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Autore: elyxyz    30/03/2012    26 recensioni
“Gaius! Aspettate! Cosa...?” esclamò il mago, squadrandolo come se fosse impazzito.
L’uomo ricambiò lo sguardo. “Perdonate l’ardire, ma... potrei sapere chi siete?”
“Sono
io!” sbottò allora, allargando le braccia “Gaius! Che scherzo è mai questo?!” domandò retorico, battendosi il petto. “Non mi ricono-” Merlin boccheggiò incredulo, accorgendosi di colpo del florido seno che stava toccando, e lanciò un gridolino terrorizzato. Fu per istinto che raccattò il lenzuolo e si coprì alla bell’e meglio.
Gaius se ne stava sull’uscio, sbigottito anche lui.
“Merlin?” bisbigliò alla fine, come se dirlo ad alta voce fosse davvero
troppo.
“Sì, sono io!” pigolò l’altro. “O almeno credo!”
“Che diamine ti ha fatto Ardof?!” l’interrogò l’archiatra.
(...) Merlin si coprì gli occhi con le mani, mugolando. “Come spiegherò questo ad Arthur?”
[Arthur x Merlin, of course!]
NB: nel cap. 80 è presente una TRASFORMAZIONE TEMPORANEA IN ANIMALE (Arthur!aquila) e può essere letto come one-shot nel caso in cui vi interessi questo genere di storie.
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Slash | Personaggi: Merlino, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: What if? | Avvertimenti: Gender Bender | Contesto: Prima stagione, Contesto generale/vago
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Cap 55 parole

SPOILER FREE: Come l’anno scorso, sento doveroso fare una precisazione. Dopo aver visto tutte le puntate della quarta stagione e dopo aver letto tutti gli spoiler generali in circolazione, ricordo a tutti che questa storia NON contiene/conterrà alcuno spoiler; e che eventuali coincidenze con la quarta serie sono appunto casuali coincidenze.

 

Il seguente capitolo è il diretto seguito del precedente e, cronologicamente, racconta dal 15° al 17° giorno dall’arrivo alla locanda, alla sera.

E’ nuovamente il più lungo che ho scritto finora su Linette e spero che possa piacervi, facendomi perdonare del ritardo^^’’.

 

Riassunto: Merlin è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se ne accorga, ma stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito dall’incantesimo del malvagio Ardof, il nostro mago farà i conti con una sconvolgente novità: egli si risveglia trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché non troverà il modo di tornare normale, dovrà inventarsi delle scuse plausibili e prendere il posto di se stesso al servizio del principe. Come riuscirà a conciliare questa ‘nuova situazione’? Come si evolverà il suo rapporto con Arthur?

 

 

Capitolo dedicato a chi ha recensito il precedente:

Cassandra, elfin emrys, chibimayu, Raven Cullen, chibisaru81, crownless, Ryta Holmes, _Jaya, Lily Castiel Winchester, mindyxx, Pecky (Benvenuta! ^^), saisai_girl, DevinCarnes, sixchan, youmoveme (Benvenuta, ufficialmente! ^^), ginnyred, chimaira (Benvenuta! ^^), Luna Senese, Yuki Eiri Sensei, masrmg_5, speranza, miticabenny, Mary_Jane_ (Benvenuta! ^^) e Orchidea Rosa.

E a quanti commenteranno (SE vi va di recensire anche dei capitoli più indietro di questo, il vostro parere non andrà perduto!).
Ai vecchi e ai nuovi lettori.

Grazie.

 

The He in the She

 

(l’Essenza dentro l’Apparenza)

 

 

 

Capitolo LV      

 

 

Due giorni dopo la partenza di Sir Martin, con un applauso generale che sciolse la tensione, il ponte fu definitivamente restaurato, inaugurato ed utilizzabile.

Molte delle persone che soggiornavano alla locanda poterono quindi andarsene, attraversandolo, proseguendo per la loro strada, e la taverna si svuotò in gran parte.

 

Stranamente, ad eccezion fatta per un paio di famigliole in viaggio, da quella direzione nessun nuovo avventore chiese alloggio al Giglio Bianco.

