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Autore: Nykyo    06/11/2006    5 recensioni
Quale rapporto lega Albus Silente e Severus Piton? Qual è la vera natura di Silente: è solo un abile stratega, un condottiero che muove le sue pedine sulla scacchiera della guerra, o è anche un uomo, capace di paterno affetto? La vicenda dei diciassette anni trascorsi da Piton e Silente, fianco a fianco, raccontata dal punto di vista di chi, come il Preside, ha fiducia in Severus Piton.
Questo racconto ha vinto il primo premio al concorso "Piton e la Giustizia" del Sotterraneo di Piton
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus Silente, Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Grazie a tutte per i commenti.

 

Grazie a Kagome: Ma non piangere troppo che se no mi sento in colpa.

 

Grazie a Francesca (ci si rivede ^___^): Quanto alla disperazione del giovane Severus, rapportata all’astio per James, bè anche nei libri è così. Nel primo libro Silente dice che Piton soffrì molto nel venir salvato proprio da James e non poter far nulla per ricambiare, dato il particolare legame magico che si crea con chi ti salva la vita. Un misto esplosivo di necessità di rendere quanto ricevuto e odio per chi lo maltrattava. Silente dice che infatti Piton cercò di ricambiare salvando Harry, per poi poter tornare a detestare James in pace, senza pesi sullo stomaco. Figuriamoci la situazione oggi che dopo il sesto libro sappiamo che Piton riteneva la morte dei Potter una sua colpa. Inoltre, lo dice ancora una volta Silente: per Piton la morte dei Potter fu il più grande dei rimpianti di tutta una vita. Io ho solo provato a dar voce a quello che poteva sottostare alle parole di Silente a Harry ("Non hai idea del rimorso che provò il professor Piton quando capì come Lord Voldemort aveva interpretato la profezia, Harry. Credo che sia il rimpianto più grande della sua vita e la ragione per cui tornò... "). Poi… vedrai che questo specifico Piton ha i suoi ottimi motivi per disperarsi tanto ^_-

Quanto al concorso, ti ringrazio, ma ritengo che tutte le storie partecipanti, compresa la tua, fossero ottimi concorrenti.

 

Grazie ad Akire (eccone un’altra che ho piacere di ritrovare dopo “Sorvegliato” ^__^): Non potevi farmi complimenti più belli. Specialmente per quanto riguarda la reazione di Silente, che, lo confesso, è una delle cose che più amo di tutto il racconto ed è venuta da sé, spontanea, come se Albus si scrivesse da solo. Sei riuscita, come sempre, a farmi arrossire.

 

Sperando che il nuovo capitolo ed il resto del racconto non vi deludano, a tutti buona lettura.

 

Nykyo

 

 

2. Godric’s Hollow.

 

 

Severus Piton non sentì nemmeno il sonoro schiocco con cui Silente si materializzò nella radura del boschetto che dall’alto guardava Godric’s Hollow.

Non si accorse, nella sua disperata furia, che lo portava a camminare convulsamente avanti e indietro lungo il piccolo spazio erboso, che il Preside era arrivato e lo stava osservando con un misto di dispiacere, preoccupazione ed urgenza negli occhi chiarissimi.

Severus, Severus… che maschera contratta è diventato il tuo viso…

Mi dispiace ragazzo, vorrei poterti dire solo questo: sono profondamente addolorato per te, quanto lo sono per i Potter, so quanto tenevi a che non accadesse loro nulla di male.

Invece, per prima cosa devo sapere. La causa prima di tutto, Severus. Non vale solo per te, è anche la mia priorità.

“Severus, eccomi” – furono le sue prime parole – “Sono corso appena ho potuto. Devi raccontarmi tutto, ogni minimo particolare. E’ importante”.

Il giovane mago si voltò all’istante. Il viso sconvolto quanto un campo di battaglia, i pugni serrati, ciocche corvine scompigliate a coprirgli in parte gli occhi, mentre Silente pensava che era felice di non poter scrutare davvero quei due profondissimi pozzi colmi di dolore.

