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Autore: Beauty    10/04/2012    7 recensioni
Ciao a tutti! Questa storia è una mia personale rivisitazione de "La Bella e la Bestia", la mia favola preferita...
Catherine, diciottenne figlia di un mercante decaduto, per salvare il padre dalle grinfie di un misterioso essere incappucciato, accetta di prendere il suo posto. Ma quello che la ragazza non sa è che nelle vesti del lugubre e malvagio padrone di casa si cela un mostro, un ibrido mezzo uomo e mezzo animale. Col tempo, Catherine riuscirà a vedere oltre la mostruosità dell'essere che la tiene prigioniera, facendo breccia nel suo cuore...ma cosa succede se a turbare la felicità arrivano una matrigna crudele e un pretendente sadico e perverso?
Riuscirà il vero amore ad andare oltre le apparenze e a sconfiggere una maledizione del passato? E una bella fanciulla potrà davvero accettare l'amore di un mostro?
Genere: Dark, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il mostro e la fanciulla'
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L’autunno era alle porte, e quella sera aveva cominciato a tirare un vento gelido, che faceva sollevare le foglie da terra, frusciare i rami degli alberi, ed emetteva un fischio nell’aria molto simile al lamento di un’anima del Purgatorio.

Il vecchio cavallo grigio era inquieto, sembrava quasi avvertire il malumore del suo padrone. Il mercante si strinse ancora di più nel suo cappotto da viaggio marrone scuro, sollevando il colletto nel tentativo di ripararsi quanto più poteva dal vento.

Imbruniva, presto sarebbe stato completamente buio. Il mercante stava cominciando a preoccuparsi; stando a quanto aveva programmato prima della partenza, avrebbe già dovuto essere arrivato al prossimo villaggio, dove – sempre stando alla tabella di marcia – si sarebbe fermato in una locanda per la notte per poi ripartire il mattino seguente alla volta della casa di Von Rubens.

Invece, era ancora nella foresta. E va bene, forse aveva calcolato male i tempi, ma era pur sempre un mercante, un uomo abituato a viaggiare, per Giove, non poteva essersi perso!

Eppure…

Il cavallo si arrestò improvvisamente, con un breve nitrito che al mercante suonò stranamente lugubre.

- Che c’è, bello?- fece l’uomo accarezzando il collo dell’animale con una mano inguantata.

La bestia scosse il capo, quindi indietreggiò di qualche passo.

- No, fermo!- il mercante tirò le briglie nel tentativo di arrestarlo.- Fermo. Lo so che sei stanco, ma dobbiamo proseguire. Vedrai, presto saremo al villaggio…- quest’ultima frase la disse più a se stesso che al cavallo.

L’animale riprese la marcia, lentamente, quasi fosse in grado di misurare i propri passi. Il mercante si guardò intorno, facendo saettare lo sguardo da destra a sinistra. Ormai era diventato completamente buio. Maledizione, era meglio che si sbrigasse ad arrivare a quel dannato villaggio. Non aveva nessuna voglia di passare l’intera notte nella foresta…

Proseguì, sempre dritto, dieci minuti, mezz’ora, un’ora…All’uomo sembrava quasi di girare in tondo. E, alla fine, dovette ammettere che era proprio così.

Si era perso.

- Ma dove diavolo sono finito?- mormorò, cercando di mantenere la calma.

Sollevò lo sguardo al cielo, alla ricerca della stella polare, ma non la trovò. Il cielo era coperto da spesse nubi, che, spostandosi a causa del vento, lasciarono intravedere una splendente luna piena.

Questo bastò un poco per fare un po’ di luce.

La luce della luna proiettava sul terreno le ombre degli alberi, i rami sembravano lunghe braccia provviste di artigli pronti ad afferrarlo. Il mercante spronò il cavallo, timoroso; procedevano molto lentamente, l’uomo non riusciva ad impedirsi di voltarsi in continuazione a guardare alle sue spalle.

All’improvviso, un ululato.

Il cavallo si arrestò di colpo, nitrendo spaventato. Un altro ululato. Il mercante cominciò a guardarsi intorno freneticamente, cercando di capire da dove provenisse. Un terzo ululato, alle sue spalle.

Lupi, pensò, voltandosi in preda al panico.

