There's a light. There's the sun.

di Kary91
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chances. (Jeremy) ***
Capitolo 2: *** I was trying to Save me. (Tyler) ***
Capitolo 3: *** And we'll run for our lives. (Vicki) ***
Capitolo 4: *** When the lights go out. (Elena & Matt) ***
Capitolo 5: *** You're a cool breeze and the setting sun. (Caroline & Stefan) ***
Capitolo 6: *** I tasted love, so sweet. (Damon & Elena) ***
Capitolo 7: *** Pretend that you want it. (Tyler) ***
Capitolo 8: *** A new chapter begins. (Elena & Jeremy) ***
Capitolo 9: *** Strangers in different places. (Damon & Stefan) ***
Capitolo 10: *** We bleed for what we need. (Alaric & Isobel) ***
Capitolo 11: *** Cut. (Anna & Jeremy) ***
Capitolo 12: *** He goes left and You stay right. (Damon da piccolo) ***
Capitolo 13: *** A place to rest. (Stefan) ***
Capitolo 14: *** Brave. (Caroline & Tyler) ***
Capitolo 15: *** Is it dark where you are? (Jules & Tyler) ***
Capitolo 16: *** 16.Lift the weight of the world (Jeremy) ***
Capitolo 17: *** Who will love you? (Jenna) ***
Capitolo 18: *** Broken Strings (John) ***
Capitolo 19: *** You haven't lost me yet. (Caroline & Matt) ***
Capitolo 20: *** Echo (Matt & Vicki) ***



Capitolo 1
*** Chances. (Jeremy) ***



Questa meravigliosa copertina è opera di Butterphil

Chances.

s

 

Chances lost are hopes turn up pages

Chances are the fascination
Chances won't escape from me
Chances are only what we make them
And all I need.

 

Chances. Five for Fighting.

 

Una matita, un foglio di carta spoglio.

 

I pensieri scivolano fra le pagine di un album a lungo segregato in un cassetto.

 

Una mano si destreggia abile fra tratteggi appena accennati: abbozzi di volti, sguardi penetranti, profili più o meno marcati.

 

Il sole si stiracchia pigramente allungando il più spavaldo dei suoi raggi in direzione della finestra: una finestra rimasta chiusa per troppo tempo.

 

Un ragazzo accoglie con insolita fermezza l’ispirazione celata fra le pagine di un vecchio diario. La mente sgombra: le dita terse di febbrili movimenti.

 

La luce filtra dalle persiane finalmente schiuse rischiarando i lineamenti determinati del giovane.  Un tiepido brillio a sottolineare la purezza di un attimo; l’incanto struggente racchiuso in un così esile frammento di esistenza.

 

Un sorriso increspa sottile gli angoli di un paio di labbra. Spontaneo.  Il timido accenno a un cambiamento che sta avendo luogo in quel momento; in quel ragazzo.

 

La sagoma bruna di una ragazza emerge da uno spiraglio della porta in noce. L’occhio di Elena si intrufola incredulo nell’intimità di quel frangente, accogliendo con un brillio il sorgere di un nuovo giorno. 

 

L’affievolirsi del vecchio.

 

Una. Due. Tre parole.

 

“Ben tornato, Jeremy.”

 

“Jeremy ha tirato fuori l’album da disegno.”

“Scherzi?”

“No. Ma non dire niente, appena lo incoraggeremo lo rimetterà via.”

 

1x10. Turning Point

 

 

Note dell’autrice.

Ebbene, eccomi qui.

Lo so, lo so: di raccolte in questo fandom ne stanno nascendo un bel po’ ultimamente, ma non ho saputo resistere.

Sono sempre stata un tipo da one-shot, forse perché non ho abbastanza costanza e non sono in grado di completare le long fiction, ma al tempo stesso, non riesco mai a limitare i miei racconti che nati per essere brevi, diventano chilometrici.

Ultimamente, tuttavia,sono rimasta affascinata dalla capacità di alcuni scrittori di tratteggiare in poche parole la psicologia di un personaggio e mi sono detta: perché non provare?

Partendo dal presupposto che traggo spesso l’ispirazione dalla melodia o dal testo di una canzone, ho deciso di provare a creare dei piccoli “frammenti” di racconto prendendo spunto dalla meravigliosa

colonna sonora di “The Vampire Diaries”. La struttura sarà più o meno sempre simile per ogni racconto, salvo imprevisti. I personaggi/pairings, al contrario, varieranno di volta in volta. Vorrei cercare di scrivere un po’ su tutti, anche se temo sarà impossibile. Insomma, vedremo!

Ho deciso di aprire la raccolta con Jeremy e la scena in cui tira fuori i suoi album da disegno, principalmente per due motivi: sia perchè Jeremy è il mio personaggio preferito (oltre a Damon, ma lui ovviamente è scontato), che perché trovo che il significato della canzone e della flash fiction stessa sia perfetto per un primo capitolo.

 

Bene, concludo il mio sproloquio insensato e mi abbandono al vostro parere.

 

Sperando di sentire il vostro parere al più presto.

 

Laura

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Capitolo 2
*** I was trying to Save me. (Tyler) ***


I was trying to Save Me.

 

I was only trying to bury the pain
But I made you cry and I can’t stop the crying
Was only trying to save me


You said it, I get it
I guess it is what it is

 

Lifehouse. It is what it is.

L’aveva usata.

Come un giocattolo, una bambola.

L’aveva usata e poi se ne era lavato le mani.

 

La sua intera vita era basata su di un unico solitario principio: ciò che ottieni con la forza, ti spetta di diritto.

 

Erano parole di suo padre e Tyler ci era cresciuto dentro per anni, fino a sentirsele strette, troppo strette, al punto di rischiare il soffocamento.

 

La verità era che non poteva sfuggire a quel principio: una volta varcata la soglia della gelida ma sicura tenuta dei Lockwood, per Tyler non c’era nulla.

 

 Il vuoto.

 

E un grigio bagliore di solitudine.

 

Sì, l’aveva usata.

 

Vicky Donovan aveva pianto, per colpa sua e adesso era morta.

 

E lui, Tyler Lockwood, era stato maledetto: per la sua codardia.

 

“Tyler?”*

Lo avverte appena: un richiamo esile, soltanto abbozzato.

Qualcuno lo sta chiamando.

 

“Caroline”

 

La morsa del dolore si allenta. La pelle torna liscia e le zanne si ritirano.

Però fa freddo: un freddo tagliente che si intrufola a fondo, penetrando le ferite.

 

“Tyler.”

 

Questa volta è sicuro di averlo sentito.

Nitido. Pulito. Come il tocco candido di una mano: la stessa che sta sfiorando tiepida la superficie del suo corpo maledetto.

 

Quella mano continua a scorrere docile sulla sua schiena, tentando di reprimere i brividi; di controllare i tremiti.

 

“Stai bene.”

Parole che infondono fiducia.

Parole di comprensione, di conforto.

 

C’è quindi qualcuno?

 Qualcuno per lui?

 

 

“Stai bene. Cel’hai fatta: non sei uscito. Stai bene!”

 

E Tyler vorrebbe tanto riuscire a sorridere.

Vorrebbe poter restituire un po’ di quel calore, di quel tepore emanato dall’abbraccio di Caroline.

 

Ma pensa a Vicky.

Pensa a suo padre e a quanto rancore avveleni ancora il suo sangue non più solamente umano.

Pensa a Mason e al suo abbandono, alle disperate richieste di aiuto rimaste inascoltate.

Pensa al dolore lancinante della notte appena trascorsa. E al fatto che ne seguiranno altre. Altrettanto fredde. Altrettanto sporche: sporche di tormento.

Pensa alla ragazza che ha ucciso e alle persone che potrebbero fare la stessa fine per mano sua.

 

“No.”

 

Tyler non può più fuggire, ormai.

La voragine che si estendeva fuori dalla tenuta dei Lockwood si nutre di lui. Del dolore che contorna i suoi occhi spenti, imperlati di lacrime tremule.

Vi è solo il vuoto ormai.

E il freddo.

 

“ Non  sto bene.”

 

*Dialogo tratto dall’episodio 2x11. By the light of the Moon.

Nota dell’autrice.

Secondo tentativo. Lo so, probabilmente avrei dovuto ritirarmi con il primo dato che il messaggio inviato dalle poche letture e le assolutamente nulle recensioni, era forte e chiaro: questa raccolta “non s’ha da fare”.

Eppure non avevo voglia di arrendermi: non ancora. Perciò ho deciso di provare a proporre ancora un capitolo. Questa volta tutto per Tyler. Il frammento è ambientato durante uno dei momenti più drammatici della seconda stagione: la sua prima trasformazione.

In questo frammento la citazione finale tratta dal telefilm non c’è, ma è inserita direttamente nel testo (la parte in grassetto): come avrete intuito è il dialogo fra Caroline e Tyler alla fine dell’undicesima puntata.

Non ho altro da aggiungere; incrocio le dita nella speranza che questo capitolo sia almeno un briciolo migliore del precedente.

 

Un abbraccio.

Laura

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Capitolo 3
*** And we'll run for our lives. (Vicki) ***


And we'll run for our lives.


 

I'll sing it one last time for you
Then we really have to go
You've been the only thing that's right
In all I've done.

 

Run. Leona Lewis

 

Eccolo lì.

Le braccia rigide serrate al corpo, lo sguardo attento.

Silenzioso. Solo.

 

Sei come me: esattamente come me.

 

Fragile.

 

Un barlume di calore si insinua attraverso la mia pelle gelida nell’individuare la tua felpa: il cappuccio nero calcato sugli occhi.

 

Stai cercando me, Jeremy?

Non temere: sono qui.  Sono venuta a prenderti.

 

Lo sai? Mystic Falls non ha mai apprezzato la mia presenza fra i suoi figli.

Fa male andarsene, quando non si ha un posto in cui fuggire.

 

Ho paura Jeremy.

 

Ma non ho rimpianti, se ti porto via con me.

 

Tu sei la cosa giusta: l’unico sbaglio che non è ritornato indietro.

Lo spiraglio di luce nel cuore di una tormentata tempesta.

 

Sei stato un uomo con me, Jeremy.

 

E ciò che più si è avvicinato ad un principe, in questi diciotto anni di fragile vita.

 

Io, Vicki Donovan, una poveraccia destinata all’oblio, con te ero Cenerentola; addormentandomi al tuo fianco, avvertivo il soffice tocco di un vestito elegante e le scarpette di cristallo ai piedi.

 

Sono egoista, Jeremy. Perché ti porterò via con me.

 

Non meriti di fuggire: tu che sei fragile ma determinato. Tu che puoi farcela.

 

Ma devi.

 

Eccoti qui: di fronte a me.

 

Lascia che ti stringa. Che ti baci un’ultima volta, prima che sia troppo tardi.

 

Prima che dimentichi con quanta dolcezza abbia desiderato la tua pelle.

 

Non per fame, ma per amore.

 

Prima di partire Jeremy.

 

Prima.

 

Perché Vicki Donovan da ieri non ha più un dopo.

 

Perché Vicki Donovan, la tua Vicki, se n’è già andata.

 

Non esiste più.

 

 

 

 

 

 

“Ero in ansia per te.”

“Ora sto bene,ma devo andarmene”

“Cosa, dove?”

“Devo andare. Non posso più vivere a casa: Matt non mi capisce.”

No non puoi andartene.”

 

“Vieni con me.

Se vieni con me staremo insieme per sempre.”

 

“Ok. Sì.”

 

 

1x08. Ossessionata.

Nota dell’autrice.

Ed eccomi qui con una quarta piccola one-shot: questa volta il capitolo è interamente dedicato a Vicki. Dopo averla nominata per due racconti di seguito (quello su Tyler e quello su Matt) diciamo che glielo dovevo.

Vicki è stato uno dei primi personaggi di cui ho rimpianto la morte, perciò sentivo davvero tanto il bisogno di aggiungere il suo nome alla lista dei personaggi trattati in questa raccolta. Vicki e il suo rapporto con Jeremy, che personalmente ho sempre trovato dolcissimo, nel modo in cui cerca di difenderla: di difendere chiunque in realtà.

E la canzone è talmente bella, che non potevo non adoperarla. Quella strofa che ho citato all’inizio mi è sembrata perfetta per lei e Jeremy.

Ringrazio ancora di cuore le persone che hanno lasciato una recensione ai precedenti capitoli. Grazie, davvero!Non potrei mai ringraziarvi abbastanza!

 

Un abbraccio

 

Laura

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Capitolo 4
*** When the lights go out. (Elena & Matt) ***


When the lights go out.


Do you remember the nights
We made our way dreaming
Hoping of being
Someone big
We were so young then
We were too crazy
In love.

We’ll be a dream. We the Kings feat. Demi Lovato

“E questo?”

Matt domandò basito, il capo leggermente inclinato verso destra: un lieve sorriso ad accentuare la curiosità impressa fra i docili lineamenti del suo volto.

“Che cos’è?”

Elena bussò con le nocche sulla fronte del ragazzo.

“Pronto, c’è nessuno qui dentro?  Bada: ho tagliuzzato fogli d’alluminio l’intero pomeriggio per costruirla, dunque sarà meglio che la provi immediatamente.

Lo sguardo incredulo del giovane strappò a Elena un risolino divertito, mentre, ignorando le occhiate di sbieco dei passanti, aiutava l’amico a infilarsi una calotta di cartone luminescente.

“Non posso credere che tu l’abbia fatto davvero.”

Rimirò sorridente la scintillate tuta d’astronauta che faceva a pugni con i colori tenui della sua T-Shirt.

Ed eccolo improvvisamente: aveva otto anni. Il visetto vispo era nascosto sotto fasci di fogli in alluminio e la manina paffuta avvolgeva esile quella di una bambina dallo sguardo furbetto.

“Eravamo dei bambini un po’ insoliti.”

Elena diede una scrollata di spalle sistemando con affetto un ciuffo ribelle sulla fronte del ragazzo.

“Eravamo buffi.”

“A Vicky piacevamo.”

Il ragazzo scostò con delicatezza il ricordo d’infanzia dai propri pensieri, lasciando posto al grigiore del presente: Vicky, sua sorella, non c’era più.

Un abbraccio tiepido, candido e confortevole lo avvolse con garbo, facendo a pugni con il freddo pungente emanato dal vuoto, quel maledetto vuoto che aveva messo  radici dentro di lui.

“Buon compleanno, Matt.”

 

Vuoi ancora essere un’astronauta?

“Te lo ricordi?”

“Ricordo il foglio di alluminio che avevi in testa…

“Avevo otto anni!”

 

“Come stai?”

“Sono stato meglio.”

 

1x10 Turning Point.

 

Nota dell’autrice.

Ed eccomi con una nuova piccola flash fiction (molto diversa dalle prime due).

In realtà, questa è stata la mia prima, ma ho deciso di postarla solo ora.

 

Che dire? Matt ed Elena. Mi piacciono molto come amici. Nel loro rapporto si intravedono perfettamente la semplicità, la spontaneità, la tenerezza di due persone che si conoscono fin da quando erano piccole.

 

E poi adoro Matt (anche se penso di essere una delle poche). Ha una personalità talmente dolce, ingenua. Mi fa una tenerezza incredibile (si è capito che mi piace scrivere delle cose più disparate?).

 

Ebbene vi saluto.

 

Ringrazio di cuore le tre meravigliose creature che hanno recensito i capitoli precedenti. Grazie, davvero!Spero di sentirvi ancora presto!

 

Un abbraccio

 

Laura

 

 

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Capitolo 5
*** You're a cool breeze and the setting sun. (Caroline & Stefan) ***


You're a cool breeze and the setting sun.

 

 

You're a cool breeze and the setting sun;
New Years, the 4th, wrapped into one.
You make me want to be someone that you could look up to.

If you're gonna be there, be there.
If you're gonna stay, stay tonight.
Start living. Out with the old.
I'm all lit up, must be the good life.

 

Be there. Howie Day

 

Sveglia poltrone!”

 

La luce filtrava tenue dalle veneziane in legno irradiando il volto del giovane di luce.

Un morbido peso rotolò sul petto di Stefan che sbadigliò, irritato dal brusco risveglio.

 

“Sono venuta a condividere la mia colazione con te!”

 

Il sorriso candido e infantile di Caroline coronò la visuale del vampiro, che con gli occhi impastati di sonno, chinò il capo per osservare il suo torace.

 

Scattò indietro all’improvviso, individuando un piccolissimo coniglietto grigio abbandonato sulla sua canottiera.

 

“Il mio primo coniglietto nano!” dichiarò Caroline soddisfatta sollevando un pugno verso l’alto con aria trionfante.

 

“Forse è un po’ piccolo, ma credimi: non è facile spezzare il collo a questi esserini quando ti fissano con quegli occhioni tanto grandi… Mi sono sentita un vero schifo.”

