Anime & Manga > Dragon Ball
Segui la storia  |       
Autore: LeftEye    10/04/2012    2 recensioni
Cercò di riportare alla mente cosa avesse visto nel sonno di tanto sconvolgente da farlo svegliare di soprassalto, ma tutto ciò che vedeva ancora del sogno erano degli occhi rossi.
Tanti occhi rossi.
E anche… ora ricordava! Una giovane donna.
***
Fanfic corretta e modificata! Il pianeta Vegeta è alle prese con un virus che trasforma tutti in zombie, come andrà a finire?
Genere: Avventura, Horror, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Chichi, Goku, Nuovo personaggio, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta, Chichi/Goku
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Incompiuta
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Livello sei: migrazione

 

 

 

 
I Saiyan non erano esseri loquaci per natura: la foresta riempiva i silenzi tra Kauli e Vegeta ma, del resto, cosa avrebbero potuto dirsi una bambina spaventata e un cinico guerriero?
Quella notte si erano arrampicati su di un alto albero e c’era stato molto trambusto, sotto di loro: come previsto da Vegeta, gli infetti avevano cominciato a migrare in massa e non si sarebbe stupito di trovare, la mattina seguente, i villaggi lungo il cammino completamente distrutti.
Doveva fare in fretta, prima che il virus si espandesse a tutto il pianeta, ma poteva muoversi solo di giorno e molto spesso solo a piedi, per non attirare a sé tutti i contagiati e rallentare ancora di più il suo tragitto.
Quella notte avevano fatto strage della fauna della giungla, ma sembravano comunque prediligere gli esseri umani. Almeno loro avevano trovato qualcosa da mangiare: lui e la mocciosa, invece, non avevano toccato né cibo né acqua per un giorno e mezzo.
Vegeta camminava davanti, facendosi strada tra le piante alte, e la bambina dietro, trascinando le gambe.
Erano entrambi sporchi, accaldati e stanchi, inoltre dovevano far fronte agli attacchi di animali infetti, quindi, anche se fossero appartenuti alla razza più socievole dell’Universo, non avrebbe parlato.
Quando finalmente uscirono dalla foresta e iniziarono a comparire di fronte a loro i primi campi coltivati, il sole era proprio sopra le loro teste e bruciava come non mai; fortunatamente, presto trovarono un piccolo corso d’acqua dove poterono dissetarsi.
«Dove vai?» chiese Vegeta quando vide la bimba alzarsi in piedi.
«A fare la pipì.»
«Ma se ci sei andata venti minuti fa?»
«Mi scappa!»
Decise di lasciar perdere il discorso, non ne sarebbe valsa la pena. Non era in grado di gestire un marmocchio, soprattutto se femmina.
Avevano appena ripreso il cammino quando scorsero un infetto correre nella loro direzione.
Sul volto di Vegeta apparve un ghigno divertito e attese fino all’ultimo secondo per uccidere l’essere.
Poi si girò verso Kauli che lo guardava sconvolta e le chiese:
«Saresti in grado di farlo?»
Lei scosse la testa in segno di diniego.
«Non devi farti mordere da loro, né graffiare, altrimenti ti contageranno. Per ucciderli, devi staccare loro la testa o spezzargli l’osso del collo. Così» le posò la mano destra dietro la nuca e l’altra sotto il mento. Lei arrossì, era la prima volta che veniva toccata da un adulto che non fosse sua sorella.
«E giri con forza verso la tua sinistra; ma ricorda, non lasciare che ti tocchino. Dovresti essere in grado di cavartela con gli infetti che sono fuori di giorno, ma con i Saiyan no, sono troppo forti per te.»
«Tu però hai dei graffi» osservò lei.
«Io sono immune, ma non pensare che sprechi il mio tempo a proteggerti. Quindi combatti, o morirai.»
Lei annuì con decisione, pronta a dimostrare al suo principe quanto valeva.
Andarono avanti, stavolta volando, lentamente perché Kauli aveva imparato a levitare solo da poco, fino ad un villaggio ormai disabitato e lì atterrarono: alcune case erano andate in fiamme e c’erano molti cadaveri per le strade.
L’orribile spettacolo colpì a tal punto la ragazzina che le ginocchia le vennero meno, cadde a terra e rigettò.
Quando sollevò il viso, gli occhi vitrei e la pelle pallidissima, c’era Vegeta a fissarla con il solito cipiglio infastidito.
«Abituati a questo. Ne vedremo spesso di paesaggi del genere.»
Le diede le spalle e si sollevò leggermente da terra.
Lei prese fiato e trovò la forza di rialzarsi.
Viaggiavano di giorno e si nascondevano di notte, mentre lei cercava di riposare e Vegeta stava di guardia, mangiando quello che trovavano nelle case abbandonate, ma non si fermavano mai per lavarsi o cambiare gli abiti ormai sudici e sgualciti, non c’era tempo; erano già abbastanza rallentati dagli attacchi diurni degli infetti che vagavano affamati per le città.
Non tutti dovevano essere stati contagiati, ma sicuramente si nascondevano e non sarebbero certo usciti fuori, nemmeno alla vista di due sopravvissuti, dei quali una bambina piccola.
La prima volta che Kauli uccise un infetto tentò di non esternare la paura e il disgusto di sé che provò: Vegeta in quei giorni stava tentando di plasmare la sua mentalità affinché diventasse una spietata assassina, come lui, e non si fermasse dinnanzi a nulla.
Quello che le insegnava lui era diverso da ciò che le diceva Ginger.
Non doveva provare alcun sentimento oltre all’odio e la rabbia, ma anche queste emozioni dovevano essere controllate secondo necessità.
Doveva uccidere chiunque le si parasse davanti per contagiarla, che fosse uomo o donna, vecchio o bambino.
Ciò che era più importante era la propria salvezza: solo Vegeta poteva decidere se risparmiare un infetto oppure no.
«Perché non li uccidiamo tutti?» gli chiese il terzo giorno di viaggio.
«Perché altrimenti rimarremmo gli unici esseri sul pianeta. Avrò ancora bisogno di un esercito, una volta finito tutto questo.»
Ecco perché rimanevano nascosti, la notte.
Kauli non si sentiva a proprio agio con il principe, tuttavia lo ammirava moltissimo; avrebbe tanto voluto ritornare a casa e raccontare ai suoi compagni dell’accademia che era stata allenata dal guerriero Saiyan più forte dell’Universo, Vegeta.
Sarebbero morti di invidia… ma forse lo erano già, pensava con tristezza.
Ogni Saiyan era abituato a non temere nessuno, difatti lei non aveva paura degli infetti, ma vedere tutti quei villaggi ridotti in cenere, tutti quei cadaveri, aveva scosso profondamente il suo mondo e le sue convinzioni.
Sapere che un virus, una cosa che non si poteva né vedere né sentire, ma che era riuscito a sconfiggere i guerrieri più forti del pianeta senza che essi nemmeno se ne accorgessero, la spaventava moltissimo.
Non voleva diventare un mostro: voleva crescere, imparare a combattere e diventare forte.
Ma, prima di ogni altra cosa, desiderava tornare a casa e vedere di nuovo sua sorella, farsi abbracciare da lei ed essere rassicurata. Di notte, lasciava sciogliere il nodo alla gola che la torturava di giorno, ma silenziosamente: temeva che, se Vegeta l’avesse vista piangere, l’avrebbe lasciata da sola. Se scambiavano qualche parola, lui non faceva altro che ripetere che sua sorella era morta, che si era trasformata in un mostro, ma lei non voleva accettarlo.
 