E Arthur, che fin dall’inizio aveva sperato di intercettare il mediatore prima dell’acquirente, sentiva la sua speranza vacillare sempre più di veglia in veglia.

Per questo motivo, e per una qualche forma di testardaggine asinina deformata, egli aveva maturato la convinzione che il messaggero per lo scambio dovesse transitare su quelle nuove assi da un momento all’altro e prese a passare tutto il tempo là, da solo, con il cavallo e una gruccia a sostenerlo, sondando il via vai dei pochi avventurieri.

Qualcuno l’aveva scambiato per un gabelliere a cui pagare il dazio per il passaggio, ed un vecchietto, vedendolo malmesso e abbattuto e soprattutto mezzo storpio, gli aveva persino fatto la carità.

Il principe, tornato alla taverna, l’aveva raccontato alla sua serva sbottando arrabbiato, e Merlin aveva riso fino alle lacrime per la sua faccia indignata.

 

Quella fu una parentesi divertente, ma il mago, invece, cominciava a temere che nessuno sarebbe arrivato.

Con l’andar delle veglie, egli si persuase sempre più che qualcosa fosse andato storto tra le mille variabili accorse – il maltempo protratto, il ponte rotto e i ritardi vari – e che la trattativa fosse saltata o, peggio, si fosse svolta altrove senza che loro lo sapessero.

Fu per questo che quasi non credette ai propri occhi, quando – nel diciassettesimo giorno di permanenza alla locanda – arrivò un tizio nuovo, con fare sospetto. E, tanto per cambiare, sarebbe toccato a lui risolvere la faccenda, perché l’Eroe Coronato di Camelot non era reperibile.

 

 

***

 

 

Meno di un’ora addietro, infatti, Arthur aveva fatto nuovamente ritorno alla locanda con l’aria da cane bastonato e in tasca tre spiccioli regalati da un mercante a cui aveva fatto pietà.

E Merlin, anziché prenderlo ancora in giro, gli aveva suggerito di distrarsi, andando a trovare i suoi uomini, suggerendogli di portar loro altre provviste, poiché la cucina della signora Rosy era di gran lunga preferibile alla carne di fortuna e pane raffermo.

I due cacciatori rimasti, di fatto, erano così ligi all’obbedienza inculcata loro, che non osavano allontanarsi dal bivacco per cacciare veramente un pasto decente – casomai il principe avesse avuto urgente bisogno di loro e non li avesse trovati? – e sarebbero passati alla storia come i peggiori bracconieri del mondo, con il minor bottino di selvaggina in diciassette giorni di caccia.

 

Arthur, perciò, seguendo il consiglio della sua ancella, si era preparato nuovamente e si era diretto con una sacca nelle cucine.

 

“Vorrei del cibo.” Aveva esordito, con fare laconico, rivolto alla locandiera.

 

“Uno spuntino?”

 

“No, vorrei che mi riempiste la bisaccia.” Precisò il principe, facendo tintinnare diverse monete sul tavolo fra loro.

 

Ma manca meno di una veglia alla cena!” aveva bofonchiato lei, con intransigenza materna, guardando il sole del tardo pomeriggio che filtrava dalla finestra, incurante del lauto pagamento. “Che ve ne fate?”

 

Arthur, che non si era aspettato domande, e non aveva soprattutto preparato una risposta decente, improvvisò su due piedi.

“Veramente, pensavamo di fare un scampagnata serale. Una cena sull’erba, io e la mia consorte…”

 

“Ohhh… Ma è un’ottima idea! E la serata è delle migliori!” gongolò la padrona, congiungendo le mani estasiata e mettendosi repentinamente all’opera. “Ecco, ecco… una fiasca di buon vino, un pezzetto di formaggio-”

 

“Meglio due.” La corresse il nobile.

 

“E poi due pagnotte di pane e-

 

“Mettetene quattro.” L’incalzò, spiccio. “E abbondate con la carne salata… e con la frutta.”

 

La signora Rosy sollevò un sopracciglio perplesso. Ed egli, suo malgrado, arrossì.

 

“Linette adora la frutta e la carne…” motivò, raffazzonando alla meno peggio. “La divorerà!”

