Buonasera a tutte
quante voi, mie care!
Vi lascio il
capitolo in anticipo di un giorno perché per domani non ero così sicura di
poter postare.. ho un paio di cosette da fare, ma comunque ci tenevo a farvi
avere l’aggiornamento in tempo :D
Questo capitolo è
importante, sì, posso definirlo così.. avvengono delle cose che dovevano
svolgersi già da tantissimo tempo e, inutile dirlo, vi renderanno tutte felici :)
non dico però cosa accade, ve lo lascio scoprire mano a mano che leggete :D
Vi ringrazio, come
sempre, per le recensioni che mi avete lasciato allo scorso capitolo(a cui mi
sono ricordata di rispondere stavolta XD), e ringrazio anche chi legge soltanto
:)
Adesso vado, vi
lascio tranquillamente alla lettura del capitolo ;)
Un bacione :*
KrisC
Capitolo ventesimo
Edward
Era da poco
arrivato il primo pomeriggio quando mi apprestai a lasciare il palazzo, con un
mantello da donna tra le braccia. Mia cugina aveva insistito affinché lo
prendessi, dicendo che mi sarebbe stato utile nel caso Bella avesse avuto
freddo durante il viaggio.
Il viaggio, il
secondo che facevo nell’arco di pochi giorni, per l’esattezza… ma questo tra le
tante cose sarebbe stato di gran lunga migliore del precedente. Tutto sembrava
essere migliore, per me, al solo pensiero che non sarei stato da solo in
compagnia di mio fratello ma che ci sarebbe stata anche Bella.
Mi venne istintivo
sorridere, ripensando a quel piccolo ed importante particolare. Nonostante
fossero trascorsi pochi giorni dalla nostra riconciliazione e avevamo avuto il
tempo di stare di nuovo insieme e di parlare, pensavo ancora che tutto quello
che stavo vivendo fosse un sogno e non la realtà… la felice realtà che, se non
fosse stato per Ludmilla e per le sue losche intenzioni, starei vivendo già da
qualche tempo.
E quel giorno,
finalmente, si stava avverando uno dei desideri che avevo covato per più tempo
dentro di me: finalmente avrei portato Bella al castello, e l’avrei presentata
ai miei genitori come mia futura sposa.
Beh, oltre a queste
due nuove informazioni avrei dovuto mettere al corrente mamma e papà anche di
tutto il resto: di quello che aveva organizzato Ludmilla per ottenere il
matrimonio combinato tra le nostre due famiglie, di come aveva tenuto in casa
Bella per tutti quegli anni e di come, senza alcuno scrupolo, aveva deciso di
tenerci separati in modo da non poterci rivedere mai più.
Ripensare a tutto
quello che quella donna aveva fatto, pensando solo a se stessa e a quello che
avrebbe potuto ottenere, mi faceva ancora innervosire e salire il sangue al
cervello per la rabbia in pochi secondi. Forse con il tempo sarei riuscito ad
ignorare e a non pensare più a tutto quello… forse ci sarei riuscito veramente,
ma per come stavano le cose adesso mi sembrava alquanto improbabile.
Cercai di non farmi
assalire troppo da quei ricordi e, mentre stringevo la presa sulla stoffa che
tenevo ancora tra le braccia, continuai ad avanzare fino a quando non arrivai
al portone d’entrata. Uscii fuori, nel sole primaverile che cominciava a essere
più caldo per quella stagione, e scesi le scale mantenendo lo sguardo sulle
poche persone che si trovavano ai piedi della scalinata.
Accanto a quel
gruppetto di persone c’era la carrozza reale, con cui io e mio fratello eravamo
giunti da mia cugina pochi giorni prima, che era già munita di cavalli e che
era pronta per partire… stava aspettando solo noi per poterlo fare.
Salutai con un
gesto della mano il nostro cocchiere, Sam, poco prima che la mia attenzione
venisse completamente catturata dalla figura, piccola e perfetta ai miei occhi,
di Bella.
In quei giorni
difficilmente ero riuscito a distogliere lo sguardo da lei: sembrava quasi
impossibile per me farlo, talmente forte era il desiderio da parte mia di
vederla sempre e sempre, ad ogni ora del giorno e della notte…
Sapere, poi, che
tutto ciò sarebbe stato possibile da quel momento in avanti mi rendeva pieno di
gioia… nessuno, ormai, avrebbe più potuto dividermi da Bella… nessuno.
La raggiunsi in
silenzio, non smettendo di guardarla come se fosse il bene più prezioso
presente sulla Terra. Quel giorno aveva uno splendido abito blu a coprirle il
corpo e, se possibile, ai miei occhi sembrava ancora più bella… forse la
pensavo così perché lei, per me, era bella sempre e lo sarebbe sempre stata.
Era impegnata a
salutare Alice e Jasper, e stringeva tra le sue le mani di mia cugina; anche se
non riuscivo a sentire bene quello che si stavano dicendo, ero sicuro che
stesse ringraziando i due padroni di casa per tutto quello che avevano fatto
per lei in quelle settimane che era stata ospite da loro. Forse era davvero
così, conoscendo la personalità di Bella e sapendo quanto odiasse sentirsi un
peso per gli altri…
Chissà se la sua
nuova vita al castello le avrebbe scatenato più o meno le stesse reazioni che,
mi aveva raccontato, aveva avuto lì a palazzo.
Quando le fui
abbastanza vicino le carezzai gentilmente la schiena, per farle capire che mi
trovavo al suo fianco. Portai lo sguardo sulle sue spalle, coperte appena
dall’abito, e su una di esse riuscii a scorgere senza problemi una delle tante
cicatrici che la sua matrigna le aveva inferto tempo prima.
Nello stesso ed
identico modo in cui avevo reagito qualche settimana prima, accarezzai quel
segno con la punta di un dito fino a arrivare al punto in cui scompariva,
coperto dall’abito. Non si sentiva più il segno, come avevo constatato l’altra
volta, e nessuno probabilmente si sarebbe accorto della cosa al tatto. Tutto
ciò che testimoniava la punizione di Ludmilla erano quei segni marroncini ed
ancora evidenti che deturpavano la pelle del mio amore, troppo chiara per far
sì che potessero passare inosservati.
Bella, sentendo il
mio tocco, alzò il viso verso il mio e mi regalò un sorriso, quello che amavo
tanto vedere sul suo volto e che avrei voluto sempre vedere, senza volermi
stancare mai. I suoi occhi, notai, erano lucidi ma comunque meravigliosi. Le
sorrisi anch’io, abbassandomi con il viso per sfiorarle la fronte con le
labbra.
