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Autore: Sylphs    29/03/2012    3 recensioni
Ehilà! Ho scritto questa favola un po' folle quando avevo 14 anni ed è in assoluto il primo romanzo che ho finito a quell'epoca, perciò ho deciso di tentare la sorte e pubblicarlo su efp, confido nella vostra pietà :) la storia si ispira alla mia fiaba preferita, "La bella e la bestia", salvo che la protagonista è un peperino ed è tutto fuorché una graziosa fanciulla. Spero che qualcuno leggerà!
Genere: Azione, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 16

 
 
 
 
 
 
Allo stivale seguirono un paio di calzoni candidi, una giacca di paillette, piuttosto sgualcita, e un’inconfondibile massa di capelli rossi. Lord Fox entrò nel salone d’ingresso del maniero con espressione furibonda. Il che non lasciava presagire niente di buono: “Non credo proprio che vi chiuderete qui dentro credendo di essere salvi” continuò. Michael apparve dietro di lui, a dir la verità completamente esausto.
Isadora emise un gemito e si strinse a Katrina e al marchese, che la circondarono protettivi. L’orco era ancora sulla porta, immobile come una statua. Lord Fox si fece avanti con aria spavalda: “E ora” scandì lentamente le parole: “Facciamola finita con questo teatrino. Consegnatemi la ragazza!”
“Scordatelo!” gli gridò Katrina. Il cane Bruto, accorso nell’atrio, gli ringhiò contro, minaccioso, parandosi a sua volta davanti a Isadora. Katrina aggiunse beffarda: “Se la vuoi, prima dovrai passare sopra a tutti i nostri insignificanti cadaveri!”
“Parla per te” bisbigliò il marchese, che insignificante non ci si sentiva.
“Lo farei con grande piacere” commentò Lord Fox: “Ma non ho tempo da perdere. Quella è mia moglie. È mia. Non è legata a voi da alcun vincolo. Come tale, dovete consegnarmela!”
Isadora pensò con terrore che aveva ragione. Era sua moglie, almeno finché morte non li avrebbe separati. Dato che tutti tacevano, Fox fece un passo verso di lei: “Volete che venga a prendermela da solo?”
“Aspetta!” intervenne l’orco all’improvviso. Lord Fox lo guardò sprezzante: “Cosa vuoi adesso?”
L’orco parve pensare a ciò che stava per fare per alcuni attimi, poi tornò a sollevare lo sguardo su Lord Fox: “Non è del tutto tua moglie”.
“Che intendi dire?” fece l’altro irritato. L’orco insistette: “È tua moglie perché io l’ho sciolta dal nostro matrimonio, ma non c’è stato niente di ufficiale. In un certo senso, è moglie di entrambi”.
Isadora lo ascoltava senza capire. Dove voleva arrivare? Anche Lord Fox doveva pensarla allo stesso modo: “E quindi? La pretendi anche tu?”
“In un certo senso” rispose l’orco. Fox perse la pazienza: “Vieni al sodo!”
“Ti propongo un duello” disse infine l’orco: “Sarebbe onesto. Chi vince, avrà Isadora come moglie. È quello che fate voi gentiluomini in questi casi, giusto? Se vincerai, sarai libero di tornare a Soledad con lei” Isadora gli vedeva la disperazione scritta in faccia, la sua era l’ultima speranza che avevano: “Ma se perdi, sparirai dalla sua vita. Io la scioglierò definitivamente da ogni legame che ha con tutti e due e sarà libera di scegliersi il futuro che vorrà”.
Lord Fox era tentato, si vedeva lontano un miglio. Non aveva mai rifiutato una sfida: “E sia” decise: “Ma ho una condizione: io combatterò armato, tu no. Sei un orco, parti già avvantaggiato. E sarà un duello all’ultimo sangue: il perdente morirà”.
Isadora divenne pallida come un cencio e fece per correre verso di loro: “No!” ma il marchese la trattenne: “È la nostra ultima speranza, Isa”.