 

Con aria torva, Stefan pinzò il piccolo corpo inerme fra il pollice e l’indice e lo abbandonò sul comodino, prima di sprofondare stravolto fra i cuscini, tirandosi le coperte sul capo.

 

“Ho sonno , Caroline…”

 

Mormorò lasciandosi inebriare dal confortevole calore delle lenzuola.

 

La vampira non si diede per vinta e prese posto sul letto accanto a Stefan incrociando le gambe sulla trapunta, abbandonando gli stivali sul pavimento.

 

“Non esiste che tu ti metta a dormire quando una ragazza è così gentile da portarti la colazione a letto. E poi insomma, è il mio primo coniglietto, gradirei un minimo di coinvolgimento!  Perfino il mio gatto viene elogiato quando ci abbandona i topolini sullo zerbino. Ed è un gatto: un gatto, Stefan! Stefan?”

 

Caroline si zittì per un istante, individuando alcuni rumori soffocati dal pesante strato di coperte.

Incuriosita, la vampira strisciò sul letto e sollevò un lembo del lenzuolo, trovandosi di fronte al sorriso aperto e per nulla turbato di Stefan.

 

La sua risata s’ intrufolò con delicatezza fra i pensieri scomposti della vampira, e Caroline si meravigliò di quanto insolito fosse non individuare alcuna ombra di inquietudine sui lineamenti marcati del giovane.

 

“Ben lungi dal tuo solito sguardo Hey è martedì”.

 

Mormorò fra sé con un accenno di sorriso, osservando piacevolmente colpita l’aria placidamente rilassata che aveva assunto il viso di Stefan.

 

“Come dici?” domandò il vampiro interrompendo la risata, intrecciando le dita dietro la nuca.

 

In qualche modo, la parlantina instancabile di Caroline l’aveva messo di buon umore e la faccenda del coniglietto depositato sul suo torace, gli aveva strappato una risata senza neanche troppi sforzi.

 

“Dico che è strano vederti sorridere, Mr “Ho troppi pensieri per avere tempo di cambiare look al mio sguardo e così rimango cupo e tenebroso”. Hai un’aria più simpatica quando sorridi.

 

Stefan scosse il capo divertito, osservando la ragazza acquattata accanto a lui, che con le gambe incrociate e i capelli scompigliati, ricordava terribilmente una bambina troppo cresciuta.

 

“Grazie Care.”

 

Le concesse permettendo a quel sorriso tanto raro di arricciare le sue labbra ancora per qualche istante.

 

Caroline stava per domandare con aria vivace se il grazie fosse riferito al complimento o alla colazione che attendeva il vampiro sul comodino, quando improvvisamente si accorse di non sentire il bisogno di chiedere nulla.

 

“Ti voglio bene.”

 

Era questo che il suo cuore aveva voglia di pronunciare con dinamicità e lei, Caroline, non sapeva neanche bene il perché.

 

“Ti voglio bene Stefan.”

 

Come una bambina che tende il ditino al suo amico del cuore, Caroline formulò la sua frase non riuscendo a trattenere uno sprizzo di entusiasmo.

 

E si sorpresero entrambi, Caroline e il suo cuore, nell’avvertire il tiepido calore di un abbraccio, un abbraccio fraterno, accoccolarsi contro la pelle gelida della vampira.

 

Stefan strinse la ragazza a sé con affetto, ignorando il sonno pungente che ancora tormentava le sue palpebre e la cortina di pesanti riflessioni che lo accoglievano puntualmente ogni giorno in compagnia del’abbagliante e fastidioso sole.

 

“Te ne voglio anch’io Caroline.”

 

Mormorò con tenerezza scompigliando i ciuffetti biondi che ricadevano in disordine sul visetto sbarazzino della ragazza.

 

 

Perché lei era Caroline: la sua amica Caroline.

 

“Te ne voglio anch’io.”

 

 

 

Caroline: Always looking out for me.
Stefan: Yeah, well, you don’t exactly make it very easy on me.
Caroline: Then why do you do it? Why are you such a good friend to me?


Stefan: I don’t know. I guess you remind me of someone — my best friend, Lexi.

 

2x03. Bad Moon Rising.

 

Nota dell’autrice.

 

Nuova flash-fiction. In realtà non avevo ancora intenzione di postare un nuovo capitolo, ma dopo la puntata di oggi, questa è stata la one-shot che mi è sembrata più indicata postare.

 

Adoro il rapporto che c’è tra Stefan e Caroline. Lui il pensieroso cronico, lei la tipica ragazza che parla sempre troppo e a sproposito. E il modo che ha Stefan di prendersi cura di lei è qualcosa di dolcissimo. Spero che nei prossimi episodi troveranno del tempo per analizzare ulteriormente questa splendida amicizia che si sta creando.

 

Beh, non aggiungo altro, se on grazie alle quattro splendide persone che hanno recensito lo scorso capitolo. A questa flash fiction in particolare tengo molto, perciò spero di sentireun parere da parte di più persone possibili: anche se è qualcosa di molto breve.

 

Grazie ancora!

 

Un abbraccio

 

Laura

 

P.S. Il banner e i ringraziamenti arriveranno in serata. Promesso!

 

*Scappa.*

 



 

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Capitolo 6
*** I tasted love, so sweet. (Damon & Elena) ***


I tasted love, so sweet.

 

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And in the end the words won't matter
'Cause in the end nothing stays the same
And in the end dreams just scatter and fall like rain.

 

‘Cause all we are we are

And every day is a start of something beautiful, something real.

 

All we are. Matt Nathanson

“La vuoi smettere di fare il cretino? Restituiscimelo subito.”

 

Elena scattò in avanti per recuperare l’oggetto conteso, ma Damon sollevò il braccio verso l’alto, ridacchiando soddisfatto.

 

Uh Uh i tuoi genitori non ti hanno insegnato  le buone maniere? Si dice “per favore”.”

 

Commentò tranquillamente il vampiro sorridendo sotto i baffi, allontanandosi dalla ragazza.

 

“Si dice “per favore” per prendere in prestito qualcosa da una persona. Non mi pare tu l’abbia fatto.”

 

Ribatté Elena incrociando le braccia sul petto e scoccando a Damon un’occhiata spazientita.

 

Damon diede una scrollatina di spalle, giocherellando con l’oggetto litigato.

 

Ops!” commentò esibendosi in una delle sue tipiche smorfie soddisfatte e inarcando appena un sopracciglio in direzione della ragazza.

 

Elena sospiro con aria esasperata e si avvicinò al vampiro scuotendo il capo, come avrebbe fatto qualsiasi donna alle prese con un cucciolo disubbidiente o un bambino troppo cocciuto.

 

“Si può sapere come mai ogni volta che mi piombi in camera ti precipiti a rubarmi l’orsacchiotto?” domandò accennando con il capo al pupazzo di pezza accoccolato sulla pancia di Damon.

 

Il ragazzo sventolò la zampetta del peluche in cenno di saluto e diede una seconda scrollata di spalle.

 

“Lo trovo particolarmente simpatico. E devo dire che lui mi adora.... Vero amico?”

 

Guidò la testa del pupazzo prima avanti e poi indietro permettendogli di annuire.

 

“Visto?” domandò inarcando un sopracciglio con aria soddisfatta.

 

“Al contrario della sua padroncina…” aggiunse indicandola con la zampa dell’orsacchiotto e rivolgendole un’occhiata penetrante.

 

Elena rivolse al vampiro un’occhiata di ammonimento e si voltò in direzione della scrivania giusto in tempo per nascondere un accenno di sorriso divertito.

 

“E comunque…” riprese Damon abbandonando la sedia e lasciandosi ricadere sul letto in maniera tutt’altro che fine. Si sistemò il pupazzo sul petto.

 

“Gli orsacchiotti sembrano sempre ben lieti di ricambiare un abbraccio. Forse è per questo che vengo sempre qui a rubare il tuo.

 

Elena rivolse al ragazzo un’occhiata a metà tra lo sconcertato e il divertito.

 

“Stai scherzando?” domandò prima di avvicinarsi ulteriormente cogliendo nell’ironia di quello sguardo di ghiaccio un pizzico di rassegnazione.

 

Prese posto sul letto accanto a lui, osservando con una punta di tenerezza il sorriso sghembo e soddisfatto del vampiro.

 

“Vorrà dire che per Natale te ne procurerò uno bello grande. E sarà tutto per te.”

 

Promise tirando con aria sbarazzina un orecchio al pupazzo di pezza.

 

Damon improvvisò un gesto vago con le mani, fingendosi confuso.

 

“Stai parlando dell’abbraccio o…

 

“Sto parlando dell’orso, cretino!”

 

Elena afferrò il peluche per una gamba e lo scagliò con forza sul viso del vampiro che esordì in una risatina divertita, sollevando pigramente le braccia per ripararsi dai colpi.

 

La ragazza scosse il capo con aria rassegnata, pur sorridendo, non riuscendo a trattenere il moto d’affetto che si affannava a fare capolino nei confronti di quell’idiota sdraiato sul suo letto.

 

“L’abbraccio però posso dartelo ora.” Dichiarò con aria maliziosa e un pizzico di dolcezza, accogliendo con soddisfazione quel brillio improvviso scaturito fra le iridi di ghiaccio del ragazzo.

 

Lo strinse a sé, avvertendo il corpicino morbido dell’orsacchiotto frapposto fra lei e Damon. Il profumo intenso del vampiro s’insinuò con delicatezza dentro le sue narici infondendole una piacevole sensazione di beatitudine.

 

Sapeva che da un momento all’altro Damon avrebbe detto o fatto qualcosa che l’avrebbe fatta pentire di quel gesto, eppure non accadde nulla di tutto ciò.

 

Rimase in silenzio. Anche se non era da lui.

 

Dopo quel pomeriggio, Damon tornò ancora molte volte a fare impazzire la povera Elena sbirciando fra i suoi effetti personali e mettendole a soqquadro la camera, come aveva sempre fatto.

 

Ma ogni volta che l’orsacchiotto, quello specifico orsacchiotto, veniva rapito dalle mani impertinenti del vampiro, un silenzioso e tiepido abbraccio lo avvolgeva con tenerezza per una breve sequenza di istanti.

 

Un arco di tempo appena sufficiente a derubarlo della sua tipica impertinenza.

 

Un abbraccio per ricordargli che a Mystic Falls c’era un pizzico di amore anche per lui.

 

"Io e te.. abbiamo qualcosa che ci lega. Un'intesa."

 

"Hai tutto il diritto di odiarmi. Lo capisco.

Ma anche prima mi odiavi.. e siamo diventati amici.

Sarebbe uno schifo se quell'amicizia fosse persa per sempre.

Allora.. E' così? Ti ho persa per sempre?"

 

2x03. Bad Moon rising

 

 

Nota dell’autrice.

 

Ed eccomi nuovamente qui con un nuovo capitolo questa volta tutto per Delena che adoro (sia in vesti di amici che qualcosina di più). La one-shot ovviamente prende spunto dalla simpaticissima scena in cui Damon, simile a un bimbo dispettoso, prende a toccare tutto ciò che trova in camera di Elena. Ho deciso dunque di scrivere qualcosa per rendere omaggio al simpatico orsetto che (ammettiamolo) è il vero protagonista di quella sequenza.

 

 

 

Mi sto rendendo conto che più scrivo queste flash fiction, più le allungo, quindi mi sa che questa raccolta sarà sostanzialmente costituita da one-shot.

 

 

Se avete suggerimenti su canzoni della colonna sonora o personaggi che vi piacerebbe incontrare in questa raccolta non fatevi problemi a porre dei suggerimenti. Non prometto che vi accontenterò, ma valuterò sicuramente le vostre proposte.

 

Ringrazio di cuore le quattro dolci creature che hanno commentato il precedente capitolo (vi voglio bene!)

 A presto!

Un abbraccio

 

Laura

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Capitolo 7
*** Pretend that you want it. (Tyler) ***


Pretend that you want it.

 

 

Call all your friends
Tell them I'm never coming back
'Cause this is the end
Pretend that you want it, don't react

The damage is done.

 

Losing your memory. Ryan Star

 

Tyler si accovacciò nell’erba fresca, fissando il vuoto con aria inespressiva.

Il silenzio della notte lo inebriava con rispetto, serbando devoto la presenza del suo riservato ospite.

 

Uno spiraglio di luna filtrava pallido attraverso le fronde degli alberi, minacciando e vegliando al tempo stesso il giovanotto dagli occhi spenti che si nascondeva da se stesso.

 

Il ragazzo inspirò debolmente, quasi si fosse stufato di dover inalare aria per rinvigorire il corpo.

 

Non aveva risposte, Tyler.

 

Né pensieri.

 

O un posto dove andare.

 

Il ragazzo si sollevò da terra ascoltando in frantumi il fruscio cospiratorio del vento, tentando di trarre consiglio da quel vociare concitato.

 

Un posto dove andare c’era, in realtà. Tyler lo sapeva.

 

Ma non era caldo. E non era candido.

 

E Tyler voleva il bianco: il bianco accecante del silenzio.

 

Il bianco delle nuvole che vagano leggere e senza meta.

 

Tyler desiderava il bianco di un sorriso: un ghigno affilato ma docile.

 

Bianco: bianco come un foglio ancora privo d’inchiostro e sbavature.  Bianco, perché non aveva voglia di soffermarsi a leggere. Non aveva voglia di riflettere.

 

Tyler accantonò in silenzio il tremore di una lacrima che aveva sorpreso all’orlo di una palpebra.

 

Realizzò che era giunto il momento di andare e si sollevò da terra, volgendo le spalle alla luna e al bisogno impellente di rifugiarsi fra le fronde di quegli alberi per il resto della notte.

 

Voleva andare a casa.

Cristo, desiderava solo quello.

 

Ma non funzionava più così.

 

Doveva andare.

 

E pretendere: pretendere di volerlo.

 

Un leggero alito di vento s’insinuò nel colletto della sua felpa, ad accentuare il gelo di quella notte:

la rigidità di un cammino che altri avevano tracciato per lui.

 

Tyler si voltò per l’ultima volta in direzione della radura, desiderando con tutte le forze di trovarsi fra le mura pallide e sgretolate della sua tenuta.

 

Solo, come lo era sempre stato.

 

Ma libero dalle intemperie e dal freddo.

Libero dal dolore che gli trafiggeva lo sterno rendendolo di vetro e vuoto: dannatamente vuoto.

 

Tyler chiuse gli occhi e immaginò per un istante cosa sarebbe successo se solo si fosse sforzato di credere in qualcosa all’infuori della sua natura.

 

Se avesse provato a combattere per tenersi stretta la sua vecchia vita.

 

Forse, si ritrovò a pensare, sarebbe riuscito a recuperare un barlume di luce.

 

Forse lei, gli avrebbe teso la mano.

 

E lui l’avrebbe presa fra le sue.

 

Se le stringeva al petto ora, quelle mani.

 

E tremava, Tyler.

 

Perché era tardi.

 

Troppo tardi.

 

 

Le lacrime ricaddero tremule su uno zigomo, mentre lo sguardo rassegnato di Tyler individuava il grigio di un camper fra le fronde.

 

Era troppo tardi per chiedere scusa.

 

Tyler: I didn't know what to do.
Caroline: You help your friend.
That's what you do.

Tyler: I'm sorry.
Caroline: No. It's too late. Because we are not friends anymore.

2x13. Daddy Issues.

 

Nota dell’autrice.

 

Ed eccomi nuovamente qui: a rompervi le scatole con l’ennesima one-shot.

Ma sappiate che la colpa non è mia: la colpa è della spettacolare colonna sonora di questo altrettanto spettacolare telefilm che mi riempie la testa di flash sui vari personaggi.

Questa canzone in particolare, mi ha fatto commuovere sin dalle prime note e ho deciso immediatamente che avrei dovuto scriverci qualcosa sopra. La mia scelta era inizialmente caduta sia su Tyler che su Damon (volevo dividere la storia in due con entrambi punti di vista). Ma poi ho deciso di occuparmi solamente di Tyler (è il personaggio di cui mi viene più facile scrivere). Chi lo sa, magari prima o poi arriverà anche l’introsprettiva su Damon.

Come al solito ringrazio tutte le splendide persone che hanno lasciato un commento allo scorso capitolo (vi voglio bene <3) e tutti coloro che hanno inserito questa raccolta fra le seguite, le ricordate e i preferiti. Ci terrei davvero tanto a sentire anche il vostro parere, perciò vi aspetto!^^

 

Un abbraccio

 

Laura

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Capitolo 8
*** A new chapter begins. (Elena & Jeremy) ***


 

A new Chapter begins.

 

 

This is where the chapter ends
And new one now begins
Time has come for letting go
The hardest part is when you know

 

Time of our lives. Tyrone Wells

 

“Sei sicuro di volerlo fare?”

 

Elena indirizzò i penetranti occhi castani verso quelli altrettanto determinati del fratello minore.

Jeremy aggrottò le sopracciglia con aria confusa adagiando i gomiti sul mobile della cucina.

