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Autore: Flaqui    07/04/2012    14 recensioni
"Vincere significa fama e ricchezza.
Perdere, invece, significa morte certa.
Niente di più.
Ma vincere, perdere, non cambia molto. Se perdi muori. Se vinci, vivi. Ma vivi senza speranza, assillato da incubi che ti tortureranno e ti faranno impazzire, togliendoti il sonno.
Quanto sei disposto a perdere?"
Quando Rose viene scelta per partecipare alla trentaquattresima edizione dei Giochi della Fame, sa benissimo di aver firmato la sua condanna a morte. Ognuna delle dieci scuole magiche europee deve sorteggiare, ogni anno, due studenti, una ragazza e un ragazzo, fino alla maggiore età; questi verranno gettati in un arena a combattere fino alla morte.
Rose sa benissimo che non riuscirà a farcela. Ma ha promesso che farà di tutto per tornare a casa, e non intende arrendersi.
In squadra con lei c'è anche Scorpius, un ragazzo gentile che però non ha la stoffa per farcela. Lui vuole dimostrare di non essere una inutile pedina e fa una appassionata dichiarazione davanti alle telecamere di mezzo mondo. Ma nei Giochi della Fame non c'è spazio per l'amore, per l'amicizia e per i sentimenti.
Che i Giochi della fame abbiano inzio.
E possa la buona sorte essere sempre dalla vostra parte!
Genere: Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus Severus Potter, Lily Luna Potter, Rose Weasley, Scorpius Malfoy, Victorie Weasley
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La Buona Sorte -Il Fuoco Sta Divampando-'
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Allora, prima di tutto, anche prima di iniziare a rompervi i boccini (cosa che intendo comunque fare dopo), bisogna dire una cosa importante:
Questa storia è ovviamente ispirata al meraviglioso libro "Hunger Games" di Suzanne Collins che, insieme a Mamma Row, mi ha fatto sognare e mi ha regalato e continua a regalarmi emozioni oltre ogni limite. I personaggi della storia non sono miei, ovviamente, appartengono alla fantastica J.K. e non sono utilizzati a scopo di lucro! (Si dice così? Non sono molto brava in queste cose!)
Comunque, per chi avesse letto il libro a cui la storia è ispirata, bhe, non ci saranno sorperese sconvolgenti, per chi non l'avesse letto...
Ci vediamo sotto!
E possa la buona sorte essere sempre dalla vostra parte!
Fra



Alle mie ragazze (colfersdietcoke Harry Potterish  BurningIce Alexiel94 bess_Black)  perchè ci sono sempre e perchè, senza di voi, non avrei mai avuto il coraggio di pubblicarla!

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Vincere significa fama e ricchezza. Significa non dover faticare tutta la vita per un posto di lavoro, per guadagnare un piccolo stipendio che coprirà a malapena le tue spese. Significa non doversi preoccupare di nulla se non di divertirsi, di passare la tua vita con allegria, con leggerezza, senza alcun tipo di pensiero negativo.
Ovviamente se riesci a convivere con te stesso, dopo.
Perdere, invece, significa morte certa.
Niente di più.
Semplicemente, muori. Un colpo di cannone, il tuo corpo prelevato e rispedito a casa, dalla tua famiglia, una bella cerimonia funebre, e niente gloria, solo rimpianto e rimorso. Perché magari saresti riuscito a farcela, impegnandoti un po’ di più.
Ma vincere, perdere, non cambia molto. Se perdi muori. Se vinci, vivi. Ma vivi senza speranza, assillato da incubi che ti tortureranno e ti faranno impazzire, togliendoti il sonno.
E che prezzo ha, poi, la vittoria?
Quanto sei disposto a perdere?
Quanta innocenza sei conscio di abbandonare per sempre? Quanto di te sei a pronto lasciare nell’arena?
Che i Giochi della Fame abbiano inizio, signori e signori. Che abbiano inizio davvero.
 

***

 
-Lily! Di al tuo stupido gatto di togliersi dai piedi!-
Leo, il gatto siamese di Lily, mi soffia contro, il pelo rossiccio irto e i denti scoperti in una smorfia di sfida. Mi viene involontario assumere anche io un ghigno di quelli spaventosi e agitare le braccia contro l’animale, cercando al tempo stesso di non far cadere le innumerevoli piantine per la lezione di Erbologia che trasporto.