Appena ha potuto? Troppo tardi. E’ dannatamente troppo tardi, ormai!

Non ho fatto che sperare e sperare che lei arrivasse in tempo per fermarlo, ma è tardi adesso. E’ finita.

Tutta la compostezza ed il rigido controllo che il giovane aveva imparato da che era divenuto una spia, e che in parte gli erano connaturati, erano svaniti, spazzati via da sentimenti diversi, tutti amarissimi. Il Preside poteva intuirne il ribollire nel ghiaietto infuocato delle iridi scure.

“Lei mi aveva assicurato che erano al sicuro!” – gli gridò contro Piton, odiando anche lui, per un momento – “Che non sarebbe accaduto nulla di male ai Potter… che ci avrebbe pensato personalmente. Invece, sono morti, morti, morti!”.

Un’esplosione d’ira e rancore incontrollato che fece fremere la punta della bacchetta, serrata tanto strettamente nella mano destra del mago da sembrarne ormai un mero prolungamento.

Scintille rosse sprizzarono nell’aria, sfrigolando nell’incontrare la barba candida di Silente che aveva fatto un passo avanti ad affrontare il giovane uomo disperato, con un’espressione di seria e dolente comprensione sul viso.

“Hai ragione” – ammise, sospirando – “Eppure, sono umano anche io, Severus, anche io posso sbagliare. Questo è un errore che non ho ancora compreso a fondo, ma che certo non smetterò mai di rimproverarmi”.

Lei non smetterà mai di rimproverarselo… – pensò il mago bruno amaramente – E io? Io cosa dovrei dire? Dannazione, no, non è colpa sua, è mia la responsabilità. E’ prima di tutto colpa mia: io ho rivelato quella maledetta Profezia, io ero lì con lui, quando è successo. Io… non mi sono mai odiato così tanto!

Tuttavia, la consapevolezza di non avercela realmente con il Preside ebbe l’effetto di calmarlo almeno quel tanto che bastava a riprendere un certo controllo di sé.

Il vecchio lo comprese – Bene, ragazzo. Ora parliamo.

“Per favore, Severus, dimmi esattamente cosa è successo” – domandò nuovamente.

Piton chinò il capo ed emise un profondo sospiro, prima di rispondere – “E’ stato tutto così veloce. Così confuso… “.

“Dall’inizio, Severus, per favore” – lo esortò con gentile premura il vecchio.

Le labbra esili si riaprirono, mentre la mente si sforzava di riordinare il caos che l’aveva invasa – “Lui ha voluto portarmi con sé. Diceva che era… dannazione, una sorta di premio perché ero stato io a rivelargli la Profezia. Un premio, si rende conto?” – ancora un piccolo rabbioso cedimento del suo autocontrollo, solo per un istante.

Poi proseguì – “Allora ho usato lo specchio per la prima volta, per avvisarla del pericolo[1]. Ma non potevo crederci. C’era l’Incanto Fidelius sulla casa, me l’aveva detto lei, mi ripetevo che era impossibile entrare. Però, Lui si è fermato a parlare con qualcuno che ci aspettava già qui a Godric’s Hollow”.

Un’ altra pausa, dopo la quale, prevenendo la domanda del Preside, disse in tono furioso e desolato – “Non lo so chi era. Non lo so, non lo so. Darei qualunque cosa per scoprirlo. Doveva essere il Custode Segreto. Chi altro poteva essere? Dopo che se ne è andato, la casa dei Potter è ricomparsa, anche io ero in grado di vederla. Solo il Custode poteva… ma non l’ho visto, l’Oscuro Signore non ha voluto che mi avvicinassi, ho a mala pena scorto un’ombra”.

Se solo sapessi chi era… come vorrei poterlo avere dinnanzi alla punta della mia bacchetta. Lo odio, lo odio, li ha traditi. Mi ha strappato il cuore.

