Amore al primo tweet - Missing Moments

di Maricuz_M
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** [14°-15°] Gabriele VS Lorenzo ***
Capitolo 2: *** [18°] Gabriele & Andrea ***
Capitolo 3: *** [23°-24°] Selene & Davide ***
Capitolo 4: *** [Pre-Epilogo] Gianmarco & Francesco ***
Capitolo 5: *** [Pre-Epilogo | Return] Gianmarco & Francesco ***
Capitolo 6: *** [Pre-Epilogo] Ilaria & Gabriele ***
Capitolo 7: *** [Prima del 1°] Ilaria | Gabriele ***
Capitolo 8: *** [24°] Capodanno pt. 1 ***
Capitolo 9: *** [25°] Capodanno pt. 2 ***



Capitolo 1
*** [14°-15°] Gabriele VS Lorenzo ***


Come ho già scritto nella presentazione, è consigliabile la lettura della storia originale "Amore al primo tweet".
Il seguente Missing Moment è collocato subito dopo la fine del 14° capitolo, ovvero alla festa di Halloween, conclusa nel momento in cui Alessandro (fratello di Selene) si decide a smettere di bere alcolici ed escono tutti dal locale.

 



Gabriele VS Lorenzo

Gabriele POV

La serata poteva definirsi conclusa.
Ilaria ed io stavamo camminando in fondo al gruppo, dietro un Alessandro ubriaco che a malapena si reggeva in piedi e che veniva sostenuto da Gianmarco, una Selene consolata da Dafne e un Davide più maturo del solito. Le avevo messo il braccio destro sulle spalle, sia per ripararla a modo mio dal freddo che per supportarla moralmente, avendola vista piuttosto fragile in quel frangente. Contro ogni mia aspettativa non aveva rifiutato quel contatto. Non mi aveva ancora perdonato per la storia di Twitter, non apertamente almeno, ma era sulla strada giusta e ne ero felice.
Mi mancava punzecchiarla e vedere sul suo volto la sua solita smorfia irritata storpiata però da un sorriso che combatteva per farsi vedere. Era buffa, mi divertiva stare con lei.
Giusto un paio di minuti dopo sentii la suoneria del mio cellulare. Chi poteva essere? Forse mia madre, chi altro avrebbe potuto chiamarmi la notte di Halloween? Con espressione dubbiosa presi l’apparecchio con la mano sinistra, continuando a stare vicino alla castana. No, non era mia madre, era Andrea.
“Andre.” Dissi, dopo aver premuto il tasto verde. Che voleva?
“Gli spacco la faccia. Giuro che se tu non vieni qui e non lo fai tu, lo faccio io!” ok, non conoscevo da molto questo ragazzo, ma fin dall’inizio mi era sembrato un tipo abbastanza tranquillo e mite. In quel momento stava praticamente urlando! Aggrottai la fronte confuso.
“Cos..” non ebbi neanche il tempo di finire che ripartì alla carica.
“Lorenzo. Torna indietro per favore. Si sta scavando la fossa. Gabriele cazzo, torna indietro.” Quel nome e tutte le frasi di Andrea mi fecero serrare la mascella innervosito, quasi arrabbiato. Che cazzo aveva combinato, quell’idiota? Io lo avevo detto a Ilaria che se l’avesse fatta star male l’avrei gonfiato. Non stavo scherzando.
“Arrivo.” Riattaccai e tolsi il braccio dalle spalle di Ilaria, che mi guardò prima quasi triste per essermi spostato, poi interrogativa. Che mi inventavo? Se le avessi detto la verità –che alla fin fine neanche io sapevo- sarebbe voluta venire a tutti i costi, quindi meritava l’omertà.
“Devo tornare un attimo al locale,” per picchiare il tuo ragazzo “voi tornate pure a casa.” E non fate domande “Ci vediamo lunedì a scuola.”
Mi salutarono tutti e feci per andar via, ma la ragazza accanto a me mi fermò, confermando l’idea che avevo di lei e del suo sesto senso a cui, purtroppo, non dava mai retta “Cosa succede?”
“Niente, servo ad Andrea, non ti preoccupare.” Prima di girarmi e correre verso il locale, però, mi raccomandai con lei “Torna a casa, possibilmente fatti accompagnare da qualcuno. Davide, Gianmarco, chi ti pare, ma non da sola che è pericoloso.” Lei alzò un sopracciglio, forse per la mia improvvisa premura nei suoi confronti. Cazzo, le volevo bene, non potevo?
“Ok.” Disse solamente.
“Bene, ciao.” Sorrisi frettolosamente e feci quello che volevo fare da quando avevo chiuso quella maledetta chiamata. Corsi. Corsi più che potevo. L’aria fredda mi colpiva il viso ancora truccato da vampiro e il naso non lo sentivo più, da quanto era congelato, per non parlare delle mani. Seppi di esser arrivato nelle vicinanze del locale quando sentii della musica. Eccolo.
Mi fermai e ripresi il cellulare per chiamare Andrea e chiedergli dove fosse esattamente, e trovai proprio un suo messaggio.
 

Fuori dal locale, ma dietro.

 
Efficientissimo Toletti. A passo svelto aggirai l’edificio, poi vidi Lorenzo.
Per meglio dire: Lorenzo e Cloe, avvinghiati mentre si mangiavano. Era uno spettacolo a dir poco osceno, e pensare che uno dei due era impegnato mi fece rabbrividire ancora di più. Che schifo. Non feci caso neanche a dove fosse Andrea, mi scagliai su di loro ed afferrai lo zombie per la camicia, tirandolo via da quella troia. Pure lei, mi stava proprio sul cazzo.
“Che cazzo fai, idiota?” domandai, o meglio, urlai. Il biondo mi guardo con gli occhi sgranati, forse stupito per esser stato beccato, poi il suo faccino da principe azzurro si fece incazzato nero. Coglione, si  sorprende pure. Pensai.
“Ma non rompere i coglioni, non sono cazzi tuoi.” Mi rispose amorevolmente.
“Oh, io i coglioni te li rompo invece, ma non in senso metaforico.” Dissi ghignando, col tono più odioso che riuscissi a fare. Era nel mio DNA quello, per fortuna. In quei casi faceva comodo saper far girare le palle alla gente.
“Ah si? E ce la fai?” mi provocò. Allora sei proprio cretino. Mai svegliare il Gabriele che ancora dorme.
“Vuoi vedere?” sorrisi ingenuamente e un attimo dopo, prima che potesse rendersene conto, gli tirai un pugno che finì dritto dritto in faccia, sullo zigomo. Eccola l’adrenalina. La sentivo mentre iniziava a scorrermi nelle vene. Picchiarlo mi aveva fatto provare una soddisfazione immensa, cazzo!
“Brutto..” non finì, ma mi sentii offeso ugualmente. Io brutto? Parliamone. Venni catapultato nella realtà quando percepii un dolore non molto trascurabile all’occhio. Se quel pirla mi avesse preso il naso e me l’avesse rovinato l’avrei reso irriconoscibile persino a se stesso. Sì, ok, erano discorsi non molto virili, ma capitemi. Più imperfezioni , meno ragazze sbavanti, orgoglio maschile sgretolato.
“L’hai sentito questo, figlio di puttana?” Pessima mossa, amico. Mai, e dico mai, offendere la madre di Gabriele Bonetti, ovvero il sottoscritto. Sentii la rabbia ribollirmi nelle vene. L’afferrai e lo buttai a terra con una forza che non credevo neanche di avere, per un attimo rimase stordito, così ne approfittai per sistemarmi in una postazione in cui era più facile massacrarlo di botte.
Cominciai a tirargli pugni ovunque mi andasse di tirar pugni, ovviamente per fargli male, non per ucciderlo.
Mi fermai, stanco ed annoiato perché ormai non opponeva neanche resistenza, così gli afferrai il collo e premetti la sua testa sull’asfalto. Mi avvicinai al suo viso, in modo da parlargli a voce bassa e fargli vedere meglio il mio sguardo che aveva lo scopo di terrorizzarlo maggiormente.
“Ascoltami bene, piccolo essere insignificante. Punto primo: sei un pezzente. Punto secondo: non provarti mai più a nominare mia madre, che non c’entra un cazzo. Punto terzo: sei un pezzente. Punto quarto: avvicinati ancora ad Ilaria con quella faccia di merda che ti ritrovi e ripeto lo spettacolo di stasera, mh?”
Non so con quale forza e quale coraggio, ma sorrise strafottente “E se fosse lei a volermi?”
“Col pessimo carattere che si ritrova, dubito che ti vorrà ancora quando verrà a sapere quello che hai fatto. E’ suscettibile, sai? E anche molto orgogliosa.” Lo sapevo bene.
“L’hai studiata bene in questi due mesi, eh? Picchiarmi per difenderla non servirà.”Aggrottai la fronte. Non sarebbe servito a cosa?
“Spiegati meglio, non tutti hanno la mente malata come la tua.” Dissi, facendo una smorfia.
“Non servirà a farti notare in quel senso.” Sospirai scocciato.
“Senti coso, non ho tutta la notte per stare qui a decifrare le tue parole, quindi parla chiaro.”
“L’abbiamo capito tutti che vai dietro ad Ilaria, tranne voi due. Non pensare che adottando il ruolo dell’eroe correrà tra le tue braccia, perché non è così.” Dichiarò cattivo, come se volesse farmi male con quelle parole, quando in realtà mi dettero solo un leggero fastidio. Aveva battuto troppo forte la testa, forse.
“Mi sa che questi tutti che l’hanno notato, non capiscono un cazzo.”
Ti odia, Bonetti. Non ti sopporta, non ti ha mai sopportato, lasciala perdere. E’ già tanto se ti permetterà di essere suo amico.” Fece fatica a pronunciare quell’ultima frase, la mia presa sul suo collo era diventata più stretta.
“Una settimana fa ha.. ha scelto me.. non te.” Stava male. Stava male e stava dicendo un sacco di stronzate, eppure mi avevano fatto incazzare lo stesso. Lo fissavo, senza dire niente. I suoi occhi erano sicuri e decisi, e mi mandarono in confusione.
“Gabriele!” Mi chiamò Andrea, come se quella non fosse la prima volta che pronunciava il mio nome. Non risposi. Sentii delle mani afferrarmi e tirarmi su, costringendomi a staccarmi dal corpo di quell’idiota e solo allora notai quanto il suo viso fosse sporco del suo sangue, così come le mie mani.
“Io ti ho avvertito, poi fai quello che vuoi.” Dissi freddo, studiandolo dall’alto.
“Stessa cosa vale per te.” Replicò invece Argenti, ansimando. Guardandomi intorno constatai che Cloe fosse fuggita come una ladra. Ma infondo che dovevo fare a lei? Aveva solo dato retta alla sua vera indole.
In silenzio, cominciai ad avviarmi verso la strada per tornarmene a casa. Il  moro mi affiancò “Tutto bene?”
“Io sto benissimo. Quando arrivo a casa mi metto un po’ di ghiaccio sull’occhio e sono apposto.” Risposi, sapendo benissimo che lui non si riferiva a quello.
“Gabri..” appunto.
“Come dovrei stare, Andre? Cosa pensi che provi, adesso? Niente, assolutamente niente. Non riguarda me questa faccenda, io sono venuto qui solo per dargliele.” Dissi nervoso, con gli occhi puntati in avanti. Lo sentii sospirare stancamente.
“Mi sembra che tu stia cercando di convincere anche te stesso con queste parole.” Dopo quella frase, smisi di camminare e mi voltai verso di lui, in modo da essere faccia a faccia. Eravamo alti entrambi, ma forse io lo superavo di un paio di centimetri.
“Dimmelo tu che a quanto pare hai le idee chiare, per favore, perché io non so cosa pensare.”
“Ti devi porre una semplice domanda. Ti piace Ilaria?”
“No, cazzo. Perché siete tutti fissati con questa storia?” ci mancava solo lui a farmi incazzare.
“Perché è quello che sembra.” Rispose lui, tranquillamente.
Respirai pesantemente creando una nuvoletta bianca e cercai di trattenermi dal passare una mano fra i capelli. Il sangue di Lorenzo non ce lo volevo. Tirai indietro la testa, cercando di recuperare il controllo. Cosa c’era di così complicato da capire? Scossi la testa tornando a guardarlo.
“Le voglio bene, solo questo.”
Annuì, non so se l’avesse fatto perché mi credeva o perché si era stancato di quella storia “Va bene, ma sai che un giorno di questi ne parleremo.”
“Certo, certo..” borbottai.
 


Ecco a voi il primo dei tanti (saranno tanti? boh ._.) missing moments. 
Insomma, vi è piaciuto? 
Alcune di voi (ed io stessa) mi avevano chiesto di fare un approfondimento su questa serata "tranquilla", ed eccolo qui. Inoltre è pure dal punto di vista di Garbriele! E' stato complicato, lo ammetto. Comunque adesso è più chiaro anche il momento in cui lui capisce che gli piace Ilaria. Insomma, dite tanto di lei, ma pure il nostro bel Bonetti non è che sia stato tanto perspicace, eh!
Non so più che dire. ._.
Fatemi sapere che ne pensate, se volete. Magari in futuro date un occhio visto che aggiornerò! 
Premetto che non so quando lo farò, però. 

Ah, e ricordatevi che Lunedì 19 (dopodomani) ci sarà l'epilogo dell'originale, eh! ;)
Grazie per aver letto!!

Maricuz

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Capitolo 2
*** [18°] Gabriele & Andrea ***


Salve!
Il seguente Missing Moment si svolge durante il 18° capitolo, giorno in cui Gianmarco e Dafne litigano e decidono di lasciarsi. 
Buona lettura! :)
 



Gabriele & Andrea


Gabriele POV

“Grazie!” dissi sorridendo alla sorella di Andrea, prendendo dalle sue mani il piatto pieno di biscotti appena fatti che poi appoggiai sulla scrivania. La bambina arrossì e dopo avermi dedicato un dolcissimo e timido sorriso fuggì dalla stanza. Donne.
“Ancora mia madre non ha capito che quando abbiamo ospiti non c’è bisogno di preparare la merenda ogni volta.” Commentò Andrea cominciando a sgranocchiare. Seguii il suo esempio. Mh, buoni!
“Non farle perdere questo vizio con me, sono fantastici.”
Parlammo un po’ della ricetta e un quarto d’ora dopo mi ritrovai con la chitarra in mano a pizzicare le corde a casaccio ascoltando attento il mio amico.
“E ora che si sono lasciati? Cazzo Bone, sono nella merda. Devo dirglielo.” Ovviamente intendeva dire “E ora che si sono lasciati? Accidenti Gabriele, sono nei guai. Dovrei confessare a Dafne i miei sentimenti?
“Tu che dici?”
“Ma non posso dirglielo adesso!” ribatté lui allargando le braccia.
“Anche perché sarebbe una forma di maleducazione nei miei confronti.” Replicai serissimo, continuando a suonare “Comunque no, adesso non è il momento. Aspetta un po’, trovi il momento giusto e confessi. Ora come ora potrebbe scoppiarti a piangere in faccia, da quanto è stressata..” ragionai tra me e me.
“Come cazzo ha fatto Gianmarco a farla esasperare così non lo so.” Disse subito dopo lui “E poi come fa a non essere innamorato di lei? Insomma.. Dio, è Dafne!”
“Lo so.”
Con voce sognante e occhi a cuoricino, riprese “E’ così bella, dolce, gentile.. E’ dalla prima superiore che la conosco, adesso siamo in quarta. Non ho mai trovato un difetto in lei. Neanche uno! Chi non si innamorerebbe?”
“Io?” smisi di suonare per guardarlo.
“Era una domanda retorica.” Sospirò e si mise alla pianola a suonare, pure lui. Senza neanche metterci d’accordo, cominciammo a creare una melodia niente male. Ah, il bello di essere musicisti tra amici: il feeling.
Pensieroso, interruppe il momento musicale tornando all’argomento principale “Ma cosa le dico? Ciao Dafne, mi piaci da mesi e nel periodo in cui sei stata con Gianmarco stavo peggio di un cane senza un osso da mordere? “
Feci finta di ragionarci un po’ sopra “Penso che la parte che dice “mi piaci” basti e avanzi.”
“Non troverò mai il coraggio..” borbottò. Roteai gli occhi “Dai, Andre, sei un uomo, tira fuori le palle e conquista la tua donna. Sei tu quello romantico fra noi due, eh!” appoggiai la chitarra sul letto “Posso controllare un secondo facebook?”
“Fai fai..” rispose, fissando i tasti del suo strumento come alla ricerca di una risposta.
Mi sedetti sulla sedia davanti al computer e feci l’accesso nel mio account. Tre notifiche ed un messaggio, wow. Aprii quest’ultimo e vidi che era una ragazza di terza che mi chiedeva di uscire. Per la seconda volta. Sbuffando risposi, continuando a cercare di esser gentile –solo perché era una donna e le donne devono esser trattate bene-. Non volevo uscire con nessuno, era così difficile da capire? Era un periodo in cui avevo già fin troppi pensieri, non mi serviva, né tantomeno mi interessava, una tipa del genere.
“Ancora questa?” Andrea era magicamente comparso alle mie spalle e mi stava spiando.
“A quanto pare..” tornai sulla home e scorrendo la pagina scorsi il nome di Ilaria. Aveva scritto uno stato poco prima.
 

Cioccolata calda insieme a Dafne e Selene. Adesso sì che ragioniamo..

 
Sorrisi “Non siamo gli unici a fare una riunione!”
“Chissà di cosa stanno parlando..” scrollai le spalle.
“Ah, tu ancora mi devi parlare di ieri!” urlando, mi diede una pacca sulla schiena che mi fece automaticamente tossire.
“Eh, che ti dovrei dire..?”
“Ok, ti aiuto facendo un riassuntino degli ultimi giorni. Sabato sera hai fatto a botte con Argenti perché ha messo le corna a Ila, c’ero anche io, ho visto piuttosto chiaramente. Lunedì a scuola sei arrivato con un occhio nero, Ilaria ha scoperto tutto e ha lasciato Lorenzo. Distrutta, ieri è rimasta a casa a piangere. Ti sei fiondato da lei e il giorno dopo, oggi, siete arrivati a scuola insieme tranquilli e col sorriso sulle labbra. Allora, raccontami, perché devo ricevere tante risposte a tante domande!”
Lo guardai fintamente sorpreso “Sono davvero successe così tante cose in cinque giorni?”
“Sì.” Rispose secco.
Sospirai rassegnato, chiudendo facebook “Allora fammi queste domande, così ti rispondo.”
“Cosa le hai detto ieri dopo scuola?” domando immediatamente. Io, con calma, presi un biscotto dal piatto e cominciai a masticarlo guardandolo negli occhi. Non appena fece un’espressione scocciata, ghignai ed ingoiai.
“Ho chiesto scusa e le ho detto una cosa. Non posso dirtela, però.” Risposi con molta non-chalance, nascondendo il mio disagio.
“Non puoi dirmela?”
“Non mi sento pronto.” E ovviamente era vero. Non sapevo spiegarmi infatti il motivo per cui mi ero sentito in grado di aprirmi con Ilaria. In realtà, non capivo proprio il comportamento in generale con lei. Mi piaceva stuzzicarla, mi piaceva più del dovuto. Adoravo guardarla mentre rispondeva a tono alle mie affermazioni col broncio sul viso. Mi ero sentito in colpa come non mi ero mai sentito quando mi aveva guardato delusa dopo la mia confessione sull’account di Twitter. Ed ero estremamente confuso da quando quel pezzente di Lorenzo mi aveva detto quelle parole mentre era sanguinante sotto di me.
“Ti odia, Bonetti. Non ti sopporta, non ti ha mai sopportato, lasciala perdere. E’ già tanto se ti permetterà di essere suo amico.” Perché mi avevano fatto incazzare così tanto quelle frasi?
“Oh, ci sei?” mi ridestò Andrea. Ero rimasto a fissare il muro con il biscotto a mezz’aria come un povero idiota.
“Che hai detto, scusa?”
“Ho chiesto il motivo per cui ne hai date così tante a Lorenzo.”
“Mi hai chiamato per dargliele, gliele ho date.” Dissi semplicemente masticando quel che rimaneva del dolcetto.
“Non ti ho chiesto perché l’hai date, ma perché così tante.”
“Pignolo.” Ci pensai un po’, poi scrollai le spalle “Mi girava. E aveva dato della puttana a mia madre.”
“Capisco. Quindi il fatto che tu prova una certa attrazione per Ilaria non c’entra niente.” Socchiusi gli occhi.
“Io non provo nessuna certa attrazione per Ilaria.”
“Io sì, invece.”
“Davvero?”
“No, ma visto che hai voglia di mentire, lo faccio anche io.”
“Mh, buona stoccata.” Mi congratulai con lui, poi tornai al tema principale “Comunque davvero, non mentivo.” Forse. Era quello il dubbio che avevo in quei giorni. Mi piaceva Ilaria?
“Non vorrei farti venire dilemmi esistenziali, Bone, ma io credo proprio che a te piaccia. Spesso e volentieri le stai appiccicato, anche dopo un litigio corri da lei quando ne ha bisogno, quando la guardi le fai la radiografia manco fossi Clark Kent.. Forse non te ne sei reso conto, ma ti piace. Io ho capito che provavo qualcosa per Dafne dopo mesi di domande!” disse, con tono rassicurante. Che c’era di rassicurante? Mi piaceva Ilaria? Quella ragazzina acida che perdonando il mio errore mi aveva fatto sentire più leggero?
“Senti, ammetto che è una bella ragazza e che con lei ci sto bene, ma non penso di vederla come qualcosa di più che una buona amica.” E un altro biscotto ci stava bene.
“Ok, se è così allora perché non hai accettato l’appuntamento con quella tizia di terza? Perché non accetti qualsiasi appuntamento ti chiedano? La verità è che, caro il mio occhi e cuore di ghiaccio, il tuo stesso subconscio di proibisce di accettare perché vorresti che fosse Ilaria a farti una richiesta del genere!” mi indicò con l’indice, preso dall’adrenalina per aver dato la sua soluzione del mio caso. E’ arrivato Sherlock Holmes.
“Elementare Watson..” borbottai citando proprio il grande detective. Scossi il capo.
“Tu leggi troppi libri gialli.”
“Non sono i libri gialli. Credo sia colpa della signora Fletcher.” Ragionò, aggrottando la fronte fissando un punto inesistente, poi tornò a guardarmi “Comunque è così. Pensaci, per favore!” mi implorò.
“Non è così, Andre.” Risposi indispettito.
“Ok, allora proviamo così.” Si sistemò meglio sulla sedia “Hai detto che è una bella ragazza.”
“Confermo.”
“Con lei ci stai bene.”
“Confermo.”
“La baci, l’abbracci, sei presente, ed è l’unica a ricevere questo trattamento.”
“..Confermo.” iniziavo ad avere paura.
“Mi hai detto che ti sei sentito in colpa come non ti era mai successo, quando si è arrabbiata con te.”
“Confermo.” Sospirai.
“Se ti baciasse, ricambieresti?”
“Che razza di domanda è?” sbottai spalancando gli occhi.
“Rispondimi!”
“Non lo so, cazzo! Sono cose che decidi sul momento!”
“Quindi non escludi che possa succedere, e questo significa che neanche tu sei molto convinto del fatto che a te non piaccia Ilaria.” Spiegò, alzando un sopracciglio e sorridendo trionfante. Scossi la testa roteando gli occhi.
“Non so davvero in che lingua fartelo capire.” Ma continua ad insistere, per favore. Magari ci capisco qualcosa.
“Non capisco perché non lo ammetti. Non credo tu sia così stupido da vergognartene, ma piuttosto che tu non sia ancora sicuro. Preferisci aspettare, non è così?” In queste occasioni mi rendevo conto che nonostante fossimo amici da veramente poco tempo, riusciva a comprendermi come nessun’altro. In ogni caso, il mio silenzio era una risposta più che chiara.
“Bastava dirlo.” Affermò lui, scrollando le spalle.
 
