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Autore: Drachandros    28/10/2006    2 recensioni
In questo testo che vostro malgrado sono riuscito a scrivere racconto di una delle tante giornate di discutibile bellezza che mi sono capitate durante il continuo scorrere della mia vita. L'ho scritto sostanzialmente per mancanza di altro da fare, ma se sarete abbastanza masochisti da leggerlo c'è una timidissima possibilità che una piccola parte di voi si diverta anche. Se poi vi volete veramente fare del male vi invito anche a recensirlo, a me farà senz'altro piacere finchè ne parlate bene ovviamente. A voi la parola ora, vi presento uno dei testi più demenziali e ironici mai scritti da mente malata!
Genere: Demenziale, Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2: L’idea Sbagliata

Capitolo 2: L’idea Sbagliata

 

Mi avviai in cucina con passo lento e confuso, penso di aver preso botte contro la metà dei mobili che si annidano in casa. Come ogni domenica aprii il frigorifero e come ogni domenica lo trovai vuoto, dopo essermi espresso con termini molto poco idonei a un testo come questo mi avviai di nuovo in camera mia per accendere il computer per svagarmi chattando e fissando il mio desktop. Dopo una mezz’oretta il mio computer, che è famoso per essere veloce come Achille nel paradosso di Zenone, si accese.  Come ogni mattina l’hard disk del mio computer emetteva un rumore molto simile a quello di un dj che remixa una canzone rep.

Appena accesa la scatola magica misi della musica dopodichè entrai su msn. L’ora non era delle migliori e non c’era un cane connesso o meglio, un cane c’era, era un mio compagno di classe, uno di quelli che una volta mi aveva detto “nella mia vita al primo posto metto la persona che amo, al secondo il MOTORINO, al terzo i miei amici e al quarto la mia vita”. Ora io personalmente non ho nulla in contrario al motorino ma dubito seriamente che qualcuno si ammazzerebbe per salvare il suo ciclomotore.

A un certo punto alzando la mano dal mouse notai che sotto il mio gomito c’era un bigliettino attaccato sulla scrivania bianca piena di cianfrusaglie varie che non ho mai avuto il coraggio di rimuovere. “siamo usciti che ancora dormivi, torneremo per l’ora di cena il cibo è in frigo da riscaldare, spero che Ekips ti faccia compagnia, baci, mamma”.

Una volta letto il biglietto mi girai a destra verso il mio letto dove Ekips stava ancora sonnecchiando.

“ti va di fare due chiacchiere?” gli chiesi

non rispose.

“mamma, speri male” dissi alzando gli occhi al cielo “al cane non va nemmeno oggi di parlare”.

Appena conclusi di vaneggiare in questa triste maniera mi balenò in testa l’idea di mangiare la pasta riscaldata al microonde, lo facevo spesso, ma mi disgustava sempre. Per un attimo pensai che forse avrei dovuto imparare a cucinare qualcosa di più dei wurstel bolliti, ma poi mi ricordai delle rare volte che avevo provato a farmi un piatto di pasta da solo… “corro al microonde” pensai.

Dopo 5 minuti avevo finito di pranzare, non perché avessi trangugiato tutto, ma perché avevo lasciato circa la metà del cibo. Mi ricordo ancora cosa mi diceva la mia baby sitter quando non mangiavo a pranzo, era dieci anni fa, ma ancora me lo ricordo: “questo” diceva indicando il piatto “te lo riscaldo per cena”. Non gli piaceva cucinare, ma gli piacevano molto i bambini, un po’ come a Micheal Jackson.

Ad ogni modo era ormai l’una e mi resi conto che dovevo fare qualcosa del mio pomeriggio, ero molto propenso a cimentarmi in un giro in bici, premetto che io adoro la bicicletta, mi piace veramente tanto, per me farmi un giro in bici è una gioia immensa, un orgasmo sportivo.

Ma mentre stavo fantasticando sulla mia passione mi tornò in mente un episodio accaduto due giorni prima, mi ricordai che stavo sfrecciando per la discesa che porta a casa mia, poi mi ricordai di un gruppetto di ragazzi alcuni più piccoli di me, altri più grossi. Mi alzai la maglietta del pigiama e guardai i vari lividi che tempestavano il mio ventre “però ne sono uscito vivo” mormorai “la prossima volta che un gruppo di giovanotti mi chiede la bicicletta gliela darò senza fare storie, in più il mio coraggio non mi aveva aiutato, la bicicletta l’avevano presa comunque, l’avevo solo barattata con una decina di cazzotti sui reni”.

Nonostante al pronto soccorso mi avevano offerto delle polpette che erano la fine del mondo, non ero ancora riuscito a riprendermi dallo sconforto: non tolleravo il furto e non tolleravo l’umiliazione. Proprio in quel momento mi sentii carico di una nuova energia, un’ energia forte, di quelle che ti fa sentire immortale, un po’ come quando ti fai di steroidi prima di una gara di atletica.

Tornai in camera mia guardai il mio cane dritto nelle orecchie perché dormiva “Ekips, vado a riprendermi la bicicletta!”

Ekips non rispose, in compenso sollevò la testa e mi guardò come si guarda un uomo che si è messo in ginocchio a piangere dopo aver ballato nudo in metropolitana.

“è inutile che fai cosi, cane! Tu non capisci, ho subito troppe ingiustizie, è come avere Alice, la prima volta che si rompe gliela passi, la seconda lo porti a far vedere, ma la terza frulli il modem dalla finestra!”

Bene, a quel punto sapevo cosa fare del pomeriggio, rimaneva un solo piccolo interrogativo, COME?

  
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