Sentì il fruscio delle foglie, dei passi canini che si avvicinavano. Il cavallo cominciava a spaventarsi, lo sentiva. Avrebbe voluto spronarlo al galoppo, ma era come paralizzato. Il fruscio si fece più intenso, quindi una sagoma sbucò dal buio, ringhiando.

Non era un lupo, realizzò il mercante con sollievo. Era un cane.

Era un grosso cane nero, a prima vista si sarebbe detto un doberman; il mercante si sentì sollevato quando vide che aveva un collare. Ma il suo sollievo non tardò a svanire.

L’animale avanzò lentamente nella sua direzione, ringhiando e schiumando bava dalla bocca, mentre metteva in mostra i lunghi denti affilati.

- Buono…- fece il mercante, allungando una mano nel tentativo di sfiorargli il muso.

Il doberman abbaiò, cercando di morderlo. L’uomo ritrasse la mano di scatto, mentre il cane riprendeva a ringhiare e alle sue spalle comparivano altri sei o sette cani, tutti neri, e tutti con l’aria feroce e famelica.

Il doberman spiccò un balzo nella direzione del cavallo, ma il mercante fu più veloce a spronare l’animale a correre. Il cavallo si lanciò al galoppo, seguito di corsa dal branco di cani.

Il mercante si abbassò fin quasi a stendersi sulla groppa della bestia, scansando i rami degli alberi, in quella folle corsa nell’oscurità. I cani gli stavano alle calcagna, feroci come lupi.

Il doberman gli si affiancò, spiccando un balzo; raggiunse il muso del cavallo, azzannandogli il collo. La bestia emise un debole nitrito, prima che un bulldog, mordendolo a sua volta alla gola, facesse in modo di farlo cadere. L’animale rovinò a terra, sollevando un gran polverone; il mercante emise un urlo soffocato, rimanendo intrappolato con una gamba sotto il ventre del cavallo. L’uomo cercò disperatamente di liberarsi, mentre i cani cominciarono a dilaniare il corpo del vecchio cavallo, che presto soccombé con un ultimo mortale nitrito.

Il mercante riuscì ad estrarre la gamba da sotto la carcassa dell’animale, tentò di alzarsi ma uno dei cani lo afferrò per un lembo del mantello, tirando e ringhiando. L’uomo cercò di slacciare il mantello al collo che lo stava strangolando, ma quando un altro cane lo aggredì al braccio, si alzò di scatto, allontanando l’animale e strappando un lembo della veste, che venne lacerato dai denti del pitbull.

Il mercante, ferito ad un braccio e con la gamba dolorante, cominciò a correre, di nuovo alla cieca, zoppicando nel buio, mentre i cani si erano nuovamente lanciati all’inseguimento. L’uomo ansimò, sfinito, quando, mentre stava cominciando a rallentare la corsa, vide un flebile bagliore in lontananza. Avvicinandosi di più, ebbe la certezza che si trattava di una vera e propria luce; una luce proveniente da una finestra.

Il mercante si ritrovò ben presto di fronte ad un altissimo cancello in ferro battuto, il quale dava accesso ad un imponente e cupo maniero. In un’altra situazione, forse l’uomo si sarebbe ricordato che quello era lo stesso castello intravisto dalla finestra della stanza di sua figlia, ma in quel momento non pensò ad altro se non ad aprire faticosamente il cancello e a gettarsi dentro.

Inciampò sulla soglia, finendo carponi sul terriccio. Si rialzò immediatamente, appena in tempo per richiudere l’uscio, prima che i cani vi si fiondassero contro. Il mercante indietreggiò di corsa, osservando gli animali che si sollevavano sulle zampe posteriori, abbaiando attraverso le inferiate.

L’uomo non smise di guardarli neanche mentre, quasi senza rendersene conto, saliva gli scalini di pietra che portavano alla porta d’ingresso. La spalancò e, una volta entrato, vi si appoggiò con le spalle, riprendendo fiato.

Una volta ripresosi dallo spavento e dalla corsa, il mercante sollevò lo sguardo da terra. Si trovava in un ampio e buio atrio, completamente privo di mobilia e molto sudicio, con il pavimento ricoperto di polvere e i muri scrostati e pieni di muffa, per non parlare delle ragnatele che spuntavano da ogni dove. D’un tratto, l’uomo udì dei passi.