Il pomeriggio era passato. Andrea aveva smesso di cercare di capirmi, anche perché aveva giù compreso tutto quello che c’era da comprendere. Stavo camminando per la strada con la mia amata chitarra in spalla e una caterva di domande per la testa.
Che poi era inutile pensarci in quel momento. Ero da solo, Ilaria non era lì con me, non potevo ragionare su quello che provavo per lei se mi mancava proprio la sua presenza.
Senza neanche rifletterci più di tanto, mi diressi verso il parco. Avevo ancora bisogno di suonare, di ascoltare le mie note e il silenzio, sperando che a quell’ora i bambini fossero già tornati a casa. Vagai un po’ sopra l’erba e le foglie cadute in quel periodo dagli alberi poi, trovata la panchina perfetta, mi sedetti. Mi sistemai tra le braccia lo strumento e dopo un respiro più profondo cominciai a suonare la melodia che avevo composto pochi giorni prima. Era un po’ malinconica, lo ammetto. Era stata creata quando ancora Ilaria non mi parlava e faceva finta che non esistessi. Nonostante questo, però, era quasi dolce. Una di quelle canzoni che ascolteresti quando sei innamorato, in pratica, e già questo mi fece ragionare.
Sentendo dei rumori provenire dalla mia destra, mi fermai e mi voltai. Proprio la ragazza a cui stavo continuamente pensando era lì, in piedi, immobile e indecisa con una macchina fotografica tra le mani. Sebbene avessi quel mio strano bisogno di solitudine, sentivo che mi faceva piacere vederla.
“Ilaria.” Dissi, a mo’ di saluto.
“Gabriele..” mormorò.
“Che ci fai qui?” domandai curioso. , ma con puro interesse. Impacciata, alzò l’oggetto che teneva stretto a sé come spiegazione. Annuii.
“Non sapevo suonassi..” disse lei.
“Neanche io sapevo ti piacesse la fotografia.” Ribattei.
“Giusto..”
La fissai dubbioso. Perché si comportava in quel modo? Sembrava quasi che non si sentisse a suo agio. Dopo qualche secondo, infatti, parlai “Che fai lì? Perché non ti siedi? Pensavo che la fase Gabriele-Bonetti-troglodita fosse terminata.” Sorrisi, facendogli posto. Avvicinandosi ridacchiò un po’. La tensione cominciò a sciogliersi, ma non completamente.
“Tutto bene?” domandai confuso, mentre si sedeva al mio fianco.
“Sì, certo. Perché me lo chiedi?”
“Sei strana.” Risposi telegrafico, per poi tornare a produrre la stessa melodia di poco prima “Che hai fotografato?”
“Per ora solo te.” Mh, quella era una spinta in avanti per la mia autostima da non sottovalutare, senza contare il fatto che mi piaceva il fatto che avessi attirato la sua attenzione tanto da farmi immortalare. Le lanciai un’occhiata sorridendo furbo “Ah si?”
“Come avrei potuto non immortalare uno dei rari momenti in cui non fai il coglione?” sì, certo.
“Non premendo quel bottoncino sopra la macchina, ad esempio. O non accendendola direttamente. Oppure non ve-”
“Ok, ok, ho capito.” Mi interruppe “E’ tardi, ormai le ho fatte.” Disse, facendomi sorridere.
“Le voglio tutte, sappilo.” 
 


Buon pomeriggio bella gente!
Ebbene, dopo qualche giorno (e un infortunio alla caviglia -che cosa carina-) ritorno con un nuovo "capitolo"!
In molte mi hanno detto roba tipo "Accidenti che bella l'amicizia tra Gabriele ed Andrea!" e "Sarebbe bello un missing moment con loro due!"
Sì, vi ho accontentate. 
E poi ho sfruttato l'occasione per spiegare cosa provano i due nostri giovincelli per le ragazze a cui vogliamo tanto bene.

Grazie per tutto, per aver seguito anche i Missing Moments della storia originale (giunta al termine. NOOOOOOOOOOOOOO) :')

Domenica partirò per la Germania, quindi non aspettatevi niente per la prossima settimana! Torno Sabato sera. D:
Ci si tra un po'! 

Un bacione dal Bonetti

Maricuz

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Capitolo 3
*** [23°-24°] Selene & Davide ***


Buonasera miei cari lettori! :)
Il seguente Missing Moment è collocato tra il 23° e il 24° capitolo, per essere precisi, un giorno prima del 24°. :)
I protagonisti saranno, appunto, Selene e Davide. 
Buona lettura! :D 




Selene & Davide


Selene POV

Ero confusa da ore, ormai, sin dal momento in cui quella mattina mi era arrivato un sms. Appena svegliata –proprio per colpa di quel dannatissimo messaggio- non avevo fatto neanche caso al mittente. L’avevo aperto e mi era preso un colpo nel leggere la sua firma e ciò che mi chiedeva.
 

Senti, non è che ti scoccia essere alla stazione verso le 17?
Dovrei passare casualmente di lì e parlarti..
Dave.

 
Di cosa vuole parlarmi?Era la domanda fissa che mi vorticava per la testa anche in quel momento, seduta su una panchina che dava sui binari infreddolita, sola e pensierosa. Avevo semplicemente accettato, senza tanti fronzoli o quesiti. Me lo avrebbe spiegato di lì a poco, se solo fosse arrivato. Possibile che fosse sempre e costantemente in ritardo? Sbuffai, e proprio in quel momento comparse alle mie spalle allegro e spensierato come sempre.
“Ciao!” mi salutò, sedendosi accanto a me e non togliendo le mani dalle tasche del giubbotto.
“Ciao a te.” Risposi, guardandolo. Quel giorno aveva gli occhi più grigi che verdi, ed io li preferivo proprio in quel modo, forse perché erano più particolari “Di cosa volevi parlarmi?”
“Andiamo con calma, per favore..” disse, quasi sofferente portando indietro la testa “Stiamo un po’ qui a chiacchierare, che ti costa?”
“Tempo, voglia, pazienza..” la buttai lì, continuando a fissarlo.
“Mi tratti sempre male.” Ribatté lui, convinto, quasi con il broncio. Quanto poteva essere infantile?
“Come fai a dirlo?”
“Con gli altri sei sempre allegra e sorridente, quando sei con me diventi l’opposto. Ti ho fatto qualcosa di male? Guarda che se è così mi dispiace, non intendevo farlo.” Parlò, innocente come solo lui poteva essere. Era strano, quel ragazzo. Nel gruppo era quello che aveva sempre la battuta pronta, la maggior parte delle volte erano doppi sensi, eppure c’erano dei momenti in cui ti guardava con i suoi occhioni di colore indefinito quasi spalancati come se fosse un bambino e ti faceva sciogliere dalla dolcezza. Beh, un bel bambino quasi diciottenne con la barba, ma del resto non parliamo dell’aspetto fisico, adesso. Sospirai abbassando lo sguardo sulle mie scarpe. Effettivamente, un po’ aveva ragione. Il problema era che non mi sapevo spiegare quel mio comportamento, che mi veniva piuttosto spontaneo. Ero una stronza, insomma.
“Non mi hai fatto niente..” mormorai, facendolo sospirare di sollievo.
“E allora cosa c’è? Ti sto sul cazzo?” domandò ancora, sbattendo le palpebre. Cavolo, non farmi così che mi sento in colpa.
“No, neanche.” Risposi imbarazzata. Sarei passata per una persona che tratta male la gente così, per hobby. Il mio sogno, in pratica.
“Quindi non c’è un motivo..” ragionò, aggrottando la fronte.
“No..”
Non disse niente, si limitò a fissarmi come faceva sempre, senza un’espressione ben precisa. Stava pensando a qualcosa.
“Va bene, l’importante è che non ti abbia fatto niente di male, no?” sorrise tranquillo, confondendomi ancora di più di quanto già non fossi. Poteva essere sempre così positivo? Riprese subito a parlare “Domani vieni alla festa da Dafne, vero?”
“Certo che vengo.”
“Sai, un po’ mi dispiace che Gianmarco non venga. Da quando si è lasciato con lei lo vedo più strano del solito. Più serio, più pensieroso..” scrollò le spalle “Boh.”
“Dispiace anche a me, ma non dirmi che si è comportato bene con lei. Io avrei fatto la stessa cosa.” La difesi subito, lanciandogli un’occhiataccia.
“Non sto criticando la sua scelta, ha perfettamente ragione. Ho detto solo che mi dispiace che lui non venga.” Ribatté, indispettito dalla mia immediata presa di posizione precedente. Continuavo ad esser cattiva.
“Scusa.”
“Di che?”
“Ti ho risposto male.”
“Ah, fa niente.” Scrollò le spalle, guardando il treno che passava in quel momento. Con la testa bassa e la fronte aggrottata, sbirciai per osservarlo. Proprio non riuscivo a capirlo. Lui, i suoi pensieri, i suoi discorsi, i suoi comportamenti. Quando sospirando si voltò verso di me, distolsi lo sguardo arrossendo leggermente. Cazzo  arrossisci, Selene?
“Senti, ti volevo dire..” cominciò, ma mi squillò il telefono. No, non adesso! Mi scusai e tirai fuori dalla borsa il mio amatissimo cellulare, che in quel momento avrei volentieri lanciato sulle rotaie, e risposi alla chiamata.
“Pronti.” Risposi, storpiando volutamente la parola come al solito.
Selene! Ho bisogno di un favorone per domani sera..” arrivò subito al dunque la bionda che ci avrebbe ospitato per la festa di Capodanno.
“Dimmi tutto!”
Ho combinato un guaio. Ho distrutto la mia chiavetta USB con l’aranciata. Non chiedermi come, per favore. E’ un ricordo che spero di cancellare presto.. Comunque, non è che potresti portare la tua per attaccarla allo stereo e mettere la musica?” parlò velocemente e sorrisi, pensando a Dafne con una mano fra i capelli che si disperava girando per casa e con la USB grondante di bibita.
“Va benissimo, non ti preoccupare.”
Oddio, ti adoro. Grazie mille.
“Che musica dovrei metterci?” mi informai, accavallando le gambe fasciate perfettamente dai jeans. Lanciai un’occhiata a Davide che con molta non-chalance le stava fissando con un’espressione concentrata sul viso. Non sapevo se credere che mi stesse fissando le cosce –che poi se fossero state nude avrei capito- o che fosse nel bel mezzo di uno dei suoi ragionamenti improponibili e fosse tutto un caso. Ad ogni modo, tornai ad ascoltare la mia amica.
Ti mando tutti i titoli per facebook, in un messaggio privato. Va bene?
“Perfetto.”
Bene! Grazie ancora! A domani!” mi salutò allegramente, e non potei trattenermi dal sorridere ancora.
“Di niente! Ci vediamo. Preparati che distruggiamo casa, eh!”
Sì, sì. Ci conto.” La sua risata cristallina fu l’ultima cosa che sentii. Posai nuovamente il cellulare nella borsa delle meraviglie e guardai il ragazzo alla mia destra.
“Dicevi?”
“Uhm.. sì.” Alzò lo sguardo –finalmente- sui miei occhi e rimase zitto per un po’ “Non mi ricordo.”
“Mai una volta che ti ricordi qualcosa..” borbottai.
“Oh, qualcosa me lo ricordo invece.” Ammiccò, ghignando malizioso.
“..Cioè?” chiesi impaurita socchiudendo gli occhi. Lui torno immediatamente serio.
“Non penso saresti felice di saperlo.”
“Io penso che faresti meglio a parlare.” Lo minacciai finemente, guardandolo malissimo.
“..Era una mattina di Ottobre.. Dopo la lezione di ginnastica.” Parlò lentamente, senza dire in realtà molto, ma già mi stavo incazzando “E.. Io mi ero già cambiato.. Sono uscito dallo spogliatoio maschile e passando per il corridoio.. Mi sono casualmente piegato per sbirciare dalla serratura del vostro.” Alzò subito le braccia per coprirsi, ma io non mi mossi.
“Cosa hai visto.” Si, proprio senza il punto interrogativo.
“Te in reggiseno e in mutande..” mormorò. Io mi alzai e feci per andarmene, rossa dalla vergogna. Mi aveva vista praticamente nuda! Mi bloccò il polso.
“Giuro che ho visto solo te!”
“E questo dovrebbe consolarmi, idiota?” domandai, scandalizzata. Strattonai il braccio e ripresi a camminare. Mi raggiunse e si piazzò davanti a me, posandomi le mani sulle spalle.
“Guarda che è stato piacevole! Cioè, insomma, hai scatenato una certa.. reazione.” Spalancai gli occhi e gli tirai uno schiaffo, con tutta l’indignazione e la forza possibile. Era veramente ridicola quella conversazione. Non solo ci aveva spiate, si era pure eccitato e me lo veniva a dire per farmi sentire meno peggio! Capite perché non l’avevo mai capito, quel ragazzo? Si portò una mano sulla guancia, scandalizzato, e mi guardava come se fossi stata io ad avergli appena rivelato di averlo visto nudo.
“Che cazzo mi guardi un questo modo, maiale!” gli urlai in faccia. Parve sorprendersi ancora di più.
“Che ho detto di male?!”
“Ma tu sei completamente fuori. Cioè.. Non puoi farlo apposta. Così è troppo. E’ tipo impossibile una cosa del genere..” Non mi capacitavo. Mi portai una mano sulla fronte chiudendo gli occhi e cercando di mantenere la calma. Ma perché, poi? Per spiegargli che quello non era il modo giusto per dire ad una ragazza che è carina? Senza contare il fatto che non credevo volesse intendere quello con le sue parole.
“..Mi spieghi, per favore?” chiese, tornando innocente di botto.
“No, tu spiegami che cazzo di malformazioni hanno i tuoi neuroni!” sbottai. Lui fece una smorfia “Così mi offendi.”
“Oh, davvero?” chiesi ironicamente “E non pensi che sia il minimo offenderti, dopo che hai invaso la privacy di noi ragazze? Senza contare il fatto che noi siamo diciannove, e quindi è impossibile che tu abbia visto solo me in intimo. Poi perché non mi vieni a dire che hai pure iniziato a masturbarti in corridoio? Oh, no! Scusa! A casa, mentre ci pensavi.” Scusate, ma quando vado fuori di capoccia tendo ad essere più volgare del solito, e quella volta non fece eccezione.
Lui rispose immediatamente “Punto primo: no, non mi sono messo a masturbarmi né in corridoio né a casa, e anche se fosse non sarebbero affari tuoi. Punto secondo: probabilmente altre ragazze nude c’erano, ma io guardavo solo te.” Stavo già per rispondergli per le rime, ma quell’ultima frase mi aveva spiazzata. Rimasi con la bocca semi-aperta a fissarlo dubbiosa, poi feci una domanda stupida ma assolutamente necessaria.
“Questa cosa sarebbe?”
“Questa cosa?”
“Quest’ultima affermazione, cosa voleva dire?”
“Può voler dire tante cose.” Rispose lui, come se fosse ovvio. Sbuffai.
“Dimmi i vari significati, allora.” Lo incitai, scocciata. L’importante era che mi dicesse quello che avesse da dirmi e non ci girasse troppo intorno.
“Come mi verrebbe da dirla a me è: tra un gruppo di donne nude guarderei solo te, un ragazzo normale credo direbbe: mi piaci.”
Oh mio Dio.
Se prima la mia bocca era semi-aperta, adesso era veramente spalancata, così come i miei occhi. Lui invece, non aveva fatto una piega. Ma certo, dire “mi piaci” per lui era come dire “bella, la maglietta”.
“Penso che un ragazzo normale direbbe: sei una ragazza carina.” Tentai di correggerlo, imbarazzata.
“No, no. Direbbe proprio così. Non dico solo fisicamente, io. Cioè.. Mi piace stare con te, anche se mi tratti un po’ male, mi sento tranquillo. So che posso dire qualunque cosa con te, nonostante il fatto che poi mi tiri gli schiaffi. Posso essere me stesso, e a me piace essere me stesso.” Affermò, candidamente. Ok.. respiriamo. Cos’era quell’aumentare del battito cardiaco? Riprese “E poi, nonostante i cambiamenti che hai a seconda delle persone con cui sei, riesci ad essere sempre te stessa anche tu. Cioè, hai un sacco di personalità che tiri fuori a seconda dell’evenienza. Mi piace anche questo di te. Poi mi piaci quando cerchi di trattenere un sorriso dopo una mia battuta solo per orgoglio e coerenza. Ti si formano due fossette sulle guance che mi ispirano dolcezza. Cavolo, Selly Kelly, niente mi ha mai ispirato dolcezza, solo lo zucchero filato quando ero piccolo.”
Poteva essere così dolce e destabilizzante dopo il genere di discussione avuta un minuto prima? Cioè, non era illegale causare infarti alle persone? Beh, avrebbero dovuto creare una legge per la tutela delle ragazze che ricevono dichiarazioni di quel tipo.
“E ho anche paura. Sai, io queste cose in una ragazza non le ho mai notate, di solito fissavo il culo, le gambe, le tette.. Cioè, non che non l’abbia fatto con te, eh.. Ma ho approfondito fin troppo. Non so come comportarmi.” Sbattendo le palpebre tranquillo, fece spallucce, poi abbassò per qualche secondo lo sguardo mentre sospirava e si rimetteva le mani in tasca “Insomma.. Quando si prova tutto questo è perché una persona ti piace davvero, no?”
“S..Sì. Credo di sì.” Mormorai incerta, continuando ad osservarlo sconcertata. Non sapevo neanche cosa sentire.
“Accetteresti di stare con me se te lo chiedessi?” domandò, puntando gli occhi sui miei. Deglutii.
“Me lo chiederesti?”
“Beh.. Sì.”
“Ah.”
Wow. Che scambio di opinioni.
“Io.. Non.. Non lo so.” Sussurrai, presa del tutto in contropiede. Ero scioccata, capite? Scioccata. Fece un passo verso di me, e mi ritrovai quasi a tremare, vista la vicinanza già esistente. Un po’ impacciato, tirò fuori dal cappotto la mano destra e la posò sulla mia guancia, facendomi provare una piacevole sensazione di calore con quel contatto. In più, arrossii come una stupida. Accarezzò lievemente. Fu un attimo, e mi ritrovai con le sue labbra posate sulle mie e un trauma per tutto l’organismo. Non perché mi aveva baciato –anche se non era un affare da tutti i giorni-, ma perché io stavo ricambiando e, in un certo senso, mi piaceva pure.
Ma io non provavo niente per lui. O almeno così credevo.
Si staccò, rimanendo comunque vicinissimo. A volte lo sguardo sul mio, altre sulla mia bocca “Io..” si schiarì la voce, leggermente arrochita “Io lascio la richiesta valida per un po’, se ci vuoi pensare..”
Annuii impercettibilmente, accennò un sorriso timido intenerendomi, poi si allontanò da me alzando una mano per salutarmi “Era.. Era di tutto questo che volevo parlare.”
“Sì, penso di averlo capito..” risposi, imbarazzata.
“Scusa per aver sbirciato.”
“Cose che capitano.”
“Quindi posso rifarlo?”
“Cose che capitano ma che non si ripeteranno più.” Mi corressi. Fece una smorfia, poi scrollò le spalle.
“Mi sembra giusto.”
“Anche a me.” Replicai. Eravamo piuttosto telegrafici, nelle situazioni più spinose. Molto stile film americano.
“Beh, io vado. Ci vediamo domani sera.”
“Ci vediamo domani sera.”
 


