Grazie a tutte per i
commenti.
Grazie a Kagome: Ma non piangere troppo che se
no mi sento in colpa.
Grazie a Francesca (ci si rivede ^___^): Quanto
alla disperazione del giovane Severus, rapportata all’astio per James, bè anche
nei libri è così. Nel primo libro Silente dice che Piton soffrì molto nel venir
salvato proprio da James e non poter far nulla per ricambiare, dato il
particolare legame magico che si crea con chi ti salva la vita. Un misto
esplosivo di necessità di rendere quanto ricevuto e odio per chi lo maltrattava.
Silente dice che infatti Piton cercò di ricambiare salvando Harry, per poi poter
tornare a detestare James in pace, senza pesi sullo stomaco. Figuriamoci la
situazione oggi che dopo il sesto libro sappiamo che Piton riteneva la morte dei
Potter una sua colpa. Inoltre, lo dice ancora una volta Silente: per Piton la
morte dei Potter fu il più grande dei rimpianti di tutta una vita. Io ho solo
provato a dar voce a quello che poteva sottostare alle parole di Silente a Harry
("Non hai idea del rimorso che provò il
professor Piton quando capì come Lord Voldemort aveva interpretato la profezia,
Harry. Credo che sia il rimpianto più grande della sua vita e la ragione per cui
tornò... "). Poi… vedrai che questo specifico Piton ha i suoi ottimi
motivi per disperarsi tanto ^_-
Quanto al concorso, ti ringrazio, ma
ritengo che tutte le storie partecipanti, compresa la tua, fossero ottimi
concorrenti.
Grazie ad Akire (eccone un’altra che ho piacere
di ritrovare dopo “Sorvegliato” ^__^): Non potevi farmi complimenti più belli.
Specialmente per quanto riguarda la reazione di Silente, che, lo confesso, è una
delle cose che più amo di tutto il racconto ed è venuta da sé, spontanea, come
se Albus si scrivesse da solo. Sei riuscita, come sempre, a farmi
arrossire.
Sperando che il nuovo capitolo ed il
resto del racconto non vi deludano, a tutti buona
lettura.
Nykyo
2. Godric’s
Hollow.
Severus
Piton non sentì nemmeno il sonoro schiocco con cui Silente si materializzò nella
radura del boschetto che dall’alto guardava Godric’s
Hollow.
Non si
accorse, nella sua disperata furia, che lo portava a camminare convulsamente
avanti e indietro lungo il piccolo spazio erboso, che il Preside era arrivato e
lo stava osservando con un misto di dispiacere, preoccupazione ed urgenza negli
occhi chiarissimi.
Severus,
Severus… che maschera contratta è diventato il tuo
viso…
Mi dispiace
ragazzo, vorrei poterti dire solo questo: sono profondamente addolorato per te,
quanto lo sono per i Potter, so quanto tenevi a che non accadesse loro nulla di
male.
Invece, per
prima cosa devo sapere. La causa prima di tutto, Severus. Non vale solo per te,
è anche la mia priorità.
“Severus,
eccomi” – furono le sue prime parole – “Sono corso appena ho potuto. Devi
raccontarmi tutto, ogni minimo particolare. E’
importante”.
Il giovane
mago si voltò all’istante. Il viso sconvolto quanto un campo di battaglia, i
pugni serrati, ciocche corvine scompigliate a coprirgli in parte gli occhi,
mentre Silente pensava che era felice di non poter scrutare davvero quei due
profondissimi pozzi colmi di dolore.
Appena ha
potuto? Troppo tardi. E’ dannatamente troppo tardi,
ormai!
Non ho fatto
che sperare e sperare che lei arrivasse in tempo per fermarlo, ma è tardi
adesso. E’ finita.
Tutta la
compostezza ed il rigido controllo che il giovane aveva imparato da che era
divenuto una spia, e che in parte gli erano connaturati, erano svaniti, spazzati
via da sentimenti diversi, tutti amarissimi. Il Preside poteva intuirne il
ribollire nel ghiaietto infuocato delle iridi
scure.