 

“Son due giorni che la vostra povera moglie è rimasta rintanata qui, per quell’emicrania fastidiosa… ma, anche se è sofferente, mangia assai!” aveva scherzato la locandiera, facendogli l’occhiolino. “Si vede che consuma parecchio! Perché è così magra!”

 

E il nobile, comprendendo il sottinteso, divenne rosso come lo stemma dei Pendragon.

“Non…”

 

“Oh, via! Ecco a voi!” esclamò la donna, togliendolo dall’impaccio. “Divertitevi!”

 

“Il vostro compenso.” Bofonchiò il principe, annuendo alle monete che ella raccolse e gli porse indietro.

 

“Lasciate stare, in fondo salterete la cena qui, no?”

 

Forse per la prima volta in vita sua, Arthur si diede dell’idiota da solo.

Linette l’avrebbe ucciso. Oh, sì.

Ma che razza di scusa patetica aveva inventato?

Adesso avrebbe dovuto architettare un’altra bugia per motivare la loro permanenza alla sera, altrimenti avrebbero saltato entrambi il pasto

 

Meditabondo, sbattendosi la saccoccia sulla schiena, egli fece ritorno in camera, per discutere con la sua valletta il da farsi. E ovviamente avrebbe omesso i commenti lascivi dell’ostessa… Lin era già abbastanza suscettibile di suo!

 

“C’è un problema.” Aveva esordito, rientrando e raccontandole brevemente lo scambio nelle cucine.

 

Tutto sommato, la soluzione fu facile ed egli c’era arrivato praticamente da solo – Linette gli aveva dato solo un suggerimento superfluo.

 

“Fate sapere che la mia emicrania è tornata, che la scampagnata è rimandata e che vi dispiaceva sprecare le provviste pronte. Quindi direte che state andando a portarle ai cacciatori che sono stati così generosi con voi…” gli disse, con buonsenso.

 

Sì, Arthur ci sarebbe arrivato da solo. Senza alcun aiuto. Ma tant’era… per farla sentire apprezzata, egli seguì alla lettera il suggerimento e partì.

 

 

***

 

 

Allorché il principe fece rientro all’alloggio, dopo aver portato i rifornimenti ai cavalieri, notò per prima cosa che Linette aveva un’aria strana e, appena egli ebbe chiuso alle sue spalle la porta della loro camera, ella si scostò di lato, rivelando un fagotto sul letto con un sorriso gigantesco.

 

“Apritelo!” ordinò, indicandoglielo, al colmo della gioia e della soddisfazione.

 

Ma…” abbozzò lui, sondando l’aspetto scarmigliato della sua serva. “Che ti è successo?”

 

“Apritelo, Sire, apritelo!” lo incalzò lei, con smania, incurante della sua perplessità.

 

Al nobile non rimase altro che accontentarla e si allungò verso la coperta per afferrarlo.

Quando lo ebbe scartato ed ebbe capito cos’era, per poco il gioiello non gli cade di mano e Linette improvvisò istintivamente il gesto di afferrarlo.

 

“Lo tengo, lo tengo.” La rassicurò, sebbene fosse quasi sconvolto. “Ma come hai fatto?!” pretese di sapere, straripando incredulità. Com’era possibile che, tutto d’un tratto, la loro tormentata missione si fosse risolta così positivamente?

 

Merlin si mordicchiò l’interno delle labbra. Adesso veniva la parte difficile

Ad essere sinceri, lo stregone aveva sperato fino all’ultimo che l’Asino fosse così contento di aver riavuto il maltolto da soprassedere sul come, ma era ovvio che persino un microcefalo come l’Idiota Reale se lo sarebbe chiesto, no?

Quindi, al servo non rimase altro che raccontargli la verità fittizia che aveva imbastito, in fretta, tra il recupero fortunoso, la sottrazione di denaro illecito dal regale baule, un doppio cambio d’abito e l’arrivo dell’aristocratico padrone, e sperare che il Babbeo ci credesse.

 

“Allora?” la sollecitò.

 

“Beh… L’importante è che abbiate riavuto il vostro tesoro, no?” propose il mago, speranzoso.