-Tutto bene?- le
chiesi, tornando a massaggiarle la schiena.
Lei annuì,
circondandomi la vita con un braccio mentre con la mano libera stringeva ancora
quella di mia cugina. Tra loro due e Rosalie sembrava essere nato un sincero
sentimento di amicizia e fui davvero felice di saperlo; sperai che non si
rovinasse per la distanza che c’era tra le nostre tenute, ma che sarebbe
rimasta immutata.
-Stavamo parlando…-
mi disse, tornando a rivolgersi poi a Alice e a Jasper. -Mi farete sapere
quando nascerà il bambino?-
-Ma certo! Lo
avremmo fatto ugualmente in ogni caso… dobbiamo informare la famiglia della
zia, no?- Alice ridacchiò, lanciandomi un occhiata divertita mentre si portava
una mano alle labbra.
Vidi Bella
arrossire a quella frase, ed abbassò prontamente il viso fino a nasconderlo sul
mio petto. Circondai le sue spalle con un braccio mentre sorridevo per
l’imbarazzo che Alice le aveva suscitato.
Se c’era una cosa
che Bella tendeva a dimenticare, negli ultimi giorni, quella era senza dubbio
il legame di parentela che legava me e Emmett a Alice. Sembrava che non fosse
particolarmente tendente a ricordarlo, e spesso si ritrovava a arrossire come
in quel momento per l’errore che aveva commesso.
-Oddio, Alice! L’ho
dimenticato ancora…- borbottò, alzando di nuovo il viso e tornando a osservare
Alice.
Lei scosse la
testa. -Non è successo nulla, cara…-
Alice poi spostò lo
sguardo verso di me, scostandosi da Jasper per venire a abbracciarmi. Non fu
molto facile, a causa del suo pancione un po’ invadente e per via del mantello
che stringevo in un braccio, ma ci riuscimmo ugualmente.
-Sono contenta per
te, cugino…- mi sussurrò a un orecchio. -Bella è davvero la donna giusta per te…-
Sorrisi di nuovo,
baciandole piano una guancia. -Grazie Alice… apprezzo molto le tue parole.-
Alice mi strinse
forte le spalle prima di lasciarmi andare e mi sorrise. Dopo qualche secondo
venne affiancata da Jasper, che la cinse per le spalle e mi porse la mano in
segno di saluto.
-Mandateci presto
vostre notizie… ed anche, eventualmente, un invito per un matrimonio!- rise
dopo aver terminato la frase, coinvolgendo me e Bella anche se lei sembrava
essersi imbarazzata per l’accenno alle nostre nozze.
Alice si unì alle
nostre risate qualche secondo dopo, e non risparmiò suo marito per la sua
battuta dandogli quasi subito uno schiaffo sul braccio.
-Jasper, insomma!
Non sono cose da dire queste…- lo rimproverò bonariamente.
-Ma, cara… come
sarebbe a dire! Anche te ieri sera stavi facendo questi discorsi…-
Vedere la mia cara
cugina arrossire, rimproverata dal marito, mi fece ridere e sorridere ancora di
più. Lei e Jasper sembravano davvero uniti come coppia e quella era la prima
volta che lo notavo; non avevo mai avuto molte occasioni per andarli a trovare
da quando si erano sposati, ma forse in futuro ci sarebbero state altre
occasioni per recuperare il tempo perduto… contando anche la nuova amicizia che
legava lei e Bella, ci sarebbero state sicuramente.
Lasciai stare i due
ragazzi davanti a me ai loro battibecchi coniugali e tornai a osservare Bella,
che con il sorriso sulle labbra non riusciva a smettere di osservarli. Le presi
una mano, stringendola nella mia gentilmente, ed a quel gesto si voltò verso di
me senza smettere di sorridere.
-Cominciamo ad
andare nella carrozza?- le domandai.
Sempre sorridendo,
annuì alla mia domanda e ricambiò la stretta sulla mia mano. -Certo…-
Restammo con le
mani intrecciate e con i corpi vicini mentre avanzavamo verso la carrozza,
fermandoci solo quando fummo nei suoi pressi ed incontrammo, lì vicino, mio
fratello e Rosalie.
Stavano parlando
tranquillamente, come avevano fatto per gran parte del tempo in quei giorni, e
sembravano essere molto a loro agio. In quel momento mi sembrarono anche un po’
tristi, ma ero sicuro che si sarebbero rivisti presto… molto presto.
Se tutto sarebbe
andato come pensavo, nell’arco di quell’anno non si sarebbe celebrato solo il
matrimonio mio e di Bella…
Lasciai la mano di
Bella e salii sulla carrozza per pochi secondi, giusto il tempo che mi
occorreva per poggiare su uno dei sedili il mantello; quando uscii vidi che
Bella e Rosalie si stavano salutando, al che ne approfittai per scambiare due
parole con Emmett, immobile lì vicino.
-Hai trovato la tua
anima gemella?- chiesi in maniera scherzosa, anche se dentro di me ero curioso
di scoprire cosa avrebbe risposto mio fratello.
Lui ricambiò la mia
occhiata giocosa e rise, incrociando le braccia. -Non avrai nessuna risposta da
parte mia, caro fratello… ed adesso, se non ti dispiace, vado a occuparmi della
tua anima gemella.-
Non feci in tempo a
rispondere qualcosa che Emmett era già scappato via dal mio fianco; raggiunse
in fretta Bella e Rosalie ed in pochi secondi, dopo aver detto qualcosa che
fece ridere entrambe le ragazze, aveva già recuperato la mia fidanzata e
l’aveva fatta salire sulla carrozza.
Sospirai,
avvicinandomi a Rosalie che stava salutando con un sorriso e con la mano gli
altri due che si trovavano all’interno della carrozza. Lei smise di salutarli
solo quando si accorse di me, ma non smise di sorridere. Ricambiai, prendendole
la mano e lasciando un bacio sul suo dorso.
-È stato un piacere
conoscerti, Rosalie… spero di rivederti ancora.-
Lei annuì. -Lo
spero anch’io, Edward. E… oh, non ho molto da dire, voglio solo augurare a te
ed a Bella tutta la gioia e l’amore di questo mondo…-
Inconsapevolmente,
alle parole di Rosalie voltai la testa in modo da poter vedere l’interno della
carrozza e mi soffermai per qualche secondo sul viso divertito di Bella; Emmett
sembrava essersi immerso nel ruolo di giullare di Corte e la stava facendo
divertire molto.