“Lei sa chi era? Lei deve saperlo, me lo dica. Era Black, vero? Devo conoscere quel nome!” – una preghiera feroce e accorata.

Silente scosse il capo - Non è tempo per questo ragazzo, e, se anche lo fosse, non ti lascerò commettere follie. Non ti lascerò mai più cadere.

E, in ogni modo, anche se tu conoscessi il nome che chiedi, non faresti quel che ora ti passa per la mente. Io lo so. Non lo faresti mai. Non lo uccideresti, qualunque cosa tu senta di provare adesso.

Severus comprese l’inutilità della propria domanda e lesse nello sguardo di Silente l’impazienza del combattente.

Maledizione, non m’importa più nulla della causa. Nulla è tutto finito; tutto!

Però riprese il racconto, anche se avrebbe voluto soltanto urlare fino a perdere il fiato e distruggere ogni cosa attorno a sé.

Parlò, perché aveva imparato a caro prezzo l’importanza del dovere e questo gli era entrato nel sangue.

“Siamo entrati. Avevo l’ordine di non intromettermi, di stare a guardare. Voleva fare tutto Lui, personalmente. Per me doveva essere un onore, e un insegnamento sulla sua potenza. Per quello mi ha portato con sé, gliel’ho detto” – un nuovo lungo e doloroso sospiro, e proseguì concitatamente – “James Potter è caduto subito. Ha tentato… io avrei voluto far qualcosa, ma non c’è stato il tempo. Poi abbiamo salito le scale di corsa e lei… Lily… “

Gli si era serrata la gola, dovette deglutire più volte per poter proseguire – “Lei si è intromessa per difendere il bambino. Io non riuscivo quasi a muovermi, mi sembrava solo un incubo lentissimo e insieme troppo veloce. L’Oscuro Signore le ha detto che, se gli consegnava suo figlio e si toglieva di mezzo, non l’avrebbe uccisa, ma poi è stato solo un istante, appena una manciata di secondi. Lei ha gridato che non l’avrebbe mai fatto e l’ho vista cadere, prima ancora che finisse la frase e poi… Lui stava già pronunciando un nuovo maleficio, contro il bambino, e un momento dopo era svanito nel nulla. E il bambino era vivo, invece…”.

Un lampo acuto dietro la mezzaluna delle lenti e Silente domandò – “Com’è sparito, Severus? Come, esattamente? Potrebbe essere di vitale importanza”.

“Svanito” – ripeté Piton, sforzandosi di scacciare la sofferenza del ricordare quei momenti terribili per concentrarsi solo sul momento cruciale – “E’ stato come se… come se si fosse disintegrato davanti ai miei occhi. Non come quando ci si smaterializza. Ma non so spiegarlo meglio di così. Ero troppo confuso e inorridito e poi c’è stato un forte boato e la casa ha tremato. Ho pensato che, forse, a causa della potenza magica che si era sprigionata, quando lui è svanito, la casa sarebbe potuta crollare e ho allungato d’istinto un braccio e stringere la mano del bambino che strillava, per smaterializzarmi con lui. Dopo è crollato tutto. Sono tornato tra le macerie e ho pensato immediatamente ad usare di nuovo lo specchio. Lei mi ha detto di aspettarla qui, così ho lasciato Harry Potter come mi ha chiesto e sono rimasto ad attenderla”.

Silente annui gravemente – “Capisco”.

“No che non capisce” – gridò il giovane mago bruno, lasciandosi nuovamente andare – “Lei non sa nulla. Sono stato un vigliacco, li ho entrambi sulla coscienza e non sono altro che un codardo. A cosa è servito diventare una spia, lottare, sperare? Sono sempre un assassino, non è cambiato nulla. Non cambierà mai nulla. Non è vero che ho una seconda possibilità. Era solo illusione”.

