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Autore: oscar1755    05/11/2006    5 recensioni
“Oscar si svegliò di malumore anche quella mattina. Ultimamente, non riusciva a riposare che poche ore per notte. I pesanti turni di pattugliamento, ai quali erano sottoposti i suoi soldati, le impedivano di essere serena.
L'esasperazione del popolo parigino sembrava diffondersi senza controllo, ed il compito di prevenire disordini diventava sempre più arduo.”
Genere: Romantico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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capitolo 3

Capitolo 3

Oscar si svegliò all'alba, arrendendosi alla fastidiosa emicrania che l’aveva torturata per tutta la notte impedendole di dormire serenamente.
Attribuì il malessere alla copiosa quantità di vino bevuta la sera precedente.
A dispetto di quanto si era attesa, la serata era trascorsa piacevolmente, ravvivata da una conversazione versatile ed interessante.
La sensazione di inquietudine, che continuava a percepire in presenza del colonnello inglese, l’aveva indotta ad invitare André ad unirsi a loro.
Il giovane aveva annuito, sorpreso dall’insolita proposta e si era accomodato, pensieroso, accanto al suo comandante.
Aveva ascoltato con interesse il colonnello Stewart narrare alcuni episodi della propria vita.
Figlio cadetto di un generale della marina inglese, era entrato nell’esercito molto giovane, dedicandosi con zelo puntiglioso alla carriera militare. Al momento, era il comandante di un reggimento di guardie reali e sembrava non avere alcun dubbio sulle scelte operate.
"Sono un soldato, proprio come voi, madamigella Oscar" aveva affermato, sfoggiando un sorriso cordiale.
I velati riferimenti al suo essere donna, le avevano suscitato uno sgradevole imbarazzo, che aveva cercato di nascondere fissando il proprio bicchiere colmo di vino.
Continuando a sorseggiare il liquido rosso rubino con apparente noncuranza, si era limitata ad abbozzare un lieve sorriso.
Aveva accolto con gratitudine la notizia che l’attendente del colonnello era giunto a palazzo, consentendole di trasferire la conversazione su argomenti più generici ed impersonali.

Alzandosi dal letto, si massaggiò le tempie nel tentativo di lenire il dolore pungente.
Indossò l’uniforme e si diresse, con passo stanco, verso le scuderie, illudendosi di poter placare l’opprimente senso di rimorso con una lunga cavalcata.
Consapevole di evitare un confronto con se stessa, attribuiva la causa della sua inquietudine al comportamento di André. Deglutì a fatica, rievocando la notte in cui lui le aveva confessato di amarla. Quanto era accaduto tra loro, l’aveva costretta a vederlo come un uomo e non più solo come un amico d’infanzia. Con disappunto, si sentì imprigionata da un rimorso feroce.
Voleva vivere come un uomo, eppure il senso di colpa non le dava tregua e, stranamente, la presenza condiscendente e tranquilla del colonnello Stewart, accentuava questa insofferenza.
Un brusio di voci proveniente dal giardino richiamò la sua attenzione, distogliendola da quelle irritanti considerazioni.
Avvicinandosi, notò il colonnello inglese ed il suo soldato, in piedi accanto alla fontana, impegnati in una amabile conversazione.
Le spade, che entrambi impugnavano con noncuranza, come chi è avvezzo ad usarle da sempre, ed i respiri lievemente ansanti, suggerivano che avevano terminato da poco un allenamento.
Una scena familiare per lei, condivisa con André innumerevoli volte.
Costringendosi a non pensare, si diresse verso i propri ospiti.
- Buongiorno, comandante. Siete mattinieri - osservò - la sistemazione non è stata, forse, di vostro gradimento? – si preoccupò.
- E’ una magnifica giornata, madamigella Oscar – replicò il colonnello – tranquillizzatevi, abbiamo riposato benissimo. Colgo l’occasione per rinnovare il mio più sincero ringraziamento per la vostra ospitalità – concluse sorridendole.
Oscar, imbarazzata, distolse lo sguardo, soffermandosi ad osservare l’attendente del colonnello Stewart.
Alto ed aggraziato, William somigliava, nel fisico, ad André. Attenti occhi grigi scrutavano ogni cosa con curiosa benevolenza, mentre il tono di voce, sempre cordiale ed accomodante, rivelava un’indole paziente ed equilibrata.
André, al contrario, sembrava nascondere, dietro ad uno sguardo apparentemente sereno, un incessante tormento. Il carattere schivo e taciturno, celava agli occhi dei più, una profondità di sentimenti che neppure lei, pur consapevole che la bellezza di André non si limitava al mero aspetto fisico, era certa di comprendere.
Sgranò gli occhi, turbata dalla direzione involontaria che i propri pensieri avevano imboccato.
Tornò, con fatica, a rivolgersi al comandante.
- Mi fa piacere che abbiate riposato bene, colonnello – mormorò, pensierosa – oggi vi propongo di accompagnare i miei soldati, in servizio di pattugliamento, a Parigi – proseguì, ritrovando il tono deciso – se siete d’accordo.
- Sono a vostra disposizione, madamigella – rispose, soddisfatto, l’inglese.