“Ma non può farlo! Morirà!” gridò lei disperata.
“Abbiamo un accordo?” chiese Lord Fox tendendo una mano. L’orco si morse il labbro. Non era la prima volta che aveva a che fare con situazioni di quel genere. Combattere disarmato, all’ultimo sangue, era una mossa avventata. Si voltò verso Isadora, che era ferma ai margini del salone d’ingresso accanto al padre e a Katrina. Lei gli mimò con le labbra un: non farlo, ma l’orco sembrò invece trovare coraggio in quella vista, perché si voltò, prese un respiro e strinse la mano di Lord Fox: “Abbiamo un accordo”.
“Perfetto” sogghignò lui.
La folla composta dal popolo di Soledad arrivò in quel momento. Aveva corso dietro al gruppo per tutto il tempo. Non potevano perdersi quella storia: avrebbero avuto qualcosa da raccontare. La folla ama queste prodezze. Si accalcò sulla soglia, incuriosita. Lord Fox fece cenno ad un uomo magro vestito poveramente: “Signor maniscalco, venite qui! Sì, proprio voi!”
Quando quello fu uscito dalla moltitudine, Fox gli sorrise: “Arbitrerete questo duello. Sarà all’ultimo sangue. Io armato di spada, lui con le sue mani. Badate: chi bara, verrà eliminato”.
Il maniscalco annuì: “Volete cominciare subito?”
“Ma certo” rispose Lord Fox.
I due duellanti andarono uno all’angolo opposto della sala rispetto all’altro. Katrina e Isadora fecero cerchio intorno all’orco: “Padrone, è pericoloso!”
“Non farlo” lo implorò Isadora, stringendogli convulsamente il braccio: “Ti ucciderà”.
L’orco la guardò tristemente negli occhi: “È la nostra ultima speranza, Isadora”.
“Ma sarai spacciato! Nessun’arma…senti, andrò con lui, sarò sua moglie, ma ti prego…”
“Stiamo per cominciare!” disse secco il maniscalco. L’orco si riscosse: “Addio, Isadora” liberandosi dalla sua presa, andò lentamente incontro al suo avversario. La ragazza fece di nuovo per lanciarsi, ma il marchese tornò a trattenerla. “Lasciami” disse, angosciata: “Devo dirgli che…devo dirgli che..”
L’orco e Lord Fox si posizionarono l’uno davanti all’altro nel silenzio della folla. L’uomo sguainò la spada, che uscì con un sibilo dal fodero. L’orco aprì e chiuse i pugni diverse volte. Si inchinarono in segno di cortesia. Il maniscalco esclamò: “Via!”
Con un sussulto, Isadora li vide scagliarsi uno contro l’altro. L’orco provò ad afferrare Lord Fox, ma lui schivò e vibrò un fendente di spada. L’orco lo evitò buttandosi di lato. Rotolò e balzò di nuovo in piedi. Ansimava leggermente. Bisognava mettere in conto che ne aveva affrontate tante, prima, e che invece Lord Fox si era solo riposato, a parte la cavalcata. Era riuscito a ingannarli di nuovo.
Si studiarono per alcuni minuti, piegati su se stessi. Poi fu sempre l’orco a scattare, vibrando un pugno diretto al petto di Lord Fox. L’uomo scattò indietro e calò la spada. L’orco fece appena in tempo a sollevare il braccio a cui era legato un bracciale di cuoio: la lama ci si infranse sopra. Si udì un terribile rumore di ossa che scricchiolavano. L’orco fece una smorfia di dolore.
“No!” si lamentò Isadora. Lottava con sempre maggior forza alla presa del padre: “Non posso permetterlo!”
Lord Fox vibrò un altro fendente. L’orco parò di nuovo col bracciale: stavolta il cuoio si incrinò, le ossa gemettero più forte. Ripiegò di alcuni passi col fiato corto. Era in difficoltà. Lord Fox stava facendo il suo solito sorriso da vincitore. Si sentiva già padrone della situazione.