“Lei mi
aveva assicurato che erano al sicuro!” – gli gridò contro Piton, odiando anche
lui, per un momento – “Che non sarebbe accaduto nulla di male ai Potter… che ci
avrebbe pensato personalmente. Invece, sono morti, morti,
morti!”.
Un’esplosione d’ira e rancore incontrollato che fece fremere la
punta della bacchetta, serrata tanto strettamente nella mano destra del mago da
sembrarne ormai un mero prolungamento.
Scintille
rosse sprizzarono nell’aria, sfrigolando nell’incontrare la barba candida di
Silente che aveva fatto un passo avanti ad affrontare il giovane uomo disperato,
con un’espressione di seria e dolente comprensione sul
viso.
“Hai
ragione” – ammise, sospirando – “Eppure, sono umano anche io, Severus, anche io
posso sbagliare. Questo è un errore che non ho ancora compreso a fondo, ma che
certo non smetterò mai di rimproverarmi”.
Lei non smetterà mai di
rimproverarselo… – pensò il
mago bruno amaramente – E io? Io cosa
dovrei dire? Dannazione, no, non è colpa sua, è mia la responsabilità. E’ prima
di tutto colpa mia: io ho rivelato quella maledetta Profezia, io ero lì con lui,
quando è successo. Io… non mi sono mai odiato così
tanto!
Tuttavia, la
consapevolezza di non avercela realmente con il Preside ebbe l’effetto di
calmarlo almeno quel tanto che bastava a riprendere un certo controllo di
sé.
Il vecchio
lo comprese – Bene, ragazzo. Ora
parliamo.
“Per favore,
Severus, dimmi esattamente cosa è successo” – domandò
nuovamente.
Piton chinò
il capo ed emise un profondo sospiro, prima di rispondere – “E’ stato tutto così
veloce. Così confuso… “.
“Dall’inizio, Severus, per favore” – lo esortò con gentile premura
il vecchio.
Le labbra
esili si riaprirono, mentre la mente si sforzava di riordinare il caos che
l’aveva invasa – “Lui ha voluto portarmi con sé. Diceva che era… dannazione, una
sorta di premio perché ero stato io a rivelargli la Profezia. Un premio, si
rende conto?” – ancora un piccolo rabbioso cedimento del suo autocontrollo, solo
per un istante.
Poi proseguì –
“Allora ho usato lo specchio per la prima volta, per avvisarla del
pericolo[1]. Ma non potevo crederci. C’era l’Incanto Fidelius
sulla casa, me l’aveva detto lei, mi ripetevo che era impossibile entrare. Però,
Lui si è fermato a parlare con qualcuno che ci aspettava già qui a Godric’s
Hollow”.
Un’ altra
pausa, dopo la quale, prevenendo la domanda del Preside, disse in tono furioso e
desolato – “Non lo so chi era. Non lo so, non lo so. Darei qualunque cosa per
scoprirlo. Doveva essere il Custode Segreto. Chi altro poteva essere? Dopo che
se ne è andato, la casa dei Potter è ricomparsa, anche io ero in grado di
vederla. Solo il Custode poteva… ma non l’ho visto, l’Oscuro Signore non ha
voluto che mi avvicinassi, ho a mala pena scorto
un’ombra”.
Se solo
sapessi chi era… come vorrei poterlo avere dinnanzi alla punta della mia
bacchetta. Lo odio, lo odio, li ha traditi. Mi ha strappato il
cuore.
“Lei sa chi
era? Lei deve saperlo, me lo dica. Era Black, vero? Devo conoscere quel nome!” –
una preghiera feroce e accorata.
Silente
scosse il capo - Non è tempo per questo
ragazzo, e, se anche lo fosse, non ti lascerò commettere follie. Non ti lascerò
mai più cadere.
E, in ogni
modo, anche se tu conoscessi il nome che chiedi, non faresti quel che ora ti
passa per la mente. Io lo so. Non lo faresti mai. Non lo uccideresti, qualunque
cosa tu senta di provare adesso.