Tornai ad osservare
Rosalie e le sorrisi di nuovo, ricambiato quasi subito dal suo.
-Grazie molte-
riuscii a dire solo quello, non trovando altre parole.
Rosalie scosse la
mano, sorridendo ancora, e si allontanò un po’ andando a raggiungere Jasper ed
Alice che si trovavano poco lontano; io, invece, mi affrettai a salire in
carrozza e presi posto accanto a Bella, che mi sorrise non appena mi trovai al
suo fianco e mi prese la mano.
Emmett, che si
trovava di fronte a noi, osservò le nostre mani unite ed aggrottò le
sopracciglia. -Credo che presto andrò a fare compagnia a Sam…- mugugnò,
sporgendosi poi verso il finestrino e salutando con gesti ampi della mano gli
altri.
Lo facemmo anche io
e Bella; ben presto, sentimmo la carrozza cominciare a muoversi e cominciare a
percorrere il lungo viale alberato per uscire dalla tenuta.
Quando ci fummo
lasciati alle spalle il palazzo distolsi lo sguardo dal paesaggio e tornai ad
osservare Bella, anche lei intenta a guardare fuori dal finestrino con un
sorriso leggero impresso sulle labbra. Mi abbassai su di lei, sfiorandole piano
l’orecchio con le labbra.
-Tutto bene?- le
domandai in un sussurro.
Lei si voltò
rapidamente, guardandomi negli occhi e battendo un paio di volte le ciglia. Mi
sorrise subito dopo, annuendo e stringendomi più forte la mano che teneva ancora
chiusa nella sua.
-Tutto bene… se ci
sei tu, va sempre tutto bene- mi rispose, ridacchiando subito dopo.
Adoravo vederla e
sentirla così tranquilla e divertita; non mi sarei mai stancato di vederla in
quel modo, del resto, ed ero contento di sapere che da quel momento in avanti
per lei sarebbe stato quasi sempre così… quasi sempre, perché sentivo che prima
o poi qualche piccolo bisticcio sarebbe capitato anche a noi.
Le baciai la
fronte, indugiando su quella parte del suo corpo più tempo del dovuto perché
volevo sentire ancora una volta l’odore familiare e buono che emanavano i suoi
capelli. Bella appoggiò la testa sulla mia spalla, rilassandosi completamente.
-La prossima volta
che ci fermiamo andrò a fare compagnia a Sam, ho deciso!-
-
La sera era calata
presto, molto presto quel giorno… Sam aveva già acceso il piccolo lume che si
trovava accanto alla sua testa, mentre era ancora impegnato a guidare la
carrozza, in modo che lo aiutasse ad affrontare il breve tratto di strada che
ci divideva dal castello.
Non era poi così
difficile capire dove ci trovavamo, e ci aiutava moltissimo anche la
vegetazione familiare che era presente in quel punto. In una ventina di minuti,
massimo una mezz’ora, saremmo arrivati a casa.
Immaginavo già le
facce che avrebbero assunto i nostri genitori non appena saremmo arrivati:
sarebbero state felici, sollevate… arrabbiate.
Non era stato il
massimo andare via senza averli prima avvertiti del nostro viaggio improvviso…
ma forse raccontando loro tutto quello che era successo ed anche vedendo che
insieme a me e a Emmett c’era anche Bella, avrebbero capito cosa ci aveva
spinto a compiere una simile mossa.
Abbassai il viso,
evitando di fare movimenti bruschi per paura di svegliare Bella che aveva il
capo poggiato sulla mia spalla. Si era addormentata più o meno un paio di ore
prima, quando il sole era ancora alto nel cielo ma che già cominciava ad
illuminare tutto quanto con toni più aranciati.
Aiutato da Emmett,
le avevo poggiato addosso il mantello da viaggio per evitare che potesse
prendere freddo; la sera faceva sempre più freddo rispetto al giorno, e volevo
che lei stesse bene e che non stesse troppo scoperta.
Restai ad
osservarla dormire per gran parte del tempo, immerso com’ero nel vedere le sue
palpebre chiuse tremolare ogni tanto, fino a quando non sentii la mano di
Emmett che mi scuoteva per attirare la mia attenzione. Alzai il viso,
rivolgendogli una domanda muta.
-Credo che sia
meglio svegliarla… manca ormai poco al nostro arrivo- mormorò, accennando con
un gesto del capo al finestrino e al paesaggio che si vedeva fuori.
Annuii e tornai a
guardare Bella, consapevole che avrei dovuto disturbarla dal suo riposo; le
carezzai il braccio, coperto dalla mantella leggera, mentre le baciavo un paio
di volte la fronte.
-Bella…- la chiamai
a alta voce, tornando a sfiorarle la pelle. -Ehi… Bella…-
La sentii mugugnare
dopo qualche secondo e cominciare a muoversi, ovviamente disturbata dai miei
gesti; aprì gli occhi lentamente dopo qualche istante, battendoli un paio di
volte e lasciandoli poi socchiusi.
-Ben svegliata,
Principessa.-
-Edward..-
farfugliò, stropicciandosi gli occhi con una mano. -Che succede?-
-Scusa se ti ho
svegliata, ma siamo quasi arrivati…-
Dopo quella piccola
spiegazione ebbi tutta la sua completa attenzione. Bella si mise a sedere
meglio, stirandosi le braccia, mentre mi guardava sorpresa. -Davvero?-
-Sì, sembra che
manchi poco…-
La sua espressione
cambiò rapidamente, passando dal sorpreso al preoccupato, ma mantenne lo stesso
i segni della stanchezza che, sapevo, avevamo ben visibili sul volto anche io
ed Emmett. La sua reazione, però, mi diede da pensare.
Non volevo che
cominciasse ad avere dei dubbi su quello che stavamo facendo; ne avevamo
parlato tempo prima, quando ancora non erano successi tutti quegli imprevisti a
stravolgere le nostre vite, e se era necessario ne avremmo parlato ancora… non
volevo che i suoi dubbi, forse ricomparsi nella sua testa, rovinassero tutto
quello che ci stava accadendo e che avevamo sperato tanto che accadesse.