 
Tre giorni dopo la loro partenza dalla capitale, giunsero ad una città più grande rispetto ai villaggi per i quali erano passati precedentemente: anch’essa, quasi completamente distrutta e disabitata.
Quella visione scoraggiò Vegeta, poiché quella era la città dove si trovava la ragazza che stava cercando ed era chiaro che gli infetti si stavano spostando molto velocemente.
Non erano rimasti molti sopravvissuti; da un edificio uscirono alcuni contagiati, correndo verso di loro, ma dopo pochi metri si udirono degli spari ed essi caddero a terra morti, con la testa perforata da un proiettile.
Un cecchino, nascosto chissà dove, aveva risparmiato a Vegeta la fatica di ammazzarli con le sue mani.
«Dobbiamo trovare i laboratori.»
Era pomeriggio e il sole sarebbe tramontato tra poche ore, bisognava fare in fretta.
Parecchi abitanti della città erano stati infettati e riuscivano a scovare molti dei sopravvissuti nascosti; qualche alieno, dalle finestre dei palazzi dentro i quali si erano barricati, gridò loro di togliersi dalla strada e mettersi in salvo, ma Vegeta si difendeva senza difficoltà; la bambina invece poteva affrontare solo un infetto alla volta, dunque, quando vennero attaccati, il principe le ordinò di restare in disparte ed arrampicarsi su di un albero.
Giunti alla periferia nord, si trovarono in un mezzo ad un grande parco, al centro del quale c’era un basso ma ampio edificio, costituito principalmente da grandi vetrate, molte delle quali tuttavia erano andate in frantumi.
Era come una grande scatola trasparente, all’interno della quale nessun Saiyan che avesse contratto il virus non sarebbe mai entrato.
All’interno, Vegeta notò che in passato dovevano esserci state delle tende, a coprire le vetrate, ma ora erano state strappate via e il sole penetrava in tutto il piano terra, rendendo l’ambiente afoso come una serra e la luce accecante.
Nella hall c’era un bancone, con due computer non più funzionanti, un telefono e varie cartelle, delle sedie, dei divanetti bianchi sporchi di sangue e un grande schermo, scheggiato sull’angolo inferiore destro, appeso alla parete di fronte all’entrata.
Un ambiente moderno, decorato da qualche dipinto e delle piante tropicali.
A destra videro delle porte, sempre bianche, che portavano ad uffici, archivi, salette varie.
Non c’era nessuno.
Sulla sinistra, delle scale di ferro portavano ad un piano inferiore e Vegeta andò in quella direzione, sempre seguito da Kauli.
Inaspettatamente, il piano di sotto era notevolmente illuminato e da lì non proveniva alcun rumore… ma Vegeta sentì chiaramente la presenza di un’aura aliena femminile.
Sorrise tra sé e percorse velocemente un corridoio fino ad imbattersi in una stanza, l’interno del quale era visibile grazie ad una finestra: un laboratorio, o quel che ne rimaneva, e l’aura proveniva da lì dentro, tuttavia non vide nessuno.
Si avvicinò ed aprì la porta. 
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Dragon Ball / Vai alla pagina dell'autore: LeftEye