Accelerò le mosse, martellando l’avversario con una combinazione di affondi, tondi e fendenti. L’orco un po’ schivava, un po’ parava col bracciale. Al quarto colpo il cuoio andò in pezzi, e l’orco riuscì a malapena a ritrarre il braccio prima che glielo mozzasse. Si difendeva soltanto, non riusciva ad attaccare. All’ennesimo tondo, non fu abbastanza veloce: la lama gli aprì un taglio sul braccio, da cui uscì subito un velo di sangue.
“No! Basta!” gridò Isadora senza risultato: “Smettetela…” sentì il sapore salato delle lacrime. Non riusciva a sopportarlo.
“Arrenditi: hai già perso” rise Lord Fox. Ferì l’orco una seconda volta, prendendolo di striscio sulla spalla: “Ti sei lasciato ingannare di nuovo. Tu eri stanco e io no, eravamo già pari. Ti sei fatto disarmare come un idiota, e solo per salvare quella mocciosa. Il tuo ruolo è quello del cattivo: è inutile che ti sforzi di essere qualcosa di diverso”.
L’orco si buttò sulle sue gambe per fargli lo sgambetto. Lord Fox si scostò troppo lentamente e barcollò. Furioso, disegnò un lungo taglio rosso sulla guancia dell’avversario: “Appena ti avrò ucciso” esclamò: “Appenderò la tua testa sulla porta di casa mia, così che tutti vedranno cosa sono stato capace di fare. Uccidere un orco non è da tutti”.
La folla mormorò tra sé. Non sembrava un discorso da eroe, quello. Piuttosto era l’orco, con la sua disperata resistenza, con quell’ammirevole perseveranza anche nelle ferite e nella fatica, a suscitare la sua approvazione.
L’orco si rialzò, sfinito. Lord Fox, con un affondo, lo ributtò a terra. Rise sguaiatamente, girandogli intorno e tenendolo sotto tiro di spada. Sembrava davvero che l’orco fosse spacciato.
Isadora, che non respirava più da diversi istanti, tornò in sé di colpo. Non poteva mettersi a frignare come una bimbetta quando l’orco era in pericolo! C’era bisogno del suo aiuto! Piena di una fretta disperata, lasciò vagare lo sguardo per il largo salone d’ingresso. Niente. Sollevò gli occhi al soffitto. Esattamente sopra al pavimento su cui si muovevano i due duellanti, pendeva minaccioso un enorme lampadario arrugginito pieno di bracci che ospitavano candele accese. Lo ricordava perché una volta aveva dovuto accendere le candele, quando faceva ancora la sguattera. Katrina le aveva detto che era di una mole impressionante.
Le venne un’idea. Ripensò a quando, nelle cucine di Soledad, prima che tutto cominciasse, aveva abbattuto il pretendente nerboruto lanciandosi ridendo sulla corda che teneva il prosciutto appeso al soffitto e recidendola. Sulle labbra le si disegnò un sorriso di speranza. Forse non tutto era perduto.
Quando provò ad allontanarsi da dov’era, suo padre la trattenne: “Isa, no”.
“Papà, ti prego” lo fissò negli occhi con aria accorata: “È l’unico modo di aiutarlo”.
“È troppo pericoloso”.
“Per me è importante! Devi fidarti!”
“Ma io…”
“Non sono più una bambina, papà”.
Lui la fissò a lungo, poi fece un sospiro e la lasciò andare: “Sapevo che prima o poi l’avresti detto” disse rassegnato. Isadora gli sorrise e lo baciò rapidamente sulla fronte: “Grazie” l’attimo dopo era già corsa via. Fissò trepidante il grande lampadario: era tenuto sollevato sul soffitto da una pesante corda di canapa avvolta ad un gancio su un podio sopraelevato a cui si accedeva tramite una scaletta a pioli. Doveva raggiungerlo prima che fosse troppo tardi, prima che…
Ad un passo dalla scala, le si piazzò di fronte Michael: “Dove credi di andare?”