Severus
comprese l’inutilità della propria domanda e lesse nello sguardo di Silente
l’impazienza del combattente.
Maledizione,
non m’importa più nulla della causa. Nulla è tutto finito;
tutto!
Però riprese
il racconto, anche se avrebbe voluto soltanto urlare fino a perdere il fiato e
distruggere ogni cosa attorno a sé.
Parlò,
perché aveva imparato a caro prezzo l’importanza del dovere e questo gli era
entrato nel sangue.
“Siamo
entrati. Avevo l’ordine di non intromettermi, di stare a guardare. Voleva fare
tutto Lui, personalmente. Per me doveva essere un onore, e un insegnamento sulla
sua potenza. Per quello mi ha portato con sé, gliel’ho detto” – un nuovo lungo e
doloroso sospiro, e proseguì concitatamente – “James Potter è caduto subito. Ha
tentato… io avrei voluto far qualcosa, ma non c’è stato il tempo. Poi abbiamo
salito le scale di corsa e lei… Lily… “
Gli si era
serrata la gola, dovette deglutire più volte per poter proseguire – “Lei si è
intromessa per difendere il bambino. Io non riuscivo quasi a muovermi, mi
sembrava solo un incubo lentissimo e insieme troppo veloce. L’Oscuro Signore le
ha detto che, se gli consegnava suo figlio e si toglieva di mezzo, non l’avrebbe
uccisa, ma poi è stato solo un istante, appena una manciata di secondi. Lei ha
gridato che non l’avrebbe mai fatto e l’ho vista cadere, prima ancora che
finisse la frase e poi… Lui stava già pronunciando un nuovo maleficio, contro il
bambino, e un momento dopo era svanito nel nulla. E il bambino era vivo,
invece…”.
Un lampo
acuto dietro la mezzaluna delle lenti e Silente domandò – “Com’è sparito,
Severus? Come, esattamente? Potrebbe essere di vitale
importanza”.
“Svanito” –
ripeté Piton, sforzandosi di scacciare la sofferenza del ricordare quei momenti
terribili per concentrarsi solo sul momento cruciale – “E’ stato come se… come
se si fosse disintegrato davanti ai miei occhi. Non come quando ci si
smaterializza. Ma non so spiegarlo meglio di così. Ero troppo confuso e
inorridito e poi c’è stato un forte boato e la casa ha tremato. Ho pensato che,
forse, a causa della potenza magica che si era sprigionata, quando lui è
svanito, la casa sarebbe potuta crollare e ho allungato d’istinto un braccio e
stringere la mano del bambino che strillava, per smaterializzarmi con lui. Dopo
è crollato tutto. Sono tornato tra le macerie e ho pensato immediatamente ad
usare di nuovo lo specchio. Lei mi ha detto di aspettarla qui, così ho lasciato
Harry Potter come mi ha chiesto e sono rimasto ad
attenderla”.
Silente
annui gravemente – “Capisco”.
“No che non
capisce” – gridò il giovane mago bruno, lasciandosi nuovamente andare – “Lei non
sa nulla. Sono stato un vigliacco, li ho entrambi sulla coscienza e non sono
altro che un codardo. A cosa è servito diventare una spia, lottare, sperare?
Sono sempre un assassino, non è cambiato nulla. Non cambierà mai nulla. Non è
vero che ho una seconda possibilità. Era solo
illusione”.
“Questo è
ingiusto, Severus” – rispose il vecchio, finalmente libero di pensare anche
all’uomo torturato che aveva dinnanzi – “Certo non ce lo perdoneremo mai, ma
abbiamo fatto tutto il possibile e il tuo lavoro come spia è stato comunque
importate. Hai salvato vite con le tue informazioni; hai fatto sì che efferati
Mangiamorte non potessero nuocere a nessuno, dandoci modo di fermarli. Di
sicuro, poi, hai dimostrato ampiamente di non essere affatto un
vigliacco”.
