Come sempre ringrazio per i commenti, che mi mettono di buon umore.
Mixky, Kagome (sì un capitolo al giorno, così non ci sono tempi morti ^_-), Francesca e Ale, grazie di cuore.
Ah, Ale, non so chi sia la prima vittima, ma no, non è Regulus, non perché non avessi già pensato a lui prima di “Stelle Gemelle”, ma perché secondo me Regulus è l’ultima vittima, piuttosto che la prima. E’ una delle gocce che hanno fatto traboccare il vaso, che era già quasi colmo.
Su tutto il resto hai pienamente ragione. Silente ha cuore, ma anche una volontà di ferro. Si affeziona, ma darebbe se stesso e anche le persone che più ama al mondo pur di sconfiggere Voldemort. Per quanto possa odiare certi doveri che impone a sé e agli altri, mai deraglierebbe dalla via tracciata dalla causa. E Severus ha già emesso il proprio verdetto da tempo: dannato, senza possibilità d’appello.
Ma non per questo sarà meno doloroso compiere anche l’ultimo passo che Albus vorrà imporgli.
PARTE QUARTA:
Sacrifici.
1. Il
cuore e la causa.
“Non ne abbiamo già
discusso abbastanza, Severus?” – la voce di Silente era pura emanazione del suo
spirito caparbio e il suo sguardo diceva chiaramente che non aveva alcuna voglia
di continuare il discorso.
Il mago bruno, però, non
era del medesimo avviso.
Oh, certo, vecchio pazzo,
dovremo smettere di parlarne come se si trattasse della cosa più normale del
mondo.
Per te è semplice questa
follia. “Se non troveremo un’altra soluzione, per il bene di Draco, per il tuo e
per la causa, farai ciò che ti ho chiesto!”. E per te è finita qui. Ogni volta
che tento di riprendere l’argomento, come quella notte nella foresta, mi fai
notare che ne abbiamo già discusso abbastanza.
Io dovrei solo obbedire,
ci sono abituato, non è così?
Quindi, la causa prima di
tutto, come sempre, tanto non sarebbe la prima volta che spezzo una vita. Un
omicidio in più, che vuoi che sia quando la mia anima è già macchiata
inesorabilmente?
Dannato vecchio, non
importa quante altre volte ho commesso il più imperdonabile dei crimini, lo vuoi
capire? Posso aver tolto la vita a vittime innocenti in passato, ma non ho mai
nemmeno preso in considerazione l’idea orribile che vuoi farmi
accettare.
Come puoi domandarmi -
arrivare ad ordinarmi perfino - di uccidere te? Stiamo parlando di te, Albus,
maledizione!
Non di un avversario, o
di uno degli amici di un tempo che ora sono diventati “il Nemico”; è di te che
stiamo parlando!
No, non ho intenzione di
assecondarti anche in questo. Nessunissima
intenzione.
Credi che non abbia la
capacità di provare riconoscenza e affetto dietro questa maschera odiosa che
porto da anni? Pensi davvero che io non sia capace di provare nausea, disgusto,
dolore al solo pensiero di una simile
aberrazione?
Sei stato la mia guida,
lo ammetto, il mio vero mentore, l’unico che abbia avuto fiducia in me, perfino
un padre a tuo modo.
Un padre severo e
incredibilmente esigente, ma anche attento e presente forse più di quanto non lo
sia mai stato il mio vero padre.
Sei l’unica persona che
realmente non mi disprezza, che riconosce le mie capacità senza provare
invidia.
I miei colleghi mi
tollerano perché ci sei tu. Magari Minerva è portata a provare affetto per me,
ma nemmeno lei si sarebbe fidata a prescindere, se non fosse per
te.
Tu mi hai insegnato ad
aver fiducia in me stesso, credendo in me, e pretendi che io ti uccida? Tu mi
hai mostrato chi sono, e hai capito chi voglio
essere.
Vuoi che preferisca la
mia vita alla tua?
O, magari, pensi che io
non abbia orgoglio? Che, a prescindere da tutto il resto, mi abbasserei a
lasciarti morire al mio posto solo perché ho stretto quell’assurdo patto con
Narcissa?
Io so cavarmela da solo!
Non ho bisogno di persone che mi salvino la vita.
L’ultimo che l’ha fatto
cosa ha guadagnato? Una tomba. Mi rifiuto di lasciare che succeda di
nuovo.
No, non ho intenzione di
obbedire questa volta, non a questo comando assurdo e
terribile.
Preferisco
morire.