Salve a tutti!
Innanzi tutto, chiedo venia. Ho messo questo Missing Moment ben 3 SETTIMANE DOPO quello precedente! D:
Mi scuso davvero. Capitemi, però. Sto mandando avanti anche un'altra originale e, infondo, questi sono solo spezzoni che non mettono ansia a nessuno! D:
Se mettessi un capitolo dopo 21 giorni in una long farei prima a non tornare per l'odio che proverebbe chi legge. D:

Seconda cosa: MAQUANTOSONODOLCIOSIQUESTIDUE?
Ok, so che la maggior parte di voi è prevalentemente GabxIla, ma dai. DavidexSelene è un qualcosa di troppo CIOE'. Ammettetelo.
Fatemi sapere cosa ne pensate, perchè è stato abbastanza complicato avere a che fare con loro due per un intero "capitolo". 
Però l'ho amato allo stesso tempo.
Ah, mi mancava questa storia. 

Non so quando riaggiornerò. Devo scrivere ancora e devo pure decidere su chi concentrarmi! Ho qualche idea, però..
Ovviamente se ne avete una anche voi fatevi avanti, eh! Vedo cosa posso fare! :3

..Già mi manca Gabriele. ._.

Grazie a tutti, uno per uno, per il sostegno datomi nonostante l'originale sia conclusa.
Ci sono ancora persone che recensiscono l'altra, ed io sono tipo commossa per ogni parola letta.
E' un brutto periodo (niente di grave, eh!) e EFP mi dà un sacco di soddisfazioni. Davvero, grazie di cuore. :')

A presto, spero!

Maricuz

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Capitolo 4
*** [Pre-Epilogo] Gianmarco & Francesco ***


24 giorni.
24 giorni che non pubblico qualcosa di Amore al primo Tweet. 
Mi sto vergognando da morire. Chiedo perdono a tutti coloro che nell'attesa mi hanno infamata con brutte parole. (Sempre ci sia ancora qualcuno interessato a questa storia)
Bando alle ciance.
Missing moment su Gi-emme e Fra' svolto dopo qualche mese dal compleanno di Gabriele di fine Gennaio.
Buona lettura! :D




Gianmarco & Francesco


Gianmarco POV

“No, ancora non ho studiato. Manco ho fatto gli esercizi.” Risposi, sistemandomi la tracolla sulla spalla stancamente.
Ah, giusto, oggi staccavi alle sette.. Vabè, approfittane e chiedi aiuto a Fra’. Non faceva lo scientifico, lui?” propose, ovviamente con tono lievemente provocatorio, la mia amica.
“Ila, già gli rompo il cazzo con la mia presenza..” ridacchiai mentre frugavo nei miei buchi neri, chiamati comunemente tasche della felpa che uso come cappotto, per trovare le chiavi.
Da quello che mi racconti non mi sembra che tu gli dia tanto fastidio. Insomma, conversate e discutete amabilmente, vi occupate insieme della casa, collaborate.. Cioè, vi manca solo un bicchiere di vino e un caminetto con tanto di vestaglia addosso.” Risi scuotendo la testa.
“Sei stata con Gabriele oggi?”
Tutto il giorno.
“Si capisce dalle cazzate che spari.”
Senti, fonte di saggezza e intelligenza, non è colpa mia se il mio ragazzo mi manda all’esasperazione.
“Ma come lo dici con soddisfazione, poi..” le feci notare, sorridendo intenerito. Ok, sarà forse che sapevo parzialmente gli struggimenti di Ilaria quando ancora non stava insieme a Bonetti, ma da dopo il compleanno di lui –tre mesi prima-, in cui c’era stato il primo bacio.. Boh. Erano cambiati. Se prima erano forti presi singolarmente, insieme erano un qualcosa di distruttivo. Distruttivo costruttivo, però.
Smettila, stronzo.” Potevo giurarlo. Era arrossita.
“La smetto, la smetto..” l’assecondai “Anche perché sono arrivato a casa e ti devo salutare, sennò col cazzo poi che mi preparo per domani.”
Hai ragione, hai ragione..” mormorò “Allora ci vediamo domani.
“Ci vediamo domani.” Replicai, prima di chiudere la chiamata. Cercai la chiave giusta, poi la inserii nella toppa. Appena entrai, mi lasciai sfuggire un sospiro di sollievo, che poi si trasformò in uno sbuffo. La giornata non era ancora finita. Avrei fatto notte, su quel libro di matematica, ma non potevo permettermi di non studiare. Non avevo una media altissima in quella materia.
Considerando anche la stanchezza, non sarebbe stato affatto facile. Appena uscito da scuola, mi ero mangiato un panino ed ero andato al bar in cui lavoravo. Perché lavoravo? Perché convivevo con Francesco e non potevo lasciare che pagassero sempre lui e mia sorella al mio posto. A inizio Aprile avevo compiuto diciotto anni, dovevo iniziare a muovere il culo. Certo, non era affatto facile. Continuavo ad andare a calcio, e conciliare scuola, sport e lavoro non era un affare da sottovalutare, ma potevo dire di essere piuttosto fortunato.
Solo perché ogni mattina, ogni pomeriggio e ogni sera, avevo l’opportunità di vedere il mio coinquilino. Ovviamente, mi piaceva ancora. Adoravo lui, i suoi capelli corvini, i suoi occhi cioccolato, il suo piercing al labbro inferiore con cui giocava quando rifletteva su qualcosa che lo prendeva particolarmente, la sua trasparenza. Non era in grado di nascondere niente, né i suoi pensieri, né le sue sensazioni. La sua espressività era quanto di più vario con cui avessi mai avuto a che fare, e amavo studiare ogni sua nuova sfumatura. Ci sono persone che collezionano francobolli, lattine, tappi di bottiglia, figurine e chi più ne ha più ne metta. Io collezionavo le espressioni di Francesco.
Da quando lo conoscevo mi consideravo esageratamente più ridicolo. Facevo dei ragionamenti che in precedenza avrei chiamato “da femminuccia”. Una cosa molto matura.
Marcogianni, sei te?” proprio lui.
“Chi altro ha le chiavi, genio?” domandai a mia volta, ironicamente. Lo sentii sghignazzare dalla cucina, poi mi parlò ancora “Dai, fai veloce che voglio mangiare.”
Senza neanche rispondergli, mi tolsi la felpa e la portai nella mia camera, insieme alla tracolla. Una capatina in bagno, poi ero comparso in cucina. Stava levando dai cartoni due pizze.
“Oh, grazie. Hai addirittura cucinato per me.” Scherzai. Mi lanciò un’occhiata divertita, poi aggrottò la fronte “Mi hai detto due frasi ed entrambe non contenevano nessun complimento per il sottoscritto o apprezzamento per la mia scelta.”
“Che scelta?”
“Ho preso una pizza cotto e panna.”
“Oh.” Rimasi spiazzato ed appurai che, effettivamente, aveva proprio preso quella che mi piaceva maggiormente “Grazie. Non avevo visto.”
“Ingrato..” borbottò.
Tranquillo, perché non aveva fatto trasparire nessuna offesa, mi sedetti a tavola e cominciammo a mangiare. Dopo un paio di bocconi, che ci permisero di non essere sottomessi dalla fame, cominciammo a parlare.
“Che hai per domani?” mi chiese, prima di portarsi il bicchiere alla bocca.
“Inglese, che copierò domattina, e matematica, di cui ho il compito.” Dissi, senza neanche guardarlo. Ero troppo concentrato nell’osservare il mio piatto.
“E sei preparato?”
“Per niente..” ridacchiai.
“La vuoi una mano?” domandò, ancora. Prevedibile, un’offerta del genere da lui. Era più buono della pizza che stavo mangiando –sia fisicamente che per altro-. Scossi la testa.
“No, non ti preoccupare. Me la cavo.”
Francesco mi osservò per un po’, mentre masticava lentamente. Ricambiai lo sguardo cercando di apparire calmo, poi alzai un sopracciglio. Lui fece spallucce “Sei un testone.”
Annuii “Me lo dicono spesso.”
“Guarda che so che voti hai.”
“E allora?”
“E tu sai dove andavo alle superiori.”
“Mh, e allora?”
“Non capisco perché ti ostini a non chiedermi mai aiuto.” Affermò, aggrottando la fronte e facendo una lieve, quasi invisibile, smorfia con le labbra, in un chiaro segno di confusione. Non mente, così diceva la mia collezione di espressioni.
Sospirai, poi risposi distogliendo lo sguardo “Lo sai cosa ne penso. E poi l’hai detto tu che sono un testone.”
“Ma che c’è di male nel farti aiutare in una materia che non ti riesce bene? So che ti senti in debito con me, anche se non devi, perché ti ho aiutato in un periodaccio e tutto il resto, e non capisco davvero che senso abbia. Fai tutto da solo, vai a scuola, studi, lavori, porti a casa soldi e intanto ti fai le tue partite a calcio da titolare. Se qualcuno ti dà una mano in qualcosa..” lo bloccai.
“Non voglio ricevere aiuti da nessuno, mi sono fatto aiutare anche troppo in questo periodo.” Dissi, duramente. Lui si immobilizzò per due secondi, poi appoggiò i gomiti sul tavolo e si sporse leggermente per guardarmi meglio negli occhi. Indecifrabile. Ero a disagio.
“Guarda che anche i gay vanno a ripetizioni.”
Gli scoppiai a ridere in faccia, e dalla suo viso potei notare che era esattamente ciò che voleva facessi. Soddisfatto, tornò ad appoggiarsi sullo schienale della sedia e si spostò i capelli dalla fronte, mentre riprendeva a parlare “Seriamente. Se ti fa stare meglio vorrà dire che mi pagherai un drink alla prossima uscita che ci capita.”
“No.” Ridacchiai “Ti ringrazio, ma declino l’offerta.”
Un’occhiata di rimproverò, poi si arrese “Come preferisci. Però vieni a studiare qui, sennò mi sento solo.”
“Fammi capire, volevi farmi da professorino per avere qualcuno con cui parlare? Non è un po’ triste?” lo presi in giro, alzandomi per iniziare a sparecchiare. Fece come me “Sarà anche triste, ma sei tu ad esser preso come rimpiazzo di tua sorella. Potevo chiamare lei.”
Feci una smorfia che lo fece ridere, poi replicai “Inizio a pensare che sia per causa sua che tu sei passato ad un altro emisfero.”
“Testa di cazzo.” Mi infamò, divertito, difendendo Viola.
Dopo un momento di silenzio, in cui sistemammo la cucina e in cui io mi crogiolai per l’indecisione di fargli quella domanda, mi decisi “Da quanto lo sai?”
“Che sei una testa di cazzo?” chiese, con un sorriso stupendo sulle labbra. Concentrati, Gi-emme.
“Che sei passato ad un altro emisfero.”
“Da quando la più gnocca della scuola si è fidanzata.” Scrollò le spalle, sedendosi di nuovo e non lasciando mai che la sua attenzione si spostasse su qualcosa che non fossi io. Possibile che fosse sempre sicuro di sé, tranquillo e sincero? Non si vergognava mai di niente, non si pentiva mai di niente. In pace con se stesso, al massimo. A differenza mia.
Annuii “A che età?”
“Forse un annetto prima di te.. Sì, ero in terza.”
“Narra.”
“Non dovevi studiare matematica?” sventolai la mano in aria e mi sistemai sulla sedia, interessato. Lui, guardando un punto indefinito e giocherellando con il piercing, tornò con la mente al passato. Ed eccole di nuovo, le iridi cioccolato sulle mie, verdi.
“Niente, ero uscito con ‘sta tipa. Mi stava simpatica, ma niente di che. Anche quando mi ha baciato non ho sentito niente, neanche il minimo brivido. Fatto sta che abbiamo smesso di frequentarci. Lei era incazzata come una biscia, offesa solo come una vera oca sa essere. Per ripicca, si è messa insieme con un tipo che andava allo psicopedagogico. Quant’era figo quello non me lo scorderò mai. Se non altro era riuscita a farmi ingelosire, il suo errore è stato nel scegliere la persona di cui sarei dovuto esserlo. Lui, uno decisamente da inserire nella lista dei più scopabili della nostra generazione.” Rise scuotendo la testa, in memoria dei vecchi tempi. Deglutii fissando per qualche attimo il tavolo, preso da un brivido di rabbia e gelosia.
“Ma..” mi schiarii la voce “Ti piaceva questo qui?”
Nah. Era solo una questione fisica. Non mi sono fatto sorgere tanti dubbi, dopo ‘sto fatto..” in seguito ad un momento di pausa, che avrei preferito durasse di più vista la domanda che mi fece dopo, inclinò la testa “Tu.. come..?”
Spalancai gli occhi e boccheggiai leggermente. No, sai, il fatto è che ti ho visto, bello come pochi, e da qualche mese ti vengo dietro come un cagnolino. Sì, è così che mi sono scoperto gay. Gay e quasi innamorato. Balbettai un po’, facendo comparire sul suo volto un’espressione d’attesa e di divertimento. Pure la figura dell’idiota, mancava.
“Io.. Niente. Cioè, nessun fatto rilevante.” Bugia “Solo che non mi interessavano più le ragazze, ecco. Ho provato a stare con Dafne, ma sai che non ha funzionato, per cui..”
Annuì scettico, scrutandomi “Faccio finta di crederti.. Ma scoprirò che ti ha rubato il cuore, piccolo moccioso..” allungò un braccio e mi passò una mano fra i capelli, e non appena mi sentii arrossire, mi alzai di scatto, sorprendendolo “Vado a prendere i libri.”
Lo sentii ridere mentre correvo per il corridoio “Mamma mia come sei vergognoso!” no, non è per questo che sono scappato, ma va bene che tu abbia capito male.
 
Mancava poco. Dovevo solo fare un po’ di esercizi sul metodo che avevo appena studiato e sarei potuto andare a dormire. Francesco era davvero stato nella mia stessa stanza, senza disturbarmi. Io da una parte del tavolo con i libri di matematica, lui con il portatile davanti, l’espressione concentrata e la mano sul mouse. Era stato lì fino ad una ventina di minuti prima, quando mi aveva lasciato solo per andarsi a fare una doccia. Preso com’ero da ciò che stavo facendo, avevo semplicemente annuito. Quando avevo rialzato lo sguardo e avevo notato la sua assenza, c’ero pure rimasto male.
Sospirai e mi coprii il viso con le mani. Erano le undici e mezza, iniziavo a percepire la stanchezza e anche un leggero mal di testa, ma dovevo assolutamente finire. Se avessi fatto bene il compito del giorno seguente sarei stato apposto per il restante mese scolastico. Dovevo stringere i denti.
Sussultai leggermente quando sentii delle dita sulle mie spalle che cominciavano a muoversi lentamente. Sapendo chi fosse il proprietario di quelle dita, mi sarei aspettato di irrigidirmi ancora di più, invece mi rilassai immediatamente, mentre continuavo a coprirmi il viso.
“Quanto ti manca?” disse lui, con voce tranquilla, pacata e non troppo alta. Rabbrividii leggermente.
“Ultimi esercizi..” sussurrai, come per non rovinare il silenzio che ci circondava. Stavo sprofondando in un mondo fatto di dolci, caramelle, pizze cotto e panna, arcobaleni e Francesco. Il mio paradiso personale. Passò a massaggiare anche il collo, e mi ritrovai a gradire la situazione più del dovuto, tanto che mi lasciai sfuggire una specie di gemito.
“Allora un ultimo sforzo!” mi incoraggiò, con quel suo tono allegro ed ingenuo. Allontanò le mani da me, poi mi passò di nuovo la mano fra i capelli. Aveva una strana ossessione per loro, quando ne aveva l’occasione li toccava. Diceva perché erano morbidi e lunghi, quindi piacevoli al contatto. Lo lasciavo fare, a me non dava certo fastidio, specie quando il rossore sulle mie guance –negli ultimi tempi troppo presente- non era visibile, come in quel caso.
Presi un respiro profondo, poi mi scoprii il volto e ripresi in mano la penna. Lanciai un’occhiata verso di lui, che si stava sedendo davanti a me, e quasi non mi venne un infarto. Senza una maglietta, una canottiera, un sacchetto della spazzatura, un bavaglio. Niente. A petto nudo. Era magro, tanto, ma comunque non impressionante. Aveva quello strato di muscoli che lo rendeva perfetto, e la sua pelle era così chiara, così delicata.
Ed io mi stavo eccitando.
Tossii leggermente, puntando gli occhi sul quaderno e ricopiando l’esercizio “Hai caldo?” domandai, con finto disinteresse.
“Un po’. Sai, a Maggio si inizia a sentirlo.” Rispose tranquillo. Annuii, ringraziando e maledicendo nello stesso momento le temperature più elevate rispetto al periodo precedente. Cosa avrei dovuto aspettarmi, dall’estate?
Feci i miei compiti, cercando di non dare troppa attenzione ai suoi occhi puntati su di me. Quando però venti minuti dopo finii e mi resi conto che aveva continuato a farlo per tutto il tempo, aggrottai la fronte mentre sistemavo tutto.
“Che fai?”
“Studiavo.”
“Che coincidenza, anche io.” Sbottai, sarcastico. Lui ghignò e alzò un sopracciglio.
“Quando sei stanco sei ancora più acido. Comunque studiavo te, non matematica.”
“Studiavi me? Non sapevo di essere così interessante.” Mentivo. Sapevo di esserlo, ma non sapevo di esserlo per lui. Più che altro non credevo di esserlo per lui.
“Ma sentilo.” Rise “Siamo tutti a conoscenza del tuo narcisismo ed egocentrismo, Gianmarco Tilli. Non me la bevo.”
“E allora perché gonfiare il mio ego?”
“Non avevo intenzione di farlo. Stavo solo appurando il fatto che sei più testardo di un mulo, sei più orgoglioso di Vegeta e la tua forza di volontà raggiunge livelli altissimi pure a mezzanotte, dopo una giornata di scuola e di lavoro.” Fece spallucce.
“Li prendo come complimenti.” Dissi, liberando il tavolo e avviandomi verso la mia camera.
“Lo sono, Marcogianni. Il problema è proprio il fatto che tu sappia di avere queste caratteristiche.”
“Nessuno ha mai detto il contrario, per cui continuo ad esserne a conoscenza.” mi voltai, abbozzando un sorriso stanco “Buonanotte Fra’.”
“’Notte, Gi-emme!” Rispose, come se non fosse notte.   