“Sì che lo
sono” – strillò Piton, con la gola in fiamme – “Un maledetto vigliacco. Lo sa
cos’ho pensato per tutto il tempo? Lo sa? Continuavo ad implorare l’Oscuro
Signore nella mia mente: Non far del male
a loro, ti prego, ti prego, è colpa mia, fai male a me invece[2].
Non riuscivo a smettere di pensarlo e non l’ho detto. Avrei dovuto, anche se
sarebbe stato inutile. Sarei dovuto morire con loro. Ma non ho pronunciato una
sola parola, ho perfino chiuso la mia mente, istintivamente, perché non potesse
leggerla… come se la dannatissima causa avesse avuto ancora importanza per me…
“.
Silente
scosse ostinatamente il capo – “No, Severus. Hai fatto solo il tuo dovere,
coraggiosamente, come sempre. Sacrificandoti e mettendo da parte ogni desiderio
personale. Non potevi certo immaginare che Voldemort sarebbe sparito e mandare
all’aria la tua copertura o farti uccidere non avrebbe reso un buon servigio
alla nostra causa. Hai solo fatto quel che era giusto fare. Non sei un
codardo”.
Qualunque
cosa possa dirsi di te, ragazzo mio, di sicuro non è che sei un
vigliacco.
Non dovresti
nemmeno pensarlo.
Eppure,
sento che questa accusa che muovi a te stesso ti ferirà a lungo e tornerà a
tormentarti ancora.
“Lei non
vuol capire” – sibilò il mago più giovane – “A lei interessa solo la causa. Ma i
Potter erano persone. Non vittime anonime, persone che conoscevo. E’ ancora più
orribile del solito. Odiavo James Potter con tutto il cuore, ma una volta mi ha
salvato la vita. Lei lo sa che tipo di debito ne consegue, lo sa benissimo.
Guardi come l’ho ripagato. Lo detestavo, ma non lo volevo
morto!”.
Ho odiato
poche persone quanto James Potter, ma non doveva finire così, non
doveva.
Non lasciò
al Preside il tempo di ribattere – “E Lily… lei era gentile con me, ai tempi
della scuola. Lei mi difendeva. Era così umiliante che finivo sempre con
l’insultarla pesantemente. Non volevo la sua pietà, però, non vede come ho
ripagato anche lei? Possibile che ancora non abbia capito? Lei non sa nulla,
nulla… Lily… ”.
Silente lo
osservò più attentamente. Era davvero stravolto. Le unghie avevano lacerato i
palmi delle mani e i capelli continuavano ad ondeggiargli sempre più scomposti
sul visto deturpato dal dolore, ad ogni movimento
angosciato.
Sospirò a
sua volta – Eri innamorato di lei? E’
questo, ragazzo mio? Sì. Avrei dovuto capirlo, ma io da tempo non sono avvezzo a
questo tipo di amore. Forse non l’ho mai provato davvero. Io amo prima di tutto
il mondo, Severus e appartengo a lui.
Ma tu amavi
una sola donna e hai dovuto assistere impotente, mentre moriva davanti ai tuoi
occhi.
Mi dispiace
infinitamente, anche se non te lo dirò, perché riuscirei solo a scatenare
ulteriormente la tua ira e ferirti più a
fondo.
No, non
chiamarti codardo. Ci vuol coraggio per compiere il proprio dovere anche a
discapito del proprio cuore.
“Hai agito
bene” – ripeté deciso – “Hai rispettato le tue consegne. E’ una guerra, Severus.
Sarei rimasto molto deluso da te se tu avessi fatto altrimenti. Ma tu non mi
deluderai mai, di questo sono certo”.
Che me ne
faccio delle sue certezze? Io non ho tanta sicurezza. A me non importa più di
nulla, vorrei solo morire, finalmente. Dimenticare quest’incubo senza fine. Ogni
singolo sbaglio, e soprattutto quest’ultimo errore atroce. Voglio solo
l’oblio.