“Questo è ingiusto, Severus” – rispose il vecchio, finalmente libero di pensare anche all’uomo torturato che aveva dinnanzi – “Certo non ce lo perdoneremo mai, ma abbiamo fatto tutto il possibile e il tuo lavoro come spia è stato comunque importate. Hai salvato vite con le tue informazioni; hai fatto sì che efferati Mangiamorte non potessero nuocere a nessuno, dandoci modo di fermarli. Di sicuro, poi, hai dimostrato ampiamente di non essere affatto un vigliacco”.

“Sì che lo sono” – strillò Piton, con la gola in fiamme – “Un maledetto vigliacco. Lo sa cos’ho pensato per tutto il tempo? Lo sa? Continuavo ad implorare l’Oscuro Signore nella mia mente: Non far del male a loro, ti prego, ti prego, è colpa mia, fai male a me invece[2]. Non riuscivo a smettere di pensarlo e non l’ho detto. Avrei dovuto, anche se sarebbe stato inutile. Sarei dovuto morire con loro. Ma non ho pronunciato una sola parola, ho perfino chiuso la mia mente, istintivamente, perché non potesse leggerla… come se la dannatissima causa avesse avuto ancora importanza per me… “.

Silente scosse ostinatamente il capo – “No, Severus. Hai fatto solo il tuo dovere, coraggiosamente, come sempre. Sacrificandoti e mettendo da parte ogni desiderio personale. Non potevi certo immaginare che Voldemort sarebbe sparito e mandare all’aria la tua copertura o farti uccidere non avrebbe reso un buon servigio alla nostra causa. Hai solo fatto quel che era giusto fare. Non sei un codardo”.

Qualunque cosa possa dirsi di te, ragazzo mio, di sicuro non è che sei un vigliacco.

Non dovresti nemmeno pensarlo.

Eppure, sento che questa accusa che muovi a te stesso ti ferirà a lungo e tornerà a tormentarti ancora.

“Lei non vuol capire” – sibilò il mago più giovane – “A lei interessa solo la causa. Ma i Potter erano persone. Non vittime anonime, persone che conoscevo. E’ ancora più orribile del solito. Odiavo James Potter con tutto il cuore, ma una volta mi ha salvato la vita. Lei lo sa che tipo di debito ne consegue, lo sa benissimo. Guardi come l’ho ripagato. Lo detestavo, ma non lo volevo morto!”.

Ho odiato poche persone quanto James Potter, ma non doveva finire così, non doveva.

Non lasciò al Preside il tempo di ribattere – “E Lily… lei era gentile con me, ai tempi della scuola. Lei mi difendeva. Era così umiliante che finivo sempre con l’insultarla pesantemente. Non volevo la sua pietà, però, non vede come ho ripagato anche lei? Possibile che ancora non abbia capito? Lei non sa nulla, nulla… Lily… ”.

Silente lo osservò più attentamente. Era davvero stravolto. Le unghie avevano lacerato i palmi delle mani e i capelli continuavano ad ondeggiargli sempre più scomposti sul visto deturpato dal dolore, ad ogni movimento angosciato.

Sospirò a sua volta – Eri innamorato di lei? E’ questo, ragazzo mio? Sì. Avrei dovuto capirlo, ma io da tempo non sono avvezzo a questo tipo di amore. Forse non l’ho mai provato davvero. Io amo prima di tutto il mondo, Severus e appartengo a lui.

Ma tu amavi una sola donna e hai dovuto assistere impotente, mentre moriva davanti ai tuoi occhi.

Mi dispiace infinitamente, anche se non te lo dirò, perché riuscirei solo a scatenare ulteriormente la tua ira e ferirti più a fondo.

No, non chiamarti codardo. Ci vuol coraggio per compiere il proprio dovere anche a discapito del proprio cuore.

“Hai agito bene” – ripeté deciso – “Hai rispettato le tue consegne. E’ una guerra, Severus. Sarei rimasto molto deluso da te se tu avessi fatto altrimenti. Ma tu non mi deluderai mai, di questo sono certo”.

