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Autore: sistolina    04/04/2012    5 recensioni
“Il termine tecnico è Schizofrenia Ebefrenica di Tipo Disorganizzato, ma per comodità la chiameremo SED” per comodità un paio di palle, è uno sfigato con l'accento da college prestigioso che non vuol far sentire come diventa plebea la sua erre mentre dice “ebefrenica”. E forse anche perché ci godeva alla grande che io fossi una sigla, così non avrebbe dovuto ricordare come mi chiamo, perché odio Via Col Vento anche se lo riguardo almeno una volta alla settimana, perché scarto i cavoletti di Bruxelles anche se mi piacciono, perché non scrivo mai il mio nome con la penna rossa, o non riesco a guardare l'orologio senza sentire il bisogno di uscire dalla stanza. Ci sono scritte quelle cose, DOC, sul fascicolo spesso come la Costituzione Americana che avrai letto sul cesso 'stamattina. Ci sono scritte un sacco di porcherie su di me che nemmeno io so, eppure ha deciso che basta chiamarmi SED perché l'intero Universo conosciuto possa arrogarsi il diritto di parlare di me
Genere: Drammatico, Satirico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Di cugine ninfomani e cari estinti

 

 

Ma credete veramente di essere pazzi? Davvero?
Invece no, voi non siete più pazzi della media dei coglioni
che vanno in giro per la strada, ve lo dico io!
(Qualcuno volò sul nido del cuculo)

 

 

Quella era l'Ora Ricreativa. Sai che culo; se sei uno schizofrenico disorganizzato, ogni merdosissima ora del giorno è poco meno che ricreativa. Insomma dico, avete presente a che velocità viaggia il mio cervello? Quanto mi intrattiene la carambola di collegamenti che fanno le mie sinapsi, e la metà del tempo che passo parlando con gente che non esiste? Quanto sono intrattenenti Napoleone, Hitler, Frida Kahlo e mia cugina Mary la Ninfomane? (non ridete cazzo, Maria la Ninfomane? Davvero? Sì, nessuno ride per una che sia chiama Maria e viene spacciata per vergine dopo aver messo al mondo un figlio con uno Spirito, perché cazzo mia cugina dovrebbe essere discriminata? Magari anche lei diventerà oggetto di culto in un futuro non troppo lontano, senza averne il minimo merito fra l'altro, e allora col cazzo che riderete, stronzi)

Che poi comunque non era nemmeno così ninfomane. Per dirne una, io sono un ninfomane. Se l'essere umano medio pensa al sesso ogni sei secondi, io ci penso ogni secondo, anche meno, e quando non ci penso faccio in modo di farmi una sega, così almeno tengo la mente occupata mentre non ci penso. Mia cugina Mary? Lei era solo una a cui piaceva scopare, mettetela in croce cazzo! A voi non piace? E non venite a menarmela con i sentimenti, che la metà della gente non merita gli si lasci il posto a sedere in autobus, con buona pace dei sentimenti!

Il caso ha voluto che mia cugina Mary se la facesse con Ray Stevenson, un coglione con la motocicletta che sapeva sempre di ascelle e l'unica cosa che aveva più lungo della fedina penale era la lingua. Specialmente quando era sbronzo. Ed era sbronzo solo i giorni dispari, e il martedì, il giovedì e il sabato. Così Ray va a fare l'Impalmatore Infallibile con Finn, il suo amichetto senza palle con i capelli unti, che lo dice a Carl e Minnie Lukensky, una pettegola di merda che faceva pompini a tutta la squadra di football, ma era la presidentessa del Club della Castità e non l'aveva ancora data a nessuno (cattolici di merda), che si è alzata all'assemblea di Istituto in un pomeriggio di maggio, con la divisa da cheerleader tutta appiccicata addosso nella calura irrespirabile della palestra, a dire che mia cugina Mary era una “meretrice” e che lei si offriva personalmente di “guidarla verso una nuova verginità”.

Mia cugina è stata praticamente impacchettata e spedita in un collegio femminile, e il caro Ray ha cominciato a comprendere meglio la mia predilezione per l'autoerotismo.

Per la cronaca, ora mia cugina vive a Catalina con una pittrice cieca che ha conosciuto in collegio, hanno un cane Terranova nero grande quanto un pony, e scopano come matte. 'Fanculo a Minnie Lukensky e il suo matrimonio di convenienza da sobborgo urbano color pastello.