Lily ride e si limita ad afferrare il suo orribile gattaccio e stringerselo forte contro il petto, facendogli un grattino dietro le orecchie.
Leo è probabilmente il gatto più brutto, grasso e antipatico che io abbia mai visto. Lily l’ha trovato sul ciglio della stradina di campagna che facciamo sempre per arrivare a Casa Potter, con una zampa rotta e vari segni rossi sulla pancia.
Ha piagnucolato così tanto che, pur di farla tacere, Albus ha accettato di portarlo a casa e tenerlo.
Non abbiamo mai avuto un rapporto idilliaco, noi due. Durante le prime settimane, a quei tempi -era l’estate prima del mio secondo anno- ero a casa di Al, aveva cercato più e più volte di attentare alla mia salute ma, con una buona dose di croccantini, ero riuscita a limitare le sue rimostranze di odio a soffi irritati.
Lily è mia cugina e, anche, l’unica persona in questa scuola per cui provo un vero e sincero affetto.
A parte Al e Hugo, ovvio.
Lily ha. Lily ha i capelli rossi, rossi come il tramonto, come il sangue, come la forza di un vulcano in eruzione. Lily ha gli occhi color cioccolato di zia Ginny e delle ciglia incredibilmente lunghe. Lily ha una risata strana.
Lily ha tutto quello che avrei dovuto avere io.
La delicatezza, la dolcezza, il sorriso smagliante, il carattere carismatico, la spontaneità che le fa conquistare tutti senza il minimo sforzo, la bontà e la ingenuità tipica di chi non riuscirebbe a fare nulla di male neanche volendo.
Ma non me la prendo troppo perché essere gentile e disponibile non è proprio il mio forte e, se qualcuno deve amarmi, in questa scuola, preferisco che sia una persona di cui mi fido e che rispetto piuttosto che tanti sconosciuti abbacinati dal mio cognome altisonante.
-Forse è meglio iniziare ad andare, l’anno scorso hanno punito chi è arrivato in ritardo- suggerisce lei e io annuisco, seguendola lungo la scalinata.
Camminiamo in silenzio per i corridoi deserti, i tacchetti delle scarpe da cerimonia che ci ha comprato zia Ginny che picchiettano ad intervalli regolari.
Albus si aggiunge silenziosamente al nostro piccolo corteo quando superiamo l’imbocco per i sotterranei, la camicia bianca inamidata lasciata volutamente aperta e fuori dai pantaloni. Se non possiamo rifiutarci di partecipare al sorteggio, dice lui, almeno vogliamo parteciparci secondo le nostre regole.
Lily, invece, la pensa diversamente. Il suo vestito lilla ondeggia lievemente anche senza il minimo alito di vento e la sua capigliatura rossa raccolta in un nodo le da una bellezza effimera e deliziosa, tipica di chi vuole andare a morire in grande stile.
–Se devo andare a morire, preferisco farlo in pompa magna. Tutti dovranno ricordarsi di me- mi ha detto quando sono passata a prenderla dal suo dormitorio.
Io ho scosso la testa.
Le probabilità che Lily venga scelta sono pressoché nulle.
Quelli che dovrebbero preoccuparsi di più siamo io e Albus, visto la spropositata quantità di biglietti che abbiamo a testa.
Ogni anno, da quando ne compi undici, il tuo nome viene scritto su un fogliettino bianco e lasciato cadere in una boccia di vetro, dove, se sarà sorteggiato, ti garantirà un biglietto via treno per l’inferno. Il sorteggio avviene fino a che il ragazzo non compie diciotto anni e si diploma.
Volendo uno studente può assumersi la responsabilità di un altro e scrivere il suo nome al posto di un’altra persona. Io l’ho fatto fino a quando Hugo non ha compiuto tredici anni e si è rifiutato di farmi rischiare anche per lui. Albus e James, invece, si sono divisi i biglietti di Lily anno dopo anno ma, anche lei, quest’anno è insorta e si è rifiutata di accettare questa sicurezza a discapito dei fratelli.
James, che si è diplomato l’anno scorso ed è ormai fuori pericolo, ha provato più e più volte a convincerla, ma lei non ha voluto sentirne ragione.