Che me ne faccio delle sue certezze? Io non ho tanta sicurezza. A me non importa più di nulla, vorrei solo morire, finalmente. Dimenticare quest’incubo senza fine. Ogni singolo sbaglio, e soprattutto quest’ultimo errore atroce. Voglio solo l’oblio.

Eppure, una piccola parte della sua mente e del suo cuore dicevano che, nonostante tutto, non avrebbe mai voluto deludere quel vecchio mago tanto insistente nel lottare per salvare il mondo, ma anche capace di dimostrargli umanità quando meno se lo aspettava e nel modo in cui per lui era più facile accettarla.

Gli ripetevano, che oltre le parole retoricamente vuote, lo sguardo che era fisso nei suoi occhi esprimeva affetto, e, ancora una volta, stima; nonché una forte preoccupazione per lui e vicinanza al suo dolore.

Maledetto vecchio ottimista e pazzo. Non lo vedi che è tutta follia? Il mondo è marcio e io lo sono ancora più di lui, lo sarò per sempre. Lasciami andare, ormai è finita.

Non resta più nulla, nemmeno le lacrime. Perfino quelle mi hanno abbandonato.

Formulò il pensiero ad alta voce, con tono di nuovo controllato, piatto, privo di vita – “Non importa più. E’ tutto finito, non esiste più nemmeno un nemico contro cui combattere. Niente più guerra, niente causa. Ho perduto la mia battaglia. Non sono più di nessuna utilità, né per lei né per chiunque altro. Non ha più bisogno di me. Ora, mi lasci andare”.

Andare dove, ragazzo? A morire? Questo vuoi, lo porti scritto in viso. No. Non credo che sia finita realmente e, se anche fosse, non voglio lasciarti scivolare via un’altra volta tra le mie dita, sotto i miei occhi, per sempre.

Non voglio, a prescindere da tutto il resto. Non te lo lascerò mai fare, ragazzo mio. Non lo permetterò perché sei tu, Severus.

Piton mosse un passo in avanti, con decisione, pronto a lasciarsi ogni futuro dietro le spalle, smaterializzandosi, ma Silente lo fermò.

Lo sorprese stringendolo con tutta la sua forza, serrandogli la vita, imprigionandogli le braccia inerti lungo i fianchi in quello che non era esattamente un vero e proprio abbraccio, ma nemmeno un semplice gesto di costrizione.

“Tu non andrai da nessuna parte, ragazzo!” – un tono nuovamente paternalistico e imperioso, e per la prima volta, dal momento in cui l’aveva sollevato perché non gli si prostrasse ai piedi, la parola ragazzo pronunciata in modo da sottolineare l’infantilità del suo comportamento.

Se ti dicessi che non voglio perderti, Severus, perché ho imparato a volerti bene, non funzionerebbe ora. E non sarebbe del tutto vero, non è solo questo, anche se conta davvero più di ogni altra cosa per me in questo preciso momento.

Ma, ancora una volta ti rimetterò in piedi. Ti ridarò uno scopo, e non dovrò nemmeno mentirti per farlo. Non ti ho mentito mai.

Ti ridarò una ragione per sopravvivere e sono sicuro che verrà il giorno in cui per ogni caduta saprai rialzarti da solo. Allora sarai tu a non aver più bisogno di me.

Spero che verrà anche il giorno in cui vorrai vivere davvero, ma per ora mi basta che tu ci sia.

“Da nessuna parte hai capito?” – ripeté senza lasciare la presa, anche se non ce n’era bisogno, perché il giovane mago si era come pietrificato fra le sue braccia scarne.

“Non è finita e io ho ancora bisogno di te” – affermò sicuro – “La guerra riprenderà un giorno e una spia abile, come tu hai già dimostrato di essere, potrà fare l’assoluta differenza tra chi la vincerà e chi sarà sconfitto”.

“La guerra è finita!” – gridò Severus, sbloccandosi e sottraendosi selvaggiamente alla presa di Silente – “Finita! Lui è scomparso, morto. Non esiste più nessuna causa. Basta! Mi lasci in pace”.

