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Autore: Nykyo    09/11/2006    5 recensioni
Quale rapporto lega Albus Silente e Severus Piton? Qual è la vera natura di Silente: è solo un abile stratega, un condottiero che muove le sue pedine sulla scacchiera della guerra, o è anche un uomo, capace di paterno affetto? La vicenda dei diciassette anni trascorsi da Piton e Silente, fianco a fianco, raccontata dal punto di vista di chi, come il Preside, ha fiducia in Severus Piton.
Questo racconto ha vinto il primo premio al concorso "Piton e la Giustizia" del Sotterraneo di Piton
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus Silente, Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Come sempre ringrazio per i commenti, che mi mettono di buon umore.

 

Mixky, Kagome (sì un capitolo al giorno, così non ci sono tempi morti ^_-), Francesca e Ale, grazie di cuore.

 

Ah, Ale, non so chi sia la prima vittima, ma no, non è Regulus, non perché non avessi già pensato a lui prima di “Stelle Gemelle”, ma perché secondo me Regulus è l’ultima vittima, piuttosto che la prima. E’ una delle gocce che hanno fatto traboccare il vaso, che era già quasi colmo.

Su tutto il resto hai pienamente ragione. Silente ha cuore, ma anche una volontà di ferro. Si affeziona, ma darebbe se stesso e anche le persone che più ama al mondo pur di sconfiggere Voldemort. Per quanto possa odiare certi doveri che impone a sé e agli altri, mai deraglierebbe dalla via tracciata dalla causa. E Severus ha già emesso il proprio verdetto da tempo: dannato, senza possibilità d’appello.

Ma non per questo sarà meno doloroso compiere anche l’ultimo passo che Albus vorrà imporgli.

 

 

PARTE QUARTA: Sacrifici.

 

1. Il cuore e la causa.

 

 

“Non ne abbiamo già discusso abbastanza, Severus?” – la voce di Silente era pura emanazione del suo spirito caparbio e il suo sguardo diceva chiaramente che non aveva alcuna voglia di continuare il discorso.

Il mago bruno, però, non era del medesimo avviso.

Oh, certo, vecchio pazzo, dovremo smettere di parlarne come se si trattasse della cosa più normale del mondo.

Per te è semplice questa follia. “Se non troveremo un’altra soluzione, per il bene di Draco, per il tuo e per la causa, farai ciò che ti ho chiesto!”. E per te è finita qui. Ogni volta che tento di riprendere l’argomento, come quella notte nella foresta, mi fai notare che ne abbiamo già discusso abbastanza.

Io dovrei solo obbedire, ci sono abituato, non è così?

Quindi, la causa prima di tutto, come sempre, tanto non sarebbe la prima volta che spezzo una vita. Un omicidio in più, che vuoi che sia quando la mia anima è già macchiata inesorabilmente?

Dannato vecchio, non importa quante altre volte ho commesso il più imperdonabile dei crimini, lo vuoi capire? Posso aver tolto la vita a vittime innocenti in passato, ma non ho mai nemmeno preso in considerazione l’idea orribile che vuoi farmi accettare.

Come puoi domandarmi - arrivare ad ordinarmi perfino - di uccidere te? Stiamo parlando di te, Albus, maledizione!

Non di un avversario, o di uno degli amici di un tempo che ora sono diventati “il Nemico”; è di te che stiamo parlando!

No, non ho intenzione di assecondarti anche in questo. Nessunissima intenzione.

Credi che non abbia la capacità di provare riconoscenza e affetto dietro questa maschera odiosa che porto da anni? Pensi davvero che io non sia capace di provare nausea, disgusto, dolore al solo pensiero di una simile aberrazione?

Sei stato la mia guida, lo ammetto, il mio vero mentore, l’unico che abbia avuto fiducia in me, perfino un padre a tuo modo.

Un padre severo e incredibilmente esigente, ma anche attento e presente forse più di quanto non lo sia mai stato il mio vero padre.

Sei l’unica persona che realmente non mi disprezza, che riconosce le mie capacità senza provare invidia.

I miei colleghi mi tollerano perché ci sei tu. Magari Minerva è portata a provare affetto per me, ma nemmeno lei si sarebbe fidata a prescindere, se non fosse per te.

Tu mi hai insegnato ad aver fiducia in me stesso, credendo in me, e pretendi che io ti uccida? Tu mi hai mostrato chi sono, e hai capito chi voglio essere.

Vuoi che preferisca la mia vita alla tua?

O, magari, pensi che io non abbia orgoglio? Che, a prescindere da tutto il resto, mi abbasserei a lasciarti morire al mio posto solo perché ho stretto quell’assurdo patto con Narcissa?