Io ho dieci biglietti. Albus ne ha undici. Hugo ne ha tre. Lily ne ha solo uno.
Non toccherà a noi, ne sono sicura, ma la paura ti sale sempre.
 
Rachel Conti, la signora americana che dovrà scortare,
da qui a qualche minuto, due di noi all’inferno, si lancia un’occhiata insoddisfatta intorno. Non le piace dover essere la nostra accompagnatrice, siamo troppo poco adatti ai suoi standard.
Siamo nel grande cortile di Hogwarts e attendiamo con una certa rassegnazione l’inizio di una nuova cerimonia del sorteggio per i Giochi della Fame.
Siamo in molti, qualche centinaia, all’incirca. Tutti i maghi e le streghe, anche quelli che non frequentano Hogwarts –questi ultimi provvisti di un localizzatore, nel caso, se il loro nome saltasse fuori, decidessero di scappare- dagli undici anni fino alla maggiore età, e, per quanto possa apparire strano ad uno osservatore esterno, siamo tutti in silenzio.
Dalla mia postazione, terza fila a sinistra, nel settore dei ragazzi Grifondoro, riesco a vedere benissimo la parrucca arancione di Rachel e anche a notare che si sta staccando da un lato.
Sento i miei compagni che si agitano, accanto a me, ma non riesco, e non voglio, concentrami sulle loro parole, perché ho paura di quello che potrei sentire.
Lily mi sfiora il dorso della mano con la sua e, quando alzo lo sguardo, mi sorride dolcemente, senza però poter nascondere completamente l’angoscia nei suoi occhi. Mi ritrovo anche io a sorridere, senza un vero motivo, solo perché, per quanto possa essere stupido, fingere di non essere preoccupata mi fa sentire meglio.
Rachel fa un passo in avanti e, quando le telecamere e le attenzioni dei fotografi e dei giornalisti sono rivolti verso di lei, mette su il suo falsissimo sorriso entusiasta.
Se non sapessi che ci odia con tutto il suo cuore direi quasi che vorrebbe abbracciarci tutti.
In ogni modo si avvicina al microfono e picchietta allegramente con il dito. Si schiarisce con calma la voce e il suono viene amplificato a dismisura, aiutato anche dalle casse del suono, dietro di lei.
È questo il vero potere degli americani. Usare oggetti comuni, babbani, e poi rimodellarli, ricrearli, migliorarli. Loro non inventano nulla di nuovo, riciclano.
-Buongiorno a tutti!- annuncia con la sua voce troppo pimpante e acuta –Diamo inizio alla trentaquattresima cerimonia del sorteggio per i Giochi della Fame!-
Lily stringe forte la mia mano e vorrei davvero dirle di smetterla, perché mi fa male, ma non ce la faccio, perché anche io ho una insensata voglia di aggrapparmi a qualcuno, in questo momento.
-La procedura la conoscete già! Due ragazzi verranno sorteggiati grazie a questi fogliettini- e qui si ferma ad indicare il tavolo dove sono posizionate due piccole urne stracolme di pezzetti di carta ripiegati –Questi due prescelti saranno i fortunati che parteciperanno ai Giochi della fame!-
Scoppia in una risatina entusiastica e io non riesco a fare a meno di guardarmi intorno, cercando con lo sguardo Albus, per vedere la sua reazione.
Lui odia Rachel Conti e le sue stupide risatine. Quasi quanto odia i Giochi della Fame.
Lo individuo qualche fila più indietro, vicino ai ragazzi di Serpeverde, le mani infilate mollemente in tasca e un atteggiamento rilassato tradito solo dalle spalle contratte. Mi fissa di rimando e cerca di abbozzare un sorriso, ma non è mai stato bravo in queste cose.
Io ricambio, o almeno ci provo, e, senza rendermene conto, annuisco fra me e me.
Questa è l’ultima cerimonia del sorteggio a cui dovremo partecipare. Questo è il nostro ultimo anno all’inferno.
Rachel, intanto, ha finito i suoi soliti convenevoli e assume una strana espressione seria mentre dice la solita frase con cui ci augura buona fortuna ogni anno.