Mi scuso sia per il ritardo che per la one-shot. (chiamiamola così)
So benissimo che molti di voi, leggendo il titolo di questo Missing Moment, abbiano pensato a loro due come coppia.
Ebbene no, non ancora. Prima volevo farveli conoscere come semplici coinquilini, perchè il loro rapporto, purtroppo, non ho mai avuto modo di approfondirlo.
Ho voluto rimediare, e questo è quello che è uscito. Spero con tutto il cuore di esser riuscita a farvelo piacere ugualmente. :)

Grazie mille, davvero, di cuore, nel profondo. A tutti.
E' bellissimo vedere il numero dei lettori salire, come quello di coloro che seguono o ricordano o preferiscono. Sia per questa raccolta di Missing Moments che per l'originale. Cioè, siete fantastici, voi che continuate a leggere delle "avventure" dei miei ragazzi. :')
Non so davvero come ringraziarvi, se non dedicandovi qualche stupido rigo a fine aggiornamento.

Il prossimo non ho la minima idea di quando sarà. 
Ho molte idee, alcune recensioni continuano ad illuminarmi per cui ho solo l'imbarazzo della scelta, ma ancora non ho niente di concreto!
Come molti sanno (visto che mi avete pedinata -e ne sono felice) sto scrivendo un'altra originale, per cui mi dedico principalmente a quella.

Grazie ancora!
Spero a presto. Giuro che tenterò di non superare il limite dei 24 giorni! D:

Un abbraccio stritola-costole

Maricuz

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Capitolo 5
*** [Pre-Epilogo | Return] Gianmarco & Francesco ***


Stavolta di giorni ne sono passati solo 9. 
Abbiamo qui un nuovo Missing Moment sempre centrato sulla coppia formata da Gi-emme e Fra', collocabile esattamente 9 mesi dopo quello precedente! :D
Ah, quanto li amo.
Poche chiacchiere e buona lettura.
Non anticipo niente! u_u



Gianmarco & Francesco


Gianmarco POV

“Ti sto odiando..” borbottai, sbuffando.
“Oh, andiamo.” Sghignazzò lui, mostrando il suo sorriso perfetto “Solo perché ho chiamato Viola per farle visitare il suo povero fratellino con la febbre?”
“Solo? Solo?! Stai scherzando, spero! Senti, Francesco, so che non mi hai mai visto in situazioni come questa della febbre, ma sappi che quando la mia temperatura corporea supera i 37° sono persino più suscettibile, psicolabile e aggressivo del solito, il che è abbastanza preoccupante visto che già di normale sono piuttosto suscettibile, psicolabile e aggressivo.” Ringhiai, guardandolo male.
“E Viola questo lo sa?” chiese tranquillo lui, inclinando la testa.
“Sì, lo sa, e questo mi fa incazzare pure di più. Perché è venuta a rompere, sapendo le mie instabili condizioni?”
“Forse perché è tua sorella, ti vuole bene e vuole sapere come stai?” mi fissò per interminabili secondi, aspettando una risposta da me che non sarebbe mai arrivata. Sorrise vittorioso “Quando la tua temperatura corporea supera i 37° diventi più suscettibile, psicolabile e aggressivo, ma anche più logorroico. I momenti in cui si verificano i sopracitati elementi sono alternati però da quelli di vulnerabilità pura, rincoglionimento, coccolosità, confusione e mutismo. Come la mettiamo, Tilli?”
Sospirai, sistemandomi meglio nel letto tra le varie coperte. Avevo caldo, ma nel momento in cui mi scoprivo mi prendeva freddo. Era snervante avere la febbre, era sicuramente una delle cose che odiavo di più “Dovresti smetterla di psicanalizzarmi in ogni occasione.” Ribattei. Comunque, stavo imparando ad amarla, visto che Francesco si prendeva cura di me. No, cioè, non che mi misurasse la febbre, mi preparasse il brodino caldo come mi faceva la mamma e tutte le altre cose, ma si interessava alla mia salute. Se ripensavo a due giorni prima, quando mi scoprii malato, mi veniva da sorridere e arrossire allo stesso tempo.
 
Rientrai in anticipo. Non mi sentivo per niente bene quel giorno, e l’allenatore mi aveva semplicemente consigliato di andarmene a casa per riposarmi, invece che stare a prendere freddo in un campo da calcio a metà Febbraio. Sbuffando, strisciai i piedi verso camera mia, ma dalla porta del salotto spuntò la testa mora del mio coinquilino, in quel momento con un’espressione tra il sorpreso e il confuso.
“Gianmarco, come mai già qui?” chiese, curioso. Non ebbi il tempo di rispondere che aggrottò le sopracciglia e riprese con le domande “Stai male? Non hai una bella cera. Sei tornato per questo?”
Tossicchiai, roteando gli occhi. C’era bisogno di rispondere? Aveva fatto tutto da solo. Si avvicinò preoccupato, mi prese il borsone dalla spalla e lo buttò a terra “Ora ti fai un bel bagno caldo, ti vesti, vieni a cenare e poi ti metti a letto.” Mi ordinò, ma con tono tranquillo.
Scossi la testa “Non posso andare a letto subito, devo studiare filosofia, domani rischio di essere interrogato..” borbottai.
“No, non studi. Tu domani manco vai a scuola, se stai così. Fai quello che ti ho detto. Se svieni, chiamami.” Sbattei un po’ di volte le palpebre. Aprii la bocca dubbioso, la richiusi, poi parlai.
“Scusa, ma se svengo come faccio a chiamarti?”
“Non essere pignolo, Marcogianni. Fila in bagno o ti ci porto io, ti spoglio e ti assisto. Scegli.”

 
Ovviamente, nonostante il fatto che avrei preferito l’altra alternativa, avevo scelto la prima.
“Non smetterò mai di psicanalizzarti, piccolo moccioso.” Replicò asciutto, utilizzando il solito appellativo. Che poi, fisicamente, lui era più moccioso di me. Era un chiodo. Alto, ma un chiodo. Certo, quelle volte che mi era capitato di vederlo semi-nudo avevo chiaramente visto che non era formato solo da ossa e pelle, ma anche da muscoli messi al punto giusto. Se devo esser sincero, avevo anche una parte preferita del suo corpo: il ventre. Non prendetemi per pervertito. Ho detto ventre, non bassoventre. Quello non avevo ancora avuto il piacere di vederlo, anche se mi sarebbe piaciuto. Se ne avessi avuto l’occasione, non mi sarei certo tirato indietro, insomma. Non mi spaventava l’idea di finire a letto con Francesco, proprio per niente, non ero neanche il tipo che aveva paura di quel genere di cose. Ecco, sentivo già la mia temperatura alzarsi.
Sospirai a disagio, poi mi grattai la testa pensando a ciò che mi aveva detto. Com’era? Ah, non smetterà mai di psicanalizzarmi.
“Bene, mi fa piacere.” Dissi di getto e sinceramente, pentendomene subito dopo. Che cazzo dici, Gianmarco? Non so, perché non gli racconti anche di quanto ti piace e di come te lo faresti sul  momento? Maledetta febbre. Lui sorrise, mentre, però, giochicchiava con il suo piercing e assottigliava gli occhi così poco che a fatica riuscii a notarlo. Non so se ricordate, io collezionavo le sue espressioni, e quella significava solo una cosa: stava pensando, ma non a come ribattere per fare una battutina su quello che avevo appena affermato, ma a qualcosa di molto, molto più profondo. Che cosa, però, non mi era dato saperlo.
Deglutii a disagio, aspettando che dicesse una qualsiasi frase e che mi facesse capire le sue riflessioni. Prese un respiro profondo, lentamente, continuando a fissarmi negli occhi, poi mi destabilizzò.
“Se mi nascondi qualcosa, stai attento, perché la febbre non ti fa reagire come vorresti. Me l’hai fatta per più di un anno, ma adesso..” non terminò il discorso, perché sapeva benissimo che io avrei capito. In sostanza, se non fossi stato attento a quello che dicevo, avrebbe scoperto i miei sentimenti per lui –che in quell’anno non avevano fatto altro che aumentare-.
Mi schiarii la gola “E.. Perché vuoi sapere cosa nascondo? Sempre nasconda qualcosa..”
“Perché sei interessante.” Rispose semplicemente, scrollando le spalle. Io abbozzai un sorriso.
“Me lo dici spesso.”
“Perché lo sei sempre. Te lo farei sempre notare anche io, ma sai, devo anche elencarti un’altra serie di pregi. Non posso mica discriminare così.”
“Ti sei incaponito, più del solito.” Dissi, arrossendo e distogliendo lo sguardo. Non notai che si era avvicinato maggiormente al mio viso con il suo, piegando la schiena in avanti e appoggiando i gomiti sul letto. Me ne resi conto quando parlò di nuovo e mi voltai per guardarlo, ritrovandomelo si e no a venti centimetri di distanza.
“Perché sento di essere vicino alla soluzione..” soffiò serio, fissandomi intensamente con quei suoi caldi occhi color cioccolato. Stavo morendo “E poi sei pure più attaccabile, adesso.”
Non sapevo cosa dire, le rotelle nel mio cervello ruotavano troppo lentamente. Dopo un po’ di secondi, però, riuscii a proferir parola “Se ti starnutisco in faccia prenderai il raffreddore, che è molto più attaccabile di me. Saremmo ad armi pari. Come rispondi?”
Sorrise divertito, continuando a muovere con la lingua il cerchietto metallico “Rispondo che mi hai appena dato la conferma. Mi nascondi qualcosa, piccolo.”
 
Sbuffai, annoiato, poi cambiai per la centesima volta canale. Ero solo in casa quel pomeriggio, non avevo nessun Francesco a chiedermi quale fosse il mio segreto o che cercasse di scoprirlo in base a quegli indizi che mi lasciavo sfuggire per sbaglio. La mattina mi aveva mandato all’esasperazione, mentre dopo pranzo era andato all’università perché aveva dei corsi. Una boccata d’aria, ma mi stavo davvero rompendo le scatole a non fare niente.
Verso le tre era passata Ilaria a portarmi i compiti e gli appunti che aveva preso a scuola e mi aveva raccontato che Francesco, prima che lei arrivasse qui, l’aveva chiamata per chiederle cosa stessi nascondendo. Lei, ovviamente, aveva affermato di non sapere di cosa stesse parlando il moro. Appena l’avevo saputo, mi ero stampato la mano sulla fronte e avevo scosso la testa, rassegnato. Possibile che fossi davvero così tanto interessante, per lui? Tanto da andare a chiedere alla mia migliore amica? Tra l’altro era pure scorretto.
Sospirando, mi resi conto di essere davvero nella merda. Si stava impegnando cento volte più delle altre occasioni in cui si impuntava, ed ero sicuro che avesse un sacco di assi nella manica.
E se avesse scoperto tutto? Se avesse capito che mi piaceva, cosa sarebbe successo? Sarei dovuto andare a vivere da qualche altra parte, perché non mettevo neanche in conto la possibilità che lui potesse ricambiare i miei sentimenti. Sicuramente mi avrebbe chiesto di rimanere ugualmente, e non dubitavo che da parte sua non ci sarebbero stati problemi, ma dalla mia sì. Come avrei potuto abitare con lui, a conoscenza di tutto e disinteressato?
Mi strofinai le mani sulle braccia, infreddolito. Fanculo, fino a cinque minuti prima avevo un caldo boia. Quasi non ebbi il tempo di fare questo pensiero, che una coperta mi piombò addosso e un ragazzo –chissà chi- si buttò a sedere sul divano vicino a me, emozionato.
“Quando sei tornato?” chiesi sorpreso mentre mi sistemavo al calduccio. Non l’avevo neanche sentito entrare, figuriamoci.
“Sh.” Alzò l’indice, sorridendo raggiante e con gli occhi spalancati “Adesso, ma non è importante. Ho capito il tuo segreto.” E sei così felice? Allora mi sa che sei sulla strada sbagliata. Mugolai, poi gli feci un cenno con la testa per dirgli di lanciare la bomba.
“Ho chiesto a Ilaria.” Cominciò “Sì, so che è meschino, ma dovevo avere qualche suggerimento. Come si risolve un caso senza testimoni? Comunque, lei mi ha detto di non sapere niente. E le cose sono due, mio caro.” Mi finsi interessato, ed annuii “O non me lo vuole dire.. O non lo sa davvero. E perché non dovrebbe saperlo, se è la tua migliore amica?”
“Eh, perché?”
Batté insieme le mani, poi tornò a puntarmi l’indice addosso “Perché ti piace il suo ragazzo! A te piace Gabriele!” urlò convinto.
Lo guardai per qualche secondo, poi non ce la feci più e gli scoppiai a ridere in faccia. Lui aggrottò la fronte, poi mise il broncio. Io intanto mi asciugavo le lacrime e mi piegavo in due, ma notai un leggero luccichio di sollievo nei suoi occhi.
“Ehm, no.” Avevo smesso di ridere per dire ciò, ma poi ripresi.
“Perché? Fattelo piacere!”
“Solo per farti avere ragione? Un motivo in più per non farlo!”
“Dai! E’ un bel ragazzo, ha un bel sorriso e due occhi ghiaccio spettacolari.” Cercò di convincermi, dandomi delle gomitate.
“Ma se piace a te io che ci devo fare?” 
“A me non piace.” Rispose risoluto, incrociando le braccia. Alzai un sopracciglio, ancora vittima di qualche attacco di risa “E chi potrebbe piacerti?” lo assecondai.
Lui, sorridendo tranquillo –e secondo la mia collezione di espressioni, anche provocatorio-, rispose “Quelli che sono nel mio stesso emisfero, piccolo.” Stupidamente, esultai perché avrei potuto interessargli.
“Ti facevo più selettivo.”
“Lo sono, fidati..” mormorò ridacchiando.
“Dai, elenca un po’ di caratteristiche.” Mi sistemai meglio sul divano, curioso. Non sapevo effettivamente quali fossero i suoi gusti sui ragazzi, e poi così lo avrei distratto per un po’ dal suo scopo. Ci pensò un po’, guardandomi negli occhi come al solito. Amavo quando lo faceva. Era come se dicesse “Guarda, ti sto dicendo la verità!
“Beh.. Non ho preferenze fisiche. Certo, è inutile essere ipocriti, se è bello tanto meglio, ma comunque punto più sul carattere. Mi piace la persona forte e che non si arrende, quella che tocca il fondo e dopo lo usa per darsi una spinta verso l’alto. Potrei seriamente innamorarmi di una persona così.” Sorrise, come se stesse pensando a qualcuno in particolare. Sentii una fitta al petto.
“Conosci persone così?” chiesi, serio. Lui annuì “Un paio.”
“Mh, e ti piacciono?”
“Moccioso, non cambiare argomento. Avevo detto che i casi erano due e te ne ho detto solo uno.” Mi rimproverò, sempre mostrandomi il suo sorriso.
“Ok, ok. Prego.” Alzai le mani.
“Ebbene, allora Ilaria lo sa e non voleva dirmelo. E qui di nuovo una suddivisione: non voleva dirlo a me, o non vuole proprio dirlo a prescindere?” ecco, ecco. La situazione stava gradualmente peggiorando. Aspettai che continuasse, facendo finta di non avere il batticuore “Se non vuole dirlo a prescindere capisco, è tua amica e mantiene il segreto, ma se non vuole dirlo a me..” fece una pausa, che rischiava davvero di farmi scoppiare la cassa toracica.
“Se non vuole dirlo a te..?” deglutii.
“Se non vuole dirlo a me, sei proprio uno stronzo! Gli hai detto che sto cercando di indovinare chi ti piace e tu mi blocchi le strade!” dentro di me un urlo di gioia. Non aveva capito un cazzo. Ghignai, e lui interpretò quel sorriso come la conferma delle sue parole “Ecco, lo sapevo. Sei.. Sei..”
Lo bloccai “Interessante, bellissimo, intelligente..” cominciai ad elencare. Lui mi guardò male “Questo era ovvio.” Arrossii “Però aggiungi pure pezzo di merda, rotto in culo e miserabile doppiogiochista!” mi insultò, facendomi intendere tranquillamente che stesse scherzando. Scoppiai a ridere apertamente, confortato dal fatto che avessi scampato il pericolo ancora una volta. Lo vidi studiarmi mentre mi tenevo la pancia, ma, come sempre facevo, lo considerai come la sua ennesima analisi.
“Basta.” Si alzò all’improvviso, energico come sempre “Vado a preparare la cena, impostore!”
 
Ci eravamo dati la buonanotte dopo esser stati per tutta la durata della cena a battibeccare sul mio presunto avvertimento ad Ilaria. Non ero mai stato infamato così tanto in tutta la vita. Mi aveva pure dato del pusillanime, quando aveva finito con gli aggettivi più moderni.
In quel momento ero tranquillo, nella mia camera, a spogliarmi. Voi vi chiederete perché lo stessi facendo. Ero malato, il pigiama ce l’avevo già. E invece no, perché io non avevo solo un pigiama, ma anche una tenuta da casa, ovvero della roba che mi mettevo addosso invece di tenere ciò che usavo per dormire. Forse non era normale, ma era una cosa che facevo sin da quando ero piccolo, e non intendevo certo cambiare le mie abitudini proprio quella sera! E poi il mio pigiama erano un paio di pantaloni di una vecchia tuta.
Ero solo in boxer quando Francesco aprì la porta con gli occhi sgranati, che spalancò ancor di più vedendo in che condizioni fossi. Facendo finta di non esser per niente imbarazzato, mi voltai verso di lui in attesa di sentire ciò che avesse da dire di così urgente da non bussare come faceva di solito.
“Io.. Penso di aver capito.” Mormorò, mentre io aggrottavo la fronte. Ti prego, Dio, fa che non intenda quello che sto pensando.
“Cosa?”
“Chi ti piace.” Bingo. Entrò nella stanza, lasciando la maniglia che stringeva con la mano. La sua serietà mi fece davvero pensare al peggio.
“Ah. Pensavo ti fossi arreso.” Risposi, continuando ad atteggiarmi da persona del tutto estranea alla faccenda.
Si schiarì la gola e fece un altro passo verso di me. Due metri “L’unica possibilità è questa.”
“Quale?” tremai impercettibilmente, sia per i brividi di freddo che per la tensione che mi ero ritrovato improvvisamente addosso. Ti prego, ti prego, ti prego. Intanto lui si accarezzava il collo, simbolo di ansia, e torturava il piercing.
“O almeno penso che sia questa, perché se non fosse l’unica sarebbe imbarazzante.” Ciarlò, non calcolando minimamente la mia domanda.
“Francesco..” lo chiamai, impaurito.
“Quindi, nel caso, ricordati che per me era l’unica.” Terminò il suo discorso insensato.
“Ma che..” non ebbi il tempo di finire, in due falcate mi si era fiondato davanti in tutta la sua altezza e bellezza e mi aveva afferrato il viso per attirarlo verso di lui, pronto per posare le sue labbra sulle mie. Ero semplicemente.. pietrificato.
Mi stava baciando. Un uomo mi stava baciando per la prima volta. Francesco mi stava baciando per la prima volta. Francesco mi stava baciando.
Analizzai più e più volte quelle frasi nella mia testa in quella manciata di secondi, mentre avevo ancora gli occhi aperti e le braccia stese lungo i fianchi. Non riuscivo a collegare bene il cervello con il resto del corpo, non riuscivo a muovere un muscolo, o a ricambiare il bacio, eppure volevo farlo con tutto me stesso. Era un anno e mezzo che vedevo quella scena come impossibile, come un’utopia, eppure.. Eppure non ci riuscivo.
Si staccò, mentre mi rendevo conto che un certo muscolo riusciva a muoversi e diventavo rosso come un pomodoro maturo.
Non mi guardò neanche, sospirò girandosi di spalle “Ok, fa’ finta di niente, non dovevo rischiare così tanto.” disse con voce distaccata che a fatica ricollegai a lui.
Ed io ero ancora immobile, sotto shock.
Fece per andarsene, poi si bloccò e si rivoltò verso di me, puntando gli occhi cioccolato sui miei “No, no, anzi, non far finta di niente.” Cominciò, gesticolando “Sai come sono, so che lo sai. Non nascondo mai niente, sono sempre sincero e onesto con chiunque e voglio, devo esserlo anche con te. Hai presente quando ti piace qualcuno e sai che a questo qualcuno piace qualcun altro? Hai presente quando senti quasi il bisogno di sapere chi sia, senza un reale motivo, forse solo per puro masochismo? Ecco, è esattamente quello che ho cercato di fare ultimamente. Lo ammetto, prima era solo curiosità, però.. Cazzo Gianmarco.” Rise, mentre gli occhi si inumidivano “Se così fottutamente.. tu. Tu che sei stato rifiutato dalla famiglia perché ami determinate persone, che sei andato a stare per qualche giorno da una tua compagna di classe, che sei venuto a stare da me, senza mai arrenderti. Tu che torni la sera, stanco come un cinquantenne che deve tener su un’intera famiglia, tu che vai a scuola, giochi a calcio, lavori e non passi una cazzo di giornata come un diciottenne normale ha la necessità di fare. E sai cosa? E’ proprio questo che ha iniziato a farmi perdere la testa. Non ti lamenti mai, lotti, fai quello che puoi fare e sei vivo. Sei vivo, ridi, illumini la stanza con un sorriso, anche quando ti guardi indietro, verso i famigerati fantasmi del passato.”
Ero, se possibile, ancora più scandalizzato di prima. Non solo si stava dichiarando, ma lo stava facendo davanti ad un coglione praticamente nudo con la bocca spalancata che non aveva la minima idea di come replicare.
“Mi spieghi come cazzo fai, Gianmarco?” mi domandò, alzando la voce “Spiegami. Dimmi se c’è stato un momento in cui hai pensato di lasciarti andare, di mollare. Dimmelo, non vergognarti, sarebbe solo la conferma che sei umano, perché ancora non ho trovato un cazzo di difetto in te. Anche il tuo egocentrismo lo vedo come un pregio, perché?!” sbottò, allargando le braccia.
L’avevo ridotto io in quello stato? Era praticamente distrutto.
Ed io? Io sentivo solo il cuore scoppiare di felicità, lo stomaco in confusione, il viso imporporato e le labbra tremare.
“Io.. Io ti amo.” Un mormorio quasi sognante.
Chi ama chi? Chi aveva parlato? Studiai l’espressione di Francesco: era più sbalordito di me, perché?
“Che hai detto?” domandò, prima di deglutire.
Perché quella domanda?
“Eh?”
“T-tu hai detto qualcosa.” Balbettò, alzando le spalle.
“Io?”
“Sì, tu.”
“Cazzo.” Soffiai.
“Eh?”
Mi stampai la mano in fronte, chiudendo per un attimo gli occhi e respirando profondamente. Ok, ero stato io. Tornai a guardarlo, era ancora nella stessa posizione di poco prima.
“Sì, cioè, mi era venuto spontaneo non..” borbottai, stupendolo ancora di più. Ero entrato nel pallone, non sapevo cosa dire “Non che non lo pensi, eh!” Cristo “Solo che non.. Manco me ne sono accorto e..”
Ok, stop. La soluzione è: agisci.
Mi buttai addosso a lui, le dita affondate tra i capelli corvini del mio coinquilino e le labbra a contatto con le sue. E dopo anche la lingua. E finalmente un bacio decente: fu l’ultima cosa che realizzai prima di perdere completamente il senno, vittima della passione di entrambi e dei suoi tocchi praticamente onnipresenti. Salutai ufficialmente il mondo reale quando si staccò per guardarmi, gli occhi caldi e lucidi a pochissima distanza.
“Ti amo anche io, porca puttana.” bisbigliò dolce ma deciso, prima di spingermi –violentemente, a dispetto di tutte le mie aspettative- verso il letto. Spalancai gli occhi, piacevolmente sorpreso, ritrovandomi a pancia in su sul materasso e Francesco seduto sopra di me. Focoso, mi piace.
“Così, a freddo?” scherzai, ghignando. Alzò un sopracciglio.
“A freddo cosa? C’hai pure la febbre.”
Risi, libero davvero da ogni preoccupazione, da ogni problema. Ero gay? Perfetto, avevo Francesco. I miei genitori mi avevano rifiutato? Poco male, la mia famiglia erano lui, Viola e tutti i miei amici, che mi accettavano e amavano per come ero e non come dovevo essere per poter esser considerato normale da gente ottusa e senza un minimo di apertura mentale.
Risi, mandando in culo definitivamente qualsiasi cosa.
Risi, prima di tirarmi a sedere e baciare di nuovo il ragazzo sopra di me.