Eppure, una
piccola parte della sua mente e del suo cuore dicevano che, nonostante tutto,
non avrebbe mai voluto deludere quel vecchio mago tanto insistente nel lottare
per salvare il mondo, ma anche capace di dimostrargli umanità quando meno se lo
aspettava e nel modo in cui per lui era più facile
accettarla.
Gli
ripetevano, che oltre le parole retoricamente vuote, lo sguardo che era fisso
nei suoi occhi esprimeva affetto, e, ancora una volta, stima; nonché una forte
preoccupazione per lui e vicinanza al suo
dolore.
Maledetto
vecchio ottimista e pazzo. Non lo vedi che è tutta follia? Il mondo è marcio e
io lo sono ancora più di lui, lo sarò per sempre. Lasciami andare, ormai è
finita.
Non resta
più nulla, nemmeno le lacrime. Perfino quelle mi hanno
abbandonato.
Formulò il
pensiero ad alta voce, con tono
di nuovo controllato, piatto, privo di vita – “Non importa più. E’ tutto finito,
non esiste più nemmeno un nemico contro cui combattere. Niente più guerra,
niente causa. Ho perduto la mia battaglia. Non sono più di nessuna utilità, né
per lei né per chiunque altro. Non ha più bisogno di me. Ora, mi lasci
andare”.
Andare dove,
ragazzo? A morire? Questo vuoi, lo porti scritto in viso. No. Non credo che sia
finita realmente e, se anche fosse, non voglio lasciarti scivolare via un’altra
volta tra le mie dita, sotto i miei occhi, per
sempre.
Non voglio,
a prescindere da tutto il resto. Non te lo lascerò mai fare, ragazzo mio. Non lo
permetterò perché sei tu, Severus.
Piton mosse
un passo in avanti, con decisione, pronto a lasciarsi ogni futuro dietro le
spalle, smaterializzandosi, ma Silente lo
fermò.
Lo sorprese
stringendolo con tutta la sua forza, serrandogli la vita, imprigionandogli le
braccia inerti lungo i fianchi in quello che non era esattamente un vero e
proprio abbraccio, ma nemmeno un semplice gesto di
costrizione.
“Tu non
andrai da nessuna parte, ragazzo!” – un tono nuovamente paternalistico e
imperioso, e per la prima volta, dal momento in cui l’aveva sollevato perché non
gli si prostrasse ai piedi, la parola ragazzo pronunciata in modo da
sottolineare l’infantilità del suo
comportamento.
Se ti
dicessi che non voglio perderti, Severus, perché ho imparato a volerti bene, non
funzionerebbe ora. E non sarebbe del tutto vero, non è solo questo, anche se
conta davvero più di ogni altra cosa per me in questo preciso
momento.
Ma, ancora
una volta ti rimetterò in piedi. Ti ridarò uno scopo, e non dovrò nemmeno
mentirti per farlo. Non ti ho mentito
mai.
Ti ridarò
una ragione per sopravvivere e sono sicuro che verrà il giorno in cui per ogni
caduta saprai rialzarti da solo. Allora sarai tu a non aver più bisogno di
me.
Spero che
verrà anche il giorno in cui vorrai vivere davvero, ma per ora mi basta che tu
ci sia.
“Da nessuna
parte hai capito?” – ripeté senza lasciare la presa, anche se non ce n’era
bisogno, perché il giovane mago si era come pietrificato fra le sue braccia
scarne.
“Non è
finita e io ho ancora bisogno di te” – affermò sicuro – “La guerra riprenderà un
giorno e una spia abile, come tu hai già dimostrato di essere, potrà fare
l’assoluta differenza tra chi la vincerà e chi sarà
sconfitto”.
“La guerra è
finita!” – gridò Severus, sbloccandosi e sottraendosi selvaggiamente alla presa
di Silente – “Finita! Lui è scomparso, morto. Non esiste più nessuna causa.
Basta! Mi lasci in pace”.
Perché lo
fa? Perché continua a trattenermi qui? Non ha bisogno di me, nessuno ha mai
avuto bisogno di me. Nessuno vuole accanto un
assassino.