-Felici Giochi Della Fame! E possa la buona sorte essere sempre dalla vostra parte!-
Rachel fa un passo avanti e con un baldanzoso “prima le signore!”, afferra la boccia con i nomi delle ragazze e la porge alla nostra preside, la professoressa Sinistra, invitandola a scegliere un biglietto e a passarglielo.
La professoressa Sinistra ci guarda con la sua espressione seria e determinata che sembra sempre volerti dire di più e poi, come se si fosse appena risvegliata da un sonno incredibilmente lungo, allunga la mano verso la ciotola trasparente dove sono contenuti i nomi delle ragazze.
Dieci foglietti, lì dentro, portano il mio nome.
Dieci foglietti, lì dentro, sono scritti con la mia grafia un po’ sbilenca e esageratamente grande.
Mia madre dice che dovrei sforzarmi di scrivere meglio, che una ragazza intelligente come me non può permettersi di consegnare qualcosa -una relazione, una documentazione, persino il foglietto per il sorteggio ai Giochi della Fame- con quella brutta calligrafia.
Ma mia madre dice tante cose e non me ne sono mai preoccupata molto.
In questo momento, però, i miei occhi sono fissi sulla mano della professoressa Sinistra. È incredibilmente curata, per appartenere ad una donna di quell’età. Ha la pelle liscia e pallida. Così chiara che si riescono a vedere le vene in quei pochi centimetri scoperti dalla tunica.
È con un movimento deciso che afferra uno dei biglietti nella boccia, come se, facendo il tutto più velocemente, potesse abbreviare anche la tortura.
Ma non serve a niente.
Perché, comunque vada, per due di noi, due fra tutti quelli che in questo momento sono in questa sala, il destino è segnato.
Condannati a morire.
Perché è questo il loro destino. Nessuno, ad Hogwarts, è mai riuscito a vincere un edizione dei Giochi della Fame. Solo una ragazza, mia cugina Victorie, che ha partecipato sei anni fa.
Il punto è che, qui ad Hogwarts, la vita, ti insegnano a rispettarla, ad onorarla. A ringraziare ogni giorno per la possibilità di avere un tetto sulle spalle e del cibo con cui nutrirsi. Di certo nessuno, qui, è pronto a sfoderare la sua bacchetta contro qualcuno, per quanto sconosciuto o derelitto o antipatico possa essere, e pronunciare una Avada Kedavra.
Nella altre scuole è diverso.
A Durmstrang, per esempio, essere scelti per rappresentare la scuola ai Giochi è un onore, un privilegio per pochi. I favoriti vengono allenati, anche se sarebbe contro le regole imposte da oltre oceano, e vengono trasformati in macchine da guerra pronte ad attaccarti. Vengono persino fatte delle pre-selezioni, per evitare che i deboli debbano andare nell’arena dando motivi di imbarazzo alla scuola.
Non so come funzionino le cose a Beauxbatons, ma, da quel poco che sono riuscita a capire da mio cugino Louis, che frequenta il terzo anno lì, nonostante le cose non siano forzate e dure come nella scuola nordica, anche i francesi preparano le classi ad ogni evenienza.
La verità è che, qui ad Hogwarts, nonostante siano passati ben ventiquattro anni da quando i primi Giochi della Fame sono stati istituiti, nessuno è davvero pronto ad affrontare la realtà.
Nessuno vuole riconoscere che, mentre tutti si affannavano a combattere Voldemort e i suoi seguaci, il Ministero Magico Americano tramava alle nostre spalle e aspettava solo il minimo cenno di cedimento per attaccarci tutti.
E alla fine, l’anno della sconfitta del Signore Oscuro, nemmeno dopo due mesi di tranquillità, gli Americani ci hanno dichiarato guerra.
Erano avanti, loro. Molto più avanti di noi. Conoscevano i principi dell’alchimia, avevano inventato macchinari potenti, brevettato nuovi incantesimi. Avevano messo al potere i giovani, i volenterosi. Non avevano paura di mettere in gioco la loro vita, pur di ottenere quello che volevano.
Per circa tre anni, dopo questa prima presa di potere, in cui erano caduti i Ministeri di quasi tutta Europa, le cose erano andate peggiorando. La crisi economica imperversava, i babbani morivano con una facilità unica, quasi i tempi bui di Voi-Sapete-Chi fossero ritornati.
