunto un’altra cosa alla tua lista» sogghignò, avvicinandosi per baciarmi una guancia. «Ci vediamo domani, Francis. Grazie per la serata e per la lezione di astronomia». Senza aggiungere altro si diresse verso il vialetto di casa sua.
Rimasi a guardarla immobile fino a che non chiuse la porta di casa.
Subito dopo scesi dalla macchina consapevole di quello che avrei dovuto compiere: un duplice omicidio.
Accesi la macchina e cominciai a guidare verso casa di Mac.
Quei due babbuini me l’avrebbero pagata cara.





Eccoci qui ragazze!
La prima SWN di Ashley! :)
Sinceramente non ho molte cose da dire, se non che per quanto riguarda le informazioni date fa Francis su Star Wars, a quanto ne so, sono vere. Cioè, Darth Vader era per richiamare Dark Father e aiutare sulla fine.
In italiano poi sono stati cambiati i nomi e quindi questa cosa ha perso di significato.
Il nome delle due stelle della costellazione dell’orsa maggiore è esatto, e mi sembra che non ci sia altro.
Mi è arrivato più di un messaggio privato chiedendomi di creare un gruppo chiuso su fb perché alcuni ‘lettori silenziosi’ si vergognano a chiedere l’amicizia magari perché hanno solo un account. Per me non ci sono problemi, basta che poi voi collaboriate.
Fatemi sapere.
 
Informazione: il prossimo capitolo è quello della gita a Stanford, faremo un mega salto in avanti nel tempo, direi un paio di mesetti, e ci catapulteremo alla scoperta del College…
Però, e qui arriva il tasto dolente, volevo mandare in vacanza i NERD nel mese di agosto, alcune di voi andranno in vacanza e non vorrei che ci fosse un calo di visite spaventoso.
La prossima settimana non credo di riuscire ad aggiornare, visto che ho l’ultimo esame, che facciamo, andiamo a settembre con il capitolo di Stanford o faccio uno strappo e pubblico la prima settimana di agosto? Soprattutto, faccio la pausa o no?
 
Fatemi sapere anche per questo.
Nel frattempo vi mando un grosso bacione (e ricordo che a giorni pubblicherò una OS su Robert e Faith, coppia che credo molti di voi abbiano apprezzato!:P)
 
A presto!

 

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Capitolo 12
*** Strip poker at Stanford ***


rotn









Quella notte non ero riuscito a dormire.
Nemmeno tutta la settimana precedente, a dire il vero.
Il motivo era uno solo: Stanford.
Una delle più prestigiose università Californiane.
Avrei camminato su quei marciapiedi assieme a tutti gli studenti universitari, mi sarei seduto in quelle grandi aule ad ascoltare qualche lezione di fisica quantistica o di biochimica.
Poco importava che il campus fosse mezzo deserto perché erano appena passate le vacanze di Natale.
Io sarei andato per due giorni al College.
Mi alzai prima del suono della sveglia e, dopo essermi preparato, misi in valigia spazzolino e dentifricio. Non mancava nulla, in teoria.
Io, John e Zac, elettrizzati per quella gita, avevamo cominciato a preparare il borsone due settimane prima di Natale.
Mac, assieme ad Ashley, ci aveva preso in giro per giorni.
Io volevo che fosse tutto perfetto.
C’era anche Ashley e, insomma… doveva essere tutto perfetto.
Nutrivo una piccola, flebile e minuscola speranza di baciarla durante quella notte.
Forse, più che camminare dentro al campus, era quello che mi aveva fatto passare le tre settimane precedenti insonne.
John e Zac non avevano fatto altro che prendermi in giro, specialmente John.
Certo, era facile per lui parlare ora che aveva Hannah al suo fianco e facevano coppia fissa da quasi tre mesi. E, come se non bastasse, io ero geloso di loro, degli sguardi che si scambiavano.
Zac mi aveva canzonato solo perché era uno scemo.
Lui non guardava minimamente le ragazze della nostra scuola; secondo il suo modesto parere erano tutto brutte.
Certo, era una cosa normale quando il tuo ideale di bellezza era Natalie Portman!
Scesi le scale di corsa e salutai mamma che, assonnata e ancora in pigiama, era appoggiata allo stipite della porta. Con tutti i capelli arruffati e gli occhiali sistemanti malamente, cercava di sorridermi tenendo gli occhi aperti nonostante il sonno.
«Divertiti Francis» bisbigliò per non rischiare di svegliare papà, che stava dormendo al piano di sopra.
«Certo mamma. Ma tu adesso torna a dormire che è presto» sussurrai sistemandomi gli occhiali sul naso in imbarazzo: non sapevo bene che cosa dire.
«Ora vai. Mi raccomando, per qualsiasi cosa chiama, e non ubriacatevi» scherzò abbracciandomi.
«No mamma, non ci ubriacheremo, te lo prometto». Ricambiai il suo abbraccio e la baciai velocemente sulla guancia prima di aprire la porta di casa per uscire. «Rimani dentro casa, altrimenti prenderai qualcosa» borbottai non appena una folata d’aria gelida mi colpì.
«D’accordo. Ciao» sussurrò chiudendo subito la porta alle mie spalle.
Aprii il bagagliaio della macchina e schiacciai la borsa in fondo.
Dovevo dare un passaggio anche a John, Zac, Mac e Ashley.
Ero quasi sicuro che John e Zac si sarebbero portati dietro un borsone con qualche straccio dentro, nulla di esagerato, come anche Mac, infatti di loro non mi preoccupavo più di tanto.
Quello che non volevo immaginare era la grandezza della valigia di Ashley.
Quanto grande poteva essere la borsa che si portava appresso una cheer-leader per rimanere due giorni all’università?
Accesi il motore e dopo aver aspettato qualche minuto perché si scaldasse, partii per andare da John e Zac.
Come avevo precisato il giorno prima, Ashley saremmo andata a prenderla tutti assieme.
Non riuscivo ancora a rimanere tranquillo quando ero solo con lei.
Nonostante avessimo fatto grandi progressi, con baci sulle guance, sorrisi e scambi di battute, non ero in grado di non balbettare se mi rivolgevo direttamente a lei.
Erano passati più di due mesi, a scuola ormai Ashley rimaneva sempre con noi e ogni giovedì sera ci trovavamo a casa di qualcuno per la Star Wars Night.
Avevamo passato assieme anche il giorno del Ringraziamento e il Capodanno.
Non c’erano stati grossi passi avanti, però.
Per questo Mac ormai aveva perso tutte le speranze, diceva che non sarei mai riuscito a guarire da quell’inesistente malattia che dipendeva solo da me.
Zac e John, invece, nutrivano ancora qualche speranza. Non sapevo se fosse a causa di qualche piano diabolico che avevano organizzato per quella gita, ma sembrava che fossero sicuri di una cosa: io piacevo ad Ashley.
A nulla erano valse le mie minacce dopo che mi avevano giocato quel tiro mancino qualche mese prima, quando si erano fermati a dormire da Mac e mi avevano lasciato da solo con Ashley. Ogni volta che provavo a lamentarmi con loro per quell’episodio, mi dicevano che dovevo rimanere zitto perché avevo anche ricevuto un bacio sulla guancia.
«Ciao Francis» borbottò John aprendo lo sportello del bagagliaio per lanciare il suo borsone dentro.
Lo salutai con un gesto della mano, controllando attraverso lo specchietto retrovisore che anche Zac mettesse la sua valigia dentro.
«Ciao Zac» dissi non appena salirono in macchina rabbrividendo per il freddo.
«Mhh» si lamentò Zac, appoggiando la testa al finestrino e chiudendo gli occhi.
«Sta male?» chiesi a John che stava scrivendo un messaggio al cellulare.
«No, sai che Zac prima delle sette e mezza non parla» scherzò John, alzando finalmente lo sguardo e riponendo il cellulare in tasca.
«Ragazzi, avete preso tutto? Non voglio tornare indietro dopo» bofonchiai guardando prima uno e poi l’altro.
«Sì, ho controllato tre volte ieri sera». John sbadigliò rumorosamente, distendendo le gambe sul sedile.
«Mhh» gemette ancora Zac, continuando a tenere gli occhi chiusi.
«Zac, diamine! Svegliati! Sono le sei meno un quarto e stiamo andando a Stanford!» strillai irritato nel vederlo così addormentato.
Come faceva a dormire?
«Shh. Non urlare, non urlare» sussurrò prima di allacciarsi la cintura di sicurezza senza spostarsi. «Svegliatemi quando dobbiamo salire sull’autobus». Si sistemò il cappuccio sopra alla testa mettendosi comodo sul sedile.
«Non ci credo. Stiamo andando a Stanford e lui dorme. Mi chiedo come faccia a dormire» borbottai immettendomi in strada per andare da Mac.
«Non è ancora sorto il sole, sai che ha bisogno di vedere la luce per svegliarsi». John, che continuava a prenderlo in giro, si allungò per cominciare a punzecchiarlo sulla spalla.
«Mhhh» si lamentò ancora Zac, spostandosi per non essere disturbato.
«Vedrai ora che sale Mac cosa ti dice» ridacchiai accostando davanti a casa di Mac.
Ci stava aspettando sul ciglio della strada, di fianco a una valigia che mi sembrava addirittura più piccola del mio borsone.
«Mac, ma hai preso tutto?» chiesi abbassando il finestrino, mentre si avvicinava al retro della macchina per mettere la sua borsa assieme alle altre.
«Sì, perché me lo chiedi?». Chiuse velocemente lo sportello posteriore e salì in macchina subito dopo.
«Non lo so, mi aspettavo che avessi una valigia più grande. In fin dei conti sei una ragazza» scherzai, cominciando a fremere perché volevo arrivare puntuale da Ashley.
Non era giusto farla aspettare, ma soprattutto non volevo far aspettare la partenza per quella gita!
«Allacciate le cinture, siamo in ritardo!» esordii sgommando sull’asfalto davanti a casa di Mac.
«Francis, calmati, dannazione! Partono tra più di mezz’ora e dobbiamo solo dare un passaggio ad Ash» bofonchiò Mac, massaggiandosi il gomito che aveva picchiato contro al finestrino quando ero partito.
«Non voglio arrivare in ritardo e non voglio far aspettare Ashley da sola» borbottai sistemandomi gli occhiali.
Da sola, in piena notte.
No, non se ne parlava nemmeno.
«Che romantico Francis! Saresti il fidanzato perfetto» mi schernì John faticando a mantenersi serio.
«Esatto, perché tu con Hannah non pensi mai a queste cose» ribattei guardando la sua faccia allibita attraverso lo specchietto retrovisore.
«Ehi, io sono un cavaliere con Hannah!» borbottò stizzito, incrociando le braccia al petto.
«Infatti Francis. Lui è un cavaliere, le ha anche comprato i fiori». Il modo in cui Mac ci prendeva sempre in giro mi faceva ridere.
«Una volta» puntualizzai, ridacchiando sommessamente.
«Volete smetterla? Io almeno una ragazza ce l’ho! Potrete prendermi in giro quando anche voi ne sarete muniti. Nel frattempo… state zitti». John si era decisamente arrabbiato.
Non sapevo se fosse perché l’avevamo deriso con la storia dei fiori o per altro.
«Ti ricordo che tu hai la ragazza solo grazie a Zac» precisò Mac, ricevendo subito un’occhiataccia da John.
«Discorso chiuso. Non si parlerà di questo quando Ashley entrerà nell’auto, siamo intesi?» sbraitò lui sporgendosi dal sedile perché la sua espressione minacciosa fosse ben visibile dallo specchietto retrovisore.
Mac riuscì a soffocare una risata con un colpo di tosse; io invece fui in grado di mantenermi serio solo perché cominciai a fissare insistentemente la strada.
Arrivammo a casa di Ashley qualche minuto dopo. Ci stava aspettando sul ciglio della strada, di fianco a una valigia che sembrava grande più o meno come quella di Mac.
Nessun trolley enorme, nessun set di borsoni di Louis Vuitton o Gucci.
Una semplice valigia nera.
«Ciao ragazzi» esordì lei aprendo il bagagliaio per incastrarci dentro la sua valigia.
«Ciao Ash» la salutò Mac, spostandosi sul sedile per farle posto.
«Ashley» borbottò John, schiacciandosi contro il lato opposto della macchina quando Ashley aprì la portiera per salire.
«C-c-c-c-iao A-A-Ashley». Le riservai una strana smorfia che sarebbe dovuta assomigliare a un sorriso.
Era bella anche di mattina presto.
Truccata, con quel berretto nero e le due treccine ai lati dei viso che ricadevano sulla sciarpa.
«Francis, facciamo tardi» sbottò Mac quando si accorse che mi ero imbambolato a guardare Ashley.
«Sì, sì. Hai ragione. Partiamo» mormorai portando le mani al volante e partendo.
«Che cos’ha Zac? Sta male?» chiese in un sussurro Ashley, guardando Mac preoccupata per Zac.
«No, ha sonno. Lui non si sveglia mai prima delle sette e mezza» rispose Mac, scuotendo la testa sconsolata.
Sentii Ashley ridacchiare e sorrisi felice: ero convinto che quella gita sarebbe stata indimenticabile.
Quando arrivammo a scuola, posteggiai la macchina nel solito parcheggio e, dopo aver spento il motore, dentro all’auto calò un silenzio imbarazzato.
«Forse dovremmo svegliare Zac» proposi in un sussurro, slacciandomi la cintura di sicurezza e voltandomi a guardare Ashley, Mac e John nel sedile posteriore.
«Lascia fare a me» sogghignò John, sporgendosi in avanti verso il sedile di Zac. «Frank! Ferma! Oddio, era Natalie Portman quella?» gridò all’improvviso, facendomi prima sussultare spaventato e poi sghignazzare divertito.
«Natalie? Dove?» urlò Zac, svegliandosi all’improvviso.
Ashley cominciò a ridere tenendosi le mani sullo stomaco e appoggiando la testa sulla spalla di Mac che riuscì malamente a non sbellicarsi per la faccia che aveva fatto Zac.
«Dov’è? Dove?» strillò abbassandosi il cappuccio e cominciando a guardare fuori dal finestrino. «Perché non riesco a vederla?» protestò slacciandosi anche la cintura di sicurezza.
«Zac» cercai di chiamarlo. «Zac» tentai di nuovo, alzando il volume della voce e appoggiandogli una mano sulla spalla. «Ti stavamo prendendo in giro. Non c’è Natalie, siamo arrivati a scuola» farfugliai impegnandomi al massimo per non ridergli in faccia.
«Oh» sussurrò, ora triste, slacciandosi la cintura di sicurezza e sistemandosi il cappuccio della felpa sulle spalle. «Che cattivi che siete però».
Ci era rimasto veramente male, tanto che aveva aperto la portiera della mia macchina scendendo per stiracchiarsi senza dire una parola di più.
«Zac, dai era uno scherzo». John cercò di scusarsi, scendendo a sua volta e raggiungendo Zac che camminava su e giù lungo il parcheggio.
«Forse è meglio raggiungerli» bofonchiò Mac, prima di slacciarsi la cintura e scendere dall’auto.
Ashley seguì l’esempio di Mac e poco dopo mi trovai da solo dentro la macchina.
«Grazie a tutti per avermi aspettato, eh!» mormorai tra me e me chiudendomi la portiera alle spalle, prima di aprire il bagagliaio e cominciare a tirare fuori le valigie.
Mac e John erano riusciti a scusarsi con Zac che si era avvicinato all’auto, chiedendo perdono ad Ashley per il comportamento idiota.
Gli aveva gentilmente risposto che non c’erano problemi, che anche lei di mattina era intrattabile.
«Francis, grazie per il passaggio» mormorò Zac, prendendo il suo borsone e cominciando a spostarlo da una mano all’altra per l’imbarazzo.
«Figurati». Sapevo che era il suo contorto modo per chiedere scusa della scenata che aveva fatto.
Quando anche le ragazze ebbero preso le loro valige, ci incamminammo verso i professori che aspettavano fuori dall’autobus semi-deserto, ma fummo distratti dal rumore dallo stridere di gomme sull’asfalto.
Tutti quanti, curiosi, spostammo lo sguardo sulla decappottabile grigia che aveva frenato di colpo.
Era la macchina di Alex.
«Che idiota» bisbigliò Ashley, continuando a camminare senza prestargli attenzione.
Alex scese dalla macchina ridendo, seguito subito dopo da Kathrina, Luke e Kristy.
«Luke, siamo in anticipo allora! Sono appena arrivati anche i secchioni, guarda». Alex ci indicò sogghignando e sentii la risata di Luke e di Kathrina, seguita subito dopo da quella di Kristy.
Ashley continuò a camminare, come se non ci fosse stato nessuno.
«Mac, hai portato quello che dovevi portare?» chiese Zac, avvicinandosi a Mac, felice.
Improvvisamente era ritornato di buonumore.
«Certo» rispose prontamente lei, ammiccando verso di me.
Volevamo rimanere svegli tutti assieme la notte a venire.
Avevamo anche deciso le camere, perché sapevamo che saremmo stati divisi a due a due.
Mac e Ashley sarebbero rimaste nella stessa camera.
Hannah e Cindy, la sua migliore amica, ne avrebbero occupato un’altra.
Io e Zac avevamo deciso di rimanere assieme solo per motivi logistici; infatti, John avrebbe diviso la stanza con Jack, il ragazzo di Cindy.
Ci avvicinammo velocemente verso il bus e lasciammo i bagagli all’autista perché li mettesse assieme agli altri, poi, dopo aver salutato il professor Moriarty, salimmo sull’autobus.
Il viaggio di due ore trascorse velocemente e in allegria, anche perché decidemmo di sederci lontano da Alex e tutti i suoi scagnozzi.
John e Hannah continuavano a ridacchiare da soli tra di loro mentre Zac li prendeva in giro e Mac lo rimproverava.
Ashley sorrideva godendosi in silenzio tutta la scenetta.
Io, invece, guardavo Ashley che si divertiva.
Appena arrivati ci fecero subito portare le valigie in albergo così da poter avere tempo libero per visitare il campus.
Di sicuro quella sarebbe stata la giornata più bella della mia vita!
Camminai assieme ai miei compagni lungo quei lunghi corridoi, entrammo addirittura nelle aule per seguire alcune lezioni.
Quella era Stanford e sarebbe stata la mia università, l’avevo deciso!
Nel tardo pomeriggio il professore ci aveva richiamato per dirci che saremmo usciti a cena verso le sette.
Avevamo meno di due ore per prepararci.
«Ragazzi, noi andiamo a farci una doccia e a vestirci. A dopo» disse Ashley, prima di entrare con Mac nella loro stanza.
Quella stanza che distava solamente due porte dalla nostra.
Sospirai richiudendo la porta alle nostre spalle e Zac, ancora eccitato per aver visto la sosia di Natalie Portman al corso di fisica nucleare, cominciò a saltellare per la stanza.
«Stanford sarà la mia università. Ho deciso. E ora vado a farmi una doccia». Aprì il borsone per prendere l’asciugamano e un cambio, e si chiuse in bagno cominciando a canticchiare allegro.
Mi sedetti sul letto dopo aver acceso la TV per rilassarmi un po’, ma qualcuno bussò alla porta. Chi poteva essere?
Mi alzai e velocemente andai ad aprire. «John?» borbottai stupito di vederlo dondolare nervosamente da un piede all’altro, mentre si asciugava la fronte sudata. «Che succede?» chiesi spostandomi perché potesse entrare nella mia stanza.
«Io… Hannah… stasera… non so che fare» parlottò sottovoce, senza dire qualcosa di veramente sensato.
«John che succede?» tornai a chiedere, avvicinandomi a lui.
Sospirò cercando di calmarsi e poi cominciò a parlare. «Hannah mi ha detto che questa sera Cindy e Jack vanno a una festa in camera di “non so chi” e quindi lei rimane in camera da sola. Mi ha chiesto se vado a farle compagnia, capisci?». Stava tremando.
«Oh» sussurrai imbarazzato perché non sapevo che cosa dire.
La situazione era comica e drammatica.
«Oh è il tuo consiglio? Andiamo Francis, dimmi qualcosa di più, sei tu il super cervellone del gruppo» piagnucolò cominciando a camminare nervosamente per la stanza.
«Io sinceramente credo che non debba per forza succedere nulla…» bofonchiai sistemandomi gli occhiali.
«E se lei si aspettasse che io… stiamo assieme da tre mesi ormai». Continuava a camminare su e giù e cominciavo ad agitarmi anche io.
«John, non so che cosa dirti, lo sai anche tu che di ragazze non ne capisco molto» ammisi sedendomi sconsolato sul letto.
«Problemi con le ragazze?» chiese Zac, uscendo dal bagno in boxer e i capelli ancora bagnati.
«Sì, questa sera Hannah mi ha chiesto se dormo da lei». John cercò di riassumere quello che mi aveva raccontato.
«Perfetto! Non sei felice?» chiese Zac tirandogli una pacca sulla spalla.
«No. Perché non so che fare. Se lei si aspetta qualcosa e io non la faccio? O peggio, se lei non si aspetta nulla e io ho capito male e faccio qualcosa che non dovevo?». Cominciava ad andare in iperventilazione.
«John, mio caro John. Ti svelo un segreto. Le ragazze hanno tutto un linguaggio del corpo che ci permette di capire quali sono le loro necessità. Devi solo stare attento ai segnali che ti manda» sussurrò Zac, sedendosi di fianco a me sul letto.
«E quali sono questi segni?». John si era fatto improvvisamente interessato. Sembrava convinto che con l’aiuto di Zac avrebbe superato la notte.
«Non lo so. Non ho mai avuto una ragazza». Zac fece spallucce e John gemette frustrato.
«Perché mi illudi?» sbottò lanciando gli occhiali sul letto.
«Io non ti illudo» rispose Zac, guardandolo storto.
«Sì, mi hai detto che c’era un modo per capire quello che voleva». John era fuori di sé, continuava a giocherellare con tutto quello che trovava: una penna, un blocco di post-it e la cornetta del telefono della camera d’albergo.
«E infatti c’è. Solo che non so quale sia» puntualizzò Zac, cominciando a vestirsi. «Se posso darti un consiglio, evita di partire già con l’idea che farai qualcosa. Pensa di dormire con Hannah. In fin dei conti non mi sembrate poi tanto affiatati…».
Forse Zac aveva ragione.
John e Hannah erano una bella coppia, ma non mi sembravano ancora pronti per fare il passo successivo.
«Sì, sì. Ok. Farò così» borbottò John uscendo senza nemmeno salutare.
Quando si chiuse la porta alle spalle cominciai a ridere assieme a Zac.
«Donne» sussurrò prima che io mi chiudessi in bagno per fare la doccia.
 
Quella sera a cena e durante l’uscita notturna con la classe John si comportò come al solito con Hannah; questo era un buon segno.
«Allora, in che camera ci troviamo?» chiesi mentre stavamo salendo le scale per ritornare in camera.
«In quella di John? Sembra la più grande» propose Mac, mentre tutti annuivamo.
«Ragazzi, però non è giusto. Il professore potrebbe richiamare me perché sente casino dalla mia stanza» borbottò contrariato, mentre Hannah lo abbracciava.
«John non dovresti, hai sentito che cosa ha detto il professore. Chi fa rumore questa notte farà due mesi di detenzione a scuola» sussurrò Hannah sistemandogli gli occhiali.
«Insomma, dove dobbiamo andare?» chiese quasi spazientita Ashley. «Dio, quanto ci mette questo ascensore?». Cominciò a battere il piede per terra, nervosamente.
«Andiamo in camera di John, è deciso». Zac sembrò sicuro di se stesso e non lasciò a John nemmeno il tempo di replicare. «Sapete tutti che cosa dobbiamo fare, quindi vestitevi adeguatamente» puntualizzò guardando Ashley, Mac e Hannah.
«Che cosa dobbiamo fare?» domandò Ashley, lanciandomi un’occhiata confusa.
«Do-do-do-dobbiamo gio…». Non terminai la frase perché Mac mi tirò una gomitata sullo stomaco.
«Zitto, scemo! Non si dice, è illegale!» sghignazzò quando le porte dell’ascensore si aprirono.
«Alle undici e mezza» brontolò John prima che rompessimo le righe per dirigersi nelle nostre camere.
 
«Muoviti Francis» mormorò Zac, aprendo lentamente la porta della nostra camera e sistemandosi il cappuccio della felpa che gli stava cadendo sulle spalle.
«Arrivo» sussurrai camminando in punta di piedi.
Mi sentivo un ladro.
Chiusi la porta della nostre stanza piano, cercando di attutire il rumore.
«La stanza è la 78, vero?» chiese Zac mentre cominciavamo a correre sul corridoio.
«Sì, è questa». Mi fermai davanti alla porta che aveva un 78 dipinto in oro sopra e bussai.
«Siete in ritardo» ridacchiò Mac aprendoci e spostandosi per farci entrare.
Erano già arrivati tutti.
Lei e Ashley, Hannah e naturalmente John.
«Scusate, Francis è peggio di una donna». Zac si levò il cappuccio e a grandi passi andò a sedersi sopra al letto.
Lanciai una veloce occhiata a Mac, vestita con una felpa e un paio di pantaloni della tuta. Intravedevo un paio di calzini blu dietro alle pantofole.
John aveva una maglietta a maniche corte e una felpa con la zip aperta sopra.
Ashley…
Sgranai gli occhi stupito quando notai il suo abbigliamento.
Presi Mac per un gomito e mi spostai abbassando la voce perché non ci sentissero anche gli altri.
«Perché non le hai detto di vestirsi di più?» parlottai continuando a guardare il pigiamino di Ashley, che consisteva in quella magliettina a maniche corte e quei pantaloncini.
«Veramente io l'ho fatto, solo che lei ha detto che quello é il suo pigiama. Non potevo di certo dirle che cosa dobbiamo fare» sghignazzò quasi sadicamente Mac.
«Ma rimarrà senza niente in meno di due mani». Deglutii dopo un’improvvisa vampata di calore.
«Meglio per te, no?». Ammiccò verso di me ritornando a sedersi sulla poltrona di fianco ad Ashley.
«Giochiamo?» propose Zac, prendendo le carte e cominciando a mescolarle.
«A cosa?». Ashley sembrava ancora confusa.
«A strip poker» rispose Mac, tranquilla come se stessimo per giocare a Monopoli.
«Ma io non so giocare a poker» si lamentò Ashley, lanciandomi una strana occhiata.
Bene, sarebbe rimasta nuda in poco tempo.
E io avrei perso a mia volta perché distratto.
«Il problema è che hai troppi pochi strati di vestiti. Se punti magliettina e pantaloncini e li perdi rimani in intimo». Zac non sembrava interessarsi della cosa, il suo tono di voce era rimasto pressoché normale.
«Oh, ecco perché mi hai detto di vestirmi di più» sussurrò Ashley, arrossendo leggermente.
«Io te l’ho detto, ma tu non mi hai ascoltato. Ok, allora facciamo così, io e lei giochiamo assieme, punto i vestiti di entrambe». Mac si legò velocemente i capelli e subito dopo si tirò su le maniche della felpa.
«Sarete imbattibili» borbottai arrabbiato. Mac perdeva raramente a poker, e con la fortuna da principiante di Ashley saremmo rimasti nudi subito.
E io, nudo, non ero proprio bello da vedere.
«Qualcuno può spiegarmi le regole?» chiese Ashley stizzita.
«Vai Mac» borbottai. Lei era la maga del poker, nessuno sapeva giocare e spiegare il poker come lei.
«Ok, allora ogni carta ha un punteggio e bisogna battere gli altri. Il punteggio massimo è il poker, cioè quando hai quattro carte con lo stesso valore più un’altra carta extra. Se Zac fa il mazziere, noi e Francis, che siamo alla sua sinistra abbiamo le puntate iniziali, dobbiamo quindi puntare i vestiti. Ci sono altre mosse che ti spiegherò giocando, l’importante è che noi non rimaniamo senza vestiti, ci sei?» chiese Mac mantenendo lo sguardo fisso su Ashley.
«Più o meno…» borbottò sistemandosi meglio sulla poltrona.
«Vedrai che è facile. Dai Zac, distribuisci queste carte». Mac si sfregò le mani, pronta per vincere. «Vedi,» cominciò a spiegare Mac, mentre Zac distribuiva le carte, «noi siamo dette buio e Francis semibuio, dobbiamo fare una puntata obbligata, dopo che avremo visto le nostre carte». Borbottò Mac, alzando lentamente le carte perché nessuno sbirciasse.
«Ok. E come sono le nostre carte?» chiese Ashley, alternando lo sguardo da Mac alle due carte.
«Non male. Io punto la mia felpa e la maglia di Ashley». Mac era seria.
«Cosa?» strillò Ashley, guardando la sua maglia. «Rimarrò in intimo» borbottò cercando di impietosire Mac.
«Meglio che rimanga tu in intimo, io non sono un belvedere» ridacchiò Mac mentre guardavo le mie carte.
«Io punto la mia felpa e il calzino destro». Avevo una piccola possibilità di vincere.
Alla fine di quella mano Mac e Ashley ci avevano stracciato.
Io ero rimasto senza la felpa, la maglia e un calzino.
John aveva i pantaloni e un calzino, Hannah aveva perso solo la felpa.
Zac era quello messo peggio, aveva addosso i pantaloni e i boxer.
Mac e Ashley erano le uniche completamente vestite.
«Non vale» piagnucolai dopo aver concluso la mano. «Siete troppo forti».
«Solo perché hai perso, vero Francis? Tanto lo sai che io sono più brava di tutti voi a giocare». Mac continuava a ridere spensierata.
«John, ho un po’ di sonno… ti dispiace se andiamo?» sussurrò all’improvviso Hannah, stringendogli la mano.
«No, certo che no. Andiamo a dormire» strillò, in evidente imbarazzo. «Vi dispiace ragazzi?» chiese, cominciando a strusciarsi la mano sulla fronte per asciugarla dal sudore.
«No, andate pure. Buonanotte» borbottò Mac, cominciando a mischiare le carte per giocare una nuova mano.
«A domani» li salutai mentre John si alzava lentamente dal letto.
«Buonanotte». Zac lanciò una strana occhiata a John, che cominciava a diventare sempre più pallido a mano a mano che passavano i minuti.
Durante la seconda mano Ashley e Mac furono un po’ più sfortunate. Ashley rimase in canottiera, perdendo la sua maglia, e Mac fu costretta a togliersi la felpa ed entrambi i calzini.
Zac era quello messo peggio: aveva perso anche i pantaloni.
«Rivincita Mac, subito. Non si è mai sentito di una donna che vince a poker contro un uomo». Si tolse gli occhiali, massaggiandosi stancamente gli occhi, e prese il mazzo di carte, avvicinandolo a me perché le mischiassi.
«Passo. Sono le quattro e mezza. Devo dormire un paio d’ore e non ho più voglia di giocare a poker. Mi sa che torno in stanza». Sbadigliai stiracchiandomi e mi alzai dal letto.
«Bene, io contro di voi» sibilò Zac, cominciando a rivestirsi mentre Mac mischiava le carte.
«No, vado a dormire anche io, sono un po’ stanca» ridacchiò Ashley, alzandosi dal letto e sorridendomi in modo complice.
«Ok, buonanotte» borbottò Zac, già concentrato sulle carte che Mac stava ancora girando.
«Ashley, vuoi che venga anche io?» chiese Mac, fermandosi.
«No, tranquilla. Mi bussi quando torni in camera e io ti apro, nessun problema». Sorrise infilandosi le infradito e avvicinandosi assieme a me alla porta.
«Ok, a dopo allora». Mac cominciò a distribuire le carte, sistemandosi davanti a Zac sul letto perché non potesse sbirciare.
Aprii la porta della camera lentamente e, dopo essermi assicurato che non ci fosse nessuno lungo il corridoio, feci cenno ad Ashley di seguirmi.
Sgattaiolammo velocemente lungo tutto il corridoio; il rumore dei nostri passi, anche se attutito dalla moquette, si sentiva lo stesso.
«Bu-bu-buonanotte» sussurrai voltandomi a guardare Ashley, una volta arrivato davanti alla mia porta.
«Francis, aspetta».

 
 
 
 
 
Salve ragazze!
Eccoci ritornate con i nerd! :)
Siamo a settembre, ricominciano le scuole, le vacanze sono finite e sono tornati anche i nerd! :P
Allora, prima di tutto, spero che il capitolo vi sia piaciuto, come sempre ringrazio preferiti, seguiti, da ricordare e chi mi mette tra gli autori preferiti, siete in tantissimi e crescete sempre di più! Grazie grazie grazie! :)
Seconda cosa, avevo detto in Fb che il titolo di questo capitolo sarebbe stato un altro, ho dovuto cambiarlo perché il capitolo l’ho tagliato in due...
Una cosa importantissima! Io a poker non so giocare, quindi perdonate gli errori! Sammyjoe Storm ce l'ha messa proprio tutta per cercare di farmi capire qualcosa, e devo dire che ci è riuscita più del mio amico, che in quanto maschio non ha saputo spiegarmi un cavolo! 

Ad agosto i nerd sono andati in vacanza ma io no… ho cominciato a pubblicare il seguito di Redemption (La ff con Robert Pattinson), che si chiama Beside you (i toni sono diversi da Redemption, molto più leggeri e anche gli argomenti trattati sono meno pesanti, ma ci sono sempre Robert e Aileen)
Poi, il gruppo alla fine l’ho creato, è già attivo e sto mettendo spoiler dei nerd e dell’altra storia, è questo: NERDS’ CORNER. Non vi chiedo il vostro nick o altro, mi mandate la richiesta e io accetto tutti, anche se non commentate mai, non sentitevi timide! :)
Come sempre Roberta RobTwili è il mio profilo di FB per EFP, e se volete aggiungermi fatelo pure, pubblico spoiler e un sacco di scemate anche lì! :)
A vendersi prossimo!
Un bacione!


 

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Capitolo 13
*** Was it my first kiss? ***