Osservando il disegno a carboncino che mi trovavo davanti quella mattinata soffocante, con i condizionatori che ronzavano in una melodia soporifera e il solito dannatissimo LP dei Creedence Clearwater in sottofondo, non potevo che rimpiangere il fatto di non essere un pittore cieco, o un musicista sordo, o uno di quei tipi impressionanti che vincono le paraolimpiadi su gambe di metallo. Sono fichi cazzo, ma non fichi da ricovero come il sottoscritto. Fichi veri. Il mio unico talento sono le seghe, ah beh, e l'autoironia. La mia maestra (no, non la professoressa di latino che ho quasi enucleato; la parola arma, con me, non l'ha usata mai più) diceva che nella mia condizione l'ironia è un'ottima arma di autoaffermazione del sè. Io penso che se non riesco a ridere di me insieme agli altri, allora gli altri troveranno il modo di ridere senza di me. Quindi perché no?

Tu sei il segaiolo?” potete crederci se vi dico che non avevo mai sentito la sua voce? Aveva qualcosa di musicale, un vago accento di non so che posto (o forse tanti posti vattelapesca) ma non apriva la bocca, come se non valessi la pena di sprecare energie per separare le labbra l'una dall'altra.

Ho sollevato lo sguardo dal mio disegno che, a voler ben vedere, era più esplicativo di un fottutissimo test di Rorsharsch (e più meno altrettanto comprensibile) e l'ho piantato sulla sua faccia dalle labbra enormi e squadrate, gli occhi piccoli e focalizzati su di me.

Io...ehm...credo di sì” non sono mai stato uno dalle risposte brillanti. Sono più il tipo da sproloqui silenziosi e annosi monologhi nella mia testa, dove nessuno può rispondermi o mandarmi affanculo. Mi ci mando da solo, ma non vale, non ci rimango male alla fine no? Me la godo. “Tu sei Milo? Il DAP?” si è stretto nelle spalle ossute senza muovere un muscolo facciale

Il cazzone ti vuole” il cazzone è ovviamente il Dottor Princeton, (McFarland, non fate finta di cascare dalle nuvole, il dottore psicopatico è sempre stato lui)

Per...”

Il Cerchio della Fiducia del cazzo” ha grugnito, davvero, senza nemmeno aprire la bocca. Non so se è stato quello il momento in cui ho avuto la vaga impressione di non piacergli. Non che fosse tipo l'avvenimento del secolo, non riscuoto mai molto successo, e dubitavo caldamente che qualcuno sulla faccia della terra che non avesse mai ucciso nessuno potesse piacergli, ma non fu esattamente uno sbattere di ciglia e un sorridersi (ok, così fa tremendamente gay uh? Ma mi avete capito, non è che io volessi fare amicizia con tutti, chissenefrega, però ci tenevo, non lo so, tutta colpa di mio fratello Tim che mi ha sempre fatto rimpiangere il non essere figlio unico). E invece lui se n'è andato come se niente fosse, con un passo leggermente dondolante, da menefreghista asociale di merda qual'era, e io invece sono rimasto con il mio disegno in mano, una macchia informe dai colori agghiaccianti che insieme erano abbinati peggio delle Spice Girls.

 

Ricordo che c'era puzza di fiori. Una puzza incredibile, non come quelle dal fioraio, quando hai otto anni e la tua cattolicissima madre irlandese ti si trascina dietro per mezza città a cercare bomboniere, decorazioni, cazzi e mazzi per la Prima Comunione, ma quella dolciastra, di fiori marci e flosci che si ritorcono su se stessi e sul gambo, appassiti, tristi, annoiati. Nemmeno la metà di me, comunque, che me ne stavo seduto lì a dondolare le gambe dalla sedia finto vintage collezionando tartine al che-cazzo-ne-so che sapevano di piedi, servite su vassoi di ottone macchiato e opaco, triste come sanno essere tristi le veglie funebri della gente di cui non frega un cazzo a nessuno.

A parlare con MIMA (mia madre, quella con la Menopausa Acuta, ve lo dirò solo un'altra volta, se poi non l'avrete imparato cazzi vostri), quel vecchio rompicoglioni di mio nonno era tipo Nelson Mandela, con una squadra di football completa di amici pronti a piangerlo peggio di Lady Dian; ma col cazzo che c'erano i suoi amici quando c'era da spostare quella marea di mobili per far spazio alla bara, e alle sedie in fila, alle composizioni floreali e quel dannatissimo prete rubizzo più largo che alto che se ne andava in giro ubriaco fradicio fra gli invitati affranti. Affranti, vi pare che mi esca una parola del genere per descrivere quell'accozzaglia di vecchi irlandesi sganasciati, sbracati sulle poltrone gibbose, a bere whisky di pessima annata cantando God rest ye merry gentleman con la bocca piena di pasticcio d'oca?