E pace interiore per il nostro piccolo moccioso fu. :')
Ecco  il suo happy ending, finalmente. Ammazza, questo spezzone è bello lungo, eh! *lo riguarda*
Se state pensando "Anvedi Gianmarco! Francesco gli salta addosso e lui ci sta!" ebbene sì, lui ci sta. [Pur'io ci starei ma, toh! E' gay.] E' un personaggio così, sicuro di sé, forte etc etc. Era insicuro solo con il bel moro col piercing, ma siccome il sentimento è ricambiato.. Why not?
Altro punto: il ti amo.
Faccio parte del gruppo di persone che odiano i "ti amo" così, all'inizio di una storia, ma valutate anche il fatto che 'sti poveri ragazzi (Gi-emme in particolare) abitano insieme da più di un anno e hanno avuto modo di sviluppare il loro sentimento ogni giorno, vedendosi anche nei momenti più imbarazzanti della giornata, dopo la doccia, appena svegli, con la febbre, col vomito, con il ciclo (ok, questo no) and co.! 
Ora, continuano a mancarmi Gab e Ila, per cui preparatevi perchè il prossimo sarà per loro. Non so quando, non so come, ma ci sarà.
Ok, basta cazzate. 

GRAZIE.
Grazie perchè continuate a non abbandonarmi, bestiole care. 
Vi voglio virtualmente bene. Ma tanto tanto!

Ora mi pubblicizzo un po' da sola.
La storia che sto mandando avanti: Ruth.
Immaginate di scrivere una storia fantasy con voi stessi come protagonisti. Vi vedete? Ecco, ora immaginate di essere catapultati nel mondo che stavate scrivendo nel ruolo della protagonista. Quello che succede è scritto nell'originale, di cui troverete il prologo cliccando. :)

Grazie ancora per ogni cosa voi facciate, anche solo assecondarmi leggendo semplicemente quello che mi invento.

Un mega abbraccio :)

Maricuz

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Capitolo 6
*** [Pre-Epilogo] Ilaria & Gabriele ***


E’ passato un mese e mi faccio schifo, ma parliamo del Missing Moment che leggerete tra circa un minuto.
Sarebbe cosa buona leggere il capitolo precedente, se non l’aveste fatto, perché questo avviene esattamente il giorno dopo, e la parte iniziale parla proprio del giorno prima!
A questo punto, beccatevi ‘sto spezzone di Amore al primo tweet.
 

Ilaria & Gabriele


Ilaria POV

“Manca poco, vero?” mi sussurrò all’orecchio. Io annuii brevemente, lanciando un’occhiata furtiva alla professoressa e una all’orologio che avevo al polso “Quanto poco?”
“Non lo so, poco.” Sibilai, esasperata.
“Ok, proviamo.. dieci.. nove.. otto.. sette.. sei.. cinque.. quattro.. tre.. due.. uno.. zero!” niente. Solo la prof che continuava a ciarlare. Sospirò “Perfetto.”
Sghignazzai “Provo io. Cinque.. quattro.. tre.. due.. uno..” la campanella suonò. Mi trattenni dall’alzarmi in piedi ed esultare stupidamente giusto per rispetto dell’avversario ed educazione verso chi era l’addetto all’insegnamento, ma battei ugualmente le mani mentre mormoravo un “Sì!” guardando l’espressione rassegnata del ragazzo alla mia destra.
“Ok, hai vinto. Brava, davvero. Vuoi umiliarmi ancora? Che so, farmi pagare pegno?”
“No, non mi ser-” venni bloccata dalla vibrazione del mio cellulare. Con gli occhi spalancati abbassai lo sguardo sui miei jeans, dubbiosa, poi guardai il resto della classe. Si stavano preparando tutti. Mi alzai, tirai fuori il telefono e controllai chi fosse: una chiamata da Gianmarco. Sapeva che ero a scuola, a differenza sua, vero? Cosa aveva di così urgente da dirmi? Alzai la testa e vidi Gabriele fare un cenno verso il cellulare, dandomi l’ok per rispondere. Tornavamo insieme con la sua macchina, solo per quello. Ero libera di fare quello che volevo, non dipendevo da lui, e per la cronaca: la cosa era reciproca.
Chiudendo lo zaino, premetti il tasto verde e avvicinai l’apparecchio all’orecchio “Pronto?”
Oh, grazie a Dio hai risposto!
“Gi-emme, sono ancora in classe.” Per dire, eh.
Dovresti ringraziarmi, visto che non ti ho chiamato all’intervallo!
“Va bene, ho capito. Dimmi tutto.” Mi misi il cappotto con qualche difficoltà, avendo una mano occupata, ma infine ci riuscii. Zaino in spalla e via, verso l’uscita, dietro Gabriele e Davide che se la ridevano per una qualche stronzata detta da quest’ultimo.
Non mi bastano cinque minuti, Ila! Cioè, posso anche dirtelo brevemente, ma mi chiederesti di più ed ecco che ti prendo un’ora!” solo in quel momento notai quanto effettivamente fosse euforico. Aggrottai la fronte, facendomi sfuggire però un sorrisetto.
“Scusami, ma ti sono venuta a trovare ieri pomeriggio. Mi spieghi quante cose possono esser successe in meno di ventiquattro ore?”
Ti dimentichi forse del fatto che abito con Francesco?” chiese, retoricamente. Spalancai gli occhi.
“C’entra lui? Oh Cristo, che è successo? Gianmarco, non farmi aspettare. Se non parli immediatamente giuro che gli dico che sei etero!” lo minacciai.
Ma che cazzo dici? Fammi parlare! Cazzo. Da dove inizio?
“Gianmarco.” Lo richiamai, perentoria.
Versione breve o lunga?
“Breve, per adesso. La lunga, se resisto, me la racconti più tardi in chat.” Sospirai, seppur incerta. Speravo di resistere davvero.
Ok. Allora, lo sai no che ultimamente si era incaponito per scoprire chi mi piacesse?” aspettò la mia conferma, poi riprese“Ecco. Ieri ti aveva fatto delle domande riguardo ciò, e la sera, quando è tornato, sosteneva che a me piacesse Bonetti.” Scoppiai a ridere, attirando l’attenzione pure del soggetto in causa, che poi scrollò le spalle per riprendere a discutere con l’amico.
“Poco fuori strada.” Affermai, ironica.
Esatto. E’ quello che gli ho detto io. Fatto sta che dopo si è convinto che in realtà tu non sapessi niente non perché si trattava del tuo ragazzo, ma perché non te l’avevo proprio detto.
“E quindi?”
E quindi è finita lì. Abbiamo cenato, parlato tranquillamente di altro e tutto apposto. Il bello è venuto dopo. Bello? Che dico? Stupendo, meraviglioso, sensazionale, fenomenale, paradisiaco, eccez-
“Sì, vai al dunque.” Lo incitai ansiosa, mentre salutavo con un gesto della mano Davide e mi accostavo a Gabriele, entrambi diretti verso il parcheggio.
E’ entrato nella stanza blaterando qualcosa che ti dirò nella versione lunga e.. Cristo, non ce la faccio a dirlo!” non sapevo se stesse piangendo dalla felicità o fosse esageratamente felice, senza le lacrime di mezzo.
“Parla, stronzo!” gridai, facendo sghignazzare il castano che stava aprendo la macchina.
Mi ha baciato! Cazzo, Ila! Mi ha baciato!” urlò anche lui, scioccandomi. Svenni praticamente sul sedile e chiusi la portiera con un tonfo, fissando allibita il cruscotto. Riprese “Io inizialmente non sapevo cosa cazzo fare! Non ho neanche ricambiato, ti rendi conto?
“Che minchia hai detto?” sibilai, cominciando a sentire la rabbia ribollirmi nelle vene.
Mi ha baciato!” ripeté, per la centesima volta.
“No, la parte dopo, coglione.”
Non ho ricambiato.
“MA TU SEI COMPLETAMENTE RIMBECCILITO.” Gabriele stava per accendere il motore, ma in quel momento aveva fermato ogni movimento solo per girare lentamente la testa verso di me e guardarmi dubbioso. Alzai l’indice chiedendogli di aspettare, che tanto gli avrei raccontato ogni cosa appena chiusa la chiamata “Ti sembra normale una cosa del genere? Cioè, tu gli vai dietro da un anno e mezzo e.. Cioè, io non lo so!” sbottai, incredula.
Non ho finito, diamine!” mi informò, non perdendo ovviamente la sua allegria nonostante i miei insulti “Dopo c’è stata una conversazione, che verrà anche questa affrontata nella versione lunga, e poi..
“E poi cosa? Dannazione, Gianmarco. Devo tirartele fuori con le pinze le cose?” stavo rasentando la pazzia.
L’abbiamo fatto.
Ilaria, non pensare sempre male, chiedi prima spiegazioni. Boccheggiai per qualche secondo, afferrando il braccio di Bonetti che stava tranquillamente guidando verso casa mia e facendolo gemere piano dal dolore.
“Avete.. avete fatto cosa? Una partita a briscola? A bocce? Alla playstation?”
Direi proprio di no.” Rispose vagamente lui, facendomi cascare le braccia, una delle quali rimase appesa alla felpa di Gabriele, che adesso sbuffava, impaziente di sapere.
“Quindi.. quello?
Quello.
“Quello.” Ripetei.
Quello.” Disse lui.
“Porca merda.”
Cazzo, sì!” sospirò lui.
“O..Ok. Allora io adesso ti riattacco in faccia, realizzo ciò che hai detto, rielaboro, lo dico a Gab, passo una giornata in tranquillità e poi mi connetto su Facebook per farmi raccontare tutto, nei minimi particolari.” Asserii, con tono calmo e pacato.
Ila, che intendi per minimi particolari? Cioè, vuoi sapere anche di come lo abbiamo fatto o..
“No, no.” Lo bloccai “La parte prima. Quella del dialogo.”
Ok.”
“Ok. Ciao.” E riattaccai, come avevo precedentemente detto.
Rimisi il cellulare in tasca ed incrociai le braccia, fissando la strada che stavamo via via percorrendo. L’avevano fatto, quindi? Fino al giorno prima, e così era stato per più di un anno, Gianmarco aveva nascosto quasi a tutti i suoi sentimenti per Francesco e adesso mi veniva a dire che ci era pure andato a letto? Mi avrebbe dovuto assolutamente spiegare un sacco di cose, quella sera. Stavano insieme, allora? Francesco cosa provava esattamente per lui?
“Quindi,” Gabriele ruppe il silenzio che mi aveva permesso di avere per le mie prime elucubrazioni sulla faccenda “deduco che Gi-emme e Francesco non abbiano né fatto una partita a briscola, né a bocce, né alla playstation.”
“Hanno fatto sesso, ti rendi conto?” sbottai io, guardandolo e inclinando la testa. Lui annuì.
“Beh, meglio per lui.”
“Ma Francesco, per lui, cosa prova? Voglio dire, lo conosco, ok? So che non è il tipo da una botta e via, poi vuole sicuramente bene a Gianmarco e non gli farebbe mai una cosa del genere, ma se mi sbagliassi? Tante volte mi sbaglio!” mi disperai, parlando a manetta. Gabriele sospirò, con un leggero sorriso ad increspargli le labbra.
“Piccola, io credo tu debba calmarti un attimino.”
“No, non mi calmo. Se davvero lo stesse prendendo in giro? Gianmarco non ha bisogno di questo. Non deve ricevere niente del genere. Sai quello che ha passato, Gabriele! Prova davvero qualcosa di grande per quel ragazzo, se lui lo tradisse reggerebbe? Cazzo, non dimenticherò mai quando è venuto a casa mia dopo Natale, l’anno scorso. Era in lacrime, capisci? Era distrutto!”
“Sono sicuro che riuscirebbe a sopravvivere.” Ribatté tranquillo, premendo il freno per fermarsi ad uno stop.
“E’ la parte prima che mi spaventa!”
“E qui ti volevo.” Alzò le sopracciglia, poi mi guardò per due secondi “Spaventa te, non lui. E poi non sai neanche come sono andate precisamente le cose. Dubito che Gianmarco sia così stupido da sprecare la sua prima volta, almeno con un uomo, con una persona che forse neanche ricambia i suoi sentimenti. Per quanto ne so, e non per esperienza personale, un rapporto tra due uomini è diverso da quello che avviene tra un uomo e una donna. E questo so come funziona.” Mi lanciò un’occhiata maliziosa, facendomi arrossire “Quello che voglio dire è che lui, da persona innamorata, non si lascerebbe scopare dal primo che capita.”
“Ma non è il primo che capita! Cioè, è Francesco! E’ innamorato di lui!”
“Un motivo in più. Tu, che sei innamorata di me, se io non ti avessi amato, saresti venuta a letto con me?” mi chiese, prima di sbuffare per un semaforo rosso.
Rimasi zitta a riflettere. Forse un po’ troppo.
Si voltò infatti verso di me, sorpreso e quasi divertito “..Davvero?”
Alzai le spalle, distogliendo lo sguardo “Beh, quando uno è innamorato, se è il massimo che può ottenere dall’altro..”
“E’ masochismo.”
“Stessa domanda. Tu non lo faresti?” chiesi, curiosa.
“Non me lo chiederesti mai.” Ribatté subito, facendo ripartire la macchina.
“Vero, ma neanche tu me lo chiederesti.”
“Touché.”
“Quindi?” insistetti. Lui sospirò paziente e pensieroso, aggrottando la fronte.
“Beh.. Sì, accetterei.”
“E allora perché non dovrebbe farlo Gianmarco?” chiesi, mettendomi le mani fra i capelli “Quello mi si rovina! Cristo!”
“Dai, Ilaria, prima di farti i trip mentali aspetta questa sera. Capisco che sei preoccupata, ma non esagerare. E’ un uomo, quest’anno compie diciannove anni, è indipendente. Sa cosa fa e, cosa non meno importante, non sei sua madre!” così dicendo, parcheggiò. M’imbronciai e uscii immediatamente dall’auto, incamminandomi verso la porta di casa mia. Sentii chiaramente i passi veloci di Gabriele, poi la sua mano stretta intorno al mio polso.
“Ti sei offesa?” chiese, sorpreso.
“Sono solo preoccupata per il mio migliore amico e mi dici che esagero! Se non ti sta bene come reagisco non sono affari miei.”
“Non dire cazzate, per favore.” Mi supplicò, quasi. Voltai la testa verso la strada, per non guardarlo, e lui ne approfittò per avvicinarsi a me e appoggiare il viso sul mio collo. Brividi, come ogni volta.
“Dai..” si lamentò, lasciando un bacio sotto l’orecchio.
“Dai cosa? Sei te che hai problemi, mica io.” Ero più permalosa del solito, quel giorno, ma giuro che non era colpa del mio carattere. Colpa del ciclo. Maledetto. Ogni mese mi ponevo la stessa domanda: perché le donne dovevano sopportare anche quello?
“Non ho nessun problema, stavo semplicemente cercando di calmarti. Ho detto che capisco la tua preoccupazione, ma che la ritengo eccessiva, tutto qua. Non ti sto dicendo di fregartene di lui, anzi..” spiegò, prendendomi tra le dita il mento per permettergli di avere il mio controllo mentale. Dico così perché voleva fare in modo che io lo guardassi negli occhi, in quegli occhi così chiari e glaciali che.. Ecco, stava funzionando.
“Smettila di controllare la mia mente!” sbottai, allontanandomi di un passo. Lui alzò un sopracciglio.
“Scusa, cosa starei facendo?”
“Sei cattivo!”
“Cos.. Eh?”
“Lasciami in pace!”
“Ma stai facendo tutto da sola!” allargò le braccia, del tutto impotente.
“Sei tu che mi guardi negli occhi!”
“Mi piace guardare le persone, mentre parlo con loro.” Disse ovvio, e anche abbastanza ironicamente. Mi morsi il labbro, iniziando a sentirmi in colpa.
“Scusa.” Mormorai, abbassando la testa.
“..Ilaria, tutto bene? Non per offenderti, ma oggi sei..”
“Lunatica? Permalosa? Acida? Rompiscatole?” rialzai il capo, elencando tutti i possibili aggettivi che erano potenzialmente collegabili a me.
“Volevo dire instabile, però..” mi prese una mano “Penso tu sia solo particolarmente.. donna, oggi.”
“Simpatico.”
“Perdonato?” chiese il bastardo, tirando in fuori il labbro inferiore.
“Ovvio..” borbottai.
 