“Ha ragione lei” –
dichiarò seccamente Severus – “E’ inutile discuterne oltre. Abbiamo cercato una
soluzione alternativa, ma, finora, non abbiamo avuto successo; Draco non può
essere lasciato in balia di se stesso, della sua immatura incoscienza, di
Voldemort e del proprio cognome. E’ necessario impedirgli di nuocere agli altri
e di buttar via la sua anima; su questo sono pienamente d’accordo. Ma, dal
momento che non abbiamo trovato alternative, salvo che la situazione non muti
radicalmente, ho deciso: non le obbedirò questa volta. Troverò il modo di
fermare Draco Malfoy, ma non presterò mai fede al Voto Infrangibile. Dunque, è
realmente inutile parlarne ancora”.
Non sceglierò la tua vita
al posto della mia, Albus, mai.
A tutto c’è un limite.
Posso accentuare il
caratteraccio che mi ritrovo per natura, fingendomi anche più odioso di quel che
non sia già per indole, per restare sempre sospeso nel grigio dell’ambiguità e
lasciare tutti nel dubbio su quali sia il mio reale
schieramento.
Non importa, anzi, meglio
così; tutti mi stanno alla larga ed è ciò che merito e che voglio, così nessuno
può avvicinarsi abbastanza da ferirmi e ricordarmi che ho ancora un dannatissimo
cuore.
Posso rischiare, ogni
volta che il Marchio Nero brucia, la vita ed il
senno.
Sì, il senno, perché a
volte mi pare d’impazzire quando urla strazianti si levano dal centro del
cerchio serrato dei miei compagni d’un tempo, gelandomi la spina
dorsale.
A volte, la notte, non so
distinguere più incubo e veglia e tutto è buio, che io abbia o meno le palpebre
chiuse.
Ci sono momenti in cui
faccio quasi fatica a distinguere tra menzogna e realtà. So chi sono, cosa
desidero, da che parte sto, cosa non farei mai e poi mai, ma le mie bugie
sembrano così vere. Come quando ho raccontato a Bellatrix che, grazie alle mie
informazioni, Emmeline Vance era stata uccisa.
Non è così, maledizione,
non è vero, ma a volte mi sveglio di soprassalto e, prima di ritrovare la calma
e la logica, mi pare che sia accaduto veramente, di essere stato davvero io a
consegnarla a Voldemort perché mi credesse, per la mia copertura di
spia.
Allora maledico me stesso
e la causa, finchè non riesco nuovamente a respirare e convincermi che non è
andata come ho detto a Bellatrix, che non ho anche quella donna sulla coscienza;
che non l’ho uccisa e non ucciderò mai più.
Ho sopportato tutto
questo, finora, e potrei continuare, fino a ripagare finalmente ogni mio
debito.
E’ giusto, non importa se
fa male.
Ho causato dolore, posso
sopportarne altrettanto.
Ma ucciderti, vecchio
pazzo… no.
Anche io ho i miei
limiti.
Non sarò un essere umano
gradevole, ma sono pur sempre un uomo.
Non una macchina da
guerra, o un’arma, pronta ad abbattere anche gli amici, pur di giungere alla
meta finale; solo un uomo.
Gli occhi di Silente
lampeggiavano di determinazione, non meno incrollabile di quella del suo
collaboratore, era pronto a dar battaglia. L’ultima affermazione della sua spia
perfetta, del suo Severus, era per lui inaccettabile, quanto per il mago bruno
lo era la richiesta che lui stesso continuava a
riproporgli.
Scordatelo,
ragazzo.
Per cosa credi che abbia
lottato in tutti questi anni? Solo per buttare all’aria la miglior possibilità
di minare il potere di Voldemort dall’interno, perché ne va della mia
vita?
Per cosa credi che ti
abbia inflitto la tortura di tornare da lui? Perché pensi che me ne sia stato
qui a guardare, aspettando che tu tornassi da troppe missioni, ripetendomi ogni
volta che saresti morto per avermi obbedito? Qui a guardare e attendere a
braccia conserte, sorridendo a tutti come se nulla fosse, rassicurando tutti, o
addirittura fingendo che fosse un giorno come un altro, una notte come tante,
volta dopo volta, anzi che venire là fuori a cercarti, perché tu non morissi,
perché non dovessi più umiliarti davanti a lui, per evitarti l’orrore di
rivivere il passato?
Per quale motivo pensi
che mi sia sempre impedito di dirti una frase stupida e semplice come: “Ti
voglio bene, ragazzo”?
Oh, certo, niente
smancerie con te, Severus, niente pacche sulle spalle, abbracci, parole
affettuose; a te non piacciono. Ti imbarazzano, ti danno sui nervi, a volte ti
umiliano.