Isadora si sentì disperata solo per un istante. Poi si vide affiancata da Katrina e da Bruto, entrambi parecchio minacciosi. La domestica fissò con la fronte aggrottata il ceffo e chiese rabbiosa: “Dicevi?”
Il viso di Michael si fece pallido quando guardò Bruto. Era acquattato in posizione d’attacco, moccoli di bava che gli ballavano dalle fauci spalancate, gli occhi fiammanti. Katrina esclamò, galvanizzata: “Ora, Bruto!”
Il cane si lanciò con le unghie sfoderate su un terrorizzato Michael, che ebbe solo il tempo di urlare. Crollò a terra col cane sopra e per un po’ lottarono furiosamente. Poi Bruto, senza un solo pelo fuori posto, emerse dalla mischia con tranquillità, calpestando un esanime Michael. Isadora sorrise e gli prese il testone fra le mani: “Grazie, cagnaccio!”
Lui la guardò benevolo e le diede un’altra bella linguata sulla faccia. Katrina esclamò: “Ora vai, Isa! Ti copriamo noi!”
La ragazza si riscosse prontamente e corse verso la scala. Sollevò lo sguardo: il podio sopraelevato su cui era infisso il gancio con la corda era parecchio in alto. Appoggiò le mani su due delle assi di legno, poi si issò sulla scala traballante e incominciò a salire. La folla mandò un boato di sorpresa guardando quella ragazza minuta che si arrampicava sull’instabile scala a pioli. Natalie si ricordò bene di commentare ad alta voce: “Quella è la mia figliastra”.
Isadora salì freneticamente. Doveva fare più in fretta, più in fretta! Era arruffata e aveva il vestito tutto rovinato, ma nessuno ci faceva caso. In quel momento contava soltanto la sua audacia.
Giunse a fatica all’altezza del podio. Vi si arrampicò stentatamente. Solo allora osò guardare giù: Lord Fox si stava divertendo a torturare l’orco a terra, facendo sibilare la spada ad un soffio dalla sua carne. Isadora guardò poi il lampadario. Splendido. Era proprio sopra Fox. Almeno un po’ di fortuna.
Si diresse spedita verso il gancio a cui era avvolta la corda. La toccò: era ruvida e resistente. “Ti risarcirò i danni, Katrina” pensò.
Lord Fox sentiva di avere la vittoria in pugno. Osservava l’orco sfinito e sanguinante che giaceva ai suoi piedi, e si divertiva a punzecchiarlo con la spada: “Guardati” lo prese in giro: “Sai cosa farò quando sarai morto? Ucciderò quella mocciosa e…”
“Ehi!” esclamò una voce femminile. Perplesso, Fox sollevò lo sguardo. Rimase pietrificato per la prima e ultima volta della sua vita: sopra di lui, in piedi su un podio sopraelevato, sua moglie lo fissava battagliera, coi capelli al vento e gli occhi animati da una luce decisa. Stringeva nella mano il pugnale che lui stesso le aveva dato, e l’aveva appoggiato alla corda che teneva l’enorme lampadario sopra di lui appeso al soffitto. Lord Fox provò un terrore soffocante che gli immobilizzò il corpo come una folata di vento gelido. L’orco, sollevando la testa dal pavimento, vide a sua volta e sorrise stremato.
“I-Isadora” balbettò Lord Fox, che era diventato pallidissimo: “Non farlo”.
“Oh, io credo proprio che lo farò” disse lei, fredda e terribile. Guardandolo con aria combattiva, aggiunse sprezzante: “Sogni d’oro, caro!” Fox tese una mano terrorizzato: “No!”