Io so cavarmela da solo! Non ho bisogno di persone che mi salvino la vita.

L’ultimo che l’ha fatto cosa ha guadagnato? Una tomba. Mi rifiuto di lasciare che succeda di nuovo.

No, non ho intenzione di obbedire questa volta, non a questo comando assurdo e terribile.

Preferisco morire.

“Ha ragione lei” – dichiarò seccamente Severus – “E’ inutile discuterne oltre. Abbiamo cercato una soluzione alternativa, ma, finora, non abbiamo avuto successo; Draco non può essere lasciato in balia di se stesso, della sua immatura incoscienza, di Voldemort e del proprio cognome. E’ necessario impedirgli di nuocere agli altri e di buttar via la sua anima; su questo sono pienamente d’accordo. Ma, dal momento che non abbiamo trovato alternative, salvo che la situazione non muti radicalmente, ho deciso: non le obbedirò questa volta. Troverò il modo di fermare Draco Malfoy, ma non presterò mai fede al Voto Infrangibile. Dunque, è realmente inutile parlarne ancora”.

Non sceglierò la tua vita al posto della mia, Albus, mai.

A tutto c’è un limite.

Posso accentuare il caratteraccio che mi ritrovo per natura, fingendomi anche più odioso di quel che non sia già per indole, per restare sempre sospeso nel grigio dell’ambiguità e lasciare tutti nel dubbio su quali sia il mio reale schieramento.

Non importa, anzi, meglio così; tutti mi stanno alla larga ed è ciò che merito e che voglio, così nessuno può avvicinarsi abbastanza da ferirmi e ricordarmi che ho ancora un dannatissimo cuore.

Posso rischiare, ogni volta che il Marchio Nero brucia, la vita ed il senno.

Sì, il senno, perché a volte mi pare d’impazzire quando urla strazianti si levano dal centro del cerchio serrato dei miei compagni d’un tempo, gelandomi la spina dorsale.

A volte, la notte, non so distinguere più incubo e veglia e tutto è buio, che io abbia o meno le palpebre chiuse.

Ci sono momenti in cui faccio quasi fatica a distinguere tra menzogna e realtà. So chi sono, cosa desidero, da che parte sto, cosa non farei mai e poi mai, ma le mie bugie sembrano così vere. Come quando ho raccontato a Bellatrix che, grazie alle mie informazioni, Emmeline Vance era stata uccisa.

Non è così, maledizione, non è vero, ma a volte mi sveglio di soprassalto e, prima di ritrovare la calma e la logica, mi pare che sia accaduto veramente, di essere stato davvero io a consegnarla a Voldemort perché mi credesse, per la mia copertura di spia.

Allora maledico me stesso e la causa, finchè non riesco nuovamente a respirare e convincermi che non è andata come ho detto a Bellatrix, che non ho anche quella donna sulla coscienza; che non l’ho uccisa e non ucciderò mai più.

Ho sopportato tutto questo, finora, e potrei continuare, fino a ripagare finalmente ogni mio debito.

E’ giusto, non importa se fa male.

Ho causato dolore, posso sopportarne altrettanto.

Ma ucciderti, vecchio pazzo… no.

Anche io ho i miei limiti.

Non sarò un essere umano gradevole, ma sono pur sempre un uomo.

Non una macchina da guerra, o un’arma, pronta ad abbattere anche gli amici, pur di giungere alla meta finale; solo un uomo.

Gli occhi di Silente lampeggiavano di determinazione, non meno incrollabile di quella del suo collaboratore, era pronto a dar battaglia. L’ultima affermazione della sua spia perfetta, del suo Severus, era per lui inaccettabile, quanto per il mago bruno lo era la richiesta che lui stesso continuava a riproporgli.

Scordatelo, ragazzo.

Per cosa credi che abbia lottato in tutti questi anni? Solo per buttare all’aria la miglior possibilità di minare il potere di Voldemort dall’interno, perché ne va della mia vita?

Per cosa credi che ti abbia inflitto la tortura di tornare da lui? Perché pensi che me ne sia stato qui a guardare, aspettando che tu tornassi da troppe missioni, ripetendomi ogni volta che saresti morto per avermi obbedito? Qui a guardare e attendere a braccia conserte, sorridendo a tutti come se nulla fosse, rassicurando tutti, o addirittura fingendo che fosse un giorno come un altro, una notte come tante, volta dopo volta, anzi che venire là fuori a cercarti, perché tu non morissi, perché non dovessi più umiliarti davanti a lui, per evitarti l’orrore di rivivere il passato?