 

“Andare al Grill? Penso proprio di sì.”

 

La ragazza inclinò il capo verso destra concedendo a Jeremy un’occhiata di ammonimento.

 

“Non mi stavo riferendo al Grill; Jeremy sai perfettamente che cosa sto cercando di dirti.”

 

 “E allora dillo e basta Elena.”

 

Il giovane incrociò le braccia sul petto; le iridi scure erano intarsiate di sfida.

 

“Jeremy...

 

 Elena lo richiamò in tono di voce fermo.

 

 “Dì che mi credi un incosciente e che non vuoi tirarmi in ballo in questa storia, perché per te sono ancora un ragazzino. E un intralcio. Pensi che io non mi renda conto dei pericoli a cui vada incontro? Credi che per me sia un gioco?

 

 

“In realtà mi stavo semplicemente domandando quanto sia cresciuto il mio fratellino nell’ultimo periodo. Ma guardati: hai persino un accenno di barba.

 

La ragazza sfiorò con dolcezza il mento del fratello minore che pose fine allo sfogo, abbozzando un lieve sorriso imbarazzato.

 

“Jeremy.”

 

Elena sistemò con tenerezza il cappuccio della felpa del ragazzo e lo osservò a lungo.

 

“Io ti voglio bene. E non immagini quanto sia stato difficile doverti tenere all’oscuro di una grande porzione della mia vita per tutto questo tempo. Ma proteggerti veniva prima di tutto questo. So che sentirtelo dire è snervante, ma nella mia testa tu resterai sempre il mio fratellino: quel bambino con le finestrelle tra i denti che nelle notti di temporale correva a rifugiarsi nel mio letto. Lo stesso ragazzino che si divertiva a impiastricciare i miei quaderni con i pastelli e le matite colorate.

 

Jeremy accennò una risatina. Lo sguardo puntato verso il pavimento, la mente assorta in direzione di un vecchio capitolo della sua vita: uno dei primi.

 

Allora era solo un bambino: e godeva ancora del privilegio di potersi addormentare con la voce docile di sua madre ridondante nelle orecchie.

 

“Non è facile accettare il fatto che tu stia crescendo, credimi. Ed è ancora più difficile realizzare che è arrivato il tempo perché tu possa decidere di te stesso. Sei abbastanza maturo e anche abbastanza determinato da poter prendere da solo le tue decisioni. Io vorrei solo… Riuscire a proteggerti per sempre.

 

Elena ammise allungando la mano in direzione del fratello e stringendo la sua con tenerezza.

 

Jeremy scosse il capo con fermezza, l’intensità delle sue iridi perfettamente coincidenti con quelle della sorella.

 

“Adesso tocca a me proteggerti.”

 

Dichiarò con sicurezza attendendo che il sorriso orgoglioso di Elena facesse capolino fra i suoi lineamenti delicati.

 

“Vieni qui.”

 

La ragazza si lasciò stringere dal fratellino, per la prima volta consapevole dell’incredibile forza e determinazione emanata dal corpo del ragazzo.

 

Gli ultimi mesi avevano contribuito a modellare la sua sicurezza, permettendo a un vecchio Jeremy di affiorare a galla. Il Jeremy che le morti di Grayson e Miranda Gilbert avevano trascinato con sé.

 

Ma stava tornando.

 

“Sai?” Il minore si separò dall’abbraccio e rivolse a Elena un sorrisetto sghembo.

 

“Credo di non avere più molta voglia di andare al Grill.”

 

Il viso della sorella si illuminò di genuina complicità.

 

“Che ne dici di una pizza?”

Domandò sventolando il telefono con aria sbarazzina e premendo il tasto di chiamata.

 

Jeremy finse di pensarci su.

 

“Pizza, piumone e un vecchio cartone animato?”

 

Elena sembrava soddisfatta.

 

“Andata!”

 

Dichiarò digitando il numero della pizzeria mentre Jeremy si precipitava a occupare il divano del soggiorno.

 

La maggiore dei Gilbert ridacchiò osservando quell’incosciente di suo fratello arrampicarsi sullo schienale del sofà e lasciarsi scivolare sui cuscini come quando era bambino.

 

Il suo sorriso venne condito da una sottile malinconia al ricordo di un piccolo Jeremy intento a saltellare come un canguro per il salotto con il mantello di Zorro affisso alla schiena.

 

Un capitolo della sua vita si chiuse proprio quella sera, mentre con un batuffolo di tenerezza nel cuore lasciava andare il bimbo edaccoglieva il nuovo Jeremy: un uomo.

 

Un Jeremy che l’avrebbe protetta per sempre.

 

“Mi sembra incredibile che mamma e papà non ti abbiano mai detto di averti adottata.”

Prima o poi l’avrebbero fatto.”

Ma perché ti preoccupava quello che avrei pensato?”

Perché… Non lo so è strano. Credere tutta la vita di essere sangue dello stesso sangue e poi invece…

“Ti dispiace che non lo siamo?”

 

“No. Tu sei mio fratello, Jeremy. Solo questo importa.”

 

1.18 Sotto Controllo

Nota dell’autrice.

 

Ed eccomi nuovamente qui a rompervi le scatole con un altro dei miei capitoli.

Questa volta torno a dedicarmi al mio personaggio preferito, Jeremy. E al meraviglioso rapporto fraterno che lo lega a Elena. Credo che sia ora che nel telefilm venga dato un po’ più spazio a quella che è la personalità di Jeremy e spero che con il tempo si riesca ad approfondire un po’ qualche aspetto che vada un po’ al di là del suo essere “il fratellino di Elena”.

 

Ecco tutto, me ne vado. Come al solito ringrazio le 5 persone che hanno lasciato un commento nello scorso capitolo e spero, la speranza è sempre l’ultima a morire, di conoscerne magari anche delle nuove.

 

Un abbraccio!

P.S. come il solito banner e ringraziamenti sono in arrivo.

Laura

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Capitolo 9
*** Strangers in different places. (Damon & Stefan) ***


Premessa.

Questa one-shot è ambientata esattamente dopo la puntata 2x12. In sostanza, dopo che Damon ha ucciso Jessica in seguito alla morte di Rose. Buona lettura.

Strangers in different places.

 


Time in Time I thought through it all
How we loved and loved
and how we fought each other
pushing one another
to be somebody else.

 

Love’s to blame. Joel & Luke

 

Vattene.”

 

Il borbottio sommesso fuoriuscì a fatica dalle labbra del vampiro.

Labbra impastate di alcool. Di sangue.

 

“Non me ne vado, Damon.”

 

Stanchezza e rassegnazione rigarono silenziose il volto pallido di Stefan.

 

La sua mano ruvida sfiorò con comprensione la spalla dell’uomo abbandonato sulla poltrona.

 

Un crepitio insistente proveniva dal caminetto in muratura e il bagliore etereo delle fiamme irradiava a sprazzi le iridi di ghiaccio di Damon. Ravvivando l’inquietante vuoto che pareva essersi insinuato con violenza in quello sguardo affilato.

 

Stefan evitò di domandarsi come mai suo fratello avesse deciso di accendere un fuoco: probabilmente, suppose, l’aveva fatto per sentirsi meno solo.

 

“Sto bene Stefan.” 

 

L’ironia tratteggiata nel suo sguardo ostentatamente inumano, rendeva l’immagine intrappolata fra le iridi di Stefan ancor più straziante.

 

“Vai pure ad amoreggiare con la tua fidanzatina. Io al posto tuo lo farei.”

 

“ Non me ne vado, Damon.”

 

Stefan scandì una seconda volta, come se quello fosse l’unico modo per permettere al vampiro di comprendere a fondo le sue parole.

 

“ L’ho già fatto troppe volte. E in questo momento tu hai un disperato bisogno di qualcuno che ti stia vicino.

 

“Tu non sai un dannato niente, Stefan!”

 

L’esclamazione risultò ancor più affilata del pugno che andò a incastonarsi fra le costole di Stefan, scagliandolo violentemente contro il tavolino in noce.

 

“Tu non sai niente. E se pensi di venire qui a…

 

Fece una smorfia e gesticolò con aria terribilmente sarcastica.

 

“… “consolarmi” o a “porgermi una spalla su cui piangere”, sei ancora più stupido di quanto già non credessi.”

 

“Ti sbagli, Damon.”

 

Stefan si massaggiò lo sterno, ignorando il fiotto di rabbia e disperazione irradiato dal volto esangue di suo fratello.

 

“Chiunque avrebbe bisogno di questo nella tua situazione. Qualsiasi persona…

 

Le parole di Stefan vennero troncate sul nascere da un secondo pugno, infertogli dalle nocche violente di Damon.

 

Il vampiro lo placcò al muro respirando a fatica: le iridi di ghiaccio erano tempestate di rabbia e risentimento.

 

Ma io non sono una persona, Stefan.”

 

Le lacrime che con fatica era riuscito ad arginare, sgorgarono, ritrovando il tragitto tracciato dalle loro sorelle qualche minuto prima.

 

“Io non sono umano. Io non sono quello che tutti vorreste che fossi. Io non sono te.”

 

La presa sulle spalle del fratello si allentò e Damon ascoltò con astio il respiro affannoso di Stefan.

 

“ E prima ti ficchi in testa questo fatto, prima ti rassegnerai all’idea che non puoi farmi da crocerossina per il resto della tua vita.”

 

Tu…

Stefan emise un rantolo strozzato, sforzandosi di pronunciare quelle parole.

 

“ Tu sei anche più umano di me.”

 

Emettendo un ultimo sospiro forzato, allentò la presa del fratello sul suo collo.

 

Ma non capisci? Non riesci a vedere che è proprio questo tuo modo di reagire a renderti umano?

 

Stefan smise di respirare a fatica e afferrò Damon per entrambe le spalle, scuotendolo con violenza.

 

La completa inespressività dello sguardo era forse ancor più temibile dei bagliori d’ ira che emanavano quelle iridi glaciali fino a solo qualche secondo prima.

 

“Tu stai soffrendo, Damon. L’affetto che provavi per Rose…I sentimenti che nutri per Elena. Sono queste che le cose che trattengono la tua umanità. Perché ti ostini a voler diventare il mostro che non sei? Anche se questo non batte più, non significa che sia scomparso.

 

Stefan depositò la mano pallida sul petto del fratello, localizzando il cuore immobile di Damon.

 

“Ogni tanto, nel profondo, io lo sento ancora muoversi. E so che è lo stesso anche per te.”

 

Damon allontanò con forza la mano del fratello e lo fulminò con lo sguardo: le iridi color zaffiro nuovamente accese, tempestate di sfida.

 

“Tu non sai niente di me Stefan.”  

 

Sibilò squadrandolo immobile. Ciuffi ribelli a contornare il rancore emanato dal suo sguardo.

 

Stefan scosse il capo con aria esasperata.

 

“Io sono tuo fratello.”

 

Pronunciò con affanno tentando disperatamente di raggiungere un misero brandello di cuore intrappolato fra recinzioni di filo spinato erette dallo stesso Damon.

 

“Ed eccolo qui il tuo piccolo fraintendimento.”

 

Il maggiore dei due sorrise, eliminando ogni più misera traccia di debolezza in un unico gesto.

 

“Noi siamo due estranei.”

 

Annunciò in maniera nitida inarcando un sopracciglio per risaltare il gelo scolpito nelle sue iridi.

 

E il dolore: in quello sguardo, Stefan non riusciva a vedere altro che dolore.

 

E io ti detesto Stefan.”

 

Sibilò quella frase all’orecchio del fratello sottolineando tagliente il verbo che legava le altre tre parole.

 

L’alito di Damon emanò un odore acre e pungente, terribilmente impregnato di sangue.

 

 

Stefan non ebbe neanche il tempo di ribattere che uno sbuffo di vento e le ceneri fumanti del camino gli annunciarono di essere rimasto solo.

 

Il vampiro sospirò, occupando la poltrona dove fino a qualche minuto prima sedeva Damon in compagnia dei suoi tormentati pensieri.

 

“è più facile così, non è vero?”

 

Domandò fissando in tralice il vuoto rivolto più a stesso, che non al fratello.

 

Abbandonò la testa fra le braccia e chiuse le palpebre, attendendo che l’aria fresca inebriasse i polmoni che, ancora affannati, lo supplicavano di inalare generose porzioni di aria.

 

A pochi metri di distanza dalla tenuta, Damon avvertì le parole del fratello e si sorprese a sorridere con una punta di amarezza incisa agli angli delle labbra.

 

“No non lo è.”

 

Pronunciò osservando la luna che estendeva i suoi pallidi raggi sulle fronde vaghe degli alberi, concedendo loro un colorito argenteo e innaturale.

 

 

“Non lo è per niente.”

 

‘I have a secret. I have a big one. But I never said it out loud. I mean, what’s the point?

It’s not going to change anything.

I can’t be what other people want me to be. What she wants me to be. This is who I am.’

‘Because I’m not human. And I miss it. I miss it more than anything in the world.

 

That’s my secret. But there’s only so much hurt a man can take.’

2x12. The descent

 

 

Nota dell’autrice.

Ebbene eccomi nuovamente qui. Questa volta con un frammento interamente dedicato ai due fratelli protagonisti. La one-shot in questione è nata parecchio tempo fa, probabilmente poco dopo aver visto “the descent”. Ho pensato che il pezzo della canzone (meravigliosa canzone tra l’altro) citata, descrivesse alla perfezione il rapporto complicato, ma intenso che c’è tra Damon e Stefa. A mio parere, uno  dei più belli dell’intero tele-film.

Questa volta non ho voglia di dilungarmi troppo, perché tutto ciò che volevo dire si intuisce dalla storia.

 

Grazie a tutti coloro che hanno recensito gli scorsi capitoli: a coloro ce non perdono mai un capitolo (vi amo, sappia telo) e soprattutto grazie alle nuove aggiunte. Mi avete fatto letteralmente saltellare di gioia. Grazie, non vi ringrazierò mai abbastanza!

Un abbraccio forte

 

Laura

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Capitolo 10
*** We bleed for what we need. (Alaric & Isobel) ***


We bleed for what we need.

 

 

There are nights, we sleep, while others they weep
With regret, repent, be strong

 

Only one. Alex Band

 

Si rigira fra le coperte, Alaric.

Ancora una volta, non riesce a prendere sonno.

Ancora una notte, il pensiero del vuoto di fianco a lui lo avvolge in una morsa stretta e inallentabile.

Il peso di un corpo invisibile pervade il lenzuolo, come se lei fosse ancora lì.

Come se non se ne fosse mai andata.

 

Persino l’odore permane.

Lavarlo via risulta in possibile: Alaric ha tentato, ci ha provato più volte.

Nulla da fare: quell’odore rimane.

 

 

 

 

You say you want it all
But whose side you fighting for?

 

Only one. Alex Band

 

Si rigira fra le coperte, Isobel.

Ancora una volta, non riesce a prendere sonno.

Ancora una notte, il pensiero del vuoto di fianco a lei la avvolge in una morsa stretta e inallentabile.

 

Ha ottenuto quello che voleva.

Le sue ricerche hanno avuto esito, ma la sua ossessione l’ha divorata: si è trasformata in un’altra, Isobel.

 

Una donna forte. Una donna libera.

 

Addio alla prigione del tempo che scorre inesorabile.

Addio allo sfiorire di una bellezza rara.

Addio alla sensazione di inadeguatezza: ai rimorsi e agli errori.

 

Alla nuova Isobel tutto è concesso.

 

Eppure qualcosa rimane della vecchia lei.

 

Un sottile brandello di umanità che non è riuscita a cancellare via.

 

Il peso di un corpo invisibile pervade il lenzuolo, come se lui fosse ancora lì.

Come se lei non se ne fosse mai andata.

 

Persino l’odore permane.

Lavarlo via risulta in possibile: Isobel ha tentato, ci ha provato più volte.

Nulla da fare: quell’odore rimane.

 

 

 

“Non ricorderai niente di tutto ciò.

Io ti ho amato. Davvero.

E soffro quando penso alle cose a cui ho rinunciato.

Ma ora il tuo cuore si libera di me.

È più facile così.

Addio Rick.”

 

1x21  Isobel

Nota dell’autrice.

Uhm… Questa è pessima, lo ammetto. È stata una delle prime che ho scritto ed era una sorta di esperimento. Volevo tentare di scrivere una flash suddivisa in due parti, ripetendo la stessa struttura per entrambi i personaggi: Alaric e Isobel.

In quanto all’argomento… Uhm non saprei. Amo questa canzone da sempre e leggendo il testo, l’ho ritenuta perfetta per Isobel e ho deciso di accostarla ai pensieri di Alaric. Rick è decisamente uno dei miei personaggi preferiti e conto di tornare a scrivere su di lui, in maniera un po’ più decente. Magari accostato a Damion (adoro la loro amicizia).

 

Un ringraziamento di cuore alle sei splendide persone che hanno recensito lo scorso capitolo (lo so, mi ripeto!)