-Bella…- la chiamai
e le strinsi una mano nella mia, cercando di attirare la sua attenzione. Ci
riuscii, e lei voltò il viso, teso, incontrando il mio. -Non pensare a nulla…
vedrai che andrà tutto bene, proprio come ti ho promesso…-
-Ma… se non dovessi
piacergli?- chiese, stringendo la presa sulla mia mano. -Se loro non mi
accettassero come la tua fidanzata?-
Stavo per
risponderle, per tranquillizzarla e per ridarle quella sicurezza che sembrava
essere andata via, ma venni anticipato da Emmett che le si avvicinò e le
accarezzò una guancia.
Bella si voltò
subito, a quel tocco, scontrandosi così con il sorriso rassicurante ed enorme
di mio fratello.
-Bella, non dire
simili assurdità!- esclamò, assumendo un tono scherzoso ma serio allo stesso
tempo. -I nostri genitori ti avevano accettato quando credevano che tu fossi
solo una semplice domestica… immagina come saranno felici di sapere chi in
realtà sei! E non dimenticare che, un tempo, i nostri ed i tuoi genitori erano
molto amici…-
-Ma, Ludmilla…-
Bella tentò ancora di trovare una falla in quello che stavamo facendo, e beh…
Ludmilla sembrava essere quella più importante, ma non poi così molto.
Potevamo sfruttare
le nostre conoscenze e le parole di Bella, che era stata una sua ‘vittima’ per
così tanti anni, per rovinare il nome che portava ancora e che non era degna di
mostrare a tutti…
Sorrisi, ripensando
a quella che poteva essere la mia vendetta, che ero sicuro di riuscire a
attuare molto presto nei suoi confronti.
-Ludmilla non
c’entra più, Bella… e non dovrai più pensare a lei e a quello che ha fatto, non
solo a te ma anche a noi. Non serve nominarla ancora… davvero…-
Sorrisi
riconoscente a mio fratello, vedendo come le sue parole avessero risollevato un
po’ il morale della mia Bella. Un leggero sorriso le era comparso sulle labbra,
che Emmett aveva cominciato poi a carezzare con la punta delle dita.
Quel gesto, se
fosse stata un’altra persona a compierlo, mi avrebbe dato fastidio e,
sicuramente, mi avrebbe fatto ingelosire… ma era di mio fratello che stavamo
parlando, e di lui davvero non mi sarei dovuto preoccupare.
Specialmente se, da
quanto avevo intuito, cominciava a provare una piccola attrazione per la bella
Rosalie.
-Su Emmett, adesso
basta però! Abbassa quelle manacce!- Tutto ciò, però, non mi vietò di scherzare
con lui.
Emmett mi mostrò la
lingua, in una perfetta imitazione di un bambino dispettoso, e tutto ciò causò
la risata divertita di Bella. Le baciai di nuovo la fronte, sentendola più
rilassata rispetto a prima.
-Vedrai che andrà
tutto bene…- le sussurrai ancora.
Gli ultimi minuti
di viaggio passarono in un battibaleno, tanto che quasi non mi resi conto di
star attraversando il cancello d’entrata e di star percorrendo il cortile del
castello. Fu Emmett che, ridendo, me lo fece notare mormorando un ben udibile “Casa dolce casa”.
La carrozza si
fermò all’improvviso, esattamente al centro del cortile e a una considerevole
distanza dal portone d’entrata; quest’ultimo si aprì subito, notai, e
cominciarono ad uscire diverse persone… riconobbi subito la voce di nostra
madre chiamarci, come se avesse aspettato per giorni interi quel momento e non
si fosse mossa da quel punto.
-Vado avanti io,
così la tranquillizzo un po’- ci informò Emmett, aprendo con uno scatto lo
sportello della carrozza e scendendo rapidamente.
Seguii la sua
figura per qualche secondo con gli occhi prima di voltarmi e rivolgere tutta la
mia attenzione verso Bella. Anche lei, come me, stava osservando tutto quello
che accadeva al di fuori della carrozza… ma rispetto a me sembrava essersi
irrigidita nuovamente.
-Andiamo anche noi,
che dici?-
Lei scosse subito
la testa, terrorizzata, afferrandomi la mano. -No, ti prego… non adesso…- mi
implorò quasi.
-Perché? Andrà
tutto bene, amore, davvero…- le carezzai le guance, sentendole accaldate sotto
il mio tocco. -Non accadrà niente di male…-
Bella scosse ancora
la testa, chiudendo gli occhi. -Non… non ancora, ti prego… aspettiamo qualche
minuto…-
-Va bene, piccola,
va bene… ma devi stare tranquilla…- la abbracciai, facendole poggiare la testa
sulla mia spalla; la sentii sospirare contro il mio collo. -Aspettiamo che ci
vengano a chiamare e poi andiamo da loro, va bene?-
La sentii annuire,
mentre si stringeva ancora più forte al mio corpo. Mi sembrava così fragile, in
quel momento: spaventata ed intimorita dalla reazione che avrebbero potuto
avere i miei genitori non appena avessero saputo di lei… e nonostante le
rassicurazioni che le avevamo fatto in precedenza io e Emmett, non era riuscita
a scacciare tutto quello che provava dentro di sé.
Le carezzai le
braccia, cercando di infonderle calma e calore, fino a quando sentii dei passi
che, velocemente, si avvicinavano a noi. Mi sporsi meglio con la testa,
incontrando subito gli occhi di Emmett che mi fissavano dall’altra parte del
finestrino.
-Dovete scendere
subito, ragazzi! Mamma e papà vogliono parlarvi… specialmente con te, Edward.-
ci informò, riprendendo fiato tra una parola e l’altra.
Sentii Bella
trattenere il fiato, al mio fianco, dopo che Emmett ebbe smesso di parlare. La
guardai ancora, notando che si stava passando nervosamente una mano sulla
guancia e che, tra l’altro, si stava mordendo il labbro inferiore.
-Dai andiamo,
niente paura…- sussurrai, scostandomi di poco da lei per poter aprire lo
sportello della carrozza.
Scesi a terra, al
fianco di mio fratello, e poi mi sporsi di nuovo verso l’interno per tendere a
Bella la mia mano, in modo da aiutarla a scendere. Lei osservò titubante la
mano che gli stavo tendendo per qualche secondo, ma poi la afferrò e la strinse
forte, mentre cominciava a scendere.
Bella
Tremavo quando misi
i piedi a terra, precisamente nel cortile del castello. Avevo paura, tanta
paura… neanche quando Ludmilla mi aveva mandata via da casa ne avevo provata
così tanta.
Mi strinsi meglio la
mantella intorno al corpo ed in un gesto istintivo alzai il cappuccio sulla
testa. Non lo avevo fatto perché avevo paura di venire osservata da tutte le
persone che erano presenti, ma perché in qualche modo mi sentivo protetta… al
sicuro.