***

Aveva notato come i soldati rispondessero prontamente agli ordini, senza traccia di ironia nello sguardo né alcun accenno di insubordinazione, segno di evidente rispetto per il loro comandante.
Trovava il colonnello de Jarjayes oltremodo affascinante e riteneva che, dietro alla cortese riservatezza, si nascondesse un temperamento indomito ed appassionato.
Desiderava approfondire la conoscenza della bellissima donna in uniforme, ma dubitava di riuscire a penetrarne l’educato riserbo.
Riemerse dai propri pensieri notando il suo attendente fissarlo con aria interrogativa.
- Scusami William, mi sono distratto un attimo, cosa c’è?
- Ti ho domandato se vuoi esercitarti con la spada, Andrew – ripeté, l’uomo - con uno dei soldati della guardia. Hai sempre affrontato me e i soldati del tuo reggimento, che ne dici di provare con loro?
- E’ un’ottima idea, William – sorrise – lo proporrò al comandante de Jarjayes.

Oscar annuì alla richiesta – se non avete nulla in contrario, combatterò io con voi, comandante - gli propose cortesemente, ottemperando ai propri doveri di ospite.
Il colonnello inglese la fissò in silenzio.
- Qualcosa non va? - continuò, infastidita, chiedendosi quali pensieri lo inducessero a tergiversare.
- Perdonatemi, madamigella Oscar, non volevo essere scortese – si scusò – è un onore duellare con voi – concluse, sorridendole.
I due comandanti sfoderarono la spada, misurandosi con lo sguardo.
Il sorriso del colonnello inglese scomparve, sostituito da un’espressione severa e concentrata.
Le lame sibilarono in aria prima di scontrarsi emettendo un sordo suono metallico.
I soldati, spettatori silenziosi, compresero, immediatamente, che sarebbe stato arduo indovinare quale dei due comandanti avrebbe vinto il duello.
Entrambi, sorpresi dall’abilità e dalla velocità dell’avversario, si affrontarono con impeto crescente.
Ciò che era cominciato come un semplice allenamento, si trasformò in una sfida tra due forti personalità.
I movimenti rapidi ed eleganti rendevano la loro scherma aggraziata e terribilmente insidiosa.
Fieri ed austeri, si fronteggiarono con pari slancio.
Lunghi capelli biondi sfioravano visi concentrati, occhi azzurri ed occhi blu, animati dalla difficoltà dello scontro, studiavano meticolosi i movimenti dell’avversario; la battaglia del dio Marte contro se stesso.
Il duello parve proseguire per un tempo infinito. I soldati, meravigliati dalle movenze agili ed eleganti dei due contendenti, non osavano profferire parola.
Il colonnello Stewart, sfiancato dalla difficoltà di controbattere alle stoccate di Oscar, vagliò le possibilità che gli rimanevano di disarmarla. La determinazione che le leggeva nello sguardo vigile, accentuava la difficoltà del suo intento.
Parando con fatica l’ennesimo affondo, notò l’impercettibile tremore della mano destra di Oscar. Si concentrò sul lieve segno di cedimento e, spostandosi di lato, vibrò, con elegante precisione, una stoccata che colpì l’avversario al polso.
Il biondo comandante lasciò cadere la spada, tamponando la ferita con la mano sinistra.
Fissò il colonnello, sorpresa.
- Perdonatemi, comandante – si scusò, preoccupato, l’inglese.
Gettò la spada e, afferrando il braccio di Oscar, osservò, dispiaciuto, la ferita sanguinante.
- E’ solo un graffio, non allarmatevi – rispose, ritraendo la mano.
Ferita nell’orgoglio, lasciò che un suo soldato le fasciasse il taglio, usando un fazzoletto.
Turbata, riconobbe le mani forti e nel contempo delicate del suo attendente.
- Grazie…André – mormorò senza sollevare lo sguardo.