 

“Linette…” la riprese, accantonando l’aria sorpresa per impostarne una spazientita.

 

“Beh…” ripeté la fanciulla, a disagio. Nella sua testa, la spiegazione filava che era una piacere, ma ora non sembrava proprio! “Beh…” temporeggiò ancora, fintanto che fu possibile. “Ho contrattato con il mediatore. E quando ha ottenuto ciò che voleva, mi ha consegnato il tesoro dei Pendragon. Fine della storia.”

 

“No, aspetta…” la frenò. “Come hai fatto a-

 

“Semplice.” Tagliò corto lo stregone, innervosito dall’interrogatorio dell’altro. “Cos’è quella cosa che ogni uomo brama di più al mondo e per la quale è disposto a tutto? Ecco, basta dargliela!”

 

In risposta, il principe spalancò occhi e bocca e si fece scappare di mano il gioiello, tanto era sconvolto.

COSA?!” boccheggiò esplodendo, mentre Linette si tuffava sul tappeto per tentare di afferrare l’oggetto delle loro sventure e lo prese per un soffio.

 

“Con tutta la fatica che ho fatto per riaverlo!” lo sgridò, rivolgendo uno sguardo seccato al suo signore che era rimasto immobile come una statua di sale.

 

“Tu hai… hai... t-ti sei...” balbettò Arthur, esterrefatto. Poi deglutì a forza. “Sacrificata per il Regno!”

 

Merlin sbatté le palpebre, confuso.
“Temo che abbiate-”

 

Ma la stretta salda del principe sulle sue spalle lo fece zittire. Per un istante, egli fu quasi certo che Sua Maestà l’avrebbe abbracciato, e invece le sue mani callose scesero sugli avambracci, in una morsa di gentile consolazione.

 

“Oh, Lin-Lin!” gemette l’erede al trono, afflitto, mettendo da parte l’espressione scandalizzata. “Bontà Divina! Avremmo trovato un’altra soluzione! Un’alternativa! Non avresti dovuto immolarti per la Corona!

 

Merlin sbatté a lungo le ciglia. Nuovamente.

“No, Sire, non quella cosa.” Precisò, prendendo le distanze dal suo padrone e ponendo al sicuro il tesoro sul materasso. “Mi riferivo alla cupidigia. Ai soldi. Non alla lussuria.” Chiarì, giusto perché l’Asino era davvero un pozzo infinito di asineria.

 

Arthur esalò un rantolo che faceva le veci di un sospiro di sollievo e successivamente rovesciò la testa all’indietro, ridendo di cuore e di pancia, tanto che strappò un sorriso persino a Merlin, che non sapeva resistergli.

Per un lungo momento, lo stregone si sentì persino in colpa ad avergli causato un tale spavento. Poi, però, quando il nobile si passò le mani sulla faccia per riprendere contegno, seppe che la faccenda non era ancora finita e che al posto della preoccupazione sarebbe sopraggiunta una predica coi fiocchi per la sua imprudenza.

 

“Poiché abbiamo appurato che sei ancora tutta intera,” riprese egli, infatti, con un tono molto meno affranto e comprensivo, “gradirei essere messo al corrente della tua avventura in modo meno fraintendibile e più particolareggiato. Accomodati, mia cara.” Le ordinò, indicandole la sedia a dondolo, intanto che lui prendeva posto sul letto.

 

E fu così che, con un gran sospirone – una buona dose di faccia tosta, alcune menzogne e parecchia rassegnazione mescolate tra loro – il mago gli raccontò di come, allorché il nobile ebbe lasciato la locanda, egli era sceso di sotto, per fare due chiacchiere con la signora Rosy; la quale, purtroppo, assieme alle sue figlie, era assai impegnata con la pulizia di alcune camere finalmente sgomberate dagli avventori.

 

Perciò Linette si era persuasa a tornarsene di sopra, poiché il salone era deserto a quell’ora – fatto salvo un paio di ubriaconi inoffensivi, persi in una partita a carte senza senso –, quand’era entrato un tizio dall’aria eccentrica, chiedendole se ci fosse qualcuno in attesa di lui, forse scambiandola per l’ostessa, visto che era l’unica donna lì dentro.