Pochi secondi dopo, ecco aprirsi una malandata porta tarlata in un angolo, da cui entrò un uomo, con addosso degli abiti sbrindellati e trascinando un secchio.

- Ehi…- chiamò il mercante, debolmente, sentendosi la gola secca.

L’uomo sollevò lo sguardo, fissandolo stralunato. Il mercante si accorse solo in quel momento che non si trattava di un uomo, bensì di un ragazzo.

Era un ragazzo piuttosto alto e magrolino, e molto giovane. Il mercante pensò che dovesse avere all’incirca l’età di sua figlia Rosalie. Aveva i capelli neri e arruffati, il viso senza barba sporco di fuliggine e gli occhi castani.

- Ehi, ragazzo!- lo chiamò ancora, ma quello non rispose. Se ne stava lì, immobile, a fissarlo con gli occhi sbarrati, quasi si trovasse di fronte ad un fantasma.

- Ragazzo…- ripeté il mercante, vagamente preoccupato da quella reazione.- Che hai? Ti senti male?

- Come…- boccheggiò quello.- Come…come siete entrato?

- Ah, ce l’hai la lingua, allora - sorrise il mercante.

- Come siete entrato?- ripeté quello, senza smettere di fissarlo con quegli occhi da triglia.- Da quanto tempo siete qui? Avete idea del rischio che correte? Sapete cosa succede se il padrone viene a sapere che…

- Senti, ragazzo, non mi può capitare niente di peggio di quel che mi è appena successo, credimi.

Quello non rispose, continuando a fissarlo. Il mercante ormai ci si era quasi abituato, perciò proseguì:

- Ascolta, ragazzo, la situazione è questa: sono stato aggredito, il mio cavallo è morto, e mi sono perso nella foresta. Potresti chiedere al tuo padrone di essere così gentile da ospitarmi?

- No!- scattò subito il ragazzo.- No, ma che, vi siete ammattito?!

- Calma, calma…- fece il mercante, accompagnando le parole con un gesto delle mani. - Non c’è bisogno di scaldarsi tanto…Ora non ho denaro con me, ma tu puoi dire al tuo padrone che, non appena riuscirò a tornare a casa, sarà ricompensato profumatamente…

Se mai riuscirò a concludere questo maledetto affare!, pensò.

Ma quello scosse il capo con energia.

- No, no, voi non capite…- mormorò.- Al padrone non interessa il denaro…se vi scopre qui…

- Ma insomma, non ci si può proprio ragionare con questo tuo padrone?!- sbottò il mercante.

- No, signore. Non si può.

Il mercante sospirò, tentando di pensare ad un’altra soluzione. Il ragazzo rimase un attimo in silenzio.

- Però…- esordì poi.- Però, forse…forse potrei ospitarvi…solo per questa notte, però!

- Oh, grazie…- fece il mercante, rincuorato.

- Ma…ma non lo deve sapere nessuno, chiaro? Se il padrone…Ascoltatemi: posso offrirvi una cena e un letto, se volete, ma non dobbiamo fare il minimo rumore…

- PETER! CHE FINE HAI FATTO?- una voce femminile ruppe i sussurri del giovane.

- Ecco, appunto…- sospirò questo.

Un’altra porta si aprì, rivelando la figura di una donna, anche lei con addosso dei vestiti rattoppati; era una donna sulla quarantina, con un fisico non snello ma nemmeno grasso, il viso gentile e i lunghi capelli castani striati qua e là da fili grigi.

- Peter, insomma! Hai portato l’acqua o…- la donna si bloccò non appena vide il mercante.

Boccheggiò, spostando lo sguardo ora su di lui ora sul ragazzo.

- Ehm…salve…- fece il mercante dopo un po’.

- Peter!- sbottò quella per tutta risposta.- Peter, ma che hai combinato?!

- Mamma, aspetta, lascia che ti spieghi…- fece il ragazzo.

- Spiegarmi?! Cosa c’è da spiegare?! Cosa ti è venuto in mente di farlo entrare?!

- Non l’ho fatto entrare io, mamma, te lo giuro, è entrato da solo…

- Oh, se il padrone lo sapesse…

- Constance, che succede qui?- fece una terza voce.