***

La tazza di cioccolato fumante le riscaldava le mani, ma non il cuore. Fissando il cielo incendiato dal bagliore rossastro del tramonto, si interrogò sugli errori commessi durante il duello.
In realtà, si sentiva sperduta. Nessuno, nemmeno il possente Alain, l’aveva mai battuta. Aveva sempre sconfitto gli avversari contrapponendo alla loro forza, movimenti agili e veloci, che il suo fisico leggero le consentiva di avere in misura superiore a loro.
Il colonnello Stewart aveva vinto usando la sua stessa tecnica.
Udendo un rumore di passi alle spalle, si volse, osservando impassibile il volto serio e preoccupato del suo ospite.
- Sono desolato, comandante – disse, inquieto – non era mia intenzione ferirvi.
- Non dovete preoccuparvi – lo rassicurò Oscar – siete abile con la spada; nessuno, fino ad ora, mi aveva mai battuto.
- E’ stata solo fortuna, madamigella, ancora qualche istante e avrei ceduto alla stanchezza – ammise, senza alcuna ironia.
Oscar non replicò, ponendo fine, con il suo silenzio, alla breve conversazione.
Con un cenno del capo, il colonnello si congedò, intuendo il desiderio del comandante de Jarjayes di rimanere sola.

***

Lo sguardo era ipnotizzato dalle lingue di fuoco che si sprigionavano, sempre più deboli, dall’ultimo ceppo rimasto nel camino.
Posò il calice sul tavolino, accanto ad una bottiglia, ormai vuota, di ottimo vino rosso.
Detestava sentirsi vulnerabile. Ogni notte fuggiva dagli stessi fantasmi, soffocata dagli sguardi indulgenti del colonnello inglese e tormentata dai pesanti silenzi di André.
Profondamente diversi, possedevano entrambi la capacità di vanificare il suo tentativo di vivere come un uomo. Avrebbe desiderato dedicarsi esclusivamente alla carriera militare, senza essere vessata da allusioni che le ricordavano di essere una donna.
Il cigolio della porta ed un rumore di passi alle sue spalle richiamarono la sua attenzione.
Volse il capo, fissando il bel volto del suo attendente.
- Il fuoco si sta spegnendo, non te n’eri accorta?
Chinandosi sul camino, l’uomo ravvivò la fiamma.
- André? – lo chiamò, confusa.
- Sì?
Rimase in attesa, ammirando il suo bellissimo comandante.
- Che hai da guardare? – lo aggredì, all’improvviso.
André notò la bottiglia di vino. Aveva bevuto. Diversamente, non si sarebbe lasciata sopraffare dall’ira.
- Nulla – le ripose, calmo.
- Non mentire! Il tuo sguardo è eloquente.
Tacque, nella speranza che il muro eretto da Oscar crollasse sotto i colpi della sua collera.
Dopo mesi di fredda impassibilità, quella reazione rappresentava uno spiraglio verso il suo cuore.
- Parlami, André! Non sopporto i tuoi silenzi – gridò – sembra che tu sappia come comportarti in ogni occasione, mentre io … annego in un mare di incertezza – farfugliò, trattenendo brucianti lacrime di rabbia.
- Non cercare inutili spiegazioni, Oscar. Sono semplicemente un soldato ai tuoi ordini – rispose, ignorando la sua acredine.
- Smettila di essere così condiscendente, André!
L’uomo strinse le labbra, cercando di dominare la crescente gelosia.
- Credi, forse, che sia io la causa del tuo tormento? Oppure le ragioni del tuo scatto d’ira sono da ricercare nel fascino che il colonnello Stewart esercita su di te? – azzardò, sfidandola.
Oscar si alzò in piedi, fronteggiandolo – che cosa vorresti dire, André? – lo minacciò – mi credi, dunque, soggiogata dal nostro ospite? – concluse, offesa.
Non rispose, ammirando il volto, arrossato dall’ira, di Oscar. Si specchiò negli occhi chiari, ardenti di vita, soffocando il desiderio di stringerla a sé.
Oscar era una donna dal temperamento eclettico; capace di profondi slanci di generosità, aveva un animo nobile ed un encomiabile senso di giustizia che la rendevano unica. Avrebbe raggiunto la completa armonia, solo smettendo di lottare contro se stessa, ma era un percorso che solo lei poteva intraprendere.
Tornò a riflettere sulle sue parole.
- Solo tu, Oscar, puoi rispondere a questa domanda – replicò, apparentemente tranquillo.
- Maledizione, André! – sbottò furente – perché non mi dici chiaramente ciò che pensi? Non sopporto il tuo sguardo di disapprovazione.
Mosse, incerta, qualche passo, avvicinandosi a lui - detesto sentirmi fragile e il tuo silenzio assomiglia ad una condanna – mormorò, quietandosi.
- Sei ubriaca, Oscar – affermò calmo, accarezzandola con lo sguardo.
Lo aveva fatto di nuovo. Lo aveva ferito, attribuendogli colpe non sue. Lo aveva deliberatamente provocato e André aveva sorretto il peso della sua collera senza aggredirla.
- Non sono ubriaca – negò, consapevole che non erano quelle le parole che voleva pronunciare – non dovrei comportarmi così con te – ammise, infine.
- Forse dovresti smettere di fuggire da te stessa, non credi Oscar? Non sei fragile, solo umana.
- La tua gentilezza mi tormenta – gli confessò, coprendosi gli occhi con una mano – e sono incapace di cancellare il rimorso di averti allontanato da me.
- Ti sentiresti meglio se ti aggredissi, non è vero? Potresti spazzare via il senso di colpa che ti tormenta ed avresti un valido motivo per fuggire di nuovo, non è così, Oscar? – affermò, tristemente – ma io non voglio essere il tuo alibi. E’ una lotta contro te stessa quella che hai ingaggiato. Non sono io la causa della tua inquietudine, lo sappiamo entrambi.
La verità la colpì, dolorosa, come una stilettata.
Le parole di André avevano il potere di metterla con le spalle al muro, come sempre. La mente annebbiata dall’alcool le impedì di replicare.
Lo scrutò, in silenzio. Era bello, senza alcun dubbio. Arrossì, confusa.
- Non potrò mai liberarmi dal mio destino. La frase che mi dicesti tanto tempo fa, "una rosa non potrà mai essere un lillà", mi irrita ancora oggi – sussurrò incerta.
- Perché vuoi combattere? Non puoi essere semplicemente una donna ed un soldato? Cosa te lo impedisce, Oscar? – le chiese dolcemente.
- Non lo so – mormorò, appoggiando, senza riflettere, la fronte sul petto di André.
L’uomo sussultò, sorpreso.
Chiuse gli occhi, stringendo i pugni. Lei era troppo vicina.
Oscar sollevò una mano, spostando delicatamente la ciocca di capelli che ricopriva l’occhio privo della vista.
- Sei generoso, André, mentre io ho sempre pensato solo a me stessa – farfugliò, stordita dal vino bevuto.
Posò lo sguardo sul volto bellissimo, illuminato dal chiarore del fuoco. Non erano le parole che avrebbe desiderato udire da lei ma, per la prima volta, Oscar gli aveva svelato una parte importante del suo cuore.
Incapace di allontanarla da sé, infranse il giuramento proferito tanto tempo prima.
- Perdonami, Oscar – mormorò.
La abbracciò con impeto, sfiorandole le labbra in una lenta e sensuale carezza.
Seppur sorpresa, non si ritrasse. Chiudendo gli occhi rispose al bacio, arrendendosi alle sconosciute ed ardenti emozioni germogliate nel suo cuore.
André avvertì le braccia di Oscar cingergli il collo ed il corpo esile e flessuoso aderire al suo.
Il bacio, dapprima tenero e struggente, divenne esigente ed appassionato, incendiandoli di desiderio.
Il tempo perse il suo significato ancorandola al presente.
Si smarrì in una tempesta di emozioni che la spinsero a cercare rifugio nell’abbraccio possessivo di Andrè.