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«Che-che-che succede?» mormorai continuando a guardare lungo il corridoio: avevo paura che arrivasse qualcuno.
«Spero non ti sia dispiaciuto perché sono intervenuta…». Ashley si avvicinò a me, appoggiandosi alla porta della mia camera.
«In-intervenuta?». Mi sistemai gli occhiali sul naso che avevano cominciato a scivolare a causa del nervosismo.
Ogni volta che Ashley era a pochi centimetri di distanza da me iniziavo ad avere vampate di caldo e sudavo.
«Sì, con Zac e Mac» cercò di spiegarmi, accennando un timido sorriso.
«Per-perché?» chiesi, giocherellando con la chiave della camera.
Non aveva detto o fatto nulla di male durante la partita di poker.
«Non ti sei accorto di nulla?» domandò sorpresa, sistemandosi meglio contro il legno dello stipite dietro di lei.
«Di-di cosa?». Qualcuno aveva barato?
Di che cosa non mi ero accorto?
«Ecco… non so se sia solo una mia impressione, ma credo che Mac… insomma, hai capito, no?» sussurrò stringendosi le braccia attorno al corpo, come se avesse freddo.
«Dovrei?» chiesi slacciandomi la felpa e porgendogliela perché si coprisse.
«Grazie» bofonchiò infilandosela velocemente. «Dici sul serio Francis? Non ti sei mai accorto di nulla?». Era decisamente stupita dalla mia reazione.
«Di-di cosa do-dovevo accorge-e-ermi?». Non riuscivo a capire a che cosa si riferisse.
C’entravano Mac e Zac, a questo punto.
«Di Mac e Zac! Credo che a Mac piaccia Zac». Sembrava convinta delle sue parole, questo mi stupì tanto che cominciai a ridere, appoggiandomi alla porta per sostenermi.
A Mac piaceva Zac? Impossibile.
Mac odiava Zac!
«Zitto Francis, o ci scopriranno» sibilò Ashley, tappandomi la bocca con una mano perché non ridessi così rumorosamente.
Cercai di calmarmi per non farci scoprire, ma era così difficile smettere di ridere dopo quello che mi aveva detto!
Mac non poteva essere innamorata di Zac.
«Scu-scusami» borbottai sistemandomi gli occhiali che erano scesi sul naso, «è solo ch-ch-che è una cosa di-di-divertente. In verità Mac o-o-odia Zac». Ashley si era inserita nel nostro gruppo solamente da qualche mese, non poteva sapere tutta la storia.
Zac e Mac si comportavano come cane e gatto, tra di loro c’era un odio reciproco che riuscivano a tenere a bada solo grazie a un precario equilibrio che veniva infranto tutte le volte che Zac faceva qualche battuta su Mac.
«Ti sembra una cosa così stupida davvero?». Ashley era incredula. Non ne capii il motivo: era perché non credevo a una cosa simile o per la mia reazione esagerata?
«No, so-solo che Mac e Zac so-sono come cane e g-g-gatto. Se-se-se-senza o-o-offesa A-A-Ashley, ma tu li co-co-conosci da po-poco» balbettai in imbarazzo; speravo che non si offendesse perché non era mia intenzione.
«Francis» sogghignò, sistemandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio, «hai ragione, li conosco da poco, ma Mac è una ragazza, e, senza offesa, credo di capire le ragazze più di te».
Certo, forse riusciva a capire le ragazze più di me, ma Mac non era come tutte le altre.
«Però pa-pa-parliamo di Mac. La co-co-conosco dall’asilo». Incrociai le braccia al petto per darmi un po’ più di coraggio.
Forse quello era il momento giusto per smettere di balbettare.
«Mac è una ragazza come tutte le altre». Ashley era davvero divertita.
«No-no-non è vero» mi impuntai, sicuro di quello che stavo dicendo.
«Ah, no? E per cosa è diversa? Non dirmi perché sa usare il computer e perché conosce ogni singola battuta di Star Wars». Sembrava che Ashley volesse sfidarmi.
«Be’, Mac no-no-non è come tutte le altre ra-ra-ragazze per questi mo-mo-motivi e an-anche per-perché…». Doveva esserci qualche altro motivo. Mac era diversa dalle altre ragazze perché…
«Sto aspettando Francis…» ghignò soddisfatta Ashley.
«No-no-non porta i ta-ta-tacchi e no-non si tru-trucca». Sì, Mac non era come tutte le altre ragazze anche per quello.
«Cioè, se Mac si truccasse e mettesse i tacchi e un vestito sarebbe come tutte le altre ragazze, no?».
Perché sembrava che Ashley fosse sicura di avere la vittoria in pugno?
«S-s-sì» balbettai convinto delle mie parole.
«Allora è una ragazza a tutti gli effetti, solo che non lo fa vedere. Quindi, ho ragione io: Mac è una ragazza e io so quello che pensa».
«Ma…» borbottai in cerca di una scusa per non dargliela vinta.
Mac doveva avere qualcosa di diverso dalle altre ragazze.
Non si truccava, non indossava i tacchi, sapeva hackerare il sistema della scuola e aveva imparato a memoria tutte le battute dei primi tre film di Star Wars.
Queste erano delle ottime motivazioni per rendere Mac diversa da tutte le altre… almeno per me.
«In o-o-ogni caso a Mac non piace Zac». Su questa cosa ci avrei messo la mano sul fuoco.
Se fosse stato così me ne sarei accorto, o almeno Mac me ne avrebbe parlato.
«Va bene, glielo chiederò e poi vedremo» sbottò Ashley, così sicura di aver ragione che cominciavo a dubitare di me stesso.
«D-d-d-d’accordo». Non potevo di certo farle vedere che volevo entrare in camera per mandare subito un messaggio a Mac.
Dovevo sapere chi dei due era riuscito a capire la situazione.
Aprii la porta della mia camera e feci un passo per entrare, ma la mano di Ashley si appoggiò al mio polso.
«Francis» sussurrò appena, tanto che faticai a sentirla nonostante il silenzio del corridoio.
«S-s-sì?» borbottai, voltandomi verso di lei, ancora appoggiata allo stipite.
«Io… io volevo ringraziarti. A dire la verità volevo ringraziare tutti». Cominciò a giocherellare con la chiave della sua camera, imbarazzata.
«Pe-per co-cosa?» chiesi, non capendo a che cosa si riferisse.
«Be’, voi siete state le uniche persone gentili. Quando gli altri mi hanno evitato voi mi avete accolto, come se mi aveste conosciuto da sempre. Prima a scuola, dopo alle Star Wars Night. Nessuno si è mai comportato così con me». Continuava a parlare con lo sguardo basso, evitando di guardarmi negli occhi.
«No-non devi ringraziarci, no-no-noi l’abbiamo fa-fa-fatto perché ci an-an-andava» borbottai prima di schiarirmi la voce, impacciato.
«Francis, tu sei troppo buono» sussurrò facendo un passo verso di me e costringendomi a indietreggiare schiacciandomi contro l’altro stipite della porta.
«N-n-n-n-n-non è v-v-v-v-vero» balbettai cercando di non badare al battito del mio cuore che copriva anche la voce di Ashley.
Era troppo vicina, un altro passo e avrei rischiato l’iperventilazione.
«Sì che è vero. Tu, Zac, John, Mac, siete delle persone splendide, e io non so davvero come ringraziarvi». Si portò una mano sulla guancia per asciugarsi una lacrima.
Oddio, stava piangendo.
«A-A-Ashley» borbottai avvicinandomi a lei di un passo. «Va-a-a tutto be-bene?». Domanda idiota.
Se stava piangendo non andava tutto bene.
Mi abbracciò, affondando il viso sul mio petto senza che nemmeno avessi il tempo di reagire.
«Io non vi merito» singhiozzò continuando a piangere.
Cosa dovevo fare?
Lei era abbracciata a me, in lacrime; io ero lì, come uno stoccafisso, con le mani lungo i fianchi.
Ok, bisognava consolarla.
Lentamente portai le braccia sulla sua schiena e la accarezzai in modo dolce.
«No-no-non dire co-così» sussurrai continuando ad accarezzarle la schiena.
Sentii un suo singhiozzo e cominciai ad agitarmi.
Forse non stavo facendo la cosa giusta, altrimenti avrebbe smesso di piangere, no?
E se ci avessero scoperto?
Erano le cinque di mattina, eravamo fuori dalle nostre stanze.
Mi avrebbero sospeso da scuola!
Forse addirittura levato la fascia di capitano de I Matematicici.
Continuò a piangere per qualche minuto, stringendo la mia maglia tra i suoi pugni. Quando alzò il viso e mi guardò con quegli enormi occhi azzurri, il mio cuore ritornò a correre.
Poco mi importava de I Matematicici o de Gli Elettroni Spaiati.
Ashley era bellissima anche mentre piangeva e se vederla aggrappata alla mia maglia poteva costarmi la fascia da capitano, be’… ne sarebbe valsa la pena.
«Va me-me-meglio?» chiesi sciogliendo un po’ l’abbraccio.
Si asciugò una lacrima con il dorso della mano e sorrisi quando, con una smorfia buffa, cercò di tirare su con il naso.
Portai subito la mano nella tasca dei jeans e le porsi un fazzoletto.
Dejà vù.
La mia mente ritornò alla festa di Halloween, quando le avevo prestato un fazzoletto bianco con le righe blu sul bordo.
Ashley prese il fazzoletto e si soffiò il naso cercando di fare poco rumore, ma mi accorsi che stava piangendo ancora.
«Ehi, A-A-A-Ashley» mormorai prendendole il viso tra le mani e asciugandole una lacrima con il pollice, «va t-t-t-utto bene». Non sapevo come rassicurarla così, per non farla sentire in imbarazzo spostai le mani dal suo viso. Forse non era stata una saggia idea.
Credevo che si sarebbe messa a piangere di nuovo, che sarebbe scappata in camera sua o che magari sarebbe corsa da Mac.
Mai, mai nella mia vita mi sarei aspettato di vedere Ashley alzarsi in punta di piedi e chiudere gli occhi prima di appoggiare le sue labbra alle mie.
Ero talmente sorpreso da quel gesto che non mi ero minimamente mosso.
Le braccia lungo i fianchi, gli occhi sbarrati per la sorpresa, le labbra serrate.
Quando Ashley aprì gli occhi di scatto e si scostò da me, ero ancora immobile.
«Oddio» gemette portandosi le mani tra i capelli e tirandone qualche ciocca. «Oddio ho baciato Frank Fagotto». Cominciò a camminare lungo il corridoio in modo nervoso, continuando a tirarsi i capelli.
«A-A-A-A-A-Ashley» balbettai ancora scosso per quello che era successo.
Doveva calmarsi, dovevamo rientrare in camera, per metabolizzare l’accaduto, magari.
«Sta zitto» sibilò puntandomi l’indice contro. «Non mi hai nemmeno baciato tu! Ti ho baciato solo io!» continuò, ritornando a camminare nervosa.
Certo! Non ero riuscito a baciarla perché mi aveva colto di sorpresa! Cosa si aspettava che facessi al mio primo bacio se mi coglieva così alla sprovvista?
«A-A-As…» non riuscii nemmeno a terminare la frase che Ashley ritornò verso di me più arrabbiata che mai.
«Zitto» ribadì tra le lacrime che avevano cominciato a scorrere di nuovo sulle sue guance. «Sta zitto. Non parlare, non dire niente». Sembrava delirante; sbuffava, piangeva, camminava.
Non riuscivo a capire che cosa fare per farla ritornare in sé.
«A-A-A-Ashley» deglutii sperando di ritrovare un po’ di voce, ma ero talmente in imbarazzo che dovevo impegnarmi per non balbettare.
«No, zitto! Non è successo niente. Se lo dici a qualcuno ti uccido, d’accordo?». Ancora una volta si avvicinò puntandomi l’indice contro, minacciosa.
«A-A-A-A-Ash…» provai a parlare di nuovo. Volevo spiegarle che non era successo niente, che non doveva agitarsi in quel modo.
In fin dei conti era stato solo il mio primo bacio.
Con Ashley Foster.
«Giuralo» sibilò.
«G-g-g-g-giuro» borbottai, sperando che si calmasse e potesse finalmente ascoltarmi.
«L’hai giurato». Cominciò a indietreggiare verso la porta della sua stanza e feci un passo avanti per raggiungerla.
Non ce la facevo a vederla così triste, ancora con qualche lacrima che scendeva.
«A-A-A-A-Ashley» sussurrai velocizzando il passo, quando mi accorsi che aveva aperto la porta.
«Nemmeno a Zac» borbottò chiudendomi la porta in faccia.
«Ashley! Apri la porta». Cominciai a bussare insistentemente, senza risultato. «Ashley! Per favore, devo parlarti» ritentai, non ricevendo risposta. «Ok, ascoltami Ashley, non è successo niente, va bene? Ci siamo fermati a parlare di Mac e Zac, ti prego, apri la porta, voglio solo sapere se stai bene». Non l’avrei detto a nessuno.
Mi sarebbe rimasto il ricordo e l’avrei tenuto solo per me.
Il mio primo bacio, con Ashley Foster.
«Vattene» si lamentò da dietro la porta chiusa.
«Ok» sospirai. Avevo capito che non si sarebbe arresa. «Ci vediamo domani. Buonanotte» bofonchiai alla porta chiusa, prima di dirigermi verso la mia camera e chiudermi dentro.
«Perfetto!» grugnii sedendomi sul letto e lanciando gli occhiali sul cuscino. Mi strofinai il viso con le mani per cercare di fare un po’ d’ordine in testa.
Un casino, ecco quello che era successo!
Se mai nella mia vita avevo avuto qualche possibilità con Ashley, era sparita dopo quel bacio.
Perché dovevano capitare tutte a me?
Avrei aspettato anche altri nove mesi, se poi fosse stato tutto perfetto, ma no! Perché doveva baciarmi così a caso, spaventandosi per non sapevo nemmeno che cosa e cominciare a piangere.
Mi distesi sopra alle coperte cercando di addormentarmi; naturalmente con scarsi risultati.
Continuavo a rivedere la scena del bacio con Ashley; lei che mi guardava dritto negli occhi, che si sollevava sulle punte e le sue labbra sulle mie.
Sentivo ancora la sensazione di calore.
Mi umettai involontariamente le labbra e sentii il profumo di Ashley.
Suggestione, probabilmente. Però ero quasi sicuro di poter sentire quel gusto di vaniglia e arancia che Ashley emanava.
Rimasi a rigirarmi nel letto fino a quando qualcuno bussò alla porta.
Mi alzai e subito corsi ad aprire, magari era Ashley e voleva parlarmi.
Quando vidi Zac davanti a me, borbottai un «Ah, sei tu» deluso.
«Che ci fai ancora in pigiama Francis? È ora di fare colazione, sono le sette e mezza». Nonostante gli occhiali potevo vedere due grosse occhiaie nere.
Non sembrava sentire la stanchezza però. Continuava a muoversi velocemente, come se avesse dormito per ore.
«Mi sono appena svegliato» mentii prima di togliermi il pigiama e infilarmi velocemente un paio di jeans, una maglietta e una felpa. «Che cosa avete fatto per tutta la notte?» chiesi curioso di sapere come mai avesse tutta quell’adrenalina addosso.
«Ho giocato a strip poker» ridacchiò prima di mettersi addosso un paio di jeans.
«Fino ad adesso?». Sgranai gli occhi stupito.
Pazzi. Ecco la parola giusta per descrivere Mac e Zac.
Come diamine avevano fatto a resistete tutte quelle ore davanti a un mazzo di carte?
«Sì. Ma vuoi sapere qual è stata la cosa bellissima?». Si avvicinò ancora su di giri, mentre annuivo per non interrompere il suo racconto. «Ho vinto. Capisci? Ho sfatato il mito! Mac non è imbattibile a poker! L’ho battuta io, proprio io». Si indicò felice, infilandosi un paio di scarpe da ginnastica.
«Quante volte hai perso?». Se era riuscito a vincere una volta soltanto ed erano rimasti a giocare a poker per tutte quelle ore significava che Mac aveva vinto come minimo tre mani.
«Dunque, una volta sono rimasto in boxer, un’altra in boxer e calzini, una volta Mac mi ha detto che era meglio se sospendevamo e quindi sono riuscito a tenere i pantaloni… forse sono rimasto in mutande due volte» precisò asciugandosi il viso dopo che era corso in bagno per prepararsi.
«E Mac? Ha perso quante volte?» sogghignai, aspettando la sua risposta.
«Una. Ma ho sfatato il mito, capisci? È rimasta in canottiera! Poi ha abbandonato. Dio, che soddisfazione» sospirò distendendosi sul letto e allargando le braccia.
«Sono felice» dissi fingendo un sorriso.
Se solo avesse saputo quello che mi era successo il poker sarebbe stato l’ultimo dei suoi pensieri.
«Ehi amico, tutto bene?» chiese improvvisamente, alzando solo il capo per guardarmi.
«Mhm? Certo» annuii, correndo in bagno perché non vedesse che avevo raccontato una bugia.
«Sicuro?». Sussultai quando vidi l’immagine di Zac riflessa sullo specchio del bagno.
«Sicurissimo». Mi abbassai per lavarmi i denti.
«Non è successo niente di strano?».
Perché voleva sapere tutti i dettagli proprio l’unica volta che non volevo raccontarli?
«No no» borbottai con lo spazzolino in bocca.
«Ok, allora appena hai finito andiamo da John a sentire come ha passato la notte» sbadigliò stiracchiandosi.
Sapevo che sarebbe crollato durante il viaggio di ritorno, in fondo era Zac, quello che non si svegliava prima delle sette e venti.
Continuava a rimanere sveglio solo per la botta di adrenalina causata dalla mano vinta a poker.
Quando uscimmo con il borsone per andare direttamente in camera di Hannah, mi assalì un dubbio.
«Zac, e se ci aprono Cindy e il suo ragazzo?». Magari erano anche mezzi nudi.
«Gli chiediamo se John e Hannah sono già andati a fare colazione, che problema hai?». Mi lanciò un’occhiataccia bussando alla porta.
Magari si stavano baciando. Non volevo interromperli sul più bello.
«Sì?». Hannah aprì la porta con un sorriso stanco, sistemandosi i capelli.
«John?» chiese Zac, sbirciando dietro di lei per vedere se era ancora in stanza.
«Cinque minuti fa, quando ci siamo svegliati, è corso in camera per prepararsi».
Vidi Cindy dentro alla stanza mentre si sedeva sopra alla sua valigia per cercare di chiuderla.
«Ok, grazie» borbottai cominciando a camminare verso la camera di John.
«Dici che hanno fatto qualcosa?» chiese Zac continuando a voltarsi per guardare Hannah.
«Non lo so, Zac. Che domande mi fai? Non ero mica lì, io. Chiedilo a John» sbottai bussando alla porta di John che era aperta.
«Entrate ragazzi». La voce di John arrivò ovattata e storpiata.
Quando, dopo essere entrati, mi accorsi che era perché stava tenendo una maglia tra i denti, ridacchiai involontariamente per la comicità della scena.
«Allora?». Zac non riusciva a rimanere fermo; si dondolava da un piede all’altro, mentre aspettava che John raccontasse che cosa era successo.
«Calma, ragazzi. Abbiamo solo dormito assieme. Qualche coccola, ok, ma niente di serio». Il disappunto nel volto di Zac, dopo aver sentito che cosa aveva detto John, era evidente.
«Che occasione sprecata John. Non ti capiterà mai più» borbottò Zac, distendendosi sul letto di John.
«Ascolta, ne abbiamo parlato ma non era il momento. Smettila di farti gli affari miei». John sembrava davvero arrabbiato, forse per la mancanza di sonno. «Tu, Francis? Novità?». Due paia di occhi si posarono su di me.
«Oh… no. No, no, no. Niente novità» mentii cominciando a sentire alcune goccioline di sudore sulla fronte.
«Stai mentendo?». Zac si alzò dal letto, avvicinandosi per guardarmi più da vicino.
«No, no che non sto mentendo, che dici?» mi giustificai, cominciando a guardarmi attorno per cercare qualcosa da riordinare.
«Ok». Zac fece spallucce, come se fosse stato completamente disinteressato.
Come era possibile?
Perché non insisteva per sapere che cosa era successo?
«Andiamo ragazzi?» chiese John, chiudendo il suo borsone e controllando di non aver lasciato niente nella stanza.
Prendemmo l’ascensore in silenzio; Zac continuava a fischiettare, ma riuscivo a vedere attraverso lo specchio che mi lanciava strane occhiate.
Probabilmente aveva un piano diabolico per farmi confessare e io ne ero spaventato, a morte!
Quando arrivammo nella sala per fare colazione, mi accorsi che Ashley e Mac erano sedute a un tavolo appartato, l’unico che aveva posti liberi.
«Andiamo dalle ragazze?» propose Zac, cominciando già a camminare prima che io potessi proporre di cercare un altro tavolo.
«Su, Francis». John mi spintonò ridendo, mentre si avvicinava a Mac e Ashley salutandole.
«D’accordo, coraggio Francis. Non è successo niente» parlottai da solo per farmi coraggio. «Ciao» sussurrai sedendomi di fianco ad Ashley, visto che era l’ultimo posto rimasto libero.
«Ciao Francis» borbottò Mac, prima di continuare a bere il suo caffè.
Ashley non mi salutò nemmeno.
Perfetto.
La giornata era cominciata nel migliore dei modi.
«Allora, come hai passato la nottata, Ashley?» chiese Zac, cominciando a spalmare del burro su una fetta di pane tostato.
«Bene» ribatté secca, senza altare lo sguardo dal piatto con una brioche mezza mangiucchiata.
«John? Dormito bene?». Mac improvvisamente cambiò discorso, riportando l’attenzione sul mio amico.
Che sapesse qualcosa?
«Sì, dormito bene. Tu?» ghignò John cominciando a mangiare i cereali e il latte.
«Ho giocato a poker per tutta la notte. Ho vinto tutte le partite…». Mac si schiarì la voce giocherellando con la tazza mezza piena.
«Mac… sii sincera! Hai vinto quasi tutte le partite» puntualizzò Zac, orgoglioso di se stesso.
«Ok, ne ho persa una» sibilò Mac infastidita.
«Brava. Era comodo il letto, Ashley? Sei riuscita a dormire?». Zac stava cercando la leva giusta per capire che cosa fosse veramente successo tra me e lei.
«Oh, dannazione! Perché non riesci a raccontare una bugia?» sbottò lanciandomi un’occhiataccia.
Mimai con le labbra un «No» che Ashley non riuscì a vedere.
«Sì, sì va bene? L’ho baciato». Stritolò il cornetto tra le dita e sentii distintamente il cucchiaio di John cadere dentro alla scodella con i cereali.
«L’hai baciato?» strillò Zac, prima di prendersi un pugno sulla spalla da Mac.
«Stai zitto, idiota» disse massaggiandosi la mano.
«L’hai baciato?» ripeté Zac, talmente sconvolto da non sentire il dolore provocato dal pugno.
«Non gli avevi detto niente?» sussurrò Ashley guardandomi stupita.
«No, mi hai detto di non dire nulla». Io avevo mantenuto la promessa, era stata lei a sbandierare ai quattro venti quello che era successo.
E non riuscivo a capire perché l’avesse fatto.
«Francis, io…» cercò di giustificarsi, mentre si mordicchiava il labbro inferiore, nervosa.
«Va tutto bene?» chiesi sperando che non cominciasse a piangere.
«Sì, sì. Tanto loro l’avrebbero scoperto» borbottò guardando Zac e John che avevano ancora la bocca spalancata e non si erano mossi.
«Spiegami questa cosa, l’hai baciato?». Zac aveva qualche problema, continuava a ripetere sempre la stessa frase.
«Zachary, dacci un taglio. Smettila e fatti gli affari tuoi. Impara a giocare a poker, piuttosto» brontolò Mac. Ashley cercò di mascherare una risata con un colpo di tosse.
«Ma ho vinto» mugolò cominciando a mangiare di nuovo.
«Una volta. E quante ne hai perse? Oh, aspetta! Ho perso il conto» ghignò Mac.
«Sei crudele» frignò Zac, sporgendo il labbro inferiore.
Sapevo che non avrebbero più detto nulla, e gliene ero grato.
Finimmo di fare colazione e subito il professor Moriarty ci chiamò per andare a seguire solamente una lezione prima di ritornare a casa.
Seguii una lezione del secondo anno di fisica biologica, poi, a malincuore, raggiunsi Mac, Zac, John, Hannah e Ashley che mi stavano aspettando davanti al bus.
«Allora, Francis?» chiese Mac, sistemando gli opuscoli che aveva in mano.
«Non posso pensare di ritornare al liceo» piagnucolai lasciando il borsone all’autista.
«Andiamo Francis, altri pochi mesi e poi ritornerai qui» cercò di farmi coraggio Mac.
«E se ti prendessero ad Harvard? O Princeton? Verrai lo stesso a Stanford?». Zac prese posto su un sedile e John e Hannah si sistemarono in quello di fianco.
«Non lo so. Questo è da vedere…» borbottai.
Mancavano ancora alcuni mesi alla decisione finale.
Non sapevo ancora con esattezza dove sarei andato.
«Mi tocca sedermi di fianco a te» sbottò Mac, sedendosi di fianco a Zac.
Avevo ragione io.
Lei e Zac erano come cane e gatto.
«Vuoi sederti con Ashley? Io posso anche sedermi con Francis» brontolò Zac, sistemandosi contro il finestrino.
«Ormai rimango qui». Mac prese il suo I-pod e lo accese, cominciando a canticchiare una canzone.
«Posso sedermi qui con te?» sussurrò Ash, indicando il posto vuoto di fianco a me.
«C-c-c-certo» balbettai, spostando lo zaino sulle ginocchia.
«Grazie». Si sedette imbarazzata, continuando a guardare davanti a sé.
«F-f-f-figurati». Cominciai a guardare fuori dal finestrino, un ultimo saluto a Stanford prima di partire.
Partimmo pochi minuti dopo, fortunatamente Alex e tutta la squadra erano nell’altro bus, quindi non ci disturbarono.
Mentre guardavo la strada scorrere attraverso il vetro del finestrino, sentii qualcosa tirarmi la manica della felpa; quando mi voltai, mi accorsi che era Ashley.
«Francis, guarda» ghignò indicandomi il sedile con Zac e Mac.
Mi alzai goffamente per guardare e riuscii a fatica a trattenere una risata.
Si erano addormentati entrambi.
Mac aveva il capo appoggiato alla spalla di Zac che teneva la guancia posata sulla fronte di Mac.
Mi portai una mano davanti alle labbra cercando di non ridere.
«So-so-solo perché hanno pa-pa-passato tutta la notte a gio-giocare a strip poker, non hai ra-ragione tu» borbottai appoggiando la nuca al finestrino per guardare Ashley.
«Ho cercato di indagare, ma Mac è peggio di una cassaforte…» si lamentò, sbuffando.
«Oh, da-da-davvero?» scherzai prendendola in giro.
«Francis». Quando capì che mi stavo prendendo gioco di lei, mi tirò un leggero schiaffo sul braccio.
«Ve-ve-vedrai quando si sv-sveglieranno. Non si piac-c-ciono». Ne ero sicuro.
Immaginavo già Mac, rossa di rabbia che si spostava velocemente da Zac.
«Vedremo» mormorò Ashley con un mezzo sorriso. «Francis? Facciamo un patto?» propose avvicinandosi a me.
«Ch-ch-ch-che patto?» mugugnai imbarazzato, ricordando il nostro bacio.
«Quello che accade a Stanford rimane a Stanford?».
Oh, ecco che cosa voleva dire.
Dovevo dimenticarmi del bacio, come se non fosse mai successo.
Facile… no, impossibile!
«C-c-c-certo» mentii sistemandomi gli occhiali che erano scesi sul naso.
«Perfetto» sussurrò sorridendo e appoggiando il capo sul sedile.
Non era mica una cosa difficile cancellare il mio primo bacio!
Chi si ricordava il primo bacio?
Nessuno!
Oh, ma chi volevo prendere in giro?
Mi sarei ricordato Stanford fino a quando non mi fosse caduto anche l’ultimo capello bianco, forse anche dopo.
Non avrei detto nulla ad Ashley, ma Stanford, quell’albergo, la porta davanti alla camera 73 e le sue labbra sulle mie, sarebbero state il ricordo più bello della mia vita.

 
 



E buon venerdì ragazze! :)
Allora? Vi avevo illuso con gli spoiler?
Spero di no… insomma, per quanto riguarda Francis, quando dicevo che è diventato un ometto, mi riferivo soprattutto al suo comportamento, l’accarezzare il viso di Ashley per consolarla…
Per Zac e Mac… il momento Halleluja è stato quando Ash ha confessato che secondo lei Mac è innamorata di Zac…
Il secondo momento Halleluja è naturalmente il primo bacio di Francis… ma ammettiamolo, non possiamo considerarlo bacio… per ora! ;)
Poi poi poi… John e Hannah… non potevo esagerare, anche perché non sono di certo una coppia Cheerleader-Giocatore di Football… quindi, mi sembrava esagerato e inverosimile mettere qualcosa di più di qualche coccola…
Questi nerd hanno bisogno di tempo! ;)
Come sempre ringrazio preferiti, seguiti, da ricordare, chi legge e chi commenta!
Il gruppo spoiler è Nerds’ corner (Questa settimana mi sono rovinata, lo ammetto! Ho messo spoiler  di Zac e Mac e qualche battutina su Francis…).
Il mio profilo FB è Roberta RobTwili.
Come al solito ci vediamo venerdì prossimo! :)
Un bacione!

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Capitolo 14
*** I really can't understand ***


NERD

 

 

 








«Ragazzi, siamo arrivati» bofonchiai scuotendo con foga il braccio di Zac.
«Mhhh» si lamentò allora lui, sistemandosi meglio contro Mac.
Ashley non riuscì a trattenere una risatina e io la ammonii con lo sguardo.
«Mac, Zac, svegliatevi! Siamo arrivati a casa» dissi di nuovo, sperando che almeno uno dei due si decidesse ad aprire gli occhi.
Il viso di Mac assunse una smorfia strana che mi fece sorridere; poi però si appoggiò meglio alla spalla di Zac, riprendendo a dormire.
«Ci rinuncio» sbuffai, guardando John e Hannah che continuavano a osservare la scena divertiti.
«Provaci tu John, ieri mattina sei riuscito a svegliare Zac» propose Ashley, indietreggiando di un passo per lasciarlo passare.
«Sì, ma non garantisco nulla, anche perché non posso svegliarlo dicendogli che c’è Natalie, non ci cascherebbe più». Si appoggiò al sedile di fianco a quello di Mac e Zac per non perdere l’equilibrio e si fece pensieroso.
«Tu provaci, vedrai che funziona». Ashley sembrava fiduciosa.
«Mac, è in commercio il nuovo modello dell’I-phone e ci sono un paio di App che puoi hackerare, svegliati» cominciò a gridare John. «Zac, svegliati! È appena uscito il nuovo film di Natalie Portman. Ti ricordo che è Thor, uno dei tuoi fumetti preferiti». Quando udirono quelle parole, Zac e Mac mugolarono qualcosa senza senso, prima di aprire lentamente gli occhi.
«Che, che succede?» chiese Mac, strofinandosi gli occhi per cercare di svegliarsi.
«Vi siete addormentati e non riuscivamo più a svegliarvi» dissi io  spostandomi per lasciar passare il professor Moriarty. L’occhiata che ci lanciò fu eloquente: strinse le palpebre a mo’ di rimprovero e poi si allontanò immediatamente a passo svelto.
«Dove siamo?» sbadigliò Zac stiracchiandosi e bloccandosi non appena si accorse di essere ancora appoggiato a Mac.
«Tra cinque minuti siamo a scuola, ma sono quasi dieci minuti che proviamo a svegliarvi» intervenne Ashley, continuando a stento a nascondere il suo divertimento.
«Ti sei addormentata anche tu?» chiese Zac a Mac che annuì accostandosi al finestrino per mettere un po’ di distanza tra di loro.
Forse era una mia impressione, ma mi sembrava che Mac fosse arrossita.
Naturalmente per rabbia, come avevo previsto.
«Suppongo sia perché abbiamo passato tutta la notte a giocare a poker» ridacchiò Zac, stiracchiandosi di nuovo e più a lungo.
«Chi si è addormentato prima?» chiese Ashley, mordicchiandosi il labbro per trattenere una risata.
«Non so, credo io». Zac fece spallucce, ma io non mi feci sfuggire il sorrisetto di vittoria che si era disegnato sulle labbra di Ashley.
«Ho vinto» sussurrò al mio orecchio, per ribadire il concetto.
«No-no-non è ve-vero». Certo non poteva aver vinto solo perché Zac si era addormentato per primo e si era appoggiato alla fronte di Mac.
Anche perché non era fisicamente possibile.
Mac doveva aver appoggiato la testa sulla spalla di Zac e poi lui si era abbandonato contro di lei.
Questo era quanto.
«Ragazzi, siamo arrivati» annunciò il professor Moriarty mentre il bus si fermava davanti al parcheggio della scuola.
Raccattai le mie cose e scesi dall’autobus seguito da Ashley e dagli altri proprio mentre Alex e tutti i suoi scagnozzi stavano uscendo dall’altro bus.
«Guarda Luke! Ci sono i secchioni. Perché non andiamo a salutarli?» urlò attirando l’attenzione di tutti quelli che erano lì vicino.
«Andiamocene Hannah» sussurrò John, prendendo Hannah per mano e allontanandosi di qualche passo da noi.
«Che stupido» borbottò Zac, mettendosi al mio fianco, come se avesse voluto darmi un po’ di coraggio.
«Muoviamoci». Mac tirò leggermente la mia felpa per farmi indietreggiare.
Forse era una buona idea, ma una piccola parte di me, una parte ribelle che non credevo nemmeno di avere, mi costrinse a rimanere fermo in quel posto. Alex non avrebbe alzato nemmeno un dito contro di noi, c’erano troppe persone attorno; c’erano addirittura il professor Moriarty e la professoressa Cole.
«Guarda chi c’è con i secchioni Kath! C’è Ashley, la capo cheerleader!» ridacchiò Alex facendo starnazzare Kathrina e le altre oche che le erano di fianco. «Da quando una cheerleader sta con i secchioni, Luke? Non si è mai sentita questa cosa». Per far vedere che si stava divertendo lasciò un pugno scherzoso sulla spalla di Luke.
«Andiamocene» sussurrò Ashley appoggiando la sua mano sul mio braccio.
«Chissà di che cosa avranno parlato questa notte, eh Luke? Magari di quelle cose che piacciono tanto a loro, di fumetti o di film con spade laser» continuò, schernendoci, mentre prendevamo le nostre borse per andarcene.
«No-non as-as-ascoltarlo A-A-Ashley». Non mi interessava nulla di tutto quello che Alex stava dicendo. Ero abituato a sentire quelle stupide battutine.
Qualcosa mi diceva però che quella volta quelle frecciatine erano rivolte ad Ashley. Voleva offenderla, e questo mi faceva infuriare.
Non ero così cavaliere però da sfidare Alex, che aveva il triplo dei miei muscoli inesistenti.
«Devo dire che ti fa bene rimanere con i secchioni Ashley, voglio dire… stai quasi perdendo l’aria di bionda svampita che avevi. È un bene, no?» strillò seguendoci.
Non feci nemmeno in tempo a girarmi per guardarlo e dirgli di smetterla che Ashley si era avvicinata a lui.
«Senti, idiota, smettila di offendere chi è più intelligente di te. E forse sì, sto perdendo l’aria da bionda stupida che avevo prima, e ne sono felice, sai? Così almeno riesco davvero a vedere quanto piccolo sia il tuo cervello. Anzi, scusami, non solo il tuo, anche di tutte le persone che ti stanno attorno. E per favore, smettila di voler attirare la mia attenzione o l’attenzione degli altri su di te, perché comincio davvero a stancarmi. Se dici di nuovo qualcosa contro di noi, sappi che mi vendicherò, ok? Credo di avere materiale a sufficienza per farti espellere da scuola, perché a questo punto non ti è bastato perdere il tuo posto in squadra dopo quello che hai fatto». Per marcare ancora di più il concetto gli tirò uno schiaffo improvviso.
«Uuhh» ghignò Zac portandosi una mano davanti alle labbra per nascondere la sua risata.
«Io la amo» borbottai continuando a guardare Ashley con aria sognante.
«Ragazzi, possiamo andare a casa? Mia mamma mi aspetta». Ash ci guardò e cominciò a incamminarsi verso la mia macchina come se non fosse successo nulla.
«Muovetevi» bisbigliò Mac, seguendo Ashley.
Senza dire una parola io e Zac cominciammo a seguirle, evitando di prestare troppa attenzione ad Alex e ai suoi scagnozzi che ci stavano guardando.
Se gli sguardi avessero potuto uccidere, in quel momento, probabilmente, saremmo morti.
Aprii il bagagliaio della macchina e velocemente appoggiai alcune delle nostre borse; poi, salii in auto seguito dai ragazzi.
Non sapevo se fosse meglio evitare di accennare a quello che era appena successo o se fosse il caso di chiedere ad Ashley se era tutto ok.
«Tutto bene, Ash?». Mac mi precedette e la ringraziai mentalmente per aver rotto quel silenzio imbarazzante.
«Certo. Spero solo che la smetta di rompere una volta per tutte, perché comincio a non sopportarlo più. Mi dispiace ragazzi, è un idiota e me ne sto rendendo conto solo ora».
Riuscii a notare il suo sguardo abbassarsi attraverso lo specchietto retrovisore.
«Non fa niente Ashley. Si è sempre comportato così con noi» spiegò Zac, cercando di farle capire che non era colpa sua.
«Ecco, questo mi fa stare ancora più male. Mi dispiace ragazzi» tornò a dire Ashley, guardandoci uno alla volta.
«T-t-t-tu stai be-be-bene?» domandai quando Ashley posò lo sguardo su di me.
«Sì, credo di sì. Non ci faccio più caso. Ho solo voglia di distrarmi, non ci voglio pensare». Scosse leggermente il capo come se avesse voluto scacciare il brutto pensiero.
«Vuoi che organizziamo una serata di supporto morale? Chiamo anche John e Hannah se ti fa piacere». Zac prese il cellulare ancora prima di aver finito di parlare per chiamare John, che era andato a casa con Hannah.
«No, ragazzi scusate, ma non ho voglia di film oggi. Mac, verresti a fare una passeggiata in spiaggia con me?». Rivolse uno strano sguardo a Mac che annuì cercando di sorridere per rassicurarla. «Grazie» sussurrò poi, appoggiandole la mano sulla gamba.
«Oh, ho capito, è una cosa tra ragazze, eh? Dovete sparlare di noi?». Zac cercò di far sorridere Ashley, e ci riuscì.
«Esatto. Non sai che cosa diremo di voi» ribatté Mac, prima di tirargli una leggera pacca sulla spalla.
«Francis, che ne dici se facciamo una serata per soli uomini? Io, tu, John se vuole. A casa tua o a casa mia… i tuoi sono a casa?». Zac si appoggiò al finestrino con il capo per guardarmi.
«Io… credo che Chris sia a casa, quindi sarebbe meglio non fare a casa mia, sai com’è. Anche se credo che questa sera debba uscire» dissi senza pensare che dietro di me c’era Ashley, e che probabilmente non sapeva che i nostri fratelli erano stati migliori amici al liceo e ancora si trovavano per uscire qualche weekend.
«Chris? Quel Chris Hudson? Il quaterback della scuola? Quello che assieme a mio fratello ha portato la squadra alla vittoria delle regionali?». Ashley si appoggiò con il mento al mio sedile, continuando a guardarmi attraverso lo specchietto retrovisore.
Cavolo.
Anzi, merda.
Cosa dovevo dire?
«Non lo sapevi che era il fratello di Chris Hudson?» intervenne Mac, salvandomi.
Santa, santa donna!
«Avrei dovuto?». Ashley sembrava confusa.
«Non hai mai sentito il professor Moriarty dire che non ha i geni degli Hudson perché non è nemmeno lontanamente figlio dell’allenatore Hudson?».
Sospirai sollevato quando mi resi conto che anche Zac stava reggendo il gioco.
«Io non faccio la lezione del professor Moriarty con voi, forse è per questo. Ora che lo so però… Francis, non assomigli nemmeno un po’ a tuo fratello, anche se è da molto che non lo vedo». Ashley continuava a scrutarmi attraverso lo specchietto, forse per trovare qualche tratto in comune con Chris.
«No-no-non sei la pr-pr-prima che lo di-di-dice» borbottai sistemandomi gli occhiali sul naso.
«Io trovo che il colore degli occhi e dei capelli sia simile». Zac sbadigliò quando rallentai davanti a casa di Ashley.
«Mac, scendi qui o ti porto a casa?». Non mi era ancora chiaro quello che aveva intenzione di fare.
«Credo sia meglio che prima faccia un salto a casa, sono sicura che Sally sta chiedendo a mamma quando torno» ridacchiò spostandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio. «Ci vediamo alle cinque in spiaggia, davanti alla torretta, che ne dici?» propose Mac, guardando Ashley che si stava slacciando la cintura di sicurezza per scendere.
«Va bene, a dopo allora. Ragazzi, ci vediamo domani. Francis, grazie per il passaggio».
Mi sorrise mentre borbottavo un «prego» che probabilmente non fu nemmeno in grado di sentire.
Perché Ashley si comportava normalmente?
Voleva davvero dimenticarsi del nostro bacio a Stanford?
Scese dalla macchina prendendo la sua borsa dal bagagliaio e ci salutò.
«Grazie per avermi salvato, ragazzi» borbottai sospirando e ripartii.
«Figurati». Zac ammiccò prima di guardare Mac che stava giocherellando con una ciocca di capelli.
«Non c’è problema Francis. Quando vuoi».
«Mac?». Zac si allungò verso di lei, sistemandosi meglio sul sedile.
«Mhm?». Mac alzò improvvisamente lo sguardo, curiosa di sentire che cosa Zac avesse da dire.
«Di che cosa parlerete in spiaggia? Del bacio di Francis e Ashley?» ghignò tirandomi una pacca sulla spalla.
«Zac» sibilai stringendo il volante per resistere all’impulso di strozzarlo.
«No, dico davvero, voglio sapere. Come ci si sente Francis? Sei arrivato in prima base con una cheerleader. È un lusso che solo un quaterback può permettersi». Non la smetteva di prendermi in giro, e questo non mi piaceva, proprio per niente!
«Zac, ti ripeto che non è stato un vero bacio. Semplicemente ha appoggiato le sue labbra alle mie» puntualizzai, arrossendo al ricordo del nostro bacio.
«In ogni caso non è stato un incidente, non sei caduto sulle sue labbra o ci hai sbattuto contro, questo vuol dire che è stato consensuale. Quindi è un bacio». Zac incrociò le braccia al petto, non prendendo nemmeno in considerazione l’opportunità di scendere, nonostante fossi fermo davanti a casa sua.
«Zac… non dire mai più una stupidata del genere in mia presenza. Sai che cosa sta passando Ashley? Credi sia facile per lei? Solo perché tu sei un maschio e pensi o fai una cosa per volta non vuol dire che una donna faccia lo stesso, anzi, casomai è il contrario. Ashley ha milioni di pensieri che la bombardano, e non è facile. Tu non resisteresti nemmeno cinque minuti nella testa di una ragazza» ridacchiò Mac, punzecchiandolo.
«Guarda che riesco a pensare a più cose assieme. Per esempio ora sto parlando con te, ma penso alle prove della banda che ci sono domani sera e anche quando posso prenotare una sala per andare a vedere Thor. Quante donne credi sappiano pensare tre cose assieme? Nessuna». Voleva darsi un’aria da duro, e come al solito faceva lo spavaldo.
Zac era sempre comico quando discuteva con Mac su quei discorsi maschilisti e femministi.
«Una donna pensa tre cose contemporaneamente solo mentre dorme, Zac».
Qualcosa mi diceva che la discussione era solo all’inizio.
«Ok, ragazzi che ne dite di discuterne un altro giorno? Zac, perché non entri in casa e ci vediamo questa sera? Magari fammi sapere se viene anche John, ci vediamo a casa tua per le nove, che ne dici?» domandai, sperando di salvarlo dallo sguardo infuocato che Mac gli stava lanciando.
«D’accordo. Ci vediamo Francis. Oh, Mac?» mormorò aprendo lo sportello della macchina per scendere.
«Sì?». Mac si piegò leggermente in avanti, per sentire meglio quello che Zac voleva dirle.
«Ti ho battuta, non sei imbattibile. Dovresti ricordarlo». Le fece l’occhiolino prima di chiudere la portiera e cominciare a camminare verso la porta di casa sua.
«Mio Dio» sussurrò Mac, strofinandosi il viso con le mani.
«Mac, tutto bene?» chiesi, girandomi a guardarla.
Perché era di nuovo diventata rossa?
«Certo, perché?». Sembrava una domanda retorica.
«Posso chiederti una cosa?». Mi fermai davanti al semaforo rosso.
«Sicuro Francis, lo sai» sospirò, spostandosi sul sedile per avvicinarsi al mio.
«Ecco… non è che ti piace Zac, vero?». Un sussurro che forse nemmeno aveva sentito.
Un sussurro che sicuramente non aveva sentito.
Altrimenti avrebbe risposto, no?
Invece continuava a rimanere zitta e ferma, senza sbattere nemmeno gli occhi.
Poi, improvvisamente cominciò a gridare.
«Ma si può sapere perché tutti mi chiedete se mi piace Zac? Vi siete messi tutti d’accordo? Prima Ashley, adesso tu. Che diavolo avete tutti? Mac, ti piace Zac?» mi fece il verso facendomi sorridere.
«Scusa» mormorai, continuando a chiedermi perché non mi avesse risposto.
«Non fa nulla. Immagino sia stata Ashley a dirti questa cosa, no? Si è creata una sua storia che mi ha ben illustrato ieri sera». Il momento di sfogo era passato.
«Sì, è stata lei» confessai, continuando ad aspettare un «non mi piace» da parte di Mac che tardava un po’ troppo ad arrivare.
«Non avevo dubbi» ridacchiò prima di ritornare seria. «Francis, tu come stai?». Improvvisamente sentii la sua mano sulla mia spalla, come se avesse voluto darmi un po’ di forza.
«Bene, perché?» mentii, aumentando la presa sul volante.
«Non mentire con me, lo sai che non ci riesci. Dimmi la verità» sussurrò stringendo un po’ di più la mano.
«Come vuoi che stia Mac? Mi ha baciato, diciamo così, e subito dopo è scappata. Mi ha detto che tutto quello che abbiamo fatto a Stanford rimane lì, quindi era un modo carino per dire che quel bacio non c’è mai stato, non trovi? Cavolo, era il mio primo bacio, è il mio primo bacio. Si suppone che uno lo conservi come un ricordo bello, imbarazzante magari, ma non come qualcosa da dimenticare perché dato per sbaglio. E il bello è che io non so cosa fare! Come faccio a dimenticarmi che mi ha baciato? Mac, le sue labbra erano sulle mie, capisci?». Fermai la macchina davanti a casa sua, slacciandomi la cintura di sicurezza e appoggiando la schiena sul volante per guardarla.
«Non è facile per te ma non è facile nemmeno per lei, prova a metterti nei suoi panni Francis».
«Dimmi perché non è facile per lei, perché proprio non riesco a capirlo. Che cosa le dà fastidio? Il fatto di aver baciato il ragazzo più sfigato della scuola? O il fatto che continua a dire di avermi baciato senza che io le rispondessi?». Cominciavo lentamente a lasciarmi andare, a dire tutto quello che avevo accantonato dentro di me da quella mattina.
«Francis, deve fare chiarezza sui suoi sentimenti, su quello che prova e su quello che veramente vuole. Non è facile per lei. Le sono successe un sacco di cose in poco tempo. Era popolare e aveva una vita sociale, ora si ritrova da sola, con un gruppo di nerd che ha sempre snobbato». Era seria, quasi preoccupata.
«La stai addirittura difendendo?» chiesi allibito, non capendo perché Mac difendesse Ashley e quel suo strano modo di fare.
«Non la sto difendendo Francis, non c’è niente da difendere. Ti sto solo dicendo che bisognerebbe vedere le cose dal suo punto di vista. Forse era in un momento di debolezza, forse voleva davvero baciarti. Lei non lo sa ancora, deve capire quello che vuole. Tu devi solo avere pazienza».
Be’… non volevo più avere pazienza!
Avevo pazientato per quasi diciotto anni!
«Forse non voglio più aspettare, ok? Mi ha baciato, e adesso comincio a confondermi anche io. Una parte di me continua a dirmi che ci vuole tempo e che devo cercare di rispettare le sue scelte, l’altra però continua a chiedersi perché deva offendermi in questo modo». Mi sistemai gli occhiali schiarendomi la voce.
«Non ti sta offendendo Francis, non lo farebbe mai. Oggi pomeriggio le parlo, ok? Se poi c’è qualcosa che devi sapere te lo dico, ma non voglio fare la spia. Mi dispiace ma non aspettarti che ti dica tutto quello che mi dice, perché la tradirei. Tu sei mio amico, ti voglio bene; ma lei adesso ha bisogno di fidarsi di qualcuno, e io non posso negarglielo».
C’era qualcosa in Mac che continuava a farmi capire quanto fosse speciale.
«Grazie, per tutto» mormorai allungando la mano verso di lei.
«Non devi ringraziarmi Francis. Non lo faccio per farti un piacere, lo faccio perché voglio». Sorrise appena, stringendo la mia mano. «E adesso vado, altrimenti mamma e Sally impazziscono» sogghignò prendendo la sua borsa e scendendo dall’auto.
«Salutami la piccola peste» strillai quando ormai era a metà del vialetto.
«Va bene» urlò di rimando mentre la porta di casa si apriva e Sally la abbracciava facendola vacillare appena.
«Ciao Francis» strillò Sally agitando la sua manina.
La salutai prima di ripartire e riuscii a vedere Mac che le scompigliava i capelli prendendola in braccio e lasciando la borsa in giardino.
Mac adorava sua sorella.
Anche se Russel, il loro padre, le aveva abbandonate dopo la nascita di Sally, ero sicuro che quella bambina avesse, da parte di Mac e di sua mamma, tutto l’amore di cui aveva bisogno.
 