 

Un bacione grande

 

Laura

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Capitolo 11
*** Cut. (Anna & Jeremy) ***


Cut.

 


I do not want to be afraid
I do not want to die inside just to breathe in
I'm tired of feeling so numb
Relief exists I find it when
I am cut.

 

Cut. Plumb

 

Jeremy era vivo.

 

Jeremy era in grado di avvertire il dolore di un pugno mollato con forza sul suo sterno; assaporava le lacrime quando colavano umide dal precipizio delle sue palpebre.

 

Jeremy rabbrividiva all’insinuarsi di un alito di vento nel colletto della sua camicia e traeva conforto dal calore delle braci nel camino.

 

Sì, Jeremy era vivo: fuori.

 

La sua pelle era intatta e ruvida, ma la superficie del suo cuore era arida e secca: in frantumi.

 

Jeremy non sentiva nulla, dentro di sé.

 

Era vuoto. Un involucro privo di valore.

 

Questo finché non aveva conosciuto lei.

 

E finchè lei non aveva assaggiato il suo sangue.

 

 

Jeremy sollevò lentamente il capo, stringendo a pugno la mano solcata da un taglio netto ancora vivido sul suo palmo.

 

La sensazione di giramento che aveva provato quando le labbra di Anna si erano appoggiate avidamente alla sua ferita, non si era ancora dileguata del tutto.

 

Più volte aveva tentato di evocarla nella sua testa, per avvertire gli stessi sintomi, lo stesso campanello d’allarme che aveva preso a tintinnare con forza in ogni più piccola cellula del suo corpo.

 

Dapprima, il cuore aveva preso a rimbombare con violenza, contrariato dalla perdita di tutto quel sangue: il sangue che avrebbe dovuto nutrirlo e che in quel momento fluiva dalla mano di Jeremy per raggiungere la gola arsa di Anna.

 

Infine era arrivata la consapevolezza: sentiva qualcosa, finalmente. Ed era dentro di lui.

 

Jeremy aveva contemplato in silenzio lo scorrere inarrestabile del sangue nelle sue vene. L’adrenalina che si era impossessata del suo corpo allarmato dal pericolo incombente.

 

E la debolezza che si avventava su di lui, man mano che la linfa vitale abbandonava quella mano e raggiungeva Anna, aumentando il colore sulle sue gote pallide.

 

Pochi istanti e il dolore era scomparso assieme a quella sensazione di opprimente apatia che gli avvelenava l’anima da mesi.

 

Era vivo: ogni cellula del suo corpo, ogni nervo, ogni muscolo gridava le due parole più ardentemente desiderate da ogni creaura.

 

Jeremy era vivo.

 

E finalmente la sensazione aveva infettato anche l’interno della sua anima, permettendogli di assaporare quella consapevolezza fino in fondo, riconoscendo uno stato d’animo che da tempo non era più stato in grado di evocare.

 

Il pericolo, il disperato tentativo del suo corpo di ribellarsi a quell’imposizione, lo aveva costretto ad avvertire qualcosa che andava ben oltre il puro e semplice dolore fisico.

 

Era la vita.

 

 

“Jeremy?”

 

Anna sfiorò con tenerezza il capo del ragazzo adagiato su un fianco alla sua destra.

 

Sei sveglio?”

 

Jeremy smise di osservare il taglio inciso sulla sua mano e contemplò con estrema attenzione la delicatezza emanata di polpastrelli di Anna, ora scivolati a sfiorargli il collo.

 

La sensazione scaturita da quel gesto si estendeva febbrile in ogni angolo del suo corpo, rendendolo interamente partecipe di ciò che stava provando.

 

Era vivo fino al midollo.

 

 

“Sono sveglio, Anna.”

 

Con uno scatto improvviso si sollevò e cinse con un braccio la vita della ragazza per stringerla a sé.

 

Gli occhi di Anna brillarono di una luce intensa che a Jeremy parve ancora più vivida rispetto ai giorni precedenti.

 

Ora sono sveglio.”

 

Jeremy: Perché non l’hai fatto? Uccidermi, intendo.

Anna: Non lo so. Forse perché ho un debole per quelli come te.

Jeremy: Come?

Anna: Smarriti

1x16. Il male si avvicina

 

Nota dell’autrice.

 

Innanzitutto un annuncio: qualche giorno fa ho scritto una one-shot per questa raccolta incentrata su Jeremy da piccolino e suo papà, ma mi è uscita troppo lunga, dunque ho deciso di isolarla da

questo contesto e di pubblicarla come one-shot “stand alone”.  Mi piacerebbe comunque sentire il vostro parere a riguardo, perché credo sia la mia preferita in assoluto. Potrete trovarla qui: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=670461&i=1

 

Tralasciando la pubblicità (pessima, sono pessima >.<), torniamo a noi. So che è da poco che ho pubblicato su Jeremy, ma come ho già scritto più volte è il mio personaggio preferito e di storie su di lui (e Anna) in questa sezione se ne trovano davvero poche, perciò ho tentato di dare anche io un mio modesto contributo. La canzone, la trovo decisamente azzeccata per Jeremy. Parola per parola, descrive perfettamente quello che penso possa aver provato il nostro “piccolo” Gilbert nel momento in cui ha permesso ad Anna di assaggiare il suo sangue. Con l’arrivo di Anna, Jeremy si è “risvegliato”; si è scrollato di dosso quel torpore che lo caratterizzava a inizio serie. Dio quanto li amo questi due *piange la morte di Anna*.

 

Un abbraccio e un grazie gigantesco a tutte voi. Grazie infinite!

 

Laura

 

P.S. Come al solito banner e ringraziamenti arrivano in serata ù_ù

 

 

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Capitolo 12
*** He goes left and You stay right. (Damon da piccolo) ***


He goes left and you stay right.

 

Let him know that you know best
Cause after all you do know best
Try to slip past his defense
Without granting innocence


Lay down a list of what is wrong
The things you've told him all along
And pray to God, he hears you.

How to save a life. The Fray

 

“Che sta facendo?”

 

Giuseppe Salvatore indicò alla moglie il corridoio con un brusco cenno del capo: una voce di bimbo, limpida e solenne, si ergeva indisturbata fuori dalle cucine.

 

La donna sorrise; i lineamenti docili della signora Salvatore si scontravano apertamente con l’espressione intollerante del marito.

 

“Sta solo giocando, Giuseppe.” 

 

Il suo sguardo indugiò teneramente attraverso lo spiraglio della porta individuando un bimbetto dai folti capelli corvini e un mantello color notte adagiato sulle sue spalle.

 

“La porgo i miei omaggi, bellissima principessa Eileen. Spero che lei possa accettare questo umile pegno in nome del mio amore.”

 

Il piccolo si inginocchiò suscitando la risata divertita di una bambina dai capelli biondi. Tuttavia le gote della ragazzina si tinsero di rosso ed un espressione raggiante prese forma fra i suoi lineamenti mentre le manine tozze accettavano l’anellino in legno.

 

“Grazie principe Damon.”

 

“Quel ragazzino ha qualcosa che non va.”

 

Giuseppe borbottò fra sé chiudendo con un colpo secco la porta che dava al corridoio.

 

“Sempre a girare per casa con quel dannato mantello. A blaterare di principesse e dame in pericolo. Stefan non è come lui.”

 

E in quelle parole, alla donna parve di scorgere un sottile alone di rimprovero.

 

“Damon è un bambino molto affettuoso.”  Commentò la moglie con dolcezza ignorando il tono brusco di Giuseppe.

 

“Gli piace pensare di poter avere qualcuno sempre al suo fianco. Da proteggere.”

 

La signora Salvatore sospirò e si diresse verso la finestra, dedicandosi ad osservare i giochi del suo figlio più piccolo: Stefan si stava divertendo a rincorrere una farfalla nel giardino della tenuta.

 

“Un giorno probabilmente si innamorerà perdutamente di una donna. La amerà come una principessa e avvertirà il bisogno di tenerla sempre con sé. Sarà una ragazza fortunata.”

 

Si voltò in direzione del marito: l’uomo, completamente assorto nella lettura di un vecchio diario dalla copertina ingiallita, aveva smesso di ascoltarla da un pezzo.

 

“Dì a Stefan di ripulirsi. Dopo pranzo andremo alla fiera.”

 

Giuseppe pronunciò questa frase prima di congedarsi dalla moglie e recarsi in corridoio per scendere in cortile.

 

Ignorò volutamente l’occhiata penetrante scoccatagli dal figlio maggiore. Damon si voltò con aria risoluta in direzione della compagna di giochi.

 

“Tuo padre è arrabbiato Damon?” domandò la ragazzina reggendo con le manine candide lo strascico dell’ampia gonna.

 

Il bambino osservò con astio la porta appena varcata dal signor Salvatore: in lontananza, le strilla eccitate di suo fratello Stefan gli rimbalzavano in testa con forza.

 

“Padre, Padre! Ho catturato una lucertola. Posso mostrarvela?”

 

“Non importa Eileen.”.

 

Lo sguardo impenetrabile del bambino rimase immobile a lungo. Ancora puntato verso quella porta. Le mani pallide si aggrapparono al mantello color notte.

 

“ Non importa…. Principessa.”

 

Il ragazzino inclinò leggermente il capo verso destra e concesse alla bambina un sorrisetto sghembo, malandrino. Una sottile linea di fascino era vagamente scolpita in quei lineamenti ancora infantili.

 

Gli occhi chiari di Eileen brillarono di una luce propria, mentre le guance rosee si intinsero di gioia: la sua principessa non aveva occhi che per lui.

 

E a Damon questo bastava.

 

 

“Giuseppe: Non sono sicuro che tuo fratello Damon capisca l'importanza del dovere.
Stefan: Damon ha lasciato la Confederazione per principio. È stata una sua scelta e dovrebbe essere rispettata.
Giuseppe: Perdonami ma faccio fatica a rispettare un disertore.
Damon: Be’, non ho mai voluto il vostro rispetto.
Giuseppe: Buon per te, Damon. Perché non provo altro che delusione.”

1x13. I figli dei dannati

 

Nota dell’autrice.

 

Nuovo capitolo. Questa volta un po’ diverso dei precedenti, in quanto dedicato al passato della famiglia Salvatore. Ci sono Damon, suo padre Giuseppe e sua madre di cui purtroppo sappiamo poco o niente. Volevo cercare di rappresentare il rapporto complicato fra il maggiore dei fratelli Salvatore e il padre, che penso sia stato conflittuale fin dalla più tenera età. Immagino Damon come un bambino/ragazzo molto indipendente, abituato a fare di testa sua, non accondiscendente come suo fratello Stefan. Per questo in conflitto con il padre fin dalla più tenera età. Questi ultimi capitoli non sono tra i migliori perché sono stati i primi che ho scritto (tranne Cut), ma spero vi piacciano comunque.

 

Come al solito ringrazio le splendide creature che hanno recensito lo scorso capitolo e la one-shot su Jeremy da piccolo.

 

Un abbraccio

 

Laura

 

 

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Capitolo 13
*** A place to rest. (Stefan) ***


A place to rest.

 

 

Do you know what your fate is?
And are you trying to shake it?
You're doing your best and
Your best look
You're praying that you make it.

Say (All I need). One Republic

 

Stefan intreccia le dita dietro la nuca e si stende sul letto, pensieroso.

Per la prima volta da anni, si trova a porsi domande sulla morte: che cosa aspettarsi dopo?

 

Non crede al paradiso: la fede non è mai stata il suo forte, nemmeno da umano.

 

E forse, si trova a pensare, è stato meglio così.

 

Per quelli come lui non vi sarebbe altro da aspettarsi se non l’inferno: le fiamme del tormento. Una punizione eterna per un delitto altrettanto sconfinato.

 

Non conosce la risposta al suo quesito, Stefan.

 

Dopo la morte potrebbe celarsi il nulla più assoluto. Oppure una nuova vita, uno spiraglio di luce. In fin dei conti, si trova a pensare, lui ha già affrontato tutto questo.

 

Forse morire non significa altro che mutare. Spogliarsi dell’umanità che mantiene i viventi aggrappati alla terra. E migrare. Fuggire da qualche parte dove i ricordi svaniscono. Ed il cuore scompare, non serve più.

 

Stefan non ha idea di cosa succederà dopo la morte. Ma una cosa gli è ben chiara.

 

E sorride, sollevandosi di scatto dal letto, raggiungendo la cucina.

 

Lei.

 

 Dopo la morte, Stefan avrebbe sicuramente trovato lei.

 

Una rosa blu si erige in un angolo, avvolgendo il vampiro del suo intenso profumo.

 

Stefan ne sfiora un petalo, accarezzando al tempo stesso l’essenza dolce-amara di un ricordo: il fiore ha le tonalità color pastello; come il cielo sereno.

 

A Lexi sarebbe piaciuto.

 

“Caro Diario,

 io non sono credente.

La gente nasce,invecchia e muore.

È così che va il mondo.

Non c’è magia, misticismo, né immortalità”.

 

1x05. L’ora della verità

 

“Ti chiedo solo un giorno all’anno!Un giorno che non passi a torturarti il cervello.”

 

“Lei non è esattamente una ragazza, Lexi ha 350 anni. Ed è la mia più vecchia amica.”

 

 

1x08. 612 Candele.

Nota dell’autrice.

Con un po’ di ritardo, eccomi qui. Questa volta con un piccolo capitolo dedicato esclusivamente a Stefan.

È molto breve,probabilmente perché è una delle prime: inizialmente mi sforzavo di condensare al massimo tutto in poche righe.

So che non è molto apprezzato nel fandom, ma ci voleva qualcosa da dedicare solamente a lui. Scrivere su Stefan è piacevole, mi rilassa. La sua personalità è tormentata, ma infonde una tranquillità incredibile. E inoltre adoravo la sua amicizia con Lexi, la sua morte è stata forse l’unica cosa che mi abbia fatto detestare Damon (giusto per un paio di giorni, poi ho ripreso ad adorarlo ù_ù).

Come al solito il bannerino arriverà in serata.

Corro subito a rispondere alle mie meravigliose creature recensitrici.

Ringrazio anche le persone che ultimamente hanno aggiunto questa raccolta fra i preferiti/seguiti: spero ancora di sentire prima o poi la vostre impressioni: ci terrei davvero tanto poiché questa raccolta la seguono in pochissimi (tolte le ragazze del forum) e di tanto in tanto, mi vergogno ad ammetterlo, mi prende lo sconforto. Mi piacerebbe sapere che cosa ne pensate di questa raccolta. Non per forza tramite recensioni (non è fare “punteggio” che mi interessa Ma conoscere voi meravigliose personcine ù_ù) . Ho un account twitter e uno facebook, se preferite.

Li trovate nella mia pagina d’autore.

Un abbraccio

Laura

 

P.S. Correte nel primo capitolo a vedere la meravigliosa copertina creata appositamente da Butterphil per questa raccolta. La trovo meravigliosa! *_*

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Capitolo 14
*** Brave. (Caroline & Tyler) ***


 

Brave.

 

I'd rather be wrong
than hope that I'm right
'cause I can't go on with this all inside
I think I'll be Brave
And say how I've wanted you

Brave. Tawgs Salter

Caroline adagiò i gomiti sulla ringhiera del terrazzo e portò lo sguardo verso il cielo: la notte avvolgeva la sua visuale come una coperta intarsiata di bagliori lucenti.

In silenzio, la ragazza si strinse il golfino al petto e scosse il capo con aria malinconica osservando lo spiraglio di pallida luna che spiccava nell’oscurità della volta.

Per un attimo, fu quasi convinta che il satellite stesse ammiccando nella sua direzione: forse stava tentando di comunicarle che un folto gruppo di uomini lupo aveva da poco messo piede a Mystic Falls.

Caroline, tuttavia, era già a conoscenza di quel pericolo.

Il suo cuore saltava un battito ogni due, gravido di sensazioni contrastanti: tormentato dal rimorso, dalla paura.

Sapeva che quella sera anche lui sarebbe tornato a casa, anche se forse si sarebbe trattenuto solo per una notte.

E per quanto da un lato avrebbe semplicemente voluto fingere che quella presenza costante tra i suoi pensieri non la turbasse minimamente, una parte di lei aveva un disperato bisogno di esternare tutto ciò che vorticava nella sua testa.

Avrebbe voluto che Tyler fosse lì: avrebbe preferito parlargli un’ultima volta prima della sua partenza.

Ma lui era fuggito senza voltarsi indietro. Senza aver tentato di chiederle scusa, ancora una volta.

E la rabbia si mescolava a fiotti di parole, insulti e anche sensi di colpa nella mente sempre più satura della ragazza.

Perché Caroline era un vulcano in piena attività, gravido di pensieri e considerazioni. Caroline era un fiume ininterrotto di conversazioni schiette e articolate, prive di freni inibitori.

Non avere avuto occasione di comunicare a Tyler ciò che le passava per la testa la turbava.