Ma sapete, no non lo sapete per niente perché non ve l'ho mai detto, io ho sempre preferito la gente sbronza a quella ipocrita, costretta negli angoli della casa a dondolarsi sulle gambe precarie delle sedie scricchiolanti con il fazzoletto stretto fra le dita lunghe e ossute, e gli occhi rossi a singhiozzare di quanto fosse “grande e onesto” e “generoso e forte” quel coglione mezzo sordo che non aveva affetto per i suoi figli, figurarsi per la gente ingrata che gli camminava a fianco a malapena, sporgendogli una tazza di caffè a caso in una mattina d'inverno quando nemmeno nevicava. Che senso ha offrire il caffè alla gente, d'inverno, se nemmeno nevica? Non c'è poesia no? Non c'è, pathos, o cose del genere, d'inverno senza neve, la gente non ama l'inverno se non per la neve. Ha qualcosa di bello, e di interessante almeno. Non ho mai capito perché, va da sé, a me frega poco dell'inverno da qualsiasi parte, a casa mia peggio che altrove, dove va già bene se cambia la temperatura da agosto a dicembre, e non cadono le foglie, e non cambiano le stagioni (e “non ci sono più le mezze stagioni” sto cazzo, non provateci nemmeno), però alla gente piace e basta, la neve. Ma quando non c'è ci si limita a guardare il terreno secco, depresso, mai davvero bagnato né asciutto, immobile e asettico come le stanze del St.Leonard. Non sai cosa farci con l'inverno, se non c'è la neve.

Va beh, comunque ero lì davanti alla bara aperta del vecchio balordo, ed era incredibilmente giusto esserci ad un certo punto. Lui con le mani giunte tipo faraone egizio o chessò io, aveva quell'espressione pacifica di uno che se la gode alla grande che tutta quella gente si disperi mentre lui se ne stava in Paradiso, nel Nirvana o dove voleva lui, con trenta vergini a disposizione cosparse di olio, e scorrono latte e miele e bla bla bla, e io con le mani infilate a forza nelle tasche del completo di sartoria che mia madre aveva quasi acceso un fottuto mutuo per affittare.

Che volete? Se ne sentono di ogni di medio borghesi che vivono al di sopra delle loro possibilità, o no? Da dove credete che vengano le maggiori fortune dei crimini dei colletti bianchi?

Comunque ce ne stavamo lì, io e il vecchio, mentre quell'abnorme casino che diventano le veglie funebri quando la bilancia sbronzi e sobri comincia a pendere dalla parte sbagliata-”

 

E che due palle cazzo” ha sbuffato lo stronzo “ma a chi cazzo interessa qua dentro?” Ha sbuffato davvero, mentre io aprivo il mio cuore su tutto il dolore e la prostrazione dell'impotenza di fronte alla morte, lo stronzo rasato ha sbuffato incrociando le sue fottute braccia pompate e tatuate sul petto. Era ridicolo, bisogna che lo dica, con tutte quelle svastiche e quegli 88 che si snodavano fra la spalla e il collo, e il cranio che sembrava il mento del mio vecchio quando si radeva di merda, con il post sbronza, il lunedì mattina di ritorno dal pub. Non che fosse il suo peggior difetto estetico, se volete che ve lo dica (e se non volete fa lo stesso), perché i suoi occhi, enormi, a palla, sempre fuori dalle orbite a scrutare tutto con la mandibola serrata da rabbia repressa a stento, erano ancora peggio.

Come ho detto, io non ero quello delle risposte pronte, ma quella volta me la ricordo bene, perché mi è sembrato davvero di essere in un talk show, tipo da Ophra o in un altro postaccio del genere, dove si scontrano i tipi strani che non sono mai andati oltre, e ripropongono a ripetizione sempre gli stessi fottutissimi drammi.