Dalla stessa porta da cui un minuto prima era uscita una donna, sbucò fuori ora un anziano uomo, alto e allampanato, con capelli bianchi e una lunga barba canuta.

- Ma che…?- fece, stralunato, non appena scorse il mercante.- Constance…ma cosa diavolo…?

- Ernest, ti prego, caccialo fuori!- lo implorò Constance, che non la smetteva di guardarsi intorno con aria spaurita.

- Ehm…sentite, signore…- esordì Ernest.- Mi dispiace di dirvelo, ma voi non potete assolutamente rimanere qui un minuto di più…

- Ha bisogno di ospitalità per la notte, Ernest - disse Peter.

- Cosa?

- Sono stato aggredito, signore - ripeté il mercante, che stava cominciando a chiedersi se non fosse finito in una gabbia di matti.- E vi sarei molto grato se poteste…

- No! Assolutamente no!- strillò Constance con fare isterico.

- Shhht!- fecero in coro Peter ed Ernest.

- Vuoi che il padrone ci scopra?- sbottò l’uomo.

- Lui comunque non può restare qui!- insistette Constance, gettando occhiate preoccupate in direzione dello scalone centrale.- Se il padrone lo scopre, finiamo nelle beghe pure noi!

- Mamma, sii ragionevole - disse Peter.- Se stiamo attenti non ci sarà alcun pericolo. Gli diamo qualcosa da mangiare, gli prepariamo un giaciglio di fortuna in cucina, dorme qui per una notte e domattina se ne va!

- La fai troppo facile! Eppure dopo tutto questo tempo dovresti aver imparato cosa succede a disubbidire al padrone!

- Mamma, quanto la fai lunga…

- Ehm…io sono ancora qui…- fece timidamente il mercante, che aveva assistito alla discussione con la sensazione di essere uno spettatore a teatro.

- Sì, ce ne siamo accorti, purtroppo…- borbottò la donna, torcendosi nervosamente le mani.

- E vi chiedo di nuovo, vi prego, signori, di ospitarmi per la notte.

I tre ammutolirono, fissandosi con aria interrogativa; il mercante era visibilmente scocciato dal loro atteggiamento, e avrebbe anche fatto a meno di elemosinare un’ospitalità che si presentava così sgradita, ma il pensiero di quel branco di cani lo spingeva ad insistere.

- E va bene - acconsentì infine il vecchio, mentre Constance stringeva i pugni, contrariata.- Ma solo per una notte, sia ben chiaro.

- Grazie - disse il mercante, chinando lievemente il capo in segno di gratitudine.

- Ma dovrete accontentarvi!- fece Constance, dirigendosi impettita in direzione della porta da cui era appena uscita.- Seguitemi, prego.

Il mercante le andò dietro, un po’ titubante, seguito a ruota da Peter ed Ernest, che continuavano a lanciare occhiate furtive tutt’intorno. Si ritrovarono in una stanzetta piccola e incredibilmente buia, presumibilmente la cucina, dato che il mercante riuscì a distinguere un vecchio tavolo tarlato con quattro seggiole malandate, qualche bacinella d’acqua, un lavello mezzo incrostato e un piccolo braciere, l’unica fonte di luce, su cui era posto un pentolone annerito.

Peter chiuse in fretta la porta, mentre il mercante prendeva timidamente posto a tavola; Constance prese un piatto dalla credenza, e, sempre con aria corrucciata, si avvicinò al pentolone, cominciando ad estrarne con un mestolo un liquido fumante.

Regnava il silenzio più totale; intanto, Ernest era sparito dentro un’altra stanzetta, a cui dava accesso una porticina in un angolo. Constance si avvicinò al tavolo, sbattendovi malamente sopra un piatto di minestra e un cucchiaio.

- Mangiate - disse, acida.- Siete fortunato che stasera ne sia avanzata un po’…

Il mercante ne sorseggiò un cucchiaio.

- E’ ottima - disse, giusto per spezzare il silenzio.- L’avete cucinata voi, signora?

- Sì, perché, credete forse che mio figlio e quel vecchio bacucco siano in grado di cucinare?- ringhiò lei.