Sorprendendolo ancora di più il vecchio stirò le spalle e si
massaggiò il collo, tirando indietro la testa, in un umanissimo gesto dettato
dalla stanchezza, prima di fissare di nuovo le iridi chiare nelle sue.
Poi disse,
lentamente – “Non è morto, Severus. Non credo che lo sia, anche se ancora non ho
capito esattamente cosa gli sia successo. Non ha più un corpo, questo è
evidente, ma per esser vivi non basta avere membra, così come per uccidere
davvero qualcuno a volte non è sufficiente sopprimere il guscio di carne che lo
rinchiude. No, un mago potente come Voldemort non muore tanto facilmente. Credi,
ad esempio, che sarebbe facile uccidere me? Tornerà e, quando questo accadrà,
noi dovremo essere desti e pronti, o realmente sarà la
fine”.
Il mago
bruno lo fissava attonito. Era quasi impossibile non credergli. Aveva palato con
tale sicurezza, come se tutta la sua profondissima esperienza fosse riversata in
ogni singola sillaba.
“Fammi
vedere il Marchio, Severus, per favore” – continuò, col medesimo tono, ma anche
con sottile gentilezza.
Piton gettò
nell’erba la bacchetta che non aveva mai cessato di stringere e armeggiò ansioso
con la manica fino a scoprirsi l’avambraccio. Il teschio dalla lingua di
serpente era ancora lì a prendersi, come sempre, gioco di lui.
Era meno
marcato e netto, come leggermente sbiadito, ma non era
scomparso.
Non se ne
andrà mai, mi rinfaccerà in eterno chi
sono.
Silente lo
distolse dai suoi rimorsi indicando il Marchio – “Vedi? C’è ancora. Questo non
prova con certezza assoluta che Voldemort è solo momentaneamente fuori gioco,
però è decisamente strano e sospetto. Sai bene che una magia normalmente
svanisce con la morte di chi l’ha praticata. Tanto più un incantesimo è legato
alla persona di chi l’ha pronunciato tanto più dovrebbe cessare con la sua
morte; solitamente è così. Voldemort ha inventato il Marchio e l’incantesimo di
richiamo che vi è legato. Ingegnoso metodo, che senza di te non avrei mai
scoperto. Un incantesimo e un simbolo che sono sua creazione dovrebbero seguire
la sua stessa sorte. Invece non è successo”.
Severus
sentì crescere un nuovo tipo di agitazione, che, momentaneamente, riuscì a
sopire la sofferenza, i rimorsi e il desiderio di cessare la propria esistenza –
E se avesse ragione il vecchio? Se
veramente l’Oscuro Signore non fosse morto? Se tornasse? Ricomincerebbe tutto da
capo. Ancora guerra, ancora morte e distruzione, sangue innocente versato e
tutto il mio dolore sarebbe veramente inutile, se Lui tornasse e non ci fossero
più ostacoli ad impedire la sua folle
ascesa.
Non voglio
che accada. Sarebbe come se Lily fosse morta invano.
Comprese
che, qualora Silente avesse previsto giusto, lui avrebbe voluto per sé la
possibilità di affrontare nuovamente il suo padrone di un tempo. L’opportunità
di pareggiare i conti, di impedirgli di nuocere
ancora.
Il Preside
gli sorrise. Già dalla prima sera in cui aveva deciso di fare di Severus Piton
la sua spia, non aveva più avuto bisogno di ricorrere alla legilimanzia per
leggere tra le fiamme nere dei suoi occhi. Del resto, sarebbe stato inutile,
perché col suo insegnamento il giovane mago era davvero diventato un ottimo
occlumante, e migliorava col passare del tempo. Non sarebbe potuto entrare nella
mente di Severus senza il suo permesso.
No, niente
intrusioni tra i tuoi pensieri, ragazzo. Non mi servono, so ugualmente che ce
l’ho fatta: non mollerai. Sei troppo tenace per darti per vinto. Tornerai con me
a Hogwarts; sano e salvo, nonostante tutto il dolore che
provi.