Quella volta, mentre il condizionatore gorgogliava ed emetteva uno strano suono tossicchiante, DOC si grattava nervosamente (ma anche un po' soddisfatto, questo bisogna dirlo) il mento fresco fresco di rasatura dal barbiere, e c'era un tale silenzio in quella stanza da far pensare che fosse un centro di recupero per sordomuti anziché una Clinica Psichiatrica da quarantamila dollari l'anno.

No...non...non mi sembra giusto Topher” se non fossimo stati fottutamente pochi in quella stanza spoglia del colore del vomito di neonato probabilmente nemmeno l'avremmo sentita la voce di Joseph. Ma c'era silenzio quella mattina.

Aspettate, vi ho parlato di Joseph? No, ovvio che non vi ho parlato di Joseph, il nostro piccolo SA. Tutti i posti come questo ne hanno uno. La Sindrome di Asperger, il piccolo cuginetto che prende a testate i muri, il collega di lavoro che non si lascia toccare, magari la sfigatella un po' autistica a due banchi dal tuo, quella che si scaccola impunemente nell'ora di matematica mentre il Professor Gessum tenta invano di spiegare i limiti. La mia si chiamava Maggie Simmons (no, non Simpson, SIMMONS, non prendetela per il culo!) e portava un paio di occhiali quadrati dalla montatura spessa che mi facevano arrapare da morire. Non ve lo dico per costruire subliminalmente il mio ruolo di protagonista atipico di questa storia di merda, ve lo dico perché Maggie Simmons mi ha mollato un cinque in faccia l'unica volta che ho provato a metterle una mano sulla spalla. Che volete, non si dice che Dio li fa e poi li accoppia? Eh beh, non so se sia perché sono agnostico da quando ho memoria (prima o poi vi racconterò anche di come io e Dio abbiamo deciso di non vederci più), per la gran gioia di mia madre come ben potete immaginare, ma l'unica cosa con cui Vostro Signore mi ha accoppiato è un bel fascicolo blu su cui scrivere di quanto io non creda in Dio. E di come Maggie La Strana mi abbia guardato da dietro i suoi occhiali spessi dalla montatura nera come terrorizzata, rannicchiandosi nelle braccia ossute per allontanarsi il più possibile dall'invincibile pericolo che, a quanto pare, rappresentavo per lei.

Il tutto per parlare delle mie delusioni sentimentali, E ANCHE per parlare di Joseph Moskowitz, l'ebreo autistico da un milione di dollari con gli occhi grandi e innocenti, e la voce flebile, un cazzo di fottuto genio che non ne incontrerete mai di simili in vita vostra, una memoria eidetica del cazzo, parola mia. Dico, io sono disadattato e tutto, me la cavo quanto a ricordarmi le cose, ma Moskowitz ragazzi, non ne fanno più come lui.

“Cazzo vuoi ebreo di merda?” come dicevo, talk show, questioni annose e irrisolvibili e bla bla bla. Topher è uno di quelli che se le legano al dito ok? Specialmente quando l'ebreo di merda in questione è più ricco di Donald Trump, erede di una fortuna multimilionaria in chissà quale stato del vattelapesca, e lui invece è un poveraccio di merda, figlio di operai, mandato qui (questo è un posto per gente ricca che non vuole far sapere che il suo primogenito è fuori di testa, per la cronaca, non lo sapevate?) dopo che il padre ha tirato le cuoia mentre tentava di far funzionare una mietitrebbia, e l'impresa che lo ha assunto ha dovuto pagare i proventi di una causa milionaria per negligenza. Insomma, una botta di culo, se così si può definire il fatto di essere finito lì a ritagliare origami invece che in una qualche prigione di merda a far da fidanzatina a qualche stupratore seriale. Ma indovinate? Lui al St.Leonard non ci voleva stare, perché era innocente no? Come tutti! Era un nazi tatuato e violento che picchiava ragazzini all'uscita da scuola, e scippava vecchiette di colore, e molestava minorenni musulmani nei tram, ma era un piccolo e innocente orsacchiotto. Come no.

Non si era capito ancora cosa avesse, Topher Bills, e nessuno di noi sinceramente aveva voglia di scoprirlo, ma quando ci inondava di fiori profumati di lavanda come quella volta, aprendo bocca giusto per non tenerseli dentro, avremmo sinceramente preferito che suo padre, feccia schifosa come lui, pare, fosse vissuto ancora una decina d'anni, senza avere il becco di un dollaro per farci capitare il suo beneamato figliolo fra capo e collo.