Merlin aveva subito avuto sentore che quello fosse l’uomo che attendevano. Glielo diceva l’istinto, più che le circostanze. Quante persone, al mondo, si aspettavano nei crocicchi e nelle locande?

 

E allora aveva deciso di giocare il tutto per tutto. Aveva quindi invitato il nuovo arrivato nella piccola saletta privata, al momento vuota, ed era corso di sopra a camuffarsi, indossando il vestito migliore e i gioielli, si era coperto con un mantello, sollevando il cappuccio per celarsi lo sguardo e, con cipiglio sicuro, era sceso nuovamente, presentandosi al mediatore, ostentando una padronanza che era ben lungi dal provare.  

 

Stranamente, l’uomo si era dimostrato più nervoso di lui e Merlin si era calcato bene il copricapo del soprabito sugli occhi, per non farsi riconoscere.

 

Arthur, interrompendo il racconto, apprezzò il suo gesto.

Eccesso di prudenza? No, non era mai troppa. Le aveva ricordato, come monito futuro.

 

Senza tanti preamboli, Linette aveva ripreso la sua narrazione: aveva chiesto del gioiello al mediatore ed egli aveva ammesso il proprio stupore, non aspettandosi che fosse una donna ad attenderlo e a condurre le trattative.

 

Con un’incredibile intuizione, lo stregone gli aveva fatto notare, mascherando la voce con un sortilegio, che era la scelta più saggia, per non dettar sospetti: come lui, chiunque avrebbe sottovalutato una gentildonna.

 

E l’uomo aveva concordato con quest’affermazione, rovistando nella tasca interna del suo mantello, e sfilando un piccolo involto.

 

“A voi.” Le aveva detto, consegnandolo.

 

“La vostra ricompensa.” Aveva risposto Linette, a sua volta, decisa a dargli un sacchetto di monete false.

 

“Oh, no. E’ tutto a posto, Milady.” Aveva obiettato l’uomo, che non possedeva poteri magici – era stata la prima cosa che Merlin aveva appurato – ma che conservava un’aura spiritata. “Dovevo solo consegnare ‘al padrone’.” Aveva specificato. “Così mi è stato ordinato.”

 

“Conoscete, per caso, un uomo di nome Ardof?” aveva preteso di sapere, allorché il maltolto fu al sicuro.

 

Il messaggero aveva scosso il capo, negando, anche se la sua aria tormentata sembrava lo stesso sintomo di tutti quelli che avevano avuto a che fare con il malvagio stregone e che poi erano morti dolorosamente per causa sua.

 

“Ora che avete concluso il vostro dovere, tornerete dalla vostra famiglia?” gli aveva chiesto quindi, quasi d’istinto.

 

“Io non ho famiglia.” Aveva replicato questi, con occhi vacui. “Cercherò un altro lavoro.”

 

Merlin aveva avuto pietà di quell’individuo, l’ennesima pedina in mano a uomini spietati e ingiusti.

“Lasciate che vi faccia un dono.” Gli aveva detto e, senza che l’altro potesse obiettare, gli aveva sfiorato con le dita la fronte aggrottata, pronunciando alcune parole nell’Antica Lingua.

Prima di separarsi, lo stregone aveva ingiunto: “Vi ordino di dimenticare. Di andarvene lontano. Altrove. Voi non siete mai stato qui. Voi non mi avete mai conosciuta. Buona fortuna. E che gli dèi vi proteggano!” gli aveva augurato, ritraendo la mano ingioiellata e, in quel gesto, i suoi braccialetti preziosi avevano tintinnato argentini nel silenzio della sala e le sue iridi avevano cessato di brillare.

 

L’uomo l’aveva guardata con uno sguardo più sereno, anche se immensamente triste.

Ma Merlin non avrebbe potuto fare di più per lui, né guarire la sua infelicità.

 

“Addio, Milady.” Aveva risposto, con un inchino e, poco dopo, egli era scomparso come se non fosse mai esistito.

 

Ma ovviamente Merlin non avrebbe mai potuto raccontare questo ad Arthur, perciò modificò la storia, facendola deviare verso un’altra soluzione.