Troppo tardi. Isadora recise la corda con un colpo secco, senza smettere di fissarlo con quegli implacabili occhi azzurri. Il pezzo di corda scivolò con un sibilo verso l’alto, mentre il lampadario gigantesco, con un fragore infernale, crollava verso il basso. L’orco si spostò ai lati del salone, ma Lord Fox non ebbe scampo: fissando la mole che lo oscurava con la sua ombra, lanciò un urlo terrificante, che si interruppe di colpo non appena il lampadario si infranse sul pavimento con un tonfo ancor più tremendo di quello di prima. Per un attimo appena, la folla vide solo polvere, che oscurò tutto. Poi si diradò lentamente: nel salone c’erano solo il marchese, Katrina, l’orco in piedi e Isadora, che sorrideva da là sopra.
Ci fu un attimo appena di silenzio stupefatto. Poi la folla proruppe in un’ovazione di gioia, inneggiando gioiosamente l’eroica impresa compiuta. La Volpe cattiva era morta! Evviva! Evviva!
Bruto spiccò un salto verso l’alto, con Armageddon in groppa. Katrina, al culmine della gioia, strinse il marchese in un abbraccio soffocante e gli stampò un bel bacio sulla guancia. Arrossirono entrambi, mentre Natalie, tra la folla festante, diventava verde.
Isadora discese lentamente dalla scala. Era stanca, stanca davvero. Ma era anche felice, perché li aveva salvati tutti, lei, la ragazza stramba che viveva a Soledad. Non appena mise piede a terra, Katrina e il marchese le corsero incontro assieme a Bruto e Armageddon, travolgendola. La vecchia domestica aveva gli occhi brillanti di gioia: “Sei stata veramente fantastica, Isa!”
“Una vera bomba, piccola” si aggiunse il marchese: “Quando hai detto: sogni d’oro, caro! Ah! Ero in visibilio!”
Bruto lanciò un abbaio festoso, Armageddon batté le piccole zampette. Isadora scoppiò a ridere, cercando di calmarli. Il marchese insistette: “Ma come ti è venuta in mente la trovata del lampadario?”
“Per questo devo ringraziare un vecchio prosciutto stagionato e…” ma le parole le morirono in gola. Infatti aveva visto all’improvviso, oltre il suo piccolo gruppo di ammiratori, l’orco che la fissava, rigirandosi goffamente tra le mani un lembo di casacca. Persero importanza le chiacchiere di suo padre e di Katrina, le ovazioni della folla, le feste dei due animali. Le sembrò che il mondo si fosse improvvisamente ridotto a loro due, ai loro occhi che si incontravano timidamente. Katrina se ne accorse, fece un sorriso furbo e agguantò il marchese per un braccio: “Noi vecchi ci ritiriamo dal palcoscenico”.
“Ehi!” borbottò deluso il marchese, che non aveva finito. Katrina strizzò l’occhio all’orco che si avvicinava timidamente: “Forza e coraggio, padrone!”
Isadora rimase ferma dov’era mentre l’orco le si avvicinava con gli occhi bassi. Sembrava timido e in difficoltà, le stesse cose che provò lei quando furono uno davanti all’altra. Ora era tutto finito. Ma doveva ancora cominciare tutto. L’orco per un po’ rimase in silenzio, così fu lei, le guance rosse ma non per il trucco, a parlare: “Comunque non mi merito tutti questi complimenti. Il vero eroe sei stato tu. Hai rischiato di morire”.
“Isadora…” disse infine lui. Sollevò lo sguardo e la guardò negli occhi, facendosi coraggio: “Non…non sono molto bravo in queste cose. Però volevo dirti che…”
“Sì?”
“Volevo dirti che ho sbagliato a costringerti a sposarmi” confessò infine l’orco: “Non ho tenuto conto dei tuoi desideri e ti ho forzata a qualcosa che non volevi. Ti chiedo perdono, ma ti chiedo anche di capirmi: io non…non ti conoscevo. Ti chiedo perdono anche di averti schiavizzata ingiustamente”.