Quando arrivai a casa, dopo aver salutato mamma e Chris, andai in camera mia per riposare un po’ e recuperare, almeno in parte, le energie che non ero riuscito ad accumulare durante la notte precedente.
Non ci riuscii però, visto che Zac chiamò a casa perché non rispondevo al cellulare.
Quella sera ci saremmo trovati a casa sua, assieme a John e Hannah.
«Moccioso, ma ti vedi ancora con quei tuoi amichetti sfigati della banda?». Chris mi spintonò cominciando a ridere.
«Sì. E sai una cosa? Adesso c’è anche la sorella di Eric». Così almeno avrebbe smesso di prendermi in giro.
«Sì, come no! La sorella di Eric! È la capo cheerleader se non sbaglio» cominciò a ridacchiare, credendo che lo stessi prendendo in giro.
«Certo, ma viene alle nostre serate e stanotte ha dormito in camera con Mac». E mi ha anche baciato.
«E come mai? Non è assieme al quaterback? Il moretto che dicono sia il peggiore degli ultimi anni?». Esultai mentalmente quando offese in quel modo Alex.
«Credo si siano lasciati, ma non lo so… è una storia che non ho capito e non ho chiesto». Non volevo mettere nei pasticci Ashley.
Sapevo che Eric era abbastanza protettivo nei suoi confronti; magari Ashley non aveva detto nulla a lui del tradimento per paura che potesse in qualche modo farla pagare ad Alex.
Non che l’idea non mi allettasse, ma non erano affari miei.
«Be’, è una bella ragazza. Potresti farci un pensierino. Il problema è che non si accorgerà mai di uno come te, mi dispiace moccioso». Batté la mano sulla mia spalla per consolarmi.
«Non c’è problema». “Tanto l’ho già baciata” pensai.
«Drew». Odiavo quando Chris chiamava mamma per nome. «Esco con Eric. Faccio tardi e non so a che ora torno». Non si avvicinò nemmeno per abbracciarla, le fece un cenno con il capo prima di passare a salutare papà che stava guardando una partita in TV.
«Francis, tesoro, devi uscire anche tu, vero?» si informò mamma, sorridendo sotto i baffi.
Non sapevo perché ma qualcosa mi diceva che era un bene.
«Sì, ma torno presto e comunque dormo a casa». Meglio mettere in chiaro le cose, per evitare situazioni spiacevoli.
«Certo tesoro. Buona serata». Mi baciò una guancia prima di sgattaiolare in sala e bisbigliare qualcosa a papà. Li sentii ridacchiare e, dopo essermi passato la mano tra i capelli, uscii.
Quando arrivai a casa di Zac, John era già arrivato.
«Hannah?» domandai, sedendomi nel divano con un sospiro.
«Non viene. È occupata e preoccupata. Il ballo di primavera è tra due mesi e hanno cominciato oggi a lavorarci su. Ha detto che verrà uno schifo. Credo che la vedrò pochissimo da domani» disse John triste, abbassando lo sguardo sulle sue mani.
«Il ballo di primavera. Il nostro ultimo ballo di primavera» borbottò Zac, cominciando a divorare delle patatine.
«Da come ne parli Zac, sembra quasi che tu voglia andarci» scherzai, punzecchiandolo.
«Certo che voglio andarci. È la nostra ultima occasione di partecipare al ballo di primavera del liceo. Perché, voi non volete andarci?». Alternava lo sguardo tra me e John, stupito dal fatto che entrambi non saltellassimo in giro per la stanza pensando al ballo di primavera.
«Io credo di passare. Non mi sembra il momento migliore per andare al ballo di primavera» mormorai, prendendo qualche patatina.
«Io devo andarci. Hannah mi lascerà se non la accompagno». John sembrava un uomo pronto al patibolo.
Zac si alzò dal divano e si diresse verso la cucina.
Probabilmente per prendere qualcosa da bere.
«Su con la vita John, ti accompagneremo noi! Francis, la tua donna sa che non vuoi portarla al ballo di primavera? Sai che di solito viene eletta reginetta» strillò dalla cucina. La sua voce arrivò storpiata, come se avesse parlato con la testa dentro al frigo.
«Primo: Ashley non è la mia ragazza, e secondo non credo che lei voglia andare al ballo di primavera». Probabilmente non era nella lista delle sue cose da fare.
L’ultimo ballo a cui aveva partecipato era stato quello di Halloween, e tutti sapevamo come l’aveva trascorso.
«Francis, è una ragazza. Tutte le ragazze vogliono andare al ballo di primavera, mettere un vestito elegante, un paio di scarpe con i tacchi e un po’ di trucco. Tutte vogliono sentirsi dire che sono belle. Be’, forse Mac no» concluse ridacchiando e cominciando a sorseggiare un po’ di aranciata.
«Dovresti smetterla di trattarla in questo modo. Non è bello sentire che la offendi sempre». In fin dei conti anche Mac aveva dei sentimenti. Anzi, forse Mac soffriva molto più degli altri quando la si prendeva in giro.
«Non la offendo, ma… andiamo! Riesci a immaginarti Mac truccata e vestita elegante? Lei è una che non ha nemmeno una gonna nel suo armadio e l’unica cosa femminile che fa è tingersi i capelli». Fece spallucce, continuando a sorseggiare la sua lattina.
«Sai Zac, credo anche io che delle volte tu dica delle cose molto cattive a Mac, non se le merita» bofonchiò John, aprendo una lattina di cola.
«Ma perché la difendete? Non capite che anche lei mi offende? Ci vogliamo bene, è il nostro modo per…». Non completò la frase perché qualcuno suonò alla porta.
«Chi stai aspettando?» chiesi, guardando Zac che si alzava goffamente dal divano per andare ad aprire.
«Nessuno. Magari è Hannah» ipotizzò pulendosi le mani sui jeans prima di aprire la porta. «ma guarda un po’! Parli del diavolo…».
Mac e Ashley entrarono sorridendo.
«Ciao ragazzi…passavamo di qua» disse Mac facendo un gesto con il capo per salutarci e sedendosi di fianco a me.
«Possiamo dire addio alla nostra serata per soli uomini» si lamentò Zac, facendo ridere Ashley.
«Scusateci, pensavamo ci fosse anche Hannah ed eravamo venute a salvarla» si giustificò sorridendomi.
«A-a-a-avete fatto be-be-bene». Mi spostai un po’ più verso il bordo del divano per lasciarle un po’ di spazio di fianco a me.
«Allora? Avete spettegolato abbastanza oggi in spiaggia?» chiese Zac curioso, forse aspettandosi che le ragazze dicessero qualcosa.
«» ribatté un po’ troppo velocemente Mac.
Sembrava volesse zittire Ashley.
«A dire la verità no. È arrivato mio cugino e si è messo a parlare con noi, così non siamo riuscite a dire nulla. Poi non se ne voleva più andare… e credo di avere capito il motivo…». Lasciò la frase in sospeso, alzando un sopracciglio e guardando Mac divertita.
«Perché?». John sembrava annoiato.
«Qualcuno qui ha fatto colpo…» cantilenò Ashley, prima di prendersi un leggero schiaffo sulla gamba da Mac.
«Tu piaci a tuo cugino?». Zac era allibito.
«No, che cosa dici? Finn continuava a guardare Mac, e devo dire che ha fatto un po’ troppe domande su Mac per i miei gusti». Ashley era divertita dalla cosa.
Non si poteva dire lo stesso di Mac, però.
Era diventata tutta rossa e si stava mordicchiando un labbro, imbarazzata.
«Aspetta». Zac cominciò a ridere tenendosi una mano sullo stomaco, « fammi capire, a tuo cugino piace Mac?». Era allibito e divertito.
«Che cosa c’è di male? Mac è una bellissima ragazza». Ashley diventò improvvisamente seria.
«Lasciamo perdere, ok?». Mac sembrava infastidita da qualcosa.
Si poteva capire dal tono che aveva usato, sembrava voler rimproverare Ashley.
«Sì, ma voglio dire… è Mac!». Probabilmente questa sembrava una spiegazione plausibile a Zac, visto che continuava a ripeterlo.
«Lo so che è Mac. È stata lei che gli ha chiesto di dirle che significato avesse il tatuaggio. E lui sembrava molto felice di farle vedere anche gli altri» sbottò Ashley, incrociando le braccia al petto.
«Ha addirittura dei tatuaggi? Ma quanti anni ha?» chiese Zac tornando serio.
«Tre in più di noi, e fa il surfista. Tanto lo vedi domani perché viene a prenderci a scuola. Ci porta in spiaggia così guardiamo lui e i suoi amici che fanno surf».
Zac spalancò gli occhi sorpreso e Ashley sorrise quasi vittoriosa.
Che diamine stava succedendo?
«Vai in spiaggia? Ma tu odi il sole e la sabbia». Cominciò a mangiare di nuovo qualche patatina e Mac sbuffò.
«Non è vero che odio il sole e la sabbia. Siete voi che non volete mai uscire e preferite leggere un fumetto. Comunque non voglio più parlare di questa cosa, visto che Ashley si è inventata tutto…». Mac fulminò Ashley con un’occhiataccia e poi guardò John. «Hannah come mai non è venuta?».
«Perché deve preparare tutto quanto per il ballo di primavera. Ha detto che l’anno scorso si sono impegnati molto di più». John aveva esitato nel dire ‘ballo di primavera’, probabilmente perché aveva paura della reazione di Ashley.
«Il ballo di primavera…» sussurrò Ashley abbassando lo sguardo.
«Che ne dite se ci andiamo tutti assieme? John deve andarci per forza e noi non possiamo lasciarlo da solo, no?» propose Zac, cercando di riportare il morale a un livello un po’ più alto.
«Ecco… io…» balbettò Ashley, forse cercando una scusa.
«Potremmo andarci, no? Tutti assieme, come una squadra di amici». Mac aveva scelto con troppa cura le parole.
«S-s-s-sì, mi sembra una buona idea» dissi per sostenere Mac.
Non sapevo che cosa si fossero dette in spiaggia, ma forse Mac mi aveva fatto capire che per il momento Ashley aveva ancora le idee un po’ troppo confuse.
O forse mi vedeva solo come un amico, cosa molto più probabile.
«D’accordo. Ci andremo tutti assieme, e ci vestiremo eleganti». Ashley riacquistò subito il sorriso, al contrario di Mac, che inorridì.
«Noi ragazzi non ci dobbiamo vestire eleganti, almeno non come al prom». Zac rabbrividì al pensiero di un completo elegante.
Il prom.
Oddio, mancavano pochi mesi per il nostro ultimo ballo.
Non volevo pensarci però.
Prima c’era il ballo di primavera.
«D’accordo, tutti assieme» disse John, decisamente più sollevato.
«» gli feci eco, sorridendo felice.
«Io non mi metterò nessun vestito, e nemmeno un paio di tacchi, sia chiaro» borbottò Mac, facendomi ridere.
«Oh, zitta! Tu ti vestirai come dico io, anche perché inviteremo anche Finn! Sarà felice di accompagnarti, vedrai!». Ashley sembrava al settimo cielo. «Ho già in mente il tipo di vestito adatto a te, sarai bellissima, puoi scommetterci». Continuava a squadrare il corpo di Mac, come se si fosse immaginata il vestito addosso a lei.
«Mi fai paura quando dici così». Mac rabbrividì facendoci ridere tutti quanti.
«Andiamo, sarai bellissima! Oddio». Ashley si portò una mano davanti alle labbra, spaventata. «Devo assolutamente tornare a casa per salutare Eric. Riparte questa sera, anzi, riparte tra mezz’ora. Mac, ti dispiace se andiamo?». Ashley si alzò, cominciando a camminare verso la porta.
«No, non c’è problema, ti accompagno, ragazzi, ci vediamo domani».
Mac ci salutò seguendo Ashley, ma tutti e tre udimmo la voce di Ash che strillava dal giardino di Zac «Muoviti, forse riesci a vedere di nuovo Finn» e subito dopo scoppiò a ridere.
Sentimmo tutti e tre anche le imprecazioni di Mac che iniziò a urlare una volta chiusa la grande porta a vetri alle sue spalle.
 
 
 
 
 
Buongiorno ragazze!
Prima di tutto, per quelle che non sono né tra i miei amici in FB né nel gruppo spoiler… scusate per il ritardo.
Come ho più volte detto in FB ho avuto dei problemi e avevo avvertito che gli aggiornamenti sarebbero stati sospesi fino a tempo indeterminato.
Credo di poter dire che da adesso si ricomincerà a postare ogni settimana, spero.
Durante la mia assenza dai nerd e da Robert e Aileen ho postato una OS demenziale in risposta a una di Cris… la mia OS si chiama “Mine is bigger” ed è con Robert Pattinson. Se volete farvi due risate (Spero) fateci un salto.
Ho postato la foto di Finn in FB e ho notato con molto piacere che ha riscosso molto successo! :P siete assatanate! :P

Ho indetto un contest, se volete partecipare trovate tutte le regole QUI, potete farlo anche se non avete mai commentato ma solamente letto, mi farebbe davvero piacere!

Come al solito mi trovate QUI per il profilo e QUI  con il gruppo spoiler.
A venerdì prossimo, spero!
Un bacione!

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Capitolo 15
*** Spring Ball (Cupid's night)- part I ***


nerd









I due mesi successivi volarono e così, prima ancora che potessimo accorgercene, ci trovammo catapultati alle prove dei nostri esami finali.
La situazione con Ashley non sembrava procedere in nessun verso, eravamo semplicemente in un momento di… stallo che si protraeva da più di due mesi: da quando mi aveva baciato a Stanford, insomma.
Io avevo fatto esattamente quello che lei mi aveva chiesto: mi ero scordato di quel bacio e avevo finto che non fosse successo nulla davanti alla porta di quell’albergo.
Se non c’erano stati passi in avanti sul fronte dei sentimenti, ero però riuscito a balbettare un po’ meno, grazie a Mac e ai suoi preziosi consigli.
Non riuscivo ancora a parlare normalmente quando mi rivolgevo ad Ashley, ma ogni tanto dicevo una frase senza balbettare.
«Zac, allora… avete deciso che cosa indossare domani sera?» chiese Ashley, sedendosi assieme a Mac al nostro tavolo.
«A dire la verità no. Ma sono sicuro che dentro ai nostri armadi ci sarà qualcosa da mettere. Per esempio… l’hanno scorso, quando abbiamo fatto quella serata a tema hawaiano, ricordate ragazzi? Mi ero comprato una camicia con le palme che era la fine del mondo. Credo indosserò quella. Magari con la cravatta con il DNA disegnato. Dovrei essere abbastanza elegante». Zac era serio.
Ashley e Mac cominciarono a ridere e io riuscii a non farlo solo per uno scoppio improvviso di tosse che mascherò la mia risata.
«Che c’è? Che ho detto di male?». Era davvero confuso.
«Tu vuoi venire al ballo di primavera con una camicia hawaiana e la cravatta del DNA?». Mac si appoggiò alla spalla di Ashley per il troppo ridere.
«Sì. Che cosa c’è che non va?» chiese curioso.
«Non saprei, magari che non è una festa in maschera. Non devi mica mettere un completo, ma un po’ elegante dovresti esserlo». Mac si asciugò una lacrima, cominciando a giocherellare con una ciocca di capelli.
«Credo che la cravatta sia elegante. Sentiamo, come si veste tuo cugino?» domandò Zac, lanciando una strana occhiata ad Ashley.
«Finn indosserà un completo nero, con la cravatta nera. Sarà il ragazzo più bello di tutti» disse Ashley, orgogliosa di suo cugino.
«Ti credo, ha ventuno anni. Non si vergogna a venire a una festa del liceo?». Zac ingoiò una patatina, guardando John e Hannah che stavano parlando al tavolo vicino.
«No, perché accompagnerà lei» cinguettò Ashley, tirando una leggera gomitata a Mac, lì di fianco.
«Ashley, smettila con questa storia» sibilò Mac, lanciandole un’occhiataccia.
In quei due mesi Ashley e Mac si erano unite ancora di più.
Era divertente vedere come scherzassero assieme; sembrava fossero amiche da sempre.
Quello che non eravamo ancora riusciti a capire era il ruolo di Finn.
Se chiedevamo informazioni ad Ashley, lei rispondeva che Finn e Mac erano una coppia, se invece la stessa domanda la rivolgevamo a Mac, ci rispondeva che Ashley si era inventata tutto.
«E voi, cosa in-in-indosserete?» chiesi curioso, guardando le ragazze davanti a noi.
«Oh, io una cosa che ha scelto Ashley, ma non sono sicura perché…». Mac non riuscì a terminare la frase perché Ashley le pestò un piede.
«Shh! Non dire nulla! È una sorpresa. Sappiate che Mac sarà bellissima, irriconoscibile direi. E forse viene anche mia cugina, la sorella di Finn» borbottò Ashley. Faticava a mantenersi seria.
«Ma che cosa stai…» cercò di dire Mac, prima che Ashley la zittisse di nuovo.
«Non te l’ho detto perché era una sorpresa. Si chiama… ehm…». Si schiarì la voce in imbarazzo, come se non si ricordasse il nome.
«Che c’è? Non ti ricordi il nome di tua cugina? È grave, Ashley!» ridacchiò Zac, bevendo un sorso d’acqua.
«Sì che me lo ricordo ma… è difficile da pronunciare… io di solito la chiamo Kenzy, perché il suo vero nome è Kenzytrina». Cominciò a mordicchiarsi il labbro inferiore, come se davvero non riuscisse a rimanere seria.
Mac cominciò a ridere, tanto che fu costretta a bere qualche sorso d’acqua per non rischiare di soffocare.
«Dio, questa era bella» disse Mac, picchiettando sulla spalla di Ash, come se avesse voluto complimentarsi con lei.
«Lo so…». Non la smettevano di ridere.
Solo io e Zac non trovavamo niente di divertente nel nome della cugina di Ashley?
Kenzytrina? Da dove veniva, dalla Russia?
«Ah sì? E com’è?» si informò Zac, improvvisamente interessato.
«Non molto alta, con i capelli castani e gli occhi verdi. È davvero una bella ragazza». Ashley cercò di ricomporsi, asciugandosi una lacrima che le era scesa per il troppo ridere.
«Wow… sembra davvero carina. Quanti anni ha?». Subito Zac si avvicinò con la sedia al tavolo, per concentrarsi bene sull’immagine della cugina di Ashley.
«La nostra età. Dovrei davvero presentartela Zac. Sono sicura che fareste una coppia perfetta voi due assieme». Ancora quel ghigno trattenuto malamente.
«Presentamela pure! Sono sempre disposto a fare nuove conoscenze» esclamò a voce troppo alta per l’entusiasmo.
«Shh, stupido» sibilò Mac, tirandogli un pugno sulla mano.
«Auch! Che cosa fai?» si lamentò, massaggiandosi le nocche.
«Ti sembra il modo di urlare?». Mac sembrava davvero infastidita.
«Sì, perché ho trovato la ragazza della mia vita, e tu invece sei da sola» sghignazzò Zac, facendo arrossire Mac che abbassò immediatamente lo sguardo, come se l’avesse offesa.
«Lei non è da sola, ti ricordo che sta uscendo con Finn» puntualizzò Ashley, incrociando le braccia al petto.
«Mah, io ancora non ci credo… non vedo il motivo per cui quello tutto tatuato continui a uscire con te. Cioè, un motivo ce l’ho, ma non capisco perché esca proprio con te… ci sono tante altre ragazze…» disse sovrappensiero, prendendosi una gomitata sulle costole da parte mia.
«Zac» sibilai ammonendolo, perché la smettesse di dire cattiverie su Mac.
«Forse perché Mac in verità è una bellissima ragazza e Finn è riuscito a vederlo. Non è stupido». Quando Mac sentì la frase di Ashley abbassò lo sguardo, mordendosi una guancia per non ridere.
«Sarà…». Zac fece spallucce, arrendendosi.
Ashley sembrava davvero in grado di tenergli testa.
«Ragazzi, la prossima settimana c’è la prova del test di matematica. Siete preparati?» chiesi, per cambiare argomento.
«Oh, sì! Non ho nemmeno ripassato. Lo sai come vado in matematica, ho sempre preso A+» borbottò Zac, atteggiandosi a intelligentone.
«Ma se avevi preso una B- due anni fa, quando abbiamo fatto quel test a sorpresa» ribatté Mac, soddisfatta della sua piccola vittoria.
«B-, Zac? Sul serio? Hai preso un voto così basso in matematica? Sei sicuro che il prossimo anno ti faranno accedere al MIT?». La battutina di Ashley lasciò Zac senza parole.
«Io… avevo la febbre. È capitato solo una volta, la mia media non ne ha risentito» mormorò, mortificato.
«Ma credo che loro abbiano tutti i tuoi voti. Credi che passerà inosservato? Così tondo rispetto a tutte le A spigolose…» ridacchiò Mac, dando man forte ad Ashley.
«Be’, spero che mi prendano lo stesso… Mac, avrai preso anche tu una B in matematica» tentò di difendersi Zac, per nulla convinto di quello che stava dicendo.
«L’ultima B+ che ho preso in matematica risale al secondo anno di scuola. Dubito che il MIT guardi i voti che prendevo in matematica a otto anni, no?». Sembrava davvero felice di essere riuscita a zittirlo.
«Be’, in informatica di sicuro non hai preso tutte A+» provò di nuovo Zac, convinto a non arrendersi.
«No, infatti. Il voto più basso è stato A-. Avevo sbagliato l’ordine del processore di un pc. Il signor Finning non me l’ha mai perdonato» scosse la testa triste, mentre Ashley le appoggiava una mano sulla spalla per consolarla.
Di certo erano di buon umore.
Non sapevo se fosse per il ballo che ci sarebbe stato la settimana dopo o per altri motivi, ma Mac e Zac avevano uno strano sorriso stampato in faccia, e faticavano a nasconderlo.
«Mac, andiamo a fare un giro?». Ashley ammiccò verso Mac, forse credendo che non l’avrei notato.
«Certo. Ci vediamo a lezione ragazzi». Si alzarono entrambe dal tavolo e subito dopo andarono a salutare Hannah e John. Poi, uscirono dalla mensa.
«Quelle due non dicono tutta la verità» borbottò Zac, sistemandosi gli occhiali.
«Credo che tu abbia ragione…». C’era qualcosa di strano nel loro comportamento.
Qualcosa che non riuscivo a capire.
Eppure, ero quasi sicuro che la chiave per comprendere tutto fosse a un palmo dal mio naso.
 
Anche quella settimana trascorse velocemente.
Quella sera ci sarebbe stato il ballo.
L’ultimo ballo di primavera.
Il nostro ultimo ballo prima del Prom.
«Francis, sei davvero bellissimo» sussurrò mamma, quando scesi le scale per uscire.
«Grazie» mormorai, in imbarazzo, sistemandomi gli occhiali.
«Sei il mio piccolo ometto, in giacca e cravatta. Non mi piace il colore di questo vestito, e neppure come ti sta, però…» cominciò a lamentarsi prima che potessi fermarla.
«Mamma, davvero… va tutto benissimo così. Adesso devo andare a prendere Zac e John» cercai di divincolarmi dal suo abbraccio, e non mi sfuggì il suo tentativo di asciugarsi le lacrime di commozione, cercando di non farsi vedere da me.
«Mamma, non è il Prom. Non devi piangere adesso, dai». Mi dondolai da un piede all’altro, a disagio.
«Ma sei il mio piccolo Francis, e così elegante ti ho visto poche volte. Porti sempre quelle felpe larghe e quelle maglie a mezze maniche…». Oddio, eravamo davvero arrivati a quel punto?
Non era mica il mio matrimonio, era il ballo di primavera!
«Ok, guarda che non devo sposarmi» puntualizzai, sperando che si calmasse un po’. «Io adesso vado, buona serata». Feci un gesto impacciato con la mano, aprendo la porta di casa per uscire.
«Ciao Francis». Papà ridacchiò vedendomi vestito con il completo marrone.
«Ciao» risposi, mentre lui dava un veloce bacio sulle labbra a mamma.
«Dove deve andare così elegante?» le chiese, come se non fossi ancora davanti a loro.
«Al ballo di primavera». Mamma alternò lo sguardo tra me e papà.
«C’è qualche ragazza, eh?».  Lui mi diede un buffetto sulla guancia, prima di ritornare a circondare le spalle di mamma con le braccia.
«Papà…» mi lamentai, pregando perché non dovessimo affrontare l’argomento ‘ragazze’ proprio in quel momento.
«Tesoro…» sussurrò mamma, accarezzandogli una mano.
«Che ho detto?» chiese lui guardando prima lei e poi me.
«Non devi fargli queste domande. Francis è grande ormai». Lo sguardo di mamma era uno sguardo… fiero.
Come se fossimo stati a Stoccolma per un Nobel.
«Oh, capito. Era solo per sapere. Quindi non ti chiedo se ci sono ragazze, oltre a Mac, naturalmente». Mi stava per caso prendendo in giro?
«Io vado» mormorai, infastidito. Il loro atteggiamento era semplicemente ridicolo.
«Buona serata. E torna tardi» urlò papà, mentre aprivo la portiera della macchina.
«Tesoro…» lo ammonì mamma, prima di salutarmi con un sorriso.
«Quei due non hanno tutte le rotelle al posto giusto» bofonchiai tra me e me, accendendo la macchina.
In pochi minuti arrivai davanti a casa di Zac e John; mi stavano aspettando sul ciglio della strada.
«Ciao» borbottò burbero John, salendo sul sedile posteriore.
«Ciao Francis». Zac sembrava di buonumore.
«Che succede, John?» chiesi, facendo retromarcia per girare l’auto.
«Hannah non verrà nemmeno al ballo con me. Deve rimanere a controllare se tutto funziona bene» sbuffò deluso, mentre lo guardavo dallo specchietto retrovisore.
«Mi dispiace John. Ma in ogni caso dopo potrete sempre ballare assieme, no?». Cercavo un modo per sollevargli il morale.
«Sì, ma io volevo entrare in palestra con lei, con la mia ragazza. Volevo farlo sapere a tutti, capisci?» insisté, arrabbiandosi un po’.
«John, non è colpa nostra. Smettila di fare l’offeso e fai finta di divertirti. Dobbiamo conoscere la cugina di Ashley». Zac si strofinò le mani, pregustando il momento in cui avrebbe incontrato Kenzytrina.
«Appunto. Voi sarete accompagnati. Zac, tu entrerai in palestra con Kenzyblabla, e Francis con Ashley. Solo io, che tra l’altro sono l’unico con la ragazza, farò il mio trionfale ingresso da solo, come uno sfigato». Abbassò lo sguardo, tristemente.
«C’è sempre Mac. Lei non ha un cavaliere. Credo sarà felicissima di farsi vedere con qualcuno al suo fianco» ridacchiò Zac, facendomi sbuffare infastidito.
«Ragazzi… siamo arrivati» sussurrai prendendo un respiro profondo per avere un po’ più di coraggio.
Ci avrebbero distrutto, ne ero certo.
Sembrava che ci fosse l’ombra dell’ultimo ballo a cui avevamo partecipato.
Non sapevo perché, ma mi aspettavo quasi l’uscita trionfale di Alex e dei suoi scagnozzi con una bacinella di succo ai mirtilli da tirarci addosso.
«Andrà tutto bene, su» esclamò Zac, entusiasta.
Stava già scendendo dall’auto.
«Io credo di entrare da solo adesso, magari mi faccio notare meno» borbottò John affiancandosi a me e a Zac, dopodiché ci incamminammo tutti verso l’entrata della palestra.
«Ma cosa stai dicendo? Entriamo tutti assieme, su. Poi tu vai da Hannah e rimani con lei tutta la sera, se vuoi». Zac diede una pacca cameratesca sulla spalla a John che tossì.
«Va bene» asserì John, ormai con l’umore a terra.
«Oddio, quella è la macchina di Ashley» strillai non appena vidi la BMW bianca di Ash parcheggiare poco distante dalla mia.
«Ragazzi… è il momento della verità. Conosciamo questa Kenzytrina». Zac si sistemò la camicia bianca, riducendo le pieghe al minimo.
Ashley scese dall’auto e subito il mio respiro si fermò.
Indossava un abito blu, corto, tutto svolazzante.
Sopra aveva un giacchino color oro che la rendeva ancora più bella.
Aveva un paio di scarpe con il tacco di una sfumatura leggermente più scura del vestito.
I suoi capelli erano riordinati in boccoli raccolti su un lato della nuca.
«Wow» sospirai quando si avvicinò sorridendo alla ragazza di fianco a lei.
«Io mi sposo la cugina» borbottò Zac, rimanendo fermo vicino a me.
Quando la luce dei fari di una macchina che stava passando illuminò il viso della ragazza accanto ad Ashley, capii tutto.
«Mio Dio, ma quella è…» non terminai la frase perché Zac cominciò a parlare.
«Kenzytrina. È una dea. Siete testimoni: sei ha visto almeno un film di Star Wars, io la sposo». Non si era davvero accorto di nulla?
«Credo che tu possa sposarla» ridacchiò John al mio fianco.
«Ciao ragazzi» salutò Ashley raggiungendoci.
«Presenta tua cugina» sibilò tra i denti Zac, cercando di non farsi sentire da ‘Kenzytrina’.
Cominciai a ridere, seguito subito dopo da Ashley e da John.
«Ragazzi, lei è Mac». Circondò le spalle di Mac e la costrinse a fare un passo in avanti.
Mac abbassò lo sguardo, come se fosse stata nuda.
In verità, non erano poi molti i centimetri di quel vestito che la ricoprivano.
Non si poteva dire che non le donasse, però.
Il marrone creava degli strani riflessi sulla sua pelle ed era leggermente più scuro dei suoi capelli.
Nonostante non ci fossero dei lampioni che ci illuminavano direttamente, potevo vedere che era truccata.
«Sei bellissima» mormorai sorridendole.
«Mac?» sussurrò Zac, avanzando di un passo per accertarsi che fosse veramente lei.
Non rispose, continuando a guardarsi i piedi.
Qualcosa mi diceva che aveva le guance rosse.
«Non… no! Non puoi essere tu!» borbottò Zac. Non voleva arrendersi all’evidenza.
«Sono io» sussurrò Mac, alzando lo sguardo.
«Ma… le tue felpe? Dove sono? E perché non hai le Converse? No, non sei Mac. Sei anche truccata». Scosse energicamente il capo.
«Vogliamo entrare? Avrei un po’ di freddo» si lamentò Ashley, distogliendo improvvisamente l’attenzione da Mac.
«Certo» mormorai, avvicinandomi a lei e sorridendole.
Era davvero bellissima.
«John, Hannah è in palestra, vero?» chiese Mac, affiancandosi a John.
«Sì. Non me lo ricordare» sbottò, infilando le mani in tasca.
«Dai, una volta entrato potrai rimanere con lei. Lascia stare i commenti». Mac cercò di sollevargli il morale, e forse ci riuscì.
«Entri con me, Mac? Questa sera sei bellissima e susciterò l’invidia di tutti. Magari faccio ingelosire Hannah che correrà da me» ridacchiò, felice del suo piano.
«D’accordo». Mac fece spallucce. «Tanto non ho un cavaliere».
«Zac? Tutto bene?» chiesi rendendomi conto del suo silenzio assordante.
«» ribatté, continuando a seguirci senza aggiungere altro.
«Allora? Mac è una donna o no?». Ashley mi sorrise, quando ci fermammo dietro a due ragazzi che stavano pagando il biglietto d’entrata.
«Avevi ra-ragione. Mac è una do-do-donna… una bellissima ra-ragazza». Sorrisi facendo l’occhiolino a Mac.
Ora che c’erano le giuste luci potevo vedere che il trucco marrone scuro, in tinta con l’abito, risaltava ancora di più il verde dei suoi occhi.
Mac sorrise, continuando a parlare con John.
«E avevo ragione anche su un’altra cosa» mormorò Ashley a pochi centimetri dal mio orecchio, facendomi rabbrividire.
«Cosa?» chiesi, intuendo già di cosa stava parlando.
«L’hai capito, vero?» ridacchiò quando pagai l’entrata anche per lei.
«Zac?» azzardai, lanciando un’occhiata al mio amico che continuava a guardare Mac con uno strano sguardo.
«Ashley, puoi venire un momento?» chiese Mac, chiamandola da parte.
Parlarono per qualche minuto e poi ritornarono al nostro fianco.
«Ragazzi scusate, c’è Hannah». John riacquistò improvvisamente il buonumore, attraversando metà palestra quasi correndo per poter raggiungere Hannah.
Fu così che mi accorsi che formavamo due coppie.
«Francis… devo parlarti». Zac mi prese per una manica della giacca e mi costrinse ad avvicinarmi al tavolo del buffet.
«Che c’è?» domandai spaventato.
Sembrava fuori di lui.
«Quella… quella è Mac? Ne sei sicuro?». Additò Mac che stava sorridendo mentre parlava con Ashley.
«Direi di sì, perché?». Faticavo a trattenere una risata.
«Da… da quando ha le tette» sottolineò l’ultima parola abbassando il tono della voce, per non farsi sentire.
«Non saprei con precisione ma… credo dal Ringraziamento di tre anni fa. Sì, credo sia stato in quel momento che mi sono accorto che anche Mac ne aveva un paio»
«Sì, ma è una donna» tornò a sussurrare, senza staccarle gli occhi di dosso.
«Presumo di sì» mormorai, divertito.
Sembrava che improvvisamente si fosse reso conto di qualcosa.
«Anche… bella». Un sussurro che faticai a udire sopra la musica.
«Zac, vai da lei e chiedile di ballare. Parlate assieme» consigliai, intuendo che forse la cotta di Mac verso Zac non era a senso unico.
«No. Non posso. È Mac. Abbiamo dormito assieme per dodici anni, facevamo anche la pipì contemporaneamente sulla sabbia del parco. Non se ne parla». Si tirò uno schiaffo sulla guancia e non riuscii più a trattenermi: cominciai a ridere talmente tanto che fui costretto ad appoggiarmi al tavolo.
«Zac, ascoltami. Vai da Mac e ballate assieme, poi parlale. Fidati di me». Appoggiai una mano sulla sua spalla per fargli un po’ di coraggio e poi lo spinsi perché si avvicinasse a Mac e Ash assieme a me.
«Francis, che ne dici di ballare?» propose Ashley, ammiccando verso di me.
«Ce-ce-certo» assentii. Avevo capito subito che era un metodo per lasciare da soli Zac e Mac.
«Allora? Come ha reagito Zac alla scoperta?» sghignazzò, avvicinandosi un po’ troppo a me per ballare quel lento.
«Cre-cre-cre-credo sia scon-scon-sconvolto» balbettai, rendendomi conto che i passi in avanti non erano poi molti se Ashley aveva la mano appoggiata alla mia spalla e il suo corpo sfiorava il mio.
«Immagino. Mac è davvero bellissima questa sera» sospirò Ashley, guardando Mac e Zac che erano ancora fermi al bordo della pista.
Entrambi guardavano in due direzioni diverse, come se non fossero stati uno a fianco dell’altro.
«E non è la sola» mormorai involontariamente, mordendomi subito dopo la lingua.
Perché l’avevo detto?
Ovvio, perché Ashley era bellissima.
Ma perché l’avevo detto proprio a lei?
Ashley tornò a guardarmi con un sorriso che le illuminò gli splendidi occhi azzurri.
«Grazie» sussurrò, dandomi un bacio sulla guancia.
Oddio.
«No-no-no-non c’è di ch-ch-ch-che» balbettai, sentendo le mie guance arrossire.
«Ohhh, ma perché Zac è così cretino?» esclamò esasperata, lasciando la mia mano. «Ti va di essere Cupido per questa sera?» propose, rimanendo ferma davanti a me, in mezzo alla pista da ballo.
«C-c-certo». Annuii, sorridendo appena.
«Bene, tu balla con Mac mentre io ballo con Zac. Poi ci scambiamo e li facciamo ballare assieme» mormorò con fare cospiratorio mentre ci avvicinavamo a loro.
«Ok» mimai con le labbra quando ormai li avevamo raggiunti.
«Zac, voglio ballare con te, andiamo». Ashley lo prese per mano, trascinandolo in mezzo alla palestra e cominciando a ridere quando Zac si mosse impacciatamente.
«Immagino di dover parlare con te, no?» disse ironicamente Mac, avanzando verso di me.
«Ballare, non parlare» la corressi, facendola sorridere.
«Allora, che cosa ti ha detto quella strega?» bofonchiò, lanciando uno sguardo ad Ashley, che cercava di seguire i movimenti di Zac: un “robottino” avrebbe sicuramente fatto di meglio.
«Niente di importante…» mentii, ondeggiando le braccia.
«E… lui?» mormorò, quasi come se pronunciare il suo nome le causasse sofferenza.
«Ehm…» mi schiarii la voce in imbarazzo, abbassando lo sguardo.
«Naturale. Non gli interesso». Cominciò a mordersi il labbro.
Faceva sempre così quando cercava di non piangere.
«No, Mac. In verità si è accorto improvvisamente che sei bellissima, ma lo sta negando». Non volevo mentirle.
«Oh, quindi siamo alla fase della negazione?» domandò, curiosa.
«Direi di sì. Ma sono quasi sicuro che adesso Ashley gli sta facendo una bella ramanzina…». Entrambi guardammo Ashley e Zac che stavano parlando, fermi in mezzo alla pista.
Ashley sembrava leggermente arrabbiata, continuava a puntare l’indice sul petto di Zac, come se avesse voluto accusarlo.
«Che diavolo sta succedendo?» borbottò Mac, smettendo all’improvviso di ballare.
«Non lo so. Ma credo sia meglio se andiamo a controllare».
In pochi passi raggiungemmo Zac e Ashley, ma appena Ash ci vide arrivare, smise di parlare.
«Vieni Francis, andiamo a prendere una boccata d’aria». Mi prese per mano, trascinandomi fuori dalla palestra velocemente.
«Che-che-che-che succe-e-e-ede?». Come pretendeva che non balbettassi se la sua mano era ancora nella mia?
«Quello stupido, idiota, smorfioso, nerd del cavolo… non vuole ammettere che gli piace Mac» strillò, battendo il piede per terra come una bambina.
Sorrisi involontariamente per la sua testardaggine.
Credeva veramente che Zac avrebbe ammesso i suoi sentimenti per Mac da un minuto all’altro?
«Z-Z-Z-Zac è tro-tro-troppo orgoglioso» mormorai, sedendomi sulla panchina del parcheggio.
La stessa panchina di  Halloween.
«Non è orgoglioso, è testardo! Perché non vuole ammetterlo? Mac questa sera lascia senza parole. L’intera squadra di football si è fermata a guardarla e lui… “sì, ho visto che ha messo un vestitino”» cercò di imitare la sua voce e mi fece ridere.
Non potevo di certo dirle che si era accorto anche del seno di Mac… quelle erano cose da uomini.
«Credo che Mac pre-pre-prenderà in mano la situazione» azzardai, sperando che magari Mac fosse un po’ più coraggiosa di Zac.
«Io non credo proprio» sbuffò arrabbiata. «Tu non sai quanti mesi sono che la minaccio. Non voleva indossare né i tacchi né il vestito» ammise, sedendosi di fianco a me con un sospiro.
Mesi?
Ma da quanto sapeva che a Mac piaceva Zac?
«Ma da quan-quan-quanto sai che a Mac piace Zac?» chiesi, confuso.
«Dal giorno dopo Stanford. Quando siamo andate in spiaggia. L’ho torturata fino a quando non l’ha ammesso» borbottò, forse ricordando quel giorno.
Qualcosa però non quadrava…
«E Finn?». Non era il ragazzo di Mac?
«Finn ci ha provato con Mac, ma lei, senza tatto, l’ha respinto. Così mi sono inventata la loro storia sperando che Zac mostrasse un po’ di gelosia, ma ha la testa dura come il marmo». La vidi rabbrividire e istintivamente mi tolsi la giacca per appoggiargliela sulle spalle.
Probabilmente aveva lasciato la giacchina dentro, con la sua borsa.
«Wow» mormorai stupito.
La mente delle donne era sadica.
«E adesso, lui viene a dire che non gli piace Mac! Ma se aveva gli occhi che uscivano dalla testa! Non l’aveva nemmeno riconosciuta e mi ha chiesto di presentargliela. Non è tutto normale…». Era davvero agitata, quella situazione le stava proprio a cuore.
«A-A-A-A-Ashley, calmati. Sono sicuro che ri-ri-risolveranno». Le sorrisi per rassicurarla.
«Sì, hai ragione… ma mi dà fastidio. Sono fatti per stare assieme e non riescono a vederlo. Mac poi… Dio come è testarda quella ragazza». Si strinse di più nella mia giacca e non riuscii a trattenere un sorriso.
«Lo so, la conosco dall’asilo» ammisi, sistemandomi gli occhiali sul naso.
«Dovete davvero essere amici. È bello, no? Potersi fidare di qualcuno come Mac». C’era una nota quasi malinconica nella sua voce.
«Sì, direi di sì. Lo st-st-stesso vale per Zac e John». Anche loro erano degli amici fedeli, quelli su cui sapevo avrei potuto contare sempre.
«Grazie» sussurrò all’improvviso, appoggiando la mano sul mio ginocchio.
Cercai di risponderle per chiederle perché mi aveva ringraziato, ma non mi lasciò parlare.
«Per essere venuto qui la sera della notte di Halloween e per avermi prestato il tuo fazzoletto. Grazie anche perché mi hai fatto conoscere Zac e John. Ma grazie soprattutto per Mac. Mi ha aiutato tanto. Ma non sarebbe mai stato possibile senza di te. Siete tutti speciali, chi in un modo e chi nell’altro, ma c’è qualcosa in te che…». Si fermò, continuando a guardarmi dritto negli occhi.
Stava ringraziando proprio me?
Avevo qualcosa di speciale io?
Be’… in effetti ero Physicsman, forse se ne era accorta.
Ashley sarebbe stata come Mary Jane Watson per Peter Parker?
«P-p-p-p-prego» balbettai imbarazzato, abbassando improvvisamente lo sguardo.
«E, che tu ci creda o no… anche se può sembrare il contrario… non mi sono pentita di quello che ho fatto a Stanford» sussurrò piano. Probabilmente non sarei riuscito a sentirlo se non fossi stato così vicino a lei.
Quando, dopo alcuni secondi, non le risposi, Ashley alzò lo sguardo, come se avesse voluto controllare che ero ancora lì.
«Ragazzi, finalmente vi abbiamo trovato! Cavolo, abbiamo guardato dappertutto!» disse Zac, comparendo davanti a noi.
Sussultai per la sorpresa: non li avevo sentiti avvicinarsi.
«Zac… andiamocene». Mac cercò di allontanarlo da noi.
«Oddio» sussurrai, quando mi resi conto che le loro mani erano intrecciate.
«Che cosa è successo?» chiese Ashley, cominciando a sorridere.
Tempismo perfetto, insomma!

 
 
 
 
Buongiorno ragazze!
scusate per il ritardo ma giuro che non è stata colpa mia!
Comunque, bando alle ciance: non sapevo se postare oggi o venerdì, ma qualcuno (vedi gruppo fb) mi ha gentilmente costretto a postare oggi, quindi… :)
Non ho veramente altro da dire, se non una cosa importantissima che mi ero dimenticata: thecarnival mi ha fatto un bellissimo video trailer (diciamo che l’ho un po’ obbligata, ma va bene lo stesso). Lo trovate QUI, nel suo canale Youtube. È davvero bravissima e non so ancora come ringraziarla! (tra l’altro per la fretta di postare la settimana scorsa mi sono dimenticata di mettere il link! Mi vergogno da sola di me stessa).
Mi dimentico anche sempre di ringraziare i preferiti, i seguiti e quelli che hanno messo questa storia tra quelle da ricordare, aumentate sempre di più e non so come mai!
Grazie infinite anche a chi lascia una recensione che è sempre molto ben accetta!
 
QUI potete aggiungermi in FB e QUI c’è il gruppo spoiler.
Ricordo il CONTEST a cui TUTTE potete partecipare, anche se avete solo letto.
C’è ancora qualche giorno di tempo… dai daiiiii! In palio ricchi premi e cotillon! ;)
A venerdì!