Edward notò il mio
gesto bizzarro, e dopo che ebbi alzato lo sguardo lo vidi inarcare un
sopracciglio. -Perché lo hai fatto?- chiese, curioso, con un sorrisino.
Scrollai le spalle,
riprendendo la sua mano e stringendola forte. -Mi sento più… tranquilla, così…-
Sorrise ancora di
più, annuendo.
-Sembri una
fuggiasca, Bella!- commentò Emmett, ridendo. -Non dai proprio nell’occhio, eh!-
Arrossii, colpita
dalle sue parole… anche se dovevo ammettere che aveva ragione. Sembravo una
ragazza che era appena fuggita da casa… non era proprio il massimo.
-Smettila di dire
stupidaggini!- sentii lo sbuffo seccato di Edward e, subito dopo, sentii che mi
stava tirando il braccio gentilmente verso di lui, incitandomi a camminare.
-Sarà meglio andare…-
Lo seguii, senza
lasciare la presa sulla sua mano, e spostai il viso in avanti per vedere dove
eravamo diretti. Poco lontano da noi vidi che c’erano due figure, un uomo e una
donna, illuminate dalla leggera luce di un lume che una delle due teneva in
mano… dedussi che fossero i genitori di Edward e di Emmett, il Re e la Regina.
Deglutii a vuoto,
stringendomi più forte contro il fianco di Edward; lui intensificò la presa,
come a darmi il sostegno di cui avevo bisogno.
Quando fummo
abbastanza vicini a loro riuscii a distinguerli meglio, anche se la poca luce
rendeva lo stesso difficile il compito. La madre di Edward sembrava essere una
donna bellissima, dai lineamenti delicati e dolci, materni, ed il padre di
Edward sembrava una persona affascinante e anche, da quel che vedevo, pacata…
Mi sembrava anche
il più tranquillo, in quel momento: la Regina sembrava essere molto agitata.
-Mamma, papà-
Edward li salutò così, non appena li raggiungemmo, e poi lasciò la mia mano per
andare a abbracciarli.
Emmett mi fu subito
accanto, mentre osservavo la Regina abbracciare suo figlio intensamente ed il
Re carezzargli una spalla. Vedendoli, riuscii a capire quanto fossero legati
tra di loro… nonostante fossero delle persone importanti per il nostro Paese e,
ne ero certa, avessero molte cose da fare, amavano molto la famiglia che avevano
creato.
-Edward, tesoro,
per adesso evito di rimproverarti per quello che hai fatto… ma solo perché ci
sono altre cose che vorremmo sapere…- disse la Regina non appena ebbe sciolto
l’abbraccio in cui aveva costretto il figlio.
-Figliolo,
presentaci la tua promessa sposa… siamo curiosi di conoscerla- il Re mi lanciò
un occhiata, sorridendo, mentre parlava ad Edward… fui felice di avere ancora
indosso il cappuccio, anche se ancora per poco tempo.
Edward si voltò
verso di me e mi si avvicinò, prendendomi per l’ennesima volta la mano e
facendomi avvicinare ai sovrani. Mi morso le labbra, nervosamente, osservando i
loro volti incuriositi ed anche un po’ perplessi per via del cappuccio che mi
copriva il viso.
-Bella, amore, non
essere nervosa…- mormorò Edward, carezzandomi la schiena con la mano libera.
Vidi il viso del Re
adombrarsi tutto d’un tratto, precisamente non appena sentì Edward pronunciare
il mio nome. Si avvicinò a noi, sconvolto, e lasciò vagare lo sguardo dal viso
del figlio al mio, ancora celato.
-Hai chiamato
questa ragazza… Bella?- chiese; alle sue parole anche la Regina ci si avvicinò,
mentre fissava preoccupata il viso del marito. -Edward, non dirmi che è…-
-Sì, papà… è lei. È
la figlia di Charles e Reneè…-
Chiusi per un solo
istante gli occhi, sentendo i nomi dei miei genitori, ma li riaprii subito e
portai le mani ai lembi del cappuccio per abbassarlo… non serviva più, ormai,
dato che sapevano chi fossi.
Lasciai cadere il
cappuccio all’indietro, scoprendomi il viso che avevo tenuto leggermente
abbassato fino a quel momento, ma che rialzai per mostrarmi completamente ai
genitori di Edward. Sentii le mie guance scaldarsi subito non appena incrociai
i loro sguardi increduli; la Regina aveva portato persino le mani a coprirle la
bocca.
-Santo Cielo… sei…-
la sentii balbettare attraverso le sue mani, che abbassò subito dopo per
poggiarsele sul petto. -Sei…-
-Assomigli a Reneè…-
il Re la interruppe, avvicinandosi ulteriormente a me e guardandomi allibito.
-Sei identica a lei… due gocce d’acqua! Ma… ma i capelli e gli occhi sono di
Charles… Dio mio, sei davvero tu Isabella!-
Sembravano così
sorpresi di vedermi e di riconoscermi come la figlia dei loro vecchi amici che
non mi sembrò reale. Non riuscii a dire nulla, riuscii soltanto a annuire con
la testa mentre gli occhi cominciavano a pungermi.
La Regina mi si
avvicinò, guardandomi ancora, e si sporse verso di me abbracciandomi subito
dopo. Fui confusa da quel gesto, ma quell’abbraccio mi sconvolse ancora di più:
era intenso, caldo, gentile… era l’abbraccio di una mamma, quello che io non
avevo mai provato.
-Bentornata a casa,
piccina… bentornata a casa…- sussurrò al mio orecchio, stringendomi forte.
Una lacrima scese
dai miei occhi mentre muovevo le braccia per ricambiare quell’abbraccio, così
materno e diverso da quelli che avevo ricevuto sino a quel momento. Chiusi gli
occhi, capendo finalmente che quello che mi aveva detto Edward fino a quel
momento era vero…
Stava andando
veramente tutto bene.
-
Superati i primi
attimi di sorpresa, in cui il Re e la Regina mi chiesero più volte se stavo
bene o se avessi avuto bisogno di qualcosa, entrammo al castello per restare al
riparo dall’aria fresca della sera.
Esme e Carlisle,
come ben presto i due sovrani mi implorarono di chiamarli, cercarono di capire
cosa fosse accaduto in quei tre mesi dove io e Edward ci eravamo conosciuti,
innamorati, lasciati e ritrovati, ma era una storia lunga e piena di
particolari… particolari che comprendevano anche la storia della maggior parte
della mia vita e di quella di Ludmilla.