Dentro Caroline si scontravano parole di conforto e di disprezzo. Vocaboli tersi di rabbia, ma anche di compassione e tenerezza.

Amicizia. Amore. Perdono.

Caroline avrebbe solo voluto cogliere un’opportunità per potersi liberare di quel peso fastidioso.

Ma sapeva anche che se si fossero presentate delle occasioni, forse qualcos’altro sarebbe venuto a mancare.

Il coraggio.

Caroline doveva trovare il coraggio di ammettere che non sarebbe mai riuscita a odiare Tyler, nonostante tutto.

Perché comprendeva l’ingenuità dei suoi gesti e le sue paure. Perché anche lei aveva ferito e ucciso.

Perché avevano condiviso qualcosa.

E nei momenti di delicata fragilità, quando affiorava in lei la convinzione di non essere particolarmente importante, avvertiva ancora il tocco disperato delle braccia di Tyler aggrappate a lei.

E questo la faceva immediatamente sentire meglio.

“Chiudi gli occhi”

Caroline rabbrividì avvertendo il soffio improvviso di una voce e lo spavento prese il sopravvento facendola arretrare verso la porta a una velocità inumana.

“Tyler.”

Caroline riconobbe la figura del ragazzo che si stagliava di fronte a lei e un misto di sensazioni pungenti si divincolarono all’interno del suo animo minacciando di prosciugare le vaghe tracce di coraggio ancora presenti.

Tyler appariva quasi più grande, più maturo. I capelli erano leggermente lunghi e arruffati, ma lo sguardo era rimasto lo stesso. Quegli occhi intensi colmi d’ inchiostro la laceravano ancora, prosciugandola di ogni sicurezza.

Era sempre stato così, sin da quando erano piccoli.

 “Chiudi gli occhi Caroline.”

Tyler ripeté ancora una volta quelle parole osservandola a lungo, le mani infilate nelle tasche dei jeans.

“Perché non riuscirò mai a trovare il coraggio di fare ciò che sto per fare se tu mi fissi così.”

“Vuoi uccidermi?”

Caroline non si era resa conto di quanto apparissero deboli e inoffensive le sue parole, fino a quando non avvertì il suo stesso mormorio unirsi alla leggera brezza primaverile.

Tyler sgranò gli occhi sorpreso e per un attimo a Caroline parve di individuare il debole alone di un sorriso agli angoli delle sue labbra.

“Cosa? No, certo che no.”

Si avvicinò di qualche passo sempre tenendo lo sguardo puntato contro di lei.

“Chiudi gli occhi Caroline. Per favore.”

Caroline avvertì l’immediato impulso di colpirlo con violenza in preda ad una collera improvvisa.

Era lei che aveva bisogno di parlare. 

Era lei che non aveva avuto possibilità di vederlo un’ultima volta e in quel momento gli avrebbe sputato addosso tutto quello che da mesi attendeva di affiorare in superficie e che non aveva più voglia di tenersi dentro: la rabbia, la delusione, e forse, anche il perdono.

Eppure tutto questo non accadde.

Con sorpresa, Caroline si accorse che in aperto contrasto a ciò che le stava dettando di fare la sua mente, le sue palpebre stavano acconsentendo alla richiesta di Tyler.

Chiuse gli occhi e trovò il coraggio. Il coraggio di fidarsi del suo cuore senza dare retta al cervello o a ciò che gli dettava il buonsenso.

E proprio mentre pensava di commettere l’errore più grande della sua vita, si sorprese nell’avvertire il leggero tocco di due labbra sulle sue.

Un tocco delicato, questa volta. Appena abbozzato.

Era un bacio timido, ma in un qualche modo intenso; senz’altro più incisivo del primo che si erano scambiati solo qualche mese prima.

Fu come se con quel gesto, Tyler stesse cercando di ammettere a Caroline la fragilità della quale era sempre stato vittima, ma che solo a lei aveva concesso di riconoscere.

Con quel bacio, Tyler costruì in Caroline la consapevolezza del suo disperato bisogno di tenerezza. Di un moto di affetto limpido e sincero.  Lui desiderava solamente qualcuno che lo sostenesse, che lo amasse, senza chiedere nulla in cambio.

E forse anche lei.

Tyler la sfiorava appena, i polpastrelli che lambivano con carezze appena accennate il suo volto, quasi non si sentisse degno di condividere con Caroline un momento di simile delicatezza e intimità.

Era tutto così semplice, naturale e puro. E quelle che vorticavano scompostamente nella mente di Caroline in quel momento, erano parole che non aveva mai associato all’indole generalmente schiva e aggressiva di Tyler.

Non appena si separarono, Caroline avvertì con stupore che una sottile lacrima incolore era rimasta incastonata fra le sue ciglia.

Non si era accorta di averla fatta sgorgare e nemmeno riusciva a comprendere a cosa fosse dovuta.

“Mi dispiace.”

Tyler dichiarò infine recuperando il controllo della sua voce e riprendendo a tormentare Caroline con l’intensità delle sue iridi.

“Mi dispiace di essermi comportato da codardo fin dall’inizio. Mi dispiace di non aver mai trovato il coraggio di starti vicino, di proteggerti, come tu hai fatto con me. Credevo di volerti vicina per egoismo: eri l’unica persona con cui potevo aprirmi. L’unica ragazza che avrebbe mai accettato la mia condizione. Ho capito troppo tardi che a legarmi alla tua presenza non era semplicemente la mia solitudine. Penso di essermi innamorato di te nel momento in cui, al mio risveglio dopo quella maledetta notte, ti ho sentito pronunciare il mio nome. E mi dispiace di essermene andato da Mystic Falls senza riuscire a confessarti tutti questo, ma non sono mai stato una persona coraggiosa. Non lo sono nemmeno ora, dopo tutto quello che è successo. Mi dispiace.”

Caroline ascoltava in silenzio, per una volta completamente a corto di parole.

Frammenti del discorso di Tyler si insinuarono dentro di lei sposandosi con alcune delle frasi che da tempo ribollivano nel suo petto in attesa di essere pronunciate.

Stranamente le due parole che il ragazzo continuava a ripetere senza quasi rendersene conto, erano le stesse che avevano tormentato Caroline per giorni con insistenza: mi dispiace.

 “Non ho intenzione di trattenermi molto a Mystic Falls.”

Continuò il giovane Lockwood improvvisamente intimidito, quasi l’assenza di risposte da parte di Caroline comportasse per lui una sconfitta.

“Sono passato solo per dirti questo. E per tentare, in qualche modo, di ottenere il tuo perdono.”

Un flebile cenno del capo da parte di Caroline fu sufficiente a far affiorare un sorriso sul volto del giovane Lockwood.

Caroline annuì con più forza mentre le lacrime le rigavano il volto senza che nemmeno lei se ne accorgesse. Il suo cuore era ancora confuso e gremito di parole da pronunciare, ma per una volta Caroline ammise a sé stessa che non  c’era altro da aggiungere in quel momento.

“Sì. Ti perdono.”

E il candore del sorriso sincero che Tyler le rivolse fu il particolare che più si sforzò di rivivere nei giorni a venire quando con aria malinconica si adagiava alla ringhiera per osservare la luna.

Ancora una volta quello spiraglio argenteo che vegliava su di lei nel cielo, le riportava alla mente il congiungersi delle sue labbra a quelle del ragazzo, come già era successo innumerevoli volte prima di allora.

Ma finalmente, Caroline trovò il coraggio di ammettere a sé stessa che quei baci rubati da Tyler significavano per lei più di quanto avessero mai significato quelli di chiunque altro.

“I’ve been going through a rough time—something I can’t really talk about. Caroline’s been helping me through it. She’s been there for me, more than anyone has been my entire life. I kind of fell for her. I don’t know how anyone wouldn’t because she’s pretty incredible.”

2x14. Crying Wolf

 

“It’s like you don’t want anyone to care about you. And I’m sorry, I care.

I  Care Tyler.”

2x12. The descent

 

Nota dell’autrice.

Oggi apro i miei sproloqui premettendo che questa one-shot è stata un autentico parto. Ultimamente
Tyler e Caroline sono spesso al centro dei miei pensieri e avevo bisogno di includere anche loro in questa raccolta. Non sono per nulla soddisfatta del risultato e credo che entrambi i personaggi risultino OOC (specie Tyler) ma ci tenevo comunque a postarla, perché , come al solito, quando mi fisso con una cosa devo portarla a termine

 

Cosa aggiungere?  Questa one-shot è un po’ diversa dalle precedenti della raccolta, in quanto non rappresenta un momento di un episodio della serie, ma è proiettata in un eventuale futuro. Nonostante la rabbia e la delusione che deve provare Caroline nei confronti di Tyler, sono convinta che ci sia in lei anche un barlume di comprensione. Spero che l’uscita di scena di Tyler sia servita a dargli un po’ più di sicurezza e a farlo maturare. Sono convinta che tornerà cambiato e non vedo l’ora che ritorni.

Ultimamente il mio cuore è stato rapito dalla famiglia Lockwood, Tyler in particolare per cui aspettatevi di leggere altri scorci in questa raccolta incentrati sull’introspettiva di personaggi come Mason o la signora Lockwood.)

Colgo l’occasione per comunicarvi (io odio farmi pubblicità, ve lo giuro, ma questa volta ci tengo davvero tanto) che ho cominciato la mia prima Long su TVD dedicata effettivamente a Tyler e a un personaggio originale di nome Cady (anche lei una ragazza lupo). Anche se nei primi capitoli l’attenzione della trama è focalizzata su di loro e sul branco in cui Tyler si è rifugiato una volta fuggito da Mystic Falls, più in là saranno presenti anche gli altri personaggi ( Caroline e Jeremy in particolare). Se avete un attimino di tempo, vi sarei davvero grata se passaste a darci un’occhiata. Anche solo per scrivermi due righe. Questo è il link. http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=687334&i=1

 

Detto questo, ringrazio come al solito le meravigliose creature che hanno commentato il capitolo precedente e mi do da sola dell’imbecille perché ho dimenticato di fare il banner per la scorsa flash. Corro a crearlo e entro sta sera posto sia il vecchio che il nuovo.

 

Un bacio e un abbraccio a tutti voi.

 

Laura

 

P.S. Come al solito ringrazio Fiery per il betaggio e per aver contribuito a convincermi a postare questa roba qui. Grazie <3

 

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Capitolo 15
*** Is it dark where you are? (Jules & Tyler) ***


Scritta per quella meraviglia che è il TVG!Fest.

Prompt scelto: Jules/Tyler “Nostalgia” (sviluppato in un maniera orribile, ma “vabbè”).

Avvertimenti: Spoilers per la puntata 2x20 (anche se diciamo che la flash prende una piega tutta sua. Secondo “vabbè”.)

Varie ed eventuali: Dedicata a Jules. Perché nonostante sento che mi arriveranno in faccia tanti pomodori, io avevo concluso per affezionarmi. (E ancora una volta: Vabbè).

 

Enjoy.

 

 

Is it dark where you are?

 

 

I was close to a fault line
Heaven knows, you showed up in time

Is it dark, where you are?
Can you count the stars where you are?

The Longest Night. Howie Day

 

“Stai bene?”

Caroline si avvicinò di corsa al ragazzo inginocchiato a terra. Si sorprese subito nel notare una sorta di distratta eleganza nella postura di Tyler. Un leggero alone di fermezza aleggiava nello sguardo stanco del giovane licantropo: non era lo stesso ragazzo tremante e infreddolito che le sue braccia avevano accolto allo sfiorire della precedente luna piena.

“Sto bene.”

Tyler confermò allungando una mano in direzione della figura immobile che giaceva di fronte a lui.

Il volto di Jules era pallido e cereo, proprio come la superficie del satellite da poco tramontato. Tyler sfiorò i suoi lineamenti in silenzio lasciando scivolare con delicatezza il palmo della mano sulle palpebre schiuse.

Nessuna emozione filtrava attraverso le iridi scure del ragazzo: era calmo, insolitamente calmo.

Per la seconda volta in due giorni, Caroline ammirò con una punta di stupore quanto apparisse cambiato il Tyler che aveva fatto ritorno a Mystic Falls.

“Vado un attimo…”

Sfiorò con delicatezza la spalla del ragazzo incerta su come comportarsi. Non sapeva che tipo di rapporto si fosse instaurato fra Tyler e Jules.

Non riusciva nemmeno a comprendere se il ragazzo avesse bisogno di conforto. Decise che forse sarebbe stato meglio concedergli un po’ di tempo per sé.

“Vi lascio soli per un po’…”

Si sentì stupida nell’includere quel “vi”, osservando il cadavere immobile di Jules.

Una piccola lacrima solcò il suo viso mentre si allontanava e Caroline si domandò come facesse a provare dolore anche di fronte a una morte che non avrebbe nemmeno dovuto sfiorarla.

Tyler continuò a osservare in silenzio quel corpo senza vita, le iridi catturate da un insolito bagliore reverenziale.

 

Rimase immobile a lungo, a vegliare su di lei. Tentando di convincersi che se quelle palpebre serrate non avevano potuto assistere al tepore di quel nuovo giorno, la colpa non spettava a lui.

Quel che più gli pareva in solito, era lo stato di completo torpore in cui giaceva il suo corpo.

Non sentiva dolore. Gli spasmi della notte precedente avrebbero dovuto coinvolgerlo a punto tale da perseguitarlo per il resto della settimana, ma non fu così.

C’era solo una cosa che Tyler avvertiva: una fitta leggera,  ma fastidiosa che gli pungolava il petto con insistenza.

Solo quando i ricordi affiorarono alla sua mente e i loro tratti combaciarono con il volto esangue della donna stesa di fronte a lui, Tyler fu in grado di dare un nome a quell’insistente fastidio: nostalgia.

“Mentre sono stato via Jules mi ha insegnato a convivere con ciò che sono.

Come gestirlo.

Credo che ormai non importi più”.

2x20. The Last Day

Non riusciva a fare altro che osservarla. Osservarla e tacere. In quello sguardo di vetro, Tyler individuò frammenti del cammino che nel corso dell’ultimo mese avevano intrapreso assieme.

Si ricordò della sua prima settimana in compagnia del branco. Della paura che lo marcava stretto tratteggiando la sua visuale di ombre fasulle. Era solo, spaventato e tutto gli appariva estraneo. Estraneo e inverosimile. Ricordò la rabbia che grondava a rivoli dal suo cuore in gabbia. Rabbia verso se stesso, verso chiunque lo circondava. E ricordò anche la nostalgia. Quel leggero magone che avvertiva ogni volta che si spostavano in una cittadina nuova. La velatura di tristezza che catturava il suo sguardo all’individuare gruppi di ragazzini intenti a lanciarsi un pallone da football.

Lentamente, Jules era riuscita ad assopire tutti gli aspetti più dolorosi della sua nuova vita, insegnandogli a riconoscere molte caratteristiche che vivevano in lui, ma a cui non aveva mai fatto affidamento.

Con l’aiuto di Jules, Tyler aveva fatto emergere un nuovo sorprendente se stesso. Un Tyler che non era più disposto a lasciarsi indisporre dalla paura. Un Tyler pronto a prendersi cura di chi gli stava accanto senza chiedere nulla in cambio.

Quel Tyler c’era sempre stato, ma che prima di allora viveva nascosto dietro un’altra versione di se stesso: l’immagine di un ragazzino codardo e arrogante, incapace di ammettere che voleva cambiare più di qualsiasi altra cosa al mondo.

“Mi mancherai.”

Le sue parole sferzarono l’aria librandosi in volo come lucciole a rischiarare l’oscurità di quel silenzio.

“Ci mancherai.”

Tyler sapeva perfettamente che la perdita di Jules avrebbe avuto un forte impatto all’interno del branco. Perdere il lupo alfa era stato problematico. Perderne due nel giro di pochi mesi, avrebbe comportato confusione e sconforto.

E Tyler avrebbe voluto semplicemente tornare indietro. Voleva tornare a immergersi in quel confuso vociare di uomini lupo e avvertire sulla pelle quel contatto che sapeva di conforto e famiglia.

Sentiva di appartenere a loro. Quando era arrivato nel branco, Tyler era come un cucciolo: una creatura fragile e spaurita che si è smarrita nel bosco e non riesce a trovare la via verso la tana.

Jules era stata il vento che aveva sospinto quel cucciolo verso il corpo caldo della madre. Tornare indietro senza di lei non avrebbe avuto senso.

“Dobbiamo andare.”

Caroline si era nuovamente avvicinata e lo osservava in silenzio come a volersi assicurare che stesse bene. Poco distante, Matt li squadrava entrambi con aria torva sistemandosi il colletto del giubbotto.

Tyler si sollevò da terra senza distogliere lo sguardo dal corpo senza vita della donna. In silenzio raccolse la coperta che giaceva abbandonata sull’erba - la stessa coperta che l’aveva mantenuto al caldo con il sorgere del giorno- e la depositò con delicatezza sul cadavere.