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Capitolo 16
*** Spring Ball (Cupid's night)- part II ***


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«Io… noi…» balbettò Zac, sistemandosi gli occhiali sul naso per l’imbarazzo.
«Oddio, sono così felice» strillò Ashley, correndo ad abbracciare Mac che ridacchiava a causa del disagio.
Continuavo a guardare la scena senza dire nulla.
Se da una parte ero felice che Mac e Zac si tenessero per mano, dall’altra parte ero…dubbioso.
E se si fossero lasciati?
Di chi sarei dovuto rimanere amico?
Mac la conoscevo dall’asilo, Zac anche.
Mi trovavo bene con entrambi e non avrei saputo decidere tra uno di loro due.
«Finalmente! Credevo non sarebbe mai arrivato questo giorno! Zac, hai proprio la testa dura, lo sai? Erano mesi che provavo a farti capire che eri innamorato di Mac. Quando vi parlavate sembrava di assistere ai litigi di una vecchia coppia sposata» rise Ashley, continuando ad abbracciare Mac.
«Francis, perché non dici nulla?» mi chiese Zac, facendomi sussultare.
Cosa dovevo dire?
«Io… io… sono felice per voi». Cercai di sembrare allegro, fingendo un sorriso.
«Posso parlarti un attimo?» sibilò Ashley, avvicinandosi a me e costringendomi ad alzarmi per seguirla.
«Che c’è?» domandai, respirando lentamente per non farle vedere che ero agitato.
«Che ti prende? Ti da fastidio che adesso stiano assieme?». Assottigliò lo sguardo, come se cercasse di capire qualcosa.
«No… è solo che…» cominciai, non sapendo bene che cosa dire per non sembrare uno stupido.
«Solo che? Sputa il rospo, Francis Hudson». Fece un passo per avvicinarsi ancora di più a me.
Nonostante fossi più alto di lei di dieci centimetri, sembrava davvero minacciosa.
«Ecco… e, ehm… e se si lasciano?» sussurrai, capendo che ero davvero un pessimista cronico.
Da quanto erano una coppia? Dieci minuti? E io stavo già pensato alla loro fine.
«Ma se si sono appena messi assieme! E poi, Francis, sei davvero un pessimista, dannazione! Lascia loro un po’ di speranza. Io li vedo bene come coppia. Ora, dimentica tutte le cose brutte e sorridi. Torniamo da loro e di’ che sono belli e che sei felice per loro. Muoviti». Quel lato di Ashley, così dittatoriale… non lo conoscevo.
Cominciavo a capire perché fosse diventata la capo cheerleader.
«Aspetta» mormorai, trattenendola leggermente per un polso. Quando Ashley si voltò per guardarmi, rimasi senza parole ancora una volta. Quella sera era bellissima.
«Che c’è?» chiese, leggermente in ansia, perché voleva tornare da Mac e Zac.
«E se-e-e poi si la-la-lasciano?». Era proprio un problema grande dal mio punto di vista.
«Dacci un taglio, o non riuscirai a vedere se arrivano a fine settimana».
Era una minaccia di morte?
Qualsiasi cosa fosse, mi spaventò abbastanza per farmi avvicinare a Mac e Zac, che smisero di parlare tra di loro.
«Sono felice per voi, ragazzi» borbottai, passandomi una mano tra i capelli.
«Come no» sbottò Zac, calciando un sasso con la punta del piede.
«Zac…» lo ammonì Mac, tirando appena la manica della sua giacca grigia.
«Che c’è? Ti sembra che sia felice? È arrabbiato, non felice. Che cosa ti dà fastidio?». Zac fece un passo verso di me, lasciando la mano di Mac.
Sembrava arrabbiato.
«Zac, calmati» bofonchiai, indietreggiando di un passo.
«No, prima mi dici che cosa ti fa arrabbiare, così ci togliamo il pensiero. Sei per caso geloso?». Mi stava spaventando quel comportamento.
L’ultima volta che Zac si era arrabbiato così tanto era stato otto anni prima, quando assieme a John gli avevamo nascosto il Bat segnale.
Era… geloso. Di Mac.
«Zac, posso parlarti un attimo?» sbottai così, sperando che riuscisse a calmarsi un po’.
Volevo scambiare quattro chiacchiere da uomo a uomo.
«Che c’è?» bofonchiò burbero, e ci allontanammo di qualche passo dalle ragazze.
«Prometti che non la farai soffrire con quelle battute da idiota?». Ora era il mio turno di minacciare.
«Io…» balbettò, improvvisamente a disagio.
La situazione si era decisamente capovolta.
«Prometti che la tratterai come una principessa, e la difenderai esattamente come è successo poco fa?».
Non sapevo perché, ma quel suo scatto di gelosia mi aveva improvvisamente tolto tutti i dubbi su una loro possibile rottura.
«Io…» cercò di dire di nuovo, ma io lo bloccai prima che avesse il tempo di rispondere.
«Allora vi auguro tutto il bene di questo mondo». Sorrisi, tendendogli la mano in un gesto di pace.
«Sei ubriaco?» chiese, avvicinandosi per guardarmi negli occhi.
Cominciai a ridere, felice.
«No. Non sono ubriaco. Sono solo felice». Feci spallucce, contento che Mac avesse finalmente trovato un ragazzo alla sua altezza.
«Ashley ti ha baciato?» ritentò Zac; voleva assolutamente capire il motivo della mia felicità.
«No, mi ha solo detto che non si è pentita del bacio a Stanford» confidai, lanciando un’occhiata a Mac e Ash: stavano ridacchiando, sedute sulla nostra panchina, quella sotto alla grande quercia.
«E poi?» strillò, curioso.
«E poi siete arrivati voi» borbottai, abbassando lo sguardo e ripensando al secondo in cui avrei voluto uccidere Zac.
«Che sfiga. Potevi mandarci via» sbuffò, sistemandosi gli occhiali.
«Come potevo? Siete arrivati con le mani intrecciate. Ma che cosa è successo?» domandai, ora troppo curioso di capire.
«Ecco, noi…» cominciò a giocherellare con il bordo della giacca, senza guardarmi negli occhi.
«Vi siete baciati?» urlai, guadagnandomi una gomitata nelle costole.
«Parla piano, scemo. Non so se posso dirtelo» mormorò. Era arrossito.
«Ok, allora fai solo gesti. Così non mi dici nulla». Improvvisamente mi ritrovai avido di pettegolezzi.
Sembravamo due zitelle che spettegolavano.
«Vi siete baciati?». Non che avessi molti dubbi, dopo la sua reazione, ma era per essere sicuri.
Annuì, tornando subito dopo a guardare Mac, che stava ancora parlottando in modo complice con Ash.
«Ma un bacio bacio?». Alla mia domanda scosse la testa energicamente.
Ah, un bacio a stampo.
«Ok, e dopo? Come fai ad accompagnarla a casa?» mi informai. In fin dei conti c’erano solamente la mia macchina e quella di Ashley a disposizione.
«Be’, posso anche parlare ora che ci penso» disse piano. «Scendo a casa sua e dopo torno a piedi» mormorò.
Non sapevo perché ma sembrava che fosse arrossito di nuovo.
Sorrisi felice, qualcosa, nel suo sguardo, mi convinse che Ashley aveva ragione.
Zac e Mac sembravano veramente un bella coppia.
«Torniamo da loro, dai». Guardai Mac e Ashley; nonostante fossero passati quasi dieci minuti continuavano a parlare senza mai fermarsi. Quasi senza respirare.
Che cosa avevano da dirsi?
«Ciao» borbottò Zac, facendo un mezzo sorriso.
Quando Mac incontrò il suo sguardo, non riuscì a non sorridere a sua volta, sistemandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
«Aww» mormorò Ash, senza trattenersi.
«Smettila». Mac le tirò una leggera gomitata.
«Andiamo dentro a ballare un po’? Perché altrimenti il ballo finisce e noi non abbiamo ballato». Ashley si alzò in piedi, avvicinandosi a me e sorridendomi.
«Questa è proprio una buona idea» ribatté Zac, circondando le spalle di Mac con un braccio.
«Come sono carini» cinguettò Ash, avvicinandosi di un passo a me.
«Già». Abbassai lo sguardo, puntandolo sulle mie sneakers, imbarazzato.
Mi sarebbe piaciuto fare lo stesso, appoggiare il mio braccio sulle sue spalle, ma avevo paura di esagerare.
Non volevo spaventarla, non dopo quello che mi aveva detto pochi minuti prima.
Una cosa era certa: dovevamo riprendere quel discorso, non l’avevamo concluso, e io ero solito terminare quello che cominciavo.
All’ingresso della palestra notammo Alex e Kathrina: si stavano baciando.
Cercai in tutti i modi di richiamare l’attenzione di Ashley dalla parte opposta, ma senza risultato.
«Dopo quello che è successo l’ultima volta potrebbero evitare di fare queste cose in pubblico» sibilò Ashley, lanciandogli un’occhiataccia carica d’odio.
«Il lupo perde il pelo ma non il vizio, mia cara» disse Zac, superandoci con Mac, per raggiungere John e Hannah.
«Credo abbia ragione» borbottò tra sé e sé Ashley, spostandosi un ricciolo che era caduto dalla sua acconciatura.
«Lascialo stare» le consigliai. Forse era un po’ pretenzioso da parte mia dare dei consigli a lei, ma speravo lo interpretasse come il consiglio di un amico.
«Cosa?» domandò sorpresa, avvicinandosi di un passo per riuscire a sentirmi anche attraverso la musica assordante.
«Lascialo sta-sta-stare. Non far-farci più ca-a-a-aso». Riuscii solo a fare una strana smorfia, per cercare di rassicurarla.
«Forse hai ragione. Dai, andiamo a ballare». Mi prese per mano, trascinandomi dagli altri ragazzi.
Cominciai a muovermi lentamente, dapprima impacciato.
Quando però, Mac si avvicinò assieme ad Hannah, ridendo, e mi costrinse a ballare, riuscii a lasciarmi andare un po’ di più.
Ballammo per tutta la sera, senza fermarci quasi mai.
Probabilmente agli occhi delle altre persone potevamo sembrare ridicoli, specialmente quando, assieme a Zac, avevo cominciato a muovermi come un egiziano.
Non ci importava niente dell’opinione degli altri in quel momento, però.
Eravamo isolati da tutti, nonostante alcuni ragazzi ci spintonassero perché, forse, occupavamo un po’ troppo spazio.
«Basta, vi prego» si lamentò a un certo punto Zac, sbuffando e slacciandosi ancora di più la camicia.
«Ancora uno, dai» cercò di convincerlo Mac, abbracciandolo e costringendolo ad avvicinarsi di nuovo a noi.
«Ma sono stanco. Mi fanno male le gambe». Vidi le mani di Zac appoggiarsi sui fianchi di Mac e ridacchiai.
Era strano vederli così affettuosi, quando fino a poche ore prima bisticciavano per ogni sciocchezza.
«Dai, tanto prima che balliamo di nuovo passeranno mesi». Ashley lo prese per mano e cominciò a farlo muovere a forza, mentre Zac continuava a far ciondolare la testa.
«Sono stanco. Voglio tornare a casa. Voglio farmi una doccia calda con il bagnoschiuma di Flash e dopo voglio andare a dormire tra le mie lenzuola di Superman» borbottò, passandosi una mano tra i capelli sudati.
«Due minuti?». Mac gli sorrise, sbattendo un po’ troppe volte le palpebre.
«Ok» acconsentì con un sospiro, strabuzzando gli occhi quando Mac lo abbracciò di colpo per ringraziarlo.
«Grazie, grazie». Mac cominciò a saltellare per la felicità.
«La prossima è l’ultima canzone però» la avvertì Zac.
Non aveva tutti i torti, anche io cominciavo a essere stanco.
Mi stavo divertendo, ma i muscoli delle mie gambe non la pensavano allo stesso modo.
«Hannah, per favore possiamo andare? Non mi reggo più in piedi» si lamentò John sporgendo il labbro inferiore come un bambino piccolo.
«Va bene» ridacchiò Hannah, dandogli un veloce bacio. «Prima però dobbiamo andare da Cindy così le spiego bene che cosa deve fare. Ormai se ne sono andati quasi tutti, credo possano farcela da soli». Abbracciò John, prima di avvicinarsi a Mac e Ashley per salutarle.
«Ciao Francis» ridacchiò, alzandosi sulle punte dei piedi per abbracciarmi.
«Buona serata, Han» scherzai, piegandomi leggermente sulle ginocchia.
«Zac, te lo ripeto: siete davvero belli assieme» disse con un sorriso Hannah, prendendo le mani di Zac tra le sue.
«Oh… sì, be’… grazie» balbettò in imbarazzo, facendo ridere me e Ashley.
John e Hannah si allontanarono, lasciandoci a ballare per qualche altro minuto.
«Ok, la canzone è finita. Ora possiamo andare a casa, forza Francis. La macchina è la tua». Zac cercò di spingermi verso l’uscita affrettandosi dietro di me.
«Un attimo» mi lamentai, sistemandomi gli occhiali che erano scesi sul naso. «Ashley, Mac, volete andare a casa?» chiesi.
In fin dei conti ero un gentiluomo.
Se le signore volevano rimanere per un nuovo ballo, saremmo rimasti!
«Francis, è molto gentile da parte tua, e qualcuno dovrebbe prendere esempio da te…» scherzò Mac, guardando Zac che abbassò vergognoso lo sguardo, «… ma credo sia meglio tornare a casa. Che ne dici Ash?». Mac guardò Ash, per avere una conferma.
«Credo sia meglio andare. Qui c’è sempre meno gente, e so chi rimane fino alla fine della festa, di solito» mormorò, lanciando uno sguardo verso Kathrina e Kristy, che stavano dando spettacolo al centro della palestra.
«Ok, allora possiamo andare» concordai, facendo qualche passo verso le sedie. Avevamo appoggiato le nostre giacche lì.
« Avresti dovuto indossare una giacca, così rischi di prenderti la febbre. Sei sudata». Zac aiutò Mac a indossare il coprispalle e dovetti mordermi la lingua per non ridere.
Zac era davvero premuroso.
Dopo aver indossato la mia giacca, aspettai che anche Ash finisse di mettersi la sua e le porsi la borsetta.
Uscimmo tutti e quattro assieme, proprio mentre il quaterback di riserva della squadra faceva un complimento, non tanto velato, a Mac.
«Gli spacco la faccia» borbottò Zac, stringendo i pugni per la rabbia.
«Addirittura?» ridacchiai, non riuscendo a trattenermi per quella sua improvvisa gelosia verso di Mac.
«Ragazzi, grazie per la bellissima serata, mi sono divertita davvero molto» sospirò felice Ashley, aprendo la portiera della sua macchina per lasciare la borsa sul sedile.
«Non c’è di che. Ci siamo divertiti tanto anche noi». Nonostante non fosse tutto ben illuminato, riuscii ad accorgermi delle mani di Zac e Mac che si stringevano l’una nell’altra.
«Sono felice. Anche per voi». Il sorriso sincero di Ashley la rese ancora più bella del solito.
Anche tutta sudata, con i capelli arruffati e spettinati e il trucco che cominciava a colare, la trovavo bellissima.
«Grazie» mormorò Mac, abbracciando Ashley.
Si sussurrarono qualcosa che non riuscii a sentire.
«Che vi siete dette?» domandò curioso Zac, facendole ridere.
«Che sei un tipo troppo invadente, Zachary Bolton». Mac gli fece una linguaccia, facendolo sbuffare infastidito.
«Non mi piace tutto questo parlottare alle spalle. Le cose si dicono in faccia» bofonchiò arrabbiato, abbassando lo sguardo.
«Oh, si è offeso» scherzò Ashley.
Sembrava che si divertissero a prenderlo in giro, e, forse, mi stavo divertendo anche io, visto che non riuscivo a levarmi quel sorriso dalle labbra.
«Ok, vado. Ci vediamo ragazzi» disse Ashley, avvicinandosi a Zac per salutarlo velocemente.
Zac ricambiò il saluto, ritornando subito di fianco a Mac.
«Ciao Francis» sussurrò Ashley, facendomi rabbrividire quando la sua guancia sfiorò la mia.
«C-c-c-c-ciao» balbettai, cercando di ritornare lucido.
Possibile che dopo tutti quei mesi non riuscissi ancora a comportarmi normalmente quando lei mi sfiorava?
Salì sulla sua auto e pochi secondi dopo partì. L’ultima cosa che vidi fu l’immagine dei suoi occhi divertiti che ci guardavano dallo specchietto retrovisore.
«Che dite se torniamo a casa?» proposi, aprendo la portiera della mia auto.
«Va bene, tanto devi solo andare a casa di Mac» ridacchiò Zac, facendo il solletico sui fianchi a Mac mentre saliva in macchina.
«Mi fate solo un piacere?» domandai, sperando non interpretassero male le mie parole.
«Cosa?» chiesero all’unisono, cominciando poi a sghignazzare.
«Evitate di fare come quelle coppiette che stanno sempre a sussurrarsi cose all’orecchio e poi ridono da sole? È davvero snervante. Se dovete dire qualcosa quando siamo tutti assieme, fate in modo che tutti riescano a sentirla». Non riuscivo proprio a capire perché tante coppie facessero così.
«D’accordo». Mac cercava di mascherare un sorriso con scarsi risultati.
«Lo prometto. A meno che non ci sia qualcosa che non potete sentire». Zac strizzò l’occhio a Mac che gli diede un colpo leggero sulla spalla.
«E, un’altra cosa. Non fate troppo gli appiccicosi. Non usate nomignoli imbarazzanti». Sarebbe stato davvero fastidioso se Zac avesse chiamato Mac ‘pucci-pucci’ o ‘amorino’.
Anche perché Mac non mi sembrava il tipo da rispondere ad ‘amorino’.
«Ci sto» rise Mac, slacciandosi la cintura di sicurezza non appena mi fermai davanti a casa sua.
«Bene, a domani Francis» mi salutò Zac, scendendo dall’auto subito dopo di lei.
«Ci vediamo. E… grazie» sussurrò Mac, allungandosi perché Zac non potesse sentirla.
«Tanto io e te dobbiamo parlare» la minacciai.
Sapeva di non poter scampare all’interrogatorio.
L’aveva fatto lei con me, perché non potevo farlo io?
Quando partii, sbirciai verso la veranda di Mac: si erano seduti sul dondolo.
Chissà perché, ma avevo come la sensazione che avessero un bel po’ di cose da dirsi.
Accesi l’autoradio e cominciai a guidare verso casa cantando con un sorriso.
Era stata una bella serata e mi ero davvero divertito.
L’unica nota negativa: il discorso che non ero riuscito a terminare con Ashley.
Quello non potevo davvero sopportarlo.
Quando misi la freccia per girare nel vialetto di casa, mi accorsi che c’era una macchina a ostacolarmi.
Era una BMW bianca.
Frenai all’improvviso, quando dall’auto scese Ashley.
Sventolò la mano, cercando di sorridermi.
Dopo aver spento il motore, scesi e, come uno stupido, borbottai «Ashley?».
«Io…» cominciò in imbarazzo, «non abbiamo terminato quel discorso, insomma». Si strinse un po’ di più nella sua giacchetta, rimanendo appoggiata al cofano dell’auto.
«Sì, be’…» balbettai, non sapendo che dire.
Sapevo di dover dire qualcosa per primo, visto che lei aveva cominciato il discorso.
«Colpa di Zac, no?» scherzò, forse tentando di alleggerire l’atmosfera. «E adesso non sappiamo come ricominciare» rise nervosamente, fissando gli occhi nel buio intorno a sé.
Non riuscii a trovare niente di sensato da dire.
«Forse ho sbagliato a venire qui». Si raddrizzò, facendo un passo per risalire in auto.
«Ashley, a-a-a-aspetta». Mi schiarii la voce, cercando di farmi coraggio. «Io… io sono felice che tu non ti sia pen-pen-pentita di quel ba-ba-ba-ba-bacio». Mi risultava davvero difficile parlare senza balbettare, ma l’argomento non era semplice come enunciare il Principio di Indeterminazione di Heisenberg. «E gr-gr-grazie per tutto quello che hai de-de-de-detto. È stato be-bello». Sorrisi appena, sistemandomi gli occhiali.
«Non devi ringraziarmi, è la verità». Ritornò ad appoggiarsi alla macchina, un po’ più rilassata.
«Allora grazie per quello che hai fatto per Mac. L’ho vista da-da-davvero felice questa sera». Ricordai subito il sorriso di Mac quando era scesa davanti a casa con Zac.
«Oh, ma quello è un mio super potere. Ricordalo Francis: io ho sempre ragione quando si parla di coppie. Che ti avevo detto di Mac e Zac? Tu saprai anche l’ordine dei pianeti nel sistema solare, i nomi di tutti i presidenti americani e forse anche quelli delle loro mogli. Non credo di esagerare se dico che conosci a memoria quella tavola di chimica con tutti gli elementi. Però, io so fare una cosa migliore: so leggere le persone. Se voglio, riesco a capire quello che pensano e provano prima ancora che loro se ne accorgano, mi basta attivare i sensori» ridacchiò appoggiandosi l’indice sulla tempia.
Sorrisi inevitabilmente per quel suo riferimento ai supereroi.
«Superpoteri, eh?» scherzai, quando si sistemò il vestito, avvicinandosi a me.
«Eh già» rise, piegando leggermente la testa di lato. «Buonanotte Francis. Grazie davvero di tutto» sussurrò prima di darmi un bacio all’angolo delle labbra.
Non era un bacio sulla guancia, non era nemmeno un bacio sulle labbra.
Sembrava un buon compromesso tra i due.
«Non c’è di che» mormorai al vuoto, quando ormai l’auto di Ashley si era rimessa in strada.

 
 
 
 
Buona domenica ragazze!
Ancora una volta mi scuso per il ritardo, ma come sapete non è colpa mia, visto che il capitolo è pronto da martedì! :)
Comunque, ecco qui il nuovo capitolo dei nerd, spero vi sia piaciuto…
Per quanto riguarda Zac e Mac, come ho anticipato in FB, vorrei scrivere, più avanti, uno spin-off di pochi capitoli (massimo 8) e concentrarmi solo su loro due, in modo da riempire i buchi che ci sono in questa storia.
Quante sarebbero interessate?
Per le recensioni, mentre voi leggete questo capitolo io rispondo… scusate se non riesco a farlo prima, ma tra  mancanza di tempo e connessione non mi è proprio possibile!
Ricordo che ho posticipato la chiusura del contest: avete tempo fino al 7 di novembre, trovate tutte le regole QUI.
Come al solito, QUI c’è il mio account FB e QUI il gruppo spoiler.
A venerdì prossimo!

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Capitolo 17
*** God bless It! (or Zac and Mac?) ***


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«Francis, Francis svegliati» sussurrò qualcuno, facendomi mugolare infastidito.
«No» sbottai, sistemandomi meglio sul letto.
«Forza Francis, è mezzogiorno passato» tornò a borbottare la voce, quando un’improvvisa luce mi colpì.
«No» mi lamentai, di nuovo, portandomi il cuscino sopra al viso, per non far passare nemmeno un po’ di luce.
«Ok, Francis non volevo dirtelo in questo modo, ma… c’è una donna che ti aspetta al piano di sotto» rise mamma.
Una donna?
Ashley?
Mi alzai di colpo, indossando gli occhiali.
«Chi è?» chiesi, togliendomi la maglia di Superman che usavo per dormire.
«Mac, chi dovrebbe essere?». Perché mamma sembrava prendermi in giro?
«Oh» sbuffai, tornando a distendermi sul letto con un braccio e la testa infilate nella maglia.
«Perché sembri così… deluso?». Quel sorriso sulle sue labbra non mi piaceva per niente.
«Perché credevo fosse Kristen Dunst. Sai che da quando ha fatto Mary Jane Parker ho una cotta per lei» ribattei, finendo di infilarmi la maglia e pettinando i capelli con le mani.
Inevitabilmente, con quel gesto, tendevo sempre ad arruffarli di più.
«Francis» ridacchiò mamma prima di uscire dalla camera e chiudersi la porta alle spalle.
Perché non aveva detto semplicemente Mac? Perché mi aveva preso in giro dicendomi che c’era una donna?
Certo, Mac era una donna e ne avevamo avuto tutti la conferma la sera prima, ma… non era Ashley!
«Ciao Mac» borbottai stiracchiandomi, scendendo le scale.
«Francis». Il sorriso che aveva sul volto si allargo ancora di più.
«Facciamo due passi?» proposi.
Ero quasi sicuro che mamma stesse lavorando a qualche plastico nel suo studio; e da lì era facile origliare, anche se non era il tipo da farlo.
«Allora?» chiesi, quando ci chiudemmo la porta di casa alle spalle.
«Che dici?». Non riusciva a togliersi quel sorriso dalle labbra, mi faceva quasi paura.
«Non saprei… sei tu quella che ha tante novità». La punzecchiai, sapendo che Mac era passata da me per quello.
«» sospirò, sedendosi su una panchina. «Così, insomma… adesso sembra che io e Zac…». Cominciò a giocherellare con l’anellino che portava all’indice.
«Sono felice per voi Mac, dico sul serio. E credo che il merito sia tutto di Ashley» ammisi, ricordando quello che mi aveva detto la sera prima.
«Ash mi fa paura» scherzò Mac, facendomi ridere. «Era sicura che io piacessi a Zac. Mi ha detto che lui non avrebbe avuto più dubbi dopo il ballo» sussurrò appoggiando il mento sul ginocchio.
«Magari ha dei superpoteri, no?». Forse ce li aveva davvero.
Per una volta non era Physicsman quello con i poteri, ma era Ashley.
«No, credo solo che sappia leggere le persone in modo quasi spaventoso. Ha detto che dopo cinque minuti si era accorta che mi piaceva Zac. E questo è strano, visto che non lo sapeva nessuno» mi confidò, lanciandomi uno sguardo strano.
«Appunto… perché non me l’hai mai detto?». Cercai di assumere un tono da duro, con scarsi risultati.
«Be’… perché non credevo di piacergli e avevo paura che tu ti arrabbiassi. Ho cercato di dirtelo, ma tu non hai capito». Alle sue parole qualcosa mi tornò in mente.
Una chiacchierata di qualche mese prima, quando avevo frainteso le parole di Mac e mi ero convinto di piacerle.
«Ohh» sussurrai stupito, «era, era Zac quello che non ti vedeva?». Le puntai l’indice contro. Ora tutto aveva un significato diverso.
«Già». Abbassò lo sguardo, imbarazzata.
«Wow, ehm…». Mi grattai una tempia, non sapendo bene che dire.
Era una situazione strana, decisamente.
«Già» ripeté.
«Be’, voglio dire… ieri sera vi siete chiariti?» domandai, sperando che non fossero sorti problemi.
«Sì, direi di sì. Non credo dovrai sopportare scene da fidanzatini zuccherosi, Zac non è proprio il tipo. Non ce lo vedo con un mazzo di rose in mano o cose del genere»
Sembrava più rilassata.
«Perché no? Io invece me lo immagino Zac che ti invita al ristorante e ti regala un mazzo di rose» ridacchiai, prendendola in giro.
«Forse perché l’ha visto in Spiederman 3, ma non credo che sarebbe in grado di prendere l’iniziativa. Insomma… è Zac!». Allargò leggermente le braccia: era senza speranze.
«Avresti dovuto scegliere con più attenzione Mac. Credo che Zac non sia proprio l’ideale di uomo romantico. Non riesco a immaginarlo mentre porta la colazione a letto o organizza una sorpresa». Ci pensai un po’ su. No, Zac non si poteva proprio considerare un ragazzo romantico.
«Meglio di John, che legge i fumetti a colazione» ribatté Mac, facendomi sogghignare.
«Oh, be’, certo! Però Zac si lava ancora con il bagnoschiuma di Flash perché pensa che potrebbero crescergli le ali sopra alle orecchie» confidai.
«Stai scherzando?» chiese allibita Mac.
«Mmm… forse questo non dovevo dirlo». Mi finsi per un secondo pentito, poi non riuscii più a trattenermi e risi assieme a lei.
«Tu sei un pozzo di segreti. Dovrai dirmene qualcuno. Tipo queste cose che lo imbarazzeranno…» borbottò, dandomi un leggero colpetto sul ginocchio. «Ma basta fare l’egocentrica… raccontami di ieri sera, che cosa è successo?». Si sistemò più comoda, pronta per ascoltarmi.
«Oh, ehm» mormorai, imbarazzato.
«Avanti Francis, voglio sentire l’altra campana» mi incoraggiò.
«Hai già parlato con Ashley?». Ero stupito: quando si erano parlate?
«Certo! Questa mattina alle nove ci siamo aggiornate». Sembrava quasi normale per lei.
«Alle nove? Quindi sai già tutto». Feci spallucce, rendendomi conto che probabilmente Ashley le aveva raccontato tutto.
«No, al contrario. Mi ha solamente detto che è venuta fuori da casa tua e avete parlato due minuti». Continuava a scrutarmi seria, cercando di capire qualcosa dalla mia espressione.
«Oh, direi che non c’è molto altro da dire. Stavamo parlando nel parcheggio della scuola, ma siete arrivati voi e non abbiamo più continuato il discorso». Mi fermai, sistemandomi gli occhiali che erano scesi leggermente.
«Tutta colpa di quello stupido di Zac» sbuffò irritata. «Gliel’avevo detto io di non cercarvi, ma lui ha cominciato a blaterare dicendo che dovevamo dirlo a voi e pur di farlo rimanere zitto ho dovuto accontentarlo». Scosse leggermente la testa, alzando gli occhi al cielo.
«Non fa niente» ridacchiai, incapace di trattenermi, «tanto non ci stavamo dicendo niente di che. E poi, era una bella notizia, no?». Ero felice per loro, nonostante la mia prima reazione non fosse stata delle migliori.
«Sì, ma magari avreste potuto chiarirvi una volta per tutte» insisté, convinta delle sue parole.
«Forse non c’è niente da chiarire» ammisi, con un sussurro.
Ero sempre più convinto che Ashley mi vedesse come un amico; tutti i suoi comportamenti me lo facevano pensare.
«Perché che cosa ti ha detto?» chiese Mac, curiosa.
«Niente. È proprio questo il punto. Non dice mai niente, tranne qualche strano bacio all’angolo delle labbra». Mi uscì una smorfia irritata, al ricordo di quel bacio mancato.
«E tu che cosa hai fatto per farle capire che ti piace?» tornò a domandare Mac, assumendo lo sguardo da maestrina che mi spaventava sempre.
«Come cosa ho fatto?». Strabuzzai gli occhi, completamente sorpreso dalle parole di Mac.
«Hai provato a baciarla? Le hai preso una mano tra le tue? Le hai messo un braccio attorno alle spalle?» cominciò con una raffica di domande che sembrava non aver fine.
«Io…» balbettai, spostandomi irrequieto sulla panchina.
«Cosa? Cosa hai fatto?». Mac si avvicinò a me, assottigliando le palpebre.
«Non ho fatto niente! Cosa dovrei fare?» sbraitai, sperando che così mi lasciasse in pace e la smettesse di torturarmi con quelle domande.
«Appunto, come immaginavo. Francis, dovresti corteggiarla, prova a baciarla, vedi che cosa succede. Ha sempre preso l’iniziativa lei. Cavolo, sei un uomo, fatti valere una volta ogni tanto». Mi tirò un piccolo pugno sul braccio che mi fece mugolare per il dolore.
«E tutta questa saggezza da dove viene?» bofonchiai, abbassando lo sguardo sulle mie sneakers.
«Sono una donna, e so che le donne vogliono essere corteggiate Francis. Non si esporrà mai più di così. Dovresti parlarle, oppure agire» propose, come se per lei fosse una cosa normale.
«Parlarle? Non so se ti sei accorta che nemmeno adesso, se mi è troppo vicina, riesco a parlare normalmente. Forse non è un piano geniale» sibilai, prendendomela con me stesso perché non riuscivo ancora a non balbettare.
«E allora agisci. Baciala». Cercò di spintonarmi. Era decisamente convinta delle sue parole.
«Certo Mac. Farò così la prossima volta che la vedo. E scapperà a gambe levate da me, perché l’ho aggredita» dissi ironico, irritandola.
«Francis, se continui a sperare che lei si accorga che ti piace, non succederà mai niente, non riesci a capirlo?» domandò, giocherellando con il suo anellino.
«Disse colei che ha aspettato dieci anni prima di dire al suo amico che le piaceva». Forse era una cosa cattiva da dire, ma era la verità.
«Esatto! Proprio per questo te lo dico, non voglio che tu faccia il mio stesso errore. E ammetto che se non fosse stato per Ash non sarebbe mai successo. Devi buttarti Francis, abbiamo diciotto anni, se non lo facciamo adesso, quando possiamo farlo?». Sorrise involontariamente, quando il suo cellulare vibrò. Le era arrivato un messaggio.
«Io ne ho ancora diciassette. Quindi posso andare con calma». Ero testardo, ma qualcosa mi diceva che avevo ragione.
«Bene, bravo! Continua a pensare in questo modo» mormorò, faticando a mantenersi seria, mentre scriveva un messaggio.
«Puoi anche rispondere a Zac, non mi offendo» le dissi, incrociando le braccia al petto.
«Devo andare. Questa sera guardiamo un film a casa mia. Tu passa a prendere Ashley. Al resto penso io. E una cosa Francis… comincia ad avere paura di me». Mi sorrise, prima di alzarsi e andare verso la sua macchina.
«Ehi» urlai, correndo per raggiungerla, «Mac». Mi misi davanti a lei, sbarrandole la strada. «Che cosa volevi dire con quella frase? Perché devo avere paura di te?» chiesi, sospettoso.
«Dicevo così per dire. Buona giornata Francis». Un nuovo sorriso.
Mi stava prendendo in giro.
«Non fare niente di stupido, per favore. Ti ricordo che ho tutte le nostre conversazioni salvate sul PC, posso casualmente spedirle a Zac…» ridacchiai in modo sadico, quando Mac salì in macchina.
«Grazie per avermelo detto. Appena torno a casa ti hackero il PC e le cancello. A stasera Francis». Mise in moto e partì senza nemmeno salutarmi.
Che cosa aveva intenzione di fare Mac?
Perché mai avrebbe dovuto spaventarmi?
Sapevo che se Mac si fosse messa d’impegno avrei dovuto avere paura.
Speravo solo che non ci fosse anche lo zampino di Zac, altrimenti la cosa sarebbe stata davvero preoccupante.
Quando rientrai in casa, mamma stava ancora lavorando al suo plastico.
«Qualche idea per rendere questo immenso palazzo un po’ più vivibile, tesoro?» domandò, portandosi la matita dietro l’orecchio.
«Quanti appartamenti ha?». Mi avvicinai al plastico, scrutandolo.
«Su per giù una cinquantina». Mamma fece un giro attorno alla scrivania, osservando il suo lavoro scettica.
«I parcheggi, quanti sono?». Quel plastico mancava di verde. Era tutto grigio, troppo cemento.
«Centocinquanta». Spostò un plico di carte, per avere più spazio.
«Riduci i parcheggi e in questa zona metti un piccolo parco, no?». Indicai l’estremo del plastico, immaginandomi qualche albero.
«Mmmh, non sarebbe male». Prese alcuni alberi e li piantò per vedere che effetto avrebbero fatto. «Già meglio» commentò, sorridendo.
«Magari potreste terminare con un giardino nell’attico, a cui possono accedere tutti». Infilzai qualche alberello sul tetto dello stabile per farle capire la mia idea.
«Ottimo. Così mi sembra perfetto. Sei un piccolo genio, te l’ho mai detto?». Si avvicinò, spostandosi gli occhiali sopra alla testa.
«Qualche volta…» sussurrai sorridendo e giocherellando con un omino finto a portata di mano.
«Come mai così felice?» chiese mamma, scrivendo qualche appunto su un foglio.
«Eh?». Alzai di colpo il volto, sorpreso.
Non ero felice, preoccupato, casomai.
«Mac, come mai è così felice? Si è innamorata?». Ecco perché mamma mi faceva paura.
Aveva anche lei come Ashley i superpoteri.
«Ehm… sì, più o meno» bofonchiai, non sapendo che dire.
«Di chi?» domandò, con un sorrisetto soddisfatto.
«Di, di Zac». Speravo che Mac non si arrabbiasse perché me l’ero lasciato sfuggire. Tanto era la mamma.
«Oh, lo sapevo! Sono così felice per loro. Sono proprio belli assieme». Batté le mani, entusiasta.
«Sì… va bene… io, io questa sera devo andare a casa di Mac a guardare un film, non so a che ora torno. È un problema?». Ero quasi sicuro che mi avrebbe lasciato andare, ma lo chiedevo sempre.
«Certo che no. Ci sarà anche lei?». Appoggiò la matita, interessata alla mia risposta.
«Ovvio che ci sarà Mac, è casa sua» risposi seriamente, senza capire perché mi avesse fatto quella domanda.
«Non Mac… lei» ripeté, riuscendo a stupirmi. Rimasi a bocca aperta, sconvolto.
«Mamma…» piagnucolai, vergognoso, sistemandomi gli occhiali e muovendomi irrequieto.
«Certo, non sono affari miei. Anche perché ho già capito che ci sarà» rise, incapace di trattenersi.
«Sì, certo» farfugliai, abbassando lo sguardo. «Io vado a lavorare, ci vediamo». Feci un gesto con la mano prima di salire al piano di sopra per indossare la divisa.
Sarei passato a casa di Ashley dopo il lavoro, almeno così aveva ordinato Mac.
 
«Grazie per il passaggio, Francis» mormorò Ashley, chiudendo lo sportello dell’auto.
«Non c’è problema». Cercai di sorriderle, senza prestare troppa attenzione alle sue gambe coperte solo da un paio di calze scure.
«Mi ha chiamato Mac e ha detto: “Preparati perché Francis viene a prenderti. Stasera pizza e film da me”. Non ho chiesto niente perché ha chiuso subito la chiamata». Si agganciò la cintura di sicurezza, appoggiando la borsa sul cruscotto.
«Non so che cosa le s-s-sia preso» tartagliai, scuotendo la testa.
In verità sapevo esattamente quello che succedeva dentro alla testa di Mac, ma era meglio non saperlo.
«Certo, tra una cosa e l’altra è da tanto che non guardiamo un film, ma mi sono stupita. Mi ha obbligata a venire, insomma. Mi fa piacere, e lo sai, ma… boh, era strana. Ah, l’amore» sospirò, con un sorriso.
Certo, l’amore!
Qui non si trattava di amore, si trattava di vendetta.
Mac voleva vendicarsi su di me, e non ne capivo il motivo.
Non avevo fatto niente di male!
«Sì, infatti…» mugugnai, parcheggiando davanti a casa di Mac.
L’auto di Zac era posteggiata poco dopo l’ingresso sul retro.
«Dici che c’è anche Sally?» chiese Ashley, slacciandosi la cintura di sicurezza.
«Non lo so, ma non credo, altrimenti Mac non ci avrebbe invitato» mormorai, allungandomi sul sedile posteriore per prendere le pizze.
«Credi che guarderemo un film di Star Wars anche se non è giovedì sera?». Ashley rallentò leggermente il passo, affiancandosi a me.
«No. La Star Wars Night è solo ed esclusivamente di giovedì sera. Se per qualche motivo non riusciamo a trovarci tutti insieme, si rimanda alla settimana dopo» spiegai, quando lei bussò alla porta di Mac.
«Che regole strane avete» notò, salutando Zac con un gesto del capo quando aprì l’uscio.
«Zac» accennai appena, mentre prendeva il cartone di pizza e lo apriva, apparentemente affamato.
«No, perché hai preso quella con i funghi?» si lamentò, richiudendo la scatola e aprendone un’altra.
«Perché piace a Mac» ribattei, sedendomi sul divano con uno sbuffo.
«Ma non mangiava quella con il salamino?» domandò Zac, guardandomi diffidente.
Sorrisi, divertito da quella sua osservazione.
Mac mangiava sempre la pizza con il salamino piccante, e Zac l’aveva notato.
«Ai funghi piace ad Hannah» spiegai, cercando di non ridere troppo.
«Hannah e John non ci sono questa sera» disse Mac, entrando in sala da pranzo con una bottiglia di Coca Cola e una di aranciata.
«Ah no?» chiese Ashley, stupita.
«No. Non ho nemmeno provato a chiamarli» tagliò corto Mac, insospettendomi.
Perché non aveva invitato anche John e Hannah?
In fin dei conti c’erano sempre anche loro alle nostre serate-film.
«Allora, che guardiamo?» domandai, prendendomi subito un pezzo di pizza.
«Ashley, ti piacciono gli horror?» chiese Zac, parlando con la bocca piena.
«Io… ecco, diciamo che… mi fanno paura» mormorò Ashley, torturandosi il bordo del vestitino.
«Ottimo» esultò all’improvviso Mac, «cioè, volevo dire, bene» si corresse subito, mordicchiandosi un labbro per non ridere.
«Francis, a te non chiedo nemmeno se fanno paura i film horror, visto che li mastichi a colazione tra i cereali dei supereroi» scherzò Zac, guadagnandosi un’occhiataccia da parte mia.
«Lo sai che non mi fanno paura» ribattei, continuando a pensare al motivo per cui dovessimo necessariamente guardare i  film horror.
«Ok, allora guardiamo…» borbottò Mac, avvicinandosi alla collezione di DVD che aveva sotto alla TV.
«Non possiamo guardare un cartone? Vi prego, ho davvero paura se guardo un horror. E non ho nemmeno il mio cuscino o il pupazzo che mi fa compagnia» piagnucolò Ashley, facendomi sorridere.
«Stringi Francis, usalo come pupazzo» ghignò Zac.
Improvvisamente capii il loro piano: volevano guardare un film horror perché così Ashley si sarebbe spaventata e avrebbe trovato riparo tra le mie braccia, come succedeva sempre nelle commedie romantiche.
«Idiota» sbottai, scompigliandomi i capelli per l’imbarazzo.
«Ecco sì» sussurrò Ashley, prendendo uno spicchio di pizza.
«Che cosa ti fa più paura? Il sangue, i mostri, gli zombie, i fantasmi o i morti?». Mac guardò Ashley, in attesa di una risposta.
«Io direi… i clown» confidò Ashley.
«Perché l’hai detto?» chiesi stupito.
Io non avrei mai confidato la mia paura più grande.
«Perché…» cominciò a dire, senza concludere la frase, «io…». Scosse la testa, facendo spallucce.
«Ottimo, questa sera passeremo un bel po’ di tempo in compagnia di It e dei suoi palloncini colorati» ghignò Mac, prendendo il DVD tra le mani.
«Posso andare in bagno adesso? Altrimenti dopo ho paura» mormorò di nuovo Ashley, alzandosi in piedi.
«Certo, vuoi che ti accompagni?» chiese Mac, sorridendole.
«Credo sia meglio».
Zac non riuscì a trattenere una risata alle parole di Ashley e si guadagnò un piccolo schiaffo sulla nuca da Mac.
«Tu stai zitto, alette di Flash» ghignò Mac, facendomi ridere.
«Che cosa le hai detto?». Zac si avvicinò a me, furioso.
«Scusa, mi è scappato…». Mi finsi dispiaciuto, sapendo che tanto non ci avrebbe creduto.
«Certo, come no. Immagino il tuo grande dispiacere. Sono così colpito dal tuo dispiacere che mi dispiace per quello che succederà…» rispose, criptico, sorridendo e allontanandosi da me quando le ragazze tornarono dal bagno.
«Ok, luci spente» esultò Zac, prendendo un nuovo spicchio di pizza e distendendosi sull’altro divano.
«Nemmeno una lucina accesa?» pregò Ashley, sedendosi di fianco a me.
«Buio totale, così se arriva It da dietro non lo vediamo» scherzò Mac, sdraiandosi di fianco a Zac, e dandogli un veloce bacio sulle labbra.
«Mac» la rimproverai. Perché stava terrorizzando così Ashley?
«Che c’è? Fino a prova contraria Zac è il mio ragazzo, non posso lasciargli un bacetto sulle labbra?». Mi fece una linguaccia, tornando a guardare lo schermo della TV.
«Francis, puoi portarmi a casa? Non voglio più guardare questo film» mormorò Ashley, avvicinandosi un po’ a me.
«D’accordo». Mi alzai in piedi.
Se voleva tornare a casa, l’avrei riportata a casa.
«Ash, stai scherzando? Non sai che se non finisci il film questa notte arriva It e ti uccide mentre dormi? Credo di averlo letto da qualche parte, è capitato a quattro o cinque persone» ghignò Zac, spaventando Ashley che strillò, davvero terrorizzata.
«Finiamolo, vi prego». Si tolse le scarpe velocemente e portò i piedi sopra al divano. «Non ti dispiace, vero?» chiese, indicando i suoi piedi, mentre mi sedevo di nuovo.
«Figurati» cercai di rassicurarla, aggiungendo  anche un sorriso.
«Preparati Ashley. Nella scena della fogna…» sussurrò Zac, facendo urlare di nuovo Ashley.
«Ragazzi, smettetela, ha paura!» la difesi, lanciando un cuscino a Zac e Mac, che cominciarono a ridacchiare.
«Cuscino sequestrato» ghignò Mac, nascondendo il cuscino dietro la schiena di Zac.
«No, Francis! Adesso non abbiamo più cuscini» si lamentò Ashley, coprendosi il viso con una mano quando la bicicletta di Lorienne venne inquadrata.
«Dai, su…» cercai di tranquillizzarla, accarezzandole il polpaccio.
«Ashley, deve ancora comparire» scherzò Zac, facendo ridere Mac.
«Mi avvertite quando compare, vero?» supplicò, continuando a sbirciare dalla mano che teneva davanti agli occhi.
«Certo Ashley» mormorai, per tranquillizzarla.
Conoscevo It a memoria e non sarebbe stato difficile per me sapere l’esatto momento in cui il clown sarebbe comparso nello scolo d’acqua.
«Ok, preparati perché nella prossima scena c’è un flashback e compare il clown» mormorai, nell’esatto momento in cui cominciò il flashback.
«Non credergli Ash. Nella prossima scena ci sono due che si baciano e Francis si vergogna. Controlla, guarda la barchetta…» mormorò Zac, mentre Mac si nascondeva contro al suo petto per ridere.
Ashley si sistemò meglio, contro il bracciolo del divano guardando la TV attentamente.
«No, Ash…» non riuscii a terminare la frase, perché quando Ashley vide il clown cominciò a urlare.
«Oddio» strillò, gettandosi contro di me per lo spavento. «Che brutto» urlò di nuovo, abbracciandomi.
«A-A-A-Ash» balbettai, cercando di scostarmi per respirare.
«Posso guardare?» sussurrò al mio orecchio, stringendo di più le sue braccia attorno a me.
«A-a-a-as…» cercai di avvertirla, ma Zac fu più veloce di me.
«Guarda qui che bello» disse, attirando l’attenzione di Ashley che tornò a guardare lo schermo proprio nel momento in cui c’era il primo piano del clown con le zanne.
«Oddio» strillò di nuovo, gettandosi di nuovo tra le mie braccia. «Francis è bruttissimo». Si inginocchiò sul divano, per avvicinarsi ancora di più.
«I-i-i-i-io…» bofonchiai, non sapendo che cosa fare.
«Abbracciala» mimò con le labbra Mac, lanciandomi un’occhiataccia.
Portai il braccio sinistro attorno alle spalle di Ashley, cercando di incoraggiarla.
«Su, è un f-f-film» sussurrai, accarezzandole la schiena.
«C’è ancora?» domandò, continuando a tenere la fronte appoggiata all’incavo della mia spalla.
«No, adesso non c’è più. Comparirà tra un po’» rispose Mac, sorridendo mentre ci guardava.
«Non mi fido di voi. Mi fido solo di Francis» borbottò, stupendomi.
Ashley si fidava solo di me?
«Mac ha ragione» sussurrai sollevato, quando il corpo di Ashley si allontanò un po’ dal mio.
«Ti dispiace se sto qui? Da sola lì ho paura». Indicò l’altra estremità del divano, l’esatto punto in cui era seduta lei qualche minuto prima.
«No». Scossi anche il capo per risultare più convincente.
«Ok» sussurrò sorridendomi, appoggiando la sua guancia alla mia spalla.
Sgranai gli occhi, stupito da quel gesto.
Non sapevo se togliere il braccio dalle sue spalle o tenerlo lì.
Mi girai, a guardare Mac, che continuava a sorridere.
Cercai di chiederle aiuto con lo sguardo, sperando che riuscisse a capirmi.
«Sta fermo» mimò con le labbra.
Bene, dovevo tenere il braccio attorno alle spalle di Ashley, non era poi così difficile.
Ed era anche una sensazione… piacevole.
«Che brutto» sussurrò stringendo la mia maglia e nascondendosi contro al mio petto quando il clown comparve di nuovo.
Quando il film finì, Ashley si mise a sedere, stiracchiandosi.
«Il più brutto film che io abbia mai visto. Non lo riguarderò mai più» mormorò, avvicinandosi al tavolino per prendere un bicchiere di Coca-Cola.
«Non è così brutto… se non odi i clown» ghignò Zac, guadagnandosi una leggera gomitata sullo stomaco da Mac.
«Credo che questa notte dormirò con la luce accesa» confidò Ashley, infilando le scarpe.
«È tardissimo… forse è meglio tornare a casa, no?». Non mi ero reso conto che il film fosse durato tre ore.
«Sì, credo di sì. Mac, grazie per la serata. Zac, tu me la pagherai per quello scherzo idiota». Lo ammonì con l’indice, facendo sghignazzare me e Mac.
«Notte notte» mormorò Zac, tornando a distendersi sul divano.
«Rimani qui?» chiesi sorpreso.
«Altri dieci minuti» mormorò chiudendo gli occhi, prima di sistemarsi un cuscino sotto al capo.
«Spero che quando torno tu sia sveglio, altrimenti sarà peggio per te» scherzò Mac, cercando di rimanere seria.
«A domani» salutai, dirigendomi con Ash e Mac alla porta d’ingresso.
«Ci vediamo». Mac sorrise, quando sentimmo la voce di Zac urlare dall’interno.
«Ash, attenta al clown, ce n’è uno dietro di te».
Ashley gridò spaventata, aggrappandosi al mio collo.
«Idiota» ridacchiò Mac.
«E-e-e-era uno scherzo» mormorai, cercando di tranquillizzare Ashley. «Non c’è nessun clown». Le accarezzai la schiena, sorridendo involontariamente.
«Oh, scusate» sussurrò, imbarazzata.
«Credo sia meglio se andate a casa, e attenti ai clown!» giocò Mac, facendomi sbuffare infastidito.
Quando avrebbero smesso di prendere in giro Ashley per quella sua paura?
Ci dirigemmo verso la macchina in silenzio; non potei però non notare Ashley che continuava a guardarsi attorno preoccupata e impaurita.
Non appena arrivò alla macchina, salì chiudendo subito dopo la sicura dello sportello.
Senza dire nulla, misi in moto, immettendomi in strada.
«Spero ti sia divertita… nonostante il film» parlottai, accendendo l’autoradio perché ci fosse un po’ di musica.
«Certo, come sempre». Nonostante non riuscissi a vederle il viso perché non c’erano luci, mi sembrava che stesse sorridendo.
Ashley cominciò a canticchiare la canzone che stava passando alla radio e io mi meravigliai che la conoscesse.
«Eccoci arrivati» mormorai, posteggiando la macchina fuori da casa sua.
«Grazie per la serata e scusa se mi sono attaccata a te come un polipo». Abbassò lo sguardo, vergognosa.
«Non c’è problema» risposi, cercando di non ridere.
In fin dei conti il piano di Mac e Zac aveva funzionato alla grande: per tutta la serata ero rimasto abbracciato ad Ashley.
«Francis?» chiese all’improvviso, guardandomi dritto negli occhi.
«Sì?» mormorai, incapace di staccarmi da quei due specchi color del cielo.
 