Edward, contento di
vedere la reazione che avevano avuto i suoi genitori conoscendomi, chiese a
Carlisle di discutere di tutto questo nel suo studio, lontano da orecchie
indiscrete… lì, mi disse, avremmo avuto tutto il tempo necessario per parlarne
con calma.
A loro sembrava non
importare il fatto che fosse già sera e che presto sarebbe calata la notte…
l’orario non era proprio il massimo per discutere di tutto ciò, contando che la
maggior parte di noi aveva appena affrontato un lungo viaggio, ma volevano
sapere tutto il prima possibile e non volevano attendere altro tempo.
Una volta giunti
nello studio, dal mobilio prezioso e sfarzoso come, d’altronde, era quasi tutto
l’arredamento del castello, ci accomodammo tutti stando vicini e mi diedero
tutto il tempo che mi occorreva per raccontare loro tutto quello che era
successo… dalla morte di papà fino al giorno in cui conobbi Edward al lago
Pavin.
Esme e Carlisle
stettero in silenzio, ascoltando tutto quello che avevo da dire, e mi
interruppero solo quando seppero che Ludmilla aveva mentito loro dicendo che mi
trovavo in Inghilterra, od in qualche altro paese europeo, invece di dire loro
che mi trovavo ancora in Francia.
Edward mi aiutò a
continuare il racconto non appena si aggiunse anche lui nella mia vita, e
raccontò ai suoi genitori quella parte che sapeva solo lui e che mi aveva
raccontato qualche giorno prima, quando ci eravamo finalmente riuniti.
Sentir parlare di
nuovo di come Ludmilla lo aveva ingannato, dicendo a Giselle ed alle altre di
mentire per lei, mi fece provare ancora quella specie di dolore sordo
all’altezza del cuore. Mi era ancora difficile comprendere che Edward fosse
riuscito a credere a quella bugia, ma sapere che lui aveva continuato ad amarmi
nonostante pensasse quello mi rendeva tutto più facile da sopportare… ma
sapevo, dentro di me, che avrei portato dietro quel ricordo doloroso per tutta
la vita.
Edward si zittì
quando raccontò ai suoi genitori che era partito per raggiungermi non appena
aveva saputo la verità, abbassando lo sguardo sulle nostre mani intrecciate.
Non aveva lasciato la presa nemmeno per un momento, tracciando disegni
invisibili sulla mia pelle con il pollice mentre parlava.
Esme sospirò,
poggiando la schiena allo schienale della sedia sulla quale era seduta, e
osservò me e Edward attentamente scuotendo la testa. -Non posso credere che
abbia fatto tutto questo…-
-Credici, mamma,
credici… posso raccontarti di nuovo tutta la storia, se vuoi!- Emmett, che era
rimasto in piedi accanto alla scrivania per tutto il tempo, sorrise a sua madre
e dopo averle lasciato una carezza sulla testa si diresse verso una delle
finestre dello studio.
-Avevo anche
accettato di far sposare nostro figlio con la sua bambina, ed intanto
continuava a mentirmi… a mentirci! Come sono stata sciocca…- Esme si portò una
mano alla fronte, chiudendo gli occhi, e appoggiò il gomito sulla sua gamba.
-Non dire così,
cara… come potevamo sapere quello che stava facendo?- Carlisle si mise dietro
di lei e le carezzò le spalle, cercando di consolarla.
-Però… cari,
potevate raccontarci prima quello che stava accadendo!- rialzò la testa di
scatto, puntando poi il dito contro Edward. -Specialmente tu, Edward! Mi
meraviglio di te… non ti ho sempre detto che dovevi dirmi la verità?-
Deglutii, sentendo
quelle parole. Se c’era una persona che si doveva prendere tutta la colpa,
quella ero io… non avevo voluto far sapere subito che io e Edward ci eravamo
innamorati, ed il mio fidanzato aveva solo accettato la mia richiesta senza
costringermi a cambiare idea.
Era me, che Esme
avrebbe dovuto sgridare… non Edward. Lui non aveva nessuna colpa.
-Esme, Edward non
ha nessuna colpa… ero io che non volevo far sapere a nessuno di noi… non volevo
che Ludmilla… ci scoprisse…- le spiegai subito, cercando di discolpare Edward.
Sentii il suo
braccio cingermi la schiena mentre continuava a accarezzarmi la mano, e poi
parlò al mio posto. -Mamma, Bella ha ragione… ma un po’ di colpa la ho anche
io, fai bene a rimproverarmi. Non volevo che Ludmilla, venendo a sapere di me e
di Bella, la punisse ancora… non volevo che soffrisse di nuovo per colpa mia.-
-Punire? Bella,
Ludmilla ti puniva?- Carlisle, ancora con le mani ferme sulle spalle della
moglie, mi osservò confuso e un po’ disgustato alla prospettiva di
quell’argomento.
Annuii, sentendomi
improvvisamente a disagio. -Sì… ma non lo ha fatto quasi mai. Giusto in un paio
di occasioni…-
-Bella…- guardai
Edward, che mi aveva chiamato, -posso… posso abbassarti un po’ il vestito?
Giusto per… le cicatrici…-
Tentennava con le
parole, ma capii quello che voleva fare: voleva mostrare ai suoi genitori
quello che io, una volta, avevo mostrato a lui per spiegargli in cosa consistevano
le punizioni della mia Matrigna.
Annuii, voltandomi
in modo da dare la schiena a Esme e a Carlisle. Sentii le mani di Edward che
apriva i primi bottoncini dell’abito e scostava piano la stoffa ed i capelli
per rivelare la mia pelle chiara, ma segnata ancora in maniera ben visibile.
-Oh Cielo!-
l’esclamazione di Esme mi fece sussultare, anche se quasi impercettibilmente.
Dopotutto, non mi sarei aspettata una reazione diversa da quella che aveva
avuto.
Edward mi richiuse
il vestito dopo qualche altro istante, baciandomi la spalla non appena ebbe
finito. Gli carezzai una guancia prima di baciargliela, sentendo il suo volto
teso; le mie cicatrici, lo sapevo, lo facevano stare male… anche se lui non
aveva nessuna colpa in proposito.