Per quale motivo pensi che mi sia sempre impedito di dirti una frase stupida e semplice come: “Ti voglio bene, ragazzo”?

Oh, certo, niente smancerie con te, Severus, niente pacche sulle spalle, abbracci, parole affettuose; a te non piacciono. Ti imbarazzano, ti danno sui nervi, a volte ti umiliano.

Quelle le ho sempre riservate a Harry. Ma se credi di non averne a tua volta bisogno, solo perché tu non sei più un ragazzino, Severus Piton, ti sbagli di grosso.

Avrebbero dovuto dirtelo più spesso, quando davvero eri solo un bambino e un adolescente. Sono solo tre parole: “Ti voglio bene”… tutto qui.

Ce ne vogliono solo due per distruggere una persona. Solo due parole: “Avada Kedavra”, oppure, può bastare anche un “Ti disprezzo”. Talvolta, anche meno.

Quante volte ti hanno ferito quelle due parole, Severus, sia le une che le altre?

E io non ho mai pronunciato quelle che, invece, avresti avuto bisogno di sentire.

Le ho sempre ricacciate in gola.

Non crederai davvero che sia stato soltanto perché tu non le avresti accettate? Ho centocinquant’anni, ragazzo, sono un po’ troppo cresciuto per non dire quel che penso solo per evitare la reazione altrui.

Ma se ti avessi detto cosa provo, soprattutto dopo tanti anni che ti ho accanto, che ti vedo rischiare la vita, aver fiducia in me, negarti un’esistenza al di fuori della causa, pensi che poi sarei riuscito a trattenermi dal domandarti di lasciar perdere tutto, di non tornare più nell’incubo?

Sarebbe stato inutile fermarti; non mi avresti dato retta e ormai sei in gioco, indietro non si torna.

Sarebbe stato ingiusto nei confronti di tutte le persone che fanno affidamento su di me e, senza nemmeno saperlo, anche su di te; nei confronti di un mondo intero.

Ho dovuto tenere per me il mio cuore, e farlo tacere, ogni volta che mi diceva: “Se rischia è a causa tua. Tu l’hai spinto a camminare sul filo di una lama tagliente che può solo essere percorsa fino in fondo, e mai a ritroso”.

Questa è la verità, Severus. E tu pretendi che ora io ti lasci scegliere la morte?

Pretendi che ti lasci fare ciò che ti impedii, quando morirono i Potter?

Gettando all’aria la causa e ogni sacrificio che mi sono imposto?

Mettendo l’ultimo definitivo bavaglio al mio cuore e alla mia coscienza?

Bada, Severus, se la mia sopravvivenza a discapito della tua fosse la giusta via per vincere questa interminabile, tremenda, guerra, allora, forse non avrei scelta.

E’ orribile anche solo pensarlo, ma sono sempre stato sincero, anche con me stesso, e so che è così, perché non posso gettare via le vite di molti e la libertà di un mondo intero solo per i miei sentimenti. Sarei un egoista e un criminale, non meno di Voldemort.

Ma non ringrazierò mai abbastanza il fato per aver voluto che non fosse così.

Posso mandarti là fuori a rischiare anche ogni notte, sostenendomi con la speranza che tornerai e la fiducia nel fatto che le tue capacità ti proteggano, ma condannarti a morte certa, sacrificarti come una pedina tra tante… potrei farlo e, poi, io stesso morirei dentro.

Invece – sia ringraziato il destino che ha voluto così - non accadrà, perché la tua vita è più importante della mia per la causa, attualmente.

Sai cosa devi fare, sai come portare avanti da solo la lotta, sai degli Horcrux, sei più che mai vicino a Voldemort e lo sarai ancora di più, se io morirò.

Sei più che mai perfetto per combattere la nostra battaglia.

E non sono mai stato tanto felice al pensiero di essere io la pedina. Io, non tu.

Tu sei quello indispensabile, ragazzo mio, non io.

Tu!

Finalmente, la causa e il mio cuore coincidono: per entrambe tu non sei sacrificabile, Severus; devi vivere.

Nemmeno una parola aveva rotto il lungo silenzio, eppure, l’enigmatico sorriso del Preside parlava chiaro, sotto lo sguardo di tenebra del mago più giovane.

Silente sapeva, che, sebbene Piton non fosse solito usare la legilimanzia per frugargli la mente senza permesso, aveva colto i suoi pensieri. Forse non nel dettaglio, ma certamente nell’essenza.

Del resto, lui ed il suo uomo usavano spesso la sola legilimanzia per comunicare, senza interferenze e con riservatezza, in presenza altrui. Era anche un metodo assai più profondo e rapido delle parole.