 

“Quand’egli mi ebbe consegnato il fagotto,” riferì – ad un principe incredibilmente zitto e attento – “in cambio gli ho fornito il sacchetto di monete false che avevamo con noi.”

 

L’erede al trono fece una smorfia contrariata per più di una ragione.

Anzitutto, egli aveva storto il naso – storto, a dir poco, era un tenero eufemismo! – quando gli era stato proposto dai Consiglieri Reali quell’alternativa disonorevole per un cavaliere e un uomo d’azione come lui.

D’altra parte, il furto era stato un atto ignominioso. Perciò… perché farsi riguardi nei confronti del loro nemico o con chi era in combutta con esso?, gli era stato rammentato.

 

Ed egli aveva messo nel proprio baule quel bottino che scottava, giurando a se stesso che lo avrebbe usato solo come estrema soluzione.

Ripagare un furfante con la sua stessa, falsa moneta non lo avrebbe fatto sentire meglio e, anzi, abbassarsi al suo livello, con sporchi imbrogli, lo avrebbe disgustato alquanto.

Secondariamente, ma non per importanza, che la messinscena fosse stata realizzata dalla sua valletta non lo aveva soddisfatto per nulla, anzi!

 

“Incosciente!” la sgridò, come in fondo Merlin si aspettava che facesse. “Cosa sarebbe successo, se avesse verificato il contenuto e si fosse accorto che erano soldi finti? Saresti potuta morire!”

 

“Ho corso il rischio.” Ammise il mago, scrollando le spalle. “Giocando d’astuzia, ho riottenuto ciò che desideravate e non dovreste rimproverarmi.” Gli appuntò. “In fondo, non ho fatto altro che seguire uno dei piani che avevamo architettato, e non è accaduto nulla di sgradevole.”

 

“Avresti dovuto attendere il mio arrivo, perlomeno, intrattenendolo con una scusa!”

 

“Beh, ormai è cosa fatta.” Considerò, ponendo fine alla questione.

 

“No, aspetta!” riprese però il nobile. “E ora dov’è?” pretese di sapere da lei. “Va punito per aver complottato contro Camelot!”

 

“Era un semplice corriere, un poveraccio. Forse non sapeva neppure chi era il mandante e non ha senso interrogarlo. Tentò di dissuaderlo, vincendo la sua resistenza. “Oppure se la vedrà con chi ha ordito l’inganno, quando costui si accorgerà che non è stato pagato!”

 

Arthur ghignò, per la prima volta soddisfatto di quell’ipotesi.

“Giusto. E’ ciò che merita!”

 

In realtà no, quel povero diavolo non meritava nulla di cattivo, pensò Merlin, ma avrebbe finto di essere d’accordo col suo padrone.

 

“Quindi… la nostra missione si è conclusa!” dichiarò il principe, solennemente, come se solamente dirlo a voce alta l’avesse resa reale.

 

“Già.” Sorrise il mago, di rimando. Nessuno era morto, nessuno scontro magico, nessuna perdita.

Peccato solo che non avesse avuto la possibilità di tornare in sé, ma quell’avventura gli aveva donato un bene ancor più prezioso. Una consapevolezza interiore che nulla avrebbe scalfito, né ora né mai.

 

“Non ti prometto una ricompensa, ma farò in modo che il re sappia del tuo coraggio!” gli giurò Sua Maestà, esprimendo la propria gratitudine per quanto aveva fatto.

 

“Oh, non serve, davvero non…” si schernì, con modestia.

 

Merlin non sapeva se fosse peggio avere a che fare con la riconoscenza dell’Asino o con il suo biasimo. Entrambi lo ponevano in una situazione spinosa e perché mai l’Idiota Reale doveva incensarlo dopo averlo strapazzato fino a pochi minuti prima?

 

“Mettiti in ghingheri!” le ordinò, euforico. – Cielo!, considerò il mago, com’era sfibrante stare dietro ai suoi cambi d’umore! – “Stasera si festeggia e domani si riparte per tornare a casa!”

 

L’ancella si limitò ad annuire, con un inchino.