-Quella donna è… è
maligna- borbottò Emmett. -Questo piccolo dettaglio ancora non lo sapevo, Bella…
mi dispiace.-
-Emmett, non dire
certe cose! Ludmilla ha sbagliato, e posso darvi la mia parola che verrà punita
come merita…- Carlisle si andò a sedere dietro alla scrivania, strofinandosi il
viso con i palmi delle mani prima di tornare a guardarci. -Provvederò subito…
domani la convocherò e le dirò che abbiamo saputo tutto su quello che ti ha
fatto, Bella…-
-Carlisle, devi per
forza?- Esme sembrava restia sul dare a Ludmilla una punizione, come d’altronde
lo ero io.
Aveva sbagliato,
era vero, ma… ma secondo me non c’era bisogno di punirla in qualche modo… e se
poi le avessero fatto del male? Solo perché stavano cercando di farle scontare
quello che aveva fatto a me? Non potevo lasciarglielo fare…
-Carlisle- mi alzai
in piedi e lo raggiunsi alla scrivania, poggiandomi alla superficie di legno
con le mani mentre lo guardavo. -Non… non si può evitare? Non voglio che le
venga fatto del male…-
Lui mi sorrise,
gentilmente, e appoggiò la sua mano calda sulla mia. -Cara, nessuno le farà del
male… le toglierò solo il titolo nobiliare, e poi vedrò dov’è che posso farle
scontare il suo esilio…-
-Non pensare a
questo adesso, cara…- non avevo sentito Esme avvicinarsi a me, troppo presa com’ero
nel sentire le parole di Carlisle. -Stavo pensando, adesso che siete di nuovo
qui, di organizzare una festa nei prossimi giorni… dobbiamo pur annunciare il
vostro fidanzamento, no? Ovviamente ne possiamo riparlare anche domani… hai
l’aria stanca come gli altri, e avete bisogno di riposare.-
Annuii,
sorridendole e ringraziandola per la gentilezza che aveva mostrato sin da
subito nei miei confronti. Era così cara quella donna… e stava già pensando
alla festa in onore mio e di Edward! Non avrei mai pensato che un giorno avrei
avuto una festa in mio onore…
Fu in quel momento
che mi venne in mente un idea… una piccola idea che, se la spiegavo ad Esme,
forse si sarebbe potuta realizzare. Grazie ad essa, poi, avrei anche potuto avere
la mia piccola rivincita nei confronti di Ludmilla e di Jessica.
-Carlisle, puoi
aspettare qualche giorno prima di prendere provvedimenti su di lei?- chiesi
subito, rivolgendomi di nuovo all’uomo.
Lui mi guardò, un
po’ confuso, ma annuì in fretta. -Certo, qualche giorno si può anche aspettare…
anzi, è anche più comodo.-
Gli sorrisi,
riconoscente, prima di rivolgermi di nuovo ad Esme. -Posso descriverti qualche
idea… per la festa?-
Lei sorrise subito,
dandomi un buffetto sulla guancia. -Ma certo che puoi, cara! Puoi dire tutto
quello che vuoi… dopotutto, è la tua festa!-
-Cosa hai in
mente?- mi voltai quando sentii la presenza di Edward alle mie spalle, e quando
gli fui di fronte lui mi abbracciò stretta carezzandomi poi la schiena. -Posso
saperlo? Se non sbaglio, è anche la mia festa…-
Risi, chiudendo gli
occhi e poggiando la fronte sul suo petto. -Domani, Edward… domani ti spiegherò
tutto… promesso.-
Angela
Presi dalla cesta
di vimini l’ultimo lenzuolo bagnato e mi sbrigai a metterlo a asciugare insieme
agli altri; nel farlo sentii i muscoli delle braccia tendersi e cominciare a
dolermi, ma capii che doveva essere normale visto che non dormivo e non mi
fermavo da ore.
Sapere, però, che
la stanchezza che provavo era stata provocata da una giusta causa scacciava via
tutto il malumore che ogni tanto mi faceva compagnia: dopotutto, la nascita di
un bambino sano e forte ripagava tutti gli sforzi a cui io e le altre eravamo
state sottoposte.
Proprio quella
mattina all’alba, infatti, il piccolo bambino di Rachel e di Paul era venuto
alla luce, anche se prima c’erano state molte ore di travaglio che ci avevano
fatto spaventare… ma era andato tutto bene, grazie al cielo.
Il bambino, a cui i
neo genitori ancora non avevano trovato un nome adatto a lui, stava benissimo e
non aveva avuto nessun problema… ero davvero felice per tutto quello che era
successo.
Sorrisi, ricordando
il momento esatto in cui avevo visto per la prima volta il bimbo, e sempre
sorridendo mi caricai sulle braccia la cesta vuota e cominciai ad incamminarmi
verso la porticina della cucina.
Mi sentivo stanca e
tutto quello che avrei voluto fare in quel momento era riposare un po’, ma
decisi comunque di passare prima in cucina per chiedere se ci fosse ancora
qualche altro lavoretto che potevo fare.
Prima che potessi
arrivare in cucina, però, sentii un rumore che proveniva dall’altra parte del
parco… il rumore inconfondibile che provocavano lo scalpiccio degli zoccoli dei
cavalli sul terreno.
Gettai a terra la
cesta, che mi impediva di molto i movimenti, e corsi tutto intorno al palazzo
fino ad arrivare all’entrata, dove vidi che si erano fermati, proprio davanti
al portone, due uomini in sella a due cavalli.
Vederli fu una
sorpresa, per me: non aspettavamo nessuna visita… ma mentre mi avvicinavo agli
uomini, che mi fecero segno di raggiungerli, capii che erano due semplici
messaggeri di Corte.
Che avessero
notizie da darci?
-È qui che abita
Ludmilla Swan, la Contessa?- mi chiese uno dei due uomini che era sceso da
cavallo, mentre il suo compare era rimasto in sella all’altro animale.
Annuii,
affrettandomi a raggiungerlo. -Sì, abita qui… la devo far chiamare?-
-Non è necessario,
signorina… dobbiamo consegnare questo messaggio per lei, ma può anche prenderlo
lei senza alcun problema…- l’uomo mi sorrise, allungando un braccio e
mostrandomi la busta, bianca e dall’aria ufficiale, che stringeva nella mano.