Il dolore pungente all’altezza del petto tornò a farsi strada dentro di lui, mentre nella quiete del mattino, Tyler si domandava se anche dove Jules si trovava ora, stesse sorgendo il sole.

Stranamente, gli veniva più facile immaginare che fosse notte. Una notte infinita completamente priva di luna. Solo le stelle avrebbero tappezzato quel tappeto d’inchiostro.

Uno a uno, i bagliori biancastri avrebbero lenito la nostalgia della sua vita passata, lasciando echeggiare in la sensazione di conforto emanata dal branco.

Tanti piccoli puntini luminosi per ricordarle che non era sola.

 

“Ti ho mai raccontato di quando ho incontrato tuo zio Mason per la prima volta?”

Tyler inclinò leggermente il capo verso destra e indirizzò lo sguardo verso di lei.

“Era da poco trascorsa la luna piena e stava vagando per conto suo fra i boschi alla ricerca Dio solo sa di cosa. Era terrorizzato. E anche completamente nudo. Aveva un culetto niente male.”

Risero entrambi, mentre i primi spiragli di luna si affacciavano timidamente alle fronde degli alberi.

“Pensi che Mason sarebbe stato d’accordo con l’avermi qui con voi?”

Domandò Tyler incantato dalla beatitudine che si respirava nel tepore di quella sera.

“Mason non avrebbe mai voluto tutto questo per te.”

Jules osservò la falce di luna che scalava il cielo silenziosa.

Un lieve alone  di malinconia si frappose ai lineamenti tenui del suo viso.

“Mi dispiace”

Tyler infilò le mani in tasca voltandosi per fare ritorno all’accampamento.

 

“Non volevo metterti tristezza.”

Jules rivolse un’ultima occhiata in direzione della luna: le stelle stavano iniziano a fare capolino formando attorno all’astro una cortina di barlumi luminosi.

“Non sono triste.”

Un lieve sorriso andò a scolpirsi sul suo volto, mentre il familiare chiacchiericcio un po’ rozzo dei licantropi le riempì le orecchie.

 “Va tutto bene. È solo un attimo di nostalgia.”

 

“She’s just making sure I’m save”

“So… Are you two like… friends now?”

“She’s been helping me.”

2x20. The Last Day

 

Nota dell’autrice.

*Si prepara al lancio dei pomodori*

Lo so. Di nuovo Tyler. Ma dopo l’utima puntata non ho potuto farne a meno. Le cose si sono mosse esattamente nel modo in cui aveva sperato e Tyler è cambiato così tanto al punto da non sembrare nemmeno più lui. Dovevo provare a pasticciarci una shot. Dovevo.

Ma prometto che da prossimo capitolo tenterò di muovermi verso altri personaggi. Tra tutti, Jenna e John non li ho ancora mai trattati, quindi potrebbe essere che proverò a scrivere su uno di loro.

Per quanto riguarda Jules, suppongo che questa sia la fine per lei, quindi volevo per lo meno provare a scrivere qualcosa anche per lei. Nonostante in passato sia stata il personaggio che ho odiato di più, ho sempre amato il modo in cui  ha interagito con Tyler. Nel momento esatto in cui si è accorta che era nei guai è venuta a prendersi il cucciolo di lupo (seppur con le forze) e cel’ha restituito cambiato e maturato.

Piccolo appunto sulla canzone scelta: so che è un po’ l’”anthem” del Tyroline, ma utilizzarla per loro sarebbe stato troppo scontato, perciò questa mi è parsa l’occasione migliore per utilizzarla.

A proposito di Tyroline: ho scritto una one-shot su di loro da piccoli intitolata “For better or worse (I got you). Mi farebbe davvero piacere avere una vostra opinione, visto che ci tengo parecchio (sapete che i baby pg sono un po’ il mio punto debole).

E se ancora non ne avete abbastanza di TVD, vi consiglio di dare un’occhiata alle meraviglie prodotte dalle autrici del TVG!Fest che potrete trovare qui: http://vampiregeometry.livejournal.com/

 

Detto questo vi ringrazio e aggiungo come al solito che ringraziamenti e banner arriveranno a breve.

 

Un abbraccio

 

Laura

P.S. Chiedo venia per le citazioni un po’ in italiano e un po’ in inglese. In mezzo alla storia l’ho preferita in italiano al fine di integrarla meglio, ma quella finale al solito la riportavo in inglese,perciò ho preferito così.

*ora fugge sul serio*

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Capitolo 16
*** 16.Lift the weight of the world (Jeremy) ***


Dedicata a Jeremy.

Perché ritengo che su di lui non ci si soffermi mai abbastanza.

(Attenzione: Spoiler episodio 2x22)

Lift the weight of the world

 (from my shoulders).

Keep a light on those you love
They will be there when you die
Baby there's no need to fear
Baby there's no need to cry

Every little piece in your life
Will add up to one.

The weight of the world. Editors

 

“Jeremy.”

Il suo nome risuona più volte, da qualche parte, ma lui è incapace di formulare una risposta.

“Jeremy”

Qualcosa si intrufola nel suo sguardo divorando in un istante le luci e le ombre . L’oscurità aggredisce il terrore inciso sul viso dello sceriffo Forbes e Jeremy non vede più.

Non sente più.

C’è solo silenzio; e il sangue che continua a rifluire dal piccolo foro sul suo petto.

La linfa vitale si affanna a sfuggirgli, libera dalla prigionia delle sue vene.

La sua stessa vita lo sta tradendo, ma Jeremy non ha paura: non più.

E se dapprima il suo cuore batte forte in preda allo sgomento, si accorge perfettamente del momento in cui cessa di lottare, rallentando il ritmo dei suoi battiti.

In silenzio ascolta la resa del suo corpo avvertendo la stanchezza arrampicarsi su di lui. Il torpore che lo avvolge, tuttavia, è inspiegabilmente piacevole. Il genere di sensazione che si prova dopo una lunga corsa o una risata particolarmente accentuata.

È come scivolare nel vuoto confidando che arriverà qualcuno ad attutire la caduta.

Come addormentarsi la sera dopo aver trascorso una giornata interminabile.

Un pomeriggio particolarmente intenso.

La spossatezza, il dolore. La paura. Tutto scivola via.

Jeremy intanto ascolta.

Da qualche parte il suo nome continua a echeggiare, dando origine a una sorta di preghiera.

Si sforza di rispondere a quei richiami, ma è troppo complicato anche solo socchiudere le labbra. Ha bisogno di ribattere a quei richiami con il nome della sorella.

Vorrebbe ricordare a chiunque sia disposto ad ascoltarlo, che Elena deve vivere. Che si è stancato di rimanere al sicuro in angolo - perché troppo giovane, troppo fragile - proteggendo la sua vita e mutilando quella delle persone che gli stanno attorno.

Jeremy ha bisogno di gridare al mondo quanto sia furioso, per non aver mai auto la possibilità di dire addio.

Vorrebbe far presente allo sceriffo Forbes, che non è solo colpa dei vampiri, se Mystic Falls è minacciata dalle ombre. Che i veri mostri non sono Damon e Stefan, ma quelli come lei. Persone che si ostinano a sporcarsi le mani di sangue. Persone guidate da un rancore irrazionale verso qualcosa che in realtà nemmeno conoscono. Che finiscono per voltare le spalle alla propria famiglia - a una figlia, a un fratello - accecati dalle proprie convinzioni.

Persone che feriscono degli innocenti pur di annientare il male: il proiettile incastonato nel petto ormai quasi immobile del ragazzo ne è la conferma.

È crudele che per far assorbire quel concetto allo sceriffo sia necessaria la sua morte.

Ha solo sedici anni, Jeremy.

Eppure aveva capito già da tempo ciò che solo ora risulta visibile agli occhi sgranati di Liz Forbes: la paura crea più danni di un paio di denti affilati.

Intanto il silenzio torna a distendersi lentamente su di lui. Jeremy si accorge che alcune voci in lontananza continuano a ripetere il suo nome con insistenza.

È il richiamo di chi non vuole arrendersi.

A stento, gli pare di riconoscere il timbro familiare di Alaric. Se solo potesse muoversi un ultima volta, si sfilerebbe l’anello e lo consegnerebbe a lui.

Gli sarebbe di conforto credere di poter proteggere qualcuno.

Lui che non ne ha mai avuto la possibilità.

Infine anche le parole di Rick scompaiono. Inghiottite dalla voragine di nulla che sta guadagnando vita, mentre lui la perde.

Tutto è attutito e irreale. Solo il sussurro imperterrito di Bonnie è ancora percepibile, intervallato da singhiozzi.

In qualche modo si convince di intravedere le sue lacrime attraverso le palpebre serrate: palpebre che non si riapriranno mai più.

Solo in quel momento Jeremy si rende conto che da qualche parte, in fondo al cuore, c’è ancora un flebile movimento.

In quel frangente, capisce che non avrebbe dovuto arrendersi, ma insistere e lottare. Ribellarsi al dolore sordo e al torpore grave che gli hanno intrappolato il corpo.

E gli dispiace.

Gli dispiace di dover morire a sedici anni.

Gli dispiace di non aver avuto la possibilità di crescere e diventare un uomo.

Gli dispiace di non essere stato in grado di colmare quel vuoto che troppe perdite hanno scavato dentro di lui.

Gli dispiace.

Ma anche il rimpianto viene spazzato via in fretta assieme alle ultime gocce di vita intrappolate dentro le sue vene.

Un’ ultima immagine – i volti sereni di Grayson e Miranda Gilbert - fa capolino sfuocata fra i suoi pensieri e poi tutto si spegne.

Jeremy non c’è più.

Si è addormentato.

Ed è tutto così leggero, così delicato, che il ragazzo si domanda se non stia semplicemente sognando, dopo tutto.

Ma c’è qualcosa di particolarmente insolito in quel torpore. Un silenzio che profuma di pace,di conforto.

È la quiete.

è il  peso del mondo che scivola via dalle sue spalle.

 

“ Senti, so che pensi di averlo cancellato, ma è ancora lì. Anche se non riesco a ricordare perché, sento ancora un vuoto dentro. Mi sento solo. E cancellarmi i ricordi non farà sparire questa sensazione. Non sistemerà quello che c'è davvero di sbagliato.

1x22. Founder’s day

 

Nota dell’autrice.

Innanzitutto mi scuso per il ritardo. u_ù

In secondo luogo, mi scuso poiché rammento di aver promesso che in questo capitolo avrei cercato di trattare un personaggio nuovo alla raccolta e come avete potuto notare non è andata così (tanto per cambiare).

Infine, mi scuso per il palese no-sense di questa storia. In teoria, non era nata per essere pubblicata. La scrissi semplicemente, perché dopo l’ultima puntata della stagione ho avvertito il bisogno di dedicarmi un po’ a Jeremy: il mio personaggio preferito. Perché mi era mancato in un certo senso. Di rado mi capita di amare alla stessa maniera un personaggio a distanza di molti episodi. Ma Jeremy è uno dei pochi che ha catturato la mia attenzione sin dal pilot e che ho continuato a considerare “il mio preferito” fino alla fine.

Dopo aver rimuginato un po’, anche se con un po’ di imbarazzo, ho deciso di pubblicare questo frammento qui, perché un po’ glielo dovevo, ecco. Il punto di vista di Jeremy non è molto analizzato nel fandom e più storie ci sono su di lui, meglio è. Spero vivamente che con gli nuovi sviluppi che abbiamo potuto notare nell’episodio finale, ci sia un po’ più di spazio anche per lui nella terza stagione.

Detto questo, vi ringrazio come al solito per gli splendidi commenti e le parole tanto carine che mi serbate.  Se dopo la mazzata di questo capitolo avete voglia di dare un’occhiata a un Jeremy un po’ meno angstoso, fate un salto dalla one-shot che ho scritto per il TVG!Fest su Baby Jeremy e baby Caroline. S’intitola “Bonded

”.

Grazie ancora!E questa volta, sul serio, prometto che mi impegnerò a sfornare qualcosa su coppie/personaggi inediti.

Un abbraccio grande

Laura

P.S. Al solito: banner e ringraziamenti arrivano in serata!

Doppio P.S. Non so come mai mi sottolinei tutte le righe finali delle note >.< Più tardi mi ingegno a sistemare. *sono un’impedita e non tento nemmeno di naconderlo*

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Capitolo 17
*** Who will love you? (Jenna) ***


Scritta per il TVG!Fest.

Prompt scelto: Elena/Jenna/Jeremy - Non poteva occuparsene nessun altro.

Timeline: prima del pilot. A pochi giorni di distanza dal funerale di Miranda e Grayson.

Avvertimenti: lievi spoilers 2x21, ma niente di che.

 

Who will love you?

 

 

And now all your love is wasted

Who will love you?
Who will fight?
Who will fall far behind?

 

Skinny Love. Birdy

 

Jenna si rigirò fra le mani una maglietta da uomo e con nervosismo la sistemò in un cassetto a caso. Si maledì in silenzio per aver acconsentito a passare la notte nella camera dei coniugi Gilbert.

A pochi giorni di distanza dal funerale, non si sentiva assolutamente pronta a occupare la metà del letto che era da sempre appartenuta a sua sorella.

Il profumo di Miranda la rendeva incredibilmente nervosa, così come la lieve inclinatura del materasso che ai suoi occhi ancora riportava le forme della donna: non voleva modificare quell’immagine.

Se quel letto fosse rimasto così, sfatto e disordinato, avrebbe concluso per convincersi che sua sorella sarebbe tornata a casa a dargli una sistemata.

Dopotutto Miranda detestava il disordine.

 

Le fece male, abbandonarsi a quel genere di pensieri.

Mentalmente si diede della stupida ricordandosi dei due adolescenti che a qualche porta di distanza erano rinchiusi nel loro silenzio, stroncati dalla perdita di entrambi i genitori.

 

Quel pomeriggio, Jenna aveva proposto a Elena di dormire con lei come quando era più piccola, ma la ragazza aveva educatamente rifiutato: preferiva la tranquilla quotidianità della sua camera al rumoroso fruscio dei ricordi di quella stanza.

 

 

Nell’ultimo periodo, Jenna aveva notato che la nipote si stava chiudendo a riccio, riducendo all’osso le conversazioni e trascorrendo interi pomeriggi ad annotare pensieri sul suo diario.

Nonostante Caroline e Bonnie bussassero di frequente alla porta di casa Gilbert, la ragazza accettava di raro la loro compagnia.

Voleva stare con Jeremy; sempre e solo con Jeremy. Forse aveva semplicemente paura di perdere anche lui.

 

Jeremy, d’altro canto, era diventato se possibile ancora più silenzioso di sua sorella. Raramente metteva piede fuori dalla sua camera e i fogli da disegno che in genere ricoprivano la scrivania dell’adolescente, erano stati riposti in un cassetto assieme alle matite.

 

Oppressa dal silenzio maledettamente fastidioso di quella stanza, Jenna stava lentamente cedendo all’ansia e al nervosismo. Lanciò un’occhiata bieca alla radio sveglia e si decise a scendere in cucina per prepararsi una tazza di camomilla. Prima di raggiungere le scale, tuttavia, deviò verso la camera di Elena per controllare che fosse tutto sotto controllo.

 

La trovò addormentata, l’orsacchiotto di pezza adagiato su un fianco, come se quel contatto morbido e caldo servisse a rassicurarla, a farla sentire meno sola.

 

Tentando di non fare rumore, Jenna prese posto su una sedia, avvertendo improvvisamente tutta la stanchezza assorbita in quei giorni crollarle addosso come un fiotto d’acqua gelida.

 

Si prese la testa fra le mani, ripensando alle decine di volti sconosciuti con cui aveva dovuto fare i conti nell’ultimo periodo: colleghi di lavoro di Miranda, clienti di Grayson, compaesani indelicati, parroci, assistenti sociali.

 

In particolare, la mente di Jenna sfiorò quell’ultimo punto, aumentando nella donna una sensazione di sconforto e inadeguatezza.

 

Non può occuparsene qualcun altro?

 

Quelle avevano fatto capolino nella sua testa nel momento esatto in cui la chiamarono per affidarle la custodia dei due fratelli.

 

Le stesse parole le rimbalzavano addosso di continuo, istigandola a domandarsi che cosa avrebbe potuto fare per quei ragazzi.

Non era in grado di crescere di due adolescenti; non quando stentava a tenere d’occhio perfino se stessa.

 

La sua vita era un calderone traboccante di sveglie che non suonavano, nottate in bianco e relazioni disastrose. Come avrebbe potuto fare in modo che i nipoti seguissero uno stile di vita consono alla loro età?

 

Non avrebbe mai potuto comportarsi come una madre. Diavolo, non era nemmeno brava a fare la zia; per i nipoti Jenna era una sorta di stravagante sorella maggiore. Il che era perfetto per essere accompagnati ad una partita o per chiedere consigli sui trucchi, ma nel mondo di Jeremy ed Elena non c’era più spazio per quel genere di cose.