Quelle le ho sempre
riservate a Harry. Ma se credi di non averne a tua volta bisogno, solo perché tu
non sei più un ragazzino, Severus Piton, ti sbagli di
grosso.
Avrebbero dovuto dirtelo
più spesso, quando davvero eri solo un bambino e un adolescente. Sono solo tre
parole: “Ti voglio bene”… tutto qui.
Ce ne vogliono solo due
per distruggere una persona. Solo due parole: “Avada Kedavra”, oppure, può
bastare anche un “Ti disprezzo”. Talvolta, anche
meno.
Quante volte ti hanno
ferito quelle due parole, Severus, sia le une che le
altre?
E io non ho mai
pronunciato quelle che, invece, avresti avuto bisogno di
sentire.
Le ho sempre ricacciate
in gola.
Non crederai davvero che
sia stato soltanto perché tu non le avresti accettate? Ho centocinquant’anni,
ragazzo, sono un po’ troppo cresciuto per non dire quel che penso solo per
evitare la reazione altrui.
Ma se ti avessi detto
cosa provo, soprattutto dopo tanti anni che ti ho accanto, che ti vedo rischiare
la vita, aver fiducia in me, negarti un’esistenza al di fuori della causa, pensi
che poi sarei riuscito a trattenermi dal domandarti di lasciar perdere tutto, di
non tornare più nell’incubo?
Sarebbe stato inutile
fermarti; non mi avresti dato retta e ormai sei in gioco, indietro non si
torna.
Sarebbe stato ingiusto
nei confronti di tutte le persone che fanno affidamento su di me e, senza
nemmeno saperlo, anche su di te; nei confronti di un mondo
intero.
Ho dovuto tenere per me
il mio cuore, e farlo tacere, ogni volta che mi diceva: “Se rischia è a causa
tua. Tu l’hai spinto a camminare sul filo di una lama tagliente che può solo
essere percorsa fino in fondo, e mai a
ritroso”.
Questa è la verità,
Severus. E tu pretendi che ora io ti lasci scegliere la
morte?
Pretendi che ti lasci
fare ciò che ti impedii, quando morirono i
Potter?
Gettando all’aria la
causa e ogni sacrificio che mi sono imposto?
Mettendo l’ultimo
definitivo bavaglio al mio cuore e alla mia
coscienza?
Bada, Severus, se la mia
sopravvivenza a discapito della tua fosse la giusta via per vincere questa
interminabile, tremenda, guerra, allora, forse non avrei
scelta.
E’ orribile anche solo
pensarlo, ma sono sempre stato sincero, anche con me stesso, e so che è così,
perché non posso gettare via le vite di molti e la libertà di un mondo intero
solo per i miei sentimenti. Sarei un egoista e un criminale, non meno di
Voldemort.
Ma non ringrazierò mai
abbastanza il fato per aver voluto che non fosse
così.
Posso mandarti là fuori a
rischiare anche ogni notte, sostenendomi con la speranza che tornerai e la
fiducia nel fatto che le tue capacità ti proteggano, ma condannarti a morte
certa, sacrificarti come una pedina tra tante… potrei farlo e, poi, io stesso
morirei dentro.
Invece – sia ringraziato
il destino che ha voluto così - non accadrà, perché la tua vita è più importante
della mia per la causa, attualmente.
Sai cosa devi fare, sai
come portare avanti da solo la lotta, sai degli Horcrux, sei più che mai vicino
a Voldemort e lo sarai ancora di più, se io
morirò.
Sei più che mai perfetto
per combattere la nostra battaglia.
E non sono mai stato
tanto felice al pensiero di essere io la pedina. Io, non
tu.
Tu sei quello
indispensabile, ragazzo mio, non io.
Tu!
Finalmente, la causa e il
mio cuore coincidono: per entrambe tu non sei sacrificabile, Severus; devi
vivere.
Nemmeno una parola aveva
rotto il lungo silenzio, eppure, l’enigmatico sorriso del Preside parlava
chiaro, sotto lo sguardo di tenebra del mago più
giovane.
Silente sapeva, che,
sebbene Piton non fosse solito usare la legilimanzia per frugargli la mente
senza permesso, aveva colto i suoi pensieri. Forse non nel dettaglio, ma
certamente nell’essenza.
Del resto, lui ed il suo
uomo usavano spesso la sola legilimanzia per comunicare, senza interferenze e
con riservatezza, in presenza altrui. Era anche un metodo assai più profondo e
rapido delle parole.