In alcune occasioni, sia l’uno che l’altro, schermavano la propria mente, se volevano starsene un po’ da soli con i propri pensieri, o, più semplicemente, evitavano di ricorrere a quel tipo di magia, ma bastava ormai uno sguardo perché ciascuno dei due comprendesse quando l’altro gli lasciava via libera.

Questa volta, il vecchio aveva appositamente lasciato trasparire ciò che pensava. Sapeva bene che Severus avrebbe preferito non vedere ciò che intendeva mostrargli e che avrebbe tentato di impedirsi ogni comprensione di quel che gli veniva offerto, per non vacillare nella propria decisione.

Le iridi del cupo mago bruno, però, non erano meno eloquenti di quelle chiare di Silente. Troppo lucide rispetto al solito per non smascherare il fatto che aveva colto il messaggio del suo mentore.

E’ inutile fingere che non sia così, ragazzo. Come è del tutto vano credere che, a mia volta, io non abbia capito esattamente cosa ti rifiuti di dirmi a parole; quel che provi.

Ti conosco fin troppo bene, Severus.

Quasi a proseguire a voce alta il proprio ragionamento, il Preside disse, con inflessibilità stemperata in dolcezza – “So benissimo perché non vuoi obbedirmi e quanto è gravoso il compito che ti impongo. So, perfettamente, Severus, quanto costoso sarà per te fare ciò che desidero. Vorrei evitare che tu ti faccia carico anche di questo peso, ma lo farai”.

Dannato vecchio, perché, perché deve essere sempre così superiore, pur non mettendosi mai sul gradino più alto in modo tale da umiliarmi?

Perché deve sempre avere un senso quel che pensa o che dice?

Come fa a parlare così della sua morte, come se fosse soltanto un altro incarico tra tanti?

Gli parve di essere tornato ventenne, con tutti i timori, le angosce e la disperazione della loro prima discussione, quando rispose con eccessiva veemenza – “Non ha senso. Lei è più importante di me. Lei è il comandante, io sono solo un subalterno. Una guerra non si vince senza generali. Lei è più importante di me! “.

“Molte guerre sono state vinte, proprio quando tutto sembrava ormai irrimediabilmente compromesso, solo perché il condottiero ha sopravanzato i suoi uomini, offrendosi per dare l’esempio” – replicò calmo Silente, con un guizzo quasi ironico dietro le piccole lenti – “Ma non è questo il punto e lo sappiamo entrambi. O meglio, Severus, non è solo questo il punto. Comunque sia, non vedo altre alternative… “.

“Io sono l’alternativa” – esclamò roco Piton, tentando di riprendere il controllo almeno del tono della voce – “Io ho un’alternativa. Lei o me e, che le piaccia o no, scelgo lei e non commetterò questa follia che vuole impormi. E’ mia la vita, decido io se vivere o morire. Lei stesso ha sempre detto che ero io a scegliere”.

Il sorriso del Preside si fece insieme più caldo e più amaro – “E’ vero, a suo modo. Ma è vero solo in parte. La tua vita, Severus, non ti appartiene più. Hai già deciso, e l’hai fatto diciassette anni fa. Da allora, la tua vita appartiene alla causa – a volte ho odiato che fosse così, ma oggi ne sono immensamente felice – e tu non puoi più disporne liberamente quanto prima. Farlo sarebbe da incoscienti, egoisti e codardi. Sarebbe solo una fuga davanti alle responsabilità, e non è da te”.

Si fece ancor più gentile prima di proseguire – “Non vuol dire che tu non abbia scelta. Ce l’hai, ma non è tra vivere o morire, bensì tra fare la cosa giusta o quella sbagliata, per tutti, me e Draco Malfoy compresi. Solo questa scelta, fra ciò che è bene fare, anche se è ripugnante e doloroso e quel che è facile e privo di sofferenze. Ma tu non hai mai scelto la via breve, hai sempre accettato anche le spine della vita. Non c’è bisogno che ti ricordi il perché. Sei fatto così e, alla fine, anche questa volta la tua sarà la decisione giusta, quando acconsentirai alla mia richiesta”.

“Draco Malfoy… come se salvargli l’anima servisse a qualcosa, se lei muore. Lui sarà comunque segnato. Tutti lo saremo, io più che mai… “ – sibilò, pur sapendo benissimo di non essere  del tutto sincero; di star solo cercando un appiglio per poter dar torto al vecchio.

Avrebbe dato qualunque cosa per impedire a Draco di commettere i suoi stessi imperdonabili errori. Qualunque cosa, tranne la vita del suo mentore.

 

 

   
 
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