- Meglio che non ti vanti troppo, Constance - disse Ernest, riapparendo con in braccio un ammasso di lenzuola e coperte. Cominciò a disporle metodicamente sul pavimento lurido.- Cucinare è l’unica cosa che sai fare come si deve…basta dare un’occhiata a questo posto…

- Come diavolo pretendi che riesca a pensare a tutto da sola, Ernest?!- abbaiò la donna.- Non è che voi due facciate un granché. Tu poi, con la solita scusa dei reumatismi…

- Mi stai forse dando dello scansafatiche, brutta befana? Guarda che io ti…

- Ma insomma, volete fare silenzio?!- li rimbrottò Peter.

I due si zittirono; rimasero in silenzio finché il mercante non ebbe terminato di mangiare la minestra.

- Grazie, davvero deliziosa - disse, educatamente.- Ora, se non vi dispiace, andrei a letto…

- Certo. Eccolo lì, accomodatevi pure…- disse Constance, indicando, non senza una nota beffarda nella voce, l’ammasso di coperte che Ernest aveva portato poco prima.

- Quello?!- fece il mercante, incredulo e disgustato insieme.

- Quello. Vi avevo avvertito che avreste dovuto accontentarvi.

- Ma voi non penserete veramente che io…

- L’alternativa, signore, è tornarsene nella foresta.

Il mercante si alzò di malavoglia.

- E va bene…- borbottò, dirigendosi verso il giaciglio.

Vi si accoccolò, bofonchiando qualche maledizione.

- Domani mattina verrò all’alba a svegliarvi - annunciò Constance, aprendo la porta della cucina.- In capo a dieci minuti dovrete essere fuori da qui, intesi?

- Contateci.

La donna uscì, rigida, seguita immediatamente da Ernest, il quale gli rivolse uno sguardo preoccupato. Peter fu l’ultimo ad uscire.

- Buona notte, signore - disse, prima di chiudere la porta.

- Buona notte.

Rimasto solo, il mercante prese a rigirarsi convulsamente fra le lenzuola, alla ricerca di una posizione un po’ più comoda che, si disse dopo poco, forse non avrebbe trovato mai.

- Ma che bella ospitalità, davvero!- esclamò indignato, cominciando a fissare il soffitto.

Sospirò, sollevandosi sui gomiti; quella notte l’avrebbe passata in bianco, lo sentiva.

Gettò un’occhiata alla porta da cui Ernest era uscito poco prima; chissà dove portava, si disse. Si alzò in piedi, gettando le lenzuola di lato; se non poteva dormire, tanto valeva levarsi lo sfizio di dare un’occhiata in giro.

 

***

 

Una figura incappucciata se ne stava in piedi in una stanza buia; di fronte a lei, uno specchio appeso ad un muro rifletteva l’immagine di un uomo dai capelli grigi che, uscendo dalla cucina, si ritrovava in un immenso giardino.

La figura ringhiò sommessamente, prima di allontanarsi facendo frusciare il mantello.

 

***

 

Il mercante osservò il giardino intorno a sé; era ampio, luminoso alla luce della luna, ma con l’erba alta ed incolta, gli alberi spogli con alla base cumuli di foglie secche, fiori che crescevano ovunque senza un filo logico.

Fra questi, il mercante notò una bellissima rosa, fiorita non si sa come in quel periodo freddo. Ricordò improvvisamente l’insinuazione della sua figlia più piccola, e sorrise fra sé. Si avvicinò e raccolse la rosa, recidendole il gambo da terra.

Avrebbe fatto un bello scherzo a Catherine, si disse, infilando il fiore nel taschino della camicia. Chissà che faccia avrebbe fatto, scoprendo che aveva preso in parola il suo desiderio…

La porta alle sue spalle si spalancò di colpo.

- Ma allora non avete capito!- sbottò Constance, correndo nella sua direzione dell’uomo, seguita da Ernest e Peter.- Ma cosa c’è di tanto difficile da comprendere? Lo volete capire o no che se il padrone…

La donna si bloccò di colpo; cominciò a boccheggiare, portandosi una mano alla bocca con aria scioccata. Anche Peter e il vecchio s’immobilizzarono.

Fissavano tutti e tre qualcosa alle spalle dell’uomo.

- Ma che succe…

- Tu!- ululò una voce alle sue spalle.