Sì beh, Topher mi stava sul cazzo e allora? Avete presente che significa essere irlandese nel mio quartiere? Un irlandese segaiolo e spanato di testa, per la precisione? Che gente come Topher Bills, che per comodità io chiamerò SDM (Sacco di Merda per inciso), ti prende e ti sbatte contro gli armadietti, e dentro i cassonetti, e da ogni parte dove uscire significa umiliarsi e puzzare peggio di una latrina. Ce la possiamo raccontare che bisogna perdonare e comprendere, ma dopo la terza volta che ti ficcano la testa nel cesso vi posso assicurare che lo spirito misericordioso del cazzo va a farsi fottere (sono sempre stato convinto, per una cosa e l'altra, che a nessun Papa o Vescovo o Santo o chessò io abbiano mai fatto bere l'acqua del water, fra le altre cose).

Io sono rimasto immobile, DOC era in attesa, l'anoressica (ve la presento la prossima volta, promesso) giocherellava con le punte dei capelli secchi come stoppa, le ossa delle spalle, del viso e delle ginocchia affilate come coltelli da sushi, e quell'altro, DAP o Milo o semplicemente l'altro, se la ghignava, giuro, come se stesse guardando due donne picchiarsi nel fango. Ghignava, cazzo, godendosela da morire.

“Dicevo così per dire” ha risposto Joseph con la voce più decisa di prima, senza fare una piega “ma non è gentile interrompere i flussi di coscienza altrui” muoveva le dita come se suonasse il pianoforte quando parlava: lunghe dita dalle unghie curate che si agitavano interminabili sopra ogni cosa, disegnando motivi nell'aria che svanivano giusto un attimo dopo. E le sue dita si muovevano, e si muovevano, e si muovevano mentre parlava

“Non è nemmeno gentile sentirsi i padroni del mondo solo perché un coglione ha sterminato il tuo popolo cinquantanni fa” lo ha detto davvero, vi pare che potrei inventarmelo? Ha poggiato una gamba sull'altra e l'ha sparata, mandando a farsi fottere ogni tentativo di appianare la discussione (Sono una merda se mi ha fatto formicolare tutta la spina dorsale questa cosa vero?) “Parliamo degli armeni, parliamo delle bombe al fosforo bianco sui palestinesi uh?” si è voltato verso Joseph con un sorriso inquietante, ma non vittorioso, semplicemente diabolico “non mi risulta che abbiano regalato uno Stato agli omosessuali, né ai disabili, né agli zingari”

“Coglione?” è saltato su il nazi, imbestialito come mia madre quando mio padre tornava sbronzo e cominciava a bestemmiare sbiascicando tutti i santi; in un secondo, ha fottuto tutti i trattati di pace “Hitler era un grand'uomo” uno sbuffare sarcastico

“Sì, sì, come vuoi tu” e si è alzato senza fare una piega, allontanandosi con il suo passo ciondolante.

Topher si è voltato e ha ringhiato

“Non è finita qui frocetto ebreo”. Come dicevo, trattative di pace annali, e in una parola ha fottuto tutto.

Non sapevo se ridere o masturbarmi.

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Angolo della delirante autrice: buongiorno!!! Eccomi qui carissime donne con un nuovo sempre più, o forse meno delirante capitoloXD
Da qui si comincia un po' a conoscere tutti i personaggi, piano piano, con un'infarinatura generale...mi spiace di essere partita con la questione della Shoah e quella Palestinese senza entrare nel merito, ma approfondirò la questione più in là nel corso dei capitoli. E' importante che io sottolinei che non mi appartengono tutti i punti di vista, e che certamente il modo e il momento in cui loro dicono certe cose è, per così dire, molto fiction. L'argomento è senza dubbio spinoso e merita approfondimenti in sedi che non sono le mie ff su EFP, ma sono ben contenta di dibattere in proposito con chi lo desideraXD
Detto ciò vi segnalo il magnifico gruppo di Giuls e Sony su facebook In some dreaming state e faccio le debite dediche (scusate il gioco di parole): alle fantastiche donne che mi seguono con entusiasmo sul forum e non mi fanno mai mancare nulla di nulla, ma soprattutto alla meravigliosa Giuls (lo so, sono ripetitiva) e a Silver che sta volgendo la termine con mia somma disperazione e ammirazione totale. Perchè ci siamo sempre chieste se non siamo un tantino pazze anche noi a metterci tutto questo cuore quando facciamo le cose...

   
 
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