 
 
 
 
Buooooooongiorno!
scusate il ritardo di questi ultimi aggiornamenti, ma come avevo annunciato in FB la settimana scorsa non ci sarebbe stato nessun capitolo e questa… be’, il capitolo era pronto da martedì ma tra una cosa e l’altra mi è arrivato ieri sera, e l’ho postato oggi…
Spero vi sia piaciuto e, come sempre, ringrazio preferiti, seguiti e da ricordare.
QUI c’è il GRUPPO SPOILER (dove di solito inserisco comunicazioni e abiti[ se vengono nominati]e stupidate) e QUI il mio profilo FB.
Vi ricordo il bellissimo trailer che mi ha fatto The carnival, lo trovate QUI.
A venerdì!

 

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Capitolo 18
*** We kissed... I mean, she kissed me! ***


rotn








«Mi… mi potresti accompagnare alla porta? Ho un po’ di paura» mormorò, continuando a guardarsi le mani con insistenza.
«Certo» risposi, slacciandomi la cintura di sicurezza e spegnendo il motore.
«Grazie» sussurrò, alzando finalmente il viso per guardarmi.
Cercai di sorriderle per rassicurarla. Probabilmente ci riuscii, perché rispose al mio sorriso con calore.
Mi sistemai gli occhiali sul naso, aprendo lo sportello della macchina per scendere. Pochi secondi dopo sentii Ashley fare lo stesso.
Pensai che sarebbe stato meglio raggiungerla subito; continuava a lanciare strane occhiate attorno a noi.
«Non c’è nessuno» mormorai, cercando di non ridere della sua paura.
Sembrava davvero terrorizzata.
«Come fai a saperlo? E se c’è un clown nascosto tra gli alberi?» chiese, in un sussurro.
Guardai il piccolo boschetto di fianco a casa sua, e, vedendolo così buio, fui scosso da un brivido.
«Non devi mi-mi-mica andare nel boschetto, no?». Insomma, eravamo a dieci metri dalla porta di casa sua, perché mai avrebbe dovuto dirigersi proprio dalla parte opposta?
«No, ma… se non facessi in tempo a salire le scale?». Indicò i tre gradini davanti a noi e io ridacchiai.
«Ti accompagno fino al po-po-po-portone?» balbettai, guardando il vetro colorato con timore
Suo padre mi aveva sempre spaventato.
Sembrava cattivo, ma immaginai che in realtà fosse soltanto un tipo protettivo.
Ashley era la figlia minore, ed era anche donna.
«E poi non hai paura di tornare lì in fondo da solo?». Guardò la mia macchina, parcheggiata sul ciglio della strada.
«No» ribattei, molto più sicuro di quanto in verità fossi.
Ashley ridacchiò mordendosi il labbro, poi, lentamente, cominciò ad avanzare verso le scale.
Saliti i  tre gradini, mi fermai davanti a lei, dondolandomi da un piede all’altro, in imbarazzo.
«Be’…» cominciai, senza veramente sapere che dire.
Improvvisamente i miei piedi sembravano interessanti.
«Grazie per la serata Francis» mormorò Ashley, avvicinandosi a me.
«Figurati» risposi, alzando finalmente lo sguardo e soffermandomi ad ammirare il suo viso.
Aveva le guance rosse e gli occhi lucidi. Sembrava davvero felice.
Una cosa era certa: era bellissima.
«E grazie per avermi accompagnata fin qui». Gesticolava vergognosa lanciando continue occhiate alla porta di casa. Era arrivato il momento di andare via.
«Nessun problema». Sorrisi, mentre si sistemava una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
«Be’… buonanotte allora». Fece un passo verso di me, appoggiando le sue mani sul mio petto e sollevandosi in punta di piedi per darmi un bacio sulla guancia.
Era bellissima.
Appena sentii le labbra di Ashley staccarsi dalla mia guancia, in un gesto totalmente involontario, spostai il viso di lato e appoggiai le mie labbra alle sue.
Un secondo, forse due.
Quando capii che Ashley era rimasta immobile, feci un passo indietro.
«I-i-i-i-i-i-io…» balbettai, infilando le mani dentro alla tasca della felpa. “Sc-sc-sc-sc-sc-scusa» riuscii finalmente a dire.
Ashley era rimasta nella stessa posizione: le braccia lungo i fianchi, gli occhi sbarrati per la sorpresa e le labbra schiuse.
«B-b-b-b-b-b-b-b-b-buonanotte» mormorai, prima di cominciare a incamminarmi verso la mia macchina.
Ci avevo provato.
Era giunto il momento di mettersi il cuore in pace.
Non piacevo ad Ashley e avevo rovinato la nostra amicizia.
Così Mac non avrebbe più avuto niente da dire.
A metà vialetto, sentii qualcuno chiamare il mio nome.
Forse lo avevo solo immaginato. Non c’era nessuno, lì fuori.
Per sicurezza, o per istinto, mi girai.
Ashley mi sbatté addosso, finendo contro il mio petto e costringendomi  a indietreggiare di qualche passo.
Si alzò in punta di piedi, appoggiò le sue mani ai lati del mio viso, e portò le sue labbra sulle mie.
Mi stava baciando.
Istintivamente appoggiai le mani sui suoi fianchi, avvicinandola a me.
Mossi le labbra, cercando di catturare le sue.
Da qualche parte, in qualche universo parallelo, qualcuno aveva spento il motore di una moto.
Sentivo solamente le mani di Ashley che giocavano con i miei capelli, regalandomi brividi lungo tutta la schiena.
La mia mano percorse la sua schiena, arrivando alla sua nuca; la sensazione dei suoi capelli tra le mie dita mi diede un po’ di coraggio e, senza nemmeno accorgermene, portai l’altra mano alla base della sua schiena, avvicinandola a me.
Ashley catturò il mio labbro tra i suoi denti, mordendolo appena.
«Ashley, rientra immediatamente in casa» strillò qualcuno vicino a noi.
Feci un passo indietro, spaventandomi.
Chi era?
“Dio, fa che non sia suo padre” mi ripetei mentalmente, tenendo lo sguardo basso.
Alzai appena gli occhi, solo per controllare: era Eric.
Tirai un sospiro di sollievo, rimanendo comunque immobile.
Ashley fece un passo verso di me, si sollevò ancora in punta di piedi e a pochi centimetri dalle mie labbra sussurrò «Buonanotte». Poi, dopo avermi sorriso, lasciò un veloce bacio sulla mia bocca.
Rimasi fermo a guardarla, mentre, assieme a suo fratello, rientrava in casa e chiudeva la porta.
Non riuscivo a muovermi, i miei piedi erano incollati al pavimento del vialetto davanti alla casa di Ashley.
Qualcuno spostò la tenda di una stanza e, dopo essermi reso conto che ero immobile da quasi cinque minuti, decisi di andare in macchina.
Accesi il motore e velocemente partii.
Dove dovevo andare?
Cominciai a guidare e a ridere, non riuscivo più a smettere.
Senza nemmeno accorgermene, arrivai a casa di Mac.
Scesi dalla macchina e, dopo aver corso fino alla porta d’ingresso, senza essere riuscito a levarmi quel sorriso idiota dalla labbra, cominciai a bussare.
Non mi ero nemmeno reso conto che c’era un’auto parcheggiata nel vialetto.
Dopo quasi due minuti, Mac aprì la porta.
«Mac, tutto bene?» mormorai, guardandola.
Aveva tutte le guance rosse e i suoi capelli erano stranamente raccolti in una coda.
«Che cosa ci fai qui?» sbottò, guardandomi in modo strano.
«Stai bene? Sembri sconvolta» ripetei, appoggiandole una mano sulla spalla.
«Muoviti, entra». Mi tirò per la felpa, costringendomi a entrare in casa.
«Mi vuoi dire che cosa c’è che non va?» tornai a chiederle, mentre camminava verso il soggiorno.
«Francis Seth Hudson, ti odio» strillò Zac, appoggiando la nuca allo schienale del divano con un sospiro.
«Oh» mormorai, guardando i capelli di Zac. «Voi… voi stavate». Indicai prima Zac e poi Mac.
«Sì, Francis. Stavamo pomiciando» sbottò Zac, facendo ridere Mac.
«Scusatemi» sussurrai, imbarazzato, «non volevo interrompervi». Anche perché, se mi fossi accorto che c’era la macchina di Zac, me ne sarei tornato a casa.
«Non è perché ci hai interrotto, è perché non sapevamo chi potesse essere» mi spiegò Mac, sedendosi di fianco a Zac sul divano.
«Adesso, potresti gentilmente spiegarmi che diavolo sei venuto a fare a casa della mia ragazza a mezzanotte e mezza passata?» domandò Zac, incrociando le braccia al petto dopo essersi sistemato la maglia.
«Io… Ashley… noi…» cominciai balbettando, senza veramente dire nulla.
«Eh?» chiese Zac, sistemandosi gli occhiali sul naso.
«Ci siamo baciati» sbottai, cominciando a ridere.
«Cosa?» strillò Mac, alzandosi in piedi e correndo verso di me. «Francis, ripetilo». Mi prese per le spalle, scuotendomi appena.
«Ci siamo baciati. Cioè, l’ho baciata prima io, poi me ne sono andato e lei mi ha ricorso e ci siamo baciati. Un bacio vero. Non proprio vero vero, insomma…» cominciai a gesticolare, guardando Mac e Zac.
«Con la lingua o no?» domandò pratico Zac, guadagnandosi un’occhiataccia da Mac. «Che c’è? Ho chiesto» si difese, facendo spallucce.
«No. Ma… non era come a Stanford» spiegai, sperando di riuscire a far capire quello che volevo dire.
«Oh, Francis! Sono così felice per voi» gridò di nuovo Mac, abbracciandomi.
«Ma… ma non abbiamo detto niente, perché è arrivato Eric, ed è subito entrata in casa» dissi, non appena Mac si allontanò da me.
«Eric vi ha visti?» domandò, sorpresa.
«Sì… per quello abbiamo smesso di baciarci…». Mi schiarii la voce, guardando Zac di sbieco che continuava a rimanere con la bocca aperta, come un pesce lesso.
«Eric ti ha visto e sei ancora vivo?» chiese Mac, guardandomi stupita.
«Se non sono morto e sto comunicato tramite la mia proiezione astrale, direi che sono ancora vivo. Ma credo sia solo perché Ashley l’ha costretto a rientrare» scherzai, troppo su di giri per non sorridere.
«Ti ha riconosciuto?» domandò Zac, alzandosi dal divano.
«No, non credo». Non poteva avermi riconosciuto, ero rimasto sempre con lo sguardo basso, proprio perché non volevo che potesse accorgermi che ero io.
Anche perché, se Eric era ritornato a casa… anche Chris probabilmente l’aveva fatto. E, l’ultima cosa che volevo, era far sapere a mio fratello che avevo baciato la sorella del suo migliore amico.
«Che figata! Adesso quando lo saprà suo padre ti troverai senza una gamba» ghignò Zac, strofinandosi le mani, soddisfatto.
«Zac…» lo ammonì Mac, tirandogli un leggero schiaffo sullo stomaco.
«Che c’è? Lo sanno tutti che il padre di Ash è protettivo e geloso. Adesso che Eric sa che qualcuno ha baciato la sua sorellina, Francis deve guardarsi le spalle. Non potrà stare tranquillo nemmeno quando dorme» ghignò, circondando le spalle di Mac con un braccio.
«Grazie Zac… mi hai davvero rassicurato» mormorai, sedendomi sul divano di Mac.
Zac aveva ragione.
Il signor Foster era severo, molto più del fratello di Ashley.
«Non dire così Francis» sussurrò Mac, sedendosi di fianco a me. Stava cercando di consolarmi.
«E cosa dovrei dire? Non sono di certo come Alex, io. Anche se dovessi davvero piacere ad Ashley, suo padre non mi accetterebbe mai» sbuffai, passandomi una mano tra i capelli.
«Non deve mica decidere suo padre, no? Deve decidere Ashley» sbottò Zac.
«Tu non capisci… per te è facile, la mamma di Mac ti conosce e sono sicura che quando lo saprà sarà felicissima. Ma, lui…» mormorai.
«Felicissima di cosa, ragazzi?». Sussultammo tutti e tre non appena la mamma di Mac parlò alle nostre spalle.
«Ops» sussurrai, guardando Zac e Mac, allibiti. «Io… io andrei a casa, adesso… ci vediamo domani» bofonchiai imbarazzato, alzandomi e camminando verso la porta.
«Credo che andrò a casa anche io…» farfugliò Zac e io mi girai, curioso di vedere cosa stava succedendo.
Si stava infilando la felpa, prendendo le chiavi di casa.
«No, Zac… rimani» lo pregò Mac. Aprii la porta, consapevole di dovermi fare gli affari miei.
«Tesoro, che succede?» chiese perplessa la mamma di Mac.
Cominciai a ridere, correndo verso la mia macchina per ritornare a casa.
Guidai senza riuscire a smettere di ridere; non sapevo se fosse per il bacio che avevo dato ad Ashley o per la situazione in cui avevo cacciato Zac e Mac. Che serata.
Parcheggiai la macchina nel vialetto e, dopo aver preso un respiro profondo, provai a togliermi quel sorriso ebete dal viso, senza risultato. Perlomeno riuscii a smettere di sghignazzare.
Infilai la chiave nella toppa lentamente; non volevo fare rumore per non svegliare mamma e papà.
Quando mi richiusi la porta alle spalle, la luce dell’ingresso si accese.
«Sì mamma, sono tornato» sospirai, appoggiando le chiavi di casa sul mobiletto di fianco alla porta.
«Mio fratello! Mio fratello ha baciato una ragazza» strillò Chris, spaventandomi.
Non c’era mamma, non c’era nemmeno papà. Solo Chris.
«Shhh» sibilai, intimandogli di abbassare la voce anche con un gesto della mano.
«Hai baciato una ragazza! Meglio, hai baciato Ashley» urlò di nuovo, mentre mi coprivo il viso con le mani.
Perché qualcuno mi aveva punito con un fratello così idiota?
«Parla piano» sussurrai, andando in cucina.
Se mi avesse seguito avrei chiuso la porta; così, forse, le sue urla non si sarebbero sentite al piano di sopra.
«Allora? Da quanto va avanti questa storia, mh?». Ammiccò verso di me, mentre aprivo il frigo per prendere una bottiglia d’acqua.
«Chris… non c’è nessuna storia…» spiegai, cercando di rivelare il meno possibile.
«No, non dirmi che siete trombamici! Francis, tutto avrei pensato, tranne questo. E dire che credevo fossi gay. E invece te la fai con la piccola Foster, che tanto piccola non è» ghignò, facendomi arrossire.
«Chris, non è come credi, lascia stare» mormorai, sperando che la smettesse di sparare stupidate.
«Ah no? E raccontami, com’è? È anche snodata, no? Insomma, la capo cheerleader!». Nel suo sguardo c’era quasi… ammirazione.
«Mio Dio, Chris! Smettila!» sbottai, irritato dalle sue continue allusioni.
«Ti capisco, sei timido e riservato, e parlare di queste cose ti imbarazza. Ma potrebbe esserti utile un confronto. Magari potresti soddisfare meglio la tua… donna» bisbigliò, tirandomi per la felpa per costringermi a mettermi seduto su uno sgabello della cucina.
«Chris, primo, non sono cose che ti riguardano, e secondo, tu e il tuo amico imparate a farvi gli affari vostri» sbuffai, alzandomi per andare al piano di sopra.
«Drew lo sa?» domandò.
Cosa gli interessava se mamma sapeva o no della mia storia?
Per un secondo rimasi fermo, con la mano sulla maniglia, indeciso sulla risposta da dargli.
«Oh, non lo sa. Lo saprà presto» ghignò di nuovo, superandomi dopo aver dato una pacca cameratesca sulla mia spalla.
«Potresti non impicciarti nei miei affari?» sussurrai, cercando di fronteggiarlo sulle scale.
Forse sbarrargli la strada non era stata una buona idea.
«E perché non dovrei farlo? È così divertente» mormorò, appoggiandosi con una spalla alla parete.
«Perché se tu parli dei miei affari con mamma, io… io…» lo minacciai, cercando qualcosa con cui poterlo ricattare.
«Tu?» ghignò, convinto che non avrei mai detto nulla.
«Io dico a mamma che le ragazze non le portavi in camera tua per studiare». Sembrava un buon compromesso.
«Capirai… secondo te Drew non lo sapeva?» mi sfidò, facendomi tentennare per un secondo.
Forse però mamma non sapeva che…
«Le dirò che ti chiudevi sempre in camera sua, perché avevano il letto grande».
«Non lo faresti mai». Il sorriso se ne era andato.
«Certo» ribadii, fingendomi sicuro.
«Perché dovresti dirle una cosa simile?» chiese, cercando di nascondere il timore che i nostri genitori venissero a saperlo.
«E tu perché dovresti dirglielo?» ribattei io. Chris era più vecchio di me, ma sapevo tenergli testa, quando non si parlava di donne.
«Oh, be’, diglielo. Tanto non abito più qui». Fece spallucce, fingendosi disinteressato.
Aveva cambiato tecnica.
«Ok, lo farò» risposi, cominciando a salire le scale.
«No! Moccioso aspetta, ci ho ripensato. Tu non dici niente di quella storia del letto e io non fiato riguardo alla tua amichetta di letto. Affare fatto?». Tese la mano.
Speravo che una volta stretta la mia mano, Chris avrebbe mantenuto la parola.
«D’accordo» mormorai, allungando il braccio per sigillare l’accordo.
«Ma se mi dovesse scappare qualcosa…» ridacchiò, entrando nella sua stanza.
«Dirò tutto a papà, e sono sicuro che non sarà felice di sapere a cosa è servito il suo letto» sghignazzai, sapendo che dopo una notizia del genere Chris avrebbe potuto passare tanti guai.
Diciassette anni a subire scherzi e battutine di mio fratello e, improvvisamente, era arrivato il momento della mia vendetta.
Avevo abbastanza materiale da poterlo distruggere.
Mi chiusi la porta della mia camera alle spalle e, con un sospiro, mi distesi a letto senza nemmeno spogliarmi.
«Che giornata» mormorai, ripensando a quanto era accaduto.
Avevo baciato Ashley.
Alla fine era successo.
Molto meglio di tutto quello che la mia mente aveva sempre immaginato. Era lei alla fine ad avermi baciato… lei.
Non riuscivo a dimenticare la sensazione delle sue labbra sulle mie, dei suoi capelli tra le mie mani e del suo corpo contro al mio.
Ashley era bellissima, lo era ancora di più quando mi baciava, anche se non potevo esserne certo, visto che l’avevo fatto con gli occhi chiusi.
Eppure, la sensazione delle sue labbra morbide che si muovevano sulle mie era ancora viva, potevo quasi sentire il suo sapore.
«Ho baciato Ashley» sussurrai, guardando il poster dei Simpson che avevo sopra al letto.
Avevo baciato Ashley Foster.
Il mio sogno si era avverato.
Cominciai a ridere portandomi un braccio sotto alla testa per rimanere più comodo.
Quella serata era stata perfetta… niente era andato storto.
Certo, avevo combinato un pasticcio nei confronti Zac e Mac, ma ero sicuro che tutto si sarebbe sistemato per il meglio.
Almeno, lo speravo per loro, perché si meritavano il meglio.
Dopo aver indossato il pigiama, cercai di dormire, ma non riuscii a farlo: ero troppo felice anche per chiudere occhio.
Il viso di Ashley, i suoi occhi felici, furono l’ultima cosa che vidi prima di prendere sonno.
Una volta addormentato sognai il nostro bacio per tutta la notte.
 
Quando la sveglia suonò, mi alzai felice, canticchiando una canzone a caso.
Scesi a fare colazione, abbracciando mamma e dando una pacca sulla spalla a papà.
«Nostro figlio si droga?» chiese papà, lanciandomi una strana occhiata.
«No, direi che è solo felice» sogghignò mamma, appoggiando davanti a me una scatola di cereali.
«Oh, meglio. Perché ho sempre pensato che Francis fosse un tipo di cui non c’era da preoccuparsi. Insomma, voglio dire, Chris sembra quello più preoccupante. Ma Francis ha i suoi fumetti e i suoi libri…» cominciò a blaterare.
«Papà, non mi drogo» sbottai, cominciando a riempire la ciotola del latte con i cereali.
«Ok, mi fido» rispose, sorseggiando il suo caffè.
Sentii una risatina di mamma, mentre prendeva qualcosa dal frigo.
«Chris è tornato ieri sera, lo sai?» domandò mamma. Stava parlando con un cucchiaino in bocca.
«Sì, l’ho intravisto» mentii, sistemandomi gli occhiali sul naso.
«Oh, bene. Mi sembrava volesse dirti qualcosa, ma mi sarò sbagliata». Fece spallucce, continuando a mangiare.
«Mi ha accennato una cosa… ma non ho capito molto bene…» farfugliai, abbassando lo sguardo.
Speravo che non si accorgesse che stavo mentendo.
«Probabilmente voleva chiederti qualcosa di scuola…» disse, sorridendo appena.
«Sì, be’… me la chiederà quando torno da scuola. Devo passare a prendere Zac e Mac. Buona giornata» bofonchiai, prendendo una fetta di pane tostato e stringendola tra i denti.
Corsi velocemente in macchina e partii per andare da Zac.
Sapevo che John sarebbe andato a scuola con Hannah, almeno così mi aveva detto.
«Allora?» chiesi, non appena Zac aprì lo sportello dell’auto per salire.
«Ti racconta Mac» sbuffò, appoggiando la nuca al sedile.
«Be’, almeno sei vivo. Questo è già qualcosa» ridacchiai, rallentando quando vidi un cane sul ciglio della strada.
«Lasciamo perdere, ok?» commentò, togliendosi gli occhiali, in un gesto stanco.
«Va bene, mi racconterà Mac». Ero sicuro che lei l’avrebbe fatto.
«E tu, come stai? Il giorno dopo il primo bacio, mhh? Non sei imbarazzato? Agitato?». Cominciò a farmi mille domande, confondendomi.
«Ero tranquillo fino a quando non hai cominciato a parlare» gli feci notare, infastidito, accostando davanti a casa di Mac.
«Non vedo l’ora di vedere che cosa vi direte…» rise divertito, allungandosi sul sedile per dare un veloce bacio a Mac.
«Francis, come va?» chiese Mac, dopo aver risposto al bacio.
«Smettetela di chiedermelo, per favore. Mi state mettendo ansia! Io voglio sapere che cosa ha detto tua mamma». Lanciai un’occhiata a Mac attraverso lo specchietto retrovisore.
«Oh, mia mamma…» sussurrò, sorridendo, «all’inizio era… stupita, poi … felice. No, Zac?». Guardò Zac, per avere una conferma.
«Sì, direi di sì. Mi ha offerto una fetta di torta» sghignazzò Zac. Mi tranquillizzai definitivamente.
«Meglio del previsto, insomma» risposi contento, posteggiando l’auto nel solito parcheggio.
Scendemmo, e come ogni mattina, andammo a sederci sulla panchina sotto alla quercia.
Continuavo a battere il piede per terra, non riuscivo a stare fermo per l’ansia.
Che cosa avrei detto ad Ashley?
Cosa mi avrebbe detto lei?
Avrei dovuto fare finta che non fosse successo niente?
Sentii il motore di un’auto spegnersi, e quando alzai lo sguardo per controllare -come se ce ne fosse stato veramente bisogno- vidi che era una BMW bianca.
Il mio cuore cominciò a battere più veloce.
Ero felice, forse ansioso, o forse solo…
Quando scese dall’auto si avvicinò a noi con un sorriso.
«Ciao Ash» salutarono in coro Mac e Zac.
«Ciao» rispose Ashley, prima di accorgersi che dietro a loro c’ero anche io.
«Ashley» sussurrai, accennando un timido sorriso.

 
 
 
 
Poche parole… mi scuso immensamente per il ritardo, ma la settimana scorsa avevo avvertito che non avrei aggiornato perché la febbre non mi ha permesso di scrivere…
Come al solito QUI per il mio profilo FB e  QUI per il gruppo spoiler con la Sbavo Night… :)
QUI il trailer di Thecarnival.
Grazie a chi mette la storia tra i preferiti, i seguiti, da ricordare e chi mi aggiunge agli autori preferiti.
Grazie soprattutto a chi commenta!
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto!
Un bacione!

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Capitolo 19
*** No labels. Just me and you. ***


rotn








«Posso parlarti?» chiese Ashley, senza smettere di guardarmi.
«C-c-c-certo» balbettai, alzandomi dalla panchina.
Il momento della verità.
Chissà cosa doveva dirmi.
Probabilmente che quello successo davanti a casa sua era stato un errore e che non si sarebbe mai dovuto ripetere.
Magari mi avrebbe chiesto di dimenticarmi di quel bacio, perché si era sbagliata e per qualche secondo aveva rivisto davanti a lei Alex.
E se, ipotesi peggiore di tutte, Ashley, con quel bacio, si fosse resa conto che amava Alex?
«Ch-ch-ch-ch-ch-che succede?». Decisi di parlare per primo, così, forse, la tortura sarebbe finita presto.
«Che succede?» chiese, quasi ridendo. «Ieri sera ci siamo baciati e tu mi stai chiedendo che succede?» continuò, spostandosi da un piede all’altro.
«I-io non so ch-ch-ch…» cercai di dire, prima che Ashley prendesse di nuovo la parola in un tono che sembrava molto più convincente del mio.
«Sai, è curioso che tu mi chieda che succede, perché non lo so nemmeno io». Sembrava… agitata.
Provai a parlare di nuovo, per spiegarle che non doveva darmi nessuna spiegazione per il suo comportamento, ma sembrava che avesse molte cose da dire e che non le interessasse quello che pensavo. Non sapevo se fosse un bene.
«Perché, voglio dire» borbottò, stringendosi nelle spalle, «ti ho baciato, due volte, qualcosa vorrà pur dire, no? Se hai una risposta, tu che sai praticamente tutto di qualsiasi cosa, ti prego, illuminami». I suoi occhi diventarono improvvisamente più lucidi.
Stava per mettersi a piangere.
«A-A-A-A-A-Ashley» sussurrai, facendo un passo verso di lei.
«Cosa? Potresti dire qualcosa di sensato? Francis, smettila di balbettare solo quando parli con me. Pensi che non me ne sia accorta? Credi che sia sorda? Cieca? Che non veda come ti comporti?». Due ragazzi che stavano passando lì vicino si girarono per guardarci.
Probabilmente volevano capire che cosa stava succedendo.
Rimasi senza parole; cercavo qualcosa da dire, ma ero sicuro che tutto sarebbe stato fuori luogo.
Ashley sembrava arrabbiata, nonostante i suoi occhi, sotto alle lacrime, sorridessero.
«Potresti dire qualcosa? Per farmi sembrare meno stupida?» chiese, cercando di respirare lentamente.
«C-c-c-come stai?». Cosa potevo dirle?
«Mio Dio» sussurrò, cominciando a ridere. «Sono davanti a te in lacrime, chiedendoti di dire qualcosa di quel dannato bacio e tu mi chiedi come sto?». Sembrava allibita.
«S-s-s-sì. Voglio sapere co-co-come stai. Non so se stai bene o male» mormorai, calciando un sasso con il piede.
«Non lo so. Non so come sto. È confuso, io sono confusa e tu mi confondi» cercò di spiegarmi, avvicinandosi alla nostra panchina.
Perché non c’erano più studenti nel parcheggio?
Lanciai uno sguardo all’orologio e vidi che le lezioni erano cominciate da un paio di minuti.
«I-i-io ti con-confondo?» chiesi, trattenendo a stento una risata.
Come facevo a confonderla?
«Sì, non so perché» sospirò, socchiudendo gli occhi. «Ascolta Francis, che cosa vuoi fare?» chiese, torturandosi le dita.
«Co-cosa voglio fare io?». Ero sorpreso.
Lei, Ashley Foster, stava chiedendo a me, Francis Hudson, che cosa volevo fare?
«Sì, andiamo, avrai qualche idea da cervellone» borbottò, abbassando lo sguardo.
«Per-perché bisogna per forza fare qualcosa? Non si può semplicemente lasciare che su-succeda qualcosa? Do-do-dobbiamo forzare le co-cose?». Non vedevo la necessità di una scelta.
Era… inutile.
Se Ashley mi voleva, sarei stato lì per lei, c’ero da sempre. Un giorno, una settimana, un mese in più che cosa avrebbero cambiato?
Non mi sembrava giusto però accelerare i tempi per poi magari pentirsi.
«Non vuoi, che so… qualcosa?». Sembrava davvero stupita.
«No» risposi sincero, sistemandomi gli occhiali sul naso.
«Non vuoi far sapere in giro che mi hai baciato? Che ci siamo baciati?». Era sempre più allibita.
«Perché? È una cosa personale». Non ne vedevo il motivo.
Perché all’intero liceo doveva interessare la mia vita privata?
Ero stato invisibile per quasi quattro anni, un paio di mesi in più di invisibilità non mi pesavano per niente.
«E non vorresti che tutti sapessero che potrei essere la tua ragazza». I suoi occhi sembravano di nuovo lucidi, ma non sapevo se fosse perché le mie risposte non erano quelle che in verità si aspettava, o se magari ci fosse qualcosa di diverso.
«No, mi basterebbe che lo sapessero le persone che mi stanno vicine, per non dover tenere un segreto». Sarebbe stato ingiusto e imbarazzante dover mantenere un segreto con Mac, Zac e John, ma ero sicuro che loro potessero mantenerne uno. Ne avevo la prova.
«Niente ragazza? Niente etichetta?». Confusione, ecco cosa continuavo a leggere nei suoi grandi occhi celesti.
«Le etichette servono per riconoscere gli elementi di chimica, in laboratorio» spiegai.
Ashley cominciò a ridere, coprendosi il volto con le mani.
Qualche secondo dopo, tornò a puntare i suoi occhi nei miei. «Dov’eri quattro anni fa, Francis?» chiese, sorridendo appena.
«Qui» mormorai, indicando la panchina su cui eravamo seduti.
Cominciò a ridere, appoggiando la fronte sulla mia spalla.
Quel contatto mi fece sussultare, ricordandomi il bacio della sera prima.
«Grazie» sussurrò, sfiorando la mia guancia con le sue labbra.
«Pe-per cosa?». Perché mi stava ringraziando? Non avevo fatto niente di speciale.
«Per quello che sei, per quello che dici» cercò di spiegarmi, appoggiando velocemente le sue labbra sulle mie.
Mi immobilizzai, sorpreso. Mi stava baciando di nuovo?
Circondò il mio viso con le sue mani, avvicinandomi maggiormente a lei.
Sì, mi stava baciando di nuovo.
Risposi al suo bacio avvicinandomi di più a lei, sentii le mie ginocchia toccare le sue e, istintivamente, portai una mano sulla sua nuca.
I denti di Ashley mordicchiarono il mio labbro, facendomi sorridere; poi, sentii la sua lingua tracciare il contorno della mia bocca.
Lì, nella stessa panchina su cui le avevo offerto il mio fazzoletto bianco, io e Ashley ci stavamo scambiando il nostro primo, vero, bacio.
«A-A-Ash» mormorai, quando non riuscii a trovare più ossigeno per respirare.
«Sì?» chiese, appoggiando la sua fronte sulla mia.
«Po-potrebbero vederci» le ricordai.
Anche se non ne ero completamente sicuro, mi sembrava di ricordare un liceo dietro a noi.
«Sai che mi importa? Che dicano quello che vogliono» ghignò, prima di baciarmi di nuovo.
Non riuscii a trattenermi e cominciai a ridere, sistemandomi gli occhiali.
«Da-davvero? E le e-e-etichette?» chiesi, riferendomi a quello che mi aveva chiesto lei qualche minuto prima.
«Le etichette servono nel laboratorio di chimica» rispose, citandomi.
«Carina questa» ribattei, facendola ridere.
«Ehi, hai saltato una lezione. Ti era mai successo?». Si guardò intorno, subito prima di controllare l’ora.
«Ehm, no. Ma non importa» mormorai, sistemandomi gli occhiali sul naso.
«Credo sia meglio entrare, adesso. A meno che tu non voglia rimanere assente tutta la giornata» ghignò, alzandosi dalla panchina.
«Io… ecco…» borbottai, senza dire qualcosa che potesse avere senso.
«Dai, andiamo».
Entrammo a scuola e, dopo esserci fatti fare il permesso, salutai Ashley con un sorriso per andare verso l’aula di fisica.
Lì c’erano Mac, Zac e John ad aspettarmi.
Quando mi sedetti di fianco a loro, John cominciò a squadrarmi pensieroso.
«Allora?» mi incalzò Zac, sporgendosi sulla sedia per essere più vicino a me.
«Zac» lo rimproverò Mac, seguendo però il suo esempio.
«Ecco…» cominciai, gesticolando nervosamente.
«Su, su Francis! Non abbiamo tutta la giornata» disse Zac, abbassando il tono della voce quando il professore ci richiamò al silenzio.
«Ci siamo baciati di nuovo» bisbigliai, capendo che non potevo girare attorno all’argomento, visto che il professore aveva già cominciato a spiegare.
«Di nuovo? Allora state assieme?» si informò Zac, guardandomi felice.
«Sì, no, non lo so. È tutto confuso. Non lo sappiamo» tagliai corto, mentre il professore ci ammoniva con lo sguardo.
«Che bello! Sono felice per voi, dico davvero» sussurrò Mac, stringendo la mia mano con la sua.
 
Durante l’ora di pranzo, mentre eravamo in fila per aspettare il nostro turno, Ashley si avvicinò a noi, felice.
«Che cosa c’è di buono oggi?» chiese, sorridendomi.
Le elencai il menù, balbettando decisamente troppo.
Non riuscivo a concentrarmi, non quando mi guardava con i suoi splendidi occhi celesti.
Una volta seduti tutti al tavolo, mi accorsi che i ragazzi avevano lasciato un posto libero di fianco a me.
Ashley lo occupò, continuando a sorridere.
«Avete visto che ci sono già i manifesti per il prom? Hannah mi ha detto che devo iscrivermi come Re. Io non ci penso nemmeno, nessuno voterà per me» bofonchiò John cominciando a masticare il suo pezzo di pizza.
«» mormorò Ashley, abbassando il viso.
«Che succede?» chiesi, avvicinandomi a lei.
«Il prom. Il nostro ultimo prom» specificò, alzando lo sguardo.
«Lo so» asserii, non riuscendo comunque a capire perché fosse così triste.
«Potresti farlo lo stesso Ashley. Avresti il mio voto» disse Mac.
Voto.
Prom.
Reginetta.
Ashley voleva diventare per l’ultima volta reginetta della scuola.
Lo era stata per tre anni di fila, tutti sapevano che il quarto anno era il più importante, l’anno dei Senior.
«Certo, il tuo voto. Uno. Contro tutti quelli di Kathrina? Vincerò a tavolino, insomma» disse, ironica.
«Non sarebbe solo il voto di Mac, ci sarebbe anche il mio» spiegai, sorridendo appena.
«E il mio» aggiunse Zac.
«Contane altri due. Io e Hannah voteremo per te». John si avvicinò a noi, per guardare meglio Ashley.
«Oh, grazie! Sarebbero cinque voti. Quelli che mi servono per vincere» scherzò Ash.
«Non sottovalutare il potere della pietà. In molte ti voterebbero per quello che ti è successo» sussurrò Mac, guadagnandosi un’occhiataccia da parte mia.
Perché aveva ricordato ad Ash quello che era successo la notte del ballo di Halloween?
Credevo fosse un argomento off-limits.
«La reginetta eletta per pietà? Preferisco non essere eletta. Non è di certo quella coroncina di cristallo che mi cambia la vita». Fece spallucce, mordicchiando la cannuccia del suo succo.
«Però, se fossi eletta, una volta uscita da qui, nessuno si ricorderebbe il motivo per cui sei riuscita a indossare quella corona. Rimarresti Ashley Foster, la capo cheerleader che ha vinto la fascia e la corona per quattro anni di fila». Mac sembrava avere un piano preciso.
Insisteva su qualcosa solo quando era fermamente convinta che potesse funzionare.
«Non succederà mai. La squadra di Football e tutte le cheerleader mi odiano. Voi non ci siete mentre proviamo. Più di una volta hanno cercato di farmi cadere da una piramide perché mi facessi male e potessi uscire dalla squadra. In più, di sicuro Alex si ricandiderà. Anche se non è più il quarterback di punta sono sicura che tre quarti della popolazione femminile di questo liceo voterà per lui. Non voglio che il mio primo ultimo ballo con la coroncina sia con lui». Ashley rabbrividì appena.
Istintivamente mi avvicinai a lei, prendendo la sua mano tra le mie.
Ero lì, di fianco a lei.
«Se non ti iscrivi tu lo faccio io al posto tuo» la minacciò Mac.
«Mi iscrivi tu?» chiese Ashley, allibita.
«Certo, chiunque può iscrivere chiunque». Mac non sembrava per niente sorpresa.
«Io iscriverò te». Alla risposta di Ashley cominciammo tutti a ridere.
«Certo, chi mi voterebbe? Nessuno» ghignò Mac, sistemandosi una ciocca di capelli.
«Io ti voterei, per chi mi hai preso?» sbuffò Zac, infastidito.
«Grazie». Mac gli sorrise, dandogli un pizzicotto su un braccio.
«Ritorniamo all’argomento principale. Iscriviamo Ashley» proposi, felice.
Mi sarebbe davvero piaciuto vederla con la coroncina in testa e un mazzo di fiori tra le braccia.
«Voi siete pazzi. Lo studio vi ha fuso il cervello, ragazzi. Nessuno voterà per me». Ashley non voleva demordere, ma ero sicuro che anche Mac avesse la stessa idea.
«Scommettiamo? Ti iscriviamo, se vinci, farai qualcosa per noi» ghignò Zac, soddisfatto di se stesso.
«E se perdo? Che cosa farete voi per me? Oltre a scusarvi per avermi iscritto?». Forse Ashley stava cedendo.
«Decideremo tutto al momento opportuno. Non ci saranno manifesti o vendite di cioccolatini per comprare voti. Semplicemente il tuo nome sulla lista» spiegò Mac.
Sentii un sospiro sollevato di Ashley, quasi si fosse immaginata il suo viso su tutti gli armadietti della scuola.
«Non vincerete voi, comunque». Ashley non sembrava più così convinta.
Forse una piccola parte di lei, quella che ancora amava essere la capo cheerleader del liceo, sperava con tutto il cuore di indossare la corona.
«Dovrai prenderti un vestito, trovarti un accompagnatore, una limousine, ci sono un sacco di cose che una reginetta deve fare». Zac voleva metterle ansia.
«Una di queste cose l’ho già trovata» rispose Ashley, mordicchiandosi il labbro mentre sorrideva.
«Hai già trovato la limousine?» chiese allibito John. «Credevo andassimo tutti assieme, per dividerci le spese».
«No, non è la macchina». Cercava di non ridere.
«Il vestito? Avevi detto che l’avremmo cercato assieme» si lamentò Mac.
«Non è nemmeno il vestito» ribatté Ashley.
Capii subito quello che aveva cercato di dire.
«Un accompagnatore? Qua-qualcuno ti ha già ch-ch-chiesto di accompagnarlo al ballo?». Ero arrabbiato.
Volevo andarci io con Ashley.
Ero convinto che ci saremmo andati assieme.
«No, nessuno mi ha chiesto di andare al ballo. Lo sto chiedendo io, adesso» mormorò, guardandomi timidamente.
«Oh, oddio» ridacchiò Mac.
«Che succede?» chiesi, guardandoli a uno a uno.
Mi stavano tutti osservando con un sorriso idiota sulla faccia.
«Allora?» chiese Zac, alternando gli sguardi tra me e Ash.
«Cosa?». Perché non riuscivo a capire di che cosa stavano parlando?
Probabilmente perché una parte di me continuava a pensare al fatto che Ashley avesse già invitato qualcuno per il prom.
«Accetti?» incalzò Mac. Aveva gli occhi lucidi per la felicità.
«Accetto cosa? Di che diamine state parlando tutti?» domandai, confuso.
«Verresti al prom con me?». Un sussurro, appena udibile.
Se non mi fosse stata di fianco probabilmente nemmeno sarei riuscito a sentirla.
«Io? Vuoi invitare me?» strillai, sorpreso.
«Lo sto facendo» ridacchiò, mordicchiandosi un labbro.
«Io… sì, certo che sì. Che domande sono?». Non doveva nemmeno chiederlo.
Io, Ashley, il prom.
Oddio.
Il Prom con Ashley.
Tutti sapevano quello che succedeva la sera del prom. E io sarei andato al ballo con Ashley.
«Sei proprio sicura?» aggiunsi, pensieroso.
Magari si era sbagliata e non voleva invitare me.
«Mhhh» mugugnò, prima di appoggiare le sue labbra sulle mie lì, davanti a tutti.
Risposi al bacio istintivamente, ma mi fermai subito quando sentii la voce di qualcuno dietro di noi.
«Lo sapevo».

 
 
 
 
 
 
 
 
Buongiorno ragazze!
mi scuso per il ritardo nel postare, ma vi avevo avvertito nel gruppo.
Comunque, alla fine eccoci qui, e spero che questo sia l’importante!
Piano piano ci avviciniamo alla fine della storia (dopo comunico quanti capitoli mancano… spero di non ricevere minacce di morte o pugnalate).
Nel gruppo di FB c’è una domanda per il mio regalo di natale per voi: è in palio una OS dal punto di vista di Ashley per un capitolo a scelta. Dovete solo votare lì.
Come al solito, QUI il mio profilo e QUI il gruppo.
Per il bellissimo trailer fatto da The Carnival, andate QUI.
Alla prossima settimana!