In alcune occasioni, sia
l’uno che l’altro, schermavano la propria mente, se volevano starsene un po’ da
soli con i propri pensieri, o, più semplicemente, evitavano di ricorrere a quel
tipo di magia, ma bastava ormai uno sguardo perché ciascuno dei due comprendesse
quando l’altro gli lasciava via libera.
Questa volta, il vecchio
aveva appositamente lasciato trasparire ciò che pensava. Sapeva bene che Severus
avrebbe preferito non vedere ciò che intendeva mostrargli e che avrebbe tentato
di impedirsi ogni comprensione di quel che gli veniva offerto, per non vacillare
nella propria decisione.
Le iridi del cupo mago
bruno, però, non erano meno eloquenti di quelle chiare di Silente. Troppo lucide
rispetto al solito per non smascherare il fatto che aveva colto il messaggio del
suo mentore.
E’ inutile fingere che
non sia così, ragazzo. Come è del tutto vano credere che, a mia volta, io non
abbia capito esattamente cosa ti rifiuti di dirmi a parole; quel che
provi.
Ti conosco fin troppo
bene, Severus.
Quasi a proseguire a voce
alta il proprio ragionamento, il Preside disse, con inflessibilità stemperata in
dolcezza – “So benissimo perché non vuoi obbedirmi e quanto è gravoso il compito
che ti impongo. So, perfettamente, Severus, quanto costoso sarà per te fare ciò
che desidero. Vorrei evitare che tu ti faccia carico anche di questo peso, ma lo
farai”.
Dannato vecchio, perché,
perché deve essere sempre così superiore, pur non mettendosi mai sul gradino più
alto in modo tale da umiliarmi?
Perché deve sempre avere
un senso quel che pensa o che dice?
Come fa a parlare così
della sua morte, come se fosse soltanto un altro incarico tra
tanti?
Gli parve di essere
tornato ventenne, con tutti i timori, le angosce e la disperazione della loro
prima discussione, quando rispose con eccessiva veemenza – “Non ha senso. Lei è
più importante di me. Lei è il comandante, io sono solo un subalterno. Una
guerra non si vince senza generali. Lei è più importante di me!
“.
“Molte guerre sono state
vinte, proprio quando tutto sembrava ormai irrimediabilmente compromesso, solo
perché il condottiero ha sopravanzato i suoi uomini, offrendosi per dare
l’esempio” – replicò calmo Silente, con un guizzo quasi ironico dietro le
piccole lenti – “Ma non è questo il punto e lo sappiamo entrambi. O meglio,
Severus, non è solo questo il punto. Comunque sia, non vedo altre alternative…
“.
“Io sono l’alternativa” –
esclamò roco Piton, tentando di riprendere il controllo almeno del tono della
voce – “Io ho un’alternativa. Lei o me e, che le piaccia o no, scelgo lei e non
commetterò questa follia che vuole impormi. E’ mia la vita, decido io se vivere
o morire. Lei stesso ha sempre detto che ero io a
scegliere”.
Il sorriso del Preside si
fece insieme più caldo e più amaro – “E’ vero, a suo modo. Ma è vero solo in
parte. La tua vita, Severus, non ti appartiene più. Hai già deciso, e l’hai
fatto diciassette anni fa. Da allora, la tua vita appartiene alla causa – a volte ho odiato che fosse così, ma oggi ne
sono immensamente felice – e tu non puoi più disporne liberamente quanto
prima. Farlo sarebbe da incoscienti, egoisti e codardi. Sarebbe solo una fuga
davanti alle responsabilità, e non è da te”.
Si fece ancor più gentile
prima di proseguire – “Non vuol dire che tu non abbia scelta. Ce l’hai, ma non è
tra vivere o morire, bensì tra fare la cosa giusta o quella sbagliata, per
tutti, me e Draco Malfoy compresi. Solo questa scelta, fra ciò che è bene fare,
anche se è ripugnante e doloroso e quel che è facile e privo di sofferenze. Ma
tu non hai mai scelto la via breve, hai sempre accettato anche le spine della
vita. Non c’è bisogno che ti ricordi il perché. Sei fatto così e, alla fine,
anche questa volta la tua sarà la decisione giusta, quando acconsentirai alla
mia richiesta”.
“Draco Malfoy… come se
salvargli l’anima servisse a qualcosa, se lei muore. Lui sarà comunque segnato.
Tutti lo saremo, io più che mai… “ – sibilò, pur sapendo benissimo di non
essere del tutto sincero; di star
solo cercando un appiglio per poter dar torto al
vecchio.
Avrebbe dato qualunque
cosa per impedire a Draco di commettere i suoi stessi imperdonabili errori.
Qualunque cosa, tranne la vita del suo mentore.