Perché lo fa? Perché continua a trattenermi qui? Non ha bisogno di me, nessuno ha mai avuto bisogno di me. Nessuno vuole accanto un assassino.

Sorprendendolo ancora di più il vecchio stirò le spalle e si massaggiò il collo, tirando indietro la testa, in un umanissimo gesto dettato dalla stanchezza, prima di fissare di nuovo le iridi chiare nelle sue.

Poi disse, lentamente – “Non è morto, Severus. Non credo che lo sia, anche se ancora non ho capito esattamente cosa gli sia successo. Non ha più un corpo, questo è evidente, ma per esser vivi non basta avere membra, così come per uccidere davvero qualcuno a volte non è sufficiente sopprimere il guscio di carne che lo rinchiude. No, un mago potente come Voldemort non muore tanto facilmente. Credi, ad esempio, che sarebbe facile uccidere me? Tornerà e, quando questo accadrà, noi dovremo essere desti e pronti, o realmente sarà la fine”.

Il mago bruno lo fissava attonito. Era quasi impossibile non credergli. Aveva palato con tale sicurezza, come se tutta la sua profondissima esperienza fosse riversata in ogni singola sillaba.

“Fammi vedere il Marchio, Severus, per favore” – continuò, col medesimo tono, ma anche con sottile gentilezza.

Piton gettò nell’erba la bacchetta che non aveva mai cessato di stringere e armeggiò ansioso con la manica fino a scoprirsi l’avambraccio. Il teschio dalla lingua di serpente era ancora lì a prendersi, come sempre, gioco di lui.

Era meno marcato e netto, come leggermente sbiadito, ma non era scomparso.

Non se ne andrà mai, mi rinfaccerà in eterno chi sono.

Silente lo distolse dai suoi rimorsi indicando il Marchio – “Vedi? C’è ancora. Questo non prova con certezza assoluta che Voldemort è solo momentaneamente fuori gioco, però è decisamente strano e sospetto. Sai bene che una magia normalmente svanisce con la morte di chi l’ha praticata. Tanto più un incantesimo è legato alla persona di chi l’ha pronunciato tanto più dovrebbe cessare con la sua morte; solitamente è così. Voldemort ha inventato il Marchio e l’incantesimo di richiamo che vi è legato. Ingegnoso metodo, che senza di te non avrei mai scoperto. Un incantesimo e un simbolo che sono sua creazione dovrebbero seguire la sua stessa sorte. Invece non è successo”.

Severus sentì crescere un nuovo tipo di agitazione, che, momentaneamente, riuscì a sopire la sofferenza, i rimorsi e il desiderio di cessare la propria esistenza – E se avesse ragione il vecchio? Se veramente l’Oscuro Signore non fosse morto? Se tornasse? Ricomincerebbe tutto da capo. Ancora guerra, ancora morte e distruzione, sangue innocente versato e tutto il mio dolore sarebbe veramente inutile, se Lui tornasse e non ci fossero più ostacoli ad impedire la sua folle ascesa.

Non voglio che accada. Sarebbe come se Lily fosse morta invano.

Comprese che, qualora Silente avesse previsto giusto, lui avrebbe voluto per sé la possibilità di affrontare nuovamente il suo padrone di un tempo. L’opportunità di pareggiare i conti, di impedirgli di nuocere ancora.

Il Preside gli sorrise. Già dalla prima sera in cui aveva deciso di fare di Severus Piton la sua spia, non aveva più avuto bisogno di ricorrere alla legilimanzia per leggere tra le fiamme nere dei suoi occhi. Del resto, sarebbe stato inutile, perché col suo insegnamento il giovane mago era davvero diventato un ottimo occlumante, e migliorava col passare del tempo. Non sarebbe potuto entrare nella mente di Severus senza il suo permesso.

No, niente intrusioni tra i tuoi pensieri, ragazzo. Non mi servono, so ugualmente che ce l’ho fatta: non mollerai. Sei troppo tenace per darti per vinto. Tornerai con me a Hogwarts; sano e salvo, nonostante tutto il dolore che provi.