Ma solo alla parola ‘casa’ lo stregone si rese effettivamente conto che quella situazione strana, quella loro condizione, nel bene e nel male, stava per finire.

E gli si strinse lo stomaco, per il dispiacere.

 

“Sire?” Non potremmo rimanere qui ancora un po’, magari per sempre? “Non dovreste avvisare anche i vostri cavalieri?”

 

“Domattina, per prima cosa, darò notizia della buona novella anche Leon e Duncan!” le garantì, ignorando la voragine che si espandeva dentro di lei.

 

 

Continua...

 

 

 

Disclaimer: I personaggi di Merlin, citati in questo racconto, non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

 

Ringraziamenti: Un abbraccio a Tao, che sopporta i miei scleri. X3

 

Note: siamo alla fine di quest’avventura. Magari, in tutti questi mesi passati, vi siete pure scordate/i del fatto che non era una scampagnata gratuita ma una ‘missione sotto copertura’. XD

Dal lontano capitolo 45, riporto questo stralcio:

Il furto di quel determinato oggetto non era stato casuale.

C’era il forte rischio che uno spietato stregone facesse un incantesimo maligno sul manufatto, di modo che la maledizione cadesse su tutta la Dinastia dei Pendragon.

E Merlin aveva il sospetto che dietro a tutto questo ci fosse stato lo zampino di Ardof.

Dite che aveva ragione?
Beh, l’importante è che il gioiello sia stato ripreso.^^

 

La parte del fraintendimento (come molte avevano previsto) nasce da una vecchia discussione fatta con i maschi della mia compagnia, secondo cui “la Jolanda (per citare la Litty, LOL)” vale molto più dei soldi, secondi a lei per importanza. U_U

Tristemente, ho verificato che il maschio medio pensa sempre e solo – prima di tutto – “a quella cosa”, perciò era verosimile che anche Arthur ci arrivasse, fraintendendo. Del resto, i favori sessuali sono la più antica merce di scambio del mondo, no? ^^’’

 

Precisazioni al capitolo precedente e domande varie: (a random)

- E’ stato bello ritrovare vecchi nomi fra i commenti, grazie. ^^

- Sì, avete ragione: Merlin dovrebbe soppesare con più cura le parole da usare, se non vuole avere un Asino morto per infarto sulla coscienza. XD

- Ho parlato della bimba sognata da Morgana perché mi era stato chiesto un chiarimento nei commenti. ^^

- Effettivamente il corpo martoriato di Arthur sembra peggio di un ricamo a punto croce! XD

Ma abbiate la pazienza di aspettare che Merlin gli baci (morda?) ferita per ferita, e che lo metterà a nuovo! ^O^

- Diciamo che Martin mugugnava la sua insoddisfazione perché, da bravo cavaliere, non aveva ancora allungato le zampine sulla sua bella. ^_= E Arthur è un po’ bastardino a infierire, eh? XD

- Concordo: l’Asino imbarazzato è adorabile!

- I cavalieri possono raramente farsi beffe del loro principe, quindi è giusto che adesso – finché possono – lo facciano! Però sono tre brave persone, sinceramente affezionate a lui e a Linette, e avrete modo di leggerlo presto. Sono felice che li appreziate!

- I cavalieri che scrivono le memorie degli sposini sotto copertura? Ma LOL, sarebbe fantastico! XD

- “Quando i due pucci capiranno di essersi avvicinati troppo, sarà troppo tardi” io intendevo nel senso che non riusciranno più a stare separati. ^^

- Allora. So che una parte di voi mi ha chiesto di allungare questa missione, perché ama questa situazione ‘sotto copertura’, gli equivoci e tutto il resto, e vorrebbe che non finisse mai; poi c’è una parte di voi che giustamente vuole andare avanti. Alla seconda parte di voi, posso dire che mancano altre avventure coinvolgenti, comiche e dolorose con protagonisti MerLin e Arthur. Tenterò di consolare il primo gruppo dicendo che ci sono dei pezzi che ho tagliato di questa avventura e li troverete come oneshot nella raccolta-seguito. Fra un annetto, credo sarà carino rifare un salto nel passato, alla locanda del Giglio Bianco, mh?