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Capitolo 20
*** She likes my voice...? ***


rotn








«Ti serve qualcosa?» chiese Ashley, voltandosi appena per guardare Alex, dietro di noi.
«Come volevasi dimostrare, ho sempre ragione. Tu e lo sfigato ve la fate da… inizio anno? E uscite allo scoperto solo ora?» ghignò, incrociando le braccia al petto.
«C’è qualche problema?» tornò a domandare Ash, spostandosi sulla sedia per guardare Alex.
«Sì. Tu. Sei una bugiarda che mi ha tradito». La squadra di football alle spalle di Alex sghignazzò, aspettando la risposta di Ashley.
«Fatti gli affari tuoi» sbottò lei, prima di guardarmi cercando di sorridere.
«Gli affari miei? Tutto qui è affare mio, nel caso non l’avessi notato» disse, con arroganza.
«Togliti quell’aria da dio. Non sei nessuno. Né qui, né fuori da questo liceo. Impara a conviverci, Alex, o sarà troppo tardi, dopo il diploma». La voce di Ashley era calma, sembrava non essere nemmeno arrabbiata.
«Non puoi rispondermi così» sibilò, avvicinandosi di un passo e puntandole il dito contro.
«Certo che posso. Non sei più il mio ragazzo. Da sei mesi. Quindi, vedi di mettertelo bene in testa: hai preferito Kathrina a me? D’accordo, l’ho accettato. Ti sei rifatto una vita? Ottimo, non ti ho ostacolato. Smettila di intralciare la mia vita, però. Sto con Francis, ci sono problemi?» chiese, a voce forse un po’ troppo alta, visto che quasi tutti i tavoli vicini si zittirono, per guardare la scena.
«Stai con… stai con Frank Fagotto?» sogghignò, tenendosi una mano sulla pancia, come se fosse stata una battuta divertente.
«Francis, si chiama Francis» precisò Ashley.
Non riuscivo a capire che cosa stesse succedendo, più che altro non riuscivo a crederci.
Ashley mi stava difendendo.
«Fa lo stesso. Sempre lo sfigato del gruppo di fisica rimane» liquidò la faccenda con un gesto della mano.
«A-a-almeno io so-so-sono rimasto ca-capitano» mormorai, prima di accorgermene.
Sentii quattro paia di occhi fissarmi stupiti. Mac, Zac, John e Ashley continuavano a sorridere guardandomi.
«Ba-ba-ba-ba-ba-ba-ba-ba-ba-balbetti sempre?» ribatté lui, causando una risata generale dalla squadra dietro di lui.
«No. So-so-so-solo quando pa-pa-parlo con gli st-st-stupidi». Di nuovo, mi ritrovai a rispondere prima di pensare.
«Vuoi che ti picchi?» sibilò Alex, avvicinandosi pericolosamente a me con il pugno alto.
«Vattene, dico sul serio. Lasciami in pace e smetti di prendertela con loro». Ashley si alzò, fronteggiando Alex.
«Hai visto i cartelloni? Non ti interessa più diventare reginetta? Lo ripetevi sempre, ricordi? ‘Oh, amore, voglio diventare reginetta, balleremo io e te’. Non ti ricordi?» la schernì.
«Le persone cambiano» ribatté, stringendo i pugni.
«Allora ti saluterò da sopra il palco. Ti dedicherò la mia corona di re. Se vuoi ti concederò un ballo» scherzò, sollevando l’ilarità della squadra ancora una volta.
«Potresti offrirle un lento» azzardò Luke, dandogli una pacca cameratesca sulla spalla.
«Accetterò volentieri, dopo averti dato un calcio così forte che dovrai cambiare il tuo nome. E ora, scusatemi». Spintonò Alex, prima di prendermi per mano.
Uscimmo dalla mensa sotto gli occhi stupiti di tutti.
La stretta della mano di Ash diventava più forte a ogni passo; non riuscivo a smettere di ricambiare, stringendole sempre più forte la sua.
Quando chiudemmo la porta dietro di noi, Ashley si appoggiò al muro, socchiudendo gli occhi e respirando pesantemente.
«Va tutto bene?» chiesi, avvicinandomi a lei.
Annuì, non smettendo di stringere la mia mano.
La porta della mensa si aprì; sentii distintamente il respiro di Ashley fermarsi.
«Ragazzi, tutto bene?» mormorò Mac, non appena Zac richiuse la porta alle loro spalle.
«Che spavento» ansimò Ashley, portandosi una mano al cuore.
«Scusate. Abbiamo aspettato un attimo e poi siamo usciti. John è rimasto dentro per vedere che cosa succede. Come stai?» tornò a chiedere Mac, accostandosi ad Ashley.
«Bene. Adesso tutti lo sanno. Non era questo quello che avevo in mente, mi dispiace Francis» sussurrò, cercando di scusarsi anche con lo sguardo.
«Non fa niente» risposi, lasciando appena la presa sulla sua mano.
«Oh, scusa» bofonchiò imbarazzata, ritirando il braccio.
«Ragazzi, sta per finire l’ora. Vi consiglio di spostarvi da qui. Se usciranno e vi vedranno… non è una buona idea» suggerì Zac, sbirciando attraverso la porta.
«Andiamo». Presi la mano di Ashley di nuovo, per portarla via da lì.
Non volevo che si sentisse obbligata a parlare di nuovo con Alex o Luke, l’avevo già messa anche troppo nei guai.
«Dove?» mormorò, non riuscendo a trattenere un sorriso.
Non risposi, continuai a camminare verso l’uscita della scuola.
Sentii il suono della risata di Ash quando mi fermai davanti alla panchina sotto la grande quercia.
«Qui non ci troverà nessuno» scherzò, sedendosi.
La imitai, rimanendo però in silenzio.
Non sapevo che cosa dire, non dopo quello che avevo detto in mensa.
Come mi era venuto in mente di offendere Alex in quel modo?
«Grazie» bofonchiò, alzando appena il volto per guardarmi.
«Per cosa?» chiesi, confuso.
«Per quello che hai fatto in mensa, per quello che hai detto. Hai avuto coraggio. Non dovevi farlo, non volevo obbligarti». Sembrava stupita, ma c’era anche qualche altro sentimento dentro ai suoi occhi. Qualcosa che non riuscivo a classificare.
«Deve sm-smetterla» dissi, stringendo i pugni.
«C’è solo una cosa che non mi è piaciuta» mi confidò, abbassando lo sguardo, triste.
«Cosa?». Qualcosa che avevo detto, di sicuro.
«Hai detto ad Alex che balbetti solo con gli stupidi. Vuoi dirmi che sono una stupida? Per questo balbetti con me?». Si morse un labbro, fissandosi le mani.
«I-i-i-io… no» cercai di spiegare. Come potevo dirle che balbettavo con lei perché mi piaceva e non perché ero spaventato da lei. «I-i-i-in verità i-i-io…». Mi sistemai gli occhiali che erano scesi sul naso.
Mi stavano tremando le mani.
«Francis» ridacchiò appoggiando la schiena alla panchina. «Ti stavo prendendo in giro». Si spostò un ciuffo di capelli dietro la schiena, mentre la guardavo confuso.
«Come?» chiesi, guardandola mentre si avvicinava a me.
«So che non balbetti con me per lo stesso motivo» disse, spostandomi un ciuffo di capelli dalla fronte.
«Ho capito che balbetti con Alex perché hai paura. Ma sono sicura che non balbetti con me per lo stesso motivo». Il suo viso si avvicinò ancora di più al mio, costringendomi a spostarmi un po’ più indietro.
«S-s-s-s-sì» balbettai, cercando di deglutire a vuoto.
«Tu non ti rendi conto di come diventi quando sei spaventato» mormorò, inclinando il viso di lato.
«Come di-divento?» chiesi, curioso.
Dopo aver sorriso, appoggiò le sue labbra sulle mie.
Spalancai gli occhi sorpreso, quando mi resi conto che Ashley mi stava baciando, di nuovo.
Stava diventando un’abitudine.
Una bella abitudine.
Bellissima, a dire il vero.
Socchiusi gli occhi lentamente, lasciando che le nostre labbra giocassero.
«Francis» soffiò sulle mie labbra, fermandosi all’improvviso.
«Sì? C’è qu-qualcuno?» articolai a fatica, tenendo gli occhi chiusi per paura di aprirli.
Sentii una risatina da parte di Ash, prima che accarezzasse di nuovo le mie labbra con le sue.
«No, peggio. Devo dirti una cosa che non ti ho detto questa mattina». Sembrava preoccupata.
«Ok» bisbigliai, sedendomi meglio sulla panchina.
«Ecco… ieri sera, quando io e Eric siamo rientrati, mi ha chiesto chi eri. Ho cercato di non dirglielo, ma alla fine ho dovuto. Ha chiamato subito Chris, e credo che te l’abbia detto. Il problema è che dopo ha avvertito papà». Alzò lo sguardo, puntandolo nel mio.
«Tu-tu-tuo padre sa di… me?» sbottai, sgranando gli occhi per la sorpresa e la paura.
«Sì. E non è finita. Ha detto che vuole conoscerti» farfugliò talmente piano che faticai a sentirla.
«Vu-vu-vuole conoscermi?». Mi portai le mani tra i capelli, impaurito.
Voleva uccidermi, poco ma sicuro.
Russell Foster non avrebbe mai accettato uno come me, per sua figlia.
A Russell Foster piacevano i tipi atletici, quelli come Alex.
Che cosa poteva avere in comune con il capitano degli Elettroni Spaiati?
«Sì, ma stai tranquillo. Gli ho detto che per il momento non sono sicura, così sono riuscita a guadagnare un po’ di tempo. Il problema però è se andremo al prom assieme…».
Il prom.
Sarei dovuto passare a casa sua per accompagnarla al ballo.
Di solito erano i genitori ad aprire la porta.
Il signor Foster mi avrebbe aperto la porta?
Sì, quella per il paradiso, però.
«Francis, tranquillo, c’è tempo…» mormorò Ashley, sorridendomi per rassicurarmi.
«Sia-sia-siamo ad aprile. Il prom è tra due mesi» le ricordai, cercando di calmare il mio respiro.
«Francis, non ha mai ucciso nessuno» ridacchiò, stringendo la mia mano con la sua.
«Sì, ma…» cercai di spiegarle.
Come avremmo fatto a vederci?
Non potevo andare a casa sua: mi avrebbe ucciso.
E se fosse venuta lei da me e ci fosse stato Chris? Avrebbe chiamato Eric, e l’avrebbe saputo anche suo padre.
«Non ci sono problemi. Faremo le Star Wars Night da Mac, oppure da te, quando saremo sicuri che Chris è al College. Ci ho pensato questa notte». Sorrise, rilassata.
Lei era rilassata, io invece… preoccupato.
Sì, mi sentivo egoista, per la prima volta.
«Sicura?» chiesi, sistemandomi di nuovo gli occhiali.
«Certo. E sai che cosa ti dico? Che questa sera ci troviamo per guardare un bel film. A casa di Mac, visto che Chris non è ritornato al College» propose, alzandosi dalla panchina senza lasciare la mia mano.
«Devo passare a prenderti?» domandai, alzandomi a mia volta.
«Sì. E non morirai, se è quello che stai pensando» ghignò, fermandosi davanti al portone d’entrata della scuola. «Andiamo?» mi incitò, guardando il corridoio diffidente.
«Sì. Ci vediamo alla fine delle lezioni?» proposi, appoggiandomi al vetro d’entrata.
«Ti aspetto» mormorò, sfiorando le mie labbra con le sue.
Senza aggiungere altro, aprì il portone per entrare.
Possibile che per lei fossero normali tutti quei baci?
Cercai di levarmi quel pensiero dalla mente con una scrollata di spalle, poi, dopo un respiro profondo, aprii la porta per entrare.
Mac mi stava aspettando; aveva uno strano sorriso.
«Che c’è?» sbottai, aprendo il mio armadietto per prendere i libri.
«Stai scherzando? Non hai capito?» chiese, stupita.
«Mac, cosa dovrei aver capito?». Non avevo voglia di risolvere indovinelli in quel momento.
«Tutta la scuola sa che tu e Ashley siete assieme. E tu l’hai difesa fronteggiando Alex davanti a tutti. Francis, riesci a capire quello che hai fatto?». Era elettrizzata.
«Sì, una cosa stupida. Poteva tirarmi un pugno, o peggio. Se avesse preso un bicchiere di succo ai mirtilli e me l’avesse tirato addosso? Non riesco a capire cosa mi sia successo. Non ho più ragionato» spiegai, richiudendo l’armadietto.
«Sei geloso e protettivo con Ash, non vuoi che la gente la ferisca. È normale». Sorrise appena, camminando al mio fianco.
«Perché? Con te non è così». Non riuscivo a capire.
«Perché io sono tua amica, lei è la tua ragazza. Ma c’è una cosa che mi ha stupito più di questo» sussurrò, quando ci sedemmo sui nostri banchi, di fianco a John e Zac.
«Cosa?» le domandai, sorpreso.
Cosa l’aveva stupita più del mio comportamento strano?
«Se ne sono accorti tutti. Tu no?» ghignò Zac, punzecchiando il fianco di Mac con una matita.
«Cosa?» tornai a chiedere, guardando i loro volti uno alla volta.
Sorridevano tutti, felici.
«Forse lo capirai questa sera. Ash mi ha detto che guardiamo un film da me» bisbigliò Mac, mentre il professore cominciava la lezione.
 
«Mamma, esco» strillai prendendo le chiavi della macchina.
«Dove vai, moccioso?» chiese Chris, continuando a mangiare un pacchetto di patatine sopra al divano.
«Da Mac. Guardiamo un film» risposi, sistemandomi gli occhiali.
«Vai al cinema con Ashley? Userai la vecchia tecnica dello sbadiglio o è sorpassata per te?» ghignò, alzandosi per avvicinarsi a me.
«Vado da Mac a vedere un film, non vado al cinema con Ashley». Non era nemmeno una bugia, quindi non c’era pericolo che capisse che stavo mentendo.
«Sicuro?» continuò, avvicinandosi a me, per guardarmi bene.
«Vado da Mac a vedere un film, vuoi venire a vedere Star Wars e la vendetta dei Sith?» domandai, sicuro che avrebbe rifiutato.
«No, per carità. Questa sera rimango a casa, tanto devo partire domani mattina presto» mormorò, ritornando a distendersi sul divano, con uno sbuffo.
«Bene, io vado. Ci vediamo dopo». Mi chiusi la porta alle spalle, mentre, con una quantità indefinita di patatine in bocca, grugniva il suo saluto.
Salii in macchina con un sospiro, felice che non dovesse uscire con Eric.
Quando arrivai davanti a casa di Ashley, mi accorsi che mi stava aspettando sotto il portico.
Vide la mia macchina fermarsi e cominciò a camminare velocemente per raggiungermi.
«Ciao Francis» mi salutò, salendo in auto con un sorriso.
«Ciao» risposi, prima di partire.
Continuava a guardarmi, come se volesse dire qualcosa. Qualche istante dopo parlò. «Sei arrabbiato?».
«No, perché?». Rallentai, aggrottando leggermente le sopracciglia, confuso.
«Ho fatto qualcosa di male?» ritentò, tenendo la cintura di sicurezza tra le mani, senza però agganciarla.
«No. Perché me lo chiedi?». Non riuscivo a capire il perché di tutte quelle domande.
Cominciò a ridere, appoggiando il capo sul sedile.
«Che c’è?» domandai, frustrato.
Prima faceva domande a caso, poi cominciava a ridere da sola…
«Puoi accostare un attimo?». Lasciò la cintura di sicurezza, avvicinandosi a me.
«Stai male?» ansimai, frenando bruscamente.
«No. Ti spiego una cosa, quando devi salutarmi, non si dice solo ‘Ciao’. Dopo devi aggiungerci questo». Avvicinò il suo viso al mio, cominciando a baciarmi.
Lasciai il volante, rispondendo al bacio.
Speravo solo di aver azionato il freno a mano.
Portai la mia mano dietro la nuca di Ashley, avvicinandola a me.
«Ok, fermo» soffiò sulle mie labbra, prima di accarezzarle di nuovo con le sue. «Dobbiamo andare da Mac». Stava sorridendo.
«Non capisco, prima mi dici che devo salutarti, quando lo faccio mi fermi» borbottai, ricominciando a guidare.
«Ti spiegherò…» mormorò criptica, prima di agganciarsi la cintura di sicurezza.
Quando arrivammo a casa di Mac, mi accorsi che c’era la macchina di Zac, ma non quella di John.
Zac venne ad aprire, prima ancora che avessimo il tempo di bussare.
«John e Hannah non vengono. Mi sembra di aver capito che c’era il compleanno del papà di Han e John è dovuto andare» spiegò il mio amico, mentre lo seguivamo per andare a sederci sul divano.
«Ciao ragazzi» salutò Mac, appoggiando una pila di DVD sul tavolino. «Non so quale scegliere, pensavo a questo» propose, sventolando il DVD di una commedia romantica di qualche anno prima.
«Mi piace quel film» disse Ash entusiasta, sorridendo felice.
«Allora guardiamo quello, non l’ho mai visto» accettai, divertito dalla sua felicità.
Ashley si avvicinò a me, sorridendo.
«Vada per quel film» borbottò Zac, distendendosi sul divano.
Mentre Mac inseriva il disco nel lettore DVD, mi avvicinai al divano per sedermi.
Ashley si mise di fianco a me, decisamente molto più vicina della sera prima.
«Spegni la luce Mac» borbottò Zac, portandole un braccio attorno alle spalle.
«Ragazzi, posso?» chiese Mac, guardandoci.
«Certo» rispondemmo assieme io e Ashley, prima di cominciare a ridere.
Dopo aver spento la luce, Mac tornò a distendersi sul divano, appoggiando la schiena al petto di Zac.
Ashley, al mio fianco, si avvicinò un po’ di più, appoggiandosi a me.
Voltai leggermente il viso per sorriderle, impacciato.
Non sapevo che cosa fare.
Senza dire nulla, prese il mio braccio e se lo portò attorno alle spalle, appoggiando il capo sulla mia spalla.
Mi irrigidii involontariamente, guardando le immagini sullo schermo del televisore.
In quella stanza c’era tutto quello di cui avevo bisogno: i miei due migliori amici e la mia… Ashley.
«Sta fermo» ridacchiò Mac, tirando una gomitata sullo stomaco a Zac.
«Auch! Ti stavo solo facendo il solletico» si lamentò, massaggiandosi.
«Sai che soffro il solletico» ribatté, portando il braccio lungo il fianco per ripararsi.
Zac le morse un braccio, facendo ridere sia me che Ashley: la scenetta era davvero divertente.
«Zac» strillò Mac, cercando di colpirlo, invano, con una nuova gomitata: Zac le aveva bloccato le braccia.
«Gne gne gne. Non puoi più farmi male» scherzò, facendo innervosire Mac.
«Scommettiamo?» propose, un ghigno sadico sul viso.
«Quello che vuoi» rispose Zac, felice di avere la vittoria in pugno.
Mac allungò la gamba per poi ritirarla, colpendo lo stinco di Zac con un calcio.
«Mac» urlò, spingendola giù dal divano per massaggiarsi la gamba.
«Sei uno stupido» strillò, non riuscendo a trattenere una risata.
«Mi hai fatto male, io non ti ho morso così forte» piagnucolò lui, massaggiandosi la gamba.
«Shh! È la fine del film, voglio vedere se i due protagonisti si mettono assieme» cercai di zittirli, mentre Ashley appoggiava le labbra contro la mia spalla per soffocare una risata.
«Francis! Non hai visto che mi ha spinto giù dal divano?» chiese Mac, puntando il dito contro Zac, che continuava a massaggiarsi la gamba.
«Perché lei mi ha tirato un calcio! È stata legittima difesa» borbottò Zac, mettendosi a sedere.
«Tu mi hai morso, per questo ti ho tirato il calcio» si difese Mac.
«E la tua gomitata? È iniziato tutto da te. Diglielo Francis! Ditele che è colpa sua se ho dovuto spingerla giù dal divano! Diteglielo!». Si alzò in piedi, avvicinandosi a noi.
«Ragazzi, dai…» mormorai, divertito dalla scena. Sembravano due bambini.
Ashley non riuscì a nascondere una risata, probabilmente irritando Zac.
«Non c’è niente da ridere! Dille che è colpa sua, Ashley! Ha iniziato lei, sì o no?». L’aveva presa sul personale, questo era chiaro.
«Svizzera. Non mi metto in mezzo» sentenziò Ashley.
«Peggio dei bambini» sussurrai, portandomi una mano davanti agli occhi.
«Sei tu che mi hai fatto il solletico. Logico che se mi istighi io rispondo» brontolò Mac, puntandogli un dito contro il petto.
«Mi stai provocando? Perché tanto perdi. Sei una nanetta, e io sono un uomo» replicò, avvicinandosi di un passo a Mac per farle notare la differenza di altezza.
«Che ne dici se andiamo? Tra un po’ cominciano a baciarsi» ghignò Ashley, sfiorandomi involontariamente il collo con la punta del naso.
«Sì, credo sia meglio». Ci alzammo dal divano, mentre Zac e Mac continuavano a sfidarsi con gli sguardi.
«Ci vediamo domani a scuola, buona serata» salutai, avvicinandomi, con Ashley, alla porta d’entrata.
«A domani» sibilò Mac, senza smettere di guardare Zac.
«Notte» borbottò Zac, imitando Mac.
«Mac, ricordati che tua mamma ritorna questa sera» ridacchiò Ashley prima di chiudere la porta alle nostre spalle.
«Sono come due bambini» sospirai, mentre ci avvicinavamo alla mia macchina.
«Io trovo che siano carini assieme» sorrise Ashley, entrando in auto.
«Quando fanno così sembra che abbiano cinque anni, non quasi diciotto» constatai, avviando il motore.
«Forse è vero, ma sono spontanei, e non sono cambiati, nonostante adesso siano assieme» mi spiegò, mentre svoltavo a una curva.
«Sono quasi convinto che non cambieranno mai, nemmeno al College» ammisi, scuotendo la testa preoccupato.
«Magari è una cosa bella. Alcune persone, quando cambiano si migliorano, altre invece sono perfette così come sono, e non hanno l’esigenza di cambiare». Fece spallucce, quando accostai la macchina davanti a casa sua. «Meglio che entri subito, non so se mio papà è ancora sveglio» disse, slacciandosi la cintura di sicurezza e avvicinando il suo viso al mio.
«Entra subito» borbottai, impaurito. Ashley cominciò a ridere, prima di prendere il mio viso tra le mani.
«Grazie, per tutto. E, il tuo cambiamento, quello che hai fatto oggi, sappi che è bellissimo» mormorò, confondendomi.
«Che cambiamento?». Non mi sembrava di essere cambiato.
Ero sempre lo stesso.
Sempre io, Francis.
«Dici sul serio?» chiese, stupita e divertita.
«Sì, che cambiamento?» tornai a chiedere.
Sorrise, prima di darmi un veloce bacio.
«Perfetto» sussurrò, prima di sfiorare di nuovo le sue labbra con le mie.
Prese la sua borsa dal cruscotto e aprì lo sportello per scendere.
«Ashley, aspetta. Non hai risposto alla mia domanda» insistei, curioso.
Volevo sapere davvero che cosa vedeva di diverso in me.
«Mi piace la tua voce» disse alla fine, sorridendo.
Chiuse la portiera e, senza voltarsi cominciò a correre verso la porta di casa.
«La mia voce?» borbottai, tra me e me.
Le piaceva la mia voce?

 
 
 
 
 
Salve ragazze!
Eccoci con un nuovo capitolo dei nerd!
Allora, non ho praticamente nulla da dire, se non ringraziare ancora una volta The Carnival che mi ha fatto un altro video sui nerd che è a dir poco Figherrimo!
il primo era sulla storia completa, questo invece riguarda solo Ash e Francis…
Lo trovate QUI (guardatelo, davvero!) e QUI c’è il trailer della storia.
 
Nel gruppo è stato deciso che la OS di natale sarà un Ash pov, ora c’è da decidere quale scena (se la stanno giocando Stanford e il primo bacio). Avete tempo per votare fino a martedì sera.
QUESTO è il link del gruppo spoiler e QUI c’è il mio profilo.
Grazie infinitamente a chi continua ad aggiungere la storia ai preferiti/seguiti/da ricordare. Siete tante tante tante. E grazie davvero anche a chi lascia un commentino per farmi sapere che ne pensa!

Ci vediamo la prossima settimana per il prossimo capitolo!



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Capitolo 21
*** You need some changes ***


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«Posso passare da te oggi pomeriggio?» chiese Mac, con uno strano sorriso.
«Perché?». Quando si avvicinava a me, guardandomi in quel modo, mi spaventava.
«Così, volevo parlarti del prom» mormorò, abbassando il tono della voce perché Ashley non la sentisse.
«Veramente oggi pomeriggio Ash doveva venire da me per studiare». Guardai  Ashley, che stava chiacchierando con John e Zac, qualche passo più indietro.
«Ash non lo deve sapere. Sarà una sorpresa per lei». Il sorriso di Mac si allargò, terrorizzandomi ancora di più.
«Il prom è tra tre giorni, credo di non avere tempo per sorprese» spiegai, sperando che potesse cambiare idea.
Le sorprese di Mac non mi piacevano.
Certo, di solito portavano sempre a soluzioni positive, come il primo bacio che ci eravamo scambiati io e Ash dopo aver visto It, ma mi spaventavano lo stesso.
Mac non organizzava semplici sorprese. I suoi erano piani malefici.
«Ho tutto sotto controllo, non ti fidi di me, Francis?». Di nuovo quel sorriso.
Mi stavo preoccupando e innervosendo.
«No».
Mac cominciò a ridere, scuotendo la testa. Si allontanò, raggiungendo Zac e superandolo senza nemmeno salutarlo.
«Che cosa voleva?» domandò Ashley, avvicinandosi a me.
«Non ne sono sicuro…» borbottai, sistemandomi gli occhiali.
«Ci vediamo oggi pomeriggio?». Le sue mani circondarono il mio viso, mentre si alzava in punta di piedi.
«Devi chiederlo a Mac» mugugnai, mentre le sue labbra si avvicinavano sempre di più alle mie.
Dopo un bacio veloce, sentii una risatina da parte di Ashley.
«Che c’è?» soffiai, a pochi centimetri da lei.
«Zac è dietro di te, impaziente di parlare con qualcuno» ridacchiò, abbracciandomi.
«Uff» sbuffai, mentre Ashley scioglieva l’abbraccio. «Dimmi» sibilai a denti stretti, avvicinandomi a Zac.
«Mac mi ha detto che devi accompagnare a casa Ashley, e poi andare a casa perché vuole parlarti. Non posso dire di più». Fece spallucce, calciando un sassolino.
«Dovresti dire a Mac che potrei essere gelosa» ghignò Ashley, circondando la mia vita con il braccio.
«Sono geloso anche io» sbottò Zac, incrociando le braccia al petto.
Non stava scherzando.
«Oh, andiamo» esclamai stupito.
Zac era geloso di… me?
«Non sto scherzando. Passi tanto tempo con Mac e io non so che cosa fate».
All’affermazione di Zac, spalancai gli occhi, stupito.
«Zac, non starai dicendo sul serio, vero? Io con Mac non faccio nulla. Non essere stupido, su» borbottai, avvicinandomi di un passo a lui.
«Come faccio a crederti? Non ho prove di quello che fate o non fate a casa di Mac, chiusi in camera sua» sbraitò, fronteggiandomi.
«Forse dovresti avere fiducia». Mi stavo arrabbiando.
Perché mai Zac insinuava che Mac lo tradisse con me?
«Ragazzi, calma» mormorò Ashley, intervenendo. Si posizionò tra me e Zac, costringendomi a indietreggiare di qualche passo.
«Si può sapere che diamine ti prende?» sbottai, frustrato da quello strano comportamento.
Per un secondo gli occhi di Zac mi osservarono, poi, imbarazzato, mi voltò le spalle, incamminandosi verso il parcheggio.
Ashley appoggiò la mano sul mio braccio per fermarmi, ma non appena incontrò il mio sguardo si fece da parte.
Dovevo chiarirmi con Zac perché stava impazzendo.
«Zac» chiamai, scendendo la gradinata di corsa.
«Che vuoi?» bisbigliò, guardandomi furioso.
«Si può sapere che ti prende? Da quando sei geloso di me?». Mi costrinsi ad abbassare il tono della voce per non attirare troppi sguardi su di noi.
«Io… non lo so. Mac ha un bel rapporto con te, ti racconta tutto. Mi sento escluso» ammise, abbassando lo sguardo.
«Avete litigato?» chiesi, indicandogli la panchina perché ci potessimo sedere per parlare tranquillamente.
«Da cosa l’hai capito?» sussurrò, appoggiando i gomiti sulle ginocchia.
«Dal suo non averti salutato prima e dal tuo tono decisamente arrabbiato. Che è successo?». Perché mai Zac e Mac avevano litigato?
«Se te lo dico mi prendi in giro» ammise, prendendosi il viso tra le mani, preoccupato.
«Oddio, è qualcosa di imbarazzante?». Mi irrigidii, preoccupato.
Sapevo che Zac e Mac si erano… spinti fino in fondo, ma non ne avevo parlato con Zac.
Mac e Ashley invece ne avevano discusso a lungo, lasciandomi, fortunatamente all’oscuro dei particolari.
«No, ma sono sicuro che tu darai ragione a Mac» sentenziò, togliendosi gli occhiali, con un gesto stanco.
«Io ti dirò chi ha ragione. Potresti anche essere tu». Qualcosa mi diceva però che era Zac quello dalla parte del torto.
«Stavamo… giocando in camera mia, e per scherzare Mac ha preso la mia maglia, quella di Superman che uso per dormire, quella che ho preso al Comic Con tre anni fa. E… si è strappata. Non tanto, qualche centimetro, ma era la mia maglia preferita. Mi sono arrabbiato con lei e le ho detto che non deve toccare le mie cose. Credo si sia arrabbiata perché non ha detto altro, ha raccolto la sua borsa e se ne è andata. E non mi risponde ai messaggi». Era davvero preoccupato.
Talmente preoccupato che non riuscii a trattenermi e cominciai a ridere.
«Certo che sei scemo, Zac» dissi, tra una risata e l’altra. «Vai a litigare con Mac perché ti ha rotto la maglia? Insomma, non l’ha fatto apposta, no?». Ero sicuro che Mac non avrebbe mai rotto volutamente quella maglia a Zac, sapevamo tutti quanto era importante per lui, visto che era stato il nostro primo Comic Con.
«No, stava scappando mentre le facevo il solletico. Però le ho urlato contro prima di rendermene conto. E oggi continuava a parlare con te, sorridendo. So quello che ha in mente, ma mi dà fastidio lo stesso vedere che sta con te e mi evita» mi confidò.
Qualcuno dietro di noi si schiarì la voce per attirare l’attenzione.
Quando io e Zac ci voltammo per vedere chi fosse, non riuscii a trattenere un sorriso, notando l’espressione stupita che si era dipinta sul viso di Zac.
«Posso parlarti un attimo?» chiese Mac, guardando Zac.
Teneva la mascella serrata; sembrava arrabbiata.
«Certo» mormorò lui, alzandosi lentamente.
Sembrava un uomo che camminava verso la forca.
«Quello che mi hai detto ieri non mi è piaciuto, proprio per niente» iniziò a dire Mac, prima che Zac le prendesse il viso tra le mani e la zittisse con un bacio.
«Mi dispiace, non succederà più» si scusò, qualche secondo dopo.
«Sarà meglio che tu non dica di nuovo una cosa del genere» sbottò lei, pizzicandogli un fianco, «altrimenti puoi andare a Los Angeles per cercare Natalie Portman» lo minacciò, puntandogli l’indice contro il petto.
«Certo, certo». Zac sembrava improvvisamente sollevato. Continuava ad abbracciarla, ridendo. «Oggi pomeriggio vieni da me?» chiese, con un tono di voce talmente alto che riuscii a sentirlo.
«Devo andare da Francis per quella cosa, ma posso passare da te, dopo». Lo strano sorriso che c’era nei loro volti non mi faceva presagire nulla di buono.
Non erano affari miei, però.
«Ragazzi, qualcuno può dirmi che cosa succede?» domandai, avvicinandomi a loro.
Sembrava non si ricordassero che c’ero anche io.
«Un esperimento. Abbiamo scommesso. Vogliamo vedere chi vince». Mac cercò di rassicurarmi con un sorriso, che però sortì l’effetto contrario.
«Facciamo così, io porto a casa Ash, tu passi da casa mia tra un’oretta per spiegarmi che cosa vuoi da me, e poi vai dove vuoi» spiegai, sperando di liquidare la faccenda in fretta.
«Farai presto, no?» chiese Zac, abbracciandola da dietro.
Doveva essere veramente felice per aver fatto pace con Mac, non riuscivo a spiegarmi in nessun altro modo il suo comportamento strano.
Mac cominciò a ridere, prima di abbracciare Zac mordendogli la mascella.
«Sei geloso?» chiese divertita.
«No che non sono geloso, voglio solo vederti» si difese, un po’ troppo punto sul vivo perché potesse sembrare che non lo era.
Mi incamminai verso Ashley che mi stava aspettando davanti alla mia macchina.
Sembrava divertita e sollevata.
«Hanno risolto?» chiese, mentre aprivo lo sportello per mettermi alla guida.
«Sembrerebbe di sì. Zac l’ha zittita con un bacio e Mac si è lasciata abbindolare» scherzai, uscendo dal parcheggio della scuola.
«Ieri pomeriggio è arrivata a casa mia arrabbiatissima, le ho dato due camomille prima che riuscisse a calmarsi. Continuava a urlare “Gliela rompo a metà, quella maglia” e non diceva altro. Ci ho messo un’ora e mezza per farla ragionare». Ash era di buonumore.
Riuscivo a vederlo dal sorriso che non se ne voleva andare dalle sue labbra.
Le stesse labbra che avevo baciato ogni giorno, dopo il primo bacio davanti a casa sua.
«Ci vediamo stasera?» mi domandò, mentre spegnevo il motore. Avevo parcheggiato nel solito posto, davanti al boschetto.
«Credo guarderemo un film da me, per te c’è qualche problema?». Mi avvicinai a lei, sorridendo.
«Nessuno». Annullò la distanza tra i nostri volti, baciandomi.
Chiusi gli occhi, portando la mia mano sulla sua nuca per avvicinarla a me.
«Ash» soffiai sulle sue labbra, qualche minuto dopo, «tuo… tuo padre potrebbe vederci». Suo padre mi spaventava, nonostante non l’avessi ancora ufficialmente conosciuto.
Mi spaventava il pensiero del suo viso che apriva la porta la sera del prom, e non era tranquillizzante nemmeno il terzo grado che probabilmente mi avrebbe fatto mentre Ashley finiva di prepararsi al piano di sopra.
Li avevo visti i padri delle cheerleader, in quelle commedie romantiche. Avevo visto la furia nei loro occhi, quando aprivano la porta al ragazzo che  avrebbe accompagnato la loro figlia al prom.
«Pochi giorni ancora» mormorò, mordendomi il labbro.
«Vai, su» dissi a occhi chiusi, concentrandomi.
Suo padre non era il solo motivo per cui Ash doveva rientrare.
Nonostante l’avessi studiato a Biologia II, stavo cominciando a provare sulla mia pelle la potenza del testosterone.
Sapevo che il picco era tra i venti e i ventidue anni, ma sembrava che i miei ormoni avessero deciso di svegliarsi un paio d’anni prima.
Ogni volta che Ash mi baciava… scatenava una reazione nel mio corpo che mi spingeva a volere di più.
«Ci vediamo stasera». Accarezzò le mie labbra con le sue prima di scendere dall’auto con una risatina.
Quando sentii il rumore dello sportello che si era chiuso, respirai a fondo, appoggiando la nuca sul sedile.
«Calma» mormorai a me stesso, prima di guardare Ash che mi salutava con la mano chiudendo la porta di casa alle sue spalle.
Tutti gli ormoni dovevano tornare nelle loro casette. Le cellule di Leydig erano pronte a riaccoglierli a braccia aperte.
Mi strofinai il viso per recuperare un po’ di lucidità e, dopo aver messo in moto, partii verso casa.
Quasi sicuramente Mac era già arrivata.
La mia ipotesi divenne certezza quando notai la macchina di Mac parcheggiata nel vialetto.
Scesi dall’auto e, quando entrai, sentii la voce di mamma.
«Sono tornato» avvisai, camminando verso la cucina.
Lasciai lo zaino di fianco alla porta d’ingresso.
«Ciao tesoro. Mac era passata per parlare con te». Mamma e Mac erano sedute sugli sgabelli della cucina.
Entrambe stavano bevendo un succo.
«Andiamo? Così mi dici quello che hai pensato». Avevo una certa fretta… più che altro era la paura di sentire che cosa Mac avesse da dire.
«Francis! Non essere scortese con Mac» mi rimproverò mamma, stupita dal mio comportamento.
Se solo avesse saputo che Mac era il diavolo, o almeno, lo erano le sue idee, non avrebbe reagito in quel modo.
«Scusa, vado…» ridacchiò Mac, prima di seguirmi mentre salivo la scala per andare al piano di sopra.
«Allora?» chiesi, dopo essermi chiuso la porta della camera alle spalle.
«Francis, calma. È solo un’idea, non c’è niente che non va». Si avvicinò a me, appoggiando la sua mano sul mio braccio.
«Mi fai paura quando hai delle idee, per questo sono così» spiegai, sedendomi sul letto.
«Non c’è niente di cui aver paura, volevo solo parlarti del prom, tutto qui. Ho avuto un’idea, ma prima… sai di che colore sarà il vestito di Ash? Per i fiori e il tuo vestito, dico». Cominciò a gesticolare, appoggiandosi con la schiena alla scrivania.
«Azzurro. Mi ha detto che è azzurro e lungo». Me la immaginavo Ashley, bellissima, con un vestito del colore dei suoi occhi.
«Già, sembra una principessa» sospirò Mac. Sembrava quasi invidiosa.
«Oh, andiamo. Il tuo vestito sarà bellissimo. Sarai incantevole anche tu» la incoraggiai, sorridendo.
«Io sembro un ammasso di foglie, tenuto assieme da un nastro nero. Ashley sembra una principessa la sera del ballo. Direi che non è la stessa cosa» mormorò, abbassando lo sguardo.
Quindi il suo vestito era verde.
Come i suoi occhi.
«Sono sicuro che Ash ha scelto un vestito bellissimo per te, come quello che hai indossato la sera dello Spring Ball». Quel vestito marrone le stava d’incanto.
«Quello non era un vestito. Era solo mezzo metro di stoffa con una cucitura. Non so nemmeno con che coraggio l’ho indossato». Scosse la testa, come per scacciare un pensiero.
«Ti stava bene, e lo sai. Non fare come le ragazze che vogliono sentirsi dire che eri bella. Se non lo fossi stata a quest’ora non ci sarebbe uno stupido che ti aspetta a casa sua, felice perché avete fatto pace» dissi, sorridendo al ricordo di Zac.
Mac prese tra le mani una vecchia matita, rigirandosela tra le dita.
«Lascia stare Zac e la sua maglia di Superman. Sono ancora arrabbiata con lui» borbottò, tenendo lo sguardo basso.
«Solo per quello?» domandai, preoccupato.
Mac sembrava pensierosa.
«Sì. No. Non lo so. È un bambino delle volte, e mi va bene. Ma ogni tanto mi piacerebbe vedere un uomo. È stupido, lo so, però mi illudo. Insomma, lo conosco da sempre, lo so che Zac è fatto così, ma mi piacerebbe vedere che qualche volta prende l’iniziativa». Spostò la sedia dalla scrivania, prima di sedersi con uno sbuffo.
«Dovresti parlargliene, Mac. Magari non lo fa volontariamente. Forse è solo il suo modo di fare. Zac, John, io… noi non sappiamo come comportarci, stiamo imparando» confessai, prendendole la mano tra le mie.
«Lo so. Lascia stare, ok? Non dire niente a Zac». Puntò lo sguardo nel mio; sembrava volesse fare una promessa.
«Dovresti dirglielo tu Mac, se non parlate non riuscirete mai a essere sinceri tra di voi e a lungo andare le cose potrebbero non funzionare». Era brutto da dire, ma era la verità.
«Gliene parlerò, un giorno. Ma adesso siamo qui per te. Dunque, il vestito sai che è blu. Il tuo come sarà?». Si era fatta improvvisamente curiosa.
«Grigio scuro, o marrone. La commessa ha detto color… ratto» ricordai improvvisamente.
«Color topo, forse». Mac non riuscì a reprimere una risata divertita.
«Fa lo stesso» liquidai il mio errore con una scrollata di spalle.
«Dovrebbe essere un bell’ accostamento, con l’azzurro» pensò, portandosi l’indice al mento.
«Mac, anche se non è il colore che più si intona all’azzurro io ho comprato quel vestito». Non avrei cambiato il mio vestito solo perché il grigio ratto non si intonava con il blu!
«Va bene, rimedieremo sui fiori. Naturalmente da polso, con un nastrino azzurro. Potresti prenderle una rosa bianca, mi sembra ottimo». Sembrava soddisfatta.
«Rosa bianca?». Credevo di dover comprare strani fiori colorati e pieni di polline che avrebbero sporcato tutti i vestiti, e Mac mi parlava di una rosa bianca?
«Sì, è semplice e perfetto. Ash lo adorerà. Ora passiamo alla parte più importante. Il look». Smise di parlare, guardandomi in uno strano modo.
«Il look?» chiesi, confuso.
In che senso il look?
«Andiamo, Francis! Non vorrai mica andare al prom così!». Mi indicò, sorpresa.
«Devo truccarmi?» scherzai, non capendo che cosa volesse dire.
«No. Ma non puoi nemmeno presentarti in questo stato. Non ti eleggeranno mai re» bofonchiò, irrigidendosi all’improvviso.
«Perché mai dovrebbero eleggermi re? Non mi sono mica iscritto». Nonostante Mac avesse fatto pressione per una mia candidatura, mi ero rifiutato di scrivere il mio nome.
Io non ero il tipico re del liceo; e, anche se mi dava fastidio l’idea di un possibile ballo di Ashley con il re, sapevo che sarebbe stato solo per un lento.
«No, infatti. Era così per dire» borbottò, gesticolando. «In ogni caso… io vedo del potenziale in te. Potresti essere davvero bello, Francis. Devi solo curarti un po’. Accetti i miei consigli?». Con la sedia si avvicinò a me, regalandomi un sorriso radioso.
«Da quando ti sei trasformata in un’esperta di bellezza?». Ero scettico. Mac era la prima che non curava l’aspetto fisico, e stava dicendo a me che dovevo sembrare più… bello?
«Ho le mie fonti. Prima di tutto… queste». Dalla sua borsa tirò fuori una scatolina bianca.
«Cos’è?» domandai, prendendo la piccola confezione tra le mani.
«Un’invenzione di Leonardo da Vinci, ottimizzata da Lim e Wichterle» scherzò, mentre estraevo le lenti a contatto.
«Mi danno fastidio» brontolai, sistemandomi di riflesso gli occhiali.
«Non fare il bambino, Francis! Per una sera puoi indossare le lenti» sbottò, alterata.
«Tutto qui? Il tuo grande piano è farmi indossare queste?» sventolai la confezione, ridendo.
«No. Questo era il primo passo. Il secondo sarà: non raderti la barba fino al prom». Non stava scherzando.
«Scusa?» ridacchiai, non riuscendo a trattenermi.
«Andiamo Francis. Per tre mattine non ti fai la barba, così sarai più bello. Devi fidarti di me». Fece un sorriso per sembrare più convincente.
«Alle donne non piace l’uomo con la barba» mi lamentai, strofinandomi il mento con una mano al pensiero di non radermi.
«Ad alcune donne piace l’uomo con la barba. Fai quello che ti ho detto per favore». Ad Ash piacevano gli uomini con la barba?
Era questo che stava cercando di dirmi?
«D’accordo, mi metterò questi strumenti demoniaci dentro agli occhi e mi farò crescere la barba come se fossi un senzatetto» acconsentii, capendo però che l’idea non mi attirava.
«Non essere schizzinoso, Francis! Sarai bellissimo. C’è un’ultima cosa…» sussurrò, torturandosi le mani.
«Cosa devo fare, un intervento per cambiarmi i connotati?» ghignai, mentre Mac scuoteva la testa in un gesto di diniego.
«Dovresti tagliarti i capelli. Corti». Alzò lo sguardo, puntando i suoi occhi nei miei.
«No. Non se ne parla» sbottai, alzandomi dal letto.
«Perché? Francis, sembra che tu abbia una pecora in testa, tagliali un po’. Dai lati li fai un po’ più corti, ho già in mente il taglio, sarai bello» mi incitò, sorridendo di nuovo.
«Più corti dai lati? Ma stai scherzando? No. I miei capelli rimangono così». Istintivamente mi passai una mano tra i capelli.
«Ti stai comportando come una donna. Perché non dovresti tagliarli?» ribatté, mentre mi sedevo sul letto.
«Perché ho le orecchie grandi. Non mi piacciono le mie orecchie e di certo non mi taglierò i capelli solo perché l’hai detto tu. Io non devo piacere a nessuno» borbottai, guardando i miei piedi.
«Francis! Sei testardo come un mulo! Non interessa niente a me, se devo essere sincera. Ma fallo per Ash. Per una sera prova a essere un po’ più… normale. Lo so che è strano, ma poi ti senti bene. Al ballo di primavera non volevo uscire di casa truccata, ma Ash mi ha costretta. Poi non è andata così male, no?» mi ricordò, punzecchiandomi.
C’era però una differenza.
«Io non devo conquistare nessuno. Ashley è già la mia ragazza» sghignazzai, felice di avere la vittoria in pugno.
«Senti, sabato pomeriggio passo a prenderti per andare dal barbiere. Ti toglierai quella pecora che hai in testa, assumendo una forma più umana. Non voglio sentire scuse. Al prom, per la prima volta in diciotto anni di vita, tu mostrerai le tue orecchie al pubblico». Raccattò le sue cose e uscì prima che riuscissi a parlare per risponderle.
Mac voleva che togliessi gli occhiali, indossassi un paio di lenti a contatto, mi facessi crescere la barba e tagliassi i capelli.
Voleva per caso anche una cravatta? 
 