Un barlume di lucidità si insinuò nella mente. Posò le mani sul torace di André e lo allontanò con forza, fissandolo smarrita.
- Vattene André – mormorò tra le lacrime – lasciami sola.
Il giovane la scrutò a lungo, prima di chinare il capo, in segno di resa.
- Come desideri, Oscar – si costrinse a dire.
Si avviò verso la porta, senza aggiungere altro.
Oscar comprese di avere commesso, ancora una volta, il medesimo errore.
- E’ colpa mia – cercò di scusarsi – devo aver bevuto troppo.
André, fermo sulla soglia, si volse, fissandola negli occhi chiari.
- Non è cambiato nulla dentro di me – sospirò inquieto – io ti amo, Oscar.
Piano, richiuse la porta alle sue spalle.

Si accasciò sulla poltrona, stringendosi il capo tra le mani. Immobile, attese il quietarsi del battito frenetico del cuore.
Sconcertata dall’improvvisa esplosione dei sentimenti celati nell’animo, lo aveva respinto con vigore.
Non era riuscita a dirgli altro. Come poteva, se neppure lei comprendeva ciò che le era accaduto?
Sospirò, scuotendo il capo: mentiva a se stessa.
Non avrebbe voluto respingere André, non con quelle parole.
Un intreccio appassionante di immagini le vorticò nella mente. Vide mani tremanti accarezzare le spalle ampie e muscolose di André, labbra febbrili rispondere con trasporto ai baci esigenti e profondi, occhi azzurri, accesi di passione, specchiarsi in un tempestoso mare smeraldo.
Desiderò, con tutto il cuore, abbandonarsi di nuovo tra le sue braccia perdendosi nei suoi baci, fino a trascinare se stessa nell’oblio.
Era, dunque, questo, l’amore?

 

Continua

 

Ecco! Pronto un altro capitolo.
Ho usato la scena dell’anime in cui André ravviva il fuoco ed Oscar gli comunica la decisione di lasciare la guardia reale, ovviamente modificandola un po’…., perché è un episodio che mi è sempre piaciuto. ^^

  
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