“Gab, no.” Mi impuntai categorica e aggrappandomi al piumone. Salì sul letto e posizionò le gambe ai lati dei miei fianchi, costringendomi quindi a stare sotto di lui e a dargli le spalle.
“Ila, sì!” mi afferrò i fianchi “Attenta, sai? Potrei darti dei pizzicotti. No, ancora meglio.” Lo sentii abbassarsi, poi un soffio caldo e sensuale sul collo “Il solletico.”
“No.” Cercai di liberarmi, ma con scarsi risultati.
“Perché no?” chiese lui, già stanco del suo stesso gioco, stendendosi sopra di me. Mi lamentai, perché non era affatto una piuma, anche se in pieno Febbraio un bel ragazzo che ti si mette sopra a mo’ di coperta non è affatto spiacevole, specie se il bel ragazzo è il tuo bel ragazzo. Sospirai, prima di spiegargli la stessa cosa per la centesima volta “Gabri, sono le cinque e mezza, dobbiamo ancora studiare inglese per domani..”
“Ascolta.” Per fortuna –o sfortuna?- si spostò di fianco a me, per guardarmi e farmi il lavaggio del cervello “Siamo tornati, abbiamo pranzato e ci siamo messi subito a studiare. Erano le due e ventiquattro, ho controllato. Ora sono le cinque e trentasette. Sono più di tre ore che stiamo studiando senza sosta, e siamo pure stati tanto bravi! Inglese non è un problema, andiamo bene entrambi, e poi il compito di domani è una stronzata. Che ti costa se usciamo un po’?”
“Fa freddo.”
“Ma per favore, non può che farti piacere! Ogni volta con la scusa del freddo mi abbracci.” Gonfiai le guance.
“Scusa se sei un termosifone umano.”
“No, non è per quello, tigre, e lo sai.”
“Ma non ho voglia.”
“Te la faccio venire.” Mi posò una mano sulla guancia, poi spostò un ciuffo di capelli dietro l’orecchio. Sorrise, malizioso “Sono sicuro, sicurissimo, che non vedi l’ora di sederti e di stringere tra le mani.. una deliziosa crepe alla nutella.” Strinsi le labbra, mentre continuava “Calda, dolce, gustosa.. imperdibile come solo la stessa nutella può essere.”
“Giochi sporco.”
“Fidati amore che se volessi giocare sporco non avresti i vestiti addosso.” Scherzò, e mi scappò pure una risatina. Amavo il modo in cui si poneva con me, quel modo che aveva di inserire tra le righe i suoi sentimenti.
“Hai rovinato il momento crepposo.” Mormorai, accucciandomi addosso a lui.
“Che stai facendo?”
“Mi sistemo.” Risposi ovvia.
“No, così ti addormenti. Alzati, andiamo fuori, dai!”
“Ma perché insisti tanto?” chiesi, giusto per curiosità, mentre mi mettevo a sedere. Sorrise soddisfatto, si tirò su anche lui e mi afferrò la mano, trascinandomi verso l’ingresso “Così! Ho voglia di uscire!”
Ci coprimmo per bene e, come voleva il signorino, uscimmo. Mi afferrò subito la mano e prese a camminare tranquillo, col sorriso sulle labbra e gli occhi puntati davanti a sé. Lo osservai perplessa, non capendo il motivo per cui fosse così spensierato, ma poi lasciai perdere. Insomma, il fatto che fosse calmo non era certo un male, anzi, meglio per tutti.
Comprammo due crepes, che pagò lui da bravo gentiluomo, e facemmo un giro per il centro chiacchierando e sparando le solite cavolate.
“No, senti, Chris Evans è molto più figo quando interpreta Johnny Storm ne “I fantastici 4” rispetto a quando fa Capitan America.” Affermai, convinta delle mie idee. Lui annuì.
“Sì, ma perché è proprio più figo il personaggio. E poi era più giovane.”
“Pignolo.”
“Comunque se proprio devo dirla tutta, preferisco la donna invisibile, ovvero Jessica Alba.” Precisò. Lo guardai male.
“Ti piace davvero?”
“E’ bella.” Disse semplicemente, facendo spallucce.
“Anche Chris Evans è bello.”
“Non lo metto in dubbio.”
“Bene.”
“Ottimo.”
Restammo in silenzio per due minuti buoni. Se prima era freddo, adesso l’aria era ancora più gelida. Mi veniva a dire che gli piaceva Jessica Alba? Magnifico, io gli avrei detto chi piaceva a me. Dopo poco, però, Gabriele mi fece con tono incerto una domanda che mi sorprese, e non poco “Se.. Sei incontrassi Chris Evans e ti venisse dietro, mi lasceresti?”
Ero rimasta un po’ zitta per osservarlo, con la fronte aggrottata “Ehm.. no..?”
“Lo stai chiedendo a me?”
“No, più che altro queste sono domande.. da donna.”
“..Tutti abbiamo una parte femminile, dentro.” Replicò, invano.
“Proprio con la tua ragazza devi tirarla fuori, questa parte femminile?” ridacchiai, vedendolo mettere il broncio.
“Beh, io con te dico quello che mi passa per la testa, devo stare a valutare se è una cosa maschile o femminile, giusta o sbagliata, morale o immorale, prima di dirtela? Non credo funzioni così.” Sghignazzai ancora, poi lo fermai e mi misi davanti a lui.
“Va benissimo così. Puoi, anzi, devi dirmi quello che ti passa per la testa.”
“E allora rispondi alla mia domanda, dai!” mi incitò. Sbuffai.
“Ma in cosa dovrebbe batterti?”
“Che ne so. Bellezza?”
“Non ci credi manco tu.”
“Eh, ma sono il tuo ragazzo, mica il mio.”
“Ci manca pure che ti metti con te stesso.”
“Se potessi..” sospirò teatralmente, facendomi ridere come una cretina e scuotere la testa.
“No, non ti lascerei.”
“Ma sei sicura?” ridacchiò, circondandomi il busto con le braccia.
“Certo. E tu? Mi lasceresti per Jessica Alba?”
“Secondo te?” mi sfidò lui, alzando il mento.
“Anche subito.”
“Infatti.”
Risi ancora, dandogli una leggera botta sulla spalla “Posso sempre sperare che tu non la incontri mai nel corso della tua vita.” Ops. Se la sua parte femminile avesse agito in quell’istante, avrebbe sicuramente registrato quell’affermazione come un “Vorrei stare con te per tutto il resto della nostra vita.” Deglutii, aspettando la sua reazione, che fu un’occhiata intensa. Ecco, sarebbe scappato via a gambe levate. Nei film capitava sempre!
Porca vacca, maledetta parte femminile. Magari era solo un caso e non aveva capito nessun messaggio nascosto. Sì, dovevo stare tranquilla.
Un leggero sorriso fece capolino sulle sue labbra, che subito dopo baciarono le mie per qualche secondo.
“Penso proprio che non l’incontrerò mai.”
“E ti dispiace?”
“No.”
 


Non potete capire che razza di benessere ho provato a scrivere di nuovo qualcosa su questi due.
Non so voi, ma a me erano mancati da morire, specialmente Gabriele. Dà tante emozioni a me quante ad Ilaria, per cui figurarsi.
So benissimo che alla fine non succede niente di particolare, ma sono dell’idea che a loro non serva. Sono io, che parlo da creatrice (forse), ma loro sono speciali così, per cui scusatemi se non siete soddisfatti di ciò che ho scritto, vi prego.
 
Su Twitter una ragazza mi ha dato un paio di idee per qualche altro Missing Moment, che proprio Missing Moment non è. Poi capirete.
Comunque, se avete qualche consiglio da darmi, datemelo pure. Cercherò di farmelo tornare utile. :)
 
Grazie a tutti voi che continuate a seguire questa storia, quando l’originale si è conclusa ormai tre mesi fa, a chi continua a recensire e tutte le altre cose che permette di fare il sito.
Grazie anche a chi viene a contattarmi su Twitter per farmi complimenti “personalmente” o per dirmi che legge ciò che scrivo. E’ davvero stupendo quello che fate e avete fatto per me in tutto questo tempo pur non sapendo di farmi sentire così bene, quindi GRAZIE.
 
Adesso vi saluto.
Non so quando tornerò, ma so che lo farò.
Grazie in anticipo per chi mi aspetterà per la prossima volta. :’)
 
Un bacio
 
Maricuz

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Capitolo 7
*** [Prima del 1°] Ilaria | Gabriele ***


Stavolta sono passati solo 13 giorni. :3
Non vi dico niente, solo che questo Missing Moment si svolge prima del primo capitolo e che sarà breve, un po' tranquillo e un po' no.
Primo capitolo: Settembre.
Questo Missing Moment: Giugno.
Buona lettura! :)
 


Ilaria | Gabriele


POV Ilaria

“Me la sto facendo sotto.” Sbloccò il silenzio Selene, che camminava alla mia destra.
“Pure una buona percentuale del mio organismo.” Replicai.
Ci stavamo avviando verso la scuola per vedere i quadri, usciti il giorno stesso. Era pomeriggio, il sole splendeva come in una normalissima giornata di metà Giugno a Firenze e tutte e tre tenevamo qualcosa di fresco da bere in mano.
“Mi danno latino, me lo sento..” borbottò ancora la mora, che da Aprile non si dava pace. Studiava quella materia tutti i santissimi giorni, ma non riusciva mai a superare il sei e mezzo, per quanto si sforzasse. Il problema era che alla sufficienza non ci arrivava sempre.
“Dai, stai tranquilla..” cominciò Dafne, sorridendole rassicurante “Penso si sia accorta anche lei quanto ti sei impegnata, ormai ti conosce.. E comunque nelle altre materie vai piuttosto bene, potrebbero abbonartela.”
“E’ quello che mi dice mio fratello tutti i giorni.”
“Perché tuo fratello ha ragione.” Affermo, bevendo poi un sorso di Pepsi.
“Avrà anche ragione, ma continuo a farmela sotto.”
I successivi cinque minuti li passammo a rassicurare la nostra amica, convintissima di avere l’insufficienza nella materia della lingua morta. Quando arrivammo davanti ai fogli attaccati sulle porte dell’ingresso con dello scotch, trovammo anche Davide e Gianmarco. Quest’ultimo stava infamando il riccio perché non si decideva a controllare il suo risultato.
“Guarda chi c’è..” dissi io, ammiccando verso Dafne. Lei sospirò e arrossì, guardandomi male mentre io me la ridevo. Mi voltai verso i ragazzi e li salutai ad alta voce, facendoli girare entrambi di scatto, come colti sul fatto.
“Ah, ciao!” esclamò il castano, rivolto a tutte.
“Ciao..” mugugnò Davide, visibilmente meno euforico dell’altro.
“Che hai fatto?” chiese Selene, confusa.
“Che ho fatto?! Un cazzo! Per tutto l’anno! Sono bocciato, ci scommetto. Mio padre m’ammazza.” così dicendo, si coprì gli occhi con le mani.
“Esagerato..” me ne uscii, avvicinandomi ai quadri.
“Menti.” Sbottò lui, deciso, facendoci sghignazzare un po’ tutti. Presi un respiro profondo, poi cercai la mia classe. Appena la trovai, lessi subito ciò che mi riguardava ad alta voce, essendo la prima dell’elenco “Archi Ilaria, ammessa alla classe successiva. Media del sette e quaranta.”
“Ila, la leggi pure a me?”
“Vallini Davide, Vallini Davide..” lo trovai, in fondo, e mi schiarii la voce “Vallini Davide. Ammesso alla classe successiva! Media del sei e trenta.” Annunciai, contenta. Non feci in tempo a finire di leggere, aveva già iniziato ad urlare come una scimmia impazzita ed era saltato addosso a Gianmarco, quasi in lacrime “SONO VIVO. SONO VIVO.”
“Solo perché a educazione fisica c’hai otto, cazzone.”
“Ila.. Leggi a me?” mi chiese impaurita Selene.
Cercai anche lei e lessi “Ammessa alla classe successiva con la media del sei e novanta!”
“Grazie, Dio.” Alzò gli occhi al cielo, fingendosi commossa “Grazie.”
“Va bene, a questo punto non siamo più un pericolo.” Commentò Gianmarco, sporgendosi per vedere “Tilli Gianmarco, ammesso alla classe successiva con la media dell’otto e venti. Dafne invece dell’otto e cinquanta.”
“Ti ha battuto.” Sorrisi.
“Perché faccio schifo a matematica, solo questo.”
“Certo, ovvio.”
 
Rientrai in casa sospirando sollevata, un po’ per i voti abbastanza alti, un po’ per la temperatura più bassa rispetto all’esterno. Strusciai i piedi verso camera mia e mi buttai sul letto a quattro di spade. Sentivo già l’arrivo dell’Estate: il caldo, le uscite più frequenti, le granite, i gelati, ma soprattutto.. La noia. Non sapevo cosa fare, davvero. Di uscire per fare qualche foto non se ne parlava neanche, ero appena tornata e non ci pensavo minimamente a riaprire quella dannata porta. Forse sarei potuta andare al computer, lasciare qualche tweet e sprecare il mio tempo così, senza far niente.
Un programma davvero niente male, per quel periodo dell’anno.
Mi tirai su un po’ a fatica, messa ko dal calore che su di me aveva un incredibile potere soporifero. Dopo qualche sforzo, mi buttai a peso morto sulla sedia della scrivania, sbuffando. Alzai il braccio per afferrare il mouse, lo mossi e con tutta la calma del mondo aprii il browser per collegarmi immediatamente a Twitter.
Nessun messaggio colse particolarmente la mia attenzione, fino a quando, scorrendo, non mi imbattei nel seguente.  
 

"Ti amo" "Finalmente qualcuno che la pensa come me! Parliamo di quanto sono bella.. comincio io!"

 
Scoppiai a ridere subito dopo, coprendomi la bocca con una mano per non farmi sentire da mia madre che neanche mi aveva sentita entrare. Ma si sa, più una cosa si evita, più viene attirata da te.
“Ilaria, sei tornata!” disse, aprendo la porta.
Sghignazzai ancora un po’ per poi annuire “Sì, cinque, dieci minuti fa.”
“E cosa ridi?”
“Niente, una cosa..”
“Parli con qualcuno?”
“No, mamma. Non è che se rido vuol dire che sto per forza parlando con qualcuno!” ecco, non capivo perché per mia madre queste due cose fossero così strettamente collegate. Se rido non sempre parlo con qualcuno, se parlo con qualcuno non sempre rido. E’ facile!
“Quindi stai ridendo da sola.” Affermò, perplessa.
“..Detto così è brutto, ma sì.”
“Contenta te, contenti tutti.” E con questa sua magica perla, uscì nuovamente dalla mia camera. Sospirai scuotendo la testa e tornai a dedicare la mia attenzione al mio caro social network, pensando già al tweet che avrei lasciato di lì a poco.
 

L’imbarazzante momento in cui tua madre entra in camera e ti trova a ridere da sola.

 
POV Gabriele
 
Salutai per l’ultima volta gli idioti della mia squadra di calcio, ai quali volevo un bene assurdo. Ero cresciuto con loro, avevo fatto le peggio trasferte e passato le mattinate, i pomeriggi e le serate più belle della mia vita in loro compagnia e in quel momento non riuscivo neanche ad essere distrutto per loro al cento per cento, per colpa di colui che avevo chiamato padre per quasi sedici anni. In confronto al risentimento che provavo per lui, tutto il resto passava in secondo piano.
Ed era così da praticamente un anno.
Chiusi la porta dello spogliatoio, mi sistemai il borsone sulla spalla e cominciai ad avviarmi per l’ultima volta verso quella che sarebbe stata la mia casa ancora per poco. Non sarebbe stato difficile, avrei messo subito il borsone nella macchina di mia madre, poi sarei entrato e avrei preso l’unica valigia rimasta, ignorando bellamente l’uomo che ci avrebbe guardati andarcene. Un piano perfetto.
Quando l’auto si sarebbe messa in moto, ci saremmo diretti a casa di mio zio, fratello di mia madre, che ci avrebbe ospitati giusto fino al termine delle vacanze estive, dopo le quali avremmo totalmente cambiato vita. Non vedevo l’ora, anche se odiavo i trasferimenti.
Non appena vidi in lontananza l’edificio, presi un respiro profondo e cercai con lo sguardo la macchina. La vidi e mi avvicinai, aprii il portabagagli e ci sistemai il borsone, in modo da non occupare troppo spazio. Chiusi e aprii la porta, preparandomi psicologicamente. Mi fiondai in camera senza neanche controllare se ci fosse mio padre, afferrai il trolley e lo trascinai all’ingresso, dove venni bloccato dalla voce bassa dell’uomo che aveva contribuito alla mia nascita.
“Gabriele..”
“Che vuoi?” chiesi brusco, senza neanche voltarmi.
“Siete sicuri di quello che state facendo?” risi amaramente, scuotendo la testa. Se eravamo sicuri? Cazzo, se lo eravamo, io più di tutti.
“Sì.”
“Non è una decisione un po’ affrettata?” insistette. Patetico.
“Senti, parliamoci chiaramente.” Mi girai e lo guardai in faccia “Dire che è una decisione un po’ affrettata è un po’ una cazzata, non credi?”
“Io penso che..” lo bloccai.
“Non me ne fotte una beneamata minchia di quello che pensi tu, non me ne importa un cazzo da un anno, ormai, e non penso proprio che mi possa interessare proprio adesso, che finalmente stiamo per liberarci di te. Hai picchiato mia madre, l’hai fatto più di una volta. L’hai tradita ancor più volte, l’hai fatta soffrire come un cane. Se non avessi notato tutti quei cazzo di lividi, avresti pure continuato. Mi spieghi con che fottuto criterio adesso mi vieni a dire che è una decisione un po’ affrettata?” urlai, senza preoccuparmi minimamente della sua reazione. Una volta, per tutte le stronzate che aveva detto, non mi ero trattenuto e gli ero saltato addosso tirandogli un pugno.
“Gabriele, so che ho sbagliato ma non per quest-”
“Non per questo cosa? Che cazzo vuoi dalla mia vita, me lo spieghi?” chiesi, esasperato “Non ci puoi lasciare andare e basta?”
Quando un minuto dopo non ebbi ricevuto risposta, sospirai e ripresi la valigia “Ciao.” Uscii e sbattei la porta, deciso come non mai. Tornai ad aprire il bagagliaio, sistemai il trolley e poi entrai in macchina, sedendomi sul sedile accanto a quello del guidatore.
“Ciao mamma.” La salutai, già più rilassato. Stringeva con forza il volante ed era tesa.
“Ciao.” Si sforzò di sorridere inclinando leggermente il volto verso di me, poi posò una mano sul cambio “Allora, sei pronto..?”
“Sì.” Mormorai “Tu?”
Lei prese un respiro profondo ed annuì “Devo.”
Partimmo, e per i successivi quindici minuti non dicemmo una sola parola. Ascoltavamo la canzone che mandavano alla radio, senza nemmeno canticchiarla, e guardavamo la strada. Quella faccenda ci aveva svuotati.
“Scusami se ti ho costretto a tutto questo..” sussurrò ad un certo punto.

“Sei sicura che posso dormire qui?” chiesi, sedendomi su uno dei due letti presenti nella stanza.
“Certo che sono sicura! Tanto Veronica è partita due settimane fa per andare in Australia e tornerà tra un anno, quindi non ci sono problemi. E poi, detta fra noi, la tua compagnia è migliore rispetto a quella di mia sorella. Sai che a volte può essere petulante..” mi rispose lei, andando in qua e là per la camera cercando di fare più ordine possibile. Sorrisi più rilassato e continuai ad osservarla, mentre si muoveva.
“Sapete già dove andrete, a Settembre?” domandò, calciando un paio di scarpe in un angolino della stanza. Mi trattenni dallo scoppiare a ridere per il gesto, poi risposi.
“Penso andremo a Firenze.”
“Figo. Passi alla città.”
“Già..”
Mia cugina aveva diciannove anni, eravamo praticamente cresciuti insieme ed era un tipo un po’ strano. Un po’ matta, sempre allegra. Affrontava quasi tutto con leggerezza, cosa che a volte poteva non esser considerata un pregio, ma in quel periodo della mia vita non avevo bisogno di altro. Non volevo esser compatito per quello che avevo visto e passato, non volevo che la mia permanenza in quella casa diventasse un disagio. Per fortuna c’era lei.
“Comunque.. Posso dirti una cosa?” si fermò e si sedette accanto a me, un po’ nervosa. Temetti il peggio per quel suo comportamento.
“Ovviamente..” risposi un po’ confuso.
“Visto che abiteremo insieme per due mesi è mezzo, è giusto che tu lo sappia. Mi piacciono le donne.” Rimasi spiazzato per qualche secondo.
“..Ah.”
“Non è un problema per te, vero?”
“Per me? No, che scherzi? Figurati.”
“Sembri un po’ scioccato.”
“Lo sono, non me l’aspettavo, ma non ci sono comunque problemi. Voglio dire, rimani sempre Michela.” Lei sorrise raggiante e mi abbracciò fortissimo, facendomi mancare per qualche attimo il respiro “Michela..” gemetti.
“Scusa!” si staccò “E’ che sono felice! Sei la prima persona della famiglia a cui lo dico.”
“E da quanto lo sai?”
“Più di un anno..”
“Ma che sei pazza? Devi dirlo almeno ai tuoi!” sbottai io, spalancando gli occhi sorpreso. Non pensavo che un tipo come lei avrebbe nascosto una cosa del genere. Per più di un anno, poi.
“So che devo, però ho paura. Sai, non è facile.. Se non mi accettassero?”
“Perché non dovrebbero? Dai, li conosci meglio di me, probabilmente avrebbero la mia stessa reazione.” Cercai di convincerla.
“Sì lo so, ma.. Boh.”
“Vabè, fai quello che ti pare. La vita è tua, il mio consiglio te l’ho dato.” Così dicendo, mi lasciai cadere sul letto e presi un respiro profondo, stanco. Erano le undici e avevo bisogno di andare a dormire per riposarmi sia fisicamente che mentalmente. Mi tirai subito su, prima di addormentarmi, poi mi alzai “Vado a bere poi mi metto a letto. Ti scoccia?”
“No, no! Sono stanca anche io.” Disse Michela, che nel frattempo si era alzata per cercare qualcosa. Forse il pigiama. Uscii dalla camera e mi diressi in cucina, dove trovai mia madre. Era seduta a tavola con un bicchiere d’acqua davanti e lo sguardo perso nel vuoto. Cazzo, se mi faceva male vederla in quel modo. Non appena mi sentì, si voltò verso di me e mi sorrise.
“Vai a dormire?” Come risposta, annuii. Presi un bicchiere anche io, aprii il frigo e lo riempii anch’io d’acqua. Mi sedetti accanto a lei e bevvi qualche sorso, sempre osservandola.
“Come stai?” mi domandò. I pensieri mi si susseguirono ad una velocità incredibile, la mia risposta doveva essere diretta e apparentemente sincera, e non potevo pensarci troppo.
“Bene.” Risposi, anche sorridendo. Non era assolutamente vero, ma perché procurarle un altro dispiacere? Sapevo benissimo che per quanto potessi esser credibile non mi avrebbe creduto minimamente, ma tanto valeva tentare. Mostrandomi forte si sarebbe rafforzata anche lei, ed era proprio quello il mio scopo. Volevo che si rafforzasse e che tornasse a stare bene. La volevo felice.
Mi squadrò, poi sorrise anche lei. Posò una mano sul mio braccio e lo accarezzò, come se con quel gesto avesse voluto ringraziarmi.
Finii di bere, mi alzai e le baciai la guancia.
“Buonanotte, mamma.”
 