 
 
Salve ragazze! :)
Scusate il ritardo, ma tra una cosa e l’altra il capitolo mi è arrivato oggi.
Comuuuunque, per chi non l’avesse letto, c’è l’Ash pov. È la sera del primo bacio con Francis, lo trovate qui: Have a good night.
Poi poi poi… come sempre la gentilissima The carnival mi ha fatto il trailer dell’originale nuova che comincerò tra un mesetto, lo trovate qui: You saved me.
Mi potete trovare su FB con il mio profilo Roberta RobTwili oppure sul gruppo spoiler: Nerds’ corner.
A presto, con il prom! :P
Un bacione.

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Capitolo 22
*** Prom- Francis' first time ***


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«Mac» strillai, uscendo dalla biblioteca.
«Ti prego Zac, salvami». Si nascose dietro al mio amico, appoggiando le spalle contro l’armadietto.
«Come ti è venuto in mente?» tornai a urlare. Non riuscivo a calmarmi, non dopo quella scoperta.
«Dai Francis» cercò di rassicurarmi Ash, appoggiando una sua mano sul mio braccio.
«Lo sapevi?» sibilai, lanciandole un’occhiata stupita.
«Io… io l’avevo intuito» bofonchiò abbassando lo sguardo.
«Lo sapevate tutti? Ero io l’unico idiota?». Strinsi con più forza il libro che tenevo tra le mani, cercando di calmare i miei nervi.
Non ricevetti risposta da nessuno di loro.
«Oh, ottimo allora! I miei amici si coalizzano contro di me, iscrivendomi a una stupida lista. Grazie, voglio dire, tanto la faccia ce la metto io» borbottai, soffermandomi a guardare la fila di armadietti gialli dietro di Ash.
«Ehi, Francis! Che coraggio, amico». Josh, un ragazzo della banda, mi diede una pacca sulla spalla, sorridendomi.
«Vedete?». La mia voce diventò stridula a causa del nervosismo.
«Francis su, che sarà mai...». Non aspettai nemmeno la fine della frase.
«Che sarà mai, Zac? C’è il tuo nome in quella maledetta lista? No, c’è il mio! Francis Hudson. Mi chiedo ancora come tu, Mac, abbia potuto fare una cosa del genere». In pochi passi mi avvicinai a lei, puntandole l’indice contro.
«Dai, Francis. Non arrabbiarti, non è stata solo una sua idea» sussurrò Ash, di fianco a me.
«E-eravate tutti coalizzati contro di me?» domandai stupito.
Da quando erano passati al lato oscuro?
«Coalizzati… ora non essere cattivo» ribatté Mac, rimanendo sempre nascosta dietro al corpo di Zac.
«Io vorrei solo capire che cosa vi è saltato in mente quando avete scritto il mio nome sulla lista dei candidati a diventare Re». Digrignai i denti, sistemandomi gli occhiali.
Non era una bella cosa scoprire alle quattro del venerdì pomeriggio che si era candidati a essere Re del ballo del giorno dopo.
«Volevamo vedere una cosa» bofonchiò Zac, probabilmente in difesa di Mac, per non far ricadere su di lei tutte le colpe.
«Vo… volevate vedere una cosa? E precisamente? Se quando mi arrabbio divento verde? Se mi trasformo in roccia? No, perché non mi è chiaro». Mi strofinai il viso con le mani, cercando di calmarmi.
Quando sentii la barba strofinarsi sulle mani, si accese una lampadina.
Era tutto organizzato, per questo Mac mi aveva costretto a cambiare.
La barba, i capelli che mi sarei tagliato il giorno dopo…
«Avevi programmato tutto, per questo l’altro giorno sei venuta a casa mia per dirmi quelle cose?». Voleva che cambiassi look per essere più bello, per farmi votare.
«No» esclamò sorpresa. «No, Francis. Si vota oggi, non domani sera. Quello che ti ho detto era la verità» cercò di difendersi.
«Lo sapete che farò la figura dell’idiota, vero? Sopra a quel palco, mentre proclamano vincitore uno della squadra di football». Non avevo nemmeno più voglia di arrabbiarmi, tanto il danno era fatto.
«Allora su quel palco saremo due idioti» soffiò Ash sul mio orecchio, facendomi rabbrividire.
Non riuscii a trattenere una risata, sfiorando le sue labbra con le mie.
«Ma tu sarai eletta» piagnucolai, sospirando.
«Io non sarò eletta. Vedila così, avremo sempre un motivo per odiare Zac e Mac» ghignò, prima di fare una boccaccia verso di loro.
«Io credo che qualcuno qui dovrebbe stare zitto, ok? E dobbiamo anche sentire John per quanto riguarda la limousine» ribatté Mac.
«L’ho sentito io prima, ha detto che la limousine andrà prima da John e Zac poi verrà da te, Mac. Assieme mi darete un passaggio e alla fine, prima di andare a scuola, andremo da Ash». Le riservai un sorriso, stringendo leggermente il suo fianco.
«Per ultima?». Sembrava elettrizzata dall’idea di essere l’ultima a salire.
«Sì. Ci sarà il prom e poi andremo a mangiare da…». Zac si interruppe, guardandomi in attesa di una conferma.
«Dove? Ci dite dove?» chiese Ash, eccitata.
«Francis?». Annuii, dando il permesso a Zac.
«Andremo a La Bohème».
Ash e Mac cominciarono a strillare, saltellando.
«Andremo a La Bohème?» urlò Mac, abbracciando Zac.
«Grazie! Grazie» esultò Ash, abbracciandomi e baciandomi ripetutamente una guancia.
«Ok, ok. Calma» mormorai, appoggiando le mani sui suoi fianchi perché la smettesse di saltellare come una bambina. «È solo un ristorante».
Perché dovevano sempre strillare se erano felici per qualcosa?
«No Francis, non è solo un ristorante. È La Bohème» puntualizzò Ash, respirando profondamente per riprendere fiato.
«Ancora non ci credo. Grazie Zac, grazie». Mac continuava ad abbracciarlo, felice.
«Non c’è problema. Ma ti prego, basta adesso» bofonchiò imbarazzato, quando un ragazzo che stava per entrare in biblioteca –probabilmente per votare il re e la reginetta del ballo- li guardò con uno strano sguardo.
«No, andremo a La Bohème» strillò di nuovo Mac, incapace di trattenersi.
La Bohème era il ristorante più famoso e costoso di Los Angeles.
Io, Zac e John avevamo prenotato quasi tre mesi prima, proprio a causa dell’alto numero di clienti.
«Mac, contegno» sbottò Zac, prendendo il viso di Mac tra le sue mani perché la smettesse di saltellare.
«Hai ragione» mormorò, imbarazzata.
«Dovremmo assolutamente essere perfette domani. Io, te, Hannah e Cindy andremo dal parrucchiere domani mattina. Nel pomeriggio ho prenotato il salone di bellezza. Nessuno sarà più bello di noi» gioì Ash, soddisfatta della sua idea.
 «Mac, tu dovevi…». Doveva accompagnarmi dal barbiere.
«Ci andrai da solo, in qualsiasi posto tu debba andare». Ash mi sorrise, accarezzandomi una guancia.
Non riuscivo ancora ad abituarmi alla sensazione della barba sul mio viso; Ash però sembrava apprezzarla.
«No, devo andarci. Ash non puoi capire, se non vado con lui sarà un disastro. Francis, facciamo così: arriverò da te per le otto, ti accompagno, spiego quello che bisogna fare, poi corro da Ash per farmi torturare» terminò con uno sbuffo comico.
«Ci faremo coccolare, non torturare. Passeremo tutto il pomeriggio con i piedi e le mani sommersi in acqua profumata, ci faranno i massaggi e ci truccheranno» esordì Ash, prima di sospirare, «sarà un sogno».
«Massaggi?» esclamai assieme a Zac.
«Sì, non sarà bellissimo? Mani che ti accarezzano sciogliendo i muscoli» un nuovo sospiro estasiato da parte di Ash.
Non ero sicuro che fosse una buona idea.
Sapere che il corpo di Ash sarebbe stato sfiorato dalle mani di un’altra persona non mi rendeva per niente felice.
«Non ti farai toccare da un altro uomo che con la scusa di rilassarti i muscoli ci prova con te» sbottò Zac, facendo ridere Ash e Mac.
«Tranquillo Zac, e tranquillo anche tu» sussurrò, avvicinando il suo viso al mio per darmi un bacio.
Quando le nostre labbra si sfiorarono però, Ash si ritrasse, trattenendo un risolino divertito.
«Saranno delle donne. L’ho chiesto espressamente» puntualizzò Ash, facendomi sospirare sollevato.
Sapere che erano delle massaggiatrici rendeva tutto più… giusto.
«Non mi piace lo stesso questa idea» borbottò Zac, stringendo in modo quasi possessivo Mac.
Sembrava che lui e Mac si fossero chiariti: l’atteggiamento di Zac, rispetto a due giorni prima, era davvero cambiato.
Anche l’umore di Mac era migliorato; non riusciva a tenere a freno quel sorriso e si lasciava coccolare tra le braccia di Zac senza dire niente perché la smettesse.
«Se però sono donne…» ribattei, rispondendo al sorriso di Ash.
«Grazie» soffiò sulle mie labbra, prima di baciarmi.
La mia mano corse sulla sua nuca, avvicinandola a me.
«Ragazzi, siamo a scuola, calmate i bollenti spiriti» ghignò Mac, mentre Ash concludeva il bacio, facendo un passo indietro, imbarazzata.
Portai una mano tra i capelli, scompigliandoli.
«Su, adesso che abbiamo votato per il re e la reginetta del ballo torniamo a casa» propose Zac, prendendo la sua borsa con i libri che aveva appoggiato a terra.
 
Guardai di nuovo la mia immagine riflessa sullo specchio, stupito.
Non ero io, quello.
Niente occhiali, nessuna felpa. Capelli corti e orecchie troppo grandi.
Forse riuscivo a riconoscermi solo per la grandezza delle orecchie.
Guardai il vestito elegante che indossavo e mi sistemai la cravatta che Mac mi aveva costretto a mettere.
Sono semplicemente ridicolo’ digitai velocemente sul cellulare, inviando subito dopo il messaggio a Mac.
Pochi secondi dopo arrivò la risposta.
Sta zitto e preparati. Zac mi ha appena scritto che la limousine è partita, stanno venendo da me’.
Mi strofinai gli occhi con le mani: le lenti a contatto mi davano davvero fastidio.
Appoggiai la mano sulla maniglia della porta, abbassandola con un sospiro.
Quando cominciai a scendere le scale, vidi che mamma e papà mi stavano aspettando.
Erano abbracciati e lei continuava ad asciugarsi le lacrime con un fazzoletto.
«Oh, per favore» sbottai.
Sembrava fosse il giorno del mio matrimonio; mamma esagerava sempre.
«Oh, Francis» sussurrò, soffiandosi il naso.
«Francis, sei proprio mio figlio» esclamò fiero papà.
«La volete smettere?». Mi sentivo a disagio. Avere tutti gli occhi puntati su di me non mi piaceva.
«Fatti abbracciare». Mia madre fece un passo verso di me, sollevandosi sulle punte dei piedi. «Sei bellissimo Francis» ripeté, stampandomi un bacio sulla guancia. «Hai anche la barba, sei diventato un ometto». Tornò ad asciugarsi una nuova lacrima e scossi la testa abbattuto. Mamma era senza speranze.
«Comportati bene, ok? Tieni alto l’onore degli Hudson. Io e tua madre andremo a cena fuori, faremo tardi, molto tardi, forse dormiremo fuori. Quindi, hai casa libera» concluse, aggiungendoci un occhiolino.
«Mi sembra di aver sentito il rumore di una macchina. Credo che aspetterò fuori. Buona serata» bofonchiai, avvicinandomi all’ingresso prima che potessero dire qualcos’altro.
«Francis?» chiamò mamma, costringendomi a indietreggiare di un passo.
«Sì?». Mi voltai a guardarla, mentre si stringeva tra le braccia di papà.
«Per favore fai una foto con Ashley» mormorò, portandosi le mani sopra al cuore.
«Buona serata» tornai a dire, chiudendomi la porta di casa alle spalle.
Sbuffai, cominciando a camminare avanti e indietro, lungo il vialetto di casa.
Qualche minuto dopo sentii il rumore di una macchina che rallentava.
In pochi passi raggiunsi lo steccato, aprendo il piccolo cancelletto bianco per uscire.
Una limousine nera era posteggiata a pochi passi da me.
«Wow» mormorai esterrefatto, mentre uno sportello si apriva.
«Francis, muoviti». Zac mi fece un gesto con la mano perché mi avvicinassi.
«Ciao ragazzi» esordii, chiudendomi la portiera alle spalle.
La limousine era grande, enorme. Forse molto più grande di quanto mi fossi mai immaginato.
Guardai velocemente Hannah con i capelli raccolti e il suo vestito rosa. John, di fianco a lei, non riusciva a smettere di sorridere e di stringere la sua mano.
Zac era elegante, con una camicia e una giacca nera. Non aveva la cravatta.
«Mac?» sussurrai stupito, sporgendomi in avanti per controllare che fosse davvero lei.
«Ciao Francis». La voce era la sua, eppure…
«Che-che ti è successo ai capelli? Dove sono le mèche rosse?». Non era il vederla bellissima e truccata ad avermi sconvolto, erano i capelli.
Li aveva tagliati; non arrivavano nemmeno alle spalle. Le sue mèche rosse si erano trasformate in castano chiaro.
Era semplicemente bellissima, soprattutto con quel leggero trucco scuro sulle palpebre, che faceva risaltare il verde dei suoi occhi.
«Hai visto quanto è bella la mia ragazza?» chiese Zac, circondandole le spalle con un braccio e sfiorandole le labbra con un bacio.
«Smettila, scemo» bofonchiò Mac, imbarazzata, prima di lasciargli una gomitata sullo stomaco.
Hannah e John erano stranamente silenziosi.
Seduti uno di fianco all’altra, non parlavano nonostante John non smettesse di sorridere.
«Han, stai benissimo» dissi, sperando di spezzare un po’ la tensione.
«Grazie Francis. Anche tu, sei davvero bello» commentò, mentre John si sistemava meglio sul sedile.
Portai la mano sul viso per sistemare gli occhiali, prima di ricordare che indossavo le lenti a contatto.
«Che ti avevo detto? Francis, sei un figo da paura. Si fa quasi fatica a vedere che sei tu» disse Mac, giocherellando con la mano di Zac.
Abbassai lo sguardo, pieno di vergogna.
In quel momento la macchina rallentò, fino a fermarsi.
«Credo che sia casa di Ash». Zac mi appoggiò la mano sulla spalla, per farmi coraggio.
«I fiori?». Guardai Mac; si era occupata lei di andare a prendere i fiori per tutti.
«Ecco. Buona fortuna Francis» sussurrò, porgendomi la scatolina trasparente.
C’era il fiore da legare al polso di Ash e quello da mettere all’occhiello della mia giacca.
Con un respiro profondo aprii lo sportello dell’auto, appoggiando lentamente il piede sull’asfalto.
Mai come in quel momento le mie gambe sembravano pesare.
«Francis, siamo tutti con te. Prendi tutto il tempo che vuoi e stai tranquillo, se suo padre ti ammazza il tuo corpo lo reclamiamo noi» ghignò Zac, mentre chiudevo lo sportello dietro di me.
Un passo.
Due.
Il cuore continuava a velocizzare i battiti, rendendo ogni movimento sempre più difficile.
Salii i gradini fino a ritrovarmi sotto il piccolo portico.
Calmo, dovevo stare calmo. In fin dei conti il signor Foster era solo… il padre di Ash, l’avvocato più famoso della città e l’uomo più temuto da tutti i ragazzi del liceo.
Quando allungai la mano per suonare il campanello mi accorsi che stavo tremando.
«Su» bofonchiai tra me e me, cercando di farmi coraggio.
Pigiai il bottone bianco, sentendo un urlo di Ash provenire da dentro la casa.
«Non pensarci nemmeno papà, apro io». Riuscii a sentire la voce di Ash nonostante la porta fosse chiusa.
«Tesoro, dovresti essere al piano di sopra». La voce del signor Foster.
«Tu gli fai paura. Vai di là» ordinò.
Possibile che non sapessero che riuscivo a sentire quello che si stavano dicendo?
La porta si aprì e rimasi senza fiato.
Ashley era semplicemente bellissima.
I lunghi capelli biondi scivolavano in setosi ricci che ricadevano sulle sue spalle e sulla schiena.
Il vestito lungo e blu, senza spalline, contrastava con la sua pelle diafana, giocando con l’azzurro dei suoi occhi che mai come in quel momento sembrava poter risplendere.
«Francis?» chiese sospettosa, avvicinandosi di un passo.
Sembrava… meravigliata. Non riusciva a smettere di guardare il mio viso, studiando i miei lineamenti.
«C-c-c-c-c-ciao» riuscii a dire, qualche secondo dopo.
Se prima non era sicura che fossi veramente io, con quell’entrata fenomenale le avevo tolto ogni dubbio.
«Francis, sei…» bisbigliò, prima di aprirsi in un sorriso.
«Sei bellissima Ashley» dissi, accarezzandole una guancia.
Arrossì appena, abbassando lo sguardo.
«Questo è per te». Aprii la scatoletta, prendendo una sua mano tra le mie. Legai il fiore al suo polso, sfiorandolo appena con le dita.
«Una rosa bianca. È semplicemente perfetta» sussurrò, appuntando il bocciolo bianco al mio occhiello.
«Ash, tesoro? Mi era sembrato di senti… oh. Ciao… Francis, giusto?». Il signor Russell si avvicinò con un sorriso, tendendomi la mano.
Allungai il braccio per ricambiare la stretta, quando sentii la mano di Ash stringere la mia sinistra.
Quel gesto mi diede coraggio.
«Sì, Francis. È un piacere conoscerla». Spalancai gli occhi sorpreso quando capii di non aver balbettato.
Mi sorrise, lasciando la stretta della mia mano.
«Tesoro, guarda Ash e il suo cavaliere» disse, attirando l’attenzione della signora Foster, che si avvicinò sorridendo.
«Ciao Francis, è un piacere rivederti». La signora Foster mi conosceva molto meglio del marito.
Quando veniva a casa nostra per parlare con mamma o per trovarsi a bere un caffè, la salutavo sempre.
«Anche per me» risposi, continuando a sorridere.
«Ragazzi, siete bellissimi. Dobbiamo fare una foto, su» esclamò entusiasta la mamma di Ash, correndo in soggiorno a prendere la fotocamera. «Sorridete». Il mio braccio corse a stringere il fianco di Ash, attirandola a me.
Sentii il calore della sua mano sul mio petto, poco sotto il cuore.
Senza nemmeno accorgermene, abbassai lo sguardo, incontrando il suo.
Era semplicemente bellissima.
Il trucco chiaro, in tinta con i diamanti del vestito, rendeva i suoi occhi ancora più belli.
«Oh come sono carini» gioì qualcuno, riportandomi alla realtà.
«Mamma, noi dobbiamo andare. Non possiamo fare tardi». Ashley sembrava avere improvvisamente fretta.
«Certo. Divertitevi». Il sorriso che ci regalò Charline mi tranquillizzò un po’.
«Non fate tardi, non fate cose stupide e… e riportamela esattamente come te l’ho lasciata, intesi?». Il signor Foster si avvicinò a me, puntandomi l’indice contro il petto.
«C-c-c-c-c-certo» balbettai, indietreggiando.
«Papà» strillò Ash, indignata.
«No, tesoro» scosse la mano, perché non voleva essere interrotto. «Se non ritorna a casa come te l’ho consegnata, pettinatura e trucco compresi…» lasciò la frase in sospeso, sorridendo minaccioso.
«Certo signore» annuii, cercando di farmi coraggio.
«Papà, smettila». Ash fece un passo in avanti, frapponendosi tra me e il signor Russell.
«Ash, Francis, andate pure, divertitevi» esordì la signora Foster. Sembrò scusarsi con lo sguardo per quello che aveva detto il marito.
«Non divertitevi troppo» puntualizzò il padre di Ash, riservandomi uno sguardo serio che mi spaventò.
«Ci vediamo» salutò Ash, prendendo la mia mano per farmi uscire da casa sua.
«Buona serata, è… è stato un piacere conoscerla, signor Foster. E mia madre la saluta, signora». Sorrisi un’ultima volta prima di chiudere la porta dietro di noi.
«Scusa per mio padre. Gli avevo detto di non dire niente, ma non riesce proprio a farne a meno» bofonchiò Ash, fermandosi davanti al portico.
«Non fa niente» sminuii il tutto con un gesto della mano, vantandomi di una tranquillità che non avevo.
«Francis» ghignò, attirandomi verso di lei e baciandomi.
Dopo la sorpresa iniziale di quel gesto così inaspettato, reagii, attirando il corpo di Ash verso il mio e beandomi della sensazione dei suoi capelli tra le mie dita.
Non ricordavo nemmeno il mio nome, in quel momento. Anche respirare sembrava non essere obbligatorio.
Quando le dita di Ash corsero tra i miei capelli, tirandone qualche ciocca, non riuscii a trattenere un mugolio di apprezzamento.
«F-Francis, aspetta» soffiò sulle mie labbra, interrompendo il bacio.
«Cosa?» chiesi sorpreso, cercando di capire dove fossimo.
Alberi, una casa con il portico, dei gradini.
Casa di Ash.
«Mio padre potrebbe vederci. Cerchiamo di non esagerare, visto che la fortuna sembra essere dalla nostra parte, stasera» sorrise, avvicinandosi alla macchina. «Su, andiamo» mi incitò, aprendo la portiera.
Non riuscii a trattenermi ed entrai nell’auto con un sorriso.
Il ghigno di Zac non lasciava spazio a fraintendimenti: aveva visto il nostro bacio.
Mi diede una pacca sulla spalla, facendo l’occhiolino.
«Allora, che ne pensi del nuovo look di Francis?» chiese Mac ad Ash, mentre Hannah si spostava sul sedile per lasciarle più spazio.
«Che è più bello del solito» mormorò Ashley, stringendo la mia mano tra le sue.
Abbassai lo sguardo, imbarazzato.
«Ragazzi, basta complimenti. Dobbiamo… festeggiare, ok?» chiese Zac, mentre distribuiva dei calici di vetro. «Perché è il nostro Senior Prom, e il prossimo anno saremo solo delle stupide matricole». Aprì il piccolo frigo bar, prendendo una bottiglia di spumante.
«Spero che quella cosa non sia alcolica» sbottò Han, guadagnandosi un’occhiataccia da John.
«Su, per una volta nella nostra vita ci è concesso di divertirci. Io direi freghiamocene di football, stupide cheerleader senza cervello –tranne la nostra Ash- e festeggiamo». Stappò lo spumante tra le urla divertite di Ash e Mac.
Era difficile non ridere.
L’allegria di quel momento, la sicurezza di avere di fianco  a me le persone più importanti rendeva tutto speciale.
Mi sporsi per dare un bacio sulla guancia ad Ash, che cominciò a ridere, portandosi il calice alle labbra per bere.
«Non dobbiamo ubriacarci, ricordatelo. C’è il ballo e poi la cena».
Probabilmente riuscii a sentire l’affermazione di John solo io. Gli altri erano troppo impegnati a ridere e cantare sopra alla musica diffusa dalle casse.
La macchina si arrestò all’improvviso, facendo vacillare il nostro buonumore.
«Che succede?» chiesero Mac e Ash nello stesso momento.
«Siamo arrivati». L’autista abbassò il vetro oscurato per parlarci.
«Di già?». Ash sembrava quasi… delusa.
Appoggiammo i calici sul tavolino e scendemmo dall’auto senza riuscire a smettere di ridere.
«Guardate, c’è il nuovo re della scuola» ghignò qualcuno alle nostre spalle, mentre prendevo la mano di Ash per aiutarla a scendere dalla macchina. «Oh, c’è anche la sua dama, naturalmente». Riconobbi la voce di Alex, ma imitai il gesto di Ash e lo ignorai. «Vi stracceremo. E, Francis, ti farò toccare la corona, così almeno vedrai cosa ti sei perso».
Portai un braccio attorno alla vita di Ash, dandole un bacio sulla guancia.
«Quanto è stupido. Mi piacerebbe davvero che non fosse lui il re» sussurrò, cercando di sorridermi.
«Ti ho già detto che sei bellissima, stasera?» chiesi, sfiorandole la fronte per sistemarle un ciuffo di capelli che le era sceso sugli occhi.
Sorrise, accarezzando velocemente le mie labbra con le sue.
«C’è la foto» strillò Mac entusiasta, tirando la mia giacca perché le prestassi attenzione.
Alzai gli occhi esasperato, facendo ridere Ash.
«Dai, non essere arrabbiato con lei» sussurrò al mio orecchio, prima darmi un bacio sulla guancia.
Di nuovo, un brivido mi attraversò.
La situazione con Ash stava diventando sempre più ingestibile, il mio corpo si stava svegliando ed era difficile resistere.
Dopo le foto di rito, cominciammo a ballare.
Ash continuava a ridere, mentre io e Zac cercavamo di muoverci a ritmo di musica.
Quando il DJ annunciò il lento, mi avvicinai ad Ash, offrendole la mia mano.
«Credo tu abbia capito che non so ballare, ma mi piacerebbe offrirti questo ballo» mormorai, attirandola a me.
Sospirò, socchiudendo gli occhi.
«Va tutto bene?» chiesi, preoccupato.
I miei piedi cercavano di muoversi a tempo, senza pestare quelli di Ash.
«È tutto perfetto, dico davvero» sussurrò, appoggiando il suo capo sulla mia spalla.
«Sei davvero bellissima stasera» ripetei, stringendola di più a me.
«Bellissimo non è l’aggettivo che questa sera userei per te» mugugnò, continuando a rimanere appoggiata a me.
«Lo so che faccio schifo, è colpa di Mac…» cercai di scusarmi, prima che Zac e Mac si avvicinassero per uno scambio di coppia durante la canzone.
«Che hai fatto ai tuoi capelli. Mac?» chiesi, appoggiando una mano sulla sua spalla nuda.
«Li ho tagliati. Mi ero stancata di averli lunghi e rossi. Così ho lasciato che facesse tutto Carlos». Fece spallucce, guardando felice Zac e Ash che stavano cercando di ballare di fianco a noi. Era un’impresa titanica per loro riuscirci, visto che continuavano a ridere.
«Stai bene. Anche con il trucco», indicai i suoi occhi facendola ridere, «e il vestito. Sei bella stasera». Un sorriso, davvero sincero, si posò sulle mie labbra.
«Anche tu, Francis. Sono fiera del mio lavoro». Mi fece una linguaccia nel momento in cui il DJ fermò la musica annunciando il professor Moriarty che saliva sul palco.
«Oddio, è già l’ora di annunciare il re e la reginetta» sussurrò Mac al mio fianco, mentre Ash e Zac si avvicinavano a noi.
«Buonasera ragazzi, allora, adesso tutti quelli candidati a re e regina si mettano qui davanti» il professore indicò lo spazio libero che c’era davanti al palco, per poi continuare «quando chiamerò il vostro nome dovrete venire su qui per ritirare la corona. Prima eleggerò il re e poi la regina. Una volta ricevuta la corona, i due vincitori apriranno le danze» spiegò, mentre la stretta di mano di Ash si intensificava sempre di più.
Mi sentivo completamente ridicolo lì davanti, in mezzo a giocatori di football e cheerleader.
Quello era il posto di Ashley, non il mio.
Io dovevo stare accanto a Zac, Mac e John aspettando di sentire il nome di Ash per poterla applaudire.
«Il nome del re di quest’anno è…» il professore si fermò, per creare un po’ di suspense.
Alex, con una risata cominciò a salire le scale per andare a ritirare la sua corona.
C’era un brusio di sottofondo, probabilmente tutti gli studenti stavano scommettendo sul probabile vincitore.
Sapevo già chi si meritava di vincere.
Cody, uno dei ragazzi che suonava nella banda e giocava a pallanuoto. Avevo votato per lui in biblioteca e avrei scommesso sulla sua vincita.
Era simpatico, intelligente e sembrava avere un discreto successo con le ragazze.
Speravo davvero che fosse lui a salire sul palco per battere Alex.
«…Francis Hudson». Tutti i mormorii si arrestarono all’improvviso, mentre le mie orecchie iniziarono a fischiare.
«Oh cazzo» sbottai. Come poche volte mi era successo, mi ritrovai a dire qualcosa di volgare.
Improvvisamente percepii centinaia di occhi puntarsi su di me, come se fossi stato illuminato da un faro.
Non c’erano fari, giusto?
«Francis, devi salire sul palco» mormorò qualcuno di fianco a me.
Quando guardai nella direzione della voce, vidi Ash.
«Vai, Francis» ridacchiò, spingendomi verso il palco.
Le mie gambe stavano camminando da sole, non mi rendevo nemmeno conto di cosa stessi facendo.
«Scusami» borbottai, spostando Alex che era ancora fermo a metà scala.
Il professore mi aspettava con uno strano sorriso, e quando gli fui abbastanza vicino, allungò la mano, stringendo la mia per congratularsi con me.
«Ci deve essere uno sbaglio. Non può aver vinto lui» strillò Alex, avvicinandosi al professor Moriarty che mi stava tendendo la corona.
«Signor Kingston, Hudson ha esattamente un voto in più di lei, è quindi il vincitore». Perché il professor Moriarty sembrava… felice?
«Voglio ricontrollare i conteggi. Non può aver vinto» ribatté Alex, e alcuni studenti cominciarono a fischiare.
«Le posso garantire che i conteggi sono stati controllati quattro volte. Si rassegni, signor Kingston». La professoressa Chrystol mi appoggiò la corona sulla testa, mentre Alex scendeva dalle scale tirando un pugno contro una cassa.
«Lo sapevo che dovevo minacciare gli sfigati per avere i loro voti» urlò, facendo ridere quasi mezza palestra.
Non riuscii a trattenermi e, nonostante ciò che stava succedendo assomigliasse più a uno strano incubo che alla realtà, cominciai a ridere.
«E ora passiamo alla reginetta». Il professore prese la busta tra le mani.
Subito cercai di guardare verso Ash, nonostante le luci non mi permettessero di vederla chiaramente.
Sembrava tranquilla, stava sorridendo.
«Ashley Foster» strillò, mentre cominciavo ad applaudire.
Probabilmente mi si stava slogando la mascella per il sorriso, ma ero troppo felice per lei.
Era diventata reginetta del Senior Prom.
Il suo sogno si era avverato.
Salì sopra al palco sollevandosi il vestito come una principessa e, quando il suo sguardo incontrò il mio, ammiccai felice.
Il professore le fece indossare la coroncina e le diede il mazzo di fiori.
«Grazie davvero a tutti. Però, lasciate che ringrazi una persona in particolare, quella che ha creduto in me e in qualche modo ha fatto sì che questa sera fossi qui». Lo sguardo di Ash si spostò su di me e, per la seconda volta in quella serata sentii gli occhi di tutta la palestra puntarsi su di me. «e, un’ultima cosa… se mi avete votata perché vi facevo pietà… grazie lo stesso». Fece una linguaccia, avvicinandosi a me e baciandomi.
Qualcuno applaudì, forse al discorso di ringraziamento di Ash o forse per il nostro bacio.
«Bene, ragazzi. Ora potete aprire le danze» borbottò il professor Moriarty, probabilmente per incentivarci a smettere di baciarci.
«Ash» soffiai sulle sue labbra, stringendo appena il suo fianco, «Ash, siamo sopra al palco, ci stanno guardando tutti» mormorai, sentendo una sua risatina.
«Scusa. È che… sono felice». Fece spallucce, prendendo la mia mano e scendendo dal palco.
Appoggiò i fiori sopra a una sedia e, sollevando appena la gonna del vestito per non calpestarla, si avvicinò a me.
«Non pestarmi i piedi, Francis. Ci stanno guardando tutti» sogghignò, mentre le prendevo la mano e circondavo la sua vita con il braccio per ballare il lento.
Lento che durò troppo poco, soprattutto perché Zac, Mac, John e Hannah si avvicinarono a noi appena la canzone si concluse.
Non riuscivo più a capire quello che Mac stava dicendo; sembrava parlare con gli ultrasuoni.
Continuammo a ballare con il sorriso sulle labbra fino a quando Zac non si accorse che avremmo fatto tardi per la cena.
Corremmo verso la nostra Limousine, ancora parcheggiata vicino alla nostra quercia, e in pochi minuti arrivammo davanti al La Bohème.
«Wow» sussurrarono Ash, Mac e Han una volta scese dall’auto.
«Ti piace?» chiesi ad Ash, facendo aderire il mio petto alla sua schiena.
«Se mi piace? È bellissimo». Sfiorò le mie labbra con un bacio prima di prendermi per mano e condurmi dentro al ristorante.
 
La miglior cena della mia vita.
Ash al mio fianco.
I suoi baci.
Il sorriso di Mac e Zac. Le loro battutine per punzecchiarsi.
Lo strano silenzio di John e Hannah.
Anche nell’imperfezione di piccole cose, tutto era sembrato perfetto.
«Chi accompagniamo a casa per primo?» chiese Ash, abbracciandomi mentre uscivamo dal ristorante.
«Io e John, tanto Mac si ferma da me e… tu Han?» chiese Zac, facendo il solletico sui fianchi di Mac.
«Sì, mi fermo da John anche io». Sorrise timidamente quando John la guardò felice.
«Francis, potresti accompagnarmi a casa tu, se mi fermo a casa tua?» mormorò Ash, probabilmente non abbastanza piano per non essere sentita.
Zac infatti cominciò a ridacchiare, dandomi delle leggere gomitate sullo stomaco.
«Certo» esclamai, cercando di non far trasparire quanto quella frase mi avesse agitato.
Quando Mac, Zac, John e Han scesero dall’auto, calò un improvviso silenzio.
«Tutto bene?» chiese Ash, dandomi un bacio sul collo che mi fece rabbrividire.
«S-s-sì» balbettai, cercando di sorriderle.
Quando l’autista si fermò davanti a casa mia, rischiai di cadere mentre scendevo dall’auto.
«Grazie e arrivederci» salutai, cercando di sembrare gentile.
«Buona serata» sghignazzò. Una risatina che mi fece preoccupare.
Sembrava che pensasse qualcosa di… sbagliato?
Aprii la porta di casa accendendo la luce.
«I tuoi non sono a casa?» chiese Ash, sorpresa.
«No» sbuffai, ricordando lo strano discorso che mi aveva fatto papà.
Evitai però di dirlo ad Ash.
«Oh» bofonchiò, mordendosi un labbro.
«Va tutto bene?». Mi tolsi la giacca, allentando il nodo della cravatta.
Ash aveva uno sguardo… strano. Non la smetteva di fissarmi.
«Posso andare un attimo in bagno?». Indicò la scala, appoggiando la borsa sul divano.
«Certo». Sorrisi, distendendomi sul divano e socchiudendo gli occhi al rumore dei tacchi di Ash sui gradini.
Una parte di me, quella capitanata dalle cellule di Leydig, continuava a scalpitare, al pensiero di poter concludere qualcosa con Ash.
L’altra, razionale e capitanata dal cervello, mi intimava di rimanere tranquillo e non perdere la calma, perché avrei riportato Ash a casa in cinque minuti.
Qualcosa di caldo sfiorò le mie labbra, costringendomi ad aprire gli occhi per la sorpresa.
Azzurro. Ecco la prima cosa che ero riuscito a vedere.
I suoi occhi sorridenti.
«Mi fai un po’ di spazio?» sussurrò, accarezzandomi una guancia.
Cercai di appiattirmi il più possibile allo schienale del divano, pronto a sentire la sua schiena contro il mio petto.
Ash riuscì a stupirmi, sfiorando il mio naso con il suo.
I nostri visi vicini, il calore del suo fiato che si infrangeva sulle mie labbra.
«Non sono riuscita a dirtelo prima, ma questa sera non sei solo bellissimo» mormorò, giocando con una mia ciocca di capelli.
Cercai di dire qualcosa, ma il suo indice si appoggiò sulle mie labbra, intimandomi di rimanere in silenzio.
«Vederti là, sopra al palco, con la corona, mentre Alex è scappato dopo la figuraccia che ha fatto, ballare con te…» continuò, guardandomi sempre negli occhi, «è, è stata una sensazione che non posso spiegare. Non so mai come ringraziarti, perché senza di te non sarei nemmeno diventata reginetta. Non che mi interessi». Fece spallucce, nonostante la posizione scomoda.
Non riuscii a trattenere un sorriso, allungando il collo per posare le mie labbra sulle sue.
Un bacio strano, con il suo dito ancora a dividere le bocche.
Riuscii a sentire una sua risatina divertita, prima che mi prendesse il viso tra le mani, per darmi un bacio.
«E devo ringraziare Mac, perché amo il tuo nuovo look. Sei molto più bello di quanto non lo fossi prima» soffiò sul mio viso, lasciandomi poi un piccolo morso sul mento.
Tornai a unire le nostre bocche, portando una mano sulla sua nuca e avvicinandola a me.
Non volevo che cadesse dal divano, così mi misi a sedere, sperando che riuscisse a stare più comoda.
Ash mi sorprese; si sollevò il vestito per essere più libera, prima di mettersi seduta sulle mie gambe.
Spalancai gli occhi stupefatto, ma li richiusi subito, trasportato dal bacio che ci stavamo scambiando.
Le braccia di Ash circondarono il mio collo e le sue dita corsero tra i miei capelli, tirandone qualche ciocca.
Attirai il suo corpo vicino al mio, accarezzando la sua schiena.
C’era un continuo rumore di fondo, come se qualcuno bussasse a una porta.
Poi, mentre abbandonavo le sue labbra per riprendere fiato, capii: era il mio cuore che batteva.
Cercai di respirare a fondo per calmarmi, anche se sembrava impossibile. Il mio corpo si era risvegliato, attirato dal calore di quello di Ash.
Quando le labbra di Ash scesero verso il mio collo, lasciandomi un bacio languido, un gemito sfuggì alle mie labbra.
«Ash» mormorai, passandomi una mano sul viso per poter tornare un po’ più lucido.
«Sì?» ghignò, mordendomi lungo la linea della mascella.
«Ecco, vedi… io…» borbottai, cominciando a gesticolare.
Era troppo imbarazzante dirle che stavo cominciando a eccitarmi un po’ troppo?
A quel pensiero arrossii, senza comunque dirle niente.
«Cosa devo vedere?» ridacchiò, stringendo di più le braccia attorno al mio collo e avvicinandosi pericolosamente alla mia eccitazione.
Sarei morto di vergogna se si fosse accorta di quello che aveva causato.
«Forse è meglio se ti riporto a casa». Feci un respiro profondo, appoggiando le mie mani sui fianchi di Ash per farla alzare.
«Che succede?» domandò confusa, appoggiando le sue mani sulle mie spalle.
Non voleva alzarsi.
«Ecco…» cominciai, cercando di sfuggire ai suoi occhi, «Dio come è imbarazzante» bofonchiai.
Probabilmente mi sentì, perché non riuscì a trattenere un sorriso.
«È imbarazzante o non vuoi?» mi chiese, sorprendendomi.
«Io… no, certo che sì, ma…» non mi lasciò terminare la frase, zittendomi con un bacio.
Di nuovo le sue mani tra i miei capelli, le sue labbra a baciarmi e le nostre lingue a danzare assieme.
Le mie mani, ancora appoggiate ai suoi fianchi, si strinsero, affondando nella stoffa del vestito.
Ashley scivolò sulle mie gambe, scontrandosi con la mia eccitazione.
Mugolò sorpresa, smettendo di baciarmi.
«Andiamo in camera tua?» propose, mettendosi in piedi e prendendomi per mano.
Mi alzai dal divano, seguendola senza dire una parola.
La situazione, nuova per me, cominciava ad agitarmi, rendendomi timido.
Aspettò che entrassi e chiuse la porta mentre mi sedevo sul letto, imbarazzato.
«Ash, io… ecco, io… è… la prima… insomma…» cominciai a dire, mentre si sedeva sul letto.
«Shh» soffiò sulle mie labbra, portando le sue dita sul nodo della mia cravatta, «è facile, lasciati andare».
Cercai di deglutire, evitando di pensare al calore che sentivo sul collo, proprio sotto le mani di Ash che stavano togliendo la mia cravatta.
Non sapevo che fare, continuavo a rimanere fermo, guardando Ash che, sorridente, mi sfilava la cravatta.
Si inginocchiò sul letto, sollevando il vestito per non romperlo.
«Francis» mormorò divertita, appoggiando le sue mani sul mio petto e baciandomi.
Risposi al bacio, attirandola verso di me per poter approfondire il contatto tra le nostre labbra.
Sentii il corpo di Ash scivolare sopra al mio per sedersi di nuovo sulle mie gambe.
Le mani di Ashley ritornarono ad accarezzarmi il petto da sopra la camicia, per sfilare il primo bottone dall’asola.
Mi irrigidii, non sapendo che fare.
Una parte del mio cervello continuava a ricordarmi che sicuramente avrei fatto una brutta figura, vista la sua esperienza.
«Non pensare a niente, rilassati» soffiò sul mio orecchio Ash, prima di lasciare una scia di languidi baci sul mio collo.
Quando percepii le mani di Ash sfiorarmi il petto per scendere a sfilare anche il secondo bottone dall’asola, sospirai, stringendo di più i suoi fianchi.
Lasciai che mi sfilasse la camicia, godendo del contatto delle sue calde e morbide labbra sul mio petto.
Istintivamente, tentato dalla morbidezza della sua pelle, le diedi un bacio sul suo collo, scendendo fino alla spalla.
Una mano di Ash si strinse tra i miei capelli, avvicinandomi di più a lei.
Sapere di aver fatto qualcosa di piacevole per lei mi diede coraggio, tanto che feci scorrere le mie mani sulla sua schiena fino ad arrivare al suo sedere, per avvicinarla a me.
«Francis» ansimò, costringendomi a smettere di baciarle la spalla, «togli questo coso». Indicò il suo vestito, facendomi sogghignare.
Portai le mani sulla zip dietro la sua schiena, abbassandola lentamente e continuando a sfiorarle la pelle morbida con la punta di dita.
Sentii il suo corpo inarcarsi sotto il mio tocco, mentre un suo mugolio soddisfatto moriva catturato dalle mie labbra.
Si alzò in piedi, facendo scivolare il vestito dal suo corpo e rimanendo davanti a me in intimo.
Trattenni il respiro, non smettendo di guardarla.
I lunghi capelli che sfioravano le spalle e scendevano nascondendo il suo seno coperto dal reggiseno, la curva dei suoi fianchi accarezzata da un paio di slip e le sue lunghe gambe.
Era perfetta.
Era bellissima.
Tornò a sedersi sulle mie gambe, con uno strano sorriso.
Le sue mani cominciarono ad accarezzarmi il petto, scendendo verso i miei addominali.
«Ash, ti amo» confessai, prima ancora di rendermene conto.
Il suo sorriso crebbe a dismisura. «Quanto… sei… dolce» articolò, tra un bacio e l’altro, costringendomi a distendermi sul letto.
Nessun “ti amo”. Nessun “anche io”.
Avevo appena fatto una figuraccia.
Eppure non si era fermata, le sue mani continuarono a scendere, fermandosi sulla cintura dei miei pantaloni.
Con un gesto veloce, Ash slacciò il bottone, abbassando la zip.
I suoi denti smisero di torturare le mie labbra quando si allontanò per sfilarmi i pantaloni.
Osservò il mio corpo, sorridendo appena.
Prima che me ne accorgessi, le sue mani armeggiarono con qualcosa dietro la sua schiena. Si tolse il reggiseno per poi distendersi sopra di me.
Non riuscii a trattenere un gemito alla sensazione del suo seno contro il mio petto.
«Lasciati andare, Francis» sussurrò al mio orecchio, strusciandosi contro di me.
Con un colpo di reni invertii la situazione, portandomi sopra di lei. Il gridolino sorpreso che Ash non riuscì a trattenere mi fece sorridere.
Cosa dovevo fare?
Chiusi gli occhi, respirando lentamente.
Le mani di Ash guidarono le mie sulla sua pancia, salendo. Quando la mia mano si chiuse, affondando nella morbida carne del suo seno, Ash si inarcò sotto di me, graffiandomi la schiena.
Con una mano spinse le mie labbra verso il suo collo e giù, lì, dove la mia mano era ancora stretta.
Baciai un suo seno, sentendo una scarica di brividi attraversare il corpo di Ash.
Le mie dita scesero a solleticarle i fianchi, per poi sfiorarle una coscia.
«Toglili» ansimò, quando sfiorai i suoi slip.
«Co-cosa?» chiesi sorpreso, alzando il viso dal suo seno per guardarla.
Sorrise, portando le mie mani sui suoi slip. «Toglili».
Con lentezza, le mie dita artigliarono quel pezzo di stoffa, facendolo scorrere lungo le sue gambe, fino a toglierlo completamente.
Ashley era… bellissima.
Certo, anche nuda, ma era semplicemente bellissima.
«Sei bellissima» sussurrai, rimanendo seduto di fianco a lei per guardarla.
Non sembrava essere a suo agio, però.
Si inginocchiò davanti a me, facendo scorrere le sue mani sulla mia schiena, fino ad arrivare ai boxer.
Li abbassò, costringendomi a distendermi per toglierli.
Ash si distese al mio fianco, sfiorando il mio naso con il suo; quel gesto mi ricordò il sapore delle sue labbra sulle mie, facendomi desiderare di sentirlo ancora.
Mi avvicinai a lei, baciandola. Senza nemmeno rendermene conto, il mio corpo scivolò sopra al suo, causandomi un gemito quando la mia eccitazione sfiorò la sua pancia.
Le mani di Ash che mi guidavano, il rumore dei nostri baci, il battito del mio cuore che sembrava velocizzarsi un ogni istante, i nostri respiri sempre più spezzati.
Sembrava tutto naturale per me, mentre continuavo ad accarezzare il fianco di Ash.
Le sue mani si posarono sul mio sedere, spingendomi verso di lei.
«Ash» gemetti, trovando il suo corpo caldo sotto di me.
Circondò il mio collo con le sue braccia, attirandomi verso di lei.
«Ti amo» mormorò a fatica nel mio orecchio, facendomi rabbrividire.
Mi amava.
Lei amava me.
Sorrisi, spostando una sua gamba per farmi spazio.
Il mio corpo contro al suo, il suo corpo attorno al mio.
Le sue braccia strette sul mio collo e il rumore dei suoi sospiri.
Rimasi per qualche secondo immobile, cercando di abituarmi a quella strana sensazione.
Ash mi sorrise, accarezzandomi il viso con le mani.
I suoi occhi, di solito di un azzurro intenso, sembravano aver cambiato colore. Non potevo esserne certo però, visto che continuava a socchiudere le palpebre a ogni mio più piccolo movimento.
Il movimento dei suoi fianchi, l’ondeggiare dei suoi seni sotto le mie spinte, le sue labbra contro le mie ogni volta che mi avvicinavo a lei.
Lasciai le mie mani libere di scorrere sul suo corpo, attento a cosa le facesse piacere.
Un gemito più forte degli altri, il suo corpo che si inarcava sotto al mio e le sue mani che cercavano di aggrapparsi alle mie spalle per non cadere.
«Sono qui» gemetti, quando i suoi denti morsero la mia spalla.
«Lasciati andare» sussurrò, lasciandomi piccoli baci sulla spalla per arrivare al mio collo.
Lasciai il mio corpo libero di muoversi, prima che un piacere indescrivibile esplodesse dentro di me.
Mi accasciai sul corpo di Ash senza forze, dandole un bacio sul collo.
Sentii un risolino da parte di Ash, mentre mi abbracciava.
«Quanto sei bello» mormorò, accarezzandomi la nuca con due dita.
«Bugiarda» ribattei.
Non ero di certo io quello bello tra i due.
Forse non si rendeva conto della sua bellezza.
I suoi boccoli sparsi sul mio cuscino, le sue guance rosse e gli occhi lucidi.
Uno spettacolo migliore non si era mai visto, mai.
Sbuffò divertita mentre mi distendevo di fianco a lei, stringendo la sua mano con la mia.
Appoggiò il capo sul mio petto, mentre ci copriva con il lenzuolo.
Avrei dovuto pensarci io.
«Io… mi… dispiace se non sono… bravo in queste cose». Cominciai a gesticolare, imbarazzato.
«Sai qual è la verità, Francis?» chiese, alzando lo sguardo per guardarmi. Scossi la testa, aspettando una sua risposta. «La verità è che sei un secchione in tutto»
ghignò, mentre cercavo di capire cosa avesse voluto dire con quella battuta.
 