Il mercante si voltò di scatto, ma venne immediatamente afferrato per il bavero del mantello da una figura molto alta, il cui corpo era vestito con un lungo mantello nero; un cappuccio ne celava completamente il viso.

- Tu!- ringhiò l’uomo incappucciato.- Come osi?! Come hai osato intrufolarti in casa mia?!

- Io…

- Padrone, vi prego, calmatevi…- provò a dire Constance, tutta tremante.

- Zitta tu!- urlò l’uomo, al che Constance si ritrasse spaventata, e non disse più nulla.

L’uomo sollevò il mercante da terra, con una forza sovrumana.

- Vi prego, signore…- boccheggiò l’uomo, atterrito.

- Silenzio!- ruggì la figura incappucciata.- Entri in casa mia, mangi il mio cibo, dormi nelle mie stanze…e non contento, mi derubi!

Il mercante abbassò lo sguardo sulla rosa.

- E’ solo una rosa - provò a giustificarsi.- E’ una cosa senza importanza…

- Senza importanza?!- ululò l’uomo, imbestialito.- Prova un po’ a pensare cosa potrebbe succedere se anch’io considerassi senza importanza un tuo braccio…o la tua testa…- aumentò ancora di più la stretta alla gola.

- Vi prego…- ansimò il mercante.- Vi prego, non uccidetemi…

- Dammi un buon motivo per non farlo!

- Vi prego…ho una famiglia…

- Sai quanto me ne importa!

- Vi prego!

- Ladro! La pagherai per questo…

- No, no, vi supplico!

- Ernest!- ruggì l’uomo, facendo accorrere immediatamente il vecchio servitore.- Va’ a prendere le catene.

- Ma…ma padrone…

- Subito, se non vuoi fare la sua stessa fine!

Il vecchio si allontanò con una celerità notevole, dati i suoi anni. Constance strinse a sé un impaurito Peter.

- La pagherai, ladro…- sibilò la figura.

- No, no, vi prego…

Il mercante, nel tentativo di supplicare il suo aguzzino e insieme di liberarsi, afferrò il cappuccio dell’uomo, abbassandolo accidentalmente.

Sbarrò gli occhi, scioccato. L’essere ringhiò, guardandolo come se volesse ucciderlo.

Il mercante lanciò un urlo di orrore.

 

Angolo Autrice: Ciao a tutti! Ecco qui il terzo capitolo di questa storia. Lo ammetto, non ne sono per niente soddisfatta, ma ho fatto del mio meglio…Dunque, il mercante s’è cacciato nei guai, e ora qualcuno dovrà ingegnarsi per tirarcelo fuori…sempre che non sia troppo tardi…

Dunque, qui c’è il motivo, ben conosciuto, della rosa, ma è da intendere quasi scherzosamente, anche perché Catherine, come forse avrete intuito, non è un tipo così frivolo da chiedere in dono una rosa (idea che mi è sempre parsa abbastanza ridicola, come peraltro quella della Bestia di prendersela così tanto), e qui il padrone di casa (chi sarà mai costui? J) se la prende essenzialmente perché il mercante si è intrufolato in casa sua senza permesso…

Avevo promesso che avrei aggiunto altre immagini somiglianti a quelle dei personaggi, ed eccone qui una che vorrebbe rimandare a Lady Julia:

 

 

Ho scovato questa foto di Charlize Theron tratta dal film Biancaneve e il cacciatore, e ho pensato subito a Lady Julia. Chiaramente, come nel caso di Catherine, anche la sua matrigna non è la fotocopia esatta della Regina cattiva, questo è solo per dare un’idea, e molto è lasciato all’immaginazione del lettore…

Nel prossimo capitolo troverete le immagini di Lord William e di Henry…e vedremo com’è la situazione in casa di Catherine che, lo anticipo, non se la passa molto bene, anche se il suo spirito combattivo l’aiuterà parecchio…e, soprattutto, come reagirà la nostra protagonista quando non vedrà tornare suo padre?

Vi lascio con questo interrogativo (non ci dormiremo la notte! Nd Voi, con una punta di sarcasmo), e ringrazio le 30 persone che hanno letto, in particolare LadySerpeNera per aver aggiunto questa storia alle seguite e Alex_J ed Ellyra per aver recensito.

Ciao a tutti, al prossimo capitolo!

Dora93

  
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