“Io non…”
“Lasciami finire, per favore” prese fiato: “Ora è cambiato tutto. Forse per te questo è stato solo un incubo, ma io sono contento di aver accettato l’offerta di tuo padre, perché mi ha portato te, e tu sei la cosa più bella che mi sia mai capitata” arrossì violentemente: “È per questo che ora ti chiedo di scegliere. Non voglio forzarti a far nulla: sarà una tua decisione. Io vorrei…mi farebbe tanto piacere che tu…insomma…”
“Ma perché non và al sodo?” bisbigliò il marchese. Katrina guardava l’orco con aria materna: “Il padrone non è abituato a far questi discorsi”.
L’orco, dopo aver balbettato un po’, trovò il coraggio: “Sarei felice che tu restassi sempre qui con me. Perché io…io ti amo” Isadora sussultò quando udì quelle parole. L’orco guardò in fretta da un’altra parte: “Ma se non vuoi, sarai libera di tornare a Soledad da tuo padre, e questo maniero sparirà per sempre dalla tua vita. La scelta è tua”.
Isadora rimase a lungo in silenzio di fronte all’orco paonazzo. Gli occhi le brillavano. Guardò il salone, il lampadario distrutto che giaceva a terra. Poi si girò verso il padre con aria speranzosa. Lui scrollò le spalle, come a dire: Se proprio devi. Allora lei tornò a rivolgersi all’orco: “Sai” disse con voce tremante: “All’inizio ciò che bramavo di più era la libertà”.
La faccia di lui andò in pezzi: “Capisco” bisbigliò, abbassando gli occhi lucidi. Ma Isadora sorrise: “All’inizio” sottolineò: “Non tutte le ragazze che conosco si sono ritrovate di fronte a una scelta simile. Loro trovavano marito ai balli e alle feste. Loro perdevano scarpette, si addormentavano, mangiavano mele avvelenate. Ma non io” il sorriso si fece più largo: “Io sono Isadora. E so qual è il mio ruolo: io sono la moglie dell’orco”.
Lo vide sobbalzare e alzare gli occhi di scatto a guardarla. Gli sorrise e gli prese le mani, stringendole: “E lo sarò per sempre”.
Il marchese si soffiò il naso rumorosamente: “La mia bambina si è innamorata” singhiozzò. Katrina gli fece l’occhiolino: “Tutto bene quel che finisce bene”.
“Sei…sei sicura che è quello che vuoi?” le chiese l’orco, sopraffatto dalla gioia e dall’emozione. Senza smettere di sorridere, Isadora annuì: “Sì”.
“Lo giuri?”
“Lo giuro. La felicità può durare. Basta volerlo”.
Il viso dell’orco si illuminò di una luce potentissima, e così quello di Isadora. Era come se fossero in un loro piccolo mondo a parte, come se intorno a loro non ci fosse la folla, il marchese e Katrina. Si avvicinarono l’uno all’altra lentamente, con le mani che si cercavano e gli occhi che si chiudevano. Era tutto magico e bello, in quel momento. Giunti a pochi millimetri, si baciarono con foga, stringendosi l’uno all’altra.
La folla esplose in una serie di acclamazioni festanti. Katrina, in lacrime, abbracciò il marchese, che provò goffamente a liberarsi. Bruto e Armageddon, felici, si batterono le teste l’una contro l’altra in un motto d’intesa. Perfino Natalie, dopo un primo momento di acidità, si arrese e batté le mani a sua volta.
L’orco sollevò Isadora in braccio, senza smettere di baciarla, e la fece volteggiare, girando nella sala in festa. Lei si sentiva scoppiare di felicità. Era quello il suo primo bacio. Quello ingannevole di Lord Fox non contava niente, era come se non fosse mai esistito. Era quello il suo momento. Forse loro non erano i soliti eroe ed eroina, ma almeno erano felici.
Le acclamazioni della folla continuarono a risuonare nel salone distrutto dove l’orco e Isadora continuavano a baciarsi, girando su loro stessi.

 
  
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