Venne istituita una Resistenza, a cui parteciparono attivamente Auror e dipendenti dei Ministeri di ogni parte del Continente. Ma l’America riprese il controllo e, in un breve periodo di tempo, che il mio libro di Storia della Magia chiama “I Giorni Delle Tenebre”, venne ristabilito il potere dei nostri vicini d’oltremare con sangue e dure battaglie.
Una volta conclusasi questa parentesi rivoluzionaria, gli americani, per far meglio comprendere alle popolazioni di ogni dove che il mondo era loro, che potevano fare quello che volevano, istituirono i “Giochi della Fame”.
Ogni anno, ogni nazione assoggettata, avrebbe dovuto sorteggiare due tributi, un maschio e una femmina, fra gli undici e i diciassette anni - ancora frequentanti la scuola, dunque- e mandarli in America a combattere fra di loro fino alla morte.
All’unico vincitore sarebbero spettati la fama, i soldi, qualsiasi cosa potesse mai desiderare.
Gli americani sapevano giocare bene. I giovani sono il futuro di una nazione e, se questi venivano decimati e vivevano nel terrore della morte, allora non ci sarebbero più state rivolte.
-Guardate come veniamo e prendiamo i vostri figli. Guardate come siamo potenti, come ci divertiamo a vederli morire. Guardate come siete piccoli e poveri. Non potete fare niente contro di noi- è questo il messaggio che ci mandano ogni anno.
Albus, ama molto questo argomento. A volte capita che ce ne andiamo nella Foresta Proibita, lontano dagli occhi di tutti e dalla stretta vigilanza delle sentinelle che da molto ormai sono state messe a sorveglianza nella scuola.
E quando siamo nel fitto della foresta, quando nessuno ormai può sentirci, lui urla. Urla contro tutto questo, perché il mondo non dovrebbe essere così, perché dovremmo poter vivere serenamente, senza doverci sempre guardare dietro per accertarci che non ci sia nessuno a spiarci.
E mentre urla questi suoi discorsi sovversivi non si gira a controllare, ma io lo faccio sempre, perché la prudenza non è mai troppa e perché lui è l’unica cosa buona che ho –insieme a Lily- e io non posso permettermi di perderlo.
La professoressa Sinistra estrae un biglietto dalla boccia e, senza nemmeno guardarlo lo passa alla nostra accompagnatrice. Rachel sorride, istantaneamente e lo apre con un movimento lento che dovrebbe creare suspance e attesa.
Negli ultimi secondi prima che accada, mi giro a fissare Albus, e lo vedo fare un cenno con la testa.
Rachel solleva il biglietto e socchiude gli occhi mentre legge il nome della ragazza che sta per morire.
Non sono io. Non sono io. Non sono io.
Quello non è il mio nome. Quello non è il mio nome.
Ed è davvero così.
Non sono io e quello non è il mio nome.
È quello di Lilian Luna Potter.





ANGOLO DELLA PAZZA
Ta-dà!!
Finale a sorpesa, eh?
Allora, che ne pensate?
Comunque, se siete smaniose di leggere il seguito (quando ho letto il libro da cui è tratta la storia io lo ero!) non dovrete pazientare molto, perchè il capitolo è già pronto e mancano solo gli ultimi ritocchi.
Se pensate che faccia schifo, io stessa rileggendolo non mi trovo molto convinta, bhe, fatevi avanti! Le critiche sono sempre ben accette e aiutano a migliorare!
In ogni modo.... Spero davvero che questa storia possa piacervi perchè ci tengo particolarmente!
Per favore fatemi sapere cosa ne pensate e se vale la pena continuarla, per me la vostra opinione è sempre importantissima! Anche e sopratutto perchè è la prima volta che tratto questo genere più serio e drammatico che si distacca dalla mia solito "genere commedia"... Per non parlare poi dell'uso del presente in prima persona! Devo ancora farci l'abitudine!
In ogni modo, spero che commentiate in numerosi!
Per ogni dubbio io sono qui!
Fra
P.S. Ovviamente per la storia sono sparse diverse citazioni prese dal libro e, comunque, alcuni episodi saranno simili, almeno fino all'inizio dei Giochi...

   
 
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