 
 
 
 
Eeeeeeeeeeeeeeehhhh! Su su! Facciamo una ola!
Dopo  22 capitoli ce l’abbiamo fatta, eh? :P
Vi avverto, mi aspetto un bel po’ di recensioni per commentare Francis che diventa un ometto, eh! *w*
Comuuunque, ho qui sottomano le foto dei vestiti dei ragazzi, diciamo che mi sono ispirata a foto che ho visto veramente (cioè, per le pettinature e i trucchi delle ragazze, per i vestiti, sia lodato polyvore!).
Per i ragazzi invece… li ho immaginati esattamente così, specialmente Francis, con il suo cambio di look!
Partiamo con Hannah (trucco e parrucco della foto e vestito rosa).
 
John che più nerd non si può!
 
Zac, che qui è proprio come ho immaginato Zac, con quei capelli ribelli e quegli occhiali 
 
Mac, con il nuovo taglio di capelli e questo vestito corto
 
Ashley, con i capelli mezzi raccolti e il bellissimo vestito da principessa
 
E per finire… Francis, con il suo vestito grigio ratto (come dice lui) e la barba e i capelli tagliati!
 
 
Se siete vive, ci sentiamo la prossima settimana per l’ultimo capitolo prima dell’epilogo!
Un bacione!

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Capitolo 23
*** Graduation- Francis' little revenge ***


rotn







«Secondo principio di conservazione?» chiesi, non riuscendo a trattenere un sorriso alla smorfia buffa che fece.
Era stanca, lo sapevo.
Avevamo studiato per tutto il pomeriggio.
«In ogni istante l'accelerazione di un corpo è determinata dalla forza non equilibrata che agisce su di esso: l'accelerazione ha la stessa direzione e lo stesso verso della forza, il suo modulo è proporzionale alla forza e inversamente proporzionale alla massa del corpo. Cioè, il cambiamento di moto è proporzionale alla forza impressa, e avviene lungo la linea retta secondo la quale la forza è stata impressa»  concluse, soddisfatta. Incrociò le braccia sotto al seno, tenendo quel sorriso.
«Non c'è che dire, l'hai imparato» ammisi, sorpreso e soddisfatto.
Lo studio aveva dato i suoi frutti.
«E non merito nemmeno una piccola ricompensa per questo?». Si avvicinò a me, sporgendo il labbro inferiore come un bambino per cercare di intenerirmi.
«Ash» sospirai, passandomi una mano tra i capelli, «domani abbiamo l’esame finale di fisica. Ti serve una B+ se vuoi che ti accettino alla Stanford-Brown» spiegai, mentre si imbronciava, appoggiandosi allo schienale della sedia. «E poi, ti ho dato un bacio ogni volta che l’hai detto, basta adesso, no?». Non che mi dispiacesse baciarla, ma stavamo studiando.
Era già un grande motivo di distrazione averla al mio fianco, se poi continuava a reclamare baci ogni cinque minuti… diventava impossibile memorizzare qualcosa.
«Sì, ma le altre volte ho sbirciato, questa volta l’ho proprio imparato» sogghignò, mentre scuotevo la testa, senza speranza.
Ash otteneva sempre quello che voleva, in un modo o nell’altro. L’avevo imparato in quel mese.
«Ultima volta» concessi, appoggiando i gomiti sul tavolo.
«Lo sapevo» mormorò, sorridendo.
Lasciai che le nostre labbra si incontrassero, giocando assieme. All’improvviso però, il rumore della chiave che girava nella toppa mi spaventò, costringendomi ad abbandonare quelle labbra.
«Oh, guarda chi c’è qui, Eric. La tua sorellina e il mio fratellino».
Chris.
Peggio, Chris ed Eric, assieme.
«Ash, mi stupisci, stai studiando?» ghignò Chris, guadagnandosi una mia occhiataccia.
«Non offenderla» si intromise Eric, spintonando mio fratello.
«Scusa, scusa». Chris si avvicinò al grande frigo bianco, prendendo una bottiglia di acqua per lui e una per Eric.
Sembrava fosse a casa sua e non a casa di Ash.
«Allora, Francis, che mi racconti di bello?». Eric si sedette di fianco ad Ash, circondandole le spalle con un braccio.
«Stiamo studiando fisica perché domani c’è l’ultimo esame» mormorai, indicando i libri che c’erano sopra al tavolo.
«Fisica… mi ricordo qualcosa, sì» sogghignò Eric, scompigliando i capelli ad Ash. «E quali esami ti mancano Shy?» continuò, allungando le gambe sotto al tavolo.
«Fisica e biologia» ribatté Ash, giocherellando con la matita che teneva tra le mani.
«Biologia, eh? Quando studierete per la parte di anatomia?». Tipica battuta di mio fratello.
«Chris» gridai, imbarazzato.
Perché doveva sempre parlare riferendosi al sesso?
Possibile che non riuscisse a pensare ad altro per cinque minuti?
Delle volte mi chiedevo come Hayley potesse sopportarlo da quasi due anni.
O forse riusciva a sopportarlo perché si vedevano solo per… soddisfare i loro bisogni fisici.
Non l’avevo ancora capito, ma non mi interessava di certo informarmi.
«Che c’è? Francis, sappiamo come funziona. Anzi, forse io ed Eric siamo molto più esperti di te, possiamo darti qualche consiglio, che ne dici, Er?» ammiccò verso il fratello di Ash, che rimase per qualche secondo zitto.
«No, che stai dicendo, Chris? Non darò consigli a tuo fratello per far bella figura con lei. È mia sorella, andiamo» si lamentò Eric, facendomi sospirare sollevato.
Sembrava che almeno uno dei due avesse un po’ di buon senso.
«Potete smetterla?» borbottò Ash, cercando di zittirli.
«Perché? Ti vergogni, piccola Ash?». Chris si avvicinò a lei, pizzicandole le guance.
«Chris, smettila, dico davvero». Il tono di Ash era duro.
Lo stesso tono che usava quando si arrabbiava.
Il tono da capo cheerleader.
«Si sta arrabbiando, che bello» ghignò Chris, forse non sapendo quanto potesse essere pericolosa Ash da arrabbiata.
«Chris, ti conviene davvero smetterla» gli consigliai, appoggiando gli occhiali sul libro per massaggiarmi le tempie.
Avevamo studiato davvero troppo.
«Oddio, Eric! Si difendono a vicenda, non sono dolci?» ci schernì Chris, portando una mano sul petto.
«Chris, dico davvero, sei il migliore amico di mio fratello e il fratello di Francis, ma oggi sono stanca, ho studiato tutto il giorno e sono agitata per domani, visto che ci sarà l’esame che potrebbe non farmi ammettere alla Stanford-Brown. Quindi, prima che cominci a sbranarti, smettila di fare battute di pessimo gusto».
Tre paia di occhi continuavano a guardarla allibiti.
Ash era davvero arrabbiata.
«Fossi in te la ascolterei. Quando aveva cinque anni si è arrabbiata perché l’ho stuzzicata e guarda cosa mi ha fatto». Eric si sollevò la manica della maglia, indicando una piccola cicatrice sul polso. «I suoi denti sono affilati come quelli di un vampiro. Non istigarla» ghignò, provocando una risata che non riuscii a trattenere.
«D’accordo, come volete». Chris alzò le mani, arrendendosi.
«Francis, andiamo a studiare in camera mia, qui non c’è più silenzio» borbottò Ash, cominciando a raccogliere i libri.
La aiutai, prendendo i miei e senza salutare lasciammo la cucina.
«Francis, Ash» chiamò Eric, quando stavo per chiudere la porta. Aspettò che anche Ash si avvicinasse a me, per poi continuare «fino a che siamo sotto lo stesso tetto tenetevi i vestiti addosso, per favore. Non voglio sentire strani rumori. E quando non siamo sotto allo stesso tetto… state attenti. Sono ancora troppo giovane per diventare zio» concluse, prima di sospirare stancamente.
«Sei uno stupido» sbottò Ash, chiudendo la porta.
Non riuscii a trattenere una risata divertita, che sembrò irritare Ash ancora di più.
«Ti diverti? Vuoi andare in cucina con loro a fare battute su di noi? No, altrimenti vai pure, non ti preoccupare» sibilò, lanciandomi un’occhiataccia.
«Ash, che c’è?» chiesi, una volta arrivati in camera.
Non sapevo perché ma quella stanza aveva il potere di rilassarmi.
Le pareti in legno, tutte le foto sparse di qua e di là, la coperta colorata che sembrava donare ancora più luce alla stanza…
«C’è che domani abbiamo un esame, e io non so niente» strillò, lanciando l’astuccio contro il muro.
«Ash» mormorai, avvicinandomi.
«Che c’è?» sbuffò, fulminandomi con lo sguardo.
Era davvero tesa. Non l’avevo mai vista in quello stato.
«Ascolta, abbiamo studiato tanto, ok?» sussurrai, avvicinandomi a lei e appoggiandole le mani sulle spalle, «domani andrà tutto bene, perché sei preparata. Sai fare gli esercizi e la teoria ormai la conosci» continuai, attirandola verso di me.
«E se non dovesse andare bene?» bisbigliò, appoggiando il viso sul mio petto e abbracciandomi.
«Certo che andrà bene, sei diventata una secchiona» scherzai, dandole un bacio tra i capelli.
«Non prendermi in giro» mugolò, stringendo le braccia attorno alla mia vita.
«Non ti sto prendendo in giro, sono serio. Hai imparato tutto benissimo, sai fare gli esercizi che riesco a svolgere io e probabilmente ti ricordi anche qualche legge fisica  in più di quelle che so io. Se di solito dici che sono un secchione, allora lo sei anche tu» spiegai, accarezzandole la schiena perché si rilassasse un po’.
Un mugolio di piacere sfuggì alle labbra di Ash quando cercai di allentare la tensione dei muscoli delle spalle.
«Francis» mormorò, alzandosi in punta di piedi per sfiorare le mie labbra con le sue.
«Sì?» ribattei, rispondendo al bacio.
«Non tentarmi. Ci sono Eric e Chris al piano di sotto e domani abbiamo l’esame di fisica» sussurrò, portando una sua mano tra i miei capelli per stringerne qualche ciocca.
«Veramente stai facendo tutto tu» puntualizzai, non riuscendo a nascondere un sorriso divertito.
«Perché mi tenti. Fai tutto il timidino, mi massaggi le spalle, lasci un bacio tra i miei capelli…» cominciò a dire, strusciandosi contro di me.
«Ash» gemetti, indietreggiando di un passo.
Se cominciava a fare così però, non ero io quello che tentava.
«Hai ragione. Dobbiamo studiare biologia. L’esame è dopodomani» asserì, sedendosi sul letto e prendendo il libro di biologia. «Francis, verrai a vedere la partita?» chiese subito dopo, alzando lo sguardo per puntare i suoi occhi nei miei.
Finsi una smorfia, sorridendo subito dopo.
«L’ultima partita del liceo, certo che ci vengo» mormorai, sedendomi sul letto e stringendo la sua mano con la mia.
«Andrai allo stadio per vedere la partita o per guardarmi mentre faccio una capriola all’indietro scendendo da una piramide?» mi canzonò, sfogliando l’indice del libro.
«Per la partita, ovviamente. Sono sempre andato solo per la partita» mentii. Ash alzò lo sguardo, emozionata.
«Sei sempre venuto alle partite per guardarmi?». I suoi occhi diventarono lucidi per l’emozione, in attesa di una risposta.
«No, veramente mi piace la mascotte. Sono innamorato di Beever da quando ero al primo anno». Agitai la mano, concentrandomi sulla figura della cellula che c’era nel libro.
«Che cosa dolce» bisbigliò, inginocchiandosi sul letto per accarezzarmi il viso.
Il calore della sua mano riuscì a superare la barriera della barba, costringendomi a socchiudere gli occhi.
«Possiamo ritornare a biologia? Perché questa sera devo incontrarmi con i ragazzi per decidere le ultime cose. Sai, per dopodomani» spiegai, cercando di ignorare la sua mano ancora appoggiata al mio viso. Il suo profumo riuscì a penetrare nei miei polmoni, facendomi fremere.
Ash era sempre una tentazione.
«A che ora è la gara?» chiese, appoggiando la matita sul libro.
«Subito dopo l’esame di biologia, prima della partita. Non so come farò a risolvere anche solo una di quelle impossibili equazioni chimiche» borbottai, sbuffando.
Possibile che l’ultima gara tra le squadre di chimica dei licei della contea fosse stata programmata dopo l’ultimo esame finale?
«Allora ci vengo. Voglio vederti vincere. Mi piace quando sei tutto concentrato su quelle lettere e quei numeri» ridacchiò, sedendosi di fianco a me e spostando qualche libro.
«Mi distrarresti» bofonchiai, giocherellando con il bracciale che aveva al polso.
«Mi copro, arrotolo la sciarpa attorno al collo e alla testa. Lascerò scoperti solo gli occhi» propose, tirandomi un ciuffo di capelli che ricadeva sulla fronte.
«Il problema sono proprio quelli. Dovresti metterti un paio di occhiali da sole quando sei vicino a me» confessai, sfiorandole la tempia con le dita.
Cominciò a ridere, appoggiando la fronte sulla mia spalla.
«Questo era romantico» disse, baciandomi il collo appena sopra la maglietta.
«Ash» sospirai, socchiudendo gli occhi.
«Ragazzi sto entrando e sarà meglio per voi se siete vestiti, o Francis perderà le gambe» urlò qualcuno da dietro la porta, prima che si aprisse.
Eric e Chris si nascondevano gli occhi a vicenda, tenendo le dita aperte per guardare.
Ashley cominciò a ridere prendendo un evidenziatore e lanciandolo contro di loro.
«Sei manesca» si lamentò Chris, riuscendo però a spostarsi prima che il pennarello potesse colpirlo.
«Potete uscire dalla mia camera?» chiese Ash, tornando improvvisamente seria.
«Moccioso, potresti spiegare alla tua ragazza che siamo fuori dalla sua stanza?». Chris indicò i loro piedi.
Effettivamente non erano nella camera di Ash.
«E allora chiudete la porta e andatevene, per favore. Stiamo studiando». Ash prese il suo astuccio, cercando qualche altra cosa da scagliargli contro. «Se trovo le forbice giuro che la tiro addosso a voi, quindi andatevene» spiegò, alzando le forbici trionfante.
«Eric, andiamocene. Studiare con il moccioso l’ha resa pazza» asserì preoccupato Chris, chiudendo la porta.
Non passò molto tempo che…
«Ash, mi ha chiamato mamma, ha detto che questa sera usciamo a cena tutti assieme».
Eric entrò in camera, lasciando per un secondo Chris perplesso.
«Ma domani ho l’esame» piagnucolò Ash, sospirando sconfitta. «D’accordo». Chiuse il libro di biologia, guardandomi con uno sguardo triste mentre Eric si chiudeva la porta alle spalle.
«Che c’è?» chiesi divertito dalla sua buffa smorfia.
«Lo sai che devo andare. Ceniamo con Eric una volta al mese e domani mattina riparte per il college» mormorò, appoggiando la guancia sulla mia spalla.
«Devi stare tranquilla, perché domani andrà bene, ok?» cercai di convincerla, accarezzandole la mano.
Annuì, stampandomi un bacio sulla guancia.
«Ci vediamo domani a scuola?» domandò, portando le sue braccia attorno al mio collo.
«Solita ora sotto alla quercia, come sempre» sorrisi, dandole un veloce bacio sulla punta del naso.
Ricambiò il risolino, prima di sfiorare le mie labbra con le sue.
Lasciai giocare per qualche secondo le nostre bocche, prima di alzarmi con uno sbuffo, «Ok, vado».
«Francis!» esclamò sorpresa.
«Sì?». Cominciai a raccattare i miei libri, mettendoli in borsa.
«Perché ti sei allontanato?». Si alzò in piedi, sistemandosi la maglia.
«Perché devo tornare a casa e tu devi prepararti». Che domanda era?
Sapeva che sarei rimasto a baciarla se solo avessi potuto.
«Sì, ma non era un vero bacio» si lamentò, portando le mani sui fianchi, in un gesto arrabbiato.
Non riuscii a trattenere una risata, avvicinandomi a lei e prendendo il suo volto tra le mie mani.
Portai le mie labbra sulle sue, regalandole un lento e dolce bacio. Sentii il suo corpo aderire al mio e le sue mani correre tra i miei capelli.
«Questo era un bacio» soffiò sulle mie labbra, sorridendo.
«Ci vediamo domani» bisbigliai, sfiorando di nuovo la sua bocca con la mia.
 
Un respiro profondo.
Due respiri profondi.
«Abbott» chiamò il professor Moriarty.
Hannah salì sopra al palco, stringendo la mano del professore e prendendo il diploma.
Berkeley, sarei andato lì.
Mi avevano accettato.
Facoltà di Ingegneria Biochimica.
Ashley era riuscita a superare l’ultimo esame di fisica con una A-; quel voto le aveva permesso di entrare alla Stanford-Brown, nella facoltà di Infermieristica.
Non eravamo nello stesso college, ma almeno ci trovavamo in California.
«Bilson». Sarah, una delle cheerleader, avanzò saltellando e lanciando baci verso il pubblico.
Zac e Mac avevano deciso.
MIT.
Sarebbero volati in Massachusetts.
Ci saremmo divisi, senza poterci vedere per mesi.
Forse solo durante le vacanze di primavera e quelle estive.
Sarebbe stata dura, ma ero felice per loro.
Il loro sogno si era avverato.
Mac ammessa a Informatica e Zac a Ingegneria.
Hannah e John erano ancora indecisi.
Hannah probabilmente si sarebbe iscritta alla Columbia, allontanandosi da Ashley e da me.
John aveva ricevuto due risposte affermative da Hardard e Yale, doveva solo scegliere.
«Bolton». Zac si avvicinò al professore, mentre applaudivo soddisfatto del mio migliore amico.
Riuscii a sentire un gridolino eccitato di Mac, quando sventolò il diploma in aria.
«Foster». Ashley salì sopra al palco e cominciai ad applaudire, fiero di lei.
Probabilmente era l’unica persona, in quella sala, a indossare la toga gialla e nera come se fosse un vestito di classe.
«Vai Shy» urlò qualcuno dal fondo della sala.
Cominciai a ridere, riconoscendo la voce e il nomignolo che Eric usava.
Ashley attraversò il palco e, prima di scendere le scale, mi guardò, facendomi l’occhiolino.
Quante cose erano cambiate in quei quattro anni.
Avevo varcato la soglia di quella porta rossa come un ragazzino timido e introverso, con solo tre amici.
Uscivo da quella stessa porta, quattro anni dopo, cambiato.
Non solo fisicamente.
Avevo imparato che nella vita le sorprese arrivano sempre quando meno te l’aspetti.
Avevo imparato che se speri che qualcosa avvenga, ma solo se lo fai con tutto te stesso, quella cosa può avvenire davvero.
«Hale». Mac salì la scala con uno splendido sorriso, mentre Zac continuava a urlare il suo nome.
Fece una linguaccia, guardandomi.
Non riuscii a trattenermi e cominciai a ridere.
In quei quattro anni avevo imparato che l’amicizia è una delle cose più belle che esista, se è vera.
«Hanning». John sospirò, stringendo la mano del professore e scendendo velocemente dal palco con uno sguardo basso.
John, come avremmo potuto vincere le olimpiadi di chimica senza di lui?
«Harris». Luke corse verso il professore, felice di poter ricevere il suo diploma.
Era riuscito a ricevere una borsa di studio per giocare a football in un’università del Nevada.
In qualche modo ero felice per lui.
«Hudson Francis Seth». Respirai profondamente, concentrandomi per non inciampare nei miei stessi piedi.
Quando salii sopra al palco sentii la voce di mio fratello urlare «bravo moccioso» e non riuscii a non ridere.
«Buona fortuna Hudson, se lo merita» disse il professor Moriarty, stringendo la mia mano.
Guardai subito verso il pubblico, cercando la mia famiglia.
Mamma stava piangendo, stretta tra le braccia di papà. Lui invece fischiava, guadagnandosi un’occhiataccia dalla signora di fianco a lui.
Quello che mi stupì, però, fu vedere i ragazzi delle prime file alzarsi per applaudirmi.
Potevo riconoscere tra di loro alcuni studenti che facevano parte della banda o del gruppo di chimica, ma erano molti quelli che non riuscivo a identificare.
Mi stavano applaudendo.
Esattamente come avevano fatto quando avevo concluso il discorso pochi minuti prima.
Ashley e Mac mi stavano aspettando, abbracciate.
Zac continuava a sistemarsi gli occhiali, tenendo una mano attorno alla vita di Mac.
L’amicizia era una delle cose più belle che esistesse, l’avevo imparato io stesso.
«Hai sentito? Tutti per te» mormorò Ash, dandomi un bacio.
L’amore però regalava sensazioni uniche.
«Kingston». La sala si ammutolì quando Alex salì sopra al palco.
Non aveva giocato la partita finale e la squadra aveva perso.
Ero sicuro che tutti si fossero zittiti per quello.
Eppure, Alex mi faceva pena.
Aveva sbagliato, era uno stronzo, ma ne aveva abbondantemente pagato le conseguenze.
La storia con Kathrina non era durata; qualche mese dopo, infatti, lei si era rifugiata tra le braccia del nuovo quarterback, lasciandolo.
Cominciai ad applaudirlo, seguito poco dopo da Mac, Zac, John, Hannah e Ashley.
Lentamente la sala ci seguì, mentre Alex, stupito, scendeva dal palco.
Ci lanciò un’occhiataccia, camminando velocemente verso l’uscita.
In quei quattro anni d’inferno avevo anche imparato che spesso, quasi sempre, il cervello vinceva contro i muscoli.
La vita tra quelle mura non era stata facile, ma tutti noi avevamo ricevuto un premio.
Una piccola rivincita, per noi quattro poveri nerd.
Zac aveva Mac, John era riuscito a parlare con Hannah senza dire qualcosa di stupido.
Io… io invece potevo stringere tra le braccia l’unica ragazza che era riuscita a farmi battere il cuore.
La stessa che mi aveva chiesto chi ero, quando le avevo consegnato una pizza.
La stessa che mi stava stringendo la mano, in attesa delle parole che avrebbero chiuso per sempre il capitolo del liceo, ma che ci avrebbero spalancato le porte della vita vera.
«Signori, un applauso alla classe dei diplomati del 2012» urlò il professor Moriarty, mentre con un boato lanciavamo i nostri cappelli in aria.

 
 
 
 
 
 
 
Salve!
Prima di tutto permettetevi di ringraziarvi immensamente per le 20 recensioni (VENTI) del capitolo scorso. Sono una MONTAGNA e giuro, non so come ringraziarvi!
Se avessi saputo prima che bastava svestire Francis, l'avrei fatto dal secondo capitolo! :P (scherzo, ovviamente).
Inutile dire che il mio umore si è sollevato di 1897684517856785418 volte, facendomi scrivere questo capitolo a tempo di record. E ammetto, non ho mai pianto tanto come nella seconda parte.
Mi sono commossa, ragazze.
Insomma, il prossimo sarà l’epilogo, ma è ambientato 8 anni più avanti, quindi in qualche modo questo era l’ultimo capitolo, insomma.
Ah sì, una cosa che mi sono dimenticata la settimana scorsa per la fretta di postare: From Sue Storm to Diana Prince è lo spin-off di Zac e Mac. Saranno pochi capitoletti (5 al massimo) e due sono già on-line. Se volete farci un salto siete benvenute!
Bene, vi aspetto la prossima settimana per l’epilogo, insomma! :)
Spero che vi sia piaciuto anche questo capitolo e come sempre ringrazio preferiti, seguiti e da ricordare!
QUESTO è il gruppo spoiler (dove ho già inserito un bel po’ di cose della storia nuova) e QUESTO è il mio profilo.


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Capitolo 24
*** Epilogue ***


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«Tesoro, agganciati la cintura di sicurezza, per favore» sussurrai, facendo retromarcia per uscire dal vialetto di casa.
«Francis… lo sai che mi dà fastidio» borbottò in risposta, con uno sbuffo irritato.
«Se facciamo un incidente? Lo sai che potresti farti male. Anzi, potreste farvi male» specificai, lanciando un’occhiata al pancione.
«Non succederà nulla, ok? Dobbiamo andare a La Bohème, ci arriviamo in meno di mezz’ora. Su, Francis, non essere pessimista. E poi ho chiesto al Dottor Ross e mi ha detto che non è obbligatoria la cintura di sicurezza» spiegò, girandosi per controllare che nel sedile posteriore non ci fossero problemi.
«Lo so, ma ormai manca poco e non voglio che vi succeda nulla». Svoltai all’incrocio, appoggiando la mia mano sulla gamba di quella ragazza così testarda che avevo sposato.
Quasi sei anni di matrimonio.
Potevano sembrare tanti, ma non per me. Non quando mi trovavo di fianco una moglie che conoscevo da sempre.
«Papà, ci sarà anche Rosalind?» con la sua vocetta il mio bambino interruppe i miei pensieri.
Lo guardai attraverso lo specchietto retrovisore: era impegnato a cercare di completare una faccia del cubo di Rubik.
«Certo Isaac. Ci saranno Rosalind e anche Steve» risposi, tornando a concentrarmi sulla strada.
Non mi sfuggì però il suo sorriso soddisfatto.
Lo vidi sistemarsi gli occhiali da vista e quel gesto mi fece sorridere.
Nonostante Isaac assomigliasse ad Ashley, in alcuni piccoli gesti mi rivedevo in lui.
«Chissà come saranno diventati grandi» mormorai, guardando nostro figlio, sul sedile posteriore.
Isaac avrebbe compiuto cinque anni due mesi dopo. Il tempo scorreva troppo velocemente.
«Sono curiosa di vedere Rosalind. Voglio capire se ha ancora gli occhioni di suo padre» mormorò Ash, dando voce ai suoi pensieri.
Era da quasi un anno che non ci ritrovavamo, a causa dei miei impegni di lavoro e dei loro.
Ash fortunatamente riusciva a scambiarsi i turni con le colleghe. Le infermiere dell’ospedale di Los Angeles erano tutte gentili, per questo ne avevo sposata una.
Sogghignai tra me e me a quel pensiero e sentii gli occhi di Ash addosso.
«Che c’è?» chiese, divertita dal mio sorriso.
«Stavo pensando» ribattei, cercando di non dire a cosa.
«Precisamente?». Si appoggiò con la schiena al finestrino, sedendosi composta dopo lo sguardo di ammonimento che le avevo dato.
«Non li vediamo da quasi un anno. È tanto» mentii, sperando che non se ne accorgesse.
L’avevo imparato quattro anni prima e in alcuni casi mi piaceva giocarci un po’. Quando Ash era incinta, non riusciva sempre a capire quando mentivo.
«Lo so. Mi mancano» sospirò, mentre posteggiavo la macchina nel parcheggio del locale.
«Papà, mi manca l’ultimo quadratino, puoi aiutarmi?». Un cubo di Rubik comparve di fianco a me, facendomi sussultare.
Solo una faccia era quasi completa: mancava una casellina.
Cominciai a ridere, notando che l’altra faccia, quella gialla, la stessa che lo avevo aiutato a comporre, non c’era più.
«Isaac, guarda» spiegai, girando lentamente le facce del cubo, fino a quando tutto il lato bianco si completò, «non è facile, non ti preoccupare se non riesci a farlo adesso». Non volevo che si sentisse uno stupido  perché a cinque anni non riusciva a fare tutto il cubo. Gli feci una linguaccia per farlo ridere, mentre io e Ash scendevamo dall’auto.
«Ricordami perché gli hai regalato quel coso a Natale» bisbigliò mia moglie, affiancandosi a me per aprire la portiera di Isaac.
«Perché si allena la mente con gli algoritmi» spiegai, prendendolo in braccio mentre Ash chiudeva lo sportello.
«Perché a cinque anni deve allenarsi con gli algoritmi? A ventisei devo ancora capire che cosa sono» bofonchiò, stringendo la mia mano mentre entravamo nel grande salone de Le Bohème.
«Sono metodi per ottenere risultati» spiegai, cominciando a sorridere quando vidi Zac.
Si alzò dal tavolo, camminando verso di noi.
«Dio come sei diventato grande» sogghignò il mio amico, scompigliando i capelli a Isaac.
«Ciao zio». Isaac si allungò verso Zac, perché potesse prenderlo in braccio.
«Sei diventato vecchio, Zac» scherzai, prendendolo in giro.
Ash stava parlando con una ragazza, anzi, una donna, mentre abbracciava una bimbetta dai capelli castani e con gli occhi più azzurri che avessi mai visto.
Solo quelli del suo papà erano più azzurri dei suoi.
«Rosalind» mormorai, abbassandomi perché potesse salutarmi.
Fece un sorriso imbarazzato, prima di nascondersi dietro alle gambe della sua mamma.
«E tu? Quanto sei diventato grande? Sei un piccolo ometto, Steve». Mi avvicinai a lui, cercando di afferrargli un braccio. Quel gesto lo fece ridere.
«Francis, per favore. Siamo in un locale» mi ammonì Ash, facendomi ridere.
Mi guardai attorno ma sembrava che gli altri clienti non fossero interessati a noi.
Meglio così.
«Ashley, la tua pancia è… enorme» constatò Mac, senza pensare di salutarmi.
«Ehi, puoi anche degnarti di dirmi un ciao, eh» sbottai offeso, dandole un piccolo schiaffo sulla spalla.
«Non è il momento Francis. Prima devo sapere tutti gli sviluppi della seconda gravidanza. Come procede?». Mac tornò a parlare con Ashley, ignorandomi.
«Papà» chiamò Isaac, tirando leggermente i miei jeans perché lo guardassi.
Gli sorrisi prendendolo in braccio e mi sedetti di fianco ad Ash.
Zac e Mac, assieme a Rosalind e Steve, seguirono il nostro esempio.
«Stai seduta bene, Rose» la ammonì Zac, sistemandole un ricciolo che le ricadeva sulla fronte.
Lei rispose con un sorriso sdentato che mi fece ridere.
Isaac continuava a fissarla in silenzio, rigirandosi il cubo di Rubik tra le mani.
«Rosalind, quanti anni hai?» chiesi, sperando che cominciasse a parlare.
L’ultima volta che ci eravamo visti era diventata meno timida ma solo quando Isaac aveva cominciato a disegnare assieme a lei.
«Quattro dopodomani» mormorò, quando Zac le accarezzò la piccola testolina riccia.
«Oh, sì! È vero» ricordai improvvisamente.
«E Steve?». Guardai quel piccolo bambino con gli occhioni azzurri. Non era lo stesso azzurro della sorella, però. Assomigliava quasi al verde della mamma; la stessa che continuava a cullarlo.
«Uno e mezzo» rispose Zac, guardando poi con un sorriso divertito Isaac.
«Sapete già se sarà maschio o femmina?». Con un cenno del capo indicò il pancione di Ash.
«No, sarà una sorpresa. Tanto manca poco, meno di un mese» spiegai.
Isaac alzò la testolina bionda, guardando Zac.
«Sarà un fratellino» spiegò, sicuro di quello che diceva.
Io e Zac non riuscimmo a trattenerci e cominciammo a ridere.
Le donne, attirate dalle nostre risate, smisero di parlare e avvicinarono le sedie a noi.
«Che cosa stavate dicendo?» chiese Mac, rivolgendosi finalmente a me.
«Cose che non ti interessano, amore» ribatté Zac.
Nonostante fossero passati anni, non riuscivano ancora a non punzecchiarsi.
Forse era proprio questo il segreto della loro felicità.
«Come procede su a Providence?» chiesi a Mac, circondando le spalle di Ash con un braccio.
«Bene, adesso insegno al secondo anno di un liceo abbastanza piccolo. Tanti si credono geni e di informatica non sanno nulla e qualche secchione che però non riesce ad hackerare nemmeno il sistema della scuola» spiegò, facendo ridere Ash.
«E a te?». Mi rivolsi a Zac, ansioso di sapere come procedesse la sua carriera di assistente universitario.
Sapevo che quasi sicuramente, molto presto, la cattedra sarebbe stata sua.
Insegnare ingegneria al MIT per un ragazzo di nemmeno trent’anni era un evento unico, ma il professore era rimasto  talmente colpito dalle sue potenzialità che gli aveva promesso la cattedra, una volta andato in pensione.
«Moore dovrebbe andare in pensione tra tre anni, quindi ancora per un po’ sarò assistente. Ma mi piace» asserì, soddisfatto del suo lavoro. «E tu Ash? Come ti trovi in quell’ospedale?» chiese, facendo saltellare Rosalind sulle sue ginocchia che rideva divertita dall’improvvisata giostra.
«Bene. Sono tutti molto gentili con noi infermiere, mi piace. Alla fine è il lavoro che ho sempre sognato». Si portò una mano sulla pancia, massaggiandosela lentamente.
«Grazie per avermi chiesto come va in quel laboratorio. Siete tutti molto gentili con me» borbottai, fintamente offeso.
Mac cominciò a ridere, contagiando anche il piccolo Steve.
La sua risatina riuscì a metterci tutti di buonumore.
«Qualcuno ha sentito John?» domandai poi, curioso di sapere se tutto procedesse bene a Londra.
«No. Dopo l’università, da quando è partito per Londra non l’ho più sentito. Ha mandato sempre meno mail e chiamato raramente. Non so che cosa gli sia successo» spiegò Zac, abbassando lo sguardo.
«Da quando Hannah l’ha lasciato si è fatto sentire sempre meno» sospirò triste Mac, accarezzando la testolina di Steve.
«Han non doveva comportarsi così. Poteva dirglielo in modo diverso che le piaceva un altro ragazzo» continuò Ashley, stringendo la mia mano.
«Ragazzi, non pensiamo più a queste cose, su. Ora John è a Londra e sta facendo carriera. Noi ci siamo ritrovati dopo quasi un anno. Dobbiamo festeggiare» proposi, prendendo il bicchiere pieno d’acqua che avevo davanti a me.
«A noi, che dopo tutti questi anni siamo ancora qui, con i nostri piccoli bimbi» brindò Ashley, avvicinando il suo calice al mio.
«A noi». Le nostre voci riunite in una sola.
Strinsi di più Isaac, dando un bacio tra i capelli ad Ash.
La sua mano tornò ad accarezzare la sua pancia arrotondata.
Mac pizzicò un fianco di Zac che le fece una linguaccia, riparandosi dietro la piccola Rosalind.
Steve, invece, succhiava il ditone con la testolina appoggiata alla spalla di Mac.
Tutti di nuovo lì, nello stesso locale che ci aveva ospitato la serata del prom, la stessa sera in cui per la prima volta avevo fatto l’amore con Ash.
In qualche modo il cerchio si era chiuso: lì avevamo festeggiato la fine del liceo e lì eravamo ritornati per vederci di nuovo.
Perché l’amicizia con Mac e Zac, nonostante la lontananza, non sarebbe mai finita.
Se poi si parlava del mio amore per Ash… be’, quello neanche avrebbe mai avuto fine.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Oooook!
Fine! :’)
Ammetto che ho pianto molto di più nello scrivere lo scorso capitolo, forse perché qui i miei nerdini sono cresciuti e si sono addirittura prolificati. Insomma, sono cambiate un bel po’ di cose, ecco.
Dunque dunque dunque, come avevo anticipato già da qualche settimana le coppie non sarebbero rimaste sempre assieme. E… John e Han… be’, l’avevo fatto capire anche al Prom. C’era qualcosa, non so bene cosa, ma non stava funzionando come doveva. Così lei ha pensato di chiamare John e dirgli che ha trovato un nuovo amore. John ci è rimasto male ed è scappato a Londra, facendo comunque carriera.
Per le altre due coppie mi sembra spiegato.
I pargoli… ho trovato Rosalind e Steve, ma il piccolo Isaac non ha ancora un volto.
Ah sì, i nomi dei bimbi: Rosalind è Rosalind Franklin, la donna che assieme a Watson e Crick ha scoperto il DNA (senza Nobel, perché è morta prima e il Nobel a differenza degli Oscar non può essere postumo). Steve, be’, lui è facile Steve Jobs. Mac doveva chiamare suo figlio come Jobs…
Isaac, devo spiegarlo? Newton, ovviamente. Francis e Ash si sono conosciuti alle lezioni di fisica, dovevo mettere un riferimento.
 
Bon, passiamo ai ringraziamenti:
volevo ringraziare tutti quelli che hanno letto e recensito, perché siete stati tanti tanti tanti e mi avete sempre messo un sorriso in viso…
un ringraziamento a chi ha aggiunto la storia ai preferiti/seguiti/da ricordare (siete sopra il 200 e per me è proprio tanto).
Un ringraziamento anche a chi ha solamente letto, chi per sbaglio e chi ha seguito ogni capitolo.
Questa storia è nata come intramezzo tra due storie ‘pesanti’. Mi serviva qualcosa di leggero e spensierato, e i nerd erano l’argomento perfetto.
Mi dispiace se ci sono state pause tra un capitolo e l’altro, se vi ho fatto aspettare troppo o se in qualche capitolo non c’è stato quello che vi aspettavate.
Posso garantirvi che in qualche modo Francis e tutti i nerd sono fieri di quello che hanno fatto.
Per chi vuole, ricordo ‘From Sue Storm to Diana Prince’, lo spin-off Zac e Mac, quasi finito. Sono 5 capitoletti, insomma.
Un grazie enorme a Malia85 che mi ha betato tutta la storia, OS compresa! Senza quella santa donna non so che capitoli sfornerei! :)
 
Da questa settimana comincerò una nuova storia, sempre romantica, ma con tematiche diverse. Ale ha pensato di fare il teaser trailer della trama che avevo pubblicato nel gruppo. Lo trovate qui: You Saved Me.
Se qualcuno vorrà leggere anche quella storia, be’, sarete le benvenute!
 
Come sempre, QUESTO è il mio profilo Fb e QUESTO il gruppo spoiler (per la storia nuova e per Zac e Mac).
Grazie ancora di tutto da parte mia, di Francis, Ash, Zac e Mac. E ricordate, sognate, perché è meraviglioso.
 
Rob.

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