“Va bene” –
ammise Severus, in un soffio – “Le credo. Se dovesse tornare voglio
esserci”.
“Ci saremo,
insieme” – gli sorrise Silente – “E saremo preparati. Molto più di quanto non lo
siamo stati finora”.
“E il
bambino?” – domandò d’un tratto Severus, ricordandosi del piccolo Potter – “Che
ne sarà di lui?”.
Lo sguardo
del Preside si fece nuovamente più acuto, mentre rispondeva – “L’ha preso in
custodia Hagrid, è al sicuro. Ti prometto che questa volta me ne occuperò
davvero col massimo impegno. Devo riflettere a lungo sul piccolo Harry, anche se
credo di poter intuire cosa deve essere accaduto, per quanto sia qualcosa di
totalmente fuori dell’ordinario. Lo cresceranno i suoi parenti babbani, finchè
non avrà l’età per entrare a Hogwarts. Dopo di che, ci penseremo noi,
Severus”.
“Noi?” – le
labbra del giovane Piton avevano preso una piega amarissima – “Che cosa intende
esattamente per noi?”.
Silente si
fece serissimo – “Intendo dire che lo proteggeremo. Quando Voldemort tornerà,
perché lo farà, Harry sarà nuovamente in pericolo e tu per primo dovrai
prenderti cura della sua incolumità”.
Mille
pensieri vorticarono nella mente del mago più
giovane.
“Non… io non
credo di poter far nulla per Harry Potter” – replicò in un roco sussurro – “Non
dopo questa notte. Lui… non lo so… a parte tutto, non saprei mai come
comportarmi e il bambino è come un rimorso vivente per me…
“.
Come dovrei
comportarmi con lui? Come? I suoi genitori sono morti perché ho rivelato la
Profezia, anche se non sapevo… non potevo
sapere.
Lui è il
figlio di James. E’ il bambino di Lily. Il figlio di
Lily.
Maledizione,
mi scoppia la testa al solo pensarci.
Il vecchio
non si scompose – “Non importa come ti comporterai con lui, Severus. Questo
dipende solo da te, ma quel che conta veramente è la sicurezza di Harry. A me
basta che tu pensi a quella e di certo lo farai. Sono sicuro che, qualunque
sentimento il bambino ti susciti, tu vorrai badare a lui. Almeno non ti sentirò
più dire che non hai ripagato il tuo debito con suo padre. So che vorrai
proteggerlo al posto di Lily”.
Osservò le
iridi nere di Piton farsi lucide alle ultime parole e
annuì.
Ti prenderai
cura di lui. Lo farò anche io.
Spero solo
che non mi affezionerò al piccolo Harry tanto quanto ho finito per affezionarmi
a te, perché, se ho ragione, verranno momenti durissimi per lui e anche con lui
non potrò permettermi troppi cedimenti.
Ad ogni
modo, tu, Severus, ci sarai.
[1] Non mi è
consentito, per motivi di stile e di trama concentrarmi nel racconto sul metodo
di comunicazione tra Silente e Piton, ma, dopo averci riflettuto a lungo, fin
quasi al mal di testa, mi sono detta che il Patronus, utilizzato solitamente dai
membri dell’Ordine, è un mezzo troppo lento per mettere in contatto due persone
che abbiano necessità costante di scambiarsi informazioni urgentissime. Silente
nel 5° libro dice a Harry che l’Ordine ha mezzi di comunicazione particolarmente
rapidi e sicuri, e parla al plurale. Dunque, perché non immaginare che Silente e
Piton possiedano una coppia di Specchi Gemelli come quelli di Sirius e James,
magari molto piccoli, tanto da non dare nell’occhio? E’ a questo che si
riferisce Severus.
[2] La frase in
corsivo è tratta, parola per parola da Harry Potter e il Principe Mezzosangue,
cap. 26; pag. 519. Come nel caso del capitolo precedente, è Silente a
pronunciarla, mentre beve la pozione posta a difesa
dell’Horcrux.