La presi, senza
indugi, e la rigirai tra le mani prima di riportare lo sguardo sul viso
dell’uomo. -La ringrazio.-
-Grazie a lei, signorina…
ah!- si portò una mano alla tasca dei calzoni, ricacciandola poi fuori e
mostrandomi un foglietto di pergamena piegato più volte. -Questo lo manda il
Principe Edward. È per la signorina Angela… può consegnare anche questo? Deve
darlo personalmente a lei, però… indicazioni del Principe.-
Fissai gli occhi su
quel piccolo pezzo di carta, mentre vari pensieri cominciarono a prendere vita
nella mia mente. Lo aveva scritto Edward per me… ma cosa avrebbe mai potuto
scrivere di così importante? Beh, forse una piccola idea ce l’avevo… ma per
scoprirlo prima dovevo fare andar via i due uomini.
Fu strano, poi,
sentirmi dire che avrei dovuto consegnare una lettere per me… a me stessa! Era
divertente, e potevo capire il perché l’uomo che avevo ancora di fronte mi
avesse detto quelle parole… dopotutto, non sapeva che io ero la destinataria
del messaggio, e non poteva neanche immaginare che la figlia di una Contessa
svolgesse gli umili lavori di una serva… ma se Bella lo aveva fatto tranquillamente
per dieci anni, potevo farlo anch’io, no?
Presi anche quel
messaggio e sorrisi all’uomo. -Certo, lo farò io… grazie.-
Lui sorrise.
-Arrivederci, signorina… ci scusi per il disturbo.-
Salì in sella con
uno slancio, incitando poi il cavallo a avvicinarsi all’altro uomo che, prima
di andare via, mi salutò con un cenno della mano. Ricambiai il saluto e li vidi
allontanarsi lungo la stradina che li avrebbe condotti fuori dalla tenuta.
Quando non riuscii
più a distinguerli, abbassai gli occhi sui due messaggi che tenevo ancora tra
le mani: quello più grande, destinato a mia madre, e quello per me e più
piccolino, scritto da Edward.
La curiosità di
sapere cosa Edward mi avesse scritto fu tanta, cosicché mi affrettai a aprire
il foglio di pergamena per scoprire se ci fosse qualcosa di veramente
importante… e quello che lessi mi lasciò veramente senza parole.
Angela,
grazie per tutto quello che hai fatto, per me e per
Bella. Ringrazia da parte mia anche Jacob e Julianne. Senza il vostro aiuto non
avrei riportato a casa così presto il mio tesoro più grande.
Sentii una lacrima
scendermi sul viso e mi affrettai a asciugarla rapidamente, mentre rileggevo
ancora e ancora quelle poche righe scritte.
Bella era tornata
qui… era di nuovo qui, era insieme ad Edward e non potei esserne più felice.
Finalmente, quello che aveva sperato da sempre si era avverato e nulla e
nessuno le avrebbe più impedito di vivere la sua vita.
Volevo avvertire
subito Jacob e Julianne della novità, così come dovevo avvertire Giselle e Margaret,
ma… ma avevo ancora una lettera da consegnare alla mamma, e per alcuni versi
ero curiosa di scoprire cosa ci fosse scritto in quella missiva dall’aria così
importante e che sembrava portare notizie interessanti…
Chissà, forse
doveva essere proprio così.
Impiegai davvero
pochissimo tempo per raggiungere lo studio della mamma, dove sapevo lei e
Jessica si erano rifugiate da quando si erano alzate. Era ovvio che stessero
organizzando qualcosa riguardo al matrimonio, ma loro naturalmente non potevano
sapere che non si sarebbe più celebrato… ed io non glielo avrei detto di certo!
Avrei aspettato
fino all’ultimo istante, pur di vedere i sogni della mamma e di mia sorella
infrangersi… era quello che meritavano.
Aprii la porta e
entrai nella stanza senza avvertirle del mio arrivo, tanto che le vidi
sobbalzare sulle poltrone dove erano sedute; alla mamma caddero anche alcuni
fogli a terra, a causa del movimento involontario che le avevo provocato.
-Angela! Che
spavento… potevi avvertirci che stavi per entrare!- mamma mi lanciò un occhiata
inceneritrice, prima di chinarsi per raccogliere ciò che era scivolato sul
pavimento.
Jessica, invece,
ebbe tutta una reazione diversa da quella della mamma e da quelle che, un
tempo, mi avrebbe riservato: mi guardò di sottecchi, intimidita, e non appena
notò che mi ero accorta del suo sguardo voltò subito il viso per evitarlo… che
dire, sembrava che ricordasse ancora bene quello che era successo la settimana
precedente e del povero abito che avevo distrutto, in preda alla collera.
-Scusami, mamma… ma
è arrivato un messaggio da Corte e dovevo farvelo avere subito…- dissi,
tranquillamente, e mostrai a mia discolpa la lettera che ancora stringevo tra
le mani e che attirò subito la sua attenzione e quella di Jessica.
-Un messaggio! Dai
qua, cara, dai qua… potrebbe essere qualcosa di importante!-
Me la prese dalle
mani dopo che mi ebbe raggiunto e si avvicinò poi a Jessica, che non aveva
mosso un muscolo e era rimasta seduta nella sua poltrona; mi avvicinai a loro,
appena in tempo per sentire la mamma che leggeva la missiva a voce alta per far
sentire anche a noi.
-“…nella serata di venerdì si terrà un ballo in
maschera…” oh, cielo! Un ballo in maschera! Sai cosa significa, cara?-
mamma si rivolse a Jessica, ignorandomi completamente; ovviamente, io non ero
la ragazza che doveva sposare un Principe con l’inganno, non dovevo sentirmi
coinvolta… e neanche volevo essere coinvolta.
-Significa che
quella stessa sera verrà annunciato il fidanzamento! Oh, ma ci credi cara? Mi
sembra un sogno…- mamma stava facendo tutto da sola: parlava, faceva domande e
rispondeva come se ci fosse solo lei nella stanza e non dovesse ascoltare anche
il parere degli altri.
Continuai a osservarla
parlare con Jessica, silenziosa e tranquilla più del solito, per qualche altro
minuto prima di decidermi ad uscire da quella stanza; se avessi ascoltato
ancora qualcosa che fosse uscito dalle sue labbra avrei rischiato di urlarle
contro tutto quello che sapevo, cosa che non volevo fare assolutamente.
Quella, si poteva
dire che fosse la mia vendetta: ero sicura che mi sarei sentita davvero
soddisfatta non appena, la sera del ballo, mamma avrebbe scoperto che il
fidanzamento ci sarebbe stato… anche se la diretta interessata non era chi
pensava lei, ma qualcun'altra.
Qualcun'altra che
lei pensava avesse tolto definitivamente dalla circolazione, ma che era tornata
nonostante i suoi piani.
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