Caro amico,
ti chiedi se la gente capisce. Bisogna intenderci sul senso del verbo ‘capire’: ti chiedi se sei chiaro nelle intenzioni, oppure se la gente riesce a entrare in empatia col testo e comprenderlo, quindi ‘sentirlo’?
Io, per non saper né leggere né scrivere, ti dico la mia, su questo cap.2.
Vedo una donna che nasce in Francia, sotto il Giglio francese ; vedo che è l’ultimogenita di ‘teoria’, ovvero ‘serie’ per dirla male, di molte figlie. Vedo un ‘buon padre’ (‘buono’ in senso latino, direi, ‘valente’, ‘forte’) , che la educa come un soldato con risultati ottimi, e in fedeltà alla consorte di Luigi XVI dei Capetingi.
E riconosco nella bella donna madamigella Oscar che narra di se stessa.
Vedo che combatte fieramente contro quelli che le sembravan giganti, ma nella nuova prospettiva eterna riconosce nani (e se non è un omaggio al Maestrone, pazienza, io ce lo vedo), che poi fa sue le sofferenze di un popolo oppresso. ‘Giustizia che da sempre’ le fu ‘stella’ crea in lei un conflitto doloroso e che è doloroso sciogliere: l’educazione pregressa, la fedeltà giurata a una Regina amata si infrange contro la realtà che la Regina stessa sia ingiusta.
Eppur sente che la Giustizia l’ha malamente guidata, portandola a infrangere il suo giuramento.
Questo ho capito e sentito nel primo monologo di Oscar François de Jarjayes.
E poi, madamigella ammette di aver sognato di poter seguire la sua natura, che vedo riferirsi sia alla sua natura di donna sia alla sua esigenza di Giustizia.
Poi, bellissimo:
Così viss'io cieca et quando costui
per me la perse, io la guadagnai
che io vedo come un’ammissione di una sincerità disarmante: una vita che Oscar riconosce non sua ma cucitale addosso, da ‘cieca’, che viene illuminata dalla Verità proprio nel momento in cui il devoto a lei la vista perde. Anche qui, scorgo dialettica: la luce dell’amore, quello vero, annienta le difese, e al contempo rende non mascherabili le esigenze di giustizia sociale.
Una notte luminosa il trovai
quell'altra lo perdetti
Mi appare il perfetto ricordo della notte delle lucciole, prologo alla morte di André e a seguire di quella di lei, colta però nella dannazione.
Ma il ‘sigillo’ (‘sigillo’, amico mio, mica una parola da nulla) del loro legame non fu infranto né dal crudele traghettatore infernale, né dal giudice infernale ormai reso mostruoso.
E visto che il potere di questi due è puramente formale, che son due burocrati al servizio di Colui che davvero possiede il potere, e che il potere di Dio è caritas, quindi ‘amore’, è il ‘re dell’universo’ che non ha voluto o permesso che tal sigillo si infrangesse.
Io ho capito questo, attraverso il pregevole velo della poesia.
E stupisco che si possa dire tanto con poche parole ben usate. In prosa, avresti potuto farci venti e meno efficaci capitoli.
Mi soffermo dunque sulla tua nota: chiaro che tu, come Dante (ma forse, LaCittaVecchia, non sei tu il Dante de noattri, o se preferisci dei nostri tempi?), come Dante, dicevo, hai diviso Autore, Narratore e Protagonista. L’Autore deve per forza seguire la Giustizia che è Legge.
Quindi, bolgia dei traditori, non c’è storia.
Ma il narratore, e il pellegrino, provano tristezza e sconforto, davanti alla donna sincerissima e che ha sconfitto il soldato. E non può essere altrimenti.
Ora danteggio e penso a Brunetto Latini, il vecchio maestro, venerato da Dante come l’uomo d’ingegno che era, degradato fra i sodomiti, per quell’unica colpa. Chiaro che oggi fa ridere, o fa rabbia. Ma il conflitto di Dante deve essere stato rilevante, e alla fine ce lo ricordiamo, Brunetto, ‘come colui che vince’ e ‘non come colui che perde’.
La dignità umana è preservata.
Come lo è, e va da sé, in Paolo e Francesca. La grazia di Francesca da Rimini è ineguagliabile. C’è più passione, poi, in quel ‘la bocca mi basciò tutto tremante’ che in tutto il Canzoniere di Petrarca. Ma se il matrimonio era prima di tutto un patto con Dio, impossibile non dannarli. Peggio toccherà a chi li ha uccisi, sembra il minimo. Ma nel momento in cui sottometti ‘la ragion al talento’, non c’è via di scampo davanti alla Giustizia.
Vien da dire che a volte la Giustizia sia terribile, e non solo ai tempi di Dante. Infatti io non sopporto quelli che stanno sempre con la ragione e mai col torto.
Però, dormi sonni tranquilli, che non potevi fare altrimenti. O sì? E qui divago: visto che nessuno raccoglierà mai l’invito a scrivere in poesia medievaleggiante, e visto che il pellegrino alla fine tu sei e madame Ikeda ti accompagna (scusa se me la canto e me la suono), magari puoi scardinare la regola: in fondo Cristo è sceso nel Limbo a prendersi i suoi, prima di tornare a casa. Se ti andrà, un giorno, puoi disfare anche quello che hai fatto: se qualcuno scende dal Paradiso a prenderseli, insomma, il dio della storia sei tu, chi ti para?
Amico cortesissimo, se non ho capito un accidenti la colpa è mia e non tua. Io posso solo stringerti nuovamente la mano per questa seconda parte, e augurarti buon viaggio, in ogni senso.
Sacrogral, devotissimo, longeque inferior |