- X Pecky: vorrei poter rispondere in modo esauriente alla tua domanda, ma rischierei di rovinarti la lettura della fic. Ç_ç
Posso dirti che Merlin ritornerà uomo, questo sì. Per sapere della bimba, ammesso che esista (e se esisterà), dovrai pazientare un (bel) po’ per scoprirlo. Mi dispiace.

- Non temete, i ‘sacri gioielli’ di Arthur [BWAUAHAHAHA!!!] sono al sicuro! *ò*

 

 

Vi metto ben TRE luuunghe anticipazioni del prossimo capitolo:

 

Il mago assorbì la ramanzina, stringendo un filo d’erba per nascondere il proprio sconforto. Quando però non ce la fece più, anch’egli sbottò.

“Non dovrei essere io a dirlo, Sire, ma Merlin è un ottimo servo, è leale e generoso. Darebbe la sua vita per voi.” Gli ricordò, rischiando di far incrinare la propria voce. “Perciò dovreste dimostrare un minimo di gratitudine nei suoi confronti.”

 

Lo so.” Ammise Arthur, inaspettatamente. “Ma non riesco mai a dirglielo.” Concesse, con sincerità. “E ora mi sembra quasi troppo tardi.” Si rammaricò. “Davo per scontato che fosse sempre al mio fianco – che lo sarebbe sempre rimasto – e poi un bel giorno lui è semplicemente sparito, senza una parola, senza un saluto.”

 

Lo scudiero sbirciò verso il suo signore, ma percepiva la sua tensione anche da lì.

Arthur aveva vuotato finalmente il sacco, riversando tutta la delusione e l’amarezza che, in quei mesi, aveva trattenuto per sé.

 

(…)

 

“Avrei bisogno di un anticipo sullo stipendio.” Esordì Merlin, d’un tratto, dopo che l’Asino ebbe terminato il proprio ragguaglio.

 

“Per farne che?” s’incuriosì il principe, sollevando uno sguardo dubbioso.

 

“Oh, fidatevi. Non credo che vogliate saperlo davvero!” rispose il mago, tergiversando.

 

“Hai intenzione di ubriacarti al piano di sotto, per festeggiare la partenza?” insinuò, temporeggiando, mentre faceva tintinnare il borsello legato alla cintura.

 

“E’ una cosa da donne.” Lo accontentò, pregustando la faccia sconvolta del suo signore.

 

Quello che Merlin non sapeva era che ‘cosa da donne’ fosse una formula magica. Sì, lo era. Altrimenti non si spiegava come mai il principe – a quella frase – fosse scattato di colpo sull’attenti, armeggiando convulso sul sacchetto per sganciarselo di dosso e lanciarglielo contro, tutto intero, dandole libero e incondizionato accesso ai suoi averi, prima di scomparire Diosolosapevadove con Diosolosapevaqualescusainventare manco avesse avuto un’orda di Barbari alle calcagna.

 

(…)

 

Riuscire a partire fu meno semplice del previsto, poiché la signora Rosy, dopo mille raccomandazioni e abbracci a non finire, ancora non si decideva a lasciarli liberi.

C’era da dire però, in tutta onestà, che l’affetto materno della locandiera aveva scaldato il cuore di entrambi e né Arthur né Merlin riuscivano a darle l’addio definitivo.

 

“I miei sposini preferiti!” piagnucolò ancora una volta l’ostessa, asciugandosi una lacrima sull’orlo del grembiule. “Non sapete quanto mi mancherete!”

 

“Anche noi sentiremo la vostra mancanza.” Le assicurò Linette, stringendole una mano fra le proprie.

 

“E tu, giovanotto, cerca di rigare dritto!” intimò il padrone ad Arthur, visto che per l’occasione era uscito anche lui dalla locanda.

 

 

 

 

Infine vi invito a leggere e a commentare, se vi va, l’ultimo progetto che ho postato: Saturday Morning (Coffee Break)(oneshot merthur, la mia seconda AU in assoluto).

E il secondo capitolo della raccolta su Arthur e le figure materne Arthur & The Mothers.

 

 

 

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