 

Avevano bisogno di una guida. Di qualcuno pronto a sorreggerli, a incoraggiarli.

 

Qualcuno di responsabile.

 

E Jenna non era pronta a incarnare nessuno di questi aspetti.

 

Eppure, c’erano forse alternative?

 

John non sarebbe stato in grado di prendersi cura nemmeno di un pesce rosso. E sorvolando su una vecchia nonna che viveva in Ohio, Elena e Jeremy non avevano altri parenti stretti.

 

No, i ragazzi dovevano restare con lei.

 

Ignorando la pungente sensazione di avvilimento, Jenna abbandonò la camera di Elena e fece per dirigersi da Jeremy, quando la sua attenzione fu catturata da una luce accesa al piano di sotto.

 

Scese le scale stringendosi nella vestaglia, rimpiangendo il fatto di non essersi infilata le ciabatte.

Quando raggiunse la cucina, si sorprese nell’individuare il nipote rannicchiato su una delle sedie. In una mano reggeva una tazza fumante e nell’altra una cornice che ritraeva la famiglia Gilbert al completo: la fotografia era stata scattata appena qualche mese prima.

 

Un sospiro di rassegnazione sfuggì al controllo di Jenna catturando l’attenzione di Jeremy.

 

“Anche tu sveglia?”

 

Domandò il ragazzo in tono di voce inespressivo concentrandosi sul contenuto della sua tazza.

 

Jenna lo osservò con attenzione prima di prendere posto accanto al nipote. Fra lei e Jeremy non c’era quel tipo di confidenza che la donna condivideva con Elena. Eppure, erano sempre riusciti a conversare senza alcun tipo di impaccio o impedimento.

Dopotutto avevano molte cose in comune: erano entrambi fratelli minori e li caratterizzava un atteggiamento ribelle e un po’ distratto che finiva spesso per metterli nei guai.

 

Ma in quel momento, analizzando lo sguardo stravolto dalle occhiaie del nipote, Jenna non era più tanto sicura di riconoscere in quel ragazzo il Jeremy che conosceva.

 

Quanto avrebbe impiegato a riprendersi dall’incidente?

 

“Perché non vai a riposare un po’?”

 

Propose mentre lo sguardo le ricadeva sulla fotografia: quattro volti sorridenti spiccavano in primo piano.

 

Una mano della donna si adagiò istintivamente sulla spalla del nipote, ma lì si arenò: non aveva idea di come confortarlo.

 

“Sto bene zia Jenna.”

 

Jeremy dichiarò con voce ferma, ostentando una sicurezza per nulla credibile. E in effetti, il movimento nervoso delle sue dita lo tradì.

 

Jenna gli sfilò la tazza di mano in maniera maldestra, facendo scivolare un po’ del contenuto sul vetro della fotografia.

 

“No!Questa era la preferita della mamma!”

 

L’urlo improvviso di Jeremy la sorprese a punto tale da farle scivolare la scodella di mano. Fortunatamente era di plastica e non si ruppe, ma dell’altro liquido si riversò sulla cornice macchiandone gli angoli.

 

La donna tentò di rimediare afferrando uno strofinaccio,  ma Jeremy allontanò con violenza la sua mano appropriandosi della fotografia.

 

“Scusami Jeremy, mi dispiace. Adesso sistemiamo tutto, vedrai che ci metto due secondi.”

 

“Non possiamo sistemare nulla!”

 

Jeremy si allontanò da lei appoggiando le spalle al mobile della cucina. Non era l’incidente della fotografia che l’aveva spinto a reagire così, Jenna lo sapeva bene. Ma non per questo riuscì a sentirsi meno in colpa.

 

“Loro sono morti. Sono morti e non torneranno mai più. Non abbiamo più una famiglia. Siamo soli: riesci a sistemare questo?”

 

Le parole di Jeremy la trafissero come schegge, pronte ad annidarsi nei punti più fragili del suo animo.

 

Ed eccole finalmente: le lacrime che aveva cercato in tutti i modi di nascondere ai nipoti. Di nascondere a chiunque.

 

“Che succede qui?”

Elena li aveva raggiunti di corsa, allarmata dalle grida del fratello.

 

Lanciò un’occhiata disorientata al the che colava sul tavolo e alla fotografia che Jeremy stringeva fra le mani: non impiegò molto a comprendere che cosa fosse successo.

 

“Ehy, va tutto bene.”

 

Prontamente si affrettò ad avvolgere il fratello in un abbraccio, ignorando i singhiozzi che percuotevano il corpo del ragazzo.

 

“Va tutto bene, ci siamo noi qui con te. Vedrai, ce la caveremo.”

 

Jenna li osservò stringersi l’uno all’altra, avvertendosi d’un tratto come svuotata.

 

Svuotata ed inutile.

 

Ammirò la fermezza docile con cui Elena si prendeva cura di Jeremy e quell’istinto materno che doveva avere ereditato da Miranda.

 

Non era giusto, Jenna lo sapeva.

 

Era lei che avrebbe dovuto confortarli. Tutti e due.

 

E se non ci fosse mai riuscita?

 

Se avesse continuato a comportarsi da immatura privando quei ragazzi di un supporto, avrebbe concluso per deteriorare il loro futuro.

 

Ma se non poteva farlo lei, allora chi si sarebbe preso cura di loro?

Chi li avrebbe aiutati a crescere?  Chi avrebbe combattuto per aiutarli a compiere le scelte giuste?

 

Chi li avrebbe amati?

 

In quel momento lo sguardo di Elena si depositò su di lei.

 

Erano occhi stanchi i suoi. Supplichevoli.

 

In quello sguardo, Jenna trovò le risposte a tutti gli interrogativi che si stava ponendo sin dalla morte di Grayson e Miranda.

 

Si rese conto che Elena stava facendo del suo meglio per prendersi cura di Jeremy, ma che questo non le impediva di cercare a sua volta un appiglio.

 

E quell’appiglio doveva essere lei.

 

Senza sapere bene e come e perché, Jenna si trovò ad annuire. Dapprima lentamente e poi con un certo trasporto.

Dal sorriso smunto, ma sincero di Elena, la donna seppe che aveva la sua approvazione.

 

“Ce la faremo.”

 

Intrisa di un coraggio che fece capolino all’improvviso sorprendendola, la giovane donna si avvicinò ai nipoti e strinse entrambi in un abbraccio.

 

Non era forse il genere di abbraccio che ci si aspetta da una madre. Ma era caldo e infondeva fiducia. Per i fratelli Gilbert, quell’abbraccio era più che sufficiente.

 

“Noi tre assieme ce la faremo.”

 

Era strano sentirsi stringere così: due paia di braccia la cingevano con forza, come il destino dei loro proprietari dipendesse completamente da lei.

 

Era così che si sentiva un genitore?

 

Jeremy ed Elena le stavano affidando il loro mondo: le loro speranze e le paure che li sovrastavano.

 

E Jenna avrebbe fatto del suo meglio per custodire il tutto con cura augurandosi di poter fare lo stesso con quei due ragazzi.

 

Si sarebbe occupata di loro ignorando i dubbi e la sensazione di inadeguatezza che la punzecchiava di continuo.

 

 E non l’avrebbe fatto per i sensi di colpa. O perché non c’era nessun altro disposto a fare altrettanto.

 

Ma semplicemente perché li amava.

 

“Quando gli avvocati mi chiamarono per dirmi che sarei diventata la vostra tutrice, lo sai qual è stata la prima cosa a cui ho pensato? Non può occuparsene qualcun altro?”

“Jenna, nessun’ altro avrebbe potuto aiutare me e Jeremy a superare tutto.”

“Il solo pensiero che stavo per rinunciare a prendermi cura di voi…”

“Ma non l’hai fatto.

Hai messo da parte tutta la tua vita, solo per poterci aiutare.”

 

2x21. The sun also rises

 

Nota dell’autrice. (Spoilers 2x21)

 

Ebbene, avevo promesso che sarei passata ad occuparmi di Jenna o John e io le promesse le mantengo (in ritardo, come sempre, ma le mantengo xD).

Questa one-shot è decisamente troppo lunga. Mi ha fatto dannare parecchio, e mi è uscita fuori completamente diversa da come l’avevo progettata, ma non importa.

Jenna è un personaggio a cui, seppur magari in maniera lieve rispetto ad altri personaggi, ero affezionata.

Visto ciò che le è successo, trovo giusto dedicarle un tributino e ho deciso di focalizzarmi su quello che può aver provato durante il primo periodo come tutrice di Jeremy e Elena. Immagino che sia stato molto difficile per lei “mettere da parte” la sua vita (come dice Elena) per prendersi cura dei nipoti. Un po’ perché comunque è ancora giovane, e in parte perché, come ci dimostra nella prima stagione, non è esattamente la classica “donna già impostata a fare la mamma”. Ma anche se a modo suo, è comunque riuscita a prendersi cura di Jeremy e Elena e ha fatto molto per loro. Mi riempio di tristezza a pensare a quei due nuovamente soli. Forse è anche per questo che scrivendo questa one shot mi sono lasciata prendere un po’ la mano e Jeremy ha una reazione ben più “esplosiva” rispetto a come avevo programmato. Ma immagino che prima della fase “droga”, deve avere avuto diversi momenti simili a questi. Forse lui e Elena non sono resi alla perfezione in questo racconto, ma ho cercato di basarmi il più possibile su ciò che ci è stato lasciato intravedere dal pilot e da come immagino possano aver reagito Jeremy e Elena alla morte dei loro genitori.

La canzone, poi, era d’obbligo, essendo la colonna sonora alla scena del funerale di Jenna e John *ricomincia a piangere*. Mi pareva perfetta per descrivere i dubbi di Jenna, in particolare i versi che ho riportato.

Che altro dire? Sono un disastro e ho inserito solo stasera il banner per il capitolo su Jeremy. Tenterò di rimediare con quello nuovo.

 

Al prossimo capitolo!

Un abbraccio

 

Laura

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Capitolo 18
*** Broken Strings (John) ***


Scritta per il TVG!Fest con prompt “Elena/Grayson/John – vieni a vedere tua figlia” (Grayson in realtà c’è a malapena, ma shhh)

Broken Strings.

 

It tears me up
I try to hold on, but it hurts too much
I try to forgive, but it's not enough to make it all okay

You can't play on broken strings
You can't feel anything that your heart don't want to feel

Broken Strings. James Morrison

 

 

“è una bambina!”

L’esclamazione entusiasta di suo fratello echeggiò per qualche istante nella sua testa.

“Lo so.”

Il tono di voce atono del John di allora gli sfiorò la mente, mentre la figura di un giovanotto con il capo chino e le mani in tasca prendeva forma di fronte ai suoi occhi.

“Dannazione John, piantala di startene lì come un idiota. Vieni a vedere tua figlia.”

 

 

***

 

 

John ubbidì. Le spalle ricurve in un vano tentativo di nascondersi. Da se stesso, dalla vergogna che gli ronzava in petto.

Sfiorò la maniglia della porta contraendo le nocche con violenza prima di convincersi a fare ingresso nella stanzetta. Si avvicinò al lettino in silenzio, ignorando i vagiti disperati che già risultavano insopportabili alle sue orecchie.

“Tutto nella norma, signori miei. E da come strilla la bambina, pare che non vedesse proprio l’ora scambiare due parole con te. Congratulazioni fratellino.”

Il tocco gentile sulla spalla avrebbe dovuto rincuorarlo; eppure quel sottile barlume di conforto venne eclissato dal suono della parola “fratellino” che  lo stuzzicò in maniera sgradevole .

Sapeva di essere il minore dei due fratelli Gilbert, e anche che il termine non si limitava ad indicare la differenza d’età. 

Grayson era il figlio, il marito, il fratello perfetto. Ambizioso e diligente; carismatico. Un uomo maturo e affidabile, con uno spiccato senso dell’umorismo.

John, al contrario, era un diciottenne schivo e scapestrato, troppo occupato a commettere  un errore dietro l’altro per accorgersi di avere altrettante possibilità di successo quanto il fratello.

E quello che vide sollevando lo sguardo in direzione del lettino alimentò nel giovane uomo la sensazione di aver appena commesso l’ennesimo sbaglio.

C’erano due bambine di fronte a lui.

Una respirava in fretta, piangendo, il volto terso di sudore. Non era esattamente una bambina, ma nemmeno la si poteva definire una donna; in quel momento ai suoi occhi risultò semplicemente una ragazzina fragile e spaventata. Isobel reggeva fra le mani un fagottino rosa e lo osservava in silenzio, un misto di paura e rassegnazione inciso agli angoli del suo sguardo.

E forse, per un attimo, John riuscì a riconoscere in quegli occhi chiari anche un pizzico di tenerezza.

Il fagottino era la seconda bambina.

Lei era Elena.

La rimirò per la prima volta, analizzando con aria diffidente i minuscoli pugni rossi che si agitavano in maniera insolita, quasi buffa, e le palpebre serrate che gli impedivano di guardarla negli occhi.

Era solo una neonata.

Un corpicino gracile percosso da un isterico piagnucolio.

Eppure Elena c’era.

Era lì, di fronte a lui. Non era più un semplice rigonfiamento nella pancia della sua fidanzata. Un agglomerato di cellule delle dimensioni di un frutto.

Elena era viva e agitava quei pugnetti come a volerlo rimproverare. Era così piccola, eppure già aveva compreso perfettamente che razza di padre l’avesse messa al mondo.

“Metterai la testa a posto?”

John era sicuro di aver riconosciuto quelle parole nei suoi lamenti.

“Lo farai per me?”

E gli risultava impossibile immaginare di prenderla e gettarla via come aveva ipotizzato di fare molte volte osservando il fotogramma di un’ecografia. L’immagine di una macchiolina dalle forme appena abbozzate gli saltò alla mente: una macchiolina che di umano non aveva proprio nulla.

Elena era una bambina. Un piccolo mosaico di dettagli che appartenevano un po’ a lui, un po’ a Isobel.

Era nata per sbaglio. L’ennesimo maledetto sbaglio. Dopotutto commettere errori era l’unica cosa in cui eccelleva veramente.

Eppure era sua. Quelle manine si agitavano per lui. Le urla estenuanti che gli rimbombavano nelle orecchie irritandolo sin da allora, erano una conseguenza della sua impulsività. Della sua sconsideratezza.

“John, non ha ancora i denti. Puoi avvicinarti, non ti morderà.”

L’ironia nel tono di voce di Grayson era mitigata da una sfumatura di comprensione.

John non era sicuro di volerlo fare veramente, eppure distese il braccio allungando una mano per sfiorare la guancia rosea della neonata.

Non era bella. Non riusciva a capire cosa ci trovassero le persone di tanto grazioso in quegli affarini raggrinziti.

No, non era bella.

E allora perché, osservandola, il cuore di John aveva incominciato a comportarsi in maniera così insolita? Inciampava nei propri battiti alimentando in lui una sorta di timore reverenziale.

Aveva soggezione di quella creatura. Così gracile e indifesa, nuda e sporca, eppure in grado di catturare l’attenzione di chiunque senza nemmeno sforzarsi più di tanto.

Le bastava piangere e agitare i pugni.

In silenzio John continuò a fissarla, domandandosi se non fosse il capo di allontanarsi nuovamente. Era diversa da lui, se lo sentiva. Aveva in sé una sicurezza che i suoi coetanei avrebbero imparato ad apprezzare e a invidiare al tempo stesso.

Una sicurezza che di certo non aveva preso da John.

Sarà incantevole e testarda. Proprio come Isobel.

Fece per ritirare la mano in tasca, quando qualcosa accadde senza dargli il tempo di reagire a dovere.

La minuscole dita della neonata si contrassero sul suo indice avvolgendolo in una stretta fin troppo salda per una mocciosa di appena pochi minuti di vita.

O per lo meno, questa fu l’impressione di John.

E poi gli occhi della bambina si aprirono.

John si trovò a sgranare i suoi, incantato dalla particolare sfumatura castana che giaceva in quello sguardo vigile.

Istintivamente attirò l’indice verso di se e sfiorò con il pollice il dorso di quella manina che si era aggrappata a lui con tanta intensità.

Un calore mai avvertito prima gli avviluppò lo sterno, mentre i suoi occhi e quelli di Elena continuavano a scrutarsi, presentandosi gli uni agli altri, sempre in silenzio.

Perfino il pianto della bimba era cessato.

E John avrebbe semplicemente voluto stringersi nelle spalle e sorriderle, come aveva fatto più volte con Isobel.

Inspirando a fatica si sforzava di aprire la bocca per augurarle il buongiorno. La buonanotte in realtà. Avvertiva il bisogno di salutarla, di darle il benvenuto in quella vita neonata proprio come lei.

Tutto ciò di cui sentiva di avere bisogno era un po’ di coraggio. Voleva riuscire a prenderla in braccio. Voleva sentirsi padre.

 

Voleva.

 

Ma non era mai stato un uomo forte.