“Va bene” – ammise Severus, in un soffio – “Le credo. Se dovesse tornare voglio esserci”.

“Ci saremo, insieme” – gli sorrise Silente – “E saremo preparati. Molto più di quanto non lo siamo stati finora”.

“E il bambino?” – domandò d’un tratto Severus, ricordandosi del piccolo Potter – “Che ne sarà di lui?”.

Lo sguardo del Preside si fece nuovamente più acuto, mentre rispondeva – “L’ha preso in custodia Hagrid, è al sicuro. Ti prometto che questa volta me ne occuperò davvero col massimo impegno. Devo riflettere a lungo sul piccolo Harry, anche se credo di poter intuire cosa deve essere accaduto, per quanto sia qualcosa di totalmente fuori dell’ordinario. Lo cresceranno i suoi parenti babbani, finchè non avrà l’età per entrare a Hogwarts. Dopo di che, ci penseremo noi, Severus”.

“Noi?” – le labbra del giovane Piton avevano preso una piega amarissima – “Che cosa intende esattamente per noi?”.

Silente si fece serissimo – “Intendo dire che lo proteggeremo. Quando Voldemort tornerà, perché lo farà, Harry sarà nuovamente in pericolo e tu per primo dovrai prenderti cura della sua incolumità”.

Mille pensieri vorticarono nella mente del mago più giovane.

“Non… io non credo di poter far nulla per Harry Potter” – replicò in un roco sussurro – “Non dopo questa notte. Lui… non lo so… a parte tutto, non saprei mai come comportarmi e il bambino è come un rimorso vivente per me… “.

Come dovrei comportarmi con lui? Come? I suoi genitori sono morti perché ho rivelato la Profezia, anche se non sapevo… non potevo sapere.

Lui è il figlio di James. E’ il bambino di Lily. Il figlio di Lily.

Maledizione, mi scoppia la testa al solo pensarci.

Il vecchio non si scompose – “Non importa come ti comporterai con lui, Severus. Questo dipende solo da te, ma quel che conta veramente è la sicurezza di Harry. A me basta che tu pensi a quella e di certo lo farai. Sono sicuro che, qualunque sentimento il bambino ti susciti, tu vorrai badare a lui. Almeno non ti sentirò più dire che non hai ripagato il tuo debito con suo padre. So che vorrai proteggerlo al posto di Lily”.

Osservò le iridi nere di Piton farsi lucide alle ultime parole e annuì.

Ti prenderai cura di lui. Lo farò anche io.

Spero solo che non mi affezionerò al piccolo Harry tanto quanto ho finito per affezionarmi a te, perché, se ho ragione, verranno momenti durissimi per lui e anche con lui non potrò permettermi troppi cedimenti.

Ad ogni modo, tu, Severus, ci sarai.

 

 

 





[1] Non mi è consentito, per motivi di stile e di trama concentrarmi nel racconto sul metodo di comunicazione tra Silente e Piton, ma, dopo averci riflettuto a lungo, fin quasi al mal di testa, mi sono detta che il Patronus, utilizzato solitamente dai membri dell’Ordine, è un mezzo troppo lento per mettere in contatto due persone che abbiano necessità costante di scambiarsi informazioni urgentissime. Silente nel 5° libro dice a Harry che l’Ordine ha mezzi di comunicazione particolarmente rapidi e sicuri, e parla al plurale. Dunque, perché non immaginare che Silente e Piton possiedano una coppia di Specchi Gemelli come quelli di Sirius e James, magari molto piccoli, tanto da non dare nell’occhio? E’ a questo che si riferisce Severus.

[2] La frase in corsivo è tratta, parola per parola da Harry Potter e il Principe Mezzosangue, cap. 26; pag. 519. Come nel caso del capitolo precedente, è Silente a pronunciarla, mentre beve la pozione posta a difesa dell’Horcrux.

   
 
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