Eccoci qua.
Una Ilaria che ancora non conosce Gabriele, una Dafne ancora innamorata di Gianmarco (ancora all'oscuro di essere gay), un Davide e una Selene che non si immaginano neanche che giusto sette mesidopo si metteranno insieme.. La prima parte è sicuramente quella più tranquilla.
E' la seconda quella importante, dove si vede un Bonetti un po' diverso dal solito, come ha detto lui "svuotato".
Credo di aver lasciato intendere (ditemi se sbaglio) che sarà proprio la cugina a rallegrarlo un po' e a far rinascere il Gabriele Bonetti che tutti conosciamo e amiamo.
A proposito di Michela, la cugina, è lesbica. Nel ventesimo capitolo, infatti, Gabriele afferma di avere una cugina omosessuale nel momento in cui scopre la sessualità di Gi-emme. :)

Un salto in avanti con qualche collegamento per i precedenti momenti mancanti, nel caso qualcuno se ne fosse perso qualcuno senza rendersene conto.
Gabriele VS Lorenzo (POV Gabriele)
Gabriele & Andrea (POV Gabriele)
Selene & Davide (POV Selene)
Gianmarco & Francesco 1 (POV Gianmarco)
Gianmarco & Francesco 2 (POV Gianmarco)
Ilaria & Gabriele (POV Ilaria)

Adesso, grazie a tutti, soprattutto a chi segue le vicende dei nostri "eroi" dall'inizio o quasi. 
Tra qualche giorno sono 8 MESI che esiste questa storia, e se è ancora viva e ho voglia di continuarla è solo grazie a voi.
Grazie davvero.

Spero di non farvi aspettare troppo per il prossimo, visto che ho già un'idea in mente. :)
In ogni caso, se volete aiutarmi, un consiglio è sempre benaccetto! 

Alla prossima!
Un bacio enorme

Maricuz

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Capitolo 8
*** [24°] Capodanno pt. 1 ***


Buongiorno!
Sono lieta di pubblicarvi il seguente missing moment, a pochi giorni dal precedente.
Anche se forse, le parole Missing Moment non sono le più adatte per dare una definizione a questo testo (e al prossimo).
E' un capitolo che già avete letto (se avete seguito la storia originale), ma qui è narrato dal signor Davide!
Sarebbe importante leggere prima questo (ciao, cliccami), per capire meglio. :)
Buona lettura!
 



Capodanno pt. 1


Davide POV

Ero ansioso, con la testa fra le nuvole e pure in ritardo.
“Mamma, io vado!” urlai dall’ingresso, spalancando la porta e venendo colpito subito da una folata di vento ghiacciato. Bello, l’inverno.  Sentii un rumore di chiavi alle mie spalle, così mi voltai.
“E dove andresti, senza queste? Sentiamo.” Mia madre stava ciondolando il mio portachiavi in qua e là, tenendolo con solo l’indice e il pollice, manco fosse un calzino utilizzato per un mese da un barbone. Ops. Sorrisi angelicamente, cercando di addolcirla, ma lei scosse la testa rassegnata e riprese a muovere ciò che aveva fra le dita, attendendo andassi a prenderle. Sbuffai e feci qualche passo indietro.
“Stai sempre con la testa altrove, in questi giorni. Si può sapere che hai?”
“Niente ho. Ho la faccia di uno che ha qualcosa? No! Infatti.” Replicai, scrollando anche le spalle.
“Te lo dico io, questo va dietro ad una ragazzetta!” la voce di mio padre, proveniente dalla cucina, si fece sentire forte e chiara nell’ingresso. Arrossii immediatamente non appena mia madre mi guardò con gli occhi illuminati da chissà quale gioia.
“Davvero?” mi chiese, raggiante.
“..No. Ma che vi frega?” sbottai, sulla difensiva. Tornai nelle vicinanze della porta, ma la donna non era affatto rimasta soddisfatta dalla mia risposta.
“Come si chiama? La conosco? Lei lo sa?” si chiama Selene, la conosci e sì, lo sa.
“Si chiama Non di nome e Esisto di cognome. Non credo tu la conosca.” Dissi invece “Posso andare adesso? Faccio tardi, dai.”
Lei sbuffò poi mi lasciò finalmente andare. Scappai, praticamente, e mi chiusi la porta alle spalle non appena fui fuori, sbattendola. Ci mancava solo questa. Già ero meno stabile del solito per la storia della mia cotta per Selene, non avevo proprio bisogno dei miei genitori che mi ricordavano il fatto che lei lo sapeva e non mi aveva ancora dato una risposta.
Ero in un momento strano della mia vita. Ero felice, avevo finalmente confessato, l’avevo baciata, lei aveva ricambiato il gesto e non mi aveva rifiutato. Ero speranzoso, perché i fatti che ho appena detto mi inducevano a pensare che schifo non le facevo e avevo qualche possibilità. Ero ansioso, visto che l’attesa mette un sacco di angoscia. Ed ero anche triste, perché nei miei film mentali mi ero vista Selene tra le mie braccia immediatamente dopo la confessione, cosa che non era avvenuta. Mi vergognavo ad ammettere di essermi fatto dei film mentali, ok, però è inutile nasconderlo a quel punto. Mi piaceva, diamine. L’avevo finalmente capito e non avevo intenzione di farmela scappare perché mi trattenevo dal dirle qualcosa. Se me l’avesse chiesto, le avrei pure confessato di essermi sfogato, qualche volta, pensando a lei.
In cuor mio ero riconoscente del fatto che lei non me lo avrebbe mai chiesto. Non volevo un altro schiaffo, visto la reazione del giorno precedente alla mia ammissione sul giorno in cui la vidi nello spogliatoio. Ah, donne. E’ così difficile capirle!
Dopo aver camminato per un quarto d’ora, arrivai finalmente davanti casa –facciamo grande casa- di Dafne. Presi un respiro profondo e suonai il campanello. Poco dopo, la padrona di casa, aprì il portone e mi ritrovai a salutare tutti allegramente. Anche Gianmarco, che contro ogni mia aspettativa, era presente. Inevitabilmente, però, puntai i miei occhi su quelli neri e profondi di Selene. Il sorriso mi si incrinò, vedendo la sua espressione seria. Non sembrava molto felice di vedermi. Dentro di me sentii qualcosa spezzarsi, ma non potevo certo farci attenzione. La serata era appena iniziata, non sarebbe stato carino starmene a deprimermi per un sorriso mancato. Magari durante la festa avremmo potuto parlare.
Andammo in salotto, dove trovammo un sacco di cose da mangiare e da bere a darci il benvenuto. Mi venne spontaneo sghignazzare, ricordandomi di quando una volta Gianmarco si era ubriacato e aveva iniziato a gridare “A me piacciono le ciambelle!” a ripetizione continua, ridendo come un coglione e facendo ridere, ovviamente anche noi altri.
Proprio lui, poco dopo esserci spostati, attirò l’attenzione “Ragazzi, potreste sedervi?”
Perplessi, e anche un po’ preoccupati per la faccia che aveva, seguimmo l’esempio di Gabriele e Ilaria, che già si erano sistemati sul divano. Quei due già sapevano, sicuramente. Non vedendoli scossi come il ragazzo, mi tranquillizzai, ma nonostante questo ero curioso da morire.
“Io..” cominciò, schiarendosi la voce e posando la mano sulla nuca “Non voglio rovinare la festa con la mia comparsa, ma Ilaria e Gabriele mi hanno invitato per dire quello che devo dire e cercare di farmi perdonare da te, Dafne.” Ecco, io lo sapevo che loro sapevano tutto.
“Non pensare che voglia tornare con te.” Mise subito in chiaro, portando avanti le mani “E’ vero quello che ti ho detto, ovvero che non mi interessi in quel senso, mentre è falso il fatto che mi sia innamorato di un’altra ragazza, cosa che sanno praticamente tutti. Non fraintendere, non è assolutamente colpa tua, sempre si possa definire colpa. Il problema è che io non sono come loro.” Indicò me, Andrea e Gabriele. Aggrottai la fronte.
“Chi vi piace?” ci domandò. Tutti e tre ci irrigidimmo. Fortunatamente, pensò Bonetti a rispondere in qualche maniera.
“E’ una domanda retorica?”
“Se vi chiedo chi vi piace, cosa rispondete?”
Scrollai le spalle, non volendo dire il nome di Selene ad alta voce. L’avrei messa in imbarazzo “Una.” Dissi allora.
“Bingo. Questo è il punto.” Affermò Gianmarco, tornando a guardare la bionda “Se dovessi rispondere a questa domanda.. Non risponderei una.”
“Due?” mi venne spontaneo chiedere, spalancando gli occhi. Tutti mi guardarono in modo strano, come se avessi detto una cazzata, ma nessuno si sprecò di illuminarmi.
“No, Dave, risponderei uno.”
Silenzio fu. Gi-emme guardò un po’ tutti i presenti, deglutendo, poi fermò lo sguardo su Dafne, scioccata “Sei una persona bellissima, Dafne, e penso che chiunque in questa stanza lo sappia. Mi dispiace dirlo così ma ti ho usata come prova del nove. Credo di essere abbastanza preso da un.. ragazzo e me ne sono reso conto solo un mese e mezzo fa. Ilaria lo sapeva già, non la incolpare di non averti detto niente, perché sono stato io a chiederle di mantenere questo segreto. Lo ha fatto e fino a qualche giorno fa era l’unica a saperlo. L’ho detto ai miei, loro.. Non mi hanno accettato e mi sono ritrovato in lacrime come un idiota a casa sua. Per adesso sto da lei. Insieme a Gabriele mi hanno convinto a venire qui e vuotare il sacco, e se tu adesso vuoi buttarmi fuori di casa fallo pure, ho già un appuntamento con un barbone sotto un ponte. Giuro che non mi offendo.” Ecco di chi era il calzino puzzolente di prima, mi venne da pensare.
A parte le cazzate, ero giusto un po’ sorpreso. Avevo sempre creduto Gianmarco etero, e anche parecchio, ma mai, mai mi sarei aspettato cambiasse sponda. Certo, avrei fatto difficoltà in futuro a parlare di gnocche con lui come avevo fatto fino a quel momento, ma non avevo problemi. Amavo essere me stesso, perché avrei dovuto giudicarlo se era in un modo, pur diverso dal mio? Ci voltammo tutti a guardare Dafne, che poco dopo si alzò e lo perdonò, finendo la bella scenetta con un abbraccio, un po’ di lacrime e un lieto fine.
Mi alzai e saltellai verso il mio amico, poi gli detti una pacca sulla spalla. Quando si voltò, abbozzò un sorriso, forse un po’ timoroso per ciò che avrei potuto dirgli. Dal canto mio, sorrisi apertamente e tranquillamente “Ammetto di non capire i tuoi gusti, però.. Patata o zucchina che sia, l’importante è che tu sia felice.” Scoppiò a ridere, mentre io lo abbracciavo e gli spettinavo i capelli.
 
Stavo parlando del più e del meno con Gianmarco, Andrea e Dafne, o per meglio dire: stavo ascoltando distrattamente Gianmarco, Andrea e Dafne che parlavano del più e del meno mentre lanciavo occhiate a Selene, vicina al tavolo con le bibite. Non mi aveva rivolto la parola. Non direttamente, almeno. Sospirai, poi vidi che si avvicinava a noi. Distolsi lo sguardo e cercai di capire in fretta di cosa stessero parlando gli altri.
“Dave?” mi stava chiamando il castano.
“Eh? Cioè, dimmi.”
“Ti abbiamo chiesto se guardavi Yu-gi-oh. Hai presente no, il gioco di carte..”
“Certo che ho presente, lo guardavo, lo guardavo.. Ci giocavo anche, alle elementari.” Risposi, facendo finta di aver partecipato tutto il tempo alla discussione. Mi sentii affiancare da qualcuno, e mi voltai. Sapevo già chi fosse, ma guardarla era più forte di me.
“Di che si parla?” chiese lei, sorridendo forzatamente. Ecco, quello era colpa mia. Un’altra crepa nel mio cuoricino sanguinante.
“Di infanzia.” Per assurdo risposi io, fissandola. Non poteva evitarmi così.
Ricambiò il mio sguardo e annuì, distogliendolo subito dopo. Cazzo, mi fai male. Mi trattenni dal sospirare e puntai gli occhi a terra, incapace di fare altro.
Andrea, in quel momento, chiese a Dafne di poterle parlare. Si allontanarono e rimanemmo solo in tre. Gianmarco li guardò andarsene dubbioso, poi scrollò le spalle per dedicarci di nuovo la sua attenzione “E voi, invece? Che mi raccontate?”
Boccheggiammo entrambi, come se ci avesse chiesto chissà cosa, poi mi calmai vedendo il ragazzo iniziare a farsi decisamente confuso “No, che ci racconti tu! Com’è che si chiama il tipo che ti piace?”
Rimase interdetto, poi arrossì e torno a posarsi una mano sul collo. Imbarazzato, balbettò qualcosa sul fatto che fosse uno dei migliori amici di sua sorella.
“Ma anche lui è gay?” chiese la mora, alla mia sinistra.
“Eh.. sì.”
“Vai, allora una storia ci sta tutta.” Sorrise lei. Le fossette. Quelle cazzo di fossette di cui le parlavo ieri. Possibile che ogni minuto amplificasse le mie sensazioni? Mi sentivo quasi impotente di fronte a tutto ciò che stavo provando.
Gianmarco ridacchiò, sempre imbarazzato “Beh, stare ci sta, ma dubito che possa interessarsi a me.”
“Perché scusa? Mai dubitare dell’interesse di qualcun altro!”
“Mai dubitare dell’interesse di qualcun altro.” Ripetei io, giusto per farle notare che involontariamente mi aveva dato un’ulteriore speranza. Mi guardarono entrambi.
“Anche se a volte essere troppo sicuri ti illude.”
“C’è comunque differenza tra sperare e illudersi.”
“Ragazzi, ma che cazzo avete?” interruppe quello strano dialogo Gi-emme, che non avevo mai visto così spaesato. Sospirai pesantemente, sentendomi d’un tratto estremamente male. Mi aveva buttato nuovamente giù, con la sua ultima affermazione.
“Niente. Tu, comunque, abbi fiducia.” Così dicendo, mi allontanai da loro. Da lei.
 
“Ma erano necessarie quattro bottiglie?” chiese Ilaria, divertita.
“Certo! Ce le scoleremo tutte tra cinque minuti. Oddio, oddio!” urlai euforico, facendo ridere tutti. Sì, stavo male per Selene, ma so esser bravo a fingere di star bene. Riesco ad auto-convincermi ed è come se fossi sincero.
“Facciamo una cosa veloce. Nell’attesa del nuovo anno, diciamo cosa vorremmo nel prossimo!” propose Dafne.
“Queste cazzate solo te.” Commentò la mia Selly Kelly, ma alla fine tutti accettarono di fare quello strano gioco.
“Ok, inizio io visto che l’idea geniale è mia. Vorrei.. Vorrei che Gianmarco sia la prima e l’unica persona che si rende conto di esser gay stando con me.” Ridemmo tutti, lei compresa, poi mi resi conto che toccava a me dalla risposta affermativa di tutti gli altri.
“Sta a me?” divenni serio, riflettendo a testa bassa “Vorrei.. Vorrei un sì da una persona.” E diamine, se l’avrei voluto, quel sì. Sarei stato il ragazzo più felice sulla faccia della terra. Ero disposto ad aspettare giorni, mesi, anni. Mi conoscevo, il mio sentimento non sarebbe cambiato. Ero il tipo che non si faceva prendere spesso, ma se capitava dava tutto se stesso.
“Per fartela dare?” chiese Andrea, ridendo.
“Quello viene poi.” Eh, sarebbe stato un bel momento, quello. Fare l’amore con Selene sarebbe stato.. No, Davide. Calma i bollenti spiriti.
“Io vorrei esser capito dalla mia famiglia.”
“Io vorrei un po’ di chiarezza in testa.” Al suono di quella voce, rialzai il viso per guardarla, non incontrando però i suoi occhi. Quindi non era sicura? Quindi la freddezza di quella sera era dovuta solo alla sua confusione? Cazzo, mi sentii immediatamente meglio. Il cuore aveva preso a battere all’impazzata e non riuscivo a staccargli gli occhi di dosso. Se possibile, con quel rossore sulle guance era ancora più bella.
“Ora sta a me. Mi piacerebbe dire che vorrei che Ilaria smettesse di fare la sostenuta e che ogni tanto mi desse qualche bacetto o un abbraccio, ma visto che siete stati tutti seri.. Voglio che mia madre torni felice come un tempo.”
“Io.. Vorrei tirare un calcio nelle palle a Lorenzo Argenti, perché purtroppo non ho mai avuto l’onore di farlo.”
“Io voglio te.” Quella frase, così decisa e sicura, mi colpì. Guardai attentamente la scena che mi si presentava davanti: Dafne pietrificata, Andrea con l’attenzione su di lei e il pubblico in ansia. Me compreso. Dopo qualche secondo, però, controllai l’orologio. Era ora.
“Dieci..” dissi, per poi esser seguito da tutti gli altri.
Io stesso facevo il conto alla rovescia, ma ero concentratissimo nell’osservare Selene. Perché non mi guardava? Perché considerava tutto e tutti tranne me? Perché, se era confusa, non cercava di capire parlandomi, standomi vicino o provandoci? E perché quel suo comportamento non mi impediva di essere totalmente perso in lei?
Non appena dicemmo tutti “Uno”, la bionda si lanciò su Andrea per baciarlo. Sorrisi istintivamente, e repressi quello stesso sorriso pensando che al posto loro, ci saremmo potuti essere io e Selene. 




Eccoci qua.
C'è poco, di nuovo. Giusto qualche dialogo nel pezzo centrale.
Ma comunque pensavo fosse importante farvi sapere cosa provava Davide. Per questo ho accettato il consiglio di una ragazza, su twitter se non sbaglio, di fare questo remake del 24° capitolo!
Era l'unico ragazzo di cui non si sa i pensieri. Andrea li dice ad Ilaria e Gabriele (che riferisce ad Ilaria), Gianmarco ad Ilaria, Gabriele stesso ad Ilaria.. E Davide? 
E Davide si becca anche questo capitolo.
Pensavo fosse più complicato, lo ammetto, ma mi sono divertita troppo ad entrare nei suoi panni. Amo il suo personaggio.
La parte difficile, per me, arriverà nella prossima pubblicazione, visto che interpreterò nientepopodimeno che Bonetti Gabriele!

Vi ringrazio ENORMEMENTE per tutto!

Un bacione grande grande
Un saluto anche dal barbone Boris

Maricuz

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Capitolo 9
*** [25°] Capodanno pt. 2 ***


Buongiorno! :D
Ecco la seconda parte dello scorso Missing Moment. (Ehi, leggimi! Sono la prima parte!)
Anche questa è più una rivisitazione del capitolo originale (in questo caso, il 25°)
Ovviamente, se non avete letto la storia originale, sarebbe meglio farlo prima di leggere questo visto che rovinerebbe un sacco di suspance. D:
Buona lettura, ci si legge in fondo!
 