Forse non era mai stato nemmeno uomo.

E dunque si limitò a ricambiare il suo sguardo, incantato dalla serietà di quelle iridi scure. Un’unica lacrima sfuggì al suo controllo rigandogli lo zigomo destro.

***

Quegli occhi castani lo fissavano anche in quel momento.

John si fece da parte mentre una bambina con i codini si intrufolava in cucina scrutandolo diffidente.

“Elena, hai salutato lo zio John?”

Miranda, sua madre, la ammonì in tono di voce severo.

La piccola Elena scosse il capo con aria decisa e tornò indietro sui suoi passi per raggiungere l’uomo appoggiato allo stipite della porta.

“Ciao a te zio John!”

Dichiarò seria abbracciandolo frettolosamente, comprimendo il piccolo corpo morbido della sua bambola sul fianco dello zio.

Miranda annuì con aria soddisfatta prima di accettare il bacio che la figlioletta corse a donargli saltandole sulle ginocchia.

Era una bambina vivace e determinata. Tremendamente sicura di sé.

Proprio come aveva previsto John.

La osservò a lungo, esattamente come aveva fatto il giorno in cui la incontrò per la prima volta.

Ed Elena ricambiò il suo sguardo con serietà  e un pizzico di curiosità.

Lo zio John non le piaceva molto – non sorrideva quasi mai – ma c’era qualcosa di lui, nel modo in cui la guardava, nei lievi tocchi impacciati che le sfioravano il capo, che le infondeva una particolare sensazione di calma e tranquillità.

Anche se non sapeva il perché.

John scoccò un’ultima occhiata pensierosa a madre e figlia prima di congedarsi con un breve cenno del capo e allontanarsi in silenzio, diretto verso il giardino di casa Gilbert.

Elena continuò a inseguirlo con lo sguardo fino a quando non scomparve dalla sua visuale.

“Torna a trovarci zio John!”

Cinguettò allora la bambina a voce alta, augurandosi che il fratello di suo padre riuscisse a sentirla ugualmente.

Non udì risposta, ma in un modo o nell’altro era sicura che lo zio avesse sentito comunque.

John si fermò un istante sull’ultimo gradino della scalinata contemplando le parole ingenue della piccola che portava il suo cognome, ma che non era sua figlia.

Non più per lo meno.

Se non altro –si trovò a riflettere-  quello era stato uno sbaglio, forse l’unico, che aveva portato a qualcosa di buono.

 I don’t ask for your forgiveness, nor for you to forget. I ask only that you believe this. Whether you are now reading this as a human or as a vampire, I love you all the same. As I’ve always loved you and always will. John.”

2x21. The sun also rises

 

Nota dell’autrice.

Alur, prima di tutto l’accostamento alla canzone è di un forzato che fa paura. Ma avevo promesso che avrei scritto anche su John oltre che di Jenna e ormai le canzoni ispirose della OST iniziano a scarseggiare, quindi mi sono arrangiata con quello che avevo XD Questa canzone mi ha sempre ricordato molto John per via del suo non essere più in grado di riparare agli errori commessi in passato. E dunque, ci ho provato.

Questa shot mi è venuta in mente su due piedi e in quanto tale fa un po’ schifo, ma ieri sera mi annoiavo e boh. Ho deciso di occuparmi un po’ John. So che quasi tutti lo detestano, ma era uno dei miei personaggi preferiti e ci tenevo a lasciare un tributo anche per lui.

Ringrazio al solito le meravigliose persone che hanno recensito i capitolo precedente e - al solito – risposte ai commenti e il bannerino arriveranno nei prossimi giorni (tanto è inutile che vi dico in serata, perché poi sapete perfettamente che non sarà così xD).

 

Laura

 

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Capitolo 19
*** You haven't lost me yet. (Caroline & Matt) ***


Allora, sappiate in principio che questa è una delle storie peggio scritte della raccolta. L’ho scritta tantissimo tempo fa e l’ho scartata fin da subito perché non era venuta molto bene, ma ci tenevo  fare un regalino alla Giraffetta che mi segue sempre e che rimpinzo di Tyler e Tyroline ogni volta.

 

Perciò Giraffetta, grazie per seguirmi sin dai primi capitoli di questa raccolta. Questa è tutta per te <3

 

You haven’t lost me Yet.

 

I'm losing ground and gaining speed
I've lost myself or most of me
I'm headed for the final precipice

But you haven't lost me yet.

Yet. Switchfoot.

 

 

“Vieni allora?”

 

Caroline osservò in tralice le sottili striature di luce tratteggiate sul marciapiede in cemento.

 

Sollevò lo sguardo a far coincidere le sue iridi turchine con il cobalto incastonato fra gli occhi di Matt; era incantevole l’ingenuità emanata dal sorriso benevolo del ragazzo.

 

“Io detesto correre.”

 

Brontolò lei arricciando il naso con aria infantile, mentre la sua attenzione veniva catturata dal grattare di minuscole ruote sul cemento. Poco distante, un ragazzino pattinava in silenzio, le cuffiette infilate nelle orecchie.

 

 Ma smettila. Dai, stammi dietro pigrona!”

 

Matt rise di gusto e scattò avanti in direzione del viale. La leggera brezza primaverile si insinuò fra i pensieri rilassati di Caroline che sorrise, prima di avvertire un’ improvvisa sensazione di inquietudine.  Pochi secondi dopo un odore intenso e penetrante la raggiunse, inebriandole i sensi.

 

Volse lo sguardo in direzione del tonfo che aveva avvertito alla sua destra: laggiù, al riparo da una cortina luminosa di sole, l’ adolescente si massaggiava dolorante il ginocchio graffiato: i rollerblade accantonati al suo fianco.

 

Quell’odore.

 

Lo sguardo di Caroline si fece di vetro, mentre qualcosa, un fastidioso bruciore sotto ogni perimetro di pelle guidava il suo corpo in direzione di quel giovanotto.

 

La lingua sfiorò bramosa i canini pronunciati, mentre il volto della ragazza mutava, frastagliando la pelle diafana delle sue guance.

 

Caroline si avviò lentamente in direzione del ragazzo ferito, guadagnando velocità man mano che l’odore si diffondeva: desiderava avvertire la pelle liscia di quello conosciuto cedere sotto i suoi denti.

 

Era prossima a crollare. In procinto di cadere, come tanti prima di lei.

 

E Matt era a solo pochi metri di distanza…

 

“No”

 

L’esclamazione scaturì improvvisamente dalla gola della ragazza.

 

“Non succederà.”

 

Un sussurro si fece strada dentro di lei, mentre intorno a Caroline i rumori violenti tornavano ad attutirsi ed il prurito alla pelle svaniva.

 

Con una mano sfiorò i lineamenti del suo volto: la pelle era tornata liscia e i suoi denti più smussati, perfettamente innocui.

 

Avvertì nuovamente il rumore di pattini sul cemento: l’adolescente era tornato sui suoi passi.

 

“Posso farcela.”

 

Mormorò fra sé avvertendo a poca distanza un richiamo ben familiare al suo cuore.

 

“Sei ancora qui?” Matt la raggiunse riprendendo fiato.

 

Il ragazzo scosse il capo con aria divertita.

 

“Pensavo di averti persa!”.

 

Caroline sorrise. Con tenerezza sfiorò il mento del ragazzo e poi il collo, lasciandosi avvolgere dalla sue braccia abbronzate e vigorose.

 

Lei che era pallida e minuta.

 

“Non mi hai persa Matt.”

 

Mormorò prima di depositare con dolcezza un bacio sulla fronte del giovane di cui era innamorata.

 

“Non mi hai ancora persa.”

 

“è l’unica persona su tutto il pianeta a cui non avrei mai voluto fare del male”

“Non diventerà più facile Dovrai impegnarti molto di più.”

“Non dovrei stare con lui…

 

 

Vero?”

 

2x03. Bad Moon Rising.

Nota dell’autice.

Matt e Caroline *sospirone intenerito*.

Beh sì, sono pro-Tyroline, ma diciamo che amo molto anche loro due. Questa storia la scrissi prima che Tyler uccidesse Sarah e dunque il Tyroline all’epoca a malapena esisteva. Ma anche adesso continuo ad adorare questi due , li trovo di una dolcezza incredibile e a loro tempo sono stati una delle mie coppie preferite.

Detto questo, ringrazio le meravigliose persone che hanno recensito lo scorso capitolo. Vi amo in maniera spropositata, sul serio.

Piccolo annuncio pubblicitario per me e per un nuovo telefilm  *via con i pomodori!*

Ho scritto una one-shot basata sulla serie TV Teen Wolf. Non so se qualcuno lo conosce. Ma in caso mi farebbe davvero piacere se andaste a darle un’occhiata. Tra l’altro la sezione per il telefilm ancora non esiste, dunque se vi venisse il pallino di scriverci sopra, mi raccomando postate a manetta! U____U  Prima o poi riusciremo ad aprirla.

La storia è incentrata più che altro su Stiles (ovviamente in gran parte è in formato Baby, mi faccio sempre riconoscere >.<) e sul suo rapporto con Scott. Se aveste voglia, la trovate QUI.

Visto che sono già stata fin troppo pessima mi affretto a salutarmi e corro a rispondere alle recensioni (Il banner prima o poi arriverà, siate fiduciosi u_u).

 

Un abbraccio

Laura

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Capitolo 20
*** Echo (Matt & Vicki) ***


Echo (is the only voice coming back).



Hello, hello
anybody out there?
'cause I don't hear a sound
alone, alone
I don't really know where the world is but I miss it now

Echo. Jason walker

 

“Matty!”

Il suo nome risuonò più volte fra le mura della stanza spoglia, suscitando lo stupore del piccolo Donovan.

“Come hai fatto?”

Domandò ingenuamente il bimbo voltandosi per sorridere alla sorella maggiore.

Vicki fece spallucce e arruffò i capelli di Matt.

“La stanza è mia amica e ti chiama per nome.”

Spiegò con aria furbetta chinandosi per raggiungere l’altezza del fratellino.

“Coraggio, prova anche tu. “Matty!”

Esclamò puntando il dito contro il muro.

“Matty!”

La vocina di Matt si fuse a quella della sorella originando tre o quattro repliche dei loro richiami. I due bambini risero dell’eco generato dalle loro voci.

“Vicki!”

Strillò ancora Matt con un guizzo divertito nello sguardo; la parola echeggiò un paio di volte attorno a lui con il suo stesso tono di voce; Vicki spalancò le braccia e fece una piroetta ridendo, quasi a voler danzare a ritmo della voce di Matt.

“Vicki!”

Ripetè imitando il fratello e ridendo nuovamente quando la sua voce di bimba rimbombò nella stanzetta vuota.

“Sai cosa farò?”

Annunciò infine prendendo Matt per mano e obbligandolo a fare una giravolta.

“Quando mi sento sola, vengo qui e mi metto a dire “Vicki!” e anche la stanza dirà il mio nome. Allora sembrerà che qualcuno mi risponde!”

Matt annuì con aria confusa, guardandosi attorno ancora meravigliato.

“Puoi farlo anche tu se vuoi.”

Lo rassicurò Vicki riprendendo a piroettare per la stanza.

“Matty!”

Esclamò di nuovo, subito susseguita dall’echeggiare della sua voce.

“Matty!”

Ripetè il bambino con un sorriso entusiasta. Il suo nome rimbombò altre tre volte: proprio come se qualcuno lo stesse chiamando.

“Gliel’ho detto io alla stanza di farlo anche per te.”

Rivelò Vicki fiera; Matt si avvicinò al muro e lo tastò con attenzione, come a voler scoprire quale fosse il segreto di quella stanza; come facevano le pareti a rispondere ai loro richiami?

“E lo farà anche quando non ci sei?”

Domandò il bambino con aria dubbiosa tornando dalla sorella.

“Anche quando sei a scuola o a giocare con Marty e Linnie?”

Vicki tornò a chinarsi all’altezza del fratello per essere alla sua altezza; avevano a malapena un anno di differenza, ma a guardarli, Matt appariva molto più piccolo della sorella, così piccino e paffuto. Vicki, al contrario, sembrava già una signorina nei suoi movimenti aggraziati e la sua parlantina brillante.

“Sempre.”

Promise infine sorridendo con aria furbetta  prima di sollevarsi nuovamente e di dare le spalle a Matt per rivogersi alla parete spoglia.

“Matty!”

Esclamò ridendo dell’eco generato dalla sua voce.

“Vicki!”

La imitò il piccolo Donovan incominciando a saltellare per la stanza.

“Vicki!”

***

“Vicki!”

Matt continua a gridare facendosi luce con la torcia.

“Vicki!”

La sta cercando da ore ormai, frugando ogni vicolo, ogni angolo, ogni radura nelle vicinanze; Vicki però non c’è.

Non l’ha trovata accoccolata sui gradini di qualche edificio, troppo ubriaca perfino per riuscire a reggersi in piedi; Vicki non è in nessuna discoteca intenta a ballare e a divertirsi con i suoi amici fino a notte fonda.

Matt non riuscirà a raccattarla in qualche pub quella sera. Non tenterà di ammonirla con fare preoccupato e seccato al tempo stesso; e Vicki non ignorerà le sue parole supplicandolo di lasciar perdere e di continuare a guidare.

Vicki non risponde ai suoi richiami; e Matt vorrebbe solo poter ignorare la sensazione di panico che ha incominciato a tormentarlo minacciando di fargli perdere il controllo.

Vicki non c’è, e a fargli compagnia c’è solo quella solitudine tagliente e penetrante che aveva preso a graffiarlo nel momento in cui suo padre se ne è andato di casa, abbandonandoli. La stessa solitudine che si è presa maldestramente cura di lui durante i lunghi pomeriggi al Mystic Grill, quando Vicki mancava al lavoro e la sua mente lavorava in fretta per trovare una scusa plausibile da fornire al capo del locale.

La solitudine che attanagliava ogni sera lui e sua sorella, quando tornando in casa la sera, non c’era alcun sorriso benevolo di mamma ad accoglierli; nessuna tavola apparecchiata. Solo piatti sporchi e un silenzio difficile da gestire; ma Matt aveva finito per farci l’abitudine: perché c’era Vicki a condividerlo con lui.

Adesso, tuttavia, mentre fruga la notte alla ricerca di sua sorella, quel silenzio inizia a spaventarlo. 

Solo l’eco della sua voce lo lenisce, sfilacciando la quiete; le sue parole, il nome di sua sorella, echeggiano più volte fra gli alberi, accorrendo in suo aiuto; sforzandosi di sua sorella.

“Vicki!”

Ma Vicki non c’è e Matt è sicuro di avvertire dentro di sé che questa volta se ne è andata per sempre.

Di lei rimane soltanto il suo nome: è l’eco, il grido disperato di una persona che non può permettersi di interrompere la sua ricerca.

“Vicki!”

Matt sussurra un’ultima volta rincasando a sera inoltrata; con le guance rosse per via del freddo e gli occhi gonfi di disperazione, il ragazzo si lascia cadere su una sedia, la testa fra le mani e la stanchezza incisa agli angoli del suo sguardo.

“Vicki.”

Questa volta non c’è nemmeno l’eco a rispondergli.

‘cause my echo, echo
is the only voice coming back
my shadow, shadow
is the only friend that I have

Echo. Jason Walker

 

 

Jeremy: So whatever my last moment was with her, I don't have it

Matt: I don't either. I don't remember the last moment I had with Vicki before she was a vampire... When she was still my sister.

Vicki: Matty?

3x02. Hybrid

 

Nota dell’autrice.

Vi ricordare ti questa raccolta? *popolo di efp: “noooooooooo”*

Penso che Matt ormai sia a tutti gli effetti il mio personaggio preferito dopo Jeremy ora come ora (Stefan e Carol Lockwood gli vanno vicino in pole position). Dunque son davvero contenta che stiano ritagliando dei momenti per lui e Vicki anche nel telefilm. Molte persone hanno scribacchiato qualcosa in merito a questa meravigliosa canzone e ho deciso di dare anche io un mio piccolo contributo. Come l’ho sentita, ho pensato a Matt, e lo so che anche l’ultimo capitolo era dedicato a lui, ma sono passati tanti mesi quindi magari non ve la prenderete troppo XD Devo ringraziare davvero tanto Milly93 che mi ha convinto a scrivere un nuovo capitolo di questa raccolta dopo così tanto tempo: carissima, a questo punto la Stelena te la devo. E arriverà, promesso u_ù

Ma di questo non ve ne frega molto XD Piccolo angolino pubblicitario (sono fastidiosa, lo so). Oltre a questa, sto portando avanti una raccolta di one-shot dedicata ai personaggi di TVD da grandi alle prese con i loro marmocchietti. Ci tengo davvero tanto, quindi se vi va date un’occhiata. S’intitola “it calls me home” e la trovate QUI.

Un abbraccio grande a tutti voi

 

P.S. Al solito (si spera) banner e ringraziamenti in serata.

Laura

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