25° – Capodanno pt. 2

 


Gabriele POV

Tra urla e tappi di spumante, Andrea e Dafne continuavano a pomiciare indisturbati, anche quando mi venne spontaneo dire “Cazzo, sì. Era l’ora!”
Gianmarco si avvicinò a me con la bottiglia in mano e mentre versava, preso da una strana euforia, lo incitai “Butta giù, butta!” Ero davvero troppo felice, per il mio amico. Aveva passato mesi infernali e finalmente aveva coronato il suo sogno. Almeno lui.
“Una coppia da formare in meno.” Se ne uscì Gi-emme, lanciando un’occhiata a Ilaria. Aggrottai la fronte e sentii una sensazione strana nel petto. Scrollai le spalle come per scacciarla.
“Magari con loro brindiamo dopo..” mormorò lei, un po’ a disagio per i due stesi sul pavimento.
“Sai quante volte brinderemo ancora, Ila?” chiese retoricamente Davide.
“Dai, un brindisi ad un buon inizio dell’anno sperando che le cose che abbiamo elencato poco fa possano realizzarsi!” parlò il ragazzo del coming out “E detto ciò.. Auguri!”
Bevemmo tutti lo spumante, manco fosse stata acqua, poi sospirai e mi guardai intorno. L’occhio mi cascò sul mio migliore amico e la ragazza che stava baciando da.. da quanto si stavano baciando, dannazione?
“Sì, ok, auguri, ma adesso staccatevi per favore. Siete imbarazzanti.” Dissi.
 
“Obbligo o verità.”
“Dafne, perché queste idee stanotte?” Prima cosa vorremmo nell’anno nuovo, ora obbligo o verità.. Gossippara.” Commentò Selene. Ridacchiai, avendo pensato l’identica cosa, ma non mi lamentavo di certo. Mi divertiva quel gioco, veramente troppo. Sarebbe stato veramente divertente fare domande interessanti agli altri, oppure obbligarli a fare qualcosa che non avrebbero fatto mai. Oh, sì, diamine!
“Dai, sono buona: prima facciamo la domanda, poi scegliamo obbligo o verità.”
“Però così non c’è gusto.” Mi stampai una mano sulla faccia, dopo l’affermazione di Ilaria. L’aveva detto davvero? No, perché non era certo il modo giusto per far alleggerire quel gioco. Come volevasi dimostrare, Dafne parlò ancora “E va bene! Allora andremo incontro al mistero più assoluto! Ci state, vero? Però mi raccomando. Che la verità sia verità!”
Annuii convintissimo, al contrario di qualcun altro. Ero gasato.  Ci mettemmo in cerchio, mentre io già mi stavo scervellando per rovinare la vita a qualcuno. Mi veniva da sghignazzare, ma non potevo farlo così liberamente. Mi avrebbero preso per pazzo, maniaco e sadico.
La bionda prese in mano la situazione immediatamente “Bene. Comincio io. Selene.”
“Verità.” Scelse, un po’ controvoglia.
“Uhm.. La prima vera cotta?”
“La prima? Forse in seconda media..  Mi piaceva un amico di mio fratello.” Si fermò per guardare l’altra annuire soddisfatta, poi cominciò a ragionare sulla sua vittima.
“Gianmarco.”
“Verità.”
“Hai mai fatto fantasia erotiche su loro tre?” ghignò e indicò noi ragazzi. Domanda alla Selene.
“Dio, no. Loro no.” Disse subito lui, spalancando gli occhi. Siamo così brutti? Pensai. Sentii una mano infiltrarsi tra i miei capelli, così mi voltai per vedere la faccia ammiccante di Davide “Ma come? Bonetti è un bel bocconcino..” Oh, grazie Dave. Sorrisi soddisfatto, poi aspettai la reazione di Gi-emme.
“Devo ancora abituarmi a quel tipo di pensieri, sinceramente..”
“Ok, dai. Vai te.”
“Gab..” disse immediatamente. Cosa aveva in mente? Troppo timoroso di ricevere una domanda scomoda, pensai seriamente di scegliere l’obbligo. Mi passai la lingua fra le labbra, decidendomi.
“Obbligo.”
“Cazzo, mi cogli impreparato.”
“Attaccati.” Lo sapevo che voleva mettermi nel sacco. Non si frega il Bonetti, ricordatelo per la prossima volta.
“Uhm.. Rimani a petto nudo e affacciati alla finestra.” Ok, quel suo obbligo era dovuto alla sua omosessualità o al voler mettere in difficoltà qualcun altro? O per farmi ammalare, forse.
“Pensavo peggio..” mormorai, comunque. Avrebbe potuto chiedermi qualsiasi cosa.
“Eh, insomma, fa freddino fuori sai?” commentò Andrea. Scrollai le spalle, incurante della sua informazione. Cominciai a spogliarmi e buttai tutto sul divano, poi saltellai verso la finestra e l’aprii. Aria fresca. Mi appoggiai con le mani al davanzale, mentre mi guardavo intorno. C’erano tante luci accese, là fuori. Dopo un po’ di secondi, mi accorsi di star tremando. Voltai la testa “Ma quanto ci devo rimanere?” domandai.
“Può bastare, dai.” Mi concesse Gianmarco. Chiusi immediatamente la finestra e corsi in modo ridicolo, per poi sedermi e cominciare a maneggiare ciò che dovevo mettermi addosso. Sentii tossire e delle botte, così alzai lo sguardo. Ilaria si stava strozzando e Andrea cercava di non farla crepare peggiorando la situazione. Sorrisi divertito, ma nascosi quel gesto mentre mi rivestivo.
“Andre, fermo!”
“Oddio, Ilaria ci schiatta..” Non ridere, Gabriele! Presi un respiro profondo e mi ricomposi, proprio mentre Ilaria lanciava un’occhiata per controllare se fossi vestito. Non ridere, magari manco si stava strozzando per te.
“Vai Bone sta a te.” Proprio quello che volevo sentirmi dire.
“Ok. Ilaria!” e già cominciavo a gongolare. Cosa avrei potuto chiederle? Se aveva dimenticato completamente Lorenzo, forse. Così avrei saputo finalmente se cancellarlo dalla lista degli avversari o meno. Oppure cosa pensava di me! No, sarebbe stato squallido, e poi mi avrebbe risposto con sincerità anche se glielo avessi chiesto fuori dal gioco. E allora cosa? Cazzo, era più difficile di quanto pensassi. Dovevo sbrigarmi, non potevo stare tutta la sera a decidere la domanda da porle. Tanto ero sicuro che non avrebbe mai scelto obbligo, con me.
“Obbligo.” No, non ci credo! E adesso?
“Ok, baciami.” Fermi tutti, che cazzo ho detto?  
“Eh?” appunto, eh? Gabriele, che cazzo fai?
“Baciami! Dammi un bacio, metti a contatto le nostre labbra.” Oh, perfetto. Avevo due personalità. Potevo accorgermene prima.
E intanto c’era il silenzio. Non volli neanche controllare le espressioni degli altri. Continuai a fissare la ragazza, a dir poco scioccata. Deglutì “Ok, ehm, ora dimmi il vero obbligo.” Ridacchiò incerta. Menomale, avrei rimediato e.. No, no. Non avrei rimediato. Sarei andato avanti per quella strada. Quando mi sarebbe capitato di baciarla? Poteva essere l’unica occasione in cui avrei potuto ricevere un bacio da lei, facevo bene a buttarmi. Brava, la mia seconda personalità finora nascosta chissà dove.
“Dovresti ringraziarmi. Sono offeso. Avevo una domanda in mente che non ti immagini neanche, un bacio è il minimo.” Bugia, ma tanto lei non lo sapeva.
“Devo per forza? Non c’è un modo per evitarlo o..” sperai con tutto il cuore che quell’indecisione fosse dovuta all’imbarazzo e non ad un suo rifiuto nei miei confronti.
“Muoviti prima che ci aggiunga anche il fattore lingua!” dissi, mentre pensavo “Fai con calma.
“Ok, ok. Lo faccio.” Disse, poco convinta. Si tirò su e si spostò davanti a me, muovendosi con le ginocchia. Sentivo il cuore cominciare a battere ad una velocità sempre più elevata, incapace di rimanere calmo in quella circostanza. La scrutavo, vedendo paura nel suo sguardo. Aveva paura di un bacio? Il mio ego si gonfiava e il mio sopracciglio si alzava, vittima dell’attesa. Baciami, cazzo. Fallo.
Prese un respiro profondo e si avvicinò lentamente, ma la bloccai “Dimenticavo, stacci qualche secondo, sennò è troppo facile.” E troppo poco. Mi guardò male e mi venne da sorridere, ma repressi quella mia necessità almeno per quanto riguardava le labbra. Sapevo che mi avrebbe visto sorridere anche solo guardandomi negli occhi, come stava facendo. Mi conosceva troppo bene. Anche per questo, mi piaceva.
La vidi chiudere gli occhi e avvicinarsi di nuovo, e di nuovo un gruppo di percussionisti nel mio petto. Chiusi istintivamente gli occhi anche io, quando finalmente posò le sue labbra sulle mie. Completo. Ero completo, come non ero mai stato. Percepii le sue dita fredde tra il collo e la spalla, poi una scarica di brividi per tutto il corpo. Dopo pochi secondi si staccò da me. Aprimmo gli occhi insieme, ed entrambi ci guardammo intensamente. Ilaria, stai leggendo? Lo leggi tutto quello che mi fai provare, dai miei occhi?
Ero convinto che la risposta sarebbe stata sì, se solo non avesse interrotto il contatto visivo per tornare al suo posto, rossa come un peperone e imbarazzata. Sospirai quasi sconfitto, come se avessi perso l’unica occasione per averla mia, ma non era così. Questo è solo l’inizio, giurai a me stesso.
 
Quanto cazzo era durata quella festa? Dieci ore? No, forse meno.. No, ok, sicuramente dieci. Sospirai rigirandomi nel letto improvvisato nel salotto di Dafne. Non riuscivo a dormire. Continuavo a ripensare a quel cavolo di bacio che c’era stato tra me e Ilaria. Mi ero sentito così bene.. Non mi sarei stupito se proprio in quel momento mi fosse caduta addosso una trave. Sentii la vibrazione del mio cellulare sotto il cuscino, che avevo messo lì sperando che nessuno mi disturbasse. Lo afferrai e, cercando di non rompere i coglioni a nessuno con la luce dello schermo, controllai. Un messaggio da mio padre. Mi immobilizzai, incapace di fare qualsiasi cosa. Appena un minuto dopo, mi decisi e mi alzai, per andare in cucina. Cercando di non far rumore mi spostai da una stanza all’altra, infine mi appoggiai al tavolo. Aprii il messaggio.
 

Buon anno, Gabriele. Spero davvero che sia migliore dei precedenti.
Mi manchi. Papà.

 
Sorrisi amaramente. Di vero, in quel messaggio, c’era solo il mio nome.
Ma se non fosse stato così? Se si fosse davvero pentito? Se gli stessi mancando davvero? Se sperasse seriamente in un anno migliore, per me? In fondo lui c’era sempre stato, nella mia vita. Era lì nei momenti più importanti.
Ah, ma quanto cazzo ero idiota? Perché dovevo mettermi a pensare cose del genere? Era solo un bastardo, e quelle erano solamente frasi di circostanza. Non gli risposi nemmeno, mettendomi a rigirarmi il cellulare fra le dita con lo sguardo perso puntato sull’oggetto senza pensare a niente. Se avessi iniziato a ragionare sarebbe stata la fine. Non avevo ceduto in un anno e mezzo, perché farlo adesso, dopo una festa per l’ultimo dell’anno bellissima?
Non so dire quanto rimasi in quel modo, ma so che ad un certo punto sentii qualcuno schiarirsi la gola e mi voltai di scatto, sorpreso. Il mio stupore aumentò, insieme al sollievo, quando vidi che era Ilaria.
“Non dovresti dormire?” chiesi, piano.
“Non ci riesco..” rispose, abbozzando un sorriso.
Annuii e abbassai la testa sussurrando “Neanche io..”
“Che hai?” si sistemò davanti a me ed inclinò la testa, confusa. Ah, perché sei così bella?
“E’ che..” cominciai, sicuro che fosse la cosa giusta parlarne con lei. Cambiai idea, però, scuotendo la testa “No, niente. Lascia perdere. Non voglio rattristarti coi miei problemi.”
“Gabri..” Mi rimproverò “Dopo il bacio posso sopportare di tutto.” Scherzò.
Ridacchiai lievemente, poi mi morsi il labbro. Sì, forse avrei fatto bene davvero. Mi sarei sentito meglio. Lei sarebbe riuscita a tirarmi su di morale, come sempre, anche inconsapevolmente “Mio padre mi ha mandato gli auguri. Ti stai chiedendo “Oh, bene, allora dov’è il problema?”, vero?”
“No, stavo aspettando mi spiegassi.” Ribatté, divertita.
“Ah.” Giusto, lei aspettava sempre spiegazioni in questi casi, che stupido “Beh comunque.. E’ che non chiama o manda messaggi da mesi. Non si è fatto sentire neanche per Natale e un’ora fa, con tutta la tranquillità del mondo, si ricorda di avere un figlio.” Mi sfogai, senza neanche guardarla in faccia. Non ci riuscivo, non ne avevo la forza.
Mi posò una mano sul braccio e l’accarezzò “Sarò sincera. Non so che dire. Però.. Se vuoi parlarne fai pure, sono qui.” Disse un po’ imbarazzata, lasciando cadere il suo braccio. Sorrisi sincero, grato per quella sua disponibilità “Grazie.” D’istinto, presi una sua mano con la mia “E’.. Strano da spiegare, credo. Almeno mi sembra.. Se penso a lui mi saltano i nervi. Ha fatto soffrire mia madre, me, ci ha costretti a rifarci una vita dal niente, senza un aiuto o un minimo di interesse. Vorrei dire che lo odio, ma mentirei solo a me stesso. Per quanto adesso possa detestarlo rimane mio padre, e.. Questo messaggio mi ha fatto ricordare delle cose.” Mormorai, alla fine. La sua stretta aumentò e mi spinse a continuare a parlare “E’ stato lui a portarmi al mio primo allenamento di calcio o a dami i consigli per ricevere un bacino dalla bambina che mi piaceva, anche se ero all’elementari.” Deglutii, sentendo un nodo alla gola farsi sempre più grande “Era lui che quando sono diventato capitano della squadra si è congratulato con me regalandomi la mia chitarra e che ad ogni goal segnato si alzava dalla tribuna e urlava “lui è mio figlio”, spaventando le persone accanto.” Una lacrima sfuggì al mio controllo, e sentivo un fottuto bisogno di risposte e di sentire Ilaria vicino a me, che in quel momento mi guardava come se stesse soffrendo anche lei “Perché adesso a malapena si ricorda di farmi gli auguri per Capodanno, dopo avermi fatto diventare quello che sono adesso? E perché non sparisce e basta, Ila?”
Mi ritrovai immediatamente con il busto circondato dalle braccia della castana e il suo viso tra il petto e il collo. La strinsi a me, bisognoso di quel contatto. Singhiozzai senza trattenermi. Possibile che lei mi facesse sentire così libero, così giusto nonostante le lacrime e i miei sentimenti contrastanti per mio padre e per quel momento? Non pensavo fosse normale sentirsi male e bene nello stesso istante. Sentivo qualcosa in me sciogliersi lentamente, mentre continuavo a dire qualsiasi cosa mi tenessi dentro da chissà quanto “Io non ce la faccio più ad esser forte sia per me che per mia madre, facendo finta di non vedere la tristezza nei suoi occhi. Non posso andare da lei e dirle quello che sento. Non le serve un figlio che alla prima difficoltà si butta giù perché è troppo debole e non riesce a resistere. Non servo a niente.” Strinsi di nuovo, quasi insaziabile del suo affetto. Mi faceva bene, Ilaria. Piangevo come un disperato, eppure sapevo che dopo poco mi sarei tranquillizzato.
“Gabri..” mi chiamò. Pensai che la stessi stritolando, per questo mi allontanai di scatto “Scusa..” mormorai, ancora teso.
“No, che scusa? Volevo chiederti.. Se ne avessi mai parlato con qualcuno.” Cominciò ad asciugarmi dolcemente le lacrime con una mano e mi rilassai, sotto quel tocco.
“No..” sussurrai e tirai su col naso, puntando gli occhi in basso. Volevo che fosse con me in quel momento, ma mi vergognavo a farmi vedere in quello stato. Sei un controsenso umano, Bonetti.
“Sai che questo non è bello, vero?” mi chiese, come se fossi un bambino.
“Sì..”
“Ascoltami.. E guardami.” Alzai gli occhi lentamente, un po’ incerto, e vidi il suo sorriso intenerito “Non autoaccusarti, non è vero che non servi a niente. Stai affrontando la tua situazione nel migliore dei modi. Anche i più forti hanno bisogno di sfogarsi a volte, non credere al contrario. Non so come ti comporti con tua madre, ma sono sicura che sai essere un figlio perfetto. Porti pure bei voti a casa, di che ti lamenti? E oltre a questo sai essere anche un amico. Un po’ rompiballe, eh, ma ci riesci.” Sorrise divertita, mentre ancora mi accarezzava la guancia.
“Davvero..?” chiesi speranzoso. Davvero ero un buon amico, per lei? Ed ero importante?
“Sì.” Rispose decisa, e dentro di me scoppiò una bolla piena di felicità “Ah, dimenticavo che sei anche un po’ bastardo.”
Ridacchiai e, incapace di non farlo, l’abbracciai nuovamente, ringraziandola. Che cazzo avrei fatto senza di lei?
“Ero in debito.” Mormorò.
“Ah, solo per questo? Bene.” Rise.
“Perché avrei dovuto, altrimenti?”
“Perché mi vuoi bene..” tentai, serio. Lei sospirò e si allontanò da me, per guardarmi negli occhi “Mi fai così sentimentale? E soprattutto, ti fai così importante?”
“Spero di esserlo.” Mi sfuggì. Non riuscivo più a contenere una cazzo di frase. Le cose potevano essere tre: opzione uno, erano le sette di mattina e avevo sonno, opzione due, ero mentalmente instabile per il mio sfogo, opzione tre, mi stavo innamorando di lei. Forse tutte e tre, pensandoci meglio.
La vidi rimanere spiazzata, poi sorrise e mi carezzò ancora una volta il viso “Lo sei.”
Mi baciò una guancia, rincoglionendomi del tutto, poi indietreggiò prendendomi una mano “Andiamo a dormire?”
Non riuscivo a rispondere, mi limitai ad annuire e incrociare le nostre dita. La vidi arrossire e condurmi nell’altra stanza, dove ci stendemmo sullo stesso materasso. Ci guardavamo, messi di fianco, e Dio solo sa quante cose avrei voluto e potuto dirle in quel momento. Le lasciai una carezza sul viso e sussurrando le diedi la buonanotte. Sì addormentò dopo poco, mentre io ancora la osservavo.
Pensai a lungo, e la conclusione era una sola: tutto quello che stavo provando non sarebbe stato contenibile ancora per molto.




Ok, avevo un sacco di paura per scrivere questo capitolo.
Potete ben capirmi, non è molto semplice come tematica. Non era stato semplice nemmeno quando ero nei panni di Ilaria, e poi Gabriele mi mette un po' nei casini a prescindere, pure mentre mangia un piatto di pasta.. E' troppo diverso da me. D:
Anyway, spero con tutto il cuo re che vi sia piaciuto, almeno in parte. :)

Non so quando ripubblicherò, e questa volta non si tratta di poco tempo (cercherò di tornare).
Non ho molte idee in mente, a questo punto.
Per questo motivo, vi sprono ancora una volta a darmi qualche consiglio, qualche idea. La maggior parte di questi momenti mancanti sono stati ispirati dalle vostre parole, per cui, insomma, potete stare tranquilli che vi do ascolto. xD

Che altro dire?
Vi ringrazio di cuore, perchè anche se il numero delle recensioni è calato notevolmente rispetto ai primi tre capitoli, c'è comunque un elevato numero di persone che legge, segue e preferisce. Ovviamente un grazie particolare a chi ancora perde tempo a commentare una storia che ha perso la sua continuità. Grazie davvero. :)

Allora, è il momento dei saluti.
Vi auguro tutto il bene del mondo, perchè se siete arrivati fino a qui avete contribuito al mio, di benessere.
Spero di tornare presto, magari con un'altra storia su cui sto lavorando. :)

Un bacione

Maricuz

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